Sei sulla pagina 1di 6

PARINI

Se Venezia è la base in cui si sviluppa la letteratura di Goldoni; Milano è la città ideale per Parini.
Venezia e Milano fanno da sfondo unico e irripetibile per questi due autori, per il loro modo di essere e di
pensare.
DIFFERENZA
VENEZIA - enclave, borghese, tollerante, attiva, aperta
MILANO - aristocratica, mitteleuropea cioè si muove più al centro d’Europa che in italia, è capitale del
regno austroungarico. È vicina alla Svizzera, vive di un certo tipo di economia.
Vede principalmente aristocrazia, non chiusa e ovattata.
L’aristocrazia milanese avrebbe la possibilità di far crescere Milano in modo esponenziale ma ciò non
avviene.
Su questo si basa la letteratura di Parini.
Anche lui è RIFORMATORE
Vuole scuotere la classe dirigente. Goldoni l’ha fatto con la borghesia. Parini lo fa con gli aristocratici.
Gli aristocratici milanesi avrebbero le potenzialità per diventare classe principale ma si lasciano governare
dagli austroungarici e questo Parini non lo sopporta.

Parini nasce a Bosisio, Milano, e già all’epoca si lamenta dell’inquinamento di Milano dopo essersi spostato
lì per studio.
Sia per l’aria sia per i rumori molesti causati dai carretti che passano sulle strade dissestate.
Parini va sul concreto, sui problemi reali della società e cerca di affrontarli.

La vita personale è particolare.


Lui è povero di base. Riesce a studiare grazie a una zia che mette un limite alla possibilità di studio di Parini.
Lui può studiare solo se diventa Prete.
Non diventerà prete ma si fermerà a chierico perché non sente la vocazione dentro di sé.
Resta quindi un po’ a metà.
Gli studi che deve svolgere sono studi di teologia, per accontentare la zia.
Questo lo limita molto infatti quando diventa più adulto si svincola da questo contesto e inizia a lavorare
per mantenersi ed essere libero dalla zia.
Per essere libero inizia a essere precettore dei figli dei nobili.
Lui riesce quindi ad entrare nelle case dei nobili perché i precettori vivevano con loro e diventavano un po’
il segretario del padre di famiglia.
Vive quindi per molti anni a stretto contatto con le famiglie nobili. Lui le conosce, le ha vissute.
Lui è precettore di Carlo Imbonati, padre di Manzoni (diciamo che Manzoni ha base illuministica perché è
indirizzato allo studio da Imbonati che ha avuto l’insegnamento di Parini)

Parini è un ARCADE per cominciare ad essere poeta bisognava essere iscritto all’ACCADEMIA.
Nella letteratura di Parini spicca l’UTILITARISMO.
Proprio perché sta a contatto con la nobiltà lui si fissa il compito di svegliare le coscienze.
(Ha anche incarichi politici, diventa segretario del comune di Milano/ con gli austriaci non ha un buon
rapporto quindi verrà cacciato e ripreso ecc./ non si arricchisce mai perché non accetta di scendere a
compromessi)
ODI (un genere in cui si trattano tematiche civili / si scrive se si vuole fare propaganda di materia civile,
di vita quotidiana)
Scrive l’ode sulla salubrità dell’aria (problema inquinamento) e sull’innesto del vaiolo, spinge le mamme a
far vaccinare i propri figli contro il vaiolo; tutti avevano paura di questo vaccino a causa delle conseguenze
sconosciute.
Perché all’epoca non solo si moriva ma restavano problemi a vita (il vaiolo mangia proprio la pelle)
(cicatrice sul braccio per il vaccino)
Tematiche civili che lui affronta qui.
L’ode deve essere perfetta
Lo stile deve essere perfetto, a carattere SUBLIME, per questo è un’arcade.
L’ode si scrive con paletti metrici
Questa rappresenta la linearità e la classicità dell’illuminismo.

