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GRANDE LESSICO

DEL
NUOVO TEST AMENTO

Fondato da GERllARD KITTEL

Continuato da GERHARD FRIEDRICH

Edizione italiana a cura di


FELICE MONTAGNINI E GIUSEPPE SCARPAT

VOL. I

PAIDEIA
Titolo originale dell'opera
Theologisches Worterbuch zum Neuen Testamenl
in Verbindung mit zahlreichen Fachgenossen
begriindet von GERHARD KITTEL
herausgegeben von GERHARD FRIEDRICH

Alla traduzione italiana di questo primo volume


hanno collaborato:
Traduttori
GIOVANNI TORTI
UGO ARGENTI

Revisori
VALENTINO DE MARCHI
OMERO SOFFRITTI
BRUNO ZUCCHELLI

© W. KOHLHAMMER VERLAG, STUTTGART, 1933

@ PAIDEIA, BRESCIA, 1965


PREFAZIONE

IL Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament (Grande Lessico del Nuovo


Testamento) si riallaccia alla grande opera esegetico - teologica di Hermann
Cremer e Julius Kogel. Nulla definisce le finalità che ci siamo proposti meglio
della prefazione scritta dal Cremer nel 1883 al Biblisch-theologisches W orterbuch
der neutestamentlichen Grazitat all'inizio della quale si parla del ' nuovo vigore '
e della ' nuova intonazione ' nonché della ' nuova energia ' che le parole greche
acquistarono quando « l'orizzonte ideale di chi scriveva e parlava cambiò insieme
a tutta l'impostazione del pensiero ». Lo scopo del nostro lavoro è appunto quel-
lo di illuminare il ' nuovo contenuto ' assunto dai modi espressivi tradizionali
negli scritti neotestamentari.
Pur consentendo con le finalità del Cremer e salva l'ammirazione per la sua
opera si è dovuto non di meno prendere atto che l'ambito e i metodi delle ricer-
che di semasiologia diacronica sono cambiati assai rispetto all'epoca del Cremer,
e se ancora il Kogel ha potuto dedicare la sua attività paziente e meritoria di
tanti anni a dare una nuova edizione dell'opera del maestro, a noi invece, dopo
matura riflessione, è parso che fosse meglio lasciar cadere l'idea iniziale di un
rifacimento e intraprendere un'opera nuova sotto ogni riguardo. Ritengo d'altron-
de che questo sia oggi il miglior compimento della promessa che un giorno feci
al Kogel, di non lasciare orfano il 'Worterbuch ', e sono certo che l'amico scom-
parso, col suo tetragono realismo, mi approverebbe se oggi mantengo l'impegno
con un criterio non prevedibile allora.
Mi è stato motivo di particolare gioia che la consorte del professor Kogel
abbia messo a nostra disposizione il materiale raccolto dal marito dandoci così
anche da parte sua la conferma che il nostro <lavoro raccoglie fedelmente l'eredità
dei due eminenti studiosi.
Nel Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament sono trattati tutti i
vocaboli del N.T. che rivestono qualche importanza religiosa e teologica. Il nu-
mero di queste parole è considerevolmente aumentato rispetto al Cremer-Ki.::igel.
Sono stati accolti infatti moltissimi nomi propri veterotestamentari di persone
che interessano la speculazione teologica (Abele, Abramo, Adamo ecc.); inoltre
tutte le preposizioni (cbrrl, ot.d:, Èv, dc;, <J'UV ecc.) e i numerali più significativi,
8* PREFAZIONE

sempre dal punto di vista teologico (EL<;, È7t"'t'ci, owÒExa ecc.). Sotto la lettera A
p. es. sono stati trattati tra gli altri vocaboli anche i seguenti: ci.~~a, fi.ow, &:i}p,
tlLVEW - a!voç, aLVt. yµa, a.tcrXUV1], atxµaÀW"'t'Oç, aÀac,, èJ.).). 1]ÀOV~ci, aµ1tEÀ.Oç,
&.vciyx11 - ci.va.yxci:sw, ci.vi}p, ci.v"'t'a7t6ooµa, &çt.oç -ci.çt.éw, ci.Tta"'t'ci:w - ci.mh11, <Ì7tocp-
i}€yyoµm, ci.pxÉw, ci.cr€Àywx:, ci.cr"'t'iJP, CÌ.cr•pa7ti},ci.crq.ici).na-ci.crq.>aÀi]ç, aÙ"'t'cipxrnx.-
mhcipxY)ç, cx.Ù"'t'07t"t''l' }c,.
La parte descrittiva della lessicografia si presuppone quasi sempre nota o vie-
ne al massimo brevemente richiamata. Per questa parte d'altronde i nostri lettori
hanno oggi a disposizione due opere eccellenti, quali il Worterbuch di Preuschen-
Bauer e la Handkonkordanz dello Schmoller, che si arrestano appunto là dove
comincia la nostra ricerca, ossia alle soglie della lessicografia interpretativa.
Nel nostro Lessico i vocaboli sono generalmente raggruppati per famiglie. Se-
guono invece l'ordine alfabetico quei derivati che hanno assunto una fisionomia
autonoma rispetto al vocabolo d'origine. Poiché non è sempre possibile tracciare
al riguardo una distinzione sicura, si è ritenuto conveniente ai fini pratici collo-
care nelI'ordine alfabetico almeno un richiamo per ogni vocabolo trattato nel
lessico.
Una caratteristica peculiare del nostro Lessico consiste nella pluralità dei colla-
boratori. Ogni articolo reca quindi l'impronta di una mano diversa, tanto più
evidente quanto più serio è l'impegno posto nell'illuminare la fisionomia partico-
lare della parola neotestamentaria. Noi siamo però fiduciosi che anche da questa
varietà possa risultare un'opera conclusa e unitaria e non solo per una certa omo-
geneità formale o per l'impiego dei metodi storici e filologici propri di ogni ricer-
ca scientifica, ma altresl per una ragione più profonda. Noi siamo, cioè, convinti
che l'unità sia "Ssicurata dalla misura in cui ogni collaboratore intrapre.1de a scri-
vere non una monografia isolata, ma un contributo ad un'opera organica che nella
sua impostazione complessiva è regolata unicamente dal N.T.
Il compito di una lessicografia interpretativa del N.T. si presenta, nella situa-
zione attuale deIIa cultura, assai vasta e complessa. Il rigore scientifico della no-
stra opera è garantito daIIa collaborazione di vari studiosi non specialisti del N.T.
I più impprtanti concetti veterotestamentari vengono trattati in piena autonomia
dai colleghi specialisti di A. T. (secondo una scelta fatta da Rudolf Kittel poco
prima della sua morte). In seguito però tutti i manoscritti passano a diversi stu-
diosi, ognuno dei quali li esamina e li integra limitatamente alla sua specializza-
zione scientifica:
GoTTFRIED QuELL e GERHARD VON RAD per l'Antico Testamento;
GEORG BERTRAM per i LXX;
PREFAZIONE 9*

ALBERT DEBRUNNER e HERMANN KLEINKNECHT per la storia della lingua, la


grecità profana e la storia della religiosità ellenistica;
GERHARD KrTTEL, KARL GEORG KuHN e KARL HEINRICH RENGSTORI' per la
rabbinistica.
Prima della stampa le osservazioni così raccolte sono a disposizione del redat-
tore principale, al quale spetta naturalmente la piena responsabilità della stesura
definitiva dell'articolo. Oltre al materiale fornito dal Kogel i nostri collaboratori
dispongono di altri due notevoli sussidi manoscritti . Adolf Schlattcr ci ha infatti
consentito di usare liberamente un esemplare del Cremer-Kogel da lui corredato
in gran parte con fogli manoscritti contenenti i paralleli tratti dalla letteratura
rabbinica e da Giuseppe Flavio, mentre Erik Peterson dal canto suo ci ha fornito
per quasi ogni famiglia di parole un numero più o meno grande di testimonianze
tratte dalle sue schede personali.
È stretto dovere dei principali redattori rivolgere un particolare ringraziamento
a tutti questi colleghi la cui collaborazione può non apparire esteriormente, ma
fu preziosissima.
Ricordiamo inoltre quei colleghi che ci hanno assistito fornendoci indicazioni
e osservazioni di carattere letterario: Stephan Losch di Tubinga per la biblio-
1

grafia cattolica; Otto Weinreich di Tubinga per la bibliografia filologica; F. W.


Grossheide di Amsterdam, Arthur Nock di Cambridge (Mass.) per le bibliografie
straniere. Pure ad essi esprimiamo la nostra gratitudine con la speranza di poter
beneficiare anche in seguito del loro aiuto.
Hanno curato l'elenco delle abbreviazioni nella prima stesura Gerhard Delling
e Walter Grundmann, nella definitiva Hermann Kleinknecht e Albert Stumpff 1•
Nel lavoro di revisione ci hanno diligentemente aiutato: W. Grundmann, Ch.
Horovitz, H. Kleinknecht, O. Ruhle, G. Schlichting, A. Stumpff, W. Vogel.
Uno speciale grazie vada infine al nostro editore dottor Walter Kohlhammer.
Con ogni probabilità nelle circostanze attuali l'opera non avrebbe visto la luce,
o comunque non sarebbe giunta fino a questo punto nella presente veste tipogra-
fìca, se il sincero interessamento di quest'uomo, la sua squisita bontà superiore
ad ogni grettezza, la sua premurosa assistenza non ci avessero sorretto attraverso
tutte le difficoltà appianandoci il cammino. Con ragione Sir Edwyn C. Hoskyns
ha scritto nella rivista inglese' Theology' 66 (1933) 87: «È difficile non provare
invidia per un paese che possiede un editore disposto a metter sul mercato il

I Per l'Elenco delle abbreviazioni premesso all 'edizione italiana , vedi quant o è detto qui
sotto a p . 21 ·:' .
10 * PREFAZIONE

libro con tanta dovizia di mezzi tipografici in un momento in cui la sua pubbli-
cazione difficilmente può essere un affare economico ».
L'opera è stata accolta finora con gran favore dalla critica scientifica e confes-
sionale e se davvero essa - come è stato detto da qualcuno - dovesse riuscire
utile tanto allo studioso per la ricerca scientifica quanto al pastore di anime per
l'approfondimento delle Scritture e per la predicazione, sarebbe questa la migliore
ricompensa che potrebbe toccare a noi tutti.
La dedica del nostro lessico ad AnOLF ScHLATTER, illustre amico del Cremer,
intende ribadire quella continuità ideale di cui si è parlato e sottolineare insieme
il valore paradigmatico che 'Der Glaube im Neuen Testament' assume per la
nostra disamina teologica del vocabolario biblico. Ma vuole anche esprimere allo
studioso ottantenne una parte almeno della gratitudine che la chiesa e la teologia
e soprattutto la scienza neotestamentaria debbono alla sua opera.

Tubinga, Capodanno 1932 - luglio 1933 · GERHARD KITTEL

PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA

Il Grande Lessico del Nuovo Testamento (GLNT) è la traduzione


integrale e fedele del Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament
(ThWb) fondato da G. Kittel e continuato da G. Friedrich.
In questa edizione italiana il numero di ogni colonna è accompagnato
dal numero del volume e della pagina del!' edizione tedesca: ciò al fine
di facili tare il reperimento delle citazioni fatte sull'originale tedesco.
L'editore italiano nel licenziare questo primo volume sente il biso-
gno di rivolgere un particolare e vivo ringraziamento al prof. p. Gio-
vanni Rinaldi dell'Università Statale di Trieste per la parte decisiva da
lui avuta nell'impostazione dell'edizione italiana.
G.S.
INDICE

pagina
Prefazione . 7 *
Premessa ali' edizione italiana 1o 7
'

Indice . 11 'I<
Autori delle voci contenute nel primo volume 19 ,,
Elenco delle abbreviazioni 21 .,,
Elenco delle abbreviazioni in caratteri greci 62 ., .
1
Elenco delle abbreviazioni dei libri biblici 63 '
1
Trascrizione delle parole semitiche 64 '

LESSICO
colonna
Afì (Kittel) 5
;Aapwv (Kuhn) 11
'ABaoowv (J. ] eremias) 13
à:f3f3ti (Kittel) 15
"Af3c:À.-Kchv (Kuhn) 19
'Af3pac1.µ (J. Jeremias) 23
&Buo-croç (J. Jeremias) 27
à:ya.ìJ6ç, à:yaìJoEpyÉw, à:yaìJo7toLzw, -6ç, -ta., à:ya.DwcruvY), qnÀ.ciycx.Doç,
à:qnÀ.6.ya.Doç (Grundmann) 29
à:ya.À.À.Lci.oµat, à:ya.À.À.larr•,ç (Bultmann) 51
àya.7tc1.w, àyc1.m1 àya.7tY)"t'6ç ( Quell, Stauffer) .
1 57
"Aya.p (Kittel) . 147
àyyEÀ.la., ciyyÉÀ.À.w, àv-, (h-, OL-, È!;-, XCX."t'- 7tpoxa."t'ayyÉÀ.À.w, xa"t'a.yyE-
1

À.Evç (Schniewind) 149


&yyEÀ.oc;, àpxciyyEÀ.oç, tcrciyyEÀ.oç (Grundmann, von Rad, Kittel) 195
ciye:vw:Àéyl]"t'Oç ~ ye:ve:ci
li.yLoc;, à.yLcisw, à.yLacrµ6c;, à.yLo'tY)c;, à.yLWO'"VV1J (Procksch, Kuhn) 233
à.yvoÉw, àyv6Y)µa., &yvoLa, à:yvwcrla, &yvw<r'toç (Bultmann) 309
à.r.i6c;, à.yvlsw, ayvEla., &.yvo't1Jç, à.yvto-µ6c; (Hauck) 327
à.yopci.sw, Èl;a.yopci.sw (Biichsel) . 337
ciypu'ltvÉw ~ Èye:lpw, ypljyopÉw
à.ywyi), 1tap-, 1tpo-, 7tpocrc1.yw, 1tpocra.ywyi) (K. L. Schmidt) . 343
à:ywv, à.ywvlsoµa.L, àn-, bt-, xa'ta.ywvlsoµa.L, à:ywvla. (Stauffer) 361
'Aòci.µ p. Jeremias) 377
12 * INDICE

colonna
tioEÀq>oc;, àoEÀq>i), rXOEÀ<pO't''l'}c;, <pLÀaOEÀ<poç, <pLÀ<XOEÀq>la, ljJEvOci.OEÀ<pcç
(von Soden) . 385
(ione; (J. Jeremias) 393
cioLcixpvtoc; -+ xplvw
èioLxoc;, à&xla, àoLxÉw, àolxnµa (Schrenk) 401
cio6xLµoc; - o6xLµoc;
(i.ow, ~oli (Schlier) 439
èi.1'.;vµoc; -+ 1'.;vµT)
ài)p (Foerster) . 443
ciihxva:afa. - IM:w.t-roc;
àfrɵL't'Oç (Oepke) 445
ai}Eoc; - i>Eéc;
éifrE<rµoc; (Oepke) 447
cii>E-rÉW
àfrÀÉw, crvva.llÀÉw, èifrÀl)<rLc; (Stauffer) . 449
àtoLoc; (Sasse) 451
atowc; (Bultmann) 453
atµa, a1.µa.'t'EXXV<rla (Behm) . 461
atviw, alvoc; (Schlier) 475
ai'.vtyµa. {eo-o7t't'pov) (Kittel) . 477
a1.pfoµat, al'.pE<rLç, a.1.pE't'tx6c;, atpE't'L~w, Ot11tpiw, OL<Xlpecnc; ( Schlier) 485
aXpw, È7talpw (J. Jeremias) . 497
a.tai}ci.voµa.L, ai'.crilncnc;, a.tai}n't'i)ptov {Delling) . 501
ai.crxuvw, È1t-, xa't'a.tcrx.uvw, atcrxuvn, cx.to-xp6c;, a.tcrxpo't'nc; {Bultmann) 507
aÌ.'t'Éw, CX.L't' l'}µCX., rX1t-, Él;CX.t.'t'ÉW, 7t!X.P<XL't'Éoµa.t (Stahlin) . 513
atxµ<iÀW't'Oç, -W't'L~W, W'tEUW, -wcrla., CTVV<XLXµ<iÀ.w't'oc; (Kittel) 525
atwv, atwvtoc; (Sasse) 531
cixa&apcrla, àx<ii>a:pi:oc; -+ xa:i>apéc;
&.xalpwc; - xaLp6c;
èixaxoç -+ xa:x6ç
d.xap7toc; -+ xap7t6c;
cixai:ciyvwcr"t'oc; -+ ywwcrxw
Ò:X(.t"t'ciXPL''tOc; -+ xplvw
cixa-rciÀ.v"t'oç -+ À.Vw
cixa"t'acr-racrla, cixa"t'cicr-ra:"toç -+ xaiHCT"t'T)µL
&.xtpa.toc; (Kittel) 565
&:xoÀ.oviUw, ti;-, È1t-, 7t<Xp-, cr1;va.xoÀ.ovilÉw (Kittel) . 567
&:xouw, àxo-fi, EÌ.c;-, É7t-, 7ta.paxouw, 7tapa.xo1), v7ta.xouw, Ù7ta.xoi], Ù7tl]xooc;
(Kittel) . 581
àxpo~ucr"tla (K. L. Schmidt) . 605
INDICE 13 *

colonna
chpoywvLa~oç -+ ywvla
d:xvpéw -+ xvp6w
éixwv -+ lxwv
à.À.a.swv, à.À.asovEla. (Delling) 609
à.À.a.À.cisw (Peterson) 611
&À.a.ç {Hauck) . 613
à.À.Elq>w ( Schlier) 61 7
àì.:fifrna, &.h1fri'Jc;, &).YJìrLv6c;, CÌ.ÀTjÌÌEuw (Quell, Kittel, Bultmann) 625
à.ÀÀ.cicrcrw &.v-rciÀÀ.cqµcx, à7t-, OL-, xa-raì.).. cicrcrw, xa-ra.ÀÀay'fi, à.1toxa"t"-,
µE•a.ÀÀacrcrw (Bi.ichsel) 673
à.À.À.1)yopzw (Biichsel) 695
à.ÀÀ1)Àov~ci (Schlier) 707
aÀÀoç, à.ÀÀO"t"pLoç, cX1tCXÀÀo"t"pLOW, à.ÀÀoyEVTJç, aÀÀ6q>uÀoç (Biichsel) 707
aÀ.À.o"t"pmtlo-xoµoç -+ btlo-xoµoç
aÀ.oyoç -+ À.Éyw
ciµap"t"civw, ciµcip-rriµcx, <ii1ap-rla (Quell, Bertram, Stahlin, Grundmann) 715
ciµap-rwÀwç, &.vaµcl:p-rYJ"t'oç (Rengstorf) 861
&µEµ1t't"Oç -+ µ~µq>oµm
àµE"t"aVOl]'t"Oç -+ µnavoÉw
à.µi}v {Schlier) . 909
à.µlav't"oç -+ µLalvw
&.µv6ç, &.pi}v, cipvlov (J. Jeremias) 917
aµ1tEÀ.oç (Behm) 925
ll.µwµoç, &:µwµ1]'toç-+ µwµoç
à.va:~alvw -+ ~alvw
àva:yyÉÀ.À.w -+ I, coll. 162 ss.
ava:yEWciw -+ jEWciw
&.va.ywwcrxw, &.vci:yvwcrLç {Bultmann) 929
à.vcx.yxrisw, à.vayxa.foç, &.vriyxi) (Grundmann) 931
à.v&:yvwO"L<;; -+ I, coll. 929 ss.
civa:oElxwµL -+ OElxwµL
à:va:i;&:w -+ ?;w1]
à.v&:i>Eµa:, à.vai>Eµa"t"ll;w, àvà~µa -+ civa't"l~µL
avaxawlì;;w, à.Vl'J.XCLLVOW, aVl1XCLLVWO"Lt;; -+ Xaw6ç
à.vaxaÀi'.m-.w-+ xaÀV1t'tw
à.và.xELµa -+ XE~µa:L
&:vaxEq><X.À.aL6W -+ XEq>a:ÀTj
&:vaxpci?;w -+ xp&:?;w
à.vaÀaµ~civw, ci.vd:À11µ!JiLç -+ Àaµ~d:vw
à.vaxplvw, civd:xp~O"Lç -+ xplvw
àva.Àoyla (Kittel) 937
à.v&:)..uo-iç, civa:Mw -+ Mw
à.vaµcip'tl]-.Oç -+ I, coll. 905 ss.
14 * INDICE

colonna
civu.µvricrtç, ùJt6µ vricrtc; (Be hm) 939
ci.vaVEOW - vÉoc,
ci.vti.!;LOC, - li!;LOC,
civamxvw, civamxucrtç, È1tava7tavw (Bauernfeind) 943
d:va1tÀ.T]p6w - 1tÀ.T]p6w
civ6:cr·ta1nc, - civlo"tT]µL
d:vcxo"mvp6w - cr't'cwp6c,
civcxcr't'pÉq>w, d:vacr't'poq>l} - cr-.pÉq>w
civa-rÉÀÀ.w, civa:toÀ.-fi ( Schlier) 94 7
ci'Ja-, 7tpoaava-rUh1µt, civai}q.ta, -i}T)µa, xa-ralh:µa, civa-, xa-rai}qJ.a•lsw
(Behm) . 951
civcxq>Épw - q>Épw
d:vch)lv!;Lc, - tjJvxTi
d:vòplsoµm - civl}p
&.vtyxÀ.T)•oç (Grundmann) 95 9
d:vEx't'6ç - d:vÉxw
d:vEÀEl}µwv, d:vÉÀEoç - EÀEoç
civEçEpEVVT)"t'Oç (Delling) . 961
d:vE!;lxo:xoç - xax6ç
civEçtxvlaa•oc; (Peterson) 963
d: vrnlÀ. T]µ 'lt't'oç - À<Xl.l ~civw
livEcrLç - d:vlTJµL
civ~xw, civEx-r6ç, civox-ri ( Schlier) . 965
ci vl}xn (Schlier) 96 7
civ'l)p, civòplsoµat (Oepke) 969
ci.v»oµoÀ.oyÉw - òµoÀ.oyÉw
d:vl}pwTtapEcrxoc; - à.pfoxw
èfvl)pw1toç, civl)pwmvoç (J. Jeremias) 977
civl'ì")µL, èivEcnç (Bultmann) . 985
livm't'Oç .- vl7t't'W
civ-, Èçavlcr•riµt, àvci-, Èçavacr•acnç (Oepke) 987
livoLO: - VOVC,
ci.voµlo:, livoµoc; - v6µoç
à.v6crLoç - ocrLoç
tivoxTi - I, coll. 965 ss.
6.v't'aywvl?;oµo:L - I , coll. 361 ss.
à.v'taÀ.Àayµa - I, coli. 675 ss.
à:v't'ava7tÀ. T)p6w - 1tÀ.T)p6w
à:v't'a.7toolowµL, à.v'to:7t6ooµa, à.v'ta7t6oocrLç - olOwµL
dv-.a'ltoxplvoµaL - xplvw
tiv't'ÉXw - ~xw
àv't'l (Bilchsel) . 999
INDICE 15 *
colonna
à.v-.lÒLxoc; (Schrenk) 1001
à.v-rlxnµaL ~ XE~µm

à.v-.iÀcxµScivoµcu, à.v-.lÀ riµ1!nc;, O"vva.v-.iÀa.µ0civoµm (Delling) 1005


à.v"t"O...v-rpov -+ Àuw
à.v-riµicr~la -+ µLcrò6ç
à.v-rl-rv7toç ~ "t"V1t0<;
à.v"t"lXpLcr-roc; ~ XPLcr"r6ç
a'\IV1tOXPL"t"Oc; ~ tmoxplvw
à.vv7t6-rax-roç ~ -racrcrw
èlvw, élvw't'Epov, rlvwitEv (Bi.ichsel) 1009
èlsLoç, àvasioc;, à.sL6w, xcx-.asL6w (Foerster ) 1013
ci6pa.-roc; -+ épaw
cimxyyÉÀÀw ~I. coli. 170 ss.
à.mxlOEV'TOç ~ 1taLOEUW
à.7tctL'TÉW ~ I , coll. 521 ss .
à.7tctÀÀcicrcrw ~ I, col. 677 s.
a7tetÀÀO'TpLOW -+ I, coll. 710 ss.
à. 'ltciV't'Y)O"L<; (Peterson) . 1019
ci7ta.pci~anç -+ 7tetpct~alvw
a7tetpVÉoµCtL ~ àpvÉoµctL
a1tapx-fi -+ apxw
&.1ta.'t'riw, ÉSct7ta.'t'aw, a7ta't'YJ (Oepke) 1027
amhwp -+ 7tct'TTJP
à.Tia.vyacrµa ~ a.uy&:sw
cX7tEll>ELct, cX1tEL~Éw, à.1tELÒTJc; ~ 7tElòw
a7tdpacr-roç ~ 7tELp<isw
ci"TtExoÉxoµat ~ Stxoµo:L
cX7tÉXOV<:rtç, à.TtExSvw ~ ovw
à.TIEÀ7tlsw ~ ÈÀ7tlsw
cX1tEPL't"µT)"rOç -+ 7tEPL"t"oµi)
à.1tÉXW 4 EXW
à.7ttcr't"Éw, à.mcr"t"la, llmcr-roc; ~ mcr-rEuw
à.1tÀovc;, &.7tÀ6-.ric; (Bauernfeind) . 10.31
à.7toylyvoµa.L 4 ylyvoµa.L
à.7t6SEX't"Oç, à.7toSÉxoµct.L -+ OÉXOµctL
ci7toSlSwµL 4 olSwµL
à.7toSoxtµà.sw -+ ò6xtµoç
à.1tOOOXlJ -+ OÉXOµctL .
ci7toihrficrxw -+ f><ivct-roc;
à:'ltoxa.i}lO"-.l}µt., à7toxcx'taO"'tcx.O"t.c; (Oepke) 1039
à1COXaÀu7t't"W, à.7tox6.>..ui!JLç -+ XctÀ.V1t"t'W
à:7toxcx.pcx.ooxlo: (Delling) . 1051
à.1CoxcnaÀÀacrcrw -+ I, coll. 693 ss.
à.7t0Xa"t'cicr"t'ctcrt.c; -+ I, roll. 1040 ss.
ci1tOXELµctL -+ XE~ctL
à.1toX61t"t'W -+ x67t'tW
16 ,, INDICE

colonna
a1tOXpLµa:, a1tOXplVW, a7tOXpLO'"L<; ~ XplvW
a7toXpV7t"t'W, a7t6xpucpoç ~ xpv7t"t'W
<Ì.7toÀÀvµL, àm.0Àrnx., 'A7toÀMwv (Oepke) 1051
a1toÀovw ~ Àovw
ci.7toÀV"t'pWO"Lç ~ Mw
a1toCTXlacrµa ~ CTXLci
a1tOCT"t'Cl:O'"LCl: ~ acplO'""t'l)µL
Ò:.7tOCT"t'ÉÀÀw ( 7tɵ 7tW ), Éça1tOCT'tÉÀÀw, CÌ1tOCT'tOÀoç, ~EUOIX1tOO""t'OÀoc;, à1to-
cnoÀ-fi (Rengstorf) 1063
cbtOO'""t'pÉcpw ~ CT"t'pÉq>W
a1tocruvciywyoç ~ o-uva:ywyl]

à7toqifr2yyoµcu (Behm) 119 5


a7to\j.ivxw - lj.iuxTi
a1tpOO'"X07tLOç --7 X07t"t'W
a7tpOO"W1tOÀl]µ7t"t'Wç --7 1tpOO"W1tOÀ TJ!.L\j.ILa:
à7twitéw (K. L. Schmidt) 1195
à:TtWÀELa: ~ I, coli. 1059 ss.
àpci, xa."t'apcioµat, xa"t'apa, Émxa"t'cipa"t'oç, Èrcri.pa"t'oç (Bi.ichsel) . 1197
àpy6ç, àpyÈw, xa"t'apyéw (Delling) 1205
apfoxw, cX.viìpwnciprnxoç, àpECTXELIX, àpEO""t'Oç, EÙcipEO""t'Of I EÙapEO""t'ÉW
(Foerster) 1211
Ò:.pE"t'lJ {Bauernfeind) 1219
àpd~µtw, à.pLfrµ6ç (Ruhle) 1229
àpxéw, àpXE"t'Oç, <tÙ"t'apXELCX, aÙ"t'cipxric; (Kittel) 1237
"Ap Ma.yEowv (J. Jeremias) 1245
àpvfoµa.L (Schlier) 124 7
apvlov - I, coli. 923 ss.
àpmi~w, &.pnayµoc; (Foerster) 1255
àppa~wv (Behm) 1263
i'fppl)"t"Oç - ÉpW
ap"t'L')"ÉWT)"t'O<; - )"EWaW
&p"t'Loc;, É!;-, Xa."t'ap"t'lsw, XIJ.'tClp"t'La'µ6ç, Xct'tcip"t'LG"Lc; (Delling) 1265
&p"t'oc; (Behm) 1267
apxayyEÀoç ~ I, col. 231 s.
apxLEpEv.; - tEpEvç
apXLTCOf.µTJ\I ~ 7tOLµTJV
apXLCTV\la')"W')"O<; ~ CTV\la')"W)"TJ

&pxw, àpx-fi, àmxpx-fi, apxcti:oc;, à:pxriy6c;, apxwv (Delling) 1271


àcrÉ~ELa:, àcrt~i)ç, àcre~Éw ~ O"É~oµaL

à.érH.yELa {Bauernfeind) . 1303


INDICE 17 *

colonna
àcrfrs:vi]c;, àcrfrÉvrnx, àcrfrEvtw, à.crMvriµa (Stahlin) . 1303
àcrxÉu.. (Windisch) 1312
àcrncisoµat, àmxcrmisoµat, à.cr7tao-µ6c; (Windisch) . 1320
acrmÀoc; (Oepke) 1335
à.cr"t'a"t'ÉW (Oepke) 1335
àcr-ri]p, èicr-rpov (Foerster) 1337
àcrq.icX.À.s:ta, àcrq.iaÀ. i]c;, à.crq.iaÀ.wc;, àcrq.iaÀ.lsw (K. L. Schmidt) 1343
riO"i:pov -+ à.o-i:fip
Ò.O"UVE1:0ç -+ cruvlt)µL
à:crq.iciÀ.s:ta, àcrq.iaÀ. Tic;, àcrq.iaÀ.wc;, àcrq.iaÀ.lsw (K.L.Schmidt) 1343
acrw"t'oc;, àcrw-rla (Foerster) . 1345
cii:ax-rÉw, chaxi:oç -+ i:a<r<rw
aùycisw , à.nauyo:o-µo: (Kittel ) 1349
aùMòTJc; (Bauernfeind) . 1351
a.ùi:cipxELa, mhcipxriç -+ I , coll. 1243 ss.
a.ùi:67t"t"t)<; -+ òpciw
O'.U'tOXa.1:ciXpL1:0<; ~ xplvw
cicpfrapcrla., aqifrapi:oç -+ cpl}dpw
àq.ilT]µt, èicpEcrtc;, 7taplY)µL, mips:crtc; (Bultmann) . 1353
cicpLÀciyafroç -+ I, col. 50
àcplcnY)µL, à1tOCT"t'<wla., otxocr-racrla (Schlier) 1361
ctcpOµOL6W -+ OµOLO<;
cicpopl1;w -+ opoç
AUTORI
DELLE VOCI CONTENUTE NEL PRIMO VOLUME

Direttore
GERHARll KITTEL, professore ordinario di N.T., Tubinga.

Collaboratori

OTTO BALTERNFEIND , professore straordinario di N.T., Tubinga .


FRIEDRICH BAUMGXRTEL, professo re ordinario di A.T., Greifswald.
]OHANNES BEHM, professore ordinario di N.T., Gottinga.
GEORG BERTRAM, professore ordinario di N.T., Giessen.
HERMANN WoLFGANG BEYER, professore ordinario di storia della Chiesa, Greifswald.
FRIEDRICH Bi.icHSEL, professore ordinario di N.T. , Rostock .
RuDOLF BuLTMANN, professore ordinario di N.T., Marburg.
ALBERT DEBRUNNER, professore ordinario di linguistica, Jena.
KuRT DEISSNER, professore ordinario di N .T., Greifswald.
GERHARD DELLING, pastore, Glauchau (Sachsen).
WERNER FOERSTER, professore straordinario di N.T., Miinster.
ERNST FucHs, libero docente di N.T., Bonn.
HEINRICH GREEVEN, libero docente di N.T., Greifswald.
WALTER GRUNDMANN, pastore, Oberlichtenau (~achsen).
fRIEDRICH HAUCK, professore straordinario di N.T., Erlangen.
}OHANNES HERRMANN, professore di A. T., Miinster.
}oACIIlM ]EREMIAS, professore ordinario di N.T., Greifswald .
HERMANN KLEINKNECHT, Tubinga.
KARL GEORG KUHN, Tubinga.
ALBRECHT 0EPKE, professore straordinario di N.T., Leipzig .
ERIK PETERSON, professore, Miinchen .
HERBERT PREISKER, professore straordinario di N.T., Breslau.
OTTO PROCKSCH, professore ordinario di A.T., Erlangen.
GOTTFRIED QuELL, professore ordinario di A.T., Rostock.
GERHARD VON RAD, libero docente di A.T., Leipzig.
KARL HEINRICH RENGSTORF, libero docente di N.T., Tubinga.
0SKAR RiiHLE, Stuttgart.
HERMANN SASSE, professore straordinario di storia della Chiesa, Erlangen.
HANS HEINRICH ScHAEDER, professore ordinario di filologia iranica, Berlino.
HEINRICH ScHLIER, libero docente di N.T., Marburg.
20 * AUTORI DELLE VOCI

KARL LUDWIG SCHMIDT, professore ordinario di N .T ., Bonn.


]OHANNES ScHNEIDER, libero docente di N .T ., Berlino.
Juuus SCHNIEWIND, professore ordinario di N . T. , Konigsberg.
GoTTLOB SCHRENK, professore ordinario di N.T., Zurigo.
HANS FREIHERR VON SonEN, professore ordinario di storia della Chiesa e di N.T., Marburg .
GusTAV STAHLIN, libero docente di N.T., Lipsia (temporaneamente professore nella Scuola
Superiore di Teologia Gurukul in Madras, India) .
ETHELBERT STAUFFER, libero docente di N .T., H alle .
.ARTUR WEisER, professore ordinario di A.T. , Tubinga .
HANs WINDISCH, professore ordinario di N .T ., Kiel.
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

L'elenco non comprende le abbreviazioni comuni che sono correnti in italiano o quelle che
sono specifiche, come le sigle degli ap parati critici delle edizioni dell 'A. e del N. T.
O gni voce del Lessico contiene la bibliografia specifica (raramente ripetuta in questo elenco),
alta quale si rimanda nel corso delle singole trattazioni.
Per i testi classici e per altre opere fondamentali si è lasciata l'indicazione delle edizioni meno
recenti anche quando fossero superate o sostituit e, perché sono quelle usate dai collaboratori
dei primi volumi (il primo volume uscì nel 1933); in questa edizione italiana si aggiunge qua
e là l'indicazione di edizioni più recenti, perché citate nei volumi seguenti al primo, e segnala-
zwni di edizioni italiane a comodità del Lt•ttore. D egli autori classici e cristiani non si citano
sempre tu tte le opere, ma, per alcuni , solo quelle che ricorrono più fr equent emente.
Gli scrittori classici, autori di una sola opera, vengono citati col solo nome, senza indica-
zione dell'opera; qui, talvolta, si dà l'abbreviazione anche del titolo dell'o pera, solo perché
tale abbreviazione fu citata da qualche collaboratore.

A Abac. = Abacuc
Abh. = Abhandlung
Aq . = Aquila Ab.R.Nat.(RN)=Abot di Rabbi Natan
sec. II , autore di una versione greca del- trattato talmudico estracanonico (Strack,
l'A.T. Einl., 72)
AAB = Abhandlungen der Kgl. Preus- ace. = accusativo
sischen (dal 194 5 / 46: Dcu tschen) Achill. Tat. = Achilles Tatius
Akademie der Wissenschaf ten zu da Alessandria (sec. IV d. Cr. ), sofista e
Berlin (philos-hist. Klasse) (1804ss.) cristiano, l'ultimo scrittore di romanzi del-
!' Antichità
AALpg = Abhandl . der Sachsischen ed. G.A . Hirschig in Erotici Scriptores
Akademie der Wiss. in Leipzig (1856); E. Vilborg (1955)
AAHdbg = Abhandlungen der Ì-Iei- act. apost. apocr. = acta apostolorum
delberger Akademie der Wissenschaf- apocrypha
ten (philos.-hist. Klasse (1913 ss.) ed. R. Lipsius-M. Bonnet (1898-1903)
AAMainz = Akademie der W'issen- act. Andr. = acta Andreae
schaften u. der Literatur. Abhandlun- Andr. et Matth . = a. Andreae et
gen der geistes-u.-sozialwissenschaf t - Matthiae
lichen Klasse ( 19 50 ss.) Barn. = a. Barnabae
AAMiinch . = Abh. der bayerischen Io. = a. Ioannis
Akademie der Wiss. zu Miinchen Phil. = a. Philippi
(philos.-philol.; dal 1911: philos.- Pl. = a. Pauli
philologische u. hist. Klasse) (1835 Pl. et Thecl. = a. Pauli et Theclae
ss.) Ptr. = a. Petri
AASOR = The Annua! of the Ameri- T.U.N.F., 9, 1 (1903)
can Schools of Orientai Rescarch Ptr. Vere . =
actus Petri Vercellensis
AA Wien = Abhandl. der osterreichi- = acta Petri cum Simone
schen Ak. der Wiss., Wien Ptr. et Andr. = acta Petri et An-
Ab. = Pirq~ Abot dreae
ed. L. Vouaux (1922)
trattato 'Detti dei Padri' della Mishnà
o raccolta di testi rabbinici dei secc. I-II I , Thom. = a. Thomae
costituenti la legge 'orale'. (Strack, Einl.,54) ad l. = ad locum
Abd. = Abdias Ael. = Claudius Aelianus
22 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

(circa 175-255 d. Cr.), romano che scrive fals. leg. = de falsa legatione
in greco, appartiene alla cosiddetta Secon-
da Sofistica Tim. = oratio in Timarchum
ep. = epistulae Aetius Amidenus
nat. an. =de natura animalium
medico, nato in Amida nella Mesopotamia
(inizio V I sec. d. Cr.)
tact. =tactica ed. A. Olivieri, C.M.G. VIII (1935 ss.)
var. hist. = varia historia Ag. = Aggaeus (A .T .)
Ael. Arist = Aelius Aristides Act. = Actus Apostolorum (N.T.)
(129-189 d. Cr.), nacque in Misia e si sta-
bilì poi a Smirne; uno degli ultimi rappre-
AGG = Abhandlungen der (fino al
sentanti della religiosità ellenistica 1924: koniglichen) Gesellschaft zu
ed. W. Dindorf (1 829); ed. B. Keil, II Gottingen (phil.-hist. Klasse) (( 1838
(1898) ss.] N.F. 1896 ss.)
or. =orationes agr. = agraphon (agrapha)
or. sacr. = or. sacrae ( = or. 2.3-28) detto di Gesù tramandato fuori degli Evan-
AELKZ = Allgemeine Evangelisch- geli
ed. A. Resch ;•- 4 (1906); joac:h . J eremi,1s,
Lutherische Kirchenzeitung ( 1868- Paideia Editrice, BresciJ (1965) .
1941) Alciphr. = Alciphro
Aen. Gaz. = Aeneas Gazaeus so.h.sta del scc . lT d. Cr., rap presentante
retore, morto dopo il 518. dell'epistolografia come finzione letteraria
dia!. = Theophrastus, sive dialogus ed. M.A. Schepers ( 1905)
ep. =epistulae ep. = epistulae
Aen. Tact. = Aeneas T acticus Alex.Aphr. = Alexander Aphrodisiensis
contemporaneo di Senofonte. La sua opera di A/rodisia (inizio del sec. II I d. Cr. ),
di tecnica bellica (·mx-nxòv im6µvT}µet.) fu peripatetico e autore di commenti aristote-
composta circa il 360 a. Cr. lici e di opere polemiche
ed. R. Schone (1911); W. Hunter e S.A. ed. I. Bruns in Supplementum Aristoteli-
Handford ( 1927 cum, II (1887-1892)
Aesch. = Aeschylus an. = de anima
tragico attico di Eleusi presso Atene (525- .fat. = de fato
456 a. Cr.) liÀ.À.. = la colonna della Esapla indiCa-
ediz.: U.v. Wilamowitz-Moellendorf, editio
maior 2(1958); G. Murray 2(1955); M. Un-
ta con li.ÀÀ.oç
tersteiner (con trad. it.) (1948); frammenti Altaner B. Altaner, Patrologie
5
ed. A. Nauck in « Tragicorum Graecorum (1958) trad. it. Torino, 5 1961
Fragmenta » 2 (1889) Am. =Amos (A.T.)
Ag. = Agamemnon Ambr. = Ambrosius
Choeph. = Choephori nato a Treviri, (340-397 d. Cr.), Vescovo
eleg. = Fragmenta Elegiaca di Milano
Eum. = Eumenides Amm. Marc.=Ammianus Marcellinus
Pers. = Persae di Antiochia, nato verso il 332 d . Cr. , l'ul-
timo grande storico dell'Impero Romano
Prom. = Prometheus Vinctus (da Nerva a Valente)
Suppi. = Supplices ed. C.U. Clark , L. Traube e W. Heraeus
Sept. c. Theb. = Septem contra The- (1910-1915); ).C. Rolfe (con trad. inglese)
bas (1935-1937)
=
A· ::chin. Aeschines Ammonius - Pseudo-Amman.
,;ratore e politico ateniese (390-314 à. Cr. Anacr. =Anacreon
circa), del partito filomacedone, il maggio- di Teo, lirico greco della metà del sec. VI
re avversario di Demostene. Le dodici let- a. Cr.
tere a lui attribuite sono spurie. ed. E. Diehl in Anthologia Lyrica I (1925)
cd. F. Blass 2 (1908) AnalBibl Analecta Biblica
ep. = epistulae AnalBoll = Analecta Bollandiana
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 23 *

pubblicazione delle fonti della storia della Kunst u. Kultur des klassischen Al-
Chiesa, che continua ad uscire (dal 1882),
rnrata dai Bollandisti. tertums (1925-1944)
Anaxag. = Anaxagoras Antiph. = Antiphanes
nato a Clazomene (Asia Minore) (500428 d~ Smirne o di Rodi, poi cittadino ateniese,
a. Cr. circa), apportò la filosofia ad Atene, rimangono solo frammenti (1100 versi) del-
dove fu intimo di Pericle le sue numerose commedie; fu il maggior
ed . H. Dicls in Die Fragmente der Vor- rappresentante della Commedia di mezzo
sokratiker, II (6 1952) 5-44 (388-311 circa a. Cr.)
ed.Th.Kock in Comicoruni Atticorum Frao-
Anaxim. = Anaximenes menta II (1884) "
di Mileto, filosofo naturalista ionico della
metà del sec. VI a. Cr. Lyc. = Lycon
ed. H . Diels in Die Fragmente der Vor- Antiphon =Antiphon
sokratiker, I (6 1951) 90-96 ateniese (fine del sec. V a. Cr.), il Sofista
Anaximand. = Anaximan<ler (per distinguer/o dall'Oratore); della sua
di Mileto, filosofo naturalista ionico della opera Verità rimangono circa 80 frammen-
metà del sec. VI a. Cr. ti, di rni d11e importanti restituitici dai pa-
ed. H. Diels in Die Fragmen•e: der Vor- piri di Ossirinco
sokratiker, I (6 1951) 81-90 ed. H. Diels in Die Fragmente der Vorso-
kratiker, II (6 1952) 334-370
Andoc. = Andocides
uno dei 10 oratori attici della fine del sec.
Antiphon Or. = Antiphon Orator
V a. Cr. La più interessante delle 4 ora- il primo nel canone dei 10 oratori (fine del
zioni conservateci è quella Dei misteri (del- V sec. av. Cr.)
l'anno 399 a. Cr.) ed. Th. Thalheim (1914)
ed. F. Blass e C. Fuhr ~(1913); G. Dal- Anz, Subsidia = H.Anz, Subsidia ad
meyda (1930); U. Albini (1961: de reditu; cognoscendum Graecorum sermonem
1964: de pace) vulgarem e Pentateuchi versione A-
Anecd. Graec. = Anecdota Graeca lexandrina repetita ( 1894)
ed. I. Bekker I-III (1814-1821)
AO = Der Alte Orient (1900-1945)
Ang = Angelicum
A.O.E. = H. Gressmann, Altorientali-
Angelos = Angelos, Archiv fiir nt.liche
sche Bilder zum AT 2 (1927)
Zeitgeschichte und Kulturkunde
aor. =aoristo
(1925-1932) A.O.T. = H. Gressmann, Altorientali-
Ang_ThR = Anglican Theological Re-
sche Texte zum AT 2 (1926)
v1ew APF = Archiv fiir Papyrusforschung
AnLov = Analecta Lovaniensia Bibli-
(1901 ss.)
ca et Orientalia
Apoc. = Apocalypsis (N.T.)
AnOr = Analecta Orientalia, Roma
apoc. Abr. = apocalypsis Abrahae
(1931 ss.)
El. = ap . Eliae
Ant. Christ. = F.]. Doelger, Antike u.
Mos. = ap. Mosis
Christentum. Kultur.-u.religiongesch.
Ptr = ap. Petri
Studien (1929 ss.)
apocr. =apocrifi
AntClass = Antiquité Classique
Anth.Gr. =Anth. Graeca-.+ Anth. Pal. Apollon. Dyscol. = Apollonius Dyscolus
grammatico greco di Alessandria (sec. II
Anth.Pal. = Anthologia Palatina d. Cr.)
collezione di epigrammi greci, così chia- ed. R. Schneider e G. Uhlig in Gramma-
mata perché l'unico manoscritto fu tro- tici Graeci, II (1878-1910)
vato (verso il 1600) nella Biblioteca del synt. = de syntaxi
Conte Palatino di Heidelberg,- contiene
3700 epigrammi di 340 poeti, oltre gli ano- Apoll. Rhod. = Apollonius Rhodius
nimi, per quasi 23.000 versi; designata or- nacque in Egitto, a Naucrati o ad Alessan-
mai con Anthologia Graeca dria (circa 295-215 a. Cr. ), detto Rodio dal
ed. H. Stadtmiiller (1906); P. Waltz (1928 suo soggiorno a Rodi, rappresentante del
ss.); H. Beckby (1957-1958) poema epico ellenistico
Antike =Die Antike, Zeitschrift fiir
24 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

ed. R.C. Seaton (1900); M. Gillies (1928); ni,· ha rivolto, nel 140 d. Cr. circa, la sua
H. Frankel (1961) Apologia all'imperatore Antonino Pio
app. = appendix ed. E. Goodspeed in Die altesten Apolo-
geten (1914)
Appian. = Appianus
nacque ad Alessandria e si tras/erì a Roma apol. = apologia
sotto Adriano, ottenne la cittadinanza ro- Aristoph. = Aristophanes
mana, compose una Storia Romana in 24 di Atene (circa 444-385 a. Cr.), il maggior
libri (nel 160 d. Cr. circa), per gran par- rappresentante della Commedia Antica, che
te perduta raggiunse l'acme durante la guerra del Pe-
ed. P. Viereck e A. Roos (1905-1939) loponneso
bell. civ. = bella civilia ed. V. Coulon e H. van Daele (1923-1930)
R. Cantarella (con trad . ital., 1953-54)
(=Rom. hist. 13-17)
Rom . hist. = Romanac historiae Ach. = Acharnenses
av. = aves
Apul. = Apuleius
di Madaura in Numidia, romanziere, retore Ecc!. = Ecclesiazusae
e filosofo con forti interessi religiosi (sec. eq. = equites
II d. Cr.) Lys. = Lysistrata
ed. R. Helm e P. Thomas (1908-1913); I nub. = nubes
"(1955); H. Range (1939)
pax
met. = metamorphaseon libri
Pl. = Plutus
mund. = de munda liber
ran. = ranae
Plat. = de Platone
Thesm. = Thesmophoriazusae
Sacr. = de dea Sacratis
vesp. = vespae
Ar. = Arakin
trattato «Imposte» (spesa dovuta per un Aristot. = Aristoteles
voto) della Mishnà, della Toseftà e del Tal- di Stagira nella penisola Calcidica (384-322
mud (Strack, Einl. 57) a. Cr.); discepolo di Platone, fu il fondato-
re della scuola peripatetica
aram. =aramaico Le citazioni sono fatte secondo l'edizione
Arat. = Aratus della Academia Regia Borussica (1831-1870)
nacque a Soli in Cilicia (circa 310-245 a. an . = de anima
Cr.), da Atene dove fu iniziato alla filo-
sofia stoica, passò poi, nel 276, alla corte an. post. = analytica posteriora
macedonica di Antigono Gonata, dove com- an. pr. = analytica priora
pose i Fenomeni: un poema epico, astro- cael. = de caelo
nomico, didattico
ed. E. Maas 2 (1955)
cat. = categoriae
phaen. =phaenomena eth. Eud. = ethica Eudemia
eth. m. = ethica magna
Archiloch. =Archilochus
di Paro, antico lirico greco del sec. VII eth. Nic. = ethica Nicomachea
a. Cr. gen. an. =de generatione animalium
ed. E.Diehl in Anthologia Lyrìca 1( 3 1952); gen. corr. = de generatione et cor-
M. Treu (1959) ruptione
Ar. Did. =Arius Didymus hist an. = historia animalium
di Alessandria, stoico del tempo di Augu-
sto, dossografo metaph. = metaphysica
ed. H. Diels in Doxographi Graeci (1892) meteor. = meteorologica
Aret. =Aretaeus Medicus mot. an. = de motu animalium
Cappadoce, medico del periodo imperiale oec. = oeconomica
(forse del sec. II d. Cr.) part. an = de partibus animalium
ed. C. Hude in Corpus Medicorum Grae-
corum, II 2 (1958) phys. = physica
Aristea ~ ep. Ar. poet. = poetica
Aristid. =
Aristides pol. = politica
di Atene, il primo degli apologeti cristia- probl. = problemata
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 25 *

rhet. = rhetorica A.T. =Antico Testamento


spir. = de spiritu AcThDan = Ada Theologica Danica
Pseud. Aristot. =Pseudo-Aristoteles AThANT = Abhandlungen zur Theo-
mund. = de munda logie des AT u. NT, Basel (1944 ss.)
opera filo sofica di indole divulgativa ora at- Athen. = Athenaeus
tribuita a un autore tardo che scrisse sotto greco di Naucrati in Egitto (fine del sec. II
l'influenza di Posidonio di Apamea (circa d. Cr. ); la sua opera i Sofisti a banchetto
135-55 a. Cr.), il maggior rappresentate del- è una raccolta di notizie erudite, letterarie,
la Media Stoa antiquarie, giuridiche, ecc.
rhet . Al. = rhetorica ad Alexandrum ed. G. Kaibel I-III (1887-1890)
attribuita ad Anassimene di Lampsaco vis- Athenag. =Athenagoras
suto al tempo di Alessandro il Grande forse ateniese, apologeta cristiano, rivolse a
ArLi t = Archiv fiir Liturgiewissen- Marco Aurelio la sua Supplica per i cri-
schaf t stiani intorno al 17 7 d. Cr
ed. E. Goodspeed in Die altesten Apologe-
Arnim = J.v.Arnim, Stoicorum veterum ten (1914); P. Ubaldi 2 (1933)
fragmenta I-IV (1903-1924) suppl. = supplicatio
Arnim, Suppi. Eur. = H.v. Arnim, AthMitt = Mitteilungen des Kaiser-
Supplementum Euripideum, KlT 112 lich Deutschen Archaologischen In-
(1913) stitutes , Athenische Abt. ( 1876 ss)
ARPs = Archiv fiir Religionspsycho- AtlAbh = Altestamentliche Abhandlun-
logie (1914 ss.) gen
Artemid. = Artemidorus Auct. Sublim. = Auctor de Sublimate
di Efeso, vissuto al tempo dell'imperatore
Adriano ci lascia un libro di interpretazio-
(- Pseudo-Long.)
ne dei sogni con esempi di sogni adem- att. =attivo
piutisi Audollent, Def. T ab. = A. Audollent,
ed. R. Hercher ( 1864) Defixionum T abellae ( 1904)
oneirocr. = oneirocriticus Aug. = Aurelius Augustinus
ARW = Archiv fiir Religionswissen- da Tagaste (Numidia) (354-430 d. Cr.)
schaft (1898 ss.) ed . in MPL 32-47 (1845)
Asc. Is. =Ascensio Isaiae opere curate da diversi editori nel « Corpus
rielaborazione cristiana di, '1Jna leggenda ori- Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum »
ginariamente ebraica (Schlirer, III, 386 ss .) (1887 ss.); con trad. spagn. Madrid (1956
ed. R. Charles (1900) ss.); in corso di stampa con trad. fr. pres-
so Desclée (1948 ss.); tutta l'opera con
Ascl. = Asclepius apparato critico in corso di stampa nel
scritto ermetico << Corpus Christianorum »
ed. ~ Nock-Fest., II 257 ss.
ASG = Abhandlungen der (fino al
civ. D. = de civitate Dei
Cresc~ = contra Cresconium
1918: Koniglich) Sachsischen Gesell-
ep. = epistulae
schaft (dal 1920: Akademie) d. Wis-
Faust. contra Faustum mani-
senschaften (philol. hist ..K 1 a s se)
chaeum
(1852 ss.) in Leipzig
in Io. Ev. tract. = in Ioannis
ASNU =Acta Seminarii Neotestamen-
Evangelium tractatus
tici Uppsaliensis
set. virg. = de sancta virginitate
ass. = assoluto, assolutamente
serm. = sermones
Ass. Mos. =Assumptio Mosis
apocalisse giudaica in lingua latina, poste- AustrBR=Australian Biblical Rieview
ri<ire alla morte di Erode il Grande (Schii- AZ = Abodà Zarà
rer, III, 294 ss.) trattato «Servigio (culto) degli idoli» della
ed. R. Charles (1897); C. Clemen KIT 10 Mishnà, della Tose/ tà e del Talmud (Strack,
(1904) Einl. 54)
26 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

B schichte der altkirchlichen Literatur


2
(1913-1932)
b. (fra il nome proprio e quello del pa- Barn. = epistula Barnabae
dre, per i rabbini) = ben, figlio ed. - Patres Ap.
bab . = babilonese (davanti al nome di Bas. = Basilius Magnus
vescovo di Cesarea (330-379 d . Cr.), uno dei
un trattato rabbinico significa : « del tre grandi t eologi cappadoci
Talmud babilonese ») ed. in MPG 29-32 (1857)
BA = The Biblica! Archaeologist serm. ascet . = sermones ascetici
Bacchyl. = Bacchylides asce!. disc. = sen no de ascetica di-
di C eo (circa 505-450 a. Cr.), grande rap- sciplina
presentante della lirica corale
ed. F. Blass (1904); B. Snell 7 (1958); A. ep . = epistulae
Taccone (1939) ed. R.J. Deferrari e M.R.P. McGurie (1926·
1934)
Bacher, Bab. Am. = W. Bacher, Die
S pir. Set. = De 5 piritu Sancta
Agada der babylonischen Amorder, ed. C.F.H. Johnston (1892)
2
(1913) Bauernf., Apg. = O. Bauernfeind, Die
Bacher, Pal. Am. = W. Bacher, Dìe Apostelgesch. (Theol. Handkomm. z.
Agada der palastinensischen Amo- N.T.) (1939).
raer I (1892), II (1896), III (1899) Bauer, Ign. (Pol . ) = W.Bauer, Die
Bacher, Tannaiten = W.Bacher, Die Briefe des Ignatius van Antiochia u.
Agada der T annaiten I ( 1884 ), der Polykarpbrief erklart (Handb. N.
2
(1903), II (1890) T., Erg.-Bd. II) (1920)
Bacher, Term. = W.Bacher, Die exe- Bauer, ]oh . = W.Bauer, Kommentar z.
getische Terminologie der judischen Johannesev. 2 (1925); 3 (1933)
Traditionsliteratur I (1899); II B.B. = Baba Batra
(1905) trattato «Ultima porta» (questioni giuri-
Bar. = Baraita diche sui beni immobili) della Mishnà e
in citazioni talmudiche: indica una tradi- Toseftà (Strack, EinL 51)
zione fuori della Mishnà d ei T annaiti BBB = Banner Biblische Beitrage
(Strack, Einl. 2) BCH = Bulletin de Correspondance
Bar.=Baruc Hellénique (1877 ss.)
discepolo di Geremia, sotto il suo nome ci
sono tramandati molti scritti Bachmann, Krmmentar = Ph.Bachmann
Bar. = il libro di Baruc Kommentar z. d. Korintherbriefen
tramandato nella Bibbia greca (LXX),
4 ed. E. Stauffer, I (1936), II (1922)
estracanonico (apocrifi) per gli Ebrei e pro- Bd. =Band
testanti, (deutero )canonico per i cattolici Beih. = Beiheft
Bar. gr. = apocalisse apocrifa di Ba- Bek. = Bekorot
ruc greco-slava trattato « Primogeniti » dal1a Mishnà, dalla
Descrizione del viaggio celeste di Baruc Toseftà e dal Talmud (Strack, Einl. 56 s.)
ed. M.R. James (1897) (greco); St. No- BÉO = Bulletin d'Études Orientales
vakovitsch ( 1886) (slavo)
BeO =Bibbia e Oriente (1959 ss.)
Bar. syr. = apocalisse siriaca apocrifa
di Baruc
BEvTh =
Beitrage zur Evangelischen
originariamente un'apocalissi ebraica, di-
Theologie
pendente dal IV libro di Esdra (verso il 100 Bengel = J.A.Bengel, Gnomon Navi Te-
d. Cr.) stamenti ·8 ( 1887)
ed. A.M. Ceriani, Monumenta sacra et pro-
fana, V, 2 (1871); trad. B. Violet, GCS, 32
Ber. =
Berakot
trattato « benedizioni » (e preghiere) della
(1924) Mishnà, Tose/ tà e Talmud (Strack, Einl.
Bardenhewer = O . Bardenhewer, Ge- 32)
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 27 *

Berthelot = M.Berthelot, Collection Bousset-Gressm . = W .Bousset, Die Re-


des Anciens Alchimistes Grecs ( 1888 ligion des Judentums im spi:ithelle-
s.) nistischen Zeitalter, hrsg. von H.
Bertholet-Leh. = A.Bertholet e E.Leh- Gressmann 3 (1926)
mann , L ehrbuch der Religionsge- B.Q. = Baba Qamma
schichte trattato «Prima porta» (questioni giuridi-
IV ed. a cura di P. D. Chantcpie de la Saus- che sui danni alle proprietà) dalla Mishnà,
saye (1924) Toseftà e Talmud (Strack, Einl. 49 s.)
BFTh = Beitrage zur Forderung christ- BR = K. Galling, Biblisches Reallexi-
licher Theologie ( 1897 ss .) kon (Handbuch z. A.T .) (1937)
BGeschEx = Beitrage zur Geschichte Barth, Rom . = K.Barth, Kommentar z.
dcr ncu tes tam cntli chen Exegese Romerbrief ~(l 926) (ristampa 1947)
BGU = Aegyptische Urkunden aus den Bruder = C.H.Bruder, Conco rdan tiae
koniglichen Museen zu Berlin: Grie- Novi Testam enti 1 (19 13)
chische Urkunden I-VIII ( 1895- Bousset, Apok. = W.Bousset, Die 0/-
1933) f enbarung Johannis 6 (1906)
Bibl = Biblica BSt = Biblische Studien hsgg. von Bar-
Bibl. H ebr . Kitt. = Biblia Hebraica denhewer (1895 ss.)
ed. R. Kittel 3 ( 1929 ss.); numerose edizio- Bi.ichsel (1, 2, 3) = F.Bi.ichsel, Kom -
ni successive riproducono la 3", con l'ag- mentar z. d. Johannesbriefen (1933)
giunta (dal 1951) delle varianti a Isaia e
Abacuc dai manoscritti del Mar Morto;
Bultmann, ]oh. = R.Bultmann, Das
10• ed. a cura di A. Alt, O. Eissfcldt, P. Johannesevangelium u(l 957)
Kahle (1959) Bultmann, Theol. = R .Bultmann, Theo-
Bibl. Komm. A.T. = Bibli scher Kom- logie des Neuen T estaments 3 (1958)
mentar . Altes Test. hsgg. von M. Bultmann, Trad. =R.Bultmann, Die Ge-
Noth ( 1955 ss.) schichte der synoptischen Tradition
3
Bik. = Bikkurim ( 1957)
trattato «Primizie» dalla Mishnà, Tose/tà e Burrows = M.Burrows, J.C.Trever, W.
Talmud (Strack, EinL 36)
H.Brownlee, The Dead Sea Scrolls of
Bihlmeyer, Apost. Vi:it. ~ Patres Ap.
St. Marks Monastery I ( 1950), II
BIES = Bulletin of the Israel Explo-
(1951)
ration Society
Bursian = Jahresberichte iiber die Fort-
BJRL = The Bulletin of the John Ry-
schritte der klassischen Altertums-
lands Library
wissenschaft, begriindet von C.Bur-
Bl.-Debr. =F.Blass, Grammatik des
sian, hsgg. con K. Miinscher (1873-
neutestamentlichen Griechisch bearb.
1945) (dal 1946: Lustrum, Interna-
van A.Debrunner ~(1921); fl(1931);
10 tionale Forschungsberiche aus dem
(1959)
Bereich des klassischen Altertums)
B.M. = Baba Mezia Buttmann =A.Buttmann, Grammatik
trattato «Porta media» (questioni giuri-
diche su beni mobili) dalla Mishnà, To- des nt.lichen Sprachgebrauchs (1859)
seftà e Talmud (Strack, Einl. 50) B.W. =H. Guthe, Kurzes Bibelworter-
BMI = Collection of Ancient Greek buch (1903)
Inscriptions in the British Museum BWANT = Beitrage zur Wissenschaft
(1874 ss.) vom Alten und Neuen Testament
Boisacq = E .Boisacq, Dictionnaire éty- ([1908 ss .] 1926 ss.)
mologique de la langue Grecque BZ = Biblische Zeitschrift (190 3 ss.)
4
(1950) BZAW = Beihefte zur ~ ZA W
28 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

BZNW = Beihef te zur ~ ZNW la vita una rappresentazione allegorica nel-


BZRGG = Beihefte zur ~ ZRGG lo spirito platonico-pitagorico
tab . = tabula
ed. K. Praechter (189.3)

e Cels. =A.Cornelius Celsus


scrisse sotto Tiberio (14-37 d. Cr.) un·enci-
clopedia di cui ci restano gli 8 libri riguar-
C.A.F. = Comicorum Atticorum Frag- danti la medicina
ed. F. Marx in Corpus Medicorum Lati-
menta
ed. Th. Kock I-III (r88o-r888) norum (1915)
Callim. = Callimachus cfr. = confronta
di Cirene (circa 305-240 a. Cr.) emigrato =
C.G.F. Comicorum Graecorum Frag-
in giovane età ad Alessandria menta
ed . R. Pfeiffer 1(1949), 1I(1 953); E.Cahen ed. G. Kaibel (1899 ss.; ristampa 1958)
(con trad. frane. 4 195.3); C. Gallavotti
(Giambi: 1946) Chr. (1, 2)=Chronica (1, 2) sive Para-
aet. = aetia leipomena (1, 2)
Ap. = hymnus in Apollinem Chant. de la Saussaye= P .D.Chantepie
de la Saussaye, Lehrbuch der Reli-
Del. =h. in Delum
Dian. = h. in Dianam gionsge~chichte - Bertholet-Leh.
Iov. = h. in Iovem Charles, Apocr. = The Apocrypha and
Pseudoepigrapha of the Old Testa-
epigr. = epigrammata
fr. = fragmenta ment in English, ed. R. H. Charles,
H ec. = H ecale 1913
hymn. = hymni ChrJdt = Christentum und Judentum,
iamb. = iambi Studien zur Erforschung ihres gegen-
lav. Pali. = lavacrum Palladis seitigen Verhaltnisses ( 1940)
Sos. = Sosibii Victoria Choricius
di Gaza, prima metà del sec. V I d. Cr.,
Canon. Apost. = Canones Apostolorum sofista e oratore, discepolo di Procopio
(cfr. Altaner, 50) ed. J. B. Boissonade (1846)
Cant. = Canticum Canticorum (A.T.) Chrys. = Iohannes Chrysostomus
Cant. r. = Canticum rabbà di Antiochia (344-401 d. Cr. ) vescovo di
scritto midrascico sul Cantico dei Cantici Costantinopoli
(Strack, Einl. 213), trad. A. Wunsche ed. in MPG 47-64 (1862 ss.)
(1880) hom. in Hebr. Col. Mt. Phil., ecc.
Cat. = Catenae in Sacras Scripturas = homilia in Hebr., ecc.
sono commenti a catena: compilazioni trat-
te dalle opere esegetiche dei Padri greci; liturg. = liturgia di S. Giovanni Cri-
sorta di fiorilegi (2a metà del V e VI sostomo in: Liturgies Eastern and
sec.); si parla quindi di catena al Genesi, Western
catena a Giobbe, catena ai Salmi, ecc.; le ed . F.E. Brightman I (1896)
catene vengono generalmente citate quando sacerd. = de sacerdotio
non si possiede l'opera originale (dei Pa-
dri), da cui fu fatto l'excerptum ChrW = Die christliche Welt (1887-
Ca tal. Cod. Astr. Graec. = Catalogus 1942)
Codicum Astrologorum Graecorum ChurchQuartRev =
The Church Quar-
ed. F. Boll, F. Cumònt, G. Kroll, A: Oli- terly Review (1875 ss .)
vieri e altri (1898 ss.) CIA = Corpus Inscriptionum Attica-
CCh = Corpus Christianorum, Series rum (~ IG I - III) (1873-1903).
Latina (1953 ss.) Cic.=M.Tullius Cicero
Ceb. = Cebes Thebanus uomo politico, oratore, filosofo (106-43
autore della Tabula, un libretto che dà del- a. Cr.)
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 29 *

Att. = epistulae ad Atticum ClassRev = Classica! Revue ( London


de orat. = de oratore 1887 ss.)
divin. = de divinatione Clemen = C.Clemen,Religionsge schicht-
fam. = epistulae ad familiares liche Erkliirung des NT 2 (1924)
fin. = de finibus bonorum et malo- CMG = Corpus Medicorum Graeco-
rum rum
Lael. = Laelius ed. Academiae Berolinensis, Ha un iensis,
Lipsiensis ( 1908 ss.)
Mil. = pro Milone
nat. deor. = de natura deorum
cod. = codice; codd. =
codici
off. =de officiis
col. = colonna; coll. = colonne
Col, = epistu!a ad Colossenses (N.T.)
or. = orationes
Comrn. du N.T. = Commentaire du
ora!. = orator ad 1\f_ Brutum
N. T., edito da P. Bonnard, O. Cull-
rep. = de re publica
mann e altri
som. Scip. = somnittm Scipionis
ConNeot = Coniectanea Neotestamen-
Tusc . = Tusculanae Disputationes
tica
Verr. =In Verrem a cura <li A. Fridrichsen e H. Riescnfeld
CIG = Corpus Inscriptionum Graeca- (Uppsala 1936 ss.)
rum '( 1828-1877) const.Ap. =constitutiones Aposto!orum
CIJ = Corpus lnscriptionum Judaica- (raccolta del sec. I Il/ IV)
rum ed. F.X. Funk (1905 ss.)
ed. J.B. Frey I (1936), II (1952) Const. Porphyrog. = Constantinus Por-
CIL = Corpus Inscriptionum Latina- phyrogenitus
rum ( 1862 ss.) imperatore di Bisanzio (912-959) che lasciò
una specie di enciclopedia di estratti da
1 Clem. = epistula Clementis ad Corin- altre opere
thios ed. in MPG 112-113 (1864)
2 Clem. = homilia sive epistula secun- 1,2 Cor.= ep. 1,2 ad Corinthios (N.T.)
da Clementis ad Corinthios Corn. Nep. =Cornelius Nepos
Ps. Clem. = omilie pseudo clementine: (circa 99 -27 a. Cr.) amico di Cicerone, scrit-
hom. Ctem. = homiliae Clementi- tore di storia in biografie con intenti mo-
rali
nae (cfr. Altaner, 83 s.) ed. A. Fleckeisen (1906); E. Malcovati
ed. P.A. de Lagarde (1865); B. Rehm, GCS (1945)
42 (1953) Att. = T. Pomponius Atticus
recogn. Clem. = recognitiones Cle- vit. = vitae
mentinae Cornut. = L. Annaeus Cornutus
ed. P.A. de Lagarde (1861) da Leptis in Africa, tempo di Nerone; dà
Clem. Al.= T.Flavius Clemens Alexan- nella sua Theol. un'interpretazione stoica
drinus e allegorica della teologia ellenistica
da Atene, ma visse e scrisse in Alessan·
dria (circa 150-215 d. Cr.)
theol. Graec. = theologia Graeca
ed. K. Lang (1881); A. Nock (1926)
ed. O. Stahlin in GCS I-IV 2 ( 1936-1939) Corp. Gloss. Lat. =Corpus Glossario-
ecl. proph. = eclogae propheticae rum Latinorum (1888-1923)
exc. Theod . = excerpta ex Theodoto Corp. Herm. =Corpus Hermeticum
paed. = paedagogus raccolta di scritti ermetici (Poimandres,
prot. = protrepticus ecc.) tardi prodotti anonimi della mistica
quis div. salv. = quis dives salvetur ellenistico-egiziana, la wi dottrina è già te-
stimoniata nel sec. I d. Cr.
strom. = stromata ed. W. Scott (1924); - Nock-Fest.
ClassPhilol = Classica! Philology (Chi- Corp. Ref. =Corpus Reformatorum
cago 1906 ss.) (1834 ss.)
30 * EL E NCO DELI.E ABBR E VIAZIONI

Corp.Script.Christ.Or. = Corpus Scrip- Worte ]esu I 2 (1930)


torum Chcistianorum Orientalium Dalman , W art. = G .Dalman, Aramai-
(1903 ss.) sch- neuhebraisches Handworterbuch
CPG = Corpus Paroemiographorum zu Targum, Talmud und Midrasch
3
Graecorum (1938)
ed. E. Lv . Leutsch-F .G . Schneidewin I Dam. = Documento damasceno
(1839 ), II (1851 ), (rist. 1958) scritto giudaico , in lingua ebraica, traman-
CPJud. = Corpus Papyrorum Judaica- dato in varie forme, ora comunemente an-
rum noverato con gli scritti «esseni» di Q11m-
ed . V.A. T cherikover e A. Fuks (1 957 ss.) ran, con cui ha molte analogie (specialmen-
CPR = Corpus P apyrorurn Raineri ar- te 1 Q S) sec. II / I a. Cr.
ed. S. Schechter (1 9 10 ); L. Ros KIT, 167
chiducis I (1933)
ed. C. Wessely (1 895)
Daremberg-Saglio = Ch.Da rcmberg - E.
Cramct, Cat . = Catenae Graecorum
Saglio, Dictionnaire des Antiquités
Patrum in N.T.
ed. J.A. Cramcr ( 1838-1844) Grecques et Romaines (1875-1919)
Cremc:r-Kogel = H . Cremer, Biblisch- dat. = dativo
theologisches w orterb uch des nt.li- Dausch, Synopt. = P .Dausch, Die drei
chen G riechisch, bearbeitet von J. alteren Evan gelien '(1932)
11
Kogel (1923) DA Wien = Denksschriften der Kaiser-
CSEL = Corpus Scriptorum Ecclesia- lichen
Akademie
(dal 1947: Osterreichischen)
der Wissenschaften Wien
sticorum Latinorum (1866 ss. )
Cyr. = Cyrillus (philosophisch- historische Klasse)
vescovo di Gerusalemme (circa 315-386 (1850 ss.)
d. Cr. ) D.B. ~ Hastings D .B.
ed. in MPG 33 (1857) D.C. G. = Dictionary of Christ and the
cat. myst. = catechesis mysta,'l,ogica Gospels ed. J. Hastings 4 (1932)
ed. J. Quasten (1935)
hom. = homiliae Debr., Griech. Wortb . =A. Debrunner,
Griechische W ortbildungslehre
(1917)
Deissmann, B. =A.De!ssmann, Bibelstu-
D dien ( 1895)
Deissmann, LO.4 = A.Deissmann, Licht
Dan. = Daniel (A.T.) vom Osten 4 (1923)
DAC = Dictionary of the Apostolic
Deissmann, N.B. =A. Deissmann, N eue
Church, I-II, ed. J.Hastings (1915- Bibelstudien (1897)
1918) Demetr. Eloc. -Pseud.-Demetr.
DACL = Dictionaire d'Archéologie Demetr. Phal.-Pseud.-Demetr.
Chrétienne et de Liturgie
ed. F. Cabro!, H . Leclerq (etc.) (1924 ss.)
Democr. = Democri tus
di Abdera, II metà del sec. V a. Cr .
Dalman, Gr. = G.Dalman, Grammatik ed . H. Diels in Die Frag mcnte der Vorso-
des judisch-palastinischen Aramaisch kratiker II 6 (1952) 81-230
2
(1905) Demosth. = Demosthenes
Dalman, Arbeit = G.Dalman, Arbeit di Atene (384-322 u. Cr.)
und Sitte in Palastina I-VII (1928- ed . F . Blass (1903 ss. ); S.H. Butcher e W.
Rennie (1903-1931)
1942) or. = orationes
Dalman, Orte = G. Dalman, Orte and ep. = epistulae
Wege Jesu 3 (1924) Dessau, I nscr. = H.Dessau, I nscriptio-
Dalman, Worte ]. =G. Dalman, Die
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 31 *

nes Latinae selectae (1892-1916) Trin. = de Trinitate


Deutsche Theologie = Deutsche Theo- Diehl = E.Diehl, Anthologia Lyrica
1ogie. Berichte iiber die Deutschen Graeca 2 (1936-1942); 3 (1949 ss.)
Theologentage in Eisenach (I, 1928), Diels = H.Diels, Die Fragmente der
Frankfurt a. M. (Il, 1929), Breslau Vorsokratiker, 8 hsgg. W. Kranz
(III, 19.31) (19.36)
Diogn. = epistula ad Diognetum (cfr. Dinarch. = Dinarchus
Altaner, 108 s.) da Corinto, dal 342 a. Cr. in Atene, l'ulti-
Dibelius, Gefbr. = M.Dibelius, Kom- mo nel canone dei 10 oratori attici
ed. F. Blass 2 ( 1888)
mentar z. d. G efang enscha/tsbriefen 2 Dio C.= Dio Cassius Cocceianus
(1927); 3 hsgg. H.Greeven (1953) nato a Nicea in Bit inia (155-235 d. Cr. ),
Dibelius, Tk. = M.Dibelius, Kommen- compose una Storia romana in 80 libri, da
tar z. Jakob usbrief '(1921 ); 9 hsgg .H. Enea ai suoi tempi
ed. Ph. Boissevain I-V (1895-1931); ristam-
Greeven ( 19 57) pa I-IV (1955)
Dibelius, Past. =M .Dibelius, Komm en- Dio Chrys. = Dio Chrysostomus
tar z. d. Pastoralbriefen 2 (1931); nato a Prusa in Bitinia (circa 40-120 d. Cr.),
3
hsgg. H.Conzelmann (1955) fu più tardi (nel sec. III) soprannominato
Dibelius, Thess . =M.Dibelius. Kimm. z Crisostomo, è il maggior rappresentante
della cosiddetta Seconda Sofistica .
d. T hessalonicherbriefen 2 (1925) ed. H. v. Arnim (1893-96); G. de Budé
Dibelius, Herm. = M. Dibelius, Der ( 1916-1919)
Hirt des Hermas ( 1923) or. = orationes
Dibelius, Phil. =M.Dibelius, Kommen- Diod. S. =Diodorus Siculus
tar z. d. Philipperbief 2 (1925) detto Siculo perché nato ad Agirio (Mes-
Dict. Arch. Bibl. = Dictionnaire d'Ar- sina), scrisse al tempo di Augusto la Bi-
blioteca, una storia universale in 40 libri
chéologie biblique ed. F. Voge) e C.T. Fischer (libri 1-20:
Dict. Bibl. = Dictionnaire de la Bible, 1888-1906; per il resto ancora W. Dindorf,
ed. F.Vigouroux I-V (1895-1912) 1867-68)
Dict. Bibl. Suppl. = Dictionnaire de la Diog. L. =Diogenes Laertius
Bible, Supplément ed. L. Pirot (etc.) scrive nel sec. lii d. Cr. una storia della
filosofia greca in 10 libri, senza originalità
(1928 ss.) ma attingendo a buone fonti
Dict. Th. Cath. = Dictionnaire de Théo- ed. H.G. Huebner (1828-1831 '; G .G. Co-
logia Catholique bet (1878) R.D. Hicks (con trad. ingl. 1925)
Did. = Didache XII Apostolorum Dion.Hal. = Dionysius Halicarnassensis
retore e storico, scrive in Roma dal 30 al-
Didasc. =Didascalia syriaca l'8 a. Cr.
una delle - Const. apost. dell'età preco-
stantiniana (sec. Il l d. Cr.) ant. Rom. = antiquitates Romanae
ed. F .X. Punk (1905) ed. C. Jacoby (1885-1925)
Did. Chalc. = Didymus Chalcenterus compos. verb . = de compositione
grammatico e filologo greco di Alessandria, ·verborum
del tempo di Augusto, detto 'Calcéntcro' ed. H. Usener e L. Radermacher (1899-
('viscere di bronzo') e Bibliolàta (' dimentÌ· 1904)
ca-libro') per la sua straordinaria capacità di Pseud-Dion. Hai. = Pseudo-Dionysius
lavoro e perché aveva gritto tanti libri Halicarnassensis
da non ricordarli egli stesso
Didym. = Didymus Alexandrinus art. rhet. = de arte rhetorica
ed . H. Usener (1895)
(circa 309-344/ 5 d. 'Cr. ), uno deglt t1ltimi
maestri della scuola catechetica alessandri- Dion. Thr. = Dionysius Thrax
na. Più tardi (nel 680) la sua dottrina fu (circa 170-90 a. Cr.) grammatico e retore
condannata per le tracce origeniane in Rodi
ed. in MPG 39 (1863) ed. G. Uhlig ( 1883)
32 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

art . gramm. = de arte grammatica ]. Klatzkin e ]. Ellbogen (1928 ss.)


Diosc. = Dioscuride;; Eich. Theol. A.T. = \Yl.Eichrodt, Theo-
da Anazarba nella Cilicia, fu medico in Ro- logie des A.T., I 5 (1957) ; II-III
ma, contemporaneo di Plinio il Vecchio 3
(1950)
(sec. I d. Cr.), scrisse un'opera farmacolo-
grca Eka r. = Ekà rabbati
ed. M. Wellmann (1906-1914) Midrash sulle Lamentazioni (Strack, Einl.
mat. med. = de materia medica 212)
trad . A. Wunsche (1881)
Diss. = Dissertazione Emped. = Empedocles
Diss. phil. Hall.= Dissertationes philo- di Agrigento (circa 495-4 35 a. Cr. ), come
logicae H1!enses (1873 ss.) filosofo con la sua dottrina degli elemen-
Ditt. Or. o O .G.I.5. = \VI. Dittenber- ti appartiene ai fisici e mistici del sec. V
a. Cr.
ger Orientis Graeci Inscriptiones Se- ed. H. Diels in Die Fragmentc der Vorso-
lectae I-II (1903- 1905) kratiker I 6 (1951) 276-375
Ditt . Syll . 3 = \Yl .Dittenberger, Sylloge EncBibl = Encyclopaedia Biblica, ed.
lnscriptionum Graecarmn 2 (1898ss.); da T.K. Cheyne e]. Black ( 1899 ss.)
3
(1915 ss.) EncBibl]er = Encyclopaedia Biblica,
D.JDI = D. Bathélemy e ].T. Milik, Jerusalem (1950 ss.)
Discoveries in the ]udaean Desert I, Ench. Bibl. = Enchiridion Biblicum
Qumran Cave I (1955) ep. = epistula( e)
DLZ = Deutsche Literaturzeitung ep. Ar. = epistula Aristeae I udaei
( 1880 ss.) lettera apocrifa in greco dell'ebreo Aristea,
Deut. = Deuteronomium (A.T.) del sec. Il o I a. Cr. sull' origine dei LXX
ed. P. Wendland (1900); A. Pellctier con
Dob. Th. = E.v. Dobschi.itz, Kommen- trad. frane. (1962)
tar z. d. Thessalonicherbriefen 7 ep. Claud. ad Alex.-:- epistula Claudii
( 1909) ad Alexandrinos
Deut. r. = Deuteronomium rabbà ( = ed. H. Idris Bell, Jews and Christians in
Debarim rabbà) Egypt (1924)
scritto midrascico omiletico sul Deuterono- Eph. = epistula ad Ephesios (N. T.)
mio (Strack, Einl. 206 s.) Ephr. = Ephraem
trad. A. Wiinsche ( 1882) il teologo più significativo della Chiesa si-
Docum. Dam. ~ Dam. riaca (306-373 d. Cr.)
DtschEvBl =Deutsch-evangelische Blat- ed . di vari autori in Corp. Script. Christ.
ter (1876-1908) Or. (1953 ss.)
Epic. =Epicurus
di Samo (341-270 a. Cr.) fonda nel 306 in
Atene una sua scuola
E ed. H. Usener (1887) ; C. Bailey (1926); G.
Arrighetti (con tr. it. 1960)
E= Elohista (ad) Men. = ad Menoeceum
una delle tradizioni del Pentateuco Epict. = Epictetus
EB = Encyclopaedia Biblica ed. T.K. schiavo frigio da Gerapoli (circa 50-130 d.
Cr.) poi liberto in Roma dove insegnò
Cheyne e S.Black I-IV (1899-1903) fino alla cacciata dei filosofi (a. 89) voluta
ebr. = ebraico da Diocleziano, poi in Nicopoli.
Ecc!. = Ecclesiastes (A.T.) Uno dez maggiori rappresentanti del tardo
Ecclus = Ecclesiasticus (A.T.) stoicismo. Ci rimangono 8 libri delle Dia-
tribe ( =diss.) redatte dal discepolo Arriano
Ed.= Edujot ed. H. Schenkl, ed. maior 2 (1916)
trattato « Testimoni » (da antiche autorità) diss. = dissertationes
della Mishnà e Toseftà (Strack, Einl. 53)
EJ = Encyclopaedia Judaica, ed. da ench. = enchiridion
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 3.3 *

gnom. Stob. =gnomologium Stobaei cd. G. Murray (1920-1909 ); Fr. ~ TGF


ep. ler. =cpistula Ieremiae Ate. = Alcestis
libro apocrifo (del sec III/II a. Cr.) che Andr. = Andromache
nella \!o l_~ata figura come 6° capitolo del li- Antiop. = Antiope
bro di Baruc Arche!. = Archelaus
Epigr. Graec. = Epigramma/a Graeca
Ba. = Bacchae
ex lapidibus conlecta Cret. = Cretes
ed. G.Kaibel ( 1878)
epil . = epilogium Cyc. = Cyclops
Epiph. = Epiphanius El. = Electra
padre della Chiesa da 1:.leutcropoli in Pa- epigr. = epigrammata
lestina, vescovo di Costanza in Cipro (293- Hec. = Hecuba
403 d. Cr.) Het. = Helena
ed. K. 11011 in GCS (1915-1933)
Heracl. = Heraclidae
haer. = haereses
Herc. Pur. = Hercules Furens
Epistolographi= Epistolographi Graeci
ed. R.Hercher ( 1873) Hipp. = Hippolytus
ERE = Encyclopaedia of Religion and Hyps. = Hypsipy!e
Ethics ed. J.Hastings (1908-1926) !on
Er(ub ). = Embin Iph . Aul. = lphigenia Aulidensis
trattato «Mescolanze» (trasgressioni del Iph. Taur. = Iphigenia Taurica
precetto del sabato) dalla Mishnà, T osef tà Med. =Medea
e Talmud (Strack, Einl. 38 s.) Melan . capt. = Melanippe captiva
Esd. o Esdr. = Esdra Melan . sap. = Melanippe sapiens
4 Esdr. = liber quartus Esdrae Oen. = Oenetts
del sec. I a. Cr., scritto sotto l'impressio-
ne della distruzione di Gerusalemme; ci- Or. = Orestes
tato secondo la ripartizione e numerazione Phaiit. = Phaiiton
della Volgata Phoen. = Phoenissae
ed. e tra<l. B. Violet in GCS (1910-1924) Pirith. = Pirithous
5 Esdr. = liber quintus Esdrae Rhes. = Rhesus
piccola apocalisse cristiana (II/III sec. d.
Cr.), che nella forma latina ci è tramandata Sthen. = Sthenoboea
come cap. 1° e 2° del - 4 Esd. Suppi. = Supplices
6 Esdr. = liber sestus Esdrae Tro. = Troades
piccola .Jpocalisse cristiana (II/III sec. d. Eus. =Eusebius
Cr.), che nella forma latina ci è tramanda- vescovo di Cesarea (260-340) d. Cr.), sto-
ta come cap 15° e 16° del - 4 Esd. rico della Chiesa
Esth. = Esther (A.T.) ed. curata da vari studiosi in Die griech.
EstBibl = Estudios Bfblicos christl. Schriftsteller der ersten 3 Jahrhun-
ET-+ExpT derte (1902 ss.); e in Sources Chrétiennes
(1952 ss.)
ÉtBibl = Études Bibliques dem. ev. = demonstratio evangelica
Etym.Gud. =Etymologicum Gudianum hist. ecc!. = historia ecclesiastica
compilazione medievale di etimologie (dopo
il 1150). ctr. Mare. = contra Marcellum
ed. F.W.Sturz (1818) praep. ev. = praeparatio evangelica
ed. E.A. de Stefani ( 1909-1920) theoph. = theophania
Etym. M. =Etymologicum Magnum
compilazione medievale di etimologie (com-
vit. Const. = vita Constantini
posto dopo il 1100) ·
Eustath. Thessal. = Eustathius Thessa-
ed. Th.Gaisford (1848) lonicensis
Eur. ::::: Euripides vescovo di Tessalonica (a. 1175), l'ultimo
tragico attico di Salamina (480-406 a. Cr.) commentatore allegorico di Omero, che ci
ha conservato preziosi scoli antichi
.34 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

ed. G. Stallbaum ( 1825-1830) F.G.H. ~F. Gr. Hist.


comm. in Il., in Od. = commentarii FGLP = Forschungen zur Geschichte
in Homeri Iliadem, in H. Odysseam und Lehre cies Protestantismus
Euthymius Zig. =Euthymius Zigabe- (1927 ss.)
nus F.gr.Hist. =Die Fragmente der griech.
teologo bizantino del sec. XII, scrisse ope- Historiker
re esegetiche e dogmatiche
ed. in MPG 128-131 (1864 s.); N. Caloge- ed. F. Jacoby (1923 ss.)
ras (commento alle lettere neotest. 1887) F.H.G. = Fragmenta Historicorum
Ev. = Evangelium Graecorum
Ev. ap. = Evangelia apocrypha ed. C. e Th. Miiller (1841-1872)
si tratta di brani o citazioni conservateci Field = F.Field, Origenis Hexaplorum
dai Padri, tratti dai Vangeli apocrifi (sec. II quae supersunt (1875)
d. Cr. circa) fìg. etim. =figura etimologica
Ev. Eb. = fragmenta ex evangelio Firm. Mat. = Iulius Firmicus Maternus
Ebionitarum {ap. Epiph. haeres. 30. scrittore latino del sec. IV d. Cr., conver-
13, 14, 17, 22) titosi dal platonismo al cristianesimo
ed. E. Preuschen, Antilegomena 2 (1905); E. ed. W.Kroll. F.S.Kutsch e K.Ziegler
Klosterman, KIT 8 :i( 1933) (1897-1913)
Ev. H ebr. = fragmenta ex evangelio err. prof. rel. = de errore profana-
iuxta Hebraeos (in G. Bonaccorsi, rum religionum
Vang. apocrifi, Firenze 1958, p. lss.) ed. K. Ziegler (1953); A. Pastorino (1961)
Ev. Naz. = fragmenta ex evangelio iu- FJFr = Forschungen zur Judenfrage
xta Nazaraeos ( 19.37-1943)
Ev. Petr. = Evangelium Petri FreibThSt = Freiburger Theologische
(H. B. Swete, Cambridge 1893; L. Va- Studien (1910 ss.)
ganay, Ét bibl., Paris, 1930, 202 ss.) Fischer, Ap. Vat. = Die Apostolischen
EvTh. = Evangelische Th. (19.34 ss.) Vater
Ewald, Gefbr. = P.Ewald, Kommentar Griechisch und Deutsch, hrsg. von J. A.
z. d. Gefangenschaftsbriefen 2 ( 1910) Fischcr (1956)
Ewald, Phil. = P. Ewald, Kommentar Flav. Ios. =Flavius Iosephus
z_ d. Philipperbrief (1908), ahsgg. (circa 37-97 d. Cr.) ebreo di Gerusalemme,
scrive in aramaico e traduce, con l'aiu-
von G. Wohlenberg (1917), rist. '23) to di amici, in greco la sua prima opera
Ex. = Exodus (A.T.) bell1·ìl Iudaicum, direttamente .in greco
Exp=The Expositor (London 1882ss.) scrive le altre; abitò a Roma dal 67 alla
ExpT = The Expository Times (Edin- morte
ed. B.Niese ( 1885-1895) (rist. 1955); O.
burgh 1899 ss.) Miche! e O. Bauemfeind (1960 ss.)
Ex. r. = Exodus rabbà ( = Shemot rab- ant. = antiquitates
bà) Ap. = contra Apionem
Midrash sull'Esodo (Strack, Einl. 208)
trad. A. Wiinsche (1882)
beli. = bellum I udaicum
Ez. = Ezechiel (A_T.) vit. = Vita
ed. A.Pelletier (1959)
femm. = femminile
Frisk = H. Frisk, Griechisches etymo-
logisches Worterbuch (1954 ss.)
F fr. =fragmenta (-um)
FRL = Forschungen zur Religion und
F.A.C. = Fragments of Attic Comedy Literatur des AT und NT (1903 ss.)
ed. I.M_ Edmonds (1957 ss.) fut. = futurum
Festschr. =Festschrift .FZThPh = Freiburger Zeitschrift fiir
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 35 *

Theologie und Philosophie (fino àl Kautzsch ~'(1909)


1954: Divus Thomas) GGA = Gèittingische Gelehrte Anzei-
gen (1739 ss.)
Git. = Gittin
trattato «Lettere di separazione» della
G Mishnà, Toseftà e Talmud (Strack, Einl.
47 s.)

Gal.= Claudius Galenus


Gal. = epistula ad Galatas (N .T.)
di Pergamo (129-199 d. Cr.), il più noto GLNT = Grande lessico del N.T., ed_
e lettaariamente fecondo medico del pe- italiana del ~ ThWb a cura di F.
riodo imperiale Montagnini e G. Scarpat (1963 ss.)
ed . C.G Kiihn (1821-1833)
ed . H. Diels (etc.) in Corpus Mcdicorum Glotta =Glotta, Zeitschr!ft fi.ir gricchi-
Graccorum (1914 s.) sche und la teinische Sprachc ( 1909
Galling, Bibl. Real!. = F3iblisches Real- ss.)
lexikon, hrsg von K. Galling Gen. = Genesis (A.T.)
GSC = Die Griechischen Christlichen Gnom. - Bengel
Schriftsteller der ersten drei Jahr-
Gcn. r. = Genesis rabhà (Bcreshit rab-
hundertc (1897 ss.)
bà)
GDI = Sammlung der Griechischen A1idrash sulla Genesi (Strack, Einl. 209 ss.)
Dialektinschriften ed. ]. Theodor - Ch. Albeck ( 1912-1927)
ed. H.Collitz e F.Bechfcl (etc.) (1884-1915) trad. A. Wi.insche (1881)
Gelas. =Gelasim; Gordon = C.H.Gordon, Ugaritic hand-
di Cizico, scriHe, verso i! 47 5 d. Cr., una book, Analecta Orientalia 25 ( 1947)
compilazione di storia della Chiesa, a noi
giunta incompleta Gordon, Manual = C.H.Gordon, Uga-
ed- G. Loeschcke e M. Heinemann, GCS ritic manual, Analecta Orientalia 35
hist.eccl. = historia ecclesiastica (1955): è una nuova edizione di -
Geogr. Graec. Min. = Geographi Grae- Gordon
ci Minores Gorg. =Gorgias
ed. C. Miiller (1855-1861) di Leontinì in Sicilia (circa 483-375 a. Cr.)
Georg.Al. = Georgius Alexandrinus uno dei ma,~giori rappresentanti della sofi-
Patriarca di Alessandria (dal 620 fino 630 stica e retorica classica; del suo manuale
d. Cr. circa) di retorica ci sono giunte solo due eser-
ed. in MPG 114 (1864), 1045-1209 citazioni: Encomio di Elena e Apologia di
vita Chrys. = vita Chrysostomi Palamede
GermChrJud = Germanentum, Chri- ed. H.Diels in Die Fragmente der Vor-
sokratiker II 6 (1952) 271-307
stentum und Judentum, Studien zur H el. = H elena
Erforschung ihres gegenseitigen Ver-
haltnisses (1942 s.)
Pal. = Palamedes
gr. =greco
Gesenius-Bergst. = W. Gesenius, He- Greg = Gregorianurn
brdische Grammatik, bearb_ van G.
Bergstrasser 29 ( 1918, ristampe conti- Greg. N az. = Gregorius Nazianzenus
nue) (circa 330-390 d. Cr.), uno dei tre ..grandi
teologi cappadoci e inoltre il più importan-
Gesenius-Buhl = W. Gesenius-F.Buhl, te poeta cristiano del suo tempo
Hebrdisches und aramdisches Hand- ed. in M.P.G . .35-.38 ( 1857 s.)
worterbuch zum AT 11 (1915) (rist. carm. = carminum libri duo
1954) ep. =
epistulae
Gesenius K. = W. Gesenius, Hebrai- or. = orationes
sche Grammatik, umgear. v. E. or. theol. = orationes theologicae
36 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

(=or. 27-31) Harnack, Miss. = A. v. Harnack, Die


ed. J.Mason ( 1899) Mission und Ausbreitung des Chris-
Greg. Nyss. = Gregorius Nyssenus tentums in den ersten drei Jahrhun-
morto verso il 394 d. Cr., è fratello di Ba- derten 4 (1924)
silio il Grande e il più profondo dei tre
teologi cappadoci Harp. = Harpocration
ed. in MPG 44-46 (1 863); \YJ. Jaeger (etc.) grammatico greco del I/ II sec. d. Cr., au-
(1921 ss.) tore di un lessico sulla lingua dei dieci ora-
Apoll. = adv. Apollinarem tori attici
ed. W.Dindorf (1853)
beat.or.= de beatitudinibus orationes HarvThR ~ HThR
c.Eunom. = contra Eunomium IIarvThSt ~ HThSt
virg. = de virginitate Hastings, D.B. = J.Hastings, A Dictio-
Gregory, T extkr. = C. R. Gregorv, nary of the Bible (1898-1904)
T extkritik des Neuen Testarnents Hatch-Redp . = E.Hatch e H.Redpath, A
Grundmann, Mk. = W. Grundmann, Concordance to the Septuagint and
Das Evangelium nach Markus (1959) other G reek V ersions of th e Old Te-
G.V.I. = Griechische Vcrs-Inschriften stament (1897-1906; rist. 1954)
ed. W/. Peek (1955 ss .)
Haupt, Gef br. = E.Haupt, Kommentar
z. d. Gefangenschaftsbriefen 1 (1902)
HbrUnCollAnn = Hebrew Union Col-
H lege Annua! (Cincinnati 1924 ss.)
Hauck, Jk. =F.Hauck, Kommentar z.
Haas = H. Haas, Bilderatlas zur Reli-
Jakobusbrief (1926)
gionsgeschichte ( 1924-1934)
Hauch, Lk. = F .Hauck , Kommentar z.
Hab . Midr. ~ lQHab .
Lukasev. (1934)
Hadorn, Apk. = W. Hadorn , Kommen-
Hauck, Mk. = F.Hauck, Kommentar z.
tar z. Apokalypse (1928)
Mark.u.S-ev. ( 19 31)
Haenchen, Apg =E. Haenchen, Die
Hdt. = Herodotus
Apostelgeschichte 12 ( 19 59) da Alicarnasso (circa 484-425 a. Cr. ), sto-
Rag. = Hagigà rico greco
trattato «profano» (sulla mattazione non ed. H .Kallenberg (1926 ss.); C.Hude
sacrificale) della Mishnà, Toseftà, Talmud 3 (1927) ; Ph.E.Legrand (1932-1954)
(Strack, Einl. 56) Pseud.Hdt. = Pseudo-Herodotus
Handbuch A.T. = Handbuch zum A. vit. Hom. = de vita Homeri
T., hsgg. O.Eissfeldt (1934 ss.) ed.~ Horn. hymn.
Handbuch (kl.) A.W. = Handbuch der Heb . o Hebr . =ep . ad Hebraeos (N.T.)
klassischen Altertumswissenschaft, Heinrici, 1(2) Kor. =C.F.C. Heinrici,
hsgg. I .v.Miiller (1885 ss.); le nuove Der erste (zweite) Brief an die Ko-
edizioni escono col titolo: Handbuch rinther 8 (1896 ), 8{1900)
der Altertumswissenschaft, hsgg. W. Heinrici, Sendschr. I (II) = C.F.G.
Otto forgesetzt von H. Begson Heinrici, Das erste (zweite) Send-
Handbuch N.T. = Handbuch zum N. schreiben des Apostols Paulus an die
T. begriindet von H. Lietzmann, Korinter (1800), (1887)
hsgg. von G. Bornkamm (1906 ss.) Helbing = R.Helbing, Grammatik der
Handkomm. A.T. = Gottinger Hand- Septuaginta ( 1907)
kommentar zum A .T., hsgg. von W. Helbing, Kasussyntax = R.Helbing, Die
Nowack ( 1892 ss.) Kasussyntax der Verba bei den Sep-
Harnack, Dg. =A.v.Harnack, Lehrbuch tuaginta (1928)
d. Dogmengeschichte '( 1909 s.) Heliodor. = Heliodorus
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 37 *

di Emesa in Siria (si riteneva del sec III, ba degli dèi; sotto il suo nome vanno i
ma oggi si propende per la fwc del sec. IV), primi 18 trattati del - Corpus Hermeticum
storico ed. W .Scott (1924 ss.); - A.D.Nock-A J.
ed. Bekker (1855; R.M.Rattenbury (etc.) Festugière (1945) (--) Reitzenstein, Poim.)
(1935 ss.); A . Colonna (1938) Herodian. =Hcrodianus
Aeth. = Aethiopica della Siria, storico sotto Settimio Severo, fr
Hen. = Henoch sue Storie vanno dalla morte di Marc'A11 -
antico patriarca (Gen. 4, 17; 5, 21 ss.) su rclio al 238 d. Cr.
cui furono com posti numerosi scritti nel ed. K. Stevenhagen (1922)
tardo giudaismo; le parti più antiche risal- hist. = historiae
gono al sec. Il a. Cr. (Schiirer, I II, 268-
294) Herond. = Herondas (meglio Herodas}
poeta ellenistico, probabilmente nato a Co s
Hen. act h. = Flenoch acthiopicus (prima metà del sec. II I a. Cr. )
ed . A.Dillnrnnn I 1851 ); J.F!emming, T.U . ed. R.Herzog (1926); N.Terzaghi 2 (1940);
22, 1 ( 1902 ); R .CI1arles (1906) G. Puccioni (1950)
Hen. gr. = Henoch graecus mim. = mimiambi
sono i primi 32 capitoli dello H. cnoch etio-
pico (mmwscrit:o trouato nel 1886-87) Herwerden = H.v.Herwcrden, Lexicon
ed. R.Charles (1906); J.Flemming e L.Ra- Graecum Suppletorium et Dialecti-
derm:icher GCS ..'i ( 1901 ) cum 2 (1910)
Hen . hebr. = Hcnoch hebraicus Hes. =Hesiodus
ed . e trad. H.Odebcrg {1928) di Ascra in Beozia (sec. VIII a. Cr.), prima
Hen. slav. = Henoch slavus figura della letteratura greca che non sia
ed. S.Novakovitsch (1884); trad. G.N.Bon- lef!,gendaria
wetscb , T.U., 44, 2 (1922) ed. A. Rzach 3 (1913); P. Mazon (1928)
Hennecke = E.Hennecke, N t.liche Apo- op. = opera et dies
krvohen in deutscher Ubersetzung U. v. Wilamowitz-Moellendorf (1928); A.
2 Colonna (1959)
{i923 s.); terza edizione a cura di
W. Schneemelcher, I. Evangelien theog. = theogonia
ed. F. Jacoby (1930)
(1959), (II. in prep.) Hesych.=Hesychius
Heracl. = Heraclitus lessicografo di Alessandria (sec. V d. Cr.)
di Efeso, presocratico (circa 535-475 a. Cr.) ed. M.Schmidt (1858-1868); K.Latte (1953
ed. H.Diels in Die Fragmente der Vorso- ss.)
kratiket 16 (1951) 139-190; B. Snell 5 (1944) Hier. = Hieronymus
Heracl. = Heraclitus (circa 340-420 d. Cr.). dalmata d'origine,
filosofo stoico, 1?rsedel tempo augusteo traduttore ed esegeta della Bibbia
autore delle Allegorie omeriche ed. in MPL 22-30 (1865 ss.) e in CCh
ed. Soc. Phil. Bonn. (1910) Epistulae: ed. J. Hilberg in CSEL, 54-56
Hom. all. =
Homeri allegoriae (1910-1918) ]. Labourt (1955 ss.)
Herders Theol. Komm. N.T. = Her- (comm.) in Is. =commentarii in Isa-
ders Theologischer Komm. z. N. T., iam Prophetam
hsgg. von A. Wikenhauser ( 1953 ss.) (ad) Gal. = ad Galatas
(trad. it. in corso Brescia, Paideia, 1965 ss.) adv. Pelag = dialogus adversus Pe-
Hermes = Hermes, Zeitschrift fi.ir klas- lagianos
sische Philologie (1866 ss.) Hierocl. =Hierocles
Herm. =Pastor Hermae di Alessandria, neoplatonico contempora-
apocalisse apocrifa (metà del II sec. d. Cr ) neo di Praclo (410-485 d. Cr.)
ed. M. Whittacher in GCS, 48, 1 (1956) ed. F.W.A.Mullach I (1853)
mand. = mandata carm. aur. =In aureum Pythagorae
sim. = similitudines carmen commentarius
vis. = visiones Hipp. = Hippolytus
Herm. Trismeg. = Hermes Trismegistus discepolo di Ireneo (circa 160-235 d. Cr:);
nome greco del dio egiziano Thoth, seri- la sua opera principale, ma di dubbia at-
.38 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

tribuzione, sono i Philosophumena (citati hymn.Ap. = Hymnus ad Apollinem


anche come Refutatio (gr. EÀEYXO<;) omn. Bacch. = ad Bacchum
haer., in 10 libri, dove tutte le eresie cri-
stiane sono ricondotte atta filosofia greca, Cer. = ad Cererem
unica colpevole delle aberrazioni Mart. = ad Martem
philos. = philosophumena = re/. Mere. = ad Mercurium
= refutatio omnium haeresum Pan. = ad Panem
(oppure: elench. = elenchos) Ven. = ad Venerem
ed. P. Wendland in GCS, 26 (1916) hom. = homilia(e)
Hippocr. = Hippocrates Hor. = Horajot
di Cos (nato verso il 4GO a. Cr ), l\ il fo .•ida- trattato « decisioni errate » della Mishnà,
tore della scienza m edica greca; 52 trattati T oseftà , e T alm ud (Strack, Einl. 54 s.)
in 72 libri forman o il Corpus Hippocrati-
rnm, ma è dilf icile stabilire con certezza le Horat.=Q. Horatius Flaccus
autentiche opere di Ippocrat e poeta latino (!i 5-8 a. Cr.)
ed. E.Littré ( 1839-1861 ); J.Ilberg e H. ed. F.Klin gner ~ (1950); A. Rostagni (1948)
Kuhlewcin (1899-1902 , incompleta); J.L. ars = de arte poetica
Heiberg in Corpus Medirnrurn Graecorum, carm. = carmina
I (1927) ep = epistulae
acut. = de ratione victus in morbis epod. = epodon liber
acutis sat. = satirae
epid. = epidemiae serm. = sermones ( = sat. )
morb. = de morbis HThR = The Harvard Theological Re-
morb. sacr. = de morbo sacro view (1908 ss .)
mul. = de morbis mulierum HThSt = The Harvard Theological
progn. = prognosticum Studies (1916 ss.)
vet. med. = de vetere medicina HUCA = Hebrew Union College An-
vict. = de ratione victus salubris nua! (Cincinnati 1924 ss.)
Hirsch, ]oh. =E. Hirsch, Das vierte Hul. = Hullin
Evangelium in seiner ursprunglichen trauato « profano » (sulla mattazione non
Gesta!t verdeutsch underkli:irt( l 9 36) sacrificale) della Misbnà, Toseftà, Talmud
Hirsch, Studien =
E.Hirsch, Studie11 (Strack, Einl. 56)
zum vierten Evangelium (1936) ~'. : . H .W. = E .C.A. Riehm, Handworter-
Hist. Aug.-+ Scrif!t. Hist. Aug. buch des Bibl. Altertums fur gebilde-
Hod. -+1 QH te Ribelleser (1884); 2 hsgg. F. Baeth-
Hofmann, Etym. Wort. Gr. = J.B.Hof- gen (1893 s.)
man, Etymologisches W orterbuch
des Griechischen (1950)
Holtzmann, N.T. = O.Holtzmann, Das I
N.T. nach dem Stuttgarter griechi-
schen T ext ii.bersetzt und erkli:irt Io . = Evangelimn Ioannis (N.T.)
(1926) (1, 2, J)Io. = epistula prima, secunda,
Horn. = Homerus tertia Ioannis (N.T.)
il massimo poeta epico greco (ionico sec. Iambl. = Iamblichus
IX-VIII) di Calcide in Celesiria nato nel 275 circa
Il. = Ilias morì sotto Costantino verso il 330; fon -
ed. D .B.Monro e Th.W.Allen 3 (1920) datore della scuola siriaca di un neoplato-
Od. = Od-yssea nismo misto di idee plotiniane e porfiriane
ed. Th.W.Alien 2 (1917-1919) Comm. math. scient. = de commu-
Hom. hymn. = Homerici hymni ni mathematica scientia
ed. Th .Allen (1911) ed . N. Festa (1891)
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 39 *

myst. = de mysteriis di verso il 522; ci rimangono tre opere di


protr. =
protrepticus carattere antiquario e astrologico; la più
importante è il dc mensibus
ed. H.Pisdli (1894)
ed. I.Bekker in Co rpus Scriptorum Histo-
theol. arithm. = theologia arithme- riae Byzantinae (1837); R. Wiinsch · C.
tica Wachsmuth (1898-1903)
ed. A. Nauck (1884); V. De f:1lco (1922) Io. Mosch. = Ioannes Moschus
1. Deubner (1937) monaco biza ntino (sec. V I d. Cr. ); il suo
vit. Pyth. = de vita Pythagorae Pratum Spirituale (An1.twv) è u;1e1 scelta di
Iud. = Iud iccs (A.T.) aneddoti a scopo edificante
Iudae = epistula Iudac (N.T.) ed . in MPG 87.3 (1865)
I udith = Iudith ( A.T.) !on. = Ionas (A.T.)
lcr. = Iere mias (t\.T.) Ios.-) Flav. Ios.
IG = I nscrip tion es Graecac lo s. = Iosue (A.T.)
ed. Preussische Akademie d. Wi ssenschaf- IPE = Inscriptiones Orae Septentrio-
ten zu Bcrlin (1873 ss.) nalis Ponti Euxini
Ign. = lgnatius ed. B.Latyschev (1885 ss.)
padre apo stolico, z:,'s;ov:i di Antioc!Jia, mo- Iren. = Irenaeus
rì martire in Roma sotrn Traia;;o dell'Asia, vescovo di Lione. martire nel 202
cd . P.G.Crone (1936); Th.Camelot ( 1945); d. Cr. nella persecuzione di Severo
J.A.Fischer ( 1956); G.Bosio (21957) cd. in MPG 7 (1882)
Eph. = epis tulcz ad Ephesios epid. = epidexis
Mg . = ad Magnesios ed. arm. e trad. K. Ter-Mekerttschian e E.
Ter-Minassiantz, TU 31,1 (1907)
Phld . = ad Philadelphenses
Pol. = ad Polycarpum haer. = adversus haereses
ed. \Y/. Harvey (1857, rist. 1949); F. Sa-
Rom. = ad Romanos gnard (libro III, 1952)
Sm. = ad Smyrnaeos Is.= Isaias (A.T.)
T r. = ad T rallianos Isaeus
Iac. = epistula Iacobi (N.T.) oratore attico della prima metà del sec. IV
loel = Ioel (A.T.) a. Cr.
ed. Th.Thalheim (1903); P. Roussel (1922 )
imper. = imperativo
impf. =imperfetto Isoc. = Isocrates
attico, scrittore di orazio ni e maestro di
ind. =indicativo retorica (436-338 a. Cr.)
indecl. =indeclinabile ed. G. E. Benseler. F. Blass 2 (19 10-1913);
inf. = infinito G, Mat:1ieu e E. Brémond (1928 ss.)
Inscr. Hierap. = Die Inschriften von areop. = areopagiticus
Hierapolis Iub . = Libro dei Giubilei
ed. W.Judeich in Die Alterti.imer von Hie· detto anche « Piccola Genesi»: racconto di
rapolis ( 1898) genere midrascico sui fatti da Adcw10 a
Inscr. Magn . = Die Inschriften von Mosé (Il/I sec. a. Cr.). Ci è giunto com-
pleto solo in una redazione etiopica, e per
Magnesia am Maander un terzo in una latina. Della redazione
ed. O.Kern (1900) ebraica ci restituiscono frammenti i ritro·
Inscr. Perg. = Die Inschriften von Per- vati di Qumran (dal 1947 ss.) (Schiirer, III
gamon 371-384)
ed. M. Frankel (1890-1895) ed. etiop. R.H.Charles ( 1895); lat. A.M.Ce-
riani, in Monumenta sacra et profana I , 1
Inscr. Priene = Inschriften van Priene (1861)
ed. F.Hiller v. Gartringen (1906)
lob = lob (A.T.) Iul. = Iulianus
(332-363 d. C r.) imperatore romano nel
Io. Lyd. = Ioannes Laurentius Lydus 361-363 d . Cr., detto l'Apostata dai Cri·
nato a Filadel/ia (Lidia) fu impiegato sotto stiani
Anastasio e Giustiniano; si dedicò agli stu· ed. F.C. Hertlein (1876); \Y/. C. Wright
40 * ELENCO DELLE ABI3IU: VIAZ10NI

(1913-1923) Iologie und Padagogik (1831 ss. )


conv. =
convivium ( = Caesares) JbchprTh = Jahrbiicher fi.ìr protestan-
ep. = epistulae tische Theologie (1875-1918)
ed. J.Bidez-F.Cumont ( 1922 ss.)
Gal. = contra Galìlaeos
JBL = J ournal of Biblical Literature
(New Haven 1881 ss.)
mis. = misopogon
JewEnc = Jewish Encyclopaedia
or. =
orationes
(1901 ss.)
It. = Itala
ed. A. Jiilicher (1935 ss.) Jhdt. = Jahrhundert
Iust. = Iustinus Martyr JHS = The Journal of Hellenic Stu-
morto nel 165 d. Cr., ci lascia una Apologia dies (London 1880 ss.)
e un Dialogo con Trifone (ebreo) Joh annessohn , Kasus = M. Johannes-
ed. E.Goodspeed in Die altesten Apologe- sohn, Der G ebrauch der Kasus und
tcn (1914)
apol. = apologia der Prapositionen in dcr Septuaginta,
cd. G. Kriiger 4 (1915) I, Diss . Berlin (1910)
dia!. (c. Tryph . ) = dialogur cum Johannessohn , Prapos. = M.Johannes-
Tryphone Iudaeo sohn, Der G ebrauch der Priipositio-
epit. = epitome nen in der Septuaginta, in Mitteilun-
Pseud.-Iust. =Pseudo-I ustinus gen des Septuaginta-Unternehmens
quaest. et resp. ad orth. = quaestio- der Gesch. der Wiss. zu Gottingen
nes et responsione ad orthodoxos III, 3 (1925), 293 ss ( =NGG 1925
cd. J.C.Th. Otto in Corpus apologetarum Beiheft)
christianorum saeculi secundi 3 V (1881) Jonas, Gnosis = H.Jonas, Gnosis und
Iuv. =D. Iunius Iuvenalis spiitantiker Geist I (1954 ); II, 1
l'ultimo grande scrittore satirico romano (1954)
(circa 58-138 d. Cr.)
ed . L. Friedlander (1895); O. Jahn-F. Bii- Joh. Weiss, 1. Kor. = Johannes Weiss,
cheler e F. Leo 4 (1910); U. Knoche (1950) Ko mmentar z. 1. Korintherbrief
9
(1910)
JOR = Jewish Quarterly Review
JPOS = Journal of the Palestine Orien-
J tai Society (Jerusalem 1920 ss.)
JRSt = Journal of Roman Studies
J (London 1911 ss.)
davanti al nome di un trattato rabbinico in-
dica che esso appartiene al Talmud geroso- JThSt = The Journal of Theologica1
limitano (Strack, Einl. 64 ss.) Studies (London 1899 ss.)
T= Jahvista Jud. Lex. = Jiidisches Lexikon
una delle tradizioni del Pentateuco ed. G. Herlitz e B. Kirchner (1927-1930)
]ad. = Jadajim Jlilicher, Gl. Jesu = A. Ji.ilicher, Die
trattato « Mani » (stato di purità o impr:· Gleichnisreden ]esu 2 r J 910)
rità rituale delle mani) del!a Mi : ~·
se/ tà (Strack, Einl. 64)
Jastrow = M.Jastrow, Dictionary o/
Talmud Babli and Yerushalmi, Mi- K
drashic Literature and Targumin
(1950) Kassovsky = H.J.Kassovsky, Concordan-
Jbch. = J ahrbuch tiae totius Mischnae (1927)
JbchAntChrist = Jahrbuch fiir Antike K.A.T. = E.Schrader, Die Keilinschrif-
und Christentum (1958 ss.) ten und das Alte T estament 3 ed. H.
JbchfPhil = Neue Jahrbucher fiir Phi- Zimmern e A.Winckler (1903)
ELEN C O D E LLE ABBR E VIAZIONI 41 *

Kautzsch = Die Heilige Schri/t des Al- schen Sprache 3 1, 1 (1890), 2 (1892)
ten T estaments, iibers. v. E.Kautzsch bearb. v. F . Blass; II , 1 ( 1898) 2
4
ed. A .Bertholet (1922 ss.) (1904) bearb. v. B.Gerth
Kautzsch, Apkr.u.Pseudepigr. =Die A-
pokryphen und Pseudepigraphen des
Alten T estaments, iibers. und hsgg. L
von E. Kautzsch (1900; rist. 1921)
Kern, Orph.~Orph. Fr. Lact . = Lactantius
originario forse d ell'Africa (sec. III/IV d.
Ker. Petr. = Kerygma Petri Cr.), maestro di retorica, scrittore cristiano
resto di uno scritto apocrifo del II sec. d . ed . S. Brandt , e G. Laub man n in CSEL
Cr. (Altaner, 61) . 19-27 (1 890-1897)
ed . Ev. Dobschiitz, T.U. Il, 1 (1 89.3 ); E.
Klosrermann , KlT .3 (1933) inst. = divinae institutio11es
Ket. = K etubbot mort . pers. = de mortibus persecu-
trattato « Prescrizio ni matrimoniali » della t orum
Afohnà, Toseftà . e T alm ud (Strack , Einl. ed. ]. Moreau (1954)
46) Lam .:::;: Lamentationcs (I eremiae )(A.T.)
Kiihl, Rom. = E .Ki.ibl, Kom mentar z. lat. =latino
Romerbrie/ ( 1913) !. c. = luogo citato
Kid. ~ Qid. Leiseg ~ng = Philonis Al. Opera quae
Kit. = Kilaiim sup/Jrsunt, Vol. VII: Indices ed . J.
trattato sulle m escolanze illecite di cose di Leisegang I (1926), II (1930)
diversa specie d ella M ishnà, Toseftà e Tal-
mud (Strack, Einl. 33) Levy, Chald. Wort .= J.Levy, Chal-
Kittel, Problem e = G .Kittel, Die Pro- ddisches W orterbuch iib er di e T ar-
bleme des paldstinensischen Spdtju- gumim ( 1867 s.)
dentums ( 1926) Levy, Wort . = J.Levy, N euherbraisches
Klostermann , Lk. =. E. Klostermann, und chalddisches w orterbuch iiber
Kommentar z. Lukasev. 2 ( 1929) die T almudim und Midraschim
1
Klostermann , Mk . = E. Klostermann, (1 876 ss.; 2 hsgg. L. Goldschmidt
Kommentar z. Markusev. 2 (1926) ( 1924)
Klostermann , Mt. = E. Klostermann, Lex. Th.K. = Lexikon flir Theologie
Kommentar z. Matthdusev. 2 (1927) und Kirche 1 (1907 ss .); 2 (1930 ss.);
3
KIT = Kleine T exte fiir Vorlesungen (1951 ss.)
und Ubungen, begri.indet v. H .Lietz- Lfrg. = Lieferung
mann, hsgg. von K . Aland (1902 ss .) Lib. = Libanius
Knopf, Cl. = R.Knopf, Die zwei Cle- da Antiochia (314-393 d. Cr.), maestro del:
l'imperat ore G iuliano, appartiene ai sofi-
mensbiefe ( 1920) sti del sec. IV
Knopf, Did. = R. Knopf, Die Lehre ed. R. FOrster (1903-1 927)
der Zwolf Apostel (1920) ep. = epistulae
Knopf, Petr. = R.Knopf, Die Brief e or. = orationes
Petri und ]udd 7 (.1912) Liddel-Scott =H. Liddel e R. Scott,
=
Komm. Kommentar Greek-English Lexicon, New Edi-
Krauss, Lehnw. = S.Krauss, Griechi- tion by H.St. Jones ( 1925 ss.)
sche und lateinische Lehnworter in Lidzbarski, Ginza = M .Lidzbarski, Gin-
Talmud, Midrasch und Targum (1898 za ( 1925)
s.) Lidzbarski, ]ohannes = M.Lidzbarski,
Kiihner-Blass-Gerth=R . Kiihner, Aus- Das ] ohannesbuch der Mandaer
fiihrliche Grammatik der griechi- (1905-1915)
42 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

Lidzbarski, Liturg. = M.Lidzbarski, eun. = eunuchus


Mandaische Liturgien ( 1920) Hermot. = Hermotimus
Lietzmann, Gal. = H.Lietzmann, Kom- I caromenipp. =
Icaromenippus
mentar z. Galaterbrief 3 ( 1932) indoct. =
adversus indoctum
Lietzmann, Kor. =H. Lietzmann, Kom - !up. con/. = Iuppiter confutatus
mentar z. d. Korintherbriefen
3
=
Iup. trag . I uppiter tragicus
(1931); 4 hsgg. W.Ki.immel (1949) muse. enc. = muscae encomium
Lietzmann, Rom.= H.Lietzmann, Kom- ncc. = necyomantia
mentar z. Romerbrief 3 ( 1928); Per. mol't. =de Peregrini morte
4
(1933) pseudolog. =
pseudologista
Lipsius-Bonnet = ~ Acta Apostolorum salt. = de saltatione
Apocrypha soloec. =
de soloecismo
Lisowsky-Rost = G .Lisowsky e L.Rost, Syr. D.-7Pseucl. Luc.
Konlwrdmn. zum hebrdischen Alten Tim. = Timon
Testament (1958) Tyr. = Cataplus sive Tyrannus
Liv. =Titus Livius vit. auct. = vitarum auctio
(59 a. Cr. - 17 d . Cr.) storico latino Zeux . = Zeuxis sive Antiochus
cd. G.Weissenborn
I\I. ìvhitler - W. Heraeus (1888 s'.)
Pseud. Luc. = P scudo-Lucianus
Le = Evangelium Lucae (N.T.) asin. = de asino
Lohmeyer, Apok. =E.Lohmeyer, Kom- Ocyp. = Ocypus
mentar z. Apokalypse (1926) 2 (1953) Syr. Dea=De Syria D ea
Lohmeyer, Kol. = E.Lohmeyer, in: Lev. = Leviticus (A.T.)
Der Brief an die Philipper, an die Lev. r. =Leviticus rabbà ( =
wajjikrà
Kolosser u11d an Philemon, 11 (1957) rahbà)
Midrash sul Levitico (S!;ack, Einl. 204)
Lohmeyer, Phil. = E.Lohmeyer, in: trad. A.Wi.insche (1884)
Der Brief an die Philipper, an die Lyc. = Lycurgus
Kolosser und an Philemon, 11 (1957) oratore attico (circa 390-}24 a. Cr.)
Lohmeyer, P hilm. = E.Lohmeyer, in: ed. C.Scheibe e F.Blass (1899); F.Durrbach
2 (1956)
Der Brief and die Philippel', an die
Ko!osser und an Philemon, ~(1957) 1 Lys. = Lysias
oratore attico (circa 445-380 a. Cr.)
Lohmeyer, Mk. = E.Lohmeyer, Das ed. Th.Thalhe;"TI editio maior 2 ( 1913 ); L.
Evangelium des Markus, 14 (1957) Gernet-M.Bizos ~(1955); U. Albini (1955)
Lohmeyer, Alt. = E.Lohmeyer, Das LXX = Septuaginta -7 Rahlfs
Evangelium des Matthiius, hsgg. W. Una nuova edizione critica è in corso: F e-
Schmauch, 2 (1958) tus testamentum Graecum, Auctoritate So-
cietatis Litterarum Gottingensis ( 19.31 ss.)
Longus = Longus
romanziere greco della fine del sec. II d. Cr.
ed. R.Hercher in Erotici Scriptores Graeci,
I (1858); G.Dalmeyda (1934) M
Luc. = Lucianus
di Samosata in Siria (circa 120-180 d. Cr.), Maas. = Maasrot
retore e fi,losofo satirico
trattato « Le decime » della Mishnà, T o-
ed. W.Dindorf (1858); C.Jacobitz (1871- sef tà e Talmud (Strack, Einl. 35)
1874)
Alex. = Alexander sive Pseudoman- Macrob. = Macrobius Theodosius
scrittore latino africano ( sec. V d. Cr.)
tis ed. Fr. Eyssenhardt 2 (1893); Bornecque-Ri-
Demon. =Demonax chard (1936-37)
dia!. mar. = dialogi marini sat. = saturnalia
ELENCO DFLLE ABBREVIAZIONI
43 ,,

ed. I. Willis (1963) Polyc. = Polycarpi


Mac. = Macarius Alexandrinus Ptr. = Petri
monaco alessandrino del sec. IV d. Cr.; li! Mas. = Masora ~ T. M.
omelie a lui attribuite probabilmente non
seno sue masc. = maschile
ed. in MPG 34 (1848) !v1axim. Con!. = Maximus Confessar
1, 2, 3, 4 Mach.= 1, 2, 3, 4 A1acha- monaco, teologo, mistico, partecipò alle
controversie cristologiche del suo tempo
baeorum (circa Jg0-662 d. Cr.)
i primi du e sono deuterocanonici; il 3 e 4 ed ..MPG 90-91 (1865)
apocrifi
myst. = mystagogia
Makk. = Ma,~k6t cd. R. Canurdla (193i)
trattato sulla «Fustigazione» della Mishnà,
Tose/tà e Talmud (Strack, E inl. 52) quaest. ad Thczlass.= quaestiones ad
Mal. = Malachias (A .T.) Thalassium de scriptura
Maksh. = Makshirin Max. Tyr.=Maximus Tyrius
trattato « ciò che re;ide idoneo » (sul cor 1
-
sofista e platonico con influssi cinico-stoici,
trarre l'impurità) della Mishnà e Toseftà dc!!a fine del sec. II
(Strack, Einl. 63) ed. H.Hobein (1910); citato anche secon-
do FDi.ibner (1840)
Mandelkern = S. Mandelkern, Veteris
Mayser = E. Mayser, Grammatik der
Testamenti Concordantiae Hebrai-
Griech. Papyri aus der Ptolemèier-
cae atque Chaldaicae 2 (1925) (rist.
zeit, I (1906); II (1926-19.34); 2 1, 2
1955)
(19.18), 3 (1936)
M.Ant. = Marcus Aurelius Antoninus
imperatore romano, filosofo stoico ( 121- med. = medio, mediale
180 d. Cr.) Meg. = Megillà
ed. H. Schenkl ( ì 913 ); A. J. Trannov e A. trattato « Rotolo (di Ester) » (letltlra per
Pucch (1925 ); C. :'·1.man:ini ( 19-{8 ); \'\' . !a festa di Purim), della lv!islmà, Toseftà
Theiìer ( 1931) e Taimud (Strack, Einl. 43)
Mare. = Marcellus Ancyranus Meinertz, Ge/br. = M.Meinertz e F.Till-
vescovo di Ancira (morto uerso il 374 d. mann, Die Gefangenschaftsbriefe des
Cr. ); ci sono conseruJii /rammei':!i, in E11- hl. Paulus 4 (1931)
sebio, dei stm co:> tra Ma rcc:lluc1 (Alta11er,
258) Meinertz, Kath. Br. =M.Meinertz e \YJ.
ed. E. Klostern1:'\nn, in GCS 14 (1906). Vrede, Die Katholischen Bricfe
4
Marin. =·Marinus (1932)
neoplatonico, seguace di Frocio ( 410-485 Meinertz, Fast. =M.Meìnertz, Die Pa-
d. Cr.) storalbriefe des hl. Paulus 4 (1931)
ed. J. F. Boissonade (1814) e nella edizio-
ne di Diog. L. del Cobet (1850) Mek. Ex. = Mekiltà Exodus
Midrash tan11aitico su!l' Esodo (St rack,
vit. Procl. = vita Prodi Einl. 201)
Lit. Mare. =Liturgia di S. Marco ed. H.S.Horowitz e J.Rabin (1931); trad.
in: Liturgies Eastern and Western J.Winter e A.\Viinsche (1909)
ed. J.F.Brightman ( 1896) Aiek. R. Sim. =Mekiltà di Rabbi 5.-
Mart.=M. Valerius Martialis meon ben Jochaj
scrittore latino di epigrammi del sec. I Midrash sul Peni. dei sec. II e segg. d. C.
d. Cr. cd. J.N.Epstein ed. EZ. Melamed (1955 )
ed. C. Giarratano (1919-1921); W. Heraeus Men. = MenahOt
(1925); H. J. Izaac (1930-1933) tra~tato « Sacrifici» de!!a Mishnà, Tosef tà
mart. =martyri:tm " Talmud (Strack, Einl. 55 s.)
ed. - Acta Ap. Ap. Menand. = Menander
Is. = Isaiae (~Asc. Is.) il maggior rappresentante della Commedia
Mt. = .Matthaei nuoi·a (342-290 a. Cr.)
Pl. =Pauli ~d. Th.Kock in Comicorum Atticorum
44 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIOJ"i

Fragmenta III (1888); C.A. Jensen (1929); trad. A.Wunsche ( 1885)


A.Kéirte e A.Thierfelder 3( 1938-1953) Midr. Ps. :._ Midrash sui Salmi
Cith. = Citharistes · (Strack, Einl. 215 s. )
Col. = Colax trad. A.Wiinsch.e (1892 s.)
Con. = Coneazomenae Midr. Qoh. = Midrash su Qohelet, os-
Dysc. =
Dyscolos sia !'Ecclesiaste
(Strack, Einl. 213 s.)
ed. C. Gallavotti (1959); C. Diano (1960);
M. Treu ( 1960) trad. A.Wiinsche ( 1880)
epit. = epitrepontes Miche!, Hebr. = O.Michel, Der Brief
/ab. inc. =fabula incerta an die Hebrder, io (1957)
georg. = georgos Michel, Rom . = O.Miche!, Der Brief
her. = heros an die Romer, 11 (1957)
mis . = rnisumenae Milh . ~ IQJ\rt
man. = monosticha =
Mimn. Mimnermus
Per. = Perinthia elegiaco ionico (seconda metà del sec. VII
a. Cr.)
peric. = periciromena ed. ~ E. Diehl I ( 3 (1949) 48-56
phasm. = phasma Af.iq. = Miqwaot
Sam. = Samia trattato « Immersioni» della Mishnà e To-
Method. = Methodius seftà (Straek, Einl. 62)
vescovo di Tiro, morì martire nel 311; ed. G. Beer e O. H oltzmann, contin. da
combatté Origene, fu scrittore platoni:r.- K.H. Rengstorf, e L.Rost ( 1912ss.; l 956ss.)
zante; nell'originate greco ci rimane solo Mithr. Liturg. = A.Dieterich, Eine Mi-
il Simposio thras-Liturgie 3 ( 1923)
cd. in MPG 18 (1857); G. N. Bonwetsch
in GCS 27 (1917)
Mitteis-Wilcken=L.Mitteis e U.Wilc-
resurrect. =
de resurrectione ken, Grundzii.ge und Chrestomathie
symp. =symposium der Papyruskunde (1912)
MNTC = The Moffat New Testament
Meyer, Ursprung =E.Meyer, Ursprung
und Anféinge des Christentums I-III Commentary (1928-1950)
(1921-1923) Moore = G . F. Moore, Judaism (1927-
MGWJ = Monatsschrift fiir Geschich- 1930) .
te und \'Vissenschaft des J udentums Moult.-Mill. = J.H.Moulton e G.Milli-
(1851-1932) gan, The Vocabulary of the Greek
Mich. = Michaeas (A.T.) Testament (1914-1929); 2 (1949)
Michaelis, Phil. = W. Michaelis, Der Moulton = J .H.Moulton, Einleitung in
Brief des Paulus an die Philipper die Sprache des N .T. (1911)
(1935) MPER = Mitteilungen aus des Samm-
Midd. = Middot 1ung d. Papyrus Erzherzog Rainer
trattato « Misure » (del Tempio) della (1887 fino al 1897). N.S. col titolo:
M ishnà (Strack, E inl. 59) Mitteilungen aus der Papyrussamm-
Midr. = Midrash lung der Nationalbibliothek in Wien
commento (talvolta omiletico) rabbinico dei (Papyrus Etzherzog Rainer) (1932
libri dell'A.T. (Strack, Einl. 196 s.)
ss.)
Midr. Hagg. = Midrash Haggadol
(Strack, Einl. 223) MPG = Patrologia , Series Graeca
ed. M.Margulies e S.Fisch (1940-56) ed . J.P.Migne (1857-1866)
Midr. Cant. = Cant. r. MPL = Patrologia, Series Latina
(Strack, Einl. 213 ) ed. JP.Migne (1844-1864)
trad. A. Wiinsche ( 1880) M.Q . = Moèd qatan
Midr . Prov. = Midrash sui Proverbi trattato «Giorni feriali» della Mishnà To-
seftà e Talmud (Strack, Einl. 44) '
(Strack, Einl. 216)
ELENCO D E LLE ABBREVIAZIONI 45 *

.M.S. = Maasèr Shenì alexipharm. = alexipharmaca


tratLato «La seconda decima» della Mish nii, Nilsson = M .P. Nilsson, G eschichte
1'ose/tà e Talmud (Strack, Ei nl. 35 s.) der griechischen Religion (Handbuch
ms. = manoscritto A. \Xl. V, 2) I 1 (1941), II (1950); I
mss. = manoscritti 2
(1955)
.Mt. = Bvangelium Matthaei (N.T.) NkZ = Neue kirchliche Zeitschrift
Mu son. =C. Musonius Rufus 1890-1933 ); NF col titolo: Luther-
stoico con atteggiamenti cinici, del tempo
di Neron e tum (1 93 4 ss.)
ed . O .Hense ( 190'.5) Nock-Fest. = A.D. Nock e A. J. Fe-
stugière, Herm ès Trismégiste ( 1945-
1954)
Nonnus =Nonnus
N di Panopoli in Egitto (seconda metà del
sec. V d. Cr.), quantunque cristif./no scriue
Nah . = Nahum (i\ .T.) i Dionysiaca, (Le stori e di Dion iso), •:n
poeta epico in 48 libri.
Nageli = Th .Niigeli, Der Wortschatz des ed. R. Keydell (1959)
/lp ostels Paulus ( 1905) Dionys. = Dionysiaca
NAivlZ = Neue Allgemeine Missions- NPhU = Neue philologische Untersu-
Zeitschrift (1924-1939) chungen (1926 ss .)
Ned. = Nedarim N.T. =Nuovo Testamento
trattato « \ioti » della Afishnà, Tose/tà, T al- N.T. Deutsch = Das Neue Tes tament
mud (Strac.0, Einl. 46 s. )
Neg . = Negaim Deutsch, hrsg. v. P.Althaus e J.Behm
trattato « L ebbra » della Mishnà e Tose/tà (1932 ss .)
(Strack, Einl. 61) NtIAbh == Neutestamentliche Abhand-
Neh . = Neh emia (A.T.) Iungen
Nestle = Novum Testam entum Graece, Num. =Numeri (A.T.)
curavit Eb . Nestle, 23 elaboravit Er- Num . r. =Numeri rabbà ( =Bemidbar
win Nestle adiuvante K. Aland rabbà)
(1957) Midrash sui Nu meri (Strack , Einl. 207 s.)
Nestle-Dobsch. =E. Nestle, Einfuhrung trad. A.Wiinsche 1885
in das Griechische N.T., hssg. von
E.v. Dobschiitz 4 (1923)
N.F. = Neue Folge o
NGG = Nachrichten von der (fino al
1924: koniglìchen) Gesellschaft der Oestr. Jhft. = Jahreshefte des Osterrei-
Wissenschaften zu Gottingen ( 1894 chischen Archaologischen Instituts
ss .) (1898 ss.)
NJbchKIAlt = Neue Jahrbiicher fiir das OLZ = Orientalische Literatur-Zeitung
Klassische Altertum (1898-1924) (1898 ss.)
NJbchWissJugendb=Neue Jahrbiicher Oppian. Cyn. ~ Pseud. Oppian.
fi.ir Wissenschaft und Jugendbildung or. = oratio(nes)
(1925-1937) Orig. = Origenes
Nicand. =Nicander di Alessandria ( 185-254 d. Cr. ), discepolo
di Colo/one (sec. III/II a. Cr.), poeta el- di Clemente Al.
lenistico, grammatico e autore di scritti di ed. in MPG 11-17 (1857-1863); edizione
medicina curata da diversi studiosi in Die griech.
ed. O .Schneider (1856); A.S .F. Gow e A.F. christl. Schriftsteller der ersten 3 Jahrhun-
Scholfìeld (1953) derte ( 1899 ss.)
46 * ELENCO D E LY" E ABBREVI AZIONI

