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PARTE UNDICESIMA Dal liberalismo all’imperialismo: Naturalismo e Simbolismo (1861-1903)

CAPITOLO IX Giovanni Pascoli 1

T42 ON LINE Giovanni Pascoli


Alexandros
[Poemi conviviali] Questa poesia (poi raccolta nei Poemi conviviali, 1904) fu pubblicata per la prima volta sulla rivista «Il
convito» nel 1895. Ne è protagonista Alessandro Magno, re dei Macedoni dal 336 al 323 a.C., grande con-
quistatore e creatore di un enorme impero in Oriente. La sua figura è qui presentata secondo le caratte-
ristiche che essa aveva assunto nelle leggende medievali: Alessandro è un eroe avventuroso e avido di co-
noscere nuovi mondi; egli, giunto sulla riva dell’Oceano dopo aver conquistato l’India e non avendo più
nulla da conquistare, si duole di non poter arrivare sull’unica terra che gli resta davanti: la Luna. L’eroe
sente allora l’impotenza dell’uomo di fronte all’infinito e rimpiange il passato, il tempo in cui ancora po-
teva sognare nuove conquiste.
Pascoli esprime qui una concezione “irrazionalistica” della verità: essa non è data dalla scienza ma
dal sogno, nel quale soltanto è possibile cogliere la profondità del mistero della vita umana.
In questa poesia, come in tutti i Poemi conviviali, Pascoli usa un registro *classicistico coerente con
il tono alto ed erudito del testo: egli cerca di riprodurre il linguaggio del passato classico anche attraver-
so la ripresa di termini tecnici e di calchi dal greco (p. es. mistofori: v. 6).

da G. Pascoli, Poesie, I
a cura di A. Vicinelli,
Mondadori, Milano 1958.
– Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell’aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla,

o Pezetèri: errante e solitaria


5 terra, inaccessa. Dall’ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria,

l’ultimo fiume Oceano senz’onda.


O venuti dall’Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda

10 dentro la notte fulgida del cielo.

II
Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorìo, che resta.

metrica Strofe di tre terzine di endecasillabi a rima incatena- considerato sacro nell’antica Grecia. Alessandro gli or- mo è una catena montuosa) e in Palestina (lungo la co-
ta (secondo lo schema ABA, BCB, CDC…) più un ende- dina di suonare la tromba come ad annunciare la pro- sta della quale si alza il monte Carmelo). Tutti costoro,
casillabo finale in rima con il penultimo verso della pria presenza: ma è un suono tragicamente destinato al seguito di Alessandro, sono giunti alla riva dell’Ocea-
terzina precedente. a cadere nel nulla, a non essere recepito da nessuno. no, il grande fiume privo di onde che, secondo gli anti-
Squilla e la 2a pers. dell’imper. pres. del vb. “squilla- chi, circondava la Terra; qui, davanti all’Oceano infini-
1-5 Siamo arrivati (giungemmo): è [questo] il confine (Fi- re”, qui usato nel suo significato trans. di ‘far squilla- to, la terra diventa invisibile (sfuma) e scompare (si
ne) [della Terra]. O sacro Araldo, suona la tromba re suonando’ e di ‘annunciare con squilli’ (il significa- profonda) nel buio della notte. Mistofori: voce dotta
(squilla)! O soldati (Pezetèri), non [c’è] altra terra [: to intrans. è invece ‘emettere un suono acuto’). In mez- (derivata dal gr. “misthòs” = ‘salario’, e “fero” = ‘ricevo’)
da conquistare] se non quella [che sta] là [: la Luna], zo del brocchier: il “brocchiere” è un ‘piccolo scudo che indica i soldati mercenari arruolati negli eserciti del-
nel cielo (nell’aria) [e] che vi si riflette (vi brilla) in rotondo metallico’. l’antica Grecia. Questa parola risulta utilizzata, nella tra-
mezzo allo scudo (del brocchier): [quella] terra vagan- 5-10 Dalla riva (sponda) estrema (ultima), potete vedere (ve- dizione letter. e poetica ital., solo da Pascoli.
te (errante) e solitaria, mai raggiunta (inaccessa) [da dete) là, [o] soldati mercenari (mistofori) della [regio- 11-13 [O] fiumi in piena (fiumane) che ho attraverso (pas-
nessuno]. È Alessandro Magno che parla in prima per- ne] Caria, l’ultimo fiume [: distesa d’acqua], [l’ ] Ocea- sai)! Voi riflettete (portate) nell’acqua limpida (chiara)
sona rivolgendosi ai soldati della guardia reale mace- no immobile (senz’onda). O [soldati] venuti dalla Ma- [l’immagine del ]la foresta immobile (immota; poet.), [e]
done (i Pezetèri). Una volta raggiunti gli estremi con- cedonia (dall’Haemo) e dalla Palestina (Carmelo), ec- portate il sordo (cupo) rumore (mormorìo) [delle onde],
fini della Terra, allo sguardo dell’esercito e del suo ca- co, [guardate] la terra [che piano piano] scompare (sfu- che dura (resta) [costante]. Alessandro rievoca con no-
po non si mostra altro territorio che quello inaccessi- ma) e sprofonda (si profonda; letter.) nel buio (dentro stalgia il lungo e faticoso cammino di conquista che lo
bile della Luna. Alessandro è costretto a porre fine al- la notte) splendente (fulgida) del cielo. Alessandro Ma- ha condotto fino al limite della Terra. Egli ricorda i gran-
la sua sete di conquista: è giunto al Fine, oltre il qua- gno si rivolge al suo esercito; esso è formato da solda- di fiumi (fiumane) attraversati e le acque in cui si spec-
le non resta che il nulla. O sacro…squilla: l’Araldo era ti mercenari, arruolati nelle terre conquistate: in Caria chiavano le foreste; e quasi ne sente ancora (cfr. resta)
un pubblico ufficiale, con funzione di ambasciatore, (regione dell’Asia Minore), in Macedonia (di cui l’Hae- il sommesso e continuo scorrere (cupo mormorio).

