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4 Controllo motorio

Le tipologie di movimento possibili sono tre:


• Il movimento volontario è il tipo di movimento che non presenta i caratteri dell’obbligatorietà.
Un termine sinonimo è movimento fine appreso con l’esperienza, cioè un movimento accurato
la cui precisione aumenta con l’esecuzione.
• Il movimento riflesso è il tipo di movimento in cui non è presente lo stadio di consapevolezza
del movimento stesso.
• Il movimento motorio ritmico è quello attuato durante la locomozione.
Un aspetto fondamentale del movimento è l’organizzazione spazio-temporale. Organizzazione spaziale
significa individuare quali muscoli far contrarre, in quanto i movimenti comportano la contrazione co-
ordinata di più muscoli. Organizzazione temporale significa individuare la sequenza di contrazione dei
vari muscoli al fine di ottenere l’obiettivo del movimento.
In generale per poter eseguire un movimento sono fondamentali le informazioni sensoriali, che
non necessariamente devono raggiungere il livello cosciente. L’informazione visiva è importante e in
caso di sua mancanza cambia totalmente la strategia motoria: il cieco non si muove nello stesso modo
di un vedente e localizza gli oggetti sfruttando altre tipologie di informazione. Le informazioni in arrivo
al SNC possono dunque essere adoperate per due scopi:
• generare una sensazione/percezione
• guidare il movimento
Il compito di guidare il movimento prevede che le informazioni vengano elaborate dai centri giusti e
che vengano sfruttate per controllare i muscoli giusti: esiste dunque un’organizzazione topografica dei
sistemi motori.
I movimenti più semplici in assoluto sono i movimenti riflessi. Un riflesso è una risposta involon-
taria relativamente stereotipata ad uno stimolo. Gli elementi fondamentali per avere un riflesso e
che lo caratterizzano sono vari:
• Stimolo. In un movimento riflesso deve essere sempre rintracciabile uno stimolo: un movimento
in assenza di stimolo non è mai riflesso.
• Risposta. La risposta riflessa ad uno stimolo può essere un movimento, con contrazione di
muscolatura liscia o striata, o una secrezione, da ghiandole endocrine od esocrine. La maggior
parte dei riflessi si manifesta con un movimento.
• Involontarietà. Il riflesso è controllabile, ma la sua presenza va oltre la volontà e questo attributo
deve essere verificato tramite test.
• Stereotipia. La stereotipia dei riflessi è relativa, ma in generale si può dire che in presenza di
uno stimolo la risposta è sempre quella. Esistono però movimenti stereotipati che non sono as-
solutamente riflessi, come la scrittura. Alcuni riflessi in certe condizioni sono stereotipati mentre
in altri casi no: l’attributo della stereotipia dipende dal contesto in cui lo stimolo è applicato. Nel
movimento volontario la stereotipia non è sempre presente, anche se alcuni movimenti di questo
tipo richiedono un alto grado di stereotipia frutto di un processo di apprendimento. I riflessi non
richiedono apprendimento prima di poter essere eseguiti in maniera stereotipata.
• Sede. Nei movimenti riflessi esiste una relazione invariante tra la sede dello stimolo e la sede della
risposta.
• Intensità. Nei movimenti riflessi la risposta è tanto più intensa tanto più è elevata l’intensità dello
stimolo.
Alla base di questi movimenti esiste un circuito che mette in rapporto lo stimolo alla risposta; in
questi circuiti si riconoscono cinque componenti fondamentali che vanno a costituire l’arco riflesso.
In un arco riflesso si ha uno stimolo specifico (I) che attiva un recettore specifico le cui informazioni
vengono inviate tramite una via afferente (II) al SNC; la popolazione di neuroni del SNC interessata alle

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informazioni in arrivo costituisce un centro riflesso (III) che elabora i segnali e li invia sotto forma di
efferenze tramite una via efferente (IV) che si porta fino ad un effettore (V). Se l’intero circuito dell’arco
riflesso esiste alla nascita si parla di riflessi innati; se anche una sola di queste cinque componenti
viene a mancare, l’intero riflesso scompare. Nel caso dei movimenti volontari questi circuiti non esistono
in forma precostituita, ma vengono costruiti grazie alla ripetizione del movimento e alla plasticità del
SNC. Un movimento volontario per raggiungere la complessità che lo caratterizza sfrutta dei circuiti
riflessi in modo da semplificare il compito: inviare ogni singolo comando in modo distinto sarebbe
un lavoro troppo oneroso; grazie ai circuiti riflessi si hanno dunque comandi elementari che attivano
in maniera coordinata dei gruppi di muscoli, quindi è possibile costruire un movimento complesso a
partire da movimenti semplici.