Cels. = contra Celsum p


comm . in Io. ~ in Ioannem com-
mentarius p. = pagrna
comm. in Mt. = commentariorum in p . davanti ai libri biblici = Pesher
Matthaeum series (Commento)
comm. in Ps. = in Psalmos com- P. Ah. = Pirqé Abot
mentarii «Capitoli dei Padri»; trattato della Afi-
hom. in Ex., Gen ., Ier., Ios ., Lev = shnà. contenente le sentenze dei maestri dei
sec. I-II
homiliae in Ex., Gen., Ier ., Lev.,
Ios., Lev. Palaeph. = Palaephatus
di C' f!O ca no.'1 precisabile, autore di uno
princ. = de principiis Jrritto sulla interpretazione razionalistica
philocal. = philocalia seu ecloga de dei miti (dal sec. IV al II a. Cr.)
operibus Origenis a Basilio et Gre- ed. M.Festa in Mythographi Graeci, III, 2
(1902)
gorio Naz . /acta
P all. = Palladìus Helenopolitanus
res. = fragmenta de resurrectione della Galazia (368-431 d. Cr. circa), mo-
Orph . (Abel) = Orphica naco, vescovo di Elenopoli, oltre una Vita
inni orfici; ce ne rimanf!.ono 88 di epoca Chrysostomi (di Gioi·anni Crisostomo suo
piuttosto tarda, ma conservano elementi ar- maestro) scrisse una H.istoria Lausiaca (bio-
caici; hanno carattere cultuale. grafia di monaci santi dedicata al senatore
ed. E.Abel (1885) Lauso)
Orph . Fr. (Kern) = Orphicorum Frag- hist. Laus. = historia Lausiaca
menta ed. D .C.Butler, TSt 6, 1-2 (1 898-1904)
ed. O.Kern (1922) pap. = papiro; nelle citazioni delle va-
Orph . Hymn. = W.Quandt, Orphei rie edizioni dei papiri viene abbre-
Hymni 2 (1955) viato con P.
Os. = Oseas (A.T.) P.Amh . =The Amherst Papyri
O. Sal. = Odi di Salomone ed. B.Grenfell e A.Hunt (1900 ss.)
raccolta di odi gnostico-cristiane del sec. P. Ant. = The Antinopolis Papyri
Il d. Cr., conservateci m smaco (Altaner P. Cairo = Greek Papyri
53) ed. B.Grenfell e A.Hunt in Catalogue g~­
ed. J. Rendei Harris "(1916-1920) ; W. néral des Antiquités Egyptiennes du Musée
Bauer, KlT 64 (1933) du Caire ( 1903)
Ostraka = U.Wilcken, Griech. o ~ traka P.Eleph. = Elephantine Paryri
aus Àgypten und Nubien (1899) ed. O .Rubensohn in - B.G.U., fase. spe-
(1899) ciale ( 1907)
Ovid. = P.Ovidius Naso P.Fay.=Fayum Towns and their Pa-
elegiaco latino ( 43 a. Cr. - 18 d. Cr. circa) pyrì
ed. C.Postgate (1898); R.Ehwaldt e F.W. ed. B.Grenfel1, A.Hunt e D.Hogarth (1900)
Levy (1915-1924); H.Bornecque e G.Lafaye P .Flor. =Papiri Fiorentini
(1924 ss.) ed. I G.Vitelli (1906); II D.Comparetti
fast. = fasti (1908-1911 ); III G.Vitel1i {l 915)
metam. = metamorphoses P.Gen.=Les Papyrus de Genève
Oxf.N.T. = Novum Testam. Graece, ed. J.Nicole I (1896-1906); II (1909)
secundum textum Westcotto-Hortia- P.Giess. = Griechische Papyri im Mu-
num. Evangelium secund. · Marcum, seum des oberhessischen Geschichts-
ed. S.C.E. Legg (1935); Ev sec. Mat- vereins zu Giessen ,
thaeum, ed. S.C.E. Legg (1940) ed. O.Eger, E.Kornemann e P.M.Meyer
(1910-1912)
P.Greci e Latini= Papiri Greci e Lati-
ni
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 47 *

Pubbl. della Società Italiana ( 1912 ss.) ed. W. Brunet de Prcsle e E .Egger ( 1865)
P .Hal. = Papyrus-Sammlung d. Univer- e L. Amundsen (1931-1936)
sitat I-falle P.Oxy. =The Oxyrhynchus Papyri
(1913) ed. B.Grenfell, A. Hunt e altri (1898 ss .)
P .Hamb. = Griech ische Papyrusurkun- ed. I S.Eitrem (1925); II e III S.Eitrem
den der Hamburger Staats- und Uni- P.Petr. = The Flinders Petrie Papyri
ed. J. P. Mahaffy e J. G. Smyly, I-III
versi fatsbibliothek ( 1891-1905)
ed. P .M.Mcyer I-III (1911-1924)
P.Rev. = Revenuc Laws of Ptolemy
P .Herm. =Corpus Papyrorum Hermo- Philadelphus
politanorum ed. B.P.Grenfell (1896 )
ed. C. Wcsselv ( 1905)
P.Ryl. =Catalog of the Greek Papyri
P.Hern . = Edizione di p. di Hernals in th e John Ryl ands Library at Man-
ed. C. Wcsscly in Jahresberichte des K.K .
Staatsgymnasiums in Hernals BdXIV(l888) chester
XVI (1 890) ed. A.Hunt e altri, I-IV (1911-1952)
P.Hibeh = The Hibeh Papyri P .Strass. = Griechische Papyrus der
ed. B. Grcnfell e A. Hun t I (1906) ; E. G. Kaiserlichen Universitats- und Lan-
Turner e M. T. Lenger, II ( 195 5) desbibliothek zu Strassburg
P.klein.Form. = Griechische Papyrus- cd. P.Pres igke I (1906-1 912), II (1920)
urkunden kleineren Formats P.Tebt. = The Tebtunis Papyri
ed . C.Wessely ( 1904-1908) ed. B.Grenfe!l, A.Hunt e altri, I (1902),
P.Leid. = Papyri Graeci Musei anti- Il (1907), III (1933 -1938)
quarii publici Lugduni-Batavi P.Tor. =Papyri Graeci Regii Taurinen-
ed . C. Leemanns, I (1883), II (1885) sis Musei Aegyptii
P.Leipz. = Die griechischen Papyri ed. A.Peyron, I (1826), II (1827)
Sachsens Pape = vl.Pape, Griechisch-Deutsches
ed. C.Wessely (1885) Handworterbuch 3 hrsg. v. M.Sen-
P.Lille = Papyrus Grecs gebusch ( 1880)
ed. In stitut Papyrologique dc l'Université
de Lille, P. Jouguet, P. Collart e altri, I
par. = parallelo(li)
Para!. Ier em. = Paralipomena Ieremiae
(1907-1908); II (1912ì
scritto ebraico rielaborato in senso cristia-
P .Lips. = Griechische Urkunden der no (Schiirer, III, 393-395)
Papyrussammlung zu Leipzig ed. R. Harris ( 1889)
ed. L.Mitteis (1906) Parm( en). = Parmenides
P .Lond. = Greek Papyri in the British di Elea (500 a. Cr. circa), presocratico
Museum, I-V ed. H .Diels in Die Fragmente der Vorso-
ed . F.G.Kenyon, H.l.Bell e altri (1893- kratiker I 6 (1951) 217-246
1917) part. =participio
P .Ma!!d. = Paryrus de Magdola pass. =passivo
ed. ].Lesquier (1912) in - P.Lille, II Passow · = Fr. Passow, Worterbuch
P.Masp.=Papyrus Grecs d'époque By- der griechischen Sprache 5 (1841 ss.),
zantine vollig neu bearb. v. W.Cronert
ed. J.Maspéro in Catalogue Général des (1913 ss.)
Antiquités Egyptiennes du Musée du Cai-
re (1911-1916) Pass. Perp. et Fel. =Passio Perpetuae et
P .Mich. = Michigan Papyri Felicitatis
ed . I C.C. Edgar (1931); II A.E.; R. Boak ed. JA.Robinson (1891); C.van Beek (1936)
(1933), III ]. G. Winter (1936), IV H. Pass. Set. Scilit. =Passio Sanctorum
C. Youtie e altri (1936-1939) Scilitanorum
P.Osl. = Papyri Osloenses ed. A.Robinson (1891)
P.Par. = Les Papyrus Grecs du Musée Patres Apostolici
du Louvre ed. K.Biehlmeyer 1 (1924); 2a cura di W.
48 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

Schneemekher (1956) Deus imm. = quod Deus sit immu-


Paul. Diac. = Paulus Diaconus tabdis
(circa 720-799 d. Cr.), fra i suoi scritti è
importante la Storia dei Longobardi
ebr. = de ebrietate
ed.: attualmente nessuna edizione completa exsecr. = de exsecrationibus
(Pauli) Exc.(ex lib.) Pomp.Fest.=Pau- Flacc. = in Flaccum
li Diaconi Excerpta, ex Libro Pom- fug. = de fuga et inventione
pei Pesti gig. = de gigantibus
ed. M.Lindsay ( 1913) Ios . = de Iosepho
Pauly-W. =A.Pauly, Realencyclopiidie leg. all. = legum allegoriae
der classischen Altertumswissen- leg . Gai . = legatio ad Gaium
schaf ten, la nuova edizione fu inizia- tnigr. Abr. = de migratione Abra-
ta di G. Wissowa e continuata da W. hami
Kroll, M. Mittelhaus e poi K. Zie- mut. nom. = de mutatione nominum
gler (1893 sgg.) omn. proh. lib. = quod omnis pro-
Paus. = Pausanias bus liber sit
forse di Mag nesia sul Sipilo, compose sot- op. mund. = de opificio mundi
to Commodo una P eriegesi (Descrizione)
della Grecia in 10 libri, una specie di gui- plant. = de plantatione
da ai luoghi d'arte poster. C. = de posteritate Caini
ed . F. Spiro (1903) praem. poen. =de praemiis et poenis
PE(FìQ = Palestine Exploration Quar- quaest. in Ex. = quaestiones in Exo-
terly (fino al 1936: Pal. Expl. Fund dum
Quarterly Statements) (Manchester rer. div. her. = quis rerum divina-
1869 ss.) rum heres sit
Pent. = Pentateuchus (A.T.) sacr. A.C. = de sacrifi.ciis Abelis et
Pes. = Pesahim Caini
trattato « Feste di Pasqua 1> della Mishnà, sobr. = de sobrietate
(Strack, Einl. 39 s.)
Pesk. = Pesikta (deRab Kahanà) som. = de Somniis
raccolta omiletica (Strack, Einl. 202-204) spec. leg = de specialibus legibus
Pes. r. = Pesikta rabbati virt. = de virtutibus
raccolta di prediche (Strack, Einl. 205 s.) vit. cont. = de vita contemplativa
ed. M. Friedmann (1880) vit. Mos. = de r.:.=ta Mosis
Phil. = epistula ad Philippenc Ph :' ···vzant. = Ph ' Byzantinus (Me-
Philo = Philo .)
di Alessandria (circa 20 a. Cr. - ·co della · ·l sec. III, che
ed. L. Cohn e P. Wendland ( l H ol·cz. 1,._ wttechi :uerra
ed. completa con trad. frane. i ...il ed. R.Schone (1893/
stampa in SCh (1961 ss.J Philodem. Philos. = Phi. ·~Jemus Philo-
Abr. =de Abrahamo sophus
aet. mund. = de aeternitate mundi di Gadara (circa 110-28 a. Cr.) poeta o ;
agric. = de agricultura losofo di tendenze epicuree
cher. =de cherubim nessuna edizione completa; per l'elenco
delle sin5ole opere e loro abbreviazioni cfr.
conf. Jing. =de confusione linguarum Liddel-Scott, p. XXXII
congr. = de congressu eruditionis Philol= Philologus. Zeitschrift fiir das
gratia klassische Altertum (1846 ss.)
decal. = de decalogo PhilolWochenschr = Berliner Philo-
det. pot. ins. (o anche solo deter. ) logische Wochenschrift {fino al 1921:
=quod deterius potiori insidiari Phil. Woch.) (1881-1943)
solea!
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 49 *

Philostr. = Flavius Philostratus Crito


sofista in Atene e poi in Roma dove visse Def. ~ Pssudo Plat.
fino alla morte,- l'Heroicus va forse attri- ep. = epistulae
buito a un altro Filostrato
ed. C.L.Kay ~ er (1870 s.) epigr. = epigrammata
heroic. = heroicus Eryx. ~Pseudo Plat.
vit. Ap. = vita Apollonii Euthyd. = Euthydemus
vit. soph . = vitae sophistarum Euthyphr. = Euthyphro
Philem. = epistula ad Philemonem (NT) Gorg. = Gorgias
Phot. = Photius Hi. I, II = Hippias I Maior, II Mi-
patriarca di Costantinopoli (858-886 d. Cr. ); nor
il suo Lexicon è un aiuto alla lettura degli Hipp . ~Pseudo Plat.
autori cianici e della Bibbia Ion
ed . S.A.Naber ( 1864 s.)
Iust. ~Pseudo Plat.
!ex . = lexicon
Phryn. = Phrynichus La. = Laches
lessicografo e atticista, del tempo di Com- leg. = leges
modo Lys. = Lysis
praep. soph . = praeparatio sophistica Meno
ed. J. von Borries (1911) ìvfenex. = Menexenus
ecl. = eclogae nominum et verborum Min. ~Pseudo Plat.
Atticorum Parm. = Parmenides
ed. C.A. Lobeck (1820); W.G. Rutherford Phaed. = Phaedo
(1881)
PhU = Philogische Untersuchungen Phaedr. = Phaedrus
(1880 ss.) Phileb. = Philebus
PJbch = Palastina-Jahrbuch (1905 ss.) polit. = politicus
Pind. = Pindarus Prot. = Protagoras
il maggior rappresentante della lirica cora- resp. = respublica
le greca (518-446 a. Cr. circa) Sis. ~ Pseudo Plat.
ed. O.Schroeder (1930); L.Cerrato 2 (1934); soph. = sophista
A. Turyn (1947); B.Snell 2 (1955)
symp. = symposion
Isthm. = Isthmia
Theaet. = Theaetetus
Nem. =Nemea Theag. ~Pseudo Plat.
Olymp. = Olympia
Tim. = Timaeus
Pyth. = Pythia
Tim. Locr. = Timaeus Locreus
Pist. Soph. = Pistis Sophia Virt . ~Pseudo Plat.
opera gnostica in lingua copta (sec. I II
d. Cr.) Pseud.-Plat. =Pseudo Plato
ed. copta C.Schmidt ( 1925); trad. C.Schmidt Ate. =Alcibiades: I Maior, II Minor
in GCS 13 (1905), 2 hsgg. v. W. Till in GCS amat. = amatores
45 (1954)
Ax. = Axiochus
Plat. = Plato
fziùsofo ateniese (428/7-348/7 a. Cr.) def. = definitiones
ed. J.Burnet (1905} Demod. = Demodocus
Aie.~ Pseudo Plat. Epin. = Epinomis
ap. = apologia Eryx. = Eryxias
Ax. ~Pseudo Plat. Hipp. = Hipparchus
Charm . = Charmides Iust. = Iustus
Clit. = Clito'fJho Min. = Minos
Crat. = Cratylus Sis. = Sisyphus
Critias Theag. = Theages
50 * E L E NCO DELLE ABBREVIA Z IONI

virt. =
de virtute Cim. = de Cimane
Plaut. = T.Macdus Plautus Col. = adversus Colotem
scrittore Latino di commedie (circa 251-
184 a. C r. )
comm. not. = de communibus noti-
ed. M.Lindsay ( 1904-1906); A. Ernout
tiis
(1925 ss.) cons. ad Apoll. =consolatio ad Apol-
Plin. =C. Plinius Secundus lonium
d etto ii V ecchio, storico, naturalista, geo- Crass. = de Crasso
grafo (23/24 -79 d. Cr. ) def. orac. = de de/ectu oraculorum
ed . S.Mayhoff (1906-1909 )
Demetr. = de Demetrio
nat. hist. = naturalis historia
E ap . Delph . = de E apud Delphos
Plin . = C. Pliniu s Caeci lìus Secundus
detto il Giol'anl', nipote di Plinio il V ec- Fab. Max. = de Fabio Maximo
chio (6 1/2-1 13 circa d. Cr) fac. !un. = de facie in orbe lunae
ed . f\1.Srl111srn-H. H an•di k "(1958) Galb. = de Galba
ep. = epistulae gen. Socr. = de genio Socratis
pan. = panegyricus ls. et Os. = de Iside et Osiride
Plot. = Plotinus lat . viv. = an recte dictu m sit laten -
neo platonico, uno degli ultimi grandi pen- ter esse vivendum
satori ddl'antichità (204 -270 d . Cr .)
ed . H. Vnlk nunn ( !833 s.); E. Bréh ier lib. educ. = de liberis educandis
~( 1954 ); P .H c nry e· Il .R .Schw y;.cr ( 195 l ss .) Lucull. = de Lucullo
Pls. = Paulus Mar. = de Mario
plur. = plurale non passe suav. viv. sec. Epic. vedi
Plut. = Plutarchus suav. viv . Epic.
di Ch eron ea, scritt ore greco etico-religioso Pelop. = de Pelopida
(circa 50-120 d . Cr.) Pericl. = de Pericle
Le Vitae sono citate con I; i Moralia con II
ed. (per le Vite) C.Lindskog e K.Ziegler Philop . = de Philopoemene
1(1914-1935), 2 (1957 ss.); (per i Moralia) Phoc. =de Phocione
C.Hubert , M.Pohlenz, W .R.Paton e altri Pomp. = de Pompeio
(1925 ss.)
praec. coniug. = praecepta coniugialia
adulat . = de adulatore et amico
praec. ger. reip. = praecepta geren-
Aem. = de A emilio
dae reipubblicae
Ages. = de Agesilao
Pyth . or. = de Pythiae oraculis
Alex. = de Alexandro
quaest conv. = quaestiones convi-
Alex. / Jrt. virt. = de Alexandri viales
fortuna aut virtute
quaest. Graec. = quaestiones Graecae
amat . = amatorius liber
quaest. nat. = quaestiones naturales
amat . narr. = amatoriae narrationes
quaest. Rom. =quaestiones Romanae
Anton. =de Antonio
sept. sap. conv. = septem sapien-
apophth . = apophthegmata regum
tium convivium
et imperatorum
ser. num. pun . = de iis qui sero a
apophth . Lac. = apophthegmata La-
numine puniuntur
conica
Stoic. rep . = de Stoicorum repu-
aud. = de recta ratione audiendi gnantiis
aud. poet. = de audiendis poetis suav. viv. E pie.= non passe suaviter
carn. es. = de carnium esu vivi secundum Epicurum
Cat. Mai. = de Catone Maiore superst. = de superstitione
Cat. Min. =de Catone Minore Them. = de Themistocle
C. Gracch. = de Caio Gracho Thes. =de Theseo
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 51 *

Tib. Gracch. = de Tiberio et Gaio ed. J.Bake e D .Wyttenbach (1810)


Gracchis praef. = praefatio
Tit. = de Tito Preuschen, Apostg. = E. Preuschen,
tranq. an. = de tranquillitate anzmt Kommentar z. Apostelgeschichte
vit. dee. orat. = vitae decem orato- (1912)
rum Preuschen-Bauer=E. Preuschen, Grie-
Pseudo Plut.=Pseudo Plutarchus chisch-deutsches W orterbuch zu den
vit. poes. Hom. = de vita et paesi Schriften des N.T. und der ubrigen
Homeri urchristlichen Literatur, bearb. v. W.
Pognon , I nscr. Sém . = H.Pognon, In- Bauer 2 (1928)
scriptions Sémitiqu es ( 1907) Preisendanz, Zaub . = K. Preisendanz,
Pokorny =]. Pokorny, Indogermani- Papyri Graecac Magicae I (1928), II
sches etymologisches w
orterbuch (1931)
(1948 ss.) Preisigke, Fachworter = F. Preisigke,
Polyc. = Polycarpus Smyrnensis Fachworter des ofj-entlichen Verwal-
padre apostolico, morto martire nel 156 tungsdienstes Agyptens in den grie-
d. Cr. chischen Papyrusurkunden (1915)
ep. = epistula ad Philippenses Preisigke, Namenbuch = F. Preisigke,
èd. J.A.Fischer {1956); - Patres Ap. Namenbuch (1922)
Poli.= Iulius Pollux
da Naucrati in Egitto, dal 178 d. Cr. profes-
Preisigke, Sammelbuch =
F.Preisigke,
sore di retorica in Atene, lessicografo atti- Sammelbuch griechicher Urkunden
cista e grammatico aus Agypten (1915 ss.)
ed. I.Bekker (1846); ed. E.Bethe (1900) (per i documenti greci in Egitto)
onom. = onomasticum Preisigke, Wort. =F.Preisigke, Worter-
Polyaen. = Polyaenus buch der griechischen Papyrusurkun-
retore greco, dedicò nel 162 d. Cr. agli den (1924 ss.), continuato da E.
imperatori Mare' Aurelio e Vero i suoi Stra-
tagemmi , maldestra compilazione di valore Kiessling
antiquario Preisker, Neut. Zg. =H. Preisker, Neu-
ed. E.Woelffiin, R.Schoell e F .Melber testamentliche Zeitgeschichte (1937)
(1887) P.R.El. = Pirqe Rabbi Eliezer (Strack,
stra!. = strategica Einl. 217)
Polyb. = Polybius ed . G .Friedlander (1916)
di Megalopoli in Arcadia (circa 210-120 a. Prellwitz, Etym. Wort. = W.Prellwitz,
Cr.), venne in Roma nel 167, è il più gran-
de storico del periodo ellenistico Etymologisches W orterbuch der grie-
ed. Th .Bi.ittner-Wobst (1882-1904) chischen Sprache 2 ( 1905)
Porphyr. = Porphyr;us Pr( euss). Jahrb . = Preussische Jahrbii-
filosofo neoplatonico, il discepolo maggio· cher (1858-1935)
re di Plotino (232-304 d. Cr.) PrM = Protestantische Monatshefte
ed. A.Nauck 2 (1886)
abst. = de abstinentia (1897-1921)
antr. nymph. =de antro nympharum Procl . =Proclus
l'ultimo grande rappresentante del neopla.
adv. Christ . = adversus Christianos tonismo in Atene (410-485) d. Cr.)
(ad.) Mare. = ad Marcellam in Eucl. = in Euclidem commenta-
vit. Plot. = vita Plotini rius
vit. Pyth . = vita Pythagorae ed. G.Friedlein (1873)
Pos . = Posidonius inst . theol. = institutio theologica
di Apamea in Siria (circa 135-51 a. Cr.), ed. E.R.Dodds (1933)
appartiene alla Stoa di mezzo in rem pub!. = in Platonis rem pu-
52 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

blicam comm en tarius Pseud . Dem::'. tr. = Pseudo Demetrius


ed. W.Kroll (1899-1901) lo scritto 7tEpt EpµT)vElac; attribuito al pe-
in Tim . = in Platonis Timaeum ripatetico Demetrio detto Falereo, è invece
di epoca molto più tarda (probabilm ente
commentarius verso il 100 d. Cr.)
ed. E.Diehl (1903-1906) ed. L.Radermacher ( 1901)
Procop. Gaz. = Proco~ius Gazaeus Pseud. Long. = Pseudo Longinus
(circa 495-557 d. Cr.) ultimo rappresentan- vien rnsl determinato lo sconosciuto autore
te dell'antica sofistica dello scritto 7tEpt \hjJovç di argol1)ento cri-
ed. in MPG 87, 1-3 (1860 )
tico, risalent e al sec. I d. Cr.
Proc. Soc. Bibl. Arch. = Proceedings of ed. H. Lebègnc ( 19 39 ); A. Hos ta l!. ni ( 1947)
the Society of Biblica! Archeology sublim. = de sublimitate
(Lon<lon 1878-1918) Pseu<l. Oppian . = P seudo Oppianus
Prop . = Sextus Propertius lo sconosciuto autore dell'opera xvvl)yntxci
elegiaco romano del temp o augusteo dedicata all'imp eratore Caracalla
ed. C.Hosius ( 1932); M .Schuster ( 1954) ed . .f. G. Schneider (1 813 ); P. Boudreaux
Prosp. = Prosper Aquitanus Ps. Sa!.= Psalrni Salomonis
discepolo di S. Agostino (circa 390-455 d. raccolta di canti fa risaici del sec. l a. Cr.
Cr.); la sua Esposizio ne sui Salmi è una ed . ~ Rahlf; O .v. Gebhardr in TU 1.3 , 2
compilazione dal gran de Commento di San- (1895)
t' Agostino (Alt aner, §41 5) 1, 2 Petr. = epistula 1, 2 Petri (N.T.)
ed. in MPL 51 (1861) 2ì7 ss.
in ps. = expositio psalmorum
Protoevang. Iacobi =
Protoevangelium
Q
Iacobi (~ Evang . Apocr_)
Prud. = Aurelius Prudentius Clemens
poeta latino cristiano (circa 348-405 d. Cr.) Q = manoscritto trovato a Qumran .
ed. I.Bergmann in C.S.E.L., 61 (1926) Nelle sigle, lQ, 2Q, 3Q, ecc. signi-
Prov. = Proverbia (Salomonis) (A.T.) fica rispettivamente: manoscritto
Prov . r. ~ Midr. Prv. trovato nella 1, 2, 3 .. . grotta; p =
Ps. =Psalmi (A.T.) pesher, ossia « commento » al libro
Pseud.: un nome preceduto da que~ta biblico indicato dalla sigla seguente;
indicazione, quando non sia sotto le lettere a, b in esponente dopo una
Pseud., va cercato nel suo ordine al- sigla indicano diverse copie o varie-
fabetico, senza l'indicazione Pseud.; tà, o aggiunte dell'opera in questione
p. es. Pseud-Plat. - Plato lQpHab. ~ Midrash su Abacuc
Pseud. Amman.= Pseudo Ammonius ed. ~ Burrows I
adfin. vocab. diff = de adfinium vo- IQ.H. = Hodajot
cabulorum differentia Raccolta di composizioni liriche (Hodajot)
ed. ~ Sukenik
Lessico di sinonimi (circa 100 d. Cr )
ed. L.C.Valckenaer (1822) 1QM = rotolo della guerra (milhiima)
Pseud. Apollod. =Pseudo Apollodorus 1 QS = Il rotolo della regola (serek)
ed. R.Wagner in Mythographi Graeci, I della comunità
(1894) lOSa = Appendice di IQS
bibl. = bibliotheca lOSb = Altra appendice di lQS, con-
Pseud. Aristid. ::::: Pseudo Aristides tenente formale di benedizioni; an-
ed. L.Spengel in Rhetores Graeci l (1854); che 1Q28b
W.Schmidt in Rhet. Graeci 5 (1926)
Pseud. Callisth. =Pseudo Callisthenes Qid. = Qiddushin
trattato «Nozze» della Mishnà, Toseftà e
sotto il nome di Callistene, nipote di Ari- Talmud (Strack, Einl. 49)
stotele, ci è conservato un romanzo storico
su Alessandro il Grande Qoh. = Ecclesiastes (A.T.)
ed. W.Kroll (1926) Quint. = M. Fabius Quintilianus
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 53 *

scrilf orc e m segnante di retorica (circa 35- Reitzenstein, Poim. = R.Reitzenstein,


95 d . Cr.); di lui ci sono pervenuti inte- Poimandres ( 1904)
graln ~e ntL' i 12 libri della I nstitutio oratoria
ed . L.Radermacher (1907-1935) Rev. Byz. = Revue Byzantine (1915-
1916)
Rev. H. Philos. Rel. = Revue d'Histoi-
R re et de Philosophie Religieuses
(Strasbourg 1921 ss.)
R .(davanti ai nomi dei Rabbini) Rev. Th . Ph . = Revue de Théologie et
= Rabbi de Philosophie (1868 ss.), N.S. (1913
Rom. = cpistula ad R omanos (N .T .) ss.)
Rabb. = Rabbini RGG = Die Religion in Geschichte
rabb. = rabbinico und Gegenwart 1 (1909 ss .); 2 (19 27
Rabbinovicz, Var iae lect. = R. Rabbi- ss.) 3 (1957 ss.)
novicz, Variae lectiones in Mischnam Riggenbach, Komm . Hbr. = E.Riggen-
et in Talmud Babylonicum, 1-15 bach, Kommentar z. Hebriierbrief
(1867-1886) (1913); 2 3 (1922)
RAC = Realcxikon fi.ir Antike und KH. = Rosh hashàna
trattato «Festa di capodanno )> della Misb-
Christentum, hsgg. Th.Klauser ( 1941 nà, Toseftà e Talmud (Strack, Einl. 42)
ss.) Rhet. Graec. = Rhetores Graeci
Radermacher = L.Radermacher, Neute- ed. L.Spengel, I-III (1853-1856)
stamentliche Grammatik 1 (1911); Rhein. Mus. = Rheinisches Museum
2
(1925) fiir Philologie (1833 ss.); N.F. (1842
Rahlfs = Septuaginta, ed. A. Rahlfs ss.)
~(1952) RHR = Revue de l'Historie des Re-
RB = Revue biblique (fino al 1915: ligions (1880 ss.)
Interenationale) (1892 ss.), N. S. Riessler = P. Riessler, Altjudisches
(1915 ss.) Schrif tum ausserhalb der Bibel, iiber-
RE 3 = Realencyclopaedie fiir prote- setzt und erklart ( 1928)
stantische Theologie und Kirche, RivBibl = Rivista Biblica (1952 ss.)
fondata da J.Herzog 3 a cura di A. RL V = Reallexikon der Vorgeschich-
Hauck 1-211 ( 1896-1913) te, hsgg. M. Ebert 1-15 (1924-1932)
Rec.I.G. = Recueil d'Inscr. Graecques Rom. Mitt. = Mitteilungen des Kaiser-
ed . Ch. Miche! (1900 ); Suppi I (1912), II lich Deutschen Archaologischen Ins-
(1927)
tituts, Romische Abteilung (1886 ss.)
Recogn. Clem. - Ps. Clem.
Rohde = E.Rohde, Psyche, 9 10hsgg. O.
1,2 Reg. = 1,2 Regum (A .T .)
Weinreich (1925) (anche in trad. ita-
Reinhold = H.Reinhold, De Graecitate liana)
Patrum Apostolicorum Librorumque
Rohr., Hbr ., Rohr, Off. =L Rohr, Der-
Apocryphorum Navi Testamenti
H ebriierbrief und die Geheime Of-
quaestiones Grammaticae (1898)
fenbarung des hl. ]ohannes 4 (1932)
REJ = Revue des Ét. Juives (1880 ss .) Roscher= W.H.Roscher, Ausfuhrliches
Reitzenstein, Hell. Myst. = R.Reitzen-
Lexikon der griechischen und romi-
stein, Die HelleniJtischen Mysterien-
schen Mythologie (1884-1937)
religionen 3 (1927)
RQumran = Revue de Qumran
Reitzenstein, Jr. Erl. = R.Reitzenstein,
Ruth = Ruth (A.T.)
Das I ranische Er!Osungsmysterium
Ruth r. = Ruth rabbà
(1921)
54 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

Midrash su Rut (Strack, Einl. 213) Shabb. = Shabbat


trad. A.Wi.insche (1883) trattato «Sabato» della Mishnà, Toseftà e
RVV = Religionsgeschichtliche Versu· Talmud (Strack, Einl. 37)
che und Vorarbeiten (1903 ss .) Sh.E.(b.p.)=Shemoné esré, nella recen-
RW = Biblisches Realworterbuch v. sione babilonese o palestinese
G.B. Winer 3 (1847 s.) ed. ~ Dalrnan \V. }. I , 299 ss. Staerk
in Kl.T. 58, 2 (1930) li ss.
Sheb. = Shebiit
trattato «( Anno )settimo» o sabbatico, della
s Mishnà, Toseftà e Talmud (Strack Einl.
52 s )
S = codice Sinaitico Shebu. = Shebuot
S* = seconda mano del cod . S trattato «Giura menti» della Mishnà, To-
se/là e Talmud (Strack EinL 52 s.)
1, 2 Sam = libri 1, 2 Samuelis = 1, 2 Schenkel= D. Schenkel, Bibel-Lexikon
Regum (Vulg.) (A.T.) I-V, 1869-1875
SAB = Sitzungsberichte der deutschen Sheq. = Sheqalim
(fino al 1944: preussischen Akade- trattato «Sic/i (di impmta)» della Mishnà
mie der Wissenschaften zu Berlin Toseftà e Talmud (Strack, Einl. 52 s. )
(phil. hist. Klasse) Schlatter, Erl. = A.Schlatter, Erliiute-
SAHeid. = Sitzungsberichte der Hei- rungen zum Neuen Testament
4
delberger Akademie der Wissenschaf- ( 1928-1936) (rist. 1950-1954)

ten (philosoph.-hist. Klasse) (1910 .Schlatter, Gesch. d. Chr. =A. Schlatter,


ss.) Die Geschichte des Christus 2 ( 1923)
:Sallust. = Sallustius Philosophus .Schlatter, Gesch. erst. Chr. =A.Schlat-
contemporaneo e amico dell'imperatore Giu- ter, Die Geschichte der ersten Chris-
l~ano (361-363 d. Cr. ), offre nel suo libro
tenheit, BFTh II, 11 (1926)
nEpi DEWV xcxi x6crµou (de deis) un cate-
chismo della filosofia neoplatonica Schlatter, Gesch. Isr. = A. Schlatter,
•ed. A.D. Nock (1926), con trad. ingl. Die Geschichte Israels van Alexan-
SAMiinch = Sitzungsberichte der phi- der bis Hadrian 3 (1925)
losoph. - philologischen und histori- Schlatter, Jos. = A. Schlatter, Wie
schen K.lasse (dal 1931: der philos.- sprach Josephus van Gott?, BFTh
hist. Abteilung; dal 194 7: der phi- 14, 1 (1910)
los.-histotischen K.lasse) der Bayeri- .SL11latter, Komm. ]ak. = A. Schlatter,
schen Akademie der Wissenschaften Kommentar z. ]akobusbrief 1 (1932);
zu Milnchen (1860 ss.) ?(1956)
Sanh. = Sanhedrin Schlatter, Kor. = A.Schlatter, Paulus
trattato « Sinedrio» (sulla corte suprema e der Bote Jesu. Eine Deutung seiner
sue competenze) della Mishnà, Toseftà e Briefe an die Korinther 1 (1934);
Talmud (Strack, Einl. 51 s.)
Sap. = Sapientia Salomonis (A.T.) 2(1956)
Schlatter, Komm. ]oh.= A.Schlatter,
SAWien = Sitzungsberichte der Kai-
Kommentar z. ]ohannesev. 1 (1930);
serlichen (dal 1948: Osterreichi- 2
schen) Akademie der Wiss. in Wien (1848)
(philosophisch-historische K.lass·e) Schlatter, Komm. Lk. = A. Schlatter,
(1948 ss.) Kommentar z. Lukasev. (1931)
SBE =Sacred Books of the East Schlatter, Mk . = A.Schlatter, Markus,
ed. F.M.Muller (1879-1910) der Evangelist fur die Griechen
se.= sdlicet (1935)
SCh = Sources Chrétiennes, (1947 ss.) Schlatter, Komm. Mt. = A. Schlatter,
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 55

Kommentar z. Matthdusev. 1 (1929); jiidischen V olkes im Zeitalter Jesu


2
(1959) Christi, I 3 4 (1901); II 4 (1907); III
4
Schlatter, Fast. = A.Schlatter, Die Kir- (1909); IV 4 (Register) (1911)
che der Griechen im Urteil des Pau- Schwyzer = E.Schwyzer, Griechische
lus. Eine Auslegung seiner Brief e an Grammatik, I (1939) ; II hsgg. von
Timotheus u. Titus 1 (1930); 2 (1958 ) A.Debrunner (1950); III(Reigister),
Schlatter, 1 Pt. = A.Schlatter, Petrus hsgg. von D .J. Georgacas (1953)
und Paulus nach dem 1. Petrusbrie f Scott = W. Scott, Hermetica I-IV
(1937) ( 1924-1936)
Schìatter, Rom. = A.Schlatter, Gottes Seri pt. Hist. Aug. = Scriptores Histo-
Gerechtigkeit. Ein Kommentar zum riae Augustae
Romerbief 1 (1935); 2 (1959) raccolta di biografie degli imperatori ro-
Schlatter, Theol. d. Ap. = A.Schlatter, mani da Adriano a Numeriano ( 117-284 d .
Cr. ), rielaborazione fatta da diversi autori
Die T heologie der Apostel ~ (1922) del secolo IV d. Cr.
Schlatter, Theol. d. Judt.=A .Schlat- ed. D .Magie (1921 ss.); E.Hohl (1927)
ter, Die T heolo gie d. Judentums nach S. Deut. = Sifré Deuteronomium
d. Bericht d. Josef us, BFTh II , 26 Midrash tannaitico sul Deuteronomio
(Strack, Einl. 200 s.)
(1932) traci. G.Kittel (1922 ss.); H.L. Jungmann
Schleusner = ]. S. Schleusner, Novus ( 1960 ss.)
Thesaurus philologocriticus in LXX SDThF r = Studien zur Deu tschen Theo-
et reliquos interpretes Graecos ac logie und Frommigkeit (1938-1941)
scriptores apocryphos Veteris Testa- Semonides
menti (1820 s.) di Amorgo antico lirico greco giambogra-
Schlier, Eph. = H.Schlier, Der Brief an fo (sec. VII a. Cr.)
ed. - Diehl
die Epheser 3 (1962) ( trad. it. Bre-
Sen. = L. Annaeus Seneca
scia, Paideia , 1965) politico, poeta, filosofo stoico iatino (circa
Schlier, Gal. = H.Schlier, Der Brief an 4 a. Cr. - 65 d. Cr.)
die Galater 3 (1962) (trad. it. Bre- ben. = de beneficiis
scia, Paideia 1965) ep. = epistulae ad Lucilium
Schnackenburg, ]ohannesbriefe = R. Mare.= ad Marciam de consolatione
Schnackenburg, Die ]ohannesbriefe Sen. Rhet. =Seneca Rhetor
1
(1953); 2 (1963) (trad. it. Brescia, padre del filosofo; le sue Controversie ci
Paideia 1966). offrono un quadro della retorica romana del
primo periodo dell' Impero
Schniewind, Euang. = J. Schniewind, ed. A.Kiessling (1872)
Euangelion, BFTh II, 13.25 (1927- contr. = controversiae
1931) Sess. = Sessio
schol. = scholion (-a) Sext. Emp. = Sextus Empiricus
Schriften A.T. = Die Schriften des A. greco della Libia vissuto forse alla fine del
. T. , neu ubersetzt und fiir die Gegen- sec. Il, medico e filosofo; molto importan-
wart erklart, hsgg von H.Gunkel, H. ti le sue Pyrrh. Hyp . (Lineamenti pirro-
niani) per la conoscenza dello scetticismo e
Gressmann e altri 2 ( 1921 s.) di tutta la sua storia
Schrif ten N.T . = Die Seri/ ten des ed. I. Bekker (1842); ed. H .Mutschmann,
Neuen Testaments, neu iibersetzt J.Mau e K.Janacek ( 1912-1954)
und fiir die Gegenwart erklart, hsgg . gramm. = adversus grammaticos
von J.Weiss (1960); 3 hsgg. W.Bous- math. =
adversus mathematicos
set u . W. Heitmi.iller (1916 ss.) pyrr. hyp. = pyrrhoneae hypoty-
Schiirer =E. Schurer, Geschichte des poses
56 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

Sib. = Siby!lini libri Spatjudt. = Spatjudentum


raccolta di oracoli sibillini in 14 libri (del Stauffer, T heol. =E. Stauffer, Die T heo-
sec. V o VI d. Cr.), di propaganda reli-
giosa ebraica e anche cristiana (Altaner, 74) logie des N.T., 1 (1941); 3 (1948)
ed. J. Geffcken in G.C.S. 8 (1902) Steinleitner = F.Steinleitner, Die Beicht
Sickenberger, Rom., Kor. = J.Sicken- im Zusammenhange mit der sakralen
berger, Die Briefe des hl. Paulus an Rechtspflege in der Antike (1913)
die Romer und Korinther 4 (1932) Steinmann, Ag. = A.Steinmann, Die
Simonides Apostelgeschichte, ~( 19 34)
di Ceo (circa 556-468 a. Cr.) antico lirico Steinmann, Thess. und Gal. =A . Stein-
corale greco mann, Die Briefe, an die thessaloni-
ed. - Diehl
Simpl. = Simplicius ker und Galater (Die hl. Schrift ...
neoplatonico di Cilicia (sec. VI d. Cr.) hsg. von Fr.Tillmann, Bed.V),4(1935
ed. J. Schweighaeuser (1800); F. Di.ibner Stob. = Iohannes Stobaeus
(1840) chiamato così dalla sua patria Stobi in Ma-
in Epict. =commentarius in Epicteti cedonia (sec . V d. Cr.); raccolse a modo
enchiridion antologico, dividendo per argomento, brani
di più di 500 fra prosatori e poeti
sing. =singolare ed. C.Wachsmuth e O .Hense (1834 ss); ci-
sinon. = sinonimo tato con volume (I-IV) e pag.
sir. = siriaco ecl. = eclogae
Sir. = Jesus Sirach ~ Ecclus Strabo
S .Lev. =Sifré Leviticus geografo greco da Amasia nel Ponto (circa
63 a. C. - 19 d . Cr.)
Midrash tannaitico al Levitico (Strack, Einl.
200) ed. A. Meineke ( 1909-1913); H .L.J on es e
trad. J.Winter (1938) J.R.S. Sterrett (1917-1933)
S. Num. = Sifré Numeri Strack, Einl. =H.L.Strack, Einleitung
in Talmud und Midrasch ~(1921)
Midrash tannaitico ai Numeri (Strack, Einl.
201) Strack-Billerbeck = H.L.Strack e P.Bil-
ed. H. S. Horovitz (1917); trad. K. G. lerbeck, Kommentar zum N. T. aus
Kuhn (1959)
Talmud und Midrasch, I-V (Index
So/. = Soferim a cura di J. Jeremias e K. Adolph)
trattato « Scribi » estracanonico del Tal- 2
mud (Strack, Einl. 72 s. ) (1956)
ed. J. Miiller, 1878 StudOr = Studia Orientalia ed. Socie-
Soph. = Sophonias (A.T.) tas Orientali~ Fennica ( 1925 ss.)
Soph. = Sophocles Suet. =C. Suetonius Tranquillus
tragico greco ( 496-406 a. Cr.) (circa 75-150 d. Cr.) storico, scrisse biogra-
cd. A.C.Pearson (1924); P.Masqueray fie dei Cesari da Cesare a Domiziano
2 (1929); Fr. ~ T.G.F.
ed. A. P. Robinson (1925); ] . R. Rietza
Ai.= Aiax (1928); H.Ailloud (1931 s.)
Ant. = Antigone SVF~Arnim
El. = Electra Suic. Thes. = J.C.Suiceri, Thesaurus Ec-
Oed. Col. = Oedipus Coloneus clesiasticus e Patribus Graecis ( 1728)
Oed. Tyr. = Oedipus Tyrannus Suidas
Phil. = Philoctetes lessico del sec. X d. Cr., linguistico e an-
tiquario
Trach. = Trachiniae ed. G. Bernahrdy (1853); A. Adler (1928-
Sophocles, Lex. = E. A. Sophocles, 1938)
Greek Lexikon of the Roman and Sukenik = E.L.Sukenik, Otzar hamme-
Byzantine Periods, 5 (1888) (rist. gillot haggenuzot shebidé ha'univer-
1957) sita pa' ivrit, 1955 (ebr.); ediz. in-
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 57 *

glese T be Dead Sea Scroolls of the ten (1914); E.Schwartz (1888)


Hebrew University (1955) or. Graec. = oratio ad Graecos
Suppl. Com. = Supplementum Comicum Teh. ~ Toharot
ed. J. Demianc:rnk ( 1912) Teles = T eles philosophus
Suppl. Epigr. Graec. = Supplementum sec. III a. Cr.
Epigraphicum Graecum ed. 0.Hense 2 (1909)
ed. J.J.Hondius e altri 1923 ss.) Tem . = Temurà
Sus. = Susanna (A.T.) trattato «Commutazione» (di un animale
episodio di Susanna; libro indip endente nei per sacrificio ) della Mishnà, Toseftà e Tal-
mud (Strack, Einl. 57 s.)
LXX, mentre nella Vulgata occupa il c. 13
del libro di Daniele Ter. = Terumot
SymbOsl = Symbolae Arctoae trattato della Mishnà, Tose/ tà e Talmud
(5track, Einl. 34 s.)
ed. Societas Philologica C.:hristianiensis 1
(1922); continuato col titolo: Symb. Oslo- Tcrtull. = Q. Septimius Tertullianus
enses, ed. S. Eitrem e G. Rudberg 2 ss. scrittore latino africano (160-220 d. Cr.)
(1923 ss.) cd . A.Rcifferschcid e G.Wissowa e altri in
s.v. = sub voce CSEL 20.47.69.70.76. (1890-1957) ; edizio-
ne compl eta anche in CCh 1-2 ( 19.54)
Sym = testo di Simmaco anim. = de anima
traduttore greco dell'A.T. (c. 200 d. Cr .)
ed. J. II \'\faszink (1947)
5. zuttà Num. =Sifrè zuttà Numeri bapt. = de baptismo
Midrash frammentario del Libro dei Nu-
meri (Strack, Einl. 200 s.) Mare. = adversus Marcionem
ed. H .S.Horovitz (1917) mart. = ad martyras
nat. = ad nationes
praescr. haer. = de praescriptione
T haereticorum
Prax. = adversus Praxean
T. = Toseftà cd. G. Scarpat (1959)
(Strack, EinL 74 ss.) pud. = de pudicitia
ed. M. Zuckermandel ( 1880); G.K.ittel e K. Sc11pul. = ad Scapulam
H.Rengstorf (1933 ss.) ed . A. Quacquarclli (1957)
Taan. = Taanlt spect. = de spectaculis
trattato « Digiuno» della Mirhnà, Toseftà e ed. E. Castorina (1961)
Talmud (Strack, Einl. 43)
Val. = adv. Valentinianos
Tac.= Cornelius Tacitus
storico latino (circa 54/55-120 d. Cr.) virg. vel. = de virginibus velandis
Agr. = Agricola test. XII Patr. = Testamenta XII Pa-
ann. = annales trian::harum
scritto giudaico (del sec. II a. Cr.?)
dial. = dialogus de oratoribus ~radotto in greco (nel 50 d. Cr.?), redatto
Germ. =Germania tn. forma d~ discorsi rivolti dai 12 figli di
hist. = historiae Giacobbe az loro discendenti
ed. C.Halm-G.Andresen °(1929-1930); E. ed. R. H. Charles (1908); M. de Jonge
Koestermann I 7 (1952), II 8 (1957) (1964)
Tanh. = Tanhumà test. A. = testamentum Aser
raccolta omiletica, che prende nome da Rab- B. = Beniamin
bi Tanhumà (Strack, Einl. 204 s.) D.= Dan
L'edizione di S. Buber (1885) si distacca
notevolmente dalle altre G.= Gad
Tat. =Tatianus Ios. = Iosephi
siro, convertito al cristianesimo da Giu- Iss. = Isschar
stino, scrisse il Discorso ai Greci, con in-
tenti apologetici (sec. Il d. Cr.)
Iud. =
Iudae
ed. E.Goodspeed in Die altesten Apologe-
L. =Levi
58 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

N. = Nephthalim Eusebio
ed. L. Parmentier e F. Scheidweiler in GCS
R. = Ruben 19 2 (1954 )
S. = Symeonis Theod. = Theodorus Lector
Zab. = Zabulon scrisse una storia della Chiesa da Costan-
test. Abr. = testamentttm Abrahae tino al 518 d. Cr. (sec. VI d. Cr.)
Ad.= Adam ed. in MPG 86 , 1 (1865)
Sal. = Salomonis Theod . Mops. = Theodorus Mopsue-
(dell'inizio del sec. III) stenus
ed. CC. Mc Cown ( 1922) (circa 350-428 d. Cr.), amico del Crisosto-
Tg . = Targum mo e maestro di Nestorio, dal 392 Vescovo
traduzione aramaica o parafrasi di scritti di Mopsuestia in Cilicia, fu il più signifi-
antico! estame n tari cativo esegeta della Scuola antiochen<1; fu
condannato nel 431 e nel 553 quale rap-
Tg . I Est. = Targum I ad Esther presentante della teologia nestoriana (Alta·
T g. II Est. = T argum II ad Esther ner, 308)
Tg . ]. I = Targum Pseudogionata ed.MPG 66 (1859 i
Tg . ]. II = frammenti di T g. Theod. Stud. =Theodorus Studita
Tg . O. = Targum Onkelos di Bisanzio ( 759-826 d. Cr. ), monaco, fau-
tore della libertà di una Chiesa divisa dal-
T g. pal. = T argum palestinese al lo Stato
Pentateuco ed. in MPG 99 (1860)
T g. prof. =
T argum ai pro/eti enc. Theoph. =
encomium in Theo-
T.G.F. =Tragicorum Graecorum Frag- phanem
menta Theogn. = Theognis
ed. A. Nauck 2( 1889) elegiaco greco (circa 500 a. Cr.)
1, 2 Thess. =epistula 1, 2 ad Th essalo- ed. ~Diehl
nicenses (N.T.) TheolEx = Theologische Existenz heu-
Thackeray = H. St. ]. Thackeray, A te (1933-1941), N.S. (1946 ss.)
Grammar of the Old Testament in TheolQuart = Theologisch~ Quartal-
Greek according to the Septuagint schrift (1819 ss.)
(1909) TheolViat = Theologia viatorum. Jahr-
Thackeray, Lex. Jos. =H.St.J.Thacke- buch der kirchlichen Hochschule
ray, Lexicon to Josephus (1930 ss.) Berlin (1948 ss.)
ThBl = Theologische Blatter ( 1922- Theophan. = Theophanes Confessar
1942) (Homologetes)
Themist. = Themistius monaco bizantino (circa 75-818 d. Cr.);
filosofo (circa 317-388 d. Cr. ), eclettico, na- la sua Chronographia abbraccia il periodo
to in Paflagonia dal 284 all'813
ed. W.Dindorf (1832); vari editori in Com- ed. C. de Boor (1883-1885)
mentaria in Arist. Graeca, 5 ( 1899-1903) chronogr. = chronographia
Theocr. = Theocritus hom. = homiliae
di Siracusa, nato nel 305 circa a Cr. , poeta Theophil. = Theophilus
bucolico apologeta cristiano, eletto vescovo di An-
ed. U.v.W>ilamowitz in Bucolici Graeci tiochia nel 169, visse fino al 181
(1905); V. Pisani (1946); C. Gallavotti ed. ].Otto (1861); E.Rapisarda (1939); G.
(1948); A.S.F. Gow 2 (1952) Bardy (1948)
Theod. = testo di Teodozione, segnato (ad) Auto!. = ad Autolycum
anche con E> Theophr. = Theophrastus
traduttore greco dell'A.T. (c. 180 i Cr.) (circa 372-287 a. Cr.) discepolo di Aristo-
Theodoret. = Theodoretus tele e, dopo la sua morte, capo della scuola
scrisse nel 488/9 d. Cr., una storia della peripatetica
Chiesa in 5 libri; è fra i continuatori di cd . F.Wimmer (1854-1862)
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 59 *

char. = characteres neopitagorico del sec. I d. Cr., autore di


un com pendio p1 t a,~ orc g g1ant e dcl Timeo di
cd. G . Pasquali (1919); \Y/. Plankl (1947 )
O. Immisch (1923) Platone
ed. K.F.Hermann, Plato V ( 1852)
ign. = de igne
ed. A.Gercke (1896) Tisch. N.T. = C. Tischen<lorf, Novum
Thes. ling. Lat. o anche Th.l.L. = The- T estamentum Graece, ed. octava cri-
saurus linguae Latinae (1900 ss.) tica maior I (1869), II (1872), III
Thes. Steph. = Stephanus, Thesau- (1894)
rus Linguae Graecae (1831 - 1865; T.M. == testo masoretico ~anche Mas.
rist. 1954) Tob. = To bias (A.T.) '
ThLBl = Theologisches Li teraturblatt Toh. = Tohar6t
t ra!lato « Puri:J » de /! a M is!mà. To sc/là
(1880-1943) (e ufe m i sticame 11fr fn' r « I mpurità ·>) ( S1r<1c ,~,
ThLZ = Theologische Literatur-Zei- Einl. 61 s.)
tung ( 1876 ss.) trans. = transitivo
=
Thom. Mag. Thomas Magister Trench= R.Ch.Trench , Synonyma des
maestro di retorica e monaco dell'inizio N.T. , trad. tedesca (1907)
del sec. XIV
ed. in MPG 145 (1865) Tritois. = tritoi saia, terza parte d 'Isai<l
ThR = Theologische Rundschau ( 18 9 8- (capp . 56-66)
1917) NF (1929 ss.) Tit.= epistu!a ad Titum (N.T.)
ThSt = Theologische Studien (Utrecht TU = Tcxte und Untersuchungcn zur
1883 ss.) Geschichte der altchristlichen Litera-
ThStKr = Theologische Studien und tur (1883 ss.)
Kritiken (1828-1942)
ThT = Theologisch Tijdschrift (Lei-
u
den 1867-1919)
Thuc. = Thucydides
storico ateniese, scrisse la Guerra del Pelo- Unknown Gospel = Fragments of an
poneso (circa 460-3G9a. Cr.) di cui fu con- Unknown Gospel and Othe1' Earlv
temporaneo Christian Papyri .
ed. C.Hude ( 1898-1901 ); A.J.Jones e ].E.
1 TNT = Untersuchungen zum N.T.
Powel 2 (1942); O.Luschnat (1954 ss.); A.
Maddalena (1951 ss.) (1912-1938)
Th Wb = Theologisches Worterbuch
zum N.T., fondato da G. Kittel, con-
tinuato da G. Friedrich (1932); trad. V
italiana (~ GLNT), Paideia Edit.
Brescia (1963 ss.) v. = vedi
Tib. = Albius Tibullus v. = versetto; vv. = versetti
elegiaco latino dell'epoca augustea
ed. F.W.Lenz 2 (1937); M. Ponchont (1924);
v. = von
R. Helm (1958); W . Willige (1960)
var. = variante oppure varianti
Tillmann, Gefangbr. = M.Meinertz und Verg. = P. Vergilius Maro
il maggior poeta epico latino (70-90 a. Cr.)
F.Tillmann, Die Gefangenschaftsbrie- Aen. = Aeneis
fe des hl. Paulus 4 (1931) bucolica ~ ecl.
Tillmann, Joh.=F.Tillmann, Das Jo- ecl. = eclogae
hannesevangelium 4 ( 19 31) georg . = georgica
1, 2 Tim . = ep. 1, 2 ad Timotheum Vett. Val. = Vettius Valens
(N.T.) astrologo greco (sec. II d. Cr.)
Tim. Locr. = Timaeus Locrus ed. W .Kroll (1908)
60 * ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

Vg. = Vulgata fen (1903), 2 (1908)


Vis. Lsdr. = Visio Esdrae Wendt, Ag. =H.H.Wendt, Kommen-
libro 5 /6 di Esdra, d ue piccole apocalissi tar z. Apostelgeschichte 9 ( 1913)
cristiane del sec. I li I 1 I d. Cr. Weber=F.Weber, Judische Theologie
Vis . Is. = Visio lcsaiae (~ Asc. Is.) auf Grund des Talmud und verwand-
Vit. Ad.= Vita Adae et Evae ter Schriften 2 (1897)
scritto latino del gru ppo gi udeo-cristiano
dei libri di Adamo (Schiire r, III, 396 ss.) Weinreich, Ant. Heil. = O.Weinreich,
ed. W.Meyer ( 1878) Antike Heilungswunder, RVV VIII,
Volz, Esch. = P.Volz, Die Eschatologie 1 (1909)
der iiidisch en G cmeinde im n. tlichen Wellhausen, Mt. (Mc., Lk., ]oh.) =
Zcitaltcr 2 (1934) J.Wellhausen, Das Evangelium Mat-
vol. = volume; voi!. = volumi thaei (1904); Marci (1 903), 3 (1909),
Vrede, Kath. Br. = M.Meiner tz und W. Lucae (1904); Johannis (1908)
Vrede, Die katholischen Briefe Wendland, Hell. Kult. = P.Wendland,
•(1932) Die hellenistisch-romische Kultur
VT = Vetus Testamentum. Quarterly 2 3
(1912)
published by the International Orga- Wettstein=Novu m Testamentum Grae-
nisation of Old Testament Scholars cum ... opera et studio J.J.Wettstenii
(1951 ss .) (1751 s. )
\X'iegand, M ilet, Ergebnisse der Aus-
grabungen und Untersuchungen seit
dem Jahre 1899, hsgg. v. Th. Wie-
w gand (1906 ss .)
Wilcken, Ptol. = U.Wilcken, Urkunden
Waddington=Ph. Le Bas , W.H.Wad- der Ptolemiierzeit, I (1922-1927), II
digton, Voyage archéologique en (1935-1957)
Grèce et en Asie Min eure (1847- Wilke-Grimm=C.L.W.Grimm, Lexi-
1870) III: Inscriptions (Asie Mineu- con Graeco-Latinum in Libros N. T.
4
re, Syrie, Ile de Cypre) ( 1870) (1903) (G.Wilkii, Clavis N.T. Philo-
Walde-Hofmann =A. Walde e J. B. logica)
Hofmann, Làteinisches etymologi- Windisch, Barn. =H. Windisch, Der
sches Worterbuch 3 (1938-1956) Barnabasbrief ( 1920)
Walde-Pok. = A.Walde e J.Pokorny, Windisch, Hbr. =H. Windisch, Kom-
Vergleichendes W orterbuch der indo- mentar z. H ebriierbrief 2 ( 19 31)
germanischen Sprachen I (1930), II Windisch, Johbr. (1, 2, 3 )=H.Win-
(1927), III (1932) disch, Kommentar z. d. Johannesbrie-
Wohlenberg, Mk. =G. Wohlenberg, fen ( 1, 2, 3) - Windisch, Kath. Br.
Kommentar z. Markusevang. (1910) Windisch, Jakbr. =H.Windisch, Kom-
3
(1930) mentar z. Jakobusbrief ~ W., Kath.
Wohlenberg, Past. = G. Wohlenberg, Br.
Kommentar zu den Pastoralbriefen Windisch, 2 Kor. =H. Windisch, Kom-
(1906 ), 3 (1923) mentar z. 2. Korintherbrief 9 (1924)
Wohlenberg, Pt. = G. Wohlenberg, Windisch, Kath. Br. = H. Windisch,
Kommentar zu den Petrusbriefen Kommentar z u de n katholischen
3
(1923) Briefen 2 (1930); 3 hsgg. von H. Preis-
Wohlenberg, Th. = G. Wohlenberg, . ker (1951)
Kommentar z. d. Thessalonicherbrie- Windisch, Ptbr. = Windisch, Kommen-
l·: l.LNC:o DELLE ABBREVIAZIONI 61 *

tar z. d. Petrshric/en~ \Y./. Kat h. Br. scrisse un romanzo d'1n11mc (Ephcsiaca) nel
sec. I I (?) d. Cr.
Winer (Schmicdci) = G.B.Wincr, Gram- ed. G. D:ilmeyda ( 19.16)
matik des nt.lichen Sprachidioms
1
(1867), "(1894 ss .) bearb. von P.
Schmiedcl
Witkowski = S. Witkowski, Epistulae
z
privatae Graecae 2 ( 1911)
Zahn, Ag. = Th. Zahn Kommentar z.
WZKM = W·icncr Zcitschrift flir die
Apostelgeschichte :i '( 1 9 2 7 fino al
Kunde dcs Morgenlandcs ( 1887 ss.)
1932)
Zahn, Apk. =Th .Zahn, Kommentar z.
Apokalypse (1924 ss.)
X Zahn, Einl. = Th.Zahn, Einll'itu11g in
das N.T. 3 ! (1906), II (1907)
Xenoph. = Xenophon Zahn, Forsth. = Th. Zahn, Forschungen
di Atene (circa 430-354 a. Cr. ), discepolo
di Socrate, storico, filosofo zur Geschichte des nt.lichen Kanons
e~i.E.C.Marchant ( 1900-1920, in 5 volumi); (1881-1929)
C.Hude ( 2 1931); W.Mi.iri ( 2 1959); P.M:1- Zahn, Gal. = Th.Zahn, Kommentar z.
squeray, J. Hatzfeld, P.Chantraine e F.01- Galaterbrief 2 (1907), '(1922)
lier (1930-1960); G.Pierleoni (per gli opu-
scula, ~193ì) Zahn, ]oh.= Th.Zahn, Kommentar z.
Ag. = Agesilaus Johannesev. 3 4 (1912), ' 6 (1921)
an. = anabasis Zahn, Kan. =Th.Zahn. Geschichte des
ap. = apologia Socratis nt.lichen Kanons ( 1888-1892)
Ath. ~ Pseud. Xenoph. resp. Ath. Zahn, Lk. = Th.Zahn, Kommentar z.
cyn. ~ Pseud. Xenoph. Lukasev. (1913), 3 4 (1920)
Cyrop. = Cyropaedia Zahn, Mt. = Th.Zahn; Kommentar z.
ep. ~ Pseud. Xenoph. Matthausev 2 (1905), 4 (1920)
eq. = de equitandi ratione Zahn, Rom.= Th. Zahn, Kommcntar z.
eq. mag. = de equitum magistro Romerbrief '.f_-191 O), 3 ( 1925)
Hiero ZA W = Zeitschrift fiir die alt.liche
hist. Graec. = historia Graeca Wissenschaft (1881 ss.)
mem. = memorabilia Socratis ZDMG = Zeitschrift der Deutschen
oec. = oeconomicus Morgenlandischen Gesellschaft ( 184 7
resp. Lac. = respublica Lacedaemo- SS.)
morum ZDPV = Zeitschrift des Deutschen Pa-
sym. = symposion lastina-Vereins (1878 ss.)
vect. = de vectigalibus ZdZ = Zwischen den Zeiten ( 1923-
venat. = de venatione 1933)
Pseud. Xenoph. = Pseudo Xenophon Zeb. = Zebahim
trattato « Sacrifici cruenti» della Mishnà,
cyn. = cynegeticus Toseftà e Talmud (Strack, Einl. 55)
ep. = epistulae ZhTh = Zeitschrift fiir die historische
resp. Ath. = respublica Athenien- Theologie (1832-1870)
sium
scritto di un oligarchico della fine del
=
ZKG Zeitschrift fi.ir Kirkengeschich-
te (1877 ss.)
sec. V
ed. E. Rupprecht (1939); M. F. Galiano ZMR = Zeitschrif t fiir Missionskunde
(1951); M . Gigante (1953) und Religionswissenschaft ( 1886-
Xenoph. Ephes. ,,,:, Xenophon Ephesius 1938)
62 "' ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

ZNW =Zeitschrift fiir die nt.liche Kirche (1891 ss.)


Wissenschaft und die Kunde des Ur- ZverglSpr = Zeitschrift hir vcrgleichen-
christentums (dal 1921: und die de Sprachforschung auf dem Gebiete
Kunde der alteren Kirche) (1900 ss.) Jes Deutschen , Griechischen und La-
ZPK =
Zeitschrift fi.ir Protestantismus teinischen (dal 1877: auf dem Ge-
und Kirche (1838-1876) bie te der indogermanischen Spra-
ZSem = Zeitschrift flir Semitistik und chen) (1852 ss.)
verwandte Gebiete (1922-1935) ZWL = Zeitschrift fi.ir kirchli che Wis-
ZsvstTh= Zeitschrift hir sys tematische senschaft un<l kirchlichcs Lebe n
Theologi e (1923 ss.) (dal 1959: (1880-1889)
Neue Z .... ) 7. J fh = Zeitschrift fi.ir wisscnschaftli -
ZThK = Zeitschrift fur Theologie und chè Thcologie ( 1858 -19 14 )

ABBREVIAZIONI IN CARATTERI GRECI

aÀÀ.. = la colonna della ~ Esaola in- Quando un libro biblico è citalo con abbre-
viazioni greche, il rimando è fatto alla ver-
dicata con aÀ.À.oç .
sione dei ~ LXX. in quanto si distacchi dal
e = testo di Teodozione ~ Thcod. ~ T. M. Per es.:
lj; = Psalmi, nel testo dei ~ LXX
1 Bcw. = 1 Reg., nel testo dei~ LXX
~EU"t'. = Deuteronomio, nel testo dei
LXX
'nrr. = Osea nel testo dei ~LXX

t questa crocetta premessa a un termine indica che nella trattazione vengono citati
tutti i passi del N.T. in cui quel termine fìgura.
ABBREVIAZIONI DEI LIBRI BIBLICI

ANTICO TESTAMENTO

Gen . Genesis Sap. Sapienti a Salornonis


Ex. Exodus Ecclus Ecclcsiasticus (LXX Sir.)
Lev. Lcviticus ls. Isaias
Num. Numeri Ie r. Jeremias
Dt. Deuteronomium Bar. Baruch
Ios. Iosue Lam. Lamentati ones
Iud. Iudices Ep. Ier. Epistula leremiae (V g. Bar. c. 6)
Ruth Ruth D,miel (V g. c. 13 = Susanna; 14
1-2 Sam. (=LXX 1-2 Regnorum; Vg. 1-2 ::::Bel et D raco)
Regum) Ezcch. Ezechiel
1-2 Reg. ( =LXX 3-4 Regnum; V g. 3-4 Dan. Dan iel
Regum) Mal. Malachias
1-2 Par. 1-2 Paralipomenon Os. Oseas
1-3 Esdr. 1-3 Esdrae ( = Vulg. 3 Esdr. Am . Amos
[apocr.J, Esdr. I+II [=T. Mie h. Michaeas
Mas. Esdr. , c. 1-10; Neem. c. Ioel Ioel
11-23]) Abd. Abdias
Tob. Tobias Ion. Ionas
Iudith Iudith Nah. Nahurn
Esth. Esther Abac. Abacuc
lob lob Soph . Sophonias
Ps. Psalmi Ag. Aggaeus
Pr. Proverbia Zach. Zacharias
Ecci. Ecclesiastes (hebr-Qohelet) 1-4 Mach. 1-4 Machabaeo rum ( 3-4 apocr.)
Cant. Canticum Canticorum

NUOVO TEST AMENTO

Mt. Evangelium Matthaei 1, 2 Thess. E pist . ad Thessalonicenses 1, 2


Mc. Evangelium Marci 1,2 Tim. Epistulae ad Thirnoteum 1, 2
Le. Evangelium Lucae Tit. Epistula ad Titum
Io . Evangelium Ioannis Philm. Epistula ad Philemonem
Act. Actus Apostolorum l-Iebr . Epistula ad H ebraeos
Rom. Epistula ad Romanos Iac. Epistula I acobi
1, 2 Cor. Epistulae ad Corinthios 1, 2 1, 2 Petr. Epistulae Petri 1, 2
Gal. Epistula ad Galatas 1-3 Io. Epistulae Ioannis 1-3
Eph . Epistula ad . Ephesios Iudae Epistula Iudae
Phil. Epistula ad Philippenses Apoc. Apcx:alypsi s Ioannis
Col. Epistula ad Colossenses
TRASCRIZIONE DELLE PAROLE SEMITICHE

Le parole ebraiche sono trascritte in caratteri latini nel sistema semitico corrente,
indicato dalla seguente tabella:

a patah
b (con e senza dagd lene; e così à qàmes
con tutte le begadkefat, eccetto a hatef - patab
p, f) -à qàmes con -h finale
bb (dagef forte: e così m ogni caso -àh qàmef con -h e mappik
di dagef forte) e se gol
g (vedi b) è seré
d (vedi b) e ha!ef - se gol
h e sere e sego! con j
V.' hireq
z hireq con i
l:i 6 holem
! o qàmes ha!uf
l o hatef qàmes
k (vedi b) ò o con w
1 u qibbuf
m ù u con w
e
n s'wà' pronunciato
s

p.f Una parola ebraica tra i due aptct


~ ' è lezione delle versioni antiche
q
r
s Le parole non vocalizzate nel testo
s tedesco (specialmente radici verbali)
t (vedi b) sono riferite di norma senza vocali.
GRANDE LESSICO DEL NUOVO TESTAMENTO
t A n (-+ 1tpw-.oç, l:'crxa-.oç)

È l'accostamento, tipico dell ' Apoca- culazione ellenistica che potrebbe esse-
lisse, della prima e dell'ultima lettera re giunta all'autore dell'Apocalisse o
dell'alfabeto greco. In bocca a Dio: 1,8: direttamente nell'ambiente dell'Asia
É:yw dp.i i:ò èiÀ.qm 1 xa.i. i:ò
2
w, À.Éyn Minore o mediatamente - come certi
XUp~oç O lJEOç, O WV XO:L Ò Tjv XCX.L Ò fatti fan pensare - attraverso il giu-
Épx6µEvoc;, b 7to:vi:oxpa-cwp; 2,16: Éyw daismo palestinese. Ma di queste con-
-cò aÀ.cpa xai. -cò w, li à:px'I) xa.i. 'tÒ cezioni ellenistiche (riguardanti i pre-
i:ÉÀ.oç. In bocca a Cristo: 22 ,13 : Éyw dicati dell'Eone Dio) non vi sono trac-
-cò aÀ.cpa xai. i:ò w, ò 7tpowi:oc; xa.I. b ce nell'Apocalisse o, se vi sono , non
foxa. -roc;, li cipx'I) xa.ì, i;ò -rÉÀ.oc; 3 • sono riscontrabili~ a e w per l'autore
L'espressione ritorna, sempre sulla boe-, dell'Apocalisse non è altro che l'espres-
ca di Cristo, in 1,17: Éyw dµi o sione più concisa e semplice dell'anti-
7tpw-roc; xa.i. b foxa-coç xaì. ò swv, e tesi caratteristica dell' A. T. 7tpw-coc;/
in 2 ,8: '"CrXOE À.ÉyEL b 7tpw-coç Xt'J.L ò foxa-roç. Coerente alla sua convinzione
Eo-xcnoç. fondamentale, l'autore cristiano della
Ci spiegano il significato di a./w Apocalisse riferisce ora a Dio ora a
correlativi cipxiJ/ -cÉÀ.oç e 7tpw-roc;/foxa- Cristo quel predicato di perfezione su-
"t'oc;: Dio e Cristo, l'inizio e la con- prema che la concezione anticotesta-
clusione, il creatore e il perfeziona- mentaria e profetica riservava a Dio.
tore, colui « dal quale e per il quale » Così pure è significativo il fatto che
tutto esiste. egli amplifichi e illumini il concetto di
È probabile che la contrapposizione 7tpw'toç/foxa.'toc;, implicito in a/w, fa-
alfabetica a/ w sia un'eco della spe- facendo ricorso all'espressione o w-v,

A n. Bibliografia. Magie, (1925), pp. 17 ss., 122 ss.


Commenti all'Apocalisse: A. ScHLATTER, Das A .T. i. d. ;o. Apok.,
BoussET, pp. 190, 458. (1912), p . 13.
CHARLES, (1920) I, p . 20, II p. 220. KAUFFMAN-KOHLER, J. E., I (1901), pp. 438 s.
ZAHN, A., p. 178.
1
w
Cosi (dÀ.qia in parola, c.cme segno) in
tutta la tradizione antica: H. C. HOSKIER,
LOHMEYER, Apok., p. 11, 165, 176.
Concerning the text of the Apocalypse, II
Altra bibliografia: (1929), p. 36; all'epoca del N.T. non si po-
STRACK-BILLERBECK, I, pp. 156, 814 cc.; II, teva scrivere che w dato che il nome w µÉyoc
p. 362 , 546, 693; III, p. 157, 709. è sorto soltanto molto dopo. Cfr. E. NESTLE,
F. BoLL, Sphaera, (1903), p. 469 ss. Philologus 70 (1911), pp. 155 s.
In., Aus d. off. Ioh., ' (1914), pp. 26 ss. 2
ree. + à.pxTi xa.t 'tÉÀ.oç.
3 Inoltre in 1,11 (è Cristo che parla), ree.
REITZENSTEIN, Poim., pp. 256 ss .; Iran. ErlOs.
p. 244. + Èyw e:LµL 'tÒ A xa.t -.ò n, e!> 'ltpW'tO<; xa.t
F. DoRNSEIFF, Das Alphabet in Mystic u. e!> foxa,.oç.
7 (l,1) A n (G. Kittel) (I,2) 8

nome antico-testamentario di Dio, in- Il Reitzenstein rimanda ai paralleli


tegrata con ò Tjv xaì. ò ÈpxoµEvoc,. A mandaici riferiti dal Lidzbarski, Liturg.
questa formula il participio ÈpxoµEvoc, 130 ss .: « Tu sei il primo, Tu sei
l'ultimo. Tu sei il futuro che devi ve-
conferisce l'impronta cristiana: l'accen-
nire » 6 • Ma il rimando è inutile, dal
no alla Parusia dà all'id ea della divi- momento che abbiamo un riscontro
nità intesa come principio e fine , co- così preciso nell'A.T. Del resto la frase
mune anche ad altre reli gioni, la dina- mandaica a giudicare dall'espressione
micità che è propri a dell'originaria con- « che devi venire » si direbbe che di-
cezione cristiana di Dio e del Cris to 1 • penda dall 'Apocalisse anziché esserne
la fonte 7 •
L'espressione 7tp<7noc, xaì. foxa-çoç Simboli alfabetici si trovano sia nel-
ricorre nell'A.T., ma non è mai sosti- l'ellenismo che nel giudaismo rabbinico.
tuita dalla prima e dall'ultima lettera L'ellenismo indica con le lettere del-
dell'alfabeto. Is. 41 ,4 LXX: Èyw ì}Eòc, l'alfabeto greco la giornata religiosa, di
npw-çoc,, xaì. dc, -çà È7tEpx6µEva Èyw dodici o ventiquattro ore, degli Egi-
dµL 44,6 nel T. M. : « Io sono il primo ziani e designa inoltre con l'alfabeto
e l'ultimo ('ani ri' shém wa' ani )aharon) le dodici costellazioni zodiacali. Poiché
e non vi è altro Dio al di fuori di l'alfabeto greco ha ventiquattro se-
me »; LXX: Èyw 'ltpw'toc; xaì. Èyw µE-çà. gni si dov~ttero attribuire due let-
'tau'ta.., nÀ 1)v ȵou oùx fo't'w i)E6c,. tere ad ogni costellazione. Si ebbero
48,12 nel T.M.: «Io sono lo stesso 5 , perciò due sistemi: nel primo venivano
Io sono il primo e sono pure l'ultimo »; accoppiate la prima e la tredicesima
LXX: Éyw ELµL 7tpW't'OC, xa..l ElµL dc; lettera, la seconda e la quattordicesima
"tÒV a..iwva. (Ariete = a../'IJ, Toro= B/ç, ecc.), nel
I LXX hanno np17.>'toc;, ma, non osan- secondo si univano la prima e la ven-
do riferire foxrnoc; (' abaron) a Dio, tiquattresima, la seconda e la venti-
ricorrono ad una perifrasi. Quindi l'au- treesima (a/w, BI~ ecc.). Quest'ulti-
tore dell'Apocalisse con il suo foxa"tOC, ma combinazione fu trasferita dallo
si rifà al testo primitivo ( Schlatter) e gnostico Marco all' &.À:r1ikta (testa =
così fanno la maggioranza dei testi rab- a/w, collo = B/4', ecc.). Tutto il siste-
binici, che citeremo in rapporto al sim- ma poi indica l'universo, il x6crµoc;,
bolo alfabetico di I s. 44 ,6 (vedi sotto). l'Ai.wv. Riferendo a Dio e a Cristo la

4
Questa concezione è ricordata come an- p. 135 , n. 1.
tica, e in particolare orfica, da Plat. Leg. IV 6
« Il primo » si trova più volte in Lrnz-
715 d e dallo scolio relativo (CHARLES II BARSKI, Ginza VI, pp. 16 ss. ( « Egli è l'alto
220). Una espressione palestinese, ma con re della luce, dall'inizio per tutta l'eternità,
ogni evidenza di origine straniera, dello stesso il Primo fin dalla prima origine, il Creato-
concetto si trova in Ios. Flav., Ap. II, 190; re ... ») tanto per citare un esempio.
Ant. VIII, 280. Per le espressioni indiane 7
Cosl pure nel frammento mankheo M 10
parallele di queste « idea di tutti i popoli » citato dall'Andreas in REITZENSTEIN, Das
vedi WEINREICH, A.R.W. 19 (1916/19) p.181. mandèiische Buch, 1919), p. 47, è evidente
5
Per il significato di hU' cfr. GESENIUS K. la dipendenza da Apoc., 22,13.
9 (I ,2) A n (G. Kittel) (1,2) 10

prima e l'ultima lettera dell'alfabeto ('alef-tau) , la seconda e la ventune-


l'autore dell'Apocalisse non farebbe che sima (b et-sin) , l'undicesima e la do-
trasporre i prediclti dell'Eone Dio 8• dicesima (kaf-lamed) (b. Schab. 104 a;
I r a b b i n i conoscono quattro usi Nu. r. 13, comm. a 7,19; 18 comm.
diversi della prima e dell 'ultima lettera a 16,35 verso la fine). Questi sistemi,
dell'alfabeto: che servivano esclusivamente allo scam-
1) Vi è l'espressione tradizionale bio delle lettere per la scrittura segreta
« osservare la Torà da 'alef a tau» che e forse anche per esercizi mnemonici
significa osservare tutta la Torà. L'in- nella scuola , non hanno più nessun
troduzione di b. Shab. 5.5 a: tannaj rab- valore astrologico, ma nell a forma cor-
bi ] usef mostra che Habbi Josef morto rispondono esattamente ai sistemi alfa-
nel 333 cita una tradi zione tannaitica. betici dell'astrologia ellenistica.
Poiché l'autore dell'Apocalisse non P erciò è difficile che possano essere
pensava certo all'equazione Cristo = sorti indipendentemente da questi, tan-
T ora, il suo a./ w non può avere qu es to to più che la tradizione dice che furono
signifìcato. introdotti da ambienti stranieri 10 .
2 ) M en. 8,1 ss. T. Men. 9,5: una 4) Una argomentazione intesa a sta-
località è l'alfa ('alfa') ossia la miglio- bilire che 'MT ( 'emet) « verità » è il
re per olio , farina , vino, ecc. Poiché sigillo di Dio perché è composta dalla
il nome della lettera greca , seppure in prima lettera dell'alfabeto ('), dalla
contesto ebraico, è preso come voca- mediana (M) e dall'ultima (T) - cosa
bolo greco , l'espressione dev'essere sta- che sarebbe conferma di Is. 44 ,6 -
ta composta in alfabeto greco o in una si trova solo a partire dal sec. III
discussione con Greci 9 • Entrambe le d. C.: ma ciò non esclude eh.e possa
espressioni dimostrano che l'uso sim- essere anche più antica (Gen . r. 81,
bolico della prima e dell'ultima let- comm. a 35,1; Cant. r., comm. a 1,9;
tera non era estraneo al giudaismo diversamente;. Sanh. 18, verso la fine).
del periodo tannaitico. L'uso della lettera m, che è al centro
3) Srino del sec. III d. C. i siste- dell'alfabeto greco di ventiquattro let-
mi alfabetici di Albam e di Atbash. tere ma non di quello ebraico, che
II sistema Albam alterna la prima e ne ha ventidue, mostra che qui si fa
la dodicesima ('alef-lamed), la seconda, ricorso a speculazioni ellenistiche; lo
e la tredicesima ( bet-mem ), l'undice- stesso si dica della spiegazione del
sima e la ventiduesima ( kaf - tau ) ; « mezzo » che si inserisce fra « il pri-
l'Atbash la prima e la ventiduesima mo » e l' « ultimo », che non si trova

8 Bon, Sphaera, 469 ss.; REITZENSTEIN, che significa che gli interlocutori sono greci.
Poim. , p. 261. (Gn. r. 14, comm. a 2,7; 20, comm. a 3,16;
9 Ciò è confermato dal fatto che quando Nu . r. 4, comm. a 3,40; j. Jeb. 5 d A).
in una discussione sul settimo e ottavo mese 10 b. Shab. 104 a: «I Rabbini dissero a

di gravidanza si imposta la dimostrazione R. Joshua b. Levi: sono venuti ora dei fan-
sulle lettere e sui numerali greci zj( 'ft' '#' ciulli nella scuola e han detto cose che non
'wkt' questi sono introdotti con le parole « lo furono dette nemmeno ai giorni di Joshua b .
ve lo dimostro anche con i vostri mezzi », il Nun ». Cfr. anche DoRNSEIFF, pp . 17 s.
11 (I,3) 'Aa.pw\I (K. G. Kuhn) (I,3) 12

in Is. 44,6, ma è presente in greco. L'autore dell'Apocalisse probabilmen-


Giudaico invece è l' accostamento ad te ha attinto il simbolismo di a../ w .non
I s. 44 ,6 e l'interpretazione alfabetica direttamente dall'ellenismo, ma passan-
di « verità » (che si adatta soltanto do attraverso il pensiero palestinese.
alla parola ebraica). Perciò lo gnosti- Di ciò abbiamo due indizi assai pro-
co ellenistico Marco (contemporaneo di banti: 1) il richiamo al npC:noc; xcx.~
Ireneo) che interpreta alfabeticamente foxcx."t'oc::; di Is. 44,6 conforme alla
l'à.À:riiJw.x. è indubbiamente influenza- speculazione rabbinica ; 2) il fatto che
to dal linguaggio giudaico o cristiano . egli risalga alla forma ebraica della
Quindi la teoria giudaica è più antica parola e non a quella della versione
di Marco , e di conseguenza anche della dei LXX .
co<lincazione della nostra tradizione . G. KrTTEL

'Aapwv

1. Heb. 5,1-9: Cristo è il Sommo 2. Heb. 9,4: la verga di Aronne di-


Sacerdote. Lo dimostra il confronto venuta miracolosamente verde (Num.
con il sommo sacerdozio di Aaron e 17 ,16-26) si trovava, insieme all'urna
della sua discendenza: a) Aronne fu con la manna e alle tavole della
chiamato al sacerdozio non dagli uomi- legge, nell'arca dell'alleanza nel sancta
ni, ma da Dio 5,41, b) il Sommo Sa- sanctorum del tabernacolo. La sua con-
cerdote della stirpe di Aronne può servazione non accanto, ma dentro l'ar-
µE"t'pto'lta.ikiv 'to~c; à:yvooùow xcx.t 'ltÀ.cx.- ca è stata dedotta da N um. 17 ,25:
vwµÉvoLc::;, È'ltd xcx.t CX.V'tÒc; 'ltEplXEL'tCX.L li/né ha'edut. Ma quest'espressione si-
ào-iJÉvncx.v 5,2 2 • Ma il supremo sacer- gnifica soltanto che la verga di Aron-
dozio di Cristo è molto più alto di ne fu collocata nel sancta sanctorum
quello transitorio (Heb. 7,23 ss.) e in- (davanti all'arca).
sufficiente (7,27) degli Aaroniti, anzi Così ha interpretato la frase anche
è di tutt'altro genere: non xcx.'tà 't-f)v la tradizione giudaica (T. Jo mà 3, 7,
'taçL\I 'Acx.pwv 3, ma Xcx."t'à 'tTJ\I 'taçw ~ v. Strack-Billerbeck III 739). Nella
precisa descrizione del contenuto del-
MEÀ.XLO"ÉOEX 7,11 (cfr. 'l' 109,4).
1' arca (tavole della Legge e rotolo della

'Aa.pwv. Vedi l'articolo « Aaron » in E. J. "t'oihov TIP1J"t'O.t !.e:pÉa..


pp. 11 ss., specialmente 13-21. 2 Questo concetto è estraneo al giudaismo

I Cfr. Ex. 28,1; Num. 18,1; lo stesso con e anche per l'autore esso ha valore solo in
cetto si trova in Tanh., qrh 218 a (Par.: funzione del confronto con Cristo (Heb.
Midr. Ps. 2, § 3 [13 a]. STRÀCK-BrLLERBECK 5,8 s.).
III 304,688); e anche in Ios. Ant. III 190: 3 'A. nei LXX e nel N.T. è indeclinabile;
ò De:òç 'Aa.pwva. -tfjç -t1.µfjç a~tov lxpwe: xa.I BL. DEBR. § 53,1; HELBING p. 58.
13 (1,3) 'A(3cxòòwv (J. Jeremias ) (I,4) 14

Torà e della disposizione di questi og- Lev. 1,5 e passim). Ma non si trova
getti che si legge in b. BB 14 a/b non nell'A.T. e nemmeno in Filone, in
vengono menzionate né la verga di
Giuseppe e nei rabbini ed è quindi
Aronne né l'urna della manna ; e di
qui si può dedurre con certezza che estranea all'uso giudaico.
esse, secondo i rabbini , non si trova-
La letteratura rabbinica usa per
vano nell'arca 4• È soltanto nel rabbi-
esprimere questo concetto o bat kohen
nismo medievale che si comincia a
= figlia del sacerdote (per es. Ter. 7,2 ;
discutere se esse si trovassero dentro
cfr. Lev. 21,9) oppure kohenet = sa-
l'a rca o davanti ad essa 5 .
cerdotessa (per es. Sotà 3,7 ). Così pure
in Filone (5 pec. le g. I , 111) si legge
3. Le. 1 ,5: Elisabetta Èx -cwv ituya- Ì.EpÉwv ituya-c(pi::ç accanto a Ì.Épt.Lct (ib .
-r:Épwv 'A. = di stirpe sacerdotale . 110). Non è il caso di ricorrere a
b. Er. 53 b ('hrwnjt = « Aaronide )) )
La designazione è analoga all 'espres-
perché in questo caso si tratta solo di
sione molto comune nell'A.T. bené un gioco di parole.
'aharon (figli di Aronne = i sacerdoti: K. G. K UHN

t 'A0aoowv

Nel N.T. ricorre solo in Apoc. 9,11. 'abad) in ]ob 26,6; 28 ,22 ; Prov. 15
È il nome di un angelo infernale, del 11; Ps. 88,12 indica il mondo dei
morti (~ (i.oT]ç) 1 ; i LXX hanno chW-
« re » degli scorpioni-centauri che tor-
ÀELa. La personificazione di abaddonJ

mentano gli uomini alla fine dei tem- che si trova in lob 28 ,22 , dove ven-
pi. Il nome è tradotto in greco con gon fatti parlare )abaddon e màwet
~ 'A7to).J. . uwv = il distruttore. È (= morte), ha dato origine all'idea di
caratteristico dello stile apocalittico un angelo infernale, che in Apoc. 9,11
l'uso dei nomi ebraici nel testo greco. è identificato con il principe dell'in-
ferno (Hen. aeth. 20,2; Apoc. Eliae
Il nome deriva dall'A .T. In esso Steindorff 10,7 ss. 2; b. Sanh. 52 a; b'.
J abaddon (luogo di corruzione, da Shab. 104 a; b. Ar. 15 b) 3 .

4T . Sotà 13,1 (Par.: b. Jomà 52 b; b. Hor. LoHMEYER, Apok., pp . 77 ss .


12 a; Ab d R N § 41) non dice nulla sulla STRACK-BILLERBECK III , pp. 809 s.; IV, 1088·
conservazione dentro o davanti all'arca; con- 1091 s. '
tro RIGGENBACH, Hbr., p. 246, n. 85, e 1 Nella letteratura rabbinica 'abaddon eo-
FRANZ DELITZSCH, Hbr., (1857), p. 361. me appellativo indica distruzione, come no-
5 A favore della prima tesi sta per esem- me proprio il luogo della dannazione =Ge-
pio Levi b. Gerson (sec. XIII); cfr. i com- henna (STRACK-BILLERBECK III 810, IV 1078)
menti a 1 Reg. 8,9 nelle Bibbie dei rabbini. 2 T.U. 17,3 a (1899).
3 STRACK-BILLERBECK III 809' IV 1088
'A(3aoowv. Cfr. BoussET, Apok., p. 301. 1091 ss . '
15 (1 ,4) cif3f3ii (G. Kittel) (l,5) 16

La traduzione greca 'ArtoÀÀ.uwv si ricordi che già Eschilo, Ag. 1082, fa-
spiega: 1) con ciitwÀEW. dei LXX; ceva derivare il nome del dio da
2) col ricordo di Apollo, dio della &.7t6À.À,vµ~.
peste e demone del soffocamento; si ]OA CHIM }EREMIAS

A. 'abbà' nel giudaismo ban Gamaliel e di altri: bét 'ab ba' « ca-
sa di mio padre» (Pea 2,4 ecc.). È
In aramaico 'abba' è Io stato enfa- particolarmente significati vo il fatto
tico di 'ab = padre. Nell'uso costante che uniti ad 'abbii' possono trovarsi sia
del periodo mishnico e targumico esso il termine ebraico senza suffisso hà 'ab,
sia le forme col suffisso normale 'aht
è pure la forma con il suffisso prono-
(fratello mio) , beni (figlio mio) , 'abtkà
minale di prima persona singolare (pa- (padre tuo). N ed. 11,4: « Che io non
1
dre mio) , e può essere anche la forma faccia nulla per mio padre ('abbà'), o
con quello di prima persona plurale (pa- per tuo padre ('iibtka), o per mio fra-
dre nostro) . La parola può essere anche tello ('ahi) o per tuo fratello ('ahlkii) ».
titolo 2
e nome proprio3 • Non è mai Git. 7 ,6: « Ecco un libello di ripudio
con la condizione che tu serva mio
rìferita a Dio, mentre nella formula
padre ('abba' ) e nutra mio figlio (b •nt) ...
« padre mio che sei nel cielo » si è Se muore il figlio ( habben) o se muore
conservata la forma 'abz (~ mX.'tTJP ). il padre (hii'iib) ... » . La Mishnà mo-
stra pure che 'abbii' può essere detto
L'uso profano di 'abbii' è cosl asso- anche da più figli e può quindi avere
dato che non soltanto si trova come anche il significato di « nostro padre ».
traduzione dell'ebraico 'abz nei Targu- BB 9,3: «Essi dicevano: vedete ciò
mim aramaici (T ~ O. Gen . 20 ,12 ecc.), che nostro padre ('abba') ci ha la-
ma è penetrato anche nell'ebraico del- sciato». Sheb. 7,7: «Giuriamo che no-
la Mishnà 4 ; per es. in bocca di Rab- stro padre ('ab ba') non ci ha ordinato

à.f3f31i. ZAHN R. , p . 395, Ag. 93. 3 Esempi in STRACK, Einl., p. 230. Se-
ScHLATTER, Komm Mt .. , pp. 383, 479, 670. condo W. BACHER R. E. J. 36 (1898),
STRACK-BILLERBECK I, pp. 393 ss., 918 ss., pp . 103 ss. Abbà come nome proprio sareb-
II, 49 ss. be l'abbreviazione del nome Abramo, che
A. GEIGER, Lehrbuch z. Sprache der Misch- manca fra i rabbini. Si potrebbe aggiungere
nah (1845), p. 50. che nemmeno il nome di Mosé è portato
DALMAN, W orte ]. I, p. 156 ss. dai rabbini. Ma in entrambi i casi il motivo
I L'aramaico 'iibi si trova ancora in Dan. è un religioso rispetto. Del resto si ricordi
5,13. che si trova come nome proprio anche Acha
2 Un elenco di rabbini con questo nome ('apii' = fratello): T. ]eb. 14,4 b. Ar. 22 b e
si trova in STRACK-BILLERBECK I, 918 s. passim (STRACK, op. cit.).
cfr. anche il titolo del libro « Detti dei 4 Esempi in KAssovsKY, p. 5. Cosi pure
padri». 'immii' per «mia madre» in Ned. 3,1.
17 (I,5) àppéi (G. Kittel) (l,5) 18

(come sua ultima volontà), che nostro zione familiare quotidiana. Si tratta
padre ('abba') non ci ha detto (prima) del « semplice discorso del figlio al
e che fra le carte di nostro padre padre » 12 •
('ab ba') non abbiamo trovato che que-
L'uso del termine aramaico nelle
sta fattura sia stata pagata ».
L'uso di 'ab ba' nello stile religioso lettere di Paolo, scritte in greco (Rom.
è attestato solo raramente e molto tar- 8,15; Gal. 4,6) può essere dovuto a
di e comunque mai senza l'aggiunta una reminiscenza liturgica 13 , o forse
dell'espressione « che sei nei cieli » riecheggia 14 l'inizio del Padre nostro 15 •
('b' dbsmj') Tg. lob 34,36 ss. 5 , op- Comunque è certo che l'uso della pa-
pure 'b' JHmjm, Lev. r. 32 a 24,10 6 ).
rola nella chiesa primitiva si riallaccia
alla definizione di Dio data da Gesù e
B. à.0~ci nel cristianesimo primitivo
indica l'adesione al nuovo rapporto fra
Con ogni probabilità Gesù usa la Dio e l'uomo predicato e vissuto da
Cristo. 11 confronto con l'uso giudaico
parola 'abbii' non solo quando ciò è
esplicitamente attestato (Mc. 14,36 ), ma dello stesso termine mostra come il
tutte le volte che i Vangeli, special- concetto cristiano del rapporto di fi-
men te nelle invocazioni a Dio, gli gliolanza fra l'uomo e Dio sia infini-
tamente più intimo di tutte le conce-
fanno dire ò 7tlX'tTJP 7, n6.'tEP 8, ò 7tlX'tTJP
µov 9 , n6.'tEp µov 10 , e forse anche mi- zioni giudaiche in merito, anzi si pre-
senti rispetto ad esso come qualcosa
'tEP i]µwv 11 • Egli quindi riferisce a
di assolutamente nuovo.
Dio il vocabolo che ai suoi contem-
poranei sembrava troppo umile e irri-
verente perché usato nella conversa- G. KITTEL

s Cfr. LEvY, Chald. Wort. I, p. l; STRACK- 11 Mt . 6,9.


B1LLERBECK ·u, p. 50. 12 DALMAN, p. 157. Secondo il Crisosto-
6 È sintomatico che si trovi solo in una mo, Teodoro e Teodoreto, che erano siri, i
tarda aggiunta al Midrash originale. La tra- bambini piccoli solevano rivolgersi con « Ab-
dizione originaria, come dimostra il paral- bà » al padre (ZAHN).
lelo Mek. Ex. 20,5 si trova nella frase suc- u LrnTZMANN, Rom. ad 8,15.
cessiva di Lev. r. che, proprio come la Mek. 14 Poiché &:~~ii può significare tanto « pa-
Ex. ha il solito 'bi sblmjm. dre mio» che « padre nostro», nulla im-
7 Mt . 11 ,26; Io. 5,36. Cfr. Mc. 14,36; Rom. pedisce di · pensare che l'inizio del Padre
8,15; Gal. 4,6. nostro sia riferito da Luca « letteralmente »
s Mt. 11,25; Le. 11,2; 23,34.46; Io. 11,41; e da Matteo in modo più libero, ma esatto.
12,27 s.; 17,5. Cfr. KnTEL, Probleme, pp. 53 ss .
9 Mt . 11,27; 26,53. lS Così secondo lo Zahn pensavano già
IO Mt . 26,39.42. Efrem e Girolamo a proposito di Gal. 4,6.
17 ( 1,0/ A!3EA - Kihv (K. G. Kuhn) (I,6) 20

A. LA TRADIZIONE DEL GIUDAISMO pi. Anche il dialogo tra Caino e Abe-


le, che in f. I Gen. 4,8 (e parimenti
Gen. 4,3 -ss. narrando l'uccisione di in f. Il) precede l'uccisione, denota
Abele da parte di Caino non accenna lo stesso contrasto 2• Filone riveste que-
minimamente ad una differenza di pie- sta opposizione con i concetti dell'etica
tà o di livello morale tra i due fra- stoica (Abele = à.pE'!TJ, Caino = xcx.-
telli. Riferisce soltanto il fatto che Dio xlcx. Sacr. A. C. , 14; Det. Pot . lns.,
accettava i sacrifici di Abele e non passim). In G en. 4,4 non è detto nep-
quelli di Caino per cui questi , infu- pure come si manifestasse l'accettazio-
riato, uccise il fratello. Ma la tarda ne e il ripudio dei sacrifici. Soltanto
esegesi giudaica ha visto quasi sempre in Teodozione e poi nei padri della
nel racconto del Genesi un contrasto Chiesa si trova una spiegazione: cadde
morale tra i due fratelli, per cui Abele fuoco dal cielo e consumò il sacrifi-
sarebbe stato pio, Caino empio. In cio di Abele, ma non quello di Caino
tal modo la narrazione fu inserita nel- (wajjifo', di Gen. 4,4 s., in 0=Èvrnu-
lo schema dualistico predominante nel PLO"EV ). La letteratura rabbinica, Filone
tardo giudaismo, che divideva gli uomi- e Giuseppe ignorano questo partico-
ni in ~addtqtm e re siz'zm ( OlXCX.LOL - 1t0- lare, che si trova solo nell'esegesi giu-
Yr)p0t) 1• Cosl Ios. Ant. I 53: "A~EÀ.oc; daica medievale 3 •
µÈv ... oixcx.ioCTvv11c; È7tEµEÀ.Ei:-ro ... Kthc; Perché Dio accettava il sacrificio di
ÒÈ -rei '!E lJ.À.À.cx. 1tOV1)p6-rcx.-roc; T}v. Abele e non quello di Caino? Giu-
In Tan~ (Buber) blq 16,140 s. si seppe Flavio, Ant. 1 ,54, risolve razio-
legge: « sette giusti che hanno co- nalisticamente il problema: Dio si
struito sette altari da Adamo a Mosé compiaceva più -roi:c; mhoµci-roic; xa.1.
e furono bene accetti : 1 Adamo, xcx.-rà cpuc;iv yqov6CT~ che 'toi:ç xcx.-r'
2 Abele ... » Analogamente T. Sotà 4, È1tl \IOLCX.\I à.vi>pW7tOU 'ltÀ.EOVÉx-rou ~lq.
19 inserisce Caino in un elenco di em- 7tE<pux6c;w. Diversamente Gen. r. 22 a

"Afk)... V. APTOWITZER, Kain und Abel in 2 Invece in molti passi rabbinici non c'è
der Agada, den Apokryphen, der helleni- traccia di questa concezione; Abele e Caino
stischen, christlichen und muthammedi- vengono spesso accostati senza giudizio di
schen Literatur, Veroffentlichung der Alex. valore; forse con intento polemico contro la
Kohut Memoria! Foundation I (1922). celebrazione di Abele fatta dal Cristianesimo
Articolo Abel in E. J. I, pp. 207 ss., spe- (APTOW. pp. 23 s.).
cialmente 210 s. 3 APTow. pp. 41 s.; STRACK-BILLERBECK,
1 Cfr. BoussET-GRESSM. p. 183; MooRE I, III, p. 744 .
p. 494.
21 (1,7) "A(3d, - Kaiv (K. G . Kuhn) (1,7) 22

proposito di 4,3 dice: «Caino offriva i dei falsi dottori: •TI ool;} 't"OV Krii:v
frutti della terra, ossia faceva offerte È7topEvi711cra.v. Invece in 1 Io. 3,12 il
di poco pregio » 4 • Analoga è la spie- contrasto tra i due fratelli è riportato
gazione di Filone, Sacr. A.C. 88: Abele a un dualismo metafisico assoluto:
sacrificava in modo diverso da Caino: Caino era Éx "'t'OV 7tOV1Jpov; negli Epya.
à.v·d µÈv à.~vxwv Eµl(Juxrx, à.v·d oÈ 7tOVl)pci e OLXCU!X. dei due si manife-
VEW•Épwv xa.L orn•Epdwv 7tpEcr0v•Epa. stava la loro vera natura . Sotto il
xa.L 1tpW't"IX' à.v•L ÒÈ iicrlJEV1'}XO'!WV Ép- segno di un'altra opposizione assoluta
pwµÉva. xa.L mo•Epa.. Il motivo dell'ac- (tra i mcnol e gli èimcr•o~) in Heb.
cettazione o del rifiuto, anche secondo 11,4 Abele è annoverato fra i testi-
questa interpretazione, è la qualità del moni della fede: proprio per la sua
sacrificio, il che presuppone una diffe- fede Abele offriva a Dio sacrifici più
renza morale tra i due sacrificanti. Che pregevoli ( 7tÀ.dova.), e per la sua fede
questa però sia stata la causa fonda- anche Dio gli confermò che era giusto,
mentale è detto esplicitamente soltanto compiacendosi del suo sacrificio (non
in Targum ]. I Gen. 4,8 , dove Abele è detto come Dio abbia manifestato
dice a Caino: « Poiché i frutti delle tale compiacimento 5 ). Le parole finali
mie azioni erano migliori dei tuoi e del versetto: à.7toi7a. vwv E•~ Àa.ÀE~
superiori, il mio sacrificio fu bene ac- riecheggiano Gen. 4,10: cpwv'Ì) a.i'.µrx•oc;
cetto ». "'t'OV à.oEÀq>ov O"OU ~oq. 7tp6c; µE Èx •fic;
y'fic;. Il sangue dell'ucciso grida ven-
B. CAINO E ABELE NEL N. T . detta finché l'assassinio non è punito
(con la morte del colpevole) 6 • In Heb.
Conforme alla tradizione giudaica 11,4 viene ampliato questo concetto
in Mt. 23,35 e par. il contrasto fra fondamentale: Abele 7 si appella tut-
Abele e Caino è concepito in senso tora (ELL) 8 alla giustizia di Dio finché,
puramente etico (essi erano rispettiva- nella perfezione del regno di Dio,
mente olxmoç e 7tOVT)pOç per le loro avrà piena soddisfazione della sua mor-
opere); così pure in I udae 11 è detto te innocente (cfr. Apoc. 6,9-11) 9 • Per-

4 Passi rabbinici analoghi in APTOW. p. 39. LERBECK, I, pp. 940 ss.


r•. 162-163. 7 Ossia la sua iJivxTi, dr. Apoc. 6,9, ma
s Come in Gen. 4,4; vedi sopra. rifacendosi a Gen . 4,10 è evidente che l'auto-
6 ~ del giudaismo rabbinico l'idea che il re pensa al « sangue ».
sangue di un innocente ucciso continui a scor- 8 Il (3o(i di Gen. 4,10 è inteso quindi
rere ( « ribolle ») senza seccarsi sulla terra, come presente durativo.
finché muore l'uccisore (j. Taan. 69 a 56 e 9 A. SCHLATTER, Der Glaube im N.T. 3,
par.; Deut. r., 2 ad 4,41; cfr. STRACK-Bu:.- p. 533, n. 1.
23 (I,7) 'A~po:aµ (J. Jeremias) (I,8) 24

ciò in Heb. 12,24 il sangue di Abele pace e la riconciliazione grida più for-
è visto come la prefigurazione antico- te del sangue (di) Abele (7trxpà "t'Ò\I
testamentaria del sangue di Gesù: "A.) 7 che chiede vendetta.
l'rxLµa pav·ncrµ.ou di Gesù che dà la K. G. KuHN

'Af3paciµ

A. ABRAMO NEL GIUDAISMO è il primo neofito e missionario. b) È


un esempio luminoso di obbedienza in-
'abraham 'abinu 1 è nel tardo giu- condizionata 6 , fatta di amore 7 ai co-
daismo l'eroe nazionale e religioso del mandi di Dio 8 ; egli osservò tutta la
popolo; la sua figura è circondata di Torà, sebbene non fosse ancora scritta9,
leggende e di narrazioni miracolose 2 e appartiene alla schiera dei giusti che
e la sua tomba a Hebron è venerata non hanno mai peccato 10 . Perciò il
religiosamente come un santuario 3 • La giudaismo ellenistico ama presentarlo
discendenza da Abramo costituisce la come l'incarnazione dell'ideale greco
gloria di Israele 4• L'importanza religio- di virtù 11 • e) Soprattutto, Abramo è
sa di Abramo è molteplice. a) In mez- esempio di incrollabile fiducia in Dio
zo a un popolo idolatra egli riconobbe che egli conservò in ben dieci prove 12 e
l'abiezione dell'idolatria e oppose ad che Dio considerò meritoria 13 • d) Per
essa l'adorazione dell'unico Dio 5 . Egli ricompensa dei suoi meriti egli, come

'A~po:ciµ. P. BILLERBECK, Abrahams Leben in b. BB 58 a.


und Bedeutung fiir das Reich Gottes nach 4 Ps. Sal. 9 ,17; 3 Mach. 6,3 e passim.
Auffassung der alteren Haggada, Nathanael s Iub. 11,16 ss.; 12,1-21; 20,7-10; 21,3-5. ·
( 1899) pp. 43 ss., 118 ss., 137 ss., 161 ss., 21-25; 22,6; Ios., Ant. I 155; Test. N. (ebr.)
(1900) 33 ss., 65 ss. 8-9; Apoc. Abr. 1-8; Gen. r. 18 ad 11,28.
O. ScHMITZ, Abraham im Spatiudentum und 6 Iub. 23,10; «Abramo fu perfetto in
im Urchristentum, in: Aus Schrift und tutto il suo agire verso Dio».
Geschichte, Theologische Abhandlungen A.
1 Ab. 5,3; S. Deut. 32 ad 6,5.
Schlatter dargebracht (1922) pp. 99 ss.
8 Ecclus. 44,20; Iudae 8,26; 1 Mach. 2,52;
DIBELIUS, ]k. pp. 157 ss.
STRACK - BILLERBECK, indice s. v. Abraham,
Iub. 6,19; 18; 21 ,2 e passim; 4 Mach. 16,20;
specialmente III pp. 34 ss., 186 ss., 212 ss. Bar. syr. 57,1 ss.
9 Iub . 16,28; Bar. syr. 57,2; Qid. 4,14.
1 Così in Jo}:ianan b. Zakkai b. Hag 14b.
2 Iub. 11,18-22; la narrazione del salva- 10 Man . 8; b. BB. 16 b/17 a; STRACK -
taggio dalla caldaia bollente dei Caldei si BILLERBECK III p. 187.
legge in b. Pes. 118 a e par.; la vittoria sui li Sap. 10,5-6; 4 Mach. 16,20; Ios., Ant. I,
nemici con la polvere e la loppa in b. Sanh. 256; Philo, Abr. 52-54; Sib. III pp. 218 ss.
108 b e par. e passim. 12 Iub. 19,8; Ab. 5,3 e passim.
3 Ios., Bell. IV, 531 s. Del pellegrinaggio 13 STRACK-BILLERBECK III pp. 186 ss. spe-
alla tomba del patriarca a Hebron si parla cialmente 200 s.
25 (I,8) 'A0pet.ci:µ (J . Jcrcmias) (l,9) 26

amico di Dio 14 , ricevette da lui il co- ma ai Giudei impenitenti rinfacciano


mando e l'alleanza su cui si fondano la contraddizione in cui cadono richia-
le prerogative di Israele 15 • e) I suoi mandosi ad essa (lo . 8,33 ss., così pure
meriti hanno valore vicario; fin d'ades- Mt. 3,9 par.) e negano la possibilità
so essi giovano a Israele e lo aiutano che Abramo possa salvare i suoi figli
a raggiungere la vita eterna, per cui dall'Ade (Le. 16,26) e soptattutto af-
la discendenza da Abramo è d'impor- fermano che anche i pagani « siede-
tanza decisiva 16 • ranno a mensa » con Abramo (Mt. 8,
11; cfr. Le. 16 ,26 ss.).
B. ABRAMO NEL N. T. 2. Mentre in Io. 8,39 s. e Iac. 2,
21-24 Abramo è visto come modello
Nel N.T. Abramo è, con Mosè, di obbedienza alla volontà di Dio,
la figura dell' A. T. pit1 menzionata. Paolo nella sua lotta contro la cor-
1. I Vangeli riconoscono l'imp'ortanza rente cristiana giudaizzante vede in
di Abramo nella storia della salvezza Abramo l'esempio della giustificazione
(Mt. 8,11 par.; Mc. 12,26 par.; Le. per mezzo della sola fede (Rom. 4, 1 ss.;
16,22 ss.; 19,9; e così pure tutto il Gal. 3 ,6 ss.) e nei cristiani di prove-
cristianesimo primitivo), ma si oppon- nienza sia giudaica sia pagana vede i
gono alla sua celebrazione fanatica: veri figli di Abramo e i veri eredi
Gesù è superiore ad Abramo (Io. 8, della promessa a lui fatta (Rom . 4,
52-59) e Pietro, come custode della 1.12; 9,7 s.; Gal. 3,7.9.29; 4,22 ss.;
rivelazione, si sostituisce ad Abramo 17 vedi anche Iac. 2,21; Heb. 2,16; 6,13
come « pietra » su cui si fonda la ss.). Secondo l'Apostolo delle genti,
nuova alleanza (Mt. 16,18) 16 • Così pure dopo Cristo quello che importa è non
Gesù e la Chiesa primitiva riconoscono più la discenrl~nza fisica da Abramo,
la discendenza di Israele da Abramo bensì quella spirituale.
(Le. 13,16; 16,24 ss.; 19,9 e passim), }OACHIM }EREMIAS

14 Is. 41,8; 2 Chr. 20,7; Iac. 2,23; 1 Cl. 16 STRACK·BILLERBECK I pp. 116-121.
10,1; cfr. LXX Dan. 3,35 STRACK-BILLERBECK 17 Abramo come « pietra cosmica » in
III p. 755. Jalqu{ Shimoni I § 766 ad Num. 23,9.
15 Ecclus. 44,21; Iub. 1,7; 12,22-24; 13,3. 18 }OACH. }EREMIAS, Golgotha (1926) pp.
19-21; 14; 15 e passim; 4 Esd. 3,13-15; Bar. 68 ss.
syr. 57 ,1 ss.
27 (I,9) a~V0'"<10<; (] . Jeremias) (I,9) 28

Designazione del mondo in/ero: gione degli spiriti è immaginato cnme


a) come prigione degli spiriti ribelli un luogo chiuso ( Apoc. 9, 1; 20, 1..3
(Le. 8,31; Apoc. 9,1.2.11; 11,7; 17,8; -+ xÀdc;; cfr. Man. 3 ); l'ingresso è
20,l.3) e b) come mondo dei morti costituito da una voragine a forma di
(Rom. 10,7). pozzo 4 dalla cui apertura esce il fumo
ii &SvO'o-oc; (originariamente aggetti- del fuoco infernale (Apoc. 9,1-2) 5. Gli
vo di yfj , che però non è mai attestato) abitatori deJJ' &SvO'O'oc; fino alla loro
nella tarda grecità indica l'abisso primi- liberazione, che avverrà nel periodo di
genio (Preis., Zaub. III,554; IV,2835; sconvolgimento che precede la fine,
Corp. Herm., III, 1; XVI,5), il mare sono: l' anticristo (Apoc. Il, 7; 17 ,8
originario (Test. Sa!. II,8 B.C.MacCown -~ t1riplov; cfr. Act. Thom. 32), il prin-
15*), il mondo dei morti (Diog. L., cipe dell'inferno (Apoc. 9,11 _, 'AScx.ò-
IV 5,27) . Nei LXX traduce per lo più òwv), i demoni .(Lc. 8,31) e i centauri-
t'h6m con cui l'A.T. indica la massa scorpioni (Apoc. 9,3 ss.) 6 • Dopo la pa-
d'acqua originaria e una volta (al plu- rusia Satana verrà rinchiuso nell' &.
rale) il mondo dei morti (Ps. 71,20). per tutta la durata del regno mille-
Nel tardo giudaismo t•hom indica 1) le nario (20,1.3 ). Questa concezione neo-
acque primigenie 1; 2) le profondità, testamentaria della prigione degli spi-
l'interno della terra in cui si trovano riti indica chiaramente che Dio ha po-
i cadaveri, fonte di impurità 2; 3) sot- tere sul mondo degli spiriti a lui
to l'influsso delle concezioni persiane nemici.
ed ellenistiche 3 l'abisso è concepito
anche come prigione degli spiriti ri- 2. In Rom. 10,7 t•h0m6t del Sa!.
belli (Iub. 5,6 ss.; Hen. etiop . 10,4 ss. 106,26, che nei LXX è reso con &Svcr-
llss. 18,llss. ecc. Iudae 6; 2 Pet. 2,4). cro~, è considerato come la dimora dei
Nel N .T. 1) &Suo-o-oc; come pri- morti 7 e all'ascesa al cielo vien con-

&~v<1<1oç PREuscHEN BAuER p . 3; STRAcK - · 5. Num. 88 comm. a 11,6-7.


BILLERBECK III p. 281 ss. 809; A. ScHLAT- 5 b. Men . 99 b: fumo all'ingresso della
TER, Das A .T. i.d. ]oh. Apk. (1912) pp.85 s. Gehenna.
t Citazioni p. es. in }OACH. }EREMIAS, 6 Cfr. la descrizione del flagello dei topi
Golgotha (1926) 54-58; 62-64,74. che, secondo 1 5am. 6,4 si abbatté sui Filistei
2 Frequente nella Mishnà, p. es. Pes. 7,7. in 5. Num. 88, Comm. a 11,6-7; gli animali
3 Beer in: A u T s e H, Pseudepigraphen provengono come in Apoc. 9,1 ss., dall'abisso
(1900) p. 242; LoHMEYER, Apk. 158. (teh6m). Cosi il flagello egiziano delle rane
4 Cfr. pi géhinnom, b. Men . 99/100 a, Ex. r. 10 comrn. a 7,29.
STRACK-BILLBRBECK IV pp. 1087 ss. anche 7 Secondo la concezione rabbinica lo She'ol
29 (I,10) ciycd}éc; (W. Grundmann) (I,10) 30

trapposta la discesa nel regno dei morti; è detto per indicare un'impresa im-
-.le; xcx.-.cx.Bl)crE-r<u dc; -ra')v èiBvcrcrov possibile.
qui, come in b. Git. , 84 a e in Bar. 8 ]OACHIM JEREMIAS

àya.M;,
àycx.lJoEpyÉw, &.ycx.lJo'1toLÉW, -6c;, -la
&.ycx.lJwcruvri, qnÀ.ciyo:lJoc;, à.cpLÀ.a:ycx.lJoc;

Kcx.ì. µa'Jv -.6 YE &.ycx.Mv, 't"OV't'O -rfjc; 6,13; nel N.T. p. es. oovÀ.E à.ycx.M Mt .
cpucrEwc; '1tacriJc; -r0 ò:ya.cr-r({:> BouÀ.E't"CX.L 25,21. Detto di cose, il termine ne in-
dica l'eccellenza; per es., l'espressione
't"Ò ovoµo: ÉmxEi:cri)cx.L, Plat., Crat. 412 c.
ciycx.lJa') yfj nei LXX designa frequente-
Sia come aggettivo che come sostantivo mente la terra promessa; si veda anche
àyo:lJ6c;, 't"Ò &.ya.lJ6v esprime l'impor- Mt. 7,17: oÉvopov &.ycx.lJév, 7,11: 06-
tanza o l'eccellenza di una cosa o per- µo:-rcx. ò:yalJci.. La capacità o !'.abilità
sona. Ciò è evidente dall'etimologia possono essere determinate anche da
scherzosa di Platone. un accusativo di relazione ... ÉyÉVO\l"t'O
xal -.Éxvac; xcx.ì. À.éyovc; xaì. '1tOÀ.É-
µovc; àyai)ol, Xenophon., Vena!. 1,14.
Perciò àya.i)6ç significa a) come ag- b) Come «ggettivo sostantivato -.ò àycx.-
gettivo eccellente , abile, buono. Es- Mv, 't"Ò: ciyai)ci significa il bene, il buo-
sendo una designazione generica, viene no, i beni, ossia tutto ciò che è connes-
precisato nel suo significato dal so- so con ii benessere dell'uomo. Il conte-
stantivo a cui si riferisce. Riferito a nuto del termine cambia naturalmente a
persone indica la capacità della per- seconda delle diverse concezioni della
sona in qualunque campo... àyo:i)oùc; vita e dell'essere. In Le. 12,18 - se-
't'ÉX't"O\IO:ç, XCX.À.XÉaç aycx.i)ovç, ~Wypa­ condo una considerazione materialistica
cpovç &.yo:i)ouc;, &.vopLcx.v-ro'1toLovc;, xo:ì. della vita - vengono definiti 't"Ò: &.ya-
-rà èiÀ.Àa -rà 't'OLcx.u-.a. ... Xenophon., Oec. iM i tesori (cfr. Xenoph., Cyrop. xW-

si trova sotto il Tehom: Tanh. (Buber) STRACK-BitLERDECK, Zur Bergpredigt Jesu;


Bslf; 15 p. 62; Nf; 8 p. 33. Der gute und der base Trieb; Die alt;udi-
8 STRACK-BILLERBECK III p. 281. sche Privatwohltatigkeit; Die altiudischen
'Aycxlléc;. O. D1TTRICH, Geschichte der Ethik Liebeswerke IV pp. 1 ss., 466 ss., 563 ss.,
(1926), I, II, v. lndex. 559 ss.
K. PRAECHTER, Die Philosophie des Alter- A. JuNCKER, Die Ethik des Apostels Paulus,
tumsl2 ( 1926) pp. 397 ss. (1904) I.
C. R1TTER, Die Kerngedanken der platoni- W. G. KuMMEL, Romer 7 und die Bekehrung
schen Philosophie, (1931) pp. 18 ss., 55 ss. des Paulus, (1929) pp. 56 ss.
J. STENZEL, Platon der Erzieher, (1928) pp. G. KuHLMANN, Theologia naturalis bei Philo ·
249 ss. und Paulus, (1930) pp. 84 ss.
31 (l,10) d:yaJMç (W. Grundmann) (I,11) 32

pa... µE<r-r'ÌJ...olwv xcx.i. cx.lywv xcx.ì, à.À. 1]i}w:x.v xa.I. voùv 7tapacrxoµÉvl), xa.ì,
Sowv xcx.I. r7t7tWV XCX.L <J"l-rov xcx.i. miv- O't'L Òe:i: 'tCX.U'tl}V tòc.i:v -ròv µÉÀ.À.ov'ta.
-rwv &.ycd}wv ). L'ispirazione umanistica ȵq>povwç 7tpa~ELV fi LOlq, fi OT}µOCTLq,,
della filosofia greca dichiara -rò yÉvoç
Resp. VII 517 be, e Oùxovv d µ'Ì} µLq,
-rwv 1tEPL <J"wµcx. &.ycx.i}wv wç µ'Ì} &.ycx.-
ltwv (Sext., Adv. Math. XI 46 ), ed ap- ovvciµEi}a. loÉq, -rò ciyaMv i}11pc.v<TaL,
plica il concetto ai valori intellettuali , crùv 'tptcrÌ, ÀaB6v-re:ç, xci.À.À.EL xaì. çu11-
spirituali, morali ; la concezione reli- µe:-rplq, xaì, àÀ.T}ilElq,... Phileh. 65 a.
giosa dell'ellenismo e degli sc ritti bi- Aristotele ripudia la concezione plato-
blici intende -rò ciycx.Mv in rapporto nica del bene. Forte della sua dottrina
alla salvezza. Questi so nn i significati
delle categorie, egli obbietta che il
fondamentali di àycxMç e -rò àycxlMv
in tutta la grecità. Bene come l'Essere non può essere
uno, ma deve risolversi in una plu-
A. à.ycclJéç NELLJ\ FTLOSOFTJ\ GRECI\
ralità di predicati. Cosi nella categoria
della sostanza il Bene è Dio o la ra-
Nella filosofia greca di ispi razione gione, nella categoria della qualità sono
umanistica il concetto di àya.Mç ha le virtù, nella categoria della quantità è
grande importanza. La speculazione si la misura, nella categoria della relazione
sforza di comprenderlo e di definirlo è l'utile, nella categoria del tempo è il
come il valore che dà significato alla xcup6ç, ecc. (Eth . Nic . I 4, p. 1096 a
vita. Democrito afferma: àvi}pw7totç 11 ss. J. Il Bene è quindi un concetto
7tiicn -rwù'tòv &.ycx.i}òv xcx.ì, &.À. nMç• i]òù formale. Il ripudio dell'idea unitaria
ÒÈ ID-..À.wL fi.À.À.o (Diels II 77 ,1 ), intui- di Bene segna la vittoria della conce-
zione che sarà accolta da Platone nella zione umanistica della vita: viene meno
sua ricerca del Bene. In polemica con l'accento religioso che la dottrina pla-
i sofisti, per i quali è bene ciò che tonica delle idee ancora conservava 1 ;
piace, egli definisce l'idea di bene il sommo Bene è visto in funzione
come idea centrale: Èv -re{) yvwcr-rQ della vita umana: ... -rÉÀoç 't'WV &.ycx.i}w\I
-rEÀ.rn-ralcx. ii 'tov &.ycx.i}ov lòÉcx. xaì, xal. "t'EÀELo"t'a'toV dva.t, ii e:ùomµovla.,
µ6ytç òpii<J"i}a.L, òq>ikicra ÒÈ <J"v).À.oyt- XCX.L\ 'tOV'tO
-
'tC:X.V'
'
rO' q>CX.µEV ELT VCX.L 't~
-'Y'
EV

info flvaL wç apcx. 1tiicn 1tCXV'tWV CX.V'tl] 7tpa't'tELv xa.ì, Ev ~f\v ... Eth. M . I 3,
òpi}wv 'tE xcx.ì. xaÀwv al-rla, €v -rE p. 1148 b 7 ss. Il bene come EÙOa.tµo-
òpa-r<;> q>wç xcx.ì. 'tòv 'tov-rov xuptov 'Vla è lo scopo della vita: Iliicrcx. -rÉXVYJ
'tExoùcra, EV "t'E VOT}'t<{) aÙ"t''Ì} xvpla xaì. 7tfi.i:ra µrnoòoç, éµolwç ÒÈ 7tpiiçLç

1 La concezione umanistica della vita si 1 p. 1182 b 3 ss., affermazione che separa


esprime in un'affermazione come: ... À.EX't'ÉOV •.. il mondo divino da quello umano; essa si
Ù1tÈ.p <iycx.l}ov où 't'OV <11tÀ.W<; dÀ.À.Ò: 't'OV esprime anche nei sinonimi TÒ xcx.À6v, TÒ
iJµ~v. où ycìp 'tOV i>EW\I ciycx.l}ou Eth. M. I XPTJ(nµov, 't'Ò iJM.
33 (l ,11) ciy!'1.1'6ç ( W. Grundmann) (I,11) 34

't'E xaì. 7tpoalpEcrtc;, àym')oG 't'Woc; É.cplE- "'(OìlE°ìc; xaì. -rà. oµota:, 'tà. OV't'E 1tEPL
crÌ}cx.t ooxEt &ò xcx.Àwc; à1tEcp1)vav't'o ~uxi]v ov't'E ÉX't6c;• a:ù'tòc; cr1tovoa:fo~
't'àyaMv ou miv•' É.q>LE•at Eth. Nic. I iivDpw1toc; wc; 1tpòç èau-r6v Sext., Adv.
1, p. 1094 a 1 ss. e anche Eth. M. I 1, Math. XI 46 4 • La prima classe è con-
p. 1182 a 32 ss . 2• siderata indispensabile per l' EÙÙa.tµo-
Lo stesso afflato umanistico si ri- vla. ( xa.ì. 't'WV ciya:ì}wv ,&, µÈv à.va:y-
trova nella Stoa. La definizione stoica xa.ìa EÌ:vm 1tpÒç EÙÒaqtovlav, 'tà. ÒÈ.
di àyaMv è riferita da Sesto: ljcmv µ1) . xaì. àvayxai:a µÈv 't'a<; 't'E cipnàç
oÈ ot cpacrxov-rEc; àyaDòv Ù1tcLPXEtv •Ò m:icraç xa.ì. 't'lX<; ÈVEpyda.c; 't'àc; XPl}-
ot' aÙ•Ò <1.LpE't'Oìl. OL o' oihwç « ciya.Mv CT't'LXàç a.Ù't'WV Stob., Ecl. II 77 ,6).
É.cr•t •Ò crv).J.aµBavéµEvov 1tpòc; EÙOaL- Chi possiede questi beni è « buono ».
µovlav », •wÈc; oÈ « -rò crvµ1tÀ'Y]pw- à.ya.ì}òv ... ov 1tap6noç àya.ì}ol ÈcrµEv ...
-rtxòv EVOatµovlac; ». EÙÙmµovla ÒÉ. 'AÀÀa µi]v àyaì}ol yE foµè:v xa.ì,
Ècr't'LV, wc; OL 't'E 1tEpÌ. 't'ÒV Z'l)vwva xa:ì. i]µEi:ç XCX.L 't'àÀÀa. miv-ra ocra àya.M.
KÀEavDT)v xaì. Xpucrtmcov ci1tÉoocra:v, É.cr'tLV, à.pE-rfiç 'tLVOç 1ta:pa.yE\ioµÉ.v'Y]c;
Evpota Blov Adv. Math. XI 30 ; Diogene Plat., Gorg. 506 c d . La strada della
Laerzio: àya.Dòv ÒÈ xotvwc; µÈv -rò 't'Ì. « bontà » passa attraverso l'educazione
ocpEÀoc;, tolwc; OÈ 1)-rot -rmhòv fi oùx il cui scopo è dare la cppovi}crtc; che illu-
E't'Epov wcpEÀElac; VII 94 3 . Dal con- mina necessariamente l'azione pratica. È
cetto di Bene inteso sia come idea tipica della concezione umanistica della
che come principio formale deriva la vita l'idea che l'uomo che conosce l'ciya.-
dottrina dei beni. Gli àya.M conformi ì}6\I debba essere tiya:iMc; e che solo chi
all' ciya.Mv nella Stoa vengono ripar- è à.yc.dMc; sia felice: 'tÒv µ-rìv yà.p xa.Àòv
titi in tre classi: -rà. 1tEpÌ. ~vxiiv' xtiya.ì}òv &vòpa xaì. yvva.Lxa. EÙoa.l-
àpE.'ta.Ì. xaÌ. CT1tOUO<l.LL..o 1tpcLçELç ( cppo- µova. Etva.l q>i)µL, 't'ÒV OÈ &òtxov xal
Vi}CTtç, crwcppocruvT), otxatocruviJ, à.v- 1tOVi)pÒv c'iì}À.tov Plat., Gorg. 470 e.
opEla. xaÌ, 1tfJ..V O É.cr't'LV tXPE.'t''Ì] Yt µE't'É- Ma questo umanesimo filosofico subl
XOV à.pE't'fjc; Stob., Ecl. II 57 ,19 W) una scossa ad opera della tendenza ari-
'tà. ÉX'toç' q>lÀoc; xai. ò CT1tOUOCXLOç stocratica greca, della quale si fece
!X.vì}pw1toç xa:t 't<Ì. CT1tovoa:La 't'É.xva xa:ì. portavoce Eraclito: ... oùx: d06'tE<; O't'L

2 Vedi specialmente Rhet. I 6 p. 1362 a <ppovE~v, xa.l, d oE~ oihwç Ebtetv, ù'1icwxEi:v
15 ss., dove sono elencate le varie definizioni xa.1. xoµiiv xa.t µEj"ClÀ.TJYOPE~V, cU;lwç fitoUV't'~
possibili dell' ay!'l.Mv e gli ò:.ya.M che ne µeya.À.T]yopla.ç • o\hwç 't'o~ç <iya.i>o~ 1tii01.
derivano. 't'O'..U"t(J. 7tpoO"fixEL, xa.'t'' oùltÈv 1tPOE)(OµÉVOLç
3 Nella frase di Crisippo tramandata da Ù1tÒ 't'OV AL6ç. Stoic. Rep. 13.
Plutarco si esprime l'intuizione umanistica 4 Cfr. Plat., Leg. 1,631 be; Aristot. Rhet.
dell'essere : ... &crnEp 't'(il ÀLt 7tpocrlpm cnµ- I 6 p. 1362 b 3 ss.
vvvE<ri}m É7t !'1.V't'ii> 't'E xa.t 't'fi> ~l(t) xa.t µÉya.
1
35 (I,12) a:yr.dMc; (W. Grundmann) (l,12) 36

ot 7tOÀ.À.ot xaxol, 6À.lyot ÒÈ àycx.t)ol [Etc;] "t'Ò à.ycx.fròv ... v6o-oç ÒÈ µEyciÀl)
(Diels I, 98,8 s.). Una scossa gli diede 4'vxl1c; à.ik6n1c;· É7td 'ta( i:c; -cwv &.frÉ-
pure la concezione fatalistica che sap- wv) ò61;cx. [E] te; 7tciv"t'cx. "t'à x.cx.xà Érccx.-
piamo avere influito sulla Stoa: ot oÈ xoÀovi)Ei:, xcx.ì. à.ycx.i}òv oÙoÉv. ilp' oùv
q>aO"xov .. Ec; tç àveiyxl)c; Tjµ<ic; Etvcx.l -tE O \IOUç, !ÌV"t'L7tpciO"O"WV CX.Ù'tij, "t'Ò à.ya.-
XIX~ )" lVEO"i)IXL "t'OLOU"t'OUç (se . à:ya t)oùc; i}òv 7tEpL7tOtEi:"t'cx.t -cn l];uxii XII 2 ss . 6 •
'Ì) xaxouç) XIXÌ. µn XIX"t'CÙVltOV"t'Eç 'i)µi:v In netto contrasto con la concezione
"t'TJV É!;OVO"LIXV "t'OU "t'IXU"t'CX. 7tpa't"t'ELV "t'E umanistica della vita, si pensa che
xo:ì. µ1}, òt' wv 8.v "t"OLOU"t'OL )"EVolµe:fra nessun essere terreno possa dare la
{Alex. Aphr., Fat . 28 p. 199,7 ss., ed. salvezza e la qualità di à.yai)6ç,
Bruns). piacente a Dio, è concepibile co-
me immanente (Il 14 ss. µ6vov oùv ...
B. à.yo:Mc; NELL'ELLENISMO "t'Ò ovoµa; "t'OV à.ycx.frou Èv à.vi)pW-
7to~c;, "t'Ò oÈ Epyov oùoetp.ov... ò yà.p
Crollata la concezione umanistica x6irµoç 7tÀ.1}pwµa fo-c~ •flc; xaxlcx.ç,
della vita nell'ellenismo il concetto as- b oE t)Eòc; 'tou ciycx.1'ou VI 3 s ). La
sume un valore specificamente religio- « bontà » è prerogativa di Dio: ò ovv
so: à:yo:Mv significa cosl salvezza 5 e 1'Eòç ( -rò) ciyo:i}6v, xaì "t'Ò à.ycx.frò'J ò
à.yo:1'6c; piacente a Dio se riferito agli frE6ç II 16, è lui che dà la sai vezza:
uomini, buono, benigno se riferito alla OÙOÈ o i)Eòç bVVCX."t'CX.L µTj 7tOLWV "t'Ò
divinità. Il significato preciso è dato à.ycx.Mv XI 17 c; à.ycx.Mç (I 17) è
da ciò che si considera fonte di sal- colui che si sottrae al dominio della
vezza e piacente a Dio. Per gli scritti materia. Questa concezione antiuma-
ermetici, che costituiscono un impor- nistica è fondata su un dualismo co-
tante documento letterario dell'elleni- smologico.
smo, la salvezza è la divinizzazione:
"t'OU"t'O fo·n :"t'Ò à:ya.1'6v, ( "t'Oiho "t'Ò) Nell'ellenismo vi è tutto un pan-
"t'ÉÀ.oç "tote; )"\IWO"LV ÉO")(l)XOO"L, [ 1'EW- theon di dèi e demoni, esseri perso-
naii ai quali è sottoposto l'uomo. Que-
itf'ivm] Corp. Herm. I 26 . E la sal-
sti dà l'attributo di ci.ycx.i)6ç alle divi-
vezza può essere raggiunta con il Nous:
nità dalle quali si aspetta la salvezza,
Ò yàp \IOUç '1Nxwv É<i"'t'LV EÙEp)"É"t"r)<; di qui le espressioni ci.ya.i}òc; frEoç
&.vt)pc.:mwv· ÉpyciSE"tCX.L yà.p o:ù-.( a )i:c; (Ditt. , Syll. 526 , 1; 685, l; in Act.

