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RIASSUNTO LINGUISTICA

Linguistica: è la disciplina che studia il linguaggio verbale e non verbale e le diverse manifestazioni linguistiche
dell’uomo, è un ramo della semiotica.

Semiotica/semiologia: è la scienza che studia il linguaggio umano, cioè tutte le manifestazioni del linguaggio umano
(queste si devono concretizzare, lo fanno attraverso la lingua). Un'altra definizione, può essere la scienza che studia
la vita dei segni dentro una comunità, nei confronti che lo fa la linguistica.

È una scienza perché ha un metodo, un oggetto di studio proprio e una cornice teorica.

Il linguaggio è un insieme di fenomeni ed espressioni che permettono che una persona possa comunicarsi. Esistono
tre tipi: il linguaggio naturale verbale, il non verbale (abiti/cosmetici, gesti, spazio, elementi paralinguistici-tonalità
della voce, accento, velocità, ecc.-) e l'artificiale (aritmetica, alfabeto morse, braille, tecnologico, ecc.)

Linguaggio umano Comunicazione animale


 Le parole si concretizzano in suoni  Le api si comunicano attraverso la danza
 È bilaterale: tra diverse persone  È unilaterale: non c’è risposta neanche si
 Si può scomporre quello che diciamo può condividere il messaggio.
 DISCORSO: è quello che ci differenzia  A seconda del mov. Dell'addome: indica
tra animali e umani (la capacità di distanza e direzione del cibo.
comunicare e discorrere)  Il linguaggio avviene in condizioni da
 Il linguaggio umano si può manifestare permettere una percezione visiva alla
in ogni condizione. luce del sole.
 Illimitatezza dei contenuti del  Limitazione con rispetto al contenuto del
linguaggio. linguaggio.
 Si può analizzare.  Il suo linguaggio non si può scomporre
 Comunità illimitata né analizzare.
 Si può creare molte cose con i limitati  Comunità limitata.
fonemi e monemi.  Messaggio preciso.
 Facciamo uso del linguaggio non
verbale
Il linguaggio è la capacita di usare un qualsiasi sistema di segni per comunicare. È l’insieme dei fenomeni di
comunicazione e di espressione che si manifestano nel mondo umano e fuori di esso. Mentre che la lingua è il modo
concreto e storicamente determinato in cui si manifesta la facoltà del linguaggio.

Tutti i linguaggi si basano su dei segni. Ma cos’è un segno? Il segno è quello che costituisce un'altra cosa. Possiamo
distinguere due tipi di segni:

 Naturali: legati ai significati da relazioni di causa-effetto, come per esempio, un odore.


 Artificiali: si decidono in base a convenzioni, sono pertanto arbitrari.

I segni di uno stesso tipo si combinano tra loro per formare un codice. Una regola fondamentale per il
funzionamento di un codice è che i segni una volta che sono attribuitu ad un codice, non possono essere cambiati.

Si potrebbe banalmente definire il codice come un insieme di istruzioni, che permette di riconoscere, produrre,
alienare e indicare i segni, circoscrivendoli e analizzarli a seconda del sistema a cui fanno riferimento. Un codice
infine è univoco, in quanto verte su argomenti specifici e perciò non è rimandabile ad altri codici.

Ferdinand De Saussure (1857-1913).

È il padre della linguistica, istaura la corrente chiamata “Strutturalismo”.

Opera: corso di linguistica generale (1916).


Il linguaggio si può dividere in un aspetto collettivo (langue: aspetto condiviso del linguaggio, quindi è collettivo e
sociale.) e uno individuale (parole: realizzazione del segno linguistico e quindi è individuale.). Tramite il linguaggio si
comunica qualcosa attraverso i diversi segni linguistici (significato: formulazione linguistica di un concetto, e
significante: immagine acustica, rappresentazione mentale.). Il segno è caratterizzato da l’arbitrarietà, la duplicità,
l’oppositivitá e la doppia articolazione.

FONEMA: l'unità minima che si percepisce, si ricorda e si classifica come autonoma.

Linguistica teorica: cerca di spiegare fenomeni complessi a partire da un nucleo di concetti fra loro collegati.

Dicotomie: Lingua-parola, diacronia-sincronia, significato-significante, mutabilità-immutabilità.

La lingua è vista come un sistema caratterizzato dalla mutabilità (perché può cambiare attraverso il tempo) e
l’immutabilità (perché le persone non possono modificarla).