LA CADUTA (ode)
È un racconto autobiografico, è ormai vecchio.
Scrive di una sua caduta durante una notta un po’ tempestosa per le strade di Milano.
Un giovane lì nei pressi gli offre una mano per rialzarsi.
Quando si rialza il giovane lo vede alla luce del lampione e si meraviglia perché cammina da solo per strada
con il bastone (senza un proprio cocchio, una macchina ecc.)
Sbaglia il giovane perché rincara la dose.
Dice tu che conosci i segreti dei palazzi (riferendosi al fatto che Parini è stato segretario del comune,
precettore delle famiglie nobiliari) perché non vai a chiedere di stare in silenzio dietro pagamento?
Ragiona da giovane mediocre.
Dice ricattali prima così ti pagano.
Parini toglie la mano, si rialza da solo, e lo ringrazia.
Dice ti sei mostrato come un giovane appartenente alla classe umana perché mi hai offerto il tuo aiuto ma
io non ti riconosco come mio simile, non voglio il tuo aiuto puoi andare via.
Scontro generazionale.
Tematica dell’intellettuale che non vuole essere schiavo del potere, ma libero fino alla fine.
Lui da intellettuale non si è arricchito ma perché non era quello il suo obiettivo.
Nelle odi ha trattato tematiche civili così come nella sua opera maggiore “Il Giorno”
IL GIORNO
“Il” giorno, è generico, se avesse scritto “un giorno“ potevamo pensare ad un giorno solo un giorno.
Con “il“ l’ha reso già eterno, è sempre lo stesso giorno si ripete.
In questo poema didascalico racconta la vita quotidiana di un giovin signore del quale non sapremo mai il
nome, un giovane dell’alta nobiltà che ha tutti gli ozi che vuole, fa tutti i viaggi che vuole perché straricco.
Questo giovane ci viene fatto conoscere direttamente da Parini il quale scende nell’opera come
protagonista diventando un precettore quello che lui era già nella vita.
Questa volta però lui già ironizza sul suo stesso ruolo, perché lui e si precettore ma di amabile rito, non gli
insegna italiano o il latino ma come porgere la mano alla donna, come fare l’inchino, come giocare a carte.
Quindi già sta dicendo che fa l’intellettuale nella società aristocratica: non ha alcun valore, nessun senso
(tutto quello che il precettore dice, al giovin signore, da qui entra e da qui esce).
A questo punto pensa di potergli insegnare solo come deve vivere la società ma nel senso frivolo del
termine.
Quindi la caratteristica del poema è l’IRONIA, con ironia descrive la giornata tipo di questo giovane signore.
Lui anche deciso di dividere l’intera opera in più parti:
Sono quantitativamente diverse.
Il mattino, il mezzogiorno, il vespro, la notte.
Il mattino è la parte più bella più interessante e più ricca insieme a Il mezzogiorno
Il vespro è mancante; la notte è di pochi versi

