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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Il trattamento del terreno mediante


iniezioni
Il problema del miglioramento delle caratteristiche dei terreni sciolti si è affacciato al
campo dell’ingegneria alcuni decenni fa, in concomitanza con la realizzazione di grandi
opere di tipo idraulico; lo sfruttamento a scopo idroelettrico di grandi bacini ha dato
l’avvio ad una tecnica nuova, quella delle iniezioni, che si è poi evoluta nel tempo
estendendosi ai più svariati campi d’applicazione, spesso rendendo fattibili opere
altrimenti non realizzabili, e, comunque, facilitandone l’esecuzione e riducendone i
costi.
La metodologia di trattamento del terreno mediante iniezioni nasce, quindi, dalla
pratica e non dalla teoria, perché si basa sul fatto che le caratteristiche d’impermeabilità
e resistenza meccanica di terreni porosi, possono essere migliorate significativamente,
con l’impiego d’opportune miscele in grado di modificare lo stato naturale del terreno.

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Pertanto, con il termine iniezione, s’intende una tecnica adatta a modificare le


caratteristiche meccaniche (resistenza e deformabilità) ed idrauliche (permeabilità) di
corpi solidi porosi, fessurati o con grandi cavità, con l’immissione d’adeguate
“miscele” a mezzo di fori di piccolo diametro. Invece, il termine miscela indica un
fluido (sospensione, soluzione, emulsione) con proprietà reologiche inizialmente idonee
alla penetrabilità, e che raggiungono in seguito le caratteristiche adeguate al
trattamento.
La tecnica dell’iniezione fu applicata per la prima volta dal francese Berigny nel
1802 per il risanamento di murature subacquee, mediante malte di cemento e pozzolana.
Berigny inventò un dispositivo costituito da una pompa a percussione installata
direttamente nei fori d’iniezione, che si diffuse rapidamente in Francia e fu introdotto in
Inghilterra nel 1856 da Kinipple che, più tardi nel 1884, mise a punto un metodo per il
getto di fondazioni subacquee basato sull’iniezione d’ammassi di pietrame posti in
opera entro cassoni di legno.
Nella seconda metà del 1800, i campi d’applicazione s’estesero ai trattamenti
ausiliari per lo scavo di pozzi e gallerie minerarie e per l’impermeabilizzazione delle
fondazioni di dighe. I perfezionamenti tecnologici consentirono il raggiungimento di
pressioni d’iniezione via via più elevate, ma l’impiego di sospensioni instabili di
cemento, permetteva solo il trattamento di rocce fessurate, non potendo aver successo
nel caso dei terreni incoerenti, salvo casi particolari di ghiaie a struttura aperta.
Il problema di trattare terreni a granulometria più fine venne affrontato per la prima
volta da Jeziorsky nel 1887 con l’iniezione separata, in uno stesso foro o in due fori
vicini, di silicato di sodio e cloruro di calcio. Questo metodo, che venne
successivamente perfezionato e brevettato da Joosten nel 1925, si basa su di una
reazione istantanea dei due componenti che porta ad un consolidamento generalmente
irregolare e costoso.
Proprio le ragioni economiche incentivarono la ricerca di soluzioni uniche che
potessero gelificare dopo un tempo sufficiente a consentire una sufficiente diffusione
nel terreno. Si formularono soluzioni a base di silicato di sodio con reagenti inorganici
(acidi o sali polivalenti), ma per ritardare la reazione d’indurimento si era obbligati ad
abbondanti diluizioni: al vantaggio della bassa viscosità iniziale, e quindi della buona
diffusione nel terreno, faceva riscontro, come risultato finale, un gel di scarsa
consistenza adatto all’impermeabilizzazione, ma non al consolidamento.

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Soltanto verso il 1957, in Francia (laboratori Soletanche e Nobel-Bozel) e negli Stati


Uniti (Diamond Alkali), il problema è stato risolto, ottenendo un gel ad effetto
consolidante che fosse anche economicamente vantaggioso. Si tratta di miscele più o
meno diluite, sempre a base di silicato di sodio, ma con reagente organico (acetato
d’etile, glioxal, formaldeide) che consente di ritardare la presa e regolarne i tempi
mediante il dosaggio degli additivi.
Un’ulteriore evoluzione s’è avuta negli anni ’70 con l’estensione della tecnica
dell’iniezione nei terreni più fini, grazie all’impiego delle soluzioni a base di resine
organiche con una viscosità iniziale simile a quella dell’acqua, che rimane costante fino
alla presa.
Alla fine degli anni ’70, risale anche la messa a punto delle “emulsioni gassose” da
parte di Camberfort, Caron e Druez. Si tratta di miscele a base di cemento con un tasso
di rigonfiamento regolabile fino a tre volte rispetto al volume iniziale, mediante
procedimenti di tipo fisico-chimico. Con le più costose emulsioni organiche, a base di
poliuretani polimerizzabili in presenza d’acqua, il rigonfiamento può essere anche di 50
volte, ma è necessaria la successiva iniezione di una miscela più resistente.
Fino ad alcuni anni fa, quindi, il campo applicativo delle iniezioni era limitato a
terreni molto permeabili (ghiaie e sabbie); oggi, invece, la messa a punto di nuove
tecniche d’iniezione e di nuove miscele, consente anche il trattamento di terreni con
permeabilità medio-bassa (sabbie fini). Nel caso di terreni con scarsa permeabilità, si
ricorre alla tecnica delle iniezioni forzate, intersecando il terreno con un reticolo di vene
cementizie.
Al progresso delle tecniche d’iniezione è corrisposto quello delle miscele: alle
sospensioni a base di cemento si sono aggiunte quelle a base di bentonite deflocculata,
le soluzioni chimiche a base di silicato di sodio e le miscele a base di resine organiche.
L’ultimo passo della ricerca è la messa a punto d’emulsioni gassose espandenti che
possono aumentare di alcune volte il proprio volume iniziale, permettendo il
riempimento di cavità, anche in presenza di forte circolazione idrica.
“Il trattamento di un’ampia gamma di terreni incoerenti è stato l’ultimo stadio
d’evoluzione e forse il più importante nella pratica dell’ingegneria civile” (Glossop) e
richiede un alto grado di qualificazione da parte dei progettisti e degli esecutori. Il
problema che si pone generalmente nel trattare una formazione eterogenea con
alternanze di strati a granulometria e densità variabili, è quello di poter variare il tipo e

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

la composizione della miscela a seconda della ricettività locale del terreno. La soluzione
tecnologica più razionale di tale problema è stata ideata da Ischy negli anni ’60 ed è
tuttora comunemente in uso. Si tratta dell’equipaggiamento dei fori d’iniezione con tubi
a valvole (“tubes à manchettes”) che consentono l’iniezione di miscele diverse in ogni
ordine, ad ogni profondità e a qualsiasi intervallo di tempo in uno stesso foro.
Grazie ai progressi tecnologici ed alle innovazioni che interessano ogni aspetto della
tecnica dell’iniezione, oggigiorno non vi è più alcun tipo di materiale apprezzabilmente
permeabile all’acqua che non possa essere iniettato e, se necessario, consolidato con un
netto miglioramento delle proprietà meccaniche. Si possono ormai soddisfare le più
svariate esigenze tecniche, ma non sempre quelle economiche, particolarmente nel
campo delle resine organiche: il costo di tali prodotti può essere, infatti, da 15 a 300
volte superiore a quello di una comune miscela a base di cemento e cresce fortemente
con l’effetto consolidante richiesto.

Dopo questo breve excursus sull’evoluzione storica della tecnica dell’iniezione, in


questo capitolo ci si propone di trattare “lo stato dell’arte” attuale nel campo
dell’iniezione dei terreni, partendo dalla trattazione esemplificativa dei campi
d’applicazione di tale metodologia nell’ambito delle opere dell’ingegneria civile.
Successivamente sono trattate le caratteristiche comuni ed il comportamento dei
fluidi impiegati nel trattamento dei terreni, in modo generale e senza riferimenti alle
specifiche miscele, aspetto che viene invece demandato al seguito della trattazione, in
cui, si affronta in modo sistematico e più dettagliato l’analisi delle diverse tipologie di
miscele d’iniezione.
In seguito, si affrontano le problematiche di carattere più prettamente pratico inerenti
gli aspetti della cantierizzazione e dell’esecuzione delle iniezioni: dalla perforazione alla
preparazione delle miscele.
Dato che, per evitare spese inutili o largamente superiori al previsto nonché
insuccessi che possano dequalificare la tecnica, occorre innanzi tutto un esauriente
studio preliminare del problema, con indagini geognostiche ed ideologiche, prove di
laboratorio ed eventuali prove d’iniezione in situ, la parte finale del capitolo tratta
quest’argomento con un taglio volutamente orientato alle implicazioni pratiche del
trattamento dei terreni con una serie di schemi orientativi.

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

1 Campi d’applicazione delle tecniche d’iniezione


In generale si usa distinguere le finalità dei trattamenti mediante iniezioni in due
categorie fondamentali: impermeabilizzazioni e consolidamenti, ma, in pratica, se si
escludono alcuni casi estremi, la distinzione fra i procedimenti adottati non è sempre
netta. In effetti, anche quando lo scopo è la tenuta idraulica, può essere necessaria la
garanzia accessoria di una resistenza analoga o anche superiore di quella sufficiente ad
un consolidamento in altri casi. D’altra parte, un effetto consolidante omogeneo
presuppone e comporta, in pratica, una netta riduzione della permeabilità.
I campi d’applicazione dei procedimenti d’iniezione nell’ingegneria civile sono
molteplici, per interventi sia temporanei che definitivi e con funzioni autonome o
complementari ad altre opere.
Schematicamente si possono individuare i seguenti campi d’applicazione:

1. Fondazioni, sottofondazioni e rinforzo di fondazioni instabili. Quando le


proprietà meccaniche di un terreno non rispondono alle esigenze di progetto per
fondazioni dirette e qualora vi siano impedimenti agli interventi più consueti come i pali
o la vibroflottazione, si prende in esame il ricorso al consolidamento mediante iniezioni.
Gli scavi per la creazione di nuovi spazi sotterranei, eseguiti in adiacenza a fondazioni
esistenti, possono influenzare le fondazioni superficiali, così come l’aumento dei carichi
in fondazione dovuto a ristrutturazione o modifiche d’edifici esistenti. Sono situazioni
che richiedono il consolidamento preventivo mediante la tecnologia dell’iniezione,
apprezzata per versatilità ed efficacia.

Figura 1 Schema di consolidamento delle fondazioni

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

2. Realizzazione di scavi a cielo aperto e sbancamenti. Nell’esecuzione di scavi a


pozzo e sbancamenti, le iniezioni sono generalmente impiegate a scopo
impermeabilizzante, quando sono previsti forti abbassamenti del livello di falda, oppure
a scopo di consolidamento in alternativa oppure a complemento d’altre opere di
sostegno (diaframmi in calcestruzzo, palancolate…).
È evidente che i consolidamenti mediante iniezioni, specialmente nei centri urbani,
possono avere un campo d’applicazione molto maggiore delle paratie e dei pali
convenzionali, grazie al minore ingombro delle attrezzature di cantiere, alla maggiore
versatilità rispetto agli orizzonti geologici interessati, al minore disturbo indotto al
terreno circostante durante la perforazione.
3. Realizzazione di diaframmi impermeabili. Si tratta di uno dei campi applicativi
più classici del trattamento del terreno mediante iniezioni, ed è ancor oggi in espansione
in quanto presenta notevoli vantaggi, soprattutto nella costruzione di dighe ed opere
portuali.
4. Costruzione di gallerie. L’applicazione dei procedimenti d’iniezione è stato forse
il più valido contributo alla realizzazione delle gallerie in terreni incoerenti, dopo
l’introduzione dello scudo d’avanzamento: si tratta, infatti, del maggiore ambito
d’impiego delle iniezioni, con molteplici schemi di trattamento.
Per le gallerie metropolitane a bassa copertura, con possibilità d’occupazione delle
aree sovrastanti lo scavo, si eseguono iniezioni dalla superficie.

Figura 2 Schema di trattamento finalizzato all’esecuzione


dello scavo e alla riduzione dei cedimenti degli edifici
adiacenti ad una galleria metropolitana

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Nei casi in cui sia necessario evitare il cantiere di superficie, si opera con iniezioni in
avanzamento dal fronte realizzando raggiere coniche di fori suborizzontali distribuite in
modo da ottenere un arco portante di terreno trattato con un dato spessore minimo, a
partire dall’estradosso della costruenda calotta.
Quando non è possibile operare dall’esterno, data l’eccessiva lunghezza dei fori
necessari o per ingombri di superficie, il trattamento è realizzato con iniezioni radiali da
cunicolo pilota, oppure mediante consolidamenti da gallerie laterali qualora ve ne sia la
possibilità.
Per le gallerie in ambito urbano, quindi, si realizzano trattamenti preventivi di
consolidamento e/o impermeabilizzazione che consentono lo scavo in sicurezza e la
riduzione dei cedimenti superficiali e dei cedimenti differenziali delle opere adiacenti.

Figura 3 Schema di trattamento finalizzato all’esecuzione


dello scavo sotto falda di una galleria metropolitana

Quando lo scavo è realizzato sotto falda, inoltre è necessario eseguire trattamenti


preventivi misti d’impermeabilizzazione e di consolidamento con miscele non tossiche,
per evitare la contaminazione delle acque.
5. Costruzione d’opere accessorie alle dighe. Si può affermare che uno degli
incentivi maggiori allo sviluppo della tecnica delle iniezioni sia costituito dall’impiego,
a partire dagli anni ’50, connesso alla realizzazione di dighe in situazioni idrogeologiche
sempre più difficili. Nella fattispecie, le iniezioni sono utilizzate per costruire diaframmi
impermeabili permanenti al di sotto dell’opera di sbarramento vera e propria.
6. Messa in opera di tiranti. Nella realizzazione di tiranti d’ancoraggio, la
tecnologia delle iniezioni permette l’esecuzione dell’iniezione primaria ad alta pressione

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ed in più fasi successive, allo scopo di ottimizzare la qualità e la continuità del bulbo
d’ancoraggio.

Figura 4 Schema di un tirante iniettato

7. Realizzazione d’elementi strutturali per il consolidamento di fronti di scavo.


L’abbinamento dei tubi valvolati ad elementi resistenti in vetroresina, consente il
consolidamento del fronte di scavo delle gallerie in condizioni difficili (terreni argillosi
spingenti). L’iniezione evita la decompressione del nucleo d’avanzamento, permettendo
lo scavo a piena sezione con riduzione delle convergenze e preconvergenze del nucleo
d’avanzamento.
8. Realizzazione di schermi antivibrazione. L’utilizzo di miscele elasto-plastiche
consente di creare schermi in grado di smorzare effetti vibranti, anche di grande
intensità, grazie alla dissipazione dell’energia cinetica in lavoro di deformazione.
9. Sollevamento controllato di costruzioni che hanno subito forti cedimenti
differenziali. Per queste finalità si adottano criteri e metodologie d’iniezione finalizzate
allo spostamento ed alla rottura orizzontale controllata del terreno adiacente le
fondazioni.

Le applicazioni delle tecniche d’iniezione possono essere classificate in base ai


seguenti criteri generali:
• tipologia, profondità e geometria d’opera
• contesto urbano o extraurbano
• tipo di terreno
• lavori provvisionali o definitivi
• lavori preventivi o correttivi
• scopo dell’iniezione: impermeabilizzazione o consolidamento

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

1.1 Trattamento del terreno prima dello scavo


A questo scopo la tecnica d’iniezione può essere impiegata per raggiungere due
specifici obiettivi differenti:

Consolidamento: miglioramento delle caratteristiche meccaniche del terreno allo


scopo di permettere l’effettuazione degli scavi con facilità ed in condizioni di sicurezza
o per consentire l’attraversamento di zone difficilmente affrontabili con i metodi
tradizionali di scavo (terreni incoerenti, spingenti…).

Impermeabilizzazione: realizzazione di diaframmi impermeabili che bloccano la


circolazione di fluidi sotterranei quali acqua, aria, idrocarburi.

Queste operazioni possono essere effettuate a partire dalla superficie, da opere


ausiliarie provvisorie o esistenti (pozzi, gallerie, trincee…), oppure direttamente “in
avanzamento” dalla galleria in costruzione.

1.2 Trattamento d’opere di nuova costruzione


Secondo le modalità operative e le finalità, si possono distinguere i seguenti tipi
d’intervento:

Iniezioni di colmataggio: sono specifiche delle opere in sotterraneo e consentono di


riempire i vuoti esistenti tra l’estradosso del rivestimento ed il terreno circostante.
Contribuiscono a ridurre il detensionamento del terreno, ad uniformare il contatto
terreno-rivestimento, a ridurre l’alterazione dei materiali posti in opera.

Iniezioni d’incollaggio o serraggio: sono generalmente effettuate a seguito delle


iniezioni di colmataggio per ottimizzare il contatto fra il terreno incassante ed
rivestimento. Sono caratterizzate dall’impiego di maggiori pressioni e miscele più fluide
rispetto alle iniezioni di colmataggio.

Iniezioni di consolidamento: vengono realizzate dopo le iniezioni d’incollaggio o


serraggio e permettono di migliorare le caratteristiche meccaniche del terreno
nell’intorno dell’opera sotterranea allo scopo di ridurre l’estensione della
plasticizzazione.

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

1.3 Trattamento d’opere ammalorate o vetuste


Secondo le condizioni statiche e di degrado dei materiali in opera, si possono
impiegare le tecniche citate per le opere di nuova costruzione, con l’accortezza di
adottare pressioni d’iniezione inferiori ed adeguate allo scopo.
Un’applicazione particolare delle tecniche d’iniezione in questo contesto operativo è
la rigenerazione dei rivestimenti che si rivela particolarmente delicata nei casi di
rivestimenti in muratura alterati dalla circolazione delle acque, che ne compromette
l’impermeabilità e la resistenza meccanica. In questi casi le iniezioni intervengono
specificamente su tali aspetti.

2 Proprietà reologiche 1 delle miscele d’iniezione


Durante la fase d’iniezione vera e propria, consistente nel pompaggio della miscela
nel terreno, i materiali d’iniezione possono essere classificati, dal punto di vista
reologico, in due categorie:
1. Fluidi newtoniani. Sono i fluidi che seguono la legge di Newton siccome sono
caratterizzati dall’assenza della soglia di taglio (rigidità nulla) e ad ogni istante lo sforzo
di taglio è proporzionale alla velocità di flusso tramite la viscosità µ .

dv
τ =µ⋅ (1)
dz

τ τ = sforzo di taglio necessario per produrre


una velocità relativa dv fra due strati piani
paralleli distanti fra loro dz [/m2 ];
µ µ = viscosità [mPa⋅s];

dv
= gradiente di taglio[s-1 ];
dv/dz
dz

Figura 5 Reologia dei fluidi newtoniani

1
Da reologia (pl. -gie), sf Scienza che studia le deformazioni della materia sotto l’azione degli agenti
esterni. || Comp. del gr. Rhéos, scorrimento + -logia. || sec. XX (definizione tratta dal Grande dizionario
illustrato della lingua italiana, A. Gabrielli)

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2. Fluidi binghamiani. Per il movimento del fluido è necessario il superamento della


soglia di taglio, dopodiché lo sforzo di taglio è direttamente proporzionale al gradiente
di taglio tramite la viscosità costante. Seguono una legge di tipo:

dv
τ =τ 0 + µ P ⋅ (2)
dz

τ = sforzo di taglio necessario per


produrre una velocità relativa dv fra due
τ
strati piani paralleli distanti fra loro
µP dz [/m2 ];
τ 0 = soglia di taglio o rigidità (yeld
value) [/m2 ];
τ0
µ P = viscosità plastica o dinamica
dv/dz
[mPa⋅s];
dv
Figura 6 Reologia dei fluidi binghamiani = gradiente di taglio [s-1 ];
dz

In letteratura esistono molti sinonimi del termine “soglia di taglio”: lo stesso concetto
è designato da altre espressioni quali limite di scorrimento, limite liquido, resistenza a
taglio, soglia di resistenza, coesione.

La viscosità dinamica2 è un parametro molto caratterizzante per le miscele


d’iniezione ed è espressa in mPa⋅s o cP, secondo la relazione d’equivalenza:

1 mPa⋅s =1 Centipoise (cP) (3)

Essa dipendente dal tempo e dalla temperatura. La viscosità dell’acqua si riduce


all’aumentare della temperatura, mentre, al contrario, la viscosità di fluidi, quali le

2
In contrapposizione alla viscosità cinematica, cui è legata dalla relazione η[mPa ⋅ s ] = ν ⋅ ρ , dove
il termine v rappresenta la viscosità cinematica [m2 /s] e ρ indica la massa volumica del fluido in oggetto
[kg/m3 ].

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

sospensioni di cemento e le soluzioni di silicato di sodio, aumenta all’aumentare della


temperatura. Condizione fondamentale di tutte le prove per la misurazione della
viscosità, è che il fluido mantenga costanti le proprie caratteristiche: ciò significa che
non si devono verificare sedimentazione o coagulazione.

Inizio della fase di presa Termine della fase di presa

1000
Viscosità [mPas]

Sospensione di cemento C/A=2, bentonite 3%

100
Sospensione di cemento C/A=1, bentonite 2%

Sospensione di cemento C/A=1


10

Soluzione di silicato Sospensione di cemento C/A=0.5


di sodio (Newton)

Acqua (Newton)

0.1
1 10

Tempo dopo la miscelazione [h]

Figura 7 Andamento qualitativo della viscosità in funzione del tempo,


per diverse miscele d’iniezione

Tra le diverse apparecchiature per la misura della viscosità, le più importanti per
diffusione sono due.

1. Il cono Marsh è usato in cantiere e per misure speditive. Esso esprime la


viscosità apparente in un’unità arbitraria correlata al tempo di deflusso dal foro
inferiore di 1 litro di fluido su 1.5 litri immessi. Indicativamente, per un litro
d’acqua, il tempo d’uscita è fra 20 e 25 secondi. La precisione delle misure è
condizionata dall’accuratezza nella rilevazione del tempo, dalla scabrezza delle
pareti interne del cono, dalla viscosità, dalla rigidità e dal peso specifico del
fluido. Si tratta, quindi, di una misura grossolana, ma tuttavia significativa ed

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

utile, per la semplicità operativa, entro ristretti campi di variabilità delle


composizioni via via esaminate. Con il cono Marsh non si può valutare la soglia
di taglio dei fluidi binghamiani.

152.4 [mm]

304.8 [mm]

Griglia a maglia quadrata


1.59 X 1.59 [mm]

4.76 [mm]
50.8 [mm]

Figura 8 Cono Marsh

2. Il viscosimetro rotazionale è lo strumento che consente di eseguire le misure


più precise e rigorose, pertanto è utilizzato prevalentemente nelle prove di
laboratorio. Data la marcata linearità della relazione tra sforzo di taglio e
gradiente di deformazione, questo strumento consente di determinare
separatamente la viscosità pura e la rigidità, oppure un unico parametro di
“viscosità apparente”, in corrispondenza di una certa velocità.
Le tipologie di strumenti comunemente impiegati sono essenzialmente due:
a) Viscosimetro coassiale di tipo “Rheometer”, normalizzato dalla Baroid,
con due velocità di rotazione: 300 e 600 [giri/min]. Consente la
determinazione dei due parametri di Bingham, ma spesso, per semplicità,
si usa definire una viscosità apparente (in [cP]) pari alla metà della lettura
a 600 [giri/min].
b) Viscosimetro rotativo di tipo “Stormeter”, tarato per una sola velocità di
rotazione: 600 [giri/min]. Consente solo la determinazione della viscosità

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

apparente, con letture superiori a quelle del viscosimetro coassiale, a


causa delle diversità del principio costruttivo.
Lo strumento è costituito da un cilindro immerso nel fluido di prova e posto in
rotazione a diversi valori di velocità. La misura della resistenza che il fluido
oppone al moto è correlata con la viscosità e la soglia di taglio.

Figura 9 Sezione schematica di un


viscosimetro rotativo

Tra le diverse apparecchiature per la misura diretta della rigidità, le più comuni, in
ordine d’accuratezza, sono:

1. Scissometro ad alta sensibilità (1 [/cm2 ]).


2. “Shearometer”. Si tratta di uno strumento normalizzato dalla Baroid per i
fanghi bentonitici e costituito da un tubo leggero graduato, di cui si misura la
penetrazione per gravità in un campione di fluido. Le letture effettuate sono
tradotte in unità di resistenza a taglio, mediante apposite correlazioni.
3. Densimetro. Ve ne sono di diversi tipi, fra cui uno dei più diffusi è il “gelimetro
Rodio”, costituito da una sondina cilindrica graduata del diametro di 15 [mm] e

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

del peso di 30 [g]. La correlazione con le misure più accurate può essere
discreta, ma solo entro una ristretta gamma di composizioni delle miscele
provate.
viscosimetro coassiale [-]
Gradiente di velocità al

4 3
6 5
1 2

0 5 10 15 Resistenza a
taglio τ [Pa]

1 Sospensione acqua + bentonite 40 kg/m3


2 Sospensione acqua + bentonite 50 kg/m3
3 Sospensione acqua + cemento (C/A = 1.8)
4 Sospensione fluidificata acqua + cemento (C/A = 1.8)
5 Sospensione acqua + cemento + bentonite (B = 35 kg/m3 - C = 200 kg/m3)
6 Sospensione fluidificata acqua + cemento + bentonite (B = 35 kg/m3 - C = 200 kg/m3)

1/µP µP = viscosità plastica

Soglia di taglio

Figura 10 Comportamento reologico delle miscele d’iniezione

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

3 Penetrabilità delle miscele e criteri d’iniettabilità


Con questo termine si definisce la capacità della miscela, di raggiungere la maggior
parte dei vuoti del terreno con pressione e portata sufficienti a rispondere alle esigenze
di progetto.
In prima istanza la penetrabilità dipende dal terreno nella misura in cui l’esistenza, la
dimensione, e la geometria dei vuoti intergranulari condizionano il coefficiente di
permeabilità e quindi la possibilità di diffusione della miscela. L’iniezione, infatti,
procede con due meccanismi spesso coesistenti: l’impregnazione dei vuoti
intercomunicanti e l’idrofratturazione. Per quest’ultimo meccanismo assume rilievo il
modulo di deformabilità del terreno in situ.
D’importanza non secondaria è anche la capacità della miscela di spiazzare l’aria e
l’acqua, eventualmente presenti nei vuoti intergranulari, senza diluizione o
deterioramento: essa dipende dalla pressione e dalle proprietà reologiche del fluido
iniettato.
Per la caratterizzazione dei terreni granulari ai fini dell’iniettabilità si analizza
innanzi tutto la curva granulometrica, da cui si ricavano diversi parametri, più o meno
significativi e correlabili con la permeabilità secondo i casi:
a) la composizione riferita percentualmente a classi granulometriche
convenzionali secondo la classificazione M.I.T.:

Tabella 1 Classificazione granulometrica M.I.T.

