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ALESSANDRO PORTELLI

28 FEBBRAIO 2007

La Virginia si scusa per la schiavitù. E adesso?


(Manifesto 28.2.07)
La schiavitù è stata abolita negli Stati Uniti nel 1863. Nel 2007, il
parlamento dello stato della Virginia ha deciso che era stata un crimine
e ha chiesto scusa agli afroamericani . Un atto dovuto, e tutto sommato
L I N K E C O N TAT T I
giusto, anche se un po’ in ritardo. D’altronde, la Chiesa cattolica ha
impiegato qualche secolo a riconoscere che Galileo aveva ragione e la Chi è Alessandro Portelli
terra gira intorno al sole; lo stato del Massachusetts ha aspettato mezzo Una proposta di lavoro culturale
secolo dopo la loro morte prma di ammettere che Nicola Sacco e Scrivi ad Alessandro Portelli
Bartolomeo Vanzetti non avevano avuto un giusto processo; e il
presidente Clinton e la segretaria di stato Madeleine Albright hanno
chiesto scusa per i bombardamenti all’Honduras quarant’anni dopo. DOWNLOAD

Però, in questi anni di risorgente “medioevo”, con la riabilitazione della Lezioni di storia: i giorni di Roma - 24
tortura, la cancellazione dell’habeas corpus, il risorgere delle teocrazie, marzo 1944: Le Fosse Ardeatine
il ritorno dell’accusa del sangue e revisionismi storici di ogni genere, Lezioni di storia: Sulla scena di Roma:
che un’istituzione rinneghi almeno la schiavitù è a suo modo Il bombardamento di San Lorenzo
confortante.
La schiavitù evoca immediatamente immagini di orrore: la frusta, lo
sfruttamento nei campi di cotone, le violenze sulle donne, le famiglie POST RECENTI

fatte a pezzi, i cani alla caccia dei fuggiaschi nelle paludi… Eppure, nel Tutto il giorno di ieri sui media
più importante romanzo moderno sulla schiavitù, Toni Morrison rimbalzava una n...
sceglie di rappresentare una piantagione modello, con un padrone Nel 1950, nel libro La folla solitaria,
umano che tratta gli schiavi come persone e non come cose – e lo fa per un testo d...
sottolineare un orrore più profondo, che sta nell’esistenza stessa Bruce Springtsteen: Born to Run,
dell’istituzione schiavista, negli Stati Uniti e altrove: la riduzione legale l'autobiografia
di un essere umano a proprietà un altro essere umano, giuridicamente La scheda, il fucile e Dallas
equiparabile a un mobile o a un cane.
ILouisiana, Minnesota: il delirio
“Fummo tutti allineati insieme per l’inventario,” scrive Frederick dell'onnipotenza
Douglass, nella sua memorabile autobiografia di ex schiavo (1844):
https://www.youtube.com
“Uomini e donne, giovani e vecchi, sposati e celibi, tutti messi in fila
/watch?v=KwYE2d0h170: semik...
con I cavalli, le pecore, i maiali. C’erano cavalli e uomini, buoi e donne,
L'Europa del genocidio respinge i
maiali e bambini, tutti collocati sullo stesso piano di esistenza, e tutti
migranti
soggetti allo stesso accurato scrutinio….”
Joe Hill: 1915-2015
Anche se il trattamento non è inumano, allora, questo dipende solo
"Adua" di Igiaba Scego - il manifesto
dalla soggettività del proprietario, che può cambiare ida quando gli
15.12.2015
pare. O dal fatto che, con il passaggio della proprietà ad altri, e
ricomincino gli orrori. Link a una pr esentazione del mio
Perciò, quelle che non senza ragione chiamiamo le moderne forme di libro su Bruce S...
schiavitù (e ce ne sono, in certi campi di lavoro nascosti in Florida, e in
tante parti del “terzo mondo”) hanno in comune le violenze e le
ARCHIVIO
costrizioni, ma somigliano più a carceri, campi di lavoro forzato, lager
che alla schiavitù in senso stretto: manca l’orrore freddo della proprietà maggio 2006
dell’uomo sull’uomo. E sono fuori legge; la schiavitù per cui chiede luglio 2006
scusa il parlamento della Virginia era non solo legale, ma era la pietra settembre 2006
angolare di una società intera, in un paese per altri versi alfiere di ottobre 2006
libertà.
novembre 2006
In Kentucky, un anziano signore, proprietario di miniere e discendente
dicembre 2006
di piantatori dell’Alabama, mi mostra con orgoglio il libro-inventario
gennaio 2007
della piantagione dei suoi avi, redatto in occasione della divisione della
febbraio 2007
proprietà per eredità. Ben incolonnati, ci sono i nomi degli schiavi, età,
valore di mercato e una colonna di commenti. Accanto a qualche nome marzo 2007

