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Appendice 1
∂f ∂f ∂f
grad f = i+ j+ k .
∂x ∂y ∂z
359
360 CAPITOLO 10. APPENDICE 1
df = grad f · dP ,
df = dc = grad f · dP > 0 ,
π
2
, il grad f ha quindi verso rivolto verso la parte dove f cresce
Quindi,
dc
|grad f | = ,
ds
in altre parole, il modulo del grad f è direttamente proporzionale all’incre-
mento dc della funzione f ed inversamente proporzionale alla distanza tra σ
e σ0.
Sia f : D ⊂ R2 → R, D insieme aperto, f ∈ C 2 (D), (x, y) → f (x, y). Sia
f da ammettere γ c come curva di livello c, γ c = {(x, y) ∈ R2 : f (x, y) = c}.
Sia P0 ∈ γ c e sia f differenziabile in P0 con grad f (P0 ) 6= 0. Cerchiamo
la retta tangente alla linea di livello in P0 . Sia P un punto generico di
tale retta, la derivata direzionale di f in P0 nella direzione v = P − P0 sarà
zero, ovvero la tangente al grafico in (P0 , f (P0 )) ha come normale il vettore
grad f (P0 ), quindi
grad f (P0 ) · (P − P0 ) = 0 ,
ovvero µ ¶ µ ¶
∂f ∂f
(P0 ) · (x − x0 ) + (P0 ) · (y − y0 ) = 0 . (10.1)
∂x ∂y
362 CAPITOLO 10. APPENDICE 1
Si noti dalla figura che i punti (x, y) dell’equazione (10.1) sono quelli della
retta tangente in p0 alla linea di livello. Il vettore grad f (P0 ) è un vet-
tore del piano R2 , dove sta la linea di livello (nel dominio della funzione)
ed ortogonale alla retta tangente alla linea di livello nel piano. Non si com-
metta l’errore di pensare il gradiente ortogonale alla retta tangente
al grafico o al grafico stesso. Si noti infine che il gradiente punta verso
la porzione di piano dove la funzione è crescente. Più precisamente, il gradi-
ente gode della proprietà che la massima variazione della funzione si ha
nella direzione del gradiente, la minima variazione nella direzione
opposta a quella del gradiente.
10.1.2 L’operatore ∇
E’ utile introdurre il vettore simbolico o operatore simbolico ∇
µ ¶
∂ ∂ ∂
∇= , , .
∂x ∂y ∂z
∇ opera formalmente su una funzione scalare f , col risultato di ottenere, in
coordinate cartesiane il vettore gradiente di f
µ ¶
∂f ∂f ∂f
∇f = , , .
∂x ∂y ∂z
∇ è uno strumento simbolico utile nella differenziazione dei campi sia scalari
che vettoriali. Nell’usuale sistema di riferimento cartesiano, di versori i, j, k,
useremo il vettore
∂ ∂ ∂
∇= i + j + k,
∂x ∂y ∂z
come se lo fosse a tutti gli effetti.
vediamone adesso i vantaggi formali. Si consideri un campo vettoriale
F : Ω ⊂ R3 → R3 , Ω aperto, F = (A, B, C) definito dalle componenti scalari
A : Ω ⊂ R3 → R , (x, y, z) → A (x, y, z) ;
B : Ω ⊂ R3 → R , (x, y, z) → B (x, y, z) ;
C : Ω ⊂ R3 → R , (x, y, z) → C (x, y, z) ;
che supponiamo di classe C 2 (Ω). Possiamo associare ad F la matrice delle
derivate parziali, le cui righe sono date dalle derivate parziali di ciascuna
componente
∂A ∂A ∂A
∂x ∂y ∂z
JF (x, y, z) =
∂B
∂x
∂B
∂y
∂B
∂z
.
(10.2)
∂C ∂C ∂C
∂x ∂y ∂z
10.1. GLI OPERATORI GRAD, DIV, ROT 363
E’ facile riconoscere negli elementi della matrice J che si trovano sulla diago-
nale principale quelli che definiscono la divergenza del campo vettoriale
F. Mentre gli elementi fuori della diagonale di J contribuiscono a formare le
componenti del rotore di F.
∂A ∂A ∂A ∂A
∂x ∂x ∂y ∂z
& % .
∂B div F ; ∂B ∂B ∂B rot F .