Riflesso da stiramento o miotatico Quando un muscolo viene stirato, questo risponde con una
contrazione che è una risposta riflessa; lo stimolo adeguato è uno stiramento passivo del muscolo. Il
riflesso miotatico è un tipo di riflesso che si può evocare praticamente in tutti i muscoli, fatta eccezione
ad esempio dei muscoli estrinseci dell’occhio. Il fuso neuromuscolare recepisce lo stimolo e genera dei
segnali afferenti che raggiungono il midollo spinale2 . In questo tipo di risposta riflessa si ha la con-
trazione del muscolo striato e degli agonisti e il rilasciamento dei muscoli antagonisti. Il circuito inizia
con lo stiramento passivo che attiva il fuso neuromuscolare che possiede fibre afferenti di gruppo Ia e
II; le fibre Ia danno informazioni sulla lunghezza e sulla velocità di allungamento del muscolo, mentre
le fibre di gruppo II danno informazioni sulla lunghezza stazionaria del ventre muscolare. La fibra affer-
ente Ia al suo ingresso nel midollo si biforca, dando un ramo per le colonne dorsali e uno che attraversa
tutta la sostanza grigia portandosi fino al corno ventrale. Nel corno ventrale, il ramo afferente prende
contatto con i motoneuroni del muscolo interessato e dei muscoli agonisti e li eccita, generandone la
contrazione; contemporaneamente si stabilisce anche un contatto con interneuroni in connessione con
i motoneuroni dei muscoli antagonisti che però vengono inibiti, causandone il rilasciamento. In questo
circuito la fibra afferente arriva direttamente al motoneurone: è quindi un circuito che prevede una sola
sinapsi, cioè un circuito monosinaptico. Il circuito monosinaptico è un’eccezione, e probabilmente
questo è l’unico esempio esistente: solitamente tra la fibra afferente e il motoneurone sono posti uno o
più interneuroni e si parla dunque di circuiti disinaptici o polisinaptici.
2 un centro riflesso si può trovare infatti sia nel midollo spinale, e si parlerà di riflessi spinali, o nel tronco dell’encefalo, e si

parlerà di riflessi tronco-encefalici.

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Quando un tendine muscolare viene percosso, il muscolo si allunga dinamicamente e ritorna poi alle
dimensioni originali: si ha solo una fase dinamica in assenza di una fase stazionaria, si ha cioè uno
stimolo fasico. Uno stimolo fasico è in grado di attivare solamente la terminazione primaria e non
interessa la secondaria. In caso di applicazione di uno stimolo stazionario la risposta riflessa è meno
vivace ma dura molto di più, tanto quanto lo stimolo. Un esempio di stimolo stazionario riguarda
i muscoli del collo e la gravità; questo gruppo di muscoli è continuamente sollecitato in quanto la
gravità farebbe cadere la testa in avanti: questo non accade perchè si ha una contrazione riflessa che si
oppone al peso del capo e lo mantiene in posizione eretta. Questo riflesso da stiramento, che appunto
è di tipo tonico e non fasico, è modulabile: quando un soggetto sta per addormentarsi tipicamente può
abbassare la mandibola o tutta la testa proprio per via del fatto che il riflesso si modifica.

Il circuito alla base del riflesso miotatico è di tipo a feedback negativo, cioè tende ad opporsi alle
variazioni di lunghezza del muscolo. I riflessi agiscono tutti con un meccanismo di tipo feedback e ne
esistono sia di positivi che di negativi, anche se nella maggior parte dei casi rientrano nella seconda
categoria. In generale i riflessi sono poi sotto controllo di segnali discendenti in arrivo da altre strutture
motorie, e questi segnali possono attenuare o accentuare le risposte: i riflessi sono dunque contestuali.
Le vie discendenti che si portano a controllare i riflessi possono essere cortico-spinali o di altro tipo. La
maggior parte delle vie corticospinali ahisce attivando i motoneuroni dei muscoli agonisti e attivando
anche l’interneurone inibitorio 1a che causa il rilascio degli antagonisti. In questo caso dunque
un movimento complesso controllato dalla corteccia motrice, quindi non riflesso, sfrutta per la sua
esecuzione dei circuiti riflessi a livello spinale. Questo controllo discendente dei motoneuroni getta le
basi per due tipologie di contrazione:

• Innervazione reciproca: gli agonisti e gli antagonisti si contraggono in maniera alternata


• Co-contrazione: gli agonisti e gli antagonisti si contraggono insieme
La prima tipologia di contrazione segue un principio di economia del movimento, ma la seconda sem-
brerebbe uno spreco: in realtà le due tipologie vengono attuate in contesti diversi. Quando il carico

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da spostare è conosciuto viene effettuata una contrazione reciproca, quando il carico è invece ignoto
l’obiettivo principale diventa stabilizzare l’articolazione per non cadere a terra o procurarsi lesioni: si
passa quindi ad una co-contrazione.