Classe granulometrica* Diametro dei grani [mm]


Blocchi e ciottoli > 60
Ghiaia 60 ÷ 2
Sabbia 2 ÷ 0.06
Limo 0.06 ÷ 0.002
Argilla < 0.002

* ogni classe è ulteriormente suddivisa in: grosso, medio, fine.

b) il diametro efficace d10 corrispondente al 10% di frazione inferiore a d, nella


curva granulometrica;

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

c) il diametro medio d50 corrispondente al 50% di frazione inferiore a d, nella


curva granulometrica;
d 60
d) il coefficiente d’uniformità CU = , in cui d60 il diametro corrispondente al
d 10
60% di frazione granulometrica inferiore a d;
e) la superficie specifica dei grani, riferibile all’unità di volume (S0 in [cm-1 ])
oppure all’unità di peso (SS in [cm2 /g]=[ cm2 /cN]).

Limo Sabbia Ghiaia Ciottoli

100
Passante [% in peso]

80

60

40

20

0.002 0.02 0.06 0.2 0.6 2.0 6.0 20 60 100


Diametro dei grani [mm]

Sospensioni caricate Soluzioni di silicato di sodio

Sospensioni di cemento ordinario Jet grouting

Sospensioni di cemento fine Resine

Figura 11 Campi d’applicazione dei diversi tipi di trattamenti, in relazione


alla granulometria del terreno

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Le informazioni dedotte dalla classificazione granulometrica forniscono utili


indicazioni per la scelta del trattamento più idoneo, ma è necessario precisare che:
• la distribuzione granulometrica ed il coefficiente d’uniformità sono parametri
più significativi del solo diametro medio dei grani (d50 ) o del diametro efficace
(d10 );
• il diametro efficace d10 qualifica la frazione più fine, e quindi più condizionante
agli effetti dell’iniettabilità, e può essere correlato direttamente alla permeabilità
solo quando il materiale si presenta molto uniforme;
• il coefficiente d’uniformità definisce l’ampiezza del campo granulometrico,
pertanto al crescere di CU l’analisi della curva granulometrica richiede maggiore
attenzione;
• a parità di diametro efficace d10 , all’aumento del coefficiente d’uniformità CU fa
riscontro una diminuzione della permeabilità, nell’ipotesi che il campione
rappresenti uno strato omogeneo;
• la superficie specifica dei grani, definita come superficie totale dei grani per
unità di peso o di volume del terreno, è un parametro importante ogni qual volta
che l’iniettabilità sia soggetta a vincoli granulometrici, come nel caso delle
sospensioni. Questo parametro ha l’indubbio vantaggio di fornire
un’informazione sintetica mediante un unico valore numerico. Il computo può
essere eseguito, in prima approssimazione, sulla curva granulometrica
assumendo per i grani una forma sferica: sotto quest’ipotesi, ogni classe
granulometrica con diametro medio dm risulta caratterizzata dalla superficie
specifica:

6
S 0 [cm −1 ] = (4)
dm

2.22
S S [cm 2 / g ] = (5)
dm

La superficie specifica integrale è data dalla media ponderale dei valori di


superficie specifica delle diverse classi granulometriche.

18
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

La porosità e la densità relativa del terreno costituiscono altri due importanti


parametri al fine della valutazione dell’iniettabilità: in particolare la porosità è un indice
globale che aumenta con la finezza granulometrica, cioè con il diminuire della
dimensione media dei pori, a parità di densità relativa. Per un dato terreno, quindi, la
porosità ne qualifica il grado d’addensamento, influenzando in certa misura la
permeabilità, ed è inoltre indicativa della quantità teorica di miscela necessaria
all’impregnazione completa dei vuoti intergranulari. Nella pratica, però, il volume dei
vuoti riempiti non supera generalmente il 50% della porosità globale anche nei casi di
migliore successo ai fini del risultato: i maggiori consumi di miscela sono da attribuirsi
a fattori quali l’aumento del volume iniziale dei vuoti, dispersioni oltre i limiti teorici
del trattamento, drenaggio della miscela.
Nell’ambito dei terreni iniettabili, i valori medi di porosità, solitamente riscontrati,
sono compresi fra 0.2 e 0.3 [-] per i più grossolani e fra 0.3 e 0.4 [-] per i più fini.

La determinazione della porosità può essere effettuata secondo diverse modalità:


1. su campioni indisturbati, in base alla relazione fra il peso dell’unità di volume
della parte solida γ S [kN/m3 ] ed il peso dell’unità di volume del terreno secco:

γ 
n[−] = 1 −  d  (6)
γ S 
con:
γ d = peso dell’unità di volume del terreno secco [kN/m3 ] definito come
rapporto fra il peso dei grani solidi ed il volume totale del terreno secco
WS
( );
V
γ S = peso dell’unità di volume della parte solida [kN/m3 ] definito come

WS
rapporto fra il peso dei grani solidi ed il loro volume ( );
VS

2. su campioni rimaneggiati, ma granulometricamente rappresentativi,


determinandone i valori di e max e di e min con procedura normalizzata e

19
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

deducendo n da correlazioni empiriche fra la densità relativa Dr ed i risultati di


prove penetrometriche statiche (SPT):

emax − e
Dr [−] = (7)
emax − emin

n[−] =
e
(8)
1+ e

3. con metodi geofisici indiretti in situ, quali i “logs” elettro-resistivi e le sonde a


radioisotopi.

La cinematica dei fluidi d’iniezione nel terreno è modellizzata, con notevoli


limitazioni, dalla legge di Darcy che descrive il flusso laminare dell’acqua in un mezzo
poroso continuo:

v[m / s ] = k ⋅ i (9)
con:
v = velocità di flusso dell’acqua attraverso il mezzo poroso [m/s];
k = coefficiente di permeabilità o conducibilità idraulica [m/s];
i = gradiente idraulico [-] definito come rapporto tra la caduta di carico
∆h
piezometrico ed il tratto in cui essa si verifica ( );
L

Questo modello è valido entro un dato limite di pressione e con una portata che è
condizionata dai seguenti fattori:
− carico idraulico applicato;
− geometria della sezione filtrante;
− struttura e permeabilità del mezzo;
− viscosità ed eventuale rigidità del fluido.

20
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Le principali limitazioni, cui si è accennato in precedenza, fanno capo alle seguenti


ipotesi restrittive:
1. mezzo poroso omogeneo ed isotropo;
2. moto di filtrazione laminare e stazionario;
3. flusso radiale sferico;
4. la velocità che compare nell’equazione è una media apparente,
poiché la velocità di flusso è riferita alla sezione filtrante
complessiva e non a quella dei vuoti, pertanto è minore della
v
velocità effettiva attraverso i pori (definita dalla legge v p = );
n
5. la legge ingloba implicitamente effetti di viscosità ed attrito
interno del fluido, assumendo la valenza di una
rappresentazione statisticamente equivalente della legge di
Navier-Stokes;
6. numero di Reynolds3 minore di 1 [-];
7. gradiente idraulico compreso fra 0.1 e 50 [-];

A riguardo della terza ipotesi, si può notare che le espressioni del flusso radiale da
sorgente sferica possono essere applicate al caso più comune di sezione cilindrica
introducendo il concetto di raggio equivalente.
Mentre l’ipotesi di moto laminare è valida per un trattamento corretto
d’impregnazione, la stazionarietà del moto presuppone che le condizioni di regime siano
raggiunte entro un tempo che è generalmente troppo breve rispetto alla durata
dell’iniezione: questo è forse il punto più debole della teoria applicata ai procedimenti
d’iniezione.
La legge di Darcy è applicabile ai fluidi newtoniani non evolutivi, come l’acqua,
caratterizzati, cioè, da viscosità costante: a rigore, perciò, le formule classiche
dell’idrologia sotterranea, valide per condizioni di moto laminare stazionario, sono
applicabili soltanto per le soluzioni pure non evolutive.

3
In idraulica il numero di Reynolds indica il passaggio dalle condizioni di moto laminare a quelle di

v⋅ ρw ⋅ d
moto turbolento. È definito dalla relazione R[−] = in cui compaiono la velocità del flusso
η
(v), il diametro del condotto (d), la massa volumica dell’acqua (ρ w ) ed il coefficiente di viscosità (η).

21
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

È importante puntualizzare che, ai fini della valutazione d’iniettabilità, si privilegia la


determinazione delle caratteristiche di permeabilità orizzontale.

A rigore, per le limitazioni di carattere teorico, precedentemente espresse nell’ambito


delle considerazioni sull’iniettabilità dei terreni, è necessario introdurre il coefficiente di
permeabilità specifica del mezzo alla miscela d’iniezione:

η 
k m [m / s ] = k ⋅  w  (10)
η m 
con:
k m = coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela [m/s];

k = coefficiente di permeabilità del terreno all’acqua [m/s];


ηm = viscosità dinamica della miscela ad una certa temperatura [·s/cm2 ];

ηw = viscosità dinamica dell’acqua (10-7 [·s/cm2 ] alla temperatura di 20 [°C],


pari a 1 [mPa·s]) [·s/cm2 ];

Il concetto di permeabilità specifica non va confuso con quello di permeabilità


intrinseca, che si definisce come la capacità di un mezzo poroso di trasmettere
un fluido indipendentemente dalle proprietà dello stesso. Questa grandezza è
legata alla conducibilità idraulica dalla relazione:

[ ]
k p m2 = k ⋅
η
ρ ⋅g
(11)

con:
k p = coefficiente di permeabilità intrinseca del terreno [m2 ];

k = coefficiente di permeabilità del terreno al fluido in oggetto [m/s];


η = viscosità dinamica del fluido in oggetto [·s/m2 ];
ρ = massa volumica del fluido in oggetto [kg/m3 ];
g = accelerazione gravitazionale, 9.81 [m/s2 ];

22
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Passando alle soluzioni colloidali, ossia ai fluidi newtoniani evolutivi con viscosità
variabile nel tempo, data la complessità di una teoria che tenga conto dell’incremento
della viscosità nel tempo, si rientra nel caso delle soluzioni non evolutive assumendo un
valore medio della viscosità, con un’approssimazione tanto migliore quanto più lenta è
l’evoluzione durante il flusso.Tale schematizzazione teorica risulta invece impossibile
per le sospensioni, che manifestano anche una rigidità evolutiva.

La determinazione diretta della permeabilità può essere effettuata con varie modalità
in situ, fra cui la più diffusa è la prova Lefranc (che sarà trattata più diffusamente al
paragrafo 13.1.2 “Prove di permeabilità in situ su terreni incoerenti”), oppure in
laboratorio su campioni indisturbati o ricostruiti: in quest’ultimo caso è ovvio che si
debba operare solo su granulometrie molto uniformi, altrimenti si possono ottenere
risultati del tutto inattendibili, con una riassociazione granulare diversa da quella
naturale. Siccome le prove dirette presentano spesso difficoltà esecutive ed
interpretative, è sempre necessario il complemento di dati granulometrici, soprattutto
nel caso delle sabbie, per le quali sono disponibili correlazioni empiriche fra
permeabilità e granulometria, alcune delle quali tengono conto anche della porosità.

Figura 12 Valori indicativi del coefficiente di permeabilità


secondo granulometria e tipo di terreno

23
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Le correlazioni empiriche più utilizzate sono:

k [m s ] = A ⋅10 −2 ⋅ d 152 (Sherard) (12)


con:
A = coefficiente adimensionale compreso fra 0.2 e 0.6, nella pratica è
consuetudine adottare il valore 0.35 [-];
d 15 = diametro del 15% del passante nel fuso granulometrico[mm];

Per le sabbie e le ghiaie sabbiose, si usa la correlazione:

k [m / s ] = CU ⋅ d102 (Hazen-Beyer) (13)


con:
d 60
CU = = coefficiente d’uniformità [-];
d10

d 10 = diametro del 10% del passante nel fuso granulometrico [m];

Per le sabbie grossolane con grani compresi fra 0.1 e 3 millimetri e coefficiente
d’uniformità inferiore a 5, si usa la correlazione:

k [cm / s ] = C ⋅ d102 (Hazen) (14)

con:
C = costante dimensionale compresa fra 40 e 150 [-];
d 10 = diametro efficace [cm];

Per le sabbie pulite contenenti meno del 5% di frazione limo-argillosa, si usa la


correlazione:

0.2 ⋅ γ w n3
k [cm / s ] = ⋅ (Kozeny) (15)
f 2 ⋅η w ⋅ S 02 (1 − n )2
con:

24
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

γ w = peso specifico dell’acqua (10-2 [/cm3 ]) [/cm3 ];

ηw = viscosità dinamica dell’acqua (10-7 [·s/cm2 ] alla temperatura di 20 [°C],


pari a 1 [mPa·s]) [·s/cm2 ];
S 0 = superficie specifica dei grani in termini volumetrici [cm-1 ];

n = porosità [-];
f = fattore di forma, variabile da 1, per elementi sferici, a 1.4 per grani molto
spigolosi [-];

( )
log k ⋅ S 02 = 1.365 + 5.15 ⋅ n (Loudon) (16)
con:
k = coefficiente di permeabilità [m/s];
S 0 = superficie specifica dei grani in termini volumetrici [cm-1 ];

n = porosità [-];

Viste le limitazioni dovute alle condizioni di validità della legge di Darcy, la


propagazione dei fluidi newtoniani e binghamiani nei mezzi porosi è stata studiata da
Müller-Kirchenbauer (1968) considerando la viscosità come una funzione del tempo,
perché nella pratica si nota una variazione di permeabilità del terreno trattato causata
dalla variazione della viscosità della miscela d’iniezione. Per i fluidi newtoniani, la
relazione fra la permeabilità e la viscosità è la seguente:

k0 η
= (17)
k η0
con:
k 0 = permeabilità del terreno con riferimento all’acqua;

k = permeabilità del terreno con riferimento alla miscela d’iniezione considerata


come fluido newtoniano;
η0 = viscosità dell’acqua;
η = viscosità del fluido newtoniano;

25
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Anche la presenza dell’acqua nei vuoti intergranulari del terreno condiziona la


penetrabilità della miscela d’iniezione e la sua capacità di diffusione. In proposito è
opportuno ricordare che un fluido a bassa viscosità è spostato da uno con viscosità
maggiore (Scheiddegger e Johnson, 1969), per cui le proprietà reologiche della miscela
iniettata assumono un ruolo primario nei meccanismi di diffusione nel mezzo poroso,
specialmente per quanto riguarda la capacità di spiazzare l’acqua nel terreno,
sostituendosi ad essa.
Secondo Camberfort, per trovare un criterio d’iniettabilità più logico di quelli basati
sulla granulometria, si dovrebbe cercare di cifrare le dimensioni dei vuoti dello
scheletro solido e paragonarle con quelle dei grani o particelle elementari della miscela.
Esprimendo il raggio idraulico della sezione interstiziale media in funzione della
porosità e della superficie specifica, ed introducendo l’espressione risultante nella
correlazione di Kozeny, si perviene alla condizione:

d m' ≤ C ⋅ k (18)

con:
d m' = diametro medio dei grani o particelle della miscela [µm];

C = costante adimensionale compresa fra 600 e 800 [-];


k = coefficiente di permeabilità [m/s];

Un ulteriore parametro che condiziona la penetrabilità dell’iniezione, è il tipo di


miscela impiegato, pertanto, nel corso della trattazione, per ogni tipo di miscela si
affronta specificamente quest’argomento.

26
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

3.1 Parametri d’iniezione


Per la successiva trattazione della teoria sull’iniezione dei terreni è necessario
definire preventivamente quelli che sono i parametri caratteristici, elencandone i simboli
e le unità di misura.

Tabella 2 Parametri d’iniezione

Simbolo ed unità di misura Parametro

∆H [m] Carico idraulico utile in corrispondenza della sezione filtrante

[
Q m3 / s ] Portata d’iniezione

r0 [m] Raggio della sezione filtrante

L[m] Lunghezza della sezione filtrante


Raggio equivalente al flusso radiale sferico, nel caso di
r0' [m]
sezione filtrante cilindrica di raggio r0 ed altezza L
R[m] Raggio d’influenza dell’iniezione

t[s] Tempo

V m3 [ ] Volume di terreno interessato dall’iniezione

k [m / s ] Coefficiente di permeabilità del terreno all’acqua


Coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela
k m [m / s ]
d’iniezione, secondo la relazione (10)
n[−] Porosità del terreno o frazione saturata dalla miscela

3.2 Iniezione in un mezzo omogeneo ed isotropo


Il caso più semplice è quello di flusso radiale da una sorgente sferica di raggio r0 . La
portata in regime stazionario è definita dalla relazione:

[ ]
Q m 3 = 4 ⋅ π ⋅r 0 ⋅k m ⋅ ∆ H (19)

con:
r0 = raggio della sezione filtrante [m];

k m = coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela d’iniezione [m/s];

∆H = carico idraulico utile in corrispondenza della sezione filtrante [m];

27
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Nel caso più realistico di sezione filtrante cilindrica d’altezza L, si può utilizzare la
(17) sostituendo ad r0 il raggio equivalente r0' calcolato secondo la formula:

r0' [m ] =
L
(20)
α
con:

α [−] =  2
2⋅ L  ⋅ ln  (
  L + L2 − 4 ⋅ r02 )
1/2

 (21)
 (
 L − 4 ⋅r2
0 )1/ 2
 
  2 ⋅ r0 

La portata può essere espressa anche in termini puramente geometrici:

[ ]
 n
Q m /s = V ⋅ 
3
(22)
t
con:
V = Volume di terreno interessato dall’iniezione [m3 ];
n = porosità del terreno o frazione saturata dalla miscela [-];
t = tempo [s];

Nel caso della sorgente sferica si ottiene:

[
Q m /s =
3
] 4
( )
n
⋅ π ⋅ R − r0 ⋅  
3 3
(23)
3 t 
con:
R = raggio d’influenza dell’iniezione [m];
r0 = raggio della sezione filtrante [m];

n = porosità del terreno o frazione saturata dalla miscela [-];


t = tempo [s];

Eguagliando per congruenza le due espressioni (19) e (23) della portata, si ottiene
una relazione più generale che lega il raggio di propagazione R al tempo d’iniezione t, al
carico idraulico ∆H ed alle caratteristiche del terreno k m ed n :

28
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

3 ⋅ r0 ⋅ k m ⋅ ∆H ⋅ t
(R 3
)
− r03 = (24)
n

3.3 Iniezione in un mezzo eterogeneo


I mezzi omogenei ed isotropi sono un’eccezione in natura: quasi sempre si è di fronte
a terreni eterogenei e fittamente stratificati. Nei più comuni depositi, quelli alluvionali,
si hanno infatti delle successioni di strati con permeabilità anche molto diverse e
spessori variabili da qualche millimetro ad alcuni centimetri.
Se la sezione filtrante interessa più strati, la miscela si diffonde dapprima in quelli
più permeabili, mentre gli altri hanno un ruolo di contenimento. In seguito s’invertono i
ruoli e l’iniezione interessa le zone meno permeabili, ma tuttavia penetrabili dalla
miscela prevista.
In ogni caso si ha un flusso piano descrivibile con la formula di Dupuit:

2 ⋅ π ⋅ L ⋅ ∆H ⋅ k m
[
Q m3 / s = ] ln ( R r0 )
(25)

con:
L = lunghezza della sezione filtrante [m];
∆H = carico idraulico utile in corrispondenza della sezione filtrante [m];
k m = coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela d’iniezione [m/s];
R = raggio d’influenza dell’iniezione [m];
r0 = raggio della sezione filtrante [m];

Esprimendo la portata in termini puramente geometrici, nella relazione (22) del


paragrafo 3.2 “Iniezione in un mezzo omogeneo ed isotropo” s’introduce l’espressione
del volume cilindrico elementare di terreno trattato ad ogni singola passata:

[ ] (
V m 3 = π ⋅ R 2 − r02 ⋅ L ) (26)

con:
L = lunghezza della sezione filtrante [m];
R = raggio d’influenza dell’iniezione [m];
r0 = raggio della sezione filtrante [m];

29
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

ottenendo l’espressione della portata:

[ ] (
n
Q m / s = π ⋅ R − r0 ⋅ L ⋅  
3 2 2
) (27)
t
con:
R = raggio d’influenza dell’iniezione [m];
r0 = raggio della sezione filtrante [m];

L = lunghezza della sezione filtrante [m];


n = porosità del terreno o frazione saturata dalla miscela [-];
t = tempo [s];

Eguagliando le espressioni (25) e (27) si ottiene la seguente relazione di carattere


generale:

2 ⋅ k m ⋅ ∆H ⋅ t
(R 2
)
− r02 =
n ⋅ ln ( R r0 )
(28)

1 2 3
2 r0 2 r0

L L

2 r0

Figura 13 Modelli teorici di diffusione nel terreno della miscela d’iniezione:


1. flusso radiale da una sorgente sferica in un mezzo omogeneo ed isotropo;
2. sezione filtrante cilindrica d’altezza L in un mezzo omogeneo ed isotropo;
3.sezione filtrante cilindrica d’altezza L in un mezzo eterogeneo.

30
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

4 Idrofratturazione
Dagli studi approfonditi su questo fenomeno, realizzati da Camberfort alla fine degli
anni ’70, è emerso che la pressione d’iniezione provoca sulle pareti del foro uno sforzo
tangenziale d’ugual valore: quando quest’ultimo supera il contrasto del terreno, si ha la
rottura.
Traducendo queste evidenze empiriche in termini più rigorosi, si può affermare che il
fenomeno dell’idrofratturazione (“claquage”) si verifica quando la pressione d’iniezione
è superiore alla tensione efficace minore σ 3' : in tal caso la miscela si diffonde rompendo

il terreno secondo piani perpendicolari alla direzione di σ 3' .


Quando l’idrofratturazione è indotta volontariamente, l’applicazione di una pressione
di pompaggio adeguata, causa la formazione di una frattura artificiale che si propaga nel
terreno, secondo le condizioni locali, finchè la portata è superiore alla capacità
d’assorbimento della miscela e funge, a sua volta, da sorgente di trattamento. La
fessura, mantenuta aperta dalla pressione variabile del fluido, non ha una dimensione
costante ed ha un’estensione limitata. Questa tecnica è impiegata nei trattamenti di
compattazione statica dei terreni, preliminari all’iniezione di soluzioni, oppure
successivi alle iniezioni per permeazione.
Il valore della pressione d’idrofratturazione per i terreni coesivi si calcola come:

 ' ν 
p crack [kPa] =  σ 1 ⋅ +c (29)
 1 −ν 

Il prodotto fra parentesi rappresenta la tensione principale efficace minore σ 3' [kPa],

ottenuta come prodotto della tensione principale efficace maggiore σ 1' [kPa] per il
coefficiente di trasmissione laterale dello sforzo, del terreno in campo elastico
ν
k0 = . Il termine fuori parentesi ( c [kPa]) rappresenta la coesione.
1 −ν
Assumendo un modello di terreno con stato tensionale assialsimmetrico e tensione
principale efficace maggiore σ 1' [kPa] coincidente con la tensione verticale, la formula
diventa:

31
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

 γ ' ⋅ z ⋅ν 
p crack [kPa] =   + c (30)
 1 −ν 
con:
γ ' = peso dell’unità di volume del terreno alleggerito [kN/m3 ] calcolato per
differenza fra il peso dell’unità di volume totale del terreno ed il peso
dell’unità di volume dell’acqua (γ − γ w );
z = profondità [m];
ν = modulo di Poisson [-];
c =coesione [kPa];

Da un confronto fra gli sforzi tangenziali dovuti al peso proprio del terreno e quelli
indotti dalla pressione applicata, e considerazioni geometriche inerenti l’inviluppo di
resistenza di Mohr-Coulomb, si ottiene l’espressione della pressione d’idrofratturazione
nei terreni incoerenti:

( )
p crack [kPa] = γ ' ⋅ z ⋅ ν ⋅ (1 + sin ϕ ) (31)

Nel caso di terreni coesivi si applica la formula precedente con l’aggiunta del termine
di coesione:

( )
p crack [kPa] = γ ' ⋅ z ⋅ν ⋅ (1 + sin ϕ ) + c (32)

Di là dalle formulazioni teoriche, sono molte le regole empiriche suggerite dalla


letteratura o prescritte nelle specifiche tecniche, ma il criterio più razionale è sempre
quello sperimentale consistente nella determinazione in situ della pressione di
“claquage” o pressione critica.

