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Giugno 2014

Anno XXXV
201

Rivista trimestrale di politica sociosanitaria

Le cure intermedie

Dossier - Servizi per le dipendenze Contributi originali


Un incontro da cui ripartire
Accordo di collaborazione tra Toscana ed Emilia-Romagna
La sessualità in carcere

Presentazione Monografia
Lo scenario internazionale
Organizzazione e gestione delle strutture
Il ruolo della medicina generale
Competenze e prospettive per l’infermiere
Modelli innovativi a confronto:
Lombardia ed Emilia-Romagna
Gli interventi nel settore geriatrico
201 Rivista trimestrale di politica sociosanitaria fondata da L. Gambassini
2 FORMAS - Laboratorio Regionale per la Formazione Sanitaria

Anno XXXV – giugno 2014

Direttore Responsabile
Mariella Crocellà Sommario
Redazione 281 Dossier - Servizi per le dipendenze
Antonio Alfano S. Vecchio
Gianni Amunni
Carmen Bombardieri 286 Un incontro da cui ripartire
Alessandro Bussotti B. Bassini
Gian Paolo Donzelli 288 Accordo di collaborazione tra Toscana ed Emilia-Romagna
Silvia Falsini V. Giovannini, E. Sinisgalli, D. Matarrese
Claudio Galanti
291 La sessualità in carcere
Carlo Hanau
F. Ceraudo
Gavino Maciocco
Patrizia Mondini
Benedetta Novelli Le cure intermedie
Mariella Orsi
295 Presentazione
Daniela Papini
C. Galanti, A. Bussotti
Paolo Sarti
Luigi Tonelli 299 Lo scenario internazionale
G. Maciocco
Comitato Editoriale 303 Organizzazione e gestione delle strutture
Gian Franco Gensini, A. Banchero
Preside Facoltà di Medicina e 308 Il ruolo della medicina generale
Chirurgia, Università di Firenze V. Boscherini
Mario Del Vecchio,
311 Competenze e prospettive per l’infermiere
Professore Associato Università di
L. Rasero, P. di Giacomo, L. Rigon, C. Santin
Firenze, Docente SDA Bocconi
316 Modelli innovativi a confronto: Lombardia ed Emilia-Romagna
Antonio Panti,
A. Ricci, F. Longo
Presidente Ordine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri della 328 Gli interventi nel settore geriatrico
Provincia di Firenze S. Boffelli, R. Rozzini, M. Trabucchi
Luigi Tucci,
Direttore Laboratorio Regionale
per la Formazione Sanitaria –
FORMAS

Redazione, Direzione
Corrispondenza e invio contributi:
Mariella Crocella
mcrocella@gmail.com
http://www.formas.toscana.it

Edizione
Pacini Editore S.p.A.
Via Gherardesca 1, 56121 Pisa
Tel. 050313011 - Fax 0503130300
info@pacinieditore.it
www.pacinieditore.it

Registrazione al Tribunale di Firenze


n. 2582 del 17/05/1977

Questo numero è stato chiuso


in redazione il 19/06/2014

Testata iscritta presso il Registro


pubblico degli Operatori
della Comunicazione
(Pacini Editore SpA iscrizione
n. 6269 del 29/08/2001)
N. 201 Servizi per le dipendenze 281

Dossier
Verso un cambio di rotta
nelle politiche dei servizi
per le dipendenze in Italia
Stefano Vecchio
Coordinamento Rete italiana riduzione del danno - ITARDD

Abstract
Le politiche sulle droghe in Italia richiedono un cambio di rotta radicale e una rottura epistemologica con i modelli culturali
del passato.
Gli orientamenti della politica italiana, allineatasi negli ultimi anni con le posizioni di quegli Stati europei e mondiali che
si rifanno al paradigma statunitense della war of drug, si sono concentrati prevalentemente su logiche di tipo repressivo
indiscriminate (trattando allo stesso modo spacciatori e persone che consumano droghe). Tali orientamenti hanno fortemente
influenzato le rappresentazioni sociali dei tossicodipendenti e dei consumatori in generale, diffondendo immagini stigmatiz-
zanti di questi spesso con veicolate e amplificate dai mass media.
Questo contesto legislativo, politico e culturale ha assunto spesso toni oscurantistici (i buchi nel cervello, rischio incombente di
incidenti stradali, elenchi di malattie, ecc.) ha condizionato anche il funzionamento e gli obiettivi degli stessi servizi pubblici
e del privato sociale. Analogo effetto condizionante lo ha avuto la detenzione di un numero elevatissimo di detenuti tossico-
dipendenti e consumatori di cannabis che ha spostato una parte delle attività dei servizi pubblici e del terzo settore verso il
regime penitenziario. Un dato documentato con precisione dall’Associazione Antigone da Forum droghe e altre associazioni
nei diversi “libri bianchi”.
Infine questa situazione è resa ancor più critica dai cosiddetti “tagli” alla spesa pubblica, prevalentemente a carico del
sistema sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale, i quali, tra l’altro, hanno portato alla completa scomparsa del Fondo
sociale nazionale e del Fondo per la lotta alla droga.

Le politiche sulle droghe italiane vivono, attualmente, rispondere alle sfide che questo millennio ha ereditato
un ulteriore momento di transizione e di crisi in seguito dal precedente.
alla dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini- Lo scenario cambia ma si tratta di capire verso dove e
Giovanardi. In realtà, al di fuori delle diverse posizioni come. In questo senso è necessaria una spinta propulsiva
politiche e culturali, è forte l’esigenza di promuovere verso un cambio radicale di rotta.
una nuova legge che sia il risultato di una discussione
pubblica a più voci. La stessa legge attuale la cosid- I servizi pubblici
detta Iervolino-Vassalli risulta largamente inadeguata a Il modello pubblico di servizio per le dipendenze, prefigu-
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rato dalle leggi italiane e a tutt’oggi prevalente, nonostan- di apprendimento sociale di autoregolazione che, però,
te sia collocato sul piano istituzionale nell’area sociosani- viene vissuto in modo colpevolizzante, come un fallimen-
taria ad alta integrazione (DM n. 229/99), cioè nell’area to, sia dagli operatori che dagli utenti, in quanto obiettivo
dei servizi territoriali, in realtà, si rifà prevalentemente misconosciuto dal paradigma medicalizzante dominante.
alla logica ambulatoriale, sul piano organizzativo, e a Una logica territoriale dei servizi dovrà tendere a valo-
quella ospedaliera, sul piano culturale e professionale. rizzare tale strategia di servizio tesa a riconoscere la ca-
Il paradigma dominante sul piano della rappresentazione pacità della persona di apprendere a regolare la propria
del fenomeno è quello neurobiologico, che equipara la vita anche con l’uso non problematico di sostanze e a
dipendenza o l’addiction, come preferiscono i più raffina- rinforzare il suo senso di autoefficacia.
ti, a una malattia per lo più cronica recidivante. Secondo Questo processo, che alcuni servizi italiani hanno già
questa prospettiva neurobiologica, quindi, i consumatori reso esplicito e attivo, anche lavorando con la stessa
di eroina diagnosticati come dipendenti dovranno segui- prospettiva verso altre tipologie di consumatori, rappre-
re i trattamenti con farmaci agonisti (metadone o bupre- senta uno strumento potente di deistituzionalizzazione in
norfina) per tutta la vita, in quanto non potranno guarire quanto prevede una progressiva emancipazione dai ser-
(il peccato è stato commesso) o, al massimo, avranno una vizi della prevalenza delle persone in carico da anni e
remissione dei sintomi. In questa sorta di cronicizzazione l’autonoma gestione dei farmaci agonisti anche nella pro-
istituzionale, si corre il serio rischio di legare a vita il de- spettiva di lunga durata del trattamento in una logica di
stino di migliaia di persone, di rovesciare le diagnosi in inclusione sociale. Il risultato del processo, sul piano delle
etichettamenti e di istituzionalizzarle. Un destino analogo risorse, sarà il recupero di tempo istituzionale e di energie
spetta ad alcolisti e ad altri tossicodipendenti assimilabili professionali che andranno riconvertite per affrontare le
agli stessi criteri diagnostici. domande di intervento da parte di quelle tipologie di con-
In realtà i servizi per le tossicodipendenze, nonostante sumatori alle quali oggi si dà scarsa attenzione, nell’am-
abbiano hanno iniziato a operare, negli anni ’80, un po’ bito di un modello organizzativo territoriale rinnovato.
“gettati” alla ventura, spinti da un’emergenza sociale e Si tratta di promuovere un vero e proprio piano di deisti-
da un mandato istituzionale di generico controllo, hanno tuzionalizzazione degli utenti dei servizi che sarà possi-
nel tempo raggiunto un obiettivo importante: l’allontana- bile solo se sarà supportato da nuovi indirizzi politici e
mento dal mercato dell’illegalità di una alta percentuale culturali.
di tossicodipendenti da eroina, accogliendoli nei servizi e
promuovendo anche l’apprendimento di competenze nuo- I dati dei consumi e la situazione attuale
ve nella gestione e riduzione dei rischi e dei danni per la dei servizi
salute e per la socialità, che hanno facilitato l’adozione di La relazione al Parlamento 2013 (dati del 2012) ha ri-
nuovi comportamenti meno o per niente a rischio. Questo levato la presenza in Italia di 633 servizi pubblici, SerT,
lungo processo ha aperto un campo di esperienza per distribuiti più o meno equamente nelle diverse regioni ita-
gli operatori che potremmo definire “clinica del territo- liane e di 1028 strutture accreditate del privato sociale
rio”, che ha generato anche processi di apprendimento (le cosiddette Comunità terapeutiche) delle quali il 66,5%
di nuove competenze professionali, spesso implicite, (ad sono di tipo residenziale.
esempio legate a capacità di comunicare con linguaggi Gli utenti in carico ai servizi pubblici risultano 22.223
di strada, di negoziare obiettivi realistici, di adeguare dei quali 84.938 eroinomani, 58.122 alcolisti, 16.939
le terapie alla motivazione, di sospendere i giudizi e le cocainomani.
proprie convinzioni professionali…). Grazie a tali compe- Una prima semplice osservazione evidenzia che i servizi
tenze implicite apprese nei Sert, spesso in collaborazione italiani oggi ancora accolgono prevalentemente la stessa
con comunità terapeutiche rinnovate, da anni si sono dif- tipologia di consumatori degli anni ‘80 e ’90, nonostante
fuse pratiche di gestione negoziata dei farmaci agonisti già dagli anni ’90 si siano diffusi altri stili e modelli di
con gli utenti, al di fuori delle indicazioni delle società consumo. Il numero limitato di alcolisti e di consumatori di
scientifiche, che hanno permesso a un numero elevato di cocaina, inoltre, sta a segnalare che vi è una domanda
persone di accedere ai trattamenti e di continuare a usare sociale di intervento per queste tipologie di consumatori
sostanze illegali, ma in modo moderato, mantenendo un ma che il modello organizzativo dei servizi è largamente
controllo dei comportamenti a rischio e le relazioni lavo- inadeguato.
rative o familiari e amicali. Un vero e proprio processo Dalla rilevazione realizzata secondo il modello europeo
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ESPAD, condotta tra la popolazione scolastica italiana di Comunità terapeutiche sono, ad esempio, in gran parte
2,5 milioni di ragazzi e riportata dal CNR, emerge un diffuse nelle regioni del Nord che offrono un ventaglio di
panorama dei consumi ben diverso: il modello di consu- offerte di strutture residenziali, spesso innovative, molto
mo più diffuso è quello di sostanze alcoliche: 88,6% del differenziato e articolato, più adeguato alle esigenze del-
campione. I cosiddetti Binge drinking (abbuffata: almeno la molteplicità persone, delle storie e dei loro modelli di
5 bevute di seguito), considerati come comportamenti a consumo. La concentrazione delle strutture accreditate del
rischio, risultano diffusi nel 35,1% dei soggetti. Ma il dato privato sociale è infatti maggiore nel Nord: 17% Lombar-
è inferiore alla media europea. dia, 13% Veneto, 12,5% Emilia-Romagna.
Oltre 500.000 studenti hanno consumato derivati della Anche alcuni Comuni hanno realizzato esperienze impor-
cannabis, 60.000 studenti la cocaina, 60.000 sostanze tanti organizzando modelli organizzativi e risorse speci-
stimolanti (amfetamina, ecstasi …), 60.000 sostanze allu- fiche di servizi innovativi che prefigurano, anche se in
cinogene, 30.000 sostanze oppiacee. modo poco uniforme, un ruolo strategico politico-culturale
Il commento della responsabile della ricerca è che si “atte- delle istituzioni locali nelle politiche sulle droghe come,
sta una generale tendenza alla stabilizzazione nel nume- ad esempio, il Comune di Venezia, che ha istituito da
ro dei consumatori per tutte le sostanze …” (S. Molinaro). tempo un servizio di riduzione del danno che promuove
I dati che si riferiscono ai soggetti di altre età, riportati e coordina diversi interventi a bassa soglia e di prossimi-
nella relazione al Parlamento, ripropongono alcune ca- tà, il Comune di Roma, che aveva previsto una Agenzia
ratteristiche analoghe con una tendenza alla diminuzione per tossicodipendenze che aveva fatto della capitale uno
dei consumi di sostanze alcoliche e diffusione di stili di dei laboratori più importanti negli interventi di RDD, e il
consumo meno moderati, quali binge drinking, ecc., con Comune di Napoli, che ha stabilito nella cooperazione
un certo rischio stimato dai 65 anni in su. strategica con la ASL e il terzo settore l’asse portante delle
Le percentuali di diffusione delle sostanze, in ogni caso, politiche.
non sono preoccupanti per l’Italia in quanto o inferiori Esperienze purtroppo deboli in quanto soggette agli orien-
alla media europea o in linea con questa. tamenti delle amministrazioni locali (vedi il caso eclatante
di Roma) e dei tagli vari che tendono a colpire le politiche
Come si vede, il panorama che emerge, ormai da tempo, degli enti pubblici.
dalle ricerche a livello nazionale e europeo, ci parla di un
fenomeno profondamente mutato rispetto a quello rappre- Innovazioni
sentato dalle leggi e dalla maggioranza dei mass media. Nonostante la normativa non abbia ancora recepito mo-
Ci troviamo di fronte a un target completamente diverso delli organizzativi dei servizi diversi da quelli ambulato-
da quello frequentato dai servizi pubblici, che non richie- riali dei SerT, tra gli anni ’90 e il nuovo millennio si sono
de nuovi allarmi sociali, ma una nuova politica generale diffuse in diverse regioni e città italiane molteplici pratiche
e dei servizi. di interventi e azioni orientate, prevalentemente, alla ridu-
zione del danno e dei rischi, che si sono espresse attraver-
Quali cambiamenti nei modelli organizzativi so modelli organizzativi di intervento e filosofie di ascolto
e culturali dei servizi? e risposta ai bisogni, sintonizzate con i diversi target di
La realtà delineata dei servizi rivolti ai consumatori di consumatori di riferimento e che hanno prodotto risultati
sostanze psicoattive in Italia attraversa una momento di efficaci sul piano della sicurezza nei diversi contesti di
forte crisi contrassegnata, da una parte, dal rischio di consumo delle droghe. Si sono diffuse Unità di strada,
riprodurre nuovi meccanismi di istituzionalizzazione nei Drop in, équipe di intervento nei contesti del divertimento
confronti di una utenza “storica” che tende a invecchiare serale notturno illegali (rave, free party) e legali (festival,
rimanendo bloccata in una relazione statica con i servizi technival, ecc.), nelle piazze e nei locali cittadini (disco-
e, dall’altra, dalla lontananza dei servizi dai potenziali teche, locali, bar, ecc.). Strutture intermedie diurne e resi-
utilizzatori nei confronti dei quali i modelli organizzativi denziali di presa in carico e accompagnamento a bassa
sono sostanzialmente inadeguati ... soglia, servizi flessibili e attenti alla tutela della riservatez-
La realtà italiana dei servizi può essere descritta come un za per tipologie di consumatori socialmente integrati, ecc.
insieme di variazioni regionali sul tema. Infatti, come è In genere queste esperienze seguono modelli e strategie
noto, le Regioni hanno deleghe importanti, sia nelle po- plurali con integrazioni tra pubblico e terzo settore, adot-
litiche sanitarie e sociosanitarie che in quelle sociali. Le tano modelli organizzativi flessibili e diversificati che si
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adattano alle esigenze delle persone e dei contesti di ri- il valore di una vera e propria Conferenza nazionale
ferimento, tendono a stare in rete tra loro e con gli altri auto organizzata che ha prodotto alla sua conclusione
servizi sociosanitari per le dipendenze, tendono a coin- un documento denominato “Il Manifesto di Genova” che
volgere i consumatori a vari livelli sono spesso inserite in ha dettato alcune indicazioni per un cambio progressivo
una rete di reti tra ASL e Comuni e terzo settore. ma sostanziale delle politiche sulle droghe in Italia di cui
Sono esperienze che rappresentano, insieme a quelle già riporto alcune tra le più significative:
citate, un patrimonio importante e fondamentale che deve … “oltre i suoi contenuti tecnico-giuridici, la sentenza del-
essere riconosciuto e reso stabile da una nuova normati- la Consulta ha un valore simbolico immenso: ora anche
va nazionale e nello stesso tempo essere di riferimento in Italia è possibile riprendere il percorso per una legge
culturale. più umana e più giusta che contrasti il traffico illecito di
sostanze stupefacenti, ma sottragga le persone che usano
Verso un protagonismo delle persone sostanze alla macchina repressiva e offra loro possibilità
che usano sostanze di uso consapevole e, quando necessario, di sostegno
Centrale in questo processo è il protagonismo delle perso- sociale e sanitario …
ne alle quali i servizi si rivolgono ai vari livelli. Riproporre
con forza la centralità della persona vista in questa pro- Tale percorso deve prevedere “la completa revisione delle
spettiva significa riconoscere che le persone che incontria- previsioni sanzionatorie, penali e amministrative, stabilite
mo, qualunque sia il loro modello o stile di consumo, han- dal Testo unico sulle sostanze stupefacenti”.
no competenze acquisite e conservate che rappresentano “La prima modifica in questa direzione non può che es-
le risorse di riferimento per qualunque tipo di intervento. sere la compiuta depenalizzazione del possesso e della
Tale principio è di particolare importanza strategica in cessione gratuita di piccoli quantitativi di sostanze desti-
quanto propone e offre un terreno importante per un ri- nati  all’uso personale, anche di gruppo, e della coltiva-
pensamento delle culture delle azioni e delle competenze zione domestica di piante di marijuana agli stessi fini e …
legate alle diverse professionalità dei servizi. “una compiuta regolamentazione legale della produzio-
Di recente, in seguito a un seminario nazionale organiz- ne e della circolazione dei derivati della cannabis e della
zato nell’ottobre 2013 a Napoli, dalla Rete italiana della libera coltivazione a uso personale”.
riduzione del danno (ITARDD) è iniziato un lavoro di ela-
borazione di una Carta dei diritti delle persone che usano Per un cambio di rotta nelle politiche rivolte
sostanze che si è concluso con la Conferenza di Genova. ai consumatori di sostanze psicoattive, verso
un nuovo paradigma regolativo delle politiche
Nella premessa alla Carta de Diritti si dice: pubbliche
“Siamo persone che usano o hanno usato sostanze; per- La svolta culturale che si prefigura è quella di passare a
sone prima di tutto, dotate di dignità e del diritto a con- una logica orientata a regolare il fenomeno e quindi a
durre un’esistenza libera nelle comunità cui appartenia- stabilire le condizioni di certi comportamenti alla luce del
mo e nel mondo intero.” … sole, rompendo con ogni tentazione stigmatizzante, rico-
E nel testo della Carta il punto 2 recita: “… Nessuna norma noscendo la capacità delle persone di controllare i propri
e nessun trattamento in contrasto con la Dichiarazione uni- comportamenti in modo consapevole, in alternativa alle
versale dei diritti umani possono essere applicati nei confron- vecchie e fallimentari azioni repressive che cacciavano
ti di una persona a causa dell’uso di sostanze.” E all’art 21: nel buio dell’illegalità masse ingenti di persone di tutte le
“I saperi e le esperienze delle persone che usano sostanze, età in contesti nei quali i rischi per la salute, la socializza-
o le hanno usate in passato, costituiscono risorse collettive zione e la convivenza erano e sono massimi.
che i Policy Makers e i servizi devono riconoscere e valoriz- Vanno considerati secondo questa prospettiva le indica-
zare. Le persone che usano sostanze, come già avviene in zioni riportate della carta di Genova e della Carta dei
molti paesi europei, vogliono e devono essere interpellate e diritti delle persone che usano sostanze.
coinvolte nella costruzione delle politiche sulle droghe.”
Qual è il cambiamento nel sistema dei servizi
Il manifesto di Genova secondo tale prospettiva?
Il 28 febbraio si è tenuta a Genova l’importante inizia- In primo luogo, una nuova legge dovrà prevedere un
tiva nazionale “Sulle orme di don Gallo” che ha avuto cambio di modello del servizio: dal modello monoservi-
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zio ambulatoriale-ospedaliero a uno territoriale, inteso e i diritti delle persone che usano sostanze ai quali ci
come una pluralità di modelli organizzativi e tipologie di riferiamo istituzionalmente.
strutture, collegate secondo una logica di sistema a rete,
non gerarchica, in grado di dare coerenza al funziona- Bibliografia
mento della molteplicità dei servizi e di far interagire le
Amendt G. No drugs no future. Milano: Feltrinelli 2004.
azioni alle diverse velocità. Un dipartimento territoriale
che governa una variabilità di azioni e servizi per affron- Aime M. Eccessi di culture. Torino: Giulio Einaudi editore 2004.
tare le problematiche che pongono i diversi contesti del Bagozzi F, Cippitelli C, a cura di. In estrema sostanza. Albano
consumo e i diversi modelli e stili di consumo. Un sistema Laziale, Roma: Iacobelli Edizioni 2008.
flessibile aperto al cambiamento per stare al passo con un
Bauman Z. Homo consumens. Trento: Editore Erickson 2007.
fenomeno in continuo mutamento.
Un tale orientamento richiede, in primo luogo, che la lo- Becker HS. Outsider. Torino: Edizioni Gruppo Abele 1987.
gica del pubblico accolga il terzo settore come partner Benasayag M, Del Rey A. Elogio del conflitto. Milano: Giangia-
strategico e stabile, in grado di arricchire della tonalità como Feltrinelli Editore 2008.
del sociale il sistema.
Benasyag M, Schmit G. L’epoca delle passioni tristi. Milano:
In secondo luogo, richiede che si stabilisca un raccordo Giangiacomo Feltrinelli Editore 2009.
tra Comune e ASL tale da costituire un sistema più ampio
di governo politico sociale della città teso a programma- Canevacci M. Culture estreme. Roma: Meltemi 1999.
re strategie di sicurezza dei luoghi di attraversamento Cohen P. Drug as a social construct. Amsterdam: Cedro 1990.
dei cittadini di tutte le età, all’interno dei quali i consumi Coletti M, Grosso L. Le comunità terapeutiche. Torino: Edizioni
di sostanze possano essere regolati in modo sicuro sia Gruppo Abele 2011.
con la presenza e la disponibilità discreta ma efficace
Dal Lago A, Molinari A. Giovani senza tempo. Verona: Ombre
della pluralità dei servizi che attraverso accordi nego-
Corte 2001.
ziati con gestori di locali, di eventi, con i cittadini che
usano sostanze e con i cittadini che abitano e attraver- Decorte T. The taming of cocaine. Brussel, Belgium: ASP-VUB
sano in genere la città. Press 2001
Le strategie sono molteplici e vanno concordate nelle sedi Derrida J. L’ospitalità. Baldini & Castoldi 1997.
politico-amministrative, tenendo conto delle esperienze ci-
Downing EH. Ketamina. Lecce: Bepress Edizioni 2008.
tate e delle linee guida disponibili, come, ad esempio, le
notti sicure elaborate in sede europea. Va previsto un no- Forum Droghe, fascicolo di documentazione (2013) - Drugs and
City.
madismo e un meticciato tra équipe e servizi di città diver-
se visto che le persone si muovono, attraversano, spesso Fontaine A, Fontana C. Raver. Tivoli, Roma: Sensibili alle Foglie
violano i confini, lo spazio e il tempo, il giorno e la notte. 1997.
Una legge che voglia promuovere questi processi innova- Gallo A. L’Inganno droga. Tivoli, Roma: Sensibili alle Foglie 1998.
tivi dovrà in primo luogo riconoscere la prospettiva della
Grinspoon L. Viaggio nella canapa fuori luogo. Quaderno n. 2
riduzione del danno e le molteplici tipologie di servizi e
2006.
azioni di riferimento e inserirle nei LEA.
Inoltre la legge dovrà inaugurare in una logica laica, Grinspoon l, Bakalar JB. Marijuana - La medicina proibita.
in Italia come in altri Paesi europei, sperimentazioni di Roma: Editori Riuniti 2002.
servizi, azioni, strategie innovative nell’ambito della re- Grosso l, Rascazzo F. Atlante delle dipendenze. Giunti Editore 2014.
golazione dei consumi di sostanze e adottare quelle già
Grosso l, Camoletto l. Oltre i confini dei Ravers. Torino: Edizioni
validate quali le stanze del consumo, il pill testing, la di- Gruppo Abele 2011.
stribuzione controllata dell’eroina.
Grotenhermen F, Huppertz R. La canapa come medicina. Mila-
Si tratta di uscire, al di là della legge, dalla logica del
no: Leoncavallo Libri 1999.
pensiero unico verso un paradigma “ospitale” in grado di
garantire la convivenza e il dialogo tra prospettive cultu- 4° Libro bianco sulla Legge Fini-Giovanardi. I Dossier di fuori.
rali e professionali diverse, tra neurobiologia e riduzione luogo.it 2013.
del danno, tra terapia e apprendimento sociale, mante- Riduzione del danno tra vecchie derive e nuovi approdi. I Dos-
nendo come limite e alle proprie pretese il punto di vista sier di fuori.luogo.it 2011.
286 Servizi per le dipendenze N. 201

Saviano R. Gomorra. Milano: Arnoldo Mondadori Editore 2006. Transform Drug Policy Foundation, dopo la guerra alla droga.
Scarscelli D. Riuscire a smettere. Torino: Edizioni Gruppo Abele Roma: Ediesse 2011.
2003. Weil A, Rosen W. Dal cioccolato alla morfina. Roma: Arcana/
Vecchio S. MamaCoca. Miti, credenze, consumi, azioni in in Vivalibri 2007.
estrema sostanza. Albano Laziale, Roma: Iacobelli Edizioni
Zinberg NE. Drug, set and setting. Yale Università Press 1984.
2008, pp. 62-77.
Zimmer l, MorganP JP. Marijuana i miti e i fatti. Firenze: Vallec-
Vecchio S. Curare in carcere e curarsi di/dal carcere. Dignitas
n. 8, 2005, pp. 62-78. chi 2005.

Vecchio S. Guarigione/remissione in atlante delle dipendenze. Zuffa G, a cura di. Cocaina. Il consumo controllato. Torino: Edi-
Giunti Editore 2014, pp. 85-95. zioni Gruppo Abele 2010.