c’è scritto “ruptured,” rotto; non c’è scritto né come né perché, ma solo aprile 2007
che il suo prezzo cala in proporzione. Guarda caso, questo signore e suo maggio 2007
padre sono stati gli ultimi proprietari di miniere in America ad settembre 2007
accettare di firmare il contratto col sindacato minatori: le eredità della ottobre 2007
schiavitù durano a lungo. novembre 2007
In un altro straordinario romanzo recente, Legame di sangue(Kindred), dicembre 2007
Octavia Butler immagina una protagonista risucchiata nel tempo dalla
gennaio 2008
California di oggi alla Virginia schiavista. Quando finalmente riesce a
febbraio 2008
tornare indietro, lascia letteralmente un braccio, strappato dal suo
marzo 2008
corpo, laggiù in quel passato: se il viaggio nel tempo è una metafora
aprile 2008
della memoria, allora quel braccio rimasto nel passato significa che in
quel passato ci stiamo ancora dentro, che è un pezzo di noi. Legami di maggio 2008

sangue, appunto: non solo sul piano letterale, derivanti dalle violenze settembre 2008
dei padroni sulle schiave, ma su un piano più profondo, per cui la novembre 2008
schiavitù non è solo una trauma nella storia dei neri ma sta dentro le dicembre 2008
vene dell’America intera. Non basta un voto in parlamento per gennaio 2009
liberarsene. febbraio 2009
“In quel momento,” scrive Douglass commentando la scena marzo 2009
dell’inventario, “vidi più chiaramente che mai gli effetti disumanizzanti
aprile 2009
della schiavitù tanto sullo schiavo quanto sullo schiavista.” Sono
maggio 2009
intuizioni come queste che fanno della sua autobiografia un
giugno 2009
capolavoro. Perché Douglass si rende conto che, mentre negano
luglio 2009
giuridicamente che gli schiavi siano esseri umani, i padroni sanno
benissimo che lo sono; e allora, per negare la loro umanità devono settembre 2009
sopprimere anche la propria. Ed è in questo effetto disumanizzante ottobre 2009
sull’aguzzino che la piantagione somiglia a tutte le situazioni in cui una novembre 2009
persona ha potere totale su un’altra, e può prendere un prigioniero dicembre 2009
iracheno e metterlo al guinzaglio insieme ai cani, neanche per gennaio 2010
“valutarlo” ma per divertirsi. marzo 2010
Per questo, chiedere scusa per la schiavitù va bene, ma bisogna pure
aprile 2010
trarne le conseguenze, e dire basta a tutte le situazioni del genere –
cosa che il parlamento della Virginia si guarda bene dal fare. E poi, maggio 2010
come in tutte queste richieste di scuse che abbiamo visto negli ultimi giugno 2010
tempi, l’atto di chiedere scusa dovrebbe accompagnarsi al fare qualcosa ottobre 2010
per rimediar, se possibile, gli effetti dei crimini passati. La casa di novembre 2010
produzione di Spike Lee si chiama “40 Acres and a Mule,” in ricordo
dicembre 2010
della promessa non mantenuta di un po’ di terra e un mulo per
gennaio 2011
coltivarla fatta agli ex schiavi dopo la guerra civile. Non alla lettera,
febbraio 2011
certo, ma forse sarebbe ora di darglieli, questi quaranta acri, o il loro
marzo 2011
equivalente moderno: quaranta acri di giustizia, di uguaglianza, di
cittadinanza, di rappresentanza politica. Nel corso del tempo, i aprile 2011

discendenti degli schiavi hanno strappato molte conquiste ai maggio 2011


discendenti degli schiavisti; sarebbe il caso di portare a termine l’opera, giugno 2011
coi fatti e non con le parole. agosto 2011

