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Gianfranco Longo

Il concetto di sovranità nel diritto internazionale tra guerra e pace

Introduzione al problema.

1. Il diritto internazionale si sostanzia in una prassi consuetudinaria


di fatti politici e di norme giuridiche, i quali interagiscono determinan-
do sia il consolidamento della consuetudine ed il suo riconoscimento
come "prova di una pratica accettata come diritto", sia stabilendo la le-
gittimità della regola pacta sunt servanda che diviene il cardine per la sti-
pulazione di una qualsiasi convenzione, vuoi a carattere generale, vuoi a
carattere particolare. Ma la stretta interazione di fatti politici e di norme
giuridiche ha un senso proprio quando pensiamo che una delle tre pos-
sibili fonti del diritto internazionale, individuate nell’art. 38 dello Statu-
to della Corte internazionale di Giustizia, sia quella che rileva esatta-
mente nei principi generali di diritto interno, riconosciuti dalle società
civili, una premessa irrinunciabile verso la formazione di una normativi-
tà adeguata del diritto internazionale.
La validità e l’efficacia di norme, sia a carattere pattizio, sia a caratte-
re consuetudinario, sono tese poi a mostrare l’esercizio di un criterio di
sicurezza legittima della sovranità di uno Stato nella legalità del suo ri-
conoscimento territoriale. Il problema del diritto internazionale concer-
ne allora, in maniera centrale, da un lato quella che diviene la delimita-
zione territoriale dell’imperium, ciò che affermiamo essere la sovranità
dello Stato, attraverso un riconoscimento giuridico internazionale di ciò
in cui, a sua volta, si sostanzia la limitazione politica dello Stato, cioè il
limes imperii.
Ma dall’altro lato il problema del diritto internazionale si concentra
anche sulla tutela del dominium, ciò che affermiamo essere l’autorità del-
lo Stato che si fonda su un principio di libertà d’esercizio della sovranità
interna, e cioè la sua autorità di governo, rispetto a tutto quanto possa
circondare quel determinato Stato.

2. Nel diritto internazionale allora, situazioni giuridiche oggettive si


contrappongono sempre ad una dimensione soggettiva della politica, ta-

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le da consentire l’affermazione della regola generale che ad ogni ricono-
scimento statuale corrisponde sempre una reazione da parte della co-
munità internazionale, che ad ogni azione giuridica corrisponde sempre
un consenso o dissenso da parte della comunità degli Stati: in questo
modo la formazione di un diritto a carattere consuetudinario si stratifi-
ca, si sedimenta per divenire punto di partenza nel riconoscimento
d’ogni situazione giuridica soggettiva, che solo dalla prova di "una prati-
ca generale accettata come diritto" ottiene la sua validità e la sua stessa
efficacia normativa ed istituzionale.

3. Da un punto di vista formale, pertanto, il diritto internazionale sca-


turisce proprio dalla sua nozione di sovranità: si direbbe che il concetto
di sovranità pone l’esistenza e l’efficacia del diritto internazionale tout
court, ma quest’ultimo sancisce l’obbligatorietà dello Stato sovrano sen-
za la cui esistenza il diritto non avrebbe ragion d’essere. Il diritto inter-
nazionale nasce allora per affermare l’obbligo giuridico cui corrisponde
la sicurezza del diritto soggettivo dello Stato sovrano nel pretendere che
altri Stati non ledano i suoi confini, il che significa riconoscere la sovra-
nità giuridica e politica interna dello Stato: cioè la sua autorità di gover-
no, il suo dominium rispetto al suo imperium.
Da un punto di vista sostanziale, invece, il diritto internazionale pos-
siamo descriverlo come quella valvola di sicurezza che permette
l’esercizio di tale dominium dello Stato, ma che stabilisce pure il suo limes
imperii; inoltre il diritto internazionale, nell’ambito di una dottrina della
sovranità, garantisce la stabilità e l’indipendenza dei singoli ordinamen-
ti giuridici nazionali. Tutto ciò è naturale e possibile nell’osservanza e
nella tutela di tre clausole fondamentali che sono: la parità delle condizio-
ni, il mutamento fondamentale delle circostanze ed il criterio della doppia con-
tingenza.
Da ciò si evince come il diritto internazionale serva ad assicurare
l’esercizio di un obbligo giuridico e la tutela di un diritto soggettivo: il
problema però è talvolta quello di individuare a chi sia utile il diritto in-
ternazionale, ma ciò è una questione relativa alla formazione dei suoi
aspetti consuetudinari e convenzionali.