IL MATTINO
Ci fa vedere la giornata di questo giovane da quando si sveglia a mezzogiorno inoltrato, perché la sera
prima ha fatto tardi, quando dice questo dice anche che il servitore apre le tende e Febo (il sole) colpisce
con i suoi raggi direttamente negli occhi del giovane signore; lo fa sembrare quasi una scena di guerra ma
è semplicemente entrata la luce nella stanza.
Parini con questo tono cerca di metterlo in ridicolo perché lui si sveglia quando gli operai stanno già
tornando a casa, come anche il contadino che lavora dall’alba a mezzogiorno, quindi quando lui si sveglia
chi deve lavorare chi è veramente utile alla sua società ha quasi completato la giornata di lavoro, mentre
lui apre gli occhi che vengono trafitti (usa un linguaggio molto classicheggiante, pomposo, pieno di figure
retoriche, di giri di parole, di perifrasi, perché lui lo deve ridicolizzare) dai raggi di Febo.
Quando si sveglia si sveglia già nervoso perché il suo servitore ha osato aprire le tende facendo entrare
direttamente il sole dentro (si sofferma su questo Parini perché vuole far capire che è mezzogiorno, il sole
è alto).
Ha un altro problema: deve decidere cosa prendere a colazione tra il tè, il latte, la cioccolata, il caffè: dietro
queste bevande, che sono nuove per l’epoca, stanno arrivando ora dai pochi paesi che le producono,
stanno a significare che il mondo fuori si muove veloce, è il giovin signore che resta fermo e sfrutta solo
quello che gli altri producono e conquistano mentre sta lì a casa tranquillo.
Poi c’è un altro rito dispendioso di fatica, fa le fatiche di Ercole, la toilette personale e deve affrontare la
battaglia vera della polvere perché all’epoca per sbiancare ancora di più il volto si usava mettere sul viso
del talco. Lui era seduto su una sediolina bassa e poi i servitori dopo aver messo un unguento tipo colla
facevano cadere dall’alto questa polvere bianca lucida.
Dice Parini che così fa le stesse fatiche del comandante quando sta a cavallo e si accorge che il nemico è
alle spalle e anche lui sta in mezzo alla polvere del cavallo.
Queste correlazioni servono ancora di più per farci capire la futilità, l’inutilità di quello che sta vivendo il
giovane signore e di quello che invece sta combattendo per uno scopo molto più nobile o religioso.
Finita la toilette deve scegliere cosa indossare, con lui c’è sempre il precettore perché lo deve consigliare in
tutto e passa per arrivare in camera attraverso il CORRIDOIO che era la zona più importante dei palazzi
nobili, era diventato infatti una sorta di galleria di ritratti E lui passa tutto borioso perché da una parte a
uno vestito da comandante, dall’altra parte l’ammiraglio, dall’altra parte un giudice.
Quando lui passa di lì si riempie di sé perché i suoi avi sono stati tutti di un certo livello e Parini mette in
ridicolo la sua camminata a petto in fuori e dice “guarda questi stanno lì perché l’hanno meritato”,
MERITOCRAZIA, “sono lì e ti hanno creato le ricchezze e tu ora le stai godendo perché qualcuno al tuo
posto le ha guadagnate ma tu che già hai chiamato il miglior pittore per farti ritrarre cosa hai fatto? A cosa
sei servito?”
Quindi ogni singola azione del giovane signore viene prima portato alle estreme conseguenze, (quando fa
lo sbadiglio il suo labbro e come quando un capitano in battaglia fa un grido di incitamento) crea prima la
perfetta corrispondenza tra lo sbadiglio del giovin signore e il grido di guerra del comandante, capitano, e
poi provoca il riso perché stava mettendo in relazione due cose diverse tra loro.
Tutto L’APPARATO IRONICO del poema di Parini si gioca sul suo ASPETTO STILISTICO PAROLE CLASSICHE,
cioè perifrasi classicheggianti, lo stile alla latina mettendo il verbo alla fine è tutto per dare rilevanza
formale ad atti futili.
Arriva il momento che lui deve uscire, tutto ciò che accade fuori dal palazzo è vita (quello che gioca, quello
che torno a casa) fuori c’è il sole, dentro non abbiamo mai la sensazione della luce piena solo quando entra
un po’ di luce dalla finestra ma lui chiede al servitore di chiuderla.
Quando lui esce non vuole avere contatti con il mondo esterno, la sua vita è chiusa in tutti sensi quindi
esce con la carrozza e rigorosamente le tendine sono chiuse, quindi è vero che esce fuori dal palazzo ma è
escluso dal mondo e quando cammina il suo cocchiere, che si sente anche lui spavaldo dal momento che
ha la divisa di casa, la livrea, quindi rispetto agli altri come lui si sente più importante per chi ha un lavoro
più dignitoso, quindi anche una guerra tra poveri.
Quindi questo cocchiere ben addestrato non si ferma davanti a nessun ostacolo, per strada calpesta i piedi
degli altri perché il suo giovin signore ha un appuntamento importantissimo deve andare a pranzo dalla
sua dama quindi l’impegno è improrogabile.
Non può fermarsi per quelli che colpisce con la sua carrozza, però Parini ci dice un’altra cosa con questo:
che Milano è una città caotica, l’aveva già detto con la salubrità dell’aria ma ora lo conferma perché non c’è
ordine in strada.
Quindi quando può lui dà sempre un occhio alle cose che dovrebbero essere sistemate e dovrebbero
pensarci la classe dirigente ma questo aristocratico quando esce non guarda, si chiude dentro e con i
paraocchi i suoi stessi cavalli va verso il palazzo della sua dama.

