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L E S S IC O I N T E L L E T T U A L E E U R O P E O L e s s ic o In tellett u a le E uro peo

X L III

M A S S IM O L U I G I B IA N C H I

SIGNATURA RERUM
SEGNI, MAGIA E CONOSCENZA
DA PARACELSO A LEIBNIZ

0002607238

C E N T R O D I S T U D IO D E L C .N .R . Edizioni deU’Ateneo
1987 © Copyright by Edmoni dell’Ateneo, Roma
Casella postale 7216-00100 Roma

INDICE GENERALE

Introduzione

C a pit o l o I

IL TEMA PAIL\CELSIANO D ELLE SIGNATURAE


N ELL’ESPOSIZIONE DI DANIEL SENNERT
E LE SUE BASI NEL PENSIERO MITICO

L Sigmturat e domini planetari in Sennert ................................................................... 11


2. Precedenti neiranticlìità della dottrina delle signaturae e sue origini in una forma
mitica del pensiero...................................................................................................... 15
3. Precedenti nell’antichità e basi nel pensiero mitico della dottrina dei domìni pla­
netari ............................................................................................................................ 22

C a pito lo II

PAR.\CELSO

1. Sichtig e unsichtig-, le concezioni alchemiche............................................................... 31


2. Inner e eujier: le concezioni astrologiche ................................................................... 44
3. Segni e signaturae .......................................................................................................... 63

C apito lo III

SVILUPPI DELLA DOTTRINA DELLE SIGXATURAE


NEI SECOLI XVI E XVII

1. I primi seguaci di Paracelso.............................................................................................87


2. Incomprensioni e cadute del tema .................................................................................99
3. Trasvalutazioni delle signaturae da Kepler a Leibniz e oltre.................................... ......109

Conclusione ....................................................................................................................................1 9

Indice terminologico ............................................................................................................... ......183

Indice dei nomi ..............................................................................................................................19

Secondo le norme del Lessico Intellettuale Europeo questo volume è sta­


to sottoposto aU’approva 2Ìone di E. Garin e T. Gregory
IN T R O D U ZIO N E

«Admiratio — scriveva Francis Bacon nel De augmentis scientiarum, ripren­


dendo un motivo che ha origini antiche — [. . . ] est semen scientiae»': pro­
prio lo stupore da cui si è colti di fronte al raro e all’inconsueto è ciò che
risveglia il desiderio di sapere e dà il primo impulso alla ricerca. Il processo
che così si mette in moto ha la particolarità di far rientrare nel nulla la situa­
zione che l’aveva provocato: la raggiunta eruditio cancella l’emozione di parten­
za e fa apparire «vanam et nimiam» la meraviglia admiratio che è
all’origine di questo studio è quella suscitata dalla forma bizzarra che esibisco­
no talora, a conclamare la loro odierna estraneità, pensieri e credenze che
appartengono al passato e furono ovvi in un tempo lontano. Accade che l’anti­
co si faccia incontro opponendo un aspetto paradossale, che lo sottrae in un
primo tempo alla comprensione e impedisce di andar oltre la constatazione di
una totale diversità. Si rimane sorpresi, di fronte a tante idee del passato, che
la loro apparente irragionevolezza, se non fu di ostacolo a che fossero concepi­
te, non lo sia stata almeno al loro diffondersi e continuare a essere nutrite:
esse sembrano in contrasto con i dati più scontati del senso comune e nulla
più che stravaganti. Eppure, quanto oggi appare strano o insensato fu oggetto
in altre epoche di una spontanea adesione e accettato come del tutto naturale.
Più specificamente Vadmiratio trova qui il suo motivo nella dottrina paracelsia-
na delle signaturae, curiosa teoria terapeutica che affidava le possibilità di guari­
gione di una parte del corpo all’applicazione di un vegetale che ne riproduces­
se l’aspetto. Si riteneva che erbe, fiori, frutti e semi imitassero la forma delle
membra e fossero in grado di curare quelle fra esse a cui immagine apparivano
conformate. Per signatura si intendeva appunto il rapporto di significazione che
legava ciascuna pianta alla parte che poteva sanare e ne indicava, pertanto, la
particolare destinazione terapeutica. Assieme ai contorno di idee astrologiche a
cui si accompagnava negli scritti di Paracelso, questa idea sarebbe passata nella

' F. B a c o n , De augmentis scientiarum, in The Works of Francis Bacon. Collected and edited by
J. Spedding, R. L. Ellis, D. D. Heath, voi. I, London 1858, p. 435. Sul motivo àc\Yadmiratio nella
filosofia del ’600 cfr. M. T o r r in i , Il topos della meraviglia come origine della filosofia tra Bacon e Vico, in
Francis Bacon. Terminologia e fortuna nel X V II secolo. Seminario internazionale. Roma, 11-13 marzo
1984. A cura di M. Fattori, Roma 1984, pp. 261-280.
^ F. B a c o n , De augmentis, cit., p. 479.

Introdu^one Introduzione
medicina del ’500 e del ’600 e avrebbe goduto di una notevole reputazione State seguite le vicende del tema, oltre che nei primi seguaci di Paracelso, nella
lungo un arco di tempo di più di un secolo^. La meraviglia provocata dal medicina e soprattutto nella filosofia del X V II secolo, tino a Leibniz e oltre.
caso ha seguito il percorso indicato da Bacon, cercando la neutralizzazione di La continuità di taluni aspetti della riflessione ontologica e gnoseologica del
se stessa attraverso la via di un’indagine: si è tentato di individuare le basi di ’ÓOO con le tematiche della tradizione magico-astrologica in generale e di quel­
questa bizzarra idea terapeutica, le specifiche istanze che avevano condotto a la paracelsiana in particolare si è delineata con un’inattesa evidenza. Si è potu­
formularla e ne avevano assicurato la diffusione ad onta della sua apparente to constatare quanto strani siano a volte i percorsi che segue la storia del pen­
insensatezza. Questo tentativo ha portato la ricerca a svolgersi a ritroso nel siero e, alla tlne del lavoro, Yadmiratio, anziché dileguare, si era accresciuta.
tempo: la convinzione che una pianta potesse curare la parte a cui somigliava
è apparsa molto più antica di Paracelso e le sue premesse si sono fatte rintrac­
ciare entro l’orizzonte mentale di un’epoca alquanto remota. Ad accentuare
l’iniziale admtratio vi era la constatazione che il termine signatura non compariva
solamente in testi di medici e astrologi ma lo si incontrava con notevole fre­
quenza anche in figure del X V II secolo non immediatamente riconducibili
nell’ambito di questa tradizione dottrinale, da Kepler a Bòhme, da Herbert of
Cherbury a Bisterfeld e Leibniz. Si doveva prendere in considerazione l’ipotesi
che la singolare problematica svolta da Paracelso contenesse elementi tali da
trovar posto nelle più evolute concezioni di questi autori e vi avesse avuto
ulteriori sviluppi. Anche questa linea di ricerca è stata seguita e si è cercato di
delineare la storia di idee e motivi che erano stati al centro dell’opera di Para­
celso nel più vasto ambito della filosofia del ’óOO. La materia del libro si è
dunque organizzata in tre capitoli: nel primo la dottrina delle signaturae viene
presentata attraverso la sistematica esposizione che ne è data, in un testo occa­
sionato dal dibattito accesosi nei primi anni del ’600 tra paracelsiani e galenici,
dal medico e teorico della medicina Daniel Sennert; ne vengono poi rintrac­
ciati i precedenti nell’antichità e le basi concettuali nelle strutture di una for­
ma arcaica del pensiero. Il secondo capitolo è dedicato a Paracelso e si cerca di
illustrarvi il contesto in cui si colloca, nella sua opera, il concetto di signatura-,
questo non costituisce, infatti, un contenuto autonomo e indipendente, che
possa staccarsi dal resto, ma lo si può intendere solo in rapporto ad altre tema­
tiche e alla sua visione globale della natura. Nel terzo capitolo, intlne, sono

^ Alcuni aspetti del tema sono stati illustrati da W.-E. P e u c k e r t in Gabalia. Ein Versuch
zar Qschichte der magia naturaiis im 16. bis 18. Jahrhundert {= Pansophie. Zweiter Teil), Berlin 1967,
pp. ‘'8-92; cfr. dello stesso autore la voce Signatur in Handwórterbuch des deutscben Aberglaubens. Hrsg.
von E. Hoffmann-Krayer und H. Bàchtold-Stàubli, Bd. 7, Berlin und Leipzig 1935-1936; il
ricorrere del motivo nella medicina dei secoli XVI e XVII può essere seguito attraverso i voli.
V-VIII della History of Magic and Experimental Science di L. T h o r n d ik e , New York 1941-1958; ne
ha sottolineato il valore esemplare nella cultura di questo periodo M. F o u c a u lt in Les mots et les
cboses, Paris 1966, pp. 40-45; non si è potuto vedere K. Q u e c k e , Die Siffiaturenlehre im Schnpum des
Paracelsus, «Beitràge zur Geschichte der Pharmazie und ihrer Nachbargebiete», II, 1955, pp. 41-
52.
C a p it o l o I

IL T EM A PA RA C ELSIA N O D E L L E SIG N A TU R A E
N E L L ’ESPO SIZIO N E DI D A N IE L SE N N E R T
E L E SU E BASI N E L PEN SIER O MITICO

L Signaturae e domìni planetari in Sennert. — In uno scritto del 1619, il De


chyrnicorum cum arisiotelicis et gaienicis consensu ac dissensu, ricapitolando i motivi della
polemica che aveva opposto in quegli anni i seguaci della nuova medicina di
Paracelso e i rappresentanti dell’ortodossia galenica, Daniel Sennert indicava
uno dei punti di contrasto tra le due scuole nei differenti criteri da esse adotta­
ti «in facultatibus medicamentorum investigandis», nella ricerca, cioè, delle
proprietà terapeutiche possedute dalle sostanze naturali: se è vero che i chymici
ridurrebbero volentieri l’intera farmacopea a un unico «universale medica-
mentum», capace di curare con uguale successo qualsivoglia forma morbosa,
poiché questo potente rimedio «potius optent et sperent, quam habeant», sono
costretti a rimanere, con i galenici, entro l’ambito di una «particularis curandi
ratio», in cui per ciascuna malattia va trovato un medicamento specifico;
anche di fronte a questo comune problema, l’individuazione di un nesso che
dalla malattia conduca al suo farmaco esistente in natura, dal male al suo rime­
dio, le due scuole, però, si differenziano: i paracelsiani, infatti, «aliis, quam
Galenici, fere utuntur iudiciis», rifacendosi innanzitutto al concetto di signatura
dei vegetali’. Secondo la loro concezione, l’efficacia di un’erba nella cura di
una determinata malattia, la sua pertinenza terapeutica riguardo a questo o
quel fenomeno morboso, sarebbe segnalata, a beneficio del medico, da una
relazione di somiglianza tra la parte ammalata e il vegetale stesso, oppure tra
questo e la causa o il sintomo della malattia. Di fronte alla grande varietà di
forme e di colori esibita dalle piante, i chjmici — scrive Sennert — «hanc non
frustra esse factam aut fortuito accidisse dicunt, sed in certum aliquem finem
productam esse statuunt». Attraverso l’aspetto esterno dei vegetali il creatore
avrebbe posto di fronte agli occhi dell’uomo, «ceu in speculo quodam», le loro

* D. S e n n e r t , De chyrnicorum cum aristotelicis et gaienicis consensu ac dissensu, Wittebergae 1619,


pp. 588-589; cfr. su Sennert e sulle dispute tra paracelsiani e galenici nei primi anni del ’600
A. G. D e b u s , The Chemical Philosophy. Paracelsian Science and Medicine in thè Sixteenth and Seventeentb
Centuries, New York 1977, voi. I, pp. 159-182 e 191-204.
12 Capitolo I Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 13

naturae e vires terapeutiche, l’indicazione delle malattie alle quali ciascuno di contro i morsi di questo animale ^ La ricognizione delle analogie morfologi­
essi è adeguato; alludendo, con le sue caratteristiche morfologiche o cromati­ che o cromatiche tra vegetali, parti del corpo e malattie costituisce tuttavia,
che, all’organo infermo, alla sintomatologia o alla causa del male, esibendone come Sennert mette in rilievo, solo un aspetto del dispositivo euristico a cui i
la signaiura, ogni erba, pianta o fiore si ritiene che espliciti, grazie a un disegno paracelsiani ricorrono per l’individuazione dei rimedi appropriati alle diverse
provvidenziale, l’uso medicinale a cui è destinato-. Nel testo di Sennert gli forme morbose. Nella loro concezione la dottrina delle signaturae viene infatti
assunti della scuola paracelsiana circa le signaturae dei vegetali sono sistematica- associata a una teoria di carattere astrologico, per la quale determinati gruppi
mente passati in rassegna. Cominciando dalle parti superiori del corpo, i para- di piante sono posti, in comune con le parti del corpo, sotto il dominio dei
celsiani attribuiscono per esempio alla peonia un’azione curativa sulle malattie sette pianeti: le piante soggette a un pianeta, individuabili attraverso certe
del cervello, osservando che i fiori di questa pianta, «dum adhuc conclusi sunt, note caratteristiche, si ritiene che siano in grado di curare le membra assegnate
et antequam se expandunt», imitano la forma del cranio. Contro la caduta dei al medesimo astro. Così, quei vegetali che «aspectus sunt horridi et inamoena,
capelli costituirebbero altrettanti rimedi le foglie lanuginose o filamentose di colore nigra, fusca, pallida et plumbea», nella cui classe i paracelsiani fanno
piante come il verbasco, il capelvenere, l’abrotano. Avrebbero la signatura degli rientrare, ad esempio, l’aconito e la cicuta, Vasplenum, la sena e Vatriplex, mani­
occhi, e ne curerebbero le malattie, l’eufrasia, la quale ha una macchia, sul festerebbero, con questi tratti, la loro appartenenza a Saturno e sarebbero indi­
labbro inferiore della corolla, in cui si può riconoscere un occhio, il buphthal- cati contro le malattie della milza. Le piante dominate dal Sole, fra cui sono
mum, la calendula. I semi della melagrana e i pinoli, somiglianti ai denti, ne elencati gli aranci e i limoni, l’alloro, il rosmarino, Xhelichrysum e Vhjpericum, si
allevierebbero i dolori, così come il giusquiamo, in quanto sembra che i suoi riconoscerebbero, invece, in quanto «odore fragrant, sapore grato, colore fio-
follicoli, «semen continentes, dentes molares referant». Cuore, fegato, reni e rum flavo vel fulvo praeditae sunt, gaudent locis apricis, meridionalibus, et
polmoni avrebbero anch’essi i loro analoghi nel regno vegetale, mentre ai quo radij solares libere pertingunt»; avrebbero un’azione corroborante e sono
genitali maschili e femminili accennerebbero il satjrion e Vorchis, nonché Varon, prescritte contro i disturbi degli occhi. Alla Luna, preposta al cervello e allo
il quale si vuole che «caule et baccis meAibrum virile referat, et insignem vim stomaco, sono fatte corrispondere tutte quelle erbe «quae habent folia molila,
frigiditatem membrorum genitalium in viris corrigendi habeat»^. Le piante crassa, succulenta, saporem aqueum vel subdulcem»; a Mercurio, che sovrin­
che esibiscono la signatura del sangue, come le rose e i gerani rossi, avrebbero tende alla lingua e ai polmoni, «quae praedita sunt colore vario, nascuntur et
la proprietà di arrestare le emorragie; quelle in cui domina il giallo, come lo gaudent locis arenosis, siliquas gerunt, odore sunt subtili»; ai rimanenti pianeti
zafferano, rivelerebbero una speciale cognatio con l’umore bilioso e sarebbero in altre membra e altre piante^.
grado di curare «omnes affectus ex bile ortos, ut morbum regium, scabiem Nella concezione dei paracelsiani come viene esposta da Sennert l’aspetto
siccam, pruriginem, Erisypelas, febres biliosas»^. Oltre che alla parte amma­ esterno dei vegetali è dunque l’indice più sicuro della loro natura interna, lo
lata, le signaturae possono riferirsi al sintomo del male; è così che «contra dolo- specchio in cui sono fedelmente riflesse le loro proprietà e destinazioni tera­
res pungentes et acutos» sono indicate le piante che «aculeata habent folia, ut peutiche. Attraverso le sue sembianze, ogni erba si vuole che indichi le parti
carduum mariae, carduum benedictum, eryngium, juniperum»; contro i tumori del corpo sulle quali ha efficacia, le malattie e i sintomi che è in grado di
e le escrescenze tutte quelle che «nodosas radices habent». Oppure la signatura curare. Anche là dove una diretta analogia di forma o di colore tra la parte e
può riguardare la causa dell’infermità ; erbe dalle foglie perforate, a forma di la pianta viene a mancare, la mediazione di un astro consente di risalire dalle
sega o di scure, curerebbero ogni sorta di ferite; le piante i cui semi «lapillos sue apparenze alle membra per cui è indicata. Il regno vegetale si costituisce in
referunt», come la sassifraga, costituirebbero un rimedio contro i calcoli renali; tal modo come un sistema di segni visivi, una sorta di discorso figurato che il
la serpentaria maggiore, «quae serpentem repraesentat», sarebbe un antidoto medico, per orientare la sua azione terapeutica, non ha che da percorrere con
lo sguardo. Su criteri del tutto diversi si era basata, nella ricerca dei medica­
menti, la medicina galenica. In questa, il problema della «materia medica»
^ D. S e n n e r t , De cbjmicorum, cit., p. 589. Una testimonianza sul potere attribuito all’eu- aveva trovato la sua soluzione aH’interno di una certa concezione generale cir-
frasia di curare gli occhi anche in Milton, il quale rappresenta l’arcangelo Michele mentre
rischiara, per suo mezzo, la vista di Adamo: « [ ...] then purged with euphrasy and rue/the
visual nerve, for he had much to see» (J. M il t o n , Paradise Lost, XI, 414-415).
^ D. S e n n e r t , De cbymicorum, cit., p. 595-600. ^ Ivi, pp. 601-603.
^ Ivi, pp. 593-594. ^ Ivi, pp. 589-592.
14 Cavitolo / Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 15

ca la malattia, fondata a sua volta su una precisa determinazione delle forze sostanze presenti in natura e le qualità inerenti al gusto e all’odorato da esse
fondamentali operanti nel mondo della natura. Sulla scorta della fisica aristote­ manifestate offriva a questo punto una sicura guida nel reperimento dei rime­
lica e riprendendo taluni aspetti del pensiero ippocratico, Galeno aveva di: risolto il problema di sapere «cuius temperamenti aut dispositionis aut cor-
descritto le affezioni morbose come altrettanti processi di alterazione causati poris constitutionis aut quomodocumque nominari velint, soboles sit astrictio,
dall’agire su un sostrato corporeo delle qualità elementari del caldo e del fred­ cuius salsedo, amaror, aciditas, acrimonia, dulcedo, pinguitudo», di fronte a
do, del secco e dell’umido, riconducendole in tal modo nell’ambito di tutti gli qualsiasi malattia la medicina galenica non aveva che da volgersi alla natura
altri fenomeni della realtà naturale: Ippocrate — si legge nel commento gale­ per trovarvi, rivelato da un odore o da un sapore, l’appropriato medicamen­
nico al De elementis — «postquam supra dixit, si unum esset homo, nunquam to ’ . Rapportati a questo quadro, i procedimenti descritti da Sennert nel De
doleret, postmodum utitur calido, et frigido, humido, et sicco ad omnes altera- chymicorum cum aristotelicis et galenicis consensu oc dissensu non potrebbero dunque
tiones ex evidentia accipiens, quod corpora mutuo adhaerentia in se invicem apparire piìi eterodossi : se per individuare le proprietà terapeutiche delle
transmutari natura apta sunt, quia vel calefaciunt, vel frigefaciunt, vel humec- sostanze naturali i galenici potevano contare su un rigoroso sistema di correla­
tant, vel exsiccant»l Una volta interpretati gli eventi patologici come alcun­ zioni, fondato su una teoria complessiva della malattia e delle sue cause, i chy-
ché di non diverso dall’eccessivo riscaldarsi, raffreddarsi, disseccarsi o umidifi­ mici si affidano ora a recondite somiglianze e analogie, indagano gli indizi visi­
carsi di una qualsiasi parte similare dell’organismo — il suo discostarsi dalla vi che una mano provvidenziale avrebbe disseminato nel regno vegetale, inse­
temperies ad essa connaturata — in questa determinazione della natura della guono occulte corrispondenze astrali. Benché, proprio per questi caratteri, le
malattia era però già contenuta anche l’indicazione di tutti i possibili tipi di dottrine della scuola paracelsiana fossero sentite, tra Cinque e Seicento, come
affezioni a cui l’organismo è s o le t to . Le malattie, infatti, sarebbero stare tan­ una novità inaudita e sconcertante, esse non mancavano, però, di precedenti e
te quante le possibili ‘ discrasie’ delle parti similari del corpo, e cioè otto in avevano anzi le loro radici in una tradizione notevolmente remota. A questa,
tutto, quattro semplici e quattro composte, ciascuna caratterizzata dall’innatu­ prima ancora che direttamente agli scritti di Paracelso e dei suoi seguaci, con­
rale prevalere di una o due qualità primarie ed eventualmente complicata da viene rifarsi per intendere le sorprendenti convinzioni terapeutiche riferite da
un afflusso di materia umorale — sangue, bile, pituita o atrabile — verso la Sennert.
parte stessa. Riconosciuta una malattia come appartenente a una di queste clas­
si, dalla diagnosi il medico poteva facilmente risalire al rimedio : poiché questo 2. Precedenti neWantichità della dottrina delle signaturae e sue origini in una forma
non poteva esser pensato se non come l’esatto contrario delle cause patogene, mitica delpensiero. — L ’idea, cara ai paracelsiani, che un vegetale possa curare la
a una malattia ‘ calda’ si sarebbe contrapposta, come farmaco, una sostanza parte del corpo a cui assomiglia si trova attestata già nell’antichità. Punto di
potenzialmente ‘ fredda’ e capace di attuare questa sua potenzialità nell’incon­ confluenza di tante credenze tradizionali relative all’uso medicinale delle pian­
tro con la parte ammalata, a una ‘ fredda’ un rimedio proporzionalmente ‘ cal­ te, la Naturalis historia di Plinio (1° sec. d.C.) offre di questa convinzione un non
d o ’®. Il darsi di una precisa relazione tra la temperies potenziale delle varie esiguo numero di esempi. Così, a proposito dell’erba eriphia, la quale spesso
ospita nel suo caule uno scarabeo «sursum deorsum decurrentem cum sono
haedi», viene riferita l’opinione che essa possieda una particolare efficacia
G a l e n o , De elementis secundum Hippocratem, I, in Galeni operum tomus primus - octavus, Basi- curativa nelle affezioni della gola'®; analogamente il buphtalmon, le cui foglie si
leae 1542, t. I, col. 22. presentano «alia in terram convexa, alia stantia ita, ut ambitu effigiem imiten-
- * I d ., Methodus medendi, II, IV, in Galeni operum, cit., t. VI, col. 41: «si [ventriculus] refrixe- tur oculi [. . .], purgat [. . .] ulcera oculorum expletque et ad cicatricem perdu-
rit, calfaciendus est; si humentior est effectus, siccandus est: pari modo si immodice incaluit, cit, palpebras deglutinat»’’ ; il quinquefolium^ simile nella forma alle dita della
refrigerandus est: si siccatus, humectandus est. Atque hae quatuor simpiices curationis rationes
sunt. Si frigidiore et sicciore temperamento redditus ventriculus est, calfaciendus simul humec-
tandusque est. Sin humidior et calidior iusto evasit, siccandus ac refrigerandus est. Pari modo si
calidior ac siccior est effectus, tum refrigerandus, tum humectandus est. Sin humidior ac frigi-
dior, quam prò natura est. siccandus ac calfaciendus est. Quare octo tum ventriculi ipsius afFec-
tus sunt [. ..], tum octo medendi rationes». Per quanto riguarda le complicazioni dovute all’af­ Id., De simplicium medicamentorum facultatibus, cit., I, X X X IX , col. 32 e IV, XXII, col.
flusso di umori cfr. De differentiis morborum, in Galeni operum, cit., t. Ili, col. 9 ; sul carattere solo 120.
potenzialmente caldo, freddo, secco, umido dei medicamenti cfr. De simplicium medicamentorum '0 Nat. hist., XXIV, 168.
facultatibus. III, XX, in Galeni operum, cit., t. V. coll. 84-85. ” Ivi, XXV, 161.
16 Capitolo I Le signaturae in Semert e le loro basi mitiche 17

mano, può essere adibito «digitorum vitiis omnibus et privatim pterygiis»'^ Come si può vedere, ad accomunare questi due trattamenti terapeutici è il fat­
mentre attraverso l’uso del satyrion si sostiene «venerem , etiam si omnino to che in essi l’auspicato processo di guarigione viene tradotto in forma dram­
manu teneatur radix, stimulari, adeo si bibatur in vino austero»'^. Esempi non matica, simulato e messo per così dire in scena in una rigorosa corrispondenza
dissimili presenta il De medica materia (flepì uXrn; iaxpiicfi(;) di Dioscoride (1° sec. di eventi tra pantomima e realtà: alcuni elementi appartenenti all’ambito
d.C.): la «}jiXtoc oivwrtiKfi», conformata a imitazione del fegato (x]mxi!:^ovaa) dell’esperienza quotidiana sono richiamati dal loro sfondo usuale e riorganizza­
viene prescritta contro i disturbi epatici; le radici nervose (veupóSeiq) del k o - ti in una sequenza dinamica che imita punto per punto l’evento desiderato. Lo
TTipvov giovano «xaìq rt£pi veOpa 6ia0éaeciv»’‘*. Incomprensibili a un primo spaccare il tronco dell’albero rappresenta il fratturarsi dell’osso, l’operare per­
sguardo, sconcertanti per il loro carattere bizzarro e paradossale, queste vetuste ché i due lati del tronco si ricongiungano riproduce il suo saldarsi, esattamente
idee terapeutiche si presentano in una luce più chiara, e acquistano senso, se come il disseccarsi al fumo della verbena corrisponde al riassorbirsi del gozzo.
considerate in rapporto ad altri tipici procedimenti di quella forma magica e In questa simulazione il malato è personalmente coinvolto. La guarigione
popolare di medicina di cui sono documento, nell’antichità, testi come quelli mimata deve essere infatti la sua guarigione ed è per questo che egli viene
di Plinio e Dioscoride ma che si vede ancora oggi sopra\^àvere nel folklore e fatto passare attraverso la spaccatura del ciliegio o gli è appesa al collo la
nella farmacopea tradizionale di ogni parte del m o n d o D u e curiose prescri­ seconda metà della radice di verbena. Ma per intendere come a questi rituali
zioni tratte dal De meàicamentis di Marcello Em pirico (IV-V sec. d.C.) ma atte­ potesse attribuirsi un autentico valore terapeutico occorre pensare che per la
state con trascurabili varianti anche nell’attuale medicina popolare di aree tra mentalità da cui furono concepiti e per chi li mise in atto la prima volta tra il
loro molto distanti come la Sicilia e la regione tedesca deH’Unterfranken, assu­ piano della realtà e quello della sua rappresentazione ancora non fosse data
mono da questo punto di vista un particolare interesse. Consiglia Marcello, se alcuna differenza, che la finzione valesse l’evento reale, l’auspicio la sua realiz­
un bambino ha avuto una frattura, di spaccare in v^erticale il tronco di un gio­ zazione. Essi rimandano a una fase primordiale del pensiero, nella quale il
vane ciliegio; il bambino sarà fatto passare attraverso la fenditura, poi si leghe­ mondo ancora non si era costituito come alcunché di autonomo e indipenden­
ranno di nuovo insieme i due lati del tronco, spalmando concime intorno allo te daH’individuo ma era pronto a prender forma secondo le esigenze di questo ;
spacco perché si saldi il più in fretta possibile: «Q uanto autem celerius arbu- sorretto da un desiderio ancora senza ostacoli, il soggetto confondeva la cosa e
scula coaluerit et cicatricem duxerit, tanto citius ramex pueri sanabitur»’^. la sua immagine, l’evento e la sua rappresentazione simbolica, attribuendo ad
Quest’altro trattamento è invece prescritto ai malati di gozzo: una radice di ambedue lo stesso grado di realtà’®. Da questo punto di vista la spaccatura
verbena viene tagliata nel mezzo; la sua parte inferiore è legata al collo del dell’albero di ciliegio prescritta da Marcello non rappresentava all’inizio la
malato, quella superiore esposta al fumo perché si dissecchi; quando si sarà frattura dell’osso ma era la frattura, così come il ricongiungersi delle sue parti
disseccata «strumae quoque siccabuntur et omnis earum umor arescet»’’ . non mimava semplicemente la guarigione ma era tutt’uno con essa. Così inter­
pretate, le pratiche terapeutiche descritte nel De medicamentis consentono di
spiegarsi anche gli strani poteri tradizionalmente attribuiti alle piante assomi-
glianti alle membra. Per quanto in questo caso si abbia una rappresentazione
statica di ciò che negli esempi di Marcello si svolgeva in forma dinamica, si è
'2 Ivi, XXVI, 26.
infatti di fronte allo stesso processo mentale. Esattamente come accadeva nei
M XVI, 98.
P e d a n iu s D io s c o r id e s A n a r z a b e u s , nepi uXiii; iaxpiKfiq, IV, CXII e V, XV, in Medico-
rum gratcorum opera quae extant, Edirionem curavit C. G. Kuhn, voi. XXV, Lipsiae 1829, pp. ~ e
358.
Cfr. sui rapponi tra l’antica e la moderna medicina popolare E. S t e m p l in g e r , Antih queste disseccano, la milza si riduce allo stato naturale» (G. P it r é , Medicina popolare, cit.,
p. 353).
und moderne Volksmediiàn, Leipzig 1925.
M a r c e l l i , De meàicamentis liber, XX XIII, 26. Edidit G. Helmreich, Lipsiae 1889, p. 343 ; '* Il ruolo fondamentale del desiderio all’interno della mentalità magica è stato messo in
cfr. per i paralleli nella medicina popolare germanica e siciliana G. L a m m er t , VoUamediyn und evidenza da F r e u d in Totem und Tabu-. «I motivi che spingono a esercitare la magia sono'facil­
mediz/nischer Abergìaube in Bayem, Wùrzburg 1869, p. 119 e G. P it r É, Medicina popolare siciliana, Bolo­ mente riconoscibili: sono i desideri dell’uomo. A questo punto, non resta che ammettere che
l’uomo primitivo ha una straordinaria fiducia nel potere dei propri desideri. In fondo, tutto ciò
gna s.d., p. 399.
M a r c e l l i , De medicamentis, cit., XV, 82, p. 148. In Sicilia un procedimento analogo era che egli realizza per via magica deve accadere soltanto perché egli lo vuole. Inizialmente, quin­
seguito per le malattie della milza: «Quando la mil2a è irritata, alcuni spiccano con la mano di, l’accento cade esclusivamente sul suo desiderio» (trad. it. in Opere, Torino 1967-1980, voi. 7,
p. 89).
sinistra le articolazioni del fico d’india, le appendono presso il focolare, e di mano in mano che
18 Capitolo I Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 19

rituali riportati da questo autore, dove alcuni oggetti quotidianamente esperiti pensiero in una remota fase del suo sviluppo è del resto confermato dal loro
venivano estratti dal loro normale contesto e manipolati in modo tale da presentarsi pressoché identiche in diversi contesti culturali, in tempi e luoghi
riprodurre il desiderato processo di guarigione, qui sono gli elementi morfolo­ talmente lontani da escludere la possibilità di un influsso diretto: nei mano­
gici di una pianta a esser posti in rilievo e nuovamente sintetÌ2zati così da scritti medicinali degli Indiani d’Artierica Cherokee le forti radici filamentose
imitare la parte restituita alla sua integrità. Si realiz 2a una percezione del vege­ della Thephrosia virginiana sono prescritte per irrobustire i capelli e impedirne la
tale che lo modella come una parte del corpo; la pianta così rappresentata non caduta; non diversamente la Rudbecha fulgida, i cui fiori ricordano gli occhi, è
è però un semplice simulacro della parte ma è questa parte, ripristinata nel suo considerata un rimedio contro le malattie della vistaci; anche le proprietà
originario stato di salute'’ . Anche in questo caso, dunque, la guarigione è già
contenuta nella sua rappresentazione simbolica. Se il vegetale è materialmente
somministrato all’infermo sotto forma di infuso o è in qualche modo posto a
contatto con il suo corpo, ciò non vuol dire che si ritenga presente in esso un nella Pbilosophie der symbolischen Formen (Zweiter Teil. Dos raythiscbe Denken) per designare quel com­
principio attivo, capace di agire suU’organismo, ma, come dimostra la convin­ plesso di atteggiamenti mentali e modi di rappresentarsi il reale che si esprime non solo nelle
zione, riferita da Plinio, che esso funziona «etiam si omnino manu teneatur», narrazioni mitologiche in senso stretto ma in tutto l’insieme di riti, comportamenti e pratiche
magiche propri di ogni cultura in una fase primitiva del suo sviluppo. Questa particolare visione
sta solo a significare il riferimento della cura a questo specifico individuo
del mondo si conforma a precise leggi strutturali, in quanto è riconducibile alle medesime «for­
malato. Considerate dal punto di vista delle istanze che ne sono alla base, tali me generalissime dell’intuizione e del pensiero» che sono alla base della conoscenza empirico­
credenze si rivelano dunque espressione di un arcaico modo di pensare, rap­ scientifica e che si fanno cogliere qui in una fase iniziale della loro elaborazione: «Se si parago­
presentazioni di un’originaria forma mitica della coscienza, di cui le ricette di nano fra loro la concezione empirico-scientifica c la concezione mitica del mondo, risulta chiaro
Plinio e Dioscoride, in un’epoca molto posteriore, lasciano trasparire solamen­ che la loro opposizione reciproca non consiste nel fatto di usare, per considerare e per intendere
il reale, categorie del tutto diverse. Non già la natura, la qualità di queste categorie, bensì la loro
te le tracce^®. Che esse si conformino a quelle che furono leggi generali del
modalità è ciò in cui il mito e la conoscenza empirico-scientifica si distinguono. I modi di con­
nessione che quello e questa usano per dare alla molteplicità sensibile la forma dell’unità, per
ridurre alla forma gli elementi dispersi, presentano una perfetta analogia e corrispondenza. Sono
” La tendenza della percezione a dar forma alle cose in base alle esigenze psicologiche o le stesse «forme» generalissime dell’intuizione e del pensiero che costituiscono l’unità della
biologiche dell’individuo, che dovette essere spiccata in una fase primitiva della coscienza ma coscienza come tale, e quindi tanto l’unità della coscienza mitica quanto della pura coscienza
che, in particolari circostanze, si può vedere all’opera ancora oggi è ben illustrata da E. Gom- conoscitiva. Si può dire sotto questo aspetto che ognuna di queste forme, prima di acquistare la
brich: «Il nostro universo non è mai amorfo; è piuttosto un’architettura, o almeno una struttu­ sua determinata impronta logica deve necessariamente aver attraversato un precendente stadio
ra, nella quale però le principali linee di forza sono ancora piegate e forgiate dalle nostre esigen­ mitico». (Trad. it. Filosofia delleforme simbolicbe, Firenze 1964, voi. H, p. 89). La tendenza a identifi­
ze biologiche e psicologiche, anche se queste esigenze sembrano coperte da uno spesso strato di care realtà e rappresentazione, attribuendo a entrambe il medesimo valore, viene indicata da
cultura [...]. Un uomo che ha fame è predisposto alla scoperta del cibo, e scruterà il mondo, Cassirer come un tipico tratto della forma mitica della coscienza: «Dove noi vediamo un sem­
pronto a notare il minimo indizio che sembri promettere nutrimento. Un uomo veramente affa­ plice rapporto di «rappresentazione», sussiste per il mito, fino a che non si sia allontanato dalla
mato potrà persino proiettare il cibo che immagina nei più svariati oggetti — come capita sua forma fondamentale e primitiva e non abbia perduto il suo carattere originario, piuttosto un
appunto all’enorme compagno di Chaplin nella Febbre dell’orv quando tutto a un tratto il piccolo rapporto di identità reale. L’«immagine» non già rappresenta la «cosa», ma è la cosa; non solo
Chaplin gli appare nelle sembianze di un pollo». A questa tendenza Gombrich fa risalire, in via la sostituisce, ma esplica la stessa azione di essa, e ne è l’equivalente nella sua presenza imme­
ipotetica, le prime forme di arte figurativa: «Chi sa che non sia stata qualche vicenda come diata. Si può quindi perfino indicare quale caratteristica del pensiero mitico il fatto che in esso
ques,ta a stimolare i nostri cacciatori salmodianti al cibo tra un crocchiar di mandibole, inducen­ manca la categoria dell’«ideale» e che di conseguenza ogni volta che incontra un elemento
doli a vedere la preda agognata nelle chiazze e nei rilievi naturali delle pareti dei loro antri ? Chi significativo, questo per essere colto si deve trasformare in qualcosa di oggettivo e assumere il
sa che, un pò alla volta, non abbiano finito col ricercare di proposito questa esperienza nella carattere di un essere», (ivi, p. 57). Nel presente lavoro il termine ‘ mitico’ e le espressioni in cui
profondità delle caverne, tra le rocce tenebrose, press’a poco come Leonardo che cercava nei esso rientra sono usati nella specifica accezione in cui ricorrono nella Filosofia delle forme simboli­
muri sbrecciati un appiglio alle sue fantasie visive? E infine chi sa che non si siano sentiti che.
chiamare a riempire con terra colorata quei contorni nei quali erano riusciti a leggere un signi­ J . M o o n e y , The Sacred Formulas of thè Cherokees, in Seventb Annual Report of thè Bureau of
ficato, in modo da avere a portata di mano qualcosa contro cui vibrare una lancia, qualcosa che Etbnolog]! to tbe Secretary of thè Smithsonian Institution 1885-’86, Washington 1891, pp. 325 e 327.
magicamente «rappresentasse» il mangiabile»? (E. H. G o m b r ic h , Meditations on a Hobby Horse and L’autore stesso sottolinea i legami di queste credenze con ciò che sarà, più tardi, la dottrina,
other Essays m thè Tbemy of Art, London 1963; trad. it. A cavallo di un manico di scopa, Torino 1971, delle signaturae: «It seems probable that in thè beginning thè various herbs and other plants were
pp. 11-12). re^rded as so many fetiches and were selected from some fancied connection with thè disease
^ «Pensiero mitico» (ft^tbisches Denken), «coscienza mitica» {mytbiscbes Bewujìtein), «forma animai, according to thè idea known to modern folklorists as thè doctrine of signatures». {ivi,
mitica del pensiero» {mytbiscbe Denkform) sono, come è noto, le formule a cui ricorre E. C a ssirer p. 322).
20 Capitolo I Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 21

medicinali attribuite in Cina al Ginseng sembrano potersi ascrivere alla sua bile e può di conseguenza esser compreso solo se ricondotto, come alla sua
somiglianza con la figura umana, alla quale allude, del resto, il suo nome^^. causa, a qualcosa di non meno singolo e individuale, a un atto libero di volon­
Anche il secondo tipo di credenze compreso nella dottrina paracelsiana tà che l’abbia portato a prodursi proprio in quel modo, in quel tempo e in quel
delle signaturae, per il quale il valore terapeutico di una pianta si lascerebbe luogo. Così, di fronte per esempio alla morte di un uomo, mentre la concezio­
individuare attraverso una relazione di somiglianza non con l’organo leso ma ne evoluta riterrà di averla compresa dal punto di vista medico se sarà riuscita
con la causa o il sintomo della malattia, trova diversi esempi nella medicina a ricondurla a una certa legge generale di natura relativa alle condizioni fisio­
popolare dell’antichità. Così, nella Historia plantarum di Teofrasto viene ricorda­ logiche della vita, rinunciando fin dal principio a porsi il problema del perché
ta, tra i cosidetti vegetali i5ió)xop(poi, notevoli per la loro forma particolare, la sia avvenuta proprio qui e ora e abbia riguardato proprio questo particolare
radice dell’erba aKÓp7iiO(;, simile nell’aspetto all’omonimo animale e ottimo individuo, una più arcaica forma di pensiero trascurerà completamente questo
rimedio contro le sue punture^; in Plinio la radice del poljpodium, «acetabulis quadro generale di riferimento e non sarà appagata finché non sarà riuscita ad
cavernosa ceu polyporum cirri», è ritenuta curare i polipi nasali; i semi del attribuire questo evento a un fattore altrettanto individuale, all’azione di un
lithospermum, simili a pietruzze, «magnitudine ciceris, duritia vero lapidea», si altro uomo, all’intenzione malevola di qualche essere naturale o soprannatura­
vuole che giovino contro i calcoli renali; Vechion, dalla corolla serpentiforme, è le. E, come la morte, così in generale anche la malattia sarà attribuita, secondo
considerato un antidoto contro i morsi delle vipere^'*. Nella stessa direzione si questo modo di vedere, all’atto personale di volontà di un individuo dotato
muove però anche il ricettario dei Cherokee: contro i vermi dei bambini vi della forza e dei poteri necessari per causarla. È però un immediato corollario
viene prescritto un decotto a base di Cerastium vuigatum, i cui steli, rossi e car­ di questa concezione l’idea che l’essere individuale che ha determinato la
nosi, ricordano questi parassiti^. Non meno del primo, questo secondo gene­ malattia sia anche il più adatto a curarla. Perché si ottenga la guarigione il
re di convinzioni appare il prodotto di un arcaico atteggiamento intellettuale, miglior modo di procedere è infatti quello di costringere l’agente che ha causa­
si fa ricondurre, per quanto riguarda le sue origini, alle particolarità strutturali to il male a ritirare la sua intenzione, a richiamare indietro la forza attraverso
di una coscienza non evoluta. È stato osservato come viga, nella mentalità dei cui tale intenzione si è espressa. Da questo punto di vista, contro il morso del
popoli primitivi, un’applicazione della categoria di causa ed effetto notevol­ serpente il serpente stesso costituisce il rimedio più efficace, esattamente nello
mente difforme da quella di più maturi orientamenti del pensiero e, in parti­ stesso senso in cui l’oracolo di Delfi dette a Telefo, ferito dalla lancia di Achil­
colare, della moderna coscienza teoretica Per quest’ultima un fenomeno è le, il responso che solo ciò che l’aveva ferito poteva essere il suo medico.
causalmente spiegato e non necessita di alcuna ulteriore determinazione, quan­ Come scrive Sereno Sammonico (II-III sec. d.C.) nel suo trattato di medicina,
do può essere ricondotto alle condizioni generali del suo prodursi ed essere Quae nocuit serpens, fertur caput illius apte
pensato come caso particolare di una legge universale. Nel suo contingente Vulneribus iungi, sanat quae sauciat ipsa.
accadere qui e ora, il caso singolo, per quanto ricada sotto tale legge, non può Ut Larissea curatus Thelephus asta^^
tuttavia esserne dedotto senza residui, né venir previsto, in base a essa, in tutta
l’accidentalità delle sue determinazioni individuali. Al contrario, per il pensie­ Così, Plinio, Dioscoride e Celso, riprendendo un’antica tradizione, sono con­
ro mitico è proprio del particolare e del contingente che si pretende di avere cordi nell’affermare che contro le punture dello scorpione e del topo ragno
una spiegazione, mentre rimane sullo sfondo, o non è affatto preso in conside­ giovano questi stessi animali applicati alla parte contro il morso di un cane
razione, l’integrarsi del singolo fenomeno in un piìi generale nesso di condizio­ rabbioso Plinio prescrive di berne la saliva o di mangiarne il fegato ancora
namenti causali. Ciascun evento è qui vissuto nel suo carattere unico e irripeti- in epoca recente vigeva l’uso in Boemia, se qualcuno si era ammalato di febbri

“ Ivi, pp. 326-327; T. F. T. D y e r , The Folk-lon of Plants, London 1889, p. 204. Q u in t i S e r e n i , Liber medicinalis, XLV, 828-830, in Corpus medicorum latinorum editum consi-
^ T h eo p h r a st i E r e s ii , opera quae supersunt omnia. Ex recognitione Fr. Wimmer, Tomus 1, lio et auctoritate Instituti Puscbmanniani Lipsiensis, voi. II, Fase. 3. Edidit Fridericus Vollmer, Lipsiae
Historiam plantarum continem, Lipsiae 1854, p. 248. et Berolini 1915, p. 40.
Nat. bist., XXVI, 58; XXVII, 98-100; XXV, 104. ^ N at hist., X X IX , 89-91; D io sc o r id e s , flEpi OXii? iaipiicfi^, cit., II, XIII, p. 173; A. CoR-
“ J. M o o n e y , The Sacred Formulas, cit., p. 327. -NELius C e l s u s , De medicina libri octo. Ad fidem optimorum librorum denuo recensuit C. Darem-
“ E . C a ssir e r , Pbilosophie der symbolischen Formen {Zweiter TeiL Dos mythische Denken), Oxford berg, Lipsiae 1859, p. 203.
1954^ pp. 61-65 (Trad. it. pp. 69-73). » Nat. hist., X X IX , 99.
22 Capitolo I Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 23

bevendo a una certa fonte, di bere una seconda volta alla stessa fonte Si è ràpvóyA.(oaaov, forse in ragione di una certa somiglianza dei nomi
anche visto, però, come per la mentalità che è all’origine di queste rappresen­ (àpvóq = àpfiv, agnello), o perchè l’àpvó<; - agnello rimanda all’Ariete, segno in
tazioni si desse una perfetta equivalenza tra l’oggetto e la sua rappresentazione cui Marte ha il suo domicilio. Essendo comunque l’Ariete il primo dei dodici
simbolica, tra la cosa e la sua copia: in questo quadro le punture dello scorpio­ segni zodiacali e, quindi, «KecpaÀfi xoO kóctuou», questo vegetale trova applica­
ne si sarebbero potute curare altrettanto bene con questo animale e con l’erba zione nelle malattie della testaci L ’erba di Venere è il Ttepiaiepetóv, «herba
aKÓpTtioc;, i morsi della vipera con la vipera stessa e con Yechion e, in generale, columbaria» nella versione latina; oltre al suo ovvio impiego come stimolante
qualsiasi malattia avrebbe trovato il suo rimedio in una pianta che ne rappre­ sessuale (Venere è «àpxri y8véa£Q)(;»), essa giova contro le affezioni dei polmo­
sentasse le cause o i sintomi. Le antiche credenze riportate da Plinio e Teofra- ni: « 5o k 8ì yàp ’A(ppo5itri gTiEXEiv xòv xoù Ttveunovoq TÓTtov»^^. In un’altra serie di
sto a proposito di questi vegetali si fanno dunque interpretare come il risultato testi la medesima pianta è attribuita al segno zodiacale del Toro, domicilio di
del sovrapporsi, all’interno di un pensiero non evoluto, di due distinti fattori: Venere, e adibita alla cura degli occhi Alla Luna spetta ràYA.aó(pavxov, cioè
la mancata distinzione tra ciò che è reale e ciò che è puramente rappresentati­ la peonia, la quale ha la caratteristica di crescere e decrescere a seconda delle
vo da un lato, il particolare uso che vi viene fatto della categoria della causali­ fasi lunari: «nàaKei xò ònoiov xf) ZeXfivii • aù^avonévTii; yàp aù^exai Kaì auxi),
tà daH’altro, Esse vengono a configurarsi come una rappresentazione magica di Xiiycuariq 5è ^eioùxai». Mediante l’uso di questo vegetale ogni «év àvGpcójioK;
secondo grado, una vera e propria magia nella magia, 7tà 0O(; acù^iaxiKÓv» può essere, quindi, sia aumentato sia diminuito^®. Nella
'lepà pipA,o<; attribuita a Ermete Trismegisto il contesto all’interno del quale
3, Precedenti nell'antichità e basi nel pensiero mitico della dottrina dei domìni planetari. piante e parti del corpo sono collegate tra loro risulta ancora più ampio.
Si è visto nell’esposizione datane da Sennert come la dottrina paracelsiana del­ Secondo uno schema che si ritrova identico in Manilio e in Firmico Mater­
le signaturae trovi il suo complemento in una teoria dei domini planetari, per la no le varie membra sono innanzitutto associate ai segni zodiacali, ciascuno
quale i vegetali sono correlati, oltre che alle membra, a questo o quell’astro. dei quali esercita uno speciale potere, in fatto di salute e malattia, sulla parte
Anche questa concezione ha però i suoi precedenti nell’antichità: se Teofrasto, che gli è assegnata. AH’interno dei segni si dà però un’ulteriore suddivisione in
Plinio e Dioscoride, ricollegandosi a una remota tradizione, avevano messo tra decani, ai quali compete una certa specificazione della parte attribuita al
loro in rapporto piante, parti del corpo e malattie, nei trattati di botanica segno: così il primo decano dell’Ariete domina sulla nuca, il secondo sulle
astrologica circolanti in età ellenistica sotto i nomi leggendari di Ermete Tri- tempie e sui naso, il terzo sulle orecchie, sulla gola e sui denti. Ogni decano ha
smegisto e del re Salomone, di Alessandro Magno e del medico Thessalos que­ un nome e un certo aspetto: per tutelare la parte che gli è sottoposta occorre
sta relazione si ripresenta in una forma allargata, che include, come membro portare un anello di un determinato metallo, su cui sia incisa la figura del
aggiuntivo, un pianeta o un segno zodiacale, E così, ad esempio, che in questi decano, e accompagnarlo con una certa pietra e un certo vegetale. Al secondo
testi il noA.uyovov da un lato è prescritto contro le malattie degli occhi, dall’al­ decano del Toro sono ad esempio assegnate le tonsille e la trachea, come vege­
tro viene associato al Sole, in quanto all’astro diurno spetta une speciale giuri­ tale curativo o preventivo il 5^Kxa^ov, come metalli di cui deve essere fatto
sdizione su questa parte del corpo. Gli è inoltre attribuita una particolare effi­ l’anello l’oro e l’argento, come pietra su cui va incisa l’immagine del decano il
cacia nel potenziamento della capacità di procreare, e ciò perché condivide
con il Sole la caratteristica della prolificità o, come si legge nella versione lati­
na (dello pseudo-Albeno Magno) attraverso cui il Medioevo conoscerà questi
testi, di essere «multum generans»^*. La pianta assegnata a Marte fAprii;) è
CCAG, voi. IV, p. 135; voi. VI, p. 84; voi. VII, p. 234; voi. V ili, 3, p. 161. Sui possi­
bili motivi deH’attribuzione a Marte di questo vegetale cfr. A . B o u c h é - L e c l e r c q , L ’astrologie
grecque, Paris 1899, p. 317.
“ E. S t e m p l in g e r , Volksmedizin, cit., p. 81. CCAG, voi. IV, p. 135; voi. VI, p .83; voi. VII, p.233; voi. Vili, 3, pp. 161-162;
Catalogus codicum astrologorum graecorum (CCAG), Bnixelles 1898-1936, voi. IV, pp. 134- A l b e r t u s M a g n u s , De secretis, cit., p. 145. ‘
135; v oi. VI, p. 83; voi. VII, p. 233; voi. V ili, 3, pp. 159-160; A l b e r t u s M a g n u s , De secretis 3^ CCAG, voi. \1 I, p. 232; voi. V ili, 3, pp. 141-142.
mulierum. Item Je mrtutibus berbarum, lapidum et animaiium, A m ste lo d a m i 1643, pp. 142-143. I testi in 35 CCAG, voi. V ili, 3, p. 154.
q u e stio n e so n o stati analizzati d a Fa. P f is t e r in P au ly-W issow a, Real-Encyclopàdie der classiscben 3* M . M a n i l i i , Astronomica, 2, 453-465. Edidit G. P. Goold, Leipzig 1985, pp. 43-44; I u lii
Aitertumswissemcbaji, Stu ttgart 1938, s.v. Pflattzfruéerglaube, voi. XIX, 2, n o n ch é d a A,-J. F e s t u g iè - F ir m ic i M a t e r n i Matheseos libri Vili. Ediderunt W. Kroll et F. Skutsch, Lipsiae 1897, II, 24, voi.
r e in L j révélation d’Hèmes Trismégiste, I, L ’astrologie et les sàences occultes, P aris 1983^ pp. 137-160. I, pp. 72-73.
24 Capitolo I Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 25

«ÀiGoq à(ppo6iaiaKÓ<;»^^. Membra, vegetali, pietre preziose e metalli sono in tal tuoso sembiante, come i pavoni, i galli e i fagiani- tra i colori quelli tendenti
modo sottoposti a una sistematica opera di classificazione e ridistribuiti in tanti al chiaro e il verde Come si può vedere, a indirizzare i diversi aspetti della
raggruppamenti quanti sono i decani. AH’interno di ciascuna classe si realizza realtà sotto l’uno o l’altro pianeta è qui un principio di classificazione basato
la possibilità di un’azione terapeutica di genere particolare, per la quale dal sulle loro affinità e somiglianze. Sotto Saturno vengono infatti a raccogliersi
basso, attraverso una pianta, una pietra preziosa o un metallo semplicemente tutti quegli oggetti dell’esperienza che hanno in comune l’essere lugubri e
portati sulla propria persona si può risalire a ciò che è in alto e guadagnare, sgradevoli, tetri e malinconici, che sono veicolo di significazioni profonde ed
per una certa parte del corpo, il favore dell’essere astrale che le è preposto. espressione di una quasi decrepita saggezza; a Giove è invece assegnato tutto
Questa tendenza a ripartire gli astri e le più svariate sostanze naturali in ampie ciò che evoca l’idea di un facile realizzarsi, è limpido e brillante, reca l’im­
sfere di competenza magica si manifesterà nel grado più alto nel Picatrix, pronta del fasto e della solennità. In questo sforzo classificatorio della conce­
manuale di magia redatto in arabo intorno all’X I secolo ma sotto l’influsso zione astrologica, esemplarmente illustrato dal Picatrix, si può cogliere una
della tradizione astrologica ellenistica. Qui non solo parti del corpo e vegetali, dupHce istanza, pratica e teoretica. Da un lato, all’interno di ciascuna classe di
metalli e pietre preziose, ma anche sapori, odori e colori, arti e mestieri — oggetti è possibile operare magicamente: ciascuna di queste sostanze, richiama,
ogni aspetto, si può dire, dell’esperienza umana — si aggregano in classi om o­ infatti, e attrae tutte quelle che le sono simili, postane una sono date anche le
genee e trovano la loro collocazione sotto il dominio di un determinato piane­ altre; dall’altro l’intera realtà subisce un processo .di riorganizzazione e riordi­
ta. Per quanto riguarda l’intrapresa di azioni magiche — osserva infatti l’auto­ namento, per cui ogni ente naturale e ogni aspetto dell’esperienza trovano, alla
re — occorre sapere che appartengono a ciascun pianeta cose distinte, le quali fine, il loro stabile inquadramento e una precisa collocazione nel mondo
solamente sono in suo potere e a esso competono. Così a Saturno, fonte delle L ’idea del magico implicarsi degli enti aH’interno di omogenee partizioni
forze che trattengono e impediscono, sottostanno le ricerche occulte e miste­ del reale si trova enunciata con la massima chiarezza in uno scritto di Proclo
riose, tra le lingue l’egiziano e l’ebraico, tra le parti del corpo l’orecchio destro relativo all’arte ieratica («iepatiKiì téxvTi»). Gli iniziatori ai sacri misteri, si leg­
e la milza; gli competono i sapori nauseabondi, come ‘q uello del mirobalano, ge in questo testo, hanno fondato tale scienza nel momento in cui hanno com­
tra i metalli il piombo e il ferro, tra le piante la quercia, le palme, la vite, tutti preso che tutto è in tutto («jcdvxa év róai Katavoiioaviec»), in ciò che è primo è
gli arbusti che abbiano spine e possano ferire; domina sulle montagne nere e presente ciò che è ultimo e viceversa, nelle cose celesti sono contenute quelle
sulle oscure vallate, sulle cisterne, sui sepolcri e sui deserti; sovrintende all’in­ terrene in modo celeste, nelle terrene quelle celesti in modo terreno («èv xe
dustria dei pellami, all’agricoltura, all’architettura e all’estrazione dei minerali ; Toìg jtpcÒTOic là saxttTa Kai év toìg èa'/aTOK; xà Tipcòxiaxa, év oOpavw ^èv xà x^óvia
gli si confanno tra le pietre l’onice, tra i profumi la noce moscata e lo storace; Kox'aixiav kqì oùpavico<;, èv xe yfj xà oùpàvia yr|iva)c»)'*®. Se l’eliotropio si muove
ha in suo potere gli animali dal colore nero e dall’aspetto sgradevole, gli uccel­ in accordo con il Sole e il selenotropio con la Luna, se il loto apre i suoi petali
li dal lungo collo e dal verso stridente, come lo struzzo, l’ottarda, il gufo, la in sincronia con il levarsi dell’astro diurno e li richiude quando questo tra­
civetta, il corvo, il pipistrello e la gru; i suoi colori sono il nero, naturalmente, monta, se la pietra eliaca ne imita i raggi con la sua lucentezza, ciò dipende dal
e il blu. A Giove, invece, fonte delle forze che favoriscono la crescita, sono fatto che tutti questi oggetti hanno origine da un unico essere, il quale è pre­
sottoposte la religione e le scienze teologiche; gli appartengono la t'ilosofia e sente, e si può riconoscere, in ciascuno di essi: «xà yàp év évi ^pò xwv Ttàvxav,
l’interpretazione dei sogni; tra le lingue il greco, tra le parti del corpo l’orec­ xaùxa év rtàaiv é^£(pdvTi» o, come interpreterà Marsilio Ficino nella sua tradu­
chio sinistro e il fegato, da cui dipendono il contemperarsi degli umori all’in­ zione di questo passo, «Quae [. . .] super ordinem rerum colliguntur in uno,
terno dell’organismo e il facile scorrere del sangue nelle parti; domina sui
commerci esenti da dolo, sull’arte del comandare e del proibire; gli competo­
no i sapori dolci e gradevoli, i luoghi di culto, le gemme chiare e brillanti; tra
i vegetali il mandorlo, il nocciolo, il noce e, in generale, tutte quelle piante dei «Picatrix». Dos Ziel des Weisen non Pseudo-Magriti. Translated into German from thè Arabie
cui frutti si scarti l’esterno e si mangi l’interno; tra gli animali quelli dal son- by H. Ritter and M. Plessner, London 1962, pp. 157-159.
Le istanze teoretiche implicite nella concezione astrologica sono state messe in evidenza
da E. C a s s ir e r , Philosophie der symboiiscben Formen, Zweiter Teil, cit., pp. 222-223 (trad. it. pp. 260-
261).
ToO 'Epfioò Jtpcx; ’Aoidiijtiov f) Xeyonévri iepà piPA-oq, in Anakcta sacra et classica, Spicilegio sole- ripÓK^ou rtepì TTÌ<; Ka9”EXA,iiva(; ÌEpaxiicfig in Catalogue des manuscrits alchimiques grecs,
smensiparata, edidit Joannes Baptista Pitra, voi. V, 2, Parisiis-Romae 1888, pp. 285-286. voi. VL Bruxelles 1928, p. 148.
26 Capitolo I Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 27

haec deinceps dilatantur in descendendo»'*’. Così nelle piante si vedono il Sole in cui si connettono tra loro una cosa e la sua rappresentazione simbolica,
e la Luna in forma terrestre, nei cieli i vegetali, le pietre e gli animali viventi oppure due oggetti appartenenti alla medesima classe: x\res non simboleggia
di una vita spirituale. È per aver capito questo — scrive Proclo — che gli qui la collera ma è (èdii) la collera; il sonno e la Luna non sono semplicemen­
antichi sapienti, accostando (TtpoaàyovTeq) piante, pietre e animali a questo o te due entità sussumibili sotto un unico concetto ma l’uno si identifica con
quell’essere celeste, riuscivano a condurre le potenze divine fino al nostro luo­ l’altra, è l’altra. Se l’uomo può piangere, parlare, desiderare e generare, ciò
go mortale e ad attirarle per mezzo della somiglianza («5ià xfi(; ófx0ióxT]T0(;», non è perché Cronos, Hermes, Afrodite e il Sole influiscano su di lui
«ob quandam similitudinem»)'*^. Per quanto in questo testo la concezione dall’esterno ma perché egli stesso è già Cronos e Afrodite, Hermes e il Sole.
astrologica si esprima in una forma già alquanto evoluta, traspare da esso con Considerate da questo punto di vista, le pratiche astrologiche in generale, e
particolare evidenza ciò che dovette costituire, un tempo, il suo nucleo origi­ quelle della iatromatematica in particolare, che associano stelle, membra e
nario e primitivo. L ’ótioiótriq o similitudo che è qui indicata come la ragione del vegetali in funzione terapeutica, vengono dunque a collocarsi sullo stesso pia­
reciproco agire e patire delle entità celesti e terrene, del loro attrarsi e influen­ no di quell’altro tipo di pratiche, preso in esame nelle pagine precedenti, nelle
zarsi a vicenda, rimanda infatti al rapporto non di semplice somiglianza ma di quali alla cura di una parte si provvedeva con una pianta a essa assomigliante.
identità che doveva esser posto inizialmente tra loro. Se attraverso una pietra Il genere di efficacia presupposto nei due casi è sempre il medesimo. Appare
preziosa, un animale o una pianta si poteva venire in potere di un essere astra­ trattarsi, infatti, non dell’azione che un oggetto eserciti su un altro, da esso
le e conquistarne la forza a beneficio di una certa parte del corpo, ciò accadeva distinto ancorché somigliante, e neppure, di conseguenza, di un vero divenire
perché questi oggetti non rimanevano tra loro distinti ma si fondevano l’uno e trasformarsi delle cose sotto la spinta di un reciproco influsso, ma di un loro
nell’altro, smarrivano la loro esistenza individuale per divenire la medesima istantaneo confondersi nella coscienza del soggetto ed essere percepite come se
cosa: in questo senso avere la pietra, l’animale o la pianta era già possedere fossero una sola.
l’astro, possedere l’astro era già avere la parte ristabilita nella sua integrità tisi­ Si può quindi vedere come le teorie terapeutiche della scuola paracelsiana
ca e nel suo essere originario. La capacità di agire attribuita nella concezione — sia la vera e propria dottrina delle signaturae, sia l’inclusione di membra e
astrologica agli oggetti celesti non si fonda, pertanto, sull’idea di un influsso a vegetali in altrettanti domìni planetari — proseguano un’antica tradizione, la
distanza, risultato di più tarde elaborazioni concettuali, ma è in prima istanza quale affiora in autori come Plinio, Teofrasto e Dioscoride, nonché nei trattati
basata sull’identità dei due poli, quello astrale e quello terreno, che vengono di astro-botanica e iatromatematica del periodo ellenistico ma ha le sue radici
messi tra loro in rapporto; non si tratta dunque di un’azione vera e propria ma in un’età molto più antica, nelle rappresentazioni spontanee e immediate di
del confondersi di due oggetti in un’unica pregnante rappresentazione. Questa un’originaria forma mitica del pensiero. Proprio per questo è difficile stabilire,
coalescenza dei termini del rapporto astrologico è evidente anche nella classica soprattutto per quanto riguarda le signaturae, in che misura Paracelso sia stato
dottrina deH’uomo come microcosmo, punto centrale del mondo in cui si rias­ influenzato dai testi che si sono qui citati: per il loro conformarsi a specifiche
sumono tutti i caratteri presenti nei cieli. Come si legge in un poema ermetico strutture della coscienza in una certa fase della sua storia questi motivi rivesti­
citato da Stobeo, vi sono in noi la Luna, Zeus, Ares, Afrodite, Cronos, Elios, vano infatti un carattere collettivo e sovrapersonale ed eranno quindi larga­
Hermes. Ecco perché possiamo attrarre dal jrveOjia etereo lacrime, ridere, col­ mente diffusi; egli poteva attingerli, dunque, non solo da questa letteratura,
lera, generazione, parola, sonno e desiderio. Le lacrime sono Cronos, la gene­ che senza dubbio conosceva, ma anche dalla tradizione orale della medicina
razione Zeus, la parola Hermes, la collera Ares, il sonno la Luna, il desiderio popolare e dalla diretta osservazione delle pratiche terapeutiche di empirici e
Afrodite, il ridere il Sole'*^. Questa correlazione di affetti, esperienze vitali, guaritori nel corso della sua esperienza di medico vagante. Appare anche,
caratteri psicologici ad altrettante entità celesti non va intesa nello stesso senso però, dall’esposizione di Sennert, come nella medicina paracelsiana queste
antiche credenze siano tradotte negli schemi di una complessa costruzione
concettuale e ne sia data una giustificazione teorica assai lontana dalla sponta­
neità e immediatezza con cui vi aderiva una coscienza non evoluta. Si è visto
Ivi, pp. 148-150; P r o c l u s , De sacrificio et magia, interprete Marsilio Ficino Fiorentino, in come l’attribuzione di un particolare valore terapeutico ai vegetali assomiglian-
Opera, Basileae 1576, voi. II, p. 1928.
M a r s il ii F ic in i F l o r e n t in i
ti alle membra nascesse in questa dall’istintivo percepire il vegetale come
Ilepì XTìq iepa-nKf\(; Téxvn?, cit., p. 148; F i c in i Opera, cit., voi. II, p. 1928.
Corpus bermeticum, t. IV. Fragments extraits de Sto^. Texte établi et traduit par A.-J. Festu- alcunché di non semplicemente assomigliante ma identico a esse. In tanto una
gière, Paris 19"’2^ p. 99. pianta poteva curare una parte del corpo in quanto non si limitava a rappre­
28 Capitolo I Le signaturae in Sennert e le loro basi mitiche 29

sentarla ma veniva colta come se già fosse la parte guarita. Le sue capacità le vie per conoscerlo; essa appare soprattutto connessa alle sue fondamentali
curative non erano attribuite all’azione di un principio fìsico presente al suo nozioni di visibile e invisibile {sichtig e unsìchti^ e a quelle, ad esse correlate, di
interno ma, in generale, ancora nessuna distinzione era posta tra un interno e interno ed esterno [inner t eujier)\ si fa cogliere dunque, nel suo significato filo­
un esterno degli enti, tra un loro nucleo essenziale e il loro aspetto esteriore. sofico e nei suoi rapporti con le antiche credenze che ne sono all’origine, solo
Lo stesso meccanismo operava in origine nella concezione astrologica; se ai in relazione con gli altri aspetti del pensiero di questo autore e a prezzo di un
vegetali posti sotto il dominio di un pianeta o di un segno zodiacale veniva certo tragitto tra le sue complesse tematiche.
riconosciuto uno speciale potere sulle membra assegnate al medesimo essere
astrale, ciò accadeva perché astri, membra e vegetali tendevano inizialmente a
coincidere e a identificarsi fira loro. Ciascuno di essi non era semplicemente il
sostituto simbolico dell’altro, nel modo in cui ogni membro di una data classe
può essere assunto a rappresentare tutti gli altri, ma era gli altri, e ne aveva
tutte le caratteristiche. Anche in questo caso non si dava il concetto di un
agire degli enti ma solo un loro confondersi e sfumare gli uni negli altri. In
un’epoca in cui la spontanea tendenza del pensiero mitico a fondere e sovrap­
porre i contorni delle cose ha da tempo cessato di operare e il mondo si è
stabilmente costituito come un insieme di oggetti autonomi e fra loro separati,
la medicina paracelsiana riformula e recupera queste arcaiche rappresentazioni
facendo valere tutta una serie di distinzioni e determinazioni concettuali:
airo\aàa assunzione di vegetali e parti del corpo come oggetti distinti, even­
tualmente simili ma non identici, si associa l’idea che i vegetali stessi si faccia­
no scomporre in due diversi principi, una loro natura o vis interna, fonte di
tutti i loro poteri, e un’apparenza esterna, che di questo nucleo riposto è l’in­
volucro e il rivestimento superficiale; la relazione che connette queste due
componenti è descritta come un rapporto di significazione: l’aspetto esterno
del vegetale è ciò che designa e dà a conoscere il suo invisibile nucleo interno,
si costituisce come la sua signatura-, attraverso le sue apparenze ogni pianta offre
anzi un duplice rimando, da un lato alle membra che può curare, dall’altro alla
sua essenza o virtus interna; in quanto membra e vegetali hanno uno statuto di
oggetti distinti, la relazione che si stabilisce tra loro nel momento della cura
diviene d’altra parte un’azione vera e propria, assume l’aspetto di un reale
interagire tra enti: la pianta che assomiglia a una parte viene a configurarsi in
tal modo sia come il segno della parte stessa, sia come l’agente che può influi­
re su di essa ; in questo quadro anche gli astri finiscono per assumere la funzio­
ne di segni, inserendosi in un sistema di rimandi che consente di passare da un
oggetto all’altro, dalla pianta all’astro, dall’astro alla parte del corpo per cui la
pianta è indicata. Una complessa opera di traduzione si è dunque effettuata
dagli schemi del pensiero mitico a quelli di una coscienza evoluta, per valutare
la quale, cioè i suoi rapporti con l’originale, non c’è ora che da volgersi diret­
tamente agli scritti di Paracelso e dei suoi seguaci. N ell’opera di Paracelso,
però, la dottrina delle signaturae non si presenta come un elemento isolato ma è
parte integrante di una vasta concezione generale circa il mondo della natura e
C a p it o l o II

PA RA CELSO

1. Sichtig e unsichtig: le concmoni alchemiche'^. — Nei confronti della domi­


nante tradizione aristoteiico-galenica ciò che Paracelso fa innanzitutto valere è
un nuovo modo di intendere la conoscenza della natura e una diversa defini­
zione dei requisiti cui deve soddisfare ogni autentico sapere in questo campo.
Secondo la sua concezione, perché una conoscenza si possa ritenere veramente
fondata e non si risolva in una «erfantisirte speculation»^, si richiede che il
suo oggetto sia reso pienamente accessibile al tatto e alla vista del medico,
possa essergli esibito in tutta la determinatezza deile sue caratteristiche sensibi­
li; «alein was die augen sehen und was die fìnger tasten — scrive il filosofo di
Einsiedeln — dasselbig lernet den theoricum medicum»^. Il conoscere deve
poter cogliere il suo oggetto nella sua concreta individualità visiva e tattile, al
di là di ogni indeterminatezza del sogno e dell’ombra, «sichtig und nit im
traum [. . .], greiflich nit im schatten»'^. Solo ciò che è sichtbar e augensichtig,
percorribile con lo sguardo nei suoi definiti contorni, non necessita infatti di
alcuna ulteriore determinazione: «was die augen geben [ ...] , dasselbe bedarf
wenigs dartuns»^ Questa presa di posizione in campo epistemologico appare
innanzitutto connessa al modo particolare in cui Paracelso si rappresenta la
struttura dei corpi. A questi è attribuito un carattere composito e pluridimen­
sionale, ciascuna sostanza naturale derivando dal concorrere in essa di tre
diversi principi, la cui nozione egli desume dalla tradizione alchemica e che