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2. Le clausole.

a) Ceteris paribus.

4. La parità delle circostanze e delle condizioni è un’indispensabile


premessa all’esercizio del diritto sovrano, proprio con il fine di manife-
stare indipendenza ed autorità di ruolo politico da parte di uno Stato in
seno alla comunità internazionale. ù
La sovranità espressa dallo Stato si esplica attraverso la clausola cete-
ris paribus e quest’ultima permette che l’esercizio della sovranità di uno
Stato possa essere qualità del suo riconoscimento giuridico e politico
verso l’esterno: unicamente quando equilibrio della sicurezza e indisso-
lubilità del diritto interno siano garantiti, diviene possibile che lo Stato
assuma una sua propria e specifica rilevanza nell’ambito delle relazioni
internazionali, sia esse politiche, sia esse economiche, sia esse giuridi-
che.

5. Tutelare dunque la parità delle condizioni significa proprio recla-


mare il riconoscimento di un diritto soggettivo stabilito nella rilevazione
della responsabilità internazionale da parte degli Stati di non incorrere
in un illecito internazionale.
Ma cosa si intende per illecito internazionale?
Un contributo importante ed accurato è stato fornito dall’autorevole e
giurista Roberto Ago, nominato nel 1963 dalla Commissione del diritto
internazionale dell’ONU relatore speciale sul tema. Nel progetto della
Commissione di diritto internazionale, all’art. 19, paragrafo 3, si afferma
che "l’illecito internazionale risulta essere una violazione da parte di uno
Stato di un obbligo internazionale tanto essenziale per la tutela di inte-
ressi fondamentali della comunità internazionale che la sua violazione è
riconosciuta come un crimine da detta comunità nel suo insieme, costi-
tuisce un crimine internazionale".
La Commissione, però, il cui relatore speciale era appunto il giurista
italiano Roberto Ago, ha voluto offrire occasione di concretezza defi-
nendo in maniera esplicita che un crimine internazionale - secondo quel-
le che sono le regole del diritto internazionale in vigore - può tra l’atro
risultare:

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• da una violazione grave di un obbligo internazionale di impor-
tanza essenziale per il mantenimento della pace e della sicurezza
internazionali, come quello che vieta l’aggressione;
• da una violazione grave di un obbligo internazionale di impor-
tanza essenziale per la salvaguardia del diritto di autodetermina-
zione dei popoli, come quello che vieta l’istituzione ed il manteni-
mento con la forza di una dominazione coloniale;
• da una violazione grave di un obbligo internazionale di impor-
tanza essenziale per la salvaguardia dell’essere umano, come quel-
lo che vieta il genocidio, la schiavitù e l’apartheid;
• da una violazione grave di un obbligo internazionale di impor-
tanza essenziale per la salvaguardia e per la preservazione
dell’ambiente umano, come quello che vieta l’inquinamento massic-
cio dell’atmosfera e dei mari.