32
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

250

Pressione d'iniezione [kPa]


Pcr
200

150
Plim
100

50

0
0 5 10 15 20

Portata [l/min]

Figura 14 Determinazione sperimentale


della pressione critica

Il procedimento si basa sull’iniezione con portate crescenti fino al momento in cui la


pressione tende a stabilizzarsi o diminuisce. Una volta definita statisticamente, con una
serie di prove, la soglia di “claquage”, si può definire il limite di pressione d’iniezione:

Plim [kPa] = 0.9 ⋅ Pcr (33)


con:
Plim = pressione limite d’iniezione [kPa];
Pcr = pressione di “claquage” [kPa];

33
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

5 Durabilità dei trattamenti d’iniezione


Con questo termine s’indica la capacità della miscela di conservare inalterate nel
tempo, dopo la presa, determinate proprietà chimico-fisiche e meccaniche.
Dal punto di vista fisico, le principali cause d’alterazione fanno capo alle
sollecitazioni meccaniche, all’erosione, alla temperatura ed all’irraggiamento. In
particolar modo, i fenomeni termici ed osmotici hanno importanti ripercussioni sul gel
derivante dalle soluzioni.
Dal punto di vista chimico, l’acqua riveste un ruolo dominante nei fenomeni di
dissoluzione e alterazione a causa del pH o della presenza di sostanze particolari (sali e
gas, materia organica, batteri…).
La durabilità dei trattamenti d’iniezione dipende quindi fondamentalmente dalle
sostanze impiegate e dalle tecniche di messa in opera. Per ogni tipo di miscela è
pertanto necessario conoscere le eventuali incompatibilità (durante e dopo
l’indurimento) con lo scheletro solido del terreno, l’acqua interstiziale ed i gas che
possono essere inclusi.
È però interessante osservare che, nel campo delle sospensioni stabili a base ci
cemento e bentonite, la presenza dell’additivo stabilizzante ricuce notevolmente la
suscettibilità agli agenti aggressivi come le acque molto dolci, acide e selenitose.
Nel campo delle resine, invece, è nota l’imperfetta polimerizzazione in ambiente
basico, come si trova frequentemente nei terreni calcarei. Per questo tipo di miscele,
comunque, i rischi sono limitati alla fase d’indurimento e quindi sono facilmente
controllabili in laboratorio con prove su campioni d’acqua e terreno.

34
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

6 Implicazioni ambientali e problematiche connesse


alla sicurezza dei lavoratori
I prodotti utilizzati nella preparazione delle miscele d’iniezione che possono rientrare
nelle categorie a rischio per la salute di lavoratori e terzi, sono accompagnati da
apposita documentazione di sicurezza che illustra la classe di pericolo, le procedure
specifiche per la manipolazione, il trasporto e lo stoccaggio. Sono indicati
dettagliatamente anche i pericoli specifici quali: esplosione, infiammabilità, corrosione,
tossicità.
Siccome l’iniezione implica sempre una modificazione localizzata del terreno, si
pone particolare attenzione alla qualità delle acque superficiali e sotterranee, curandone
la preservazione da contaminazioni dovute a versamenti accidentali di prodotti chimici
o acque di lavaggio degli impianti, diffusione in falda di sottoprodotti di reazione ed
utilizzo di miscele d’iniezione suscettibili di dissoluzione da parte d’acque aggressive.

Migrazione durante l'iniezione


Intensità di migrazione

Migrazione dovuta alla filtrazione

Migrazione in prossimità del punto d'iniezione

Migrazione lontano dal punto d'iniezione

Tempo d'osservazione

Figura 15 Modello qualitativo della migrazione dei sottoprodotti del gel di silice
nelle acque sotterranee

In linea generale, comunque, è necessario ricordare che l’approccio allo studio


dell’impatto ambientale dei trattamenti d’iniezione, non può prescindere dall’analisi
caso per caso dei componenti delle miscele adottate e delle loro interazioni reciproche e
con i costituenti del terreno (fase solida, liquida, gassosa).

35
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

7 Miscele d’iniezione
In base ai componenti ed alle proprietà reologiche, le miscele d’iniezione possono
essere classificate in due categorie principali:

1. Sospensioni: sono costituite dall’insieme di uno o più prodotti solidi (cemento,


ceneri volatili, argille…) dispersi in acqua. Secondo il tipo ed il tenore di materia secca,
sono a loro volta distinte in sospensioni:

1.a Instabili: formate da una sospensione di cemento in acqua resa omogenea


dall’agitazione. I grani solidi tendono a sedimentare rapidamente al cessare
dell’azione meccanica, separando un’apprezzabile percentuale della fase liquida.
1.b Stabili: una miscela stabile è definita in tal modo quando manifesta una tendenza
alla sedimentazione nulla o trascurabile. Queste miscele sono generalmente
ottenute con sistemi quali l’aumento del tenore totale di materia solida,
l’impiego di componenti minerali colloidali, quali la bentonite, o l’impiego
d’additivi quali il silicato di sodio nelle miscele acqua-cemento e acqua-
cemento-bentonite. Il corretto dosaggio dei costituenti e l’agitazione meccanica
consentono di ridurre la tendenza alla separazione della fase solida.

2. Soluzioni: sono liquidi omogenei costituiti da prodotti chimici in forma di


liquidi o polveri disciolte in acqua. Secondo le proprietà reologiche, sono al loro volta
distinte in soluzioni:

2.a Evolutive o colloidali: la viscosità varia nel tempo, da un valore iniziale ad uno
finale corrispondente al gel.
2.b Non evolutive o pure: la viscosità resta costante, pari al valore iniziale, fino al
momento della presa con formazione del gel.

3. Resine : sono soluzioni di sostanze organiche in acqua o solvente non acquoso.

4. Miscele per applicazioni speciali: sono composti in grado di conferire al


terreno proprietà particolari quali la resistenza a determinati agenti aggressivi, grande
resistenza meccanica o elasticità.

36
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Tabella 3 Tipologie di miscele d’iniezione e rispettivi campi d’applicazione


Sospensione di cemento C
Sospensione cemento- bentonite C-I
Miscele caricate C-I
Gel di bentonite deflocculata e rigidificata I
Miscele a penetrazione migliorata C– I
Emulsioni di bitume I
Concentrato C
Consolidamento
Bassa viscosità C
Gel di silice
Concentrato I
Impermeabilizzazione
Diluito I
Acriliche I
Resine
Fenoliche C
Permeabilità iniziale k [m/s] 10-7 10-6 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1
Caratteristiche
Terreni alluvionali grossolani pretrattati Terreni
del terreno
Terreni alluvionali fini (sabbie e ghiaie, sabbie, sabbie siltose) grossolani

Campo d’applicazione usuale C = Consolidamento

Campo d’applicazione limitato dal costo I = Impermeabilizzazione

37
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

8 Sospensioni a base di cemento


Sono le più utilizzate per lavori d’impermeabilizzazione o di consolidamento dei
terreni a mezzo d’iniezioni. Ogni miscela è caratterizzata dal rapporto ponderale
cemento su acqua (C/A) o dal rapporto ponderale materia secca totale su acqua (MS/A).
Il cemento impiegato può essere cemento Portland, cemento d’altoforno o cemento a
macinazione microfine: la finezza di macinazione influenza, infatti, le proprietà
reologiche, la sedimentazione, la resistenza del terreno trattato.

Tabella 4 Caratteristiche dei cementi comunemente utilizzati

Superficie specifica Blaine ≥ 3000 [cm2 /g]


Diametro massimo dei grani solidi 100 [µm]
Dimensione del 90 % in peso dei grani solidi ≤50 [µm]

Tabella 5 Caratteristiche dei cementi microfini

Superficie specifica Blaine ≥ 8000 [cm2 /g]


Diametro massimo dei grani solidi 20 [µm]
Dimensione del 90 % in peso dei grani solidi ≤15 [µm]

In alternativa all’uso dei cementi microfini, è stato messo a punto un processo di


macinazione ad umido (Nishigori e Takimoto, 1991) che consiste nella
sovracomminuzione in cantiere di una sospensione di cemento comune (C/A=0.36 [-])
utilizzando un silo con sfere in acciaio del diametro di 1.2 millimetri. Il risultato è che
un cemento comune (d95 = 50 [µm], d85 = 50 [µm]) viene comminuto al punto da
renderlo più fine di un cemento microfine commerciale (d95 = 7 [µm], d85 = 4.5 [µm],
d50 = 2.4 [µm]).
Le proprietà più comuni delle sospensioni sono:

− stabilità e fluidità in funzione del dosaggio e della qualità dei componenti;


− resistenza alla compressione monoassiale, dipendente dal rapporto C/A;
− durabilità, dipendente dalla qualità e quantità dei componenti;
− facilità di preparazione ed approvvigionamento;
− economicità e facilità di messa in opera;

38
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Il comportamento reologico di questi fluidi segue la legge di Bingham, quindi,


teoricamente, viscosità e soglia di taglio non variano durante le procedure d’iniezione.
In realtà ciò non avviene e, per ovviare all’aumento dei due parametri, si fa uso
d’opportuni additivi la cui azione è coadiuvata dalla continua agitazione della miscela.
I parametri che influiscono con la penetrabilità delle sospensioni sono:
− STABILITÀ: è legata alla tendenza della fase solida a sedimentare separando
un’apprezzabile percentuale della fase liquida, quando la miscela non è mantenuta in
agitazione. Per la diffusione nei vuoti del terreno, la sedimentazione deve essere ridotta
(meno del 5% in volume per ora) perché, al di sotto di una certa velocità di flusso, causa
ostruzioni durante l’iniezione e, al termine della procedura, può provocare vuoti anche
laddove ci sia stato un buon riempimento. Il tasso di sedimentazione, cioè la
separazione delle due fasi (solido e liquido) della sospensione, si riduce all’aumentare
del rapporto C/A ed il tempo di sedimentazione aumenta all’aumentare del rapporto C/A
a causa della ridotta capacità di decantazione delle particelle solide in sospensioni
concentrate. Solo le sospensioni con cementi microfini o con rapporti C/A>1.25 [-] sono
sufficientemente stabili.
− SOGLIA DI TAGLIO E VISCOSITÀ PLASTICA: siccome le sospensioni sono
assimilabili a fluidi binghamiani, la loro progressione è limitata dalla perdita di carico
dovuta alla viscosità plastica ed alla soglia di taglio. L’impiego d’additivi che riducono
questi parametri reologici può migliorare la diffusione delle sospensioni avvicinandone
il comportamento a quello di fluidi newtoniani.
− CONCENTRAZIONE DI PARTICELLE SOLIDE: il blocco della progressione di
una miscela stabile è più rapido all’aumentare del tenore di materia solida.
− DIMENSIONE DELLE PARTICELLE SOLIDE: deve essere compatibile con la
grandezza dei vuoti intergranulari. In prima approssimazione si assume che la minima
dimensione dei vuoti intergranulari deve essere almeno il doppio del diametro delle più
grosse particelle solide in sospensione. Secondo Camberfort, l’iniezione può essere
efficace solo in un mezzo poroso con grani aventi dimensioni minime di 5-10
millimetri. Per aumentare la penetrabilità delle sospensioni, oggi s’impiegano cementi
microfoni con una superficie specifica Blaine compresa fra 8000 e 12000 [cm2 /g] ed un
contenuto del 90% in peso di grani di diametro inferiore a 15 micron, mentre un
comune cemento Portland ha una superficie specifica Blaine di circa 3000 [cm2 /g] ed il
90% in peso di grani di diametro inferiore a 50 micro

39
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

− PRESSOFILTRAZIONE: è la progressiva perdita d’acqua delle sospensioni a


contatto con il mezzo poroso non penetrabile dai grani solidi. Essa evolve durante
l’iniezione perché la separazione dell’acqua da luogo alla formazione, sulla superficie
porosa permeabile, di un pannello pastoso (cake) il cui spessore aumenta con il tempo
fino ad impedire completamente il passaggio della miscela. Questo fenomeno, molto
penalizzante, causa una riduzione della mobilità fino a 5 o 6 volte a causa del
progressivo aumento della rigidità e della viscosità: ciò comporta la diminuzione della
penetrabilità e quindi una riduzione del raggio d’influenza del trattamento. La
sedimentazione, che inizia a manifestarsi al di sotto di una certa velocità di flusso, tende
a creare delle ostruzioni e, proseguendo dopo il termine dell’iniezione, può rigenerare
dei vuoti anche dove ci fosse stato un buon riempimento. Dato che la velocità di flusso
diminuisce rapidamente con la distanza dal foro, i grani di cemento iniziano a
depositarsi tanto più rapidamente quanto maggiore è il rapporto C/A: ne consegue la
pratica di avviare l’iniezione con miscele molto diluite. Il progressivo accumulo di
cemento riduce la sezione filtrante e fa quindi aumentare la pressione fino al
raggiungimento della pressione di rifiuto.

Figura 16 Effetto arco durante l’iniezione Figura 17 Sedimentazione di una


di una sospensione instabile sospensione instabile

L’uso di particolari additivi colloidali (bentonite) può ridurre la tendenza alla


pressofiltrazione.
Questo fenomeno è studiato in laboratorio mediante un’apparecchiatura normalizzata
nel campo dei fanghi bentonitici, la filtropressa Baroid, misurando in funzione del
tempo il volume d’acqua progressivamente drenato attraverso un setto di carta da filtro.

40
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Velocità di sedimentazione
40 80

[10-4 cm/s]
Viscosità [mPas]
30 60

1 2
20 40

10 20

1 2
0 0
0 0.5 1.0 1.5 2.0

Rapporto A/C [-]

Figura 18 Viscosità e velocità di sedimentazione delle miscele a base di cemento

La durabilità delle sospensioni di cemento dipende in primo luogo dal rapporto C/A,
ed è maggiore per le miscele che realizzano la presa in condizioni di completo
riempimento dei vuoti intergranulari ed assenza d’acqua in eccesso rispetto al
quantitativo strettamente necessario all’idratazione.
Inoltre la resistenza del terreno trattato è limitata dalle sollecitazioni meccaniche, tra
cui hanno particolare importanza i sovraccarichi protratti nel tempo che accentuano il
“fluage” ed i carichi impulsivi come le vibrazioni che inducono situazioni di fatica nel
terreno trattato. Le prove di laboratorio mostrano, in prima approssimazione, una
proporzionalità fra l’angolo d’attrito interno e la densità del terreno dopo l’iniezione:
ambedue diminuiscono quando l’iniezione supera il limite di semplice riempimento dei
vuoti naturali.
L’essicazione è molto dannosa, soprattutto per le miscele contenenti bentonite, in
quanto causa la disgregazione della massa iniettata.
Nel caso di terreni con elevata permeabilità iniziale, invece, è necessario porre
attenzione ai fenomeni erosivi.
Il ruolo dell’acqua nell’alterazione delle sospensioni a base di cemento si manifesta
soprattutto dal punto di vista chimico, pertanto in prima istanza si ricorre all’addizione
di bentonite che riduce la permeabilità della miscela e quindi anche la suscettibilità del
cemento alle acque aggressive.

41
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Le diverse tipologie d’acque in grado di alterare le proprietà delle iniezioni sono:


− acque molto pure: sono in grado di dissolvere quantità importanti d’ossido di
calcio del cemento causandone la destrutturazione a lungo termine. Secondo Petrovski
(1982), una dissoluzione del 25% del CaO può portare ad una caduta di resistenza del
50%.
− acque acide con valori di pH da 6.5 a 4 [-]: dissolvono l’ossido di calcio ed altri
componenti del cemento. In questi casi s’utilizzano cementi alluminosi che hanno una
certa resistenza alle acque aggressive, ma non possono essere addizionati di bentonite.
− acque solfatiche con concentrazioni di solfati di calcio, sodio e magnesio
superiori a 600 [mg/l]: reagiscono con l’alluminato tricalcico del cemento per formare
un solfo-alluminato espansivo che provoca il rigonfiamento del Portland. In questi casi
s’utilizzano cementi Portland di composizione particolare.
− acque inquinate: in questi casi è necessario compiere appositi studi per
determinare natura e concentrazione degli agenti inquinanti, al fine d’individuare la
composizione ottimale della miscela d’iniezione.
La durabilità e la stabilità all’erosione richiedono pertanto l’adozione di un rapporto
C/A>0.5 [-].
La temperatura d’iniezione della miscela è in grado d’influenzare la presa e la
maturazione del cemento, infatti, una temperatura superiore a 20 [°C] accelera lo
sviluppo della resistenza. Il tempo di presa può essere ridotto di un’ora utilizzando,
nella preparazione della miscela, acqua pre riscaldata a 60 [°C].
Sono state sviluppate metodologie di calcolo del calo di temperatura, delle
sospensioni di cemento, che si verifica nelle tubazioni d’iniezione. In proposito si veda
il paragrafo 12.4 “Preparazione della miscela”.

Le miscele a base di cemento possono essere distinte in tre categorie:

a. sospensioni a base di cemento puro;


b. sospensioni a base di cemento e bentonite;
c. sospensioni caricate;

42
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

8.1 Sospensioni di cemento puro


Sono ottenute disperdendo polvere di cemento puro in acqua e, spesso, per ridurre la
tendenza alla separazione delle fasi, s’impiegano rapporti cemento-acqua elevati
(C/A>1.5 [-]). Quando il rapporto C/A è attorno a 0.5 [-] la sospensione ha un
comportamento intermedio tra il fluido newtoniano e binghamiano, mentre, quando
suddetto rapporto è inferiore a 0.5, il comportamento è marcatamente binghamiano.
La soglia di taglio, infatti, è 1 [Pa] per C/A=1 [-] e 30 [Pa] per C/A=2 [-].
L’impiego di questo tipo di miscele permette d’ottenere resistenze meccaniche
elevate dipendenti dalla pressione d’iniezione, dalla dimensione dei vuoti intergranulari
e dalla possibilità d’allontanamento dell’acqua durante la fase di presa.
Il tipo di cemento dipende essenzialmente dalle caratteristiche idrauliche e
meccaniche finali che s’intendono conferire alla miscela e dalle proprietà del terreno da
trattare (eventuale presenza d’acque aggressive…). In particolare la finezza di
macinazione del cemento riveste un ruolo determinante nelle dinamiche di diffusione
della miscela nel terreno.
I dosaggi abituali hanno rapporti ponderali C/A variabili tra 1 e 2.5 [-] e,
naturalmente, le miscele più fluide sono utilizzate nei terreni fini.
Le proprietà meccaniche del terreno iniettato dipendono dalla qualità del cemento
utilizzato, dal rapporto C/A e dalla resistenza del materiale naturale costituente l’inerte:
in generale si raggiungono valori di resistenza alla compressione semplice compresi fra
5 e 50 [MPa].

43
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

8.2 Sospensioni con cemento e bentonite


Si tratta di sospensioni di cemento stabilizzate con bentonite (in percentuale
compresa fra 1 e 7% in peso) al fine d’ottenere una miscela colloidale omogenea e con
un’ampia gamma di viscosità (variabile con le condizioni di flusso) e resistenza
meccanica (variabile con il dosaggio).
L’aggiunta di bentonite può ridurre il tasso di sedimentazione dal 20% fino al 5-10%.

Contenuto di bentonite [%]


2 4 6
Tasso di sedimentazione [%]

0.8
1.0
20
1.5
2.0
40
Rapporto A/C

60

Figura 19 Azione stabilizzante della bentonite su di una sospensione


di cemento con superficie specifica di 3500 [cm 2 /g]

La viscosità dipende dal rapporto ponderale C/A e dalla percentuale di bentonite: si


presenta costante per le prime 2-3 ore, mentre aumenta rapidamente fino alla presa.
In generale, quando si aggiunge il cemento ad una sospensione bentonitica,
l’evoluzione delle caratteristiche reologiche si manifesta in tre fasi distinte:

1. aumento istantaneo e notevole della viscosità apparente: una specie di falsa


presa dovuta ad assorbimento d’acqua da parte del cemento ed alla flocculazione
della bentonite da parte del cemento stesso;
2. in pochi minuti successivi, la falsa presa viene quasi annullata dall’agitazione ed
inoltre la calce del cemento trasforma la bentonite sodica in calcica, cioè la
rende meno idrofila con una conseguente fluidificazione della miscela;
3. subito dopo ha inizio una progressiva rigidificazione, che si evolve più o meno
rapidamente secondo che la miscela sia mantenuta in agitazione o a riposo.

44
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Lo stato di riferimento per la definizione delle caratteristiche reologiche iniziali è


quello corrispondente al termine della seconda fase, cioè qualche minuto dopo
l’aggiunta del cemento.

Tabella 6 Caratteristiche reologiche iniziali della miscela

Rendimento volumetrico per eventuale decantazione 96÷100%


Viscosità Marsh 35÷45 [s]
Viscosità Stormer 20÷40 [mPa·s]
Viscosità apparente (Rheometer o Fann) 10÷20 [mPa·s]
Soglia di taglio 0.02 [kPa]

È necessario distinguere il comportamento di tipo binghamiano, delle miscele a base


di cemento e bentonite, dall’effetto tixotropico fornito dalla bentonite stessa: a seguito
di un gradiente di taglio, in pratica dalla pressione di pompaggio, un composto
tixotropico è trasformato dalla condizione di gel a quella di un fluido vero e proprio. Il
processo è reversibile: annullando la pressione, il fluido ritorna ad essere gel e, per
mobilizzarlo, occorre nuovamente applicare una pressione superiore al “limite
tixotropico”.
Al contrario, la soglia di taglio dei fluidi binghamiani non si ripresenta quando la
pressione è ridotta al di sotto di tale valore. Ciò è dovuto al tempo trascorso dopo la
preparazione della miscela, durante il quale l’acqua è assorbita dal solido in modo
irreversibile. In base a dati sperimentali, Camberfort e Caron hanno definito la seguente
espressione del gradiente di pressione necessario a vincere la soglia di taglio:

p
  [−] = 100 ⋅ τ 0 ⋅ S 0 ⋅ (1 − n ) (34)
 R  min
con:
p = pressione d’iniezione [/m2 ];

τ 0 = soglia di taglio [/m2 ];


R = raggio d’azione [m];
S 0 = superficie specifica dei grani in termini volumetrici [cm-1 ];

n = porosità [-];

45
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Un altro criterio, proposto da Raffle e Greenwood, si basa sul diametro medio dei
pori del terreno, individuando il gradiente idraulico minimo con la relazione:

τ 
i min [−] = 4 ⋅ 10 ⋅ 0 
−4
(35)
d 
 p 
con:
τ 0 = soglia di taglio [/m2 ];

d p = diametro dei pori [m] misurabile con il porosimetro a mercurio o

deducibile dalla relazione:


1/ 2
 32 ⋅ ηw ⋅ k 
d p =   (36)
 γ w ⋅n 
con:
ηw = viscosità dinamica dell’acqua (10-3 [·s/m2 ] alla temperatura di 20

[°C], pari a 1 [mPa⋅s]) [·s/cm2 ];


γ w = peso specifico dell’acqua (10-2 [/cm3 ]) [/cm3 ];

k = coefficiente di permeabilità [m/s];


= porosità [-];

Una volta superata la soglia di pressione imposta dalla rigidità iniziale, per
mantenere costante la portata si ha un progressivo aumento della pressione dovuto
all’evoluzione della viscosità della miscela.
Le miscele a base di cemento stabilizzate con bentonite sono quindi stabili grazie alla
scarsa tendenza alla sedimentazione del cemento ed hanno lunghi tempi di presa e bassa
velocità di rigidificazione, buona penetrazione nei terreni compatti, impermeabilità e
resistenza al dilavamento. Si deve comunque osservare che la penetrabilità di queste
miscele decresce con l’aumentare dell’effetto consolidante richiesto.

46
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Tabella 7 Proprietà reologiche e caratteristiche delle sospensioni


a base di cemento stabilizzate con bentonite

Viscosità apparente < 12 [mPa⋅s]


Viscosità plastica < 8 [mPa⋅s]
Soglia di taglio < 0.1 [kPa]
Sedimentazione < 3%
Rapporto C/A 0.1÷2 [-]
Acqua filtrata a 7 atm (prova con filtropressa Baroid) 40-80 [cm3 ]

La proprietà della bentonite, più utile ai fini dell’applicazione nelle iniezioni, è la


capacità d’idratazione o rigonfiamento.
Il termine bentonite, però, comprende categorie di prodotti differenziati da proprietà
fisico-meccaniche e costi d’approvvigionamento.
Argille naturali: costituite da silicati idrati d’alluminio e magnesio in forma
lamellare, da tracce di calce ed ossidi metallici in proporzioni variabili secondo il sito di
provenienza. Hanno una capacità di rigonfiamento, durante l’idratazione, da 1 a 6 volte
in rapporto al volume apparente del solido. Sono un prodotto generalmente economico
venduto essiccato con granulometria inferiore 74 micron (setaccio ASTM 200).
Bentoniti naturali: sono argille smectitiche, in cui predomina la componente
“Montmorillonite”, che devono le loro spiccate proprietà colloidali in sospensione
acquosa ad una struttura molecolare di tipo lamellare fortemente idratabile a causa della
presenza del catione sodio che viene sostituito dall’acqua. Il rigonfiamento varia fra le 3
e le 18 volte. Sono vendute in polvere con un passante al setaccio ASTM 200 compreso
fra il 96% ed il 98% ed una percentuale di grani inferiori a 2 micron dell’80-85%.
In natura sono presenti due tipi di bentonite. La bentonite calcica è l’unica presente
in Europa, ha proprietà colloidali modeste ed una capacità di rigonfiamento da 3 a 7
volte. La bentonite sodica, presente in quantità economicamente sfruttabili solo nel
Wyoming (U.S.A.), è decisamente più performante e presenta un tasso d’idratazione che
varia da 12 a 18 [-].
È possibile produrre artificialmente bentoniti con caratteristiche specifiche.
Bentoniti permutate: sono bentoniti calciche naturali trasformate artificialmente in
bentoniti sodiche per addizione di carbonato di sodio prima dell’essicazione. Si ottiene
così un rigonfiamento da 10 a 15 volte.