IL MEZZOGIORNO
Nel ‘700 vigeva una pratica quella del cicisbeismo, cicisbeo, è una pratica secondo la quale (lui va sempre a
far riferimento al “mos maiorum” della sua epoca) il cicisbeo era un amante ufficiale, più giovane della
dama, il marito della dama lo sapeva e ogni dama che si rispetti ha il suo cavalier servente (così lo chiama
lui), in questo modo Parini mette in ridicolo tutta la letteratura cavalleresca, i cavalieri che hanno fatto la
storia della letteratura, ora sono sempre cavalieri ma serventi, perché questo giovane è un servitore da
letto della dama, ma mette anche in risalto la decadenza dei costumi, il matrimonio non ha più valore nel
‘700 c’è pieno libertinismo dei costumi, (‘700 — libertinismo — secolo di Casanova) il ‘700 è quel
momento in cui presi dall’euforia che l’uomo possa fare tutto si danno alla pazza gioia, non ci sono più
regole di Dio, la Chiesa che controlla, e quindi tutto viene ad essere messo in crisi.
Quindi questo giovane signore (Copierà de Filippo) DA TUTTI SERVITO A NULLA SERVE. (Gioco sui termini).
Arriva a casa della dama.
Quest’ultima aveva dato un banchetto, un convivio, anche lei nobile ricco aveva invitato tutti quelli che
contavano nella Milano dell’epoca cominciando dal cardinale, quindi al tavolo si siede la Milano bella, il
cardinale, il ricco giudice, il capitano di giustizia…
Tra di loro parlano mentre arrivano le vivande (che saranno di tutti i tipi, e lui si sofferma a descriverli
perché deve far vedere la ricchezza, che tutte queste famiglie riescono a spendere in nulla mentre fuori
intere famiglie morivano di fame)
A tavola c’è anche l’intellettuale, il filosofo della situazione che conosce tutto l’Illuminismo e si va a finire
sull’argomento del vegetarianismo però nel frattempo mangia la carne.
È solo SFOGGIO DI CULTURA, di una cultura che non porta a nulla. Parini dice che sono persone che
avrebbero i mezzi materiali, capacità mentali di cambiare il mondo, di mettersi a servizio della società
invece preferiscono stare ad oziare, sperperare.
Parini perciò scrive il poema, non vuole l’eliminazione della nobiltà non è un rivoluzionario, lui vuole
educare, riformare questa aristocrazia; se il giovin signore spendesse le sue energie invece che per
divertirsi per l’imprenditoria, per il pubblico interesse, tutto migliorerebbe.
Mentre mangiano tutta questa selvaggina: uno dei servitori porta sul tavolo un pollo arrostito; il filosofo
inizia a raccontare l’ultimo libro letto sulla validità della dieta vegetariana; sorge negli occhi della donna o
una lacrima, perché mentre quella parla di animali e come trattarli le viene in mente di quando lei aveva
un cane piccolo e di quando si mise tra i piedi del servitore mentre portava i piatti tanto a farlo cadere.
Il servitore istintivamente diede un calcio alla cagnolina. La cagnolina ben addestrata dalla dama fece tre
volte la giravolta gridando aiuto, la dama prima svenne poi si riprese (dopo aver chiamato il medico, e tutto
esagerato), prese in braccio il cane e licenziò il servitore che era il suo servitore personale, era quello di cui
lei si fidava di più, li aveva anche moglie figli quindi tutti vennero cacciati e nessuno più di loro trovo lavoro
perché le voci intanto giravano di corte in corte quindi restò tarano in strada a chiedere l’elemosina
inutilmente perché i ricchi escono che le carrozze quelli che camminano a piedi sono i più poveri di loro.
Il cane invece, che Parini chiama addirittura vergine cuccia, rendendola quasi una dea, ha ricevuto
vendetta e tutto questo mentre si sta parlando di Illuminismo, di ragione, di uguaglianza tra gli uomini, di
libertà, di rispetto.
Questo di Parini è un modo per far capire che non si possono relazionare le due cose, il cane ha avuto un
calcio ma era di difesa e poi non è morto, quindi è l’andare a mettere in strada un’intera famiglia che crea
discrepanza e poi dice che questi operai che vivevano in queste case non avevano alcun diritto e quindi
nell’epoca dei diritti umani gli operai non vengono resi uguali e quindi non è vero che nell’Illuminismo
siamo tutti uguali.

