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ALESSANDRO PORTELLI

17 LUGLIO 2013

L'assassinio di Trayvor Martin - il manifesto


16.7.2013
Nella luce incerta di quella sera in Florida, il vigilante George
Zimmerman non ha visto una persona, un ragazzo di nome Trayvor
Martin – ha visto qualcosa che il nostro vicepresidente del Senato
L I N K E C O N TAT T I
chiamerebbe “un orango”. E naturalmente ha avuto paura, e poiché
poteva farlo ha sparato. Ed è stato assolto. Gli Stati Uniti si sono dati Chi è Alessandro Portelli
un presidente afroamericano, l’Italia si è data una ministra nata in Una proposta di lavoro culturale
Congo; ma questi segnali di progresso, più che indicare un’uscita dal Scrivi ad Alessandro Portelli
razzismo del senso comune. Come hanno efficacemente segnalato i
manifestanti di Time Square, a colori invertiti – vittima bianca,
sparatore nero – il procedimento e la sentenza sarebbero stati ben altri. DOWNLOAD

Ha detto Barack Obama: siamo uno stato di diritto, la sentenza è Lezioni di storia: i giorni di Roma - 24
questa, cerchiamo di capire adesso che cosa fare. Ma è proprio qui il marzo 1944: Le Fosse Ardeatine
punto: che “diritto” è quello che permette un’assoluzione del genere? Lezioni di storia: Sulla scena di Roma:
La legge della Florida riconosce la legittima difesa anche a chi abbia Il bombardamento di San Lorenzo
agito solo per la percezione del pericolo, indipendentemente dal fatto
che questo pericolo fosse o meno reale. E non c’è dubbio che un ragazzo
nero in un quartiere bianco nell’ora sbagliata è automaticamente POST RECENTI

percepito, almeno in certi contesti, come una minaccia: una materia Tutto il giorno di ieri sui media
fuori luogo, un’invasione (ricordiamo Henry Louis Gates Jr., luminare rimbalzava una n...
afroamericano di Harvard, arrestato perché di sera un poliziotto lo ha Nel 1950, nel libro La folla solitaria,
visto che cercava di aprire la porta della propria abitazione?). Ora, un testo d...
questa idea del rischio percepito, come stato mentale soggettivo che Bruce Springtsteen: Born to Run,
produce conseguenze materiali sociali, la conosciamo bene anche noi: è l'autobiografia
stata alla base di tutte le politiche securitarie che hanno cercato di La scheda, il fucile e Dallas
fondare le politiche statuali sulla paura dell’altro (del migrante, dello
ILouisiana, Minnesota: il delirio
“zingaro”, del “clandestino”, dello straniero). Questa paura non solo dell'onnipotenza
percepita ma attivamente alimentata ha generato da noi il fenomeno,
https://www.youtube.com
per fortuna molto marginale ed effimero, delle ronde leghiste e
/watch?v=KwYE2d0h170: semik...
paraleghiste; e anche George Zimmerman, non un poliziotto ma un
L'Europa del genocidio respinge i
volontario che si era nominato vigilante da sé, è espressione di questo
migranti
impulso a “fare da sé”, a prendere in mano la legge e la sicurezza – a
Joe Hill: 1915-2015
mettersi, con consenso della legge, fuori della logica dello stato di
"Adua" di Igiaba Scego - il manifesto
diritto. Su questa paura permanente, fra l’altro, si fonda anche l’altro
15.12.2015
fattore nella morte di Trayvor Martin: l’ossessione delle armi. Nella
maggior parte degli Stati Uniti, l’unico elemento di moderazione sul Link a una pr esentazione del mio
possesso delle armi è la norma che autorizza a portarle purché siano libro su Bruce S...
visibili; la Florida è uno di quegli stati che invece autorizzano il
possesso di armi anche nascoste. Bisogna armarsi, dice la National
ARCHIVIO
Rifle Association, perché solo così ci si può difendere dagli aggressori
armati che stanno dappertutto: una mentalità da assedio che si maggio 2006
traduce, dopo l’11 settembre, in quell’ossessione del terrorismo che luglio 2006
salda le paure private alle paranoie pubbliche. Ma nel caso di Trayvor settembre 2006
Martin, il fatto che la pistola del suo uccisore non fosse visibile ha fatto ottobre 2006
sì che l’arma non avesse neppure una funzione deterrente, ma solo una
novembre 2006
funzione omicida. Disse Barak Obama, subito dopo l’assassinio: se
dicembre 2006
avessi un figlio maschio, Trayvor Martin avrebbe potuto essere mio
gennaio 2007
figlio. Non era una trovata retorica: sta a dire che la sorte di Trayvor
febbraio 2007
Martin può essere la sorte di qualunque ragazzo nero, che ogni ragazzo
nero costruisce i suoi percorsi nello spazio urbano città tenendo marzo 2007

