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• Le risposte anticorpali agli antigeni multivalenti, con epitopi polisaccaridici e lipidici, non richiedono
i linfociti helper. Per questo motivo gli antigeni polisaccaridici e lipidici sono definiti timo indipen-
denti.
• I linfociti attivati differenziano in plasmacellule, alcune delle quali continuano a produrre an-
ticorpi per anni, e in cellule della memoria. Le risposte umorali originano agli organi linfoidi
periferici, ma alcune plasmacellule migrano da questi al midollo osseo dove si stabiliscono per
anni producendo bassi livelli di anticorpi che forniscono protezione immediata per i microbi da
essi riconosciuti.
• Lo switching degli isotipi e la maturazione dell’affinità sono tipici delle risposte T-dipendenti agli
antigeni proteici. Lo switching è stimolato direttamente dai segnali in arrivo dalle cellule T, tra i
quali la molecola CD40L e varie citochine. La maturazione riguarda la generazione di mutazioni
somatiche ad alta frequenza in geni Ig V riarrangiati e la consequente selezione delle cellule
B con grande affinità per l’antigene originale. La natura della risposta umorale varia inoltre in
funzione del distretto anatomico: ad esempio i tessuti linfoidi mucosali sono adattati a produrre
grandi quantità di IgA.
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1. L’accumulo di recettori antigene-indotto rende possibile la segnalazione biochimica
2. Il recettore lega e internalizza l’antigene per processarlo in peptidi per la presentazione ai linfociti
T helper
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1.2.2 Ruolo dei recettori CR2/CD21 come corecettori per le cellule B
I linfociti B esprimono un recettore per la proteina del complemento C3d che prende il nome di
CR2 o CD21. Il complesso C3d+antigene o quello C3d+antigene+anticorpo lega il linfocita in modo che
l’Ig riconosca l’antigene e CR2 riconosca la proteina del complemento. CR2 è espresso sotto forma di
complesso con altre due proteine, CD19 e CD81: questo complesso viene spesso chiamato complesso
corecettoriale delle cellule B perchè lega C3d allo stesso momento in cui BCR lega l’antigene. Il
legame di C3d al corecettore porta CD19 in prossimità delle chinasi associate al BCR e la coda di CD19
diventa in questo modo fosforilata; la fosforilazione risulta nel reclutamento della chinasi Lyn, che può
amplificare il segnale di BCR fosforilando direttamente i domini ITAM. CD19 fosforilata attiva anche
altre vie di segnalazione, tra le quali una legata a P IP3 , che aumentano ulteriormente i pathway aperti
dalle Ig. Il risultato netto è un grande stimolo della risposta della cellula B stimolata.
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2. Attivazione degli helper e espressione di CD40L e citochine.
3. Migrazione degli helper verso il follicolo grazie alle chemochine.
4. Attivazione delle cellule B da antigeni solubili o presentati dalle cellule dendritiche.
5. Processamento e presentazione dell’antigene delle cellule B e migrazione verso la zona T grazie ai
recettori per chemochine.
6. Interazione tra cellule B e T e attivazione delle prime grazie a CD40L e citochine.
7. Inizio dello switching e della secrezione di Ig.
8. Migrazione delle cellule B attive verso il follicolo, formazione di centri germinali nel follicolo.
Nei centri germinali si ha marcato switching, mutazioni somatiche, maturazione dell’affinità e
generazione delle cellule della memoria.
9. Generazione di plasmacellule a lunga vita che migreranno poi nel midollo osseo.
2. I linfociti B sono in grado di presentare il loro antigene a concentrazioni anche 106 volte minori
rispetto all’antigene che non riconoscono in quanto l’internalizzazione via BCR è estremamente
efficiente.
3. I linfociti B nei coniugati cellula T-cellula B sono esposti ai segnali portati da CD40L e da alte
concentrazioni di citochine T-derivate, in parte per via della formazione delle sinapsi immuno-
logiche.