RELAZIONE PARADIGMATICHE: il soggetto deve aver presente l’intero paradigma della lingua. Il che significa che tutti
gli elementi entrano in “relazione di opposizione” nella mente dell’individuo, quando questi scegliendone uno scarta
tutti gli altri.

RELAZIONE SINTAGMATICHE: nel momento in cui seleziona, l’individuo pensa alla combinazione degli elementi
selezionati, questi elementi hanno una caratteristica che permette differenziare un elemento dell’altro ma non per
questo lo scarta.

METODO: induttivo è un procedimento che partendo da singoli casi particolari cerca di stabilire una legge universale.

ANALISI: fonologica.

Louis Hjemslev (1899-1965.)

La sua teoria linguistica chiamata glossematica, segue con la teoria di De Saussure (e la corrente strutturalista) e la
approfondisce.

La linguistica secondo Hjemslev deve essere immanente, cioè interpretare la lingua in quanto sistema linguistico,
come una struttura di dipendenze interne, e non come un insieme di elementi allotri (spezzati), la teoria deve essere
arbitraria, cioè costitutiva in termini di un sistema deduttivo, di un calcolo che ha i suoi postulati, le sue definizioni, le
sue regole ed è indipendente di qualunque esperienza. Ma deve essere anche appropriata, cioè applicabili alle lingue
(a tutte le lingue siano naturali o no). La descrizione deve essere empirica, cioè esauriente, priva di contraddizioni e il
più semplice possibile.

L’analisi linguistica deve essere coerente, esauriente e semplice e deve basarsi sulla deduzione. Il linguaggio naturale
(cambia con il tempo, è in permanente rinnovazione) si può parlare degli altri linguaggi mentre il contrario non è
possibile. La lingua naturale assume le proprietà di un metalinguaggio, potendo parlare di quasi tutti gli altri
linguaggi.

Un linguaggio è caratterizzato da un piano dell’espressione e un piano del contenuto, rispettivamente significante e


significato di Saussure.

Il contenuto è il complemento necessario dell’espressione esiste una materia ("massa amorfa") che costituisce un
fattore comune: a partire dalla materia ogni lingua traccia le sue particolari divisioni all'interno della massa del
pensiero, amorfa, è da rilievo in essa a fattori diversi in posizione diverse (cioè la lingua dà la forma)

Una forma articolando una materi produce delle sostanze (risultato del lavoro della lingua nella forma)

La forma dell'espressione articola la materia (massa informe dei suoni) secondo schemi fonologici, in virtù di questo
si possono produrre vocali e consonanti.
La forma del contenuto articola la materia secondo schemi lessicali specifici ed è solo da ciò che percepiamo e
distinguiamo determinati aspetti della realtà (sostanze del contenuto).

I piani dell'E e del C hanno strati, che sono sostanza e forma.

Per parlare del piano dell’espressione e del piano del contenuto si ha bisogno di tre termini aristotelici:

 Materia: massa amorfa, pensiero stesso. (pdc: il pensiero) (pde: i foni, possibilità fonative)
 Forma: è data dalla lingua. (pdc: prende forma con i diversi lessemi) (pde: prende forma con la combinazione
dei fonemi)
 Sostanza: risultato della lingua nella forma.

Il segno è dunque segno di una sostanza del C e segno di una sostanza dell'E : e un'entità a due facce e si volge
all'esterno verso la sostanza dell'E, e all'interno verso la sostanza del C.

Se per il piano dell'espressione si possono trovare degli elementi minimi e in numero limitato (es. lettere
dell’alfabeto), si possono trovare anche gli atomi del contenuto, cioè quelle figure che combinandosi costruiscono i
significati.

Le unità minime prive di significato sono definite do Hjelmslev figure; le figure formano i segni. Una lingua è dunque
organizzata in maniera che grazie a un numero limitato di figure e a disposizioni sempre nuove di esse, si possa
costituire un numero larghissimo di segni.

Qui viene chiamato in causa il principio della doppia articolazione: Martinet definisce seconda articolazione (p.
dell’espressione) gli elementi privi di significato (elementi distintivi es. P, B), e di prima articolazione (entrambi i
piani) gli elementi dotati di significato.