47
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Bentoniti attivate: sono bentoniti permutate alle quali sono aggiunti dei polimeri per
migliorare il rigonfiamento, ottenendo valori variabili fra 10 e 25 [-].
In particolare si ricorda che l’impiego della bentonite con cementi alluminosi è da
evitare perché la basicità conferita all’acqua dalle bentoniti permutate causa la
disgregazione della struttura di questi cementi.

Per quanto concerne il dosaggio dei componenti, in linea generale si può affermare
che nei lavori di consolidamento dei terreni s’impiega un rapporto C/A compreso fra 0.5
ed 1 [-] ed un eccesso di cemento rispetto alla bentonite, mentre nei lavori
d’impermeabilizzazione si ha l’opposto.
I dosaggi variano anche in funzione della qualità della bentonite e del tempo di pre-
idratazione (d’alcune ore nelle argille naturali e di pochi minuti nel caso delle bentoniti
attivate), a seguito del quale si sviluppa la viscosità caratteristica (compresa fra 35 e 60
secondi al cono Marsh).
Il rapporto ponderale C/A varia fra 0.12 e 2 [-] in funzione della resistenza
meccanica richiesta, della fluidità necessaria al pompaggio e della stabilità
(generalmente la decantazione è inferiore al 5% in 2 ore).

Tabella 8 Dosaggio tipico delle sospensioni di cemento stabilizzate con bentonite

argilla 80 – 400 [kg/m3 ]


bentonite 20 – 80 [kg/m3 ]
cemento 100 – 700 [kg/m3 ]

Le sospensioni a base di cemento e bentonite conferiscono al terreno trattato


resistenze meccaniche elevate perché, se il dosaggio di bentonite è inferiore al 6%,
l’effetto penalizzante dell’additivo sulla resistenza è trascurabile.
Naturalmente l’incremento di resistenza è legato al rapporto C/A.
Per rapporti C/A fra 1 e 1.5 [-] è statisticamente attendibile la legge di Bolomey
riferita a provini invecchiati 28 giorni:

C 
Rc 28d [MPa ] = 6 ⋅  − 0.5  (37)
A 

48
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Per rapporti C/A fra 0.2 e 1 [-] si utilizza, invece, la seguente relazione riferita a provini
invecchiati 28 giorni:

β
C
Rc 28d [MPa ] = α ⋅   (38)
 A
con:
α = costante compresa fra 3 e 8 [MPa];
β = esponente adimensionale [-] variabile secondo il rapporto C/A:

Tabella 9 Campi di variazione dell’esponente β

C/A [-] β [-]


0.2÷0.4 2÷3
0.4÷1.0 1.5÷2.0

25
Rc 28d [MPa]

20

15

10

0
0 0.5 1.0 1.5 2.0

Rapporto A/C [-]

Figura 20 Resistenza a compressione monoassiale


di una sabbia uniforme, 28 giorni dopo l’iniezione
di una sospensione di cemento, senza pressofiltrazione
o eccesso d’acqua espulsa successivamente

L’effetto delle iniezioni sulla resistenza a trazione può essere stimato nel 15% della
resistenza a compressione del terreno trattato.

49
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Rc 28d
50
[MPa]

10

5.0

1.0

0.5

0.1

0.05

0.01
100 200 300 400 500 1000
Dosaggio ponderale cemento [kg/m3]
Miscele stabili C/A
cemento-bentonite 0.5 1 1.5 2.0 2.5
Viscosità Marsh: 33-40''

Figura 21 Resistenza a compressione semplice a 28 giorni


delle sospensioni a base di cemento e bentonite

L’impermeabilizzazione si ottiene con un dosaggio elevato di bentonite che


conferisce alle miscele cemento-bentonite-acqua non pressofiltrate una permeabilità di
10-8 [m/s].
Il valore finale del coefficiente di permeabilità raggiunto, dipende dal grado di
riempimento dei vuoti, dall’acqua residua all’inizio della fase di presa e dal rapporto
C/A della sospensione.
Per quanto concerne la durabilità, le bentoniti sono materiali insolubili che creano
una pellicola protettiva attorno ai grani solidi di cemento che ne impedisce, o
quantomeno rallenta, la dissoluzione da parte delle acque aggressive.
Questa tipologia di miscele è comunemente adottata nel trattamento dei terreni in
quanto sostituisce egregiamente le sospensioni instabili di cemento

50
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

nell’impermeabilizzazione e nel consolidamento dei terreni granulari, in particolare per


addensare terreni eterogenei, riempire grossi vuoti intergranulari e permettere il
successivo impiego di miscele per riempire i vuoti più piccoli. Un’applicazione
particolare è l’impiego di queste miscele come fluido di perforazione in terreni spingenti
o rigonfianti.
I criteri economici che condizionano la scelta dei prodotti da utilizzare fanno capo al
costo dei materiali ed alla facilità d’approvvigionamento e di stoccaggio.
I fattori tecnici da considerare sono relativi al tipo di terreno, alla permeabilità e
all’importanza dei vuoti, in base ai quali si sceglie il dosaggio ottimale dei prodotti in
relazione allo scopo richiesto (consolidamento o impermeabilizzazione).

8.3 Sospensioni caricate


Sono miscele a base di cemento o di cemento e bentonite alle quali vengono
addizionati materiali inerti pulverulenti o con lenta presa idraulica allo scopo di
modificare la viscosità ottenendo un prodotto economico mediante la sostituzione del
cemento con un materiale poco costoso. Quest'operazione si effettua solitamente in casi
di forte assorbimento della miscela iniettata o d'importanti volumi da riempire, quando
non si richiede particolare resistenza al terreno trattato.
I materiali comunemente utilizzati sono sabbia naturale o ceneri volatili, provenienti
da centrali termiche, addizionate in proporzioni rispettivamente di 1000-1200 [kg/m3 ] e
750-900 [kg/m3 ] di miscela. Nei casi di riempimento di grandi vuoti sotterranei si può
giungere ad un rapporto ponderale carica/cemento di 10-20 [-].
L’aggiunta della carica riduce la penetrabilità ed aumenta la viscosità secondo una
relazione diretta con il tenore e la granulometria della carica.
La resistenza meccanica è funzione del rapporto C/A e può variare da 0.4 a 0.5
[MPa] per le miscele di riempimento fino a 30 [MPa] per le miscele di colmataggio
all’estradosso dei rivestimenti. Il carattere pozzolanico delle ceneri volatili può
aumentare la resistenza a lungo termine delle miscele a basso dosaggio di cemento.

51
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

8.4 Sospensioni speciali


Sospensioni a presa accelerata e rigidificazione controllata. Sono miscele i cui tempi
di presa possono essere ridotti fino a pochi secondi. Per miscele a base di cemento si
possono impiegare un insieme di cemento Portland e cementi alluminosi o
semplicemente adottare acceleranti di presa come cloruro di calcio e silicato di sodio.
Per le miscele a base di cemento e bentonite l’accelerante più usato è il silicato di sodio
Rp = 3.3 [-] al 7% in peso ed il minimo tenore di cemento deve essere di 250 [kg/m3 ] di
miscela. A titolo indicativo, una miscela con rapporto C/A=1 [-], additivata a silicato di
sodio, ha tempi di presa compresi fra 10 e 30 minuti, contro tempi di 8 ore per miscele
prive d’acceleranti.

Sospensioni espansive o rigonfianti. Sono miscele che subiscono un aumento di


volume superiore al 100%, in seguito alla messa in opera, ottenuto grazie alla
formazione d’idrogeno gassoso proveniente dall’azione della calce nel cemento sulla
polvere d’alluminio incorporata durante la preparazione (2 [kg/m3 ] di miscela). La
stabilità a breve termine della miscela è ottenuta tramite l’addizione di piccole quantità
di silicato di sodio.

Sospensioni espanse o aerate. Sono miscele stabili il cui volume è stato aumentato
mediante l’immissione d’aria prima della messa in opera tramite l’agitazione e
l’aggiunta di un tensioattivo in quantità inferiore all’uno per mille. L’aumento di
volume, ottenuto in fase preparatoria con questa tecnica, va dal 30 al 50% e le bolle
d’aria inclusa hanno un effetto fluidificante che favorisce la penetrabilità riducendo
l’effetto arco delle particelle di cemento. Queste miscele sono utilizzate unicamente per
l’intasamento di cavità sotterranee e forniscono anche un effetto di serraggio grazie ad
una pressione residuale in fase di presa.

Sospensioni schiumose o gassose. Sono ottenute a partire da una sospensione di


cemento mescolata ad una schiuma formata da acqua con tensioattivo preparata a parte.
Rispetto alle sospensioni espanse presentano maggiore versatilità dovuta alla possibilità
di variare il dosaggio del cemento associando leggerezza e resistenza meccanica. Anche
il tasso di rigonfiamento è nettamente maggiore: si può raggiungere il triplo del volume
iniziale.

52
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Sospensioni a penetrabilità migliorata. Sono concepite per consentire la penetrazione


e la diffusione della miscela in piccoli vuoti intergranulari. Questo scopo può essere
raggiunto con diverse modalità.
1. Riduzione della viscosità e della resistenza a taglio: si ottiene addizionando
fluidificanti e antiflocculanti tenendo costante il tenore di solido disperso
(cemento). Questi prodotti possono essere derivati di sostanze organiche naturali
(lignosolfonati) o sintetiche (poliacrilati, naftalene solfonato) o minerali
(bicarbonato di sodio). Il dosaggio varia da 0.5 a 5% in rapporto al peso cemento e
permette di ridurre la viscosità Marsh da 55-60 a 32-35 secondi (2-8 [mPa⋅s])
mantenendola costante per 20-30 minuti, prima che aumenti rapidamente.
2. Aumento della resistenza alla pressofiltrazione: siccome la pressofiltrazione
aumenta progressivamente la viscosità della miscela a causa della perdita
dell’acqua riducendone la mobilità, con l’aggiunta di peptizzanti (0.4-2.5 [kg/m3 ]
di miscela bentonite-cemento) o di polimeri ritenitori d’acqua (0.1-5 [kg/m3 ] di
miscela bentonite-cemento) si contrasta questo fenomeno aumentando la
penetrabilità della miscela.
3. Riduzione della dimensione dei grani solidi in sospensione: è la soluzione
economicamente più gravosa perché comporta la sovracomminuzione del cemento
per ridurre i diametro medio dei grani da 15 a 5 micro In questo modo la
superficie specifica Blaine dei grani passa da 3500 [cm2 /g] a valori prossimi a
8000 [cm2 /g].

Sospensioni a resistenza meccanica migliorata. Questo scopo si può raggiungere


aumentando il rapporto C/A a viscosità costante utilizzando un plastificante riduttore
d’acqua oppure modificando il rapporto calce/silicio del cemento con l’utilizzo di
additivi silicei reattivi che conferiscono un carattere pozzolanico al cemento. Questi
prodotti possono essere pozzolane reattive naturali o artificiali come le ceneri volatili
delle centrali termiche a carbone e, spesso, sono accompagnati da una piccola
percentuale (in peso rispetto al cemento) d’attivanti quali soda o carbonato di sodio.

Sospensioni a resistenza al dilavamento migliorata. A questo scopo si usano miscele


a rapida rigidificazione o miscele additivate con alcuni millesimi in peso rispetto al
cemento di flocculanti e coagulanti organici che aumentano coesione e viscosità.

53
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

8.5 Parametri caratteristici delle miscele a base di cemento


PESO SPECIFICO: semplicemente si pesa un volume noto di miscela.
Reologia della miscela allo stato liquido: si determina esclusivamente in laboratorio
con il viscosimetro coassiale.
VISCOSITÀ: in cantiere si misura con il cono Marsh con diametro d’uscita di 4.76
millimetri in base alla norma API 13B. La metodica consiste nell’immettere nel cono
1500 [cm3 ] di miscela e nel misurare il tempo necessario per la fuoriuscita di 1000
[cm3 ].
RIGIDIFICAZIONE: questa misura si effettua solitamente in laboratorio con
scissometri di sensibilità adeguata alla resistenza della miscela.
SEDIMENTAZIONE: con questo termine s’intende la separazione delle fasi dovuta
ad instabilità naturale. Nel caso specifico delle sospensioni si ha una tendenza alla
sedimentazione che si traduce in un fenomeno visibile e facilmente misurabile, la
separazione dell’acqua, ed in un altro meno evidente: il progressivo aumento della
concentrazione dall’alto verso il basso. Il primo aspetto è rilevante solo nelle
sospensioni instabili, mentre il secondo fenomeno può essere accentuato anche nelle
sospensioni stabili, al di sotto di un certo limite di rigidità-viscosità.
La sedimentazione si misura con provette graduate della capacità di 1000 [cm3 ]
(φ interno = 60 [mm]; h = 400 [mm]) in cui la miscela è lasciata a riposo per due ore. Il
processo di decantazione permette la separazione della fase solida che si deposita sul
fondo, sovrastata dall’acqua limpida di cui si misura il volume ( Vacqua ). Si esprime

come:

Vacqua ∆h
D[%] = ⋅100 = ⋅ 100 (39)
Vtotale H

Le sospensioni con tasso di sedimentazione inferiore al 10% sono ritenute stabili.

54
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Sospensione Sospensione
stabile instabile
Livello iniziale dell'acqua

∆h Acqua limpida

H
Sospensione decantata
dopo due ore

Figura 22 Schema della prova per la determinazione del tasso


di sedimentazione, nelle sospensioni di cemento

Superficie specifica [cm2/g]


2400 3000 4000 5000

10 0.8 (180')
Tasso di sedimentazione [%]

(120')
20 1.0 (120')

30
(100') 1.5 (80')
40

(80') 2.0
50 Rapporto A/C
60
(60') Tempo di sedimentazione completa [min]

Figura 23 Relazione fra il tasso di sedimentazione e la granulometria


del solido, nelle sospensioni di cemento

55
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

TEMPO DI PRESA: per le sospensioni ricche in cemento, il tempo di presa è definito


convenzionalmente dalla prova con l’ago di Vicat e corrisponde a tempi dell’ordine di
qualche ora con rapporti C/A attorno a 2 [-]. Per le miscele stabili additivate a bentonite
o povere in cemento, la presa vera e propria è notevolmente rallentata, quindi si
effettuano misure scissometriche che indicano l’evoluzione nel tempo della resistenza a
taglio. Ciò che interessa, comunque, è il tempo necessario al raggiungimento di una
rigidità tale da bloccare il flusso e mantenere la miscela negli interstizi occupati: questa
rigidità è molto minore della resistenza corrispondente alla presa in termini
normalizzati.
PRESSOFILTRAZIONE: si misura sia in laboratorio che in situ con la filtropressa
standard (filtropressa Baroid) secondo le modalità stabilite dalla norma API 13B.
Siccome, alla pressione normalizzata di 700 [kPa], la pressofiltrazione ha un decorso
proporzionale alla radice quadrata del tempo, il comportamento delle sospensioni a base
di cemento può essere caratterizzato da un unico parametro che esprime la velocità di
flusso dell’acqua pressofiltrata: il coefficiente di pressofiltrazione definito dalla
relazione:

k f [−] =
AF
(400 ⋅ t ) (40)

con:
AF = volume d’acqua filtrata dopo t minuti [cm3 ];
400 = volume iniziale del campione [cm3 ];

Il coefficiente di pressofiltrazione definisce quindi la velocità di drenaggio che


caratterizza la miscela in specifiche condizioni sperimentali che possono essere più o
meno diverse da quelle operative reali. In generale, l’approssimazione è tanto migliore
quanto più finemente poroso è il mezzo, cioè nel caso d’iniezione in un terreno
eterogeneo in cui il flusso avviene lungo vie preferenziali (ghiaia), ma a contatto di
orizzonti sabbiosi.
RESISTENZA A COMPRESSIONE: data la granulometria grossolana dei terreni
consolidabili con sospensioni, le prove meccaniche vengono raramente eseguite su
provini preparati artificialmente in laboratorio; perlopiù si usano campioni di terreno

56
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

trattato in situ. Nel caso delle sospensioni rivestono un certo interesse anche le prove
sulla miscela pura.
I test di compressione monoassiale o triassiale sono realizzati su provini cubici o
H
cilindrici di miscela indurita, o terreno trattato, di snellezza 1.5 ≤ ≤ 2 . Le prove sono
D
effettuate a varie età di stagionatura (intervalli standard di 7, 28 e 90 giorni) su provini
conservati in acqua.
Solo per le sospensioni, le prove di laboratorio offrono indicazioni utili sulla
resistenza e sulla deformabilità del terreno trattato.
RESISTENZA A TRAZIONE: si determina con prove di flessione su provini
confezionati a forma di barretta.
RESISTENZA A TAGLIO: si misura in laboratorio con prove di taglio diretto

57
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

9 Soluzioni a base di silicato di sodio


Si tratta di liquidi, composti da un colloide (silicato di sodio) e da un reagente,
caratterizzati dall’assenza di rigidità e da una viscosità che evolve nel tempo fino al
raggiungimento dello stato solido consistente in un gel. Questo tipo di miscela
d’iniezione è impiegato in terreni la cui permeabilità ridotta e granulometria fine non
consentono l’utilizzo delle sospensioni. A volte l’utilizzo di soluzioni a base di silicato
di sodio è preceduto da un trattamento con iniezioni di sospensione a base di cemento,
finalizzate al riempimento dei vuoti intergranulari maggiori. Come per le sospensioni, le
soluzioni possono essere impiegate a fini di consolidamento o d’impermeabilizzazione,
sia provvisori sia permanenti.
Le principali proprietà delle soluzioni a base di silicato di sodio sono:

− ridotta viscosità iniziale;


− assenza di rigidità;
− assenza di una fase solida che può separarsi da quella liquida per effetti di
sedimentazione o pressofiltrazione;
− tempo di presa regolabile;
− aumento della resistenza meccanica del terreno trattato;
− riduzione della permeabilità del terreno trattato;

Le soluzioni sono fluidi newtoniani evolutivi per i quali esiste una relazione lineare
fra la portata e la pressione d’iniezione, per ogni valore di viscosità. Siccome
quest’ultima aumenta nel tempo, si ha un incremento proporzionale della pressione, a
portata costante, oppure un calo di portata, a pressione costante. Durante la fase
d’iniezione, queste soluzioni evolutive si diffondono per impregnazione nei terreni
granulari secondo la legge di Darcy e, con ogni dosaggio di silicato di sodio e reagente,
la penetrabilità aumenta con la diluizione, comportando una diminuzione dell’effetto
consolidante. L’azione di un qualsiasi reagente modifica l’equilibrio elettrico, che
mantiene i gruppi di silicati distaccati, portandoli a riunirsi in strutture a catena che
irrigidiscono l’assieme. La resistenza del gel che ne deriva dipende dalla quantità
d’acqua e dalla natura del reagente.

58
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

I parametri principali che condizionano la distanza di penetrazione fanno capo alla


permeabilità del terreno, al valore della viscosità iniziale ed alla sua evoluzione nel
tempo, alla pressione ed alla durata dell’iniezione. Le soluzioni colloidali sono anche
dette soluzioni evolutive perché la viscosità aumenta nel tempo al raggiungimento dello
stato solido sotto forma di gel.

9.1 Silicato di sodio


Solitamente si presenta come una soluzione acquosa di silice colloidale in ambiente
basico, costituita da gruppi di silice ( SiO 2 ) mantenuti in soluzione dalla soda.
Dato che il silicato di sodio commerciale è costituito da una mescolanza di vari
silicati (metasilicato, disilicato e tetrasilicato), la formula generale è:

nSiO 2 ⋅ Na2O (41)

Il silicato di sodio è caratterizzato dal rapporto ponderale silice/soda, definito come:

Rp [−] =
SiO 2
(42)
Na2 O

e dalla densità, espressa in gradi Baumé ([°Bé]) o in gradi Twaddle ([°Tw]). A titolo
indicativo, 38 [°Bé] corrispondono ad una massa volumica di 13 [kN/m3 ] ad una
temperatura di 20 [°C].
I silicati di sodio liquidi abitualmente utilizzati hanno un rapporto ponderale Rp
compreso fra 3 [-] e 4 [-], una densità compresa fra 30 e 42 [°Bé] (52 e 82 [°Tw]) ed un
peso specifico compreso fra 1,36 e 1,38 [daN/dm3 ].
La qualità del silicato di sodio è denotata anche dal contenuto d’acido silicico, che
influenza direttamente le proprietà del gel di silice formato dalla reazione di
neutralizzazione.
Il silicato di sodio si può trovare anche sotto forma di silicati vetrosi che devono
essere messi in soluzione acquosa in autoclave a 150 [°C] e 0.6 [MPa], oppure in
polvere o atomizzati che possono essere disciolti in acqua a 40 [°C].
È importante rilevare che l’abbassamento della temperatura causa un rapido aumento
della viscosità del silicato di sodio: pertanto è necessario evitarne l’esposizione a
temperature inferiori a 0 [°C] in qualsiasi fase di lavorazione.

59
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

15 30
%SiO2 °Bé - %Na2O - %SiO2
20
40

Rp
°B

=
2.0
é/
20
25 °C

50

Rp
=
3.0
30

Rp

Rp
=
3.3

=
60

3.3
35

40
5 10 15 20 25
%Na2O

Figura 24 Silicato di sodio: relazione tra i gradi Baumé e le percentuali


di SiO 2 ed Na2O per differenti rapporti ponderali (Rp)

Recentemente, alle soluzioni a base di silice colloidale, sono state affiancate le


soluzioni a base di liquore di silice: si tratta di soluzioni vere di silice disciolta nella
soda, ossia di soluzioni di monomeri veri e propri, mentre la silice colloidale costituisce
soluzioni di polimeri. La silice attivata, associata al reagente minerale, produce
idrosilicati con una struttura cristallina vera e propria: il prodotto risultante è resistente e
stabile nel tempo. Non si tratta, infatti, di una gelificazione evolutiva, come nel caso
della silice colloidale, con formazione d’aggregati di macromolecolari e possibilità di
sineresi, ma di una reazione diretta, che si realizza a livello molecolare. Data la modalità
di reazione, l’impiego del liquore di silice necessita della messa in opera con il processo
Joosten, mediante passate successive dei due componenti in un unico tubo valvolato o
mediante la posa nel foro di due tubi valvolati accoppiati per l’iniezione simultanea dei
due componenti della miscela.

60
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

9.2 Reagenti inorganici d’origine minerale


Contengono anioni che neutralizzano la componente basica del silicato di sodio.
Affinché i tempi di presa siano sufficientemente lunghi e compatibili con le esigenze
operative, il silicato di sodio deve essere fortemente diluito, perciò questi reagenti sono
utilizzati essenzialmente nei trattamenti impermeabilizzanti (gel tenero). I reagenti
minerali più comuni sono il bicarbonato di sodio e l’alluminato di sodio.
Il bicarbonato di sodio ( NaHCO2 ) libera lo ione bicarbonato ( HCO2− ) che
neutralizza la basicità del silicato con formazione di carbonato di sodio e gel di silice
secondo la seguente reazione:

nSiO 2 ⋅ Na2O + 2 NaHCO2 → 2 Na2CO3 + nSiO 2 + H 2O (43)

La debole acidità del bicarbonato di sodio permette, con sufficiente diluizione, di


ottenere dei tempi di presa compatibili con l’impregnazione dei terreni.

Tabella 10 Dosaggi usuali delle soluzioni contenenti


bicarbonato di sodio come reagente (per m3 di soluzione)

Silicato di sodio (Rp=3,3 [-] e d=35-37 [°Bé]) 100-200 [l/m3 ]


Bicarbonato di sodio 15-30 [kg/m3 ]

L’alluminato di sodio ( NaAlO 2 ) reagisce con il silicato di sodio formando un silico-


alluminato di sodio dalla struttura complessa:

nSiO 2 ⋅ Na2O + 2 mNaAlO2 → ( nSiO 2 ⋅ mAl2 ⋅ (m + 1)Na 2O) (44)

L’alluminato di sodio, in forma pulverulenta o in soluzione stabilizzata, è introdotto


nella miscela sotto forma di soluzione diluita.

Tabella 11 Dosaggi usuali delle soluzioni contenenti


alluminato di sodio come reagente (per m3 di soluzione)

Silicato di sodio (Rp=3,3 [-] e d=35-37 [°Bé]) 50-300 [l/m3 ]


Alluminato di sodio 10-30 [kg/m3 ]

61
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Nel consolidamento dei terreni si utilizzano anche reagenti quali il cloruro di calcio
che provoca la presa quasi istantanea con formazione di un gel di scarsa penetrabilità
che non permette di realizzare il trattamento per impregnazione. Si tratta della reazione
di neutralizzazione alla base del procedimento Joosten per la formazione di un gel duro
impiegato esclusivamente nei lavori di consolidamento del terreno:

Na2 O ⋅ SiO 2 + CaCl2 + H 2O → Ca(OH )2 + nSiO 2 ⋅ NaCl (45)

Viscosità [mPas=Centipoises]
200

180

Soluzione a base
160 di silicato di sodio
Reagente: diestere

140

120

100

80

60

40

Viscosità iniziale
20

0
10 20 30 40 50 60 70
Tempo [minuti]
Tempo d'iniettabilità

Tempo di presa

Figura 25 Esempio d’evoluzione della viscosità in funzione del tempo

62
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

9.3 Reagenti organici


Agiscono con una reazione di saponificazione che libera acidi organici la cui cinetica
chimica può essere regolata con le proporzioni dei componenti. Il ritardo della
gelificazione non è più prodotto dalla diluizione, come nel caso dei reagenti inorganici,
ma dalla lenta formazione di un acido organico che gelifica il silicato liberando acido
silicico.
Possono essere utilizzati indifferentemente per l’impermeabilizzazione (gel tenero) o
il consolidamento dei terreni (gel duro) con una debole diluizione del silicato.
I reagenti organici più comuni sono:
1. Monoesteri: acetato d’etile;
Quest’estere viene lentamente trasformato per idrolisi in alcool etilico ed acido
acetico, che neutralizza il silicato di sodio in misura proporzionale al rapporto
reagente/silicato. Siccome la temperatura può accelerare la presa, è possibile
attuare la sostituzione parziale dell’acetato d’etile con in estere più pesante come
l’acetato d’isobutile.
2. Di-esteri: miscela di succinato, adipato, glutarato di metile o d'etile;
La reazione del di-estere metilico con il silicato di sodio è la seguente:

COOCH 3 COONa

(CH 2 ) + mSiO 2 ⋅ Na2O → mSiO2 + (CH 2 )n + 2CH 3OH (46)

COOCH 3 COONa

Il di-estere è idrolizzato con formazione di di-acido che neutralizza la basicità del


silicato con risultante formazione di gel di silice, di un sale di sodio dal di-acido e di
metanolo.
3. Tri-esteri: triacetina;
4. Aldeidi: glyoxal;
La reazione del glyoxal con il silicato di sodio, nota come “reazione di
Cannizzaro”, è la seguente:

2CHO − CHO + H 2O + nSiO 2 ⋅ Na2O → 2(CHOH ) − COONa + nSiO 2 (47)

63
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Si ha formazione d’acido glicolico che, dopo la neutralizzazione del silicato di sodio,


forma il corrispondente sale di sodio e il gel di silice.