Un incontro da cui ripartire


Beatrice Bassini
Psicologa Ser.T. AUSL Bologna, Vicepresidente Forum droghe

La conferenza di Genova tenutasi il 28 febbraio e l’1 smantellamento complessivo del sistema del welfare a fa-
marzo 2014 ha segnato un punto di arrivo e di partenza vore di un’impennata di azioni repressive sulla microcri-
per molti operatori del pubblico e del privato sociale ai minalità in cui sono spesso coinvolti i consumatori.
quali mancava ormai da più di un decennio un confronto Inevitabile è stato il confronto tra consumatori, operatori e
operativo e politico significativo. politici che si sono uniti in vari momenti: laboratori, rela-
Ripartire da Genova ha significato, soprattutto, ripartire zioni, conferenze stampa, tutti accumunati dall’esigenza
dai dati. di condividere e comunicare una situazione allarmante
I dati, raccolti con costanza e metodo in questi lunghi ignorata, purtroppo spesso volutamente, dalla politica,
otto anni di Legge Fini Giovanardi, riguardano vari en ti alla quale invece si chiedono risposte pensate, precise,
e vari ambiti. serie.
CNR Lazio per i consumi, confermati, in linea con l’Os- La lettera indirizzata al Presidente del Consiglio, ai Pre-
servatorio europeo di Lisbona (EMCDDA) in un trend di sidenti delle Regioni, ai Comuni e al Presidente ANCI,
crescita, Associazione Antigone, ma anche Società della ai capigruppi di Camera e Senato presentata dalla Rete
ragione, CNCA e Forum droghe per gli effetti della legge italiana riduzione del danno (Itardd) a Genova ha rap-
Fini Giovanardi relativi alla presenza dei detenuti nelle car- presentato in pieno questa esigenza, così come le co-
ceri italiane, alle sanzioni amministrative e alle possibilità municazioni e gli appelli di questi ultimi giorni di molte
di programmi alternativi alla carcerazione per i tossicodi- associazioni sulla legge “Renzi-Lorenzin”. Per l’appunto,
pendenti, raccolti puntualmente nei Libri bianchi pubblicati un’altra legge sulle droghe “urgente” che non interpella
da Forum droghe e che spesso sono stati l’unico riferimen- nessuno e bypassa una Conferenza sulle tossicodipen-
to, in termini di affidabilità, in questi anni di oscurantismo. denze mai tanto necessaria come ora. L’ultima degna di
I dati parlano chiaro: la situazione carceraria allarmante questo nome, lo ricordiamo, è stata proprio a Genova,
e alla quale nessun governo riesce a mettere mano, la nel lontano 2000 e nella legge 309/90, questo appunta-
diffusione capillare del mercato delle sostanze che vede mento di verifica e confronto, era scritto a chiare lettere e
aumentare i consumi e abbassarsi l’età di primo uso, lo previsto con cadenza annuale.
N. 201 Servizi per le dipendenze 287

“Partire dai dati” comporta riflettere sugli effetti del lavoro interventi di propaganda politica, sistemi di allerta che
dei nostri servizi in un’ottica pragmatica e razionale, che allerta non sono, libri patinati, incurante della salute pub-
cerchi soluzioni concrete, misurabili, verificabili nel tempo blica, dei servizi, delle carceri, della diffusione dell’HIV.
e suscettibili di aggiornamenti, modifiche e aperture ver- Nessun tentativo di riequilibrare le enormi differenze tra
so nuove sperimentazioni. Solo questo modo di operare i SerT presenti sul territorio nazionale, nessuna vera cam-
può essere considerato “scientifico” in un sistema aperto pagna preventiva sull’Aids, spesso per paura di parlare
che prevede azioni e aggiustamenti in itinere che tengano di “profilattico”, nessuna proposta operativa e legislativa
conto dei contesti e dei mutamenti generazionali. sui tossicodipendenti in carcere. Quando si parla di car-
I Servizi per le tossicodipendenze (SerT) sono da anni ser- cere non ci si riferisce solamente al sovraffollamento, che
vizi attaccabili su vari piani: la riduzione dei budget per è già di per sé una forma di tortura, ma anche ai rapporti
i reinserimenti lavorativi e i percorsi comunitari, la scarsa violenti tra chi lì ci lavora e ci vive, a un luogo senza diritti
attenzione delle aziende riguardo ai gruppi di lavoro in che è all’attenzione delle istituzioni europee che sanzio-
termini di efficienza, ricerca e innovazione, ne fanno dei neranno l’Italia per non avere rispettato dei diritti umani
servizi per alcuni versi “consumati, logori”. Il mancato fondamentali.
ricambio del personale a causa del blocco delle assunzio- Come ha sottolineato recentemente Armando Zappolini
ni ha reso le équipe di lavoro spesso sottodimensionate, del CNCA in una conferenza stampa relativa al neonato
vecchie, resistenti ai cambiamenti e carenti di nuove idee Decreto Lorenzin, nel tunnel, nel buio, in questi anni, si
e proposte. Paradossalmente si è chiesto e si chiede nel sono trovati tutti: tossicodipendenti, familiari, sistema di
medesimo tempo a questi servizi di allargare il loro rag- cura. Un medioevo senza precedenti in termini scientifici
gio d’azione: dipendenza da internet, gioco d’azzardo. e culturali. Nessuna tutela per il lavoro degli operatori
Che qualità dei servizi potremo offrire? né per la salute dei tossicodipendenti, la rinascita dello
A cascata le difficoltà sono state anche del Privato so- stigma del drogato: che va punito perché non è così che
ciale che in questi anni, malgrado un incessante lavoro si fa, perché “alimenta le mafie” come citava una campa-
di aggiornamento su progetti e riflessioni profonde che gna del DPA.
hanno comportato, per alcuni, un cambio di paradigma, Sono stati gli anni delle morti di Androvandi, Bianzi-
ha visto tagliati molti servizi di prossimità e interventi di no, Cucchi, Uva e altri, delle parole, indimenticabili, di
comunità in un momento storico in cui vengono riversate disprezzo e accusa da parte di Carlo Giovanardi che
su strade e territori istanze e bisogni sempre più complessi hanno ferito profondamente le famiglie e il nostro senso
da affrontare. civico. Gli anni delle condanne della corte di Strasburgo
La riduzione del danno da prassi basata sulle evidenze, al nostro Paese per violazione dei diritti umani, per il trat-
misurabile, economica ed efficace, è diventata “l’interven- tamento inumano e degradante dei detenuti nelle nostre
to del peccato”, bandita dai documenti ufficiali presentati carceri, anni che hanno visto aumentare significativamen-
nelle sedi internazionali, esclusa dai finanziamenti pubbli- te le morti di overdose nelle maggiori città italiane.
ci, continuamente contrastata e ostacolata dal Capo del In questa notte dei diritti molti di noi hanno insistentemente
Dipartimento antidroga sotto la presidenza del Consiglio tenuto fiammelle accese, cercato strade che non appiattis-
dei Ministri. sero tutto nel “trattamento moralistico” delle persone che
Questi lunghi anni di inerzia politica e di leggi sulle dro- usano sostanze, riprendendosi un ruolo attivo e politico
ghe “bliz” hanno impoverito i servizi, dimezzato le risor- nell’interpretare con coscienza il proprio lavoro, ma solo
se lasciando spesso “I drogati senza cure”, come citava a Genova, nel febbraio scorso, nel redarre “Il manifesto
il nome di un laboratorio della Conferenza a Genova, di Genova” e la “Carta dei diritti dei consumatori” noi
mentre il Dipartimento delle Politiche antidroga, una mac- operatori, ma non solo, abbiamo finalmente risentito l’eco
china mastodontica costruita in termini autocratici, pontifi- dell’esortazione che amava gridare Don Gallo e lo abbia-
cava sulle neuroscienze spendendo cifre da capogiro per mo onorato. “Su la testa!”, colleghi.
288 Politiche interregionali N. 201

Accordo di collaborazione
tra Toscana
ed Emilia-Romagna
Valtere Giovannini1, Ersilia Sinisgalli2,
Daniela Matarrese3
1
Direttore generale diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana
2
Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, Università di Firenze
3
Dirigente responsabile settore Programmazione e Organizzazione delle cure, Regione Toscana

Abstract
Toscana ed Emilia-Romagna continuano sulla strada della collaborazione: dopo una prima esperienza sul tema della mo-
bilità sanitaria, scaturita in una delibera del 2011, è stato da poco approvato un altro accordo con un raggio d’azione
molto più ampio. Il primo accordo infatti riguarda essenzialmente la garanzia del diritto alle cure sanitarie per i residenti che
si recano nella regione confinante e il monitoraggio delle prestazioni ricevute; il recente accordo, sancito da una delibera
congiunta, prevede invece lo sviluppo di linee progettuali comuni, coinvolgenti non solo gli assessorati ma anche le aziende,
su vari temi dell’organizzazione sanitaria. Lo scopo è sperimentare e condividere esperienze che sviluppino e migliorino i
sistemi sanitari delle due regioni, che già oggi condividono risultati di salute molto buoni e si caratterizzano per una costante
spinta all’innovazione.

La Toscana e l’Emilia-Romagna sono due regioni simili milia-Romagna, che, per ragioni di vicinanza, si rivolge
sotto vari aspetti: numerosità della popolazione, carat- alle strutture sanitarie della regione confinante e vi riceve
teristiche orogeografiche, condizioni socio-economiche. prestazioni. La persistenza negli anni di questo fenomeno
Queste somiglianze si riscontrano anche sul piano della ha spinto gli assessorati alla sanità delle due regioni a
sanità: entrambe le regioni hanno servizi sanitari all’a- valutare l’opportunità di stringere accordi sulla mobilità
vanguardia nel panorama nazionale e sono da tempo ai sanitaria e sulle compensazioni relative alle prestazioni
primi posti per la qualità ed efficienza dei servizi sanitari ricevute dai residenti, in accordo a quanto previsto dal
regionali1. A livello nazionale si sono sempre distinte per D.Lgs. 229/99 e dall’ultimo Patto per la salute2. Questi
la loro propensione all’innovazione e alla sperimentazio- accordi hanno preso corpo in due delibere congiunte del
ne in campo medico, sia in ambito clinico che organizza- 2011 approvate nello stesso giorno dalle due regioni3.
tivo. Negli ultimi anni inoltre entrambe le regioni hanno L’obiettivo principale di questi documenti è che i cittadini
posto grande attenzione allo sviluppo dei servizi territo- di entrambe le regioni vedano garantito il diritto alle ne-
riali, alla riorganizzazione della rete ospedaliera e alla cessarie forme di assistenza con modalità che rispettino
costituzione di nuove forme organizzative e assistenziali gli standard di qualità dell’assistenza, che siano logisti-
per le altre reti di servizio. camente vicine alla residenza e siano facilmente fruibili
Condividendo un lungo tratto di confine, esiste da anni
un flusso di pazienti, soprattutto dalla Toscana verso l’E- 2
Patto per la salute 2010-2012 tra Stato e Regioni e Province Autono-
me del 3-12-2009.
3
DGR Toscana n. 1158 e DGR Emilia-Romagna n. 2105 del
1
Ministero della salute. Certificazione finale degli adempimenti Lea 19/12/2011, Accordo triennale per la gestione della mobilità sani-
2012. Il Sole 24 ore-Sanità 16/01/2014. taria tra la Regione Toscana e la Regione Emilia-Romagna.
N. 201 Politiche interregionali 289

dai cittadini stessi. Per realizzare questo intento, Toscana fine di migliorare i livelli qualitativi del sistema dei ser-
ed Emilia-Romagna collaborano condividendo i program- vizi pubblici e privati;
mi di monitoraggio e controllo dell’attività effettuata, le • valutazione congiunta delle ricadute sui cittadini delle
modalità di valutazione dell’appropriatezza delle tipolo- politiche sanitarie nazionali e regionali;
gie e delle prestazioni erogate, e la definizione di livelli • condivisione degli strumenti di valutazione degli esiti
essenziali di assistenza comuni (concordando sull’esclu- delle cure, dell’efficacia e dell’appropriatezza delle
sione di particolari prestazioni e condividendo i criteri di prestazioni erogate e dell’efficienza dei servizi.
accesso).
Altra esperienza di confronto è stata condotta anche ri- I temi principali sui i quali le due regioni si confronteran-
guardo agli aspetti dell’equità di accesso alle cure, ad no, attraverso le modalità di lavoro stabilite, saranno:
esempio valutando le reciproche modalità di comparteci- • rete ospedaliera;
pazione alla spesa aggiuntiva regionale introdotta dalla • rete territoriale;
legge finanziaria del 2007. • rete delle cure palliative e della terapia del dolore;
Viste queste esperienze positive degli ultimi anni, e data • rete dell’emergenza-urgenza;
l’intenzione di incrementare le occasioni di scambio e • innovazione nei percorsi formativi;
approfondimento comune su tematiche di interesse orga- • meccanismi di integrazione ospedale-territorio;
nizzativo della sanità, gli assessorati regionali competenti • meccanismi di tariffazione e di valutazione dei servizi;
in materia hanno iniziato a lavorare per dare ulteriore • monitoraggio e controllo delle attività;
struttura e peso a questa esperienza, per ampliarla e pro- • revisione dei cataloghi e nomenclatori;
lungarla nel tempo: nel mese di marzo di quest’anno si • iniziative per la valorizzazione dei servizi sanitari re-
è concluso un accordo, formalizzato da entrambe le Re- gionali in ambito internazionale.
gioni con una delibera congiunta, che prevede una col-
laborazione biennale sullo sviluppo di tutta una serie di La collaborazione avverrà non solo a livello regionale ma
tematiche che risultano strategiche nella programmazione coinvolgendo direttamente le aziende sanitarie. Le mo-
sia dell’Emilia-Romagna che della Toscana. In queste de- dalità di lavoro ideate prevedono una cabina di regia
libere  4 si delinea un quadro strategico unitario che con- costituita dai direttori generali competenti: questi, tramite
sente di sviluppare azioni comuni rivolte a realizzare una provvedimenti delle direzioni generali, adottano dei pia-
funzione cooperativa tra i due sistemi sanitari regionali, ni operativi che, per ognuna delle linee progettuali da
definendo non solo i campi d’azione ma anche le forme sviluppare, individuano dei soggetti responsabili e defini-
e le modalità operative. scono la composizione dei gruppi tecnici di supporto e i
Le finalità principali individuate dall’accordo sono: compiti a ciascuno assegnati.
• sviluppo dei rispettivi servizi sanitari regionali, attra- I responsabili delle linee progettuali e i componenti dei
verso la condivisione delle tematiche di riordino degli gruppi tecnici possono essere individuati oltre che nei set-
assetti istituzionali, degli indirizzi relativi alla riorga- tori regionali competenti, anche tra il personale delle ASL,
nizzazione dei servizi e all’introduzione di modelli delle agenzie regionali o negli organismi di governo cli-
sanitari innovativi; nico e tecnico regionale (ad esempio Consiglio sanitario
• predisposizione di percorsi formativi per i professioni- regionale, Istituto tumori regionale).
sti coinvolti nei processi di riorganizzazione e di go- I lavori di preparazione di questa delibera congiunta
verno clinico; sono stati anche occasione per i settori regionali toscano
• condivisione di progetti di ricerca sull’organizzazione ed emiliano che si occupano di cure territoriali di lavorare
sanitaria, il governo clinico e l’Health Technology As- insieme all’organizzazione di un convegno che si è tenu-
sessment; to poco dopo l’approvazione delle delibere, nella sede
• confronto tra i rispettivi processi di autorizzazione, della Regione Emilia-Romagna. Il tema del convegno era
accreditamento istituzionale e accordi contrattuali col l’innovazione nell’assistenza territoriale nelle due regioni
e l’esperienza di cure primarie derivante, tema sul quale
sia Toscana che Emilia stanno molto investendo. Il con-
4
DGR Toscana n. 176 e DGR Emilia-Romagna n. 282 del 10-03-2014,
vegno è stato anche un’occasione per la presentazione
Protocollo di intesa e di cooperazione fra la Regione Toscana e la
Regione Emilia-Romagna per il confronto e la condivisione di linee di della delibera da parte dei due assessori alla sanità, che
sviluppo comuni dei sistemi sanitari regionali. hanno sottolineato l’impegno alla collaborazione recipro-
290 Politiche interregionali N. 201

ca con la consapevolezza che questo può garantire dei due sistemi sanitari regionali uguali, o peggio entrare in
risultati migliori in termini di performance dei rispettivi si- competizione l’uno con l’altro, ma al contrario “trarre ispi-
stemi sanitari regionali. razione” dalle esperienze dell’altro, ripetendo soluzioni
Un’iniziativa simile, sempre scaturita in un convegno, si che hanno dato risultati positivi e al contempo evitando
era già tenuta nel 2013, questa volta a Firenze: l’argo- sprechi di risorse su cosa invece si è dimostrato ineffi-
mento verteva sempre sulle cure territoriali e sulle moda- ciente o inefficace. Tutto ciò nell’ottica di miglioramento
lità iniziali con cui le due regioni avevano cominciato la continuo e innovazione, per quanto possibile basati su
riorganizzazione e i primi risultati che si erano ottenuti. evidenze ed esperienze precedenti, che sono i cardini
L’intento di questa collaborazione che Toscana ed Emi- della programmazione e organizzazione di ogni sistema
lia stanno portando avanti non è certo quello di creare sanitario pubblico.
N. 201 Sanità penitenziaria 291

La sessualità in carcere

Francesco Ceraudo
Professore a contratto Università di Pisa, già Presidente Associazione nazionale medici penitenziari

Abstract
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per prima ribadisce che una soddisfacente vita sessuale è un diritto di ogni
essere umano, al pari del mantenimento di un buon stato di salute generale.
Si moltiplicano, infatti, le evidenze della stretta correlazione tra sessualità sana e promozione/mantenimento della salute del
singolo.
Il Consiglio dei Ministri europei (con la Raccomandazione R(98)7 regola n° 68 consente ai detenuti di incontrare il proprio
partner senza sorveglianza visiva.
L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha raccomandato la necessità di mettere a disposizione dei detenuti un
luogo per gli incontri (Raccomandazione 1340-1997).

L’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo La proposta si perse per strada nei meandri della buro-
stabilisce il “Diritto di stabilire relazioni diverse con altre crazia.
persone, comprese le relazioni sessuali. Il comportamento Venne perpetrato un ulteriore tentativo dall’On. Franco
sessuale è considerato un aspetto intimo della vita privata.” Corleone, in qualità di Sottosegretario alla Giustizia, ma
la caduta del Governo Prodi mandò in frantumi ogni vel-
“Va profuso il massimo impegno nell’adozione, anche in leità (era stata prefigurata una sperimentazione alla Casa
via sperimentale, di tutte le possibili misure, organizzative circondariale di Pisa per gli uomini e alla Casa circonda-
e operative, adatte a valorizzare, nei limiti della normati- riale di Venezia Giudecca per le donne).
va vigente, gli spazi e i momenti di affettività fra i detenuti Sono giacenti in Parlamento molte proposte di legge, ma
e i loro congiunti e familiari. alle parole non seguono i fatti. L’ultima proposta in orine
Occorre farsi carico di un nuovo modello trattamenta- di tempo è del Sottosegretario alla Giustizia Sen. Alberti
le fondato sul mantenimento delle relazioni affettive, Casellati.
la cui mancata coltivazione rappresenta la principale
causa del disagio individuale e un grave motivo di ri- “Il potenziamento dei contatti con l’esterno,soprattutto con gli
schio suicidario. affetti familiari costituisce una risorsa importante per contra-
Bisogna fare perno sulla valorizzazione dei momenti di stare il fenomeno dei suicidi in carcere”.(dall’audizione(nel
affettività per rafforzare i percorsi trattamentali.” 2011) del Capo del DAP Franco IONTA al Senato).
Circolare DAP 24/04/2010-protocollo 0177644-2010
Negli ultimi giorni il Tribunale di Sorveglianza di Firen-
Alessandro Margara, quando era Direttore generale del ze con l’adesione della Procura fiorentina, ha sollevato
Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria operò un’eccezione di incostutuzionalità nel secondo comma
una modifica dell’Ordinamento penitenziario in questa dell’art. 18 dell’Ordinamento penitenziario, che impone
prospettiva, ma la Corte dei Conti bocciò il provvedimen- la sorveglianza a vista degli incontri tra detenuti e fami-
to ritenendo necessaria una iniziativa legislativa. liari da parte della Polizia penitenziaria.
292 Sanità penitenziaria N. 201

Secondo i giudici fiorentini si tratta di una disciplina che Il sovraffollamento non deve però costituire un alibi raffi-
impedisce al detenuto l’intimità dei rapporti affettivi con nato per non fare nulla, per non affrontare le problemati-
il coniuge o il convivente, imponendo l’astinenza sessua- che che il carcere impone.
le, favorendo il ricorso a pratiche masturbatorie o omo- Il carcere italiano è malato primariamente perché non rea-
sessuali, ricercata o coatta e così violando alcuni diritti lizza il dettato costituzionale della rieducazione della pena.
garantiti dagli articoli 2, 3, 27, 29, 31 e 32 della Costi- La mancanza di sesso in carcere è mutilazione fisica, vio-
tuzione. lenza. A modo suo il carcere provvede, ma quando si
La norma lede il principio di uguaglianza e il prezioso parla di sessualità, tutto tace.
assunto secondo cui la pena non deve consistere in tratta- Essa appartiene alla necessaria afflizione: di più, essa è
menti contrari al senso di umanità. il cuore dell’afflizione.
E ancora secondo il Tribunale di Sorveglianza di Firenze La privazione sessuale non è una privazione: non è cioè
nega il diritto alla famiglia e alla salute. l’assenza, la mancanza di qualcosa.
In altre parole, impedisce il mantenimento di relazioni af- In quel vuoto cresce una distorsione, una deformazione
fettive con il coniuge o il convivente che sono fondamen- che lo riempie fino a farlo esplodere in malattia, pazzia,
tali nella vita. dolore senza controllo, mania e abiezione.

Finalmente si schiude una prospettiva Già direttive europee del 1985 invitavano gli Stati ap-
Qualcuno comincia a dire qualcosa contro il silenzio del- partenenti alla comunità, ad adottare misure necessarie a
la legge. tutelare la vita intima dei detenuti.
Lo ha sostenuto autorevolmente il cardinale di Napoli Da allora esperimenti simili si sono succeduti in Russia e
Sepe e lo ha ribadito il cardinale di Milano Tettamanzi. in altre nazioni quali l’Olanda, la Danimarca, la Spagna,
Autorevole la posizione favorevole assunta dal cardinale la Svizzera, la Svezia, la Finlandia, la Norvegia, la Ger-
Carlo Maria Martini, anche per i riflessi nella teologia mania, il Belgio e in tempi più recenti l’Austria, la Francia
morale cattolica e in particolare dell’etica sessuale. e il Portogallo.
Nel libro “Sulla giustizia” si deliminano le tre condizioni Persino in Albania, dove manca veramente tutto, è previ-
per la rieducazione: sta la sessualità in carcere.
• aiutare a riconoscere la società; In modo particolare la cattolicissima Spagna prevede,
• insegnare ad appagare i bisogni fondamentali; oltre all’istituzionalizzazione dell’affettività per tutti i dete-
• educare alla responsabilità. nuti, la funzione di un carcere che dispone appartamenti
Poi, a proposito dei bisogni fondamentali precisa: separati (case-famiglia) all’interno dei quali il detenuto
“Il problema dell’affettività, difficilissimo, non può restare trascorre un po’ di tempo con i propri familiari nella mas-
ignorato, irrisolto o addirittura esasperato o snaturato!” sima discrezione e intimità.
“È un problema reale e di grande valore”. Ricordo molto bene la visita effettuata pochi anni fa al
carcere di Granada in Spagna: di fronte alla sorpresa
I diritti elementari dell’affettività e della sessualità devono di trovarmi di fronte a 57 camere dell’amore, il Direttore
rientrare a pieno titolo come elementi fondamentali del mi spiegava: “È una sorte di premialità per i detenuti che
trattamento penitenziario. si comportano bene. Il detenuto può ricevere la propria
Del resto la sessualità fa parte integrante dell’affettività, moglie 1-2 volte al mese”.
è uno stimolo umano, un desiderio legittimo che viene Il detenuto può ricevere la propria fidanzata o compagna.
negato proprio nel momento in cui si ha più bisogno di Se il detenuto non ha alcuna corrispondenza con l’ester-
essere rassicurati. no, la Direzione mette a disposizione le prostitute.
Se il detenuto è omosessuale, può ricevere la visita del
“L’insostenibile drammaticità della situazione carcera- proprio compagno.
ria italiana – precisa il magistrato Francesco Maisto – è Alcuni anni fa ho visitato il carcere femminile di Caracas
espressa dai dati assoluti di sovraffollamento, progressi- in Venezuela.
vamente crescenti, dal numero dei suicidi, dei tentativi In un contesto di miseria e di abbandono, facevano sfog-
di suicidio, degli atti di autolesionismo, evidentemente gio cinque piccoli ambienti forniti di camera e di servizi
indicativo di una condizione di forte sofferenza umana dove le detenute ricevono ogni 15/30 giorni il marito o
in carcere”. il fidanzato.
N. 201 Sanità penitenziaria 293

