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Riflessioni sull'Esoterismo

di Daniele Mansuino   indice articoli


 
Cagliostro e la “Scuola Napoletana”
Dicembre 2006
 
Tra le “scuole trasmutatorie” oggi esistenti,
l’associazione ermetica conosciuta come Scuola
Napoletana rivendica il primato di essere la più antica
d’Occidente: fu infatti ai tempi dell’Imperatore
Augusto che una piccola colonia di Ebrei egiziani si
stabilì a Napoli (nella zona nota oggi come Piazza Nilo) portando con sé anche
la tradizione orale delle tecniche segrete che avevano appreso nella loro patria.
 
La forzata islamizzazione avrebbe quasi cancellato queste tecniche dall’Egitto,
fatta eccezione per alcune ristrette cerchie di iniziati di religione cristiana ;
finchè, nell’ottocento, ufficiali napoleonici iniziati in Italia avrebbero riscontrato
con grandissima emozione la sostanziale corrispondenza dei rituali in loro
possesso con quelli ancora in uso nella terra dei Faraoni. Raramente Maestri
massoni ebbero migliore occasione per realizzare il compito segreto del loro
grado, quello di “unire ciò che è stato diviso”.
 
Lo scorrere dei secoli, tuttavia, ha lasciato il segno. Soprattutto le complesse
vicende relative alla “massonizzazione” della Scuola nel diciottesimo secolo
hanno contribuito a creare confusione circa il genere di lavoro che vi veniva
praticato, e addirittura riguardo alle sue finalità. Questo mio breve saggio
riafferma sottovoce che l’intero complesso dell’operatività “napoletana” era
rivolto fin dalle origini alla trasmutazione interiore, e che le successive
inclusioni di elementi parareligiosi potrebbero e dovrebbero essere
abbandonate.
In base a una ricostruzione forzatamente approssimativa, si sa oggi che gli
originari livelli di insegnamento della Scuola Napoletana erano tre. Sul primo
livello non abbiamo molto da dire: esclusivamente teorico, vi si imparavano i
fondamenti dell’Ermetismo - la scienza delle analogie, il simbolismo (che in
seno alla Scuola Napoletana era straordinariamente ricco ed esteso rispetto a
quello delle altre scuole ermetiche) e probabilmente anche l’ “arte della
memoria”.
 
Al secondo livello si intraprendeva il lavoro trasmutatorio vero e proprio,
secondo una tecnica (di presunta origine mitraica) caratterizzata da una
peculiare forma di magia sessuale detta osiridea; il complesso dei rituali ad
essa pertinenti veniva denominato in latino “Arcana Arcanorum”.
 
Di cosa esattamente si trattasse, fu uno dei segreti meglio conservati della
storia dell’esoterismo; soltanto nel 1897, a Parigi, l’occultista Sedir (pseud. di
Yvon Le Loup, 1871-1926) diede alle stampe una versione parafrasata degli
Arcana sotto forma di un trattatello intitolato “La Venere Magica”, ma l’oscurità
della terminologia da lui adottata non consentiva di capirci praticamente nulla.
Perché il pubblico dei “profani” potesse sapere qualcosa di più preciso sugli
“Arcana Arcanorum” occorse attendere addirittura il 1988, quando una piccola
casa editrice di Milano li pubblicò integralmente - contro la volontà della Scuola
- in un’edizione a tiratura limitata che scomparve dalle librerie in pochi giorni.
 
Per riassumere in breve, gli Arcana consistono di tre “Maestrati”, più un
Grande Arcano (o “Secretum Secretorum”). Il calendario dei lavori deve essere
stabilito secondo i cicli lunari, scanditi da “novenari” (digiuni rituali di 9 giorni,
durante i quali occorre osservare la castità più completa). Il lavoro
trasmutatorio osirideo è di coppia: deve cioè essere intrapreso da un uomo e
una donna insieme.
 
