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AMANTE DI RICHIAMO (L’) Coro (ripete) - Viva il giorno della fiera! ecc. ecc.

Melodramma giocoso in tre atti Vafrino - Viva il giorno della fiera!


Versi e Prosa [Libretto] di Francesco Dall’Ongaro È una gioia universal.
Musica di Federico Ricci [in collaborazione col fratello Luigi] (a Frosina) Alla danza questa sera
1ª rappresentazione: Torino, Teatro d’Angennes, 13 giugno 1846
_______________
Io ti spero più leal.
(finito il Coro, i coristi si ritirano alle loro trabacche)
Personaggi ed Attori, vocalità (PRIMI INTERPRETI)
SCENA 2ª - Il Visconte e Vafrino.
Adele, giovane vedova, Contessa di Valbianca, Visconte - Vafrin!
soprano (ADELINA ROSSETTI-REBUSSINI) Vafrino - Signore!
Il Visconte, suo fidanzato, baritono (ANTONIO SUPERCHI) Visconte - La vedesti?
Giacinto, giardiniere della Contessa, tenore (GIOVANNI PANCANI)
Rita, orfanella, sua amante, soprano (RITA GABUSSI-DE BASSINI)
Vafrino - Eccome!
Bernardo, vecchio maggiordomo, basso (STEFANO SCAPINI) Visconte - Non saprei con qual nome
Vafrino, staffiere del Visconte, basso (FAUSTINO LONATI) Chiamar l’ingrata.
Frosina, merciaiuola, contralto (MARIETTA LAGHI) Vafrino - È vero.
Cavaliere Gustavo, generico (GIOACHINO LUCCHESI) Visconte - Dopo tante promesse,
Coro di Dame e Cavalieri ospiti della Contessa.
Dopo tanto giurar pospormi al Conte!
Coro di Venditori e Venditrici alla fiera del Borgo. Insultarmi cosi! stanco son io
D’esser bersaglio de’ capricci suoi.
L’Azione segue in un Castello feudale della Sicilia. SCENA 3ª - Bernardo, e detti.
[I versi virgolati (» «) si omettono]
_______________ Bernardo - Voi qui, Visconte! Io vi credevo ancora
AI LETTORI BENEVOLI Alla caccia. Ah! scommetto,
Abbandonare il parto d’una Musa, anzi di due, la musicale e la comica Qualche gentil visetto
senza una pagina di prefazione all’incerto mare della pubblicità sa- Qui vi traea. Caccia per caccia. Intendo.
rebbe un contraddire alla moda e a quel progresso, ben inteso, che (a un segno del Visconte Vafrino via)
caccia il nostro secolo di galoppo, anzi pure a ragione. Visconte - Io! T’inganni.
Sorgeva nella bella Sicilia un castello; i grigi suoi merli coperti di Bernardo - Sarà. L’onor vi rendo.
edera sempre verde s’innalzavano al cielo confusi tra i vortici del- Benchè qui pur tra questa bassa gente
l’Etna fumante. I fantasimi guerrieri del medio evo facevano capolino Qualche perla talor si cela.
dalle terribili feritoie, mentre nelle sale dorate, tra lo splendor dei dop- Visconte - È vero.
pieri si menavano allegre danze, e si protraevano fino a mezza notte Folle chi cerca altrove un cor sincero!
i conviti. Vedi tutti i romanzi inglesi, italiani e francesi che evocarono Bernardo - Io non dico...
dall’obblio la gloriosa età dei tornei. In questo castello v’era una Ca- Visconte - Ed io credo
stellana, giovane, vedova amabile, capricciosa, civetta, che profittava Che finirò per anteporre anch’io
dell’assenza del padre, magnanimo e severo cavaliere, per darsi bel La rosa alla camelia. – Odi, Bernardo,
tempo, per menar per il naso un branco di adoratori finchè giungesse La tua signora è bella,
il tempo di pagare il tributo all’umana fragilità. – Vedi Buffon, “Storia Ma ha più capricci...
Naturale delle Castellane dell’altro secolo”. Tutto l’intreccio, tutto Bernardo - Che capelli in testa.
lo sviluppo, tutti i fatti, tutte le parole, le pause stesse furono tratte Visconte - Ah! tu pur ne convieni.
dalle storie e dalle cronache del tempo. Vedi per la fedeltà storica e
cronologica il Muratori, il Giannone e tutti i manuscritti che si con-
Bernardo - Udite questa.
servano inediti e polverosi negli archivi siciliani; singolarmente poi Mandò via, non son tre mesi,
il Vaudeville di Scribe e Melesville intitolalo “Zoe” rappresentato a Quel dabben dell’ortolano
Parigi al Ginnasio Drammatico il 16 marzo 1830. L’AUTORE Perchè avea tentato invano
_______________ D’ottener la rosa blu.
ATTO PRIMO Ai sudori indarno spesi
SCENA 1ª - Uno spianato con un castello nel fondo. Ripensando il poverino
Trabacche di merciaiuoli d’ogni maniera disposte a Maledisce al suo destino,
semicircolo. Uomini e donne che vendono e comprano. È fiera. E alla lunga servitù.
Coro, Vafrino e Frosina. Ma vedete che capriccio!
Coro - Compra, compra, o villanella, Per aver la rosa blu!
Compra, compra, o bel garzon: Visconte - All’udirlo io raccapriccio!
Seta ell’è della più bella, Che stranezza!
Oro è questo del più buon. Bernardo - V’è di più.
Viva il giorno della fiera! La gran sala del castello
Di guadagno a me non cal: Avea freschi assai pregiati
Pur ch’io danzi questa sera, D’un magnifico pennello
Vada lucro e capital. D’un autor.... che vi dirò.
Cogliam l’occasione il dì che viene. Un bel dì da tutti i lati
Chi sa se torna più quand’è fuggita, Li vuol tolti e fatti a pezzi
Si pigli a volo quel tantin di bene Ed impon che si tappezzi
Che infiora il calle della nostra vita. Ogni stanza a rococò.
Vafrino - O garbata venditrice, Visconte - Guarda un po’ che grillo è questo!
Io non voglio che il tuo cor. Bernardo - Ogni stanza a rococò!
Frosina - Signor mio, che mai mi dice! Visconte - Basta, basta.
Non si vende questo cor. Bernardo - Udite il resto.
Parte del Coro - Bei ventagli per la state, Visconte - Basta! udir di più non vo’.
Bei ventagli: chi li vuol? SCENA 4ª - Rita, e detti.
Rosee guance dilicate, Rita (di dentro) - Chi vuol fiori? chi vuol fiori ?
Difendetevi dal sol. Coro - È la voce della Rita,
L’orfanella del castel. Giacinto - Appunto
Chi la chiama, chi l’invita? Di te cercavo.
