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Al signor N. Turino.
Dalla sua vedo, come nel vicinato della Savoia, V. S. ha trovato alcune
miniere il cui valore V. S. non sa per non avere il segreto di estrarre il
metallo dalla terra, e come desidera che io glielo dia. Cosa che gli dirò.
Quando avrà fatto il detto filo allora si getta nel crociuolo due pizzichi
grossi di flusso, che si deve mischiare colla materia squagliata, e ciò col
ferro rovente, e poi si deve cuoprire bene di fuoco il cruciuolo, e far in
modo di dargli un calore eccessivo, fin che si possa stimare che il
metallo è separato dalla terra, allora si leva il crocciuolo, si lascia
raffreddare, e, raffreddato so fragne e si pista cola materia, che si sarà
congelata, e poi con una coppa si lava la polvere facendola dissolvere
coll’acqua, e rimarrà il solo metallo.
Che se si vuol vedere che cosa sia il metallo, lo può toccare alla pietra
del paragone, e poi sulla linea lasciata impressa sulla pietra mettervi
una goccia d’acquaforte, la quale leverà ogn’altro metallo, cioè il
vestigio d’ogn’altro metallo, e lascerà solamente vestigio dell’oro.
Che se vuole solamente vedere se una miniera contiene oro si può fare
un’altro flusso, che consumerà ogn’altro metallo, eziam Dio d’argento e
non rimarrà che l’oro solo.
Questo peso che è ne’ più perfetti proviene per la mescolanza di parti
materiali ed eterogenee, che impediscono il perfezionarsi delle
omogenee.
di V. E.
G. Francesco Borri
2) - Eccellentissimo Signore
So che vi sono molti che avendo udito parlare della scienza de’ sapienti
(ecc.) ò letto in qualche libro gli effetti mirabili di quella, il minimo de’
quali è di far oro ed argenti in finito, lasciandosi trasportare dal desio
naturale dell’uomo di esser ricco, si persuadono agevolmente della
verità di tali effetti. A tal segno che lasciano tutto per gir in traccia di
questo Vello Amfrisio, prefiggendosi che per arrivarvi non si ha che à
fabbricar fornelli, abbracciar carboni e fragnere vetri, lusingandosi con
tal falso discorso che se altri vi è pervenuto, eglino lo potranno
conseguire, sì che per ogni mezzo la tracciano colla lettura, col
continuo lavoro, con iscaltrezza da stimati Alchimisti, ed avendo
acquistato quattro Recipe chimici, li conservano con tanta cura, e
leggono e rileggono ogni giorno con tanto piacere quanto ne ha un
Ricco avaro nel numerare i suoi ori, ma pretendendo poi di metter in
esecuzione i loro segreti, si trovano fuori di stato di apporvisi, ò per
mancanza di comodità o di danaro, difetto più ordinario di tali persone
sì che per porvi rimedio hanno ricorso alla borsa altrui dopo aver
vuotata la propria, e per allettare e spingere quelli che credono averla
piena, ad aprirla loro tanto più liberamente, non promettono loro cosa
minore che di farli più ricchi che gli stessi Re, eglino che sono i più
poveri e meschini del mondo, e per dominar meglio tali animi creduli,
dopo aver esagerato tre o quattro delle loro operazioni, il minimo delle
quali vale tesori, e che chiamano infallibili, ed esperimentare, dopo
l’enunciazione di qualche storia , che non manca mai in simil’
occasione, protestano, anche con giuramenti, che dopo ciò faranno
ben vedere cose maggiori che non vogliono dire perché vogliono prima
vedere se sene dà loro motivo, allettando e lusingando così gli occhi di
questi creduli, ed empiendo il cuore di speranze sì sode, che
s’immaginano di già di divenir Cresi, non badando che tali speranze
ingannatrici li precipitano in uno stato deplorabile, se non si
disingannano à buon’ ora con un dolore immortale, che rimarrà loro
d’un’ applicazione della quale invece di trarre il prefisso contento, non
riportano che miseria e confusione, non avendo altro di Creso che le
apparenze d’un giumento.
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Ciò non solo de’ corpi naturali, ma altresì artificiali s’intende. A’ quali
vien mutata figura, perché un chiavaro non potrebbe fare una chiave, né
il ferro potrebbe da se divenir chiave e mutare la sua figura primiera
senza il chiavaro, il ferro è la materia della chiave, e la maestria del
chiavaro la causa efficiente ; la materia che può mutar forma , od è
aliena, cioè lontana, o prossima.