6. La parità delle condizioni permette allora, quale clausola, di esclu-


dere l’istante di appartenenza alla comunità internazionale in mancanza
della tutela del diritto soggettivo o nella violazione di un obbligo giuri-
dico. Se la validità di una norma giuridica, infatti, come ha ritenuto
Hans Kelsen, è costituita da un Sollen (dover essere) e non da un Sein
(essere), la validità di una norma giuridica va tenuta distinta dalla sua
efficacia, dal fatto peculiare che si crei comunque un comportamento
umano conforme alla norma.
La condizione giuridica di validità della norma risente però della sua
efficacia: una norma valida da un punto di vista logico-giuridico, ma
inefficace perché comunemente disattesa, non è più valida. In questo
senso allora la condizione giuridica dell’efficacia consiste in una validità
oggettiva della norma e nella possibilità che si formi per ogni diritto
soggettivo la reale pretesa di un corrispondente obbligo giuridico. Per-
tanto, in base a ciò, possiamo desumere che vi sarà sovranità solo, e solo
se, rileveremo nell’ambito della comunità internazionale l’effettività
dell’esercizio del dominium, di quanto precedentemente avevamo indi-
viduato nel concetto di sovranità interna dello Stato, o sua autorità di go-
verno.

7. Nesso allora tra validità ed efficacia non può essere soltanto


l’esistenza di un ordinamento giuridico stabile, ma anche, in maniera

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ineluttabile, il riconoscimento politico di tale ordinamento giuridico, sia
da un punto di vista interno allo Stato che al suo esterno da parte degli
altri Stati: ciò significa che la sovranità di uno Stato, nell’ambito della
comunità internazionale, sarà condizione non soltanto di un Sollen, ma
anche di un Sein; dunque non soltanto della validità giuridica, ma anche
dell’efficacia politico-giuridica.

8. Riconsiderando le categorie giuridiche e politiche di Carl Schmitt,


diremo che la sovranità non nasce solo nel momento della legalità delle
funzioni giuridiche dello Stato, ma soprattutto scaturisce dalla legittimi-
tà di una decisione politica sovrana che risolva lo stato di eccezione (der
Ausnahmezustand): perché infatti sia legittimo tutto ciò che si rappresen-
ta come sovrano, è necessario che sia giuridicamente politico, cioè legitti-
mato da un voto popolare, tutto ciò che è decisione sovrana legittima.
Questo a parità di condizioni: il che significa, nell’ambito
dell’ordinamento giuridico internazionale, che ad ogni diritto soggettivo
valido debba corrispondere un obbligo politico-giuridico efficace, che ad
ogni dominium debba corrispondere un imperium, che ad ogni conven-
zione debba far seguito la prova di una pratica generale accettata come
diritto, che ad ogni illecito segua una responsabilità, proprio perché, in
crimine nulla poena sine lege, che ad ogni territorio infine corrisponda
l’esercizio stabile, valido, efficace e legittimo della sovranità di uno Sta-
to.

b) Omnis conventio intelligitur rebus sic stantibus.

9. Il mantenimento della sovranità, ma anche il suo contenimento, di-


viene realizzabile quando l’universalità delle condizioni politiche è pari-
taria in una dimensione giuridica che riesca a tutelare la garanzia della
validità normativa all’interno di un’efficacia giuridico-politica. Tale effi-
cacia, nel sistema del diritto internazionale, significa effettività di gover-
no dello Stato sul suo territorio.
Ciò ci porta a considerare che il diritto internazionale consente la pa-
rità delle condizioni sia perché ogni Stato è un ente superiorem non reco-
gnoscens, sia perché il meccanismo su cui si basa lo stesso diritto interna-
zionale, quello per cui corrisponde ad ogni diritto soggettivo un obbligo

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giuridico, rende operativo il margine di sicurezza dei confini di uno Sta-
to come una regola a carattere consuetudinario universalmente ricono-
sciuta.

10. La clausola rebus sic stantibus asserisce che la base di partenza del-
la parità delle condizioni, che colloca ogni mutamento fondamentale
delle circostanze come una palese riconsiderazione di quanto stabilito, si
trasmetta ontologicamente proprio come essenza della regola generale
pacta sunt servanda. Così soltanto sarà poi possibile nel corso nel normale
svolgimento delle relazioni politiche, commerciali, culturali tra Stati, as-
sicurare la legittimità dell’accordo pattizio o consuetudinario che sorge
tra gli stessi Stati, dunque permettere l’inviolabilità del noto principio
pacta tertiis neque nocent neque prosunt.
Dal presupposto giuridico e politico secondo il quale prosatori giuri-
dici classici, quali Vitoria, Gentili, Zouch, Bynkerschoek, individuavano
i membri della comunità internazionale come reges superiorem non reco-
gnoscentes, tanto in temporalibus, quanto in spiritualibus, dobbiamo consi-
derare che il concetto di sovranità nell’ambito del diritto internazionale
vada inteso in maniera diversa rispetto alla concezione giuspubblicistica
interna: infatti si tratta, come sostiene Arangio-Ruiz, di centri sovrani ed
indipendenti: Stato e governo sono spesso utilizzati come sinonimi.

