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Tendenze della distribuzione dei redditi in Italia e impoverimento della classe media: percezione o

realtà?
Author(s): Elena Pisano and Simone Tedeschi
Source: Meridiana, No. 59/60, DISUGUAGLIANZE (2007), pp. 131-155
Published by: Viella SRL
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23206484
Accessed: 05-02-2016 03:21 UTC

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DISUGUAGLIANZE

Tendenze della distribuzione dei redditi in Italia


e impoverimento della classe media: percezione o realtà?

di Elena Pisano e Simone Tedeschi

1. Introduzione

La questione del «declino» e la crescente preoccupazione per il


peggioramento generale delle condizioni di vita percepito dagli italiani
ha di recente guadagnato una posizione di rilievo nei dibattiti pubbli
ci, divenendo a tutti gli effetti un tema di scottante attualità nei discor
si di commentatori e politici, chiamati ad analizzarne i fondamenti,
l'ampiezza ed a proporre soluzioni.
Tale percezione di aumento delle disuguaglianze sociali, di impo
verimento e di crisi della classe media, spesso alimentate da una diffu
sa sensazione di precarietà delle posizioni lavorative, non è una sco
perta recente e riflette di fatto lo stato d'animo degli italiani da oltre
un decennio, testimoniato da un generale peggioramento del grado di
fiducia e delle aspettative degli italiani1.
Nonostante i numerosi mutamenti di natura produttiva e le impor
tanti riforme che hanno investito il nostro Paese a partire dagli anni
novanta, non si rileva negli indicatori aggregati un vistoso incremento
di povertà e disuguaglianza che dia ragione dell'allarme ripetutamente
lanciato dai mass-media circa l'acutizzarsi delle situazioni di impove
rimento e l'aumentata sperequazione diffusamente percepite dagli ita
liani2. Tuttavia molteplici, e ben note, ragioni concorrono a spiegare
tale disagio.

1 Diversi indicatori di valutazione della situazione personale e generale tratti dalla Euro
pean Commission Business and Consumer Survey (BSC), Eurobarometro, ed European
Community Household Panel (ECHP) segnalano un marcato peggioramento nella perce
zione degli italiani circa la propria situazione finanziaria e le aspettative sull'andamento del
o\0
mercato del lavoro, particolarmente acuto in periodi di recessione (T. Boeri, A. Brandolini,
c>
m The Age of Discontent: Italian Households at the Beginning of the Decade, «Giornale degli
Economisti e Annali di Economia», 3/4, 2004).
2 Sul tema delle famiglie e della sensazione di malessere sociale
dell'impoverimento
nell'ultimo decennio si vedano M. Baldini, Le famiglie alla prova dei conti, in «Il Mulino»,
4, 2006; Id., Prezzi redditi e impoverimento delle famiglie, in «Il Mulino», 2, 2004; M. Fran
zini, Disuguaglianze Economiche e non solo: l'Italia del "Malessere Sociale", in «La rivista
delle politiche sociali», 4,2007 pp. 41-54.

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Per quanto stabili, disuguaglianza e povertà in Italia sono infatti


molto elevate, ben al di sopra della media europea, e la persistenza nel
tempo di livelli elevati potrebbe rappresentare già di per sé una fonte
di malessere3. In una prospettiva dinamica poi, numerosi studi rileva
no un'elevata inerzia che, unitamente a un incre
inter-generazionale4,
mento della polarizzazione5, contribuirebbe ad un consolidamento
della segmentazione sociale.
D'altra parte, un processo di aumento della variabilità dei redditi
nel ciclo di vita potrebbe essere alla base del sentimento di maggiore
insicurezza e del peggioramento delle condizioni di vita degli italiani.
Infatti, a dispetto della sostanziale stabilità degli indicatori aggrega
ti, l'utilizzo di strumenti di analisi alternativi rivela un quadro distri
butivo più complesso e articolato, caratterizzato, in particolare, da un
sostanziale mutamento dinamico delle posizioni occupate dagli indivi
dui all'interno della distribuzione che segnala una marcata mobilità
verso il basso delle classi medie. Questo mutamento potrebbe essere
all'origine della percezione di cui si è detto.
Il presente lavoro si propone di offrire una panoramica della distri
buzione del reddito in Italia e di ripercorrere i principali cambiamenti
dell'assetto distributivo intervenuti negli ultimi tre decenni — con parti
colare riferimento agli avvenimenti degli ultimi dieci anni - alla luce dei
più rilevanti episodi della storia economica italiana: dai conflitti sociali
degli anni settanta, ai cambiamenti strutturali e alle riforme che hanno
investito il mercato del lavoro dalla seconda metà degli anni novanta.
L'analisi è volta a fornire una fotografia coerente ed organica
dell'evoluzione della distribuzione dei redditi attraverso una serie di
statistiche descrittive basate sull'indagine sui Bilanci delle famiglie Ita
liane della Banca d'Italia.
Benché gli indicatori sintetici di natura statica offrano la possibilità
di interpretare in maniera immediata i trend della disuguaglianza, essi
si rivelano talvolta inadeguati a cogliere la complessità e la multidi
mensionalità dei fenomeni distributivi e a registrarne le dinamiche,
spesso rilevanti in una prospettiva di benessere sociale. Pertanto, dopo

3 ¡bid.
4 Si veda il contributo di M. Franzini e M. Raitano in
questo fascicolo di «Meridiana».
5 Al Household Characteristics and the Distribu
riguardo, si vedano: C. D'Ambrosio,
tion of Income in Italy: An Application of Social Distance Measures, in «Review of Income
and Wealth», Blackwell Publishing, 47, 2001, pp. 43-64; M.G. Pittau, R. Zelli, Income distri
bution in Italy: a nonparametric analysis, in «Statistical Methods and Applications», 10,
2002, pp. 175-90; Pittau, Zelli, Testing for changing shapes of income distribution: Italian
evidence in the 1990s from kernel density estimates, in «Empirical Economics», 29, n. 2,
2004, pp. 415-30.

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aver passato in rassegna i principali fatti stilizzati che emergono dalle


tradizionali misure di disuguaglianza e povertà, verrà considerata una
terza dimensione: la mobilità.
Il lavoro si articola nei seguenti paragrafi: dopo un breve richiamo
alla natura e alle peculiarità dei dati utilizzati (par. 2), svolgeremo alcu
ne preliminari analisi sui principali indicatori di disuguaglianza e po
vertà (par. 3). Ciascuno di questi indicatori è accompagnato da brevi
richiami alle proprietà e alla metodologia utilizzata. Nelle pagine suc
cessive si mostrerà come l'utilizzo di strumenti alternativi metta in lu
ce cambiamenti nella distribuzione che sfuggono agli indicatori sinte
tici tradizionali. Ciò può consentire di riconciliare l'evidenza empirica
con la diffusa percezione di un peggioramento distributivo. A tal pro
posito, il tema della mobilità viene dapprima approfondito esaminan
do alcuni aspetti della letteratura esistente, e, successivamente, studia
to empiricamente con riferimento alla distribuzione dei redditi equi
valenti e dei redditi di mercato (da lavoro) (par. 4) al fine di fornire
una possibile spiegazione al puzzle della apparente contraddizione tra
percezione di aumento della disuguaglianza e di impoverimento del
ceto medio, da un lato, e essenziale stabilità dei tradizionali indicatori
sintetici, dall'altro. Qualche riflessione finale conclude il lavoro.

