Sei sulla pagina 1di 74

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI NAPOLI

“L’ ORIENTALE”

DIPARTIMENTO DI STUDI LETTERARI, LINGUISTICI E

COMPARATI

Corso di Laurea in

Mediazione linguistica e culturale

Tesi di Laurea in

Economia e gestione delle imprese internazionali

L'internazionalizzazione delle imprese ed il valore del Country of

origin nelle politiche di marketing.

Il successo dell'impresa spagnola Mahou-San Miguel

Relatore: Candidata:

Ch.mo Tregua Marco Osci Simona

Matr. MC/04195

Anno Accademico 2018/2019


Indice

Introduzione.................................................................................................................3

Capitolo 1: L’internazionalizzazione delle imprese: analisi del fenomeno


e delle principali strategie

1.1 Il processo di internazionalizzazione: cause, obiettivi, ed approcci teorici.....7

- Il fenomeno dell’internazionalizzazione........................................................7

- Il modello internazionale di Uppsala..............................................................8

- Il paradigma eclettico di Dunning................................................................10

1.2 Principali modalità di ingresso: vantaggi e svantaggi.....................................12

- Esportazione diretta..................................................................................... 12

- Esportazione indiretta..................................................................................12

- Licensing..................................................................................................... 13

- Joint-venture (sussidiaria estera)..................................................................13

- Fusioni ed acquisizioni (investimenti brownfield).......................................13

1.3 Strategie di internazionalizzazione.................................................................14

- Il concetto di strategia..................................................................................14

- Strategie competitive offensive e difensive..................................................17

- Strategie di concentrazione/diversificazione geografica..............................17

- Strategie di orientamento internazionale......................................................18

- Struttura e implementazione di una strategia................................................20

- Fase 1: ricerca e analisi del mercato.............................................................21

- Fase 2: preparazione della strategia..............................................................23

- Fase 3: attuazione e controllo.......................................................................25


1
Capitolo 2: Il marketing e la gestione del brand: l’effetto del Country of
origin (COO) nello sviluppo delle strategie

2.1 Marketing e marketing mix: definizioni e strategie...................................27

- Il marketing internazionale..........................................................................27

- Marketing mix..............................................................................................30

- Analisi o matrice SWOT..............................................................................30

- Creare un piano di marketing........................................................................31

2.2 Brand: elementi costitutivi e funzioni.........................................................34

2.2.1 La gestione del brand (branding).........................................................36

2.3 Country of origin effect (COO): definizioni e strategie.............................39

2.3.1 Dimensioni del COO.............................................................................40

2.4 Strategie di branding e COO.......................................................................41

- Strategie di COO legalmente regolate...........................................................42

- Strategia 1: “Made in..”................................................................................42

- Strategia 2: Etichette di origine di qualità....................................................43

- Strategie di COO non regolamentate.............................................................43

- Strategia 3: COO presente nel nome dell’impresa.........................................44

- Strategia 4: termini tipici del COO inseriti nel nome dell’impresa................44

- Strategia 5: uso della lingua del COO............................................................44

- Strategia 6: utilizzo di persone famose o stereotipiche del COO...................45

- Strategia 7: uso di bandiere e simboli del COO.............................................45

- Strategia 8: utilizzo di un paesaggio tipico o di un monumento famoso del

COO.............................................................................................................45

2.5 Relazione tra brand e COO:effetti sul comportamento dei consumatori 47

2
Capitolo 3: Mahou-San Miguel e la sua espansione internazionale

Introduzione.................................................................................................................49

3.1 Origine dell’impresa....................................................................................52

3.2 Analisi del caso............................................................................................ 54

3.2.1 Evoluzione e crescita dell’impresa......................................................54

3.3 Attività di marketing...................................................................................62

3.4 Conclusioni...................................................................................................66

Riflessioni conclusive.....................................................................................................68

Bibliografia.....................................................................................................................69

3
Introduzione

Il fenomeno dell’internazionalizzazione è considerato quasi un comportamento naturale


per le imprese, di fatto, che queste siano di piccole, medie o grandi dimensioni diventa
necessario, in un mondo fortemente interconnesso, espandere la propria offerta verso
nuovi mercati, stabilendo dei contatti con questi ultimi tramite un lungo percorso che
richiede impegno e proiezione internazionali. L’obiettivo del presente elaborato è quello
di esaminare il tema dell’internazionalizzazione attraverso due primi capitoli prettamente
teorici, ed un terzo capitolo in cui verrà analizzato il caso pratico dell’impresa 100%
spagnola Mahou-San Miguel, come esempio di azienda dal successo internazionale. Nel
primo capitolo verrà presentata una panoramica generale sul concetto di
internazionalizzazione tramite due modelli ancora oggi considerati i più influenti nella
letteratura sul tema, ovvero il modello internazionale di Uppsala ed il paradigma eclettico
di Dunning. Il primo, definito il modello ‘tradizionale’, vede l’internazionalizzazione
come un percorso graduale che l’impresa intraprende tramite il susseguirsi di fasi
sequenziali: l’azienda incrementa gradualmente il proprio impegno e la propria presenza
nel nuovo contesto estero di pari passo con l’esperienza e la conoscenza che ha acquisito
di tale mercato. La visione di Dunning, invece, si concentra principalmente sul concetto
di ‘vantaggio competitivo’ come driver fondamentale del processo di espansione estera
di un’impresa. Questo particolare vantaggio che consente all’impresa di differenziarsi dai
propri concorrenti viene definito in base alla sua natura: ownership-scecific advantage
(vantaggio proprio e già consolidato dell’impresa), location-specific advantage
(sfruttamento del vantaggio in un’area favorevole) e internalization advantage (maggiore
vantaggio tramite l’internalizzazione di tutte le operazioni). Fare business a livello
internazionale è sicuramente più complesso rispetto alla sola concentrazione nel mercato
locale, infatti un’impresa che decide di intraprendere la strada
dell’internazionalizzazione deve necessariamente svolgere delle analisi preliminari, in
modo tale da scegliere con quale modalità convenga penetrare il mercato estero e fare un
giusto bilancio tra rischi e vantaggi potenziali prima di impegnare le sue risorse. Le
principali modalità di ingresso citate in questo lavoro sono: esportazione (diretta e
indiretta), licensing, joint-venture, fusioni ed acquisizioni. Nella seconda parte del primo
capitolo verrà dedicata un’attenzione particolare al concetto di ‘strategia’ vista come lo
sviluppo da parte dell’impresa di un piano d’azione mirato al raggiungimento di un certo

4
vantaggio competitivo nei mercati esteri. M.E. Porter individua le fonti di questo
vantaggio, teorizzando tre principali tipologie di strategia: leadership di costo,
differenziazione e focalizzazione. Seguendo l’analisi di Krzystof Wach verranno
presentate strategie di differenziazione/concentrazione, strategie di orientamento
internazionale (etnocentrica, policentrica, geocentrica e regiocentrica) e le strategie
offensive/difensive di Porter. Una volta introdotto il concetto di strategia verranno distinte
le tre fasi che intercorrono nel suo sviluppo: ricerca ed analisi del mercato, pianificazione
della strategia, attuazione e controllo.

Nel secondo capitolo verranno analizzati due elementi fondamentali per il successo di
una strategia internazionale, ovvero il marketing ed il brand, fattori strettamente
interconnessi. A questi due elementi si affianca il concetto del Country of origin effect
(COO), ovvero l’effetto che l’informazione riguardo al paese di provenienza del prodotto
provoca sui consumatori finali. Per quanto il marketing sia un concetto universale, poichè
il suo obiettivo è principalmente quello di ricavare profitto tramite le attività riassunte
nelle cosiddette 4p del marketing (prezzo, prodotto, promozione, posizionamento), in una
prospettiva internazionale si riscontrano difficoltà superiori in quanto i marketers che
operano in più paesi devono tener conto dei fattori controllabili ed incontrollabili che
caratterizzano sia il contesto del mercato locale, sia quello di tutti gli altri mercati in cui
opera l’azienda. Il mercato estero assume dunque la forma di ‘mercato alieno’, le cui
caratteristiche politiche, sociali, economiche e soprattutto culturali vanno ben studiate ed
analizzate dall’impresa prima di poter avviare delle attività di marketing, in modo tale da
non generare situazioni di incomprensioni che potrebbero portarla al fallimento. Nel
combinare questi elementi, i marketers devono tenere in considerazione una moltitudine
di fattori che fanno capo principalmente all’impresa ed al contesto in cui essa opera. In
questa prospettiva, vanno presi in considerazione i punti di forza ed i punti deboli
dell’impresa in relazione alle opportunità e alle minacce presenti sui territori esteri
(analisi SWOT). Creare un piano di marketing considerando questi fattori è di
fondamentale importanza per il successo delle attività dell’impresa, nel piano vanno
inseriti degli obiettivi specifici che l’impresa si propone di raggiungere nel breve, medio
o lungo termine. Importante è anche la natura di questi obiettivi, di fatto questi devono
essere specifici, misurabili, attuabili, realistici e tempificabili (obiettivi SMART).
Un’attenzione fondamentale va dedicata a quello che si definisce brand, ovvero
l’immagine con cui l’impresa si presenta ai clienti finali, dunque ai consumatori.

5
Un’ulteriore strategia che può risultare vincente è quella dello sfruttamento
dell’immagine del paese d’origine come sinonimo di qualità o connotazioni positive, il
cosiddetto effetto Country of origin (COO): l’idea che il consumatore ha del paese da cui
proviene un determinato prodotto può agire come segnale di qualità ed influire sulla
percezione del rischio, sull’intenzione d’acquisto e sulla valutazione del prodotto e del
brand da parte del consumatore. Ciò può essere dovuto ad alcuni stereotipi diffusi
riguardo certi paesi o all’effettiva qualità di materie prime provenienti da determinate aree
geografiche. Nel secondo capitolo verranno dunque presentate, seguendo l’analisi di
Aichner, 8 possibili strategie sviluppate tramite lo sfruttamento del COO. Infine, verranno
indagate le relazioni tra brand e COO e la combinazione tra questi due elementi nello
sviluppo delle strategie.

Nel terzo capitolo verrà presentato il caso Mahou-San Miguel (MSM), gruppo formato
da due aziende spagnole la cui fusione ha dato vita a quella che è oggi l’impresa
produttrice di birra leader in Spagna. Tramite una sezione preliminare verrà introdotta in
breve la situazione attuale del settore birraio in Spagna, evidenziando le cifre che fanno
della Mahou-San Miguel l’impresa più forte del settore a livello nazionale.
Successivamente, verrà fatto un excursus sull’ origine delle due imprese che formano la
compagnia, per poi andare avanti con le attività principali che la MSM ha realizzato nel
corso della sua storia e che l’hanno portata ad avere il successo nazionale ed
internazionale di cui vanta attualmente. Principalmente le strategie adottate dall’impresa
si basano su accordi ed alleanze strategiche con altre imprese del settore che già hanno
un ottimo consolidamento nel mercato domestico e che dispongono dunque di buone reti
distributive già consolidate, anche internazionali. Così facendo la Mahou-San Miguel
riesce a sfruttare i suoi vantaggi guadagnati tramite esperienza (know-how), risorse
accumulate (materiali ed immateriali) e posizionamento nel mercato domestico, in aree
geografiche favorevoli e con minimi sforzi grazie alle collaborazioni che realizza.
Attraverso l’analisi del percorso di espansione dell’impresa, verrà evidenziato il suo focus
sulla differenziazione, di fatto uno dei principali assi strategici della MSM è proprio
quello di diversificare ampiamente la sua offerta. Nelle politiche di branding e nelle
attività di marketing gioca un ruolo fondamentale per l’impresa l’effetto del COO. In
questo ultimo capitolo infatti verranno indicate alcune delle attività realizzate
dall’impresa volte a sponsorizzare il proprio marchio facendo riferimento al suo paese
d’origine come connotazione positiva del prodotto.

6
CAPITOLO 1

L’internazionalizzazione delle imprese: analisi del fenomeno e delle


principali strategie

1.1. Il processo di internazionalizzazione: cause, obiettivi, ed approcci


teorici

Questo primo capitolo ha l’obiettivo di introdurre la tematica dell’internazionalizzazione


partendo dai filoni interpretativi più influenti nella letteratura sul tema. Successivamente,
verranno presentati i due modelli principali ancora oggi utilizzati per interpretare il
processo di internazionalizzazione di un’impresa, ovvero il paradigma eclettico di
Dunning ed il modello internazionale di Uppsala. Continuando con la descrizione di
questo complicato e lungo processo, verranno elencate alcune delle principali modalità di
ingresso nei mercati esteri adottate dall’impresa (esportazione diretta e indiretta,
licensing, fusioni ed acquisizioni). Nella seconda sezione del capitolo verrà poi chiarito
il concetto chiave di ‘strategia’, fondamentale nell’espansione di un’impresa verso nuovi
mercati, presentando alcune tipologie di strategie e descrivendone processo di ideazione,
sviluppo, preparazione, implementazione e controllo.

Il fenomeno dell’internazionalizzazione

L’internazionalizzazione è prima di tutto un processo di apprendimento e sviluppo di


conoscenze (Johanson and Wiedersheim-Paul, 1975). La crescita tramite la
diversificazione internazionale è una scelta strategica importante per le piccole così come
per le grandi imprese. Significativo è stato negli ultimi anni, il ruolo sempre più attivo
giocato dalle piccole e medie imprese (PMI) nello sviluppo della tendenza
all’internazionalizzazione (Oviatt and McDougall, 1994, 1999). Zweig1 definì
l’internazionalizzazione come “the expanded flow of goods, services, and people cross

1
Zweig D.: Internationalizing China: Domestic Interests and Global Linkages, Cornell University Press,
New York 2002, p. 3

7
state boundaries, thereby increasing the share of transnational exchange relative to
domestic ones, along with a decline in the level of regulation affecting those flows’’. Il
gruppo di Lisbona2 combina l’internazionalizzazione economica con quella sociale e la
definisce come “the flow of raw materials, semifinished and finished products and
services, money, ideas, and people between two or more nation states”.
L’internazionalizzazione è dunque un insieme di processi che include
l’internazionalizzazione dei mercati, della produzione, del capitale, della manodopera e
delle varie regolamentazioni.

L’espansione geografica è una delle strade più importanti per la crescita di un’impresa,
ed è una strategia particolarmente significativa per le PMI le cui attività commerciali sono
sempre state geograficamente delimitate (Barringer e Greening, 1998). Ci sono differenti
condizioni di mercato nelle varie aree geografiche e sfruttando le proprie risorse in paesi
diversi, le imprese riescono a capitalizzare sulle imperfezioni del mercato ed ottenere
rendimenti maggiori. Presto o tardi, perseguendo obiettivi di crescita e/o di acquisizione
di competenze ed esperienza, le PMI adotteranno una strategia di espansione geografica
alla ricerca di nuove opportunità, così da sfruttare le proprie competenze distintive in un
range più esteso di mercati (Zahra, Ireland, e Hitt, 2000).

L’espansione internazionale può essere definita una scelta naturale o quasi necessaria
quando un’impresa ha raggiunto un certo livello di competenze organizzative, produttive
e di marketing, nonché dispone di risorse finanziarie adeguate per attuare un ampliamento
della propria attività (Caroli, 2012) o quando vi è una saturazione del mercato interno,
ovvero quando la capacità produttiva è superiore alla domanda o ai bisogni effettivi dei
consumatori finali.

Il modello internazionale di Uppsala

Nella letteratura sull’internazionalizzazione il modello a cui più frequentemente viene


fatto riferimento è quello proposto dagli economisti svedesi Johanson e Vahlne
dell’università di Uppsala (Johanson and Vahlne 1977; Johanson and Wiedersheim-Paul
1975), e pertanto conosciuto come il modello internazionale di Uppsala. Le teorie esposte

2
Group of Lisbon (1995), Limits to Competition, PIT Press, Cambridge – London

8
nel loro studio fanno capo all’approccio definito ‘tradizionale’ al fenomeno
dell’internazionalizzazione, opponendosi a quello innovativo tipico delle imprese così
dette ‘born global’3 (Chetty e Campbell-Hunt, 2004). L’ipotesi principale sviluppata nel
modello internazionale di Uppsala è che un’impresa aumenta gradualmente il proprio
grado di presenza ed impiego di risorse in un determinato paese, di pari passo con
l’esperienza e le conoscenze che acquisita riguardo tale mercato attraverso le attività che
vi realizza, una sorta di processo ‘learning by doing’ che viene definito ‘modello
sequenziale’.

Le varie fasi che un’impresa sperimenta nel processo di internazionalizzazione seguono


lo sviluppo della supply-chain (catena di distribuzione) e sono dunque le seguenti:
esportazioni sporadiche, esportazioni indirette (tramite agenti), creazione di una
sussidiaria estera e, infine, produzione internazionale. Seguendo l’approccio tradizionale,
le imprese compiono un percorso di coinvolgimento incrementale che partendo dalla
semplice esportazione evolve poi nella creazione di un’unità locale dedicata alla
commercializzazione dei prodotti, ed infine da vita ad un investimento produttivo diretto
(IDE). Secondo questo filone interpretativo inoltre, l’impresa inizia ad esportare quando
ha consolidato forti basi nel mercato domestico.