∂y ∂x ∂y ∂z
& %
∂C ∂C ∂C ∂C
∂z ∂x ∂y ∂z
div rot F = ∇ · ∇ × F = 0
rot grad f = ∇ × ∇f = 0
div grad f = ∇ · ∇f = ∆f ,
dove
∂2
2 ∂2 ∂2
∆=∇ = 2 + 2 + 2,
∂x ∂y ∂z
è detto operatore di Laplace o Laplaciano.
Nota 10.1 Il gradiente è un concetto che può essere introdotto senza fare
uso delle coordinate (in modo intrinseco). ∇f è invece definito come un
operatore in coordinate cartesiane. Il gradiente assume una forma diversa
se si fanno uso di altri sistemi di coordinate curvilinee, vediamone i due più
noti.
Coordinate sferiche.
Siano (r, θ, ϕ) le coordinate sferiche, legate alle coordinate cartesiane dalle
note relazioni:
x = r sin θ cos ϕ
y = r sin θ sin ϕ
z = r cos θ
∂f 1 ∂f 1 ∂f
grad f = e1 + e2 + e3 ;
∂r r ∂θ r sin θ ∂ϕ
1 ∂ (r2 A) 1 ∂ (B sin θ) 1 ∂C
div F = 2 + + ;
r ∂r r sin θ ∂θ r sin θ ∂ϕ
¯ 1 ¯
¯ 2 e 1
e 1
e ¯
¯ r∂ sin θ 1 r sin θ 2 r 3 ¯
rot F = ¯¯ ∂r ∂
∂θ
∂
∂ϕ
¯;
¯
¯ A rB r C sin θ ¯
µ ¶ µ ¶
1 ∂ 2 ∂f 1 ∂ ∂f 1 ∂2f
∆f = 2 r + 2 sin θ + 2 2 .
r ∂r ∂r r sin θ ∂θ ∂θ r sin θ ∂ϕ2
Coordinate cilindriche.
Siano (r, θ, z) le coordinate cilindriche, legate alle coordinate cartesiane
dalle relazioni
x = r cos θ
y = r sin θ
z=z
10.1. GLI OPERATORI GRAD, DIV, ROT 365
γ c = {(x, y) : f (x, y) = c} .
Fig. 4a Fig. 4b
366 CAPITOLO 10. APPENDICE 1
Se vogliamo scrivere tale integrale come funzione del generico punto P di una
curva regolare γ nel dominio del campo gradiente si ha
Z
F · dγ = f (P ) + cost. (10.3)
γ
Quindi sommando i tre flussi netti uscenti attraverso le facce del paral-
lelepipedo, si ha
ZZ ZZZ µ ¶
∂A ∂B ∂C
F · n dσ = + + dx dy dz .
S V ∂x ∂y ∂z
∂A ∂B ∂C
div F = + + . (10.6)
∂x ∂y ∂z
Il numero di linee del campo che attraversano S1 deve essere uguale a quello
delle linee che passano per S2 . Allora se mis (S2 ) > mis (S1 ) il numero
di linee per unità di area che attraversano S2 è ridotto nella proporzione
mis (S1 ) /mis (S2 ) . In conclusione, in un campo solenoidale il valore di |F|
in ogni punto è direttamente proporzionale al numero di linee di campo che
attraversano perpendicolarmente l’unità di area.
Teorema 10.5 (di Green per un rettangolo nel piano). Sia F = (A, B)
un campo vettoriale di classe C 1 (R), dove R ⊂ R2 è il rettangolo [a, b]×[c, d].
Allora ZZ µ ¶ Z
∂B ∂A
− dx dy = A dx + B dy ,
R ∂x ∂y ∂R
Analogamente,
ZZ Z b µZ d ¶
∂A ∂A
− dx dy = − dy dx
R ∂y a c ∂y
Z b Z
= (A (x, c) − A (x, d)) dy = A dx .
a ∂R
Sommando le due identità si ottiene il teorema di Green nel piano.
Il teorema precedente si generalizza ad un qualunque insieme R ⊂ R2 limitato
da una curva chiusa γ = ∂R percorsa in senso antiorario.
ZZ µ ¶ Z
∂B ∂A
− dx dy = A dx + B dy .
R ∂x ∂y ∂R
Vogliamo ora estendere questo teorema al caso tridimensionale. La dimostrazione
di tale estensione richiede la conoscenza di dettagli tecnici che esulano dai
nostri scopi, ci limitiamo quindi a riportare il risultato finale.