5 Quando la civiltà greca ebbe un accento p. 289,11 ss.


religioso usò aya.Mv, aya.M. anche in que- 6 Cfr. anche XIII 9, dove -rò ciyci.Mv,
sta accezione p. es.: ... ll·n 8oxtL "t"ilt ~ou)....f)t, conforme alla tradizione greca, è connesso
-rà µb1 aya.M 8txeCT&a.t -rbv 8f)µov a a1ta.Y- con ci)....l}ik~ci.. Tutto il trattato n. 13 è un
yt)....)....ov1n li i.EpEùc; xa.t ot tepo1totot yeyo- mistero di divinizzazione.
vÉV<lL Év -roLc; lEpo~c; ot.:; ~l>uov DITT. Syll. 3
37 (l,12) ciyaMc; (W. Grundmann) (I ,13) 38

Andr. et Matth . 6 Gesù è chiamato per Filone, che ha fiducia nell'aiuto


&.yaiJòç iJe:6ç), ciya.iJòç oalµwv (Ditt., di Dio, è pacificamente supposta.
Syll., 985, 10; 1044, 35; in Corp .
Herm. XII 1,8: divinità della rive-
lazione) 7 , ciyailr1 "t'UXl) (Ditt., Or. 214, C. &.ycd}oç NELL' A . T. E NEL
30 ). Dietro queste formule sta 1' ansia GIUDAISMO
di un'umanità minacciata nella sua esi-
stenza che cerca la salvezza .
L' A.T. e il giudaismo hanno in
L'intuizione ellenistica della vita è comune con l'ellenismo la concezione
condivisa da Filone, che vi apporta religiosa dell a vita, sebbene questa sia
elementi giudaici. Per lui sommo bene sostanzialmente diversa nelle due ci-
è la divinità. « Io, il Signore » signi- viltà . Nell'A .T. tutto è determinato
fica per lui: Èyw "tÒ "t'ÉÀnov xa.L dalla volontà del Dio personale che
&cpiJap"tov xa.L npòç &.)..1)lJna.v ciyaiJ6v si è rivelato storicamente a un popolo
Gig. 45. Oltre alla forma greca al facendone il « popolo eletto ». Perciò
neutro egli usa la forma personale giu- è completamente diverso anche il con-
daica: ciyaiJòç yàp wv ò lJe:6ç Leg. Ali. cetto di à.ya.Mç, "t'Ò ciya.Mv che nei
I 47; Som. I 149. L'azione fondata LXX è per lo più traduzione di tob
su questo principio deve mirare a rag- L'idea di Bene in senso greco ed elle-
giungere i beni conformi al Sommo nistico è sconosciuta. L'intuizione fon-
Bene: l' Èyxpchna, il Bene più alto damentale che sempre ritorna ed è
e perfetto che l'uomo possa conqui- conforme al concetto del · Dio perso-
stare (Spec . Leg. I 149) 8 , I' EtHYÉSEia, nale è questa: hOdu ljhwh ki tob
la fonte del sommo dei Beni perché = È!;oµoÀoyEi:cr~E "t'l;l xvpl4-1 lh~ à.ya.-
ci insegna l'obbedienza e il servizio a Mv (1 Chr. 16,34; 2 Chr. 5,13; 2
Dio (Spec. Leg. IV 147), 1J 1tpòç iJe:ò\I Esd. 3,11 s.; Ps. 118 [ljl 117], 1 ss.,
7tlCT"t'Lç, l'unico bene non fallace e si- ecc.) 9 • ~ rabbini usano la formula ste-
curo (Abr. 268), la crocpla, il bene che reotipa: ha,t_tob w•hammettb (buono
eleva l'anima dal mondo al suo Mae- e benefico, p. es. Ber. 9,2). Questa
stro e Padre (Rer. Div. Her. 98). La espressione proclama l'essere perfet-
possibilità di praticare queste virtù tam ente buono di Dio, che consiste

7 Vedi REITZENSTEIN, Jr. Erl. 191 n . 2; stica della vita dominata da un dualismo
193 n. l; Poim., indice; RoscHER I pp. 98ss. cosmologico.
(Agathodaimon); Pauly-W. 746 s. (Agatho- 9 L'aggettivo ebraico ~ob tranne nel 1\1 117
daimon), Suppi. III pp. 37 ss.; D1TT. Syll. 3 è tradotto dai LXX con il sostantivo à.ya.Mv.
III p. 116 n. 11. Questa traduzione è consona alla mentalità
8 Nell' apprezzamento dell' Éyxpoc'tELa. si greco-ellenistica per la quale J ahvé « il buo-
rivela il fondamento della concezione elleni- no» diventa Jahvé «il bene».
39 (I,13) ciya.Mc, (W. Grundmann) (I,14) 40

nella clemenza 10 • Mediante la rivela- Fra queste due realtà (rivelazione


zione la concezione dell'essere è por- e salvezza messianica) si muove I'azio-
tata ad affondar le sue radici nell'espe- ne, guidata dalla legge che esprime
rienza della salute sperimentata stori- la volontà di Dio. La nota frase del
camente, mira all'attesa salvezza finale libro di Michea sintetizza ciò che Dio
e agisce a questo scopo guidata dalla chiede all'uomo e quindi ciò che è
legge che è manifestazione della vo- bene: osservare i precetti , amare la
lontà di Dio. L'esodo dall'Egitto, l'oc- misericordia e camminare umilmente
cupazione della Terra promessa e la innanzi al Signore (Mich . 6,8 ). La leg-
benevolenza divina sperimentata nel- ge, come rivelazione della volontà di
la storia vengono definiti talvolta t6b, Dio, è fonte di salvezza (D eut 30,15).
toba (Ex. 18,9 ; Nu m . 10,29 ss .; Hos. I rabbini la defini scono senz'altro il
8,3; 14,3 ). L'espressione è particolar- bene: « ... Gli irreprensibili possiede-
mente frequent e in G eremia, in rife- ranno il bene» (Prov . 28 ,10). Il bene
rimento sia ai rapporti fra Jahvé e non significa altro che la legge (Ab.
il popolo, sia alla salvezza individuale 6,3 e passim) 11 • L'etica che ne deriva
8,15; 14,11 .19; 17 ,6, ecc.). È sempre è semplice. Chi agisce secondo la vo-
Geremia che dà al concetto il suo ca- lontà di Dio espressa nella Legge fa
rattere escatologico. L'annunzio della il bene e riceve dal Signore benedi-
nuova alleanza è espresso con queste zione e salvezza .(Ps. 33,14; 36,27;
parole le!6b lahem welibnéhem (per- 2 Chr. 19,11). La possibilità di osser-
ché sia bene a loro e ai loro figli), e var la legge è presupposta. Incertezze
in esso è contenuta la solenne assi- e divergenze sussistono, invece, circa
curazione: « Io voglio concedere loro l'aiuto che Jahvé dà per questo adem-
ogni bene » 32,42 . Un'espressione ana- pimento; l'A.T. e i Farisei ritengono
loga del concetto si trova in Is. 52,7 che questo aiuto sia necessario, men-
dove si parla del mebafiér !6b, il tre i Sadducei lo negano (Flav. Ios.,
« buon messaggero ». I due passi sono Bel!. II 163,165) 12 •
stati interpretati in senso messianico:
La letteratura sapienziale, nella qua-
tob = &.ycdMv inclica perciò la « sa- le più che altrove sono frequenti i
lute messianica ». termini O:ya.Mc;, 'tÒ O:ya.Mv, 'tà àya.M,

10 Vedi la nota 16. <i.ycxi)oùc, OOX~µaa"<J.C, Ò 1)€.c)c, 1tCJ.pa.OlOWO"L •••


Il La connessione fra la Legge e il bene, 12 Frequente . è l' espressione « buono e
parallela a quella fra la Legge e i concetti cattivo» col significato di «tutto» e in senso
cli sapienza e forza, risale a Prov. 4,2 (dr. negativo, di «nulla»; dr. Gen. 3,4; 31,2429;
Strack - Billerbeck I p. 809, III p. 238 ). Num. 14, 23; 32,11 (questi due ultimi passi
Cfr. Neem. 9,13: 'ltpo1n<i.yµrna. xcxL Év"t'oì..cìc, solo nei LXX); Deut. 1,39; Soph . 1,12.
aya.Mc, ... , Ios ., Ant. IV, 295 ... v6µo~c, oOc,
-11 (f ,14) ciya.Mç (W. Grundmann) (l,15) 42

esprime concetti ellenistici collegandoli opere buone del rabbinismo sono le


al pensiero giudaico e prepara in tal opere di carità che vengono fatte al
modo Filone. Perciò si pone special- prossimo. Esse meritano una partico-
mente il problema di ciò che è buono lare considerazione. Solo chi le compie
e cattivo e di ciò che è il bene per può essere chiamato « buono » 16 • « So-
l'uomo . Nell'Ecclesiaste, che dissolve lo chi è buono verso Dio e verso le
ogni umana illusione, si fa strada l'idea creature è giusto e buono; chi è buono
che per l'uomo non vi sia altro bene verso Dio, ma cattivo verso le creatu-
liSm6ah [ wela'af6t t6b], ossia « al- re, è un giusto che non è buono .. . »
l'infuori del godimento di ciò che è (b.Qid. 40 a).
dato e del fare il bene» (3,12; 5,17;
8,15). e vi è pure un'altra idea che D. à:yr.d}6c:; NEL N.T.
è il riflesso giudaico della sfiducia elle-
nistica nei valori umani: « non vi è a. Il N .T. ha in comune con l'elle-
nessun uomo giusto sulla terra che nismo e il giudaismo l'atteggiamento
faccia il bene e non pecchi » 7,20. eminentemente religioso. Questo è de-
La teologia rabbinica dà un nuovo
finito da Dio, come afferma Gesù nelle
impulso ai problemi morali . Essa de-
finisce l'uomo come il campo di bat- grandi parole che riecheggiano l'A.T.
taglia « dell'istinto buono e di quello dc:; fo-w.1 ò ciycx.Mc:; Mt. 19,17 (secon-
cattivo ». Scopo della vita umana è do Mc. e Le. pùòdc:; àycx.1'òc:; Et µ'Ì) dc;
vincere l'istinto malvagio con quello ò 1'E6c:;). La concezione di un Dio per-
buono. Questa liberazione dall'impul- sonale non permette di usare espres-
so malvagio è il presupposto della am-
sioni con il neutro. àyo:Mc:; è l'espres-
missione della vita futura. L'impulso
buono non è altro che la coscienza del- sione della bontà essenziale di Dio,
l'israelita ancorata in Dio .. :e avente consistente nella sua clemenza.
come norma la volontà di f~i espres- Da Dio viene la salvezza che è al
sa nei comandamenti della Legge 13 • centro della concezione neotestamen-
Soprattutto in questo si rivela la con- taria, ossia la rivelazione della sal-
cezione giudaica della vita fondata sul-
vezza di Dio mediante Gesù Cristo.
la Torà 14 • Inoltre la teologia rabbinica
ha elaborato una teoria delle opere àya1'6v in questo senso è usato in
buone, che vengono messe sullo stesso Heb .: XpLcr'tòc:; 7tCX.pcx.yEv6µEwc:; àPXLE-
piano dell'osservanza della Legge 1'5. Le pEùc; 'tW\I µd.Mv'twv àyo:itwv 9, 11 11

13 Cfr. STRACK-BILLERBECK III pp. 92 s. anche altrove: 1tpÉ1tEW &:vSp<i.aw à;ya1'oi:ç


14 Vedi la digressione in STRACK-BrLLER- µ'Ì] µ6vov auµ~ouÀ.EUELV, à;)..M •.• ~o1]1'E~'ll
BECK IV pp. 466 ss. Ios., Vit. 288. L'idea è presente anche negli
15 Vedi 1e digressioni in STRACK-BILLER- scrittori greci: ot 'ltÀ.Ei:a-.oL 6pl?;ov-.aL -.oùç
BECK IV pp. 536 ss., 559 ss. EÙEpyhac; tau-.wv 6.vòpaç à;ya1'oùç EtvaL
16 In ciò si esprime l'idea fondamentale Xenoph., Cyrop. VII, 3,12. Cfr. Le. 23,50:
che la carità appartiene all'essenza della bon- av'Ì]p à.yaft6ç xal. Slxatoç.
tà e che questa si realizza nei concreti rap- 11 Questa lezione è preferibile a1Ì' altra.
porti fra l'Io e i1 Tu. Questa idea si trova Cfr. R1GGENBACH, Komm. Hbr. a. 1.
43 (1,15) &yyEÀ.oc; (W. Grundmann) (I,15} 44

e <rxtà.v yà.p EXWV ò v6µoc; -cwv µe:À.- il testo delle parole, egli coglie il
Àov-.wv &.yatlwv 10,1. I beni che ap- fine del discorso di Gesti : non è in
partengono al mondo avvenire (µÉÀ.- discussione l'assenza di colpa in Gesù,
ma la glorificazione di Dio, ossia la
À.ov-.a &.ym'M.) e che, rispetto a quelli
risposta all'interrogante è condizionata
della Torà, sono come un corpo ri- dall'annunzio del regno di Dio. L'in-
spetto alla sua ombra, tramite Cristo terrogante deve rivolgersi a Dio come
divengono per i credenti realtà attuale. a colui che solo è buono, deve inginoc-
Essi consistono nella atwvla À.v-cpwcnc; chiarsi davanti a lui e adorarlo.
e nella possibiltà di À.a.-cpEVELV tlEQ
SWV't'L, ossia nella liberazione dalla
b Da queste du e affermazioni
Dio solo è ciya.Mc; e nessun altro;
tirannia del peccato e della morte e
solo 1 p.ÉÀ.À.ov"t'a ciya.iM sono veri
nell'introduzione nella comunità de-
à.ya.M: perché sono sottratti al pec-
gli adoratori del Dio vivente. In R om.
cato e alla morte - segue che in
10,15 è ripresa la profezia, contenuta
questo mondo non v'è nulla che a
nel Deuteroisaia, del m•baHér tob (co-
lui che annunzia il bene) ed è appli- rigor di termini meriti l'appellativo
di ciycd}év e nessuno che possa esser
cata alla missione degli apostoli: il
detto <iya.i}6c;. Quest'idea culmina nel-
contenuto del messaggio apostolico è
l'affermazione di P aolo che colpisce
la salvezza messianica.
a morte ogni altra concezione della
A Mt. 19,17 par. si ricollega l'antica vita sia religiosa sia umanistica : otoa.
questione se Gesù sia stato esente dal yà.p O't'L oùx otxE~ Èv ȵol, 't'Ov't' Ecr"t'LV
peccato 18 • Il fatto è questo: diversa- Èv 'TI Cfct..pxl µou, <iyaMv ... où yà.p
mente da Marco e Luca, che hanno
«perché mi chiami buono? », Matteo
o l}D.w 1tOLW à:ya.Mv, &_).).&_ o où i)è:À.w
ha: «perché mi interroghi su ciò che xaxÒ'V 'tOU"t'o 7tp6.a-aw Rom. ·1,18 s~
è buono? ». È da pensare che sia L'esistenza naturale dell'uomo è lon-
Matteo a modificare il testo della tra- tana dal Bene e pur anelando ad esso
dizione seguita da Marco e Luca, per- non può realizzarlo. Quello che essa
ché il caso inverso è estremamente raggiunse col suo 7tOLELv e 7tpci"t''t'ELV
improbabile. Con la sua versione Mat-
è il xa.x6v, ossia la morte, tlava."t'oc;.
teo vuole impedire che si pensi erro-
neamente che Gesù neghi di essere Nella Legge è offerto all 'uomo un
senza peccato o di essere buono ri- ciyai)6v: ii Év'to).-f)... àya~Ti - "t'Ò
spetto alla bontà di Dio. Pur variando à..ya.Mv, dice Paolo d'accordo col giu-

1s WoHLENBERG, Mk. p. 162; KwsTER- 8, pp. 143 ss.; F. SPITTA, Jesu Weigerung
1
MANN, Mk. p. 114; HARNACK Mk. p. 122 ; sich als « gut » bezeichnen zu lassen Z.N.W.
DALMAN, w
orte J. I p. 277 ; w. w
AGNER, (1908) 9, pp. 12 ss .; K. BoRNHAUSER, Das
In welchem Sin ne hat Jesus das Priidikat \Virken des Christus ( 1921) pp. 147 ss .
<iyaD6c; von sich abgewiesen? Z.N.W. (1907}
45 (I ,16) &.yaa6c; (W. Grundmann) (l,16) 46

daismo (Rom. 7,12 ss.). Ma la ci.µap- Dio che è il Bene significa praticarla.
-rla, che possiede e domina l'uomo Dei cristiani si può dire: X'tLcrilÉv-rEc;
ed è la realtà della sua esistenza, at- Èv XpLcr-rQ 'I11crou btì. È'.pyotc; àyailoLc;,
traverso la Legge gli procura la morte, olc; 1tpOT)'tolµa.crEV ò i}E.òc; L'Vl( Èv au-roi:c;
lM:vcnoc;. Secondo la concezione neo- 7tEpma-rl}crwµEv Eph. 2,10; ... 7tE.pma-
testamentaria l'uomo è irrimediabil- -rfjcra.L... Èv 7tav-ri. itpy4) &:yailQ xa.p-
mente collocato nella morte e nel pec- 7tocpopovv-rE.ç Col. 1,10, ecc. Paolo esor-
cato, e vive perciò nella sfera in cui ta a realizzare questa possibilità vitale
non vi è possibilità di bontà e di ... miv-ro'tE -rò &.yailòv OLWXE'tE dc;
salvezza . Ma questo dualismo non ha ci'À,À.l}À.ouc; xai. dc; 7tciv-rctc; 1 Th. 5,15.
un fondamento cosmologico, come nel- Questa espressione chiarisce anche l'es-
l'ellenismo , bensì nasce dalla rivela- senza dell' à.ya.lMv: esso è l'amore
zione di Dio in Cristo ed è etico-reli- che il cristiano è messo in grado di
gioso. Con questa concezione critica praticare e che costituisce il fine pro-
non contrasta il fatto che nel N.T. fondo della Legge. Il Bene si realiz-
sussistano le distinzioni morali: Gesù za nei concreti rapporti fra l' Io e il
parla dei buoni e dei cattivi, sui quali Tu . Questa nuova possibilità vitale è
Dio fa sorgere il suo sole (Mt. 5,45), il senso della vita cristiana, e come
distingue il bene e il male (Mt. 12, tale va attuata. Con ciò sussiste in
34 ss. e par.), definisce àycdMv l'os- tutta la sua ampiezza la chiara for-
servanza dei comandamenti in quanto mulazione paolina della Legge di Dio
in essa si manifesta la volontà di Ooçct... X<XÌ. 'tLµTJ X<XÌ. ELPlJ'VT) 7t<XV'd
Dio che è buona. Da parte sua Paolo -rQ Èpya.soµÉv4> 'tò ciya.iMv Rom. 2,10.
assegna all'autorità il compito di es- Il cristiano che comprende questa
sere l}Eov oLcixovoc; dc; -rò ~yaMv nuova possibilità di vita ha, nella vita
(Rom. 13 ,4 ). Al di là delle distinzioni che si compie in lui, la &.yaihì cruvEloT)-
morali di questo mondo sta la con- crLc;. Paolo può dire di sé: Èyw 7tcicru
vinzione che esse sono relative e non cruvnolio-n ciya.iln 1tE1toÀ.l-rrnµa.L "t'Q
hanno nessun valore davanti a Dio. ilEQ Act. 23 ,1. Della &.yai}'l) cruvElOT)crLc;
c. La rivelazione della salvezza ot- si parla in 1 Tim. 1,5.19 e in 1 Petr.
tenuta in Cristo reca in sé una pos- 3,16.21. Del pari il cristiano ha la
sibilità vitale essenzialmente nuova: certezza che scopo e valore determi-
µE-ra.µopcpoucrlk -rft &.vaxm vwcrEL 'tov nante della sua vita è la salvezza:
voòc;, dc; -rò ooxLµcisnv ùµcic; -rl -rò ot8a.µEv oÈ o-rL "toi:c; ciya7twcnv -ròv
ilÉÀ11µa -rou ilEou; -rò àyailòv xat i)E.ÒV 1tcXV't<X CTU\IE.p)'E.L [ Ò i}e:òc;] e:tc;
EvcipEcr'tov xat -rD.. ELov Rom. 12,2. ['tò] ciya.Mv Rom. 8,28. Questa cer-
Indagare attentamente la volontà di tezza che è propria di tutta la religio-
47 (l,17) à:ya.Mc; (W. Grundmann) (l,17) 48

sità giudaica 19 e sgorga dal suo senso 42. « "Oc;LpLç à.ya.i)o'JtOLoç· xaì. 'tOVVoµa
di Dio riceve qui tutta la sua pienezza 1tOÀÀ.à cppiiSEL, OVX i']XLCi't(.X. ÒÈ Xpii'tO<;
ad opera dell'azione di Dio. Così si ÉvEpyovv xaì. à.ya.i)oitoLÒv o À.Éyouc;L,
passo che dimostra la connessione fra
ha un'espressione che abbraccia tutta
astrologia e teologia. tiya.i)o1toL6ç in
questa concezione di vita là dove un papiro magico è chiamato Ermes
Paolo annunzia ai Filippesi la certezza (WESSELY, Neue gr. Zau b. Pap ., p. 55 ,
che ò Évap1;ap.Evoç Év ùµ~v Epyov 16. Che i termini usa ti in 1 Pet. mani-
ciyaitòv È'rtL'tEÀ.Éon axpL TJ[.l.Épm; XpL- festino un influsso di quest'uso è poco
Ci'tOÙ 'll)CiOÙ Phil. 1,6. probabile.
In questo caso ciya.ìto-rtodw corri-
sponde all'ebraico hét!b che esprime
la realizzazione del bene nel!' azione
Parola rara, mancante nei LXX e ( cfr. hattob w' hammét!b = buono e be-
in Giuseppé. In 1 Tim. 6,18, nell'esor- nefico, Ber. 9 ,2 ). In tale signifìcato si
tazione rivolta ai ricchi, significa l'in- trova spesso nei Settanta , dove tra -
vito a fare il bene, il che consiste duce sempre l'ebraico hétib. Non si
trova in Giuseppe e nel greco clas-
nell'amore fattivo verso il prossimo.
sico. Dai Settanta passa nel N.T. e
In Act. 14,17 significa l'azione bene- nella lingua della Chiesa, p. es. in
fica di Dio . In questo passo è usata Le. 6,9.33.
la forma contratta tiyai}oupyÉw.
&.yaì1o7tOLÉW
t ci ya.i}o'JtOLÉW, à. ya.i}o'JtOL6ç, È particolarmente frequente in 1
à.yai)o'JtOLL!l. Pet. (2,15.20; 3,6.17). Giovanni defi-
Il verbo e l'aggettivo si trovano nisce 1' ri.ya.i)oitotwv come uno che
come termini astrologici. In un papiro viene da Dio ( 3 lo. 11 ). Tal volta il
di Londra (ed. KENYON, Greek papyri verbo indica in particolare l'amore che
in the Brit. Mus. I. 1893, p. 66,48) si non ammette limitazioni.
parla di una costellazione astrologica:
µE'tà à.yai)o1tOLWV. Kenyon dice che &.ycx.ÌÌo1tOL6ç
è « un termine astrologico, usato an- È colui che agisce bene. Nel N.T.
che da Artemidoro e da Proclo per le
in 1 Pet. 2,14, in contrapposizione a
stelle che hanno un influsso benefico;
Proclo precisa che tali sono Giove e xa.xo7toL6ç, è usato per indicare due
Venere». Cfr. Plut., De Iside et Os. categorie di uomini che si distinguono

19 Nell'A.T. si riscontra questa concezio- «questo mi è accaduto per il mio bene» è


ne. Giuseppe rivolge ai suoi fratelli queste molto frequente (cfr. STRACK-BILLERBECK III
parole: «Non temete, perché io sono sotto p. 255), si trova il principio: «l'uomo si
la protezione del Signore. Voi avete meditato abitui sempre a dire: tutto ciò che Dio mi-
il male contro di me, Dio invece lo ha volto sericordioso fa, lo fa per il bene» (b. Ber
per me in bene (le{obd) » Gen. 50,19 s. Nel- 60b).
la letteratura rabbinica in cui la formula
49 (l,17) ci:yaMc; (W. Grundmann) (I,18) 50

per le loro qualità etiche e non per legislatore, oltre che <ptÀcb1òpw7toç,
l'essere o meno cristiani. Il pensiero qnÀoclxa.Loç, µLCT07tOV1Jpoç, sia anche
<pLÀaya.iJoç (Vit. Mos. II 9). La parola
dello scrittore è che i cristiani appar-
ha grande importanza in epoca elleni-
tengono agli &.ya.fro7tOLOl. stica nelle comunità greche 1 delle coste
&.ya.fro7toLta è l'azione buona (1 Pet. settentrionali dell' Asia Minore e del
4,19). Essa è l'unica preparazione cri- Bosforo. Qui essa era « un titolo
stiana alla salvezza definitiva. onorifico che indicava la qualità di
membro meritorio della comunità »
t &.ya.iJwcn'.ivl] (Zicbarth) come il più frequente qnÀ.6-
'tqJ.oç; ma, a diJ1ercnza di quest'ulti-
Anche questo vocabolo è passato mo, era connessa probabilmente con
dai Settanta nel N.T. e nel greco ec- una carica (cfr. xa.ì. l8lq. xa.ì. XOLVEL
clesiastico. Esso indica la qualità del- <pLÀaya.iJoç wv fit 7ta.V'tÌ. xmpQ C.I.A.
l'uomo &.ya.Mç, e precisamente tanto IV 2 ,623 e) . Delle funzioni del qnÀ.6.-
ya.lJoç non sappiamo nulla: rimane
la perfezione morale quanto la bontà
quindi aperta anche la questione di
d'animo. Tale qualità è xa.p7tÒç 'tOV un possibile rapporto fra questo ter-
TIVf:vµa.•oç (Gal. 5,22). In Eph. 5,9 è mine e Tit. 1,8.
associata alla OLXaLOCTVVTJ e all' &.À1)i7ELa
come xa.p7t6ç 't"OV <pw•6ç. Nel suo pos- t &.<pLÀaya.iJoç
sesso consiste la vita cristiana.. . xa.ì. È un h. I. In 2 Tim . 3,1 ss. si espri-
mhol µEcr-rol Ècr-rE &.ya.lJwcrvvl]ç Rom. me l'orrore degli ultimi tempi con
15,14 (cfr. inoltre 2 Th. 1,11). Questa un'ampia descrizione delle caratteristi-
accezione della parola si fonda su quel- che degli uomini di quest'epoca. Fra
la che abbiamo definito la nuova possi- .queste caratteristiche vi è anche quel-
bilità vitale dei cristiani. la che essi sono &.qnÀaya.ì}oL. Essa si
distingue da cplÀcxv't"oç, il contrario di
cpiÀaya;i}oç ~ la parola che introduce
In T it. 1,8 è richiesta come qualità la descrizione - in quanto specifica
del vescovo. Secondo I' antica inter- che i cplÀa.u't"oL, come uomini che co-
pretazione della Chiesa la parola indi- noscono soltanto se stessi, ignorano
ca l'instancabile attività caritativa. l'amore e la compassione. Il trionfo
Aristotele definisce <pLÀaya.froç colui dell' egoismo e l' assenza dell' amore
che, in contrasto con il cplÀa.u-roç che sono un tratto tipico della concezione
è cpa.vÀoç (sciocco), subordina il pro- neotestamentaria dell'epoca finale.
prio lo al bene (Eth. M. II, -14 pag.
1212 b 18 ss.). FiJone esige che il w. GRUNDMANN

qn'ìvayal}oc;. wesen (1896) p. 155; PoLAND, Geschichte des


I Cfr. ZrnBARTH, Das griechische Vereins- griechischen Vereinswesens (1940) pp. 411 ss.
51 (I,18) à.ycx),.J,LcioµcxL (R. Bultmann) (I,19) 52

A . ciyriÀ.À.w NELLA LETTERATURA manifesta spontaneamente e in modo


GRECA irriflesso. Quindi ciyaÀ.ÀEa-i)cx.L si trova
come contrario di a.ta-xuvEcri)aL in Hdt.
'Aya.ÀÀLaw attivo (e il medio àya.À- I 143; Thuc. III 82; Xenoph., Ag.
ÀLcioµm , più frequente) , è un deri- 5 ,5 oppure insieme a µEyaÀuvEcri)cx.L
vato di àyriÀÀ.w e !X y riÀ).o~LCH 1 che in Xenoph., Oec. 21,5. Ma come àyaÀ.-
si riscontra solo nella lingua biblica Àw in senso lato può significare anche
ed ecclesiastica (unica eccezione P. la celebrazione di un dio (Eur., Herc.
Oxy. 1592, 4, sec. IV d . C. , forse Fur. 379; Aristoph., Pax 399; Thesm.
sotto influsso cristiano ). Quest'ultimo 128; Plat., Leg. XI 931 ad; Legge di
verbo - soprattutto nella diatesi me- Eleusi in Porphyr., Abst. IV 22) così
dia - è d'uso nella lingua greca poe- ciyriÀ.Àoµa.L può significare la gioia
tica e prosastica fin da epoca antica (estatica?) della festa e del culto.
(insieme ad èiya.Àµa e composti) e (Eur., Ba. 157; Tra . 452).
si trova anche in P . Masp. 3,8 (sec. VI
B. ciya.À.À.LctOµCX.L NEI SETTANTA E
d. C.). Nella letteratura cristiana pri-
NEL GIUDAISMO
mitiva ciyriÀ.Àoµa.L si trova solo come
variante in 1 Clem . 33 ,2, mentre in ge- Perciò ciycx.ÀÀL«icri)a.L e il derivato
nerale la parola è stata sostituita, sotto ciycx.).).la.crLc; (e ciya.ÀÀ.lcx.µa.) nei LXX
l'influsso dei LXX, da ciya.À.À.Lrioµa.L traduce gll (forse per l'assonanza) e
che nella sua accezione fondamentalè riinan; più raramente, e quasi esclusiva-
ricalca il significato di àyaÀ.ÀEa-i)m. mente nel salmi e nei brani poetici dei
Come ciyaÀ.Àw signii:;ca rendere profeti, traduce altri verbi come hiilal
splendido, adornare, il medio significa (hitp.) e fus e i sostantivi derivati .
essere adorno, essere fiero . Non indica La parola indica la gioia del culto che
perciò genericamente uno stato d'ani- celebra e loda Dio per le sue opere e
mo gioioso, ma l'orgoglio fiero e co- per il suo aiuto, sia verso il popolo
sciente che si rivela in tutto il con- sia verso i singoli (cfr. i!J 50, 14 CÌ1t6-
tegno della persona. Questo orgoglio ooc; µOL 'ti)V ciycx.À.ÀL<:J.O"LV 'tOV O"W'ttj-
non si esprime verbalmente, ma si plou crou) 2. Anche quando non signi-

1 Secondo il Debrunner, ciyaÀÀ.Liiv sem- morbosamente, giotre follemente. Si tratta


bra una trasformazione di ciyaÀ.ÀEW sul evidentemente di un termine popolare scher-
modello dei « verbi di malattia » come zoso.
Òq>JtaÀ.µLciV, ciywvu"iv, 6ELÀ.t.<i.V, t).,À,Lj'j'LiiV, 2 Un buon parallelo è dato dall'uso di
ecc.) (DEBR. Griech. Wortb. p. 92). Il signi- prangen sulle Alpi austriache: prangen gehen
ficato fondamentale è quindi: compiacerri significa « fare una processione».
53 (I,19) àya.ì.ì.Laoµm (R. Bultmann) (l,19) 54

fica la gioia del culto in senso stretto, rappresentata come una festa rituale
la parola conserva il suo significato (t\J95,11 s.; 96,1.8; 125,2.5 ss.; Is.
« religioso » di gioia per Dio e da- 12,6; 25,9 e passim e inoltre Test. L
vanti a Dio. La lode a Dio e l'orgo- 18,14; Iud. 25,5; B . 10 ,6 ). Anche se-
glio della comunità o del giusto si condo la concezione rabbinica la gioia
fondono in una singolare unità: da una perfetta e il tripudio sono una carat-
3
parte, infatti il 1..1.qa.ÀuvlJflvcu di Dio, teristica del mondo futuro . à.yaÀ-
che si compie attraverso l'azione del- ÀLéicrDrxL manca in Giuseppe Flavio
l' G..ya.ÀÀLticri)a.L (t\J 34,27; 91 ,5 s.), è (egli usa ciyriÀÀEcr1Ja.L =gloriarsi, Ant.
insiem e un p.Eya.),uvi}ijva.L dcl giusto XVI 64; XVII 112; XVIII 66; XIX
(t\J 19 ,6) come all' ut);wDflva.L di Dio 191) e in Aristea, ma si trova m
( ljJ 96, 8 ss. ; Is . 12 , 6 ) corrisponde Ecclus. (anche in senso profano) e in
l' utj;wi}ijvm del popolo ( ljJ 88 , 17 ) ! T est. XII (vedi sopra).
dall'altra parte à.ya.ÀÀLéicri)m può es-
sere riferito anche a Dio (Is. 65,19;
C. CÌ.ytXÀÀ.LrLOµtXL NEL N . T.

Tob. 13 ,13 ). Come ùt);wDflva.L e p.Eya.- · Nel N .T. àyaÀÀLacrlJrxL (l'attivo è


ÀuvlJf)vcu, così anche EÙ<ppa.lVEcrilm, usato con lo stesso significato in Le.
xauxéicrlJrxL e altri verbi affini sono 1,47 e Apoc. 19,7 v.l.) e ciycx.ÀÀlrxcrLç
sovente connessi con ciyrxÀÀLéicrlJaL; sono usati come nei LXX. Almeno in
particolarmente significativa è la con- un caso, in Io. 5,35, il verbo indica la
nessione con ÈsoµoÀoyEi:crlJa.L (che tra- gioia profana: i}iJEÀTJO"tX'tE ciycx.ÀÀLa.-
duce h6da) e con Ès-( à.v-) rxyyÉÀ.ÀEw: lJl'jvm 7tpÒç wpa.v Èv -r~ q>W'tL aù-rou.
l' ciyrxÀÀLéicrlJa.L annunzia le opere di Oggetto dell' ciyrxÀÀLéicrlJa.L, che è
Dio. Termini opposti sono rxtcrxuvlJfl- una celebrazione e un ringraziamento
va.L, 'ttX7tELVOUO"lJtXL, XÀcwlJµ6ç, Ocixpua., festoso , è sempre l'aiuto divino. Con-
ecc. Il carattere dimostrativo di ciycx.À- cetti affini sono espressi da xalpELV
ÀLéicrlJcu si rivela particolarmente nel (Mt. 5,12; Le. 1,14; Io. 8,56; 1 Pet .
fatto che il linguaggio poetico invita 1,8; 4,13; Apoc. 19,7) OLoévm 861;cx.v
spesso le cose, come il cielo, la terra, (Apoc. 19,7) e µqa.ÀVVELV (Le.
le montagne e le isole, a partecipare 1,46 ss. ). Precisamente, il motivo del
all' ciya.ÀÀlmnç (t\J 88, 13; 95 , 11 e giubilo è la salvezza escatologica ope-
passim; inoltre Test. L. 18 ,5). Infine rata da Dio; questo soprattutto nel-
ciyrxÀÀL<icrlJm è anche un t e r m i n e l'inno di Apoc. 19,7: xcx.lpwµEv Xl'l.L
escatoIo gico : esso indica la ciyaÀÀLWµEV Xl'l.L OwcroµEV 't'Ì]V Oosav
gioia degli ultimi tempi che viene a.v't~ o"t'L Tj"ì..i}Ev ò yciµoç -rou cipvlov.

3 STRACK-BILLERBECK IV p. 851 k, 852 m.


55 (1,20) ciycx.À.À.~aoµcu (R. Bultmann) (l,20) 56

Quando si manifesterà la o6ça di e non solo perché il tempo della sal-


Cristo ci rallegreremo, ciyaÀ.À.twµEvot vezza ha in qualche modo l'aspetto
1 Pet. 4,13, e secondo ludae 24 sa- di una festa del culto. È nel culto
remo di fronte alla o6ça di Dio, che la Chiesa celebra la redenzione
&µwµot Èv &.yaÀ.À.tacn:t. Ma questa divina e se ne appropria gli effetti;
&.yaU.lacnc; può essere pregustata nel- essa celebra le sue agapi Èv ciyaÀ.À.tci-
la fede. Il dubbio circa 1 Pet. 1,6 .8, CTn Aet. 2,46 cfr. 16 ,34 (circa 1 Cor.
se cioè &.yaÀ.À.tiicri)E si riferisca al 11 ,26 vedi sopra). La persona di
presente o al futuro , deriva dalla na- e r i s t o ha come caratteristica pro-
tura stessa della fede: l'una e l'altra prio I' àyaÀ.À.lacrtc;, come si legge in
cosa è possibile. Allo stesso modo va Aet. 2,26 che si rifà a 4i 15,9, e in
inteso Mt. 5,12 e forse anche lo. 8,56: Heb. 1,9 che ricalca 4i 44,8. Un caso
('A~paaµ) 1JyaÀ.À.tacra1:0 tva ton -r'JÌv singolare è Le. 10,21 ÈV aù-rfi -rii wpci
'ÌjµÉpav .,;ljv ȵ-fiv,vedi sotto). Anche 1JyaÀ.ÀtrXCTIX'°tO -r<{) TtVEUp.a-rt T<{) ayl~
quando &.yaÀ.À.tiicrfrm indica la gioia xat dnEv, dove ciyaÀ.À.tiicri)m sembra
individuale di Zaccaria e di Elisabetta indicare l'ispirazione (forse anche in
per la nascita di Giovanni (Le. 1,14) lo. 8,56).
si tratta pur sempre della gioia esca-
Si potrebbero forse trovare analogie
tologica, poiché Giovanni è il « pre-
con Eur. , Ba. 157; Tra . 452, dove la
cursore » ed esulta nel seno materno celebrazione di Febo e di Dioniso
incontrando la madre del Messia (Le. può essere intesa in senso estatico,
1,44 ), così come gioisce Maria che sia ma soprattutto con j. Sukkà 55 a E
cominciata in lei l'opera redentrice di e con altri passi rabbinici 4 : la gioia
Dio (Le.1,47). La parola esprime perciò estatica sfrenata della cerimonia del-
i sentimenti di coloro che hanno co- 1' attingere acqua (che faceva parte
della festa dei tabernacoli) veniva
scienza di essere la comunità degli ultimi messa in rapporto (conforme Is. 12,3)
tempi, costituita dall'opera salvifica di con la effusione dello Spirito divino.
Dio. La mancanza della parola in Paolo
si spiega col fatto che in parte è sosti- D. à.yaÀ.À.tcioµm NELLA CHIESA
tuita da ~ xauxéicrfrat; il concetto si ANTICA
trova forse anche in 1 Cor. 11 ,26, do-
ve xa-.ayyÉÀ.À.Etv potrebbe corrispon- è usato spesso da
ciyaÀÀtcioµaL
Ignazio come espressione caratteristica
dere ad un &.yaÀÀ.téicrfrat.
della comunità escatologica in tutte le
Connesso con quello escatologico è sue manifestazioni: qualche passo di
il significato cultuale di &.ycx.À.Àtéicrfra~, Phld.; Eph. 9,2; Mg. 1,1; ma vedi an-

4 STRACK-BILLERBECK I p. 643, II 804 p, pp. 805 ss.


57 (1,20) ciyrrnciw (G. Quel!) (I ,21 ) 58

che 1 Clem . 63 ,2; Barn. 1,6 e special- Pol. 19,2. Generico è il senso della
mente Erma per cui l' aya.ÀÀlmnc;, parola in Clem. A:, Paed. I, 8 ,70 ,1:
come l' t).ap6"t'T)c;, appartiene all'essen- oli yà.p -rò 1tp6o-w1to\I xuplou È.1tL~À.E-
za del 1t\1Euµa e dell'uomo pio (M. V, 1tEL, dp1J\ITJ xa.l <iya.À.À.la.o-tc;, où oÈ
1,2; 2,3; Simil. IX 24,2). Il signifi- a7tfo"t'pa.7t'tm, 7ta.pdo-ouo-tc; rlve"t'm
cato rituale balza evidente in Mart . 1t0\IT] pla.ç.
Pol. 18,3, quello escatologico in Mart. R. BULTMANN

ciyamiw, àya:1n1
àya.1tYJ't6ç ~ qnÀÉc0

A. L ' AMORE NELL' A. T. avere, oltre al significato profano, un


altissimo sign ificato religioso. I LXX
1. Dall'analisi lessicale si ricava traducono in genere con aya.miv 2 '
che, per esprimere il concetto di « amo- raramente e soltanto in espressioni
re» l'A.T. si serve soprattutto della profane con q>LÀE~\I (dieci volte; qnÀla
radice 'hb 1 e dei suoi deri vati 'ohab, traduce cinqu e volte 'ahaba), È.pc'icr~m
'ahabtm, 'a ha ba. Essa è usata, proprio (due volte) e <pLÀtci.snv (una volta).
come il tedesco « Liebe » e l'italiano Altra radi c:.: usata è r~m, comur..e a
« amore », in riferimento sia a persone tutte le lingue semitiche che, come
che ad oggetti e ad azioni, e può verbo, nel!' A.T. si trova solo nella

'Ayamiw X'tÀ. Su A:
J. ZIEGLER, Die Liebe Gottes bei den Pro- L. GRiiNHUT, Eros und Agape (1931).
pheten ( 1930). 1 L'etimologia è oscura; vedi le varie spie-

G . WINTER, Z .A.W . 9 (1889), pp. 211 ss. gazioni in ZIEGLER, op. cit., pp. 13 SS.
Su B: 2 Questo verbo, molto usato dai LXX, è
W. LDTGERT, Die Liebe im N.T. (1905;. quasi sempre la traduzione di 'hb e dei suoi
B. B. WARFIELD, Love in the N.T., Princ. derivati, raramente di rf?m (cinque volte) ,
Th. Rev. 16 (191 8), pp. 153ss. f;h (due volte), r~h (una volta) e di alcune
P . BATIFFOL, Etudes d'histoire et de théolo- altre radicali che in parte - come nel caso
gie positive I ( 1926 ), pp. 28 ss. di swt in forma hifil, di pth in forma piel,
H. PREISKER, Die urchristliche Botschaf t von e di s" in forma pilpel - hanno una certa
der Liebe Gottes (1930). relazione con il pensiero da tradurre, ma
A. NYGREN, Eros und Agape (1930). in parte - come bw' in hifil (2 Re 7,18 testo
E. STAUFFER, Sittlichkeit des Urchristentums: greco; 1Chr.17,16 in senso teologico), o co-
R.G .G. V, pp. 530 ss. me f;t', 'sh - non ne hanno affatto. Il
MAXIMUS CoNFESSOR, KEq>ciÀaLa. 'ltEpi ciyci- sostantivo ciyci7tTJ ricorre all'incirca venti
7tTJ<; M .S.G. 90, pp. 960 ss. volte insieme: con G.ya7tl}cnç (una decina di
S. KIERKEGAARD, Leben und Walten der Liebe, volte) e nei manoscritti alterna più volte con
trad. tedesca di Dorner-Schremptf ( 1924 ). questo: entrambi traducono sempre 'ahabd,
M . ScHELER, W esen und Formen der Sym- eccetto in Habac. 3,4 dove d:ya'ltTJO'L<; è una
pathie (1926) . perifrasi teologizzante o anche erronea di
W . KoEPP, Panagape I/II (1927 s.). f;ebj6n « velame». Un equivalente ebraico
H. SCHOLZ, Eros und Caritas (1929). manca in Sap. 3,9; 6,18 ; Ecclus. 48,11 .
)9 (1,21) àya.miw (G. Quell) (I,21) 60

forma piel, tranne un caso 3 • Di solito che nell'A.T. si trova solo in Deut,33,3 9
essa restringe il concetto di amore a ma è frequ~nte in aramaico. Profano
quello di compassione per i sofferenti è il significato di 'gb, che indica
e i bisognosi 4, e perciò è usata spes- l'amore sensuale, solitamente della don-
so per indicare l'amore di Dio verso na 10 e solo in Ier. 4,30 dell'uomo;
la creatura. L'A.T. riserva l'appella- ugualmente profani sono i sostantivi
tivo di ra~um, « misericordioso » qua- dodim e j"didot. jadid « diletto » si
si esclusivamente a Dio 5 . I LXX tra- trova anche . nell'espressione (j'did
ducono rhm solo cinque volte con jhwh) «diletto di Jahvé » u.
&:ya.miv, di solito con ÈÀ.Et:i:v (ventisei
volte) e con otx-rdpnv (dieci volte). Con questa terminologia l'A.T. in-
Esprimono il concetto di amore anche dica l'amore fondamentalmente come
le radici Pf s 6 (tradotte dai LXX per
sentimento spontaneo 12 che spinge a
lo più con Éi}ÉÀ.Hv e in alcuni casi con
[3ouÀ.t:O'i}a.L, [3ovÀEVEO'i}m, t:vooxEi:v, e far dono di sé stessi 13 alla persona
&:ya.miv) e r~h 7 (tradotta dai LXX amata o, se si tratta di cose , al pos-
con EÙOOXELV, 1'tpocrOÉXEO'i}aL, 1'ta.pa.OÉ- sesso dell'oggetto che suscita il desi-
XEO"i}a.L, EÙÀoyt:i:v, &:yamiv). Con que- derio o al compimento dell'azione nel-
ste radicali il nome della persona o la quale si prova piacere. L'amore è
cosa che suscita l'affetto è preceduto
una forza _spirituale inspiegabile, con-
da be = « compiacersi di ». Vi sono
ancora le radici psq 8 « seguire qual- naturata alla persona: meod (Deut .
cuno con amore » (nei LXX 1'tpompt:i:- 6,5). Quando si ama veramente e li-
cri}a.~. Évi}uµt:i:o-i}m, ÈÀ.1tLSELV) e ~bb beramente, si ama « con tutto il cuore,

3 In Ps. 18,2 nel qal es,prime l'amore adatta al linguaggio del culto, dr. n . 54.
verso Dio. · ~· B In senso erotico in Gen. 34,8; Deut.
4 La connessione del verbo con il sostan- 21,11. Con Dio come soggetto soltanto in
tivo repem « seno materno » e con il plu- Deut. 7,7; 10,15 dove è vicino a bpr « sce-
rale astratto rapamim « compassione » è poco gliere». Riferito all'uomo giusto in Ps. 91,14.
chiara e controversa, dr. ZIEGLER, op. cit. Altrimenti nel significato più blando di « de-
pp. 36 ss. Comunque non è possibile trarne siderare» -1 Reg. 9,1.19; 2 Chr. 8,6. In
conclusioni per l'interpretazione di singoli piel e pual è un termine architettonico (Ex.
passi. 27,17; 38,17.28).
s Un'eccezione è costituita da Ps. 112,4. 9 LXX Éq>Elcrrno: pòb « seno » può essere
Molto usata è l'espressione rapum ·w"pannun un infinito usato per metonimia, cfr. E. Ko-
(compassionevole e misericordioso). NIG, Worterbuch .
6 In senso erotico si trova in Gen. 34,19; 10 LXX Ém-rli}E<r&a.~ « insidiare».
Deut. 21,14; Est. 2,14; indica l'amicizia in 11 Cfr. n. 52 e 53.
1 Sam. 19,1 e passim. Per il significato reli- 12 Cfr. p. es. Jer.31,20: hàmu me'ai (si
gioso vedi n. 55. In 1 Sam. 18,22 alterna commuovono le mie viscere). Anche Ex. 33,
con 'hb. 19: rif:Jamti 'et-'aJer 'arapem (farò grazia a
7 r~h esprime soprattutto il riconosci- chi la farò) può essere inteso in senso per
mento. rll~uj non significa tanto « amato », nulla teologico.
quanto «favorito» (Deut. 33,24; lob. 20,10; B Cfr. Lev. 19,18.34: w•'ahabta ... kllmo-
Est. 10,3); dr. nell'hitpael «rendersi favo- kii = amerai come te stesso.
rito» 1 Sam. 29,4. Perciò la parola ben si
61 (l,22) ciyamiw (G. Qucll) (l,22) 62

con tutta l'anima e con tutte le ener- religioso e teologico. È ovvio che sono
gie» ( Deut. 6,5; 13,4 ). L'amore e le espressioni amorose del primo tipo
l'odio sono i poli della vita (Ecc!. 3,8; (riguardanti soprattutto i rapporti fra
9 ,6 ). Il fondamento sessuale dell'amo- i sessi , fra i genitori e i figli , fra gli
re 14 si rivela soprattutto nel fatto che amici, fra il padrone e il servo e in
esso è rivolto a persone, tanto che il genere tutta la vita sociale) quelle che
parlare dell'amore per le cose o per ci permettono di capire le più rare,
le azioni appartiene già ad un linguag- rna ben più importanti espressioni del
gio scolorito e figurato 15 , mentre sol- secondo tipo, in quanto nella sfera
tanto quando si parla dell'amore di profana è più facile rendersi conto del
una persona verso un'altra persona si cont enuto dell'idea di amore e misu-
avverte il fondamento vitale e istin- rare quindi la portata della stessa idea
tivo del concetto. Questo fondamento nel ca mpo religioso e teologico .
è sempre presente nel linguaggio reli-
2. Il concetto profano e immanente
gioso; l'amore di Dio, per gli autori
dell'amore.
dell'A.T., è in ogni caso espressione
della sua personalità, come l'amore a. I casi più semplici sono quelli
per lui non comporta metafora di nei quali « amore » significa inequivo-
sorta, ma è amore alla sua persona; cabilmente l' attrazione mutua dei ses-
l'amore, poi, alla sua parola, legge, si, perché in questi casi è particolar-
tempio ecc. è fondato sull'amore alla mente evidente l'aspetto istintivo del-
sua persona. Tanto forte è il carat- l'amore e quindi la sua fondamentale
tere personale dell'amore che perfino diversità e distinzione dalla legge e
l'uso metaforico della parola in rife- dal diritto. Spesso la sessualità è for-
rimento alle cose quasi mai, e soltanto temente accentuata specialmente da
se si tratta di oggetti di poco conto, Ezechiele che usa 'hb quasi esclusi-
perde il timbro passionale 16 • vamente nella forma piel per indicare
L'idea di amore ha nell' A.T. un ca- l'appetito sessuale 17 • Spesso parlano
rattere profano o immanente e uno dell'amore in questo senso anche Osea

14 Per 'hb, in mancanza di una sicura trici ecc. Anche l'espressione « amare il buo-
etimologia, questo può essere dedotto dal no o il cattivo» rientra in quest'uso: Am.
suo ampio uso in senso erotico. 5,15; Ps. 52,5 e passim.
15 Fra gli innumerevoli esempi dr. Gen. 16 Questo vale almeno per p/f e r!h, di
27,4 : Giacobbe ama una pietanza gustosa; cui si trovano numerosi esempi.
Is. 56 ,10; Pr. 20,13: si ama il sonno; Pr. 17 In forma qal ricorre solo in Ez. 16,37,
21,17: il vino, 18,21: la lingua, 15,12: l'am- altrimenti sempre al partic. pie!: 16,33.36.37;
monizione, 29,3: la saggezza; Ps. 109,17: la 23,5.9.22. A Ez. 23 è limitato anche l'uso
bestemmia, 11,5: la violenza; Am. 4,5: il di 'gb (Ohola e Oholiba), a prescindere
falso culto ; Hos. 9,1: la paga delle mere- da I er. 4,30.
63 (I,2.3) à:yamiw (G. Quell) (1,23) 64

e Geremia 18 ; perfino l'imperativo 'ehab e infine la Legge stessa ha avuto modo


(Hos. 3,1) non significa altro che l'at- di occuparsi delle due passioni erotiche,
to sessuale sebbene in forma innega- l'amore e l'odio (Deut. 21,15 ss.; 22,
bilmente eufemistica 19 . 13 ss.; 24,1 ss.).
Ma anche senza questo particolare b. In un campo totalmente diver-
rilievo del carattere istintivo, l'amore so sembra che ci si trovi quando la
fra uomo e donna in generale 20 e in stessa parola 'hb, oppure rsh e hfs,
particolare l'amore coniugale 21 è rico- indicano rapporti amorosi non ridu-
nosciuto ordinariamente come fatto na- cibili in nessun modo alla sessuali-
turale; che esso, anche in Israele", fos- tà. In questo amore, dal quale è as-
se un potente fattore di elevazione sente la passione libidinosa, rientrano
morale si deduce dal fatto che è stato l'affetto del padre e della madre e
oggetto di esaltazione p~etica 22 • 11 Can- ogni altro rapporto di consanguineità,
tico dci Cantici ha trovato, per descri- di amicizia, i rapporti sociali e giuri-
vere la forza della passione d'amore, dici. Sappiamo che psicologicamente è
l'espressione più potente che si avvi- difficile spiegare il rapporto tra que-
cina allo stile dell'inno: 'azza kam- sto amore e quello sessuale, e forse
miiwet 'ahèiba (forte come la morte già l'A.T., come il nostro linguaggio
è l'amore) Cant. 8,6. Questo amore è moderno, indicava con le medesime
la forza positiva, alla quale nella stessa espressioni cose non aventi nessun rap-
sfera erotica si contrappone come for- porto fra loro; usava insomma un lin-
za primordiale, essa pure di origine guaggio figurato, per cui la stessa ter-
inspiegabile, l'odio negatore. La storia minologia accomunava i rapporti spi-
di Amman e Tamar ci rappresenta con rituali e la passione erotica. Ma que-
r Jda chiarezza la brutalità di queste sta spiegazione non sembra troppo fon-
due forze (2 Sam. 13,1-22); nelle pa- data, soprattutto se si tien conto del
role isteriche della sposa di Sansone: fatto che l'ebraico, per quanto ci con-
raq f'nè'tant w•fo' 'èihabtiint (mi odi, sta, non era capace di esprimere la
non mi ami: Iud.14,16; cfr.16,15; Gen. differenza fra i due concetti di ~pwc;
29,31.33) riecheggia lo stesso motivo, e di &.yci.'TCTJ, sebbene essa fosse avver-

18 Hos. 2,7; .3,1; 4,18; 9,10 e passim. cazioni numeriche denota un concetto giuri-
Ier. 22,20.22; 30,14; qal 2,25. cfr. biqqeJ dicamente piuttosto arido dell'amore come
'ahab!t= «seguire l'impulso», Ier. 2,33. rapporto sessuale legittimo.
19 Analogamente nella stessa frase 'ahubat 21 Per es. 1 Sam. 1,5.8.
bat rea'. 22 Il famoso elogio della moglie virtuosa
20 Cfr. p. es. Gen. 29,18.20..30.32; .34,3; in Pr. 31,10 ss. ha certo. un leggero tono iro-
Iud. 6,4 e passim. Quello che si legge su nico, poiché la risposta alla domanda: «Chi
Salomone in 1 Reg. 11,1-3, se non contiene trova una donna coraggiosa?» non può es-
una leggera caricatura, certo con quelle indi- sere che questa: Non ne esistono.
65 (I,24) ciya:miw (G. Quell) (l,24) 66

tita (2 Sam. 1,26). Le loro caratteri- sublime è poi la veste poetica dello
stiche comuni devono aver dominato stesso concetto nel lamento di David
a tal punto la mente degli autori del- per la morte dell ' amico : niW'ata
l'A.T., che questi non sentivano il bi- 'ahabotka li 23 « un prodigio era per
sogno di una distinzione terminolo- me il tuo amore ». L'irrazionalità del-
gica. Una riprova di questo impor- l'esperienza amorosa è vista qui in
tante aspetto della portata del ter- tutte le sue proporzioni , senza però
mme si può avere soprattutto nei che essa assurga a concetto propria-
pass i che descrivono la spontaneità e mente religioso 24 •
la irrazionalità dell'amore inteso come c. Nella terminologi a amorosa non
manifestazione della personalità indi- sempre si avverte una tale intensità
viduale. Gionata si cattiva l'affetto di di sentimento, né essa può sempre es-
David me'od, ossia come una forza serci quando 'ohéb indica semplice-
che è proprio della sua anima e sgor- mente 25 l'amico 26 o il congiunto 27 .
ga da essa (1 Sam . 20,17). Saul ama Ma l'essere fondata sull'amore costi-
David m e'od, ossia come una forza tuisce pur sempre la grandezza dell'eti-
che si manifesta in lui (1 Sam. 16 ,21 ). ca anticotestamentaria. L'amore è con-
Oppure lo stesso Gionata ama David siderato da essa una componente irri-
k enafso, « come la sua anima » ( 1 Sam . nunciabile dell'umanità e perciò è pro-
18,1.3 ), ossia i suoi rapporti con David clamato norma di vita sociale e posto
non solo erano intimi, ma addirittura sotto la protezione della legge divina.
espressione di vita e indispensabili alla Dal punto di vista dei prindpi ben
vita, come i rapporti con la sua ani- poca importanza ha il fatto che l'amo-
ma; egli quasi si identifica con David, re venga prescritto soltanto verso i
come ci si identifica con la propria connazionali e gli ospiti. Il car<>ttere
anima. Se questo semplice paragone legale di queste norme e la loro vali-
appare già quasi insuperabile come dità all'interno di una determinata co-
espressione della fusione delle anime, munità politica rendevano necessario

23 2 Sam . 1,26. 29,30).


24 Un'intuizione religiosa dimostra invece 26 Per es. 'obabé 'iiHr (lett. gli amanti
l'autore di Eccl. 9,1 quando, dopo aver ac- della ricchezza), Pr. 14,20, significa ipocrisia.
cennato alla mano di Dio che regola l'azione Ma espressioni come 'al kot-pe'Ja'im tekasseh
del giusto e del saggio, afferma che per 'ababa (su ogni offesa stende un velo l'amo-
l'uomo rimangono misteriosi gli stes~i suoi re), Pr. 10,12, oppure we;ès 'ohèb dabèq
sentimenti più elementari, ossia l'amore e mè'ah (è l'amante affezionato più di un fra·
l'odio . tello), Pr. 18,24, dimostrano che anche la
25 Soprattutto l'idea che l'amore possa es- letteratura sapienziale nel trattare questo con-
sere più o meno forte ha stemperato notevol- cetto si mantiene ad un livello assai elevato.
mente il concetto stesso di amore, cfr. Gen. n Cfr. espressioni come 'ohìibaj W"rè'ai
37,4 (il corrispondente sessuale in Gen. (i miei amanti e amici). Ps. 38,12; 88,19.
67 (l,24) &.ycx.miw (G. Quell) (l,25) 68

questo riferimento ad una persona giu- l'espressione soltanto un ossimoro che


ridica; in ciò si può vedere una re- vuol portare il lettore alla consapevo-
strizione sconcertante soltanto se, par- lezza di quello che è il cardine della
tendo dalla radice vitale del concetto legislazione sociale, ossia a custodire
di 'hb, ci si rende conto dell'assur- il senso di fratellanza, a praticarlo e,
dità implicita nell'uso giuridico di un se necessario, a detestarlo. Questa fra-
concetto totalmente estraneo al dirit- tellanza dev'essere il fondamento dei
to 28 . Perciò una frase come Lev. 19, 18 rapporti giuridici; obbedire al coman-
w"iihabtii l"re'aka kiim6kii (amerai il damento del!' amore può significare
prossimo tuo come te stesso), sebbene soltanto non soffocare l'impulso amo-
sia redatta nella forma imperativa pro- roso che non è determinato dalla vo-
pria del linguaggio legale e sebbene lontà, bensì a praticarlo col prossimo
esprima anche il concetto giuridica- (rea') come se si trattasse della pro-
mente preciso di rea' (prossimo), non pria persona (kamoka, come te stes-
è propriamente giuridica, perché l'azio- so) 30 . Il legislatore, che si preoccupa
ne indicata con 'hb, essendo deter- di ordinare la vita sociale, sa che tutte
minata dal sentimento , si sottrae na- le prescrizioni in questo senso hanno
turalmente ad ogni prescrizione legale. un'efficacia limitata se sono di natura
Se la frase avesse effettivamente va- puramente giuridica e che l'idea del-
lore giuridico, il concetto di 'hb do- la forza è sempre un dissolvente della
vrebbe egualmente essere preso sol- vita associata; per questo, consapevole
tanto nel senso esteriore di « agire o no dell'assurdità giuridica, giunge ad
come si suole agire per amore ». Ma ordinare formalmente l'amore .
è chiaro che anche da questo punto Indubbiamente c'è il pericolo che,
di vista non può trattarsi di una nor- in questo modo, risulti un concetto cli
ma giuridica, e l'avvertenza bilbabkii. amore molto stemperato e perciò in-
(in cuor tuo), che accompagna l'ana- capace di assumere piena veste giuri-
logo divieto dell'odio 29 , dimostra che dica, ma ridotto al senso di favore,
la legge tocca l'intenzione. Quindi bi- protezione ecc. 31 . Ma chi avesse vo-
sogna rinunciare a vedere nella frase luto interpretare a questo modo si
una prescrizione legale, e considerare sarebbe trovato in imbarazzo a giu-

28 Il fatto che l'origine divina del pre- 34,15 (31,18) anche in una semplice norma
cetto sia accentuata con 'ani ]hwh (io sono che deve regolare le buone maniere a tavola:
il Signore) non ha grande importanza, in v6E~ 'tCÌ 'tOU 1tÀ.TJO"lov Éx O'ECl.IJ'tOU.
quanto l'espressione appartiene allo stile del- 31 Mt. 5,43 ripete una «massima popo-
la cosiddetta legge sacrale e di solito non lare» (STRACK-BILLERBECK, a. l.): «Ama il
incide sulla sostanza delle prescrizioni. tuo prossimo e odia il tuo nemico», che
29 Lev. 19,17. Cfr. anche Zach. 8,17. esprime effettivamente il travisamento del
30 Questo motivo si ritrova in Ecclus. concetto di amore.
69 ( 1,25) a:yamX.w (G. Quel!) (I,25) 70

stificarsi col linguaggio giuridico. In- si tratta dell'essere umano che ci è


fatti Lev. 19,34 che prescrive, nella più vicino spiritualmente e material-
stessa forma , di amare l'ospite (.eer) mente. Da q•.1esta interpretazione si
presenta le medesime difficoltà 32 • Gesù potrebbe tranquillamente dedurre che
affermando che questo è uno dei due ogni rea' (prossimo) o ger (ospite) dal
rnmandarnenti da cui « dipende » tut- punto di vista umano può anche essere
ta la legge ne ha colto il significato nemico e odiatore, e tuttavia il con-
profondo (Aft. 22 ,40). Egli isola il co- tegno verso di lui dev'essere ispirato
mandamento dell'amore da tutte le al- dall 'amore. Sembrano informati a que-
tre prescrizioni giuridiche e lo sottrae sta considerazione due passi della Leg-
ad ogni interpretazione giuridica che, ge fra loro complementari (Deut. 22,
in qu es to caso, non potrebbè essere 1-4 e Ex. 23,4 ss.), e l'esegesi confer-
che forzata. Il comandamento del- ma quest'interpretazione. Il passo del
l'amore infatti , introdotto nella Leg- Deuteronomio impone di prestare aiuto
ge, ia rende assurda, poiché esso segna al fratello, ossia al connazionale, quel-
proprio il limite al quale deve neces- lo dell'Esodo al nemico. Sia che Ex.
sariamente arrestarsi ogni legge divi- 23,4 ss. rappresenti un ampiamento di
na e umana e postula un ordine mo- Deut. 22,1-4 inserito nell'Esodo, sia
rale al di sopra della legge. che, al contrario, il passo del Deute-
Da queste considerazioni si può ri- ronomio restringa il senso di Ex. 23,
cavare un giudizio sul particolarismo 4 ss., indubbiamente il confronto dei
dell'A.T., che non si riscontra tanto due passi conferma la possibilità che
nell'atteggiamento verso gli ospiti quan- nel comandamento di amare di Lev.
to verso i connazionali. Il legislatore, 19,18 sia compreso anche l'amore per
mentre in apparenza si occupa esclu- il nemico. Il rea' può essere amico o
sivamente di concreti rapporti giuri- nemico: egli non deve essere oggetto
dici, mette poi nelle prescrizioni una di un atteggiamento giuridico, ma di
anima che supera il senso letterale un sentimento di. amore. Ma ciò si-
delle parole quando esorta a non con- gnifica che l'uomo primeggia sulla per-
siderare i connazionali come tali, ma sona giuridica. In questo senso le no-
soltanto come uomini degni di essere bili prescrizioni di Ex. 23 ,4 ss. e in
amati. Perciò il traduttore dei LXX misura forse maggiore (perché non ri-
non ha errato quando con ò 1tÀ'l"]crlo\I guardano direttamente l'atteggiamento
crou ha reso fortemente sbiadito il verso il nemico ma impongono solo
-:arattere giuridico ·di re'aka. In realtà una uen::rmmata condotta nei sum

32 Analogamente in Deut. 10,19. 'hb al- l'imperativo si trova solo in Pr. 4,6.
71 (I ,26) àya.miw (G. Quell) (l,26) 72

confronti), anche i princìpi affermati pungente parola di Prov. 14,20 36 ; inol-


in Prov. 25,21: 'im ra'éb fona'akii tre l'organizzazione tribale, con il suo
ha'akilehU làf?em w<'im-siime' hafqehu esclusivismo religioso, rendeva quasi
miijim (se colui che ti odia ha fame da- impossibile un rapporto personale e
gli da mangiare del pane, e se ha sete umano con lo straniero 37 . Ma qualche
dissetalo con acqua )33 , mirano a coltiva- divergenza fra la teoria e la prassi nul-
re concretamente l'amore per il nemico. la toglie alla grandezza dell'imperativo
Anche la storia di Giuseppe ci pre- etico , soprattutto se si considera che
senta nel protagonista la figura ideale esso è formato in nome di Dio e che
di chi rende bene per male non senza l' A.T . ha elevato alla sfera religiosa il
richiamare l'attenzione sull'obbedienza fatto naturale e istintivo dell'amore.
di Giuseppe a Dio (G en. 50 ,19) .
3. Il concetto religioso di amore
Certo nell'A .T . abbondano gli esem-
pi di amore che si cambia in odio a.L'importanza vitale del concetto
verso il nemico 34 • Il più significativo di amore ci permette già di capire il
è il tormentato e fremente salmo 109: suo alto valore teologico nella sfera
l'autore si ricorda ancora del suo amo- religiosa. Anche l' A. T . riconosce in
re 35 , ma questo al presente non fa complesso questo valore, sebbene spes-
che attizzare il suo odio, terribile con- so parli dell'amore con espressioni mol-
ferma della sentenza di Ecclus. 37,2: to riservate e piuttosto limitate .per-
halo' din maggza' 'ad-mawet réa' k ene- ché riguardanti i rapporti fra l'uomo
feJ nehpiik la~~iir (non è forse cosa e Dio sotto una prospettiva speculati-
che rasenta la morte un amico del vo-teologica e perciò anche facilmente
cuore che si volge in nemico?). La sottovalutate. Questo ritegno deriva
stessa ostilità si verificava sovente nei dal fatto che nel pensiero teologico
confronti del povero come afferma la degli autori biblici prevale nettamente

33 Le parole che seguono nel v. 22 gef?a· « Mentre io prego (per loro) » è una tra·
lim 'atta hOteh 'al-ro'J{j (carboni tu accumuli duzione assurda. Potrebbe essere mantenuta
sulla sua ·testa) ironizzano il naturale deside- tutt'al più col verbo al tempo passato.
rio di vendetta: i cibi e le bevande sono 36 gam l•ré'éhu iiii~né' ras = persino
i carboni ardenti che l'uomo saggio e con- all'amico suo è in odio il povero.
trollato pone sul capo di chi lo odia per 37 Il consiglio di Eliseo riguardo agli Ara-
distruggerlo. Analogo è il concetto di Pr. mei prigionieri in 2 Reg. 6)2 (T.M.), può
24,17: ~Non gioire per la caduta del tuo esser considerato come la rivolta della co-
nemico e non rallegrarti in cuor tuo per scienza umana contro un ordine brutale. Il
la sua sventura», sebbene si tratti piuttosto fatto che un cuscita, ossia un uomo di con-
di una norma di prudenza, come dimostra dizione giuridica e di prestigio molto bassi,
il versetto 18. in un impulso di pietà salvi la vita a Gere·
34 Vedi le parole contenute, ma dure, di mia condannato dai suoi connazionali (J er.
Gioab a David in 2 Sam.19,7. 38-7 ,13) è come una illustrazione della pa-
3S In Pr. 109,4 ss. il v. 4b è corrotto. rabola del buon Samaritano.
73 (J ,27) 6:ya.miw (G. Quell) (I,27) 74

l'idea dell'alleanza; perciò soltanto ra- ed ha inceppato in larga misura la


ramente essi sannc liberarsi dalla men- fecondità dell'idea antico testamenta-
talità giuridica che è alla base di quel- ria di amore, ma non ha potuto offu-
l'idea e riescono ad esprimere com- scarla al punto da impedire che essa
piutamente nel suo contenuto di ve- risplenda qua e là in tutta la sua
rità religiosa e nella sua forza singo- grandezza.
lare il concetto di amore, che è estra- Leggiamo nell'A.T. che l'uomo ama
neo al diritto e appartiene esclusiva- Dio e che Dio ama l'uomo. È sintoma-
mente alla sfera psicologica. Ma non tico che non venga mai stabilito un
c'è dubbio che l' idea dell'alleanza rapporto logico fra le due idee. Sol-
( ·· + OLo.i}-fixTJ) altro non è che l'espres- tanto l'autore del Deuteronomio fa
sione giuridica dell' esperienza del- un tentativo in questo senso, in quan-
to ora esorta ;1sraele ad amare Jahvé
1'amor di Dio, e che quindi alla base
ricordando l'amore di J ahvé per i pa-
del concetto di alleanza vi è queJlo di
dri (Deut. 10,14-16), ora, quale ri-
amore 38 • Nella religione israelitica que-
compensa della fedeltà alla legge pro-
sto rapporto spesso è riconosciuto sol-
mette l'amore di Jahvé (Deut . 7,14 ).
tanto implicitamente, come per una
Ma poiché non è consigliabile esami-
certa riluttanza ad attribuite a Dio
nare un'idea partendo dalla sua utiliz-
un affetto che è tipico della creatura,
zazione parenetica, tratteremo separa-
insieme all'energia che ne promana, e
tamente i due concetti senza riguardo
a trasferire compiutamente l'esperien-
al loro rapporto di valore.
za amorosa nelle relazioni con la di-
b. L'A.T. conosce l'amore come
vinità. Non meno significativa è la ten-
fondamentale disposizione d'animo del-
denza ad equiparare il concetto di
!' uomo giusto e pio verso la divinità,
amore a concetti come /:Je sed (mise-
ma non approfondisce teoricamente il
ricordia), mispat (giudizio), sedeq (giu-
contenuto di questo sentimento. Ma
stizia), 'emet (fedeltà), ecc . trasferiti quando, in un passo, l'amore così inteso
dal diritto alla teologia e usati in ge- è avvicinato alla paura39 , si tratta di una
nere per definire rapporti etici e re- catacresi al fine di rendere più piena
ligiosi. Questa tendenza ha compresso l'espressione. Infatti anche per l'A.T.
in qualche modo il pensiero religioso l'amore è un sentimento opposto alla

38 Questo si può osservare benissimo nel te le vie sue) e 'iibad (servire) è uno degli
concetto affine di « elezione» e nell'uso re- elementi della iir'a (timore). Si tratta di
ligioso del concetto giuridico di l,Jesed concetti già logori e malamente confusi.
( - xapL<;) ne] quale ha gran parte l'amore. Il contrasto fra la paura e l'amore è espres-
39 In Deut. 10,12 'ababa (amore) insie- so dalle celebri parole di David in 2 Sam .
me a leket bekol deriikiiiw (camminare in tut- 24,14 .
75 (l ,28) à.ya:miw (G . Quell) {l ,28 ) 76

paura 40 in quanto tende ad annullare religiosa attiva 4li che , al di sopra del
le distanze 14 , e come tale è un ele- sentimento passivo di sentirsi creatura
mento essenziale di ogni preghiera 42 • o anche indipendentemente da esso ,
Amare Dio significa compiacersi di lui porta quella gioia sovrana della fede
e sentire verso di lui un impulso di di cui l'uomo pio ha bisogno e che
attrazione 43 . Coloro che amano Dio sa esprimere con tutti i toni e i
sono per principio i giusti, la cui fede motivi propri dell'inno 47 • L'amore vede
ha i caratteri della semplicità e della nella divinit à la salvezza ed è il fon·
purezza, che cerca no Dio per Dio. 48
<lamento più sicuro della fiduci a . La
Abramo quindi, che per i suoi rap- ricchezza di inni dell'A.T . ci permette
porti intimi con Dio è chiamato 'oheb di valutare l'alto significato e la dif-
jh wh (amante del Signore ), è il pro-
fusione che ha nella religione di Jah-
totipo della pietà 44 • Come uomini di
vé questa fo rma di pietà che è fa-
vita interiore sicura e forte vengono
cilmente misconosciuta sopra"ttutto per-
poi chiamati in generale 'òhabé jhwh
ché lo stesso concetto di amore quasi
(amanti del Signore) anche i membri
sempre nell'A.T. , specialmente al di
del popolo di Jahvé 45. Questo appel-
fuori dei libri profetici, è formulato
lativo considera l'aspetto atti vo della
vita religiosa, senza tuttavia scivolare a scopo parenetico o di confessione e
nel campo rituale o etico. È evi- perciò sembra una costruzione razio-
dente che non si tratta di una espres- le assai più di quanto non sia in realtà.
sione teologica, ma semplicemente em- Frequenti sono le espressioni come:
pirica. Essa vuole definire una vita «coloro che amano Jahvé e osser-

40 Cfr. nel N .T . 1 Io. 4,18 ; 2 Tim . 1,7. 'of;abaiw k•~e't bassemd bigburato (gli
41 Cfr. Deut. 11 ,22 e passim: l•dobqa bO amanti di lui [siano] quale il sorger del
(per aderire a lui). sole nel suo vigore) non si presta molto
42 Tipico è 'erf?omkii (avrò compassione ad un'analisi concettuale poiché costituisce
di te) in Ps. 18,2 e anche 'iihabtl (ho amato) l'antitesi della rovina dei nemici di Jahvé
usato in senso assoluto in Ps. 116,1, espres- Ma l'immagine dell'incessante fenomeno na-
sioni che, nonostante la difficoltà del testo, turale può essere stata suggerita al poeta
non è il caso di sostituire con qualche espres- dalla parola fondamentale 'òbaba;w.
sione poetica, per quanto bella (cfr. GUN- 47 Si tratta di esperienze del genere co..
KEL, a. /.). siddetto « fascinosum » cfr. R. OTTO, Das
43 Cfr. Ier. 2 ,2: 'ababat k•lulotajik (l'amo.. Heilige, cap . 6.
re dei tuoi sponsali); Ps. 91,14 IJSq (amare 48 Ps. 40,17; 70,5. Non si può stabilire
con trasporto). se il ricordo, molto comune nei treni biblici,
44 I LXX intendono Is..41 ,8 in senso pas- del fatto che già i padri sperimentarono que-
sivo: 8v i]ya7t1JO'<X. Cfr. anche 2 Cbr. 20,7 sta salvezza (Ps. 40,6) susciti esso stesso que-
'ohabkii, i]ya7t1)µÉvoc; uou (ma Iac. 2,23 cpl- sta fiducia, oppure soltanto la corrobori, in
Àoc;), Iudith 8,22, Vulg.: amicus. quanto, nella preghiera, le due possibilità
45 'hb anche nella religione pagana, Ier.8,2 si alternano a seconda della disposizione del-
46 Purtroppo la grandiosa similitudine di l'orante.
77 (I,28) ciycrnciw (G. Quel!) (I,29) 78

vano i suoi comandamenti » 49 , oppure che Gesù definisce il più grande della
«amarlo e servirlo» (Deut. 10,12; 11, Legge , di Deut. 6,5: we'iihabtii 'et
22 ; 19,9; 30,16; Ios. 22 ,5; 23 ,11). jhwh )elohékii bekol l'babkii wbkol
Esse accoppiano, in modo piuttosto napsekii wbkol m•'odekii (amerai il Si-
sforzato, l'amore al comportamento ri- gnore, Dio tuo, con tutto il cuore tuo
tuale ed etico ed impediscono perciò e con tutta l'anima tua e con tutta
una comprensione più profonda del l'energia tua). Il carattere paradossale
concetto di amore 50 . Invece Dcut . 30,6 è qui lo stesso dei comandamenti di
insegna a comprendere l'amore verso Lev. 19,18.34, e ciò che abbiamo detto
Dio come un'esperienza profondamen- a proposito di quelli vale anche in
te interiore e in ultima analisi voluta questo caso. Viene imposto come leg-
da Dio stesso . Jahv é spezza il cuore ge 51 ciò che non può essere oggetto
di Israele in modo che questi possa di prescrizione legale. Naturalmente chi
amarlo con tutto il cuore e con tutta non ha 1'energia di cui parla il ·co-
l'anima. L'immagine profetica (I er.4,4) mandamento non può comprenderlo.
- indubbiamente polemica contro la Esso presuppone tale forza ed impone
secolarizzazione dell'idea di alleanza - di impiegarla compiutamente. L'accen-
mira , con una significativa differenza to è posto sulla parola, tre volte ripe-
da Ier. 31,33 (e anche da Ez. 11,19), tuta, kol, « totalità », « complesso » e
a spiegare l'origine irrazionale della l'espressione si potrebbe parafrasare
più forte energia vitale del popolo così: tu devi impegnare la totalità del-
eletto. l'energia che è in te per far sorgere
Ma spesso il linguaggio, come di- dal sentimento di amore una convin-
mostrano gli esempi succitati , è com- zione che regoli il tuo modo di vivere;
pletamente estraneo a questo concetto . nei tuoi rapporti con Jahvé rlevi im-
È evidente che, per gli scrittori, nel- piegare tutta la tua personalità lebiib
l'amore di Dio l'azione, l'efficacia etica, (cuore) e nefes (anima). Indubbiamen-
ba più importanza del sentimento in te questo rapporto, come fatto perso-
sé, tanto che si ha l'impressione che nalissimo ( 'elohékii = il Dio tuo) è
l'amare o meno sia lasciato alla deci- già nel fatto che l'uomo ama il suo
sione dell'uomo. Quest'impressione de- Dio. Ma è compito del legislatore sta-
riva soprattutto dal comandamento, bilire che esso è anche un'esigenza e

49 Per es. Ex. 20,6; Deut. 5,10; '7,9,; 11,l; Oppure bisogna effettivamente interpretare
1 Reg. 3,3; Dan. 9,4; Neh. 1,5. come sopra?
SO Si sarebbe addirittura tentati di consi- s1 Deut. 30,16 accentua 'iinokì m•saww•kii
derare il waw, congiunzione copulativa che (sono io che ti comando). In forma poetica
unisce i due verbi, come esplicativo: « amar- il pensiero è meno marcato, Ps. 31,24.
lo, cioè osservare i suoi comandamenti, ecc. ».
79 (l,29) O:ya.7tciw (G . Quell) (l,30) 80

un dovere. Come educatore e capo egli 'hb si trovano soltanto in tre passi
sa che tutto ciò che non diventa azio- che però si riferiscono ai re Salo-
ne non ha valore, e perciò la sua for- nome (2 Sam. 12,24; Neh . 13 ,26) e Ci-
mulazione paradossale cerca di rende- ro (ls . 48,14 ?), e possono quindi es-
re feconda per la fedeltà ali' alleanza sere in relazione con il concetto della
l'energia più forte della vita religiosa. discendenza divina dei re, che è ri-
Jahvé stesso metterà alla prova la conosciuto anche dal diritto israeli-
serietà dell'amore (Deut . 13,4). In que- tico ; ma , seppure in forma più spiri-
sto ordine di idee il Deuteronomio si tualizzata , rivela una reminiscenza del-
incontra con Geremia , che fonda il la mitologia pagana 53 • Perciò non pos-
nuovo rapporto fra Dio e l'uomo, l'al- siamo spiegare questi passi con la sola
leanza dell'epoca a venire, sulla legge religiol)~ di J ahvé. 'hb, negli altri
scritta nel cuore e quindi non più tale casi è ' del tutto evitato nelle espres-
(ler . 31,33): e questa non è altro che sioni riguardanti l' amore di Dio per
il libero impulso di amore verso Dio. un individuo. In questi casi si usa
c. Il messaggio dell'amore di Dio r~h, che, come termine del linguag-
ha, nell' A.T., un aspetto sociale e na- gio sacrificale, non esprime un'uguale
zionale e un aspetto individuale. Se immediatezza di sentimento 54 , oppure
al primo spetta la priorità cronologica, hfs, che indica anch'esso più che al-
nel secondo l'essenza dell' amore si tro il riconoscimento 55 • Si può quin-
esprime in modo più fine e significa- di affermare che generalmente non si
tivo. Sorprende come l'A.T. raramen- pensava all 'amore di Jahvé per sin-
te parli dell'amore di Dio verso una goli individui . Gli stessi oranti rivol-
persona determinata. Solo due volte gono il pensiero più alla sovranità,·
ricorre l'espressione (dld jhwh, di- alla potenza e alla benignità di Jahvé
letto di Jahvé 52 ; espressioni come che al suo amore quando chiedono

52 In Ps. 127). è riferito ad un privato, un merito che Jahvé riconosce.


in Deut. 33,12 è appellativo della tribù di 55 In Ps. 18,20 ha/e~ bi (si compiace di
Beniamino (al plurale in Ps. 60,7). me) è inteso, come dimostra la continuazione
53 Cfr. 2 Sam. 7,14; Ps. 89;2.7 ss.; 2,7 (ve- in cui l'orante ricorda la sua giustizia, nel
di GUNKEL, a. l. ). Forse anche il sopran- senso di Ps. 37,23 darki iehpiiz (la via mia
nome di Salomone ;edidia (diletto di Jah- egli approva). Cfr. Ps. 41,12 col v. 13. La
vé}, 2 Sam. 12,25, vuol sottolineare la sua formula di cortesia della regina di Saba ;•M
destinazione al trono. ihwh biiruk 'aJer bafe! b•ka (sia benedetto
54 Cfr. per es. Lev. 7 ,18: Am. 5).2; ler. Jahvé, che s'è compiaciuto in te) in 1 Reg.
14,12; Ez. 43,27. Anche la formula di cor- 10,9; 2 Chr. 9,8 sembra da giudicare alla
tesia ihwh iir!eka (il Signore ti sia pro- stregua dei passi citati sopra (col. 79) dr.
pizio), 2 Sam. 24,23, augura che un voto sia anche 2 Chr. 2,10 (Hiram di Tiro a Salo-
ben accetto. In lob. 33,26 rsh è esaudire mone) .
la preghiera. In Pr. 16,7 la vita del giusto è
81 (I,30) àycrnciw (G. Quell) (l,30) 82

compass10ne per la loro sorte perso- blematica una comprensione più pro-
nale, oppure quando, in espressioni fonda dell'amore in questo rapporto.
come malkt (re mio) 56 , nascondono nel L'idea della paternità non è pene-
suffisso « mio » il desiderio che il loro trata nella religiosità privata dell' an-
Dio li esaudisca amorosamente. tico Israele 60 •
Perciò in genere si parla soltanto d. Ciò che l'A.T. dice dell'amore
dell'amore di Dio verso la collettività, di Dio rientra prevalentemente ed ha
Il caso limite è dato dall'amore per il suo fondamento naturale nella cer-
determinate categorie di uomini espres- chia delle idee tradizionali del popolo
se al singolare 57 : Jahvé ama e, se ebraico. Il motivo fondamentale del-
necessario, castiga l'ospite, il puro di !' agire di ]ahvé col suo popolo è l'amo-
cuore, il desideroso di giustizia pro- re, e, per quanto è dato sapere, Osea
prio come un padre fa col figlio. è stato il primo a sentire e ad espri-
(Prv . 3,12). Può essere che dietro que- mere chiaramente questo concetto. An-
ste frasi di intonazione didascalica stia- che in Isaia (Is. 1,4; 30,1.9) si trova
no esperienze concrete del credente, il concetto di Dio come padre, ma il
quali sono evidenti nelle espressioni profeta vede questa paternità più sot-
di fiducia dei salmi, ma non è pos- to l'aspetto dell'autorità che dell'inti-
sibile precisare con esattezza il loro mo sentimento che, seppure velata-
contenuto religioso e devozionale per- mente, traspare dalle dure parole di
ché in esse l'amore è molto vicino ad Jahvé contro l'ingratitudine dei suoi
un generico riconoscimento o, come figli 61 • Invece Osea ha visto con per-
nel caso dell'ospite, alla protezione 58 • fetta chiarezza che alla base dell'ele-
Anche la formulazione pedagogica del- zione di Israele e dell'alleanza stava
1' idea di paternità e figliolanza, diven- l'amore operante di Dio. Egli si rende
tata chiaramente pedante 59 , rende pro- conto che le formalità e le garanzie

56 Ps. 5,3. Cfr. anche Hos. 2,25. 'iibi (padre mio) fa pensare che la pietà pri-
s1 Deut. 10,18; Pr. 22,11 LXX; 15,9. Tut- vata sotto l'influsso dei profeti abbia scien-
tavia Sap. 7,28 oulìÈv y!lp ayaTCii ~ ~e:òç E~ temente ripudiato il concetto di Dio come
µ1J 'tÒV O'oq>lq. O'UVO~XOUV't'a. (nulla infatti padre poiché esso sembrava inevitabilmente
Iddio ama, se non colui che convive con la legato alla natura quando mediante la pre-
sapienza) esprime chiaramente quella tendenza ghiera pretendeva stabilire un rapporto indi-
all'esclusivismo che è propria di molte affer- viduale con la divinità. Cfr. J. BEGRICH,
mazioni di questo genere . Z.A.W. N.F. 5 (1928), p. 256.
58 In questo ordine di idee rientra anche 61 Non rientrano in quest'ordine di idee
Ps. 68,6: Jahvé è padre degli orfani e giu- passi come Ex. 4,22: « Israele è il mio pri-
dice delle vedove, Ps. 103,13. mogenito» oppure Deut. 14,1: «Voi siete
59 In lob 5 ,17 gli stessi concetti vengono i figli di Jahvé », che, senza nessuna vibra-
messi in bocca a Elifas . zione sentimentale, vogliono soltanto giustifi-
60 Il fatto che Ier. 2,27 riferisca con tono care col diritto familiare le prerogative di
caricaturale la formula di preghiera cananea Jahvé.
83 (1,31) ciycmtiw (G. Quell) (l,31) 84

giuridiche non bastano a spiegare la Cosi essa diventa oggetto di compas-


fedeltà di Jahvé all'alleanza col suo sione. Colui che si trova al di sopra
popolo; questo si può vedere quando di tutta la situazione vede la sua mi-
il profeta rappresenta Dio come un seria meglio di lei stessa e la prende
uomo che, contro ogni costume, leg- sotto la sua protezione giuridica (2 ,21:
ge e ragionevolezza, continua ad oc- 'rf = prendere in moglie) per sem-
cuparsi di una donna indegna (Hos. pre : berahamim: (con compassione).
3 ,1 ). Quest' uomo non può fare a Allora essa lo « riconoscerà » nel pieno
meno di amare l'adultera come Jahvé senso della parola (2,22). In tal modo
ama i figli di Israele. Ciò significa O sca si sforza di insegnare a capire
che tutta la religione ufficiale da lungo il comportamento di Jahvé. Egli scon-
tempo ormai è lettera morta e sol- volge l'edificio dell'alleanza scoprendo-
tanto per un amore inspiegabile, che ne il fondamento vero che è l'amore
all'uomo di mente sana sembra addi- di Dio e poi lo ricostruisce con fedeq
rittura grottesco, Dio sostiene ancora (giustizia), mispàt (giudizio), besed
l'esistenza del suo popolo. Anche la (misericordia) e emuna (fedeltà). Ma
vicenda con Gomer, (se non si vuole la pietra angolare è rahamim, la com-
tener conto a questo proposito del passione 62 .
cap. 3) esprime qualcosa di simile. Il Con uguale finezza e profondità
profeta deve prendere in moglie la Osea esprime il concetto dell'amor di
sgualdrina perché soltanto questo ma- Dio in alcuni passi che fanno pen-
trimonio apparentemente disonorante sare all'amore paterno, sebbene non
può essere un'immagine fedele dei rap- vi si trovino mai usate, forse inten-
porti fra J ahvé e la terra di Israele zionalmente, le parole padre e figlio
(Hos. 1,2). Il carattere comminato,.io e a rigore si parli soltanto dell'educa-
del nome dei figli di Jezreel, Non-amato tore paterno deluso, ma proprio per
e Non-popolo-mio lascia intendere che questo sempre più appassionatamente
la condotta dello sposo è tutt'altro innamorato 63 . Israele è stato fanciullo
che passiva, e che anzi la madre sgual- e ha goduto l'amore di Jahvé (11,1).
drina scherza ignara col fuoco (2, 1O: Efraim ha imparato a camminare sor-
« essa non sa ») ed è destinata ad retto dalla mano di Dio ( 11,3 ). Ob-
essere accusata dai suoi figli (2,4 ). bediva stretto da un « vincolo d'amo-

62 Non si può stabilire fino a che punto 63 Questa concezione non traspare tanto
una tendenza sensuale connaturata ad Osea dalla parola di 11,1 ben1 (figlio mio), che non
lo abbia predisposto a simboleggiare la è sicuramente attestata, quanto dall'espres-
ciyti1tT] con l' ~pwç; cfr,. A. ALLWOHN, Die sione tirgalti 11,3: «Insegnare a camminare
Ehe des Propheten Rosea in Psychoanalyti- ad un fanciulletto ». Un'idea del genere mal
scher Beleuchtung (1926), pp. 54 ss. si adatta a na' ar (ragazzo), ecc.
85 (I,31) a:ya.miw (G. Quel!) (I,32) 86

re » 64 , ma senza bisogno di richiamo può comprendere quale sconsolata tri-


o guida. Ora che si trova sull'orlo stezza sentisse quest'uomo in una mi-
della rovina che lui stesso si è prepa- naccia come quella di 9,15 : lo' '6sef
rato e a Jahvé sembra doveroso sfo- 'ahabii.tam. «Non voglio più amarli» 65 •
gare la sua giusta ira, prorompe invece Essa significa la rinuncia di Dio ad
il suo amore in toni accorati: << Come essere Dio, ossia il caos completo.
debbo abbandonarti , Efraim, e tradir- Quando perciò il capitolo finale del
ti, Israele? Il mio cuore vi ripugna libro rinnega tutte le minacce con la
e tutto brucia dentro di me! Io non frase 'ohabem n"diibd (li amerò d'un
voglio sfogare il furore della mia col- amore generoso), 14,5 non c'è dubbio
lera e non voglio annientare nuova- che questa esprima l'ispirazione fon-
mente Efraim . Poiché io sono Dio, damentale del messaggio di Osea, qua-
non uomo, il Santo in mezzo a te » lunque sia lo scopo del capitolo.
(11,7-9). Quest'ultima frase segna il In forma diversa e, mi pare, più
vertice dell'idea di amore nell' A.T.: debole il motivo dell'amore sofferto
essa stabilisce la superiorità dell'amore di Dio si ritrova anche in Geremia
divino su quello umano. È l'unico pas- (12,7-9). Jahvé odia la sua eredità
so in cui si affermi che l'amore divino perché ha ruggito contro di lui come
non si lascia scuotere da affetti o da un leone. Eppure la chiama j"didut
recriminazioni, ma agisce come forza nafst (la delizia dell'anima mia) e tutto
primordiale e inarrestabile della vita il passo è un lamento. Jahvé non sa
divina. Nell'amore Dìo rivela la pro- spiegarsi perché Efraim sia un figlio
pria divinità e santità. Perciò Dio sof- a lui così caro al punto che si sente
fre che non lo ami il suo popolo, la tremare ogni qualvolta lo pensa e non
cui fedeltà alla legge è come una nuvo- può non aver compassione di lui 66 •
la mattutina, come rugiada che presto Di « amore eterno » egli ama sua mo-
scompare (6,4) . E di fronte al pec- glie, Israele, e questo amore è il fon-
cato si trova come sprovveduto: « Che damento della sua fedeltà (31,.3 ). An-
debbo farti, Efraim? Che debbo farti, che altrove Geremia riprende motivi
Giuda? » 6,4. di Osea, e non è il caso qui di discu-
Questo motivo di Dio che soffre tere se consapevolmente o meno. Egli
per amore dà un particolare timbro parla anche di una giovinezza di Ge-
a tutte le minacce di Osea. E così si rusalemme-Israele e la celebra come

64 11,4. Essendo il testo corrotto l'imma- 65 Cfr. 1,6: lò' ruhama (non amata) e
gine non si può ricostruire con sicurezza. 13,14: no!;am iissàter ,;,è'éna; (la compassione
Forse è presa dal carro perché ricorre la è nascosta agli occhi miei).
parola 'ol « gioco ». Ma l'ipotesi non è 66 Ier. 31,20; dr. anche 31,9.
soddisfacente.
87 (l ,32) <iyamiw (G. Quell ) (l,33) 88

un periodo nuziale trascorso nell'amo- quando J ahvé si rivolge a Israele


re di Jahvé, e a questo proposito come ad un uomo e gli annunzia il
paragona la parola di Jahvé a una suo riscatto : <~ Per il tuo riscatto io
fonte d 'acqua viva (2,2 ss. 13). Egli cedo l'Egitto, dono per te Kush e
ci presenta J ahvé che invano atten- Seba, perché tu mi sei prezioso e ti
de di udire dalla sua amata la tenera amo» (ls. 43 ,3 s.).
parola « padre mio » (3, 19 ), e anzi Mentre i passi profetici, seppure
deve accorgersi che il suo attaccamen- varia è la loro originalità, si presen-
to a lui è falso, e tuttavia non si tano come espressioni elementari di
stanca di chiamarla a conversione ( 4, 1 ). pietà religiosa senza complicazioni teo-
Anche il Deuteroisaia riprende il riche 68 , tutt'altro carattere hanno le
tema della donna amata in gioventù affermazioni del Deuteronomio sul-
che ·viene riaccolta da Dio con eterna !' amore di Dio. Esse cercano di ren-
pietà (Is. 54 ,5-8), ma accantona con dere feconda la grande idea dandole
un tratto significativo il motivo della una veste dottrinale, ma naturalmente
sgualdrina. Anzi la moglie di Jahvé non possono evitare che la sublime e
è una 'azuba wa 'a~ubat ruah (abban- potente concezione dei profeti venga
donata e afflitta); era stato il suo spo- in qualche modo compressa dallo stile
so ad abbandonare lei per « nn breve della Torà. L'esperienza amorosa si
attimo » , non lei a lasciar lui, e si trasforma in dogma. Come abbiamo
accenna con rammarico che ciò avven- già visto, l'idea di amore al Deutero-
ne «nell'ira », senza però spiegare in nomio serve prevalentemente per giu-
nessun modo il motivo della collera. stificare l'elezione del popolo e l'al-
Forse l'immagine di Sion , moglie di leanza . Dell'aspetto istintivo e irra-
Jahvé, è adombrata anche quando il zionale dell'amore si parla in modo
Deuteroisaia dà all'amor di Dio la più velato e indiretto. Cosi leggiamo che
forte espressione sentimentale, collo- Jahvé scelse Israele come suo pe-
candolo accanto all'amore materno, an- culiare fra tutti i popoli della terra
zi al di sopra di esso: anche se può non perché Israele fosse più nume-
accadere - dice J ahvé a Sion - roso degli altri - anzi era numerica-
che la madre dimentichi i suoi figli, mente il più esiguo - ma perché lo
io non ti dimentico 67 . Oppure il tema amava e questo spiega il suo attacca-
della paternità subisce una variazione mento (psq) (Deut. 7 ,6 ss. ). Ma su-

67 Is. 49,15. Lo stesso motivo ritorna an- 68 Soph. 3,17 è poco · chiaro, essendo il
che in 66,13: «Come un uomo che è conso- testo gravemente corrotto. Ezechide ama la
lato da sua madre, cosi io consolo voi». In- mediazione cultuale del compiacimento di
vece in 32,18 «Il Dio che ri · ha generato» Jahvé 20,40 s.; 43,27. Cfr. anche Ps. 147,11 ;
sembra essere un concetto estraneo. 149,4.
89 (l,33) ciya:miw (G. Quell) (l,33) 90

bito dopo si parla del giuramento che educa (jsr, forma piel) suo figlio ,
Jahvé fece ai patriarchi, sicché si cosl Jahvé vuole educare te» . Ma
ha l'impressione che per l'autore im- questa concezione è già ben diversa
portante e desiderabile sia soltanto la da quella, per esempio di Osea 70 •
garanzia implicita nel giuramento, ran- La trasformazione dell'idea di amo-
to più che subito dopo passa al tono re in dogma, che avviene nel Deute-
parenetico e afferma che Jahvé, il ronomio, ha avtuo importanti conse-
vero Dio, è anche fedele e mantiene guenze. Il motivo sta nel fatto che,
il patto con tutti coloro che lo ama- essendo il concetto di amore stretta-
no e osservano i suoi comandamenti. mente collegato a quelli di scelta e
Deut. 7 ,13 associa addirittura l'amore di alleanza, fu coinvolto nel processo
alla benedizione di Dio : entrambi sono di irrigidimento subito da questi ulti-
la ricompensa di Jahvé per la fe- mi. Ciò balza evidente quando si leg-
deltà all'alleanza. Così l'idea di amore ge, per esempio, come tratta l'idea di
riceve insénsibilmente la sfumatura amore il libro di Malachia. All'inizio
estranea di un do ut des che non è sta questa frase, che colpisce per la
nei profeti. Inserito nelle norme di sua semplicità: « Io vi amo, dice
vita del giusto, l'amore perde la sua Jahvé » {Mal. 1,2). Ma questo an-
caratteristica migliore: la libertà. Più nunzio, anziché essere analizzato nella
alta è la concezione dell'amore in Deut. sua profondità insita in 'hb e nella
10,14 ss. che, prescindendo dall'idea sua portata immensa, offre lo spunto
del giuramento e dell'alleanza, afferma ad una singolare discussione su come .
che Jahvé per amore si rivelò ai pa- agisce l'amore e su che cosa si fonda 71 .
triarchi e scelse come sua "la loro pro- E il problema non è posto in termini
genie(:/}. Strettamente adeguato al con- - diciamo ~ metafisici, ma giuridici:
cetto di amore divino è poi l'invito si indagano le circostanze che hanno
alla circoncisione ' del cuore, proprio come conseguenza o come presuppo-
perché esorbita dai limiti della Leg- sto il fatto espresso dalla parola
ge. Più di ogni altro è consono agli 'ahabtanu (tu ci ami). In tal modo
intendimenti educativi del Deuterono- svaniscono la dolcezza e la forza del
mio il concetto della paternità di Dio. concetto di amore. La lieta novella è
« Riconosci col tuo cuore » si legge vista soltanto nelle sue conseguenze
in Deut. 8,5 «che, come un padre giuridiche e queste · vengono esempli-

(:fJAnalogo è il concetto cli Deut. 23,6. qual motivo ci ami?» oppure: «In che mo-
'/IlSi trova anche in Deut. 32,6, dove però do d. dimostri il tuo amore? » Da ciò che
è dato maggior rilievo alla creazione cli Dio. segue si capisce che bisogna interpretare nella
11 bamma 'ahabtanu può significare: « Per seconda maniera.
91 (I,34) ciyam.tw (E. Stauffer) (I,34) 92

ficate con la pos1z1one privilegiata di che vada oltre Israele. Si potrebbe ra-
Giacobbe rispetto a Esaù. La disgra- gionevolmente pensare che il concet-
zia di Esaù-Edom (dice il profeta) mo- to universalistico sia presente nei testi
stra che egli è « odiato » da J ahvé, messianici e indirizzare la ricerca in
e Giacobbe, al quale è stata rispar- tal senso 73 . Ma ciò condurrebbe a in-
miata la medesima sorte, dovrebbe ve- terpretazioni forzate perché le affer-
dere in ciò una prova dell'amore di mazioni messianiche, quando superano
Jahvé. Anche se su questa contrap- il particolarismo e sfociano nell'idea
posiziòne possono avere influito i con- di umanità, sono troppo smorzate e
cetti propri del diritto matrimoniale generiche per contenere un'idea di cosl
,ahubéz (amore) e f•nu, a (odio) 72 , è vitale importanza .
pur sempre notevole la trasposizio- La breve frase di Deut. 3 3 ,J 'af
ne del concetto di amore implicito hobeb 'ammim (eppure egli ama i po-
nell'argomentazione: Jahvé ama per- poli) presa a sé può essere intesa, se-
ché odia. Anche l'idea della paternità condo il T.M. e la maggior parte del-
in questo libro è alquanto mutila. le versioni, in senso universalistico,
ma il contesto insegna che non è così
Infatti o è vista come prerogativa
e che ci dev'essere qualche errore. So-
giuridica nei confronti dei sacerdoti prattutto · è dubbio che 'ammzm possa
( « Se io sono padre - dice loro J ah- significare « popoli ». L'interrogazione
vé - dove sono i miei onori? », di Mal. 2,10 («Non abbiamo tutti un
Mal. 1,6) oppure è ristretta a un rap- padre? ») non si riferisce all'amore di
porto di servizio come tra un padre Dio, ma alla creazione, come dimostra
l'altra domanda: « Non ci ha creato
e un figlio che lavora nella sua azien-
un solo Dio? ». Nell'episodio della
da (Mal. 3,17). torre di Babele (Gen. 11 ,1-9) si espri-
e. Ma la potenza del concetto pro- me addirittura un'avversione all'idea
f etico dell'amore di Dio è sufficiente di umanità.
a neutralizzare queste ombre. Esso G. QuELL
reca in sé in ultima analisi - pro-
B. VERBI CHE SIGNIFICANO «AMARE»
prio come il concetto di Dio degli
NEL GRECO PREBIBLICO
stessi profeti - la tendenza alt' uni-
versalità. Non più di una tendenza, Il greco prebibilico usa fondamen-
perché nell'A.T. non si trovano affer- talmente tre verbi per indicare l'amo-
mazioni dirette di un amore di Dio re: Èpfiv, qnÀ.ELV, &.ycxmiv.

72 Cfr. Deut. 21,15 ss. polo) nel senso di «umanità» al v. 5. Trop-


73 Ciò è possibile soprattutto in Is. 42,6: po enigmatico è 'ìibi- 'ad (padre in eterno) di
!Jerit-'am significa « alleanza dell' umanità it Is. 9,5.
come dimostra l'uso di •am (propriam. =po-
93 (l,35) Ò:yamiw (E. Staufier) (1,35) 94

1. Épfiv indica l'amore passionale, sta forza onnipotente non è più ca-
il desiderio di possedere l'altro. In pace di discernimento, non ha più
ogm epoca i Greci hanno innalzato volontà e libertà e in questo annulla-
inni ardenti alfi:pwc; sensuale e demo- mento della sua personalità vive la
nico, il dio invitto che tutto vince. beatitudine suprema.
Nel culto esso aveva grande impor- Se il demoniaco del trasporto sen-
tanza; nella filosofia, da Platone in sibile è celebrato con entusiasmo re-
poi, fu identificato con la pienezza del- ligioso, la religione a sua volta cerca
la vita e con la massima elevazione le sue esperienze più alte e complete
dell'anima; la mistica di Plotino lo proprio in quel trasporto. Cosl la po-
sublimò e lo spiritualizzò completa- tenza generatrice di Eros è al centro
mente identificandolo con l'irresistibile dei riti propiziatori della fecondità e
impulso alla riunione con l' EV. nei templi delle grandi dee si pratica
Nell'Ero~ il greco cerca l'estasi e largamente - forse per influsso orien-
questa è per lui religione. La saggezza tale - la prostituzione sacra. Nel cul-
è il più bel dono che i Celesti abbiano to si realizza quell'unione fra uomini
fatto al cuore umano (Soph., Ant. e dei di cui parla la mitologia. Nello
683 ss. ); essa segna la perfezione armo- tt::pòc; yaµoc; (-- y<iµoc;) gli iniziati si
niosa dell'umanità. Ma più sublime è uniscono carnalmente con il mondo
l'Eros che cancella ogni saggezza, fa della divinità 74 • Nelle esperienze ero-
impazzire tutti i sensi, sconvolge gli tiche religiosamente trasfigurate si fon-
ideali umani di misura e di armo- dono la religione e il rapimento
nia e innalza l' uomo a ciò che sta sensuale.
sopra di lui. I grandi tra'gici lo esal- Ma il trasporto che il Greco cerca
tano con orrore e con entusiasmo in- nell'Eros non è soltanto sensuale. Nei
sieme: E'.pwc; <ivlxcnE µaxa.v . . . o misteri greci - come spesso accade
o' EXWV µÉµT)\IEV. LV xa.ì. Òixa.lwv <iòl- in tutte le esperienze mistiche - i
xouc; q>pÉva.c; 1ta.pa.crnq.c; È7tÌ. Àw(3q. concetti erotici assurgono a immagine
(Soph., op. cit. 781 ss.). Eros è un e simbolo del contatto col sovrasensi-
dio e domina gli stessi dei: "t"vpawoc; bile. Questa tradizione è continuata
17t::wv "t"E xci.v17pw7twv (Eur. , Fr. 132 da Platone, che dedica all'Eros un in-
Nauck). Tutte le potenze del cielo e tero dialogo. Anche per lui l'Eros è
della terra sono inferiori all'unica gran- la forza che travolge l'uomo sopraffa-
de potenza: Eros. Chi è preso da que- cendo la ragione (cfr. Phaedr. 237 ss.;

74 O. KERN, Religion der Griechen I A. DIETERICH, Mithrasliturgie (1923) pa-


(1926) pp. 53 ss.; KERN, Griechische Myste- gine 121 ss., 244.
rien der klassischen Zeit (1927) pp. 71 s.;
95 (I,35) à:ycx.naw (E. Stauffer) (I,36) 96

242 ss. ), che ha la sua origine in un Hobein) e afferma risolutamente, in


bisogno elementare e si placa nel- xx 2: Epwç . . . È<T"t'Ì.V xpfiµa. ...
l'unione feconda (5ymp . 200,206). Ma ÈÀ.Evì}Epov. L'intelligenza mistica del-
la bellezza fisica per cui l'amore si ac- l'Eros si esprime compiutamente nelle
cende è soltanto un mezzo per ascen- Enneadi di Plotino (III 5 1t. Epw"t"Oç
dere all'aù-.ò -rò i}Efov xaÀ.6v a cui Volkmann): l'anelito dell'anima a rag-
ogni amore tende, ossia all'essere eter- giungere, al di là del mondo sensibile
no e al vero Bene (5ymp ., 210 s.). Pla- e della ragione, l'ù7tEpSa.À.6v e l'Ù7tEp-
tone ha risolutamente innalzato l'amo- <rx6v (cfr. V 5,8), a superare ogni
re nella sfera del sovrasensibile, Ari- limite là dove tutto coincide, nel punto
stotele gli ha tolto ogni carattere di in cui tpcl.aµtov xa.ì. Epwc; ò a.ù-ròç xa.ì.
esperienza individuale, attribuendogli a.Ù'toV Epwç (VI 8,15) - questo im-
una funzione cosmica come forza di pulso anagogico è il vero Eros e il
attrazione in virtù della quale il Pri- senso di tutta la vita. L'Eros che ce-
mo Principio ordina e muove l'uni- lebrava le sue orgie nella vita sociale
verso : xwE~ oÈ W<; ÈpwµEvov. Questo dell'epoca, che ispirava storie piccanti
amore, che è la più intima forza coe- alla mitologia e diventava avventura
siva del mondo, non ha più nulla a nei templi, viene educato umanistica-
che fare col trasporto sensibile; è sol- mente da Massimo e sublimato misti-
tanto un atto della volontà; il 7tpW"t"OV camente da Plotino. Ma è pur sempre
xtvoùv non è Èmi}uµ'l)"t"OV, ma SouÀ.'l)- Io stesso Eros, l'impulso naturale al-
-ròv 'ltpw-rov proprio perché è -rò ov i' affermazione e al potenziamento della
xaÀ.6v (Metaph., XII 7 p. 1072 a 27s .). propria vita. Quindi la forma origina-
Anche il successivo platonismo ten- ria ed elementare della religione ero-
de a purificare l'Eros dai suoi aspetti tica è il brivido sensibile, stadio più
demoniaci per subordinarlo all'ideale alto di essa è l'estasi.
di « humanitas ». Tipico è il trattato 2. q>LÀ.E~v , q>LÀ.ta. indicano invece
-rlc; Ti I:wxpcl.'touc; Èpw·nxii di Massimo per lo più l'inclinazione, l'affetto pre-
di Tiro che, più platonico di Platone muroso degli dei verso gli uomini,
stesso (Symp. , 181 ss. 208/9), mette dell'amico verso l'amico, l'amore che
in antitesi il piacere sensuale e l'aspi- abbraccia tutto ciò che è umano; che
razione alla bellezza: ÈxEi:voç 'EÀ.À.'l)- si esprime perfettamente nelle parole
'11Lx6ç, SapSa.pLxòç oÙ"t'oç. ò µÈv lixwv di Antigone <ruµq>LÀ.Ei:v Eq>uv 75 : ossia
vo<rEL, ò oÈ Èxwv Èpq. (Max. Tyr., XIX 4 l'amore che è un compito e una mis-

75 Soph., Ant. 523. Qui si parla della nel segno di una «ili)i>ELCX. che vince la costri-
qnllcx., ai vv. 683 ss. dell'Eros - entrambi zione e la ragione.
97 (1,36) ciyrx.miw (E. Stauffer) (l,37) 98

s10ne alla quale l'uomo può sottrarsi, i]ya:7tY}µÉvoc; v7tÒ "t"OU ~Eou ha una po-
non l'istinto e il rapimento che lo tra- sizione di privilegio presso Dio ed ha
volgono ( __. q>LÀ.Ei:v ). ricevuto da lui particolari doni e
3. La parola ciycrnà.v non ha per beni 80 •
il greco la potenza e il carattere demo- Proprio qui si scopre la caratteri-
nico di Èpiiv, e nemmeno il calore stica essenziale di ciya:7tà.v. Eros è
umano di cpLÀ.Ei:v. L'etimologia è sco- l'amore universale che cerca la sua
nosciuta e il significato è piuttosto blan- soddisfazione ora qui ora là; à.ya:7tà.v
do e vago. Spesso à.ycrniiv significa è l'amore che fa distinzione, che sce-
semplicemente essere contento di qual- glie e conserva il suo oggetto . L'Eros
cosa 76 spesso anche accogliere, salu- è mosso da un'attrazione più o meno
tare, trattare con i dovuti onori con distinta verso un oggetto; aya:miv in-
riferimento soprattutto al contegno vece parte dal soggetto, è un atto di
esteriore. Più interiore è il significato libera scelta. 'Epà.v nel suo significato
di mirare a qualcosa, vedere di buon più alto esprime l'anelito dell'uomo
occhio qualcuno o qualcosa n Sovente verso il soprasensibile, l'amore per il
il verbo è usato per indicare la stima, divino 81 . 'Aya..7tà.'V, invece, indica piut-
l'amicizia e la simpatia reciproca fra tosto l'amore che si irradia da Dio,
persone dello stesso rango 78 . Partico- l'amore del potente che solleva l'umi-
larmente caratteristiche sono le espres- le e lo innalza al di sopra degli altri 82 •
sioni in cui àya:miv ha il significato L'Eros cerca nell'altro l'appagamento
di prediligere, preferire, un bene o della sua brama di vita; ciya7tliv in-
un fine, tenere qualcuno in maggior vece dev'essere spesso tradotto con
.J
considerazione di un altro. In questo « dimostrare affetto »: è un amore dif-
senso à.ya:ità.V può indicare la predi- fusivo, attivo, che vuole il bene del-
lezione di Dio per un uomo 79 • Chi è l'altro.

76 Suidas, s. v. àya.miv: cipxEi:o-frrx.l 'tWL a.twv6~Loç (dr. 90,8 s. 37.49). Constant. Por-
xa.l µT)oÈv 1tÀ.Éov ÈmsTJ'tEi:v. phyrog., De caeremoniis I 97, ed. Reiske
77 Themistius IlEpl (j>LÀ.a.vil'pw1tla.c; 9 a p. 443 (saluto al presidente del senato presso
Dindorf cplÀ.oL yàp IJ.).)...TJÀW\I ot 'tCÌ au'tà la corte bizantina): xaÀ.Wç f}À.frEc;, ò mcr't'Òç
<i.ya.7tWV'tEç. oouÀ.oç xa.t (j>LÀ.oç 't'OU ~rJ.CILÀ.Éwc; <i.vacpa.vElç ...
78 Hierocles, Carm . Aur. p. 56 (Mullach). 1)ya7tT)µÉ\IE 'tti> ~a.CJLÀ.EL... 'Ì]ya.7tT}µÉVE 't'@
79 Cfr. anche Dio Chrys., Or. 33,21: (Zeus) Ka.lcra.pL ...
'tW\I Ù7tÒ 'tÒ\I i')À.LOV 7t6À.EW\I ÈXEL\IT)\I EcpT) 81 Dio. Chrys., Or. 12,60: Lcrxvpòç (pwc; .•.
µ<i.À.LO''t'a. CÌya.7tTjO'a.L. ÈyyufrEv -c~µiiv 'tÒ ite.i:ov. Cfr. con ciò 12,61:
80 U. WrLCKEN, Chrestom. I 109,12 (Tolo- 5.vfrpw7toL ciya.7tWV't'Eç OLxa.lwç.
meo IV): a.twv6~Loç T)ya.TtT)µÉvoç u7tÒ 'tTjç 82 Plotin., Enn. V 1,6: Jtolki: oÈ 1tav 'tÒ
"Itnooç. DrTT., Or. 90,4 (l'iscrizione dedica- yt:w1}o-a.v [ -cò yEyEwT)µÉvov] xa.ì. 'tOU'tO
toria di Rosetta in onore di Tolomeo V): <i.ya.mi, xa.ì. µaì.Lcr't'a. o'ta.v wo-w µ6voL 'tÒ
1)ya.7tTjµÉvoç Ù7tÒ 'tou cl>l>a insieme ad yEvv1jo-a.v xa.t 'tÒ yEyEWT}µÉvov.
99 (1,37) ciycrnciw (E. Stauffer) (1,37) 100

Anche l'uso di ò:yct.7tl)'t'Oç si man- sono esigui di numero, spesso dubbi


tiene complessivamente in questi li- e di incerta datazione. I lessici antichi
citavano Plut., Quaest. Conv. VII, 6,2
mi ti e presenta le stesse sfumature di
(II 709 e): cpt.À.la.ç xcx.1. à.yci7tl)<;; ma
significato del verbo. 'Ayct.7tl)'t'Oç può
già il Wyttenbach riportò il passo alla
riferirsi ad una cosa che mi piace, ad giusta lezione, sciogliendo l'enigma del
un uomo che mi è caro e special- gruppo Ar AI1HLDN: 'tOU't'O cpt.À.lcx.ç
mente all'unico diletto figlio. not. TJcr6µEvoç à.pxiJv xcx.1. ò:ya. nTjo-wv
Ma l'indeterminatezza e lo scarso ri- (anziché ayci7t11ç wv) "'to pa.olwç ...
à.cpLxÉcr'Ì}cn. Così legge anche il Diibner
lievo di ò:ycx.niiv balzano evidenti so-
p. 865. Assai tardo è lo scolio a Tu-
prattutto quando esso è usato insieme cidide II 51,5 (Hude p . 142): Ò:pE't'fjç:
con Èpti.v e qnÀ.Ei:v o alternativamente cpt.À.a.vi}pw7tla.ç, ò:yli7tl)<;. Tarda ed in-
con essi. In questi casi à.ycx.niiv è certa è la parola anche in una iscri-
spesso un mero sinonimo aggiunto per zione pagana della Pisidia: 7tÉV~EL o'Etç
eufonia a Èpiiv o qnÀ.ELV, oppure so- à.yri [ m1 Jv crE cpt.À.oµµnoiJç 'AcppooEl-
"ll 85 . Precristiano, ma non assoluta-
stituito ad essi per variazione stili-
mente certo è l'uso di ci:ya7tT] in Fi-
stica 83 • Tuttavia in Plotino sembra che lodemo 7tEp1. nappTJO"lctç 13, 3 : oL'
Èpfiv sia usato intenzionalmente per a[ y ]ci7tl)<; 86 • La testimonianza più im-
indicare l'amore ascendente, à.ycx.nfiv portante 87 si trova in un papiro sco-
l'amore discendente 84 • Ma mentre lo perto recentemente, databile dall'inizio
Eros ha sempre richiamato l'attenzione del sec. II d. C. e contenente una
grande litania di Iside di epoca più
dei poeti e dei filosofi, da Omero a
antica. Questa enumera i vari appel-
Plotino, à.yrrniiv non è stato mai og- lativi rituali con i quali Iside è invo-
getto di analisi o di approfondimento. cata nelle diverse località: righe 27 s.:
È abbastanza significativo il fatto che E]\/ @c;.l\IL à.ycin[ T]V ... ) W, righe 109 S.:
il sostantivo à.y1htl) sia quasi scono- È\J 'I~cx.Ù~ G.( yci]nTJv i}Ewv. Così P.
sciuto al greco prebiblico.
. ..
Oxy. XI (1915) 1380, Nel secondo
passo, secondo un nuovo studio del
Gli esempi fin qui raccolti di à.ycinT] testo 88 , bisognerà leggere A [ ... ] THN

83 Xenoph., Mem. II 7,12: wc; X1)1.iEµ6va. 86 Filodemo, intorno al 60 a. C., dai pa-
ÉcpO.ouv, wc; wcpEÀ.lµouc; T]yci7ta.. Corp. Herm. piri carbonizzati di Ercolano pubblicati dal-
I, 19: ò à:ya.7ti)crcx.c; Èx 7tÀ.civ11c; ~pw"toc; 1'0livieri (1914) p . 52.
crwµa.. Dio. Chrys ., Or. 12,32: ~a.vµcisELV 87 Cfr. anche Berliner Klassikertexte 2
xa.t ciya.miv '!Ò oa.LµOVLO\I. (1905) p . 55, P. Par. 49. Testimonianze di
84 Cfr. VI 7,31 passim, ma anche VI 5,10: epoca cristiana si trovano inoltre in REITZEN-
ò "Epwc; ciya.7twv cid oihwc; wc; ouva.'!m STEIN, Poim. p. 297; N.G.G. (1919) pp. 18,
µE'!CX.O"XE~\I ... '!Ò yàp oÀ.O'll Tjv '!Ò ÉpwµE\10'11. 138 s.; P. M. MEYER, ]urist. Pap. (1920)
85 Papers of the American School 2,57; p. 30 sotto; PREISIGKE, W ori. S.V.
w. H. lliTCH (J.B.L. 27,2 (1908) pp. 134 ss.) 88 G. DE MANTEUFFEL: Revue de Philo-
legge dyr.bt1)\I, altri leggono ciya.Mv; vedi logie 54 (1928) p. 163, n. 10.
DEISSMANN L.0., 17 n. 3.
101 (I,38) ciycrnciw (E. Stautler) (I,38) 102

A El - O A ON, ossia, probabilmente, o un'estasi , ma azione.


ci[ ya]~~v, ò:l}oÀ.ov (cfr. ciyaMiv r. 95). La caratteristica essenziale del-
Ma si può considerare certo ciycbtT]V 89 1' 'ahabd israelitica cioè dell'amore è
come appellativo rituale di Iside alla il suo esclusivismo. L'Eros greco è un
riga 28 (cfr. r . 94 cpLÀ.lav). Più fre-
amore cosmico, vasto, indiscriminato,
quente, più antico e comunque meglio
attestato di ciycbtT] è à.ya7tì)crµ6c; e incurante della fedeltà; l'amore cele-
specialmente riyci7tì)cnc;. Entrambi si- brato nell 'A. T. è l'amore geloso che
gnificano a m or e, di m o stra vi on e sceglie il suo oggetto fra migliaia d'al-
d'amore 9(l_ tri, lo domina con tutta la forza della
passione e della volontà e non ammet-
C. « AMARE » NEL GIUDAISMO te infrazioni alla fedeltà. Proprio nella
qin'd (gelosia) si manifesta la po-
1. Il quadro cambia completamen- tenza divina dell' 'ahaba. Non per
te passando all'A.T. (~ A). 'hb, la nulla Cant. 8,6 associa indissolubil-
parola principale del testo ebraico per mente - col parallelismus membro-
indicare l'amore esprime ora la pas- rum - ali' amore, che è inesorabile
sione travolgente tra uomo e donna come la morte, la gelosia che è dura
( Cant. 8,6 ss. ), ora la fedeltà disinte- come l'inferno. Giacobbe ha due mo-
ressata all'amico ( 1 Sam. 20), ora la gli, ma ad una soltanto va il suo
sicura osservanza della giustizia (Ps . amore (Gen . 29); ha dodici figli, ma
45,8). Il termine ebraico racchiude ne predilige uno (Gen . 3 7 ,3 ). Dio ha
quindi tutta la ricchezza dei tre con- posto molti popoli nel mondo, ma
cetti greci. Manca però l'aspetto del- soltanto il popolo eletto gode il suo
l'erotismo religioso - ; ' per questo amore. Con questo egli ha stipulato
la religione dell'A.T. si stacca netta- l'alleanza, che osserva fedelmente e
mente dai riti della fecondità del cir- difende gelosamente come un legame
costante mondo mediterraneo e dalla nuziale (Hos. 1 ss.). La trasgressione
religiosità greca. L'amore di Dio per delle clausole dell'alleanza è una infe-
Israele (Deut . 7 ,13) non è un impulso, deltà, l'adorazione di altre divinità è
ma un atto di volontà ; l'amore verso un adulterio, una provocazione della
Dio e verso il prossimo (Deut. 6,5; qin'a (gelosia) di Jahvé. Questi in-
Lev. 19, 18) che la Legge impone allo fatti è un Dio geloso che punisce la
israelita non è un trasporto sensibile colpa, ma dimostra la sua benevolen-

89 R . REITZENSTEIN, N.G.G. (1917) pagi- nvci.yxo:o-o:.


ne 130 ss. mette a confronto I.G.XII 5,217 : 90 Suidas, s.v. ciyo:'lt'l]0'µ6c;: à.yo:'ltT]CTµÒv
Èjw (Iside) yuvo:i:xo: xo:t livopo: <JVv-f)yo:yo: ... ÀÉyOUCTL\I xo:i ciycÌ7t'l]O'W "':'Ì]\I qnÀoq>pOO'V\l'l]\I.:.
Èyw CT"t"ÉpyEcrl>o:~ yuvo:i:xo:c; ù'lt' civòpwv Altre testimonianze in PAssow s.v.
103 (I,39) iiya1tl'iw (E. Stautfer) (I,39) 104

za (hesed) a coloro che lo amano e l'innocuo à:ya.1tav, perché era il più


osservano suoi comandamenti (Ex. idoneo ad esprimere le idee di scelta,
20,2 ss.). di dedizione, di attività, che tanta im-
Lo stesso esclusivismo si riscontra portanza hanno nella concezione aoti-
nel principio dell'amore per il pros- cotestamentaria dell'amore. Ma il vero
simo. È un amore che fa distinzioni, vincitore in questa gara è l'ebraico
che sceglie, preferisce, non un arnore 'hb che ha dato alla scialba parola
cosmopolitico che abbraccia le molti- greca tutto il suo significato tanto
tudini. L'israelita comincia la sua vita ampio, eppure tanto rigoroso. Una
sociale in casa, ama il suo popolo con volta si pensava che à:ya1tiJ fosse un
la stessa predilezione con cui lo ama termine nuovo, coniato dai LXX; ma
Tddio ed estende il suo amore agli ciò è difficile a sostenersi ora. La
stranieri in quanto sono aggregati alla cosa più importante, invece, è che la
sua casa e al suo popolo (Ex . 20,10; famiglia di parole facenti capo ad
22,20 ecc.). Anche il nemico (ione ' ) ci.ya.1téiv ha assunto un nuovo signifi-
io devo trattare benevolmente, specie cato con la fraduzione greca dell'A.T.
quando si trova in una situazione dif-
2. Il giudaismo ellenistico.
ficile e ha bisogno del mio aiuto (dr.
Ex. 23,4 ss.). Come si vede, alla base a. In vaste cerchie del mondo giu-
della responsabilità sociale stanno pur daico il preminente influsso dell'A.T.
sempre i rapporti organici e la situa- si fonde col pensiero e con i modi
zione concreta. L'amore universale del espressivi greci e anche orientali 92 •
cittadino del mondo ellenistico è ec- Spesso si parla dell'amore di Dio . Egli
centrico; l'amore del prossimo del con- ama la sua creatura più di quanto la
creto e positivo israelita è concentrico. ami qualsiasi uomo; ma soprattutto
I LXX hanno tradotto quasi sem- ama Israele: l] ci.ya1tl} crou È1tL 0'1tÉpµa.
pre con ci.ya.1tà:v (~col. 58) il verbo 'ABpa.ci.µ 93 . Ancora Egli si compiace
'hb del testo ebraico 91 • Al sostan- particolarmente dell'uomo giusto e pio
tivo 'ah aba corrisponde il greco (1Ìya.1ti]µÉvoç, Dan . 3,35 e passim),
ci.ya1ti], che si afferma proprio con i quello che Giuseppe Flavio, esprimen-
LXX. Molto limitato è l'uso di Epwç dosi alla greca, chiama « buono » 94 ,
e qnÀ.la. con i loro affini. È prevalso oppure « penitente » quando pensa

91 m•'aheb in Zach . 13,6 con iiyamrr6ç. TER , W ie sprach Josephus von Gott (1910)
92 Per ciò che segue cfr. anche KAUFF- pp. 63 ss. mette a confronto con I' uso di
MANN - KoHLER in J.E. VIII ( 1904) pp. 188 ss. ciyamiv in Giuseppe hibbeb dei rabbini.
93 Ps. Sal. 18,4; cfr. Ios., Ant. VIII, 173: 94 Ant. VIII , 314 : -rò ~E~O'll... iiya1t~
l}Eòv iiyll.1tTJCTCX.V'!ll. ... -r+iv xwpa.v. A. ScHLAT- -roÙç iiym'}oùç µ~crE~ oÈ -roÙc; 1tOV1JPOUç. Il
JlJ) (!,)'./) ayamzw \.J:. . ;,caurren

secondo le categorie bibliche (Ant . verità (Ecclus. 4,12). Chi ama la sa-
2,23 ). Nella letteratura sapienziale e pienza osserva i comandamenti (Sap.
negli scritti affini l'osservanza dei co- 6,18 s.). La verità protegge chi la ama
mandamenti, e specialmente la mise- (Test. R. 3,9). Soprattutto Giuseppe
ricordia, è considerata come mezzo per Flavio ama, a questo proposito, le
conquistarsi l'amore di Dio. Chi tratta perifrasi di carattere metafisico e parla,
gli orfani come un padre è amato da con densa concisione, della ÒLcivoLcx. ...
Dio come un figlio (Ecclus. 4,10 ss.; 'tÒ i}E'Lov ciycx'ltWo-cx 97 • Sono concetti
cfr. Test. N. 8,4.10). Ma nel suo signi- propri della religiosità delle classi colte
ficato più alto l' ciycim1 è un rapporto greche. Filone parla con accenti mistici
di fedeltà fra Dio e l'uomo. Ol mcr'toÌ. dell' ciycbtTj che è il contatto dell'ani-
È:v &.ya'ltu 7tpocrµEvoucrw cxù•~· Il ma col vero Essere nel quale l'uomo
martire, che si vota incondizionata- vince ogni timore e vive la vera vita
mente a Dio e per amor suo affron- (Deus imm. 69); àvci.f3T11}i, w ljiuxi},
ta ogni tormento, più di ogni altro 1tpÒç 'tTJ\I 'tOU ov-roc; i}fo.v, &.q>6(3wç ...
tra le sofferenze sperimenta la fedel- ciycx.1t'l)'TLXwç (Migr . Abr.169; cfr.Cher.
tà di Dio e avrà la vita eterna nel 7 3: 'tÒ\I \IOUV TJ)'Cl.'ITT}XÉ\ICl.L).
mondo avvenire 95 • 1tLCT'tÒ<; XUpLoç 'TOL<; b. Un tema prediletto del giudai-
ciycxm;}cr~ v mhòv È.v ciÀ.rii}El~ -roi:c; smo ellenistico è l'amore del prossimo.
l'.moµÈ.voucrw ... 'ltcxLoda.v mhou 96 • Così Esso non è soltanto un comandamento
l' amore di Dio richiama necessaria- di Dio, ma, come l'amore per Dio, è
mente l'amore verso Dio. Ma la fonte radicato in.- Dio stesso. L'odio viene
di quest'amore, sottolinea la lettera di da Satana, l'amore da Dio. Soltanto
Aristea, è Dio. L'à:yci'ltr], l'energia del- chi ama il prossimo è sicuro dagli at-
l'animo pio e giusto, è dono divino tacchi di Beliar (Test. G . 5 ,2; B . 3,4;
( ep . Ar. 229 ). Negli stessi termini si cfr. 8,2). L'odio conduce alla morte,
parla dell'amore per la sapienza e la l'amore, con la sua generosità, alla

carattere greco di questa frase è confermato auve:littcr-rat -rò 5lx.cxiov civ-rt -rov 1tpòc;
da un confronto con Iul., Ep. 89 b p. 129,4 ooì;cz'll TJ"(a.1tT]XÉ\ICZL (per l'espressione cfr.
(Bidez-Cumont). µéiÀ.À.ov &:y., sopra n. 95). Il .significato di
95 Sap. 3,9; Dan. LXX 9,4; Bel 37 (38); CÌYC11tT]'t'6'11 « qualcosa di cui ci si deve ac-
4 Mach . 16,19 ss.; 15,2: 't'TJ'll s:ÙO'É~s:ta.v contentare» in Bell. V, 438 è tipicamente
µciÀ.À.ov i)yli1tT]CTE (più della salvaguardia greco ; talvolta anche Giuseppe, come gli
della vita). scrittori greci profani, usa promiscuamente
96 Ps. Sal. 14,1 , si tratta di un'espressione ciya1téiv, Épiiv, q>LÀ.Et\I o i loro derivati; cfr.
stereotipa; cfr. 4,29; 6,9. Dell'amore verso p . es. Bell. IV, 319: "AvC1voc; ..• i)ycxTtT)XWc;
Dio si parla anche in Tob. 14,7 . -rò tcr6-riµov x.cxt 1tpÒc; -rrxTtEWo-trhòuc; q>LÀE-
.,, Ant. VII, 269; Ap. II, 296: à.À:i}itmz.v À.EV1'Ep6c; 'TE X.CXL 011µox.prx-rla.c; Èpa.cr-ri)c;.
à. y a1tci v. Diversamente Ant. XVI , 158:
107 (l,40) àyanàw (E. Stauffer) (1,41) 108

salvezza dell'uomo (Test. G. 4,7). E per di Filone si esprime , consapevolmente


amore si intende spesso l'amore dci o inconsapevolmente, il fondamentale
98
congiunti , ma più spesso l'amore del carattere concentrico dell'amore giu-
prossimo in generale - specialmente daico verso il prossimo. Anche il giu-
nel caso della regola d'oro di Me- daismo ellenistico, malgrado le sue
99
nandro . Anche I' amore per i ne- tendenze esteriori innovatrici , non esce
m1c1 è esplicita mente raccomandato dai limiti dell'antica concezione giu-
(ep . Ar. 227). Per il resto la sintesi daica dell'amore .
fra l'antico concetto giudaico di amore Ma verso [' Ept,;ç degli « 1mpur1
e l'ideale umanitario ellenistico ha pre- Greci » ( Ealus. 3, l 71) wi la preclusio-
sentato non poche diHìcolrà ai giudei ne è assoluta. Eros non è un dio, ma
della diaspora . Filone dedica a questo un corruttore ( [ Phocylides J 194 ). La
problema un lun go capitolo di Virt. purezza dcli' àyci.TIT) è l'avversario mi-
51 ss. dal titolo signifìcativo: 'TtEpÌ. gliore di ogni erotismo (Test. B. 8,2).
q:i1).. a.vì1pw1tla.ç e il confronto con Giu-

seppe Flavio Ap. II 209 ss. fa pensare Il sostantivo ày6:1tT) è piuttosto


che si trattasse di un luogo comune frequente in Test XII ((; 4 ,7; 5,2; B.
del!' apologetica giudaica. Filone ha 8,2; R 6,8 ss.), ricorre una volta sola
sfruttato in questo capitolo tutti i mo- in Ps. Sa!. ( 18,4 ), ep. Ar. (229), Filone
ttv1 umanitari che un'attenta analisi (Deus Imm 69) , manca in Giuseppe
può scoprire nell'A.T . e li ha esposti insiem e ad à.ya:rtT)(Hç 102 . Cfr . inoltre
Sap. 3,9; 6,18 ss.; Sih 2,65.
sistematicamente . Al centro sta l'amo-
re per i connazionali, poi viene
3. Il giudaismo rahhinico
l'amore per i proseliti 100 e gli osp1t1,
quindi quello per i nemici ( !09 ss.),
gli schiavi, gli animali e le piante,
a. Nel linguaggio ebraico 'hb
e infine l'amore che abbraccia tutte rimane la parola fondamentale per in-

le creature. Questa concezione dove- dicare l' amore. Accanto ad essa si

va certo colpire anche i Greci. E tut- afferma nei testi rabbini l'aramaico
103
tavia proprio nella visione organica hihbeb . Entrambe le parole espri -

98 Test. S 4 ,7. Cfr. anche ciya7tTJ'tOU xaì. riyami:v 't'OÙ<; È7tT)À.V't'Q<; µi) µ6vov Wç
µ6vov mt~06ç, Philo, Som. I 194; Abr. 168; qiO.. ovç xal o-vyyEVEL<; ti)...)...à wç fo.v'tovç.
Vit. Mos. I, 3. 10.1 Giuseppe ama le storie piccanti, ma le
99 Men. 40, in forma negativa. Così pure narra ai suoi lettori con un accento di indi-
Tob. 4,15 e Filone in Euseb., Pr. Ev .. VIII gnazione morale, p. es. Ant. XVIII, 72 ss.
7,6; echi di una formulazione positiva si tro- 102 Vedi THACKERAY, Lex. Jos .
vano, p. es., in ep. Ar. 207; cfr. KrTTEL, 101 Cfr. la stessa benedizione di Mosè in
Probleme pp. 109 s. Deut. 33,3: 'af hobeb 'ammim (eppure ama
100 103: XEÌ.. EVE~ OTJ 'tOLç <Ì.7tÒ 't'OU i:'frvovç i popoli). Accanto a 'hb e hbb vi è anche
109 (l ,41) <iyrrnciw (E. Srauffer) (l,41) 110

mono volontà energica e tensione reli- Una prova cospicua dell'amore di


giosa, spesso approfonditi dalle soffe- Dio per il suo popolo è la Torà: « I
renze dei periodi di persecuzione e da figli di Israele sono prediletti da Dio
una secolare disciplina del volere e poiché egli ha fatto loro un dono
dell'agire. attraverso il quale fu creato il mondo.
L'amore regola i rapporti fra Dio Prediletti soprattutto perché è stato
e l'uomo, ma specialmente tra Dio e loro annunziato che Dio ha fatto loro
il suo po polo . « L' uomo è amato un dono ... Si legge: Io vi ho dato un
(hiiblh) perché è fatto ad immagine buon precet to , non abbandonate la mia
(di Diol... prediletti i figli di Israele legge» (Akibà , in Ab. 3, 15). La T o rà
perché fui:ono chiamati figli di Dio - è la patente di nobiltà di I sraele , ma
prediletti specialmente perché fu loro è anche un dono impegnativo , come
annunziato che erano i lìgli di Dio ». tutti i doni di Dio. Nell'amore per la
Così di ce Akibà (Ab . 3,14 ; cfr. anche Torà Dio e il suo popolo si incontra-
h. }omà 52 a). Altre espressioni lascia- no (hbjb in b. Men. 99 b); e l'amore
no intravvedere ancor piì1 chiaramente per la legge di Dio del quale si hanno
I 'interiori ril e la fedeltà di quest'amo- esempi classici in uomini come Mosé
re. L'amore incrollabile e misericor- o Jetra 105 è un potente impulso alla
dioso di Dio verso Israele assomiglia osservanza disinteressata dei comanda-
all'amore di un re che riaccoglie dopo menti e all'incondizionata fedeltà alla
breve tempo nelle sue grazie la favo- Legge stessa (b. Shab . 130 a e passim).
rita ripudiata (Ex. r . 51 , comm. a 38 , Ma è nel dolore e fìnalmente nel
21 ). Dio è l'innamorato del Cantico martmo che si rivela chiaramente
dei Cantici sempre v1cmo , sempre l'amore fra Dio e il suo popolo. « Gra-
P'")nto a perdonare (b. Shab . 88 b). diti sono i castighi » 106 • Le sofferenze
Perciò anche Israele deve amare il suo infatti sono mandate come ammoni-
Dio « con tutto il cuore, con tutta mento e correzione a coloro che sono
l'anima e con tutte le for;;e » (Deut . amati da Dio, e devono perciò essere
6 ,5 ). La preghiera dello Shemà ha nel- considerate prove d'amore (M. Ex. 20,
la pietà d el tardo giudaismo la stessa 23 ; b. Ber. 5 b). Non solo, ma le sof-
importanza che ha nell'esegesi e nella ferenze sono un mezzo per conquista-
teologia rabbinica 104 . re l'amore di Dio; esse cancellano le

1os b. 5otii. 13 a e passim.


rbm, hesed ecc. Cfr. LEvY, Wort .
. 104 Cfr. TgO Deut 6,5 (qui r~m); 5. Deut. 32
1065. Deut. 6,5. hbjb stereotipo in Ex. r .
~ 6,5 (KrTTEL pp. 54 ss.); STRACK-BILLERBECK
27, comm. di 18,l;. Deut. r 5 a E; b. ]omà
IV pp. 189 ss. 52 a e passim.
111 (1,42) <iyamiw (E. Stauffer) (l,42) 112

colpe e garantiscono l'ingresso nel fu- more di Israele sofferente per il suo
turo regno di Dio 107 ; soprattutto, esse Dio.
sono la prova del fuoco del nostro Ma è all'amore di Dio per il suo
amore per la Legge di Dio, per Dio popolo che ritorna continuamente il
stesso. « Per coloro che subiscono le pensiero dei rabbini : quell'amore è al
umiliazioni senza umiliare gli altri, che di sopra di ogni cosa. È nascosto, for-
vengono insultati e non replicano , che se, in questo periodo di calamità, ma
per amore osservano i comandamenti si rivelerà meraviglioso a suo tempo.
e si rallegrano dei castighi la Scrittura È potente come la morte. Soltanto le
dice: Coloro che lo amano sono come parole di trionfo del Cantico dei Can-
il sole che sorge con tutto il suo splen- tici riescono a farci sentire la forza
dore » 108 • Naturalmente questa fedeltà eiementare di questo amore . In uno
a Dio influisce sul destino ultramon- squarcio grandioso dello stesso Cantico
dano del martire. Ma l'essenziale è che si esprimono insieme tutte le pene, le
l'amore verso Dio sia disinteressato . esperienze, le verità che si presentano
Si tramanda che Akibà per tutta la al popolo eletto quando parla dell'a-
sua vita fu dominato dal pensiero che more di Dio . Potente come la morte
l'amore « con tutta l'anima » richiesto è l'amore di Dio per la stirpe che
dallo Shemà potesse trovare la sua rimane fedele alla sua religione . Terri-
perfezione e il suo completamento su- bile come l' inferno è l' ira di Dio
premo soltanto nel martirio. Insegna- verso gli idolatri. Le correnti d'acqua
va la legge incurante del pericolo mor- non possono travolgere l'amore; così
tale, e proprio nell'ora della lettura gli altri popoli non possono togliere
dello Shemà fu trascinato sul luogo a Israele l'amore del suo Dio . Se
dell'esecuzione e morì con sulle labbra qualcuno volesse cedere tutti gli averi
I' epad con cui termina la prima frase di casa sua in cambio dell'amore sa-
dello Shemà (b. Ber. 61 b) . Non c'è rebbe respinto con disprezzo; così
nulla che stupendamente esprima come l'amore col quale si sono sacrificati
questa vicenda la consapevolezza, la Akibà e i suoi compagni è più pre-
purezza e la devozione assoluta dell'a- zioso di tutti i tesori del mondo 109 .