' Tutti i riferimenti ai passi di Paracelso saranno dati citando il titolo abbreviato
dell’opera, seguito dall’indicazione del volume e della pagina in T h e o p h r a st von H o h e n h e im
gen. P a r a c e l su s , Sàmtliche Werke. I Aht. Medmnischt, naturwissenscbajiliche und philosophische Schrifien,
hrsg. von K. SudhofF, 14 voli., Mùnchen und Berlin, 1929-1933, di qui in poi W.
^ Von den tartarischen Krankhetten, ÌV 11, p. 25.
^ lui, p. 24.
Opus Paramirum, W 9, p. 44: «dan wil ich das der grunt bestand und herfliefie, so muB
ich nicht von unsichtiglichen, sonder von sichtiglichen sagen und reden. dan das ist hoch einem
arzet zuermessen, das wir got sichtig, greiflich vor unsern augen gehabt haben, also das wir
unsern seligmacher selbs gehòrt haben, den grunt der warheit: noch vii mer die arznei sichtig
vor uns stehet und sie sichtig und nit im traum entpfahen sollen, greiflich nit im schatten».
5 Von den unsichtbam Krankheiten, W 9, p. 252.
Capitolo II Paracelso 33

vengono individuati con i nomi di Zolfo, Mercurio e Sale^. AH’interno dei rale si configura in tal modo come uno sforzo per spingere la vista oltre l’invo­
corpi questi tre principi sono invisibilmente presenti, mascherati «under einer lucro esterno delle sostanze, come un vero e proprio svelamento della natura:
gestalt»', dietro l’aspetto unitario che assume il composto. Ciascuno di essi «nun muB die natur dohin gebracht werden — scrive Paracelso — das sie sich
possiede tuttavia una propria individualità e si differenzia dagli altri in base a selbs beweist»^^. II processo attraverso cui tale visione si rende possibile e
certe inconfondibili caratteristiche: «das so da brint ist der sulphur; nichts sono portate alla luce le nascoste componenti dei corpi è la separazione alche­
brent alein der sulphur. das da raucht ist der mercurius; nichts sublimirt sich mica {scheidun^ delle sostanze naturali mediante il fuoco. Questo rappresenta
alem es sei dan mercurius. das da in eschen wird ist sai; nichts wird zu eschen per Paracelso un insostituibile strumento di conoscenza, ciò attraverso cui il
alein es sei dan sai»®. In questa concezione del corpo come alcunché di com­ medico stesso, al pari dell’oro, deve essere sette volte provato, «nit in zuver-
posito e stratificato, la via che deve percorrere il conoscere per giungere al suo brennen, sunder sein kunst, theorik, praktik die sol im feuer getauft werden».
oggetto è già implicitamente indicata. Se dal punto di vista dell’esperienza Grazie al fuoco i tre principi dei corpi possono esser messi in luce separata-
immediata ciascuna sostanza si presenta come un corpo unitario, privo di qual­ mente, ciascuno, di essi si rende «lauter und klar [. . .] rein und sauber», l’inter­
siasi interna articolazione, questa visione, che è quella degli indotti, non com­ no invisibile {verdunkelt, verborgen) si fa esterno e visibile’^. L ’alchimia, intesa
porta alcun vero arricchimento del sapere: «das wissen — scrive Paracelso — come arte che consente di vedere «was in einem ieden corpus ligt und was im
[. . .] ist dir nit nùz, die pauren wissents und sehents auch»^. Perché un’auten­ selbigen is t» ’'*, viene pertanto svincolata, in Paracelso, dalle finalità puramen­
tica conoscenza sia ottenuta occorre invece inoltrarsi all’interno del corpo, te pratiche a cui, come «ars aurifera», era tradizionalmente limitata e assume
scomporlo nei suoi elementi costitutivi tino a possedere ciascuno di essi «sicht- un ruolo di primo piano nell’ambito della stessa conoscenza della natura; nello
bar [. . .], greiflich und wirklich»’°, separato e distinto da tutti gli altri. Si pre­ sforzo di visualizzazione dell’invisibile in cui consiste per il medico svizzero il
cisa in tal modo la concezione paracelsiana circa la visibilità e la tangibilità processo del conoscere, le capacità operative di questa «vulcanische kunst»
come caratteri distintivi dell’autentico oggetto del conoscere: se la meta del rappresentano l’elemento decisivo e fanno di essa un vero e proprio organo
sapere viene fissata in qualcosa che può essere visto e toccato con mano, ciò del sapere nel campo della natura: i veri medici, afferma Paracelso, sono colo­
non costituisce in alcun modo un invito ad arrestarsi a ciò che è offerto ro i quali «aus der erfarenheit und durch die experienz und sequestrirn und
dall’immediata percezione dei sensi, ma significa piuttosto la necessità di ope­ alchimische operationes ein ding sichtbar, greiflich und an im selbs finden,
rare perché si manifesti pienamente a essi ciò che, sepolto sotto la superficie sehen und tasten »’^.
dei corpi, non era in un primo momento né visibile né tangibile. Da questo Rispetto al modo in cui è intesa l’indagine naturale nell’ambito della tra­
punto di vista Paracelso stesso distingue due forme di visione, dotate di un dizione aristotelico-gaienica, la concezione paracelsiana fa dunque registrare
diseguale valore conoscitivo: una, propria dell’atteggiamento ingenuo, per cui
lo sguardo si ferma aH’esterno delle sostanze naturali, non procede oltre ciò
che è evidente nel loro aspetto esteriore; un’altra, che è, o dovrebbe essere,
>2 Ibid.
quella del medico, per cui ci si addentra nello spessore dei corpi e si perviene Ivi, p. 41 ; «dan wie das goit zum sibenden mal im feuer probirt wird, also sol auch zum
a vederne l’interno con la stessa chiarezza con cui lo sguardo ingenuo ne per­ sibenden mal und mer der arzt bewert werden durch das feuer. das ist das feuer bewert die drei
cepisce l’esterno: «das euBer zusehen, ist dem pauren beschaffen, das inner substanzen und stelt sie laurer und klar fùr, rein und sauber. das ist dieweil das feuer nit
zusehen, das ist das heimlich. das ist dem arzt beschaffen»” . L ’indagine natu- gebraucht wird, dieweil ist nichts bewerts do; das feuer bewert alle ding, das ist so das unrem
hmweg kòmpt, so stent die drei substanzen da. also wird der arzt bewert, nit in zuverbrennen,
sunder sein kunst, theorik, praktik die sol im feuer getauft werden. dan sie erzeigen sich vor den
augen der pauren nicht, lassen sich auch nit greifen dermafien. darumb so ist das feuer das jenig,
^ Opus Paramirum, W 9, p. 45: «Drei sind der substanz die do einem ietliciien sein corpus das solchs sichtbar macht, das do verdunkelt ist». Cfr. anche ivi, p. 42: «nun ist der arzt augen-
geben; das ist ein ietiich corpus stet in dreien dingen. die namen diser dreien dingen sind also; scheinlich mit seinen werken und die natur ist auch ofFenbarlich, nichts verborgens. also augen-
sulphur, mercurius, sai. dise drei werden zusammen gesezt, ais dan heiBt ein corpus». scheinlich sollen auch sein die ursach der gesuntheit und der krankheit und nichts verdunkelt.
■ m . darumb am ersten das feuer gemelt wird, in welchem zerlegt werden die ding so verborgen sind
» Ivu p. 46-47. und augensichtig werden ».
’ Ivi, p. 45. Von den tartarischen Krankhetten, W 11, p. 94.
>» Ihid. Opus Paramirum, ÌF 9, p. 43.
” Ivi, p. 46. Fa/l den tartarischen Krankhetten, W 11, p. 25.
34 Capitolo l i Paracelso 35

un netto distacco. Benché anche la fisica di x^ristotele si rappresenti le sostanze lam ullam fungi quacumque actione dicat — scrive Galeno nel De facultatibus
naturali come alcunché di composito e internamente articolato, facendole naturalibus — inevitabili necessitate cogetur, propter certam ex quatuor corpori-
risultare dalla riunione in proporzioni diverse degli elementi (0 x01x8101) della bus temperiem edi actionem. ab illa, fateri»’^. Ricondotte in tal modo all’agire
terra, dell’acqua, dell’aria e del fuoco, l’effettivo svolgersi dell’indagine sulla delle qualità primarie, le funzioni organiche risultano interamente guadagnate
natura non viene affatto descritto in questa tradizione come un processo di all’ambito del conoscibile: da un lato possono essere interpretate come la sem­
scomposizione dei corpi alla ricerca delle loro componenti semplici ma gli è plice modificazione di fenomeni del tutto ovvi e autoesplicativi, quali lo spon­
prescritta una strada completamente diversa. Qui, infatti, non tanto gli ele­ taneo diffondersi del caldo e del freddo attraverso contigue porzioni di mate­
menti vengono posti in primo piano quanto le qualità primarie del caldo e del ria, con il conseguente scaldarsi o raffreddarsi, dilatarsi o contrarsi di queste;
freddo, del secco e dell’umido e ciò per render conto, in base al loro avvicen­ dall’altro vengono ad allinearsi a tutti gli altri casi di àW.oi(ùCTi<; che si verifica­
darsi su un sostrato materiale, del cambiamento (fiexapoXii) delle sostanze, del no in natura. È così che in epoca rinascimentale, quando il medico galenico
loro generarsi (yéveaK;), corrompersi (<p0opà) o alterarsi (òXÀoicoaK;). Gli ele­ Jean Fernel (1497-1558) giungerà a mettere in dubbio, in base alle sue osserva­
menti stessi non costituiscono per Aristotele alcunché di fisso e permanente zioni, la reale adeguatezza delle qualità primarie a determinare alcune fonda-
ma, per la perdita e l’acquisto di una o due qualità primarie, possono trasfor­ mentali funzioni fisiologiche, queste verranno immediatamente a situarsi, per
marsi e trapassare l’uno nell’altro’^. Il caldo e il freddo, il secco e l’umido lui, nel dominio dell’occulto e del divino, in una dimensione del reale irrime­
vengono rappresentati come le forze fondamentali della natura: investendo la diabilmente sottratta alle possibilità del conoscere umano: «[ . . . ] functiones
materia essi ne atteggiano variamente lo stato, l’addensano, l’ammorbidiscono, admirabiles iure divinas appellem, quarum causa et ratio abdita, delitescens, et
la cuociono, la fluidificano, la putrefanno, la fanno ardere o trasudare, rap­ occulta, neque demonstrari, neque certo explicari potest. Huiusmodi autem
prendere o rarefarsi, fondere o esalare, vi inducono insomma, in una perpetua est, quaecumque non a primis simplicibusque rerum naturis ortum habuit: sed
vicenda di generazioni e corruzioni, tutte quelle determinazioni sensibili per illarum ordinem praetergressa, vix ulla potest mentis acie comprehendi»^®.
cui le sostanze si differenziano tra loro. L ’indagine naturale viene in tal modo E nella tradizione alchemica che questa visione comincia a modificarsi e
a configurarsi come uno sforzo per ricondurre i fenomeni all’azione congiunta prende avvio uno sviluppo che condurrà fino a Paracelso. L ’alchimia, infatti,
delle qualità primarie su un determinato sostrato materiale ; da questo punto di anche quando riprende i concetti e la terminologia di Aristotele, ne fa un uso
vista la spiegazione di un qualsiasi accadimento fisico può dirsi raggiunta del tutto particolare, inserendoli in un quadro concettuale assai diverso da
quando, attraverso una serie di mediazioni, si sia riusciti a vedervi all’opera le quello originario. In questa nuova interpretazione della fìsica aristotelica la
forze fondamentali del caldo e del freddo, del secco e dell’um ido’*. La con­ tematica paracelsiana della ‘ visibilità’, del rendere accessibili allo sguardo le
creta scomposizione di un corpo nei suoi elementi costitutivi, come quella di nascoste componenti dei corpi, è già prefigurata con grande evidenza. Nel
un pezzo di legno che messo ad ardere esibisce l’aria nel fumo, la terra nelle Liher trium verborum Kalid regis acutissimi, un testo arabo scritto intorno al 1200 e
ceneri, il fuoco nel bruciare, l’acqua nello stillare avrà così, in questa tradizio­ più tardi tradotto in latino, la materia di base da cui si può ottenere il «lapis
ne, un significato puramente esemplificativo e mai sarà assunta come paradig­ philosophicus» viene descritta come una sostanza che comprende tutti e quat­
ma dell’effettivo svolgersi dell’indagine naturale. Nella medicina galenica que­ tro gli elementi e riunisce, quindi, al suo interno il caldo e il secco, il freddo e
sto riferimento all’efficacia delle qualità primarie come criterio esplicativo dei l’umido. Perché si giunga al lapis occorre trasformare questa materia mediante
fenomeni si fa cogliere con particolare evidenza. Qui tutte le alterazioni e tra­ il fuoco, rendendo visibili la sua caliditas e siccitas, prima nascoste nel composto,
sformazioni organiche cui danno luogo le facoltà naturali dell’organismo ven­
gono ascritte — anche le più complicate fra esse — alla peculiare efficacia del
temperamento di ciascun organo, al modo particolare in cui si bilanciano in ” G a l e n o , De facultatibus naturalibus, II, IX, in Gaietti operum, cit. t. I, col. 1073 ; cfr. anche
esso le forze del caldo e del freddo, del secco e dell’umido: «[. . .] sive quis ivi, I, III, col. 1036: « [ . . .] m ihi q u id e m tam ven a, q u am reliq u aru m p an ic u la ru m sin gu lae, qb
venas, sive iecur, sive arterias, sive cor, sive ventriculum, sive aliam particu- c e rta m q u a n d a m te m p e riem q u am ex q u alitatib u s su n t n actae, h oc vel ilio m o d o agere viden-
tu r».
^ J. F e r n e l , De ahditis rerum causis libri duo, Venetiis 1550^, p. 195. Su Fernel e la sua con­
cezione deH’occulto cfr. M. L. B ia n c h i , Occulto e manifesto nella medicina del Rinascimento, fean Fernet e
” Cfr. De generatione et corruptione, sp ecialm en te 314 a 1 — 315 a 25; 329 b 7 — 332 a 4. Pietro Severino, «Atti e memorie dell’Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria»,
Cfr. Meteorologica, sp ecialm en te L. IV (378 b 10 — 390 b 22). XLVII, 1982, pp. 183-248.
36 Capitolo l i Paracelso 37

t facendo invece sparire la sua frigiditas e bumiditas, qualità da esso originaria­ qui considerato da questo punto di vista, in quanto si tratta di portare alla luce
mente esibite. Siccitas e caliditas sono infatti quel «pretiosissimum oleum [. . .], il loro insegnamento occulto, renderlo manifesto ài di là dei velamenti che lo
tinctura viva [. . .], aqua permanens [. . .], acetum Philosophorum» che costitui­ dissimulano: «Veruntamen si sim magnae rationis in scientia — si legge nel
sce la meta ultima dell’adepto dell’Arte, Vhumiditas e la frigiditas sono solo un De cbemia di Senior (Zadith ben Hamuel — X III secolo) — et aperti fuerint
«fumus corrumpens» che dev’essere occultato e tolto di mezzo perché il lapis tropi mihi eorum occulti, et manifestum est mihi quod occultaverunt, et hoc
possa venire finalmente alla luce. Scrive Kalid: «In Lapide isto sunt quatuor apprehendi per scientiam, debeo recte hoc appropinquare intellectui successo-
elementa. Est enim aquaticus, aèreus, igneus, et terreus. In Lapide isto in rum meorum, sermonibus in aperto velatis, significantibus intellectum occul­
occulto est caliditas et siccitas: et in manifesto frigiditas et humiditas: Oportet tum et velatum, ut hoc sit apertum et celatum. Est autem apertum studiosis
ergo nos occultare manifestum, et id quod est occultum, facere manifestum. sapientibus et intelligentibus, et investigantibus, celatum autem minus intelli-
Illud autem quod est in occulto, scilicet caliditas et siccitas est Oleum [...]. gentibus»^^. Per quanto i procedimenti alchemici appaiano volti a un fine
Illud quod est in manifesto frigidum et humidum, est fumus corrumpens. semplicemente pratico — l’ottenimento del «lapis philosophicus» — e non
Oportet ergo quod frigidum et humidum recipiant caliditatem et siccitatem, abbiano ancora il carattere di un’indagine disinteressata sulla natura, la con­
quod erat in occulto, et fiant una substantia. Illa autem frigiditas et humiditas trapposizione di occulto e manifesto a cui si ricorre per descriverli prelude a
est fumus corrumpens et aquosus, de quo dicitur, quod humiditas aquosa et quel nuovo modo di intendere il conoscere e l’indagine naturale che si affer­
adustiva corrumpit corpus, et tingit in nigredinem. Istas ergo infìrmitates merà con decisione nell’opera di Paracelso. In questa il lavorio alchemico ces­
oportet destruere in igne et per gradus ignis»^^ Questo sforzo per rendere serà di essere tutt’uno con la ricerca della pietra filosofale; il punto di vista di
manifesto l’occulto, svelare il nucleo riposto che si cela dietro ciò che è banal­ chi considera l’obbiettivo deH’alchimia la produzione dell’oro e dell’argento
mente evidente, permea del resto tutta quanta la concezione alchemica. Persi­ sarà esplicitamente respinto^ e lo svelare le segrete componenti dei corpi si
no il rapporto dell’alchimista con i testi dei suoi sapienti predecessori viene giustificherà da un lato per le conoscenze naturali che è in grado di apportare,
daH’altro per i risultati a cui conduce in campo terapeutico.
La tematica alchemica del rendere visibile l’invisibile, manifesto l’occulto,
Lìber trium verborum K a l id r e g is a c u tissim i , in Theatrum chtmicum, praecipuos selectorum aucto- appare strettamente connessa, in Paracelso, alle sue dottrine di contenuto
rum tractatus de chemiae et lapidis philosophià antiquitate, ventate, jure, praestantia et operatiomhus continens, cosmogonico. Per il medico di Einsiedeln la creazione ha il suo punto di origi­
voi. V, Argentorati 1660, pp. 186-187. Cfr., per quanto riguarda la datazione dell’opera, J. F e r ­ ne nel «Mysterium magnum», seminario increato che contiene tutte le cose e
g u so n , Bihliotheca chemica. A Catalogne of thè Alcbemical, Chemical and Pharmaceutical Books in thè Collec-
tion of thè Late James Young of Kelly and Durris, Glasgow 1906, voi. I, p. 450. Nella letteratura alche­
precede l’esplicarsi della natura nella varia molteplicità delle sue produzioni
mica il motivo del rendere manifesto l’occulto e occulto il manifesto ricorre insistentemente: concrete. In esso tutti gli enti sono ancora confusi in un’unità indifferenziata,
cfr. A r is t o t e l e s , De perfecto magisterio, in Theatrum chemicum, cit., voi. Ili (1659), p. 78: «Omnis sia per quanto riguarda le loro determinazioni tisiche («das tleischliche»), sia
etiam dementata res quatuor in se retinet qualitates activas et passivas, exterius sive interius, dal punto di vista della loro essenza incorporea («das unentpt'intliche»). Cia­
mollitiem sive duritiem, et horum medium, verbi gratia: Res si exterius est calida et humida, et scuna creatura è qui contenuta «nicht formlich, nicht wesentlich, nicht quali-
mollis, interius est frigida et sicca et dura: quia omnis rei manifestum suo contrarium occulto:
tatetisch» ma solo allo stato potenziale, «wie ein bilt in eim holz ist». È solo in
scias, quia est multum secretum. Unde si perfecte cognoveris exteriorum rerum consistentias, et
interiores de levi tu cognosces, et e converso. Et si occulta manifestare sciveris, scies et manife­ virtù di un processo di separazione e individuazione, di una scheidung analoga a
sta occultare»; A l b e r t u s M a g n u s , De concordantia philosophorum in lapide, in Theat chem.. cit., voi. quella operata dallo scultore su un pezzo di legno che ogni ente è condotto «in
IV, (1659), p. 813: «Quamvis lapis noster in manifesto sit rubeus vel albus, in occulto est albus, sein form und gestalt» e ha origine il m o n d o S e è vero, però, «das Got alle
si in manifesto fit rubeus. Et sic si fuerit in manifesto albus, per decoctionem ignis erit rubeus.
Et subdit Plato in quarto: Converte naturas, et quod quaeris invenies. Item alius, occulta mani­
festa, et manifesta occulta, et invenies magisterium » ; Declaratio lapidis physici xA.v ic e n n a e ftlio suo
Boati, in Theat. chem., cit., voi. IV, p. 878: «Volunt iterum Philosophi, quod manifestum occulte- De cbemia, in Theat. chem., cit., voi. V, p. 230. Cfr., su Zadith Ben Hamuel, J.
“ S e n io r ,
tur, et occultum rei efficiatur manifestum, hoc est, ut spissitudo terrestris sulphurea, et intlam- Bihliotheca chemica, cit., voi. II, p. 563.
F e r g u so n ,
mabilis, fiiperficie tenus apparens in commixtc debet artificis tolli solertia. Illa vero mtrmseca ^ Paragranum {kt:àe Bearbeitun^, IF 8, p. 185: «nicht als sie sagen, alchimia mache gold,
pura ac splendida substantia, in radice rei a primordio piantata naturae, in manifestum deduca- mache silber».
tur per accidentium corruptionem, spoliationem, quae e.xperientia facilis est et possibilis, ex quo Philosophià ad Athenienses, IF 13, p. 391 : «dan das hòchst arcanum und groB gut des crea-
rei intrinsecum suae extrinsecae qualitatis est oppositum, et contrariorum est eadem disciplina, tors, hat alle ding in das increatum geschaffen, nicht formlich, nicht wesentlich, nicht qualitate-
quae juxta se sita magis videntur lucescere». tisch, sonder es ist in dem increato gewesen, wie ein bilt in eim holz ist. wiewol das selbige
38 Capitolo II Paracelso 39

ding inerì selber volkomen beschaffen hat» e che ciascuna cosa, considerata in mente giocata La scheidung alchemica assume pertanto, nella concezione para-
se stessa, non manca di nulla, non per questo ogni ente è perfetto per un altro celsiana, un significato al tempo stesso religioso e medico. Da un lato il medi­
«zu seim nuz», dal punto di vista dell’uso che si può farne-^ Sotto questo pro­ co, in quanto per suo mezzo porta a visibilità ciò che era invisibilmente conte­
filo la natura «gibt nichts an tag, das auf sein stat vollendet sei, sonder der nuto negli enti, diviene colui il quale rivela pubblicamente l’opera miracolosa
mensch muB es vollenden»^''. Spetta dunque airalchimista volgere la natura a di D ia («der da òfnet die wunderwerk gottes meniglichen»): nulla di ciò che è
vantaggio delFuomo, il compito di separare «durch das feur» il puro dall’im­ nascosto nel mare e nella terra, neH’aria e nel cielo può in tal senso rimanergli
puro, l’utile dall’inutile, di far apparire la medicina piena di efficacia che tal­ occulto^*; d’altro lato, poiché grazie a essa viene anche in possesso dei preziosi
volta si occulta anche all’interno di un v e l e n o C o n questo suo trasformare le principi curativi contenuti nelle sostanze naturali, consegue altresì una straor­
sostanze e attuarne le latenti potenzialità, con il portare alla luce l’utile che in dinaria estensione dei suoi poteri di terapeuta. Si può vedere come sotto que­
esse prima non si manifestava, l’alchimia riprende l’opera della creazione e sto aspetto Paracelso prenda una direzione esattamente opposta a quella della
perfeziona la scheidung originaria degli esseri: «das ist alchimia — scrive Para­ medicina ortodossa: se i medici galenici erano soliti confezionare i loro rimedi
celso — das nit auf sein end komen ist zum ende bringen»^®. La contrapposi­ riunendo sostanze diverse, allo scopo di graduare nel composto le qualità del
zione di sichtig e unsichtig, occulto e manifesto, si presenta in tal modo sotto un caldo e del freddo, del secco e dell’umido, la farmacologia paracelsiana, nei
nuovo aspetto, acquistando un’ulteriore valenza sul piano diacronico. La visua­ momento in cui cerca all’interno dei corpi «die groBe verborgne tugent» capa­
lizzazione mediante il fuoco di ciò che nelle sostanze naturali non era imme­ ce di curare le malattie, si affida non al comporre {componiren) ma all’estrarre
diatamente perspicuo ripete infatti, in un quadro artificiale, ciò che avviene {heraus^ehen), punta sulla separazione di ciò che è latente nella materia piutto­
nei processi naturali di sviluppo, nella crescita di un albero o di un’erba, per sto che sull’aggregazione di principi eterogenei
esempio, in cui si fa manifesto ciò che era segretamente contenuto nel seme^’ . Al motivo della visualizzazione delFoggetto come condizione necessaria di
Di qui l’idea di Paracelso che il progresso della medicina consista nell’acquisi­ ogni vero conoscere si lasciano ricondurre alcuni tra i più caratteristici temi
zione di una sempre più estesa capacità di imitare la natura e i suoi processi, della riflessione paracelsiana. Innanzitutto il ruolo di primo piano assegnato
come già fanno tutti gli altri artifici escogitati dalla tecnica, nei quali una forza all’esperienza nel processo di costituzione del sapere: ogni autentica conoscen­
appartenente alla natura è passata in potere dell’uomo ed è da questi libera- za nel campo della natura si lega infatti, per Paracelso, non già alle vane spe­
culazioni della fantasei ma a una «sichtige erfarenheit vor den augen», la quale

nicht ersehen wird, es sei dan, das das uberig hoiz hindan geschnitten werd; darnach so wird
das bilt erkent; also auch das mysterium increatum nicht anders zu verstehen ist, dan das das “ Paragramm {let^te Bearbeitung), W 8, p. 181: «nun haben aber alle hantwerk der natur
fleischliche und das unentpfintliche in seiner scheidung, ietiichs in sein form und gestalt komen nachgegriint und erfaren ir eigenschaft, das sie wissen in alien iren dingen, der natur nachzufa-
ist. dan do ist kein span abgeworfen, sonder es ist alles zur form und wesen komen und des ren und das hòchst als in ir ist daraus zubringen. allein aber in der arznei, da das genòtigst were,
gieichen. [...] darumb zu gedenken ist, das allerlei geschòpf so in etheren begriffen werden, ist es nicht beschehen, die ist die gròbste und ungeschikteste kunst in der gestalt».
zusammen geordnet seind in das mysterium magnum. nicht das volkomen in seiner substanz, Opus Paramirum, W 9, p. 70; «dan der arzt ist der, der da òfnet die wunderwerk gottes
form und wesen, sonder aus einer volkomnen subtilen art, die uns tòtlichen unwissend ist, also meniglichen. so er nun darumb da ist, so muB er sie gebrauchen, recht nit unrecht, warhaftig nit
in ein beschlossen ». falsch. den was ist im mer, das dem arzt sol verborgen sein ì nichts ; was ist im mer das er nit sol
“ Vokmen meàiànae Paramirum de medica industria, W 1, p. 190. òfnen ? nichts ; er sols herfiir bringen. und nit alein in mer, in der erden, im luft, im firmament,
“ Paragranum {letzte Bearbeitung) W'' 8, p. 181. das ist im feur, auf das meniglich sehent die werk gottes, warumb sie da sind, was sie bedeuten,
Lahyrinthus medicorum errantium, W 11, p. 189: «also lerne, was alchimia sei, zuerkennen, nemlich als in die krankheiten ».
daB sie alein das ist, das da bereit durch das feur das unrein und zum reinen macht. [...] Paragranum (letzfe Bearbeitung), JF 8, p. 191: «So nun so vii ligt in der alchimei, dieselbi-
ietzund sehent, was alchimia fùr ein kunst sei. gleich die kunst ists, die da unniiz vom nùzen tut ge hie in der arznei so wol zu erkennen, ist die ursach der groBen verborgnen tugent, so in den
und bringts in sein lezte materiam und wesen». Siehen defensiones, W 11, p. 137: «der gift vera- dingen ligt der natur, die niemand ofFenbar sind, allein es mache sie dan die alchimei offenbar
chtet, der weiB umb das nit das im gift ist. dan das arcanum, so im gift, ist gesegnet dermaBen, und brings herfiir»; Paragranum ( Vomde und erste beide BUcher), W 8, p. 84: «also verstanden mici\
das im das gift nichts nimpt noch schat». das die kraft ganz in eim simplex ist und nicht geteilt in zwei, drei, vier oder fùnf etc.. sonder in
“ Lahyrintbus medicorum errantium, W 11, p. 188-189. ein ganzes, und dasselbig simplex bedarf nichts als allein der alchimei die nichts anders ist, dan
^ Opus Paramirum, W 9, p. 68: «dan wie der baum wachst aus dem samen und wie das ein ding mit dem erzknappen, erzschmelzer, erzman oder bergman; es ligt im herausziehen nit
kraut wachst aus dem samen, also muB auch wachsen herfiir im neuen leben das jenig so unsi- im componiren. es ligt im erkennen, was darin ligt, und nit dasselbig machen mit zusammenge-
chtbar fiirgehaiten wird und doch da ist. dahin muB es gebracht werden, das sichtig werd». sezten und getlickten stxicken ».
40 Capitolo II Paracelso 41

esibisce sen2a possibilità di equivoci il reale stato delle cose: solo chi ha visto compirà allora alcuni sondaggi e tentativi e solo al termine di questa indagine
alcunché può dire di averlo esperito, chi non l’ha visto non ne hi? neppure sarà in possesso delle conoscenze necessarie per orientare la sua condotta. Allo
esperienza Uerfarenheit che si consegue «aus dem feuer» nella scomposizione stesso modo, un medico che si trovi di fronte a una malattia occulta e miste­
alchemica delle sostanze naturali, quando si apprende «was art und was natur riosa non può pretendere di giudicarla a colpo d’occhio e individuarne imme­
und eigenschaft so in der ganzen welt ist», viene pertanto identificata con l’au­ diatamente il rimedio: la conoscenza di ciò che è nascosto e segreto, «den
tentico sapere ed è indicata come il principale «grunt und meister» del medi­ augen verborgen», richiede infatti un processo più lungo di quello che è suffi­
co Al tema dell’esperienza come insostituibile organo dell’indagine naturale ciente quando una cosa è già perfettamente visibile. Il sapere, dunque, si ottie­
si connette a sua volta l’idea di un possibile progresso del conoscere, di un ne gradualmente e solo attraverso un faticoso processo di a\"vùcinamento: «ich
costante ampliarsi dello scibile nel tempo. La conoscenza, infatti, in quanto beger — scrive Paracelso — von tag zu tag ie lenger ie mer zur warheit
dipende da un effettivo contatto con la natura e consiste in uno sforzo sempre komen»^^. Perfettibile nel tempo, la conoscenza va anche estesa, però, nello
rinnovato per renderne visibili i segreti, lungi dal costituire un possesso dato spazio. Se vuole acquisire nuove competenze e aumentare la sua perizia tera­
una volta per tutte e a cui nulla si può aggiungere, può e deve essere continua- peutica, chi esercita la medicina non può limitarsi a quanto è offerto dal suo
mente incrementata: il medico — osserva Paracelso — non ha in dono la sua immediato campo di osserv"azione ma deve viaggiare ed esperire di persona ciò
sapienza {iveisheit) dal cielo, né la riceve in eredità da chichessia, ma la arricchi­ che presenta di peculiare ogni paese. In ogni luogo la natura offre qualcosa di
sce di giorno in giorno nel suo rapporto con l’esterno, esattamente come è il nuovo: una sua compiuta conoscenza può quindi ottenersi solo per mezzo di
caso di qualsiasi altro artigiano In questo suo sottolineare l’aspetto progres­ un’indagine itinerante e di una diretta esperienza oculare: «ein arzet» — scrive
sivo del conoscere Paracelso prende ancora una volta le distanze dalla medici­ Paracelso — deve «alle lender durchfaren», esplorare «m it dem fleiBigsten,
na galenica: nata dall’intento di fornire al medico uno strumento teorico capa­ sehen mit den augen, tasten mit den henden, was im selbigen lant sei»^"^.
ce di guidarne l’azione di fronte a ogni possibile fenomeno morboso, questa si Anche un tipico tratto dell’esperienza personale di Paracelso come il suo con­
presentava, infatti, come un sistema chiuso e onnicomprensivo, in cui erano tinuo peregrinare da una regione all’altra d’Europa si fa quindi ricondurre al
fissati a priori sia il numero e il tipo delle varie malattie, sia i rimedi richiesti tema della visibilità quale carattere distintivo di ogni vero conoscere : questo si
da ciascuna di esse: essendovi tutto previsto e tutto codificato, essa costituiva chiarisce sempre più come uno dei più importanti nuclei sistematici del suo
un sapere che il medico poteva applicare ma non ampliare né correggere. Per pensiero e come una delle sue idee dotate di maggiori conseguenze. Lo stesso
illustrare la diversa dimensione in cui vede svolgersi il processo del conoscere modo in cui Paracelso si esprime a proposito della tradizione filosofica e medi­
Paracelso ricorre all’esempio di un minatore che si imbatta in una miniera ca che l’ha preceduto sembra risentire di questa concezione e rientrare nella
sconosciuta; egli non sa che cosa contenga né come debba essere trattata;

Sieben defemiones, \ \, p. 156: «das sie es von stunt an uneilen, ist ir torheit schult; dan
Opus Paramirum, EF 9, p. 185; «von dem zuschreiben hat es sein eigen buch, wie alle am auskeren ist das erst urteil falsch und von tag zu tag wissent sie ie lenger ie minder, was es
kiinste erfunden sind worden, nemlich nit durch solch speculiren sonder durch sichtige erfaren- ist, und stellen sich selber zu lùgnern, so ich beger, von tag zu tag ie lenger ie mer zur warheit
heit vor den augen. nicht aus erfarenheit der fantasei sonder aus dem liecht der natur. der der komen; dan mit den verborgnen krankheiten ist es nit als mit den farben erkennen. mit den
ein ding sicht, der hats erfaren; der es nicht sicht, der hats nicht erfaren». farben sicht einer wol, was schwarz, griin, blau ist etc. wer aber ein umbhang darfùr, du wiis-
Ivi, p. 43 : « was das feuer anzeigt, das mag on das feuer nicht ersinnet werden noch stests auch nit. durch ein umbhang sehen braucht schnaufen, da sie noch nie gewesen sind. was
erfaren. dan zwo seind der weisheit, eine die wir aus der erfarnheit nemen und eine die wir aus die augen geben, das ist wol also in der eil zu urteilen ; was aber den augen verborgen ist, das ist
unser geschiklikeit haben. dis aus der erfarenheit ist zweifach: die eine ist des arzets grunt und umb sonst also fiir zu fassen, als ob es sichtig were. ein exempel nemet euch bei einem bergman.
meister, die ander ist sein irsal und verfurung. die erst ist die so er aus dem feuer nimpt, in dem er sei wie gut, wie recht, wie kunstreich, wie geschikt er wòlle, so er ein erz das erstmal ansicht,
so er die vulcanische kunst treibt in der transmutirung, fixirung, exaltirung, reducirung, perfici- er weiB nit was es helt, was es vermag, wie mit im zu handlen sei, zu ròsten, zu schmelzen, zu
rung und andern anhangenden dingen disen zugehòrig. in diser erfarung werden die drei sub- abtreiben, zu brennen sei. er muB zum ersten lassen durchlaufen, etliche probirung und versu-
stanzen erfunden, was art und was natur und eigenschaft so in der ganzen welt ist, begriffen in chung kosten und sehen wohinaus. als dan so ers wol durch die reutern gefegt hat, so mag er im
alien naturen. die ander aber ist die, so ongefert etwas geret on bemelte erfarung». einen gewissen weg fùrnemen, dahinaus, also muB es sem. also ist es auch in den verborgenen
Paragranum (Vorrede und ente beide Biicber), W 8, p. 74: «dan der himmel gibt die weisheit langwirigen krankheiten, das so schnel ein urteil nit geschehen mag (es tetens dan die humori-
des arzts nicht, er ererbet sie auch nicht, sonder sie nimpt bei im zu wie kunst bei seim fleiBigen sten)».
meister». Von den tartarischen Krankheiten, IV 11, p. 93-94.
42 Capitolo II Paracelso 43

sua orbita tematica. Le dottrine di Aristotele e dei suoi seguaci — si legge dissimili avevano fissato il rapporto tra visibile e invisibile alcuni trattati del
infatti nel Paragranum — si sono sovrapposte all’originario sostrato della filoso­ Corpus hermeticum. In questi era stato fatto vedere come l’essere di per sé invisi­
fia così come in certe botti un residuo disgustoso galleggia talvolta sui vino e bile (à(pavTÌ(;, àópaTO(;) e incorporeo (àawfiatoi;) della divinità si renda manife­
nasconde {veràekt) «das gut under ime». Solo spazzando questa schiuma, sembra sto e perspicuo (ópaxóq), si costituisca, anzi, come ciò che è sommamente pale­
suggerire il medico di Einsiedeln, e dissipandone il velo, si potrà rendere visi­ se ((pavepÓTaxoq), proprio attraverso l’opera visibile della creazione, incarnan­
bile e pienamente utilizzabile l’autentico nucleo dell’antica filosofia^*. dosi, cioè, nelle entità concrete e sensibili del mondo: se Dio ha creato la
Visibile e invisibile, sichtig e unsichtig, individuano pertanto i due poli tra totalità delle cose ciò è stato perché lo si potesse contemplare, «iva 5ià rtàvTwv
cui si svolge, per Paracelso, il processo del conoscere. Intesa come uno svela­ àutòv pXéTCTiq»; egli si rivela nelle sue manifestazioni visibili, «év tw Jtoieìv» o,
mento dell’occulto, come uno sforzo per rendere manifesto un contenuto ini­ come dirà Marsilio Ficino nella sua traduzione del Corpus hermeticum, « in opera-
zialmente inaccessibile ai sensi, la conoscenza si configura come il risolversi di tione conspicitur»'*®. È a questa particolare visione che Paracelso sembra rial­
una tensione tra questi due opposti momenti, come il percorso che conduce lacciarsi, nel momento in cui sottolinea come ogni contenuto puramente intel­
dall’uno all’altro di essi: nell’acquisizione del sapere l’invisibile diviene visibi­ lettuale debba esprimersi, per costituire un’autentica conoscenza, attraverso
le, l’occulto si manifesta, l’insensibile si rende sensibile. Si è anche visto, però, qualcosa di corporeo e visibile: «das ist ein volkòmlicher verstand — egli scri­
come all’interno di questo modo di rappresentarsi il conoscere ciò che appare ve — das die hend greifen, das die augen sehen das jenige, das in der verbor-
innanzitutto alla vista e si offre in un primo tempo alla percezione dei sensi sia gnen hirnschalen fùrgenomen wird. dan was verborgen begriffen wird, gibt
un dato a cui non bisogna fermarsi ma che occorre oltrepassare in direzione allein den glauben; den ausgang und das volkomen geben die werk»"*'. D ’al­
del contenuto invisibile che sta dietro di esso. Considerata da questo punto di tra parte egli mette anche in evidenza come nel visibile si renda manifesto un
vista, la relazione tra visibile e invisibile appare a Paracelso come tale che la elemento invisibile e come questi due momenti si intrinsechino nell’atto del
priorità logica e cronologica spetta in essa all’elemento visibile: più che svilup­ conoscere fino a costituire un tutt’uno: «die werk seind sichtlich, also sichtigs
parsi nella direzione dall’invisibile al visibile, il processo del conoscere gli und unsichtigs in einem und nicht in zweien, die ganze volkomene tròstliche
sembra compiere il tragitto inverso, «das sich von sichtbarn streckt in das un- erkantnus, darin die selikeit ist und alle gute arbeit, ler und underricht ausge-
sichtbar»^’ . Si affaccia inoltre l’idea che l’elemento visibile, per quanto sia un het»'^^. Così, attraverso l’aspetto visibile della natura si esprime e si dà a cono­
dato da superare, rappresenti anche un momento ineliminabile del conoscere e scere un contenuto immateriale e spirituale, la sua invisibile filosofia: «was ist
ne sia l’indispensabile punto di appoggio: se la meta del sapere viene fissata die natur anders dan die philosophei, was ist die philosophei anders dan die
nell’appropriazione di un contenuto invisibile, appare ora con chiarezza che
questo invisibile in tanto può essere colto in quanto si manifesta e si esprime
in un sostrato visibile e materiale. L ’invisibile costituisce l’autentico oggetto ^ Corpus hermeticum, cit., t. I, V, p. 60: «où 5è vóei itòq tò Sokoùv toìi; itoÀXoìq àpavè? cpavep©-
TOTÓv COI yevf|oexai. où yàp àv t|v àei si nf) à(pavèq t)v itdv yàp tò <paivó}ievov yevvnxóv èpàvTi YÓP" xò
del conoscere e il vero nucleo delle sostanze; ha però bisogno, per rivelarsi e
5è à(pavè? òei èan- tòu yàp (pavfjvai où xpflCei ' àei yóp saxi. Kai là óXÀa rtóvxa cpavepà Jtoieì, aùtòi;
sussistere, di incarnarsi in alcunché di corporeo e sensibile. In termini non àpavfiq ó)v. àq àei àv • cpavepòv aùtòi; où (povepoùxai, yevvqi o ù k aùtoq yevvmiievoq, èv (pavTaoig 5è oùk
éoTi rtóvia (pavxaaiàv. f) yàp (pavTama nóvwv xmv yevvrixmv éctxìv. oùSèv yàp èaxiv iì (pavxaaia f| yéve-
oii;»; ivi, p. 62: «m Qéaq SKeivri^, tékvov. eùxuxecxóxT^i;, Orò niav pofff|v itàvia xaùxa 9eÓ0aa0ai. xòv
ÓKivTixov SiaKivoùnevov. Kài xòv àcpavfj ipaivó(ievov 5i'cbv Jtoieì»; ivi, p. 64: «oùxo(; ó Geòq òvónaxo^
Paragranum (Vorrede und ente beide Biicher), W 8, p. 69; «in der philosophei ist ein mies Kpeixwov, ouxoi; ó àcpaviiq, owxoi; 6 (pavepcoxaxoi; • ó xà voi Gempiixóq, oùxo<; ó xoìq ó<p0aÀ.noì<; ópaxó<; •
gewachsen von stund an im ursprung derselbigen ; im selbigen mies seind auBen an in die phi­ ouxoq ó àoó[iaxo?, ó jtoA,uoénaxo(;, nòAÀov 5è Jiavxocéfiaxoc»; ivi, XI, pp. 156-157: «eixa (pfiq,
losophei schwemm gewachsen gieich wie die driisen am leib. Aristoteles und die seinen haben <àópaxoq ó 0eó(;>; eùcpfijiTioov. sai xi(; aùxoO (pavepéxepoq ; 5i' aùxò xoùxo ravxa èTOiTioev, iva 5ià
tractirt in der philosophei zu gleicherweis, wie der hepfen die erd vom wein auszeucht, und zu róvxmv aùxòv PAijrng. xoOxó èaxi xò àya0òv xò xoù OeoO. xoùxo 5è aùxoO àpexf). xò aùxov (paiveo0ai 5ià
gieicher weis wie ein schaum das bosest in dem hafen ist, noch so schwimpt er zu oberst und Ttàvxfiov où8èv yàp àópaxov, où6è xàv àowjiàxcov voO(; ópàxai èv xw voeìv, ó 0eòq èv xà Jtoieìv»; ivi, t.
verdeckt das gut under ime. und darumb das etwas guts under ime ligt, dem er nach schmeckt, II, XXIV, p. 223: «àpxei yàp sai xà rtXiiOei icai x© neyé0ei K a i xf) 5iaq>opà xàv ysvonévov Kai xj
ist er fiir ein speis zu achten, iedoch allein den hunden und kazen. also hie von der alten philo­ OTvexeia xfj? itoiiioeio^. éneixa 5è xà yevvrixà ópé^evó èoxiv, èKeìvó^ 5è àópaxoq. 5ià xoùxo yàp reoieì,
sophei zu verstehen ist, die den schwammen und schaum tractirt und nit die materiam, aus dem iva ópaxòq ouv :toieì- ópaxò<; xoiyapoùv èoxiv». Le traduzioni ficiniane dei questi passi si
sie gehet. ein solche schwammphilosophei hat theorisirt in der arznei, aus deren ist geborn der trovano in F ic in i Opera, cit., voi. II, pp. 1843, 1852, 1857.
schaumarzet». Paragranum (Vorrede und ente beide Biicher), W S, 71.
Von den unsichtbaren Krankbeiten, IF 9, p. 252. « Ibid.
44 Capitolo l i Paracelso 45

unsichtige naturr'»'^^ Ogni ente naturale e ogni oggetto dell’esperienza viene sia pure in forma modificata, anche nell’altra, le proprietà dei minerali e dei
dunque a configurarsi come la riunione e l’indissolubile sintesi di due opposti metalli richiamano quelle dei cieli, nei moti degli astri si possono riconoscere i
ma complementari principi, di un fattore materiale e di uno spirituale, di un fenomeni della terra. Così sono un’unica cosa astrum e minera, il filosofo non è
elemento visibile e di uno invisibile. Il visibile rimanda all’invisibile, l’invisibi­ che un astronomo della terra e dell’acqua, l’astronomo un filosofo dell’aria e
le in tanto può essere colto in quanto si manifesta in un sostrato visibile. Pro­ del fuoco In se stesse compiute e coltivabili s e p a r a t a m e n t e , e astro­
prio in questo nesso si può cogliere ora uno dei nuclei sistematici della dottri­ nomei devono riunirsi, però, nella figura del medico, la cui meta è un sapere
na paracelsiana delle signaturae. Per essa, infatti, un elemento corporeo e visibi­ avente come oggetto l’essere umano. L ’uomo infatti ripete, nella sua intima
le — l’aspetto esterno delle piante — è solo l’involucro di un contenuto composizione fisica come nello svolgersi dei suoi processi vitali, esattamente
nascosto e immateriale — la loro invisibile tugent\ questa però, in tanto può ciò che è presente e avviene al suo esterno, sia nella sfera superiore della natu­
essere conosciuta, in quanto si esprime attraverso un elemento corporeo e visi­ ra, oggetto à.ó}i astronomei, sia in quella inferiore, studiata dalla philosophei. Una
bile. Il visibile diviene qui il veicolo dell’invisibile, il suo segno e la sua signa­ fondata conoscenza dell’essere umano può quindi ottenersi solo investigando
tura. Attraverso l’opposizione di visibile e invisibile è però solo un aspetto par­ ciò che è compreso nelle due grandi zone della terra e dell’acqua, dell’aria e
ziale di questa dottrina che viene messo in rilievo. Al suo interno, infatti, alle del fuoco e riferendo poi questo sapere relativo all’esterno a quell’‘ interno’
determinazioni di sichtig e unsichtig, occulto e manifesto, si coordina un’ulteriore che è da lui rappresentato: le cose esterne della natura sono «in die innern zu
polarità concettuale, quella di interno ed esterno, inner e eu3er. Se l’antitesi di ziehen» mentre il medico deve costituirsi come «ein inner astronomus und ein
visibile e invisibile ha comportato che fossero fin qui esaminati quegli aspetti inner philosophus, geborn aus der auBern astronomei und philosophei»"**; tut-
del pensiero di Paracelso soprattutto legati alla sua concezione alchemica,
nell’analisi di queste due altre componenti della dottrina delle signaturae sono
principalmente le sue concezioni astrologiche che si pongono in primo piano e
richiedono di essere chiarite. Ivi, pp. 58-59: «was ist das erste der arznei? nemlich das der arzet wisse das, so vor dem
menschen gewesen ist, dasselbig ist philosophia und tractirt nichts nach dem menschen, sonder
2. Inner e euBer: le conce^oni astrologiche. — In uno dei suoi scritti più signi­ was vor dem menschen. und wisse dasselbige volkomen und ganz als ein erfarner practicus aber
nicht medicus, darinnen werden zwo philosophei gefunden, der dingen der underen sphaer und
ficativi dal punto di vista metodologico, il Buch Paragranum, Paracelso indica i
der dingen der oberen sphaer. Also mag ich sagen, das die philosophei zweierlei sei und also
quattro sostegni o colonne {seulen) su cui deve essere basata la medicina, oltre zweierlei eingang der arznei und iedlicher teil in im selbs zweifach, dan ietweder sphaer hat
che nell’alchimia e nella personale tugent del medico, nelle due discipline della zwei element; darumb auch also der astronomus ein philosophus ist des himels und des lufts,
philosophei e deìVastronomi. Queste hanno per oggetto il mondo della natura in und das der astronomus wei6, sol auch der philosophus wissen und hingegen astronomus philo-
quanto si suddivide in due diverse regioni, una inferiore, comprendente gli sophiam; sie heiBen beide philosophi auch beide astronomi, iedweder ist ein astronomus, ied-
weder ist ein philosophus. der ein braucht die astra in der underen sphaer der ander die minera-
elementi della terra e dell’acqua e una superiore, occupata dall’aria e dal cielo,
lia in der oberen sphaer, also ist minera und astrum ein ding»; Parc^ramm (Utzie Bearbeitung), W
identificato, quest’ultimo, con l’elemento del f u o c o P e r quanto spazialmen­ 8, pp. 145-146: «Das ich aber den philosophum ausmache, so wissen, das er in zwen weg
te separate, queste due sfere presentano un’identica struttura e un’unica anato­ wechst, einer ist im himel, der ander in der erden, das ist aus iedweder sphaern, und ist ein
m i: le determinazioni e i rapporti che si danno a vedere nell’una si ritrovano, ietliche sphaer ein halber anfang, beide ein ganzer anfang. nun wiewol das zu beiden seiten hie
ein philosophus genent wird, so ist es doch dem nammen nach nicht also, sonder der ist ein
philosophus, der die under sphaer kan; der die ober weiB, ist ein astronomus. seind aber beide
astronomi, beide philosophi, beid eins verstands, beid ein kunst. nun aber so seind alle astrono­
« /hltJ. mi in den 4 teilen; dan der ist ein astronomus, der do weiB die herkomen metallorum und
** Ivi, pp. 55-56: «Das ir mich nun forthin recht verstanden, wie ich den grund der arznei eigenschaft der erz; und der ist auch ein astronomus, der die friicht der erden kent, der auch der
fùre und warauf ich bleibe und bleiben werde, nemlich in der philosophei, nemlich in der astro- manna kent als wol, als der saturnum und jovem etc. wei6 und kent. also hingegen ist auch der
nomei, nemlich in der alchimei, nemlich in den tugenden. also das die erst seul ein ganze philo­ ein philosophus, der des himels impression weiB, sein influenz, sein lauf. auch ist der ein philo­
sophei sei der erden und des wassers ; und die ander seul sei die astronomei und die astrologei sophus, der den luft kent als wol als der die erden allein kent. dan das ist allein die philosophei,
mit volkomlicher erkantnus beider element des lufts und des feuers; und das die dritte seul sei das die natur antrifft. nun ist es ein anatomei, ein essentia, ein materia in den vieren».
die alchimei on gepresten mit aller bereitung, eigenschaft und Icunstreich uber die vier gemelten ^ Paragranum (V'orrede und ente beide Bucber), W 8, p. 59: «nun warumb meinest du, das ich
eiementen; und das die vierte seul sei die tugend und bleibe beim arzet bis in den tot, die da dir das furhalte, nit von geschwez wegen sonder darumb, das der arzet dermaBen in zwo sphae-
beschlieB und erhalt die anderen drei seulen». ras geteilt sol sein, in die philosophicam auch astronomicam und die euBern in die innern zu
46 Capitolo II Paracelso 47

to ciò che egli viene apprendendo di arduo e di profondo nel campo àtWastro- ricorre all’esempio di un edificio che si rifletta in uno specchio: scomparendo
nomei, «durch aspecten, sidera und ander», occorre che diventi, infine, «ein l’edificio svanisce anche la sua immagine rispecchiata; «das euBer» è qui «ein
anzeigen und verstant auf das leiblich firmament»'^'^, così come a un analogo mutter des innern»; allo stesso modo l’uomo non è che un «totes bildnus»
scopo si indirizzano le conoscenze tratte dalla philosophei. Questo tema conosce, della natura, una pura immagine «in eim spiegel, gesezt hinein durch die vier
negli scritti di Paracelso, un ampio sviluppo. L ’istanza che vi si esprime viene elem ent»; se si prescinde dai quattro elementi scompare anche l’immagine
innanzitutto giustificata da un punto di vista metodologico, osservando come dell’uomo. Come dunque uno specchio riflette fedelmente i lineamenti di chi
gli elementi della terra e dell’acqua, dell’aria e del fuoco siano cronologica­ vi si contempla e rimanda un’immagine corrispondente all’originale «von
mente e concettualmente anteriori all’uomo e come di conseguenza qualsiasi puncten zu puncten», così il mondo esterno rappresenta l’essere umano fin nei
sapere relativo a questi si subordini necessariamente alla conoscenza di essi. minimi particolari: il medico può quindi, e deve, osserv^arlo indirettamente, in
L ’uomo è stato creato e deriva la sua costituzione fisica dal limbus, vasto aggre­ questa sua immagine tratta «aus dem spiegel der vier elementen»'^^. Così Para­
gato corporeo in cui, ai primordi del mondo, Dio ha riunito il cielo e la terra, celso non si stancherà mai di ripetere che il sapere riguardante l’uomo trova il
la sfera superiore e inferiore, i quattro elementi e tutto ciò che è in essi com ­ suo necessario preliminare in quello relativo al mondo, che l’interno va appre­
preso; il limbus è la sua «prima materia» e il suo genitore ed esso gli assomiglia so mediante l’esterno e di sottolineare la puntuale concordanz che esiste fra que­
allo stesso modo di «ein kind das seins vaters alle glidmaB hat». Se l’uomo sti due aspetti della realtà: «nun ist die euBer welt der spiegel des menschen
corrisponde in tal misura a ciò che viene prima di lui, se il cielo che ha in sé und sein theorica und sein anatomei, also das durch die euBer welt der
non è che il rispecchiamento del suo cielo esterno («der euBer himel»), ne mensch in alien seinen dingen erkent wird. dan aus dem menschen selbst mag
consegue che deve essere indagato «nicht aus im selbst» ma mediante lo studio sein groBe adelige geschòpfung nit begriffen werden nach noturft als ein arzt
di questo suo originario sostrato'^. Per illustrare questo concetto Paracelso wissen sol. [. . .] dan der mensch wird erlernt von der groBen welt und nit aus
dem menschen. das ist die concordanz die den arzt ganz macht, so er die welt
erkent und aus ir den menschen auch»^®.
ziehen. also ist der arzt ein inner astronomus und ein inner philosophus, geborn aus der auBern
astronomei und philosophei».
Volumen mdicinae Paramirum de medica industria, 1, p. 203: «und alles so die astronomi-
sche ler tief und schwer ergnint hat durch aspecten, sidera und ander, das selbig solt ir euch p. 164: «dan der mensch ist nach himel und erden gemacht, dan er ist aus inen gemacht. so er
lassen ein underrichtung und ler sein auf das leiblich firmament. dan euer keiner der da ler ist nun aus inen gemacht ist, so muB er seinen eltern gleich sein, als wol als ein kind das seins
der astronomei, mag voi werden in der arznei. also ist das fur ein teil geret, was das firmament vaters alle glidmaB hat. also hats der mensch seim vater gleich; sein vater ist himel und erden,
begreift, sol euch sein ein anzeigen und verstant auf das leiblich firmament». luft und wasser. dieweil nun sein vater himel und erden sind, so muB er all ir art haben und all
^ Uber de podagricis et suis speciehus et morbis annexis, W 1, p. 316: «Alle ding sind gewesen ir teil und nit eins herleins mangeln».
unsichtbar bei gott, die so jezund sichtbar sind, die selbigen all, wie sie gewesen sind, sind Paragranum (Vorrede und erste beide Bucber), IF 8, p. 71: «das ist nun die philosophei, das
gefaBt in ein limbum, das ist in ein sichtig corpus, das selbig corpus ist die grolk welt worden sie im menschen wie auBerhalben ungreiflich stande, wie einer der sich selbs im spiegel sicht.
und darnach aus ir der mensch»; Opus Paramirum, W 9, p. 193: «Dieweil nun der limbus ist wie also einer sich selbs bedeutlich von puncten zu puncten ersehen mag, also sol der arzt den
prima materia des menschen, so muB der arzt wissen was der limbus sei. dan was der limbus ist menschen bedeutlich in wissen tragen, genomen aus dem spiegel der vier elementen, dieselbige
das ist auch der mensch. den der limbus erkent, der weiB was der mensch ist, also sol der arzt fùrbilden im den ganzen microcosmum, das er durch denselbigen sicht wie ein verschlossen
geboren werden. nun ist der limbus himel und erden, ober und under sphaer, die vier element weiB galreden in einem glas»; /w, p. 72: «dieselbige materia, daraus er gemacht ist, zeiget dir
und was in ir ist, darumb er bilich den namen hat microcosmus, denn er ist die ganze welt. an, wie das ist, das aus dem gemacht ist, zu gleicherweis wie du in eim stahel ein gebeu sichst;
daraus nun folget, dieweil er ist dasselbige so muB der arzt die beiden sphaer unten und oben das kompt von dem euBern hinein. und wan das euBer nimer da ist, so ist das inner auch nit
erkennen in irem element und wesen, eigenschaft und natur. so er nun die kennet, so weiB er mer im stahel; dan das euBer ist ein mutter des innern. also ist der mensch ein bildnus in eim
was dem menschen gebrist in seinen nòten»; Paragranum (Vorrede und erste beide Biicher), W 8, spiegel, gesezt hinein durch die vier element und nach der zergehung der elementen folget die
p. 99 : « nun ist der mensch nicht aus dem menschen geboren ; dan im ersten menschen ist kein zergehung des menschen»; ibid.: «und zu gleicherweis wie der im spiegel niemants mag seins
vormensch gewesen sonder die creatur, und aus den creatis ist der limbus und der limbus ist der wesens verstand geben, niemants zu erkennen gebcn, was er sei, dan allein es stat da wie ein ‘
mensch worden und der mensch ist der limbus bliben. so er nun der bliben ist, so muB er ie, tote bildnus, also ist der mensch an im selbs auch und aus ime wird nichts genomen, allein was
dieweil er mit der haut beschlossen ist (und niemants sicht hinein und die wirkung seind nicht aus der euBern erkantnus kompt, des figur er im spiegel ist».
sichtbar in im) aus dem vatter fùrgenommen werden und nicht aus im selbst. dan der euBer ^ Von den hinfaUenden Siechtagen, W 8, pp. 273-274; Opus Paramirum, W 9, p. 45; cfr. anche
himel und sein himel ist ein himel aber zwen teil. wie ein vater und ein son sind zwen, ist ein Labyrintbus medicorum errantium, W 11, pp. 178-179: «der nun die euBcrlichen nit verstehet und
anatomei; der einen erkent der erkent auch den andern»; Paragranum {let^te Bearbeitung), W 8, erkent als ein buch, in dem der philosophus lernen sol und sein philosophei dermaBen ergriin-
48 Capitolo II Paracelso 49

Il tema deil’uomo come entità conoscibile unicamente in base allo studio nozioni di interno ed esterno, inner e eujìer, vengono così a individuare un ulte­
della natura, dell’interno che può essere colto solo attraverso la mediazione di riore momento di quella dialettica di visibile e invisibile che costituisce il
un esterno, si ricollega anche all’altra fondamentale tematica paracelsiana, ana­ nucleo fondamentale dell’epistemologia paracelsiana. Se il conoscere è in Para­
lizzata nelle pagine precedenti, circa la visibilità come condizione necessaria di celso un rendere visibile l’invisibile e un manifestare l’occulto, l’alchimia da
ogni autentico conoscere. Se l’uomo, infatti, non può essere oggetto di una un lato, Vastronomei e la philosophei dall’altro, offrono per quest’unico processo
ricognizione diretta ma va osservato attraverso lo specchio dei quattro elemen­ due diverse possibilità di realizzazione: nell’alchimia le invisibili componenti
ti, ciò è anche perché il suo spessore corporeo costituisce un insuperabile dei corpi sono portate alla luce mediante la loro scheidung per mezzo del fuoco:
schermo per gli occhi del medico; rivestito com’è dalla pelle («dieweil er mit ciò che in un primo momento si occultava nel composto diviene, grazie a que­
der haut beschlossen ist»), egli non può essere penetrato dallo sguardo né è sta, perspicuo e manifesto; ntWastronomei e nella philosophei il passaggio dall’in­
possibile vedere ciò che esiste al suo interno: «niem ants — scrive Paracelso — visibile al visibile avviene invece mediatamente e assume la forma di una
sicht hinein und die wirkung seind nicht sichtbar in im»^*. Al contrario del visione dell’interno per mezzo dell’esterno: esterno e interno si trovano infatti
cielo esterno, il cielo che è nell’uomo («der himel in uns») è irrimediabilmen­ tra loro in un rapporto di reciproca concordanz per cui nell’esterno visibile l’in­
te precluso alla vista, «ligt uns nit vor den augen, sonder hinder den terno invisibile è fedelmente rappresentato e si esprime in un perfetto paralle­
augen»^^; per superarne l’opacità non c’è allora che volgersi al cielo esterno, lismo di strutture. Proprio a tale concezione si fanno ora ricondurre alcune
che puntualmente lo rispecchia e in cui esso diviene perfettamente visibile e delle più tipiche prese di posizione di Paracelso sul terreno specifico della
manifesto: contemplando la natura esterna e visibile il medico apprende dun­ medicina e della sua metodologia. Lo stesso ritluto della dottrina dei quattro
que ciò che è interno e invisibile, «bei dem euBern sicht er das inner»^^. Le umori, delineata da Galeno, poi ripresa e ampliata dai medici arabi, si lega in
lui a questo particolare modo di intendere il conoscere e si configura come
una sua diretta implicazione. Se nulla infatti si può porre nell’uomo che non si
den, zu gleicher weis wie aus eim andern buch der astronomisch medicus wachset, also do der dia a vedere anche nel mondo, se non vi è alcunché nel corpo «das auswendig
philosophisch medicus aus dem buch der eiementen. was wolt derseibig inwendig erkennen, das nicht sein erkantnus geb»^"*, allora cholera, phlegma, sanguis e melancholia, in quanto
ist im menschenr»; ivi, p. 195: «nun ist nit minder, alle euBerliche erzeigungen der natur seind risultano assenti dalla natura esterna, vanno considerati come null’altro che
auts mnerliche geben. das also die natur auch inwendig im menschen sei wie auswendig under una «fliegende speculation» e banditi dal novero delle cose esistenti nei corpo
den menschen»; Paragranum (V'omde und erste beide Biicher), ]V 8, p. 77: «so der arzt die ding
umano: «dan welcher hat ie choleram in der natur gesehen? welcher hat ie
auswendig von won zu won kan, sicht und weiB auserhalben dem menschen alle krankheiten,
als dan so der mensch mit ailem seinem anligen in ime gebildet ligt, so trit in den innern melancholiam in der philosophia fundenr»^^ Il concetto unitario di natura a
menschen und biB ein arzt, darnach besicht dem menschen seine seich, darnach greif den puls, cui Paracelso mostra in tal modo di essere per\^enuto non consente che si for­
darnach judicir die person und nicht on groBe erkantnus des euBern menschen, der himel und nisca una spiegazione differente per ciò che accade in diversi settori dell’espe-
erden allein ist»; tvi, p. 80: «also auch einer, der da wil aus dem grund der arznei schreiben, der
muB auch nicht umb ein herlin felen anderst, dan das er aus dem microcosmo den lauf der
himel und der erden mach, also das der philosophus anderst nichts fmd im himel und in der
erden, anderst dan das er im menschen auch find, und das der arzt nichts fmd im menschen, 8, p. 180: «bedenken, wie groB und wie so edel der mensch geschafFen sei und wie so groB sein
dan was himel und erden auch haben»; ivi, p. 87: «Nun sci die anatomei in disem euBern anatomei begriffen wird, und das nicht mòglich ist sein anatomei des leibs und der tugenden zu
menschen ganz dem arzt eingeleibt sein und also ganz, das er nit ein herlin auf dem haupt, nit speculiren in keinem kopf noch vernunft, sonder von dem euBern muB der grunt gehn ; als dan
em porum fmd, das er nicht auBen auch vorhin zehenfach gefunden hab und gewiBt und das so ist sichtbar und offenbar, was in im ist. dan wie es auBen ist, also ist es in im auch, und was
alles augenscheinlich wol verstanden». auBen nit ist, das ist in im auch nit».
Paragranum ( Vomdt und erste beide Biicher), W 8, p. 99. Il passo è citato per esteso alla nota ^ Paragranum ( Vorrede und erste beide Biicher), W 8, p. 76.
48. Ivi, p. 73: «hie ist caterva medicorum wider mich, dan sie wissen und erkennen paren-
Ivi, p. 97: «wer wil dan ein arzt sein, der den euBern himel nit erkent.^ dan im selbigen tes der menschen nit und wóllen in der toten figur im spiegel ire kunst nemen und sie sezen
himel sind wir, und er ligt uns vor den augen, und der himel in uns ligt uns nit vor den augen, und gninden in ire fantasei und dirigirn und mit namen bedeuten und auslegen eins ieglichen
sonder hinder den augen ; darumb so mògen wir ine nicht sehen. dan wer sicht durch die haut art, das in keiner philosophei weder fuB noch end hat. hieraus entspringt der nam cholera, der
hinein? niemants». nam melancholia, der nam phlegma, der nam sanguis, welcher grund nichts anders ist als ein
Ibid., «darumb vor den augen wachst der arzt, und durch das vorder sicht er was hinder fliegende speculation. dan welcher hat ie choleram in der natur gesehen i welcher hat ie melan­
im ist, das ist, bei dem euBern sicht er das inner. allein die euBern ding geben die erkantnus des choliam in der philosophia funden? welcher hat ie phlegma fur ein element erkent.^ wo ist ie
inneren, sonst mag kein inner ding erkant werden»; cfr. anche Paragranum (let^^e Bearbeitung), W sanguis dem luft gleichmeBig geworden?».
50 Capitolo II Paracelso 51

rienza, sulla terra o nel cielo, ma esige che ciascun fenomeno, quindi anche siogmmei negli astri, la sua chiromancei nelle venature dei minerali; nelle febbri si
ogni singola malattia, sia interpretato riferendosi a quelle medesime forze che riconoscono i terremoti, neH’alito XEurus e lo Zephyrus'^^', come vi è una Via
si vedono agire in tutto il resto della realtà, nei metalli come negli astri. Que­ Lattea in cielo, «also auch in uns». La fascia dello Zodiaco e l’asse polare della
sto carattere omogeneo dei fenomeni naturali deve riflettersi anche nel modo volta celeste, «sein orient, sein occident», l’Ariete e la «Cauda Draconis» vi si
di denominarli: i medici — scrive Paracelso — non devono dire «das ist cho- riflettono anch’essi e vi sono compresi «nichts und nichts weniger» che nel
lera, das ist melancholia, sonder das ist arsenicus, das ist aluminosum; also cielo visibile; il medico deve dunque imparare a vedere nell’uomo il Sole e la
auch der ist saturni, der martis, nit der ist melancholiae, der ist cholerae»^^. Luna, Saturno, Marte, Venere e Mercurio, il polo artico e l’antartico, nonché
Se i nomi stessi delle malattie fossero derivati da quelli delle sostanze che le tutti i moti dei pianeti con le loro «exaltationes, coniunctiones, oppositiones
rispecchiano all’esterno dell’uomo e i medici imparassero a esprimersi dicen­ und dergleichen » ; se chi esercita la medicina non avrà appreso tutto questo,
do: «der morbus ist acorinus, die aegritudo ist anthera [ . . . ] der morbus ist sarà solo un impostore e un contadino ignorante, capace unicamente di far
pulegii, der ist melissae, der savinae», sarebbe chiaro fin dalla diagnosi, tro­ macerare una zucca nel vino e di curare con ciò ogni tipo di malattia Il
vandosi di fronte a un certo fenomeno morboso, quali ne sono le caratteristi­ medesimo rapporto di mutua corrispondenza che sussiste tra ciò che è conte­
che e quale, quindi, la curaci nuto nell’uomo e ciò che si dà a vedere nella natura vige però, per Paracelso,
In quanto nell’essere umano sono presenti tutte le forze e le proprietà che
si manifestano nella terra e nell’acqua, nell’aria e nel fuoco — nella sfera infe­
riore come in quella superiore del cosmo — si giustifica per Paracelso la tradi­ Von den unsicbtbaren Krankheiten, W 9, p. 308 : « was tut hie dise red ? alein das ir verstan-
zionale dottrina dell’uomo come compendio della natura e microcosmo: «aus dent das der mensch die klein welt ist, nit in der form und leiblichen substanz sonder in alien
dem dem menschen nun folget — egli scrive — der edel nam microcosmus, kreften und tugenden wie die groB welt ist. aus dem dem menschen nun folget der edel nam
das ist so vii das al himlische leuf, irdische natur, wesserische eigenschaft und microcosmus, das ist so vii das al himlische leuf, irdische natur, wesserische eigenschaft und
luftische wesen in ;m sind. in im ist die natur aller friichten der erden und aller erz natur der
luftische wesen in im sind». Esattamente come il cielo sussiste all’esterno
wasser, darbei auch alle constellationes und die vier wind der welt. was ist auf erden des natur
dell’uomo «m it all seinem firmament, constellationen», così l’essere umano è und kraft nit im menschen sei.^»; Volumen medicinae Paramirum de medica industria, IF 1, p. 202:
potentemente constellirt in se medesimo e nel suo cielo interno. In esso si ritro­ «also sei euch das ein introductorium unsers anfangs, das in gleicher gestalt wie ir das firma­
vano i frutti della terra e le forze dell’acqua, tutte le costellazioni e i quattro ment in himeln erkent ein gleichfòrmige constellation, firmament und der gleichen ist im men­
venti del mondo; il suo polso si può contemplare nel firmamento, la su a phy- schen. wir wòllen uns durch euer ler nit beschemen, das ir heiBen den menschen microco-
smum. der name ist gerecht, aber ir habt in nie in keim verstant gehabt und euer auslegung sind
dunkel und geblent. also solt ir uns verstehen wie wir microcosmum auslegen. wie der himei ist
an im selbs mit all seinem firmament, constellationen, nichts ausgeschlossen, also ist auch der
mensch constellin in im, fùr sich selbs gewaltiklich » ; Paragranum ( Vorrede und ente beide Biicher),
Ivi, p. 74:» dardurch wird bewisen, das aus der natur der arzt gehet und nicht aus der W 8, p. 77: «der puls wird im firmament begrifFen, die physiognomei in dem gstirn, die chiro­
speculation. und die natur ist sichtig aber die speculation unsichtig; das sichtig macht ein arzt, mancei in mineralibus, der atem in euro und zephyro, die febres im erdpidmen und dergleichen
das unsichtig macht keinen ; das sichtig gibt die warheit, das unsichtig nichts. alles was unsichtig also auf einander».
ist und ist des menschen, das legt sich sichtig fùr. daraus entspringt, das ir nicht sollen sagen, Volumen medicinae Paramirum de medica industria, IF 1, p. 203: «solchs sollet ir alles verste­
das ist cholera, das ist melancholia, sonder das ist arsenicus, das ist aluminosum; also auch der hen im menschen und wissen das im menschen das firmament ist mit gewaltigem lauf leiblicher
ist saturni, der martis, nit der ist melancholiae, der ist cholerae. dan ein teil ist des himels, ein planeten, sternen die da geben exaltationes, coniunctiones, oppositiones und dergleichen wie irs
teil ist der erden und in ein ander vermischt wie feuer und hplz, da iedweders seinen namen nennet nach eurem verstant»; Paragranum (Vorrede und erste beide Biicher), W %, p. 91: «also wol
veriieren mag; dan es seind zwei ding in eim». ein melissa im leib, also wol als auf erden, also auch als wol linea lactea im himel, also auch in
Ibid. : « also so gesprochen wird, der morbus ist acorinus, die aegritudo ist anthera, so uns. also beide poli also wol auch in uns, als wol zodiacus und ander, also wol auch dergleichen
mag der natiirlich arzet verstehen, wie in der groBen welt also in der kleinen die anatomei zu im menschen, nichts und nichts weniger»; ivi, p. 96: «nun mu6 hierin das one gebresten im arzt
erkennen. saget ir, der morbus ist pulegii, der ist melissae, der savinae, so habt ir ein gewisse cur ligen, das er weiBt den caudam draconis im menschen und wisse den arietem und axem pola-.
aus dem namen»; ivi, p. 75: «aus dem folget nun, das ein natiirlicher warhaftiger arzt spricht: rem, wisse sein lineam meridionalem, sein orient, sein occident»; Paragranum (letzie Bearbeitung),
das ist morbus terpentinus, das ist morbus sileris montani, das ist morbus elleborinus etc, und W ?>, p. 164: «darumb aus dem folgt, das der arzt das wissen sol, das im menschen sind sonn,
nicht das ist phlegma, das ist branchus, das ist rheuma, das ist coriza, das isr catarrhus. diese mon, saturnus, mars, mercurius, venus und all zeichen, der polus arcticus und antarcticus, der
namen komen nicht aus dem grund der arznei; dan gleich sol seinem gleichen mit dem namen wagen und alle quart in zodiaco, das muB der arzt wissen, wil er vom grund der arznei reden,
vergleicht werden; dan aus diser vergleichung komen die werk, das ist die arcana eròffnent sie wo nit, so ist er nix dan ein lauter bescheiBer und arzneiet als ein baur, der coloquint in wein
in iren krankheiten». henkt und heilt alle menschen darv'on ».
52 Capitolo II Paracelso 53

anche tra gli elementi stessi del cosmo: ciò che è visibile in cielo si ripresenta in Paracelso una forma particolare che ne mette maggiormente in rilievo le
puntualmente nella terra, nell’acqua e nell’aria, ciò che si trova nella terra e implicite componenti teoretiche. Si è visto come nella concezione astrologica,
nell’acqua possiede una forma di esistenza anche nella sfera superiore dell’aria in testi come il Picatrix e la 'Ispà pi|3Ào<;, la ridistribuzione delle sostanze natura­
e del fuoco. Così i metalli sono presenti in tutti e quattro gli elementi, fra li in vaste partizioni omogenee intitolate alle vane entità astrali avesse non
questi si ripartiscono una quadruplice neve, quattro mlissen, quattro ametiste e solo un fine pratico, ma anche un particolare valore cognitivo, in quanto con­
quattro thereniabin\ occorre saper riconoscere, nella terra e nell’acqua, nell’aria sentiva un preciso orientamento nel mondo e una sua ordinata strutturazione:
e negli astri «die viererlei chelidonien, die viererlei verbenen, die viererlei da un lato, stante la forza attrattiva attribuita al^ó^olÓTT|^;, alla similitudo tra gli
angeliken, anthos, antheras»^®; Saturno non è solo in cielo ma anche nelle enti, era possibile, nell’ambito di ciascun raggruppamento di oggetti, operare
profondità terrestri e negli abissi del mare: ogni pianta, ogni pietra e ogni efficacemente, il possesso di una certa sostanza garantiva il potere su tutte
metallo che si mostri sulla terra si fa riconoscere anche in altre zone del cosmo quelle comprese nel medesimo genere; d’altro lato ogni ente naturale e in
e trova altrettante esemplificazioni nei rimanenti elementi^’ . In questo suo generale qualsiasi contenuto dell’esperienza, proprio in quanto si faceva inseri­
sottolineare i legami di affinità tra le varie entità naturali, nel connetterle in re in un determinato settore dell’essere e trovava lì la sua collocazione, poteva
lunghe catene ascendenti che percorrono l’intera estensione della natura per dirsi conosciuto e stabilmente acquisito al sapere Questo secondo aspetto
culminare, alla fine, in un astro, Paracelso si riallaccia certamente a quella della concezione astrologica, più specificamente legato al conoscere, appare in
tradizione dottrinale che si è illustrata più sopra nei testi ellenistici di astrobo­ Paracelso fortemente accentuato in quanto si insiste ora sul concetto per cui il
tanica e iatromatematica e che aveva trovato la sua più coerente formulazione rapporto di analogia tra le diverse sostanze, oltre a garantire la possibilità di
teorica nello scritto di Proclo sull’arte ieratica. Proprio come si è visto in que­ un’azione magica, è anche ciò che fa di un ente il modello e lo schema in base
sto tipo di letteratura, ogni sostanza presente nel mondo è qui pensata come il a cui può esserne conosciuto un altro, lo specchio in cui sono visibilmente
riflesso e la copia di altre, dislocate nei vari domini della natura, come la loro rappresentate caratteristiche e determinazioni che rimarrebbero nascoste se
rappresentazione analogica e fedele traduzione. Ciò che si trova in basso, direttamente indagate. Così, se egli esorta a studiare le proprietà delle quattro
nell’elemento della terra, si ripete e riecheggia, sia esso una pianta, un minera­ chelidonie e delle quattro verbene, àit\Xangelihe terrestre e àsìVangdike celeste,
le o una parte del corpo, anche nelle fasce superiori del cosmo, nell’aria e nel ciò è perché in tale sapere è racchiusa «die erkantnus des herzens, des lebern,
c i e l o S i può anche constatare, però, come questa antica concezione assuma der milz, der nieren, des hirns und aller teil im leib», erkantnus che, riguardan­
do parti nascoste all’interno del corpo umano, non potrebbe, come si è visto,
esser conseguita direttamente^. In base a questo modo di vedere, sostanze
“ Paragranum Bearbeitung), 8, p. 159: «dan dieweil der grund der arznei nit dahin appartenenti a settori diversi deH’esperienza, alla sfera superiore e a quella
kompt, das ir die vier eiementen gleich zu sein erkennen und sie fùr den microcosmum erfìnden inferiore del cosmo, proprio in quanto analoghe, si danno a conoscere recipro­
und halten, dieweil mògen ir nit zum grunt komen. dan ir haben im wasser den metallen, also camente, la conoscenza dell’una si compie attraverso quella dell’altra: «der
haben ir auch metallen in der erden, also auch ìm feuer, also auch im lutt. ir haben mercurium
martem erkent — scrive Paracelso — der erkent ferrum, und der ferrum
in dem wasser und ein gleichmeBigen mercurium in der erden, das ist sanguinea, und ein
gleichmcBigen mercurium im feuer, das ist mercurius an im selbst, und im lutt ein solche man- erkent, der weiB, was mars ist»^^
nam. also sind viererlei mercurii viererlei metall und sind im menschen einerlei wirkung. dan Alla valorizzazione degli elementi teoretici impliciti in una certa tradizio­
viererlei ist der mensch, viererlei die arznei, ie glid auf glid; so fìnden ir viererlei schnee. vie­ ne astrologica si accompagnano in Paracelso ampie oscillazioni nel modo di
rerlei melissen, vielerlei thereniabin, viererlei der amethisten. und es sei dan sach, das ir in den intendere l’azione delle stelle sulla sfera inferiore del cosmo: a seconda dei
dingen gar wol underricht sind, sonst werden ir on betrug und verfùrung euer facultet nit vol-
lenden. dan ir mùssen wissen und kennen die viererlei chelidonien, die viererlei verbenen, die
viererlei angeliken, anthos, antheras. so ir die wissen, so mògen ir volkomen und wol in die
arznei gon; dan hierbei ligt die erkantnus des herzens, der lebern, der milz, der nieren, des hirns Cfr. supra, pp. 24-25.
und aller teil im leib». ^ Cfr. supra, nota 60.
“ /w, p. 146: «dan der saturnus ist nicht allein in himel sonder auch im understen des Paragranum {letzte Bearheitung in vier Abschnitten), S, p. 146; «was also ist ferrum? nichts
meers und im hiilisten der erden. nicht allein ist melissa im garten sonder im lutt sonder auch dan mars, was mars.^ nichts dan lerrum, das ist, sie sind beide ferrum oder mars, dasselbige ist
im himel. was meinen ir, das venus sei, als allein artemisia ? was artemisia als allein venus ? was auch urtica, auch tereniabin quarta, und ist alles eins. der martem erkent, der erkent ferrum,
seind sie beide? matrix, conceptio, vasa spermatica». und der ferrum erkent, der weiB, was mars ist, und der die erkent, der weiBt, was tereniabin ist,
“ Cfr. supra, pp. 22-27. auch was urtica ist».
54 Capitolo II Paracelso 55

testi se ne danno vane spiegazioni e ci si sforza di chiarirla attraverso principi dell’essere ma anche di quelle spirituali e di ogni contenuto puramente menta­
diversi, quando essa non è addirittura negata. Questo faticoso misurarsi con le dell’uomo ; «Also ist ein astrum im firmament, welchs die herschung in
ridea deH’efficacia degli astri riconduce la riflessione di Paracelso nel quadro alien hat, in dem alle heimlikeit der natur seind, und ist das erst, das da wir-
di una problematica che attraversa tutta la storia delle credenze astrologiche: ket, zeucht und regirt die andern. in dem astrum seind alle tierische weisheit.
una volta perso il contatto con le loro radici nel pensiero mitico, da oggetto di zu gleicher weis, wie wir von der erden haben, blut und fleisch tierisch, also
una spontanea e istintiva adesione esse divengono una persuasione da difende­ haben wir des fleischs vernunft, weisheit, kunst, von dem gestirn, und sie
re, un dato problematico che occorre giustificare e spiegare in base a principi seind die, so solchs gebent dem tòtlichen còrpel, und ausgeteilt nach dem und
più o meno complessi. Di qui il moltiplicarsi nel tempo delle teorie e delle ieglicher empfangen und concipirt wird»^l Ogni sapere naturale dell’essere
costruzioni concettuali attraverso cui si cerca di conciliare queste arcaiche rap­ umano, ogni sua conoscenza, arte o abilità è stata collocata da Dio nelle stelle;
presentazioni con gli schemi di un pensiero diverso da quello che le aveva è dunque di lì, dalla «auBere sphaer» degli astri, che l’uomo deve attingere
originate, di qui, anche, le obbiezioni e i rigetti in cui non di rado esse incor­ «alle seine kunst», così come un frutto trae il suo nutrimento dall’albero o una
rono. Anche Paracelso appare ora alla ricerca del quadro teorico che consenta spiga dal campo in cui cresce^*. Questo influsso può essere controllato, pro­
di renderne conto nel modo più soddisfacente e, là dove l’influsso degli astri mosso e potenziato a beneficio del sapere e della salute dell’uomo, se solo si
non viene messo in dubbio, lo si vede proporre diverse soluzioni. Così viene apprende a muoversi tra le corrispondenze che legano la sfera inferiore e quel­
ancora affacciata l’idea che le stelle agiscano in quanto sono affini alle sostanze la superiore del cosmo e ad attrarre le cose celesti per mezzo dei loro analoghi
del mondo inferiore: se il mago è definito da Paracelso come colui il quale sa terrestri. Ma non è questo, appunto, il solo modo in cui Paracelso concepisce e
«was das in sternen ist» ed è quindi in grado di attrarre («herab bringen») descrive l’efficacia degli astri. Altrove, infatti, il loro influsso è visto piuttosto
dalle stelle le loro forze e virtù, incorporandole a un «verordnetes subiectum», come il diffondersi di un loro odore o alito, vapore o sudore («geruch, dunst,
il tramite che rende possibile tale attrazione e il conseguimento delle virtù schweiB»), il quale penetra materialmente l’atmosfera e volge in tal modo il
astrali viene individuato nel rapporto di somiglianza o analogia che intercorre, corpo degli uomini «zum guten oder bòsen». Questo «ens astrale» — così vie­
o può essere artificialmente istituito, tra gli astri da un lato e determinate erbe ne definito nel Paramirum — si presenta come un’emanazione fisica di energia,
o sigilli {gamaheu—z 2imm€\^ pietre incise) daH’altro. L ’operazione magica consi­ del tutto simile a quella mediante cui il sole agisce sulla terra e altrettanto
ste, pertanto, in un’accorta manipolazione di queste sostanze, tale che esse poco misteriosa. Se le stelle agiscono — afferma Paracelso — e l’uomo ha
divengano «gleich [. . .] den planeten und iren inwonern, auch dem ganzen bisogno di loro, ciò è solo in quanto da esse dipendono il riscaldarsi e raffred­
gestirn des firmaments»^^ AU’interno di questa visione le stelle vengono a darsi della terra, quindi il crescere della vegetazione e la possibilità di alimen­
costituirsi per Paracelso come la fonte e il punto di origine di qualsiasi forza tarsi. Per il resto, «nicht welter sind sie in uns noch wir in inen»^^. Le teorie
che si veda all’opera nella natura, non solo di tutte le determinazioni materiali