Siccome il tasso teorico di neutralizzazione (quantità di reagente necessaria per


neutralizzare tutto o parte del silicato di sodio) dipende dal quantitativo di reagenti
utilizzato, il dosaggio dei reagenti organici è funzione della loro natura, delle
concentrazioni e delle proprietà che s’intendono conferire al gel:

− tempo di presa,
− resistenza meccanica da conferire al terreno,
− durabilità del trattamento,
− sineresi.

Tabella 12 Dosaggi usuali delle soluzioni


contenenti reagenti organici (per m3 di soluzione)

Silicato di sodio (Rp=3,3 [-]e d=35-37 [°Bé]) 180-800 [l/m3 ]


Reagente organico 40-150 [l/m3 ]

Tra i reagenti organici meno diffusi si possono ricordare: gli acidi organici (acido
citrico), gli esteri (carbonato d’etile), la formamide.

9.4 Acqua
L’acqua utilizzata nella preparazione delle soluzioni deve contenere quantità di
sostanze organiche o minerali minime e preferibilmente nulle: pertanto non si devono
mai impiegare acque di mare o salmastre.

9.5 Coloranti
La fenolftaleina è un indicatore che può essere impiegato per individuare la presenza
di gel di silice in un terreno iniettato inumidito perché in ambiente basico vira passando
dall’incolore al rosso.

64
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

9.6 Stato liquido


Le principali caratteristiche di una soluzione allo stato liquido sono:
− DENSITÀ: legata essenzialmente al tenore di silicato di sodio.
− VISCOSITÀ INIZIALE: dipende soprattutto dal rapporto ponderale Rp e dalla
concentrazione del silicato di sodio nella soluzione (rapporto di diluizione S/A =
silicato/acqua). In funzione della diluizione del silicato, la viscosità iniziale della
miscela d’iniezione a 20 [°C] può variare da 1,5 [mPa⋅s] per soluzioni diluite a 30
[mPa⋅s] per soluzioni concentrate. In misura minore dipende anche dalla temperatura e
dal rapporto reagente/silicato.
− VISCOSITÀ EVOLUTIVA FINO AL TEMPO DI GELIFICAZIONE: dipende
dalla qualità del silicato di sodio e dalla dose di reagente. Il silicato meno denso fa
registrare delle viscosità più basse a parità di diluizione, ma, restando nell’ambito dei
dosaggi normali (50÷70% di silicato e 4÷7% di reagenti) l’influenza è minima.
Ovviamente l’evoluzione della viscosità condiziona il tempo d’iniettabilità, perciò è
importante conoscerne lo sviluppo. In generale si osserva che la viscosità si mantiene
pressoché costante per un periodo pari almeno alla metà del tempo di gelificazione.
Dopo un periodo pari a circa 2/3 del tempo di gelificazione si ha un aumento del 50%
della viscosità, mentre un netto incremento (2÷3 volte) si ha solo dopo l’80-90% del
tempo di gelificazione. Per certi reagenti, la soluzione deve essere mantenuta in
agitazione permanente durante l’iniezione, ma il tipo di reagente non influenza
sensibilmente l’evoluzione della viscosità.

2,5

1,5

0,5

0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
t/tg [-]

Figura 26 Evoluzione della viscosità, normalizzata alla viscosità


iniziale (ηι), rispetto al tempo, normalizzato al tempo di gelificazione (t g )

65
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

− TEMPO DI GELIFICAZIONE: è definito come il tempo che intercorre fra la


miscelazione del silicato di sodio con il reagente ed il momento in cui la soluzione
acquisisce una rigidezza sufficiente ad impedire lo scorrimento. Il tempo di
gelificazione dipende dalla qualità e dalla concentrazione del silicato e dei reagenti.
Esso varia anche con la temperatura ed è regolabile da alcuni minuti fino ad un massimo
di due ore tramite il dosaggio dei componenti (il silicato di sodio ed il reagente). Per
temperature superiori a 20 [°C] vale la legge d’Arrhenius 4 , mentre al di sotto dei 20 [°C]
il tempo di gelificazione raggiunge un massimo a circa 10 [°C] per poi diventare quasi
nullo attorno a 0 [°C]. Da ciò si deduce che, operando in condizioni ambientali a basse
temperature (0÷10 [°C]), è necessario riscaldare la soluzione durante la fase d’iniezione
poiché la gelificazione, oltre ad essere troppo rapida, diventa reversibile; infatti, le
miscele gelificate a bassa temperatura possono ridivenire liquide se riscaldate.
Tempo di gelificazione

Legge di
Arrhenius
[scala variabile]

0 10 20 30 40
Temperatura [°C]

Figura 27 Effetto della temperatura sul tempo di gelificazione

4
S. Arrhenius (1859-1927) Chimico-fisico svedese. Secondo la sua teoria, gli acidi sono sostanze che,
disciolte in acqua, liberano ioni H+. Invece le basi, disciolte in acqua, liberano ioni OH-. Ovviamente
questa teoria, anche detta “legge d’Arrhenius” è dipendente dalle condizioni di temperatura che
influenzano la cinetica chimica. Questa teoria verrà successivamente revisionata ed ampliata da Lewis.

66
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Tempo di presa [min]

60

45

30

15
Soluzione a base di
silicato di sodio
Reagente: diestere

0
0 10 20 30

Temperatura [°C]

Figura 28 Variazione del tempo di gelificazione


in funzione della temperatura

9.7 Stato solido


L’azione del reagente modifica l’equilibrio elettrico che mantiene i gruppi SiO 2 in
soluzione dalla soda. A seguito della gelificazione la soluzione presenta le seguenti
caratteristiche:
− RESISTENZA MECCANICA: è funzione del dosaggio dei componenti e del tasso
di neutralizzazione, inoltre aumenta con la finezza granulometrica del terreno trattato.
Dato che le prove effettuate su campioni di gel puro hanno scarsa valenza, la resistenza

67
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

meccanica si misura con prove di compressione monoassiale eseguite su appositi


campioni di terreno iniettato.

Rc P = 60 %
48h
[MPa]
2.0

P = 50 %

1.5
P = 40 %

1.0
P = percentuale volumetrica
di silicato nella miscela [%]

0.5
Soluzione a base di
silicato di sodio Rp = 3.3
(35-37 °Bé)
Reagente: aldeide

0
0 2.5 4.0 4.5
Percentuale volumetrica di
reagente nella miscela [%]

Figura 29 Resistenza a compressione semplice della sabbia iniettata:


influenza del tenore in silicato di sodio e reagente

− SINERESI: è un fenomeno fisico, che interessa unicamente le soluzioni,


consistente in un’espulsione d’acqua basica, accompagnata da una debole contrazione
del gel. È un comportamento dovuto al fatto che, nel gel appena formato, la reazione di
gelificazione non s’arresta, ma continua lentamente, dopo la gelificazione, causando la
policondensazione delle macromolecole di silice con conseguente separazione di due
fasi: gel policondensato ed acqua silicizzata. La grandezza utilizzata per descrivere
l’evoluzione del fenomeno è il tasso di sineresi (Y), definito come rapporto percentuale
fra il volume dell’acqua espulsa ed il volume iniziale del gel. La sineresi dura da trenta

68
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

a quaranta giorni dopo la gelificazione, con un’evoluzione del tasso di sineresi


dipendente dal tipo di reagente utilizzato e dalla diluizione.
Questo fenomeno è influenzato, oltre che dalla composizione della miscela, anche dalla
granulometria del terreno, che condiziona la possibilità di contrazione del gel: la
sineresi, infatti, si verifica quando il gel non aderisce al supporto costituito dallo
scheletro solido ed è libero di contrarsi. Perciò il fenomeno è trascurabile nelle sabbie
fini (0.06-1.25 [mm]), mentre risulta modesta nelle sabbie grosse (1-3 [mm]). Per
evitare la sineresi, quindi, oltre ad aver cura di controllare la granulometria del terreno
iniettato, talvolta è opportuno far precedere un’iniezione con sospensioni cementizie per
impregnare i vuoti più grossi, avendo cura d’evitare l’idrofratturazione del terreno, entro
cui il gel potrebbe deteriorarsi lasciando dei vuoti.
− RESISTENZA AL DILAVAMENTO: dipende dalla concentrazione del silicato
di sodio e dallo stadio raggiunto dalla reazione di gelificazione.

Tasso di sineresi [%]


50

Soluzione a base di
40 silicato di sodio
Reagente: diestere

30

20

10

0
0 20 30 40 50 60 70
Percentuale volumetrica di silicato
di sodio nella miscela [%]

Figura 30 Tasso di sineresi in funzione del tenore in silicato di sodio

Per quanto riguarda i fenomeni d’alterazione del gel formatosi dopo la fase di
gelificazione, è necessario distinguere tra fattori intrinseci (tasso di neutralizzazione e
sineresi) e fattori chimico-fisici ambientali. Il tasso di neutralizzazione ha notevole
importanza poiché, tanto più completa è la neutralizzazione del sodio da parte del
reagente (tasso di neutralizzazione superiore al 60%), tanto maggiore è la stabilità del

69
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

gel ottenuto. La presenza del sodio libero non neutralizzato, può, infatti, causare lo
scioglimento del gel.

Tabella 13 Durabilità dei trattamenti in terreni


in presenza di falda, dedotta empiricamente

Tasso di neutralizzazione Durabilità


40% <6 mesi
45- 65% 6-24 mesi
>70% indefinita

La sineresi provoca la contrazione del gel con espulsione d’acqua ricca di silice e
sottoprodotti della reazione di neutralizzazione. Questo fenomeno è influenzato da
qualità e concentrazione dei componenti della miscela e non si verifica nel trattamento
delle sabbie fini in quanto è impedita l’eliminazione dell’acqua.
Tra le sollecitazioni meccaniche che limitano maggiormente la durabilità delle
iniezioni, come per le sospensioni, hanno importanza i sovraccarichi protratti nel tempo
che accentuano il “fluage”.
Siccome le soluzioni sono impiegate per l’impregnazione dei terreni fini poco
permeabili, l’erosione è pressoché assente a causa della trascurabile velocità di
circolazione dell’acqua.
La temperatura riveste un ruolo notevole per la stabilità delle proprietà del gel di
silice, infatti ne condiziona la coesione al punto che questa risulta irrimediabilmente
compromessa da cicli successivi di gelificazione e scioglimento.
Nel caso delle soluzioni le acque basiche con valori di pH superiori a 12 [-]
provocano la dissoluzione della silice costituente il gel.
Infine la presenza nel terreno di materia organica naturale o artificiale (rifiuti) e di
microrganismi possono causare a lungo termine alterazioni dovute alla biodegradazione
dei sottoprodotti della reazione di neutralizzazione del silicato di sodio ad opera di
reagenti organici.

70
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

9.8 Gel tenero per le iniezioni impermeabilizzanti


È caratterizzato da un basso dosaggio di silicato di sodio (10-15% in volume), per cui
il processo di gelificazione è ottenuto per addizione di reagenti minerali (bicarbonato di
sodio o alluminato di sodio).

Tabella 14 Composizioni tipiche di gel tenero (percentuali in volume)

Viscosità Tempo di
Gel Composizione [% v]
iniziale gelificazione
20-30% silicato di sodio
1 66-77% acqua 3-8 [mPa⋅s ] 30-90 minuti
3-4% reagente organico
15% silicato di sodio
2 82% acqua 3-8 [mPa⋅s ] 40-90 minuti
3% reagente inorganico

La scarsa viscosità iniziale che rende la miscela simile all’acqua consente l’iniezione
anche nelle sabbie fini.
Con iniezioni a bassa pressione si raggiungono al massimo resistenze di 0.2-0.5
[MPa] a compressione e d’alcuni kPa a taglio.Naturalmente questo tipo di soluzioni
conferisce al terreno trattato una scarsa resistenza, trascurabile quando lo scopo
precipuo dell’intervento è l’impermeabilizzazione: si può ridurre la permeabilità del
terreno fino a valori di 1⋅ 10 −6 - 1⋅ 10 −7 [m/s].
L’azione del gel si sviluppa in circa due settimane, fino al raggiungimento di un
coefficiente di permeabilità che risulta stabile per circa un anno, dopodiché inizia ad
aumentare. Per ciò che concerne la durabilità del trattamento, infatti, si riscontra che la
permeabilità nel tempo può aumentare a causa di fenomeni di dilavamento, erosione e
sineresi.
La sineresi si manifesta soltanto se in gel ha la possibilità di contrarsi, cosa che
accade prevalentemente nei terreni a granulometria più grossolana. Perciò, fra i reagenti
minerali, si utilizza l’alluminato di sodio nei terreni grossolani perché conferisce al gel
il minimo tasso di sineresi, mentre nei terreni fini è impiegato il bicarbonato di sodio
che causa un maggiore tasso di sineresi.

71
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Tasso di sineresi a 28 giorni [%]

70

60

50

40

30

20

10

0
0 20 40 60
Percentuale volumetrica di SiO2 [%]
Reagente:
Aldeide
Aldeide modificata

Soluzione di silicato di sodio


Rp = 3.35 (35-37 °Bé)
0.15 < α < 0.25
α = peso del reagente / volume di silicato di sodio

Figura 31 Tasso di sineresi in funzione del tenore in silicato di sodio

9.9 Gel duro per le iniezioni di consolidamento


Si ottiene da soluzioni con forte dosaggio in silicato di sodio (60-80%) e reagenti
organici (esteri o aldeidi), tale da ottenere un tasso di neutralizzazione ottimale stimato
superiore al 66%.
L’elevata resistenza del mezzo trattato si può ottenere, in teoria, solamente con
un’elevata concentrazione di silicato, tale da produrre una reazione istantanea con il
reagente: i due prodotti devono quindi essere introdotti nel terreno separatamente. Su
quest’assunto si basa il procedimento Joosten, perfezionato nel 1925. Per superare gli
inconvenienti pratici ed economici derivanti da tale procedura in due fasi, circa
quarant’anni fa, sono stati introdotti i reagenti organici con funzione indiretta, tale da

72
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

comportare una reazione intermedia che da luogo a prodotti, diversi da quello


originario, che reagiscono successivamente con il silicato di sodio per dar luogo alla
gelificazione.

Tasso di neutralizzazione [%]


compressione [MPa]
1.6 66.6
0.8
Resistenza a

0.4
50.0

0.2

0.1 33.0

0 4 8 12 16 20

Tempo d'invecchiamento dei provini [giorni]

Figura 32 Resistenza del gel di silice al variare del tasso


di neutralizzazione e dell’invecchiamento

La viscosità iniziale può raggiungere i 30 [mPa⋅s] per le soluzioni più concentrate. La


resistenza a compressione semplice delle sabbie iniettate varia da 0.2-0.3 a più di 6
[MPa], poiché queste soluzioni sono impiegate prevalentemente per il trattamento dei
terreni granulari fini. Il terreno trattato con gel duro, ad elevato tasso di
neutralizzazione, sviluppa rapidamente la resistenza già dopo 3 giorni, fino al
raggiungimento del valore finale dopo circa due settimane. In seguito, nell’arco di un
anno tale resistenza s’abbatte del 30% del valore iniziale, per poi finalmente
stabilizzarsi.

Tabella 15 Composizioni tipiche di gel duro con reagente organico

Viscosità Tempo di Tasso di


Gel Composizione [% v]
iniziale gelificazione neutralizzazione
64% silicato di sodio
1 20% acqua 15 [mPa·s] 30 minuti 77%
16% reagente
50% silicato di sodio
2 30% acqua 7 [mPa·s] 40 minuti 84%
20% reagente

73
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Ovviamente questo tipo di gel ha anche un effetto impermeabilizzante sul terreno


trattato.
La resistenza meccanica acquisita dal terreno aumenta tanto più esso è fine ed
addensato.
Anche le modalità esecutive dell’iniezione influenzano il risultato in termini di
resistenza meccanica, infatti essa aumenta all’aumentare del tasso di riempimento dei
vuoti che è legato direttamente alla maglia di perforazione ed alla pressione e durata
dell’iniezione. La pressione di fine iniezione è un parametro direttamente correlato alla
resistenza meccanica conferita al terreno.

Rc 28d
[MPa]
Sabbia di
7.5 [µm] Fontainebleau Norimberga 2
0-90 0.3 1.3
0-50 0.2 0.65
0-15 0.15 0.25

5.0 2 1
1

2.5

0 4 5 6
Percentuale volumetrica di SiO2 [%]

Soluzione di silicato di sodio


Reagente: diestere

Figura 33 Resistenza a compressione semplice della sabbia iniettata.


Incidenza della granulometria

74
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

9.10 Prove e parametri caratteristici


VISCOSITÀ: si misura in laboratorio con il viscosimetro coassiale.
PESO SPECIFICO: semplicemente si pesa un volume noto di miscela.
TEMPO DI GELIFICAZIONE: per le soluzioni colloidali a base di silicato di sodio,
il passaggio allo stato solido prende il nome di gelificazione e avviene con gradualità.
Siccome non vi è un unico metodo convenzionale di misura, la definizione del tempo di
gelificazione si basa sull’osservazione diretta con semplici controlli tra cui il più usuale
è la procedura “del becher versato” che consiste nel riempire un becher da laboratorio
con la miscela d’iniezione provando periodicamente a versarne il contenuto. Il tempo di
gelificazione è identificato con il momento in cui il contenuto del becher non fuoriesce.
Per le miscele con reagenti poco solubili, si utilizza un agitatore magnetico fino al
momento della gelificazione. In generale il tempo d’iniettabilità è compreso fra la metà
ed i due terzi del tempo di gelificazione.
REOLOGIA: si determina esclusivamente in laboratorio con il viscosimetro
coassiale.
RESISTENZA MECCANICA: si misura in laboratorio con prove di compressione
monoassiale o triassiale in controllo di deformazione (20 [mm/min]) su provini
H
cilindrici di snellezza 1.5 ≤ ≤ 2 . In questo caso, infatti, le prove meccaniche su
D
miscele pure generalmente sono poco significative perché è predominante l’effetto
d’interazione fra miscela e terreno, secondo la granulometria e le caratteristiche
chimico-mineralogiche.
PROVA DI SCORRIMENTO VISCOSO (“FLUAGE”): si realizza con apposite
presse avendo cura di evitare l’essicazione del provino.
PROVA DI SINERESI: si effettua in laboratorio lasciando riposare la miscela in
contenitori sigillati di polietilene (il PVC ed il vetro non sono utilizzati).
Prova di lisciviazione: sono realizzate prove di lisciviazione per contatto e per
percolazione. Le prime consistono nell’immergere ripetutamente il provino in acqua
rinnovata, mentre la seconda modalità prevede l’impiego di un permeametro a
membrana. L’analisi del lisciviato consente di individuare le sostanze disperse in acqua.
Queste prove consentono anche di seguire l’evoluzione della resistenza e della
permeabilità del provino di sabbia iniettata.

75
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

9.11 Resistenza meccanica del terreno trattato


Le prove di laboratorio in cella triassiale, eseguite in controllo di deformazione
(velocità di deformazione di 20 [mm/min] su provini alti 80 [mm], secondo le norme
Progil) hanno dimostrato che l’aumento della resistenza a rottura di un terreno granulare
trattato con gel duro, è dovuto essenzialmente all’aumento della coesione, mentre
l’angolo d’attrito interno non varia sensibilmente.
L’iniezione delle sabbie silicee fini induce la trasformazione del terreno in un mezzo
continuo per affinità chimica fra la miscela ed i grani solidi. Oltre alle eventuali reazioni
chimiche fra la miscela ed il terreno, vi è sempre una netta influenza della distribuzione
granulometrica sulla resistenza delle sabbie iniettate: al diminuire della dimensione
media dei grani, e quindi all’aumentare della loro superficie specifica, si ha infatti un
sistematico aumento della resistenza, a parità di composizione della miscela d’iniezione.
Adottando un inviluppo di resistenza alla Mohr-Coulomb, l’incremento di resistenza
può essere valutato, in termini di coesione, con la formula:

c[kPa] = ⋅ σ B ⋅ tgϕ ⋅ [cos ϕ − (1 − sin ϕ )]


1
(48)
2
con:
ϕ = angolo d’attrito del terreo non trattato [°];

σ B = resistenza a compressione monoassiale del terreno trattato [kPa];

Facendo riferimento alla figura riportata di seguito, l’espressione del criterio di


rottura diventa:

τ [kPa] = c + σ 1 ⋅ tgϕ (49)


con:

σ 1 [kPa] = ⋅ σ B ⋅ (1 − sin ϕ )
1
(50)
2

76
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

τ
ϕ

σ1 σB σ

Figura 34 Inviluppo di resistenza di Mohr-Coulomb

Nella pratica è possibile assumere, per la resistenza a taglio del terreno trattato, un
valore pari al 30% della resistenza a compressione monoassiale, mentre, per la
resistenza a trazione, quando non la si trascura nei calcoli, si può considerare una
percentuale del 15%.
Inoltre si nota che il comportamento viscoplastico che il gel conferisce al terreno
trattato, rende la resistenza a compressione fortemente dipendente dalla velocità di
sollecitazione: il modulo di deformazione è indipendente dalla pressione di
sconfinamento, ma si riduce all’aumentare della velocità di deformazione. A titolo
indicativo, si nota un calo di resistenza del 50%, riducendo di 20 volte la velocità di
deformazione.
Dalle prove eseguite sullo stesso tipo di terreno, trattato con soluzioni di
composizione differente, risulta che la resistenza a rottura istantanea e a scorrimento
viscoso (“fluage”) aumentano con il tenore di reagente e quindi con il tasso di
neutralizzazione. Quindi, a parità di reagenti, le soluzioni meno concentrate
conferiscono al terreno un comportamento meccanico viscoplastico meno accentuato di
quelle più ricche in silicato di sodio.

77
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Pressione di confinamento [MPa]

σ1−σ3 [MPa] 0.2


4.0
0.08

3.0 0.04

2.0
415
525

Modulo di deformazione [MPa]


345
0.0 0.2

1.0
2.0

Velocità di deformazione
[% dell'altezza iniziale
0 del provino al minuto]
0.5 1.0 1.5

Deformazione [%]

Figura 35 Comportamento delle sabbie iniettate con gel di silice,


sottoposte a prove di compressione triassiale

Per bassi valori di sollecitazione normale, la deformazione raggiunge rapidamente il


valore massimo e si stabilizza, mentre, all’aumentare del carico applicato, il
comportamento varia fino a condizioni in cui si raggiungono in tempi ridotti elevate
deformazioni che conducono alla rottura.

Sforzo normale σ
Deformazione viscosa [%]

Tempo di carico

Figura 36 Comportamento viscoplastico (“creep” o “fluage”)


della sabbia iniettata con silicato di sodio

78
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Infine si può notare che nelle prove di “fluage” anche il tasso di neutralizzazione
assume notevole rilevanza: quando il trattamento di consolidamento ha carattere
permanente i tassi di neutralizzazione usuali che si aggirano attorno al 40% possono
essere incrementati fino al 100%. Ciò comporta l’impiego di miscele più costose a
causa dell’elevato dosaggio del reagente: 2 o 3 volte superiore a quello abituale.

σc
[MPa] N = tasso di neutralizzazione [%]
Diluizione β = Vacqua/Vsilicato [-] N = 70%
β = 0.5

N = 30%
β = 0.5
2 N = 50%
β = 1.0

1 N = 50%
β = 1.3

0
10-6 10-5 10-4 10-3 10-2
Velocità di deformazione (∆L/L)/s [s-1]

0.024 0.24 2.4 24


Velocità di deformazione per provini h = 100 mm [mm/min]

Figura 37 Resistenza a compressione semplice della sabbia iniettata


con soluzione a base di silicato di sodio

In conclusione è opportuno porre alcune riserve in merito alle metodologie


sperimentali in uso ed alle deduzioni che se ne ricavano. In primo luogo, il grado
d’impregnazione che si raggiunge nelle prove di laboratorio, è superiore a quanto si
ottiene normalmente nella pratica: ne deriva la possibilità che i contatti intergranulari
siano parzialmente ridotti rendendo predominante l’effetto della matrice di gel
sull’interazione scheletro-matrice. Infine, la prova di compressione semplice
rappresenta un modello pessimistico ed inadeguato alla descrizione dello stato tenso-
deformativo reale del terreno trattato, perciò appare migliore l’impiego della cella
triassiale.