A’ suoi fiori ell’è fedel. Rita - Oh! che fortuna! è un mese
Rita (entrando) - Disse il fiore alla farfalla: Che veder non ti lasci.
Tu vai sempre qua e là Che sì ch’io l’indovino,
Fin che il volo alfin ti falla Altrove abbiamo posto il cuoricino!
Nel bel mezzo dell’eta! M’appongo? eh! sii sincero.
Resta meco, o capricciosa, Giacinto - Forse sì, forse no. Chi sa?
Ti riposa sul mio cor; Rita - Davvero?
Il profumo della rosa Giacinto - Tutto germoglia e vegeta.
Non può darti un altro fior. Sparso è di fiori il suolo.
Resta meco e accetta in dono Stanco son io di vivere
Questo trono dell’amor. Sterile, tristo, e solo.
Coro - Quanto tempo, o viso bello, Rita, vien qua, consigliami,
Che non vieni a darci un fior! Tu che conosci tante;
Schiudi, schiudi il tuo cestello, Mostrami tu l’amante
Chè vediamo i tuoi tesor! Che preferir dovrò.
Rita - Ho fiori per tutti, Rita (fra sè) - (Odi costui! per l’avola
Di belli e di brutti; O per la zia mi toglie.
Le rose, gli anemoni S’io m’arrischiassi a dirglielo?
Graditi alle spose; S’ei mi volesse in moglie!)
I lenti papaveri Ma – non saprei – rivolgiti
Per l’alme gelose; Dove il desio ti chiama.
La bruna viola Scegliti il cuor che t’ama,
Che cresce romita Dirti di più non so.
Onor dell’aiuola, Giacinto - Lisa mi piace, è cara,
Piacer della vita. Scherza talor con me.
A voi questo cardo, Rita - Scherza con tutti – avara
Mio vecchio Bernardo; Del suo favor non è.
Visconte, vorrei Giacinto - Rosa è un gentil folletto,
Che fosse fra’ miei Bianca e vermiglia...
Il fior dell’amore Rita - Già
Per porvelo appiè, La biacca ed il rossetto
Ma ancor questo fiore Colla sua man si dà...
Non sorse per me. Giacinto - Que’ bei capelli d’oro....
Visconte - Lontano lontano Rita - Che al parrucchier pagò...
Quel fiore da te! Giacinto - Piu non parliam di loro,
Ei punge la mano L’ostessa io sposerò.
Che sorger lo fe. Rita - L’ostessa?
Rita (al Visconte) - Ho rose ed anemoni Giacinto - Sì.
Graditi alle spose, Rita - La guercia?
Ho lenti papaveri Coll’uno i campi sbercia,
Per l’alme gelose!... Coll’altro la città.
Visconte - Per queste ferite Giacinto - Mi sposerò la Berta.
Rimedio non v’ha! Rita - Sposala pur, ma all’erta!
Rita (facendogli odorare un papavero) - L’odor ne sentite, Chè zoppicando va.
Che ben vi farà. Giacinto - Che dunque? io non saprei
La farfalla al fior rispose... A chi la mano offrir.
La radice hai tu nel suol; Rita - (Poveri vezzi miei,
L’ali a tergo il ciel mi pose, Poveri miei sospir!)
Perchè lieve io spieghi il vol. Giacinto - Qualunque alfin mi tocchi,
Tu rimani, io vado errante Non vo’ morir garzon.
Senza posa e senza fin; Rita - (Vorrei cavarti gli occhi,
Cangio fiore ad ogni istante Sgarbato villanzon!)
Come vuole il mio destin. (a 2)
Udrò forse il tuo sospiro, Rita - Caro Giacinto, non t’affrettare
Fatto il giro del giardin. Poichè potresti precipitar.
Coro - Vaga pur di fiore in fiore, Pria che condurla presso all’altare,
Farfalletta del giardin; Conosci a fondo chi dêi sposar.
Verrà giorno che il tuo core Giacinto - Penso, mia Rita, ma nel pensare
Saprà meglio il suo destin! (il Coro si ritira nelle trabacche. Il Vi- Passano gli anni senza tornar.
sconte parte seguito da Bernardo) S’altro consiglio non mi sai dare.
SCENA 5ª - Parco inglese presso il castello. Addio, ragazza, lasciami andar. (partono)
Capanne, tempietto, ponte rustico. SCENA 6ª - Coro di Cacciatori e di Dame vestite all’Amazzone.
A sinistra un lato del castello. A destra un boschetto. Coro - Grato è il suono de’ corni festosi
Rita e Giacinto incontrandosi. Che sull’alba c’invita a cacciar;
Giacinto - Rita! Grata l’ombra de’ roveri annosi
Rita - Giacinto! E de’ veltri il lontano latrar.
Ma più grato narrar nella calma Rita - Intesi assai.
L’alte prove del nostro valor; SCENA 9ª - Il Visconte e Bernardo dalla destra.
E col canto che sgorga dall’alma Bernardo - Qui, qui, Visconte. Ebbene?
Celebrar la bellezza e l’amor; Dov’è fuggita!... Eccoli là.
SCENA 7ª - Adele, e detti. Visconte - Vediamo
Adele - Amabili compagni, Che vuol da me l’infida.
Riposar non vi spiaccia. A voi s’aspetta Adele (affettando sorpresa) - Voi qui, Visconte?
La corona e la lode. E chi lasciava Visconte - Innanzi a voi mi guida...
Il campo dell’onore, Adele (gli volge le spalle e vede Rita) - Oh! sei tu, Rita?
Abbia il premio che merta un disertore. A tempo vieni. Tu piangi?
(da sè) (Ah! Il labbro invan lo sprezza, Rita (asciugandosi gli occhi) - Perdonate
È finto il mio rigor. Adele - Ridi,
Quest’alma lo accarezza. Ridi, fanciulla. Dal tuo damo forse
Per lui sospira il cor. Fosti offesa, tradita? Ebben: d’amanti
Dov’è l’usato vanto! Non c’è penuria. E poi...
Lo sdegno mio dov’è? (con affettata indignazione accennando il Visconte)
Da me lo scaccio, e intanto Merita forse un uomo i pianti tuoi?
Desio che torni a me!) Rita - Signora, e chi volete
Cavaliere - Contessa, perdono degl’impeti suoi, Che badi a me? Gli amanti
Volete ch’ei muoia lontano da voi? Si corron dietro a prova.
Adele - Ch’ei muoia, voi dite! Sì buono il credete? (stizzita quasi piangendo) Chi n’ha da gettar via, chi non ne trova.
Scommetto ch’ei dorme con tutta quiete. Adele - Ed è questa, o semplicetta.
Olà! maggiordomo, se visto il Visconte? De’ tuoi pianti la cagion?
