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Economia circolare: virtuosi ma non lo sappiamo

Emerge da fonti ufficiali che l’Italia è tra i primi Paesi in Europa per l’economia
circolare, ma la maggior parte degli italiani non ha ancora ben chiaro cosa sia.

Sembra un paradosso, eppure è così: siamo uno dei Paesi più virtuosi per quanto riguarda il
riciclo di materiali, la produttività e il basso consumo di risorse, ma lo ignoriamo. E
ignoriamo anche che tutti questi primati facciano parte di un “qualcosa” chiamato economia
circolare.

Questo, ci dicono chiaramente l’ultimo Rapporto sull’Economia Circolare in Italia, realizzato da


Circular Economy Network ed ENEA e patrocinato dal Ministero per la Transizione
Ecologica, e il sondaggio di Ipsos ( tra le maggiori agenzie di ricerche statistiche e di mercato),
patrocinato da Legambiente.

Dal rapporto di CEN ed ENEA il nostro paese emerge per la seconda volta consecutiva come
leader tra le economie circolari europee, con un indice di performance (ottenuto sommando
i punteggi di cinque diversi criteri di sostenibilità) di 79, ben 11 punti sopra la seconda
classificata, la Francia, indice 68. Un dato che fa ben sperare e che conferma quello che già
l’Eurostat aveva osservato nel 2020: siamo una nazione di persone che all’ambiente ci tengono e
che, oltre a dire, agiscono tanto.

Una tabella presa dal Rapporto sull’Economia Circolare 2021 ci mostra gli ottimi risultati ottenuti dall’Italia nell’ambito del riciclo dei
rifiuti urbani (Circular Economy Network 2021)

Parlando di numeri, il Bel Paese vince sulla produttività delle risorse, creando il valore di PIL
più alto in assoluto a parità di materia prima utilizzata. Ogni kg di risorsa consumata genera 3,3 €
di PIL, contro una media europea di 1,98 €.
A livello di consumo pro-capite di materie prime, l’Italia si attesta intorno alle 10-12
tonnellate, seconda solo alla Spagna, ma molto più “virtuosa” di Paesi come il Regno Unito o la
Finlandia che sfiorano le 30 tonnellate pro-capite.
Anche la produzione di rifiuti pro-capite è bassa, seppur in linea con la media europea (siamo
intorno ai 500 kg/anno), variata poco negli ultimi anni, ma a fronte di un PIL cresciuto del 4-
5% nello stesso lasso temporale.
Il riciclo dei rifiuti urbani è del 46,9%, in linea con la media europea: posiziona l’Italia al
secondo posto dopo la Germania.
La percentuale totale di riciclo dei rifiuti è invece al 70%, nettamente superiore alla
media europea (57%): al primo posto assoluto, addirittura con obiettivi europei al 2025 e al
2030 già ampiamente superati o alla soglia del superamento.

In termini di quota di energia rinnovabile utilizzata rispetto al consumo


totale di energia, l’Italia perde il suo primato scendendo al secondo posto, dietro alla Spagna,
con il 18,2% di energia prodotta da fonti rinnovabili rispetto al consumo finale lordo.
Il tasso di utilizzo circolare di materia in Italia è al 19,3%, superiore alla media
dell’UE (11,9%), inferiore a quello di Paesi Bassi (28,5%), Belgio (24%) e Francia (20,1%), ma
superiore a quello della Germania (12,2%).
Significativo il numero di occupati nei settori della riparazione, del riutilizzo e del riciclo.
l’Italia è al secondo posto, dietro alla Polonia, ma davanti a Spagna, Francia e Germania.

Una sintesi visiva del Rapporto, con alcuni dei dati più salienti (Circular Economy Network 2021)

Ma – come detto in apertura – se l’Italia è virtuosa, gli italiani non lo sanno. È quanto emerge dal
sondaggio Ipsos/Legambiente. Un gap percettivo e una conoscenza lacunosa dell’economia
circolare da parte dei nostri concittadini che contrasta fortemente con la rosea realtà appena
dipinta.
Il sondaggio, condotto a giugno di quest’anno, ha coinvolto un campione di circa 1000 italiani, di
età compresa tra i 16 e 70 anni (media 44 anni), con una buona percentuale di laureati e
diplomati.
Il primo dato a emergere è che la percentuale di chi conosce l’economia circolare e i suoi
principi è del 25%. Un altro 16% ne conosce le implicazioni, ignorando però i termini economia
circolare. Resta un buon 60% che ne sa poco o niente.
La fonte di informazione maggiore su questi temi rimane la tv (51%), seguita da
Facebook (36%). Cambiano i dati nel 25% dei “conoscitori della materia”, i quali si informano
maggiormente dalla stampa nazionale (46%) e internazionale (14%) o approfondiscono su
siti web specializzati (21%).

Importante per buona parte del campione il ruolo dell’ Unione Europea (61%) con Recovery
Fund e PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – un pacchetto speciale di fondi del
Recovery specifico per la transizione ecologica, digitale ecc.)
Quest’ultimo gode di grande fiducia, con un 73% del campione che lo considera indispensabile
per la transizione “circolare” del Paese.

Grossissimo il gap di percezione rispetto al ruolo dell’Italia in Europa e ai traguardi


nell’ambito della sostenibilità raggiunti dal nostro Paese. Per il 51% siamo sotto la media
europea per quanto riguarda l’attuazione dei principi dell’economia circolare.
Eloquente in questo caso la questione del riciclo degli oli minerali. Dove anche il “25% esperto”
si dimostra poco esperto.
Meno della metà è infatti a conoscenza della raccolta di questi oli (i lubrificanti ecc.)
molto dannosi, mentre gli altri sono convinti che vengano bruciati o dispersi in mare. Solo il
28% sa che essi vengono rigenerati e riutilizzati, cosa che in Italia avviene però per
più del 98% degli oli minerali raccolti. Una percentuale altissima, che passa purtroppo
totalmente inosservata.

Una slide del rapporto sul Sondaggio Ipsos che evidenzia la particolare disparità esistente tra percezione e realtà per quanto riguarda
l’economia circolare in Italia (Ipsos/Legambiente 2021)

Insomma, citando testualmente le note finali del rapporto, “Esiste una pesante sottostima
della capacità del Paese di essere un leader nell’economia circolare […] i primati italiani nei vari
ambiti del riciclo sono ampiamente ignorati, forse messi in secondo piano da poche emergenze
localizzate”.
Come si sente dire spesso, è più facile concentrarsi sulle cose negative o catastrofiche
rispetto a quelle positive. E forse in questi casi ci sarebbe anche da interrogarsi sul ruolo che i
principali media hanno rispetto a questi gap percettivi nella popolazione, ma non è compito
nostro, né nostra l’intenzione. Non vogliamo ergerci a giudici o fare gli investigatori. Riportiamo
delle informazioni, analizzando dei fatti.
E qui un fatto è certo: l’Italia è un’eccellenza della sostenibilità, ma noi italiani non ce ne
siamo ancora accorti.

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