79
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

10 Resine
I diversi tipi di resine si distinguono per la modalità di reazione o indurimento:
1. polimerizzazione: è indotta dall’uso di catalizzatori che agiscono su monomeri
in soluzione acquosa (resine acriliche, fenoliche, amminiche);
2. polimerizzazione e policondensazione: è indotta dalla miscelazione di due
componenti costituiti da polimeri precondensati (resine epossidiche e
aminoplastiche, poliesteri);
Nonostante le resine presentino una grande variabilità in termini di composizione,
proprietà e resistenza meccanica, sono accomunate da un’eccellente durabilità e
pertanto sono impiegate correntemente nei trattamenti permanenti con ottimi risultati.
Esse possono essere alterate soltanto da particolari agenti chimici (acidi, solventi,
basi, ossidanti concentrati).
Le resine sono impiegate sia per il consolidamento che per l’impermeabilizzazione,
soprattutto quando è richiesta durabilità, e sono state concepite per rispondere ad
esigenze che le sospensioni e le soluzioni non sono in grado di soddisfare:

− viscosità ridottissima e costante per consentire l’iniezione di sabbie molto fini;


− elevata resistenza meccanica raggiunta in tempi brevi (alcune ore);
− tempo di gelificazione regolabile tramite le proporzioni dei reagenti e variabile
da alcuni secondi a parecchie ore;
− resistenza alle acque aggressive;
− comportamento reologico pseudoplastico della miscela d’iniezione;
− reattività con l’acqua del terreno;

Le resine appartengono alla categoria delle soluzioni pure in quanto presentano il


vantaggio di mantenere costante la viscosità fino al momento della solidificazione.
Questa proprietà fa sì che la relazione fra la portata e la pressione sia costante durante la
fase d’iniezione, e pertanto il limite d’iniettabilità risulta, in teoria, indefinito, ma in
realtà è subordinato ad esigenze di carattere pratico ed economico: portate e tempi
accettabili con pressioni tali da evitare diffusi fenomeni d’idrofratturazione.
Siccome, per le resine, il passaggio dallo stato liquido a quello solido
(polimerizzazione) è istantaneo, il tempo di presa è misurabile senza incertezza e
regolabile tramite il dosaggio dei componenti.

80
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

10.1 Resine acriliche


Sono monomeri in soluzione acquosa che reagiscono per polimerizzazione poiché la
reticolazione è ottenuta per addizione di catalizzatori (sistema REDOX).
La miscela d’iniezione è preparata mescolando la resina con un certo volume
d’acqua addizionata ai catalizzatori in quantità variabile in funzione del tempo di presa
richiesto. Per regolare il tempo di polimerizzazione si deve tener conto della
temperatura della miscela, del pH dell’ambiente e delle eventuali contaminazioni da
parte di metalli o d’ossigeno.
Il sistema catalitico è costituito da acceleratore (0.1-5%) e catalizzatore (0.1-5%).
Con i consueti dosaggi (10% di resina in soluzione acquosa), la viscosità della
miscela è vicina a quella dell’acqua: 1 [mPa⋅s].
Secondo il grado di reticolazione raggiunto, il polimero ottenuto è elastico o plastico
e può conferire al terreno iniettato resistenze a compressione semplice prossime a 1.5
[MPa]. Con queste resine è quindi possibile ottenere un modesto consolidamento, ma il
campo d’impiego più consono è l’impermeabilizzazione o la creazione di diaframmi
elastici antivibrazioni. Da un punto di vista prettamente operativo, però, la forte tossicità
ne sconsiglia l’uso in ambienti chiusi quali fabbricati e gallerie.

10.2 Resine acriliche modificate con silicato di sodio


Sono costituite da due componenti entrambi in soluzione acquosa che reagiscono con
gelificazione del silicato di sodio e successiva polimerizzazione della resina:
− soluzione 1: silicato di sodio liquido + catalizzatore per la soluzione 2;
− soluzione 2: resina acrilica con indurente + catalizzatore per la soluzione 1;
La miscela d’iniezione è preparata mescolando le due soluzioni dopo averle diluite in
acqua ed ha una viscosità molto bassa: 2 [mPa⋅s].
Queste miscele conferiscono al terreno buona resistenza meccanica ed hanno la
caratteristica di rigonfiare in acqua.

10.3 Resine acriliche modificate con polimeri


L’aggiunta di polimeri, quali il lattice, conferisce alla miscela d’iniezione elasticità,
buona adesione e cemento e roccia, oltre che resistenza all’estrusione sotto battente
idraulico. Per contro la viscosità è leggermente maggiore rispetto alle resine precedenti:
15 [mPa⋅s].

81
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

10.4 Resine fenoliche


Il prodotto base più noto è un fenolo bivalente, denominato resorcina, la cui
polimerizzazione avviene per intervento di un’aldeide (solitamente formaldeide) che
costituisce i legami fra i monomeri per ordinarli a catena. La resina è ottenuta partendo
da soluzioni acquose dei due prodotti, che si presentano come polveri da diluire in
acqua, che reagiscono per policondensazione ottenuta per addizione di un reagente che
può essere:
− un acido debole o una base;
− un ossidante;
− un’associazione di più prodotti.

Con le normali diluizioni, la viscosità della miscela è bassa, attorno a 2÷3 [mPa⋅s] e
si mantiene perfettamente costante in un intervallo regolabile con un’opportuna scelta
del dosaggio del catalizzatore. La resistenza della miscela è condizionata dal rapporto
resorcina/formaldeide e dalla diluizione, mentre è quasi indipendente dalla qualità e
dalla dose del catalizzatore.
Il comportamento del polimero puro è di tipo elasto-plastico, mentre la presenza
dello scheletro solido del terreno granulare causa un notevole aumento del modulo
elastico ed annulla il fenomeno del “fluage”, osservabile sulla resina pura. L’iniezione
di queste miscele conferisce al terreno trattato resistenze a compressione superiori a 2
[MPa].
Oltre alla resorcina, esiste un’ampia gamma di fenoplasti di costo inferiore messi a
punto dall’industria chimica, a partire da derivati fenolici per condensazione in presenza
d’opportuni catalizzatori dell’aldeide formica. I composti plurinucleari che ne derivano,
sono di natura liquida e vengono diluiti in acqua. L’indurimento avviene per addizione
di formaldeide e soda con una reazione di policondensazione fortemente esotermica.
Queste miscele si differenziano reologicamente da quelle a base di resorcina, poiché
presentano una viscosità lievemente evolutiva che le pone in una categoria intermedia
fra le soluzioni pure e quelle evolutive; le resistenze possono in ogni caso essere dello
stesso ordine.

82
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

10.5 Resine amminiche


Il prodotto base di questa categoria di resine è l’urea (carbammide), prodotta per
sintesi dall’ammoniaca e dall’anidride carbonica. La polimerizzazione avviene per
mezzo della formaldeide in ambiente acido o neutro, dopo un tempo regolabile con
opportuni catalizzatori come il cloruro d’ammonio.
La viscosità della miscela può variare da 10 a 100 [mPa⋅s] secondo la qualità della
resina impiegata e la diluizione.
La resistenza a compressione semplice del terreno iniettato varia da 3 a 10 [MPa], ma
il buon effetto consolidante ed il costo relativamente basso, nell’ambito delle resine,
sono controbilanciati dalla preclusione all’impiego in ambienti basici, vale a dire nei
terreni calcarei.

10.6 Resine poliuretaniche con sistema acqua-reagente


Sono resine soluzione in un plastificante o in un solvente, che reagiscono con l’acqua
del terreno per formare un gel duro o tenero.
Il sistema catalitico è costituito da acceleratore.
La viscosità della miscela è elevata: da 10 a 100 [mPa⋅s].
La resistenza a compressione semplice terreno iniettato può superare i 2 [MPa].

10.7 Resine poliuretaniche con sistema bicomponente


Sono resine costituite da due componenti liquidi che reagiscono per poliaddizione su
di un poliisocianato con formazione di un gel duro.
Il sistema catalitico è costituito da un acceleratore.
La viscosità della miscela è molto elevata: da 100 a 1000 [mPa⋅s].
Come per il sistema acqua-reagente, la resistenza a compressione semplice terreno
iniettato può superare i 2 [MPa].
Queste resine sono impiegate nei casi di cavità molto aperte con forti circolazioni
d’acqua che dilaverebbero le normali miscele, mentre queste ultime polimerizzano in
presenza d’acqua, anche in movimento, ed il loro tasso di rigonfiamento raggiunge
valori elevatissimi (fino a 50 [-]).

83
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Tabella 16 Principali tipi di resine e rispettivi campi d’applicazione

Tipo di resina Tipo di terreno Applicazioni


• Impermeabilizzazione del terreno
all’acqua ed ai gas
Acrilica Granulare molto fine • Consolidamento, anche di terreni
sottoposti a vibrazioni, fino a
resistenze di 1.5 [MPa]
Fenolica Granulare molto fine • Consolidamento del terreno
Amminica Granulare organico • Consolidamento del terreno
Poliuretanica Granulare con grossi vuoti • Impermeabilizzazione del terreno

11 Miscele per applicazioni speciali


Si tratta di composti o resine organiche il cui impiego è riservato a particolari
applicazioni non solo per le particolari che forniscono al terreno, ma anche per la
tossicità e le difficoltà di manipolazione.

Miscele a base di bitume. Sono costituite da idrocarburi dall’elevato peso molecolare


derivati dalla distillazione frazionata del petrolio, che si presentano come prodotti
viscosi impiegati a caldo o sotto forma d’emulsioni poco stabili in grado di coagulare al
contatto con le superfici minerali. Queste miscele sono utilizzate
nell’impermeabilizzazione e garantiscono durabilità e resistenza agli agenti corrosivi.
Miscele a base di poliestere. Sono dei prepolimeri in soluzione in un diluente
reattivo, che reagiscono indurendo per polimerizzazione a seguito dell’addizione del
catalizzatore. Sono molto stabili agli agenti chimici e conferiscono al terreno trattato
un’elevata resistenza meccanica.
Miscele a base di resine epossidiche. Sono dei prepolimeri liquidi che reticolano per
poliaddizione grazie ad un catalizzatore. Sono molto stabili agli agenti chimici e
conferiscono al terreno trattato un’elevata resistenza meccanica.
Miscele a base di resine furaniche. Sono ottenute per polimerizzazione d’alcool
furfurilico in presenza di un catalizzatore acido.
Miscele a base di silicone. Sono dei prepolimeri indurenti per policondensazione in
presenza di un agente reticolante o di un catalizzatore. Queste miscele con
grand’elasticità e resistenza chimica sono utilizzate come idrorepellenti.

84
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

12 Messa in opera delle miscele d’iniezione


Il principio su cui si fonda la tecnica dell’iniezione consiste nell’inviare la miscela
sotto pressione nel terreno da trattare per mezzo di una perforazione.
In base allo scopo del trattamento ed alle caratteristiche del terreno, si possono
distinguere le seguenti tecniche d’iniezione:

A. Iniezione per permeazione o impregnazione: la miscela riempie i vuoti senza


produrre apprezzabili variazioni di volume e di struttura del terreno. L’effetto è di
conferire al terreno incoerente la coesione della miscela iniettata, mantenendo inalterato
l’angolo d’attrito interno. La portata e la pressione dell’iniezione vengono definite dal
progettista in modo da evitare l’idrofratturazione.

B. Iniezioni per idrofratturazione (“claquage”, “encapsulation”, “squeeze


grouting”): la miscela si propaga nel terreno attraverso una ragnatela di fratture
prodotte a scapito di spostamenti nel terreno.

C. Iniezioni solide di compattazione statica (“compaction”, “displacement


grouting”): una miscela molto densa, e non penetrabile nel mezzo trattato, è iniettata ad
elevata pressione (6-10 [MPa]) compattando il terreno circostante con formazione di un
bulbo compresso, secondo il principio di una cavità che s’espande.

D. Iniezione per permeazione-“claquage” o “microclaquage”: questa tecnica


sfrutta il reticolo di “claquage” per ottenere uno scheletro strutturale adeguato a fornire
resistenza a terreni fini che non possono essere permeati dalla miscela. In questo modo
si realizza un trattamento misto d’impregnazione degli strati più permeabili e
compattazione dei passaggi a granulometria più fine, mediante fratturazioni controllate
del terreno, cioè provocando dei fenomeni d’idrofratturazione (“claquage”) in scala
ridotta.

Nonostante la semplicità del concetto alla base del trattamento del terreno mediante
iniezioni, la messa in opera della miscela è un procedimento articolato che si può
sintetizzare nelle seguenti fasi:

85
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

1. riconoscimento degli orizzonti geologici da trattare;


2. perforazione ed equipaggiamento dei fori d’iniezione;
3. preparazione, trasporto ed iniezione propriamente detta della miscela per mezzo
di una pompa;
4. controllo dei parametri d’iniezione (pressione, portata e volume complessivo) e
delle condizioni al contorno (sollevamenti del terreno, rifluimento a boccaforo).

12.1 Tecnica di perforazione


La perforazione è realizzata con gli stessi diametri (60÷130 [mm]) e le medesime
tecniche impiegate nei sondaggi geognostici: all’estremità di una batteria d’aste cave è
installato l’utensile di perforazione azionato a rotazione o a rotopercussione e dotato di
una spinta assiale trasmessa dalle aste stesse. L’insieme è lubrificato tramite un fluido
immesso nella batteria d’aste ed estratto a boccaforo (circolazione diretta) o viceversa
(circolazione inversa). Senza addentrarsi nel complesso campo della tecnica dei
sondaggi, comunque è necessario rilevare il fatto che il fluido di perforazione deve
essere scelto con attenzione, poiché in taluni casi può provocare l’intasamento dei vuoti
intergranulari del terreno alterandone le caratteristiche e modificando l’effetto della
successiva iniezione.

Tecniche di perforazione
Rotazione Rotopercussione 1. Utensili di perforazione
Tricono
Taglienti
Corona diamantata
Curetta a percussione
Trivella
2. Fluidi di perforazione
Aria
Acqua
Fango bentonitico
Fanghi biodegradabili
Miscele a base di bentonite e cemento
3. Rivestimento del foro
Simultaneo all'avanzamento
Al termine di ogni manovra

4. Parametri di perforazione registrati


Velocità d'avanzamento
Spinta sull'utensile
Pressione del fluido di perforazione
Energia di percussione riflessa
φ foro [mm] Ordine d'interesse crescente da 3 a 1
Argille, marne 60-100 3 1 1 1 2 2 1 3 1 3 1 1 3 3 1
Sabbie, alluvioni 60-100 3 1 1 1 2 1 1 2 2 1 1 2 3 3 2 1
Rocce tenere 60-100 1 1 1 1 1 1 1 3 1 1 2

Schema 1 Tecniche di perforazione e rispettivi campi d’applicazione

86
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

12.2 Maglia di perforazione


Uno dei primi parametri da stabilire è la forma geometrica del trattamento, ossia
l’estensione spaziale della porzione di terreno iniettato: naturalmente la geometria del
trattamento è condizionata dal tipo d’opera e dallo scopo dell’intervento. Sulla scorta
dei dati sperimentali (caratteristiche del terreno e delle miscele prescelte) e dei dati di
progetto, si può definire la forma generale delle zone di terreno da iniettare e la
distribuzione, l’orientamento e la profondità dei fori d’iniezione, in modo da assicurare
ovunque il minimo interasse prescritto.
Siccome l’iniezione è usualmente effettuata per passate successive all’interno dello
stesso foro, il trattamento può essere modellizzato come un insieme di volumi
elementari cilindrici di terreno iniettato per ogni passata, il cui raggio d’azione è
definito dalla seguente relazione geometrica:

R[m] =
V
(51)
π ⋅n ⋅ L
con:
V = volume iniettato nella passata elementare [m3 ];
L = altezza del cilindro iniettato coincidente con il passo fra due iniezioni
successive [m];
VV
n = porosità del terreno [-], definita dalla relazione n = , in cui VV è il volume
V
dei vuoti e V è il volume apparente del terreno;

Il raggio d’iniezione consente di dimensionare la maglia di perforazione, dopo


averne definito la geometria: correntemente scelta fra lo schema triangolare (a
quinconce) o quadrato.
Con il termine “raggio d’azione” s’intende, infatti, il percorso massimo che la
miscela è in grado di compiere attraverso i pori del terreno, a partire dal punto
d’iniezione, senza che intervengano sensibili mutamenti nei confronti della disposizione
reciproca dei grani del terreno allo stato naturale. Il concetto di raggio d’azione è quindi
collegato ad un effetto d’impregnazione omogenea e regolare dei vuoti del terreno da
parte della miscela, senza turbative dell’assetto granulometrico naturale e, soprattutto,
senza sprechi di fluido d’iniezione.

87
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Maglia triangolare Maglia quadrata

1.8 R 2R

R
Foro primario
R
1.5 R

2R
Foro secondario

Figura 38 Tipologie di maglia di perforazione comunemente adottate

La validità di questo modello è suffragata da osservazioni sperimentali che


confermano come il raggio d’azione dell’iniezione dipenda da:

− permeabilità del terreno;


− pressione d’iniezione ammissibile;
− volume complessivo iniettato;
− tipologia di miscela (viscosità e tempo di presa).

Per le sospensioni, il raggio d’azione dipende dalla capacità di penetrazione dei grani
solidi, prima che si verifichi il fenomeno della pressofiltrazione, mentre, per le resine e
le soluzioni, il raggio d’azione è condizionato dall’evoluzione della viscosità fino
all’inizio della presa.
Nella progettazione della maglia di perforazione è necessario tenere conto anche
della possibilità di deviazione del foro dalla traiettoria teorica prevista che può
verificarsi a causa dell’eterogeneità del terreno o della lunghezza eccessiva per il
materiale di perforazione impiegato (aste troppo snelle). Per le tecniche di perforazione
utilizzate per le iniezioni, la deviazione sul piano orizzontale si può stimare
realisticamente 35 [mm/m] di foro.
Partendo da queste considerazioni, nella seguente tabella è riportata la spaziatura dei
fori usualmente adottata fino a profondità di 25 metri.

88
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Tabella 17 Spaziatura per maglie di perforazione in terreni granulari

Descrizione Spaziatura dei fori [m]


Sabbie fini 0.8 – 1.3
Terreni granulari Sabbie ghiaiose 1–2
(profondità ≤ 25 [m])
Ghiaie 2–4
Ghiaie sabbiose ( k H ≥ kV ) 3–5

La maglia di perforazione è infine determinata grazie a considerazioni geometriche


legate al raggio d’azione teorico ed al tipo d’iniezione: le iniezioni a partire dalla
superficie o da opere ausiliarie sono realizzate con più file di fori paralleli o divergenti,
mentre nel caso d’iniezioni a partire da opere sotterranee si realizzano fori radiali o
secondo le generatrici di coni per i trattamenti in avanzamento. Per quanto riguarda
l’ordine d’iniezione dei fori, due sono i metodi utilizzabili. Il primo, detto
“dell’ingabbiamento”, consiste nel partire dalla periferia della maglia e procedere verso
il centro: in campo aperto risulta vantaggioso perché s’impedisce la diffusione della
miscela all’esterno della zona di terreno da trattare. Il secondo metodo è l’inverso del
primo e consiste nel procedere dal centro alla periferia della maglia di perforazione:
siccome presenta il vantaggio di allontanare progressivamente l’acqua dalla zona da
trattare ed evitare idrofratturazione o sollevamento del piano campagna, è utilizzato
preferibilmente nei trattamenti per impregnazione ed ogni volta che si opera in ambito
urbano.

12.3 Equipaggiamento del foro


Con questo termine, si definisce l’insieme dei dispositivi introdotti nel foro al fine di
permettere l’iniezione della miscela, ad una pressione appropriata.
Il foro può essere lasciato privo di rivestimento se è stabile, altrimenti è rivestito con
tubi giuntati fino alla profondità della zona da trattare, in cui s’interrompe o è
raccordato ad appositi tubi valvolati, ossia dotati di valvole “a manchette” con
spaziatura variabile fra 0.25 e 0.5 metri. Si tratta di valvole costituite da piccoli fori
praticati nel tubo e ricoperti da un manicotto di gomma (manchette) con resistenza tale
da permettere la dilatazione sotto pressione, per consentire l’uscita della miscela, ed
impedirne il rientro al termine dell’iniezione.

89
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

La cavità anulare compresa fra il rivestimento e la parete del foro è sigillata dalla
cosiddetta “iniezione di guaina”: un’iniezione di sospensione di cemento e bentonite,
appositamente realizzata per consentire la fuoriuscita della miscela dell’iniezione vera e
propria dalle valvole “a manchette” senza bloccarle, e contemporaneamente evitare il
rifluimento a boccaforo. Si comprende, perciò, il ruolo di quest’operazione e la
conseguente importanza d’una corretta esecuzione: la resistenza della guaina, dopo un
certo tempo di maturazione, deve essere tale da impedire che la miscela iniettata in
pressione la sospinga lungo il tubo, e, d’altra parte, non può essere troppo alta perché
deve sempre consentire, anche a distanza di tempo, la rottura radiale entro un
determinato limite di pressione applicata all’interno del tubo.
In generale s’adotta un rapporto C/A attorno a 0.5 [-] ed una dose di bentonite
adeguata a rendere la sospensione stabile ed adeguatamente fluida.
L’iniezione di guaina può essere realizzata dal basso con un apposito otturatore che
occlude il fondo del tubo di rivestimento, oppure sostituendo il fluido di perforazione
con la miscela di guaina nel corso dell’esecuzione del foro o al termine.
In alcuni casi il rivestimento del foro è realizzato con tubi leggeri in plastica che
possono essere rimossi o lasciati in posto al termine dell’iniezione.

12.4 Preparazione della miscela


Siccome la gamma delle miscele si è sempre più ampliata, le tecniche d’iniezione si
sono affinate di pari passo: parallelamente è stato necessario un adeguamento degli
impianti tale da renderli rispondenti alle necessità operative. In prima istanza, infatti,
l’impianto di cantiere deve garantire l’affidabilità del ciclo di preparazione delle
miscele, le cui caratteristiche chimico-fisiche e reologiche non possono discostarsi dalle
specifiche di progetto. Il secondo requisito è l’automazione: la modalità d’iniezione
deve essere programmabile in funzione delle quantità di miscela da iniettare e delle
pressioni limite da raggiungere.
Un primo aspetto delicato è lo stoccaggio dei componenti, che può influenzare in
misura apprezzabile le caratteristiche della miscela: si pensi, ad esempio, al ruolo della
temperatura nella presa del silicato di sodio (il tempo di presa raddoppia o dimezza per
intervalli di ± 6-8 [°C]). Alcuni prodotti, inoltre, possono essere sensibili all’umidità che

90
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

causa idrolisi o idratazione. Un aspetto correlato alle modalità di stoccaggio dei prodotti
e delle miscele, è la sicurezza dell’impianto, intesa com’efficace protezione dell’uomo e
dell’ambiente dall’eventuale tossicità delle sostanze trattate.

Tabella 18 Metodi di stoccaggio dei componenti per le miscele d’iniezione

Prodotto Metodo di stoccaggio


Cemento, bentonite, sabbia fine, argilla trattata Sacchi
Cemento, bentonite, ceneri volatili, filler Silos
Sabbie, ceneri volatili, filler Cumuli compartimentali e coperti
Tutti i prodotti liquidi Contenitori stagni

La miscelazione dei prodotti avviene attraverso l’impiego di dosatori che ’erogano le


esatte quantità e miscelatori adeguati allo stato fisico ed alle proprietà degli stessi. In
alcuni casi si utilizzano accorgimenti particolari come la pre-idratazione separata della
bentonite per le sospensioni a base di cemento o la miscelazione a boccaforo per le
miscele chimiche speciali a presa rapida.

Tabella 19 Attrezzature usate per il dosaggio


dei componenti delle miscele d’iniezione

Componente Dosatore
Bilancia, dosatore ponderale
Prodotti secchi, in piccole quantità
(tenendo conto del tasso d’umidità del prodotto)
Prodotti secchi, in grandi quantità Dosatore volumetrico, vite d’Archimede, tramoggia
Prodotti liquidi ed acqua Pompa con contatore volumetrico

Tabella 20 Attrezzature usate per la miscelazione


dei prodotti d’iniezione

Tipo di miscela Miscelatore


Sospensioni a base di Miscelatore, turbo-miscelatore con elevata velocità di
cemento rotazione della turbina (1500-3000 [giri/min])
Miscele caricate Miscelatore con pompa a circuito chiuso
Soluzioni Miscelatore a palette (velocità di rotazione 30-200 [giri/min])
Resina Miscelatore a pistola

91
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

La lavorabilità delle miscele è molto influenzata dalla viscosità, infatti, con le


comuni attrezzature da cantiere, si possono lavorare e pompare fluidi con viscosità
massima di 800-1000 [mPa⋅s] e rigidezza massima di 50 [Pa]. Durante la preparazione,
la miscela deve essere un fluido omogeneo e con ridotta sedimentazione, in modo da
presentare caratteristiche adatte al pompaggio: in particolare, per i fluidi binghamiani, si
deve mantenere la soglia di taglio inferiore ai 50 [Pa].
Le condizioni ideali di lavorabilità di una miscela d’iniezione consistono in una
viscosità iniziale di 10 [mPa⋅s] che si mantenga pressoché costante per un tempo di
circa 30 minuti, consentendo le operazioni d’iniezione in foro, dopodiché aumenti
rapidamente per limitare la propagazione della miscela nel raggio diffusione di progetto.
Questo comportamento corrisponde solo ad alcune miscele chimiche, mentre gli altri
fluidi d’iniezione s’attestano in zone di lavorabilità praticabile o accettabile.

500
Viscosità [mPa⋅s]

100

50

10
5

1
20 40 60
Tempo d'iniezione [min]

Lavorabilità accettabile

Lavorabilità praticabile

Lavorabilità ideale

Figura 39 Lavorabilità delle miscele d’iniezione

Quando le miscele con lunghi tempi di presa sono state preparate, possono essere
stoccate in vasche dotate d’agitatore a palette con bassa velocità di rotazione (30-50
[giri/min]) ed essere riprese successivamente per l’utilizzo con eventuale addizione
d’acceleranti di presa. Nel caso delle miscele con brevi tempi di presa, invece, lo
stoccaggio si può effettuare nello stesso miscelatore, ma per breve durata.

