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Francesca

Agostini

L'amicizia e l'Odio nelle Lettere a Lucilio


Lucio Anneo Seneca

Le Epistulae morales ad Lucilium sono l'opera principale della


produzione più tarda di Lucio Anneo Seneca, composte nel periodo
successivo al suo ritiro dalla vita politica.
Si tratta dell'opera più celebre in assoluto del filosofo iberico, ed è
composta da una raccolta di 124 lettere divise in 20 libri di differente
estensione.
Le lettere di Seneca vogliono essere uno strumento di crescita morale.
Egli propone ogni volta un tema nuovo e, utilizzando lo stile epistolare,
non toglie importanza a quella che può essere un'amicizia cresciuta “a
distanza”, mantenendola viva ed efficace.
Tutt'altro : questo rapporto permette di istituire un colloquium con
l'amico, fornendo un esempio di vita che, sul piano pedagogico, è più
efficace dell'insegnamento dottrinale.
Il tema dell'amicizia appartiene alla struttura intima di tutte le lettere di
Seneca, in quanto esse sono il frutto del rapporto amichevole che
intercorre fra il filosofo iberico e Lucilio .
Infatti, quello che si è instaurato fra i due corrispondenti Seneca e
Lucilio, è un rapporto di costruzione l'uno con l'altro basato sulla
costante crescita personale e lo sviluppo delle virtù.
Seneca prende come esempio Epicuro, il quale ha utilizzato spesso il
genere epistolare per rivolgersi agli amici realizzando con loro un buon
rapporto di formazione e di educazione spirituale ; quello stesso che
Seneca istituisce con Lucilio.
Seneca inizia ad approfondire l'argomento dell'amicizia nella lettera
numero 3, all'interno della quale tratta "la scelta dell'amico".

Per essere coerenti con gli altri, ma soprattutto con se stessi, è di


basilare importanza porre le basi di una sana e costruttiva amicizia
avendo chiara l'idea del termine in questione.
Quest'ultima infatti deve essere ponderata e deve essere una scelta le
cui basi necessitano di solidità.

Una volta stabilito e chiarito qual è il significato del termine, ed


appurato che si tratta di una reale amicizia, bisogna mantenersi fedeli. e
confidare tutto ciò che abbiamo dentro di noi all'amico, come se
fossimo dinanzi noi stessi. Per contro, non bisogna temere che l'amico ci
inganni , altrimenti, così facendo, non si farà altro che attirare i suoi
sospetti e null'altro di positivo. Nel seguente frammento Teofrasto ci
suggerisce di evitare l'incoerenza dentro di noi :

“ Una volta che si è accettata un'amicizia bisogna credere in essa; prima


di accettarla bisogna giudicare se sia vera amicizia. Confondono i doveri
rovesciandone i tempi coloro, che, contraddicendo gli insegnamenti di
Teofrasto, cominciano a giudicare dopo aver dato il loro affetto e lo
ritirano poi in seguito al giudizio che hanno formato. “

Non possiamo ritenere un amico una persona alla quale non apriremmo
completamente il nostro cuore. Spesso scegliamo di escludere coloro
che ci stanno accanto per affetto ed amicizia, dal condividere i nostri
affanni e ciò che serbiamo nel nostro cuore.

Questo genere di errore solitamente deriva da scelte poco ponderate,


perciò nell'amicizia dobbiamo essere molto chiari.
Da questa lettera ne è derivata una regola di vita :

“Rendi partecipe l'amico di tutti i tuoi pensieri , e fidandoti di lui lo


renderai fedele”

Oltre ad una regola di vita, dagli insegnamenti di questa lettera,


impariamo anche a conoscere due tipi diversi di amico e di persona.
Il primo appartiene al genere irrequieto che racconta tutto ciò che prova
dentro di sé a tutti, senza alcun discernimento, solo per sentir meno il
peso delle proprie angosce, l'altro appartiene al genere di coloro che
non si scompongono mai, ovvero di chi vive con il terrore che qualsiasi
persona lontana o vicina, venga a conoscenza di un loro segreto.

Il comportamento ideale sarebbe quello di una persona che riesca a


contemperare queste due tendenze.

L'amicizia non deve essere unicamente uno scambio di confidenze, ma


un motivo di crescita personale e di scambio reciproco.
Se il sentimento dell'amicizia è reale, nasce un bisogno naturale in noi
di conoscere i cambiamenti dell'amico e le rispettive evoluzioni interiori.

“Saranno due anime volte a desiderare nobili cose.”

Questa frase ci aiuta a comprendere che un amico è gioia di condividere,


imparare qualcosa per poi insegnarla.
Apprendere senza donare il proprio sapere all'amico è come non aver
appreso affatto.
E' evidente perciò il tema della condivisione :” chi tiene la virtù per sé
non sa vivere”.
Un passo davvero interessante che Seneca vuole condividere con Lucilio
è quello in cui riporta quanto afferma Ecatone:

Ti dirò che cosa oggi mi è piaciuto in Ecatone. "Mi chiedi" egli scrive "quale è
stato il mio progresso? Ho cominciato ad essere amico di me stesso." Grande è
stato il suo progresso: non rimarrà più solo. Sappi che tutti possono avere
quest'amico.