Sull'asse del processo ci sono i sintagmi, cioè gli elementi linguistici minimi che congiungendosi danno luogo a
sequenze complesse, le frasi. Su questo asse gli elementi si congiungono per contiguità spazio-temporale, la
relazione che si instaura è sintagmatica e in praesentia (ha tutti gli elementi).

Sull'asse del sistema la relazione è astratta, in absentia. Gli elementi della comunicazione hanno un rapporto di
sostituzione (si può mettere un elemento oppure un altro) e la relazione è paradigmatica.

Ciò che conto nel «processo non è la direzione spazio-temporale, del tutto convenzionale quanto piuttosto l'ordine
posizionale. Gli elementi sono combinati in un certo modo e occupano posizioni precise. [I colori di un semaforo
devono succedersi secondo un ordine determinato].

L'asse del "processo e del sistema rientrano nel dominio della forma, non della sostanza (stanno a dare con la lingua
forma a quella materia. Quando è già stabilita la parola/frase si parlerà di sostanza).

La commutazione è il terzo tratto fondamentale, quello che lega i due piani.

Se la mutazione riguarda l’ordine del sistema è detta da Hjemslev commutazione.

Quando i cambiamenti introdotti in un piano provocano trasformazioni sull'altro piano, siamo in presenza di una
mutazione e diremo che l'elemento in questione è invariante. [Se nella parola “letto" sostituisco l'unità del piano
dell'espressione ‘I' con ‘t’ ottengo la parola “tetto", quindi ho una trasformazione anche sul piano del contenuto].

Nel caso i cambiamenti introdotti su un piano non provochino trasformazioni sull'altro, siamo in presenza di una
sostituzione e diremo che l'elemento sostituito è una variante del sistema. [Se al verde chiaro del semaforo
sostituissimo il verde scuro, non si avrebbe trasformazione sul piano del contenuto]. (è molto relazionato con i
dialetti e la pronuncia, cambia il p. dell’e ma non il contenuto.)

La mutazione può riguardare anche l'asse del processo: in questo caso si parlo di permutazione. (la modifica che noi
facciamo permutando gli elementi cambia il significato della frase).
Il quarto tratto fondamentale riguarda le relazioni tra unità linguistiche:

 reggenza, quando un'unità ne implica necessariamente/obbligatoriamente un'altra [es: dopo la “q” sempre
segue la “u”]
 combinazione, che si ha quando c'è compatibilità, ma non c’è niente che determina la presenza di un altro
elemento [es. GN-NG ].

Nelle lingue naturali (italiano, inglese...) non vi è corrispondenza biunivoca tra elementi dell'espressione e elementi
del contenuto Questo tratto differenzia i linguaggi linguistici (non conformi) dai linguaggi non linguistici, come
l'algebra, o i semafori (conformi): questi ultimi presentano una corrispondenza uno a uno tra gli elementi dei due
piani.

Semiotica denotativa e connotativa.

La relazione fra il piano dell‘espressione e quello del contenuto (E R C) è detta denotazione (il contenuto di una
definizione rispetta tale quale il p. dell’espressione). All’interno della semiotica denotativa si sviluppano i significati
connotativi (valore che diamo noi al contenuto, aggiunge un’altra caratteristica alla semiotica denotativa) addizionali
rispetto alla prima relazione. Questi valori aggiunti del sistema linguistico sono connotatori che vanno a costituire un
contenuto supplementare, aggiungono significazioni ad un secondo livello).

METODO: deduttivo, è il procedimento razionale che fa derivare una certa conclusione da premesse più generiche,
dentro cui quella conclusione è implicita.

ANALISI: fonologica.

Materia: amorfa Forma: animale, roditore grigio


Materia: possibilità fonative T-O-P-O
E

Leonard Bloomfield (1887-1949).

Strutturalismo americano, cioè segue lo strutturalismo00000000000000000 ma si accosta al comportamentismo.

Segue alcuni pasi di FDS, ma fa una teoria linguistica nuova--> DISTRIBUZIONALISMO (dominò la linguistica
nordamericana fino agli anni ‘50).

Comportamentismo

Mentalismo: il significato della cosa data veniva soltanto percepita in base al contesto in cui si è svolto quello stimolo
e risposta.

L'atto linguistico è basato in un insieme di enunciati “corpus” (insieme di enunciati detti in un determinato
momento) si può vedere come gli elementi sono distribuiti (sempre devono stare in quella posizione)

Studia la langue (lasciando sincronica) di forma sincronica.