92
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Nel caso in cui il punto d’iniezione è distante dal luogo di preparazione, si compie il
trasporto della miscela mediante tubazione fino a vasche di ripresa per mezzo di pompe.
Per le brevi distanze, invece, l’iniezione avviene per mezzo di pompe situate nel
luogo di preparazione della miscela: in questo caso si parla di centrale d’iniezione.
Questa soluzione impiantistica presenta notevoli vantaggi in termini di controllo,
automatizzazione dei processi, rendimento delle pompe. La tendenza attuale, infatti,
consiste nella minimizzazione dell’intervento degli operatori, che si limitano allo
svolgimento dei controlli sui processi in atto: uno dei compiti fondamentali della
centrale, infatti, è la registrazione dei parametri d’iniezione.
Le tubazioni per la miscela d’iniezione sono resistenti alla pressione e, generalmente,
hanno diametro compreso fra 2 e 5 centimetri per consentire portate adeguate ed evitare
la decantazione. Per le iniezioni con resine, le tubazioni sono costruite con materiali che
impediscono il passaggio dei raggi U.V., in grado di alterarne le proprietà.
In ogni caso, è necessario specificare che nella pratica di cantiere risulta
fondamentale lavare opportunamente le tubazioni dopo l’uso per eliminare la presenza
di residui di miscela che, dopo la presa, possono renderle inutilizzabili.

Tabella 21 Attrezzatura impiegata per l’iniezione dei diversi tipi di miscele

Applicazione Attrezzatura
Iniezione a bassa pressione di grandi vuoti con Pompa centrifuga (portata 10 ÷ 50 [m3 /h]),
miscele aerate o caricate pompa a vite (portata 10 ÷ 20 [m3 /h])
Iniezione a portata controllata di:
• miscele caricate con sabbia (d < 2 [mm]); Pompa a pistoni (portata 0.1 ÷ 10 [m3 /h],
• sospensioni a base di cemento; pressione 0.5 ÷ 10 [MPa])
• soluzioni a base di silicato di sodio;
Iniezione di miscele chimiche Pompa a vite (portata 0.10 ÷ 1 [m3 /h])
Iniezione di resina Pompa dosatrice a pistoni
Iniezione di resina in piccole quantità Pistola iniettante

Dato che la temperatura ha effetti importanti sulle miscele d’iniezione, per le


sospensioni a base di cemento, è stata definita una metodologia di calcolo del calo di
temperatura nel tragitto compiuto nella tubazione. Il calcolo può essere eseguito
analiticamente applicando la formula seguente:

93
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

t −t 
dt [°C ] = l ⋅ f ⋅ k ⋅ (1 − e) ⋅  i a  (52)
 Q 
con:
dt = calo di temperatura [°C];
l = lunghezza del tubo [m];
f = superficie interna di un metro di tubo [m2 ];

k = coefficiente di conducibilità termica del tubo [kcal/m2 h°C];


e = efficienza dell’isolamento termico [-];
t i = temperatura iniziale della sospensione all’ingresso [°C];

t a = temperatura dell’aria attorno al tubo [°C];


Q = portata [l/min]

Per un tubo non isolato, con diametro interno di 26 [mm], spessore 3.5 [mm] e
coefficiente di conducibilità termica k = 11.5 [kcal/m2 h°C], la formula precedente si
semplifica e può essere espressa nomogramma riportato in seguito:

dt [°C] ≈ 0.02 ⋅ (t i − t a ) ⋅
l
(53)
Q

: Lunghezza del tubo [m]

50 100 200 300 400 500


Differenza fra la temperatura iniziale della
sospensione e la temperatura dell'aria [°C]

60 0

50 750 10
sospensione nel tubo [°C]
Calo di temperatura della

40 20
1000

30 30
25

20 20 40

10 15 50

3.0 5.0 7.5 10


0 1.0 60

Portata [l/min]

Figura 40 Nomogramma per il calcolo del calo di temperatura delle sospensioni di


cemento nelle tubazioni d’iniezione, nel caso d’iniezione in condizioni climatiche fredde

94
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

12.5 Parametri d’iniezione


In cantiere si deve garantire la realizzazione dell’iniezione secondo le modalità
progettate, facendo penetrare le miscele secondo una sequenza logica prestabilita, basata
sul criterio della penetrabilità crescente, e controllando tutti i parametri d’iniezione.
Le grandezze più significative inerenti alla messa in opera delle miscele d’iniezione
sono definite per un insieme di punti d’iniezione (fori) e sono relative ad una singola
fase.

1. ORDINE D’INIEZIONE DEI FORI. È stabilito in base alle esigenze dei singoli
casi, ma di norma si parte dai fori più esterni, in modo da creare un contenimento che
riduce le dispersioni oltre i limiti previsti ed aumenta progressivamente l’efficacia del
trattamento.

2. VOLUME DI MISCELA INIETTATA PER OGNI PASSATA (V). Esso dipende


essenzialmente dal rapporto volumetrico fra il volume della miscela ed il volume del
cilindro ideale di terreno da trattare, che integra la porosità del terreno ed il coefficiente
di riempimento dei vuoti. Per questo motivo si usa la denominazione: “iniezioni
condotte a volume controllato”. La definizione dei quantitativi delle miscele da iniettare
attraverso ogni valvola, in ordine crescente di penetrabilità, tiene conto di diversi fattori
pratici oltre quelli teorici di progetto. Il riempimento effettivo dei vuoti, la dispersione
della miscela oltre il limite teorico previsto ed il possibile drenaggio, fanno sì che
spesso l’esecuzione dell’iniezione permetta di trarre informazioni utili alla modifica in
corso d’opera delle specifiche di progetto.

3. PRESSIONE D’INIEZIONE (P). Nonostante la complessità del meccanismo di


diffusione della miscela nel terreno, in linea generale, si può affermare che la pressione
d’iniezione aumenta in ragione della portata (Q) e della viscosità (η), mentre diminuisce
all’aumentare della permeabilità del terreno (k) e del passo (l). La pressione d’iniezione
è quindi un parametro difficile da valutare e da controllare, si pensi, ad esempio alla
difficoltà di valutare la caduta di carico per trafilamento alle valvole “a manchette”:
pertanto in questo caso l’approccio numerico perde efficacia a confronto con
l’esperienza degli operatori. L’approccio teorico porta a pensare che i risultati migliori
si ottengano con la massima pressione d’iniezione possibile, mentre le evidenze

95
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

empiriche sono in contrasto: di fatto si tratta di una problematica ancora in discussione


ed in fase di studio. Teoria e pratica concordano, comunque, sul fatto che la pressione
d’iniezione aumenta con la profondità. È comunque sempre necessario tenere conto
dell’idrofratturazione che può causare effetti collaterali negativi o risultati
insoddisfacenti qualora sia trascurato: a questo fenomeno si riferisce, infatti,
l’espressione “pressione di rifiuto” con la quale s’intende il limite di pressione da non
superare quando non si desidera indurre la rottura del terreno.
Nel campo del trattamento dei terreni la pressione d’iniezione deve essere valutata
con prove ad hoc o stimata empiricamente, ma comunque deve essere inferiore alla
pressione d’idrofratturazione e non deve causare compattazione radiale del terreno, se
non specificamente richiesta.

4. PORTATA D’INIEZIONE (Q). Nel caso delle iniezioni per impregnazione si


deve limitare la portata in modo che la pressione si mantenga inferiore alla pressione
d’idrofratturazione del terreno. La portata deve essere tarata in funzione della
permeabilità specifica del terreno nei confronti della miscela d’iniezione.
Il coefficiente di permeabilità riferito all’acqua fornisce, infatti, solo indicazioni
parziali e spesso fuorvianti in relazione alla capacità d’assorbimento del fluido
d’iniezione. Indicativamente, la portata necessaria a riempire i vuoti intergranulari
maggiori e di 40-60 [l/min], mentre per l’impregnazione dei pori nei terreni fini si usano
portate di 20-30 [l/min]. Al fine di ottimizzare i risultati del trattamento, nella pratica
del cantiere, si adotta anche l’accorgimento di ridurre la portata a 1-3 [l/min] nella fase
finale della passata.

V
5. DURATA DELLA SINGOLA PASSATA ( t = ). L’iniezione in più passate
Qmedia
dalla stessa valvola è una procedura utile ad ottenere l’omogeneità radiale del
trattamento: con un’unica passata, infatti, si rischia che la miscela segua una direzione
preferenziale. Naturalmente, la durata della passata deve essere compatibile con il
tempo di presa e d’iniezione, secondo le caratteristiche specifiche del tipo di miscela
iniettata.

96
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

6. IL TEMPO D’INIEZIONE. Generalmente è legato allo sviluppo della viscosità


della miscela, alla pressione di pompaggio ed al raggio di diffusione stabilito in sede
progettuale. Secondo il tipo di miscela, il tempo a disposizione per il pompaggio
dipende dallo sviluppo della viscosità e dal tempo di presa: si va dalle 2-4 ore per le
sospensioni di cemento ai 20-60 minuti per le soluzioni, fino a pochi minuti, o
addirittura secondi, per le miscele speciali.
In linea di massima, si può affermare che il tempo d’iniezione per le sospensioni di
cemento coincide con il tempo d’idratazione del cemento, mentre, per le soluzioni di
silicato di sodio, il tempo d’iniezione coincide con il tempo di gelificazione, ossia il
periodo dopo il quale il terreno trattato sviluppa resistenza a taglio.
In particolare, per le sospensioni a base di cemento, è opportuno ridurre il raggio di
diffusione, e quindi il tempo d’iniezione, per evitare che la miscela possa diluirsi
eccessivamente nel terreno, o possa iniziare la presa durante l’iniezione, il che provoca
un aumento della pressione con il rischio d’idrofratturazione.
Al contrario, per le soluzioni, il tempo di presa e quindi il raggio di diffusione, può
essere regolato mediante il dosaggio ed il tipo dei reagenti.

Volume di miscela iniettata

Pressione
d'iniezione

Raggio di diffusione
effettivo

Portata

Tempo

Riempimento dei vuoti Fase Fase


transitoria finale

Figura 41 Andamento qualitativo dei parametri d’iniezione in funzione del tempo

97
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Il volume di miscela da iniettare ad ogni passata costituisce un importante criterio


d’arresto che deve essere predeterminato in fase di progettazione. Il rapporto
volumetrico fra il volume della miscela da iniettare ed il volume del cilindro ideale di
terreno da trattare è compreso fra il 15 ed il 45% per sabbie e ghiaie e fra il 5 ed 25%
per i terreni coesivi fessurati.
La portata, invece, si stabilisce correntemente in base alla permeabilità del terreno e
può variare fra 0.2 e 1.8 [m3 /h].
Naturalmente i valori di pressione e portata precedentemente esposti devono essere
considerati puramente indicativi in quanto, anche nel campo del trattamento dei terreni
con iniezioni, ha validità il metodo osservazionale. Pertanto, i valori previsti in fase
progettuale sono soggetti ad eventuali variazioni a seguito della verifica tramite l’analisi
della risposta del terreno in situ. Infatti, la misura della pressione d’iniezione
corrispondente alla portata di progetto e l’osservazione d’eventuali fenomeni quali il
sollevamento del terreno o il rifluimento di miscela a boccaforo consentono il controllo
della correttezza dei parametri d’iniezione.
Indicativamente il valore della pressione dell’iniezione per permeazione, misurato in
testa al foro, è P = 3σ 3 , il che è compatibile con la necessità di evitare
l’idrofratturazione, se si considerano le perdite di carico che avvengono lungo il foro e
soprattutto nelle valvole “a manchette”.
Nei casi di terreni con scarsa permeabilità s’applica spesso il trattamento
d’idrofratturazione e serraggio progressivo. Durante la prima fase s’inietta una miscela a
base di cemento fino al superamento della pressione d’idrofratturazione. In seguito si
procede con una portata di 0.6-0.8 [m3 /h] iniettando un volume pre-fissato di miscela
per evitarne l’eccessiva diffusione. Dopo la presa si ritorna su ciascun punto d’iniezione
ripetendo l’operazione se la pressione resta inferiore ad un valore prefissato, che tiene
conto del tipo di terreno e delle condizioni al contorno.

98
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

12.6 Metodi d’iniezione


1. Iniezione dalla testa del foro. Questo metodo, adatto a trattamenti poco profondi
e resistenti o per l’iniezione attraverso murature, prevede che la miscela sia iniettata
applicando la pressione su tutta la lunghezza del foro, occluso in testa per mezzo di un
otturatore gonfiabile o di un raccordo filettato.

Rondelle di serraggio
Gomma

Muratura o terreno resistente

Figura 42 Schema del metodo d’iniezione dalla testa del foro

2. Iniezione dalla batteria d’aste di perforazione. Si tratta di un’applicazione


particolare dell’iniezione in avanzamento in cui, però, il fluido di perforazione è
costituito dalla miscela d’iniezione a base di cemento. È anche possibile perforare con il
fluido ordinario e, al termine, riempire il foro di miscela che funge da guaina per il tubo
valvolato inserito in seguito.

3. Iniezione per passate successive in estrazione. Questa tecnica, largamente


diffusa, consiste nell’iniettare sezioni del foro di lunghezza variabile tra 0.25 e 1 metro
partendo dal basso e risalendo fino al limite superiore della zona da trattare, con
l’ausilio di un tubo valvolato.
Completata la perforazione, s’introduce nel foro il tubo valvolato di materiale
plastico, con diametro compreso fra 1 e 1.5 [inch] e 2 o 3 valvole per metro. Esso è
provvisto, ad intervalli regolari, di fori coperti da valvole di non ritorno (valvole “a
manchette”).
Successivamente si riempie l’intercapedine esterna con una miscela cementizia a
bassa resistenza (iniezione di guaina).

99
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

La composizione di questa miscela di cemento e bentonite è caratterizzata da un


rapporto C/A attorno a 0.5 [- ] ed una dose di bentonite adeguata a renderla stabile e
fluida. Solitamente l’iniezione di guaina è realizzata attraverso la valvola di fondo. Una
volta indurita la guaina s’inietta, in modo localizzato su di una singola valvola, per
mezzo di un doppio otturatore (a coppelle o idraulico con guarnizioni d’espansione).
La miscela d’iniezione solleva la valvola e rompe la guaina diffondendosi nel terreno
circostante. Lo scopo della guaina, infatti, è d’impedire la risalita della miscela lungo
l’esterno della tubazione, obbligandola ad interessare di volta in volta le singole sezioni
cilindriche definite dalla posizione delle valvole. La resistenza della guaina, al termine
della maturazione, deve essere sufficiente ad impedire che la miscela iniettata la
sospinga lungo il tubo e tale da consentire la rottura radiale entro un certo limite di
pressione applicata alla valvola.
L’iniezione è effettuata isolando le singole sezioni, dotate di valvole, mediante un
doppio otturatore ad espansione o con guarnizioni “a coppelle”. Al termine della fase
d’iniezione, quando viene meno la pressione del fluido, la valvola si richiude
impedendo il ritorno del materiale iniettato all’interno del tubo valvolato. Dopo aver
lavato l’interno del tubo, le valvole sono pronte per essere riutilizzate nelle successive
passate.

Miscela in pressione
Tubo valvolato
Terreno
Iniezione
non trattato
di guaina

Guarnizioni
"a coppelle"

Valvola Trattamento
"a manchette" in corso

Terreno
trattato

Figura 43 Iniezione con tubo valvolato,


mediante otturatore doppio “a coppelle”

100
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Uno dei maggiori vantaggi di questo metodo è legato al fatto che consente
l’esecuzione dell’iniezione “a volume controllato” in più fasi, eventualmente con
l’impiego di miscele diverse per ogni fase, in modo da realizzare iniezioni di
riempimento dei vuoti maggiori e, successivamente, iniezioni d’impregnazione con
miscele a maggiore penetrabilità. Nel caso di terreni eterogenei, invece, è possibile
differenziare la miscela adattandola alle caratteristiche del terreno.
Un ulteriore vantaggio offerto dall’iniezione con tubo valvolato è la possibilità
d’implementare l’iniezione con il procedimento Joosten, iniettando
contemporaneamente con più tubi, diversi componenti chimici che si mescolano e
reagiscono nel terreno.
La flessibilità operativa consentita da questi dispositivi preventivamente posti in
opera e funzionanti a lungo termine rende anche più agevoli ed economiche eventuali
modifiche in corso d’opera, parte integrante di una progettazione basata sul metodo
osservazionale.

Aria compressa
Miscela in pressione

Terreno
non
Iniezione di guaina trattato

Guarnizioni Valvola
gonfiabili "a manchette"
"packers"
Trattamento
in corso

Terreno
Tubo valvolato trattato

Figura 44 Iniezione con tubo valvolato,


mediante otturatore doppio gonfiabile

101
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

4. Iniezione in avanzamento. In questo caso si esegue un tratto di foro, si ritira di


qualche metro l’utensile di perforazione e s’inietta immediatamente attraverso le aste.
S’attende la presa della miscela e si perfora nuovamente il terreno iniettato proseguendo
poi attraverso il terreno naturale sottostante, per poi ripetere nuovamente l’operazione.
Ovviamente il foro non deve essere rivestito poiché l’iniezione si esegue attraverso le
aste di perforazione. Si tratta di un procedimento molto oneroso che non consente un
accurato controllo del risultato.

Terreno
Guarnizioni trattato
della passata

Trattamento
Lunghezza

in corso

Parete
del foro

Figura 45 Iniezione nel foro non rivestito,


mediante otturatore semplice

Tipo d'otturatore
Otturatore in Otturatore Otturatore Rivestimento del foro
testa al foro semplice gonfiabile
Assente
Tubo continuo
Tubo valvolato
Tubo giuntato
Tubo flessibile
Tubo metallico
Terreno da trattare
Ordine d'interesse Argille, sabbie e ghiaie 1
crescente da 2 a 1 Rocce tenere 2 2 2
Cavità sotterranee 1 2 1 1

Schema 2 Attrezzature d’iniezione e rispettivi campi d’applicazione

102
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Tabella 22 Metodi d’iniezione a confronto

Tecnica d’iniezione Vantaggi Svantaggi

• Impossibilità di passate
• Permette portate elevate selettive
• Rapidità • Il terreno deve avere
Iniezione dalla testa del foro
d’equipaggiamento del resistenza sufficiente da
foro consentire la tenuta
dell’otturatore
• Iniezione indipendente
dalla perforazione • Necessità
Iniezione con tubo valvolato • Possibilità d’iniezione d’equipaggiamento del
selettiva e ripresa in foro con tubo valvolato
fasi successive
• Sezioni di terreno
trattato perfettamente
• Necessità di perforazione
delimitate
del terreno trattato dopo
• Possibilità di pressioni
Iniezione in avanzamento ogni iniezione
elevate
• Possibilità di sollevamento
• Possibilità d’iniezione
del piano campagna
senza equipaggiamento
del foro
• Impossibilità d’iniezione
• Permette portate elevate selettiva e mirata
Iniezione dalla batteria d’aste
• Buon’esecuzione della • Restrizioni su
di perforazione
guaina composizione e viscosità
della miscela

103
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

12.7 Controlli durante l’iniezione


Durante la fase d’iniezione vera e propria è necessario effettuare, a livello della
centrale, il controllo strumentale dei parametri caratteristici dell’iniezione: pressione,
portata e volume totale iniettato. La tecnologia a disposizione consente l’acquisizione
automatica di tali parametri, la registrazione, l’elaborazione e la restituzione in forma
grafica e numerica. Ciò permette la gestione e la regolazione dell’iniezione in tempo
reale, grazie al “feed-back” immediato fra la strumentazione di controllo e l’impianto.
Un ulteriore controllo riguarda la sorveglianza dei sollevamenti del piano campagna,
effettuata mediante tecniche di livellazione topografica, o strumentazione laser-scanner
nei casi più delicati. Per tenere sotto controllo tali movimenti, mantenendoli entro valori
accettabili, si può variare la portata, i volumi di miscela per passata ed in totale oppure
le distanze tra i punti d’iniezione simultanea. Qualora si superi la tolleranza imposta sul
sollevamento del terreno s’interviene limitando la pressione d’iniezione.
Infine si opera un controllo visivo sul rifluimento della miscela a boccaforo, che è
sintomo inequivocabile d’inconvenienti quali l’inefficacia dell’iniezione di guaina,
l’eccessiva pressione della miscela o il mancato assorbimento nel terreno.

104
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

13 Studi preliminari
Lo scopo degli studi preliminari è l’acquisizione di conoscenze sufficienti sul terreno
e sull’opera da consolidare o impermeabilizzare, al fine di poter prospettare le soluzioni
tecniche più valide in termini di costi, tempi d’esecuzione e ricadute ambientali.
A seguito della scelta della modalità d’intervento più idonea, le informazioni raccolte
consentono la messa a punto delle indagini specifiche successive.
Per accertare la fattibilità e definire le più adeguate modalità di un trattamento con
iniezioni, si dovrà quindi procedere attraverso le seguenti fasi:

1. Studio della natura del terreno, della sua struttura e dell’idrologia sotterranea
mediante sondaggi geognostici, osservazioni piezometriche e prove di
permeabilità in situ.
2. Indagini di laboratorio su provini rappresentativi per la determinazione dei
parametri geotecnici d’interesse generale e specifico ai fini della valutazione
d’iniettabilità.
3. Formulazione in laboratorio di uno più tipi di miscele presumibilmente idonee
ed esecuzione di prove specifiche relative allo studio dei parametri d’iniezione:
penetrabilità, limiti di pressione, portata e tempo, effetti consolidanti ed
impermeabilizzanti, compatibilità ecologica.
4. Prove d’iniezione e controllo dei risultati in situ, per verificare i dati
sperimentali colmandone le lacune e trarre indirizzi pratici più precisi sulle
modalità operative.

La sintesi dei dati raccolti in questa fase, orienta il progettista nella scelta della
tecnica di trattamento più appropriata ed influenza la successiva fase di studi specifici.

105
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Schema tipo degli studi preliminari ai trattamenti d’iniezione

Struttura geologica
Sezione geologica
Studio del sito
Idrogeologia
Condizioni al contorno

Stima dei costi


Esame delle diverse soluzioni
Tempistica esecutiva
Altri trattamenti
Ricadute
Scelta del trattamento con iniezioni

Individuazione della zona da trattare

Studi specifici dei Individuazione delle proprietà da


parametri d’iniezione conferire al terreno
Studi complementari (geologici,

Analisi dei risultati geotecnici, idrogeologici)

Progetto del trattamento Prove d’iniezione in sito

Schema 3 Diagramma di flusso degli studi preliminari ai trattamenti d’iniezione

13.1 Studio del sito


Lo studio geologico ed idrogeologico costituisce la prima fase degli studi preliminari
ed ha come obiettivo l’acquisizione di un’immagine di dettaglio sufficiente del contesto
in cui si effettua il trattamento, comprendente ogni aspetto che può essere influenzato
dall’esecuzione dei lavori.
L’analisi delle carte geologiche, dei sondaggi e degli studi già eseguiti, consente di
realizzare sezioni geologiche preliminari che orientano le successive fasi che si
articolano attraverso sondaggi geognostici, indagini geofisiche, prove idrogeologiche.

106
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

13.1.1 Sondaggi geognostici e campionamenti


I metodi di perforazione per indagini geognostiche appartengono solitamente a due
categorie: a percussione o a rotazione.
L’avanzamento a percussione con sonda a valvola (curetta) e rivestimento protettivo
costituisce, in linea di principio, il procedimento più adeguato alla campionatura di
terreni granulari con ghiaia e ciottoli, solo se si opera con grandi calibri (300÷600
[mm]). Infatti, oltre all’inconveniente più noto, il rimaneggiamento del campione, si
rischia il rimescolamento di strati differenti, frequente nelle fitte alternanze che
caratterizzano i depositi alluvionali, ed il parziale dilavamento della frazione più fine.
Le perforazioni a rotazione con recupero di carota permettono di ricostruire con
precisione la stratigrafia ed ottenere campioni da sottoporre a prove di laboratorio, ma i
piccoli calibri usuali (75÷150 [mm]) possono comportare la frantumazione del materiale
più grossolano ed uno scarso recupero degli elementi lapidei maggiori. I calibri usuali,
quindi, si addicono ai terreni coesivi e lapidei. Una soluzione a tali inconvenienti è
rappresentata dall’impiego di carotieri di maggior calibro (200÷300 [mm]) azionati a
rotazione senza circolazione di fluido ordinario (acqua o fango), ma purtroppo questa
scelta cade in difetto quando si effettua il carotaggio sotto falda, a causa della bassa
densità relativa del terreno. In questo caso si ottiene un recupero rappresentativo con
l’uso di campionatori a pistone stazionario infissi a pressione.
Infine è utile ricordare che quando il campo granulometrico è molto esteso e
comprende anche un’apprezzabile frazione limo-argillosa, ripartita o concentrata in
livelletti, il prelievo a percussione con curetta tende a sottovalutarne l’entità, mentre il
carotaggio a rotazione con piccolo diametro porta ad una valutazione in eccesso.
Infine, i sondaggi a distruzione con diagrafia dei parametri di perforazione, in
seguito alla taratura con i carotaggi, consentono un rapido ed economico riconoscimento
della stratigrafia.

