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I modi della sostanza

Da quanto emerso fin qui, la concezione metafisica di Spinoza si pone come un rigoroso
monismo, nel senso che secondo il filosofo esiste un'unica sostanza (Dio), e non tante
quante sono le cose che ci circondano. Ma allora che cosa sono queste ultime? Per
Spinoza, tutti gli enti nella loro sterminata pluralità – dagli oggetti inanimati agli animali e alle
piante, alle realtà spirituali come le anime umane - altro non sono che modi finiti e
accidentali dell'unica sostanza infinita: non esistono né possono essere concepiti di per sé,
ma soltanto - appunto- come sue particolari affezioni e modificazioni, quasi increspature
momentanee e transitorie sulla superficie dell'infinito oceano della sostanza. I modi finiti
sono ciò che buona parte della tradizione filosofica e lo stesso senso comune avevano
considerato come singole sostanze. In particolare, i corpi sono modi finiti della sostanza
secondo l'attributo dell'estensione (ossia sono modificazioni accidentali della sostanza intesa
come estensione); le idee sono modi finiti della sostanza secondo
l'attributo del pensiero (cioè sono espressioni o modificazioni della sostanza intesa come
pensiero). Nella concezione spinoziana, quindi, esiste un'unica sostanza infinita che
possiede un numero infinito di attributi e che si manifesta, ovvero si concretizza, in infiniti
modi particolari sotto ciascuno di tali attributi.
DIO E LA CONCEZIONE PANTEISTICA
La sostanza spinoziana è l'intera realtà, e gli innumerevoli aspetti di quest'ultima non sono
altro che sue articolazioni e manifestazioni particolari. Ora, poiché la sostanza si identifica
con Dio, si può dire che «tutto ciò che è, è in Dio e non può essere né essere concepito
senza Dio». Oltre al monismo, si profila pertanto un radica le panteismo, che Spinoza
esprime con la formula Deus sive natura, “Dio ovvero la natura", volendo indicare che tra
Dio e la natura vi è assoluta coincidenza.
Con tale teoria il filosofo delinea una spiegazione del rapporto Dio-mondo del tutto originale.
La sostanza divina non infatti una causa che produce un effetto da essa distinto: è invece, al
tempo stesso e senza distinzione, causa ed effetto. Per il filosofo olandese, insomma, Dio è
insieme natura naturans e natura naturata:
• natura naturante, in quanto causa, principio generatore unico e infinito dell'intera realtà;
• natura naturata, in quanto insieme dei molteplici enti che costituiscono quella re-
altà e che della sostanza divina sono effetti, modi o manifestazioni finite e particolari.
Per Spinoza la relazione di causalità che intercorre tra l'unica sostanza e i modi che ne
derivano è ben diversa dall'atto creatore tradizionalmente attribuito a Dio dalle grandi
religioni monoteiste: per queste ultime la causalità divina è "transitiva", nel senso che
l'attività creatrice di Dio ha come esito un oggetto esterno a lui; gli enti creati, una volta
portati all'essere da Dio, sussistono al di fuori di lui come sostanze distinte, pur
dipendendone per la loro esistenza. Nella concezione spinoziana si può parlare di una
causalità transitiva soltanto con riferimento al legame tra i singoli modi finiti nell'ambito di
ogni attributo: si pensi, ad esempio, al processo con cui un essere vivente ne genera un
altro.
Ma questa è una forma di causalità secondaria, che dipende da quella della sostanza la
quale è invece una causalità totalmente immanente. Ciò significa che i modi (il creato, la
natura naturata) derivano da Dio (la natura naturante) pur restando al suo interno,
esattamente come dal triangolo derivano le proprietà e i teoremi che a esso si riferiscono,
pur non essendo altro dalla sua essenza, di cui rappresentano semmai l'articolazione e lo
sviluppo.
La concezione spinoziana ricorda quella del neoplatonismo tardoantico, secondo
la quale l'essere derivava dall'Uno. Una certa influenza neoplatonica su Spinoza è assai
probabile, ma tra le due filosofie riconoscibile una differenza fondamentale. Per il
neoplatonismo antico l'Uno produceva l'intera realtà con un processo di emanazione con cui
essa "fuoriusciva" dal principio supremo in virtù della sovrabbondanza del suo essere: ne
derivava una concezione radicalmente trascendente di quel principio, che
risultava indicibile e non pienamente conoscibile in termini razionali. Al contrario, come
abbiamo visto, la sostanza spinoziana è totalmente immanente alla realtà, identificandosi
con essa.
Libertà e necessità in Dio
Il Dio di Spinoza, in quanto sostanza unica e infinita che si identifica con l'intera realtà non
ha nulla al di fuori di sé che possa determinarne o influenzarne il comportamento: agisce per
le sole leggi della sua natura. In questo senso è assolutamente libero, anzi egli solianto
causa libera: infatti, per Spinoza è libero ciò che è determinato a esistere e ad agire soltanto
da sé, mentre non lo è ciò che viene determinato a esistere e ad agire da altro. Questo non
significa tuttavia che il Dio-sostanza abbia una volontà o possa operare scelte arbitrarie,
decidendo di agire in un modo piuttosto che in un altro. In effetti, proprio perché si identifica
con il tutto e non ha nulla fuori di sé, risulta perfetto, nel senso originario di completo e non
mancante di nulla: non potrà quindi volere o desiderare alcunché.
Nel comportamento di Dio non sarà quindi neppure individuabile alcun finalismo. Infatti, la
dottrina che attribuisce uno scopo all'azione divina nega la perfezione di Dio: se Dio agisse
per un fine, significherebbe che desidera qualcosa di cui manca; e tale dottrina sarebbe in
contraddizione con la perfezione attuale e sempre già realizzata della sostanza. Al tempo
stesso, l'agire di Dio non sarà caratterizzato da alcuna contingenza, cioè dall'effettiva
possibilità di comportamenti alternativi: se la sostanza nella sua effettiva esistenza è
perfetta, qualsiasi suo stato differente rispetto a quello attuale risulterebbe per definizione
imperfetto, come tale incompatibile con la perfezione della sostanza e quindi impossibile. La
libertà di Dio consiste dunque nell'essere determinato con assoluta necessità dalla sua sola
natura: nella sostanza libertà e necessità coincidono perfettamente. D'altra parte, poiché Dio
è causa del tutto, la necessità della sua azione si estende all'intera realtà, in tutti gli aspetti
della quale, siano essi materiali o spirituali, vige un rigoroso determinismo:
Nella natura non si dà niente di contingente, ma tutte le cose sono determinate dalla
necessità della natura divina a esistere e operare in una determinata maniera.
Tutte le cose - tutti i singoli modi - derivano da Dio con la stessa necessità con cui
dalla natura del triangolo segue che i suoi tre angoli sono uguali a due angoli retti.

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