Le impressioni più favorevoli,però,le ho riportate visitan- di restituire senza dubbio alla società un soggetto migliore.
do le strutture penitenziarie dell’Olanda, della Danimarca Interrompere il flusso dei rapporti umani a un singolo indi-
e soprattutto della Svezia, dove il modello ormai risulta viduo significa separarlo dalla sua stessa storia persona-
consolidato con espressioni di funzionalità e di forte ope- le, significa amputarlo di quelle dimensioni sociali che lo
ratività. hanno generato, nutrito e sostenuto.
Qui si tratta di miniappartamenti forniti di camera matri- Il carcere demolisce, anno dopo anno, quella che si po-
moniale con servizi e cucina. trebbe definire “l’identità sociale del detenuto”.
Soltanto nel nostro Paese registriamo le punte più estreme Il detenuto viene rinchiuso in cella 22 ore al giorno: ven-
del puritanesimo. gono rinchiusi il suo corpo, la sua stessa volontà e i suoi
Alle celle dell’amore si frappongono perplessità di ordine stessi desideri.
psicologico e di ordine ambientale e morale. Tutto viene deciso e gestito dagli altri.
Le motivazioni ambientali sono da riferirsi alla mancanza La sessualità, invece, è l’unico aspetto della vita di rela-
in carcere di strutture logistiche in un contesto di preoc- zione dei detenuti che non risulta normativizzato da rego-
cupante sovraffollamento tali da evitare alla coppia di lamenti o da disposizioni ministeriali.
sottrarsi agli ineliminabili controlli e agli agenti di Polizia Nell’ambiente carcerario la sessualità inibita erotizza tut-
penitenziaria di essere adibiti anche a custodia e control- ta la vita del recluso e ne accentua il richiamo biologico
lo degli amori tra le sbarre. con un ritmo intensamente dinamico.
Le motivazioni morali sarebbero da riferirsi alle problema-
tiche legate alla numerosa fetta di popolazione detenuta Il detenuto, non appena oltrepassa il portone del carcere,
rappresentata dai celibi e dagli extracomunitari, cui do- deve abituarsi volente o meno a tanti cambiamenti piccoli
vremmo, ritenendo la sessualità un diritto ineliminabile di o grandi: mangiare seduto su una branda, muoversi poco
tutti, preoccuparci di trovare delle volontarie dell’amore. come se si trovasse su una navetta spaziale, assuefarsi a
Il detenuto non sparisce dal mondo senza lasciare traccia cibi non usati prima – il tutto in presenza di altri – e dor-
di sé: ha diritto a colloqui con i familiari, quindi implici- mire, a un orario insolito, con la luce accesa.
tamente si riconosce l’imprescindibile esigenza di avvici- Il problema della sessualità in carcere merita attenzione
namento del recluso al mondo esterno, in particolare a e rispetto perché vi confluiscono e l’animano gli istinti,
quello dei suoi affetti. le sensazioni, le emozioni, i sentimenti radicati in ogni
Ma come si fa a pensare che un uomo o una donna pos- uomo.
sano salvaguardare i legami affettivi se gli unici momenti La sessualità è insopprimibile bisogno di vita, un po’ come
di contatto sono i colloqui, durante i quali sei guardato respirare, nutrirsi, dormire, espletare i bisogni fisiologici.
a vista? Mutilando l’umanità, comprimendo la natura oltre un cer-
L’omosessualità in carcere è così diffusa perché è compen- to limite, non rimane che la patologia della rinuncia o la
satoria, ma non si può pensare che non abbia conseguen- patologia della degenerazione.
ze sul piano psicologico: per una persona eterosessuale In modo ineluttabile i detenuti risultano consegnati a una
forzarsi a un comportamento omosessuale costituisce una dimensione esistenziale monocromatica, dimezzata per
violenza, una frustrazione e una caduta di autostima, in l’assenza dell’altro sesso che solo dà senso al proprio.
fondo un’umiliazione, che induce spesso pesanti sensi di Ne derivano gravi tensioni, inquietudini, frustrazioni, de-
colpa. viazioni, perversioni, tendenze ed esposizione alla vio-
La repressione della vita sessuale e affettiva è forse il prin- lenza; si accentuano le turbe psicosomatiche.
cipale motivo per cui si può affermare che il carcere non Se il carcere deve essere idealmente un luogo di rieduca-
è rieducativo e non tende al reinserimento del condan- zione o più realisticamente un luogo dove possa essere
nato nella vita sociale, così come chiede la Costituzione, almeno conservata la dignità umana, i comportamenti
ma che anzi è diseducativo, induce pesanti regressioni, sessuofobici di chi sta fuori dalle sbarre e fa leggi e re-
accentua i tratti violenti della personalità e coltiva nei de- golamenti, non sembrano lungimiranti, né utili al reinseri-
tenuti forti risentimenti nei confronti della società. mento sociale di questi soggetti.
Nelle celle dove è vietata la distribuzione di preservativi, Non solo per loro stessi e per il loro diritto di continuare
le malattie sessualmente trasmissibili tra cui l’infezione da a vivere, ma per l’intera società.
HIV si diffondono a macchia d’olio. Questa diversa visione del carcere è l’espressione di un
Tutelare il quadro delle affettività di un detenuto consente modo civile di intendere la pena, in una vera ottica riedu-
294 Sanità penitenziaria N. 201

cativa che può avvenire solo dando fiducia a chi ha sba- Esistono altresì fondamentali interessi di difesa sociale:
gliato, stimolandolo a ricostruire onestamente la sua vita il carcere deve essere in grado di restituire alla società
e non infliggendo continui castighi aggiuntivi al detenuto uomini e donne non dico migliorati perché ciò è utopia,
e ai suoi cari. ma almeno non peggiorati e degradati nella loro dignità.
Mantenere e coltivare la propria affettività in carcere non Molte sono ormai le denunce corredate scientificamen-
è una gentile concessione, ma un sacrosanto diritto di te dei guasti psicologici che l’astinenza comporta sulla
ogni essere umano, anche se privato della libertà: in car- personalità del recluso, tutte concordi nel riconoscere che
cere si va perché si è puniti e non per essere puniti. l’attività sessuale nell’uomo rappresenta un ciclo organico
La pena rilevante è la privazione della libertà e qualun- che non è possibile interrompere senza determinare nel
que patimento ulteriore, qualunque misura di afflizione soggetto, in ogni caso, dei traumi sia fisici sia psichici.
non ha senso, scopo e giustificazione e contribuisce a Bisogna tentare di risolvere definitivamente il problema
offendere la ragione e l’umanità. della sessualità in carcere.
È certamente triste e mortificante condannare a inseguire Anche questo è un segnale importante nella prospettiva di
la giustizia sulla strada della sofferenza piuttosto che su un carcere più civile e più umano, così che non si possa
quella dell’umanità, della civiltà, della speranza. più dire che “carcere è malattia”.
Bisogna essere in grado di rimuovere il timore che qualun- Del resto sono ormai passati tanti anni dai tempi bui delle
que misura di sofferenza sottratta alla pena sia sottratta celle sempre sprangate, del pane-acqua e bugliolo e del-
alla giustizia. la pena esclusivamente afflittiva.
N. 201 Le cure intermedie 295

Monografia
Le cure intermedie
a cura di Claudio Galanti1 e Alessandro Bussotti2

Presentazione
In un ormai “antico” documento, anno 1978, Conferenza internazionale di Alma Ata, veniva formal-
mente approvato il concetto che indicava nei servizi di base il fondamento di ogni sistema sanitario,
la sede idonea a garantire l’assistenza integrata a singoli, famiglie e comunità e il ruolo di supporto
dell’ospedale, diretto ad assicurare quelle funzioni che, per essere troppo sofisticate o troppo costose,
non potevano essere svolte dai servizi di base.
Già in quegli anni, da più parti, l’accento veniva posto sui temi della promozione sanitaria, dei com-
portamenti sani e sulla prevenzione delle malattie, indicando l’assistenza sanitaria di base quale punto
centrale del sistema.
Daniel Callahan, noto bioetico, anno 1998, affermava che la realizzazione di una medicina sostenibile
va cercata in due direzioni: prevenzione, promozione della salute e preminenza della sanità pubblica
da un lato, maggiore responsabilità personale nei confronti della salute dall’altro.
Siamo nell’anno 2014 e non è chiaro quando, in molte parti del nostro Paese, si sia preso coscienza
delle difficoltà di sostenere un servizio sanitario nazionale ancora caratterizzato, anche come tendenza
culturale, dal ruolo dominante dell’ospedale e dell’ampio vuoto presente sul territorio in tema di strut-
ture alternative allo stesso, ma è certo che sono recenti gli interventi diretti a risolvere concretamente il
problema.
L’esigenza di cambiamento, più che diretta a rispondere in modo appropriato ai nuovi bisogni di assi-
stenza delle persone, sembra sollecitata, tuttavia, dalla presa d’atto che il nostro sistema sanitario non
è più in grado di sostenere costi in continua crescita a fronte della ridotta disponibilità di risorse.
Dovendo limitare le risorse, viene preso atto, finalmente, che a fronte di fenomeni quali l’invecchiamento
della popolazione e il conseguente incremento delle cronicità, occorre fare delle scelte e assumere delle
decisioni: contrastare una medicina malata, come affermava Spinsanti, di “obesità scientifica”, impeden-
do all’ospedale “di conquistare” come altri hanno sottolineato, “la nascita, la malattia e la morte” consi-
derato che ancora oggi oltre il 50% dei decessi avviene in ospedale.
Non è più possibile centrare sulle tecnologie ospedaliere, risorse e risposta a tutte le malattie e infermi-
tà, ma vanno ricercate soluzioni non solo a minore impatto tecnologico ma anche più idonee a rispon-
dere ai fabbisogni di quella quota di popolazione, che ha tenuto occupati posti letto negli ospedali in
carenza di una più semplice e certamente più appropriata assistenza sanitaria e sociosanitaria.
L’incremento continuo dei costi dell’assistenza e la contrastante necessità di procedere alla riduzione dei finan-
ziamenti ha portato, cioè a riconoscere le distorsioni presenti nell’ospedale, considerato il forte assorbimento
di risorse (in molte Regioni oltre il 50% della quota capitaria) e la necessità di destinazione di parte delle stesse
al potenziamento delle strutture territoriali.
Quando occorre intervenire su una organizzazione sanitaria, non limitandosi a una sua semplice raziona-
lizzazione, ma modificando in modo significativo il sistema di erogazione delle prestazioni, si dovrebbe

1
Collaborazione di ricerca Agenas; 2 Medico di medicina generale
296 Le cure intermedie N. 201

procedere per gradi, realizzando prima le nuove strutture alternative provvedendo poi, o al massimo
contestualmente, al ridimensionamento e razionalizzazione di quelle destinate a modificare la propria
funzione. Occorrerebbe cioè costruire il territorio e procedere successivamente alla riduzione della rete
ospedaliera e al recupero appropriato della sua funzione di secondo e terzo livello.
Una scelta, quella sopra prospettata, che ha caratterizzato solo poche aree del Paese ma che, in gene-
rale, ha evidenziato forti ritardi portando, di conseguenza, a un sempre maggiore impegno di risorse
sulla componente ospedaliera, in carenza delle altre alternative.
Sulla base delle evidenze epidemiologiche e delle conferme fornite dalle esperienze più avanzate,
oltre che come adeguamento agli standard europei, Stato e Regioni hanno finalmente concordato
alcuni obiettivi da rendere obbligatori. Citiamo il trasferimento di una serie di prestazioni dal ricovero
ordinario a quello più appropriato di ricovero diurno o di prestazione in regime ambulatoriale, la
conseguente progressiva riduzione del tasso di ospedalizzazione attualmente del 160 per mille con
un 40 per mille di ricoveri diurni, la riduzione dei posti letto a 3,7 per mille abitanti di cui solo il 3 per
mille destinato ai ricoveri acuti ordinari e diurni, il riconoscimento degli ospedali come centri di alta
specializzazione, organizzati a rete in relazione alle patologie più significative e più suscettibili di cura
per la tempestività dell’intervento e la disponibilità di tecnologie appropriate.
Una bozza di decreto ancora all’esame della Conferenza Stato Regioni definisce, tra l’altro, gli stan-
dard dell’assistenza ospedaliera e una organizzazione secondo livelli gerarchici di complessità delle
strutture indicando un livello minimo di bacino di utenza in grado di giustificare la presenza dell’ospe-
dale tra 80.000 e 150.000 abitanti.
Con la legge, 189 del novembre 2012, si interviene anche sul riordino dell’assistenza territoriale pro-
muovendo l’integrazione con il sociale, l’assistenza domiciliare, disponendo la costituzione di Unità
complesse di cure primarie. Si dispone anche la costituzione di reti di Poliambulatori territoriali con
idonea strumentazione aperti tutto l’arco della giornata anche nei giorni festivi in coordinamento e
collegamento con le strutture ospedaliere.
La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, nella seduta del 3 dicembre 2009,
ha sancito un’intesa che prevede all’art. 9, sotto il titolo di Razionalizzazione dell’assistenza ai pa-
zienti anziani e agli altri soggetti non autosufficienti, l’adozione da parte delle Regioni di uno specifico
atto di programmazione integrata avente a oggetto la dotazione di posti letto di residenzialità e semi-
residenzialità e l’organizzazione dell’assistenza domiciliare, “anche al fine di agevolare i processi di
deospedalizzazione”.
I tempi previsti sono stati, come al solito, ampiamente superati ma, indubbiamente, anche in materia
di strutture intermedie qualcosa si sta muovendo. La Regione Toscana, ad esempio, che rappresenta
un’area avanzata in tema di organizzazione sanitaria, ha inaugurato la sua prima struttura nel maggio
2013 e ha programmato, complessivamente, 499 letti di cure intermedie, definendo correttamente la
loro destinazione a pazienti soprattutto anziani che abbiano già superato la fase acuta della malattia
e siano quindi stabilizzati clinicamente, ma ancora non in condizioni di poter essere assistiti al proprio
domicilio.
Lo schema di decreto sulla definizione degli standard ospedalieri all’esame della Conferenza Stato-
Regioni considera le strutture intermedie idonee a ospitare anche pazienti in dimissione da reparti per
acuti degli ospedali ma allo scopo di continuare il processo di recupero funzionale, consolidarne le
condizioni fisiche, accompagnarlo nella prima fase del post ricovero ove si tratti di paziente con fragi-
lità individuale o sociale.
L’ospedale di comunità è, invece, una struttura gestita da personale infermieristico con assistenza medica
assicurata dai medici di medicina generale (MMG) e pediatri di libera scelta (PLS) e con il compito di
prendere in carico pazienti che necessitano di interventi sanitari potenzialmente erogabili a domicilio,ma
in mancanza di idoneità strutturale o familiare dello stesso o di sorveglianza infermieristica continuativa.
Il sistema sanitario nazionale è articolato, sotto il profilo organizzativo, in tre aree fondamentali: il di-
partimento di prevenzione, il distretto e l’ospedale come presidio della USL o come azienda autonoma.
N. 201 Le cure intermedie 297

Tutte le funzioni non affidate al dipartimento di prevenzione o all’ospedale appartengono al distretto


che assume la responsabilità delle relative strutture e delle prestazioni erogate, dall’assistenza prima-
ria e relative unità complesse di cure primarie, alla riabilitazione residenziale e semiresidenziale, alle
diverse strutture dirette a erogate le cure intermedie.
L’ospedale si caratterizza sempre di più come risposta alle patologie acute e sub acute complesse, non
trattabili a domicilio o ambulatoriamente, il distretto dovrà farsi carico del resto, compresa la vasta
area delle cronicità.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di mantenere, finché possibile, la persona al proprio domicilio con
l’alternativa, sempre provvisoria, di una struttura territoriale, comunque affidata a personale sanitario
non ospedaliero (MMG, specialisti ambulatoriali, infermieri e altre figure sanitarie in servizio presso il
distretto). Aspirazione, anch’essa, “antica”, quella di contrastare l’espansione dei ricoveri e delle varie
forme di assistenza custodiale per potenziare il ruolo della famiglia.
La ricaduta in termini di programmazione dei servizi è quella di un potenziamento dei distretti sulla
base di un modello organizzativo che preveda la costituzione dell’unità complessa di cure primarie,
come previsto dalla L. 189/2012, prestazioni assicurate per 365 giorni /anno nelle intere 24 ore in
grado di coprire la domanda dei propri residenti. Stesso principio dovrebbe seguire la localizzazione
delle attività ambulatoriali e delle strutture intermedie salvo per quelle discipline che richiedono bacini
di utenza interdistrettuali o interzonali. La presenza di strutture definibili, secondo una terminologia
attualmente in voga, “a km. 0” rappresenta la condizione preliminare per mantenere in vita i rapporti
familiari ed evitare il ricostituirsi di nuovi “cronicari”.
La contemporaneità dei compiti imposti alle Regioni e alcuni programmi che, per ora a livello di proget-
to, vengono avanti nel tentativo di dare risposta a tutti i problemi, suscitano però forti preoccupazioni.
Si è già detto che la riprogrammazione del nostro servizio sanitario deve trovare la sua motivazione princi-
pale nella necessità di fornire un’assistenza più appropriata ai nuovi bisogni di salute, con la conseguente
riconsiderazione dei modelli di erogazione delle prestazioni che non possono più essere limitati al ricovero
ospedaliero ma debbono trovare altre risposte più idonee, soprattutto a livello territoriale, così da superare
vuoti e separatezze a favore della continuità assistenziale.
Ogni struttura deve svolgere il suo ruolo con il risultato di:
• una progressiva riduzione dei ricoveri ospedalieri impropri e il conseguente raggiungimento degli
obiettivi di riduzione dei posti letto e dei tassi di ospedalizzazione programmati;
• un affidamento all’assistenza di base, agli ospedali di comunità e alle altre strutture residenziali e
semiresidenziali territoriali e delle risposte alle problematiche sanitarie e sociosanitarie non di per-
tinenza ospedaliera. La riconduzione a modelli di risposta più semplici, ancorché più appropriati,
permetterà anche una riduzione dei costi.
Un ostacolo fondamentale che si frappone a una corretta programmazione, oltre alla carenza di
risorse, è costituito dalla necessità di procedere al ridimensionamento della rete ospedaliera e alla
sua riqualificazione sotto il profilo della qualità delle prestazioni e della sicurezza del paziente. Ciò
comporta la chiusura di una serie di piccoli ospedali che hanno resistito ai numerosi provvedimenti
legislativi che ne disponevano da tempo la chiusura.
La ricerca di una soluzione che allenti le pressioni politiche e sociali locali e la resistenza del personale
interessato sembra assumere, nella programmazione di molte Regioni, carattere di priorità rispetto agli
interessi dei pazienti, fino a compromettere in particolare il progetto di attuazione delle cosiddette
“strutture intermedie”.
Elenchiamo alcune tendenze che lasciano adito a forti preoccupazioni:
1. I piccoli ospedali vengono chiusi “ma non troppo”; occorre “mascherare” la chiusura adottando
soluzioni che vedono la loro trasformazione in strutture territoriali dove, tuttavia, si conserva, magari,
un reparto di lungodegenza o si prevedono prestazioni di ricovero medico diurno e day surgery.
Un’attività ospedaliera per acuti, ancorché diurna, o per subacuti, in strutture che si classificano come
territoriali mette in discussione la nuova classificazione richiedendo la presenza, ai fini dell’accredi-
298 Le cure intermedie N. 201

tamento, di una serie di requisiti ospedalieri con costi non giustificati dall’utilizzo che ne verrà fatto.
Per i ricoveri diurni ci attendiamo, inoltre, un chiarimento sui posti letto, comunque necessari, da
classificare come ospedalieri anche ai fini del rispetto degli standard, sulle caratteristiche dell’équi-
pe medica che dovrebbe farsi carico degli interventi, sulla necessità di identificare, comunque, le
discipline specialistiche interessate; una riflessione è richiesta anche sui possibili rischi conseguenti a
prestazioni, in particolare di chirurgia, erogate in strutture prive della presenza della corrispondente
attività specialistica ordinaria e non solo ambulatoriale.
2. Non è facile ridurre i posti letto ospedalieri e relativo personale ma si può istituire dei posti letto am-
bulatoriali dove svolgere chirurgia complessa (leggi day surgery), anche in anestesia totale, senza
dover compilare la SDO, potendo, così, ridurre artificiosamente il tasso di ospedalizzazione.
3. La localizzazione delle Case della salute, degli ospedali di comunità, di altre forme di struttura inter-
media, non dovrà necessariamente tenere conto della rete distrettuale: allo scopo saranno utilizzate
le strutture ospedaliere riconvertite, anche quando tale localizzazione è chiaramente incompatibile
con il territorio e i residenti di riferimento.
4. Le Case di cura psichiatriche e neuropsichiatriche debbono perdere la loro classificazione di strut-
tura ospedaliera per acquisire quella di strutture residenziali “di mantenimento”. Basta cambiare
l’etichetta, il contenuto può restare invariato. Nuovi contenitori di cronicità?
Il ruolo delle strutture intermedie vede tentativi di ampliamento anche delle prestazioni erogate, ad
esempio quando si configura il trasferimento dall’ospedale al presidio territoriale di pazienti “guariti”,
ma non clinicamente stabilizzati. Non potendo ancora rinviare il paziente a domicilio, si pensa di
delegare la stabilizzazione alle strutture territoriali; in questo caso i letti ospedalieri si liberano prima
in attesa di nuovi pazienti e nuovi DRG, senza considerare che le attuali tariffe prevedono una durata
della degenza collegata alla stabilizzazione del paziente e che la dimissione senza stabilizzazione,
a parte le responsabilità, è considerata dimissione precoce e fa parte dei controlli diretti a impedire
un uso improprio degli stessi DRG. Occorre ricordare che anche la dimissione protetta presuppone un
paziente stabilizzato e che, nella fase di stabilizzazione, la responsabilità resta del reparto ospedalie-
ro di dimissione.
La Legge 132 del 1968 nella riclassificazione degli ospedali aveva disposto la chiusura delle cosiddet-
te Infermerie. Dobbiamo sperare di non doverle rimpiangere.

Claudio Galanti
N. 201 Le cure intermedie 299

Lo scenario internazionale

Gavino Maciocco
Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica, Università di Firenze

Abstract
Negli ultimi decenni si è assistito a un profondo cambiamento del ruolo degli ospedali provocato da una serie di ben noti
fattori: la transizione epidemiologica – dalle malattie infettive alle malattie croniche –, le innovazioni tecnologiche che hanno
ridotto e in certi casi annullato il ricorso alle tradizionali forme di ricovero in regime di degenza, la spinta verso l’efficienza
e la razionalizzazione dei processi produttivi in sanità (in cui un ruolo rilevante è stato giocato dai meccanismi di remunera-
zione delle attività ospedaliere, vedi DRGs).
Tutto ciò ha portato al profondo cambiamento di ruolo degli ospedali all’interno dei sistemi sanitari: meno ospedali, meno
posti letto, durate di degenza più brevi, a fronte di più tecnologia e di maggiore intensità delle cure.

Il processo di cambiamento non ha riguardato in egual Regno Unito


misura tutti i sistemi sanitari Intermediate Care: moving forward
La Tabella I mostra infatti come i sistemi sanitari modello Il termine “cure intermedie” (“Intermediate care”) è stato intro-
Beveridge (i “servizi sanitari nazionali”, come quello ca- dotto nel Regno Unito a proposito del miglioramento dell’assi-
nadese, italiano, svedese e britannico) e il sistema USA stenza agli anziani: “Intermediate care – a range of integra-
– per motivi e meccanismi diversi – abbiano ridotto in ma- ted services to promote faster recovery from illness, prevent
niera significativa sia il numero di posti letto che la durata unnecessary acute hospital admission, support timely dischar-
della degenza ospedaliera, mentre i sistemi sanitari mo- ge and maximise independent living – is a vital component of
dello Bismarck (ovvero i sistemi basati sulle assicurazioni the programme to improve the health and well being of older
sociali, o casse mutue, come quelli austriaco, francese, people and raise the quality of services they receive”1.
tedesco e giapponese) si siano mossi con molta lentezza Il documento del Ministero della sanità britannico “Inter-
verso la riduzione del peso degli ospedali. Il motivo di mediate Care: Moving Forward”, del luglio 2002, enfa-
ciò è spiegato dal tipo di governo – e governance – che tizza l’importanza di questa strategia che “sviluppata e
presidia le scelte di politica sanitaria nei sistemi sanitari implementata adeguatamente, sarà in grado di migliora-
modello Bismarck, in particolare in Germania e Austria. re l’appropriatezza e la qualità dell’assistenza delle per-
Qui le scelte strategiche avvengono a un tavolo “conso- sone e avrà un significativo impatto sul sistema sanitario
ciativo” dove siedono i “politici” locali, i rappresentanti e sociale nel suo complesso, rendendo più efficace l’uso
delle casse mutue, degli ospedali e dei medici e tagliare delle risorse e istituendo un nuovo modo di lavorare”. Le
i posti letto è operazione difficile e molto più impopolare cure intermedie – sottolinea il documento – non sono un
di quanto può avvenire altrove. “optional”, ma rappresentano l’elemento centrale del pro-
I dati della Tabella I spiegano anche perché, soprattutto nei gramma di innovazione del NHS.
sistemi sanitari tipo Beveridge e nel sistema sanitario USA, I principi fondamentali delle cure intermedie sono:
si sia cercato di trovare soluzioni alternative al ricovero • l’enfasi su un’assistenza appropriata che ha al centro
ospedaliero attraverso il rafforzamento delle cure primarie la persona;
e l’invenzione delle “cure intermedie”, termine quest’ultimo • la necessità di un robusto processo di valutazione;
coniato nel Regno Unito agli inizi degli anni 2000. • l’importanza cruciale della partnership tra diversi attori;
300 Le cure intermedie N. 201

Tabella I.

N. posti letto per 1000 abitanti Durata media della degenza (giorni)
Ieri* Oggi** Ieri* Oggi**
Canada 6,8 2,8 10,0 7,7
Italia 9,6 (1980) 3,4 (2011) 7,5 (2001) 7,7 (2011)
Svezia 15,2 2,7 7,1 6,0
UK 4,0 3,0 9,0 7,3
USA 6,0 3,1 6,4 4,8
Austria 9,9 7,7 12,0 7,9
Francia 8,5 6,4 6,2 5,7
Germania 10,1 8,3 13,0 9,5
Giappone 15,6 13,4 34,4 18,2
Fonte: OECD 2013. * Primo dato disponibile dal 1980. ** Ultimo dato disponibile (generalmente 2011-2010).

• la garanzia di un tempestivo accesso ai servizi specia- all’anno (oltre 1,1 miliardi di Euro) per finanziare tale
listici. progetto, che comporta tra l’altro la creazione di nuo-
Le “cure intermedie” sono – secondo i documenti del mi- vi 5000 posti letto residenziali nel 20044.
nistero della sanità britannico – un “concetto” e non un Nella Figura 1 è riportato l’ambito delle cure intermedie
“servizio”; sono una modalità di intervento, attraverso il nel Primary Care Trust di Swindon; tra l’ospedale e il do-
concorso di molteplici servizi: “It is not just about health micilio del paziente (in un flusso bidirezionale) sono col-
care, nor social care, nor housing – it is about all of these locati una serie di servizi e strutture sanitarie e sociali:
things and more and how professions and organisations community stroke unit, orthopedic early discharge sche-
can work together to make the core principle of delivering me, servizi domiciliari di riabilitazione, residenze infer-
person-centered care a reality”. Il “concetto” è che una mieristiche (le nostre RSA), ospedali di comunità, residen-
persona anziana che si trova in difficoltà a causa di un ze sociali; e anche una struttura specificamente costruita
evento acuto deve trovare risposte adeguate che: e dedicata a ricoveri temporanei per le cure intermedie,
• se a domicilio, gli evitino un inutile o inappropriato lo Swindon Intermediate Care Centre 5.
ricovero ospedaliero; La strategia dell’intermediate care ha avuto l’effetto di foca-
• se ricoverato in ospedale, facilitino la sua dimissione lizzare l’attenzione sulle modalità di dimissione dei pazien-
predisponendo un adeguato percorso assistenziale. ti dagli ospedali: è del gennaio 2003 la pubblicazione di
Un “concetto” da riempire di contenuti (linee-guida, percor- un volume da parte del Ministero della sanità interamen-
si assistenziali), di regole e – non ultimo – di risorse. L’area te dedicato alle procedure di dimissione ospedaliera (Di-
delle cure intermedie è stata temporalmente circoscritta in scharge from hospital: pathway, process and practice)  6.
un periodo di 6 settimane, nel corso del quale tutte le pre- È un documento contenente raccomandazioni “vincolanti”
stazioni di carattere sanitario e sociale sono a completo per gli ospedali e per i servizi territoriali, che enfatizza l’as-
carico del NHS (“Any services which form part of a packa- sistenza “person-centred”. “L’assistenza “person-centred” si
ge of intermediate care as defined in the regulations must pone l’obiettivo di garantire che le persone anziane riceva-
be provided free of charge for six weeks” 2). Il Ministero no un trattamento individualizzato, attraverso un pacchetto
della Sanità ha predisposto 3 contratti-tipo per consentire appropriato e tempestivo di servizi che rispondono ai loro
ai provider privati di inserirsi in questo tipo di intervento: specifici bisogni, al di là delle competenze e dei confini
a) Domiciliary intermediate care; delle singole organizzazioni. Tutto ciò comporta l’adozio-
b) Intermediate day rehabilitation services; ne di percorsi assistenziali che avranno un impatto sull’or-
c) Residential intermediate care 3. Il Governo ha inoltre ganizzazione e il coordinamento dell’assistenza in prepa-
stanziato risorse aggiuntive per 900 milioni di sterline razione della dimissione.”
N. 201 Le cure intermedie 301

Con la pubblicazione del documento, i cui principi chiave 6. Nel 58% dei casi trattati c’è stata un’integrazione –
sono elencati nel Box 1, nessun ospedale potrà più dimet- anche economica – tra servizi sanitari del NHS e ser-
tere un paziente senza un’adeguata pianificazione del vizi sociali delle autorità comunali.
suo trasferimento (Fig. 2).
A distanza di circa 10 anni è possibile tracciare un bilan- USA
cio dell’esperienza britannica dell’Intermediate Care (I.C.),Skilled Nursing Facility
sulla base delle conclusioni dell’Audit nazionale svolto nel Se nei servizi sanitari tipo Beveridge la scelta di ridurre la
2012 7 – riferito al periodo 1 aprile 2011-31 marzo 2012 rete ospedaliera e il numero dei posti letto è stata il frutto
–, che possono essere sintetizzate nei seguenti punti: di strategie politiche nazionali e regionali di razionalizza-
1. Complessivamente gli interventi di I.C. riescono a sod- zione del sistema, negli USA ciò avvenuto in concomitan-
disfare soltanto la metà della potenziale domanda e za dell’esteso processo di privatizzazione degli ospedali
presentano una grande variabilità territoriale all’inter-pubblici e non-profit avvenuto negli anni 80 e primi anni
no del NHS. 90 sotto i governi Reagan e Bush. Va ricordato anche che
2. Gli investimenti in I.C. sono stati mediamente di 1,9 negli USA nel 1984 viene introdotto il sistema dei DRGs,
milioni di sterline (2,3 milioni di Euro) per 100 mila che fornisce una forte spinta alla riduzione della durata
abitanti, di cui il 58% per attività di ricovero (in strut-
delle degenze. Per facilitare le dimissioni dei pazienti più
ture residenziali o in ospedali di comunità) e il 42% in anziani, Medicare – l’assicurazione pubblica che garanti-
attività di assistenza domiciliare. sce l’assistenza alle persone ultrasessantacinquenni – con-
3. Il numero medio di ricoveri in strutture di I.C. è stato sente i ricoveri presso Skilled Nursing Facility. Si tratta
di 259 per 100 mila abitanti e di pazienti assistiti a di strutture con qualificata assistenza infermieristica, per
domicilio è stato di 725 per 100 mila abitanti. il ricovero nelle quali Medicare rimborsa i costi – fino a
4. La durata media dei ricoveri è stata di 27-30 giorni e 100 giorni di degenza – a condizione che il paziente
delle attività domiciliari di 24-29 giorni. abbia precedentemente avuto un ricovero ospedaliero di
5. Il costo giornaliero della degenza è stato di 136 ster- almeno 3 giorni e vi acceda non oltre 30 giorni dalla
line (166 Euro) nelle strutture residenziali e di 252 dimissione. I primi venti giorni di ricovero sono comple-
sterline (309 Euro) negli ospedali di comunità. tamente gratuiti, co-pagamento di $133,50 al giorno dal
21 al 100° giorno. Dopo il
100o giorno il paziente paga
il prezzo pieno del ricovero 8.
Figura 1. Cure intermedie presso il Primary Care Trust di Swindon.
Anche se nessuno in USA la
chiama così, si tratta una for-
ma di Intermediate Care.