2.1 dati

Come si è già accennato, le nostre stime sono basate sull'indagine


sui Bilanci delle famiglie italiane della Banca d'Italia (d'ora in poi Bfi),
che, assieme all'indagine sui consumi dell'Istat, costituisce la fonte
informativa «ufficiale» per lo studio della distribuzione dei redditi6.
Le computazioni sono state effettuate sull'archivio storico, che rac
coglie informazioni standardizzate ed omogenee sulla situazione eco
nomica (reddito e ricchezza), sui comportamenti (risparmi, consumi) e
sulle caratteristiche socio-demografiche delle famiglie italiane nel pe
riodo 1977-20067. Il piano di campionamento si articola in due stadi:
una fase non random di stratificazione delle unità statistiche sulla base
dei comuni di residenza; una fase di selezione casuale delle famiglie

6 Per una descrizione della struttura dell'indagine si veda A. Brandolini, L. Cannari,


Methodological Appendix: The Bank of Italy's Survey of Household Income and Wealth, in
Saving and the Accumulation of Wealth, a cura di A. Ando, L. Guiso e I. Visco, Cambridge
U.P., Cambridge 1994, pp. 369-86.
7
L'indagine è stata condotta annualmente fino al 1987 (ad eccezione del 1985) e succes
sivamente a cadenza biennale. Come si è accennato, l'ultima cross-section disponibile risale al
2006.

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all'interno dello strato8. Al fine di ricondurre la rappresentatività del


campione alle caratteristiche della popolazione, è inoltre fornito un set
di pesi che allineano le distribuzioni socio-demografiche alle statisti
che sulla popolazione e all'indagine sulle forze di lavoro delPlstat9.
L'unità di rilevazione è la famiglia, intesa come «gruppo di persone
legate da vincoli parentali, legali o affettivi che condividono la stessa
abitazione e almeno una parte delle proprie risorse finanziarie»10; tut
tavia poiché le informazioni sono raccolte anche a livello individuale
(ad eccezione di quelle riguardanti la ricchezza finanziaria, che è rile
vata solo a livello familiare) è possibile effettuare analisi anche sugli in
dividui. A tal proposito, l'unità di analisi scelta è l'individuo, tenendo
però conto della dimensione della famiglia di appartenenza attraverso
la trasformazione del reddito familiare in termini equivalenti (assu
mendo uguale distribuzione tra gli individui di una stessa famiglia)
mediante la «scala della radice quadrata»".
I redditi sono rilevati al netto di tasse e contributi sociali, non for
nendo pertanto alcuna informazione di natura fiscale e redistributiva.
L'archivio storico offre due aggregazioni delle varie componenti del
reddito:
- Y1 è il reddito dato dalla somma di redditi da lavoro
disponibile,

8 Tale è rilevante ai fini dell'inferenza statistica sugli indica


disegno di campionamento
tori alla quale abbiamo fatto ricorso mediante metodi di bootstrapping per testare le afferma
zioni circa la significatività statistica dei cambiamenti rilevati negli indici. Si tratta di un me
todo molto flessibile e semplice da implementare che non è, tuttavia, esente da problemi: nel
suo utilizzo occorre infatti prestare attenzione alla complessità del disegno campionario,
utilizzando opportunamente i pesi, le variabili di strato e cluster. L'obiettivo sarebbe quello
di stimare il valore di un parametro nella popolazione che non è osservabile. Poiché, però,
campionamenti ripetuti producono variabilità campionaria, si simula il processo di ri-cam
pionamento dalla popolazione estraendo sottocampioni ripetuti dal campione iniziale (con
reimbussolamento); si verifica dunque la variabilità esaminando la distribuzione delle stime
ottenute. Per un numero grande di ri-campionamenti vale il teorema del limite centrale.
' Cfr. A. Income and Poverty in Italy: A Statistical
Brandolini, Inequality
Compendium, Banca d'Italia, mimeo 2004.
10
Id., The Distribution of Personal Income in Post-War Italy: Source Description, Data
Quality, and the Time Pattern of Income Inequality, in «Temi di discussione», 350, Banca
d'Italia, Roma 1999.
" Cfr. A.B.
Atkinson, L. Rainwater, T.M. Smeeding, Income Distribution in OECD
Countries: Evidence from the Luxembourg Income Study (LIS), in «Social Policy Studies»,
18, Organization for Economic Cooperation and Development, Paris 1995. La trasforma
zione in redditi equivalenti si rende necessaria per tener conto dei diversi livelli di benessere
che possono essere associati ai redditi familiari in ragione della numerosità della famiglia e
consentire quindi confronti tra famiglie. Tale operazione viene cioè effettuata dividendo i
redditi familiari per il numero dei componenti, elevato ad un parametro Theta = 0.5, ovvero
calcolando la radice quadrata del numero degli individui appartenenti alla famiglia: il reddito
procapite familiare non è infatti un buon indicatore del livello di benessere economico degli
individui per via della presenza di economie di scala generate dalla gestione familiare, le qua
li sono funzione crescente della dimensione del nucleo familiare.

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Indice
1. s

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dipendente, autonomo, di impresa, trasferimenti (pensioni e sussidi), e


reddito da fabbricati (fitti imputati ed effettivi);
- Y2 contiene, in
aggiunta alle voci già incluse in Yl, anche i redditi
da capitale finanziario (interessi, dividendi e rendite).
In linea con la gran parte degli studi sviluppati utilizzando questa
fonte, nella maggior parte delle applicazioni presentate è stata adottata
la prima definizione di reddito, che esclude i redditi da capitale, in
quanto soggetti a un elevatissimo under-reporting12 che pregiudica
l'attendibilità delle stime13, sebbene definizioni e aggregazioni diverse
delle varie fonti di reddito vengano di volta in volta adottate in rela
zione allo scopo dell'analisi.