11. Il concetto di sovranità allora diviene consenso in maniera siste-


matica non solo per una rappresentazione politica di supremazia
all’interno dello Stato, ma si configura soprattutto quale supremazia
verso l’esterno: si desume da tale condizione l’affermazione del carattere
peculiare di indipendenza che possiede ciascuno Stato quale membro
della comunità internazionale. Il principio della sovrana uguaglianza di
cui gode ogni singolo Stato rispetto agli altri, è stato inoltre ribadito dal-
la dichiarazione n. 2625 adottata dall’Assemblea dell’ONU il 24 ottobre
1970, in cui si dice: “In particolare l’uguaglianza sovrana comprende i
seguenti elementi:
a) gli Stati sono uguali da un punto di vista giuridico;
b) ogni Stato gode dei diritti inerenti alla piena sovranità;
c) ogni Stato ha l’obbligo di rispettare la personalità degli altri Stati;
d) l’integrità territoriale e l’indipendenza politica dello Stato sono in-
violabili;

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e) ogni Stato ha il diritto di scegliere e sviluppare liberamente il suo
sistema politico, sociale, economico e culturale; f) ogni Stato è tenuto ad
adempiere pienamente ed in buona fede i suoi obblighi internazionali e
a vivere in pace con gli altri Stati”.

12. Come infatti rilevò il giurista britannico Westlake “l’uguaglianza


degli Stati sovrani è meramente la loro indipendenza sotto un altro no-
me”. La sovranità allora, da un punto di vista formale, appartiene nel
diritto internazionale alla validità di un sistema di norme pattizie e con-
suetudinarie che solo nella loro mutua esecuzione possono ritrovare la
loro efficacia e la loro salvaguardia. Da un punto di vista sostanziale la
sovranità apparterrà allo Stato non soltanto in virtù del fatto che vi siano
il riconoscimento politico e l’esercizio giuridico su un territorio di un
ordinamento costituzionale, ma anche – e ciò costituisce un valore es-
senziale – dal fatto che l’autorità, che ogni Stato attua al suo interno, non
diviene diretta conseguenza di un diritto soggettivo reale internazionale
dello Stato, proprio perché questa sua autorità, cioè il dominium dello
Stato rispetto al suo imperium, concentra e realizza la condizione indi-
spensabile da cui prende le mosse la regola giuridica internazionale che
provvede alla delimitazione territoriale degli Stati.

13. Giungiamo allora a stabilire qualcosa di importante che emerge


da un esame attento della dottrina e della giurisprudenza: la sovranità
dello Stato è il segno che ci permette di riconoscere l’unità del suo si-
stema politico, poiché costituisce l’espressione esterna di un ordinamen-
to giuridico e la sua esistenza, per cui la sovranità diviene la condizione di
validità epistemologica dello Stato.

14. L’autorità dello Stato diviene invece il simbolo che consente


l’operazione dell’ordinamento giuridico dello Stato, proprio perché as-
surge ad espressione interna della legittimità del suo sistema politico:
ragion per cui diremo che l’autorità diviene la condizione di efficacia epi-
stemologica dello Stato, senza della quale non sarebbe possibile e concre-
tizzabile la manifestazione esterna della sovranità. Tutto ciò ci porta a
considerare che tale condizione di validità dell’essere sovrano dello Stato è
tanto più obiettivamente legale, quanto più legittima sarà la condizione di
efficacia dell’autorità che lo Stato esercita all’interno del suo territorio in

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virtù di una decisione politica fondamentale che affermi la necessità del
diritto e risolva concretamente lo stato d’eccezione.