Il primo Maestrato consiste per l’uomo in una pratica di assimilazione dello
sperma, ottenuto con un atto di magia auto-sessuale; il ciclo corto più usato
consta di quaranta operazioni, una ogni 9 giorni, per un anno di attività. Nel
caso della donna, lo sperma è sostituito da una microscopica dose di sangue
mestruale.
 
Dopo la fine dell’anno, allo sperma o al sangue viene aggiunto un terzo
ingrediente (diversamente identificato) e quindi il composto è ingerito,
all’interno di una ciclicità di digiuni e pasti leggeri che insiste ancora sui numeri
9, 6, 3 e 1.
 
Nel secondo Maestrato, queste operazioni vengono sostanzialmente ripetute
(con lievi modifiche), combinando però tutti e tre gli ingredienti insieme.
 
Il terzo Maestrato è fondato su una pratica sessuale di coppia, in cui
l’amalgama filosofale (i tre elementi insieme) viene “cotto” attraverso i tre
passaggi denominati “mercurio al nero”, “mercurio al bianco” e “mercurio al
rosso” (tre atti diversi di magia sessuale di coppia: uno di sodomia, uno senza
emissione di sperma e uno in fase mestruale). Infine si otterrà un nuovo
amalgama filosofale, che – ingerito – determina la germinazione e la prima
fase di sviluppo del “corpo energetico” (denominato, secondo la terminologia
della Scuola, Corpo di Gloria).
 
L’ultima fase, o Grande Arcano, è costituito da una serie di ritiri al buio,
ciascuno di 7 giorni, accompagnati da un numero decrescente di operazioni
sessuali (9, 6, 3, 1 e infine nessuna, sostituite da esercizi respiratori), dove si
ritorna all’assimilazione di un solo elemento (sperma o sangue) più il terzo
ingrediente; la privazione della luce favorisce l’ulteriore sviluppo del Corpo di
Gloria e il suo rafforzamento.
 
Tutto questo, come abbiamo detto, veniva praticato al secondo livello della
Scuola ; al terzo livello il trasmutato poteva usufruire di due ulteriori tecniche
di perfezionamento denominate “Quarantene”, finalizzate a conferirgli facoltà
mentali superiori e a porre in atto la rigenerazione del corpo fisico.
 
La prima Quarantena: “Per ottenere il Pentagono e divenire moralmente
perfetto” deve essere praticata da tredici iniziati al terzo livello insieme.
Fortemente ibridata con elementi magico-qabbalisti (ricorda a tratti la Magia
Sacra di Abramelin), aveva lo scopo di affinare le facoltà intellettuali del Corpo
di Gloria, per renderlo idoneo a interpretare correttamente le enigmatiche
istruzioni della seconda Quarantena: “Per ringiovanire e diventare fisicamente
perfetto”.
 
Eccone qui riportato il testo pressoché integrale (nella versione di Cagliostro):
 
“L’Aspirante si deve ritirare nel plenilunio di maggio con un amico in
campagna, e ivi chiuso in una camera soffrire per quaranta giorni una dieta
estenuante, con scarsi cibi consistenti in zuppe leggere, e erbaggi teneri
refrigeranti, e lassativi, e bevande di acqua distillata, o piovuta in maggio, per
modo però che ogni rifezione cominci col liquido, cioè colla bevanda, e termini
col solido, che sarà un biscotto o una crosta di pane. Nel diciassettesimo
giorno di questo ritiro, fatta una piccola emissione di sangue, comincerà a
prendere certe gocce bianche, che non si spiega di che siano composte, e ne
prenderà sei la mattina e sei la sera, accrescendone due per giorno fino al
giorno trentadue. In questo giorno si rinnova un’altra piccola emissione di
sangue al crepuscolo del Sole, nel giorno seguente si mette in letto per non
alzarsi che sul finire della Quarantena, ed ivi comincia a prendere il primo
grano di Materia Prima, quello stesso che Iddio creò per rendere l’uomo
immortale, e di cui l’uomo ha perduto per il peccato la cognizione, né può
essere riconquistata che per il gran favore dell’Eterno e pei lavori massonici.
 