3. Uno sguardo alla disuguaglianza dei redditi


e alla povertà negli ultimi 30 anni

Come già menzionato, secondo le stime di recenti studi comparati


vi internazionali14 l'Italia è uno tra i Paesi a più elevata disuguaglianza

12Con
l'espressione under-reportine si fa normalmente riferimento alla tendenza degli
intervistati a dichiarare importi di reddito o ricchezza inferiori a quelli veri. Per stime
sull'entità di tale fenomeno, con riferimento alle attività reali, finanziarie e ai redditi cfr. L.
Cannari, G. D'Alessio, Housing Assets in the Bank of Italy's Survey of Household Income
and Wealth, in Income and Wealth Distribution, Inequality and Poverty, a cura di C. Da
gum e M. Zenga, Springer-Verlag, Berlino 1990; L. Cannari, G. D'Alessio, Non reporting
and under reporting behaviour in the Bank of Italy's survey of Household Income and
Wealth, in «Proceeding of ISI 49th Session», Firenze ISI 1993, pp. 395-412; L. Cannari, R.
Violi, Reporting Behaviour in the Bank of Italy's Survey of Italian Household Income and
Wealth, in «Research on Economic Inequality», 6, JAI Press Inc., 1995, pp. 117-30. Altri
fonti della discrepanza tra dati rilevati e dati effettivi sono riconducibili all' effetto memoria
(;mis-reporting) oppure sono dovuti al fatto che l'intervistato non dichiara il possesso di par

13Differenziali nei tassi di


risposta, under-reporting e mis-reporting, soprattutto sui red
diti da capitale, possono infatti produrre una distorsione sostanziale delle stime. In partico
lare, 1'under-reporting appare maggiormente elevato per i redditi da lavoro autonomo (circa
il 20% secondo le stime di Cannari e Violi) mentre il tasso di risposta risulta inversamente
correlato al livello di ricchezza della famiglia (esso diminuisce dal 26% al 14% all'aumentare
dei decili di reddito), generando una sottostima del reddito medio e della disuguaglianza (L.
Cannari, G. D'Alessio, Mancate interviste e distorsione degli stimatori, in «Temi di discus
sione», 172, Banca d'Italia, Roma 1992). Inoltre, il confronto con i dati di Contabilità nazio
nale, mostra una severa sottostima dei redditi da lavoro autonomo e dei redditi da capitale
finanziario nell'ordine, rispettivamente, del 50-55% e del 65-70%, che si traduce in una sot
tostima complessiva del 30% (Brandolini, The Distribution of Personal Income cit.).
14 Si vedano a tal
proposito Atkinson, Rainwater, Smeeding, Income Distribution in
OECD Countries cit.; T. Smeeding, Changing Income Inequality in OECD Countries: Up
dated Results from the Luxembourg Income Study (LIS)», in The Personal Distribution of
Income in an International Perspective, a cura di R. Hauser, Springer-Verlag, Berlin 2000.

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1977-2006.

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Indice
2.

Figura

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in Europa, con un indice di Gini15 che oscilla attorno a valori sensibil


mente superiori a quelli degli altri Paesi europei (oltre il 33% nel
2006), e di poco inferiori a quelli dei Paesi anglosassoni (Stati Uniti,
37%, Regno Unito, 35%).
Tale elevato livello di disuguaglianza è una caratteristica distintiva e
persistente dell'evoluzione della distribuzione del reddito in Italia,
sebbene l'andamento dei principali indicatori segnali fasi di acutizza
zione del fenomeno alternate a fasi di compressione dei differenziali di
reddito nel corso degli ultimi tre decenni.
A tal proposito, la figura 2 mostra graficamente l'andamento
dell'indice di Gini (asse di destra) e del rapporto interdecilico (asse di
sinistra)16 per il periodo 1977-2006.
Entrambi gli indicatori mostrano un andamento a «W» nella con
centrazione del reddito, contraddistinta da un marcato declino dalla
fine degli anni settanta fino ai primi anni ottanta, seguito da una suc
cessiva ripresa nella seconda metà del decennio e da una sensibile ridu
zione verso la fine degli anni ottanta fino ai primi anni novanta («ri
presa egualitaria», secondo Brandolini e Sestito)17, quando un repenti
no recupero fa balzare la disuguaglianza ai livelli elevati d'inizio perio
do (33% del Gini, 4,3 per il rapporto interdecilico), che persisteranno,
senza sostanziali cambiamenti, per tutto l'ultimo decennio.
In questo alterno andamento della disuguaglianza, la prima fase è
caratterizzata da una forte «spinta egualitaria» - con una riduzione di
oltre 5 punti percentuali nell'indice di Gini (da 34.6% nel 1979 a
29.2% nel 1982) e di oltre il 20% nel rapporto interdecilico - dovuta
principalmente all'aumento delle quote di reddito detenute dai primi
decili di popolazione a discapito della coda alta18.

15L'indice di
Gini, il più popolare tra gli indicatori sintetici di disuguaglianza, è definito
come la somma delle differenze dei redditi normalizzate per il doppio del quadrato della nu
merosità campionaria moltiplicata per il reddito medio: esso può inoltre essere espresso co
me funzione della somma ponderata dei redditi con pesi inversamente proporzionali alla po
sizione dell'individuo nella distribuzione dei redditi (il più povero ha peso N, il più ricco ha
peso 1). Per una descrizione dei principali indicatori di disuguaglianza si vedano: A.B.
Atkinson, The Economics of Inequality, Clarendon Press, Oxford 1983 (2" ed.); F. A. Cowell,
Measuring Inequality, Harvester Wheatsheaf, Hemel Hempstead 1995 (2" ed.); A.K. Sen,
J.E. Foster, On Economic Inequality, Clarendon Press, Oxford 1997 (2" ed.); M. Baldini, S.
Toso, Diseguaglianza, Povertà, Politiche Pubbliche, il Mulino, Bologna 2005.
" Esso è dato dal
rapporto tra il reddito degli individui collocati in corrispondenza del
primo e dell'ultimo decile della distribuzione (i decili sono gruppi di individui ordinati per
livelli non decrescenti di reddito, ciascuno di ampiezza pari al 10% della popolazione).
17A.
Brandolini, P. Sestito, La distribuzione dei redditi familiari in Italia: 1977-1991, in
La transizione equa, 1992-1993. Secondo rapporto sulla distribuzione e redistribuzione del
reddito in Italia, a cura di N. Rossi, il Mulino, Bologna 1994
18Ibid.

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Numerose spiegazioni sono state avanzate per giustificare


l'andamento della disuguaglianza negli ultimi tre decenni. Tra queste,
le più accreditate sembrano assegnare un ruolo preponderante al mer
cato del lavoro e in particolare alle politiche salariali perequative che
paiono aver contribuito in maniera significativa alla determinazione
della forma e del grado di concentrazione della distribuzione dei red
diti alla fine degli anni settanta e all'inizio degli anni ottanta.
La marcata riduzione nella concentrazione, segnalata anche
dall'analisi dei soli redditi da lavoro, pare infatti associata ad un perio
do di forte ostilità tra le parti sociali («autunno caldo») che ha genera
to un cambiamento radicale della distribuzione funzionale in favore
del fattore lavoro".
Alla marcata riduzione dei differenziali salariali, dovuta alle forti
rivendicazioni dei lavoratori, si aggiunge il ruolo decisivo dei mecca
nismi di indicizzazione (scala mobile e punto unico di contingenza)
che, garantendo lo stesso incremento salariale assoluto a tutti i lavora
tori (in luogo dello stesso incremento percentuale), ha sicuramente
esercitato un peso rilevante nel livellamento della distribuzione20. Un
contributo alla perequazione dei redditi netti sembra, inoltre, essere
stato offerto anche dal fenomeno del fiscal drag prodotto dall'operare
congiunto del sistema di imposizione fiscale progressivo per scaglioni
e dall'elevata inflazione della fine degli anni settanta21.
Una seconda fase ha visto, invece, il ribaltamento nel trend di ridu
zione delle disuguaglianze: emblematico il periodo 1983-86 durante il
quale l'indice di Gini supera il 31% e il rapporto interdecilico sale al
di sopra del valore di 4.1%. Per effetto di queste dinamiche la parte
più ricca della popolazione recupera le posizioni perdute.
Una causa importante nel determinare il periodo di «crescita ine
guale» della metà degli anni ottanta potrebbe essere stata la riduzione
del potere dei sindacati e dell'efficacia redistributiva dei meccanismi di
indicizzazione, che hanno sicuramente contribuito ad ampliare i ven
tagli retributivi e a migliorare la posizione dei redditi non da lavoro -
tradizionalmente distribuiti in maniera più diseguale - all'interno della
distribuzione funzionale.