A L E S A N D R O P O RTE L I | 8 :50 PM 0 C OMME NTI settembre 2011


marzo 2012
aprile 2012
13 FEBBRAIO 2007
luglio 2012
Una sentenza insostenibile novembre 2012
dicembre 2012
· Comunicato stampa del Consigliere Delegato per la Memoria Storica
febbraio 2013

Una recente sentenza del Tribunale di Roma, ripresa anche da alcuni aprile 2013
giornali, ha sancito che non costituisce reato accusare il dottor Rosario maggio 2013
Bentivegna di essere "il vero autore" della strage delle Fosse Ardeatine, giugno 2013
come affermato da un esponente di Forza Nuova. Come tutti sappiamo, luglio 2013
gli autori della strage furono gli occupanti nazisti, con il fattivo agosto 2013
contributo dei loro alleati e subalterni italiani. La decisione di compiere ottobre 2013
la strage fu una scelta politica autonoma e cosciente dei comandi
novembre 2013
nazisti; nulla li obbligava o costringeva a rispondere con un simile
dicembre 2013
crimine all'atto di guerra compiuto contro di essi dai partigiani romani
gennaio 2014
a via Rasella. Non esiste peraltro nessun rapporto automatico fra azioni
febbraio 2014
partigiane e stragi nazifasciste, tale da affermare che i partigiani ne
siano anche indirettamente responsabili: sia a Roma sia in altre parti marzo 2014

d’Italia si sono verificate stragi naziste non connesse a nessuna azione aprile 2014
partigiana, e azioni di guerra partigiane a cui non è seguita una simile maggio 2014
rappresaglia. Inoltre, va ricordato che sentenze del tribunale militare di giugno 2014
Roma riconobbero che la strage delle Fosse Ardeatine fu comunque agosto 2014
una azione talmente sproporzionata e condotta in modo talmente febbraio 2015
efferato da non poter in alcun modo essere definita una legittima maggio 2015
rappresaglia, bensì un omicidio continuato.
luglio 2015
novembre 2015
Nel rispetto tanto dell’autonomia della magistratura quanto della
dicembre 2015
serietà della ricerca storica, preso atto del fatto che comunque la
gennaio 2016
sentenza in questione non afferma che il dottor Bentivegna fu autore
della strage, ma ritiene soltanto di tutelare il diritto di affermarlo da maggio 2016

parte di un esponente di Forza Nuova; e preso atto dell’intenzione del luglio 2016
dottor Bentivegna di porre ricorso, il Consigliere del Sindaco per la ottobre 2016
Valorizzazione e la Tutela della Memoria Storica esprime solidarietà al aprile 2019
dottor Bentivegna, oggetto di tale infamante accusa, da sempre
impegnato a difendere la propria onorabilità e il rispetto della verità
storica. FEED

A L E S A N D R O P O RTE L I | 9 :15 A M 0 C OMME NTI

C O L L A B O R AT O R I

Luoghi comuni ed errori sulle Fosse Ardeatine: A L ESA ND RO PO RTE L I

una lettera al Corriere della Sera IVANH AWK


SE RGIO PO L IME N E

· Lettera di Alessandro Portelli al Corriere della Sera


Gentile Direttore,

Nello stesso giorno e nella stessa pagina in cui tornava ad avvalorare


l’accusa del sangue contro gli ebrei, il Corriere della Sera pubblicava il
seguente corsivo di Ernesto Galli della Loggia: “«Lo scopo dell'
attentato in via Rasella era in realtà quello di provocare una
rappresaglia»: così vede le cose Joachim Staron, autore di Fosse
Ardeatine e Marzabotto (a p. 44), appena uscito dal Mulino.
Naturalmente ora ci aspettiamo l' indignata risposta da parte dei
custodi dell' ortodossia resistenzial-antifascista. Ci aspettiamo di
vedere Staron, cultore di storia e filologia a Gottinga, addottorato alla
Freie Universität di Berlino, additato come manutengolo dell'
anticomunismo viscerale, fautore della riscossa della destra
berlusconiana, complice della sua volontà di riabilitare il fascismo e
così via, secondo il paradigma inquisitorio tanto spesso adoperato in
passato da Nicola Tranfaglia, Mario Pirani e altri paladini della verità
storica. O vuoi vedere invece che stavolta ci sarà il silenzio, perché la
Germania è troppo distante da Arcore e le accuse suonerebbero un po'
troppo ridicole?” Io quel libro l’ho letto, e mi sono soffermato sulle
pagine (42-44) a cui fa riferimento lo storico ed editorialista Ernesto
Galli della Loggia. Senza indignazione alcuna nei confronti di Joachim
Staron, propongo alcune considerazioni professionali.