IL VESPRO
Quando finisce il pranzo è già pomeriggio inoltrato, poi esce con la sua dama sempre nella sua carrozza
anche quando va all’esterno resta chiuso. Parini li segue sempre perché è il“consigliere“ del giovin signore.
Entrano in un altro palazzo, altro ambiente chiuso, e qui inizia la terza parte: il vespro — quando inizia a
venir meno la luce. Non c’è molto su questa parte è il momento del tè, della chiacchiera tra donne, come
usare il ventaglio, i maschi parlano delle ultime conquiste fatte, è poca roba tanto che è molto velocizzato.
Si aspetta semplicemente che cali il buio. Quando arriva c’è il trasferimento in un ulteriore dimora sempre
tramite una carrozza chiusa, ma anche se fosse aperta fuori è sempre buio quindi lo spazio è sempre
limitato.

LA NOTTE
In questa nuova fase cioè la scrittura della notte che è molto amara, questa volta Parini non ha più paura di
mostrarsi mentre, durante tutto il percorso del poema, noi sappiamo che c’è perché si autodefinì
precettore di amabile rito, in realtà la sua presenza non è mai invadente è sempre subordinata al giovin
signore che gli domanda sempre qualcosa (non di conoscenza quindi non di filosofia o cose varie) di cose
spicciole. Però durante la notte quando la luce non c’è, viene meno la luce piena, lui finalmente cala la
maschera, si mette dietro le colonne del salone e si mette ad osservare la GALLERIA DEGLI IMBECILLI che
gli passano davanti.
In questa casa troveremo gli aristocratici della Milano per bene perché abbiamo a che fare con nobili,
persone di un alto livello sociale, che però vengono giudicati da Parini come gli imbecilli della notte, vanno
lì giocano a carte, cenano, si divertono con le dame per le quali loro sono cicisbei, hanno funzione di basso
rango e pure dovrebbero essere quelli che hanno il compito di governare la società. Lui non riesce più a
trattenersi è stato diplomatico fino a questo momento, ora basta, davanti a sé ha solo una galleria di
imbecilli. Il testo a questo punto deve completarsi perché il rischio per Parini sarebbe quello di dire troppo,
offendere troppo ed essere quindi censurato.
LIRICA
LINGUAGGIO-STILE —>
Tutto quello che Parini scrive sul giovin signore e gli altri nobili è nulla, sono tutti atti nulli (prendere il
bicchiere per bere, essere truccato, camminare nella stessa galleria) Parini enfatizzando all’ennesima
potenza questi atti nulli li presenta come se fossero gesta eroiche. Si genera il contrasto tra le azioni
effettive e il linguaggio scelto, lo stile classicheggiante, alla latina, il linguaggio sublime che però dice
l’opposto di quello che vuole dire (il suo sbadiglio-urlo del comandante), tutto portato alle estreme
conseguenze con una perizia tecnica senza eguali.
Attraverso uno stile ridondante, classico, sublime, eccessivo, è come se volesse coprire la pochezza delle
azioni (se lo leggessimo senza enfasi capiremo che lui semplicemente si è svegliato, ha fatto colazione, si è
truccato, è andato a mangiare e ad ascoltare in modo disattento quello che gli altri credono di sapere, poi
gioca a carte, sta ancora con la sua dama e torno a casa quando gli altri vanno a lavorare-ci vogliono 30
secondi per riassumere tutto il poema di Parini).
C’è una profonda CRITICA SOCIALE, questa è la nobiltà.