107 Lev. r. 32, comm . a 24 ,10 «Questi fica tiva è la risposta alla domanda : Ti sono
colpi sono la dimostrazione che io son:o ama- care le punizioni? Essa suona: Né esse né
to ('hb) da mio Padre in cielo». Analoga- chi le approva' (b . Ber. 5 b hbjb) . Cfr.
mente in M. Ex. 20,6 (Wi.iNSCHE p . 213). O . Wrc HMANN, Die Leidentheologie (1930).
Inoltre M. Ex. 20,23; «I dolori sono graditi 108 b . Shab . 22 b; dr. anche M. Ex. 20,23
perché ci danno la Torà, la patria e il mondo (WUNSCHE pp. 227 ss.).
futuro ... ». Cosl pure S. Deut. 6,5 (KrTTEL 109 Cant.r. 8,6 s. (WtiNS CHE 183 s .); dr.
pp. 54 ss.) e b. Sanh. 101 a/b. Molto signi- anche Pesiktà 28 (WuNSCHE p. 262).
113 (1,43) a:yanrJ.w ( E. Staulfcr) (l,43) 114

La religiosità romantica ha cercato ture di Dio di cui parla Hillel in un


sempre nel Cantico dci Cantici emo- passo meraviglioso porti ad una esten-
zioni mistiche. Il giudaismo ne ha sione della Legge e perciò anche del
fatto un inno all'amore tenace e fedele popolo eletto: « Ama ( 'hb) la pace.
fra Dio e il suo popolo perseguitato. Cerca la pace. Ama le creature -
b. Altra inton az ione hanno le portale alla Legge» (P. Ab. 1,12). An-
espressioni giudaiche indicanti l'amore cora una volta è evidente il richiamo
quando si riferiscon o nlJo scambio fra alla co ncezione concen trica dcli ' amore
uomo e uomo iw L'amore verso Dio e dci rapporti umani .
si perfezion;1 nella soffere nza, l'amore L 'amore giudaico per il prossimo
per i propri simili si esprime compiu- nel suo ~.i gnifìcato originario non è
tamente nell'azione benefìca. «A mare altro clic il co ntegno che i membri del
111
significa fare opere di bene » • popolo el etto devono tenere fra loro .
Chi è il prossimo che ha diritto ad l'vla è proprio per questo che la sua
essere aiutato e beneficato dall 'israe- importanza è grandissima . « Su tre
lita? Anzitutto è il connazionale e il cose si basa il mondo: sulla Legge,
proselito, ne1 senso dell'antica conce- sul culto di Dio e sulle opere di ca-
zione israelitica dell 'amore che si espan- 1ità » (Simone il Giusto: P. Ab. 1,2).
de concentricamente m. Sempre secon- Akibà afferma che l'amore del prossi-
do questa concezione viene stabilito mo è il grande e comprensivo precetto
l'obbligo cli beneficare anche il nemico della Torà (5. Lev. 19',J 8) 114 . Analoga-
privato, se fa parte del proprio po- mente Hillel riassume tutti i coman-
polo, e talvolta perfino il nemico ester- damenti nel sommo precetto: «Non
no (M . Ex . 23,4) rn. Ma quest'ultima fare al tuo prossimo ciò che è odioso
prescrizione è stata assai contrastat:' a te; questa è tutta la Legge. Il resto
11 5
L'amore del prossimo di cui parla il sono sol tanto precisazioni » .

giudaismo in genere non va al di là Ma i rabbini non si limitano a


dcl popolo eletto. È perciò logico e celebrare l'importanza dell'amore per
conseguente che l'amore verso le crea- il prossimo e a farne un precetto; ne

110 Anche all'amore sessuale p. es. b. Ket. vano in KrTTEL, Probleme pp. 110 ss . Per
56 a (hibba). un esame di questo concetto nella storia delle
111 b. Sukk. 49 b; dr. gmjlwt hsdjm religioni vedi H . HAAS, Feindesliebe in der
(opere di misericordia) in b. Ber. 5 b e ausserch ristlichen W elt (1927).
passim. 11 4 Ma vedi anche l'equiparazione di tutti
112 Numerosi esempi in STRACK - BILLER- i comandamenti in 4 Mach. 5,20.
BECK I pp. 353 ss .; dr. anche IV pp. 536 ss.; 115 b. Shab . 31 a; Tg.]. Lev. 19,18. For-
559 ss . mulazioni positive in P. Ab. r. Nathan 15,1 ss.;
113 Questo e altri passi importanti si tro- 16,2 in KITTEL, Probleme p. 110.
J 15 (l,43) iiya.Tt6.w (E. Stauffcr) (I,44) 116

spiegano anche i motivi e i fondamenti. così anche tu vesti gli ignudi, visita
« Compi il tuo dovere di amare in gli ammalati, consola gli afflitti, sep-
modo che gli altri lo compiano verso pellisci i morti (b. Sot à 14 a). E anco-
116
di te» • Su un piano più elevato si ra: «Chi ha compassione (rhmì del
afferma che la molla delle nostre affer- suo simile, anche il Cielo ha compas-
mazioni non dev'essere il calcolo av- sione di lui » m. Quindi la pietà fra
veduto, ma l'amore e che è soltanto gli uomini non è altro che un'emula-
l'amore a dare all'opera di bene il suo zione della mi se ricordia divina 11 9, un
vero signifìcato e contenuto. « Tutto conformarsi all'azione di Dio . E Dio
quello che fate dovete farlo solo per a s ua volta tratta l' uomo in base allo
117
amore » • È evidente che qui si co- stesso principio col quale questo tratta
manda qualcosa che non pu<'i esser i suoi simili. L'amore è il principio
comandato, poiché l'amore non può che Dio ha posto alla base delle rela-
esser regolato o imposto per legge, zioni fra lui stesso, !'lo e il Tu, e
ma deve avere una base molto più perciò i rapporti fra queste tre realtà
profonda. I rabbini hanno scoperto o sono fondati sull'amore o non sus-
questo fondamento e hanno dato del- sistono_ La validità di questo princi-
l'amore del prossimo una motivazione pio è stabilita unicamente da Dio, ma
che segna il vertice della concezione anche l'uomo può far valere il mede.
dell'amore nel tardo giudaismo . simo principiu divino che è la « mi-
c. L'amore di cui parlano i rabbi- sura della bontà » nei suoi rapporti
ni non è soltanto l'amore fra Dio e con la divinità. È questa una delle
l'uomo e nemmeno soltanto l'amore idee pit1 audaci che il giudaismo ab-
fra uomo e uomo, o un accostamento bia mai formulato; anzi, non è più
di questi due amori, bensì è Li com- un'idea , è il grido del bisognoso e del
penetrazione di entrambi. E il sofferente.
principio fondamentale dei r,ipporti
Così alza la sua voce « Esdra »
fra Dio e l'uomo e fra uomo e uomo.
nel punto culminante del possente ter-
« Come il Santo - sia egli iodato! - zo dialogo con l'angelo di Dio: «Ma
veste gli ignudi, visita gli ammalati, io so che si chiama !'Altissimo ... il
consola i sofferenti , seppellisce i morti, Misericordioso, perché ha cumpassione

11 6
Cfr. G. KLEIN, Der ii/teste christliche opere di carità (gmjlwt hsdim) cancellano
Katecbismus (1909) p. 86 n.; cfr. per l'idea i peccati. Perciò hanno lo stesso valore delle
della ricompensa STRACK - BrLLERBECK IV, sofferenze dei martiri!
119 Cfr. anche A . MARMORSTEIN, Die
pp. 562 ss.
117 S. Deut. 41 a 11,13, STRACK-BILLERBECK Nachahmung Gottes, in Ji.idische Studien fi.ir
III p. 306. J. Wohlgemuth (1928) pp. 25 ss.; G. F.
11 s b. Shab. 151 b; cfr. b. Ber. 5 b; le MoORE, ]udaism Il pp. 109 ss.
ll7 (I,44) aycrniiw (E. Stauffer) (l ,44) 118

di quelli che non sono ancora venuti ste isolate e il fondamento della teo-
al mondo... se egli non permettesse, logia e dell'etica giudaica è rimasta
come fa nella sua bontà, che i pecca-
pur sempre la giustizia 122 . Soltanto
tori fossero sgravati delle loro colpe,
neanche la decimillesima parte della Gesù ha osato abbattere il vecchio
umanità verrebbe in vita » ( 4 Esd. 7, edificio dalle fondamenta e ha saputo
132 ,138). E non importa che l'angelo costruirne un altro completamente
lo respinga: « Ti manca ancora molto nuovo .
per poter amare la creazione più di
quanto la ami io» (8 ,47). L'essenziale
D. GESÙ
è questo : Esdra <leve muovere la mi-
sericordia di Dio e afferma che la mas- 1. La nuova legge.
sima parte dell'umanità dovrebbe pe-
rire se Dio volesse giudicare con il a. Gesù ha riassunto in due pre-
metro della giustizia e non con quello cetti il senso della Legge antica e
<lell ' amore 120 . An che nel giudaismo della nuova: aya.r.-hO"w:; 'tÒV De:6v'
rabbinico si riscontra la stessa idea e aycx:rt1}0'ELç 'tÒV 'TtÀT}O'LOV, Mc.12 ,28 ss.;
lo stesso atteggiamento: il giusto che Mt . 22,40 . Sono parole dell'A.T. più
odia la colpa e ama la giustizia inter-
volte esplicitamente sottolineate anche
cede presso Dio a favore delle creatu-
re tiella speranza che la misericordia dai rabbini . Il comandamento dell'amo-
di Dio sia più grande dei peccati di re per il prossimo di Gesù (Mt. 7,12)
Israele, e riconosce apertamente che si distingue dal precetto famoso di
Dio non può mantenere in vita le Hillel soltanto per la sua formulazione
creature senza l'amore 121 .
positiva 123 . Quindi Gesù segue consape-
Questa idea dell'amore divino non volmente la tradizione del suo popolo .
poteva affermarsi in tutta la sua im- Ma egli comanda l'amore in modo
mensa portata senza scuotere i capi- così esclusivo da risolvere in esso tutti
saldi della concezione giudaica di Dio gli altri comandamenti e da farne il
e dell'uomo - e non si è affermata. criterio di ogni legge e di ogni giu-
Le parole sublimi d'amore sono rima- stizia. Anche per Gesù l'amore è vo-

120 Cfr. Apoc. Sedrach 8 a E Texts and Mazda gli darà splendore attraverso l'Afa
Studies 2 (1893) 2,3 p. 133; Apoc. Eliae 17 (ordinamento giuridico) ... Così anche a coloro
T.U. 17 ( 1899) 3 a p. 63; si tratta evidente- che praticano ed osservano le parole e le
mente di riecheggiamenti e rielaborazioni. opere della sua buona religione ... ». « Perciò
121 Pesiq. 16 ss . (WDNSCHE pp. 171ss. 178). chi in futuro disprezzerà i Daeva e gli
Il concetto della preghiera per i malvagi uomini, quelli che lo disprezzano. .. la sacra
espresso diversamente si trova in b. Sanh . Daena del soccorritore gli sarà amico, fratello
37 a. o padre » Gathas (BARTHOLOMAE ) 17 ,1; 10,11
122 Un principio analogo vale significativa- dr. 4,14 ss. Yasna (WoLFF, Avesta) 52.3 ss.;
mente anche per la religione di Zoroastro. 70 ,2 ss . Videvdat (op . cit. ) 3 ss . Minokherd
« Il bene migliore che l' uomo conosca è 37; 63 (S.B.E. Vol. 24 p. 73 ss. ; 113).
quello di Zarathustra .. . : ossia che Ahura 123 Vedi n. 115.
119 (I,45) à:yrrnci.w (E. Stauffer) (l,45) 120

lontà e azione, ma egli vuole che sia ricchezze è un uomo di poca fede, un
rivolto a Dio e soltanto a Dio con pagano e non ha speranza di entrare
una devozione così illimitata che nel regno di Dio (Mt . 6,24b 30 ss.).
suoi uditori ne restano spaventati. E ai Farisei è rivolta la minaccia:
La possibilità di amare Dio sta sot- O"tL ciya.1tii"tE Ti}v Tipw-roxa.i)Eoplav Èv
to il segno di un radicale aut-aut : "ta.i:ç O'uva.ywya.i:c; xa.ì, -roùc; àmm-
oùòdç OVW.X."to:L ova-ì.v xvploLç 114 oov- O'~toùc; Èv -ra.i:c; ayopa.i:c; 126 • La ricerca
),n'.Jnv' i] yàp -ròv [va. µLO'TJO'EL xa.ì. degli onori mal si concilia con l'amore
-ròv E-rEpov àya.TI ·~o-n, i] ÈvÒç civlW;E- di Dio. Ma vi è un terzo pericolo che
-rtn xa.ì. -rou hÉpov xcna.q.>pov-fion, minaccia qu es to amore: le per secuzio-
.Mt. 6,24 ss. Amare Dio signifìca quin- ni . Come i grandi teologi giudaici del
di vivere per lui come un servo vive martirio, soprattutto Akibà, così an-
sempre per il suo padrone (dr. Le. che Gesù sa che le ostilità , le ama-
17,7 ss.), obbedire fedelmente e umil- rezze , gli scherni e le sofferenze che
mente ai suoi comandamenti , sottomet- si abbatteranno sui suoi discepoli sa-
tersi alla sua sovranità e mettere so- ranno la prova del fuoco della loro
pra ogni cosa la realizzazione del suo fedeltà a Dio (cfr. Mt. 10,17 ss.; 5,
regno (dr. Mt. 6,33). Ma significa an- 1O ss. ). Quando giungerà per il mondo
che fondare tutta la propria .esistenza l' ultima ora -r6-rE a-xa.voa.ÀLo-i}T)o-ov-
in Dio, seguirlo con fiducia illimitata, 'cu 127 1to),}.oì, xa.L .. ~uy1}o-E-rm ii àya-
rimettere a lui ogni cura e la respon- TIIJ -rwv TioÀÀwv. ò oÈ ùnoµdva.c; Ei.c;
sabilità ultima 125 , vivere come egli "tÉÀoc;, oihoc; a-wfr'iia-na.L 128 • Queste pa-
vuole; significa disprezzare e odiare role definiscono compiutamente il ca-
sempre tutto ciò che non serve Dio rattere dell'amore cli Dio predicato da
e non viene da lui, respingere ogni Gesù : è la passione ardente per Dio,
rispetto umano, infrangere ogni osta- la passione dolorosa di una piccola
colo (dr. Mt. 5,29 ss.) e rompere tutti schiera di uomini che rimangono im-
i legami all'infuori di quello con Dio . pavidamente fedeli malgrado tutti gli
Due soprattutto sono per Gesù le enigmi, le forze avverse e le minacce,
potenze a cui l'uomo deve dichiarare fino alla rivelazione di colui che essi
guerra se vuole amare Dio: mammona amano.
e l'ambizione. Chi vuole accumulare b. L'amore per Dio è il gran-

124 Si ricordi a:y. xvpLOV Mt. 22,37. rola originaria è comunque 'hb; dr. 'hb
125 Per il problema dell' ciycbtT} e della in Ab. 1,10: «Ama il lavoro, odia gli onori».
µÉpLµva cfr. la polemica di W. Koepp con m Cfr . Mt. 5 ,29 s. e ~ crx6.voa.À.ov.
Heidegger in: Seeberg - Festschrift (1929) 128 Mt . 24 ,10.12 s. Per · luso assoluto di
pp. 99 ss. à:y6.'ltTJ dr. anche ep. Ar. 229 (~ sopra
126 Le. 11,43. In Mt. 23,6 cpLÀ.ELv. La pa- col. 108).
121 (I,46) ciyrncavi (E. Stauffer) (I,46) 122

de e fondament.ale precetto di Gesl:1. « prossimo » e, basandosi su di esso,


oEv-cÉprx. éµolrx. a:u-cfi: ci:ya:11:1)crnç -còv istituisce una nuova gerarchia, al cen-
11:À.i]trlov trov wç o-wv-c6v (Mt. 22,39). tro della quale è il Tu . Tuttavia que-
sta gerarchia non è un sistema rigido
Anche Gesù segue la sobria mentalità
e schematico, valido per tutti gli uomi-
giudaica che non insegue un vago ni e per tutte le circostanze, ma qual-
amore universale o un amore subli- cosa di estremamente concreto che si
mato ÌmÈp -ci]v t(JvxTiv rrov (così Barn. realizza di volta in volta intorno al-
19 ,_5 ), e si Iimita a comandarci di l'uomo che soffre. Chi si trova xrx-ccX
amare il prossimo come noi stessi. rrvyxvplrxv (per caso) pit1 vicino a co-
lui che soffre h:i verso di lui i doveri
Ma egli abolisce per sempre la ristret-
di « pross i1J10 ». Tre uomini si sono
tezza dell' « amore per il prossimo » ugualmente avvicinati al viandante ag-
limitato ai connazionali e lo concentra gredito, ma quale ha compiuto il suo
sugli umili e sui bisognosi; fa di una dovere di « prossimo »? li samaritano,
controversa questione giuridica una che era straniero. E perché proprio
questione di cuore, ed in modo così lui? Perché U3c0v fonÀ.a:yxvt'.o-i)YJ. È
il cuore, dunque , che ha l'ultima pa-
categorico da escludere riserve o
rola. Il dovere di « prossimo » è as-
eccezioni.
solto da chi si commuove alla soffe-
La «regola d'oro» (Mt. 7,12; Le. renza di uno straniero, mentre gli al-
6 ,31 ), presa a sé potrebbe anche es- tri due al momento decisivo si son
sere intesa in senso filantropico, e co- dimenticati di tale dovere. Ma va os-
me tale la si trova nell 'etica uma- servato che È0"11:À.rx.yxvlo-i)11 non dà a
nistica da Aristotde a Kant. Ma la questo amore qualcosa di fanatico; il
parabola del Samaritano esclude que- dovere di aiuto e di assistenza in cui
sta interpretazione (Le. 1O,29 ss . ). Lo si incentra la parabola non ha nulla
scriba chiede : Chi è il mio prossimo? di sentimentale. Il samaritano con 1'1
Gesti non risponde con una classifi- ma ~ ima sobrietà fa ciò che è rich ie-
cazione sistematica delle varie cate- sto dalla circostanza presente e si
gorie di uomini, che vanno dai con- preoccupa del futuro più immediato
nazionali, che sono i più « prossimi » dell'aggredito - nulla di più e nulla
a noi, agli stranieri, che sono i pill di meno. Egli è uno EÀEO<; 11:0vr'jo-a:ç
lontani (come fa invece Filone, cfr. che né respinge ogni dovere, né spen-
col. 107); e nemmeno risponde con de una parola su colpe o doveri :11trui.
un'esaltazione di quell'amore indiscri- È uno che fa ciò che va fatto ~ ciò
minato per il quale tutti gli uomini che può fare. Ed è per questo che la
sono fratelli; ma capovolge la doman- parabola può terminare con l'esorta-
da del voµ~x6ç, chiedendo: Chi è il zion e perentoria: 11:0pEuov xa~ rJÙ 1toi'.a
più vicino, il più « prossimo » al bi- òµot'.wç.
sognoso? Ossia egli sovverte l'antica
gerarchia concentrica imperniata sull'Io, c. Formulando il comandamento
ma conserva il concetto organico di dell'amore per i nemici Gesù rompe
123 (l,46) à.ya.Ticiw (E. Stauffer) (I,47) 124

deliberatamente e consapevolmente con spos1Z1one al martirio. Gesù impone


la tradizione giudaica. Già dalle poche al martire una nuova preghiera: la
parole di Mt. 5,43 ss. e Le. 6,32 ss. preghiera per il « mondo » ostile che
balzano evidenti le tre caratteristiche odia Dio e uccide i suoi fedeli.
di questo precetto. Esso è anzitutto In ogni tempo vi sono sempre stati
il comandamento di una nuova epoca utopisti. Ma Gesù ha inserito nella
( « Fu detto agli antichi... ma io vi realtà l'ideale dell'amore per il pros-
dico ... » Mt 5 .21.4 3). Secondariamente simo, senza illusioni e sentimentalismi.
comporta una xapt.ç (!uO'iJOç, mpt.O'O'OV Egli formula questi precetti impossi-
Mt. 5,46 ss.) . Infine è valido per una bili con la stessa assoluta serietà e con
schiera di cixoùov'tE<; (dr . Le. 6,27) lo stesso realismo con cui si parla di
nettamente distinti dagli à.µcx.p'tw).ol ciò che ogni uomo deve e può fare.
('tEÀWVCX.t., rnvi..xol Mt 5,46 ss.). L'amo- Vi sono stati sempre sognatori del-
re per i nemici che Gesù impone è l'anwrc fra gli uomini e di un mbn-
l'atteggiamento che i membri del nuovo do migliore. Gesù conosce questo mon-
popolo eletto - che ha con sé l'av- do , e tuttavia chiama a una nuova
venire - devono tenere verso i figli vita che dev'esser vissuta tutta nel-
di questo mondo. Essi devono amare l'amore e proprio in questo mondo.
senza sperare di ~ser ricambiati, pre- E fa questo con la massima concre-
stare anche quando sanno che non tezza e sicurezza. L'eccezionalità del
vi sarà restituzione, dare senza riserve suo comandamento dell'amore sta pro-
e senza limiti. Essi devono accollarsi prio nella sua naturalezza. E in questa
l'ostilità del mondo volonterosamente, consiste anche il suo segreto.
senza opporre resistenza e con spirito
2. La nuova realtà.
di sacrificio (Le. 6,28); anzi devono
beneficare chi li odia, ricambiare le a. Questa naturalezza dimostra
maledizioni con benedizioni e pregare che Gesù non formula soltanto un
per i loro persecutori (Le. 6,27 ss.; nuovo precetto. Egli annunzia, crea
Mt. 5,44). Per ognuno di questi pre- una nuova realtà. Gesù rivela la
cetti si potrebbero citare paralleli nel- misericordia di Dio non come at-
la letteratura rabbinica. Ma questo teggiamento costante e abituale del-
non infirma minimamente la perfezio- l'Essere supremo - pardonner, c'est
ne e la sovrana risolutezza del coman- son métier - ma come un fatto inau-
damento di Gesù. Anche l'accettazione dito, che è possibile soltanto in Dio,
del martirio della comunità giudaica, ma trasforma radicalmente la posizio-
il vecchio popolo eletto, è infinita- ne dell'uomo. Gesù reca il perdono
mente superata da questa inaudita di- dei peccati, e in chi è perdonato nasce
125 (l,47) ciya11:ci:w (E. Stauffer) (I,47) 126

un amore tutto nuovo e travolgente. ùµwv olx""tlp1-1.wv Érr""tlv (Le. 6,36). I


In questo senso Gesù dice della gran- « pacifici » verranno chiamati figli di
de peccatrice: cicpÉwv"tcu a.l cip.a.p"tlm Dio 130 ; ma chi si impalca a giudice
a.{nfjç a.l noÀ.À.a.l, o'tL 1Jycim1cnv dei suoi simili si pone fuori del nuovo
129
noÀ.u • ordine e soggiace al giudizio severo di
Dio 130 ; ma chi si impanca a giudice
È sorprendente che per esprimere
questo concetto venga usato due volte µE'tplJi}-fin-rm Ù~L~v I.li. La preghiera
à:ya.·miv senza un complemento og- che continuamente dobbiamo ri volgere
getto determinato, soprattutto perché a Dio, ch e ci rimetta le nostre colpe ,
in senso assoluto questo verbo si tro- presuppone da parte nostra la dispo-
va usato, oltre che in questi due casi, sizione as sidua, quotidiana a perdonare
soltanto nella prima lettera di Giovan-
na.v""ti. ÒcpEO. ov'tL 'h!J.LV 132 •
ni. Ma questo ci fa capire che le pa-
role di Le. 7,4 7 non vertono tanto Nei sinottici Gesli p;:rlando del-
sull'oggetto dell'amore, quanto sul fat- l'amore di Dio non usa quasi mai :u
to che una nuova vita è cominciata in il sostantivo à:ycinY). mai il verbo
un essere umano che è nato all 'amore à:ya.miv (e nemmeno q>LÀla. o cpLÀ.Ei:-11).
e ne è compenetrato e guidato in tut- Egli annunzia e porta la èi.cpEO"L<;, parla
te le sue azioni. Spontaneamente que- dell' ÉÀEE~v, otx't'lpµwv dvo.L di Dio.
st'amore si rivolge a chi l'ha suscitato Perciò tutti i passi in cui si parla
(cfr. l'uso di O:ycinl} in senso assoluto dell'amore di Dio e del rapporto fra
in ep. Ar. 229; Mt. 24,12 dove ogget- Dio e l'uomo e fra uomo e uomo,
to dell'amore è prevalentemente Dio); culminano sempre nell'esortazione alla
ma non è questo l'essenziale del brano misericordia e allo spirito di conci-
di Luca né il fine del perdono di Dio. liazione.
Con il suo perdono Dio ha dato h. L'amore di Dio che in questo
all'umanità un nuovo ordinamento che grande momento storico si rivela al-
sconvolge e supera le antiche strutture ~'umanità , è un amore misericordioso,
e crea moltissimi nuovi compiti e nuo- fatto di perdono. Ma Gesù conosce an-
ve possibilità. Il nuovo rapporto fra che un altro amore di Dio: l' amore
Dio e l'uomo è il presupposto di un di preferenza che Dio ha esclusiva-
nuovo rapporto fra uomo e uomo: ment e per colui che ha scelto per una
rlvErri}E olx"tlp;wvEç, xo.i}wc; 6 mni)p missione unica e incomparabile. In

129 Le. 7 ,47. La propos1z1one causale spe- 133 Con Lc .. 11,42: 't'TJV xpl<nv xal 't'TJV
cifica il motivo del perçlono; vedi soprattutto ciycim1v 'tov ì}Eov si può forse confrontare
Kws'i'ERMANN, Lk. a. l. Ps. Sa!. 18,3: 'tà xplµ(na. ... xat +i à.yci7tT}
130 Mt. 5,9; dr. utol in Mt. 5,45. crou. Ma vedi Mt. 23,23: 't'TJV xplcri.v xat 't'Ò
!31 Le. 6,38; dr. Mt . 5,22 ss. D..Eoç.
132 Le. 11,4; dr. anche Mt. 5,7; 18,21 ss.
127 (l,48) d:yamiw (E . Stauffer) (1,48) 128

questo senso nella parabola dei cat- a.ù-cou xaì. cixoÀ.ovDE~ Ò7tlo-w µov, oùx
tivi vignaiuoli Gesù parla del!' vtòç fo-cLv µov il1;Loç (Mt. 10,37 ss.; cfr.
à:yrx7tT)-c6ç (Mc. 12,5; cfr. Mt . 12,18). Le. 14,26 ss.).
Ma la vocazione del Fiy,lio unigenito A questo punto tutto ciò che Gesù
(~ vì.6ç) è quella di percorrere fino ha detto sull'amore si compone in
alla fine la strada che i profeti avevano perfetta chiarezza e in definitiva uni-
iniziato e sulla quale avevano trovato tà. Dio manda l'à.ya:;cYJ-cÒç vt6ç nel
la morte. L' à.ya7tY]-cèc, vi.òc, t.· il mar- mondo xYJpvi;m ÈvLav-cov xvplov 8i;:x-
134
tire supremo , che viene nel mo men - -r6v. Il Figlio reca il perdono dc i pec-
to culminante della storia umana pe r cati, al quale l'uo mo risponde con
condannare il « mondo » con la sua amore riconoscente e d eve rispondere
morte e porre i fondarnent i di un con la carità attiva e il perdono verso
nuovo ordine delle cose (12,8 ss. ). Ge- i suoi simili. Il figlio chiede una
sù è quindi il fondatore del nuovo de vozione incondizionata a Dio e ra-
popolo eletto e, a seconda dell'atteg- duna intorno a sé una schiera di « vio-
giamento tenuto verso di lui , gli uomi- lenti» (Mt. 11,12) che abbandonano
ni potranno entrare o meno nel « re- ogni cosa, lo seguono e amano Dio
gno » futuro. Perciò l'amore attivo e con ardente passione . Egli crea un
benefico verso gli umili si identifica nuovo popolo di Dio che rigetta l'odio
con l'amore verso il Figlio dell'uomo , e la violenza e deve percorrere la via
e la mancanza di amore verso i propri ciel sacrificio attraverso sofferenze di
simili non è che disprezzo di lui. E ogni genere con incrollabile volontà
nel suo giorno egli giudicherà chi ha d'amore. Ed egli stesso muore, come
amato e chi non ha amato (Mt. 10, riferisce l'antico testo, pregando per
40 ss.; 25,31 ss.). Per lo stesso mo- suoi persecutori (Le . 23,34 ).
tivo Gesù può chiamare beati i suoi
La tradizione sinottica usa à.yCJ.7tT)-
discepoli che soffriranno persecuzioni
-c6ç esattamente nel signifìcato datogli
per causa sua (Le. 6,22 ss.), e con lo da Gesù almeno quando parla del-
stesso tono categorico con cui coman- 1'à. yrxnT)-rÒç uì.6c; all'inizio della predi-
da l'amore e la devozione a Dio chiede cazione e della passione (Mc. 1,11;
di seguirlo con devozione illimitata 9, 7 ). E Marco sintetizza il rapporto
fino alla morte: o qnÀ.wv mnÉpa il fra l'amore divino, la scelta e l'invito
supremo nella breve frase di 1 O,21:
~tT)-cÉpa Ù7tÈp ÈµÈ oùx fo-cw µov il1;Loç'
ɵBH4'a.ç rxù-rQ fiyaTIYJ<rEv rxù-còv xaì.
... xaì. oç où Àa.~.tBci.vEL -còv cr-cavpòv ET.mv .. . Gesù ama il giovane ricco

134 Qui vi è un'eco, a mio avviso, delle ZSTh. 8 (1930-31) p. 212 n. 4.


antiche concezioni dell'ultimo martire. Cfr.
129 (I,49) ciyamiw (E. Srauffer) (l,49) 130

con l'amore di Dio che chiama l'uomo amore è culminato sulla croce col sa-
alla perfezione. Ma il chiamato ha crificio del Figlio -coli ò:ya.'lti}O"a.v-roç
paura! All'infuori dei discorsi <li Gesù iJp.iiç. Dio ha chiamato l'apostolo e
i Sinottici usano à.ya.miv una sola
continua a chiamare coloro che ha
volta e mai à:ycinTJ 135 . Negli Atti si
trova soltanto à.ycx.7tl}-r6ç (15 ,25) 136 e scelto; a questi è diretta la sua vo-
con lo stesso significato anche cpO.. oç lontà d'amore: essi sono 1}ya.1t1Jp.ÉvoL,
(27,.3) e soprattutto à.oùcp6ç (1 ,16). à.ya.7tT"J't'Ol. L'&:yam1 di Dio si è ri-
Non si trovano né à.ya7tlJ né ò:ya.7tiiv , versata nei nostri cuori ed è ormai
bensì à.tplriµL (8 ,22 ss.), il cui signi- la realtà fondamentale della no stra
ficato è espresso in forma nevtiva
esistenza.
nella preghiera del primo martire cri-
stiano per i suoi nemici 7 ,60: XUpLE, Come Gesù non separava la sua
~ti] O"""tlJO"TI<; who~ç ""tCX.U't'l)V ""tTJV azione da quella di Dio, anzi faceva
à.p.cx.p-rlcx.v. quello che soltanto Dio può fare, ri-
mettendo i peccati, cosi per Paolo
E. EPOCA APOSTOLICA l'amore di Dio e quello del suo Cri-
sto sono fondamentalmente la stessa
1. Paolo. cosa (Rom.8,37; 2 Thess .2,16). L'amo-
a. Paolo vede e descrive con per- re di Dio si manifesta e si concreta
fetta chiarezza la situazione nuova nell'amore di Cristo: O"uvlO"-clJCTLV ...
creata dall'atto d'amore di Dio. La ""tTJV Èa.V't'OV Ò:yam'}V dç iJµéiç Ò l}E6ç,
grande disquisizione della lettera ai o-cL XpLrr-ròç u1tÈp iJµwv à.mrna.vEv,

Romani sul tema della nuova epoca Rom. 5,8 . L'eterno amore di Dio at-
della storia del mondo che è comin- traverso l'amore e il sacrificio di Cri-
ciata con Cristo culmina significativa- sto diventa il fatto centrale della sto-
mente in un inno che dall'amore degli ria del mondo ed è significativo che
eletti verso Dio passa all'amore di Paolo esprima questo concetto preva-
Cristo e si placa nella certezza -cf)ç lentemente con forme verbali e sem-
àyam1ç 't'oli ilEou 't'f)ç Èv XpLcnQ pre all'aoristo 138 •
'll}O"ou -r0 xupl~ rutr~v (Rom. 8 ,28. L'amore di Dio implica una elezio-
31 ss.). Questa certezza riposa su tre ne. Paolo cita i passi dell'A.T. riguar-
dati di fatto : Dio ha mandato il suo danti l'assoluta sovranità di Dio nel-
Figlio unigenito 137 , e questo atto di l'amore e nell'odio, nell'elezione e nella

135 Le. 7 ,4 ss.: m;Léç ÈO"'!LV ... à:yanq. yàp Paolo non riferisce mai ciyci7tTJ't6<; a Cristo.
'"t"Ò ~lhioc;iìµWv (ma cfr. Mt. 10,37). 138 'Ayan1]crav"toç, Rom. 8,37; 2 Thess.
136 Nello stesso capitolo è poi formulata 2,16; cfr. anche 2,20. Lo stesso uso in Eph.
la regola d'oro (15,29) . 5,2, ecc. Per Eph. 2,4 : à:yci7tl] fiv i}ycinT}<YEV
m 'aìrnc; vtéc;, Rom. 8,32; uloç -rTjç à:yci- cfr. 'ababiitkii
7tTJc;, Col. 1,13; cfr. Eph. 1,6: ò 1)ya7tl]µÉvoç. 'Se'iihabtii, T. Ber. 3,7.
131 (1,49) <iyamiw (E. Stauffer) (l,50) 132

condanna (Rom. 9,13.25) e ricorre egli un popolo libero dalla schiavitù della
stesso ad espressioni come tiycx.7tT)"t"Ol Legge e ha creato questo popolo man-
e :x:À.T)"t'OL oppure ÈxÀE:x:-i:oì. xcx.ì. 1Jycx.- dando prima il Figlio e poi lo Spirito.
7tT)µÉvot. (Rom. 1,7; Col. 3,12). In que- Ma questo Spirito nel gran finale della
sto concetto dell'elezione divina si in- lettera (Gal. 5 ,2-6 ,10) è visto come
seriscono logicamente anche le due idee Spirito d 'amore (5,22). Quindi i con-
fondamentali della predestinazione ab cetti espressi nella lettera ai Galati
139
aeterno e della chiamata finale nel puntualizzano le direttrici divine della
regno di Cristo: à.ÒEÀ.<poÌ. 1Jycx.m1µÉvot. storia.
ùnò x.uplou, o-i:t. EtÀ.cx. "t'O ùp.ci.c; 6 lJ<:Òç h. L 'atto d'amore divino mira a
1
à.7t à.pxf\c; dc; O"W"t"T)pla.v Èv àyw.crµQ creare l'uomo nuovo. Ma questo non
7tVEuµaToc; . . . dc; o x.a.ì. ÈxaÀ.EO"EV può avvenire senza l'uomo e senza
vµci.c; OLÒ. "t'OV EÙa.yyEÀ.i'.ou i)µwv dc; l'amore dell'uomo, poiché tutte le ope-
7tEPL1toLT)OW ... (2 T ess . 2,13; dr. an- re di Dio, la c reazione come la reden-
che Eph. 1,4 ss.). zione, presuppongono la possibilità e
La comunità degli eletti che Dio la necessità della collaborazione uma-
nella sua XPT)O""t'O"t'T)S e à.7to"t'oµla. ha na. La volontà di Dio non esclude
separato dalla massa degli àµa.p-cwÀ.ol quella umana , ma la comprende e si
è indissolubilmente congiunta col Dio realizza nel modo più puro proprio
-i:Tjc; àyci.1tT)c; :x:cx.ì. dç;-r'JvTJc; . Fra di essi nella massima tensione della volontà
egli è vivo e operante (Rom. 8,35; dell'uomo. La sovrana chiamata di Dio
2 Cor. 13 ,11 ss.). L'amore ci tiene av- è la chiamata alla libertà . Dio vuole
vinti (2 Cor. 5,14), non solo, ii &.ycbtT) l'uomo libero perché lo vuole « nuo-
"t'OV lJEOV È:x.XÉXV"t'CX.L Èv "t'cx.i:c; xa.p8latc; vo ». Questo principio - che è evi-
i]µwv 8tà. 1tVEuµa.Toc; àylou "t'OV 8oi7Év- dente in tutta la sua purezza nella
"t'oc; i)p.i:v (Rom . 5,5) . Non si poteva realtà del Cristo e, secondo Paolo,
esprimere in modo più potente la determina completamente i rapporti
realtà di questa nuova forza d'amore. fra l'amore divino e quello umano
Il significato del concetto paolino (cfr. anche Phil. 2,12 ss.) - è fonda-
dell'&.yci.7tT) i>Eou è chiaro. È la vo- mentale per la comprensione di ciò
lontà sovrana di Dio che si rivolge che l'apostolo dice intorno alle rela-
al mondo degli uomini e ne opera la zioni fra l'amore attivo di Dio e quel-
salvezza . Questo atto d'amore è il fine lo umano.
a cui Dio tende fin da principio. Dio, L 'iniziativa è di Dio . Questo è af-
fin dai giorni di Abramo, ha previsto fermato una volta per tutte in Rom. 8.

139 Cfr. ÉxÀoyi) in 1 Thess. 1,4 (i]yaitl}-


µÉvo~); Rom. 11,28 (<iyamrrol); Rom. 9,11 ss.
133 (I,50) 6.yanci.w (E. Stauffer) (l,51) 134

Il suo disegno, la sua scelta, la sua l'uomo è passivo, ma il 7tVEuµa. libera


chiamata hanno un valore assoluto. l'uomo e lo rende capace della suprema
Da lui proviene tutto ciò che può attività nell'amore. La libertà quindi
chiamarsi &:ychl]. L'amore degli àya.- è connessa con l'amore e si realizza
7twv·m; -ròv ih:6v non è altro che il m esso.
diretto riflesso del]' amore celeste che
si irraggia sul xÀ. l]'tOç. Meglio, è un Che il 7tVEvµcx. sia anteriore rispet-
to all'ciya1tl], la quale diventa libera
atto di decisione , proprio come quello
appunto attraverso lo Spirito, è affer-
di Dio. Nell'amore si completa l'al- mato nel passo notissimo di Gal. 5 ,22
leanza che Dio ha stipulato con i suoi xa.p7tÒç "t"OU 'JtVEUp.rnoç ay6-7CT] ... ;
eletti e che sfida tutte le potenze fra ma anche in espressioni come àyam1
cielo e terra: 'toi:ç àya.Tiwvw i}e:òv 7tve:up.cnoç (Rom . 15 ,30), ècya1t1) Èv
'JtcXV'tCX. cT\JVEpyEi: dç &.ycx.Mv - 'toi:ç 1tVEUp.a.'tL ... (Col . 1,8); e in forma
più ricercata in 1 Cor . 4,21 . Per i rap-
xa."t"à. TipMEcnv XÀ.l]'toi:ç oÙO"t.V (Rom .
porti tra 1t\1Eur.m e libertà vedi Rom.
8,28, dr. 37). 8 ,2; per quelli tra 7tVEvp.a. e àya1tTJ,
In 1 Cor. 8,3 Paolo esprime lo stes- in cui la libertà ha la sua misura e il
so concetto con la densa fra se: d suo fine, cfr. Gal. 5,13. Fondamentale
of. 'tt.ç àya.TI~ "t"Òv 1'E6v, oihoç E-yvw- è il fatto che l'amore supera la Legge
1
O'"t"a.t. Ù7t mhou. Noi siamo capaci di e crea una nuova norma di vita che
non ammette incertezze e infrazioni.
dedizione attiva a Dio solo in quanto
siamo passivi davanti a lui. Di questo Ma lo scopo ultimo dell'amore di-
rapporto fra passività e attività nel vino non è che il nostro amore si ri·
140
segno della stessa idea si parla in volga al Creatore , e nemmeno che
Gal. 4,9; 1 Cor. 13,12; Phil. 3,12. noi conquistiamo la libertà per se
Dio ci dà la vita , che sola ci con- stessa, bensl che gli eletti mettano la
ferisce la vera capacità vitale di volere loro vita, fatta di amore e di libertà,
e di agire. Dio suscita nell'uomo la al servizio del prossimo: ot.à -rf)c,
fede con la quale l'uomo si abbandona àya7t'Y)ç oovÀEVE'tE &:U.-i)Àot.c,. Ò yàp
completamente a lui. Ma la 7tlcr·nç mie; v6µoc; Èv ÈvÌ À6yqi 7trnÀ.-i)pc.v-rm •
agisce e si realizza completamente solo &.ya.1t-i}ouç -ròv 1tÀl]crlov crou wç (J'Ea.-

01.' àycbtl]c; (Gal. 5 ,6 ). Dio manda il 'tOV 141


• Paolo riprende il comandamen-
7tVEvµa. ai suoi eletti (cfr. sopra Rom. to dell'amore per il prossimo e ne dà
5 ,5; 2 T hess. 2 ,13 ). Ancora una volta la stessa motivazione che già ave-

!40 Paolo parla raramente dell'amore verso 5 à.yci.TCTJ è riferito per chiasmo agli a;yLOL.
Dio. Oltre a Rom. 8,28 e 1 Col. 8,3, cfr. Infine cfr. Eph. 6,24 (4,15).
ancora 2 Thess. 3,5. Nel passo fortemente 141 Gal. 5,13 ss. Dell'amore verso il pros-
tradizionalista di 2 Thess. 2,10 si legge: simo si parla inoltre in Rom. 13,8 ss. Cfr.
ayciTCTJ -riic; ci).TJDElet.c; (-Hol. 105) In Phlm. 1 Thess. 3,12.
13 5 (I ,51) ciyamiw (E. Stauffer) (l,51) U6

va dato il Signore. Ma il suo interesse distrutto 143 m mezzo ad una comunità


piì:1 vero si concentra sull'amore fra- che deve la sua esistenza unicamente
terno: È:pya.~Wl.LEi}a. -rò &. yeti}òv 7tpÒç alla misericordia di Dio e al sacrificio
7tci.v-rcxç, µci.À.LO"'ta. OÈ 7tpÒç -roùç ol- del suo Cristo 144 • Per l'Apostolo il
xdovç •T\ç 7tLO"-rEwç (Gal. 6,10). Quel vertice della perfezione è l'imitazione
principio organico che era implicito di Cristo per la salvezza della sua
nell'amore per il prossimo si rivela Chiesa. Egli è pronto a soffrire ciò
qw in tut ta b sua fecondità: l'amo- che manca alla passione di Cristo 145 •
re per il pross imo, che un tem- Ma con questo il pili insignificante atto
po era la carità verso i connazionali d 'amo re umano si pone <l i servizio dcl
del popolo eletto di Israele, diventa ·grande amore di vino, secondo la logica
ora la carità verso i membri del nuovo di quel rapporto fra l'azione divina
popolo di Dio e significa sostanzial- e quella umana che per Paolo è un
mente far e della carità fraterna la dato primordiale e fondamentale. Ncl-
norma fondamentale della propria vi- 1'amore si fondono l'energia divina e
ta 142 • 'Ayocm1-r6ç e àÒEÀ<poç sono con- quella umana . L'amore costruisce ( l
cetti interscambiabili ( 1 Thess. 2, 8 ; Cor. 8,1 ), e costruisce l'edificio del
Philm . 16). futuro. La àya7tlJ sta sotto il segno
Ma l'amore fraterno ha la sua de- del -rÉÀoç. Questa è la grande verità
terminazione ultima nel xcxLp6ç cosmi- di 1 Cor. 13. Perciò l'amore è il dono
co-storico (cfr. Gal. 6 ,10; Rom . 13,11) celeste, più grande di ogni altro ca-
che lo impone. In effetti la fratellan- risma - è la xa.i}' Ù7tEpBof..1]v 6o6ç
za è l'unico atteggiamento logico e e non solo sta al centro della triade
l'unico che abbia con sé l'avvenire in fede, amore, speranza, ma è superiore
questo periodo decisivo che sta tra la alla fede e alla speranza. Queste infat-
croce e il -rÉÀoç. Essa è fondata sulla ti appartengono al trans~torio , mentre
croce e si risolve nella disposizione ii àya7tl} oÙOÉ7tO'tE 7tL7t"tEL 146 . L 'amore
al servizio e al sacrificio, al perdono apre alla realtà presente uno spiraglio
e alla comprensione, alla sopportazio- su quella avvenire . Come per Gesù,
ne e alla compassione, a sollevare chi così anche per Paolo l'àyci.7tl] è l'unica
è caduto e a ricostruire ciò che è energia vitale per cui nel mondo pre-

142 Per l'amore fraterno v. 1 Thess. 4,9; 144 Phil. 2,1 ss.; 1 Cor. 8,11; Col. 3,14 ss.;
Col. 1,4; Phlm. 5; dr. Eph. 4,2; 6,23. àya- (Eph. 5,2; anche l'amore coniugale è visto in
itéiv per indicare l'amore coniugale in Col. 3, questa prospettiva in Eph . 5,25 ~ yciµoc;).
19 (Eph. 5,25). Cfr. DELATTE, Anecdota I 145 2 Cor. 1,3 ss. (8,7 ss. ); Col. 1,24 ss.
( 1927), p. 423,11: àyà'ltl}v àvopòc; 'ltpòc; 146 Si confronti, ma solo per l'espressione,
qnÀlav 'tW\/ y\J\/aLxwv. Ab. 5,18 : l'amore che non è rivolto a un
143 Gal. 5,25 ss.; Rom.12,9 s.; 1 Col. 13,4 ss. oggetto sensibile « non finisce mai ».
137 (I,52) ciyamifAJ (E. Stauffcr ) (l,52) 138

sente l'uomo, soggetto al male e alla che p . es. in 1 Cor. 3,14 ha il signifi-
morte, può in qualche modo vivere cato di « sopravvivere ». Nvvì. 0€. µÉ-
la vita futura, immortale. vn : dopo 4ucl che precede e dopo
tutto quello che Paolo ha detto anche
La triade fede , amore, speranza ha altrov<: ci aspett eremmo ay0:.7tl), il
evidentemente valore di formula cfr . concetto chi ave del capitol o che è
7tlCTn;, à:yaTIT), fÀTilç in 1Thess. 1,3; 1' oggetto ckll' inno . · Invece segue la
5,8; Col. 1,4 ss. 147 . 'Ayc:btl) è sempre nota triade prediletta da Paolo , sti-
al centro. Quando si precisano i rap- listi camente molto espress iva . ma p o-
porti fra le tre virtù l'accento batte co giu stificata log icam ent e e sintat-
chiaramente sull' ayaTIT) . Così in Gal. ticam ente assai forzata co n quel pre-
5,6 leggiamo nlcr·nç òt.' ayc:btl)ç Éve:p- dicato singolare riferito a tre soggetti.
yovp.ÉVT), e in R om. 5,5 Ti ÉÀTIÌ.ç où Evid entemen te l'apostolo , per amore
xa:ra.t.crxvve:-rc:u, o-rt. ii à.y0:.7tl) ... É:x:- dell'euritmia , ha stemperato il pen sie-
xÉxu-rc:u ... ITlcr-rt.ç e ÉÀ7tlç per Paolo ro , con il risultato di dove r poi ritor-
appartengono inequivocabilmente e lo- nare all'idea centrale con un'appendice
gicamente al mondo presente ( cfr. 2 che conclude il capitolo in modo sti-
Col. 5,7: ot.cX. 7tLCT'!EWç ycX.p 7tEpt.7ta.- listicamente stupendo , ma concettual-
'!OUµe:v, ou ot.cX. E~Òovc,, e Rom. 8 ,25 : mente inadeguato alla sua isp irazione
éì ov 0ÀÉ7tOJ..LEV, ÉÀ 7tl~oµe:v ). In vece in cosmico-storica: fLElsw'J òi: -rov-rwv ii
Rom. 8,28.3 .5 ss. l'apostolo afferma che ò:y0:.7tl). L a frase tuttavia illumina suf-
l'amore vittorioso di Dio ci salva da ficientemente il significato profondo
tutte le calamità e l'amore verso Dio del passo , che era stato per un mo-
resiste a tutte le prove . In 1 Cor. 13 m ento annebbiato per l'intrusione del-
si legge che è l'amore fraterno che dà la triade , ossia che l'am ore e soltanto
un senso e un valore a tutti i carismi, l'amore non appartiene a qu esto mon-
quell'amore fraterno che non si spegne do , ma a quello avvenire 148 .
mai. L'espressione ii aya1tl) ouÒÉ7tO'!E
7tL 7t'!EL del v. 8 è detta in vista del 2 . Giacom o
periodo finale , quando tutti gli altri
La fede si rafforza e si ravvtva nel-
carismi verranno meno . Con espres-
la misura in cui si fa attiva nell'amo-
sioni analoghe l'apostolo ricorda la ca-
ducità della yvwCTt.ç e il carattere tran- re . Paolo ha visto l'intrinseca neces-
sitorio de Ila Tila--rt.ç e della D.., 7tlç. La sità di questo rapporto (Ga l. 5 ,6 ); Gia-
conclu sione prende l' avvio dal con cet- como ne ha dedotto una serie di do-
to tipicamente escatologico del ~tÉVELV, veri pratici che, nella loro sobria chia-

147 Per la triade vedi : A. HARNAC K Pr. 148 Per 1 Cor. 13 vedi: 1 Cl. 49 s.; Apoc.
Jahrb. 164 (1916), 1 ss .; R. REITZENST EIN in Sedrach 1; Augustin. Sermo 350 de cari tate
vari scritti e recentemente in N .G.G. 1917, (M.P.L. 39, 1533); il commento di Melan-
130 ss.; P . CoRS SEN, in « Sokrates » 7 (1919) tone (C. Ref. XV 1134 ss .); il commento di
18 ss.; LI ETZMANN, Kor., a. l.; A. BRIEGER, Calvino (ed. A. Tholuck V, 1834); A. HAR-
Die urchristliche Trias Glaube, Liebe, Hoff- NAC K S .A.B. 1911, 132 ss.; E. LEH!vtANN -A.
nung, Theol. Dissertat ìon Heidelberg (1 925). FRIDRICHSEN, Th. St. Kr. 94 (1922 ), 55 ss.
1.39 (I,52) à.ycrnciw (E. Stauffer) (I,53) 140

rezza, non lasciano adito a nessuna co- mune a Giovanni e a Paolo (Rom.
moda e pigra scappatoia. Amare signi- 8,32). Ma diversamente da Paolo, Gio-
fica anzitutto compiere il proprio do- vanni parla con espress1001 sempre
vere verso il prossimo diretto e dare nuove dell'amore del Padre verso il
la giusta mercede all'operaio (5,1 ss.); Figlio 149. È sul Figlio che si con-
significa prendere sul serio il principio centra tutto l'amore del Padre: egli
che chiunque ama Dio è nostro fra- è in tutto e per tutto il media-
tello e non è inferiore a nessuno, an- tore dell'amore divino. Perciò Gio-
che se veste poveramente (2,14) , per- vanni accenna appena all'amore del
ché Dio lo ha considerato al punto da Figlio verso il Padre (Io. 14,31), ma
chiamarlo nella sua BwnÀ.Ela (2,5). sottolinea caldamente l'amore del Fi-
L'amore è la legge del nuovo regno, glio verso coloro che il Padre gli ha
è il véµoç Br.x.crLÀ.Lxéç ( 2 ,8 ). Esso è un dato come « amici ». Attraverso il Fi-
atto di fede, è richiesto dalla fede e glio l'amore divino raggiunge l'uma-
reso possibile dalla fede e solo per nità 150 . Coronamento e insieme sorgen-
essa è imputato a giustizia (2 ,14 ss.). te di questo amore è il sacrificio del
Atto di fede è anche l'amore verso Figlio, tramite il quale Dio opera la
Dio che sta alla base dell'amore fra- salvezza del mondo 151 •
terno. Esso ci tiene avvinti a Dio e La à.yii7tl'} giovannea è indubbia-
ai suoi comandamenti nella lotta con mente l' amore discendente (~ col.
le passioni e nei lunghi periodi di tri- 99 s.); non solo, essa è una forza
bolazione e di persecuzione. È forte celeste che scende, possiamo dire, per
nella Ù7toµov1) (1,2 ss. ). gradi in questo mondo; è una realtà
cosmica che però si rivela e si affer-
3. Giovanni
ma soltanto nell'azione morale. Così
Per Paolo I' à:ya7t"(] è il fondamen- Giovanni vede quel principio che Pao-
to della realtà futura; per Giovanni lo aveva scoperto affrontando il pro-
è la pietra angolare del regno di Cri- blema dei rapporti fra l'azione divina
sto che si va realizzando nell'attuale e quella umana. Il mondo della luce
cns1 del mondo. Ou-rwç 1)ya:-1t1)crEv ò e della vita agisce e si realizza in
i}Eòç -ròv x6crµov, wcr":E ":ÒV utòv ":ÒV questo mondo terrestre proprio attra-
µovoyEvfj EOWXEV i'.va. . . . (Io. 3,16; verso l'amore. Quindi Giovanni non
1 Io. 4,9 ss.). Quest'idea basilare è co- soltanto può, ma deve sottolineare il

149 Io. 3,35; 10,17 (à:ycx:miv). 'Aya.7tT}"t6c; 11,5; 13,23; cfr. qnì..Ei:v.
non è mai usato per esprimere questo 151 Per Io. 13,1 vedi A. DEBRUNNER, in
rapporto. Gnomon 4 (1928), 444. Per Io. 15,13 cfr.
ISO Io. 17,23 ss.; 14,21 ss.; 1 Io. 4,19. Il DrBELIUS in Festschrift fur Deissmann (1927),
lato affettivo è accentuato soprattutto in Io. 168 ss. Inoltre v. 1 Io. 4,9 s.; 3,16.
141 (I,53) ciya.miw (E. Stauffer) (I,54) 142

carattere attivo dell' 6.ya7tlJ nella vita 1t11"É e ciyCI7tlJ"ol, che in questo caso
di Cristo e in quella dei suoi seguaci. non hanno nulla a che vedere con
Per lo stesso motivo Giovanni più l'idea dell'elezione divina, ma esprt-
che sull'amore verso Dio e il Cristo 152 mono soltanto l'amore fraterno (3 Io.
insiste sull'amore verso i fratelli , che 5; 1 Io. 4,7).
ha in Cristo il suo modello e la sua Nell'Ap oc. (2,1 9) sull'invito all'amo-
fonte 153 . L'amore fraterno chiude il re prevale il richiamo appassionato ai
ce rchio dei rapporti fra il Padre, il fratelli a rimaner fedeli a Dio , se ne-
Figlio e i suoi seguaci e istituisce fra cessario fino alla morte, in quest'ora di
di essi una comunione che non è di calamità e di crisi decisiva. L'amore
questo mondo - una comunione che è visto alla luce della teologia del
ha come fondamento l'amore di Dio martirio che ritorna d'attualità nella
e come legge intrinseca la permanenza terribile situazione presente. Il libro
in questo amore 154 . 'O µ11 6.yam7Jv st apre con un inno che il fedele te-
[LÉvE~ Év "Q frava"~ 155 . L'uso di ciya.- stimone di Cristo innalza "Q àya-
miv in senso assoluto che in Le. 7 ,4 7 1CW'll"i l)µc'iç ( 1,5); nel seguito le vi-
era un caso isolato, è normale in tutta sioni profetiche della « città diletta »
la prima lettera di Giovanni (3,18; (3,9; 20,9) e del trionfo di coloro
4 ,7 ss.; 4,19): l'amore è concepito co- che hanno conservato la 7tl<ntç e la
me un'energia primordiale della vita, 6.ya'ltl] e non hanno amato la loro
un modo di essere, una realizzazione vita al punto di non saper affrontare
di Dio in questo mondo. la morte (12 ,11) si alternano a mi-
Per questo il comandamento del- nacce contro i nemici di Dio e all'ac-
l'amore comprende in sé tutti gli altri ya
cusa: "TJV 6. 7t'r)V O"OU --riv 1tpW't''r)V
precetti e Giovanni lo ribadisce con- ricpi'jxac; (2,4). II tempo è vicino per-
tinuamente ai suoi lettori con una ché l'amore si è spento in molti (cfr.
monotonia grandiosamente significati- Mt. 24,12).
va. È raro che l'imperativo dell'amore
venga precisato con espressioni come F. IL PERIODO POST-APOSTOLICO
«a mare con l'azione e con la verità »156 ;
spesso invece nelle lettere di Giovanni Durante il periodo post-apostolico 1
le ammonizioni sono interrotte e sot- princìpi del primo cristianesimo o con-
tolineate dai pressanti vocativi 6.ya.- tinuano a sussistere sorretti dall'auto-

152 Io. 5,42; 8,42; 14,28. Johanneischen Formel ftEÒ<; &.yci'!t'lì k'tlv,
1s3 Io. 13,34 ss.; 14,15 ss.; 21,15 ss. (a:yc.t- Theol. Dissertation, Kiel (1917 ).
miv - q>~ÀE~v); 1 Io. 4,20 (&.ya.'!téiV - µ~CTE~'ll). 155 Cosl 1 Io. 3,14 con BSA. Cfr. anche
154 Io. 15,9 s.; 1 Io. 2,10; 3,10; 4,11 ss. e 2,15 ss.; 3,17; Io. 3,19.
inoltre R. ScHUTZ, Die Vorgeschichte der 156 1 Io. 3,18; cfr. 2 Io. 1; Test. G. 6,1.
143 (I,54) a:yrimiw (E. Stauffer) (I,54) 144

rità della Chiesa o vengono integrati 7tcx.i:ç, talvolta anche come appellativi
da audaci sviluppi del pensiero teolo- autonomi: egli è il diletto per eccel-
gico. Sotto l'antico nome di àycbt1] lenza 158 • Anche la Chiesa e i cristiani
sono amati da Dio, eletti da Dio e
si affermano concezioni e ideali ora
di essi Dio si compiace 159 . Ancora
più rigorosi e intransigenti, ora più
à ya7ti} e àycx.7ta.v in quest'epoca ven-
liberi e blandi e si rompe qu ell'equi- gono quasi sempre considerati come
librio fra l'ampiezza della visione teo- la sostanza della pietà cristiana 160 in
logica e l'inesorabile categoricit<Ì del- quanto sono la nostra ri spos ta a Dio,
l'imperati vo pratico che si era realiz- che è 7tpoaycx.TI1}crcx.ç , e l' imitazione
zato nelle lettere di Giovanni. Ma la della sua qnÀ.cx.vfrp1,mlcx.; à.ycx.7:wµEv rl
l]ycbt1]0"Ev, ànExoµe:voL ... 161 • L'amore
Chiesa, nel suo divenire, ebbe sempre
verso Dio richiede il disprezzo e l'odio
un profondo senso di venerazione per del mondo. Questo contrasto può sfo-
la grandezza della ca rità : nwc; µf:ycx. ciare nel martirio che la Chiesa, come
XCX.L fraV[.lCX.O"'t'OV ÈO"'t'LV Ti à.yaTI1]: che il giudaismo, esalta quale suprema ma-
grande e mirabile cosa è la carità!); nifestazione di pietà e di amore per
essa ebbe pure un'adeguata compren- Dio 162 • Nella sua lettera più appas-
sione del suo valore pratico per la co- sionata Ignazio riprende il concetto
greco di eros per inserirlo con una
munità dei credenti e per il mondo.
dura antitesi nell'idea del martirio :
La migliore testimonianza di ciò è l,wv ... ypacpw ... Èpwv -.ov ànofravE'i:v.
l'inno della prima lettera di Clemente ò Èp.òc; €pwç Ècr-rcx.vpw-.cx.~ 163 . In altra
( 49 ss .). forma l'opposizione fra Dio e lo crxi'i-
'Ayann e àycx.na.v sono ,la quintes- µcx. -tov x6crµou 'tOV"tOU, fra l'amore
senza del modo di agire di Dio con celeste e quello terrestre, può risol-
l'uomo e della redenzione di Cristo 157 • versi nell'ascesi. 'Aycx.rta.v diventa si-
'Hycx.1tl}µ€voc; e speciàlmente àycx.7ti}- nonimo di vita disciplinata e morige-
-r6ç sono i titoli preferiti per designare rata o addirittura ascetica. La àyci'ltTJ
Gesù, talvolta in unione con ut6ç o àyvl) è più forte dell'amore sensuale 164 •

157 lgn ., R. 7,3; Tr. 8,1; Act. Tom. 132 Pet. 2,15; Io. 3,16 (1 Io. 4,9 ss.).
p. 239,26. 163 Ign., R. 7,2 (cfr. 2,1; Pol. 4,3) . Sul
158 2 Pet. 1,17; Herm. s. 5,2,6; 9,12,15; passo vedi Orig., Comm. in Cant., Prol.
1 Cl. 59,2 ss.; Mart. Polyc. 14,1; Diogn. 8,11; (Baehrens p. 71 ,25), per il problema dei rap.
Barn. 3,6; 4,3; Asc. !es. 1,4; Act. Phil. 4 porti tra qn).lri, à:yci.7tTJ, i:'pwc; vedi inoltre
p. 3,19. Iustin ., Dial. 8,1; Clem. Al., Strom. VI
159 Iudae 1; 1 Cl. 8,5 passim. 9,73,3; Orig., Comm. in Lam. 1,2, Fragm.
160 Ign., Mg. 1,1; 1 Pet. 1,8; C. ScHMIDT, Xl (Klosterm .). Altre informazioni in HAR-
Gespriiche Jesu, T.V. 43 (1919) 121,4. <iya- NACK, S.A.B. (1918), pp. 81 ss.
1tiiv usato in senso assoluto nell'agraphon (?) 164 1 Clem. 21,8; Polyc. Ep. 4,2; Herm .
in Didym., Trin . I, 16 (M.P .G. 39,333 b) e s. 9,11,3 (vedi Hieron., Ep . 22,14, pp. 161,17
in Horn. Clem. 3, p. 38,6. Hilberg : agapetarum pistis); Act. Io. 29,63ss.;
161 Polyc. 2,2; Herm. m. 5,2,8; Diogn. 8,7; 68; 109,114; Act. Pl. 6; 9 ss. Ma l'ascesi sen-
9,2; 10,2 ss. za l'ciì'a1tTJ è inutile: Act. Gr. S. Melaniae, in
162 2 Tim. 4,8 ss.; Heb. 1,9; 1 Pet. 3,10; 2 Anal. Boli. 1903, p. 30 s., § 43.
1 1'> ( l ,'1'5) ciyixmir.1 I 1-:. Sta11ilt-1 ! (I,55) 146

M :1à.yrinn e parole afiìni signilì - dci h;mclwtti in comune ed ha grande


c111<> soprattutto «amore fraterno» 160 . dlicacia anche nella vita sociale 169 .
Gli antichi concetti di fede, amore, 'Aya.nfi..v nel senso greco è la con-
spcra11za, di senso e di compimento sidcrazione e la stima fra persone del-
della Legge , <li amore per i nemici so- lo stesso rnngo. La ciycl.it'Y] cristiana
no tenuti in altissima considerazione
<.~ sorretta dalla consapevolezza della
e spesso vengono ripresi e variamente
espressi 166 . ov ~LLO"T]vac; it6:v·rn. avi}p<0- comune nullità di fronte a Dio e alla
nov' 0.).ì,à.. ove; pÈv É),Éyl:,nc;, (ove; ÒÈ sua mi sericordia. I rapporti tra i fra-
0.El]onç), TIEP~ ÒÈ (°';JV TipOO'EVS 11, ove; telli so no improntati a questo spirito
OÈ à.ya.TIT}O'EL<; ÌmÈp T~V ~vxl]v O'OV cli cari tà . E così, in mezzo ad un mon-
(Did. 2~7). Atnare vcran1c.ntc i propri do che, ancorato all'eros . decade sem-
fratelli significa p:rì p.6vov fov-çÒv
pre più e invano ce rca di superare se
MÀ.nv cr~)è;,Ecrì)cu, à.U.à. xa,L n6:v"t"w;
-çoùç à.òE).cpovc; (Mart. Po/ve l ,2). I stes so con un erotismo sublimato, sor-
pastori della Chiesa con la loro pre- ge qu es to nuovo spirito <li fratell anza ,
dicazione instancabile cercano di raf- sorge una Chiesa il cui ideale è l'amore
forzare il senso della comunione fra- che tutto dà senza nulla desidera re .
terna nel servizio reciproco , nell o spi -
La penombra dei misteri pagani so-
rito di conciliazione, nel superamento
del male col bene 167 . 'Aya.7tY)"t"oç è spesi tra il sensibile e il sovrasensibile
un'apostrofe molto frequente 1&1 . 'Ay6.- cede alla limpida chiarezza dei µv-
7tYJ come termine tecnico indica il cr't1JpLa. "t"fjç Ò:ya7tY)t; l70.

banchetto eucaristico che trae la sua


origine dalla primitiva usanza cristiana E. STAUFFER

165 Cfr. 1Pet.1,22; 2 Pet . 1,7 ; 1 Clem. 47, 169 Cfr. i passi tanto discussi di Iudae 12;
5; 48,1 (q>oÀIXOEÀq>lix); 1Pet. 2,17 (à.oEÀ.q>6- 2 Pet. 2,13; Ign., Sm. 8,2; 7,1 , e inoltre
'tT]<;); Test. dei quaranta martiri 2,4. LECLERCQ, in Dict. d'archéol. chrét. I (1907),
166 Did. 1,2 ss. (la regola d'oro in forma pp. 775 ss.; R. L. COLE, Love Feasts, Hist.
negativa); Polyc. 3,2 ss. (la triade); Act. 5,11; o/ the chr. à.y<Ì.7tT] (1916); R. ScHi.iTz, ZNW
6,6; Clem. 13,4 (amore per i nemici, cfr. 18 (1918), p. 224; LIETZMANN in 1 Cor. 11,
Clcm. Al., Strom. IV, 13,93.3); 2 Clem. 4,3 23; K. VtiLKER, Mysterium und Agape (1927)
( ciy. ÈIXV'tovç cfr. Test . dei quaranta martiri 110 Dei µvO'TTJPLct "t'Tjç à.yci7tTJ<; parla Clem.
1,6 ); Dio. Chr., Or. 74 ,5 II p . 194,8 ; 47,20 Al. , Quis div. salv. 37,l. Negli Stremata ab-
Il, p. 86,12 ss.; Barn. 1,4; 19,5 (Ù1'Èp 'ti}v bondano le disquisizioni sull'amore sponta-
\)lvx~v) Herm . v. 3,8,5 .7; s. 9,15,2 ('Ayci7tT]); neo per l'autentico essere, l'amore che giun-
Did. 16,3 (à:y. cnpixq>-fianm .. . ). ge a perfezione nel vero gnostico. In questa
167 J Pet. 4,7 ss.; 1 Clem. 49 ss.; Barn. 1,6. concezione confluiscono vari motivi che si ri-
168 'AylX1'T]'tOL specialmente in 1 Clem. trovano in Filone, in Plotino, negli scritti
ci!;iixyci7tT]'t'O<; (non è vocativo): 1Clem.1; ermetici, nelle Odi di Salomone e nelle litur-
23,7. 7tpoqir'Jw.ç ciyct7tW(lEV lgn., Phld. 5,2. gie mandaiche. Si tratta in fondo di una
Cfr. specialmente Mart. Polyc. 17,2 ss. (in « sintesi» tipicamente alessandrina fra l'ò:yci-
polemica contro la diffidenza verso il culto 1tl] mistica e l'i!pwç « pneumatico », la stessa
dei martiri) -Tòv Xpicnòv ... 7tpocrxvvov1•Ev, sintesi che si ritrova in ogni religiosità di
'tOÙ<; OÈ µcip'tVPIX<; W<; µixi}Tj't!Ì<; XClL µLµT]'tÒ.<; tipo romantico.
'tOV xvplov ciy1X7tWIJ.EV.
147 (1,55) "Aya.p (G. Kittel) ( 1,56) 148

t "Ayap

Il nome hiigar dell'ancella di Sara, era stata favorita (G en. 16,13 ), si


madre di Ismaele, citato in Gen. 16, veda Rabbi Samuel b. Nachman (Gen.
r . 45, commento a 16,13 ): è simile
viene usato , in Gal. 4,24 s., per un'al-
alla matrona cui il re disse: Passami
legoria relativa alla legislazione mosaica
davanti. Ed ella gli passò davanti, sor-
del Sinai e al giudaismo ad essa regge ndosi all'ancella e col viso velato,
congiunto ( -rfl vvv ----) 'IEpovO'cxÀ -fiµ ). cos icché solo l'ancella , ma non lei , vide
A lei è contrapposta Sara , la libera il rc 2. Invece il giudi zio sulla discen-
moglie di Abramo , nella cui persona denza di entrambe è concorde; cosl
è simboleggiata la madre dei fedeli R. I ~ haq (Gen . r. 47. commento a 17,
20 s.), spiega come i discendenti di
della nuova alleanza (-Ti &vw 'IEpovO'a-
I sacco, in quanto discendenti della li-
À.1]µ ). Nell'allegoria paolina si riflette bera Sara , furono le dodici « tribì'1 »,
l'inaudita trasformazione di pensiero mentre i dis cendenti di Ismaele, in
dell'ex-fariseo, in quanto per il giu- quanto discendenti della serva Agar,
deo la maternità per sé è inversa: Sara , furono, secondo Gen. l 7 ,20, dodici
madre di Isacco , sarebbe la progeni-
n•ffzm, e ciò secondo Prov. 25,14
equivale a dodici « nubi », piene di
trice dell'antico giudaismo, e Agar, ma-
vento ma senza pioggia . A ciò corri-
dre di Ismaele («l'empio » )1, antenata sponde esattamente la valutazione che
della discendenza cattiva di Abramo . Filone fa in chiave filosofica: crocpla.v
Agar che diviene allegoria della vvv µE:v 'foarix, aocp~ai;Elav 8E: 'foµaT)À.
XEXÀ.TJpW1:(.(~ (Sobr. 9) 3.
'IEpovaa.À. T)µ rappresenta il capovolgi-
mento del concetto di giudaismo
L'equiparazione allegorica Agar =
Sinai si spiega, per quanto è possibile
autentico. stabilire dal testo non sicuro 4, o in
quanto il Sinai appartiene geografica-
Nel giudaismo anche Agar viene tal- mente ali' Arabia, la terra d'Ismaele e
volta esaltata per la rivelazione di cui dei suoi successori 5 , o facendo ricorso

"Ayt'Lp
J.B.L. Gal. (1910) 193-200.
LIGHTFOOT, 4 Cfr. da un lato L1ETZMANN, d'altro lato
ZAH!'-1,Gl. 230-235, 296-299 (excursus Il); ZAHN, op. cit. Il motivo più serio per l'ipo-
LIETZMANN, Gl. 29. tesi che il secondo "AytLp sia secondario, è
O. M1cHEL, Pls. e v. Bibel (1929) 98. l'osservazione dello Zahn (233, n. 42): «Il
I Cosl per es. Gen. r. 62 ad E, 25,12 ss. fatto che negli onomastici Agar e Sinai non
25,12 ss. vengono posti fra loro in alcun rapporto
2 Il testo delle edizioni correnti · è cor- personale, conferma che tale accoppiamento
rotto, ma il significato è dappertutto fuor di è penetrato in Gal. solo dopo Origene ».
dubbio. ar. la tradizione del testo riportata S Flav. Ios., Ant. 1,220 s. delimita come
in J. THEODOR, Ber Rabbà (1912 ss.) 458 A. sede degli Ismaeliti il territorio dall'Eufrate
3 Per il materiale tratto da Filone, dr. fino al Mar Rosso; la penisola del Sinai
LIGHTFOOT, 198 ss. vi è naturalmente compresa.
149 (I,56) à.yyE), ~a., à.y yÉ),),w (.J . Schniewin<l) (I,57) 150

a un'assonanza con il termin e arabo cuni termini geografici della penisola


~agar = roccia scoglio , usata pro- del Sinai 6 .
babilmente come denominativo di al- G. KITTEL

Ù.yyEÀla.,, ayyÉÀÀW,
àv-, alt-, o~-, Ét,-, xa-r-,
npoxa-rayyÉÀÀw, xa-rayyEÀEvc;

Considerata la grande importanza con il culto di Ermes.


che nel m ondo del N .T . viene attri- Tutti questi vocaboli sono sinonimi
buita al concetto di messaggio in quan- di EÙayyEÀLSEO'~a.~, dall ' uso profano
to concetto sacrale, è necessario stu- fino al supremo uso sacrale nel culto
diar<.: accuratam ente la storia di tut- del sovrano. EvayyEÀ.- è già nell'elle-
te le nozioni espresse con la radice nismo, come nel N.T., il termine cen-
ayyEÀ-. Solo così apparirà chiara la trale, m entre gli altri sono termini sa-
particolare pregnanza dei vocaboli neo- telliti. Si perviene però alla accezione
testamentari. Restano a parte i gruppi di EÙayyÉÀ.Lov solo attraverso i sino-
È1tayyEÀ-, EÙayyEÀ-, termini dal si- nimi . La parola di Dio è annunzio:
gnificato ben definite , a differenza de- non ratio, né estasi, né dogma, né spe-
gli altri che, accanto al valore proprio culazione. La terminologia non è de-
di ciascuno, conservano ancora quello sunta né dal linguaggio della filosofia 3 ,
comune alla radice ayyEÀ.-. né da quello dell'alta religione o della
I vocaboli si possono facilmente mistica, ma piuttosto dal linguaggio
scambiare 1 • Comune a tut': è il si- della vita pubblica, delle gare e dei
gnificato fondamentale di annunziare, sovrani. Si proclama la sovranità di
dichiarare, proclamare2 • Nella lingua re- Dio, il Messia-sovrano. Nella parole
ligiosa ellenistica esso viene applicato: di Gesù ha inizio il regno di Dio; il
a. a sacri agoni e sacrifici, b. al culto verbo apostolico è annunzio del ri-
dcl sovrano, sovente c. all'aretalogia; sorto, del kyrios.
d. ripetutamente è messo in rapporto Il carattere sacro del nunzio è con-

6 Bi\nECKE R, Palastina6 (1904) 163,179; I È~a.yyÉÀÀW dr. riva.yyÉÀÀW, à.1ta.yyÉÀ-


dr. ancora LrGHTFOOT 193 ss. Stranamente Àw; xa.-.a.yyÉÀÀw cfr. oLa.yyÉÀÀw, É1ta.y-
Tg. O., Gen. 16,7.14 (e I. I. Gen. 16,7) so- yÉÀÀw. 1ta.pa.yyÉÀÀw sta a sé.
stituisce i nomi sur e biired con hgr'. 2 Liddel-Scott dà per tutti questi termini
CÌ:yyEÀla x-. À. la traduzione proclaim.
J. ScHNIEWIND, Euangelion I (1927); II 3 Socrate ed Epitteto non parlano qui da
(1931). filosofi, ma da profeti.
151 (l,57) à.yyEÀfo., à.yyf),),,c,.i (J . Schniewind) (I,57) 152

nesso nell'ellenismo con quello della mente a Gesù, ma solo indirettamente


4
politeia • Nel culto del sovrano esso accennata. Gesù, il Messia , non può
è in diretto contrasto con la sovra- essere detto ét.yyEÀ.oç, perché sta al di
nità di Dio e del XpLCT-r6ç. - Anche sopra degli ét.yyEÀo~, Heb. 1,4 ss.;
nella religiosa consapevolezza della mis- 2,5 ss. (-7&yyEÀoç, col. 226) . La spe-
sione di Socrate e di Epitteto ( ét.yyEÀ.oç ranza dell'&yyd1.oç è presupposta spe-
XCX.Ì. xcx. 'trXCiX:07tOç x:a.ì. x:flpv!; -rov i}Eov) 5 cialmente negli scritti giovannei; la
e nel carattere missionario delle areta- differenza fra attesa e comp im ento è
logie il rapporto con il linguaggio implicita nell 'im magine giovannea del
neotes tamentario è chiaro. L'antitesi Cristo (-7a7ta.yyÉÀ.)1.1,), col. I ì7).
è dovuta alla divers ità, alla singola- Tl quadro dell'attesa si viene arric-
nta del contenuto. Le storie dci pro- chendo e la storia delle origini cri-
digi dell'aretalogia sono ben diverse stiane si fa pii:1 chiara se si accetta
dal messaggio del N .T., come diversi l' ipo tesi di una speranza gnostico-
sono i KvpLoL annunziati nelle une e giudaica anteriore al cristianesimo. Gli
nell 'altro (-7 6..va.yyÉÀ.À.w coll. 164 ss.). scritti mandei parlano incessa ntemente
Anche la missione del fìlosofo-profeta dell' « alto nunzio celeste », del « nun-
differisce da quella del Messia e <lei zio della luce » ecc., e le nuove inda-
suoi inviati . gini sul problema dci Mandei (Peter-
L 'a ttesa di messi divini venturi, di son, Lietzmann) non escludono che
un venturo messo divino , sembra es- si possa considerare tale attesa come
6 7
sere nota all'ellenismo . Tale speranza anteriore al cristianesimo primitivo .

è presupposta nel N.T. (-7 6..yyEÀ.la., Comunque A .T. e giudaismo pale-


&.v-, à7ta.yyÉÀ.Àw). E non è un caso stinese sono in contatto con l'elleni-
ch'essa non venga mai riferita diretta- smo. La « missione » si trova an~he

• ScHNIEWINIJ, Euang. II, 130 ss ., 147 ss. 'tà. XEXEÀ.Evcrµ€va, xpun-rE'tr.tL, come Gesù
s EP1cT., Diss. III , 22,69, p. 306,19 s. fece . Anche nei LXX , in Is. 9,6 : µEyaÀ.TJc;
Sch .2; anche III, 1,37 p. 238,2 e III , 22, ~ovÀ.Tjç ìiyyEÀ.oç come titolo del Messia sa-
23.38 p . 298,7 e 301,6. Epitteto in questi rebbe di estrema importanza (Mas. pele'
contesti si richiama a Socrate: III , 1,19.42, j6' e!), se nei LXX si potesse supporre una
p . 234,8 e 238,16; III, 22,16, p. 298,21. idea precisa; ma forse essi hanno solo
Per la missione di Socrate (Xenoph., Ap. «intuito» (v. Duhm, in proposito). Comun-
12 s.). ~ OLr.t"(YÉÀ.À.w, É!;ayyÉÀ.À.W coli. 179. que il Volz (]iid. Eschat. [1903] 217) ri-
183 s. manda a Hen . 46,1 , ove il volto del Messia
6 La migliore raccolta di materiale in è « pari a quello di un angelo santo ».
G. P. WETTER, Der Sohn Gottes (1926) 7 Bultmann (ZNW 24, 1925, 100 ss .); egli
26 ss. Aggiungiamo ancora (~ anche cir.:ocy· difende la sua datazione in ThLZ, 1931,
yé).J,w) Or. c. Cels. II, 70, p. 192,12 s. col. 577 ss. contro il Lietzmann SAB 1930,
Koetschau (Bau. J2 206). Celso dice : 'ttç oÈ 596 ss. (dr. Peterson, ZNW 25, 1926, 236 ss.;
'ltW'ltO'tE 'ltEµcpftftç fi.yyEÀ.Oç, OÉo\I ciyyÉÀ.À.EL\I 27 [1928] 55 ss.).
153 ( 1,58) ctY)'EÀla., ciyyÉÀÌ.w (]. Schnicwind ) (l,58) 154

nell ' A.T. Il parallelo fra la pietà dei gior frequenza propno 4ue1 vocaboli
Salmi e I' aretalogia si offre da sé che invece rimangono in ombra nel
(--'? &..va yyfA.Àw, col. 166 ss. ). Grazie N.T . (ù..v-, Ù..7t-, Èt;a.yyOJ,w); ma non
alla loro missione i profeti possono è de tto ch e gli altri ricorrano più
8
ricevere il titolo di mal'ak (ayyEÀ.oc;) • spesso nelle fonti ellenistiche, e nem-
9
Mosé è detto, nell' Assumptio , ma- meno è chiaro il motivo per il quale
f!,11US nuntius. Comunque il Deute- il N .T. pone nel massimo risalto la
roisaia è nel ge nere letterario <le! «mes- voce xa:tayy{ÀÌ, cJJ. Si vede hene, in-
saggio » 10 • L 'attesa di « un i> nunzio vece, la netta prevalenza della radice
venturo, iniziatasi ncll' A .T .11 , permane verbale su quella nominale sia nel
viva nel giudaismo con la ~peranza N.T. sia nei documenti che lo pre-
in Elia, nel « profeta » ventuto , nel cedono u Ciò è connesso con il tono
futuro m"basser. E sempre è pure pre- « drammatico » di tutta la concezione,

sente l 'idea di « parola » 12



che nasce immediatamente dal vivo
agire, dall'atto dell'annunziare.
Chiedersi se il linguaggio del N.T.
sia preso dal giudaismo oppure dal-
t ciyyEÀ.la
l'ellenismo, sarebbe lo stesso che porre
il problema in termini errati. Nell'uno A. &..yyEÀla NEL N.T.
e nell'altro si parla di annunzio e di
1 Jo. 1,5 : XCX.Ì. fo·1w aV"tT} TJ ciyyE-
missione. Giova solo chiedersi chi sia
À.La, fiv àxrixéaf.lEv cin' mhou xa.ì.
l'inviante, chi il messaggero, e che
Ù..vayyÉÀ.À.oµEV vµi:v, o·n Ò i}Eòç cpwç
cosa dicano missione ed annunzio. Il
Èo-"t~V X"tÀ.., 1 lo. 3,11: CX.V"tTJ È(J"'tÌ,v TJ
N.T. compendia tutto nel!' ovoµa di
&..yyEÀla fiv -iJxoucra"tE cin' cipxfic;, i'.va
Gesù. Incerto è anche se si possano
&..yanwµEv ciÀ.À. l]Àovc;.
distribuire nelle due sfere i singoli Accostiamo i due passi, sebbene nel-
vocaboli. Nei LXX ricorrono con mag- 1' analisi del Bultmann essi siano attri-
s Ag. 1,13 (ayyEÀoç Kvplov); Mal. 3,1 11 Mal. 3,1.23 s.; Is. 40,3. Su Is. 40,9
(lfyyEÀ.6ç µov, lfyy. OLm'}1)xl)ç). I passi ecc. ~ EÙayy. Zach. 12,8 (la casa di David
sono controversi; ma l'interpretazione data wç otxoç 1'EOV, wç lfyyt:Àoç Kvplov Évw-
è resa possibile dalla N . 10. Cosi pure il sacer- ·mov ctÙ't'wv) non rappresenta certo una
dote di Mal. 2,7 è ri.yy. Kvplov. Fuor di forma particolare di attesa messianica (Is .
dubbio 2 Chr. 36,15 s. lfyyEÀOL = 7tpoqJ'Tj't'ctt 9,6 LXX!), cfr. infatti TM di 2 Sam. 14,17.
(anche TM). Solo LXX: (2 Chr. 36,15 s) 12 2 Chr. 36,16: r1vx't'l]Plsovuç "t"oùç ciy-
1 Esd. 1,48 ayyEÀOç. 49 lfyyEÀOL. yÉÀovç a.ihou xa.l. È!;ovot:vouv't't:ç 't'oùç M-
9 Ass. Mos. 11,17 (p. 14,5 s. Clemen.): youç ctÙ't'ou. Ass. Mos. 11,16 (p. 13,25;
quomodo Monse erat magnus nuntius. 14,1 Clemen.): dominum uerbi fidelem in
10 L. KoHI.ER, Beih. ZAW 37 (1923) omnia. Anche Mal. 2,7 (XELÀTJ yvwcnç, 1n6-
102 ss. M. Noth (comunicazione orale) tien µa v6µoç).
conto di questa osservazione anche nello 13 Su ÈmxyyEÀlct, t:Ùa.yyÉÀoov ~ s. v.
studio dei profeti.
155 (I,59) ciyyd1.la, ciyyÉÀÀw (]. Schniewind) (l,59) 156

buiti a strati diversi (1,5 '!Ilo scritto inviato futuro (~col!. 1-52 s.) 4
• La va-
primitivo, 3,11 all'autore), perché in riante ÈTia.yyEÀ.la. (1,5: e, minusc.;
ogni caso non si hanno qui due di-
3,11: se, minusc.) è commento erro-
verse concezioni teologiche. Strato ori-
neo di tale idea sorprendente. In 3,11
ginario e autore hanno comunque in
comune: la nascita da Dio, le antitesi ci si attenderebbe 'lta.pa.yyEÀ.i'.a., ordine;
~wl]/Mva.-.oc; e àÀ.1ji}na./tjJEù8oc;, l'an- ma ~ Tia.pa.yy- può essere affine, per
titesi rispetto alla gnosi senza legge, contenuto, a EÙa.yy- e per Giovanni
l'unione del giudizio su noi stessi e Èv-.oÀ.à.c; 'tY)pEL\I è uno sviluppo di
della mancanza di peccato, il µÉvEL\I,
-.òv ÀOyov 'tY)PEL\I. Cosl non sembra
la à.yci.TIY) ecc. Così la pec uliarità stili-
stica dei pa ssi posti in rili evo si spie- un puro caso che in 3,11 venga usata
gherà come forma ongmaria della la stessa parola, piuttosto vaga, che
àyyEÀ.i'.a familiare ai lettori , che però si ha in 1,5: la « proclamazione » con-
viene ulteriormente elaborata _, in una tiene sia l'annunzio riguardo a Dio,
nuova occasione, dallo stesso autore sia l'ordine. In 1,5 si accenna alla
(o forse nella stessa scuola).
parola di Gesù, in 3,11 alla predica-
L'uso di àyyEÀ.i'.a è sorprendente,
zione {p.a.p-.vpla.) che sta a fondamento
dato che la koiné preferisce i termini
1
(à.px1J) della comunità. L'una e l'altra,
semplici ai composti . Soprattutto la
per l'autore, vengono a concidere. In
maggior parte dei verbi e dei sostan-
1,5 la cosa viene chiaramente espressa
tivi con radice à:yyEÀ.- sono sovente,
( cixr1x6aµEv à:'lt' mhou xa.ì. à.ya.yyÉÀ-
e fin dall'epoca classica, usati in senso
À.oµE\I uµtv ), in 3 ,11 è mostrata dai
pregnante come varianti di ~ Eva.y-
paralleli 2,7 s.; Io. 13,34.
yEÀ.L~Ecrfra.L, Eva.yyD.Lov: intorno ad
Alla fine di questa esposizione ci si
EÙa.yyd.- si raccoglie tutto un insieme
potrebbe chiedere se in 3 ,11 non sia
ben caratterizzato di idee che si ri- da preferire la lezione È7myyEÀ.la. di
specchiano neil'uso dei rimanenti voca- LA. Qui essa è attestata meglio che
boli con radice ciyyEÀ.- 2
• Così anche in 1,5, specie perché il gruppo H, di
in 1,5 Ò:yyEÀla. = EÙa.yyÉÀLO\I; ma C. 1739 (e altri) è qui rafforzato da
3 S (in 1,5 solo in C. 33 ). E la spie-
l'evangelo e le epistole di Giovanni
gazione sopra tentata è qui più diffi-
sembrano evitare volutamente EÙa.y- cile che in 1,5; infatti É1ta.yyEÀla
"'(EÀ-, questo, forse, per meglio com- dovrebbe avere il senso di 1tctpcq-
battere una gnosi che sperava in un yùla. (v. sopra); ma questo è lin-

ciyyEÀLr.t 3 Che gli scr1tt1 giovannei m genere evi-


R. BULTMANN, Analyse des ersten ]ohannes- tano volutamente E{uxyy. risulta da Apoc.
brie/es, Jiilicher-Festschr. (1927) 138 ss. 10,7; 14,6.
' MouLT.-MrLL. s. v. civayyÉÀÀ.EW: an- 4 Con ~ EÙr.tyyEÀ.l!;Ecr1'm, EÙa.yytÀ.tov
cor più ciò vale per i verbi. è collegata primariamente l'attesa del venien-
2 ScHNIEWIND, Euang. II, 249. te « messo di gioia ».
157 (l,59) àyyEÀ.lcx, àyy€Hw (J. Schniewind) (l,60) 158

guisticamente raro (~ TicxpcxyyEÀla); con EÙayyÉÀLov appare nella frequente


una reminiscenza meccanica di 2,25 aggiunta di àyyEÀ.la àyai)Yi 10 , e cosi
(Soden), è improbabile. Le cose sta- pure nel contenuto: àyyEÀ.la viene
rebbero diversamente se btayyEÀla usato a proposito di notizi e politiche,
fosse la lezion e originaria, ché allora di even ti lieti , proprio come EÙayyÉ-
il comandamento dell 'a more sarebbe ÀLov 11 • Un uso religioso esplicito non
designato come una promessa , e ciò è documentabile 12 •
corrisponderebbe alla concezione fon- Nei LXX significa notizia lieta (à.y-
dam entale del Àoyoç che opera ciò ì'EÀla à.yai)li Prov. 12 ,25 ; 25 ,25 13 ),
che ordina (2 ,14 ; 5,3 s. e altrove) come pure notizia cattiva 1 Sam. 4,19
e ai paralleli , 2,7 s. ( a).TJì}Èç Èv a{rtt{J ); (p erdita dell'arca); 2 Sam. 4,4 ( mort e
Io. 13,34 (xafrwç -~yaTITJO'a ) . di Samunele e di Saul); 2 Rcg. 19,7 =
f s. 37,7; Ez. 7 ,26; 21 ,7 . All'infuori di
B. LA STORIA DE L TERMINE àyyEÀLa Prov. 12 ,25 (dove corrisponde a da.bar)
negli altri casi traduce sempre s''mu' fi.
La storia della parola conferma ed È significativo nei passi dei Proverbi
amplia quanto abbiamo osservato. Se- che una buona notizia è considerata di
condo il Liddel-Scott (N .E. s. v.) ày- per sé preziosa: ciò corrisponde ancora
ì'EÀla può significare già nella lingua alla concezione dell' euangclion 14 • I pas-
class ica sia announccment, proclama- si res tanti si vanno avvicinando all'uso
tion, sia command, arder 5 . La parola religioso, in quanto la sciagura è detta
può indicare tanto l'azion e dell'annun- provenire da Jahvé. In Is. 28 ,9 si tro-
ciare 6 (specialmente l'arte retorica 7 ), va infine la locuzione di 1 I o. l ,5:
quanto anche, e più frequentemente, à.vcxyyÉÀÀnv àyyEÀlav (hOra de'a)
la cosa annunziata, come in 1 Io. 1,5 8 • a proposito dell'annuncio del profeta.
Lo stesso sdoppiamento di senso 9 Forse in 1 Io , 1,5 si sente direttamente
si trova in ~ EÙayyÉÀ~ov; l'affinità l'influsso del testo profetico.

5 Per il secondo significato Horn. Od. ~ qui sotto N. 13 .


5,150; 7,263 e passim; per il primo cfr. 11 F1.Av. Ios ., Ant. 18,325 (ciyy. -rTic;
Pind . Ol. 8,81 s. (106 s.) p. 136 SchrOder: µaxTJc;) ; Oesterr . Jahresh. 23 (1926) BeibL
la Angelia è personificata come figlia di Er- col. 285,11 s., iscrizione efesina, intorno al
mete. Le testimonianze che seguono si li- 44 d. Cr., ed. Keil : tÀ.cxpw-rÉpa à"("(EÀ.la
mitano a scritti ellenistici. viene da Roma, FLAV. Ios., Bell. 3,144
6 Flav. los. Ant. 7,247; Beli. 4,230.232 (µÉyL11-rov Eu-ruxTJµll). ScHNIEWlND, Eua11g.
( EOEL -r<ixovc; Etc; -r1]v ciyyEÀ.lcxv). II, 130 ss., 145 ss., 151 ss .
1 Nel IlEpl. uljiovç 43,3 p. 78,1 Jahn - 12 Si potrebbe citare Ael. Arist., Or. 53
Wahlen: -rii ~cxvµcx(i't"U ... ciyyEÀ.lq. si me- (55}, 3 (Il p . 468,1 6 Keil), ove una ciyyEÀ.L!l
scolano le cose più incredibili. Toupius sug- è dovuta a Zeus (ScHNIEWIND, Euang. II,
gerisce congetturalmente cbtl'1."("(EÀ.lcx espres- 202 ss .). Però per il termine ciyyEÀ.la non
sione, stile. ne emerge alcun significato particolare.
s FLAv. Ios., Vit. 380: -rTic, cinfala.c; 13 Nel cristianesimo primitivo solo Herm.

cixouo-cxv-rEc;. V. 3,13 ,2.


9 Osservato per ciyyEÀla a partire da 14 ScHNIEWIND, Euanp, 1,31 ss .; II, 122 ss.,
Thes . Steph. 168 ss .
10 Sc11NIEWIND, Eua11g. II, 250 N. 1;
159 (I,60) ci.yyEÌ, ~a., 6.yylì.ì.w (J. Schniewind) (l,60) 160

Lo Schlatter 15 crede di poter a•cer- Invece S D lat.: Ùnl]V't". av-r. xm r)Y-


tare che à.yyeÀ.la in 1 Io. l ,5 sia ynÀ.av o-et, ACK: xaì. &vrl'(yEtÀ.av
l'equivalente di Aggada: « I teologi (À. 3 3 xat àm)yynÀ.a\I) À.Éyov't"Eç
della M(ekiltà) hanno, per l' insegna- o-rt. Il Tischendorf VIII (I, 782) so-
mento della Scrittura cui appartiene stiene S D.: il raro fiyynÀ.a.v è sosti-
anche la storia sac ra, la formula fissa: tuito o da À.Éyo\l't"E<; oppure da à.v'iryy-
Dio o la Scrittura annunzia (maggld) ». o &m'jyy-, poi entrambe le correzioni
Ma higgid è l'equivalente di ~à.vay­ vengono confuse. Ma né Tischendorf
yO-Àtù , che in 1 Io_ 1,5 compare con- né il Soden citano alcun testo che
giunto con à.yy<.Ha . « Di qui è ve- porti àvayy- o cìno:yy- senza il À.É-
nuto il sostantivo»; lo Schlatter lo yov't"E<; esplicativo; cosi il sorgere delle
traduce con proclamazione 16 e lo ap- varianti viene spiegato più facilmente
poggia con citazioni dai Midrashim in base al testo del Nestle. Comunque,
dei Tannaiti : 5. Deut . 49 in 11 ,22 17 sia originario o sia correzione, l'fiyyn-
(sinon. di « Conoscere Dio», cfr. Gio- À.av rappresenta una locuzione solen-
vanni); Mek.Ex. 15,26: «Annunci che ne . Esso si spiega in base a ciò che
vengono uditi dalle orecchie di ogni per àvayyÉÀ.ÀEL\I e <Ì.TtayyÉÀÀELV vie-
uomo » (cfr. o CÌxl]x6a.µ<.v di 1 Io. ne osservato in racconti di miracoli,
1.1, cìyyeÀ.la f}v &.xl]x6a.µEv 1,5) . Se nei quali indicano la proclamazione del
questa accezione della parola haggada prodigio.
e dei nostri passi giovannei è esatta 18 ,
l'autore avrebbe scelto, come concetto Nel N.T. à.yyÉÀ.À.w è attestato con
supremo dell'annunzio cristiano, una
sicurezza solo per Io. 20, 18; nei Pa-
espressione altissima del giudaismo. La
dri Apostolici non ricorre mai. In base
parola ci yyeÀ.la. richiamava l' equivalen-
te ebraico, probabilmente era già stata a quanto osservato per cìyyEÀla, se
coniata ( cfr. Giuseppe Fl. 19 ). La sua ne spiega la rarità, e così pure si spie-
affinità con eùayyÉÀ.Lo\I la raccoman- ga che anche in questo passo com-
dava proprio in quei casi in cui EÙay- paiano come varianti livcx.yyÉÀ.À.ELV e
yÉÀ.tov doveva essere evitato. 1
à.no:yyÉÀ.À.EL\I • Del termine, raro e
scelto, viene forse avvertito il valore
sacrale? Infatti è un racconto pasquale
t ciyyÉÀ.À.w
quello in cui si dice: EPXE'tm Met.pLÒ:µ

In Io . 4 ,51 il Nestle e il Soden leg-


1i Mcx.yocx.À.riv-iì 6.yyÉÀ.À.oucra -roi:ç µa-
gono con BL: oi. oouÀ.oL ùn1}VTTJO"CXV i}l]-rcx.Lc; O'tL Éwpcx.xa. 't"Ò\I xupLOV XCXL
cx.ù-cQ À.Éyo\1-cEç, o-et ò na.Lç aù-rou ~fl. -ret.u't"CX. EL'itE\I cx.ù-cfl. Maria Maddalena

1s Sprache und Heimat des vierten Evan- CHER, Agada der Tannaiten I2 (1903) 451 ss.
gelisten (1902) 145. 19 -+ Note 6 ss.
16 Cfr. anche la definizione di « Hagga-
doth » in STRACK-BILLERBECK; I, 561. ci.yyÈÀÀ.W
11 KrTTEL, Sifre 131s.A6,7. 1 civa.yy. EG 33 al., 6.-n:a.yy. D p. &.yy.
18 Vi sono però dei dubbi; cfr. W . BA- BSA pc.
161 (I,61) à yyEÀLa, àyy0.. )..w (]. Schniewind ) (l,61) 162

annunzia ' ciò che ha visto e udito '; In 2 Baa-. 18, 11 ricorre nel contesto
cfr. 1 Io. 1,1.3, ove pure si parla di di un racconto di missione, ove viene
Cristo risorto e si usa ~ à:rtet:yyÉÀ.À.w , ripetutamente usato e:ùa.yy.
Il verbo richiama un'idea religiosa
che ricorre sovente nei racconti della
in un documento d'Eleusi, in cui in-
resurrezione. Resurrezione e annunzio dica l'annuncio dell'avvicinarsi di una
sono fra loro strettamente connessi; processione solenne (220 d. Cr .; Ditt .
~ EvayyÉÀ.À.Lo\I (Rom . 1,3 s.; 10,9; Syll. 4 885,17). In un papiro magico
1 Cor. 15,1 ss. e altrove), µapi:uc; , viene « nominato » il nome del male-
~1et.p'1'vpLov 2 • L ' idea di euangelion sem-
detto 5 • Soprattutto nel papiro d 'Adria-
no di Giessen si trova ciyyÉÀ.À.ELV usato
hra dunque essere presente anche nel
in senso poetico in luogo di EVCt."("(E-
nostro à.yyD..À.Ew (come in à.yyEÀ.la À.l~Eo-l)cn, che è riferito al culto del-
di 1 Io . 1,5). l'imperatore per indicare la proclama-
zione del nuovo sovrano divino 6 . Ma
Ciò vien confermato dalla storia del Gesù nella resurrezione è stabilito qua-
t ermine. P er l'uso profano lo Schlatter le M essia-re, « Signore », e lui pro-
produce passi di Flavio Giuseppe, in clama l'e:ùayyÉÀ.tov.
cui i vocaboli « correre » (Beli . 6,254)
e <pvÀ.axEç (Bel!. 6 ,294) richiamano i
racconti di resurrezione , e cosl pure un
t cX\la.yyÉÀ.À.w
àyyÉÀ.À.onEc; av-roLc; mivi:a (Bell. 4 ,
196; dr. Le. 24 ,9 ). Il «correre» è A. civo:yyÉÀ.À.w AL DI FUORI DEL N.T.
una particolarità costante di e:ùa.yyd.-
usato in senso profano, e l'annuncio Usato nella koiné in luogo del clas-
della nascita di Mosè (dove vi è un sico Ò:yyÉÀ.À.e:tv ; più frequente ancora
hierogrammateus che à.yyÉÀ.À.n) in è à.'lta.yyÉÀ.À.Ew 1 , di ugual significato.
Ant. 2,205 è il corrispondente di un Nella tradizione manoscritta, in molti
euangelion, sia profano sia sacrale 3• autori a1ta.yyÉÀ.À.e:L'V e àva.yyÉÀ.À.ELV
I LXX hanno il verbo solo 5 volte, vengono fra loro confusi ; fra tutti i
sempre solo in manoscritti isolati e passi del N.T. solo Io. 16,13-15 non
corretto con à.va.yy-, cX'ltet.yy-, OLa.yy-, presenta incertezze testuali 2 . Nell'atti-
usato in senso strettamente profano . co è preferito cX7tet.yyÉÀ.À.ELV 3 ; perciò

2 Ancora Fozio M.P.G. 101,989, 11 s. de- I , 88 ss .


finisce Maria Maddalena una EuayyEÀlcr"pLcx.
"tTJc; Ò.Vt'X.CT"taCTEWç. &.vcx.yyf.)..)..w
3 ScHNIEWIND, Euang. I, 98 s .; II, 141, 1 Mouu-Mrn., s. v.
154 ss. 2 In Mc. 5,19 l'uno e l'altro accanto a
4 SCHNIEWIND, Euang. I , 30 s . 64 s. OLa.yyÉÀÀnv, in Io. 4,51 accanto ad à.y-
s AuoOLLENT, Def. Tab. nr. 198, 15 s.: yÉÀÀt.w .
wc; [cr]cx.cpwc; à.yyÉ[ÀÀw] , con la nota del- 3 MouLT.-MrLL., op. cit.; H. ANz, Subsi-
l'editore p. 274 sulla ricostruzione del testo. dia ad cognosc. Graec. serm. e pentateuchi
6 P . Giess I, 3,4 (p . 19): llvcx.x"a xcx.tvòv versione Alexandrina repetita (Diss . Hai.
'Aoptavòv d:yyùw[v]; ScHNIEWIND, Euang . 1894) 283 s.
163 (l,61) cirtEÀ.la, ciyyÉÀ.Àw (}. Schniewind) (l,62) 164

negli scritti della koiné non atticisti, Minore ellenistica a proposito di certe
e quindi anche nei LXX e nel N .T., feste : il xijpvç à.va.yyÉÀÀ.n - procla-
è il caso di preferire sempre à.wx:y- ma - i meriti di determinati EÙEp-
yÉÀÀEW. yÉ't'm, meriti circa la irw-.i)pla. della
Il verbo viene usato volentieri in 'TtOÀ~ç 13 ; in specie vengono annunciate
senso profano: Nel significato di pro- corone onorifiche . In luogo di à:va.y-
clamare, è detto di proclamazione di y{),) .,nv , e così pure di xijpvç, pos-
re 4 ; del proclama di un re 5 ; di an - so no figurare alcuni sinonimi. Rimane
mmci di ambasciatori 6 ; di un'esplicita il fatto dell'annuncio sacrale; ed esso
notizia di sventura 7 ; di osservazioni 8• è quindi, come tale, un importante pa-
Il verbo ha anche un significato meno rallelo della terminologia neotestamen-
marcato, e di frequente nello stile epi- taria relativa all'intera radice à:yyEÀ-.
stolare 9 significa raccontare; quasi sino- c. La stessa ananghelia all'epoca dei
nimo di dnEi:v 10 • diadochi per il culto di sovrani di-
Acquista tono sacrale: a. à.vayyÉÀ- vini 14 ; anche lo stesso annunzio del
ÀELV xp1111µouç (Aesch., Prom. 661 s.), sovrano può assumere l'importanza di
che tuttavia non è termine tecnico per una àva.yyEÀlcx. divina 15 . - d. Il ter-
oracoli 11 (diversamente il gruppo EÙa.y- mine significa proclamare anche nelle
yEÀ-) 12 . - b. frasi fatte, usate nell'Asia onoranze per un sacerdote della Ma-

4 LrnDELL-ScoTT, N.E. s.v. « proclaim ». 12 SCHNIEWIND, Euang, I, 83 s., 98 ss.;


FLAV. Ios ., Ant. 17,274 ~acnÀ.EÙç ci\layyEÀ.- II, 194 ss., 254 ss .
f}Elç (detto del ribelle Simone). Il Dalla fine del 4° fino alla metà del
s B.C.H. 20 (1896) p. 506,13 s. (Delo, in- 1° sec. a. Cr.; molti esempi in tutte le pub-
torno al 300 a. Cr.): Damarato ci.vayyÉÀ.- blicazioni di iscrizioni, 37 soltanto nelle
À.EL . . . -ri]v -rou ~acnÀ.Éwç Avcnµcixov iscrizioni di Magn. e Priene. Somiglianza con
€\iVOLCXV. formazioni sinominiche neotestamentarie di
6 Per es. I.G. XII, 5,532,1 s.: É'lmoi] (Eu)r.iyyeÀ.- presentano: I.G. XII, 5,714,10
&.vayyÉÀ.À.ovow ot 1tPÉo'~nç ot ci7toO'-ro:À.Év- (sec . 4° a. Cr.) cfr. 6 Euepy., 8 cipE-rTj;
"tEc:; G .D .I. 4254,10 s.: È7tELOTJ ci\lciyyEÀ.À.O\I l.G . XII, 5,802,6 s. (sec. 3 a. Cr.) cfr. 4
ot 7tpEO'~ÉEç ot Èç 'Pwµo:v 1topEVf}Év·. ~ç. r.X7tayyEi:À.m, 8 s. È7tayyEÀla.; Inschr. Magn.
Queste immagini ( 7tpÉO'~ELç, 6:7tOO'"taÀ.Év-rEç) 53,30 dr. 10 EUEpy., 19,58 Èmcpti.\IELO:, 20
corrispondono alla lingua missionaria del Cri- 7tapaxa.ÀELV, 30 ci7tOO'"t!'XÀ.ÉV"tEç, 35 s. O'W"tl)-
stianesimo primitivo, v. WrNDISCH, 2 Kor. plo:; Priene 108,330 s., 342 s. (dopo il 129
195 s. a. Cr .) dr. 339 s. O'W"tl)plo: EÙEpyea'la., 115
7 Test. N. 7: ÉXmoµl]v Èv 0'7tÀciyxvoLç É7ta.yyE),la..
civ a y y Ei: À o: L ( « per dire apertamente » 14 D1TT., Or. 6,30 (Antigono) civciyyEV..aL
Schnapp) : che Giuseppe è venduto (ZAHN, c;·mpci\lovc:;; ma vi si avverte anche l'idea di
Lk. 725 N. 68). Evo:yyEÀ- del culto imperiale: si offrono
8 at 7tPOlJYOVµEW~L (j)O:V"tO.O'LO:L civo:yyÉÀ- Euo:yyÉÌ,La (31 s.) per la parola di pace
ÀOVO'L\I M. Ant. 8, 49,1 p. 104,9 s. Schenkl. (8.16) del sovrano divino . Per la compren-
9 P. Petr. II nr. VIII (3 ),1 e passim sione dell'iscrizione : DITT. N. 6; ScHNIEWIND,
(v. Moult .-Mill.). Euang II , 132 s. Altrettanto DrTT. , Or. 332,
10 In Gen. Ex., dice H. Anz, l'uso è 43 s. (Attalo III) : onoranze cultuali ibid.
« ut plerisque locis nihil intersit inter 6·13; egli è EùEpyÉ-rl)ç 22.24 s. 30.44 s.
r.Xva.yyÉÀ.À.ELV et d7tEL'\I » . 15 Così nell'iscrizione sopra citata (N. 5):
11 SCHNIEWIND, Euang. II, 254 ,257 s. Da Lisimaco è sovrano divino e la sua EUVOLa
confrontare è solo HoM., H ymn. Apoll. 394. è ri volta (1 ss .) a un lEp6v.
165 (l,62) 6.yyEHa, 6.yyÉÀÀW (]. Schniewind) (l,62) 166

gna Mater (Samo, ca. ] 00 a. Cr. , Ditt. vfio-ovow. Oggetto è» infìne, l'annun-
Syll3. 1047, 23.27.30); una speciale cio dato al profeta: lEp. 40,3 20 ecc.
terminologia non si può supporre per Degno di nota è il testo di Am. 4,13;
misteri 16 .
àvcxyyÉÀÀwv dc; à.vilpw1touc; -rov XPL-
Nei LXX è frequenti ssimo, e n ella cr-rov m'.nov.
gran maggioranza dei casi traduce hig- h. Proclamazione cultuale nei Salmi.
g?J 17
• è pre-
Nella lingua religiosa 18 Si proclama la OLXULOO"VVTJ di Dio: ~
valente, come per molti concetti bi-
0
21,31 s.; 70,15 ~ ; la sua àì.11ilELa.:
blico-teologici , l'influsso dei Salmi e 29 ,10; i suoi [pya. 63.10, cfr. iJa.v-
del D cuteroisaia 19
. - a. Il kyrios an- [.WCT'"t"cX 70, 17; il suo EÌ.Eoç 91 J ' dr.
nuncia ( 6 Àa..)J0v ocxa..coo-vvl}v xa..L 16; il suo ovorw 101,22; 1;1 sua a~VEcnc;
àva..yyÉÀÀwv riÀ -fiiJua..v) ciò che ver- 50 ,17; ai popoli 95,3, dr. ls. 42,12:
rà: Is. 52,9; 46,10 e pa~sim . ; gli dèi -rà.c; Ù.pE-rà.c; CXV't"OV ÉV 'TCXlç Vrl!JOLS
fallaci non ne sono capaci ( '"C"à rmpx6- à. va. yyE ÀoVGl V.
µEva. ... à:va..yyELÀrhciJcra.v ù~t~v: 44,7 Questo linguaggio religioso s1 di-
e sovente altrove). Oggetto dcl verbo stingue da quello ellenistico sia per
è il messaggio di Dio a Israele tramite il riferimento all'ordine e all'opera sto-
il profeta, per es. ls. 53,l s. (xvpLE, rico-escatologica di Jahvé, sia per il
'Tlc; E1tLO"'TEVCTEV TD à:xofl {]µwv; ... fatto che quest'ultima vien celebrata
Ù.Vl}"'("'(ELÀCXµEV WS 1tr1.LOLOV ÉVCJ.V'"C"LOV nel culto con una serie di sinonimi
m'.i'"C"ov), Ier. 16,10 (a:nav'"t"a -rà p-iJ- del tutto estranei all'ellenismo ( otxaLo-
µcx'Ta -rcxu-ra. 20 ); ls. 21,10; Mich. 6,8 o-vvTJ, à).fifrrnx, -ilavp.a..cr'"t"ci, 0.Eoç , ovo-
(EL rXVl}yyÉÀ'!) 20 CTOl, avlJpW1tE, 't"L XCX- µcx) 21 • Il parallelo ellenistico è I' « are-
ÀOV; ); ls. 58,1 (&.p.ap-rfiµa-m) cfr. Ez. tologia » (~ CÌ.pE-rTj), in cui s1 nar-
23,36 20 • Oggetto è l'annuncio ai po- rano le opere prodigiose di un dio.
poli: Is. 2,3 (jrh, hiphil); 12,5; !Ep. Non è ben assodato che qui si av-
22
26,14 (sinon. 7ta.payy.); 27,2; ls. 52, verta l'eco della terminologia . Nel-
15 (immediatamente prima di Is. 53, la cosa stessa si ravvisa ciò che av-
1 s.): o[c; ovx rivl}yyÉÀ1) 1tEPL aÙ'"t"OV vicina e ciò che divide l'annunzio del
o~ov . ta..L, xaL oì: ovx àxl}xocxo-w crv- N. T. e l' aretologia ellenistica. Per

16 Cr.EM AL., Protr. 8,80,1: -rl CTOL cro<plaç volte, ma più della metà uso profano. ~
ò.vayyÉÀÀw µvcr-r-fipLa xat pTJCTELç ~x 1taL- rivayyÉÀÀw N. 21.
oòç 'E~palov CTECTO<pLO""p.ÉVOV. 20 Sovente oscillazioni del testo fra ò.va:yy.
17 In Batch complessivamente 4 colonne; e 6.mJ.yy., all'occasione anche É~ayy.
per higgid 184 volte (compreso Dan. 0). 21 La proclamazione dell'opera di Jahvé
IB Uso profano frequente nei libri storici; (Deuteroisaia) e l'eco di essa nel culto
~ N. 10. (Salmi) sono ancor più saldamente connessi
l9 Pss. 23 volte; Deuterois . 27 volte; Tri- in bfr (~ EÙayyEÀlt;Eo-frat).
toi s. 2 volte; Is . 1-39. 19 volte; Ger. 23 22 Il nostro termine comunque non è
167 (I,62) ciyyEÀ.la:, ciyyÉÀ.À.w (J. Schnicwin<l) (I,63) 168

quanto riguarda tratti di somiglianza, proclamare.


c'è da chiedersi se essi provengano da
un fondo orientale comune, oppure na- B. <iva.yyÉÀ.À.w NEL N.T.

scano spontaneamente. La differenza,


poi risalta in quanto il piano di Jahvé Nel N.T. sull'uso profano s1 impo-
nella storia orientato verso l'escato- ne nettamente quello religioso: Mt.
logia è ben altra cosa dal prodigio 28,11 (S D pc leggono à.va.yy.); Io.
isolato, poniamo, di un Asclepio. Inol- 5,15 27 ; Act. 16,38 28 .
tre I' &.vayyÉ:ÀÀEw dei Salmi non è 1. Nella topica della 11111Tazwne di
relazione di prodigi, ma il « racconto » prodigi 2g sembra rientrare Mc. 5,14 (o/.
suppone la reminiscenza di una lunga ~OO'XOV"tES ... àv1)yyELÀ.a:v JO) e forse
storia guidata da Dio n vi si potrebbe inquadrare anche Mt.
Nel tardo giudaismo tali pensieri 28,11; Io. 5,15.
sembrano restare in ombra. Test. L 2. Prossimi a quelli citati sono i
10,l 24 : oo-a è:yw +]xouo-a. Tta.pà "twv testi di Act. 14,27; 15,4 , nei quali
7tai:Épwv µou (Io. 15,15!) àv1)yynÀ.a. il termine ricorda sia l'arctalogia, sia
ùµ~v ricorda l'idea di 1ta.p6:oocnc;. In- i Salmi (63,10; 70,17): gli apostoli
vece a proposito dell'annuncio di un narrano ciò che Dio operò per mezzo
evento escatologico si veda Bar. gr. loro; essi conoscono dunque, analoga-
(1 p. 84,20, James): l'angelo dice di mente ai PJ:-<:>feti, ciò che Dio attual-
essere inviato, o7twc; à.vayyr::lÀ.w xaì. mente opera. Nello stesso senso pare
unoòEl~w o-ol mina ( i:à.) •ou · lkou. potersi intendere 2 Cor. 7,7: Tito« an-
Analogamente il verbo adnuntiare, che nuncia» (cfr. 1 Thess. 3,6; ~ EÙa.y-
ricorre di frequente nel 4 di Es dr a 25 , yEÀ.i~oµm.) l' Epyov di Dio. In 1 Petr.
è, più ancora che un promettere 26 , un il verbo ha come oggetto la notizia
tecnico per aretalogie: sembrano preferiti de ai Salmi (11,16: - Eva:yyEÀ.lsEcri>a:L).
XTJpvcranv, d.11:ayyfì.. À.ELV, xa:i:a:yyÉÀ.À.ELV. 26 Cosl Gunkel in 7,99.
-\Itri verbi ancora in E. Peterson Etç 0E6ç 2ì d11:Ev SC, ecc. , av-fiyy. BK, ecc. Dq>
(1926) 191 ss.; anche là manca à.va:yyÉÀ.À.ELV. 33, ecc.
La reminiscenza più viva è Is. 42,12 (- so- 2a Leggiamo d.va:yy. (invece <li a11:a:yy.)
pra). Vi sono però dubbi se apE'ta:l non sebbene sia scarsamente e male attestato.
debba qui venir tradotto come in Is. 43,21 29 Veramente il Bultmann (Trad. 236 ss.),
con « laudes ». Singolare Dan. 3,99 LXX 0:
E. Peterson (op. cit. 193 ss .) non elencano
aretalogia ad operta di un avversario; à.va:yy.
l'annunciare, il riferire. Questo rientra però
usato come di solito - o~a:yy.
23 Cfr. l'intero tenore dei « salmi storici».
negli elementi della aretalogia che il Peterson
24 WrNDISCH, in 1 Io. 1,5. ha enunciato.
2s ComunqUe 7,99 (3,12,13 V): ordo ani- 30 Con il Soden, alla lezione « meglio »

marum, ut amodo ( « d.11:' &pi:L Apoc. 14, 13 » testimoniata ci11:a:yy., è da preferire la lezione
Violet II a.l.) adnuntiatur. Analogamente civa:yyÉÀ.À.w di K. Essa conserva il carat-
2,10.48 (dal cristiano 5 di Esdra), come tere non attico, non raffinato. Così pure in
civa.yy. nei profeti, mentre 8,36 corrispon- Io. 16,25.
169 (I,63) ayyEÀla, ayyÉÀÀ.w (J. Schnicwind) (l,64) 170

che il Cristo è apparso, opposta alla (1,3). In 16,13-15, ripetuto anafori-


semplice attesa dei profeti e degli camente per tre volte, il verbo designa
angeli; qui, dunque, è sinonimo di la parola del Paraclito. Questi reca un
EvayyEÀ.lsd~m. Lo stesso rapporto si- annunzio profetico - escatologico ( cfr.
nonimico si ha pure in Rum. 15,21. A.T. e apocalittica) 33 : 'tà. ÉpxoµEva
Ivi è citato Is. 52,15 (~ coll. 166 s.), Ò.\let.Yì'EÀEi: (16,13, cfr. Is. 44,7); guida
nel contesto di un grande discorso di ( 16 , 13) Év -rn à.'ì-. rii)Elq. 7tciO"n 34 , infine
EVet.yyÉÀ.LO\I (15,14 ss. 18-20 ). In A ct . «prende » solo da Gesù (16,14 s.).
20 ,20 s. 27 è sinonimo di ÒLMçcn e Nella prossima <~'>pet., di ce Gesù in 16,
ÒLet.[tet.p-rvpEO"i)cu, ed ha come oggetto 2 5, 7ta.pp1JO"lq. mpi. -rov na. 'tpoc; à.\la r-
i O"vµcpÉpOV'tet., la µE'tci\IOLCt. e la 1tlO"nc;, yE),w uµi:v :io _ È possibile che in tutto
l'intera BovÀ.i} di Dio; qui l'analogia ciò si abbia l'eco di un uso anteriore
con la lingua dei profeti è più che e ancora imprecisato del verbo. La
mai forte. samaritana, parlando del Messia « ven-
Il legame con l'A.T. si osserva an- turo» (Ta'eb) in 4,25 dice: à.vayrEÀEi:
cora nei Padri Apostolici, Nella 1 di Tjµi:v a7tav-ra. Queste parole possono
Clemente sono citati passi centrali, essere dette del « messaggero » ven-
come Is. 53,2; Ps. 51,17 31 ; e la parola turo (~ coll. 150 ss.), oppure essere
diventa quasi termine tecnico indicante una reminiscenza diretta dell'attesa di
la novella portata da Dio 32 • Deut. 18,18.
3. A sé sta Act. 19,18 (ÉçoµoÀ.o-
yovµE\IOt. xa.L (Xvet.yyÉÀ.À.ovnc; -.à.c; 7tpci-
;Ei.ç av-cwv ), che parla della confes- t CÌ.7tayyÉÀÀ.w
sione dei peccati (cfr. Is. 58,l; Ez.
23 ,36? ). A. chcx.yyÉÀÀ.w ALL ' INFUORI DEL N.T.
4. In Giovanni à.vayyÉÀÀ.ELV in
I, 1,5 (sinonimo di µap-rvpEi:v, à.mr.y- Ha Io stesso significato di àvay-
yÉÀ.Àw , che nella koiné sovente lo so-
yÉÀ.ÀELV dei vv. 2 s.) è il verbo del-
stituisce. Un messo reca una notizia;
1' à.yyEÀ.la, che annunzia il À.6yoc; -rljc; l'esecuzione di un ordine, un piano
swljc;, che si è fatto vedere e sentire segreto viene annunciato 1 ; è usato a

31 1 Clem. 16,3; 18,15. Inoltre ljl 18,3 = &.1tayyÉÀ.À.w


1 Clem. 27,7 vù~ vux-d à.va:yyÉÀÀ.n yvwaw. 1 FLAv. Ios., Vit. 51: ÉX1tɵ1tEL µE·t" Ém-
32 Herm. v. 2,1,3; 3,3,1; Mart. Pol. 15,1; rr-coÀwv ... "tÒV &.1ta.yyEÀOVV'ta.... -cl 'tÒ
1Clem.17,7. rruµ~E~T)xòç Eh} "t(iJ &.1torr-ca.À.ÉV"tL (remini-
33 H . W1NDISCH, ]iilicher-Festschr. (1927) scenze della lingua epistolare neotestamen-
121, cfr. i comm. taria!); Ant. 9,49 ( = 4 Ba.rr. 4,7); Ant.
34 Cosl D; cfr. ljl 29,10. 15,47: Sabbione amqyÉÀÀEL a Erode il pro-
getto di Alessandra.
171 (I,64) ciyyd.la, ciyyfl..À.w (J. Schniewind) (1,64) 172

proposito di resoconti 2, di notizia epi- tempo favorevole all'inizio di una guer-


stolare o d'altro genere 3 ; nello stile ra 12 , un'ordinanza del ' dio ' 13 Traiano.
d'ufficio 4 ; nel linguaggio giudiziario 5 Un uso direttamente religioso del ter-
(~ 1-;cx.pa.. yyÉÀ.À.w, bm.yyÉÀ.À.w ). Il ter- mine si ha: a. quando esso designa la
mine è nel complesso « più ufficiale » caratteristica di Hermes in una iscri-
di àva..yyÉÀ.À.w, per es. per designare zione frigia del sec. I d . Cr. 'Epµijv
l'attività di ambasciatori: 7tpfo0rn; 0 't'E ... Ò:7ta..yyÉÀÀ.ov-rrx. Bpo.-oi:o-w "00'0'0..
(cfr. l'immagine di 2 Cor. 5,20; Eph. ZEÙ<; cppovÉ[ EL] 14 • Anche le espressioni
6,20). Nell'uso classico profano si nota ayyEÀ.oc; à:yyÉÀ.À.nv, e Eùci.yyE).. oc;
già l'accostamento di EÙa..yyE),. e a7ta..y- EÙa..yyEÀlsEO'~a..L sono usate riguardo a
yE),- come sinonimi 7 • - àr:a..yyDJ, nv Hermes 15 . - b. in decreti onorifici
p.uò avvicinarsi al significato di par- (spec. dal sec. 3°/2° a. Cr. in Atene) il
lare; o come azione generica 8 , oppure successo di sacrifici che procurano crw-
con le precisazioni àÀ.11i)<7>c;, Myouc; 't'T)pla.. vien reso noto mediante un so-
Ò:ÀT)trEL<;, ·n'Jv aÀ.'i)iJELa..V, 1taV-ra.. V; lenne cbmyyÉÀ.ÀELV 16 • - c. talvolta in
aÀ11frtla..c; 9 • aretalogie 17 ; v. in particolare P. Oxy.
Questo insieme di significati richia- XI, 1318 (Preisendanz) dell'Imouthes-
ma la lingua religiosa quando ciò che Asclepio (inizio del sec. II d . Cr.):
viene annunciato è la liberazione dalla à 1t0.. yyÉÀ.À.EL V ouvcX.µw;, C011 le espres-
xa..-rox'ii 10 cultuale, un sortilegio 11 , il sioni sinonimiche OL T)YELO'tra..L ouvci.µEL<;,

2 HERM., sim. 5,2,11: anche (Ù7tÒ ... crvy- 10 P. Lond. 42,26 (168 a. Chr.).
ypa.q>Éwv a1tl)YYEÀµÉva.), FLAV. Ios., Beli. 11 P. Lond. 46 (~Nota 9; sec. 4° d. Cr.)
1,13. 302 s., sinon. Él;ayy. 294; dr. Éyw dµt
3 P. Petr. II, nr. II (3 ),5 e altri, come d.yyEÀoç "C"OU <l>a7tpW, 113 s.
di solito &:va.yyÉÀÀELV (~ N. 9). MENAND. 12 ALCIPHR., Ep. I, 14 (I, 11) p. 16 Sche·
Peric. 298, p. 61 Jensen. pers: µacr't"f)pEc; ( « indagatori ») µÉÀ.À.oucrtv
4 P. Oxy. I, 106,4: IÌ.1tlJYYEtÀa. ÙµE~V
ci7tayyÉÀ.ÌvEtv, ... o"t'E oEi: <imÉvaL TCOÀEµ1]-
(una comunicazione di Traiano). crov't"ac;: oracoli? anche se il passo è una
5 = appellarsi: P. Oxy. I, 33 V (sec. 2°)
glossa (Hermann) rimane la concezione.
2.8; = denuncù: f? (una morte) P. Magd. 13 P. Oxy. I, 106,4 (~ N. 4): «ih:6ç»
8,9 s. riga 11.
6 Esplicitamente per es. DrTT. Syll. 3 206, 14 RAMSAY, Cities and Bishoprics of Phry-
10 s. 17 s.; 370,43 s. 46. Cfr. ScHNIEWIND, gia I ( 1895) 308 nr. 120/1.
Euang. II, 249 A 4. 1s ScHNIEWIND, Euang. I, 86; II, 197 ss.,
7 ScHNIEWIND, Euang. II, 250 N. 1 (De- 218 ss.: Ermes è il À.oyoç ciyyEÀ't"~x6ç,
mostene, Licurgo ). dice Giustino.
s ALCIPHR., Ep. II,17 (III, 20) riga 2, 16 Syll.3 289,2 ss.; 299,11 ss. e sovente
p. 38,11 (Schepers): 'tOLCX.V't"a xat EtlìÉvaL (cfr. indici): 7tEpi wv IÌ.7tayyÉÀ.Ìvovcrtv i fe-
xat d.7tayyÉÌvÀELV xax6ç; Philo, Leg. Alt. steggiati, v7tEp 't"WV thJcrtwv wv E-1>ovov,
II, 62: tJivx1ii; 't"pomìv lfl;w ci1t1]yyEtÀE: o simili. Analogamente Herodian. VIII, 3,7
con tutta la discussione, Philo, Leg. All. p. 209,21 Stavenh. (Siria), sec. 3° d. Cr.):
III, 118-121 (cimxyyEV.at: 120). LEpcl. aLCJ"Lct. ci7tayyEÀÀ.6V't"WV. Per la critica:
9 PHILO, Leg. All. III, 120 p. 140, 1 C.W.; Axel Boethius, Die Pythals (Uppsala 1918)
dr. p. 139,26 e 139,19 (Ex. 28,26); MENAND., 120. Gli ci7tayyÉÀ.ÀoV't"Eç sono là l)Eopo(
Peric. 77 s., p. 50 (Jensen); PoLIB. I, 14,1 (119 ss.) il cui compito è di solito É7tay-
(I p. 17,22 Biittner-Wobst) P. Lond. 46 yÉÌ-..ÀEcrì)at (anche xa't"ayyÉÌ..Àm1).
(= Preisendanz, Zaub. V) 302 s. 11 ~ à.va.yyÉÀ.Ìvw col. 166.
173 (l,64) ci:yyEÀlcx., d:yyO,Àw (J. Schniewind) (l,65) lì4

X'Y)pvcrcrn V EÙEpyEcrlac;, rcpoq>'Y}'tEVELV yEi:cri}cxL in 54,18, e anche EÙayyEÀl-


Énlvow.v 18 • - d. in Epitteto, per espri- ~Ecri)cxt. in Na.1,15 (tutte e due le
mere la coscienza che uno ha di essere
volte = hism1a'). L'eco dell'aretologia
inviato, si dice che l' &yyEÀ.oc; 'tOÙ lit.oc;
qui si avverte anche nei termini ( Ot. 'Y}-
deve circayyEi:À.cu "taÀ.'YJi}fi; come si-
nonimo ricorre Èça yyÉÀ.À.EL v 19 • yEi:cri)a.L, 8uvci.µw;).
Nei LXX il termine è frequente
quanto &.vayyOJ1.nv 20 , e alla pari di
questo quasi sempre tra<luce higgzd; B. à:n:o.yyÉÀ.À.w NEL N .T.

anche ciò sta a provare l'equivalenza


delle due parole. Nel caso di rlvay- 11 termine s1 trova 25 volte in Le.,
contro le 14 volte che ricorre altrove
yÉÀ.À.Et.v, però, è di gran lunga preva-
(Mc. 16: 2 volte). Le. risente probabil-
lente l'uso profano 21 • L'uso religioso mente di uno stile letterario 23 , poiché
è in tutto analogo a quello di civay- il verbo annunciare in esso sta in
yÉÀ.À.nv 22 : a. detto Jel messaggio di luogo di À.ÉyELV o simili. L'uso pro-
Dio: Is . 44, 8; ~ 147, 8; •Òv À6yov fano si ha in Mt 2,8; 14,12; dr. Le.
av•ou, dr. V, 7 (arcotr"tEÀEi:); dell'ora- 13 ,1 ; 14,21 (narrare , riferire); Le. 8,20
( = ÀÉynv, Mc. 3,32); 18 ,37; Act.
colo: 1 Sam. 9,6.8; di un annunzio
5,22.25; 16,36; 22.26; 23,16 s. 19;
profetico: ib. 19; 12,7; Mich. 3,8; 28,21.
Ecclus. 44,3; anche Sap . 6,22; Ecclus.
16,25 (forse usato per indicare, alla Nel N. T. l' uso religioso si ha:
maniera ellenistica, la coscienza del- 1. in narrazioni di miracoli: Mt. 8 ,3 3
l'ispirazione). - b. detto di un annuncio = Le. 8,34 ( = Mc. 5,14 civcxyy.);
cultuale: in questi casi ha come og- cfr. Le. 8,36 (= Ot."flYEÌ:O"~aL Mc. 5,16)
getto la òvvaµt.c; di Dio 4i 144,4, il e 8,47 ( = ELTCELV ... aÀ11i)Et.CXV , Mc.
suo braccio 70,18 (sinon. awJ.yy. i}au- 5,33). Analogamente in Act. 11,13;
µama 1 7); la sua aÀ. Til)na. 88 ,2; i 12,14.17, tutti passi nei quali sembra
suoi itpya 104,l (tutte e due le volte si sottolinei anche l'idea dell'opera di
l'ebraico ha jd', hifil); i suoi 8t.cxÀ.oyt.cr- Dio (~ &.vayy.), come pure in Act.
µol 39,6; le sue cx1vfonc; 77,4 ( =ebr. 4,23. Sull'impressione che fa la parola
sipper ). Come sinonimi ricorrono Ot.'Y}- di Dio in 1Cor.14,25; 1 Thess., 1,9

IB riga 88-90,215-222; cfr. 42,137,145,170. sotto d:mxyyt'À.À.EW. Ciò non cambia nulla
19 III, 22, (23-) 25; per -raÀTJD-i\ ~ N. 9. nel risultato, data la possibilità di scambiare
Per il parallelo III, 21,16 ~ È!;cx.yyÉÀ.À.w. i due termini.
20 Hatch 4 colonne. 23 La sicurezza di questo giudizio è dimi-
12 Nel Deuteroisaia solo 2 volte (in Is. nuita dall'osservazione che in Filone d:vcx.yy.
48,20 leggi d:vayy.); nei Salmi solo 9 volte. e à.7tcx.yy. compaiono molto raramente (i
22 Poiché di massima preferiamo d:vayy., passi citati mancano nell'Index; noi li dob-
mancano qui passi che compaiono in Hatch biamo a H. Leisegang.
175 (l,6.5} à.yyEÌ..ta., à.yyÉÌ..Ì..w (]. Schniewind) (l,66) 176

riferiscono gli ascoltatori. Come già stretto si intende probabilmente par-


abbiam visto a proposito di &.va:yyÉÀ.- bre in Mt. 11,4 = Le. 7 ,22; &.mxy-
À.e:tv, così anche à1tayyÉÀ.À.nv conti- ye:lÀ.a'te: 'Iwtivvn 24 , come suggerisce il
nua ad esser usato dopo l'età aposto- verbo e:ùayye:À.lse:crihL di Mt . v. 5 e
lica: 1 Clem. 65,1; in Ign. , Phld. 10,l Le. v. 22 ). Questo senso è sicuro in
si annuncia solennemente la « pace » Aet. 26,20 : 'to'i:c; rnve:crLV Ò:TI'iJyyE),À.ov
delle chiese, forse con una reminiscen- µe:'tavoe:i:v xal Èmcr'tpÉcpnv ÈTil 'tÒV
za deJ!'idea di evangelo. A partire da iJe:6v 25 ; lo stesso vale per 17 ,30 , dove
ls. 52,7 e:ùa:yy. e dp1Jvri sono si- il verbo è detto di Dio stesso, &.mx.y-
nonimi. yÉÀÀEL 26 'tO~c; civi}pwTioLc; ... p.E'tlXVOc~V.
Rilievi simili van fatti a proposito In I o. 1,2 .3 il senso del verbo è pre-
dei racconti della resurrezione . Non gnante: o Éwpcixar1Ev xal &.x11x6a.µEv,
fosse che per Le. 9,36 (oÙoÈv ànl')y- &.TiayyÉÀ.À.oµEv xa.l ÙJ.l~V ( ~ &.vay-
ynÀ.av Èv ÉxElvmc; -ra'i:c; i]~.LÉpcuc;),
yÉÀ.Àw, ciyye:À.la).
si potrebbe pensare che in Mt . 28,8.10 1
3. Gesù è l'inviato di Dio xa.-r É-
= Le. 24 ,9 (Mc . 16,10 .13) l'annunzio
sox1Jv secondo Mt. 12,18; Heb . 2,12
della resurrezione sia dato in senso
dove l' asserzione è fatta con due
pregnante (~ &.yyÉÀ.À.w) . Certo però,
citazioni che si scostano dai LXX:
nello stesso contesto (Mt. 28,11:
quella di Is. 42,l xplcrLv 'toi:c; Ei)ve:-
àvayy.) o in contesto analogo (Act.
5,22.25) il verbo sembra essere usato
CTLV &.1ta yye:X'Et: ( = jo~i', LXX:
ÉsolcrEL) e quella di Ps. 22,23: rimxy-
in senso profano; ma ci si potrebbe 27
ye:À.w 'tÒ ovoµci crov -roi:c; &.OEÀ.cpo'i:c;
chiedere (come per àvayy.) se anche
µov ( = sipper; LXX: OLT11l]croµaL).
sulla bocca di chi non vi ha parte
È probab•Ie che si senta qui l'influenza
alcuna o vi è ostile il racconto del
miracolo non venga avvertito come della tradizione giudaico-palestinese, in
sacro ( OLayyÉÀÀ.w ). cui si afferma che il Messia sarà il
2. Di messaggio di Dio in senso profeta di Deut.18,15 .1828 , sarà l'Eùay-

24 Nello stesso contesto Le. 7,18 : a.mw- con la tendenza, spesso riconoscibile (ibid. IV,
"(ELÌ..a.v 'Iwa:v. ot µm'hrrat a.Ù"t. (altrimenti 452 ss. per Ps. I 10, IV, 1223, indice s.v.
secondario, D): il passo apparterrebbe al n. 1 Elias; e simili), a confondere tradizioni gra-
( « opera di Dio»); ma tutte le «disposi- dite ai Cristiani . Il tentativo di spiegare
zioni » sono correnti. l'attesa di un ~ 1tpoqi'iJ•TJc; unicamente in
25 Cfr. 20,20 s.: ava.yy. OLM!;a.L O•a.µa.p- base ad influenze ellenistiche (FASCHER, Pro-
"tVpEcrl)a.L; Mc. 1,4 XTJpvcrcrELV. phetes 1927 ), lascia certe questioni ancora
26 1ta.pa.yyÉÀ.ÀEL, di alcuni codici rende aperte. La derivazione rigorosa manca anche
l'idea in forma mitigata . qui; ma la citazione fissa di Deut. 18 e la sua
21 Cfr. \jJ 101,22, 6.va.yy. comparsa in contesti non ellenistici (comu-
28 La rarità delle testimonianze rabbiniche nità primitiva) non risulta chiarita.
STRACK-BILLERBECK II, 479 s., 626) si spiega
177 (1,66) à.yyEÀ.let, à.yyÉU. w (J. Schniewind) (l,66) 178

yùLsoµEvoç di Is. 52,7 (dr. Io. 4,25 t òLa.yyÉÀÀw


&.va.yyEÀEi:, Heb. 3,1 à:ii:6cnoÀ.oç). L'at-
tesa ellenistica (gnostico-giuJaica?) del
A. ÒLa.yyÉÀÀ.W AL DI FUORI DEL N.T.
futuro inviato di Dio (~coll. 151 ss.)
risale probabilmente alla stessa radice.
Nell'ellenismo il termine è raro, ma
La differenza sta nella valutazione del insieme con Èsa.yyÉÀ.)... ELV, xa.'ta.yyD.-
« verbo » in quanto è incerto se I 'ulti- À.ELV ed EÙa.yyEÀ.lsEcrìJa.L, rientra nel-
ma parola di Dio e il suo ultimo in· l'uso «solenne » 1 dei verbi con ra-
viato Jebba signifìcarc « mutamento », dice à.yyEÀ.-. In Flavio Giuseppe com-
pare a proposito di un importante an -
giudizio, perdono (A. T., Palestina,
nunzio di guerra (Vit. 98, anche Ant.
N.T.) oppure un 'abbondante comuni- 7,201 ), di una solenne proclam azione
cazione della sostanza divina ( elleni- dell'imperatore (Bell. 6,96); in Filone,
smo). Per entrambe le attese Gesù come in F. Giuseppe, è sinonimo di
EÙa.yyEÀLSE<rìJa.L 2 , in entrambi in con-
rappresenta non solo il compimento,
testi puramente ellenistici compare an-
ma anche lo crxcX.vòa.À.ov. Per la spe- cora insieme con x-fipunw. e con
j

ranza giudaica si può vedere .M t . 11, À.6yoç 4.