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]
PARTE UNDICESIMA Dal liberalismo all’imperialismo: Naturalismo e Simbolismo (1861-1903)
CAPITOLO IX Giovanni Pascoli 2

T42 ON LINE Giovanni Pascoli ~ Alexandros

Montagne che varcai! dopo varcate,


15 sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidïate.

Azzurri, come il cielo, come il mare,


o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:

20 il sogno è l’infinita ombra del Vero.

III
Oh! più felice, quanto più cammino
m’era d’innanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!

Ad Isso, quando divampava ai vènti


25 notturno il campo, con le mille schiere,
e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.

A Pella! quando nelle lunghe sere


inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole; il sole che tra selve nere,

30 sempre più lungi, ardea come un tesoro;

IV
Figlio d’Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l’auleta:

soffio possente d’un fatale andare,


35 oltre la morte; e m’è nel cuor, presente
come in conchiglia murmure di mare.

14-16 [O] montagne che ho oltrepassato (varcai)! Dopo ti un indizio, un’immagine sfumata e allusiva (ombra) mosa battaglia del 333 a.C. Pella: la città della Ma-
[avervi] oltrepassato (varcate), lo spazio [che si vede della realtà (Vero); ed essa è perciò in grado di ingran- cedonia dove Alessandro aveva passato la giovinezza.
stando] in cima (di su) [a] voi non appare (pare) altret- dire i confini della realtà stessa (cfr. infinita…) spin- Capo di toro: è una traduzione del nome gr. del caval-
tanto (sì = così) grande di quello (che) più grande (mag- gendo l’animo umano a uno slancio illimitato verso il lo di Alessandro, Bucefalo (che vuol dire appunto ‘te-
gior) che prima [: di salire in cima] nascondete (non lo mistero. sta di bue’).
invidïate; lo è pron. *pleon.). Tornano alla memoria di 21-23 Oh! [ero] più felice [quando] avevo davanti (m’era 31-36 [O] figlio di Amynta [: il padre]! Quando mi misi in
Alessandro tutte le montagne oltrepassate, dalla vetta d’inanzi) molto (quanto) più cammino; molte più diffi- cammino (allor che mossi) io non sapevo (non sapea)
delle quali non appare uno spazio grande come quello coltà (cimenti), molti più dubbi, molto più futuro (desti- [: non pensavo] degli obiettivi (di meta) [: cioè dei li-
che prima di salire in cima esse sembrano sottrarre al- no)! Finché c’erano ancora difficoltà da superare e nuo- miti]. [Al momento della partenza] Timoteo, il cantore
la vista. La realtà è cioè sempre inferiore alle aspetta- vi orizzonti da scoprire, Alessandro era più felice non (l’auleta), intonava tra gli altari (di tra le are) un can-
tive e alle speranze. Invidïate: le montagne, con la lo- percependo ancora il senso di limite e di confine della to sacro (un nomo): [questo canto era come] un sof-
ro mole, non consentono di capire quanto spazio si na- condizione umana. fio potente di un andare voluto dal destino (fatale), [ca-
sconda alle loro spalle. Il vb. “invidiare” è qui usato nel 24-30 [Ero più felice] ad Isso, quando bruciava (divampa- pace di proseguire] oltre la morte; e mi è [rimasto] nel