Preso questo grano, colui che deve essere ringiovanito perde la cognizione e la
parola per tre ore, e messo in convulsione si scioglie in gran traspirazione e
evacuazioni. Rinvenuto poi, e cambiato di letto, deve essere ristorato con un
consumato di una libbra di manzo misto a erbe refrigeranti. Se questo
ristorativi lo mette in buono stato, nel dì seguente gli si dà il secondo grano di
Materia Prima in una tazza di consumato che, oltre agli effetti del primo, gli
cagionerà una gagliarda febbre con delirio ; gli farà perdere la pelle e cadere i
capelli e i denti. Nel dì seguente trentacinque se l’ammalato è in forze farà per
un’ora un bagno né caldo né freddo. Nel trentaseiesimo giorno in un bicchiere
di vino vecchio e generoso prenderà il terzo e ultimo grano di Materia Prima
che lo sopirà inundolce sonno assai quieto e tranquillo, e allora è che rinasce il
pelo, cominciano a rigermogliare i denti e risarcirgli la pelle. Risvegliato da sé,
deve tuffarsi in un nuovo bagno aromatico, e immergersi nel giorno trentotto
in un bagno d’acqua ordinaria inzuppata di nitro, dopo il quale comincia a
vestirsi e a passeggiare per la camera, e – prese nel trentanovesimo giorno
dieci gocce del Balsamo del Gran Maestro in due cucchiai di vino rosso – nel
quarantesimo giorno abbandonerà la casa, ringiovanito già e ricreato
perfettamente.”
 
Per ragioni non del tutto chiare (e tuttora dibattute), verso la metà del
diciottesimo secolo buona parte della Scuola Napoletana decise di confluire
in Massoneria. Sicuramente pesò in questa scelta la folgorante diffusione
dell’Istituzione massonica in quegli anni, vista come mezzo per propagare la
Scuola fuori dall’Italia, ed anche la particolare natura del simbolismo
muratorio, elastico al punto di poter sincretizzare e assorbire con facilità
sistemi esoterici molto diversi. Era questa una caratteristica specialmente
compatibile con l’Ermetismo, una cui componente era d’altra parte già presente
in Massoneria fin dalle origini, nel simbolismo hiramita...
 
Non c’è da dubitare che i Napoletani si rendessero conto fin dall’inizio dei limiti
e degli svantaggi impliciti nell’operazione. Elastica nei simboli, la Massoneria
era rigida nel rituale, e non avrebbe mai consentito la pratica del lavoro
trasmutatorio napoletano entro le colonne del Tempio: il rischio di una
svalutazione dell’operatività a vantaggio del simbolismo era presente in nuce
fin dall’inizio.
 
Ma l’occasione di fissare, fin nei dettagli, il ricco universo di simboli multicolori
che scandivano il lavoro in un grandioso affresco perenne destinato a
diffondersi nel mondo intero, era una tentazione cui nessun Ermetista degno di
questo nome avrebbe potuto resistere: una testimonianza analoga a quella
rappresentata dalle Piramidi, un messaggio al futuro, un puzzle da decifrare…
sicuramente anche una sorta di assicurazione contro il mutare dei tempi, la
garanzia che al di là di qualunque catastrofe la Scuola Napoletana avrebbe
potuto risorgere e ricomporsi dal liber mutus dei suoi simboli qualora il Corpo
di Gloria di un trasmutato avesse posato lo sguardo su di essi ancora una
volta.
 
Fu così deciso di dare vita a tre sistemi di gradi massonici, ciascuno dei quali
descriveva in forma allegorica un livello di insegnamento: il Rito di Memphis
per il primo livello, il Rito di Misraim per il secondo e la Massoneria Egiziana
per il terzo.
 