1.Effettivamente Staron afferma quanto riportato dal professor Galli


della Loggia, ma non prova neanche a dimostrarlo. Senza apportare un
solo fatto ma ripercorrendo castelli di congetture e illazioni di seconda
mano, sostiene che i partigiani avrebbero dovuto sapere che ci sarebbe
stata una rappresaglia. Da ciò salta, senza argomentarlo e con un
notevole balzo logico, ad affermare che quindi hanno agito con
l’intenzione di provocarla.
2. Il libro di Staron è complessivamente dignitoso; ma in questo caso
l’addottorato cultore usa fonti poco attendibili, e le usa male. La sua
autorità principale è un discutibile libro di Benzoni (che sosteneva la
stessa cosa sulla base delle stesse illazioni), a cui non aggiunge niente;
per di più, dà addirittura dignità di “studioso” a Pierangelo Maurizio,
autore di un pamphlet indegno non perché (legittimamente, ma
contrariamente a quello che sembra credere Staron), si tratta di un
cronista molto vicino alla destra radicale, ma perché è inattendibile e al
di sotto di ogni dignità storiografica. Cosa su cui anche Galli della
Loggia credo converrebbe se trovasse il tempo di leggerlo. Ho
l’impressione che il dottor Staron non abbia chiara, in questo caso, la
natura e la qualità dei suoi rinvii bibliografici italiani.
3. Mi sorprende che, nelle prestigiose università germaniche in cui si è
addottorato, nessuno abbia insegnato al dottor Staron che le fonti
vanno viste tutte. Staron adduce indizi a sostegno della sua ipotesi, ma
si dimentica di menzionare i fatti che la contraddicono: per esempio, il
fatto che negli anni ’90 un giudice romano aprì un procedimento
contro Bentivegna, Capponi e Balsamo precisamente con l’accusa di
avere agito per provocare la rappresaglia e, al termine di indagini
approfondite e a largo raggio, dovette concludere che non esisteva uno
straccio di fatto a sostegno di questa accusa. Il dottor Staron ha tutto il
diritto di ritenere che Pierangelo Maurizio sia più attendibile del
tribunale di Roma; ma non nominarlo affatto (magari per confutarlo)
significa non aver fatto bene il proprio mestiere.
4. Tanto per capire l’uso delle fonti e delle documentazioni: l’indizio più
grave a carico dei partigiani, che Staron cita acriticamente da Benzoni,
è avere scelto di agire in quella data “anche perché a Via Tasso e a
Regina Coeli in quel momento non c’erano comunisti.” L’addottorato
culture di storia, e il professor Galli della Loggia, potrebbero allora
spiegarci come mai ci sono quaranta comunisti del Pci fra le persone
uccise alle Fosse Ardeatine (in caso di necessità, posso fornire la lista).
Anche questo fatto (come la suddetta sentenza) è menzionato in più di
una delle pubblicazioni che, stando alle sue note e alla sua bibliografia,
il dottor Staron afferma di avere letto.
5. In questi giorni, un giudice romano ha dichiarato che accusare
Rosario Bentivegna di essere “il vero autore” della strage delle Fosse
Ardeatine non costituisce calunnia. Dalla lettura della sentenza si
evince che il giudice non ritiene affatto che l’accusa sia veritiera ma che
siccome ci sono da sempre molte polemiche ognuno può dire quello che
gli pare. Ferma restando l’autonomia della magistratura, come storici
dovremmo esercitare maggior cautela.

Non capisco cosa c’entra Arcore. Letto il libro, libro non penso affatto
che il dottor Staron sia un manutengolo dell’anticomunismo viscerale.
Penso semplicemente che nelle pagine in questione non abbia fatto
bene il proprio mestiere e, nonostante sia tedesco, non possiamo
assumere le sue affermazioni a criterio inattaccabile di verità.
Con i migliori ringraziamenti, Alessandro Portelli
Consigliere delegato del Sindaco di Roma per la tutela della memoria
storica