presente il pericolo che corre. “In queste strade”, dice la madre aprile 2007
afroamericana al figlio, in una canzone di Bruce Springsteen, “devi maggio 2007
capire le regole; se ti ferma un poliziotto promettimi che ti comporterai settembre 2007
educatamente e non cercherai di correre via e terrai sempre le mani ottobre 2007
bene in vista”. Le mani di Trayvor Martin erano bene in vista, l’arma novembre 2007
del suo assassino nascosta. Amadou Diallo, ammazzato dalla polizia dicembre 2007
con 41 colpi, aveva in mano un portafogli che i poliziotti hanno deciso
gennaio 2008
di scambiare per un’arma. Trayvor Martin non aveva in mano neanche
febbraio 2008
quello. E’ segno che nemmeno rispettare le regole ti protegge, che il
marzo 2008
pericolo te lo porti addosso direttamente nella tua nera “American
aprile 2008
skin”. Che non ti uccidono per quello che fai, ma per quello che sei. E la
legge li assolve. maggio 2008
settembre 2008
A L E S A N D R O P O RTE L I | 1 0:1 7 A M 0 C OMME NTI
novembre 2008
dicembre 2008

Mamma mia dammi 100 lire - il manifesto gennaio 2009


febbraio 2009
13.7.2013
marzo 2009
“Mamma mia, dammi cento lire, che in America voglio andar – cento aprile 2009
lire te le do, ma in America no….” E’ una delle canzoni di tradizione maggio 2009
orale più diffuse in tutta Italia: la storia della ragazza che parte per
giugno 2009
l’America incoraggiata dai fratelli (“mamma mia lasciala andar”) ma
luglio 2009
portandosi addosso la maledizione della madre (“vai pure figlia
settembre 2009
maledetta”)e muore quando “a metà del mare il bastimento s’inabissò”.
ottobre 2009
Come sappiamo, l’Italia è oggi un paese sia di emigranti sia di
immigranti. Perciò abbiamo la possibilità di guardare all’esperienza novembre 2009

delle migrazioni da tutti e due i punti di vista, di chi resta, di chi parte, dicembre 2009
di chi arriva. Su questo, le canzoni popolari ci permettono di capire gennaio 2010
molte cose: per esempio, il risentimento, la rabbia, il dolore di chi resta marzo 2010
e si sente abbandonato, come se emigrare fosse una fuga da una lotta aprile 2010
per la sopravvivenza che si continua a combattere restando (ce ne costa maggio 2010
di lacrime l’America a noi napoletani…. non ci rimane più che preti e giugno 2010
frati, monache di convento e cappuccini e quattro commercianti ottobre 2010
disperati…. o addirittura: mio marito sta in America e non mi scrive, novembre 2010
non so che mancanza gli ho fatto – forse la mancanza è questa, che mi
dicembre 2010
ha lasciato un figlio e ne ritrova sette…) Ma uno degli effetti
gennaio 2011
dell’immigrazione è che anche queste nostre storie cambiano senso.
febbraio 2011
Tempo fa, la meravigliosa Sara Modigliani cantò “Mamma mia dammi
marzo 2011
cento lire” alla fine di un incontro in cui un gruppo di immigrati
africani avevano raccontato le loro storie di traversie oltre il deserto aprile 2011