I Riti di Memphis e Misraim sorsero entrambi a Napoli, come risultato di un
lavoro collegiale condotto da numerose personalità di spicco della Scuola, tra i
quali è d’obbligo ricordare il Principe Raimondo Sangro di San Severo (1710-
1771), al quale si deve l’edificazione di quello straordinario monumento
ermetico che è la Cappella dei San Severo, e il Barone Henri Theodore de
Tschoudi (1724-1769), autore del “Catechismo massonico della Stella
Fiammeggiante”.
 
Dei due Riti, quello di Memphis fu dalle origini interamente speculativo, come i
lavori del primo livello in esso adombrati: cioè a dire, al suo ricchissimo
contenuto simbolico non faceva riscontro la pratica di alcun rituale
trasmutatorio. Invece il Rito di Misraim comprendeva effettivamente la pratica
degli Arcana (lavori del secondo livello), ma quando nel giro di pochi anni entrò
a far parte del circuito della Massoneria internazionale, com’era prevedibile
l’operatività venne abbandonata, perché avrebbe costituito un ostacolo alla sua
accettazione e diffusione.
 
Parecchio simili tra loro, i due Riti si fusero e separarono più volte; la fusione
definitiva, avvenuta nel 1908, diede origine a quello che la Massoneria regolare
riconosce oggi come “Rito Antico e Primitivo di Memphis e Misraim”, che
tuttavia molto antico e primitivo non è, perché la finalità originaria di illustrare
i primi due livelli della Scuola è andata del tutto perduta. Le linee di
trasmissione dei due Riti separati, tuttavia, non sono scomparse, e
sopravvivono ancora - grazie al disinteressato impegno di pochi appassionati -
in seno a piccoli Ordini massonici “irregolari”.
 
Il compito di forgiare la struttura che adombra i lavori del terzo livello fu
affidato a Cagliostro. Riguardo alla biografia di questo straordinario
personaggio non scriverò quasi nulla, perché la sua identificazione con la
persona dell’avventuriero palermitano Giuseppe Balsamo è storicamente assai
dubbia: è probabile si sia trattato di un’operazione denigratoria orchestrata
dalla Chiesa in funzione antimassonica (non va dimenticato che il vero
Cagliostro fu fatto morire di stenti in un carcere vaticano).
 
Qualche storiografo della Massoneria si è spinto addirittura a ipotizzare che un
Conte Alessandro di Cagliostro non sia mai veramente esistito, citando casi
analoghi riscontrabili in diverse tradizioni - per esempio la figura di Manu
nell’Induismo - di personaggi la cui esistenza storica è dubbia, ma che
vennero creati per simboleggiare e sintetizzare nel loro nome una determinata
funzione: nel caso di Manu, quella del “legislatore primordiale”, nel caso di
Cagliostro quella del “massonizzatore”, ovvero l’artefice della trasposizione
degli antichi rituali trasmutatorii in termini massonici: fenomeno che non vide
come protagonista la sola Scuola Napoletana, ma si verificò un po’ dovunque
nell’Europa del diciottesimo secolo (ed in effetti, uno dei tratti più salienti della
mitica biografia di Cagliostro sono i suoi viaggi nelle nazioni più disparate).
 
Pur non condividendo questa ipotesi estrema, non si può negare che la più
importante di tutte le “massonizzazioni” fu opera sua. Il compito di attuarla gli
era stato affidato dal Cavalier Luigi d’Aquino (1739-1783) che secondo la
tradizione fu anche il suo iniziatore. Cagliostro l’aveva incontrato nel 1766 a
Malta e si recò poi a Napoli presso di lui nel 1773; qui fu iniziato al terzo livello,
e con il suo aiuto intraprese i primi abbozzi del titanico lavoro di trasferirne
l’intero rituale in forma allegorica. Dieci anni dopo, la notizia della scomparsa
del suo maestro lo colse a Parigi, e fu proprio in questa città che la Massoneria
Egiziana venne fondata.
 
A differenza dei Riti di Memphis e Misraim, secondo la terminologia muratoria
la Massoneria Egiziana è un “Ordine”: ovvero, mentre i primi due sono
perfezionamenti facoltativi del grado di Maestro, essacomprende tutti e tre i
gradi (Apprendista, Compagno e Maestro). Si tratta insomma di una sorta di
“massoneria parallela”, completamente indipendente dal corpo della
Massoneria regolare.
 