A L E S A N D R O P O RTE L I | 9 :12 A M 1 C OMME NTI

06 FEBBRAIO 2007

Il conformismo violento degli ultrà


Gli ultras amano dire che loro sono contro il “calcio moderno”. Io credo
che loro stessi siano un prodotto e un’escrescenza di quel calcio
moderno a cui dicono di opporsi. Intanto, per questioni cronologiche: il
tifo organizzato, con lo stadio diviso in territori controllati da bande
contrapposte e depositarie del monopolio della violenza, è un
fenomeno relativamente recente, che non ha quasi niente in comune
neanche con le occasionali “invasioni di campo” della massa tifosa di
un tempo. Il tifo organizzato e separato ci ha privato della sfida e del
piacere di sedere sugli spalti accanto a un tifoso dell’altra squadra, di
discuterci e magari litigare (“Rigore!” “Ma se non l’ha nemmeno
toccato!”) ma prendere atto che altri vedono in un altro modo (adesso,
se quelli accanto a me gridano “Rigore” io non ho il coraggio nemmeno
di sussurrare “mah, forse non c’era.” All’incolumità ci tengo).
In altre parole: lo stadio si trasforma in luogo di monoculture
totalitarie, di conformismo imposto (anche per questo, negli ultras non
ci vedo niente di trasgressivo. Sono conformisti fino al midollo, nei
comportamenti, nei linguaggi e nell’ideologia). Una conseguenza
naturalmente è che se poi l’arbitro il rigore non lo dà (magari perché
non c’è) noi ci rinforziamo a vicenda nella convinzione di essere
perseguitati e vittime di complotti degli arbitri o dei poteri forti o di
chissà chi. E questa non solo è una convinzione che alimenta il furore
ultra, ma si innesta direttamente dentro una radicata retorica della
destra neofascista, che di una lamentela vittimistica e complottistica
intrecciata con una pratica violenta si è alimentata fin dall’immediato
dopoguerra. Naturalmente, questo vale anche per l’”altra” curva, il
corral dei tifosi ospiti, pure loro corazzati in una identità conforme – e
ben delimitati come bersaglio militare. Perciò, se proprio dovessi
formulare una visione utopica direi: riportiamo il pluralismo allo
stadio. Ricominciamo a mescolare i tifosi. Reimpariamo la difficile arte
di stare insieme, come si fa in democrazia. Forse le botte, la scazzottata,
non sparirebbero, almeno non subito; ma le violenze programmate e di
gruppo, le bombe carta, la spranghe e i motorini tirati giù dalla curva,
forse sì.
Punto due. Io allo stadio ci vado perché quando posso continuo a
preferire di vedere le partite (e il mondo in genere) con gli occhi miei
invece che attraverso lo sguardo altrui della telecamera. Ma ci sono
momenti in cui mi vorrei nascondere e non esserci. Ne dico uno: lo
schifoso rituale che accompagna sistematicamente il portiere
avversario che rimette il pallone dal fondo con il grido scandito di
“merda merda merda \ stronzo stronzo stronzo”. Come centinaia di
bambini di quattro anni che tutti in coro gridano “cacca” e si sentono
un sacco ribelli e antagonisti e invece sono infantili, volgari e
subalterni. E lo gridano indipendentemente da chi è costui, da come
gioca, da come si è comportato, semplicemente perché è un nemico.
Anche qui la pratica della curva si intreccia con profonde correnti delle
pulsioni di destra, con la costruzione a priori di una dinamica
amico\nemico in cui il sostegno all’amico (il tifo per i tuoi) conta assai
meno della guerra e dell’insulto al nemico. E questo atteggiamento
resta di destra sotto qualunque simbolo o bandiera (quanto sono
offensive le scritte che rivendicano la morte di Raciti come vendetta per
Carlo Giuliani – una figura che la destra da stadio ha già tempo tentato
di appropriarsi o di condividere, in nome di una presunta lotta comune
contro la polizia).
Punto tre. Gli ultras sono il prodotto del calcio moderno perché molto
spesso hanno le mani in pasta nella sua gestione. Il merchandising, le
trasferte, i rapporti ambigui con le società sono il business organizzato
di gran parte del tifo ultra. Restando a Roma, basta pensare
all’interruzione del derby romano dello scorso anno, alle pressioni e
ricatti di capitifosi su una società per tante ragioni a sua volta
criticabile ma che comunque minacciava il loro monopolio e il loro
potere: sono esempi di una vera e propria lotta di potere resa possibile