Il primo livello di internazionalizzazione delle attività corrisponde dunque alle vendite


internazionali (internazionalizzazione della catena degli scambi), principalmente tramite
attività di importazione ed esportazione. Queste attività commerciali sono associate ad un
basso grado di rischio poichè consistono unicamente nel ricevere e realizzare ordini esteri.
In molti casi, specialmente per le PMI, questo resta l’unico genere di business
internazionale realizzato dall’impresa. Il secondo livello di intensità delle attività di
business internazionali comporta principalmente la cooperazione con partners esteri,
queste collaborazioni si traducono in modalità di internazionalizzazione quali
subcontratti, licensing o franchising. L’aumentare delle attività internazionali significa
fare business all’estero, in questa fase l’impresa opera in un mercato aprendo una filiale
estera o una sussidiaria estera, ciò comporta dunque un investimento di capitale maggiore.
Il livello massimo di internazionalizzazione delle attività si concretizza infine nel
business globale, in questa fase tutte le operazioni dell’impresa sono consolidate a livello
internazionale e nel fare business il mondo viene concepito come un unico e singolo

3
Sylvie Chetty Colin Campbell-Hunt in Journal of International Marketing vol.12, No. 1, 2004, p. 59

9
mercato di riferimento. Le varie fasi di internazionalizzazione e le rispettive modalità che
ne derivano, possono essere differenziate principalmente secondo il grado di capitale
investito, di impegno gestionale, di controllo, di rischio, di costi di produzione e di profitti
potenziali. In questa visione, si possono facilmente osservare delle regolarità. Maggiore
è il livello di coinvolgimento gestionale, maggiore sarà il grado di controllo e di rischio
per l’impresa. L’aumentare del capitale investito comporta un aumento delle attività
amministrative nel mercato estero. Minori sono i costi di ingresso, minore sarà la
profittabilità delle transazioni realizzate. Dunque, i costi ed i relativi rischi saranno bassi
nelle fasi di esportazione ed importazione, moderati o condivisi nelle cooperazioni,
elevati nella creazione di filiali o sussidiarie, fino a raggiungere il massimo livello con le
acquisizioni e le fusioni. La scelta dei mercati esteri avviene anch’essa gradualmente;
nella fase iniziale le imprese esportano verso mercati con un’esigua distanza culturale ed
in seguito espandono le proprie attività di export a mercati che presentano distanze
notevolmente maggiori. La distanza culturale viene generalmente definita come la serie
di fattori che ostacolano il normale fluire delle informazioni tra l’impresa ed il mercato,
come la lingua, la cultura, il sistema politico, lo sviluppo industriale, le pratiche aziendali
ed il sistema educativo (Johanson e Vahlne, 1977). Seguendo questa teoria, le imprese
iniziano il loro processo di internazionalizzazione in quei paesi che possono essere
compresi più facilmente, dove la distanza psicologica è pertanto percepita il meno
possibile.

Il paradigma eclettico di Dunning

L’elaborazione del paradigma di Dunning 4 apparve nei suoi studi negli anni Settanta del
Novecento, con l’obiettivo di donare un’interpretazione al fenomeno
dell’internazionalizzazione di un’impresa che si basasse sull’analisi dei fattori e delle
spinte che ne sono all’origine. Le teorie portate avanti da Dunning nel suo paradigma
derivano dalla sintesi di vari approcci teorici precedenti, ed è per questo che viene definito
appunto ‘eclettico’. Oltre a fornire un importante contributo all'individuazione delle cause
che muovono un’impresa verso i mercati esteri, gli studi di Dunning hanno rappresentato
uno spunto di riflessione emblematico in tutta la letteratura successiva.

4
Dunning J.: Multinational Enterprises and Global Economy, Addison-Wesley, International Business
Service, Wockingham 1993.

10
La prospettiva nella quale si muove il paradigma è quella che vede il vantaggio
competitivo detenuto da un’impresa il punto di partenza principale per la sua spinta verso
l’internazionalizzazione, dunque la sua volontà di voler sfruttare in mercati più ampi e
promettenti le proprie competenze e risorse distintive. Tra questi fattori di vantaggio
Dunning ne individua tre fondamentali nel suo paradigma, che possono essere così
sintetizzati:

1 Ownership-specific advantage: l’impresa dispone di determinate risorse e/o


competenze non possedute dai concorrenti e che quindi le consentono di acquisire un
rilevante vantaggio competitivo anche nei mercati esteri, solitamente si tratta di
vantaggi in merito a tecnologie, know-how, marketing e gestione delle attività,
risorse materiali ed immateriali facilmente trasferibili da un mercato all’altro. Da
un’altra prospettiva, proprio grazie all’internazionalizzazione dell’organizzazione
delle attività a livello internazionale l’impresa riesce a ridurre i costi di transazione
rispetto a quelli dei competitors.

2 Location-specific advantage: può risultare più redditizio per un’azienda sfruttare le


proprie risorse in un determinato mercato estero piuttosto che in quello domestico,
aumentando così il proprio vantaggio competitivo. L’impresa individua dunque
un’area geografica che possiede condizioni più favorevoli in termini di domanda,
dimensione del mercato, regolamentazioni, o in termini di distanza fisica e culturale
dal mercato d’origine.

3 Internalization advantage: l’impresa internalizza i suoi ownership advantages,


maggiore è il grado di incertezza riguardo ai mercati esteri, maggiore sarà la tendenza
dell’impresa a sfruttare le proprie risorse all'interno della propria struttura
organizzativa anziché concederne l’utilizzazione a terzi (vendita o licenza).
L’internalizzazione avviene specialmente per ridurre i costi che presuppone il
coinvolgimento di terzi o quando si ha a che fare con il trasferimento di conoscenze.
Tuttavia l’internalizzazione presenta dei limiti, tra i più rilevanti l'incremento dei
costi di comunicazione e controllo delle unità organizzative esterne.

11
1.2. Principali modalità di ingresso: vantaggi e svantaggi 5

Esportazione indiretta
Consiste nella vendita di beni e servizi tramite intermediari locali. I vantaggi principali di
questa modalità sono: bassi costi di ingresso, basso rischio finanziario, le difficoltà
d’ingresso ricadono sull’intermediario, basso numero di personale richiesto, assenza di
costi di marketing, incremento relativamente semplice dei mercati. Gli svantaggi
principali, invece, possono essere un basso profitto, la dipendenza dall’intermediario
locale, una scarsa conoscenza del mercato estero, l’incapacità di acquisire esperienza
internazionale ed il rischio che l’intermediario decida di avviare una propria attività nel
mercato di destinazione.

Esportazione diretta

Le esportazioni dirette possono avvenire tramite intermediari e distributori esteri, tramite


un ufficio di rappresentanza e tramite un proprio network di distribuzione estera. I
vantaggi di questa modalità sono un basso costo di ingresso, un rischio finanziario
moderato, la collaborazione degli agenti nel superare le difficoltà d’ingresso, zero spese
di marketing e scarso numero di personale richiesto. Gli svantaggi derivanti da questo
genere di esportazioni sono però un basso profitto, un’alta dipendenza dagli agenti,
l’incapacità di guadagnare esperienza internazionale, il rischio che gli agenti possano
trovare provveditori migliori, alti costi di trasporto e potenziali barriere commerciali.
Dall’export tramite un ufficio di rappresentanza deriva il vantaggio di avere una presenza
fisica nei mercati esteri, di avere un contatto diretto coi clienti target e la possibilità
costante di rispondere ai segnali inviati dai mercati esteri. Tuttavia, questo genere di
esportazioni richiede alti costi per il sostentamento degli uffici, alti costi di trasporto e
potenziali barriere commerciali. Infine, l’esportazione diretta tramite un proprio network
garantisce all’impresa la presenza diretta sui mercati, un ottimo contatto con i
consumatori esteri, il pieno controllo delle vendite, ed un profitto relativamente alto
rispetto a quello ottenibile tramite altre forme di export. Gli unici svantaggi possono

5
Wach, K., Daszkiewicz, K. (2012), Internazionalization of SMEs Context, Models and Implementation
Gdańsk University of Technology Publ., pp. 56-59

12
essere gli elevati costi d’ingresso e di mantenimento del network ed il tempo necessario
alla creazione e allo sviluppo di una propria rete di distribuzione.

Licensing

Il licensing consiste in un contratto in base al quale un soggetto di un paese (licensor)


attribuisce al soggetto di un altro paese (licensee) il diritto di utilizzare e sfruttare
economicamente in un determinato territorio specifici prodotti o assets (materiali ed
immateriali) di sua proprietà, in cambio di una percentuale sui ricavi ottenuti dalle vendite
avvenute sotto suddetta licenza (diritti d’autore). Questa modalità ha il vantaggio di
richiedere bassi costi di ingresso, basso rischio economico, assicurare entrate stabili,
garantire una forte presenza a livello internazionale tramite l’utilizzo del logo o del
marchio nella diffusione dell’offerta. Inoltre, il licensee conosce bene le condizioni del
mercato locale ed è richiesto un esiguo impiego di personale. Gli svantaggi principali
però consistono nella possibilità di perdere controllo sulle tecnologie ed il know-how, la
mancanza di controllo sul mantenimento della qualità nei mercati esteri, la minaccia
potenziale della slealtà del licensee e nelle entrate relativamente basse rispetto a quelle
ottenute tramite altre forme di internazionalizzazione.

Joint Venture (sussidiaria estera)

Questa modalità consiste nella creazione di una sussidiaria estera congiuntamente


controllata dalla casa madre (parent company) e dal partner estero. La joint venture
permette di ottenere un effetto sinergico, combinare le conoscenze dell’esportatore con
quelle del partner locale, dividere i rischi e guadagnare una buona immagine di
ciascun’impresa sul mercato locale. La creazione di una sussidiaria estera presenta anche
degli svantaggi tra cui elevati costi di ingresso, elevato rischio, potenziali conflitti di
interesse tra l’esportatore ed il partner estero e le difficoltà connesse alle procedure di
registrazione.

Fusioni ed acquisizioni (investimenti brownfield)

Consiste nella fusione tramite l’acquisizione di un'entità già esistente ed operante in un


mercato estero. I vantaggi delle fusioni sono le economie di scala, la combinazione di
risorse complementari di un’impresa locale ed un partner estero, l’arricchimento delle
attività di business e la potenziale estensione del prodotto o del mercato. Gli svantaggi

13
invece sono il livello di costi e di rischio elevato e la necessità di incorporare un’intera
compagnia in operazioni già avviate.

1.3. Strategie di internazionalizzazione

Il concetto di strategia
Come definito da Henderson6 ‘’Strategy is a deliberate search for a plan of action that
will develop a business’s competitive advantage and compound it. For any company, the
search is an iterative process that begins with a recognition of where you are and what
you have now. Your most dangerous competitors are those that are most like you. The
differences between you and your competitors are the basis of your advantage […] The
objective is to enlarge the scope of your advantage, which can happen only at someone
else’s expense’’.

Dunque, una strategia è principalmente un qualcosa di progettato da un’impresa e


focalizzato al raggiungimento di un considerevole vantaggio competitivo che risiede
principalmente nella differenziazione dai propri principali concorrenti. Analizzando
questo concetto in una prospettiva internazionale (Wach, 2012), va considerato che
qualsiasi mercato estero richiede l’applicazione di una strategia (strategia di
internazionalizzazione), ovvero di una strategia che tenga conto di fattori esteri. Strategie
diverse presuppongono gradi diversi di efficienza, così come differenze nei costi,
nell’impegno e nel grado di controllo che l’impresa vuole avere sul mercato estero.
Pianificare una strategia internazionale è il primo passo che un’impresa deve compiere
nel processo di espansione estera.

M. E. Porter7 vede nella differenziazione di un’impresa dai suoi concorrenti diretti la


principale fonte di vantaggio competitivo. Per conseguire tale posizione di vantaggio
Porter propone dunque tre strategie principali:

- Leadership di costo, ovvero una strategia secondo la quale un’impresa mira a


diventare il produttore a più basso costo nel proprio settore (low-cost position),
l’obiettivo è dunque ottenere un vantaggio di costo. Le fonti di questo vantaggio

6
Handerson, B. D. (1989). The origin of Strategy. Harvard Business Review, 67(6), 139-143
7
Porter M.E.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance, The Free Press,
New York 1985, pp.445-537

14
possono essere molteplici, ad esempio economie di scala, esperienza, know-how
o un accesso facilitato a determinate risorse.

- Differenziazione, una strategia basata principalmente sul creare un qualcosa che


venga percepito da tutta l’industria come ‘unico’. Gli elementi che caratterizzano
la differenziazione sono vari, ma principalmente risiedono nella mente dei
consumatori, secondo Porter un’impresa deve mirare alla creazione di un prodotto
le cui qualità attribuitegli dal consumatore ne giustifichino il prezzo maggiore.

- Focalizzazione, una strategia che spinge l’impresa ad individuare uno spazio


competitivo ristretto, ovvero concentrandosi su uno specifico gruppo di consumatori,
segmento di mercato o mercato geografico, considerando due variabili: focalizzazione
sui costi e focalizzazione sulla differenziazione.

Nella letteratura sulle strategie di internazionalizzazione Krupski individua tre tendenze


principali8: la prima si concentra sui contenuti e gli obiettivi, la seconda su una sostanziale
differenziazione dai concorrenti e/o dall’aera di business, l’ultima concepisce la strategia
come un comportamento naturale dell’impresa. La maggior parte delle definizioni si
concentra sul contenuto di un piano che include obiettivi, metodi e strumenti necessari a
realizzare la strategia. Su questa linea, Dess e Miller 9 fanno una distinzione tra una
intended strategy (strategia progettata) ed una realized strategy (strategia realizzata). Una
intended strategy si focalizza sul futuro, consiste in obiettivi, politiche e piani ed è
disegnata e proposta dai managers. Una realized strategy vede al passato come ad un
insieme di componenti progettate ed emergenti, dato che una nuova strategia quasi sempre
cambia nel corso della sua realizzazione.

De Wit e Meyer 10 suggeriscono che la strategia in una prospettiva internazionale si


compone di quattro livelli:

— Un livello funzionale che comprende vari aspetti operativi di un’impresa

8
Krupski R. (2003): Istota strategii przedsiębiorstwa (podrozdz. 1.1) In: Zarządzanie strategiczne.
Koncepcje – metody, ed. R. Krupski, Wydawnictwo Akademii Ekonomicznej we Wrocławiu, Wrocław
9
Dess G.G., Miller A.: Strategic Management, McGraw-Hill Inc., New York 1993, pp. 5–8.
10
de Wit B., Meyer R. (2010): Strategy. Process, Content, Context. An International Perspective, 4th
edition, Cengage Learning, Andover, p. 8–10

15
— Un livello commerciale riguardante un particolare gruppo di prodotti e/o servizi
offerti da un’impresa

— Un livello aziendale che include tutti i gruppi di prodotti e/o servizi offerti da una
multinazionale

— Un livello di network, che consiste nella strategia di sinergie all’interno dell’intero


gruppo delle cooperative

Esistono varie classificazioni di strategie internazionali che prendono in considerazione


dimensioni e configurazioni differenti. Seguendo l’analisi di Krzysztof Wach 11nel
presente apparato verranno citate le tipologie di strategie più popolari le quali furono
proposte negli anni Settanta del Novecento e considerate ancora oggi le più quotate e
proposte nei manuali accademici (fig.1.1).

Fig.1.1 Principali tipologie di strategie e gli autori che le hanno presentate


Fonte: traduzione da Wach, K. (2012), Internazionalization of SMEs Context, Models and
Implementation Gdańsk University of Technology Publ., p. 42)

11
Wach, K., Daszkiewicz, K., op. cit., pp. 42-57

16
Strategie competitive offensive e difensive

Nella prima metà degli anni Ottanta, M.E. Porter12 teorizzò la distinzione tra strategie
offensive e difensive. Una strategia difensiva (passiva o reattiva) si focalizza sulla
sopravvivenza e sulla minimizzazione dei rischi. È una sorta di strategia protettiva per la
salvaguardia dell’esistenza dell’impresa. Una strategia offensiva (attiva, espansiva o
aggressiva) invece, sorge nello sviluppo e nell’espansione, si focalizza sia sui mercati
emergenti che su quelli già esistenti e mira a rafforzare la posizione competitiva di
un’impresa migliorando le sue performance.

Strategie di concentrazione/diversificazione geografica

Una prima tipologia, proposta da Ayal e Zif 13, individua due principali alternative
strategiche nell’espansione internazionale, ovvero market diversification e market
concentration. La strategia di market diversification, spesso definita ‘strategia convessa’,
vede un elevato numero di mercati in cui l’impresa decide di operare nelle prime fasi della
sua espansione, successivamente la riduzione di questi mercati sarà dovuta
all’eliminazione di quelli rivelatisi i meno redditizi. La diversificazione del mercato è
consigliata in settori dove i costi logistici sono relativamente alti o in cui c’è bisogno di
un adattamento del prodotto. La strategia di market concentration, spesso definita come
‘strategia concava’, considera invece un numero ridotto di mercati selezionati nei primi
stadi dell’espansione estera di un’impresa. La concentrazione del mercato permette il
conseguimento di economie di scala ed è utile a ridurre i costi logistici. Il concetto di
concentrazione/diversificazione può essere applicato sia ai paesi che ai settori di mercato,
configurandosi in quattro alternative:

1) Doppia concentrazione

2) Concentrazione del mercato – diversificazione del settore

3) Diversificazione del mercato – concentrazione del settore

12
Porter M.E. (1980): Competitive Strategy. Techniques for Analyzing Industries and Competitors, The
Free Press, New York

Ayal I., Zif J.: Competitive Market Choice Strategies in Multinational Marketing, “Columbia Journal of
13

World Business” 1978, vol. 13, no. 3, pp. 72–73.

17
4) Doppia diversificazione

Nella metà degli anni Sessanta, Ansoff14 propose una sorta di matrice strategica usando
due variabili, i mercati ed i prodotti e le loro due dimensioni: quelli nuovi e quelli già
esistenti. In questo contesto Ansoff identifica quattro strategie:

- Strategia di penetrazione del mercato, che consiste nell’offrire i prodotti esistenti


nei mercati attuali

- Strategia di sviluppo del mercato, che consiste nello sviluppare e/o trovare un
nuovo mercato per uno o più prodotti esistenti

- Strategia di sviluppo del prodotto, che consiste nello sviluppare o modificare


prodotti e offrirli nei mercati esistenti

- Strategia di diversificazione, che consiste nello sviluppo di nuovi prodotti in nuovi


mercati

Strategie di orientamento internazionale


La tipologia di strategia considerata in termini del grado di globalizzazione che include
l’interazione tra integrazione globale e reattività locale fu proposta da Heenan e
Perlmutter15. I principali orientamenti strategici vengono rappresentati dagli autori con
quattro tipi di strategie: etnocentrica, policentrica, geocentrica e regio-centrica (fig.1.2).

14
Ansoff H.J.: Corporate Strategy. An Analytic Approach to Business Policy for Growth and Expansion,
McGraw-Hill, New York 1965, p. 109.