5 s.; per quella gnostico-ellenistica l'an- Nella lingua religiosa il verbo viene
titesi che anima l'intero evangelo di usato: a. per designare le funzioni di
messaggeri svolte da Iride e da Er-
Giovanni: Gesù, il « figlio », è colui
mes 5 ; detto di Ermes, appare ripetu-
che sta sottomesso al Padre, non è tamente con ( EÙ )a.yyEÀ-, x11puy-, M-
un iki:oç 'Z9. yoç 6 ; b. per la Pizia , della quale è

29 WETTER, op. cit., 172-180; LliTGERT, 4 Plat., Tim. 37 b: ìha.v ... ò 'tOÙ ~a.i:Epou
Die ;oh. ChristologieZ (1916) . xvxÀ.oç òpMç Lwv Elç 7tCicra.v IJ.V'tOU 'tYJV
l);uxTiv OLa.yyElÀ.n. Il tutto tratta del A.6-
OLIJ.)"YÉÀ.À.W yoç ... mpt 'tE M.i:Epov i:lv xa.t 7tEpt -rò
I Ricercato (in luogo di à.vayyÉÀ.À.ELV i:cx.v-r6v. Testo e senso sono dubbi (TAYLOR,
o simili) in Filone : Som. I, 27: liyyEÀ.OL A comment on Plato's Tim. Oxf., 1928
OLetvolaç dcrl (i sensi) OLayyÉÀ.À.oucretL XPW- 180 s.) . Nel contesto compare ripetutamente
µa-ra x-rÀ..; Det. Pot. Ins. 13: ulòv ... OLety- il concetto di ~ ciÀ. l)frELet.
yÉÀ.À.ov-ret 7tEpt "t"WV aÀ.À.WV r:a.lOWV. s Etymologicum Gudianum p. 71,51 s.
2 PHrLO, Leg. Gai. 99 : à.ycdM. lìLetyyD,- Sturzius; Cornut. Theol. Graec. 16 p. 21,
À.ELV sinon. EÙetyyEÀ.tl,Ecrfra.L (SCHNIEWIND, (18) 19 s. Lang (Wetter op. cit. 35). Ana-
Euang . I, 85 s.); FLAV. Ios., Bell. 4, 618: logamente Philo, Leg. Gai 99 ss. (~ N. 2;
OL l)yyEÀ.À.ov al <Piifi<J.L -ròv ... aùi:oxpchopet, i[ passo tratta di Ermes). Rientra in ciò
a cui segue subito Èopi:à.l,ELV Eva.yyÉÀ.Let, anche il fatto che Filone usi il nostro verbo
ove l'intero ambito di pensiero è determi- a proposito degli ayyE),oL celesti: Som. I,
nato dal' EÙetyyÉÀ.Lov dcl culto imperiale 141; Abr. 115.
(ibid. I, 104 ss.). 6 ScHNIEWINll, Euan g. I, 85 ss., II , 197 ss.,
3 Herodian. II, 6,6, p. 51,11 (Staven- 218 ss.
hagen).
179 (l,67) àyyE).. la, àyyO.. À.w (]. Schniewind) (I,67) 180

detto che -.à. 7tEpL -.ou lJEov ota.yyÉÀ.- Eliodoro: crù OÈ... µEµa.cr'ttywµÉvoç
À.n; Socrate, invece, sa proclamare otayyEÀÀE 7tà.crt --rò µqaÀ.Efov 'tou
aÀ. 'l')iJÉCi-rEpa ( -ro~ç q>lÀ.OL<; Él;,ayyf'.lÀ.aç lJEoù xpa"t'oç. Si veda anche \jJ 58 ,13:
'tcÌ. "t'WV lJEwv crvµBovÀ.Euµaw.) sotto
OLa.yyeÀ.i}crov--rat (14) crvnÉÀEta.L ... xa.L
l'azione del daimonion (Xenoph., Ap.
yvwcrov'taL o--rt é lJEòç "t'ov 'foxwB
12 s. ). In forma simile alla religione
popolare greca 7 si esprime la catena OECT7tOSEL 'tWV 7tEPcX"t'WV 'ti)ç yi)ç. So-
dci Salmi: BpoV'tlJ... 1i p.E"t'cÌ. "t'Ò Bci1t- prattutto Ps. 2, 7: OLayyÉÀÀ.wv ( Ota.y-
"t'tcrwx "t'Ov EuayyEÀ.lov otayyEÀla 8 • yEÀwv A) --rò 7tp6cr--ra.yµa. 10 Kvp t:ov .
c. Fla vio Giuseppe rivela mentalità KupLoç EÌ1tEV 7tpÒç p.É Yi.6i:; p,ov d cru
reli giosa ellenistica, quando di fronte x--rÀ. Ci si può ancora richiamare al
alla minaccia di morte vuol manife-
culto ellenistico del sovrano ; la stessa
stare i 7tpocr'tciyµa'ta. --rov lJEov, in una
OW.yyEÀ la O discorso contro i) suicidio coincidenza dell 'A .T. ebraico con quan -
(B ell. 3,361 ; 362-382) e quando usa to si riferi sce al cuI to del sovrano
il verbo nel senso di Eua.yyEÀ- per si riscontra anche nel caso di Eua.yye:-
indicare la proclamazione del! ' mmo ÀlsEcrlJa.L 11 • Si proclama la sov ranità
del regno del!' imperat ore-dio (Beli. di Jahvé, l'inizio di regno dell 'impe-
4, 618). ratore. In Ps. 2 ,7 il parallelo è ancora
Nei LXX Ota.yyÉÀ.À.etv ricorre 9 vol- più forte 12 , in quanto il Messia è
te, e sempre con un senso sicuramente designato con una formula di adozione.
sacrale. Un miracolo viene annunziato
al re persiano (2 Mach . 1,33); si co-
B. OLa.yyÉÀ.À.w NEL N .T.
munica 9 l'anno sabbatico ('br hi., Lev.
25,9), il grido sotto le mura di Gerico
('mr, Ios. 6,10). La potenza del kyrios Nel N .T. è detto a proposito di un
viene proclamata innanzi a tutto il annunzio cultuale in Act. 21 , 26:
mondo. In Ex. 9,16 Dio fa dire al Ota.yyÉÀ.À.wv (nel tempio) 't'i]v Éx7tÀ.1]-
Faraone: sei stato preservato affinché pwcrw 'tWV i}µEpwv "t'ou àyvtcrµou
io mostri la mia forza, xaL o7tw<; ota.y- (voto di nazireato ). Negli altri tre
yd.,:n "ò ovoµa µov tv 7tcicrn 'tTI yft. passi il verbo ricorre in un contesto
Similmente in 2 Mach. 3,34 si dice a che risente dei LXX: in Rom . 9,17

1 Con la Pizia si trovano uccelli, tuoni, 10 66,30 FLAV. Ios., Beli. 3,361; si tratta
voci : q>Tjµat (~ N. 2, Flav. Giuseppe), di coincidenza casuale o di cosa implicita
~PO\l'tCil (Xenoph., Apol. 12). nell'oggetto?
s Un anonimo della catena in Ps. I, 11 ScHNIEWIND, Euang. I, 25 s., II, 180 ss.
491, 19. 12 Nel T.M., anche se si cambia il testo
9 Non chiaro risulta Ecclus. 43 ,2: 'Ì'IÀ.toç (Gunkel, l. c.) la cosa non muta; cosl pure
É\I Ò7t'tCIC1lq. otcx:yyÉÀ.À.tùV Év t~6o~. Smend. : in Ex. 9,16. In ljJ 58,13 s., invece, i LXX
Il sole sorgendo emana calore (mbj' pmb ), stanno a sé.
come è meravigliosa l'opera del Signore!
181 (l,67) riyyEÀ.Lcx, rlyy0.À.w (]. Schniewind) (I,67) 18:2

viene citato Ex. 9,16 In Mc. 5,19: 13


• Allora appare chiaro il parallelo con i
14
oviyyELÀ.ov m'.rto~ç. OO"CX ò KvpL6ç LXX, come col culto dell'imperatore;
crou 7tmol l)xEv il prodigio del Dio di rispetto a quest'ultimo l'intera « pre-
Israele vien proclamato in terra pa- dicazione del regno » sta in rapporto
gana: In Le. 9,60 l'espressione o-ù oÈ ... di parallelismo antitetico 17 • Ma tutte
15
oLci:yyEÀ.À.E -rÌ}v Pcxo-LÀ.Elcx'V -roù iJEov le parole con radice àyyE).- signifìcano
corrisponde all' EÙcxyyEÀ.U'.;EcriJcu -rÌ}v proclamazione.
Sa.cnÀ.da.v -rov i7Eov, proprio di Luca ,
La sinonimica protocristiana risuona
e radicata nella tradizione palestinese ancora nel supplemento a Diogn. 11,5
giudaica. Queste parole non significano où-roç o CÌEL, o (( O""i}(LE PO 'V utòç » À oy L-
soltanto che il discepolo « annunzia » criJElç (Ps. 2,7!) , per mezzo del quale
l'imminente SamÀ.da -.où iJi::où, ma la xapLç rntÀoup.ÉVl] ÈV ayloLC, 7Ùì]-
iJVvE-.(H . . . ow.yyÉÌJ.ovO"a. iWLpovc;
piuttosto che si proclama la sovranità
( « l'adempimento delle promesse » 18 ).
escatologica di Dio e che questa ha Il contesto in relazione con (1-8) che
inizio con la parola della proclama- parla di À.oyoc;, {..LUO"'tYJPLCX., Xl]pUO"O''EL'V,
zione. Così in Le. 10,9 la parola dei EÙcxyyÉÀ.La (scritti evangelici) è carat-
discepoli ha esplicitamente questo si- teristico perché fa v~dere la trasfor-
gnificato: fjyyLXE'V Èq:i uµéiç ri Set.crL-
1 mazione dei dati del cristianesimo
primitivo.
À.ELCX. "tOV iJrnu. Questo è il senso di
parole del Signore come quella di Mt .
11,5 s. ( 7t"twxoi Eùa.yyt:À.lsov-rcH xaì.
µcxxq,pL6ç Ècr"tLV oç Mv µÌ} o-xav'f;a.-
6
À.LcriJT\ Év ɵol 1 ), di Le. 9 ,26 (oç 8.v Solo in 1 Petr. 2 ,9, ha il senso di
16
È7tatcrxuviJ'fj µE ) xaì. "toÌJç ɵoùç annunziare a tutti 1 , ossia equivale al
À.6yovç) e di Mc . 4,2-32. In genere nei solenne àyyfÀ.À.ELV: 07tl ,C, 'tà.ç clpE'ttXç
discorsi sinottici il valore attribuito È!;a.yydÀ ì]•E "tOÙ ... uµéiç xcxÀ.Écra.v-roç.
alla ' parola ' è precisamente questo. Questo stile è proprio dell'aretalogia 2
,

13 Le divergenze dal testo dei LXX non Theol.4(5) 80. Ma in quasi tutti i lavori
riguardano o~cxyyEÀ.. più recenti si riconosce il farsi « presente »
14 Cosi i codici Dminn, contro 6:1tcxyyi::À. della escatologica (3 ."t'.lL questo il significato
della recens. esichiana e O:va.yyi::À. del Text. della « parola ».
ree.; sinon. XT)pvcrcri::w v. 20. 17 Osservazioni come quella del Windisch,
15 «Probabilmente solo variante greca di ZNW 24 (1925) 240 ss., potrebbero mol-
(DALMAN, Worte Jesu I , 86:
XT)pVCTCTEW » tiplicarsi.
= 'akrh. o bassar). Per i paralleli che si 18 Bauer s.v. OLrt.YYEÀ..
rilevano nel testo, questa proposta sembra
più felice della seconda fatta ancora dal Èt,ayyÉÀ.À.W
Dalman: 'oda', «render noto» . I Bauer s. v.
16 Gesù è la rt.Ù"t'o~cxcr~).Ela : FEINE, 2 O:va.yy. N. 22.
183 (l,68) ciyyEÀla., ciyyÉÀÀw (]. Schniewind) (I,68) 184

e il testo contiene un'allusione a l s. giure scoperte. - b. com e Socrate (Xe-


43,21: Àa.6v µov ov mpLrnoLT)o-aµl)v noph . Apol. 13) cosi anche Epitteto
•IÌc; ci.pE't'àc; µov OLTJYE~o-1Ja.L. L'assen- sa d 'essere un profetico annunciatore
del mistero; egli paragona il cattivo
za del verbo nel rimanente N .T. e
filo sofo con un cattivo xijpvç dei mi-
nei Padri apostolici può essere casuale. steri: É!:,a.yyÉÀÀ.ELc; a.Ù•à. napà xa.Lp6v
Per mostrare l'unità dell'etimo com- (Diss. III , 26,16 , p. 293,9 Sch.). Fi-
plessivo di ci.yyÙ- <liamo anche la sto- lone usa il termine a proposito del
ria di questo termine . f..6yoc; r.poqJop ~x6c; (Migr. Ahr 73; cfr.
71 ), un papiro magico del sec. 4°
L 'uso profano appare chi aro nella <l. Cr. lo usa a proposito della pro-
tragedia: l' É!:,ci.yyE).oc; è un messo che clamazio ne dei npoyqov6-ra. 7 ). - c. que-
annuncia fuor i... ciò che è sottratto sto si avvicina al linguaggio dell'are-
alla vista degli spetta tori 3 • In Flavio talog ia (Elio Aristide) in cui il verbo
Giuseppe lo Schlatter ri scontra il si- è usato per esaltare l'epifania, la pa-
gnificato particolare 4 di comunicare rusia , le ouvci.p.nc; di Asclepio 8 . - d. il
qualcosa di ignorato, dichiarare una t ermine è usato a proposito di parole
cosa tenuta segreta 5; cfr. anche Pseud. di sovrani: per la notizia di una vit-
Callisth ., Hist. Alex. Magn. I , p. 16 ,18 toria (ÉçT)yyEÀµÉva) riportata da De-
(Kroll) a proposito dell'inganno di metrio Poliorcete vengono offerti EÙcxy-
Nactanebo. yÉÀ.La. ; alla notizia in quanto tale vie-
Nel linguaggio religioso: a. ques to ne qui attribuito valore sacrale 9 • An-
ultimo significato sopravvive nelle iscri- tioco di Commagene ha coscienza di
zioni di opxoc; del primo ellenismo, essere un banditore profetico di un
nelle quali vengono denunciati 6 gli nomos divino 10 • L'uno e l'altro stan-
spergiuri violatori della legge, le con- no agli inizi dell'uso di EÙa.yyÉÀLov

3 Pape , s.v. Si può citare qui anche Flav. Ios. , Ant. 10,
4 Il significato di « tradire » viene nei 35 : 'tOV"tWV µÈv a.ML<; É!;a.yyEÀovµEv
vocabolari testimoniato a partire da Omero. EXO.CT"tOV, ossia le opere dei profeti.
5 A proposito di intrighi di corte « tra- 9 Ditt. Syll. 3 352 (Efeso, 302/1 a. Chr.),
diti», dr. Bell. 1,443 ; Ant. 17,5.44 ; una si- 2-6: cruvT]cri>[ ljvm btt "tOL<; É!;l)y ]yEÀ.µÉvo~<;
tuazione strategica, Bel!. 3,317, un pericolo ciyo.i>oi:ç ... xa.1. O'"tEq>O.VT]<j)OpELV ... È7tÌ. "tOL<;
minaccioso, Vit. 137, viene «scoperto». E1huxi'Jµo.crw "toi:ç Èçl)yyEÀµÉvoLç; [ MEw
6 Ditt., Or. 266,34 ss.; Syll. 3145,26; 360, ÒÈ xa.1. EV ]a.yyÉÀ.La.. Per la spiegazione:
16 ss. (di egual significato Etcra.yyÉÀÀEW ScHNIEWIND, Euang. II, 134, 171 , 168 ss. -
«denunciare» 35); 527,73. Tutto del sec. Sacrale nel senso delle iscrizioni che hanno
4° /3° a. Chr. civa.yyEÀÀELV è G .D.I. 3092 (Megaris ; epoca
7 P . LOND. 46 (Preisendanz, Zaub. V) 294 incerta) : nomina di un EVEPYÉ'tl)<; (riga 7.
cbta.yyElÀw 302 s.; cfr. éiyyEÀO<; "tOV <l>a.7tpW 11 s.); lo psefisma 15 É!;a.yyELÀ.civ-.wv i po-
113 s. (cho.yyÉÀÌ.w N. 11). lemarchi.
8 AEL. ARIST ., Or. Sacr. II,20 p. 399,8 IO Ditt. Or. 383 (sec. 1° a. Chr.) 121 s. :
Keil : È!;T]yyÉMT] -tà. "tlJ<; Èmq>a.vEla.ç; ibid. voµov OÈ "tOV"tO\I q>WVi) µÈv È!;1)yyEL).Ev
30 p . 401, 20 s.: È!;1)yyEÀÀEv LEpà.v xa.t ɵ1}, voùç ÒÈ i>EWV ÉxvpWO'EV.
7tO.poucrla.v xa.t ouvciµE~<; "tWCÌ.<; 'tOV ~EOÙ.
185 (l,68) <iyyEÀ.LrJ., ciyyÉU,w (J. Schniewind) (I,69) 186

nel culto del sovrano ( ~ àyye:À.la, 429,9 Sch . 2 ), predire (Flav. Ios, Ant.
àyyÉÀ.Àw, àvayyÉÀÀ.w, OLayyÉÀÀw). 11,222, cfr. 229) per entrambi ~
Nei LXX ÈsayyÉÀÀ.ELv è usato a pro- È7ta.yyÉÀÀ.oµct..L ). Costante è però , co-
posito dell'annuncio cultuale (solo una me per tutti i verbi a radice àyyEÀ-,
volta, nei Proverbi, in senso profano); il significa to di proclamare.
il termine ricorre inoltre 8 volte nei Ques to ha un significato reli gioso:
Salmi, sempre = sipper,- .3 volte nel- a. nell 'annuncio di agoni sacri. 11 ter-
1' Ecclesiastico. L'oggetto di ÈsayyÈÀ- mine usuale è ÈTict..yyÉÀ.ÀwVm, ma an-
ÀELv è lo stesso già indicato per àvayy. che xa.-ra.yyÉÀ,),ELV è testimoniato so-
e àr-a.yy.: alvfo(E)Lç tjJ 9,15; 72 ,28 ; vente nel primo e nel tardo e lleni smo 3 ;
78 , U; h'cclus . 39 ,10 = ·l4, 15 (EòvT], alla proclamazio ne d ella festa sacra
aocpla, ÉxxÀT]ala.); (pya tjJ 106 ,22 (pa r . co mpe te, in quanto tale, una nota di
i}1Jcrla atvfoEwç); E cclus . 18 ,4; ovxm,o- eccell enza . Raramente il verbo è im-
O'VVT]V ( avayy.) tj; 70 ,15 (par . O'W'tT]- piegato a proposito di promesse alla
pla.v ); òoovç ti; 118,26; in relazione con divinità 4 in genere, pe r le quali ricorre
È1tct..yyE),la, pf\1.w., À.6yoç, ti; 55,9.11. cos tantem ente È'lta.yyÉÀÀEcrfra.L. - b. Fi-
lo ne, quando dice (O mn Pro b Uh.
71) (voELa.v O'ocpi.aç xa-ra.yyO..À.ov-rEç,
p ensa alla sua predicazione (filosofi-
t xa-r-, Tt:poxa-ra.yyÉÀ.À.w ,
co) religiosa; Clemente Alessandrino
xcna yyEÀ.Evç
(Protr . II , 19 ,4: 'tÙE'tYJV Ka.BELPLXYJV
xa-ra.yyÉÀÀ.ovO'LV ) pensa a quella dei
A. xa-rayyÉÀÀ,w AL DI FUORI DEL N. T. coribanti . Può darsi che questo lin-
guagg io sia quello proprio dc i misteri 5 .
In senso prof ano la parola può es - - c. in occasione di onoranze rese a
sere usata a proposito di notizie uffi- un imperatore (37 p . Ch r.) 6 si dice:
ciali 1, di un riconoscimento 2 ; può si- Ti xa-r' EÙXYJV TiéicrLv àvi}pw7toLç ÈÀ.m-
gnificare a/]ermare qualche cosa per O'l}E~cra. ... Kalo-apoc; . .. TjyEµovla xcx-
parte propria (Epitt., Diss. IV , 8,26 , ·nivyEÀ. 'tct..L. È la proclamazione della

XO:'t"a:yyÉÀ.À.W X't" À..


I P. Oxy. X, 1274,6 : notlZla di morte; H orn. p. 1,4 s. ed. Soc. Phil. Bon.).
Flav. Ios ., Ant.20,72: dichiarazione di guerra. 4 P. Oxy. XI, 1381 ,150 : XO:'t"TJYYEÀµÉvlJV
2 Pww , Op. Mund. 106: 't"Ò\I E~OO[WV Ù'ltOO"XEOW detto di un voto . Nello stesso
<ipd}µòv ... <iµcpo't"Épa:ç 't"CÌ.ç lo-6't"TJW.ç XO:'t"O:Y - contesto àmxyy . (ivi N . 18) e altri termini
yD,),ov't"a. . di annunzio sacro.
3 BoESCH , 0E!1POl: (Diss . Ziir. 1908) 5 Ciò rimane dubbio, come nel passo di

11 ,2, documenti del sec. 2° a. Cr.; da notare Clemente con àvayy. (ivi N . 16). Si potreb-
DrTT., Or. 319,13: xa:'t"ayyEÀ.la:=È1tT)YYEÀ[1É- be addurre Heliodor., Aeth. III , 1 p. 78 ,16 s.
va. 14. Cosl pure più tardi; ad es. Epict., (Bekker): a.vÀ.ov ... 't"EÀ.EO"'t"cx6v 't"E µÉÀ.oç xa:t
Diss. I, 29,36 p. 105,12 Sch. 2 (~ciywv figu- Xa't"a:yyEÀ.'t"LXÒv 't"TJt; ~O"la:ç ; ma per la spie-
rato!); Plut., Quaest. Conv. I, 4 (Il, 622 a) : gazione (anche per Filone) è sufficiente quan-
con ~ x'ijpv!; ; così sempre. In considera- to esposto sotto a.
zione del disprezzo che Omero ha per gli 6 DrTT., Syll.3 797,5 s. L'iscrizione si tro-
dèi si dice che un àywv degli dèi 'OflTJP~ va anche in Wendland, Hell. Kultur2 3 p. 410
xa:'t"a:yyÉÀ.), E't"O:c (pseud. Heraclit., Quaest. Il. 11 .
187 (1,69) à:yyEÀla, ciyyeÀÀ.w (J. Schniewind) (l,69) 188

sovranità imperiale, resa comunemente Il significato di promettere è raro,


con EÙayyùlsEcriJcn,ma che poteva an- come nell'ellenismo e nel giudaismo.
che essere espressa con O:yyÉÀ.À.ELV e Solo Act. 3 ,24 potrebbe essere inteso
OLrxyyÉÀ.À.nv (dr. coli. 161 ss.).
così: i profeti xa-rl}-yynÀ.cx.v -rò:ç, i)µÉ-
Nei LXX il verbo manca. Accertati
sono soltanto i due passi di 2 Mach. prxç, i:aui:aç, (v. N. 12). Ignazio dice
8,.36; 9,17 dove si dice che Nicanore (Phld. 5,2; 9,2): amiamo i profeti
e Antioco non possono non procla- ( dell'A.T.), ÒLÒ: "t'Ò xa/, m'.rrnùç, dç, "t'Ò
rn;ire la superiorità 7 di Dio. È questa EÙCX."("(EÀ.LOV XCX.1:'flYYEÀ.xÉvaL, e: "PO-
Li forma di arcta log ia già vista per qrf\i:aL xacil'YYELÀav dç, aÙ"t'OV; anche
òw.yyÉÌ.À.nv; l'avv<.:rsario diventa an-
qui sembrerebbe che il contesto di 9 ,2
nun ciato re di Dio .. In lm1gD dell'im-
port;rnte ÒLrxyyÉÌ.À.ELV dei LXX in ~ postuli per il verbo il signi!ìcato di
2,7 la Esapla di Origenc porta xrx- profetizzare 10 • Rimane però sorpren-
-rayy(À.).nv 8 • dente quest 'uso senza oggetto, e così
In Fbvio Giuseppe xa.cccyytU.ELV prevale l'idea di annuncio solenne 11 .
compare a proposito della promessa Lo stesso si dica per A ct. 3,24:
di Dio ad Abramo e mediante i pro-
« promettere » è lo stesso che ~ npo-
feti 'J. È di nuovo l'uso si nonimo di
Èncx.yì'ÉÀ.).wl}cx.L; ma la concezione di xcx.ca-yytÀ.À.tl.l (v. 18) 12 • I profeti ven-
una promessa di Dio non si trova nel- gono concepiti come ~ xrxcrxyyE).Ei:'ç,,
1'ellenismo (~ htcx.yyEÀ.lcx.); essa s1 come araldi.
forma solo nel giudaismo .
Così la nostra parola si impone de-
finitivamente. Nei discorsi di evangeliz-
zazione 13 si usano volentieri locuzioni
Nel N.T. il nostro termine ricorre come -ròv Xptcr"t'ÒV xrxi:rxyyOJ,nv
6 volte in Paolo e 11 volte negli Atti; (Phil. 1,17 ; Col. 1,28) e XpLcri:òç, xcx.-
inoltre lo si incontra 2 volte 111 Igna- "t'txyyÉÀ.À.E"t'CX.L (Phil. 1,18). Espressioni
zio, 1 in Policarpo e sempre m senso equivalenti sono: XpLG'"t'ÒV X'YJPUCTO'ELV
sacro. (Phil. 1,15 e altrove), e Xp. EÙa-yyE-

1 8,36: xaTf]yyEÀÀEv vnÉpµaxov EXEW yEtÀav dç aù"t'év. "t'Ò oÈ EvayyÉÀtov &.mip-


-r òv ltEòv Toùç 'Iou o. ( "t'ÒV ltEòv V; om .A: "t'Wµci ÈCT"t'tv ci<pltapcrlaç. Ma l'opposizione
reso sicuro dal contesto); 9 ,17: xa"t'ayyeÀ- non è tra XIX"t'IX'YYEÀÀEW e EuayyÉÀLOV,
Ì.oVTa "t'Ò -rou i>Eou xpciToç. bensì tra dç aÙ'tOV e cincipucrµa.
8 xa"t'ayyeÀÀwv Elç ì>Eòv otcdHpcl)v. In t)> li Kriiger, in Hennecke2 , traduce tutte e
39,6 l: ha xaw;yyfì-.Àw in luogo di E'Àci- due le volte « weissagen » (profetizzare),
ÀTJCTIX LXX. W. Bauer nello Handbuch lo fa solo in 9;2.,
9 Flav. Ios. , Ant. 1,183: nailìa av"t'ci) ma nel WB . tutte e due le volte si ha:
"(EVTJCTECTfrctt XIX"t'ctY'YÉÀÀEL, 10, 61 : OVOÈ\I « levano il loro annunzio » ...
NEvlìE"t'O "t'OV"t'wv wv avTÒç lìLa "t'Wv 1tpo- 12 C2pc Cosma lnd. lo mettono anche al
<pl]-rwv XIX'TTJY'YELÀE. V. 24.
IO ot yà:p ciya1tl)'t0L 7tPO<[Yl)'tm Xct"t'TJY- 13 ]OH. WEiss, 1 Kor. 45.
189 (I,70) ciyyEÀ.lo., ci:yyE'ì-.. À.w (]. Schnicwind) (I,70) 190

Àlse:cri)c:u (Gal. 1,16 ss.) . Così pure si Così pure in 17 ,3 la predicazione di


dice : 'tÒ EÙa:yyÉÀLOV xa:'t"a:yyÉÀÀELV Paolo ai Giudei è questa : o-cL ov-c6ç
(1 Cor. 9,14), -ròv Àoyov •ov 1te:ov fo-rLv 6 XpLcr-c6c,, 6 'I11trovç, ov hw
(Act.13,5; 17,13), -rov xuplou (15,36) 14 xa-rcx.yyÉÀÀ.w vµi:v: il Messia atteso è
e, con eguale significato: -rò p.a:p-rv- presente . In entrambi i casi l'a ttesa si
pLov 15
-rov 1te:ov ( 1 Cor. 2, 1 ; sinon. compie nel «nome » di Gesù. Egual
Àoyoç, x-fipuyµa: v. 4, cfr. 1 ,18 .2 1 ). valore h an no le espressioni: XYJpuacre:Lv,
Fare una distinzione fra « il senso tec- Eva:yyEÀLSECTiJa:L -rÒ'J 'JY)a"OVV, che neg li
nico missionario sbiadito » di 1 Cor. Atti ricorrono 2 volte ciascuna 18 • An-
9 ,14 ecc. e il senso «enfatico» di che la a<pEcrLç à1..ta:p-nwv 19 l3 ,38 signi-
1 Cor. 2 ,1 e passim 16 , non è possibile: fica che la suprema attesa dell'A.T.
xa-ca:yyÉÀÀELV ha in comune proprio (Act. 10,43 e passim) si è compiuta.
con -? e:ùay-(0.. Lov e -? À6ycç « il Lo stesso vale per la predicazione di
Paolo ai pagani in 17 ,23: ciò che voi
senso enfatico di un solenn e messag-
adorate senza conosce rlo , egli <lice,
gio o insegnamen to religioso ».
'tOV'tO Éyw xa:-cayyÉÀÀ.w vµi:v. Ne con-
1\1le senso è quello di: proclama-
segue che le espressioni 6oòv crG.>-cYJpLaç
zione, annunzio di un avvenimento
(16,17) 20 , Ei}YJ xa"t"ayyÉÀÀ.nv (giu-
compiuto; ma non quello di un « inse-
daici : 16,2 1) non si riferi scono a un
gnamento » che differisca da altri si-
« insegnamento » di norme religiose
mili a motivo di determinati modi cli
di vita, ma al gesto di proclamare,
dire. In Paolo ciò appare evident e
predicare 21.
dall'in sieme dei sinonimi; negli Atti
In Act. 26, 23 (Is . 42 , 6 . 9 ? 22 ):
xa-rayyÉÀÀELv rispecchia direttamente
6 Xp... 7tpW"t"OC, f.s àva:cr'tctO"EWç VE-
il linguaggio mi ssionario. Si veda 4,2:
xpwv q>wç µÉÀ.Àn xa-rayyÉÀÀnv -rQ
xa-ra:yyÉÀÀELV Év -rQ 'l'f)CTOV 't"TJV à.vti-
-CE Ào. Q xal -roi:c, Eirve:crLv il verbo è
O"'t"O.CTLV 'tTJV f.x ve:xpwv 17 : l'attesa della
usato in una accezione specificamente
àvticr-caaLç ve:xpwv si è fatta realtà
cristiana e liturgica . La resurrezione
« in Gesù » e viene ora « proclamata ».
escatologica dei morti che comincia col

14 Éxi]pVt;a[iEV ( minn cat. KvpLov 'I T)G"cvv 11,20.


15 ~ µap"t"VpLov come la variante ~ µu- 19 xaì µE't"iivoLa D al. : certo con va-
O"TTJpLOV sono sinon. di ~ EuayyÉÀ.tov. lore di attenuante (contesto!); proviene da
16 ]oH. WErss, op. cit., egli unisce 1 Cor. .5,31 ecc.
2,1 con 1 Cor. 11,26 e 6 passi degli Atti. 20 EuayyEÀ.lt;ov-.Ec; D* .
17 La variante à.vayy . "t"Òv 'll]G"OVV Év
21 ~ xa"t"ayyEÀ.Evç. Anche Joh. Weiss,
"t"U CÌ.VO.(J""t"ci:O"EL "t"WV vExpwv D contiene una op. cit. annoverava i passi fra quelli « en-
duplice semplificazione. fatici ».
18 XIJP· 9,20 (come Figlio di Dio); 19,13;
22 6 leg.: dc; (jlWc; Éfrvwv (malgrado B);
c:vayy. 5,42 ("t"òv Xp. 'I.); 8,35 . Solo una 9 ci:vayyÉÀÀ.w à.vayyE~À.m.
volta XIJP· "t"ÒV Xp. 8,5 e EvayyEÀ. -ròv
191 (l,70) à.yyEÀla, à.yyÉÀÀW (]. Schniewind ) (I,71) 192

Xptcr-i-éç (Rom . 1,4) annunzia 23 a tutti quanto il vouDnE~'\I e il OLocicrxEtv di


28
gli uomini la luce; cfr. 4,2. Le parole Col. 1,28 . La ragione sta nel fatto
di 1 Cor. 11,26 : -çÒv i}civcnov -ço\:i che il messaggio neotestamentario pro-
Kuplou X(na:yyÉÀ.À.E-çE (indicativo) non prio perché annunzia la realtà storica
24
si riferiscono all'agape com e azione e irrepetibile del Cri sto è anche
(lo esclude il si gnificato di xa..w.:yyO.- dottrina, esortazione, tradizione, m-
ÀELV e l'analogia de ll a Pasqua e dei mi- scindibili però d al fondam entale ca-
steri) 25, bensì com e solenne procla- rattere esca tologico - drammatico del-
26
mazione della mo rte del Signo re . Un a 1' EÙa..yyÉÀ.wv .
espressione tecnico-liturgica è anche
quella di Rom. 1,8 : Ti nlcr·nç Ù[Lwv
XIJ..""çr:J..yyÉÀ.À.E-çr:J..L ÈV o À.<~ ""ç(!l XOCTµ ({) (. 7tp0Xr:J.. . tr:J..yyÉÀ.À. 0J, XIJ..-çr:J..yy EÀ.EUç
27
(cfr. Polyc . Ep. J ,2) ; xrx-myy . si-
gnifìca - come altrove à.va..y yÉÀ.),ELV, 7tpox1na.yyÉÀ.À.w nel N.T. ricorre
29
aTiayyÉÀ.Ànv, EvayyE), lsEcrDat (-;>col!. solo in Act. 3,18 : i}Eòç il 7tpoxa-
168ss .; 174ss.) - l' annunzio del- -ç1JyynÀ.Ev otà <n6µanç ... -çwv npo-
la redenzione . CfJIJ'wv, 7ta..i}E~v -çÒv Xp. a.Ùcou, ÈrcÀ.11-
Se quindi xa-çayyÉÀ.À.ELv non è una pwcnv , e 7,52 : à:rtÉx•nvav "toÙç rcpo-
esposizione didascalica della dottrina xa-çayyElÀ.av-çaç m:pì, -çfjç 0-EuO"Ewç
cristiana esso co mprende però tant o la -çov ÒLxa.lou . In entrambi i p assi il ver-
30
7tapcX:oocrtç di 1 Cor. 11 ,23 (~ n. 26 ) bo indica la predicazione de i profeti .

23I comm. intendono tutti Xa"tayyÉÀ- di opm1one contraria è H.


na.pci.oocrtc;;
ÀELV come riferito all'annunzio evangelico . LI ETZMANN, Messe und H errn mahl (1926)
Forse però ò Xp. stesso , in quanto risorto, p. 255 .
è l' « annunzio» . Cfr. Eph. 2,17 : ÉÀl>wv 27 ~E~ala "tTJ<::; nlCT"tEW<::; vµwv plsa., È~
EVl)YYEÀlcra"to X"tÀ. Certo il Cristo in glo- à pxalwv Xa"ta.yyEÀÀoµÉVl) XP6\IW\I.
ria « parla » negli apostoli ( ~ EvayyÉÀtov 28 0\1 'ÌJ!.1.Ei:ç Xt1."tayyÉÀÀoµEV vovl>E"tOV\1-
Xptcr"tov). "tEç 7ta\l"ta lf.vi}pW7tO\I Xa.L O~OaCTXOV"tE<::; 7t<X\l-
24 Questo è comunemente ammesso dopo "t0: avÌ}pW1tO\I .
le argomentazioni di LIETZMANN e JoH. 29 In A ct. 3,24 ; 2 Cor. 9 ,5 il testo è piut-

WEISS , 1 Kor. tosto corrotto; la lezione esatta (~ xa.'tay-


25 Le parole della Pasqua (STRACK-BILLER- yO, Ànv Nota 12 ~ 7tpornayyÉÀÀnv) in en·
BECK IV pp. 67 ss .) come le antiche liturgie trambi i casi suona strana. La parola, rara-
(A. DIETERICH, Mithrasliturgie [1923] pp. mente attestata, pare fosse prediletta nel
213 ss.) dimostrano che non esiste un opW- greco ecclesiastico; se ne vedano esempi in
µE\10\1 senza una (( parola » esplicativa. Paolo Th es. Steph . e nei vocabolari d i Sophocles
allude ad una liturgia di cui vi è traccia e Herwerden.
anche in èi.xpt où D..ll'n di 16,22 . 30 In 7 ,52 il 7tpo- potrebbe esser contrap-
26 mxpÉÀa~ov, 7tapÉowxa v. 29 si do- posto al vuv ( où vµEi:c; vvv 7tpo06"ta.t ... ),
vranno perciò intendere, come sostengono come sostiene il Bengel nel commento al
JoH. WErss, 1 Kor. a. l. e KrTTEL, Probleme passo.
p. 63 s., nel senso di una vera e propria
193 (1,71) (1,71 ) 194

In 3,18 Dio stesso è colui che prean- Deissmann a questo proposito rimanda
nunzia. Analogo è l'uso di ~ Èm:x.y- a un decreto in cui vengono chiamati
yéÀÀEo-'Ì}aL e di ~ Eva.yyEÀLSEO"'Ì}m; xa-rayyEÀELc; 37
i banditori degli agoni
ma qui essi non potevano essere rife- sacri in onore di Augusto. Così pure
riti alla passione di Cristo ( Tia'Ì}ELV in una iscrizione del sec. I d . C. il
"tÒV Xp.!) li _ xa-ca.(y)yE[À]Euc; di un agone corona-
rio è detto « pio iniziato » 38 . Abbiamo
Anche Giuseppe scrive 7tpoxct.-rl}y- quindi una conferma delle conclusioni
y E),µÉva. vTCÒ -roù i)Eov (si tratta della tratte riguardo a xa-ra.yyéÀÀELV. La
nascita di Mosé) ' 2 e usa il verbo per
prevalente accezione sacra della parola
indicare ]'annunzio dcli ' ayyEÀoc; ad 39
nella grecità è quella agonistica • È
Agar 33 e la profezia di Giuseppe al
gran coppiere 34 • usata poi in senso più eleva to nel culto
imperiale 40 e nei misteri 41 • ' Banditori '
xa.-ra.yyd.E\'.>c; nel N .T. si legge solo so no anche gli annunziatori di Cristo;
in A ct. 17,18 : çtvwv òcnp. ovt'.wv xa.- i cristiani stessi si professano tali
-ra.yyEÀEuc; ooxEL dvcn. In queste pa- (~ xflpu!:,) e i contemporanei se ne
role risuona « quello che doveva essere rendono conto. Perciò, in conclusione,
un commento frequente dei Greci al- Act. 17,18 conferma quanto è stato
l'annunzio della nuova fede » 35 • Si noti detto nei vari articoli sulla radice
che xa-rayyEÀEuc; non ha il senso di ò:.yyEÀ-.
' maestro ' bensì di ' banditore ' 36 . Il J. ScHNIEWIND

31 Si trova però il sinonimo 7tpoµo:p'tv- ScoTT, s.v. : 'chi proclama un bando, araldo'.
PEO'frat in 1 Pet. 1,11 . 37 D1n Or. 456 ( =l.G. XII 2,58; Mi-
32 Ant. II, 218. In questo passo parla Dio tilene) 10: xa'tayyEÀé:Lç 'tW\i 7tpwi:wv à(x)-
stesso (TRAUM, pp. 212 ss.) in precedenza lh10-o[µÉvwv à.ywvwv].
parlava un lEpoypaµµa:m)ç (205, ~ à.yyÉÀ- 3s I.G. XII 8,190 ,39 s.; cfr. 37 s. 40-45 .
ÀEW, v. sopra col. 161). 39 Anche in questo è evidente l'affinità c'bn
33 Ant. I, 219 (ciyaM, O'W'tl]pla, 7tpo- Émx.yyEÀÀEO'frai.: X!X't<x.yyEÀ.Evc; = É1t!XYYEÀ-
X!X't1)yyEÀµÉva). 't"T)p, cfr. BoESCH, l.c.
34 Ant. II, 68 (7tpoxa'tayyElÀav't6ç O'OL 40 In DrTT., Or. 456,35-48 : 06~a, 't'VJCTJ,
'tà. ciyaM). cpuo-1.c;, i}EO'ltOl.ELV.
35 REITZENSTEIN, Nachr. Ges. Gott. 1917, 41 à.ywv 'tWV Ilufr(l]wv I.G. XII 8,190,
pp. 134,5. 43-45.
36 DmssMANN L.0.4, p. 77 ; cfr. LroD EL-
195 (I ,72) iiyyEÀoc; (W. Grundmann) (l ,72) 196

riyyc:Àoc;, &.pxci.yyc:Àoc;,
lcrci.yyc:Àoc;

ayyc:Àoc; Il. I , 334 dr. VII, 274) 1 . Perciò Achil-


le non si adira con i messi di Aga-
A. ayyEÀoc; NELLA GRECITÀ mennone (Il. I , 334 ss.). Gli dèi pro-
E NELL'EL LENISMO teggono l 'at tività del messaggero per-
ché è l'unico mezzo di comunicazione
1. ayyc:),oç è colui che reca un fra gli uomini.
messaggio, ossia il messaggero. Questa Gli ayyc:),CL bann o grande impor-
accezione della parola è chiarissima già tanza nel mondo greco. Sofocle de-
in Omero (per es.: o•e
-r' fjÀufre ... scrive nell e Trn chinie il loro servizio.
èX. yyE Àoc; Éc; 8-i]f}rxc; Il. V, 804 dr. Il messaggero si presenta xo:-ro:cr--mp-fic;
XVIII, 2). E già io epoca omerica la ( v. 178) perché reca buone notizie.
funzione del messaggero è sacra, poi- Arriva ed espone la sua ambasciata,
ché egli è sotto la particolare prote- che suscita varie domande, alle quali
zione degli dèi (per es.: Xl'XLpE'tE, x'iJ- egli ri sponde (180 ss ); chiede poi la
puXEC,, LhÒc; ayyt:ÀOL·hQÈ Xl'XL avopwV ricompen sa (190 ss. ); per i messaggeri

èiyyd.oc;, ecc. - Opere generali W . H. K osTERS, De Mal'ach ]ahwe, Th.


O. EvERLING, Dìe paul. Angelologie und T. 9 (1875), pp. 369 ss., 10 (1876) ,
Diimonologie (1888). pp . 34 ss., 113 ss.
E. CREMER, R.E. 3 V (1898), pp. 364 ss. A. JrRKU, Die Diimonen u. ihre Abwehr
M. DrnELIUS, Die Geisterwelt im Glauben im A.T. (I 912).
d. Pls. (1909). H. DUllM, Die bosen Geister im A. T.
CREMER-KOGEL, pp. 19 ss. (1914).
F. ANDRES, Die Engellehre d. griech. Apo- Per il punto C:
logeten d. 2 ]hdts u. ihr Verhiiltnis z. A . KOHUT, Ueber d. jiid. Angelologie u. Dii-
griech.-rom. Diimonologie (1914). monologie in ih~er Abhangigkeit v. Parsis-
G. KuRZE, Der Engels- und Teufelsglaube mus (1866).
d. Ap. Pls. (1915). P. VoLz, ]ud. Eschatologie (1903) , vedi in-
Per il punto A: dice 384.
J. Euangelion II (1931), pa-
S c HNIEWIND,
B. STADE-A. BERTHOLET, Die iiid. Rel. van
d. Zeit Esras bis zur Zeit Christi (1911),
gine 218 ss.
pp. 374 ss.
F. ANDRES, Pauly-W., Suppl. III (1918),
MEYER , Ursprung II, pp . 106 ss.
pp . 101 ss.
BoussET-GRESSM., pp. 320 ss .
T. HoPFNER, Griech-iigypt. Offenbarungszau-
MOORE, I, pp. 401 ss ., III, pp. 123 ss.
ber (1922-25), vedi indice.
STRACK-BILLERBECK, Indice IV, pp. 1223 ss.
F. CuMONT, R.H.R. 72 (1915), pp. 159 ss.
A. MARMORSTEIN, Anges et hommes dans
Per il punto B: l' Agada, R.E.J. 84 ( 1927), pp . 37 ss., 138 ss.
R. SMEND, Alt. liche Religionsgesch. (1899), E. J. VI (1930), pp. 630 ss.
pp . 122 ss., 449 ss. I Per la sinonimia di ~ xtjpu!; e &y-
G . HOLSCHER, Gesch. d. isr. und jiid. Rel. yEÀoc; cfr. Horn., Od. XVI, 468 ss.; Xenoph .,
(1922), pp . 151 ss., 164, 183 s. An. Il , 3.1-4.
197 (l,72) 0.yys),oç (W. Grunumann) (I,73) 198

recanti fauste notizie si veda Seno- yEÀOL xcd, ìChP'JXEç (se. ÈpwÒLOÌ. xcd
fonte (Hist. Graec. VI, 4 ,19: EI'.Ef.L~av -rp6xLÀOL xa.L xépaxEç). Cfr. ancora
. .. ayyEf.OV Èa''tE<paVWµEVOV, xa,Ì, aµa Xeaoph. , Symp. 4,4 8 : (~EOÌ,) nɵnov'tEc;
à.y yÉÀovç <p1Jµ ac;, xaL Èvu-r;vLa. xaì,
µÈ.v 'tfjç vlx.TJs 'tÒ µÉyd}oç E<ppat;ov,
oi.t0vcuç. In Epitteto il filosofo stesso è
a~ka OÈ. 0011i}Ei:V Èx01.EVOV). ayyEÀoç xaì. xa-ra<rxonoc; xaì. xfipvs
ayyEÀ.OC, è addirittura termine tec- -rwv VEwv (Diss. III 22 ,6 9, p. 306,
nico per « ambasciatore » (dr. Hdt. 19 s. Sch .).
I 36; Xcnoph., Tl ist_ Gral!c JI, 1,7: ì L ' ayyEÌ,oç terre no e sacro è
«
-i1trnÉ1;.,qilhp-av r.pfo0w;, !;uv m'.noi:ç il prototipo dq.di èiyyE).oL celesti» 2 •
xaì. r.apà. Kupov -ra{nà. ÀÉyovw; ay- L' G..yyt:Àoç celeste per eccellenza è
yEÀoL; I , 4 ,2). Le iscrizioni ci rag- Ermes.
guagliano sui loro compiti. Gli amba- Platone ce rca di spiega rne il nome
sciatori concludono trattati e recano con la funzione: ... EoLXE nEpÌ. Àoyov
comunicazioni ufficiali (DITT., Syll. 3 ·n dvaL ò « Epp:(jç » Y..cxÌ. -rò ÉpµT]vÉa
273,24 s.), riscuotono denari (DITT., ELV<X.L xa ì. -rò C!.yyE).ov ... Crat. 407 e.
In Omero, Zeus lo apostrofa così:
Syll.3 330,26), ricevono il giuramento 1
:rù yà p av-rE -rà 't èi).À.a mp ayyt:Àéc;
degli alleati alla stipulazione dei patti È<r<rL, Od. V, 29 '. Cfr. Horn. Hy mn.
(Drrr, Syll. 3 229,19 s. 25: òpxw<raL Cer. 407 : ÈpLOUVLOS G..yyi::Àoç wxuç,
1
OÈ à.yyÉÀovç... òµ6acu OL à.yyEÀwv Hymn . .Mere. 3 : ayyEÀoç crnavai:wv
0oTJi}ficmv, DrTT., Syll. 3 581 ,93: ò OÈ ÈpLOVvLoç. Cfr. KERN, Orph. 297 a, 1:
aLpEi}dç (se. ayyEÀoç)... ÒpXL<rChW 'Ep~1fjç ò' Épp.T]vt:Ùç 'tWV navi:wv rly-
yEMç È<r-rL.
av-roùç ). Soprattutto quest'ultima fun-
Oltre ad Ermes anche altri clèi, seb-
zione denota il carattere sacro ciel-
bene raram ente, svolgono la funzione
i' liyyEÀoç, intermediario fra gli uomi-
di messaggeri 4 .
ni nelle relazioni pubbliche e private.
Oltre agli dyyEÀoL celesti vi sono
Messaggeri inviati dagli dèi agli
èf..yyEÀOL ctonì. Platone parla del « mes-
uomini - e quindi importantissimi - saggero degli Inferi » ( ò Èxi::i:i}Ev liy-
sono gli uccelli . yi::Àoç , Resp. X 619b). Come guida
Per es. Horn . Il. XXIV, 292: at'tEL delle anime Ermes ha l'eppellativo di
o' olwvév, w.xùv G..yyEÀov. Theogn. ayyi::Àoç. Cfr. "AyyEÀE <l>t:p<rE<povfiç,
549 s.: "AyyEÀ.oç acpi}oyyoç nÒÀEp.ov 5
noMòaxpvv ÈyElpn, Kupv', à.r.ò -rl)- 'Epp.fi ... Nemesi è detta da Platone
.

ÀavyÉoç cpcuvép.Evoç <rxonv'ì']ç. Plut ., ~lxT]ç ... liyy EÀoç (Leg. IV, 717 d).
Pyth. Or_ 22 (Il p. 405 d): i}Ewv G..y- Anche Ecate , messa in relazione con

2 ScHNIEWIND, Euang., p. 216. 4 Cfr. SCHNIEWIND, Euang., pp. 222 ss.


3 Di solito in Omero Iride è I' CiyyEÀ.oç s Su una iscrizione napoletana, cfr. ScHNIE-
degli dei (Il. II, 786; III, 121). WIND, Euang., p. 226, unico esempio.
199 (l,73) &yyEÀ.oç (W. Grundmann) (l,74) 200

6
Artemide, è Ci:yyEÀ.oc; . Accanto a que- BovÀ.TJ (PREIS. , Zaub . I , p. 76 ss.). Così
ste divinità compaiono anche gli liy- viene scongiurato un liyyEÀoc;: òpxlsw
yEÀoL dell'Ade nelle iscrizioni attiche O-E, -CCV Èv -r0 '"t01t4J '"tOV-Cl[.) µÈv &yyE-
di maledizione . Per es.: XCX"t"<.typci(j)w À.ov xpcx-rcnòv xcxì, [c;xvpòv -rov swov
xcxì. xcx·rn-rli1w à.vyÉÀ.oLc; xcx-ra.xi)ovloLc; -cov-rou (III, 71 s.). An che questo fi.y-
'Epµfi xcx-ra.xi)ovi'.4J xa.ì, 'Exchn xci- yEÀ.oc; ha dunque il suo compito da
-rcx xi)ovlq. IIÀ.ov-cwvL xa.ì. K6pn (in assolvere. Nella liturgia di Mitra si
un 'altra à.vyÉÀ.OLC:, è sos tituito da OCXL- par la di i)rni, fì èiyyEÀ.oL (IV 570), di
[lOO"L) 7 • Il fenomeno si osserva soprat- apxciyyEÀ.oc; (IV 483 ). L'influsso giu-
tutto sulle pietre tombali <li Thera,
daico è evide nte in I 206, III 33 9,
dove si legge invariabilmente &yyEÀoc:, 8 •
e soprattutto in IV 2357.
Qu es ti ultimi documenti appartengono
3. Passando dalla religiosità popo-
all'epoca ellenistico-cr istiana , di cui è
lare a quella filosofica, osserviamo che
noto il carattere sincretistico, ed è quin-
quest'ultima ama associare ~ Àéyoc;
di leci to vedervi un influsso giudaico- 10
ad ll.yyE),oc; nella sua complessa teo-
cristiano. Lo Schniewind osserva a pro-
logia del Àéyoc; strettamente collegata
pos ito di tutte queste testimonianze:
ad Ermes. L' abbinamento allegorico
« La concezione fondam entale , quella
degli dèi messaggeri , dev'essere molto delìe due parole è particolarment e chia-

antica. Essa è diffusa in tutta l'area ro e compiuto in Filone, al quale fu


greca senza soluzione di continuità » 9 • suggerito dal mal'ak ebraico, spogliato
Si può dire che, attraverso gli dèi mes- però del suo carattere giudaico: -ròv
saggeri, la religiosità greca ed elleni- OÈ a.YYE À.ov) oc; fo-rL À.éyoc;, W0"1tEP
stica esprima il contatto col divino . i.a.-tpov xaxwv (Le g. All. III 177, cfr.
Rientrano nel sincretismo ellenistico, Som . I 239: -r-i]v -rov i}Eov dxévcx,
fortemente permeato di influssi giu- -ròv &yyEÀ.ov mhov Àéyov, e Mut.
daico-cristiani, i papiri magici. Nella Nom . 87 : èiyyEÀoç ùnl)ph11c; i}Eov,
formula di scongiuro magico si legge : Àéyoç ... ). Tutte le volte che nel testo
OV ÈxaÀ.f.O"a.ç ayyEÀov 1tEµ(j)i)Évm (l"OL, biblico si parla di un solo angelo, Fi-
i}Ewv OÈ ~ovÀ.àc; c;vv-r6µwc; yvwo-n e, lone può identificarlo con il Àéyoç.
in riferimento proprio ali' &yyEÀoc;: ... In generale si può dire che egli ri-
ÀÉyE -ra.v-ra. itpÒ<; 'tÒV &yyf.Àov· Àa.- prende l'angelologia giudaica, fonden-
À. i]o-n yap croL o-uv-r6µwc; 7tpòc; oMv dola con la demonologia greco-elleni-

6 Cfr. ScHNIEWIND, Euang., pp. 225 che 9 ScllNIEWIND, Euang., p. 237.


rimanda ad altri esempi . 10 Cfr. xcxl "tTJV ci7tocr"tt:À.ÀoµÉvriv 'lpw
7 Per gli esempi vedi DIBELIUS , p. 212 . &yyùov "tOV ALÒç "tÒV cx(pov"tcx Myov
8 I.G. XII 3,933-974; cfr. inoltre SCHNIE- ùqilcr"tCX"tlXL. Pseud.-Heracl. Quaest. Hom. 28,
WIND, Euang., pp. 233 ss. p. 43,8 (dr. Pauly-W. XIII, col. 1065).
201 (l,74) dyyEÀ.oç, (\Y/. Grundmann) (l,74) 202

stica . Gli angeli e demoni sono da prassi e di usanze.


lui concepiti come forze e moti del- Nell'uso di U.yyEÀoc;, angelo, Giu-
l'universo. seP,pe riprende le concezioni dell'A.T.
Cfr. Gig. XVI: t!;vxàc; oùv XIXL oal- apportandovi idee sue personali, come
µovac; XaL CÌ:yyfaovc; OVOµIX'°'IX µÈV quando definisce }' angelo ( ayyEÀoc;
OLacpÉpov•a, EV OÈ xaì. •a1hòv Ù7to- frEi:oc;) che si fa incontro a Balaam
xElp.Evov OLIXVOT)tldc;... dr. anche Gig. come frEi:ov TIVEuµa (Ant. IV, 108),
6 ). Sulla loro funzione cfr. Plant. N
oppure quando mette in bocca ad
14: ... lic; (se. tjlvxo:ì. xo:iJo:pr.0•o:w.L)
ol ILÈV Tia.p' "EÀÀ T)O-L cpLÀoo-ocp1]o-o:v-nc; Agrippa la solenne affermazion e : J.W:.p-
fip<iJo:c; xo:Àouo-L, MtiJvo-fjc; ÒÈ òv6µa-rL 'tvpop.m... •à ayLa xa.L covc; Ì.Epovc;
Eùi1v06Àcp XPW~LEvoc; ayyÉÀovc; 7tpoo-a- &:yyEÀ.ovc; -cou frEOu xa.ì. Tiacploa -.i]v
yopEVEL, 7tpEo-0EVop.Évo:c; XO'.L ÒLayyEÀ- XOLVTJV (Bel! . II , 401 ), e ancora quan-
À.ovo-ac; ,a_ •E Tiapà -cou TJYEµ6voc; -.oi:c; do, seguendo una tradizione palesti-
ùnrix6oLc; &.ya.M xaì. -rQ Sao-LÀ.Ei: wv nese, considera gli angeli quali rivela-
dow oi. UTITJXOOL XPELOL. Spec. Leg. I
tori della legge divina: lJftWV 'tà xd.À.-
66: .. . lEpÉac; oÉ •ove; ùnooLax6vovc;
),Lo--ca •wv ooy1td."wv xa.L -rà 60-Lw•a.-
m'.rco\J •WV OVVap.EWV ayyÉÀ.ovc; ... e
Con/. Ling. 28: xa'tà •wv {klwv xaì. -rcx 'tW'J ÈV -coi:c; v6µoLc; oL' rlyyÉÀ.wv
LEPWV À.oy<;JV ... ovc; xaÀ.ELV EiJoc; ày- Tia.pà 'tOU 1'Eov µafrOV'tWV ... (Ant . xv,
yÉÀ.ouc;. 136 ). Giuseppe, che non ha una ange-
4. Giuseppe Flavio, palestinese di lologia sua propria ( ~ coll. 213 s. ), at-
lingua greca, usa la parola èi.. yyd.oc; testa esplicitamente l'importanza che
nel duplice significato di messaggero e questi avevano nella speculazione de-
di angelo. Col primo significato èi..y- gli Esseni (Beli. II, 142). In conclu-
yEÀ.oc; si trova, per es., in Ant. VII, sione: «Giuseppe fa capire come èi..y-
249: ... •OU o' ayyÉÀ.ov E[VaL cpTJO-rl.V- yEÀ.oc; per i Giudei fosse saldamente
'°'oc; &.ya.frwv ... &.yafrwv èi..yyEÀ.ov -.ou- connesso con il concetto di angelo ...
-cov Ecpl]O-EV dvaL. Dietro richiesta, il Il razionalismo ellenistico spezza que-
nunzio espone la sua ambasciata: sta connessione e Giuseppe vede gli
xaì. TivfroµÉvcp m:pì, -cfjc; µ<ixric; vlxriv angeli con mentalità ellenistica » 11 .
EvayyEÀ.lSE"aL xa.ì. xpd.-coc; 250. Tutto W. GRUNDMANN
questo collima con l'uso greco, ma non
1
è il caso di pensare a dipendenze reci- B. mal'iik NELL A.T.

proche perché le immutabili esigenze


mal'àk è una formazione nominale
delle comunicazioni fra gli uomini crea- presente anche in fenicio, della radice
no necessariamente queste identità di l' k, non attestata in ebraico, in ara-
li A. ScHLATTER, Wie sprach ]osephus SCHLATTER, Komm. Lk., pp. 633 s.
van Gott? (1910), pp . 33 s.; per le idee di Giuseppe sugli angeli op. cit., p. 32; inoltre
203 (I,75) 0.yyEÀoç (G. von Ra<l ) (l ,75) 20~

bo la' aka « mandare uno con un inca- antico I sraele , non come essere terri-
rico ». Il significato fondamentale dcl bile , ma come messaggero benigno e
sostantivo è quello di «i nviato >) (for- benefico di Dio (2 Sa m. 14,17 .20; 1
se originariamente in senso astratto).
Sam . 29 ,9) al quale si affida fiducio-
Perciò mal' al~ è a) il messa?,gero
inviato da un uomo e, più raramente, samente ogni cosa (2 Sam. 19,28) . Egli
da Dio 12 ; chiunque debba recare una colpisce i nemici di Israele (2 Reg.
notizia è un mal'iik . Sull'uso di mal'ak 19,3.5), aiuta Elia (Z Reg. 19,7), va in-
in rifer imento ad esseri um ani non è co ntro a Balanm (Num. 22 ,22 ), proteg-
qui natu ralm cnte il caso di soffermarsi . ge I sraele nel passagg io del M ar Rosso
h) un essere cclcstc al qu ale Dio ha
(Ex 14,1 9), guiJa il popolo eletto
alìì.dato un incarico o una mi ssione ,
ossia un an gelo Anche questa acce- (Ex 23 ,20) e reca annunzi di ogni ge-
zion e della parob non si distacca da nere (Iud 6 ,ll ss.; 13 ,3 ss.; 2 Rcg. l,
quella fondamentale di persona invia- 3.15). Questa antica concezione, certo
ta con un incarico 13 . popolarissima, è viva anche nei più
1. La fi gura angeli ca pili importan- elevati scritti teologici. In Zaccaria, per
te e pi t1 menzionata , attestata in tutto es. , il mal'ak ihwh ha fondamental-
l'A.T. 14, a differenz a degli altri angeli mente gli stessi co mpiti del periodo
di cui si parla solo occasionalmente e più antico 15, ossia rappresenta e tutela
collettivamente , quella soprattutto che gli interessi di I sraele (Zach. 1,12 e
nel senso più proprio può dirsi « in- specialmente 3,2) . Ma il mal'ak jhwh
viato da Dio con una mis sione ». è il non è un messaggero e nemmeno gli
mal'ak jhwh, l'angelo di Jahvé . Il altri angeli lo sono in determinate
mal' ak jhwh è l'unica figura angelica circos tanze. La sua importanza consiste
dell'A .T. nettamente delineata dal pun- nell'essere lo strumento, anzi la per-
to di vista pere male e religioso. Le sonificazione della benevolenza e della
sue caratteristiche balzano evidenti , più protezione di Jahvé per il popolo elet-
che dai passi di intonazione teologica, to. Soltanto in un caso eccezionale l'an-
da quelli di sapore popolare . L'ange- gelo, in contrasto con la sua funzione
lo di Jahvé è vivo nella fede del più solita ed esclusiva di protettore, deve

12 Profeti: cfr. Hag. 1,13; Is. 44,26; 2Chr. un nome amormco di dio non è esente da
36,15; sacerdoti: Mal. 2,7; Eccl. 5,5. gravi difficoltà concettuali e linguistiche.
13 Anche la religione babilonese conosce 14 Soltanto nella letteratura post-canonica
i messaggeri degli dèi, e di regola il messag- l'angelo è di rado menzionato. Manca com-
gero di un dio è suo figlio . Ma la parola pletamente nella profezia anteriore all'esilio.
accadica indicante « messaggero degli dèi » 15 La figura dell'angelo è però in certo
non corrisponde etimologicamente all'ebraico senso ingrandita, perché egli , oltre ad essere
mal'iik. II tentativo dello Schroder (Z.A.W. il protettore di Israele, è anche al vertice
34, pp. 172 ss.) di interpretare mal'ak come della corte celeste di Jahvé.
20.5 (I,76) ii:yyo:À.o<; (G. vo n Had) (l,76) 206

punire Israele (2 Sam. 24,17) 16 • una narrazione origin aria che descri-
In alcune tradizioni , specialmente veva le teofania in modo affatto antro-
dcl Genesi, l'angelo di Jabvé è pre- pomorfico. Il rielaboratore del testo
sentato in modo così singolare che i primitivo , per salvaguardare la trascen-
passi in parola non si possono passare denza divina, ha modificato la tradi-
sotto silenzio. Si tratta di Gen. 16 , zione primordiale inserendo il mal' ak
7 ss .; 2 1,17 ss. 22,11 ss.; 31,11 ss.; Ex. jh wh, come forma in cui Jahvé si
3,2 ss.; l uci. 2,1 ss . Ques ti passi si dif- manifesta 17 • Si tratta di una trasfor-
ferenzia no dagli altri relativi all' ange- mazione letterario-teologica di un 'an-
lo di Jahvé per il fatto che in essi il tica tradi zione, che sorprende nell'f\.T.,
mal'ak jhwh non si può distinguere da e<l è certo molto significativa, ma non
Jahvé stesso. Le parole e le azioni esprime una credenza diffu sa e comu-
descritte vengono attribuite ora a Jah- ne e non può quindi iclentilìcarsi con
vé ora al mal'ak jhwh, che ev idente- la concezione israelitica del mal'ak
mente sono la stessa persona . La scelta jhwh.
dei nomi non è però casuale, come po- Anche sotto un altro aspetto la n-
trebbe sembrare; infatti quando si de- flessione teologica ha trasformato e
scrive un'azione esclusivamente divina, complicato la figura dell'angelo, cosl
e trascendente, che non si rivela al- semplice nella fede del popolo: quan-
l'uomo, si trova il nome di Jahvé; do Jahvé si adira nell'Horeb , non vuol
quando invece si parla di una manife- guidare Israele attraverso il deserto,
stazione di Dio all'uomo, a Jahvé su- perché la sua santità potrebbe consu-
bentra il suo mal'ak; per es ., Gen. marlo. Anche in questo caso l'angelo
21,17 ss.: «Dio ode il grido di Agar ... è lo strumento della benevolenza e del-
l'angelo di Dio la chiama ... Dio le }' alleanza divina : .J ahvé nasconde la
apre gli occhi ». Questo criterio abba- sua santa presenza a Israele, ma gli
stanza evidente spiega la singolarità dei dà un intermediario che lo guidi e lo
passi succitati . Al fondo di essi sta salvi 18 .

16 Il passo parallelo delle Cronache di- l'angelo sulla terra.


1 ~ Non si può stabilire con certezza se il
mostra che in quest'epoca piuttosto tardiva
l'aspetto esteriore dell'angelo era immaginato mal'ak habberit (angelo del patto) menzio-
di una grandezza sovrumana, 1 Chr. 21,16; nato in Mal. 3,1 sia identico al mal'ak
langelo sta fra la terra e il cielo e la sua ihwh. In considerazione del fatto che egli
spada incombe su Gerusalemme. Inoltre in è chiamato mal'iiki (angelo mioì e poi mal'ak
questo caso, a differenza di 2 Sam. 24,11, ha ihwh, e che anche al mal'ak ihwh in
pure la funzione di angelus mterpres. Iud. 2,1 ss. è attribuita la stipulazione del-
11 L'autore elohista è andato ancora più l'alleanza, questa interpretazione resta proba-
in là, facendo scendere dal cielo la voce del bile; comunque è certo che anche questo
mal'ak ihwh (Gen . 21,17; 22,11), mentre essere è uno strumento della predilezione di
secondo lo jahvista gli uomini incontrano Jahvé per Israele.
207 (l,76) ayyEÀ.oç (G. von Rad) (1,77) 208

2. Oltre al ma/1ak jhwh l'antica contengono antichi tc:poì, ÀéyoL sui luo-
religione israelitica conosceva anche al- ghi di culto, induce a pensare che la
tri esseri celesti, che però molto rara- concezione ebraica della corte celeste
mente vengono chiamati mal'iikim. È si sia àlmeno ampliata a contatto con
buon metodo, a questo riguardo, tener la religione dci Cananei, abitatori del-
conto non solo dei passi in cui si parla la Palestina prima di Israele. Tanto
esplicitamente di mal'akim, ma anche più mirabile è quindi che a questi
di quelli che menzionano esseri celesti esseri angelici non siano mai stati at-
che possono sempre diventare tali , op- tribuiti poteri e compiti autonomi ri-
pure lo sono, anche se il testo non li spetto a Jahvé e tanto meno sia stato
indica con il termine mal'iikim . Gli tributato loro un culto. La fed e nel-
esseri che Giacobbe vede salire e scen- l'unico Dio onnipotente ha abbassato
dere dalla scala, oppure i membri del- questi esseri, che in molte tradizioni
la corte celeste 19 che entrano ed escono antiche dovevano certo avere funzioni
dal cospetto di Jahvé potrebbero sen- ben più importanti 22 , al livello di mi-
z'altro essere detti mal'akim, mentre nistri o cortigiani, salvaguardando così
invece sono chiamati be ne hii' elohlm, l'assoluta soprannaturalità di Jahvé.
espressione che va tradotta approssi-
3. Un fenomeno singolare, storica-
mativamente con esseri divini 20 • L'idea mente non ancora ben chiarito, è l'im-
che Jahvé sia circondato da una corte portanza che la fede negli angeli as-
di esseri celesti con il compito di sume nel periodo postesilico e che
aiutarlo nel governo del mondo, di lo- - in epoca ancora successiva - dà
darlo, ecc., è comune anche prima del- origine ad una vera e propria angelo-
l'esilio. Questi esseri, però, si manife- logia. Sta il fatto che Israele non ebbe
stano all'uomo solo raramente nei brevi una teologia degli angL:i finché questa
attimi di una visione. Una particolarità poté rappresentare una minaccia poli-
della corte celeste di J ahvé è il suo teistica alla sua religione. Nel periodo
aspetto marziale e guerriero 21 • Forse durante e dopo l'esilio la fede nell'esi-
anche a questi esseri si riferisce ]'espres- stenza di esseri angelici si rafforza sem-
sione jhwh s'bii'ot. pre più; l'intensificarsi dei contatti con
Il fatto che gli angeli ricorrano spes- altre religioni vi ha certo contribuito,
so, soprattutto in quelle narrazioni che ma non è ancora una spiegazione suffi-

19 lob 1. La cornice del libro di Giobbe, che significa « discepoli )) non « figli dei
il « libro popolare », è certamente anteriore profeti ».
all'esilio. 21 Cfr. Gen. 32,l ss.; Ios. 5,13 ; !ud. 5,20;
20 ben qui non ha certamente un signifi- 1 Reg 22,19; 2 Reg. 6,17.
cato fisico genealogico, ma soltanto quello 22 Per es. in Gen. 18 s.; 28,12; 32,1 s.
di « appartenente a ». Cfr. b•né hanneb'i'tm,
209 (1 ,77) &yyd,oç (G. von Rad) (l,78) 210

ciente. Bisogna anche tener presente L'evoluzione suaccennata è partico-


che spesso, in particolari situazioni sto- larmente presente nei profeti, che tan-
rico-religiose, divinità e demoni, ban- ti elementi accolgono dalle tradizioni
diti perché ritenuti falsi e inammissi- popolari; ma non si può dare alle
bili, riemergono assumendo un aspetto loro affermazioni, sovente assai singo-
innocuo e insospettabile 21 . In Israele lari, un valore generale. Ezechiele è il
stesso la sempre maggior accentuazione primo profeta nelle cui visioni appare
della trascendenza di Jahvé stimolò un intermediario ('H) fra Dio e l'uomo
l'interesse per i concreti esseri inter- con funzione di guida e di interprete
medi. Ma gli scritti del periodo del- (E z 40, 3 ss. ). Zaccaria ci presenta
~'esilioe di quello immediatamente suc- un mondo particolarissimo: il mal'ak
cessivo non ci autorizzano ancora a jhwh è 1' angelus intcrpres e accnnto
parlare di un'angelologia in senso stret- a lui troviamo messaggeri cclc~ti a ca-
to. Bisogna guardarsi dal costruire con- vallo, fabbri , esseri alati - tutti agli
cezioni coerenti e compiute laddove ordini di Jahvé. Ma questa corte ce-
non si avvertiva ancora il bisogno di leste di Zaccaria non è più di una sim-
bologia profetica individuale. Anche
sistematizzare.
i salmi più tardivi non conoscono es-
Sulle nuove idee c1 apre uno spira-
seri celesti così nettamente individuati
glio il libro di Giobbe, che parla de-
e il Codice Sacerdotale, che nel suo
gli angeli senza pretensioni dogmatiche.
disegno storico teologico non men-
Il giudizio sulla loro essenza è espres-
ziona affatto gli angeli, vuol forse
so dall'appellativo di qedosim, santi 24 •
reagire proprio alla crescente penetra-
La loro santità ha però i suoi limiti:
zione degli esseri angelici nella reli-
davanti a Dio non sono senza macchia
gione di Israele.
(lob. 4,18; 15,15). Essi furono testi-
Sull'epoca che seguì al primo pe-
moni della creazione, che salutarono
riodo postesilico siamo sotto molti
con giubilo (lob. 38,7); sono invocati
aspetti male informati; fino a quando
nei momenti di bisogno (lob. 5,1 ); an- può esser durato lo scarso interesse
zi possono avere la funzione di inter- teologico per gli angeli? L'apocalittica
cessori (lob. 33,23 ). Il morente è as- inaugurata da Ezechiele e Zaccaria de-
sistito da angeli della morte (lob. 33, nota già tutto un diverso orientamento.
22; Prov. 16,14). Concetti analoghi ri- Mentre gli angeli nei quali credono
tornano nei Salmi 25 • gli interlocutori del libro di Giobbe

23 Soprattutto gli esseri angelici che tradi- 24 lob 5,1; 15,15; Ps. 89,6.8; Zach. 14,5;
scono ancora qualche relazione con gli astri Dan. 8,13.
possono aver subito questa trasformazione. 2s Ps. 78,49; 89,6.8; 91,11; 103,20; 148,2.
Is. 24,21; lob 38,7; Dan. 4,10.
211 (l,78) èi.yyEÀoç (G. von Rad) (l,79) 212

non rientrano ancora nel problema re- si parla talvolta anche di esseri in for-
ligioso in discussione, nella visione pro- ma di animale, come Serafini e Cheru-
f etica di Daniele, invece, agiscono po- bini, che però non vanno annoverati
fra i mal'akim 28 • I Cherubini, esseri
tentemente degli esseri intermedi fra
ibridi dalla forma di uccello noti in
Dio e l'uomo. Per la prima volta in
26
tutto l'antico oriente, annunciano con
Daniele gli angeli hanno un nome ,
la loro apparizione la vicinanza della
segno dell 'in te resse con siderevo !men te divinità 29 . Ancor m eno è qui il caso
accresciuto nei loro confronti . Imme- di parlare degli esse ri d emonico-tellu-
diatamente al di sorto di Dio stanno ri ci 30 , aì quali l'A.T. acce nna in via del
gli arcangeli (ù ir): Michde è l'angelo tutto incidentale perché es si , oltre a
protettore di Israele e si parla anche non essere affatto messaggeri celesti ,
non hanno assolutamente nessuna im-
di angeli protettori di altri pripoli
portanza religiosa. Si rileva qui , so-
(Dan . 10,13.20); vi sono angeli cu-
prattutto dal confronto con la religio-
stodi (Dan. 4,10.14 .20) e il numero ne babilonese o anche egiz iana , che
degli esseri cele sti che circondano e concepivano la vita quotidiana del-
servono il trono di Dio cresce a di- l'uomo come una lotta estenuante coi
smisura (Dan . 7 ,10). demoni , un tratto caratteristico della
La fede israelitica negli angeli entra fede antico-testamentaria per cui Jahvé
ormai in una nuova fase; comincia a è l'unica causa creatrice nella natura
formarsi la dottrina della gerarchia an- e nella storia . Questa convinzione to-
glieva ogni fondamento alla credenza
gelica che rimarrà poi costante, nono-
nei demoni e perciò Israele attribuiva
stante qualche oscillazione nei particola-
a Jahvé anche quella potenza e quel-
ri e qui finalmente - nell'ultimo libro
le azioni che le altre religioni avreb-
canonico dell' A.T. - si può parlare di bero considerato senz'altro come de-
u 'angelologia antico-testamentaria. moniache 31• Si tratta, in ultima ana-
lisi , di una conseguenza logica dell'idea
Nel loro aspetto esteriore questi della creazione che non si incrinò mai
messaggeri celesti sono immaginari da- in Israele; del resto anche la conce-
gli Ebrei simili all'uomo (anche sen- zione antico-testamentaria degli angeli ,
z'ali) 27 . Negli scritti antico-testamentari nelle su e caratteristiche e nella sua

26 In Dan. 10,13.21; 12,l si trova il nome sostanzialmente diverse da quelle dei b•ne
di Michele; in 8,15 s.; 9,21 quello di ha'el0h1m.
Gabriele. 29 Soltanto la tarda religiosità giudaica

27 Essi hanno bisogno di una scala, Gen. accolse questi esseri ed altri ancora (gli
28,12, e possono anche ricevere senz'altro il Ophannim) nella sua angelologia.
nome di 'H (uomo): Ios. 5,13; fa. 40,3; 30 sédim, s•'irim, ecc.
Dan. 10,5. 31 Le tradizioni preisraelitiche di esseri e
28 Non si possono, però, separare netta- forze demoniache furono assorbite nella con-
mente questi esseri dagli angeli perché, per cezione israelitica di Jahvé, dr. GeH. 32,25 ss.
es ., i serafini di Is. 6 non hanno funzioni
213 (l,79) èiyyEÀ.oç (G. Kittel) (I,79) 214

cauta evoluzione , è una testimonianza non è un sadduceo e non nega per


della fede saldissima di I sraele in Dio principio l'esistenza degli angeli ( cfr.
creatore. col. 202), nel riferire i fatti del-
G. VON RAD
l'A .T., sostituisce razionalisticamente i
34
cpav'tÒ:<rµcna, «apparizioni oniriche» ,
C. L'ANGELOLOGIA DF:l. GI UDA IS MO
agli esseri celesti , ed è significativo che
l . Il giudaismo non presenta , nei eg li acce110i al problema dcl nome de-
riguardi d ell 'angclo iogia , uno sv il uppo gli angeli come ad una questione in-
lineare. La tradizione deg li angeli di terna della sett a degli Esse ni ' 5 .
Jah vé continua e non pare sia mai sta- Il punto di partenza e il fondamen-
ta completamente abbandonata. Ma se to della teologia degli angeli, verso la
da un lato questa tradizione antico-te- quale si ha un interesse sempre più
stamentaria viene ampliata e tra sfor- diff uso , è costituita dall' apocalittica,
mata in una vera e propria teologia che prende l'avvio dal profeta Da-
degli angeli, dali 'alt ra certe tendenze niele 36 . Il venir meno dell'illumirn1-
ciel pensiero di cleri vazione ellenistica zione diretta che caratterizzava l'antica
smorzano e quasi annullano l'interesse profez ia fa sì che gli angeli siano con-
per l'angelologia. cepiti come i rivelatori della natura ,
I deuterocanonlci dcll' A.T. - ec- del mondo celeste, delle cose ultime.
cetto il libro di Tobia - in complesso D 'altra parte può essere stata la con-
rimangono sulla linea dei libri prece- cezione, propria di altre religioni, de-
denti e usano ancora l' espress ione gli « eroi » ad ispirare , per es., la de-
ayyEÀOç 'tOU ìJEOu ( xupt'.ou ), che espri- scrizione dei rapporti fra Henoch e
me uno stadio anteriore all'individua- gli esseri celesti 37 • Ma soprattutto si
lizzazione r )ftata fìno a dare agli an- avverte nell'angelologia giudaica l'effi-
geli nomi propri 3 ~. Nel pensiero spre- cacia potente di quel dualismo che è
giudicato dei Sadducei gli angeli non alla base di ogni apocalittica e che
hanno alcuna importanza , anche se vo- sviluppa il dato tradizionale del regno
gliamo considerare esagerato l'accenno (malkiit) divino in funzione dell'idea
33
di Act. 23 ,8 • Giuseppe, che pure dell' « altro regno ». Anche sotto que-

32 Sus. 55,59; Bel. 34. Tg . J. I inserisce (SCHLATTER, Komm. Lk., p. 634) .


in Ex. 3,2 il nome di zagzag'el (cosl va letto 35 Il nome degli angeli era un segreto
anziché zagn6g'él); Ex. r. 2 a 3,2 (R. Johanan degli appartenenti alla setta, Bell. II , 142.
e R. Hanina) i nomi di Michele e Gabriele; 36 In BousSET-GRESSM. si trovano nume-
STRACK-B!LLERBECK II, p. 680. rosi passi tolti da Henoch, Baruch, Test. XII.
33 Non c'è una testimonianza diretta che 37 Cfr. E . J., p. 631 dove si accenna alle
i Sadducei negassero assolutamente l'esisten- leggende babilonesi sui rapporti fra gli dèi
za degli angeli. e gli eroi del mito.
34 Bell. V, 381; Ant. I , 331 ; V, 213;
21.5 (I,80) éi.yy EÀoc:; (G. Kittel) (I,80) 216

sto aspetto gli Esseni condividono la motivo polemico spiega perché i rab-
concezione dualistica . L 'origine di que- bini continuassero a coltivare e a di-
st'ultima, come di tutta la nuova an- fendere l'angelologia anche quando da
gelologia, va ricercata indubbiamente molto tempo non sussisteva pit1 l'inte-
nelle concezioni orientali, specialmente resse originario per la dimostrazione
nel Parsismo 38 • La stessa tradi zione e la salvaguardia della sua ortodossia.
rabbinica ha conservato il ricordo di 2. Per i rabbini il crite rio di am-
una trasformazion e subita dall'angelo- mi ss ibilità di una dottrina è il suo
logia nel periodo della cattività ba- rapporto con la fede in Dio. L'av ver-
bilonese 39 . sione per la gnos i si spiega proprio col
Pare che la nu ova concezione degli fatto che essa po teva condurre ad am-
angeli sia stata fin dal suo sorgere, o mettere un secondo Dio 40 . L' angelo-
almeno sia ben pres to diventata, pa- logia invece è ritenuta dal rabbini smo
trimonio di quella religiosità po polare un a lcgitt ima prosernzione delle idee
che si rispecchia già nel libro di Tobia. antico-testam entarie perché non ha mai
A qu es to può aver contribuito la cre- portato ad una divi nizzaz ione degli an-
denza sincretistica negli spiriti e nei geli, anzi nemm eno ad una tendenza
demoni; ma la vera spiegazione sta in tal senso. Proprio in qu esto consi-
nel fatto che la nuova angelologia poté ste la differenza fondamentale con gli
affermarsi in quanto non era avvertita « spiriti buoni » di altre religioni. Gli
come qualcosa di nuovo e di estraneo, angeli neJla concezione giudaica riman-
ma come il compimento della dottrina gono pur sempre ingenue rappresen-
antico-testamentaria. Solo così si com- tazioni della parola e della volontà
prende come i rabbini abbiano potuto onnipresenti e onniscienti di Jahvé.
accettarla e coltivarla senza mettere < Dovunque appare Michele è la gloria

minimamente in pericolo la fede tradi- della Sekinà » (Ex. r. 2 a 3,2). Anche


zionale . L'angelologia era patrimonio nell'angelologia più elaborata gli an-
comune di quelle cerchie che si man- geli non sono mai nulla più dell'at-
tenevano fedeli alla pietà e alla fede tu azione e della manifes tazione visi-
biblica ed erano consapevolmente at- bile della potenza e della divinità del-
taccate alla teologia degli angeli anche l'Altissimo 41 . Essi sono la corte, il
perché il razionalismo che esse combat- seguito , i messaggeri di Dio . PerciÒ
tevano mirava a dissolverla. Questo in gran parte della letteratura rabbi-

38 Cfr. specialmente MEYER, Hi.iLSCHER 4-0 Ciò è particolarmente evidente nella


I.e.; e anche MooRE I, p . 404. storia dei quattro rabbini che entrano in
39 ;.R.H. 56d E: «anche i nomi degli Paradiso (b. Hag . 14 b-15 a); Al_ier giunge
angeli vennero con loro da Babele»; STRACK- ad esclamare che forse vi sono due divinità.
BILLERBECK II, p. 90. 41 Così soprattutto in MoORE I, pp . 404 s.
217 (l,81) 0.yyEÌ.oc; (G. Kittel) (l,81) 218

nica 42 gli angeli vengono inseriti nelle varietà di opm10ni, è sempre visibile
vicende dell'A .T., senza che questo al- la preoccupazione di subordinare gli
teri il senso dei fatti . Dio si consiglia angeli a Dio. Mentre da Mt. 18,10
con gli angeli prima di creare l'uomo 43 ; · traspare l'idea che gli angeli vedono
gli angeli esprimono la loro perplessità il volto di Dio 50 , nella discussione tan-
circa il sacrificio di Isacco (Gen. r. 56 naitica della cerchia di Akibà si so-
a 22 ,9); compaiono sul Sinai e part e- stiene la tes i opposta (S. Le v. 1,1 ).
cipano alla promulgaz ione della Leg- Ora si sottolinea che gli angeli cono-
ge 44 ; governano l'ordine della natura 45 scono l'arcano e il futuro 0 1 , orn 111 -
e sono guida dci po poli 46 ; guidano e vece che ne sono all 'oscuro 52 , talvolta
proteggono l'uom o 47 e lo assistono nel- che essi lo imparano dai giusti 53 , che
la morte e nel giudizio finale. sono quindi superiori agli angeli. È
Ma la letteratura rabbinica vigila evidente che al fondo di tutte queste
sempre perché gli angeli non oscurino divergenze sta la sempre perentoria
in qualche modo il governo di Dio . esigenza di ribadire la subordinazione
Anche gli angeli dei nemici di Israele degli angeli a Dio.
devono sottomettersi alla sua volontà 48 • Questa tendenza generale dell'ange-
La partecipazione degli angeli alla lologia, insieme alla concezione tradi-
creazione non infirma il fatto che an- zionale della divinità , si riflette nei
ch'essi hanno avuto origine nei sette rapporti fra l'uomo e l'angelo. Per
giorni della creazione 49 e che anzi Dio comune ammissione gli « angeli pro-
crea e dissolve quotidianamente nuovi tettori » e gli « angeli guida » sono i
angeli per la sua gloria ( Gen. r. 78 a ministri della benevolenza e della pro-
32,26; b. Ha?, . 14 a). Pur nella grande tezione di Dio , specialmente verso i

42 Il fatto che non si parli degli angeli pp. 437 ss.; . SCHLATTER, Komm. Mt., p. 551.
nella Mishnà si spiega col carattere sostan- Inoltre ~ coli. 228-229.
zialmente halachico di essa; tant'è vero che 48 Gen. r. 56 a 22,9: Dio li lega, ma poi
i Midrashim tannaitici contemporanei non li scioglie i loro lacci.
ignorano affatto. 49 Creazione degli angeli prima del Giar-
43 b. Sanh . 38 b e passim; STRACK-BrLLER- dino di Eden in G en. r . 21 a 3,24 ; che siano
BECK I, p. 203, III, p. 249, 681, 782. stati creati nel secondo giorno si legge in
44 S. Nu. 102 a 12,5 (il riferimento alla Ex. r. 15 a 12,12; Gen. r. 11 a 2,3.
promulgazione della legge deriva dal salmo so ScttLATTER, Komm. Mt., p. 551, cita
citato - 68,18 - in cui è menzionato il a riscontro l'angelo che è far happanim =
Sinai). Inoltre M. Ex. 20)8; Pes. r. 21 cipxwv 'tOV 7tpoO'w7tov, Tanf? (Buber) w't-
(p. 104 a) e passim.; n . 64. Altri esempi in hnn 6, p. 12.
MARMORSTEIN, E.]., p. 643. SI B. Sani;. 38 b.; i. Sanf? 18 a E (STRACK-
45 STRACK-BILLERBECK III, pp. 819 s . BrLLERBECK I, p. 961).
46 STRACK-BILLERBECK III, p.1224 (indice). s2 4 Esd. 4,52; b. Sanh. 99 a.
47 Per il concetto di « angelo custode » 53 Tanf? blq 14; Tanh. (Buber) blq 23,
cfr. STRACK-BILI.ERBECK I, pp. 781 ss. , III, p. 145; j. Shab. 8dM.
219 (I,81) éiyyEÀ.oç (G. Kittel) (I,82) 220

giusti. Gli angeli - soprattutto Miche- che in sé po teva adombrare tanto un


54 55
le - intercedono presso Dio a fa- essere u mano quanto un angelo del
59
vore degli uomini, presentano a lui le cielo . Il passo mostra come i vari
preghiere di tutte le sinagoghe e le significati della parola potessero inter-
pongono sul suo capo come una co- secarsi. Bisogna anche t ener conto che
56
rona . Ma l'autentico pensiero gi u- sul! ' identificazione dell' « angelo del-
57
daico è stato sempre consapevole l'allean za » col Batti sta possono avere
che la preghiera è, in ultima analisi, influito quei particolari aspetti dcl con-
un rapporto diretto fra l'uomo e Dio. cetto di « a nn unzio }) che abbiamo espo-
« Quando un uomo è nel pericolo e sto nei precedenti articoli sulla radice
nel bisogno non invochi né 1\:Iichele a y yE),- . Questo cxyyEÀoç dell'alleanza
né Gabriele, ma soltanto m e, e io gli (: il precursore, il b attistrada , il porta-
risponderò ! » (j. Ber. 13 a). tore dell 'annunzio del Cristo (col. 151 ).
Che il termin e ayyùoç in genere
non ve nga riferito ad un messaggero
D. a: yyEÀ.oç N E L N . T.
umano , non è un fatto casuale, bensì
1. L'accezione di messaggero uma- è conseguenza d cl fatto che la parola
no è scarsamente attestata nel N.T. significava ormai soprattutto «l'angelo».
Gli esploratori mandati da Giosué a Il messaggero umano è indicato spes-
Gerico (lae. 2,25) , gli inviati del Bat- so con semplici perifrasi , come 1te:µcp-
tista a Gesù (Le. 7 ,24) e i discepoli che iMç (Le 7,10 ), &1te:cr-r~Àµtvoç (Le.
per ordine di Gesù vanno nel villaggio 19 ,32 ). Sovente poi gli « inviati » sono
dei Samaritani (Le . 9,52) sono gli unici gli stessi che di solito vengono definiti
èiyye:ÀoL di uomini menzionati nel N.T. a1t6o'-roÀoL e µ~i}ryml (Mt. 10,5.16;
In Mt . 11,10 par. (cfr. Mc. 1,2) 11 ,2, Mc . 6,7 e passim).
Gesù, richiamandosi alla profezia an-
ticotestamentaria 58
, definisce il Batti- 2. a. - Per gli uomini del N. T . ri-
sta come l'angelo dell'alleanza che pre- mane pacifica la concezione antico-te-
cede il giorno del Signore, applicando stamentaria e giudaica degli angeli co-
alla concreta persona di Giovanni, mes- me rappresentanti del mondo celeste
saggero di Dio, lannunzio profetico e messaggeri di Dio. Gli angeli rap-

Tg. Iob. 33,23; Test. XII : L. 5, D . 6;


54 s7 Secondo BoussET-GRESSMANN, pp.330 s.
;. Qid. 61 d M; b. Shab. · 32 a (STRACK- all a religiosità popolare non fu estraneo il
BILLERBECK II, p. 560 s.). culto degli angeli.
55 W. LUEKEN, Michael (1898). ss È evidente che la citazione di Mal. 3,1
56 Ex. r. 21 a 14,15; recano inoltre le risente anche di Ex. 23,20.
buone opere (g. Bar. 11 ss .) e i misfatti 59 ~ n . 18; cfr. ora O. HoLTZMANN,
(Hen. 99,3). A.R.W. 29 (1931), pp. 1 ss.
221 (l,82) 6.yyù.oc; (G. Kittcl) (l,83) 222

presentano l' « altro » mondo 6'l: Heb. senso cristiano la tradizione suddetta
12,22 ; 1 Tim. 5,21. Somigliare ad essi (~ n . 44) accogliendo forse anche il

vuol dire avere in sé qualcosa di cele- suggerimento di concezioni degli ay-


yd,oL estranee al giudaismo e al cri-
stiale (Act. 6,J 5) ; chi è equiparato agli
stiane simo (coll. 200 - 202). In Act.
angeli è come se fosse equiparato a 7 ,38 , invece, che esprime probabil-
Dio (Gal. 4 ,14). Essere «uno spetta- mente la convinzione della cristianità
colo per gli angeli » signi fìca essere giu cbica prcpaolina , la partecipazione
spettacolo per gli abitatori ciel ciclo: angelica non è affatto considerata come
1 Cor. 4 ,9 61. dc mento n egativo. Anche I udae 9 si
richi'1rna alb tradizio ne giudaica 65 del-
la lotta di Michele ( ~ à.pxayyEÀoç)
Il N.T. non si di scos ta poi dal giu- col dia vo lo intorno al ca davere di
daismo quando riev oca le appari zioni
Mosé, mentre già in 2 P et. 2 ,11 non
degli an~eli riferite dagli autori antico- se ne fa parola , forse perché non era
testamentari e giudaici: così Heh. 13 ,2 desc ritta in un libro canonico dell'A.T.
adombra la visita di angeli ad Abramo La lettera di Giuda vuol sottolineare
(Gen. 18) e a Lot (Gen _ 19) 62 ; in
soprattutto che nemmeno l'arcangelo
A ct 7,3 0.35 si parla dell'apparizione osa arrogarsi il giudizio che spetta a
dcli ' angelo a Mosé (Ex. 3 ,2 ) 63 ; spesso Dio ( Èm-rq1-fio-o:.L CTOL xvpwç ). Si ri-
si accenna agli angeli come promulga-
cordi infine , nella parabola del ricco
tori della L egge (A ct_ 7,53; G al. 3,
Epulone, l'idea eh gli angeli, come in -
19 ; I-leb . 2,2). v1at1 di Dio , conducano il morto nel
L'idea della presenza degli angeli seno di Abramo (Le. 16,22).
nella promulgazione della Legge tra-
spare già dal testo dei LXX in Deut.
h. - Per la cristianità primitiva
33,2. Pes. r. 2,21 la riporta ad una
antica tradizione. Il compito degli an- Gesù è la presenza di Dio e del suo
geli è variamente inteso 64 , ma è sem- regno. È per questo che la più antica
pre considerato un elemento Jella narrazione ce lo presenta accompagna-
grandezza della Legge . Secondo Gal. to dagli angeli specialmente nel natale
3,19, Heb. 2,2, invece, il fatto che e nella resurrezione. Nel corso della
sia stata promulgata « solo » dagli an-
vita di Gesù gli angeli compaiono per
geli è un segno di una relativa infe-
riorità della Legge: si tratta di un servirlo solo in particolari momenti
pensiero non giudaico che corregge in (durante le tentazioni, Mt. 4,11 par.;

60 Il mondo nel quale non ci si sposa, I , 196; la discussione dei rabbini in occa-
Mc. 12,25 par. sione del matrimonio del figlio di Rabban
61 L'idea presente in Hen. slavo 62 ,12 si Gamaliele II si legge in b. Qid 32 b.
accompagna ad un'immagine preiletta dagli 63 Cfr. Ex. r. 2 a 3,2 a A.
stoici (Sen., Prv. 2,9; L1ETZMANN, a. l. A. M Tutti i passi della tradizione e le varie
SCHWEITZER, Die Mystik d. Ap. Pls. , 1930, interpretazioni sono raccolti in STRACK-BIL-
p. 149). 1.ERBECK III, pp . 554 ss.
62 Cfr. Philo , Abr. 107 ss .; Iosephus , Ant. 65 Per i rapporti con Ass. Mos. cfr.
223 (1,83) riyyEÀoç (G. Kittel) (l,83) n.1

nel Getsemani, Le. 22,43 ), ma il loro 13 ). Manca in queste narrazioni una


intervento è sempre possibile (Mt. 26, pluralità di individui angelici, un inte-
5 3) e per gli evangelisti è una confer- resse angelologico indipendente da Dio.
ma della divinità di Cristo; lo dimo- Un vigoroso rilievo è dato alla par-
stra I o. 1,51 che, richiamandosi alla tecipazione attiva degli angeli alle vi-
scala di Giacobbe 66 , presenta il Figliol cende escatologiche. Secondo le parole
dell'Uomo circondato dagli angeli, sim- stesse di Gesù, essi accompagnano il
bolo del suo legame con Dio. Ma non Giudice, agiscono con lui e per lui 68
meni:> significativo di ciò che la tradi - e assistono al giudizio (Le. 12,8 ss .).
zione attesta è ciò che eSS<l tace. Ac- La medesima concezione traspare dalle
cenni a un'azione autonoma degli an- lettere di Paolo (2 Thess. 1,7; cfr.
geli e a una descrizione del loro aspet- 1 Thess. 4,16). L'Apocalisse esprime
to si riscontrano almeno nelle parti più la radicata convinzione della cristianità
recenti della narrazione evangelica (Mt. primitiva, facendo largamente interve-
28,2 ss.) 67 ; ma in complesso i Vangeli nire gli angeli nelle vicende apocalit-
non riferiscono né un gran numero né tiche e dando ad ognuno un aspetto e
una grande varietà di apparizioni an- una funzione.
geliche. Gli angeli, quando non ser-
vono direttamente Gesù, sono sempli- Nel rabbinismo manca quasi com-
ci annunziatori delle decisioni divine. pletamente l'idea di una partecipazione
degli angeli al giudizio 69 , mentre gran-
I racconti della nascita in cui soprat-
deggia quella della partecipazione di
tutto hanno parte gli angeli , si limi- Israele 70 • Invece è un motivo ricor-
tano a fare intervenire Gabriele (Le. rente nell'apocalittica che gli angeli
1,26 ss.) oppure l' « angel~ del Signo- non soltanto assistono al giudizio, ma
re» (Mt. 1,20 ss.; 2,13; Le. 1,11 ss.; vi collaborano attivamente. Anche nel-
2,9), noto dall'A.T., al quale si ag- l'apocalittica gli angeli non accompa-
gnano il Messia 71 , come invece pre-
giunge come semplice elemento corale
suppone e sottolinea vigorosamente il
il nÀ:i'jitoc; c;"pa"t'téiç ovpavlou (Le. 2, N.T., nel quale gli angeli sono per il

ScHURER III, pp. 294 ss.; WINDISCH Jd. a.l.,- 13,39.49, il Figlio dell'uomo viene con i
LuEKEN, pp. 120 ss. suoi angeli (Mt. 16,27), con gli angeli santi
66 Cfr. JoACH. }EREMIAS, Angelos 3 (1928) (Mc. 8,38, cfr. Le. 9,23; Mt. 25,31), manda
pp. 2 ss.; H. OoEBERG, The Fourth Gospel i suoi angeli (Mt. 13,41; 24,31; Mc. 13,27).
(1929), pp. 33 ss.; H. WrNDISCH, Z.N.W. 30 69 Cosi anche STRACK-BILLERBECK I, pp.
(1931), pp. 215 ss. 672 s.; solo Tan~. sftjm, 9 = Tan~. (Bu-
67 Le vesti bianche Mc. 16,5; Le. 24,4; ber) Sf!im 10, p. 32.
Io. 20,12; Act. 1,10 non sono un particolare 10 Midr. Ps. 8 § 1; Per. Kah. 187 a
descrittivo, ma simboleggiano la trascendenza (STRACK-BrLLERBEK I, p. 672 nota).
della oo!;a. angelica. Cfr. Lc.2,9; Mc.9,3 par. 11 Esempi in STRACK-BrLLERBECK I, pp.
68 Gli angeli saranno i « mietitori » Mt. 973 s.
225 (l,84) éi.yyEÀ.oç ((;. Kittel) (I,84) 226

Figlio dell'Uomo e Cristo i « suoi » con 27,23: l' a.yyEÀ.oç reca semplice-
angeli, come lo sono per Iddio (Mt . mente l'annunzio, che nel primo passo
16,27 e passim, ~ n . 68 ; cosl pure è fatto direttamente da Dio .
in 2 Thess. 1,7: Év 'tfj O:rcoxaÀ.vtVEL
'tOU Kvplov 'll)O"OV a1t' oùpavou µE't &.y-
1 c. - È evidente perciò che tutto il
yÉÀ.wv -rfjç 8uvciµEwç mhov). pensiero neotes tamentario esclude qual-
Perciò secondo la concezione <lei siasi equiparazione t ra gli angeli e Cri-
primi cristiani gli angeli di Dio agi- sto. Il Messia non è un essere ange-
scono sostanzialmente al servizio di lico, nemmeno di ordine superiore;
Cristo e della sua missione . Essi sono come « figlio » ha origine e d ign ità
À.Ev-rovpyLxà. 1tVEuµa'ta. Elç OLaxovlav diverse, (Mc . 13 ,32 par.; Heb . 1,4 ss.).
Ò:1tOO"'tEÀ.À.6µEVoL OLà. -roùç µÉÀ.Àovi:aç Questo dato di fatto non è minima-
XÀ.l]povoµE~V O"W't'l')plav (Heb 1,14) 72 , mente infirmato - come dim os tra an-
O"uvoouÀ.oL 'tWV aOEÀ.q>wv 'tWV ÉXOV'tWV che laccostamento dei due concetti
1
'tÌ)v µap'tvplav 19,10).
l'l')O"ou (Apoc. nella lettera agli Ebrei - dal BPrxxu
Partecipano quindi attivamente ai fatti 'tL 7ta.p' ayyÉÀ.ovç ÉÀ.a.'t'tOVO'lJa.L, che
della redenzione, come attestano non si compie con la morte di Gesù; anzi
solo i loro inni escatologici ( Apoc. quest'ultima affermazione ribadisce pro-
5 ,11 ss .; 19,1 ss.) e natalizi (Le. 2,14), prio l'assoluta diversità e superiorità
corrispondenti a I s. 6,2 ss. ma anche della missione di Cristo. È probabile ,
la loro xapci per il pentimento e la piuttosto, che il forte rilievo che nella
salvezza del singolo (Le. 15,10). lettera agli Ebrei è dato alla differenza
Identico al presupposto della parte sostanziale fra il Cristo e gli angeli,
avuta dagli angeli nella nascita e alla derivi anche dalla necessità di ribadire
resurrezione, è anche quello del loro l'antitesi fra la predicazione neotesta-
intervento nella storia della Chiesa mentaria del Cristo e le varie conce-
apostolica descritto in vari passi degli zioni dell' « inviato » e dell' « annun-
Atti degli Apostoli . Anche in questo zio » che circolavano nell'ambiente re-
caso è sempre I' ayyùoç 'tOv 1'Eov o ligioso contemporaneo (~coll.151 ss .).
'tOV xuplov che agisce a favore degli Deriva di qui la tendenza, avverti-
Apostoli (5,19; 12,7 ss.), annunzia loro bile soprattutto in Paolo, a sminuire,
la volontà di Dio o del KupLoç (8,26; in certa misura, il valore dell'angelo-
10,3 ss.; 27 ,23) o punisce il nemico logia . L'idea positiva dell'angelo come
della Chiesa (12,23 ). Il venir meno messaggero di Dio , presente nei Van-
della funzione autonoma dell'angelo ri- geli e anche altrove (come per es.,
sulta, per es., dal confronto di 18 ,9 negli Atti degli Apostoli) , è relativa-

n Cfr. CREMER-KoGEL, p. 23.


227 (I,84) ~'Y)'EÀ.oç (G. K.ittel) (l,85) 228

mente poco sfruttata nelle lettere pao- Pare che le correnti sincretistiche aves-
line che preferiscono mettere l'accento sero in parte disancorato la credenza
sulla superiorità del Cristo rispetto agli negli angeli dall'idea di Dio , alla qua-
angeli. Per questo si capisce come la le, nel pensiero ortodosso, essa era
partecipazione angelica alla promulga- indissolubilmente connessa e nettamen-
zione della legge, da segno di gran- te subordinata . Gli a:yyEÀ.OL possono
dezza possa diventare un segno del essere i}p6voL, xupLO'tTJ'tEc;, &.pxcxC, ۍou-
minor valore dell a legge stessa (Gal. cri'.a.L (Col. 1, 16 ); possono perciò es-
3,19; H eh. 2,2 ; ~ col. 221 ), qu ando sere anche annoverati tra le forze che
venga commisurata al valore assoluto insidiano gli uomini (Rom. 8,38). Si
del sacrificio di Cristo. Ma dalla con- tratta di quegli angeli degli elementi
sapevolezza di essere unito a Cristo de- e della natura comunemente ammessi
riva anche, in Paolo, la convinzione nel giudaismo 73, che, per un processo
che la sua missione è superiore a qua- di autonomizzazione, divengono forze
lunque mission e di un èiyyEÀoc; Èç'où- non divine, ma demoniache ; possono
pcx.vov (Gal . 1,8) e che il carisma del- essere anche gli dèi pagani associati in
1' &.yci'TtTJ val più di tutte le y Àwcrcrm parte agli « angeli dei popoli », ai guaii
-rwv àyyÉÀwv (1 Cor. 13 ,1). Come il Dio ha subordinato i popoli del mon-
Figlio così, con lui e per mezzo di lui, do 74 . A Paolo non interessa negare
anche il credente è qualcosa di più e l'esistenza di questi esseri, ma soltanto
di diverso da tutte le gerarchie ange- affermare che Cristo ha completamente
liche. Quello che è stato partecipato e definitivamente debellato la loro po-
al credente, Èmi}uµovcnv èiyyEÀOL 'TtCX.- tenza . Quello che si compirà alla fì.ne
pcx.xv~m (1 Pet. 1,12); non gli angeli, dei tempi o"t'cx.v xcx.-rcx.py-ficr11 7tficra.v
ma la stirpe umana è stata redenta &,pX"IÌV XCXL 'Tt5..0"CX.V Èsouafav XCX.L OUVCL-
(Heb. 2,16). µLV (1 Cor. 15 ,2 4), come tutte le real-
tà escatologiche, è già possesso attuale
3. L'insistenza con cui Paolo riba- del credente , nel suo 'TtÉ'Ttrnrµcx.L (Rom .
disce l'inferiorità degli angeli rispetto 8,38).
alla realtà del Cristo ha indubbiamente
4. Angeli decaduti ~ òaliiwv.
anche un accento polemico contro le
angelologie gnostiche . In effetti Col. 5. L'idea dell'angelo custode, o me-
2,18 non può essere spiegato che con glio dell'angelo-guida e servi tor e pro-
l'intento di combattere il culto degli viene dal giudaismo 75 , che ne aveva
angeli nelle chiese fondate da Paolo. però da gran tempo dimenticato il fon-

73 STRACK-BILLERBEC K III , pp. 819 ss. 75 STRACK-BILLERBECK I, pp. 781 ss., III,
'74 STRACK-BILLERBECK III, pp . 48 ss. pp. 437 ss. ~ n. 47 .
229 (I,85) i'i:yyEÀoc; (G. Kittel) (I,86) 230

76
<lamento animistico • Act. 12,15 pre- ma esegetico è posto dagli &yyEÀ.OL
suppone l'iJentità fra l'aspetto e la 'tWV É.7t'tà. ÈxXÀ.TJO'LWV di Apoc. 1,20;
VOCe deJl' a:yyEÀ.oç e queJJi dell'uomo 2 s. Le sole interpretazioni che abbiano
che gli è stato affidato n. In Mt . 18,10 qualche fondamento sono quelle che
l'accenno agli angeli ._eiv µLxpwv 'tOV- intendono questi esseri o come vesco-
81 82
'tWV, che vedono continuamente il vol- vi o come veri e propri angeli •

to di Dio, vuol mostrare l'amore uni- La seconda interpretazione sembra più


versale del Padre, per il quale anche probabile , perché nell'Apocalisse gli
questi !lLXpol sono importanti, e di él.yyE).o~ sono sem r rc gli angeli in sen-
conseguenza la responsabilità degli so proprio. Si aggi11nga che nel N.T.
uomini , per i quali pure essi lo devono si insiste a presentare l'btlO'xorcoç più
7
essere 1l. La prescrizione circa il segno come membro della Chiesa, che non
della ~ Ét;ovD'la., che la donna <leve come il capo di essa; mentre, iden-
avere sul capo OLà. 'toùc; à:yyO..ovc; tificando l' &yyE).oc; col vescovo, que-
(1 Cor. 11 ,10), va forse intesa come st' ultimo risulterebbe appunto capo
una misura precauzionale contro i de- della chiesa, in base al parallelismo
sideri erotici degli angeli, immaginati delle immagini: chiesa/ candelabro, &y-
secondo certe concezioni fondate su yEÀ.oc;/ stella. Anche per questo mo-
79
Gen. 6,1 ss. ; ma è più probabile che tivo è molto più probabile che gli
essa sia diretta a facilitare l'adegua- èiyyEÀ.oL siano invece gli angeli rap-
mento degli angeli alla condizione del- presentanti e tutelari delle Chiese. Si
80
la persona a loro affidata , come nel ricordi a questo proposito l'idea giu-
83
giudaismo è viva la preoccupazione di daica degli angeli dei popoli e di Mi-
84
adeguarsi convenientemente agli ange- chele angelo di Israele , ma soprat-
li custodi (:. Ber. 60 b), concepiti an- tutto la concezione, presente in tutta
ch'essi come tutori della pietà (b l'Apocalisse, degli angeli come media-
Shab. 119 b ). Un particolare proble- tori dell'azione divina .
G. KrTTEL
76 BoussET-GRESSMANN, p. 324. DORN, Apk., p. 38 s. ; STRACK - B1LLERBECK,
77 I passi paralleli in STRACK-BrLLERBECK III, p. 791.
II , p. 707. ZAHN, Komm. Ag., p. 391 , n. 49, s2 BoussET, Apok., pp. 200 s.; LoHMEYER,
nega, ma senza motivo, che si tratti di an- Apok., p. 18; CHARLES I, pp. 34 s.; A.
geli custodi. ScHLATTER, Erlauterungen wm N.T. a.l.;
78 A. ScHLATTER, Eriauterungen zum N.T. , Gesch. d. ersten Christenheit (1927), pp. 329 s.
a.i. Incerta è l'opinione di CREMER - KoGEL,
79 Cosl già Tert. Virg. Ve!. 7. LIETZMANN pp. 19 ss.
a.i.; EvERLING, pp. 32 ss. 83 STRACK-BILLERBECK IV, p.1224 (indice).
80 Cfr. G. K1TTEL, Rabbinica (1920), pp. 84 BoussET-GRESSMANN, p. 327; STRACK-
17 ss.; STRACK-BlLLERBECK III , pp. 437 ss. BILLERBECK III, p. 813. Soprattutto LuE-
81 Vedi soprattutto ZAHN, Komm. Apk., KEN, op. cii.
pp. 209 ss .; N.k.Z . 37 (1926), p. 758; HA-
231 (I,86) ay-yE). or:, (G . Kittel) (l,86) 232

testamentaria e giudaica degli e arcan-


geli ' sta la tendenza ad attribuire fun-
L' A.T. conosce già in Ios. 5,14 zioni particolari e preminenti nonché
l'àpxL<r'tpa:nJYoc; 8uvciµEwç xuplou. In una precisa individualità a un certo
Dan. 10,13; 12,1 Michele è dc; 'tW\I numero di angeli . È un tratto carat-
tXPXO\l'tW\I oppure Ò ayyE).oç (E): ap-
teristico del N .T., invece , la mancanza
XW\I) 6 µÉyrxc;. Un accenno a sette
angeli particolari si trova per la prima di ogni interesse in questo senso. Al
volta in Ez. 9 ,2 ss . 1 ; e poi in Toh. riguardo è indicati va la stessa spora-
12,15 ; Test. L. 8 ; Hen. gr. 20 ; T g_ ]I dicità con cui gli autori neotestamen-
G en_ 11,7 ; Apoc. 8,2.6 (cfr. 1,4.20; tari parlano degli angeli. Soltanto nel-
3,1; 4,5; 5,6). In altri scritti gli an- 1' Apocalisse si accenna - senza però
geli particolari sono sei: l-len. aet h. 20;
usare la parola à.px<iyyEÀOL - a una
T g. ]I Deut.34,6 e anche quattro : Hcn_ , ,
aeth. 9,1 e passim,- Sib_ 2 ,215 ; Pes r_ pluralità di esseri angelici E\IW'JtLO\I
46; STRACK-BlLLERBECK III p. 806 2 _ 'tou i}Eov ossia in funzione di cornice
li vocabolo manca nei LXX ma si trova della teofania e di esecutori dei voleri
in Henoch gr. 20,8 ; 4 Esd. 4,36; nella divini. Paolo menziona una sola volta,
preghiera di Giuseppe (b Or. ]oh . II in 1 Thess. 4 ,16 la <pwvi'J tipxayyÉÀ.ov
25) e in Filone che indica con esso il
che risonerà nella parusìa; ma il nesso
Logos (Conf- Ling. 146; Rer. Div.
Her. 205). La parola e il concetto si preposizionale con la venuta del XUpLoc;
ritrovano poi nella letteratura gnostica ( Év ha valore concitativo ) toglie a
di carattere magico 3 e in Giamblico il questa «voce dell'arcangelo », come
neoplatonico (My st. 2,3 r- 70,10 Par- alla O'aÀ. m y!; fri::ou che risonerà con-
they) per indubbio influsso giudaico- temporaneamente ad essa, ogni fun-
cristiano. Nell'iscrizione del teatro di
zione autonoma. Anche l'arcangelo è
Mileto (C.I.G. 2895) l'invocazione agli
àpxciyyEÀ.oL è una tardiva formula di se' 1 una figura della schiera celeste
scongiuro cristiana 4 • che accompagnerà il Cristo nella sua
ultima venuta. Per quanto riguarda
Alla base della concezione antico- I udae 9 ~ col. 222 .

d.pxi:iyyEÀ.oç Ii babilonesi, al centro delle quali sta il dio


NiiGELI, 48,72. scrivano Nabu.
LUEKEN, op. cit. 2 Per i nomi attestati degli arcangeli dr.

EVERLING, pp. 79 ss. BoussET-GRESSM., pp. 325 ss .; STRACK-BIL-


BoussET-GRESSM., pp. 325 ss . LERBECK III, pp. 805 ss.
E.]., VI, p. 632 s: 3 PREISENDANZ, Zaub. IV, p. 1203; V-VI,
I Sei uomini e un settimo con il materiale p. 257; XIII, pp. 744, 929, 973.
dello scriba. H. GuNKEL, A.R.W . 1 (1898) 4 Così sostiene il DEISS ANN, L. O., pa-
pp. 294 ss. li fa derivare dalle divinità astra- gine 393 ss .
233 ( T,87) cXjLO<; (0. Procksch) (I,87) 234

t Lerci yyEÀ.oc; Graec. et Latin. I , 26,10 cfr. 18:


del sec. V d. Cr .).

È un composto, <li uso piuttosto Nel N .T. si legge soltanto in Le.


raro, sul tipo di tcr6Drnc;, i.ao0a.crLÀ.cuc;. 20,36: i risorti non conosceranno la
Si trova in lambl. IIEpì, t!Jvxfic;; Stob .,
morte e non avranno rapporti sessuali,
E cl. I p. 457 ,9 W.; Hi erocles, Cann
Aur. 49 p. 44,9 Mullach ; in una iscri- ma saranno simili agli angeli (Mt. 22,
zione tombale cri stiana (Kaibel p. 542, 30; Mc. 12,25 : wc; èt.yyEÀ.OL èv -i-Q
6 s. ). E spressioni equ iv ~1lcn ti sono: ovpa.vQ). Cfr. però anche A ct. 6 ,1.5:
i'.aoç ò:.yyÉÀ.o Lç ycyov<;Jç (detto di Abra- (~O"d 7tp00'(,Ji':OV Ò:.yyO,ov.
mo dopo la sua morte: Phil o, Sacr.
A c. 5 ); c'.0amp a yyEÀ.oc; ikov P. G. KITT E L

&yLoc;, à.yLcisw, àyLa.aftéc;,


à.yLO'tY]c;, àyLWO"UVY]

La famiglia delle parole greche facen- A. MONDO GRECO ED ELLENISTICO


ti capo aJla radice ày- è molto ricca,
nel greco biblico - in cui essa acquista L'antica parola greca &yoc; indica
un particolare significato e rilievo - ciò che suscita un sacro timore (WIL-
LIGER, PASSOW) sia come oggetto di
è rappresentata da O. yLOc;, à )'Lci.SELV,
venerazione (Horn., Hymn . Cer. 479:
àyLa.O"µoc; , tX)'LCt.CT'ti)pLOV , àyLO't1)ç ,
µÉya. yci.p 'tt. llEwv &yoc; tcrxci.vEt. aù-
ayLWCTUVY], e da à.yvoc;, àyvlsnv, ò-fiv) sia di maledizione ( Aesch.,
&yvLcr1.m , àyvLaµ6c;, àyvcla., àyvon)ç 1 Choeph. 154 s.: à.7to'tpo7tov &yoc; Ò:.7tEu-

UjLOç (1930).
J. CHR. K. voN HoFFMANN, Seri/ tbeweis I U. BUNZEL, Der Begriff der Heiligkeit im
( 1857), pp. 81 ss. A.T. (1914).
G. MENKEN, Schriften (1858) III, pp. 305 ss., ELssEL, Der Begriff der Heiligkeit im N.T.
VI , pp. 46 ss. ( 1887).
L. DIESTEL, D ie Heiligkeit Gottes, Jahrb. J. Hii.NEL, Die Religion der Heiligkeit (1931).
f. prot. Theol. (1859), pp. 3 ss. CREMER-KOGEL, pp. 36 ss.
W. W. GRAF BAUDISSIN, Studien zur semi- PAssow, s.v. &ywç.
tischen Religionsgeschichte II ( 1876). I È ammessa in genere, ma non da tutti,
G. WoBBERMIN, R eligionsgeschichtliche Stu- (cfr. BorsACQ, s.v. dyt.oç) la connessione fra
dien (1896). &ytoç e il sanscrito yai = 'sacrificare' (cfr.
A. FRIDRICHSEN, Hagios-Qadof, Skrifter av d.l;E-.at. = scr. ya;ati ' egli sacrifica ' -
Videnskaps Selskabet II, 3 (1916). d.yi.oc; = scr. ya;yaf; 'venerabile'. -
E. WILLIGER, Hagios, R.V.V. 19 (1922). ò:1v6ç = yajfial; ' sacrificio '. Debrunner ).
H . LEISEGANG, Der Heilige Geist I (1919); Mentre però in sanscrito prevale l'accezione
Pneuma Hagion (1922). sacrificale, in greco predomina quella sa-
R. AsTING, Die Heiligkeit im Urchristentum cramentale.
235 ( I,87) ayLoc; (0. Pwcksch ) {I,88) 236

XE'tOV, cfr. Soph. Oed. Tyr. 1426). riferimento a1 santuari orientali (l.G.
L'aggettivo ày-fiç (Diels 4 I, p. 160, XII l , 694, 14 : tv -refi ~Ep<{) -rQ ciytw-
12 ss.; 244 ,3) si avvicina al significato -rtl.-rtp, DlTT. Syll 3 768, 16: 't'WV LEpWV
di xai)ap6ç ' puro '. Questo significato,
'tWV àyLW'ttX'tC.VV).
a cominciare dai tragici attici, si è
fissato soprattutto nei derivati di ciyv6ç fo epoca ellenistica ayLO<; è usato
che, a sua volta, risale all'aggettivo anche come epiteto degli d è i •, soprat-
verbale 2 • Il verbo a.1~w ' avere orrore ', tutto Ji quelli egizi e siri e in genere
usato per lo piì1 al medio &.soµcn (per orientali come lsick , Serapidc , 13aal
es. Soph., Oed. Col. 134) non si trova (per esempio DtTT . Or. 620,2: tuì.
nel greco biblico.
ày•'.<t-1 BEEÀ.0ca-wpr{-l [Gerasa], 590 , 1 s.:
Il primo esempio sicuro dell 'agget- 8Er{) àylt~J Ben xa.L bsq. "Hpq. [Beirut]).
tivo èiyLoç si trova in Erodoto, dove Quest 'uso ha un riscontro nel culto
è riferito a un luogo di culto ( 5 ,119: romano m cui le divinità siriache han-
µÉya TE X<XL ayLOV iJ.),a-oç - anch e no l'attributo di sanctus = ayLO<; 5
.

2 ,41.44 ). Platone distingue i xcxxà ... Sembra però che l'uso di &ytoç tìyLw-
OLCXq>Ep6v-rwç cxv µEytl.À.cx, lha.v dc; -i-a.-i-oç in riferimento alle divinità gre-
6
Ol)µo<Tta. xa.1. &yLa (se . yl yvwv-rcxt) che sia inval so solo più tardi . Nella
(Leg. X 884 a) . Demostene riferisce grecità corretta ayLO<; non è mai rife-
l' aggettivo ai templi: v'ltEP -rol vvv rito agli uomini addetti al culto; m
à.ylwv xa.1. <TEµvwv Ì.Epwv (59,77) e vuol questo senso è usato ciyv6ç,.
distinguere ~wµol, oì. µÈv xtiÀ.À.LO-'tOL Ricordiamo inoltre l'uso di ayLOç
xa.ì. à:yLW't!l.'tOL EV aù-i-fj 'tTI IJ;vxn -rfj in riferimento a cerimonie religiose e
ExtXIT'tov xa.1. 't'TI qiua-n, oi. oÈ xaì. xowfj soprattutto ai misteri (per es. Ari-
't'Oi:ç milTL 't'Lµav 1.opvµÉVOL (25,35: i stoph., Nu . 304: Év •EÀE-ra.~ç ciylcxtç,
templi più belli e più sacri non sono Demost. 25,11: -i-à:; à:yLw-i-rhaç -i}p.~v
quindi accessibili a tutti). Pure Iso- -i-EÀ.E-ràç xcx-ra.odt,a.ç, ecc).
crate parla degli d:ytW'tet.'ta. -rwv Ì.Epwv L'uso di ayLO<; diventa più frequen-
3
(Areop. 29) • Le iscrizioni ellenistiche te in epoca ellenistica. Su ciò ha in-
confermano quest'uso soprattutto in dubbiamente influito il concetto orien-

2 BRUGMANN-THUMB, Griechische Gram- da Erodoto ( KROLL) è controversa. Altri esem-


matik (41913), p. 223. pi in fRIDRICHSEN, p. 44.
3 Pausania (WoBBERMIN, pp. 62 ss.) scri- 4 'JO°ILLIGER , p. 81.
ve a proposito del tempio dei Cabiri presso s CuMONT, Die orientalischen Religionen
Tebe: ov-tw µèv -tò tEpòv -rou-r6 Èo'"t'W È!; (31931), p. 266, n. 65 . fRIORICIISEN, p. 30.
à.pxijc; iJ.yLov (IX 25,8) e del santuario di DELEHAYE, Sanctus (1927, pp. 22 ss .).
Titorea: tEpòv "Icnooc; ciyLw-ra-rov (X 32,13 ); 6 WrLLIGER, pp. 82 s. Scherzoso è l'uso di
a differenza di Erodoto egli usa spesso il cl.y~oc; in riferimento agli animali (Aristoph.,
superlativo (WILLIGER). La sua dipendenza Av. 522; Antiph., Lyc. 147; C.A.F. II, p. 80).
237 (I,88) c'iywc:; (0. Procksch) (l,89) 238

tale di ' santità ', presente soprattutto qds esprime la caratteristica fondamen-
nella versione greca dei LXX. In essa tale di tutto ciò che ha attinenza al
<iyLoc; traduce l'ebraico qdf in tutta la culto, thr indica la disposizione neces-
saria per compiere i riti sacri, ossia
sua gamma di sfumature, per cui il
la purezza. Nel ' sacro ' è sempre con-
significato biblico di CiyLoc; è sempre tenuta un'energia che manca nel ' pu-
fondamentalmente semitico-ebraico. ro '. Tanto qdf che thr rientrano nella
sfera ' religiosa ', non però in quella
B. IL CONCETTO DI ' SANTITÀ' NEL-
morale , perché, a differenza della reli-
gione, la moral e ha origine umana e
L' A. T.
non divi1u. Soltanto la progressiva spi-
ritual izzazionc dcl pensiero ha op e raro
La radice qds probabilmente non è un congiungimento fra il mondo etico
di origine proto-ebraica, ma cananea, e e quello religioso .
proviene quindi da un ambiente religio-
so estraneo, mentre la radice proto- Fin dalle origini qds ha sempre
ebraica hrm è passata a significare 'ban- avuto uno stretto rapporto con il culto.
dito', 'cacciato', assumendo così un' ac-
Tutto ciò che è in positivo rapporto
cezione negativa. L'etimologia di qds
non è sicura. È da escludere, perché con il culto: Dio, uomo, cose, spazio,
contraria ai principi della fonetica semi- tempo rientra nella sfera del qdS.
tica , una parentela con hds, che veniva Il sostantivo qodd, analogamente
affermata per l'addietro. Il Fleischer alle forme tohar, 'odem, godet, ecc.,
invece ha pensato con ragione alla indica sempre una condizione, non una
radicale qd ' separare ' 1, sicché il si-
azione, ossia esso non indica la con-
gnificato di qds sarebbe quello di ' se-
parato ' dal profano. Il termine oppo- sacrazione, ma la santità. Nel Genesi,
sto è hl, 'profano' (1 Sam. 21,5 ss.; dove il culto ha scarsissimo rilievo, la
Ez. 22,26; 42,20; 44,23 ), ciò che è parola qodd non ricorre, mentre è fre-
' sciolto ' dal sacro. Il ' profano ', a quentissima nella storia di Mosé. Nella
differenza di qds, rientra nella vita teofania del Sinai già la fonte jahvista
comune, anzi, in contrasto con ciò che
usa il termine qodd (Ex. 3,5 'admat
ha attinenza con il culto, coincide in
ultima analisi con il ' comune ' ( XOL- qodes). Lo spazio intorno al roveto
vév ). Strettamente connesso con il con- ardente è terra di santità, come pure
cetto di qd s' santità ' è quello di thr la località di Gilgal, davanti a Gerico
' purezza'; il sostantivo (qodeS: tohar) ; (f os. 5,15); soprattutto sono «luoghi
l'aggettivo (qiid6s: tiihor); il verbo
di santità» Gerusalemme (Is. 48,2;
(qadés: tiihér) presentano le stesse for-
52 , 1; Neh. 11,1.18) e la collina del
me fondamentali . qdf sta a thr come
<iyLoc; sta ad ò:yvéc;. Tuttavia mentre tempio (Js 11,9; 56 ,7 : har haqqodeS)

7 BAUDISSJN, I, pp. 19 ss.


239 (1,89) ayLoc; (0. Procksch) (I,89) 240

con il tempio, (ls. 64,10; 1 Chr. 29,3: Più vario del sostantivo qodes è l'ag-
bét haqqodeJ; dr. Ps. 5,8; 79,1; 138, gettivo qadoS. Mentre qodeJ non com-
2: hékal haqqodeS), e tutto quanto ad porta nulla di personale, qiidos, oltre
esso appartiene: il santo dei santi che al luogo e al tempo del culto
(Ps. 28,2: d'bfr haqqodeJ), le celle (Lev . 6,9.19 ss. e passim), può esser
(Ez. 42,13; 46,19: liskot haqqodeJ); riferito anche alle persone addette al
gli atri (ls. 62,9). Riferito al tempio, culto; invece non è usato per designar
qds assume il significato cli santuario; cose, come i sacrifìci, i vestiti , gli
nello stesso edificio del tempio si di- oggetti ecc. 8 • Tanto Dio che l'uomo
stingue tra il santuario (Ex. 26 ,3 3; nel momento del culto possono essere
Lev. 4,6: haqqodd) e il santo dei santi definiti qados. Tuttavia nel riferimento
(Ex. 26, 34; Num. 18, 10 ). Come a Dio l'elemento cultuale di qèidos vien
il luogo sacro, così esiste anche il meno; si ricordi, a questo proposito,
tempo sacro, detto qi5de5 (ls. 58,13; che gli angeli, chiamati anch'essi tal -
Neh. 10,32: jom haqqodeJ; dr. Ex. volta q'di5Sim (lob . 5,1; 15,15), non
16,23; Neh. 9,14: Jabbat haqqi5de5). sono oggetto di culto. Riferito a Dio,
Si parla poi di doni sacri , ossia delle qadOJ assume il significato di divino
vittime (1 Sam. 21 ,5-7; dr. Lev. 22 , e diventa un attributo costante di
12; 3,11: lef?em qodeS) insieme alle Jahvé (ls. 5,16; 6,3; Hos. 11,9 e
decime (Deut. 26,13 ). Negli scritti sa- passim,· dr. q'dos jiira'él Is. 1,4 e
cerdotali del Pentateuco si nota un passim). L'idea di un Dio personale
uso sempre più frequente del termine ha portato - soprattutto per opera
qi5de5; segno evidente che il concetto dei profeti - a un'altissima spiritua-
anticotestamentario di ' santità ' è sta- lizzazione del concetto di ' santità ' .
to progressivamente ' canonizzato ' dal- Ma anche in riferimento all 'uomo qa-
l'autorità dei sacerdoti. Il termine fi- dos acquista un nuovo significato; nel-
nisce con l'indicare non più una con- l'uomo infatti ciò che è santo confina
dizione, ma una qualità intrinseca ed con ciò che è moralità, senza tuttavia
essenziale di tutto ciò che è inerente identificarsi con esso. Riferito a Dio
al culto; in tal modo anche la legge e all'uomo . dunque, qados assume una
- come il culto - rischia di essere dimensione storica che manca all'im-
considerata materialmente sacra. personale qodes 9 .

8 In Num. 5,17 va letto secondo i LXX qiidos il cananeo qiides, nome di località e
Vliwp xai>apòv t;wv, majlm !'hOrlm l:!aijlm, anche termine cultuale pagano, in quanto
anziché mailm q•doSim. detto degli ieroduli.
9 Bisogna distinguere dall'aggettivo ebraico
241 (1,90) ii:ywç (0. Procksch ) (l,90) 2-1 .2

Infine il verbo (qades) è la forma C. LA STORIA DEL CONCETTO NEL-


più varia dell'intera famiglia . La forma L' A. T.
qal, relativamente rara, indica esclusiva-
mente la santità cultuale, a prescindere 1. Il periodo anteriore ai profeti.
da ogni elemento morale . Invece la for-
ma nif'al, il cui sogge tto è sempre Dio, Fondamentale per la storia dcl con-
indica la manifestaz ione della sua san- cetto di santità è il sos tantiv o qodd,
tità (Js. 5,16; Ez. 20 ,41; 28,22 .25; ma no n tanto nel se nso dì santuario,
36 ,23; 38,16; 39,27; Num. 20 ,13) in cioè in quanto si ri fer isce a I uoghi di
Israele, di contro al mondo pagano. cu lto (sebbene questa accezione sia mol-
Essa dunque non esprime l'ingresso to antica: Ex. 3,5; Ios. 5,15 ), quanto
nella condizione di santità , bensì l'es- piuttosto in quello di santità in riferi-
senza della divina santità. Invece la mento al nome di Dio. Infatti il nome
forma intensiva ha valore incoa tivo: di Dio è l'espressione della sua essen-
mettere nella condizione di santità; za personale presente nel suo san-
essa esprime un'azione di Dio che san- tuar io, nel suo popolo. Riferito all 'es-
tifica davanti al popolo il suo nome senza personale di J ahvé qodes acqui-
profanato da Israele (Ez. 36,23) o sta- sta un significato moral e che al con-
bilisce la santità di I sraele (Ez. 20 ,12; cetto originario ern estraneo. Già
3 7 ,28) oppure dichiara santo il sabato Amos parla di Jahvé che giura per
(Gen . 2,3 ). Ma il soggetto può essere la sua santità ( 4,2 ), ossia per la sua
anche Mosé che santifica il popolo (Ex. essenza più intima , che è opposta a
19,10.14) e Giosué (Ios. 7,13), oppure tutto ciò che è creato e a maggior
Giobbe (lob. 1,5) o Samuele (1 Sam . ragione a tutto ciò che è impuro e
16,5) quando santificano Israele o sin- pecca minoso. Così pure egli vede nella
goli membri di esso. Per indicare l'in- profanazione del nome della santità di
gresso del popolo nella condizione di Jah vé (2,7), oltre che una mancanza
santità è usata la forma media hitpa'el cultuale , anche una grave colpa per-
(los . 3,5; 2 Sam . 11,4: hitqaddes ). sonale dell'uomo. Il concetto di sem
In tutti questi casi il concetto di san- qode5 jh wh è particolarmente frequen-
tità non significa altro che la condi- te negli scritti sacerdotali sia nel « co-
zione di chi può prestar culto. Infine dice di santità » del Levitico (Lev.
la forma causativa ha il significato di 20 ,3; 22 ,2), sia nel profeta sacerdote
consacrare e non indica perciò la ca- Ezechiele (Ez. 36 ,20 ss.). Il motivo del
pacità di prestar culto, ma il passaggio « santo nome di Jahvé » ritorna nei
di una persona o di un oggetto nella Salmi, dove è sempre connesso con la
proprietà esclusiva di Dio. adorazione (Ps. 33 ,21; 103,1 e passim,
24.3 (I ,91) !'i.y~oc, (0 . Procksch) (l ,9L) 244

dr. anche 1 Chr. 16.10.35). Indub- Dio stesso (Lev. 10,3; Ex. 29 ,43;
biamente l'elemento cultuale del con- 22,32; Is. 5,16 ; Ez. 20 ,41 ). Anche
cetto di ' santità ' non è scomparso, nel Padre Nostro l'invocazione &.yLa.-
poiché la teologia dei ceti sacerdotali cn'.h'r~w 't'Ò
ovoµci. crou corrisponde al-
ha un'accentuazione cultuale. Lo stesso 1'uso ebraico di niqdas: è Dio stesso
· nome ' di J ahvé è oggetto delle in- che manifesta la santità del suo nome.
vocazioni cultuali; il culto infatti ('. N e lla teofania del Sinai non solo
possibile solo se si conosce il nome si manifesta il nome di .Jahvé, ma na-
di Dio, che ncll 'A .T. h a in qualche sce anche Israele come « popolo di
modo la stessa fun zione che l'imma- Dio» , unito a lui dal vincolo dell 'al-
gine della divinità ha nelle altre reli- leanza (E x. 24,4-8) ; perciò anche il
gioni . Ma è innegabile che il rilievo rapporto fra Dio e l'uomo, la religione
dato al nome trasferisce la sa ntità dal nazionale, rientra nella sfera della san-
culto di Dio alla sua pe rsona , come è tità. Poiché Dio è continuam ente pre-
particolarmente evidente in Ezechiele sente in mezzo al suo popolo , Israele
e nel Salterio. deve essere un 'am qados ( Deut. 7 ,6;
In tal modo il concetto di santità 26,19; cfr. Ier. 2,3) e non deve aver
si confonde con quello di divinità e il contatti di sorta con i culti e i riti
santo nome di Jahvé vien contrappo- di altri popoli, ma adorare .Jahvé , il
sto a ogni essere creato. In questa Dio unico (Deut. 6,4 ). Nel concetto
linea è anche il concetto di d' bar qodso di 'am qados (cfr. Ex . 19,6: gai qados)
(Ps. 105,42) e di ruah qodso (Is . 63, si fondono indissolubilmente l' elemen-
10 ss.; Ps. 51,13). Il nome, la parola, to cultuale e quello nazionale. Sorto
lo spirito di Dio sono tutti aspetti probabilmente da una anfì.zionia sacra9•,
della sua rivelazione, ma , come qodeJ, al cui centro era l'arca di Dio, Israele
sono in contrasto con tutto ciò che è è, secondo il Deuteronomio, l'unico
mondano e creato, di modo che anche popolo di Dio, in virtù dell'alleanza
la realtà cultuale è quasi assorbita da (Deut . 17 ,2) e dell'elezione divina
quella divina . La santità di Dio di- 7,1 ss. ), in antitesi col paganesimo de-
venta quindi espressione della sua per- gli altri popoli. Proprio nella sfera del
fezione essenziale e soprannaturale. La qados il contrasto fra la ' santità ' israe-
rivelazione della santità di Jahvé è litica e quella pagana è assoluto; nel
espressa, come abbiamo visto, dal ver- popolo santo (' am qadoS) non vi può
bo in forma niqdas, ' santifi-
nif'al essere nessun ierodulo (qades) e nes-
carsi ', il cui soggetto è esclusivamente suna ierodula (q•desa: Deut. 23 ,18).