Ivi, p. 451.
“ Erklarung derganzen astronomei, W 12, p. 461: «Und aber das ir das noch welter verstan- Ivi, p. 455: «ir sehen, wie das ein angeborne kraft im menschen ist, die an sich zeucht
den, was die natur vermag in einem frembden corpus zu voibringen, das vermag auch der von auBern sphaeren in menschen hinein, und aus dem selbigen, das do eingezogen wird, wird
mensch, das er die selbigen operationes dahin mag bringen, da die conception hingebraclit mag der mensch enthalten und von dem selbigen gesunt oder ungesunt gemacht nach dem und er an
werden, also das ein bilt, das weder blut noch fleisch hat, eim cometen gleich ist, das auch die sich zogen hat»; ivi, p. 456: «also und in solcher gestalt hat got dem gestirn zugestelt und uber-
wòrtcr und characteres kraft haben, so wol als arznei, auch die kreuter und gamaheu mag sie antwortetet alle naturliche weisheit, verstant, klugheit, kunst und alles das der mensch tierisch
auch dahin bringen, das solche subiecta gleich sind den planeten und iren inwonern, auch dem und zergenglich wissen und kennen sol, und in dem alien geschaffen und verordnet, das er aus
ganzen gestirn des firmaments»; ivi, p. 462: «ein arzt, der weiBt und kent alle kreft, die in dem selbigen alle seine kunst lernen und erfaren sol, klauben und nemen, wie birn ab den
kreutern sind: solchs weiBt auch der magus, was das in sternen ist. nun der arzt zeucht die kraft beumen, wie das korn von dem acker, wie die trauben von dem weinstock».
aus den kreutern und heiBt das selbig ein remedium ; das selb ist klein in seinem gewicht und Volumtn medicinae Paramirum de medica industria, W 1, p. 180: «nun merken aber, das wie
hat vii wisen und matten in seiner faust. also mag auch der magus vii wisen im himel in ein on das gestirn nicht leben mògen, dan kelte und werme und das digest der dingen, die wir essen
kleines steinli bringen und das heiBen ein gamaheu etc.»; ivi, p. 463; «so nun der magus ein und gebrauchen, kompt von inen, alein der mensch nicht. und so vii nuzen sie uns und so vii
iegliche kraft der sternen dergleichen mag herab bringen, in sein verordnet subiectum, mag er mùssen wir sie haben, als vii das wir kalt und warm, essen und trinken, luft haben mùssen. aber
dan nit bilder machen, die zur gesuntheit und krankheit helfen mògen, das naturlich fleisch hin nicht weiter sind sie in uns noch wir in inen»; ivi, p. 184: «das heiBt also ens astrale, das ist der
und her zu bewegen und das selbig ertòten ». geruch, dunst, schweiB von den sternen vermischt im luft, als cursus astrorum ausweiset. dan
56 Capitolo II Paracelso ^'

astroiogiche paracelsiane appaiono qui dunque sotto una forma diversa e si nessuno dei due ha ripreso qualcosa dall’altro. Allo stesso modo, fra due solda­
presentano in una versione di carattere naturalistico. Queste oscillazioni della ti ugualmente spavaldi e iracondi quale si potrebbe pensare che abbia dato
dottrina di Paracelso quando si tratta di definire il rapporto che intercorre tra origine all’altro? Firmamento celeste e firmamento interno all’uomo sono
l’uomo e le stelle illustrano chiaramente la dimensione problematica in cui dunque due entità incomunicabili e fra loro del tutto separate; come il primo
vengono per lui a collocarsi le concezioni astrologiche tradizionali e le difficol­ «tur sich selbs ist» e non dipende da alcun’altra creatura, così anche il secondo
tà che incontra il suo pensiero nel darne un’interpretazione adeguata. «ist alein ein gewaltig frei firmament on alle bindung»: il rapporto tra i due va
L ’atteggiamento riduttivo assunto da Paracelso nei riguardi delle credenze piuttosto pensato come quello tra due fratelli gemelli, i quali sono sì simili ma
astrologiche neppure si arresta a questo loro ridimensionamento in chiave non per il fatto che uno abbia agito sull’altro’'’ . A questa idea del firmamento
naturalistica ma addirittura si spinge, come si è accennato, fino alla negazione celeste e del firmamento che è nell’uomo come due entità indipendenti ma
di qualsiasi influsso, diretto o indiretto, delle stelle sull’uomo. Gli astri — si somiglianti e parallele viene a connettersi, però, un’ulteriore variante della
legge nel Paramirum — non hanno alcun potere sugli esseri umani, «sie geben concezione astrologica paracelsiana, per la quale il rapporto astrologico viene
kein complexion, kein farben, kein form, kein eingenschaft, kein natur, kein descritto come una relazione di corrispondenza funzionale, una vera e propria
wesen»'®. Né l’ingegnosità di Mercurio, né la bellezza di Venere presentano armonia prestabilita che Dio avrebbe istituito tra il mondo superiore delle stel­
qualche utilità per chi vive sulla terra, ma solo il calore del sole, il quale pro­ le e quello inferiore della terra e deH’uomo. Il cielo — scrive infatti Paracelso
duce Testate e le messi, donde proviene il nutrimento per gli u o m i n i T a n t o — non penetra nell’uomo daH’esterno, né vi è bisogno di attrarvelo mediante
meno le stelle concorrono ad abbellire le parti del corpo o a promuovere gli profumi o fumigazioni; piuttosto, l’astro che è nell’essere umano («das gestirn
umani costumi e le virtù: «die gestirn von planeten, von sternen und allem im menschen») è regolato da Dio in modo tale da imitare puntualmente ciò
firmament nichts machen [. . .] an unserer schòne, nichts an unsern geberden, che avviene nelle stelle («in der hand gottes verordnet nachzutun, das der
nichts an unsern tugenden und eigenschaften»’2. Se poi si asserisce che la himel euBerlich anhebt und gebirt»)'^ Così, nella sfera superiore degli astri
fortuna dipende dagli astri, che ogni uomo deriva da essi il suo destino e la sono chiaramente prefigurate — e possono essere facilmente riconosciute —
possibilità di primeggiare sugli altri nelle arti, nell’erudizione, nelle ricchezze o tutte le vicissitudini in cui sono coinvolti gli elementi inferiori del cosmo, non
nel potere, anche questa opinione va decisamente respinta poiché non è alle perché essa le determini daH’esterno ma perché è così accordata da riprodurne
stelle ma all’ingegno di ciascuno che la buona fortuna è legata: «das glùck
kompt aus der geschiklikeit und die geschiklikeit kompt aus dem geist»'^. In
questa prospettiva gii stessi legami analogici istituiti dalla tradizione astrologica Ivi, p. 178: «nicht das wir sprechen wolten, drumb das wir ein saturnisch kint seien,
tra gii astri e la sfera inferiore del cosmo, tra i caratteri propri di ciascun pia­ sollen drumb lang leben oder kurz: nichts. der gang saturni bekùmert kein menschen an seinem
neta e determinati tratti della personalità umana, cessano di essere considerati leben, lengert noch kùrzt nichts. wan ursachen, ob saturnus nie in himel komen wer oder in das
firmament, noch so werent solch leut geboren und ob schon kein mars oder mon nie gemacht
come l’espressione e la prova di un’azione causale esercitata dal cielo. Se Mar­
wer worden, noch wùrden leut sein einer solchen natur. ir solt euch eins solchen gedenken,
te presenta le caratteristiche della crudeltà e della ferocia, non per questo darumb das der mars grimmig ist, ist drumb Nero nicht sein kind gewesen. ob sie schon ein
Nerone deve essere considerato suo figlio: pe^quanto abbiano la stessa natura natur gehabt haben, hats doch keiner von dem andern genomen»; ivi, p. 179: «also verstant das.
zwen knegsman weren, die da beide zornig, welcher naturt den andern.' keiner. zwen zwiling,
die einander gleich sehen, welcher hats vom andern das er dem andern gleich sicht? keiner. was
wòllen wir dan uns jovische kinder heiBen und monische, die weil wir sind gegen ein ander wie
daher kompt kelte, werme, triikne und feuchte und der gleichen, wie ir eigenschaften an2cigen. die zwiling? ein kint, das ist wie der sam in seim wesen, ist ein zwiling wie der samen und nicht
also solt ir merken, das die gestirn nictits inciiniren, alein vergiften durcii iren dunst das Myste- ein kint der sonnen, als de geminis stehet»; ivi, pp. 202-203: «als das firmament im himel fùr
rium, durch welches wir dan vergiftet werden und geschwecht. und also ist ens astrale das sich selbs ist und von keinem geschòpf geregirt wird, also wenig wird das firmament im men­
unsern leib endert zum guten oder bósen durch ein solchen weg». schen, das in ihm ist, von andern geschòpfen gewaltiget. sonder es ist alein ein gewaltig frei
™ /w, p. 177. tlrmament on alle bindung. also merken zweierlei geschòpft: himel und erden fur eins, den
’ /w, p. 180: «dan uns nuzet die reinikeit der sonnen nichts noch die kunst mercurii noch menschen fìir das ander».
die schòne veneris, uns nuzet alein der schein von der sonnen, das er die friicht machet und den Paragranum (Vorrede und ente beide Bucher), W 8, p. 97: «nun ist es nicht, das der himel
sumer, darin uns unsere narung wechst». hinein in menschen stoB, darumb wir nit sollen rauch noch geschmack machen, sonder das
^ /w, p. 177. gestirn im menschen das ist in der hand gottes verordnet nachzutun, das der himel euBerlich
^ M p. 181. anhebt und gebirt».
58 Capitolo II Paracelso 59

lo svolgersi e lo specifico corso: ciascun elemento, egli scrive, «hat [. . .] an2ei- pioggia sa anche tutto delle «lienteriae, dysenteriae, diarrhoeae»; come chi ha
gung gegeben irs laufs und zukunft, das am leichtisten durch das gestirn erkent appreso «was der planeten rost ist und was ir feuer ist» non ignora più nulla di
wird. nit das uns das selbige regirt oder inclinirt, sonder alein das es uns glei- ciò che vi è da sapere a proposito delle ulcere, della scabbia e della lebbra, così
chfòrmig lauft mit inwendigen lauf unsers leibs»^^. Il rapporto che la tradizio­ chi conosce l’origine del tuono, dei venti e delle tempeste ha compreso con
ne astrologica aveva istituito tra macro e microcosmo, tra la sfera superiore e ciò anche le coliche e gli spasmi. Analogamente, la conoscenza dei terremoti
quella inferiore del mondo, è ora visto, pertanto, sotto una nuova angolazione induce per Paracelso quella delle febbri, sapere come si generino i fulmini e la
e descritto non più come un’attrazione tra sostanze affini né nei termini di grandine è indispensabile per chi voglia acquisire un’approfondita conoscenza
un’azione a distanza, ma come una relazione di isomorfismo strutturale, per circa le urine e i calcoli renali, la renella e tutti gli altri «morbi tartarei»^®.
cui gli eventi terrestri corrispondono esattamente, nel succedersi delle loro Nel mondo esterno degli elementi i fenomeni morbosi e in generale tutti i
fasi, a quelli che si svolgono nel mondo degli astri e sono con essi sincronizza­ processi naturali in cui l’uomo è coinvolto si trovano puntualmente rappresen­
ti. Le contraddizioni e i ripensamenti che caratterizzano la posizione di Para­ tati nelle loro varie fasi e nel loro specifico corso: le «proprietates microco­
celso riguardo all’astrologia e che hanno più volte attirato l’attenzione dei suoi smi», scrive Paracelso, hanno periodi di sviluppo non meno determinati di
s t u d i o s i s i fanno interpretare come l’espressione del suo costante applicarsi a quelli delle erbe e degli alberi «in der euBern welt». È così che il crescere del
chiarire il concetto, trasmessogli dalla tradizione, di un legame tra le diverse croco è sincronizzato con il decorso di certe malattie tartaree e la peonia indi­
sfere del cosmo. Egli torna continuamente a riflettervi e a seconda della luce ca il mal caduco, non esso solamente ma altresì «sein zeit, sein stund, sein
in cui di volta in volta l’osserva questo gli si prospetta in modo diverso: un paroxysmum»^’ ; lo stesso vale per il tuono: chi è in grado di prevederne il
lieve scarto nel punto di osservazione da cui lo considera ed esso è respinto o
accettato, visto ora come un influsso a distanza o un’attrazione simpatetica, ora
come un puro sincronismo di eventi. Paragranum (Vomde und ente beide Bùcher), W 8, p. 79: «wissen sie nicht, was die erdbi-
Per quanto ampio sia l’oscillare tra diverse vedute delle dottrine astrologi­ dem macht, so wissen sie auch nicht was die kalten wehe macht»; Paragranum {letzfe Bearbeitung),
che di Paracelso, il concetto per cui gli astri si limitano a riprodurre, in un IV 8, p. 176: «darumb der da weiBt des regens ursprung, herkomen, wesen und art, der weiB
esatto parallelismo di strutture, ciò che avviene aU’interno dell’uomo svolge auch das herkomen der bauchflùB, der lienteriae, dysenteriae, diarrhoeae, weiBt auch in den
nella sua riflessione, soprattutto quando si discute delle specifiche competenze dingen alien sein notturft und eigenschaft. der da weiB den ursprung des donners, der wind, der
wener, der weiBt von wannen colica kompt und die torsiones. der da weiB, wie der strai, der
del medico, un ruolo di grande importanza. La medesima relazione di corri­ hagel, der bliz wird und wechst und was in im ist und was er ist, der weiB den harn, den stein,
spondenza funzionale che intercorre tra le stelle e l’essere umano viene del das gries und alles was tartarum beriirt oder antrift. der da weiB die coniunctiones zusamen und
resto postulata, come già si è osservato, anche tra questo e tutto il rimanente die fmsternus, der weiB den mortem improvisam, den schlag und all sein anhang. der da weiB
della natura: qualsiasi av\xnim ento fisico interno al microcosmo, e quindi die neuen leuft der zeit und brechnung derselbigen von tag zu tag, von stund zu stund, der
anche le sue malattie, si fa in effetti leggere e prevedere non solo nelle stelle weiB, was febres sind und wie vii und was sie sind. der da weiB, was der planeten rost ist und
was ir feuer ist und was ir salz ist und was ir mercurius ist, der weiB, wie die ulcera wachsen
ma anche negli elementi della terra, dell’acqua e dell’aria. Così, allo stesso und von wannen sie komen, und die scabies und die leprae und die sirei».
modo in cui il sapere relativo alle eclissi e alle coniunctiones astrali ragguaglia al y<>n den tartarischen Krankheiten, 11, p. 54: «dan als zu gleicher weis haben die proprie­
tempo stesso circa le apoplessie e le morti improvvise, chi è un esperto della tates microcosmi an ir die tempora maturitatis und species rerum, als in der euBern welt die
beum, kreuter und ander ding, eines langsam, das ander schnell, also seind auch diversa genera
tanarorum cruoris und solchs buch sol der arzet lernen und wissen, wie alle ding wachsen mit
irer zeit : dan die corpora der gewechs mit irer zeit seind die rechte physica theorica und practi-
Phiiosophia ad Athenienses, W 13, p. 408. ca, und das sol ein arzt wol wissen und lernen. dan es mag wol sein, das tempus croci auch
^ Cfr. per tutti W. P .\ g e l , Das medh/niscbe Welthild des Paractlsus. Seine Zusammenhànge mit tempus tartari sei, auch species croci species tartari sei. also wie der crocus ein schnelle
Neuplatonismus und Gnosis, Wiesbaden 1962, p. 5: «Ein bekanntes Beispiel ist Paracelsus’ Einschàt- wachsung hat, eins abe gleich ein anders wider do etc., also auch mit dem tartaro beschicht, so
zung des Einflusses der Sterne auf den Menschen. Diese Frage hat zu einer bitteren Kontroverse er der specierum croci ist, also sind species juniperi etc., auf drei iar etc., auch also dergleichen *
gefuhrt unter dem Titel: Hat Paracelsus an die Astrologie geglaubt oder nicht.^ Manche haben species rosae, species tartari aut tempus rosae, tempus tartari»; Paragranum (Vorrede und ente beide
dies einfach verneint, andere ebenso ùberzeugt bejaht. Es ist gar kein Zweifel, daC Paracelsus an Biicher), W 8, p. 83: «darumb ichs aber iezt auch einzeuch, ist darumb das paeonia anzeigt den
vielen Stellen den Sternen, der Senne und den Planeten einen direkten EinfluB — Inclination caducum, sein zeit, sein stund, sein paroxysmum, sein wesen und alle eigenschaft. das muBtu
wie Impression — zubilligt. An anderen Stellen hat er ebenso zweifellos diesen EinfluB bestrit- aus der natur paeoniae lernen und auBerhalb diser bistu nur ein geflickter arzt, der nichts kan,
ten oder eingeschrànkt». dan was ime der krank sagt, des mund kein arzt ist noch erkenner der natur».
60 Capitolo l i Paracelso 61

sopraggiungere saprà anche in anticipo se questo o quell’epilettico avrà o no delle esigenze a cui esso deve soddisfare. In quanto le diverse sfere della natu­
un attacco del suo male*®. Il mondo della natura viene pertanto a costituirsi, in ra si corrispondono e si richiamano vicendevolmente, un qualsiasi sapere natu­
Paracelso, come un complesso di enti articolato ma interconnesso, nei cui vari rale, per potersi considerare fondato, deve infatti dar prova di sé e trovare
settori operano le medesime forze e si scandiscono i medesimi ritmi. Ovunque applicazione anche in parti della realtà diverse da quelle a cui immediatamen­
si volga lo sguardo sempre vi si manifesta «ein concordanz, ein zeit, ein herz, te si riferisce: se riguarda ciò che avviene nel cielo dovrà poter spiegare anche
ein tereniabin, ein frucht»®'. Per quanto esso venga ancora suddiviso nei quat­ i fenomeni dell’aria, dell’acqua e della terra, se si rivolge a questi ultimi dovrà
tro elementi, in una sfera superiore e in una inferiore di essi, tale separazione valere anche per il cielo. Il vero sapere è dunque tale che esso non può spiega­
non rappresenta più una frattura ineliminabile della realtà ma sembra anzi che re un certo evento senza spiegarne al tempo stesso anche un altro: chi conosce
Paracelso distingua queste parti solo per poter tornare a riunirle, mostrando «eins in dem einen [. . . ] — scrive Paracelso — der weiB dasselbig auch in den
come in esse si dia «ein firmament, ein gestirn, ein natur und ein wesen», sia andern»*^
pure «under geteilt gstalt und form»*^. Le sostanze che si corrispondono nei Inteso come un rapporto di corrispondenza funzionale tra due mondi
quattro elementi sono «nit 4» ma «nur eins»*^. Acquista rilievo, in tal modo, distinti ma paralleli, il nesso tra macro e microcosmo, tra la natura esterna e
il concetto di una natura omogenea, in cui fenomeni appartenenti a settori tra quell’interno invisibile rappresentato dall’uomo viene equiparato da Paracelso
loro lontani dell’esperienza si svolgono nondimeno secondo i medesimi tempi a quello che si può cogliere tra un libro e il contenuto che esso esprime, oppu­
e le medesime modalità, appaiono uniformemente determinati al di là di ogni re tra una metafora e il suo significato riposto. Se ciò che si dà a vedere nel
distinzione di luoghi e di sfere dell’essere. Indipendentemente dalla diversità mondo esterno è presente «auch im menschen», allora la natura, come egli
nominale degli enti e dei fenomeni di cui si occupa, la scienza della natura si scrive nel Liber de morhis tartareis, rappresenta la vera «liberei medicinae», alla
presenta con un carattere unitario: «wiewol da sind geschiden namen, es seind quale il medico è costantemente tenuto ad attingere. Non vi è quindi bisogno
aber nit geschiden kùnst oder geschidene wissen, das ist scientiae ; dan eins ist di compulsare volumi copeni di polvere e rosi dai tarli, «sonder die element
in a l i e n I n questa prospettiva lo stesso microcosmo tende a perdere la sua in irem wesen seind die bùcher» dai quali si può apprendere tutto ciò che
posizione privilegiata nel mondo e il suo ruolo irripetibile. Se infatti vi si ritro­ avviene all’interno del c o r p o C o s ì le concrezioni tartaree visibili nella natura
vano intatti tutti i caratteri del mondo esterno e, anzi, può essere conosciuto esterna costituiscono «die liberei der specierum tartari», nella quale si fanno
solo attraverso lo studio di questo, allora esso manifesta anche una sostanziale leggere e possono essere conosciute tutte le specie di tartaro nascostamente
affinità rispetto a tutti gli altri esseri viventi e si presenta come in nulla diver­ contenute nell’uomo. Da questo punto di vista «der euBer tartarum [ist] recht
so dagli stessi animali: occorre, scrive Paracelso, «das der mensch limbum ein metaphora», la quale allude all’invisibile tartaro interno e lo esprime ana­
erkenne, aus dem es geboren ist, und das vihe im wald und im feld erkenn, logicamente®®. Conformemente a questa impostazione nel firmamento esterno
auf das er sehe, das er gleich wie das vihe ist und nichts bessers»*^. A questa viene ora visto «ein solches buch das da leret dieselbigen kreft und doctrin
interpretazione del legame che la magia e l’astrologia avevano postulato tra
l’uomo e la natura e, in generale, tra gli enti, si accompagna ora una particola­
re caratterizzazione del processo del conoscere e una precisa determinazione
“ Paragranum {letTte Bearbeitung), W 8, p. 146.
Von den tartarischen Kraniéeiten, IF 11, p. 34: «darauf nun so wissent, wie der arzt sol sein
grunt nemen, die krankheit zu erkennen. dan was sich euBerlich anzeigt in solchen dingen,
“ Voti den hinfaUenden Siecbtagen, W 8, p. 275: «der donner aber gibt die ursach, was das erzeigt sich auch im menschen. das ist die theorica medica, das ist die liberei medicinae: nicht
hinfallcnd ist. denn zu gleicher weis wisse, als ir sehent natiirlich und wissen das vor, wan der die bucher auf den der staub liget und die die schaben fressen mògen, auch nit die bibliotheken,
donner komen sol. diser nun der das weiBt der weiBt vorzusagen und anzuzeigen (als irs nenen die mit ketten gebunden ist, sonder die element in irem wesen seind die bùcher. darumb gehòrt
die nativiteten oder iudicia) oh der mensch fallend wird in dise krankheit oder nit. der solchs in die arznei ein guter verstant und ein augenscheinliche erfarenheit».
weiCt dem befelen darvon zu reden». ** Ivi, p. 28: «und die liberei der specierum canari zu erkennen, sollet ir also verstehen,
*’ Paragranum {kme Bearheitung), W 8, p. 180. das die species tartari im menschen mussent erkant werden aus den auswendigen, das ist der
“ Paragranum {Vorrede und ente beide Biicber), W p. 91 mensch entpfacht den tartarum aus den corporibus beider elementen. darumb so folgt aus dem
“ Paragranum {let:de Bearbeitung), W 8, p. 146. was die elementen haben tanarisch in inen, dasselbig kompt tartarisch auch in menschen. also
^ Ivi, p. 147. ist der euBer tartarum recht ein metaphora, den innern im nach zu nennen: dan es ist ein
Paragranum (Vorrede und ente beide Biicber), 8, p. 104. genus, ein art, ein materia und ein wesen».
62 Capitolo II Paracelso 63

zuerkennen»*^. Proprio come le parole di una lingua, pur essendo dotate di durch sein signatum signum»^^ Certamente Paracelso non è il primo a richia­
una «besondere kraft», non costituiscono, prese separatamente, un discorso marsi alla nozione di segno come a ciò che meglio descrive il rapporto tra la
compiuto, ma è necessario che vengano connesse tra loro secondo determinati sfera superiore e quella inferiore del cosmo: durante l’antichità e il medioevo
rapporti, «also mùssen die stern am himel auch zusammen kupelt werden», il quesito se gli eventi celesti fossero da considerarsi come il segno, la causa o
perché ne risulti una «firmamentische sentenz» veramente unitaria e pregnan­ ambedue le cose di quelli terrestri era stato al centro di un vasto dibattito, che
te’®. La nozione di segno, di cifra sensibile che sostituisce ed esprime ciò che aveva coinvolto autori come Plotino, Calcidio, Macrobio, Agostino, Nicola
non è immediatamente dato, acquista in tal modo, nella filosofìa paracelsiana, Oresme^"*. Anche l’immagine del mondo come libro trova cospicui precedenti
un ruolo di primaria importanza. La relazione di isomorfìsmo strutturale che nel quadro di una certa tradizione magica e astrologica; in quanto nel mondo
connette l’esterno visibile all’interno sottratto alla vista e fa sì che nel primo tutto è significato da tutto, aveva ad esempio osservato Sinesio nel De insomniis,
possa esser colto tutto ciò che si dà nel secondo, è ora considerata, infatti, le cose si costituiscono come altrettanti ypàji^iata di un libro, che il saggio è
sotto la luce particolare del rapporto di signitlcazione e secondo il modello chiamato a decifrare: «Si autem per omnia significantur omnia — si legge nel­
offerto dal linguaggio scritto o verbale. Se il conoscere viene definito da Para­ la traduzione che del passo avrebbe dato Marsilio Ficino — quippe cum omnia
celso come un rendere accessibile alla vista ciò che era inizialmente invisibile in uno animali mundo sint germana, atque sunt haec veluti omniformes lite-
e nascosto, se, d’altra parte, ciò che appare immediatamente allo sguardo costi­ rae, sicut in libro, sic in universo signatae, partim quidem Phoeniciae, partim
tuisce solamente l’esterno del vero oggetto del sapere, è anche vero, però, che vero Aegyptiae, partim Assyriae, has autem sapiens ipse legit»^^ In Paracelso,
tale esterno esibisce già tutto quanto è necessario per risalire al suo nucleo però, il tema dei segni acquista un rilevo del tutto speciale e trova una chiara
interno e ne è l’inequivocabile segno: «nun aber ist nichts auBen — scrive spiegazione la loro abbondante presenza nel mondo: se essi si ritrovano dap­
Paracelso — es sei ein anzeigen des innern»^’. Questa capacità dell’esterno pertutto, non solo nelle stelle ma in ogni oggetto dell’esperienza, ciò accade
visibile di dare a conoscere il suo interno invisibile, di esserne il segno e perché si costituiscono come il particolare elemento di mediazione che connet­
l’espressione simbolica, ha per Paracelso il valore di una norma generale, a cui te il visibile e l’invisibile, l’interno e l’esterno e non vi è nulla d’altra parte in
la natura si attiene in tutte le sue manifestazioni: «nichts ist on ein zeichen — natura che non si faccia risolvere in questi due opposti principi. Ma con la
egli scrive — das ist, nichts leBt die natur von ir gon, das sie .nit bezeichnet nozione di segno si è ora anche in possesso di tutti gli elementi che concorro­
das selbig, was in im ist»^^. Il costituirsi del mondo visibile come un insieme no a costituire la dottrina paracelsiana delle signaturae-. precisamente l’idea di
di segni che rimandano all’invisibile viene a garantire, per il medico di Einsie- un esterno visibile segno del suo interno invisibile costituisce infatti lo schema
deln, la completa accessibilità della natura al conoscere dell’uomo: non si può secondo cui sono ripensate da Paracelso quelle antiche credenze circa l’uso
pensare a nulla di così profondamente sommerso nel mare o elevato nel cielo medicinale delle piante che si sono illustrate nella prima parte di questo lavo­
che gli possa per sempre rimanere celato, come anche nessuna roccia o monta­ ro.
gna è abbastanza spessa e impenetrabile da nascondergli ciò che contiene; la
conoscenza del nucleo latente di qualsiasi sostanza naturale è infatti sempre 3. Segni e signaturae. — La teoria per cui i vegetali che presentano qualche
possibile a partire dai segni che essa porta al suo esterno: «das alles komt

” Astronomia magna, W 12, pp. 174-175: «Wir menschen auf erden erfaren alles das, so in
bergen ligt durch die eulkrn zeichen und gleichnus, auch derlgleichen alle eigenschaft in kreu-
Latfyrintbus medicorum errantium, W 11, p. 175. tern und alles das das in den steinen ist. und nichts ist in der tiefe des mers, in der hòhe des
Ivi, p. 176. firmaments, der mensch mag es erkennen. kein berg, kein fels ist so dick nicht, das er das mòge
Liher de podagricis, IF 1, p. 322. verhalten und verbergen das in im ist und dem menschen nicht offenbar werde; das alles komt
Von den natùrlichen Dingen, W 2, p. 86 ; cfr. anche Paragranum (Utzfe Bearheitung), ÌF 8, durch sein signatum signum». .
p. 159: «kein warheit wird bei euch nicht funden werden, so ir nit der figur folgen, welche die Cfr. per una più estesa trattazione del tema e per l’indicazione dei passi degli autori
natur bezeichnet hat. als ir sehent, das nichts im menschen ligt, es ist auBen an im verzeichnet, citati, A. M a ie r ù , «Signum» dans ìa culture medievale, in Intemationaler Kongrefipr mittelalterliche Philo-
sein treu, sein falsch etc.; die natur zeichnet in»; Astronomia magna, 12, p. 91 : «Nichts ist, das sophie, 6, Bonn, 1977. Sprache und Erhnntnis im Mitteiaiter, Beriin-New York 1981, pp. 61-63.
die natur nicht gezeichnet hab, durch welche zeichen man kan erkennen, was im selbigen, was SiNESii P t o l e m a id is E pisc o p i , De insomniis, in M ig n e , Patrologia graeca, t. 66, p. 1284;
gezeichnet ist». F i c i n i Opera, cit. t. II, p. 1969.
64 Capitolo II Paracelso 65

analogia con l’una o l’altra parte del corpo — oppure con le cause o i sintomi posito del sanguigno wasserblut, viene detto «das [es] sem zeichen an im hat,
di determinate forme morbose — avrebbero una speciale influenza terapeutica durch welches erkent wird, was im selbigen i s t » d e l l e foglie spinose del
sulle parti o sulle malattie da essi imitati occupa, nella farmacologia di Paracel­ cardo che «dis zeiches halben» si dà a conoscere la sua efficacia contro i dolori
so, una posizione di primo piano e trova nei suoi scritti, ai di là di qualche p u n g e n t i I l rapporto di significazione che connette interno ed esterno è
incertezza circa l’identità delle piante in questione, chiare e non scarse illustra­ però per Paracelso, come si è visto, una relazione sempre e comunque valida
zioni. Così, gli «specula pennarum» (?), descritti come simili a mammelle, nel mondo della natura, di cui casi come quello del cardo e del wasserUut costi­
avrebbero un’azione curativa sulle malattie del seno femminile l’eufrasia, tuiscono solo un esempio. Se le chiazze rossastre che coprono le foglie di
secondo una tradizione che si è già avuto modo di segnalare, è considerata un quest’ultimo vegetale sono dunque il «signatum, das es ein besondere art und
rimedio per le affezioni degli occhi il satjrioij, le cui pretese virtù erano natur in im hat uber andere kreuter all», la proprietà di esibire mediante segni
anch’esse ben note all’antichità, sarebbe in grado di restituire agli uomini la il proprio contenuto latente è, nella concezione paracelsiana, alcunché di pre­
loro «verlorne mannheit»^®. Sulla medesima linea di pensiero, all’erba sjderica, dicabile «nicht alein [. . .] von disem kraut [. . .], sonder von alien natùrlichen
la quale mostra su ogni foglia «ein biltnus und figur einer schlangen», viene din gen »’®'*. Questo concetto del segno come chiave capace di dischiudere ogni
attribuita la capacità di curare il morso dei serpenti^’ ; ai wasserblut, dal colore segreta virtù e forza della natura è considerato da Paracelso come un punto
rossastro, un benefico effetto sul sangue’®®; al cardo {distei), le cui foglie sono fondamentale della sua dottrina ed egli lo ribadisce con insistenza; «D ie natur
irte di spine, la proprietà di lenire ogni sorta di fitte e dolori pungenti’®’. zeichnet ein ietlichs gewechs so von ir ausgét zu dem, darzu es gut ist. darumb
Come però è già stato osservato illustrando l’esposizione sennertiana di queste wan man erfaren wil, was die natur gezeichnet hat, so sol mans an dem zei­
dottrine, esse reinterpretano le arcaiche rappresentazioni che ne costituiscono chen erkennen, was tugent im selbigen sind. [. . .] das sol ein ieglicher arzt
il precedente storico attraverso una complessa costruzione concettuale, per la wissen, das alle kreft, so in den natùrlichen dingen sind, durch die zeichen
quale vengono innanzitutto distinti un esterno e un interno della pianta, le sue erkant werden [. . .]. darumb hats die natur verzeichnet und befilcht alein, das
sembianze visibili e la sua invisibile virtù terapeutica {tugent, kraji)-, l’elemento ir die zeichen lernen kennen. [. . .] also habt ir ein fùrgelegten grunt, alle
di mediazione che connette questi due diversi principi è costituito dalla nozio­ heimlikeiten der natur zu erfaren durch ire zeichen, die sie uns fùrstelt. [.. .]
ne di segno i^ichen)-. l’apparenza di un vegetale, nella cui identità con la forma so sol ein ietlicher der do schreibt oder schreiben wil von kreutern oder ande-
di una parte del corpo consisteva per il pensiero mitico tutto il suo valore ren natùrlichen dingen aus dem signato schreiben, so wird der grunt erfunden,
terapeutico, è qui solo una nota e un indizio per risalire all’invisibile tugent, und nichts wird so heimlich sein in dem selbigen, das nicht herfùr gebracht
questa sì veramente efficace, che costituisce il suo nucleo interno. Così, a pro­ w erde»’®^. L ’interpretazione dei segni presentati dalle sostanze naturali viene a
configurarsi in tal modo come uno strumento cognitivo di ineguagliabile effi­
cacia, come una vera e propria scienza, capace di rendere manifesta ogni segre­
ta virtù della natura: «signatura ist scientia — scrive Paracelso — durch die all
Lahyrintbus mdicorum errantium, 11, p. 210: «nun folgt aus dem, das die specula penna-
verborgen ding gefunden werden. und on die kunst geschicht nichts grùnt-
rum heilen die bruft der frauen, so sie getrunken werden, dan ursach ir Form seind mammillae
und ubera». lichs, es het alles ein loch »’®^ In auge presso gli antichi sapienti, i quali vi
Ibtd.: «eufragia hat in ir die Form und biltnus der augen, daraus folget nun, so sie einge- ricorrevano per indagare le nascoste proprietà delle erbe, dei semi e delle pie­
nomen wird, so stellet sie sich in ir glit und in die Form des glits, also das eufragia ein ganz aug tre, quest’arte del signatum sarebbe successivamente caduta in dimenticanza,
wird»; Verstreute Brucbstùch liber das Podagra, W 1, p. 376; «eufragia dient den augen, aus was con grave danno per la medicina, costretta da allora ad affidarsi, nella ricerca
ursachen.^ das sie anatomiam oculorum hat, und kein Feel in augen nit, kein Fòrmlin nit, sie ist
di ciò che «in natùrlichen dingen sei», a una «blinde erfarnheit», non più gui-
in blumen eufragiae».
Liber de imaginibus, W \3, p. 377; «secht an die wurzel satyrion, ists sie nicht gestalt wie
eines mans scham.^ niemant kan anderst sagen, darumb sie durch die magicam anzeigt und
durch die magica ist erfunden worden, das sie den mannen ir verlorne mannheit und unkeu-
schheit wider bringt». Von den natùrlichen Dingen, W 2, p, 86.
” Ibid.: «also die wurz syderica, hat in irem kraut in iedem blat ein biltnus und figur Liber de imaginibus, IF 13, p. 377.
einer schlangen, dardurch zeigt die magica an, das sie behùt vor allerlei vergiftung etc. ». Von den natùrlichen Dingen, W 2, p. 88.
Von den naturiicben Dingen, W 2, pp. 86 sgg. '«5 Ivi, pp. 86, 87, 88.
Liber de imaginibus, W \3, p. 377. Ivi, p. 89.
66 Capitolo II Paracelso 67

data dai perspicui indÌ2Ì offerti dalla natura'®'^. Di qui l’esortazione, per una su questa o quell’erba senza possedere una solida conoscenza di tale arte non
più sicura fondazione dell’arte medica, à rinnovare lo studio di tali segni, può dunque che parlare come uno sciocco'” . In quanto consente di spingere
abbandonando Dioscoride e Macro e basandosi invece sul «liecht der na- lo sguardo aH’interno delle sostanze naturali e di svelarne il nucleo riposto, la
tu r»’®*, il quale insegna — come altrove viene detto — «durch die euBern magia viene definita come un’«anatomia medicinae»: allo stesso modo in cui
form das inwendig herz zu erkennen»’®’. Solo così il medico potrà trovarsi a un macellaio disseziona le carni di un animale portando alla luce «alles das in
suo agio «in den verborgnen heimlikeiten der natur» e ottenere una reale im ist» e che prima non si vedeva perché ricoperto dalla cute, così questa
conoscenza delle sostanze medicamentose La dottrina delle signaturae appare scienza «zerlegt [. . .] alle corpora der erznei» ed enuclea i remedia in essi con­
dunque del tutto in linea con le altre tematiche svolte dalla filosofìa di Para­ tenuti''2. Tramite essa e le sue species, h.gaballia e h. gahalistica, tutto ciò che vi è
celso e perfettamente integrata nel più generale contesto della sua riflessione. di segreto e misterioso nella natura («alle heimlikeit in verborgner natur») si
A farsi valere in tale dottrina sono infatti le medesime istanze fondamentali fa aperto e man-ifesto {offenbary^^. Occorre quindi mettere da parte Galeno e
che già si sono viste in primo piano nelle sue concezioni relative ^.Walchimei, Avicenna, poiché solamente la magia è «praeceptor, schulmeister und paeda-
TiWastronomei e alla philosophei: la manifestazione dell’occulto, la transizione gogus» nella ricerca dei medicamenti e di tutto ciò che può rappresentare una
daU’esterno aH’interno, la conoscenza dell’invisibile per mezzo del visibile. «h ilf der kranken»"'*. La magia viene in tal modo a costituirsi come una «m a­
Soprattutto evidente è qui il nesso con le sue dottrine astrologiche; la recipro­ gica inventrix» e come una forma di anatomia che non si occupa della disse­
ca concordanz che vi veniva stabilita tra esterno e interno intesi come macro e zione fisica dei vegetali ma ha di mira l’enucleazione della loro invisibile
microcosmo, si esprime ora in una nuova formulazione e diviene la particolare «kraft und tugent»” ^ Ciò che questa anatomia dell’invisibile, base di ogni sco­
congruenza che sussiste tra un segno e ciò che è da questo designato, tra un perta che si possa effettuare in natura e dell’invenzione stessa di nuove arti,
oggetto in genere e la sua nota simbolica. Nella ricerca dei rapporti tra il con­ principalmente insegna, non è altro, però, che l’interpretazione dei segni: «sol-
cetto di signatura e le sue prefigurazioni nel pensiero mitico, l’esame dei princi­ che anatomia der kunsten findung zeigt erstmal an das signatum»"^. Ma il
pi fondamentali della filosofia di Paracelso, svolto nelle pagine precedenti, era medesimo ruolo di «erfinderin der kunsten» viene altrove assegnato da Para­
dunque un passaggio obbligato e una necessità imposta dal contenuto stesso di celso anche alla chiromantia^'^''. Il campo di applicazione di questa disciplina non
questo concetto.
Il principio per cui nei «naturliche dinge» l’interno invisibile si dà
immancabilmente a conoscere attraverso il suo esterno visibile, i suoi zsicòen o Ibid.
la sua signatura, costituisce la premessa teorica di tutto un complesso di discipli­ ” 2 Labyrinthus medicorum errantium, 11, p. 204.
ne, indicate da Paracelso come altrettanti presupposti di ogni seria medicina. Ibid.: «so folgt nun auf das, das die ding alle durch magicam offenbar werden und
In questa filiazione di scienze un ruolo di primo piano è assegnato alla magia: durch ir species, als durch gaballiam und gabalisticam etc. diselben sind, die da ofFenbaren alle
heimlikeit in verborgner natur und ist von nòten und bilich, das ein arzt in derselbigen under-
«so nun in grunt sol gangen werden, so muB magica scientia der anfang sein
richt und bekant sei».
und der grunt zum lernen». Un medico che si avventuri a pronunciare giudizi ‘‘‘* Ivi, p. 205: «Dieweil nun die hilf der kranken darmalkn ein spiritus ist, und ligt ver-
borgen vor dem elementischen leib und alein dem siderischen offenbar, iezt folgt nun das magi­
ca zu leren hat, und nit der Avicenna, noch Galenos, und alem die magica ist praeceptor, schul­
Erkiarung dergamten Astronomei, (F 12, p. 480: «Alle ding eròfnen sich in seinen proprie- meister und paedagogus zu finden und leren die erznei die hilf der kranken und dasselbig
teten, qualiteten form, gestalt, etc., was in im ist, kreuter, samen, stein, wurzen etc., das ist, sie sichtbar».
werden all durch ir signatura erkent und durch das signatum haben alle gelerte leut gefunden, Ivi, p. 205-206: «darumb solt ir das wissen nach der kùrze, das dis buch magica inven­
was in den kreutern gesein ist, steinen, samen, do aber das signatum aus dem sin komen ist, und trix bei einem ietlichen arzt sol wol gelernet werden. ob als dan alle bùcher verdùrben und
das schwezwerk an die stat, do ward es umbsonst, do verdarb die philosophei und medicin»; sturben und alle erznei mit inen, so ist doch noch nichts verloren; dan das buch inventrix fmts
Von den naturlicben Dingen, W 2, p. 86: «die selbig signatur ist gar aus dem brauch komen und ir alles wider und noch mer darzu. das ist ein anatomia der kunst. nit das die glider der hòlzer, der
gar vergessen worden, aus dem dan groB irsal foiget. nemlich, das noch bisher kein arzt oder kreuter, der riiben gesehen werden, wie sie inwendig sind, sonder da werden gesehen die kr^ft
scribent nach rechtem grunt geschriben hat, was in den natiirlichen dingen sei, all so vii ir sind und tugent».
nur nach hòren sagen, wie es aus blinder erfarnheit erfarn sei worden». Ivi, p. 206.
Von den natiirlichen Dingen, W 2, p. 87. Von den hinfailenden Siechtagen, W 8, p. 293: «Zum fùnften sind vii kùnst an tag komen
Astronomia magna, W 12, p. 179. durch chiromantiam, also das die chiromantia der henden und chiromancei der kreutern oder
Von den natiiriichen Dingen, W 2, p. 87. holzs den chiromanticum haben kunstreich gemacht; dan nit on groBe ursach ist die chiroman-
68 Capitolo II Paracelso 69

è peraltro limitato ai soli segni della mano ma si estende a tutto ciò in cui la der und figuren» che si fanno talvolta scoprire sulla superficie di certe pietre
natura disegna linee e figuren, vere e proprie cifre con cui essa rivela le sue estratte dalla sabbia o dall’acqua {gamahei nel linguaggio di Paracelso, ma si
latenti virtù. Nell’uomo la ricognizione dei «signa signata» esibiti dalle linee tratta evidentemente dei fossili), «bilder und figuren» tanto precisi e allusivi
delle mani e dei piedi, dalle vene e dalle rughe, mette capo all’apprensione del da sembrare incisi dalla mano dell’uomo. Tali pietre non sarebbero mai senza
suo mvisibile come in cielo le stelle si riconoscono dalle traiettorie una potente «kraft und tugent», la quale è chiaramente indicata dai loro «signa
che descrivono nel loro corso, così la natura degli esseri umani è rivelata dalle s i g n a t a » A l medico compete però soprattutto la «chiromantia der kreuter»,
linee che portano sul corpo, con quest’unica differenza, che quelle degli uomi­ attraverso la quale egli può individuare le virtù terapeutiche di ogni singola
ni sono «lineae fixae», quelle degli astri mobili e aeree” ’ . Accanto alla «chiro- p i a n t a U n ’altra disciplina basata sui segni e di grande rilevanza per la medi­
mantia der henden» trovano posto, però, anche «ein chiromantia der kreuter, cina è per Paracelso la phjsionomia, anch’essa proiettata oltre i confini del corpo
[. . .] des laubs an dem beumen, [. . .] des holz, [. . .] der felsen und bergwerk», umano ed estesa al complesso dei «natùrliche dinge»: «nun ist physionomia
una chiromantia persino dei fiumi, delle strade e delle regioni, nonché dei cretti ein solche kunst, die do anzeigt die wesen so do inwendig verborgen ligent.
che il sole forma sul terreno nei periodi di siccità. L ’interpretazione dei «signa auch hiebei nit allein im menschen solchs gewesen, sonder durch die physio-
chiromantica» è perciò un’arte in cui devono essere versati tutti coloro che nomei der wachsenden dingen dermaBen durch das euBer das inner er­
lavorano il legno, le cui venature sono un linguaggio che indica «warzu es k e n t » U n importante aspetto di quest’arte è costituito per Paracelso dalla
taugt und gut sei», i geografi, i cosmografi e i minatori, i quali, dai segni che «physionomei der krankeit», la quale esplora l’aspetto esterno delle malattie e
appaiono alFesterno delle miniere, possono giudicare che tipo di metallo vi si lo confronta con quello delle erbe («die physionomei der kreuter»), allo scopo
trovi e quanto profondamente sia sepolto nel s u o l o I n questa branca mine­ di individuare tra queste quelle che lo richiamano e che possano quindi essere
raria della chiromanzia rientra anche l’interpretazione dei «wunderbarliche bil- utilizzate come specifici rimedi: «also lert die physionomei gleichs auf gleichs
zu verfùgen»'^'*. Applicata all’uomo, la physionomia mette in evidenza «das

tia bei den alten so hoch geflissen gewesen. wiewol wirs allein auf warsagen brauchen, das die
alten zur erfarung der kùnsten gebraucht habcn. dieselbigen chiromancei wil ich noch nit ver-
stoBen sonder fur und fiir ein erfinderin der kùnsten lassen sein». Ivi, pp. 373-374; «Also werden auch vii wunderbarlich t'iguren und bilder in felsen und
Astronomia magna, W 12, p. 92: «darauf folgt nun das chiromantia solcher heimlikeiten steinklutten erfunden, sonderlich an orten, da man zum aller wenigsten hinkompt, welches nun
zeichen inhalt an dreien enden, wie dan in der fìgur gestelt seind. wie nun dieselbigen iinien die gcng, streich und adern anzeigen durch ir chiromantiam. darumb ist auch hoch von nòten,
und venae ir anzeigen stellent, also ist auch das gemùt desseibigen mensphen». das in disem ein ieglicher bergverstendiger auch ein guter chiromanticus sei, das er wisse, wo
Ivi, pp. 91-92: «die stern habcn iren lauf und durch denselben werden sie erkennet. in die arbeit wol angelegt oder vergebens und verloren sei und wo man graben und suchen sol.
menschen ists auch also, alein mit dem underscheit, das sie dem menschen lineas fixas geben dan die streiche und adern sind oft so wunderbarlich und artlich, das einer vermeinen solt, es
durch die man sicht und erkent wie der lauf ist. wie also der lauf der sternen complexioniret ist, were solches von menschen mit fleiB hinein graben worden, und ist doch natùrlich durch die
also ist auch complexionirt dieselbige linien, die im gleich ist». schickung gottes also gewachsen, aber nicht on sonderliche groBe prophecei; dan solches zeigt
Liber de imaginibus, 13, pp. 375-376: «und das solt ir wissen und wol merken, das der darduch heimlich an, was da zu finden sei und under im ligt. was aber ein iegliche solche figur
chiromantiae vilerlei sind, und nit alein die, so in headen der menschen zustehen, darnach den und biltnus anzeige, das wissen die magi und chiromantici, die der chiromantia bericht sind,
menschen zu urteilen, warzu er geneigt sei und was im begegnen und guts und bos widerfaren zum besten su iudiciren, sonst aber ists meniglich verborgen. also werden auch vii kleiner stein
werde, sonder es seind der chiromantien noch mer, ein chiromantia der kreuter, ein chiroman­ in wassern und auf dem grieB, als quarz oder kisling, auch sonderliche gamahei erfunden mit
tia des laubs an den beumen, ein chiromantia des holz, ein chiromantia der felsen und berg­ wunderbarlichen bildern und figuren, als obs menschen arbeit were und hinein gestochen oder
werk, ein chiromantia der lantschaften durch die straUen und wasserfliiss. dergleichen ist noch gegraben were, und doch also durch die schickung gottes gewachsen. Dise stein seind nun sel-
ein chiromantia, die sich in ertbidmen und in diirren, heifkn somern erzeigt, durch aufkliebung ten on groBe wunderbarliche tugent und kreften von got begabt. was aber eins ieglichen solchen
des ertrichs, die auch nit one sondere prophecei geschicht. dises sol nun alles erkent und wol steins kraft und tugent ist, zeigt sein fìgur und biltnus an. das seind nun ire signata, darbei man
verstanden werden, und ein arzet aber sol die kreuter und laub in irer und nach irer chiroman­ sie erkennen sol, was sie vom himel fiir ein influenz in sich haben und inen von got zugeeignet
tia erkennen und dardurch ir kraft und tugent erfarn. die das holt erbeiten, als zimerleut, schrei- ist, und das lernet nun die kunst magia erkennen».
ner und der gleichen sollen das holz an seiner chiromantia erkennen, warzu es taugt und gut sei. >22 Von den podagrischen Krankheiten, IF 1, p. 370: «ledoch aber so sol die kunst nit alein in
also ein bergman sol das bergwerk an seiner chiromantia erkennen, was fiir erz und metall da zu der hant genomen werden sonder auch im stamen. das ist, ein kraut das do wachst, das gibt
suchen und wie tief oder hoch es lige. also ein cosmographus die chiromantiam der lantschaf­ bletter, die haben chiromantiam; dan ein ietlich blat ist ein hant seins leibs».
ten, lender und wasserfluss erkennen sol. also auch ein geographus die chiromantiam der erden Von den hinfaUenden Siechtagen, IF 8, p. 293.
und ertbidmen erkennen sol». '2^ Ivi, p. 304.
70 Capitolo II Paracelso 71

signatum der obern gedanken und sinnen», dei suo cuore e della sua mente celsiano. Se nel De signatura rerum le forze capaci di produrre e trasmettere
Nulla infatti vi può essere in esso di così segreto «das nit ein auswendig zei- segni, e attraverso cui si manifesta, nel mondo, la funzione del significare,
chen an im h at»’^^. Anche la relazione deH’anima con il corpo, l’unità psicofi­ vengono mdividuate in tre distinti soggetti, negli astri, negli archei e nell’uomo,
sica deH’uomo, viene dunque considerata da Paracelso sub specie del rapporto di proprio negli lichen istituiti da quest’ultimo l’autore indica il modello e la gui­
significazione, configurandosi come un nesso del medesimo ordine di quello da per intendere tutti gli a l t r i C o s ì , la sigla personale con cui un artigiano
che collega l’interno e l’esterno di tutti i «natùrliche dinge». Ma l’abbondante contrassegna la sua opera, le insegne esibite dai soldati per denotare l’esercito
vena del medico di Einsiedeln nell’escogitazione di discipline volte all’inter­ di appartenenza, gli emblemi con cui i messi indicano la loro città o il loro
pretazione dei «signa signata» naturali neppure si arresta alla magia, alla chiro­ signore, le cifre impresse sulle monete, da cui si può capire quanto valgano, le
manzia, alla fisiognomica e alle loro varie specie: al loro fianco vengono infat­ etichette che nelle apoteken distinguono i vasi dei diversi medicinali, le stesse
ti ad allinearsi la geomantia, la suhstantina, la nectromantia e altre scienze ancora, lettere dell’alfabeto, di cui basta un piccolo numero per significare una molte­
in un moltiplicarsi di specializzazioni che cerca di tener dietro all’infinita plicità di contenuti, come si può vedere nei titoli dei libri, sono tutti signata
varietà degli Zfichen. imposti dall’uomo per designare qualità, valori e differenze, ma anche altret­
Espressione sensibile di invisibili forze e virtù, il mondo della natura tanti esempi di una più generale funzione espressiva, ovunque operante nel
appare dunque a Paracelso come un vasto complesso di segni e un discorso mondo della n a t u r a N o n diversamente, infatti, nel plasmare dall’interno la
cifrato che chiunque ricerchi il sapere deve applicarsi a interpretare. Ovunque struttura degli enti, gli archei vi imprimono i loro signata-, le ramificazioni delle
si posi lo sguardo, su un’erba come su una pietra, su una vena metallifera corna di un cervo sono un segno per risalire alla sua età, gli anelli che solcano
come sulle linee della mano, ciò che immediatamente si incontra alla superfi­ quelli delle mucche indicano ciascuno una gravidanza, dai nodi del cordone
cie delle cose sono i loro t^ichen e «signa signata», infallibili indizi, a saperli ombelicale di un neonato si può accertare quanti figli abbia avuto la madre e
decifrare, di ciò che si cela aH’interno degli enti. Il segno si configura in tal quanti ancora ne avrà'^2. Cooperando con gli astri alla formazione dei metalli,
modo come una sicura via d’accesso al sapere e, al tempo stesso, come una gli archei lasciano sulla superficie del terreno non meno veridici indizi di ciò
realtà onnipresente, che estende il suo regno su tutto l’ambito deU’esperienza che contengono le vene minerarie. Ritorna il tema della «chiromantia des
umana. Di questa caratteristica visione paracelsiana costituisce un significativo bergwerks», svolto qui con notevole ampiezza e abbondanza di particolari:
documento anche il De signatma rerum naturalium, ampia trattazione in cui si ogni caratteristica sensibile del terreno, il suo essere pingue, argilloso o ferru­
ricerca, riguardo al tema enunciato dal titolo, «von wem solche signata da ste- ginoso, il suo tendere a un colore piuttosto che a un altro o emettere luccichii,
hen, wer ir signator sei, auch wie vii derselbigen»'^*. Qui il vasto dominio del è correlata a un determinato tipo di metallo, alla sua quantità e profondità’” .
segno è dunque sistematicamente esplorato e ci si sfor2a di abbracciarlo nella Sono trattati però anche i segni impressi dalle stelle sul palmo della mano,
sua intera estensione. Chiunque sia l’autore di questo testo, Paracelso o, come sulle pietre e sulle piante, delle quali ultime essi consentono di valutare
è molto probabile, un suo sconosciuto discepolo è indubbio che esso si inse­ l’e t à A l l o stesso modo gli astri delineano, attraverso le sembianze degli
risce senza sforzo nel quadro delle concezioni fin qui esaminate e riflette, uomini, la loro indole e le loro tendenze morali: il tipo di lineamenti e la
almeno nella sua problematica generale, un punto di vista genuinamente para-

De signatura rerum naturalium, W 11, pp. 373-374: «die ersten signata so der mensch
Astronoma magna W 12, p. 176; «weiter der ander teil ist physionomia, hat in ir die signirt, die andern welche der archeus signirt, die dritten so die astra der ubernatiirlichen signi-
gestalt des antliz und was das ganz haupt begreift. und dise kunst physionomia erstattet das ren. und also sind drei signatores, der mensch, der archeus und die astra. [...] Darmit wir aber
signatum der obern gedanken und sinnen. dan ein anders ist das herz, ein anders das haupt, und alle zeichen recht und wol erkennen und unser fiirnemen aufs kùrzest zuverstehen geben, ist
wiewol das haupt nicht herr ist, sonder das herz ist herr. daraus folget nun das der mensch von nòten euch die zeichen der menschen fìirzulegen, da der mensch selbst signator ist. so ir
erkent was in beiden ist». nun dieselbig alle recht verstén lernen, werden ir hernach die anderen natiirlichen und uberna-
Von den natiirlichen Dingen, W 2, p. 86. tùrlichen auch verstehen und recht erkennen lernen».
'27 Erklàrung der ganzfn astronomei, 12, pp. 449-450. '3' Ivi, pp. 374-375.
Die 9. Biicber De natura rerum. Liher nonus, De siglatura rerum naturaUum, IF 11, p. 373. Ivi, p. 399.
Per i motivi della non attribuzione a Paracelso del De signatura cfr. il Vorwort di Sudhofif Ivi, pp. 387 sgg.
al voi. 11 dei Werike, pp. XXXI-XXXIII. Ivi, pp. 384 sgg.
72 Capitolo II Paracelso 73

conformazione delle membra designano «den inneren menschen» e ne svelano le sue linee generali, il quadro che il De signatura delinea della vasta attività
il segreto i\d occuparsi di questi segni è naturalmente la physionomia, scienza produttrice di segni esplicata dall’uomo, dagli astrà e dagli archei. Vi è però
di antiche tradizioni, coltivata in passato soprattutto da quei popoli presso cui ancora un aspetto del vasto tema dei segni che l’autore si preoccupa di mettere
vigeva il commercio degli schiavi e aveva quindi una grande importanza saper in evidenza: l’esistenza di una «kunst signata», la quale insegnerebbe a impor­
giudicare a colpo d’occhio, dalle fattezze di una persona, le sue qualità e indi- re agli oggetti i loro nomi veri e genuini, non quindi in base a una pura opi­
nazioni'^^. Altrettanto capaci di imprimere segni sono gli astri interiori nione, ma secondo un solido e profondo fondamento («aus dem rechten
dell’uomo, gli «astra des menschlichen gemùts», i quali, accompagnando istan­ grunt»). Anziché designare le cose in modo estrinseco, tali denominazioni ne
te per istante la sua «fantasei, aestimation und imagination», sorgono e tra­ esprimerebbero l’essenza e i tratti specifici, la loro «tugent, kraft und eigen-
montano esattamente «zu gleicher weis wie im obern firmament». Pronti a schaft». Di tale arte il primo e più esperto adepto sarebbe stato Adamo, il
esprimere tutto ciò che l’immaginazione viene elaborando, essi possono ad quale avrebbe avuto la facoltà di imporre a ciascun’erba, pietra e animale i
esempio tracciare sul corpo dei nascituri ogni sorta di impronte e «monstrosi- loro autentici e «besondere nam en»; ne rimarrebbe però ancora traccia nella
sche zeichen», variamente allusivi alle emozioni della madre. Così, se un lingua ebraica, così atta a denominare qualsivoglia oggetto «nach seiner art
intenso desiderio di questa sia stato represso, essi ne sono come soffocati e und eigenschaft»'^®. Accennato nel De signatura ma presente anche in testi sicu­
tramontano, non senza però aver lasciato sul feto l’immagine di ciò che era ramente p a r a c e l s i a n i q u e s t o tema avrà importanti sviluppi anche al di là
stato desiderato, segno inestinguibile di una voglia non estinta Fin qui, nel­ dell’opera di Paracelso
Se è una regola costante della natura «das die euBern zeichen die innern
werk und tugent anzeigent», Paracelso non manca di indicare le ragioni di tale
nesso e di spiegare perché le cose stiano così e non altrimenti. A questo vero e
Ivi, pp. 377 sgg.
proprio assioma della conoscenza naturale è innanzitutto assicurato un fonda­
Ivi, p. 377: «Also wissent weiter von den zeichen der physionomia, das dieselben von
dem obcrn gestirn iren ursprung haben. dise kunst der physionomia ist bei unsern voreltern und mento trascendente: che l’invisibile nucleo interno dei «natùrliche dinge» si
sonderlich bei den heiden, Tatern, Tùrken und dergieichen anderen vólkern, da die menschen dia immancabilmente a conoscere attraverso il loro aspetto esteriore dipende
in dienstbarkeit verkauft werden in hohen eren und wirden gehalten worden und noch bei da un decreto di Dio, il quale ha in tal modo voluto «das nichts verborgen
vilen under uns christen nit erloschen». bleibe, sonder das durch die scientias geoffenbart wiirde, was in alien geschòp-
Ivi, pp. 376-377; «Darmit wir aber von disem lassen und widerumb auf die monstrosi-
fen ligt». Il creatore avrebbe cioè conformato l’involucro corporeo degli enti
schen zeichen der bòsen ascendenten komen, so wissent das nit alle monstrosische zeichen alein
von den ascendenten iren ursprung haben, sonder auch vii malen von den astns des menschli­ in modo tale che gli uomini, esercitando su di esso le loro facoltà cognitive,
chen gemiits, die dan fùr und fiir alle augenblick mit der fantasei, aestimation und imagination potessero testimoniare quali e quante virtù egli abbia introdotto spiritualisch nel
auf und ab steigen, zu gleicher weis wie im obern firmament. aus dem folgt nun, das aus forcht
und schrecken der schwangern frauen vii monstra und kinder mit monstrosischen zeichen gebo-
ren werden und also in muter leib bezeichnet. wie aber nun dise zeichen iren ursprung haben, Ivi, pp. 397-398; «da sollen ir erstlich wissen, das die kunst signata leret die rechten
sollent ir wissen, das forcht, schreken und gelust die fiirnemst ursach ist, daraus imaginatio namen geben alien dingen. die hat Adam unser erster vater volkomlich gewuBt und erkantnus
enstet. wan nun die schwanger frau anhebt zu imaginiren, so hat ir himel seinen gang zu glei­ gehabt. dan gleich nach der schòpfung hat ex alien dingen eim iedwedern seinen besondern
cher weis wie der himel des obern firmaments, da alle augenblick die ascendenten auf und ab namen geben, den tieren einem ieden besondern namen, also den beumen einem ieden seinen
steigen. also steigen auch auf und ab und bewegen sich die astra microcosmi durch die imagina­ besondern namen, den kreutern ire besondere underschitliche namen, den wurzlen ire besonde­
tion, so lang bis da ein angrif geschicht, in welchem angrif der schwangeren frauen die astra der re namen, also auch den steinen, erzen, metallen, wassern und andern frlichten der erden, des
imagination ein influenz und impression geben. zu gleicher weis als einer der ein markt auftrukt wassers, lufts und feurs eim ieden sein namen. und wie er sie nun taufit und inen namen gab,
oder einen stempel aufschlegt. daher dise zeichen und mutermeler impressiones der undern also gefiel es got wol, dan es geschach aus dem rechten grunt, nit aus seinem gut gedunken,
gestirn genant werden, aus welchen zeichen vii philosophirt haben und nach den selbigen alle sonder aus einer praedestinirten kunst, nemlich aus der kunst signata, darumb er der erst signa-
menschen urteilen und erkennen wòllen, das nit mòglich ist. wiewol nit minder, etwas bleibt tor gewesen. wiewol nit minder ist, das aus hebraischer sprach auch die rechten namen herflies-
den kindern anhangen und wird in impressionirt, nach dem dan die astra der muter vii und sen und erfunden werden, einem ietwedern nach seiner art und eigenschaft. dan was fur namen
stark auf das kint gehen und ir gelust im werk nicht volbracht wird. als ein exempel, so die aus hebraischer sprach geben werden zeigen mit an desselbigen tugent, kraft und eigenschaft».
muter ein gelust ankeme, etwas zu essen oder trinken und kan ir doch nit werden. wa dan die Astronomia magna, 12, p. 92; «die kunst signata lernet die rechten namen geben einem
astra in ir selbs ertrinken und undergehen mùssen, also das sie dem gestirn widerstehet und ieglichen, wie im angeboren ist. nit, das ein wolf ein schaf heilk, nicht das ein taub ein fuchs
keinen angrif tut, bleibt solcher gelust dem kint sein leben lang anhangen, also das es desselbi- heiBe, sondern wie ein ieglicher selbs in der natur ist, ein namen empfahe».
gen nit wol kan ersettiget werden». '‘*0 Cfr. infra, pp. 89, 101, 140-144, 151-154, 168-170.
74 Capitolo II Paracelso 75

mondo della natura. Ecco dunque il nlotivo per cui le invisibili virtù delle fùrsehung gottes» che li avrebbe accordati fin dall’i n i z i o — ma in una legge
erbe si danno nondimeno a conoscere attraverso il loro aspetto esteriore e in immanente alla stessa natura. Adamo — argomenta Paracelso — quando vive­
generale ciò che la vista non penetra può essere raggiunto «durch kunst». Con­ va nel paradiso terrestre e ignorava le condizioni del bene e del male, non
segue da ciò non solo che ogni occulta potenza della natura è «den scientiis recava su di sé alcun segno — neppure un neo — che potesse in qualche
underworfen» e comunque accessibile al conoscere, ma anche che il conoscere modo deturparlo. Ottenuta la conoscenza del bene e del male egli passò in
stesso è un inderogabile dovere dell’uomo, il quale, nell’applicarsi allo studio potere della natura, alla quale fu conferita la facoltà di contrassegnare {wchnen)
della natura, non fa che eseguire un mandato divino. Proprio in questo senso ciascun oggetto e di dargli forma (formiren) a seconda che fosse «bòs oder gut».
va interpretato il detto evangelico «quaerite et invenietis», il quale non ha Così l’uomo, che altrimenti sarebbe rimasto unge^ichnet, si trovò a portare sul
valore solamente per le cose eterne ma anche nel campo della natura''^’. Altro­ corpo i segni del suo animo, dei suoi «sinne und gedanken», e in generale tutti
ve, però, l’universale attitudine deH’esterno visibile a esprimere il suo interno gli enti a esibire nell’aspetto le loro recondite virtù. Non dipende dunque dalla
invisibile e a costituirne il segno sembra essere intesa in modo diverso e trova­ mano di Dio («die hant gottes») che l’uno e gli altri siano conoscibili per que­
re la sua spiegazione non più in una causa trascendente — la «sonderliche sta via, bensì dalla natura, la quale «macht nichts ungezeichnets»'"*^. Per quan­
to Paracelso si esprima qui in forma figurata, non è per questo meno evidente
come il rapporto di congruenza che sussiste tra l’esterno e l’interno degli enti

Astronomia magna, W 12, p. 148-149: «So nun Christus sagt, das nichts so heimlich seie,
es werd otYenbar, wiewol solchs durch die theologos alein auf das herz des menschen gezogen
wird, so mags doch auch der philosophus in das liecht der natur brauchen. dan sehet an die Liber de imaginibus, W 13, pp. 376-377: «Dieweil ich nun fiir mich genomen hie in
Icreuter deren kreften unsichtbar sind, noch werden sie in inen gefunden. also sehet auch an die disem libell der magischen figuren bildnussen und zeichen zu beschreiben, so gebùrt sich auch
tier die weder reden noch deuten kònnen, noch ist nichts so heimlichs in inen, das der mensch weiter die zu erzelen, die sich an den kreutern und wurzlen erzeigen, die dan also aus sonderli-
nicht erfare. also alle ding, es sei in der erden oder in dem mer oder im chaos und firmament, cher fùrsehung gottes also erschaffen und verordnet sind. da ist nun auch aufmerkens und ler-
das zu seiner zeit nicht geoffenbart werde. dan also wil got im liecht der natur, das nichts in ir nens hoch von nòten, das man auch die selbige der magica nach gemeB wisse zu urteilen und
sei, das dem menschen unwissend bleibe; wan alle ding so in der natur sind, sind von des dardurch ir kraft, eigenschaft und tugent erfare; dan durch die kunst chiromantiam, physiono-
menschen wegen. so es nun von seint wegen geschat'fen ist und ist der mensch ist der des miam und magiam ist mùglich, gleich von stunt an dem euBerlichen ansehen nach eins jeden
selbigen bedarf, so folgt nun auf das, das er erforschen sol alles das, so in der natur heimlich krauts und wurzeln eigenschaft und tugent zu erkennen an seinen signatis, an seiner gestalt,
ligt. darumb von deswegen ist der spruch Christi nit alein geret auf die heimlikeit der menschen form und farben, und bedarf sonst keiner probirung oder langen erfarenheit. dan got hat im
herzen sonder auch in die natùrlichen werk gottes. also ist not das der mensch geoffenbart wer­ anfang alle dise ding fleiBig underscheiden und keinem wie dem andern ein gestalt und form
de, und was in alien dingen sei ist auch not, das die natur geoffenbaret werde, was in ir sei. dan geben, sonder einem ieden ein schellen angehenkt, wie man sagt, man erkent den narren bei
warzu were es gut oder niiz, so vii tugent in einem ding seind und werent und niemants solts der schellen ; dan in der magica bedeut auch ein schell ein narren. also solt nun auch die kreuter
wissen ? solte auch kein kunst sein, dadurch man fmden mòchte, darzu auch mit sichtigen augen und wurzeln erkennen bei iren schellen und zeichen».
im kopf nit sehen mògen, warzu were das geschòpf gut.^ der verstant gibts, alles das darinnen Astronomia magna, 12, pp. 172-173: «Adam ist wol geschaffen gewesen in seim gemùt
got geschaffen hat, das es der mensch wissen sol. so ers nun wissen sol, so muB ers erfaren und in seim leib und kein bòser tadel an im nicht: da er aber erkent bòs und guts, da fiel er in
durch die augen: was nit durch die augen beschehen mag, das muC, durch kunst geschehen»; die natur, da war die natur gewaltig ein ietlichen zu zeichnen, das ist formirn nach dem und das
ivi, p. 150-151 : «so wisset, das wir von Christo ein mandat haben nach dem wir uns alle mùssen gemiit ist und war, also auch die form zu machen, wie sie dan in alien dingen gewalt hat, nach
richten und keren. nicht alein das sein praecepta und lér auf das ewig dienen sonder auch in das dem und er bòs oder gut ist, also die form geben. und das aus dem gewalt, das das jenig, so den
liecht der natur. und das selbige mandat ist also: suchet so findet ir: das ist die kunst, die der menschen macht in seine figur, das macht den selbigen nach dem gemùt, sinn und gedanken, so
mensch wissen sol, suchen und so findet ers. so nun uns das suchen geboten ist und ungesucht im menschen seind: so oft ein besondern sinn im menschen, so oft ein andere form des leibs.
keine heimlikeiten werden erfaren»; ivi, p. 177: «Also hat die natur verordnet, das die eui3ern darumb sicht kein mensch dem andern gleich, aus der ursachen das ietlichs ein andern sinn hat.
zeichen die innern werk und tugent anzeigent, also hat es got gefallen, das nichts verborgen also nimbt sich aus dem sinn ein andere form des leibs. dan Adam vor dem und er wuCte guts
bleibe, sonder das durch die scientias geoffenbart wiirde, was in alien geschòpfen ligt. es mòcht und bòs, da gefiel er got wol, aber nach dem selbigen gerauwe es got, das er den menschen
manchen verwundern, warumb got solches verordnet hat, das der mensch durch die kunst das gemacht het. dan der mensch ist damit komen in ein ander eigenschaft, darumb so muli ar
verborgene sol erfaren? so ist es doch alein die ursach, das der leib des menschen sein ubung gedulden, dieweil er ein andere eigenschaft an im hat, nach der selbigen gezeichnet werden.
habe oder dergleichen, und das erfare, was got in die kòrper spiritualisch gelegt und verschaffen und so vilerlei bòs species im menschen und so vilerlei gute species, sovil seind auch der form,
hat. darumb hat er nicht geordnet, das die scientia unerkantlich sei, sonder alle heimlikeit seind und almal ein species der tugent und ein species der form zusammen kompt. also ist der mensch
in ir und alle tugent seind den scientiis underworfen in der erkantnus, durch sie zu erfaren was in die gewalt der natur komen, der sonst ungezeichnet were bliben. forthin machet und gebirt
spiritualisch in alien dingen ligt». in die natur (und nimmer die hant gottes) die macht nichts ungezeichnets».
76 Capitolo II Paracelso 77

sia ora considerato sotto una luce differente e le sue ragioni vengano indicate Tutt’uno con la relazione che lega il principio corporeo e quello incorpo­
non più al di sopra ma aH’interno di esso. Nei testi paracelsiani questa diversa reo degli enti, il rapporto di significazione messo in evidenza da Paracelso tra
impostazione del problema emerge più volte ed è chiaramente indicata una l’interno e l’esterno dei «natùrliche dinge» si fa ricondurre a quello che sussi­
soluzione immanente ai suoi termini stessi. Benché la natura sia presente nei ste in generale tra un’essenza e le sue manifestazioni fenomeniche, tra un’idea
corpi invisibilmente — si legge ad esempio nella Philosophia ad Athenienses — e le sue particolarizzazioni concrete. Ciascuna di queste, mentre da un lato non
questa sua unsichtikeit perviene a visibilità proprio «durch das medium des cor- può concepirsi indipendentemente dal principio incorporeo che ne costituisce
pora»; le essenze immateriali che costituiscono il nucleo attivo delle sostanze l’essenza, d’altro lato, in quanto è ciò che lo esprime e lo realizza sensibilmen­
non hanno infatti altro modo, per manifestarsi, «dan ein solchen corporali- te, vale come il suo segno. Che Paracelso perv^enga a rappresentarsi la funzione
schen»'"*^. Visibile e invisibile, corporeo e incorporeo sono dunque due aspetti del significare proprio alla luce di questo nesso appare chiaramente dagli
delle sostanze che si pongono e si determinano vicendevolmente e non hanno esempi con cui egli viene illustrando il concetto di signatur. Un carpentiere che
bisogno, per accordarsi, di alcun principio a loro esterno. Su questo nesso edifichi una casa, è scritto ntWAstronomia magna, la concepisce innanzitutto «in
indissolubile in cui si fanno cogliere l’interno invisibile e l’esterno visibile seiner imagination». Una volta costruita, essa corrisponderà alla sua prefigura­
degli enti Paracelso insiste anche ntWAstronomia magna-, tutto ciò che la natura zione ideale, di modo che attraverso la sua forma si darà a conoscere il concet­
produce, egli scrive, riceve una forma esteriore corrispondente alla sua invisi­ to («die gedanken») del carpentiere. Così, in generale, tutto ciò che è «im sinn
bile tugent. Negli enti, pertanto, l’invisibile e il visibile, le tugenàen immateriali e oder gedanken und in der natur» si realizza «durch die frucht und werk» ed è
la loro forma corporea sono «in einem grad gleich gestelt, das durch die tugent conoscibile attraverso le sue manifestazioni sensibili. Proprio in questo senso si
die form verstanden und durch die form die tugent». Come dunque la forma può asserire che nulla può «heimlichs bleiben, es eròfnet sich selbs La
corporea rimanda all’invisibile principio incorporeo in virtù del quale sussiste, medesima immagine ritorna ntWInterpretatio totius astronomiae-. il carpentiere è
cosi questo è designato dalla forma corporea in cui si manifesta: «als die qui defmito «ein sam seins hauses»; se la sua immagmazione concepisce la
tugent zeigt an die form, figur, corpus und substanz, also zeigen auch an die casa, le sue mani la realizzano in modo conforme all’immaginazione stessa;
selbigen das wesen im selbigen»''*^ Se Paracelso vede dunque nelFesterno visi­ anche la natura, però, è immaginazione e qualsiasi cosa realizzi, la realizza
bile delle sostanze il segno del loro interno invisibile e li considera «gleich in secondo quanto ha immaginato; l’aspetto e l’essenza delle sostanze si corri­
einer concordanz» (come egli si esprime ricorrendo a un termine che già gli si spondono quindi reciprocamente, anzi: wesen e form sono «ein ding»’"*'^. Altro­
è visto usare per designare il rapporto tra macro e microcosmo), ciò dipende ve, il rapporto tra la forma esteriore degli enti e i loro invisibili arcana e mjste-
dal fatto che essi gli appaiono come due principi della realtà inconcepibili ria viene equiparato a quello che intercorre tra un artigiano e i suoi manufatti:
separatamente e come due sue condizioni ugualmente necessarie. La loro con­ allo stesso modo in cui ciascuno di questi dà prova del suo autore, «also pro-
gruenza non costituisce pertanto un fatto accidentale, che si debba giustificare birt ein ietlich ding durch sein form sein natur»; come pertanto la forma di
richiamandosi a una volontà trascendente, ma una verità necessaria, fondata su una coppa designa l’artista che l’ha costruita, così «em ietlich kraut zeigt an
una precisa struttura dell’essere. den, der es geschmidet hat»; non che la forma degli enti abbia valore in se