Svezia
La discontinuità delle cure
La Svezia è il sistema sanitario
che ha maggiormente ridimen-
sionato la propria rete ospe-
daliera, riducendo drastica-
mente il numero dei posti letto
per 1000 abitanti: dai 15,2
del 1980 ai 2,7 nel 2011.
Ma, come nota una pubblica-
zione dell’OECD 9 la Svezia è
anche un sistema che ha seri
problemi nel garantire la con-
tinuità delle cure dei pazienti
dimessi dall’ospedale: solo il
20% dei medici di famiglia ri-
302 Le cure intermedie N. 201

Figura 2. Accompagnare gli anziani attraverso il la- Box 1. Principi chiave per le dimissioni ospe-
birinto. daliere programmate.

Il coinvolgimento e la partecipazione attiva dei pazienti


e dei loro familiari – come partner alla pari – è centra-
le nell’erogazione dei servizi e nella programmazione
della dimissione.
La dimissione è un processo e non è un evento isolato.
Questo deve essere pianificato alla prima occasione pos-
sibile – sia a livello di cure primarie o di cure ospedaliere
– creando le condizioni perché i pazienti e i loro familiari
siano in grado di contribuire alle decisioni da prendere.
Il processo della dimissione programmata deve essere
coordinato da una persona specificamente nominata
che avrà la responsabilità di seguirne tutte le fasi, tra
cui quella della valutazione dei bisogni. Questo com-
porta degli stretti collegamenti con il coordinatore del
caso nel territorio e il trasferimento delle relative respon-
sabilità al momento della dimissione.
Il personale deve operare all’interno di un quadro di ri-
ferimento di integrazione multidisciplinare e di collabo-
razione tra diversi servizi per affrontare tutti gli aspetti
del processo di dimissione.
L’erogazione dei servizi sanitari e sociali deve essere
ceve informazioni necessarie per gestire adeguatamente organizzata in modo che i pazienti possano apprezza-
un paziente dimesso. Inoltre con una legge del 2001 la re la continuità delle cure, possano essere consapevoli
responsabilità di fornire l’assistenza socio-sanitaria post dei loro diritti, possano ricevere tutte le informazioni
dimissione ospedaliera è affidata ai Comuni, mentre la re- e i consigli che consentano loro di prendere decisioni
informate sul loro futuro.
sponsabilità dell’assistenza sanitaria è in capo alle Con-
tee, e il coordinamento tra questi due livelli istituzionali
rappresenta oggi uno dei principali problemi del sistema
Department of Health, Discharge from hospital: pathway,
6
sanitario svedese.
process and practice, 2003. www.doh.gov.uk/changea-
gentteam/discharge_getri.pdf
Bibliografia
Department of Health, Intermediate Care, Moving Forward -
1 NHS, National Audit of Intermediate Care Report, 2012.
7

June 2002. www.nhsbenchmarking.nhs.uk/icsurvey.aspx


Department of Health, Local authority circular LAC (2003) 14.
2 Maciocco G, et al. Le sfide della sanità americana. Il Pensie-
8

www.doh.gov.uk/intermediatecare/
3 ro Scientifico Editore 2010, p. 44.
www.nelh.nhs.uk/management/mantop/0117intermed.htm
4
http://www.oecd.org/health/sweden-has-excellent-health-
9

www.swicc.nhs.uk/the_swindon_primary_care_trust.htm
5
care-but-must-improve-care-co-ordination.htm
304 Le cure intermedie N. 201

Organizzazione
e gestione delle strutture
Anna Banchero
Docente Università di Genova, Facoltà Giurisprudenza; Esperta Agenzia sanitaria, Regione Liguria

Abstract
In Italia e in Europa le cure intermedie sono in aumento. Anche per i processi di invecchiamento, le malattie croniche
rappresentano oggi una delle più importanti sfide che la medicina e i servizi sanitari devono affrontare e a cui dovran-
no far fronte nel prossimo futuro, come emerge dalle proiezioni di lungo periodo della World Health Organization
(WHO).
Anche in Italia la gestione della cronicità costituisce un tema di assoluta rilevanza. Secondo le elaborazioni del Major
and Chronic Diseases Report del 2007, redatto dalla Direzione generale salute e consumatori della Commissione Eu-
ropea, gli italiani risultano più longevi rispetto alla media europea. Particolarmente accentuato entro i prossimi trenta
anni è l’aumento degli ultra 65enni (anche ultra75enni e ultra80enni), oggi intorno al 20,7% del totale della popola-
zione, con punte che arrivano e superano il 28% in regioni come la Liguria. L’Emilia-Romagna, le Marche, l’Umbria e
la Toscana, andranno ad aumentare fino al 2043, anno in cui oltrepasseranno il 32%. Dopo tale anno, la quota degli
ultra 65enni andrà, secondo le previsioni ISTAT, a consolidarsi intorno a un valore del 33%. Le percentuali in Europa
sono senz’altro inferiori e oggi non arrivano al 20%, ma comunque, anche negli altri Stati, le malattie croniche, di
lunga durata, sono in ascesa.

Anche se i sistemi sanitari dovrebbero aver rimosso la ospedaliere, la scarsa capacità del “territorio” di soste-
centralità dell’ospedale, purtroppo, di fatto non è così e nere una domiciliazione del paziente hanno portato a
la compressione dei posti ospedalieri cui assistiamo in individuare soluzioni “intermedie” all’ospedale per acuti
Italia dal 1980 al 2000 è superiore al 50%, a questo con definizioni che indicano la peculiarità di questo tipo
si aggiunge la riduzione dei giorni di degenza di quasi di cure, definite con termini anglosassoni, intermediate
il 45% e la riduzione della degenza media del 40%, in care o transitional care, ovvero:
maniera tale che il presidio ospedaliero, come è corretto “Gamma di servizi integrati finalizzati a promuovere un
che sia, è quasi esclusivamente dedicato all’acuzie e alla più rapido recupero della malattia, prevenire ricoveri
diagnostica d’urgenza. I nuovi tagli alla sanità della spen- ospedalieri non necessari, supportare le dimissioni dall’o-
ding review a fine 2013, hanno portato i posti ospeda- spedale nei tempi giusti, ottimizzare l’autosufficienza e
lieri al 3,7 per mille, dove il 3% sono posti per acuti e lo l’indipendenza nella quotidianità di vita”. Questa è la de-
0,7 posti dedicati alla riabilitazione e alla lungodegenza. finizione adottata dalla British Geriatric Society nel 2002.
Quanto illustrato in precedenza, con il forte invecchia- In Italia la definizione “cure intermedie” risale ai pri-
mento della popolazione e una diversa distribuzione dei mi anni Novanta ed è stata oggetto anche di critiche
nuclei familiari, dove la famiglia mononucleare insiste per concettuali in quanto racchiude in sé elementi molto
oltre il 30, richiede che si ponga forte attenzione ai pro- assai eterogenei tra di loro. Di fatto, le cure intermedie
blemi della “lungo assistenza”. L’urgenza delle dimissioni rappresentano quelle cure di cui le persone fruiscono
N. 201 Le cure intermedie 305

una volta dimesse dall’ospedale e prima del rientro al migliori condizioni di autonomia e ricevendo le oppor-
domicilio. tune cure in sedi extra-ospedaliere. Un’organizzazione
I pazienti che hanno bisogno di cure intermedie sono co- già collaudata di questo tipo (anche se basata su forme
loro che possono essere dimessi dal ricovero ospedaliero, assicurative), si trova nelle nursing home degli USA e del
ma che richiedono comunque una tutela medica e infer- Giappone. Obiettivo di queste formule organizzative è la
mieristica nelle 24 ore, oppure anche pazienti con con- riduzione della low care ospedaliera da una parte, e dall’
dizioni cliniche meno complesse, ma che hanno ancora altra il contenimento degli accessi al Pronto Soccorso.
bisogno di cure infermieristiche prestate quotidianamente. Se le cure intermedie sono inserite, secondo il significato
Questi pazienti non richiedono un monitoraggio invasivo, del termine intermedio, in una rete di servizi sociosanitari,
ma il frequente controllo dei parametri vitali con un tipo il loro ruolo può essere anche quello di fornire prestazioni
di assistenza infermieristica che non deve essere svolta in a persone non dimesse dall’ospedale, ma di provenienza
ambiente ospedaliero, ma potrebbe realizzarsi anche a territoriale, soprattutto se “arruolati” in un modello assi-
domicilio in presenza di “caregiver familiari” ben informati stenziale come quello del chronic care model (CCM), per
e soprattutto disponibili per tempi protratti, fatto difficilmen- evitare, dove è possibile, l’ospedalizzazione applicando
te realizzabile nella maggioranza delle attuali famiglie 1. diversi setting di cura, in maniera innovativa, rivolgendosi
Sotto un altro profilo, va anche detto che i monitoraggi car- al complesso delle risorse territoriali non solo di tipo cura-
diologici, chirurgici, vascolari o delle malattie respiratorie tivo, ma anche comunitario. Le sei regole del CCM, sono
croniche in forma riacutizzata, così come quelli neurologi- così riassumibili:
ci o neurochirurgici, anche per evitare complicanze, non Risorse della comunità atte a migliorare l’assistenza ai
sempre possono essere svolti a domicilio, sia per le attrez- pazienti cronici con solidi collegamenti con le risorse del-
zature richieste che per le professionalità necessarie, ecco la comunità: gruppi di volontariato, gruppi di auto aiuto,
quindi che l’area delle cure intermedie risponde a queste
centri per anziani, ecc.
esigenze, anche e soprattutto sotto il profilo dei costi.
Organizzazioni sanitarie: dovrebbero provvedere a una
Alcuni studi epidemiologici in materia (Franklin et al. 2),
diversa gestione delle malattie croniche assunte come
hanno dimostrato come le cure intermedie possano ri-
“priorità” dagli erogatori e dai finanziatori dell’assisten-
durre le riacutizzazioni e migliorare complessivamente
za sanitaria. Se questo non avviene difficilmente potran-
le condizioni di salute del portatore di malattia cronica,
no essere introdotte innovazioni nei processi assistenzia-
concorrendo nello stesso tempo a un risparmio dei costi
li e ancora più difficilmente potrà aumentare la qualità
sanitari, in quanto l’Unità di cure intermedie è meno co-
dell’assistenza.
stosa del reparto ospedaliero.
Supporto all’auto-cura. Il paziente deve diventare prota-
gonista attivo dei processi assistenziali, la gestione della
Le cure intermedie: setting funzionale per l’approccio sua malattie deve essere oggetto di insegnamento alla
alla cronicità maggior parte dei pazienti con elementi che riguardano
I pazienti elettivi per le cure intermedie sono quelli defini- la dieta, l’esercizio fisico, il monitoraggio (della pressio-
bili a bassa intensità di cura, ma come si diceva in pre- ne, del glucosio, del peso corporeo, ecc.), l’uso dei far-
cedenza, necessitano ancora di monitoraggio e cure in maci, in modo che il primo controllo avvenga direttamen-
riferimento alla complessità clinica ancora esistente. Il pa- te da parte del paziente stesso. Il supporto all’auto-cura
ziente che fruisce delle cure intermedie è ancora in situa- significa aiutare pazienti e famiglie ad acquisire abilità
zione di malattia, ma non tanto grave, da dover protrarre
e fiducia nella gestione della malattia, valutando anche
il ricovero ospedaliero e non sufficientemente stabilizzato
gli errori.
per rientrare e vivere al proprio domicilio 3.
Organizzazione del team di cura. Il team assistenziale
Questa concezione delle cure intermedie trova una sua
(medici di famiglia, infermieri, educatori, ecc.) deve esse-
realtà in presenza di una rete di servizi territoriali (dalle
re modificato, si deve introdurre una nuova suddivisione
cure domiciliari ai centri diurni) che promuova sempre
del lavoro: assistenza ai pazienti acuti e gestione pro-
più l’avvicinamento delle persone con frequenti necessità
di assistenza sanitaria al proprio ambiente di vita, nelle
Da sottolineare che le condizioni abitative attuali di molte persone
3

ultrasettantacinquenni e ultraottantenni sono spesso contraddistinte


Trabucchi M. I vecchi la città e la medicina. Il Mulino 2005.
1
dalla solitudine, ovvero non possono contare su caregiver familiari e
Quaderni di Geriatria 2001.
2
ciò complica ulteriormente i problemi di fragilità.
306 Le cure intermedie N. 201

grammata ai pazienti cronici. I medici trattano gli acuti e molto di più sulla prevenzione, sull’ambiente circostante,
intervengono nei casi cronici difficili e complicati, prov- sull’auto-coscienza e la responsabilità di cura.
vedendo anche alla formazione del personale del team. Anche se gli elementi evidenziati, collocati possono oggi
Il personale non medico deve supportare l’auto-cura dei apparire “irrealistici”, non è così. Si tratta di ridefinire gli
pazienti e svolgere specifiche funzioni (test di laboratorio, obiettivi del sistema sanitario, a risorse economiche inva-
esami specifici, ecc.), assicurando la programmazione e riate, riorganizzare le stesse e responsabilizzare pazienti
lo svolgimento del follow-up dei pazienti. Le visite pro- e cittadini anche nel loro ruolo, non solo di consumatori,
grammate sono uno degli aspetti più significativi del nuo- ma di stakeolder. Certo è qualcosa di più della buona
vo disegno organizzativo del team. volontà, ma se vogliamo evitare i continui tagli al sistema
Supporto alle decisioni. Devono essere adottate linee-gui- sanitario e puntare alla sua sostenibilità, di fronte a una
da basate sull’evidenza, per fornire al team gli standard popolazione che invecchia e soprattutto si ammala di più
di un’assistenza ottimale ai pazienti cronici. Le linee-gui- di patologie croniche, bisogna prendere atto della neces-
da sono rinforzate da attività di aggiornamento continuo sità di un cambiamento.
per tutti i componenti del team.
Sistemi informativi. I sistemi informativi computerizzati de- Le risposte delle regioni italiane
vono svolgere tre importanti funzioni: Prendendo in esame la situazione italiana che emerge
• sistema di allerta che aiuta i team delle cure primarie nelle diverse regioni: alcune di esse, quali Piemonte, Lom-
ad attenersi alle linee-guida; bardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Um-
• feedback per i medici, mostrando i loro livelli di per- bria, con una maggior variegatezza nella regione Lazio e
formance nei confronti degli indicatori delle malattie una forte disomogeneità nelle regioni del Sud – che sono
croniche; poi la maggioranza delle regioni in “piano di rientro”
• registri di patologia per pianificare la cura individuale ovvero quelle sottoposte a controllo dei Ministeri della
dei pazienti e per organizzare l’assistenza population- Salute e dell’Economia e Finanze per non aver rispettato
based. I registri di patologia, sono una delle caratteri- i limiti della spesa sanitaria – emerge una rilevante diffe-
stiche centrali del chronic care model e consistono in renza nelle risposte alla cronicità.
liste di tutti i pazienti con una determinata condizione Va detto che le Regioni, soprattutto nell’ultimo decennio,
cronica in carico a un team di assistenza. hanno dovuto affrontare in primis la riorganizzazione del-
Il grafico che segue indica i flussi rilevabili nella realtà la rete ospedaliera e pertanto, piccoli ospedali o reparti
attuale, invariata rispetto le proposte sopra avanzate, ac- ospedalieri “scarsamente efficienti” sono stati trasformati
cettare le indicazioni del CCM significa invece investire in unità per la lunga assistenza, con denominazioni diffe-
N. 201 Le cure intermedie 307

renti, anche se l’organizzazione di fondo è similare, ma ciclo del rientro a domicilio. Comunque, in tutti i casi la
tutte le strutture scelte hanno la stessa mission: provvedere persona accede con una diagnosi e con una prognosi
alle cure di pazienti dimessi dall’ospedale con instabilità già definite, che vengono poi ri-concordate con il medico
clinica che richiede prestazioni sanitarie e monitoraggio della struttura.
delle evoluzioni della patologia per evitare riacutizzazioni. In base alla collocazione di questi presidi la funzione che
Dove si riscontra una pesante differenza è sotto il profi- assumono nel programma di assistenza può variare: se co-
lo della denominazione; raggruppando i nomi più diffusi stituiscono “un nodo della rete” si configurano come un set-
dei presidi, troviamo: ting transitorio che consente il rientro a domicilio, mentre se
• ospedali di comunità; ci troviamo di fronte a una struttura che ha ancora valenza
• residenze sanitarie (non RSA); ospedaliera è solo una fase meno intensa del ricovero, cui
• cure intermedie; devono seguire successive e non sempre lineari negozia-
• case della salute con funzioni assistenziali complesse; zioni con il distretto, per reinserire il paziente a domicilio o
• presidi territoriali di assistenza; in altra struttura assistenziale di minore intensità.
• strutture residenziali con elevata assistenza sanitaria. Il personale che opera nelle cure intermedie, in linea di
In tutte le denominazioni indicate, dobbiamo però sottoli- massima, è composto da:
neare che si tratta nella maggioranza dei casi di strutture • una o più figure mediche, di cui un responsabile del
o moduli di esse, con una dotazione di 20/30 posti che governo clinico che coordina gli interventi assistenzia-
hanno in comune l’assistenza sanitaria a pazienti con cro- li e che provvede anche al raccordo con altre strutture
nicità in fase non acuta ma con persistente instabilità clini- sanitarie;
ca. Non viene richiesta compartecipazione alla persona • personale infermieristico: una unità ogni 10/12 rico-
o alla famiglia e il ricovero non può superare i 20-30 verati, calibrando il numero in modo da consentire an-
giorni, in casi eccezionali si può arrivare anche a 45-max che una presenza anche notturna;
60 giorni. • operatori sociosanitari (OSS) in numero tale da con-
Da un punto di vista della localizzazione, in linea di sentire un aiuto e supporto quotidiano alla persona e
massima, le cure intermedie sono collocate tra i presidi un supporto alle attività alberghiere;
territoriali, ma in alcuni casi (ad esempio di dismissione • ausiliari (o servizi esternalizzati) per pulizie governo
o di riconversione di posti ospedalieri) sono collocate an- dell’ambiente.
che all’interno o nelle immediate vicinanze dell’ospedale.
Riflettendo sulla localizzazione è ovvio che l’inserimento Il costo di una giornata di degenza si aggira da 120
delle cure intermedie nella rete territoriale consente di in- a 160/170 euro/die, in relazione al fatto che farmaci
dividuarle come un “nodo” della rete stessa, mentre se di e materiale sanitario siano forniti o meno dall’ASL e si
dipendenza ospedaliera, a prescindere dai contenuti di tratti quindi di strutture pubbliche o di privato accre-
attività, la funzione si riduce a essere una “dipendenza” ditato. Un discorso specifico va fatto per il MMG, in
dell’ospedale che accoglie malati scomodi, più che far quanto anche se la struttura è coordinata da un medico
parte di un complessivo programma di cura, come richie- che appartiene alla medicina generale, il paziente re-
sto dall’approccio CCM. sta comunque in carico al proprio medico di medicina
Dalla localizzazione territoriale dipende in larga parte generale.
anche l’assetto organizzativo perché, nelle strutture collo-
cate nella rete territoriale, il responsabile sanitario è nella Conclusioni
maggioranza dei casi un medico di medicina generale, Analizzando i posti ospedalieri esistenti nei diversi Stati
mentre per quelle cure intermedie che sono una dépan- europei, si può constatare che quasi tutte le nazioni si av-
dance ospedaliera, il responsabile medico proviene nella valgono di posti che definiscono “lungo degenze” o posti
totalità da incarichi ospedalieri. ospedalieri a bassa complessità, utilizzati per il transito
La collocazione ha ripercussione anche sulle modalità di delle persone particolarmente fragili e in età avanzata
accesso: o si accede alle cure intermedie con una segna- dalla fase di acuzie alla dimissione e alla ricollocazione
lazione da parte del medico di famiglia o con un tra- nell’ambiente di vita o per la “lungo assistenza”, in presi-
sferimento diretto dal reparto ospedaliero per acuti fatto di a valenza sociosanitaria o sociale.
non positivo perché nella maggioranza dei casi lascia Di questo, l’Italia intesa come governo nazionale, deve
fuori dagli accordi il MMG e quindi non si completa il prendere atto per non alimentare fantasiose soluzioni
308 Le cure intermedie N. 201

come oggi si riscontrano nelle diverse regioni. Non è più Ci si augura che anche le società scientifiche, di geriatria
possibile lasciare indefinita, proprio per la epidemiologia e medicina assumano posizioni e promuovano riflessioni
di cui si parlava in precedenza, la cura post-acuzie del- che possano influenzare positivamente, scelte nazionali
le fragilità/cronicità, è necessario che le risposte offerte e regionali per definire con chiarezza, anche facendo
sotto il profilo della cura siano corrette anche sotto quello tesoro delle buone esperienze condotte in materia da
dell’etica clinica, che richiede appunto una maggior at- alcune regioni, “mission” e funzioni assistenziali” delle
tenzione a chi è fragile e instabile, proprio per evitare intermediate care, a giovamento innanzitutto dei pazienti
danni maggiori, che in sintesi, alimenteranno pure la spe- e quindi dell’intero sistema sanitario e sociosanitario, in
sa in senso negativo e creeranno difficoltà funzionali ai modo da offrire setting assistenziali appropriati ai bisogni
servizi di Pronto Soccorso. dei cittadini più deboli.
N. 201 Le cure intermedie 309

Il ruolo della
medicina generale
Vittorio Boscherini
Medico di medicina generale

Abstract
Il problema della crisi economica in Italia, se non risolto, lentamente si avvia a diminuire il suo impatto sulla popolazione,
anche se rimangono problemi importanti da affrontare come la disoccupazione generale, in particolare quella giovanile,
l’enorme deficit pubblico e la sopravvivenza di un Servizio sanitario nazionale universale ed equo. È indubbio che le risorse
da impegnare per il rilancio della struttura economica italiana non debbano essere sistematicamente trovate nella sanità che
è stata duramente provata dai tagli effettuati negli ultimi anni, ma è anche indubbio che gran parte delle risorse pubbliche
siano impiegate in Italia nel welfare e che quindi difficilmente le regioni non potranno non affrontare il problema di un’ul-
teriore razionalizzazione delle spese anche in sanità. Tali razionalizzazioni, però, non dovranno più essere fatte con quei
tagli lineari volti a colpire particolarmente le regioni che tutelano a tutto campo la salute dei cittadini, offrono servizi spesso
efficienti ed efficaci e hanno un pareggio di bilancio, ma dovranno colpire inefficienze e sprechi.