Il contesto è quello che effettivamente dà senso all'enunciato. Il significato di una frase va intesa dentro a un
contesto.

Il distribuzionalismo come corrente linguistica nata negli USA intorno al 1930 era sulla scia del positivismo
meccanicistico (Il quale considera l'atto linguistico in termini di stimolo-risposta, prescindendo dal significato). Studia
il linguaggio basandosi su dati empirici (frasi effettivamente osservate) e di interpretarlo senza far ricorso al concetto
di significato.
Propone una linguistica che si limiti a descrivere la parola (dati empirici) e sotto un punto di vista sincronico. Si parte
da un corpus insieme di enunciati prodotti da una persona in una determinata epoca in cui il linguista analizza gli
elementi costitutivi di ciascuna di esse attraverso una serie di successive suddivisioni dell’enunciato in due parti
(costituenti immediati) che sono segmenti vasti che attribuiscono una gerarchia all’enunciato e che continuano a
suddividersi fino ad arrivare ad unità minime.

L'indagine linguistica è legata al procedimento induttivo ed all’osservazione (momenti necessari per fondare
scientificamente l’analisi del linguaggio). Il metodo adoperato è stato accostato al meccanicismo (dato che dal punto
di vista psicologico si limita a considerare i soli comportamenti osservabili).

Il discorso è descritto nei termini di stimolo-risposta, il significato di una forma linguistica è dato dall’unione di
queste due azioni. Il parlante agisce in una determinata situazione spinto da una necessità specifica e traduce la sua
intenzione in forma linguistica, il ricevente risponde allo stimolo interpretandolo (prima a livello auricolare e poi
cerebrale). È importante il contesto in cui si compie l'azione osservata.

Si possono evincere tre parti a livello temporale (3 momenti dell’atto linguistico).

 i fatti pratici prelinguistici (stimoli del parlante o circostanze che precedono l'atto).
 l'atto linguistico propriamente detto.
 i fatti pratici post-linguistici (risposte dell’ascoltatore o circostanze che seguono l’atto).

La lingua permette che lo stimolo ce l’abbia una persona e la risposta venga data da un’altra. In effetti, ci sono
due forme di rispondere di fronte ad uno stimolo: reazione muta (se sono da solo/a e devo cavarmela) oppure
reazione condizionata da un atto linguistico (dove la risposta può essere data da un altro)

L'atto linguistico, a sua volta, è costituito da tre parti:

1) il parlante che emette un suono (come reazione ad uno stimolo) 2) le onde sonore che escono dalla bocca del
parlante 3) le onde sonore che vengono sentite da un ascoltatore.

...per cui gli atti linguistici sono intesi come una reazione condizionata da un fatto esterno e come uno stimolo
che provoca la risposta all'evento pratico che ha determinato l'atto linguistico (esclude le operazioni mentali).

Nell'esempio di Jill e Jack, la fame e la percezione sono stimoli ed i movimenti che si fano per raggiungere la
cosa, la reazione.

Bloomfield con il distribuzionalismo, si proponeva di studiare il linguaggio basandosi sui dati empirici (le frasi
effettivamente osservate) e di interpretarlo senza far ricorso al concetto di “significato. Se la lingua si studia
riunendo una serie di enunciati (corpus) prodotti da una persona in un certo momento (contesto), bisognerà
scomporre gli enunciati per arrivare ai costituenti immediati (per dopo farsi divenire in elementi indivisibili,
raggrupparli e classificarli a seconda la loro distribuzione all’interno del corpus). Si osserva allora che la frase non
è una semplice successione di termini connessi l'uno all’altro, ma che è formata da una combinazione di
sintagmi, a loro volta costituiti da unità più piccole sino a giungere agli elementi minimi indivisibili. Questa analisi
permette di mostrare come enunciati diversi per il loro aspetto esterno abbiano una medesima struttura.

Si occupa di vedere qual è il posto delle parole negli enunciati-> distribuzione degli il corpus. Tutti gli elementi si
devono analizzare in base ai costituenti.

 Costituenti (si possono associare all'asse sintagmatico): immediati (analisi di soggetto e predicato), mediati
(sono gli elementi che fanno paso seguito a altri elementi).

Dentro un corpus gli elementi devono essere distribuiti in una determinata posizione che è sempre uguale.