Philosophia ad Athenienses, IF 13, p. 422: «Und wiewol unsichtig die natur ligt in den Ivi, pp. 177-178: «num merket hernach etliche exempel, dardurch ir die signatur wol
corporibus und substanz, als bemelt ist, so merle aber, das die unsichtikeit zu sichtikeit kompt mògent verstehen. ein zimerman, der ein haus bauet, der hats am ersten in seiner imagination,
durch das medium der corpora. und wie sein wesen ist, also wirts sichtiglich ersehen in tugen- und wie dieselbig ist, also wird das haus. iezo wird durch die form des hauses erfiinden die
den und farben. aber die unsichtbaren corpora haben nicht andern verstant, dan ein solchen gedanken des zimermans. also was im sinn oder gedanken und in der natur ist, das mag niemant
corporalischen ». wissen, bis das selbig in sein form und figur komet. also der im sinn hat etwas zu tun, der
Astronomia magna , IF 12, p. 172: «Alles, was die natur gebirt, das formirt sie nach dem machts offenbar durch die frucht und werk, und damit wird nichts heimlichs bleiben, es eròfnet
wesen der tugent so im selbigen ist, und seind also zu verstehen. wie das gemùt, die eigenschaft, sich selbs».
die natur des selbigen menschen ist, dem selbigen nach gibt sie im auch den leib mit seiner Erkiarung derganzen Astronomei, W 12, p. 479: «ein zimerman ist ein sam seins hauses;
figur, also das die figur, der leib, die tugent gleich in einer concordanz seind und ein ietlichs wie er ist, also wird auch sein haus. dan sein imagination macht das haus, die hant volents; wie
zeigt das ander an. als die tugent zeigt an die form, figur, corpus und substanz, also zeigen auch die imagination ist, also ist auch das haus. so nun die imagination also ist, das sie ein haus
an die selbigen das wesen im selbigen. dan die tugent und die form seind in einem grad gleich macht, so ist auch imaginatio die natur, so macht sie ein kint, das selbig macht sie nach irer
gestelt, das durch die tugent die form verstanden und durch die form die tugent». imagination, also wird form und wesen ein ding».
78 Capitolo II Paracelso 79

stessa, ma la sua importanza le deriva da ciò solamente, che essa indica il prin­ l’unione di corporeo e incorporeo nel rapporto di significazione è vista da
cipio che li f o g g i a S e da tutte queste metafore, con cui Paracelso si sforza di Paracelso come un nesso ovunque presente, nella natura come nell’uomo. È
chiarire il suo pensiero, vi è un contenuto che traspare con evidenza, questo è questo un altro tema su cui egli non si stanca di tornare: «N un ist nichts von
indubbiamente l’idea del rapporto che, ovunque nella realtà, lega una forma den verborgnen dingen der natur in den arcanis und alien eigenschaften, das
alle sue realizzazioni corporee, un archetipo ai suoi ectipi, un’essenza alle sue nit sein eigen corpus habe. der mensch der gern stilt, hat sein eigen corpus
manifestazioni sensibili. Si precisa ulteriormente quella dialettica di visibile e geschiden von dem, der nicht gern stilt, ist als weiB und schwarz. dan so oft
invisibile, occulto e manifesto, che costituisce il tema capitale della riflessione ein mysterium, ein arcanum, als oft ein sonder corpus, und im selbigen corpus
paracelsiana: il conoscere ciò che è sottratto alla vista oltre e mediante ciò che sein warzeichen. nun gibt das corpus die anzeigung der arcanen und myste-
le è inizialmente presente assume il significato di una visione dell’incorporeo rien, so in im ligen. [. . .] on die formirung des corpus mùgen nit sein die
nel corporeo e appare tutt’uno con il risalire a un’essenza attraverso il fenome­ arcana und mysteria. dan die form des corpus gét aus der form der arcanen.
no che ne costituisce il segno. Questo trascorrere dell’indagine dall’uno all’al­ [. . .] die natur ist der fabricator in die figur, so gibt sie die form, die das wesen
tro principio si configura per Paracelso come la condizione di ogni autentico an im selbs ist, und die form zeiget das wesen an. dan das wesen ist unsi-
sapere e come il processo mediante cui il mondo della natura può essere com­ chtbar»^5°.
pletamente penetrato. Il nesso inscindibile che collega l’aspetto ideale e quello Si può ora comprendere in che modo Paracelso giustifichi il valore tera­
materiale degli enti non si fa cogliere, infatti, solo nelle erbe e negli altri «na- peutico tradizionalmente attribuito alle piante che assomigliano a questa o
tùrliche dinge», ma dà prova di sé in ogni campo dell’esperienza. Anche la quella parte del corpo. Se infatti le tugenden immateriali che costituiscono il
malattia, altro oggetto di specifica competenza del medico, esibisce questo nucleo attivo delle sostanze naturali sono univocamente designate dalla loro
duplice aspetto e si dà a conoscere per tale via: «die krankheit ist unsichtig — forma esteriore, ne consegue che più sostanze dotate di un analogo aspetto —
scrive Paracelso — niemants hat nie gesehen»; essa si costruisce nondimeno come è il caso dell’eufrasia e degli occhi, del satjrion e dell’apparato genitale,
con i suoi sintomi un corpo visibile, il quale «ist das dem arzt vor augen und degli «specula pennarum» e delle mammelle — rinviano a un’unica tugent, la
under seinen henden ligt». Così, il sintomo sensibile dell’itterizia è la colora­ quale è la loro comune essenza e rimane la medesima pur nella pluralità delle
zione gialla dell’epidermide, «die ire krankheit im leib anzeigt wie deren ist». sue manifestazioni sensibili. Questa essenza comune a diversi individui è, nella
La medicina può dunque «aus sichtigen das unsichtig zeigen, das ist die kran­ concezione paracelsiana, qualcosa di ancora molto legato alla loro immagine
kheit»: vi è infatti una phjsionomej anche delle forme morbose che insegna a esterna e si configura come una sua riproduzione sul piano incorporeo. Così, la
raggiungerne il nucleo interno partendo dai sintomi e s t e r n i M a , appunto. tugent immateriale di cui partecipano gli occhi e l’eufrasia conserva il carattere
dell’occhio, ne è una sorta di immagine disincarnata e sta all’occhio stesso
come l’immagine della casa nella mente del carpentiere sta alla casa effettiva­
mente realizzata. Risulta da ciò, per quanto attiene alla pratica terapeutica, che
Liber de podagricis, 1, p. 323: «zu gleicher weis, als ir sehent, das ein ietlicher meister
il medico, di fronte al corrompersi di una certa parte del corpo, sarà sempre in
probirt sein hantwerk und sein kunst, also probirt ein ietiich ding durch sein forni sein natur.
der kelch zeigt an sein meister, was in im ist, und wie diser anzeigt, wer der ist, der in gemacht grado di ricondurla al suo stato originario, e ciò reintegrandone l’essenza attra­
hat, also ein ietiich kraut zeigt an den, der es geschmidet hat und der es geschmidet hat, der ist verso l’applicazione di un vegetale che ne riproduca l’aspetto. A plasmare
die arznei und das arcanum und das mysterium. nit das die Form hoch zu loben sei; der sie daU’interno sia la parte sia la pianta è infatti in questo caso il medesimo prin­
gemacht hat, der erzeigt sich do, dorumb das in die wissen zu fmden, die kelch haben wollen. cipio incorporeo. Così, se sono gli occhi a essersi ammalati, la loro essenza
und wie ein ietiich werk sein meister ofFenbaret, also do auch die form und farb alein das werk
ist seins meisters, das sind die erkantnus, die der arzt wissen sol».
Ivi, p. 322: «Ir secht alle, das die krankheiten ir physionomei haben und die farben bei
ir und die form, in alien geschlechten der krankheiten. als in der gelsucht die gel farb, die ire dorumb weiter hie zu verstehen das ich weiter tractiren wil, aus sichtigen das unsichtig zeigen,
krankheit im leib anzeigt wie deren ist. also ist alien krankheiten ein sonderi farben im ange- das ist die krankheit. als wenig wir mógen sehen den schmit, der den lauander, der die rosen,*
sicht, keine ausgenomen. das ist geret, das ir sollen die gradus verstèn der farben, so wissen ir die lilgen schmit und zimert zu rosen zu lilgen etc., also wenig mùgen wir die krankheit auch
im ansehen, das im selbigen ligt»; ivi, p. 326: «So ich nun sol vom corpus reden des zipperlins, sehen, dan die krankheit an ir selbs ist alein ein schmit»; ivi, p. 327: «dan es ist ie kein kran­
so wissen anfenglich in diser vorred, das alle ding die uns peinigen oder woltunt nit aus dem kheit nit on ein form. wiewol sie beide unsichtig iedoch so schmiden sie ir corpus, und dasselbig
corpus, aber im corpus ir werk verbringen. dan die krankheit ist unsichtig, niemants hat nie corpus ist das dem arzt vor augen und under seinen henden ligt».
gesehen, das corpus aber das selbige ist sichtig und ist das, das wir klagen, das uns peiniget. Ivi, pp. 322, 327; Astronomia magna, IF 12, p. 177.
80 Capitolo II Paracelso 81

potrà essere ripristinata e, per così dire, rimpiazzata, da quella ricavata dall’eu- das hirn, das des innern menschen euBer hirn ist»’^^ Alla dinamica dei con­
frasia; identico sarà il trattamento per tutte quelle membra che abbiano il loro trari che caratterizzava le pratiche terapeutiche del galenismo subentra un’op­
analogo in qualche vegetale. Se la somiglianza che una pianta presenta con posta medicina, mirante alla reintegrazione dell’identico
una certa parte del corpo è un indizio della sua efficacia terapeutica nei con­ Sulla natura immateriale e sovrasensibile dei principi attivi contenuti nel­
fronti di quella parte stessa, ciò dipende dal fatto che tale somiglianza è un le sostanze medicamentose Paracelso non si stanca di richiamare l’attenzione.
effetto del loro partecipare della medesima essenza, la quale può essere estratta Ciò che gli occhi vedono in un’erba, in una pietra o in un albero, egli scrive,
dall’una e fatta passare nell’altra. Questa caratteristica concezione si delinea in «ist nit arznei», bensì una pura scoria che occorre rimuovere per giungere alla
Paracelso con grande chiarezza. Allo stesso modo in cui il corpo dell’uomo vera medicina, nascosta «inwendig [.. . ], under dem schlacken». Allo stesso
consta di membra diverse, si legge ad esempio nel Labjrinthus medicorum erran- modo in cui da un seme non si genera nulla se non si dissolve prima il suo
tium, «also sind in den kreutern auch glider. das ist ein herz, das ist ein leber, rivestimento corporeo, così una sostanza non può agire ed esprimere il suo
das ist ein milz etc. nach inhalt des menschen». Non che il cuore dell’uomo e arcanum, se non la si libera dal suo corpus^^'^. Questa dottrina circa il carattere
tutte le parti che nelle erbe gli assomigliano siano un unico e medesimo cuore, incorporeo di ogni efficace aruiei assume però in Paracelso anche un particola­
«sonder es ist ein kraft und ein tugent dem herzen gleich»'^’. Questa tugent o re significato sul piano cosmologico. La distinzione tra l’elemento corporeo e
kraft che un vegetale condivide con la parte del corpo che gli è esternamente quello incorporeo delle sostanze medicamentose si convene infatti in un’ulte­
affine costituisce per Paracelso la sua «forma invisibilis» ed è il correlato riore opposizione, quella tra il loro principio astrale e la loro componente ter­
incorporeo della sua «forma visibilis»: «ir sehent — egli scrive — das alle rena. Le sostanze, scrive Paracelso, si fanno scomporre «in beide wesen, in das
corpora formas haben, in denen sie stehent. also haben auch formas al ir astralisch, das ist, wie sie durch die astra wachsen, dan al formirung ist am
arznei, so in inen sind. die ein ist visibilis, die ander invisibilis, das ist die eine ersten in astris, zugleicher weis wie ein eisen in der imagination des schmits,
corporalisch, elementisch, die ander spiritalisch, siderisch»’^^. Così, quando nachfolgend in die erden; das ist, ir secht, das alle werk des gestirns zu erden
un’erba è somministrata all’organismo, essa viene assorbita «spiritualiter in irer
essentia» e va a collocarsi esattamente in quelle membra che corrispondono
alla sua «form a visibilis»: «also hat sie ein form der fùBe, stehet sie in die fùB,
hat sie ein form der hende, so stehet sie in die hende. also mit dem kopf,
Von den binfailenden Siechtagen, IF 8, p. 293; «Zum sibenden sind kùnst erfaren durch die
rucken, bauch, herz, milz, leber etc. » Un’attenta considerazione delle affini­ form, also das forni do gegen form angezeigt hat, also das gleichnus auf gleichnus komen ist,
tà morfologiche che legano le membra ai vegetali è dunque la necessaria pre­ krebs wider krebs, form wider form und dergleichen, als serpentina auf schlangen gift und der-
messa di ogni efficace terapia. Come altrove Paracelso asserisce, «aus diser gleichen mer»; Paragranum {let!}e Bearbeitung), 8, p. 157; «Also nach inhalt solcher anatomei
concordanz diser zweien anatomien wechst der arzt und on die ist er solt ir wissen zu nemen die krankheiten und dieselbigen zu verstehen und zu erkennen, damit ir
wissen, warumb scorpio scorpionisch gift heilet, darumb das er des andern anatomei ist ; also der
nichts»'^'^. Così la medicina paracelsiana prende una direzione esattamente
euBer mensch der innern anatomei, ie eins des andern. dan also heilt arsenicus arsenicum, also
opposta a quella della medicina galenica: se quest’ultima procedeva per con­ realgar realgar, also herz das herz, lung lung, milz milz; nit milz von kùen, nit hirn von seuen
trari, contrapponendo al patologico prevalere nell’organismo di una o due dem hirn des menschen, sonder das hirn, das des innern menschen euikr hirn ist».
qualità elementari rimedi proporzionalmente eccedenti nelle qualità inverse, Opus Paramirum, W 9, p. 63: «gleich gehòrt zu seinem gleichen; iedoch in der ordnung
Paracelso dispone «form wider form» e cura il simile con il simile: «also heilt der anatomei nicht kalts wider hei6, nicht hei6 wider kalts sonder in der linien der anatomei. es
wer ein wilde ordnung, so wir woiten im widerspil unser heil suchen, gleich als ein kind das
arsenicus arsenicum, also realgar realgar, also herz das herz, lung lung, milz
umb brot schreiet gegen seim vater, der gibt im nit schlangen fur brot».
milz; nit milz von kiien, nit hirn von seuen dem hirn des menschen, sonder Labyrinthus medicorum errantium, W W, pp. 187-188; «das die augen am kraut sehen, ist
nit arznei, oder an gesteinen oder an beumen. sie sehent alein den schlacken, inwendig aber
under dem schlacken, da ligt die arznei. nun muB am ersten der schlacken der arznei genomen
werden, demnach so ist die erznei da. das ist alchimia und das ampt vulcani; da ist er ein
apoteker und ein laborant der erznei»; Paragranum (letzfe Bearbeitung), IF 8, p. 188: «nun muB das
Labyrinthus medicorum errantium, W 11, pp. 204-205. corpus hinweg, dan es hindert das arcanum, zu gleicher weis wie aus dem samen nichts wachset
'52 Ivi, p. 209. noch wird, allein es werd dan zerbirochen, welches zerbrechen allein das ist, das sein corpus
>53 Ibid. faulet und das arcanum nit; also hie ist auch das corpus saphiri, allein das es das arcanum
Opus Paramimm, W 9, pp. 62-63. empfangen hat».
82 Capitolo II Paracelso 83

\verden»'=l Così, tutti i principi attivi dei corpi, tutte le tugenden e krefte che menschen das herz, nieren, magen, lungen etc., nit als greifliche glider sonder
possono essere loro attribuite, hanno in definitiva un carattere sidereo e non als kreft und tugenden on ein corpus, wie dan im menschen beKinden wird,
sono altro che gli astri stessi del firmamento, i quali nella sfera inferiore del on ein corpus nichts zu se in »’“ Si precisa in tal modo il peculiare carattere
cosmo si trovano incorporati a un sostrato materiale. Da un lato, quindi, una della visione astrologica paracelsiana: se le parti del corpo e in generale le
medicina non ha alcun potere se non quello che le deriva dal cielo e deve sostanze che appartengono alla sfera inferiore del cosmo sono in potere degli
«durch den himel gefùrt werden»; d’altro lato questa sua jurung coincide con astri, ciò accade non perché questi agiscano su di loro dall’esterno ma perché
l’eliminazione del rivestimento corporeo in cui è originariamente avvolta ed è vi sono compresi fin dalFinizio e costituiscono il principio per cui esse sussi­
«nichts als alein, das du ir hinweg nemest die erden». Separata {gescheiden) dalle stono e operano. Il processo terapeutico descrive quindi un percorso compreso
sue scorie materiali, essa diviene tutt’uno con l’astro di cui condivide l’essenza tra l’astro, la parte e la sostanza naturale che partecipano della medesima
e si fa guidare da esso, «wie ein feder vom wind», verso quella parte del corpo essenza incorporea: la jurung di una stella verso la parte che le corrisponde ha
con cui anche è imparentata: «das also zum hirn gehòrt, das wird zum hirn infatti per effetto la reintegrazione del suo principio immateriale e rappresenta
durch luna gefùrt, was zum milze gehòrt, wird zum milze durch den saturnum di conseguenza il punto più alto della pratica medica: «was ist hòhers an
gefùrt, was zum herzen gehòrt, wird durch solem zum herzen geleit, und also einem arzt — si chiede Paracelso — dan das wissen beider astra concordi-
durch venerem die nieren, durch jovem die lebern, durch martem die gallen. rung»'^'; tale furung non può d’altra parte effettuarsi che per mezzo di una
und also nicht allein mit denen sondern auch mit alien andern, unauspre- sostanza dotata della stessa essenza della parte e della stella. A indicare la per­
chlich zu melden. Dan merken hierin, was ist die arznei, die du gibst fùr die tinenza terapeutica di una sostanza riguardo a una certa parte del corpo è però,
mutter den frauen, so dirs venus nit dahin leitet? was wer die arznei zum hirn, come si è visto, la loro somiglianza esteriore, la quale non è altro, in effetti,
so dirs luna nit dahin fùrete? und also mit den andern La medesima origi­ che una conseguenza della loro comunanza essenziale. Che una pianta possa
ne astrale hanno infatti le tugenden delle parti del corpo. Presenti nel firmamen­ agire sulla parte a cui assomiglia dipende dal fatto che hanno il medesimo
to come forze immateriali e forme disincarnate, cuori, reni, stomaci e polmoni archetipo celeste e sono membri del medesimo genere. Così, le analogie e affi­
si ritrovano nel corpo umano come la realizzazione sensibile di altrettante nità morfologiche che da un punto all’altro del cosmo connettono membra,
essenze celesti: «als im firmament, da seind die siben glider wie in einem astri e vegetali disegnano altrettanti percorsi di una possibile circolazione di
essenze e delimitano l’ambito entro cui può aver luogo una cura. Si fa altresì
cogliere, in questo quadro, il legame che connette le concezioni astrologiche di
Liber de podagricis, IF 1, p. 328. Paracelso, culminanti nei tema delle signaturae, alle sue dottrine di carattere
'5’ Paragranum {IttTfe Bearbeitung), W 8, pp. 183-184: «so nun das also ist, so muB der arzt alchemico. Se i principi immateriali e siderei delle sostanze naturali sono infat­
seme weis lassen faren mit gradibus und complexionibus, humoribus und qualitatibus, scader ti designati «durch euBere zeichen und signatur», spetta poi alla scheidung alche­
muli mit gewalt die arznei erkennen in die gestirn ; das ist, er muB der arznei art ericennen nach
mica ed è «das ampt Vulcani» l’enuclearli eliminandone le scorie materiali.
dem gestirn, das also oben und unden astra sind. und dieweil die arznei nichts sol one den
himel, so mu6 sie durch den himel gefùrt werden. so ist sein furung nichts als allein, das du ir «K unst signata» e alchimia si precisano dunque come due momenti indipen­
hinweg nemest die erden ; dan der himel regirt sie nicht, allein sie sei dan gescheiden von ir. so denti ma fra loro coordinati dell’indagine naturale: se la prima rappresenta il
du nun sie gescheiden hast, so ist die arznei in dem wilien der gestirne und wird vom gestirn «prozeB zu t'mden» nella ricerca delle proprietà terapeutiche delle sostanze, la
gefun und geleitet. das also zum hirn gehòrt, das wird zum hirn durch luna gefùrt, was zum seconda è il «prozeB zu scheiden» e ciò che assicura al medico il loro effettivo
milze gehòrt, wird zum milze durch den saturnum gefùrt, was zum herzen gehòrt, wird durch
possesso 162
solem zum herzen geleit, und also durch venerem die nieren, durch jovem die lebern, durch
martem die gallen. und also nicht allein mit denen sondern auch mit alien andern, unauspre-
chlich zu melden. Dan merken hierin, was ist die arznei, die du gibst fùr die mutter den frauen,
so dirs venus nit dahin leitet? was wer die arznei zum hirn, so dirs luna nit dahin fùrete? und Labyrinthus medicorum errantium, W 11, p. 205.
also mit den andern»; ivi, p. 185: «Dieweil nun der himel durch sein astra dirigirt und nit der Paragranum (letzte Bearbeitung), W 8, p. 185. ‘
arzt, so muB die arznei dermaBen in luft gebracht werden, das sie von astris mògen geregirt Vm den tartarischen Krankheiten, ÌV 11, p. 101 : «nun aber den proceB zu fmden und den
werden. dan welcher stein wird von astris aufgehaben? keiner, allein das volatile, hierin ligt proceB zu scheiden, wil ich euch etwas fùrhalten, wiewol es scolasticalia seind. dieweil aber das
nun, das vii in der alchimei quintum esse gesucht haben, das dan nichts anderst ist, dan so die doctrinal dis scolastical nit weiB noch verstet, ist billich dasselbig fùrzuhalten und das nemlich
vier corpora genomen werden von den arcanis und als dan das uberig ist das arcanum. dis in den weg. die kunst signata oder consignata offenbart alles, was im selbigen corpus ligt durch
arcanum ist weiter ein chaos und ist den astris mòglich zufùren wie ein federn vom wind». euBere zeichen, also das man durch euBere zeichen und signatur sicht was golterz ist, was eisen-
84 Capitato II Paracelso 85

Se si abbracciano ora in una veduta complessiva le concezioni di Paracel­ sunto che un vegetale possa curare la parte del corpo a cui assomiglia. Per
so e si considera il contenuto essenziale della sua dottrina delle signaturae, si quanto spazialmente separati, solo somiglianti e non più la medesima cosa,
può vedere come essa si sforzi di conciliare un insieme di rappresentazioni parte e pianta ritornano infatti tutt’uno e si identificano di nuovo quando sono
nate dalla tendenza del pensiero, in una certa fase del suo sviluppo, a confon­ considerati dal punto di vista del loro comune principio essenziale. Viene cosi
dere e identificare le cose tra loro con gli schemi di una visione del mondo recuperata, sul piano dell’essenza, quella particolare modalità secondo cui gii
per la quale questo si è da tempo costituito come un insieme di sostanze oggetti entravano tra loro in rapporto nelle rappresentazioni del pensiero miti­
distinte e indipendenti le une dalle altre. Il mondo della natura e, in generale, co: sotto questo profilo l’eufrasia vale ancora quanto gli occhi, si identifica con
dell’esperienza si è articolato per il medico di Einsiedeln in una serie di oppo­ essi e può essere loro vantaggiosamente sostituita; poiché tuttavia occhi ed
sizioni concettuali, la mediazione fra i cui termini è costituita dall’idea di eufrasia si configurano come sostanze distinte, il loro rapporto, che nel pensie­
segno: visibile e invisibile, esterno e interno, terrestre e astrale, corporeo e ro mitico era un puro identificarsi, si traduce in una nozione che il pensiero
incorporeo non si presentano come determinazioni fra loro inconciliabili ma il mitico non possedeva, quella, cioè, di un agire. Il principio per cui il simile
rapporto di armonia e reciproca concordanz che sussiste fra esse fa dell’una agisce sul simile, lo potenzia e lo reintegra in se stesso, si precisa ulteriormen­
l’espressione e la cifra dell’altra: nel visibile si fa leggere l’invisibile, nell’ester­ te, in questo quadro, attraverso il corollario che un’azione è in generale possi­
no l’interno, nel materiale l’immateriale. La congruenza che lega questi termi­ bile esclusivamente tra simili: l’essenza comune agli occhi e all’eufrasia potrà
ni opposti trova la sua spiegazione nella riconducibilità di tutte queste polarità agire efficacemente solo sugli occhi e questi pàtire unicamente da essa, in
logiche a un’unica fondamentale relazione, riscontrabile in ogni oggetto quanto il funzionamento e la forma degli occhi dipendono solo da tale essenza,
dell’esperienza: quella che connette un’essenza a ciascuna delle sue manifesta­ dalla quale dipendono, però, il funzionamento e la forma soltanto degli occhi.
zioni fenomeniche, un’idea alle sue realizzazioni sensibili. Se il complesso delle Poiché d’altra parte la somiglianza esteriore di due oggetti è il segno di una
determinazioni visibili di una sostanza naturale vale come il segno e la signatura loro comunanza essenziale, consegue da ciò che l’influsso di un ente su un
del suo interno invisibile, ciò dipende dal fatto che questi suoi due aspetti altro è possibile solo nel caso che essi abbiano la medesima essenza. Stretta-
stanno tra loro come il fenomeno e la sua essenza, l’ectipo e il suo archetipo. mente connesso a questa problematica, si delinea in Paracelso un particolare
In quanto risultano dal compenetrarsi di un fattore ideale e di uno materiale, i modo di intendere il conoscere, nel quale svolge un ruolo essenziale il concet­
«natùrliche dinge» vengono a raccogliersi in vasti raggruppamenti di genere, to di segno: diversi per un aspetto, identici per un altro, oggetti simili, non
al cui interno essi si trovano al tempo stesso distinti e imparentati: ogni erba meno di quanto siano in grado di interagire, si designano vicendevolmente, la
che in base al suo aspetto si possa associare a una parte del corpo e a una stella conoscenza dell’uno può attingersi mediante quella dell’altro: al di là dell’in­
è a esse assimilabile in quanto ne condivide l’essenza, ne è distinta in quanto flusso che esercita sul mal caduco, la peonia è anche il suo modello esplicati­
di tale essenza è una diversa realizzazione. Oggetti che si collocano in ambiti vo, ciò attraverso cui è possibile apprendere «sein zeit, sein stund, sein paroxy-
diversi della natura, nella sfera inferiore e in quella superiore del cosmo, risul­ sm um »; la verbena, l’angelica e la chelidonia non solo curano cuore, milza e
tano in tal modo collegati da una rete di reciproci rimandi: ciascuno di essi polmoni, ma sono anche il paradigma da cui può essere attinta Verkantnus di
designa gli altri individui appartenenti alla medesima specie, tutti quanti rin­ queste parti n a s c o s t e L a visione di un cosmo in cui eventi distanti tra loro
viano al comune principio che costituisce la loro essenza. Proprio nell’idea che nello spazio risultano nondimeno connessi da un legame analogico, si anicola-
enti esteriormente simili siano tra loro distinti ma, sotto un certo aspetto, no e svolgono secondo identiche regole, è però a sua volta la base di un altro
quello della loro essenza, di nuovo identici trova ora la sua giustificazione l’as­ modo di intendere il rapporto tra gli enti, per il quale questi non sono più
pensati come tali da influire realmente gli uni sugli altri ma si mantengono,
pur nel loro essere in relazione, autonomi e reciprocamente indipendenti: essi
erz ist, was kupfererz etc. solche kunst ist ein membrum astronomiae und ist ein eingang in die mutano e si sviluppano secondo la stessa successione di fasi, i tempi dei loro
arznei. solt nun hie beschriben werden, wie die zcichen gefiinden werden und gesehen, es wurd processi interni appaiono coincidenti e accordati, senza che questo significhi
dis capitei lenger dan zwei bùcher. so vii aber verstehet hie, das ich euch in die kunst signatum un loro mutuo influire a distanza. Così gli astri non agiscono sugli elementi
weise und fìire, durch die euBeren zeichen die inneren zu erkennen, als durch brennen die
neBlen erkent wird, durch die bitterkeit der enzian. nun aber zu scheiden wissent, das ir der
alchimei bericht sol sein, die lernts extrahirn und zusamen bringen, absundern in ir eigen
faB». Cfr. supra, p. 53.
86 Capitolo II

inferiori del cosmo, ma quanto si dà a vedere negli uni è semplicemente con­


comitante a quanto si assiste negli a l t r i S e , d’altra parte, una e medesima è
la ratio cognoscendi di sostanze appartenenti a sfere diverse del cosmo — astri, C a p it o l o III
vegetali e parti del corpo — consegue da ciò anche l’idea di una natura unita­
ria, ovunque retta dalle medesime leggi e una concezione del conoscere come SVILU PPI D E L L A D O T TR IN A D E L L E SIG N A T U R A E
processo di unificazione dell’e s p e r i e n z a C o s ì , dalla matrice stessa della tra­ N E I SECO LI X V I E X V II
dizione magico-astrologica si vede originarsi in Paracelso, con un’evidenza
molto maggiore che in altri autori rinascimentali legati a questo stesso filone
dottrinale, tutto un complesso di nuovi atteggiamenti intellettuali, orientati
verso una più matura visione della realtà naturale e del modo in cui se ne può 1. Iprim i seguaci di Paracelso. — Nel quadro del progressivo affermarsi della
avere conoscenza. Nel mediare tra queste diverse posizioni del pensiero, nel filosofia di Paracelso che si accompagna, nella seconda metà del X V I secolo,
suo continuo passare dall’una all’altra di esse, la filosofia di Paracelso consente alla pubblicazione postuma di gran parte dei suoi scritti, anche la dottrina delle
di cogliere tali nuovi contenuti nella loro genesi logica e, per così dire, allo signaturae non tarda a essere ripresa e discussa, divenendo uno dei motivi più
stato nascente. Le ulteriori vicende di questi motivi, implicitamente contenuti caratteristici della nuova scuola iatrochimica. Così nel 1567 il Compendium di
nella sua dottrina delle signaturae e da essa veicolati, saranno più avanti seguite medicina paracelsiana di Jacques Gohory (Leo Suavius), parafrasando in latino
in taluni settori della filosofia del ’600. alcuni passi dei Lahyrinthus medicorum errantium, ripropone, pur senza utilizzare il
termine signatura, le credenze relative all’eufrasia, la quale «ex forma [. . .] sua
oculari ad membrum ipsum sponte se confert». Nei vegetali, continua l’autore,
sempre ricalcando il Lahyrinthus, sono contenute «om nia membra hominis, cor,
hepar, etc. non figura sed proprietate»; per questa ragione, quando nel corpo
umano viene introdotta un’erba che ha la forma del cuore, «cor tendit ad cor
hom inis»; non diversamente il dactiletus è in grando di curare il cancro, «quia
forma eius cancer est»'. Uldea medicinae pbilosopbicae (1571) di Peder Sorensen
(Petrus Severinus), che costituisce il primo importante tentativo di riorganizza­
zione sistematica e approfondimento teorico della medicina paracelsiana, pre­
senta, si può dire, il caso inverso: per quanto non vi sia ripresa la specifica
dottrina circa l’azione dei vegetali assomiglianti alle parti del corpo, il termine
signatura vi viene ampiamente utilizzato ed è anzi, fra quelli tecnici, uno dei
più spesso ricorrenti. Esso viene assunto in un significato molto generale, desi­
gnando ogni qualità o determinazione sensibile che possa, a qualsiasi titolo,
attribuirsi alle cose: nell’illustrare la nozione di Semen, di quel «vitale Princi-
pium » da cui, secondo la sua concezione, si sviluppano i vari organismi viven­
ti, Sorensen scrive ad esempio che esso contiene in sé gli «Spiritus mechanici»
capaci di produrre i «colores, sapores, qualitates, magnitudines, figuras et reli-

' L eo S uav iu s Q. G o h o r y ], Theopbrasti Paracelsi philosophiae et medicinae, utnusque universae,


Cfr. supra, pp. 57-58. compendium, ex optimis quibusque eius libris: Cum schoiiis in libros IV eiusdem De vita longa [. . .], Vita
'« Cfr. supra, pp. 60-61. Paracelsi, Parisiis s.d., p. 43.
88 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 89

quas signaturas» degli organismi stessi VHistoria sive descriptio plantarum di di Thaddaeus Hagek. Il Compendium del Dorn dedica al tema un intero capito­
Leonhard Thurneisser zum Thurn, pubblicata nel 15"8, già utilizza, invece, il lo. Per quanto si tratti anche qui, come nell’analogo scritto del Gohory, di una
concetto di signatura per un’effettiva quanto ampia indagine farmacologica sul semplice parafrasi di enunciati paracelsiani, la dottrina delle signaturae vi è
regno vegetale, condotta non solo «ex doctrina [. . .] Nobilis illius et celebri esposta con ampiezza e resa nelle sue articolazioni principali. Definita la signa­
fama noti Philippi Theophrasti Paracelsi», ma anche e soprattutto «ex ipsius tura come «ars et scientia, quae docet ab externe apparentibus notis, atque
Autoris longi usus et experientiae multiplicis iudicio et scientia»^. Edito in naturalibus signis, internas vires, virtutes, proprietates, conditiones, atque na-
una duplice versione, latina e tedesca, ricco di illustrazioni, l’/« folio del Thur­ turas, ex vero fundatoque iudicio cognoscere»'^, il Dorn riprende il concetto
neisser viene presentato dall’autore come il primo saggio di un più vasto pro­ per cui tutto ciò che la natura crea riceve una forma corrispondente alla sua
getto, che prevede la pubblica2Ìone di altri nove volumi e la descrizione delle essenza, così che anche nell’uomo si realizza un’«optima concordantia figura-
proprietà terapeutiche di quasi duemila piante, «cum domesticarum, tum pere- rum corporalium, et virtutum animi, talisque ut alterutrumque palam faciat
grinarum [. . .] ex Aethiopia, America et Regionibus Aliis»^. In quest’opera, alterum »'^ Attraverso il signatum, si legge ancora nel Compendium, si possono
annuncia l’autore, ogni radice, albero, erba, fiore, frutto e seme sarà descritto e conoscere le «vires virtutum, aut vitiorum uniuscuiusque rei», delle erbe, degli
classificato in base al suo rapporto di simpatia «cum corpore humano (quae alberi, delle pietre e di ogni altra sostanza sensibile o insensibile; è per questa
signatura est) et naturis coelestibus (quae constellatio)»^; verrà inoltre spiega­ via che i «primi signatores» hanno scoperto «multa medicamenta, remedia,
to, con l’aiuto di raffigurazioni degli « instrumentorum ad negocium istud viresque re rum naturalium», mentre al contrario coloro i quali «vires herba-
faciendum»*, come procedere air« artificiosa segregatio»"^ dei suoi principi rum ex signatura non describunt, quid faciant ignorant»’"*. In linea con l’im­
attivi, vale a dire della sua «èvépYSia sive virtus actuosa»®; così, «prò ratione postazione sistematica del suo scritto il Dorn suddivide la scienza delle signatu­
signaturae [.. .] faciliima et optima, Deo auxiliante», si perv^errà a un’adeguata rae in quattro discipline, «ut physiognomia, chiromancia, proporti© et mora­
«curandi methodus» di tutte le malattie che colpiscono gli organi dell’uomo, ta le ultime due aventi come oggetto gli indizi circa l’animo degli uomini
sia quelli esterni sia quelli interni’ . Semplice «eiaaywyfi [. . .] et introduc- che si possono desumere dalla proporzione delle loro membra e dai loro «mo-
tio»'® ai successivi nove, il primo (e unico) volume àtW Historia plantarum è res et habitudines»'^. Ancora vengono ricordate le implicazioni sul piano lin­
limitato allo studio di quei vegetali la cui conformazione riproduce il corpo guistico deir«ars signata», la quale «docet vera nomina rebus dare, non vulga-
umano nel suo complesso. Come infatti il Thurneisser argomenta, qualsiasi ria quidem ex opinionibus vanis hominum praescripta hactenus, at ea solum
pianta che non presenti una specifica somiglianza con questo o quell’organo quae sibi sunt per naturam agnata»'"^. Anche negli Aphorismi di Hagek il tema
«ea immediate et sine controversia totam fabricationem, et structuram humani della corrispondenza tra piante, pietre, gemme e parti del corpo è svolto su un
corporis universam, cum omnibus suis membris, partibus et functionibus piano esclusivamente teorico. Colpito dall’estrema varietà delle linee impresse
signat»” . Il tema delle signaturae è affrontato in altre due opere pubblicate in sulla fronte dell’uomo e convinto che esse vi siano state tracciate da Dio e
questi anni: il Compenàium astronomiae di Gerard Dorn e gli Aphorismi metoposcopici dalla natura «non temere et fortuito» ma per designare, «quasi hierogliphicis»,
ciò che si nasconde nei singoli individui, Hagek le paragona ai signa, sigilla e
figurae che spesso si vedono sulle piante e sulle pietre e attraverso le quali que­
^ P e t r u s S e v e r in u s [P. S o r e n s e n ], Idea medicinae philosophicùe, jundamenta continens totius doc- ste «nobiscum quasi loqui, et vires facultatesque latentes, quae illis insunt, qui-
tnnae paracelsicae, hippocraticae, et galtnicae [. . .], Basileae 1571, p. 96. busque partibus corporis ac visceribus erarumque morbis adhibenda sunt, nobis
^ L. T h u r n e is s e r zum T h u r n , Historia sive descriptio plantarum omnium, tam domesticarum quam
exoticarum: Earundem cum virtutes influentiales, elementares, et naturales, tum suhtilitates, nec non icones etiam
veras, ad vivum artificiose expressasproponens [. . .], Berlini 1578, p. I.
Ivi, dedica, senza num. di pag. G. D o r n , Compendium Astronomia magnae, in Commentaria in Archidoxorum libros X [. . .]
^ Ivi, p. I. antea nunquam in lucem data. Ouibus accessit Compendium Astronomiae magnae [. . .], etiam latine prius nun-
Ivi, dedica. quam editum. Francoforti 1584, p. 521.
^ Ivi, p. I. Ivi, p. 523.
* Ivt, p. V. Ivi, p. 524.
’ Ivi, p. I. '5 Ivi, p. 521.
Ivi, dedica. Ivi, p. 522.
Ivi, p. II. Ibid.
90 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 91

prodere videntur»'*. Proprio lo studio di queste signaturae, già coltivato dagli razione quelle caratteristiche dei vegetali che «coelestium siderum similitudi-
antichi, poi caduto in dimenticanza e rimesso in auge da Paracelso, è all’origi­ nem et mutuum consensum indicant» e sistematicamente elencate sotto cia­
ne, per Hagek, della fisiognomia e della chiromanzia, nonché della metoposco- scun pianeta le piante e le parti del corpo a esso corrispondenti ^5. Nonostante
pia, anch’essa scienza molto antica che egli, assieme a Cardano, si attribuisce il l’indubbia analogia delle tesi sostenute in questo testo con gli assunti della
merito di aver riscoperto'^. Riprendendo da Hagek, anche il breve trattato De scuola iatrochimica, poiché il Della Porta non usa il termine signatura né fa il
signatura rerum naturalium, che costituisce la dissertazione dottorale in medicina nome di Paracelso o dei suoi seguaci, risulta diffìcile stabilire se lo spunto
di Heinrich Khunrath (1587), insiste sul carattere non casuale dei segni esibiti decisivo per la sua opera gli sia venuto da questi autori o non piuttosto da quel
dalle sostanze naturali. Come è comprovato «in Philosophorum Scholis», Dio complesso di fonti antiche che si sono considerate nella prima parte di questo
e la natura non fanno nulla invano ma ogni cosa è da essi preordinata «ad lavoro e che egli cita invece ampiamente, da Plinio a Marcello Empirico, da
certum fm em »; anche la molteplice diversità di segni e signaturae che si coglie Teofrasto a Dioscoride e ai trattati ermetici di botanica astrologica. In
nelle piante, nelle pietre e negli animali e che suscita Xadmiratio dell’autore, quest’ultimo caso egli sarebbe per\^enuto per vie proprie a quella medesima
non può dunque essere fortuita, ma occorre pensare che sia stata introdotta reinterpretazione delle antiche credenze circa la forma dei vegetali in termini
«certissima Dei voluntate et providentia» per rivelare agli uomini il latente di un esterno segno ed espressione dell’interno che si è vista al centro
contenuto delle cose^°. dell’opera di Paracelso. Nel prooemium della Phytognomonica e nel suo primo
La Phytognomonica di Giovan Battista Della Porta, edita per la prima volta libro, di contenuto teorico, lo stesso Della Porta annuncia la nuova scienza
nel 1588, costituisce una delle esposizioni più fortunate della dottrina per cui i come una sua personale scoperta. L ’idea che fosse possibile risalire alle virtù
vegetali esprimono le loro proprietà interne attraverso il loro aspetto esteriore, terapeutiche dei vegetali partendo dal loro aspetto esteriore gli è stata innanzi­
e sarà considerata un classico in materia per tutto il secolo successivo. Le affi­ tutto suggerita da quanto è dato vedere nel mondo animale: se i cervi si salva­
nità di forma e di colore tra piante, parti del corpo, cause e sintomi delle no dagli avvelenamenti cibandosi di carciofi, se i colombi, i merli e le pernici
malattie vi sono trattate come un caso particolare di una più generale analogia sono soliti purgarsi una volta all’anno con le foglie dell’alloro e le gru con il
di rapporti che connette il mondo umano a quello vegetale e animale e costi­ giunco palustre, se, insomma, gli animali sono in grado di distinguere attraver­
tuisce la base di un loro simpatetico agire e patire. Così, attraverso i numerosi so certi segni caratteristici le erbe che sono loro utili da quelle dannose, perché
capitoli dell’opera e citando una cospicua quantità di fonti, l’autore si sforza di agli uomini «defuturos typos imaginari debemus, ex quibus itidem vestigari
dimostrare non solo che «plantae, et dentata animalia dentibus, et dentationi potuissent.^»^®. Accadeva inoltre al Della Porta che una pianta dall’aspetto
praestant»^’, che «quae cordis specimen referunt plantae, cordi subveniunt»^ leggiadro, di gaio e vivido colore, soavemente profumata, gli si rivelasse poi
e tutto l’ormai noto repertorio delle relazioni di questo tipo, ma anche — per anche dotata di benefiche virtù terapeutiche, al contrario una fetida e sgraziata
fare solo alcuni esempi — come i fiori «qui muscas, et papiliones ostentant» di proprietà dannose o letali. Né era meno colpito dal fatto che piante simili
promuovano la capacità di generare^ o come le «brevioris vitae plantae, ani- offrissero pressoché lo stesso tipo di rimedi, piante dissimili rimedi diversi. È
maliaque» conducano «ad vitae brevitatemw^"^. Sono inoltre prese in conside­ così che, «divino suggerente auxilio», all’autore è balenato il pensiero che «ut
nostri intimi mores ex corporeis extimis notis investigari possunt, et venatores,
equites, pastores, et aucupes ex animalium effigie morum propensiones cogno-
scunt, eorumque delectus faciunt, sic ex plantarum exterioribus signis interio-
’* T. H a g e k , Aphorismorum metoposcopicorum lihellus unus. Editio secunda. Francofurti 1584,
rum virium hominem posse admoneri». Fondandosi su queste premesse e
p. 20.
” Ivi, pp. 20-21.
attingendo sia alla sua esperienza sia ai libri dei medici, ha cominciato a verifi­
^ H. I^UNRATH, De signatura rerum naturalium theses, Basileae 1587, I-VI. care sistematicamente se le notae esterne dei vegetali corrispondessero alle loro
G. B. D e l l a P o r ta , Phytognomonica [...] octo lihris contenta; in quibus nova, facillimaque affertur dotes e virtù interne; ovunque si sia rivolto sempre gli è apparso un «mirabile
methodus, qua plantarum, animalium, metallorum; rerum denique omnium ex prima extimae faciei inspectione
quivis abditas vires assequatur [...]. Nunc primum ab innumeris mendis, quibus passim neapolitana editio scate-
bat vindicata [. ..], Rothomagi 1650, p. 235.
“ Ivi, p. 250.
“ Ivi, p. 272. “ Ivi, pp. 522 sgg.
Ivi, p. 347. “ Ivi, Ad lectorem prooemium, senza num. di pag.
92 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 93

in re ea responsum, er consequutionem»^l L ’inrerpretazione dei segni esibiti thliaca di Johann Rothmann (1595) le signaturae esibite dalle piante sono ricon­
dalle piante viene anche messa in rapporto dal Della Porta con le sue prece­ dotte a un sapiente disegno della provvidenza divina e considerate, anzi, come
denti indagini nel campo della fisionomia umana. Nel suo studio «D e morum parte di un più vasto complesso di segni che il Creatore avrebbe introdotto
iudiciis a corporis delineamentis desumptis» {De humana physionomid) egli ha nella natura perché l’uomo potesse decifrarla e «ad Deum ipsum amandum ac
dimostrato, in base all’autorità di Aristotele, Adamanzio, Polemone e dei loro toto pectore celebrandum, ob hanc ejus immensam sapientiam ac bonitatem,
seguaci, che «corpus et animam mutuis coniunctionibus inter sese consequi». alacriter compellaretur»^**. Questa muta eloquenza conferita al creato può
Una prova di questo nesso è ad esempio costituita dal fatto che «in acutis essere colta, secondo l’autore, da chiunque contempli il mondo celeste e quello
aegritudinibus, quae corporis morbi sunt» anche l’anima si ammala, mentre terrestre, i pianeti e i segni zodiacali nel cielo, le pietre, le piante e gli animali
«in amoribus, furoribus et invidiis», malattie dell’anima, si vede patire anche il sulla terra. Ovunque, infatti, è un copioso pullulare di segni: «Mirum quam
corpo Di qui la possibilità della fisiognomica come scienza che insegna a variae hic signaturae sese dent nobis obviam, naturam ingeniumve cujuslibet
risalire all’anima «per apparentem morem» e a leggere l’indole degli uomini tacito sermone proferentes». È così che nei pianeti le diversità di splendore e
nei loro lineamenti ed espressioni^^. H caso dei vegetali è del tutto simile: di movimento corrispondono ad altrettante differenze nel modo di influire e
poiché non si può negare che «mutata plantae facie alterentur vires; alterata- sono il segno di un’energia molteplice e differenziata, «haec inferiora varie
que virium habitudine, alteretur plantae figura», anche nelle erbe l’esterno disponens, movens, animans, producens, signans et sustentans»^^. Facendo
costituisce un segno deH’interno, cioè della loro anima: «Vocamus plantae ani­ propria la nota dottrina esposta da Proclo nello scritto sull’arte ieratica, Roth­
mam — precisa Della Porta — internam vim illam et arcanam operandi, quasi mann sottolinea come aH’interno del cosmo si possano riconoscere «in infimis
naturae dotem»^®. Il modo di esprimersi che è stato dato ai vegetali è poi suprema, et in supremis infima: in coelo quidem terrena, secundum causam,
un’illustrazione dell’«arguta solertia» della natura, la quale anche in questo modoque coelesti: in terris vero coelestia, sed modo terreno». Si estende dun­
caso ha operato per il meglio. Imitando le parti o le malattie per cui sono que sulla natura una fitta trama di rimandi che ne connette anche i punti più
indicate, le piante danno infatti a conoscere le loro interne virtù teraupeutiche lontani: le cose terrene alludono al Sole, alla Luna e alle altre stelle, in queste
attraverso quel particolare tipo di linguaggio che comunica «per similitudi- sono contenute le immagini delle piante, delle pietre e dei metalli. Ecco per­
nem» e rappresenta, per la sua universalità e immediatezza un «modus demon- ché, spiega Rothmann, «a priscis sanctisque patribus» furono disegnate in cielo
strandi» di inarrivabile efficacia espressiva: «E st nam similitudo pictus sermo, varie figure di entità terrestri, vale a dire le costellazioni. Chi era versato in
vel pictura loquens, quae quovis sermone, quibusvis notis valentior est»^’. questi «sacra mundi arcana», continua l’autore, veniva chiamato Rabbino dagli
Proprio su una similitudine tra designante e designato si fondano del resto, Ebrei, magister dai Latini, «sed apud alias gentes fere universas, ille ipse Magus
secondo Della Porta, quei particolari caratteri «quibus Aeg}^ptii sapientes suos dicebatur»^^. Non meno compenetrato di segni appare il mondo degli anima­
animi conceptus exprimebant, ut omnibus essent conspicui» e che essi chiama­ li, l’indole dei quali è chiaramente manifestata «ex illorum effigie», dalla con­
rono «hyeroglypha grammata»^^. Raffigurando nei vegetali le membra e le formazione del muso, dalla voce, dall’andatura, persino dal colore del mantel­
malattie per cui sono indicati, la natura si è dunque espressa nel più semplice lo. Proprio dallo studio dell’aspetto degli animali è nata del resto la fisiogno­
e diretto dei modi e ha dato a tutti, anche al popolo e a coloro che vivono mia umana, come quella scienza che dalla somiglianza dei singoli individui
lontani dal consorzio civile, la possibilità di curarsi con questa o quella bestia trae conclusioni circa il loro carattere^'. Nei vegeta-
Sulla falsariga di un tema paracelsiano che già si è visto ripreso negli
scritti di Hagek e di Khunrath, nella Chiromantia theorica practìca concoràantia gene-
J . R o t h m a n n , Chiromantiat theorica practìca concordantia genethliaca, vetustis novitate addita,
Erphordiae 1595, dedica, senza num. di pag.
Ibid. 55 Ibid.
■» Im, p. 1. ^ Ibid.
Ivi, p. 14. Ibid-, «Ammalia vero in terris si consideramus, quale unumquodque ingenium referar:
Ivi, p. 1. ex illorum effigie, hoc est, vultu, voce, gressu, ac vestitus saepe colore, ut plurimum cognosci-
Ivi, p. 15. mus. Equus gressibus suis superbiam propriam prodit: Asmus tarditatem: Leo facie et gressu
Ibid. animositatem : Ursus ferociam: Gallus et voce et gressu alacritatem; similia cuilibet non stultis-
Ivi, pp. 15-16. simo ubique sunt obvia. Ex inspectione formae externae in bestiis, exorta est physiognomia in
94 Capitolo II I Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V I I 95

li si dà poi a contemplare un vasto theatrum di signaturae, le quali indicano l’uso sne esemplifica abbondantemente, devono quindi considerarsi come altrettanti
terapeutico a cui ciascuno è destinato: Rothmann riporta gli esempi àtWalke- esempi del modo in cui la natura ha dato a conoscere «cui quaeque appropria­
kengi che con le sue bacche rotonde, ripiene di semi duri e minuti, «tacito hoc ta, propria atque utilia, et in quem finem singula ab ea producta sint»'^^.
quasi sermone», esprime la sua attitudine a purgare la vescica dal tartaro e dai Un altro testo destinato a divenire canonico, nel X V II secolo, in tema di
calcoli, quelli del cardo, delle noci, della persicaria (il wasserblut di Paracelso) e signaturae dei vegetali è il De signaturis intemis rerum di Oswald Croll (1609). Nel­
altri ancora, scelti fra i sexcenta che potrebbero farsi su questo tema^®. Se la la praefatio dell’opera l’autore lamenta come i botanici del suo tempo si siano
natura nel suo complesso è così larga di chiari e veridici segni — argomenta a lasciati soprattuto assorbire da varie e spesso frivole discussioni a proposito dei
questo punto l’autore, introducendo lo specifico argomento del suo libro — nomi da attribuire alle piante, nonché da minute descrizioni del loro aspetto
come si potrebbero ritenere «ociosa ac vana» quelli impressi sulle mani degli esteriore al fine di stabilire classificazioni e nomenclature: «instar plebeiorum
uomini? Occorre invece pensare che essi siano stati «a Natura ipsa [.. .] repo- oculis intemis destitutorum », si sono occupati più dell’abitazione che dell’abi­
sita, uti vel hinc etiam opera Dei inscrutabilia nobis aliquo modo innotesce- tante, vale a dire più dei caratteri estrinseci dei vegetali che di quell’« arcana
rent, si lobo cap. 37 credimus»^^. Il carattere provvidenziale delle signaturae operandi virtus» che si cela al loro interno e costituisce «quasi Naturae dotem
esibite dai vegetali viene sottolineato anche nel De priscorum philosophorum verae Plantae ceu Animae a summo Deo inditam ac infusam»'*^. Proprio a questa
medicinae materia di Joseph Duchesne (1603). Non a torto, secondo l’autore, Pla­ deve invece mirare il medico sagace, il quale potrà estrarla «Vulcani seu Ana­
tone ha paragonato le piante a un «hominem inversum». Se infatti si volgono tomici Cultelli opera» dopo averla individuata «per signaturam», grazie cioè a
gli occhi e la mente a quella «rerum considerandarum ductricem», che è la quella «analogica sympathia» e mutua conspiratio che lega ciascuna pianta a una
«naturae àvaXoyia», la particolare proportio sussistente tra questi due aspetti del parte del c o r p o E r b e , fiori, alberi e quant’altro proviene dalla terra non
creato si fa cogliere con chiarezza. Che altro è il tronco delle piante se non sono altro, infatti, che «libri et signa magica ab immensa Dei misericordia
quella parte che anatomisti e statuari designano con lo stesso nome anche communicata», attraverso cui è possibile risalire «ad veram medicinam, id est,
nell’uomo; che altro sono i loro rami, «quaquaversum expansi», se non le signatum»"*^. Questo costituirsi deU’«externus cortex» delle piante come «si-
braccia e le gambe; le loro radici, da cui traggono il nutrimento, la bocca e lo gnum declarans et innuens» del loro nucleo interno'*'^ esemplifica d’altronde,
stomaco?'*® L ’analogia di conformazione tra il corpo umano e quello dei vege­ per Croll come già per Paracelso, un nesso generalmente valido nel mondo
tali è seguita da Duchesne in tutti i suoi particolari. Così la corteccia rappre­ della natura, legato a un sapiente disegno divino. Come infatti chi seppellisce
senta la pelle; le fibre corrispondono ai ner\à, alle vene e alle arterie; le foglie, un tesoro ne contrassegna di solito il luogo «aliquo signaculo», così Dio «com ­
che sono «floris, et fructus praeludia quaedam, non usque adeo male cum car­ plurima in natura, quae non posuit in propatulo, signavit tantum, ut diligenti
noso muscolosoque genere contuleris»^'. Poiché Dio e la natura «nihil faciunt inquisitione possimus illa explorare»^. Se può poi sembrare strano che Dio
frustra» — conclude l’autore riprendendo alla lettera le formulazioni di Hagek abbia creato alcune cose «in aperto», altre «in abscondito», Croll fa notare,
e di Khunrath — tutte queste analogie non sono state introdotte senza scopo rivolgendosi all’«Hermeticae Aledicinae scrutatori», come sia giusto che ciò
nella natura ma costituiscono un ammaestramento per l’uomo, in vista del che ha minor pregio abbia anche un carattere scoperto, ma proprio la segretez­
quale tutto è stato creato, si sviluppa e si c o n s e r v a A n c h e i casi di similitudo za competa a ciò che è grande e prezioso: «Semper [.. .] Deus in abscondito
che si possono riscontrare tra piante, parti del corpo e malattie, e che Duche- posuit Maximum, in aperto autem Minimum»'*^. Non è quindi un caso che i
minerali e i metalli, da cui si ricavano i medicamenti più efficaci, in grado di

homine, ut cuius bestiae faciem moresque homo prae se ferrei, eiusdem quoque ingenium ac
natura in ilio sit depraehensa». « Ibid.
3* Ibid. O. C r o l l , De signaturis intemis rerum, in Basilica chymica [. . .], in fine libri additus est eiusdem
Ibid. autoris tractatus novus de signaturis intemis rerum, C o lo n ia e A llo b ro g o ru m 1631, pp. 1-2. ,
Ics. Q u e r c e t a n u s [ J . D u c h e s n e ], Liber de priscorum philosophorum verae medicinae materia « Ivi, p. 2.
[. . .]. Deque simplicium, et rerum signaturis tum extemis, tum intemis, seu specificis [. . .] duo tractatus [. . .], “*** Ivi, p. 4.
k Gervasii 1603, p. 70-71. Ivi, p. 5.
Ivi, p. 71. '*® Ivi, p. 14.
Ivi, p. 74. Ivi, p. 15.
96 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 97

restaurare lo stesso «spiritus vitae» deiruomo, siano stati nascosti nelle viscere le. Attraverso le proprietà delle erbe del mondo inferiore si possono dunque
della terra; le erbe, invece, che serv^ono unicamente per la cura del corpo e conoscere quelle degli astri corrispondenti e fissarle in formule terrene: «Haec
vengono utilÌ2zate promiscuamente da uomini e animali, si trovmo «m super- est Stella Rorismarini, Absinthij, etc.»^^ Nel De signaturis questa visione si
tlcie terrae». Ciò che è ancora più mirabile — continua Croll — è che gli astri estende fino ad abbracciare lo stesso rapporto tra creato e creatore. Richiaman­
stessi del firmamento, i quali si possono scorgere in cielo manifeste, si ritrovino dosi a quanto ha insegnato «T er maximus ille Triplici Diademate insignitus
occulte sulla terra aU’interno dello spiritus umano. Così come il Sole che è in Rex Hermes [. . .] ab initio Famosissimae suae Smaragdinae Tabulae», che cioè
cielo genera tutte le cose della terra «Terrestri m odo», il Sole terrestre che si «Quaecunque sunt Infra, sunt etiam Supra, meliori tamen, perfectiori et nobi-
trova nell’anima dell’uomo «suo Calore spirituali creat et regenerat omnia Spi- liori m odo»5^, Croll articola l’intero universum in tre mondi distinti ma tra loro
ritualiter»^*^. Create anch’esse «in abscondito», le vinù terapeutiche delle interconnessi, «D eus, scilicet, Angeli, Machina visibilis»^®. In Dio, che è
piante sono comunque conoscibili attraverso il loro aspetto esteriore: allo stes­ «Centrum et Circulus sui ipsius, in se ipso habitans, hoc est in Abysso Infinitu-
so modo in cui i muti per comunicare si serv^ono dei gesti e gli animali espri­ dinis»"’ , il mondo sensibile è «D ealiter complicitus», così come un albero è
mono i loro affetti attraverso i moti del corpo, così Dio «cuique Plantae indi- contenuto Astralice nel suo seme*^. Senza che vi fosse costretto da alcuna
dit proditorem suum», affinché le loro essenze latenti «cognosci, divinari ac necessità esterna ma «ex mera Bonitate» e per la sua gloria infinita, il creatore
manifestari possint»^'. Gli autori che soprattutto hanno raccomandato lo stu­ ha svolto «ex suo gremio, seu profundissimo Divinitatis conceptu et Recessu»,
dio di queste signaturae dei vegetali sono indicati da Croll in Paracelso e in innanzitutto la luce, «id est, Angelicas substantias».. Di qui, attraverso un pro­
queir«insignis Phytopta, et Naturae sagacissimus aemulator» che era stato il cesso di emanazione, hanno avuto origine gli astri, i quali, a loro volta, hanno
Della Porta Poiché i botanici che se ne sono occupati ne hanno semplice- dato luogo alla realtà visibile e sensibile, «ex quatuor Elementis compacta»'^’.
mente accennato e «aliis reliquerunt docendum ac probandum», occorre ora L ’universo si scandisce, quindi, in una progressione di livelli, nella quale ciò
adoperarsi perché si diffonda sempre di p iù ” . L ’ampia casistica di analogie che è superiore include, secondo il modo che gli è proprio, tutto ciò che gli è
morfologiche tra piante, parti del corpo e malattie che l’autore fa seguire nel inferiore, nell’inferiore si ritrova, «evolutum et expUcatum»^^ tutto ciò che è
testo alla lunga praefatio e che egli ha raccolto «tam e Lectione Paracelsi ac superiore: «Om nia corpora seu Elementa visibilia sunt in Astris invisibilibus
Portae quam Experientia propria», viene appunto proposta come un semplice seu spiritualibus Elementis, et Astra sunt in corporibus: Astra sunt in Angelis,
contributo sul tema che offra ad altri «altiora et accuratiora scribendi occasio- et Angeli sunt in Astris: Angeli sunt in Deo, et Deus est in x\ngelis»^l In
nem»^^ quanto è la manifestazione esplicita di ciò che era implicitamente contenuto

In Croll il motivo della signatura dei vegetali si precisa ulteriormente in


rapporto alla visione di un cosmo strutturato in modo speculare, in cui «Infi­
ma [. . .] monstrant Superna, corporalia declarant intellectualia», dalle proprie­ Ivi, p. 13. Croll si rifa qui alle formulazioni dello pseudo-Paracelso autore del De pestili-
tà delle cose terrene e inferiori si può ascendere «in Naturas et Proprietates tate {W 14, p. 624); «Also ist ein iedes kraut ein irdischer stern und stehet uber sich gegen dem
Superiorum et Coelestium»^^. Secondo questa concezione, alle erbe che cre­ himel zu. und ein ieder stern ist ein himlisch kraut spiritualischer weise in der form, in nichten
scono in terra corrispondono altrettanti astri nel firmamento celeste, i quali gescheiden von den kreutern so bei uns auf erden seind, alein so vii die materien betrift ausge-
sono le loro «formae et matrices» e le prefigurano «Spirituali et Chaotico nomen. [. . .] Also stehen die himlischen kreuter under sich gegen dem erdbodem, gegen iren
kreutern, die sie geboren haben. wuBtet ir nun den grunt, so wiirdet ir sagen, diser stern heiBet
modo». Ogni erba è una «Stella Terrena vergens Coelum versus», mentre le stella rosmarini, diser heiBt stella absinthii und hat die kraft absinthii; also wurdet ir fiir docto-
stelle non sono altro che erbe celesti, dotate di una forma puramente spiritua- res angesehen». Sulla non autenticità del De pestilitate e per le ragioni della sua attribuzione a
Bartholomàus Scultetus cfr. il Vormort di SudhofF al 14° voi. dei Werke di Paracelso, p. 33.
5"' O . C r o l l , De signaturis, cit., p. 16.
50 Ibid. 5» Ivi, p. 18.
Ivi, p. 14. 5’ Ivi, p. 20.
Ivi, p. 12. «> Ivi, p. 16.
Ivi, p. 24. Ivi, p. 21.
” Ivi, pp. 12-13. “ Ivi, p. 23.
55 Ivi, p. 17. Ivi, pp. 21-22.
98 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 99

nella «Fontali Unitate»^"* di Dio, l’universo creato, quest’«am pia Mundi ma­ 2. Incomprensioni e cadute del tema. — Si è visto come nella dottrina paracel­
china», non è altro che un’«umbra D ei», nella quale il Creatore invisible «se siana delle signaturae le arcaiche rappresentazioni che nel pensiero mitico erano
nobis videndum, audiendum, gustandum, odorandum et tangendum exhi- all’origine dell’assegnazione di un particolare valore terapeutico ai vegetali
bet»''^ Vi è dunque la possibilità di spingersi, «per creaturarum ordinem», assomiglianti alle membra fossero state fedelmente tradotte e transcodificate,
attraverso questa «Catenam seu restim auream coelitus fragilitati nostrae per così dire, in un nuovo linguaggio. L ’idea che una pianta potesse curare la
demissam», dalle cose infime alle medie, di qui, di nuovo, fin fuori dal mon­ parte del corpo a cui somigliava, legata nella coscienza mitica al loro confon­
do, «ad ipsum Rerum Opificem», meta a cui tendono, «tanquam ad desidera- dersi e identificarsi, era stata recuperata, all’interno di un pensiero per il quale
tum Terminum», tutte le c r e a t u r e I l «Lum en N aturae» è anzi in grado di le cose avevano ormai assunto una stabile esistenza individuale, facendo valere
percorrere questo tragitto in ambedue le direzioni, «ascendendo et descenden­ la distinzione, negli enti, fra un loro principio corporeo e uno incorporeo, tra
do, intrando et exeundo»: l’«introitus vel ascensus» si verifica quando, «per una loro apparenza esteriore, diversa in ciascuno di essi, e un loro invisibile
scalam lacob», da ciò che è inferiore ci si eleva al superiore, dalle cose sensibi­ nucleo interno, in comune fra molti: se una parte poteva curarsi con la pianta
li si passa alle intellettuali, dalle creature al Creatore; Xegressus quando si che le assomigliava, ciò accadeva perché, pur autonomi nel loro sussistere e
discende da Dio alle cose, daH’intellettuale al sensibile, «a Centro ad Circum- distinti dal punto di vista della loro apparenza, questi oggetti tornavano a
ferentiam»'^l II mondo sensibile si costituisce pertanto come segno e figura, equivalersi e a essere tutt’uno dal punto di vista della loro essenza. Stante,
come un insieme di sjmbola mediante i quali «e temporalibus seductoriis manu- però, il loro configurarsi come enti distinti, il loro rapporto, che nel pensiero
ducimur ad Aeviterna et Spiritualia»^. In questo quadro le stesse signaturae mitico era solo un identificarsi, era pensato in una forma diversa e descritto
esibite dai vegetali rappresentano solo un aspetto della generale percorribilità come un agire. L ’accento posto sull’articolarsi delle cose in un interno e un
della natura «a signis ad signatum»*^’ e sono solo una parte di quel vasto com­ esterno, in un loro nucleo essenziale e in un’apparenza fenomenica, aveva
plesso di characterismi, impressi sulle creature «non atramento, sed ipso Dei inoltre prodotto una serie di conseguenze sui piano del modo di intendere il
Digito» che costituisce la «m elior [. . . ] pars Verae Literaturae, per quam conoscere. Ne era soprattutto scaturita una valorizzazione del concetto di
omnes res occultae leguntur et investigantur»^®. L ’esortazione di Croll a dedi­ segno, inteso appunto come l’idea del particolare rapporto di corrispondenza
care a queste signaturae la dovuta attenzione non doveva rimanere inascoltata. funzionale che sussiste sia tra i diversi individui dotati di una medesima essen­
Attraverso il suo testo e quelli degli altri autori citati in queste pagine il tema za, sia tra ciascuno di questi e la sua essenza stessa. In virtù di questo nesso,
deir«Harm onica Correspondentia»”^' tra membra e vegetali filtrava nella cul­ ovunque nella natura l’occulto si poteva cogliere nel manifesto, l’invisibile nel
tura medica e non solo medica del X V II secolo, diffondendovisi largamente. visibile, l’interno neiresterno. Proprio per il fatto di essere espressione di
Un decennio dopo la pubblicazione del De signaturis, citando Croll, Duchesne e un’unica essenza, i fenomeni celesti davano a conoscere quelli terrestri, le pro­
Della Porta, Daniel Sennert dava notizia delle nuove e strane idee «in faculta- prietà del macrocosmo manifestavano ciò che era nascostamente contenuto nel
tibus medicamentorum investigandis» che erano venute a movimentare la sce­ microcosmo, i ritmi di crescita dei vegetali e le fasi dei fenomeni meteorologi­
na medica di quel periodo. La presente ricerca delle signaturae è così ricondotta ci consentivano di fare previsioni sul decorso delle malattie. Non diversamen­
ai termini di quel dissensus che sul finire del Rinascimento aveva opposto i gale­ te l’indole degli uomini era messa in luce dai loro tratti fisiognomie! e, in
nici alla nuova scuola paracelsiana e tocca di nuovo il suo punto di partenza. generale, ciò che era corporeo e materiale esibiva con chiarezza quanto, incor­
poreo e spirituale, non poteva essere indagato direttamente. La stessa leggibili­
tà delle virtù terapeutiche delle piante nelle loro sembianze e signaturae sensibili
illustrava il carattere mediato che può assumere il conoscere, la possibilità, per
« Ivi, 20 . esso, di giungere al suo oggetto per via indiretta e attraverso l’aiuto dei
« Ivi, 17. segni Questa idea di un esatto parallelismo di rapporti tra segno e designato
“ Ivi, 23. agiva anche sul terreno di quel particolare sistema simbolico costituito dal lia-
Ivi, 18.
guaggio: si ipotizzava infarti una lingua i cui vocaboli fossero in grado di espri­
« Ivi, 17.
0’ Ivt, 16.
™ Ivi, 25.
Ivi, Epistola nuncupatoria, senza num. di pag. Cfr. supra, pp. 84-86.
100 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 101

mere tutto quanto era contenuto nei loro referenti, in modo tale che la cono­ signaturae di un carattere inesplicabile e miracoloso possono essere >vi:uiti in
scenza di un termine garantisse anche quella deH’oggetto corrispondente^^. tutta una serie di testi. Amphitheatrum sapientiae aetemae di Heinr:.-;'. Khun-
Così, senza perdere il contatto con gli schemi che avevano agito aH’interno rath la dottrina delle signaturae, separata dalle sue ragioni, diviene u:\.\ questio­
della coscienza mitica ma operando in continuità con essi, Paracelso ne aveva ne di fede e la si vede trattata come tale prima ancora che razionalrr.ct'.rc .irgo-
effettuato la trascrizione in quelli di un pensiero più evoluto, dando una giusti­ mentata. Ritornando a distanza di venti anni sul tema della sua di>Nv'rt.uione
ficazione nei termini propri di questo del valore terapeutico tradizionalmente dottorale, l’autore sottolinea con orgoglio come egli l’avesse pub:'.:c.imente
attribuito ai vegetali assomiglianti alle membra e spiegando in modo coerente insegnato e difeso primo fra tutti in Germania, dopo che Paracelso l'.iveva
perché l’aspetto esterno delle cose valesse come il segno delle loro invisibili tratto «a tenebris oblivionis» e quando la Phytognomonica di Della Porr.i non si
tugenden interne. Della complessa visione intellettuale a cui aveva dato luogo era ancora diffusa; questo concetto di un «Alphabetum in Naturae I foro Phy-
quest’opera di traduzione, i primi seguaci di Paracelso avevano soprattutto col­ sico-medicum, quod qui discere respuit, monoculus manebit et clauàicans in
to, però, gli aspetti dottrinali più superficiali e facilmente accessibili, lasciando Medicina», rappresenta tutt’ora per lui una verità intangibile: connnuerò a
più in ombra le specifiche istanze concettuali che costituivano la loro premessa difenderlo — egli assicura — «prò viribus in gloriam atque honorem Dei
e giustificazione filosofica. Erano state abbracciate con entusiamo le antiche Mirabilis (auxilio eiusdem) donec viKero»’"*. Nella Confessio fratem iu::s (1615),
credenze, da lui riprese e riformulate, circa il valore terapeutico dei vegetali il secondo dei manifesti rosacrociani, le signaturae assumono una connotazione
assomiglianti alle parti del corpo, ripetuto il concetto per cui nelle sostanze misteriosa e soprannaturale e si prestano a essere utilizzate, così concepite,
naturali l’esterno è sempre un segno dell’interno, il visibile dell’invisibile: si come uno strumento di propaganda politico-religiosa. In questo testo la lingua
era però sottolineato, di questi nessi, principalmente il carattere prov\àdenziale ipotizzata da Paracelso, i cui termini sarebbero in grado di esprimere l.i natura
e divino, senza prestare attenzione a quella dialettica di corporeo e incorporeo, e l’essenza delle cose, è data come già realizzata e in possesso dei fratelli
fenomenico ed essenziale, che li legittimava da un punto di vista razionale. dell’Ordine. L ’apparizione di nuove stelle nelle costellazioni del Serpentario e
Questo quadro complessivo in cui si possono fissare, alla fine del ’500, le posi­ del Cigno, importanti signacula dell’imminente riforma attesa dalla Confraterni­
zioni del movimento paracelsiano va tenuto presente per intendere gli ulteriori ta, dimostra, secondo l’autore, quanto ampio sia l’uso che Dio viene facendo
sviluppi a cui il tema delle signaturae va incontro nel secolo successivo. Lo si della sua scrittura segreta, e come il «Liber Naturae» sia aperto e dispiegato di
vede ripreso, infatti, in una duplice prospettiva: da un lato, in quanto viene fronte agli occhi di tutti, anche se pochi sono in grado di comprenderlo: «Eiu-
considerato soprattutto sotto il profilo delle sue sottostanti strutture logiche, se smodi characteres — continua il testo — atque adeo Alphabetum suum, sicut
ne estende la portata oltre gli originari limiti medici ed è svolto su un piano Deus sparsim SS. Bibliis inseruit, ita in admirando Creationis opere Coelis,
sempre più generale; dall’altro, in quanto viene svincolato dai suoi presupposti Terrae, Animalibus manifeste impressit, ut, quo Mathematicus modo Ecclipses
teorici e dal suo contesto problematico, subisce un netto indebolimento foloso- praevidet; eodem nos Ecclesiae obscurationes, earundemque durationes prae-
fico e dà luogo a tutta una gamma di posizioni involutive: ora a un’ingenua cognoscamus. A quibus literis nos omnino nostras Magicas mutuo sumsimus,
dogmatica magica che, ripetendo le formule paracelsiane senza più intenderne et linguam nobis exinde novam collegimus; qua simul rerum natura exprima-
il senso, si costringe a inchinarsi davanti aH’inesplicabile e al miracoloso; ora a tur»^^ Il carattere prodigioso che viene ormai attribuito alle signaturae e l’am­
uno sforzo di interpretazione teorica che ha esiti ancora più chimerici dei fatti mirato stupore con cui ne è osservato lo spettacolo trovano un’ulteriore illu­
che si vorrebbero spiegare; ora, infine, a un rifiuto dell’idea stessa di signatura, strazione nel Pantheum hygiasticum hippocratico-hermeticum di Claude Dieudonné e
in quanto contenuto fantastico e arbitrario di cui non si vedono più le ragioni. nella Monstrorum historia dell’Aldrovandi così come viene rielaborata dal botani­
Si delinea un pensiero a cui si è fatta estranea una sua stessa creazione e che co Bartolomeo Ambrosini per la sua edizione postuma (1642). Se Dieudonné
oscilla, di conseguenza, tra l’ammirazione, il delirio e la derisione. si limita ad amplificare il tema, già accennato nella tesi di Khunrath àtWadmi-

L ’assunzione in chiave dogmatica delle dottrine paracelsiane circa l’azione


dei vegetali assomiglianti alle pani del corpo e il concomitante rivestirsi delle H. K h u n r a t h , Ampbitbeatrum sapientiae aetemae soiìus verae, christiano-kabalisticum, divino-
magicum, nec non physico-cbymicum, tertriunum, catbolicon [...], Magdeburgi 1608, p. 152.
Secretioris pbilosophiae cmideratio hrevis a P h il ip p o a G a b e l l a pbilosophiae st. conscripta, et nunc
Cfr. supra, p. 73. primum una cum Confessione Fraternitatis R.C. in lucem editam, Casseilis 1615, capp. V ili e IX.
102 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 103

ratio da cui non si può non essere colti di fronte al variegato panorama -di lare «alphabetum hieroglyphicum» è stato scolpito da Dio «omnibus creatis»'^
signaturae messo in mostra dal mondo vegetale («Cum [. . .] nihil in Universo perché ci si potesse introdurre «quasi per portam ad Regis Palatium [. . .],
Mundi theatro reperiatur, quod non aliquid admiratione dignum contineat usque ad praeternaturalem gloriosae Rationis thronum» e ottenere la cono­
[. . .], quis non mirabitur multiplicem et virtutum et signaturarum [. . .] rerum scenza di tutto ciò che è utile per la salute dell’uomo*®. Nel redigere il suo
naturalium diversitatem, analogismos, et cum humano corpore tum sano, tum libro egli non si è quindi basato su nozioni tratte dagli altrui scritti o «a prae-
aegro conspirationes?»)^^ l’Ambrosini fa rientrare le analogie morfologiche ceptorum institutione», ma unicamente su quanto ha imparato «mediante
tra piante e parti del corpo nella vasta categoria dei «physica miracula», di signaturae cognitione, nocte et die laboriose cum multo studio acquisita : Imo
quegli eventi portentosi, «nomine monstrorum vulgo nuncupata», che talvolta ita quasi Deo ipso loquente»®^ Questa visione edificante, per cui tutte le cose
si producono in natura e costituiscono il diletto dell’«humana curiositas». Le della natura si rivelano altrettanti indizi lasciati dal Creatore e «piena miracu-
signaturae vengono penanto affiancate a tutti quegli altri fenomeni prodigiosi e lorum D ei» viene contrapposta da Schweitzer a quel «longe disputabile et non
variamente teratologici a cui è dato assistere quando, «non juxta consuetam Christiane Cartesii Vacuum Anim ae» che è espressione della «rationalis Philo-
naturae normam», sulle parti degli uomini, degli animali e delle piante «pere­ sophia fallax mendaxque» di cui la scienza del suo tempo gli appare ormai
grina quaedam [ ...] figura, vel character imprimitur» e che l’autore viene completamente imbevuta
minuziosamente recensendo «ad recreandam novitatum famen»^'^. L ’idea che L ’impoverimento filosofico in cui incorre nel ’600 il tema delle signaturae
l’efficacia dei vegetali assomiglianti alle parti del corpo costituisca un fenome­ quando non si rinuncia a giustificare l’idea deU’efificacia terapeutica dei vegeta­
no eccedente il corso ordinario della natura, che non può trovare la sua spie­ li analoghi alle parti del corpo ma lo si fa su un terreno diverso da quello su
gazione se non nell’intervento di un fattore trascendente è esplicitamente cui si era originariamente sviluppata è documentato dalie Curiositez inouies sur la
tematizzata ntWAntidotus advenus atheismum di Henry More (1653), dove le signa­ sculpture talismanisque des Persans di Jacques Gaffarei (1629). Qui la mancata com­
turae dei vegetali costituiscono una delle tante prove che l’autore viene fornen­ prensione delle premesse del concetto di signatura conduce da un lato a una sua
do dell’esistenza di un «Intelligens aliquod [. . .] Principium», pronto a pren­ amplificazione sul piano fantastico, che lo porta a includere i contenuti più
dersi cura dall’esterno della natura e dell’uomo. Allo stesso modo in cui i far­ bizzarri e stravaganti, dall’altro all’escogitazione di una teoria esplicativa di
macisti sono soliti applicare opportune diciture ai vasi dei medicinali «ut a carattere naturalistico che appare non meno fantasiosa e arbitraria dei fatti
Tyrone servulo legantur», così la divina provvidenza si è preoccupata di indi­ stessi che vorrebbe interpretare. Scopo di Gaffarei è dimostrare l’efficacia di
care all’uomo «per naturalia haec Hieroglyphica» le virtù curative contenute quelle particolari immagini, note come «Talism ans ou Figures Talismaniques»
in questa o quella pianta. Se poi non tutti i vegetali presentano la signatura a cui ricorrevano «les s5 avants des siecles passez», greci, arabi ed ebrei, vuoi
delle membra per cui sono indicati ciò si spiega, per More, con un duplice per curare i morsi dei serpenti, degli scorpioni, dei cani rabbiosi «et plusieurs
motivo: innanzitutto la monotona ripetizione di questo espediente didascalico autres malheurs qui n’arrivent que trop souvent», vuoi per allontanare «les
avrebbe ingenerato noia e sazietà; in secondo luogo si è voluto lasciare un insectes des villes et des campagnes, comme moucherons, locustes et chenil-
certo margine all’iniziativa e alla ricerca dell’uomo che altrimenti sarebbe les»®^. Proprio per persuadere il lettore dei poteri di queste immagini artificia­
sprofondato nell’ozio'®. Sul carattere soprannaturale e miracoloso delle signatu­ li, l’autore si sforza di mostrare come un’analoga capacità di agire debba essere
rae richiamerà l’attenzione, ancora nel 1676, il Microscopium physiognomiae medicum attribuita a quelle naturali, «empreintes aux pierres et aux plantes, appellées
di Johann Friedrich Schweitzer (o Helvetius). Secondo l’autore, questo partico- vulgairement Gamahe ou Camaieu, et Signatures»*! Di queste figure, che

C l a u d iu s D e o d a tu s [C. D i e u d o n n é ], Pantheum hygiasticum bippocratico-hermeticum, B run- ™ JOH. F r . H e l v e t iu s [S c h w e it z e r ], Microscopium physiognomiae medicum, id est tractatus de phy-
truti 1629, p. 90. siognomia [...], Amstelodami 1676, dedica, p. 3.
U ly ssis A l d r o v a n d i Monstrorum bistoria [. . .] B a r t h o l o m a e u s A m b r o sin u s [ . . .] labore et ** Ivi, dedica, p. 5. .
studio volumen composuit, Bononiae 1642, p. 1. ** Ivi, dedica, p. 6.
^ H. M o r e , Antidotus advenus atheismum, in Opera omnia, Hildesheim 1966 (Reprographi- “ Ivi, dedica, pp. 6-7.
scher Nachdruck der Ausgabe London 1679), voi. II, 1, p. 69. More ritornerà sul tema delle “ J. G a f f a r e l , Curiositez inouies sur la scuipture talismanique des Persans, Horoscope des Patriarches,
siffiaturae ntW'Immortaiitas animai {Opera omnia, cit., II, 1, pp. 412-417) in relazione agli effetti et lecture des estoilles, Paris 1629, pp. 332-335.
imaginatio sulla formazione dei feti. Ivi, p. 149.
104 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 105

sarebbe un errore considerare casuali («pourquoy veut-on [. . .] attribuer au cas no come esse influiscano «aux mesmes choses qu’elles representent, comme
fortuit ce qui nous fait admirer la puissance de Dieu, et donner à l’aventure les celle qu’on appelle Heliotropius, tachetee des gouttes de sang, si on l’applique
choses plus merveilleuses?»)®®, la natura offre un gran numero di esempi. sur la partie sanglante, elle restreint le sang»^“*. Discostandosi però dalla ver­
Nelle pietre di agata se ne trovano addirittura di colorate, «com me celle du sione canonica della dottrina delle signaturae, l’autore non considera queste
Roy Pyrrhus representant les neuf Muses qui dan^oient, richement habillées, figure come il semplice segno dei principi attivi interni alle diverse sostanze
avec Apollon au milieu qui jouùoyt de la harpe»*^ U n’altra figura della stessa naturali ma le ritiene di per sé efficaci e capaci di agire proprio in quanto
specie è quella di cui parla Francois de Brèves nella sua Relation des vojages e che immagini. A sostegno di questo punto di vista egli elabora una curiosa teoria.
si può vedere nella chiesa di S. Giorgio a Venezia. Si tratta dell’immagine Le figure di serpenti, di scorpioni o di rospi che talvolta si scoprono all’inter­
« d ’un Crucifix dans une pierre de marbré, mais si naifuement representé, no delle pietre — egli spiega — possono prendere vita e trasformarsi «en vrais
qu’on y recognoist les cloux, les playes, les gouttes de sang; bref toutes les serpents, scorpions et crapaux» se solo trovano «la nature du lieu propre et
particularitez que les plus curieux peintres pouvoient fìgurer»*’ . I vegetali non disposee à dònner à la pierre ou à la matière, sur la quelle elles sont, une
meno che le pietre offrono un vasto panorama di immagini, «une infinite de qualité et nourriture convenable à la beste dont elles portent l’im age»’ ^
figures admirables, que les Philosophes ont appellé Signatura Rerum»®* e che Accade così che un rospo possa essere generato all’interno di una grande pie­
Gaffarei viene classificando a seconda della parte della pianta in cui si possono tra, «com me celuy que descrit Georgius Agricola, trouvé dans une meule de
scorgere®’ . Egli non si limita però a ricordare le ormai note analogie morfolo­ moulin, que la violence ou du venim, ou du mouvement fit crever et rompre,
giche tra vegetali, parti del corpo e agenti patogeni — il caso della radice et un autre veu par Gorropius en Anvers dans un marbré scié fort espais et
dell’ermodattilo che reca la figura della mano o quello dello stelo della serpen- sans aucune fente ou ouverture »^*^. Allo stesso modo, uno scorpione in imma­
taria che «ressemble parfaictement à la peau d’un serpen t»^ — ma mette in gine potrà liberare le carni dagli umori introdottivi da uno scorpione reale:
evidenza negli elementi delle piante ogni sorta di figure, anche senza alcuna « [ ...] ie dis que la figure d’un scorpion marquee naturellement à la pierre,
relazione con le membra e le malattie. Così, osservando la corteccia di un gio­ cherche tousjours de se perfectionner, et par tout où elle trouve des qualitez
vane ciliegio, gli è accaduto di scoprirvi «des petits arbres chargez de fruicts si qui lui sont propres, elle les tire et les prendes. Si doncques elle est appliquee
naifuement eprimez, qu’il sembloit que le pinceau y eust passé»^’. Se poi si sur la playe faicte par un Scorpion, elle y trouve des qualitez imprimées par le
considera la pianta nel suo complesso «on y trouvera encore des figures, qui scorpion: et les recognoissant propres et convenables, elle les tire et les
seroient incroyables, si tant d’excellents Historiens ne rasseuroient»^^ retient; da fa 9on que la playe n’estant plus occupée de ces qualitez qui l’enve-
questo punto di vista il caso più inquietante è senza dubbio quello del Boramets, nimoient, elle se consolide et se guarit»’ '^. L ’efficacia delle immagini che si
vegetale che cresce «en Scythie, ressemblant parfaictement à un agneau, ayant trovano nelle piante si può spiegare in base alle stesse ragioni. Anch’esse agi­
teste, yeux, oreilles, dents, et tout le reste du corps proportionné. Elle broute scono, infatti, «en la mesme chose qu’elles representent»’*. Se poi si obbietta
l’herbe qui croit tout à l’entour, et lorsqu’il n’en y a plus elle vient à mourir de che i vegetali non cessano di agire quando sono ridotti in cenere e che quindi
faim »” . A tutte queste figure — argomenta Gaffarei — l’esperienza impone «il faut rapporter ceste puissance au naturel de la piante, et non pas en la
di attribuire una particolare efficacia e una maturale «puissance d’agir». Così, figure, qu’elles n’ont plus, puis qu’elles sont en poudre», anche in questo caso
per quanto riguarda quelle che si trovano sulle pietre, si può vedere ogni gior- Gaffarei ha pronta una soluzione: «le responds que bien qu’elles soient
hachees, brisees, et mesme bruslées, elles ne laissent point de retenir au ius, ou
aux cendres, par une secrete et admirable puissance de la nature, toute la
mesme forme et figure qu’elles avoient auparavant: et bien qu’on ne la voye
« Ivi, p. 154.
“ Ivi, p. 157.
Ivi, p. 158.
“ Ivi, p. 177.
Ivi, pp. 178-179. « Ivi, p. 190.
^ Ivi, p. 178. « Ivi, p. 196.
Ivi, p. 179. Ivi, p. 197.
Ivi, pp. 185-186. ” Ivi, pp. 201-202.
” Ivi, p. 186. « Ivi, p. 206.
106 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X VI e X VII 107

pas, on peut pourtant la voir, si par art on la s^ait exciter»^’ . Ne ha dato la da, che offrirebbe agli uomini veridici indizi delle sue forze nascoste, subisce
dimostrazione un «tres-habile Polonais Medecin de Cracovie» il quale, dopo in Libau un capovolgimento polemico: considerare le sembianze delle piante
aver incenerito i vegetali, era in grado di restituirli alla loro forma iniziale come un segno delle loro proprietà interne impresso dalla natura non signifi­
semplicemente riscaldando le fiale dove erano conservati’*^®. cherebbe attribuirle il deliberato proposito di ingannare gli uomini.^ «Num
Il medesimo disconoscimento dei presupposti teorici della dottrina delle etiam scelerata natura est, quae nocentia et iuvantia iisdem saepe notavit cha-
signaturae che si esprime nelle posizioni dei suoi più entusiasti sostenitori è alla racteribus, hominique imposuit.^»'*^. La dottrina delle signaturae va dunque
base delle critiche che le vengono mosse nel X V II secolo. Disgiunta dalle respinta e considerata come un’invenzione puramente fantastica: «Vertant sese
istanze che la fondavano da un punto di vista razionale, da quella dialettica di in omnia rerum miracula huius opinionis fautores. NihiI scientificum inve-
corporeo e incorporeo, fenomenico ed essenziale in cui si inseriva nell’opera nient, sed fortuita pleraque»'®^ Obbiezioni del medesimo ordine vengono sol­
di Paracelso, l’idea deU’efficacia esercitata dai vegetali assomiglianti alle mem­ levate nella Stìrpium historia di Rembert Dodoens (1616): le radici della cheli­
bra, allo stesso modo in cui è accolta come un articolo di fede e giustificata donia minore, solcate da cordoni nodosi che ricordano le emorroidi, si presta­
richiamandosi al disegno provvidenziale di un principio trascendente, così è no in effetti a curare questo disturbo; forse però che per questo il «Ranunclum
anche spregiata e respinta come una superstizione insensata, senza riscontri Illyricum, radicibus similem, haemorroidibus quisquam adhibere audebit?»'®^.
nella realtà. Sull’estrema labilità degli indizi che l’aspetto esterno dei vegetali Alle bacche àtWhalicacabum, simili a vesciche, non si può disconoscere un certo
fornisce circa le loro interne proprietà terapeutiche avevano polemicamente effetto diuretico; l’«alcea vesicatoria», però, il «solanum somniferum» e la
insistito, già nel 1599, le Epistolae chjmicae di Andreas Libau, Se è opinione di «nux vesicaria», «quorum vel fructus vel semina in folliculis instar vesicarum
alcuni — scrive l’autore — che le sostanze naturali diano a conoscere le loro gignuntur, nihil tale praestant»'“l Conclusione dell’autore: la dottrina che
virtù essenziali «per characteres seu coelitus cursu efficacia astrorum impres- insegna a risalire alle virtù interne delle piante partendo dal loro aspetto este­
sos, seu ab ipsa natura foris ad contemplandum se iudicandumque oculis pro- riore «tam fiuxa et incerta est, ut prò scientia aut doctrina nullatenus habenda
positos» e che quindi «quod intortum est serpentium de m ore», come la radice videatur»; affidarsi a questo genere di indizi «ab omni prorsus ratione alie-
della serpentaria, giovi contro il morso delle vipere, «quae aculeos infestos num, ac vanissimum est»'®*. Neppure serve richiamarsi all’autorità degli anti­
gerunt» allevino i dolori pungenti, «mihi totum istud fundamentum suspectum chi: questa teoria è stata infatti sostenuta soprattutto da quegli autori che «Ae-
incertitudinis est»'®'. Nel caso, infatti, che la forma di una pianta designasse gj'ptiorum ac aliorum praestigiatorum fuerunt sectatores, quales mendaciis ac
effettivamente le sue qualità terapeutiche, allora le mele e i cavoli dovrebbero nugis Medicam materiam contaminasse testatur Galenus»'®’ . L ’assunto dei
avere le stesse proprietà dei tondeggianti fiori di papavero e valere contro le sostenitori delle signaturae che Dio e la natura non possono aver dato forma
malattie della t e s t a C h e l’aspetto esterno di un vegetale e la sua efficacia alle piante «temere et fortuito» ma devono averne ideato l’aspetto in vista del­
terapeutica talvolta coincidano non dipende dunque da una necessità naturale la loro utilizzazione da parte dell’uomo si rovescia nell’affermazione contraria
ma si spiega col fatto che «fortuito utrumque in uno convenit»'®^. Sulla base di nel De hermetica aegyptiorum vetere et paracelsicorum nova medicina di Hermann Con­
queste ragioni il tema, caro ai sostenitori delle signaturae^ di una natura provvi- ring (1648). I vegetali — afferma l’autore — sono «corpora naturalia» e come

” Ivi, p. 209. Ep. chym. Uh. tertius, cit., p. 27.