Teorema 10.6 (di Stokes). Sia S una superficie semplice e regolare (im-
magine tramite una trasformazione di classe C 2 di una regione di R2 limitata
da una curva semplice chiusa) e sia C la frontiera di S. Sia F un campo
vettoriale di classe C 1 su S, allora si ha:
Z Z ·µ ¶ µ ¶ µ ¶ ¸ Z
∂C ∂B ∂A ∂C ∂B ∂A
− i+ − j+ − k ·n ds = A dx+B dy+C dz
S ∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y C
(10.10)
dove n è la normale esterna alla superficie.
Ritorniamo adesso alla definizione di rotore data in (10.9). E’ facile
riconoscere
R nel secondo membro dell’identità (10.10) l’integrale curvilineo
C
F · n dα, quindi se C è una curva chiusa che delimita una superficie pas-
sante per P ed avente normale n in P , dividendo ciascun membro per la
(misura della) superficie S si ha
Z Z ·µ ¶ µ ¶ µ ¶ ¸ Z
1 ∂C ∂B ∂A ∂C ∂B ∂A 1
− i+ − j+ − k ·n ds = F · n dα .
S S ∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y S C
A questo punto facciamo tendere a zero la misura di S, mantenendo la su-
perficie S sempre tangente al piano perpendicolare alla normale esterna n.
Si ottiene così
Z
1
rot F · n = F · n dα
S C
Z Z ·µ ¶ µ ¶ µ ¶ ¸
1 ∂C ∂B ∂A ∂C ∂B ∂A
= lim − i+ − j+ − k · n ds
S→0 S S ∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
·µ ¶ µ ¶ µ ¶ ¸
∂C ∂B ∂A ∂C ∂B ∂A
= − i+ − j+ − k · n,
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
374 CAPITOLO 10. APPENDICE 1
v (P) = (ω 2 z − ω3 y) i + (ω 3 x − ω1 z) j+ (ω 1 y − ω 2 x) k .
Il rotore del campo di velocità risulta uguale a due volte il vettore velocità
angolare del sistema. Si può pensare al rotore come la tendenza di P a
ruotare intorno ad un punto fisso.
Torniamo alla matrice J F introdotta in (10.2). E’ noto dalla teoria delle
matrici, che ogni
¡ matrice
¢ reale si può decomporre nella somme
¡ di una
¢ matrice
simmetrica 12 A + At e di una matrice antisimmetrica 12 A − At . Nel caso
di J F si ottiene:
∂A
0 − ∂B ∂A
− ∂C
1 ¡ ¢ ∂y ∂x ∂z ∂x
J F−J Ft = ∂B ∂x
− ∂A
∂y
0 ∂B
∂z
− ∂C
∂y
.
2 ∂C ∂A ∂C ∂B
∂x
− ∂z ∂y − ∂z 0
Gli elementi della parte antisimmetrica, ovvero quelli non diagonali, sono gli
elementi del rot F a parte il segno. Se la matrice J F è simmetrica, allora
rot F = 0 .
Nello studio del campo del gradiente, abbiamo risposto al seguente prob-
lema: dato un campo vettoriale F, esiste un campo scalare ϕ tale che F =
grad ϕ ?
I campi che godevano di questa proprietà si sono chiamati conservativi, ed
abbiamo dato la condizione necessaria rot F (anche sufficiente se il dominio
è semplicemente connesso).
Nello studio del campo del rotore possiamo porci un problema simile:
Dato un campo vettoriale F, esiste un campo vettoriale G tale che F =rot G
?
Dal punto di vista analitico, posto F = (A, B, C) e G = (L, M, N) il
problema posto equivale alla soluzione del sistema di equazioni
∂N ∂M ∂L ∂N ∂M ∂L
A= − , B= − , C= −
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
dove le funzioni scalari L, M, N sono le incognite da determinarsi in funzione
di A, B, C. Se L, M, N sono di classe C 2 allora div F = div (rot G) = 0,
quindi
∂A ∂B ∂C
+ + =0
∂x ∂y ∂z
è condizione necessaria perché esista un campo G di cui F sia il rotore.
y 2 + z 2 − 2x2 x2 + z 2 − 2y 2 x2 + y 2 − 2z 2
div F = + = 0.
(x2 + y 2 + z 2 )5/2 (x2 + y 2 + z 2 )5/2 (x2 + y 2 + z 2 )5/2
Supponiamo ora (per assurdo) che esista un campo vettoriale G tale che
rot G = F . Se così fosse, per il teorema di Stokes si avrebbe
ZZ Z
rot G · n dσ = G · dα , (10.11)
S C