15. Così si espresse la Corte permanente di giustizia nel 1927 a propo-


sito dell’affare del vapore Lotus: “tutto ciò che si può domandare ad uno
Stato è di non oltrepassare i limiti tracciati dal diritto internazionale alla
sua competenza; al di qua di tali limiti, il titolo alla giurisdizione che lo
Stato esercita riposa sulla sua sovranità”. In questo senso tra un segno di
sovranità dello Stato che consente il riconoscimento dell’unità del suo si-
stema politico ed un simbolo, l’autorità dello Stato, che permette
l’operazione dell’ordinamento giuridico dello Stato, possiamo allora
comprendere il significato della clausola rebus sic stantibus come ciò che
il sociologo Vilfredo Pareto definiva “persistenza dell’aggregato”, cioè il
carattere tipico dell’ordinamento giuridico che lega quest’ultimo alla
sua staticità: infatti anche la pratica della convenzione sempre è possibi-
le solo all’interno e nel rispetto delle norme a carattere consuetudinario,
a meno di non dover necessariamente e sufficientemente rilevare un
esercizio riconosciuto, attraverso una convenzione sia essa particolare,
sia a carattere generale, dell’essere di una nuova consuetudine. Proprio
questa dinamicità del diritto rende possibile che ad ogni Sein corrispon-
da un Sollen, perché ogni dinamicità legittima del diritto diventi poi sta-
ticità della sua legalità.

c) Doppia contingenza.

16. Abbiamo dunque rilevato un segno, colto un simbolo, aperto un


significato: nel determinare il concetto di sovranità si è visto come que-
sto emerga dall’unità del sistema politico dello Stato che assicura poi
l’operazione dell’ordinamento giuridico e come sia infine elemento sta-
tico all’interno di una struttura dinamica quale è la formazione del dirit-
to internazionale, tra relazioni internazionali, riconoscimento della so-
vranità ed autorità di ogni singolo Stato e consuetudine.

17. Dobbiamo chiederci ora però, quale sia il senso del concetto di so-
vranità: il che significa interrogarsi sull’a-chi appartenga in ambito in-
ternazionale la sovranità. Possiamo forse distinguere un meta-concetto

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prima del quale esiste soltanto il terreno della lotta barbara, come diceva
Schmitt, cioè il bellum omnium contra omnes di hobbesiana memoria? Pos-
siamo rifarci alla tradizione del concetto di sovranità oltrepassando la
“porta stretta” del diritto naturale?

18. Se noi allora di questo concetto ne cogliamo il senso, la dimensio-


ne intersoggettiva ed interstatuale della sovranità funge come garanzia
per la stabilizzazione dell’universo dell’esperienza vissuta, Erlebniss ri-
spetto ad Erfahrung, quindi stabilizzazione dell’evento storico nella sua
circostanza temporale. Il senso della sovranità nell’ambito del diritto in-
ternazionale come espressione assoluta, deriva da un confronto tipico
che oppone situazioni, fatti, regole, ma senza dei quali neppure sarebbe
possibile il realistico e concreto esercizio della sovranità.
Quest’ultima allora proprio per un esserci che sia segno di effettività
giuridica e simbolo di legittimità politica riconosciuta e riconoscibile,
senso dunque di una legalità territoriale e nazionale, deve tener conto,
nel suo stabilirsi, del livello di doppia contingenza delle situazioni, dei
fatti, delle regole, delle circostanze che presuppongono e determinano la
stessa dinamicità di questo concetto e che spesso ne causano il rischio di
sopravvivenza.

19. Ogni situazione, ogni regola, ogni convenzione all’interno del si-
stema delle relazioni internazionali, nel quadro del sistema giuridico
complessivo risulta essere appunto doppiamente contingente proprio per il
fatto che situazione, regola, convenzione, patto e persino consuetudine
dipendono non soltanto da un certo Stato ma anche dall’altro che gli
corrisponde: ad esempio le controversie questioni sui confini tra India e
Pakistan, tra Cambogia e Vietnam durante la fine degli anni Settanta.
Questo secondo Stato che si oppone al primo deve essere inteso proprio
come “altro generalizzato”, come altrettanto libero e mutevole nella
stessa misura in cui lo è il primo.

