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Il Testamento dell’Avvelenato
Il Testamento dell’Avvelenato è una ballata popolare che inaugura un genere narrativo ripreso in molteplici
varianti: la storia di un figlio morente, perchè è stato avvelenato, che ritorna dalla madre per morire nel suo
letto e dettare il testamento; con tutta probabilità la ballata ha origini italiane (quasi 200 versioni regionali)
passa per la Germania – Svezia e poi si diffonde nelle isole britanniche ( con il titolo di Lord Randal) fino a
sbarcare in America.
QUASI 200 VERSIONI REGIONALI
ANGUILLA O SERPENTE?
Il Testamento dell’Avvelenato in chiave archetipa
LA DAMA E LA MORTE/CASTRAZIONE
VERSIONI SCOZIA
Lord Randal (Child # 12)
Ciod è a ghaoil a tha ort (gaelico scozzese)
Lord Ronald, my Son (Robert Burns)
Croodin doo (nursery rhyme)
VERSIONI IRLANDA
Henry my Son
Amhrán na hEascainne (gaelico)
VERSIONI INGHILTERRA-AMERICA
The Wild, wild Berry (versione inglese -Shropshire)
Billy Boy (sea shanty)
Jimmy Randal (versione americana-John Jacob Niles)
VERSIONI FRANCIA-ACADIA
Le testament du garcon empoisonné
Il Testamento dell’Avvelenato è una ballata popolare che inaugura un genere narrativo ripreso in molteplici
varianti: la storia di un figlio morente, perchè è stato avvelenato, che ritorna dalla madre per morire nel suo
letto e dettare il testamento; con tutta probabilità la ballata ha origini italiane, passa per la Germania – Svezia e
poi si diffonde nelle isole britanniche ( con il titolo di Lord Randal) fino a sbarcare in America.
Così c’insegna Riccardo Venturi “Questa ballata può avere avuto origine molto lontano dalle brughiere e dai
lochs, e molto vicino a casa nostra. Il veleno, infatti, è un’arma assai strana nelle fiere ballate britanniche, dove
ci si ammazza a colpi di spada; è un mezzo subdolo, ‘femminile’ di uccidere, e non a caso è stato sempre
considerato, a livello popolare, proprio degli italiani. ” (da “Fatti e Fattacci” in Ballate angloscozzesi)
Le melodie sono quanto mai varie e spaziano dal lamento alla musica da danza o quanto meno allegra.
La ballata è costituita dal solo dialogo tra madre (o a volte la moglie) e figlio che in alcune regioni si chiama
Enrico, in altre Peppino in altre ancora, come in Canton Ticino, Guerino: intervengono poi altri personaggi come il
dottore, il confessore e il notaio, solo nel finale apprendiamo che il colpevole dell’avvelenamento è la moglie (in
alcune versioni la sorella oppure più raramente la madre)
ANGUILLA O SERPENTE?
L’avvelenamento avviene per mezzo di un’anguilla. L’anguilla era un cibo molto apprezzato nel Medioevo, e
consumato anche in zone lontane dal mare in quanto si poteva conservare a lungo viva. Ma si sa l’anguilla ha un
aspetto serpentino e in effetti il capitone (cioè l’anguilla con la grossa testa) è spesso paragonato, almeno in Italia,
al pene maschile.
A prima vista l’avvelenamento potrebbe trattarsi di una vendetta da parte della moglie o dell’amante a causa di un
tradimento e viene spontaneo il parallelo con un’altra ballata diffusa in tutta Europa con il tema della “Morte
Occultata” anzi le due ballate si potrebbero dire originate da una stessa antica fonte mitologica: l’eroe va a caccia
nel bosco e viene avvelenato da una misteriosa dama, -(una fata, dame sans mercì) quindi ritorna a casa e lascia il
suo testamento.
LA DAMA E LA MORTE/CASTRAZIONE
La dama è in realtà la morte, ma il suo senso di frustrazione per la prova fallita gli fa vedere nella dama/morte il
volto della donna amata la quale, in una specie di transfert, lo umilia e lo punisce nella virilità offrendogli il suo
stesso sesso rappresentato da un’anguilla avvelenata. Se non si passa nel mondo degli adulti il pene perde del tutto
la sua forza ed è quindi rifiutato dalla donna che lo vuole invece garante come generatore della vita e della
famiglia. In mancanza di queste garanzie, in una società dove generare tanti figli era la prova di massima virilità,
la morte prende il sopravvento. Nella morte è coinvolta anche la cagnola; ritenuta colpevole in egual misura dal
padrone per non averlo aiutato nella caccia, mangerà l’altra mezza anguilla. Alle fine, nel testamento, all’ultima
domanda provocatrice della mamma, l’avvelenato lancerà una maledizione augurando la forca alla dama, che
essendo la morte, non può morire. Tuttavia è anche una maledizione verso la donna amata per la quale si è
sottoposto alla prova, fallita, di virilità.