'«> Ivi, p. 210. '“5 Ivi, p. 28.
A . L ib a u , Epistolarum chymicarum liber tertius. Francofurti 1599, p p . 25-26. R. D o d o n a e u s [D o d o e n s ], Stirpium historiae pemptades sex sive libn XXX, Antuerpiae
Ivi, p. 26. 1616, p. 16.
Ibid-, il punto di vista secando cui l’eventuale corrispondenza tra forma e proprietà dei '0^ Ivi, p. 17.
vegetali è da considerarsi del tutto fortuita sarà ribadito da Libau neWAIchymia triumphans-. «For- *“* Ivi, p. 16.
tuitum est si respondent res formis externis. Taceo chymiatriam non ponere in istis sanationem, Ivi, p. 18 ; citando il Dodoens, prenderà posizione contro le signaturae anclie il botanico
sed in essentiis. Quod si quis hic quoque velit nimis acerbus, et superstitiosus litigator esse, quid Simon Pauli: «E t bisce qualitatibus [quelle a cui si rifaceva la medicina galenica] potius fidamus
mirum si et hunc dicam pueriliter agere.^» {Alci^mia triumphans de iniusta in se collegii galenici spurii in in explorandis simplicibus, hoc loco semel admoneo, quam ex signaturis velie nos medicamento-
Academia parisiensi censura [. . .], diligenter eìahoratum studio A n d r e a e L ib a v i , Francofurti 1607, rum vires cum nonnullis Medicis deducere » (S. P a u l i , Quadripartitum de simpUcium medicamentorum
p. 537). facultatibus, Rostochi 1639, p. 2).
108 Capitolo III

tali sono stati creati «in orbis totius complementum primario, in hominis
autem usum non nisi secundario et ex parte». Anche le loro caratteristiche P m ttoctw omo MI C. L rB. I I I . u t
esterne sono state quindi concepite «non tam humanum in usum quam proprii IS E V T L s O S 4 maxilludentestabellfilAoculis fMbielìafXprimit'.ade-
finis gratia». Se in taluni di essi si può scorgere una somiglianza con questa o xtrisedentariés fpecirmvnam deJtgMuimtu ,pMtantesaddetium
quella parte del corpo «id totum ex accidente est et naturae quodam casu »” °. JimiUtHdinem fff^tAndamfìiffeiluram : àJtnifirispineum conum
Il tentativo di giustificare le signaturae riconducendole a un piano della divina dtjquamatumy vtìtfuù loculis iacentes^ ^cxtmptét pitydeSyfim
provvidenza viene attaccato anche nel Pharmacopolium ac dispensatorium modemum fineoUi ^ inmediom^ltpMnicicortices ^ membranularnMJJi-
di Jean Baptiste Van Helmont. Qui la critica muove dal terreno dell’ardente cutmtu^vt Mini ef/dfmjìmulantes in con^e^Hm venircnt. \
fede quietista di questo autore: «Credo — egli scrive — Deum dare scientiam
simplicium cui vult; ex gratia supernaturali: non autem per signa naturae!».
Dio ha creato il complesso delle cose «antequam morbi essent, ad sui gloriam
primario»; non ha quindi conformato i vegetali «propter futuros a contingente
morbos» ma semplicemente «ad decorem u n iv ersi»'". Non manca infine chi,
come Francesco Redi, si preoccupa di sottoporre la dottrina delle signaturae a
una verifica sul piano sperimentale. Valutata da questo punto di vista essa non
può, naturalmente, che esser volta in scherzo: «Favoloso — scrive Redi nelle
Osserva^oni intomo alle vipere — [. . .] è tutto ciò che dell’astrale (così la chiama­
no) e magica virtù delle segnature delle erbe hanno sognato alcuni autori, e
particolarmente il valoroso chimico Osvaldo Crollio. [. . .] Io ne ho fatta espe­
rienza, non già perché ne sperassi o ne credessi vero l’effetto, ma per poter
con verità scrivere di averla fatta; e con questa verità medesima vi confesso,
che di buon proposito ho esperimentato alcune altre famose erbe, da Dioscori-
de, e da Plinio descritte, e sempre ne son rimaso deluso, né mai mi sono
imbattuto a veder le gran meraviglie, che a quelle attribuiscono; onde mi fo
lecito il credere, o ch’esse non hanno avuto cotante doti, o che solamente l’eb­
bero
N e’ tempi antichi quando i buoi parlavano
Che el Ciel più grazie allor solea producere».

H. C o n r in g , De hermetica aegyptiorum vetere et paracelsicorum nova medicina liber unus [. . .], Hel-
mestadii 1648, p. 276; ancora nei 1674 la presa di posizione di Conring sarà duramente censura­
ta da Ole Borch : « Enimvero non frustra sapientissimum rerum architectum ejusmodi in creatis
signa reiiquisse non modo pagani hii viderunt, sed et ad usum humano generi propagando fruc-
tuosum prudenter verterunt. Esto, non videantur respondere eventui figurae omnes, certe igna-
viac, si vero fateri libet, humanae est, non accuratius adhuc inquisivisse, nequaquam signaturae
Divinae, quam nihii otiose praeformasse existimandum ». (O. B o r r ic h iu s , Hermetis, Aegyptiorum,
et chemicorum sapientia té Hermarmi Conringii animadversionibus vindicata, Hafniae 1674, p. 381).
J.-B. V a n H e l m o n t , Pharmacopoiium uc dispensatorium modemum, in Ortus medicinae, Amste-
o i
lodami 1648, p. 458.
F. R e d i , Ossemayoni intomo aile vipere, Firenze 1664, pp. 40-41. Un giudizio negativo sulle
signaturae anche in Gassendi: «[. ..] contendunt folia hyperici, almi, aliaque id genus, quod sint 1. G. B. D ella Porta, Vegetali che imitano la dentatura iPhytognomonica, 1591).
^ (^AÌ^^a.huLmt.Z^.Tkcrpr. 2,S.
Z ^T k c^u . 2 5 . ^ Jicfvoi.pixrtcs ru)nntdl(t9 Corvorifkunta.nijiquru juw cxlcrnu
Coi^oTW h u r tia r ii n a u r v f f u if e x tc ty iv f C rolU u m Jre^ n ^ en fan itu n , S c k aru ^ o fie ritc T .
'*'_____ ^^l^undum CrolUu-wQ re^ncj eriianhuntj SckgtnA^rrmr.
Cj.t>ut. -M u kn m rk C ajn lli. FoÌLAiari” ^

.Rirt». Octiluf. \l^ ilt4 ^ .^ o l. ^mttv. ^it^rvce

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2-3. A. Fabricius, Parallelismi morfologici tra piante e parti del corpo


(’Aitópiijia PoxaviKÓv, de signaiurù plantarum, 1653).
Sviluppi delle signaturae nei secoli X VI e X VII 109
Xtm .,
3. Trasvalutamni delle signaturae da Kepler a Leibniz e oltre. — La perdita di
contatto con il terreno logico su cui il tema delle signaturae era stato svolto da
5TMPATHICVS K IC B0C 05M I CVM MEGACO__
jynantrMs TUnti^m, cum.Jm^uks hmmLOsiyaris mem^ at^mats Paracelso comporta dunque, nel X V II secolo, il rifrangersi di questo tema stes­
so in una serie di vedute ugualmente incapaci di coglierne il senso: sia che si
rinunci a giustificare razionalmente le signaturae, come in Khunrath o in More,
e si ricorra all’intervento di un fattore soprannaturale, sia che si pretenda di
darne una spiegazione in chiave naturalistica, come in Gaffarei, sia infine che
le si respinga in blocco, mostrandone l’inconsistenza magari su basi sperimen­
tali, come in Redi, ciò che emerge da tutte queste posizioni sono gli smarri­
menti e le cadute di un pensiero che manca il suo oggetto. La cultura del ’600
conosce però anche un altro modo di rapportarsi a questo motivo e appare in
grado di intenderlo secondo i suoi peculiari presupposti teorici. Quando ciò si
verifica esso viene colto nella sua verità relativa e lo si vede di nuovo fruttare
sul piano filosofico. Riferimenti al concetto ò\ signatura ricorrono in questo
secolo in autori come Kepler e Herbert o f Cherbury, Jacob Bòhme, Bisterfeld e
Leibniz. Si ritrova al centro della loro riflessione, portato a un grado sempre
maggiore di approfondimento e di sviluppo, quel medesimo concetto di analo­
gia o proporzionalità delle cose, idea di un loro cosmico apparentarsi e connet­
tersi, che della dottrina paracelsiana delle signatura è apparso costituire il
nucleo essenziale. Si è visto come a tale idea si legasse in Paracelso un duplice
modo di rappresentarsi il rapporto tra gli enti; da un lato la somiglianza este­
riore di due oggetti, espressione di una loro comunanza di essenza, era intesa
come il segno inequivocabile della loro attitudine a esercitare un’azione l’uno
sull’altro: in tanto un influsso e un vicendevole scambio erano possibili tra
due sostanze in quanto esse erano simili, dotate cioè dello stesso principio
incorporeo: l’analogia di un oggetto a un altro, il suo essere, sotto il profilo
dell’essenza, già tutt’uno con esso, si costituiva come la condizione necessaria e
sufficiente del suo recepirne l’influsso; d’altro lato enti simili erano anche visti
come tali che il loro essere reciprocamente in rapporto si spiegava non tanto
nei termini di un influsso reale e di un’azione ah extra, ma come un semplice
accordarsi dei loro processi e mutamenti: l’uomo e in generale gli elementi
inferiori del cosmo non subivano alcun influsso dagli astri ma erano così pre­

perforata conferre vulneribus; Quomodo vero potius non obsint, si locus signaturae sit, cum
ipsamet sint quasi vulnerata, neque ea ratione consolidationem, qua ipsa indigeant, inducere
^ htfftuJymrA possint?» (P. G a s s e n d i , Syntagma pbilosophicum, in Opera omnia. Faksimile-Neudruck der Ausgabe
JLAmÌiùi./ym~^^Lmùt UmaoMmemlrB C^ffm .>■»— i futp r ^ memàra. àuiaa mÀc^mimr.
Cigw c^itu rn^wmatHué cam^tmmtr,fcp^e. \u ^ x àuimtv, c^ìM a. lAi von Lyon 1658, mit einer Einleitung von T. Gregory, Hildesheim 1964, voi. II, p. 166). Nel
^m. Sifm^mr^ exfrmupU' Om - pvttnttftimd, cantra, c .^
Wv» ì AtMoi cM/inp’ rauMt..T»^jt£te * coÉeru
— ^ cimt.
. y»« <-«t. fAcdléma. Jintr,
A^- j»mi^ atiffiàu tKrmtaU^
CJffvnetU*, 1652, all’esposizione e discussione dei diversi punti di vista emersi in quegli anni prò e contro le
■dm-xt
signaturae aveva dedicato la sua dissertazione dottorale A. Fabricius CATOprina Potovikóv, de signa^
turis plantarum. Quod Romae, Mens. JuL, anno MDCLII, exercitii gratta [. . .] tractavit W o l f g . A.\ibr o s .
4. A. Kircher, Relaàoni simpatetiche tra membra e vegetali {Mundus subterraneus, 1663-65). F a b r ic iu s [ .. .] medicinae candidatus, Norimbergae 1653).
110 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 111

disposti da trasformarsi e mutare in concomitanza con il vario configurarsi di Oltre a ciò, se Paracelso si era limitato a mettere in rilievo la similitudine tra
quelli. Precisamente questi schemi ritornano negli autori citati più sopra e ne questo e quell’oggetto presenti nel mondo — un astro e un metallo, una pian­
caratterizzano le concezioni: il concetto di un’identità di essenza o comunque ta e una parte del corpo, un fenomeno meteorologico e una malattia —
di strutture interne tra gli enti è alla base del modo di intendere il loro scam­ mostrando come grazie a questa similitudine la conoscenza dell’uno garantisse
bievole influsso in Kepler, in Herbert e, sia pure aU’interno di una concezione quella dell’altro, questa relazione di somiglianza è ora fatta valere su un piano
ulteriormente evoluta, anche in Bisterfeld, mentre con Leibniz sembra trovare più generale e riferita al rapporto tra il soggetto conoscente e il complesso
la sua più compiuta e sistematica formulazione l’idea che le sostanze non agi­ delle cose sussistenti al suo esterno. Non si tratta più solamente di un’identità
scano realmente le une sulle altre ma vi sia solo un accordo e un rapporto di di essenza tra singole sostanze, che spiega come la conoscenza dell’una avven­
armonica corrispondenza tra i loro rispettivi mutamenti. Si assiste a un amplia­ ga mediante quella dell’altra, ma dell’affinità della mente con il cosmo, la qua­
mento della concezione di partenza e a un significativo progresso del pensiero: le spiega il conoscere in generale. In questo quadro anche il concetto di signa­
ciò che in Paracelso era stato introdotto per render conto deH’efficacia delle tura viene recuperato e portato a evolversi nella direzione verso cui tendevano
stelle sull’uomo o dei valore terapeutico dei vegetali assomiglianti alle mem­ le sue implicite premesse concettuali: vi si vede non più o non solo l’idea di
bra, va incontro a un processo di generalizzazione e si tende a vedervi il para­ una relazione tra piante e parti del corpo ma, conformemente al suo più pro­
digma di ogni possibile interazione degli enti. Si è anche visto come il rappor­ fondo nucleo filosofico, quella del rapporto che, ovunque nel mondo, lega due
to analogico tra due sostanze fosse per Paracelso, oltre che la condizione del enti dotati della medesima essenza sia tra loro sia con l’archetipo che ne è la
loro interagire, anche ciò che permetteva che esse si dessero reciprocamente a comune radice. Certamente in questi testi l’incidenza del termine è varia e vi è
conoscere: oggetti simili non solo erano in grado di influire scambievolmente anzi la tendenza a un suo progressivo accantonamento, via via che ci si inoltra
ma la conoscenza del più occulto poteva ottenersi tramite quella del più mani­ nel secolo e giungono a maturazione le istanze di cui esso era il tradizionale
festo. N ell’idea di signatura si esprimeva proprio questo duplice nesso, l’attitudi­ supporto linguistico. A ll’evoluzione del pensiero si accompagna un mutamento
ne di due enti tra loro analoghi a essere la causa e al tempo stesso il segno del lessico, in quanto si tende a mettere da parte la vecchia terminologia e a
l’uno dell’altro. x\nche questo secondo aspetto dell’idea di analogia viene ora dotarsi di un linguaggio più aderente ai nuovi contenuti. Anche là dove il
elaborato e approfondito, ponendosi al centro di una riflessione sempre più termine è raro, come in Bisterfeld e Leibniz, la sua presenza ha comunque il
consapevolmente orientata in senso teoretico: si delinea una serie di visioni in valore di un indice, il quale rimanda al passato e rappresenta la traccia di una
cui il concetto di segno acquista un’importanza via via maggiore e che sempre fase più antica nel processo di eleborazione di certe tematiche. Questa valoriz­
più decisamente sottolineano il carattere simbolico intrinseco al conoscere” ^. zazione delle implicite istanze filosofiche del concetto di signatura può innanzi­
tutto seguirsi nell’opera di Kepler.

Fra gli autori il cui nome è legato alla rivoluzione scientifica del ’óOO in
Questo sviluppo dcH’idea di analogia in senso teoretico e ontologico può essere seguito
pochi come in Johannes Kepler innovazione e tradizione, le più audaci novità
anche aH’interno del movimento paracelsiano e in autori più immediatamente riconducibilis
neH’ambito della tradizione magico-astrologica: cfr., ad esempio, J. S c h r ò d e r , Phamacopoeia
medico-cbymica, sive thesaurus pharmacologicus, [. . .] quo principia pbysicae hermetico hippocraticae candide exhi-
hentur [...]. Editione quarta [...], Ulmae Suevorum 1655, p. 18: « [ ...] quoniam bonitas perfectis-
sima absolutissimaque m Deo concentrata est, adeo ut nihil boni dari possit, quod a bonitate illa humano mundo seu microcosmo inferior, seu sensitivus superiorem appetitivum, uti et corpo-
alienum sit (quippe imperfectum id foret) creaturarum bonitatem creatoris anaiogam esse opor- reus spiritualem in omnibus affectat. Correspondent sibi invicem operationes sensus et appetitus,
tuit. Siquidem ergo res cunctae analogae sunt ad Dei bonitatem relatae, et inter se eas analogas siquidem hic ex ilio oritur. [...] Sicut igitur Magnes, ferrum attrahendo. spiritum ejus quasi
esse, necessum est. Hinc liquet rerum naturalium analogiam, adiumentum esse cognoscendae exugit, ita homo duplicem quodammodo magnetem sibi implantatum possidet ratione corporis,
naturae non postremum, nimirum ex notiori ad ignotius per analogiam pervenire licet. En prin- partim enim astra, seu rerum signatarum virtutes ad se trahit, et prout apes e floribus et herbis
cipium cognitionis, quod lumen Naturae nonnullis cluit, cujus se. splendore creato, divina acce­ mel, ita ex illis suum cibum exsugit, sapientiam videlicet mundanam, sensus, cogitationes, idquc
dente institutione (quam lumen Gratiae vocant) in rerum penetralia penetrari potuit»; A. K i r - intellectus omnia attrahente. Panim vero sua vi attractiva ab elementis allicit quotidianum
CHER, Magnes, sive de arte magietica opus tripartitum, Romae 1649, pp. 816-817 e 818: «Naturae au- nutrimentum carnis et sanguinis sui». Tra i più recenti contributi tesi a eviden2dare il ruolo
thor sapientissimus omnia huius mundi ita connexa esse voluit, ut omnia in omnibus mutua dell’idea di analogia nella cultura dei Rinascimento cfr. G . G a d o f f r e , A. T r ip e t , P. W a l k e r ,
quadam analogia et proportione responderent, unumque alteri iuxta idealis imaginis esemplar, Les bommes de la Renaissance et l’analogie, in Analogie et connaissance, Tome I, Aspects historiques, Paris
quantum fieri potest assimilaretur, hinc non mundus tantum inferior superiorem, sed et in 1980, pp. 47-53.
112 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 113

culturali e le tematiche proprie di un’antica visione del mondo appaiono come una rinascita delle tesi pitagoriche e l’autore stesso sottolmea come il
altrettanto fuse e inscindibilmente connesse. Nella sua opera spunti platonici e suo pregio le derivi dal riunire i caratteri del nuovo e di una venerabile anti­
pitagorizzanti, tutto un complesso di motivi metafìsici e teologici caratteristici chità: «siue quis antiquitatem spectet; tentata fuit ante bis mille annos a Pv-
della cultura rinascimentale vengono trasvalutati in una nuova prospettiva e thagora; siue nouitatem, primum nunc a me inter homines v u lg a tu r»"l La
posti al servizio di una concezione astronomica decisamente rivoluzionaria successione di argomenti attraverso cui Kepler perviene a dimostrare la con­
Questi elementi tradizionali non rappresentano la semplice cornice esteriore formità dei rapporti fra gli orbi planetari con quelli dei cinque poliedri regola­
dei nuovi contenuti ma sono introdotti come la loro più ampia giustificazione ri prende sostanzialmente avvio dal concetto secondo cui Dio, per dare origine
e fondazione filosofica, quando addirittura non concorrono a determinarli; è il al mondo e farne l’opera più perfetta possibile, «nullius rei Idaeam [. . .] susci-
caso della legge relativa al rapporto tra i tempi di rivoluzione dei pianeti e la pere potuerit, quam suae ipsius essentiae»’^®. Per imprimere tale idea nel mon­
loro distanza dal sole, a cui Kepler giunge attraverso un percorso tutt’altro che do, «vtque is eam suscipere posset», egli dovette creare la quantità {quantum) e
lineare, dando sviluppo matematico alla vetusta idea pitagorica di un’armonia quindi i corpi, che della quantità, loro essenza e definitio, costituiscono la realiz­
dei c i e l i A n c h e la dottrina delle signaturae è coinvolta in questo processo di zazione*’’ . L ’essenza divina è però bifaria e può essere considerata «primo in
elaborazione di motivi tradizionali e, lungi dall’essere respinta, viene integrata se, quatenus est vna in essentia, trina in personis, deinde collatione facta cum
a una serie di tematiche, al tempo stesso cosmologiche ed epistemologiche, che creaturis»’^®; anche nel sistema solare, vasto complesso di corpi in cui si espri­
l’astronomo tedesco comincia a svolgere fin dalla sua prima opera, il Mysterium me l’essenza di Dio, dovrà dunque valere questa relazione e darsi a riconoscere
cosmographicum (1595) e viene poi elaborando in modo sempre più ampio e arti­ un’intrinseca dualità. Qui Kepler si ricollega alle speculazioni di Nicola Cusa-
colato nei suoi scritti successivi. Prima ancora che alla discussione kepleriana
delle signaturae, cui è dedicato un intero capitolo del Tertius interveniens (1610),
conviene quindi volgersi a questo insieme di idee, esse stesse risultanti da un praemonstratorem ex antiquissimo seculo proferam Pythagoram: cuius multa in scholis mentio,
complesso intreccio di motivi antichi e moderni, che ne costituiscono la pre­ quod cum praestantiam videret quinque Corporum, simili piane ratione ante bis mille annos,
messa e lo specifico sfondo teorico. È noto come nel Mysterium cosmographicum la qua nunc ego, Creatoris cura non indignum censuent ad illa respicere : atque rebus mathematicis
struttura del sistema astronomico copernicano — numero, proporzioni, dispo­ physice, et ex sua qualibet proprietate accidentaria censitis, res non mathematicas accomodaue­
rit. Terram enim Cubo aequiparauit, quia stabilis \terque, quod tamen de cubo non proprie
sizione e moti degli orbi planetari — sia dedotta a priori da Kepler mostrando
dicitur. Coelo Icosaedrum dedit, quia vtrumque volubile: Igni Pyramida, quia haec volantis
come Dio, nel creare il mondo, abbia preso a modello quei cinque solidi rego­ igniculi forma: reliqua duo corpora inter aerem et aquam distribuit, propter similem vtrinque
lari — cubo, piramide, dodecaedro, icosaedro e ottaedro — che furono già cum vicinis cognationem».
celebratissima da Platone e da Pitagora e a cui questi avrebbe per primo fatto Ivi, p. 5; cfr. anche i versi di dedica del Mysterium cosmographicum indirizzati al «lettore
ricorso per elaborare la sua concezione del cosm o” *. L ’opera viene presentata amico»: «Quid mundus, quae causa Deo, ratioque creandi, / vnde Deo numeri, quae tantae
regula moli, / quid faciat sex circuitus, quo quaelibet orbe interualla cadant, cur tanto lupiter
et Mars, / orbibus haud primis, interstinguantur hiatu: / Hic te Pythagoras docet omnia quin­
que figuris. / Scilicet exemplo docuit, nos posse renasci, / bis mille erratis dum fit Copernicus
Cfr., su questi aspetti deH’opera di Kepler, S. T a n g h e r l i n i , Temi platonici e pitagorici annis, / hoc, melior Mundi speculator, nominis. At tu / glandibus inuentas noli postponere
nell'Harmonict mundi di Keplero, «Rinascimento», 1977, pp. 117-178. fruges».
J. K e p l e r , Harmonice mundi, in Gesammelte Werke. Hrsg. von M. Caspar und Fr. Hammer, Ivi, pp. 23-24: nFas [.. .] nec est nec unquamfuit (vt loquitur ex Timaeo Platonis Cicero in
Miinchen 1938-1959, Bd. VI, p. 302. Sulla via seguendo la quale Kepler è giunto alla formula­ libro de vniuersitate) quicquam nisi pulcherrimumfacere eum, qui esset optimus. Cum igitur Idaeam mun­
zione della terza legge e suH’inscrirsi della sua scoperta di un’armonia celeste nel quadro della di Conditor animo praeconceperit (loquimur humano more, vt homines intelligamus) atque
tradizione platonico-pitagorica cfr. A. K o y r é , La revolution astronomique, Paris 1961, pp. 336-345; Idaea sit rei prioris, sit vero, vt modo dictum est, rei optimae, vt forma futuri operis et ipsa fiat
S. T a n g h e r l i n i , Temi platonici, cit. pp. 138-139. optima: Patet quod his legibus quas Deus ipse sua bonitate sibi praescribit, nullius rei Idaeam
Mysterium cosmographicum, G.W. 1, p. 9: «Propositum est mihi, lector, hoc libello demon- prò constituendo mundo suscipere potuerit, quam suae ipsius essentiae».
strare, quod Creator Optimus maximus, in creatione Mundi huius mobilis, et dispositione Coelo- Ivi, p. 23: «Dico quantitatem Deo fuisse propositam: ad quam obtinendam omnibus
rum, ad illa quinque regularia corpjora, inde a Pythagora et Platone, ad nos vsque, celebratissima opus fuit, quae ad corporis essentiam petinent: v't ita quantitas corporis, quatenus corpus, quae-
respexerit, atque ad illorum naturam coelorum numerum, proportiones, et motuum rationem dam forma Detlnitionisque origo sit»; ivi, p. 24: «Hanc imaginem, hanc Idaeam mundo impri­
accomodauerit»; ivi, pp. 26-27: « [...] si quis philosophicas istas rationes, sine rationibus, et solo mere voluit, vt is fìeret optimus atque pulcherrimus, vtque is eam suscipere posset, Quantum
risu excipere atque eludere voluerit: propterea quod nouus homo sub fìnem seculorum, tacenti- condidit».
bus illis Philosophiae luminibus antiquis, philosophica ista proferam : illi ego ducem, autorem et '20 Ivi, p. 24.
114 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 115

no e correla l’essenza divina, tenuto conto dei suoi rapporti con le creature, Sarà compito di Kepler dimostrare, nel seguito del trattato, come l’iscrizione
all’opposizione che sussiste nel mondo della geometria tra le determinazioni della piramide nel cubo, del dodecaedro nella piramide, dell’icosaedro nel
del curvum e del rectum. Proprio questa relazione è stata scelta da Dio «ad dodecaedro, dell’ottaedro nell’icosaedro riproduca con buona approssimazione
adumbrandam in mundo diuinitatem Conditoris» e si riflette nella struttura le proporzioni fissate da Copernico per le orbite dei pianeti e come il sistema
complessiva dell’universo creato Per quanto riguarda il curvum, espresso dal­ eliocentrico, fondato dall’astronomo polacco a posteriori e su basi osser\''ative,
le figure del punto, della circonferenza e della «axéaewc; inter punctum et sia suscettibile di una dimostrazione a priori, che non fuoriesca dall’ambito di
ambitum», esso trova la sua realizzazione nelle parti immobili del sistema sola­ una pura razionalità geometrica. Così nel Mjsterium comographicum si delinea la
re, cioè nel Sole, nella sfera delle stelle fisse e nello spazio da questa racchiu­ visione di un cosmo che è perfetta espressione del creatore e sua realizzazione
so '^ . Tali elementi riproducono l’essenza divina così come è in sé e ne riflet­ sul piano del corporeo: da un lato il sistema solare è \'imago di Dio e ne riflet­
tono l’articolazione trinitaria: al Sole, «in centro», corrisponde il Padre; alle te, attraverso le sue parti immobili, l’essenza una e trina; dall’altro i cinque
stelle fisse, «in ambitu», il Figlio; all’«aura coelestis» che colma lo spazio com­ solidi della tradizione pitagorizzante si configurano come i modelli ideali a cui
preso fra questi corpi, lo Spirito Santo. Il rectum ha invece a che fare con il egli ha guardato per strutturare gli elementi mobili del mondo e le forme in
rapporto tra Dio e la creatura ed è naturale pensare che si esprima nella dispo­ cui si attua il suo eterno yew^ieTpsìv'^'’.
sizione degli elementi mobili del cosmo, vale a dire nelle proporzioni degli Nel successivo svolgersi della sua ricerca, con la scoperta dell’ellitticità
orbi planetari. Tra tutte le determinazioni che costituiscono il mondo del rec­ delle orbite planetarie e una più esatta determinazione delle loro distanze reci­
tum, Dio ha verosimilmente trascelto, però, quelle in grado di realizzare il mas­ proche, Kepler si vedrà condotto a ritirare ai poliedri quel ruolo di archetipi
simo di ordine e di definitezza. Scartate dunque «e mundo finito, ordinatissi­ cosmici che aveva loro entusiasticamente attribuito ai tempi della sua prima
mo, pulcherrimo» tutte le linee e le superfici rette «vt infinitas, et proin ordi- opera astronomica. Non per questo, tuttavia, rinuncerà alla convinzione che
nis minime capaces», rimangono i solidi e, fra questi, «sola illa, quorum omnia l’architettura del cosmo si conformi a un progetto divino e che questo progetto
plana et aequilatera, et aequiangula fuerint», cioè i cinque poliedri regolari'^. possieda un carattere eminentemente razionale. E così che ntWHarmonice mundi
(1619) al sistema invariante di rapporti che risulta dall’iscrizione l’uno nell’al­
tro dei cinque solidi regolari vengono sostituite, come paradigma tenuto pre­
sente da Dio nell’organizzazione del sistema solare, le leggi non meno vinco­
Ivi, p. 23: «Quantitatem autem Deus ideo ante omnia esistere voluit; vt esset curui ad
Rectum comparatio. Hac enim vna re diuinus mihi Cvsanus, alijque videntur: quod Recti, lanti, in quanto anch’esse in ultima analisi geometriche, dell’armonia musica­
Curuique ad inuicem habitudinem tanti fecerunt, et Curuum Deo, Rectum creatuns ausi sint le: variando a seconda della distanza dal sole, le velocità angolari dei pianeti
comparare: vt haud multo niliorem operam praestiterint, qui Creatorem creaturis, Deum homi- entrano fra loro negli stessi rapporti degli inter\^alli armonici, aumentano o
ni, iudicia diuina humanis: quam qui curuum recto, circulum quadrato aequiparare conati
sunt»; ivi, p. 24: « [...] quantitates [...] Sapientissimus conditor excogitauit, quarum omnis, vt
Ita dicam, essentia in haec duo discrimina caderet, Rectum et Curuum, ex quibus Curuum nobis
duobus illis modo dictis modis Deum repraesentaret. Neque enim existimandum est, temere tas: ita iam vno saltu ad corpora transeamus, quae ex Rectis perfectae sunt quantitates, et
extitisse tam apta praefigurando Deo discrimina, vt Deus non de his ipsis cogitauerit, sed quan- tribus dimensionibus Constant: nam Idaeam mundi perfectam esse conuenit. Lineas vero et
tum corpus propter alias causas, alioque consilio condiderit: atque postea Recti et Curui compa­ superfìcies rectas, vt infinitas, et proin ordinis minime capaces, e mundo finito, ordinatissimo,
ratio, et haec cum Deo similitudo, suapte sponte, quasi fortuito extiterit. Quin potius verisimile pulcherrimo eijciamus. Rursum ex corporibus, quorum infmities infinita sunt genera, seligamus
est, initio omnium certo consilio Curuum et Rectum a Deo electa, ad adumbrandam in mundo aliqua censu habito per certas notas; puta, quae aut latera aut angulos, aut plana, singula vel
diuinitatem Conditoris : atque haec existerent, quantitates fuisse, atque vt quantitas haberetur, alterna, vel quouis constanti modo mixta habeant inuicem aequalia: vt ita bona cum ratione ad
conditum esse primo omnium Corpus». finitum aliquid veniatur. [...] Denique igitur delectum corporum si habuerimus, atque omnem
'22 Ivi, p. 23. mixtorum turbam eiecerimus, retineamus vero sola illa, quorum omnia plana et aequilatera, et
’23 Ivi, pp. 24-25: « [...] si igitur solum Curuum Deus in conditu respexisset, praeter Solem aequiangula fuerint: restabunt nobis haec quinque Corpora Regularia, quibus Graeci haec
in centro, qui patris: sphaeram fixarum vel aquas Mosaicas in ambitu, quae filij; auram coele- ascripsere nomina, Cubus seu Hexaedrum, Pyramis seu Tetraedrum, Dodecaedrum, Icosaedruni,
stem omnia replentem, siue extensionem et firmamentum illud, quod Spiritus imago esset; prae­ Octaedrum. Quodque his quinque plura esse non possint, vide Euclid. lib. 13. post. prop. 18.
ter haec, inquam, nihil existeret in hoc aedificio mundano. Nunc vero cum et fixae sint innume- scholion ».
rabiles, et mobilium non incertissimus catalogus, et coelorum magnitudines inaequales inuicem : '2^ Ivi, p. 26: «quid restat amplius, quin dicamus cum Platone, 9eòv òei yetonexpeìv, atque in
necesse est causas eorum omnium ex rectitudine petamus. [...] Veniamus igitur ad Rectas quan­ hac mobilium fabrica corpora orbibus, et orbes corporibus inscripsisset tantisper, dum nullum
titates. Sicut autem antea Sphaerica superficies ideo assumpta est, quia perfectissima fuit quanti- amplius corpus restaret, quod non intra et extra mobilibus orbibus vestitum esset».
116 Capitolo 111 Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 117

diminuiscono seguendo una partitura che non ammette alcuna nota dissonan­ limite per la sua stessa p e n s a b i l i t à D i più: una figura del genere, a causa
te A costituire il carattere consono o dissono degli interv^alli musicali è d’al­ della sua intrinseca irrazionalità non potrebbe esser presente neppure nella
tra parte per Kepier il loro conformarsi o meno alla serie di rapporti sussisten­ mente di D io: «Cum enim sit impossibilis ejus formalis descriptio; neque igi-
ti tra le porzioni di cerchio tagliate dai lati delle figure piane regolari che pos­ tur sciri potest a mente humana, cum scientiae possibilitatem praecedat
sono essergli iscritte e il cerchio stesso, considerato come m o n o c o r d o T r a le descriptionis possibilitas: neque scitur a Mente Omniscia actu simplici aeter­
concezioni del Mysterium cosmographicum e la nuova cosmologia armonica elabo­ no; quia sua natura ex inscibilibus est»'^'. Si comprende in tal modo perché
rata n&WHatTnonice mundi vi è dunque un preciso legame: se i poliedri non si all’interno del sistema solare non si trovino se non rapporti tra grandezze per­
prestano a essere considerati come i modelli ideali del sistema solare, ma que­ fettamente determinati e razionali: tutte le relazioni inscibiles o dissonae — scrive
sta funzione va piuttosto attribuita alle proporzioni armoniche, è però vero che Kepier — «manserunt [.. .] foris extra Mentem Opificis aeterni, nec ullatenus
tra queste e i cinque solidi sussiste una stretta parentela, in quanto le une e gli ad Archetypum concurrerunt»'^^. È però un aspetto altrettanto importante
altri hanno la medesima matrice geometrica: «tam quinque t'iguras solidas, della concezione kepleriana l’idea per cui anche la mente umana, esattamente
quam Harmonias Musicas et chordae sectiones, communem habere originem come il cosmo, è un’immagine del suo creatore e partecipa pertanto di quel­
ex figuris Regularibus p lan is»’^"^. Così, nella consonanza dei moti planetari si la stessa razionalità geometrica che costituisce l’essenza divina; il mondo delle
ritrova quella medesima determinatezza di rapporti che contraddistingue le pure relazioni matematiche non è quindi qualcosa che l’intelletto abbia desun­
figure geometriche regolari, ricondotte da Kepier a quelle il cui lato entra un to a posteriori, partendo daH’esperienza sensibile, ma gli è innato ed è la con­
numero finito di volte nel diametro del cerchio in cui sono iscritte'^®. Questa seguenza della sua origine divina: la geometria — scrive Kepier — «ante
idea di un’esatta commensurabilità tra il lato di un poligono e il diametro del rerum ortum Menti divinae coaeterna [. . .], cum imagine Dei transivit in
cerchio circoscritto svolge nella riflessione kepleriana un ruolo fondamentale. hominem; non demum per oculos introrsum est recepta»'^'^. Consegue da ciò
È infatti solo in quanto sia soddisfatta questa condizione che una figura geo­ che fra le pure relazioni armoniche, vale a dire geometricamente determinate,
metrica può considerarsi determinata in tutti i suoi elementi e quindi, per usa­ che la mente viene svolgendo da se stessa semplicemente stimolata dall’incon­
re il linguaggio kepleriano, perfettamente scihilis'^'^. Proprio per questo motivo, tro con la realtà sensibile e le strutture esterne del mondo empirico sussiste
di un poligono come quello di sette lati non si può dare alcuna vera conoscen­ una completa coincidenza, così che è possibile, partendo dalle une, giungere
za: l’impossibilità di costruirlo secondo una regola determinata costituisce un alle altre. Come Kepier aveva scritto nel suo commento sui moti di Marte

Ivi, p. 50: «Itaque nullum unquam Regulare Septangulum a quoquam constructum est,
Hamonice mundi, G. W. 6, pp. 269 sgg. sciente et volente, et ex proposito agente: nec construi potest ex proposito; sed bene fortuito
Ivi, p. 102: «Diameter circuii, et iatera fìgurarum Radicalium lib. I. explicatarum, quae construi posset; et tamen ignorari necesse est, sit ne constructum an non».
propnam habent dimonstrationem, determinant partem circuii, consonantem cum toro circulo. Ivi, p. 55. Kepier precisa la sua concezione glossando: «Haec ne blaspheme dieta puten-
[. . .] Consonantiae infinitae sunt, quia figurae demonstrabiles infinitae». Cfr. sulla dottrina tur, omitti posse censuit amicorum unus Mathematum peritissimus. Atqui nihil est vulgatius
armonica di Kepier D. P. W a l k e r , Studies in Musicai Science in thè Late Renaissance, London 1978, apud Theologos quam impossibilia esse, quae contradictionem involvunt: et Dei scientiam ad
pp. 34-62; Id., Les tbéories musicaies de Kepier et l'analogie, in Analogie et connaissance, cit., t. I, pp. 65- talia impossibilia se non extendere, praesertim cum hae formales rerum Geometricarum rationes
73. nihil sint aliud, quam ipsa Essentia Dei; quia quicquid in Deo est ab aeterno, id una individua
est essentia divina: esset igitur seipsum quodammodo alium scire, quam est; si quae sunt incom-
Ivt, p. 119.
La dimostrazione di questo assunto costituisce l’oggetto di tutto il primo libro àcWHar- municabilia, sciret ut communicabilia. Et quae haec adulatio, propter imperitos librum non lec-
turos, defraudare caeteros».
monice mundi (pp. 15-64).
Ivi, pp. 21-22: «Scire in geometricis, est mensurare per notam mensuram; quae mensu- Harmonice mundi, G.W. 6, pp. 100-101.
ra nota in hoc negocio inscriptionis Figurarum in circulum, est diameter circuii [. ..]. Scibile Ivi, pp. 104-105: «Geometria [...], Deo Coaeterna, inque Mente divina relucens, exem-
dicitur, quod vel ipsum per se immediate est mensurabile per diametrum, si linea; vel per ejus pla Deo suppeditavit [.. .] exornandi Mundi, ut is fieret Optimus et Pulcherimus, denique Crea-
quadratum, si superficies; vel quod formatur ad minimum ex talibus quantitatibus, certa et geo­ toris similimus. Dei vero Creatoris imagines sunt, quotquot Spiritus, Animae, Mentes, suis sin-
metrica ratione, quae quantumcunque longa serie, tandem tamen a Diametro, eiusve quadrato gulae corporibus sunt praefectae, ut illa gubernarent, moverent, augerent, conserv-^arent, adeoque
dependeant. Graece dicitur yvópijiov [...]. Demonstratio est quantitatis vel describendae vel et propagarent»; ivi, p. 219: «Animas [. ..] humanas esse Dei creatoris imagines, etiam in essen-
sciendae, ex Diametro deductio, per intermedia possibilia, Graece Tiópifia. Ita demonstratio commu- tialibus suo modo, id sciunt Christiani».
Ivi, p. 223.
niter vel descriptionem parit vel scientiamy».
118 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 119

{^Astronomia nova, 1609), vi è una perfetta commensuratio deir«hum ani intellecrus te zierlichste Geschòpff Gottes» ma anche del creatore stesso. Kepler cercherà
sensuumque cum sene corporum et affectionum coelestium»'^^: si ritrovano pertanto di interpretare questa infelice espressione nel senso migliore, osser­
infatti in ambedue quelle medesime «formales rerum Geometricarum ratio- vando che Dio ha effettivamente giocato «m it den signaturis rerum» ma che
nes» che costituiscono l’essenza del loro autore. questo suo gioco divino è consistito nel fatto che egli ha raffigurato {ahgebildet)
Proprio a questo complesso di tematiche si riconnette la ripresa da parte se stesso nel m o n d o C o s ì intesa, l’idea di signatura viene ricollegata da
di Kepler del motivo delle signaturae e la difesa che egli ne svolge, in una fase Kepler alle speculazioni svolte nel Mysterium cosmographicum sulla coincidenza di
intermedia del processo di elaborazione delle sue idee cosmologiche — fra il rapporti tra la triplice persona del creatore e gli elementi geometrici del cur-
Mysierium cosmographicum e VHarmnice mundi — nello scritto polemico Tertius vum, espressi a loro volta dalle parti immobili del cosmo: in quanto è opera di
interveniens. Il breve trattato si inserisce nella controversia sorta tra Melchior un Dio matematico e sua manifestazione attraverso il mondo del quantum, il
Schàrer, un pastore protestante fautore entusiasta delle concezioni astrologiche, sistema solare si fa risolvere in una serie di relazioni geometriche, le quali
e Philipp Feselius, autore di un Discurs von der Astrologia judiciaria violentemente esprimono fedelmente l’articolazione interna dell’essenza divina, sono il suo
critico verso qualsiasi forma di a s t r o l o g i a È nei confronti di quest’ultimo segno e la sua signatura-. «Ja es ist die hochheylige Dreyfaltigkeit in einem
che SI dirige la polemica dell’astronomo tedesco, preoccupato che una troppo sphaerico concavo, und dasselbige in der Welt und prima persona, fons Deita-
frettolosa liquidazione delle dottrine astrologiche comporti la perdita di quel tis, in centro, das centrum aber in der Sonnen, qui est in centro mundi, abge-
che può esservi in esse di utile e vero e significhi «das Kindt mit dem Badt b ildet»’"”^. Se, dunque, l’essenza di Dio si realizza nel mondo e può essere
ausschutten»'^\ A suo avviso, infatti, così come da un mucchio maleodorante appresa a partire da questo, poiché d’altra parte si tratta di un Dio geometra e
di letame un’industre gallina può trarre un buon chicco di grano, in una massa anzi, come verrà detto ntWHarmonice mundi, «Geom etriae fons ipsissim us»’*^',
di bruchi si può nascondere un baco da seta, anche dalla «Astrologische Narr- essa si fa descrivere attraverso il linguaggio della matematica e delle pure rela­
heit und Gottlosigkeit» può derivare un utile «Witz und Heyligthumb»'^®. Si zioni tra grandezze. Su questa traducibilità dell’essenza divina in simboli geo­
riconosce una volta di più, in questa presa di posizione, il caratteristico atteg­ metrici Kepler tornerà nuovamente ntWEpitome astronomiae copemicanae (1620-
giamento assunto da Kepler nei confronti delle idee del passato che egli 1621), in un passo che riecheggia la contrapposizione paracelsiana di visibile e
costantemente tende a riutilizzare e a far rivivere all’interno di nuove conce­ invisibile: il centrum — egli scriverà, sforzandosi di dimostrare come lo sphaeri-
zioni. Anche il recupero della dottrina delle signaturae, che Schàrer aveva ripre­ cum adombri un’«adorandae trinitatis imaginem» — è in se stesso «invisibile et
so e Feselius coinvolto nella sua polemica antiastrologica, riflette questa parti­ impervestigabile: monstratur vero vndique flexu aequabilissimo superficie),
colare posizione intellettuale e rientra nella sua prospettiva. Aveva sostenuto mediante aequabilitate intervalli. Itaque superficies est character et imago cen­
Schàrer che allo stesso modo in cui dall’aspetto esteriore di un uomo si può tri, et quasi fulgor ab eo, et via ad id; et qui superficiem videt, is eo ipso videt
risalire alla sua indole nascosta, dalla forma e dal colore di un’erba alle sue et centrum, non aliter»’'^^. La matematica si costituisce in tal modo come lo
virtù terapeutiche, così anche le qualità di un pianeta possono essere conosciu­ strumento simbolico che meglio può esprimere sia la realtà divina sia il mondo
te «auB seiner Farb und Klarheit». Feselius, come Kepler riporta, aveva repli­ della natura: in quanto il cosmo è manifestazione della razionalità matematica
cato sprezzantemente, affermando «diese Imagination de signaturis rerum» del suo autore, le sostanze naturali appaiono anch’esse dotate di un’intima arti-
essere null’altro che una «lustige Fantasey» di menti oziose, le quali «nit fey- colazione geometrica e si prestano a essere rappresentate attraverso determina­
ren icònnen und gern etwas zu dichten haben». A incorrere nella censura zioni che sono proprie del mondo del quantum. Nel Tertius interveniens questa
kepleriana è soprattutto questo epiteto di «Fantasey oder lusus» che — viene tessitura geometrica della realtà sensibile è illustrata con estrema pregnanza,
osserv'ato — potrebbe suonare offensivo nei confronti non solo degli «schònes- attraverso una serie di immagini rapidissime: «A lso ist ein leiblich ding, ein
materia corporea abgebildet in tertia quantitatis specie trium dimensionum:

Astronomia nova, G. W. 3, p. 108.


Cfr. per una più ampia informazione circa i termini della polemica il Nacbhericht relativo >3’ Ivi, p. 245.
al testo nella citata edizione dei Werke (Bd. IV, pp. 436-440). Ivi, p. 246.
Tertius interveniens, G. W'. 4, p. 162. Harmonice mundi, G. 6, p. 299.
Ivi, p. 161. Epitome astronomiae copemicanae, G. 7, p. 51.
120 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 121

Also ist cuiusque materiae forma abgebildet in superficie. Dann wie ein mate­ nella struttura del cosmo: egli non si è limitato a giocare con la geometria nel
ria von ihrer forma informiret wirdt, also wirdt auch ein Geometrisches cor­ dare origine alla natura ma ha anche insegnato a quest’ultima a giocare allo
pus gestaltet durch seine eussere Feldungen und superficies: Deren ding dann stesso gioco e a rispondere, per così dire, a tono: «Wie nun Gott der Schòpffer
vielmehr angezogen werden kòndten»’'*^ Poiché, d’altra parte, non meno del gespielet, also hat er auch die Natur, als sein Ebenbildt lehren spielen, und
cosmo l’intelletto dell’uomo è un’immagine della ragione divina, tra esso e la zwar eben das Spiel, das er jhr vorgespielet»''^. Accade così che l’anima uma­
realtà sensibile sussiste un’esatta corrispondenza di strutture, per la quale si na, mentre prova piacere quando ascolta una composizione musicale i cui
vedono rispettate nella natura quelle medesime proporzioni che si fanno sco­ intervalli corrispondono alle proporzioni tra i lati dei poligoni regolari e il
prire nel regno puramente intellettuale dei rapporti finiti tra grandezze: ciò cerchio circoscritto, non ne provi alcuno quando questi intervalli sono tratti
che la mente viene autonomamente elaborando in questo campo, sollecitata dai poligoni di sette o nove lati. Dio, infatti — spiega Kepler — «[hat] mit
dal confronto con la realtà empirica, tende a farsi ritrovare nel mondo esterno, diesen figuris nicht vorgespieiet»''^^. All’interno di questo modo di rappresen­
a valere come il suo segno e la sua rappresentazione simbolica. Questo concet­ tarsi l’influsso del mondo sull’anima trova una spiegazione anche l’azione che
to della matematica come segno della realtà naturale nel Tertius interveniens è gli astri esercitano sulla terra. Come l’astronomo tedesco aveva dimostrato nel­
chiaramente enunciato, là dove l’autore si chiede, replicando all’attacco porta­ le sue precedenti opere di argomento astrologico e tornerà a teorizzare
to da Feselius alla dottrina delle signaturae, «O b nicht die gantze Natur und alle n&WHarmonice mundi, le configurazioni angolari tra pianeti a cui la tradizione
himmlische Zierligkeit, in der Geometria symbolisirt sey», come sembra dimo­ attribuiva una particolare efficacia, vale a dire l’opposizione, la congiunzione,
strare il fatto, da lui messo in evidenza nel Mysterium cosmographicum, che la serie il trigono, il quadrato e il sestile, ripetono anch’esse alcuni dei rapporti tra le
di proporzioni ottenuta iscrivendo l’uno nell’altro i cinque poliedri regolari tlgure piane regolari e il cerchio circoscritto. Risiede d’altra parte nella Terra
riproduce i rapponi fissati da Copernico tra le orbite dei sei pianeti''*^. Grazie un principio percettivo di genere particolare, una «natura sublunaris» che,
al fatto di discendere dal medesimo archetipo il cosmo e la geometria si corri­ quando queste figure si realizzano, ne coglie la conformità con gli archetipi
spondono dunque con esattezza e si prestano a designarsi l’un l’altro ; il mondo geometrici che le sono innati e, esattamente come una persona è tratta alla
delle idee matematiche si configura come la più adeguata espressione simboli­ danza quando ascolta una melodia i cui intervalli sono consonanti, è stimolata
ca della realtà naturale, come ciò che con più efficacia la rappresenta e la dà a a produrre ogni sorta di effetti meteorologici e tellurici''^. Se invece — come
conoscere. In questa difesa della dottrina delle signaturae, che porta Kepler a
indicare nella matematica il segno più appropriato della natura, finisce così per
esprimersi una delle più caratteristiche idee della nuova scienza del ’600 e, Tertius interveniens, G. V. 4, p. 246.
paradossalmente, una visione di gran lunga più profonda, sotto il profilo filo­ Ibid.
sofico, di quella che aveva ispirato tutte le critiche che si sono viste mosse a '■** Cfr. ad esempio De stella nova in pede Serpentarii et de trigono igneo, G.W. 1, pp. 192-193:
questa dottrina su basi puramente fattuali «cum Deus ipse archetypum creandi mundi ex Geometria elegerit; quid mirum, si ejus similitu-
dines iisdem rebus Geometricis delectentur, in suis corporibus movendis, quas vident authorem
Nel Tertius interveniens il rapporto di analogia che sussiste tra la natura e la suum, in quem respiciunt, indidisse mundo, adeoque et sibi ipsis. Imo vero ipsae hae essentiae
mente a causa del loro partecipare delle medesime «rationes geometricae» di spirituales, corpori movendo aptatae, suscepisse videntur figuras geometricas, admirabili quodam
Dio viene posto alla base, però, non solo del conoscere ma anche dell’agire: il modo, et citra materiae, qua videntur carere, distensionem in spacia. Dixeris illas esse puncta
possedere l’anima la stessa essenza del mondo, come le consente di trovare in quidem mathematica, sed quae plagarum distinctionem in sese admittant; puncta nempe aliqua-
se stessa tutto quanto è necessario per comprenderlo, così la rende anche atta a lia; puncta talia, qualia fiunt ex sectione certorum lucis radiorum in unum concurrentium.
Propterea figuras oblatas extrinsecus, intro recipiunt, a rebus quidem cognatis, ut a luce et coele-
entrare in risonanza con esso e a rispondere ai suoi stimoli, nel che appunto si stibus lucentibus, et quoties radij binorum sic coeunt, ut rudimentum repraesentetur figurae
risolve il suo subirne l’influsso. Kepler espone questa dottrina riprendendo il aptabiiis, seu ad planitiem continuandam, seu ad solidam figuram in sese concludendam; toties
concetto dello Spiel matematico che Dio ha giocato rappresentando se stesso et ipsae suam illam creationis imaginem, h.e. corporum suorum motionem, impetu capto,
instaurant alacres, atque id, quod perpetuo quidem agunt, illis momentis agunt sedulo, et cum
insigni excessu, fervore quodam concitatae. Neque tamen sic amant promiscue omnes figuras
CT(0|iaTOJtoiT|TiKà<;; sed in illis delectum habent hunc, ut minore numero a majore, et a differentia,
Tertius interveniens, G. IF. 4, p. 246. vel hac ab ilio continue subtractis, omnes usque ad unitatem sint figurarum ocanaTOJioniTiKàv
Ivi, pp. 245-246. notae: Ut ratio 5. ad 8. est harmonica, quia 5. de 8. ablata, relinquunt 3. quae a 5. ablata
Cfr. supra, pp. 106-108. relinquunt 2. quae a 3. ablata, relinquunt 1. Et 1. 2. 3. 5. 8. omnes numeri sunt figurarum
122 Capitolo III Sviluppi delle signaturae mi secoli X V I e X VII 123

viene detto ora nel Tertius interveniens — le distanze tra i pianeti corrispondono conformarsi di questa visione alle istanze che sottendevano la dottrina paracel-
ai poligoni di sette o nove lati, stante che queste figure sono state scartate da siana delle signaturae risulta con evidenza. Si è visto come per Paracelso enti
Dio, la «Geistliche Natur» presente nella Terra «w il keinen Zug thun», ed simili non solo si dessero reciprocamente a conoscere ma, in quanto dotati
entra in una fase di quiescenza''*^. La possibilità di un influsso sull’anima da della medesima essenza, si costituissero anche come la medicina e il tonico,
parte di quanto sussiste al suo esterno si lega dunque per Kepler al realizzarsi per così dire, l’uno dell’altro: il principio incorporeo posseduto in comune da
di un’identità formale tra i due termini del rapporto: un’azione efficace della essi poteva staccarsi dal primo e passare nel secondo, ricostituendolo nel suo
musica sullo spirito umano, dei pianeti sulla «Geistliche Natur», si verifica essere originario. Questa stessa concezione si riproduce in Kepler: così come
quando agente e paziente convengono nelle medesime proporzioni geometri­ Paracelso riteneva che un vegetale dotato della medesima tugent di una parte
che e si instaura tra essi una completa corrispondenza di rapporti. Quest’idea fosse in grado di sanare quella parte stessa riportandola alle sue condizioni
dell’affinità o proporzione analogica che deve sussistere tra l’anima é il mondo primitive, opera nell’astronomo tedesco la convinzione che l’anima, venendo a
perché scatti l’azione di questo su quella sarà ulteriormente sviluppata contatto nella musica con quegli stessi archetipi geometrici che costituiscono
ntWHarmonice mundi e servirà a spiegare, oltre agli influssi astrali, fenomeni la sua essenza, sia resa in qualche modo a se stessa e ne provi un particolare
psicologici quali l’odio, l’innamoramento, l’«instinctus physiognomicus»'^°. Il piacere. Che l’anima gioisca nella musica dipende dal fatto che questa ha la
sua stessa essenza e che essa, immedesimandovisi, si avverte reintegrata in se
stessa. E proprio a difesa delle signaturae, del resto, che il concetto del rapporto
aptabilium denominationes ; aut notae partis rationalis de circulo, geomerrice designandae. Nam armonico che si realizzerebbe tra agente e paziente sia nella musica sia nelle
1. significat totum, 2. dimidium circulum. Ex qua circumscriptione octo oriuntur rationes, qui- influenze planetarie viene introdotto nel Tertius interveniens'. per dimostrare,
bus nulla deesse, nulla addi potest, quarum quaelibet in circulum translata, modum uni praescri- cioè, contro Feselius, come sia altamente probabile che rientrino in questo gio­
bit radiationum aspectui». Ma le medesime idee erano già state formulate da Kepler nel De
co di corrispondenze voluto da Dio anche le somiglianze esteriori esibite da
jundamentis astrologiae certiorihus, dove anche si era affacciata l’idea di una «facultas animalis» pro­
pria della terra, capace di percepire le figure geometriche descritte dai raggi delle stelle (C. W. 4, piante e parti del corpo. Esse rispondono infatti alla medesima logica e ciò che
pp. 22-23) e sarebbero state ripetute nel De stella nova in pede Serpentari:, pan altera (G. 4, si constata accadere in qualche parte della realtà «dem mag man auch in
pp. 316-317). Così viene enunciata questa dottrina ndVHarmonice mundi {G.W. 6, p. 237): « [...] andern Stùcken mit guter Vernunfft nachtrachten»'^!. Che la ragione
praecipua anima in quam hae radiationum Harmoniae influunt, est illa philosophis dieta Natura dell’uomo si soffermi «auff die signaturas rerum», per indagare «ob nicht etwa
sublunaris, per totum Telluris, alumnae nostrae, corpus diffusa, inque ejus aliqua certa parte non
Gott selbst in Erschaffung eines JÓrauts, mit ertheilung seiner Farb und eusser-
aliter quam anima humana in corde, radicata; ex quo ceu foco, fonte, vel penetrali, per speciem
sui exit in circumfusum Terris Oceanum et superfusum utrisque Aerem. Quemadmodum vero, lichen Gestalt auff den nutzen gedeutet habe», non è dunque un «nàrrisches
qui melode suaviter canenti auscultar, is laetitia frontis, voce, plausu manuum pedumve, ad Kinderspiel» come aveva preteso Feselius, ma un momento della sua instanca­
Melodiae mensuram attemperato, testatur, se quod est in melodia harmonicum, percipere et bile ricerca della verità e un aspetto di quel nachspielen con cui essa tiene dietro
approbare: non aliter Natura sublunaris commotione insigni et evidenti viscerum Telluris, ad al divino vorspielen^^'^.
illos potissimum dies, quibus Errantia sidera radijs suis harmonice configurantur in Terris, testa-
tur de eo, quod jam praemisimus ; sa sciiicet non minus instinctu quodam naturali valere ad
percipiendum proportiones angulorum harmonicas, quam pollet facultate naturali, vitalis no­
strae simili, ad corpus Telluris, ofFicinasque subterraneas in montanis, certis Harmoniarum tem­ mans Animae alterius cum sua, mirifice in illam exardescit. Amat igitur insanus adolescens
poribus calefaciendas exagitandasque ; ut illae magnam vaporum nebularumque copiam exha- puellam; nec scit cur, aut quid in ea potissimum amet, quod ei non possit praestare quaevis
lent, ex qua, per Antiperistases frigoris superni, omnis generis meteora conformantur. In Terrae obvia meretrix, si inhonestus amor, aut quaecunque nubilis pueila, si legitimus. At Physiogno-
enim corpore ponenda est haec anima: quia nec anguli harmonici radiorum in ulla alia parte micus superveniens, invenit in utraque persona similitudinem aliquam morum; qui si vitiosi,
mundi, quam in Terra existunt; et opera Naturae, quae ad configurationes radiorum sequuntur, litigijs perpetuis in conjugio praebent occasionem ; si boni tranquillitati vitae. Adeoque huc refe-
ex Terrae visceribus, montiumque cavernis ortum trahunt». rendus est universus instinctus Physiognomicus ; qui quamvis mutus, et quodammodo brutus
Tertius interveniens, G. W. 4, p. 246. (minime vero arte comparatus, ersi per eam excoli potest), rerum tamen humanarum interpres
Harmonice mundi, G. W. 6, p. 227 : « Est tamen obtusa et obscura haec Harmoniarum per- et arbiter est unicus». ‘
ceptio in facultatibus Animae inferioribus, et quodammodo materialis, et sub nube quasi igno- Tertius interveniens, G. W. 4, p. 246.
rantiae: nec enim sciunt se percipere; ut cum videntes aliquid, non tamen advertimus, nos id Ibid. «So nun Gott und die Natur also vorspielen, so muB dieses der menschlichen
videre. Tales sunt motus illi, et pavores, a Stoicis celebrati, naturales sine consilio, praeterque Vernunfft nachspielen, kein nàrrisches Kinderspiel sondern eine von Gott eyngepflantzte natur-
voluntatem talis etiam affectus Odij vel Amoris naturalis, miro cumprimis ingenio; qui mem- liche anmuhtung seyn, daC die unmùssige Kòpffe, das ist, welchen bey de6 gemeinen Hauffens
brorum commensu, vocisque et temperamenti qualitatibus, bonitatem vel similitudinem aesti- Unwissenheit nicht wol ist, ingenia luxuriantia in inquisitione veritatis, auff die signaturas
124 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 125