20. Se dunque da un punto di vista giuridico il concetto di sovranità


si rappresenta statico proprio in virtù delle clausole ceteris paribus e rebus
sic stantibus, in ambito politico diviene, a causa della clausola della dop-
pia contingenza, assolutamente dinamico, imprevedibile, mutevole, pri-
vo di garanzie certe e di sicurezza. A differenza dei sistemi fisici e biolo-

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gici di cui è possibile sempre determinare empiricamente i confini, il si-
stema delle relazioni internazionali varia continuamente nel tempo sto-
rico e nello spazio fisico-geografico, e proprio perché possa raggiungere
un grado accettabile di determinatezza, il sistema delle relazioni inter-
nazionali deve codificare il concetto di sovranità in una forma tale da
garantire almeno la prevedibilità delle reciproche aspettative di compor-
tamento che sorgono tra Stati contrapposti, ciò sulla base di eventi poli-
tici condivisi nel tempo attraverso regole giuridiche, altrettanto condivi-
se, all’interno di un diritto degli Stati (la consuetudine); ed attraverso
circostanze storiche che possano legittimare il consenso fondato sulla
presenza e sul comando di un’autorità riconosciuta.

21. In caso contrario che specie di nozione di Stato avremmo? Non si


avrebbe in realtà uno Stato, ma una terra nullius. Quindi nel sistema del
diritto e delle relazioni internazionali la stabilizzazione della sovranità,
la sua certezza, ma anche in maniera rilevante la sua sicurezza, non si
concretizza sulla base di invarianza tra determinate cause e determinati
effetti, ma sulla base di aspettative politicamente condivise in grado di
riconoscere la legittimità di un diritto sovrano inviolabile e riconosciuto,
il cui opposto, cioè l’illecito, causa la dilatazione sino alla rottura della
reciproca tutela degli interessi degli Stati: la variabilità del diritto provo-
ca infatti non la doppia contingenza, ma la doppia morale per cui si giusti-
fica l’illecito attraverso la strumentalizzazione del diritto; e la variabilità
del diritto causa attraverso la doppia morale la chiusura senza appello
della porta, già stretta, ahimè!, del diritto naturale.
Si otterrà attraverso lo schema della doppia morale l’intromissione
del conflitto perenne tra gli Stati, la disgregazione del principio di legali-
tà, del principio di sovranità e del principio di responsabilità, che sono
insieme, in misura effettiva e valida, il meccanismo operativo del diritto
internazionale.

22. Possiamo allora affermare, sulla base di queste considerazioni, che


un diritto svincolato dalla politica causa l’irrigidimento delle strutture
burocratiche del potere per un’affermazione e giustificazione della dop-
pia morale; ed una politica che non riesca a rendere operativamente giu-
ridica la decisione fondamentale su uno stato d’eccezione, vero sintomo
e spina della precarietà umana, una politica dunque che non sia in gra-

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do di dare alla sovranità la sua funzione stabile di sicurezza e garanzia
attraverso il diritto a favore del cittadino, diviene immediatamente solo
arbitrio del comando, lussuria del potere politico, capriccio della guerra.

Riferimenti bibliografici:

B. Conforti, Le Nazioni Unite, CEDAM, Padova 1986


M. Giuliano, T. Scovazzi, T. Treves, Diritto internazionale, voll. I e II,
Giuffré, Milano 1983
H. Kelsen, Dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino 1990
H. Kelsen, Teoria generale del diritto e dello stato, Ed. di Comunità, Milano
1963
A. Kojeve, Linee di una fenomenologia del diritto, Jaca Book, Milano 1989
C. Mortati, Le forme di governo, CEDAM, Padova 1973
C. Schmitt, Dottrina della costituzione, Giuffré, Milano 1984
C. Schmitt, Il nomos della terra, Adelphi, Milano 1991

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