" Cfr. L.F.


Signorini, I. Visco, L'economia italiana, il Mulino, Bologna 2002. Questa
tendenza all'aumento del peso del lavoro nella distribuzione è confermata dai dati di Conta
bilità Nazionale che testimoniano un aumento della quota del fattore lavoro sul valore ag
giunto.
20 Cfr. M. Can the Scala Mobile Explain the Fall and the Rise of Earnings
Manacorda,
Inequality in Italy? A Semiparametric Analysis, 1977-93, in «Journal of Labor Economics»,
22, 3, 2004.
31Cfr.
Brandolini, Sestito, La distribuzione dei redditi familiari cit.

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Infatti, mentre i cambiamenti demografici e sociali non sembrano


aver giocato un ruolo rilevante nel condizionare la distribuzione, la
letteratura esistente ha individuato come decisamente più importanti i
cambiamenti intervenuti nella distribuzione di componenti quali i
redditi da lavoro autonomo e da capitale22.
In questo contesto si aggiunge anche il ruolo dell'integrazione eco
nomica e finanziaria all'interno della Ue, che, attraverso il processo di
liberalizzazione dei mercati dei capitali, ha notevolmente ampliato le
opportunità di guadagno e di speculazione, contribuendo ad una di
stribuzione più diseguale dei redditi da attività finanziarie: l'Italia è,
infatti, uno dei Paesi dove il maggior contributo alla disuguaglianza
proviene dai redditi da capitale e da lavoro autonomo, e tale contribu
to è cresciuto enormemente dal 1984 al 1993".
Infine, negli anni novanta, dopo una lieve flessione, il processo di
crescita della disuguaglianza sembra avere ripreso improvvisamente la
sua corsa, con un repentino balzo dell'indice di Gini, che passa dal
28% del 1989 al 32% circa del 1993.
Molteplici, anche in questo caso, sono le trasformazioni che posso
no aver influito significativamente sulla distribuzione del reddito: tra
queste, il cambiamento tecnologico skill-biased e gli ampi processi di
privatizzazione, che hanno condotto ad un mutamento radicale degli
assetti distributivi, mentre l'abolizione della scala mobile e l'indicizza
zione all'inflazione programmata, unitamente alle politiche di modera
zione salariale (concertazione), hanno indubbiamente ridotto il peso
dei salari e hanno contribuito ad un ampliamento dei divari retributivi.
A questo si aggiungono sia le severe manovre di finanza pubblica, rese
necessarie dall'obiettivo di ridurre la crescita ormai incontrollata del
debito e consentire l'adesione all'Unione economica e monetaria, sia le
note riforme del mercato del lavoro (Pacchetto Treu, 1997, Legge Bia
gi, 2003) che hanno notevolmente accresciuto la flessibilità dei rapporti
lavorativi. Tuttavia, come già menzionato, l'indice di Gini non mostra
nessuna tendenza statisticamente significativa all'ampliamento della
distribuzione, essendosi attestato attorno a valori del 32% negli anni
successivi al 1993, con una lieve crescita al 33% nel biennio 2004-6.

22 Cfr. C.V.
Fiorio, Understanding Inequality Trends: Microsimulation Decomposition
for Italy, «STICERD-Distributional Analysis Research Programme Papers 78», Suntory
and Toyota International Centres for Economics and Related Disciplines, LSE 2006. Le
computazioni effettuate sulla definizione di reddito Y2, comprensivo dei redditi da attività
finanziarie, seguono un andamento simile a quello di Yl, ma su livelli più elevati.
23Cfr. M.
Foster, M. Pellizzari, Trends and Driving Factors in Income Distribution and
Poverty in the OECD Area, in «Labour Market and Social Policy Occasional Papers», 42,
OCSE, Paris 2000.

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1977-2006.

2000),

dell'anno

costanti

prezzi
Kernel
a

Densità
di
equivalenti

redditi

dei
Distribuzione
3.
8' 9' V Ζ O
B1ISU9Q

(logaritmo
Figura

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Un semplice esercizio di statica comparata basato su stime non pa


rametriche della distribuzione24 nei tre anni chiave 1977, 1991, 2006,
rappresentativi delle varie fasi che contraddistinguono l'evoluzione
della concentrazione, conferma quanto rilevato dagli indici sintetici e
consente di ricavare alcune informazioni addizionali sulla forma della
distribuzione.
Malgrado la natura statica dell'analisi non consenta di stabilire cosa
sia accaduto in termini dinamici, passando dal 1977 al 1991 è possibile
rilevare un sostanziale movimento della distribuzione a destra lungo
la scala dei redditi (location effect), che, coerentemente con il pattern
di crescita del reddito reale, risulta essere di dimensioni superiori ri
spetto a quello rilevato tra 1991 e 2006.
Si osserva, poi, come la lieve ma riconoscibile bi-modalità della di
stribuzione del 1977 si attenui nel 1991 con un significativo avvicina
mento delle due mode (depolarizzazione) e una sostanziale riduzione
della dispersione complessiva dei dati, testimoniata da una moda più
alta e code più strette. Ad uno sguardo più attento, una lieve «gobba»
pare poi comparire a sinistra della moda principale25, suggerendo una
maggiore concentrazione nella parte bassa della distribuzione.
Tuttavia, tra il 1991 e il 2006 quest'ultima scompare, le due mode
centrali sembrano allontanarsi lievemente, mentre la dispersione com
plessiva torna ad aumentare decisamente, in particolare a destra. Tale
allontanamento delle mode potrebbe fornire una prima, seppur gros
solana, indicazione di una tendenza allo svuotamento della classe me
dia (polarizzazione), mentre l'aumento della dispersione della parte al
ta della distribuzione sembrerebbe segnalare mutamenti distributivi
nelle code.
Indicazioni simili a quelle fornite dai tradizionali indicatori di di
suguaglianza provengono anche dall'uso di indici alternativi, quali gli
indici di entropia generalizzata26, che consentono tuttavia di indagare