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1.3.4 Effetto aptene-carrier
Gli apteni, come il dinitrofenolo, sono piccole molecole che possono legare anticorpi specifici ma non
sono immunogeni da soli. Se un aptene si lega ad una proteina carrier il loro complesso diventa però
immunogeno. Tre sono le caratteristiche importanti delle risposte anticorpali verso questi complessi:
1. Sono necessarie sia cellule B specifiche per l’aptene che per il carrier.
2. Per avere risposta carrier e aptene devono essere fisicamente associati, la somministrazione sep-
arata non fornisce reazione.
3. L’interazione è MHCII ristretta, cioè gli helper collaborano solo con i linfociti B che esprimono
queste molecole che vengono riconosciute come self dai T.
I linfociti aptene-specifici legano l’antigene attraverso il determinante dell’aptene, lo internalizzano e
presentano i peptidi derivati dalla proteina carrier ai linfociti T carrier-specifici: i due linfociti cooperanti
riconoscono dunque due epitopi diversi dello stesso antigene. L’effetto carrier-aptene è alla base dello
sviluppo dei vaccini coniugati.
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iniziano a proliferare rapidamente, formando il centro germinativo. All’interno del centro germinativo
la zona scura contiene cellule B rapidissime a proliferare: in cinque giorni un singolo linfocita può
generare cinquemila cellule figlie. Ogni centro germinativo contiene cellule derivate da un unico clone
o al massimo da un paio. La progenie, formata da cellule più piccole, va incontro a differenziazione e
selezione nella zona chiara del centro.
L’architettura dei follicoli linfoidi e dei centri germinativi dipende dalla presenza delle cellule den-
dritiche follicolari. Le FDC si trovano solo nei follicoli ed esprimono recettori per il complemento (CR1,
CR2 e CR3) e per Fc ma non esprimono molecole MHCII. Le lunghe code citoplasmatiche di queste cel-
lule formano un’impalcatura attorno alla quale si forma il centro germinativo. Le cellule B proliferanti
si posizionano nella zona scura del centro, che presenta poche FDC, mentre la progenie si distribuisce
nelle zone più esterne.
La formazione del centro germinativo è impedita in soggetti con difetti nello sviluppo dei linfociti T o
con mutazioni in CD40 o CD40L; questo fenomeno è dovuto al fatto che il centro viene costruito solo a
partire da cellule B attivate, e l’interazione CD40:CD40L è fondamentale nelle prime fasi dell’attivazione.
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Il principale meccanismo grazie al quale CD40 induce lo switching è lo stimolo alla trascrizione del
gene AID. Il gene AID viene dunque trascritto dietro stimolo di CD40, sono però le varie citochine
a indurre i fattori di trascrizione che identificano quale catena pesante sarà il target dello switching
mediato da AID.
Lo switching in risposta a diverse tipologie di microbo è regolato dal tipo di cellula helper che viene
attivata dai microbi stessi, ad esempio:
• Batteri con capsule ricche in polisaccaridi stimolano la produzione di IgM i quali poi favoriscono
il complemento, la fagocitosi e l’opsonizzazione.
• Gli antigeni polisaccaridici, che non necessitano l’aiuto degli helper, stimolano IgM.
• Molti virus e batteri stimolano la produzione di IgG, che bloccano l’ingresso dei patogeni nella
cellula e ne facilitano la fagocitosi. Virus e batteri attivano gli helper del sottogruppo TH 1 che
producono interferone γ, il principale induttore di switching a catena γ nelle cellule B.
• I parassiti elmintici generano risposte di tipo principalmente IgE, anticorpi che partecipano al-
l’uccisione eosinofilo-mediata dei patogeni. Gli anticorpi IgE sono anche alla base delle reazioni
allergiche. Gli elminti attivano gli helper del sottogruppo TH 2 i quali producono IL-4, principale
induttore di switching verso la catena pesante ε.