15
Heenan D.A., Permutter H. V. (1979): Multinational Organizational Development: A Social
Architectural Approach, Addison-Wesley, Reading, MA

18
Fig. 1.2 The Typology of International Orientation Strategies

Fonte: Sznajder A.: Strategie marketingowe na rynku międzynarodowym, Wydawnictwo


Naukowe PWN, Warszawa 1992, p. 99; Rymarczyk J.: Internacjonalizacja i globalizacja
przedsiębiorstwa, Polskie Wydawnictwo Ekonomiczne, Warszawa 2004, p. 82.)

Una strategia etnocentrica è solitamente riscontrabile nelle prime fasi di espansione


internazionale di un’impresa. Le attività commerciali sono indirizzate principalmente al
mantenimento della posizione dell’azienda nel mercato domestico, ma viene tuttavia
presa in considerazione la possibilità di realizzare delle effettive transazioni internazionali
(Sznajder, 1992). Le imprese che utilizzano la strategia etnocentrica principalmente si
dedicano alle esportazioni, non traggono profitto dall’adattamento ai contesti locali e
tantomeno da una strategia globale o di standardizzazione. L’obiettivo principale delle
imprese che adoperano questa strategia è quello di guadagnare all’estero lo stesso
vantaggio competitivo detenuto nel mercato d’origine e lo fanno, come prima
menzionato, principalmente attraverso la semplice esportazione. Le aziende ad
orientamento etnocentrico non sono in grado di adattare la propria offerta alle specificità
locali, ed il loro mercato di primario interesse è quello nazionale o regionale.

Lo step successivo nel raggiungimento di una strategia globale è la strategia policentrica.


Questo tipo di strategia prende in considerazione le specificità di ogni territorio in cui
opera l’impresa, ed ha come obiettivo quello di ottenere successo in più mercati regionali

19
dove l’impresa ha le proprie sussidiarie. Una delle caratteristiche principali delle imprese
ad orientamento policentrico è la decentralizzazione, che si riflette nella creazione di
sussidiarie estere, impianti manifatturieri e joint-ventures. Negli ultimi anni la diffusione
di questa strategia è dovuta proprio all’insorgenza di un grande numero di imprese
multinazionali che operano in svariati mercati separatamente. Questa strategia non
presenta un alto grado di standardizzazione, bensì si propone degli obiettivi specifici e gli
strumenti per le strategie di marketing e marketing mix sono progettati per ciascun
mercato in maniera individuale, dunque vi è un alto livello di differenziazione dei mercati.

Passare da una strategia policentrica ad una globale è il presupposto delle imprese che
adottano una strategia geocentrica. Le imprese che seguono questa strategia considerano
una specifica area del mondo, o il mondo intero, come un unico, solo ed identico mercato.
L’obiettivo di questa strategia è quello di migliorare la competitività internazionale,
uniformando i sistemi operativi delle attività dell’impresa. L’elevata produzione di
prodotti standardizzati consente all’impresa che adotta questa strategia di conseguire
importanti economie di scala. L’orientamento geocentrico utilizza un programma
standardizzato di marketing in ogni territorio e presenta dunque un altissimo grado di
standardizzazione ed un notevolmente basso grado di differenziazione a tutti i livelli del
concetto di marketing.

La strategia regio-centrica può essere considerata in aggiunta alle tre strategie precedenti.
L’orientamento regio-centrico combina gruppi omogenei di mercati esteri considerandoli
come un unico mercato. L’orientamento Eurocentrico è una specifica forma di strategia
regio-centrica, quest’approccio è fatto su misura per il singolo mercato Europeo e
permette di applicare appieno il concetto di Euro-marketing16. Questo tipo di strategia è
spesso definita anche strategia ‘doppia’, per il trade-off17 che sorge tra integrazione
globale ed adattamento alle condizioni locali.

Struttura ed implementazione di una strategia internazionale


La strategia di espansione dei mercati prevede una serie di comportamenti da parte
dell’impresa che vanno dalle semplici esportazioni all’avviamento di attività produttive

16
Komor M.: Euromarketing. Strategie marketingowe przedsiębiorstw na eurorynku, Wydawnictwo
Naukowe PWN, Warszawa 2000, p.20
17
Si definisce trade-off la condizione che si viene a creare quando l’aumento di una cosa determina la
diminuzione di un’altra, ovvero due attività sono incompatibili tra loro. Il trade-off implica la scelta tra un
posizionamento e l’altro.

20
indipendenti in un determinato mercato estero (Wach, 2012). L’espansione internazionale
prevede la configurazione di vari elementi nel business internazionale, nel management
internazionale e nel marketing internazionale. Una strategia di internazionalizzazione
richiede la preparazione di due steps principali, ovvero la diagnosi e determinazione degli
obiettivi e delle risorse e l’analisi del prodotto e del mercato. In quanto all’analisi delle
risorse dell’impresa (assolute e relative) queste possono essere classificate come forti,
moderate o deboli, mentre gli obiettivi competitivi si dividono in offensivi e difensivi.
Nell’analisi del prodotto e del mercato vanno considerati i fattori di concentrazione e
diversificazione del vantaggio e l’opportunità di crescita del mercato d’origine che può
essere sostanziale o limitata.

Prima di prendere la decisione di entrare in un nuovo mercato l’impresa deve condurre


un’adeguata ricerca ed analisi di tale mercato, ma cosa più importante deve progettare la
strategia internazionale dell’azienda che rifletterà il suo piano di condotta nel contesto
estero. La formulazione della giusta strategia si sviluppa in tre fasi, che sono allo stesso
tempo consecutive ed iterative 18:

1) Ricerca ed analisi del mercato target

2) Formulazione di una dettagliata strategia di espansione

3) Implementazione della strategia e successivamente il suo controllo

Fase 1: ricerca ed analisi del mercato

In questa fase iniziale l’impresa intraprende un’analisi dei fattori del mercato domestico
che possono facilitarne il processo di espansione. Vanno considerati i punti di forza e le
debolezze dell’azienda che contribuiscono al successo della sua internazionalizzazione e,
successivamente, occorre analizzare il contesto del mercato di destinazione. Il primo
passo consiste nell’avviare un’analisi generale del contesto target, per poi andare ad
analizzarne il contesto competitivo. Nella prima prospettiva, l’analisi PEST 19 (Politica,
Economica, Sociale, Tecnologica) è solitamente la più indicata come analisi generica di

18
Wach, K., Daszkiewicz, K.: op. cit., p. 47
19
Johnson G., Scholes K.: Exploring Corporate Strategy, Prentice Hall Europe, London 1999, p.104

21
partenza per successivi metodi più specifici. L’aggiunta del fattore ‘legale’ o ‘ecologico’
contribuisce alle varianti di questa metodologia (SLEPT, PESTLE).

I fattori politici da valutare nell’analisi riguardano la stabilità politica di un territorio, le


regolamentazioni legate ad attività di business emergenti o le norme sul lavoro vigenti
nel paese target. Tra i fattori economici presi in considerazione vi sono il tasso di
inflazione e disoccupazione, la dimensione locale della domanda, i tassi di interesse, gli
incentivi agli investimenti, i costi della produzione etc. Per quanto riguarda gli elementi
socio-culturali sono rilevanti il livello di educazione, i valori, lo stile di vita e la risposta
della società alle imprese ed ai prodotti stranieri. Infine, i fattori tecnologici considerati
nell’analisi del mercato di destinazione possono essere il livello di investimenti in ricerca
e sviluppo, le tecnologie di informazione e comunicazione, l’indice di competitività e
d’innovazione ed il grado di computerizzazione del paese in questione.

L’analisi della concorrenza in un mercato è uno strumento fondamentale per l’impresa,


dal momento in cui ogni azienda opera in un determinato settore in cui vigono norme e
regolamentazioni specifiche e specialmente esistono determinate condizioni di
concorrenza. Per questo tipo di analisi è utile servirsi del modello delle cinque forze di
Porter (fig.1.3).

Dopo aver effettuato una ricognizione iniziale della situazione generale in una specifica
industria, è consigliabile per l’impresa entrante la scelta di un numero di concorrenti sui
quali effettuare un’analisi comparativa in modo tale da determinare la propria posizione
competitiva sul mercato estero. Oltre ad una ricognizione preliminare, può risultare utile
durante la costruzione della strategia internazionale dell’impresa, la consultazione con
specialisti che operano sul territorio, tra cui avvocati, notai, contabili e fiscalisti. Questa
procedura è necessaria dal momento in cui quando si va ad operare in un contesto estero
è necessario essere a conoscenza delle basilari norme e regolamentazioni vigenti nel
mercato verso cui l’impresa è proiettata. Nella fase iniziale di analisi è necessario
guardare alle condizioni legate all’avviamento di un business, queste sono dettate da vari
fattori quali i costi e i tempi di registrazione, le restrizioni amministrative, il capitale
minimo necessario, il livello di incentivi riservati agli investimenti, il sistema di
tassazione etc. Va evidenziato che molto spesso le decisioni riguardo alla scelta dei paesi
non sono determinate solo dagli aspetti legali connessi al business, fattori altrettanto
importanti sono la dimensione e le tendenze della domanda, la posizione geopolitica, la

22
crescita economica ed il grado di sviluppo, gli incentivi per gli investitori e la vicinanza
dei fornitori.

Fig. 1.3 Fattori presi in esame nell’analisi delle 5 forze dell’ambiente competitivo di Porter
Fonte: Wach, K., Internazionalization of SMEs Context, Models and Implementation Gdańsk
University of Technology Publ., 2012, cap.3, p.50 (trad.)

Fase 2: Preparazione della strategia

La fase successiva alla ricerca ed analisi del mercato, nella sequenza proposta da Wach 20,
consiste nello sviluppare una strategia per l’ingresso nel mercato di destinazione
selezionato tenendo in considerazione vari fattori, tra cui:

1- Gli obiettivi specifici dell’espansione, qualitativi e quantitativi

20
Wach, K., op cit, p.52

23
2- La scelta dei mercati target e della concentrazione/diversificazione geografica

3- Scelta di una strategia generale di business

4- Scelta di una specifica strategia internazionale

5- Scelta della modalità di ingresso in un determinato mercato, che dipende da più


fattori tra cui variabili organizzative, variabili di strategie di marketing, variabili
del paese di destinazione e variabili industriali specifiche21

6- Scelta di un possibile partner estero

7- Sviluppo di un piano di marketing per il mercato target

8- Sviluppo di un piano finanziario per il mercato selezionato

9- Misurazione dell’efficacia dell’applicazione della strategia progettata così da


aumentare il controllo sulla sua implementazione ed apportare gli adeguati
aggiustamenti (strategia realizzata).

In quanto agli obiettivi, nella preparazione di una strategia internazionale occorre attuare
una strategia di business generale (strategia generica) che, nella visione di Porter, come
citato precedentemente, può seguire tre orientamenti: strategia di leadership di costo,
strategia di differenziazione o strategia di focalizzazione (nicchia).

La collaborazione con un partner estero è fortemente raccomandata come opzione


strategica, poiché semplifica notevolmente il processo di registrazione e fornisce ottime
basi nelle prime fasi dell’avviamento di un business in un nuovo mercato. I principali
benefici potenziali generati da tali collaborazioni sono lo sfruttamento dell’esperienza e
delle conoscenze del mercato detenute dal partner, in modo tale da scegliere la strategia
più efficace da adottare, l’ampio accesso al mercato tramite i canali di distribuzione
esistenti, la divisione dei costi di investimento e dei rischi connessi, l’accesso a
determinate tecnologie e risorse ed il potenziale conseguimento di economie di scala.
Altrettanta importanza rivestono le strategie ed il disegno di un piano di marketing, dato
che in alcuni paesi i consumatori sono fortemente legati ai prodotti nazionali.

21
Gannon M.: Towards a Composite Theory of Foreign Market Entry Mode Choice: The Role of
Marketing Strategy Variables, Journal of strategic management, 1993, vol. 1 no. 1, p. 48.

24
Fase 3: attuazione e controllo

Quest’ultima fase consiste nella messa in pratica della strategia e del suo monitoraggio in
vista di possibili aggiustamenti, i due stadi di questa fase sono la pre-registrazione e la
registrazione dell’impresa. Il primo stadio riguarda tutti i fattori burocratici legati
all’avviamento di un business ed i relativi costi già preventivati dagli imprenditori, come
quelli destinati ad avvocati e notai. La registrazione vera e propria è regolata dalle leggi
del territorio. Dopo la conclusione di tutte le formalità preliminari si può dare il via al
business, il cui primo periodo di attività sarà solitamente molto complesso, aggravato
dalle barriere burocratiche e linguistiche.

25
CAPITOLO 2

Il marketing e la gestione del brand: l’effetto del Country of origin


(COO) nello sviluppo delle strategie

2.1. Marketing e marketing mix: definizioni e strategie

In questo capitolo viene introdotta la tematica del marketing, fattore critico di successo
per l’espansione internazionale di un’impresa. Verranno presentate le componenti
principali del cosiddetto ‘marketing mix’, l’analisi previa necessaria allo sviluppo ed
attuazione di strategie di marketing, l’importanza dei managers e della progettazione di
un piano di marketing a lungo termine per l’azienda che includa obiettivi specifici da
raggiungere. Successivamente, verranno esaminati due elementi fondamentali per la
creazione di strategie di marketing efficaci, ovvero il brand ed il Country of Origin effect
(COO). Due elementi che, se opportunamente gestiti e combinati fra loro, possono
giocare un ruolo chiave nel processo di espansione di un’impresa nella prospettiva di
garantirle un’ottima posizione strategica ed un forte vantaggio competitivo.

Il marketing internazionale

L’American Marketing Association definisce il marketing come “the activity, set of


institutions, and processes for creating, communicating, delivering, and exchanging
offerings that have value for customers, clients, partners, and society at large”.
L’orientamento al marketing nella gestione di un’impresa presenta queste caratteristiche:

1) La gestione è regolata dall’interpretazione e dalla soddisfazione delle necessità


(esplicite o latenti), dei soggetti-target, ovvero dei consumatori presenti nel
mercato in cui opera l’impresa

2) L’impresa analizza e sceglie coscientemente i mercati, o meglio, i segmenti di


mercato nei quali vuole operare cercando quelli dove può ottenere un controllo
competitivo maggiore

26
3) I bisogni dei clienti non vengono semplicemente soddisfatti in una prospettiva a
breve termine, al contrario, l’azienda cerca di instaurare un legame, un rapporto
che duri nel tempo tra i consumatori e l’organizzazione

4) L’obiettivo finale del marketing è quello di generare ‘consenso’ a favore


dell’organizzazione presso i suoi stakeholders interni ed esterni.

Quando un’impresa inizia ad internazionalizzarsi, e dunque a fare business in nuovi


mercati, l’orientamento al marketing diventa un fattore di primaria importanza in quei
contesti in cui vi è una forte intensità concorrenziale ed in cui è difficile capire la fonte
del vantaggio competitivo e le preferenze della domanda. In questi contesti, è di cruciale
importanza per il successo dell’impresa la coerenza tra l’offerta che questa propone e le
aspettative della domanda a cui si rivolge. Nel fare marketing internazionale un’impresa
deve essere in grado di attuare una strategia che tenga conto del necessario equilibrio tra
omogeneizzazione o standardizzazione di un'offerta e la sua differenziazione. Il
marketing svolge una funzione fondamentale nella formazione della strategia d’impresa
poiché orienta il sistema aziendale verso l’ottimizzazione delle relazioni con i propri
interlocutori, i clienti in primo luogo, ma anche i finanziatori, i dipendenti e tutti gli
stakeholders interni ed esterni. In questo senso, esso diffonde all’interno di tutto il sistema
aziendale la cultura della relazione e del servizio al cliente inteso in senso lato (Fazzi,
1982).

Il marketing internazionale “is the performance of business activities designed to plan,


price, promote, and direct the flow of a company’s goods and services to consumers or
users in more than one nation for a profit. The only difference between the definitions of
domestic marketing and international marketing is that in the latter case, marketing
activities take place in more than one country”22. Questa differenza semplice
all’apparenza -‘in more than one country’- racchiude la complessità e la diversità delle
operazioni di marketing internazionale. I concetti, i principi ed i processi del marketing,
così come il compito del marketer, sono sostanzialmente universali, che si operi nel

22
Cateora, P.R., Gilly, M. C., & Graham, J. L. (2009). International marketing, 15a ed., Boston: McGraw-
Hill Irwin.

27
mercato domestico o in un qualsiasi mercato internazionale. L’obiettivo fondamentale
resta quello di trarre profitto dalle operazioni di pricing, di distribuzione e promozione di
prodotti per i quali esiste una domanda e dunque un mercato. La differenza tra marketing
internazionale e marketing domestico non risiede dunque nel concetto di marketing in sè,
ma nel contesto specifico nel quale va implementato un determinato piano di marketing.

Il compito del marketer internazionale è sicuramente più difficile rispetto a quello del
marketer domestico, poichè operando in contesti internazionali è necessario confrontarsi
con almeno due livelli di incertezza. L’incertezza è data dagli elementi non controllabili
che caratterizzano tutti i contesti di business, ma ciascun paese in cui l’azienda opera
possiede il proprio singolare set di fattori incontrollabili e, spesso, la soluzione ad un
problema presente in un mercato A non è applicabile alla risoluzione di un problema nel
mercato B. Gli elementi controllabili nello sviluppo di una strategia di marketing sono il
prezzo, il prodotto, la promozione ed i canali di distribuzione. Fanno parte degli elementi
incontrollabili, invece, la situazione economica di un paese, le forze competitive presenti
sul territorio, le forze politiche, le forze culturali, la geografia e l’infrastruttura del
mercato (paese) ed il livello di sviluppo tecnologico. Questi fattori vanno presi in
considerazione anche nel disegno di un piano di marketing per il mercato domestico, ma
per le imprese che operano a livello internazionale e dunque in più paesi, questi elementi
aumentano esponenzialmente. Un manager di successo deve dunque creare un
programma di marketing che si adatti all’incertezza di ciascun contesto di business. Una
volta considerate le complessive risorse, strutture e competenze dell’azienda che possono
limitare o promuovere una scelta strategica, il marketing manager mescola prezzo,
prodotto, promozione, canali di distribuzione e attività di ricerca per riuscire a
capitalizzare sulla domanda. Questi elementi controllabili possono variare nel lungo
termine e, a volte, anche nel breve, per adattarsi a condizioni economiche in evoluzione,
ai gusti dei consumatori o agli obiettivi della corporate. Sebbene un marketer possa
utilizzare i fattori controllabili per la creazione di un piano di marketing, egli deve
costantemente valutare, esaminare e, se necessario, adattare. Lo sforzo di adattare il
marketing mix ai fattori specifici di ciascun contesto di business determina la riuscita di
un’attività di marketing internazionale.