LA GRANDE MADRE
Nell’evoluzione della ballata si sono persi i contatti con le radici più profonde e rimane una storia di presunti
tradimenti dove in ogni caso è una donna, derivazione della strega-morte, a compiere l’omicidio.
Il ritorno dell’eroe morente dalla mamma va visto come il ritorno alla madre terra che accoglierà il figlio di nuovo
nel proprio grembo. Una figura paterna avrebbe disturbato, nell’inconscio collettivo, la visione archetipica
dell’abbraccio consolatorio della Grande Madre.”
Versione Piemontese
In questa versione, raccolta da Costantino Nigra, il marito si rivolge alla moglie accusando un forte dolore e viene
chiamato il notaio per fare testamento.
Nanni Svampa
Angelo Branduardi in Futuro Antico III
i Gufi, area lombarda
Monica Bassi & Bandabrian la versione dal Veneto (accorata interpretazione e bellissime immagini in bianco e nero)
La Piva dal Carner (diventati poi BEV, Bonifica Emiliana Veneta), 1995. La versione emiliana. Qui il protagonista è un cavaliere cortese di nome Enrico
Musicanta Maggio (sempre di area emiliana) in cui si aggiunge la strofa della cagnolina pure lei morta avvelenata per aver mangiato un pezzo d’anguilla. Il finale
prosegue con il testamento
Versione Emilia-Romagna
Piva del Carner
I
Dov’è che sté ier sira, fiól mio Irrico?
Dov’è che sté ier sira, cavaliere gentile?
Sun ste da me surèla, mama la mia mama
sun ste da me surèla
che il mio core sta male.
II
Che t’à dato da cena?
Che t’à dato da cena,
Un’anguillina arosto,
un’anguillina arosto
che il mio core sta male.
III
Dove te l’ha condita,
Dove te l’ha condita,
In un piattino d’oro,
in un piattino d’oro
che il mio core sta male.
IV
Che parte è stè la tua,
Che parte è stè la tua,
La testa e non la coda,
la testa e non la coda
che il mio core sta male.
V
Andè a ciamèr al prete,
andè a ciamèr al prete
che il mio core sta male.
Sin vot mai fèr dal prete,
sin vot mai fèr dal prete,
VI
Mi devo confessare, mama la mia mama
Mi devo confessare,
che il mio core sta male
m’avete avvelenato mama la mia mama.
m’avete avvelenato
e il mio core sta male.
Paolo Galloni ci testimonia la seguente storia che ci permette di rintracciare “Il testamento dell’avvelenato” anche
nelle zone dell’Appennino Parmigiano o Piacentino con il nome de “Il figliol Rico” (il figlio Enrico)
“Lord Randal è stata una bella canzone tra le tante fino al 1995. Nell’estate di quell’anno in un mercatino di
seconda mano ho trovato un disco intitolato ‘Canti popolari della Valle dei Cavalieri’; il nome evocativo si
riferisce all’alta val d’Enza, che separa l’Appennino parmigiano da quello reggiano. Era una raccolta di canzoni
registrate dalla viva voce degli anziani di lassù. Uno dei titoli, eseguito da due anziane sorelle del paese di
Carbonizza, si chiamava ‘Il testamento dell’avvelenato’. Fin dalle prime note ha rivelato qualcosa di famigliare.
Invece di perdere tempo in spiegazioni, riporto le prime due strofe:
In dove t’è stè ier sira, figliol mio Rico?
In dove t’è stè ier sira, cavaliere gentile?
Son stè da me soréla, mama la mia mama
Son sté da me sorella, che il mio cuore sta male
Cosa t’ha dato da cena, figliol mio Rico?
Cosa t’ha dato da cena, cavaliere gentile?
Un’anguillina arrosto, mama la mia mama
Un’anguillina arrosto, che il mio cuore sta male
Rico riferisce anche di averne gettato una porzione alla cagnetta, la quale “è già morta e sotterrata”. Diverso e
inquietante è l’epilogo: sono la cara mamma e la sorellina ad aver pianificato l’avvelenamento del povero Rico.
Le due ballate hanno la stessa trama (con tanto di anguilla) e, questo è il dato più sorprendente, la medesima
struttura arcaica. In entrambi i casi i ritornelli formulari stanno al termine delle singole frasi e non delle strofe,
come è tipico delle ballate ‘moderne’. Ascoltando Rico e Randal ho pensato -e penso tuttora- che certe canzoni
hanno viaggiato come le merci e come i microbi, ma a differenza delle prime non costano nulla, a differenza dei
secondi possono aiutare a guarire.”
Ulteriori versioni di Giordano Dall’Armellina con testo tratto dallo spartito musicale dalla raccolta del Bolza
“Fonti Lombarde I, Canti di Como, Verese, Somma Lombardo” e del gruppo anconetano La Macina, sempre
accompagnato dal testo. vedi
FONTI
http://www.nspeak.com/allende/comenius/bamepec/multimedia/saggio2.htm
https://igiornicantati.wordpress.com/2016/03/08/ballata-narrativa/
–/5
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