Nel midollo spinale esistono diversi interneuroni coinvolti nel controllo motorio, ad esempio il già
citato interneurone inibitorio 1a e l’interneurone che prende il nome di cellula di Renshaw. Quando
un motoneurone emette il suo assone questo, prima di lasciare il SNC, emette un ramo collaterale
diretto all’interneurone di Renshaw: questo a sua volta influenza i motoneuroni dei muscoli agonisti
ed antagonisti. Quando viene attivato un interneurone di Renshaw, il motoneurone che lo ha eccitato
viene inibito mentre il motoneurone del muscolo antagonista viene eccitato perchè viene inibito il suo
interneurone inibitorio. Questo tipo di circuito ha dunque due funzioni principali:

• Limita la durata della contrazione quando lo stimolo non è prolungato nel tempo
• Evita contrazioni eccessive in caso di stimoli particolarmente prolungati ed intensi
Gli interneuroni di Renshaw hanno anche un controllo discendente, quindi questo circuito può essere
modulato: se i segnali discendenti sono sufficientemente potenti può addirittura essere inibito.
Una particolarità importante dei riflessi miotatici è che se un soggetto cerca di evocarne uno su
se stesso non ci riesce3 . Il fallimento nell’evocare il riflesso è dovuto al fatto che il sistema motorio
è già a conoscenza del movimento e invia segnali discendenti sul circuito riflesso che ne modificano
l’efficacia al punto da impedirlo. Per evocare un riflesso bisogna inoltre posizionare il muscolo nella
posizione corretta, serve cioè uno sfondo facilitatorio: in assenza di questo il riflesso è smorzato se
non addirittura assente. In base a queste affermazioni è ora possibile dare una nuova definizione di
stereotipia; quando un circuito riflesso viene attivato con uno stimolo adeguato in condizioni in cui
tale stimolo non è atteso ed è presente uno sfondo facilitatorio adeguato, ecco che il riflesso risulta
stereotipato.
3 Non è un cazzo vero!

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Riflesso miotatico inverso L’organo tendineo del Golgi riconosce come stimolo adeguato la tensione
cui è sottoposto un muscolo. Questo recettore è alla base del riflesso miotatico inverso che genera
risposte opposte: i muscoli antagonisti vengono contratti e gli agonisti rilasciati. Se la tensione in
un muscolo aumenta, l’organo tendineo del Golgi inizia a scaricare e le informazioni raggiungono il
midollo tramite fibre afferenti Ib che si portano all’interneurone inibitorio 1b che si occupa poi di
inibire i motoneuroni degli agonisti. Le stesse fibre Ib si portano inoltre ad un interneurone eccitatorio
che stimola i motoneuroni dei muscoli agonisti che si contraggono. Il riflesso miotatico inverso conta
dunque su un circuito che è sempre disinaptico.
Quando viene inviato un comando motorio per eseguire un movimento volontario, inevitabilmente si
avranno muscoli contratti e muscoli rilasciati per via dell’innervazione reciproca. I muscoli contratti
iniziano però a ricevere informazioni grazie al riflesso miotatico inverso in quanto vengono messi in
tensione: ecco che la forza muscolare espressa dipende dalla potenza dei segnali motori discendenti
cui bisogna sottrarre quella dei segnali inibitori. Se la posizione viene mantenuta nel tempo il muscolo
va incontro ad affaticamento e, a parità di informazioni motorie discendenti, comincia a sviluppare
meno forza e progressivamente si stira; contemporaneamente però la tensione recepita dall’organo
tendineo del Golgi diminuisce, quindi lo faranno anche i segnali inibitori: il circuito miotatico inverso
può allora aiutare il comando motorio prolungato nel tempo senza che questo debba necessariamente
modificarsi.
Il circuito miotatico inverso è attivato anche da afferenze cutanee o articolari: questo avviene per
movimenti estremi dell’articolazione, gli unici che causano una segnalazione da parte dei recettori
articolari. Quando un muscolo raggiunge la massima escursione di movimento, la sua contrazione
deve essere ridotta mentre deve aumentare quella dell’antagonista in modo da avere un freno motorio.
Questa azione di freno viene attuata grazie anche a questo riflesso e alla segnalazione da parte dei
recettori articolari del raggiungimento di un angolo estremo. Uno dei compiti del riflesso miotatico
inverso è infatti la stabilizzazione degli arti in posizioni articolari estreme: si ha dunque un movimento
volontario (flessione o estensione) completato da un riflesso che si inserisce al termine del movimento

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stesso. Le afferenze cutanee sono invece quelle in arrivo dai recettori posti al di sopra dei muscoli
che si contraggono. Se sono alla ricerca di un oggetto, quando questo viene trovato i recettori cutanei
segnalano la cosa e inibiscono i motoneuroni del muscolo agonista in modo da garantire un contatto
soft che impedisce la rottura di un oggetto fragile: in altre parole si permette la graduazione della forza
rispetto all’oggetto da afferrare.

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