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La Repubblica di San Magnolia è un posto affascinante, libero, leggero ed inquietantemente

tranquillo. Sarebbe proprio un peccato se qualcuno rovinasse quest’atmosfera con la sua sola
presenza.
Ormai son passati quasi dieci anni – qualcosa di più, forse – però ricordo ancora l’espressione dei
miei genitori e dei miei fratelli quando arrivò la lettera: Vostro figlio Helios Smith avrà l’onore di
potersi esibire dinanzi alle più alte cariche della Repubblica. Nemmeno io ci potevo credere. Io, un
ragazzino di 17 anni che si prodiga dinanzi a personaggi che manco conosceva. Per mio padre, politico
e pensatore del movimento liberale magnoliano era pieno d’orgoglio, quasi pensai che la sua paternità
avesse giovato alla mia vincita. Mia madre, una modesta sarta con tanto di boutique storica e familiare
nel centro di Magnolia, adunò tutte le sue clienti ed amiche per dare la notizia ed invitarle all’evento:
il nono giorno del secondo mese dell’anno successivo. I miei fratelli mi presero in giro per qualche
giorno, ma – in fin dei conti – sapevamo tutti stare agli scherzi ed alla fine ognuno chiese scusa
all’altro. C’era solo un problema: che cosa potevo suonare o cantare? Diciamocelo, io sono troppo
bravo con la musica, specialmente se si parla di strumenti a corda, ma sono bravo anche con la poetica,
ma al tempo ero assai indeciso. Alla fine optai per qualcosa di originale ed inaspettato: paradosso ed
assurdo. Portai una poesia, una filastrocca inventata, quasi improvvisata che portava a spiegare la
bassa età media di Magnolia e decisi di dare la “colpa” ad un mostro impacciato e puzzolente che di
notte prelevava gli anziani, prendendoli a pagaiate fino a farli sparire e farli ricomparire poi giovani
con altri nomi. Lo so, può sembrare una cosa stupida e senza senso, ma proprio così volevo suscitare
l’ilarità del pubblico. Mi presentai lì, sul palco, con la mia chitarra e suonai interpretando la poesiola.
Poche risate, da fondo sala, tutti gli sguardi più aristocratici mi squadrarono e il silenzio cadde.
Sipario. La sera stessa, dopo il concerto, tornai a casa, ma questa era vuota.
Rimasi giorni ad aspettare che i miei genitori ritornassero, chiesi alle amiche di mia madre, ai
compagni di scuola dei miei fratelli, persino provai a scrivere a dei membri del partito liberale, ma
nessuno mi rispose ed, anzi, nel giro di qualche settimana venni elegantemente relegato ai bordi della
strada, solo con la mia chitarra.
Fortunatamente avevo un bel faccino e madre natura mi aveva dato altri doni. Grazie alla retorica ed
ai pensieri alti, filosofici, che mio padre mi aveva trasmesso e l’empatia femminile di mia madre,
riuscii a sopravvivere offrendo servizi e servizietti alle fanciulle insoddisfatte di Magnolia. Uno
sballo, il lato bello di non avere donne particolarmente anziane nei dintorni. Il lato negativo, però, è
che le donne insoddisfatte sono spesso sposate con uomini piccini, ma molto orgogliosi e spesso
armati o con conoscenze. Fu per questo motivo che notte-tempo, calandomi dalla finestra con un
lenzuolo scampai al mio destino e mi imbarcai sulla prima nave che trovai.
Da lì iniziai a fare la gavetta tra un posto e l’altro senza dare molto nell’occhio o, almeno, ci provai:
un ragazzino che offre servigi di quel genere e, nel frattempo, cerca notizie sulla sua famiglia si nota
con discreta facilità.
Tutto cambiò quando un giorno incontrai una giovane ragazza, Clarice. Non è strano che mi ricordi
il suo nome, d’altronde ho una buona memoria per come si chiama la gente, avevo un libro-paga
stampato nella mente. Fatto sta che questa Clarice mi colpì particolarmente. Non era una cliente, era
la figlia di una di esse, una certa Margaret; Clarice apprezzava molto la mia presenza, nonostante
fosse più giovane di me, amava le mie canzoni e, ogni volta che avevamo occasione, ci incontravamo,
facevamo sesso e io le cantavo qualcosa. Si aprì molto, in più sensi, con me. Quasi pensai di
considerarla una fidanzata, ma non sono uno che si lega, forse... Fatto sta che una sera mi parlò di un
culto, di una sua deriva filosofico-religiosa che aveva costruito basandosi su dei dettami di un
fanatico. Io la misi in guardia, ma non mi ascoltò, anzi, si arrabbiò e mi cacciò di casa. Tra l’altro era
casa mia e non sua, ma dettagli.
Il mattino dopo ritornai ma lei non c’era ed al suo posto un bigliettino diceva: “Sono scesa, tu non
capirai le mie scelte, ma questa via è la prova d’amore finale”. Non ci capii un cazzo, ma sapevo che
dovevo andare a cercarla per salvarla.
Mi recai di sottecchi sulla superficie in cerca di Clarice ed ebbi una traccia concreta fin da subito,
incredibilmente, ma questa mi portò in una tribù mista, in prevalenza umani, che sembravano avere
una discreta civiltà. Parlai con lo sciamano di turno, che mi portò su un cucuzzolo promettendomi la
locazione dell’accampamento dove alloggiava Clarice, ma una volta giunti mi porse uno spartito. Non
vedevo un foglio di quel genere da almeno un anno, sbirciando in qualche cassetto di una ricca
signora, o di un’aitante musicista di città, lo presi ed iniziai a suonare le note scritte, la melodia, e la
accompagnai con il testo: Continuo a creder ne’ tui occhi, non v’è importanza nel passato; oh musa,
sarò sempre allo fianco tuo. Da lì il buio.
Mi svegliai al mattino seguente circondato dalla distruzione di quel villaggio visto in lontananza. Le
mie mani erano sporche di sangue ed i sopravvissuti mi iniziarono a chiamare “la Bestia”.
Fuggi e ritornai alla superficie.
Continuai nel mio lavoro ed allietai la gente con la musica ed altre doti, e mai più ripetei quelle note
ormai stampate a fuoco nella mia mente.

La mia solitudine finii un giorno, quando davanti ad un negozio d’animali ebbi la disgraziata idea di
fare le coccole ad un bassotto parlante ed armato, rischiai di morire, ma ora siamo amiconi; come
anche sono amicone di quell’eroe leggendario, che una volta viaggiò da un’isola all’altra a bordo di
una palla di cannone, eccezionale. Li adorai sin da subito, perché tutti avevamo intenzione di… Boh,
onestamente non lo so, a me basta non essere solo come lo ero un tempo e, se c’è tempo, vorrei
ritrovare Clarice e strapparla dalle grinfie di quel fanatico maledetto, prima che la timbri,
possibilmente.

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