2* La distribuzione di densità mostra


per ciascuno livello di reddito in ascissa la quota di
soggetti che posseggono tale livello di reddito. I metodi non parametrici hanno il vantaggio di
non imporre a priori alcuna forma funzionale alla distribuzione, risultando pertanto estrema
mente flessibili ed adatti sia nella fase esplorativa che inferenziale. Nello specifico, in questa
applicazione è stata impiegata la stima Kernel, che ricava la forma della distribuzione diretta
mente a partire dai dati, consentendo la rilevazione di eventuale plurimodalità (presenza di più
mode ovvero di più «picchi» all'interno della distribuzione).
25 L'evidenza mostrata è pienamente coerente con Pittau, Zelli, Income distribution in
Italy cit. e Pittau, Zelli, Testing for changing shapes of income distribution cit.
26II
parametro Alpha negli indici di entropia generalizzata indica la sensibilità alle diverse
parti della distribuzione (valori elevati producono misure top sensitive, valori bassi generano
misure bottom sensitive). Per Alpha = 1 esso corrisponde all'indice di Theil; per Alpha = 0
l'indice diventa invece la Deviazione = 2 è
Logaritmica Media mentre per Alpha pari a 1/2 del

142

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Pisano e Tedeschi, Distribuzione dei redditi in Italia

9002

HK)Z
Media)

ZOOZ

0003

Logaritmica 8661

Ç661

í"66t

1661
(Deviazione

=0 6861

8861

Alpha
1977-2006. ¿861

=-1,
9861

S861
Alpha
Variazione),
con mi
di

€861

2861

generalizzata
Coefficiente 1861

(1/2 0861

=2
entropia
· 6¿6l
di
8¿6l

(Theil), ¿¿61
Indici
4. =1

Alpha
Figura

143

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Disuguaglianze

il contributo specifico alla disuguaglianza fornito dalle diverse parti


della distribuzione27.
Come si può osservare nella figura 4 a valori estremi del parametro
Alpha (corrispondenti a una maggiore sensibilità alle code della distri
buzione) si associa una elevata volatilità degli indici28 che sembrano at
testarsi, alla fine del periodo, su livelli più elevati rispetto a quelli ini
ziali, suffragando l'idea che, a dispetto della stabilità dell'indice di Gi
ni, cambiamenti significativi possano avere interessato le code della di
stribuzione29.

Con riferimento alla coda bassa, l'analisi dei principali indicatori di


povertà relativa basati sul reddito indica un aggravamento relativo del
le condizioni di vita dei poveri (intensità) nel tempo oltre che una loro
maggiore incidenza30.
La figura 5 mostra la famiglia degli indici di Foster31, rispettiva
mente Ykeadcount ratio, che misura la quota di soggetti poveri sul to
tale della popolazione e dunque coglie l'aspetto di incidenza del feno
meno; il poverty gap cumulativo, corrispondente alla media dei po
individuali - intesi come la distanza del reddito dalla
verty gap soglia
di povertà se il reddito è inferiore a quest'ultima, pari zero altrimenti -
ed il suo (poverty gap cumulato normalizzato al quadrato),
quadrato
quali misure di intensità32.
Benché ricalchino un pattern simile a quello degli indici di disu
guaglianza, gli indicatori della povertà raggiungono negli ultimi anni

Coefficiente di Variazione (F.A. Cowell, Theil, Inequality Indices and Decomposition., in «Re
search on Economic Inequality», 13,2006, pp. 345-60).
27 Risultati simili sono stati ottenuti anche indicatori alternativi quali
impiegando
l'indice di Atkinson, che ha il pregio di esplicitare i giudizi di valori implicitamente sottesi
alle misure «oggettive» sintetiche di concentrazione in un parametro Y di avversione alla di
suguaglianza (M. Baldini, S. Toso, Diseguaglianza, Povertà, Politiche Pubbliche, il Mulino,
Bologna 2005).
28L'elevata volatilità
degli indici più sensibili alle code della distribuzione potrebbe esse
re legata anche a problemi di top e bottom coding dell'indagine, ovvero di difficoltà a cattu
rare in maniera rappresentativa nella fase di campionamento gli strati più poveri e più ricchi
della popolazione (M. Albertini, The impact of changes in household forms on income ine
quality: the case of Italy 1977-2000, EUI working paper n. 19, 2003).
29Per un'accurata analisi dell'evoluzione e delle caratteristiche degli individui agli estre
mi della distribuzione si veda Albertini, Who were and who are the poorest and the richest
people in Italy: the changing household's characteristics of the people at the bottom and at
the top of the income distribution, in «Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca
Sociale», Università degli studi di Trento, 31, 2004.
30La linea di
povertà da noi adottata è quella Eurostat, pari a 0.6 volte il reddito media
no (il valore che bipartisce la distribuzione).
31Per una
spiegazione degli indici si veda J.E. Foster, J. Greer, E. Thorbecke, A class of
decomposable poverty measures, «Econometrica», 52, 1984, pp. 761-76.
32 Un utile riferimento nella letteratura sulla
povertà è B. Atkinson, On the measure
ment of poverty, in «Econometrica», 55, 1987, pp. 749-64.

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1977-2006.

cvj <N

Eurostat),

(def.

mediano

reddito

del

60%
al

soglia

con

relativa

povertà
di

Indici
5. χ r >r, -t fi

Figura

145

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Disuguaglianze

del periodo considerato livelli superiori a quelli iniziali, segnalando, a


differenza della disuguaglianza - tornata sui li
approssimativamente
velli iniziali - un maggiore addensamento della popolazione al di sotto
della soglia di povertà (incidenza) accompagnato peraltro da un incre
mento nella profondità della povertà stessa (intensità), intesa come di
stanza media dalla soglia.
Anche in questo caso, tuttavia, l'andamento stabile o debolmente
decrescente degli indicatori sintetici dalla seconda metà degli anni no
vanta in poi sembra non riuscire a dar conto della percezione di un
diffuso e progressivo peggioramento delle posizioni individuali. Tutto
ciò suggerisce, ancora una volta, la necessità di ricorrere a concetti e
strumenti in grado di arricchire il quadro distributivo, cogliendo
aspetti e dinamiche trascurati dagli indicatori aggregati.
In particolare, sembra opportuno integrare l'analisi tradizionale di
povertà e disuguaglianza con una terza dimensione - quella della mo
bilità - in grado di catturare il maggior grado di incertezza che le
riforme strutturali, avvenute soprattutto nell'ultimo decennio, hanno

prodotto per effetto di una sistematica traslazione di rischi individuali


e collettivi prima sopportati dallo Stato e dalle imprese sugli individui
e le famiglie33.

4. Mobilità dei redditi in Italia: il ruolo dell'incertezza

Lo studio della dinamica del reddito è strettamente connesso ai


concetti di disuguaglianza e persistenza nella povertà: gli spostamenti
degli individui lungo la distribuzione generano, infatti, flussi verso
l'alto e verso il basso che alterano il grado di concentrazione dei reddi
ti ed il benessere degli individui.
Sebbene la letteratura sulla mobilità sia meno sviluppata di quella
sulla disuguaglianza, l'interesse verso questo fenomeno è cresciuto
sensibilmente nell'ultimo decennio: lo prova il buon numero di defini
zioni proposte e indicatori elaborati al fine di consentirne una valuta
zione quantitativa34. I tentativi di dare un fondamento normativo alla
mobilità possono essere distinti in due gruppi. Da un lato, vi è chi
concepisce la mobilità come una misura del grado di fluidità della so
13Cfr. M. A. Marano, L'incertezza
D'Antoni, perveniva: riduzione della protezione so
ciale e tendenza al trasferimento dei rischi su individui e famiglie, in Rapporto sullo stato so
ciale 2008, a cura di F.R. Pizzuti, Utet, Torino 2008.
34 S.P.
Jenkins, P. Van Kerm, Trends in Income Inequality, Pro-poor Income Growth,
and Income Mobility, IZA Discussion paper n. 904,2003.