Potrebbe essere anche quest'ultima una regola di vita fondamentale che


è quella di riuscire ad essere amico prima di tutto di noi stessi.

In questo modo la solitudine ci è lontana più che mai, e diviene il


progresso interiore migliore che ci possiamo aspettare.

La coerenza con se stessi è importantissima per ottenere uno stile di


vita virtuoso, infatti la saggezza consiste nel volere sempre le stesse
cose, e viceversa, rifiutare sempre le stesse.

Vi sono uomini che, prendendo la vita come un gioco cambiano


direzione costantemente e questo non fa altro che aumentare la loro
infelicità

Seneca affronta il tema della povertà, intesa come aiuto nel


riconoscimento di un amico vero.

Infatti : “la povertà non merita di essere amata anche solo per questo.
Che metterà in evidenza le persone da cui sei amato?”

Sarà facile notare coloro che ti stanno accanto solo perchè conveniente.
Non appena verranno meno le ricchezze il finto amico si allontanerà, in
un soffio, così come è venuto.
Sarà subito possibile accorgersi di quello che in realtà era un finto
sentimento, dovuto solamente al bisogno.

Un' acuta osservazione è quella che Seneca cita verso la fine della
ventesima lettera
Ma la forma di saggezza ancora più grande,sarà di chi riesce a sentirsi
“povero” fra le “ricchezze”.

Sarà motivo di soddisfazione infinitamente più grande essere in grado


di vivere con modestia seppur circondati di ricchezze.

Un'altra lettera significativa è la ventinove, dal titolo “l'Educazione di


un amico” è quella nella quale si dice che Marcellino va raramente a
trovare gli amici, perché teme di sentire la verità.

Seneca asserisce che non è il momento di dirgli ancora nulla, di non


rimproverarlo, perchè non sarebbe disposto ad ascoltare, di
conseguenza sarebbero consigli sprecati.

L'atteggiamento di fronte ad un amico deve essere quello di saper


attendere il momento giusto, e allo stesso tempo di avere la forza di
affrontare qualsiasi argomento nel bene e nel male.
Il filosofo ricorda che Diogene e i cinici dovevano avere un metodo per
difendere la libertà di parole infatti potevano ammonire chiunque.

Seneca ritiene utili le proprie parole di ammonimenti quando sono


necessarie e rivolte a fin di bene.
L'odio

Nelle Lettere a Lucilio il tema dell'odio non è particolarmente evidente.


Infatti sono poche le occasioni in cui Seneca affronta chiaramente
l'argomento.
Tuttavia, vi sono alcuni momenti in cui il filosofo cerca di dare dei
consigli su come comportarsi o per evitare di suscitare sentimenti di
odio, o come affrontarlo in caso ci si dovesse trovare in questa
situazione.

Seneca fa un riferimento all'odio nella lettera settima:

Lo spettacolo è sospeso: "Nel frattempo si sgozzino altri uomini affinché


non si stia a far niente". Suvvia non comprendete che i cattivi esempi
ricadano sopra quelli che li fanno. Ringraziate gli dei immortali perché
insegnate ad essere crudele a colui che non può imparare “

In questa parte cogliamo un aspetto particolare di Seneca.


Egli infatti viene turbato di rado.
Una di queste occasioni è durante la pratica degli spettacoli circensi,
soprattutto se cruenti ; però è più una forma di disgusto che di protesta.
Egli è il saggio aristocratico che odia il volgo, in lui è presente una
aristocratica superiorità : preferisce infatti ritirarsi a meditare su se
stesso.

Solo così potrà pensare a sviluppare le sue virtù e non lasciarsi


trasportare da avvenimenti che non meritano la sua attenzione.
Nel passaggio 3 della lettera 105

“ L'odio, o nasce da un'offesa, e lo eviterai non provocando nessuno; o è


gratuito, e allora te ne difenderà il buon senso. Molti, però hanno corso
questo pericolo: sono stati odiati senza avere un nemico.”

Seneca consiglia al suo amico,onde evitare di suscitare l'odio di tenere


dunque questo sentimento il più lontano possibile. Quando si provoca
qualcuno bisogna sempre prevedere le conseguenze e le reazioni che
suscitiamo. Talvolta l'odio è la conseguenza di un nostro
comportamento errato quasi con una relazione causa-effetto.
Quando ci accorgiamo che non dipende minimamente da noi e l'odio è
“gratuito” dobbiamo ricorrere al nostro buon senso per difenderci da
una situazione che potrebbe diventare ingestibile.
Per molti però l'odio è scaturito senza aver nemici e sono dunque stati
odiati senza alcun motivo, subendo una maggiore ingiustizia.

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