La concezione per cui il conoscere in tanto è possibile in quanto vi è tra ori tur; ita ex individuationis principio, si ve termino suo interno, facultati illi
l’intelletto e il mondo esterno una totale identità di strutture si ritrova nel De Analogae quae in nobis, respondet objectum quodcunque. Hoc igitur in doctri-
ventate di Edward Herbert o f Cherbury (edito la prima volta nel 1633 ma nae nostrae limine advertendum est, cum alioquin Microcosmi ad Macroco-
redatto già nel N ell’assunto per cui «Harmonice [. . .] objecta facultati- smum Analogiam percipere nequeas»'^^. Così è opinione di Herbert che «Ad
bus, et viceversa respondent»'^'’, fondato sul presupposto che l’uomo è un ana­ objecta [.. .] facultates suas Analogas Harmonice excitari»'^*, grazie al fatto che
logo del «mundus major», si fa cogliere, anzi, il vero punto focale di quest’ope­ il soggetto conoscente e la realtà possiedono le medesime strutture interne;
ra e il suo tema dotato di maggiore spessore. Al di là delle infinite complica­ «T ot sunt facultates — egli scrive più avanti — quot sunt rerum differentiae,
zioni introdotte da un pensiero tutt’altro che lineare, è su questo motivo che lo et viceversa Il concetto di differentia subisce anzi nel De ventate un progressi­
scritto di Herbert soprattutto si incentra, fornendo una significativa attestazio­ vo ampliamento, per il quale affermare che le facultates del soggetto corrispon­
ne di come nel ’600 nozioni e tematiche legate alla tradizione magico-astrolo- dono alle differenze degli oggetti equivale a sostenere che èsse sono tali da
gica siano risolutamente poste al centro del dibattito filosofico e fatte oggetto coincidere con l’intera articolazione categoriale della realtà: «A lia igitur Facul-
di una riflessione sempre più orientata in senso gnoseologico. Che a Herbert tas [. . .] circa existentiam objecti, alia circa quidditatem, alia circa qualitates,
non sia rimasta estranea l’interpretazione che di tali tematiche avevano dato alia circa quantitatem, alia circa relationes, alia circa media, alia circa locum,
Paracelso e la sua scuola è documentato dal frequente ricorso che egli fa al alia circa tempus, alia circa caussas, alia circa finem, alia denique circa istorum
concetto di signatura, il quale è anch’esso coinvolto in questo processo di vel partes aliquas, vel complicationes [.. .] in differentia quacunque data versa-
approfondimento teoretico e svolge nel suo pensiero un ruolo non marginale. t u r » L ’idea di un rapporto armonico che si instaurerebbe tra soggetto e
L ’idea di un’identità formale che occorre presupporre tra soggetto e oggetto oggetto nell’atto del conoscere finisce per condizionare la stessa concezione
del conoscere per intendere come questo possa attuarsi si affaccia all’inizio del herbertiana della verità. Si vede inizialmente operare nel filosofo inglese il
De ventate attraverso la tesi per cui al «principium individuationis» o terminus concetto di una verità che sussisterebbe nelle cose «per se» e sarebbe tutt’uno
che nella realtà esterna restringe le quidditates delle res e ne fa altrettanti oggetti con la loro esistenza: «quodcunque [.. .] in rebus est, vel fuit, vel quidem erit
singoli, deve corrispondere «aliquod Analogum in nobis [. . .] quod quidem — egli scrive — huic coaeterna datur seu coaeva essendi veritas cum ipso con-
terminos inveniat vel ponat»'^^. Su questa dottrina e sull’idea di un rapporto vertibilis; unde non inscite a Neotericis vocatur passio Entis»"^'. Conforme­
analogico tra macro e microcosmo l’autore ritorna a distanza di poche pagine: mente a tale impostazione l’obbiettivo del De ventate viene innanzitutto fissato
esaminando le condizioni alle quali si realizza la «veritas objecti», vale a dire nell’analisi delle condizioni alle quali questa verità che è presente nelle cose
quella ratio — come essa viene definita nel testo — per cui le «res a non rebus indipendentemente dal loro essere conosciute e, per così dire, come una loro
distinguuntur»'^*, egli osserva come una tra esse sia che l’oggetto «habeat dif- qualità, può passare nel soggetto conoscente. Di qui la dottrina herbertiana
ferentiam aliquam signantem», possieda cioè una nota tale da diversificarlo da delie apparentiae degli oggetti, le quali, intese come species immateriali da essi
tutti gli altri e farne proprio l’oggetto che è. «Sunt enim Differentiae — egli emanate, possono considerarsi tali da riflettere la veritas delle res da cui proven­
spiega — determinationes aliquae materiae rudis et indigestae, ut ex illis gono, e quindi vere anch’esse, solo a patto che si verifichino determinate cir­
mutuae rerum analogiae percipiantur. Habet autem omnis Differentia suum costanze: «ut objectum debito tempore commoretur [. . .] ut debitum habeat
individuationis principium quod illam signat, et a caeteris quibuscunque transitionis medium [. . .] ut sit distantia d e b i t a » A un’altra sene di condi­
distinguit. Quemadmodum igitur ex terminis externis externa rerum notitia zioni Herbert subordina la possibilità che la veritas delle apparentiae si trasmetta
ai conceptus del soggetto conoscente e prosegua il processo di trasmissione della
verità: «ut organum sit integrum [. . .] nulla prava qualitate sit imbutum [.. .]
rerum sehen, und nachforschen, ob nicht etwa Gott selbst in Erschaffung eines Krauts, mit
ertheilung seiner Farò und eusserlichen Gestalt auff den nutzen gedeutet habe».
Cfr. M . M . R o ssi, La vita, le open, i tempi di Edoardo Herbert di Cbirhury, Firenze 1947, >5’ Ivi, p. 15.
Voi. 1, pp. 262-263. ’5» Ibid.
E. H e r b e r t o f C h e r b u r y , De ventate. Editio tertia. [.. .] Faksimile-Neudruck der Ivi, p. 30.
Ausgaben London 1645, Sruttgart-Bad Cannstatt 1966, p. 6. Ivi, p. 31.
Ivi, pp. 9-10. Ivi, p. 8.
Ivi, pp. 8-9. Ivi, pp. 16-19.
126 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 127

ut facultas quae se sentire sentit, non vacillet»'^^. Ultimo anello della catena, duttore delle «Notitiae Communes», cioè a rigore con Vinstinctus^^, e non si
dopo le apparentiae e i conceptus, è Vinteilectus il quale sarebbe in grado di verifica­ vede pertanto come potrebbe correggere se stesso; dall’altro il discursus che,
re se tra i diversi momenti del processo si sia realizzata la dovuta continuità: come viene detto nell’ultima parte del testo, dovrebbe controllare la verità dei
«Veritas intellectus est conformitas illa debita inter conformitates praedic- diversi contenuti mentali indicando da quale facoltà provengano («nostram
tas»*'^'’. Tuttavia (e prescindendo dal fatto che Herbert introduce un’ulteriore Veritatis investigandi methodum, scilicet Ex qua facultate probas»’®’), non
complicazione con il sottoporre a condizioni — come si è visto — anche la può che cedere di fronte alla certezza delle verità intuitive colte dalle facoltà e
«veritas rei») occorre osservare come questo concetto di una verità che sarebbe viene anzi considerato come l’unica possibile fonte di errore: «nullus nisi a
nelle cose antecedentemente al loro essere oggetto di conoscenza, entri a poco discursu solemnis error»’"“. A ll’«Instinctus Naturalis», che è presente non solo
a poco in concorrenza, nel De ventate, con una diversa concezione della veritas, nell’uomo ma in ogni essere dell’universo, «in Elementis, minerahbus, plantis,
per la quale essa viene a definirsi aH’interno stesso del processo conoscitivo, e tc ,»’^\ e che mette capo a «Notitiae Communes» di ordine pratico «maxime
come semplice conformitas dei due termini tra cui esso si svolge. Per quanto ad individui, speciei, generis et universi conservationem facientes»''^^^ Herbert
continui ad agire nel filosofo inglese come un presupposto mai rimesso in subordina, oltre al discursus, i «sensus interni» (suddivisi in «sensus internos
discussione, il concetto di una veritas assoluta delle cose passerà nel seguito del quos Menti vendicam us»’^^, «sensus internos corporeos»'^'*, «sensus internos
testo via via in secondo piano: la verità, intesa come veritas di ordine morale, ab objectis invectos»)’^^ e i «sensus e x t e r n i » P e r quanto riguarda questi ulti­
relativa ai giudizi pratici sulle cose, sarà invece studiata con sempre maggior mi, egli evita significativamente di fare di loro lo strumento primario della
decisione entro la sfera del conoscere e il punto di vista di Herbert si stabiliz­ percezione del mondo esterno: questa risulta piuttosto dallo spontaneo e
zerà in una definizione di essa in termini di rapporto tra soggetto e oggetto, armonico conformarsi delle facultates interne alla realtà sensibile; «E st igitur
come realizzarsi di un’armonica corrispondenza tra micro e macrocosmo: «E st ante sensum ipsum obscura quaedam praesensio ex mira rerum inter se cogna-
[. ..] veritas [. . . ] Harmonia quaedam inter objecta et facultates Analogas, tione oriunda, quod quidem Harmonico rerum systemati tribuim us»’^"^. Fra i
habens sensum gratissimum et lubentissime sine ulla haesitatione responden- «sensus interni» dell’uomo, capaci di cogliere intuitivamente, essendo specifi­
tem»'^^ cazioni dell’«Instinctus Naturalis», le interne determinazioni pratiche delle
Tale è il carattere incondizionato della conformitas che si realizza tra le cose («Analogiam illam rerum internam quae bonum, malum, gratum et ingra-
facoltà e il mondo nell’atto del conoscere, che Herbert la descrive, nel suo dar tum, etc. spectat»)'^®, quelli che «M enti vendicamus», in quanto «cum objectis
luogo a verità relative al valore pratico delle cose («circa causam, medium et aeternis universalibus conformari gaudentes»’'^^, si configurano come «Faculta­
finem rerum, bonum malum, pulchrum, gratum, etc.»), come l’attuarsi di un tes Deo Analogae»'*® e come un riflesso dell’essenza divina. Rapportandosi
«Instinctus Naturalis» che conduce a «Notitiae Com munes» di ordine morale alla realtà attraverso queste facoltà superiori, la mens umana la esperisce nei
vere «ex Consensu Universali» e al riparo da ogni possibilità di contraddizio­
n e ’®^. Perde in tal modo qualsiasi senso la funzione di controllo e di verifica
del processo cognitivo attribuita da Herbert intellectus e alle facoltà discorsive *** Ivi, p. 29: «Sunt igitur Veritates intellectus, Communes quaedam notitiae in omni
della mente {discursus): da un lato l’intelletto, a cui era stata assegnata all’inizio homine sano et integro existentes, quae (tanquam partes scientiarum) ab ipsa Universali Sapien-
dell’opera una veritas di ordine superiore, affermando che esso può correggere tia depromptae, in foro interiore ex dictamine Naturae describuntur».
gli errori delie facoltà «ad conditiones regrediens, unde facultates cum objectis Ivi, p. 159.
Ivi, p. 158.
suis conform antur»’®\ tende a essere identificato dall’autore con l’organo pro-
Ivi, p. 66.
■^2 Ivi, p. 44.
'^3 Ivi, p. 75.
Ivi, p. 85.
Ivi, p. 95.
Ivi, p. 25. Ivi, p. 128.
Ivi, p. 13. Ibid.
Ivi, p. 68. Ivi, p. 66.
Ivi, pp. 38, 44-45. Ivi, p. 75.
167
Ivi, p. 24. '«> Ivi, p. 76.
128 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 129

suoi valori più puri e razionali e giunge a una completa paciticazione: le facol­ modo a sottolineare è però il fatto che il conformarsi di micro e macrocosmo
tà che «D eo sunt Analogae — scrive Herbert — duplici ex nota judicantur: tramite i «sensus corporeos», in quanto a\"\àene su un piano puramente mate­
Prima est quod sensum inducant serenum, beatum. Secunda, quod in ilio solo riale, non può dar luogo che a un soddisfacimento del tutto effìmero: queste
a c q u i e s c a n t » A l l ’estremo opposto si situano i «Sensus interni corporei» e i facoltà, «peregrinae cum sint in origine sua et traduces, ad objecta propria
«Sensus interni ab objectis invecti», i quali sono analoghi al mondo come i quae caduca imprimis sunt et particularia excitatae, in eorum nauseam quan-
primi lo erano a Dio e costituiscono il tramite di un commercio puramente dam et fastidium (quando conformitates etiam ex votis cedunt) citissime dela-
fisico tra micro e macrocosmo. Se le facoltà interne attinenti alla mente sono buntur»’®'^. E tuttavia convinzione del filosofo inglese che le facoltà superiori
tali che tramite esse «maxime beati reddim ur»’®^ queste, che sono di natura della mente (i «sensus interni quos menti vendicamus») possano intervenire
corporea, «sensum crassum et turbidum invehunt, ultra denique sympathias et sulle passioni che scaturiscono da questo scambio meramente fisico tra l’uomo
antipathias suas non feruntur»'®^. Si delinea pertanto nel De ventate una conce­ e il mondo e «ita denuo agere [. . .] ut supra omnem affectum iniquum et tur­
zione molto simile a quella che si è vista operare negli scritti di Kepler; l’iden­ bidum constitutae, contrario piane motu ferri, in illis superesse, illos demum
tità di strutture tra l’uomo e la realtà esterna mentre spiega il conoscere (relati­ compescere et sedare queant»'®®.
vo nella fattispecie a verità di ordine morale) quando è considerata dal punto In questo contesto dottrinale si inseriscono i frequenti riferimenti che
di vista delle facoltà superiori dell’anima, consente di intendere l’azione del Herbert viene facendo al concetto di signatura. Questo non si risolve più, peral­
mondo sull’uomo quando la si prende in esame a un livello inferiore. Questo tro, nell’idea della semplice somiglianza tra un vegetale e l’una o l’altra parte
secondo aspetto dell’analogia tra micro e macrocosmo è da Herbert chiara­ del corpo ma viene fatto valere su un piano più generale e gli è assegnato un
mente esplicitato. Da un lato, infatti, si sottolinea la puntuale corrispondenza contenuto più vasto. La validità delle indicazioni terapeutiche offerte
tra gli elementi costitutivi dell’essere umano e quelli del mondo: «quot dantur dall’aspetto esteriore delle piante è anzi esplicitamente negata; nell’illustrare le
individuationis principia in Macrocosmo — egli scrive — tot et talia quaedam diverse articolazioni dei «sensus externi» l’autore sottolinea infatti, privilegian­
in corpore nostro deprehendi volum us»’®^; dall’aitro si mette in rilievo come do l’impostazione galenica su quella paracelsiana, come le facoltà più in grado
sia proprio questa corrispondenza a innescare il complesso di simpatie e anti­ di conformarsi alle virtù medicinali delle erbe e darle a conoscere siano, prima
patie secondo cui si volge l’azione sull’uomo della realtà esterna: «In Humores ancora che la vista, quelle del gusto e dell’odorato: «Fallaces [. . .] (quicquid
[.. .], sive Elementa Microcosmi totam rerum seriem transplantari volumus, Neoterici dicant) ex visu desumuntur signaturae: neque denique remedia
quae sive in illa seminis mole, sive in alimentis, sive in ipso aere et spiritu selectiora ex signatura esterna produntur. [. . .] Primae igitur partes odoratui,
ingerantur, ex efFectis suis sese satis produnt. Ista igitur in corpus, id est, in secundae gustui tanquam facultatibus cognatis hoc in examine debentur»'*’ .
unum aliquod compacta ut fuerint, in objecta cognata propria per Sympathias Esteso oltre il suo uso tecnico in campo medico, il termine signatura assume un
et Antipathias suas agunt, et quidem patiuntur, a quorum actione varia varii in significato più ampio e passa a designare il concetto di significazione in tutti i
nobis sensus suboriuntur»^®^. Nello svolgere il tema del parallelismo di struttu­ casi in cui sussiste una relazione necessaria tra il segno e ciò a cui esso riman­
re tra cosmo e microcosmo Herbert attinge largamente alla letteratura medica da. Questa particolare connotazione assunta dal termine si fa cogliere con
paracelsiana, soprattutto '3^Idea meàicinae pbilosophicae di Peder Sorensen di cui si chiarezza là dove Herbert illustra la nozione di Bonum. Si è visto come il filoso­
vede ripresa la caratteristica terminologia^®^. Ciò che egli tiene in particolar fo inglese si attesti inizialmente, nel De veritate, sul concetto di una veritas intesa
come «passio entis», radicata nell’essere stesso delle cose indipendentemente
dal loro essere oggetto di conoscenza. Tale verità inerisce agli enti in modo
necessario e costituisce ciò per cui essi differenziano dai non enti. All’essere
Ivi, p. 75.
Ibid.
Ibid.
Ivi, p. 76.
Ivi, p. 89. recte conformata reprobantur, analogas esse regioni illi, in qua cientur procellae, turbines, et
'** Cfr. ad esempio ivi, p. 91 : « ut quaedam interea de Analogia illa, quae inter Macroco- meteora hujusmodi, auae utcunque eliciantur, in Corpus tanquam in terram cadunt».
smum, et Microcosmum. in qua auctores hujus postremi saeculi egregie satis (maxime vero in Ivi, p. 85.
iis, quae ad Medicinam spectant) navarunt operam, subjungamus. Obser\^are licet excandescen- Ivi, p. ~5.
tiam, iram, suspicionem, invidiam, etc. quae turbant, et tanquam iniquae passiones a conscientia Ivi, pp. 140-141.
130 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 131

Herbert correla però, oltre alla veritas, anche un’altra determinazione, che ha scono (cioè appunto la loro Analogia), consentono di articolarne il complesso in
con esso un rapporto non meno necessario, appunto quella del Bonum. Il Bonum una gerarchia di generi e specie. E proprio in base alla loro maggiore o minore
— egli scrive — «recte [. . .] a Scholis Entis passio altera habetur»'^” Per somiglianza reciproca che le cose si fanno mettere in relazione tra loro e ridi­
esprimere questa idea del nesso indissolubile che collega il Bonum con l’essere stribuire in una serie di classi omogenee. In questa concezione di origine scola­
Herbert ricorre ora proprio al concetto di signatura-, in quanto il Bonum va di stica Herbert introduce ora una nuova prospettiva, richiamando la nozione di
pari passo con l’essere, è capace di designarlo, ne rappresenta il marchio e la signatura e associandola a quella di differentia: «Denique observamus — egli scri­
nota caratteristica; «Bonitas [. . .] in re — egli scrive — est ejus signatura inte­ ve — differentias esse signaturas, sive Characterismos ad mutuas rerum Analo-
rior. Est autem relatio rationis, qua acceptione nihii per se non b o n u m » I n gias percipiendas accomodatas: prout enim ex differentiis communibus rerum
conseguenza del parallelismo che lo lega alla veritas^ il Bonum si fa indagare, per convenientias, ita ex differentiis propriis earum disconvenientias indagamus;
Herbert, negli stessi ambiti in cui si articola la veritas, vale a dire, oltre che «in in hiis autem duobus tota rerum x-\nalogia sita est»'^^ Così la visione ontologi­
re», nelle apparentiae. nei conceptus, ntWintellectus. Si delineano pertanto una «B o­ ca tradizionale si apre in Herbert alle tematiche legate al concetto del signifi­
nitas in apparentia», definita come un’«em anatio signaturae illius internae sese care e si arricchisce di un nuovo importante motivo; l’insieme degli enti
explicantis juxta Analogiam, quam erga facultates internas obtinet; Cujus cen- comincia a essere visto come un articolato complesso di rimandi, seguendo i
sus quodcunque gratum, pulchrum, etc. in rebus ipsis deprehenditur, enumera- quali si possono ricostruire le fondamentali strutture del reale, ripercorrere la
ri potest»’’ ^; una «Bonitas conceptus» la quale «est prima illa conformitas fitta trama di relazioni che connette i suoi diversi elementi; si afferma l’idea
Bonitatis rei, sive objecti cum Facultatibus nostris Internis juxta apparentiam che le cose non si limitino a sussistere ma nel loro offrirsi alla percezione si
suam »’” ; una «Bonitas in intellectu», «ultima Bonitatis signatura», la quale costituiscano soprattutto come un vasto sistema di segni. Applicando il concet­
«conformitatem conformitatum praedictarum juxta Analogiam internam statui- to di signatura al rapporto tra individuo e specie, il filosofo inglese mostra
mus»'^"*. Il termine signatura si incontra però anche in altri ambiti tematici del­ peraltro di interpretarlo in stretta aderenza al contenuto che gli era stato asse­
la filosofia herbertiana. Connotando l’idea di una relazione necessaria tra gnato da Paracelso. In questa idea herbertiana delle differentiae come signaturae
segno e designato, esso si presta innanzitutto a esprimere il particolare rappor­ dei generi e delle classi si può riconoscere infatti il medesimo nesso che era
to che unisce Dio alla creatura. Così, esponendo la sua dottrina dei «sensus stato fissato dalla medicina paracelsiana tra i diversi individui dotati del mede­
interni», Herbert mette in evidenza come la mens umana sia un’«optim a Divi- simo aspetto, ciascuno dei quali designava gli altri appartenenti alla stessa spe­
nitatis Imago, et Typus»; in quanto però questa impronta si fa riconoscere cie, tutti quanti rinviavano al comune principio che costituiva la loro essenza.
soprattutto neH’«Instinctus Naturalis», il cui tendere alla conservazione dell’in­
dividuo riflette le caratteristiche deU’«unitatis et aeternitatis Divinae», essa È tuttavia negli scritti di Jacob Bòhme che il concetto di signatura viene
appare anche nei corpi, «signatura licet invalidiori»; anche i corpi partecipano ricondotto con la maggiore consapevolezza alle sue più profonde premesse
infatti deU’«Instinctus Naturalis» e tendono aH’autoconservazione, sia pure logiche e risolutamente omologato all’idea del particolare rapporto che con­
tanto più debolmente «quanto longius a principio suo distant»'^^ È tuttavia in nette un ente alla sua essenza incorporea, il molteplice sensibile all’uno che lo
connessione col tema dell’« Analogia rerum», così spesso ricorrente nel De veri- fonda. Così concepito, esso viene anzi innalzato al più alto livello di generalità
tate, che la ripresa herbeniana del motivo delle signaturae presenta il suo aspetto in quanto vi si fa ricorso per esprimere la relazione che intercorre tra Dio e il
filosoficamente più interessante e raggiunge i suoi risultati di maggiore rilievo. mondo, tra la realtà naturale nel suo complesso e il principio divino che ne è
Si è visto come Herbert insista sul concetto scolastico delle differentiae tra gli la ragion d’essere. Ciò che nella concezione paracelsiana era fatto valere entro
enti, le quali, indicando sia ciò in cui essi convengono, sia ciò per cui differi- l’ambito particolare della medicina viene ora trasposto sul piano della metafisi­
ca e della teologia, costituendosi come la chiave di volta di una visione com­
plessiva del reale. Gran parte dell’opera di Bòhme può esser fatta consistere
■’o Ivi, p. 111. nel tentativo di descrivere il processo atemporale attraverso cui l’essere assolu­
Ihid.
to della divinità, privo in sé di qualsiasi determinazione e limitazione, giunge a
”2 md.
Ivt, p. 112.
Md.
Ivi, p. 70. Ivi, p. 10.
132 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 133

manifestarsi a se stesso, conferendosi con questa autoriv^elazione il massimo di ta di Dio un’interna articolazione, ne opera io sdoppiamento in un soggetto e
realtà e perfezione. In quanto costituisce il fondamento di ogni cosa esistente, in un oggetto, dando il via a quel processo di autorivelazione della divinità
Dio, considerato «an sich selber», non può identificarsi con nulla in particola­ che è identico al suo costituirsi come Dio in senso proprio e come essere pie­
re e sfugge pertanto a qualsiasi possibilità di definizione: esso è «das Nichts namente r e a l e D i qui, in Bòhme, il complesso ciclo della «ewige Natur» e
und das Alles», «weder Licht noch FinsterniB»'’ ’^; di lui sarebbe contradditto­ delle sue sette forme o qualità, incarnando le quali Dio perviene a una sempre
rio affermare che «dis oder das sey, bòse oder gut» o che «in sich selber Unter- più compiuta automanifestazione e autonvelazione, genera progressivamente
scheide habe»; lo si deve piuttosto pensare come una quiete sempiterna e se stesso dandosi un corpo e costituendosi come p e r s o n a D i qui, anche, la
come un Ungrund ineffabile, «ohne Anfang und E n d e » ’^®. Se alla realtà divina nozione di una «Weisheit Gottes»^“^, specchio ideale in cui Dio si riflette, esi­
ci si può riferire in questi termini puramente negativi, ciò è però solo in quan­ bendo a se stesso la molteplicità di «Kràfte, Farben und Tugenden» in cui si è
to si attua un particolare processo di astrazione e si fissa un suo aspetto parzia­ articolata la sua originaria indifferenziazione; sorrette dall’unità della coscienza
le. Il nulla divino è infatti tutt’uno con un’altrettanto incondizionata volontà divina, le idee della «Gòttliche Weisheit» si connettono in una mirabile «wol-
di manifestazione e automanifestazione, un «ewiger Wille [. . .], das Xichts in
Etwas einzufùhren»'’’ . Volendo se medesima in mancanza di qualsiasi altro
oggetto a cui volgersi, questa volontà introduce nell’unità ancora indifferenzia- 200 Mysteriumpansophicum, J 4, I: «Der Ungrund ist ein ewig Nichts, und machet aber einen
ewigen Anfang, als eine Sucht; Dann das Nichts ist eine Sùcht nach Etwas: Und da doch auch
Nichts ist eine das Etwas gebe; sondern die Sucht ist selber das Geben dessen, das doch auch
J. B ò h m e , De eiectione gratiae I, 3, in Sàmtliche Schriften (d’ora in poi S). Faksimiie-Neu- ein Nichts ist als bios eine begehrende Sucht. Und das ist der ewige Verstand der Magiae, welche
druck der Ausgabe von 1730 in elf Bànden, Sturtgart 1955-60, Bd. 6: «E r ist das Nichts und das in sich machet, da nichts ist; Sie machet aus Nichts Etwas, und das nur in sich selber, und da
Alles, und ist ein Einiger Wille, in deme die Welt, und die gantze Creation lieget, in Ihme ist doch dieselbe Sucht auch ein Nichts ist, als nur bios ein Wille; Er hat Nichts und ist auch
alles gleich-ewig ohne Anfang, in gleichem Gewichte, MaB und Ziel ; Er ist weder Licht noch nichts»; Christosopbia, J" 4, 6 [Theoscopid), I, 9: «Dan ein Ding, das nur Einen Willen hat, das hat
FinsterniB, weder Liebe noch Zorn, sondern das Ewige Eine; darum saget Moses; Der Herr ist keine Schiedlichkeit? So es nicht einen Wiederwillen empfindet, der es zum Treiben der
ein Einiger Gott». BewegniB ursachet, so stehets stille: Dann ein Einig Ding weiB nichts mehr als Eines; Und oh
Ihid. : « Denn man kann nicht von Gott sagen, daB Er dis oder das sey, bòse oder gut, es gleich in sich gut ist, so kennets doch weder Bòses noch Gutes, dann es hat in sich nichts, das
dafi Er in sich selber Unterscheide habe: Denn Er ist in sich selber Natur-ios, sowoi Affect- es empfìndlich mache»; De signatura rerum, S 6, II, 7: «so erkennen wir aber, daB sich der Wille
und Creatur-los. Er hat keine Neiglichkeit zu etwas, denn es ist nichts vor Ihme, darzu Er sich selber suche, und in sich selber finde, und sein Suchen ist eine Begierde, und sein Finden ist der
kònte neigen, weder Bòses noch Gutes: Er ist in sich selber der Ungrund, ohne einigen Willen Begierde Wesen, darinnen sich der Wille findet»; De eiectione gratiae, J 6, I, 5: «Der erste unan-
gegen der Natur und Creatur, als ein ewig Nichts; es ist keine Qual in Ihme, noch etwas das fàngiiche Einige Wille, welcher weder Bòse noch Gut ist, gebieret in sich das Einige ewige
sich zu Ihme oder von Ihme kònte neigen. Er ist das Einige Wesen, und ist nichts vor Ihme Gute, als einen faBlichen Willen, welcher des ungriindlichen Willens Sohn ist, und doch in dem
oder nach Ihme, daran oder darinnen Er Ihme kònte einen Willen schòpfen oder fassen ; Er hat unanfànglichen W’illen Gleich-Ewig; und derselbe andere Wille ist des ersten Willens ewige
auch nichts das ihn gebàret oder giebet»; De incamatione verbi, S 4, II, I, 8: «In der Ewigkeit, als Empfindlichkeit und Findlichkeit, da sich das Nichts in sich selber zu Etwas nndet: und das
im Ungrunde ausser der Natur, ist nichts als eine Stille ohne Wesen; es hat auch Nichts, das Unfindliche, als der ungnindliche Wille, gehet durch sein ewig Gefundenes aus, und fùhret sich
etwas gebe, es ist eine ewige Ruhe, und keine Gleiche, ein Ungrund ohne Anfang und Ende: in eine ewige Beschaulichkeit seiner selber»; ivi, I, 9: «Denn in der unnatiirlichen, uncreatùrli-
Es ist auch kein Ziel noch Stàtte, auch kein Suchen oder Finden, oder etwas, da eine Mògli- chen Gottheit ist nichts mehr als ein einiger Wille, welcher auch der einige Gott heist, der wil
chkeit wàre»; cfr. anche De signatura rerum, S 6, VI, 8; «es wàre aber also die Liebe-Lust nicht auch in sich selber nichts mehr, als nur sich selber finden und fassen, und aus sich selber ausge-
offenbar, so Er einig in der Stille ohne Wesen bliebe, und wàre keine Freude noch Weben hen, und sich mit dem Ausgehen in eine Beschaulichkeit einfùhren [ ...]; eine in sich selber
darinnen, sondern eine ewige Stille»; Mysterium magnum, S 1,1, 1\ «Wenn ich betrachte was Gott gefundene Lust, oder Begierde zum Etwas, eine Lust zur Offenbarung oder Findung der Ein-
ist, so sage ich: Er ist das Eine gegen der Creatur, als ein ewig Nichts, Er hat weder Grund, genschaften, welche Gòttliche Lust oder Weisheit in sich selber, im ersten Grunde doch gantz
Anfang noch Stàtte; und besitzet nicht, als nur sich selber: Er ist der Wille des Ungrundes, Er ohne Eigenschaften, ist»; Mysterium magnum, S 8, LXXI, 14: «Dann also wircket Gottes Zorn in
ist in sich selber nur Eines: Er bedarf keinen Raum noch Ort: Er gebàret von Ewigkeit in der Liebe, auf daB die Liebe (als das ewige Eine und Gute) schiediich, empr'indlich, und find-
Ewigkeit sich selber in sich: Er ist keinem Dinge gleich oder àhnlich, und hat keinen sonderli- lich werde; dann im Streit und Widerwillen wird ihme der Ungrund, als das ewige Eine, wel-
chen Ort da Er wohne»; Clavis, S 9, XIV, 1: «Gott ist Nichts, gegen der Creatur zu rechnen, ches ausser der Natur und Creatur ist, offenbar»: Quaestiones theosophicae, j ’ 9, qu. Ili, 6: «Dann
und ist der Ungrund und Alles», Eins hat nichts in sich, das es wollen kann, es duplire sich denn daB er Zwey sey; jO kann sichs
De signatura rerum, S 6, II, “ : « Wir verstehen, daB ausser der Natur eine ewige Stille und auch selber in der Einheit nicht emprlnden, aber in der Zweyheit empfindet sichs».
Cfr. su questo complesso tema della dottrina bòhmiana A. K o y r é , La philosophie de Jacob
Ruhe sey, als das Nichts; und dann verstehen wir, daB in dem ewigen Nichts ein ewiger Wille
urstànde, das Nichts in Etwas einzufiihren, daB sich der Wille finde, fiihle und schaue, dann im Boehme, Paris 1971^ pp. 350-414.
Nichts wàre der Wille ihme nicht offenbar». Cfr. per quanto riguarda la nozione di «Saggezza divina» ivi, pp. 343-350.
134 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 135

gestimmete Harmoney», configurandosi come il modello della creazione articolata e complessa, quel concetto del mutuo compenetrarsi di corporeo e
Proprio in quest’ultima, nella costituzione del mondo della natura, la «Selbst- incorporeo, visibile e invisibile, m cui il rapporto tra Dio e la natura già era
Offenbarung» di Dio trova per Bòhme il suo termine ultimo: questo mondo stato pensato in alcuni trattati del Corpus bermeticum^'^^. Trasposto sul piano della
— egli scrive nel De signatura rerum — «m it Sonne, Sternen und Elementen, conoscenza naturale, il medesimo concetto si era fatto rintracciare in Paracel­
samt allem creatùrlichern Wesen» è «anderst nicht als eine Offenbarung der so: le tugenden invisibili che costituivano i principi attivi dei «natùrliche dinge»
Ewigkeit, des ewigen Willens und Gemùths»^®'*. La natura si fa dunque coglie­ non potevano manifestarsi, secondo la sua concezione, se non incorporandosi
re come uno specchio della realtà sovrasensibile di Dio e si rivela ovunque a un sostrato materiale, incarnandosi in un elemento sensibile. La caratteristica
permeata di divino: «A lso [. ..] wohnet Gott in alien Dingen»^®^ Per quanto terminologia che per illustrare questo nesso era stata adottata dal medico di
Bòhme si sforzi di evitare ogni esito panteistico delia sua dottrina e non perda Einsiedeln ricorre ora anche in Bòhme, assunta però in un significato teologi­
occasione di sottolineare come la divinità «von keinem Dinge mag ergriffen co: sichtbar e unsichtbar, inner e ausser sono i termini che egli più spesso utilizza,
werden»^®*, è chiaro come nella sua concezione Dio e la natura siano due ter­ quando è in questione il particolare rapporto che unisce Dio e la natura, il
mini che si richiedono e si implicano vicendevolmente: da un lato YUngrund mondo e il suo creatore: «die àussere Natur dieser sichtbaren, greifiichen Welt
divino ha bisogno di incarnarsi nella realtà sensibile per autorivelarsi e realiz­ — si legge ad esempio nel De signatura — ist eine Offenbarung oder Aus-
zarsi pienamente, dall’altro la natura non può concepirsi, e quindi neppure Geburt des innern Geistes und Wesens in Bòsem und Gutem»^®’ ; «die
sussistere, se non come espressione di quel fattore ideale e sovracorporeo costi­ sichtbaren empfindlichen Dinge — viene detto nel Mjsterium magnum — sind
tuito da Dio Si può riconoscere in questa visione, svolto in una dottrina più ein Wesen des Unsichtbaren; von dem Unsichtlichen, Unbegreifiichen ist
kommen das Sichtbare, Begreifiiche: von dem Ausprechen oder Aushauchen
der unsichtbaren Kraft ist worden das sichtbare Wesen ; das unsichtbare geistli-
che Wort der Gòttlichen Kraft wircket mit und durch das sichtbare Wesen,
Mjsterium magnum, S ", I, 7.
^ De signaiura rerum, S 6, III, 41. wie die Seele mit und durch den Leib»^^®. In quanto automanifestazione di
205 Ivi, V ili, 49. Dio, il creato sta a Dio stesso, per Bòhme, così come l’esterno visibile di un
^ Mjsterium magnum, S 7, Vorrede, 8. ente sta al suo interno invisibile, un essere particolare all’essenza che esso
Cfr. ad esempio Sex puncta tbeosophica, S 4, I, 29: «Und zum Zweyten begehret er, daB incarna e di cui è il segno: «D ie gantze àussere sichtbare Welt mit all ihrem
das Hertze mòchte ofFenbar seyn; dann im Ungrunde ist keine Offenbarung, sondern ein ewig
Wesen — egli scrive nel De signatura — ist eine Bezeichnung oder Figur der
Nichts, eine Stille ohne Wesen oder Farben, auch keine Tugend; Aber in diesem Begehren
werden Farben, Kraft und Tugend; und ist doch also nur in sich verborgen, und wàre ewig inneren geistlichen Welt; alles was im inneren ist, und wie es in der Wirckung
nicht offenbar, denn es wàre kein Licht, Glant2 oder Majestàt, sondern ein dreyfacher Geist in ist, also hats auch seinen Character àusserlich»^". Il mondo della natura viene
sich selber, welcher ohne Qual einiges Wesens wàre; De signatura rerum, S 6, III, 1-2: «Gunstiger a costituirsi in tal modo come un’immagine e una similitudine della divinità.
Leser, mercke den Sinn recht: wir verstehen nicht mit solcher Beschreibung einen Anfang der
Gottheit, sondern wir zeigen euch die Offenbarung der Gottheit durch die Natur; dann Gott ist
ohne Anfang, und hat einen ewigen Anfang, und ein ewig Ende, das ist Er selber, und die
Natur der innern Welt ist in gleichem Wesen von Ewigkeit, wir geben euch dis vom Gòttlichen wàchset aus Kraft des Baums: i\lso sind alle Dinge aus Gòttlicher Begierde entsprungen und in
Wesen zu verstehen. [...] Ausser der Natur ist Gott ein Mysterium, verstehet in dem Nichts, ein Wesen geschaffen worden, da am Anfange kein Wesen darzu vorhanden war, sondern nur
dann ausser der Natur ist das Nichts»; ivi. III, 35: «Nach Erschaffung der hohen Geister, hat dasselbe Mysterium der ewigen Gebàrung, in welchem eine ewige Vollkommenheit ist gewesen.
Gott diese sichtbare Welt mit Sternen und Elementen, als eine Ausgebàrung aus der ewigen [. ..] Dann Gott hat nicht die Creation erboren, daB Er dadurch volkommener wiirde, sondern
Mutter aller Wesen erschaffen, das alles ist aus dem Ewigen Anfange gegangen, und hat einen zu seiner Selbst-Ofifenbarung, als zur grossen Freude und Herrlichkeit » ; De electione gratiae, S 6,
zeitlichen Anfang genommen : dann alhie ist uns zu betrachten, daB sich die ewige Gebàrerin IX, 12: «Also auch verstehet, daB Gottes heiliges Leben ohne Natur nicht offenbar wùrde, als
habe beweget, und ihre GestaltniB entziindet, da dann eins im andern ist corporlich worden»; nur in einer ewigen Stille, da nichts inne seyn mòchte, ohne das Ausprechen und die FaBli-
ivi, VI, 8: «Dann Gott hat alle Dinge aus Nichts gemacht, und dasselbe Nichts ist Er selber, als chkeit: Gottes Heiligkeit und Liebe wurde nicht offenbar; soli sie aber offenbar seyn oder wer­
eine in sich wohnende Liebe-Lust, darinnen kein Affect ist; es wàre aber also die Liebe-Lust den, so muB etwas seyn, deme die Liebe und Gnade noth thut, und das der Liebe und Gnade
nicht offenbar, so Er einig in der Stille ohne Wesen bliebe, und wàre keine Freude noch Weben nicht gleich ist».
darinnen»; ivi, XVI, 1-2: «Die Schòpfiing oder gantze Creation ist anders nichts als eine Offen­ Cfr. supra, pp. 42-43.
barung des allwesenden, ungrundlichen Gottes: alles was Er in seiner ewigen unanfànglichen ^ De signatura rerum, S 6, III, 7.
Gebàrung und Regiment ist, dessen ist auch die Schòpfiing, aber nicht in der Allmacht und Mjsterium magnum, S Vorrede, 4.
Kraft, sondern als ein Apfel auf dem Baume wàchset, der ist nicht der Baum selber, sondern De signatura rerum, S 6, IX, 1.
Ì36 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 137

«als eine GieichniB des Ungrundes, oder ein Spiegel der Ew igkeit»-’^. Esso è ist stumm und ohne Verstand, dann es kommt nur aus einem historischen
un Bìldniji del creatore e una rappresentazione visibile delle forze invisibili che Wahn, von einem andern Mund, daran der Geist ohne ErkentniB stumm ist;
operano al suo i n t e r n o R i p r e n d e n d o un concetto paracelsiano ed estenden­ So ihm aber der Geist die Signatur eròffnet, so verstehet er des andern Mund,
dolo ben oltre la sua portata sul piano medico, Bòhme ne fa ora la signatura di und verstehet ferner, wie sich der Geist aus der Essentz durchs Principium im
Dio: «Dasselbe gefassete Wort hat sich mit Bewegung aller Gestalten mit die- Hall mit der Stirarne hat o f f e n b a r e t L ’anima, però, non potrebbe veramen­
ser sichtbaren Welt, als mit einem sichtbaren GieichniB, offenbaret, daB das te comprendere e penetrare i contenuti che le provengono daH’esterno me­
geistliche Wesen in einem leiblichen begreiflichen offenbar stùnde: Als der diante il supporto sensibile di un segno se tali contenuti non li avesse già in se
innern Gestalt Begierde hat sich àusserlich gemacht, und stehet das Innere im stessa e non potesse riconoscerli, quando le sono dati, come qualcosa che è già
Aeusseren, das Innere hàlt das Aeussere vor sich als einen Spiegel, darinnen es suo. Che gli uomini si comprendano a vicenda e sia possibile una comunica­
sich in der Eigenschaft der Gebàrung aller GestàltniB besiehet; das Aeussere zione tra loro non può dunque spiegarsi se non supponendo che sussista fra le
ist scine Signatur»^’'’. loro anime una completa identità di strutture: «D aran erkennen wir, daB alle
Intesa come lo speciale rapporto che lega un’essenza alle sue espressioni menschiiche Eigenschaft aus Einer kommen, daB sie nur eine einige Wurtzel
sensibili, l’incorporeo al corporeo, la signatura viene a porsi al centro delle dot­ und Mutter haben, sonst kònte ein Mensch den andern nicht im Hall verste-
trine gnoseologiche di Bòhme ed è indicata come un momento fondamentale hen»2‘6. Questa identità formale tra soggetto e oggetto del conoscere viene
del processo del conoscere. Questo in tanto si può attuare, per il tllosofo di postulata da Bòhme anche nel campo di quel particolare sapere che ha come
Gòriitz, in quanto non ci si arresti a ciò che è immediatamente dato alla per­ oggetto la natura: come si legge nel Mjsterium magnum^ l’uomo è una «kleine
cezione sensibile ma si riesca a sopravanzarlo in direzione del sovrasensibile, Welt aus der grossen», una copia del macrocosmo ed è per questa ragione
cogliendolo come il segno del contenuto puramente spirituale che sta dietro di solamente che egli può averne conoscenza In questo quadro proprio l’ap­
esso e che in esso si esprime. Quanto l’anima recepisce in modo passivo e, per prensione di quel fattore sensibile costituito dalla signatura segna secondo Bòh­
così dire, alla lettera, non può dar luogo che a un sapere del tutto estrinseco e me il momento in cui l’anima, riconducendo quanto le è dato dall’esterno a
superficiale; esso si riveste di senso, costituendosi come una vera conoscenza, un contenuto già in suo possesso, se ne riappropria e ne fa un vero oggetto di
nel momento in cui viene appreso sotto forma di signatura e come il rimando a conoscenza. La comprensione della signatura diviene in tal modo tutt’uno con
qualcos’altro da sé. Tale dottrina viene innanzitutto applicata a quel particola­ l’acquisizione del sapere, con il realizzarsi di quell’armonica consonanza tra
re sapere che ha Dio come oggetto: «Alles was von Gott geredet, geschrieben percipiente e percepito in cui consiste l’atto del conoscere. Scrive Bohme:
oder gelehret wird — scrive Bòhme — ohne die ErkentniB der Signatur, das «daB ich sehe, dafì einer von Gott redet, lehret und schreibet, und gleich das­
selbe hòre und lese, ist mirs noch nicht genug verstanden: so aber sein Hall,
und sein Geist aus seiner Signatur und GestàltniB, in meine eigene GestàltniB
eingehet, und bezeichnet seine GestàltniB in meine, so mag ich ihn in rechtem
Ivi, VII, 13.
Grunde verstehen, es sey geredet oder geschrieben, so er den Hammer hat, der
Sex puncta tbecsophica, S 4, I, II, 15; «Also verstehet ihr auch das dritte Principium, das ist
und hat eben diese Eigenschatten, es hat auch Feucr, Licht und Geist, das ist Lutt; und ist mit meine Glocken schlagen kann»"’*. Se l’uomo può ritrovare in se stesso, com­
alien Umstànden gleich dem ewigen Wesen. Aber es anfànget sich, und genet von dem Ewigen prendendolo, tutto quanto sussiste al suo esterno, ciò è però solo in quanto
aus, es ist eine Offenbarung des Ewigen, eine Erweckung, BildniB und GieichniB des Ewigen»;
De signatura rerum, S 6, III, 7: «die aussere Natur dieser sichtbaren, greiflichen Welt, ist eine
Offenbarung oder Aus-Gebun des innern Geistes und Wesens in Bòsem und Gutem, das ist,
eine Darstellung und figurliche GieichniB der finstern Feuer-und Licht-Welt»; ivi, VIII, 2:
«Dann alle Ding sind von dem ewigen Geiste geurstàndet, als ein GieichniB des Ewigen: das hi, I, 1.
unsichtbare Wesen, welches Gott und die Ewigkeit ist, hat sich in semer eigenen Begierde in Ivi, I, 3.
ein sichtbares Wesen eingefùhret, und mit einer Zeit offenbaret, also daB Er sey in der Zeit als Mjsterium magnum, S 7, II, 5: «So siehe dich nur selber an, was du bist, und siehe die
ein Leben, und die Zeit in Ihme als stumm»; Mjsterium magnum, S 7, XI, 33: «Und eben in aussere Welt an mit ihrem Regiment, was die ist; so wirstu finden, daB du mit deinem àusseren
diesem stehet die grosse Heimlichkeit der Schòpfung, daB sich das Innere, als Gott, hat also mit Geiste und Wesen die aussere Welt bist: Du bist eine kleine Welt aus der grossen, dein àusseres
seinem ewig-sprechenden Worte, das es selber ist, geoffenbaret ; das Aeussere ist ein Bilde des Licht ist ein Chaos der Sonnen und des Gestirnes, sonst kòntestu nicht vom Sonnen-Licht
Innern ». sehen».
De signatura rerum, S 6, IX, 3. De signatura rerum, S 6, I, 2.
138 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 139

esso si costituisce come «ein gantz Bilde Gottes»^’^, come un analogo del Cre­ si spiega con il fatto che lo spirito di questi ha il potere di risvegliare e mettere
atore, che è appunto la totalità delle cose. Quando l’anima realizza in se mede­ per così dire in risonanza la componente nascosta del malvagio, che è tesa
sima questa somiglianza e si risveglia in lei, «im Centro des Gemùthes», «der verso il bene; il buono fa risuonare il «verborgenes Instrument» del malvagio
rechte Geist der hohen Macht der Ewigkeit», essa si pone in grado di cogliere e lo mette di nuovo in condizione e di esprimersi. In modo non diverso, d’al­
tutto quanto è un virtuale oggetto di conoscenza, non solo gli altri uomini e il tra parte, il malvagio può influire sul buono, richiamando cioè in superficie
mondo, ma anche Dio e se stessa. Rendendosi analoga a Dio essa diviene quella parte latente del buono che a lui corrisponde. Ciascuno dei due — scri­
capace di acquisire la conoscenza di sé in via mediata, attraverso le sue parole ve Bòhme — è «wieder das ander gesetzet, daB eines des andern Artzt seyn
e le sue azioni, esattamente allo stesso modo in cui la divinità si rivela a se soll»^'^. Così, se un influsso si può dare del buono sul malvagio e viceversa,
stessa tramite le sue manifestazioni sensibili; «D as Innere offenbaret sich im ciò è solo in quanto essi sono simili e ciascuno trova nell’altro una componen­
Halle des Wortes, dann das ist des Gemùthes natùrliche ErkentniB seiner te identica a sé. Che per descrivere il concetto del reciproco influsso del buono
Selbst»^®. Al tempo stesso il mondo della natura, che rimane muto e inespres­ e del malvagio Bòhme ricorra qui all’immagine dell’azione esercitata dal medi­
sivo, «ein stumm W esen »^ \ finché non opera nelFanima il principio per cui co si spiega con il fatto che proprio nella medicina il principio per cui il simile
essa è un analogo di Dio, si rivela nel suo pieno significato, configurandosi agisce sul simile, è in grado di risvegliarlo e potenziarlo, trova per lui la sua
come la via attraverso cui è possibile conoscere il Creatore, non appena tale illustrazione più chiara: si deve comprendere — egli scrive nel De signatura —
principio si risveglia; appare allora con chiarezza come l’Essere Eterno «sich «wie der Artzt in der Gleichheit eines jeden Dinges stehe, dann in der Glei-
hat in so viel Formen und Gestàltnisse offenbaret, als wir solches an Sternen chheit stehet des Willens Erfùllung, als seine hòchste F re u d e »^ . Vi è nell’es­
und Elementen, sowol an den Creaturen, auch Bàumen und Kràutern sehen sere in quanto tale una voglia e una brama {Begierde) che richiede di essere
und erkennen»222. appagata, e questa brama è un desiderio dell’essere per l’essere stesso, cioè
La nozione di similitudine, di un’identità di strutture interne che appa­ un’inclinazione del simile per il simile. Quando l’essere si reintegra nell’essere
renti sostanze distinte, non costituisce però in Bòhme il presupposto teorico trova in ciò la sua medicina; «dann finden wir, daB der Essentz nicht mag
solamente del conoscere e di uno scambio fra gli uomini esclusivamente intel­ besser gerathen werden als mit der Gleichheit, dann die Essentz ist ein Wesen,
lettuale; replicando uno schema che si è già visto operare sia in Kepler sia in und ihre Begierde stehet nach Wesen Se nel descrivere l’influsso di un
Herbert, egli fa infatti di tale identità la condizione di possibilità oltre che del ente su un altro come un rapporto possibile solo sulla base di un’uguaglianza
sapere anche dell’agire. Questa concezione si delinea con chiarezza là dove di essenza Bòhme si mostra perfettamente in linea con gli autori precedente-
Bòhme illustra il concetto della compresenza nell’uomo sia dei bene sia dei mente studiati, da Paracelso a Kepler e Herbert, nella sua esposizione si fanno
male; essi sono in lotta fra loro e quello dei due che è riuscito a prendere il cogliere anche, con un’evidenza del tutto particolare, i legami di questa conce­
sopravvento si esprime neH’individuo attraverso le sue parole e azioni, nonché zione con le arcaiche rappresentazioni che ne costituivano il precedente in una
attraverso il suo aspetto esteriore. Si ripropone il tema paracelsiano della signa­ forma mitica della coscienza. Essi traspaiono dalle sue formulazioni in modo
tura fisiognomica, per il quale le disposizioni interne dell’uomo si riflettono tanto più chiaro in quanto egli insiste sull’elemento del desiderio, sull’irresisti­
«in seiner àusserlichen Forme und GestàltniB», «in der GestàltniB des Ange- bile tendere del soggetto alla conferma o alla restaurazione del suo essere ori­
sich ts»^ . Prevalendo il male sul bene o viceversa, la qualità che è stata ginario mediante ciò che è identico a sé. Sottolineando questo aspetto, Bòhme
sopraffatta passa in secondo piano e, pur continuando a sussistere, diviene riporta in primo piano proprio la funzione che entro l’orizzonte del pensiero
latente. Può accadere tuttavia, come Bòhme osserva, che «ein bòser Mensch»
sia tratto al bene grazie al suo stare a contatto con un uomo probo {fromm)\ ciò
Ivi, I, 9: «wie man siehet, daB ein bòser Mensch doch oft von einem guten zur Reue
seiner Bosheit beweget wird, wann ihme der Fromme mit semem liebreichen Geiste sein ver-
borgen Instrument schlàget: Desgieichen geschieiiet es aucii mit dem Frommen; so ihm der
2'’ Ivi, I, 7. Bòse mit dem Geist seines Grimmes sein verborgen Instrument schlàget, so wird im Frommen
^ Ivi, I, 6. auch die Zorn-GestaltniB erwecket; und ist je eines wieder das ander geset2et, daB eines des
Ivi, I, 5. andern Artzt seyn soli».
^ Ivi, I, 15. 2“ Ivi, II, i
^ Ivi, I, 11. 2“ Ivi, II, 5.
140 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X VI e X VII 141

mitico è apparsa dererminante nell’assegnazione di un particolare valore tera­ del concetto di espressione, facendone la relazione intercorrente tra l’Uno
peutico ai vegetali assomiglianti alle membra e cioè quel desiderio ancora sen­ ineffabile e indeterminato e la molteplicità sensibile in cui egli si è incarnato
za ostacoli, in tale tase della coscienza, che portava a percepire una pianta per rivelarsi a se stesso. Così inteso, tale rapporto è però suscettibile di essere
come simile alla parte che si voleva guarita, anzi come tutt’uno con essa. Sullo formulato anche nei termini tradizionali della teologia del Verbo: esso viene
sfondo delle sue concezioni sono ancora le tracce di questo remoto passato che visto allora come il particolare nesso che sussiste tra il pensiero divino e lo
si danno a intravedere, quando ancora non vi era né azione né conoscenza ma smisurato concatenamento di parole attraverso cui esso si è comunicato ad
solo un desiderio onnipotente per il quale l’agire era un identificarsi e il dive­ extra, tra le idee eterne della «Gòttliche Weisheit» e la loro formulazione in
nire un esserci già. Si può anche vedere, però, come l’idea della reintegrazione una dimensione sensibile e temporale. Tra Dio e il mondo vi è dunque la
di un’essenza in se medesima sia da lui portata a estendersi oltre il terreno su medesima similitudine che intercorre tra il parlante e il parlato, tra le idee di
cui l’aveva svolta Paracelso e vada incontro a un processo di generalizzazione: chi parla e ciò che egli dice; la creazione appare, una volta di più, come un
essa trascende il tema della salute del corpo e si applica all’essere nel suo com­ Bildfii^ del Creatore: «G ott — scrive Bòhme — hat alle Ding in sein Wort
plesso, dal piano delle pratiche terapeutiche si allarga a quello delia morale, gefasset und in eine Form ausgesprochen, wie sich der Wille in der Begierde
costituendosi come il presupposto che consente di intendere non solo ciò che hat gefasset. Das Ausgesprochene ist ein Model des Sprechenden. [.. . ] Das
è salubre per l’organismo ma anche ciò che in generale è il bene dell’uomo. Sprechende in sich selber als in der Ewigkeit, und das Ausgesprochene auch in
Un altro concetto paracelsiano legato alla dottrina delle signaturae che sich selber, als in der Zeit: das Sprechende ist der Meister, und das Ausgespro­
Bòhme riprende e sviluppa nelle sue opere è quello di una lingua universale, chene ist der Werckzeug»^^^. Espressione di un Dio che per automanifestarsi
la cui conoscenza sarebbe tutt’uno con quella delle cose, essendo i suoi voca­ ha dovuto proferire se stesso, farsi «schiedlich und empfindlich»"^'’, il mondo
boli in grado di esprimere l’essenza e le molteplici qualità degli oggetti che
designano. In tale lingua, designata come Natur-Sprache, Haupt-Sprache o «sen-
sualische Sprache», si esprimeva Adamo, al quale era stato dato il potere, nel ^ De signatura rerum, S 6, XIII, 2-3; cfr. anche De electionegratiae, S 6, IX, 9: «Das Reich der
paradiso terrestre, di denominare ogni creatura «aus ihrer Essenz, Form und Natur ist der Grund des sprechenden Worts: dann soli eine Creatur seyn, so muB von ehe
Eigenschartw^^"^. Perdutasi con il peccato originale o (a seconda dei testi) anco­ Natur seyn. So ist nun das Wort Gottes der Grund aller Wesen, der Eigenschaften Anfang; das
ra in vigore tra i popoli fino al diluvio universale o alla costruzione della torre Won ist das Sprechen Gottes, und bleibt in Gott, aber das Aussprechen als der Ausgang vom
Wort (da sich der ungrundliche Wille in Schiedlichkeit durch das Aussprechen einfuhret) das ist
di Babele, la Natur-Sprache ha cessato, per Bòhme, di essere comprensibile agli
Natur und Eigenschaft, auch ein einiger Wille; denn der ungrundliche Wille scheidet sich vom
uomini; grazie al sacrificio e alla rinascita di Cristo essa è però, virtualmente, Sprechen, und fasset sich in ein Selbst-Eigensprechen in die Schiedlichkeit als in einen anfàngli-
m loro possesso e lui stesso è capace di intenderla: «das noch gròsser ist, ist chen Willen: aus dem einigen, ewigen, gantzen Willen sind die Eigenschaften entstanden, und
mir die Natur-Sprache eròtfnet worden, daB ich kann in memer Mutter-Spra- aus den Eigenschaften die Creation, als alle Creaturen»; Mysterium magnum, J 7, I, : «Und das-
che die allergròsten Geheimnissc verstehen»^®. Per quanto sia mutuato da selbe Sprechen ist das Bewegen oder Leben der Gottheit; Ein Auge des ewigen Sehens, da eine
Kraft, Farbe und Tugend die andere im Unterscheid erkennet, und stehen aber alle in gleicher
Paracelso e dalla tradizione che a questi fa capo, il motivo della lingua univer­
Eigenschaft ohne Gewicht, Ziel oder Ma/3, auch von einander ungetrenner. Alle Kràfte, Farben
sale non rimane in Bòhme un elemento isolato ma è da lui coerentemente und Tugenden ligen in Einer, und ist eine unterschiedliche in einander wol-gestimmete gebà-
integrato nel quadro complessivo della sua problematica teologica. Si è visto rende Harmoney; Oder wie ichs setzen mòchte ein sprechendes Wort, da m dem W'ort oder
come il filosofo di Gòrlitz interpreti il rapporto tra Dio e il mondo alla luce Sprechen alle Sprachen, Kràfte, Farben und Tugenden inne liegen, und mit dem Hallen oder
Sprechen sich auswickeln, und in ein Gesicht oder Sehen einfùhren»; ivi, XXIX, 5: «Denn sie
ist die Gòttliche Beschaulichkeit der geformten Weisheit: Ihr Centrum ist der geformte VCille,
als das sprechende W'ort aus alien Kràften, und ihr Leben ist der Geist, der im Sprechen oder
Mjsterium magmm, J 7, XIX, 22: «DaB nun Adam in Gortes, und nicht im rhierischen Hauchen ausgehet, welcher die Lust der W'eisheit unterscheidet und formet, auf daB die geform­
Bilde gestanden sey, fmdet man an deme: dal3 er aller Creaturen Eigenschaft gewust hat, und te Weisheit vor dem Leben der Gottheit spiele, als wie die kleinen Kinder vor ihren Eltern,
hat alien Creaturen Namen gegeben aus ihrer Essenz, Form und Eigenschaft, er hat die Natur- welche sie aus ihrer Essenz zu ihrer Freude geboren haben, spielen, daran die Eltern ihre Freu-
Sprache verstanden, als das geoffenbarte und geformte Wort in aller Essenz, denn daraus ist de haben».
;eder Creatur der Name entstanden». ^ Mysterium magnum, S 8, LXXI, 15-16; «Und hat sich Gott mit seinem H. Worte der
^ Epistolae theosophicae, S 9, X, 29. Tra i testi bohmiani sulla Natur-Spracòe, troppo ampi e Kràften darum in Natur und Creatur, darzu in Pein und Quaal, in Licht und FinsterniB
numerosi perché possano essere riportati qui per intero, sono soprattutto da vedere De signatura eingeftihret, auf daB die ewige Kraft seines Worts in der Weisheit mit seinem ausgesprochenen
rerum, S 6, I, 16-17; Mjsterium magnum, J 7 e 8, XXXV, 1-7, 12, 57-60; LII, ó7-ó8. Worte schiedlich und empfindlich werde, daB eine Wissenschaft sey. [...] Dan ausser diesem
142 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 143

viene a configurarsi come un discorso infinitamente articolato ma unitario, della «Kunst signata», lingua universale capace di esprimere attraverso i suoi
come un concatenarsi di termini che riflettono un unico, immenso pensiero. vocaboli la natura e l’essenza degli enti, viene collegata da Bòhme al concetto
Per esprimere la coerenza e la consequenzialità di questo discorso, conseguente deir uomo come similitudine di Dio e trova in questo nesso la sua più profon­
al suo farsi ricondurre all’unità dell’essenza divina, è però a immagini di tipo da giustificazione filosofica 23'^. Anche indipendentemente, però, da tale fonda­
musicale che Bòhme di preferenza ricorre: l’insieme delle creature gli appare zione sul piano trascendente, la dottrina bòhmiana, se la si considera da un
come «eine grosse Harmoney vielerley Lautenspiel, welche alle in eine Har-
money gerichtet sind», o come le canne di un organo le quali risuonano cia­
scuna per suo conto, ma unico è il soffio che vibra al loro i n t e r n o L ’uomo,
però, in quanto Gleichniji di Dio, è in grado di formulare a sua volta il discorso Nel quadro del dibattito che prende a svolgersi nel ’600 sul concetto di una lingua
divino in cui è consistita la creazione: «A lso hat nun der Mensch den Gewalt universale, le idee di Bòhme saranno riprese ed esplicitamente richiamate dal medico e predica­
von dem unsichtbaren Worte Gottes empfangen zum W iederaussprechen»^^ tore puritano John Webster. Dopo aver sottolineato l’utilità di tale lingua per il progresso del
Proprio di qui, dalla sua capacità di ripercorrere autonomamente il concate­ sapere («What a vast advancement had it been to thè Re-publick of iearning, and hugeiy profì-
table to all mankind, if thè discovery of thè universal Character (hinted at by some judicious
narsi delle parole divine, la facoltà che egli ha di dare «alien Dingen Namen,
Authors) had been wisely and laboriously pursued and brought to perfection?»), ed espresso la
nach iedes Dinges Geist und Form»^^^, cioè il suo possesso, almeno virtuale, convinzione che essa già sia in possesso dei Cinesi e di altri popoli orientali («[.. .] it is recor-
di qualcosa come una Natur-Sprache: l’uomo sa i veri nomi delle cose perché ded, and believed with authors of repute and credit, that in China, and some other Orientai
conosce le parole divine che ne costituiscono l’essenza. Così l’idea paracelsiana Regions, they have certain Characters, which are reai, not nominai, expressing neither letters
nor words, but things, and notions»), Webster introduce il concetto bòhmiano di Natur-Sprache:
«I cannot (howsoever fabulous, impossible, or ridiculous it may be accounted of some) passe
over with silence, or neglect that signal and wonderful secret (so often mentioned by thè myste-
wàre die Wissenschaft des ewigen Einen nicht ot'fenbar und wàre auch keine Freude ; und ob sie rious and divinely-inspired teutonick, jac. Behem Book of thè 3 fold life of man, and in other
u’àre, so wàre sie ihr doch seiber nicht offenbar: Also offenbaret sie sicii durch Eintuhrung in places of his works and in some manner acknowledged and owned by thè higly-illuminated
Xatur durch die Schiediichkeit des Sprechens, da sich das Sprechen in Eigenschaften eintuhret fraternitv of thè Rosie Grosse) of thè language of nature : but out of profound and deep conside-
und die Eigenschaften in Wiederwillen ; so wird durch die Widerwillen das ewige Gut, welches ration, must adumbrate some of those reasons, which persuasively draw my judgement to credit
sich im Wort des Sprechens mit in Schiediichkeit fùhret, schiedlich, creatùrlich und bildhch»; thè possibility thereof». Ciò che segue è un’entusiastica e non poco intricata elucubrazione sulle
ctr. anche De electionegratiae, J 6, II, 17: «Die Natur ist der stillen Ewigkeit Werkzeug, damit sie dottrine teologico linguistiche di Bòhme, la quale documenta tuttavia come queste costituissero
formire, mache und scheide, und sich seiber dannnen in eine Freudenreich tasse, denn der una delle componenti del dibattito sulla lingua universale che si sviluppa nel ’600. Il passo
ewige Wille offenbaret sein Wort durch die Natur»; De testamentis Christi, S 6, I, I, 2; «Dann so seguente bene illustra lo stile e le idee di Webster: «For this, Angelical and Paradisical language
der ungriindliche, unnatùrliche und uncreatùrliche Gott, als das Ewige Eine, sein Wort nicht speaks and breaths forth those centrai mysteries that lay hid in thè heavenly magick, which was
mehr spràche, und das Sprechen aufhòrete, so wàre auch kein Verstand, Vernunft noch Sinnen in that ineffabie Word that was with God, and lay wrapped up in thè bosome of thè eternai
mehr, auch weder natur noch Creatur, und wàren alle Wesen ein Ewig Nichts. Dann alles essence, wherein were hidden and involved in thè way of a wonderful and inscrutable myster)^
Leben urstàndet von dem Aushauchen des Ewigen Einen, als von dem Ungrunde. Joh. I. Es all thè treasury of those ideal-Signatures, which were manifest and brought to light by thè
mag keine Formichkeit, in dem Ewigen Einen seyn, darnach oder daraus Etwas gemacht sev Peripherial expansion and evolution of thè serv'iceable word, or outflowing and so became
worden ». existent in thè matrix of womb of that generative and laetiferous word, from whence sprung up
De siglatura rerum, S 6, XVI, 2-3. thè wonderfull, numerous and various seminai natures, hearing forth thè vive and true Signatu-
Mysterium magnum, S 7, Vorrede, 6: «Also hat nun der Mensch den Gewalt von dem unsi­ res of thè divine and characteristical impressions: like so many Harmoniacal and Symphoniacal
chtbaren Worte Gottes empfangen zum Wiederaussprechen, daC er das verborgene Wort der voices, or tones, all melodiously singing, and founding forth in an heavenly consort, thè wisdo-
Gòttlichen Scienz wieder in Formungen und Schiediichkeit ausspricht, auf Art der zeitlichen me, power, giory and might of thè transcendent centrai Abysse of unit}% from whence they did
Creaturen; und dasselbe geistliche Wort bildet nach den lebhaften und wachsenden Dingen, arise, and all speaking one language in expressing significanti in that mystical idiome, thè hid­
dadurch die unsichtbare Weisheit Gottes mit dieser Bildung in schiedliche Formungen gemodelt den vertues, natures and properties of those various sounds, which though one in thè center,
wird, wie solches vor Augen ist, daB der menschliche Verstand alle Kràften in ihrer Eigenschaft become infinitely numerous in thè manifested, existence and circumference, as faith thè oracle
ausspricht, und alien Dingen Namen gibet, nach jedes Dinges Eigenschaft: durch welches die of mysteries, there are, it may be so many kinds of voices in thè worid, and none of them
verborgene Weisheit in ihrer Kraft erkannt und verstanden wird, und der verborgene Gott mit 'Acptovov mute, or without signifìcation » (J. Webster, Academiarum examen, Or thè Examination of
den sichtbaren Dingen offenbar wird, zum Spiel der Gòttlichen Kraft, daB das Unsichtbare mit Academies. Wherein is discussed and examined thè Matter, Method and Customes of Academtck and Schola-
dem Sichtbaren spiele, und sich darinnen in Empfindlichkeir und Findlichkeit seiner seiber ein- stick Leaming, and thè Insufficiencj thereof discovered and laid open: As also some Expedients proposed for thè
fùhre ». Reforming of Schools, and thè perfecting and promoting of all Kind of Science, London 1654, pp. 24-27. Cfr.
De triplici vita hominis, S 3, V, 90. sul tema della lingua naturale nel ’600 A. Coudert, Some Theories of a Naturai Language from thè
144 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 145

punto di vista storico, era tale da richiamare l’attenzione sul concetto di un più generali. Ciò non toglie che ancora si rintraccino in questo autore elemen­
linguaggio in grado di descrivere il reale con il massimo di rigore e conse­ ti riconducibili agli schemi della tradizione magico-astrologica. Così vengono
quenzialità e nel quale tra segni e significati si desse una relazione univoca e ancora chiamati in causa i concetti di simpatia e antipatia e quello, a loro
necessaria. Fondandosi su un rapporto naturale tra i contenuti mentali e le connesso, della «m agia naturaiis», definita appunto come una «occultioris
loro espressioni sensibili, una lingua del genere avrebbe anche abbattuto le rerum naturalium sympathiae et antipathiae combinatarumque qualitatum,
barriere linguistiche tra gli uomini e ripristinato la situazione vigente prima di congrua praxis seu com binatio»^^ E poi certamente alle concezioni alchemi­
Babele. Liberata dalla cornice teologica in cui Bòhme l’aveva inserita, tale lin­ che che Bisterfeld si riallaccia quando allude al processo cosmogonico come a
gua apparirà ad altri come una meta da raggiungere e un’opera da realizzare. un’«universalis rerum separatio»2^^ mentre i suoi legami con le dottrine del
movimento paracelsiano sono documentati dalla presenza del termine signatura
Se si confrontano tra loro le dottrine di Kepler, Herbert e Bòhme esami­ che compare almeno una volta nei suoi scritti in un’accezione significativa. Un
nate nelle pagine precedenti, si può vedere come esse siano omogenee e deli- tipico tema paracelsiano su cui Bisterfeld ritorna con una certa insistenza è del
neino un quadro unitario. La ripresa della nozione di signatura si accompagna resto quello della t'isiognomica, la scienza che insegna a giudicare l’indole e le
infatti all’elaborazione di tutta una serie di motivi, i quali sono però stretta- disposizioni interne degli uomini in base al loro aspetto esteriore. Già qui,
mente connessi e trovano il loro centro comune nel concetto di una similitudi­ però, si fa valere la tendenza a ricondurre i contenuti trasmessi dalla tradizione
ne o relazione analogica tra gli enti. Come già in Paracelso, ma ora in una ai loro presupposti teorici e a risolverli in pure relazioni formali. La possibilità
prospettiva più ampia, in base a esso vengono interpretati sia il conoscere sia di leggere il carattere delle persone nei loro tratti somatici viene infatti spiega­
l’agire, l’influsso che le sostanze esercitano l’una sull’altra non meno che il ta da Bisterfeld richiamandosi ai principi della forma e della materia, intesi
processo attraverso cui se ne ottiene la conoscenza; è perché l’uomo è un ana­ come «causae internae» dell’individuo. In quanto concorrono simultaneamen­
logo del cosmo che può cogliere per Herbert le molteplici differentiae presenti te a determinare una medesima sostanza, nel caso specifico quella umana, for­
nelle cose e risentirne nello stesso tempo l’influsso a livello delle sue facoltà ma e materia si corrispondono vicendevolmente e dipendono l’una dall’altra:
inferiori; è perché è simile agli altri uomini che riesce per Bòhme a decifrare «N am quae in eadem essentia constituenda conveniunt, ea inter se convenire
le signaturae attraverso cui essi si esprimono e comunicare ad altri le sue qualità oportet intime». Esse sono dunque proportionales\ dove infatti c’è la forma, lì c’è
morali; è perché la sua anima e il mondo sono affini che è in grado per anche la materia, quale e quanta è la materia, tale e tanta è anche la forma. La
Kepler di ricostruire le strutture del cosmo come di captare le influenze degli natura, «optim a materfamilias», ha disposto che a una forma meno nobile cor­
astri. Nella discussione di tali temi nessun termine occorre più frequentemente rispondesse una meno nobile materia, a una più nobile una materia altrettanto
di quello di armonia: esso diviene una specie di parola d’ordine alla quale si nobile. Si può anzi dire che la perfezione di una sostanza dipenda dalla misura
affida il compito di esprimere in forma pregnante e abbreviata l’idea di un in cui la forma e la materia si integrano tra loro: «quo [. . .] major est inter
rapportarsi e interagire tra gli enti non casuale e disordinato ma che si lega al materiam et formam proportio, eo melius se habet compositum». Proprio que­
loro discendere da un unico archetipo o all’avere, comunque, le medesime sta proporzionalità tra i due principi costitutivi degli enti, il loro reciproco
strutture interne. Il concetto di similitudiae e quelli a esso correlati di proportio, rispecchiarsi, è però ciò su cui si fonda il giudizio fisiognomico, il quale non è
analogia, congruentia, harmonia, si trovano ancora una volta in primo piano, verso altro che un trascorrere dall’uno aH’altro di essi, cioè una lettura della forma
la metà del secolo, nell’opera di Johann Heinrich Bisterfeld. In Bisterfeld, anzi,
le complesse tematiche ontologiche e gnoseologiche di cui essi costituiscono il
nucleo sono svolte in modo sistematico e viene compiuto uno sforzo per enun­ Jo H . H. B is t e r f e l d , Aphorismi physici, in Bisterfeldus redivivus, seu operum Job. H. Bisterfeldi
ciarle in formule precise e rigorose; esse non vengono più introdotte a soste­ [. . .] tomus primus-secundus (d’ora in poi B), Hagae Comitum 1661, 1.1, p. 152: nSympathia est
gno di una concezione particolare relativa a Dio o alla disposizione dei corpi corporum appetita ex congruentia ortus. Antipatbia est corporum fuga ex incongruentia orta:
Utraque est generica, specifica, vel individuaiis ; sic quidam homines abhorrent a vino, casco,
nel cosmo ma sono studiate nel loro puro contenuto logico e nei loro termini
ere.»; Alphaheti philosophici libri tres, 5 I, p. 119: «Occultioris rerum naturalium sympathiae, ac
antipathiae combinatarumque qualitatum, congrua praxis seu combinatio, dicitur Magia natura-
lis, cujus basis est solida virium naturalium cognitio, scopus plenus earundem usus».
Renaissance to thè Seventbeenth Century, in Magia naturaiis und die Entstehmg der modernen Naturwissenschaf- ^ Alphaheti philosophici libri tres, ^ I, p. 136: «Unicum fiiisse omnium corporum semen,
ten, «Studia leibnitiana», Sonderheft 19"8, pp. 56-114. ostendit universalis rerum separarlo, et corporum Panharmonia ».
146 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 147

nella materia che le corrisponde: «hinc ex externis naturae dispositionibus ac conoscenza sia a influire efficacemente dall’esterno, come un’waptitudo entis,
lineamentis, internas formas, earumque virtutes, solida phvsiognomia ingenio- qua ejus similitudo esse vel haberi potest L ’agire, pertanto, come il darsi a
se ac feliciter versatur»^^^ conoscere, non sono altro che un imprimere dall’esterno una similitudine di
Ma sono appunto i temi fondamentali dell’ontologia e della gnoseologia sé: ogni ente — scrive Bisterfeld — «aliquam sui similitudinem alicui perci-
quelli che Bisterfeld soprattutto sviluppa, ponendo al loro centro il concetto di pienti potest imprimere; adeoque esse perceptionis causa»^’ ; questo atto,
similitudine. Come già per Kepler, Herbert e Bòhme, esso si costituisce per lui però, non sarebbe efficace se non vi fosse nell’altro termine del rapporto, in
come il fondamentale principio in base a cui possono essere intesi tanto il chi cioè conosce o subisce, una corrispondente capacità di rendersi simile a ciò
conoscere quanto l’agire, sia il modo in cui gli enti pervengono alla coscienza che agisce o si dà a conoscere. Perché il conoscere e l’agire possano essere
di un soggetto, sia quello in cui interagiscono tra loro. Questa idea di una intesi occorre quindi che la perceptivitas e la perceptibilitas (o, come Bisterfeld
radice comune sia del conoscere sia dell’agire viene anzi enunciata da Bister­ anche le chiama, la assimilativitas e la assimilahilitas) siano pensate come all’opera
feld con tanta più forza in quanto egli comprende l’una e l’altra funzione sotto simultaneamente e nel loro reciproco condizionarsi: «Sine his duabus perfec-
un unico concetto, quello del percipere-. «perceptio vitalis» è da lui defmito il tionibus nulla esset rerum unio et communio, nullum commercium, receptio
conoscere, «perceptio non vitalis» il recepire un influsso da parte dell’esterno. et operatio n ulla»2'*°. Si è così ricondotti a quella concezione dell’agire e a quel
In ambedue le accezioni, inteso cioè sia come conoscere sia come patire, il modo di rappresentarsi la causalità che si erano manifestati nella tradizione
percipere si configura come un’«intrinsecam similitudinem capere, seu efficaciter magico-astrologica e si sono visti portati a un crescente livello di elaborazione
in se habere». A seconda però che si considerino il conoscere e l’agire dal teorica da Paracelso, da Kepler, da Herbert e Bòhme: non potrebbe darsi
punto di vista del soggetto o dell’oggetto, di ciò che subisce un’azione o di ciò un’azione efficace di un ente su un altro se quest’ultimo non fosse predisposto
che è in grado di esercitarla, del conoscere o del darsi a conoscere, l’idea di ad accoglierla, non fosse cioè, sotto un certo riguardo, già tutt’uno con l’agen­
perceptio si offre sotto un diverso profilo, sdoppiandosi nelle nozioni di perceptivi- te. In Bisterfeld tale concezione non si esprime più nei termini consueti di
tas e di perceptibilitas: la perceptivitas, intesa sia come capacità di conoscere sia un’identità di essenza tra agente e paziente ma la figura logica a cui si fa ricor­
come ricettività agli influssi esterni, viene definita come quella «vis seu aptitu- so per formularla è piuttosto la distinzione di atto e potenza: al paziente è
do entis, qua intrinsecam similitudinem efficaciter in se habere potest»; la per- attribuita una «vis intime aliquid assimilandi»^'^’, un’interna attitudine a farsi
ceptibilitas, con cui si designa l’attitudine di un ente sia a divenire oggetto di simile e omologarsi all’agente. Non muta tuttavia l’idea fondamentale; in tan­
to una sostanza può subire l’influsso di un’altra, solo in quanto, da un certo
punto di vista, è già quella sostanza stessa, nella fattispecie in potenza. Vi è del
Logica, B 2, pp. 110-111: « R e g u l a e [.. .] Cum causae intemae constituant tandem essentiam resto almeno un passo, nelle opere di Bisterfeld, in cui la presenza del termine
maxima erit inttr eas proportio, unio oc communio. Nam quae in eadem essentia constituenda conve- signatura documenta i legami di tale concezione con quella della tradizione
niunt, ea inter se convenire oportet intime, at causati essentia est composita ex essentia materiae magico-astrologica anche sotto un profilo storico. Il termine occorre, non
et formac, itaque quorum essentia est indivisibilis et simplex, ea proprie materiam intimam non
habcnt, ut anima rationalis et angeli; recte itaque concluditur, si quid habet materiam habet et
formam, et vicissim, qualis et quanta est materia, talis et tanta erit forma, et sic reciproce: seu
causae intemae sibi sunt proportionales, sic animae rationali, non quodvis corpus, sed huma- ^ JO H . H. B i s t e r f e l d , Philosophiae primae seminarium, Lugduni Batavorum 1657, pp. 82-83:
num, idque non quovis modo sed congrue se habens debetur; sic formae ignobiliori ignobilio- «1. Percipere, est intrinsecam similitudinem capere, seu, efficaciter in se habere. 2. Perceptivi­
rcm, nobiliori nobiliorem materiam, ac dispositionem natura optima materfamiiias assignavit; tas, est vis seu aptitudo entis, qua intrinseca{m) similitudine(m) efficaciter in se habere potest.
quo autem major est inter materiam et formam proportio, eo melius se habet compositum: sic 3. Perceptibilitas, est aptitudo entis, qua ejus similitudo esse vel haberi potest. Perceptio est vel
perfectior est vir adultus quam puer; perfectiores erimus in vita aeterna, ubi corpora nostra non vitalis, vel vitalis. Perceptio non vitalis, est, qua percipiens quidem similitudinem in se
erunt incorruptibilia quam sumus in hac, ubi contra naturae ordinem sunt corruptibilia, hinc ex habet, eamque reflectit, seu aliquam modificatam similitudinem ex se emittit, sed novam non
externis naturae dispositionibus ac lineamentis, internas formas, earumque virtutes, solida phy- producit. Perceptio vitalis dicitur cognitio. Cognitio est vitalis perceptio, qua percipiens etiam vi
siognomia ingeniose ac feliciter versatur»; Alphahetipbilosophici libri tres, B 1, p. 114; «Forma sub- sua similitudinem in se habet, eique se unit; unde oritur repraesentatio»; il passo ricorre, con
stantialis est materiae suae proportionalis, et vicissim materia formae. Unde formae nobiliori, poche varianti, in Artificium definsendi catbolicum 5 1, p. 59.
nobilior apparatila materiae debetur. Ob mutuam hanc proportionem oritur intima, ac substan- ^ Philos. primae sem., cit., p. 87. Il contesto in cui si colloca il passo è riportato per intero
tialis materiae ac formae unio et communio»; cfr. /», p. 1 1 7 : «Figura corpori naturali est pro­ infra, nota 245.
portionalis, cumque sit materiae et formae effectus, propinquius erit utriusque certissimum judi- Ivi, p. 84; riproduzione integrale del contesto infra, nota 245.
cium. Unde omnis Phvsiognomia derivatur». Artificium definiendi catboiicum, 5 1, p. 59.
148 Capitolo 111 Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 149

casualmente, là dove Bisterfeld affronta una problematica di carattere medico, activitatis [. . .] et quidem, cum suae, tum recepti naturae, convenienter». È
interrogandosi su come debbano essere intese quelle particolari interazioni tra probabilmente a questa universale capacità percettiva, ritiene Bisterfeld, che
gli enti che sono il contagium, gli avvelenamenti e l’agire dei contrav'v^eleni: vollero alludere i «Pythagorei, quando omnibus rebus sensum attribuere». Essa
«Venena et antidota — egli scrive — consistunt in singulari quadam specifica- è peraltro proporzionale alla perfezione degli enti: «quo ens est excellentius,
rione seu determinatione figurativa: itaque ubi proportionalem materiam repe- eo ipsius perceptivitas quoque est altior et nobilior: Sic, corpus animatum ina­
riunt, ibi signaturam suam imprimunt, ubi non, ibi vim suam exercere nimato, sentiens vivo, intelligens sentienti, spiritus creatus corpori. Deus om­
nequeunt»^'*^. Che veleni e antidoti possano avere un effetto si subordina alla nibus creaturis, etiam ratione perceptionis, infinite praestat». Così, sia pure in
condizione che il loro influsso si eserciti su un sostrato a loro simile e propor­ misura diversa, tutti gli enti nell’universo percepiscono e vengono percepiti,
zionale: in tanto un agente può assimilare a se stesso un oggetto e ricondurlo agiscono e patiscono, conoscono e si danno a conoscere, in un’ininterrotta cir­
alla propria signatura, in quanto quell’oggetto è a lui simile e quindi, almeno colarità di rapporti: non vi è sostanza che non sia in grado sia di assimilare sia
per un aspetto, già tutt’uno con esso. di assimilarsi, di influire sulle altre rendendole simili a sé come di subirne un
Nella sua accezione di «perceptio non vitalis», inteso cioè nel senso di influsso rendendosi simile a esse. In conseguenza dell’essere ciascun ente al
subire un influsso, il percipere viene definito da Bisterfeld come il processo per tempo stesso efficax e «capax efficaciae alterius entis», la realtà viene a costi­
il quale una sostanza, sollecitata daU’esterno, «similitudinem in se habet, tuirsi come un insieme di elementi distinti ma interconnessi: tutte le sostanze
eamque reflectit, seu aliquam modificatam similitudinem ex se emittit, sed sono tra loro vincolate da una rete di reciproci ' rapporti « nec ullum ens est
novam non producit». Il trasformarsi di un ente in conseguenza di un’azione solitarium». Se in questa facoltà di agire e patire si può far consistere il princi­
esercitata su di esso non è altro cioè che l’attuarsi della sua similitudine poten­ pale carattere dell’essere, la sua veritas, poiché d’altra parte nessuna sostanza
ziale rispetto all’agente, una sorta di emissione di questa similitudine stessa. sarebbe in grado di agire sulle altre se già non vi fosse in esse una sua similitu­
Quando la perceptio non si arresta a questo punto ma procede, e il percipiente si dine, né potrebbe subirne l’influsso se non avesse in sé la loro, è alla similitu­
ripiega su questa prima similitudine producendone un’altra, la «perceptio non dine di ciascun ente rispetto agli altri che questo carattere si fa a sua volta
vitalis» diviene una «perceptio vitalis», cioè una cognitio: «Cognitio — scrive ricondurre. La «veritas entis» viene pertanto definita da Bisterfeld come «illa
Bisterfeld — est vitalis perceptio, qua percipiens etiam vi sua similitudinem in congruentia» per la quale un ente «congruam similitudinem in se habet
se habet, eique se unit; unde oritur repraesentatio»^'’^. II conoscere si configura
pertanto come un rapportarsi alle cose in forma simbolica e mediata, attraver­
so le similitudini che le rappresentano: in tanto un oggetto può essere cono­ Ivi, pp. 84-85 : « Nimirum veritas entis, est illa congruentia qua congruam similitudinem
sciuto, in quanto «per aliquam similitudinem potest exprimi et repraesenta- in se habet. Quae perfectio duas alias perfectiones in se includit; unam, quasi passivam, quam
liceat vocare assimilabilitatem ; alteram, quasi activam, quam liceat vocare assimilativitatem.
ri»“^. Intese nel loro senso più generale, che include un riferimento sia al
Sine bis duabus perfectionibus nulla esset rerum unio et communio, nullum commercium,
conoscere sia all’agire, la perceptivitas e la perceptibilitas competono per Bisterfeld receptio et operarlo nulla. Assimilabilitas est perfectio entis, qua ejus similitudo esse et haberi
a tutte le sostanze: ciascun ente è al tempo stesso perceptihile e perceptivum, si potest: Assimilativitas est perfectio entis, qua sui similitudinem efficere seu producere potest.
costituisce tanto come oggetto di una possibile percezione quanto come sogget­ Hinc jam patet, quid sit entis veritas; scilicet, omne ens est efFicax, id est, habet vim aliquam
to percipiente. Da un lato ogni sostanza è efficace, ha il potere «aliquam enti- entitatem producendi. Illa entitas producta necessario est similis producenti; adeoque omnis
efficientia similis et proponionalis est, tum efficaciae, tum ipsimet rei efficaci. Vicissim; quia
tatem producendi», la quale entitas «necessario est similis producenti»; dall’al­
omne ens est efficax, nec ullum ens est solitarium, necessum est, ut unum ens sit capax effica­
tro, anche quando è «inanimata et simplex», è percettiva, dal momento che ciae alterius entis; secus frustra esset illa efficacia»; ivi, pp. 86-89; «III. Orme ens estperceptibiie.
«omne ens est aptum natum, entis similitudinem in se haberè» e può quindi Vulgo dicitur, Omne ens est intelligibile; quod quidem axioma est verissimum, sed nostrum est
subire l’influsso («radios seu efficacias») dei corpi che sussistono al suo ester­ generalius et altius; intellectio enim est quaedam perceptio. Perceptibiie autem dicitur, cujus
no, se non di tutti di quelli almeno che sono siti in una «proportionali sphaera aliqua similitudo esse, et ab aliquo haberi, potest: idque dupliciter, terminative, vel effective.
Terminative, seu objective, quo per aliquam similitudinem potest exprimi et repraesentari. Sic
omne ens est perceptibiie, etiam respectu primi percipientis seu intellectus divini. Effective, quo
aliquam sui similitudinem alicui percipienti potest imprimere; adeoque esse perceptionis causa.
Aphorismi pbysici, B 1, p. 143. Sic corpus corpori, imo et spiritui creato, sui similituinem immittit. Haec imprimendi vis, est
Phtios. primae sm ., cit., p. 83; contesto dato per intero supra, nota 238. entis efficacia, impressio, efficientia, et quidem prima et subtilissima. IV. Omne ens est perceptivum.
244 ^ 87;
Ivi, p. 0-7.__ ..._•_____
contesto _
riponato :__ __1___ _ infra, nota
integralmente _ 245. Id est, omne ens est aptum natum, entis similitudinem in se habere. Sic quaelibet substantia.
150 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 151