9a M. NoTH, System der zwolf Stamme


Israels (1930), pp. 61 ss .
245 (1,91) éi.yLoc; (0. Prock5ch) (I,92) 246

Questi ieroduli appartengono al culto come quelle di 1 Sam. 5 e 6 e 2 Sam .


cananeo che comprendeva, - e ciò 6 il sacro ha un carattere ancora im-
personale, naturalistico: l'arca è sa-
denota il livello della sua ' santità ' -
tura come di una sacra elettricità che
la prostituzione sacra. Ancor più chia-
si scarica, come un fulmine , sui pro-
ramente che nel Deuteronomio, l'idea fani. Solo chi si trova nella condizione
del popolo ' santo ' si trova nel levitico di qi5de'S può toccarla.
« codice di santità » (Lev. 17-26 ). Alla Questa condizione, secondo l'antico
base di essa sra il principio formulato concetto ebraico, è quella della guer-
in Lev. 19 ,2: siate « santi, perché san- ra santa. campo d'azione originario
dell'arca (Num 10,35 ss.; Ios. 6) . Una
to sono io » (q"dofon ki qadòs 'ani
riprova della santità della guerra di
;hwh 'e!ohékem). La santità di Jahvé Dio, simboleggiata dall'arca, è anche
esige la santità del popolo come con- il fatto che il guerriero si trova nella
dizione del rapporto con lui. Se nel condizione di qode.\:, per cui egli può
« codice di santità » è in primo piano mangiare il sacro pane del tempio ri-
anche l'aspetto cultuale della santità, servato ai sacerdoti e alle persone
'sante' (1 Sam. 21,5 ss. cfr. Mt. 12 ,
proprio il c. 19 mostra che il culto
3 ss. e passim). In questo senso si
richiede la purezza nei suoi ministri. spiega la formula qiddes milhàma,
Ma la purezza cultuale implica quella « dichiarare la guerra santa » ( Mich
personale; gli ayLOL devono essere 3,5; Ier . 6,4 ). Così anche l'accampa-
ciyvol; in questo modo la moralità e mento è sacro (Deut . 23,15) perché
la religione si compenetrano. vi abita Jahvé (cfr. 10 ss.), quello
stesso che da Mosé è stato definito
Il concetto di santità così inteso « prode in guerra » (Ex. 15 ,3: jhwh
ha perciò un carattere strettamente '15 milhamJ). La guerra santa nel
cultuale. Esso è incentrato nell' arca, segno dell'arca dà l'avvio alla storia
che dal Sinai in poi è come una cella di Israele.
templaria mobile, in cui si pensava fos- Ma l'arca è il cuore della religione
se presente Jahvé. L'arca, dopo lun- nazionale anche in pace. Silo infatti,
ghe traversie, era giunta prima a Silo dove essa fu posta originariamente
e finalmente a Gerusalemme, dove ave- (los. 18,1; cfr. Ier. 7,26), e Gerusa-
va trovato la sua definitiva sistema- lemme, dove David la trasferì defini-
zione nel santo dei santi del tempio tivamente (2 Sam. 6), essendo i luoghi
di Salomone (1 Reg. 8,13 ). Il santuario che Jahvé ha scelto come dimora del
che conteneva l'arca era pieno della suo nome (Deut. 12,5 e passim), sono
sua santità e si pensava che sull'arca, i centri del culto nazionale che, se-
difesa dai cherubini, troneggiasse Dio condo le prescrizioni del Deuterono-
stesso. È significativo che proprio in mio, deve sostituire tutti gli altri culti
connessione con l'arca Jahvé sia defi- tribali, familiari come pure quelli na-
nito per la prima volta hà' elohtm turalistici che si svolgevano sulle ' al-
haqqàdos ( 1 Sam. 6,20). In narrazioni ture ', per troneggiare solamente.
247 (I,92) ayLOç (0. Procksch) (l,92) 248

2. LA TEOLOGIA PROFETICA tima analisi nel fatto che Dio è amore


- amore incomprensibile per l'uomo.
a. Se nella nella religione nazio-
Così la santità di Dio - che è poi
nale il sacro mantiene ancora, accanto la sua natura e personalità - non si
alla dimensione storica, un aspetto na- può disgiungere dal suo amore idea
' '
questa, che non ha confronti nell'A .T.
turalistico, questo scompare nella teo-
logia profetica. In questa Dio è visto né prima né dopo Osea. Il profeta
che, nella felicità del suo amore cru-
nella pienezza ddla sua personalità di-
delmente distrutta , ha sperimentato
vma trascendente la sfera umana e
come la polcnza indomabile dell'amo-
tutte le cose create. È significativo che
re possa salvare anche la donna per-
proprio in Osea, il quale ridimensiona
duta, concepisce la santità di Jahvé
decisamente l'aspetto cultico della re-
- ossia la stessa natura divina - co-
ligione, Jahvé si presenti come qad6s
me sorgente di un amore incrollabile
in tutta la sua trascendenza morale ri-
e fecondo che può, sì, distruggere, ma
spetto all'uomo: « Io sono Dio, non
poi ridà la vita (cfr. 6,1 s.). Secondo
un uomo, santo (qizdos) in mezzo a
l'antico concetto ebraico il divino, pro-
te>> (Hos. 11,9). Israele si è votato
prio perché santo, è in contrasto asso-
al culto di Baal e per esso è diventato
luto con tutto ciò che è umano e pec-
come una ierodula, q•desa (Hos. 4,
caminoso. Questa antitesi permane an-
14; 12,1 ). In questa prostituzione sa-
che nella teologia di Osea, ma si ri-
cra esso commette un peccato mortale
solve in quella fra l'amore santo e la
contro Jahvé, che è qizd65 in tutt'altro
natura che non è santa. Soltanto Dio,
senso. La conseguenza di questa oppo-
perché santo, può amare la natura pro-
sizione fra qii.das e qedesa dovrebbe
fana ed impura, mentre per l'uomo ciò
essere la distruzione di Israele (dr.
è impossibile; perciò l'antitesi fra Dio
14,1), ma Dio non vuole questa di-
e l'uomo permane proprio nell'amore
struzione proprio perché è qii.d6S. Nel-
che la risolve .
la santità di Dio all'elemento negativo,
che dovrebbe distruggere l' impurità b. Il concetto cli santità è al cen-
(tum'a; dr. 2 Sam. 11,4) si unisce tro della teologia di Isaia. Fondamenta-
quello positivo, creatore, per cui Jah- le per comprendere la sua concezione di
vé è l'albero della vita (Os . 5,3; Dio è il trishagion (l s. 6,3 ), che ri-
6,10; 9,4; 14,9). Secondo Osea l'es- suona sulla bocca dei cherubini nella
senza di Dio consiste nell'amore so- visione che chiamò Isaia alla missione
prannaturale (~ ciya.Ticiw, col. 8~ s. ). profetica. Esso significa che il Signore
Il contrasto fra la santità di Dio e degli eserciti è in qualche modo santo
l'impurità di Israele si risolve in ul- alla terza potenza. Mentre la gloria
249 (I ,93) U.yLoc; (0. Procksch) (I,93) 250

(kiibòd) di .Jahvé, la sua gravitas è il la condizione finale di coloro che sa-


qiavEpÒv -rov i}Eou che si manifesta co- ranno salvati sul monte di Sion, ed è
me in trasparenza in tutto il mondo, sintomatico che questa sia una condi-
la santità è invece l'essenza più intima zione di vita (katub lahajjim ), mentre
e nascosta di Dio. Il numen tremen- la visione del Santo nello stato di
dum, la terribile maestà del Dio così cX.xcx.i}apafa produce la morte ( 6,5 ).
concepito trova una espressione incom- Dal concetto della santità di Dio
parabile nel sacro timore di Isaia. Il Isaia ha tratto la definizione di Jahvé
suo tremito sembra comunicarsi alla come santo di Israele (qedr'H ji.frii'èl).
soglia dcl tempio, sulLi quale egli si Notoriamente essa ricorre soltanto nel
trova; nella teofania egli avverte un libro di Isaia e in alcuni passi che ne
contrasto mortale con la sua natura dipendono (2 Reg. 19,22; Ier. 50,29,
poiché egli è tclmè' àx:cl.i}cx.pi:oç, impuro ecc.), ripartita in misura quasi uguale
e uede di dover morire. Il seguito fra il Protoisaia e il Deuteroisaia, e
della visione e soprattutto !e parole usata anche dai redattori ciel libro
« la colpa è tolta, il peccato è pe1·do- (12,6; 17,7; 29,19). L'espressione è
nato » ( 6,7) dimostrano che si tratta innegabilmente paradossale: infatti in
di una impurità non fìsica, ma morale. quanto qiidos Dio si distingue da ogni
Isaia ha bisogno di una riconciliazione realtà creata sia della natura che della
( kfr ), e questa avviene qui nella sfera storia. Legandosi a Israele come qedos
del sacro. Sembra che la riconcilia- jifrii' èl, Jahvé istituisce un rapporto
zione sia sempre implicitamente richie- che necessariamente mira a creare un
sta nell'incontro cultuale fra l'uomo e popolo santo ('am qados), anche se
il Santo dei Santi. Ma in questo caso questo appellativo si applica soltanto
l'iniziati a della riconciliazione non par- ( 4,3) a un resto del popolo (S"iir jiisub:
te dall'uomo attraverso un sacrificio, 10 ,21 ). La luce di Israele sarà come
bensì da Dio stesso che la attua fa- un fuoco per tutto ciò che è impuro
cendo toccare le labbra di Isaia da un e il suo santo sarà la fiamma che di-
cherubino con un carbone ardente pre~ vorerà e annienterà la scoria (10,16).
so dall'altare - ossia con uno stru- Che il q•dos jifra' et sia in mezzo al
mento sacro. Isaia, in seguito a questo suo popolo è una grazia suprema ; ma
perdono, non si definisce esplicitamen- egli decreterà il giudizio per Israele,
te santo, qiidos, ma tale può esser e sarà l'annientamento della massa e
chiamato in quanto dopo la purifica- solo per il residuo devoto sarà la puri-
zione egli è in libero e continuo rap- ficazione. Di fronte all'impurità del po-
porto con Dio (cfr. 2 Re,g. 4,9). Egli polo il q•dos jifrà' èl è quindi soprat-
definisce però col termine qados ( 4,3) tutto il giudice divino. Una volta è
251 (l,94) O.ywc, (O. Procksch) (I,94) 2.52

chiamato il Dio santo, ha'el haqqados al concetto di qdJ. La concezione del


( 5, 16) in un passo isolato dove però Deuteroisaia ha una logica paragona-
si parla ancora del giudizio. Come 'el bile a quella di Osca. Infatti poiché
qados Jahvé si mostra santo (niqdas) 10
• Jahvé come qadrJJ è Dio e non uomo,
se egli è l'antitesi delle leggi naturali
c. Fra i discepoli di Isaia il con-
del creato, se i suoi pensieri e le sue
cetto di q"doJ iifra'el è ripreso dal
vie non sono umane (5 .5 ,8 ss.), allora
Deuteroisaia. Ma mentre il Protoisaia
la sua santità deve comportare una
riconnette l'espressione all 'idea cl::! giu-
xcnv-i] x-rt'.a-Lc; in cui egli regnerà in-
·lizio ed esprime con essa fondamen-
contrastato poiché le vecchie realtà
talmente il contrasto fra Jahvé ed
- ri'sonnt , -rà àpxai:a.. - sono pas-
Israele, il Deuteroisaia, al contrario
sate e tutto si è rinnovato.
la associa all 'idea della redenzione'.
Infatti ormai il Santo di Israele ha
compiuto il giudizio; ma il fìne ulti- 3. Il periodo po stesilico.
mo del giudizio è la salvezza di Israele.
Jahvé come qados è unico e incom- Nella concezione del sacro propria
parabile (Is. 40,25; dr. 57,15); egli, del giudaismo postesilico confluiscono

come in Osea , è Dio e non uomo. due correnti, quella sacerdotale-cultuale


Nella sua santità consiste il suo se- e quella profetico-moralistica. La pri-
greto divino ( 4 5 ,15 ). Ma questo se- ma predomina nella letteratura legale,
greto si manifesta nella redenzione la seconda negli scritti poetici. La
( 45,18 ss.). Come qedos jiira'el Jahvé legge israelitica nello stato giudaico
è creatore (41,20; 45,11) e salvatore retto dai sacerdoti diviene sempre più

(41,14; 43,3.14; 47,4) di Israele; come un codice cerimoniale in cui gli ele-

rerJentore, go' el, egli si dichiara legato mei. .i popolari cedono a quelli rituali.

a Israele da un vincolo di parentela e Perciò il concetto di santità con tutte


garante della sua libertà. Perciò l'idea le sue derivazioni acquista un'impor-
della redenzione è al centro della teo- tanza preminente. Alla testa di Israele,
logia del Deuteroisaia e anche il Santo che dev'essere un regno di sacerdoti e

di Israele è visto in questa luce. Si popolo santo (mamleket kohanim wegrJj


nota, insomma , nel Deuteroisaia una qados: Ex. 19 ,6) sta il sommo sacer-
dote come qedOJ jhwh (Ps. 106,16) il
connessione fra la salvezza e la san-
tità che originariamente era estranea suo frantale reca la scritta: qode5

10 L'aggiunta bi1daqd fa pensare ad una il contesto logico ( v. 15: v. 16) e il metro


promessa di salvezza, in quanto s'daqa (giu- richiedono l'espunzione di bisdaqd.
stizia) indica sempre un'azione benefica; ma
253 (1 ,94) t1ywc; (0. Procksch) (l,95) 254

ljhwh (Ex. 28,36). Ma, sia pure ad 3 e passim) e si godeva della sua pre-
un livello inferiore, sono santi tutti senza. Il sacrificio, in tutta la varietà
i sacerdoti (Lev . 21,6s.; cfr. Num . delle sue forme, era il segno della
16,5.7), così come i leviti, concepiti riconciliazione fra l'uomo e Dio. Tutto
come un sacrificio vivente e continuo questo era profondamente consolante,
per Jahvé, ed infine tutto il popolo perché non si fondava su un'invenzio-
(Lev. 11,44 ss. e passim , Num 15 ,40 ). ne umana, ma era un'istituzione divina.
La forza della santità si comunica alle Lo spirito santo (Ps. 51,13; dr. 143,
persone e alle cose che si trovano nel- 1O [LXX] rt?ah haqqode.f) era presen-
1'arca del santuario e si stabilisce una te nel popolo israelitico (Is 63,10 s.):
differenza fra il semplice qodeJ e il era lo spirito della riconciliazione che
qodeJ qodaszm. Tutto ci<) comporta Dio aveva riversato nei cuori (Ez 36,
evidentemente il pericolo cli una mate- 26 s.) e la cui privazione faceva paura
rializzazione del sacro, contro la quale (Ps. 51,13).
ha dovuto prender posizion<.'. Gesù b. Il fondamento cultuale ciel con-
(M t. 23,17.19). cetto di ayioç è presente anche negli
Al di sopra del culto, i S a I m i scritti sacri dell'epoca ellenistica e ne-
cantano un mondo spirituale in cui gli apocrifi. La santità è pacificamente
rivive tutta la ricchezza della teologia attribuita a Gerusalemme (l .Mach. 2,7;
profetica, soprattutto del Deuteroisaia, 2 .Mach. 1)2; 3 .Mach. 6,5; Tob. 13,9),
e la santità è concepita personalmente al tempio (1 Esd. 1,53; 2 Mach. 1,29;
come la persona del Santo di Israele 5 ,15 [ àyi<.0-ro,:rov LEp6v] 3 Mach. 3,
(Ps.71,22;78,41;89,19), o come i santi 16 ), al santuario ( -rèL &yia. 1 .Mach. 3,
membri del popolo eletto (Ps. 34,10; 43.51.58 ss. e passim; Iud . 4,12 s.),
89 ,6 ). Abbastanza spesso si parla anche all'altare (2 Mach. 14,3; Ecclus. 50,11),
del santuario di Dio (Ps. 5,8; 138,2 e al sabato (2 Mach. 5,25; Tob. 2,1) , agli
passim). Anche se del sacerdozio si .oggetti del culto (Ecclus. 45 ,10 [in-
parla relativamente poco, si può tut- dumenti]; 26,17 [candelabro]; 45,15
tavia osservare che la raccolta del Sal- [olio]; 2 Mach.15,16 [spada] ; 1 Mach.
terio risale alla stessa epoca in cui si 12,9 [libri]), al sacerdozio ( 1 Mach .
formava lo stato sacerdotale postesi- 2,54) , al popolo eletto (1Mach.10,39.
lico. Il culto era il coronamento della 44; Sap 18,9), all'alleanza (1Mach.1,
fede e nessun contrasto si avvertiva 15.63 ). Ciò non fa che continuare
fra l'uno e l'altra. Anzi , le solennità quanto già si nota nei libri protoca-
celebrate nel santuariò agivano poten- nonici. Lo stesso si dica dell' attribu-
temente sugli spiri ti , perché nel tempio zione di aywç a Dio (2 Mach . 14,36;
«si vedeva» Dio. (Ps. 27 ,4; 42,3; 63, 3 Mach. 2,2; Ecclus. 23,9; Tob . 12,12.
255 (l,95) a:y~oc; (0. Procksch) (I,96) 256

15) - anche se l'invocazione «Tu, o solo nella lettera agli Ebrei 13 e in Giu-
Santo » suona un po' singolare - seppe, dove è un semitismo per indi-
oppure al nome divino (Tob 3 ,11; 8,5 care il tempio di Gerusalemme. Senza
e passim), al cielo (Sap . 9,10), agli fondamento è ]'idea che &yLoç in
angeli (Tob. 11,14 ; 12,15), allo spirito certi casi possa avere anche il senso
(Sap. 1,5; Ecclus. 48,12), sebbene il di « sublime » , « venerabile » e che
libro della Sapienza - in cui sembra ,questa accezione sia ampiamente rap-
riconoscibile un influsso stoico - in- presentata anche nel N.T. 14 • In realtà
tenda nvEvµa. &yLov in senso alquanto il conce tto di sublime, venerabile. se
diverso dal ruah qod5( 6) (Is. 63 ,10,s.; si accompag na al nord, ossia se com-
Ps. 51,13 ). .prende anche il conce tto di terri-
In complesso, però, va detto che bile, può ta lvolta esse re espresso da
gli scritti deuterocanonici e apocrifi si aywc; qds ma non nel senso di
mantengono sulla linea della concezio- kabod = maiestas .
ne dell' &yLov già acquisita. Nei LXX
quasi sempre &ytoc; - che nel greco 4. Filone e Giuse ppe.
profano ricorre assai di rado - tra-
duce l'ebraico qds, e ciò con piena ra- Fra gli scrittori postbiblici meritano
gione. In questa traduzione nò•n è la la nostra at tenzione Filone e Giusep-
radicale semitica ad assumere il valore pe perché entrambi, l'uno come filo-
semantico di &yLoc;, ma è aywc; che sofo, l'altro come storico, esorbitano
vien piegato ad esprimere tutti i sign i- dal rigoroso giudaismo e alimentano il
ficati dell'ebraico qds. È indicativo, a loro pensiero alle sorgenti ellenistiche.
questo proposito, il fatto che in rife- F i 1on e prende a fondamento del-
rimento al tempio i LXX usano sem- la sua teologia il Pentateuco , dando-
pre -rò &yLov o -rà &yta., e mai il ter- ne però un'interpretazione allegorica.
mine greco corrente Ì.Ep6v; ciò denota La sua concezione di Dio è pretta-
la « consapevole tendenza ad evitare mente giudaica: Dio è &yLoc; (Sacr.
la parola greca comunemente usata per 101; Som. I 254; Praem. Poen. 123);
indicare i templi pagani (se. 1.i::p6v) » 1l. il nome è TÒ ayLWTIJ.TOV XIJ.Ì.
SUO
Sebbene -rò &ytov si trovi impiegato lk~ovovoµa. (Vit. Mos. II 208) e an-
.già all'epoca di Tolomeo III per de- che la sua sapienza (cro<pla.) è ayla.
signare un tempio pagano 12 , il plurale (Fug. 196 ). Filone è consapevole che
-rà &yta. all'infuori dei LXX si trova &yLoç ricalca l'ebraico qds (Fug. 213 ).

Il M. FLASHAR in Z.A.W. 32 (1929) 13 FLASllAR, op. cit.


p. 245 n. 2. 14 ASTING, p. 37 .
12 DrTT., Or. 56,59; FLASHAR, op. cit.
257 ( l ,96) iiytoc; (0. Procksch) (l,97) 258

Perciò secondo l'uso ebraico egli defi- fìci che originariamente nulla avevano
nisce « santo » tutto ciò che ha rela- di santo. Il cosmo è ayLO<; come 'tÒ
zione con il culto: il tempio (Le g. Gai ( 7tpECT~V'tlX'tOV xa.t 'tEÀEi.6-ra.-rov ìipyov
27 8: ò 'tOV ù~lcr-cou i}Eov VEW<; a:yLoç, Rer. Div. Her. 159). Esso è un rifles-
Lcg. Al!. III 125 : -rò ayLov), il santo so della santità (Plant . 50 : àylwv
dei santi (Mut nom. 192: -rà. ayv:x à.7ta.vya.crp.a) . E come nel macrocosmo
-rt0v à.yi'.<AlV), l'atrio (Vit . Cunt. 81: santo è il cielo, così nel microcosmo
Èv -r0 àyll{) 7tpovci.l{)), il recinro (Rer . santo è il vovc; (Som. I 34 ). In questo
Div. H er. 75: -rwv . . . 'tEitEVWV -cò caso 0.yLov perde il suo significato ori-
àyLW'tEpov ); ma designa così anche le ginario e assume quello di venerabile
azioni liturgiche (Post C 96: é1.yLOv ( crq.r.v6v) in riferimento alla creazione
TCpay~w. Som. I 82 : ... 'tEÀE-ca.i:c; ... <li Dio (Som. II 251: crEµv6-cEpov xaì.
So m. II 34: Àn-roupyi'.a.L) che nell'A.T. &.yLw-rEpov ... ohov). Perciò - secon-
non vengono mai definite direttamente do il concetto peculiare della teologia
qadr'H. Così pure egli parla di numero di Filone - l'anima è il santuario di
sacro (Vit . Com. 65) a proposito del Dio (Som. I 149: i}Eou otxov yEvÉcriJa.L,
sabato (Spec. Leg. II 194) e in altre tEpòv 0.yLOv ). Non si può trovare per
occasioni (Vit. Mos . II 80); e, come Dio una dimora crEµv6-rEpov xa.ì. àyLw-
il culto, è sacra la legge (v6µoc; S pec. 'tEpov... della cpLÀoi}dµova oLavoLa.v
Leg. III 119) che anche per i Giu- (Som. II 251). Come la ÒLavoLa, cosi
dei palestinesi apparteneva alle &ytm pure le yvwµaL (Leg . Al!. III 125) e
ypa.qicxl. Fra gli Israeliti Mosé è LEpw- le xwricrnc; a.t xa-c' &.pE-cl'Jv (Sacr . A.C.
·m-i;6c; 'tE xat rxyLO<; (Spec. Leg . IV 109) possono essere sante (ayLm). In
105); ma Israele stesso è stato costi- questo caso il significato fì.loniano di
tuito popolo santo ( Praem . Poen. 123 ), 7-yLOç si avvicina a quello di ayvoç,
i primogeniti di Israele sono ayLOL 'puro' (Execr. 159: ~uxn ... àyv1'J
(Sacr. A . C. 134) sicché - come nel 1t api} ÉV o e;), distaccandosi perciò da
Deuteronomio e nel Levitico - il po- quello di qad65.
polo nel suo complesso è santo. Diverso è l'uso dell'aggettivo in Giu-
Ma per Filone la « legge » è una seppe. A differenza di Filone, che non
allegoria dei concetti filosofici e nella evita ayLO<;, ma gli dà un significato
sua concezione di Dio i! fondamento estraneo all'A.T., si nota in Giuseppe
ebraico è indissolubilmente connesso una certa riluttanza ad usare CXyLO<;,
con le idee della filosofia ellenistica. evidentemente perché esso ' aveva un
Si spiega così l' uso dell' aggettivo suono insolito per un orecchio greco' 15•
tl.yLoç in riferimento a concetti filoso- Lo dimostra il confronto fra il III li-

15 ScHLATTER, Komm. Mt., p. 12 .


259 (l ,97) &y~oc; (K. G. Kuhn) (I,97) 260

bro delle Antichità, che tratta delle (Ant. III 152), conforme all'uso cor-
istituzioni cultuali mosaiche, e le parti rente greco. Anche in questo caso Giu-
corrispondenti del Levitico a cui Giu- seppe, seguendo un criterio che è par-
seppe ha attinto. Mentre nel Levitico ticolarmente evidente nelle sue affer-
il concetto di ayLoç = qados è molto mazioni relative alla divinità, stem-
frequente - tanto che da esso prende pera, per adeguarsi alla mentalità e
il nome il ' codice di santità ' dei alla cultura dei lettori, i fondamentali
capp . 17-26 - esso invece ricorre ra- concetti ebraici che si era tentato di
ramente in Giuseppe, qui non meno rendere con &ywç e 0:.yLci.sECv 18 .
che nelle altre opere 16 . rlyLoc; è usato
da Giuseppe soprattutto in riferimento O. PROCKSCI!
al tempio; a proposito del vcx.6ç leg-
giamo che esso rlyLov bw).. Et:-ro, -rò
oÉ iJ.~cx.-rov ... -rov ci.ylou -rò élyLov D. IL CONCETTO DI SANTITÀ NEL
(Ant. III 125); la qualifica conviene GIU DAISMO RABBINI CO
tanto al santo dei santi (Beli. I 152
&.6pcx.-rov &yLov) quanto al santuario
coll'atrio e il muro di cinta (Bel!. IV a. Nel giudaismo rabbinico l'uso
171; 6,95; Ant. XII, 413) . Anche la della radice qds è sostanzialmente con-
terra santa ha l'aggettivo rlyLoç (Bell. forme all'A .T . Così, per es., secondo
IV163; V400). Mentre 7tÀ:rji)oc; è usato l'uso anticotestamentario sono definiti
per indicare qualunque raggruppamen- ' santi ' - senza che questo aggettivo
to umano, il popolo di Dio è chiamato comporti una specifica determinazione
1t)..l]Mc; 17 ; soltanto ad esso può essere essenziale - il tempio (miqdas, STRACK
attribuita la qualifica di ayLoç (Bel!. -BILLERBECK I , p. 150); i sacerdoti,

VI 425), requisito necessario per la i sacrifici (distinti in qodsé qodaSim ,


partecipazione al culto. Ma molto più ' sacrifici santissimi ', e in qodasim
di &ytoç sono frequenti in Giuseppe qalltm, ' sacrifici di minor santità');
àyv6ç e i suoi derivati (Ant . XV 418; inoltre anche i giorni festivi, il sabato,
Beli. VI 425 [&ytoç]); in luogo di il popolo di Israele, la Palestina , ecc.
ci.ytci!;Etv, che è in uso quasi esclusi- Spesso si nota anche la tendenza a
vamente nel greco biblico, ma si trova ordinare in un sistema gerarchico gli
in Filone, egli ricorre ad àyvl!;Etv oggetti ritenuti ' santi ' nell'A .T. Cosl
(Ant. III 262; IX 272), mentre in in Kel. 1,6 ss . troviamo una succes-
senso intransitivo si trova &.yvEVELV sione di dieci gradi di santità (' terra

l6 BRUNE, Flavius Iosephus (1913). 18 A. ScHLATTER, Wie sprach Josephu.1


11 BRUNE, op. cit., p. 118. von Gott? ( 1910).
'1,J ( 1,98) t'i y toc: ( K. G. Kuhn) (l,98) 262

11
di Lsraelc ... Gerusalemme ' , altura del e ristretto alla scelta della moglie.
tempio .. . atri degli uomini, delle don- Sono questi i casi principali in cui,
ne , dei sacerdoti, edificio dcl tempio ' ). nella letteratura rabbinica , ricorre la
In Afeg. 3,1, invece, la gcrnrchia del radice qds. In contesti teologici la ra-
sacro è la seguente: I) spiazzo libero dice qds non è molto più frequente
di una città (in cui si trngono solen - che in quelli tradizionali e profani.
nità cultuali), 2 ) sinagoga, 3) cassetta b. Dio L' santo in quanto giudice
della Torà nella sinagoga , 4) invo- severo e inesorabile , come il re su-
lu cri delle Sacre Scritture che si tro- premo , rex treme11dae m aiest atis , al
vano nella cas se tta della Torà , 5) ro- qual e ci si pu ò accos tare so ltanto co n
toli dci Nebiim e de i Ketubim , 6 ) ro- un brivido di sacro terrore. Ogni gior-
20
toli della Torà . no il giudeo rivolge al «grande , po -
23
In qualche caso il rabbinismo pre- tente e terribile Dio » la preghiera:
senta nuove applicazioni del conc~tto «Santo sei tu e terribil e il nome tuo » 24 •
di santità, che però rimangono sempre Si comprende quindi perché i rabbini
25
entro i limiti della sacralità cultuale parlano tanto spesso ciel timor di Dio
veterotestamentaria. Così in 5. Num. e non cli rado definiscono Jahvé come
25 a 6,5 l'espressione ' santità dei ca- melek malké hammcliikim, espressione
pelli ' è usata, per dire che il nazireo che indica la maestà divina trascendente
deve tagliarsi i capelli in quanto sacri ogni realtà terrestre. Il particolare ri-
a Dio (Num. 6 ,5.18), e 'santità del lievo dato al timor di Dio e alla di-
corpo ' vuol dire che il nazireo non stanza fra il Creatore e l'uomo non
deve contrarre impurità dal contatto significa però che il tardo giudaismo
con i morti (Num. 6 ,6 ss.). concepisca Dio come l'Essere chiuso
26
Va ricordato infine un uso profano: in una trascendenza inaccessibile ;

qiddès, costruito con l'accusativo della egli, anzi, rivela la sua santa maestà
donna e ze dell'uomo = < fidanzarsi proprio quando ci si avvicina a lui e
21
con una donna ' , letteralmente ' sce- continuamente viene ribadito che egli
gliersi, togliere per sé una donna ' . è presente in mezzo al suo popolo
' Togliere ', ' separare ' è infatti il si- (S'kina ' immiihem). Inoltre il tardo
22
gnificato fondamentale di qds , appli- giudaismo conosce anche un rapporto
cato in questo caso alla sfera profana diretto e fiducioso con Dio. Ma an-

19 Gerusalemme = 'la città santa'; cfr. op. cit., terza benedizione.


24
STRACK-BJLLERBECK I , p. 150. Per es. Ab. 1,3; b. Ber. 28 b; 30 b;
25
20 Col. 266. Midr. Ps. 100 § 3 (213 a).
21 Vedi i passi relativi in Qid., passim. 26 Questa opinione, seguita per tanto tem-
22 BAUDISSIN II, pp. 20 ss. po, è stata giustamente confutata dal MooRE,
23 Shemone-Esre, prima benedizione. Judaism (1927) I, pp. 423 ss.
263 (I,98) 0.ywc; (K. G. Kuhn ) (I,99 ) 264

che quest'atteggiamento confidente - had ) 32 di Dio nel tardo giudaismo


quando è ispirato da sincera pietà e non fosse mai pronunciato fuori delle
non da uno spregiudica to utilitarismo cerimonie nel tempio 31 . Dopo la di-
- è indisgiungibile dal timore reve- struzione del tempio non si seppe più
renziale per la santità di Dio 27 • Per- co me pronunciarlo , e perciò fu sosti-
ciò anche ' il Santo • è una delle de- tuito, nell a lett ura degli scritti sacri,
finizioni di Dio più frequenti nel giu- da 'adonaj e nell ' uso corren te da sa-
dai smo ; si tro va nell'Ecclesiastico e in maiim. Ma anche qu es ti surrogati col
Enoc 28 e poi nei test i rabbinici a par- tempo divennero tabù , e la lettura di
tire dal sec. III (accompagnata rego- 'adémaj in luogo di jhwh fu limitata
larmente dalla eologia: haqqadM bàruk all'uso liturgico, mentre in privato si
hu' 29 , mentre manca , stranamente , nei leggeva hassem 'il nome ' ; sàmajim,
docum enti più antichi della tradi zione dal canto suo, fu sos tituito dal gene-
rabbinica (sec I e IJ d. C.) ' 0 Accanto rico hammàqc!m 'il luogo' (ossia il
ad essa si trova ancora haqq6dd, ' la cielo = Dio) .\4.
santità' (astratto per il concreto) nella La santità del nome di Dio (ossia
formula mippl haqqode'f; per es. 5. la santità di Dio stesso) si esprime
Num. 112 , a 15,31: « Mosé ha pro- caratteristicamente nella frase santifi-
clamato tutta la Torà con la bocca care il nume (di Dio). Essa ricorre
della santità » (ossia esattamente come talvolta nelle preghiere, avendo Dio
Dio gliel'aveva comunicata). come soggetto: « santifica il tuo no-
Santo è anche lo Spirito di Dio; me» (Tanna de-be Elijjahu 21 E), op-
ruab haqqodes 31 è un'espressione fatta, pure - in forma variata, ma sostan-
in luogo della quale non si trova mai , zialmente identica : « sia santificato
per es. ruab hammàq6m o altre simili, il tuo nome ». Equivalente a queste
che corrisponderebbero al ruab jhwh è l'altra frase : « sia glorificato il tuo
dell'A.T.). Santo è anche e soprattutto nome » 35 • Le due formule si trovano
il nome di Dio. Questo spiega per- insieme all'inizio della preghiera del
ché il • nome proprio ' ( sem hammeju- QaddiS: jitqaddas wejitgaddal semiik

n Cfr. la preghiera di Ra ba : b. Ber. 17 a 31 Nell'A.T. soltanto in I s. 63 ,10.11 e


(b. Jomà 87 b), le parole di Johanan b . Zak- Ps. 51,13.
kai (~ . Ber. 28 b ), specialmente il passo cita- 32 W. BACHER, Die exegetische Termino-
to dal MooRE, (op. cit. II, p. 214) da una logie (1905) I, p. 159.
preghiera per il grande giorno dell'espiazione. 33 STRACK-BILLERBECK II , 311 ss.
28 Vedi i passi in STRACK-BILLERBECK Ili, 34 Di questo tratta diffusamente STRACK-
p. 762. BrLLERBECK II, 308-319.
29 STRACK-BILLERBECK II, p . 310 sotto k. 35 = «glorifica il tuo nome», cfr. I.
30 A. MARMORSTEIN, The old rabbinic 12,28.
doctrine of God (1927) I, p. 97.
265 (l,99) aywc; (K. G. Kuhn) (I,100 ) 266

rabba', « sia santificato e glorificato il riferito. L' esplicita definizione della


tuo granJe nome ». « Dio santifica il Torà o di tutto l'Antico Testamento
suo nome dimostrando al mondo la come kitbé haqqodd è rara nella let-
sua santità » 36 e con ciò ' costringe ' teratura rabbinica 40 • Di solito si parla
gli uomini ' a rico no scerlo'. Di solito, soltanto di hatt6rd o cli hakkatub. La
però, si di ce degli uomini e talvolta spiegazione è semplice: la santità della
soltanto degli Israeliti che santificano Torà si rivela soprattutto nel fatto
il nome di Di o . E lo santificano « vi- che la sua lettura è al ce nt ro del rito
ve ndo in modo che gli uomini sono co- sinagogale, preceduta e seguit a da pr e-
stre tti a co nstatare e ad ammettere ghiere relative ad essa 41• La lettura
che il Di o di I sraele è il vero Dio » 37 , del la Torà è perciò un'azion e cultuale ,
ossia soprattutto obbedendo alla vo- sacra . Ma anche al di fuori del culto
lontà di Dio con l'osservare i precetti la lettura e lo studio della T orà eran o
della Torà , ma an che col tenere una considerati un'opera sa nt a : « quando
condotta irreprensibile di fronte al due siedono insieme e si occupano del-
mondo. Così la santificazione del nome la Torà , Dio è presente in mezzo ad
(qiddus ha.Hem) è per il giudaismo essi » (Ab . .3 ,2), anzi Dio è accanto
« il supremo principio e motivo del- anche a chi studia d a solo la legge
l'agire morale » 37 . In particolare sono (Ab . .3,6 e passim) 42. La stessa idea
i martiri che santificano il nome di si ritrova nelle narrazioni del prodigio
Dio, osservando i suoi comandamenti occorso ad alcuni rabbini che , mentre
anche a costo della propria vita 38 . studiavano la Torà, vennero avvolti da
c. La Scrittura è sacra in quanto è fiamme 43 •
parola di Dio. In particolare la Torà Poiché la Scrittura è sacra , sacri
è più sacra degli altri scritti dell' A.T., sono anche i singoli rotoli di essa, e
perché è ' parola di Dio ' in senso più in particolare quelli della Torà . L' azio-
stretto 39 • Si veda la gerarchia delle ne stessa di scrivere un rotolo della
cose sante di Meg . .3,1 che abbiamo Scrittura è sacra. Così, in b. Er. 1.3 a,

36 SrnACK-BILLERBECK I, 411. La dimo- 40 Vedi i passi in STRACK-BILLERBECK


strazione av viene talvolta attraverso un pro- III , 14.
digio, come è il caso dei tre uomini nella 41 STRACK-BILLERBECK IV, 154 ss.
fornace (Van. 3,24), dr. S. Lev. 18,6 in 42 STRACK-BILLERBECK I, 794.
STRACK-BILLERBECK I, 413 sotto a. Cfr. an- 43 STRACK-BILLERBECK II, 603 . - Il fuoco
che MooRE II, 102 . è l'elemento santo; perciò secondo il Midr.
37 MooRE II, 103 . Ps. 90 § 12 (196 a) la Torà preesistente
38 Cfr . MooRE II, 105 s. Cfr. ancora Midr. presso Dio era scritta con fuoco nero su
Ps. 16,3 (61 a). fuoco bianco (STRACK - BrLLERBECK I, 975
39 STRACK-BILLERBECK IV ' 435 ss. sopra).
267 (l,100) a:y~oç (K. G. Kuhn) (I,101) 268

R. Jishmael scrive a R. Meir, copista ché la loro vita rappresentava in qual-


della scrittura: « Figlio mio, sii dili- che modo l'idea le della pietà giudaica.
gente nel tuo lavoro perché è opera Essi dividevano la giornata in tre par-
divina ». Perciò R. Akibà (S . Num. ti : 1/3 per la Torà, 1/ 3 per la pre-
45
5,23 § 16 E) chiede che le copie della ghiera e 1/3 per il lavoro . ' Santi '
Torà scritte dagli eretici vengano bru- sono detti anche gli uomini giusti e
ciate, « perché non sono state scritte pii dell'A.T. Così in Ta1tb bmdbr 2 ,2
in santità » , ossia da un gi udeo di sono san ti i p;1triarchi , in Gen. r. 65
stretta osservanza e secondo le regole . lo è I sacco, in Gen . r. 45 Abramo.
P er signifi care la sa ntit à d ci rotoli Parti colare rilievo è dato all 'aspetto
della Scrittura i rabbini usa\'ano dire negativ o de ll a sa ntità. ' Essere santo '
che essi « rendono le mani impure » sig nifica essere Si'{Jarato, S. Lev. 11,44
(Zab. 5,12 ; b. Shab. U b ecc.), in- (57 b) e passim. Separato, anzitutto,
tendendo con ciò che le mani rese dai popoli pagani e dai loro culti ido-
sante dal contatto con la Scrittura do- la trici (S . Lev. 20 ,7; M. Ex. 19,6).
vevano essere sconsacrate con una ablu- Ma spesso ' esse r santo ' significa te-
44
zione ritual e prima di essere nuova- nersi lontano dal peccato, soprattutto
mente adibite agli usi comuni. dalla lussuria. In L ev. r. 24 ,6 (34 d)
d. Anche gli uomini vengono spes- Jehuda b. P azzi dice: « Chi si tiene
so definiti ' santi ' nella letteratura rab- lontano dalla lu ssuria è chiamato san-
binica. Santo è chi osserva i coman- to ». Nello stesso senso si esprime
damenti di Dio e conduce una vita Num. r. 9 (151 b) ~ 6 . Così Rabbi (Jehu-
pia, accetta a lui: T anh slh § 31 (3 7 b ); dà I) è chiamato santo « perché per
S. Lev. 20,7 (91 d sopra): q"du'Sat kol tutta la sua vita non guardò mai (il
hammiswot, « la santità che consiste punto del)la sua circonc isione » (j. Meg.
nell'osservare tutti i comandamenti ». 72 b 50 ) e Na~um b. Simai era chia-
Anche lo studio della Torà fa p arte mato ' santissimo ' perché in tutta la
delle opere accette a Dio. Perciò i sua vita non vide mai una statua (pa-
discepoli dei dotti sono chiamati 'am gana e nuda) e nemmeno una figura
qados (b . Meg. 27 b; b. Jeb. 105 b ; su una moneta 47 . Santi e casti sono
b. Sanh. 7 b). José b . Meshullaµ e per il tardo giudaismo addirittura sino-
Shim'on b. Menasja sono chiamati ntmr. Maimonide (sec. XII) chiama
'éda q•dosa, ' comunità santa '; per- qdsh la sez10ne della sua Mishné

44 La giustificazione di questa pratica, qua- 45 STRACK-BILLERBECK II, 692 sotto d.


le è indicata in b. Shab . 14 a (e ancora accet- 46 STRACK-BILLERBECK III , 632.
tata in STJtACK-BILLERBECK IV, 433 s.) è una 47 STRACK-BILLERBECK II, 692 sotto e. -
invenzione tardiva senza alcun valore storico. Altri passi in FRIDRICHSEN, p. 60, n. 3.
269 (l,101) &ytoc; (0. Procksh) (l,101) 270

Torà che contiene le prescrizioni di or- testamentario del ' Dio degli eserciti '.
dine sessuale e Nachmanide (scc. XIII) L'onnipotenza è l'aspetto esteriore del-
intitola una lettera sullo stesso argo- la sua santità, a cui si aggiunge l'eter-
mento 'grt qdsh (lettera santa). nità (ò liv xa.l ò wv xcx.l o €px6µEvoc;,
K . G. KuHN cfr. v. 9 s.). Anche qui la santità e la
sovranità sono termini correlativi che
esprimono l'essenza di Dio ; un bri-
E. èiy~oç NEL N . T. vido di terrore religioso attraversa tut-
ta la scena . Nella invocazione che i
l. La santità di Dio martiri rivolgono a Dio perché ven-
dichi il loro sangue innocente (Apoc.
Nel N.T. che si basa completamente 6,10) gli attributi Ò ayLOç XCX.L cXÀ.iji}L-
s.ull'Antico, il concetto di santità ha v6ç sono la garanzia che il sacrilego
un'impronta eminentemente personale. crimine sarà punito.
Come nell'A.T., soprattutto negli scrit- Come nell'Apocalisse, così nel van-
profctici, l'aggettivo èiyLoç è riferito gelo di Giovanni la santità di Dio
alla persona di Dio , di cui anzi espri- si esprime nel 1ta'tEp éiyLE (I o. 17 ,11)
me l'intima essenza; così nell'Apoca- con cui Gesù definisce l'essenza pro-
lisse giovannea riecheggia il trishagion fonda del Padre 48 . Oltre a questo pas-
di Isaia (Is. 6,3) nell'ininterrotto can- so, iiyLoç in riferimento a Dio si tro-
to di lode che i quattro esseri viventi va solo in 1 Pet. 1,15 s.: xcx.-rà. -i-òv
innalzano al trono di Dio (Apoc. 4,8). xcx.À.foa.v-ra. vµéiç ayLOv: essendo Dio
Qui la visione di Isaia è ripresa libe- santo - afferma l'autore richiaman-
ramente sulla falsariga di quella della dosi a Lev. 19 ,2 - anche i suoi figli
vocazione di Ezechiele (Ez. 1 ), ma, devono condurre una vita santa in
insieme all'inno degli esseri celesti, quanto sono stati sottratti al mondo e
santi come gli &yyEÀoL éiyLoL (Apoc. aspettario la à.7toxciÀ.v\jJLç 'I11crou XpL-
14,1 O), ha conservato il carattere ori- cr-rou (v. 13 ). Infine nel Pater Noster
ginario e fondamentale. La scena è tra- si chiede che il nome del Padre ' ven-
sferita in cielo, ossia nella sfera so- ga santificato' (Mt. 6,9; Le. J 1,2:
prannaturale dove gli esseri santi ado- ayLcx.CiMJ'tW 'tÒ ovoµcé. CiOV): 'tÒ ovoµa.
rano Dio, che è il Santo per eccel- significa la ' persona ' di Dio in cui
lenza . Dio è presentato come il mxv- egli si rivela (cfr . Mt. 28,19) ma che
-roxpci-rwp conforme al concetto vetero- è anche distinta dal mondo creato.

48 Il nome che il 7tct."t'JÌP &ytoc; ha dato il Padre e il Figlio sono una cosa sola come
al suo Fìglio (v. 11 s.) può essere soltanto una sola cosa devono essere i credenti: tva.
il nome stesso di Dio (cfr. Mt. 28,19), in cui c!>cnv (v xcx.i}wc; l)µEi:c;.
271 (l,102) &ywç (0. Procksh) (l,102) 272

Nel nome <li Dio la ' santità ' si fa per- racolosa fa seguito immediatamente la
sona ed esige un rapporto personale descrizione del battesimo, in cui Gesù
fra l 'orante e la divinità. Quindi nel si dimostra figlio di Dio ricevendo lo
N.T. la santità di Dio, anche se solo Spirito (xa-.aBfivat -.ò 'ltVEvµa -.ò
di rado è esplicitamente affermata, è &y~ov) 49 . Sempre in Lu ca Gesù è &ytoc;
però costantemente presupposta . Essa in quanto portatore dello Spirito. Que-
si completa in G es ti Cristo in quanto è sta concezione di Gesù è alla base del-
&ytoç c cv 1't cou e nel 7tVEvp.a &ytov. !'episodio ri salente alla più antica tra-
dizione sinottica (Le. 4,34 ; Mc. 1,24)
2. Gesù Cristo com e &ytoc; dove l ' avlÌpW'ltOç Èv 'ltVEV}.W't'L à.xa-
i}O:p"t'4l (Mc. ìfxwv 'ltVe:up.a Òaqdvtov
La J efìnizione di Gesù Cristo come
àx<ii}ap-.ov) dice a Gesù : otòci [ o~o a­
ciy toç è rara (Mc. 1,24; Le. 1,35;
µÉV) O'E "t'lç d, Ò ay toç "t'OÙ i}rnù.
4,34 ; lo . 6,69; 1 lo . 2,2 0 ; Apoc. 3,7;
Allo spirito impuro si contrappone
Act . 3,14; 4,27.30), ma molto antica e
Gesù come portatore del nvEvp.a
pregnante. Luca riconduce la ' santità '
&y~ov; i demoni riconoscono che fra
di Cristo alla sua nasc ita miracolosa:
il nvEi'.iµa &ytov è sceso su Maria e la
il 'ltVEUµa aytOV e il 'ltVEUµa Ù.Xa-
i}ap"t'OV vi è un contrasto insanabile 50 .
òvvaµtc; ùl);t'.cri:ov l'ha coperta con la
Si noti che ò &yi.oc; -.ou i}rnu è qual-
sua ombra ( Òtò xal "t'Ò yEWWµEvov
cosa di più di una definizione di Gesù
a:ytov XÀ T)i}TJCTE"t'a.L VÌ.Òç i}Eou 1,3 5 ).
come Messia del popolo; tale formu-
Qui &ytov è riferito al soggetto -.ò
la, infatti, non indica la sua mi ssione
yEvvwµEvov, poiché il predicato è vi.òç
nazionale, ma la sua natura ' spirituale'.
i}e:où; tuttavia l'espressione -.ò YEVVW-
Come &y~oc; -.ou lÌEOu Gesù è l'inizia-
µEvov &ytov si spiega con l'origine
tore dell'epoca ' pneumatica ', che se-
soprannaturale del nuovo essere che,
gna la fine del regno dei demoni.
proprio per questa origine, è chiamato
Anche in Giovanni Gesù è definito
vi.òc; i}Eou, designazione che non si ri-
6 èiytoç -.où lJe:ou ( 6,69 ), e precisa-
ferisce quindi alla figura messianica
mente nella confessione di Pietro, os-
del Cristo, ma alla sua origine . In
sia in un passo di eccezionale impor-
Luca alla narrazione della nascita mi-

49 vt6<; µov Et O'v, Èyw o--fiµEpov yEyÉv- so È dubbio se ò t'iyLo<; -cov i)Eou sia
VT)Xci O'E (Le. 3,22 D . vetus latina). Questo, un'apostrofe o un predicato di -clc; d. Ri-
a differenza di Mt. 3 ,17 ; Mc. 1,11, introdot- tengo valida la seconda interpretazione, per-
tosi poi per lo più anche nel testo di Luca, ché intendendo all'altro modo non si capi-
proviene dalla più antica tradizione sinot- rebbe chi sia l' &yLo<; -cou i)Eou , mentre il
tica (cfr. Zahn) non si riferisce alla nascita senso del passo è appunto che i demoni si
fisica bensl a quella messianica del Cristo vedono colpiti a morte dall'&yLoç -cou i)Eov
(cfr. Ps. 2,7) che si manifesta con la ricezione ( TiME<; cho">..fom iiµiiç).
del 7tVEuµa. &y~ov nel battesimo ( cri)µEpov ).
27) (l ,103) ii.ywc; (0. Procksh) (l,103 ) 274

tanza. Il riconoscimento di ( ;~·s\1 come Gesù soltanto in J\t t . 12, 16 ss .; esso


a:yLoç 'tOV th:ov in gucst a scena (: de- è una chiara remini scenza dcli' 'cbed
scritto come un atto di fcdl' (ÌJ~tEi:ç jhwh del Deutcroisaia, sul cui sfondo
TIEmcr-re:vxa.µEv xcxl Èyvr.<lxcq tEv), sic- Gesù si è di chiaratamente co llocato
ché anche in questo caso si tratta d1 (Le . 4 ,16 ss. ; 22,37). Perciò l'antico
qualcosa di più del riconoscimc.:nto di predicato di 6 éiyLoç Ticxi:ç [ i'h:ov] ri-
51
Gesù come il Cristo dcl popolo • ferito a Gesù dalla Chiesa primitiva
Come 6 aywç 'tOV ì)EQij G esù nella non allude tanto alla sua origine di -
concezione gio vann ea sta alla destra vina - - a cui 6 Tiai:ç mal si ad:it1<1 --
ciel Padre al quale egli si rivolge come quanto alla sua mi ss ion l' sacr ifica le;
ncx-ri}p ayLoç (Io. 17,11 ). Co lui che infatti il ' servo d i Dio ' de l Deute-
il P adre ha santifìcato (fi ylwrEv) e ha roisaia è indubbiamente una fìgura
inviato nel mondo può essere legitti - messianica, come dim os tra ch i.ua rn en tc
mamente definito vi.oc; 'tov flEoi:i (Io. la sua unzione con lo Spirito di Di o
10,36). Come 'santo di Dio' in Gio- (Is 42,1; 61,1) a cui allude espli ci-
vanni Cristo è anch e il dispensatore t amente Act. 4,27: èìv EXPLO"aç; ma
del xpi:crµcx, ossia dell'unzione spiri- la sua missione di Unto si compie nel
52
tuale ( 1 Io . 2 ,20) . Così pure nel- sacrificio espiatorio pe r gli altri (Is.
1'Apocalisse Cristo, come ò ayLoç XCXL 53,10) ed ha quindi un contenuto cul-
ò CÌ.À1)Ìhv6ç (3 ,7), ha gli stessi attributi tuale . Uguale significato ha il rilievo
di Dio (6,10). Come si vede, in tutti che la prim a comunità cristiana diede
i passi fin qui citati ayLO<; indica la al patire dell' éiywç XCXL olxmoc; 1tcxi:ç
divinità di Cristo. (3,14 ; 4,27). Come 'servo di Dio'
Diverso è invece l'uso che la cri- Gesù è la vittima santa e innocente
stianità primitiva fece del predicato che viene immolata per i pecrati del
ò &ywç Tia.i:ç in riferimento a Gesù popolo eletto (cfr. 1 Petr. 1,18 s.) per
(Act . 3,14; 4 ,27 .30). TI titolo ò Ticxi:c;, schiudere a questo le porte ciel san-
oltre che nei passi citati, è riferito a tuario divino.

5! Si confronti la confessione sinottica di sia l'ò ui.òc; -rov civ!}pwTiov ( 16,13 ). L'utéç
Pietro uù d ò Xpiu-r6c; (Le. + -rov lkov), -rou civfrpw7tou come ò utòc; -rou i)EOv è
(Mc. 8,29 par.) e l'aggiunta di Mt. 6 ui.òç ò &ytoc; -rov i)EOv (cfr. Mc. 1,24; Le. 4,34)
-rov l)Eov -rov r,wv-roç (16,16), a cui fa ri- non solo in senso cultuale (Ps . 106,16 li:ywc;
scontro, sempre in Mt., 6 1ta.-ri]p 6 Év -roi:ç xuplou), ma anche in senso trascendente (dr.
cùpa.voi:ç (v. 17), sicché Mt. 16,16 b.17-19 Dan. 7,27 : qaddiSé 'el;onim; Dan. 7,13).
deriva certamente da una fonte particolare. si Il riferimento di xpi:<rµa. a Xpt<r-réç
Da tutto ciò si vede come l' ò liytoç -rov è così evidente che il problema, lasciato per
i)Eou giovanneo si spieghi meglio con l'espres- lo più senza risposta, se ò lfy1,oc; si riferisca
sione o utòç -rov i}Eov r,w'li-roc; di Mt. che a Dio o al Cristo, va certo risolto nel se-
con 6 Xptcr-réc;. L'espressione di Mt ., poi, ri- condo modo
sponde alla domanda, riferita ivi stesso, chi
275 (l,103) <iy~oç (0. Procksh) (l,104) 276

Questi concetti sono esposti in for- è evidentemente ruah haqqodd (I s.


ma particolarmente chiara nella let- 63,10 s.; Ps. 51,13).
tera agli Ebrei (Heb. 9), la quale però
vede in Gesù la vittima e il sacerdote L'espressione è molto rara nell'A.T.,
ma il concetto è frequentissimo. In
insieme. Come il sommo sacerdote,
Davide ruah ha un significato tanto
che è figura Christi, una volta all'anno messianico quanto profetico (2 Sam.
nel Sancta Sanctorum (Heb. 9,3: &yLcx. 23,2); Isaia vede il Messia come por-
aylwv) non senza spargimento cli san- tatore dello Spirito (lr 11,2) e sulle
gue (v. 7) riconcilia sé e il popolo sue orme il Dcuteroisaia parla del-
con Dio, così fa Cristo come s<1cer- ]' 'chcd jhwh che reca il crisma dello
Spirito ( 42 ,1; 61,1). Se qui è il Mes-
dotc e vittima con il suo sangue ( 9,
sia a possedere lo Spirito, altrove sono
25 ss .). Il Sancta Sanctorum rappresen-
i profeti. Così Elia è portatore dello
ta il cielo come sede cli Dio, in cui Cri- Spirito (2 Re~. 2,9) e Elisco ottiene
sto è assurto con la sua morte e dove, dal maestro la doppia misura, ossia
come sacerdote, rappresenta di fronte la primogenitura dello Spirito (dr.
a Dio i cristiani, per i quali è quindi Deut. 21,17). La definizione di Eliseo
come ' uomo santo di Dio ' (2 Reg.
valido il ' nuovo ' testamento ( v. 15
4 ,9) si fonda probabilmente sul fatto
8Lcx.iJ-fix11 vn ).
Va osservato a que-
Xet.L
che egli possiede lo Spirito. Anche
sto proposito che la lettera agli Ebrei Osea è chiamato 'ì.f haruah (Hos. 9,7),
non usa d:yvlsELV = qiddes, che indica e Isaia ( 30, 1) come Michea ( 3 ,8) sono
il gesto del laico che si ' purifica ' per consapevoli di essere ripieni di Spirito
poter compiere gli atti del culto (Io. Santo. Per Ezechiele lo Spirito di Dio
è possesso della futura comunità mes-
11,55; Act. 21,24.26; 24,18 e passim),
sianica (36,26 s.) e in Gioele esso, co-
bensl il verbo à.yLciSELV (Heb. 2,11; me preludio e annunzio della fine dei
9,13; 13,12 ss.; cfr. 10,10; 14,29), tempi, viene riversato su ogni mortale
che indica la santificazione propiziatrice (loel 3,1 ), motivo che sarà ripreso
attraverso la vittima, in questo caso da Pietro nel discorso di Pentecoste
il Cristo. Solo chi è già &yLoc;, sia Dio (Act. 2,17 ss.). Ma anche il popolo di
O il sacerdote O }a vittima, può ayLcl.- Dio dopo l'esilio sa di possedere lo
Spirito (Ag . 2,5; Zach. 4,6; 7,12~
SELV, e perciò il Cristo come ayLciswv
come lo possedeva l'Israele del periodo
(Heb. 2, 11) deve essere egli stesso mosaico (Is. 63,10 s.). Indubbiamente
cXYLOç. allude a questo possesso comune del-
lo Spirito il Salmista quando, richia-
3. Lo Spirito Santo mandosi alla promessa che si legge in
Ezechiele di un nuovo Spirito e di un
a. Dalla santità di Cristo è inscin- nuovo cuore (Ez. 36,26 s.), chiede e
dibile la santità dello Spirito (~ TCVEV- implora da Dio un cuore puro e uno
µcx.). L'addentellato anticotestamentario spirito saldo e di non esser cacciato
277 (I,104) iiyLoc:; (0. Procksh) (I,104) 278

dalla comunione dello Spirito Santo acque battesimali ( cf r. 1 Pet. 3 ,19 ss . ).


(Ps. 51,12 s.). In un primo momento soltanto il Cri-
sto possiede lo Spirito; soltanto dopo
b. Nel N .T. si ha una difficoltà la risurrezione di lui esso diventa pos-
testuale: infatti ri:vEvp.a. éi.yLOv nei Si- sesso della cristianità (Io. 20,22; Act.
nottici e negli Atti spesso è un ri- 2,1 ss.; 4,27 ss.) quando viene comu-
tocco del precedente ri:vEv~ta. (senza nicato ni discepoli nel gran giorno
ayLOV) 53. In Matteo e Luca -rò T.VEÙp.a. della P entecoste. La promessa del
&ywv, a differenza del TCVEVJ.W. . po - 7tVEUJW. &ywv, che ri sale indubbiamen-
tenza cosmica immanente. è.' J!l'nrigine te a Gesù , viene fatta risalire da lui
del Cristo anche nella sua vita fisica al Battista (Mc. 1,8 par.).
(Mt. 1,18.20 dr. L e. 1,35) . lvla, SO· Anche l'oscura frase - attinta alla
prattutto , ìtVEÙ~ia. éi.y•,ov ha gran parte raccolta dei ÀoyLa. - circa il peccato
nel battesimo di G es ù (Mt 3 , 11 par . ); contro lo Spirito Santo (Mt. 12 ,31 s .
il Messia infatti, secondo l'antica con- par.) adombra l'evento della Penteco-
cezione sinottica, deve battezzare Èv ste 55 . L' vtòi; -rov à.vi}pwnov è la pre-
7tVEvµa.·n à.rlct) (cfr. Act. 1,5) , e que- senza occulta di Dio ; perciò il peccato
sto è detto in vista della Pentecoste contro il Figlio dell 'uomo, essendo
quando gli apostoli saranno ' ripieni ' commesso nell'ignoranza, è perdona-
54
di Spirito Santo . Con il battesimo di bile . Invece nel 7tVEVµrt. ay~O\I della
Cristo comincia veramente l'epoca del- Pentecoste , che segna l'inizio di una
lo Spirito (Mt . 3,13 ss . par.) . Come nuova epoca , Dio si rivela attraverso
la colomba di Noé sorvolante le acque il Cristo; chi, pertanto, pur essendo
del diluvio segna l'inizio di una nuova preso dal nvEvµa. &ywv, si ribella con-
era per il mondo ( Gen. 8,8 ss . ), così tro la sua forza e lo bestemmia ( Bf...a.-
la manifestazione dello Spirito in for- ei<pT)µEi:) commette un peccato senza
ma di colomba annunzia una nuova remissione . Questo peccato è possibile
creazione che emerge con Cristo dalle soltanto dopo la Pentecoste, quando

53 Luca in entrambe le opere predilige tribuita direttamente a Gesù risorto. Infatti in


l'espressione -rò nvéjµa -rò &yLov, stempe- Io. 14,26 -rò &ywv è un'aggiunta che manca
rando alquanto il significato originario di nella versione siro-sinaitica. Il concetto ebrai-
èi.yLov; ma anche Mc. denota la stessa ten- co di 'santità' si esprime proprio nelle pa-
denza (cfr. 3,29: Mt. 12,31; 12,36: Mt. 22, role di Gesù relative al potere del 7tVEUµa:
43; 13,11: Mt.10,20), sicché la più antica èi.yoov di ' sciogliere e legare ' il peccato: il
tradizione sinottica è rispecchiata soltanto da 7tVEUµcc ayLOV condanna il peccatore con-
Mt. tumace, mentre assolve il penitente.
54 Giovanni usa l' espressione nv<:Ù(.lCl'. ss H. v. BAER , Der Heilige Geist in den
d.yLO'\/ soltanto quando descrive l'infusione Lukasschriften (1926) 75 s.
dello Spirito negli apostoli (20,22), da lui at-
279 (l,105} a:y•oç (0. Procksh) (l,105) 280

cioè lo Spirito Santo da Gesù si è 3,22), che prorompe con giubilo dalla
riversato sugli apostoli e è diventato bocca di lui (Le. 10,21 ), ma che sol-
un loro possesso interiore 56 • Ma anche tanto con la Pentecoste vien comuni-
la formula battesimale trinitaria in cui cato a tutta la cristianità (Act. 4,31)
ricorrono i tre nomi di Dio 1ta..-r1)p, in cui agisce come forza creatrice e
vL6c; e &yLov 1tvE;vµa è proiettata nella illuminante; in senso indeterminato
nuova epoca che prende l'avvio dalla 7tVEÙp. tt. &yLov non si manifesta tanto
Pentecoste. come volontà consapevole, quanto co-
Quindi nel!' EÙa.yyÉÀ Lov originario me energia creatrice (Le. 1,3 5; 4, 1) e
7tvt:up.. a &ywv = ruah ( haq )qi5dd è profetica (1,1 5.41.67 e passim) incon-
usato solo in riferimento all'evento del- scia. Tuttavia questa distinzione non è
la Pentecoste, sebbene Gesi:1 abbia spes- sempre e completamente osservata. In
so parlato del 7tVEÙp.a in senso asso- entrambi i casi Luca dà un particolare
luto . Per esprimere il concetto di Spi- valore all'attributo a:yLOV , anche se la
rito Santo poteva bastare, soprattutto frequenza dell'uso spesso non permette
nell'area di lingua ebraica, la semplice di avvertirne la pregnanza di signifi-
voce 7tVEuµcx. senz'altra specificazione. cato. Essendo ' santo ' lo Spirito è con-
Ma già lo stesso &ywc; -roiJ ìh:ov ha siderato sempre una manifestazione di
voluto usare }'attributo a:yLO\I per de- Dio, sicché &yLov assume in qualche
finire nett1tmente il contrasto tra lo modo il significato di ' divino ' accen-
Spirito e ogni àxai}apala . tuando il contrasto con gli spiriti de-
moniaci e della natura . A Luca , che
c. Fra gli evangelisti è soprattutto era greco, nato cioè in terra di mis-
Luca che usa l' espressione 7tVEvµa sione e non nel luogo d'origine della
&yLov, sia per indicare specificamente buona novella , premeva in modo par-
lo Spirito Santo - nel qual caso la ticolare distinguere lo Spirito del Dio
dizione precisa è -rò 7tVEuµa -rò &yLov Cristo dagli altri spiriti del mondo pa-
- sia in senso indeterminato 57 • In gano. Indubbiamente la sua concezio-
generale si può dire che 7tVEvµa &yLov ne dello Spirito è più conforme a quel-
in senso specifico è il Paraclito, che la comune della cristianità di prove-
si rivela nel battesimo di Gesù (Le. nienza pagana che a quella giudeo-cri-

56 Nella versione particolare di Marco e 7,51; 9,31; 10,44; 13,4; 15,8.28 ; 16,6; 19,6;
Matteo (Mc. 3,285; Mt. 12,31) scompare l'an- 20 ,23.28; 28,25; - 1tvEuµrx dy~ov: Le. 1,15.
titesi tra l'ulòç 't'OU av~pW1tOU e 't'Ò 1tVEuµa (17)35.41.67; 2,25; 3,16; 4,1; 11 ,13; Aet. 1,
't'Ò a:yLOV. 2; 4,25; 6,5; 7,55; 8,15.17.19; 10,38; 11,24;
s1 't'Ò 1tvEuµa ['t'ò] éfyLov: Le. 2,26; 3,22; 19,2.
10,21; 12,10.12; Aet. 1,8; 2,33 ; 4.31; 5,3 ;
281 (l,106) éiy~oç (0. Procksh) (l,106) 282

stiana che non perdette mai del tutto sono le pietre viventi e in cui Dio
l'aspetto cultuale , come mostrano Mat- deve abitare Èv 1tVEvµa:·n . Il fonda-
teo e la lettera agli Ebrei. Luca, in- mento del tempio sono gli apostoli e
fatti , nel concepire lo Spirito si ispira i profeti (Eph. 2,20), ai quali il mi-
ai carismi propri delle chiese di prove- stero di Cristo è stato rivelato Èv
nienza pagana, carismi che consisteva- 1tVEvp.cx:n (3 ,5 ). Sempre nella lettera
no soprattutto nel dono delle lingue agli Efesini è ampiamente descritta
e della profezia e di cui Paolo ci dà {4 ,11 ss.) l'articolazione di questo or-
una vivida descrizione specialmente ganismo vivente, in cui si edifica e si
nelle lettere ai Co rinti. Spesso in Luca sviluppa il corpo di Cristo. Nella pri-
lo ' Spirito Santo ' è visto attraverso ma ai Corinti il medesimo concetto è
quell 'inquietudine escatologica desc rit- presentato sotto il profilo individuale
ta da Gioele (3 ,1 ss.) che l'a tt esa della ( 6' 19: "t'Ò O"Wp.a: ùµwv va:òc; "t'OU ÈV
fine dovette spesso suscit are nella cri- ùµt:v ciylov 7tVEvµcn6c; ÈO"-cLv, cfr. 3 ,
stianità primitiva . Perciò le afferma- 16 ). Al tempio corrisponde il sacrificio
zioni di Luca al riguardo sono impor- di Cristo che ha anch'esso il carattere
tanti e utili più per lo studio delle della santità (2 Cor. 5,7). Nella lettera
varie ripercussioni che l'evento della ai Romani Paolo, sotto l'immagine del
Pentecoste ebbe nel complesso mondo ÀEL"t'ovpyòc; 'lr)O"ou XpLO"-cov, paragona
della cristianità apostolica che per la se stesso al sacerdote che tratta il
analisi di precisi concetti teologici . Vangelo ( lEpoupyovv-ca. -rò EÙa.yyÉÀLo\I
-cou ìlEOu) affinché i pagani vengano ac-
d. Molto più personale e gran- cettati da Dio come offerta (1tpOO"cpopci)
diosa è la concezione dello Spirito in lJYLCX.O"µÉVr} ÈV 1tVEvµa:-cL ciyl{{) (Rom.
Paolo; è una concezione che ha molti 15,16). In tutti questi casi la santità
punti di contatto con quella giovan- del tempio, che dev'essere costruito,
nea, con la differenza però che Paolo e del culto, che dev'esser reso, consi-
fa un uso molto più ampio dell' attri- ste sempre nel 1tVEuµa: riyLov, su cui
buto &y~oc;, dandogli anche un signi- è fondata anche la comunione dei cri-
ficato specifico. Con le immagini del stiani (2 Cor. 13,13; Rom. 5,5). Co-
tempio (1 Cor. 3,16; 6,19; Eph. 2,20), me già nell'Israele dell'epoca mosaica
del sacrificio (Eph . 5,2), del ministro (Is. 63,10 s.; cfr. 1 Cor. 10,1 ss.), cosl
(Rom . 15,16) Paolo ribadisce il ca- ora "t'Ò 1tVEÙµa: "t'Ò ayLOV dimora nella
rattere cultuale del ' sacro ', conferen- comunità cristiana (1 Thess . 4,8; 2
dogli però una maggiore spiritualità. Tim . 1,14) in quanto essa è nella con-
In Cristo è fondato un tempio san- dizione di riyLa.0"µ6ç (2 Thess. 2,13 ).
to (Eph. 2,21), del quale i cristiani II segno distintivo della nuova co-
28J (I,106) rir1oç (0. Procksh) (I,107) 28-l

munità cultuale, fondata sulla morte gran re (Mt 5.35). Come il Sinai (Act.
di Cristo, è il battesimo (1 Cor. 12,13: 7 ,3 3) e il monte della trasfigurazione
Èv f.vt 7tVEVµCX'tL l]µEi:ç dç EV crwµa (2 Pet. 1,18), così anche il tempio di
Gerusalemme è un 't07tOç ayLoç (Mt.
f.Sa7t-rlcrth]µEv) - nel quale lo Spi-
24 ,15 ; A ct. 6.13) ; anche Paolo . seb-
rito Santo opera la 7tCXÀ.LYYEVECTta e bene in sen so traslato , definisce ' san-
la tiva.xalvwcrLc; della creazione (Tit. to' il tempio di Dio (1 Cor . 3,17; Eph.
3,5) - e l'eucaristia (1Cor.12,13: 2 .21 ); essendo aycoc;, il tempio santi-
-:;;av-rEç Ev 7tvEuµa. È7to-rlcrlh1µEv ). Il fica gli oggetti d'oro che lo adornano
battesimo , mistica comunione con la (Mt. 23,17) , come l'altare santifica l'of-
ferta sacrificale ( Mt . 2 3 J 9: ayLa~ov
morte del Signore, simboleggia la mor-
dr. 7 ,6: &ycov ). Oltre al culto anche
te del ' vecchio ' uomo e la nascita del la Scrittura è santa come documento
'nuovo' (Rom. 6,3; Col. 2,12). Anche costitutivo del popolo eletto (Rom .
l'eucaristia esprime la comunione con 1.2: Èv ypa.cpai:c; àyla.Lç); il suo fon-
la morte del Cristo ( 1 Cor. 11,26 ), che damento è la legge di Mosé che si
è come una palingenesi dell'uomo (2 articola nei comandamenti (Èv"'oÀ.l] cfr.
Rom. 7, 12: ò µÈv v6µoç &yLoç xcx.t Ti
Cor. 5, 17: E~ -rLç Èv XpLcr"tc';l xa.wn
Èv-ro), ii ò:yla xa.ì OLx.ala) ed è fon-
X"tLCTLç). La concezione della cristianità data sull'alleanza divina (Le . 1,72). È
quale comunità cultuale è fondata per- questa una concezione tipica dei sa-
ciò sulla morte di Cristo. L'elemento cerdoti e dei dottori della legge che
cultuale nella sua forma altamente spi- da essi è passata nel N.T.
ritualizzata è implicito nell'idea della Il culto anticotestamentario, che co-
riconciliazione ( xa"taÀ.À.ayl]) che è sta- stituisce 1'addentellato e la premessa
ta realizzata proprio dalla morte sacri- del nuovo, permane nella xa.L'\ITJ x-rlcrLç
ficale del Cristo (Rom. 5,9 ss.; 2 Cor. ma soltanto come \m6onyµa. xaì crxLà
5,18 s.). "tWV È7toupavlwv (Heb. 8,5) e perciò
anche l' "AyLov nel N.T. ha un signi-
4. La santità dell' rxxÀ.t]crla. ficato nuovo e superiore: ' pneumati-
co'. Cristo come ò àyLoç 7tcx.i:c; (~
Come abbiamo già rilevato, la con- col. 237) diventa il centro di un nuovo
nessione fra la santità e il culto se- santuario, in quanto egli è sacerdote,
condo il N.T. si esprime non solo nel vittima e tempio di Dio.
nome di Dio, ma anche nella comu- Il suo carattere sacerdotale è sotto-
nità che prega e serve Dio. lineato soprattutto nella potente visio-
ne teologica della lettera agli Ebrei
Anche in questo caso l'addentellato
(~col. 23 7) che è conforme alla con-
anticostestamentario è evidentissimo.
Gerusalemme è li &.yla 1tOÀ.Lç (Mt. 4, cezione complessiva del N.T. Già la
5; 27,53; Apoc. 11,2) dove abita il comunità di Gerusalemme attraverso
285 (l,107) é.iy~oc; (0. Procksh) (I,108) 286

1' &ywc; 1'ta~c; (Act. 4,27.30) diventa 1,2 cfr. 6,11 ), una 7tpocr<popcL . 1)yLcxcr-
un tempio dello Spirito Santo ( 4,31: µÉvl] Èv 1tVEVµrx-rL à.yl~ (Rom. 15,16).
ÈTIÀ-i}cri}Y}crav &7ta.v·-m; -rov à.ylou '!t'\IEV- La noÀL-rEla: -rov 'foprx-i}À insieme alle
µa-roc:;) .sa. Così in mezzo all'antico po- oLrxiJfjxrxL -rfic:; È7trxyyEÀlac:; (Eph. 2,12)
polo di Dio ne sorge uno nuovo (cfr. attraverso Cristo è stata estesa a tut-
Heb. 13,12 ss.) che, in riferimento a ta la cristianità , sicché anche i cri-
Ex. 19 ,6, può esser definito Ba.crlÀEWV stiani di provenienza pagana non sono
1.Ep<hrnµcx, rnvoc:; &yLOV ( 1 Pet. 2,9) e più ~ÉVOL xrxì. 'l'trXpOLXOL ( = gèrim
per il quale è valido l'antico principio: wetosabim), ma crvµnoÀi:-rrxL "t' WV à.yl-
cX)'LOL EcrEO'iJE , O'tL Èyw ayLoc:; ( 1 Pet. wv xrxì. OLXELOL "t'OV iJEOiJ (2 ,19 ), edi-
1,16) 59 • Nella grandiosa visione storica fizio eretto sulla pietra angolare, che
di Paolo il concetto di ' popolo eletto ' è Cristo, e sul fondamento degli apo-
è svincolato dai suoi limiti naz ionali e stoli e dei profeti . Gli ayLOL apparten-
identificato con la chiesa di Cristo. Sul- gono alla noÀL"t'Ela. -rov 'foprx-i}À. , ma
la santa radice dell 'antico popolo elet- non dell ' Israele carnale bensì del-
to sono stati innesta ti i nuovi rami del 1' 'foprxi}À xrx-rà nvEvµa:. Ristretto
mondo pagano (Rom. 11 ,17 ), che da originariamente alla cristianità di pro-
quella radice vengono santificati . La venienza giudaica - i cui membri
radice è evidentemente Cristo come negli Atti degli Apostoli vengono spes-
ii plsa. -rou 'lccrcra.l (Rom. 15,12) de- so definiti èX.yLOL (Act. 9,13.32.41; 26,
stinata a dominare sui pagani. Egli si 1O) - il popolo santo di Dio si
è dato per la È:xxÀ Y}crlrx, \'.va. rxù-ri}v estende poi fra i pagani.
à.yLao"n... i'.vrx Ti à.ylrx xaì. &µwµoc:; È questa la ragione molto semplice
(Eph.5 ,26 ). Per tramite suo essa è stata per cui Paolo usa spesso l'aggettivo
santificata non solo nel ' tronco ' (ossia éiyLOL in riferimento sia ai membri
nei fedeli convertiti dal giudaismo), della chiesa madre di Gerusalemme
ma anche negli ' innesti ' (ossia nei (Rom. 15,25 s.; 1 Cor. 16 ,1.15; 2 Cor.
converti ti dal paganesimo); essi sono 8,4 e passim) sia ai convertiti dal pa-
i}yLrxcrµÉvot ÈV XpLcr-rQ 'I'l')crou (1 Cor. ganesimo (Rom . 1,7; 1 Cor. 1,2 e pas-

58 È questa evidentemente la più antica salemme. Inoltre egli intende ayLOL nel senso
concezione della Pentecoste cristiana, alla di ÉXÀEX"tOL "tOU &EOu. Ma in questo modo
quale si è associata in seguito la versione étyLoç viene svuotato del suo contenuto e
comunemente nota : cfr. A. HARNACK, Die ne viene misconosciuto lo specifico elemento
Apostelgeschichte (1908) pp. 142 ss. cultuale (dr. AsTING p. 154 n. 2). Non per-
59 K. HoLL, Der Qsten (Ges. Aufs. z. ché eletti da Dio, ma perché riconciliati con
Kirchengeschichte II, 1928), p. 60, interpreta lui i cristiani di Gerusalemme sono chiamati
ay~OL come sinonimo di 'lt"tWXOL e pensa étyLOL. Fra gli ayLOL e l'iJ:yLoç "tOU t>EOV
che entrambi gli aggettivi fossero comune- intercorrono gli stessi rapporti che passano
mente usati per indicare i cristiani di Geru- fra i XPLCT"tLavol e il XPLCT"'t6ç (Act. 11,26).
287 (I,108) éi:y~oç, (0. Prockshj (l,108) 288

sim). Anche le singole ÈxxÀrio-laL sono chiamata della grazia divina in Cristo
sante insieme ai loro membri come (Phil. l,l: -i-oi:c; àyloLç Èv XpL<r•Q).
parti della ÈxxÀrio-la à:yla xaì. &[,lW- Come &yLoL essi appartengono a una
µoç (Eph. 5,27). In Paolo non si ri- comunità cultica che è fondata sul sa-
scontra alcuna differenza di principio crificio di Cristo; come ÉxÀc:x-i-o~ -i-ou
fra gli ayLOL della comunità primitiva lJEOU ayLOL xa.Ì. TJYCX.TIT][.lÉVOL (Col. 3,12)
e quelli delle chiese di missione; in- - dove i termini paralJeJi ayLOL ed
fatti la loro santità deriva egualmente YJYCX.TITlf,lÉVOL sono attributi di ÈXÀEx-i-ol
da Cristo , anche se il Tipi;:rrov 'Iovoa.i:oL - essi sono stati eletti da Dio a far
xa.1. "E).ÀIJVEç è un dato storico ine- parte di questa comunità cultuale. La
liminabile. Per tutte le ÈxxÀ.ri<rt'.aL -i-wv xÀ.11povoµla Èv -i-oi:ç {iyLatJ[,lÉVoLc; ·mi-
aylwv vale lo stesso ordine ( 1 Cor. aw, di cui si parla in Aci. 20,32, è
14,33 ), poiché esse sono parti orga- l'eredità di Dio (xÀ.11povoµla. = na-
niche del corpo della ÈxxÀ ricrt'.a.. Nel- hala, Deut 9,26 ; 12 ,9; 19,14; 32,9)
l'indirizzo alle chiese è singolare la che viene ripartita fra i ' santificati '
espressione xÀri-ro1. è!.. yLOL (Rom. 1, 7; in modo che essi vi hanno parte61 • Così
1 Cor. 1,2), apposizione di ÈxxÀricrla. pure in Eph., 1,18 si parla della xÀTJ-
che in qualche modo individualizza il povor,lla. a.ù-i-ov Év 'toi:c; àyloLc; di cui
concetto tradizionale e veterotestamen- i cristiani devono riconoscere la splen-
tario di xÀ.ri-i-Ti à1la = miqra' qode5 60 • dida ricchezza. Questo passo non può
Ma mentre nell'espressione veterote- essere considerato separatamente da
stamentaria l'accento batte su qodd, quello della letd;ra ai Colossesi in cui
Paolo dà rilievo soprattutto ai xÀn-i-ol è detto che il Padre ha reso i cristiani
(Rom. 1,6: xal i]µEi:ç xÀ.T]-toi; 1 Cor. idonei Elç -c:T]v µEploa. -i-ov xÀ Y]pov
1,24: m'.rroi:ç oÈ -i-oi:ç xÀrini:ç, 'Iou- 't'WV àylwv Èv -c:Q cpW't'L (Col. 1,12);

oaloLç 'tE xa1. "EÀ.À. T]O"L, cfr. I udae 1). infatti xÀ fjpoç, come xÀ TJpovoµla, è la
I cristiani infatti non sono éiyLOL traduzione normale di nahala, mentre
per natura, ma per la chiamata di Dio. a µEplç corrisponde l'ebraico heleq
Essi debbono il privilegio di essere ' porzione '. La precisazione Èv -i-Q
membri della comunità ' santa ' alla cpw-rl è aggiunta per contrasto con

60 Nell'A.T. mìqr!l qodeI è la radunanza ossia ai membri della chiesa di Cristo. Dif-
sacra e cultuale. I LXX (Ex. 12,16; Lev. 23, ficilmente perciò si può interpretare in senso
2 ss. e passim) traducono regolarmente con diverso Eph . 1,18, quasi che si tratti dci
xÀT)"tTJ <Xyla (concretum pro abstracto); an- ' santi ' del cielo. Come negli liyLOL (Act. 20,
che Paolo parla della x).i)cnç, <Xyla (2 Tìm. 32) cosi anche negli i}yiaO'µÉVOL vanno rav-
1,9) che viene da Dio. visati i cnsttan1, ai quali si riveleranno
61 i}yLaaµÉvoL (Act. 20,32) non può rife- tesori dell'eredità a loro riservata.
rirsi agli angeli, ma soltanto agli uomini,
289 (I,109) d:ytoç (0 . Procksh ) (l,109) 290

v;ou<Tla "!OV O"XO"!OUC,, e Sl riferisce l'aspetto cultuale. Alla tradizionale of-


quindi alla luce della grazia (cfr. Eph. ferta materiale, distinta dalla persona
5,7 s.), non a quella della gloria cele- dell'offerente, il cristianesimo sostitui-
ste 62 ; infatti l'ingresso nella ~cx.o-LÀ.dcx. sce l'offerta personale del corpo , ossia
'tov vtov ··t"'DC, à.yci-itT)c, cx.ùi:ov, del ve- della vita terrena, offerta che si identi-
ro e proprio erede è già avvenuto (µE- fica perciò con l'esis tenza stessa dell'of-
i:ÉO"i:YJO'EV ). Il diritto degli ciyLOL alla ferente. In questa concezione l'idea
xÀ T)povoµla non è altro che il diritto di santità rasenta quella di moralità;
ereditario del popolo di Dio procla- si tratta in realtà di concetti facilmente
mato dal Deuteronomio 63 • interscambiabili. Ma la moralità in re-
lazione al sacrificio non si presenta
5. La vita ' santa ' dei cristiani come ÒLXCX.LOO"UVT) = sedeq, bensì co-
me tohOra, purezza (Lev . 13 ,7; 14 ,23;
Come la Chiesa è un vcx.òc, &yLOC, Ez. 44 ,23 ), conservando così un aspet-
(1 Cor. 3,17; Eph. 2,21), così la vita to cultuale 64 • Nell'offerta cristiana del-
dei cristiani dev'essere una i}v<TlCJ. swcrcx. la vita personale l' CÌ.yLcx.0"µ6c, precede
àylcx. 'te{.> i>E0 (Rom. 12,1; 15,16). Pao- logicamente il xcx.i}cx.p~a-µ6c, , secondo il
lo stesso, alludendo al suo martirio, si principio di Pindaro: yÉvoL' ot6c, fo-
paragona a una libagione in aggiunta al o-~ 65 • La ' purezza ' predicata da Gesù
sacrificio e all'offerta della fede della nel discorso della montagna (Mt . 5,8
sua Chiesa {Pbil. 2,17: 0"1tÉvooµCJ.L É1tt o[ xcx.ilcx.poì. i:fj xcr.polq,) ha un conte-
i:fj i}ua-lq, xcx.t À.EL"!Oupyl~ 't'TJC, 1tLO"'tEWC, nuto morale e questa accezione della
vµwv) . Ma non solo la morte, bensì parola è rimasta fondamentale e nor-
anche la vita terrena e fisica del cri- mativa per la cristianità originaria
stiano è una i}va-lcx.. Ancora una volta (1 Tim . 1,5; 2 Tim . 2,22 ; Tit . 1,15;
nel concetto di ayLoc,, applicabile ai Iac. l ,27; cfr . Mt. 23,26 e passim).
cristiani singolarmente (Phil. 4,21) ol- La purità è innocenza (Act. 18,6; 20,
tre che nel loro complesso, riemerge 26 ), è la condizione morale dell'uomo

62 Di opinione contraria è !' AsTING xÀ:Tjpoc; (vedi esempi nel testo); il verbo
pp . 104 s. 138 . [la]re'Set = XÀ.T)povoµEi:v è anzi una parola
63 Secondo il Deuteronomio Israele è de- tipica del Deuteronomio.
stinato ad essere ' am qiidos = À.a.Òc; &ytoç 64 La 'purezza' (Heb. 9,13: xafra.p6-rnc:;,
(Deut . 7,6; 14,2, ecc.), espressione altamente cfr. Mc. 1,44; Le. 5,14; Io. 2 ,6: xa.l>a.pt<Tµ6c;)
caratteristica di cui è un riflesso in Ex. 19 ,6: è propriamente il possesso dei requisiti ne-
go; qiidos = E~oç 1htov e in mamleket cessari per compiere atti di culto: cosl gli
kobanim = ~a.aO. .Etov lEpii-rEVµa. (cfr. 1 Pet. animali 'puri' (Gen. 7,2 ss.) sono gli animali
2,9). Ma un'importanza altrettanto grande sacrificabili, che soltanto con l'immolazione
ha nel Deuteronomio il concetto di naVala diventano qodeJ.
= xÀ:Y]povoµla. (vedi esempi nel testo) = 65 Cfr. AsnNG p. 217.
291 (l,109) cfytoç (0. Procksh) (l,110) 292

distinta dalla moralità attiva, che si bacio (cplÀT)µa ayLOV) è il sigillo di


presenta come OLXO'.LOO'VVTJ. La moralità questa comunità (1 Cor. 16,20; 2 Cor.
cristiana non appare come un nuovo 13 ,12; 1 Thess . 5,26). Chi è i}yr.a-
modo di agire, ma soprattutto come un O'µÉvoc; in Cristo ( 1 Cor. 1,2) irradia
nuovo modo di essere, la cui migliore la sua santità sulle persone che più
definizione è àyLo:0'µ6c; 66 • gli sono vicine, cosicché la donna è
Come ayLOL i cristiani son desti- santificata nell'uomo, l'uomo nella don-
nati ad una -i}uO'lo: SWO'O'. àylo: 't'Q frE0, na e i figli di genitori cristiani non
che si realizza nella vita fisica di ognu- sono à.xcii}a.p't<:X., ma ayLO'.. Anche in
no, ma anche nella carità reciproca . questo caso ayr.oc; è usato nel senso di
L'obbligo di fedeltà che i cristiani xo:i}a.p6c; e indica perciò una condi-
hanno verso Cristo vale anche nei ri- zione morale. Lo stesso vale per la
guardi dei fratelli in quanto èiyLOL vergine, tva. Ti &:yla xa1. 't0 O'W[J.<t.'t'L
(Eph . 1,15 [S.* A .B.]; Philm. 5); essa xaì, 't'Q 1tVEVµct.'tL (1 Cor. 7,34; dr . 1
è la 7tlO''t'Lç oL' ciycbtT)c; ÈvEpyouµÉVT) Pet. 3,5). Non diverso è il senso della
(Gal. 5,6), in cui essi devono servirsi espressione X<t.pOLO'.L aµEµ7t't'OL ÈV tiytW-
reciprocamente (5,13; dr. Col. 1,4). O'UVlJ ( 1 T be ss. 3, 13) e del parallelismo
La Chiesa di Cristo è costituita 7tpÒc; &yLOc; xa1. &µwµoç (Eph. 1,4; 5,27;
i:òv XC1.'tct.p't'L0'µ6v -rwv &.ylwv Etc; EP- Col. 1,22) in quanto l'aggettivo &µwµoç
yov oLo:xovlo:c; x.'t.À. (Eph. 4,12); lo è usato per indicare la purezza della
stesso Paolo sottolinea continuamente vittima (1 Pet. 1,19; Heb. 9,14) e
la OLaxovla -ro~ç &:ylor.ç (Rom . 15,25; rientra perciò anch'esso nella sfera
1 Cor. 16,15; 2 Cor. 8,4; 9,1; dr. cultuale.
Heb. 6,10). Bisogna accogliere i santi L'opposto di questa moralità è la
in modo degno (Rom. 16,2) e pr~nder àxai}apO'la (Mt. 23,27; Rom. 1,24; 6,
parte ai loro bisogni (12, 13: 'ta~c; 19 e passim) che si concreta special-
XPEL<l.L<; "t'WV àylwv XOtvWVOVV'tE<;, dr. mente nei peccati sessuali del mondo
2 Cor. 9,12). La comunità dei santi è pagano, a cui il N.T. attribuisce ap-
la comunità di coloro che sono stati punto l' à.xcii}ap'tov (Act. 10,14.28;
riconciliati in Cristo e si servono re- 11,18; Eph. 5,5), come già l'A.T. par-
ciprocamente (2 Cor. 5,17); il santo la di 'ere~ teme'a (Am. 7,17; Hos.

66 La stessa persona può essere olxatoç sottolinea la fondamentale differenza (1 Cor.


xat iiytoç; tale è non soltànto Dio (Io. 17, 6,11: à.À.M. 1}y~à.cr~'t'E, 6.)..M. totxa~w~-.E),
25: v. 11), ma anche Cristo (Act. 3,14) e il mentre l'ellenismo le associa nel binomio
suo profeta Giovanni (Mc. 6,20); i concetti olxmoç xa~ &ytoç (cfr. WILUGER). olxmoç
di ' giustizia ' e ' santità ' esprimono però sta ad ar~oç come la ' giustificazione ' del-
due realtà distinte, di cui il cristianesimo l'uomo sta alla sua ' riconciliazione ' con Dio.
29.3 (l,110) a.y~oç (0. Procksh) (I,111) 294

9 ,3) 67 . Anche questi passi - risentano anche la Ecclesia triumphans sta sotto
essi o no dell'influsso ellenistico - il segno della santità. Ad essa appar-
confermano che la ' santità ' è sempre tengono gli esseri angelici, che già nel-
la condizione di innocenza, non l'azio- 1' A. T. vengono considerati ' santi'.
ne morale. Ma questa condizione mo- Gli èiyy<:Àot fiyLOL sono un termine
rale è strettamente connessa con il apocalittico ripreso dallo stesso Gesù
culto. Perciò in nessun caso si può (M c. 8,38; Le. 9,26; cfr. Apoc. 14,10;
tradurre àylo-n1c; e éiytoc; con ' mo- I udae 14 È:v àyla.tc; µvpttirnv m'ii:ou)
ralità ' e ' morale ', perché in questo quando prospetta il ritorno del Figlio
modo si tra scura la componente reli- dell'uomo con gli angeli santi ricolle-
giosa e cultuale del concetto. gandosi al concetto dell'ultimo giudizio
Infine la ' santità ' è il criterio fon- presente in Daniele (Da n. 7 ,9 ss .).
damentale e il principio costitutivo
del [!,iudizio fina le. Infatti ot ciytot Un accenno agli angeli si trova si-
"t'Òv x6CTp.ov xptvoucnv ( 1 Cor. 6,2). curamente anche in 1 Thess. 3,13; cfr.
2 Thess. 1,7: Èv "t'TI Tia.poudq, i:ou
Poiché si parla di uomini e non di
xvplou 1}µwv 'IT}CTou Xptcnou µ<:"tà.
angeli, è da pensare che l'apostolo
7ttXV'tWV àylwv mhou. Infatti abba-
alluda al giudizio della È:xxÀTJCTLa. "t'OU stanza spesso gli scritti apocalittici usa-
lJe:ou, alla quale sono state consegnate no ' santi ' nel senso di ' angeli ' 68 •
le chiavi del regno dei cieli (Mt. 16, Non si può escludere che, oltre agli
17 ss .; 18,18; Io . 20,23) e quindi il angeli, negli &ytoL siano comprese an-
che le anime beate dei giusti ( 4 Esdr.
potere di legare e sciogliere. Perciò
6 ,26; dr. Mt . 27,52 : CTWµa.i:a. "t'WV
la fede può essere definita àytW"ttX"t'TJ x<:xotµ:'rfµÉvwv àyluN 69 ). Più difficile è
(!uda e 20 ), in quanto chi ha fede è stabilire se 2 Th ess. 1,10 (ÈvoosatTlJfl-
al difuori del ' mondo ' e non sarà vm f.v •o~c, à.ylotc, aùi;ou) si riferisca
giudicato (cfr. Io. 12,47). agli angeli o ai cristiani. Poiché ot
ayLoL mhou non ha, evidentemente,
lo stesso significato di 7ttXVi:Ec; ot TIL-
6. La Ecclesia triumphans.
CT"t'E1)c;a.vi:Ec, e anche Èvoosa.CTlJfjva.L si
distingue da lJa.uµa.CTlJi]vaL, è da pen-
a. Come la Ecclesia militans, così sare che &ytoL si riferisca agli angeli

67 Naturalmente Io stato di santità deve ELÀLxpwlcx accennano al significato ellenistico


concretarsi in una santa condotta di vita di àyvéc;, poiché nei LXX EÙcrÉ~ELll (Is. 11 ,2;
( OCVllO"Tpo<pfi) anche al di fuori del campo 33,6; Pr. 1,7 = jir'at ihwh) ed dÀLxpwlcx
sessuale (1 Pet. 1,15.22 ; 2 Pet. 3,11; 2 Cor. (Sap. 7,25) non hanno un equivalente ebraico,
1,12). Osserviamo però · che in 1 Pet. 1,15 a meno che in 2 Cor. 1,12 non si debba
Io stato di santità viene contrapposto alle leggere àitÀO"t'T]c; anzichè àyL6"t''l}c;.
Èmfrvµlcu sensuali ; osserviamo pure che in 68 BoussET-GRESSM. p. 321.
2 Pet. 3,11 i concetti paralleli àvllO"Tpocpi} ò 9 Nel N.T. non è mai affermato che i
xcxt EÙCTÉ.~ncx e in 2 Cor. 1,12 àyLO't'lJ<; xcxt santi dopo la morte ascendano al cielo per
295 (I,111) <iy~oc; (0. Procksh) (1,111) 296

(cfr. 1 Th ess. 3,13), insieme ai quali q>rj'tm siano i profeti dell' A.T., dopo
Cristo compare l'ultimo giorno per i quali gli ayLOL costituiscono la ri-
essere ammirato da tutti i credenti. stretta cerchia della cristianità pt1m1-
Del resto anche nel passo citato dei
tiva e i cpoSouµEvoL ( = jir' é jhwh)
Salmi si parla evidentemente di angeli
(~ 88,8: Èv8o~cxs6µEvoç E.v SouÀf\ sono i convertiti dal paganesimo . È
à.ylwv ). Infine anche in un passo del- chiaro poi che si tratta dei cristiani
l'Apocalisse giovannea &ywL indica pro- quando in Apoc. 14,12 (cfr. 13 ,10) si
babilmente gli esseri celesti. Infatti la parla della ùnoµov-fi -c<:<lv ayltò\I OL
successione nell'apostrofe di Apoc. 18 , -r11pouvn:ç -ràç Èv-roÀàc; -rou flEov xa.ì,
20 (EÙ<ppaL\IOU bi:'r;:v-cn, ovpa.'JÈ xaÌ.
TfJ\I nlcr-rL\I 'll]<rov. La ùnop.ov1] allude
01. &yLoL xcxì. 01. ò:n6tn o),oL xcxì. 01. npo-
q>rj-ccn) si presenta logica soltanto se a persecuzioni alle quali gli &yLoL sono
gJi ayLOL menzionati subito dopo iJ esposti; del resto in precedenza si fa
cielo e prima degli apostoli e dei menzione di una sconfitta degli ayLOL
profeti , pilastri del regno di Dio sulla da parte della bestia (13,7). Roma,
terra (Eph. 2,20; 3,5) sono i qaddHé la simbolica Babilonia, si è abbeve-
'elionrn (Dan . 7,18 .21 ss .} ossia esseri
rata del sangue dei testimoni di Gesù,
celesti 70 • Distruggendo la potenza di
Babilonia Dio rende giustizia alla ge- che con la loro morte sono entrati
rarchia degli esseri a lui fedeli rap- nella Ecclesia triumphans: µdMou-
presentata in cielo dagli angeli e in o-cxv Èx -rou cxi'.p.cx-roç -rwv àylw'J xcxì.
terra dagli apostoli e dai profeti . f.x. 'tou a.i'.µa.'toç 'twv µcxp,upwv Tricrov
17 ,6 . Si può pensare che gli ayLOL
b. Alla Ecclesia trìu mphans quale siano i martiri dell'era apostolica, come
appare nell'Apocalisse appartengono an- Pietro e Paolo, distinti dai µcip,upEç
che gli uomini in quanto &yioL. È '!neroli nei quali saranno da ravvisare
questo f'.ertamente il caso delle 1tpo- le vittime della persecuzione di Ne-
o-wxcxì. 'tWV ri.ylwv innalzate prima dai rone, ossia martiri della chiesa
ventiquattro vegliardi (Apoc. 5,6 ss .) e romana.
poi da un angelo ( 8,3 .4 ). In Apoc. Meno definita è l'espressione man-
11,18 questi ' santi ' vengono collo- cante dell'articolo in 18,24: cxip.cx npo-
cati fra i profeti e i cpoSouµEvoL 'tÒ q>lJ,WV x.a.ì. àylwv x.cxì. nciv,wv -rwv
ovoµcx, e sono quindi evidentemente Èo-<pa.yµÉ:vwv É1tÌ. 'fjç yfjç, e in 16,6:
uomini. Poiché si parla del giudizio a.lµa. aylwv XCXÌ. 1tpO<p1'),WV. Infatti
dei morti ( ò xmpòç -rwv vi:xpwv) in questi casi non vi è nessun riferi-
l'interpretazione migliore è che i 1tpo- mento locale a Roma . La posizione

ridiscenderne po1 ms1eme a Gesù, sicché è 10 Di opinione contraria è !' AsTING


meglio intendere gli ti.yLOL celesti nel senso p. 292.
di e angeli '.
2')7 (l,112) &:yLoc; (0. Procksh) (l,112) 298

alternata di '1tpO(j)lj"rCU e a:yLOL non Possiamo quindi concludere che il


indica una successione gerarchica o fondamentale carattere cultico del i:on-
cronologica (cfr. 18 ,20); forse i 'ltpo- cetto di ' santità ' non è mai venuto
q>lj-rcx.L sono i ' profeti ' dell'Antico e meno né nell'Antico né nel N.T. Tan-
Nuovo Testamento, ai quali vengono to nell 'uno che nell'altro la concezione
associati gli ayLoL (i martiri cristiani) del • popolo di Dio ' implica un ele-
e gli Èo"q>cx.yµÉvoL (i martiri in gene- mento cultuale che viene, sì, trasfor-
re) 71 • Nel periodo di transizione suc- mato e spiritualizzato, ma non scom-
cessivo alla prima resurrezione cade pare mai completamente. Esso è pre-
l'attacco di Gog e Magog contro -ri)v sente, infatti, nell'adorazione del Dio
ncx.pq10of..i)v -rwv à.ylwv xcd -ri}v 7t6- trascendente, nella riconciliazione fra
À.Lv -ri}v (20,9). L'ac-
fiya.ni)µÉVìJV l'uomo e Dio operata da Gesù e nel-
campamento degli &ywL, a giudicare dal l'idea di una nuova creazione, come
precedente di Ezechiele (Ezech. 38 s.), tempio dello Spirito Santo. Il con-
può essere soltanto Gerusalemme ( = cetto di ' santità ' ha quindi per il
ÉxvxÀEv<mv), sicché probabilmente esso cristianesimo un valore essenziale e
simboleggia la cristianità primitiva. In- determinante.
fine si riferisce alla distinzione fra i
buoni e i cattivi (22,11) la frase: xcx.l
0

ò olxcx.Loç OLXIXLOCi'VVi)V 1tOVT)crci.-rw E"rL


xcx.t ò &yLoç Ò.yLcx.cr~T]-rw E"rL 72 . Data
l'accezione comune di Ò.yLci.SELV, il si- Il verbo Ò.yL!i~rJ.l appartiene quasi
gnificato non è tanto ' si santifichi ', esclusivamente al greco biblico o che
quanto ' sia santificato ' da Dio. ol- risente dell'influsso biblico (Philo, Leg.
xcx.Loc; e &yLoç esprimono le qualità All. I 18; Spec. Leg. I 167) 1, con la
che contraddistinguono il cristiano nel- sostituzione, dopo L , della desinenza
l'epoca finale. -ci.sELv a quella -lsELv. Si tratta evi-

71 Testimoni di Cristo sono angli gli &yLoL, buto, ma soltanto come soggetto, sicché xcx.1.
i cui OLXCJ.LWµct'tCJ. formano l'abbigliamento ayLoç è probabilmente aggiunta ricalcata su
solenne della 'sposa' (19,8); tuttavia 'tO Jub. 2,23 s. (cfr. LoHMEYER, Apok. a.l.) .
y!Xp ~UO"O'WOV 'tà lìLXctLWµCJ.'tCJ. -rwv &:ylwv 72 La frase caratterizza la differenza fra
potrebbe essere una glossa (LOHMEYER, Apok., olXCJ.LO<; e a)'LO<;; mentre la moralità del
a.l.). Al periodo intermedio di 1000 anni, olXCJ.toc; è attiva (OLXCJ.LOO"UVTJV 7tOLTJO"a'tW)
successivo alla prima resurrezione, si riferisce quella dell'&yLoc; è passiva (à.ytctO"ftlJ'tW E'tL).
il µaxcx.pL0"µ6c; di 20,6: µcx.x6:pLoc; xcx.i &yLoc;
~xwv µÉpoc; Év "TI à:va.O"'taO"EL "TI 7tpw'tu.
ayL6:1;w
Ma negli altri sei µaxcx.pLO"µol (1,3; 14,13;
16,15; 19,9; 22,7.14) dell'Apocalisse non si I Vedi però la liturgia di Mitra: à.yloLc;
riscontra il predicato &yLoc;; inoltre &yLoc; tiyLCJ.O"ftdc; ayLciaµa1n &yLoç (PREIS . Zaub.
non è usato mai nell'Apocalisse come attri- IV, 523).
299 (l,112) èi.yLoç (0. Procksh) (l,113) 300

dentemente di un denominativo di semplicemente il riconoscimento di ciò


qode1, qàdos = 11.ytoç 2 . che è già nell'essenza di Dio. Per lo
più l'oggetto del verbo sono i sacer-
Nei LXX à.ytcisw è la traduzione doti, il popolo, i luoghi e gli oggetti
pressoché normale della radice qds del culto, che attraverso la santifica-
e indica perciò un modo di essere re- zione vengono sottratti alla sfera pro-
lativo al culto, tanto nella forma qal fana e trasferiti in quella del sacro. Chi
(Ex. 29,21; 30,29 e passim) e nifal commette un sacrilegio , ossia lede le
(Ex . 29,43 ; Lev. 10 ,3 e passim) quan- person.: e gli oggetti sacri, non sog-
to nella forma causativa (Ex. 28, 34 ; giace al giudizio degli uomini , ma alla
Lev. 22,2 s. ecc.) ed enfatica (G en. condanna, qua si sempre capitale , di
2 ,3; Ex. 13 ,2 e passim) di tutti e Dio.
tre i generi 3 . à.ytcisw , a seconda delle
Nel N.T. il caso m cui tiytcisw
radicali ebraiche che traduce , assume
vari significati; quando corrisponde al- spreca maggiormente è la parola del
la forma causativa significa per lo più Pater Noster : Mt . 6,9 ; Le. 11 ,2:
' consacrare ' ; quando rende la forma cXyLtW1"1)-cw 'tÒ OVOµa O"OV 4. Il sogget-
enfatica ha per lo più il significato di to logico di questa santificazione è
' santificare ', talvolta nei LXX (Ex. soltanto ed esclusivamente Dio, non
29,33.36) con riferimento al rituale
l'uomo, come si deduce per analogia
espiatorio . La santificazione può avve-
nire attraverso le cerimonie del culto dalle domande che seguono nella pre-
(Ex. 19,10.14; Ios. 7,13 ), ma anche ghiera . Gli uomini non possono santi-
attraverso le feste (Ex. 20 ,8; Deut. ficare il nome di Dio, come non pos-
5,12; cfr. Is. 30,29). Talvolta il verbo sono attuare il suo regno o realiz-
può avere, con soggetto e oggetto zare la sua volontà. Il nome di Dio
divino, un significato dichiarativo (Gen .
è la sua persona, che è santa in sé,
2,3; Ex. 19,23; Num. 20,12 e passim),
ma allora è implicita la effettiva rea- ma deve anche rivelarsi come tale (cfr.
lizzazione di ciò che viene dichiarato. Ez. 20,41; 38,16: weniqdaSti /•'énéhem
Il soggetto nelle forme derivate del e passim). Tale rivelazione si realizzerà
verbo è sempre personale, sia esso Dio come fatto escatologico al giudizio fi-
o il giudice o il popolo ; soltanto nel- nale e storicamente si realizza nei cre-
la forma qal può essere una cosa,
denti, ma non per opera loro. Quando
presentata come un tabù ( N um . 17,
2.3; Deut. 22 ,9). Raramente il com- l'uomo nel momento dell'adorazione
plemento oggetto del verbo è Dio avverte, con arcano timore, la pre-
(Num . 20,12; 27,14; Is . 29,23; dr. senza di Dio {cfr. Is. 6,3), allora que-
8, 13) e in questo caso à. ytcisw indica sti viene santificato in lui. In questo

2 BLAss-DEBRUNNER 108. si trovano sparsamente, non hanno im-


3 Invece i sinonimi brr (Dan. 12,10), kfr portanza.
(Ex. 29,33.36), e m:r (Lev . 25 ,11 ecc.), che 4 Per l'uso rabbinico v. col. 264.
301 (I ,113) éiy~oc; (0. Procksh) (I,113) 302

caso l'elemento cultico della santifica- (v . 14), sono figli dello stesso Padre,
zione si risolve completamente nell'at- il quale - come dimostra il rilievo
teggiamento di adorazione, in cui l'uo- dato alla parentela fisica con il Cri-
mo avverte la trascendenza di Dio ri- sto - non è Dio, bensì Adamo. Ma
spetto alle cose create 5 . Cristo, essendo egli pure éiyLoc;, agisce
Il fatto che Gesù santifichi se stesso come à.yuiswv negli à.yLaséµEvoL. Con
(Io . 17,19 : udp WJ'tWV à.yLasw ɵau- la sua offerta (1tpocrcpopcX.) egli compie
'tOV) o la Chiesa (Eph. 5,26: i'.va la santificazione nei santificati (10,1 O.
aÙ'tTJV à.ytci.crn xcd}aplcra.c;) dimostra 14 ). Il suo sangue è strumento di ri-
la sua divinità , e lo stesso vale per lo conciliazione (10,29; 13,12) per essi:
Spirito Santo ( Ro m. 15,16: i]yLacrµÉ- i'.va à.yLci.crn OLà 'tov tolou ai:µa.'toç
VlJ Év 7tVEUf.!.et.'tL à.yll{) ). Cristo è stato 't'ÒV Àaév, 13,12. Queste parole espri-
santificato dal Padre (ov ò 7tCt.'tTJP mono in modo chiarissimo il rapporto
TJ)'Let.CJEV xaì, cinfo'tELÀEV, Io . 10 ,3 6) fra il concetto di espiazione e quel-
prima dell'incarnazione, come dimostra lo di santificazione 6 •
l'ordine delle parole, cosl come nel- In Paolo l'idea della santificazione,
1' A.T. Geremia fu santificato prima intesa come atto divino ( à.yLciSELV ),
della sua nascita (ler. 1,5). Perciò rimane in ombra rispetto a quella del-
Gesù , essendo il ' santo di Dio' (cfr. la giustificazione ; I'apostolo coglie so-
Io. 6,69), può santificare se stesso per- prattutto l'aspetto passivo della san-
ché siano santificati ' in verità' (È.v tificazione e preferisce perciò parlare
ci}.111'Ei'.q.) i discepoli ( 1 7,19 i'.va. wcrw dei santificati. Anche per lui gli 'ÌjyLct.-
TjyLa.crµÉvoL), ossia in ultima analisi crµÉvoL sono radicati Èv XpLcr't(i) ( 1 Cor.
per riconciliarli con Dio . 1,2); i convertiti dal paganesimo sono
Il sacrificio di esp:1zione di Gesù una 1tpocrcpop0:, 'ÌjyLa.crµÉVTJ È.v 1wEvµa.'tL
è visto come strumento di santifica- à.yll{) (Rom. 15,16), così che il con-
zione soprattutto nella lettera agli cetto di santità rasenta ancora una
Ebrei . Il senso di Heb. 2,11: o à:yLci:- volta quello di sacrificio . La santità
swv... XCt.L ot cX"'(Let.séµEVOL E~ È.vÒc; non è un 'azione morale dell'uomo, ma
1taV'tEç, è che Cristo e i cristiani, aven- un modo di essere attuato da Dio. In
do la stessa carne e lo stesso sangue 1 Cor. 6,11: ciU.à ci1tEÀ.oucra.crl}E, ciÀ-

s Anche altrove nel N.T. ogni santifica- 6 I cnsttam, in quanto èJ.yLOL, devono
zione viene da Dio; è vero che à:y~cl.~E~ ha far progredire in loro stessi il processo san-
come soggetto il tempio (Mt. 23,17), o l'al- tificativo anche in seguito (Apoc. 22,11: o
tare (Mt . 23,19), o il sacrificio (Hebr . 9,13); èJ.y~oc; à:ytacr1'i]-rw f-rL), dopo che, per mez-
tuttavia la virtus santificatrice risiede uni- zo di Cristo, sono stati posti nello stato di
camente nella santità di Dio. santità.
303 (1,114) ii.yLOc; (0. Procksh) (1,114) 304

À&. i}yLacrihrn:, àÀÀ&. ÉÒLxcxwi'hytE, la santificare il Cristo : XpLo--ròv à.yLacnx.-


posizione del primo verbo dimostra 't'E Év ·w.i:c; xa.pòlcx.Lc;, in quanto essi
che la comunione battesimale con il come ayLOL (1,16) costituiscono il tem-
Cristo (Rom . 6,4; Col. 2,12) è il fon- pio immacolato in cui dimora il Si-
damento della santificazione e della gnore. Anche qui la purezza di cuore
giustificazione (cfr. 1 Cor. 1,30). La è vista come la condizione necessaria
santificazione come stato balza parti- della santificazione.
colarmente evidente quando si legge
che il coniuge cristiano irradia la sua
~antità sull'altro coniuge pagano o an- Ò. y LC1.CTµoç
che sui figli (1 Cor. 7,14), che non
sono ancora effettivamente cristiani. Mentre à.yLcisw deriva dall'aggetti-
Negli scritti paolini tardivi, come la vo ayLoç, i} sostantivo Ò:j'LaO-µoç è
lettera agli Efesini (Eph . 5,26: à.yLa- un nomen actionis da à.yLcisnv 1• Fon-
damentalmente perciò esso non signi-
an xa.~a.plcrexi:;) e nelle lettere pasto-
fica ' santità ', ma ' santificazione ', co-
rali (1 Tim. 4,5; 2 Tim. 2,21), il con- me dimostrano gli analoghi ~CX.7t't'LCTµ6c;,
cetto di santità si avvicina a quello ÉV'tC1.<pLa.crµ6c;, ÒVELÒLo-µ6c;, 1tC1.popyLo-µ6c;,
di purità, intesa in modo affatto giu- ecc. Indubbiamente può accadere che
daico (cfr. Eph. 1,4; Col. 1,22). un nomen actionis, come ~cx.crcx.vLCTµ6c;,
1tÀ.EOvcx.o-µ6c;, assuma un significato pas-
Negli Atti degli Apostoli l'espres-
sivo, come è il caso del suffisso tede-
sione i}yLa.crµÉvoL è messa due volte
sco -ung, ma l'analisi filologica deve
in bocca a Paolo (Act. 20,32: XÀ.'l]po- partire da quello attivo.
voµla.v Év 'toi:c; TjyLaaµÉvoLc; miCTw, Nei LXX l'uso di à.yLcx.aµ6c; è raro
26,18: xÀ:fjpov ÉV 'tOLç i}yLC1.CTµÉVOLç), e non ha un preciso equivalente ebraico
in entrambi i casi con evidente richia- (!ud. 17 ,3: àyLcx.crµQ frylcx.crcx., haqdes
mo a Deut. 33,3: 7ttXV'tEç OL i}yLa.CTµÉ- hiqdasti; Am. 2,11: Etc; à.yLcxo-µ6v, lin-
zirim; ler. 6,16; fa:. 22,8; 45,4;
VOL Ù1tÒ 't&.c; XEi:pac; crov. Ciò è con-
/icclus. 7,31; 17,10; 2 Mach. 2,17;
forme al concetto paolino della par- 14,36; 3 Mach . 2,18). Nei casi in cui
tecipazione dei cristiani al xÀ. flpoc; 'tWV la corrispondenza con l'originale ebrai-
aylwv Év 't<f> cpw'tl (Col. 1,12; cfr. co è chiara e definita i LXX usano
s.v. èfyLoc;), solo che il passivo T]yLcx.- àyLcwµéc;, sia nel senso di ' santifica-
zione ' (I ud 17,3 ), sia nel senso di
crµÉvoL coglie la santità soprattutto nel
'santità' (Ecclus. 7,31; 3 Mach. 2,18)
momento della sua attuazione. Infine e quasi sempre in relazione al culto.
1 Pet. 3,15 può invitare i cristiani a Nel N.T. àyLa.aµ6c; è usato esclu-

Ò:yLa<rµ6ç
I BLASS - DEBRUNNER § 109.
305 (I,115) i'iyioç (0. Procksh) (I,115) 306

sivamente nelle lettere, soprattutto in à.noÀU't'pWo-Lç (1 Cor. 1,30) è data da


quelle indirizzate ai convertiti dal pa- Cristo, e per opera sua e dello Spi-
ganesimo. Il senso di ' santificazione ' rito essa si realizza nel cristiano ( 2
è più appropriato che non quello di Th ess. 2,13; 1 Pet. 1,2: Èv àyLa.<rµQ
' santità ', e corrisponde meglio anche 7tVEvµa.'toç): l' à.yv.x.crµ6ç, la santifi-
alla struttura del vocabolo. Bisogna cazione, è quindi l' energia vitale del
però osservare che l'azione espressa cristiano. L'espressione Èv à.yw.crµQ
da ayLa.crµoç e da) verbo àyLaì;,EVV nvEuµa.'toç non indica come nvEvµa.
può partire soltanto da una persona éX.yLov il carattere dello Spirito , bensì
santa, sicché può sant ificare se stesso la sua efiicacia, consistente appunto
soltanto chi, avendo acquistato con nella santificazione. Così pure le parole
l'espiazione l'amicizia di Dio, si trova Èv 7tLO"-ru xcd ò:ya:rrn xaì. à.yLcwµQ
nello stato di santità secondo il prin- ( 1 Tim. 2,15) non esprimono il modo
cipio formulato in Apoc. 22,11: 6 di essere, bensì il doveroso atteggia-
&yLoç àyLa.O"?)TJ't'W E't'L. L' ayLa.0"µ6ç m ento dei figli di Dio ; il concetto di
presuppone tutto un processo interio- àyw.o-µ6ç come conquista morale ri-
re , all'origine del quale sta il d ato torna anche nella lettera agli Ebrei
eminentemente religioso della ricon- (12,14: ÒtwXE't'E'.... 't'ÒV à.yLc.x.o-µ6v}. Se
ciliazione con Dio. L' ayLa.crµ6ç dei l'amicizia con Dio è il fondamento del-
credenti è voluto da Dio ( 1 T be ss. 4 ,3) la vita cristiana, l'à.yta.o-µ6ç è la for-
e consiste nella purità fisica, per cui ma di vita che ne deriva e il presup-
anche l'unione matrimoniale si compie posto della visione di Cristo . Il con-
Èv à.yLa.o-µQ xa.L 't'Lµn (4,4). L'oppo- cetto di à.yLa.crµ6ç si distingue perciò
sto di ayLa.crµoç è la àxa.?)apo-la. ( 4,7 ); da &ytoç e da tiyt<ism1 per il fatto
questa però per sua natura non può che in esso acquista un forte rilievo
risalire a una chiamata divina ( où ... soprattutto il momento etico.
É7tÌ. àxa.?)a.po-l~}, che si attua invece
nella realtà morale dell' à.yLcx.crµ6ç. Il
corpo dev'essere messo al servizio della
ÒLXll.LOO"U'Jr) dç àyLa.crµ6v (Rom. 6,
19), così che à.yLcx.crµ6ç è visto come
Vocabolo di uso piuttosto raro (2
la finalità morale della purezza fisica
Mach . 15,2 ; 2 Cor. 1,12; Heb . 12 ,10;
( cfr. Rom . 6 ,22: EXE't'E 't'Ò'J xa.p7tÒ\I dr. Clem. All. Strom . VII 5,29.4; VI
ùµwv dç ò:yLao-µ6v ). La possibilità 7 ,57.4 ), che rientra nella categoria de-
della ÒLXCl.LOO"U'Jr) 't'E X<XÌ. à.yLa.crµÒç xa.1. gli astratti formati nella tarda grecità 1

6:yi6·niç
1 C. A. LoBECK, Phrynicus (1820) p. 350.
307 (l,115) &y~oç (0. Procksh) (I,1161 308

dai sostantivi e aggettivi della seconda esatta, l'uso di &.yto'ti)c; nel N.T. è
declinazione 2 , in questo caso da &ytoc;. limitato a un passo della lettera agli
Esso significa ' santità ', a differenza Ebrei.
di &.ytao-µ6c; = santificazione 3 .
Nel N.T. la santità di Dio è anzi-
tutto la sua essenza e la sua vita più t ci.ytwcruvi]
profonda, alla quale i cristiani sono
destinati a partecipare un giorno e alla Termin e astratto di uso piuttosto
quale il Padre celeste li chiama e li raro (manca nella grecità prebiblica)
avvia anche con i suoi castighi (Heb. formato dal!' aggettivo a:yLOc; , come OL-
12,10 : dc; -rò µE-ra.Àa.BEi:v -rfjç ci.yt6- XaLOO"UVì] da olxcuoc;, con allungamen-
-rri-roç mhov). L'&.yt6-rr1c; è insomma to della o in w dopo sillaba breve 1•
Il significato non è ' santificazione ',
l'ideale di perfezione cristiana , quello
bensì ' santità ', intesa non come con-
stesso formulato in 1Pet. 1,15: a:ytot creto modo cli essere, ma come cate-
foEo-ìJE, èht tyw &ytoç. goria astratta. Nei LXX &.ytwauvl) si
Di difficile interpretazione è 2 Cor. trova solo in \); 29 ,5 ; 95 ,6; 96 ,12;
1,12: Èv &.yt6'tl]'C'L xcx.ì. dÀtxpivlq. 'tOV 144 ,5; 2 Mach. 3,15 in un'accezione
ìJEov ... &.vEo-'tpaq>11µEv Èv 't(ij x6o-µ~. che comprende due concetti fondamen-
Se il testo è esatto, &.yt6'tì]ç ed dÀL- talmente diversi, quello di santlta
xptvla sono evidentemente attributi e ( qds) e quello cli maestà (' z, hwd).
proprietà di Dio, ai quali Paolo ha in- Nel N.T. la parola è usata solamen-
formato la propria vita. Ma poiché te da Paolo (Rom. i,4 ; 2 Cor. 7,1;
&.yt6-r11ç indica un modo di essere ed 1 Thess. 3,13 ). Il passo più noto è
EÌ.Àtxptvlet invece la sincerità come at- Rom. 1,4 : 'tov òptcrìJÉnoc; u~cv ilEov
teggiamento intellettuale (1 Cor. 5,8; ÈV OuvciµEL XCt'tCÌ. 'ltVEV[J.CX. ayLWO"UV1)<;,
2 Cor. 2,17) che non è mai attribuita È~ &.veto--rcicrEwc; vExpwv. xcx.'tà. TC\IEuµa.
a Dio (dr. Phil. 1,10; 2 Pet. 3,1),
questa lezione, per altro bene attesta- &.ytwcruv11c; è evidentemente l'antitesi
ta, è alquanto problematica. Il senso di xa.'tà a-ci:pxcx.; nell'ordine naturale
si chiarisce leggendo Èv &.1tÀ.6't1)'tL xcx.ì. (xcx.'tà. crci:pxcx.) Gesù Cristo è progenie
EÌ.Àtxptvlq., anziché Èv &.yt6-r1)'tL xcx.ì. di David, nell'ordine del 7tVEuµcx. &.ytw-
ELÀLXptvlq., (D. min. sy. Vg. , Chr., o-uv11ç, che dimora in lui, egli si di-
Theod.): in questo caso Paolo ver- mostra figlio di Dio con la resurre-
rebbe a dire che i cristiani si sono
zione dei morti. Si badi che 7tVEVµcx.
comportati con la semplicità e la pu-
&.ytwr.rvv11c; non è una variante più in-
rità ' di Dio ', ossia secondo virtù
accette a Dio. Se questa è la lezione cisiva di 'ltVEvµcx. &yLov 2 , bensì la tra-

2 BLASS - DEBRUNNER s 110. àyv.vc;uvTJ


3 2 Mach . 15,2: Ti 1tPO'tE"tWT)µÉVT) •.• µti}' § 110.
1 BLASS - DEBRUNNER
àyto'tT)'toc; iiµÉpet è il Sabato, giorno con· Di opinione contraria è
2 PREUSCHEN -
traddistinto dalla sua santità. BAUER s. V .
309 (l,116) à.yvotw (R. Bultmann) (1,117) 310

duzione esatta dell'ebraico ruah haqqo- di Dio (È.v cp60~ l)Eov); il timore, in-
dd 3 (Js. 63,10 ss.; Ps. 51,13) e indica fatti, dev'essere l'atteggiamento nor-
l'energia vitale e creatrice che agisce male dell'uomo nei suoi contatti con
nel popolo eletto elevandolo dall' ordi- il sacro. Tale à.yLWO"VVTJ si presenta
ne naturale a quello della xmv11 X"t'lcnc:;. con i caratteri della xcil)a.pO"Lç, la pu-
La divinità di Cristo rifulge nella sua rità fisica e ' pneumatica ', (<m.pxòc:;
resurrezione, che è il principio della xa..ì. 1tVEuµa.."t'oc:;), che si oppone al-
la à.xai)apcrla.. soprattutto in mate-
nuova creazione secondo il TIVEv~w
ria sessuale. La à.yLWO"VVìJ ha quindi,
à.yLWO"UVT]ç. In questo caso pei-ciò
come à.yLaCT(J.6c:;, un carattere morale.
l'à.yLWO"VVTJ si in<lentifìca con la di-
Ciò è confermato da 1 Thess. 3,13:
vinità.
dc:; "t'O O''tTJPL~(U V[J,WV 'CcXç xapolcx.c:;
In 2 Cor. 7,1: (Èm"t'EÀ.ovv't<:c:; à.yLw-
Ò:.µÉµ1t"t'ovc:; È.v à.yLwcrvvn. Soltanto chi
o-vvnv Èv <po~~ frrnv) la à.yLw11uvìJ è
ha il cuore puro può rafforzarlo nella
vista come una proprietà dei membri
santità secondo il disegno e la volontà
deJfi:-/}voc:; ayLOV, il quale è ' santo'
di Dio. La ayLWO'UVr) si realizza quindi
in grazia del sacrificio redentore e ri-
compiutamente nella volontà di per-
conciliatore di Cristo. Ma questa à.yLw-
fezione del singolo; ma essa è fondata
o-vvr) donata da Dio all'uomo richiede
sulla redenzione e sulla nuova amici-
di essere perfezionata (Èm"t'EÀ.Ei:v) con
zia fra l'uomo e Dio che le conferi-
la volontà e la conquista morale, e que-
scono un carattere essenzialmente cul-
ste sono possibili soltanto con il timor tuale.
0. PROCKSCH

àyvoÉw, àyv6T}µa., èiyvow.


ci yvwo-la., è.i y\l(.ùO""t'Oç

Polyb. XXXVIII 9 ,5: 1tOL1jcrcx.o-i}cxl


'tLVa. &6piJwcrLV 'tWV i)yvor)µÉvW\/
à:.yvoEi:v = non sapere, ignorare. È
(cfr I 67,11). Così anche nei LXX
usato come negazione del concetto gre- 2 Mach. 11,31: oùoi::Lc:; mhwv xcx."t' où-
co di ' conoscenza ' in tutti i suoi OÉvcx. -rp67tov TCcx.pEvoxÀ.nfr-iJo-i::-ra..L 7ti::pL
aspetti (~ yLvw11xw ); in particolare -rwv i)yvoT}µÉvwv. Dan. 9,15: 'i)µci.p-
esso può indicare lo sbaglio o l'errore 'tOµEv, i)yvonxcx.µEv (cfr. Test. Iud.
pratico. 19 ,4: È."tvq>À.wcrE yap µi:: 6 ripxwv -rilc:;
7tÀ.ci.vT}c:; xa.ì. i)yv6ricra wc:; fiviJpw1toç
J Cosl CREMER - KoGEL. ( XCXL wç cràp~? ] ÉV àµa.p"tltl.Lç cpl)apdc:;;
311 (1,117) à.:yvotw (R. Bultmann) (1,117) 312

Ios. Ant. IV, 263 ). Così cì:yv. può Rom. 2,4; 2 Cor. 2,11 ; Act. 17,23 e
tradurre siigag (Lev. 5,18; Ez. 45,20) forse 2 Pet. 2,12. La litote di 2 Cor.
e saga (Lev. 4,13 con l'aggiunta di 2,11 è attestata anche altrove (Sap . 12,
choucrlwc,! 1 Sam. 26,21) mentre in 10; 18,19 e anche nei papiri) e si trova
Num . 15,22.24 sagag è tradotto con spesso (per analogia del comunissimo
cX.µa.p'tcivnv. 'Ayvowv o TJYVOlJxwc; può ìì oùx oi'.Òa'tE) nelle formule epistolari
significare addirittura innocente ( Gen. où iJD.w (ÒÈ) vµcic; àyvoEi:v (Rom.
20,4; 3 Mach. 3,9). 1,13; 11,25 e passim) (fj) à.yvoEL'tE
In questo senso è usato soprattutto (Rom. 6,3; 7 ,1) 3 .
ci.yv6l]~W., che indica non solo l'errore
(così i LXX in un solo caso - G en.
In 1 Tim. 1,13 (ci.yvowv ÈTioll]cra
43,12 - in cui traducono così misgeh) ,
~ sotto) il verbo indica l'inavvertenza
ma anche il fallo inconsapevole 1 . Come
in P. Par. 63 XIII 3 (sec. II a. C.) e in cui è stata compiuta l'azione obbiet-
P. Tebt. 5,3 (118 a. C.) si trova tivamente colpevole, e in Heb. 5,2
cì.yvoi)µr.t.'ta. accanto a ciµa.p'ti)µa.'ta.. cì.yvoEi:v è usato addirittura nel senso
Cosl in Ecclus. 23,2; 1 Mach. 13,39 di errare. In 1 Cor. 14,38 il verbo è
e Tob. 3,3 è usato insieme ad ciµa.p-
usato nell'accezione veterotestamenta-
'tlcu; cfr. Iudith. 5,20; Ecclus. 51,19.
In questo senso cì.yvo'i1µa.'ta. è usato ria per cui il ' conoscere ' di Dio im-
in Heb. 9,7; Herm. S. 5,7,3 s. (par. plica una sua scelta preferenziale
a:yVoLa.!) 2 • (~ yLVwo-xw) e il suo ' non cono-
Il verbo, almeno nella Stoa, ha as- scere ' una condanna (EL 'tLç tiyvoEi:
sunto un significato preciso e tecnico - ossia non comprende queste cose -
( ~ éf yvoLa.); ed anche il suo uso nel
cì.yvoEi:'ta.L - s'intende da Dio), sep-
N.T. non presenta particolari compli-
cazioni o difficoltà. Può indicare la co- pure non si debba mantenere la lezione
noscenza personale (come Sap . 14,18; àyvoEl't'w (' rimanga pure nella sua
19,14): Gal. 1,22; 2 Cor. 6,9 (wc; incomprensione').
àyvoouµEvoL non significa misconosciu- Conforme all'uso giudaico e cristia-
ti, ma oscuri); Diogn. 5,12. àyvoE'i:V no di ywwcrxw e yvwcrLc; ( ~ ywW-
significa non comprendere in Mc. 9,32
crxw), tiyvoEi:v può riferirsi alla co-
par.; Le. 9,45; 1 Cor. 14,38 (El'. 'ttc;
<iyvoEi:) e forse 2 Pet. 2,12; non co- noscenza di Dio (~ayvota.): cosl in
noscere, oppure non essere informato Sap. 15,11; in Filone (Spec . Leg. I
o non sapere (come in Sap. 7 ,12) in 332), in Giuseppe (Ant. II, 172; X

à.yvoÉw X'TÀ. Predigt (1910) 13.65; inoltre 4 Mach. 10,2;


1 Cfr. L. WENGER, A.P.F. II (1902) pa- los. Ant. VII, 266; XIII 354. Philo Op.
gine 483-485; P. M. MEYER, Jurist. Pap. mund. 87; Rer. div. ber. 301; Fug. 168;
(1920) p. 236 s. (nr. 69); K LATTE A.R.W. Abr. 26.53; Spec. Leg. I 302; 2 Clem. 14,2;
20 (1920/21), 287,l. P. Tebt. 314,3 (Il sec. d. Cristo): mtf'TEUW
2 Cfr. TRENCH p. 159 s. O"E µi) à.yvoE~V.
3 Cfr. R. BuLTMANN, Der Stil der paulin.
313 (l,117) d:yvoÉw (R. Bultmann) (l,118 ) 314

136,3); e così anche in Rom . 10,3: &yvoLa, ciywJJcrla


ciyvoovno:ç yàp 't'TI\I 't'OV tJEOV ÒLXCXLO-
CTVVl]V, mentre in Ignazio (Sm. 5,1), 1. Uso filosofico e giuridico .
Giustino (Ap . 31 ,7; 49,l.5; 53,6; Dial.
136,3) è riferito alla conoscen za del Cri- ayvot.a. = mancanza di conoscenza.
sto; il verbo come negazione di una ignoranza è il contrario del concet to
' conoscenza ' tipicamente cristiana, si greco di conoscenza in tutti i suoi
tro va usato anche in Act. 13 ,27; Ign ., aspetti (~ yt.vt0o-xw ). Originariamente
E p. 17 ,2; Mart. Po!. 11 ,2; 2 Clem. la parola indicava l'ignora nza di un
10,4 ; Iust. Ap. 13.4; 52,2; ques ta oggetto particolare e determinato, ma
accezione è presente anche in 1 Tim. ben presto - prima ancora che per
1, 13 {~ ayvOL<X). All'aspetto pratico yvwcrt.ç - è invalso l'uso di essa in
di tale conoscenza vien dato , come senso assoluto per indicare la man-
nel caso di yLvwcrxEL\I (~yi.vwo-xw), canza completa di ogni conoscenza,
un risalto più o meno forte ; da anche la più elementare e necessaria,
Rom. 10,3, per es. , si deduce chiara- ossia l'assenza di cultura; a(VOLCX SÌ
mente che l'ignoranza è anche disob- trova perciò spesso in correlazione o
bedienza. Secondo la concezione vete- in parallelo con ciµa.tJla. e ér.na.LbEucrLa. 1
ro-testamentaria Paolo vede nell'ciy- come contrario non solo di yvwo-Lç
\IOEL\I non solo l'ignoranza scusabile di (Plat ., Theaet . 176 c.; Resp. 478 e),
chi non è stato sufficientemente istruito ma soprattutto di crocpla. (Plat., Prot.
e illuminato, bensì anche la consape- 360 b ss.) ed Èmcr't1]p.YJ (Plat., Resp.
vole aberrazione che soggiace alla òpy1] V 477 a) 2• Quest'uso del sostantivo
di Dio ed esige una riparazione (il pen- (e talvolta anche del verbo ciyvoEi:v)
siero ritorna in 1 Tim . 1,13 s.: ciÀ.À.à è comune soprattutto nella Stoà: il
i)Àe:1]t111v ... U1tEPEitÀ.EÒVCXCTE\I oè: Ti xr.i- crocp6ç possiede la Èmo-'1"1]µ11, mentre
3
pt.ç ... ). E questo perché la conoscenza gli è estranea l'ayvoLa. • Anche Na.u-
di cui ciyv. è la negazione non provie- 't'ÒV cX(\IOEL\I rientra in quest a ayvot.a.
ne dall'intelligenza e dalla ricerca uma- come viene spesso sottolineato 4 • Quan-
na , ma dall' ' annunzio ' evangelico che do gli stoici, secondo Diog . L. VII
esige l'assenso della fede (~ &yvoLIX ). 9 3' insegnavano dva.t. oè: ciyvo la.ç 'tCÌc;

li:yvoLCX X't )...

t Plat. Prot. 360 b; Theaet. 176 e; Epict. IX 22 p. 119,16).