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cietà e in quanto tale essa rappresenta un valore da perseguire di per


sé. Dall'altro lato, vi sono quanti la considerano strumentale

all'efficienza, nella misura in cui essa indichi che vengono premiate le


abilità piuttosto che l'eredità - con l'ulteriore positiva conseguenza di
garantire una maggiore uguaglianza nelle opportunità. Va anche con

siderato che la mobilità può influire sul livello di benessere sociale in


una prospettiva multi-periodale riducendo la disuguaglianza nel ciclo
di vita e la persistenza della povertà.
La mobilità può, però, connotarsi anche negativamente: questo è il
caso quando l'instabilità del reddito si traduce in una maggiore vulne
rabilità e insicurezza nelle prospettive di reddito, che avrà un impatto
tanto maggiore sul benessere degli individui quanto più essi sono av
versi al rischio. In definitiva il giudizio sociale sulla mobilità sarà de
terminato dall'aggregazione dei giudizi individuali che dipenderanno,
tra l'altro, dalla posizione occupata da ciascun soggetto nella società,
dalla capacità di fronteggiare il rischio, soprattutto in presenza di mer
cati imperfetti, nonché dalla presenza e dal grado di copertura delle
reti di sicurezza sociale.
A tal proposito, uno degli ambiti nei quali si è manifestato il trasfe
rimento del rischio sistemico sui singoli è stato il mercato del lavoro,
interessato nell'ultimo decennio da due importanti riforme (Pacchetto
Treu 1997, Legge Biagi 2003) volte ad accrescere la flessibilità dei rap
porti di lavoro e degli altri attributi contrattuali non monetari.
Al fine di offrire un'analisi esplorativa dei cambiamenti avvenuti
nel mercato del lavoro, la mobilità viene in prima battuta esaminata
con riferimento alla dinamica delle retribuzioni individuali (salari e
redditi da lavoro autonomo) nel breve periodo, utilizzando la compo
nente panel dell'indagine Bfi relativa a due intervalli di tempo (1995
98 e 2004-6)35 separati tra loro dal decennio durante il quale sono state
introdotte tali riforme36.
In particolare sono state adottate due classi di indicatori sintetici
corrispondenti a due prospettive concettualmente distinte di mobilità:
l'una costruita a partire dagli indici di disuguaglianza (nella quale rien

35La dimensione dei


campioni panel si aggira intorno alle 2.400 unità nel primo interval
lo, e più di 3.000 per il secondo.
36La scelta della variabile d'interesse è cruciale in relazione
all'oggetto dell'analisi. Infat
ti, nel caso si sia interessati alla trasmissione intergenerazionale del capitale umano la varia
bile più appropriata è costituita dalle retribuzioni; nel caso invece si voglia indagare
l'ereditarietà di vantaggi sociali la dimensione più rilevante è il reddito o l'appartenenza ad
una classe sociale, mentre per misurare la persistenza nella povertà il carattere più idoneo è il
reddito equivalente. In questa sede, le retribuzioni di breve periodo verranno impiegate per
indagare la dinamica del mercato del lavoro.

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Disuguaglianze

trano gli indici di Shorrocks)37; l'altra definita in termini di associazio


ne tra i redditi dell'anno base e dell'anno finale. All'interno di que
st'ultima classe possono essere individuati due ulteriori sotto-gruppi
di indici: il primo formulato in termini di indipendenza dallo stato ori
ginario definita come scarsa persistenza, ovvero mancanza di correla
zione sistematica tra lo stato di arrivo e lo stato di origine (coefficiente
di correlazione, indice di Spearman), maggiormente rilevante in una
prospettiva di uguaglianza delle opportunità; l'altra in termini di va
riazione del carattere analizzato (indice di Fields-Ok)38, più rilevante
in una prospettiva di disuguaglianza del ciclo di vita e di persistenza
della povertà39.
Sia gli indicatori di Fields-Ok sia quelli di Shorrocks sembrano re
- non statisticamente -
gistrare una modesta riduzione significativa40
della mobilità tra i due periodi, confermata del resto anche dall'indice
di Spearman; all'opposto, il confronto dei coefficienti di correlazione
tra i redditi da lavoro dell'anno base e dell'anno finale denota una
- e statisticamente rilevante - inerzia da un
maggiore periodo all'altro,
suggerendo pertanto una significativa riduzione della mobilità intesa
come indipendenza dallo stato d'origine.
Ancora una volta, tuttavia, gli indicatori sintetici di mobilità, sem
brano non essere in grado di offrire una descrizione illuminante e uni
voca dell'evidenza empirica. Questo risultato non è sorprendente, da
ta la stabilità degli indicatori di disuguaglianza sulla base dei quali la
classe degli Shorrocks è costruita, e la natura simmetrica dell'indice di
movimento di Fields-Ok che non consente di distinguere tra movi
menti di segno opposto.
Uno strumento alternativo e non sintetico che consente di indaga
re la direzione, l'entità dei flussi interni e le parti della distribuzione

37L'indice di Shorrocks si basa sul confronto tra del reddito medio e una
disuguaglianza
media ponderata delle disuguaglianze iniziale e finale. Si veda A. Shorrocks, The measure
ment of mobility, in «Econometrica», 46,1978, pp. 1013-24.
38L'indice di Fields-Ok è definito come valore assoluto della variazione logaritmica me
dia dei redditi individuali. Il valore assoluto denota una visione simmetrica della mobilità,
che non distingue dunque tra movimenti verso l'alto o verso il basso (si veda G.S. Fields,
E.A. Ok, The measurement of income mobility: an introduction to the Literature, in Hand
book of Income Inequality Measurement, a cura di J. Silber, Kluwer Academic Publishers,
Norwell 1999, pp. 557-96.
39Cfr. R.
Castellano, C. Quintano, A. Regoli, Income distribution and Income Mobility
in Italy, in Scritti di Statistica Economica 12C, «Quaderni di Discussione», 28, a cura di C.
Quintano, Dipartimento di Statistica e Matematica per la Ricerca economica, Università de
gli studi di Napoli «Parthenope», Napoli 2003.
® Per una descrizione delle
procedure di inferenza sugli indici di mobilità si veda C. Sch
lüter, Statistical inference with mobility indices, in «Economics Letters», 59,1998, pp. 157-62.