Bernardo - Madama, pur troppo lo vidi costì! Rita - Io somiglio alla Ginetta
Adele - Pur troppo! Di cui parla la canzon.
Bernardo - Pensoso chinava la fronte: Coro - Canta, canta, o giovanetta,
Giammai desolato m’apparve così. Sempre allegra è mai passion!
Cavaliere - Udiste, Contessa? Rita - «La Ginetta aveva un core
Adele (a Bernardo) - Tu scherzi... Dov’è? Innocente al par che bello,
Bernardo - Qui presso. E l’amore uscia da quello
Adele - Ch’ei torni, ch’ei torni al mio piè. Come il balsamo da un fior.
Bernardo - Contessa... Ma i suoi voti, i suoi sospiri
Adele - Obbedisci. Sperdea l’aura della sera,
Bernardo - Scusatemi... E la bella giardiniera
Adele - Ebben? Si struggeva ad or ad or.
Bernardo - Comanda chi puote... ma s’egli non vien? Ma una voce in cuor le suona,
Adele - Fermate! Ch’ei resti. Non calmi di lui. Una voce lusinghiera,
Bernardo - Mi fermo. Che le dice: spera, spera,
Adele - No, corri: lo prega a venir. (Bernardo via) Verrà il giorno dell’amor.»
Non son Contessa e femmina, Coro - Una voce il cuor le suona... ecc. ecc.
Se non mi cade a’ piè. Rita - «Aman tutti in terra e in cielo;
Dovrà baciar la polvere L’usignolo in fra le fronde,
E domandar mercè, Ama il fiore in sullo stelo,
Io son bizzarra e frivola! Ama il pesce in mezzo all’onde;
Io non conosco amor! Aman tutti, ed io, meschina!
Vedrai, Visconte amabile, Mi consumo in vani lai,
Vedrai che abbiamo un cor. Ed un cor non trovo mai
Coro di Dame - Vedrai, Visconte amabile, Che risponda al mio dolor.
Vedrai che abbiamo un cor. Ma una voce in cor le suona,
Coro di Cavalieri - In qual vespaio orribile Una voce lusinghiera,
Caduto è il disertor! Che le dice: spera, spera,
Adele - Facciamo lega, amiche, Verrà il giorno dell’amor.»
Lega tremenda. Il sesso tutto offese. Coro - Una voce il cuor le suona... ecc. ecc.
Dame - È ver. Adele - S’io potessi, o giovanetta,
Adele - Qualche burletta, Le tue pene consolar;
Qualche beffa troviamo S’io potessi!... (Oh! mia vendetta
Che lo faccia arrossir de’ torti suoi. T’incomincio a saporar!)
Riderà ben chi riderà dappoi! (si ritirano tutti verso il fondo) Darti alcun de’ fidi miei
SCENA 8 - Rita, e Giacinto dalla sinistra. Non potrei come tuo damo;
Giacinto - Rita, ho deciso. È fatta; Ma prestar te lo potrei
Alla mia sposa appresta Come amante di richiamo.
La nuzial ghirlanda. Voi, Visconte, voi che amate
Rita (fra sè) - Oh! me delusa. La rural semplicità!...
I miei consigli, ingrato, Visconte (piccato) - Qual idea!
Sprezzi così! Pentirti Adele - Non v’adirate.
Forse un giorno potrai. Coro - Che capriccio!
Va pure. Rita - Che bontà!
Giacinto - Odimi, Rita. Adele - Prendi, o Rita, da me ‘l prendi,
Te lo do per cavalier; Rita (entrando) - Signor!... Oh! a me non bada,
Ed allora me lo rendi Non mi guarda nemmen! Signor Visconte...
Quando sia meno altier. Visconte (distratto) - Rita, sei tu!
Visconte - Sol per questo, o mia signora, Rita (come sopra) - Veduta
Mi voleste riveder? Pur non mi avea! Sotto un crudel pianeta
(con dispetto represso) Questo incarco assai m’onora, Esser nata degg’io,
Saprò fare il mio dover. Se tal conto si fa dell’amor mio!
Coro - Qual amabile sirena! D’un guardo non mi degna;
Indovino il suo pensier. D’un detto non m’onora!
Sarà pur la bella scena! N’ho troppo già a quest’ora
Vogliam ridere davver! D’un simile amator!
Bernardo e Giacinto - Il Visconte alla Fioraia Se i Conti ed i Baroni
Nominato cavalier! Somigliano al modello,
Non intendo questa baia! Io sposo un villanello,
È da ridere davver! Rinunzio a tanto onor.
Adele - Siete pago? Io so che amate Visconte (fra sè) - Non ha torlo costei. Rita, perdona,
La rural semplicità! Eccomi a te. (Vezzosa
Visconte - Qual idea! Ell’è come i suoi fior!). Dunque, favella,
Adele - Non v’adirate M’accetti tu per cavalier...
Coro - Qual capriccio! Rita - Signore,
Rita - Qual bontà! Tanto io non merto, ma sprezzar non deggio
(Rita è a destra sul dinanzi della scena; Adele e le Dame, il Vi- Della Contessa un grazioso dono.
sconte e i Cavalieri formano due gruppi nel mezzo. Giacinto e Visconte - Ma pur quello io non sono
Bernardo a sinistra) Che vorrebbe il tuo cor: confessa il vero.
Visconte (fra sè) Adele e Dame Rita - Signore...
(A tante stranezze (Del fiero Visconte Visconte - Un altro t’ama,
Quest’altra s’aggiugne! L’orgoglio è caduto È ver?
M’invita e mi pugne, Immobile e muto Rita - Se amor si chiama
Mi vuol provocar. Non sa che si far. Pensare a lui, senza che un sol pensiero
Si celi il dispetto Amante per celia Egli a me volga...
Con aria ridente. Ad altro concesso! Visconte - Che mi narri!
Del dono imprudente Il debole sesso Rita - Il vero.
Pentir ti vo’ far!) Impari a beffar.) La fortuna a me non diede
Cavalieri Rita Nè ricchezza nè beltade;
(Garbato Visconte, (È ricco il Visconte, Il mio cuore e la mia fede
Sbandite ogni cura, È nobile, e bello, Sono tutti i miei tesor.
La vostra avventura Ma pur non è quello Visconte - Ma se un giorno a te pensasse,
Non è da sprezzar. Che m’abbia ad amar. Gli daresti e mano e cuor?
La Rita è più bella Giacinto è l’oggetto Rita - Ah! Signor, se a me pensasse
Di queste superbe; De’ palpiti miei: Gli darei la mano e ‘l cuor.
E il nome dell’erbe Giacinto io vorrei Vero è ben ch’ei non possiede
Vi puote insegnar.) Mio sposo nomar.) Nè splendor nè beni assai;
Giacinto Bernardo Ma il suo cuore e la sua fede
(La Rita al Visconte! (Osserva la Rita, Mi farian felice appien!