Con tutto quanto ha tal virtù fa l’oro, e per me per quanto riguarda
l’argento massime che è molto puro e digesto ed assai simile alla
natura dell’oro, ho sovente con cemento de’ sali ed altre cose che
purgano e digeriscono, estratto oro dall’argento.
Quanto agli altri metalli è difficile, anzi, nel cimentare l’argento, le spese
superano l’utile ed il guadagno per il calo e la fatica che richiede. Alcuni
stimano che bisogna estrarre il mercurio de’ metalli, e cuocerlo con
calce d’oro, e con ciò dicono che l’estraente è in parte la causa
efficiente coll’aiuto del fuoco : sovra di che stimo che se i Mercuri di
metalli ponno essere estratti potranno essere più tosto cotti dalla calce
dell’Oro, che il mercurio ordinario per la sua gran frigidità, umidità ed
indigestione, e che tal mezzo particolare è vero, ma l’artifizio di estrarre
i detti mercurj è malagevolissimo e faticoso, e di molti, che millantano di
saperne l’estrazione, non ne vedo uno che consegua l’intento.
Tal qualità non è nell’oro, e però colla sua mistione non si muta, né
altera, né li trasmuta come fa il suo lapis attesoché una delle regole
della sua mistione è che quello che opra come questo lapis, sia di
qualità contraria al paziente, come i metalli, perché con tal contrarietà si
fa un temperamento dal quale risulta una nuova specie e forma
sostanziale, poiché tal purità il lapis l’aumenta colla decozione continua,
perché ogni cosa decotta è più calda che la terra. La quinta qualità è la
purità e la trasparenza del lapis affinché penetri meglio, e si acquista
come dirò più abasso. La sesta è la fissazione del lapis che non
Che se ciò riesce col lapis comune, tanto più si farà con quello dell’oro
per la gran similitudine dell’essenza che ha col mercurio, per essere
usati d’una stessa radice, e che l’oro non è che mercurio cotto, ed il
mercurio comune oro crudo, nondimeno il lapis d’oro non si estrae
facilmente per la gran difficoltà ed industria che si cerca a calcinarlo,
perché è impossibile ridurlo a lapis senza calcinarlo bene. Ora, la
calcinazione, è una riduzione col fuoco d’un corpo sodo in polvere
sottile per la privazione della sua umidità che teneva le parti in sodezza.
E questa si fa col fuoco per differenza del solo trituramento col quale le
parti del corpo soggetto ad essere triturato, ponno esser , col tal
trituramento, poste in tenuissime parti ; ma con ciò l’umidità non è
levata, ned alterata. Egli è ben vero che serve tal trituramento alla
calcinazione per la maggior facilità che il fuoco ha di operare sulle parti
minute che grosse. La privazione dell’umidità si fa in due modi. Una
deve intendersi quando tutta l’umidità che pareva parte della sostanza
del corpo ne è separata, come quando è triturato e ridotto in cenere ;
ed in questa calcinazione ogni accidente squaglievole e visibile perisce,
perché nella cenere non si nota alcun accidente o qualità di legno.
L’altra è quando l’umidità radicale non si distrugge punto, ma è
animata ; ma solo la qualità umido è alterata per la siccità del fuoco, e
l’umidità convertita in siccità, ed in questa tutti li accidenti sensibili non
si distruggono. Posciaché i metalli calcinati ritornano col fuoco ardente
in corpo, come prima, ed ho visto per esperienza che dalle ceneri dello
stagno volte in lapis , ne è stato estratto mercurio col mercurio volgare
o comune. E la flussibilità de’ metalli squagliati, ò del mercurio estratto,
è una qualità ed accidente sensibile che non si perde colla detta
calcinazione ; nella perfetta calcinazione, però, la calce non deve
volgersi in Mercurio.