28
Marketing mix

Il concetto di marketing mix sarebbe stato introdotto da Neil Borden nel suo discorso in
veste di presidente dell’American Marketing Association (AMA) nel 1953. Egli prese
quest’idea da James Culliton23, il quale descrisse il dirigente aziendale come un individuo
che mescola diversi ingredienti di marketing per creare strategie in grado di soddisfare i
clienti finali. Per facilitare l’applicazione pratica di questo concetto a problemi operativi
concreti, molti studiosi del marketing mix hanno tentato di elencare il grande numero di
elementi che influenzano la risposta del mercato e che i marketers devono prendere in
considerazione (Oxenfeldt 1962). Frey (1956) e Borden (1964) adottarono un approccio
di catalogo, fornendo un utile strumento per comprendere la complessità e l’interrelazione
delle varie attività di marketing.

Frey collegò esplicitamente e direttamente questa lista di attività allo sviluppo di un piano
di marketing. Dei vari schemi proposti nella letteratura sul marketing mix, l’unico
sopravvissuto è quello di McCarthy, che è divenuto il modello dominante, conosciuto
come il modello delle quattro ‘P’: Product (prodotto), Price (prezzo), Place
(posizionamento) e Promotion (promozione), a sua volta suddivisa in campagne
pubblicitarie, vendite personali, pubblicità (gratuita) e promozione delle vendite. È
probabilmente grazie alla sua riproduzione concisa e facilmente memorizzabile di alcuni
innegabili principi basilari che questo sistema di classificazione del marketing mix è
divenuto il più quotato ed il più utilizzato, sia nella letteratura che nella pratica del
marketing. Dunque, il modello delle 4P andrebbe definito come la classificazione
‘tradizionale’ del marketing mix.

Analisi o matrice SWOT


L’analisi SWOT è una tipologia di analisi alla base della formulazione di un piano di
marketing24. Questo tipo di analisi prende in considerazione fattori interni all’impresa,
ovvero i suoi punti di forza (Strenghts) e le sue debolezze (Weaknesses), e fattori esterni
ad essa, ovvero opportunità (Opportunities) e minacce (Threats) presenti sul territorio. In

23
Culliton, J. The Management of Marketing Costs [Research bulletin] Harvard University, 1948
24
Cateora, P.R., Gilly, M. C., & Graham, J. L. (2009). International marketing, 15a ed., Boston: McGraw-
Hill Irwin.97

29
quanto ai fattori endogeni, l’analisi si concentra su quegli elementi in grado di generare
vantaggio competitivo rispetto ad un determinato fenomeno preso in considerazione. Per
quanto riguarda i fattori esogeni invece, occorre analizzare il contesto esterno, ovvero
quegli elementi che costituiscono l’ambiente in cui decide di operare l’impresa. Questo
tipo di analisi è fondamentale per valutare l’evoluzione di questi elementi ed il loro
impatto sull’ambiente competitivo, in modo da permettere all’impresa di attuare misure
atte allo sfruttamento degli effetti positivi ed alla riduzione di quelli negativi. I fattori che
compongono questo tipo di analisi danno vita a quattro possibili strategie, rappresentate
tramite la cosiddetta ‘matrice SWOT’ (fig. 2.1)

Nella prospettiva delle opportunità, le strategie S-O mirano dunque allo sfruttamento
delle opportunità presenti in un determinato ambiente competitivo puntando su quelli che
sono i vantaggi già in possesso dell’impresa. Le strategie W-O, invece, hanno come
obiettivo il superamento di determinati ostacoli dovuti ai punti deboli dell’impresa in
modo tale da riuscire a cogliere le opportunità che le si presentano. In quanto alle minacce,
le strategie S-T possono essere classificate come strategie ‘offensive’, si sviluppano
facendo leva sui punti di forza dell’impresa per diminuire o eliminare le minacce
proveniente dall’esterni. In ultimo, le strategie W-T rappresentano strategie ‘difensive’,
l’impresa partendo dall’analisi dei suoi principali punti deboli avvia dei piani di difesa in
modo tale da impedire che le minacce esterne li alimentino.

Fig. 2.1 Matrice SWOT - Fonte: Spinosi Marketing Strategies, 2018

Creare un piano di marketing

Una particolare strategia di marketing, molto stimolante ed efficace, è quella di creare un piano
che miri a raggiungere obiettivi SMART. Per prima cosa, ciò che occorre valutare è la situazione

30
attuale dell’azienda o sito web che ha intenzione di pianificare questo tipo di strategia: la
posizione rispetto alla concorrenza, le basi economiche, le precedenti strategie attuate e i risultati
che hanno dato, i parametri valutativi dai clienti attuali e potenziali, le loro preferenze di
consumo/navigazione, la zona geografica, il background socio-culturale e così via. La difficoltà
principale per il marketer internazionale nell’adattamento ai fattori socio-culturali risiede
proprio nel riconoscere l’influenza che questi hanno su un determinato mercato. Nel
contesto domestico, le reazioni sociali e culturali a determinate attività di marketing sono
facilmente prevedibili, poichè sono dettate da comportamenti socialmente accettati e
realizzati quasi inconsciamente dai consumatori.

Operando in contesti internazionali dunque, i marketers devono cambiare il proprio


quadro di riferimento, sviluppato in base alle esperienze ed ai giudizi collezionati nel
mercato domestico, e adottarne uno nuovo in relazione a ciascun mercato specifico in cui
decide di operare l’impresa. Le condizioni socio-culturali sono come un iceberg ed un
marketer può conoscerne solo una minima parte. Nel realizzare un piano di marketing è
fondamentale dunque prendere in considerazione fattori come la religione, le strutture
politiche ed economiche, i sistemi di business ed altri fattori culturali che differiscono da
un paese all’altro per evitare fallimenti e/o incomprensioni. Una volta valutata la condizione
presente, è necessario preoccuparsi di immaginare quella futura statisticamente più probabile.
Effettuate queste valutazioni, si può procedere con il piano.

Fissare degli obiettivi, che siano aziendali o di web marketing, significa stabilire lo scopo di
un’azione; tali obiettivi devono possedere gli aspetti presentati nel metodo descritto da
Peter Drucker25 e sintetizzati nell’acronimo anglosassone SMART: specifici, misurabili,
attuabili, realistici, tempificati. Gli obiettivi da raggiungere devono quindi essere precisi
e definiti, come ad esempio mirare ad un target di utenti compresi in un determinato range
di età, e devono poter essere quantificati così da poter misurare i risultati ottenuti e da
agevolare la valutazione dei risultati. Per poter essere conseguibili, è necessario che chi
li attua sia consapevole delle proprie risorse e delle proprie possibilità di gestire eventuali
difficoltà. Il fatto di essere conseguibili presuppone che siano realistici e realizzabili, cioè
non troppo semplici ma nemmeno utopici, devono quindi essere stimolanti da raggiungere
ma senza eccessive pretese, stabiliti in seguito ad un’analisi del contesto e degli strumenti
che si hanno a disposizione. In ultimo, bisogna stabilire delle tempitstiche da seguire per
tenere sotto controllo il piano, attuare valutazioni ed eventualmente implementare

25
Drucker, P. F. (1954). The practice of management. New York: Harper & Row.

31
l’efficacia della strategia. I goals sono quindi concreti, raggiungibili, espliciti e
perseguibili entro un tempo prestabilito.

Prefiggersi degli obiettivi SMART, letteralmente obiettivi intelligenti, significa attuare


un piano di marketing in grado di sviluppare una strategia ad hoc, mirata e finalizzata allo
specifico obiettivo prefissato: questo significa che, a differenza di piani di marketing
universali, queste strategie possono variare a seconda di ciò che si vuole raggiungere. Un
piano di marketing con obiettivi SMART, come ogni strategia di marketing, prevede,
oltre allo stabilire determinati obiettivi, che si pianifichi una strategia per raggiungerli,
che si attuino le operazioni pianificate ed infine che se ne valutino i risultati, con eventuali
revisioni e correzioni. Un piano di marketing con obiettivi SMART è applicabile ogni
qual volta è possibile determinare degli obiettivi, prevedendo di raggiungere lo scopo con
il minor impiego di tempo e risorse possibile. Quindi, idealmente, in qualunque settore e
in qualsiasi ambito: web marketing, social media marketing, aziende più strutturate e
aziende in crescita e persino in ambito familiare e nella quotidianità. Quando si parla di
obiettivi smart, infatti, si parla di obiettivi intelligenti, attuabili in qualunque contesto con
la premessa necessaria che rispondano alle caratteristiche di specificità, misurabilità,
attuabilità, realizzabilità, tempificazione.

Il vantaggio di questo tipo di pianificazione consiste nel fatto che è possibile sempre
tornare indietro e correggere eventuali errori per aggiornare il piano, compatibilmente
con i cambiamenti di scenario che possono avvenire con il passare del tempo, cosa molto
importante soprattutto nel social web marketing, in cui la dinamicità delle strategie è
fondamentale per stare al passo con gli utenti e le tendenze. Perché funzioni al meglio,
sarà dunque necessario anche stabilire delle fasi di controllo, senza mai perdere di vista
gli obiettivi prefissati.

32
2.2. Brand: elementi costitutivi e funzioni
“Your brand is what other people say about you when you're not in the room”

(Jeff Bezos)

La marca può rappresentare un fattore critico di successo per un’impresa e gioca dunque
un ruolo fondamentale nello sviluppo delle strategie di marketing di determinate categorie
di prodotti. Il brand rappresenta infatti un veicolo di comunicazione imprescindibile tra
l’azienda ed i suoi clienti ed ha la funzione principale di rappresentare la prima e di
favorire l’identificazione dei secondi. Di fatto, i consumatori saranno incentivati
all’acquisto di un prodotto quanto più si identificheranno nei valori e nelle caratteristiche
che il brand vuole comunicare. Aaker (1991) sostiene che il brand è “un set di attività (o
passività) collegate ad un segno distintivo (marchio, nome, logo) che si aggiungono (o
sottraggono) al valore generato da un prodotto o da un servizio)”. L’American Marketing
Association sostiene che “la marca è un nome, un termine, un segno, un simbolo o
qualunque altra caratteristica che ha lo scopo di far identificare i beni o i servizi di un
venditore e di distinguerli da quelli degli altri venditori” (Kotler, 2002).

Il brand può influenzare le percezioni e le attitudini dei consumatori in svariati modi.


Un’analisi delle componenti fondamentali di quest’influenza è possibile tramite
l’esplorazione di due suoi aspetti fondamentali: la dimensione funzionale e la dimensione
relazionale del brand.

Il brand funzionale deriva dalla visione comunemente accettata che la marca rappresenti
l’azienda e la sua memoria e che racchiuda in sé tutti gli investimenti, le attività di ricerca,
le tecnologie e le innovazioni che l’impresa porta a termine nel tempo (Rego et al., 2009).
Nonostante ciò però, i consumatori possono servirsi del brand come veicolo per esprimere
valori, attitudini, individualismo e bisogni personali. Secondo Keller (2008) il brand può
semplificare le decisioni di acquisto, essere considerato come sinonimo di un certo livello
di qualità, ridurre il rischio e generare fiducia. Il concetto di brand equity26 presentato da

26
La brand equity, o valore della marca, esprime la forza di una marca sul mercato. Può essere definita sia
da un punto di vista finanziario, e in tal caso si pone l’accento sul valore del brand in quanto asset del
patrimonio aziendale (come brevetti e marchi); oppure da un punto di vista più orientato al marketing, e in
tal caso può essere definita come il patrimonio d’immagine che una marca è riuscita a costruirsi nel tempo,
frutto dell’aggregazione di atteggiamenti e comportamenti dei consumatori, dei canali distributivi e dei
diversi influencer del processo d’acquisto che rafforzano i profitti futuri e il cash flow di lungo periodo
(Srivastava e Shocker, 1991).

33
Keller (1993) è ancora oggi dominante nella letteratura sul brand, questo propone un
collegamento tra le sue due dimensioni: notorietà del brand (brand awareness) e
immagine del brand (brand image). L’immagine del brand nella mente dei consumatori
è caratterizzata da diverse associazioni, che possono derivare da elementi funzionali
ricavati dalle sue performance oppure da elementi più astratti relazionati all’immaginario
comune (Keller, 1993, 2001). La performance del brand è connessa a fattori intrinseci ed
a come e quanto i consumatori percepiscono la corrispondenza tra il brand ed i loro
bisogni pratici (funzioni, qualità del prodotto, servizi relazionati al brand, stile e design,
prezzo). L’essenza del brand include anche proprietà estrinseche e la maniera in cui la
marca incontra e soddisfa i bisogni psicologici e sociali dei consumatori (profili degli
usuari, situazione, personalità e valori, retaggio ed esperienze). L’analisi delle specifiche
funzioni compiute dal brand apre la strada alla sua influenza sulle percezioni e sulle
decisioni d’acquisto dei consumatori.

Su questa linea, Lambin (1991) classifica una serie di funzionalità attribuibili al brand.
Queste funzioni possono risultare utili sia ai consumatori (posizionamento, garanzia,
personalizzazione, praticità, piacere), che ai produttori (protezione, posizionamento,
capitalizzazione). Keller (2008) sostiene che la struttura del brand consta di tre
componenti fondamentali: la componente identitaria (elementi di riconoscibilità), la
componente percettiva (associazioni e percezioni cognitive), e la componente fiduciaria
(soddisfazione delle aspettative). Ad esempio, nel considerare l’acquisto di un soft drink,
un consumatore potrebbe pensare alla Pepsi per la sua forte associazione con la categoria
di prodotto e la forza dell’immagine del brand. Successivamente la conoscenza che ha del
prodotto dovrebbe venire alla mente del consumatore in termini di percezioni riguardo al
suo gusto, allo zucchero ed alla caffeina che contiene, o anche richiamare immagini di
una recente campagna pubblicitaria o di esperienze positive avute in passato con il
prodotto.

La dimensione relazionale del brand, invece, deriva dagli studi attuali sulla brand equity
e dunque dalla pratica di creare associazioni considerando il brand come un’entità
simbolica con la quale il consumatore intrattiene una relazione interpersonale (Aaker,
1997). In un’altra prospettiva, i consumatori vanno alla ricerca di fattori emozionali, che
spesso affondano le radici in tendenze socio-culturali e tramite i quali sviluppano un senso
di appartenenza ad un determinato gruppo (Fournier, 1998). Le imprese cercano quindi

34
di creare un universo simbolico che circonda i propri prodotti, come mezzo per rafforzare
la brand loyalty (fedeltà alla marca) dei consumatori.

Tra gli elementi tangibili che consentono l’identificazione e la riconoscibilità visibile di


un brand vi sono: il nome (brand name), il simbolo-logo (brand mark) ed il pay off27.

2.2.1 La gestione del brand (branding)

Data l’importanza della marca nell’attuale contesto economico e sociale, diventa


necessaria e cruciale un’adeguata gestione del brand, in modo tale da sfruttarne ed
incrementarne il potenziale. Ciascuna impresa adopera determinate politiche di branding
adattandole al tipo di offerta che propone, all’immagine che vuole diffondere, ed al tipo
di contesto a cui si rivolge (domanda). Il concetto di branding può essere interpretato
come un processo tramite cui la marca assume determinati significati, dunque una sua
capacità espressiva, e tramite cui si realizzano una serie di attività coordinate volte al
raggiungimento di un unico obiettivo specifico, ovvero quello di favorire la crescita ed il
consolidamento del business grazie al carattere distintivo ed alla reputazione guadagnati
dal brand (Pratesi e Mattia 2006). Tali attività possono essere riassunte in alcune azioni
principali:

— ideazione e progettazione;

— creazione, diffusione e gestione;

— cautela della proprietà e difesa giuridica della marca;

— “alimentazione” - sostegno economico e/o di attività;

— monitoraggio e controllo

Ogni impresa, specialmente quelle che intendono operare a livello internazionale, deve
decidere quanti e quali brands adoperare definendo così l’architettura di brand o il
sistema di brand. Il problema principale che deve affrontare l’impresa è quello di
scegliere se utilizzare un unico brand anche per identificare la gamma, la linea ed i diversi

27
Il pay off è quell’elemento verbale che accompagna il logo di un’azienda o di un prodotto. Il pay off ha
lo scopo di riassumere in una frase molto semplice e di impatto l’intera essenza dell’impresa.

35
prodotti che offre, oppure se creare nuovi marchi per contraddistinguere le diverse
categorie (portafoglio di brand). L’architettura del brand è costituita da quattro tipologie
principali:

1) il corporate brand o marca aziendale, il quale rappresenta l’impresa nella sua


totalità (sintetizza la sua storia, i suoi valori e la sua cultura);

2) il brand gamma viene utilizzato per commercializzare tipologie di prodotti


appartenenti a diverse categorie merceologiche;

3) il brand linea, solitamente utilizzato congiuntamente al corporate brand, viene


assegnato a quei prodotti che hanno un certo grado di complementarietà nella
percezione dei consumatori;

4) il brand prodotto, infine, identifica ciascuna categoria di prodotto specifica offerta


dall’azienda.

I brands giocano un ruolo fondamentale nel consolidamento della visibilità e della


posizione dell’impresa nei mercati internazionali. Costruire un’architettura di brand
coerente è una componente chiave della strategia di marketing internazionale
dell’impresa, poichè costituisce una struttura che permette di sfruttare marchi forti in altri
mercati, di assimilare brands acquistati e di integrare la propria strategia nei diversi
mercati. Un’impresa può ad esempio sviluppare brands globali (utilizzando lo stesso
brand name per un prodotto o un servizio su scala globale) o includere brand locali nel
corporate brand o nel logo, stabilendo un’immagine ed un’identità comunitaria nei diversi
mercati. Dal momento in cui i mercati internazionali evolvono e diventano sempre più
interconnessi, le imprese sono costrette a prestare un’attenzione particolare alla coerenza
delle loro decisioni di branding nei vari contesti in cui operano, così da sviluppare una
strategia di branding efficace che oltrepassi le barriere nazionali (Caller, 1996).