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maggiormente coinvolte, è costituito dalle matrici di transizione41, i


cui elementi rappresentano le probabilità di appartenere ad un deter
minato quantile di popolazione condizionatamente alla posizione oc
cupata nel periodo precedente.
Dal confronto tra le matrici di transizione per i periodi 1995-98 e
2004-6 emergono aspetti interessanti della dinamica dei redditi, taciuti
dalla sintesi offerta dai precedenti indicatori. In primo luogo, infatti, le
diagonali principali identificano la quota di soggetti rimasti nella stes
sa classe di reddito da un periodo all'altro. Come si può notare, a
fronte di un sostanziale aumento della persistenza nel quintile più po
vero (che passa dal 48,38% al 57,9%), si registra una significativa ridu
zione della stessa nei due quintili più ricchi, con una probabilità di ri
manere nella classe media approssimativamente invariata. Tuttavia, ad
uno sguardo più attento, si può rilevare come la ridotta persistenza nel
quarto quintile (upper-middle class, che passa dal 47,68% al 33,52%)
si traduca in un aumento della mobilità verso il basso per questa classe

Tabella 1. Indicatori
sintetici di mobilità,
redditi da lavoro, 1995-98, 2004-6.

Indici di mobilità 1995-98 2004-6

Fields-Ok (Economica 1999)


(logaritmi, non direzionale): 0.388 0.349
Shorrocks (1978)
(con Ìndice di Theil - GE(1)): 0.194 0.175
Shorrocks (1978)
deviazione media - 0.237 0.228
(con logaritmica GE(0)):
Shorrocks (1978)
(con indice di Gini): 0.095 0.081

Spearman
(indice di correlazione tra ranghi) 0.6414 0.6289

Coefficiente di correlazione

(traredditinei due periodi) 0.4740 0.6049

Fonte: elaborazioni su dati BF1.

41La mobilità
può essere misurata a partire da distribuzioni del reddito continue, conti
nue ma discretizzate (quali quantili, classi di reddito, gruppi - ricchi poveri, ecc.) o intrinseca
mente discrete quali le classi sociali, che possono però essere non suscettibili di un ordina
mento naturale. Nella letteratura, normalmente per le distribuzioni continue si calcolano in
dici scalari; esse possono tuttavia essere rese discrete allo scopo di calcolare matrici di transi
zione. Nello specifico, in questa sede, la distribuzione è stata suddivisa in quintili, ovvero seg
menti di popolazione, ordinata per livelli non decrescenti di reddito, di ampiezza pari al 20%.

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Disuguaglianze

(la probabilità di passare al quintile inferiore sale dal 22,73% al 30,3%


e quasi raddoppia quella di scendere di due classi); simmetricamente,
l'aumentata persistenza nel quintile più povero è connessa ad una di
minuita mobilità verso l'alto, specialmente verso le posizioni più ele
vate. Infine, i flussi in uscita dalla classe intermedia se nel primo perio
do si dirigevano con maggior frequenza verso l'alto, nel secondo risul
tano più frequentemente indirizzati verso il basso42: la probabilità di
salire passa infatti dal 34,35% al 19,32%, mentre quella di scendere di
una classe aumenta dal 8,93% al 23,43%.
Una conferma della maggiore persistenza in basso e della maggiore
mobilità downward dalle classi viene anche da un'analisi grafica, rea
lizzata attraverso curve Lowess43, che mostrano la variazione percen

Tabella 2a. Matrici di transizione per quintile,


redditi da lavoro, 1995-98.

1998 Quintile 2° quintile Quintile 4° quintile Quintile Totale

più povero intermedio più ricco


1995X\

Quintile
più povero 48,38 21,77 13,82 8,77 7,27 100

2° quintile 16,56 39,35 22,52 12,54 9,03 100

Quintile
intermedio 7,49 8,93 40,66 34,35 8,57 100

4° quintile 2,55 6,23 22,73 47,68 20,8 100

Quintile
più ricco 5,23 2,8 6,93 20,88 64,16 100

Totale 14,26 16,25 21,7 25,2 22,58 100

-
Proporzione di individui nello stesso quintile = 0,478 (somma diagonale persistenza media)
Proporzione di individui che rimangono nel quintile più povero = 0,484
Proporzione di individui che rimangono nel quintile più ricco = 0,641

Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat.

42Tale evidenza si
pone in parziale contrasto con i risultati di un precedente lavoro che
analizza due periodi antecedenti al 1995 e al 2004, il quale registrava invece una generalizza
ta riduzione della immobilità lungo tutta la distribuzione dei redditi equivalenti, un incre
mento della mobilità verso l'alto per il quintile più povero e una riduzione dell'inerzia misu
rata dal coefficiente di correlazione (Boeri, Brandofini, The Age of Discontent cit.).
" La curva lowess è un
metodo non parametrico basato sulla ripetizione di regressioni
locali, che individua la variazione percentuale media del reddito da un periodo all'altro per
piccoli intervalli.

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tuale media nelle retribuzioni tra anno base e anno finale in funzione
dei quantili di popolazione.
Come si evince dal confronto tra le due figure, mentre nel primo
periodo la curva giace interamente al di sopra della linea di variazione
zero, nel secondo periodo essa si sposta chiaramente verso il basso
trascinata dalla riduzione delle variazioni positive nette.
Infine, per esaminare la dinamica della distribuzione in termini di
benessere, la computazione degli indici sintetici è stata ripetuta sulla
base di una definizione di reddito maggiormente rappresentativa del
tenore di vita familiare44. Anche in questo caso, le variazioni dei vari
indici appaiono pienamente coerenti con le computazioni precedente
mente effettuate sui redditi da lavoro, sebbene i livelli degli indicatori
risultino più bassi, suggerendo un'immobilità persino più accentuata
quando si consideri, in modo più ravvicinato, il tenore di vita.
In sintesi, dal confronto di questi due periodi - l'uno a metà degli
anni novanta, l'altro a metà del primo decennio del nuovo secolo - un

Tabella 2b. Matrici di transizione per quintile,


redditi da lavoro, 2004-6.

\ 2006 Quintile 2° quintile Quintile 4° quintile Quintile Totale


più povero intermedio più ricco
20Q4\

Quintile
più povero 57,94 20,64 11,1 3,84 6,48 100

2° quintile 14,28 40,44 24,26 14,87 6,15 100

Quintile
intermedio 8,55 23,43 39,52 19,32 9,19 100

4° quintile 4,37 11,62 30,3 33,52 20,19 100

Quintile
più ricco 4,17 4,24 8,64 21,41 61,54 100

Totale 15,81 18,72 22,65 20,24 22,58 100

Proporzione di individui nello stesso quintile = 0,459 (somma diagonale - persistenza media)
Proporzione di individui che rimangono nel quintile più povero = 0,579
Proporzione di individui che rimangono nel quintile più ricco = 0,615

Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat.

" A
questo scopo è stata impiegata una definizione più ampia di reddito che include ol
tre al reddito disponibile da lavoro dipendente, da lavoro autonomo e d'impresa, da trasferi
menti sociali, anche le rendite da abitazione di proprietà e i redditi da
capitale finanziario
(corrispondente alla aggregazione Y2, cfr. par. 2).

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Figura 6. Curva Lowess della variazione percentuale dei redditi


per quintili di popolazione,
1995-98 (prima figura), 2004-6 (seconda figura).

150

1995 - 1998

100

50
Ν
V

.2 .4 .6

quintili di reddito

-50.
0 .2 .4 .6 .8 1

quintili di reddito

Fonte: nostre elaborazioni su dati BFI.