13.1.2 Prove di permeabilità in situ su terreni incoerenti


Con i fori realizzati per i sondaggi geognostici, opportunamente rivestiti, si possono
definire le caratteristiche idrogeologiche del sito: è possibile identificare gli acquiferi, le
quote piezometriche, i gradienti idraulici, la permeabilità globale.
Le prove più economiche e comuni sono eseguite in avanzamento entro i fori di
sondaggio, rivestiti fino all’orizzonte di prova o fino al limite superiore di una zona

107
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

filtrante cilindrica creata mediante la posa di ghiaia o sabbia, con graduale sollevamento
della colonna. La più diffusa fra queste metodologie d’indagine è la prova Lefranc che
consiste nell’immissione a gravità, d’acqua a fondo foro e nella misura della portata
d’assorbimento.
Un’altra modalità d’indagine, denominata prova Lugeon, consiste nell’isolamento di
un tratto di foro con un doppio otturatore gonfiabile e nell’immissione d’acqua in
pressione nella sezione individuata. Il procedimento si basa sull’aumento della
pressione per intervalli discreti e la misura della corrispondente portata d’assorbimento.
La valutazione del coefficiente di permeabilità (k) presenta sempre difficoltà ed
incertezze: salvo nei casi di terreno omogenei ed isotropi e di condizioni al contorno
perfettamente note, i valori sperimentali possono essere affetti da notevoli errori.
Le modalità di perforazione, di pulizia del foro e d’isolamento della sezione filtrante
sono essenziali per l’attendibilità di queste prove, che possono essere condotte:
• con l’immissione o l’estrazione d’acqua;
• a carico idraulico costante, attendendo la stabilizzazione della portata;
• a carico idraulico variabile, misurando il livello d’acqua in funzione del tempo,
dopo aver creato un temporaneo innalzamento o abbassamento del livello
statico.

Una regola empirica orientativa stabilisce che il limite inferiore del coefficiente di
permeabilità, per una valutazione con metodi semplici, sia dello stesso ordine di
grandezza di quello pratico d’iniettabilità: k = 10-6 [m/s].
Per una maggiore accuratezza è necessario ricorrere a fori o tratti di foro attrezzati
come veri e propri pozzi filtranti, isolando opportunamente la zona da indagare.
In generale si stabilizza il livello idrico con una o più portate diverse, predisponendo
talvolta una rete di piezometri circostanti per una migliore interpretazione dei risultati
ricostruendo un reticolo idrodinamico di maggior dettaglio. Con questa procedura si
realizzano valutazioni globali in formazioni omogenee ottenendo dati accurati di
permeabilità orizzontale.
Nella fase di studio preliminare appare invece più utile realizzare una fitta serie di
misure puntuali con un procedimento basato sulla misura della velocità verticale di
circolazione dell’acqua entro un pozzo filtrante mediante un “micromulinello”. Le
prove sono eseguite, dopo un accurato spurgo, entro un foro allestito con filtro continuo

108
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

che interessa tutta la zona da indagare e senza la necessità d’isolare strati più o meno
permeabili. Si procede in due fasi distinte:

1. misura delle eventuali velocità naturali, indicanti la presenza di falde acquifere a


diverso livello piezometrico;
2. misura delle velocità durante l’immissione o l’estrazione di una portata costante
a livello stabilizzato entro il pozzo.

I rilievi sono effettuati ad intervalli di profondità stabiliti e possono essere infittiti


secondo le variabilità o le anomalie riscontrate. In base ai dati di velocità raccolti si
individuano gli strati omogenei dal punto di vista della conducibilità idraulica.
La determinazione del coefficiente di permeabilità k è permessa dalla formula di
Dupuit semplificata:

k [m / s ] =
Q
(54)
L ⋅ ∆H
con:
L = spessore dello strato [m];
∆H = depressione o innalzamento della falda a regime nel pozzo [m];
Q = portata [m3 /s] desunta dalla relazione:

[ ]
Q m 3 / s = A ⋅ ∆v R (55)
con:
A = sezione orizzontale del pozzo [m2 ];
∆v R = differenza fra le velocità risultanti alle estremità dello strato [m/s];

Anche con questo metodo, il limite inferiore della permeabilità apprezzabile è


dell’ordine di grandezza di 10-6 [m/s].
Nel contesto delle prove di permeabilità in situ è anche utile effettuare l’inventario
delle opere idrauliche esistenti (pozzi, condotte…) e disporre analisi chimiche delle
acque.
Per concludere, è interessante ricordare che, in assenza di falda acquifera,
l’interpretazione teorica delle prove di permeabilità è molto complessa, se non
impossibile: perciò si deve ricorrere a formule empiriche spesso molto approssimative.

109
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

13.1.3 Prove geofisiche


La geofisica permette d’approfondire la conoscenza del sottosuolo ottenendo dati di
carattere estensivo che completano le informazioni puntuali acquisite con le
perforazioni. Fra le tecniche di più largo impiego si possono citare la sismica
(tomografia sismica con tecniche down-hole e cross-hole), i sondaggi elettrici resistivi e
la microgravimetria per l’individuazione delle cavità sotterranee.

13.1.4 Prove di laboratorio


Gli studi geotecnici basati sulle prove di laboratorio (permeabilità, resistenza a
compressione e a taglio…) permettono di completare la conoscenza dei parametri
d’iniettabilità caratteristici.
Le difficoltà di campionamento, cui si è fatto cenno al paragrafo 13.1.1 “Sondaggi
geognostici e campionamenti”, comportano innanzi tutto l’esigenza di una completa
informazione sulle modalità di prelievo, affinché sia possibile programmare le prove di
laboratorio più adeguate e stimarne il grado d’attendibilità.
Come esigenza minima, i provini devono riprodurre la composizione granulometrica
reale del terreno; nei casi di fitte alternanze o intercalazioni, la decomposizione può
essere effettuata direttamente oppure analiticamente su di una curva granulometrica
media.
Le caratteristiche volumetriche (densità relativa, porosità…) sono valutate solo su
campioni che danno garanzie di buona conservazione della struttura originale.
Le prove di permeabilità su materiale ricostruito in laboratorio forniscono indicazioni
utili solo nel caso, molto raro, di sabbie pulite e con granulometria molto uniforme. Nel
caso in cui si disponga di provini “indisturbati”, si eseguono prove con il permeametro a
membrana.
Per tutte le prove eseguite su terreno iniettato è importante conoscere con precisione
la modalità di preparazione del provino e d’esecuzione dell’iniezione.
Un primo metodo di preparazione dei provini consiste nell’impasto omogeneo di
miscela e terreno secco in quantità prefissate: l’uso di sabbia uniforme può essere utile
per un raffronto speditivo di miscele diverse, ma fornisce risultati poco significativi per
quanto riguarda sia la resistenza che i moduli di deformazione. Ciò è dovuto al fatto
che, per l’omogeneità dell’impasto, si è costretti ad introdurre un eccesso di miscela

110
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

rispetto al volume dello scheletro solido: ne consegue un’elevata saturazione dei vuoti
ed una probabile riduzione dei contatti intergranulari.
Un secondo metodo consiste nell’iniezione “in candela” di un campione di terreno
indisturbato o ricostruito con precise modalità. Si tratta di una procedura abbastanza
complessa, che però può fornire informazioni più precise e complete, sia in senso
assoluto che comparativo. Il procedimento più largamente diffuso è stato messo a punto
dalla società francese Rhone-Progil. Il materiale di riferimento è la sabbia di
Fontainebleu: una sabbia silicea fine con diametro dei grani compreso fra 0.1 e 0.3
[mm], con superficie specifica S S = 139 [cm2 /g] o S 0 = 375 [cm-1 ]. La sabbia viene
immessa e costipata in un tubo di PVC trasparente lungo un metro e con diametro da 40
a 100 millimetri.
La compattazione è attuata in modo da ottenere le seguenti caratteristiche medie:

Tabella 23 Caratteristiche della sabbia di Fontainebleu

Peso dell’unità di volume del terreno alleggerito ( γ ' ) 1.626 [cN/cm3 ]

Porosità ( n ) 0.386 [-]

Coefficiente di permeabilità all’acqua ( k ) 8.4·10-5 [m/s]

Il cilindro di prova è dotato, alle estremità, di filtri ed otturatori ad espansione che


impediscono il rigonfiamento del campione durante le operazioni d’iniezione.
Dopo aver saturato d’acqua il campione, l’iniezione è effettuata dal basso mediante
una pompa o un compressore d’aria tramite un serbatoio in cui la miscela può essere
mantenuta in agitazione.
L’iniezione è attuata con una portata tale da rendere la durata della fase
d’impregnazione compresa fra 15 minuti ed il tempo di presa: normalmente questa fase
dura circa mezz’ora.
Al termine del trattamento, il campione è conservato per due giorni in posizione
verticale in un contenitore ermetico. Il cilindro così formato è successivamente
sezionato in tronconi da 8 [cm] per ricavare i provini cilindrici, scartando le sezioni
d’estremità.

111
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Setto di drenaggio

Campione da iniettare

Compressore d'aria
Miscela
d'iniezione

Filtro

Figura 46 Schema d’impianto per la prova d’iniezione


“in candela” secondo il procedimento Progil

In cantiere i provini sono preparati immettendo la miscela in un contenitore


cilindrico (φ interno = 40 [mm]; h = 100 [mm]) per un’altezza compresa fra 30 e 50
millimetri e, in seguito, versando lentamente la sabbia del sito fino a riempimento.
Durante questa fase la miscelazione è effettuata per scuotimento del contenitore ed urto
della base su di una superficie rigida. Dopo aver controllato che un sottile strato di
miscela ricopra la sabbia, il contenitore è sigillato e conservato per 48 ore in posizione
verticale. Successivamente si ricavano i provini con la stessa modalità e le stesse
caratteristiche dimensionali di quelli di laboratorio.

13.1.5 Ispezione del sito


L’analisi ed il censimento del quadro statico e fessurativo degli edifici e delle opere
adiacenti il sito da trattare forniscono importanti informazioni sulla situazione in
oggetto di studio e si rivelano anche molto utili a fini contrattuali e legali.

112
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

13.2 Studi specifici


A seguito della scelta del trattamento con iniezioni, il progettista precisa gli elementi
specifici necessari alla definizione degli obiettivi e degli effetti del trattamento,
all’ottimizzazione della tecnica d’iniezione e alla messa a punto dei metodi di controllo
dei risultati.
Le indagini messe in atto in questa fase si differenziano in base allo scopo del
trattamento.
Trattamento dei terreni. In questo caso hanno un ruolo importante le informazioni
fornite dall’analisi delle diagrafie di perforazione, poiché il loro impiego non si limita
agli studi preliminari, ma si estende alla fase esecutiva vera e propria grazie
all’esecuzione dei fori d’iniezione.
Trattamento delle opere. L’indagine documentale è incentrata sull’analisi dei progetti
costruttivi e della documentazione di cantiere alla ricerca d’informazioni sul terreno di
fondazione, sui metodi di realizzazione e sulle strutture e sui materiali. Successivamente
si procede all’analisi del quadro fessurativo e alle misure topografiche per definire
l’assetto statico. L’esecuzione di sondaggi geognostici o piccoli scavi a ridosso delle
fondazioni e l’impiego di tecniche geofisiche consentono l’attualizzazione delle
informazioni contenute nella documentazione progettuale analizzata. In casi
particolarmente delicati si procede anche al prelevamento ed all’analisi dei materiali
strutturali contestualmente all’esame endoscopico dei fori di prelievo.

113
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

14 Prove preliminari d’iniezione in situ


Il completamento degli studi preliminari porta alla messa a punto di un procedimento
teorico di trattamento che, secondo la complessità e l’importanza dell’opera, necessita
della calibrazione e della messa a punto attraverso prove d’iniezione in sito che debbono
essere realizzate al meglio per garantirne la rappresentatività. Generalmente, infatti, la
raccolta di dati sperimentali secondo i criteri espressi nei paragrafi precedenti è
sufficiente per la progettazione di un trattamento: con tali premesse, il conseguimento di
un buon risultato può essere garantito da accurati controlli in corso d’opera atti a
suggerire le varianti operative eventualmente necessarie. Le prove d’iniezione in fase
progettuale sono quindi riservate a problemi di particolare importanza o delicatezza, ai
fini dell’orientamento delle scelte tecnico-economiche.
Gli scopi di tali prove sono:
1. Innanzi tutto, la verifica dell’adeguatezza della tecnica di perforazione,
dell’equipaggiamento del foro e del metodo d’iniezione. Anche la maglia di
perforazione è sperimentata per controllare che la disposizione e la lunghezza dei fori
siano sufficienti.
2. La verifica della composizione della miscela, controllando che la relazione
pressione-portata resti entro i limiti di progetto.
3. Il prelievo di campioni di terreno trattato permette di valutare l’efficacia
dell’iniezione.
In generale le informazioni che si possono trarre sono utili ad una prima verifica
delle modalità operative previste, ma i controlli del risultato sono spesso difficili e
tendono a sottovalutare l’effetto globale del trattamento, poiché i risultati ottenuti sono
validi nella zona di prova. Per questo motivo, quando l’estensione del sito da trattare è
importante, per garantire la rappresentatività statistica delle prove preliminari, si devono
eseguire almeno 12 prove d’iniezione.

114
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

Cavità Terreni Parametri da determinare con gli studi preliminari


sotterranee sciolti
1. Caratteristiche della formazione geologica
Stratigrafia
Cavità sotterranee
Fessurazione
Riempimento
2. Parametri fisici
(R) Granulometria
Porosità e densità relativa
(R) Deformabilità
(R) Resistenza meccanica
3. Caratteristiche idrogeologiche
(R) Permeabilità
Velocità di circolazione
(R) Riempimento esistente
Metodi d'indagine
- Geofisica:
di superficie (microgravimetria) III 2
in foro (sismica a rifrazione) III 2 2 3 3
- Sondaggi geognostici:
riconoscimento stratigrafico I 2 1 1 1
campionamento in foro I 2 1 1 1 1
- Perforazione a distruzione:
registrazione parametri II 3 3 3 2 3 2 1 2 1
- Prove meccaniche in situ:
penetrometrica (SPT) I 2 2
pressiometrica II 1 1
- Prove idrauliche in foro:
prova Lefranc I 1
prova d'idrofratturazione I 2
prova d'assorbimento I 1
prove con traccianti III 1
- Video-ispezione in foro III 2 1 1 1

Complessità tecnica crescente da I a III Ordine d'interesse crescente da 3 a 1

Schema 4 Parametri indagati dagli studi preliminari


e dalle prove preliminari d’iniezione

115
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

15 Controllo dei risultati


La valutazione dell’efficacia del trattamento d’iniezione può essere compiuta in due
modi:
1. Durante l’iniezione propriamente detta, con l’osservazione del rifluimento a
boccaforo, del sollevamento del piano di campagna e delle modificazioni indotte nella
circolazione delle acque sotterranee. Anche l’interpretazione dei dati di pressione,
portata e volume di miscela iniettata è funzionale a questo scopo.
2. Al termine del trattamento, con il controllo del sito. Quest’analisi a posteriori
permette la valutazione dei miglioramenti apportati al terreno, tramite la comparazione
fra parametri misurati prima e dopo il trattamento. Data la natura puntuale delle misure
effettuabili, il trattamento statistico dei dati può celare alterazioni localizzate.

15.1 Metodi di controllo durante l’iniezione


Oltre ai controlli elencati in precedenza, in cantiere è opportuna una verifica
sistematica del rispetto della composizione della miscela stabilita preliminarmente in
laboratorio, apportando delle correzioni quando necessario. Anche il controllo delle
caratteristiche reologiche iniziali deve essere sistematico, mentre il prelievo di campioni
di miscela destinati a prove a medio-lungo termine può avvenire con frequenza minore.
Il controllo rigoroso delle portate, delle pressioni e dei quantitativi di miscela
iniettata, permette di valutare con buon’approssimazione l’adeguatezza delle modalità
operative adottate.

15.2 Metodi di controllo in situ


La geofisica risponde bene alla necessità di realizzare controlli di carattere globale
che forniscano una valutazione sull’omogeneità del trattamento alla scala del sito.
I sondaggi geognostici hanno scarsa validità, sia per il carattere puntuale
dell’indagine, sia per il fatto che non consentono di valutare correttamente l’efficacia
del trattamento, giacché i campioni carotati sono spesso frammentati e disturbati, tranne
che nelle sabbie fini, adottando diametri di perforazione superiori a 100 [mm]. Nel caso
delle formazioni contenenti ghiaia o inclusi lapidei ancora più grossolani, l’utensile di
perforazione tende a produrre un effetto di disturbo nello scheletro d’elementi lapidei
più duri della matrice di miscela, anche se quest’ultima ha conferito un’elevata coesione
al complesso. In questi casi, con precauzioni particolari e costose come l’uso di corone

116
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

diamantate di grosso diametro, quando il trattamento è molto omogeneo e la resistenza


della miscela è elevata, si possono prelevare buoni campioni, in ogni caso fuorvianti
poiché, tanto più la granulometria è grossolana, tanto più il risultato dell’iniezione è
sottovalutato.
Maggiormente usati sono i sondaggi a distruzione, perché la rapidità d’esecuzione
consente di eseguire molti fori con diagrafia per valutare l’omogeneità del trattamento
ed i miglioramenti apportati.
La prova penetromentrica standard (SPT) è usata correntemente per il controllo dei
trattamenti d’iniezione in sabbie fini, grazie ai vantaggi legati alla facilità ed alla
rapidità d’esecuzione.
La prova di carico su piastra è valida per qualsiasi tipo di terreno iniettato, ma
comporta oneri economici crescenti con la profondità: pertanto il ricorso a questo tipo
d’indagine è generalmente limitato al controllo di consolidamenti poco profondi o
d’importanza tale da giustificare costi elevati.
Anche la prova pressiometrica (pressiometro Menard) offre risultati di buona qualità,
perché permette di effettuare rapidamente indagini puntuali che forniscono parametri di
resistenza e deformabilità a breve termine. Questo tipo di prova consiste essenzialmente
nella misura delle deformazioni radiali indotte in un foro mediante una sonda cilindrica
dilatabile (del volume iniziale V0 di 500 [cm3 ]), incrementando gradualmente la
pressione dal valore di ripristino della tensione efficace orizzontale ( σ 'h0 = P0 ) fino al
limite della rottura, se necessario e possibile. Il metodo è applicabile a qualsiasi tipo di
terreno, consentendo di realizzare vere e proprie prove di carico, anche molto profonde,
alle seguenti condizioni:

− Esecuzione di una cavità cilindrica ben calibrata per la sonda, con modalità
operative che riducano il disturbo indotto nel terreno circostante.
Solitamente si esegue la cementazione completa del foro e la successiva
riperforazione con utensile dello stesso diametro. Quest’esigenza pone
alcune limitazioni solo nei terreni incoerenti grossolani: in questo caso il
pressiometro consente il confronto delle caratteristiche del terreno prima e
dopo il trattamento. Nei terreni sabbiosi, invece, l’indagine pressiometrica
presenta minori difficoltà operative, specialmente dopo il consolidamento.

117
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

− Apparecchiatura di capacità e sensibilità adeguate alla natura del terreno, alla


massima profondità da raggiungere e alla qualità delle informazioni
richieste.

La prova fornisce un diagramma pressione-incremento di volume da cui si possono


ricavare i seguenti parametri:

1. Pressione di “fluage”, da cui convenzionalmente iniziano le deformazioni


plastiche (Pf).
2. Pressione limite, cui corrisponde l’aumento indefinito del volume della cella
senza variazione della pressione interna (Pl). Siccome il valore della
pressione limite, di fatto, non si raggiunge mai, la si determina come valore
della pressione corrispondente al doppio del volume iniziale della cella
pressiometrica (2V0 ).
3. Modulo pressiometrico di Menard (Em ), corrispondente alla pendenza della
V0 + V f
curva sperimentale nel punto d’ascissa Vm = , calcolato come:
2

∆P
Em = 2.66 ⋅ Vm ⋅ (56)
∆V
Pressione

Em/2.66V m
1
PL
Pf

P0

V0 Vf VL Volume
cella
Vm

Figura 47 Diagramma qualitativo della curva sperimentale


fornita dalla prova pressiometrica Menard

118
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

L’osservazione diretta del terreno trattato fornisce indicazioni sulla diffusione della
miscela e si può effettuare tramite la vide-ispezione di fori di sondaggio o l’esecuzione
di piccoli scavi. Spesso, per evidenziare il terreno trattato, si utilizzano marcatori
chimici aggiunti alla miscela (fluoresceina, blu di metilene, cosina, rodamina) o
applicati sul terreno inumidito (fenolftaleina).
Infine si possono citare prove di permeabilità e le misure piezometriche,
fondamentali per il controllo dei trattamenti d’impermeabilizzazione. Il controllo della
permeabilità può rappresentare un valido giudizio indiretto sulla qualità di un
trattamento in termini d’omogeneità.

Impermeabilizzazione Consolidamento Parametri da determinare per il controllo dei risultati

1. Localizzazione delle zone trattate


2. Parametri fisici
Deformabilità e resistenza meccanica
3. Caratteristiche idrogeologiche
Permeabilità

4. Ricadute ambientali

Metodi d'indagine
Puntuale

Globale

- Geofisica:
in foro (sismica a rifrazione) III 3 2
- Sondaggi geognostici:
riconoscimento stratigrafico I 3 3
campionamento in foro I 2
- Perforazione a distruzione:
registrazione parametri II 1
- Prove meccaniche in situ:
penetrometrica (SPT) I 2
pressiometrica II 1
- Prove dirette in situ:
escavazioni I 1
prove meccaniche II 1
- Prove idrauliche in foro:
prova Lefranc I 1
prova d'idrofratturazione I 1
prova d'assorbimento I 2 1 3
misure piezometriche III 2 1 3
- Video-ispezione in foro III 3 1

Complessità tecnica crescente da I a III Ordine d'interesse crescente da 3 a 1

Schema 5 Parametri per la valutazione dell’efficacia dei trattamenti d’iniezione

119
Il trattamento del terreno mediante iniezioni

16 Documentazione di cantiere
L’esecuzione dei trattamenti segue un programma di lavoro, stabilito in sede
progettuale, che comprende indicazioni inerenti sia le fasi di perforazione ed
equipaggiamento dei fori, sia la fase d’iniezione vera e propria. Durante la parte
esecutiva, inoltre si compilano quotidianamente rapporti dei lavori che costituiscono, a
loro volta, la documentazione tecnica di base per il controllo dell’evoluzione e dei
risultati finali del trattamento.
I documenti di perforazione riportano i dettagli relativi a:
− numero dei fori e ordine esecutivo;
− inclinazione e lunghezza dei fori;
− installazione del rivestimento;
− tecnica di perforazione (rotazione, percussione, rotopercussione…);
− fluido di perforazione (aria, acqua, fango, miscela d’iniezione o di guaina);
− utensile di perforazione (tricono, corona diamantata…);
− diagrafia di perforazione;
− tipo d’equipaggiamento per l’iniezione (pareti nude, tubo finestrato, tubo
valvolato…);
− composizione e tecnica di messa in opera dell’iniezione di guaina;

La documentazione d’iniezione indica:


− ordine d’iniezione dei fori;
− numero delle fasi di trattamento;
− ordine d’iniezione delle passate;
− caratteristiche della miscela;
− indicazioni sulla preparazione della miscela;
− pressione, portata e volume complessivo d’iniezione per ogni passata;

I rapporti dei lavori devono riportare le condizioni operative (caratteristiche della


miscela preparata, condizioni ambientali), le eventuali deviazioni dalle condizioni di
progetto, le indicazioni strumentali (pressioni ai manometri, portate indicate dai
contatori…), e le osservazioni degli operatori (rifluimenti di miscela a boccaforo,
sollevamenti del terreno, anomalie di funzionamento delle attrezzature…).

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Il trattamento del terreno mediante iniezioni

17 Registrazione dei parametri di perforazione


Con il termine “diagrafia di perforazione” s’intende la registrazione, in funzione
della profondità, di una serie di parametri fisici, caratteristici della perforatrice, le cui
variazioni dipendono dalle proprietà del terreno attraversato. La correlazione di questi
dati con i materiali costituenti il terreno (calibrazione con sondaggi a recupero),
consente una precisa ricostruzione della stratigrafia.
Questa tecnica è applicata correntemente alle perforazioni eseguite con la metodica
“a distruzione”, ossia utilizzando un utensile detto “tricono” che frantuma il materiale
attraversato, che viene trasportato in superficie mediante in fluido di perforazione. In
questo modo si raggiungono velocità di perforazione superiori alle altre tecniche.
Le peculiarità di questa metodologia consentono l’esecuzione di molti fori per
apprezzare la variazione dei parametri geotecnici del terreno.
Tenendo conto del grande numero di fori eseguiti nei trattamenti d’iniezione e del
costo relativamente basso della diagrafia di perforazione (dal 5% al 20% del costo totale
di perforazione) si nota come si può ottenere una conoscenza approfondita della
struttura geologia del sito.
I parametri registrati sono:
1. Velocità istantanea d’avanzamento. Indica la resistenza del terreno.
2. Spinta sull’utensile. Indica la compattezza del terreno e l’eventuale presenza di
cavità sotterranee.
3. Coppia e velocità di rotazione . È funzione della resistenza e della compattezza
del terreno.
4. Intensità della vibrazione di percussione riflessa. L’energia di percussione
che si riflette lungo la batteria d’aste di perforazione è un indicazione della
durezza degli elementi lapidei.
5. Pressione e portata del fluido di perforazione . Quando l’utensile attraversa
una formazione ad elevata plasticità (argilla, marna…) la pressione cresce,
mentre diminuisce in coincidenza di terreni permeabili come le ghiaie. Qualora
si attraversino delle cavità sotterranee, la pressione del fluido subisce addirittura
un crollo che perdura proporzionalmente al volume del vuoto.
6. Aumento o perdita di fluido di perforazione. L’aumento del fluido di
perforazione indica che l’utensile sta attraversando un terreno a forte
permeabilità (ghiaie…) ricco d’acqua che viene prelevata dal fluido di spurgo.

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