significato lat. di ‘sottrarre, togliere, non concedere’ (al- va) sotto il soffiare dei venti (ai vènti) l’accampamen- cuore, vivo (presente) come il mormorare (murmure)
la vista). to (il campo) notturno, in mezzo alle (con le) nume- del mare in [una] conchiglia. Figlio d’Amynta: cioè il
17-20 O monti! o fiumi! [che siete] azzurri come il cielo rosissime (mille; indet.) schiere [di soldati], e [con] i padre di Alessandro, Filippo. A lui e poi, nel finale, alla
[e] come il mare [:] sarebbe stata (era) più saggia carri neri (oscuri) e i numerosissimi (infiniti; indet.) madre, Alessandro si rivolge in questo momento deci-
(miglior) decisione (pensiero) fermarsi (ristare; arc. armenti [: bovini]. [Ero più felice] a Pella! quando du- sivo di ricapitolazione e di bilancio esistenziale. Un no-
o letter.), non guardare oltre, sognare; il sogno è l’in- rante le (nelle) lunghe sere, o mio Bucefalo (Capo di mo...l’auleta: il noto cantore Timoteo, celebrato dagli
finita ombra della verità (del Vero). I monti e i fiumi toro) [: il cavallo di Alessandro], inseguivamo il sole; storici, aveva cantato un nomo (cioè un canto sacro
hanno il colore azzurro del cielo e del mare; e come il il sole che tra boschi bui (tra selve nere), brillava (ar- con accompagnamento di flauto e cetra) per le nozze
cielo e il mare essi sembrano infiniti: la realtà natura- dea = ardeva) come un tesoro, sempre più lontano. di Alessandro con Rosanna, nel 323 a.C. Il ricordo indi-
le può sfumare nel sogno. E anzi sarebbe stato meglio Tanto i ricordi piacevoli (vv. 27-29), quantro quelli di struttibile di quel canto è stato l’ispiratore (è anche
(era miglior pensiero) non voler andare oltre i monti pericolose avventure (vv. 24-26) si riferiscono a mo- questo il significato di soffio) del viaggio, come un in-
e i fiumi, così da poterne immaginare di sempre nuo- menti preferibili a quello presente. Isso: dove Alessan- vito a superare i confini stessi della vita (cfr. oltre la
vi, e cioè sognare. L’immaginazione (sogno) dà infat- dro sconfisse i Persiani guidati dal re Dario, nella fa- morte).

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PARTE UNDICESIMA Dal liberalismo all’imperialismo: Naturalismo e Simbolismo (1861-1903)
CAPITOLO IX Giovanni Pascoli 3

T42 ON LINE Giovanni Pascoli ~ Alexandros

O squillo acuto, o spirito possente,


che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente…

40 e il canto passa ed oltre noi dilegua. —

V
E così, piange, poi che giunse anelo:
piange dall’occhio nero come morte;
piange dall’occhio azzurro come cielo.

Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)


45 nell’occhio nero lo sperar, più vano;
nell’occhio azzurro il desiar, più forte.

Egli ode belve fremere lontano,


egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell’immenso piano,

50 come trotto di mandre d’elefanti.

VI
In tanto nell’Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.

A tarda notte, tra le industri ancelle,


55 torcono il fuso con le ceree dita;
e il vento passa e passano le stelle.

Olympiàs in un sogno smarrita


ascolta il lungo favellìo d’un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita

60 le grandi quercie bisbigliar sul monte.