Che strano pensiero! Si mette già in boria. Ecco: tutto io vi svelai
Che faccia davvero? Che storia, che storia! Il segreto del mio sen.
Che voglia scherzar?) La voglio contar.) Visconte - Io lo lessi ne’ tuoi rai
Fine dell’Atto Primo Il segreto del tuo sen!
ATTO SECONDO Non temer, vezzosa Rita,
SCENA 1ª - Ricca Sala nel Castello. Se in tuo cuore amor favella,
Il Visconte, e poi Rita. La sua voce sarà udita,
Visconte (guardando fra le scene) Sarà pieno il tuo desir.
Ella mi fugge! Ella mi sprezza! ad altri (fra sè) (Ah! cosi volesse anch’ella
Mi pospose l’ingrata; Ascoltar i miei sospir!)
Mobile come foglia Rita - Ah! colui che mi martella
Da’ zeffiri agitata! Non ascolta i miei sospir!
Deh! perchè, perchè m’è tolto Visconte - Vero è dunque?
Cancellar nel mio pensier Rita - Ah! troppo è vero.
La memoria del suo volto, Visconte - Bella Rita, allora io stesso
De’ suoi vezzi il rio poter! Voglio darti un caro amplesso!... (per abbracciarla)
Donna ingrata, a te sacrai Rita - Ah! Signor, per me non fa.
Ogni affetto, ogni desio! Tanto in alto io non ispero
In te sola, in te sperai Ritrovar felicità.
Una meta al viver mio. Visconte - Vieni, o gentile,
Oh! speranza lusinghiera. Più che non credi,
Come lieve apristi il vol Al tuo simile
Pari a fior che innanzi sera Batte il mio cor.
Schiuda il seno, e cada al suol. Qual tu mi vedi
Mi struggo anch’io, Bernardo - Io te ne voglio tanto.
Beviam l’obblio Rita - Voi? Non lo credo.
D’un vano amor. Bernardo - Mettimi alla prova.
Rita - Per altro oggetto Rita (ride) - Ah! Ah!
Batte il cor mio: Bernardo - Parlo sul sodo.
Cangiar l’affetto Eccoti la mia mano
Non sa il mio cor. E colla mano il core.
Ah! se a voi pare Rita - Ah! Ah! bella davvero!
Nata foss’io, Bernardo (comicamente) - Sai tu da quanti mesi
Voi solo amare De’ tuoi bei rai m’accesi?
Vorrei, signor! S’io mi dimagro e il passo
SCENA 2ª - Adele e Coro di Dame. Movo anelante e lasso,
Coro - Qual cura segreta Se premature brine
Vi punge, vi lima? Bianco mi fanno il crine,
Disparve la lieta È amor che a poco a poco
Baldanza d’un dì. Mi va struggendo in duol,
Sgombrate dall’alma Siccome cera al foco,
L’ignoto rancor, Siccome neve al sol.
Ritorni la calma Rita - Povero il mio Bernardo!
Sul volto e nel cor. Perchè venir sì tardo?
Adele - Amiche, il dado è tratto, Mi fa pietà davvero
Più ritrar non si può. M’impone il padre, Il tuo destin severo.
Il vecchio padre mio Ma sai che a freddi giorni
Che alla mia libertade io dica addio. Più non fiorisce il suol:
Innanzi sera io deggio Come l’april ritorni
Fra quello stuol che alla mia mano aspira Consolerò il tuo duol.
Uno sposo nomar. Bernardo - Rita, tu vuoi la beffa,
Coro - Chi sarà mai? Non ti mostrar sì dura al pianto mio!
Adele - Invano lo chiedete; Eccomi a’ piedi tuoi.
Fra l’orgoglio e l’affetto ondeggio incerta; (s’inginocchia, e in questo tempo entra Giacinto)
Amo talun che l’amor mio non merta. SCENA 4ª - Giacinto, con un fascio di lettere, e detti.
Come il fanciul che libera Giacinto - Che mai vegg’io?
La rondine smarrita Oh! vecchio rimbambito
E poi vorria riprenderla, Che fate lì?
E indarno a sè l’invita; Bernardo (levandosi confuso) - Ciò che mi pare,
Così il mio cor desidera Rita - Il cuore
Un ben che ad altri diè. M’offre e la mano.
I miei pensier s’aggirano Giacinto - A quella età?
Sempre alla meta istessa: Bernardo - Che importa?
Son come nave in pelago È una fidata scorta,
Che a perigliar s’appressa, D’un compagno fedele ella ha mestiere.
Nè sa schivar lo scoglio, Rita - Che gusto! che piacere!
Nè può restar dov’è! (esce accompagnata dal coro) E tu, che vuoi da me?
SCENA 3ª - Parco come nell’Atto Primo. Rita, poi Bernardo. Giacinto - Questi biglietti
Rita (dentro) - Una voce al cor mi suona, Ti reco; a te diretti son, cred’io.
Una voce lusinghiera Rita - Diretti a me? quei fogli?
Che mi dice: spera, spera, Ch’io li vegga; oh! s’io sapessi
Ecco il giorno dell’amor. Questi sgorbi decifrar!
Bernardo - La sua voce mi parve. Eccola. È dessa. Fate voi.
Oh virtù de’ quattrini (dà le lettere da leggere parte a Bernardo, parte a Giacinto)
Quanto sei grande! Alcuno Bernardo - Deh! che mai lessi!
Non le badò finora; or che il Visconte Si poteva immaginar! (ne apre un’altra)
Una dote le assegna, Rita - Dite, via!
Le si faranno avanti Bernardo - Le stesse cose.
Un centinaio almen di spasimanti! Giacinto (dopo averne scorse alcune) - Tutte lettere amorose.
Sei mila scudi! Il bocconcino è ghiotto; Rita (battendo le mani) - Che trionfo! che piacere!
È ver che son vecchietto, Chi le scrisse? il vo’ sapere.
Starebber bene a me come ad un altro. » Bernardo (leggendo) - Approfitto dell’incontro
E costei non è sciocca... » Per offrirvi la mia man.
Ma ad un marito non si guarda in bocca. » E se nulla avete contro,
Sarà quel che sarà. Rita! » Meglio oggi che doman.
Rita (entra annodando un mazzo di fiori) - Bernardo! » Giacinto (come sopra) - Vengo a voi colla presente
Bernardo - Che fai eh? » Per espor come qualmente
Rita - Non vedete, » Son disposto e v’amo – eccetera,
Annodo un mazzolin. » Come sta nell’altra lettera.
Bernardo - Per chi? » Bernardo - Per voi sola, o mio tesoro,
Rita - Per quello » Per voi sola io vivo e moro...