Dentro di un costituente ci sono vari elementi-> unità minime: morfema, può essere libero (lessicale) o legato
(grammaticale g°, n°).
Il distribuzionalismo pretendeva descrivere e classificare elementi.

La grammatica doveva essere descrittiva, rigorosa e deve classificare gli elementi, cioè è la classifica di segmenti.

Sempre in un enunciato (soprattutto nei costituenti immediati) c’é un elemento che fa capo-> gerarchia.

METODO: induttivo

ANALISI: sintattica.

Emile Benveniste (1902-1976).

Strutturalista francese.

È con il concetto dl enunciazione che Benveniste recupera alla linguistica il livello pragmatico del linguaggio. vede il
linguaggio come strumento della comunicazione, è interno (nella natura dell’uomo e astratto, e ammette una
relazione comportamentista cioè stimolo-risposta.

Secondo quest’autore “prima dell’enunciazione, la lingua non è che possibilità di lingua”.

Con l’enunciazione, la lingua è resa effettiva in un’istanza di discorso emessa da un locutore. Essendo una
realizzazione individuale, l’enunciazione è, in rapporto alla lingua, un processo di appropriazione) Il soggetto
enunciatore si appropria dell’apparato formale della lingua ed esprime la sua posizione attraverso indicatori e
procedimenti specifici.

Ogni enunciazione postula un destinatario. Inoltre, nell’atto individuale di appropriazione della lingua, il locutore si
introduce nella propria parola. Il principale indicatore di presenza dell’enunciatore è il pronome IO. Questo pronome
denota l’individuo che proferisce l’enunciazione L’indicatore di persona “tu" denota, invece, l’individuo che è
presente e destinatario dell’enunciazione.

Altri indicatori, come il pronome dimostrativo “questo” e l’avverbio” qui", si riferiscono a oggetti e luoghi coestensivi
dell’enunciazione.

Sempre in rapporto all’io come centro dell'enunciazione, Benveniste considera importante il ruolo del tempo
presente.

Il dialogo viene messo in un contesto. Il tempo dell’enunciazione è sempre presente perché è quello che diciamo ora.
Da lì parleremo di un passato o un futuro.

Egli giunge ad affermare che la temporalità non è una dimensione innata del pensiero ma prodotta all’interno e per
mezzo dell’enunciazione.

“l’enunciazione è direttamente responsabile di alcune classi di segni di cui essa ‘ promuove letteralmente l’esistenza,
perché non potrebbero nascere né trovare impiego nell’uso cognitivo della lingua”.

Come detto prima, l'io designa colui che preferisce l'enunciazione.

Il tu è necessariamente designato dell’io, non è possibile pensare ad un tu che non è posto da un Io. Questa
opposizione tra lo e tu è stata chiamata da Benveniste correlazione di soggettività: Per quanto riguarda II pronome
di terza persona, esso ha la funzione di esprimere I 'assente rispetto alla situazione de enunciazione, di esprimere la
non -persona. questa non persona è la cosa di cui si parla.

Nella situazione di enunciazione lo e tu sono unici e specifici. La terza persona può, invece, riferirsi ad un’infinità di
persone o a nessuno. L'opposizione tra l'Io ed il tu rispetto alla terza persona e stata chiamata da Benveniste
correlazione di personalità.
L'uomo per sapersi come uomo si deve appropriare dell'apparato formale della lingua, quando si nomina come
“io” e istaura il “tu” si costituisce come persona. Ha bisogno di un “tu” per dialogare che a sua volta si costituisce
come “io”, questo è definito come polarità delle persone ed è la condizione fondamentale nel linguaggio, senza
questo non sarebbe possibile dialogare. Cioè io e tu sono pronomi scambievoli. E io abbarca una quantità
indefinita di persone perché ogni persona al momento de prendere il dialogo si definirà come io.

Un'importante intuizione di Benveniste che ci sarà molto utile nell'analisi della rappresentazione giornalistica di un
evento è che il passaggio dal singolare al plurale dei pronomi personali non è una semplice pluralizza zione. Possiamo
distinguere, infatti, tra un noi esclusivo ed un noi inclusivo. Il NOI inclusivo è l'unione dei pronomi personali tra cui
esiste la correlazione di soggettività, cioè tra I' “io” ed il “voi". Il NOI esclusivo invece, designa l'unione dei pronomi
personali tra cui esiste una correlazione di personalità, cioè tra un “io" ed un “loro". Allo stesso modo possiamo
distinguere tra un “voi” inclusivo ed un “voi "esclusivo.