Nella gestione del brand sono fondamentali per l’impresa le decisioni riguardo ai brands
sui quali puntare, come utilizzarli ed estenderli nei vari mercati e nelle varie linee di
prodotti e specialmente riguardo al livello di coordinazione dei vari brands che possiede.
Questo processo viene definito architettura internazionale del brand.

Le questioni da affrontare per l’impresa nello sviluppare una strategia internazionale di


branding dipendono dalla modalità di espansione di questa e da come sono organizzate le
36
sue attività internazionali. Alcune imprese, come Procter & Gamble (P&G) e Coca-Cola,
si sono internazionalizzate sfruttando il ‘potere’ domestico dei loro brands nei mercati
internazionali. Di conseguenza, quando cercano di espandersi ulteriormente, devono
considerare l’eventualità di sviluppare brands orientati a specifiche preferenze regionali
o nazionali e di capire come integrarli alla propria strategia di brand. Altre imprese, come
ad esempio Nestlé ed Unliever, hanno tradizionalmente adottato strategie country-
centred, creando o acquistando un mix di brand nazionali ed internazionali. Questioni
come la coordinazione del brand e la consistenza del posizionamento del brand nei
mercati internazionali vanno prese in considerazione, questo specialmente se l’impresa si
è internazionalizzata tramite acquisizioni o alleanze strategiche e dunque la problematica
di se e come i brands delle diverse aziende devono fondersi aumenta.

Viene definita struttura del brand28 il set di brands in possesso dell’impresa nei diversi
paesi, mercati e prodotti, e si compone fondamentalmente dell’eredità di scelte
manageriali passate e delle realtà competitive che affronta l’impresa nei mercati in cui
opera. Per le imprese internazionali si parla sostanzialmente di struttura internazionale
del brand. Questa è modellata da tre fattori principali: dalle caratteristiche dell’impresa,
dalle caratteristiche dei prodotti e dalle dinamiche di mercato.

28
Cateora, P.R., Gilly, M. C., & Graham, J. L., op. cit., p.62

37
2.3. Country of origin effect (COO): definizioni e strategie

In letteratura, l’impatto che ottiene l’informazione riguardo all'origine del prodotto sui
consumatori è chiamato country of origin effect (COO), una sotto-branca della scienza
che studia il comportamento dei consumatori (Kotable e Jiang, 2009) e degli studi sul
marketing internazionale. Secondo diversi autori, è l’aspetto internazionale più studiato
del comportamento del consumatore (Tan e Farley, 1987) ed il fenomeno più ampiamente
esaminato negli studi sul business e sul marketing internazionale (Peterson e Jolibert,
1995). Il COO è uno dei fenomeni più significativi che influenzano la valutazione dei
prodotti stranieri, e rappresenta un critico fattore di vantaggio competitivo per la
commercializzazione di beni e servizi nei mercati esteri (Vianelli e Marzano, 2012).

Il country of origin non è chiaramente l’unico fattore di studio rilevante, ma dovrebbe


essere di primario interesse per le aziende tenere in seria considerazione che i clienti
potrebbero utilizzare degli stereotipi collegati al paese per valutare la qualità dei loro
prodotti (Hamazaoui e Merunka, 2006). Dunque, per aumentare il proprio vantaggio
competitivo, le imprese devono essere in grado di comprendere e conoscere le percezioni
dei consumatori nel mercato di destinazione. Dal momento in cui il COO condiziona le
decisioni di acquisto dei consumatori esteri, gli stereotipi country-specific, ovvero quelli
tipici di un determinato territorio, andrebbero analizzati ed utilizzati nelle strategie di
comunicazione delle imprese. Questo può essere fatto evidenziando il COO del prodotto
oppure scegliendo deliberatamente di non menzionarlo. Ad esempio, il marchio inglese
Jaguar ha dovuto utilizzare un’immagine high-tech ed evitare di indicare il paese di
origine in mercati stranieri (Kaynak et al., 2000), ciò è dovuto al fatto che gli stereotipi
sulle automobili inglesi non favorivano le scelte d’acquisto.

Il beneficio principale del forte COO di un prodotto è che questo agisce come indicatore
di qualità del prodotto ed influenza direttamente la possibilità d’acquisto. Ad esempio,
per alcune categorie di prodotti definite alto-spendenti, maggiore è il prezzo, maggiore è
la probabilità che i consumatori dei paesi industrializzati preferiscano acquistare il
prodotto nazionale piuttosto che uno simile proveniente da un paese meno sviluppato
(Cordell, 1991). Altri studi sull’effetto del paese d’origine evidenziano che il COO ha la
sua massima influenza sulle valutazioni dei prodotti quando è l’unica informazione
disponibile (Lim et al., 1994) e che il suo impatto è moderato quando vengono fornite

38
altre informazioni, come prezzo e qualità. Questo significa, più precisamente, che quando
il COO è negativo o debole, il prezzo elevato non influenza significativamente le
percezioni sulla qualità del prodotto. Allo stesso tempo, quando il prezzo è basso,
l’informazione del COO forte e positivo non sortisce un effetto rilevante sulla qualità del
prodotto (Pharr, 2005). Ad esempio, mettiamo che nella produzione di orologi la Cina
abbia una cattiva reputazione, mentre la Svizzera una nettamente positiva, il prezzo
elevato di un orologio made in China non influenzerà favorevolmente la qualità percepita.
Nel caso degli orologi made in Switzerland, invece, gli effetti positivi del forte COO sulle
percezioni della qualità dei consumatori potrebbe scomparire se il prezzo è estremamente
basso.

2.3.1 Dimensioni del COO

La competizione sul brand ha portato all’utilizzo di varie dimensioni del COO, ad


esempio, il country-of-design (COD), il paese in cui il prodotto è stato concepito e
progettato, e il country-of-manufacturing/assembling (COM/A), il paese in cui è stato
lavorato e/o assemblato (Hamazaoui and Merunka, 2006).

Data la complessità di queste differenti dimensioni del COO nel contesto di una crescente
produzione globale, l’influenza di questo genere di informazione sulla valutazione dei
prodotti e dei servizi da parte dei consumatori potrebbe essere una questione più difficile
di quanto si pensava inizialmente (Pharr, 2005). Per i servizi, ad esempio, il COO
employee-related (relativo agli impiegati) è di particolare interesse per i consumatori.
Dalla prospettiva dei consumatori, attualmente è difficile identificare la concreta origine
di un prodotto, dal momento in cui un prodotto potrebbe essere stato concepito e
progettato negli Stati Uniti (designed-in country), prodotto in Cina (made in country) e
assemblato in Messico (country of assembling). Tuttavia, dalla prospettiva dell’azienda,
ciò offre una serie di opportunità in quanto alle strategie di comunicazione. Alcune
imprese, come ad esempio il brand di elettronica statunitense Apple, usa il COD (designed
by Apple in California) per ridurre i possibili effetti negativi relazionati al paese di
assemblaggio, che per la maggior parte dei suoi prodotti è la Cina.

39
2.4. Strategie di branding e COO

Il COO può influenzare le percezioni di qualità, la fedeltà, la scelta e la preferenza di un


brand da parte dei consumatori (Moradi e Zarei, 2011). Chiaramente, le imprese possono
beneficiare degli effetti del COO solo quando questo è noto ai consumatori. Le aziende
stanno dunque cercando di comunicare il COO e di aumentarne la consapevolezza dei
consumatori, attraverso varie strategie. Thomas Aichner 29 presenta 8 possibili strategie
sviluppate tramite lo sfruttamento dell’effetto del COO, appartenenti a due tipologie:
strategie legalmente regolate e strategie non regolamentate (fig.2.2).

Figura 2.2 Strategie di branding e COO

Fonte: elaborazione propria

g
29
Aichner, T. Country-of-origin marketing: A list of typical strategies with examples in Journal of Brand
Management, 2014.

40
Strategie di COO legalmente regolate

Questo gruppo di strategie include l’utilizzo della frase ‘Made in..’ oppure di etichette
che certifichino la qualità e/o l’origine di un prodotto. Generalmente le imprese non sono
libere di utilizzare questi elementi se non dispongono dei requisiti necessari, che vengono
stabiliti dalla legislazione nazionale, da norme regionali e/o regolamentazioni di
organizzazione pubbliche, semi-pubbliche o private.

Strategia 1: ‘Made in...’

L’utilizzo della frase ‘made in..’ è la strategia più semplice e più utilizzata per comunicare
il COO di un prodotto. Dal momento in cui il paese d’origine è menzionato
esplicitamente, i consumatori non hanno bisogno di associare simboli, parole o slogan ad
un paese, come nella maggior parte delle altre strategie. ‘Made in..’ (o assembled in e altri
sinonimi), è l'unico elemento del COO obbligatorio per i prodotti della maggior parte dei
paesi. Questo avviene per due motivi principali: da un lato i legislatori vogliono essere
sicuri della specifica provenienza del prodotto data l’esistenza di divieti di importazione,
dall’altro questi vogliono assicurarsi che il consumatore finale sappia con certezza il
paese da cui proviene un prodotto così da essere libero di boicottarlo nel caso in cui lo
ritenesse necessario. Anche quando non è imposto da leggi nazionali, solitamente le
imprese utilizzano il made in poiché credono che possa influenzare positivamente
l’immagine del loro prodotto e dunque aumentarne le vendite.

Alcuni prodotti ed aziende utilizzano indicazioni geografiche regionali o locali, questa


strategia sembra essere appropriata in due casi. Primo, se e quando il COO ha una scarsa
reputazione in generale o in un determinato settore di mercato, ad esempio, nel caso degli
orologi made in Cina. In questo caso sarebbe utile menzionare che gli orologi sono stati
prodotti a Tianjin piuttosto che in Cina, dal momento in cui portarlo ad un livello positivo
implicherebbe meno sforzi, economici e di altro genere. Oltretutto, è più semplice
costruire una buona reputazione per i prodotti originati da una specifica regione che per
quelli riconducibili ad un intero paese. Nel secondo caso, l’utilizzo di indicazioni
geografiche regionali o locali sembrerebbe essere appropriato se una determinata
regione/provincia/città gode già di una forte reputazione positiva in uno specifico settore
di business, ad esempio, il marmo prodotto a Carrara (Italia). L’immagine-paese
raramente può essere condizionata da una sola impresa e dovrebbe essere sempre vista

41
come un’opportunità o come una costrizione da gestire (Jaffe e Nebenzahl, 2001). Questo
vuol dire che le imprese di tutti i settori di industria e business traggono beneficio da una
buona reputazione del loro paese d’origine, e svantaggio nel caso di una brutta
reputazione, anche se non l’hanno volontariamente influenzata in passato e non hanno il
potere individuale di condizionarla in futuro.

Strategia 2: Etichette di origine e di qualità

L’Unione Europea ha regolamentato l’utilizzo di tre differenti denominazioni che


permettono la protezione e la promozione dell’origine per i prodotti agro-alimentari in
generale. Quando un gruppo di produttori definisce un prodotto tramite apposite
specificazioni, può essere registrato come un prodotto DOC (Denominazione di Origine
Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) o STG (Specialità Tradizionale
Garantita). In Europa, l’utilizzo di etichette geografiche nel brand dei prodotti ha una
lunga tradizione (Moschiti et al., 2008). In questo caso specifico permette la protezione
dell’origine connessa all’industria alimentare, una delle più importanti in termini di
costruzione dell’effetto COO. Generalmente, questi metodi comunicano credibilità,
permettono una verificazione previa della qualità e minimizzano i costi (materiali ed
immateriali) aggiuntivi per i consumatori (Hobbs, 2004). Nella situazione in cui i
consumatori non possono facilmente verificare la qualità di un determinato prodotto
prima di acquistarlo, le etichette di qualità diminuiscono il rischio percepito di restare
insoddisfatti dall'acquisto di un prodotto (Resano et al., 2012). L’utilizzo delle etichette
DOP, IGP e STG è regolato dalla legge ad un livello internazionale, e queste possono
creare vantaggio competitivo nel mercato agroalimentare influenzando così le decisioni
d’acquisto dei consumatori, un’ottima strategia dunque per beneficiare al meglio degli
effetti del COO, estendendone i vantaggi anche al sistema paese.

Strategie di COO non regolamentate

Le imprese possono utilizzare ulteriori strategie per comunicare il COO dell’azienda o


dei suoi prodotti ai consumatori. Spesso queste strategie si combinano tra loro, ad esempio
utilizzando nel packaging di un prodotto un brand name Italiano e la Torre di Pisa, un
famoso monumento nazionale, per pubblicizzare la pizza italiana. Dal momento in cui

42
queste strategie non sono soggette a specifiche regolamentazioni, non c’è bisogno di
comunicare il reale paese d’origine dell’organizzazione.

Strategia 3: COO presente nel nome dell’impresa

Alcune aziende includono il paese d’origine nel nome dell’impresa in svariati modi,
indicando direttamente il nome del paese, di una ragione o di una città o anche
modificandoli ad esempio in forma di aggettivi. Esempi di queste imprese sono: Alitalia,
Air France, Deutsche Bank. Il logo di Alitalia include anche i colori della bandiera
italiana, l’impresa combina dunque le due strategie di includere il COO nel nome e
l’utilizzo della bandiera del paese d’origine.

Strategia 4: Termini tipici del COO inseriti nel nome dell’impresa

Le aziende possono usare alcuni nomi stereotipici (ad esempio nomi o secondi nomi) e/o
elementi (ad esempio un animale simbolo di un paese) nel nome della loro compagnia. É
irrilevante che la parola significhi realmente qualcosa, l’importante è che venga percepita
come ‘tipica’ del paese in questione nel mercato di destinazione (White III et al., 2007).

Strategia 5: Uso della lingua del COO

L’utilizzo della lingua è un’altra possibile possibilità di utilizzare il COO nelle strategie
di marketing dei prodotti. Ciò può essere fatto utilizzando la lingua del COO per il nome
del brand in sé o per slogan e intere campagne pubblicitarie di qualsiasi genere, dalla
stampa, alla radio, alla televisione. Ad esempio, il produttore di auto tedesco Audi utilizza
lo slogan tedesco ‘Vorsprung durch Technik’ (advance through technology) sia per gli
spot tedeschi che per quelli internazionali. Ciò è dovuto al fatto che una delle industrie
chiave per lo sviluppo dell’immagine del COO in quanto al Made in Germany è senza
dubbio quella automobilistica (Fechtner, 2006), tra le compagnie più conosciute in questo
settore ricordiamo VW, Mercedes, Audi, BMW e Porsche, marchi che godono di
un’ottima reputazione internazionale. Dunque, l’utilizzo di frasi in lingua originale,
ovvero il tedesco, hanno un impatto maggiore sulla percezione di affidabilità e di qualità
del cliente finale influenzando positivamente le sue decisioni d’acquisto.

43
Il ruolo centrale svolto dalla lingua è particolarmente evidente quando il brand name
dell’impresa o di un prodotto è formato da una o più parole nella lingua del paese
d'origine, ad esempio le imprese italiane Dolce&Gabbana o Pomodoro Mutti. Il
significato reale del nome del brand è di secondaria importanza, specialmente quando il
mercato di destinazione non è quello domestico. In quel caso, il criterio fondamentale è
che ad i consumatori del mercato target percepiscano una parola o una frase come
proveniente da un determinato paese. È il caso, ad esempio, dell’impresa di cosmetici
francese L’Oréal, il cui brand name sembra graficamente e foneticamente francese ma in
realtà non ha alcun significato.

Strategia 6: Utilizzo di persone famose o stereotipiche del COO

È anche possibile trasmettere il paese d’origine di un prodotto tramite l’inserimento di


personaggi famosi o tipici di un determinato paese negli spot pubblicitari. Gli stereotipi
vengono attribuiti alle caratteristiche di una persona associandola ad un determinato
gruppo o paese di appartenenza (Hinton, 2000) e possono essere relative all’aspetto, al
comportamento, agli abiti e ad altri elementi.

Strategia 7: Uso di bandiere e simboli del COO

Un’ulteriore valida strategia può essere quella di utilizzare bandiere ufficiali, emblemi,
simboli o altri elementi rappresentativi nazionali. L’utilizzo di questa strategia è
ampiamente impiegato nel packaging del prodotto per i così detti ‘prodotti tipici’, come
ad esempio per la commercializzazione di pasta e pizza nel caso dell’Italia.

Strategia 8: Utilizzo di un paesaggio tipico o di un monumento famoso del COO

Monumenti come la Torre Eiffel (Francia) o il Colosseo (Italia), o paesaggi come il


Corcovado con la statua del Cristo Redentor (Brasile) sono solo alcuni esempi nei quali
monumenti e paesaggi possono essere utilizzati per comunicare il paese d’origine di un
prodotto. Paesaggi e monumenti globalmente noti permettono al consumatore di associare
rapidamente un prodotto al suo paese d’origine. Questa strategia include montagne, fiumi,
città, costruzioni e molti altri elementi. La marca di cioccolata svizzera Toblerone, ad

44
esempio, prodotta da Kraft Food a Berna (Svizzera), utilizza nel suo packaging
l’immagine del Matterhorn, un monte svedese delle Alpi. In più, la forma stessa del
cioccolato è simile a quella di una montagna e nel logo è contornato un orso, che è lo
stemma della città di Berna, dove il Toblerone viene prodotto. L’esempio del Toblerone
è interessante, siccome l’impresa utilizzando il COO crea un marchio riconoscibile, di cui
le persone parlano e che resta impresso nella loro mente, fattori che senza dubbio
accrescono la brand awareness.

45
2.5. Relazione tra brand e COO: effetti sul comportamento dei
consumatori

Nonostante vari studi identifichino il brand come driver principale nel processo
decisionale dei consumatori, le imprese tendono sempre più a collegare quest’ultimo al
COO nello sviluppo delle proprie strategie di marketing per aumentarne l’efficacia. Il
fenomeno del country branding è descrivibile come la capacità che la marca ha di
costruire la fiducia dei consumatori sulla base dell’identità e dell’immaginario che
trasmette la sua nazione di origine. Non a caso l’immagine di un paese e di una marca si
rinforzano l’una con l’altra. Aaker (1991) e Keller (1993) sottolineano entrambi che il
COO influenza la brand equity generando associazioni secondarie per il brand, e spesso
anche un nome che suona straniero agisce sulla brand equity (Leclerc et al., 1994).

