Rivista dell’Istituto
di Storia dell’Europa Mediterranea
ISBN 9788897317289 ISSN 2035-794X
numero 17/1, dicembre 2016
DOI: 10.7410/1211
Comitato scientifico
Luis ADÃO DA FONSECA, Sergio BELARDINELLI, Michele BRONDINO, Lucio
CARACCIOLO, Dino COFRANCESCO, Daniela COLI, Miguel Ángel DE BUNES IBARRA,
Antonio DONNO, Giorgio ISRAEL, Ada LONNI, Massimo MIGLIO, Anna Paola
MOSSETTO, Michela NACCI, Emilia PERASSI, Adeline RUCQUOI, Flocel SABATÉ i
CURULL, Gianni VATTIMO, Cristina VERA DE FLACHS, Sergio ZOPPI
Comitato di lettura
In accordo con i membri del Comitato scientifico, la Direzione di RiMe sottopone a referee,
in forma anonima, tutti i contributi ricevuti per la pubblicazione
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Claudia FIRINO
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RiMe, n. 17/1, dicembre 2016, pp.??
ISBN 9788897317289 ISSN 2035-794X
DOI 10.7410/1205
Special Issue
Migraciones peninsulares
contemporáneas españolas e italianas
hacia las regiones del Plata.
Problemas y perspectivas de anàlisis para
profundizar en su estudio
Coordinadores
Luciano Gallinari y Marcela Lucci
RiMe, n. 17/1, dicembre 2016, 223 p.
ISBN 9788897317289 ISSN 2035-794X
DOI 10.7410/1205
RiMe 17 / 1
Special Issue
Coordinadores
Indice
Riassunto Abstract
Nello scritto si presentano i risultati degli This paper presents the results of the
studi sull’emigrazione piemontese e il loro studies about Piedmontese emigration and
peso nel dibattito della storiografia their weight on Argentinian historiography
Argentina; inoltre si illustra come, grazie debat; besides, it reports how – thanks to
alle ricerche promosse da enti pubblici e public and private financed researches –
privati, nella Regione si siano sviluppati many centers, archives and a Museum of
centri, archivi, e uno dei musei regionali regional migration have had the chance to
dell’emigrazione. Sul territorio esiste develop in Piedmont. In conclusion, on the
quindi un materiale di rilievo per lo studio territory we have really relevant materials
di questa importante area di arrivo. for the study of this important field.
1. Premessa. - 2. Il caso piemontese: gli studi italiani e la discussione nella storiografia argentina. - 3. I
Centri di studio, gli Archivi e il “Museo regionale dell’emigrazione piemontese di Frossasco” - 4.
Bibliografia. - 5. Curriculum vitae.
1. Premessa
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Ma quali sono stati i risultati più significativi di queste ricerche? L’uso di una
pluralità di fonti, l’analisi microstorica e le caratteristiche migratorie delle zone
del Piemonte sulle quali si sono concentrate ricerche di ampie dimensioni, come
le aree alpine, prealpine e proto-industriali, hanno consentito di mettere a fuoco
la caratteristica di lunga durata di una mobilità territoriale che aveva antiche
radici, reti sociali e ampi itinerari spaziali. Dallo stesso osservatorio è emerso
inoltre come anche le aree di più radicata vocazione proto-industriale e non solo
le aree depresse montane, o rurali, fossero sede di varie forme di mobilità sia in
entrata che in uscita. È apparso così evidente quello che secondo le letture allora
prevalenti appariva come un paradosso, ossia la consolidata compresenza di
processi di emigrazione e immigrazione su uno stesso territorio. E così
l’esistenza di una pluralità di soggetti sociali coinvolti da sempre nella mobilità
(e cioè non solo contadini poveri ma anche proprietari, artigiani, mercanti ed
esuli religiosi), ha modificato le letture esclusivamente miserabiliste
dell’emigrazione. Anche il determinismo di una partenza considerata solo
obbligata dalla pura necessità, e diretta verso destinazioni casuali, è stato inoltre
messo in discussione dalla presenza di catene migratorie sia professionali, sia
familiari e territoriali, basate su estese e consolidate reti internazionali
(Castronovo, 1986).
Quest’ultimo, in particolare, appare oggi un elemento di maggior rilievo sul
piano interpretativo, perché proprio queste reti e le ricche corrispondenze
epistolari tra i rami familiari restati in Italia e quelli all’estero non solo sono
diventati la chiave di volta per una lettura relazionale e non territoriale dei
movimenti, ma hanno mostrato, ante litteram, la presenza di quei legami
transnazionali, messi in luce alcuni anni dopo dai migration studies
internazionali e considerati, in modo riduttivo, come un prodotto del mondo
globalizzato (Albera - Audenino - Corti, 2005). E infine, ma non ultimo per
importanza, da questi nuovi punti di osservazione è emerso il ruolo svolto nei
processi migratori dalle donne, soggetti allora già più studiati grazie alla
parallela affermazione della gender history, ma che sono apparsi in modo più
palese in queste aree migratorie per l’importanza dei soggetti femminili
nell’economia e nella società locali. Questo è accaduto in particolare in quelle
comunità alpine dalle quali gli uomini si assentavano per la tradizionale
emigrazione temporanea e nelle quali esistevano catene migratorie professionali
alimentate dalle stesse donne sia sul territorio regionale che all’estero 5.
5Per il ruolo femminile nelle aree alpine cfr. Valsangiacomo - Lorenzetti, a cura di, 2010; sul
caso piemontese cfr. i saggi di Corti, Audenino - Lonni in Corti, a cura di, 1990, n. 12; Audenino
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e altre, 1999; per recenti rassegne sul caso italiano: Tirabassi, 2011, pp. 153-170; Corti, 2013, pp.