Il problema della spesa deve essere affrontato alla Per raggiungere tali obiettivi, è necessaria la creazione
radice, attraverso una profonda riorganizzazione di servizi territoriali in grado di assistere al meglio quei
dell’intero servizio sanitario nazionale che si basi sullo cittadini che un tempo erano curati a livello ospedalie-
spostamento della gestione di numerose patologie, in ro. Fra i molteplici servizi che dovranno essere imple-
particolare quelle croniche dall’ospedale e in generale mentati a livello territoriale, uno è assai importante per
dalla specialistica verso il territorio, verso la medicina affrontare il problema dell’appropriatezza dei ricoveri
generale. Perché questo possa essere attuato senza far in ospedale – che deve gestire essenzialmente l’acuzie
pagare prezzi, in termini di salute, ai cittadini, occorre – e per affrontare il problema del taglio dei giorni di
riorganizzare tutta l’attività primaria e la medicina ge- degenza: le cure intermedie. La Regione Toscana nella
nerale. Questo in Toscana è già cominciato: sono state delibera d’istituzione e di finanziamento così definisce
create le AFT, stanno nascendo le Case della salute che tale istituzione “Esistono pertanto molte declinazioni
dovranno trasformarsi in UCCP e la medicina d’iniziati- del concetto di Assistenza Intermedia (Intermediate
va con la creazione di team assistenziali pluriprofessio- Care), la definizione che si ritiene attualmente meglio si
nali coordinati dai medici di medicina generale arrive- adatti al nostro contesto di riferimento è quella fornita
rà alla fine del 2014 a coinvolgere il 60% dei medici dall’Oxford and Anglia Intermediate Care Project che
e della popolazione Toscana, ma tutto questo non è fa riferimento all’insieme dei servizi che non richiedono
sufficiente per affrontare il problema della sostenibilità le risorse di un ospedale per acuti ma hanno finalità più
del SST. Occorrerà un’ulteriore razionalizzazione della complesse di quelle offerte dalle cure primarie”. Per
rete ospedaliera con un taglio reale dei 2000 posti cure intermedie s’intendono quindi una serie di servizi
letto previsti dal piano sanitario regionale e un taglio sia domiciliari sia residenziali che hanno una comples-
del tasso di ricovero fino ad arrivare al 115 per mille. sità assistenziale superiore a quella erogata nelle ADI,
310 Le cure intermedie N. 201

ma che non arriva alle competenze e alla complessità • possibilità di effettuare nella struttura alcuni parametri
assistenziale di un ospedale per acuti. La Regione To- di laboratorio (glicemia, elettroliti, troponina, inr);
scana, nella succitata delibera, così definisce tali servi- • possibilità di fare un tracciato ECG con l’eventuale let-
zi: “Si tratta quindi di una vasta gamma di servizi for- tura in loco o attraverso la telemedicina;
niti in un arco temporale a breve termine, a domicilio o • corsie preferenziali per il laboratorio sia per l’urgenza
in un ambiente residenziale, il cui obiettivo è quello di sia per la routine;
facilitare la dimissione precoce dall’ospedale, evitare • corsia preferenziale per rx torace che deve essere ga-
i ricoveri non necessari e prevenire il ricorso all’isti- rantito entro ventiquattro ore (compreso la garanzia
tuzionalizzazione. La finalità primaria dell’Assistenza del trasporto con ambulanza);
Intermedia è infatti quella di svolgere una funzione di • corsie preferenziali per diagnostica radiologica di I
transizione, creando un ponte tra differenti livelli di ero- livello (addome in bianco ...);
gazione dell’assistenza”. Mentre per i servizi domici- • possibilità di poter fare eco internistiche nell’arco delle
liari, in gran parte della Toscana, qualcosa è già stato ventiquattro ore sia sfruttando professionalità presenti
fatto, per le cure intermedie in ambiente residenziale nei medici di medicina generale sia attraverso consu-
poco è stato fatto e c’è un rischio reale che si vadano a lenze specialistiche.
identificare le cure intermedie con i Moduli di degenza Altre possibili sedi di residenzialità per cure intermedie
a bassa intensità di cure, a suo tempo identificati in un potranno essere:
documento licenziato dal Consiglio Regionale dei Sani- • ospedali dismessi;
tari, che è invece ben distinto dalle strutture residenziali • spazi ospedalieri non per acuti;
di cure intermedie. Dovendo i Dg delle nostre aziende • strutture create ad hoc;
sanitarie cogliere un duplice obiettivo, quello di diminu- • strutture messe a disposizione dal volontariato;
ire i posti letto per acuti e creare posti letto di cure inter- • posti letto messi a disposizione da case di cura private;
medie, si cerca di identificare, nei moduli di degenza a • le UCCP.
bassa intensità di cure, una low care ospedaliera nelle
cure intermedie. Ma la low care è un’organizzazione L’assistenza sanitaria dovrà essere garantita dalla medici-
gestita dai medici ospedalieri con una pianta organica na generale nelle sue due componenti a ciclo di fiducia e
ospedaliera con costi fissi ospedalieri dove la medicina a rapporto orario. Il paziente rimane in carico al medico
generale non ha e non deve avere alcuna funzione e la di medicina generale a ciclo di fiducia il quale concorda
trasformazione di un reparto per acuti in una low care con il primario ospedaliero l’eventuale dimissione e l’inseri-
spesso equivale solo a un cambio di una targa sulla mento di un paziente ancora non in grado di essere gestito
porta d’ingresso di un reparto. Cosa diversa sono posti al proprio domicilio oppure concorda con il coordinatore
letto di cure intermedie che possono, in minima parte, della AFT nel cui ambito territoriale è inserita la struttura
servire a stabilizzare pazienti dimessi dai reparti per di cure intermedie l’eventuale ricovero del paziente. Il cit-
acuti e rimetterli in grado di essere gestiti a livello do- tadino sarà curato in collaborazione con gli ex medici di
miciliare, ma soprattutto devono servire per i pazienti continuità assistenziale eventualmente integrati dai medici
cronici che si riacutizzano, che non necessitano di cure tirocinati, in attesa d’inserimento, per il periodo strettamen-
ospedaliere complesse, nell’ottica di evitare ospedaliz- te necessario al suo reinserimento al proprio domicilio. Il
zazioni non necessarie. Tali strutture dovranno essere medico a rapporto orario gestisce la quotidianità e le even-
collocate il più vicino possibile agli ambiti territoriali tuali urgenze di questi pazienti dalle ore 8 alle ore 24.
dei medici di MG, le strutture più idonee, per la loro Dalle ore 24 alle ore 8 le urgenze saranno gestite dal 118.
diffusione, dovrebbero essere le RSA, e dovranno pos- La responsabilità della presa in carico potrebbe essere af-
sedere dei requisiti minimi: fidata alla AFT nella persona del coordinatore della stes-
• organizzazione delle attività di tipo orizzontale con sa che garantirebbe l’attivazione dei servizi necessari.
responsabilità professionale al medico di medicina ge- La specialistica dovrà essere garantita attraverso il mecca-
nerale; nismo consulenziale. La dove si realizzino strutture di cure
• assistenza infermieristica sulle ventiquattro ore; intermedie a numero elevato di posti letto l’organizzazio-
• approvvigionamento del farmaco notturno e diurno. ne strutturale dovrà essere affidata a medici di comunità.
Armadio farmaceutico per le urgenze; I compiti del coordinatore dell’AFT nelle cure intermedie
• ossigeno terapia garantita ventiquattro ore; dovranno essere:
N. 201 Le cure intermedie 311

• garantire l’integrazione fra l’ospedale e il territorio; si raccorda con il medico a ciclo di fiducia e con quello
• garantire la correttezza dei rapporti professionali fra i a rapporto orario.
medici a rapporto orario e quelli a ciclo di fiducia; I costi, che dovrebbero essere ricompresi fra quanto è
• garantire i rapporti con la medicina di comunità nel corrisposto giornalmente a una casa di cura convenzio-
caso di grosse strutture di cure intermedie che necessi- nata e quanto è corrisposto a una RSA per un modulo,
tano di una direzione organizzativa; sono il limite principale poiché tali costi coincidono ed è
• gestire le priorità d’accesso dei pazienti sia provenien- chiaro che almeno l’assistenza infermieristica attualmente
ti dall’ospedale sia dal territorio in caso di necessità; erogata nei moduli delle RSA deve essere potenziata e
• garantire, attivando i medici a rapporto orario e/o i ti- che le prestazioni dei medici a ciclo di fiducia dovranno
rocinati, comunque la presa in carico del cittadino che essere remunerate.
necessità di cure intermedie anche nel caso dell’im- Si auspica altresì il superamento dell’attuale forma di re-
possibilità a farlo da parte del titolare della scelta. munerazione ad accesso per i medici a ciclo di fiducia,
Il personale infermieristico è il cardine dell’assistenza introducendo un’indennità di presa in carico legata an-
delle cure intermedie, è autonomo professionalmente e che al raggiungimento di obiettivi assistenziali e al tasso
responsabile per le funzioni che gli sono state assegnate, di ricovero.
312 Le cure intermedie N. 201

Competenze e prospettive
per l’infermiere
Laura Rasero1, Patrizia di Giacomo2, Luisanna Rigon3,
Cristina Santin4

Professore Scienze infermieristiche, Università di Firenze

Tutor universitario e Professore a contratto di Infermieristica, Università di Bologna, sede di Rimini

Presidente e Direttore scientifico di Formazione in Agorà, Scuola di Formazione alla salute, Padova

Infermiera clinica, U.O. Pronto Soccorso, Azienda Ulss 7 Pieve di Soligo (TV)

Abstract
In Italia come in altri Paesi, da tempo si lavora alla ricerca di soluzioni organizzative sanitarie e sociosanitarie efficaci nel
fornire risposte scientificamente valide ed economicamente sostenibili.
La transizione demografica verso l’aging, con una popolazione progressivamente sempre più rappresentata da individui in
età avanzata (le stime attuali citano una quota del 33% di soggetti ultrasessantacinquenni sul totale di popolazione attesi
nel 2030) con un’incidenza importante di malattie cronico degenerative e con un conseguente incremento della disabilità,
si scontra con i vecchi modelli di assistenza e cura, che hanno da sempre privilegiato una dimensione ospedalocentrica.

L’incremento della complessità assistenziale obbliga a un avvalendosi della consulenza educativa del professionista
ripensamento profondo e a una conseguente riprogetta- della salute spesso rappresentato dall’infermiere 2 3.
zione sia dei luoghi di cura, che dei modelli organizzati- La discussione in merito alla complessità assistenziale del-
vo/assistenziali in atto, favorendo una vera integrazione le persone fragili con comorbosità e alla progettazione
ospedale-territorio e ridefinendo modelli di assistenza che e realizzazione di modelli organizzativi che valorizzino
prevedano da subito il coinvolgimento della persona e strategie di prevenzione, promozione, mantenimento
della famiglia in un’ottica di proattività, ovvero di capa- della salute e continuità delle cure nel rispetto di vincoli
cità di assumere un ruolo chiave nei processi sanitari che economici sempre più stringenti è, a livello nazionale e
direttamente interessano la persona. internazionale, ampia ed eterogenea.
Su tale falsariga si muove, ad esempio, il modello già È in questo nuovo scenario che si rende necessaria un’at-
implementato sul territorio toscano per i pazienti con pato- tenta riflessione in merito all’implementazione e diffusio-
logie croniche: l’Expanded Chronic Care Model è orien-
ne sul territorio nazionale di strutture intermedie, capaci
tato a un approccio “proattivo” tra i professionisti della
di accogliere quella estesa fetta di popolazione che, per
salute e le persone fragili con comorbosità e/o patologie
la presenza di problematiche assistenziali sociosanitarie
croniche, i quali diventano i primi protagonisti del proprio
non trattabili a domicilio ma il cui livello di bisogno non
percorso assistenziale.
configuri il ricorso all’ospedale (luogo che deve agire in
Il paradigma della relazione mira a sviluppare l’empower-
acuzie), possa prevedere la presenza e l’utilizzo di struttu-
ment dell’assistito il quale, acquisendo una profonda co-
re (quali, ad esempio, Nurse-led clinics, Low care) gestite
noscenza e consapevolezza di sé e dei propri bisogni di
salute, assume la responsabilità della gestione del proprio e organizzate completamente da infermieri 4-10.
percorso all’interno dell’organizzazione sociosanitaria  1
ed è incoraggiato e motivato a sviluppare un’autogestio- Il contesto internazionale
ne completa – self-management – delle proprie criticità, Sono molte le ricerche internazionali che riportano gli
N. 201 Le cure intermedie 313

aspetti positivi relativi alla gestione infermieristica delle mento e della complessità delle organizzazioni, richiede
strutture intermedie: tali articoli mettono in rilievo alcune necessariamente di ridisegnare ruoli e funzioni dei pro-
prerogative che in tali strutture trovano particolare valoriz- fessionisti che lavorano nell’ambito del sistema salute,
zazione, quali la capacità degli infermieri di un approc- nonché una profonda revisione dei modelli organizzativi.
cio olistico alle cure, preventivo ed educativo piuttosto che L’Innovative Care Delivery Model in linea con la politi-
esclusivamente curativo 11-13, la garanzia della continuità ca della salute proposta dall’Institute of Medicine 28, e la
delle cure ospedale-territorio, il contenimento dei costi as- Health Workforce Solutions (HWS) e The Robert Wood
sistenziali 14-16, il maggior coinvolgimento della persona Johnson Foundation (RWJ 29 nel 2007 hanno creato una
e della famiglia, la maggior garanzia di continuità dei e finanziato un progetto di ricerca innovativo per identifi-
percorsi dall’acuzie verso la riabilitazione, e la riduzione care e declinare nuovi modelli assistenziali che potessero
dei ricoveri ripetuti 17-20. essere implementati in risposta a questa politica socioeco-
Uno studio condotto da Griffiths evidenzia come gli assi- nomica di innovazione e promozione della salute.
stiti nelle “nursing led in patients units”statunitensi, rispetto Attraverso un’ampia revisione della letteratura, la HWS
alle persone ricoverate nelle unità di cura per acuti mani- ha individuato 24 Innovative Care Delivery Models e ha
festino uno stato di benessere migliore, facciano diminu- identificato 8 elementi comuni a molti di questi 24 modelli
ire le giornate di degenza (maggior numero di persone innovativi, che descrivono il cambiamento della filosofia
dimesse dopo i 3 mesi) e le riammissioni in ospedale  21, della cura della persona, la nuova prospettiva del sistema
nonché – come precedentemente già ricordato – un conte- salute e delineano gli sforzi necessari per le organizza-
nimento complessivo dei costi di sistema. Ndosi, nella sua zioni che forniscono servizi di cura e salute e che deside-
revisione sull’ efficacia delle cure fornite dal “nurse led” rino implementarli.
alle persone con artrite reumatoide (RA), mette in luce
l’associazione fra le “nurse led care” e miglior qualità di Gli 8 elementi distintivi sono:
vita, aumento delle conoscenze della persona assistita e 1. Ruoli di rilievo per gli infermieri.
minor “fatigue” e riduzione del “disease activity” 22. 2. Evoluzione verso una cura interdisciplinare: approccio
Sempre Ndosi evidenzia che, in uno specifico trial, le nur- in team.
se led care gestiscono in maniera efficace le persone con 3. Un ponte nella continuità assistenziale.
artrite reumatoide con riduzione della disease activity e 4. Una spinta oltre i confini: la casa come setting di cura.
una maggiore soddisfazione espressa per le cure ricevute 5. Target di utenti che accedono ai servizi di salute: per-
da parte degli assistiti 23. sone molto anziane.
Kuethe evidenzia che nella gestione delle persone con 6. Focus incentrato sull’assistito.
asma non vi sono differenze statisticamente significative 7. Alto livello di tecnologia.
fra un’assistenza nurse led car e physician-led care rispet- 8. Attenzione ai risultati: miglioramento della soddisfa-
to a indicatori di risultato quali numero di esacerbazioni zione, della qualità e dei costi.
di asma, gravità clinica e qualità di vita. La revisione con-
clude che l’assistenza nurse led può essere appropriata I 24 modelli assistenziali innovativi sono stati organizzati
nella gestione delle persone con asma ben controllata 24. in tre grandi categorie assistenziali:
Infine, la revisione sistematica condotta da Horrocks nel 1. Modelli per le cure acute - Acute Care Models.
2002 25, comprendente 11 rct e 23 studi osservazionali 2. Modelli di continuità delle cure - Bridge the Continuum.
con l’obiettivo di valutare se le cure fornite dagli infer- 3. Modelli delle cure integrate - Comprehensive Care
mieri fossero sicure rispetto a quelle fornite dai medici, Models.
riporta ampi risultati positivi. Altre esperienze pubblicate
testimoniano che il contributo e la qualità delle cure for- A fronte di un sistema di salute caratterizzato da un’am-
nite dalla gestione infermieristica fornisce risultati equi- pia variabilità, è necessario svincolarsi da un’organizza-
valenti, in tali strutture, a quelli forniti da organizzazioni zione infermieristica assistenziale rigida e settoriale, strut-
physician centered 26 27. turata prevalentemente per compiti, per sviluppare mo-
delli organizzativi attenti alla mappatura dei bisogni di
Modelli assistenziali salute della persona fragile, al contesto socioeconomico
Una logica dell’organizzazione intelligente, innovativa, e politico e ai risultati. In tal senso, le strutture intermedie
in cambiamento, legata alla teoria dell’autoapprendi- possono rappresentare una utile opzione per lo sviluppo
314 Le cure intermedie N. 201

e l’implementazione di modelli organizzativi capaci di Il contesto italiano


reinterpretare l’organizzazione della presa in carico del In Italia, in molti Piani sanitari regionali (Toscana, Lombar-
cittadino per la produzione di livelli confacenti di salute. dia, Veneto, Emilia-Romagna) sono dedicate intere parti
Primary Nursing 30, Advanced Primary Nursing 31, Case/ alla gestione dell’integrazione delle cure primarie con
Care Management 32, Integrated Case Management. quelle intermedie e con l’assistenza ospedaliera a medio-
Le strutture intermedie a gestione infermieristica possono, bassa intensità e la rivalutazione del ruolo dei vari profes-
anche in Italia, fare immaginare una direzione esclusiva- sionisti della salute. Alcune soluzioni sono state da tempo
realizzate e attuate in diversi contesti territoriali. Sono di
mente infermieristica con la presenza di infermieri con
esempio le esperienze di Trieste, con il progetto nursing ri-
competenze specialistiche/avanzate. In tale prospettiva
abilitante e innovativo che ha previsto l’inserimento degli
in America, negli anni, le diverse Associazioni infermieri-
infermieri di comunità; Bologna, con i reparti post-acuti
stiche, in linea con lo sviluppo di una formazione Accade- a conduzione infermieristica e l’attuazione del progetto
mica universitaria avanzata e mirata, hanno pubblicato Cruscotto post acuzie; fino al caso di Milano, con la low
significativi documenti nei quali declinano il core compe- care aperta nell’Ospedale di Niguarda Ca’ Grande alla
tence dell’infermiere dirigente (Chief Nursing Officer)  33, fine del 2001, ove vengono accolti pazienti che hanno
ovvero di colui che, in tali strutture, deve assumere ruolo e superato la fase acuta della malattia, ma non ancora pas-
capacità di leader e guida dell’organizzazione. sibili di dimissione in quanto necessitano di osservazione
Inoltre, la letteratura internazionale nel definire la leader- e continuità assistenziale, terapeutica e riabilitativa. Gli
ship infermieristica all’interno del sistema salute comples- utenti provengono dalle strutture complesse di degenza
sivo, in uno scenario di forte evoluzione socioculturale, aziendali. Gli obiettivi di tale struttura sono quelli più vol-
ha descritto per il ruolo di dirigente infermieristico i livelli te ricordati: assicurare la continuità assistenziale anche
di responsabilità strategica e politica, che si declinano attraverso l’implementazione di protocolli condivisi che
nell’individuazione di due figure di seguito individuate 34: garantiscano l’integrazione tra ospedale e territorio, ot-
1. “The Entity Chief Nursing Officer (CNO)”, ovvero co- tenere il massimo recupero possibile dell’autonomia della
persona, ridurre la degenza media ottimizzando l’utilizzo
lui che ha la responsabilità di individuazione, monito-
di posti letto per acuti, diminuire il costo dell’assistenza.
raggio e gestione delle politiche della salute
Anche in Toscana, nella ASL di Prato, è presente una
2. “The System Chief Nurse Executive (CNE)”, ovvero co-
struttura denominata “Presidio di continuità assistenziale
lui che guida e dirige le strategie, promuove il miglio-
- cure intermedie” (C.I.) gestito da infermieri sul modello
ramento dei risultati per l’assistito, l’organizzazione e delle nursing led clinics. Garantisce un’assistenza carat-
la pratica clinica avanzata. terizzata da una medio-bassa intensità della componente
Più in generale, nel panorama internazionale e, conse- diagnostico-terapeutica e un’alta intensità di cure infer-
guentemente, nella realtà sanitaria italiana, ruoli e livel- mieristiche nelle 24 ore. La gestione del percorso che
li di competenza dell’infermiere all’interno del contesto conduce il paziente in tale struttura inizia a livello ospe-
organizzativo di appartenenza possono essere riassunti daliero, ove l’infermiere team leader identifica il candida-
come nella tabella (Tab. I) di seguito proposta. to per l’accesso alle C.I., ne discute con il medico tutor

Tabella I. Declinazione del ruolo dell’infermiere a tutti i livelli nel contesto internazionale e in quello italiano e livello
di competenza.

Contesto internazionale Contesto italiano Livello di competenza


Chief Nursing Officer Direttore di struttura Livello di dirigenza
Chief Nursing Executive Direttore di dipartimento
Coordinator-Manager Nurse Infermiere coordinatore
Case Manager/Nurse Leader/ Infermiere Case Manager Livello clinico
Nurse Specialist /Leader/specializzato
Clinical Nurse Infermiere clinico
N. 201 Le cure intermedie 315

e insieme avviano il processo “Segnalazione candidato” Bibliografia


ognuno per le proprie responsabilità. Kathol R, et al. Manuale del Case Manager Integrato. Mi-
1

All’accoglienza in C.I. l’infermiere che avvia il processo assi- lano: CEA Edizioni 2014.
stenziale diventa il referente per la persona. La presa in carico
Bodenheimer T, Wagner EH, Grumbach K. Improv-
2
coinvolge sia il soggetto che la famiglia e, a tale scopo, il
ing primary care for patients with chronic illness. JAMA
piano assistenziale è condiviso in briefing con il medico di
2002;288:1775-9.
continuità assistenziale e il MMG, il quale effettua il primo
accesso in struttura entro le prime 24/48 ore. La pianificazio- Bodenheimer T, Wagner EH, Grumbach K. Improving pri-
3

ne della dimissione dalla struttura di cure intermedie avviene mary care for patients with chronic illness: the chronic care
entro il 5° giorno dalla data di dimissione prevista, attraverso model, Part 2. JAMA 2002;288:1909-14.
una segnalazione alla Centrale assistenza territoriale (CAT). Efraimsson E, Hillervik C, Ehrenberg A. Effects of COPD self-
4

Il team multiprofessionale operante nella struttura (infer- care management education at a nurse-led primary health
miere referente delle C.I., inf. Coord. C.I., MMG, medico care clinic. Scand J Caring Sci 2008;22:178-85.
di comunità, ed eventualmente il medico specialista che Morcom J, Dunn SV, Luxford Y. Establishing an Australian
5

ha seguito il caso fisiatra/geriatra, fisioterapisti), pianifi- nurse practitioner-led colorectal cancer screening clinic.
ca la dimissione attraverso un debriefing al quale parte- Gastroenterol Nurs 2005;28:33-42.
cipano anche i familiari e/o la stessa persona assistita.
Burrows A, Humphrey S. A patient satisfaction survey of
6
All’atto del ritorno al proprio domicilio l’infermiere refe-
anurse-led colorectal clinic. Nurs Times 2006;102:31-3.
rente redige una relazione infermieristica di dimissione
che sarà fornita al paziente e al MMG e, se necessario, Hopkins K, Tookman AJ. Rehabilitation and specialist pal-
7

agli infermieri dell’assistenza domiciliare o della sanità liativecare. Int J Palliat Nurs 2000;6:123-30.
d’iniziativa per garantire il raggiungimento degli obiettivi MacMahon Tone J, Agha A, Sherlock M, et al. An inten-
8

assistenziali a lungo termine. sive nurse-led, multi-interventional clinic is more successful


in achieving vascular risk reduction targets than standard
diabetes care. Ir J Med Sci 2009;178:179-86.
Conclusioni
Anche nel nostro Paese, l’istanza di garantire percorsi di Brown I, Psarou A. Literature review of nursing practice in
9

cura in grado di offrire risposte appropriate verso la croni- managing obesity in primary care: developments in the UK.
cità emergente, nel rispetto dei vincoli economici imposti al J Clin Nurs 2008;17:17-28.
sistema sanitario, ha fatto emergere nuovi modelli gestio- 10
Mason J, Freemantle N, Gibson J, et al. Specialist nurse-led
nali che guardano al territorio come setting ove sviluppare clinics to control of hypertension and hyperlipidemia in dia-
risposte efficaci. Tali modelli prevedono la valorizzazione betes economic analysis of the SPLINT trial. Diabetes Care
delle competenze sempre più avanzate che l’infermiere ha 2005;28:40-6.
saputo maturare, anche grazie a nuovi percorsi formativi. 11
Wong F, Chung L. Establishing a definition for a nurse-
In tale contesto, lo sviluppo di strutture di cure intermedie led clinic: structure, process, and outcome. J Adv Nurs
patient-centered anziché disease-centered ha determinato 2006;53:358-69.
una spinta alla crescita manageriale nei percorsi di assi- 12
Bhattacharya B, Pickering S, McCulloch A, et al. The nurse-
stenza, con acquisizione di autonomia e capacità di deci-
led diabetes clinic: a care satisfaction audit. Journal of Dia-
sion leading che fino a pochi anni or sono non considera-
betes Nursing 2007;11:228-32.
vano la professionalità infermieristica in tali ruoli.
L’auspicio è che le nuove soluzioni organizzative valoriz-
13
Edward LL, Hellstrom AL, Ohrn I, et al. The lived experi-
zino la figura infermieristica come protagonista nel rag- ence of the diabetes nurse specialist regular check-ups,as
narrated by patients with type 2 diabetes. J Clin Nurs
giungimento di outcome di salute, attraverso un riconosci-
2008;17:772-81.
mento delle competenze professionali e non come risorsa
a minor costo. D’altro canto, la sfida degli infermieri di 14
Canam C. Illuminating the clinical nurse specialist role of ad-
oggi e di domani sarà nel cogliere tale opportunità per vanced practice nursing: a qualitative study. Nurs Leadersh
mettere a disposizione del sistema le proprie competen- (Tor Ont) 2005;18:70-89.
ze in sinergia e non in antagonismo con le altre figure 15
Stephen A. Leadership across boundaries: a qualitative
professionali impegnate nei percorsi di diagnosi, cura, study of the nurse consultant role in English primary care. J
riabilitazione e prevenzione di tutti i cittadini. Nurs Manag 2007;15:703-10.
316 Le cure intermedie N. 201

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N. 201 Le cure intermedie 317

Modelli innovativi a confronto:


Lombardia
ed Emilia-Romagna1
Alberto Ricci1, Francesco Longo2
1
 Ricercatore Cergas Bocconi e dottorando in Management, Università Cattolica del Sacro Cuore
2
 Professore associato presso il Dipartimento di Analisi istituzionale e Management pubblico,
Università Bocconi; Ricercatore senior Cergas Bocconi

Abstract
L’articolo descrive e analizza in ottica comparata due modelli innovativi di organizzazione delle cure territoriali, particolar-
mente focalizzati sulla presa in carico del paziente cronico: da una parte, i Chronic Related Group (CReG) introdotti dalla
Regione Lombardia, e, dall’altra, i Nuclei cure primarie (NCP) e le Case della salute della Regione Emilia-Romagna. Il con-
fronto evidenzia assetti di governance e finanziamento molto differenti: la Lombardia ha disegnato un sistema sperimentale
di quasi-mercato, mentre l’Emilia-Romagna è rimasta fedele a un approccio che privilegia erogazione e coordinamento da
parte del pubblico. Le leve di cambiamento manageriale dei due modelli, invece, sono sostanzialmente le stesse: integrazio-
ne tra i professionisti, introduzione di sistemi di governo clinico, allargamento dell’offerta dei servizi.