Immagini positive legate al brand possono perdere forza se il COD o il COM/A hanno
un’immagine negativa (Johansson e Nebenzah, 1986), mentre un brand particolarmente
forte può ridurre l’importanza del COO (Papadopoulos e Heslop, 1993). Questa ricerca
dimostra che l’informazione riguardo al paese di produzione di un prodotto non
condiziona la valutazione dei prodotti di marca quando questa è congruente con l’origine
del brand. D’altra parte, quando il COM/A ha un’immagine più debole rispetto a quella
del paese d’origine del brand, quest’informazione genera un effetto fortemente negativo
sulla valutazione del prodotto: un effetto che tende a peggiorare più per i marchi low-
equity che per quelli high-equity (Koubaa, 2008).

Alcuni studiosi (Norjaya Mohd et al., 2007) si sono interessati alla relazione tra
l’immagine del COO e la brand equity per gli elettrodomestici; hanno scoperto che il
COO ha un impatto significativo sulle dimensioni del brand e specialmente su quella che
è la fedeltà alla marca. Haubl ed Elrod (1999) osservano che le percezioni di un prodotto
sono più positive quando vi è una corrispondenza tra l’origine del brand e del prodotto.
Allo stesso modo, una ricerca dimostra che l’effetto dell’interazione tra immagine del
brand ed immagine del COO cambia direzione ed intensità a seconda della congruenza
percepita tra le due dimensioni.

L’analisi della relazione tra COO e brand è di particolare importanza per i marchi globali,
spesso rappresentati da prodotti con differenti COD e COM/A. Un importante passaggio

46
dunque, è quello di esaminare se ed in che misura i consumatori considerano il nome del
brand come un fattore totalmente autonomo, un fattore che esercita una certa influenza, o
persino un estimatore del COO. Secondo Pecotich e Ward (2007), la funzione del brand
come elemento di sintesi agli occhi del consumatore aumenta gradualmente man mano
che questo acquista familiarità con il brand. Maggiore è la familiarità, minore sarà
l’attenzione del consumatore ad informazioni estrinseche al prodotto, come il prezzo o il
COO. Inoltre, secondo Pecotich e Ward (2007), un brand familiare è in grado di
incrementare la percezione del COO al quale i consumatori associano il brand, e persino
di neutralizzare l’effetto negativo spesso legato ai paesi in via di sviluppo. Infine, Pappu
et al. (2005, 2007), sostenendo che il COO sia una variabile importante e che condizioni
la brand equity, affermano che i dirigenti di marketing che operano in contesti
internazionali dovrebbero individuare la fonte della brand equity e misurarne la portata
prendendo in considerazione il fattore COO, di importanza fondamentale.

47
CAPITOLO 3

Mahou-San Miguel e la sua espansione internazionale

Introduzione

L’attività del settore birraio spagnolo apporta all’economia nazionale 7.000 milioni di
euro in termini di valore aggiunto. Di fatto, il valore della birra nel mercato supera i
15.500 milioni di euro, ovvero un 1,3% del PIL. D’altra parte, il settore birraio crea
all’incirca 344.000 posti di lavoro in Spagna, principalmente nel settore alberghiero e
della ristorazione. Va sottolineato che la Spagna è il secondo paese dell’Unione Europea
dove il settore crea un numero così elevato di impieghi, diretti e indiretti. In quanto alle
vendite per zona geografica emerge l’Andalusia tra le altre comunità autonome, con
vendite pari a 8,1 milioni di ettolitri nel 2016, cifra dovuta in gran parte al clima ed al
forte turismo della zona (Cerveceros de España, 2017). Inoltre, emergono anche altre
comunità, come quella madrilegna che realizza nel settore il 22% delle vendite totali
annue della nazione. L’industria della birra è decisamente in auge in Spagna negli ultimi
anni, ciò è dovuto alla ripresa economica che ha portato ad un miglioramento del settore
della ristorazione e, di conseguenza, di quello della birra. Altro fattore di crescita per
quest’industria è sicuramente il turismo, i visitatori attratti dal clima e dall’ottima birra
spagnola hanno fatto sì che questa acquisisse fama internazionale, di fatto già nel 2016 si
registrava un incremento del 28% nelle esportazioni rispetto agli anni precedenti. Inoltre,
la Spagna risulta essere pioniera nell’Unione Europea nella produzione di birra
analcolica, tanto in materia di consumo quanto di esportazione.

In questo capitolo verrà presentato il caso dell’impresa Mahou-San Miguel società


familiare a capitale 100% spagnolo, leader nel settore birraio in Spagna con una quota di
produzione superiore al 37%. Il gruppo possiede 11 centri produttivi, 8 in Spagna, 1 in
India e 2 negli Stati Uniti, 4 sorgenti d'acqua, comprende più di 50 marchi e
commercializza oltre 70 prodotti. Mahou-San Miguel è presente in oltre 70 paesi (fig. 3)
ed esporta il 75% della birra spagnola consumata all’estero. L’impresa conta con un team
di 3.200 impiegati, possiede 15 delegazioni commerciali distribuite in 11 Comunità
Autonome e 3 delegazioni internazionali (Regno Unito, Portogallo e Italia) ed in Spagna
i suoi prodotti vengono commercializzati in oltre 200.000 punti vendita. L’azienda è in

48
continua espansione internazionale, perseguendo l’obiettivo di raggiungere gli stessi
risultati ottenuti nel mercato domestico ad un livello globale. La strategia competitiva
guida dell’impresa è di fatto quella di crescere costantemente a livello nazionale in modo
tale da costruire solide basi per l’espansione internazionale. Attualmente il settore della
birra è in piena auge e di conseguenza vi è un continuo emergere di nuovi brands sul
mercato. In questo contesto, per Mahou l’ambito internazionale è sempre stata una
priorità strategica e di investimento nella quale riconoscere nuove e valide opportunità.

Partendo da questi presupposti l’impresa inizia ad entrare in nuovi mercati, diventando


ambasciatrice della sua nazione nel mondo, diffondendo i costumi e lo stile di vita
spagnoli tramite i suoi prodotti, in particolare la sua birra. Ad oggi, il business
internazionale costituisce tra il 13 ed il 14% degli ingressi totali della compagnia.

Figura 3.: Presenza di Mahou-San Miguel nel mondo

Fonte: sito ufficiale dell’impresa (www.mahou-sanmiguel.com)

L’obiettivo della ricerca è quello di analizzare i processi che hanno portato al suo successo
internazionale, indagando sulle strategie chiave adottate dall’impresa, sulle attività di
marketing svolte e cercando di determinare in che misura queste varie componenti hanno

49
contribuito a generare la sua forza competitiva attuale. L’impresa Mahou-San Miguel si
è espansa principalmente tramite alleanze strategiche ed acquisizioni, modalità che le
hanno permesso nel tempo di ampliare e diversificare la sua offerta, fattore che è stato
cruciale nel consolidamento della sua presenza nei vari mercati del globo. I principali
vantaggi competitivi dell’azienda sono senza dubbio l’esperienza, l’innovazione e
l’impegno costante, che combinati con le giuste strategie di promozione e comunicazione
dei prodotti (marketing) riescono a garantirle un’ottima reputazione nel settore a livello
internazionale.

Primariamente verrà presentata la storia dell’impresa, nata dalla fusione di due aziende
(Mahou e San Miguel) che operano nel settore birraio da oltre un secolo e dotate dunque
di grande esperienza, successivamente verranno elencate le tappe del suo processo di
internazionalizzazione costellato da accordi, alleanze strategiche ed acquisizioni. Altro
punto di forza dell’impresa e frutto delle sue varie collaborazioni e/o acquisizioni, sono
la quantità e la varietà del suo portafoglio prodotti. Di fatto l’impresa adotta una strategia
di diversificazione dei prodotti commercializzando birre, acqua, succhi, bibite, sidri,
caffé, infusioni e dolcificanti. In questo capitolo verranno indicati i principali marchi
regionali, nazionali ed internazionali che possiede l’azienda e le varie tipologie di prodotti
che commercializza in Spagna e all’estero. La forza dei brands con i quali opera Mahou-
San Miguel è incrementata dalle continue iniziative promosse dall’impresa per
pubblicizzare i suoi prodotti, nonché dalle collaborazioni con associazioni sportive, la
partecipazione ad eventi nazionali e locali e le sue campagne pubblicitarie dal forte
impatto culturale. Una sezione del capitolo verrà dedicata dunque alle principali attività
di marketing dell’impresa ed agli investimenti che le permettono di mantenere e
migliorare nel tempo la qualità dei propri prodotti e la sua reputazione internazionale.

50
3.1. Origine dell’impresa

Il Gruppo Mahou-San Miguel nasce ufficialmente nel 2000 quando l’impresa Mahou
acquista a Danone il 70% di San Miguel, di cui già possedeva il restante 30%. Sebbene
la fusione del gruppo sia recente, l’origine delle due imprese che lo costituiscono risale
al 1890.

Prima di presentare l’impresa conosciuta oggi internazionalmente come Mahou-San


Miguel, occorre ripercorrere la storia delle due aziende la cui fusione ne ha permesso la
creazione, ovvero Mahou e San Miguel. Nel 1890 un gruppo di spagnoli fonda una
fabbrica di birra nel quartiere di San Miguel a Manila, capitale delle Filippine. Questa
bevanda era allora sconosciuta nel sudest Asiatico e riscosse dunque da subito un rapido
successo. Enrique María Barretto de Ycaza fu il fondatore della prima fabbrica di
produzione e commercializzazione di birra ed altri prodotti sotto il marchio ‘San Miguel’.
Ben presto iniziarono le esportazioni e nel 1903 la birra San Miguel era già arrivata a
Guam, Hong Kong e Shanghai, i tre porti commerciali con maggiore attività. Presto
divenne la birra più venduta in Asia, e nel 1930 continuò la sua corsa all’espansione
dirigendosi negli Stati Uniti.

Le aspirazioni dell’impresa incrementano, oltre a voler commercializzare un prodotto


nazionale al di là delle frontiere, l’obiettivo divenne quello di affermarsi anche in
territorio spagnolo e venne fondata così nel 1946 a Lleida la società ‘La Sagarra S.A’
dedicata alla fabbricazione di estratti di malto ed avviata poi nel 1953. Nello stesso anno
gli azionisti dell’azienda firmano un accordo con il presidente di San Miguel Corporation
Filipinas, Andrés Soriano per commercializzare in Spagna la birra San Miguel, nasce così
una nuova fabbrica di birra indipendente dalla casa madre filippina, che cambierà nel
1957 la sua denominazione in San Miguel, Fábricas de Cerveza y Malta, S.A. L’impresa
apre una seconda sede in Andalusia, nella città di Malaga e da lì inizia ad affermarsi in
tutto il territorio spagnolo.

Nello stesso 1890 viene fondata a Madrid, nella calle Amaniel l’impresa Hijos de
Casimiro Mahou, fabbrica di birra e ghiaccio. Anni più tardi, nel 1957, viene convertita
in società anonima con il nome di Mahou. Una volta consolidate le sue basi, l’impresa
inaugura una fabbrica nel Paseo Imperial di Madrid nel 1962. Successivamente, nel 1993
ne apre una terza nel territorio di Castilla-La Mancha iniziando così a consolidare la sua
posizione nel territorio spagnolo. Nel 2000 Mahou S.A inizia la sua espansione come uno

51
dei birrifici più importanti della nazione, compra a Danone il 70% di San Miguel S.A,
della quale possedeva già il 30%, per 330,5 milioni di euro. Nasce così il gruppo Mahou-
San Miguel e viene creato il primo logo per rappresentare la nuova impresa, (fig. 3.1) che
nel 2013 verrà modificato poi nel logo attuale con una grafica più moderna (fig.3.2).

Figura 3.1: primo logo Mahou-San Miguel

Fonte: https://www.mahou.es/historia/carteleria-vintage/

Figura 3.2: logo attuale Mahou-San Miguel

Fonte: sito ufficiale www.mahou-sanmiguel.com

52
3.2. Analisi del caso

3.2.1 Evoluzione e crescita dell’impresa

La seguente tabella mostra sinteticamente il percorso dell’assetto societario aziendale


dagli anni 2000 ad oggi, incluse le modifiche maggiormente rilevanti in termini di
presenza di mercato.

-Mahou acquista a Danone il 100% del marchio San Miguel


2000
-Fondazione della società Mahou-San Miguel
-Lancio rivoluzionario sul mercato spagnolo: San Miguel 0,0% la prima birra analcolica
2001
in Spagna che mantiene invariati qualità ed aromi.
-MSM lancia sul mercato San Miguel Eco, la prima birra di produzione totalmente
2003
ecologica in Spagna.
-Acquisizione di Cervezas Anaga ed incorporazione della sua marca Reina,
2004
consolidando così la presenza nelle Isole Canarie.
-Mahou-San Miguel rivoluziona il mercato delle birre analcoliche con il lancio di San
2005
Miguel 0,0% gusto mela.
-Mahou-San Miguel ottiene il certificato EMAS in tutte le sue fabbriche, nello stesso
2007
anno acquista Cervezas Alhambra, con sede a Granada.
-Accordo con l’azienda danese Carlsberg per la distribuzione e produzione in Spagna
2009
dei marchi. Kronenbourg e Carlsberg.
- MSM acquista il 50% della compagnia indiana Arian Breweries, proprietaria di una
fabbrica di birra a Bhiwadi nello stato del Rajhastan (India).
- Accordo con l’impresa Sara Lee per l’esclusiva nella distribuzione della sua marca di
2010 caffé Marcilla, infusioni Hornimans e dolcificanti Natreen nei bar, ristoranti e nelle
caffetterie di tutto il paese.
- La Commissione Europea consegna a Mahou-San Miguel il prestigioso premio EMAS
2010.
-Acquisizione della divisione di acque e succhi del gruppo OSBORNE, Balneario y
2011 Aguas Solán de Cabras.
-Lancio in Inghilterra di San Miguel Fresca.
2012 -L’impresa fonda l’Unidad de Negocio Internacional

53
-Alleanza tra San Miguel Spagna e San Miguel Brewing International con sede nelle
Filippine.
-Mahou-San Miguel acquista il 100% di Arian Breweries
2014 -Mahou-San Miguel amplia la sua presenza in Africa con il lancio dell’emblematica
Mahou Cinco Estrellas in Camerun.
-Acquisizione di una quota di partecipazione del 33,5% della sua catena distributiva
cilena Magia products.
2015 -Mahou-San Miguel lancia sul mercato San Miguel gluten free.
-L’impresa acquista il 75,5% dell’impresa Canaria Aguas del Valle de la Ortava
2017
aggiungendo al proprio portafoglio prodotti l’acqua minerale Fonteide.
-Mahou lancia in Italia Maestra Doppio Luppolo, completando così il suo portafoglio
prodotti premium sul mercato.
2018 -L’impresa realizza un investimento di 11 milioni di euro nella creazione del primo
Brew Hub spagnolo nella città di Córdoba.
-Lancio in India della birra categoria premium Mahou Maestra Wheat.
2019 -Mahou-San Miguel firma un accordo di collaborazione con AB InBev
-MSM rilancia La Mezquita.

Tabella 3.3: Principali azioni strategiche realizzate da Mahou-san Miguel per la sua
crescita nazionale ed internazionale. (Fonte: elaborazione propria)

Come si può evincere dallo schema cronologico presentato, Mahou-San Miguel persegue
l’obiettivo di ampliare regolarmente il suo portfolio di prodotti, questo è dovuto
specialmente al fatto che il suo principale concorrente nazionale, Heineken Spagna,
commercializza nel paese una grande quantità di marchi internazionali e locali, come la
storica birra sevillana Cruzcampo, marchio rappresentativo della capitale andalusa.
Dunque, per mantenere la propria leadership nazionale Mahou realizza numerosi accordi
ed alleanze strategiche con imprese locali ed estere.

54
Figura 3.4: Principali marchi di Mahou-San Miguel

Fonte: elaborazione propria tratta dal sito ufficiale www.mahou-sanmiguel.com

Figura 3.5: Portafoglio prodotti Mahou-San Miguel

Fonte: Elaborazione propria tratta dal sito ufficiale www.mahou-sanmiguel.com

Il principale approccio strategico adottato da Mahou sin dalla sua fusione con San Miguel
è stato quello di acquistare marchi che godono già di una certa forza e di una positiva

55
reputazione internazionali, in modo tale da appropriarsi dei canali di distribuzione
ampliamente consolidati e del posizionamento ottenuto da questi nei mercati locali. Come
visto nella sezione precedente la birra San Miguel nasce come birra internazionale, di
fatto sin dalla sua fondazione il suo slogan è ‘la cerveza de un lugar llamado mundo’. Al
contrario, il birrificio Mahou ha sempre commercializzato i suoi prodotti attribuendovi la
frase ‘la cerveza de Madrid’, con l’intento di comunicare ai consumatori uno stile di vita
e dei valori prettamente spagnoli. Dunque, mentre la San Miguel nasce con una vocazione
globale, il gruppo Mahou fondato nella capitale spagnola, ha consolidato negli anni il suo
posizionamento come marchio di riferimento nazionale. Tramite questa fusione è nata
dunque una compagnia 100% spagnola con ottima reputazione nazionale ed
internazionale.

Su questa linea, nel 2004 Mahou-San Miguel inizia ad ampliare il proprio portafoglio di
brand e decide di farlo tramite il mercato Canario, acquista Cervezas Anaga
appropriandosi così del marchio Reina e consolidando la sua posizione in un mercato di
potenziale crescita.