63-80.
6 Cfr., tra gli altri, tra i primi casi esaminati: Corti - Lonni, 1986, pp. 65-68; e quelli sulle altre
aree, contenuti nel volume collettaneo Migrazioni attraverso le Alpi occidentali. Relazioni tra
Piemonte, Provenza e Delfinato dal Medioevo ai nostri giorni.
7 Cfr. Bistarelli, 2011; cfr. inoltre il numero monografico dedicato a ‘Risorgimento ed
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12 Tra gli altri, l’associazione culturale L’Arvangia, promossa da Donato Bosca nelle Langhe, ha
promosso varie pubblicazioni con raccolte di interviste a piemontesi in Argentina. Cfr. tra le
altre: Bosca, Donato (2002).
13 Cfr, tra le più recenti, Libert, 2005.
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volumi, articoli, saggi, o opuscoli di varie dimensioni. 14. Mentre più di recente è
stato il Centro Altreitalie, con sede a Torino fin dall’inizio degli anni Novanta15, a
promuovere la raccolta e la pubblicazione di un ampio materiale di interviste a
donne di origine piemontese (Tirabassi, 2010).
A tutto questo va poi aggiunto quanto è stato realizzato a livello museale
quando, a cavallo tra i due millenni, l’interesse per la museografia, e per quella
delle migrazioni in particolare, ha conosciuto un momento di forte rilevanza sia
in Italia che all’estero 16. Nel nostro Paese tale attenzione è forse da imputare non
solo al contemporaneo dibattito istituzionale relativo al ruolo e alle
caratteristiche del museo in quanto tale (Bertuglia - Bertuglia - Magnaghi, 1999;
Jallà, 2000), ma anche alla parallela riflessione concernente il possibile rapporto
tra questa istituzione e l’analisi dei fenomeni migratori (Colucci, 2007, pp. 721-
728; Corti, 2013, pp.115-131). In quel periodo, infatti, se da un lato poteva forse
dirsi concluso un percorso legislativo volto a sottolineare il ruolo del museo
quale ente in grado di svolgere un ruolo attivo nel territorio in cui era inserito,
dall’altro prendevano forma – o venivano programmate – diverse realtà di
questo tipo incentrate però sul fenomeno migratorio 17. Nell’ultimo decennio,
purtroppo, il numero di proposte fatte in tal senso si è assottigliato fino ad
esaurirsi del tutto, come è noto, anche per la crisi economica che ha colpito il
mondo occidentale.
Sta di fatto che in Piemonte vi sono oggi solo due musei dedicati al fenomeno
migratorio: il già citato Museo Regionale dell’Emigrazione dei Piemontesi nel Mondo,
con sede a Frossasco (TO), e il Museo dell’Emigrante, istituito a Roasio (VC), nel
Biellese. Colpisce il numero piuttosto esiguo di strutture museali che affrontano
tale tema, soprattutto se messo a confronto con la stima complessiva di musei
etnografici, che nella regione sono ben 282. Occorre tuttavia ricordare, per
inciso, che l’aggettivo “etnografico” “rimanda a una prospettiva disciplinare e
fa riferimento all’attenzione particolare verso mondi “altri” e locali; verso storie,
patrimoni, collezioni, radicati in specifiche comunità” (Favole - Padiglione,
2015, p. 17). Si tratta quindi di una categorizzazione in cui a buon diritto far
rientrare anche le realtà incentrate sul fenomeno migratorio.
14 Pubblicata dalla stessa istituzione regionale e corredata di un Cd, attraverso mirate parole
chiave la ricerca permette di identificare gli studi esistenti non solo secondo l’ordine alfabetico e
l’argomento, ma anche in base alle aree migratorie di partenza e alle maggiori mete di arrivo
all’estero, compresa, ovviamente, l’Argentina. Cfr. Reginato - Audenino - Corsini - Corti, 1999.
15 Dapprima presso la sede della Fondazione Agnelli, e ora presso quella della Fondazione
Einaudi
16 Viet, 2005; Dewitte, 2005; Magnani, 2006; Tirabassi, 2009; ‘L’immigration dans les musées.
Une comparation internazionale’, numero monografico di Hommes & Migrations, 1293 (2011).
17 Per un bilancio quantitativo, cfr. Lombardi - Prencipe, a cura di, 2008.
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18 Si tratta di due mestieri che caratterizzavano l’emigrazione da due aree alpine della regione: il
primo nella nord-occidentale Val Vigezzo e il secondo, dedicato ai raccoglitori di capelli, nella
meridionale Val Maira, area occitana della regione.
19 Cfr. i due volumi di testimonianze: Storie di emigrazione dalla Valle dell’Elvo e Serra, Occhieppo
superiore, Ecomuseo dalla Valle dell’Elvo e Serra, 2004; e Cinotto, a cura di, 2005.
20 Il già citato Museo dell’emigrante di Roasio è stato fondato nel 2001. Dal 2010 ha sede nella ex
scuola elementare nella frazione Sant’Eusebio e raccoglie una vasta documentazione cartacea e
visiva. Poiché una folta catena migratoria di questa comunità, già da fine Ottocento, si è diretta
in prevalenza in Africa (Nigeria, Ghana, Congo belga), la documentazione più ricca, unita a un
non meno consistente patrimonio di oggettistica, riguarda proprio questo continente.
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4. Bibliografia
21Per l’inquadramento puntuale del fenomeno si rimanda agli annuali Rapporti pubblicati dalla
Fondazione Migrantes negli ultimi dieci anni; per una sintesi storico-demografica recente si
veda Bonifazi, 2013; sulla mobilità all’estero dei giovani italiani cfr. Tirabassi - del Prà, 2014.
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