In aggiunta a questo meccanismo, anche la sede anatomica influenza lo switching. I linfociti B delle
mucose producono soprattutto IgA, l’anticorpo più efficace nell’essere trasportato attraverso gli epiteli;
lo switch è stimolato dal transforming growth factor β (TGF-β ) prodotto da parecchie cellule nelle
mucose. Il recettore TACI (substrato sia per APRIL che per BAFF) ha anch’esso un ruolo critico nello
switch verso IgA.
Il principale meccanismo molecolare di switching è un processo detto ricombinazione switch in
cui il segmento genico riarrangiato VDJ di una cellula B si ricombina con un gene della regione C
a valle mentre il DNA in mezzo viene eliminato. Questi eventi ricombinatori coinvolgono sequenze
nucleotidiche dette regioni switch poste negli introni J-C alle estremità 5’ di ogni locus CH ; queste
regioni sono lunghe 1-10kb, contengono numerose ripetizioni di GC e si trovano a monte di ogni gene
codificante catene pesanti ad eccezione del gene δ. A monte di ogni regione di switch c’è un piccolo
esone detto esone I (per iniziatore della trascrizione) preceduto da un promotore. CD40 e le citochine
stimolano lo switching rendendo più accessibile il DNA di una specifica regione C e inducendo poi la
trascrizione attraverso l’esone I, la regione di switch e l’esone CH . Questi trascritti, detti trascritti
germinali, non codificano proteine ma hanno un ruolo fondamentale nello switch.
La trascrizione germinale è accompagnata dall’accessibilità di un particolare gene C a rotture e
riparazioni del DNA; come risultato l’esone riarrangiato VDJ giusto a monte della regione di switch µ si
accoppia con la regione C a valle trascrizionalmente attiva.
L’enzima chiave richiesto per lo switching è la deaminasi attivazione-indotta (AID). AID è una
DNA deaminasi che converte la citosina in uracile all’interno di template di DNA a singolo filamento.
La trascrizione produce sempre una piccola bolla di DNA a singolo filamento mentre il complesso della
polimerasi scorre lungo il filamento codificante; dato che il DNA nella bolla è a singolo filamento ecco
che può subire l’azione di AID. Un enzima detto uracil N-glicosilasi rimuove a questo punto i residui
di uracile creati da AID generando siti abasici che vengono eliminati dall’endonucleasi Ape1. I buchi
su entrambi i filamenti contribuiscono alle rotture sia alla regione Sµ che al locus a valle coinvolto nello
switching di quel particolare isotipo. L’esistenza di rotture nelle due regioni di switch causa la delezione
del DNA interposto e l’unione delle due giunzioni da parte dei sistemi di riparazione di questo tipo di
danno.
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1.3.8 Maturazione dell’affinità
Il processo di maturazione dell’affinità genera anticorpi con crescente capacità di legare gli antigeni
e quindi di neutralizzare i microbi. I linfociti helper e le interazioni CD40:CD40L sono richieste per
procedere e quindi la maturazione avviene solo in risposta ad antigeni proteici T-dipendenti.
Nella zona scura proliferativa dei centri germinativi i geni IgV vanno incontro a mutazioni puntifor-
mi ad un tasso di una ogni 103 coppie di geni, cioè da mille a diecimila volte più frequentemente del
normale: questo significa che ci sarà una mutazione nelle regioni V in media ogni divisione cellulare.
Le mutazioni nel gene continuano anche nella progenie, quindi ogni clone di cellula B può accumulare
parecchie mutazioni nella sua vita al centro germinativo.
I meccanismi di mutazione somatica sono poco conosciuti. Si sa che il DNA Ig VDJ diventa altamente
mutabile probabilmente a seguito di legame con fattori mutageni. Non si sa se i centri germinativi
forniscano segnali contatto-mediati o citochine per stimolare le mutazioni ma si sa che l’enzima AID è
fondamentale. I residui di uracile creati da AID possono essere convertiti a residui di timina o possono
essere eliminati dalla glicosilasi, in ogni caso favorendo la mutazione.