Uno dei fattori di successo dell’impresa, come viene ricordato ripetutamente nelle sue
campagne pubblicitarie, è senza dubbio l’attenzione all’innovazione ed alla sostenibilità,
l’ottenimento del certificato EMAS30 in tutte le sue fabbriche nel 2007 consentì
all’impresa di acquisire un’ottima reputazione nel mercato nazionale ed internazionale.
Avvenimento principale di quell’anno fu però l’acquisizione dell’impresa storica
granadina Cervezas Alhambra, marchio con forte presenza in tutto il sud della Spagna
che ha consentito all’impresa di consolidare la sua leadership nella nazione.
Quest’acquisto si è rivelato un’ottima scelta strategica per l’espansione internazionale
dell’impresa, di fatto la birra Alhambra Reserva 1925 è tra i primi prodotti che MSM
commercializza nel settore premium in Inghilterra.

Nel 2009 Mahou sottoscrive un accordo con l’azienda danese Carlsberg per la
distribuzione e produzione dei marchi Kronenbourg e Carlsberg. Mahou San Miguel
inoltre commercializza nel mercato spagnolo le birre belga Grimbergen e quelle inglesi a

30
Eco-Management and Audit Scheme (EMAS) è uno strumento volontario proposto dalla Comunità
Europea ed al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni (aziende, enti pubblici, ecc.) per
valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati
informazioni su una corretta gestione ambientale. L’obiettivo primario dell’EMAS è contribuire alla
realizzazione di uno sviluppo economico sostenibile all’interno dell’Unione Europea, evidenziando il ruolo
e le responsabilità delle imprese.

56
marchio Tetley’s, sempre di proprietà della multinazionale danese. Viceversa, Carlsberg
distribuisce i prodotti Mahou-San Miguel nel settore della ristorazione del Regno Unito.
Il gruppo, inoltre, produce su licenza in Spagna le birre Carlsberg e Kronenbourg, cui si
aggiungono ora Grimbergen e Tetley’s. Nella direzione opposta, tramite un accordo con
il gruppo Warsteiner l’impresa spagnola commercializza birre della compagnia tedesca
in Spagna, Portogallo e Andorra.

Nel 2010 Mahou firma un accordo con l’impresa Sara Lee per l’esclusiva nella
distribuzione della sua marca di caffé Marcilla, infusioni Hornimans e dolcificanti
Natreen nei bar, ristoranti e nelle caffetterie di tutto il paese. Tramite quest’accordo, il
primo in Spagna ad avere queste caratteristiche, le due compagnie uniscono le rispettive
sinergie per favorire la crescita reciproca. Marcilla apporta a Mahou uno dei marchi più
emblematici del settore, con oltre cento anni di esperienza ed un elevato livello di
penetrazione e riconoscimento tra i consumatori spagnoli. Dalla sua parte, MSM
collabora a questo progetto con la sua ampia rete di distribuzione, la profonda conoscenza
del canale HORECA e la sua capacità di attivare piani di sviluppo. Mahou realizza
quest’accordo principalmente per rafforzare la sua posizione di leader nel settore e per
diversificare la sua offerta.

Nello stesso anno, viene attribuito all’impresa il prestigioso premio EMAS 2010,
confermando il continuo impegno nell’ambito della sostenibilità ambientale. In
quest’anno l’impresa realizza una delle azioni strategiche più emblematiche per la sua
espansione internazionale: acquista il 50% della compagnia indiana Arian Breweries,
proprietaria di una fabbrica di birra a Bhiwadi nello stato del Rajhastan (India). Tramite
quest’accordo di joint-venture l’impresa ottiene il suo primo centro produttivo fuori dai
confini nazionali e fa un salto di qualità nella sua strategia di internazionalizzazione.
Successivamente, nel 2014 Mahou-San Miguel acquista il 100% di Arian Breweries
situando così in India la sua prima filiale internazionale, qui produce e commercializza
anche i marchi locali di riferimento Dare Devil e Caribbean e continua ad investire
nell’espansione nel mercato indiano.

Continuando a sostenere una politica di diversificazione, Mahou-San Miguel nel 2011


acquista la divisione di acque e succhi del gruppo OSBORNE Balneario y Aguas Solán
de Cabras, arricchendo così il proprio portafoglio prodotti con i succhi Solan de Cabras
e Fruta Esencial, la bibita Biosoláne ed aggiungendo alla sua offerta di acque Sierra
Natura e Sierras de Jaén, l’acqua Solán de Cabras. Nello stesso anno l’impresa lancia

57
sul mercato britannico San Miguel Fresca, la prima birra creata appositamente per il
mercato internazionale. San Miguel Fresca è la birra più fresca del gruppo Mahou San
Miguel. E’ una birra a bassa fermentazione, con appena 4.4 gradi alcoolici, dal colore
dorato, con un sottile strato di schiuma, un gusto leggermente fruttato e toni morbidi di
luppolo e malto. La nuova birra è leggera e rinfrescante, da servire fredda con una fetta
di limone, che ammorbidisce l’amaro della birra e migliora la sensazione di freschezza in
bocca. Secondo dati Nielsen31 questa è stata la birra più venduta del segmento world beers
in Inghilterra. Con San Miguel Fresca, la birra spagnola numero uno in esportazioni,
l’impresa rafforza la sua presenza in Inghilterra introducendosi nel settore delle soft beers,
che costituisce l’8% del mercato birraio britannico. L’Inghilterra è infatti il fiore
all’occhiello del commercio estero di MSM, qui l’impresa ha consolidato la sua presenza
commercializzando principalmente i prodotti San Miguel, di fatto il mercato britannico è
al primo posto per le vendite all’estero del brand, rappresentando il 48,2% degli affari
esteri della compagnia.

Nel 2014 Mahou San Miguel continua ad ampliare la sua presenza in Africa con il lancio
della sua emblematica Mahou Cinco Estrellas in Camerun un mercato, quello africano,
in continua crescita in termini di affari per l’impresa spagnola. I suoi prodotti sono infatti
presenti in Ghana, Marocco, Guinea, Algeria e Congo. Nello stesso anno MSM realizza
un’alleanza tra San Miguel Spagna e San Miguel Brewing International, con sede nelle
Filippine. L’obiettivo principale di questo accordo è quello di collaborare per uno scopo
comune: fortificare il posizionamento globale del marchio San Miguel e ricercare ed
analizzare insieme i possibili nuovi mercati di destinazione. Di fatto, la San Miguel è tra
le prime 10 birre premium nel mondo e tramite questo marchio il gruppo Mahou San
Miguel realizza il 90% dei suoi affari internazionali.

Nel 2017 MSM acquista il 75,5% dell’impresa Canaria Aguas del Valle de la Ortava,
aggiungendo al portafoglio prodotti l’acqua minerale Fonteida e rafforzando così la sua
posizione nelle Isole Canarie.

Prima di lanciare un prodotto sul mercato, è importante conoscere il comportamento ed il


pensiero dei consumatori attuali nel determinato segmento in cui si vuole operare. Come

31
La Nielsen Company, con sede negli Stati Uniti, è un'azienda globale di misurazione e analisi dati che
fornisce la più completa e affidabile visione al mondo sui consumatori e sui mercati.

58
evidenziò Jesus Domingo, direttore delle risorse umane di Mahou-San Miguel, “la clave
está en saber escuchar al consumidor” (Domingo, 2011).

Attualmente, nel settore della birra è sempre più diffusa la domanda di prodotti definiti
craft, principalmente intesi come birre artigianali e di qualità superiore. Pertanto, Mahou-
San Miguel amplia costantemente la sua offerta di questa categoria e, nel 2017 lancia in
Italia Mahou Maestra Doppio Luppolo ‘fatta da mastri birrai per mastri birrai’,
completando così il suo portafoglio di prodotti premium su tale mercato. Questa birra ha
riscosso subito un grande successo tra gli appassionati del settore, grazie anche ai
riconoscimenti internazionali che ha ottenuto nei Superior Taste Awards, i prestigiosi
premi conferiti dall’International Taste & Quality Institute, qui si è distinta fra le altre
concorrenti per la categoria delle specialità ottenendo il Premio Gusto Eccellente. Negli
International Brewing Awards, noti come gli “Oscar della birra”, ha ottenuto una
medaglia di bronzo nella categoria Strong Beer Class 1 Strong Lager. Maestra, con
Mahou Cinco Estrellas, è stata l’unica birra spagnola premiata per il suo sapore in questo
concorso britannico a cui hanno partecipato più di mille birre provenienti da oltre 50 paesi
del mondo.

Continuando sulla linea dei prodotti craft il 2018 rappresenta anche l’anno del lancio in
India di Mahou Maestra Wheat, la prima birra spagnola della categoria premium ad essere
elaborata ed imbottigliata nel paese asiatico. Inoltre è un prodotto creato appositamente
per il mercato indiano, elaborato cercando di raggiungere il massimo adattamento ai gusti
dei consumatori locali, studiati ed analizzati durante l’esperienza guadagnata da MSM in
questo mercato.

Con l’investimento nel 2018 di 11 milioni di euro nella fondazione del primo Brew Hub
spagnolo, Mahou-San Miguel dimostra ancora una volta il suo impegno nell’innovazione
e nella crescita dell’economia spagnola. In questo centro, situato nella città di Córdoba,
MSM dà un impulso alla collaborazione con i birrifici artigianali spagnoli ed
internazionali, creando uno spazio aperto a tutti ed offrendo un’ottima opportunità per
avviare collaborazioni o sostenere economicamente la crescita di piccole entità nascenti
del settore. Nello stesso anno MSM presenta negli Stati Uniti, in collaborazione con
Founders Brewing, la birra Trigo. A questo prodotto, appartenente alla categoria craft,
viene riconosciuto un prestigioso premio nel concorso internazionale Brussels Beer
Challenge.

59
Riguardo alle principali aziende produttrici di birra a livello mondiale troviamo una
moltitudine di marchi, occupa una posizione nettamente rilevante però, la multinazionale
Anheuser-Busch Inbev (AB InBev), compagnia belga-brasiliana ad oggi la più grande
produttrice mondiale di birre. Il suo obiettivo è quello di vendere e distribuire i marchi
globali del settore, tra i più rilevanti troviamo: Budweiser, Franziskaner, Leffe, Beck’s e
Stella Artois conosciuti in tutto il mondo ed ai quali si aggiunge una gamma di prodotti e
marchi locali, tra cui Bud Light, Skol, Brahma, Quilmes.

Nel settembre di quest’anno Mahou-San Miguel ha firmato un accordo di collaborazione


con AB InBev tramite il quale il birrificio spagnolo inizierà a produrre e a distribuire i
marchi del gruppo multinazionale di origine belga a partire da gennaio 2020. Grazie a
quest’accordo, che ha vocazione a lungo termine ed esclude le Isole Canarie, birre del
calibro di Corona, Budweiser, Stella Artois, Franziskaner o Leffe si incorporeranno al
portafoglio prodotti che Mahou offre ai suoi clienti. Quest’accordo permetterà all’impresa
di rafforzare la sua leadership in Spagna e di migliorare la sua risposta alla domanda,
sempre crescente, di birre premium internazionali di alta qualità. AB InBev, oltre ad
usufruire della amplia e solida rete di distribuzione di Mahou San Miguel in Spagna, che
le permetterà di ampliare le sue aspettative di crescita, sfrutterà la sua forte capacità
industriale, dal momento in cui alcune delle sue marche più emblematiche verranno
elaborate direttamente nei centri produttivi di MSM. Con quest’accordo per la prima volta
birre della multinazionale AB InBev verranno fabbricate in Spagna. Il portafoglio
completo di marchi di proprietà di AB InBev che Mahou San Miguel commercializzerà
in Spagna include: Corona, Budweiser, Stella Artois, Leffe, Franziskaner, Cubanisto,
Pacífico Clara, Negra Modelo, Modelo Especial, Hoegaarden, e Jupiler.

Per mantenere e rafforzare il proprio posizionamento in Spagna, l’impresa Mahou-San


Miguel si impegna a stringere forti legami con i marchi nazionali tradizionali.

Un chiaro esempio è stato l’acquisto dell’impresa Cervezas Alhambra, birra ricca di


tradizione nel territorio andaluso dato il forte richiamo al monumento storico della città
di Granada, la Alhambra. Con l’obiettivo di continuare a riscuotere l’approvazione di
questa regione spagnola, nel settembre 2019 MSM rilancia la birra cordovese La
Mezquita. Tramite la campagna ‘Tradizione birraia di Córdoba”, La Mezquita rivitalizza
l’origine e la storia della marca, che risalgono agli inizi del ventesimo secolo. La ricetta
attuale è ispirata all’originale del 1920 ed è allo stesso modo prodotta ed elaborata a
Córdoba, dove Mahou San Miguel possiede una fabbrica da oltre mezzo secolo. Il lancio
60
di questo prodotto è stato studiato appositamente per il mercato locale ed i suoi
consumatori, i quali valorizzano e nutrono un forte orgoglio per i prodotti della provincia
e nelle cui menti era fortemente radicato il ricordo della marca. L’origine ed il legame
con la città di Córdoba non si riflettono soltanto nel nome, chiaro omaggio
all’emblematico monumento cittadino, ma è presente anche nell’identità visuale del
prodotto. Il marchio è ispirato al caratteristico mattoncino di colore rosso degli archi della
famosa Moschea-Cattedrale della città, simbolo perfettamente riconoscibile che lega
storia ed attualità e che si percepisce nel logotipo e nella grafica del marchio: delle fasce
rosse con un effetto consumato per rappresentare il passare del tempo, un’immagine
moderna che però mantiene tutta l’essenza de La Mezquita, portatrice di una lunga
tradizione locale.

3.3. Attività di marketing

Il marketing rappresenta per Mahou-San Miguel uno degli assi strategici principali tanto
per il successo nazionale quanto per quello internazionale. L’impresa realizza numerose
attività di promozione e comunicazione dei suoi prodotti, mirando soprattutto allo
sfruttamento dell’immagine Spagna nei mercati internazionali.

Per fomentare l’impegno di MSM nell’incrementare l’attrattività della Spagna in


Inghilterra, il gruppo ha avviato nel 2018 l’iniziativa Mahoudrid. I turisti inglesi in visita
alla capitale hanno trovato al loro atterraggio uno stand dell’impresa Mahou-San Miguel
nel terminal 4 dell’Aeroporto Adolfo Suarez Madrid-Barajas Alli, dove hanno avuto la
possibilità di degustare alcuni prodotti tipici della gastronomia madrilegna, accompagnati
dalle birre prodotte dal marchio, in più veniva loro offerta una guida completa delle
principali attività, bar e ristoranti della città di Madrid.

L’impresa MSM si è unita al prestigioso Instituto Cervantes per contribuire alla sua opera
di promozione internazionale della lingua e della cultura spagnole. Tramite quest’accordo
il birrificio leader della nazione si impegna a collaborare attivamente con l’istituto,
contribuendo alla diffusione della marca Spagna all’estero. Il presidente di Mahou San
Miguel Javier Lopez del Hierro, al realizzarsi dell’accordo affermò che “este acuerdo
encaja a la perfección con la esencia de nuestra compañía, para la que la
internacionalización es un eje estratégico y que se ha convertido en una de las mejores

61
embajadoras de nuestro país en el extranjero, exportando al mundo no sólo sus productos
sino también el concepto, valores y actitudes del estilo de vida español”.

Mahou San Miguel garantirà un apporto economico annuale all’Instituto Cervantes e


metterà a disposizione i suoi canali di comunicazione per le operazioni di diffusione e
promozione delle attività dello stesso. Quest’operazione può essere inquadrata nella più
ampia casistica del co-branding, ma con risvolti culturali che accomunano non solo il
core business dell’Instituto Cervantes, ma l’essenza della partnership comunicativa tra le
due imprese, accomunate dalla stessa matrice culturale di provenienza.

Nel 2013 Mahou-San Miguel realizza uno spot internazionale per la campagna
‘ciudadanos de un lugar llamado mundo’, che riprendendo lo slogan della birra San
Miguel ‘la cerveza de un lugar llamado mundo’, Per questo spot viene lanciato un brano
musicale realizzato dal cantante birtannico di fama internazionale Mika, intitolato ‘La
cancion de San Miguel’. Il videoclip è girato a Barcellona e vi appaiono paesaggi, strade
e bar tipicamente spagnoli nei quali gente proveniente da tutto il mondo accompagna i
propri momenti di spensieratezza quotidiana con la birra San Miguel.

Un altro spot internazionale con forte richiamo alla spagnolità della firma è quello
lanciato tramite la campagna ‘A life well lived’. In questo spot appaiono varie località
spagnole e personaggi stereotipici di questa cultura, come prima immagine appare un
tramonto e la voce narrante afferma ‘questo è un tramonto, ed io l’ho visto in 79 paesi
diversi’. Successivamente, tramite varie scene di vita quotidiana, la voce narrante si rivela
essere il marchio San Miguel, che appunto racconta tutto il suo percorso di espansione
internazionale tramite la sua presenza nella vita di tutti i giorni di persone da ogni parte
del mondo. Lo spot si conclude con la frase, appositamente pronunciata in lingua originale
‘San Miguel, una vida bien vivida’. Con questo spot l’impresa punta sull’effetto della
reputazione spagnola in tutto il mondo in quanto a nazione con uno stile di vita dedito
alla spensieratezza, al benessere ed alla condivisione di bei momenti accompagnati da
un’ottima birra con una lunga tradizione alle spalle. Al lancio dello spot David Scott32 ha
affermato: “World lager is in huge growth, and San Miguel is at the forefront of the trend
as a leading brand in the category”.

Come visto in precedenza, l’impresa Mahou-San Miguel mira a rafforzare i marchi locali
spagnoli ed a diffonderli internazionalmente. Su questa linea, nell’aprile del 2019 tramite

32
David Scott, direttore di Brands & Insight di Carlsberg UK.

62
la campagna di Crear-sin-prisa (creare senza fretta) ha presentato a Milano una special
edition di Alhambra Reserva 1925.

Qui l’impresa ha creato una piattaforma Cervezas Alhambra per promuovere le arti
contemporanee, realizzata in collaborazione con l’artista spagnolo Alan Sastre. La tipica
bottiglia in vetro senza etichetta di Alhambra Reserva 1925 diventa una tela su cui
dipingere, così Sastre ha dato vita a delle creazioni ispirate ai pigmenti “mozarabici”
come la malachite e i lapislazzuli tipici dell’Alhambra di Granada, in cui ogni bottiglia è
diversa e riporta quelle minuscole imperfezioni che rendono unico ogni pezzo. Questa
special edition rende infatti omaggio alla città di Granada, evidenziando il forte legame
del marchio con il mondo dell’artigianato contemporaneo.