libico e il mare Mediterraneo. Nel silenzio sorpreso di chi scopriva che maggio 2011
avevamo una storia in comune, mi accorgevo che la storia era comune giugno 2011
solo se la canzone italiana cambiava di senso alla luce della presenza agosto 2011
dei migranti. La cosa importante non era più tanto il conflitto settembre 2011
generazionale fra il vecchio resta e il nuovo che parte, ma il resto della marzo 2012
storia, la morte per mare, un’esperienza così viva a chi ha attraversato aprile 2012
un tempo l’Atlantico (“il tragico naufragio della nave Sirio”) e oggi il
luglio 2012
Mediterraneo. La presenza e l’esperienza degli immigrati, insomma,
novembre 2012
cominciava già a spostare l’accento sulla nostra stessa tradizione, a
dicembre 2012
cambiare il senso delle nostre stesse parole. Poi , “Mamma mia dammi
febbraio 2013
cento lire” si inoltra in una sequenza di strofe sul disfacimento marino
del corpo della ragazza naufraga: “I capelli della Rosina il pesce a mare aprile 2013

li mangerà”, e continuando con una strofa per ogni parte del corpo, in maggio 2013
un’immagine di cambiamento marino dal sapore shakespeariano (“ora giugno 2013
sono perle quelli che erano i suoi occhi”, La Tempesta ). Ma ci ha luglio 2013
pensato il cinismo volgare di un’esponente leghista di Monza – se i agosto 2013
naufraghi mediterranei hanno cercato di salvarsi aggrappandosi alle ottobre 2013
reti delle tonnare, è “un motivo in più per non mangiare tonno" – a novembre 2013
spostare il senso di quei versi dall’archetipo poetico della morte per
dicembre 2013
mare a una materialità tangibile di corpi, di morte e disfacimento.
gennaio 2014
Molti anni fa, uno studente libico, integratissimo nella comunità
febbraio 2014
universitaria, mi diceva che comunque “un ragazzo nero che parla
marzo 2014
romano è il segno di qualcosa che è stato deviato”. Due secoli prima, la
ragazza schiava Phillis Wheatley (la prima donna poeta pubblicata in aprile 2014
America) scriveva un sonetto sull’esperienza di “essere trasportata maggio 2014
dall’Africa all’America”. Deviazione, in greco si dice tropos; trasportare giugno 2014
si dice metaphorein. Cambiando strada, trasportandosi oltre il mare, i agosto 2014
migranti trasformano le nostre metafore, le nostre figure retoriche, in febbraio 2015
materia. A cambiare direzione, ad essere trasportati, non sono più solo maggio 2015
le parole, ma i corpi, e si tirano dietro le parole con sé. Le nostre storie
luglio 2015
raccontate ad altre orecchie, le nostre parole su altre labbra, non sono
novembre 2015
più le stesse. Quando nell’800 il grande oratore nero ex-schiavo
dicembre 2015
Frederick Douglass teneva conferenze sul “self-made man”, tutte e tre
gennaio 2016
le parole – uomo, fatto, sé – si capovolgevano dall’uso allora dominante
che negava ai neri umanità, autonomia e soggettività. Oggi, Geedi maggio 2016

Yusuf, giovane migrante somalo, scrive una poesia nella sua lingua in luglio 2016
cui si infiltrano e si smascherano parole italiane come “stranieri” (pro ottobre 2016
nunciata “istaraniyeri”) e “ospite”. Quest’ultima è una parola dei nostri aprile 2019
buoni sentimenti: li chiamiamo “ospiti” (o gastarbeiter) e ci sentiamo
generosi e accoglienti perché li facciamo entrare in casa nostra. Ma per
Geedi la parola “ospite” significa tutt’altro: significa che questa è, FEED

appunto, casa nostra e non sua, e lui è qui tollerato, provvisorio. Un


ospite non può restare per sempre. E noi, non meno cinici della leghista
di Monza, chiamiamo “ospiti” anche i rinchiusi nei CIE, da cui non
C O L L A B O R AT O R I
possono uscire se non per essere ritrasportati via.
A L ESA ND RO PO RTE L I
A L E S A N D R O P O RTE L I | 1 0:1 5 A M 0 C OMME NTI IVANH AWK
SE RGIO PO L IME N E

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