Che mi vuol bene. » Giacinto - Per voi peno e per voi sento
» Una smania ed un tormento Di nuzial convito.
» Bernardo - Ho sei campi e una cascina Mi par che basti.
» Giacinto - Ho di fabbro un’officina. Adele - Io fremo.
» Una casa ed un poder. « Giacinto - È una cosa inaudita.
Rita - Che contento! che piacer! Adele - Un nero eccesso.
» Bernardo - Sottoscritto Renzo Santi, Giacinto - Nerissimo.
» Gian dell’Oste, Andrea del Prà. « Adele - Tu stesso
Rita - Jer nessuno, ed oggi tanti! Ne convieni, Giacinto?
» Son confusa in verità! « Giacinto - Eccome!
Bernardo (fra sè) - (Guarda, guarda un po’ di dote, Adele - Indegno!
Che miracoli operò!) Giacinto - Involarci le amanti! a noi che resta,
Giacinto (fra sè) - (Da che mai dipender puote? Se alla sua signoria piace anche questa?
Più ci penso men ne so.) Adele - Tu l’ami dunque?
Rita (guardando Giacinto, fra sè) - (Ei mi guarda e non si scuote! Giacinto - Io? forse
Non sa dir nè si nè no) Or che ci penso bene
Giacinto - Non fidarti, o core amante, Sarebbe il caso mio. Lei giardiniera,
Alla fredda età severa, Io giardinier... ma non vorrei per questo...
Freschi fior da secche piante M’intendete, Contessa!...
Non può far la primavera. Adele - Veggo il Visconte che vêr noi s’appressa.
Scegli un uom dell’età mia, SCENA 7ª - Visconte entrando e Bernardo che lo segue. Vengono
Che ti regga in sulla via, dal lato opposto a quello da cui erano venuti Adele e Giacinto.
Che senz’arte a te sia caro, Visconte (a Bernardo) - Sta ben, de’ tuoi servigi
Suo sostegno e tuo ristor. Mi sovverrò. – Contessa...
Bernardo - Non fidarti, o core amante. Adele (ironica) - Messere, in traccia forse
Alla folle età primiera: D’altra donna venite? I vostri sguardi
Muta voglie ad ogni istante, Cercano Rita.
Oggi bianca e doman nera; Visconte - Io la lasciai pur ora.
Scegli un uom dell’età mia, Adele - Docile tanto al cenno
Sano il cor d’ogni pazzia, Non vi sperai. La villanella ottenne
Non badar se il crine è raro, Più che non volle.
Se il suo cuor è caldo ancor. Visconte - I semplici suoi vezzi
Rita - (Vedi come il primo amante M’allettarono infatti.
Trae con sè tutta una schiera, Adele - Il veggo. (ironica) A quando
Come, come ogni galante Le nozze?
Alla grama giardiniera; Visconte - E se la celia
Ma il mio cuor, ma l’alma mia Avverar mi piacesse?
Ama un solo, un sol desia.) Adele - A ciò v’esorto,
Nardo mio, Giacinto caro, Vi consiglio, vi supplico. Ella è degna
Date pace al vostro cuor!... Di voi, Visconte.
(Rita parte, Giacinto e Bernardo la seguono) Visconte - Ha un cor sì dolce e schietto!
SCENA 5ª - Coro di Dame e Coro di Cavalieri, incontrandosi. Eccola, che vi sembra?
Cavalieri - Leggiadre damine, che fa la Contessa? Adele - (Oh! mio dispetto!)
Ciascuno la cerca, ciascuno ne chiede. SCENA 8ª - Rita vestita da sposa, e detti.
Dame - Pur or la vedremo dolente, perplessa, Adele - Qua ch’io v’ammiri, madamigella,
Quest’oggi a uno sposo dara la sua fede. De’ vostri fasti ch’io mi consoli:
Cavalieri - Quest’oggi? sì tosto? Belli quegli occhi! sembran due soli:
Dame - Del padre è comando, Bello quel labbro, bello quel piè!
Fra dieci galanti decider dovrà; La vostra mano vince la neve,
Ai balli, alle caccie le incresce dar bando; La vostra fronte par di regina;
Vorria richiamarlo, ma il come non sa. (si ritirano in fondo) Scuso il Visconte se a voi s’inchina,
SCENA 6ª - Adele seguita da Giacinto. Se a voi consacra la propria fè!
Adele - E bene? ove son essi? Visconte (fra sè) - Come la punge! come la beffa!
Giacinto - Più lungi, presso al lago, Or or la celia troppo s’avanza;
Sotto l’ombra de’ salci eran pur ora. De’ suoi capricci, di sua incostanza
Adele - Fia ver? tu non m’inganni? Più che non sembra punita ell’è.
Bada! Oh! se una volta mutasse modo!
Giacinto - La vidi con questi occhi istessi Oh! se davvero m’amasse alfine!
Susurrarle all’orecchio A lei quel serto porrei sul crine,
Amorose parole, e la fraschetta Vorrei serbarle l’antica fè!
Gli sorrideva e gli porgea la mano. Rita (ad Adele) - Deh! qual sorriso! deh! qual favella!
Adele - Indegno! ed osa tanto In che v’offesi, gentil signora?
Qui al mio cospetto, nella mia dimora, Non è mia colpa se in poco d’ora
Ed io, folle ch’io sono, io l’amo ancora! Ei s’è invaghito così di me!
(a Giacinto, poi lo arresta) Vattene. (fra sè) Ah! se Giacinto m’amasse un poco,
E che diceva Vorrei finirla, gridar vorrei
Il Visconte? Ch’egli è l’oggetto de’ voti miei,
Giacinto - Che so? Parlava, io credo, Che a lui di sposa vo’ dar la fè.
Di dote, di ghirlanda, Giacinto - Mai non mi parve finor sì bella!
(da sè) Deh! come porta la sua corona! Siamo venuti a posta,
Ha proprio l’aria d’una padrona; Scegliete, o Rita, e piacciavi
È un bocconcino degno d’un re! Gradire il mio bouquet.
Bernardo - Bravo il Visconte! l’ha fatta bella! Rita - Come sì presto accendervi
(fra sè) Cara Contessa, la vi sta bene; Poteste voi di me?
Imparerete che non conviene Coro - Gli è che le vostre grazie
Amare un uomo, badare a tre! C’erano prima ignote:
Coro - Deh! qual incendio da una facella! Oh! non vi diate a credere
Sdegno ed amore pugna in quei petti; Che fosse per la dote...
Chi può mai dire di quegli affetti, Benchè seimila talleri
Qual sarà quello che vincer dê. Potrian sedurre un re.
Adele (a Rita) - Sciagurata, a me t’appressa; Rita - Ve l’hanno data a bevere,
Uno scherzo è questo amor. Non ho che la mia fè.