Sull’idea di un «universae naturae nexus», conseguente al reciproco influire non riguarda però solo il rapporto tra le cose ma anche quello tra le mentes e i
delle cose a seconda del loro grado di perceptivitas e affinità, si fonda anche il conceptus. Allo stesso modo in cui gli oggetti interagiscono in base alla loro reci­
concetto bisterfeldiano di armonia: «hanc universalem, percipiendi, tum acti- proca similitudine, così i concetti si chiariscono e si danno a conoscere l’un
vam, tum passivam, vim — egli scrive — evincit, rerum panharmonia et ca- l’altro a seconda della loro maggiore o minore affinità: in questo quadro l’ar­
tholica communicatio». Poiché tutte le sostanze «ab una, juxta unam, ad unam, monia diviene ciò per cui le discipline e i loro assiomi si richiamano vicende­
emanant, manant, ac remanant», dando luogo a un «ineffabile commercium» e volmente, «sibi invicem consentiendo se mutuo explicant, probant, et amplifi-
a un’«intinita [. . .] unio et communio», esse sono «inter se [. . .] harmonicae» cant»^'*’^. Di qui il nesso dell’idea di immeatio con quella di enciclopedia, di
e coinvolte in una perpetua Fondandosi sulla perceptivitas, che con­ un’organizzazione gerarchica delle nozioni che riproduca la struttura articolata
tiene un rimando oltre che all’agire anche al conoscere, l’armonia o immeatio ma unitaria dell’essere: «imm eatio — scrive Bisterfeld — est omnis geneseos
janua, omnisque analyseos per universam Encyclopaediam clavis»^"**; di qui,
anche, la raccomandazione, in una prospettiva pedagogica, che gli studi «sint
etiam inanimata et simplex, est perceptiva. Quodlibet enim corpus recipit radios seu efFicacias harmonica», non si consenta fra essi alcuna discontinuità, ma si operi per un
cujuslibet corporis, in proportionali sphaera activitatis siti, et quidem cum suae, tum recepti loro «aeternum connubium: ut infinitis modis inter se juncta infinitos fructus
naturae, convenienter. Cum enim omnia corpora moveantur, adeoque unionem et disunionem
pariant. Sic nihil didiceris in una disciplina, quin simul proficias in singu-
appetant, necessum est, ut, corporis uniendi convenientiam, disuniendi disconvenientiam, suo
modo, percipiant. Hoc forsan voluere Pythagorei, quando omnibus rebus sensum attribuere.
Atque haec perceptivitas, est proportionalis enti: unde quo ens est exceilentius, eo ipsius per­ Anche Bisterfeld, come Bòhme, insiste nelle sue opere sul concetto di un
ceptivitas quoque est altior et nobilior: Sic, corpus inanimatum inanimato, sentiens vivo, intelli-
gens sentienti, spiritus creatus corpori. Deus omnibus creaturis, etiam ratione perceptionis infi­
nite praestat».
Ivi, pp. 35-36; «Nuilum ens in universa rerum natura est solitarium, sed omne ens est Alpb(éetipbilosophici libri tres, 5 1, p. 7: «Harmonia est, qua axiomata sibi invicem con­
symbioticum, seu pertinet ad societatem. Hoc tanquam consectarium, fluir ex praecedentibus ; sentiendo se mutuo explicant, probant, et amplifìcant. Haec fluit ex ventate: Nam quae in uno
idque universae naturae nexus, ordo, et panharmonia confirmat. Hinc ineffabile rerum omnium tertio conveniunt, ea et inter se conveniunt»; cfr. ivi, p. 8: «Harmonia est arctissima omnium
commercium, inflnitaque unio et communio, quae deinceps nobis vana axiomata suppeditavit. disciplinarum convenientia et consensio. Unde mutuum illarum oritur auxilium et commer­
Hinc, nuilum in natura, vei spirituali, ve! corporea, datur vacuum; sed omnia arctissime suavis- cium»; Consilium de studiis, cit., pp. 4-5: «6. Unde omnes quoque disciplinae sunt harmonicae
simeque inter se cohaerent: unde aurea naturae Catena oritur»; ivi, p. 89: «Caeterum, hanc uni­ inter se: totae scil. totis, partes, partibus. Estque inexhaustun inter eas commercium, ita ut se
versalem percipiendi, tum activam, tum passivam, vim, evincit, rerum paniiarmonia et catholica mutuo notificent, i.e. explicent, probent, multiplicent et amplificent. 7. Unde qui vult excellere
communicatio. Omnia quippe congrua, sunt saltem aliquo modo inter se unibilia; omnia autem in una, debet habere cognita fiindamenta omnium. Omnes enim conveniunt in usu, et qui habet
unibilia, inter se quoque suo modo communicabilia, et vicissim. At, omnia entia congruunt inter cognita fundamenta omnium, facile excellit in una».
se. Atque hinc oritur nexus rerum, tum sprititualium inter se, tum corporalium, tum spintua- Pbilos. primae sem., cit., p. 80: «3. Omnia entia sunt proportionalia inter se; unde oritur
lium et corporalium»; Pbospborus catbolicus, in J o h . H. B is t e r f e l d , Elemtntorum logicorum libri tres. panharmonia, orbis, rerum, et disciplinarum, et utilissimum illud effatum; Viae Dei in regno
[...] Accedit ejusdem authoris Phosphorus catbolicus [...]. Cui subjunctum est Consilium de studiis feiiciter naturae, gratiae, et gloriae, sunt proportionales. 4. Ex Panharmonia rerum, oritur inefFabilis
instituendis, Lugduni Batavorum 1657, p. 3: «VI. Entis diligentissime observanda est convenien- earum immeatio, seu mutua unio et communio. Utque panharmonia rerum, est omnis humanae
tia et differentia, sive unitas et varietas. Convenientia entis est qua omnia omnino entia, maxi­ praxeos, puta contemplationis, actionis, et affectionis, seu veritatis, honestatis, et utilitatis men-
ma, medioxuma, et minima sibi invicem sunt proportionalia, proportione seu conveniente, non sura et basis; ita immeatio, est omnis geneseos janua, omnisque analyseos per universum Ency-
quidem aequalitatis, sed similitudinis : cujus observatio in meditatione fit utilissima et efficacissi­ clopediam clavis»; ivi, p. 91: «Quia veritas est congruentia, utique veritas ventati congruit, non
ma, quod non solum de entibus positivis, sed etiam negativis et privativis; nec tantum de enti- repugnat. Quaecunque enim in uno tertio conveniunt, ea conveniunt inter se. Ergo, quae vera
bus veris, sed etiam de fictis, intelligendum est. VII. Atque haec convenientia se exerit tum in sunt in lumine naturae, non possunt esse falsa in lumine gratiae, et gloriae. Et, quod verum est
primo termino, tum in entis communibus principiis attributisque, adeoque affectionibus et divi- in una disciplina, non potest esse falsum in alia ; et vicissim. Quod demonstratur falsum in una,
sionibus. Et hinc oritur omnium tam entium, quam mentium seu cogitationum, immeatio et non potest esse verum in alia. Unde mirabilis oritur totius encyclopaediae seu omnium discipli­
panharmonia»; Consilium de studiis, cit., p. 4: « 1. Omnes res ab una, juxta unam, ad unam, ema­ narum, harmonia; qua nulla ulli contradicit, sed quaevis quamvis juvat et saltem aliquo modo
nant, manant, ac remanant. 2. Ideoque omnes res inter se sunt harmonicae, seque mutuo respi- notifìcat»; ivi, p. 130: «Ordo est anima mundi. Mundi, inquam, generalissime sumti. Nimirupi,
ciunt ac afFiciunt. 3. Et regnum naturae, gratiae et gloriae sunt proportionalia inter se. 4. Item- ordo est anima, regni naturae, gratiae, et gloriae; est anima, omnis societatis divinae, angelicae,
que spiritualia cotporeis, haec et sibi et illis sunt proportionalia». Cfr. sul concetto bisterfeldiano et humanae; ac proinde domesticae, scholasticae, politicae, et ecclesiasticae: est denique anima,
di harmonia, sui legami che ha con esso quello di Leibniz e su Bisterfeld in generale M. Mugn.\i, universae encyclopaediae, singularumque ejus panium; unde ordo in studiis est, omnis solidae
Der Begriff der Harmonie als metapbjsische Grundlage der Logik und Komhimtorik beiJobann Heinricb Bister­ scientiae mater et magistra, veraque memor panacla».
feld und Leibniz, «Studia leibnitiana», 1973, 1, pp. 43-73. Consilium de studiis, cit., p. 7.
152 Capitolo 111 Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 153

linguaggio primigenio e universale, in possesso deirum anità durante una fase do di render conto non più solamente della derivazione delle parole dalle loro
mitica della sua storia e il cui uso si sarebbe smarrito col tempo: all’uomo — radici, ma della derivazione delle radici stesse; tale'«vera etvmologia» produr­
egli scrive — «in integro sui statu quaedam lingua, et fuit, et fuisset naturalis», rebbe una conoscenza «prorsus inaestimabilem, dignam vero Philosopho, no-
rispetto alla quale gli idiomi attualmente in vigore si configurano come «baby- minatim Physico et Metaphysicow^S'». Per quanto queste formulazioni possano
lonicae confusiones, nimirum addictiones, subductiones, vel permutationesw^so. apparire ingenue, si può vedere come esse si fondino su un’analisi della fun­
L ’obbiezione per cui tale linguaggio, se fosse veramente naturale, dovrebbe zione del significare tutt’altro che superficiale e traducano una sene di istanze
essere inteso da tutti gli uomini anche nella loro condizione presente non ha logiche perfettamente legittime. Ciò che soprattutto richiama l’attenzione di
per Bisterfeld alcun valore: sarebbe come sostenere che la salute non è lo stato Bisterfeld è il ruolo di mediazione svolto dal segno, il quale, dovendo garanti­
naturale dell’uomo per il fatto che non tutti sono sani, ma alcuni «sunt leprosi, re la trasmissione di un contenuto immateriale a un soggetto percipiente,
alii hydropici, ahi podagrici, etc.»^^'. La caratteristica principale della «lingua occorre che sia vicino e proportionale ad ambedue, «et rei significandae, et
naturalis» viene individuata nel fatto che in essa, tra i segni e i concetti che potentiae, cui significat »25s. Da questo secondo punto di vista è necessario che
questi designano, sussiste un’esatta proporzione o corrispondenza analogica. il contenuto immateriale che viene significato si incarni nel segno come nel
Proprio la maggiore o minore congruenza tra un significato e il suo supporto suo sostrato corporeo e si renda accessibile ai sensi ^56; è una regola generale
sensibile è del resto per Bisterfeld il parametro in base a cui si può valutare che «ex sensibilibus docentur insensibilia; unde certissimus ac utilissimus
l’efficacia di un sistema di segni, la sua relativa perfezione: «Quo autem lingua canon: Res intellectualis, deducta ad sensibilem, movet humanas facultates
majorem cum rebus significatis habet proportionem — egli scrive — eo est facilius feliciusque». Di qui, per Bisterfeld, la grande capacità espressiva e
nobilior utiliorque». Tale «proportio seu analogia» è la vera «anima signi», ciò didascalica di tutte le forme di comunicazione che si avvalgano in grado eleva­
che rende un segno piìi o meno atto a svolgere la sua funzione Così, nella to di immagini e similitudini sensibili, ivi compresa la matematica: «Hinc, ori-
discussione sul carattere naturale o convenzionale che occorre attribuire al lin­ tur modus docendi, typicus, allegoricus, hieroglyphicus, emblematicus, aliique
guaggio, Bisterfeld inclina più verso l’opinione di Platone, «qui naturalem ex similitudine deducti: Hinc, ferme universa Mathematica ratiocinatio nititur
homini linguam postulat», che verso quella di Aristotele, «qui eam negat»: se proportione». Ancora, dall’ampio ricorso a simboli concreti dipendono l’effica­
nel trascegliere daU’« infinita sonorum articulatorum multitudine» i diversi cia delle Sacre Scritture, con le quali «D eus se captui nostro accommodat et
vocaboli costitutivi delle lingue il genere umano si fosse comportato in modo condescendit», quella dei sistemi di memoria artificiale, «praesertim in nume-
casuale e arbitrario, «sine ratione et judicio», il risultato sarebbe stato imperfet­ ris, et non-ordinatis rebus, retinendis ac tradendis», nonché l’«admirabilis, lin­
to, «foretque linguarum inventio, res piane confusa et tem eraria»; supporre guae Hebraeae, utilitas, subtilitas, ac nobilitas, qua, res maxime spirituales, imo
che gli uomini siano stati incapaci di adeguare i loro verba alle res che volevano
esprimere equivarrebbe a considerarli inferiori agli animali, «quippe quae sen-
sa sua congruentissime exprimunt»^^^. Bisterfeld giunge quindi a ipotizzare una
scienza del linguaggio che vada oltre la «vulgarem etymologiam» e sia in gra-
Ivi, pp. 221-222; «Hic nota, vulgarem et\TOologiam, qua vocum denvatarum ratio red-
ditur, insignem quidem habere usum, sed veram illam, quae causas reddit ipsarum radicum; e.g.
quare terra vocetur Eretz et non Or, cur adhibeantur hae literae, literae hoc ordine, non aliae
Philos. primae sem., cit., p. 221. alio ordine, esse prorsus maestimabilem, dignam vero Philosopho, nommatim Physico et Metap-
Ibid. hysico.
Ivi, p. 219; «Signum debet esse proportionale, et rei significandae, et potentiae, cui Ivi, p. 219. Il passo è citato per intero supra, nota 252.
significat, et sibi ipsi. Hacc proportio seu analogia, est anima signi: Itaque, signum, quod ea Ivi, pp. 7-8; «Immensi [.. .] usus est, scire, imo experiri, res maxime corporeas et abjec-
caret, est insipiens et ineptum, quoque, signum majorem habet proportionem, eo est excellentius tissimas haud raro esse nobilissima rerum divinissimarum argumenta. Quamobrem continuus
et efFicacius. Hoc licet obscrvare, in omnibus signis naturalibus ; idem quoque accurate est atten- inter primas notiones physicas et metaphysicas instituendus est parallelismus ; enixeque danda
dendum, in signis arbitrariis, eorumque congruentia bine examinanda. Hinc omnia signa a Deo opera, ut Sensus et Ratio se mutuo juvent. Hinc illi, qui in Prima Philosophia voces proprias
instituta, puta typi et sacramenta, habent analogiam prorsus admirabilem et ferme ineffabilem. desiderant, ipsam ne per transennam quidem aspexisse videntur. Scilicet, existentia, subsistentia,
Inter signa Humana, excellunt voces articuiatae, pronuntiatae, vel scriptae, quarum systemata modus, gradus, simplicitas, compositio dependens, etc., si Criticis placet, significatu, meta-
dicuntur linguae. Quo autem lingua majorem cum rebus significatis habet proportionem, eo est physico, vocabula propria sunt. Quin potius, quo quid crassius, quo quid magis metaphoricum
nobilior utiliorque». est, eo in subtilissima hac disciplina est profundius atque subtilius: omnis quippe ingeniosa
253 Ivi, pp. 220-221. metaphora, verae concordantiae tllia est».
154 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 155

divinas, rebus maxime sensibilibus alarissime ponit ob oculos»"” . Occorre d’al­ paracelsiana delle signaturae. Ciò su cui ora si riflette e che viene posto in primo
tra parte, perché un segno possa essere l’adeguato vettore del suo significato, piano non è più o non è solo l’idea dell’efficacia terapeutica che occorre attri­
che esso gli corrisponda esattamente e si costituisca come la sua fedele trascri­ buire alle piante assomiglianti alle membra ma l’insieme stesso dei motivi logi­
zione sul piano del corporeo. Questa idea della perfetta corrispondenza analo­ ci su cui tale idea si basava. Se la dottrina per cui una parte del corpo può
gica che deve sussistere tra un contenuto e il segno capace di esprimerlo in curarsi con il vegetale che le assomiglia è giudicata priva di valore pratico o
modo appropriato viene enunciata da Bisterfeld affermando che essi stanno tra non viene più presa in considerazione, continuano a operare le istanze concet­
loro come un’essenza e le sue manifestazione fenomeniche, una sostanza e i tuali che in una fase storica precedente vi avevano trovato espressione: come
suoi accidenti o, come egli preferisce esprimersi, ricorrendo a una terminolo­ rappresentarsi infatti l’agire, l’influsso efficace di un ente su un altro, da esso
gia ancor più strettamente scolastica, «ut adjunctum et subjectum occupans»^^®. separato e distinto, se non supponendo che essi siano già, sotto un certo aspet­
Nel fissare in questi termini la relazione che unisce un segno sensibile al con­ to, la medesima cosa — che l’agente, cioè, sia fin dall’inizio compreso nel
tenuto insensibile da esso significato, Bisterfeld si riallaccia però a tutta la tra­ paziente? E , reciprocamente, a quali enti riservare la facoltà di interagire se
dizione che si è studiata nelle pagine precedenti, per la quale proprio in questo non a quelli che sono simili tra loro, vale a dire distinti sotto un certo riguar­
modo si spiegava l’attitudine di un esterno visibile a designare il suo interno do, identici sotto un altro? Mentre dunque in Paracelso l’idea dell’efficacia del
invisibile. Non sorprende pertanto il preciso riferimento alla dottrina delle simile sul simile era stata svolta unicamente nel quadro della medicina e dei
sìgnaturae che, pur senza usare questo termine, egli fa seguire alla sua definizio­ rapporti tra membra, astri e vegetali, da parte degli autori esaminati nelle pagi­
ne di segno: «Signum est, ens, quod sui similitudine, aliquid a se distinctum ne precedenti essa viene estesa ad altri ambiti e fatta valere su un piano più
percipi facit, seu notificar. Sic, figurae corporum naturalium, sunt signa inter- generale. Così, in Kepler, un’identità di essenza tra agente e paziente è ciò che
nae naturae ipsorum»^^^. spiega non solo l’influsso delle configurazioni astrali sul mondo sublunare ma
anche l’efficacia della musica sull’anima, nonché il suo essere in potere di altre
Un’analisi delle concezioni circa l’agire e il conoscere che si delineano nei anime nell’odio e nell’amore; in Herbert o f Cherbury ogni scambio tra l’orga­
testi di Kepler, di Herbert, di Bòhme e di Bisterfeld pone dunque in rilievo nismo umano e la natura in tanto è possibile in quanto sussiste tra essi una
come operi in esse, portato a un più alto grado di esplicitazione ed elaborazio­ totale identità di strutture e si ritrova nel primo la stessa «rerum series» pre­
ne teorica, quello stesso complesso di idee che era stato al centro della dottrina sente nel secondo; allo stesso modo in Bòhme nessuna relazione tra gli uomini
e nessuna vicendevole trasmissione delle loro qualità morali potrebbero aver
luogo se essi non fossero simili e non avessero «eine einige Wurtzel»; anche
Ivi, pp. 100-101: «Accomodatio rei cognoscendae, ratione qualitatis est major ejus assi- nella concezione di Bisterfeld, che pure costituisce un ulteriore progresso, si
milatio; qua nimirum, res cognoscenda facultati cognoscenti fit similior. Id fit, quando ex notis vede agire il medesimo schema, in quanto è ancora alla similit'uào degli enti,
docentur ignota, vel ex notioribus ignotiora; quae est optima docendi discendique ratio. Sic, ex alla loro assimilativitas e assimilabilitas, che viene ricondotto il loro reciproco
sensibilibus docentur insensibilia; unde certissimus ac utilissimus canon: Res intellectualis,
deduaa a sensibilem, movet humanas facultates facilius feliciusque. Hinc, similia et exempla
influire. A un analogo sviluppo si vede portato da questi autori anche un altro
maximam habent explicandi vim. Hinc, oritur modus docendi, typicus, allegoricus, hyerogiyphi- concetto che si esprimeva nella dottrina delle signaturae, quello cioè per cui enti
cus, emblematicus, aliique ex similitudine deducti : Hinc ferme universa Mathematica ratiocina- somiglianti e affini sono atti, oltre che ad agire l’uno sull’altro, anche a darsi
tio nititur proportione: Hinc, Anthropopatheia in Scriptura, qua Deus se captui nostro accom- reciprocamente a conoscere e a designare il loro comune principio: si insiste
modat et condescendit; Hinc tanta memoriae anificialis, praesertim in numeris et non-ordinatis ora sul fatto che l’anima e il mondo, in quanto sono opera del medesimo auto­
rebus, retinendis ac tradendis, vis. Hinc, admirabilis, linguae Hebraeae, utilitas, subtilitas, ac
nobilitas, qua, res maxime spirituales, imo divinas, rebus maxime sensibilibus clarissime ponit
re, possiedono un’unica essenza e che è solo per questo motivo che alla mente
ob oculos; quam ipsius excellentiam, ac proinde, veram veterum Cabbalam, quam hodierni è dato conoscere sia il cosmo sia Dio. Sempre più si afferma il principio che
Judaei piane ignorant. Hanc Hebraeorum sapientiam, Orientales philosophi sunt imitati, ejusque nell’atto del conoscere l’anima non fuoriesce da sé ma trova al suo interno la
umbra aliqua, occurrit apud Pythagoram et Platonem. Unde, Platonicus docendi modus. Aristo­ rappresentazione e il modello di quanto avviene o sussiste al suo esterno : .il
telico longe est profundior, utilior, ac in vita Humana efficacior». sapere viene colto nel suo aspetto mediato e simbolico in quanto appare ora
Alphabeti philosopbici libri tres, B 1, p. 75: «Signum sit et significato, et cui significatur,
adeoque sibi ipsi, proportionale. Signum et signatum habent se, ut adiunctum et subjectum occu-
con chiarezza che la mente è essa stessa un segno del mondo. La crescente
pans. Secundo sunt similia, debet enim esse proportio inter signum et signatum». importanza data al tema dei segni si fa cogliere anche nella ripresa e nell’ulte­
Philos. primae sem, cit., p. 215. riore elaborazione del motivo paracelsiano di una lingua universale, capace,
156 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 157

attraverso i suoi vocaboli, di rappresentare l’essenza e i tratti specifici delle tra le quali fa rientrare la signatura: «Postremas qualitates quas solas manifestas
cose. Sia Bòhme sia Bisterfeld si richiamano a questo motivo e lo svolgono voco (quia non effectus earum tantum, sed et modùs ac tota intimaque natura
con la massima ampiezza: il nesso tra la realtà e le sue note simboliche, tra i sentitur), magnitudinem, figuram et motum (quibus gravitas et signatura conti-
significati e i loro segni, si pone una volta di più al centro dell’attenzione ed è nentur) excutiendas»^^*. Già nel medesimo anno, però, o in quello successivo,
sentito come un punto fondamentale. Così, il medesimo insieme di istanze che nel rielaborare le tavole di concerti àtW Essay toivard a Reai Character and a Philo-
giustificava in Paracelso l’assegnazione di un particolare valore terapeutico ai sophical Language di John Wilkins in vista del suo progetto di una «characteristi-
vegetali assomiglianti alle membra si vede all’opera nella filosofia del ’600 e ca universalis», Leibniz fa seguire alla precisa definizione del termine signatura
sottenderne alcuni dei più tipici motivi : il concetto di signatura si rivela in tutto un giudizio su questa nozione, o almeno sull’uso che ne aveva fatto Oswald
il suo interesse storico, configurandosi come un prezioso punto di appoggio Croll, del tutto sfavorevole: «Signatura est signum virium ex forma externa,
per intendere il passaggio, nel ’600, da una concezione magico-astrologica a seu qualitatum insensibilium (nisi effectu), ex sensibilibus. Crollius de rerum
un’altra orientata in senso teoretico e ontologico. Ulteriori sviluppi delle idee signaturis pleraque hic fabulosa». Considerate come «conjecturae de ignotis ex
e configurazioni concettuali che nel X V I secolo e nella prima parte del XV II supposita Dei voluntate», le signaturaé sono da lui collocate nel genere delle
avevano trovato espressione nella dottrina delle signaturae possono essere segui­ divinationes: «nam supponunt Deum voluisse vires forma indicare ad utilitatem
ti nell’opera di Leibniz. generis humani. Huc pertinent omnes conjecturae de simili ad simile seu sum-
tae ab harmonia, ut a pulchritudine hominis ad viftutem; physiognomica (nisi
Nei testi di Leibniz il termine signatura non occorre ormai che in modo quousque experimentis firmantur), oneirocritica. Astrologica planetis enim
sporadico e sembra che egli non sia disposto ad accordargli alcuna parte nel certas facultates tribuunt harmonias quasdam suas secuti»’^ Tuttavia, per
tradurre e veicolare le sue problematiche. Esso appartiene al lessico di una quanto il termine e il concetto di signatura siano ormai considerati con diffi­
cultura superata, nei confronti della quale l’autore non ha difficoltà a prendere denza e ci si guardi dal ricorrervi nello svolgimento del discorso filosofico,
le distanze. La dimensione bizzarra e fantastica in cui, durante i decenni prece­ non è difficile riconoscere, in alcune delle tematiche che Leibniz viene affron­
denti, era stato in gran parte svolto il tema delle signaturae non esercita su di lui tando in questo periodo, idee e istanze che in una fase storica precedente pro­
alcun richiamo ma è anzi oggetto di critiche e di irrisione. Così, nella Protogea, prio nella dottrina delle signaturae avevano trovato la loro espressione. Ciò su
occupandosi delle formazioni fossili, egli ironizza su quanti, «credulos aut cui la sua riflessione ora si concentra è infatti il rapporto di significazione che
vanos scriptores», da Kircher a Becher, hanno creduto di riconoscere nelle sussiste tra le apparenze esterne degli enti — il loro aspetto visibile — e quan-
pietre non solo figure di piante e animali, «sed et historias fabulasque: [. ..]
Christum et Mosen, in crusta Baumannianae specus; Apollinem cum Musis, in
Achate Pyrrhi; Papam et Lutherum in Islebiensi petra». I loro resoconti gli
appaiono del tutto immaginari, narratiuncuiae di cose «ficta [. . .] aut semivisa, De qualitatibus sensibilibus, in Sàmtlicbe Schrijten und Briefe. Hrsg. von der Deutschen Akade-
mie der Wissenschaften zu Berlin, (d’ora in poi A), VI, 2, Berlin 1966, pp. 288-289: «Addo,
[. . .] illis similia, quibus Crollii imaginatio in rerum signaturis ludit»“^®. Certa­ nullis experimentis intima corporum magis nosci posse, quam quae in dignoscendis transfor-
mente, negli anni della sua formazione filosofica, alla nozione di signatura un mandisque Saporibus instituantur, ncque enim alia subtilius ratione corpus aiiquod intimati
certo credito Leibniz l’aveva concesso. In un appunto del 1671, \\ De qualitati- nobis ipsis, totaque textura sui affìcere sensus nostros, inde Odores sequi, remotiores colores
bus sensibilibus, lo si vede impegnato a valutare, all’interno di una problematica esse; Tactus qualitatum magnum discrimen esse, alias enim imperceptibili quadam subtilitate
di carattere medico, il diverso grado in cui sapori, odori, colori e suoni danno operati, huc calorem, frigus, tractionem, stupefactionem, vim corrosivam, et tot alias ex secundis
occultisque quas vxilgo vocant qualitatibus quas corpora in se invicem aut humanum interius
a conoscere le proprietà interne delle sostanze («intim a corporum»). Se sono exteriusque exercent; has proximo a saporibus loco habendas; esse alias ex illis vulgo nominatis
soprattutto i sapori le qualità attraverso cui i corpi giungono a «intimati nobis secundis passivas magis, quibus corpora varie consistentia, fluida, tenacia sunt, has cum sonorum
ipsis», non devono essere però trascurate le qualità che egli chiama manifeste. generibus coiorum utilitari postponendas. Postremas qualitates quas solas manifestas voco (quia
non effectus earum tantum, sed et modus ac tota intimaque natura sentitur), magnitudinem,
figuram, et motum (quibus gravitas et signatura continentur) excutiendas. Hos debere servati in
experimentis observationibusque instituendis gradus. Ego certe doleo deesse nobis, quem spe-
^ G. W. L e ib n iz , Protogea, sive de pnma facie telluris et antiquissimae historiae vestigiis in ipsis natu­ rem in saporibus praestare posse, quod Boylius in coloribus illustri specimine faciendum osten-
rai monumentis dissertatio, in Opera omnia, nmc primum colUcta [ ...] studio L . Dutens, Genevae 1768, dit».
t. II, p. 222. Vorarbeiten vtr Cbaracteristica universalis, A VI, 2, pp. 501-502.
158 Capitolo HI Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 159

to di essi è interno e inaccessibile ai sensi — la loro componente invisibile — tal modo l’inconoscibile si sarebbe reso conoscibile, l’invisibile visibile, l’occul­
una problematica del resto presente anche nello scritto sulle qualità sensibili. to manifesto. Precisamente a questa terminologia, alchemica e paracelsiana,
Questo nesso è ora studiato, però, sotto una luce particolare e strettamente ricorre ora anche Leibniz, in una lettera al chimico Otto Tachenius, per illu­
connesso alla nozione di ipotesi. Così, nel primo abb 02Z0 Hypothesis physica strare i risultati della Physica nova: «ego in his quae mitto Schediasmatibus non
nova (1671), Leibniz si rappresenta l’indagine sulla natura come uno sforzo per probavi tantum, sed et provexi, et hoc occultum naturae mysterium ad causas
risalire «ad rerum corporearum naturam interiorem sensui non patentem ex manifestas reduxi». Fondandosi unicamente sul moto dell’etere assieme alla
phaenomenis in sensus incurrentibus», facendo l’esempio di un uomo che, luce intorno alla terra, egli ha potuto spiegare non solo le reazioni tra acidi e
posto di fronte a un orologio e impossibilitato ad aprirlo, sia costretto a «con- alcali, di cui si era occupato anche il Tachenius, ma praticamente tutti i più
jectare [. . .] aliquid de interiore structurae motusque ratione ex eo quem vide- importanti fenomeni della natura «et quod mirabilissimum est, ipsam naturam
ret, indicis progressu, aut quem audiret campanulae sono». Poiché, però, le et directionem magnetis derivatam. Et ex occultis qualitatibus factas manife­
medesime apparenze esterne possono ricondursi a cause diverse e infmite sono stas
le spiegazioni possibili di un unico fenomeno, ciò che si ottiene per questa via Sul metodo a cui attenersi nello svolgimento dell’indagine naturale e sul
è soltanto un’ipotesi, la ricostruzione delle strutture interne di un mondo pos­ carattere mediato che essa può e deve assumere se vuole individuare le cause
sibile e non necessariamente di quello reale. Occorre prendere, pertanto, vere e non unicamente possibili dei fenomeni naturali gli scritti di Leibniz
un’altra direzione e tentare di appurare «quousque possit pertingere, etiam tornano a più riprese. Seguendo gli sviluppi della sua riflessione si può consta­
sine hypothesibus, sola ex phaenomenis ratiocinatione, parcior licet, at certior tare come essa ponga in primo piano una serie di idee che si sono viste opera­
philosophia». Percorrere questa strada significa rinunciare a cogliere diretta- re anche nel quadro della concezione paracelsiana, sia pure entro le specifiche
mente le cause interne e nascoste di un fenomeno, e indagarle invece in modo forme a cui questa era storicamente legata: ciò che in Paracelso ancora lottava
indiretto, rimanendo nell’ambito dei fenomeni stessi. Si vede infatti in natura per esprimersi e veniva formulato nel linguaggio tradizionale della magia e
«saepe unum phaenomenon alterius phaenomeni causam signumve esse, ut dell’astrologia è ora colto nel suo più generale significato logico e si traduce in
adeo interiores quasdam structuras conflngere necesse saepe non sit». Così, ciò limpide enunciazioni teoriche. Così, in una lettera a Onorato Fabbri del 1677,
che è oscuro e si sottrae in un primo tempo al conoscere si- rende intelligibile riferendosi ancora una volta alle scelte metodologiche àtWHypothesis physica
in via mediata, attraverso quei fenomeni più semplici e comprensibili che gli nova^ Leibniz mette in rilievo come il procedimento da lui raccomandato, di
sono analoghi e ne costituiscono il segno: «si quis phaenomenorum naturae dedurre cioè «phaenomena naturae difficiliora ex aliis phaenomenis manifestis
variorum, specialium, minorum, derivatorum, obscuriorum omnium, ex duo- et exploratis», in quanto non consente che si interpreti un fatto fisico se non
bus phaenomenis manifestissimis, primis, perpetuis, universalibus: luce side- richiamandosi a cause che diano prova di sé in qualche parte della natura,
rum (imprimis solis), et soliditate seu resistentia Telluris, aliquando ducendo- costituisca una garanzia contro ogni spiegazione degli accadimenti puramente
rum rationem irrefragabilem monstrare possit, eum demum Philosophiae natu- fittizia e arbitraria: «credidi [.. .] excitari posse ingeniosiores hoc exemplo, ut
ralis certae, et ad usum vitae corporaque movenda, producenda, alteranda, imposterum quoad ejus fieri posset sine fictitiis Hypothesibus Philosophiam
transformanda, emendanda efflcacis portam aperire credi par est»^^^. In questa naturalem tractare conentur, assumptis causis, quas revera in natura esse con-
descrizione del procedimento indiretto che compete alla «philosophia natura- staret»^^^. Il ricorso a quelle forze solamente che si possano vedere all’opera
lis» si fa però rintracciare, portato a un più aito livello di elaborazione teorica, entro l’ambito della natura costituisce dunque la caratteristica di ogni autentica
un concetto che già si era delineato nell’ambito della tradizione magico-astro- spiegazione scientifica: in tanto le cause introdotte per spiegare un fenomeno
logica e in particolare nell’opera di Paracelso. Anche questi, infatti, aveva fatto si configurano come vere cause, differenziandosi da tutte quelle fantastiche ed
valere l’esigenza che in natura il meno noto e perspicuo fosse studiato median­ escogitate semplicemente ad hoc, in quanto si è in grado di indicarne la presen­
te quanto, più noto e aperto allo sguardo, gli corrispondeva analogicamente — za anche in altri settori dell’esperienza e in fenomeni diversi da quello che si
un organo interno attraverso una pianta, una malattia attraverso un fenomeno
meteorologico, il cielo interno deH’uomo mediante il suo cielo esterno; solo in
Leibniz an Otto Tachenius. 4. Mai 1671, /I II, 2, p. 100.
Leibniz m Hon. Fabri, in Die phiiosopbiscben Scbriften vm G. W. Leibniz. Hrsg. von C. I. Ger-
Summa hypotheseos Physicae novae, Erster Entwurf, .-I VI, 2, pp. 327, 329. hardt, Berlin 1875-1890 (d’ora in poi i), voi. IV, p. 248.
160 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 161

vuole spiegare. Questa esigenza concettuale era stata avvertita, però, anche da quent parfaitement par l’analogie de ce qui est visible et près de nous»^^®.
Paracelso, il cui ritluto dei quattro umori della medicina galenica come cause Anche di questa concezione, però, si può individuare nell’opera di Paracelso
dei processi fisiologici del microcosmo era stato giustificato, come si è visto, un’embrionale prefigurazione. Si è visto come il motivo tradizionale delle cor­
con l’impossibilità di ritrovarne gli analoghi nel più vasto ambito del macroco­ rispondenze astrali e dei rapporti analogici tra la sfera superiore e quella infe­
smo, nei metalli come negU astri. L ’idea di un’analogia tra l’uomo e il mondo riore del cosmo, per il quale la natura tendeva a essere rappresentata come un
e, più generale tra la sfera superiore e quella inferiore del cosmo, elemento tutto unitario e interconnesso, avesse ricevuto proprio in questo autore una
portante della magia e dell’astrologia, era fatta valere come canone epistemo­ forte accentuazione: al di là di ogni distinzione di luoghi e di parti, il mondo
logico e prescriveva la strada che doveva percorrere l’indagine naturale veniva visto come un insieme omogeneo, mosso ovunque dalle medesime for­
Depurato, oramai, di ogni elemento magico-astrologico, è ancora questo con­ ze e popolato dalle medesime essenze; unica appariva la regola secondo cui si
cetto di analogia che si vede operare nel pensiero di Leibniz e porsi al centro articolavano fenomeni appartenenti ad ambiti diversi della natura, il succedersi
delle sue concezioni circa il metodo: in uno scritto databile intorno alla metà degli stadi del mal caduco e il crescere della peonia, lo svilupparsi dei croco e
degli anni ’80, VAntibarbarus phjsicus prò philosophia reali, egli osserva come in il decorso di certe malattie tartaree, lo svolgimento dei terremoti e quello delle
natura siano non pochi gli «effectus sensibiles, quos ad causas sensibiles redu­ febbri; tra tutti questi eventi si dava un perfetto parallelismo e una puntuale
cere non licuit»; ne sono un esempio le operazioni del magnete, nonché le corrispondenza di fasi; nonostante la diversità nominale degli enti non era
vires di taluni medicamenti e veleni, «quarum nulla vestigia sunt in partibus posta alcuna distinzione all’interno del sapere ma veniva postulata un’unica
quae ex illis per Analysin chymicam eliciuntur»; questi effetti si presentano, scienza di tutta la natura
però, in una luce più chiara e possono essere intesi con maggiore determina­ Il concetto di analogia, di una relazione di corrispondenza funzionale che
tezza se li si interpreta in base all’analogia che presentano rispetto ad altri connetta elementi distinti, è altresì al centro delle dottrine metafisiche di Leib­
fenomeni; «Hinc interdum recurrimus ad Analogiam, nec male res succedit, si niz: se nell’ambito delle problematiche relative al metodo il rapporto analogi­
exemplo et similitudine paucorum plurima explicare possimus. Sic observ'ata co era ciò che consentiva di interpretare un accadimento fisico in base a un
quorundam attractione et repulsione, ut magneticorum et electricorum, visum altro osservato in un diverso settore della natura, un fenomeno complesso
est vires constitui posse, quae hoc operarentur, et in aliis etiam locum habe- mediante uno più semplice e facilmente conoscibile, nel campo della metafisi­
rent»^^"^. Così, per ogni fenomeno complesso a cui si assiste in natura se ne ca esso è tutt’uno con la relazione che unisce le rappresentazioni di ciascuna
possono trovare altri più semplici e accessibili al conoscere che gli sono affini sostanza individuale (o monade, secondo una terminologia che si affermerà nei
e gli corrispondono analogicamente; essi si costituiscono come il suo modello Principes de la nature et de la gràce) sia all’universo sia alle diverse rappresentazioni
esplicativo o, per usare le parole di Leibniz nell’abbozzo della Physica nova, dello stesso che sono proprie delle altre sostanze. Moltiplicandosi tante volte
come il suo segno. Viene ad affermarsi, in tal modo, il concetto di una natura quanti sono gli enti che la percepiscono, la realtà si rifrange in una serie di
perfettamente uniforme, i cui fenomeni si richiamano l’un l’altro e nella quale vedute infinitamente variate, eppure analoghe e complementari: «toute per-
vigono dappertutto le medesime leggi; ciò che è lontano e invisibile non per sonne ou substance — scrive Leibniz — est comme un petit monde qui expri-
questo si svolge secondo una regola diversa da quella cui si conforma quanto è
vicino e perspicuo: «Cette universalité des Regles — si legge nelle Considéra-
tions sur les principes de vie et sur les natures plastiques (1705) — est soutenue d’une
grande facilitò des explications, puisque l’uniformité, que je crois observée
Considérations sur les Principes de Vie, et sur les Natures Plastiques, par l’Auteur du Systeme de
dans toute la nature, fait, que par tout ailleurs, en tout temps et en tout lieu on l’Harmonie preétahlie, S IV, p. 546.
pourroit dire, que c’est tout comme icy, aux degrées de grandeur et de perfec- Cfr. supra, pp. 58-61. Sul ruolo che il concetto di analogia tuttora svolge nella moderna
tion près; et qu’ainsi les choses les plus eloignées et les plus cachées s’expli- ricerca scientifica cfr., oltre agli ormai classici studi di A. A r b e r {The Mind and thè Eye, Cambrid­
ge 1954, soprattutto pp. 32-44) e M. H e sse {Models and Analogies inScience, Notre Dame, Indiana
1970, soprattutto pp. 157 sgg. «The Explanatory Function of Metaphor»), i saggi compresi nel
volume Analogie et connaissame, cit., t. II, De la poesie à la Science, in particolar modo R. B e r n ie r , Le
Cfr. supra, pp. 49-50. róle de l'analogie dans l’explication en biologie (pp. 167-193); B. D ’Espargnat, L ’analogie et les jondements
Antibarbarus physicus prò phiiosopbia reali cantra renovationes qualìtatum scholasticarum et intelligentia- de la théorie quantique et de la théorie des particuies (pp. 223-236); J.-C. P e c k e r , Astrophysique et analogie
rum chimaericarum, S VII, p. 341. (pp. 237-256).
162 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X VI e X VII 163

me le grandw^'”, si configura come «un miroir de Dieu ou bien de tour l’uni- dum»^''^. Indipendenti, dunque, dalla realtà esterna quanto al loro prodursi ma
vers»-’’’, che essa coglie nel modo che le è proprio e secondo il suo particolare a essa adeguate e proporzionali in virtù di un disegno divino, le rappresenta­
punto di vista. Indipendente da tutto fuorché da Dio, ciascuna sostanza indivi­ zioni dei singoli soggetti si integrano e si richiamano l’un l’altra, costituendosi
duale costituisce un mondo a parte, non agisce cioè su quanto esiste al suo come simboli e segni di un unico universo che esse esprimono in modo appro­
esterno né subisce il suo influsso, ma le sue percezioni e, in generale, tutti i priato ma senza mai esaurirlo completamente. Un rapporto di armonica conso­
fenomeni che la riguardano nascono unicamente da lei stessa. Poiché tutto ciò nanza le vincola le une alle altre così come all’unico universo che esse rifletto­
che le accade si svolge in modo conforme alle leggi del mondo che ha in sé, no: senza che il mondo influisca sull’anima e l’anima subisca da esso, si realiz­
sarebbero già realizzate, con ciò, tutte le condizioni per poter considerare reali za «une harmonie parfaite entre les perceptions de la monade, et les mouve-
i fenomeni che la concernono, «cela suffiroit pour dire que ces phenomenes mens des corps»’ ^ per la quale le une si accordano «spontanea relatione»^"^
sont veritables sans nous mettre en peine, s’ils sont hors de nous, et si d’autres alle modificazioni degli altri. Perché la verità di quanto si percepisce delle cose
s’en appergoivent aussi». È vero nondimeno che le percezioni o espressioni dei esterne sia garantita, non è d’altra parte necessario che esso sia perfettamente
diversi individui sono correlate tra loro, regolate in modo tale da accordarsi e identico a loro «m ais qu’il les exprime, comme une Ellipse exprime un cercle
corrispondersi le une alle altre: esattamente allo stesso modo in cui «plusieurs vu de travers, en sorte qu’à chaque point du cercle il en reponde un de l’Ellip-
s’estant accordés de se trouver ensemble en quelque endroit à un certain jour se et vice versa, suivant une certaine loy de rapport»^'^". Le percezioni che si
prefix, le peuvent faire effectivement s’ils veuillent», così ciascun individuo, hanno degli oggetti non sono dunque copie esatte di essi ma loro rappresenta­
«suivant avec soin certaines raisons ou loix qu’il a observées, se rencontre avec zioni analogiche e segni che li danno a conoscere esprimendoli attraverso un
l’autre qui en fait autantw^'^l Per rapportarsi al medesimo universo le percezio­ preciso isomorfismo di strutture.
ni delle varie sostanze individuali non hanno d’altra parte bisogno di essere «Petit monde qui exprime le g r a n d « m i r o i r vivant de l’univers»,
perfettamente identiche ma basta che siano proportiomelles e tra loro congruenti, «univers en raccourci»^'^’ , la sostanza individuale di Leibniz conserva alcuni
«à peu pres comme une méme ville est diversement representée selon les dif- dei caratteri di ciò che nella tradizione magico-astrologica — ma il motivo
ferentes situations de celuy qui la regarde»’^^ Esse si configurano come altret­ aveva trovato un particolare sviluppo proprio nella scuola di Paracelso —
tante visioni prospettiche di un unico oggetto, il quale costituisce il loro ele­ andava sotto il nome di microcosmo. È del resto con questo termine che essa
mento in comune e sta a esse — si potrebbe dire — come un’essenza sta alle viene designata in una lettera a Lady Masham del 1704; «Nostre corps —
sue manifestazioni fenomeniche, un’idea alle particolarizzazioni concrete che scrive Leibniz — est une espece de monde plein d’une infinité de creatures
la esprimono. Al medesimo esempio di una città che può essere contemplata qui meriteroient aussi d’exister, et si nostre corps n’estoit pas organisé, nostre
da punti di osservazione diversi Leibniz era del resto ricorso, ai tempi àtW H j- Microcosme ou petit monde n’auroit pas toute la perfection qu’il doit avoir et
pothesis phjsica nova e delle sue indagini sul rapporto che lega l’aspetto esterno le grand Monde méme ne seroit pas si riche qu’il est»-*®. Allo stesso modo in
degli enti al loro interno inaccessibile ai sensi, proprio per illustrare la relazio­ cui per la magia e l’astrologia il microcosmo raccoglieva in forma condensata
ne intercorrente tra la natura di una cosa e le sue apparentiae fenomeniche, tra la tutte le forze e gli elementi diffusi nel più vasto mondo della natura, così per
sostanza e i suoi accidenti: «differt Natura Rei a Phaenomenis eius ut apparen- Leibniz la sostanza individuale compendia e rappresenta la totalità delle cose:
tia distincta a confusa, apparentia partium ab apparentia situum seu relationum
ad externa; ut planum urbis e summa turri in medio posita perpendiculariter
despectae ab aspectibus horizontalibus prope infinitis, quibus viatorum ab alia
atque alia plaga venientium oculos varie ludit. Quae similitudo mihi valde
accomodata semper visa est ad Naturae et accidentium discrimen intelligen-
Specimen demonstrationum De natura rerum corporearum ex phaenomenis, A VI, 2, pp. 303-304.
Principes de la Nature et de la Gràce, fondés en raison, J" VI, p. 599. .
2'* Leibniz an Amauld, Aprile 1687, J" II, p. 91.
Discours de métaphysique, S IV, p. 441. Leibniz an Foucher, 1686, S I, p. 383.
Ivi, p. 434. Discours de métaphysique, J IV, p. 441.
Ivi, p. 439. Leibniz an die Konigin Sophie Charlotte, 8 May 1704, J" III, p. 347.
/w, p. 434. Leibniz an Lady Masham, Giugno 1704, j" III, p. 356.
164 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 165

essa è «comme un monde entier»^^' ed «exprime en elle tout runivers»^®^. Si è influsso, in quanto, sotto un certo riguardo, lo era di già. Si è potuto osservare
visto, seguendo gli sviluppi dell’idea di signatura nella filosofia del X V II secolo, come tale idea operasse anche in Kepler, in Herbert; in Bòhme e in Bisterfeld
come in autori quali Herbert e Bòhme l’idea di un’identità di strutture tra e costituisse la base del loro modo di intendere l’agire. In Leibniz, invece, si
micro e macrocosmo costituisse il presupposto che consentiva di intendere la vede definitivamente accolta, e portata a piena consapevolezza l’istanza antimi­
possibilità di una conoscenza del mondo da parte dell’uom o; in tanto a questi tica e antimagica di un carattere veramente autonomo e indipendente che
era concesso un sapere relativo alle cose in quanto ne aveva già la nozione o occorre attribuire agli om etti; egli svolge con il massimo rigore il concetto di
trovava quanto meno in se stesso qualcosa che lo rendeva analogo a esse. In sostanza individuale e proprio su questo costruisce in gran parte il suo sistema.
modo non diverso, i rapporti tra soggetto e oggetto del conoscere erano stati Non può quindi sorprendere che giunga ora a negare la possibilità di una reale
fissati da Kepler, per il quale la mente era in grado di ricostruire le strutture interazione tra gli enti, in quanto incompatibile con l’idea di individuo e con
del cosmo proprio grazie al fatto di essergli analoga e di avere innate le stesse la visione di un mondo costituito da oggetti autonomi e autosufficienti: «une
«rationes geometricae». È a questo sviluppo di idee che Leibniz appare riallac­ substance particuliere — egli scrive — n’agit jamais sur une autre substance
ciarsi, nel momento in cui descrive le percezioni della sostanza individuale particuliere et n’en patit non plus, si on considere que ce qui arrive à chacune
come rappresentazioni già presenti al suo interno, « independemment d’un n’est qu’une suite de son idée ou notion complete toute seule, puisque cette
dehors qui les fasse naistre»^®^: nell’atto del conoscere l’anima non ha alcun idée enferme déjà tous les predicats ou evenemens, et exprime tout l’uni-
bisogno di fuoriuscire da sé, trovando già in se stessa una rappresentazione e vers»^®^. L ’idea di un mutuo influenzarsi degli oggetti viene ora considerata
un rispecchiamento di quanto esiste e si svolge al suo esterno. Qualcosa di rimanendo del tutto aU’interno del mondo rappresentativo del soggetto, nella
analogo a tale idea leibniziana di una «harmonie preérablie», per la quale le quale prospettiva essa si configura non più come la nozione di «une influence
percezioni e, in generale, i fenomeni delle diverse sostanze individuali, pur réelle» o di «une transmission de quelque espece ou qualité»^®^, ma come il
nascendo completamente aH’interno di queste, si coordinano nondimeno gli concetto di un implicarsi dei fenomeni puramente ideale: rispecchiamento
uni agli altri, offrendo il quadro di un universo unitario e di un perpetuo inte­ dell’intero universo, ciascun individuo trova in sé la rappresentazione di se
ragire degli enti, si era già delineato in Paracelso. Si è visto come secondo la stesso e di tutte le altre sostanze individuali come collegati da una rete di reci­
sua concezione il microcosmo e le sostanze appartenenti alla sfera inferiore del proci rapporti, i quali sono quindi di ordine logico ed esprimono una semplice
mondo non subissero alcun influsso a distanza da parte delle stelle ma fossero preminenza o subordinazione tra i concetti: «causae non a reali influxu sed a
così accordati da mutare in sincronia con il variare delle configurazioni astrali: reddenda ratione sumuntur»^®^.
ciascun elemento — aveva scritto il medico di Einsiedeln — «hat [. . .] anzei- Non vi è termine che in Leibniz ricorra più spesso, quando si tratta di
gung gegeben irs laufs und zukunft, das am leichtisten durch das gestirn erkent designare il rapporto che lega le rappresentazioni delle diverse sostanze indivi­
wird. nit das uns das selbige regirt oder inclinirt, sonder alein das es uns duali sia tra loro sia alla realtà complessiva dell’universo, che quello di expressio
gleichfòrmig lauft mit inwendigen lauf unsers le ib s » ^ . Accanto a questa visio­ e dei suoi derivati: nel sistema dell’armonia prestabilita «toute substance indi-
ne, però, continuava in Paracelso a sussisterne un’altra, per la quale gli enti, viduelle exprime l’univers tout entier à sa m aniere»2®*, «est comme un petit
benché distinti e spazialmente separati, si configuravano di nuovo come iden­ monde qui exprime le g r a n d h a in se stessa «des rapports qui expriment
tici e tornavano a essere un’unica cosa dal punto di vista del loro nucleo essen­ toutes les autres»^’®, così come queste, in quanto «expriment le méme uni-
ziale. Su questo duplice aspetto delle sostanze, sul loro essere al tempo stesso
identiche e distinte, si fondava la possibilità che esse agissero le une sulle
altre; in tanto un oggetto poteva divenirne un altro, sotto la spinta del suo

Discours de métaphysique, S IV, p. 440.


^ Eclaircissement du nouveau sjstème de la communication des substances, pour servir de reponse à ce qui
Discours de métaphysique, S IV, p. 434. en dit dans le Journal du 12 Septembre 1695, S IV, p. 496.
Sjstème nouveau pour expliquer la nature des substances et leur comrmmication entre eiles, jussi bien que Specimen inventorum de admirandis naturai generaiis arcanis, S VII, p. 312.
l'union de l’ame am le corps, Erster Entwurf, S IV, p. 475. ^ Leibniz an Foucber, 1686, J I, p. 382.
Ivi, p. 477. ^ Discours de métaphysique, J IV, p. 441.
^ Cfr. supra, pp. 57-58. ^ Principes de la philosophie ou Monadologie, S VI, p. 616.
166 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII 16'

vers»“^\ «exprimenr cellecy a leur tour et s’y accomodent »“^2 Indipendente­ riflettendo l’unica realtà dell’universo da un punto di vista diverso, la esprime
mente gli uni dagli altri, i singoli individui «expriment les mémes phenome- però in modo adeguato e con uguale efficacia. Rapportato alle riflessioni del
nes»2” ed è solo per questo, perché sono un’«expression generale del Quid sii idea, questo tema viene anzi a precisarsi ancor meglio, in quanto le
medesimo mondo, che le loro percezioni concordano: «c ’est l’expression de la percezioni delle singole sostanze appaiono ora con chiarezza nella loro pura
cause commune qui fait l’accord des effects»^'^^ AH’illustrazione del concetto natura di simboli, come altrettante possibili cifre di un unico oggetto che esse,
di expmsio Leibniz aveva dedicato, già intorno al 1678, il breve appunto Quid benché dissimili l’una dall’altra, danno a conoscere con pari esattezza, essendo­
sii idea: «Exprim ere aliquam rem dicitur illud — aveva scritto — in quo gli tutte analoghe e proporzionali. Sul concetto dell’equipollenza di tutti i siste­
habentur habitudines, quae habitudinibus rei exprimendae respondent»^^^. Il mi di segni che pur essendo diversamente costruiti rispettino però le stesse
rapporto espressivo non è altro che il corrispondersi membro a membro di due habitudines dei loro designati, Leibniz si era già soffermato in uno scritto del
serie distinte di fenomeni o oggetti, una relazione di isomorfismo strutturale 1677, redatto in forma dialogica. Qui il tema viene introdotto in contrapposi­
che si instaura tra i loro rispettivi elementi e li rende sovrapponibili gli uni zione alle tesi di Hobbes circa il carattere puramente nominale e arbitrario di
agli altri. Inteso da questo punto di vista, esso trova neH’esperienza molteplici ogni legge formulata dall’uomo riguardo allo svolgersi e al reciproco concate­
esempi; è così, infatti, che lo schema di un macchinario costituisce un’espres­ narsi dei fenomeni della natura. È noto come il filosofo inglese, dalla constata­
sione della macchina stessa, il disegno prospettico esprime gli oggetti tridimen­ zione che non vi è concetto che non si esprima attraverso il linguaggio, i lin­
sionali, il discorso i pensieri, i caratteri i numeri, l’equazione algebrica il circo­ guaggi e le loro regole sono d’altra parte vari e molteplici, avesse tratto la
lo o le altre figure geometriche^^. Ciò che tutti questi casi hanno in comune è conseguenza che tutti i nessi che il pensiero viene stabilendo tra gli effetti
che vi si trova realizzato un costante parallelismo funzionale tra due ordini o naturali abbiano un carattere del tutto convenzionale e dipendano dal partico­
insiemi di fatti, tale che la conoscenza dell’uno conduce a quella dell’altro, «ex lare uso linguistico al momento dominante. Contro questa dottrina Leibniz
sola contemplatione habitudinum exprimentis possumus venire in cognitionem mette ora in rilievo come in ogni ben congegnato sistema simbolico sia pre­
proprietatum respondentium rei exprimendae». Perché un rapporto espressivo sente, nonostante la sua natura artificiale, un elemento che non è affatto arbi­
si dia non si esige pertanto che l’esprimente sia simile a ciò che è espresso, ma trario e cioè il suo aderire, secondo un rapporto esattamente proporzionale,
solo che sia mantenuta tra le loro habitudines una precisa analogia e le variazio­ alle cose da esso designate: «etsi characteres sint arbitrarli — egli scrive —
ni dell’uno tengano dietro a quelle dell’altro. In questo senso la figura di un eorum tamen usus et connexio habet quiddam quod non est arbitrarium, scili-
cerchio può ben esprimere quella, completamente diversa, di un’ellisse, pro­ cet proportionem quandam inter characteres et res, et diversorum characterum
prio perché ciascun punto di questa corrisponde, «secundum certam quandam easdem res exprimentium relationes inter se»^’’ . Questa «proportio sive rela-
legem», a un preciso punto del cerchio. Ne consegue altresì che per un’unica tio» costituisce il «fundamentum veritatis» di ogni asserzione o giudizio che
cosa non esiste una sola espressione possibile, ma se ne possono scegliere di possa formularsi mediante un qualsiasi sistema di segni: «Efficit enim, ut sive
diverse, purché sia rispettata tra esse e il loro oggetto la medesima analogia di hos sive alios characteres adhibeamus, idem semper sive aequivalens seu pro-
rapponi: «Ita surdi quidam loquentes non ex sono, sed ex motu oris intelli- portione respondens prodeat»^^. Benché il pensiero immancabilmente rivesta
gun t»‘^®. È così prefigurato un concetto che sarà più tardi al centro delle dot­ un carattere simbolico, «aliquos semper characteres adhiberi necesse sit ad
trine metafisiche di Leibniz, quello per cui ciascuna sostanza individuale, pur cogitandum»^®’ e, come Leibniz puntualizzerà ancora nel 1702, non vi sia
«pensée abstraite, qui ne soit accompagnée de quelques images ou traces mate-
rielles»^*’^, questa inevitabilità dei segni non pregiudica dunque la possibilità
Leibniz an Foucbtr, 1686, S I, p. 383.
che si attingano verità necessarie e universali. Il ricorso ai simboli è anzi ciò
Discoun de métaphysique, S IV, p. 434. che consente il conoscere e tanto più lo facilita quanto più essi, pur diversa-
293 Ivi, p. 439.
Leibniz an Anauld, Nov./Dic. 1686, S II, p. 74.
Sj/stème nouveau, Erster Entwurf, S IV, p. 475.
Quid sii Idea, S 7, p. 263. Dialogus, August 1677, J" VII, p. 192.
Ivi, p. 264. ^00 md.
Ibid. Sul concetto di exprtssio cfr. A. L am a rra , Sur l'origine de la tbéorie de l’expression dans la Ibid.
philosophie de Leibniz, «Recherches sur le XVII' siècle», V, 1982, pp. 77-82. Considérations sur la doctrine d’un Esprit Universel Unique, S VI, p. 533.
168 Capitolo IH Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 169

mente costruiti, sono capaci di tradurre ed exprimere le leggi sempre identiche humana ratiocinatione cadunt»^’2. È noto come su questo tema dell’«ars cha­
del pensiero. racteristica» la riflessione di Leibniz torni incessantemente a esercitarsi e come
Proprio l’idea di un sistema simbolico in grado di aderire analogicamente esso si estenda su tutto l’arco della sua esperienza filosofica. In una prima fase
alle più fini anicolazioni dei contenuti da designare, di rendere il concatenarsi del suo pensiero è nelle regole del calcolo combinatorio che viene individuata
delle idee con il massimo di precisione e proporzionalità, è alla base del pro­ la base su cui la nuova «scientia generalis» può essere costruita: ricondotte le
getto leibniziano di una «lingua quaedam exacta», «ars characteristica» o «in- nozioni complesse, mediante una «Analysis Axiomatum», alle loro più sempli­
ventoria rationalis»^®^, il ricorso alla quale renderebbe l’esprimersi perfetta­ ci componenti concettuali, si tratterà di mostrare come e in quanti modi questi
mente identico al pensare, le sue norme sintattiche essendo tutt’uno con le «termini primi», vero e proprio «Alphabetum cogitationum humanarum», si
leggi inviolabili secondo cui si connettono i concetti. «Cette characteristique combinino tra loro, dando luogo a più vasti aggregati mentali; sarà in tal
— così Leibniz la descrive nei suoi tratti generali — consisterebbe «dans une modo possibile, per ciascuna nozione complessa, indicare le «notiones primiti-
certaine écriture ou langue (car qui a l’une peut avoir l’autre) qui rapporte vae» che rientrano in essa, raggiungendo l’obbiettivo di disporre di segni da
parfaitement les relations des nos pensées»^*^; in essa non si darebbe alcuno cui risulti tutto quanto il contenuto di ciò che designano In seguito, però,
scarto tra la successione dei segni e quella delle idee ma una perfetta corri­ l’attenzione di Leibniz verrà sempre più spostandosi dal problema delle nozio­
spondenza: «scriptura [. . .] et meditatio pari passu ibunt, vel ut rectius dicam, ni semplici a quello delle loro relazioni, dagli elementi della connessione alle
scriptura erit meditandi filum»^®^. Il coincidere delle sue regole con quelle del forme della connessione : in questo quadro le regole del calcolo combinatorio e
pensiero consentirebbe ciò che le «linguae vulgares», «innumeris aequivocatio- le stesse forme della logica aristotelica perderanno a mano a mano il loro
nibus [. . . ] obnoxiae», non possono garantire, e cioè l’immediata individuazio­ carattere privilegiato, configurandosi come semplici aspetti parziali di una più
ne di tutti gli errori logici eventualmente commessi nel corso di un ragiona­ alta e comprensiva «Vernunft Kunst»^^^ Gli sviluppi di questa problematica,
mento «ex ipsa vocabulorum formatione et constructione [. . .] tanquam soloe- che porterà Leibniz a concentrare il suo interesse in misura via via crescente
cismi et barbarismi A chiunque volesse trattare un qualsiasi argomento sulle regole deduttive proprie della matematica e a gettare le basi della moder­
essa fornirebbe non solo le parole ma anche le nozioni, mentre nel nome con na logica formale non saranno qui esaminati. Ciò che invece interessa osserva­
cui vi si designerebbe una cosa sarebbe inclusa la «clavis [. ..] omnium quae re è come nel delineare il concetto dell’«ars characteristica» e nel fissarne gli
de ea dici, cogitari, fieri cum ratione debeant»^°l La sua conoscenza si identi­ obbiettivi egli si riallacci a una tematica il cui svolgimento si è potuto seguire
ficherebbe con quella àtWEncjclopaedia'^^, l’utilizzarla trasformerebbe il parlare in Bisterfeld e in Bòhme ma di cui si è visto un significativo precedente nel
in un c a l c o l a r e i suoi characteres varrebbero «idem quod notae arithmeticae motivo paracelsiano della «kunst signata», lingua universale capace di designa­
in numeris et Algebraicae in magnitudinibus abstracte sumtis»^'®. Una volta re ogni ente «nach seiner art und eigenschaft». Benché il tema assuma in
realizzata, non solo permetterebbe di superare le barriere linguistiche tra gli Leibniz una forma più complessa e matura, è pur sempre distinguibile il tllo
uomini, in quanto «cuicunque legenti, cujuscunque linguae perito intelligibi- ideale che lo lega a queste sue antiche premesse. Così, il principio fondamen­
lis»^” , ma costituirebbe soprattutto un «Verum Organum Scientiae Generalis», tale della characteristica, per il quale «tanto utiliora sunt signa, quanto magis
capace di dare la forma di evidenti dimostrazioni a tutti i contenuti che «sub notionem rei signatae exprimunt»^’^ si fa rintracciare, formulato in termini
analoghi, nelle opere di Bisterfeld: «Quo [. . .] lingua majorem cum rebus
significatis habet proportionem — aveva scritto quest’ultimo — eo est nobilior
utiliorque»^’*^. E poi lo stesso Leibniz a far presente il rapporto delle sue idee
con le dottrine linguistiche bòhmiane, nel momento in cui accosta la costi-
“ 3 J VII, p. 198.
An Gallojs, Die. 1678, S VII, p. 22.
Leibniz an Oldenburg, S VII, p. 14.
^ J VII, p. 205. I VII, p. 205.
Leibniz an Oldenburg, S VII, p. 13. Dissertatio de arte combinatoria, S IV, pp. 72-73 ; Leibniz an Oldenburg, S VII, p. 11 ; J VII, p.
Ibid. 185.
^ S VII, p. 200. Leibniz an Gabriel Wagner, S VII, pp. 519-522.
3'° S VII, p. 184. J VII, p. 204.
Dissertatio de arte combinatoria, S IV, p. 72. Cfr. supra, p. 152.
170 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II r i

menda «ars characteristica» al concetto, depurato di tutti i suoi elementi «futi- quanto se ne fosse ormai distaccato: «si vera esset Astrologia judiciaria — egli
lia et superstitiosa», di quella «lingua [. . .] nova», «quam aliqui Adamicam, scrive a Des Bosses nel 1716 — si Chiromantia, si quas jactant quidam, signa­
Jacobus Bohemus die Natur-Sprache vocat»^^”^. Se in realtà questa lingua non turae rerum, res ascribenda esset harmoniae divinitus praestabilitae»^^*^. Dopo
esiste, o quantomeno «vis ejus quam quidam se nosse et in nominibus ab Ada­ Leibniz il tema delle signaturae decade definitivamente, rimanendo dominio
mo impositis essentias rerum intueri posse contendunt, nobis [. . . ] ignota esclusivo di autori di secondo piano, legati agli schemi di una cultura di retro-
est»^’*, si tratterà per Leibniz di costruirla e di dare concreta esistenza a ciò
che era stato intravisto da Bòhme in una dimensione mistica e visionaria.
Appaiono quindi con chiarezza i legami deir«ars characteristica» con le idee e
Leibniz an des Bosses, Gennaio 1716, J II, p. 509. Per quanto nel presente lavoro i rapporti
i motivi di tutta una precedente tradizione dottrinale e si spiegano gli strani tra la concezione paracelsiana e quella di Leibniz siano stati presi in considerazione soprattutto
accenti con cui Leibniz ne illustra a volte il progetto; una volta compiuta essa sotto il profilo concettuale, facendo perno — metodologicamente — su un certo complesso di
«vera foret sive Gabbala vocabulorum mysticorum, si ve Arithmetica numero- idee e cercando di mostrare come esse, pur rimanendo le medesime, si esprimano nei due in
rum Pythagoricorum, sive Characteristica mago rum hoc est Sapientum»^’^. forme diverse — ancora legate alla visione magico-astrologica in Paracelso, più mature e teore­
ticamente eleborate in Leibniz — non è senza legittimità il quesito circa Paracelso come fonte
Si può dunque vedere come idee e motivi presenti nella dottrina paracel-
di Leibniz, cioè, per usare un linguaggio leibniziano, circa r«influence réelle» che l’uno avrebbe
siana delle signaturae si ritrovino in Leibniz, portati a un più alto livello di esercitato suH’altro. Si sono mossi in questa direzione gli articoli di K.-H, W elm an .n , Paracelsus
astrazione ed elaborazione teorica. Il concetto di segno, di nota simbolica che bei Leibniz, in Die ganzf Welt ein Apotheken, Festschrift fùr Otto Zekert. Hrsg. von Sepp Domandi,
dà a conoscere un oggetto in via mediata e indiretta, è apparso come il motivo Wien 1969 e S. D o m a n d l , Der Archeus des Paracelsus und die Leibnizfsche Monade. Eine Gegenuberstel-
fondamentale del suo pensiero e il fattore che ne unifica i diversi ambiti tema­ lung, in Von Paraceàus TU Goethe md Wilhelm von Humboldt (Salzburger Beitrage zur Paracelsusfor-
schung, Folge 22), Wien 1981. Weimann richiama l’attenzione sulle esperienze paracelsiane di
tici: sia che egli indaghi il rapporto delle sostanze individuali tra loro e con
Leibniz durante gii anni giovanili della sua formazione filosofica: «Leibniz hat sich eingehend
l’universo, sia che si concentri sui nessi analogici che vincolano i diversi feno­ mit Paracelsus beschàftigt, scine Werke studiert und e.\zerpiert, ihn wiederhoh gewùrdigt und
meni della natura, sia che svolga i concetti di expressìo e della lingua universale, zitiert und ihn auf mehr als einem Fachgebiet geschàtzt [...]. Leibniz muB mit Paracelsus und
è sempre la fondamentale funzione del significare che si pone in primo piano seiner Gedankenwelt schon friihzeitig in Benihrung gekommen sein. Vermutlich wàhrend sei-
e richiama tutta la sua attenzione. Questa valorizzazione del concetto di segno ner Studentenzeit in Leipzig, Jena und Altdorf (bei Nùrnberg), 1661-1667. Denn unmittelbar
nach seiner Promotion, im Fnihjahr 1667, zeigt er bereits alchimistisch-spiritualistische Ken-
caratterizzava anche l’opera di Paracelso e in particolar modo la sua dottrina
ntnisse aus dem Umkreis des Paracelsischen und pseudo-Paracelsischen Gedankengutes. In
delle signaturae: egli aveva descritto il conoscere nel suo carattere simbolico e Altdorf erhàlt er aufgrund seiner glanzvollen juristischen Promotion sogieich einen Ruf als Pro­
rappresentativo, mostrando come il microcosmo non potesse studiarsi se non fessor an die reichsstàdtisch-nùrnbergische Universitàt, im Alter von 21 Jahren. Er schlàgt die-
mediante i suoi segni nel macrocosmo, il decorso delle malattie attraverso le sen Ruf zwar aus, bleibt aber zunàchst doch weiterhin in Niimberg, und zwar als Sekretàr einer
sue metafore nel mondo dei fenomeni meteorologici, le virtù delle piante nel­ dort etablierten rosenkreuzerischen Gesellschaft. Er tritt schon wàhrend seiner Altdorfer Dokto-
randenzeit zu diesen Kreisen in Beziehung und verschafft sich durch einen mit alchimistischen
le note del loro aspetto esteriore. Il ricorso ai segni nell’indagine sulla natura
Ausdrùcken ausgeschmùckten Brief Zugang zu diesem Zirkel spiritualisch-alchimistischer Adep-
si era configurato non come un fatto accidentale, da cui si potesse in qualche ten. [..,] Leibniz iibernimmt die Stellung eines Sekretàres des Nùrnberger Rosenkreuzerzirkel
modo prescindere, ma come un suo carattere costitutivo e una sua ineliminabi­ ehrenamtlich, ohne Gehalt, er lebt in dieser Zeit von eigenen Mitteln aus seiner Leipziger
le condizione. Mentre nel porre in primo piano il tema dei segni Paracelso era Erbschaft. Er behàlt das Amt nur einige Menate und verlàfit Nùrnberg noch im weiteren Ver-
però rimasto entro il mondo della magia e dell’astrologia, Leibniz lo svolge ora lauf des 1667, um fùr làngere Zeit in Mainz als Jurist, Politiker und Enzyklopàde tàtig zu wer-
den. DaB er jedoch die Stelle eines Nùrnberger Rosenkreuzersekretàr ùberhaupt ausùbt, beweist
su un piano più generale e in una dimensione puramente teoretica. Assume un
sein reges Interesse in dieser Richtung. Er nutzt diese Rosenkreuzermonate zu eifrigen Studien
particolare interesse, in questa prospettiva, il giudizio che sulla dottrina delle spiritualistischer und alchimistischer Schriften und gewinnt mannigfache Anregungen. Eigen-
signaturae egli ancora darà in una delle sue ultime lettere e che nella sua forma hàndige Aufzeichnungen Leibnizens aus dieser und der unmittelbar anschliessenden Zeit sind
condizionale dà l’esatta misura sia di quanto essa gli fosse ancora vicina sia di noch heute erhalten. Manches findet in spàteren Schriften deutlichen Niederschlag. Leibniz
lernt in dieser Zeit Paracelsus griindlich kennen. Mit scharfem Blick scheidet er das Epnemere
von Bleibenden ; er verwirft manches an Paracelsus, aber er weist ihm cine zentrale Stellung in
der Enrwicklung der Chemie, des Bergwesens und der chemisch fundierten Medizin zu» (pp.
IV II, p. 184. 223-225). Un’approfondita conoscenza dei testi paracelsiani da parte di Leibniz è presuposta
S VII, pp. 204-205. anche da Domandl, nel suo confronto tra il concetto di monade e quelU> di archeo; egli souoli-
IV II, p. 199. nea come un giudizio definitivo circa l’influsso di Paracelso su Lcil)niz potrà venire solo
Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X V II 173
1"2

guardia. Ne discuteranno ancora gii aspetti teorici e pratici medici come il wing in nature L ’accenno alle signaturae rimane però in Berkeley un fatto
Martius {Dissertatio de magia naturali ejusque usu medico, 1700) o curiose figure di isolato e ha il valore di una semplice citazione, nel quadro di un pensiero che
maghi come il Tharsander (= G. W. Wegner, Schau-Platz vieler ungereimten Mey- ha ormai trovato altrove i suoi veri punti di riferimento. Così, durante il seco­
nungen und Er^hlungen, 1736-1742)^^’ senza però aggiungere nulla di nuovo a lo dei Lumi il concetto di signatura slitta sempre più ai margini del dibattito
quanto era stato già detto, con più aderenza ai tempi, da tanti autori del secolo culturale e lo si vede andare incontro a un progressivo discredito. A distanza
precedente. Né l’invito rivolto da Emanuel Kònig nel suo Regnum vegetabile di due secoli dalla sua comparsa nell’opera di Paracelso, VEncjclopédie ne darà
(1“ 08) a che sia prestata una particolare «Physiognomiae plantarum atten- una definizione sferzante: «Signature, s.f {Botan.) rapport ridicule des plantes
tio»^^^ appare meno superato in un’epoca che aveva già visto la botanica entre leur figure et leurs effets. Ce système extravaguant n’a que trop
aw iata a svilupparsi in una direzione scientifica ad opera del Ray e del regne» 326
Grew^^. Certamente, richiami alla nozione di signatura si incontrano ancora Un clima più favorevole alla ripresa del tema tornerà a crearsi verso la
qua e là nelle pagine di qualche autore importante. Così, la nota tesi di Berke­ fine del secolo, con l’affermarsi del movimento romantico e il farsi strada di
ley della realtà come un coerente linguaggio visivo parlato agli uomini da Dio un atteggiamento verso la natura in cui al punto di vista strettamente teoretico
appare arricchirsi di un’ulteriore sfumatura e si fa cogliere sotto una luce parti­ si alleano l’intuizione poetica e il sentimento estetico del mondo. La natura
colare quando si constata che nell’esporla egli fa riferimento a questo concet­ sarà vista ancora una volta come un regno di assoluta trasparenza, che non
to: «Such are thè bright and lively signatures o f a divine Mind, operating and occorre sollecitare mediante apparecchiature scientifiche o decifrare con le tec­
displaying itself in fire and light throughout thè world — scrive Berkeley nella niche della matematica ma che è pronto a rivelare i suoi misteri a chiunque
Siris — that, as Aristotle observ^es in his hook De mundo, all things seems full of sappia contemplarlo con uno sguardo aperto e privo di pregiudizi. Esemplare,
divinities, whose apparitions on all sides strike and dazzle our eyes»^^'*. E più in questo quadro, l’esperienza di Goethe. Nella corrispondenza con Charlotte
in là, citando Plotino, egli sottolinea come i fenomeni della natura, che colpi­ von Stein egli descrive i suoi tentativi di penetrare nel mondo della matemati­
scono i sensi e sono compresi dalla mente, costituiscano «not only a magnifi- ca e di farsi strada attraverso le «mura scoscese» dell’a l g e b r a Q u e s t o afflig­
cent spectacle but also a most coherent, entertaining, and instructive Discour- gente tirocinio egli non lo sopporterà, però, che pochi mesi e lo si vede ben
se»; tale discorso o linguaggio «is studied with different attention, and inter- presto porvi fine a vantaggio di un modo più diretto e immediato di rapportar­
preted with different degrees o f skill. But so far as men have studied and si alla natura: attrarrà tutto il suo interesse proprio il mondo delle piante, il
remarked his rules, and can interpret right, so far they may be said to be kno- quale lo lascia profondamente ammirato per la chiarezza del linguaggio con
cui parla: «E s zwingt mir alles auf, ich sinne nicht mehr daruber, es kommt
mir alles entgegen und das ungeheure Reich simplificirt sich mir in der Seele,
dall’analisi dei manoscritti leibniziani di questo periodo: «Sclion Joachim Friedrich Feller daB ich bald die schwerste Aufgabe gleich weglesen kann»^^®. Già nel 1769,
(1"16) wies in dem «Otium Hannoveranum» vorangestellten Vita Leibnizens (S. 25) darauf hin, del resto, scrivendo a Friederike Oeser, Goethe aveva osser\^ato come i grandi
daB dieser die Weriie des Paracelsus besaB; aber es diirfte beute kaum allgemem bekannt sein, eruditi ben di rado siano anche grandi filosofi: «chi con fatica ha sfogliato
daB sich von alien fùhrenden Philosophen Leibniz am eingehendsten mit Paracelsus beschàftig molti libri disprezza il libro facile e ingenuo della natura; ma nulla è vero se
hat. Eine abschliessende Darstellung seiner Beziehungen zu ihm kann allerdings erst gegeben
werden, wenn alle Handschriften, Briefe, Exzerpte und Aufzeichnungen, die in der Niedersà-
chsiciien Landesbibliothek zu Hannover erliegen, durcharbeitet sind» (p. 56). Sui rapporti di
Leibniz con la tradizione paracelsiana cfr. anche A. B e c c o , Leibniz et Francois-Mercure Van Hel-
mont: bagatelles pour des monades, in Magia naturalis und die Entstehung der modemen Natunnissenschajien, G. B e r k e l e y , Siris, cit., pp. 120-121.
«Studia leibnitiana», Sonderheft 7, 1978, pp. 119-141. Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers. Mis en ordre et publié par M.
Cfr. sul Tharsander W.-E. P e u c k e r t , Gahalia, cit., pp. 433 sgg. Diderot et M. D'Alembert, Paris 1751-1780, voi. 15.
E. K ò n i g , Regnum vegetabile quadripartitum, Basileae 1708, Praefatio ad lectorem botanophilum, Goethe a Charlotte von Stein, 21 e 23 maggio 1786, in Werke. Hrsg. von E. Beutler, 24 voli.,
senza num. di pagina. Zùrich 1948-1952, voi. XVIII, p. 92" (trad. it. Lettere di Wol^ang Goethe alla signora von Stein, Mila­
Cfr. K . T h o m a s , Man and thè Maturai World. Changing Attitudes in England 1500-1SOO, no 1959, voi. II, p. 378), cit. da H. B l u m e n b e r g , Die Lesbarkeit der Welt, Frankfurt 1981 (trad. it.
Penguin Books, 1984^, p. 84. La leggibilità del mondo. Il libro come metafora della natura, Bologna 1984, p. 210), al quale si rimanda
G. B e r k e l e y , Siris, in Works. Edited by A. x\. Luce and T. E. Jessop, voi. V, London anche per le pagine seguenti.
and Edinburgh 1967^, pp. 89-90, cit. da P. F. M u g n a i , Segno e linguaggio in George Berkeley, Roma A Charlotte von Stein, 9/10 luglio 1786, in Werke, cit., voi. XVIII, p. 937 (trad. it., cit.,
19"9, p. 120. voi. II, p. 387).
1"4 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X VI e X VII 1” 5