Diss. I 11 , 14; II 1,16. 3 v. ARNIM I 20,10 s.; II 41 ,12; III 60,
2 Talvolta aU'li.yvot.cx si contrappone la 28 ss.; 150,15; 164,31 ss. ecc.
cppévT)crLç (V. ARNIM III 166, 27 ss. M. Ant. v. ARNIM III 150,15; 166,27 ss.; Epict.
V 18 p. 57 ,14 Stich) o la yvwµ'T} (M. Ant. Diss. II 14,20; 24,19 e passim.
.315 {l,118) ciyvoÉw (R. Bultmann) (I,118) .316

xo:xlo:ç , wv a.t &.wrn.L ÉmO"-tiiµa.L, so di peccato commesso per inavver-


venivano a dire che l'ignoranza è la tenza: Lev. 5,18; Ecclus. 5,5; inoltre
causa della malvagità umana ; v. ARNIM 2 Chr. 28,13 e 1 Esdr. 8,72 ricorre in-
III 23,32 ss.; Epict., Diss. I 26,6 s.: sieme ad &.µo:p-tla. Tale accezione della
-tl oùv ÈO"'tL 'tÒ O:Ì'.'tLOV 'tOV à.µa.p-tavnv parola si riscontra anche in Test. !ud.
µE; Ti èi:yvow., e passim. Ma l'èi.yvoLo: 19,3 (Èv àyvolq. v.l. Év àyvwO"lq.); L.3,
stessa (essendo il suo contrario yv17>0"Lç 5; S.1,5; G . 5,7; così pure in Ios.,Ant.
uno dei beni che sono Ér.p' TJ!li:v) può VI 92; Xl 130 (in entrambi i casi
essere identificat a con la xo:xlo: ( v. xac' èi.yvotav) ; Ap. IT 174 (ùrc' ày-
ARNIM III 60,28 ss. e passim). Anche vola.c:,). Filo ne u sa èi.yvotcx in questo
la nozi o ne di Dio rientra in quella senso insieme a OLcxµap-tlo:L (Plant.
conoscenza indi spensabile all ' uom o il 108) e nelle espressioni xo:-t<X èi.yvotav
cui contrario è l'èi.yvoLcx (-7ayvwO"-toç) . (Le,g. Alt. I 35) ùrc' àyvola.ç (Vit . Mos.
Va ri cordato infin e l' uso giuridico r 273) à.yvolq. (Leg. Alt. III 91; Flacc.
del termine, imperniato sull' antitesi 7) . Talvolta (Deus Im m. 134s.) à.µo:1'la
a. YVOLO: - 7tpoo:lpEO"Lç 5 I dove ayvw::t.. (e è usato insieme ad ayvow. come con-
1' analogo &. yv611µ0: -7 col. 311 ) signi- trario di ÉmO"Tr)µT) (Flacc . 7), e in ciò
fica l'ignorantia legis e viene u sata si nota un influsso stoico. L'antitesi
appunto nella formula xo: -t ' èX:yvoLo:v = &yvoto: - ÈmO"-tTJµT) è frequente in Fi-
per ignorantiam 6 . lone
8
. In particolare Ebr. 154 - 161
I LXX riprendono l'accezione giuri- (cfr. già 6) tratta di &yv. e È7tLO"'tTJµT)
dica del termine quando traducono secondo la concezione che potremmo
bisgaga con xo:"c &yvoLo:v (Lev . 22, dire illuministica di Aristotele e della
7
14) , e la allargano quando usano Stoà, mentre 162-205 ne tratta da un
9
èi.yvoLo: (come pure &.yv611wt) nel sen- punto di vista scettico In 160 la

s Cfr. Aristot. Eth. Nic. III 2. p. 1110 b 24,12; Ps. 5,11 con à:crÉ~ELrJ. ,in lfi 88,33;
17 ss.; V 10 p. 1135 a 16 ss. Prov. 10,19 con <Xµa.pTla.. In Dan. 9,16
6 Polyb. XII 12,4.5 ~ o-vyyvwµT), per i liyvoLa. rende 'iiwon (unito con àµapTla.,
papiri cfr. PREISIGKE, Wort.; P . M. MEYER, d.oLxla.), mentre questo stesso termine in
Jurist. Pap. (1920) pp. 201 s. .3.31..3.34 s.; Gen. 15,16; Is. 65,7 è tradotto con àµa.p-rla.,
F. STEINLEITNER, Die Beicht (191.3), p . 43. in Gen. 44,16 fa. 21,30 con ci6txla., in ljJ
7 Negli altri casi i LXX usano liyvoLa. .35,.3; 50,7 con rivoµla.. Sull'espressione 'iisa
anche per tradurre 'iisiim: Gen. 26,10 ; Ez. bisgiiga nella letteratura rabbinica dr. STRACK-
40,.39; 42,13 (in questi due passi unendo il BtLLERBECK II, 264 (a Le. 2.3,.34).
termine con àµa.pTla.}, ecc.; invece, per es., s Agric. 161 s. ; Plant. 98; Fug. 8; Vita
in IEp. 28,5 traducono 'iisiim con IÌOLXla., Mos. I , 222 ; Spec. Leg. I ,15; IV,70; Virt.
in Num. 5,7; lfi 67,22 con 7tÀT)µµd.la.. In 172.180, ecc.; dr. ancora ciyv. - àµa.lHa.
\jl 24,7 liyvoLa. sta per pda' (in unione con Poster. C. 52; Gig. 30.
àµa.p-rla.}, termine che, per es ., in Gen. 31, 9 Cfr. W. BoussET, Jiidisch-christl. Schul-
.36 ; Ex . 22,8 è reso con aolxnµa., in 1 Sam . betrieb in Alexandria und Rom ( 1915) 94 s .
317 (l ,119) àyvoÉw (R. Bultmann) (I,119ì ms

cxyvow. è considerat& "tciv-rwv &.µap- ayvwcrla è usato nell'aggiunta cristia-


""t"Y}!Lci-rwv at-rl~, e analogamente - se- na a Test . L 18,9; cfr. anche qui 1
condo il pensiero stoico - in Leg. Gai Tim . 1,13) 11 • Per quanto riguarda la
69 si afferma: cpacrt òf. -rl)v µf.v ~m­ colpa morale inerente all'llyvoLa, vale
cr-rl}µnv EÙOaLµovlaç -rTiv oÈ &yvow.v quanto si è detto a proposito di &.y-
xa.xooa.Lµovlaç u.hlav dvaL. Oggetto voÉw. Di sapore prettamente stoico so-
dell' èiyvoLa è specialmente Dio : Decat . no, per es. , le parole di Clemente Al.
8 ; Spec. L eg. I 15 cfr. Fug. 8. L'acce- in Strom . VII 16 , 101 ,6: ovo dcrì.v
zi one stoica della parola è stata ripre- apxaì. 1taCTY}<; a~W. p'"C'laç, ayVOLCX. XO.L
sa anch e dai LXX , i quali però l'hanno à.crìJÉvELa e la definizione di èiyvoLa
modificata u sando èiyvoLa in senso as- in Strom . I 6 ,35,3 come CÌ.1ta.Lowcrla
soluto per indicare l'ignoranza del vero e àµai)la.
Dio , cara tteristica del mondo pagano: Spesso parallelamente ad &yvoLa vie-
Sap . 14,22 ; 2 Mach. 4 ,40 ; 4 Mach. 1, ne usato con ugual signifìcato ciyvwcrla.
5; 2,24; identico è il significato della Anche qu es ta parola indica infatti la
ignoranza in tutti i suoi aspetti (anche
parola in Ios ., Ant. X 142 : -rTiv -rwv
nei papiri , cfr. PREISIGKE, Wort.).
<ivi}pw7twv èiyvoLa.v xat à:rwnlav. Il Identico è per es. il significato che essa
giudaismo poté accogliere questa acce- ha in Plat ., Resp. V 477 a e 478 c.
zione filosofico-greca dell' llyvoLa in ciyvwcrla non è mai stato usato come
quanto anche fra i rabbini era diffusa termine tecnico e non si trova, a quan-
la convinzione che la cultura e la to pare, negli scritti stoici né in Fi-
lone . È u sato in senso generico dai
scienza (intese come conoscenza della
LXX in lo b 35,16 ; 3 Mach . 5,27; nel
Torà e delle tradizioni) fossero il pre- N. T. in 1 Pet . 2,15; caratteristica è
supposto di una ferma pietà religiosa 10 • invece l'accezione della parola in Sap .
Nella primitiva letteratura cristiana 13, 1 dove ayVWCTta i}EOV - allo
<lyvoLa è usata nell'accezione giuridica stesso modo di èiyvoLa - indica l'igno-
in Herm. 5. 5 ,7,3; nel N .T . solo ranza del vero Dio che è propria dei
gentili.
in Act. 3,17: xa-rci èiyvoLav. Più fre-
quente è l'acçezione stoico-giudaica
2. L 'accezione dualistico-gnostica del-
(-+ yLvwcrxw; <iyvoÉw); Act. 17,30 :
l'ellenismo
-roùç µTiv oùv xpovouç 't'fjç <iyvolaç
Ù7tEpLowv ò i)E6ç ... ; Eph . 4 ,17 s.; 1 Pet . Singolare è l'uso ellenistico di &.y-
1,14 ; K er. Pet . fr . 4 ; lgn ., Eph . 19,3; vwcrla. (e anche di &yvoLa e ci yvoE~ v)
Iust., Ap. 61 ,10 (in senso analogo in senso dualistico-gnostico, uso che fa

10 ~ ywwcrxw e STRACK-BrtLERBECK I, 11 Cfr. DIBE LIUS , Past. a 1 Tim. 1,13 s.


191 s.
319 (I,119) &:yvotw (R. Bultmann) (I,120) 320

riscontro a quello stoico e ne ha su- la condizione del mondo prima della ri-
bito chiaramente l'influsso 12 • ci:yvwa-la. velazione del sommo Iddio : ciyvwa-la.
nel linguaggio ellenistico indica la man- xa."t"ELXE "t"à. l;uµmx.v-ra. (Corp. H erm.
4 p. 458, 11 Scott., cfr. 53 p. 486,10)
canza delle cognizioni necessarie alla
Per Plotino (Enn . V 1, 1) questa igno-
salute del!' anima, ossia della conoscen- ranza è ayVOL!X 'rOU yÉVouc; (ossia del-
za di Dio, del destino dell'anima e 1' origine dell'anima) e insieme oblio
della retta norma di vita(-.)- yLvwa-xw). della divinità e della nostra origine ce-
In questa ci:yvwa-la. si trovano gli leste (cfr. H ierocl. , Carm. Aur. p. 26 ,
uomini prima di ricevere la rivelazione 21 ss. Mullach e il parallelo mitologico
in Iren . I , 21,5; 30,5.8 s. ecc.). Se-
e di darvi il proprio assenso intellet-
condo i seg uaci dello gnostico Marco,
tuale, ossia finché sono irretiti dalla }'Vtr'!Ép'Y]p.!X C il mii)oç provengono dal-
À:r)i)T] e dalle attrattive dei s~nsi. La l'èiyVOLCX. ( Iren. I, 21,4) . Mentre M ar!.
ci:yvwa-la. è quindi anche in questo caso Pauli 4 p. 114,4 s. ammonisce: èivÒpEc;
xa.xla. (. dic; ljJuxfjc;) , solo che l'igno- oi. cv-rEc; f.v -rfl ciyvwa-lq_ xa.1, , ..5 1tÀ6:-
ranza qui non è intesa come ' mancan- vn 't"ll.U't"TI, µE-ra.(36:), 'Y]tri7E x.txL a-wi)·~'t"E,
Clemente Al. (Paed. II , 9,80,1) così
za di cultura ', bensl in un senso che
spiega il µEMtrxEa-i)a.L di 1 Thess. 5,7:
si avvicina alquanto ali' interpreta- 't"OU't"Éa-"t"L ÈV 't"Q Ti'ic; tiyvoltxc; (TXO't"~
zione giudaica del concetto stoico di (cfr., sull'èiyv . come crx6-roc;, Strom .
ignoranza. VII 7,43 ,6 e cfr. Protr. XI 114, 1:
cicpÉÀ.r..iµEv "t"lJV À. l)i)T]v -rljc; ciÀ 11i)Eltxc;
Così Corp. Herm . I 27 w Àa.ol, ii..v- TTJV ii..yvoia.v xa.1. "t"Ò a-x6uc; ... ). Analo-
OpEc; YTJYEVEtc;, oi. µÉi)Tl x.a.1. u7tv~ Èa.u- gamente Origene c. Cels. VI 66 p. 136 ,
"t"oùc; Èx.OEOWXO't"Eç <xa.1.? ) 't"fi ciyvw- 24 Koetschau) associa ii..yvoia. ed cia-É-
a-lq. nu i)Eou, v-filjJa."t"E, 7ta.ua-a.a-i)E oÈ (3na., mentre Porfirio (Mare. 13, p.
xpa.ma.ÀWV't"Eç ( xa.1.? ) i)EÀ y6µEVOL v7t- 1
283 ,4 SS.) insegna : È<p 0trOV 't"Lç "t"Ò rJW-
v~ ò:My~. Analogamente in 7,1 gli µa. itol7Ei: xa.L "à. "t"ou a-wµtx-oç a-uµ-
ubriachi di &.yvwa-La. vengono invitati cpuÀo:, È7tL 't"OO'OU't"OV tiyvoEL "t"ÒV i)Eòv
alla temperanza con la descrizione di xa.1. "t"fjç ExELVO\J Èvopaa-Ewc; Èa.uTÒV
quella che è detta 1) "t"fjc; ci:yvwa-la.c; cb:Etrxé"t"LtrE. .. In Porfirio però la con-
xax!'.a.. Così pure in X, 8 la tiyvwa-la. cezione dualistico-gnostica si fonde con
è presentata come la xa.xltx t!;uxl\c; e quella stoica (l.c. p . 283 ,1: xo:xltx OÈ
viene ammonita la tiyvol)trtxtra Èa.u"t"l)v 1
TICio-tx Vit &.yvola.c; ÒLÉ\jJEutr"t"a.L, e Abst.
(l)Juxl)) cfr. XI , 21: r, yà.p "tEÀdtx II 53 p. 178 , 21 : -rwv i)Elwv &.µa.l>lo:).
Xtxxla. "t"Ò tiyVOELV "t"Ò(v) i)E[L]év. Stoico è anche il pensiero di Clemente
Cfr. O . Sa!. 11 ,8: «ma la mia ubria- Al. in Strom . V 14, 140, 5: (Empe-
chezza non era l'ubriachezza dell'igno- docle) yvwa-w xtxt &.yvwa-ltxv opouc;
ranza ». La KépT] xéa-µou così descrive EÙO!XLJJ.Ovla.c; 't"E xtx1. xaxooaiµovlac;

12 Cfr. R. REITZENSTEN, Hellenist. Myste- J. KROLL, Die Lehren des Hermes Trisme-
rienreligionen 3 (1927) 65,2; 292 s.; E. NoR- gistor ( 1914) p. 353 . 376 s. 412 .
DEN, Agnostos Theos (1913) p. 64. 67 s. 96;
321 (J,120) ciyvoÉw (R. Bulumnn ) (I,120) 322

lÌEt'.wç Éo-~Àwcrev e così pure di Corp. ( ~ ywu'Jo-xw ). È sintomatico perciò


Herm. XIV 8: w -rliç TIOÀÀ:7}c; rkvot'.a.ç che entro questi limiti il cristianesimo
;w.L rkyvwcrt'.a.c; -:Yjc; TIEpl -ròv i)E6v. primitivo, oltre al linguaggio gnostico,
Singolare infine è in 4 Mach. 1,5; 2,24
abbia potuto adottare , allo stesso modo
l'accostamento di À-fii)iJ ad cl.yvoLa..
del giudaismo ellenistico , anche la ter-
Nel N .T. un certo influsso della ter- minologia stoica che esprimeva la re-
minologia gnostica è avvertibile nei sponsabilità dell'uomo di fronte all'ob-
passi già citati di Act. 17,30; 1 Petr. bligo morale d<:l ' sflpere '.
1,14 e specialmente Eph . 4,17 s.; di
pretto sapore stoico sono poi le paro-
le di 1 Cor. 15 ,34: Éxv-fit)ia-rz OLxat'.wç cl.yVGJu-roç nel N.T. si trova solo in
xaL µi} à.p.a.p-rci.vE-rE· à.yvwcrt'.av yàp Act. 17 ,23 e significa semplicemente
VEov 'tLVEc; k'.xouo-Lv. Il cristianesimo pri- sconosciuto, secondo il presupposto giu-
mitivo poteva adottare questo linguag- daico-cristiano che i pagani non cono-
gio, in quanto esso esprimeva una con- scono il vero Iddio (~ ayvoLa). L'uso
di cl.yvwcnoç in sé non presenta alcun-
cezione dell'uomo che nelJe sue linee
ché di problematico: può significare
fondamentali (fatale lontananza da Dio, tanto inconoscibile quanto sconosciuto
caduta nel ' mondo ', necessità asso- in tutte le accezioni di à.yvoEi:\I e
luta di una rivelazione) era antitetica YLVWO'XELV ( ~ vedi). Nel significato
a quella idealistica della grecità clas- di ' sconosciuto ' è usato dai LXX
sica. Ma fra la terminologia cristiana (Sap. 11,18 ; 18,3; 2 Mach. 1,19) e
spesso da Filone e Giuseppe.
e quella gnostica sussiste pur sempre
una fondamentale eterogeneità, che de- L'espressione ayvwcr-roc; i)E6ç (Act.
riva dalla diversa concezione del pec- 17,23) è sconosciuta all'A .T., ai LXX,
cato e della grazia e che balza evidente a Filone e a Giuseppe. L'affermazione
soprattutto nel differente uso di yvwo-Lc; che Dio 11011 è conosciuto non è im-

0.yvwcr"toç P. CoRSSEN, ZNW 14 (1913) 309 ss.


F. PFJSTER, Der Reliquienkult im Alter!., Tir. PtDss, Wochenschrift f. klass. Phil. 30
RVV, V 1/2 (1909-12) 465 N. 83. (1913) 557.
P. WENDLAND, Die Hellenist.-Rom . Kultur 2 ID., Festgabe f. H. Bliimner (1914) 36 ss.
(1912) 128. T. BIRT, RM 69 (1914) 342 ss.
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A. HARNACK, TU 39,1 (1913). W. ScHMID, Wochenschrift f. klass. Phil. 35
R. REITZENSTEIN, Neue Jahrb. f. d . kla ss. (1918) 256 ss .
Altert., 31 (1913) 146 ss., 393 ss. L. DEUBNER, ARW 20 (1921) 422,1.
w. ]AEGER, GGA (1913) 569 ss. A. WIKENHAUSER, Die Ag. u. ihr Geschichts-
O. WEINREICH, DLZ (1913) 2949 ss. wert , Ntl. Abh. VIII, 3-5 (1921) 369 ss.
rn., De dis ignotis (1914). MEYER, Ursprung III, 96,2.
m., ARW 18 (1915) 1 ss. E. FASCllER, Deus invisibilis, Marburger theol.
rn., Neue Jahrb. f. d. klass. Altert. 45 (1920) Studien I (1930).
185 s. R. BuLTMANN , ZNW 29 (1930) 169-192.
323 (I,121) ci.yvoÉw ( R_ Bultmann) (1,121) 32-t

possibile a ngore nell' A.T. in riferi- è quasi totalmente estranea anche al


mento ai pagani che non conoscono giudaismo ellenistico e al cristianesimo
Dio {Ps. 79,6) ; essa però non è mai delle origini. Oltre che in Filone, un
esplicitamente formulata, ma soltanto accenno all'inconoscibilità di Dio si
indirettamente adombrata come l'oppo- trova solo in Giuseppe, Ap. II 16 7 :
sto della ' conoscenza ' di Dio ( ~ yt- Mosé a.1hòv (ossia 't"ÒV ìJE6v) <i-rtÉ<pTJVE
vwo-xw CJ. Israele ' conosce ' Dio dalla Xet.L a. "(EVVT]'t"OV XCX.Ì. 1tpÒç 't"ÒV a·LOLOV
sua storia , me ntre non ' co nosce' altri xp6vov à.va.ÀÀoi'.tù't"OV, 1tcXCTT]c; lòfoc;
dèi (Hos. 13.4 ; Dcut 11,28; l)J). ÌÌVT)'tl)ç x6:À.Àn Òt.a.<pÉpov·m xa.ì. ov-
Anche i rabbini ll U:1 sv ilup pa no un a vcip.EL 11Èv 1]µi:v yvc0pq_1.ov, énoi:oc; OÈ
teoria clclLi cono sce nza di Dio, in xa.'t'oùcri'.a.v ayvwcr--rnv. Filone non u sa
quanto è pacifìco pe r e ssi ch e, avendo l'espressio ne lJEòc; ayvr,;a-'toc;, ma for -
2
Ad amo e la più antica uman ità , spe- mula più volte il concetto e in ciò r i-
cialmente Noé e la sua di scendenza, ~ente evidentemente l'influsso gnostico.
ricevuto se i o se tte comandamenti da Infatti anche la grecità non concepisce
Dio, la conoscenza di lui esiste o al- un Dio inconoscibile. La fil osofia d a
meno è possibile fra i pagani. È fami- Platone in poi definisce la divinità
liare invece ai rabb ini l' idea dell'inco- 0:6pcx.'toc;, cix~ 'tcXÀTJTi:'t"Oç ossia impercet-
noscibilità delle ' vie ' ossia dei disegni tibile dai sensi, ma non assolutamente
di Dio 1, come già l' A.T. parlava del- inconoscibile. La conoscenza di Dio è
l'imperscrutabilità dei voleri divini ( ~ ardua (Plat., Tim . 28 c), ma è tuttavia
ytvwcrxw) . Diverso è invece l'atteggia- possibile attraverso il vovc; e il Ìvéyoç
mento del giudaismo ellenistico e del (Tim. 28 a; Ps. Aristot., Mund. 6
cristianesimo primitivo, che nella sua p. 399 a 31.); altrimenti Dio non esi-
predicazione del monoteismo non tra- sterebbe, dal momento che soltanto il
scura di valorizzare la conoscenza teo- non essere è inconoscibile (Diels I
retica di Dio (-~ ytvwo-xw, 6-:yvoÉw, p . 152, 12 s.; Plat. , Resp. V 477 a) .
fl.yvow. ). Ciò è contestato soltanto dallo scetti-
Al contrario l'idea dell'inconoscibi- cismo dei sofisti che negano la pos si-
lità di Dio è necessari<'.mente estranea bilità di qualunque conoscenza ogget-
all' A.T., dove è già sintomatica al ri- tiva; così Gorgia, a proposito dell'ov,
guardo la stessa mancanza dell'agget- afferma che esso, seppure esiste, è
tivo verbale corrispondente (come man- aXCX.'tcXÀ T)1t't"OV à.vìJpwm~, ossia fl.yvw-
ca, per es., à.op<noc;). Quest'idea, però, IJ't"OV 'tE xa.ì. à.vrnwoT]'t"OV (Diels II

I Cfr. STRACK-BILLERBECK III, 33-36.294s. 189-192, specialm . 191 N. l.


2 Cfr. R. BuLTMAN N, ZNW 29 (1930)
325 II,121) à:yvoÉw (R. Bultmann) (I ,122) 326

p. 243,5 s.; 244,30). del divino sorgono e s1 moltiplicano


Ma si può conoscere (yLVWO'XELv) la solo quando la filosofia , per esigenze
divinità in vari modi e circostanze. della polemica contro lo scetticismo e
Quando Achille insegue Apollo senza l'epicureismo, comincia a dibattere il
riconoscerlo, questi gli dice: oÙoÈ vù problema dell'esistenza di Dio.
1tw )..tE (yvwç, wç ik6ç, dµt. (Horn., Il.
XXII, 9s.); Eraclito (Diels I p. 78,11 s.) Già nei socratici si trova la teoria
della conoscenza naturale di Dio (Xe-
così si esprime riferendosi alla conoscen -
noph., Mem. IV 3,13 s.) che acquista
za degli dei: ov"t'E yLvwuxwv Drnùç oùo' poi tanta importanza nella Stoà 5 . Ari-
f1pwaç OL"t'LVEç dcn (dr. Diels I p. 95, stotele nel dialogo sulla fìlosofìa ha
1 s. ). Si comprende così il significato elaborato una dimostrazione teleologica
dei 0wµoL <i yvw1nwv DEwv di cui parla dell'esistenza di Dio tradotta poi da
Pausania; si tratta evidentemente di al- Cicerone (Nat. Deor. II 95). Non è
soltanto l'esistenza di Dio che viene di-
tari che si ignorava a quale divinità
mostrata , ma anche la sua funzione
fossero un tempo consacrati. Oppure,
essenziale di reggitore del mondo e
se vi erano effettivamente altari che re- l'esistenza di una 7tp6vot.cx; ciò soprat-
cavano la scritta àyvwcr'toLç i)Eoi:ç, 3 , tutto nel caso in cui l'esistenza di Dio
questa ~ come le iscrizioni analoghe venga ammessa come in Epicur. Ep.
i7E0 o 1tpOO'-i)XOV'tt. i7E0 - poteva si- ad Men. p. 60,4 s. Us .: iJEoi µÈv yci.p
gnificare soltanto che si ignorava a cLO'LV. Èvcxpyliç yàp cx.Ù't'WV Ècnw ii
yvwO't.ç. Cfr. Zeno in Diog. L. VII
priori la divinità specifica a cui era
147; Epict., Diss. II 14,11: À.ÉyovO't.V
dedicato l'altare 4 . Ma espressioni del
ot qnÀ.6croq>oL, O'tL µcxiJe:i:v OE~ 7tpW"t'OV
genere sono rare; soprattutto poi man-
't'OU't'o, o'tt. Ecr"t'L De:òç xcx.L 7tpovoe:i: -rwv
ca completamente nel periodo antico
oÀ.wv (da Filone, Op. Mund . 170-172
l'espressione yvwO'Lç De:ou; le afferma- combinato con concetti anticotestamen-
zioni relative alla conoscenza umana tari ). Poiché per la Stoà Dio è essen-

3 V . la bibliografia citata all'inizio, e inol-


do però il numero dal plurale al singolare.
tre A. DEISSMANN, PaulusZ (1925) 226-229 . 4 Cfr. l'esegesi di Act. 17,23 in Dionigi
L'iscrizione qui pubblicata 1'Eo~ç à:y[vw- bar Salibi (Corp. Script. Christ. Or. II, 101,
O'"t'OLç] può essere integrata anche in altra versio, [ 1910].75).
maniera: à.y[Lw"t'ci"t'oLç], e in questo caso s Cfr. LrnTZMANN, Rom., in Rom. 1,20
non è probativa. E. Norden, argomentando (con più abbondante bibliografia); E. NoR-
da una frase che si legge in un discorso di DEN, Agnostos Theos, 24-28; J. KROLL, Die
Apollonio (xat "t'au"t'a 'Alh'lvTJaW, où xat Lehren des Hermes Trismegistos (1914) 37-
<iyvwo-"t'wv oaLµ6vwv ~wµot ~opvv'tm, Phi- 43; K. GRONAU, Das Theodizeenproblem in
lostr., Vit. Ap. VI, 3,5) giunge - ma a der altchr. Auffassung (1922); K . KuHLMANN,
torto - alla conclusione che Apolloniu Theologia naturalis bei Philon und bei Pau-
prendesse lo spunto da tali iscrizioni poste lus, Ntl. Forschungcn I, 7 (1930) 65 ss .
sugli altari e che l'autore del discorso del- ~ yLVWO'XW.
l'Areopago (Act. 17) dipenda da lui, mutan-
327 (I,122) !Xyv6ç (F. Hauck) (l ,123) 328

zialmente 1tp6voLcx., la dimostrazione o-Éf3Eo-iìcx.i e il ywwcrx<w ÒEouc;. Cicerone


dell'esistenza di Dio coincide in parte e Seneca parlano spesso di agnoscere
con quella dei suoi attributi essenziali. o nasse deum, il primo anche di noti-
Per gli Stoici è pacifico che la retta tia e cognitio dei o deorum (termini
conoscenza di Dio è qualcosa di indi- corrispondenti, oltre a yvwcnç, anche a
spensabile per l'uomo e il presupposto €vvota) 6 .
necessario della pietà religiosa . Cfr.
Musonius p. 134,5 s. Hensc: 1:xxo4;ov In tutti questi casi però non cn tra
"tÒ "tEiìvrixòc; "ti)c; 4;vx.fic; xcx.L yv1.:.io-n mai in discussione il concetto gnostico
"tòv i}E6v. Epict., Ench. 31,1: "ti)c; 1tc.pì. del! ' &yvwo--roc; i7c.6c; né la conseguente
iìEOùc; EÙO"Ef3Elcx.c; i'.o-iìi èhi "tÒ xvpi~ncx.­ idea di una sua rivelazi one sopran-
'tOV ÉxE~v6 ÈO-"tLV, òpiìàc; v1toÀ1)4;nc; 7tEPL
naturale. È quindi ingiustifica to ricon-
a.ù"twv E)(EL\I wc; ov"twv xcx.ì. oLoixouv-
'twv "tà oÀ.a xaÀ.c7'c; xaì, ÒLxcx.lwc;. Cic.' durre , come vorrebbe E. Norden, que-
Nat. Deor. II 153: cognitio deorum, sti concetti e formule ad influssi orien-
e qua oritur pietas ... Sen., Ep. 95,47: tali mediati da Posidonio . Soltanto per
deum colit qui novit; 50: primus est Plotino, per i cristiani della scuola di
deorum cultus: deos credere, deinde Alessandria e per il Corpus Hermeti-
reddere illis maiestatem suam, reddere
cum sui quali, come su Filone, agi-
bonitatem sine qua nulla maiestas est.
scono effettivamente tali influssi, Dio
scire illos esse, qui praesident munda.
Anche Plutarco (Praec. Coniug. 19, Il è irrazionale nel senso più rigoroso
140 d) dimostra la connessione fra il della parola 7 .
R. BuLTMANN

il.yv6c;, ò:yvlsw, ò:yvda,


Ò:(\IO'tl]ç, cX(\ILCTµoc;

t ò:yvéç
mentalmente ciò che suscita un timore
Ò:yv6c; è, come &yioc;, un aggettivo religioso. La parola è connessa etimo-
verbale di &soµa.i e significa fonda- logicamente con il scr. yaj = vene-

6 Cfr. ancora Max. Tyr. III, 6 a p. 36, CT'touµÉvcp mcnoì. xaì. ot Év 't<{) ciyvWCT'tl<J
14, Hobein: ii nu DElov yvw<it<;; Iambl. yvwCT'ttxoì., 'tOU'tfo-rw Èv 't<{j miaw à:y-
Protr. III p. 11,14 ss.: i} yvw<it<; 'twv De:wv. voouµÉvcp XaÌ. CÌ1tLCT'tOVµÉvcp, ÒÀlyotç OÈ
Così pure Myst. 10,5. m<i'te:uoµÉvcp 'tE xaì. ywwcrxoµÉvcp yvwcr'tt-
7 Sull'dyvw<inç De:6ç nella gnosi cfr. xol. yvw<i-rtxoì. oÈ ov Mycp, E'.pya. à:1toypa-
W. BoussET, Hauptprobleme der Gnosis cp6µe:voL, à,).).,' a1hn 'tU DEwplq;. Per il Corp.
(1907) 83-91; PAULY-W. VII, 1507 ss. Per Herm. cfr. J. KROLL, Die Lehren des Her-
Plotino Dio è É1tÉXEwa oùO"laç (vedi anche mes Trismegistos (1914) 18-21.406. Riguardo
Plat. Resp. VI, 509 b) xa~ VOTJCTEW<; (Enn. a Filone ~ n. 2.
V, 3,11-13 ). Per CI. Al. cfr. per es. Strom . Ò.yvÒç X'tÀ.
V, 1,1,5: i}µe:i:ç lipa foµ~v ot Év 't0 à.m- E. FEHRLE, Die Kultische Keuschheit zm
329 (J,123) à:yvoc; (f. Hauck) (l,123) 330

rare, sacrificare, mentre non è in nes- t1ss1mo nell'ellenismo. Nel linguaggio


sun modo collegata con il latino sacer. amministrativo delle 1t6À.ELC, à.yvéc; in-
àyv6c; indica propriamente il tabu dica l'esercizio irreprensibile di una
perciò il luogo di culto è à:yvoc;: carica (cfr. à.yopa.voµl)<mv"t'C1.. -re:'tpri-
:»e:lljluc; -r6ò' àyvòv -rɵe:voc; Èva..ÀÙJ..c; p.T)vov <iyvwc;, O.G.I.S. 524 ,5).
frrnv (Eur., Andr. 253); è epiteto de-
I LXX per indicare la purità cultuale
gli dèi, specialmente cli quelli della
vendetta (cfr. Horn., Od. XIX, 386: usano di solito l'aggettivo ~ xa.i}C1..p6c;
Persefone ). Ma, oscuratosi ben presto (Lev. 11,32; 12,7 passim). ciyv6c; ,
questo significato originario, l'aggettivo puro, si trova invece solo undici volte
passa a indicare semplicemente ciò che (come traduzione di zkh e tiih6r) in
è in rapporto con la divinità. àyv6c; riferimento: ad oggetti del culto (-~up,
significa allora ciò che è ritualmente
crnoò6c;, 2 Mach. 13,8), alle parole di-
puro, ossia indirn per negazione quello
che il sinonimo olxa.wc; definisce positi- vine (tjl 11,7; Prov. 15,26), a dispo-
vamente: l'assenza clell 'impurità deter- sizioni interiori ( xa.pÒi'.C1.., Prov. 20, 9 ),
minata dallo spargimento di sangue alla castità (4 Mach. 18,7 s.).
(cfr. 'Ayvà.c; µÉv, w mx.~, xe:'Cpa..c; a..tp,, a..- Anche nel N.T. à.yv6c; ha scarsa
-roc; cpÉpuc;, Eur., Hipp. 316, cp6vov oÈ importanza. Manca nei Sinottici, nella
àyvòv xa..ì. TicXV"t'WV -rwv TIEpÌ. "t'à. "t'OLC1..V-
lettera agli Ebrei e nell'Apocalisse,
"t'C1.. dc; "t'à. fre:'Ca.. àµa..p-rnvop.Évwv ... Plat.,
mentre lo usano con maggior frequen-
Lcg. VI 759 c), dal contatto coi cada-
veri e - secondo 1a mentalità primi- za le lettere pastorali e cattoliche, che
tiva - dai rapporti sessuali ( cf r. si distinguono dagli altri scritti neote-
à.yve:UELV. XC1..fra..pe:uELV ci116 '°rE cicppoÒL- stamentari per il più spiccato carat-
O"lwv xa.ì. à.11ò ve:xpou, Hesych.; Ios., tere ellenistico della loro lingua. Nel
Ap. II 198 ). Di qui è facile il passaggio
N.T. à.yv6c; non indica mai la purità
al significato di casto. Mentre origina-
cultuale esteriore (vedi però à.yvi'.sELv ),
riamente indicava una condizione cul-
tuale puramente esteriore, al termine bensì:
della sua evoluzione semantica àyv6c; 1) la purità morale completa e as-
passa ad indicare una qualità tutta in- soluta; in questo senso l'aggettivo è
teriore ed etica, ossia ciò che è mo- riferito a Cristo in 1 Io. 3,3. Può indi-
ralmente irreprensibile (cfr. àyv6c; yrip care inoltre il requisito principale di
ELµL xe:'Cpa.c;, à.),J.,: où -ràc; cppÉVC1..C,, Eur.,
un pastore della Chiesa (1 Tim. 5,22:
Or. 1604; à.vopòc; fre:lou ii fow xa.ì.
Ti Èx-ròc; <iyve:la, Porphyr. Abst. II 44 ). O"e:au"t'Òv àyvòv -rl)pu; Tit. 2,5), la
L'aggettivo è perciò di uso frequen- condotta morale ineccepibile delle don-

Altertum, RVV, VI . (1910) pp. 42 ss., U.ycoc; usu pagano (Dissertazione non a
235 ss. stampa, Miinster 1920).
E. WrLLIGER, Hagios, RVV, XIX l (1922), G. GERLACH, Griechische Ebrcninschrif ten
pp. 37 ss. (1908), pp. 58 ss.
E. GrnRTz, Dc vcrborum U.1;Ecrfrac, àyvòc;,
331 (I,123) àyv6c; (F. Hauck) (I ,124) 332

ne cristiane ( 1 Petr. 3 ,2 ), la sapienza Nel N.T. ayvli'.;,w è usato prima in


superna che abborre da ogni parzialità Io . 11,55 per indicare la purificazione
e ipocrisia (Iac. 3,17). In Phil. 4,8 cultuale dei Giudei in preparazione al-
ayv6c; si trova accanto a òlxcuoc; per la Pasqua; e poi in Act. 21,24 .26; 24,
indicare un ideale di perfezione mora- 18, dove indica la purificazione cul-
le. In Phil. 1 ,17 a:yvwc; sembra allu- tuale che la comunità giudeo - cristia-
dere, come nelle iscrizioni onorifiche na di Gerusalemme, fedele alla legge
greche, all'assolvimento leale e irre- mosaica, praticava ed esigeva da Paolo.
prensibile di un compito; La partecipazione della primitiva co-
2) innocente in un determinato af- munità al culto del tempio rendeva
fare: 2 Cor. 7,11; inevitabile l'osservanza delle prescri-
3) in senso più ristretto, casto; zioni tradizionali relative al culto este-
2 Cor. 11,2: 7ta:pì}Évov ayvi]v 7ta:pa:- riore. Soprattutto chi entrava nel tem-
cr""t"Tjcrm ""t"Q XpLcr""t"Q, dove la castità pio dopo essere stato nelle terre dei
esprime l'intima e incondizionata offer- gentili doveva compiere una purifica-
ta della propria persona a Cristo ( 11,3: zione particolarmente attenta ed effi-
a 7tÀ.O""t"l)ç dc; XpLCT""t"OV ) . cace 2 • Non avendo la religione neote-
stamentaria fissato un proprio rituale
esteriore, l'uso di ayva;,w in questa
accezione vien meno quando la nuova
Nei LXX è frequente solo nelle Cro-
nache, dove ricorre diciassette volte religione rompe definitivamente con ia
come traduzione di thr in forma pi'el matrice giudaica. ri.yvl~w continua però
e hitpa'el (2 Chr. 29,18; 30,18); di ad essere usato, sebbene raramente,
qds in forma hif'il e hitpa'el (1 Chr. in un'accezione nuova indicante la per-
15,12.14; 2 Chr. 29,5 .15.34 passim). fetta purità morale che ~ il requisito
Altrove è raro: si trova quattordici fondamentale della salvezza (Iac. 4,8;
volte complessivamente, e traduce so-
1 Petr. 1,22; 1 Io. 3,3).
prattutto bt' all'hitpa'el (Num . 8,21;
19,12 passim); qds al pi'el (Ex . 19,
10) e all'hitpa'el (Num. 11,18; Ios.
3,5; Is. 66,17; Ier. 12,3 passim). Il
verbo significa rendere idoneo al culto ri.yvEla: nel greco profano può in-
e indica perciò anche le varie azioni dicare sia la condizione di purità
purificatrici (Ex. 19 ,1 O: lavanda delle secondo i vari significati assunti da
vesti) 1• ~ ciyv6c; nella sua evoluzione seman-

tiyvlçw
I Le testimonianze dell'uso extrabiblico del tecnico indicante l'espiazione di un assassinio
verbo si leggono in WILLIGER p. 48 s.; tiyv6c; (Eur., El. 794; Herc. Fur. 940).
è per esempio, insieme a xal>alpEW, termine 2 SrRACK-BILLERBECK, II, p. 757 s.
333 (1,124) ciyopcil;w (F. Bi.ichsel) (I,124) 334

tica - sia l'atto della purificazione ( ~ ciyv6c;).


(expiatio, lustratio): à.yvdcx.c; È7tÌ -rcx.i:c;
-àucrla.Lc; ÙLdprixi::v ò v6µoc; CÌ7tÒ x-fioovc;, t à.yvo't"l]ç
CÌ7tÒ ÀExovc;, CÌ7tÒ XOLVWvla.c; -d'jc; 7tpÒc;
yvvcx.i:xa. xa.ì 7toÀÀwv (}).).. wv los., Ap. La parola, che non si trova nella
II, 198; ciyvda. &'fo-d. <PPOVELV ocncx. lingua classica 1 e nei LXX, indica la
Porphyr., Abst. II, 19; civopòc; O.pa. qualità di ~ à.yv6c;; in 2 Cor. 6,6
i)dov +i fow XO.L Èx't"Òc; à.yvEla., a7to-
è usata nel senso generico di purità
crl't"ov µÈv 7ta.i}wv ~vxfiç crrtov&ci.C,ov't'oc;
dvm, CÌ7torrl't"ov ÒÈ xa.L Spc0rrEwv a~ 't"à. e irreprensibilità morale 2 .
11:riih1 XLVOUO"LV (2,45); inoltre dr. Ios. ,
Ap. I, 199; Clem. Al., Strom . IV, 22,
141,4; 142,1-4; VII 4,27,4 1•
Termine cultuale indicante la pu-
Nei pochissimi passi dei libri proto rificazione, la consacrazione. Nell'A.T.
e dt>uterocanonici dell'A.T . in cui ri- è usato tanto nell'accezione negativa
corre il sostantivo indica la purità di purificazione da ciò che è incompa-
cultuale (Num. 6,2.21: nezer), il voto tibile col culto (in Num . 8 ,7 traduce
e la consacrazione del nazireo (2 Chr. mé hattii.'t), quanto in quella positiva di
_:W,19: tohOra), la purità necessaria per santificazione, consacrazione che si rag-
il contatto con le cose sante; analo- giunge purificandosi (Num. 6,5). Nel
gamente in 1 Mach. 14,36 indica la N.T. si trova solo in Act. 21,26 (Num.
santità del luogo di culto. 6,5): 1]µEpwv -rov àyvLcrµov nel senso
Nel N.T. in 1 Tim. 4,12; 5,2 la anticotestamentario di purificazione ri -
parola ha perduto completamente il tuale connessa con lo scioglimento di
significato cultuale e indica la purità un voto 1.
e irreprensibilità morale in senso lato FR. HAUCK

A. IL RISCATTO SACRALE DEGLI Nel riscatto sacrale degli schiavi, di


SCHIAVI cm abbiamo un'eccellente testimonian-

àyvda. 2 In 2 Cor. 11,3, dove è stata interpolata


1 Sulla differenza tra à.yvEla. e xa1'apµéç in epoca molto antica (Clem. Or. vg. sy.), la
dr. T. WXCHTER, Reinheitsvorschri/ ten im parola ha il significato più ristretto di
griechischen Kult (1910) pp. 1 ss.; FEHRLE, 'castità' (dr. 11,2).
pp. 42 ss. Ù-yvLO"µéç
àyvé'tTJ<; t STRACK-BILLERBECK, II, pp. 757 ss . Per
1 Per l'uso extrabiblico vedi I.G. IV, l'uso extrabiblico dr. per es. Dnr., Syll.3
p. 588. p. 1219,19.
335 (1 ,125) ciyopl'isw (F. Biichsel) (I ,125) 336

za nelle iscrizioni di Delfi, il dio com- realtà la schiava stessa si è riscattata ,


pera lo schiavo dal suo proprietario os•ia ha versato la somma necessaria
per metterlo in libertà . Si tratta di ai sacerdoti, che in cambio le hanno
una finzione di compera intesa a ga- concesso la libertà. Il nome di Apollo
rantire giuridicamente il riscatto. Il serve soltanto a garantire la irreversi-
venditore però riceve effe ttivamente da bilità dell'emancipazione. L'importanza
qualcuno il prezzo competente, anche di questo riscatto sacrale non dev'e s-
se soltanto per via indiretta. Il dio sere sopravvalutata , perché accanto ad
non agisce di sua ini ziativa per amore esso vigeva anche il riscatto profano
verso lo schiavo, ma funge solo da che, con ogni verosimiglian za, era di
intermediario nella concessione di una gran lunga il pili comune. Perciò quan-
libertà che in genere lo schiavo si è do si legge che uno schiavo è stato
conquistata da sé. Norm almente infatti comprato ' perché sia messo in libertà '
il riscatto sacrale è soltanto una veste non sempre si tratta di un riscatto
giuridica dell'autoemancipazione dello sacrale.
schiavo. Il documento relativo a tale Il giudaismo, pur non praticando -
riscatto in genere è redatto nei se- a quanto sembra - affrancamento sa-
guenti termini. Data. N.N. vendette crale degli schiavi nel tempio 3 , cono-
ad Apollo Pizio uno schiavo di sesso sce tuttavia esso pure l'idea religiosa
maschile di nome X. Y . per un prezzo del riscatto 4 • S. Num . 115 a 15,41:
di tante mine affinché fosse messo in « Quando (il re) lo riscattò (il figlio
libertà (oppure: a condizione che fosse del suo amico), non lo riscattò come
libero, ecc.). Seguono poi transazioni uomo libero, ma come schiavo, per
particolari e i nomi dci testimoni 1 • potergli dire nel caso che quello vo-
Istruttiva è l'iscrizione delfica del 200- lesse imporgli qualcosa a cui egli non
199 a. C. 2 , in cui Apollo figura il volesse sottostare: tu sei il mio schia-
compratore di una schiava, ma alla vo! ... ancora: quando il Santo - sia
fine l' esplicita affermazione •à.v ÒÈ lodato! - riscattò il seme di Abramo,
Wvèlv È7tlcT"t"EUO'"E NLxala. "t'<{j Art6ÀÀw- suo amico, non Io riscattò come suo
vt È7t' ÈÀrnih:plq. rivela chiaramente il figlio, ma come suo schiavo, per po-
carattere fittizio di tale compera; in tergli dire nel caso che quello voles-

ayoprisw xù.
Sulla manomissione degli schiavi cfr. 1 DEISSMANN, p. 274 s.
PAULY-W. VII col. 95 ss. s.v . Freigelassene; 2 DITT., Sy[(i, p. 845.
XIV 1366 ss. s.v. manumissio. Sul riscatto 3 Sulla liberazione nella sinagoga, ossia
sacrale dr. DITT., Sylf.2 pp. 844 ss. (le iscri- davanti alla comunità radunata come testi-
zioni mancano nella terza edizione) e inoltre mone, cfr. SCHi.iRER, III, pp . 93 s.
K. LATTE, Heiliges Recht (1920) pp. 109 ss.; 4 Cfr. anche K. H. RENGSTORF, Jebamot
DEISSMANN, L.Q.4 pp. 271 ss. (1929) pp. 89 ss.
337 (1,126) à.yopciçw (F. Riich scl) (l,126) 338

se comandare qµalcosa ed egli non vo- de - tutta la sua dotrrina soteriolo-


lesse obbedire: siete miei schiavi! » gica (~ ÈçayopO.sw) . Poiché in en-
( ~ oouÀ.oç) 5• trambi i passi i cristiani sono presen-
tati non come liberi, ma come schiavi ,
1
B. àyopcisw e non sono quindi 'comperati' È7t ÈÀrn-
DEplq., il senso dell'espressione paolin<J.
Da àyopci 'mercato': comperare. Nel si illumina sufficientemente con il co-
N.T. è termine frequente per indicar<> mune mercato degli schiavi 1 ed è
relazioni commerciali. quindi superfluo ricorrere alla pratica
1. La ripetizione quasi letterale di dell'emancipazione sacrale. Si possono
1 Cor. 6,20: 1]yopcicrihrrE y&.p ·nµljç invece confrontare utilmente le parole
in 7 ,23: ·nµ Tjç 1]yopcicrihrrE e il fatto citate di 5. Num. 115 a 15 ,41.
che in entrambi i casi l'espressione sia Nell'inno di Apoc. 5,9 (cfr. 14,3.4)
usata sic et sim pliciter senz'altra spe- il verbo indica la grande opera del-
cificazione o temperamento, fa ravvi- !' Agnello. Perciò viene anche precisa-
sare in essa una specie di parola d 'or- to in che modo , da chi, e per eh[
dine di Paolo. Il concetto fondamen- l' Agnello ha acquistato gli uomini
tale in tutt'e due i passi è che i cri- ( ~ ),u-rpov ). Non bisogna però cer-
stiani non sono liberi (6,19), ma sono care nell'inno una specifica soteriolo-
proprietà di Cristo (7 ,23 ). Non è detto gia cri~tiana .

però, a ragion veduta, chi li ha com- 2. In Apoc. 3, 18 si legge che la


prati, da chi sono stati venduti e a comunità deve àyopr.icrm da Cristo del-
quale prezzo. All'Apostolo infatti in- l'oro ecc. Il passo non allude tanto
teressa unicamente il fatto che i cri- a un'elargizione gratuita , come in I s.
stiani sono stati ' comperati ' e che 55,1 (' .... comprate senza denaro'),
quindi sono strettamente dipendenti da quanto al ripudio di un possesso illu-
Dio e dal Cristo, mentre devono essere sorio in cambio di uno reale (3 ,17 ).
liberi nella loro coscienza di fronte
agli uomini (7,23). Questa che abbia-
mo definito ' la parola d'ordine ' di
Paolo presuppone - ma non rncchiu- 1. Èçayopci~w nel senso di riscat-

5 Sulla continuazione del riscatto sacrale 1 cim:À.Evi}Epoç xuplou 1 Cor. 7,22 non è
nella chiesa dr. Ev. DoBSCHUTZ in RE 18 qualunque cristiano, ma soltanto lo schiavo,
(1906) col. 430. mentre il cristiano libero è oovÀ.oç XpLO''t'OÙ.
à:yopaçw Si tratta evidentemente di concetti correlativi.
Perciò Ù.7tEÀ.Eui}e;poç non illumina affatto il
Cfr. JoH. WEiss, 1 Kor.; BACHMANN, Kom- significato di à.yopase:w. Di opinione co n·
mentar; LIETZMANN, Kommentar, a.I. traria è JoH. WEiss, 1 Kor. a 6,20
339 (l,126) à.yopG.t;w (F. Bi.ichsel) (l,127) 340

tare non è attestato nei LXX, ma è l'effettivo acquisto . Appunto perché


si trova nella lingua profana; per es . regolarmente pagata, la libertà dalla
Di od. S. 362, Dindorf V 213: Èç l)- ' maledizione ' della Legge donata dal
-y6pa.o-Ev (un cavaliere romano) a.v.._l]v Cristo agli uomini è una libertà non
(una schiava). Fuori dal cristianesimo
solo de fa cto, ma anche de iure, e in
la parola non è usata nella terminolo-
gia cultuale. Manca in Giuseppe . Il ciò consiste la garanzia della sua irre-
giudaismo vede nella sofferenza del versibilità. I diritti della Legge sono
giusto un mezzo di espiazione, cfr. stati soddisfatti ed essi possono ormai
~ D.. mn-fipwv e Àvcpov, ma non ar- considerarsi decaduti in quanto la Leg-
riva a concepire il dolore come stru- ge non è né la prima né l'ultima pa-
mento di ri scatto .
rola rivolta da Dio all'umanità, ma ha
Nel N.T. il verbo indica il sacrificio soltanto un valore contingente e finito
redentore del Cristo (Gal. 3,13; 4 ,5) . (4 ,2 ; 3,17). Il rapporto fra Dio e
Il concetto basilare è analogo a quello l'uomo, da Dio voluto ancor prima
di &. -yopcl;~n v, solo che in questo caso della Legge e quindi da considerarsi
l'acquisto non si risolve in un pas- l'unico veramente e assolutamente va-
saggio in proprietà di Dio, ma nel- lido, è un altro: è la giustificazione at-
1' affrancamento dalla Legge e dal peso traverso la fede, 3,6-14, ossia la figlio-
della sua ' maledizione ', concepiti co- lanza adottiva di Dio (3,24 s.; 4,1-5).
me una ' schiavitù ' ( 4,1.3.7). È evi- Ma il passaggio dell'uomo dalla su-
dente in ciò l'analogia con il riscatto bordinazione alla Legge alla figliolanza
sacrale degli schiavi, ma si tratta di adottiva di Dio e alla giustificazione
una somiglianza puramente esteriore e attraverso la fede non è avvenuto per
superficiale, in quanto, nella concezio- una semplice dichiarazione di Dio, ma
ne di Paolo, Cristo, a differenza dei attraverso un vero e proprio riscatto
fittizi acquisti del dio di Delfo, ha (3,13; 4,5) . Infatti nella 'maledizione
effettivamente pagato il riscatto degli della Legge ' si concreta il santo vo-
uomini e al prezzo più alto che si lere di Dio riguardo ai peccatori
possa immaginare. Perciò la redenzio- ( ~ x1napcx., Èmxa.._ap<Y..._oç) e lo con-
ne operata dal Cristo è meglio para- ferma il fatto che quest'ordine rimane
gonabile alla comune emancipazione valido ed efficace, per quanti vanno in
degli · schiavi, perché tanto nell' una perdizione, per tutta l'eternità (Rom.
come nell'altra il fattore determinante 2 ,5-10 passim) . Il significato della me-

(~cxyopG.t;w ]. CHR. Kv. HoFMANN, Die heilige Schrift


ZAHN, Gl., pp. 155 s. des N.T., II, 1 (21872) p. 71.
LIETZMANN, a. l. Cfr. inoltre le teologie del N.T. di A.
S1EFFERT , (1899) pp. 184 , 244 (con ampie ScHLATTER , Il (1910) pp. 277 ss .; P . FEINE,
1
notizie sulla più antica esegesi) . ( 1931) pp . 194 s.; ]. KAFTAN (1927) p. 119.
341 (l,127) ciyopciçw (F. Buchsel) (l,127) 342

tafora paolina del riscatto è proprio sposta a queste diftìcoltà. Le sue affer-
questo: nel trapasso dalla schiavitù del- mazioni - e quindi il suo pensiero -
la Legge alla figliolanza adottiva di prescindono da questa considerazione
Dio e alla giustificazione attraverso la obbiettiva della redenzione che egli
fede si è manifestato concretamente e vede invece, a parte hominis, come
compiutamente quel santo volere di qualcosa che è avvenuto in noi e per
Dio che si esprime nella Legge e nella noi e non in Dio e per Dio 2• Anche
sua ' maledizione '. Perciò nessuno può se la crocifissione è il supremo atto di
ottenere in Gesù la remissione dei pec- umiliazione e di obbedienza a Dio da
cati senza che in pari tempo gli sia parte del Cristo ( Phil. 2 ,8 ), la rivela-
manifestato anche il . giudizio che Dio zione <lella giustizia e dell'amore divi-
pronuncia contro ]a sua condizione di no (Rom. 3,25; 5,8), pur tuttavia per
peccatore; questo giudizio è presente Paolo la croce di Cristo non è tanto
in Cristo crocifisso 1• Che si tratti di uno scotto pagato a Dio quanto uno
una metafora è dimostrato dal fatto strumento della sua azione salvifica.
che è evidentemente assurdo chiedersi Dio, insomma, nella croce di Gesù non
chi abbia ricevuto il prezzo di tale è ricettivo ma attivo (~ xa."t"C".Ù),cicr-
riscatto. crw) 3 . Perciò, anche se l'Èç1]y6pa.crEv
Qualora si consideri l' Èç1jy6pmre:v non ha valore e significato esclusiva-
da un punto di vista puramente obbiet- mente nella coscienza religiosa del-
tivo (prescindendo affatto da noi, che l'uomo o come fatto storico, ma an-
grazie ad esso siamo diventati, con la che e soprattutto davanti a Dio e
penitenza e la fede, amici di Dio), il per Dio, essendo servizio reso da Gesù
riscatto si presenta come un negozio a Dio e agli uomini, nondimeno a ri-
giuridico fra Cristo e Dio, del quale gor. di termini tale azione rimane una
noi uomini non siamo altro che l'og- operazione divina compiutasi in noi.
getto. Sorgono allora tutti i problemi Essa non è un servizio reso a Dio e
relativi al senso, alla necessità e alla agli uomini nello stesso senso. Bi-
possibilità di un simile negozio giuri- sogna guardarsi dal fare di questo ' ri-
dico. Ma Paolo non dà nessuna ri- scatto' un mito, considerandolo un fat-

I Cfr. SCBLATTER, /.c. poiché essa è la maledizione di Dio (cfr.


2 Gal. 3,13: i)µéiç Ét;rJY6pa.<rEV. L'espres- Rom. 1,18 ss.).
sione di Gal. 4,5 è obbiettiva nella forma 3 Naturalmente I' ' agire ' non può essere
(\:va 'tOÙç u7tÒ v6µov È~cqopcicrn) ma sog- completamente scisso dal 'ricevere ', in virtù
gettiva neJla sostanza, in quanto 'soggetti alla di quel rapporto di solidarietà fra Dio e
legge' siamo noi uomini; dr. v. 3 : ou-çwç l'uomo che è un caposaldo della dottrina di
xaì. 'Ì)µEi:ç e v. 5: ì:va 't'Ì)V vì.ofrwlav cino- Paolo. Ma c'è una grande differenza tra il
À.a~wµEv. Secondo Paolo tutti gli uomini considerare primario ed essenziale l'agire e
soggiacciono alla maledi zione della legge, lanteporre ad esso il ricevere.
343 (l,128) à:ywyi] (K_ L. Schmidt) (I ,128) _H -l

to puramente trascendente che sugli gusto e contingente.


uomini ha soltanto una ripercussione,
2 . Ésa.yopcisw, conforme al valore
esso esprime invece un'azione salvi-
di Èx in molti composti 5, può avere an-
fica compiuta da Dio in noi. Con il
che il signifìcato intensivo di 'comprare
mito Paolo ha in comune soltanto
tutto ', ' esaurire le possibilità di com-
l'uso di un linguaggio concreto e rea-
pera' 6 • Così in Col. 4,5; Eph . 5,16 :
listico per indicare la comunione fra
i:òv XC1.LpÒv Èl;a.yopa.soµEVOL. Qui XC1.L-
Dio e l'uomo . Ma la sua non è una
p6ç indica il complesso di possibilità
fantasia religio sa 4 , perché egli non par-
offert e dal tempo. Queste possibilità
la di un Dio esclusivamente trascen-
devono essere « senza residuo » sfrut-
dente, bensì del ' nostro ' Dio, ossia
tate, ossia tesoreggiate per la vita eter-
dcl Dio che vive e agisce in noi .
na con il pagamento di un ' prezzo ' ,
Una interpretazione di Èsrry6pa.cn:v vale a dire con la concentrazione e lo
che non riconosce nel verbo alcun sforzo della volontà.
contenuto oggettivo vizia gran parte
della letteratura esegetica e teologi- Il significato del passo in questione
ca relativa al nostro passo. Va det- non è certo quello di ' esaurire il tem-
to però che, su questa via , l'interpre- po ' 7• Dan. 2,8: 'iddànà' 'antun zab' nin
tazione per es. del Lietzmann, secondo è tradotto dai LXX e da e con XC1.LpÒv
cui i riscattati sono tutti gli uomini, ùµ<:i:ç Él:,a.yopci.sE-rE: voi comprate, os·
è pur sempre migliore di quella dello sia cercate di guadagnare, tempo_ Si
Hofmann, per il quale redenti sono i tratta probabilmente di un'espressione
5:::i}i Giudei (vedi anche Sieff ert , Zahn, proverbiale. Ma comunque i traduttori
Kaftan). La prima infatti contiene un greci abbiano inteso il testo aramaico,
modvo valido per i lettori di tutti i il loro uso di Él:,a.yopci.sw è diverso
tempi, mentre la seconda svuota il da quello di Paolo.
passo attribuendogli t111 signifìcato an- FR . BucHsEL

aypu1tVÉW ~ Èydpw, YPTJYOPÉW

àywy1}, 7tet.pciyw, 7tpo6.yw


7tpoo-6.yw, 7tpoo-a.ywy1)

t àywy1}

Nel N.T. ricorre solo in 2 Tim. 3, oxa.Àlq., 'tfj àywyfj, -rfl 7tpoVÉo-EL, 'tTI
10: 7tC1.pTJXOÀovlh10-6.ç µov •TI s~oa.- 1tLO"'tEL X't À. Dal contesto si ricava che

4 -+ xa.-c-apa. e la bibliografia ivi elencata. È1;riy6pa.O"E 'tCÌ. XCJ.LOµEva. xa.t YEL'tVLWV't(l'.


5 Cfr. È1;07tÀ.lsm1 = armare completamen- 'to~ç xa.toµÉvotç.
te, Èxi'}EplsEW = mietere completamente, ecc. 7 LoHMEYER, Kol., a.l.
6 Per es. Plut. , Crass. 2,5 (II p. 543 e):
345 (l,128) à:ywyi) (K . L. Schmidt) (I,129) 346

àywyi'J, il cui significato letterale è "tCX. OLOCJ.O"Xa.Àla. 7ta.lOEVCTLc;, È~Tfff)O"Lç,


I I

condotta, guida, indica qui la condotta ùcp-fiyYJO"Lc;, i}yq.wvla, d:ywyi'J, croqn-


seguita dall 'Apostolo e che anche il O""tLXTJ.
destinatario della lettera deve far pro- Come dimostrano questi esempi, un
pria, allo stesso modo della otomrxa.- elemento determinante dell' ciywy'l) è
Àla.. La migliore traduzione è quindi l'educazione non soltanto in se stessa,
'co ndotta di vita' (Lebens/uhrung) 1• ma anche nei suoi effetti 5, ossia l'edu-
Come la parola italiana ' condotta ' (e cazione in quanto crea un comporta-
la ted esca Fiihru ng) così anche àywyi'J mento e uno stile di vita . P erciò si
può essere u sa ta tanto tran sitivam ente parla spesso di ~lov ciywy-fi, oppure
che intransitivamente. Nel significato semplicemente di à.ywy'i) senz' altra
di condotta di vita àywyi'J è attestato specifìcazione, nello stesso significato .
nella prosa attica 2 , nelle iscrizioni , nei Cfr. Xenoph., Eq. 3,4; Polyb. VI 2,13:
papiri, nei LXX e soprattutto nei tardi li Éx na.lowv ò:ywy1]. Un motivo pre-
scritti filosofici e in quelli giudaici e diletto (~ il passo di Suida citato)
cristiani. In particolare la àywyi'J ha è il richiamo alla à.ywyi'J spartana;
come oggetto coloro che devono essere dr. fixihi "t'Ì)v ÀEyoµÉv'Y)v ò:ywy'Ì)v tv
Aa.xEÒa.lµovL, Plut. , Ages. l ,2 (I 596c)
,~uidati,
ossia allevati, i fanciulli 3 • Cfr.
e più in generale alla 'EÀÀ'T)VLX'Ì)
il titolo dello scritto di Plutarco 7tEpÌ.
Ò'..ywy-fi (vedi p. es. Strabone). Anche
7ta.towv d:ywyi'jc;. L'educatore dei fan-
le varie scuole filosofich e si distinguo-
ciulli si chiama é 7ta.LÒa.ywy6c;, l'edu-
no ovviamente per la loro d:ywy-fi:
cazione ii r.a.tÒa.ywyla., da cui deri-
!:xrn"tLX'Ìj ò:ywy-fi, Kvpriva.i:xi] ciywy{],
vano 7ta.Loa.ywytw e altri vocaboli. I
Ilpw"ta.y6pnoc; ò:ywyi'J. Diog. L. I 19
lessicografi greci hanno fissato e preci- associa a.tpÉO"ELç xa.1. ò:ywycic;.
sato questa accezione di ciywyi'J 4 • In
Suida si cita Polibio (I 32,1 ): Aa.xE- Tranne quest'ultima accezione spe-
òcnµ6vtov livopa. "ti'jc; A a. x w v t xii e; cifica non diverso è l'uso della parola
nell'epoca e nell'ambiente del N.T.:
àywyi'jc; µE"tECTX'T)XO"ta.. Esichio inter-
cpa.lvEcri}e ycX.p xa.MÀov ò:ywy'fi "tmhn
preta d:ywyfi come "tp67toc;, àva.cr"tpocpfi. xpficri}a.L, DITT. Or. 223,15; 479,9;
Giulio Polluce associa "tCÌ. OÈ 7tpciyµa.- 485,3 ; P . Tebt. I 24 ,57 ; P. Par. 61,

ciywyi) aac; xvva.c; ), ma soprattutto degli uomini


I Così Drnr:uus, Fast. ecc. (Plat ., Leg. VI 782 d: civl)pw7toLç ... ciyoµÉ-
2 PA ssow: «.La parola è usata nella prosa voLc; Òp/)wç).
attica in tutte le sue accezioni». 4 Cfr. le varie testimonianze in Thes.
3 II verbo èi.yw è usato talvolta nel signi- Steph .
flcaco pregnante di 'allevare '. Può essere s Nel neogreco ci. significa allevamen to,
l'allevamento buono o cattivo degli animali educazione: oÈv i:'xn ciywyi}v = non ha
tXenoph., Mem. IV 1, 3: -tà.c; xa.ì..wc; cixi}El- educazione.
347 (I,129) ò:ywyi] (K. L. Schmidt) (I,129) 348

12; 63 col. 9,38. Ps.-Heracl., Lettere t 'lta.pciyw


I 16 (Bernays), dove ciywyiJ è asso-
ciato a olavm. ( ciywyl) nel senso di Questo verbo transitivo e intransi-
olavm è d'uso anche nella termino- tivo nel N.T . si trova soltanto con
logia medica). Ios .: -rTjv mhpLov à.yw- significato intransitivo nei seguenti pas-
yTjv -rwv rnwv à.nocr0sELV Ant. XII si: Mt. 9,9; 9,27; 20,30; Mc. 1,16;
10; STJ'tTJ(nç nEpÌ. -rf\c; 'Iouom'.wv à.yw-
2,14; 15 ,2 1; Io. 8,59 1 ; 9,1; 1 Cor .
rilc; XIV 195 6 • Non diverso è l'uso
della parola nei LXX: xai. 'EO"ihìp ov 7,31. Nella forma passiva o media si
µE-rl)ÀÀa~Ev -rT)v ciywyTjv a.v-rijc;, Est. legge in 1 lo. 2 ,8; 2,17 . Tranne Mc .
2,20; ovriye:i:-ro -rT)v ciywyi}v ncx.v-d. 15 ,2 1, nei vangeli soggetto del verbo è
"t'Q Eiìvn av-rou , 10,3; è:sl}Àouv -rà.c; sempre Gesù che passa oltre. L'esp res-
ciywyciç, 2 Mach . 4 ,16 ; -ri)v a.v-ri}v sic.me xa.ì. 'lta.pci.ywv, che rit orn a in Mc.
ciywyi)v Xtl.'tCÌ -cwv 'Iouoa.lwv aye:vv,
1,16; 2 ,14; Io. 9 ,1, può essere consi-
6 ,8; -ri)v fou-rwv ciywyTjv tl.LpE-rt'.sov-
-raç, 11,24 ; ciywyi)v È:m~ovÀwv derata una formula d 'inizio di pericope .
Àaµ~civnv, 3 Mach . 4,10 . Le parole di 1 Cor. 7 ,31: -rta.pcirn ...
"t'Ò crxflµa. -coli xéa"µou -cou-cou ricorda-
Questi ultimi scrittori giudaici (Giu-
no quelle di 1 Io. 2,17 : ò x60"µoc; '7ta.-
1ieppe, lo ps. Eraclito, i LXX) attingo-
pci.ynm xa.ì. Ti Émfruµla. av-rou. For-
no perciò l'espressione dall'uso greco
se l'espressione giovannea deriva da
comune.
quella di Paolo . Ma la ripre sa del ver-
Non diverso probabilmente è l'ad-
bo 'lta.pci.rEL (1ta.pare:-ra.L), di uso così
dentellato di &.ywy1j in 2 Tim. 3,10,
raro e qu asi tecnico, fa pensare che
poiché anche altrove le lettere pasto-
si tratti di un luogo comune dell'apo-
rali usano i termini comuni del gergo
calittica. In entrambi i passi (cfr. an-
filosofico. In 1 Cor. 4,17 , riferendosi
che 1 Io. 2 ,8 ) il verbo ha il significato
sempre allo stesso Timoteo al quale
particolare di passare, scomparire, a
sono rivolte le parole di 1 Tim . 3,10,
cui corrisponde forse il pertransire di
Paolo dice: -.cic; ooouc; µou "t'cic; Èv
XpL<nQ. Qui Èv XpLcr"t'Q cristianizza 4 Esd. 4 ,26 . Nella stessa accezione si
nella forma e nella sostanza il con- trova in Mt . 5,18; 24 ,34 s.; 2 Petr.
cetto di òool ( = OLomrxa.Àla.); allo 3' 1o na.pÉpXEcri)a.L.
stesso modo 1 Clem . 4 7 ,6 può parla-
Il termine ebraico corrispondente è
re di -rijç Èv XpLO""t'Q à.ywyTjç, e 48 ,1
'abar tradotto in \j; 143,4 con napa-
di -.i'}v crEµvTjv -rl]c; qnÀaoEÀq>laç ljµwv ynv: at ljµÈpa.L mhou WC1EÌ. CiXLà.
~yv-i}v ciywyi)v. 7ta.pciyoucrL = jamaw kesél 'ober. Cfr.

6 Altri esempi della grecità più antica e mxpci.yw


dell'epoca del N.T. in PAssow s.v. ' Non in tutti codici .
349 (l ,130) riyt•JY1l ( I<. L. Schmidt) (I ,130) 35l)

anche I s. 24,11 dove /iih"ra kol-Simha alla legge mosaica (Heb. 7,18) viene
è tradotto con 7tÉ7ta.v-rm n&.aa EÙcppo- forse attribuita una precedenza ideale
auvY). Intendendo in 1 Cor. 7 ,31 axi\µcx. e paradigmatica . È assai dubbio però
come habitus in senso teatrale , si può
..:he questo sia effettivamente il signi-
dare a 7tcx.payELv anche il senso di
far comparire, presentare (su1la scena). ficato di npociyw negli ultimi due passi
Potremmo quindi tradurre: la parte citati , dove forse la preposizione npo-
di questo mondo è finita e un altro esprime semplicemente una priorità cro-
axi\~ta comparirà sulla scena. Il pre- nologica. Lo stesso problema, se cioè
sente del verbo indica che il gra nd e 11:pociy1,J indichi , sia pure metaforica-
evento escatologico è già in fas e di
. ) mente , una precedenza locale rispett o
compimento -.
a qualcuno che segue, oppure una ge-
npoayw nerica priorità cronologica 1 , si pre-
Come altrove, così an che nel N.T. se nta anche nella controversa inter-
np06.yw è u sa to in se nso tran sitivo e pretazione di 1 Tim . 5,24: cd Ò:f.tcx.p-
intransitivo . Quando si legge che Gesù -rlm ... npo6.y ovaa.L di:; xplaLv. Nel

precede i suoi, si tratta probabilmente primo caso un buon parallelo sarebbe


di una specifica espress ione cristologi- I s. 58,8: nponopi:uae-ra.L EµnpoaiJÉv
ca: infatti all'avvento e all'opera del aov i) 8Lxcx.1.ocruvYJ aou, oppure Barn.
Cristo l'uomo deve corrispondere con 4,12: Mv nà.yal>6ç, i) OLXCX.LO<JUVYJ
l' àxoÀ.oul}i:i:v, che non è solo l'andar cx.ù-rou 11:poY)yi]ai:-ra.L mhoù. Un caso a.
dietro materiale, ma soprattutto l'ade- sé è 2 Io. 9: néiç ò npociywv xa.t µ-~
sione e la sequela interiore. Ciò balza µÉvwv f.v -r'ò 81.80..xfl -rou XpLcr'tou
eviderite soprattutto dai passi seguenti l>i:òv oùx EXH.
relativi ai fatti della passione: T)v In luogo di 1tpociywv 10 2 Io. 9 s1
npoaywv cx.ù-roùi:; ò 'IYJaoui:;, xat rncx.p.- trova anche la lezione ncx.pcx.Bcx.lvwv,
(3ouv'o, oi. 8è. àxo Àoul>ouv-rEi:; Écpo(3ouv- ottima dal punto di vista semantico.
,o, Mc. 10,32; npoci~w ùµéii:; dç -rTiv Si potrebbe perciò pensare che 11:pociyw
I'cx.À.LÀ.alcx.v, Mc. 14,28 (= Mt. 26 , sia usato qui intransitivamente nel sen-
32) ; dr. anche Mc . 16,7 ( = Mt . 28 , so di perdersi, traviarsi - per analo-
7). Allo stesso modo che il Cristo nel- gia col significato transitivo di sviare,
sedurre - come antitesi di ni:p~rra"t'ELV
la passione e nella resurrezione pre-
Év -rn Év-roÀi\ e come predicato di
cede i suoi, così anche alle parole pro- 1tÀcivoL del v. 7 2 • Ma è molto più
fetiche di un apostolo (1Tim. 1,18) e probabile che 1tapa.Balvwv sia una

2 Cfr. }OH. WEiss, ·1 Kor., a.l. lidata p. es. con o1tEP Èv -taic; 7tpoa:you<r<It.c;
ypaqiai:c; 1t<IpÉooµEv, Ios ., Ant. XIX, 298 ;
1tpociyw 1tpoayEw à.pxm6-r1yn, Ios., Ap. II, 154.
1 L'accezione puramente cronologica, in
2 Così
sé naturalmente possibile, può essere conva- CREMER. KoGEL.
351(1,131) aywyl) (K. L. Schmidi) (l,131) 352

lectio facili or di chi non comprendeva in un preciso significato tecnico.


il significato particoLue di 1tpociywv
in questo caso, significato che può a) -;;:poo-6..yw t: usato per indicare
essere illuminato soltanto dal conte- l'offerta dei doni: òwp6.. "LVL. Questo
sto della lettera. A giudicare infatti spiega l'uso antichissimo e comune in
dal tono complessivo della lettera è tutta la grecità del verbo nel linguag-
per lo meno probabile che sia qui gio sacrilìcale nel senso di offerre. Cfr.
usato polemicamente in malam partem iJvO"lcx.ç OL rcpoo-6..yov'tEç, I ldt. III 24;
per definire la stolta e fatale presun- ÉXCX."tÒV npoO'fl"(E rrvµµL yfl (300-xi'Jµcx'tcx.,
zione dei libertinisti e doceti, che cre- Soph., Trach. 7 62; ÉXcx."t6p.(3cxç 7tpocr6..-
devano di precedere gli altri nella dot- yoµEv, Luc., lup. Con/. 5; ÈXCX."tO[L(3T]v
trina e volevano essere considerati in 7tpocr6. yEL v, Pollux 1,26 ; tEpEi:cx. rcpo-
campo cristiano uomini d'avanguardia 3 • O"a:yEL v •OLç (3w(.LOLc:;, op. cit. 1,27 ;
xciyw croL ,òv (3ovv 'bv r.!.Eycx.v npo-
a-a.:yciyw dc; Eùxi'Jv, Theophanes Con-
t npcxr6.. yw
(essor 283, 19 ss. e infine due passi
Nel N.T. ricorre tre volte con signi- dei padri apostolici: 'focx.à.x ... npo-
ficato transitivo: Le. 9,41; Act. 16,20; O"i'JyEu lJvcri'.cx., 1 Clem. 31,3; 't'Ì}V lJpT]-
O"XEla.v -r-poO"ci.youO"LV cx.Ù'tQ (se. 'tQ
1 Petr. 3,18, e una volta con signifi-
iJEQ), Diogn. 3,2. In quasi tutti questi
cato intransitivo: Act. 27,27 1 • passi il significato di ' offrire ' è evi-
Fra tutti questi passi necessita di dentissimo. In certi casi invece, spe-
un chiarimento soltanto 1 Petr. 3,18 cialmente quando è offerto un animale
dove, nel contesto di una affermazione o un uomo, si può, anzi è preferibile,
cristologica tipica del kerigma aposto- intendere il verbo nel suo significato
originario di recare, condurre 2 .
lico, si legge che Cristo, il giusto, è
L'uso del verbo nei LXX coincide
morto per noi ingiusti: ì'.va. vµtic; (op-
esattamente con quello generale della
pure -fiµéi.c;) 7tpoO"a.yay11 'te{} ?}E<{}. Il grecità. In particolare nell'Esodo, nel
tono dell'espressione e il contesto fan- Levitico e nei Numeri la parola è usa-
no pensare che npoO"ayw sia usato qui ta in senso cultuale che traduce per

3Anche in 1 Cor. 4,6 si tratterebbe di BACHER, Geschichte der byzantinischen Lite-


qualcosa del genere. ratur 2 (1897 ), pp. 792 s. il quale traduce:
« Allora voglio recare a te (Dio) come vitti-
7tpMciyw ma il grande bue (s'intende un imperatore
I In questo passo oltre a 7tpociyuv abbia- bizantino che viene schernito)», che la tra-
mo le varianti 7tpoo-axei:v = resonare, itpo- duzione esatta è questa: «Solo allora io lo
O"<IVÉXELV' 7tpocTEyyll;ELV. accompagnerò alla preghiera» . Il Tabacho-
2 Cosl Thes. Steph. a proposito del passo vitz postula un uso particolare di 7tpoo-ciyELV
di Luciano scrive: Sunt tamen qui interpre- nel senso di accompagnare l'imperatore in
tantur Adducunt; e D . TABACHOvITZ, Sprach- una processione, nel quale significato di solito
licbe und textkritische Studien zur Chronik vengono usati verbi come OL<I0-01;,ELV, guidare
des Theophanes Confessar (Phil.Diss.Uppsala e oLpLyEVELV, scortare. Se questa ipotesi non
1926) pp. 39 ss. sostiene, contro K. KRUM· del tutto illuminante è vera, anche 1 Petr.
35_3 (J,131) ciycùyr1 (K. L. Schmidt) (I,132) 354

lo più la forma hif'il di qrb 3 e più ra- vtoùç 7tpocr6.çEtç Èrcì. '"t'àç lJupaç '"t'ijç
ramente di bo'. Ecco alcuni esempi fra '"t'OU µa.p'tuplou (per la consacrazione sa-
i moltissimi: npocniçnç 't"ÒV 1160-xov cerdotale) Ex. 29,4 (cfr. 29,8); cfr. 40,
È7tÌ. 'tà.ç Mpa.ç 'tijç O"XY}Vi)ç '"C'OU p,a.p- 12 (per la purificazione); 7tpocrfiyayEv
'"C'Uplou, Ex . 29,10; apO-EV èiµwµov 7tpO-
Mwucrijç "toùç utovç 'Aa.pwv, Lev. 8,24;
crcU;n, Lev. 1,3; npocraçoucrw &.7tò 'tijç
lJucrla.ç '"C'OU 0-W'"C'Y}plou xap7twµa. Ku- npocrcii;nç 'toùç Awl"ta.ç, Num. 8,9.10.
pltp, '"C'Ò cr'"C'fop ... xaì. '"t'oùç vEcppouç In questo ottavo capitolo - come in
ib. 3 ,3; 7tpocr6:çn +i cruva.ytùYTJ J..t.6crxov altri - dei Numeri l'oggetto di 11:pocr-
Èx ~owv èiµwr1ov nEpL '"t'ijç à.~mp'tla.ç ciynv è ora il sacerdote consacrando,
ib. 4,14; rcpocra.ycin1 '"t'TJV lJucrla.v a.ù- ora la vittima da immolare. Il lettore
uu, ib. 7,6 (cfr. 2 Chr . 29,31, dove
cristiano, a cui era familiare questa
traduce il verbo nJ!,s); 1 Esd. 1,18;
Ecclus. 31,20; 2 Mach. 3,22; ib. 12,43 terminologia sacrificale dell'A.T., dove-
ecc.); 7tpocrciçE'"C'E ÒÀ.OXCt.U'"C'W[.1Ct.'"C'Ct. '"t'~ va certo avvertire nell'espressione ana-
Kuplip, ib. 23,8; 11:pocrcpopà.ç Kupltp loga di 1 Petr. 3,18 un richiamo alla
açlwç rcp6cra.yE, Ecclus. 14,11; 11:p0- presentazione a Dio del sacerdote pu-
afiya.yov '"t'Ò µV'r]µ6cruvov 'tijç npocrrn- rificato, tanto più che la stessa 1 Petr.
xi\ç ùµwv Èvwmov '"C'OU ciylou, T ob. afferma il sacerdozio di tutti i crìstiani4 •
12,12. Può dare un'idea dell'ampio
uso di Tipocrciynv il fatto che esso tra- b) Non esula sostanzialmente da
duce ben dodici radicali ebraiche. Il
questa sfera semantica l'uso di Tipocr-
significato metaforico di offrire, sacri-
ci:yELv come termine giuridico: rcpocr-
ficare balza evidente dagli ultimi esem-
pi citati, in cui, non trattandosi di ci!;n cdrtÒV Ò XVPLO<; ( = iJ padrone
sacrifici animali, è da escludere il si- dello schiavo) npòç 't"Ò xpL 'tfipLov 't'OV
gnificato proprio. i}Eov, Ex. 21,6; npoafiya.yEv 't'ÒV tÌÙEÀ.-
Connesso con una particolare conce- cpòv a.ùi:ou npòç i;i)v Ma.8La.vE~'t'LV Èvr::.v-
zione è però l'uso di 11:po<raynv con '"t'lov Mwuaij xa.ì. Eva.vi;L ncicrnç avv-
un complemento oggetto personale, che aywyijç ULWV 'IO"pa.fiÀ., Num. 25,6;
serve propriamente per la spiegazione npoafiya.yEv Mwu<ri\ç i:Ì"Jv xpl<rLv a.v-
di 1 Petr. 3,18. 'Aa.pwv xa.ì. '"t'oùç '"t'WV EVCt.V't'L xvplou, ib. 27 ,5 5 . A que-

3,18 potrebbe avere questo significato, o senso di condurre di fronte al giudice un


almeno avvicinarsi ad esso. uomo (come accusato o teste). II termine
3 qrb è attestato come termine sacrificale giuridico è usato anche in riferimento a cose
anche al di fuori dell'A.T., p. es. nei papiri (cfr. il tedesco beitreiben, 'esigere', 'riscuo-
di Elefantina e nelle iscrizioni delle offerte tere '). A . STEINWENTER, Studien zum romi-
votive (aramaiche e nabatee). schen Versaiimnisverfahren (1914) pp. 189 s.:
4 Questa conclusione ,. sostenuta dal \Veiss « Intenderei il 7tpocrliynv di B. G. U. 2,388,
nella sua edizione manuale del N.T .. sebbene II, 14 e Lips. 38, Il, 1 come introdurre in
non condivisa da CREMER - KoGEL, ha molti giudizio; dr. citato et inducto Capitone in
argomenti a suo favore. P. Lips. 38, I, 12. Inoltre 7tpocrixywyEuç e
5 Nei papiri è attestato 7tpocrliyEw nel 7tpocraywy1J sono attestati in questo senso:
355 (l,132) à.ywyi) (K. L. Schmidt) (1 ,133) 356

sti testi bisogna aggiungere Act. 16,20, scritti polemici contro Giuliano impe-
di cui a tutta prima non si ir.travede ratore - come gli conviene quello di
una possibile connessione con 1 Petr. rca.pci-.xÀ l]""t"oç, che esprime una conce-
3,18, ma che invece può illuminare il zione affine.
significato del passo petrina. In Act. In tal modo però l'uso di rcpocrci.yEw
16,20 rcpocrci-.yw significa condurre din- si avvicina di più alla terminologia del
nanzi al giudizio del magistrato; il cerimoniale di corte che a quella pro-
senso dell'espressione di 1 Petr. 3,18 priamente giuridica. Si veda per es .
sarà allora che Cristo conduce gli uo- Xenoph., Cyrop. I 3,8 (passo che non
mini al giudizio di Dio, quel giudizio va disgiunto da VII, 5,45 dove si
che nell' A.T. tanto spesso si eserci- legge rcpocra.ywyl] [ col. 359 J che
tava nei confronti del popolo eletto . usa 7tpocrci.yw.> nel senso di ammettere
Intendendo in questo modo il ' con- gli inviati all'udienza del gran re 6 •
durre a Dio ', non risu I ta affatto una
scissione fra il giudizio di Dio e la c) Infìne il signifìcato di npocr6--
grazia, perché proprio la morte di Cri- yrn1 in 1 Petr. 3,18 si chiarisce ancor
sto ha riconciliato gli uomini con Dio. meglio se si considera che esso indica
Cristo sarebbe quindi un rcpocra.yw- in ultima analisi un'opera di Dio che
j'Euç in un senso tutto particolare. si riconcilia con gli uomini. In questo
Questo vocabolo, raramente attestato, senso è usato di solito il medio npoO'-
è usato in senso generale e specifico ci.yEcr~a.~. È questa - di attirare, ri-
tanto in bonam quanto in malam par- conciliare a sé tanto in senso buono
tem. rcpocra.ywydc; sono, per es ., i rap- che cattivo - l'accezione del medio
portatori, gli informatori, le spie dei rcpoO'ci-.yoµa.L che si trova in tutta la
tiranni siculi di cui parla Platone. grecità ed è usato con particolare fre-
Ma la stessa parola può indicare anche quenza (nel senso buono e positivo)
chi ferma un vincolo di amicizia, ossia dai LXX: rcpocrl]yay6µl]v ùµciç 7tpÒç
l'intermediario o addirittura il conci- ȵa.n6v, Ex. 19,4; ovç ÈÀÉç!X'"t"O È!XV""t"0
liatore (cfr. Demosth. 24 ,161 ). Perciò rcpocrl]yci.yE'"t"O 7tpÒç Écx.v""t"o\I, N um. 16 ,5
a Cristo ben conviene il titolo di 7tpocr- (cfr . ib. 16,9.10).
riywyEuç - attribuitogli effettivamen- d) Praticamente dire che Dio ' con-
te da Gregorio Nazianzeno nei suoi duce ' ossia riconcilia a sé gli uomini,

Xenoph., Cyrop. VII, 5,45; S. Paul. ad portuno' (così CREMER - KèiGEL) ai finì del-
Ephes. 2, 18; Philostr., Vit. Soph. 2, 32 ... ». l'esegesi di 1 Petr. 3,18. L'immagine del Cri-
Anche nel neogreco '!tpocra:yELV può avere sto che conduce gli uomini al Re di tutti i
questo significato giuridico. re non è affatto inconciliabile con il con-
6 Non si vede perché questo rimando cetto fondamentale del passo, che è quello
debba essere ' tanto superfluo quanto inop- della morte riconciliatrice del Cristo.
357 (1,133) ciywyi'J (K. L. Schmidt) (I,133) 358

equivale ad affermare con 1 Petr. 3,18 t 7tpocm ywyl]


che Cristo conduce gli uomini a Dio
Nel N.T. ricorre tre volte: Rom.
e li riconcilia con lui. 7tpocrciyEw può
5,2; Eph. 2,18; 3,12. Il signifìcato
essere interpretato, come abbiam visto,
della parola, almeno nelle sue linee fon-
in senso sacrifìcale, giuridico, o come
damentali, è già stato trattato alla voce
immagine tratta dal linguaggio del ce-
7tpocrciyw, dove sono stati sostanzial-
rimoniale di corte, senza che questi mente chiariti i passi relativi. Ci si
\'ari signifìcati e sfumature metafori- potrebbe chiedere se non sia il caso
che si sovrappongano malamente. Que- in questa sede di dare una risposta
sto non perché l'espressione petrina alla questione agitata già nel passa-
sia vaga o approssimativa , o perché si to 1 , se cioè 7tpocrcx.ywyl] abbia signi-
voglia arbitrariamente forzare e com- fìcato transitivo o intransitivo e se
plicare il signifìcato di per sé chiaro questo possa avere importanza ai fìni
del verbo scavalcando le indicazioni dei dell 'esegesi.
lessicografì greci, ma per la natura
Come il semplice ayE~V, il compo-
stessa del fatto che essa sintetizza. sto 7tpocrciynv con tutti i suoi derivati
Questo fatto - ossia la rappacifìca- verbali può avere valore tanto transi-
zione fra Dio e gli uomini attuatasi tivo che intransitivo. Cfr. quanto è
in Gesù - mentre è univoco visto stato detto a proposito di ò:ywyl]. In
sub specie Dei, può presentarsi invece senso transitivo ha il significato di
introduzione, presentazione; in senso
sotto mille prospettive sub specie ho-
intransitivo di accesso, ingresso.
minis. Appunto perché il verbo desi- La questione agitata nei lessici, se
gna un evento quanto mai complesso cioè il signifìcato prevalente sia il pri-
in 7tpocrciyw si può trovare tutta una mo oppure il secondo e quale dei due
gamma, anzi meglio, una scala di sensi sia il più antico, è viziata da due fatti.
Anzitutto ci si serve di argomenti sta-
metaforici e di sfumature. Quello che
tistici che per loro natura non · sono
vale per la persona di Cristo, che è assolutamente probanti. Secondariamen-
insieme soggetto e oggetto, vale anche te vi sono alcuni casi controversi che
per la sua opera che, c_ome opera del ammettono tanto il primo quanto il
Xpicr't'6ç ( 7tpocrcx.ywyEuç), è compiuta secondo significato. Uno di questi è
proprio il più antico, Hdt. II 58: 7tCX.-
tvcx. fiµiic; 7tpocrcx.ycl.yn 't'c'.;:> ikQ, che
v11yvpnc; oÈ &pcx. xa.t 7toµml.ç xa.t 7tpo-
è poi lo stesso fìne a cui tende il cra.ywycl.ç 7tpw't'o1. Atyu1t-r1.ol Eteri. ol
VEÒç 7tpocrcx.y6p.Evoc; fiµ~ç 7tpòc; Ècx.u't'ov. 1t0Ll)crciµEVOL XllÌ. mxpcl. 't'OU't'WV "EÀ-

rq:.ocrcxywyfi W. MEYER 3 (1859) e MEYER-WErss 6 (1881)


I Vedi il riferimento a Rom. 5,2 in H. A. e inoltre ZAHN, Rom.
359 (l,134) àywy1J (K. L. Schmidt) (1,134) 360

À.l}VEç µEµaihixacn. Dando alla parola grazia e a Dio Padre e l'affermare che
il significato intransitivo il senso sa- vi giunge condotto, perché, comunque
rebbe quello di ' andata, marcia solen- sia, questo giungere alla grazia e al
ne verso un sacrificio o una festa o
Padre si compie necessariamente in
una processione religiosa' ( = attico
7tpéo-oooc;); in senso intransitivo signifi- Cristo. Forse la traduzione più esat-
cherebbe il recare specialmente le vitti- ta e per noi quasi ovvia è ' accesso '.
me al sacrificio (~ npoo-ci. yw col. 351) Ma non bisogna dimenticare che que-
e quindi anche in questo caso indi- sta npocrn.ywy{i, sia essa da intendere
cherebbe un corteo processionale. In in senso transitivo o intransitivo, è
un diverso contesto la parola ricorre
in ultima analisi un'opera del Cristo.
nel passo già citato (~ col. 356). Xe-
Se traduciamo con ' accesso ', questo
noph ., Cyrop. VII 5,45: Èyw of. 1)!;1'.ouv
-roùç "'t'OLOU"'t'OUç, EL "'t'Lç ·n ɵov oÉovto, non è altro che Cristo il quale si è
DEpa7tEUELV ùµ<iç "'t'ovç ɵoùc; cplÀouç Jefinito nell'allegoria di Io . 10 la porta
OEoµÉvouç npoo-aywyfjç. Trattandosi di dell'ovile.
una udienza, qui parrebbe più adatto
Nel Thes. Steph. si legge: Grego-
il significato transitivo. Certamente in-
transitivo è il significato di npoO"aywy-fi rius Christu?n servatorem nostrum npo-
in Plut., A em. 13,3 (I 261 e): topuµE- rrn.ywyfo. Dei patris, emissarium, con -
voc; hl. xwplwv oùoaµ6DEv npoO"ayw- ciliatorem et interpretem, vocavit, allu-
y1Jv ÉXéV"'t'wv; inoltre Polyb. X 1,6: dens ad verbum 1tpocra:ywyi)c;, quo Pau-
ÉXEtVOL yà.p i}EpLVOÙç EXOV"'t'Eç opµouc; lus utitur, apud quem quidem, ut mox
xal. ~paxei:civ "'t'LVa 1tll.V"'t'EÀwç 1tpocra-
dicam , 1tpocra.ywyl}v admissionem ver-
ywynv, dove il significato è quello di:
approdo, porto. terunt; in qua interpretatione, admis-
sio passive dicetur, qua admittimur:
Nel N.T. npocraywyl} è usato in at npoO"a.ywyEvç est ille qui admittit,
senso assoluto in Eph. 3,12; nel senso et aaztum praebet. W. Sanday e A. C.
di ' accesso ad una cosa dç ·n in Headlam 2 : « .. . il concetto è quello
Rom. 5,2; e di ' accesso ad una per- di introduzione nella sala di ricevi-
sona' 7tpéç ·nva in Eph. 2,18. La mento di un monarca. La traduzione
questione lessicografica circa il signi- ' accesso ' è inadeguata, perché trascu-
ficato a) o b) è del tutto irrilevante ra il fatto che noi non entriamo per
dal punto di vista esegetico e teolo- virtù e diritto nostro, ma abbiamo bi-
gico. Sostanzialmente, infatti, non v'è sogno di chi ci introduce: Cristo ».
e non può esservi differenza tra l'affer- Al contrario A. Pallis 3 propende net-
mare che il cristiano giunge da solo alla tamente per il significato intransitivo.

2 The lnternat. Crit. Comm. ( 1895) a 3 To the Romans (1920) a.l.


Rom. 5,2.
361 (l,135) ciywv (E. Stauffer) (l,135) 362

Significativa è la sua osservazione: « È che però è benissimo conciliabile con


comune net tempi antichi e moderni l'esegesi surriferita.
assomigliare la salvezza ad un porto » K. L. ScHMIDT

à.ywv, à.ywvlsoµcxt, t àv,-, t Èn-


t xcx-rcxywvlsoµcxt, àywvlcx
( ~ ài)ÀÉw)

Questa famiglia di parole, apparte- richieste dall' à.ywv 2 • Ma nell' agone


nente alla terminologia sportiva greca, della vita morale il premio si raggiun-
nei LXX e nel N.T. è scarsamente rap- ge in ultima analisi al di là della vita
presentata e quasi soltanto negli scritti stessa. Cosl in Plut., Gen. Socr. 24
che risentono l'influsso ellenistico. (II 59 3 e) leggiamo: ot 7trnm.iµÉvoL
'tW\I 7tEpt 'tÒV ~Lo\I ctyWVW\I ot' ctpE-
à.ywv, à.ywvlsoµcxt e campasti Tf)\I lj;vxfi~ yEvéµEVOL oalp.OVEç. Non
·.' i

diverso è il significato dell'à.ywv 'tOV


A. NELL'ELLENISMO
Blov 3 di cui parla Filone e della lotta
a) à.ywv significa ongmariamente col sensus malus dalla quale, secondo
luogo di adunanza, poi luogo di lotta, il 4 di Esdra, l'uomo deve uscire vin-
stadio, ma soprattutto contesa (giuri- citore 4 • La vita umana è una lotta
dica, polemica), lotta in generale, lat. decisiva, dal cui esito dipende il nostro
certamen 1• Comune è l'uso della pa- destino eterno: Hoc est cogitamentum
rola in senso metaforico. La diatriba certaminis, quod certabit, qui super
ama accostare l'impegno necessario per terram natus est homo, ut si victus
l'esercizio della virtù e la vita morale fuerit, patiatur ... , si autem vicerit, re-
in genere allo sforzo e alle rinunce cipiet, quod dico 5 • L'immagine del-

ciywv x-r)... ocywvoç (competizione agonistica) Év Tupcp.


J. }UETHNER s. v. Gymnastik, Pauly- W. XIV 15,9: à.ywvocç (battaglie) ove; ficrocv EX"tE"tE-
2030 ss. ÀEXO'tEç. Ios. Beli. I, 426: Ti 56!;oc -rwv
E. NoRDEN, Fleckeisens Jahrb. f. klass. Phi- 'O:ì.vµ7tlocaw àywvwv.
lol. Suppl. 18 (1892) pp. 298 ss . 2 R. HEINZE, Philologus 50 (1891) pp.
L. ScHMID, Der ciywv bei Paulus (diss. non 458 ss.
stampata, Tiibingen 1921 ). 3 Som. II 145. Cfr. Ios ., Ant. XVII, 150:
F. J. DoELGER, Gladiatorenblut u. Miirtyrer- EÙO"e:~Elocç àywvlcrµoc-roc. 4 Mach. 12,15: àpE-
blut, Eine Szene der Passio Perpetuae in -rijç ciywv~cr-ra.l.
kultur- und religionsgeschichtlicher Be-
4 4 Esd. 7,92. Cfr. anche 4 Mach . 3,5:
leuchtung, Vortr. d. Bibl. Warburg III
(1924). ò )..oyto-µòç -.wv 7ta.i)wv civi:ocywvt<r-rl}ç, 15,
29: wµl}-rT]p El)vovç ... -rov Btà 0-1tÀciyxvwv
1 Hdt. IX 60: àywvoc; 7tpoxe:tµÉvov. 2 à.ywvoç à.fr:ì.ocp6pE!
Mach. 4,18: àyoµÉvov BÈ 1te:vi:oce:-rT]ptxou s 4 Esd. 7 ,127 s. Un uso analogo della
36.3 (l,1.35) ciywv (E. Stau!Ier) (I,136) 364

l' <ipe:'ti}, della sua lotta e del suo pre- applicata alla lotta eroica che il giusto
mio è svolta con perfetta evidenza in deve sostenere in questo mondo. Fi-
Sap. 4,2, dove a proposito della à:re::x:- lone, per esempio, si serve di imma-
vla. µe:'tà àpe:'tljç è detto: Èv i:Q gini agonistiche soprattutto per rap-
aiwvt cr'te:<pa:vo<popoucrn 7toµm:ue:L 't'Òv presentare la volontà ascetica e la per-
't'WV àµLcXV't'WV &llÀ.wv àywva: VL:X:l)- fezione morale raggiunta da coloro che
O'a.cra.. Dalla metafora traspare abba- praticano la virtù in grado eroico.
stanza chiaramente l'origine ellenistica Agric. 112.119: "tÒv ÉmiJuµlru; xixì, ...
di questa concezione agonistica della <iotxlac; 7tpo'te:llÉv"ta. àywva:, w iJmw.ì,
vita morale. xa.ì, àiJì..oiJhm ... ve:vLXlJXE ... oi.rroO"l
Il denominativo àywvlsoµa:i signi- ... 'O 'tolvvv 'OÀ.vµma.xòc; à.ywv µ6-
fica sostenere una lotta, una gara, una voc; &v À.Éyot'to Èvolxwc; ì.e:p6c;, oùx ov
polemica, una contesa giuridica. Plut., "ttiJfoO"i oì. 't'TJ<; 7 HÀ.w olxoune:c;, cD. -
Non passe suav. viv. sec. Epic. 28 )...' ò m:pì. :X:'ti}O"e:wc; 't'WV i}e:lwv :x:ixì.
(II 1105 c): ài)À.l}i:a.l .... &.ywvicrci- oÀ.vµnlwv wc; àÀ.l}iJwç <ipE'tWV. Etc;
µe:voi. 2 Mach. 13,14: ye:wa.lwc; <iyw- 'tOU't'OV 't'ÒV àywva. oì. ciO"iJe:vÉO""ta:'tOL
vlcra.cri)m µÉXPL lla:vct't'OV m:pì. v6µwv 6 • ... ~ crwµa:"ta., ÉppwµEVÉcr'trl.'tOL OÈ: 'ttXç
Il verbo, anche in composizione con \)lvxàc; Èyypaq>ov'tci.t nctv'te:ç. Praem.
à.V't'L-, crvv-7 presenta le stesse sfuma- Poen. 5 s.: oì. µÈv à.ilÀ.l}'ta.l ... àpe:-
ture semantiche del sostantivo ed è i:fjc; . .. ~pci.~Elwv :x:al :x:npvyµ!hwv
usato tanto in senso proprio che tra- :x:a.l 't'W\I &À.Àwv ocrci. VLXWO"LV ÒLOO't<J.L
slato: é'.wc; lla:vrhov àywvLO'a:L ne:pì. µE't'EÀ.aµ~ci.vov. oì. oÈ oùx Ò:O"'t'E<pcivw-
i:ljç <iÀ.l}lle:la.ç, :x:a.Ì. :X:UPLO<; Ò i}e:òç 7t0- 't'OL µ6vov à7tUEO"IXV <iÀ.À.ti xa.ì. TJ't't'Cl:V
À.EµTJO"EL v7tÈp O"ou, Ecclus. 4,28. È7tOVElOLCT't'OV Èvod;CX.µe:voi 't'WV ÉV 't'O~:;
yvµvi:x:o~c; ciyWO"LV &.pya:À.EW't'Épa.v· hd
b) Fin qui si tratta di applicazioni
µÈv yap <iilÀ.l]'t'WV O"WµO:.'ta. xÀ.lVE'tfJ.L
isolate e occasionali del concetto e
... Èv'ta.uila. oÈ OÀ.OL Bloi 7tl1t't'OVO"LV ...
della metafora agonistici; ma vi sono
larghe parti della letteratura ellenistico- A questa immaginosa descrizione del-
giudaica in cui tutta la terminologia la virtù eroica fa riscontro nel 4 libro
sportiva greca viene sistematicamente dei Maccabei il paragone tra le gare

parola in senso interiore e spirituale si trova figgere, abbattere, Ios., Ant. XVI, 8. bm-
in 4 Mach. 13,15: µÉycxc; yàp IJiuxlic; àywv ywvlçoµaL = riprendere la lotta, combattere
xcxi xMìuvoc; Év cxlwvlcp ~cxcrO:vcp xElµEvoc; (per qualcuno o contro qualcuno), Plut.,
"t'oi:c; 'ltct.pcx~ii.crw 'tlJ'll tv'toÀi}v 'tov ih:oii. Cim. 1.3 (I p. 486 e). Comm. Not. 31 (II
6 Cfr. Test. Ios. 2,2; Ios., Ant. VII, 14 p. 1075 d). cruvcxywvlsop.ct.L = combattere
e passim. insieme, aiutare con tutte le forze, Test. A.
1 'Av-rayw'\llçoµm = affrontare in batta- 6, 2.
glia, Ios., Ap. I, 56. xcx-.cxywvl!;oµm = scon-
365 (1 ,136) à:ywv (E. Staulfer) (l,136) 366

atletiche e la passione dei martiri, pa- tù e il tipo giudaico del martire che
ragone che in questo caso doveva pre- lotta fino al sacrificio supremo sem-
sentarsi naturale, in quanto la tortura brano riuniti nel campione di Dio,
e l'uccisione dei martiri avvenivano Giobbe, quale ci è descritto nel Testa-
spesso negli stessi luoghi e davanti allo mentum I obi 12 • Con la sua Ù7toµovTi
stesso pubblico dei yuµvtxoL à.ywvEç8 . e iiaxpoi}vµla egli tiene virilmente
Nasce di qui una compenetrazione del- testa - come un pugile - a tutte le
l'immagine e della realtà: w
i.EponpE- i}À.l~w; che si abbattono su di lui:
novç à.ywvoç grida il torturato E:q/èìv wç cii} À. "fJ1:TJc:; TIVX'tEVWV xa~ :X.et.p'tEpWV
&tà. TTJV EÙcrÉBnav dc; yvµvmrlav 7t6- 7t6vovc:; xa.L È.xòe::x6µEvoç -ròv cnÉqmvov
9
%lV ... xÀ. T)Mv·n:ç oùx Èvtx-fii}TJµEv ; in (Test. lob. 4). Ma l'avversario che egli
17 ,lOss., poi,, l'immagine agonistica è vuole abbattere non è soltanto il sensus
svolta in tutta la sua portata: E:ì;Eol- malus o la Émi}vp,la, e nemmeno un
XT)crav -rò yÉvcç dc; i}Eòv à.q>opwv-rEç empio 'tupa.vvoç , ma lo stesso Satana,
xaL µÉXPL i}av6.-rou -rà.ç Sacrcivovc:; \mo- che alla fine deve cedere all 'indoma-
µElvav-rEc:;. à.À.TJi}wç yà.p Tjv à.ywv i}Ei:oc:; bile campione di Dio e confessare:
ò &t' aù-rwv YEYEVT)µÉvoç- 1}i}À.oi}hn ÈyÉvov yàp èìv -rp67tov cii}À.T)'tlJc:; µE'tà
1
yà.p "t"O"t"E cipE"t"'lÌ OL unoµovfjç OOXLµci- à.i}À. T)'tOu xaL dc:; 'tÒV itva xa-rÉppa.-
, 'I , f2 t
sovcra. "t"Ò vi:xoc:; àq>i}apcrla Èv swfl c.,ClV ... xaL' O"U,
t: ,
w~, V7tOXC1."rW T)<; :x.aL
'1" ,

TioÀ.vxpovl~. 'EÀ.Ecisap òE: 7tpom·wvl- ÉV 1tÀ.TJYTI· à..U.' È.vlxT)craç -rà -rtÀ.EV-


SE-co, Ti ÒÈ µ1)-cT)p ... È.v-fii}À.EL, ot ÒÈ -rpt:x.ci (sic! AL: mùatcr-rpt:x.ci) r.tov
à.ÒEÀ.q>oL 1)ywvlsov-ro· ò -.upavvoç à.v- fl È1tT)yay6v O"OL (Test. lob. 27). È
'tT)ywvlsno· Ò ÒÈ xocrµoç ... rnc:wpEL. evidente che gli scritti di questo gene-
itEocrÉBEta ÒÈ Évlxa 10 , -roùç fo.u-rl}c:; re hanno largamente influito sull'uso
à.i}À. T)'t<Ì.ç O""t"E<j)a\IOUO"a. -rlvc:ç OÙX E:i}au- e sull'accezione di à.ywv e derivati nel
µacrav ... aù-cwv ... -rl}v \moµov1'Jv, primo cristianesimo.
ot' fiv xaì, -ci{) i}fl~ vvv 7tapc:cr-rT)xa-
O"L V i}poV~ 11 • B. à.ywv, à.ywvlsoµm NEL N.T.

Il tipo ellenistico dell'eroe della vir- Il motivo della lotta che incombe

8 Leggiamo così in 3 Mach . che i martiri 6,10.


aspettano il loro destino f.v 't~ 1tpÒ 'tTl<; 11 OLCÌ. TTjaoE -tTjc; xaxo-rtci~Elac; xat v1tO-
7toÀ.Ewc; bmoop6µ~, che sembrava partico- µovTjc; 'tcX 't'Tjç <ipE't'Tjç éi~Àa ot<roµEv, xaL
larmente adatto 1tpòç 1tC1paoEtyµ1n~<rµ6v (3 È<roµEl}a 7tapci ~E~, oL' ov xat miaxoµEv,
Mach. 4,11). E di un ginnasio in Gerusa- 9,8. IJ'ÙV "TI <iDJ..oq>6pcp µT)'tpt Etc; 'ltCl't'Épwv
lemme parla 1 Mach. 1,14; cfr 2 Mach. 4, xopòv O'VV!l.yEÀ.cisov't'ClL, 18,23 . Per l'idea dei
12 ss .; 4 Mach. 4,20 e passim. ~ n. 18. martiri che fanno corona al trono di Dio
9 11,20; cfr. 16,16. v. anche b. Pes. 50 a; Ecclus. r. 3 in 9,10.
10 xaiM.1tEP 'YEWafoc; à.~ÀT]'t'TJ<; 'tU1t'tO- 12 M. R. }AMES, Apocrypha anecdota II,
µEvoç Évlxa 'toùc; ~a<ravlsoV'taç ò yÉpwv, Texts and Studies V 1 (1899), p. 106; 120.
367 (I,137) ò.ywv (E. Stauffer) (I,137) 368

su questa terra a coloro che vogliono alla meta; Col. 1,29: tva 7tap(f..-
rimaner fedeli a Dio acquista natu- cr"t'i)crwµi::v miv"t'a cJ.vi)pw1tov "t'ÉÀ.Etov
ralmente un diverso e più alto valore Èv Xptcr"t'@· dç o xaì. xomw à.yc"vt-
sotto il segno della croce. È indicativo s6µi::voc; Xtx"t'cX "t'TJV ÈVÉpyi::taV m'.J"t'ou
al riguardo il fatto, non certo casuale, "t'YJV ÈVEpyouµÉV"r}V ÈV ȵoÌ. ÈV OuvciµEt.
che sia stato proprio Paolo con il suo In questo agone missionario consiste
autorevole esempio a diffondere l'uso tutta l'esistenza dell'Apostolo, e rag-
della metafora agonistica 13 . Con que- giungere in esso la vittoria finale equi-
sta la prima letteratura cristiana espri- vale per lui a dare un senso e un
me sostanzialmente cinque concetti . valore alla vita. Perciò le lettere pa-
storali bene esprimono il pensiero di
a) L 'idea fondamentale è sempre
Paolo quando dicono: "tÒv X(f..À.Òv à:.yw-
quella di una meta che può esser rag-
va. lJ'(WVtcrµat, "t'Ò\I Opoµov "t'E"t'ÉÀ.EXa.
giunta solo attraverso la massima con- 15
••• ... À.ot1tÒV Ò:.1toxEvta.l µot ò TDc;
centrazione di tutte le energie. Lo
otxa.tocruvl)ç O""t'Écpa.voc; (2 Tim. 4,7 s.).
stesso Gesù, in Le. 13,24, contrap-
Ora la stessa battaglia, la stessa corsa
pone al vano SIJ"t'EL\I l' ò:ywvlswilE
verso il traguardo finale dev'essere
Ei.crEÀ~Ei:v, la lotta per il regno dei
l'impegno del discepolo e successore
cieli che non ammette rilassamenti e
dell'Apostolo: ò:ywvlsou "t'Òv xa.À.òv
indecisioni né alcun risparmio di forze.
ciywva. ·di.:; 7tlcr'tEwc;, ÈmÀa.~ou "t'ijç
Soltanto i violenti possono entrare nel
(f..LWVLOV swi\c;, dç f]v ÈxÀ. l}ì}l)c; xaì.
regno (cfr. Le. 16,16). Perciò Paolo
wµoÀ.6yl)O"aç 'tTJV xa.À.'Ì)V Òµo.À.oy(a.\I
ama far seguire à:ywvlsEcriJcn e verbi
Èvwmov 16 7toÀ.À.wv µ(f..p"tupwv (1 Tim.
affini da un ~ dç e soprattutto da
6,12). Anche da queste poche cita-
~ i'.vtx. Egli concepisce la sua predi-
zioni balza evidehte come nei tardi
cazione del vangelo come qualcosa di
scritti paolini, più ancora che in quel-
più dell'assolvimento diligente di un
li anteriori, si avverta l'influsso delle
dovere quotidiano, come un ò:ywv
concezioni e dei modi espressivi elle-
(1 Thess. 2,2), uno sforzo tenace 14, una
nis tico-gi udaic i.
lotta appassionata e sofferta, una con-
centrazione sempre nuova di energie b) L' à.ywv della vita cnst1ana ri-
per un sempre maggiore avvicinamento chiede, come ogni competizione, non

13 A prescindere da Le. 13,24 e lo. 18,36, Fathers II 2 (1889) p. 351 a proposito di


l'uso di ciywv e derivati nel N.T. è limitato lgn., Po!. 6.
alle lettere paoline. 1s Cfr. Marcus Diaconus, Vita Porphyrii
14 'ltovoc;, cfr. 1 Clem. 5,4; Mac., Homil. p. 82,12: 'TÒV XCXÀÒV a:yw\lct 'TE'TEÀEXWç.
XV 224 b. Di uso più frequente sono x6'ltoç 16 Cfr. 4 Mach. 12,16; 17,14.
e xomw. Cfr. J. B. LIGHTFOOT, The Ap.
369 (1 ,137) ciywv (E. Stauffer ) (I,138 ) 370

soltanto il massimo impiego di tuttè dell'avversario contro il quale il giu-


le energie, ma anche durissime rinunce : sto combatte la sua lotta, nel N.T.
miç ... ò ciywvtsoµEvoç 7tav·rn. Èyxpcx.- essa ha invece scarso rilievo. Phil. 1,28
·mkw.L, ÈxEi:voL µÈv oùv i'.va <ptrap-ròv parla degli àv-rLxdµEvoL; Heb . 12,3 s.
O''rE<pavov À.aBwO'LV, ·hµEi:ç OÈ a<plr<Xp-rov di àv-rLÀ.oyla e àV"tCX."(WVLSECilrCX.L; in
( 1 Cor. 9 ,25 ). La fase conclusiva di He b. 11,33 leggiamo che gli eroi della
questa gara è così ardua , che tutte le fed e xa-r-riywvlo-a.v-ro Ba.crLÀ.Elo:ç -
forze devono essere risparmiate, rac- espressione che richiama evidentemente
colte, concentrate in vi sta di essa, e il libro dei Maccabei, con la differenza
di fronte alla meta final e incomparabil- però che essa non allude a una gara
mente gloriosa scompaiono tutte le al- disputata nell'arena, ma a un combat-
tre mete non definitive; perciò nulla timento sul campo di battaglia (~ col.
raggiunge colui per il quale il BPaBEi:ov 361, n . 1). Nel concetto di ciywvlsEcrÌÌat
non è tutto . Chi non sa liberarsi dai è comunque implicita l'idea delle op-
bisogni, dagli appetiti, dalle pretese e posizioni, dei pericoli e delle catastrofi
dalle remore del suo io non è adatto che il cristiano deve vittoriosamente
all'arena : U7tWmasw µov -rò crwµa xa.l superare. Infatti l'opera missionaria che
oovÀa.ywyw µ'fi 7tWç ... ciooxLµoç "(E- Paolo in 1 Thess . 2,2 definisce àywv
vwµat (1 Cor. 9,27). Non è questa è minacciata da infiniti pericoli e agi-
l'ascesi del monaco che calpesta il tata da lotte interiori ed esteriori:
corpo, ma la disciplina virile del lot- e1;wDtv µaxm, fowfrEv <poBoL, 2 Cor.
tatore che lo domina. L'esortazione 7 ,5. E quando essa ha acceso nelle
vi}<pE Èv 7téfotv (2 Tim . 4,5) e l'altra anime la fede, raggiungendo così il suo
yuµvasE ... O'Eav-ròv 7tpòç EÙcrÉBna.v· scopo immediato, non per questo cessa
fi yàp o-wµa-rtxi} yuµvarrla 7tpÒç òÀ.l- la lotta, perché allora bisogna bmyw-
yov fo·dv w<pÉÀ.tµoç, mirano entrambe vlsEcrtraL -rii &7ta.1; 7tapa.ooi}Elo-n "toi:ç
al fine supremo: dç -rou-co yap xomw- à.yloLç 1tLO''rEL (I udae 3 ).
µE\I xa.t ciywvts6µd}a, o'tL fiÀ.7tlxa-
d) Il supremo ciywv, la prova più
µEv È7tÌ. trEQ swv"tL (1Tim . 4,7ss.).
dura che incombe al credente su que-
Questo non è contemptus mundi, ma
sta terra, sono le sofferenze e infìne
soltanto una coerente applicazione del
il martirio. È questo un concetto clas-
principio della gerarchia dei beni, per
sico del giudaismo che incide potente-
cui un bene maggiore deve prevalere
mente sul primitivo pensiero cristiano
su un bene minore e può esigere la
all'epoca delle lettere pastorali e di
rinuncia ad esso.
quella agli Ebrei . 'Eyw yàp fion CT7tÉV-
e) Mentre nel IV dei Maccabei cam- ooµaL, dice il Paolo delle lettere pa-
peggia, come abbiamo visto , la figura storali parlando della sua vita missio-
371 (l ,138) 6.ywv (E. Stauffer) (l,139) 372

naria protesa verso la gloria ultrater- tanto la sua salvezza individuale, ma,
rena (2 Tim. 4 ,6; dr. Phil. 2,17), e a in ultima analisi, quella degli altri.
Timoteo egli raccomanda: xa.xomifr11- Questo concetto, sconosciuto alle let-
G'OV n, OLWXE V7tOµOVY}V, -n;pet.i.i1ta.frla.v. tere tardive del N.T., si annuncia già
cX.ywvlsou ... (1 Tim. 6,11 s.). L'idea in 4 Mach . 17,21s. e viene poi svolto
del martirio ritorna con particolare in- da Paolo in tutta la sua portata. Per
sistenza in H eb. 1 O ss.: nel richiamo l'Apostolo, infatti, lo scopo della sua
alle i}µÉpm, Év cdc; q>W"tWfrÉv-re:c; noÀ- vita consiste nell'impiegare e sacrificare
ÀTjv èliJÀ l)G'LV Ù7tEµElva.•E na.i111µchwv tutto se stesso per la salvezza del po-
... Ò\IELOLOlWLc; •E xa.~ lJÀly;EG'LV ilm- polo di Dio (Col. 1,29 ). Questo atteg-
7tpL~Òµt:\IOL (1 O,32s. )18 nella rievocazio- giamento si riflette nell'uso non solo
ne dei grandi martiri del passato ( 11 )19 , della particella l'.va, ma anche in quel-
nell'esortazione a sopportare ogni sof- lo, frequentissimo, della preposizione
ferenza seguendo l'esempio del Cristo -+ ÙitÉp con il verbo ò..ywv~sEcri}a.L.
(12,1 ss.). In questi passi, come in Egli combatte incessantemente per le
4 Mach. 17, si susseguono le immagini sue chiese: i}Àlxov àywva itxw ÙTIÈp
sportive: EXOV1:Eç . .. vÉcpoc; µet.p'tupwv ùµwv, l'.va (Col. 2,1 ss.). E se il singolo
.. . 'tpÉxwµEv 1:-Ò\I 7tpoxe:lµe:vov i)µ~v cristiano - in questo caso Paolo -
ò..ywva. cX.cpopwv-re:c; ... E qui ancora combatte incessantemente la sua bat-
una volta viene drasticamente ribadito taglia ( miv'to"te: ò:ywvLs6µE\loc;, Col.
il concetto dell' Ò:V't'LÀoyla degli àµap- 4,12 s.) per i fratelli con l'attività mis-
-rwÀ.ol: ov-n;w µÉXPL<; atµa:toc; Ò..V'tt- sionaria e la preghiera, i fratelli, a
X<J.'tÉG'1:1l"tE -n;pòc; -rnv àµap1:LCt.V tÌ.V'tCt.- loro volta, hanno il dovere di schie-
')'WVLSÒµEVOL 2Q. rarsi intorno a lui per sostenerlo come
e) Il fine altissimo per cui il cri- fedeli compagni di lotta. L' ò..ywvlse:-
stiano lotta, lavora e soffre non è sol- O"i}a.L si allarga allora in un O"uva.yw-

11 2 Tim. 4,5; cfr. 2,3 ss.: avyxa.xo7ta.th'.i:v Inoltre 7ta.pa.onyµa.-rl!;w in Heb. 6,6 e 'lttl.-
è usato in parallelo con ciitÀ.ELV e xa.xomi- pa.oELyµa.'t'L<rµ6ç in 3 Mach. 4,11; 7,14 ~
itEi:v e inoltre 4 Mach. 9,8: oLà ... xa.xomx- n. 8.
ltEla.ç xal. Ù7toµovijç. 19 Cfr. 1 Mach. 2,49 ss.; 2 Mach. 15,9;
18 Cfr. 1 Cor. 4,9: itEòç 1Jµiiç ... ci'ltÉoEL- 4 Mach . 16,16 ss. e passim.
~Ev Wç Èmita.VIX't'LOVç, o·n itÉa.'t'pov ÉyEvTJ- 20 Per il concetto espresso in 12,2: à.v't'I.
ih]µEV 't'<i) x6crµ~ xa.1. ciyyÉÀ.oLç xal. <iv- "t'Tjç 1tPOXELµÉVT)c; a.Ù't'ctJ xa.pciç imɵEWEV
ltpw7toLç, e il commento del LIETZMANN. CT't'a.vp6v cfr. 11,26.35; 4 Mach. 15,2 s.: ovEi:v
4Mach. 17,14: ò oÉ x6uµoç xa.1. ò 't'WV 1tpoxnµÉvwv, EÙO"E~Ela.ç xa.1. ... CTW't'TJplaç
civltpw7twv j3loç ÈitEwpEL, l'iscrizione di Ge- 7tpocrxa.lpou ... -rfiv EÙCTÉj3na.v µaÀÀ.ov 'Ì)y<i-
rasa in H. ]. CADBURY, Z.N.W. 29 (1930) 'ltTJO"E, e Aug. op. cit. 13,4. Per ÉV od;,lq.
p. 61: à;ywvL!;6µEVOL ... xal. ... ltEC1.'t'pl!;ov't'Eç. ... 'tOV 1'p6vov 't'OV 1'Eov cfr. 4 Mach. 17 ,17 s.;
ÉV ayWVL ... itEwplq.. Il motivo del theatrum ~ n. 11.
e dello spectaculum in Aug., Civ. D. 14,9.
373 (I,139) à:yw'V (E. Stauffer) (I,139) 374

\llsEcri}tu ( ~ crvv): 7ta.pa.xa.Àw òE: battaglia, i'J"t'Lç È<T"t'i.v mhoi:c; (per gli
-'.Jµiiç ... crvva ywvlcra.cri}a.l µoL Èv -ra.i:ç avversari) ì:'.vÒELSL<; à.7twÀEla.c;, ùµw\I ÒÈ
;cpocrEUxa.i:ç Ù7tÈp ȵov ... ì'.va. pvcrN~> crw-rl)pla.c;. Ma questa lotta del cristia-
à.7tò "t'W\I à.7tni)ov\l"t'WV (Rom. 15,30) 21 • no consiste soprattutto nel soffrire e
La preghiera: ecco l'arma del cristiano. il soffrire a sua volta ha senso soltanto
Nella preghiera si incontrano la vo- come sacrificio: éhL ùµi: v f.xa.plcri}11 -rò
lontà di Dio e quella dell'uomo, l'an- Ù7tÈp XpLO'"t'OV ... 7tCiO'XEL\I 'tÒV <XV'tÒV
sito umr.no e l'onnipotenza divina. Non a:ywva. EXOV'!Eç Olo\I ELÒE"t'E ÈV Èp.ol.
solo, ma nella preghiera si realizza ef- Possiamo perciò concludere che Paolo,
fettivamente e compiutamente la co- mentre riprende dai teologi giudaicì
munione di lotta e di destino fra gli del martirio l'immagine dell' à.ywv, a
uomini. Nella preghiera il singolo può differenza di quelli non esprime con
farsi ·intercessore per i molti; può star essa i tormenti sofferti pubblicamente
sulla breccia a favore di tutti, men- dai martiri per amor di Dio, ma rap-
tre tutti possono combattere per lui. presenta la vita stessa del cristiano, che
Mentre in Col. 4 e Rom. 15 si par- è sofferenza e lotta perché radicata
la della comunione nella stessa batta- nella croce e protesa verso il trionfo
glia di tutti gli oranti, in Phil. 1,27 ss. di essa.
Paolo afferma invece l'unità dei cre-
denti nello spirito: cr-ri)xE-rE Èv É\IÌ. C. à.ywv, ò:ywvlsoµa.L NELLA CHIESA
7tVEvµa.-rL. E qui confluiscono tutti i PRIMITIVA
concetti espressi altrove isolatamente
La Chiesa primitiva ha ripreso con
e separatamente con l'immagine del-
bruciante partecipazione l'immagine del
1' ciywv: bisogna essere intimamente cristiano combattente e vittorioso, tra-
uniti µlq. l]Jvxn cruva.l}À.ov\l·m; •i'\ 7tl- sformandola e variandola inces~•mte­
cr-re:L -rov e:va.yye:À.lov. L'evangelo è si- mente. Il concetto e la terminologia di
nonimo di lotta e segno di contraddi- Paolo sono rir:rodotti fedelmente in
zione ( cfr. Le. 2 ,34 ). Bisogna tener 1 Clem.; così in 35,4 è prospettato il
testa all'avversario, µl] 7t-rvp6µe:\lor. È\I fine della battaglia: ciyW\ILcrwµe:fra. ...
o7twc; µE-ra.À.ci~wµEv 22 • In 7, 1 s. si ac-
µT]OE\ll Ù1tÒ 't'W\I civ-rLXELµÈvw\I. Coloro
cenna in questi termini alla necessaria
che hanno combattuto impavidamente rinuncia: È\I y!Xp "t'Y a.ù't'Q ÈcrµÈv crxciµ-
vedono ormai avvicinarsi la vittoria fi- µa.'t't ( ! ) xa.ì. ò a.v't'òc; Tjµi:\I ciywv È7tl-
nale e raccolgono le forze per l'ultima xn't'a.t. OLÒ 1i1t0Àl7twµEv ... mentre in

21 In Io. 18,36 s. i)ywvll'.,ov-ro tva µ"Ì) 1ttt- -rrvO"wµEl)a ... µE-rei. 'ltao°'nç, Éx-rEvElaç,. Allo
pa8oi>w (cfr. Mt. 26,52 s.) si allude invece stesso modo in 2 Tim. 2,3 a1'ÀE~'\I è usato
ad una lotta armata. in parallelo con O''TP<X'TEUE0'1'at.
22 Cfr. in 37,1 l'espressione analoga rnprx.-
375 (I,140) ciywv (E. Stauffer) (l,140) 376

2 ,4 ritorna il concetto dell'intercessione bisogna continuare il suo à.ywv. Chi


della preghiera: à.ywv Tjv ùµi:v fjµÉpcx.c; supera questa prova sconfigge lo stesso
't"E xcx.t vvx.. òc; Ù7tÈ.p 7tcX.crnc; .. Tic; à.0EÀ- Satana: ÒLÒ. 't"ijç Ù7toµovijc; xcncx.ywvL-
cp6 ..11.. oc; El.e; 't"Ò cr0swfrcu ... Barnaba crciµEvoc; 't"OV èi.OLXOV apxov't"cx. xcx.t ov-
conclude il suo messaggio apocalittico -rwc; -ròv -rijc; à.cpitcx.pcrlcx.c; cr-rÉcpcx.vov
dell' èX.voµoc; xcx.Lp6c; e dell'ultimo assal- choÀcx.Bwv 25 • Tutta la terminologia tec-
to delle tenebre col grido di guerra: nica dello stadio viene applicata me-
&:ywvLswµEÌJcx.! (4,11). L'ampio quadro taforicamente alla passione e al trionfo
tracciato in 2 Clem. 7 dell'à.ywv nello del martire e si ritrova tale e quale
cr't"ciOLov e dell' &:ywvlsEcritcx.L per la giu- nel martirologio latino. Ed è proprio
stizia segue dapprima la fal sariga della un latino lo scrittore che meglio di
diatriba ellenistica, ma sfocia poi in ogni altro ci attesta l'importanza e la
una minaccia apocalittica. Soprattutto, diffusione della metafora agonistica nel-
secondo una concezione più tardiva, la primitiva letteratura cristiana (Tert.,
la milizia del cristiano è particolarmen- Ad Mart . 3 ): Bonu m agonem subituri
te gloriosa e meritoria quando riveste estis, in quo agonethetes Deus vivus
forme ascetiche 23 • Ma la prova deci- est... brabium angelicae substantiae ...
siva è pur sempre il martirio, non fo s- I taque e pistates vester Christus I esus,
s'altro per il fatto che il martire non qui vos spiritu unxit et ad hoc scam-
raggiunge soltanto la felicità propria, ma produxit, voluit vos ante diem ago-
come l'asceta chiuso nella ricerca della nis ad duriorem tractationem a liberio-
perfezione individuale, ma attesta vi- re conditione seponere. Nempe enim
sibilmente il trionfo della Chiesa su et athletae segregantur ad strictiorem
tutte le potenze maligne. La primitiva disciplinam, ut robori aedificando va-
Chiesa dei martiri ha portato rapida- cent; continentur a luxuria ... ; cogun-
mente alle loro estreme e radicali con- tur, cruciantur, fatigantur: quanto plus
clusioni gli spunti martiriologici offerti in exercitationibus laboraverint, tanto
dalla letteratura ellenistico-giudaica e plus de victoria sperant. .. Carcerem
ripresi nel N.T., soprattutto dall r let- nobis pro palaestra interpretemur, ut
tera agli Ebrei. L'immagine dell'atleta ad stadium tribunalis bene exercitati
vittorioso, con tutte le sue caratteri- incommodis omnibus producamur.
stiche, viene assunta come simbolo del
martire di Cristo. Cristo stesso viene
à.ywvlr.x.
celebrato come il grande à.ìì Àl)'t"{Jç e
martire che ha affrontato il cimento Anche questa parola si trova usata
supremo per noi: ò Etc; 7toÀÀoùc; à.yw- nel senso di lotta, ma il suo significato
''
vcx.c; vrcEP ·-'
11µwv 'I"
cx.ywvL-,oµEvoc; 24Q. ra originario è agitazione interiore, preoc-

23 cicrxrrnxoùc; a:ywv11c; Theod. Stud., 25 Mart. Poi., 19,2, cfr. Pass. S. Scilit.
Enc. Theoph., Anal. Boll. 31 (1912) 22,9 p. 117,18; Pass. Perp. et Fel. 18,2; Act.
( ~ ci1'H. ~:i:v). Thom . 39; Test . 40 Mart. 1,1; 1,5; Aug.,
24 Act. Thom. 39 cfr. anche Act. Pt. et De Agone Christiano, MPL XL coli. 289 ss.
Pl. 5,84 p. 218,11.
377 (I,141) 'Aoar1 (J. Jercmias) (l,141) 378

cupazione, mentre rn senso stretto de- In questo senso va intesa &.ywvla


signa la tensione parossistica delle anche in Le. 22,44: yE\16p.Evoç Év &.yw-
energie nell'imminenza di un evento vlq. ÈX'tE\IÉcr'tEPOV 1tpOO"TJIJXE-CO' ossia
decisivo o di una catastrofe ! . qi60oc, non come la paura della morte, ma
1t'tWCTEWç lì fj-c'tl)C, È.7t1. 'tOV dc, àywvrx
come ansia per il superament.o della
µÉÀÀov-coç à.mÉva.L 2 • Analoga è l'ac-
cezione della parola in 2 Mach. 15,19 prova imminente da cui dipende il de-
( ijv ... &.ywvlrx w.pamroµÉvoLc, -cf]c, Èv stino del mondo. Non è perciò il caso
u7ta.Ulp~ 7tpoa-0oÀ f)c;) e nella potente di citare a riscontro la EÙÀa(3na. di
descrizione di 3,14 ss.: -~v oÈ ov µLxpà Heb. 5,7, ma piuttosto le parole stesse
x,a,{)' oÀ TJV -CTJV 1tOhV ayWVLCt. ... TJ
di Gesi:1 in Le. 12 ,49 s.: nvp l)ÀiJov
yÒ.p o\.(iLC, ÉVÉqJCHVE -CTJ'J xa.-cà t);VXTJV
(3a.ÀE~v bd -c·~v yf]v, xa.L -cl fl'D.. w
aywvlrxv ... ( oÉoç, aÀyoc,) ... ÈÀ.EdV
o'ijv -cT]v -coi:i 1tÀ:f1i)ouc, 1ta.µµqi') 7tP01t- El fiòTI civ1jqil)'Y). (3ti7t-cLC1[.ta. oÉ EXW
-cwaw Tf]v -cc: -rov µEytiÀwç oLa.yw- (3a.n-rw1'f)va.L xrxL m:ic, cruvÉxop,rxL Ewç
VLwv-coç ' Ò.PXLEpÉ0.>ç 7tpoa-ooxla.v 4 • 0-COU -CE Àf'.crfrfJ.
E. STAUFFER

'AMµ ( ~ vtòç -cou &.vDpwnov)

A. NEL PRIMO CRISTIANESIMO che nella Chiesa la donna sia subordi-


nata all'uomo, perché, secondo la te-
stimonianza della Scrittura, a) l'uomo
1. Adamo come primo uomo
fu creato prima della donna (2,13) 1 ,
Nel N.T. Adamo ('iidiim) è menzio- b) fu Eva e non Adamo a lasciarsi
nato come il primo uomo in 1 Tim. sedurre (2,14) 2, nel che è contenuta
2, 13-14, ossia in quella parte della forse un'allusione alla leggenda della
lettera che stabilisce l'ordinamento del- seduzione sensuale di Eva da parte
la comunità e del culto. L'autore vuole del serpente 3• L'ordine stabilito da

àywvla. 'AMµ.
I Di qui viene il significato corrente di B. MuRMELSTEIN, Adam, ein Beitrag zur
agonia'. Messiaslehre: W. Z. K. M. XXXV (1928)
2 Lex. Rhet. Pros. p. 663. Molto vicine pp. 242-275; XXXVI (1929) pp. 51-86.
sono le definizioni di Aristot., Probl. II 21 LIETZMANN, 1 Kor. , excursus a 1 Cor. 15,
p. 869 b 6 s. ( q>6~oç 'ttç Tipòç àpxT)v ~pyou) 45-49.
e Diog. L., VII 1,13 (q>6~oç ào1}À.ou Tipày- STRACK - BrLLERBECK, lndcx, s . v. Adam.
µa."toç). Cfr. inoltre Aristot., Rhet. I 9 I Cfr. S. Deut. 37 a 11,10: «Tutto ciò
p. 1367 a 15; Suidas, s.v. q>6~oç; Etym. M. che è prezioso viene prima dell'altro ».
p. 15,46. 2 Cfr. Hen. slav. Bonwetsch 31,6: «Egli
3 A legge àywvtwv'toç. àywvtaw ' preoc- (il diavolo) sedusse Eva, mentre non si avvi-
cuparsi di qualcosa' v. PAssow, s.v. cinò ad Adamo ».
4 Cfr. anche Ios., Ant. XI, 241.326. Philo, 3 Gen. r. 18 a 3,1 e passim; dr. 4 Mach.
Leg. Gai. 243. 18,7-8; Philo, Leg. Al!. III 59 ss .; B. MUR-
379 (I,142) 'AOciµ (J. Jeremias) (I ,142) 380

Dio nella creazione dev'essere rispet- Adamo. Potrebbe confermarlo il fatto


tato anche nella comunità cristiana che, sempre in Luca (4,1 ss.) alla genea-
(cfr. Mc. 10,6). gia fa seguito immediatamente la storia
della tentazione. È certo che Luca di-
'
2. La tipologia neotestamentaria scepolo di Paolo, conosceva l'antitesi
Adamo-Cristo. Adamo-Cristo tipica del maestro.

Adamo è presentato come l' antitipo In Paolo l'antitesi tipologica Ada-


mo-Cristo è rivolta a confermare a) la
di Cristo in Mc. 1,13; Rom. 5,12-21;
universalità della grazia, Rom. 5,12 -21:
1 Cor. 15 ,22.45-49. Il senso del rac-
Adamo , al quale l'umanità deve il pec-
conto delle tentazioni in Mc. 1, 13 è
cato e la morte, è 'tt11toç -rov µ0.. Àov-
che Gesù, come capostipite di una nuo-
'tOç (5,14), delh:[ç éJ.vlJpwnoç 'Il)crovç
va umanità (~ vtòç -rov cX.vl)pw7tov ), ha
XpLO"'toç (5,15) che ha dato all'umanità
superato la prova alla quale invece è
caduto il primo uomo. Come Adamo grazia e vita; b) che tutti ri so rgera nno
1 Cor. 15 ,22: W0"7tEp yàp Èv -.Q
fu tentato, così anche Gesù è tentato
'At-'
oaµ 7 m:tV'tEç
, , .S\. ,
anouvncrxovcrw, "
ov-.wç
da Satana. Come Adamo, secondo il
xcd. Èv -.c:;:i XpLcr-.Q 7teXV'tEç swo7toL l)-
Midrash , era adorato nell 'Eden dagli
iJl]crov-mL; e) che i corpi risorti sa-
animali 4, così Gesù dopo aver supe-
ranno ' celesti ', ossia gloriosi e incor-
rato vittoriosamente la tentazione è
ruttibili 1 Cor. 15,44b-49: xa.lJwç Ècpo-
in compagnia delle « bestie selvagge »
- preludio del paradiso messianico in pfoaµe:v 't'lÌV EÌ.XO\l<l. 'tOV XOLXOV, cpo-
cui regnerà la pace tra l'uomo e le pfowµEV xaì. -.liv EÌ.x6va -rou È7tovpa-
vlov (1 Cor. 15,49).
fiere (ls. 11,6-8; 65,25) 5• Come gli
angeli, sempre secondo il Midrash, por- Per convalidare quest'ultima certez-
gevano il cibo ad Adamo nell'Eden 6, za cristiana, che cinè con la resurre-
così essi recano ora il cibo celeste al- zione i credenti lasceranno l'immagine
l'uomo nuovo . Gesù riapre le porte di Adamo (ossia il corpo materiale e
di quel paradiso che il primo uomo mortale) per assumere quella di Cri-
si è giocato. Questo accostamento ti- sto (ossia il corpo 'pneumatico'), Pao-
pologico fra Adamo e Cristo è forse lo ricorre a un passo della Scrittura
implicito anche nella genealogia di Gesù e precisamente al testo dei LXX di
data da Le. 3,38, che, diversamente Gen. 2 ,7: ÉyÉVE'tO ò éJ.viJpw1toç EÌ.ç
da quella di Mt . 1,1-17, risale fino ad ~vxliv swcrcx.v, che egli parafrasa nel·

MELSTEIN, op. cit. p. 248 n. 4. 6 b. Sanh . 59h par., Vit. Ad. 4.