Visconte - Io terrò la mia promessa: Coro - Allora, o Rita, rimani in pace,
Vieni, o Rita. Non so che farmi della tua fè.
Rita - Oh mio signor! Il tuo bel viso molto mi piace,
Non vorrei che la Contessa Ma senza dote non fai per me.
Mi serbasse alcun rancor! Rita - (A’ miei seimila talleri
Giacinto - S’è scoperta da se stessa Offrivano il bouquet.)
Bernardo e Coro - Ciò vuol dir che l’ama ancor! Coro - Allora, o Rita, rimani in pace, ecc. ecc.
Adele - Non da te che un dì raccolsi (Il Coro parte e Giacinto s’avanza verso la Rita)
Sopportar credea quest’onta; SCENA 2ª - Giacinto e Rita.
Non da voi, signor Visconte, Giacinto - Rita!
Quest’oltraggio meritar. Rita - Li udisti?
Ite entrambi, e in altro loco Giacinto - Ho udito,
Date sfogo al vostro affetto; Ho veduto e ne godo.
Ma il mio parco ed il mio tetto Rita - E tu non hai
Deh! vi piaccia rispettar. Un bouquet da offerirmi, una parola
Visconte - Bella dama, a che lo sdegno Che mi consoli!
Che v’accende, che v’investe! Giacinto - Io?
Servo al cenno che mi deste, Rita, tu mi canzoni. Ecchè t’importa
Amo lei che deggio amar. De’ miei fiori, di me, dell’amor mio?
Vieni, o Rita, in queste braccia lo non sono il Visconte, egli t’aspetta
Avrai scudo, avrai sostegno; Sotto i salci del lago.
Quello scherno, e quello sdegno Rita - Egli m’aspetta? io volo.
Deh! vi piaccia moderar. Giacinto - Va pure, ingrata, io ne morrò di duolo.
Rita - Oh! frenate quello sdegno Rita - Sarebbe ver? Giacinto!
Che v’accende, che v’accora; Tu impallidisci! – E la tua sposa?
Nulla io feci, o mia signora, Giacinto - Ho sciolto
Di ch’io deggia vergognar. Ogni patto con essa, ogni parola;
Partirò da queste mura Rita, sappilo alfine: amo te sola!
Dove un giorno m’accoglieste, Qual favilla in selce ascosa
Ma quel ben che mi faceste L’amor mio mi crebbe in seno:
Non potrò dimenticar. Or che a un altro tu vai sposa,
Bernardo - Vieni, vieni, o giovanetta, Ei divampa nel mio cor,
Non ti turbi quello sdegno; Come rapido baleno,
Un asilo ed un sostegno Come foco struggitor.
Nessun cuor ti può negar. No, da te non cercherei
Giacinto - Oh! la grazia de’ potenti Nè ricchezze, nè tesori,
Piace assai, ma poco dura. Sarian paghi i voti miei,
Meglio un pane fra le mura Sol che avessi la tua man...
Del paterno casolar! Lascia almeno ch’io t’adori,
Cavalieri (al Visconte) - Troppo acerba è la vendetta, Se il tuo amor ti chiesi invan!
Perdonate a un cor che v’ama; Rita - Oh! mio Dio, che mai dicesti?
Un galante la sua dama Giacinto - Sì, mia Rita, amai te sola.
No, non dee mortificar. Rita - E perchè finor tacesti?
Dame (ad Adele) - Troppo acerba è la vendetta, Giacinto - Non sapea trovar parola.
Perdonate a un cor che v’ama; (a 2)
Non conviene a nobil dama Rita - O Giacinto!
Tanto sdegno dimostrar. Giacinto - O Rita bella!
Fine dell’Atto Secondo Piu speranza omai non v’è.
ATTO TERZO Rita - Il Visconte a sè m’appella,
Scena 1ª - Parco come nell’Atto Secondo. Non poss’io mancar di fè.
Coro di Villani e Rita. Saranno vestiti a festa, con un po’ di – Puoi tu...
caricatura e tengono in mano bouquets enormi da offerire alla Rita. Giacinto - Sarai ricca, Contessa sarai,
Coro - Poi che alle nostre lettere Serti e gemme donarti ei potrà;
Non date mai risposta, Ma il pensier de’ tuoi anni piu gai
La nostra sorte a intendere Fra le gemme a trovarti verrà!
Ah! se un giorno ti giugne la nuova Adele - Ei l’ignora? e t’ama?...
Che il dolore m’ha tratto all’avel, Rita - Sì.
Una stilla dagli occhi ti piova, L’amor suo m’apri pur ora;
Tardo premio d’un’alma fedel! (via) Ma il mio labbro non ardì.
SCENA 3ª - Rita, poi Adele. (il Visconte e Giacinto gioiosi si ritirano)
Rita - Odimi... non partir! Sarebbe vero? (a 2)
Egli mi amava – ed io... tutto al Visconte, Dolce amica, un fato istesso
Tutto io dirò. (per partire) Le alme nostre avvicinò!
Adele - T’arresta: L’amistà ci dia l’amplesso
Dove il tuo piè s’affretta? Che l’amor ci ricusò.
Rita - Signora, egli m’aspetta... SCENA ULTIMA - Il Visconte, Giacinto, Bernardo e Coro.
Adele - Egli? il Visconte? Giacinto - Rita!
Rita - Sì. Visconte - Contessa!
Adele - Troppa impudenza è questa! Adele e Rita - Oh ciel!....
Scherza co’ pari tuoi. Visconte - Tutto è palese;
Rita - Non gl’imponeste voi Eccomi, Adele, a’ piedi tuoi!
Ch’egli mi amasse un dì? Adele - Compito
Adele - Odi, o Rita, io già non l’amo, Sia del padre il voler, compito il mio.
Anzi l’odio e lo detesto. Giacinto - La mano io dono a te, Rita diletta.
Vendicar di lui mi bramo, Visconte - Oh! scherzo avventuroso,
Vo’ che umil mi cada al piè. S’io gli devo il tuo cor!...
Spezza un nodo a te funesto, Rita - Ed io lo sposo!
Dì che ad altri hai dato il core, Adele e Rita - Caro sdegno lusinghiero,
E uno sposo assai migliore, Se il suo core aperse il mio,
Maggior dote avrai da me. Pago appieno è il mio desio,
Rita - Perchè il don della sua mano Son finiti i miei sospir.
Rifiutar cosi dovrei? Dopo il nembo passeggierò
Perchè un atto sì villano Più seren m’arride il cielo:
Domandate dal mio cor? Senza schermo e senza velo
Se l’amaste io ben vorrei! L’alma esala il suo gioir.