L’oro congelato così non sarà squagliabile, e perciò si deve fare così. Si
piglia questa calce e si mette in un vaso di vetro che abbia un collo
lungo, e vi si getta sopra due volte più del nostro mercurio, s’ottura il
buco del vaso con cera gommata e si mette al bagno Maria per 24 ore,
e si rovescia il dissoluto, si continua l’operazione finché il mestruo si
colori, e poi si ricalcinano le fecce e si dissolvono in un nuovo mestruo,
e se rimane qualche cosa sarà una polvere morta ed inutile. Si pigliano
poi i mestrui e si mettono in un lambicco col suo cappello, e si distilla a
fuoco lento, ed al fondo rimane un lapis preziosissimo, di cui se ne
mette un poco sopra una lama d’argento e si roventa al fuoco ; se si
squagli così presto che la cera, senza fumare né far rumore, e che si
stendi per tutto e che entri nella lama e la tinga in color oro, si fissi ed
imischi con essa e non se ne separi mai è assai, perché è il vero segno
di perfezione ; ciò però non succede così presto e per arrivarvi si fa in
due maniere : una è di recalcinare il lapis à fuoco lentissimo in una
scatola di vetro e non di terra finché abbia il detto segno. L’altra che si
distilli al bagno Maria, finché non si coaguli più al fuoco, ma che
rimanga un olio denso, e allora è il vero oro potabile, fatto senza
mistione d’altra cosa, che si liquefarà in ogni liquore e servirà molto alla
sanità e per la trasmutazione dell’argento in oro col far progezione del
detto oro sull’argento, mettendovene in molte occasioni, finché si
conosce il peso della calce che richiede un tal peso d’argento per
essere ben colorato.
Sin adesso ho parlato della materia, e non mi rimane che à parlare della
causa efficiente, la quale è una forza e virtù che è in una sostanza
sottile, colla quale muove la materia prossima in quest’arte, che è il
mercurio, per informarlo e dargli una forma sostanziale d’oro o
d’argento.
L’oro non ha tal virtù attuale, ma in potenza perché deve depurarsi colla
materia impura, colla quale è sempre congiunta tal virtù, la quale,
essendo varia ne’ corpi, le une impediscono gli effetti delle altre. Tal
virtù deve aversi col far aiutare la natura dall’arte, quale consiste nel
fuoco per esser quello che dissolve i corpi e ci fa conoscere le parti
componenti : con che si viene alle operazioni suddette di estrarre coi
modi suddetti ed aiuto del fuoco, il vero lapis.
Questo è l’unico e più perfetto mezzo che sia mai stato trovato nel
mondo, approvato dagli antichi e più penetrativi filosofi ed investigatori
di questa scienza ed arte occulta. Vi sono altri mezzi per fare questo
lapis, e varie altre operazioni bellissime : ma questo segreto che io gli
scrivo è il diamante tra altre pietre preziose di comune valore. E’ questo
che adesso io metto in esecuzione. Mà come è malagevole di far
esattamente le calcinazioni, lo faccio adagio per riuscire. Sono altresì
occupato a fare Altre operazioni mirabili, nelle quali questo Ré piglia
piacere non ordinario, ed io non ne pigli meno, perché oltre che le
operazioni non mi costano niente, e che da queste imparo, come V. E.
sa che nella chimica s’impara ogni dalle operazioni, vi trovo un profitto
grandissimo. Sono amato dal re, stimato dai Grandi, riverito da’ piccoli,
e mi trovo in autorità, e quello che è meglio, con molti contanti in
saccoccia.
Francesco Borri
3) - LETTERA AL SIGNOR N.
Firenze
Amico Carissimo,
In verità questo è uno de’ maggiori soglievi ch’io possi avere in tante
disgrazie ch’io provo ed ho provato. E vedo bene che vi è rimedio a
tutto fuorché alla morte. Non mi stendo, Amico caro, à dargli nuove del
mio stato, pecché non saprei dirgli cosa prefissa, pecché un uomo
perseguitato dalla fortuna e che erra vagabondo derelitto quasi tutti non
deve far festa se trova qualche umanità fra i meno umani. E
s’accontenti solo che io mi porto bene, e che sono lo stesso che sono
stato per il passato, cioè suo vero amico.
Se V. E. vuole altra cosa di me, deve disporre della mia poca capacità à
suo arbitrio. Se non avessi avuto altro dalla natura, mi vi confesso
tenuto per avermi dato un’inclinazione totale per servire gli amici di
cuore, e con zelo.
Sono tutto giocoso quando vedo che sono impegnato e che vengono
esercitati i miei deboli talenti a pro degli amici, tra quali suppongo e mi
lusingo che V.S. sij, e non credo di presumer tanto, quando penso alla
innata bontà di V.S. colla quale cattiva tutto il mondo, ed ha cattivato
me, che mi pregio di essere con sincero affetto di V.S.
G. Francesco Borri