Cronicità e invecchiamento demografico rappresentano i valenza delle singole patologie, le due malattie croniche
bisogni di salute emergenti. più diffuse sono l’ipertensione, che interessa il 16,7% del-
I Paesi sviluppati sono caratterizzati dal progressivo in- la popolazione, e l’artrite (16,4%); a seguire, le malattie
vecchiamento della popolazione, che determina modifi- allergiche (9,8%1), l’osteoporosi (7%2), l’asma e la BPCO
che nelle morbilità e richiede un adeguamento delle ri- (5,9%), il diabete (5,4%), le malattie cardiache (3,7%).
sposte assistenziali, sia sul piano clinico che su quello Anche diversi studi a livello regionale3 confermano che la
organizzativo-gestionale. La tendenza epidemiologica prevalenza delle malattie croniche supera un terzo della
più marcata nei paesi occidentali ed europei è, molto popolazione complessiva. Questa quota è inevitabilmente
probabilmente, l’aumento della prevalenza delle malattie
è destinata a crescere, con inevitabili impatti sulla qualità
croniche (Boerma, 2006; Calnan et al., 2006).
della vita della popolazione.
Il nostro Paese presenta entrambe le dinamiche in maniera
molto marcata. Secondo l’ISTAT, l’indice di vecchiaia (rap-
porto tra popolazione oltre i 65 anni e sotto i 14 anni) è Il contributo sintetizza e aggiorna la ricerca pubblicata nel Rapporto
1

aumentato dal 124,1 al 147,2 tra 1999 e il 2012, con la OASI 2012 – capitolo 9, realizzata dagli autori e dai ricercatori
prospettiva di raggiungere valori attorno al 255 nel 2050. CERGAS Bocconi Clara Carbone, Eleonora Corsalini. Gli autori au-
torizzano la pubblicazione del contributo, che è frutto di un lavoro
In base ai dati dell’indagine multiscopo 2013, il 37,9%
congiunto relativamente a tutti i paragrafi. Eventuale corrispondenza
dei residenti in Italia soffre di almeno una malattia cronica; relativa ad entrambi gli autori può essere inviata c/o Cergas – Uni-
la prevalenza, naturalmente, aumenta di pari passo con versità Bocconi, Via Roentgen 1, 20136 Milano.
l’età. Nella fascia tra i 25 e i 34, anni il 15,7% degli
La
stesura del capitolo OASI 2012, relativamente ai paragrafi qui ri-
presi e aggiornati, è stata possibile grazie al contributo e alla dispo-
italiani soffre di almeno una malattia cronica; tale percen- nibilità di: C. Lucchina, F. Laurelli, C. Zocchetti, M. Agnello (Regione
tuale raggiunge l’86,4% tra gli ultra-settantacinquenni, con Lombardia); A. Brambilla e A. Donatini (Regione Emilia Romagna).
una marcata differenza di genere (82,8% per gli uomini e 2
Dato 2011.
88,6% per le donne) (Tabella IX.1). Scorrendo i dati di pre- 3
Dato 2011.
318 Le cure intermedie N. 201

Questo quadro epidemiologico determinerà inevitabil- zioni anche al di fuori delle strutture ospedaliere; iii) alle
mente un aumento dei costi legati alla cura delle malattie caratteristiche del bisogno di salute dei malati, fra i quali
croniche, la cui stima è importante per disegnare e imple- emergono sempre più spesso situazioni di fragilità che
mentare forme organizzative costo-efficaci e massimizza- richiedono le cure domiciliari.
re l’allocazione delle risorse (Woo e Cockram, 2000). In sintesi, è evidente che la risposta efficace alla cronici-
Uno studio di Fondazione Farmafactoring (Borgonovi et tà è possibile grazie a una riorganizzazione delle cure
al., 2011), che utilizza i principali dati di spesa sani- territoriali, e in particolare delle cure primarie, che tenga
taria territoriale (farmaci e prestazioni di specialistica in considerazione la necessità di raccordo con l’universo
ambulatoriale prescritti dal medico di medicina generale ospedaliero. Tutto ciò implica, da un lato, il moltiplicar-
[MMG]) forniti dalla Società italiana di medicina genera- si delle modalità e degli attori coinvolti nell’assistenza;
le (SIMG), evidenzia come a fronte di una spesa media dall’altro, l’esigenza di coordinamento fra questi soggetti
pro-capite annuale di circa 278 euro, i pazienti cronici si a partire da idonei strumenti organizzativi e tecnologici.
collochino a livelli molto più elevati (un paziente iperteso Su impulso degli ultimi Piani sanitari nazionali, in par-
registra consumi sanitari per un ammontare medio di 626 ticolare il PSN 2006-20085, anche nelle diverse regio-
euro, un diabetico di 846 euro, uno scompensato di ben ni italiane, si è iniziato a ragionare su policy specifiche
980 euro). Una ricerca condotta da Regione Lombardia dirette a rafforzare l’efficacia della presa in carico del
nel 2009 rafforza questi dati: la spesa pro-capite dei cro- paziente cronico. Il seguito del contributo si focalizza su
nici è circa quattro volte quella dei non-cronici (Agnello due modelli regionali diretti a rafforzare l’integrazione
et al., 2011). È quindi evidente come il controllo della del processo di cura, con particolare riferimento all’area
spesa indotta dalla cronicità sia un fattore essenziale per della cronicità, avviati in due Regioni molto rilevanti nel
mantenere l’equilibrio economico-finanziario del servizio contesto demografico ed economico del Paese: Lombar-
sanitario regionale. dia ed Emilia-Romagna. Queste ultime, contraddistinte da
Rispondere a questa emergenza economico-sociale non differenti orientamenti politico-istituzionali dichiarati, sono
richiede solo attenzione e risorse da parte dei policy- considerate all’avanguardia nel campo delle politiche sa-
maker. La corretta gestione del paziente cronico implica nitarie socio-sanitarie (Calò et al., 2013).
anche un’inversione di tendenza culturale. La storia della
medicina del XX secolo è, infatti, caratterizzata da una
Obiettivi e metodologia del contributo
progressiva e determinante specializzazione della pra-
Il lavoro intende rispondere alle seguenti domande di ri-
tica medica, mentre il paziente cronico, frequentemente
cerca:
affetto da comorbilità, necessita di un approccio integra-
• nelle due regioni oggetto di analisi, come si stanno
to e multidisciplinare nella diagnosi e cura. A partire da
configurando o si sono configurati i nuovi modelli di
tali condizioni, è naturale che la tematica della risposta
servizi sanitari territoriali, con un particolare riferimen-
alla cronicità si sia sviluppata in relazione a quella di
to alla presa in carico della cronicità?
continuità e integrazione della cura4 (Freeman, 1985) tra-
• è possibile identificare i caratteri che accomunano e
sversalmente ai differenti ambiti di assistenza. La struttura
ospedaliera rimane la sede più adatta per la diagnosi e che differenziano i due modelli?
la cura degli episodi acuti della malattia; le altre presta-
zioni sanitarie e socio-sanitarie (esami di routine, sommi- In particolare, il contributo approfondisce, da una parte,
nistrazione farmaci, cura della persona, ecc.) sono più il sistema sperimentale dei CReG (Chronic Related Group)
appropriatamente erogate sul territorio, ivi compreso il della Lombardia (par. 3), e dall’altra, la realtà dei Nuclei
domicilio del paziente. Ciò è dovuto (Compagni, Tediosi
e Tozzi, 2010): i) al medio- basso livello di specializza-
5
Per “integrazione” (qui intesa come sinonimo di continuità delle cure
zione e di intensità assistenziale richiesto per gran parte e non come livello di interscambio informativo tra professionisti) il rife-
delle terapie routinarie; ii) al fattore tecnologico, che ren- rimento è alle tre accezioni ricordate da Haggerty et al., (2003). Tale
de possibile l’erogazione di una vasta gamma di presta- ricerca definisce la continuità come: 1) Informational continuity, cioè
utilizzo di informazioni relative alla storia clinica di un paziente per
selezionare le opzioni più appropriate circa il suo percorso di cura;
2) Management continuity, vale a dire attenzione e presa in carico
4
Ci si riferisca, ad esempio, al “Progetto Nocchiero” dell’ARS Liguria dei bisogni di salute spesso in costante cambiamento di un paziente;
oppure alla rielaborazione dei dati da Banca Dati Assistito in Regione 3) Relational Continuity, definita come la relazione personale iterativa
Lombardia, di cui si dirà in seguito. tra un paziente e uno o più professionisti.
N. 201 Le cure intermedie 319

di cure primarie e delle Case della salute dell’Emilia-Ro- Il soggetto gestore, a fronte della corresponsione di una
magna (par. 4). La ricerca intende: quota predefinita di risorse, deve garantire in continuità
• indagare sinteticamente le caratteristiche dei due mo- tutti i servizi extraospedalieri (ambulatoriale, farmaceu-
delli assistenziali, in termini di: i) riferimenti normativi tica, ospedalizzazione domiciliare, ecc.) necessari per
e assetto generale del modello; ii) attori coinvolti, ruoli una buona gestione clinico-organizzativa delle patologie
e relative relazioni; iii) stato dell’arte del modello; croniche riconducibili ai CReG 7.
• interpretare e confrontare le logiche sottostanti ai due A ciascun raggruppamento isorisorse per patologia che
sistemi, cercando di delinearne gli elementi caratte- costituisce un CReG è associata una tariffa8 (Agnello et
rizzanti e gli eventuali punti di forza e di debolezza. al., 2011). La Regione, a partire dalle serie storiche dei
consumi per le patologie incluse nei CReG, ha determina-
Dal punto di vista metodologico, il lavoro di ricerca ha to le tariffe di remunerazione del soggetto gestore, così
previsto un’analisi della documentazione grigia sul tema responsabilizzato sui livelli di consumo sanitario dei pro-
dell’organizzazione delle cure territoriali per la cronicità pri assistiti. Oltre ai criteri remunerativi, sono stati previsti
(delibere regionali/regolamenti regionali e documenta- altri due strumenti di governo clinico, che la disciplina re-
zione aziendale di recepimento degli indirizzi regionali) gionale definisce “Pilastri tecnologici” assieme alle tariffe:
e l’effettuazione di quattro interviste semi-strutturate e a tre un sistema informativo regionale in grado di individuare i
interviste di gruppo con referenti istituzionali regionali. Per soggetti cronici e monitorarne le fasi evolutive9;
ulteriori dettagli metodologici (ad esempio, griglia delle in- processi/percorsi10 diagnostico terapeutici (PDT) volti a
terviste semi-strutturate ai referenti regionali, che vengono identificare gli appropriati fabbisogni di cura per ciascu-
qui omessi per ragioni di spazio, si rinvia all’apposita se- na patologia. Essi devono costituire la base per la compi-
zione (paragrafo 9.2) del Capitolo 9 del Rapporto OASI lazione dei piani terapeutici individuali.
2012.
Coerentemente con i “Pilastri tecnologici”, la Regione ha
Lombardia stilato un programma di progressiva implementazione del
Presupposti normativi e assetto generale del modello nuovo sistema: la c.d. “Piattaforma organizzativa”. Dal
regionale 2011 ai primi mesi del 2014, la sperimentazione ha in-
Attraverso le regole 2011 per la gestione del SSR6, la Re- teressato 5 ASL: Milano (ex ASL “Milano Città”), Milano
gione Lombardia ha introdotto uno strumento “funziona- 2, Como, Lecco, Bergamo. I gruppi di patologie croni-
le” di raccordo tra i soggetti coinvolti nella presa in carico che per cui è stata determinata una tariffa CReG sono
del paziente cronico, trasversalmente ai livelli assistenzia- molteplici: il diabete, le insufficienze renali, le ipercole-
li: il sistema basato sui CReG (Chronic Related Group). Si sterolemie, le asme/BPCO, i più diffusi disturbi cardiaci
tratta di un modello basato sulla definizione di raggrup-
pamenti isorisorse di patologie croniche, in analogia con
il noto sistema DRG (Diagnosis Related Group) utilizzato 7
DGR IX/937 del 01/12/2010, poi integrata dalla DGR IX/1479/11.
Tali provvedimenti, dove non diversamente indicato, costituiscono la fon-
per i ricoveri ospedalieri. Dal punto di vista organizzativo,
te ufficiale delle informazioni contenute nel paragrafo dedicato ai CReG.
la novità è rappresentata dall’introduzione di un soggetto 8
Si segnala, inoltre, che in aggiunta ai CReG, la Regione Lombardia
“garante della presa in carico”, definito anche “gestore ha introdotto i posti letto tecnici per le cure sub-acute al fine di utiliz-
del CReG”. Secondo la normativa regionale tale soggetto zare in maniera appropriata ed efficiente i posti letto ospedalieri e le
risorse territoriali per l’area delle post-acuzie. Per un maggior appro-
può essere una cooperativa di MMG, una ONLUS, una
fondimento si rimanda ai provvedimenti regionali approvati nel corso
Fondazione, un’AO, un privato accreditato. I MMG go- del 2010 e del 2011 (DGR IX/937 del 01/12/2010, allegato 14;
dono comunque di un “diritto di prelazione” come gestori DGR IX/1479 del 30/03/2011).
unici e, di fatto, a oggi l’affidamento dei pazienti è stato 9
La disciplina regionale chiarisce che la tariffa CReG comprende la
compilazione dei Piani Terapeutici Individuali di cura, il debito infor-
riservato a questa categoria di professionisti.
mativo e il rilascio dell’esenzione, la spesa ambulatoriale, la fornitura
di farmaci, l’ossigeno e la protesica minore a domicilio, il follow-up e
l’eventuale trasporto dializzati, di tutti i consumi territoriali dell’assisti-
6
Il PSN 2006-2008 afferma che le priorità d’intervento nei diversi SSR to, anche quelli non direttamente correlati alla patologia per la quale
“discendono dai problemi di salute del Paese, con particolare riferi- è reclutato (ad esempio, l’assunzione di farmaci per un’influenza).
mento al consolidarsi di elementi di cronicità, all’aumentata capacità 10
In Regione Lombardia e in ogni ASL lombarda, tale sistema è costitui-
del sistema sanitario di garantire il prolungamento della vita anche in to dalla Banca dati assistito (BDA), che raccoglie i consumi sanitari di
fase di post-acuzie”. ogni cittadino in ogni ambito di cura.
320 Le cure intermedie N. 201

(dall’ipertensione allo scompenso, ad altre cardiopatie). delle strumentazioni (ove necessario); triage clinico e
Alle tariffe delle malattie croniche “principali” sono stati tecnico; servizio di compliance farmacologica; pro-
abbinati degli incrementi in caso di comorbilità, che co- grammi di formazione; sistema informativo con gestio-
prono un ventaglio patologico complessivamente pari a ne degli allarmi;
157 casi (DDG Sanità 4383/11). • conclusione di protocolli di intesa con altri soggetti
coinvolti nell’assistenza al malato cronico (a partire
Attori coinvolti: ruoli e relazioni. dai medici specialisti, dai medici di continuità assisten-
Meccanismi operativi (fase sperimentale) ziale e dalle strutture dell’Emergenza-urgenza);
Come già anticipato, il modello CReG prevede l’introdu- • esistenza di un sistema di valutazione della qualità del
zione di un soggetto gestore (DGR IX/1479/11) che ha sevizio, basato sia su indicatori di processo/risultato che
innanzitutto il compito di coordinare tutti i soggetti coin- su strumenti di customer satisfaction (servizio reclami).
volti nell’assistenza al paziente cronico, assicurando la Tali requisiti vincolano i soggetti che si propongono come
continuità delle cure trasversalmente ai tre livelli essen- gestori del CReG a munirsi di una struttura organizzati-
ziali di assistenza (prevenzione, assistenza territoriale va piuttosto complessa e di una dotazione tecnologica
e assistenza ospedaliera). In particolare, il soggetto ge- rilevante. Per esercitare il diritto di prelazione a loro ri-
store deve prendere in carico il paziente nel corso della conosciuto, i MMG devono presumibilmente rivolgersi a
malattia, occupandosi del reclutamento dei pazienti su società di servizi, che possono concretamente occuparsi
base territoriale11, del follow-up e del monitoraggio del- di tutta una serie di attività gestionali (call center e pre-
le condizioni del malato secondo quanto prescritto dal notazione delle prestazioni; utilizzo sistemi informatici;
PDTA. Deve quindi mantenere i contatti tra il paziente e installazione, utilizzo e manutenzione di apparecchiature
le strutture di erogazione. Il gestore, infine, assicura una per la telemedicina – home care, formazione, triage cli-
serie di servizi amministrativi (ad esempio, le pratiche per nico e tecnico, sistemi d’allarme; consegna a domicilio
il rilascio dell’esenzione per patologia) con l’obiettivo di di farmaci e ausili; trasporto; espletamento delle pratiche
semplificare la gestione quotidiana della malattia. Per burocratiche e amministrative, ecc.). Le società di servizi,
svolgere tutti questi compiti, il soggetto coordinatore (ge- anche se non previste esplicitamente dalla disciplina re-
store) deve disporre di un vero e proprio “Centro servizi” gionale, si apprestano quindi a rivestire un ruolo rilevante
che deve rispettare precisi requisiti organizzativi e funzio- (in partnership con i soggetti gestori del CReG). La loro
nali, tra i quali riportiamo i principali: forza contrattuale e il loro spazio strategico sarà inversa-
• apertura dalle 8 alle 20 per 365 giorni l’anno, con mente proporzionale alle capacità manageriali dei sog-
la presenza di personale tecnico-sanitario che riceva getti gestori.
aggiornamenti professionali annuali certificati; Il soggetto gestore del CReG è conclude un contratto con
• organizzazione basata su un case manager12 per l’ASL di riferimento, instaurando un rapporto di committen-
ogni paziente cronico, con la supervisione di un medi- za. I contenuti dei contratti tra ASL e gestore riguardano: i)
co coordinatore; aspetti amministrativi come le modalità di pagamento e di
• attivazione di un EPR (electronic patient record) co- trasmissione delle informazioni; ii) forme di coinvolgimento
stantemente aggiornato con riferimento alle prestazio- e d’integrazione tra i MMG e gli specialisti dell’area ospe-
ni sanitarie incluse nel PDT/profilo di cura. L’EPR do- daliera; iii) forme di presa in carico del paziente (ad esem-
vrà essere integrato con il SISS di Regione Lombardia; pio, elenco degli assistiti, valutazione iniziale dei bisogni
• garanzia di specifici servizi: installazione a domicilio attesi per paziente, ecc.). Il contratto stipulato con la ASL
deve, inoltre, contenere meccanismi di premialità o pena-
lizzazione in base ai livelli qualitativi del servizio misurati
11
La terminologia utilizzata dalla Regione su questo punto non è sempre attraverso indicatori di processo e di risultato.
univoca. Mentre la DGR IX/937/10 accenna a “processi di cura” Da un punto di vista finanziario, il gestore ottiene dal-
come indicazioni diagnostico terapeutiche di massima propedeutiche
al piano assistenziale vero e proprio, la DGR IX/1479/11 si riferisce la ASL una remunerazione annuale (sebbene liquidata a
direttamente ai percorsi diagnostico terapeutici, che rappresentano scadenze infra-annuali) pari al valore complessivo delle
azioni monitoraggio e cura per il governo clinico della patologia. tariffe CReG dei propri assistiti, diminuito dei loro consu-
12
Nello specifico, ciascun MMG riceve dal livello regionale e, quindi, mi di servizi extraospedalieri presso erogatori/farmacie
dalla ASL la lista dei pazienti cronici e a partire da questo elenco
ciascun medico, se aderente alla cooperativa del soggetto gestore, (Fig. 1). È, quindi, il soggetto gestore che con questa re-
provvede all’arruolamento del singolo paziente. munerazione deve provvedere all’eventuale pagamento
N. 201 Le cure intermedie 321

Figura 1. Relazione finanziaria ASL -Gestore del CReG Figura 2. Ruolo e interazioni tra i soggetti chia-
(fase sperimentale) (Fonte: Adattato da Agnello et al., ve del sistema CreG (Fonti: DDGR IX/937/10 e
2011). IX/1479/11; Agnello et al., 2011).

dei servizi erogati dalla società di servizi a cui il gestore riguarda la funzione di acquisto delle prestazioni, le ASL
del CReG si appoggia. Dato questo innovativo meccani- mantengono le loro tradizionali funzioni di committenza e
smo finanziario, esistono diverse leve con cui il gestore governo dei servizi erogati dai soggetti accreditati.
del CReG può cercare il margine economico. Le principa- I MMG devono innanzitutto scegliere se proporsi come
li sono: la riduzione dei consumi impropri dei pazienti e soggetti gestori dei CReG, oppure restare ancorati al ruolo
quindi la diminuzione della variabilità di consumi tra pa- tradizionale. La disciplina regionale chiarisce comunque
zienti; l’ottenimento di premialità conseguenti ai buoni/ che i MMG mantengono le precedenti responsabilità in
ottimi livelli quali-quantitativi del servizio come nel caso relazione ai propri assistiti e le relative quote capitarie. I
dell’installazione di servizi di telemedicina; l’aumento medici conservano quindi il ruolo di prescrittori anche per
dell’efficienza nell’impiego dei propri fattori produttivi per i pazienti che sono presi in carico da un gestore “terzo”.
lo svolgimento dei servizi svolti in house, ecc. Inoltre, si ritiene che diverse cooperative di MMG abbia-
Oltre al MMG gestore del CReG e alla società di servizi, no o possano sviluppare internamente le capacità mana-
molti altri attori interagiscono all’interno del sistema dei geriali per gestire direttamente almeno i servizi a minore
CReG, alcuni mantenendo le loro tradizionali funzioni, altri complessità tecnologica (ad esempio, call center e servizio
modificandole in maniera piuttosto radicale (Fig. 2). prenotazioni). In tal caso, il gestore – MMG dovrebbe man-
La Regione mantiene il proprio ruolo di regolatore del tenere una sostanziale indipendenza e forza contrattuale
sistema. Saranno le autorità regionali a decidere se met- nei confronti delle società di servizi, che rivestirebbero il
tere a regime, rivedere alcuni aspetti organizzativi o fi- ruolo di semplice “fornitore di tecnologia”. Tra i servizi a
nanziari o addirittura abbandonare la sperimentazione maggiore valore aggiunto, per cui le cooperative di medi-
dei CReG. Inoltre, la Regione continua a negoziare con ci devono di norma rivolgersi all’esterno, la telemedicina
gli erogatori di assistenza specialistica i valori economi- (teleconsulto, homecare e formazione) riveste naturalmente
ci delle prestazioni sanitarie da erogare (ambulatoriali un’importanza crescente. Essa rappresenta, infatti, la prin-
e ospedaliere), anche per i pazienti cronici coinvolti nel cipale novità organizzativa del modello e un’opportunità
sistema dei CReG. per gestire pazienti assistiti a domicilio, caratterizzati da
Le ASL, attraverso un rafforzamento dei distretti, devono necessità assistenziali a intensità medio-bassa.
sviluppare e affinare le proprie capacità di controllo, foca- Gli erogatori pubblici e privati accreditati mantengono
lizzandosi sulla presa in carico del paziente oltre che sui le loro funzioni tradizionali, dovendosi però coordina-
volumi di prestazioni erogate. In tal senso, il monitorag- re maggiormente con il soggetto gestore. Quest’ultimo,
gio dovrebbe focalizzarsi su aspetti di outcome di salute infatti, è in grado di orientare le scelte dei pazienti. In
e di qualità del servizio offerto dal gestore. Per quanto questo quadro non è esclusa la possibilità che il gestore
322 Le cure intermedie N. 201

Tabella I. MMG e pazienti coinvolti nella sperimentazione dei CReG a novembre 2013 (Fonte: Zocchetti, 2013).

ASL MMG totali MMG coinvolti1 Pazienti Pazienti coinvolti3


eleggibili2
Milano 1.093 51 (4,7%) 12.232 6.730 (55%)
Milano 2 379 41 (10,9%) 10.433 5.857 (56,1%)
Bergamo 679 206 (30,3%) 43.093 21.845 (50,7%)
Como 370 103 (27,8%) 23.697 17.805 (75,1%)
Lecco 213 75 (35,2%) 18.114 11.921 (65,8%)
Totale 2.734 476 (17,4%) 107.569 64.158 (59,6%)
1
 Numero totale di professionisti aderenti al CReG. Tra parentesi, la percentuale di MMG aderenti sul totale dei medici operanti nella ASL.
2
 Numero di pazienti dei MMG coinvolti che rientrano nei requisiti dei CReG.
3
 Pazienti effettivamente presi in carico. La percentuale indica l’incidenza sui pazienti eleggibili.

del CReG si accordi con gli erogatori pubblici e privati 2011, hanno emanato di primi bandi per l’«affidamento
accreditati per riservare ai propri pazienti quote di pre- del servizio sperimentale di gestione del CReG», riservati,
stazioni e corsie preferenziali, ricercando così un equi- «in prima pubblicazione» a MMG in forma singola o as-
librio tra libertà di scelta ed efficienza nell’erogazione sociata. La normativa regionale non obbliga, infatti, l’ASL
della cura. La direzione regionale non esclude (e in alcuni a definire delle linee guida aziendali, ma ciascun distretto
casi, considera con favore) la possibilità che un erogatore si può organizzare in base alle iniziative imprenditoriali
si proponga come gestore di CReG, facendo leva sulla locali (delle cooperative dei MMG o delle società di ser-
dotazione organizzativa e tecnologica (ad esempio, call vizi). È verosimile che i diversi territori compiano scelte
center e strumentazioni per la telemedicina già disponibi- differenti, in funzione delle loro caratterizzazioni storiche,
li) oppure sul know-how clinico specialistico (ad esempio, delle competenze e forze politico-istituzionali dei diversi
centri per patologia interni alle strutture ospedaliere). attori in campo. Oppure, i diversi modelli locali potreb-
La Figura 2 rappresenta graficamente le relazioni tra i bero evolvere nel tempo, radicalizzarsi oppure ibridarsi.
vari attori coinvolti nel modello. Le diverse relazioni sono Per quanto riguarda il livello aziendale, a Como, Ber-
spiegate dall’esistenza di un rapporto contrattuale: i) tra gamo, Lecco e Milano 2 le cooperative hanno inizia-
le ASL e il soggetto gestore a seguito dell’aggiudicazione to la fase di presa in carico dei pazienti e si attendono
della gara; ii) tra il soggetto gestore e l’eventuale Società tuttora comunicazioni ufficiali sui primi outcome clinici e
di servizi nel caso di un contratto di fornitura; iii) tra le gestionali. Nella ASL di Milano, invece, la Direzione ha
ASL e gli erogatori pubblici o privati accreditati per l’ac- stimolato l’ingresso di altri gestori, emanando in rapida
quisto delle prestazioni ospedaliere da parte dell’azienda successione (agosto 2012 e gennaio 2013) due ban-
sanitaria locale e (iv) tra il soggetto gestore e i pazienti, di per l’affidamento di nuove coorti di pazienti (allegato
poiché quest’ultimo deve autorizzare il soggetto gestore alla Del. 1317 del 06/08/2012 recante il bando ASL a
nell’attività di presa in carico13. scadenza 19/10/2012 e bando ASL Milano a scaden-
za 20/02/13). A Novembre 2013, avevano aderito ai
Stato dell’arte e prospettive del modello CReG il 17,3% dei MMG lombardi operanti nelle ASL del-
Chiarita la configurazione complessiva del sistema CReG, la sperimentazione (Zocchetti, 2013), con marcate diffe-
è interessante capire come questo innovativo modello sia renze territoriali (Tab. I).
entrato nella fase di implementazione. Le cinque aziende La Regione, con la DGR IX/4334/12, ha incoraggiato
coinvolte nella sperimentazione, nella seconda metà del gli accordi tra MMG ed erogatori accreditati (sia pubblici
che privati) per fornire assistenza specialistica ambula-
toriale presso gli studi medici del gestore del CReG. La
13
La normativa regionale non specifica la figura professionale deputata stessa delibera ha esplicitato, per la prima volta, la pos-
al case management del paziente. sibilità di un’integrazione del sistema CReG coni servizi
N. 201 Le cure intermedie 323