Linguaggio: possibilità di convincere senza dire niente ma per il modo di parlare.

Deissi ed anafora.

Un’altra importante opposizione individuata da quest’autore è quella tra i tempi verbali della storia e del discorso.
Abbiamo già parlato della centralità del tempo presente costruito dall'enunciazione.

Secondo Benveniste nella narrazione storica non troviamo mai i tempi presente, futuro o passato prossimo né altre
marche tipiche del discorso come i pronomi di ora”, “questo". Il discorso prima o seconda persona o gli indicatori
deittici di “qui", è invece caratterizzato proprio dal tempo presente, dal futuro, dal passato prossimo, dai pronomi di
prima e seconda persona e degli indicatori deittici che rimandano ad una situazione enunciativa esterna al testo.

DEISSI: elementi che troviamo i un discorso che mi stanno a significare qualcosa.

CATAFORA: elementi che anticipano a una cosa che gia è stata detta.

ANAFORA: elementi che mi rimandano a una cosa che ancora non è stata detta.

Per Benveniste i caratteri formali dell'enunciazione sono tre:

in primo luogo, ogni enunciazione deve essere concepita come un atto individuale di appropriazione della lingua. In
effetti, questa si presenta, in quanto tale, come un sistema di elementi linguistici (tratti distintivi, fonemi, parole) e di
regole (fonetiche, morfologiche, sintattiche) che impongono la propria struttura. Ma questo sistema resta virtuale
fintanto che un locutore non l'ha mobilitato per proprio conto in un atto individuale d'enunciazione. Questo mettere
in atto della lingua è definito da Benveniste come "la conversione individuale della lingua in discorso”. Al cuore di
questa conversione si trova la situazione, ogni volta unica, nella quale si trova il locutore, il suo hic et nunc specifico,
punto di riferimento da cui il suo discorso deriva il suo senso, e che lo rende intellegibile all'altro.

Di qui il secondo carattere formale di ogni enunciazione: essa implica sempre la presenza di un ascoltatore, vale a
dire di un altro; In questo senso, ogni enunciazione si basa' necessariamente sulla struttura del dialogo. Questo
significa che, da una parte, nel discorso "due figure in posizione di partner sono alternativamente protagoniste
dell'enunciazione", ma anche, e forse soprattutto, che ogni enunciazione si iscrive per definizione nel quadro della
relazione con l'altro. Perciò la struttura linguistica dell'enunciazione è caratterizzata da un insieme di procedimenti
specifici che permettono al locutore di comunicare al suo ascoltatore le coordinate della propria "istanza di discorso"
e di condividerle con lui.

Infine, il terzo carattere formale di ogni enunciazione è quello di riferirsi alla realtà (esterna 0 interna), e nel
consenso pragmatico che fa di ciascun locutore un colocutore.

Definizione e importanza dell'enunciazione


Che cos’è l’enunciazione? Quando noi diciamo qualcosa, “enunciamo" qualcosa. Quando noi comunichiamo, lo
facciamo dicendo qualcosa (o dipingendo, o gesticolando, ecc.). Questi atti (il parlare, il dipingere, il gesticolare) sono
atti dell’enunciazione. La situazione in cui diciamo qualcosa sarà la situazione dell’enunciazione, mentre il prodotto
dell'enunciazione sarà l’enunciato.

Chiamare enunciatore il soggetto che enuncia qualcosa ed enunciatario il suo destinatario.

la linguistica saussuriana, Infatti, si fermava al riconoscimento dell'opposizione langue/parole: da una parte il sistema
della lingua.; dall’altra il discorso, Il parlato. Rimaneva irrisolto il problema di come avvenisse il passaggio dal sistema
della langue alla pratica della parole, di come, questo sistema venisse attualizzato. L'enunciazione è appunto la
cerniera fra questi due aspetti della teoria linguistica. È attraverso l’enunciazione che noi attualizziamo,
concretizziamo, il sistema astratto della lingua. Cioè nell´istanza del discorso

I pronomi personali

La prima volta che Benveniste si interessò al problema dell’enunciazione fu studiando: “pronomi personali.

i nomi si riferiscono ad un preciso concetto. Possono esserci sfumature, ambiguità, connotazioni e omonimie, ma il
significato di un nome rimane sostanzialmente costante. Il nome, inoltre, fa riferimento a qualcosa che è esterno al

linguaggio (per es., all’”albero”) si dice che ha un referente oggettuale.