(qui compariscono dal fondo il Visconte e Giacinto, e si tengono Se il mio labbro si confonde,
in disparte per udire il dialogo di Adele e Rita) Se vien meno a tanto amore,
Adele - Rita, io l’amo! io l’amo, amica, Parli un core all’altro core
Arde in me la fiamma antica, Ciò che il labbro dir non sa.
Era finto il mio rancor. Tutti gli altri - Chi a’ lor voti non risponde,
Rita - Deh! che intendo! Anch’io, signora, Chi non plaude a tanto amore
Amo un altro... Non ha senso, non ha core,
Adele - Un altro? e chi? Non conosce l’amistà.
Rita - È Giacinto... ed ei l’ignora... Fine
LA NOTA - Prima di dare inizio al testo del melodramma, il libretto ci
informa: «Musica del Maestro sig. Federico Ricci.» e non ci sarebbe
nulla da eccepire. Poi, succede che addentrandoci nelle ricerche della
prima rappresentazione e – soprattutto – andando a spulciare i reso-
conti dell’epoca troviamo, in un ebdomadario dell’epoca, che a com-
porre la musica di quest’opera sono stati in cooperazione entrambi i Appena una settimana dopo, il 20 giugno, “L’Amante di richiamo”
fratelli Ricci – Luigi e Federico – e non è solo questo frammento che viene recensita da uno che di teatro d’opera ne capisce più d’ogni altri
riproduciamo qui sotto a sostenerlo ma lo sostiene anche il recensore mai sia per titoli che per competenza. Parliamo di Felice Romani il
della prima rappre- più grande librettista del tempo. Trascriviamo testualmente:
sentazione. « Versi e prosa! Quanto paghereste, o critici, che siffatta bizzarria si
Qui sotto, riprodu- trovasse sul frontispizio di un dramma di qualche povero librettista
ciamo la rubrica che non potete adattarvi a chiamare poeta? Oh! i lepidi epigrammi,
“Teatri d’oggi” del- le acute arguzie, e persino le amene personalità che scoppietterebbero
la “Gazzetta pie- dal vostro fervido spirito! Ma per disgrazia vostra e di coloro che fan
montese” del 13 boccaccia ridente a tutto ciò che ha un tantin di malizia e perfino di
giugno 1846 dove si legge che al «D’Angennes (alle 8 ½) Opera: malignità e maldicenza, Francesco Dall’Ongaro può scherzare a man
L’Amante di richiamo (nuovissima)». salva, egli che prima di farsi librettista acquistossi, col consenso uni-
versale, il nome di poeta e, la Dio grazia, sa più di voi come tornire
un verso, come vestire un concetto: ci può scherzare a man salva, pe-
rocchè se vi chiamasse a rassegna, e vi chiedesse quali nel suo
dramma sono i versi, e quale la prosa, sareste ben impicciati a rispon-
dergli, tale a’ dì nostri è la stramba idea che vi siete fatti della lingua
e dello stile, del ritmo e del metro, della verità e della convenienza!
« Versi e prosa, signori sì; e sapete perchè gli venne fatta tal celia?
Per avvertirci ch’ei si ride di voi, per dirvi, come Fedro: “Fabula de
te narratur”, per farsi giuoco della strana marcia del dì d’oggi di correr
dietro alle ampolle, di porgere orecchio alle martellature, di bearsi
alle contorsioni, di torcer il naso al naturale ed al semplice, di esser
sempre sui trampoli, e di far parlare, direbbe Orazio, lo stesso lin-
guaggio a Davo e a Tieste. Egli ha voluto dirvi, scrivendo un’azione Polluce della musica, siccome i due fratelli di Elena, “fratres Helenae
giocosa, un comico scherzo, una bizzarria drammatica, ciò che diceva lucula sidera”, spuntarono nel cielo burrascoso del d’Angennes, fe-
il buon Carteromaco dettando un poema romanzesco e faceto, e al ge- cero tacere i venti imperversanti e il romoreggiare dei tuoni, e diffu-
nere accomodando lo stile: sero intorno la serenità del sorriso, e la soavità della calma. Dolci
Emmi venuta certa fantasia, melodie, vivaci accompagnamenti, giocondi pensieri, musica parlante
Che non posso cacciarmi dalla testa, e cantante, freschezza, giovialità, leggiadria dell’opera buffa, chi può
Di scrivere un’istoria in poesia, sentirvi una volta e lasciarsi ritentare da quella musica forsennata e
Affatto ignota o poco manifesta. ruggente che non parla nè all’intelletto nè al cuore, e insiste, direbbe
Non è figlia del Sol la Musa mia, il Parini, con suono “lacerator di ben costrutti orecchi”?
Nè ha cetra d’oro e d’ebano contesta: « L’opera dei due Ricci è bella tutta da capo a fondo, e sarà sempre
È rozza villanella, e si trastulla, più bella quanto più sarà intesa. Come gli occhi non possono così
E va cantando conforme le frulla. [Cantando a aria, conforme le frulla.] tosto mirare la luce dopo lunghe tenebre, cosi gli orecchi intronati
« E rozza villanella è la Musa del Dall’Ongaro, poichè villanella è han d’uopo di avvezzarsi a poco a poco ai canti pacati o gentili. Vi
pur essa l’eroina del dramma, villanello è l’amante ch’ella vagheggia, hann’arie e vi han duetti di graziosa fattura, vi han pezzi concertati e
villanelli i terrazzani fra i quali succede l’azione. E poichè canta con- finali maestrevolmente costrutti, e sempre in carattere, e sempre d’ac-
forme le frulla, mischia i villani ai cavalieri, la forosetta con la Ca- cordo colla situazione e con gli affetti dei personaggi. Io non citerò
stellana, il giardiniere col Visconte; e dà a tutti costoro pressochè lo più quel pezzo che questo, perocchè siffatte citazioni io le lascio ai
stesso linguaggio, perchè si tratta di amore che pizzica tanto i cittadini giornalisti teatrali insieme al catalogo delle chiamate, dei battimenti
quanto gli uomini del contado, e di una burla, di una finzione, di un dei Procoli, e degli urli dei protettori: dirò soltanto che vi ha un ter-
tal quale stratagemma di cui tutti fan parte, e tutti son giuoco del pari. zetto fra un basso, un tenore, e un soprano di tutta originalità e di tutta
Mettete in bocca a questa Musa le studiate eleganze, le squisitezze freschezza, ove il canto è innestato al parlante, la passione alla festi-
sentimentali, le astrazioni metafisiche, i concetti romantici di cui vi vità, lo scherzo all’effetto, in maniera veramente singolare, e con ve-
piacete, e addio convenienza, addio semplicità, addio natura. Infatti, rità sorprendente. È gran tempo che la musica non seguì così bene le
udite la favola. In un castello della Sicilia vi ha una dama capricciosa tracce della poesia. Io non trovo pei Ricci elogio migliore di questo.