ADI e le reti cliniche. La configurazione dell’assetto di stiche geomorfologiche simili, con una popolazione indi-
governance si completerà una volta implementate tutte le cativamente compresa tra i 15.000 e i 30.000 abitanti.
fasi che l’applicazione del modello CReG comporta. Tut- Hanno l’obiettivo di rafforzare la continuità assistenziale
tavia, da un punto di vista operativo, al momento di ste- e l’integrazione delle attività territoriali, di garantire il
sura del contributo, sembrano molte le variabili tecniche governo clinico in relazione agli obiettivi di salute e, in
ancora da determinarsi e che potrebbero influenzare le definitiva, di migliorare la qualità delle cure attraverso
caratterizzazioni dello schema. linee guida, audit clinico e formazione specifica. Come
illustrato più dettagliatamente nel prossimo paragrafo, i
Nuclei sono pensati per coinvolgere e integrare l’operato
Emilia-Romagna
di una vasta platea di figure professionali: MMG, pedia-
Presupposti normativi e assetto generale del modello
tri di libera scelta (PLS), infermieri, ostetriche, specialisti
regionale
territoriali, operatori sociali e socio assistenziali. Il coor-
Il sistema emiliano-romagnolo di servizi territoriali, diretto
dinamento del Nucleo è affidato a un MMG o a un PLS.
ai pazienti cronici e non cronici, è basato su due pilastri:
È evidente che questi ambiziosi obiettivi possono esse-
da una parte, il Nucleo di cure primarie (NCP), “cellula
re più facilmente raggiunti dotando i Nuclei di una sede
organizzativa” che, almeno potenzialmente, comprende
di riferimento strutturale. La DGR 2011/2007, a tal pro-
e integra i principali professionisti dell’assistenza territo-
posito, richiama l’Accordo integrativo regionale con i
riale sanitaria e socio-sanitaria; dall’altra, una sede fisica
MMG del 29 settembre 2006, poi confluito nella DGR
del Nucleo, la Casa della salute (CdS), punto d’accesso
1398/2006. L’accordo prevede un’evoluzione dai Nu-
al sistema socio-sanitario per il cittadino che necessita di
clei funzionali ai Nuclei strutturali, caratterizzati da mag-
prestazioni a bassa intensità di cura e complessità. Il si-
giore identità e visibilità. L’obiettivo è dotare i NCP di una
stema di cure primarie emiliano-romagnolo è strettamente sede di riferimento, tenuto conto delle caratteristiche del
integrato con l’ASL e si innesta direttamente nella struttura territorio, al fine di garantire percorsi condivisi per la con-
organizzativa territoriale di quest’ultima. Il paragrafo ri- tinuità dell’assistenza. Nella stessa sede dovrebbero esse-
prende le fonti normative che inquadrano NCP e CdS nel re assicurati l’accesso per l’assistenza sociale, l’assisten-
complesso delle cure primarie e dei servizi territoriali, fo- za ostetrica e i servizi di base dei Dipartimenti di Sanità
calizzandosi sui presupposti organizzativi, sugli obiettivi pubblica e di Salute mentale e Dipendenze patologiche.
e sui tratti più caratterizzanti di NCP e CdS. Il successivo passaggio normativo fondamentale16 è la
I servizi territoriali dell’Emilia-Romagna trovano le basi DGR 291/2010 (“Casa della salute: indicazioni regio-
della loro attuale configurazione nella L.R. n. 29 del nali per la realizzazione e l’organizzazione funzionale”).
23/12/200414, e nella successiva DGR n.86/200615. Attraverso tale provvedimento, la Regione fornisce alle
Quest’ultima delibera conferma il Distretto come la struttu- Aziende concrete indicazioni sulle caratteristiche struttura-
ra aziendale decentrata di coordinamento e programma- li e sulle modalità di funzionamento delle sedi fisiche del
zione dei servizi territoriali, mentre i Dipartimenti di cure Nucleo, per diffondere un modello omogeneo e ricono-
primarie sono incaricati della produzione sanitaria. Sul scibile. In particolare, gli allegati della DGR 291/2010
territorio, la stessa DGR 86/2006 identifica nel Nucleo stabiliscono che:
di cure primarie l’unità operativa di base del relativo Di- • la Casa della salute si configura come nodo strutturale
partimento. di una rete integrata di servizi, con relazioni cliniche e
Funzioni e ruolo dei NCP sono dettagliati dalla successiva organizzative definite, che mettono in relazione i Nu-
DGR 2011/2007 e dai relativi allegati (“Direttive alle clei di cure primarie (assistenza primaria) con gli altri
Aziende sanitarie per l’adozione dell’Atto aziendale”). I nodi della rete (assistenza specialistica, ospedaliera,
Nuclei servono aree territoriali omogenee, dalle caratteri- sanità pubblica, salute mentale);
• all’atto pratico, le funzioni svolte dalla CdS possono
essere così riassunte: (i) accoglienza e orientamento
14
Il paziente, dopo aver sottoscritto il piano individuale di cura durante ai servizi sanitari, sociosanitari e assistenziali; (ii) as-
la fase di arruolamento, potrebbe teoricamente revocarlo. A quel pun-
sistenza sanitaria per problemi ambulatoriali urgenti;
to potrebbe aderire alla modalità “tradizionale” di assistenza mante-
nendo lo stesso MMG, oppure cambiare medico che, naturalmente,
potrebbe essere legato ad una altro gestore.
15
“Norme generali sull’organizzazione ed il funzionamento del Servi- 16
“Direttiva alle aziende sanitarie per l’adozione dell’atto aziendale, di
zio sanitario regionale”. cui all’art. 3, comma 4 della L.R. n. 29/2004”.
324 Le cure intermedie N. 201

(iii) possibilità di completare i principali percorsi dia- Attori coinvolti: ruoli e relazioni
gnostici che non necessitano di ricorso all’ospedale; Meccanismi operativi
(iv) gestione delle patologie croniche, attraverso l’inte- Il Nucleo di cure primarie, coinvolgendo una molteplicità
grazione dell’assistenza primaria coi servizi speciali- di figure professionali, svolge sia una funzione di ero-
stici presenti; (v) interventi di prevenzione e promozio- gazione diretta di prestazioni, sia di filtro (gatekeeping)
ne della salute; nei confronti delle altre strutture erogatrici di prestazioni
• la CdS ha un assetto organizzativo a geometria (e ospedaliere e ambulatoriali. Inoltre, una terza funzione
complessità) variabile, anche in relazione alle ca- riguarda la sfera della prevenzione e dell’educazione
ratteristiche orogeografiche del territorio e alla den- sanitaria. Di certo, il NCP si trova al centro di una serie
sità della popolazione. Pertanto è opportuno indivi- di relazioni con altri attori istituzionali, principalmente di
duare diverse tipologie (grande, media, piccola). In natura pubblica.
particolare: i) nella versione più semplice, la CdS è Nel modello emiliano, il posizionamento di MMG e PLS
l’“infrastruttura fisica” del NCP, che coordina l’operato rispetto all’Azienda è contraddistinto da completa inte-
di MMG, PLS, ostetriche e assistenti sociali; ii) la CdS grazione e forte responsabilizzazione. Al vertice di ogni
“media” integra il Poliambulatorio e il complesso delle NCP troviamo infatti un coordinatore, scelto da e tra i
attività consultoriali; iii) nella tipologia definita “gran- medici (MMG o PLS) che compongono il Nucleo stesso.
de”, la Casa comprende tutti i diversi servizi territoria- Il coordinatore, da una parte, si interfaccia con il Diparti-
li: cure primarie, salute mentale, sanità pubblica fino mento di cure primarie per determinare le modalità di ero-
ai servizi diurni e residenziali; gazione dei servizi, in coerenza con gli obiettivi azienda-
• l’infermiere ha un ruolo fondamentale nel curare il rac- li; dall’altra, svolge un ruolo interno tra le professionalità
cordo organizzativo e la continuità delle cure trasver- appartenenti al Nucleo. È inoltre responsabile del gover-
salmente ai setting assistenziali, secondo i principi del no clinico e dei relativi strumenti (Percorsi diagnostico-
case management; terapeutici assistenziali).
• la CdS è una struttura che vuole essere dotata di una In merito alla tipologia di rapporto con il personale con-
forte riconoscibilità per i cittadini: essa deve essere venzionato, in Emilia-Romagna l’integrazione dei medici
percepita come un’alternativa accessibile e affidabile nei Nuclei è negoziata, e remunerata, secondo moda-
all’ospedale. lità “tradizionali”, vale a dire tramite Accordi integrati-
vi conclusi a livello regionale (AIR approvato con DGR
Al termine di questa prima analisi, è già evidente che 1117/2011) e locale con le rappresentanze dei pro-
Nuclei di cure primarie e Casa della salute si differen- fessionisti18. Questi ultimi, in aggiunta alla quota capi-
ziano dal precedente modello perché non nascono come taria, ricevono trattamenti accessori legati all’adesione
strumenti esclusivamente diretti a prendere in carico il pa- alle forme associative e agli stessi NCP, alla dotazione
ziente cronico: la logica dello strumento e dei suoi obiet- strutturale dell’ambulatorio, all’accessibilità dello stesso,
tivi prioritari è quella per livello di assistenza. Tuttavia, alla partecipazione a programmi per il governo clinico.
il policy maker regionale è consapevole del fatto che il È poi sempre possibile che le Aziende remunerino i pro-
potenziamento dei servizi territoriali sia fondamentale per fessionisti in base all’implementazione di procedure e al
seguire il paziente nelle fasi ancora lievi della malattia raggiungimento di obiettivi aggiuntivi. Ciò non esclude,
e limitarne gli impatti in termini di qualità della vita. Di naturalmente, forme di responsabilizzazione/invcentivo
conseguenza, la presa in carico del paziente cronico è dei medici nei confronti dell’appropriatezza prescrittiva.
esplicitamente inserita tra le funzioni sia dei NCP (DGR La Figura 3 riassume il modello di finanziamento del siste-
2011/2007) sia della Casa della Salute (DGR 86/2010). ma basato sui NCP-CdS.
Il nesso CdS-cronicità emerge anche dai primi processi di La Regione svolge un ruolo di regolazione del sistema e
valutazione del modello: le Case già attive sono state va- policy making. La maggiore integrazione del personale
lutate secondo tre parametri, tra cui la gestione integrata convenzionato tende, naturalmente, a rendere più imme-
della patologia cronica17.

18
Il riferimento è al documento “La programmazione delle Case della
17
Si segnala, per completezza, il PSSR 2008-2010 che dedica ampio salute in Emilia Romagna – Report 2011, disponibile on line http://
spazio a linee strategiche molto coerenti con la filosofia dei Nuclei di www.saluter.it/documentazione/rapporti/case_della_salute_otto-
cure primarie, come l’integrazione socio-sanitaria. bre2011.pdf/
N. 201 Le cure intermedie 325

diata la trasmissione sul territorio delle politiche sanitarie


regionali (si pensi, ad esempio, all’implementazione dei Figura 3. Meccanismi di finanziamento del sistema
PDTA). Le dinamiche e i benefici dell’integrazione posso- basato su NCP-CdS (Fonte: nostra elaborazione da
DGR 2001/2007 e DGR 291/2010).
no essere irrobustiti dalla condivisione degli stessi sistemi
informativi (Progetto SOLE, infra).
Il posizionamento dell’ASL si ricava facilmente a con-
trario, muovendo dal ruolo dei MMG/PLS. La completa
integrazione del personale convenzionato nei Nuclei, e
quindi nei Dipartimenti, rafforza la funzione sia di com-
mittenza che di produzione diretta. Da una parte, la ASL
facilita il ruolo di programmazione e monitoraggio della
produzione sanitaria tramite il Distretto; dall’altra, a livel-
lo operativo, innesca meccanismi di più stretto coordina-
mento tra il personale dipendente dai propri Dipartimenti
e il personale convenzionato.
I Comuni partecipano alla programmazione delle attività
erogate dai NCP-CdS attraverso i Comitati di Distretto.
Coerentemente, partecipano all’erogazione delle pre-
stazioni a carattere sociale e socio-sanitario mettendo a
tativa, l’assistenza specialistica territoriale, farmaceutica,
disposizione della CdS i propri operatori. L’integrazione
consultoriale, i servizi sociali e socio-sanitari rivolti alle
tra enti locali e ASL rappresenta sicuramente un punto di
fasce deboli (anziani, disabili, adolescenti, famiglie mul-
forza del sistema, che riesce a offrire al cittadino un venta-
tiproblematiche, tossicodipendenti, immigrati). Come già
glio di servizi più ampio, che vada oltre le problematiche
strettamente sociali della patologia. accennato, il NCP costituisce l’unità operativa di base del
Dipartimento di cure primarie; da rilevare come il respon-
Il Distretto coordina e integra le attività sanitarie e socio-
sabile delle Case della salute sia di norma un dirigente
sanitarie svolte dall’azienda, dagli enti locali e dalle or-
medico del Dipartimento cure primarie.
ganizzazioni del Terzo settore, garantendo l’accesso dei
Gli erogatori pubblici e privati accreditati restano sostan-
cittadini ai servizi nella relativa porzione di territorio della
zialmente ai margini del sistema: il processo di accesso
ASL. Dal punto di vista operativo, i distretti: i) partecipano
al processo di allocazione delle risorse, contribuendo alla alle strutture specialistiche resta invariato. Nel modello emi-
definizione dei budget dei dipartimenti, anche ospedalie- liano, il mondo dei servizi territoriali non coinvolge istitu-
ri; ii) monitorano l’adeguatezza della produzione sotto zionalmente gli operatori dell’assistenza ospedaliera.
il profilo quali – quantitativo e dell’appropriatezza, con- La Figura 4 riassume le relazioni tra i principali attori del
tribuendo a valutare l’operato dei dipartimenti stessi; iii) sistema.
favoriscono l’integrazione stabile tra i dipartimenti e gli
altri punti di erogazione di servizi sociali e sanitari; iv) Stato dell’arte del modello
contribuiscono alla gestione del Fondo Regionale per la
NCP e CdS rappresentano due successivi passaggi per
non autosufficienza19.
la piena realizzazione del modello emiliano-romagnolo,
I Dipartimenti 20 sono l’articolazione dell’ASL incaricata
il cui obiettivo è offrire ai cittadini una sede territoriale di
di assicurare al paziente tutta una serie di “linee di servi-
zio”: l’assistenza di medicina generale e pediatrica di li- riferimento per i propri bisogni di salute e di assistenza,
bera scelta, l’assistenza infermieristica, ostetrica e riabili- alla quale rivolgersi in ogni momento della giornata, fa-
cilmente identificabile e con caratteristiche omogenee in
tutto il territorio regionale. Coerentemente con queste fina-
19
Da segnalare anche il programma di co-finanziamento statale per la lità, l’analisi dello stato di implementazione del modello
sperimentazione della Casa della salute, previsto dalla L. 296 del 27
si concentra sulla diffusione e sull’operatività delle Case
dicembre 2006 (Finanziaria 2007). Per il triennio 2007-2008-2009
sono stati stanziati 10 milioni di euro annuali. della salute.
20
Istituito con LR 27/2004 (art.51). A novembre 2013, risultano ben 124 CdS “pianificate”,
326 Le cure intermedie N. 201

notturna e festiva con presenza di attività ambulatoriale.


Figura 4. Ruolo e interazioni tra i soggetti chiave Il servizio ADI è attivato in tutte le sedi.
del sistema NCP-CdS (Fonte: Elaborazione da DGR Con riferimento agli strumenti specificamente attivati per
2001/2007 e DGR 291/2010).
la presa in carico della cronicità, si rileva che:
• in 33 sedi sono stati attivati programmi di gestione
integrata delle malattie croniche (79% del totale). Co-
erentemente con i percorsi proposti più di frequente
in Emilia-Romagna, i programmi interessano principal-
mente il diabete e le patologie psichiatriche minori; in
misura più ridotta, BPCO, scompenso e insufficienza
renale cronica; in 18 CdS, la gestione integrata pre-
vede anche sistemi di monitoraggio attivo del paziente
(ad esempio, recall telefonico, counseling infermieristi-
co ambulatoriale, ecc);
• 34 esperienze (81% del totale) si sono dotate di un
ambulatorio infermieristico per le attività programmate;
• 7 CdS offrono servizi di telediagnosi e teleconsulto;
• 24 sedi (57% del totale) propongono programmi inte-
grati con il Dipartimento di prevenzione (ad esempio,
interventi mirati di educazione sanitaria su particolari
segmenti di popolazione a rischio);
• 29 sedi offrono agli operatori formazione specifica
con 55 sedi già pienamente operative 21. Si nota una no-
per patologia.
tevole concentrazione nell’area vasta “Emilia Nord”, con
le ASL di Parma e Reggio Emilia, che registrano il mag-
gior numero di esperienze in corso (rispettivamente 13 Confronto tra i modelli regionali e considerazioni conclusive
e 8). Dal punto di vista dimensionale, abbiamo 26 CdS La recente attenzione delle Regioni a modelli sistematici
classificate come “piccole”, 17 “medie” e 12 “grandi”. e diffusi di disease management, da correlarsi allo svilup-
Dall’introduzione delle CdS, sono stati investiti 117,15 po di forme associative strutturali dei MMG, rappresenta
milioni di euro, di cui 39,32 provenienti da fondi statali un elemento di novità nelle priorità di agenda dei po-
(ex art. 20 L. 67/88 e finanziamenti specifici per la CdS licy maker sanitari. Il fatto che questo avvenga contem-
ex L. 296/06), 19,05 da finanziamenti regionali, 33,45 poraneamente in Lombardia ed Emilia-Romagna, tra le
da fondi AUSL, i restanti 25,35 da Comuni e privati. regioni storicamente anticipatrici di molti movimenti del
Sotto il profilo dell’organizzazione interna, l’ultima rile- SSN23, delinea un cambio di fase. Da un lato, si è messa
vazione sistematica disponibile (Ottobre 201122) riporta in agenda la necessità di supportare direttamente lo svi-
che nel 90% dei casi la struttura è sotto la responsabilità luppo delle cure primarie evitando di limitarsi al sempli-
di un dirigente medico del Dipartimento di cure primarie. ce contenimento delle attività e dei consumi ospedalieri.
Come è logico immaginare, la Casa sta diventando sede Dall’altro, si propone una nuova segmentazione dell’uten-
fisica per le forme di integrazione tra MMG già esistenti: za, non più principalmente per patologia o per ambiti di
nel 91% dei casi, essa ospita una medicina di gruppo. cura (prevenzione, ospedale, territorio), ma per profilo
Inoltre, 17 strutture (40%) sono sede di guardia medica assistenziale: cronicità, acuzie, non autosufficienza, ecc.
Si registra quindi una tensione comune per sviluppare
modelli di disease management delle patologie croniche.
In Emilia Romagna, l’articolazione aziendale prevede:
21 Dovendo rispondere agli stessi bisogni epidemiologici,
• alcuni Dipartimenti territoriali, tra cui, di norma, il Dipartimento di che nascono in contesti socio- economici comparabili,
cure primarie, di Sanità pubblica (prevenzione), di Salute mentale,
non è sorprendente che le leve operative di cambiamento
delle Attività socio-sanitarie;
• i Dipartimenti ospedalieri all’interno dei Presidi a gestione diretta;
• diversi Dipartimenti con funzione tecnica o amministrativa.
Qui e nel resto del capitolo, il termine individua i Dipartimenti territoriali. 23
http://www.saluter.it/documentazione/rapporti/case_della_salu-
22
http://www.saluter.it/documentazione/rapporti/case_della_salute_2013 te_ottobre2011.pdf/
N. 201 Le cure intermedie 327

manageriale siano simili. Ciò che le differenzia è lo sto- mento troppo graduale, in cui le logiche negoziali e i
rico delle politiche intraprese negli ultimi tredici anni di molteplici attori coinvolti nelle decisioni portano a forme
“federalismo sanitario”, e che, inevitabilmente, influenza di “gattopardismo”: si adottano nuove definizioni e con-
le modalità di attivazione degli strumenti di change ma- tenitori organizzativi, in cui sopravvivono quasi immutati
nagement. Quali sono questi strumenti e quali differenze vecchi ruoli e attività.
si notano nelle due realtà regionali? Un secondo elemento ricorrente riguarda i meccanismi
Un primo elemento, che interessa il piano organizzativo, operativi, che fanno perno in entrambi i casi sulla dif-
è l’integrazione dei professionisti, in primis i MMG, sia fusione e dei PDTA sulla creazione di efficaci sistemi di
in Lombardia che in Emilia-Romagna. L’obiettivo finale è premialità a essi collegati. In Lombardia, non è ancora
quello di stimolare il coordinamento e l’apprendimento chiaramente definito a chi spetti la definizione dei PDTA,
reciproco tra tutte le molteplici figure che prendono in che finora sono stati spesso elaborati congiuntamente da
carica il paziente cronico o fragile. In Lombardia, però, MMG e società di servizi e poi approvati dalle ASL. Sul
i legami intra-professionali e interprofessionali sono sto- piano dei meccanismi di remunerazione, la Regione ha
ricamente più deboli. La regione, quindi, ha promosso definito metriche molto chiare, che, attraverso i meccani-
una soluzione “d’urto” per accelerare rapidamente l’inte- smi tariffari, spostano una quota di rischio sul professio-
grazione funzionale, in cui le cooperative di MMG, più nista (anche se esso è in buona parte “cedibile” dietro
che personale convenzionato, sono concettualmente con- corrispettivo, alle società di servizio). Sul piano della so-
siderate privati accreditati, selezionati attraverso gare a stenibilità, il CReG, che quantifica in termini monetari lo
evidenza pubblica. Un simile cambiamento di paradigma standard di risorse necessarie per l’assistenza, è un ottimo
è forse l’unica strategia in grado di ottenere i cambia- sistema di controllo della spesa. Finora, comunque, che i
menti desiderati in tempi brevi; il rischio che la Regione primi risultati reddituali mostrano una buona marginalità
deve fronteggiare è quello di uno scontro frontale con i a favore dei gestori del CReG e dei loro partner (Zocchet-
professionisti, che vedono nel nuovo modello troppe diffi- ti, 2013). L’Emilia-Romagna mantiene modelli di governo
coltà e incognite. Le competenze di public management e clinico e di remunerazione ben più tradizionali. Esiste un
l’integrazione multi professionale, troppo complesse per set di PDTA diffusi in tutta la regione, ma ogni AUSL ha
essere recuperate in tempi brevi, sono sostituite dall’in- poi interpretato autonomamente su quali concentrare le
gresso di nuovi attori, legati ai gestori del CReG attra- azioni di governo. Negli ultimi anni, sono stati introdotti
verso meccanismi di mercato. Per i servizi amministrativi più sistematici strumenti di monitoraggio, incentivazione
e alcune attività di monitoraggio del paziente, le coope- e controllo degli effettivi tassi di reclutamento dei pazienti
rative di MMG possono avvalersi delle società di servi- nei PDTA e della loro compliance: si consideri, ad esem-
zi; l’energia imprenditoriale di questi soggetti dovrebbe pio, l’ampia raccolta dati che confluisce nei “Profili di
agire come volano per l’innovazione. L’area specialisti- Nucleo di cure primarie”. Allo stesso modo, sul piano
ca ambulatoriale, che passando sotto la gestione delle dei meccanismi di remunerazione, è chiaro lo sforzo per
Aziende ospedaliere ha perso molti collegamenti con le introdurre trattamenti accessori più strettamente ancorati
cure primarie, trova un’opportunità di riconnessione at- alle performance dei MMG in termini di reclutamento e
traverso gli accordi tra le strutture accreditate e i gestori aderenza alla terapia. Restano però margini di migliora-
del CReG. All’opposto, l’Emilia-Romagna ha storicamente mento; probabilmente, si tratta di un sistema con troppi
investito molto nello sviluppo delle forme associative dei livelli negoziali per implementare in maniera efficiente e
MMG; ha insistito nel proporre forme di lavoro congiun- trasparente gli indirizzi aziendali.
to con le altre professionalità mediche, infermieristiche e Un terzo elemento riguarda l’ampliamento dell’offerta dei
dell’assistenza alla persona, funzionalmente dipendenti servizi territoriali per la cronicità, con un particolare focus
dalle AUSL o dai Comuni. Di conseguenza, il modello sull’accessibilità. Per esemplificare, sia in Lombardia che in
tende a rimanere nel perimetro pubblico, cercando di at- Emilia-Romagna aumentano le ore di apertura degli ambu-
tivare meccanismi organizzativi centripeti, anche “fisici”, latori dei MMG, e allo stesso tempo, si sperimentano forme
di tipo strutturale, potenzialmente capaci di riavvicinare anche sofisticate di telemedicina e tele monitoraggio. Si
alla cultura e ai processi organizzativi della AUSL anche tratta di una partita che, in Lombardia, è stata esplicitamen-
i professionisti convenzionati. L’innovazione è di tipo in- te affidata al gestore del CReG e, a cascata, alla società di
crementale, perché interessa percorsi ormai intrapresi da servizi per quanto riguarda l’aspetto di innovazione tecno-
tempo. In questo caso, il rischio è quello di un cambia- logica. In Emilia-Romagna si è preferito ancora una volta
328 Le cure intermedie N. 201

rimanere nel perimetro pubblico. Le AUSL, in diversi casi, the interface. In: Saltman RB, Rico A, Boerma WGW, eds. Primary
hanno volto a loro favore la sovra dotazione strutturale (nel Care in the driver’s seat? New York: Open University Press 2006.
2012, 3,7 posti letto per 1.000 abitanti contro uno stan- Carbone C, Corsalini E, Longo F, et al. Scenari per lo sviluppo
dard nazionale di 3), utilizzando per le CdS spazi e servi- dei servizi territoriali: confronto tra modelli regionali di presa in
zi in precedenza a disposizione delle strutture ospedaliere carico della cronicità. In: Cantù E, a cura di. L’aziendalizzazione
dismesse; hanno spesso coinvolto attivamente le comunità della Sanità in Italia. Rapporto OASI 2012, Milano: Egea 2012.
locali e i comuni nella fase di progettazione, investimento, Compagni A, Tediosi F, Tozzi VD. L’integrazione tra ospedale
organizzazione dei servizi e comunicazione. e territorio nelle aziende sanitarie. In: Cantù E, a cura di. L’a-
È sterile discutere su quale modello sia migliore o più in- ziendalizzazione della Sanità in Italia. Rapporto OASI 2010.
novativo; piuttosto, è rilevante capire se le soluzioni pro- Milano: Egea 2010.
poste, e le narrative che le sorreggono, sono coerenti con
Calò F, Fosti G, Longo F, et al. Sistemi sociali e socio-sanitari a con-
i sistemi in essere e i loro fabbisogni di cambiamento. La
fronto: convergenze e divergenze tra i modelli regionali di Emilia-
Lombardia ha storicamente delle cure primarie più debo- Romagna e Lombardia. In: Cantù E, a cura di. L’aziendalizzazione
li rispetto alla solidità del suo sistema ospedaliero, così della Sanità in Italia. Rapporto OASI 2013. Milano: Egea 2013.
come nelle sue ASL sono difficilmente rintracciabili alti po-
Francesconi P. Sanità d’iniziativa, malattie croniche e disegua-
tenziali manageriali per lo sviluppo delle cure primarie.
glianze nella salute. Atti del workshop Diseguaglianze nella
Pertanto, è stata adottata una innovazione radicale che
salute e programmazione sanitaria. Firenze, settembre 2011.
fa perno, in buona parte, sulle energie imprenditoriali di
soggetti esterni alle ASL, come le cooperative di MMG più Francesconi P, Barletta V. L’implementazione del Chronic Care
proattive o le società di servizio. Questo risulta coerente Model in Toscana. Toscana Medica 1/12, pp. 33-35.
con una regione che ha fatto una delle sue scelte quali- Freeman G. Priority given by doctors to continuity of care. J R
ficanti nella valorizzazione del privato, regolamentato e Coll Gen Pract 1985;5:423-6.
incentivato attraverso una committenza prevalentemente
Haggerty JL, Reid RJ, Freeman GK, et al. Continuity of care: a
accentrata a livello regionale. D’altra parte, l’Emilia-Ro- multidisciplinary review. Br Med J 2003;327:1219-21.
magna non poteva che puntare sull’enorme investimento
degli ultimi anni nello strutturare l’associazionismo dei ISTAT (2011). Annuario Statistico Italiano 2011. Disponibile on line
http://www3.istat.it/dati/catalogo/20111216_00/PDF/cap3.pdf.
MMG, proponendone un ulteriore salto in avanti con le
Case della salute. Ha aggiunto alle capacità manageriali Regione Emilia-Romagna 2011. La programmazione delle Case
disponibili nelle AUSL una maggiore attenzione ai PDTA della salute in Emilia-Romagna – Report 2011. Disponibile on
e al loro monitoraggio. In sintesi, siamo davanti a due line http://www.saluter.it/documentazione/rapporti/case_del-
soluzioni, operativamente non così dissimili, ma con gran- la_salute_ottobre2011.pdf
di differenze nelle sottolineature, nelle soluzioni di gover- Regione Emilia-Romagna 2011. Le Case della salute in Emilia-Ro-
nance e nella narrativa proposta; tutte sono coerenti con magna – Report conclusivo 2013. Disponibile on line http://www.
il resto del sistema sanitario regionale e con l’impronta di saluter.it/documentazione/rapporti/case_della_salute_2013
policy che le caratterizza. Renders, CG, Valk S, Griffin E, et al. Interventions to Improve
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N. 201 Le cure intermedie 329

Gli interventi
nel settore geriatrico
Stefano Boffelli1 2, Renzo Rozzini1 2, Marco Trabucchi2 3

Istituto Poliambulanza

Gruppo di Ricerca geriatrica di Brescia

Dipartimento di medicina dei sistemi, Università di Roma Tor Vergata

Abstract
Nei Paesi occidentali la degenza media dei ricoveri ospedalieri si è ridotta in modo significativo negli ultimi 30 anni: negli
USA è scesa dai 7,6 giorni del 1981, ai 5,6 degli anni 2000 (Avalere, 2006). Una serie di fattori ha contribuito a tale
risultato: una più rapida organizzazione per la diagnostica, la pubblicazione e la diffusione delle linee guida terapeutiche
che hanno migliorato la qualità dell’assistenza e quindi il raggiungimento di end point rilevanti per la salute, nonché la riorga-
nizzazione territoriale per la dimissione protetta al domicilio. Di fatto, nonostante tali miglioramenti, il numero delle persone
che vengono ricoverate ogni anno tende a crescere in modo progressivo, soprattutto per l’aumento del numero degli anziani
affetti da malattie croniche, caratterizzate da instabilità clinica e frequenti riacutizzazioni (Clarfield, 2001).
La maggior parte delle persone che vengono ospedalizzate è rappresentato infatti da anziani affetti da multimorbidità e disa-
bilità, che sono il frutto del progresso della medicina e delle sue ambiguità: sopravvissuti ai fenomeni acuti, ma privi di un’assi-
stenza adeguata per gli anni di vita guadagnati (Trabucchi, 2011). Di conseguenza, molte persone sperimentano il fenomeno
delle revolving doors cioè il continuo passaggio tra ospedale e domicilio, secondario sia alla tendenza dell’ospedale per acuti
a dimettere precocemente il malato, sia all’instabilità clinica e alla ridotta assistenza sul territorio (Mor, 2010). Diventa pertanto
fondamentale, di fronte a una crescente domanda di ricoveri e di ri-ospedalizzazioni, garantire una continuità di cura ai malati
fragili attraverso aree di post-acuzie, definite anche con il termine di cure intermedie (Rozzini, 2011; Kane, 2011).