non ciò che è i n g e n u o I l motivo della leggibilità del mondo ricorre nelle sulla puntuale corrispondenza che lega l’uomo al mondo esterno: «Unsre innre
sue opere con grande frequenza; nella poesia Sendschreiben (1~~4) esso torna a VCelt — scrive N ovalis— muB der àuBern durchaus, bis in die kleinsten Theiie
esprimersi attraverso la metafora della natura come libro: correspondiren — denn sie smd sich im Gantzen Entgegengesezt»^'^'*. Anche la
contrapposizione/correlazione di interno ed esterno, visibile e invisibile viene
Sieh, so ist Natur ein Buch lebendig,
di nuovo tematizzata e posta al centro de il’attenzione: «D ie àuBern Erschei-
Unverstanden doch nicht unverstàndlich;
nungen — si legge Allgemeines Brouillon — verhalten sich zu den Innern,
Denn dein Herz hat viel und groB Begehr [. .
wie die perspectivischen Verànderungen zu der Grundgestalt — und so wie-
Lo si vede trasparire, però, anche dalle pagine dei Wilhelm Meisters Wanderjahre der die àuBern und innern Erscheinungen unter sich»^^^. «Alles Sichtbare — è
in cui è descritta la tlgura del geognosta Montan: di fronte alle «più arcaiche annotato nelle Vorarheilen ^ verschiedenen Fragmentsammlungen — haftet am Unsi-
rocce di questo mondo» egli trattava le loro crepe e fenditure «com e lettere, chtbaren — Das Hòrbare am Unhòrbaren — Das Fùhlbare am L'nfulbaren.
cercava di decifrarle, le riuniva in parole che insegnava a leggere»; sosteneva Vielleicht das Denkbare am Undenkbaren»^^^ Questi elementi di filosofia
che «la natura ha questa sola scrittura» e che lui non aveva bisogno di trasci­ paracelsiana non vengono introdotti da Xovalis come semplici citazioni ma
narsi in giro tanti ‘ scarabocchi’ ^^'. È in questo contesto che torna ora ad affac­ sono sottoposti a una profonda rielaborazione concettuale e ripensati nei ter­
ciarsi il tema delle signaturae\ le manifestazioni della natura, anche le più banali mini della filosofia di Fichte: se l’esatto parallelismo di strutture tra interno ed
e quotidiane, appaiono a Goethe «inhaltschwere Signaturen», tali che chi riu­ esterno, microcosmo e macrocosmo, viene di nuovo chiamato in causa, ciò è
scisse a decifrarle «der wùrde alles geschriebenen und alles Gesprochenen bald per far vedere come l’uomo, attraverso la contemplazione del mondo, contrap­
zu entbehren imstande sein». Di fronte alla silenziosa serietà di una parete ponendosi a esso, possa per\^enire alla fine alla piena consapevolezza di sé,
rocciosa o di una vetta solitaria le parole umane si rivelano infinitamente all’attuazione del proprio «transscendentales Selbst»^^'. Così la contrapposizio-
meno espressive e ridicolo sarebbe, anzi, il confronto D a una più forte ten­
sione teoretica appare percorsa l’opera di Friedrich von Hardenberg (Novalis).
I frammenti di pensiero {Gedankensplitter) che egli viene annotando nell’arco
degli anni fra il 1795 e il 1800 hanno un indubbio contenuto speculativo e si Schriften, II, p, 293; cfr. anche ivi, II, p. 650: «Unser Kòrper ist ein Theil der Welt —
Glied ist besser gesagt: Es drucict schon die Seibstàndigkeit, die Analogie mit dem Ganzen —
esprimono attraverso il linguaggio tecnico della filosofia. Anche qui, però, il
kurz den Begriff des Microcosmus aus. Diesem Gliede mu6 das Ganze entsprechen. So viel
discorso scientifico è messo in moto e sorretto dall’intuizione poetica, ciò che Sinne, so viel Modi des Universums — das Universum vòllig ein Analogon des menschlichen
lo porta a svolgersi in una dimensione per così dire sperimentale, conferendo­ Wesens in Leib — Seeie und Geist. Dieses Abbreviatur, jenes Elongatur derselben Substanz».
gli un particolare carattere di audacia intellettuale. In questa prospettiva anche Schriften, III, p. 389; cir. anche ivi, II, p. 286: «Das Innen und das AuBen smd sich
i più tipici motivi della filosofia paracelsiana tornano a esser presi in conside­ entgegengesezt. Ich ist der Begriff des Innen — folgiich wird Ich allemal beym Innen seyn»; ivi,
III, pp. 376-377: «Cosmologie. Die mnre Welt ist gieichsam mehr Mem, als die AeuBre. Sie ist
razione e non si esita a sondarne le possibilità filosofiche. Così viene richiama­
so innig, so heimlich — Man mòchte ganz in ihr leben — Sie ist so vaterlàndisch. Schade, daB
ta l’idea di microcosmo, definita «die hòchste fùr den Menschen»^^^ e si insiste Sie so traumhaft, so ungewiB ist. MuB denn gerade das Beste das Wahrste so scheinbar — und
das Scheinbare, so wahr aussehen.' / Was auBer mir ist, ist gerade in mir, ist mein — und
umgekehrt. [. . .] Wenn man recht lieBt, so entfaitet sich in unserm Innern eine wirkliche,
^29 A Fritderikt Oeser, 13 febbraio 1769, in H^erke, cit., voi. XVIII, p. 121. sichtbare Welt nach den Wonen » ; ivi. III, p. 293 : « Cosmologie. Das AeuBre ist em in Geheim-
l^erke, cit., voi. I, p. 393; ctr. anche A Charlotte von Stem, 21/24 agosto 1784, in Werke, niBzustand erhobnes Innre — / (Vielleicht auch umgekehrt); ivi. III, p. 403: «Das AeuBre ist
cit., voi. XVIII, p. 795; «Les caractères de la Nature sont grands et beaux et je prétends qu’ils gieichsam nur ein vertheiltes uberseztes Innre — Ein hòheres Innre»; ivi. III, p. 429: «Jezt sehn
som tous lisibles». wir die wahren Bande der Verknùpfung von Subject und Object — sehn, daB es auch eine
ìVerke, cit., voi. V ili, p. 40. AuBenwelt in uns giebt, die mit unserm Innern in emer analogen Verbindung, wie die AuBen-
«2 Goetòes Qsprdche, Erster Teil, 890, J. D. Falck, 14-VI-1809, in Werke, cit., voi. XXII, p. welt auBer uns mit unserm AeuBern und jene und diese so verbunden sind, wie unser Innres
557. und AeuBres».
” 3 N o v a l i s [ F r i e d r i c h v o n H a r d e n b e r g ], Schriften. Hrsg. von P. Kiucivhohn und R. Schriften, II, p. 650.
Samuel, Stuttgart 1968^, voi. II, p. 594: «Die Idee vom Microcosmus ist die hòchste fiir den Schriften, II, p. 424: «Die hòchste Aufgabe der Bildung ist — sich seines transscendenta-
Menschen./Cosmometer sind wir ebenfalls». Sulla ricezione di Paracelso da parte dei romantici len Selbst zu bemàchtigen — das Ich ihres Ichs zugieich zu seyn. Um so weniger befremdlich ist
cfr. K. G o l d a m m e r , Paracelsus in der deutschen Romantik (Salzburger Beitràge zur Paracelsusfor- der Mangel an vollstàndigen Sinn und Verstand fiir Andre. Ohne vollendetes SelbstverstàndniB
schung, Folge 20), Wien 1980, in particolare su Novalis le pp. 23-27. wird man nie andre wahrhaft verstehn lernen»; ivi, II. p. 529: «Philosophiren ist eine Selbstbe-
176 Capitolo III Sviluppi delle signaturae nei secoli X V I e X VII

ne paracelsiana di interno ed esterno, visibile e invisibile, viene acutamente come in un lampo prima del suo definitivo eclissarsi, ecco riapparire anche il
colta in tutta la sua portata dialettica e si danno a intravedere i legami tra gli tema delle signaturae-, «D er Mensch spricht nicht allem — auch das Universum
sviluppi idealistici della filosofia tedesca di fine secolo e certi più antichi moti­ spricht — alles spricht — unendliche Sprachen — Lehre von den Signatu­
vi della cultura germanica — un tema che qui non può essere svolto È re n» 34t
invece importante mettere in evidenza come rifluiscano nell’opera di Novalis
anche quegli aspetti della filosofia di Paracelso legati al tema dei segni e del
significare: anche a Hardenberg la natura appare come un vasto complesso di
segni, che l’uomo è chiamato a decifirare: «Sollten die Kòrper und Figuren die
Substantiva — die Kràfte die Verba — und die Naturlehre Dechiffrirkunst
seyn»^^’ . Il rapporto tra le cose della natura, il loro reciproco influire, viene
colto come un discorrersi e un dialogare che esse farebbero l’una con l’altra:
«Vielleicht ist alle mechanische Bewegung nur Sprache der Natur. Ein Kòrper
spricht den andern mechanisch an — dieser antwortet mechanisch»^'*^. Infine,

sprechung obiger Art — eine eingentliche Selbstoffenbarung — Erregung des wircklichen Ich
durch das Idealische Ich. Philosophiren ist der Grund aller andern OfFenbarungen » ; ivi. III,
p. 429: «Eigentlich ist der Kriticism — (oder die Erschòpfungsmethode, welche die Um-
kehrungsmethode mit begreift), diejenige Lehre, die uns beym Studium der Natur auf uns selbst,
auf innre Beobachtung und Versuch, und beym Studium unsrer Selbst, auf die AuBenwelt, auf
àuBre Beobachtungen und Versuclie verweiBt — philosophisch betrachtet die fruchtbarste aiier
Indicationen».
Si vedano su questo nesso i classici studi di F. G i e s e , Der romantische Charakter, 2 vols.,
Langcnsalza 1919; K . L e e s e , VonJacob Bbbme 5» Schtlling, Erfurt 1927; E. B e n z , Les sounes mysti-
ques de la philosophie romantique allemande, Paris 1960.
Scbriften, III, p. 443; cfr. anche ivi. III, p. 290: «Grammatik. Die gemeine Sprache ist
die Natur Sprache — die Biichersprache die Kunstsprache » : ivi. III, p. 281: « Mathematische
Philosophie. (Grammatik.) Die Kategorien sind das Alphabet cogitationum humanarum —
worinn jeder Buchstabe eine Handlung begreift — eine philosophische Operation — einen
hòhern (mathematischen) Calcùl — Die Philosophie der Kategorien ist von der hòchsten
Wichtigkeit»; cfr. anche il passo sulla geognosia contenuto nel frammento «Der Lehrling»,
Schriften, I, p. 79: «Mannigfache Wege gehen die Menschen. Wer sic verfolgt und vergieicht,
wird wunderliche Figuren entstehen sehn; Figuren, die zu jener grossen Chiffernschrift zugehò-
ren scheinen, die man ùber all, auf Flùgeln, Eierschaien, in Wolkern, im Schnee, in Kristallen
und in Steinbildungen, auf gefrierenden Wassern, im Innern und AeuCern der Gebirge, der
Pflanzen, der Tiere, der Menschen, in den Lichtern des Himmels, auf berùhrten und gestriche-
nen Scheiben von Pech und Glas, in den Feispànen um den Magnet her, und sonderbaren Kon-
junkturen des Zufalls erblickt. In ihnen ahndet man den Schlùssel dieser Wunderschrift, die
Sprachlehre der selben; allein die Ahndung will sich selbst in keine feste Formen fugen, und
scheint kein hòherer Schlùssel werden zu wollen. Ein Alkahest scheint ùber die Sinne der Men­
schen ausgcgossen zu sein. Nur augenblicklich scheinen ihre Wùnsche, ihre Gedanken sich zu Schriften, III, pp. 267-268; cfr. anche ivi, III, 242: «Attribute — Signaturen. Heraldik.
verdichten. So entstehen ihre Ahndungen, aber nach kurzen Zeiten schwimmt alles wieder, wie Individualitàt»; ivi. III, p. 272: « Philosophie. Von dem VerhaitniB zwischen Gegenstand und
vorher, vor ihren Blicken». Vorstellung — eine kritische Bemerkung (Symbolisch sympathisch nach der Lehre von den
^ Schriften, III, p. 427. Signaturen)».
CONCLUSIOiNE

Prendendo come punto di partenza la dottrina paracelsiana delle signatu-


rae, di cui a risaltare all’inizio non era che il carattere stupefacente e bizzarro, e
andandone a cercare sia le premesse a ritroso nel tempo, sia gli esiti in un’epo­
ca successiva, si è potuto seguire un ampio arco del pensiero che dalle arcaiche
rappresentazioni di una forma mitica della coscienza conduce alle più comples­
se concezioni della filosofia del ’600. Assumere il punto di vista della signatura
ha significato collocarsi in un luogo di osservazione ideale per comprendere il
passaggio tra diversi atteggiamenti mentali e coglierne sia gli elementi di per­
manenza sia quelli di discontinuità. In una fase primordiale della coscienza si è
vista la realtà conformarsi docilmente alle direttive di un desiderio ancora sen­
za ostacoli: di fronte al male fisico, al guastarsi di una pane, l’individuo non
aveva che da volgere al mondo il suo sguardo carico di immaginazione perchè
una pianta o una costellazione gli esibissero questa parte già risanata e restitui­
ta alla forma originale. Parte, pianta e costellazione non sussistevano ancora
come oggetti distinti, ma erano pronte a sfumare l’una nell’altra e a divenire la
medesima cosa: il desiderio di veder guarita la parte piegava a sé la percezio­
ne, orientandola in modo tale da farle ritrovare la parte, completamente guari­
ta, in una pianta o in una configurazione astrale. Benché la presente ricerca
non abbia detto nulla circa il processo attraverso cui il mondo si sarebbe in
seguito costituito come un insieme di entità distinte e dotate di una salda iden­
tità individuale, né circa il duro apprendistato mediante cui l’uomo avrebbe
preso atto di un divaricarsi tra i suoi desideri e la loro realizzazione, ha però
mostato come anche in una fase posteriore della coscienza continui a sussistere
una traccia di questo arcaico modo di vedere: per quanto gli oggetti abbiano
ormai acquisito una stabile individualità e non possano più passare gli uni
negli altri, vi è ancora un elemento, quello del loro principio incorporeo, per
cui essi tornano a identificarsi e a essere nuovamente tutt’uno. Separati e
distinti dal punto di vista del loro rivestimento superficiale, essi appaiono non­
dimeno imparentati e conservano, sotto il profilo dell’essenza, la loro antica
identità. Proprio l’individuazione dei segreti legami che uniscono le cose e le
congiungono da un capo all’altro del cosmo diviene ora il compito della magia
e dell’astrologia: esse passano in rassegna l’intera estensione del mondo natu­
rale e ne studiano gli oggetti per raggrupparli in classi omogenee. In questa
ricerca l’aspetto esterno degli enti si configura al tempo stesso come un ostaco-
180 Conclusione Conclusione 181

lo e come un aiuto: da un laco esso è ciò che li differenzia e occulta la loro termine signatura non fa più parte, però, degli strumenti linguistici di cui esso si
originaria unità, dall’altro è ancrie una guida per ricostruire le loro parentele e serve: dopo aver dato espressione a queste problematiche in una certa fase
ciò che consente di tornare a riunirli. Le sembianze delle cose si costituiscono della loro elaborazione, si rarefà via via che esse sono portate a maturazione e
come la signatura del loro comune principio e la loro ricognizione come un lo si vede a poco a poco eclissarsi.
momento fondamentale dell’arte del mago. Il rapporto in cui entrano tra loro
le sostanze diviene d’altra parte un agire vero e proprio: non si tratta più del
puro identificarsi di due cose, del percepire una pianta come se fosse la parte
guarita, ma di uno scambio e un influsso tra enti diversi. Perché tale scambio
possa avvenire è però necessario che gli oggetti tra cui esso ha da svolgersi
non siano tra loro totalmente distinti ma abbiano ancora qualcosa in comune
e, pur rimanendo da un lato se stessi, siano anche, dall’aitro, tutt’uno: in tanto
un ente può agire su un altro, spazialmente separato, in quanto, sotto un certo
profilo, è identico a esso e vi è compreso fin dali’inizio. L ’attenzione che la
magia e l’astrologia prestano all’affinità tra le cose, il loro investigarne le somi­
glianze per ripartirle nelle classi al cui interno può aver luogo un’azione effica­
ce, è a sua volta la base di un nuovo atteggiamento intellettuale, orientato in
senso teoretico: se oggetti simili agiscono l’uno sull’altro in quanto hanno la
medesima essenza, non è meno vero che essi si designano e si danno a cono­
scere reciprocamente. La conoscenza di quanto è occulto e nascosto alla vista
va perseguita in modo indiretto, attraverso quanto gli assomiglia ed è più
manifesto; la signatura non è più solamente ciò che orienta l’operare del mago
ma anche il punto di appoggio di un pensiero che si volge alla natura per
conoscerla. Il processo del conoscere si rivela d’altra parte nel suo carattere
simbolico e mediato, risultando ora chiaramente che ogni sapere riguardante
un fenomeno della natura può ottenersi solo in ciò e mediante ciò che per
essergli simile ne rappresenta il segno. La visione di un cosmo in cui eventi
distanti tra loro nello spazio esibiscono nondimeno i medesimi ritmi, si scandi­
scono secondo la stessa successione di fasi, conduce ora a un nuovo modo di
rappresentarsi il rapporto tra gli oggetti, per il quale questi cessano di agire
realmente gli uni sugli altri configurandosi come semplicemente accordati e
sincronizzati nei loro rispettivi processi. Viene ritirata agli oggetti la paradossa­
le caratteristica di essere se stessi e contemporaneamente anche altri — ultimo
residuo del modo in cui erano rappresentati in una fase mitica della coscienza
— facendo risolutamente valere l’idea di una loro piena autonomia e indivi­
dualità. Si afferma al contempo il principio di una natura omogenea, che non
ammette eccezioni a seconda dei luoghi, ma in cui vige un’assoluta e rigorosa
«universalité des Règles». Fenomeni eterogenei, appartenenti a sfere diverse
deH’esperienza, vengono raccolti in unità e sottoposti a una medesima legge:
dal concetto unitario del cosmo che era proprio della magia e dell’astrologia si
passa all’idea di connessione dei fenomeni come è pensata nella moderna con­
cezione scientifica del mondo. Quando il pensiero raggiunge questo stadio il
IN D IC E T ER M IN O LO G IC O

Latino angelicus: angelicae substantiae 97


angelus: 97
anima: 92; plantae - 92; Cartesii vacuum ani-
abditus; 35 mae 103 ; - Humana 117 n ; - mundi 151 n ;
absconditus : in abscondito 95, 96 - signi 152 e n
abyssum; - infinitudinis 97 animus: animi conceptus 92
accidens: 162 anthera: 50 e n
acetum: - Philosophorum 36 anthropopatheia: 154 n
aciditas: 15 antipathia: 128, 145 e n
acorinus: 50 e n apertus: 37; in aperto 95
acrimonia: 15 apparentia: 125, 130, 162; - confusa 162; -
actio: 128 distincta 162
activitas: sphaera activitatis 149, 150 n appareo: externe apparentes notae 89; appa-
actuosus: èvépreia sive virtus acruosa 88 rens mos 92
adjunctum: - et subjectum occupans 154 e n aqua: - permanens 36; aquae mosaicae 114 n
admiratio: 7, 90, 101, 102 arbitrarius: 167; signum arbitrarium 152
aegyptius: IO"; aegyptii sapientes 92 arcanum: 37 n, 38 n, 50 n, 78 n, 79, 81 e n,
aeviternus: aeviterna 98 82 n; sacra mundi arcana 93
ago: 128 arcanus: arcana operandi dos 92; arcana ope­
alchimia: 37 n, 38 e n, 81 n randi virtus 95
allegoricus: modus docendi - 153, 154 n archetypum: 117, 121 n
alphabetum: 101; - in naturae libro phvsico- archeus: 71 e n, 73
medico 101 ; - hieroglyphicum 103; - cogi- aresco: 16
rationum humanarum 169 Aries: 51 n
alteratio: 14 arithmetica: - numerorum Pythagoricorum
aluminosus: 50 e n 170
amaror: 15 arithmeticus : notae arithmeticae 168
ambitus: 114 e n ars: - signata 89; - characteristica 168, 169,
amor; 122 n 170
analogia: 128, 130, 131, 144, 160; mutua - et arsenicus: 50 e n
proportio 110 n; rerum naturalium - 110 articulatus: sonus - 152; vox articulata 152 n
n; rerum analogiae 124, 131; microcosmi ascensus: 98
ad macrocosmum - 125; - rerum 12“ , 130; assimilabilitas : 147, 149 n, 155
proportio seu - 152 e n assimilatio: 154 n
analogicus: analogica sympathia 95 assimiiativitas : 147, 149 n, 155
analogismus: 102 assimilo: 147
analogus: 110 n, 124, 129; facultas analoga astralice: 97 .
125, 126; facultates Deo analogae 12'' astralis: ens astrale 55 n, 56 n
analysis: 151 e n; - chymica 160; - axioma- astrictio: 15
tum 169 astrologia; - judiciaria 171
anatomia: 64 n, 67 e n; - medicinae 6" astrologica: 157
anatomicus: - cultellus 95 astronomus: 45 n; inntrer - 55, 46 n
184 Indice terminologico Indice terminologico 185

astrum; 45 e n, 55, 71 n, 73, 81, 82 n, 83, 9", coelestis; coelesn modo 93; coelestia 93, 96; correspondentia ; harmonica - 98 ens: 150 n, 151 n; - astrale 55 n, 56 n; passio
106; cursus astrorum 55 n; astra microco­ aura - 114 e n cosmographus : 68 n entis 129; Veritas entis 149 e n; entis con­
smi 72 n ; astra der imagmation "2 n ; astra ies coelum: 93 creatura: creaturarum ordo 98 venientia et differentia 150 n
menschlicben gemùts ^2 e n cogitano; alphabetum cogitationum humana- curatio; curationis ratio 14 error: 127
attractivus : vis attractiva 111 n rum 169; Alphabet cogitationum humana- curiositas: Humana - 102 essentia: 45 n, 80, 113 e n; corporis - 113 n;
aura: - coelestis 114 e n rum 176 n curo : curandi ratio 11 ; curandi methodus 88 - Dei 117 n; essentiae spirituales 121; es-
axioma: analysis axiomatum 169 cogito: 168 cursus: - astrorum 55 n sentiae rerum 170
axis ; - polaris 51 n cognatio: rerum inter se - 127 curvus: curvum 114 e n, 119 etymologia: vulgaris - 152, 153 n; vera - 153
cognitio: 147 n, 148 en
cognosco: 89, 96 Eurus; 51 e n
bonus: bonum 129, 130 defmitio: 113 evolutus: 97
commensuratio : 118
bonitas: 130 delineamentum ; 92 exaltatio: 51 e n
communicatio; rerum panharmonia et catho-
branchus: 50 n demonstro,- modus demonstrandi 92 experientia: 36 n
lica - 150 e n
descriptio; descriptionis possibilitas 117; for- explicatus: 97
communio: rerum unio et - 14'^, 149 n
malis - 117 explico; 35, 160
cabbaia; 154 n; - vocabulorum mvsticorum communis: notitiae communes 126
determinatio ; specificatio seu - figurativa 148 expressio: 166, 170
170 complexio; 82 n
Deus; 93, 97, 101, 110 n, 113 n, 114 n, 117 n, exprimo: 92, 101, 148, 149 n, 166, 167, 168,
calefacio: 14 e n complicitus: 97
121 n; Dei providentia 90; opera Dei in- 169
caliditas: 35, 36 conceptus: 125, 130; animi - 92
scrutabiiia 94; Dei misericordia 95; Dei di- exsicco; 14
calidus: 14, 36 n concordantia ; - figurarum corporalium et vir-
gitus 98; umbra Dei 98; essentia Dei 117 exicrior: 36 n; exteriora signa 91
calor: - spiritualis 96 tutum animi 89
n; imago Dei 117 e n; Dei scientia 117 n
conditio: 89 externe: - apparentes notae 89
casus: 108 differentia: 130, 131, 144; - signans 124; re­ externus: forma externa 93, 157; terminus -
catarrhus: 50 n contiguratio : 122 n
rum differentiae 125 ; entis convenientia et 124; externae naturae dispositiones ac
catena: - seu restis aurea 98; aurea naturae - contbrmitas; 126
- 150 n lineamenta 146 e n
150 n congruentia: 144, 149 e n, 152 n
disconvenientia: rerum disconvenientiae 131 extimus: extimae notae 91
Cauda Draccnis: 51 e n congruo: 150 n
discursus: 126 extrinsecus: 36 n
causa: 158, 165 coniunctio: 51 e n, 58, 59 n, 92
dispositio: externae naturae dispositiones ac
celatus: 37 conjectura; conjecturae de simili ad simile
lineamenta 146 e n
centrum: 97, 98, 114 e n, 119; - des Gemuthes 157
dissonus: 117
138 connexio: 167 facultas: 127; facultates medicamentorum 11,
divinatio: 157
chaos: 82 n, 137 n consensus: mutuus - 91 ; - universalis 126 98; vires facultatesque latentes 89; faculta­
divinitas: 97, 114; divinitatis imago et typus
chaoticus: spirituali et caothico modo 96 consonantia: 116 n tes Deo analogae 127; - animalis 122 n; -
130
character: 54 n, 101, 102, 106, 107, 119, 16" conspiratio: 102; mutua - 95 analoga 125, 126
divino; 96
characterismus : 98, 131 constellatio: 51 n, 88 figura: 87, 89, 108, 146, 157; - corporalis 89;
divinus: 35
characteristica : - universalis 157; - magorum contagium: 148 plantae - 92; peregrina - 102; figurae geo-
doceo: modus docendi typicus, allegoricus,
170 contradictio ; 11" n metricae 121 n; figurae corporum natura­
hieroglyphicus, emblematicus 153, 154 n
characteristicus : ars characteristica 168, 169, contràrius: 36 n lium 154
dos: 91 ; arcana operandi - 92
170 convenientia ; 131; rerum convenientiae 131; figurativus: specificatio seu determinatio figu­
dulcedo: 15
chiromantia (chiromancia); 67 e n, 68 n, "5 entis - et differentia 150 n rativa 148
n, 89, 171 ; - der henden 67 n, 68; - der iati- convenio: 145 tlrmamentum : 114 n
tschajten, Under und wasserfluss 68 n ; - der erden coriza: 50 n ecclesia: ecclesiae obscurationes 101 forma: 87, 96, 113 n, 120, 145, 146 n; - visi-
und ertbidmen 68 n ; - dtr kreuter 68 e n, 69 ; - corporalis: corporalia 96 eclipsis: 101 bilis 80; - invisibilis 80; - externa 93, 157;
des lauhs 68 n ; - der feben und berffverk 68 n ; corporeus: materia corporea 119 efficacia: 148, 149 e n, 150 n - interna 146 e n
- des holz 68 n ; - des bergiverks 71 corpus: 32 n, 76 e n, 78 n, 79 e n, 80, 81 e n, efFicax: 149 e n formalis: - descriptio 117; formales rerum
chiromanticus : 67 n, 69 n; signum chiroman- 82 n, 83 e n, 92, 97; sicbtiges - 56 n; unsi- efflcientia: 149 n geometricarum rationes 117 n
ticum 68 chtbare corpora ~!6 n; structura humani cor- effìgies: 93 fortuito: 11, 89, 107
cholera: 49 e n, 50 e n poris 88 ; corporis essentia 113 n ; geometri- elementum; 36, 97 fortuitus: 107
chymicus; 11, 15; analysis chymica 160 sches - 120; corporum panharmonia 145 n; elleborinus: 50 n frigefacio: 14
circulus: 97, 114 n figurae corporum naturalium 154; intima emblematicus: modus docendi - 153, 154 n frigiditas: 36
circumterentia : 98 corporum 156, 157 n encyclopaedia 151 e n, 168 frigidus; 14, 36 e n
186 Indice terminologico Indice terminologico 18'

frustra: 11, 94 immeatio: 150 e n, 151 lineamentum: externae naturae dispositiones metaphora: 61 e n, 153 n
fumus; - corrumpens 36 impervestigabilis : 119 et lineamenta 146 e n metaphoricus : 153 n
impossibilis : 117 n lingua: 152, 169; - nova 101; - naturalis methodus: curandi - 88
gabalistica; 67 e n impressio: 72 n 152; - hebraea 153, 154 n; - exacta 168; microcosmus: 46 n, 47 n, 48 n, 51 n, 52 n, 56
gaballia: 67 e n imprimo: 101, 106, 113 n, 147, 149 n linguae vulgares 168 n, 59 e n. 111 n, 128, 174; astra microco­
geographus: 68 n incalesco: 14 n litera: 63, 101 smi 72 n; microcosmi ad macrocosmum
geomantia: 70 individuano: principium individuationis 124, lumen: - naturae 98, 110 n, 151 n; - gratiae analogia 125
geometria: 117 n, 119, 120, 121 n 128 110 n, 151 n minera: 45 e n
geometricus: formales rerum geometricarum inferus: inferiora 93; infirma 96; in infimis luna: 82 e n minerale: 45 n
rationes 117 n; res geometricae 121 n; fi- suprema et in supremis infima 93 miraculum: 103, 107; physica miracula 102
gurae geometricae 121 n infinitudo: abyssum infinitudinis 97 machina: - visibilis 97; mundi - 98 monstrum: 72 n, 102
gloria: regnum gloriae 150 n, 151 n; lumen infinitus: 114 macrocosmus: 128 e n; microcosmi ad macro- morata: 89
gloriae 151 n infiuxus: realis - 165 cosmum analogia 125 mos: 89; intimi mores 91; morum propensio-
gradus: 82 n; - ignis 36 infra: 97 magia: 69 n, 75 n; - naturalis 145 e n nes 91 ; apparens - 92
gramma; hieroglypha grammata 92 ingenium: 94 magica: 64 n, 75 n; - inventrix 67 e n mundus: 110 n; mundi machina 98; idea
gratia: - supernaturalis 108; lumen gratiae inscibilis: 117 magicus : magica scientia 66 ; libri et signa ma­ mundi 115 n; - major 124; anima mundi
110 n, 151 n; regnum gratiae 150 n, 151 n inscrutabilis : opera Dei inscrutabilia 94 gica 95 151 n
insensibilis: 157; insensibilia 153, 154 n magister: 93 musicus: harmonia musica 116
habltudo: 89, 166; virium - 92 instinctus: - naturalis 122 n, 126, 127, 130; - magus: 54 n, 69 n, 93; characteristica mago- mysterium: 56, 78 n, 79, 134 n; - magnum 38
harmonia: 122, 126, 144, 151 n; - musica physiognomicus 122, 123 n rum 170 n; - increatum 38 n; occultum naturae -
116; - divinitus pracstabilita 171 intellectio: 149 n manifeste: 96 159
harmonicc: 122 n, 124 intellectualis : 154 n; intellectualia 96 manifesto: 36 n, 96 mvsticus: cabbaia vocabulorum mvsticorjm
harmonicus: 122 n, 150, 151 n; harmonica intellectus: 126, 130; humanus - 118; veritas manifestus; 36 e n, 37, 159; in manifesto 36 e 'l70
correspondentia 98; harmonicum rerum sy- intellectus 126 n; qualitates manifestae 15~ e n
stema 127 intelligibilis : 149 n manna: 45 n, 52 n natura: 12, 28, 89, 94, 162; naturae coelestes
hebraeus: lingua hebraea 153, 154 n; hebraeo- interior: 36 n; interiores vires 91; natura - mars: 50 e n, 51 n, 57, 82 e n 88 ; naturae àvaÀ.oyia 94 ; lumen naturae 98,
rum sapientia 154 n 158; interiores structurae 158 materia: 45 n, 120, 145, 146 n, 148; le^ie - 38 110 n, 151 n; liber naturae 101; naturae
herba: 89 internus: internae vires 89; vis interna 92; n; prima - 46 e n; - corporea 119 liber physico-medicus 101 ; naturae norma
hermcticus: hcrmetica medicina 95 oculi interni 95; terminus - 125; forma mathematicus : res mathematicae 113 n; ma­ 102; signa naturae 108; - sublunaris 121,
hicroglyphicum: 89; naturalia hieroglvphica interna 146 e n; natura interna 154 thematica ratiocinatio 153, 154 n 122 n; aurea naturae catena 150 n; regnum
102 intimor: 156 matrix: 96 naturae 150 n, 151 n; universae naturae
hieroglyphicus, hieroglyphus : hieroglypha intimus: intimi mores 91; intima corporum mechanicus: spiritus mechanici 87 nexus 150; interna - 154; intima - 157 e
grammata 92; alphabetum hieroglyphicum 156, 157 n; intima natura 157 e n medeor: medendi ratio 14 n n; - interior 158; occultum naturae mvste-
103; modus docendi hieroglyphicus 153, intrinsecus 36 n medicamentum : 89 ; universale - 11 ; faculta- rium 159; - rei 162
154 n introitus: 98 tes medicamentorum 11, 98 nectromantia : 70
homo: 117; - inversus 94 inventoria: - rationalis 168 medicina: liberei medicinae 61 e n; anatomia nexus: universae naturae - 150 e n
humeao: 14 e n invisibilis: 97, 119; forma - 80 medicinae 67 ; vera - 95 ; hermetica - 95 nigredo: 36
humiditas: 36 iudicium: 60 n medicus : 45 n ; theoricus - 31 ; astronomischer - nomen: 170; vera nomina 89
humidus: 14, 36 e n 48 n ; philosophischer - 48 n norma: naturae - 102
humor (umor): 16, 36 e n, 82 n, 128 meditor: meditandi filum 168 nota: 91; externe apparentes notae 89; exti-
Jupiter: 45 n, 82 e n
hypothesis: 158; fictitiae hypotheses 159 melancholia 49 e n, 50 e n mae notae 91; notae arithmeticae 168
melissa: 50 e n notio: notiones primitivae 169
idea (idaea): 113 e n; - mundi 115 n lapis 35, 36 membrum, 87, 88 notitia: notitiae communes 126, 127
ignis: 36 e n; gradus ignis 36 lateo: vires facultatesque latentes 89 memoria: - artifìcialis 154 n notus: ex notiori ad ignotius 110 *
ignotus: ex notiori ad ignotius 110 n lex: 166 mens: 127, 130 novitas: novitatum famen 102
imaginatio: 72 n, 77 n, 156 liber: 63; libri et signa magica 95; - naturae mensura: 116 n numerus: arithmetica numerorum Pvthagori-
imago: 113 n, 115, 117 n, 119; - Dei 117 e 101; naturae - physico-medicus 101 mensuro: 116 n corum 170
n; Trinitatis - 119; divinitatis - et typus limbus: 46 e n, 60 mercurius {pianeta)-. 51 n
130 Linea Lactea: 51 n mercurius: 32 e n, 52 n, 59 n objectum: veritas objecti 124
188 Indice terminologico Indice terminologico 189

pianta: 90, 91 ; plantae figura 9 2 ; plantae ani­ sapiens: 63, 170; aegyptii sapientes 92 similis: 148, 154 n; conjecturae de simili ad
obscurus: obscura praesensio 127
ma 9 2 ; physiognomia plantarum 172 saturnus: 45 n, 50 e n, 51 n, 52 n, S" n, 82 e simile' 157
occulte 96
polus : - arcticus und antarcticus 51 n n similitudo: 26, 53, 91, 92, 94, 114 n, 121, 123
occulto: 36 n, 37
possibilitas: scientiae - I H ; descriptionis - savina: 50 e n n, 146, 147 e n, 148, 149 e n, 153, 154 <; n,
occultus: 35, 36 e n, 37, 159; in occulto 36 e
117 scibilis: 116 e n 155, 160, 162
n; res occultae 98; occultum naturae my-
praesensio : obscura - 127 scientia: 60, 65, 73, 74 n, 107; magica - 66; simplex: 39 n; scientia simplicium 108
sterium 159
principium: vitale - 8 7 ; - individuationis Dei - 117 n; - simplicium 108; scientiae sol: 82 e n, 114 n
oculus; oculi interni 95
124, 128 possibilitas 117; organum scientiae genera­ sonus: - articulatus 152
odium: 122 n
propensio: morum propensiones 91 lis 168; - generalis 169 species: 125
oleum: pretiosissinnum - 36
proportio: 89, 94, 144, 145, 146 n, 152 e n, scientificus : 107 specificatio : - seu determinatio figurativa 148
oneirocritica : 157
operatio: alchimische operationes 33 154 n, 167, 169; mutua analogia et - 110 scio: 116 n, 117 e n speculum: 11
n; - seu analogia 152 e n secretum: 36 n sphaera: - fixarum 114 n; - activitatis 148,
operor: arcana operandi dos 92; arcana ope­
proportionalis : 145, 146 n, 148, 149 n, 150 n, seductorium: temporalia seductoria 98 150 n
randi virtus 95
151 n, 152 n, 153, 154 n segregatio: artificiosa - 88 sphaericum : 119 ; - concavum 119
oppositio: 51 e n
proprietas: 87, 89 semen: 87 sphaericus: sphaerica superficies 114 n
oppositus: 36 n
providentia: Dei - 90 sensibilis: 157; sensibilia 153, 154 n spiritualis: 153, 154 n; calor- 96; spirituali et
opus: opera Dei inscrutabilia 94
pulegium: 50 e n sensus: 127, 128, 129, 130 chaotico modo 98; spiritualia 98; essentiae
ordo: 114, 150 n, 151 n; - rerum 25; creatu-
punctus: 114 separatio; universalis rerum - 145 spirituales 121 n
rarum - 98
Pythagoreus, Pythagoricus : 149, 150 n; arith- series: rerum - 128, 155 spiritualiter: 80, 96
organum; - scientiae generalis 168
metica numerorum Pythagoricorum 170 sermo: pictus - 92; tacitus - 93, 94 spiritus: 67 n, 96; spiritus mechanici 87; -
siccitas: 35, 36 vitae 96
panharmonia: 150, 151 n; corporum - 145 n; sicco: 14 n, 16 spissitudo: - terrestris 36 n
rerum - et catholica communicatio 150 e qualitas: 82 n; qualitates manifestae 157 e n siccus: 14, 36 n stella: 97; - terrena 96
n; - rerum 151 n quantitas: 113 n, 114 n sidus: 46 e n, 91 structura: - humani corporis 88; interiores
paroxysmus: 59 e n quantum : 113 n, 119 sigillum: 89 structurae 158
passio : - entis 129 quidditas: 124 signaculum: 95, 101 subjecrum: 54 n; verordnetes - 54 e n; adjun-
patior: 128 quintum esse: 82 n signator: 70, 71 n, 89; erster - 73 n ctum et - occupans 154 e n
perceptibilis; 148, 149 n signatum: 65, 66 n, 67, 69 n, 70, "1 e n, "5 n, sublunaris: natura - 121, 122 n
perceptibilitas : 146, 147 e n, 148 89, 95, 98, 154 substantia: angelicae substantiae 97
radiatio: 122 n
perceptio: 146, 147 e n, 148, 149 n; - vitalis signatura: “, 8, 11, 12, 20, 22, 27, 28, 44, 63,
radius: 148, 150 n substantina: 70
146, 147 n, 148; - non vitalis 146, 147 n, 65, 66, 83, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 93, 94, sulphur: 32 e n
radix: - rei 36 n
148 95, 96, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, sulphureus: 36 n
ratio: 165; curandi - 11; curationis - 14 n;
perceptivitas : 146, 147 e n, 148, 150 e n 106, 107, 108 e n, 109, 110, 111, 112, 118,
medendi - 14 n; formales rerum geometri- sum: veritas essendi 125
perceptivus: 148 119, 123 e n, 124, 129, 131, 136, 137, 140, superficies: sphaerica - 114 n
carum rationes 117 n; relatio rationis 130
percipio: 146, 148, 154 144, 145, 147, 148, 154, 155, 156, 15'
ratiocinatio : 169; mathematica - 153, 154 n supernaturalis : gratia - 108
phaenomenon: 158, 159, 162 164, 170, 171, 174, r 6 , 179 supernus: superna 96
ratiofalis: - philosophia fallax mendaxque
philosophia: 45 n, 49 e n; rationalis - fallax significo: 63, 152, 153; res significata 152,
103 superus: in infimis suprema et in supremis
mendaxque 103; - naturalis 158, 159 169
rectus : rectum 114 e n infima 93; superiora 96
philosophus: 45 n, 47 n, 48 n; acetum Philo-
refrigero: 14 n signo: 63, 88, 93; signum signatum 63 e n, supra: 97
sophorum 36; innerer philosophus 45, 46 n 68, 69, 70; kunst signata 73 e n, 83 n, 143,
refrigesco: 14 n symbolum: 98
phlegma: 49 e n, 50 n 169; ars signata 89; differentia signans sympathia: 128, 145 e n; analogica - 95
relatio: 167; - rationis 130
physica: - theorica 59 n 124; res signata 169 systema: harmonicum rerum - 127
remedium: 54 n, 67, 89, 129
physicus: physica miracula 102 signum: 89, 98, 152, 154 e n, 157, 158, 169;
repraesentatio : 147 n, 148
physiognomia (physionomia) : 69, 70 n, 72 e - signatum 63 e n, 68, 69, 70; - chiromanti-
repraesento: 12, 114 n, 148, 149 n tartarum: 59 n, 61 n; eujiem - 61 e n; liberti
n, ■'5 n, 89, 93, 146 e n; - plantarum 172 cum 68; - naturale 89; exteriora signa 91; -
rheuma: 50 n der specierum tartari 61 e n
physiognomica : 157 declarans et innuens 95; libri et signa magica temere: 89, 107, 114 n
physiognomicus : instinctus - 122, 123 n 95; signa naturae 108; - naturale 152 n; -
sai: 32 e n temperamentum : 15
phytopta: 96 arbitrarium 152 n; anima signi 152 e n
salsedo: 15 tempcries: 14, 35 e n
pictura: - loquens 92 siler: siler montanus 50 n
sanguis: 49 e n temporalis: temporalia seductoria 98
pinguitudo: 15
190 Indice terminologico Indice terminologico 191

tempus; 59 n Tedesco begreiflich; 135 Empfindiichkeit; 133 n


terminus; 124; - externus 124; - internus Bergverstendiger ; 69 n Erde; 44 n, 45 n, 46 n, 4"' n, 48 n, 50 n, 52 n,
125 abbilden; 119 Bergwerk; chiromantia der felsen und - 68 n; 55, 57 n, 81, 82 n
terpentinus: 50 n Aestimation: 72 e n chiromantia des - 70 erfaren; 40 n, 55 n, 63 n, 65, 66 n, 68 n, "^4
terrenus: terrena 93; modo terreno 93; stella Alchimei; 44 n, 82 n, 84 n bezeichnen; 62 e n, 72 n n
terrena 96 alchimisch; -e operationes 33 Bezeichnung; 135 Erfarenheit; 33, 40; sichtige - 39, 40 n; au-
terrestns : spissitudo - 36 n all; Alles 132 e n Bild (bilt); 54 n, 68, 69 n, 136 n; - Gottes genschemliche - 61 n; blinde - 65, 66 n
theologus: 74 n Alphabet; - cogitationum humanarum 176 n 138 Erfarung; 40 n
theorica: 47; - medica 61 n Analogie; 175 n BildniB (bildnus, biltnus); 47 e n, 64 e n, 69 erkennen; 46 n, 47 e n, 48 n, 50 n, 52 n, 53 e
theoricus: - medicus 31; physica theorica 59 Anatomei; 44, 45 n, 46 n, 47, 48 n, 49 n, 50 n, 75 n, 136 e n, 141 n, 61 n, 62 e n, 63 n, 65, 66 e n, 68 n, 69
n n, 80, 81 n; innere - 81 n Bildung; 175 n n, 70 n, 71 n, 82 n, 84 n
tinctura: - viva 36 Angesicht; 138 bòs; 132, 138, 139; Bòses 133 n, 135, 136 n ErkentniB (erkantnus); 43, 44, 47 n, 48 n, 49,
tingo: 36 anzeigen; 46 n, 61 n, 62, 64 n, 69 n, 76 e n Buch; 47 n, 59 n, 61 e n, 67 n, 1“ 4; - der 52*n, 53, 73 n, 74 n, 85, 137, 138
transplanto: 128 Arznei; 39 n, 42 n, 45, 46 n, 52 n, 54 n, 61 n, elementen 48 n Erschemung; àuBere -en 1"5
trinitas: Trinitatis imago 119 67 e n, 78 n, 80, 81 e n, 82 e n; grund der Erzeigung; àuBere -en 48 n
trinus: 113 - 44 n, 48 n, 51 n, 52 n Character; 135 Essenz; 137, 139, 140 e n
typicus: modus docendi - 153, 154 n Arzt (Arzet); 39 n, 40 n, 45 n, 47, 48 n, 50 n, Chiffernschrift ; 176 n Erwas; 132, 133 n
t\-pus: 91; divimtatis imago et - 130 54 n, 59 n, 61 n, 66 n, 67 n, 68 n, ''8 n, 80, euBer; v. àuBer
Chiromancei; 51 e n, 68 n; - der kreutern 67
139; natùriicher - 50 n n euBerlich; v. àuBerlich
umbra; - Dei 98 Ascendent; 72 n Comet; 54 n Ewigkeit; 134
unio: rerum - et communio 147, 149 n Aspect; 46 e n complexioniren ; 68 n Exaltirung; 40 n
unitas : fontalis - 98 astralisch; 81 componiren; 39 e n Experienz; 33
universum; 63, 97, 175 n Astrologei; 44 n Concordanz; 47, 49, 60, 66, "6 e n, 80, 34 extrahiren; 84 n
unus; 25, 113 astrologisch ; -e Narrheit und Gottlosigkeit Concordirung; 83
118 Consteilation : 50, 51 n Fantasey (fantasei); 39, 40 n, 49 n, 72 e n;
vacuum: Cartesii - animae 103 Astronomei; 44 e n, 45, 46, 49, 66; auBere - constelliren ; 50, 51 n lustige - 118
velatus; 37 und philosophei 45, 46 n corporaiisch; 76 e n, 80 feucht; 56 n
venus: 51 n, 52 n, 82 e n astronomisch : -er medicus 48 n correspondiren ; 175 Feuer (feur); 33 e n, 38 e n, 40 e n, 44 n, 52
verbum; 152 augenscheinlich ; 33 n, 48 n ; -e erfarenheit 61 Creatur; 46 n n
veritas: 125, 127, 129; - objecti 124; - essen- n Figur; 47 n, 49 n, 62 n, 64 e n, 68 e n, 69 e n,
di 125; - intellecrus 126; - entis 149 e n augensichtig; 31, 33 n 75 n, 76 e n, 79, 135, H6 e n; magische -
video; 119 Darsteilung; 136 n 75 n
aushauchen; 135
Dechiffrirkunst ; 176 figiirlich; -e GleichniB 136 n
virtus: 28, 89, 146 e n; èvéfryeia sive - actuosa ausprechen; 135, 141 e n
dirigiren; 82 n fmden; prozeB zu - 83 e n
88; - animi 89; arcana operandi - 95 auBen; 62 e n
Doctrin; 61 FinsterniB (finsternus); 59 n, 132 e n
vis; 12, 28, 89, 157; vires facultatesque laten- àuBer (auBer, ausser, euBer); 29 32, 44, 47 n,
Dreyfaltigkeit ; hochheilyge - 119 Firmament; 50, 51 n, 54 e n, 57, 60, 82; leib-
tes 89; inrernae vires 89; interiores vires 48 e n, 49 e n, 135, 1"5 e n; -e astronomei
Dunst; 55 e n liches - 46 e n; - im menschen 57 n; obe-
91; - interna 92; virium habitudo 92; - und philosophei 45, 46 n; -es himel 46 e
dupliren; 133 n res - 72 e n
attractiva 111 n n, 48 n; -e welt 47, 59; -er mensch 48 n,
visibiiis; 97; forma - 80; machina - 97 81 n; -e sphaer 55 e n; -cs tartarum 61 e n; firmamentisch ; -e sentenz 62
vitalis; vitale principium 87; perceptio - 146, -e zeichen 63 n, 73, 74 n, 83 e n, 84 n; -e Ebenbildt; 121 Fixirung; 40 n
147 n, 148; perceptio non - 146, 147 n, form 66; -e sichtbare Welt 135; -e Natur Eigenschaft; 59 n, 73 e n, "5 n, "9, 136, 137, fleischlich; das -e 37, 38 n
148 135, 136 n; das Aeussere 136; -e Welt 137 140 e n, 142 n, 169; wesserische -en 50, 51 Form(e); 37, 38 n, 51 n, 60, 64 n, 66 n, 75 n,
vocabulum; 168; cabbaia vocabulorum mysti- n; -e Erscheinungen 175 n 76 e n, 77 e n, 78 n, "9, 81 n, 138, 140 e
corum 170 iiuBerlich (eusserlich, euBerlich); 57 e n, 61 n, ein; 61 n; Eins 60, 61, 132 n, 133 n, 13~ n; euBere form 66; ausserliche Forme pnd
volatilis; 82 n 75 n, 135; -e erzeigungen 48 n; -e Gestalt Element; 44 n, 45 n, 46 n, 4" e n, 52 n, 61 n, GestàltniB 138
vox; - articuiata 152 n 123; -e Forme und GestàltniB 138 134 e n, 138; buch der -en 48 n formiren; '5 , ~(ì n
auswendig; 48 n, 61 n; -e zeichen 70 elementisch; 80; -er leib 67 n Formirung; 81
Zephyrus; 51 e n empfindlich; 133 n, 141 e n; sichtbare -e formlich; 37 e n
zodiacus; 51 n Begierde; 133 n, 139 Dinge 135 fromm; 138, 139 n
192 Indice terminologico Indice terminologico 193

fùren: 82 e n heimlich: 65, 69 n, 74 n, 77 e n Leib: 135; eiementischer - 67 n; siderischer - Offenbarung: 134 n, 135, 136 n; Selbst-Of-
Fùrsehung: - gottes 75 e n Heimlikeit: 55, 67 e n, 74 n; -en der natur 67 n fenbafung 134, 135 n
Fùrung: 81 e n, 83 65 ; verborgne -en der natur 66 leiblich; -es firmament 46 e n; -e substanz 51
heifi: 81 n n; -es Ding 119 Perficirung: 40 n
Gedanke: 70 e n, 75 e n, 77 e n herausziehen ; 39 e n Liberei; - m edicinae 61 e n; - der specierumtar­ Philosophei: 42 n, 43, 44 e n, 45 e n, 46, 47
Geheimnis; 140 Herz: 60; inwendiges - 66 tari 61 e n n, 49 e n, 66 e n ; aulkre astronomei und -
Geist: 56, 135; innerer - 136 n Himmel (himel): 40 n, 45 n, 46 n, 47 n, 48 n, Licht (liecht): 132 e n; - der natur 40 n, 66, 45, 46 n
geistlich: -e Natur 122; innere -e Welt 135; 50 n, 51 n, 54 n, 57 e n, 62, 69 n, 72 n, 82 74 n philosophisch : -er medicus 48 n
unsichtbares -es Wort 135 e n; eulkres - 46 e n, 48 n; - in uns 48 Luft: 44, 45 n, 47 n, 52 n, 82 n Physiognomei, Physionomei: 50, 51 n, 69, 78
Gemùt (Gemùth): 68 e n, 75 n, 134, 138; himlisch: -c leuf 50, 51 n luftisch: -es wesen 50, 51 n n; - der krankeit 69; - der kreuter 69; -
astra des menschlichen -s 72 e n; centrum der wachsenden dingen 69
des Gemùthes 138 Ich: 175 n; idealisches - 176 n magisch; -e figur ’’5 n Planet: 51 n, 54 e n
geometrisch: -es corpus 120 Imagination ; 72 e n, ”^7 e n, 81 ; astra der - "2 Mensch: 45 n, 46 n, 47 n, 48 n, 49 n, 50, 51 Prophecei: 69 n
Geruch: 55 e n n-, - de signaturis rerum 118 n, 52 n, 54 n, 55 n, 61 e n, 68 n, 69, 71 n, Proprietet: 66 n
Geschmack; 57 n imaginiren: 72 n 74 n, 75 n; erster - 46 n; innerer - 48 n, ProzeB: - zu finden 83 e n; - zu scheiden 83
Gestalt (gstalt): 37, 38 n, 55 n, 60, 64 n, 66 n, Impressioni 45 n, 72 n 72; euBer - 48 n, 81 n; gestirn im -en 57 e
70 n, 75 n; eusserliche - 123 impressioniren: 12 n n; firmament im -en 57 n
GestàltniB: 136, 137, 138; àussere Forme und incliniren: 56 n, 58 Model: 141
Intluenz; 45 n, 69 n, 72 n qualitatetisch : 37 e n
GestàltniB 138 Mon: 51 n, 57 n
mner: 29, 32, 44, 45, 4~ n, 48 e n, 49, 62, 84 Qualitet: 66 n
Gestirn (gstirn): 51 n, 54 e n, 55 e n, 56 n, monisch: 57 n
60, 81, 82 n, 137 n; - im menschen 57 e n; n, 135, 136, 1-5; - e r philosophus 45, 46 n; - monstrosisch : -e zeichen 72 e n
oberes - 72 n er astronomus 45, 46 n; -er mensch 48 n, '2 ; Rauch: 57 n
glauben: 43 -es werk "4 n; -e anatomei 81 n; -e gei- nachspielen: 123 e n Reducirung: 40 n
gleich: 54 e n, 69, 76 e n, 80, 81 n stliche Welt 135; -er Geist 136 n; das Name: 50 n, 60, 140 n, 142 e n; besonderer - rein: 33 e n, 38 n
gieichfòrmig: 58 Innere 136 n, 138; -e Welt 1"5 e n 73 ; rechter - ” 3 n
Gleichheit: 138 innerlich: 48 n Narrheit: astrologische - und Gottlosigkeit Salz: 59 n
GleichniB (gleichnus): 63 n, 81 n, 136 e a, mwendig: 48 n, 58, 69; -es herz 66 118 sauber: 33 e n
142; sichtbarcs - 136; figvirliche - 136 n irdisch : -e natur 50, 5 1 n Nativitet: 60 n saturnisch: 57 n
Glied (glid): 52 n, 67 n, 80, 82, 175 n Natur: 43, 49 e n, 50 n, 54 n, 60, 62 e n, 65, Schaumarzet: 42 n
jovisch: 57 n
Gliick: 56 74 n, 75 n, 76 n, 77 e n, 78 n, 79, 120, 121, scheiden: 81 e n; prozeB zu - 83 e n
Gott (got): 55 n, 69 n, "’4 n, 75 n, 121, 132 n, kalt: 81 n 132, 134 n, 135 n, 142 n, 1-4; unsichtige - Scheidung: 37, 38 e n, 39, 49, 83
133 n, 134 e n, 136 n, 141, 142 n; wunder- Keite: 56 n 44; liecht der - 40 n, 66, ~4 n; irdische - schiedlich: 133 n, 141 e n
wcrk -es 39; hand -es 57 e n, 75 e n; fùr- kennen: 45 n, 46 n, 52 n, 54 n, 55 n 50, 51 n; erkenner der - 59 n; heimlikei- Schiedlichkeit : 141 n
sehung -es 75 e n; Weisheit -es 133; Bild klar; 33 e n ten der - 65 ; verborgne heimlikeiten der - Schòne: 56 n
-es 138; unsichtbare Weisheit -es 142 n; Klugheit: 55 n 66; verborgne - 67 e n; geistliche - 122; Schwammphilosophei : 42 n
unsichtbares Wort -es 142 e n Kratt: 51 n, 54 n, 55 n, 61, 62, 64, 65, 67 e n, ewige - 133; àussere - 135, 136 n; Natur- SchweiB: 55 e n
Gonheit: 134 n 68 n, 69 n, 73 e n, "5, 80, 83, 133, 134 n, Sprache 140 e n, 170, 176 n; Sprache der - sehen: 40 n, 48 n
gottlich: -e Weisheit 133, 141 135, 141 n 176 Selbst: Selbst-Offenbarung 134; transscenden-
Gottlosigkeit : astrologische Narrheit und - Kraut: 54 n, 59 n, 65, 66 n, 69 n, "’4 n, ''5 n, naturlich: -er arzet 50 n tales - 175 e n
118 80, 124 n, 138; chiromancei der kreu- Nichts: 132 e n, 133 n, 134 n SelbstverstàndniC: 175 n
greiflich: 31 e n, 32, 33, 135; sichtbare -e tern 67 n; chiromantia der kreuter 68 e n, Sentenz: firmamentische - 62
Welt 136 n 69; physiognomei der kreuter 69 ober: -e sphaer 45 n; -e und undere sphaer sequestrirn: 33
Grund (grunt) ; - der arznei 44 n, 48 n, 50 n, Kunst: 55 n, 60, 67 e n, 68 n, 74 e n, 81 n; 46 n; -es firmament 72 e n; -es gestirn 72 sichtbar: 31, 32, 33 e n, 42, 46 n, 48, 49 n, 67
51 n, 52 n vulcanische - 40 n; praedestinine - "’S n; n n, 135; -e Welt 134 n, 175 n; -es Wesen
gut: 132; Gutes 133 n, 135, 136 n - sigiata ~"b e n, 83 n, 143, 169; Vernunft - offenbar: 49 n, 63 n, 67 e n, 74 n, 132 n, 133 135, 136 n; àussere -e Welt 135; -e em-
169 n, 134 n, 135 n, 136, 142 n pfindliche Dinge 135; -es GleichniB 136;
Harmoney: 134, 141 n, 142 offenbaren: 67 n, "4 n, 78 n, 83 n, 136 e n, -e greifliche Welt 136 n; -e Dinge 142 n;
hebraisch: -e sprach 73 n Lauf: himlische leuf 50, 51 n 137, 138, 142 n Sichtbares 175
heilen: 80 lauter: 33 e n offenbarlich : 33 n sichtig: 29, 31 e n, 38 e n, 41 n, 42, 43, 44, 50
194 Indice terminologico Indice terminologico 195

n, 74 n, 78 e n, 79 n ; erfarenheit 39, 40 unsichtig: 29, 31, 38, 42, 43, 44, 50 n, “6 n, wunderbarlich : 69 n microcosme: 163
n; -es corpus 46 n 78 e n, 79 n; -e natur 44 Wunderwerk: - Gottes 39 miroir: - de Dieu 162; - vivant de l’univers
sichtiglich: 31 n unsichtiglich ; 31 n 163
sichtlich: 43 unsichtikeit ; 76 e n Zeichen: 51 n, 62 e n, 64, 65, 66, 70, 71 n, 72 monade: 163
siderisch; 80; -cr leib 6~ n unsichtlich: 135 n, 75 n; euBere - 63 n, 73, 74 n, 83 e n, 84 monde: petit - 161, 163, 165; grand - 163
Signatur; 66 n, 77 e n, 83 e n, 136, 137, 174, n; auswendige - 70; monstrosische - 72 e
177 en n nature: secrète et admirable puissance de la -
verborgen: 33 e n, 39 n, 41 n, 43, 65, 67 n,
signiren; 71 n zeichnen: 62 n, 65, 75 e n 105; caractères de la - 174
69 e n, 73, 79, 134 n; -e tugent 39 e n; -e
Sinn: 70 e n, 75 e n, 77 e n zeigen: 79 n
heimlikeiten der natur 66 ; -e natur 67 e n
Sonne (sonn): 51 n, 56 n, 119, 134, 137 n Zeit: 59 e n, 60, 85, 141 pensée: 168
verdecken: 42 e n
Speculation: erfantisirte - 31; fliegende - 49 perception: 163
verdunkein: 33 e n
en personne: 161
vergiften: 56 n
speculircn: 49 n phénomène: 162
Vernunft 142 n; Vernunft-Kunst 169 Francese
Sphaer; undere - 45 n; obere - 45 n; obere proportionnel : 162
verordnen: 55 n, 57 e n; verordnetes subjectum
und undere - 46 n; auBere - 55 e n puissance: - d’agir 105; secrète et admirable -
54 e n admirable: figures admirables 104; secrète et
Spiegel: 47 e n, 49 n, 136 de la nature 105
Verstand (verstant): 43, 45 n, 46 n, 55 n, 61 - puissance de la nature 105
Spiel: 120, 121
n, 74 n, 142 n agir: 165; puissance d’ - 104
spielen: 121 rapport: loy de - 163
verzeichnen: 62 n, 65 analogie: 161
spiritalisch: 80 règie: universalitè des règles 160, 180
voilenden; 38
spiritualisch : 73, 74 n reprèsencer: 105
Vormensch; 46 n
Sprache (sprach): 141 n; hebraische - 73 n; cache: 161
vorspielen: 121, 123 e n
Muttcr-Sprache 140; Haupt-Sprache 140; caractère: caractères de la nature 174 n secret: secrète ed admirable puissance de la
vulcanisch: -e kunst 40 n
sensualische - 140; Natur-Sprache 140 e n, charactéristique : 168 nature 105
142, 170, 176 n; - der Natur 176 cas: - fortuit 104 signature: 103, 173
sprechen: 141 e n Warheit: 41, 50 n, 62 n cause: 166 substance: 161; - individuelle 165; - particu-
Stern: 51 n, 54 e n, 55 n, 62, 68 n, 134 e n, Wasser: 44 n, 47 n, 52 n lière 165
138 Weisheit: 40 e n, 55 n, 141 n; tierische - 55; dehors: 164
Substanz: 76 e n; icibliche - 51 n - Gottes 133; gottliche - 133, 141; unsi- Dieu: miroir de - 162 talisman: 103
symbolisch: 177 n chtbare - Gottes 142 n talismanique : figures talismaniques 103
symbolisiren: 120 Welt: 135; groBe - 46 n, 47, 51 n, 137 e n; effect: 166
sympathisch: 177 n euBere - 47, 59, 137 n; kleine - 51 n, 13” uniformitè: 160
explication: 160
e n; sichtbare - 134 n, 175 n; innere geist- expression: 166 univers: 162, 165; - en raccourci 163; miroir
Transmutirung: 40 n liche - 135; aussere sichtbare - 135; sicht­ exprimer: 160, 162, 163, 165, 166 vivant de 1’ - 163
transsccndcntal: -es Selbst 175 e n bare greifliche - 136 n; innre - 1"5 e n universalitè: - des règles 160, 180
Tugcnd (tugent): 44 e n, 51 n, 56, 64, 67 e n, Werk: 43; inneres - 74 n visible: 161
figure: figures talismaniques 103; t'igures ad­
68 n, 69 n, 73 e n, 74 n, 75 n, 76 e n, 79, Werme: 56 n mirables 104
80, 82, 83, 100, 123, 133, 134 n, 135, 141 Wesen: 60, 77 e n, 79, 135, 139; sichtbares -
forme: 105
n ; verborgne - 39 e n 135, 136 n; unsichtbares - 136 n Inglese
fortuit: cas - 104
wesentlich: 37 e n
unbcgrciflich : 135 wesserisch : -e eigenschaft 50, 51 n abysse: centrai - of unity 143 n
under: -e sphaer 45 n; obere und -e sphaer widerausprechen : 142 e n harmonie: 163 ; - préétablie 164
46 n Wille: 132 e n, 134 character: universal - 143 n
unentpfintlich: das unentpfmtiiche 37, 38 n wirklich: 32 image: 105
U n g ^ d : 132 e n, 133 n, 134 e n, 136 Wirkung: 48 imprimer: 105 discourse: 172
unrein: 33 n, 38 n wissen: 46 n, 48 n, 52 n, 53 e n, 54 n, 55 n, influence: - réelle 165
unsichtbar; 38 n, 42, 46 n ,J4 n, 79, 135; -< 59 n, 60 e n, 61 idiome: mystical - 143 n
corpora 76 n; -es geistliches Won 135; -es Wort: 54 n, 136, 138, 140 n, 141 e n, 142 n; langue: 168
Wescn 136 n; -es Wort Gottes 142 e n; - unsichtbares geistliches - 135; unsichtbares relation: 168 language: - of nature 143 n; angeiical and
e Weisheit Gottes 142 n; Unsichtbares 175 - Gottes 142 e n loy: - de rapport 163 paradisical - 143 n
196 Indice terminologico

magik: heavenly - 143 n neiaPoA,ii: 34

signature: ideal-signatures 143 n ófioioq: 23


ófioiÓTTiq: 26, 53 IN D IC E D E I NOMI
voice: harmoniacal and symphoniacal voices ópaTÓq: 43 e n
143 n oùpavimq: 25
oùpavó<;: 25
Word: 143 n
jtà0o<; : - oconaTiKÓv 23 Achille 21 Cassirer, E. 18 n, 20 n, 25 n
KÒi; ; Jtóvxa èv jtòai 25 Adamanzio 92 Celso, Aulo Cornelio 21 e n
Greco jtveùna: 26 Adamo 12 n, 75 e n, 140 e n Chaplin, Ch. 18 n
itp(5xo(; : tà npòita 25 Agostino, Aurelio 63 Cicerone, Marco Tullio 113 n
òÀÀoimcnq: 34, 35 Agricola, G. 105 Connng, H. 107, 108 n
àvaÀOYÌa: naturae - 94 CTTOixeìov: 34 (ps.) Alberto Magno 22 e n, 23 n, 36 n Conringius, Hermannus v. Conring, H.
àópaTO(;: 43 e n aonatojtoiTìTiKÓq : 121 n Aldrovandi, U. 101, 102 n Copernico, \ . 113 n, 115, 120
àoà^laTO<;: 43 e n (ps.) Alessandro Magno 22 Coudert, A. 143 n
à(pavf|<;: 43 e n (paicov: 43 n Ambrosini, B. 101, 102 e n Croll, O. 95-98, 108, 156, 157
(pavepóq: 43 e n Apollo 104, 106
révecni;: 34 (pavtaoia: 43 n Arber, A. 161 n Darenberg, C. 21 n
Yeconetpeìv: 115 e n <p6opà: 34 Aristotele 34, 35, 42 e n, 152, 172 Debus, A. G. 11 n
YìÌ:25 (ps.) Aristotele 36 n, 92 Della Porta, G. B. 90-92, 96, 98, 101
'^fv(oq: 25 XSóvioq : xà xOóvia 25 Arnauld, A. 163 n, 166 Deodatus, Claudius v. Dieudonné, C.
vpùniia: 63 Avicenna, 67 e n Des Bosses, B. 1"1 e n
(ps.) Avicenna 36 n Descartes, R. 103
ei;: 25 Termini inorganici di origine diversa D’Espargnat, B. 161 n
ÉK(paiv(i); 25 Bàchtold-Stàubli, H. 8 n Dieudonné, C. 101, 102 n
èvépyeia: - sive virtus actuosa boramets (dal russo haranec - agnello) 104 Bacon, F. 7 e n, 8 Dioscoride, Pedanio 16 e n, 18, 21 e n, 22,
éoxatoq : tà éaxaTa 25 gamaheu, camaieu (dal greco = al suolo) Becco, A. 172 n 27, 66, 91, 108
54 e n, 69 e n Becher,J.-J. 156 Dodoens, R. 107 e n
i5ionop(po<;: 20 thereniabin, tereniabin (?) 52 e n, 53 n, 60 Bcnz, E. 176 n Dodonaeus, Rembertus v. Dodoens, R.
Berkeley, G. 172 e n, 173 e n Domandi, S. 171 n
Bemier, R. 161 n Dorn, G. 88, 89 e n
Beutler, E. 173 n Duchesne, J. 94 e n, 98
Bianchi, M. L. 35 n Dutens, L. 156 n
Bisterfeld, J. H. 8, 109, 110, 111, 144-154, Dyer, T. F. T. 20 n
155, 156, 165, 169
Blumenberg, H. 173 n Ellis, R. L. 7 n
Bòhme,J. 8, 109, 131-144, 146, 14", 151, 154, Ermete Trismegisto 22, 23 e n, 97
155, 156, 164, 165, 169, PO
Borch, O. 108 n Fabbri, O. 159 e n
Borrichius, Olaus v. Borch, O. Fabricius, A. 109 n
Bouché-Leclercq, A. 23 n Falck,J. D. 174 n
Boyle, R. 157 Fattori, M. 7 n
Brèves, F. de 104 Feller,J.F. 172 n
Ferguson, J. 36 n, 37 n
Calcidio 63 Fernel, J. 35 e n
Cardano, G. 90 Feselius, Ph. 118, 120, 123
Cartesius, Renatus v. Descartes, R. Festugière, A.-J. 22 n, 26 n
Caspar, M. 112 n Fichte, j.G . 175
198 Indice dei nomi Indice dei nomi 199

Ficino, M. 25, 26 n, 43 e n, 63 e n Koyré, A. 112 n, 113 n Peuckert, W. E. 8 n, 172 n Sorensen, P. 35 n, 87, 88 n, 128
Firmico Materno 23 e n Kroll, W. 23 n Pfister, F. 22 n Spedding, J. 7 n
Foucault, M. 8 n Kuhn, C. G. 16 n Philippus a Gabella 101 Stein, Ch. von 173 e n, 174 n
Foucher, S. 163 n, 165 n, 166 n Pirro re d’Epiro 104, 156 Stemplinger, E. 16 n, 22 n
Freud, S. 17 n Lamarra, A. 166 n Pitra, J.-B 24 n Stobeo, Giovanni 26 e n
Lammert, G. 16 n Pitré, G. 16 n, 1" n Sudhoff, K. 31 n, 70 n, 97 n
Gadoffre, G. 111 n Leese, K. 176 n Platone 112 e n, 113 n, 115 n, 152
Gaffarei, J. 103-106, 109 Leibniz, G. W. 8, 9, 109, 110, 111, 156-171, (ps.) Platone 36 n Tachenius, O. 159 e n
Galeno, Claudio 14 e n, 35 e n, 49, 67 e n, 172 n Plessner, M. 25 n Tangheriini, S. 112 n
107 Leo Suavius v. Gohor\’, J. Plinio il Vecchio 15, 16, 18, 20, 21, 22, 2" Telefo 21
Galois, E. 168 n Libau, A. 106 e n, 107 91, 108 Teofrasto di Eresio 20 e n, 22, 27, 91
Gassendi, P. 108 n, 109 n Libavius, Andreas v. Libau, A. Plotino 63, 172 Tharsander v. Wegner, G. W.
Gerhardt, C. I. 159 n Luce, A. A. 172 n Polemone di Laodicea, Antonio 92 Theophrast von Hohenheim v. Paracelso
Gesù Cristo 74 n, 140, 156 Lutero, M. 156 Proclo 25, 26 e n, 52, 93 Thessalos 22
Giacobbe, 98 Thomas, K. 172 n
Giese, F. 176 n Macro Florido 66 Quecke, K. 8 n Thorndike, L. 8 n
Giobbe 94 Macrobio 63 Quercetanus, losephus v. Duchesne, J. Thurneisser zum Thurn, L. 88 e n
Goethe, J.W. 171 n, 173 e n Maierù, A. 63 n Tortini, M. 7 n
Gohory, J. 87 e n, 89 Manilio, Marco 23 e n Ray,J. 172 Tripet, A. I l i n
Goldammer, K. 174 n Marcello Empirico 16 e n, 17, 91 Redi, F. 108 e n, 109
Goold, G. P. 23 n Martius, J. N. 172 Ritter, H. 25 n Van Helmont, J.-B. 108 e n
Gombrich, E. H. 18 n Masham, D. 163 e n Rossi, M. M. 124 n Vico, G. B. 7 n
Goropius, J. 105 Michele 12 n Rothmann, J. 93 e n, 94 Vollmer, F. 21 n
Gregory, T. 109 n Migne, J.-P. 63 n Vulcano 81 n, 83, 95
Grew, isi. 172 Milton, J. 12 n Salomone 22
Mooney, J. 19 n, 20 n Schàrer, M. 118 Wagner, G. 169 n
Hagek, Th. 89, 90 e n, 92, 94 More, H. 102 e n, 109 Schròder, J. 110 n Walker, D. P. I l i n, 116 n
Hammer, Fr. 112 n Mosè 156 Schweitzer, J.-Fr. 102, 103 e n Webster, J. 143 n
Hardenbcrg, Fr. von 174en, 175, 176 Mugnai, M. 150 n Scuitetus, B. 97 n Wegner, G. W. 172
Heath, D. D. 7 n Mugnai, P. F. 172 n Senior v. Zadith ben Hamuel Weimann, K. H. 171 n
Hclmreich, G. 16 n Sereno Sammonico, Quinto 21 e n Wilkins,J. 15~
Hclvetius, J. Fr. v. Schweitzer, J.-Fr. Nerone, Imperatore 57 Sennert, D. 8, 11 e n, 12 e n, 13, 15, 22, T; Wimmer, F. 20 n
Helbcrt of Cherburv, E. 8, 109, 110, 124-131, Niccolò da Cusa 113, 114 n 98
139, 144, 146, 147, 154, 155, 164, 165 Novalis V. Hardenberg, Fr. von Severinus, Petrus v. Sorensen, P. Young, J. 36 n
Hesse, M. 161 n Sinesio 63 e n
Hobbes, Th. 167 Oeser, Fr. 173, 174 n Skutsch, F. 23 n Zadith ben Hamuel 37 e n
HofFmann-Krayer, E. 8 n Oldenburg, H. 168 n, 169 n Sofia Carlotta di Prussia 163 n Zekert, O. 171 n
Humboldt, W. von 171 n Oresme, N. 63

Ippocratc 14 e n Pagel, W. 58 n
Paracelso 7, 8 e n, 11, 15, T!, 28, 31-86, 87 e
Jcssop, T. E. 172 n n, 88, 91, 94, 95, 96, 97 n, 100, 101, 106,
109, 110, 111, 123, 131, 139, 140, 144,
Kalid Rachaidibi 35, 36 n 147, 155, 156, 158, 160, 161, 164, l'O, 1~1
Keplcr.J. 8, 109, 110, 111-123, 139, 144, 146, n, 172 n, 173, 174 n, 176
147, 154, 164, 165 (ps.) Paracelso 97 n
Kirchcr, A. 110 n, 156 Pauli, S. 107 n
Khunrath, H. 90 c n, 92, 94, 101 e n, 109 Pitagora 112 e n, 113 n
Kònig, E 172 c n Peckcr, J.-C. 161 n
29. Global Linguistic Statistical Methods to Lo­ 36. Trasmissione dei testi a stampa nel periodo
cate Stjle Identities. Proceedir.gs of an Inter­ mòdemo, a cura di G. Grapulli, 1985,
national Seminar. Gallarate June 5- 7, XII-208 pp. con 10 t'igg. n. t. e 32
1981, edited bv R. Busa S. I., 1982, tavv. f. t.
VIII-lllpp. 3 . 'X ' A L T E R B e l a r d i , Filosofia, grammatica
30. A nna M .\r ia B arto letti C o lo m bo , e retorica nel pensiero antico, 1985,
Lessico delle Xoveilae di Giustiniano, 292 pp.
voi. I (A -D ), 1983, X X X II-4 6 2 pp. 38. A n n a M a r i a B a r t o l e t t i C o l o m b o ,
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graecorum. Papjrus Leidensis. Papyrus voi. II (E-M ), 1986, VIII-448 pp.
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32. Spiritus, IV Colloquio Intema^onale del tés au X IIf siede, 1987, XLII-438 pp.
Lessico Intellettuale Europeo. Atti a cura 40. Lexicon philosophicum. Quaderni di ter­
Finito di stampare di M. Fattori e M. Bianchi, 1984, minologia filosofica e storia delle
nel mese di settembre 1987 X II-644 pp. idee (2-1986), a cura di A. Lamarra e
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Via degli Etruschi, 7 X V II secolo, a cura di M. Fattori, 41. Grafia e interpuntdone del Latino nel Me­
Tel. 490919 1984, VI-330 pp. dioevo. A cura di A. Maierù, 1987,
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minologia tllosotlca e storia delle 42. P . P i m p i n e l l a , A. L a m a r r a , Indici e
idee (1-1985), 1985, V ili- 140 pp. concordanti degli scritti latini di Immanuel
35. I sogni nel medioevo, a cara di T. G rego­ Kant. I, De mundi sensibilis atque intelligi-
ry', 1985, VIII-360 pp. bilis forma et principiis, 1987, 226 pp.

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