Parini, a differenza di Goldoni che si muove a Venezia e quindi in un ambiente mercantile, si confronta con i
nobili perché all’epoca Milano, essendo capitale austroungarica, la Milano con il Palazzo Reale, con le dame
con i pizzi e gli ombrellini, è la Milano già viva, aperta all’Europa, in Italia è la prima città a vedere
l’industrializzazione, però la classe sociale dirigente milanese, l’aristocrazia, non se ne rende conto perché
se gli aristocratici e i nobili, soprattutto i giovani dei nobili come il giovin signore, avessero investito nella
società tutto sarebbe migliorato.
Parini non dice che devono fare beneficenza (a lui non piace perché dice che non fa crescere, se io dessi
dei soldi a una persona senza che lui faccia nulla in cambio io l’ho aiutato in quel momento senza darti però
la possibilità di migliorare. Questo dovrebbe fare l’aristocrazia: incentivare con leggi nuove e moderne la
MECCANIZZAZIONE della società, l’INDUSTRIALIZZAZIONE come facevano Londra e Parigi, altri metropoli
pari a Milano, di eguale grandezza ed importazioni.
A Milano c’era la casata austroungarica, che era una delle più importanti d’Europa, l’imperatore
dell’impero austroungarico non aveva nulla da invidiare a quello inglese eppure era diventato più povero
tanto da essere sopraffatto da altri regni.
Quindi anche Parini come Goldoni non è un rivoluzionario, a Milano sono tutti i nobili non può prospettare
la rivoluzione francese, anche perché lui è contro la forma di violenza rivoluzionaria, vorrebbe una riforma
della classe nobile, così come Goldoni voleva che i nobili si adattassero alla borghesia.
Sono entrambi delusi dalla società.
Non avremo IL NOME del giovane signore perché non serve, così avremmo classificato in quel modo solo
quell’uomo e invece no perché tutta la classe nobiliare di Milano era così, erano tutti anonimi.
Così è generico anche il titolo “il giorno” tutti i giorni sono così.
C’è una netta contrapposizione tra il dentro e il fuori.
Usavano una sorta di mascherina per il trucco che si sarebbe rovinato con gli agenti atmosferici, quindi
questo giovane non vive la vita fuori dal suo castello dorato, fuori tutto è vita (carrozza passa per strade
affollate) Milano è una città piena è la vita del giovane ad essere vuota.
(quando lui si lamenta con il servo che la mattina ha aperto le tende, il contadino sta tornando a casa
perché ho finito di lavorare e il giovin signore vive sulle spalle di quello, perché lui è andato a lavorare
nella sua terra che serve per poter dar da mangiare a tutti).
Anche se la vita del giovane vissuta dentro e al chiuso, nell’inattività, IL BELLO PER CONTRAPPOSIZIONE
STA FUORI DOVE C’È LA NORMALITÀ DELLA VITA.
Parini è un arcade, altrimenti fino all’ottocento non potevi essere letterato, di conseguenza lo stile è
perfetto, classicheggiante, antifrastico (scrive una cosa ma dice la cosa opposta), ampolloso, ricco…
Perché deve colmare il vuoto degli atti, se li vediamo concretamente senza tutti quei fronzoli resta quasi il
nulla. Questo vuole dire Parini: loro sono il nulla e il tutto per la società, ecco perché si arrabbia vorrebbe
questi giovani aristocratici diventassero imprenditori che si dessero da fare per farcrescere la società, non
per farla morire poco alla volta sotto gli stranieri.

Potrebbero piacerti anche