In Italia il settore delle cure intermedie ha registrato in tologie croniche e della loro terapia: tra queste, il deca-
questi anni una progressiva crescita in termini di posti let- dimento cognitivo e la depressione, fenomeni crescenti
to e di risorse impegnate (Ministero della Salute, 2011). di comorbilità psichica, ma spesso trascurati nell’area di
Il termine di cure intermedie (già usato in ambito interna- acuzie (Trabucchi, 2011). Un altro aspetto è la gestione
zionale come post acute care, oppure intermediate care) degli eventi intercorrenti (riacutizzazione della malattia,
definisce con relativa chiarezza quel complesso di cure infezioni, stato confusionale), che possono avvenire du-
che vengono erogate una volta superata la fase di acu- rante la degenza nell’area della post acuzie, soprattutto
zie della malattia e che sono caratterizzate da precisi alle persone anziane più fragili (Park, 2013).
obiettivi da perseguire (Clarfield, 2001). Si inseriscono Lo stato funzionale rappresenta un altro passaggio: il re-
in un preciso momento della storia di malattia, successiva cupero delle abilità precedenti l’evento acuto è un impor-
alla fase acuta (o di criticità) e precedente la fase di sta- tante obiettivo nella previsione del ritorno a casa. Proce-
bilizzazione verso i due possibili esiti di guarigione o di dure semplici di mobilizzazione, assistenza nelle attività
cronicità (Brizioli, 1999; Trabucchi, 2010). di base della vita quotidiana, deambulazione assistita,
Che ruolo svolgono le cure intermedie? L’obiettivo è dare anche con la disponibilità di ausili per il cammino, sono
una risposta ai multiformi bisogni della persona anziana. utili quanto efficaci. La riabilitazione deve essere intesa in
In primo luogo, garantire la continuità alle cure iniziate senso estensivo, deve cioè riguardare gli aspetti funzio-
in ospedale. Inoltre, effettuare una rivalutazione delle pa- nali motori e quelli psicologici direttamente collegati alla
330 Le cure intermedie N. 201

possibilità di vita autonoma nella propria casa. Ovvia- sentano il rischio di una ricaduta per la loro instabilità
mente l’intensità dell’intervento riabilitativo deve essere clinica, o necessitano di prosecuzione delle cure e/o di
individualizzata sulle condizioni della singola persona; follow-up (esami ematici e strumentali di controllo, proce-
è però una componente essenziale dell’intervento post dure di secondo livello).
acuto, perché spesso i pazienti hanno subìto un aggra- La UCSA è quindi un reparto ove effettuare un trattamento
vamento funzionale nel corso del ricovero ospedaliero, finalizzato a specifici obiettivi sanitari, erogato in continu-
anche se non sono affetti da una vera e propria sindrome ità con un ricovero in acuto, per trattare problemi clinici
da immobilizzazione (Bellelli, 2011). in fase attiva, per pazienti anziani e affetti da patologie
Infine, la post-acuzie esercita l’importante funzione di croniche. Per questi malati, la UCSA garantisce la rivalu-
“ponte” tra l’ospedale e il domicilio: è suo compito favo- tazione clinica, il monitoraggio, una adeguata presenza
rire l’organizzazione e la coordinazione delle cure do- infermieristico-assistenziale, la prosecuzione delle cure
miciliari (assistenziali e infermieristiche), perché malato (Quaderni del Ministero della Salute, 2010). Comprensi-
e familiari non si trovino disorientati alla dimissione, ma bilmente, la complessità dei malati richiede una valutazio-
“protetti” da una rete di continuità. Nel continuum delle ne multidimensionale geriatrica, con la predisposizione
cure intermedie, l’obiettivo è garantire il dialogo e il colle- di un piano di assistenza individuale strutturato (Ferrucci,
gamento fra ospedale e territorio, affinché la persona an- 2001).
ziana possa beneficiare nei tempi corretti delle cure ade- La terapia medica del recente evento acuto (o cronico
guate, e ritornare alla propria casa (Trabucchi, 2010). riacutizzato) rappresenta il primo gradino della cura, pa-
All’interno delle cure intermedie, tuttavia, non vi è ancora rimenti alla rivalutazione delle patologie somatiche con-
chiarezza terminologica: sotto questa dizione si possono comitanti e della loro terapia farmacologica. Fondamen-
trovare soluzioni organizzative tra loro molto diverse, an- tale anche l’aspetto cognitivo, in particolare la cura dello
che in base all’interpretazione assunta nei diversi modelli stato confusionale acuto tramite interventi farmacologici
regionali (Quaderni del Ministero della Salute, 2011). Ven- e non farmacologici. Nello specifico, viene data impor-
gono definite come aree di cure intermedie sia reparti di tanza al ruolo del personale infermieristico-assistenziale
tipo riabilitativo (neuro-motorio, cardio-respiratorio, geria- nel monitorare i pazienti, e nel rilevare precocemente le
trico), che reparti di lungodegenza, oppure ancora reparti modificazioni fisiologiche o psichiche del delirium, al fine
di post-acuzie a prevalente aspetto assistenziale; è eviden- di intervenire precocemente. Infine, viene dato rilievo alla
te che la vocazione clinica e/o riabilitativa, così come gli riattivazione funzionale, legata all’attività del personale
obiettivi e le procedure di tali servizi, sono differenti, in assistenziale, o fisioterapico.
relazione alla tipologia di pazienti che vi afferisce. Infine, tra gli obiettivi dei reparti di cure sub acute vi è
l’organizzazione di un modello a rete con i servizi post-
L’evoluzione delle cure intermedie: le Unità di cure sub ospedalieri, per garantire – quando opportuno – il ritorno
acute a casa per il malato e i familiari in situazione protetta. A
Una novità introdotta in Regione Lombardia nel 2011 ri- tale proposito, nel dicembre 2013 la Regione Lombardia
guarda la creazione delle Unità di cure sub acute (UCSA): ha rimodellato il sistema globale della post-acuzie, diffe-
la delibera le ha identificate come aree a minore intensivi- renziando l’area riabilitativa da quella della subacuzie,
tà diagnostica rispetto all’acuzie, nelle quali proseguire il creando un terzo comparto di cure intermedie, collocato
trattamento e le cure globali dopo un ricovero in area me- nell’area socio-sanitaria (posti di sollievo di RSA, strutture
dica o chirurgica (Regione Lombardia, 2011). Le indica- riabilitative afferenti all’assessorato della famiglia (Regio-
zioni regionali favoriscono il ricovero in UCSA di malati ne Lombardia, 2013). L’obiettivo è riorganizzare in modo
che hanno superato la fase acuta, ma che necessitano an- uniforme l’area di post-acuzie, identificando percorsi da
cora di cure mediche e infermieristiche difficilmente gesti- seguire dopo l’ospedalizzazione, realmente adatti alla
bili al domicilio. Infatti, i malati che afferiscono alla UCSA persona anziana fragile, e scelti in base allo stato di salu-
sono clinicamente complessi e affetti da comorbilità, con te e alla prognosi attesa.
stato funzionale sia premorboso sia attuale compromesso, In particolare, quali outcome deve perseguire un reparto
anche in relazione a un recente evento internistico/chirur- di cure intermedie? Se l’aspetto puramente custodialisti-
gico acuto o alla riacutizzazione di una malattia cronica. co/assistenziale va escluso a priori, la guarigione e/o la
I reparti ricoverano persone che, pur avendo effettuato stabilizzazione clinica devono rappresentare l’obiettivo
una diagnosi e iniziato terapia in area per acuti, pre- primario, quanto il ripristino della funzione premorbosa
N. 201 Le cure intermedie 331

e il ritorno a casa, considerando anche il benessere psi- lungo termine: perché, per la gravità dell’evento acuto, la
chico e cognitivo: depressione, delirium, decadimento co- convalescenza e il recupero clinico e funzionale saranno
gnitivo (Boffelli, 2013). Ulteriori studi saranno necessari difficili (Khan, 2013).
per dimostrare se le cure intermedie saranno in grado di Un’altra categoria di recente definizione è quella degli
modificare anche gli outcome maggiori, come riospeda- hospital dependent patients, diversi dai precedenti per-
lizzazioni e mortalità (Park, 2013; Boffelli, 2014). ché sono malati con patologia cronica a elevata insta-
bilità al domicilio, quindi con frequenti riacutizzazioni e
Quali pazienti per le cure intermedie conseguenti re-ricoveri. Non sono malati terminali, ma
Chi è l’ammalato candidato alle cure intermedie? In persone la cui malattia è grave o molto grave, e non ri-
questo periodo di contrazione delle risorse e di ricerca sponde alle abituali cure domiciliari (Reuben, 2014). Si
dell’appropriatezza del percorso clinico, vanno identifi- stabilizzano e vivono bene in ospedale, perché ricevono
cati i cittadini che abbisognano di servizi post ospedalie- cure a maggiore intensità; possono beneficiare del pas-
ri, anche se alcune tipologie di malati sono già individua- saggio in cure intermedie perché hanno bisogno di un
te nei protocolli nazionali e regionali (Quaderni Ministero maggior tempo di stabilizzazione rispetto alla degenza
Salute, 2010). Ad esempio, protocolli regionali conside- in acuzie. Inoltre, questi malati sono i candidati tipici per
rano adeguati per le cure intermedie i malati che non un re-ricovero nel setting di cure intermedie direttamente
hanno supporti a casa (servizi formali come l’assistenza da casa, quando si verifica uno scompenso della malattia
domiciliare o informali come la famiglia) e non possono cronica, in alternativa a una gestione in reparto per acuti.
tornare subito al domicilio. Sono persone che erano in Gli hospital-dependent patients sono i malati che più volte
grado di esercitare un certo grado di autonomia funzio- all’anno vengono ricoverati in ospedale, e che teorica-
nale e organizzativa, ma che l’hanno persa in conseguen- mente si avvantaggiano di una degenza in area di cure
za dell’evento acuto: hanno necessità, come si diceva in intermedie; diventa però necessario creare un percorso
passato, di un periodo di “convalescenza” prima del ri- specifico (Kane, 2011).
torno al domicilio. In questa situazione, le cure intermedie Infine, vi sono le persone affette da post hospital syndro-
hanno la doppia valenza, clinico-funzionale (guarigione me, cioè coloro che hanno subìto pesantemente gli effetti
dall’evento, recupero funzionale premorboso) e sociale negativi dell’evento acuto e dell’ospedalizzazione, indi-
(organizzazione di un percorso di dimissione protetta), pendentemente dallo stato di salute premorboso. Candi-
che l’ospedale per acuti non può permettersi di effettuare, dati tipici alle cure intermedie, sono malati che hanno
perché non di sua competenza (Boffelli, 2012). sperimentato una grave perdita clinico-funzionale-psico-
Vi sono altre categorie di persone malate, che stanno logica e una serie di eventi negativi durante il ricovero:
emergendo in questi anni, sia come definizione nosogra- allettamento, lesioni da decubito, perdita funzionale, svi-
fica, sia come area di interesse specifico per le cure in- luppo di delirium, comparsa di depressione dell’umore
termedie. Un primo gruppo è rappresentato da persone reattiva al decadimento globale.
con chronic critical illness: sono malati più gravi, che pro- La responsabilità è spesso dell’ospedale, perché poco
vengono da aree di cura intensiva e che sono a rischio di attento ai bisogni del malato fragile: riferendosi al mo-
essere nuovamente sottoposti a procedure invasive data dello del delirium (Inouye, 2006), è necessario spesso un
la loro instabilità clinica, dovuta al recente evento acuto grande evento per determinare questa sindrome in un pa-
(Lamas, 2014). Si tratta di persone sopravvissute a una ziente robusto (ad esempio, un intervento chirurgico mag-
malattia catastrofica o a una procedura chirurgica, ma giore), mentre è sufficiente un evento minore per creare lo
che hanno avuto bisogno di un prolungato tempo di as- stesso danno in un malato più fragile (come un’infezione
sistenza (per esempio, ventilazione meccanica per più di urinaria in paziente portatore di catetere vescicale a per-
21 giorni). manenza e affetto da demenza) (Mazzola, 2013). Questi
Questi pazienti tendono ad avere infezioni ricorrenti, di- malati, anziani con moderata comorbilità e lieve decadi-
sfunzione d’organo, deficit funzionali e delirium. Tra co- mento funzionale premorboso, subìscono una maggiore
loro che sopravvivono, i tassi di riammissione sono alti, compromissione soprattutto nelle aree chirurgiche, dove
meno del 12% vive al domicilio ed è funzionalmente in- la gestione internistica è stata poco accurata, mentre l’at-
dipendente a 1 anno dall’evento acuto. Su questi malati tenzione geriatrica non è diffusa (Bellelli, 2012). Le cure
le cure intermedie devono investire i loro sforzi clinici e intermedie, per questi cittadini, possono svolgere un fon-
terapeutici, nonché programmare progetti e interventi a damentale ruolo di “recupero” del paziente, per favorire
332 Le cure intermedie N. 201

il ritorno alle funzioni fisiologiche, cliniche e funzionali di follow-up, delle condizioni mediche, psicosociali e funzio-
base, superando gli eventi negativi indotti dall’ospedaliz- nali attraverso strumenti multidimensionali (Yawar, 2010).
zazione (Krumholz, 2013). D’altra parte, diventa importante conciliare la visione di
questa evoluzione e instabilità con un approccio terapeu-
I nuovi fruitori delle cure intermedie tico.
Vi sono altre categorie di possibili fruitori delle cure inter- Per poterlo fare, bisogna considerare alcuni aspetti: spet-
medie. Sono in aumento i pazienti oncologici, soprattutto tanza di vita, comorbilità, fattori psicosociali. In primis, la
quelli che necessitano di un trattamento radioterapico, ma prospettiva di sopravvivenza è un importante indicatore
non sono in grado di eseguirlo in regime ambulatoriale di prognosi. È noto che la popolazione anziana, suddi-
perché svantaggiati funzionalmente o clinicamente. Que- visa per sesso, età e gravità dello stato di salute, presen-
sti malati, troppo costosi per un ricovero prolungato in ta differenti curve di sopravvivenza (dai 18 anni per un
medicina (7-15 giorni di trattamento medio), vanno in- maschio di 70 anni in buona salute, ai 2 anni circa per
seriti nel percorso delle cure intermedie, tra ospedale e una donna 95enne fragile) (Walter, 2001). Il dato è sta-
domicilio (Kaplan, 2005). to ripreso anche da successive linee guida per le scelte
Se questi sono i potenziali utilizzatori dei servizi di po- diagnostico-terapeutiche nelle persone anziane malate di
stacuzie, è necessario organizzare un’attenzione diversa tumore, a indicare come la scelta diagnostico-terapeutica
per i diversi gruppi? Certamente, all’interno dello stesso possa essere razionalmente guidata dall’aspettativa di
contenitore, i malati vanno curati con qualità e intensità vita (National Cancer Guidelines, 2012).
specifiche. Se i malati hanno bisogni diversi, il program- Un secondo fattore da considerare nella scelta prognosti-
ma dovrà prevedere interventi differenziati di assistenza ca e nel percorso di cura è rappresentato dalla comorbi-
clinica, psicologica, organizzativa, o di supporto: ad lità. I sistemi sanitari si stanno evolvendo per affrontare
esempio, alcuni avranno hanno maggior bisogno di riabi- le sfide emergenti di assistenza a lungo termine, tra pro-
litazione fisioterapica, altri più di intensività e monitorag- blemi finanziari e il conseguente rischio di ineguaglianza
gio clinico (Boffelli, 2014). L’obiettivo dovrebbe essere di delle cure; inoltre sono impreparati a gestire la comorbili-
ridurre l’instabilità clinica e favorire il ritorno al domicilio tà dei pazienti, che sta divenendo la norma piuttosto che
nella condizione funzionale premorbosa (Mor, 2010). l’eccezione. Gli approcci focalizzati su una sola malattia
dominano la formazione medica, la ricerca clinica e le
La valutazione multidimensionale geriatrica in ottica cure ospedaliere, ma sempre più necessitano di un pro-
prognostica cesso di specializzazione per garantire la continuità, il
La necessità di indirizzare il paziente ospedalizzato al coordinamento fra ospedale, cure intermedie e territorio.
giusto percorso nell’area delle cure intermedie richiede la Questo approccio è ancor più necessario nelle aree so-
conoscenza della complessità del malato, e la stima della cio-economicamente svantaggiate, dove la comorbilità è
sua prognosi. Attualmente, le metodologie di approccio comune, e spesso coinvolge sia la salute fisica che quella
alla complessità clinica del paziente anziano sono in evo- mentale (Barnett, 2012). La fragilità di questi pazienti si
luzione: la conoscenza sempre più approfondita dell’uni- evidenzia in numerosi studi: maggiore la comorbilità mi-
cità clinica, cognitiva e funzionale dell’anziano rispetto nore la sopravvivenza, sia per patologie somatiche come
all’adulto sta portando a definire percorsi individualizzati la polmonite (Rozzini, 2008), che psichiche come il distur-
e specifici di diagnosi, cura e trattamento. Il processo re- bo depressivo (Rozzini, 2012).
cognizing complexity, avoiding oversemplification è ini- Diventa quindi necessario utilizzare la valutazione multidi-
ziato da circa 10 anni e non ancora arrivato a una siste- mensionale per comprendere l’evoluzione del malato nel
matizzazione: indica la necessità di dipanare l’intreccio tempo, soffermandosi in particolare sullo stato funzionale,
di malattia, funzione e psiche, giungendo a una definizio- “imbuto” finale delle patologie somatiche e psichiche: il
ne di obiettivi realmente raggiungibili (Rosenberg, 2013; maggiore grado di perdita funzionale durante un evento
Bellelli, 2011). acuto si associa a un aumento della mortalità (Sleiman,
Per approssimarci a questo risultato, si devono conside- 2009). La perdita funzionale, in questo caso interpretata
rare alcuni fattori importanti: in primo luogo, accettare come l’incapacità a sostenere l’evento acuto per l’esauri-
che la condizione di malattia cronica del paziente an- mento della riserva biologica e cognitiva, è un forte pre-
ziano non è statica ma dinamica, in continua e costante dittore di sopravvivenza, e va assolutamente considerato
evoluzione, che richiede una valutazione, e un periodico come fattore prognostico. Inoltre, la salute, e quindi la
N. 201 Le cure intermedie 333

prognosi, dipendono anche da fattori psico-sociali. si e trattamento, che si è successivamente esteso ad altri
È evidente che la scelta della prosecuzione delle cure reparti medici e chirurgici dell’ospedale.
dall’ospedale direttamente al territorio, oppure tramite un Il protocollo, mutuando le linee guida e le pubblicazioni
passaggio verso le cure intermedie, dipenderà dalla con- internazionali, si occupa della gestione non farmacologi-
siderazione da alcuni fattori “tampone”, come la scolarità ca del delirium da parte dell’équipe medico-infermieristi-
e la cultura (anche solo sanitaria), nonché dalla presenza ca-assitenziale, oltre a utilizzare i protocolli già pubblica-
di una rete familiare o amicale che possa intervenire sui ti sul trattamento farmacologico del delirium ipercinetico
processi di cura e di supervisione del malato. Maggiore (Inouye, 2006; Boffelli, 2012). L’attenzione alle funzioni
la fragilità sociale, maggiore sarà la necessità di un pas- fisiologiche di base, al dolore, alla cura degli eventi acuti
saggio del malato in un setting di cure intermedie, per e delle riacutizzazioni, la revisione della terapia farma-
favorirne la stabilizzazione e organizzare una dimissione cologica e infine un programma di mobilizzazione e di
protetta attivando i mezzi di supervisione e cura del terri- riattivazione motoria, rappresentano i capisaldi di un trat-
torio (medico di medicina generale, servizio assistenziale tamento multidisciplinare e multidimensionale dello stato
alla persona, servizio infermieristico, telemedicina). confusionale acuto che ha dato i suoi risultati positivi: alla
dimissione, il delirium si risolve nella maggioranza dei
I risultati del lavoro delle UCSA pazienti (solo il 2% viene dimesso, o trasferito ad altro
L’Unità di cure sub acute della Fondazione Poliambulan- reparto, con delirium) (Boffelli, 2014).
za di Brescia ha iniziato la propria attività nel mese di La stessa sintomatologia depressiva, elevata in media
novembre 2011, iniziando con 10 posti letto, aumentati all’ingresso, tende a ridursi alla dimissione, a indicare il
successivamente ai 20 attuali. Nei due anni di attività raggiungimento di una condizione di benessere; il dato si-
(novembre 2011-dicembre 2013), dei 626 pazienti con- gnificativo, che viene sottolineato, è il miglioramento glo-
secutivamente ricoverati, il 70% proviene da reparti di bale del malato nel percorso che dall’ospedale porta al
medicina e geriatria (il 40% dalla geriatria), mentre quelli ritorno al domicilio, passando attraverso le Unità di cure
di pertinenza chirurgica sono il 16%. I malati ricoverati subacute: si verifica in media una evoluzione clinica favo-
sono molto anziani (età media 78,3+11,4), con bassa revole, con la possibilità del ritorno a casa per la maggior
scolarità (7,1+3,9 anni), prevalentemente di sesso fem- parte dei pazienti (Compagnoni, 2011). Questo risultato
minile (65%): il 37,6% viveva solo prima dell’evento acu- è possibile grazie al contemporaneo miglioramento co-
to, altri con un familiare di primo livello (coniuge o figli: gnitivo, psicologico funzionale e clinico, e all’attivazione
46,8%), o una badante (13,8%). di sistemi di supporto al domicilio che predispongono alla
Le cause principali del ricovero sono le malattie respira- stabilità della persona anziana nella propria casa ((Dalla
torie (24,8%) e cardiovascolari (14,2%), gastrointestinali Vecchia, 2011; Genduso, 2011).
ed epatiche (15,6%); in misura minore viene richiesto il In generale, l’efficacia a breve termine delle cure subacu-
trasferimento esclusivamente per condizioni legate alle te viene dimostrata, anche se mancano a tuttoggi dati di
complicanze dell’ospedalizzazione (sindrome ipocinetica outcome a lungo termine; un primo risultato è intanto rag-
come da post hospital syndrome: 9,6%). I pazienti sono giunto: gestire, con costi minori rispetto all’acuzie, malati
caratterizzati, al momento del ricovero, da decadimen- complessi e fragili, garantendone la stabilizzazione e il
to cognitivo di grado lieve, dipendenza funzionale (pre- ritorno al domicilio (Boffelli, 2014).
morbosa lieve: Barthel Index 75,3 ± 25,2, ma moderata
all’ingresso in reparto: Barthel 40,4 ± 24,1), e da fragili- Conclusioni
tà clinica, come si evince dalla scala di comorbilità (CIRS I pazienti anziani che afferiscono alle cure intermedie
comorbilità: 3,0 ± 1,6) e dai dati biologici (albuminemia sono fragili, affetti da patologie croniche, e subiscono
2,9 ± 0,4 g/dl, colesterolemia 164,0 ± 42,2 mg/dl). un deterioramento funzionale in conseguenza dell’even-
Condizioni frequenti, fra quelle rilevate durante la degen- to acuto che ha determinato l’ospedalizzazione (Rozzi-
za, sono il delirium e i sintomi depressivi; per quanto ri- ni, 2012). Il loro bisogno è multiforme: stabilizzazione
guarda il primo, una percentuale significativa dei malati clinica dell’evento acuto, monitoraggio biologico e stru-
presenta delirium all’ingresso in reparto (20,6%), mentre mentale, prevenzione delle complicanze, riattivazione
il 12% lo sviluppa durante il ricovero. Nei confronti dei funzionale e recupero dello stato premorboso (Ferrucci,
pazienti con delirium, l’attività del reparto si è concentra- 2001). La maggior parte dei pazienti, che all’ingresso
ta sulla creazione di un protocollo di valutazione, diagno- in reparto presentano stato confusionale acuto o disturbo
334 Le cure intermedie N. 201

depressivo, torna al proprio domicilio dopo un significa- Brizioli E. La transizione verso un sistema di cure long-term e a
tivo miglioramento dei sintomi, segno di una attenzione bassa complessità. Tendenze Nuove 1999;4:48-52.
specifica alle dinamiche cognitive e psicologiche dell’an- Cassinadri A, Boffelli S, Tironi S, et al. Sintomi depressivi, stato
ziano (Cassinadri, 2012; Boffelli, 2012). funzionale ed evoluzione clinica in un gruppo di persone rico-
Il futuro delle cure intermedie è assistere malati con instabili- verate in Unità di Cure Sub Acute. Psicogeriatria 2012;1:172.
tà clinica e rilevanti bisogni assistenziali, in considerazione
Cassinadri A, Boffelli S, Tironi S, et al. Valutazione e cura del
del fatto che i pazienti giungono alla fase di post-acuzie in
delirium in un gruppo di persone anziane ricoverate in Unità di
tempi sempre più rapidi e con problematiche cliniche sem- Cure Sub Acute. G Gerontol 2012;6:383.
pre più complesse e spesso non stabilizzate (Mor, 2010;
Joynt, 2012). I dati dimostrano che, pur in un’area a mi- Clarfield AM, Bergman H, Kane R. Fragmentation of care for
nore intensità, è possibile proseguire le cure del paziente frail older people – an international problem. Experience from
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anziano ospedalizzato, garantendo la possibilità di un
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recupero clinico globale, e il raggiungimento di outcome
“forti” (guarigione clinica, recupero funzionale e cognitivo, Compagnoni G. Centro cure sub-acute di Soncino: sinergie pub-
ritorno al domicilio). Andrà dimostrato in futuro se l’attività blico-privato nella realizzazione di modelli innovativi di assisten-
delle cure intermedie sarà in grado di ridurre anche le ri- za. Convegno “Il governo della continuità Ospedale-Territorio.
ospedalizzazioni, determinando anche un “risparmio” in Quali condizioni per una gestione efficace del paziente subacu-
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