In sostanza si crede che le ripetute esposizioni all’antigene generino parecchie mutazioni, di cui
la maggior parte inutili mentre alcune effettivamente portano ad un anticorpo più efficace: il passo
successivo è dunque la selezione delle cellule che producono gli anticorpi migliori.
Le cellule dendritiche follicolari dei centri germinativi presentano gli antigeni, e le cellule B che sono
in grado di legarli con alta affinità vengono selezionate per la sopravvivenza. La prima fase di risposta
all’antigene è la produzione di anticorpi, alcuni dei quali formano complessi con l’antigene e attivano il
complemento. Le FDC hanno recettori per la porzione Fc dell’anticorpo e per i prodotti di attivazione
del complemento; questi recettori legano e presentano gli antigeni complessati con anticorpi o prodotti
del complemento. Nel frattempo i linfociti B dei centri germinativi che hanno subito le mutazioni
migrano verso la zona ricca di FDC: queste cellule moriranno di apoptosi se non verranno salvate dal
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riconoscimento dell’antigene. In questo modo le cellule che riconoscono in maniera specifica l’antigene
mostrato sulle FDC sono selezionate per vivere. L’aumento della produzione di anticorpi va di pari
passo con l’eliminazione dell’antigene che sarà sempre più raro sulle FDC: si ha dunque necessità di
linfociti B sempre più specifici per la sopravvivenza perchè dovranno avere un’affinità sempre più alta
per legare i pochi antigeni rimasti.
Le mutazioni somatiche avvengono nella zona scura basale del centro germinativo nei centroblasti
che contengono l’enzima AID; terminata la mutazione le cellule migrano verso la zona chiara apicale
dove vengono selezionate dalle FDC e possono andare incontro ad un ulteriore switching. Le cellule
escono infine dal centro germinativo e diventano cellule della memoria o plasmacellule ad altissima
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polisaccaride (incapace di stimolare i linfociti T), si sfrutta il sistema aptene-carrier e si parla di vaccini
coniugati.
1.5 Feedback anticorpale: regolazione della risposta umorale da parte dei re-
cettori Fc
Gli anticorpi secreti inibiscono la continua attivazione delle cellule B formando complessi antigene-
anticorpo che si legano in simultanea ai recettori antigenici ed ai recettori Fc sui linfociti B antigene
specifici: questa è la spiegazione del fenomeno di feedback anticorpale, cioè della downregolazione
della produzione di anticorpi da parte delle IgG secrete. Gli anticorpi IgG inibiscono i linfociti for-
mando appunto complessi che si legano ad un recettore per la forzione Fc della molecola chiamato
recettore FcγII (FcγRIIB o CD32). Il dominio citoplasmatico del recettore contiene un dominio a sei
amminoacidi condiviso con altri recettori di questo tiipo che mediano segnali negativi; per analogia
con gli ITAM questo dominio viene chiamato ITIM (Immunoreceptor Tyrosin-based Inhibition Motif).
Quando il recettore viene stimolato il dominio ITIM viene fosforilato formando un sito di attacco per
l’inositolo 5-fosfatasi SHIP; SHIP idrolizza un fosfato su PIP3 e in questo modo termina la risposta del
linfocita all’antigene. Il complesso antigene anticorpo interagisce simultaneamente sia con il recettore
antigenico che con quello per la porzione Fc, portando la fosfatasi inibitoria vicina al recettore anti-
genico da bloccare. L’importanza dell’inibizione attraverso FcγRIIB è dimostrata nei topi KO per questo
gene. Un polimorfisfmo in questo gene è stato collegato al lupus eritematoso sistemico nell’uomo.
I linfociti B esprimono un altro recettore inibitorio detto CD22, una lectina che lega acido sialico. Il
ligando naturale non è conosciuto e non si sa come si attivi ma si sa che topi KO mostrano una enorme
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attivazione dei linfociti B. Il lato citoplasmatico della molecola contiene un ITIM che da fosforilato lega
la tirosin fosfatasi SHP-1; questa fosfatasi si porta a rimuovere un fosfato sui domini ITAM e quindi
blocca il segnale del BCR.
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