Figura 3.6: Alhambra Reserva 1925 special edition

Inoltre, Cervezas Alhambra ha coinvolto nell’iniziativa numerosi creators italiani, che


hanno dato vita ad installazioni e performance originali ed innovative ispirate alla cultura

63
della città di Granada e, specialmente, al suo monumento più rappresentativo:
l’Alhambra.

Un esempio è l’opera ‘The Flamingos Fountain’ creata dai creators italiani del GB Group.
Quest’installazione è ispirata alla Fonte dei Leoni, elemento caratteristico della fortezza
andalusa dell’Alhambra, per rappresentare la modernità gli artisti hanno sostituito i leoni
con dei fenicotteri rosa (fig.3.6).

Figura 3.7: installazione ‘The Flamingos Fountain’

64
3.4. Conclusioni

L'impresa Mahou San Miguel adotta differenti modalità di ingresso nei mercati esteri, di
fatto l’impresa realizza consistenti esportazioni, numerosi accordi ed alleanze strategiche,
crea joint-ventures e realizza fusioni ed acquisizioni. Data la sua lunga esperienza nel
settore (128 anni) l’impresa ha acquisito un certo know-how ed è dotata di importanti
risorse materiali ed immateriali che le permettono di competere all’estero sfruttando il
suo vantaggio competitivo saldamente consolidato (ownership-specific advantage).
Come visto in precedenza, l’impresa ha dedicato particolare attenzione a determinate
categorie di prodotti, essendo pioniera nel commercio di birra analcolica e senza glutine
o focalizzandosi sul segmento premium delle birre artigianali fortemente in crescita negli
ultimi anni. Possiamo quindi affermare che una strategia di differenziazione guida le
attività internazionali dell’impresa, che mira a differenziarsi dai suoi concorrenti
cercando di essere al passo con i tempi innovando costantemente i suoi prodotti e
puntando ad un livello massimo di eccellenza e qualità. Tra le strategie dell’impresa vi
sono quelle di sviluppo del mercato e del prodotto e strategie di diversificazione. Il gruppo
MSM infatti sviluppa nuovi prodotti per i mercati in cui opera, ricerca nuovi mercati in
cui commercializzare i propri prodotti e crea nuovi prodotti adattandoli a nuovi specifici
mercati di destinazione in cui si propone di operare.

La maggior parte delle attività dell’impresa è volta al rafforzamento e mantenimento della


sua leadership nazionale, ma gli obiettivi che guidano le sue strategie mirano al
raggiungimento degli stessi risultati ottenutiti nel mercato domestico in una dimensione
internazionale/globale. Mahou-San Miguel adotta infatti una strategia principalmente
policentrica, decentralizzando le proprie attività tramite la creazione di sussidiarie e di
impianti manufatturieri all’estero e realizzando joint-ventures. Questa strategia non
presenta un alto grado di standardizzazione, bensì gli obiettivi specifici sono proprio
quelli di adattare i piani di marketing e di conseguenza i prodotti alle specificità locali,
fomentando dunque una differenziazione dei mercati.

Il marketing rappresenta per l’impresa un fattore di successo fondamentale, di fatto


Mahou-San Miguel è costantemente alla ricerca di nuove iniziative per promuovere i suoi
prodotti in Spagna e all’estero sfruttando l’effetto del Made in Spain nei mercati
internazionali. Tramite la collaborazione con enti culturali si impegna per la diffusione
della lingua spagnola nel mondo, con l’organizzazione di iniziative locali mira alla

65
promozione della cultura e della gastronomia spagnole alla quale partecipano turisti
provenienti da tutto il mondo. L’impresa inoltre realizza numerosi spot internazionali nei
quali sfrutta la reputazione di cui gode la Spagna all’estero, di fatto nelle campagne
pubblicitarie appaiono località tipiche spagnole, così come danzatrici di flamenco ed altre
figure nazionali stereotipiche e spesso vengono utilizzate intere frasi in lingua spagnola.

66
Riflessioni conclusive

In questo elaborato si è cercato di analizzare l’espansione internazionale delle imprese,


un passo quasi obbligatorio per le aziende che puntano a conquistare una leadership in un
certo segmento di mercato ma allo stesso tempo un procedimento che richiede lunghe fasi
di analisi e sviluppo di strategie mirate al conseguimento di obiettivi specifici. Tali
strategie vengono ideate dall’impresa sfruttando i propri punti di forza e cercando di
diminuire i rischi che possono insorgere a causa delle sue debolezze e riguardano le
modalità di ingresso nei mercati esteri, il marketing e le relative politiche adottate per fare
business internazionale, la selezione dei mercati target e le decisioni riguardanti la
gestione internazionale del brand e di tutte le sue componenti. L’impresa effettua
numerose analisi prima di selezionare un mercato da penetrare ed è certo che la
valutazione primaria da effettuare è quella delle possibili minacce ed opportunità presenti
nei territori selezionati.

Possiamo concludere che il processo di internazionalizzazione richiede la coordinazione


di varie operazioni che l’impresa deve svolgere durante tutte le fasi dell’espansione. Vi
sono delle operazioni preliminari di indagine dei potenziali mercati esteri, queste analisi
riguardano innanzitutto la situazione attuale dei paesi selezionati, dunque vanno tenuti in
conto fattori politici, sociali, culturali ed economici poichè sviluppare delle strategie
vincenti è possibile solo grazie alla conoscenza totale del contesto in cui le si vuole
applicare. Un concetto chiave nella letteratura sull’internazionalizzazione è il vantaggio
competitivo, di fatto l’obiettivo principale di un’impresa è quello di acquistare e
consolidare la sua presenza in un mercato estero differenziandosi dai propri concorrenti.
Le operazioni dell’impresa in una prospettiva internazionale devono raggiungere un alto
grado di sinergia, riuscendo a realizzarsi seguendo la linea di una strategia generica che
muove tutte le attività svolte, questa strategia può svilupparsi in base a determinati
obiettivi che l’impresa si propone di raggiungere, come la leadership di costo o la
focalizzazione su un determinato segmento o nicchia di mercato. A questa strategia base
che regola l’assetto organizzativo dell’impresa, si affianca una strategia internazionale
specifica che l’azienda deve sviluppare appositamente per ogni mercato estero in cui
decide di operare. Questa strategia viene realizzata tramite l’analisi dettagliata delle
caratteristiche del nuovo mercato, considerando la situazione politica, economica e
sociale di un determinato paese, in modo tale da riuscire ad adottare le giuste iniziative di

67
marketing per i prodotti da commercializzarvi. Seguendo l’analisi del caso Mahou-San
Miguel è risultato evidente che il successo dell’impresa è il risultato di una forte
attenzione data alla differenziazione dell’offerta e dei mercati, di fatto l’impresa spagnola
cerca di ampliare sempre di più la propria offerta in modo tale da poter rispondere ad una
domanda sempre crescente e variegata. La MSM non adotta una strategia di
standardizzazione ma, al contrario, cerca di adattare i propri prodotti agli specifici mercati
in cui decide di operare, questo lo fa specialmente tramite la collaborazione con partners
esteri, strategia che le permette di penetrare rapidamente nuovi mercati sfruttando le
conoscenze e la posizione detenute dai collaboratori esteri nei mercati di destinazione.
Spesso gli accordi realizzati da MSM sono accordi reciproci con aziende che a loro volta
commercializzano i loro prodotti in Spagna tramite i canali distributivi della Mahou. Ciò
è possibile poichè l’obiettivo fondamentale di MSM nel tempo è stato quello di
conquistare una forte leadership nazionale, collaborando con enti ed aziende spagnole in
modo tale da assicurarsi una fitta rete di distribuzione e comunicazione fortemente
consolidata, fattore chiave per lo sviluppo di accordi con partner esteri che vedono in
queste collaborazioni la potenzialità di penetrare efficacemente il mercato spagnolo. In
questo lavoro si è analizzata anche l’importanza del marketing, in particolare nella
prospettiva del prodotto, dato che in un settore come quello della birra ottenere una
leadership di costo è abbastanza complicato. Di fatto si è indagato l’effetto del country of
origin nello sviluppo di strategie di marketing e di branding, La Mahou-San Miguel nelle
sue campagne pubblicitarie, così come nell’immagine dei propri marchi, sponsorizza i
suoi prodotti rimandando alla loro origine spagnola. Questo avviene poichè gli stereotipi
che risiedono nella mente dei consumatori esteri legati alla Spagna in quanto a stile di
vita e consumo di birra ottengono un effetto positivo sulle decisioni d’acquisto e sulla
valutazione dei prodotti. Possiamo individuare dunque dei fattori chiave nel successo
internazionale dell’impresa Mahou-San Miguel: la differenziazione, l’adattamento, le
alleanze strategiche, lo sfruttamento del COO nelle strategie di marketing e di branding e
sopratutto l’esperienza accumulata negli anni sul mercato nazionale, che le ha permesso
di ottenere un forte vantaggio competitivo da poter poi sfruttare nei mercati internazionali.

68
Bibliografia
Aaker D.A. (1997), Dimensions of Brand Personality, Journal of Marketing Research,
vol. 34, Aug.ke

Aaker D. (1991), Managing brand equity. Capitalizing on the value of a brand name,
Free Press, New York

Aichner, T. (2014):Country-of-origin marketing: A list of typical strategies with examples


in Journal of Brand Management.
Ayal I., Zif J. (1978): Competitive Market Choice Strategies in Multinational Marketing,
Columbia Journal of World Business, vol. 13(3), pp. 72–73.

Barringer BR, Greening DW. (1998). Small business growth through geographic
expansion: a comparative case study. Journal of Business Venturing 13: 467-492.

Cateora, P.R., Gilly, M. C., & Graham, J. L. (2009). International marketing, 15a ed.,
Boston: McGraw-Hill Irwin.97

Cordell, V.V. (1991) Competitive context and price as moderators of country of origin
preferences. Journal of the Academy of Marketing Science 19(2): 123–128.

Culliton, J. (1948): The Management of Marketing Costs [Research bulletin] Harvard


University.

De Wit B., Meyer R. (2010): Strategy. Process, Content, Context. An International


Perspective, 4th edition, Cengage Learning, Andover, p. 8–10

Dess G.G., Miller A. (1993): Strategic Management, McGraw-Hill Inc., New York, pp.
5–8.

Drucker, P. F. (1954). The practice of management. New York: Harper & Row.

Dunning, J. (1993): Multinational Enterprises and Global Economy, Addison-Wesley,


International Business Service, Wockingham.

Fazzi, R. (1982), Il governo d’impresa, Giuffrè, Milano.

Fechtner, N. (2006): Erfolgsfaktoren Deutsch-Chinesischer Wirtschaftskooperationen.


Hamburg, Germany: Diplomica.

Fournier, S. (1998): Consumers and their brands: developing relationship theory in


consumer research. The Journal of Consumer Research ,24:343–73.

69
Gannon M. (1993): Towards a Composite Theory of Foreign Market Entry Mode Choice:
The Role of Marketing Strategy Variables, Journal of strategic management, vol. 1(1), p.
48.

Group of Lisbon (1995), Limits to Competition, PIT Press, Cambridge – London.

Hamzaoui, L. and Merunka, D. (2006) The impact of country of design and country of
manufacture on consumer perceptions of bi-national products’ quality: An empirical
model based on the concept of fit. Journal of Consumer Marketing 23(3): 145–155.

Handerson, B. D. (1989). The origin of Strategy. Harvard Business Review, vol.67(6),


pp. 139-143.

Heenan D.A., Permutter H. V. (1979): Multinational Organizational Development: A


Social Architectural Approach, Addison-Wesley, Reading, MA .

Hinton, P.R. (2000): Stereotypes, Cognition and Culture, Hove, UK: Psychology Press.

Hobbs, J.E. (2004) Information asymmetry and the role of traceability systems.
Agribusiness 20(4): 397–415.

Jaffe, E.D. and Nebenzahl, I.D. (2001) National Image and Competitive Advantage: The
Theory and Practice of Country-of-Origin Effect. Copenhagen, Denmark: Copenhagen
Business School Press.

Johanson, J.,Vahlne, J.E. (1977): The Internationalization Process of the Firm, Journal
of International Business Studies, vol.8 , pp. 23–32.

Johanson J., Wiedersheim P. (1975): The Internationalization of the Firm: Four Swedish
Cases, Journal of Management Studies, October,

Johnson G., Scholes K. (1999): Exploring Corporate Strategy, Prentice Hall Europe,
London , p. 104

Kaynak, E., Kucukemiroglu, O. and Hyder, A.S. (2000) Consumers’ country-of-origin


(COO) perceptions of imported products in a homogenous less- developed country.
European Journal of Marketing 34(9/10): 1221–1241.

Keller, K. L. (2001): Building customer-based brand equity: A blueprint for creating


strong brands. Marketing Management (July/August) 15-19.

70
Keller, K. L. (1993): Conceptualizing, Measuring and Managing Customer-Based Brand
Equity, Journal of Marketing 57(1), pp. 1-22.

Keller, K. L. (2008), Strategic brand management. 3rd ed. Upper Saddle River: Prentice
Hall.

Kotler P., Scott W.G. (2002), Marketing management, Isedi, Torino.

Krupski R. (2003): Istota strategii przedsiębiorstwa (podrozdz. 1.1) In: Zarządzanie


strategiczne. Koncepcje – metody, ed. R. Krupski, Wydawnictwo Akademii
Ekonomicznej we Wrocławiu, Wrocław.

Komor, M. (2000): Euromarketing. Strategie marketingowe przedsiębiorstw na


eurorynku, Wydawnictwo Naukowe PWN, Warszawa, p.20.

Kotabe, M. and Jiang, C.X. (2009) Contemporary research trends in international


marketing: The 2000s. In: A.M. Rugman (ed.) The Oxford Handbook of International
Business. Oxford, UK: Oxford University Press, pp. 447–501.

Lambin, J.J. (1991): Marketing, McGraw-Hill, Milano (ed.orig.1989).

Lim, J.-S., Darley, W.K. and Summers, J.O. (1994) An assessment of country of origin
effects under alternative presentation formats. Journal of the Academy of Marketing
Science 22(3): 274–282.

Moradi, H. and Zarei, A. (2011) The impact of brand equity on purchase intention and
brand preference – the moderating effects of country of origin image. Australian Journal
of Basic and Applied Sciences 5(3): 539–545.

Moschini, G., Menapace, L. and Pick, D. (2008) Geographical indications and the
competitive provision of quality in agricultural markets. American Journal of
Agricultural Economics 90(3): 794–812.

Oviatt B.M., McDougall P.P. (1995) Global start-ups: entrepreneurs on a worldwide


stage, Academy of Management Executive, Vol. 9 (2), pp. 30-44.

Peterson, R.A. and Jolibert, A.J.P. (1995) A meta- analysis of country-of-origin effects.
Journal of International Business Studies 26(4): 883–900.

71
Pharr, J.M. (2005) Synthesizing country-of-origin research from the last decade: Is the
concept still salient in area of global brands? Journal of Marketing Theory and Practice
13(14): 34-45.

Porter M.E.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance,


The Free Press, New York 1985, pp.445-537

Porter M.E. (1980): Competitive Strategy. Techniques for Analyzing Industries and
Competitors, The Free Press, New York.

Pratesi C.A., Mattia G. (2006), Branding. Strategia, organizzazione, comunicazione e


ricerche per la marca, McGraw-Hill, Milan.

Resano, H., Sanjuán, A.I. and Albisu, L.M. (2012) Consumers’ response to the EU quality
policy allowing for heterogeneous preferences. Food Policy 37(4): 355–365.

Sylvie Chetty and Colin Campbell-Hunt (2004) in Journal of International Marketing


vol.12(1), p. 59

Sznajder A. (1992): Strategie marketingowe na rynku międzynarodowym, Wydawnictwo


Naukowe PWN, Warszawa.

Tan, C.T. and Farley, J.U. (1987) The impact of cultural patterns on cognition and
intention in Singapore. Journal of Consumer Research 13(4): 540–544.

Vianelli, D. and Marzano, F.C. (2012) L'effetto country of Origin Sull'intenzione


D'acquisto Del Consumatore: Una Literature Review. Trieste, Italy: EUT Edizioni

Wach, K. (2012), Internazionalization of SMEs Context, Models and Implementation


Gdańsk University of Technology Publ., cap.3.

White III G.O., Bao, Y. and Brouthers, L.E. (2007): Manufacturing and selling in China.
In: B.D. Keillor, T.J. Wilkinson and A.R. Thomas (eds.) Marketing in the 21st Century:
New World Marketing. Westport, CT: Praeger, pp. 65–80.

Zahra SA, Ireland RD, Hitt MA. (2000). International expansion by new venture firms:
international diversity mode of market entry, technological learning and performance. Academy
of Management Journal 43(5), pp. 925-950.

Zweig, D. (2002): Internationalizing China: Domestic Interests and Global Linkages,


Cornell University Press, New York.

72
Ringrazio mia madre, la migliore compagna di vita e fonte
d’ispirazione che avessi mai potuto desiderare, alla quale dedico tutti i miei
successi.

Ringrazio mia nonna, che mi ha cresciuta supportandomi ogni giorno,


facendomi sentire sempre orgogliosa di me stessa.

Ringrazio mia sorella, l’anima gemella alla quale ho promesso di


raggiungere tutti i traguerdi della vita tenendoci per mano.

Ringrazio mio padre, che riesce sempre a capirmi e che nonostante le


difficoltà non mi ha mai fatta sentire sola.

Ringrazio i miei nonni, che nel poco tempo che gli è stato concesso mi
hanno riempito così tanto il cuore da potermi accompagnare per sempre.

Ringrazio tutti gli amici con cui ho trascorso questi anni turbolenti ricchi
di gioie e dolori e grazie ai quali ho imparato la bellezza della
condivisione.

Ed infine ringrazio la mia Università per avermi regalato l’esperienza


più bella della mia vita, facendomi riscoprire me stessa nell’unica città in
cui mi sia mai sentita davvero a casa, Granada.
73

Potrebbero piacerti anche