Strutturandola in tal modo, Cagliostro ottenne due risultati: in primo luogo
potè iniziare anche le donne - che, allora come oggi, erano escluse dai lavori
massonici regolari - e garantì alla propria creazione l’autonomia necessaria per
scongiurare la minaccia di una forzata sospensione dell’attività trasmutatoria,
inconveniente che stava manifestandosi per il Rito di Misraim giusto in quegli
anni.
 
Sebbene non esista alcuna documentazione scritta a riguardo, è più che
probabile che la presenza delle donne fosse rivolta a garantire l’operatività
anche dei primi due livelli, e che tale inclusione fosse stata preventivamente
concordata con il Cavaliere d’Acquino proprio basandosi sull’esperienza
maturata coi Riti : la Scuola Napoletana poteva così ora disporre di due Riti
massonici “regolari” interamente speculativi e di un’Obbedienza “sorella” sotto
il suo totale controllo, nella quale trasferire i Massoni più qualificati per iniziarli
al lavoro operativo sul Corpo di Gloria.
 
Per quanto i rituali della Massoneria Egiziana fossero improntati fin dall’inizio a
una terminologia di tipo religioso, non c’è motivo di pensare che la sua
funzione originaria si discostasse dalla consueta funzione di “mascheramento”
che aveva consentito alle scuole trasmutatorie ermetiche di scampare per
secoli all’occhio arcigno dell’Inquisizione. Ma dopo la Rivoluzione francese, il
progressivo travasarsi dei sostenitori dell’ancien régime entro le file dei
Massoni di indirizzo esoterico creò i presupposti per una lettura della “Grande
Opera” in senso deista, che - dilagando - raggiunse anche la Massoneria
Egiziana e spianò la strada a un’interpretazione più letterale.
 
La presenza di una componente filoreligiosa, alimentata dalla crescente
contrapposizione nei confronti della Massoneria di indirizzo laico, è una
costante della storia massonica degli ultimi due secoli, e si può dire che
soltanto la caduta del muro di Berlino ha gettato i presupposti perché (forse) in
futuro sia superata.
 
La sua influenza sulla Scuola Napoletana fu grande, tanto che anche le frange
della Scuola rimaste al di fuori dell’Istituzione massonica per amor di quieto
vivere finirono per conformarvisi, almeno in parte.
 
Ancora oggi, le più quotate linee di trasmissione dei Riti di Memphis e Misraim
e della Massoneria Egiziana sono interpretate in chiave di esperienza
parareligiosa ed è quasi impossibile per chi voglia essere iniziato entrare a
farne parte senza una preventiva confessione di fede cristiana.
 
Il risultato, in poche parole, è né più né meno lo stesso che ha funestato tutte
le “scuole” inquinate dalla religione: l’autentica funzione dei riti viene taciuta e
messa da parte, persone di buona volontà li praticano coscienziosamente (tra
una preghiera e l’altra) senza avere un’idea del fine per cui furono concepiti, e
chi si sforza di aprire loro gli occhi spiegando che l’esperienza mistica con
l’esoterismo non c’entra niente viene sospettato di essere un inviato di
Satanasso.
 
L’auspicio conclusivo è che tali storture possano essere corrette da una nuova
generazione culturalmente più emancipata, per questo meno vulnerabile alle
confusioni tra esoterismo e religione.
 
Già segni confortanti si possono intravedere in tal senso, se è vero che di
recente - tanto in Liguria che nella Francia meridionale - sono risorte Logge
Egizie indipendenti che lavorano con gli Arcana e le Quarantene, consapevoli
che al di fuori della trasmutazione interiore nessuna forma di iniziazione
massonica ha motivo di esistere; e meno di tutte la Massoneria Egiziana,
orgogliosa creatura di Cagliostro e della Scuola Napoletana.
 
Daniele Mansuino

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