37-40 O squillo acuto, o [espressione di uno] spirito poten- (l’occhio nero: cfr. v. 42) e con quello idealizzante dello rie] ascolta il suono (il...favellìo = il parlare) prolunga-
te, che passi in alto e lanci il tuo suono (gridi), ti voglio slancio in avanti (l’occhio azzurro: v. 43). to (lungo) di una fontana (d’un fonte), ascolta nella
seguire (che ti segua)! ma [non è possibile, perché] 47-50 Egli [: Alessandro] sente (ode) in lontananza (lontano) vuota (cava)tenebra (ombra) infinita le grandi querce
questo [luogo dove sono arrivato] è la Fine, è l’Oceano, i suoni vibranti (fremere) di belve, egli sente forze scono- stormire (bisbigliar) sul monte. Il *poemetto si conclu-
[è] il Niente… e il canto passa [al di là del limite] e si sciute (incognite), inarrestabili, che gli passano davanti de con la figura di Olimpia, la madre di Alessandro, de-
perde (dilegua) oltre noi. — Si conclude qui il malinco- (passargli a fronte) nell’immensa superficie (piano) [del- scritta dallo storico greco Plutarco come propensa alle
nico discorso di Alessandro, per il quale si confondono l’oceano], come [: con il suono che fa] il trotto di man- fantasie. La sua figura si contrappone implicitamente a
lo squillo presente dell’araldo (cfr. v. 1) e il canto pas- drie di elefanti. Al di là del limite si annunciano ad Ales- quella del figlio, di cui rappresenta un opposto: al de-
sato di Timoteo (cfr. vv. 32 sg.); e il suono degli squilli sandro le presenze misteriose dell’ignoto, destinate a re- siderio di conoscere di Alessandro, Olimpia contrappo-
di tromba che si perdono al di là del limite della Terra stare inconoscibili. Si noti l’effetto incalzante dato al v. ne il rapimento nel sogno. Ella in tal modo incarna pra-
sembra portare con sé il canto, senza che Alessandro 50 dalla disposizione degli accenti su 3a e 6a sillaba. ticamente la possibilità prospettata dallo stesso Ales-
possa più seguirlo. 51-56 Intanto nell’Epiro selvaggio (aspra; il femm. è concor- sandro nel corso del suo bilancio esistenziale (cfr. vv.
41-46 E con queste parole (così) [Alessandro] piange, dopo dato con il sottint. «regione») e montuoso (montana) le 18-20): sognare anziché mirare alla conoscenza del ve-
essere giunto (poi che giunse) con entusiasmo (anelo) sue [: di Alessandro] sorelle vergini filano la lana milesia ro. La figura di Olimpia testimonia che la soluzione del
[al limite delle terre]: piange dall’occhio nero come la per il (pel) caro (dolce) Assente [: per tessergli poi ve- sogno consente infine realmente di stabilire un rappor-
morte; piange dall’occhio azzurro come il cielo. Perché stiti]. A tarda notte, tra le servitrici (ancelle) industriose to più proficuo e profondo con la realtà, di essere cioè
(ché) nell’occhio nero la speranza (lo sperar; inf. sostan- (industri), ruotano (torcono) il fuso con le dita di cera in armonia con l’universo naturale: i due ascolta con-
tivato) si fa sempre più inutile (più vano) [: meno realiz- (ceree); e il vento si muove (passa) e si muovono le stel- clusivi (vv. 58 sg.) riferiti a Olimpia si contrappongono
zabile]; [e] nell’occhio azzurro il desiderio (il desiar) [si le. L’ultima sezione del *poemetto è dedicata alla casa ai due ode riferiti nella *strofa precedente (vv. 47 sg.)
fa] più forte (questa (tale) è la sua sorte). Secondo le natale di Alessandro, nell’Epiro (una impervia regione ad Alessandro (in ascolta è implicita una partecipazio-
antiche testimonianze, Alessandro aveva un occhio ne- della Grecia settentrionale); qui le sorelle preparano ve- ne del soggetto, in ode una sua passività, in questo ca-
ro e l’altro azzurro. Pascoli utilizza tale dato per rappre- sti per il fratello Assente (la maiuscola, come nei casi so persino impotente e frustrata). Attraverso la rievoca-
sentare la duplice situazione psicologico-affettiva del già incontrati — p. es. al v. 39 — innalza i termini comu- zione di questo episodio classico, perciò, Pascoli con-
personaggio: speranza irrealizzabile, da una parte, desi- ni a personificazioni astratte e perfino mitiche). Milesia ferma la superiorità conoscitiva della propria scelta di
derio violento, dall’altra; in riferimento, come è ovvio, al- lana: la lana di Mileto, ritenuta anticamente una delle fedeltà al «nido» degli affetti familiari, nonché la effica-
la possibilità di procedere ancora oltre. Le due nature si più pregiate. Ceree dita: dita bianche come la cera. cia della *poetica *simbolistica, orientata a un rappor-
identificano con il sentimento del limite e della morte 57-60 Olimpia smarrita in un sogno [: rapita da fantastiche- to di compenetrazione e di sogno con la realtà.

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esercizi
Analizzare e interpretare
1 Quali attributi storici e quali sentimenti moderni caratteriz- 4 Quale concezione della conoscenza rivela Alessandro?
zano il personaggio di Alessandro?
5 Rileva gli aspetti rassicuranti e quelli inquietanti dell’imma-
2 Individua lo spazio delle diverse sezioni del componimento gine della madre di Alessandro.
e rilevane, dove è possibile, il significato simbolico.
6 In quale parte del testo puoi ritrovare un riferimento a Leo-
3 Analizza il tempo del racconto e mostra come il rapporto pardi?
presente/passato riproduca l’antitesi tra il vero e il sogno.

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