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preoccupante scenario, sebbene ancora preliminare e incompleto,


sembra indicare come, a fronte di una trascurabile riduzione della mo
bilità complessiva dei redditi, si celi una maggiore mobilità verso il
basso della upper-middle class, associata ad una maggiore persistenza
per i più poveri e a un'accresciuta vulnerabilità per la classe media.
Questo risultato sembrerebbe offrire una prima plausibile spiega
zione alla generalizzata percezione di una riduzione del benessere e
di precarietà da parte delle famiglie italiane, denunciata da circa un
decennio e acutizzatasi con il nuovo secolo45. L'evidenza sembrerebbe
-
quindi porre l'accento sull'elemento dell'incertezza legata ad una
maggiore variabilità dei redditi ed alla difficoltà di mantenere stabile
il proprio tenore di vita nel tempo, probabilmente ascrivibile anche
all'introduzione di un programma di riforme volto a trasferire una
quota maggiore di rischi, anche di natura sistemica, dalla collettività e
dalle imprese ai singoli e alle famiglie. Va tenuto presente che le rifor
me del mercato del lavoro si inseriscono in un percorso consolidato
di traslazione dei rischi d'impresa e di mercato sui lavoratori, dappri
ma manifestatosi in una riduzione del potere delle organizzazioni di
rappresentanza di questi ultimi, configuratosi in un indebolimento
dei meccanismi di protezione del potere d'acquisto e di moderazione

Tabella 3. Indicatori sintetici di mobilità,


redditi equivalenti, 1995-98,2004-6.

Indici di mobilità 1995-98 2004-6

Fields-Ok (Economica 1999)


(logaritmi, non direzionale): 0.335 0.304
Shorrocks (1978)
(con indice di Theil - GE(1)): 0.140 0.137
Shorrocks (1978)
deviazione media - 0.054 0.055
(con logaritmica GE(0)):
Shorrocks (1978)
(con indice di Gini): 0.125 0.119

Spearman
(indice di correlazione tra ranghi) 0.7643 0.7692
Coefficiente di correlazione

(traredditinei due periodi) 0.6231 0.7147

Fonte: elaborazioni su dati BFI.

" Cfr. The Age of Discontent cit.


Boeri, Brandolini, Marano,

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salariale (concertazione) per sfociare poi in una revisione della natura


stessa del rapporto di lavoro46. Tutto ciò, unitamente alle riforme del
- volte ad accrescere la individuale»
welfare «responsabilità special
mente in ambito pensionistico - potrebbe essere all'origine del senti
mento di precarietà delle prospettive avvertito dagli italiani da qualche
anno a questa parte.

5. Conclusioni

In questo lavoro si è cercato di offrire una panoramica dei dati sulla


distribuzione del reddito in Italia ripercorrendo i principali cambia
menti dell'assetto distributivo intervenuti negli ultimi tre decenni - con
- alla lu
particolare riferimento agli avvenimenti degli ultimi dieci anni
ce dei più rilevanti episodi nella recente storia economica italiana.
A tale scopo è stata presentata una serie di statistiche descrittive
basate sull'archivio storico dell'indagine sui Bilanci delle famiglie Ita
liane della Banca d'Italia, con riferimento a disuguaglianza, povertà e
mobilità, nel tentativo di riconciliare l'evidenza empirica con la diffusa
percezione di un mutamento nell'assetto distributivo apparentemente
contrastante con la stabilità degli indicatori aggregati.
In linea con altri studi in materia di distribuzione del reddito per
l'Italia, l'evidenza empirica rilevata suggerisce un andamento a «W»
della disuguaglianza, contraddistinta da un marcato declino dalla fine
degli anni settanta fino ai primi anni ottanta, seguito da una successiva
ripresa nella seconda metà del decennio; una sensibile riduzione si re
gistra verso la fine degli anni ottanta fino ai primi anni novanta, quan
do un repentino recupero fa balzare la disuguaglianza ai livelli elevati
d'inizio periodo, sui quali si stabilizza senza sostanziali cambiamenti
per tutto l'ultimo decennio.
Anche la povertà, considerata nelle sue dimensioni di incidenza ed
intensità, segue un pattern simile, raggiungendo tuttavia negli ultimi
anni del periodo considerato livelli superiori rispetto a quelli iniziali.
Infine, particolare attenzione è stata riservata al tema della mobilità
dei redditi, che consente di analizzare i cambiamenti intervenuti nelle
posizioni degli individui all'interno della distribuzione dei redditi da
lavoro e disponibili equivalenti tra la metà degli anni novanta e la metà
di questo decennio.

46 cit.
D'Antoni, Marano, L'incertezzapervasiva

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Pisano e Tedeschi, Distribuzione dei redditi in Italia

Sebbene gli indici aggregati non segnalino variazioni sensibili nel


grado di mobilità, uno sguardo alle matrici di transizione rivela una
spiccata tendenza ad una maggiore mobilità verso il basso per i quan
tili di popolazione intermedi (upper-middle e middle class), accompa
gnata da un sostanziale aumento della nella coda bassa del
persistenza
la distribuzione.
Questo risultato sembrerebbe fornire una possibile spiegazione al
puzzle della apparente contraddizione tra percezione di aumento della
disuguaglianza e di impoverimento del ceto medio, da un lato, e
l'essenziale stabilità degli indicatori sintetici, che sembrano escludere
importanti effetti redistributivi, dall'altro.
Gli indicatori aggregati di disuguaglianza, a causa della loro natura
statica e sintetica, non riescono a dar conto del ruolo cruciale giocato
dalla crescente incertezza, colto, invece, misure dinamiche e disaggre
gate di mobilità.
Dalla nostra analisi emerge un quadro caratterizzato da una mag
giore variabilità del reddito e da una difficoltà oggettiva a preservare il
proprio tenore di vita, soprattutto da parte dei ceti medi. Queste ten
denze possono, almeno in parte, essere ricondotte al significativo cam
biamento intervenuto nella allocazione di importanti rischi economici
e sociali: tradizionalmente sopportati dal sistema produttivo e dalla
collettività, questi rischi oggi sembrano gravare maggiormente sui sin
goli individui. Tra le altre conseguenze, tutto ciò comporta la neces
sità, per la famiglia, di svolgere, in modo forse più esteso che in passa
to, un ruolo essenziale di ammortizzatore dell'incertezza alla quale
sono esposti soprattutto i più giovani. Inoltre, è probabile che il peg
gioramento più marcato sotto questo profilo lo abbiano sopportato
proprio coloro che si collocano nella classe media.
Sotto questo profilo, si può affermare che il pattern di crescita dei
redditi medi reali registrato nell'ultimo decennio non ha consentito a
molte famiglie di beneficiare di un «premio al rischio» che sarebbe sta
to necessario per compensare la disutilità connessa alla maggiore in
certezza - sia quella già sperimentata e documentata, almeno in parte,
dai nostri dati, sia quella prospettica, associata ad attese negative sugli
scenari economici e di protezione sociale.
In conclusione, il sentimento negativo di molti italiani sembra ave
re le sue buone ragioni: che non affondano soltanto in un soggettivo
pessimismo per il futuro, ma anche, molto probabilmente, in dinami
che oggettive recenti, come ci siamo sforzati di documentare in questo
lavoro.

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