e civetta, e una giardiniera semplicetta e leggiadra: quella è fidanzata « I cantanti corrisposero qual più qual meno all’intendimento del
a un visconte, e lo tormenta colle sue bizzarrie: questa è innamorata poeta e del maestro. La Gabussi fu bella, disinvolta e graziosa nella
di Giacinto giardiniere, ed è tormentata da lui perchè non la intende. parte di Rita, se non chè talvolta il desiderio di essere evidente la fa
Il Visconte è malcontento della dama, e sembra volersi allontanare da esagerare un tantino, e la semplice villanella ha un certo chè di sgual-
lei: essa, credendosi negletta dal Visconte, ne vuol punire la superbia, drina. La Rebussini sceneggia un po’ troppo telegraficamente, e carica
e approfittandosi della semplicità della Rita, cosi chiamasi la giardi- un po’ troppo le tinte del carattere che rappresenta. Unite insieme in
niera, che si duole di non trovare chi l’ami, le dà in imprestito il Vi- un duettino le due voci un po’ aspre per loro natura non si accordano
sconte col patto che quando lo avrà ridotto meno altiero lo debba a insieme tanto che basti per riuscire piacevoli, e vanno su e giù come
lei restituire. Il Visconte, piccato, acconsente al capriccio, e si pone a due seghe ad un tempo. Ma questi son nèi che non scemano i pregi di
corteggiare la Rita; ma la Rita che non vede nel Visconte null’altro queste due giovani ed egregie virtuose. Il tenore Pancani vestì molto
che un amante posticcio, si lascia vagheggiare per ubbidienza, e in bene il personaggio del timido e semplice giardiniere Giacinto, e in
suo cuore non sospira che Giacinto, tal nome ha il giardiniere il quale maniera da desiderare ch’ei non indossi mai più il mantello, nè stringa
vorrebbe a marito. Da siffatto intrigo, che se non è verosimile, non la lama di Toledo dell’Ernani ed altri spacconi; e cantò fra le altre
vuol dire però che non possa esser vero (perchè in amore ne succe- cose l’aria sua con animata espressione e con bei modi di canto. Il
dono ancor di più strane) derivano dispetti, gelosie, qui pro quo di- Soperchi non intese il personaggio del Visconte: ne fece un burbero,
vertenti, finchè il Visconte fingendo di voler davvero sposare la Rita, uno impettito, uno spavaldo; entrò in iscena aggrottato, e aggrottato
fa sì che la Contessa si riconcilia col Conte, Giacinto ha una spiega- vide calare il sipario. Gli è un buon cantante, ha voce di buon metallo,
zione colla Rita, e questa tutta contenta si marita con Giacinto. ma metallo un po’ duro che ha d’uopo di esser temprato. Degli altri
« La favola, coma vedete, non è che uno scherzo, una di quelle sem- cantanti e dei coristi e dell’orchestra scrivete voi tutto il bene che vi
plici azioni sulle quali ordivasi un giorno la nostra opera buffa, e in sembra poter dire di loro, ch’io sono stanco delle rassegna. Lo spet-
luogo delle quali vennero in teatro i piagnistei, gli avvelenamenti, le tacolo è messo in scena con ricchezza e con lusso. Bei vestiarii di vel-
luto e di seta con oro e
pugnalate e tante altre diavolerie che io non dico. E ciò sa bene il
ricami, costumi, non so di
Dall’Ongaro, perocchè vede addentro tutti i segreti e tutte le magagne
che tempo e di qual na-
della nostra letteratura. Osservate in fatti come nelle sue prefazion-
zione, ma di buon gusto, e
celle dà un’incensata ai romanzieri del giorno descrivendo il siciliano
anzi che no appariscenti.
castello; come si prostra agli attuali descrittori di costumi, esponendo
La società impresaria si
il carattere della Castellana; come sacrifica alla moda della storia in mostra assai liberale, e
azione, e agli attuali amanti della verità a detrimento dell’invenzione, non teme di nulla, nè del
giustificando la fedeltà storica e cronologica degli eroi del suo consumo della stoffa, nè
dramma coi manuscriti degli archivii, colle pergamene polverose, coi della biacca ancor più mi-
così detti documenti alla mano. Ma cotesta la è una mistificazione, cidiale. Il pubblico fu con-
direte voi! Tanto meglio, se di ciò vi accorgete. tento di tutto e di tutti, e la
« Intanto questo scherzo del Dall’Ongaro, se mal non mi appongo soddisfazione fu cosi epi-
porterà il vantaggio che portar sogliono tutti gli scherzi ingegnosi; demica che si diffuse pe-
guarirà gli intelletti da molte e molte manie che io non dico, e risu- fino nei congiunti di
sciterà un’altra volta il genere dell’opera buffa, e lo stile ed il verso qualche virtuoso i quali
che ad essa convengono. Intanto gli siam debitori di una musica gen- furono i primi ad applau-
tile e vivace che ci fa riposare dalla musica angosciosa e arrabbiata dire anche a rischio di
che c’intronava finora: intanto dobbiamo a lui la consolazione di ve- esser confusi coi cla-
dere che, ad onta di tanti ingegni nascenti o da nascere, i già noti e queurs dai quali Iddio li-
provetti, quando l’occasione presentisi, possono sempre signoreggiare beri una volta i teatri! R.
le scene d’Italia, come i fratelli Ricci che tradusserò in note il grazioso ______________________________________________________________________________
dramma che si canta al d’Angennes. Provenienza: Library of Congress, Washington (D. of C. - Usa)
« Imperocchè non uno (e posso dirlo perchè di certo lo so) non uno, Stampatore: Tipografia Fodratti.
ma due Ricci, l’autore dello “Scaramuccia”, e quello delle “Prigioni (Si vende a Torino dal Libraio Lorenzo Cora - sotto i portici di piazza
di Edimburgo”, Luigi e Federigo lavorarono a gara intorno ai versi e Castello, sull’angolo della contrada di Po, verso il Regio Teatro ove
alla prosa dello scherzoso Dall’Ongaro. Questi due astri, Castore e trovasi il deposito di tutti i libri delle opere per musica.)
ICONOGRAFIA: nella pagina precedente
il librettista Felice Romani, recensore della prima rappresentazione di “L’Amante di richiamo”;
in questa pagina, dall’alto a sinistra in senso orario
il soprano Rita Gabussi De Bassini (Bologna 1815 circa; Napoli, 26-1-1891), creatrice del ruolo di Rita;
il baritono Antonio Superchi (Parma, 11-1-1816; 5-7-1893), primo interprete del Visconte;
il librettista Francesco Dall’Ongaro (Mansuè, TV, 19-6-1808; Napoli, 10-1-1873);
il compositore Federico Ricci (Napoli, 22-10-1809; Conegliano, TV, 10-12-1877).

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