dalla crescente trasformazione del calcio in merce che genera merci.
Per esempio, un aspetto minore del “calcio moderno” che a me dà
fastidio: la numerazione personalizzata della maglie anziché i
tradizionali numeri dall’1 all’11. Mi dà fastidio perché faccio più fatica a
capire i ruoli in campo. Ma mi dà fastidio soprattutto perché serve a
immettere in uno sport di gruppo una dimensione individualistica: il
giocatore non è più designato per il posto che occupa nello
schieramento della squadra ma ha un numero, un identità a priori.Le
squadre sono assemblaggi di individui separati da esse, una modalità
che facilita il divismo, il consumismo televisivo delle star da velina o da
isola dei famosi, e la vendita delle magliette. Su cui i capi ultras ci
vanno a nozze.
Io non lo so se davvero ci vogliano leggi più severe o leggi nuove
(lasciamo perdere le “leggi speciali”: in Italia ci sono già state e non ne
abbiamo nostalgia). A me pare che uno che tira una bomba carta e
prende una persona a sprangate stia comunque facendo qualcosa che
non può essere sopportato, e che va contro le leggi che ci stanno già.
Dovremmo solo essere sicuri che le regole che esistono vengano
rispettate e applicate, e l’intelligenza servirebbe più della durezza.
Adesso tutti parlano del modello inglese, della repressione thatcheriana
che ha eliminato gli hooligan. Benissimo. Io ho visto una partita del
Manchester United stando seduto a quattro metri dalla linea del fallo
laterale e senza neanche una rete fra me e il campo. Ma ho anche
sentito che i tifosi del Manchester hanno applaudito la lettura della
formazione ospite, invece di subissarla di fischi come si fa da noi. E
facevano il tifo per i loro invece che contro gli altri. Non lo facevamo
mica perché glielo imponeva la legge: lo facevano perché erano abituati
così. Noi possiamo mettere tutta la polizia del mondo allo stadio, e
magari per un po’ può anche servire, ma non caviamo un ragno dal
buco se non cambiamo le pratiche culturali e rituali che allo stadio si
manifestano.
Perciò io sono favorevole a una lunga interruzione del campionato, alle
partite a porte chiuse (e ci metterei anche le partite in televisione).
Sono favorevole, anche se lo stadio, e pure la TV, mi mancheranno
assai, ma credo che abbiamo bisogno tutti di un periodo di
disintossicazione, abbiamo bisogno di togliere l’acqua in cui nuotano i
pescicani della violenza. Almeno per un po’.
Poi: per molto tempo abbiamo snobbato lo stadio, e quando abbiamo
smesso di snobbarlo ci siamo accodati troppo spesso a un populismo di
elite che per non demonizzare finisce per acconsentire. A me sta bene
se proviamo a parlare con quegli ultras che ne abbiano ancora
disponibilità, a cercare di sapere di più e di capire meglio; ma capire
non significa sempre e necessariamente concordare. Non rendiamo un
buon servizio neanche a loro. E poi, non possiamo identificare tutto lo
stadio con gli ultras: è un posto pieno di altra gente che troppo spesso
ne subisce l’egemonia. Abbiamo bisogno di parlare con la gente che va
allo stadio, per cercare di costruire linguaggi e pratiche diversi. Ci sono
altre modalità di aggregazione (non è detto che tifo organizzato
coincida con gli ultras. I “circoli” di tifosi ci sono sempre stati e ci sono
ancora), ci sono altri rituali possibili, altri atteggiamenti da
immaginare, da ricordare, da costruire. Dopo tutto, il calcio è uno
spettacolo divertente, un gioco e una festa.
La cosa più stupida di questi giorni l’ho letta in un’intervista
dell’incredibile presidente della Lega Calcio, l’immarcescibile
Matarrese. Prima dice “Noi siamo addolorati ma lo spettacolo deve
continuare” (come se fosse un’incrollabile legge morale e di natura –
ma chi l’ha detto?); e poi aggiunge: “I morti del sistema calcistico
purtroppo fanno parte di questo grandissimo movimento”. Cioè: lo
spettacolo deve continuare; i morti fanno parte dello spettacolo; ergo,
lo spettacolo continua con i morti dentro. Signori miei, lo spettacolo è
questo. Dicono, se fermiamo il calcio la diamo vinta agli ultras. E
invece se andiamo avanti così chi ha vinto?

A L E S A N D R O P O RTE L I | 4 :23 PM 1 C OMME NTI

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