Che cosa accade con i pronomi di prima e seconda persona? Se dico /io/ faccio riferimento a me che sto parlando.
Ma subito dopo il mio interlocutore potrebbe dire /lo/ riferendosi a sé stessa. O potrebbe farlo qualcun altro in
un'altra conversazione che si terrà nel futuro. Insomma, ‘i pronomi personali non hanno un referente fisso e ostante.
Il loro referente dipende dalla particolare situazione in cui vengono utilizzati, e cambia continuamente (perché non
esistono due situazioni uguali).

Visto che il referente dei pronomi personali dipende dalla situazione in cui si svolge il discorso si dice che i pronomi
personali hanno un referente discorsivo. I loro riferimenti sono interni al linguaggio Facciamo un esempio.
/Garibaldi/ indica sempre un determinato individuo. /io/ indica il soggetto dell'enunciazione. Il suo significato è
quindi definito relativamente ad una situazione di attualizzazione della lingua e in modo tale che n referente cambia
a seconda di questa situazione.

Le marche dell'enunciazione

L'enunciazione può lasciare alcune tracce di sé negli enunciati. ciò significa che all’interno dell’enunciato possiamo
incontrare degli elementi che assumono significato solo se riferiti alla situazione dell’enunciazione e, quindi,
richiamano la «nostra attenzione sul fatto che c'è stata un'enunciazione.

Alcuni di questi elementi li abbiamo già incontrati (i pronomi personali) oltre ad essi possiamo avere altri tipi di
“marche" dell'enunciazione:

Gli indici dell'estensione, come ad esempio i dimostrativi “questo” o “quello” oppure le espressioni come /qui/,
/ora/, ecc.

Indicatori del momento dell’enunciazione: indicano il tempo e lo spazio: dimostrativi.

i tempi verbali: l’uso dei tempi verbali è strettamente collegato al problema dell'enunciazione.

Enunciazione: è il momento di produzione, cioè il momento in cui parliamo

enunciato: il prodotto, quello che comunichiamo diventa prodotto.

Per capire chi è il soggetto dobbiamo pensare nel momento dell’enunciazione.

Traccia di soggettività: non abbiamo bisogno di mettere un pronome perché la informazione la ricavo dal verbo.
Con la lingua e il discorso facciamo diverse modalità (funzioni) che noi facciamo quando parliamo:

 Interrogazioni: provoca una risposta.


 Intimazione: (imperativo) riguarda un ordine o a seconda da come venga adoperata una minaccia.
 Asserzione/operazione: faccio un giudizio (positivo o negativo) indica un dubbio, incertezza da parte mia.
 Elementi formali: espressione già fatte: grazie a dio, probabilmente.

La lingua è una massa amorfa fino a quando il parlante parla e discorre. L'uomo già nasce con il linguaggio->
costituisce all’uomo come soggetto quando si appropria della lingua e si consolida come soggetto. Il dilogo crea il tu
ed anche l’appropriazione della lingua

Verbi:

 Dichiarativi: nel momento in cui io dico una cosa la faccio, l’azione che uno manifesta oralmente la compie,
assume una responsabilità: vi giuro che....
 Descrittivi: descrivono un’azione che ho fatto, non sto giurando né battezzando né niente.

Il linguista deve analizzare il rapporto che esiste tra gli elementi.

Analisi linguistica per livelli: 2 rapporti:

 Segmentazione: separare la parola.


 Sostituzione: cambiare il fonema. Il fonema non si puo segmentare ma ha dei tratti distintivi.

Ci sono altri tipi di rapporti:

 Costituente: l’elemento che fa parte in un livello inferiore.


 Integrante: fa parte di un livello superiore

Livello unitá segmetazione sostituibile integrante costituente


categorematico frase si no no si
morfologico parola si si si si
fonematico Fonema Si (se è da solo si si si
non lo è ma
quando è in una
catena si)
merismatico Merisma (tratto no si si no
distintivo del
fonema)
Livello superiore e massimo: frase (costituita da molte parole che danno significato all’enunciato).

Morfema: segno: parola.

Al di la della frase troviamo il discorso, ma non lo possiamo mettere in un livello determinato.

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