4 Apoc Mos. 16. 7 Èv i:c{j 'AM.µ probabilmente non è altro
5 STRACK - BrLLERBECK II I p. 254; IV che un 'espressione costruita su analogia di
pp. 892, 964 s. Èv i:<{) XpLrn0.
381 (I,142) 'AMµ (J. Jeremias) (I,142) 382

lo stile targumico aggiungendovi 7tpw- dopo essere stati 'immagine dell'[Ada-


-roç e 'Aoaµ: ÉyÉVE"tO Ò 7tpW"tOç av-
1
mo] terrestre saranno trasformati nel-
i}pw7toç 'Aòൠdç !J;vxl)v swcrav. In- 1' 'immagine dell' [Adamo] celeste ' ( 1
terpretando il testo biblico così am- Cor. 15,49; cfr. 44b.46.48).
pliato in senso messianico ( un 'interpre-
tazione messianica della storia biblica
B. L'ORIGINE DELLA TIPOLOGIA
della creazione non è insolita nelle let-
ADAMO/CRISTO
tere di Paolo, per. es. Col. 1,15: LXX
Gen. 1,26 s .; 1 Cor. 6 ,17 e Eph. 5 , Questa argomentazione paolina pre-
31 s.: LXX Gen. 2,24) e argomen- suppone nota l'idea di Adamo come
tando 8 con un procedimento qal wii- prototipo e insieme antitipo di Cristo.
hi5mer e contrario 9 , l'Apostolo trae Circa l'origine di questa va detto an-
la conclusione: ò foxa"toç 'Aoൠdc; zi tutto che nella letteratura rabbinica
1tVEvµa swo7to~ovv. Abbiamo quindi in anteriore a Paolo è comune la defini-
tal modo le seguenti antitesi ( 1 Cor. zione di Adamo come 'àdàm bari' son
15,45.47 s.): o 'àdàm haqqadmoni (antitesi: l'appel-
lativo ebraico 'ii.dii.m significa 'uomo');
V. 45:
i rabbini, invece, non definiscono mai
ò 1tPW"tOO' AMµ I ò foxa.-.oç AOcip.
ljiu xTi 1'.,we1a. 'ltVEÙµa. SWO"i'tOLOÙV
il redentore come ultimo Adamo 11 • Ma,
V. 47 S. : nonostante la mancanza, negli scritti
ò 1tpw-.oç avi}pw1toç rabbinici, di questa esplicita definizio-
V. 47 ne, un'affinità sostanziale tra l'idea pao-
È~ ovpa.vov, È1toupcivwç. lina dell'ultimo Adamo e determinate
Nel loro corpo fisico e terrestre i concezioni giudaiche è innegabile. Sia
cristiani rassomigliano al primo Ada- nel giudaismo palestinese sia in quello
mo, nel corpo risorto, glorioso e cele- ellenistico si trovano tracce di un mito
ste saranno invece simili ali' ' ultimo orientale del redentore che vede nel
Adamo' (1 Cor. 15,48). La successio- primo uomo ora lo stesso redentore,
ne storica della creazione del primo ora una sua prefigurazione ( ~ vtòç
Adamo e della resurrezione del secon- -rov àvfrpw7tov ). AI riguardo si tenga
do 10 • può quindi essere assunta come presente: a) l'idea diffusissima nel giu-
simbolo del destino dei credenti che, daismo del primo uomo come tipo

8 Su questa argomentazione a minori ad 2,24.


maius, frequentissima negli scritti rabbinici , lO La creazione dei due Adami è avvenuta
dr. STRACK - BILLERBECK III pp. 223 55. IV invece in ordine inverso (~ coli. 383 ss.) :
p. 1255 (Register). l'ultimo Adamo infatti fu creato per primo
9 Un'argomentazione analoga viene svolta (Col. 1,15).
in 1 Cor. 6.16 ~- a proposito di LXX Gen . Il STRACK - B1L1.ERBECK III pp. 477 s.
383 (1,143) AMµ (] . Jeremias) (l,143) 384

ideale e perfetto di umanità e quella della creazione: Col. 1,15: npw-ro"t'oxoç


del ristabilimento ad opera del Mes- ncia11c; X"t'LO'EWc; 14 • Si distacca, invece,
sia 12 della originaria perfezione umana dal pensatore alessandrino nel punto b ),
guastata dal peccato; b) l'idea del Mes- ossia quando attribuisce all'uomo ' ce-
sia preesistente, bar nàsà', sorta da un leste ' quella funzione escatologica che
incrocio fra l'attesa messianica e la sur- è implicita nella definizione foxa"t'oc;
riferita concezione del primo uomo-re- 'Aòciµ. Questa funzione escatologica
dentore (~ ulòc; "t'ou à.vi}pwnou ). Paolo, è propria del Messia preesistente, che
che conosceva questi due ' teologume- Paolo identifica col Cristo interpretan-
na ' li ha applicati a Cristo . Il ' teolo- do correttamente la defini zione data da
gumenon ' a) si trova però anche in Gesù di se stesso ~ vLÒç -i;ou civ-
Filone, che in base ad esso spiega l'esi- i}pwnou. Paolo conosceva indubbiamen-
stenza nel Genesi di due diverse nar- te questa autodefìnizione di Gesù -
razioni della creazione dell'uomo: se- ne è indizio certo la sua interpretazione
condo l'interpretazione fìloniana Gen. messianica del Sal. 8 in 1 Cor. 15,27
1,27 descriverebbe la creazione del- - anche se, scrivendo per i pagani
l'uomo ideale (il logos) fatto ad im- e i convertiti dal paganesimo ai quali
magine e somiglianza di Dio; Gen. 2,7 essa poteva riuscire oscura, preferisce
invece la creazione di Adamo 13 . Ana- semplificarla rendendone però esatta-
logamente Paolo vede in Cristo l'im- mente il significato con rl.vi}pw7toc; o
magine di Dio (Col. 1,15, dr. Gen. (Rom. 5,15; 1 Cor. 15,21; Eph. 5,
1,27), mentre , come Filone , riferisce 31 s.; dr. 1 Tim . 2,5).
Gen. 2 ,7 alla creazione di Adamo (1 Il senso dell'antitesi paolina Ada-
Cor. 15,45). Inoltre egli è d'accordo mo/Cristo è quindi lo stesso dell'auto-
con Filone anche nel considerare defìnizione di Gesù bar nasa': essa si-
l'uomo ' celeste' come il primogenito gnifica che il Cristo è il primogenito

12 Vit Ad., Hen. slav. Bonwetsch 30,12 s. ovoµa. l)Eoii xa.t Àéyoc; XCJ.Ì. o xa.-r' ELx6va.
e passim; B. MURMELSTEIN, op. cit., p. 225- livl)pw'ltoc; ... 'ltpocra.yopEVE-rm ( ò r.pw-r6yovoc;
258; 271-275; BoussET- GRESSM. pp. 352 ss. a.ù-roii Àéyoc;).
STRACK - BrLLERBECK I pp. 19, 801 s.; II 14 Le parole di 1 Cor. 15,46 : ciU.'où
pp. 173 s.; III pp. 247, 325, 478, 851; IV npw.-ov -rò 7tVEVµO'.-r,xòv àì.).à. -rò l)iux,x6v,
pp. 181, 405, 667 s., 887 s., 940 s., 943 , 946s ., ~TCE,"t"CJ. -rò 7tVEUµCJ.'tLX6v, non significano
1126 (Adamo come l'uomo ideale), Ili p. 10: quindi che Adamo fu creato prima di Cri-
Adamo è il primo ad essere risuscitato dal sto ma alludono al corpo dei cristiani -
Messia. crwµcx. va integrato come soggetto, cfr. 1 Cor.
13 Philo, Op. mund. 134: ÒLCJ.q>opà m:x.µ- 15,44b - che è materiale e corruttibile in
µq'rnl]c; Écr'tt 'tOU 'tE \IU\I (Gen. 2,7) 'ltÀ.CJ.cr- questa vita prima di diventare, nella paru-
bÉv-roc; civl>pwrcou xa.t -rou xa.'tà 't'l'Jv dx6va. sia, ' pneumatico ', ossia immateriale e in-
~Eoii yEyov6.-oc; 'ltpo.-Epov ( Gen. 1,27). Leg. corruttibile.
All. I 31 ss. Conf. Ling. 146 : cipx'l'J xa.t
385(1,144) d:oEÀq>oç (H . von Soden) (1 ,144) 386

della nuova creaz10ne. Come Adamo, dell'atwv µÉÀ.À.wv, ossia della creazione
il primo uomo, sta all'inizio dell'al.wv redenta e perfetta 15 (-7 atwv ).
oi'.i-roç, così Cristo risorto è l'iniziatore
J. } EREM !AS.

Ò:ÒEÀ.cpéç, à.OEÀ.cp1}, Ò:OEÀ.cp6-rriç,


cpLÀ.rXOEÀ.cpoc;, cpLÀ<XOEÀ.cpla'
\jJEuòci.OE À.cpoc;

à.OEÀ.cpéc;

Ò:ÒEÀ.cpoc; e Ò:ÒEÀ.cpT) nel N.T. desi- di Gesù vi sono i fratelli carnali Si-
gnano in senso proprio la fratellan za mone e Andrea (Mc. 1,16 par. Io.
carnale e in senso traslato la fratellan- 1,41; Mt . 10,2) e i due figli di Zebe-
za spi6tuale, che lega fra loro i cri- deo, Giacomo e Giovanni (Mc. 1,19
par.; 3,17 par.; 5,37; 10,35 ss. par.;
stiani o gli israeliti. Questo senso me-
Mt. 17 ,1; Act. 12,2). Maria e Marta
taforico si ritrova anche nei derivati e sono sorelle (Le. 10,39 s.; Io . 11,1 ss.)
composti à.OEÀ.cp6-rric;, cpLÀ.r.iÒEÀ.q>oc;, <pL- e Lazzaro è loro fratello (I o. 11,2 ss. ).
À.aÒEÀ.cpla, ljJrnMoEÀ.woc;. In Act. 23,16 si accenna, senza farne
il nome, a un figlio della sorella di
1. Fratellanza carnale Paolo; nell'elenco delle persone da sa-
lutare in Rom. 16,15 figurano Nereo
Fratelli carnali: del patriarca Giu- e sua sorella.
da, Mt . 1,2; di Giuseppe, Act. 7 ,13; Degli CÌ.OEÀ.q>ol di Gesù si parla in
di Jeconia, Mt. 1,11; di Erode, Le. Mc. 3,31 ss. par.; Io . 2,12; 7,3.5.10 ;
3,1; Mc. 6,17 s. par. Fra i discepoli Act. 1,14; 1 Cor. 9,5 1 ; Gal. 1,19 e

15 J. }EREMIAS, Jesus als W eltvollender Cult-Associations, Class. Rev . 38 (1924),.


(1930) pp. 53-57. p. 105.
H. SEDLACZEK, q>tÀet.OEÀq>lcx. nach den Schrif-
aoEÀq>oc; ""À. ten des hl. Apostels Paulus, Theol. Quart .
LIETZMANN, Rom. a 1,13. 76 (1897), pp. 272-295 .
REITZENSTEIN, Poim. p. 154.
A. DIETERICH, Mithrasliturgie 3 (1923 ), pagi- I Mi) oùx EXOµEv ÉçouCTlcx.v aoEÀq>TJV yu-
ne 149 s. '\ICX.~XCt
1tEpttt"(ELV, wç X<XÌ. ot ÀOVTtO[ a1tOCJ'tO-
G. WrssowA, Religion und Kultus der Rd- À.Ot xcx.l ot àoEÀcpoì. -rou xuplou xaì. KTJq>iic;;
mer3 (1912), p . 561. il contesto e la struttura dell'espressione·
W. LIEBENAM, Zur Gesch. u. Organisation escludono che si possa interpretare àoEÀq>oì..
des rom. Vereinswesens (1890), p. 185. -rou xuplou in senso traslato come ' fratelli
F. PoLAND, Geschichte des griechischen V e- nel Signore ', come è stato fatto dai negatori
reinswesens (1909), p. 54 s. dell'esistenza storica di Gesù, per es. A.
DEISSMANN, B., pp. 82 s., 140. DREWS , Christusmythe II (1911), pp. 125 ss .
NAGELI, p. 38. Inoltre ' fratelli nel Signore ' o ' in Cristo '
W. OTTO, Priester und Tempel I (1905), non pare sia una formula neotestamentaria ;
p. 142 n. 3. in Phil. 1,14 Év xupl(fl va con 1tE1totM-rac;
A. D. NocK, The histotical importance of (dr. Gal. 5,10; Phil. 2,24; 2 Thess . 3,4) e
387 (1,144) àoEÀ.q>oç (H. von Soden) (I,145) 388

in Mc. 6,3, dove vengono riferiti i in una contesa d'eredità (Le. 12,13)
loro nomi 2 ; à.oEÀq>cx.l di Gesù si tro- e le parole del Signore sull'odio dei
vano menzionate in Mc. 3,32 3; 6,3 fratelli e delle sorelle per causa sua
par.; ii &.oeÀq>"i) ..djc, µrrrpòc, a.u-rov, (Mc. 10,29 s.; Le. 14 ,26), sul tradi-
Io. 19,25 4 • L'antica chiesa universale, mento tra fratelli (Mc. 13,12 par.) e
assertrice della verginità perpetua di sugli ospiti da invitare (Le . 14,12).
Maria, fìn da epoca antica non ha mai
voluto riconoscere in questi à.ÒeÀcpol
2. Fratellanza spirituale
veri e propri fratelli carnali di Gesù
e ha insegnato che essi sono o figli In senso traslato à.ÒEÀ.<poc; indica nel
avuti da Giuseppe in un precedente
N.T. il frat ello in Cristo, il cristiano .
matrimonio o cugini e cugine del Si-
. gnore 5 • Gli esempi sono numerosissimi e si
Alludono inoltre a fratelli carnali trovano in tutti gli scritti neotesta-
sadducei, quando chiedono al Si- mentari senza eccezione (circa trenta
gnore a chi apparterrà, dopo la resur- casi negli Atti , in Paolo centotrenta) .
rezione, una donna che abbia sposato Il concetto e la metafora derivano dal
successivamente vari fratelli (Mc . 12,
mondo e dalla religiosità giudaica. Nel-
19 s. par.); cosl pure le parabole del
l'antico lamento funebre ebraico ( M;
figliol prodigo (Le. 15,27.32) e di
Lazzaro (Le . 16,28), l'episodio del- 'àhi ahimè, fratello mio - Ier.
l'uomo che invoca Gesù come giudice 22,18), l'appellativo 'fratello' sembra

in Col. 1,2 È:v XpLo-,c:;, si riferisce ad àylo~ç portata alla n. 5.


xai mo-•oi:ç (dr. 1 Cor. 1,2; 4,17; Eph. 1,1). 3 Nel testo alessandrino e di Cesarea
2 I nomi sono 'IO:xwpoç, 'Iwo-Tjç, I:lµwv, xaì. at ò:lìEÀ.cpal o-ou manca in Mc. 3,32 e
'Ioulìaç; i primi due sono figli di un'altra così pure in Mt. 12,47 (versetto che non
Maria (cfr. i commenti) e Giacomo viene appartiene al testo originario); Le. 8,20; Mc.
distinto con l'appellativo di ' minore ' dal- 3,31 par. Si tratta di un'interpretazione fon-
l'omonimo figlio di Zebedeo. I primi due data su à.lìEÀ.cpi} di Mc. 3,35 = Mt. 12,50
nomi ritornano in Mc. 15,40 (47) par. Come (manca nel testo parallelo di Le. 8,21 ).
variante di 'Iwo-Tjç nei migliori manoscritti 4 Per il problema dell'identificazione delle
di Mt. 13,55 si legge 'Iwo-l)cp, che è pene- donne che stanno intorno alla croce di Gesù,
trato anche nelle lezioni secondarie di Mc. vedi i commenti e la bibliografia citata alla
6,3; 15,40 = Mt. 27,56; ;osé è semplicemente nota 5.
la forma abbreviata di ;osef. Le due forme si s Cfr. T. ZAHN, Bruder und Vettern ]esu ,
alternano molto spesso negli scritti rabb inici e Forschungen VI (1900), pp. 225 ss. W.
non di rado si trovano usate promiscu,unente BAUER , Das Leben Jesu im Zeitalter der nt.
in riferimento alla stessa persona. Altra va- lichen Apokryphen2 (1909), pp. 7 s.; A.
riante di Mt. 13,55 - non attestata altrove MEYER in E. HENNECKE, Nt.liche Apokr}'-
- è 'Iw<ivvl}ç (dovuta forse a una fallace phen2 ( 1924 ), pp. 103 ss. - Sull'attuale dot-
congettura basata su Io. 19 ,26 ). 'AoEÀ.q>Òç trina cattolica che afferma la verginità anche
'IaxwPov si definisce Giuda, I udae 1. In di Giuseppe e perciò interpreta i ' fratelli '
los., Ant. XX, 200 Giacomo è presentato di Gesù come cugini, dr. per es. J. PottLE,
come tilìEÀ.cpoç -rov À.EyoµÉvou XpLo--rov. Per Lehrbuch der Dogmatik II6 (1915), pp .
la storicità di queste notizie e per la tra- 287 ss.; A. S c 11AFER, Die Gottesmutter in
dizione extracanonica dr. la bibliografia ri- der Heiligen Scrift2 (1900), pp. 79 ss.
389 (l,145) 1-HìEÀ.q>oc:; (H . von Soden) (l,146) 390

un modo affatto comune e spontaneo coloro che lo ascoltano e lo seguono


di rivolgersi ai connazionali. Anche (Mc. 3,33 ss. par.; Mt. 25,40; 28,10;
nel giudaismo CÌ.OEÀ.<poc; indica il cor- Io . 20,17) e vuole che i suoi disce-
religionario, che storicamente è quasi poli si considerino tra loro fratelli
sempre identico al connazionale; que- (Mt. 23 ,8 , Le. 22,32). Non usa però
st'ultimo però è chiamto anche rèa' = mai àOEÀ.<p6c; per apostrofare qualcu-
7tÀ. iJcrLO\I e talvolta dai rabbini viene no , e non sappiamo se ciò abbia un
èsplicitamente distinto da 'ah = &.8d.- particolare motivo o significato. An-
cp6c; 6 . 'A8EÀ.q>6c; rientra quindi in quel- che i cristiani possono considerarsi
la terminologia religiosa giudaica che fratelli del Signore, ossia membri del
il cristianesimo ha fatto propria . suo popolo (Rom. 8,29; Heb. 2,1 lss .)9.
Ma nel N.T . rioEÀ.q>oç è usa to an- Il rapporto tra fratelli dev 'essere quel-
lo dell'amore (1 Io . 2,9 s.); &.yar.i)..-6c;
che in senso prettamente ed esclusi-
vamente giudaico, e non solo nelle o 1Jyarn1µÉvoc; sono perciò nel N.T.
citazioni veterotestamentarie di Act. le espressioni più comuni per indicare
3,22 ; 7,37; Heb. 2,12 ; 7,5, ma anche il fratello in Cristo, il correligionario,
mentre molto meno frequenti sono
in Mt. 5 ,22 s. 47 ; 7,3 ss. par.; 18,
mcr..-6c;, Col. 4 ,9 ; 1 Tim . 6 ,2; 1 Petr.
15 ss. par.; Act. 7,23 ss.; Rom. 9,3;
5,12; e ayLoç, che ricorre solo in
Heb. 7 ,5 7 • Conforme a questo uso
gli apostoli, come i predicatori della
Heb. 3,1. Questi ultimi due appella·
tivi sono abbmati in Col. 1,2. Si n-
sinagoga, apostrofano i giudei con
cardi infine l' accorato accenno di
CÌ.OEÀ.<pol (2,29; 3,17; 7,2; 13,15.26.38;
Paolo all' òvoµcxs6µEvoc; CÌ.OEÀ.<poc; ( 1
22,1; 23,1 ss.; 28,17; dr. Rom. 9,3)
10
e ne ricevono lo stesso titolo (2,37);
Cor. 5,11) •

la formula comune negli Atti t.'.: av- Giuseppe Flavio (Bel!. II, 122) at-
ÒpEç à.8EÀ.<pol subentra a quella ebraica testa che anche gli esseni si chiama·
'af:;énu 8. Gesù chiama ' suoi fratelli ' vano ÈOEÀ.<pol; l'uso , del resto, era co-

6 5. Deut. 15,2 § 112,97 b; Deut. r. 6, libera ad sensum.


203 c; dr. STRACK-BILLERBECK I, p. 276. 8 Cfr. gli esempi in STRACK-BILLERBECK
7 L'equivalente ebraico di Ò:OEÀ.q>oc:; è in II, p. 766 .
ogni caso 'iih. In LXX Gen. 43 ,33 e Ier. 31 9 La formula tardiva ' fratelli nel Signo-
(38), 34 à:oEÀ.q>oc:; traduce rea'. Nel primo re ' deriva però da un fraintendimento di
caso si tratta di fratelli carnali (i figli di Phil. 1,14; - n. 1.
Giacobbe) mentre in Ier. 31 (38), 34 re'ehu IO In un piccolo numero di passi la le-
equivale ad 'ii~iw immediatamente successi- zione è piuttosto incerta. In Rom. 15,15 ;
vo; ma in quest'ultimo passo non mancano 1 Cor. 15,31; Eph. 6,10 codici più o meno
varianti (1tOÀ.L-tT}c:;, 1tÀ.TJCTLoV, v. SwETE). In autorevoli omettono l'apostrofe rloEÀ.q>ol; in
2 Chr. 35,14 à:oEÀ.q>oc:; per kohen potrebbe 1 Cor. 7 ,14 à:vopl è stato indubbiamente
essere una variante o un errore; ma non è interpolato in luogo di rloEÀ.q>(i'l per analo-
da escludere che si tratti di una traduzione gia con 14a_
391 (1,146) à.ò~À.q>éç (H. von Soden) (1 ,146) 392

mune anche al di fuori del giudaismo nale (cosi 4 Mach. 9,23; 10,3 .15; 13,
e del cristianesimo. Platone definisce 19.27), ma anche metaforicamente per
' fratelli ' i connazionali: l)µE'Lç OÈ xcx.ì. indicare lo stretto vincolo che lega i
ot l)µÉ't'EpOL, µLc'i.ç µrrtpòç 1tcXV"m; à.OEÀ.- popoli alleati ( 1 Mach . 12, 10. 17 ).
cpol cpvv"m; Men ex. 239 a; Senofonte 'AoEÀq>o"t'l)ç figura anche nei cataloghi
gli amici: ùmO"xvovµEvoç ..• O"E cplÀ.<.i:> delle virtù 13 nel senso di att eggiamento
... XP'iiO"EO"lJcxL xaì. à.oEÀcpQ An. VII frat erno. Finora non si son trovati, al
2,25; àoEÀ.cpovç YE 7tOL'Y]O'OµaL ... XOL- di fuori della letteratura cristiana, esem-
vwvoùç à.7t6.V"t'WV, 38; per Plotino pi di qnÀ.a.OEÀ.cpla. e cptÀ.ciOEÀ.q>oç in
à.oEÀcpol sono tutti gli esseri (En n. II senso traslato .
9,18 p . 211 ,7 ss. Volckmann ). Come
designazione dei membri di una co- L' accezione biblico - metaforica <li
àoE.Àq>oç e derivati, sempre più sco-
munità religiosa à.oEÀ.cpoç è attestato
lorita e logora dall'uso, si fissa defi-
tanto nei papiri e nelle epigrafi quanto
nitivamente nel linguaggio della Chie-
negli seri rti letterari, per es. Vett. Val. sa; dr. tra innumerevoli esempi Luc. ,
IV 11 p. 172 ,31: 6pxlsw <J'E, àoEÀ.cpÉ Mort . Peregr. 13 : ò voµoi}h11ç 6 npw-
µou ·nµLW"t'CX"t'E, xal "t'OÙç µuO"·rn.yw- "t'Oç t7tWYEV mhoùç (se. "t'oÙç XPLO"'tta.-
youµÉvouç ... Év à7toxpùcpoLç "t'CXU"t'a voùç), wç CÌ.OEÀ.q>oÌ. 7taV"t'E<; dEV àÀ.-
À. 'iJÀ.wv. Talvolta però, sempre nell'am-
JUV"t''Jlp'i'jO'CH xa.ì. µi) µE"t'CX.Oouvm "t'OLç
bito dell'uso cristiano, la parola può
cX'ltCX.LOEV"t'Otç.
caricarsi di un particolare e pregnante
I composti q>LÀciOEÀ.cpoç (nel N.T. significato ascetico: secondo Clero. A.,
solo 1 Petr. 3,8 11 ) e cptÀ.a.OEÀ.cplcx. (Rom . Strom. VI 12,100,3 per il yvWO""t'Lx6ç
la yuvl) è ci.oEÀ.cpi) µE"t'à. "t'TJV 7ta.t8o-
12,10; 1 Thess . 4,9; Heb. 13,l; 1 Petr.
7tot!'.a.v ... "t'O"t'E µ6vov "t'ou ci.vopòç à.vo.-
1,22; 2 Petr. 1,7) 12 , come pure ~EUoa.­
µtµvn<lxoµÉvYJ, 07t11vlxa. &v "t'oi:ç "t'ÉX-
ÒEÀ.,>oç (2 Cor. 11 ,26; Gal. 2,4) sono votç 7tpocrf3ÀÉ7t1J. Greg. Nyss ., Virg.
usati costantemente in senso traslato . 23: yuvcx.d;l ... CTUVOLXOUV"t'E.ç xcx.L cXOEÀ.-
Da questo deriva l'uso di à.0EÀ.q>o"t'11ç q>O"t'Y}"t'a. "t'TJV "t'OtCl.V"t''JlV cruµf3lw<J'LV òvo-
come termine concreto indicante la µcisoV"t'Eç. In Palladio (Hist . Laus.
comunità cristiana (1 Petr. 2,17; 5,9). 43,2 p. 130,10 Butler e passim) à.oEÀ-
q>o"t''Jl<; indica la comunità cenobitica.
Lo stesso vocabolo è usato nei LXX
nel senso proprio di fratellanza car- H. VON SODEN

li Si trova però anche in LXX 2 Mach. 12 Anche in LXX 4 Mach. 13 ,23.26; 14,1.
15,14; 4 Mach. 13,21; 15,10 e inoltre in JJ Herm., M. 8,10; Vett . Val. I 1 p. 2,28 ;
Sofocle, Senofonte, Plutarco. Cfr. l'appella- 4,5 .
tivo q>LÀ.aoEÀ<poç di Tolomeo II .
393 (I,146) èi6T)ç (J. Jeremias) ( I,147) 394

A. CfOY)ç NEL TARDO GIUDAISMO za al riguardo è Is. 26,19); b) in un


periodo ancora successivo l'influsso
Nei LXX (i.oriç è la traduzione cor- delle idee iraniche ed ellenistiche cir-
rente di f'' 6!. Questa parola designa ca una giustizia ultraterrena portò a
nell'A.T. la dimora dei morti, conce- concepire il de stino oltremondano dei
pita come un luogo oscuro (lob 10, giusti come diverso da quello degli
21 s.) e situato al di sotto dell'oceano empi e a pensare che diverse fossero
(lob 26,5) che dietro le sue 'porte ' le loro sedi nell'Ade (testimonianza
(Is 38,IO ; lob 38,17) racchiude per
più antica Hen. aeth . 22). Secondo Giu-
sempre (lob 7,9 s.; 16,22; Ecci. 12, seppe Flavio (Ant. XVIII, 14) questa
5) tutte indistintamente (Ps. 89,49) concezione era seguita dai farisei; e) la
le 'ombre' dei trapassati (Js . 14,9). penetrazione in Palestina, attraverso il
Questa raffigurazione veterotestamen- giudaismo della diaspora, dell'idea di
taria dello f ' '6l collima sostanzialmente immortalità 4 fece sorgere la convin-
con la comune concezione babilonese zione che le anime dei giusti, subito
del!' oltretomba 1• dopo la morte, entrassero in uno stato
Nel periodo postesilico la concezio- di felicità celeste e vi rimanessero fino
ne dello f''ol subì successivamente al- alla risurrezione (~ mx.pciOEicroç). La
cune trasformazioni decisive 2 : a) l'idea designazione di ~011ç/ 5e'6! fu perciò
della resurrezione (~ à.vcicri:cx.cnç) im- riservata al luogo di dannazione degli
plicava una dimora soltanto tempo- empi.
ranea nello s•' 6l delle anime destinate Quest'ultima visione dell'al di là al
a risorgere 3 (la più antica testimonian- tempo di Gesù non aveva ancora sor

èi6l]ç A. v. GALL , BmnÀ.ela. nv l)Eov (1926),


STRACK-BILLERBECK IV, pp. 1016-1029. pp. 348-351.
G. DALMAN in R.F..3, VII, coli. 295 ss. BoussET-GRESSMANN, pp. 293 ss.
G. BEER, Der biblische Hades, in Theol. JoACH. }EREMIAS, Golgotha (1926), pp . 70-77.
Abhandlungen fi.ir H . J. Holtzmann (1902) WINDISCH, Ptbr., pp. 71 s.
pp. 3-29. Inoltre --+ n. 17.
ScHiiRER, II, pp. 639-643 .
STRADE-BERTHOLET, Biblische Theologie des 1 A. }EREMIAS, Das A.T. im Lichte des
A.T. II (1911), pp. 397 s. Alten Orients 4 (1930), p. 67.
A. V. HARNACK, Der Spruch uber Petrus als 2 STRACK-BILLERBECK IV, pp. 1016 s .
den Felsen der Kirche in S.A.B. 32 (1918} 3 Sulle due concezioni, della resurrezione
pp. 638-641. dei giusti e della resurrezione di tutti i
W . BoussET, Kyrios Christos2 (1921) pagi- defunti --+ Ò:VÒ:O''t'IJ.O'tc;.
ne 26-33. 4 STRACK·BILLERBECK IV pp. 1017, 1020.
H . MEUSEL, Zur pauliniscben Eschatologie 1022.
in N.K.Z. 34 (1923), pp. 689-701.
395 (l,147) ~01]<; (J. Jeremias) (l,148) 396

piantato le precedenti. Lo dimostra il Riguardo alla durata dell'Ade origi-


fatto che Gesù conosce tanto l'idea più nariamente s1 pensava che essa fosse
antica ( b) di una dimora sotterranea eterna (~ v. sopra) . A quest'idea ri-
5
di tutti i defunti (Le. 16, 23. 26) , masero fedeli, pur nella diversa con-
quanto la nuova concezione (e) di una cez10ne dell'Ade, coloro che ammet-
felicità ultraterrena, di un ' paradiso ' tevano una resurrezione soltanto par-
8
riservato alle anime dei giusti (Le. ziale ; laddove invece si credeva in
9
16,9; 23,43 ). Un'oscillazione analoga una resurrezione generale , si doveva
si nota anche in Giuseppe, il quale, necessariamente concepire l'Ade limi-
mentre riferisce che secondo i farisei tato nel tempo - come è il caso
le anime tanto dei giusti quanto degli del N.T.
empi si trovano nell'Ade ( b) (Ant. Molto vari e erano perciò nel giu-
XVII, 14, Bel!. II , 163 ), sostiene poi, daismo dell'epoca neotestamentaria le
sebbene fariseo, la concezione più mo- idee riguardo alle anime destinate al-
derna (e), secondo cui le anime dei 1' Ade e alla durata del medesimo.
giusti godono fino alla resurrezione la
felicità celeste e solo le anime degli
B. (io-ne; NEL N.T.
empi sono relegate nell'Ade (Bel!. III ,
375). A queste due diverse concezioni
1. Reminiscenze giudaiche
dell'oltretomba corrisponde in epoca
neotestamentaria un duplice uso della La concezione neotestamentaria del-
parola fiori<;/ se' 6!: ora essa indica - 1'Ade si ricollega in gran parte a quel-
secondo la raffigurazione più antica - la del tardo giudaismo. Ciò risulta evi-
la dimora di tutti i defunti", ora sol- dente dalla parabola del ricco epulone
tanto la dimora temporanea delle ani- (Le. 16,19-31) che non soltanto è nel
7
me degli empi • suo complesso un fedele quadro di vita

5 STRACK-BILLERBECK IV pp. 1019 s. condo Ios., Ant. XVIII, 14; Beli. II, 163;
6 Hen. aeth. 22,1-14; 51,1; 102,5; 103,7; in parte anche dei più antichi Tannaiti, cfr.
2 Mach. 6,23; in questo senso usavano la STRACK-BILLERBECK IV, pp. 1166, 1182 ss.;
parola i farisei, secondo los., Ant. XVIII, W. BACHER, Die Agada der Tannaiten2 (1903)
14; Bell. 2,163; 4 Esd. 4,41; 7,32; Bar. s. pp. 133 ss.
11,6; 21,23. 9 Quest'idea è presente nei discorsi sim-
7 Hen. aeth. 63,10; Ps. Sa!. 14,6; 15,11; bolici di Hen. aeth. 51,1 s.; e in Test. Ben.
Sap. 2,1; 17,14 (21); Philo, Som. I 151; 10; Sib. IV 178-190; 4 Esd. 5,45; 7,32 ss.;
Hen. slav. 10.40,12-42,2; Ios., Bel!. III, 375; Bar. s. 50,2-51 ,3; Apoc. Mos. 13.41 ed era
Bar. gr. 4. sostenuta anche da una parte dei più an-
B È questa la concezione dell'apocalittica tichi Tannaiti; cfr. STRACK-BILLERBECK IV
e degli scritti deuterocanonici, ad eccezione pp. 1172 ss.; BACHER, op. cit., pp. 133 ss.
dei passi menzionati alla n. 9, dei farisei, se-
397 (l,148) ilìTJç (J. Jeremias) (I,148) 398

contemporanea 10 , ma anche nella raf- 7tvÀat fi.òou (Mt. 16,18; dr. Is. 38,
figurazione dell'Ade collima puntual- 10; Ps . Sal. 16,2; Sap . 16,13; 3 Mach.
mente - come dimostra soprattutto un 5,51 12 ; come pure le 'chiavi dell'Adé'
confronto con Hen . aeth. 22 - con di Apoc. 1,18, -7 xÀdç) si spiega con
la ' concezione popolare media ' 11 • La la cosmologia biblica e antico-orien-
raffigurazione neotestamentaria dell'Ade tale, che immaginava l'Ade sotterra-
presenta alcune ' costanti ' di palese neo chiuso da una pietra sacra 13 • -
derivazione dal tardo giudaismo. a) È e) Infine tutto il N .T. è concorde nel-
estraneo a tutto il N.T., come al tar- 1' attribuire all'Ade una durata limi-
do giudaismo, l'idea del sonno del- tata; ciò è evidente dalla netta distin-
l'anima; l'immagine del sonno in Mc. zione tra cl.òriç e yÉEWa.. L'Ade in
5,39 par.; 1 Thess. 5,10; lo. 11,11-12 tutto il N.T. è raffigurato come la
e passim (-7 xotµciw) è esclusivamen- dimora provvisoria delle anime nel pe-
te una designazione eufemistica della riodo fra la morte 14 e la risurrezione
morte. Con questa l'anima si separa (Apoc. 20,13 ). La resurrezione segna
dal corpo, ma in attesa della resurre- la fine dell'Ade (Apoc. 20,14), a cui
zione riceve una retribuzione tempora- subentra la yÉEwa. (A po c. 19 ,20; 20,
nea. Quando nel N .T. si parla del- 10 .14 s.: Àlµ VY) 'tOV 7tUp6ç) come
l'Ade si intende sempre la dimora luogo di dannazione eterna.
provvisoria delle anime sciolte dal cor- Sotto altri aspetti invece la conce-
po (dr. Act. 2 ,26s. 31). - b) Cosl zione dell'Ade nel N.T. si presenta
pure tutto il N.T. è unanime nell'im- oscillante. Mentre infatti in Act. 2,
maginare l'Ade situato nella massima 27 .31 l' ~oY)ç sembra essere la dimora
profondità della terra, ossia al polo comune di tutti i defunti e in Le.
opposto del cielo, concepito come la 16,23 (dr. 26) tutti i morti sono im-
massima altezza (Mt. 11,23; Le. 10, maginati nella stessa sede ultraterrena
15). L'Ade è il 'cuore della terra' (anche se in questo caso fi.oYJ<; sem-
(Mt. 12,40), dove si 'scende' (Mt. bra designare soltanto il luogo di dan-
11,23; Le. 10,15; dr. Rom. 10,7); è nazione degli empi), secondo altri pas-
chiamato cpuÀa.x1} in quanto è la pri- si, invece, soltanto le anime degli
gione delle anime reprobe (1 Petr. èmpi si trovano negli inferi ( 1 Petr.
3,19) situata sotto terra (dr. Apoc. 3,19), mentre quelle dei giusti sono
20,7 e 20,2 s.) . Anche l'immagine delle nei ' tabernacoli eterni ' (Le. 16,9), in

10 H . GRESSMANN, Vom reichen Mann 13 JoACH. ]EREMIAS, Golgotha, pp. 68-


und armen Lazarus, S.B.A. 32 ( 1918). 77 .87 s.
11 STRACK-BILLERBECK IV, pp. 1019 s. H Le. 16,23 ; perciò in Apoc. 1,18; 6,8;
12 Vedi i paralleli rabbinici in STRACK- 1 Cor. 15,55 ~OT]ç è abbinato a Mv~'toç.
B1LLERBECK III p. 790; IV 1087, 1089 s.
399 (l,149) ~lh1ç (J. Jeremias) (l,149) 400

paradiso (23,43 ), presso il Signore (2 .:he le ha dischiuso le porte del regno


Cor. 5,8), unite a Cristo (Phil. 1,23 ), di Dio (Mt. 16,19 ~ xÀElç) 16 • In
nella Gerusalemme celeste (Heb. 12, particolare essa sa che i suoi morti
22), sotto l'altare celeste (Apoc. 6,9: non si trovano nell'Ade, ma con Gesù.
le anime dei martiri), davanti al trono Egli stesso l'ha affermato nelle parole
di Dio (Apoc. 7,9: i martiri; 14,3: i rivolte al ladrone (Le. 23,43: µE•'É-
puri). A questa duplice concezione ana- µou); il (J'Ùv XpL(J'•Q dvcu (Phil. 1,23)
loga a quella del giudaismo contempo- di Paolo esprime limpidamente que-
raneo (~ col. 393 s.) corispondono nel sta certezza.
N .T. due differenti usi della parola Secondo: la comunità cristiana sa
(i.onç: in alcuni passi essa indica la che Gesù ha potere sull'Ade. Questo
dimora ultraterrena di tutte le anime convincimento, radicato nelle parole
fino alla resurrezione (Act. 2,27.31 ), di Gesù (Mt. 16,18) e nella fede
in altri invece designa la sede riservata nella sua resurrezione (Act. 2,31), tro-
alle anime degli empi (Le. 16,23) o vò espressione nella dottrina della di-
degl'infedeli (Apoc. 20,13 s.) 15 • scesa di Gesù all'Ade nel periodo fra
la morte e la resurrezione 17 . L'analo-
2. Elementi peculiari della conce- gia fra questo ' teologumenon ' e la
zione protocristiana dell'Ade catabasi dei miti babilonesi {discesa al-
Il N.T. assorbe quindi molte idee 1' Ade di Ishtar), greci (le catabasi dei
contemporanee sull'oltretomba; ma que- misteri) e mandei (discesa ali' Ade di
ste vengono radicalmente trasformate Hibil-Ziwa) è evidente 18 ; ma la ca-
dalla fede in Gesù e nella sua resurre- tabasi di Cristo si presenta nel N.T.
zione . Nella concezione neotestamen- con due caratteristiche assolutamente
taria e protocristiana dell'Ade si pos- inaudite: a) Cristo ·1ell' Ade ha evan-
sono rilevare soprattutto due elementi gelizzato i morti (1 Petr. 3,19 ss.; 4,6);
specifici. b) egli possiede ' le chiavi della morte

Primo: la comunità cristiana sa di e dell'Ade' (Apoc. 1,18), ossia ha


essere garantita contro le potenze del- combattuto e debellato le potenze del-
l'Ade (Mt . 16,18) dalla fede in r- '~Ì1 la morte.
J. }EREMIAS

1s I morti appartenenti a Cristo sono stati pp. 26-31; WINDISCH, Ptbr. pp. 71 s. (Per
richiamati in vita già all'inizio del regno la bibliografia sulla discesa di Cristo all'Ade
millenario (Apoc. 20,4-5). dr. PREUSCHEN-BAUER, pp. 1081 s.; W1No1scH
16 J. JEREMIAS, ]esus als W eltvollender Ptbr., a.l.).
(1930) p. 63. 18 WINDISCH, Ptbr., a.l.
17 W. BoussET, Kyrios Christos2 (1921)
401 (l ,150i cX.òLxoç (G. Schrenk) (I,150) 402

èi.OLXoc;, tXOLXLa
tXOLXEW, &.olxT}µa

A. STORIA SEMANTICA DI &8Lxoc;. dove &oLxoc; equivale a ' selvaggio '.


Si badi che il concetto di ' scos tu-
1. &otxoc; è in senso lato colui che
mato ' è chiaramente distinto da quello
viola il diritto. Questa è la definizione
di 'empio'. Cfr . Xenoph., Cyr. VIII
di Aristotele (Eth . Nic. V 2 p . 1129 a
8,5: -rò ào-E0tc; xa.l -rò &otxov ; Hist .
32 ss.): OOXE~ OÈ o '!E 'ltapavoµoç aOL-
Graec. II 3 ,53 : 'ltEpl àvi'}pw'ltouc; àoL-
xoc; Etvcu xai, o '1tÀEOVEX'tTJS Xll.L
xww. ,oL , tXÀÀà. xai, itEpL i'}E ovc; Ò.crE0fo-
o
&vLcroc;, WCT'!E ÒTjÀov O'!L xal olxaLoç
"rl'.X.'tOL; Ap. 22 : '1tEpl lJEoùc; à.o-E~rjo-aL
Ecr'taL o -rE v6µtµoc; xai, otcroc;. Ana-
- m.pi, civi)pw'ltouc; aoLxoc; cpavrjvm,
loga è quello di Senofonte (Mem. IV
dove aÒLXOS indica ciò che non è con-
4,13 ): O µÈV apa. VOµLµOç OlXtx.LOS
forme all'ordine sociale e giuridico,
Èa'-rL'J, ò ÒÈ &voµoc; aÒLxoc;. Cfr. inol-
distinto da quello religioso. Si veda
tre Hdt. VI 13 7 : Eh E oLxalwc; Eì'. 't'E
inoltre, sempre di Senofonte, Mem . I
&.òlxwc; =iure an iniuria e le espres-
4,19: CÌ'1tEXEC11'aL -rwv àvoo-lwv xal
sioni equivalenti di Filone (Vit. Mos .
àolxwv xal alcrxpwv. Nella concezio-
I 45) e della preghiera di Renea che
ne ellenica rispecchiata da questi passi
implora vendetta 1 • Allo stesso modo
la sfera dell 'ethos è autonoma rispetto
anche Plutarco (Apophth. Lac. Ag .
a quella religiosa in quanto non pog-
Ult., II 216 d) associa àòlxwc; e '1ta-
gia sulla divinità come su fondamento
pav6µwc;. Come~ olxmoc;, così anche
sovrano.
&otxoc; è in rapporto con i concetti di
diritto, legge, costume, convenienza. Come òlxa~oc;, così anche aOLXOç
Tò &OLxov non indica solo generica- ha potuto passare dall'uso comune a
mente ciò che è ingiusto (los., Bell. I quello biblico essendo un concetto
215) o avverso (los ., Ant. V 55), ma, sostanzialmente giuridico . Anche nei
più esattarriente, ciò che non è confor- LXX &oLxoc; è usato come sinonimo di
me alla legge (Epict ., Diss. I 29, 17; cìcrEBTic;: lob 5,22: àolxwv xal àv6µwv
II 2,9), alla convenienza (Epict., Diss. xa-rayEÀacrn, 'Id~. 21,3 (T.M. 21 ,8):
II 10,26) infine all'f:i)oc;, come attesta aoLxov xal èivoµov 2 • È significativo
esplicitamente Epitteto (Diss. I 6,32): che questo accostamento dei due con-
&òLxol '!LVES &vi'}pw'ltOL xal i}TJpLWOELç, cetti sia stato poi ripreso soprattutto

aÒLXOC, R. BuLTMANN, ZNW 27 (1928) pp. 130 s.;


E. RrGGENBACH, Zur Exegese und Textkritik BCH (1927) p. 380, righe 32.36 s.
zweier Gleichnisse Jesu, in: Aus Schrift 1 DEJSSMANN, L O. 4 pp . 354.356.

und Geschichte , Thlg. Abh . f. A. Schlat- 2 Nel testo ebraico (~addiq w •rasii' ) non
ter (1922) pp. 17 ss. vi è nessun suggerimento in questo senso .
403 (I,151) èlo~xoc; (G. Schrenk) (I,151) 404

dai padri apostolici 1• Anche secondo Questo influsso dell' A. T. si avverte


Sap. 14,31 è la napci0acnc; che carat- chiaramente anche quando giudaismo
terizza gli aÒLXOL. Allo stesso modo
ed ellenismo si fondono . Cosl in lob
in Filone (Con/. Ling. 83): E\J -rn -rw\J
à:olxw\J npa;Ew\J xowwvlq,, le aOLXOL
16, 12 (LXX: napÉOWXE\J yap µE o
npcU;nc; sono le aziòni non conformi xvpLoc; dç XEi:pac; à.òlxou - libera
alla legge, che però in Filone è spesso traduzione di 'awil - È7tl oÈ à.trE~Écn\J
la legge naturale. Spec. Leg. IV 204, EPPL4iÉ\J µE) aOLxoc; è sinonimo di
dove aOLXOç è il perverso che tra- à.crEBl)c;, e Ecclus. 10, 7 può usare
sgredisce il \Jop.oç cpvcrEwç. Come su aOLXO\J in riferimento tanto a Dio che
olxa.Loç è fondata L1 teoria delle vir-
ali' uomo. In realtà anche i Giudei
tù, così su aoLxoc; è imperniata quella
dei vizi. In Abr. 1.03 , Sobr. 42, Gig. 2 più imbevuti di ellenismo e più aperti
e passim aOLXOç è inserito senz'altro all'etica greca risentono pur sempre
nel catalogo de i vizi accanto a a<ppW\J, dell' influsso veterotestamentario. Si
àxpai:1}ç, àx.6Àcxcri:oç, Ò:\JE1ncri:T]p.w\J veda Ios. , Ant. VIII 251, dove aovxoc;
come contrario di ~ olxcuoç. e à.trE0TJc; sono sinonimi, e Ant. X 83,
dove si legge: -ri)\J <pVO"L\J aÒLXOç
2. Nondimeno aÒLxoç può assume-
xa.ì. xcxxoupyoc; xa.ì. µl)i:E npòç ikò\J
re talvolta un timbro religioso. Tale
ocnoç µ l)i:E 71:pÒç à.vlJpW7tOUç Èmrnd}ç.
è il caso già di Plat., Leg. IV 716 d: Qui aOLXOç, insieme a xa.xoupyoç, è
O ÒÈ µi) CTW<ppwv Ò.\JoµOLO<; (opposto
l'opposto tanto di OCTLoç (verso Dio)
di ilEQ cplÀoç) "tE xal oLricpopoc; xal
che di ÈmELx1}c; (verso gli uomini).
aOLXoç, dove aOLxoç è sinonimo di
Analogo parallelismo di otrLOV, <Ì.\J6tTLO\J
' non conforme ', ' contrario ' a Dio.
con <ioLxo\J, olxa.Lo\J si ha però, per
Analogo è l'uso di aOLXOç come sino-
esempio, in Epict., Diss. I 29,54 . Anche
nimo di à.crE0l)ç, che si riscontra in
4 Filone associa aOLXOç ad à.trEBTic; (Spec.
epigrafi già del sec. II a. C. •
Leg. III 209) e talvolta usa i due ag-
Ma ben poco rilievo hanno questi
gettivi al superlativo, come in Rer.
accenni isolati di fronte alla spiccata
impronta religiosa che aOLxoc; assume Div. Her. 90. Una forte accentuazione
nel mondo giudaico-cristiano sotto l'in- religiosa si nota in Con/. Ling. 129:
flusso dell' A .T. La differenza sostan- nulla è à.&xw-rEpo\J che µ<.-raxÀ.dJ'i)wn
ziale tra la concezione greca e quella oLa\JoLa\J à.7tò -ri\c; -rov 1'Eov -rLµTic;. La
giudaica. sta nel fatto che secondo que- stessa concezione di fondo si trova in
st'ultima il criterio di valutazione di Vit _ Mos. II 107: le ilvtri'.m dell'èl.oL-
ogni atto umano è esclusivamente il xoç sono inefficaci. Anche il libro della
suo rapporto con la volontà divina, Sapienza usa aOL'XOç in senso pretta-

3 PREUSCHEN-BAUER, p. 27. 4 Df.ISSMANN, L. O. 4 p. 92.


-W5 (l,151) lHìixoc; (G. Schrenk) (l ,152) 406

mente religioso. Gli aOtXOt non sono 1 Cor. 6,1: xplvwDat ÈTIÌ. 'tWV aolxwv
sottomessi al Creatore come la X'tlcnc; xcx.ì. oùxì. È1tÌ. 'tWV à.ylwv i gentili
Ù1tl)pE'tOucrcx. (16 ,24),ma vivono Èv sono definiti ' ingiusti ' perché tra-
aq>pocrvvn swiic; (12 ,2 3) e una triste sgressori della legge divina e quin-
fine li attende (3, 19 ). di incapaci di rendere giustizia .1 _ In
1 Cor. 6,9: &otxot i}Eou (3cx.cnÀEla.v où
B. 1 VARI usi DI c'iotxoc;, SOPRAT- xÀT)povoµl)O""oucnv, il termine signifi ca
TUTTO NEL N.T. schiavi del peccato, empi. Ciò che ren-
de singolare e in qualche modo pro-
Quanto pi11 forte è l'influsso del-
blematico l'uso di aotxot in questo
l'A.T., tanto più chiaramente l'&otxoc;
passo è il suo evidente richiamo al-
è concepito come il trasgressore del
1' à.òtxE~'tE di 6,8 e il contrasto con
diritto divino. Così avviene nel N.T.,
i}rnv che vien subito dopo. Affermare
dove:
che qui Paolo riprende il tema sinot-
1. l' uso del termine è soprattutto tico della necessità della ' penitenza ',
in funzione della tipica antitesi vetero- accantonando la dottrina della giu sti-
6
testamentaria giusto/empio. ficazione , non è una spiegazione sod-
A quanto dimostra, p. es., Epict., disfacente; il passo adombra invece
Diss. II 11,5; III 1,8, questa antitesi tutta la problematica del rapporto fra
non era estranea al pensiero greco, la dottrina della giustificazione e quel-
dove però non riceve mai quella vigo-
la del giudizio (~ otxruocrvvl)). In
rosa caratterizzazione religiosa che ab-
1 Petr. 3,18: &.1trna.vEv olxcx.wc; Ù1tÈp
biamo trattato in A.2. Nei LXX &otxoc;
traduce spesso rasa') l'empio) il pec- aòlxwv, l'immagine di Cristo rappre-
catore: Ex. 23,1; Is . 57,20; Ecclus. 40, sentante dell' umanità si sovrappone
13. A.nche Giuseppe conosce l'antitesi all'antitesi olxcx.toc; / &otxoc;, mentre in
olxcx.toc; I &otxoc; (Bel!. II 139; V 407); 2 Petr. 2,9: OLOEV xvptoc; EÙcrEBEi:c; ÈX
e così pure Filone (Abr. 33 passim)_
nEtpcx.crµov pvEcrfrcx.t, &.òlxouc; ÒÈ dc;
Nel N.T. l'antitesi tra olxa.tot (~ad­ i)µÉpa.v xplcrEwç xoÀ.cx.soµÉvouc; 'tT)pEì:v,
dzqim) e aOtXOt (r'sa'tm) si trova gli O.otxot sono - in contrasto con
in Mt . 5,45: BPÉXEt È1tÌ. otxa.louç xa.ì. gli EÙCTE~Ei:c; - gli appartenenti al
à.olxouc; ( cfr. LXX e i passi citati alla ' mondo ' che persevera nel male ed è
voce olxcx.toc;) e ritorna in Act. 24,15: maturo per il giudizio (-7 A 2 ).
à.vcicr'tet.cnv otxa.lwv 'tE xa.ì. à.olxwv
(ancora olxa.toç, dove si discute il rap- 2. liotxoc; significa inoltre ingiusto
porto con Le. 14,14): Nell'ossimoro di in senso specifico, riferito a sovrani,

s JoH. WErss, 1 Kor. p. 146; LrETZMANN, 6 JoH. WEISS, 1 Kor. p. 153.


Kor. a.l.
407 (I,152) cHhxoc; (G. Schrenk) (l,152) 408

giudici e - in proposlZloni negative - in Ios., Bel!. I 628; di siiÀ.oc; in 1 Clem.


a Dio. In Ps. Sal. 17 ,24 è detto del 5,4; di xplcnc; in Mart. Pol. 6,1; di
Messia: l}pa.vo-r.u apxov"t"a.ç àolxouc;. È1t r. i) u µla è frequente in Giuseppe
(Ant. I 164; VI 279; VII 168). apxEr.v
Le parole di Rom. 3,5: µi) lioLxoc; ò
xnpwv àolxwv significa cominciare un
i}Eòc:; ò ÈmcpÉpwv "t"i)v òpyi)v; respin-
attacco: Lys. IV, 11; Xenoph., Cyrop.
gono la stolta insinuazione che Dio, I 5,13; Philo, Vit. Mos. I,142.311. Può
scatenando la sua ira, venga meno alla designare un possesso ingiusto: Eur.,
giustizia, mentre Heb. 6,10: où y~p Fr. 56 Nauck: lior.xov ò 7tÀ.oiJ"t"oc;. Ec-
aOLxoc; Ò i}Eòç ÈmÀ.a.frfoi}a.L 't'OV Epyou clus. 5,8: XPiJµa.ow àolxoLç (niksé
vµwv, ribadisce che Dio, anche quando 'Seqer); Ecclus. 31,21: l}ucnciswv Èç
àolxou. Hen. aeth. 63 ,1 O: « la nostra
è giusto giudice, non dimentica le ope-
anima è sazia di beni ingiusti ». Ios.,
re compiute nell'amore.
Ant. II 128: xÉpooc; aOLXOV, guadagno
illecito, come 1tÀ.ov"t"oc; &&xoc; in Isocr.
Altri significati specifici di aoLxoc;
1,38. Cfr. inoltre Philo, Spec. Leg. I
sono: ingannatore, fallace: Ecclus. 19,
104: "t"Ò v6µr.o-µa. xa.1}' a.u"t"Ò oùx evo-
25: fo""t"r.v 1ta.voupyla. àxpr.Bnc; xa.ì.
xov. Un po' piverso è il significato
a.\h-r1 &or.xoc;. Cfr. Epict., Diss. II 21,
nell'espressione 1tpéfor.c; aor.xoc; in Ios.,
3; III 1 7 ,2; IV 1 ,2; calunniatore:
Ap. II, 216: disonestà nel commercio.
Ecclus. 51,6: Ba.cTLÀ.E~ or.a.BoÀ.i} yÀ.wo--
In P. Tebt. II 286,7 (121-38 d. C.)
O"TJc:; àolxou; inservibile (detto di schia-
voµi) lior.xoc; significa: possesso acqui-
vi, cavalli ecc.): Xenoph., Cyrop. II
sito illecitamente. Nei papiri &or.xoc;
2,26; anche in questa accezione il con-
ricorre anche in alfi.e accezioni, come
trario è olxa.r.oc;: Mem. IV 4,5.
ingiustificato, inadatto, inesatto, falso
In Le. 16,10: ò Èv D.a.xio-"t"~ aor.xoc; ecc. 7 •
Xa.Ì. ÈV 1tOÀ.À.Q aOr.xoç ÈtJ"'t't.V, J' aOt.XOç,
ossia il disonesto che è infedele nel- Il cod. oa m Le. 16,9 anziché h
l'amministrazione dei beni affidatigli, "t"ou µa.µwvti. "t"ijc; àor.xlac; legge be
viene contrapposto al m'n6c;, all'uomo "t"ou àolxou µa.µwvti. - all'incirca co-
fidato e sicuro. Nella preghiera del fa- me Ecclus. 5,8; in Le. 16,11: Ei. Èv
riseo in Le. 18,11 gli èior.xor. sono in 't'é;> à8lx~ µa.µwvQ. mo-"t"oÌ. ovx ÈyÉ-
particolare falsi. vEo-i}e: in luogo di àolx~ legge ào~xla.c:;,
genitivo di qualità. L'alternanza (~col.
3. &or.xoc; ricorre nei LXX come
407) ha un esatto riscontro in òoòç
attributo di nomi concreti e astratti.
lior.xoc;/àoLxla.c; di lJi 118,128 (cfr. v.
Per es. ~ 118, 128: òoòc; &or.xoc;, dr.
118, 104: ÒOÒç CÌ.OLXLa.ç ('i5rah saqer). 104 ). Probabilmente si tratta della no-
Come attributo di dµa.pµÉVTJ ricorre ta contrapposizione fra bene reale e

1 PREISIGKE, Wort. pp. 23 s.


409 (I,153) cio~xoc; (G . Schrenk) (l,153) 410

bene fallace, perché il contrario di ingiustizia. Plat., Resp. X 609 c: cioL-


aOLXOç µa.µwviiç è 'tÒ ciÀ. T]flL v6v il I xla. = 1tOVTJpla. l.j;uxi'\c;. Polyb. XV
'bene vero ed effettivo' 8 . 21,3: oLà -r-i)v -rwv 1tÉÀ.a.ç cioLxla.v.
1
Ecclus. 7 ,3: µTi 0-1tEtpe: É1t a.vÀ.a.xa.ç
4. Per ciolxwç cfr. Ios., Ant. II cioLxla.ç. b) In senso concreto: azione
50: 1tcd}e:i:v ciolxwç (detto di Giuseppe ingiusta, offesa. L'accezione concreta è
a causa della moglie di Putifar ). In sorta dal plurale 1 . Plat., Phaed. 82 a:
1 Petr. 2,19: micrxwv ciolxwc; è il 'tOÙç OÉ "(E aÒLXLa.ç "t'E Xa.Ì. 'tUpa.vvloaç
contrario di OLxa.lwç micrxe:w: Test. xa.ì. àp7ta.yà.ç 7tpO"t'E"t'LµT]x6-ra.ç. La de-
Sym. 4,3 ~ olxa.Loç. finizione di Aristotele (Rhet. Al. 5
p. 1427 a 31 s.) - -rò µÈv ÈX 'ltpovola.ç
5. Il neutro -rÒ aOLXOV, -rà. aOLXa.
xa.x6v 'tL 'ltOLELV CÌ.OLXLC1.V -rllJEL - re-
esprime il contrario di 8lxa.Lov. È mol-
lativa appunto al significato concreto
to frequente in Filone (Ios. 143; Ebr.
187; Poster. C. 32). Ricorre anche in della parola non può dirsi completa in
Epict., Diss. IV 1,133.163. Notevole quanto non sempre l'ci8Lxla. è presen-
è l'antitesi fra OLXC1.LOV e ci)..T)ì}rn1. 9 • tata come l'azione ingiusta commessa
Per es., in Ecclus. 27,8-10 'tCÌ. aÒLXCX. Éx 7tpovolaç. Sostanzialmente conforme
vengono contrapposte a -rò olxmov, e alla definizione di Aristotele è quella
questo è conforme all' ciÀ.1]fle:Lcx.. L'an- di Clemente Al. (Strom . II 15,64,5):
titesi ritorna con particolare insistenza ci"t'uxla. OÉ Écrnv aÀ.À.ou e:lç ÉµÈ 7tpiiçLç
in 1 Esd. 3,1-4,63 dove la ' verità' è cixou<noc;, 1) ÒÈ cifaxlcx. µ6vTJ e:ùplènce:-
in ultima analisi anche la rivelazione -rcx.L É:xOUCTt.Oç e:he: ȵi) d°'e: aÀ.À.OU.
attuatasi nella religione ebraica. Anche 64 ,3: ci-rux11µa µÈv oùv 7tcx.pciÀ.oy6c;
Giuseppe contrappone l'èioLxov all'ciÀ.Ti- (imprevista) È.cr-rLv àµa.p"t'la., 1) ÒÈ
flrnz: cfr. Ant. XI 55: la verità è la àµcx.p"t'lcx. cixouCTLOç à.OLXLCX., cioLxla. 8È
forza suprema - xa.ì. µT]oÈv 7tpÒç Éxovo-LOç xaxla. ciOLxlcx. può indicare
mhi}v -rò aOLXOV ouvciµe:vov. Ant. Xl in particolare l'avarizia (Ecclus. 14,9),
56: 1) ciÀ. T)Dncx. ÒLa.xplvovcrcx. ci1t' cx.ù-rwv il furto (Ios., Ant. XVI, 1), l'inganno
(Ossia: 'tcX OLXCILCX. XCXÌ. 'tcX VOµLµCX.) 'tCÌ. (Ant. I 301), l'oltraggio ai genitori
èi.&xcx. xaì. ci1te:À.Éyxoucra.. (Ap. II 217), l'incesto (Ant. III 274 ).
Frequente è l'uso della parola al plu-
rale nel senso concreto di: azioni in-
giuste, contrarie alla legge: LXX in Ier.
A. cioLxla. AL DI FUORI DEL N.T.
38,34: i'.À.e:wç fooµat. -rate; cioLxlmç
1. ci8Lxla. significa a) in astratto aù-rwv (la'awoniim: citato in Heb. 8,

s E. RIGGENBACH, Zur Exegese pp. 21,23. olxmoc;) pp. 21 ss.


9 R. BuLTMANN, ZNW 27 (1928) pa- ANDRONICUS RHODIUS (sec. I a . C.), De Pas-
g:ine 130 s. sione, ed. K. ScHUCHARDT (1883) p. 20,
cifo!.la 13 s.; Defi.n. p. 30,6 ss. 14 ss.
E. RJGGENBACH, Zur Exegese ecc . (~ alla voce 1 Cfr. KUHNER - GERTH II, 1 (1898) p. 17.
411 (I,153) èi.oixoç (G. Schrenk) (l,153) 412

12). Iw11À. 3,19 (hamas); ~ 139,3: (1 Mach. 9,23). In Le. 13 ,27 , dove è
oi'."t'Lve:c:; H.oylcro:no à.oLxlo:c; È.v xo:pòlq. citato ~ 6,9, D. Iust. Or. hanno E.pyci-
( ra' ot ); Ecclus. 17 ,20: oux hpu~11crav "t'a.L àvoµla.c;. In 2 Mach . 10,12 à.ÒLxla
a.i. à:&xlm auTwv à:1t' o:u"t'ou. Philo,
è usato nel senso di violazione del
Con/. Ling. 21: à.cppoauvaL xai oe:tÀ.la~
àxoÀ.acrlat TE xàl à:ÒLxlcu, Migr. Abr. olxa.LOV. Anche Giuseppe (Ant. VIII
60: à:q>pocruvm xal àoLxÙt.L. c) danno. 314) associa à.oLxla a 1tet.pavoµla e lo
Test. Sal. 13;4: òcp&aÀ.µwv à.otxla. stesso si -riscontra in Filone (Abr_ 242 )3 •
(var. -lo:c:;), danno degli occhi. Special-
mente nei papiri è comune l'espressio- b) à.oLxla contrapposta a OLXaLo-
1
ne È.7t àotxlq., allo scopo di recar dan- cruvTJ. Isocr. 8,35: lJe:oq>LÀ.Éa'"t'Epoc; ii
no: P. Oxy. 9, 1203,24 (sec. I d. C.); otxa.Locruvn "t'f}c:; à.oLx:Ca.c;. Corp. Herm.
B.G.U. 4,1123, 11 (sec. I a. C.) 2•
XIII 9: E.otxmwilT)µe:v à:oLxlac; à:nou-
2. Una configurazione semantica più crnc;. LXX in Deut. 32,4: oux fo-rw
precisa e spiccata assume à.&xla in de- à.o LXLll. ( 'àwel). Inoltre : olxmoc; xo:L
terminati casi. a) Quando indica spe- ocnoc; XUpLoc;. 4> 51,5 : à.ÒLXLO:V (Seqer)
cificamente l'illegalità, la violazione del Ù1tÈp "t'Ò À.a.À.fyro:t OLXatocruvTjv (~edeq).
diritto. In tal caso à&xla è spesso si- Prov . 11,5 : otxmocruvTJ - à.otxla. (riS'a).
nonimo di civoµla: Epict., Diss. II, Prov. 16,8 (LXX 15,29): µETtÌ. OLxmo-
16,44 : Ercole 7te:pLTIEL xa&o:lpwv à.ot- crU\/T]c; (bitdaqa), µe:-.ti. àotxla.c; (belo'
xlocv xo:L àvoµlav, cfr. III 26,32. mispaf) . Test. D. 6,10: à.1tòCT"tl)n· à.7tò
LXX: Is. 33,15: µtcrwv à.voµlav xal 7tcicr11c; àoLxlm; xaì. xoÀ.À. Til'tiJ"t'E "tTI
àòtxlav (mo'es Ybe~a' ma'a'Saqqot). OLXa.Locnin Tou ilEoii. Cfr. 4 Esd. 12,
Anche in Ecclus. 41,18 1tEpt àvoµlac:;
31-3 3: il Messia (nel giudizio) parlerà
è accostato a 7te:pl à.otxla.c; . Philo Conf.
con loro de iniustitiis. Filone, che basa
Ling. 108. L'affinità semantica dei due
tutto sulla teoria della virtù, alla à:oL-
termini spiega la facilità con cui essi
vengono scambiati nelle varianti te-
xla., intesa come xa.xla., contrappone
stuali . In ~ 44,8: 1Jyci1tTJO'a.<; OmJ.to- la OLXO:LOO"UVTJ come cipE"tTJ: Rer. Div.
auvTJV xa.L ɵlcrncrac:; àvoµlav, A leg- Her. 162.209.243; Gig. 5; Op. Mund.
ge à&xla.v e così pure in Heb. 1,9 S. 7 3. La stessa antitesi è nella mente di
A. In ..); 88 ,33 i codd. S. 1098. L.A. Giuseppe, cfr. Ap. II, 291: àoLxlocc;
in luogo di e.v pciBo~ &voµlac; ('awa- lxiJpol, ÒLxa.Locruv11c; Èmµe:À.e:i:ç. Anche
nam) leggono à8txlac;. Per ~ 6,9: ot per lui la à.otxla. è il contrario di
È.pya~6µe:vot "tTJV à:voµlav ('àwen ), cfr. àpe:-.i), Beli. V 414. La ciotxla. è un
Il; 13,4: ot E.pyas6µe:voL -.i;v àoLxlav anello della catena dei vizi: Filone

2 MouLT. - MILL. p. 10. PREUSCHEN. BAUER p. 26.


3 Per le varianti dei padri apostolici cfr.
-113 ( I,154) èi.ò~xoc, (G. Schrenk) (1,154) 414

(Con/. Ling. 90) la colloca accanto a in Ios ., Beli. VII , 260 : at 'ltpòc; DEòv
ciq>pocn'.rvTJ, cixoÀ.acrla, OELÀ.la, al xa- xa.Ì. ai dc; -coùc; 'ltÀ.T]CTLOV aOLXLa.L, pro-
XLW\I yÉ'Joc;. V. anche Rer. Div. Her. prio come in Senofonte. Cfr. Ios., Ap.
245; Op. Mund. 79 e passim. Spesso I 316: Lisimaco dà leggi 1tEpÌ. i}Ewv
l'enumerazione dei vizi si conclude xa.ì. 'tijc; 'ltpòc; civ1}pw7tooc; ciotxla.c;. An-
così: xal 'tcic; iJ.À.À.a.c, ciotxla.c;. In Spec. che in Filone appare spesso ci.crÉ~ELa. e
Leg. II 204 definisce la civtcro'tT]c;, ciòtxla.: Spec. Leg. I 215; Deus Imm .
' Ti of. ciotxlac; cipxTi 'tE xal 1tTJYTJ ' 112; Praem. Poen . 105. I rabbini met-
e viceversa in Rer. Div. Her. 161 af- tono in parallelo la frase abérot 'Seb-
f

ferma che la à:Otxla è ' Ti ci'llLCTO'tTJ'tOç bén 'izdizm lammizqom ( « colpe commes-
TT\c; fxi)lcr'tT]ç OT]µtoupy6c; '. se dall'uomo contro Dio ») e laltra
.abérot 'Sebbén )iidizm lahabéro (« colpe
e) ciotxla come antitesi di &.À.1Ji}aa..
commesse dall'uomo contro il suo pros-
Di solito la contrapposizione è pre-
simo») (fomà 8,9, Strack-Bilierbeck
cisamente fra ciÀ.1Ji)mx. e 'tÒ aOLXO'J
III p. 31 ); ma essi indicano con la
('tci tl.otxa}: così, p. es., in 1 Esd. 4,39
stessa parola tanto la à.O"É(3rnx quanto
(---:> col. 409). È importante rilevare
la à.otxla., poiché per principio non di-
che nei LXX l'ebraico 'feqer, menzogna,
stinguono la sfera religiosa da quella
discorso falso, è spesso reso con ciot-
etica.
xla: IJ; 51,5; 118,69.163; 143 ,8.11;
ma ancora più spesso con tl.Otxoç, ciol- b) cioLxlcx. in rapporto alla conce-
xwç (---:> col. 407). In Le. 13,27 sysc zione veterotestamentaria di Dio. È
traducono ciotxla con falsità . fondamentale nell'A.T. il concetto di
cioixla come offesa a Dio, ossia come
3. L'accezione specificamente religio-
peccato. In Is. 43,24 s. le ciotxla.L
sa di ci.otxla..
(' awon) vengono messe in parallelo con
a) ciot:x.la e ci.crtSrn:x. Negli scritti aµa.p'ttll.L (ba!!a'a) e lo stesso avviene
extrabiblici l'immoralità è nettamente in Ier. 31,33 (LXX 38,34); 33,8 (LXX
distinta e separata dalla empietà o irre- 40,8); Lam. 4,13; Ez. 28)8. La ci&-
ligiosità(---:> OLXll.LOç e èfOLXOç). Jn forza xla è un legame peccaminoso che av-
di questa distinzione ciotxla. indica la vince l'uomo: Is. 58,6: À.vE 'ltav'ta.
violazione dell'ordine umano e ciO"ÉSmx. cru\IOEcrµov à:otxla.ç ( pattéah barrubbot
l'infrazione del diritto divino . Xenoph., reia'), cfr. Hos. 13,12: O'UCT't'poq>i}v àOL-
Cyrop. VIII 8,7: 'ltEPÌ. µè:'ll itEoùc; occrÉ- xla.ç (sarur ,awon). Il fatto stesso che
Sna.'J 1tEpÌ. OÈ (i'llitpw7touc; a&xlav.Prov. cÌ.oLxla. traduca quasi sempre 'àwi5n ,
11,5: acrÉSEta. 'ltEpml 7t'tEL ci.Otxl~, espri- peccato denota chiaramente che la pa-
me Ia connessione fra i due concetti, rola esprimeva un rapporto fra l'uomo
che ritornano invece ad essere distinti e Dio, ossia un concetto eminente-
415 (l,155) rio~xoç (G. Schrenk) (I ,155)41 6

mente religioso. Cfr. Ier. 2,22; 3,13; finale: 4 Esd. 4,51 ss.; Hen . 48 ,7:
11, 1O; 13 ,22 (dove il corrispondente questo mondo dell 'ingiustizia; 91,5 ss .;
ebraico è sempre 'awon ). Non sono Mc . 16 ,14 W : ò cx.lwv oihoç 'tfjç civo-
in contraddizione con ciò i passi in µt'.cx.c;. Lo stesso concetto si trova in
cui aoLxt'.cx. traduce 'awel, iniquità , Corp . H erm. VI 4: 6 yrlp x6crµo ç
oltraggio (Ez. 18,18.24; 28 ,18; 33 , 1tÀ1}pwµcX. Écr-cL -cfjc; xcx.xt'.cxc; . 1 Io . 5,1 9:
13) oppure 'Seqer, infedeltà (lj; 118, ò x6<rµo c; oÀoç EV -cQ 'ltOVl)pQ XE~-C(H.
29.104 ). Sempre nel libro di Ezechiele Diogn . 9,1 s.: -cQ -cfjç à.8Lxt'.rxç xc.upQ 4 •
può corrispondere anch e a ma'al, de- Ques ta iniquità degli ultimi tempi sarà
l ezione, fellonia: l7 ,20A ; 39,26 . Al- srad icata dal M essia , H en. 91,8 ; Ps.
trove traduce rera' (Is . 58 ,6) oppure Sal. 17,29 : xrxl oùx à.<pi)<rn à81.xlav
ra' (Prov. 8,13 ). L'accezione fondam en- EV µÉO"t:J cxù-cwv. 17 ,36: xcd oùx fo·n v
tale ritorna in Ecclus. 17 ,26: tieni fede à.81.xla Èv -caLç "'Ìlp.Épcx1.ç mhov Èv (J.ÉO"t:J
all'Altissimo xcx.l a7t6cr-cpEcpE a7tÒ aoL- cxù-cwv. - Anche µ1.criJòç 'tfjç à8Lxt'.cxç
xt'.w;, e in 32,5 , dove à.'ltocr'tfjvm a'ltÒ (~ col. 420 ) è un concetto escatologico .
a8Lxt'.cx.ç è presentato come un sacrifi-
5 . In luogo dell 'aggettivo si trov a
cio espiatorio. Secondo Bar. 3,8 le aoL- usato talvolta (Le. 16,8; 18 ,6) il geni-
xlcx.L consistono nell'allontanamento da tivo di defin izione o di qualità alla ma-
Dio. Lo stesso Giuseppe usa aoLxlcx. niera ebraica 5 ; dr. 2 Sam. 3,34; 7,10 :
oltre che nell'accezione profana - co- ULOL (-òc;) àòLxt'.cx.ç (b•né-'awla). In
me abbiamo già rilevato - anche in Strack-Billerbeck II p. 239 sono ri-
senso spiccatamente religioso. Ant. I portati i paralleli rabbinici di ò xpL'tTJ<;
-cfjc; a8Lxlac; di Le. 18,6 . P er µrxµw-
45: Adamo si nasconde di fronte a
vriç 'tfjç aotxt'.cxc; di Le. 16,9 ~ col.
Dio cruvnowç cxv't<{j 't-i}v aoLxlcx.v; Ant. 421, e i passi paralleli ivi citati .
II 293: l'Egitto e il faraone eccitano
l'ira di Dio con l'à.oLxlcx.; in Ant. VI B. aÒLxlcx. NEL N.T .
168 la parola indica il misfatto punito
Il concetto di à.òLxlcx. è stato deli-
da Dio, mentre in Ant. XI 103 è de-
neato secondo i principi del N.T. an-
finito à.oLxt'.cx. qualunque impedimento
zitutto da Paolo e poi da Giovanni.
alla costruzione del tempio.
In un solo caso nel N.T. la parola
4. Merita un cenno particolare l'uso non è animata da un pathos interiore
di à.oLxt'.cx. nei testi apocalittici. Essi de- e profondo, ossia in 2 Cor. 12,13 :
finiscono tempo dell'iniquità il periodo xcx.plcrrxcrlte: OE µoL 'tTJ'V à.OLXLCX.V 'tCX.V-
che precede la rivelazione messianica 'tl')V, dove essa designa ironicamente

4 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV pp . 978 ss., § 10 e alt ri.


dove sono citati i paralleli rabbini: b. Sani; s KùHNER - G ERTH. II 1 (1898 ) p. 264;
97 a; Midr. HL 2, 13 (101 a); Midr. Ps. 92 MOULTON p . 113; BLASS • DEBRUNNER § 165.
417 (l,155) èHhxoc; (G. Schrenk) (1,156) 418

il ' torto ' (--,> col. 41 O) oppure l' er- o-uv11 i)Eou, che è il fondamento della
rore che Paolo avrebbe commesso non teologia di Paoìo, è formulata in Rom.
facendo gravare sui Corinti le sue esi- 6,13 - onÀa rioLxla.ç / o7tÀ.a OLxmo-
genze personali. Negli altri casi d.8Lxla. O"UVTJç - dove l' ' iniquità ' e la 'giusti-
si presenta quasi sempre con precise zia ' sono concepite come due forze
accezioni e sfumature (--,> A 2 ). ontologiche che dominano l'uomo ser-
vendosi delle sue membra come di
1. a) a.ÒLxi'.a. come contrario di ' armi '; ci8Lxlo:ç e OLXa.Locruv11ç non
OLXCUOO"UVT}. (--,> A 2 b ). àoLxlo: si tro- sono quindi genitivi di qualità 9 ma
va col significato di ribellione a Dio e auctoris.
infrazione della sua legge in Rom 1,
29 ( nrnÀ ripwµÉvovç n6:o-n à8Lxlo:, no- h) d.oLxlo: come opposto di ciÀ. {]-
vriplq., 7tÀEovEçlq:, xo:xlq.) al principio i'Jrnx (--,> A 2 e). Secondo Io. 7,18
di una enumerazione di vizi 6 che si s
(ò OÈ TJ•WV TY]V o6ço:v •OV TIɵ~o:v­
distacca da quelle tradizionali, per esem- ·oç mh6v, oihoç àÀ.TJM1ç ÈO''tLV xo:L
pio di Filone, che non tralasciano mai d.OLXlo: ÈV o:Ù•Q oùx fo•LV) la &.81xla.
la à<ppoo-uvn e non danno all' d.òLxlo: è propria di chi non cerca la gloria di
quel rilievo che ha in questo passo, Dio, ma la sua, mentre la ' verità ' è
dove è lezione concorde di tutti i co- Ji chi cerca la gloria di colui che lo
dici, mentre numerosissime sono le va- ha mandato. È un'antitesi, questa, co-
rianti degli altri termini 7 • - In Rom. mune soprattutto negli scritti di Paolo.
9,14 (µ'Ì) à8Lxla Tio:pa •Q ilEc{J;) la Così in 2 Thess. 2,10 la &:1t6:'tT} &:oL-
parola va intesa nel senso di ' ingiusti- xla.ç, a cui soggiacciono gli ci1toÀ.Àu-
zia, parzialità nel giudicare ', ossia co- µEvo1, è contrapposta alla salvezza che
me l'opposto di quella 0Lxo:Locruv11 che si raggiunge attraverso l'amore per la
è il requisito fondamentale del giudi- verità, mentre secondo 2 Thess. 2,12
ce 8 . La stessa antitesi ritorna in Rom. il contrario della 'verità', cioè della
3,5: d oÈ +i àoLxlo: fiµwv i}Eou oLxmo- fede nel vangelo, è il compiacimento
o-uvT}v o-uvlo-'tT}O"LV, dove però ( cfr. 3 ,3) per l' cioLxla., ossia per l'agire ingiusto.
Ù.oLxla. è intesa soprattutto come la In entrambi i casi il pensiero dell'auto-
infedeltà umana che si contrappone re è che la ' verità ' - ossia l'accogli-
alla OLXl'l.LOO"VVT} divina che è fedeltà mento del vangelo - supera e cancel-
incrollabile alla promessa. Ma l'antite- la l' cioLxla.. La connessione fra l' &:À.1)-
si categorica e suprema delJa OLXa.LO- i)na. e la OLXO:LOO"UVT} risulta evidentis-

6 Sugli antichi cataloghi ebraici dei pec- s KuHL, Rom. p. 324 s. interpreta invece
cati e su quelli stoici dei vizi dr. LIETZ- à.otxla come 'deviazione dalla norma'.
MANN, a.[. 9 Così KuHL, Rom. p. 210.
7 LIETZMANN, a./.
419 (l,156) iiotxoc; (G. Schrenk) (1,157) 420

sima da 1 Cor. 13,6: où xa.lpEt. È1t1. all'oscuramento della verità. Proprio


'"TIcHiLxlq., r.rvyxa.lpEL oÈ. '"TI CÌÀ.'Jl~Elq.. per questo l'enunciazione tematica di
L'obbedienza alla verità è infatti ciyci- Rom. 1,18 costituisce in ultima analisi
'lt'Jl, a cui si contrappone la cioLxla.. un superamento della distinzione tra
Anche Rom. 2,8: rÌ.1tEL~ovr.rL 'tÙ ciÀ.11- sfera morale et religiosa di cui abbiamo
~Elq., 1tEL~oµÉvoLç oÈ: 'tTI àoLxlq., sot- in precedenza parlato (~ col. 402).
tolinea l'opposizione fra la verità e
b) à.OLxla. come offesa a Dio, ossia
l' ci&xla. intesa come violazione della
come peccato(~ A 3 b).In Act. 8,23:
legge divina. La ciOLxla. è vista come
cruvoEcrµov IÌ.OLxlaç (~ col. 414), dove
una realtà obbiettiva ( cfr. 6 ,13 ), alla
quale si obbedisce come alla verità.
il genitivo può essere tanto possessivo
che auctoris, la à.OLxla. è vista come
Perciò praticando l'ingiustizia si cal-
una forza che avvince l'uomo al pec-
pesta la verità, 1,18, La contrapposi-
cato. Soprattutto il parallelo di 1 I o.
zione ritorna in 2 Tim. 2,19 (citazione
1,9 esprime chiaramente la sostanziale
parziale di Is. 26,13): CÌ7tor.r't1)'tw CÌ7tÒ
identità fra } à&xla - l'iniquità che
Ò.OLxla.ç (cfr. 'ltEPL 'ti}V à.À.1)XELa.\I 'Ì)r.r'té-
offende Dio - e l' à.µa.p'tta.; identità
x11r.ra.v, v. 18) dove tÌ.OLXLa. designa le
che è poi categoricamente affermata in
false dottrine.
1 I o. 5, 17: 1tiicra. à.&xla. à.µa.p-rla.
2. a) Il rapporto fra à.OLxla. e Èr.r'tlv. Perciò in 3,7 ss. 'ltOLE~\I 'ti]v
àr.rÉBELa. (~ A 3 a) . Anche Paolo nelle d:.µa.p'tla.v è il contrario di 1tOLE~\I -r'Ì]v
parole di Rom. 1,18: tÌ.7toxa.Àu1t'tE'ta.L OLXrLLOcrU\IT)V.
ycip Òpyi} ~Eou È1t/. 1tii.r.ra.v tÌ.O'É'3EL<l.\I
xa.1. à.OLxlav à.v~pW1tW\I, che annuncia- 3. à&xla. come concetto escatolo-
no la tematica delle due pericopi 19-23 gico (~ A 4). In 2 Thess. 2,10 l'ope-
(aberrazione del culto = CÌO"ÉBELa.) e ra dell'anticristo è definita à.m:h11 à.oL-
24-32 (perversione sessuale e sociale xlcxç 10 - dove ar:icora una volta in
= àoLxla.), distingue la ciOLxla. dalla luogo dell'attributo abbiamo un geni-
cicrÉBwx. Ma da tutto il contesto ri- tivo di qualità alla maniera ebraica (per
sulta chiaro che la ci&xla. sorge dalla il rapporto con l'ci).l]llEi.a. ~ B 1 b).
aberrazione religiosa; del resto le pa- In Iac. 3,6 - testo per la verità as-
role 'tW\I 'tTJV à.Ài]~ELa.\I È\/ CÌOLxlq. xa.- sai corrotto - la lingua è identificata
'tEXOV'tWV sono un'esplicita asserzione con il x6crµoç 'tijç à.otxla.c; escatologi-
che l'allontanamento da Dio conduce camente concepito 11 • Anche µtcrMc; 'tijç

10 Sulla lezione 'tijc; ciotxlac;, sorta indub- interpreta xéG"µoc; semplicemente nel senso
biamente per analogia di Le. 16,8 s.; 18,6, di ' ricettacolo' . Ma l'espressione è troppo
dr. DoBSCHUTZ, Thess. p. 288. generica; cfr. \VrNOISCH, ]akbr., a.l.; HAUCK,
11 A . MEYER, Riìtsel d. ]k. (1930) p. 144 ]k. p . 160.
-t21 (I,157 ) alhxoç (G. Schrenk) (I,157) 422

aÒLxla.c:;, mercede dell'iniquità, di Act. ramente i}µhs:pov, ma non qualifica


1, 18 è un concetto sostanzialmente senz'altro come aÒLxov il possesso cli
escatologico. In 2 Petr. 2,13 aÒLXOV- essa; non è da escludere però che
µé'.VO<. µLO'i)Òv aÒLXLO.<; 12 significa dan- l' espressione alquanto imprecisa ed
equivoca possa aver avuto origine an-
neggiati dalla mercede che vien data
che dal particolare atteggiamento del
all'iniquità (analogamente Apoc. 2, 11 : vangelo di Luca verso i beni terreni.
aOLX'lli}fi Èx) 13 . 2 Petr. 2,15: oc:; µLO"ilòv Qualche lume può venire soprattutto
6.&xlac:; 1)yci.7t'l"}G'é'.V (detto di Balaam) dai Targumim. Si veda T g. Hab. 2,9:
non va inteso diversamente da 2,13 14 . mamon dir'Sa' , mammona dell'iniquità
(Strack-Billerbeck II, p. 220); Tg.
4. Il genitivo di definizione alla ma- 1 S. 12,3 e Tg. Hos. 5,ll: mii.man
niera ebraica (~ A 5) si trova in Le. disqar (per lo più traduzione dell'ebrai-
16,8: oÌ.xovoµoc:; aÒLxla.ç, dove aÒLXLctç co besa' = guadagno il!ecito ). Può es-
sta per aÒLxoc:; = amministratore in- sere quindi che la locuzione µa.µwviic;
fedele , e cosl pure in 18,6: xpL"t"lÌ<; "t"'Ìjc; à.&xlo.c:; fosse usata in riferimento
"t"lj:; CÌ.ÒLxlac, = un giudice che viola ai pubblicani che avevano ammassato
la giustizia. Ma.µwvai:; "t"i')ç à.oLxla.ç di le loro inique ricchezze con la menzo-
Le. 16,9 15 pone gravi difficoltà esege- gna e l'inganno 17 • Un riferimento del
tiche. La concezione quasi feticistica genere è ovviamente da escludere in
della ricchezza come intrinsecamente Le. 16; ma non è impossibile che in
peccaminosa 16 è in contrasto col pen- questo caso l'espressione, diretta ori-
siero di Gesù quale risulta dalle sue ginariamente contro i pubblicani, sia
affermazioni e dalla sua prassi circa stata usata in un senso più ampio e
le prescrizioni purificatorie e alimentari generale. Per altro, data la grande va-
della legge; per Gesù nessuna cosa può rietà di modi in cui è tradotto nei
dirsi impura indipendentemente dal suo LXX Jeqer 18 , l'equivalenza Jeqer - ci:.ÒL-
u"so. La stessa parabola di Le. 16,1-8 xl(1 può significare anche bugia, di-
definisce la ricchezza come un ÈÀaXL- scorso menzognero, infedeltà (~ col.
1nov (v. 10), come l'opposto di CÌ.À'T]- 414). Si può anche pensare che l'e-
l}w6v (v. 11), come un ci).).6-rpLov (v. spressione di Luca riproduca una locu-
12), ossia come qualcosa che non è ve- zione semitica che nella lingua d'origine

12 Questa è la lezione di B. S. P. arm. men- 16 ZAHN, Lk. p. 578. Cfr. S. Num. 119 a
tre la koiné ha xoµ~ouµEvo~. 18,20: «L'oro e l'argento allontanano l'uomo
13 Cosi traduce giustamente WrNDISCH, dal mondo presente e da quello futuro~.
Ptbr. p. 95. Improbabile è la interpretazione Diversa è invece l'opiqione di Filone: Spec.
di KNOPF, Petrusb. p . 298 'danneggiati nel- Leg. I 104, - col. 408 .
la ricompensa '. 17 LIGHTFOOT, Horae hebr. I (ed. Carpzov
14 Grammaticalmente potrebbe essere an- Lips. 1864) pp. 843 ss. A. MERX, Die vier
che un genitivo auctoris (KNOPF, Petrusb. Kan. Evgl. II 2 (1905) p. 327 ss.
p . 301; WrNDISCH, Ptbr. p. 97), oppure un !8 RIGGENBACH 25 . miimòn difqar è evi-
genitivo di qualità: ricompensa ingiusta. dentemente la traduzione aramaica del-
IS RIGGE NBACH, Zur Exegese ecc. r- 401), l'ebraico niksé feqer , Ecclus. 5,8 (xpi)µa.aiv
pp. 21 ss. ciolxoLç).
423 (1,158) èio~xo<; (G. Schrenk) (I,158) 424

poteva assumere di volta in volta di- 2. à.oLxÉw in rapporto alla divinità.


versi significati. Non è quindi da esclu- Eur., Phoen . 958: ciÒLXEL ,cX, •wv l)Ewv.
dere che il significato originario del-
Xenoph., Mem. I 1,1: tX-òLxEi: I:wxpa-
l'espressione fosse quello di ricchezza
che inganna chi la possiede, ossia di -rnç, ouç µÈv TJ 1tOÀLç voµLSEL ikoùç
ricchezza fallace e transitoria nel senso où voµlswv - questo perché il culto
di Mc. 4,19: Ti à.rtri""C"T} ""C"OV rtÀ01hov 19 • alle divinità riconosciute dallo stato
costituisce un dovere civ ile .
Nei LXX aOLXELV corrisponde a tutte
le principalì espressioni veterotestamen-
A. à.OLXÉW AL DI FUORI DEL N.T. tarie del concetto di peccato. Così tal-
volta può tradurre hiitii'. David dice
1. à.OLXÉW significa: essere aOLXOç,
far torto nel senso di agire contro la leg-
in 2 Sam. 24 ,17: tooù Èyw dp.L, r1ol-
XTJO'CX. ( hatà' tl) alludendo a una colpa
ge. Aristot., Rhet. I 10 p. 1368 b 6 s.:
1
fo""C"w 'tÒ à.OLXELV 't'Ò ~ÀamHV ÉXOV't(X non ' giuridica o sociale ' ma soltanto
7tapà •Òv v6µov. Rhet. Al. 5 p. 1427 religiosa. In altri casi à.oLxEi:v corri-
a 36 s.: ""C"Ò µÈv cXOLXELV dvm ""C"WV 7t0- sponde a mil'al. 2 Chr. 26,16: i}olxl}-
VTjpwv civ~pW7tWV ~OLOV ( ~ ciolxT}µrx). rJ"EV ( wajjim 1 al), detto di Ozia che si
È frequente in Erodoto e negli scrit- rese colpevole di fronte a Dio brucian-
tori attici. Nel senso di far torto: do indebitamente incenso nel tempio.
Epict., Diss. II 1O,28: cioLxTjcraç, IV Altrove significa venir meno al patto:
1,167: •oùc; àoLxovv-raç. Ios. Ant. II ~ 4 3 ( 44 ), 18 : xa~ oùx i}oLxT)craµEv
26: Wç cXOEÀ.q>ÒV OÙOÈ cXOLXTJCi(XV'ta Èv ÒLa.fr-fixn crov (Siqqarnu, pie!). Spes-
x-rdvnv ocnov, Ant. II 146: OL i}oL- so poi è traduzione di /iiwa. I er. 3 ,21:
X'l'}XO'tE<;; in Ant. IV, 297 indica un i (61i di Israele 1)olxncrav Èv -rai:ç
attacco militare ingiustificato. Anche òòoi:c; av•wv (he 1 ewu). Le parole che
Filone usa il verbo nel senso di offen- seguono « perché dimenticarono Jahvé
dere: Vit. Mos. I 54; Gig. 46; Agric. loro Dio » confermano che I' ' errore '
92 e passim. Il presente Et ciÒLxw si- è concepito sempre in rapporto a Dio.
gnifica se ho torto. Cfr. LXX Ex. 2,13: lEp 9 ,5: Israele pecca continuamente,
ÀÉyEL -r{i'l à.ÒLxovv-rL e Plat., Charm. i}òl'.x'l'}crav (ha'aweh). In 3 Bar:r. 8,47
156 a: d µTi cioLxw, se non vado ( = 2 Chr. 6,37) tX-ÒLxÉw è sinonimo di
errato. O:µap•avw e di <X-voµÉw: Tjµap'toµEv,

!9 Cosl interpretavano già il Drusius, il cio~xÉw


Michaelis, il Wieseler e recentemente R1G- 1 Così CREMER-KoGEL p. 339.
GENBACH, op. cit.
425 (1 ,158) aotxoç (G . Schrenk) (1,159) 426

1)oLxl)cra.µEv, i]vo~1l)cro:11Ev hata'nu w•- mune degli uomini: Decal. 123 ; Con/.
he' ew1m1 rasa'nu). In A l'ordine dei Ling. 9 s.; Ebr. 25. Il contrario di
verbi risulta invertito: 1/3/2, e ciò de- ci.oLXELV è OLXO:.L07tpo:.yEi:v: Ebr. 26,
nota chiaramente che &.òLxEi:v poteva Agric. 123. Nella teoria dei vizi -
corrispondere a tutt'e tre le parole Det. Pot. Ins . 73 - &.oLxEi:v è asso-
ebraiche. Anche in lj; 105 (106 }, 6 ciato ad acppwv e ci.cppocruvT): Deus
dove gli stessi verbi ricorrono nell'or- lmm. 181; Con/. Lin?,. 119 ; Sobr. 69.
dine 1/3 /2 l]oi,xl)cro:r.tEv trad uce hir- I sodomiti giungono all'àÒLxEi:v per-
sa' nu. Dan . 9 ,5 associa ad -fi~.tcip-roµEv ché, secondo Con/. Ling. 27, sono
e i]oLxl)cro:1.tE\I ( uf' aw inu) il verbo i]crE- fO''tELpwp.Évouç croq.ii'.o:v xo:.ì. -ruqiÀ.oÙç
(31]cro:µEv, inteso in senso ellenistico. 01,civowv. È un tratto significativo del-
Così pure Bar. 2,12. !' etica filoniana il vedere la radice
dcli' àoLxEi:v nella sconvenienza e nel-
Sostanzialmente sulle orme dei LXX
la mancanza di moderazione: Migr .
si muove Giuseppe, che usa &.81,xEi:v
per indicare l'infrazione della legge Abr. 219.
(mosaica) e la disobbedienza a Dio. 3. ci.OLXELv in rapporto alla coscien-
Così in Ant. IV 150 è definito <iOLXELV , za sociale. Nei LXX l'accezione ' reli-
perché contrario alla legge di Dio, l'at- giosa ' di àoLxEi:v è distinta, ma non
to di Zambri che prese in moglie una scissa, da quella profana-sociale. Anche
donna già sposata; dr. IV 155, dove quando oggetto dell' <ioLxEi:v sono es-
in riferimento allo stesso fatto si leg- seri umani, il verbo traduce pur sempre
ge: ciOLXELV -re{) l)EQ ooxouv-rEç. E così ~!'- Si vedano i testi di Gen. 42,22:
anche in IV 211. Saul, che ha disob- µ1) &.01,xl)cro:-rE -rò 7tmMpLov ('al-te-
bedito a Dio (VI 151), confessa la sua he(u ), di Ex. 5,16: i ypo:.µµo:"t'Ei:ç al
colpa: <i.OLXELV wµoÀ.éyn XO:Ì. -ri)v faraone : cXOLXl)O'ELç "t'ÒV Ào:év O' o V
à.µa.p-rlo:.v oùx 1]pvEi:'to. L'intimo rap- (wehata't), di Ier . 44,18 (T.M. 37,18):
porto fra la violazione della legge e la Geremia al re: "t'Ì. i]olxT)crci crE xo:i -roùç
disobbedienza a Dio è così espresso in 7to:.i:ociç crov. Questa compenetrazione
Ant. XX 44 : -rà µÉyLcr'to: -roùç v6µovç del significato laico e di quello reli-
xo:ì. oL' o:.ù-rwv -ròv frEòv &.ovxwv. An- gioso è estranea all'uso greco ordinario.
che Filone in Leg. Ali. II 68 associa Esclusivamente israelitico è il continuo
i]olxovv ad n~1cip-ro:.vov. In Gig. 47 riferimento di àÒLXEi:v al comandamen-
&.òtxEi:v indica il peccato commesso con- to di Dio. Così ò àoLxwv (Ios., Ant.
tro Dio onnipresente, peccato che al- I 318; al plurale in Epict., Diss. II
lontana dall'uomo lo spirito divino 20,23) è in generale il malfattore, co-
della sapienza. Particolare importanza lui che non è nel giusto e àoi,xi::i:v vale
ha per lui il O'VVO:OLXELV, il peccato CO- nuocere, far torto : Soph., Ant. 1059,
427 ( 1,159) do~xoc; (G. Schrenk) (J,159 ) 428

Philo, Poster. C. 82, Con/. Ling. 25, cvx O:òt.xEi: oÙÒÉva. TIÀ l}v TWV itpocrcx:-
69 ; Spec. Leg. II 11. Soprattutto nel y6v.wv mh"fi. Danneggiare: Test. Sai.
linguaggio giuridico <HÌtXELV significa 18,3: i trentasei CT'tOLXEi:a. dicono a
Salomone: ov ovva.cra.L ljµcic; O:ot.xfjcra.L,
commettere una azione contraria alla
ibidem M. S. D. III 8 (Mac Cown
legge : Plat., Ap. 19 b; Xenoph., Mem.
92* ): <Ì.ÒLxfjcra.L nùç &.vfrpwnovc;. Corp .
I 1,1; Epict., Diss. II 5,29 : xplvw CTE Herm. X 19 a: µl)ÒÉva. O:vtlpwitwv àòL-
O:otxEi:v. Ditt. , Syll3. 635,22: 0:1wcEtcriX- xfjcra.t.. Epict., Diss. III 24 ,79: µl]Òdç
•w ò à.otxwv OLCTXt.À.lovc; CTTa.Tfjpa.c;. crE O:òtxfl, cfr. II 17,20; IV 1,95.
Detto di ostilità militari : Ios., Ant. I DrTT., Syll3 635,8 s.: ciòt.xE~v µl]oÉva..
327 : d i1ÉÀOLEV aÒLXELV. Nell 'iscrizione di un amuleto riportata
<la R . Reitzenstein 4 si legge : Tov µl}
4. Altre osservazioni sull'uso di O:otxficmL fì ~)..ci.tjJcx:L fì 7tpocrqylcra.L
O:òtxÉw si possono fare dal punto di TÒV oouÀ.O\I TOU l'}Eou . Anche Giuseppe
vista sintattico. a) Con l'accusativo del- usa il verbo nell'accezione <li dann eg-
la cosa 2 : B.G .U. IV 1138,13: o 1]ol- giare, arrecar dolore : Ant. IV 50: nv
x11crEv ȵcx:p•vpl)cr(Ev) (sec . I a. C.); TÒ\I CTÒV aÒLXfjO-rl.L i}EÀ -fio-a.VTOç Vrl.OV
Ios., Ant. VI 238: Gionata chiede a Ant. Xl 281: 0:8Lx1)cra.vTa.ç a.Ù't'ouç,
Saul, alludendo a David : TL o' O:ot.- Ant. XVII 109: <Ì.OLXELV -roùç EVEpyÉ-
XOUV'trl. xoÀiicra.t. i}f)..ac; ; con itEpl : Ta.c;. Invece in A nt. II 245; XV 144
Philo, Ios . l 56, detto del panettie- <Ì.OLXELV è usato nel senso di danneg-
re: 7tEp~ TÒ µÉyLO'TOV O:òt.xl)cra.vTa.. giare, senza l'accusativo della persona
µl)ÒÈv à.ot.xEi:v {Epict., Diss. II 15,11 : o cosa. In Ant. XIII 265 il verbo al-
&:7toÀ.À.Vwv &vtlpw7tOV µl)OÈV -fiot.Xl)XO- lude a operazioni militari, mentre in
'trl.) è un'espressione molto frequente Ap. I 98 significa oltraggiare: Ramses
in Giuseppe nelle proteste di innocen- proibì -ci}v ~a.O'LÀ.LÒa.. µl)TÉpa. aOLXEL\I.
za: Ant. I 319: Giacobbe a Laban; Così pure in Filone (Le g. All. I 51 ):
Ant. VI 3 31 : la donna di Endor a fov't'Òv O:ot.xEi:. Nel linguaggio dei rab-
Saul; Beli. I 639: Antipatro: ilE6c; bini colui che arreca danno è mazziq,
È!'.TTLV µot. "tOU µl)OÈV à.ot.XELV µap'tvc; il danneggiato è nizzaq 5 ; c) transitivo
e passim. b) transitivo con l'accusativo con l'accusativo della cosa: danneggia-
della persona 3 = far torto a qualcuno, re qualcosa 6 • In questo senso il verbo
maltrattare; danneggiare, addolorare. è usato anzitutto all'attivo: Thuc. II
LXX : ]udith 11,4: ov yà.p fo·nv oc; 71 : &.. yflv. Xenoph. , Eq. 6,3: i'.7t1tov.
1
O:òt.xi}an O'E, Ù.À.À. EÙ O'E 7tOLTJCTF.t.. Tob. Test. Sa!. 18,7 s.: òcpi}a.À.µoùc; aOLXW.
6,15: O'tL omµ6vt.o\I cpt.ÀEL mhi}v o DITT. Syll.3. 635,8 s.: •-Yiv ÒÈ À.ot.itl]v

2 Numerosi esempi del periodo . classico De/. Tab_. 2 b, righe 4 s. Cu MONT-ANDERSON,


sono raccolti in LmnELL-ScoTT p . 23; PAssow Studia Pontica III (1903 ss.) p. 20, 10 g, 15.
pp. 94 s. 5 ScHLATTER, Komm. Mt ., 590 , dove è
3 Esempi classici in LmnELL-ScoTT, PAs- citato jRH 58 a, BQ 1, 2.
sow, opp. citt. 6 Cfr. H. B. SwETE, Ko mm. Apk. (1907)
4 Poim. p. 294, 6 s. Cfr. inoltre J. R. S. a proposito di Apoc. 2, 11.
XIV (1924) p. 47, nr. 37, 7 ss. AunOLLENT,
429 (I,159) (l,160) 430

xwpav -CTJV LEpàv -cou 'A7toÀÀ.wvoc; -ccv e così pure Philo, Vit. Mos. I 56 . àoL-
Ihwtou µTj à:oLxEi:v µ110Éva. B.C.H. XEi:crìtcu nel senso di subire un torto
(1902) p. 217 : Mv -cLç -cT]v cn'i}À.11v ricorre anche in A nt. V 258; VI 144;
cioLXTJO"EL. d) CÌ.OLXELV col doppio accu- VIII 27; Bell. I 124; II 351 s.; V
sativo: maltrattare qualcuno in qual- 377. Philo, Abr. 96: Dio è V7tÉpµ.cx.xoç
che cosa: Demosth . 21,129: a TioÀÀ.ovc; -.wv O.otxoup.Évwv. Vit. Mos. I 40:
ùµwv 'Ì]olxricrEv. Nei LXX : Lev. 6,2: CÌ.OLxovµEvoL sono gli oppressi dagli in-
'Ì]oLXTJCTÉv -rL -còv 7tÀ:rwlov. Prov. 24 , servienti . I 67: il roveto ardente è
44: & µE 1)olxl)CTEV. Ios ., Ant. II 138 cruµf3oÀcv 'tWV aOLXouµÉvwv . L'uso di
detto di Giuseppe : ovòÈv yàp mhòv ò 'JÌOLXl)~LÉvoc,, à:ÒLXOU(.J.EVOC, nel senso
CÌ.OLXELV, Ant. III 271: la donna so- di danneggiato, leso è frequ ente nelle
spettata di adulterio deve giurare: µ1)- suppliche con servateci dai papiri: P.
oÈv 'Ì]ÒLXl)XÉVCH -còv avopa., cfr. Ant. Tebt. I 42 ,5 (circa 114 a. C.); P.
VI 297; X 2; Epict ., Diss. III 24,81 : Eleph. 27 a 25 (III a. C.) 8 . Ma anche
-cl cri:: TiolxT)crE Xpucrvrmoc;; e) passivo : la costruzione transitiva con l' accusa-
subire un torto, essere offeso dan- tivo della cosa può essere volta al pas-
neggiato. Plat. , Gorg. 509 c: àoLxi::i:v sivo : Sap. 14 ,29: à\j;uxotc, yàp 7trnoL-
è il male maggiore, CÌ.ÒLxi::i:crì}cx.L il ma- 116-cEç Ei.òwÀoLc; xcx.xwc, òµ6crav-rEç à.oL-
le minore 7. Polyb. XI 28 ,8: ÙTIÒ yo- x-riì}fjvcx.t ov 7tpoo-ÙÉXOV"tat . Ios., Ant.
vÉwc; tòlou cpci.crxwv dc; àpyuplou ·A.6- IV 76: Mosé si rende garante che nel-
yov àoLXEfoì}cx.L . Corp. Herm. X 21: 1' attraversamento del territorio degli
diffamazione, assassinio, maltrattamen- Idumei nulla sarà danneggiato: V7tÈp
to - OL' wv avìtpW1tOL ào~xovv-raL. Mol- 'tOV (.J.'f)ÒÈv O.otxl)i)'i}crEO"ì}aL OWCTELV oµo-
to spesso nei LXX traduce 'à'Saq oppri- Àoywv. Un caso particolare è Corp.
mere, ingannate: Deut. 28,29.33: àoL- Herm . VI 1 b, dove l'assoluta imper-
xovµi::voc; ('àsuq ); ~ 102 (103), 6: turbabilità di Dio è così descritta:
1tOLWV Ò XVpLoç xplµa 7tcXCTL 'tOLç ciOL- OV'rE xpe:L"t'COV aù-.ou ÈO"-r~v ovoÉv,
xouµÉvoLç ( l' kol-' asuqtm) ; analogamente ùcp' OU CÌ.ÒLX'Y}ì}dç 7tOÀEµTJCTEL.
~ 145 (146), 7. Invece in Is. 1,17:
pucrcx.crì}E Ò.ÒLXOVµEVOV traduce 'assetu B. ciOLXÉW NEL N .T.
hamof, e in Is. 25,3: 7toÀEtç àvì}pw-
7twv àotxouµÉvwv corrisponde a go;rm Sorprende come l'uso neotestamen-
'iirt!tm . àoLxovµEvoc; nel senso di of- tario di à&xÉw - a prescindere da
feso, oppresso ritorna spesso in Ecclus. Col. 3,25 e Apoc. 22,11 dove si espri-
4 ,9; 13,3; 32 ,16 (ebr. 35,16). Ios .,
mono con la terminologia dei LXX
Ant. II 22: cruvaOLXEL"tCX.L, padre e
due concetti peculiari della primitiva
madre vengono ugualmente colpiti dal-
l'uccisione di Giuseppe. Ant. II 260: parenesi cristiana - sia, ri spetto a
cioLxouµÉvaç detto delle ragazze che quello dei LXX {~A 2) molto meno in-
al pozzo ricevono un torto dai pastori , cisivo e assai poco permeato di uno spi-

7 Citato da Philo, Ios. 20. Wort. p . 23.


8 Cfr. MouLT. - M1LL. p. 10, PREI S IGK E,
431 (1 ,160) èilhxoc; (G. Schrenk) (1,161) 432

rito nuovo. Questo perché à.oixÉw è astenersi da ogni CÌOLXELV nella certezza
11
sostituito nell'accezione ' religiosa ' da di una giustizia finale , offrono an-
àµrxp"Tcl.vw , suo concorrente già nei che un esempio della costruzione di
LXX, e perciò ristretto al significato à.oLxÉw con l'accusativo della cosa.
spicciolo e popolare pienamente con-
b) cHìLxÉw con l'accusativo della
forme all'uso greco ordinario.
persona (~ A 4 b) si trova nella gar-
a) àoixÉw è usato all'attivo m sen- bata litote di Mt. 20,13: haLpE, oùx
so assoluto ( ~ A 1) in 2 Cor. 7,12: à.oLxw O'E, con cui l' oLxoOE0-1tO'TT)ç af-
ovx EVEXEV "Tov àoixTio-rxv-roç, 11011 per ferma l'ineccepibil e giustizia e conve-
9 12
colui che ha commesso l'errore , in nienza del suo modo di agire • In
Act. 25 ,11: d µTiv oi'iv CÌOLXW, se ho Le. 1O,19: xo:.ì ov8Èv vµéi.ç où p.ii
torto e infine in Col 3,25 giù citato: à.OLXTJ<TEL, bisognerà forse intendere
Ò yà.p (Dc EKL: ò OÈ) Ò:OLXWV xoµlo-E- oÙÒÉv come soggetto e vp.éi.ç accusa-
'TO:.L o 1]olxT)rrEv questa volta in un'ac- tivo di persona 13
. In Act. 7,26 s.:
cezione indubbiamente ' religiosa'. Per i.vo:.'Tl à.OLXEL'1'E à.À.À.1}À.ovç; ò o[ à.oLxwv
quest'ultimo passo vale ciò che è stato '1'ÒV r.:À110-lov riecheggia evidentemente
detto con ragione a proposito di Apoc. il testo dei LXX di Ex. 2,13: À.Éyn 'Ti{)
10
22,11 (ò àoixwv à.oLXT)O-ci'Tw E'TL) e à.oLXOUV'TL . Le espressioni di 1 Cor.
cioè che esso riproduce un concetto e 6,8: vµEi:ç <Ì.OLXEL'TE xo:.Ì 'TOV'TO <Ì.OEÀ.-
una formula tipici della primitiva pre- <povç, e di 2 Cor. 7 ,2: ovoÉva i)OLXYJ-
dicazione cristiana. Le parole di Col. o-aµEv alludono sempre ad oltraggi sia
3 ,25, che concludono un brano indi- materiali, sia morali. Le ' locuste' di
rizzato agli schiavi ammonendoli ad Apoc. 9, 1O possono à.oLxijo-aL "tovç

9 Gli argomenti addotti dallo ZAHN, Einl. drone) - come fa Io EWALD, Gefbr. p. 432
I p. 248, contro l'interpretazione corrente di - basandosi sul fatto che Paolo adopera
d.01.xi}<ra.v"t'oç nel senso di ' colui che offen- 6:61.xÉ.w soltanto in senso profano, poiché in
de, oltraggia' sono confermati dai papiri, questo caso l'uso, eccezionale in Paolo, del
dove - cfr. PREISIGKE, Wort. II pp. 37.631 verbo nel significato ' religioso ' si spiega con
- il concetto di 'offe11dere, oltraggiare' è il carattere di formula tradizionale dell'e-
espresso non da d.01.xÉw, ma da Àoi.oopÉw spressione. Diversa è l' interpretazione di
e v~plt;w. A. DEBRUNNER: «II principio valido nella
IO Cosi LOHMEYER, Apok. p. 176, richia- sfera giuridica: ò a.s~xwv xoµl<rE'ta.t o fiol-
mandosi al fatto che - tranne quest'unico XTJO'EV, senza 7tpo<rw7to ÀT]µl!ilr.t., vale anche
caso - nell'Apocalisse d.01.xe:Lv significa sem- per Dio».
pre danneggiare, e non peccare. J).poc. 22, 12 Cfr. KLOSTERMANN, Mt. p. 161.
11 è una reminiscenza di <ivoµTj<rw<rw {ivo- 13 ZAHN, Lk. p. 422. Potrebbe però trat-
µ01., e Dan. 12, 10 (LXX: ciµap"t'WIJLV ot tarsi anche di un doppio accusativo (KLO-
à.µa.p"t'wÀol), cfr. BoussET, Apok. p. 457 . STERMANN, Lk., a.l.: in nessuna cosa). Per le
Il Che l'esortazione sia rivolta soprattutto negazioni contenute nella frase cfr. BLAss -
agli schiavi, risulta chiaro dal contesto. Ma DEBRUNNER § 431, 3.
è errato tradurre con 'danneggiare' (il pa-
433 (l,161) èi.lìtxoc; (G . Schrenk) (I ,161) 434

à.vi7pw7tovc; µfjvac; 7tÉv·n:. La stessa co- à.8Lxi]i7fj Èx. -roi:i i7cxvchov -roi:i OEV'tÉpov.
struzione si trova in 11,5: Et ·ne; l}E- Ù.OLXEi:o"DaL con l'accusativo della cosa:
)... TJO"TI 11.V'tOÙç !Ì.OLXfjCTaL . 2 Pet. 2,13: Ù.OLXOU!..lEVOt (B S P arm.) 16
µLo-Mv à.otxi'.aç, danneggiati, ingannati
c) à.oLxEi:v, danneggiare, con l'accu-
dalla mercede dell'iniquità, è una co-
sativo della cosa (~ A 4 c) è una co-
struzione rarissima 17 .
struzione molto frequente nell' Apoca-
lisse per indicare i flagelli con cui la
giustizia divina colpisce il 'mondo'.
6 ,6 : -rò EÀmov xaL -ròv ot vov µTi à..,
7,2 s.: à.. -rl]v yijv xaì, -rl]v M.À.a.O"O"av, A . &olxijµcx AL DI FUORI DEL N.T .

9,4: LV«1. µli Ù.. 'tÒV XOP'tOV 'tijç yijc;, Nella grecità profana à.olxl)µcx. è un
9 ,19: Èv mhai:c; (per mezzo delle code) deverbale di &otxÉw e indica in con-
Ù.OLXOUCTL (i ca valli). creto l'azione ingiusta effettivamente
compiuta. Tale è la definizione di Ari-
d) Con il doppio accusativo (~ A stotele (Eth . Nic. V 10 p. 1135 a
4 d). Mentre Le. 10,19 (v. sopra) può 1o ss.): aOLXOV p.Èv yap ÈO"'tLV -rfi q>u-
essere variamente interpretato, è cer- O"EL lì -r<it,n, cx.v'tò oÈ 'tov-ro, o-rcx.v

ta invece la costruzione del doppio ac- 7tpax!}fi, à.olx'T}~La fo-rLv, 7tpì.v oÈ 7tpcx.x-
Dijvm, OU1tW &)...)...' aOLXOV. Perciò à:ol-
cusativo in Act. 25,10: 'Iovoalovc;
Xijµa. si disingue da Ù.ÒLxla., che si-
oÙoÈv l)olxi]cra, in Gal. 4,12: oùoÉv
gnifica ingiustizia in senso astratto.
µE i}oLx-i)cra'tE, in Philem. 18: d oÉ Istruttivo è al riguardo Xenoph., Mem.
'tL l)olx'T}o-Év o-E, se ti ha offeso in II 2,3: cx.t 1tOÀELç È1t~ . 'toi:c; µqlo--roLc;
qualcosa 14 • à.oLx-i)µcx.crL s'Tlµla.v itèfvcx.'tov 7tE1tOL-i)-
xacrLV wc; OÙX rJ.v µElsovoc; XCX.XOU q>O-
e) Passivo (~ A 4 e). Act. 7,24: B~ 'tTJV <ioLxlcx.v 1tavcra.vw;. A diffe-
1.owv 'tLVcx. à.oLxovµEvov, vedendo uno renza di ciµap-rl)µcx., ' mancanza, erro-
maltrattato. 1 Cor. 6,7: od~ -rl OVXL re' e di ti'tuxlJµcx., 'sbaglio, errore com-
µaU.ov à.oLxEi:crl}E; Vg. quare non ma- messo per ignoranza ', <iolxi]µcx. indica
gis iniuriam accipitis? 2 Cor. 7 ,12: per lo più l'azione ingiusta commessa
intenzionalmente. Cfr. Aristot. , Eth.
EVEXEV 'toi:i Ù.OLXT}i7Év'toc;, a motivo di
Nic. V 10 p. 1135 b 20 ss .; Rhet. I
colui che ha subito un'ingiuria 15 • à.oL- 13 p. 1374 b 8 e Eth. Nic. V 10
xEi:crDcu Èx, essere danneggiato da qual- p. 1135 a 21 ss.: o-rcx.v yò:p Èxouo-LOV
cuno o qualcosa: Apoc. 2, 11: cù µli 1), tYÉYE'taL, éiµcx. ÒÈ xcx.ì, &òlxl)µcx. 'tO'tE

14 LoHMEYER, Philm ., p. 190: 'danneg- (lectio facili or).


giato' rubandoti, compiendo male o addirit- 11 ~cHhxlix n. 13.
tura non compiendo il suo servizio.
15 Cfr. ZAHN, n. 9 sopra; LIETZMANN,
ci.olxTJµix
Kor. p. 133. TRENCH p. 155. Per la definizione: Themist.,
16 ACK 33 vg syh hanno xoµtcruµEVOL Or. 1 (15 c).
435 (l,162) a.o~xoc; (G. Schrenk) (I,162) 436

È(J'tlv· Wu-c'fo-caL '"CL aOLXOV µÈv à.olxYj- 17,9: oç XpU1t'"CEL à.ÒLx'iJµa.-ca., ST}'"CEL
µa 8'ov1':w Mv µ1) -cò Èxovcnov npocrf( qnÀi'.av. In Ex. 22,9 (T.M. 22,8) indica
Perciò aolx:riµa indica spesso il mi- in parti colare la sottrazione del be-
s/atto, per es. delle truppe scatenate stiame. Può trovarsi in parallelo con
(Polyb. I 66,6.8). Anche in Filone si àµcip-rYJ1..1.a o à.µap-clm: Gen. 31,36;
trova nel senso di atto oppressivo de! Lev. 16,16. Corrisponde a 'aw6n in
nemico (Rer. Div. Her . 289) e di azioni 1 Sam . 20,l: -rl -cò à.olxY}µa µou xd
violente (Vit. Mos. I 149). Nei papiri '"Cl 1Jµcl.p-r·(jxa Èvwmov -cou na.-cp6ç <rou.
à.OlXT]µa indica la violenza fatta a una In altri casi indica esplicitamente il
donna: B.G.U. IV 10g8,22 (sec. I a. torto fatto al prossimo: Ecclus. 10,6:
C.): dç a.ù-c1)v à.olxYJp.cx., oppure la ÈnÌ, na.vi:Ì, CÌ.OLXT]p.a.-cL WÌ'J ~tT]VLcXuYJç
frode, la sottrazione indebita: P. Amh. -c0 n),YjuLOV, 28,2: acpEç CÌ.ÒlXY)~La. i:<{J
II 33 ,13 (circa 157 a. C.) 2 . Si tratta nÀ Y)ulov crou; pili generico è invece il
sempre, comunque, di azioni concrete senso della parola in ep. 1er. 5 3:
giuridicamente determinabili .i . oÙoÈ µ1) pvvwvi:a.L aolxY}µa 5 •
Nei LXX la parola è relativamente à.8lx'Y)µ.a è usato frequentemente da
rara e viene usata prevalentemente nel Giuseppe e Filone. In Giuseppe l'ac-
significato di infrazione della legge, cezione prevalente è quella di alto
mancanza verso Dio. Spesso traduce contrario alla legge non in senso so-
'aw6n, misfatto, sempre verso Dio: I s. ciale ', bensì religioso-sacrale. Infatti,
59,12: xat -cà. à.oLx1)µa.-ca (wa' aw6- dice Giuseppe, per i farisei i sacer-
noténu) i]µwv EyVWµEV, Ier. 16.17: doti commettono cì.olxljµa, ossia un
oùx Èpxv~YJ -i:ii cX.oLx'l)µa.-ca ('aw6nam) atto ingiusto in guanto contrario alla
cx.v-i:wv &.nÉva.v-i:L -cwv òqi~aÀµwv µov, legge, mangiando farina durante la fe-
Ez.14,10: xa.-i:ò: -cò &.olxYJµa. (ka' aw6n) sta del pane azzimo seppure in periodo
-cou ÈTIEPW"twv-coç. Ma può corrispon- di carestia (Ant. III, 321 ). In Bel!. I
dere anche a mispaf, Soph. 3,15: 'ltE- 3 5 si parla di -ca.i:ç ÙnEp~oÀa.i:c; -cwv
PLELÀEv KvpLoç -cò: à.oLx{iµa.-ccl. crou 4 , CÌ.OLXljµa"twv riguardo a Bacchide che
oppure a pda', colpa, errore: Prov. esegue le prescrizioni di Antioco con-

I A questa definizione si ispira Filone SOW, S. V.


(Leg. All. I 35): d ye: -.à. cixcua~a xat Il T. M. (mispataik) è vocalizzato d3
4
xa-.ti liyvc~av cùoÈ à.o~xnµd:-.wv f'.xe:w J. WELLHAUSEN, Kl. Proph. (1898)3 come
À.Òyov q>aal -.we:c;. Ma egli stesso parla tran- m•softaik. Osserva in proposito H. H. Schae-
quillamente di &.xcvaw. &.o~x-fiµa-.a: Poster. der: l'esattezza della vocalizzazione del W ell-
C. 48; Deus Imm . 128; Agric. 180. Indica- hausen è assicurata dal termine corrispon-
tiva della chiara e consapevole distinzione dente 'jbk='oj•bajk. La traduzione fatta dai
fra &.olxl]µ<X e ci.-.vxnµa è la variante di LXX di msftik con -.à. cioLxiiµa-.à. aou è
Polyb. III 20,6, dove il Cod. C sostituisce dovuta al tentativo di render meglio la inter-
à.o~xiiµa-.cc; ad 6.-.uxiiµa"toc;. pretazione delle consonanti notoriamente er-
2 Altri esempi in MouLT.-MILL. p. 10; ronea che si esprime nella vocalizzazione
PREISIGKE, Wort. p. 23. masoretica.
3 Per l'uso di à.olxl]µa con preposizioni s Nell'A.T. il significato ' religioso' della
nella lingua classica ( itp6c; -.wa, Etc; 'tL, ite:pl parola non è distinto da quello ' sociale '
-.~) e per lo scarso materiale fornito dal (CREMER - Ki.iGEI. p. 339).
N.T. dr. LrnDELL - ScoTT s. v. sotto I, PAs-
-Dì (l,162) èi.oLxoc; (G. Schrenk) (I,163) 438

trarie alla legge. Allo stesso modo in in Sp ec. Leg. I 229, dove il sommo
Ant. XX 182 la parola indica le vio- sacerdote intercede per la ciµv'l)O-"tla
lenze commesse da Felice contro i Giu- CÌ.ÒLX'l)µa"twv; anche in I 243 , dove la
dei ; in Ant. II 145 il torto effettivo legge consola quelli che non percorrono
fatto a Giuseppe dai fratelli; invece "tTJv "tWV à.8Lx11µa"twv éoév. È questo
in Ant. VI 209 il preteso torto fatto il senso di a8lx11µa nelle affermazioni
da David a Saul. Designa poi, a secon- relative alla generale fallibilità umana;
da dei casi, vari fa tti concreti (in Ant. Ebr . 73: la vita umana è piena di
II 140 il furto delle coppe : anche in à.8Lxl)µa"ta , Det. Pot . Ins . 170 : l'ani-
Filone, los. 216 ; in Beli. Il 581 il ma ha bisogno di una xciltapo-lc; -cwv
furto , il saccheggio, le ruberi e; in A nt . à.µvììl]i:rJJv à.oLY.l)µa"twv. Queste ven-
VIII 20 lo spergiuro ; in Ant . XIII 265 gono compiute secondo Leg. Alt. II
azioni illecite lesive dei trattati) sem- 107; ovx ave:u 'Jtavoupylac; "tTJc; lo-xa-
pre nell'ambito di qu ell 'accezione fon- 't'l)c;. L'ide a fondamentale di Filone è
damentale che abbiamo fis sato. che (Decal. 91) la à:i)Eo"t'r)ç sia 'lt'rJYTJ
Si potrebbe al m assimo considerare itav"twv à.oLxl)µa"twv. Appunto con-
casi contrari quei pass i co me Bell . IV, tro gli CÌÒlxT)µa"ta. si scatena l'ira di
150, dove a i:à. Etc; à.vltpwnovc; à.8Lx1)- Dio (Abr. 40 s. ); l' à.8lx11µa. soggiace
µa:ta. vien Contra pposta Ja v0pLç btt (los. 170) al giudizio "ti)ç Écpopou 8lx11c;
i:ò ltELov; ma va notato che qu esta è -cwv &.vltpwne:lwv itpayµa"twv; per i
intesa nel senso particolare di ' lesione loro &.olxl]µa."to: i Sodomiti sono con-
delle norme cultuali '. Così in Filone dannati dal Giudice supremo (Abr .
(Dee al. 2) la distinzione fra i:à. npòc; 133 ). Gli ci8Lx1)µa."ta. sono (Con/. Ling.
"tÒ i)ELOV à.voo-wupy1)µa.w. e "tCÌ. 'ltpÒç 30) l'opposto dell' ÈO-"tWC, à.e:l. ì}E6ç. Ma
à.)).. 1)À.ouc; à.8Lx1)µa."ta., come pure la Dio può liberare anche da essi (Rer .
contrapposizione, in Conf. Ling. 114, Div. Her. 186). La gratitudine e la
di "tà. à.vi)pwitELCX à.8Lxl]µa."ta. e à.o-É- venerazione verso Dio tengono l'uomo
~ELCX, à.fre:é"t'l)ç (disposte in successione lontano dagli à.8Lxl]µa.-.a.. Grande im-
enfatica) si spiei:,.mo semplicemente con portanza ha infine nella dinamica degli
due diverse classificazioni. Se in Ios . &.8Lxl]µa-.a l'elemento psicologico: es-
44 l'adulterio è 1:0 µÉ.yLO'"tOV "tWV à.ÒL- si infatti traviano la coscienza (Det.
X'l)µchwv, lo stesso in Spec. Leg. II Pot. lns. 146; Spec. Leg. II 49);
38 è detto anche dell' ÒÀLywpla. di hanno origine dalla o-wµchwv i}oovn
Dio ; dal che appare chiaro che la (Op. Mund. 152); producono la ubria-
µoLXEla non è altro per Filone che di- chezza {Sobr. 5) che porta all'ossessio-
sprezzo di Dio. Allo stesso modo in ne; sono come un'onda che sommerge
Con/. Ling. 15 vengono definite à.8L- l'anima e travolge il vovc; (Agric . 89).
x1)µa"ta. anche le colpe e:tc; "tÒ fre:Lov.
In Deus. !mm. 138 à.8Lxl]µa."ta. è mes- B. &.8lx11µa NEL N.T.
so in parallelo con àµa.p .. l]µaw .. 'Aol-
x11µa indica genericamente l'azione Circa l'uso e il valore di &.8lx11µa.
peccaminosa in Deeal. 17 3, dove la nel N.T., dove ricorre solo tre volte,
ÈmDvµla. è 1i "t(\.lv CÌ.OLX'l)µchwv Til)yl]; valgono le stesse considerazioni fatte
439 (l,163) /i.ow (H. Schlier) (l ,163) 440

a proposito di ~ Ù.OLXE~V (B ). Le pa- In Act. 24,20 : (Paolo a Felice)


role di Apoc. 18,5: ÈxoÀÀ1}ih1rrn.v a.u- ov'toL dmhwcmv 'tl Evpov ù.8lxrnw. -
'tf)ç (di Babilonia) a.L aµap-tlru liXPL la parola esprime l'infrazione della leg-
'tOV oupa.vou XCXÌ. ȵv'r)µOVEVO'EV Ò l}Eòç ge giudaica. Invece in Act. 18,14 (Gal-
'tà. Ù.oLx1}µa'ta au'tflç - dove à.oLx1}- lione ai Giudei) : d µÈv liv ù.8lxru;..ci 'tL
µa'ta è sinonimo di aµap'tla.L - sono tì pq.8Lovpy'T]µa novi)pov, la stessa pa-
una ripresa dei LXX in IEp 28,6 (T.M. rola indica la consapevole e criminosa
51,6), ma a ÈV 'tfJ Ù.OLXLq. a.u-.f)ç è violazione del diritto romanamente con-
stato sostituito il plurale Ù.oLx1}µa'ta , cepito, mentre pq.oLovpyiJ~LIX des igna la
che è assai più incisivo dell 'astratto e colpa commessa per leggerezza 7 •
meglio indica la flagrante concretezza
degli innumerevoli atti peccaminosi 6 • G. SCllRENK

ci06x,µoc; ~ 06x,µoc;
ciouvcrcoc;, ciovva-rÉw ~ ouvaµa '

t fi.ow

Cantare 1 : a) intr. LXX ~ 56 ,8 e sia il canto sia lo formula e dicere può


passim; Herm. S. 9,11.5; Tat. 1,1; essere usato nel significato di cantare 2 •
22,2. - b) trans. LXX Ex. 15,1; Num. In realtà il passaggio dalla parola al
21,1, ecc. Con il dativo 'tLvl, Ex. 15, canto è tutt'altro che nettamente defi-
21; ~ 67,5; Philo, Agric. 79. Cantare nito e ciò spiega l'ambivalenza seman-
nel senso di celebrare qualcuno o qual- tica dei termini relativi. Nel senso di
cosa: Tat. 33,2; Ign. Eph. 4,1; Mg.
celebrare fi.onv si avvicina a ùµvijcrat ,
1,2; Diogn. 11 ,6. In genere fi.onv è
4'aÀÀrn1, a.tvE~v e può alternare con
considerato l'opposto di ÀÉyE.LV: Philo,
essi : Themist. Or. 1 ( 4 a); Epict., Diss.
Som. I 256, cfr . Xenoph ., Cyr. III 3,
5 5, sebbene in qualche caso si trovi I 16,15 ss .; Ael. Arist., Or. 50 (26),
usato proprio come sinonimo del me- 38 ss. (II 435,11 ss. KEIL); LXX 1 Chr.
desimo (Max . Tyr. XXXV 3 ), allo stes- 16,7-10; 4' 20,13 ; più tardi in Orige-
so modo che in latino carmen designa ne, c. Cels. 8 ,67.

6 ZAHN, Apk. p. 572 . ]. KROLL, Die Hymnendichtung des fruh en


7 Cfr. ZAHN, Apk. p. 658. Christentums: Antike 2 (1926) pp. 258-
281.
q.c.w x-.i. I PASSOW; LIDDELL-ScoTT, S.V.
J. KROLL, Die christl. Hymnodik bis :r.u Cl. 2 F. ] . DdLGER, Sol Salutis2 (1925) p. 124.
Al. (1921). Cfr. Act. Thom . p. 6.
-W (I,164) èj.ow (H. Schlier) (l ,164)442

Nel N.T. è usato nelle espressioni: mi) e quelli del Nuovo accolti dalla li-
(ioEw ( "'t"ÌJv) Q>ol)v Apoc. 5,9; 14,3; turgia della Chiesa. Nelle pagine del
15 ,3 e èi.orw ...... 't"0 1'EQ ( "tQ xuplc.p) N.T. la <tlOTJ cristiana si pres enta con
Col. 3,16; Eph. 5,19 . Nell'Apocalisse le seguenti caratteristiche confermate
lo stesso concetto è reso con À.Éynv dagli esemplari rimastici e da notizie
cpwvfl µfYaÀ:o: 5,13 e con À.ÉyEw (cfr. di altra provenienza:
15,3 e il À.a.À.Ei:v di Eph. 5,19) . In
a) le <poa.L ecc. sono canti cult uali
Eph. 5,19 non sussiste differenza di
della comunità, non vengono cioè ese-
significato fra èj.oov'tEC, e ~aÀ.À.OV''t"EC,
guiti dai singoli - come è invece il
(lust., Dia!. 74 ,3 ).
caso degli inni individuali gnostici docu-
mentati soprattutto dalle Odi di Salo-
mone - ma dall 'intera ÈxxÀ:rio-la radu-
Può significare a) canto, sia in gene- nata per celebrare il culto. Ciò spiega
rale, sia, in particolare, b) l' inno di l'anonimia degli antichi canti ecclesia-
qualunque genere accompagnato dalla stici e il loro legame con la tradizione,
XL1'ripà e dall' a.ÙÀ6ç 1• I LXX pratica- ossia praticamente con l' A.T. Soltanto
mente conoscono la parola quasi sol- col sec. II affiorano le prime notizie
tanto nell'accezione di ' inno religioso '
relative agli autori dei canti cultuali ,
(si ricordi però la eì>oii 7trX'tpLoç in
3 Mach. 6,32). Deriva di qui l'uso pro- mentre ancora in Didasc. 2 p. 5,29 s. si
miscuo di c{>ol), ~a.À.µòç, uµvoç. ljJ 4 7 legge: « e se desideri inni hai i salmi
tit. B: \j.ia.Àµòc; c{>oi\c;, S: c.f>oiJ \j.ia.Àµov di David ».
Filone (Agric. 81) definisce il canto di
ringraziamento di Ex. 15,1 ss. dappri- b) La <ÌJol) è un canto ispirato 2• A
ma come mx.paÀLoç <ÌJol) e poi come questo allude l'attributo 7tVEUµCX.'tLX6ç,
vµvoç. Cfr. Epict., Diss. I 16,15 ss.; che però è anche una generica desi-
Philo, Flacc. 22; Const . Ap. III 7,7; gnazione del carattere ' religioso ' del
Mart. Mt. 25.
canto stesso. Le ci>ocx.l sono annoverate
Anche il N.T. non distingue fra fra le cose celesti (Act . Thom. 76;
c{>ol), \j.ia.Àµéç e vµvoç (Col. 3,16: Eph. Iust., Dial. 118 b) e la loro frequente
5,19), mentre in un periodo successivo improvvisazione vien fatta dipendere
0oli (canticum) sta a indicare stabil- dal loro carattere carismatico (1 Cor.
mente ì canti dell'A.T . (tranne i sal- 14,26, cfr. Act. 4,24 ); Tert ., Adv.

05-fi innere Lied der Seele: A.R.W. 22 (1924)


I PASSOW, 5. V. pp. 266 - 283; per il canto ispirato cfr.
2 Al carattere ispirato alludono anche le E. NoRDEN, Geburt des Kindes (1924) pa-
espressioni "TI xapol~ vµwv,di Eph. 5,19 e gina 104; H . ScHLIER, Religionsg. Unters.
Èv "tTI xcipL"tL èi.ooV"tEC, Èv "trl.~ç xapo(aLç zu d. I gn . briefen (1929) pp. 144 s.
vµwv, di Col. 3,16. N . V. ARSENIEW, Das
443 (I,164) ch)p (W. Foerster) (I,165) 444

Mare. 5,8; Apolog. 39,18. fatto che nelle 0oa.1. sono gli stessi
membri della comunità che si ammae-
e) Appunto perché ispirato il can-
strano e si esortano reciprocamente
to cultuale, lungi dal rappresentare per
( OLoci.crxov-rc;c; xa.1. voulktovv·w; fo.u-
la cristianità primitiva « il tentativo di
-rouc; ljJa.À.µoLc; x-rÀ.., Col. 3,16), con
esprimere nel più alto dei modi un al-
parole che, secondo Eph. 5,19, sono
tissimo sentimento religioso ... di mani-
di vario genere: À.aÀ.ovv-rc;ç ta.u'toi:ç
festare visibilmente la nuova disposi-
._J;aÀ.1ioi:ç XO.L uµVOL<; XCl.L cpOa.i:ç 'lt\IEU-
zione degli spiriti » 3 era invece consi-
µa.'tLXO.Lç (i.oov-rc;ç xa.1. lf;ci.À.À.ov-rEc;. Il
derato dalla Chiesa delle origini come
canto della Chiesa non è altro che una
À.6yoç -rou XpLo--rou (Col. 3,16), un
ripresa cultuale, in forma dialogica, del-
particolare aspetto dell'insegnamento e
la parola stessa di Cristo. In questo
della rivelazione orale del Cristo in
senso si può dire che il canto riempie
quanto, come ben dice Ignazio (Eph.
la comunità di Spirito Santo 4 •
4,1 ): 'hio-ouç XpLo--ròç Q.oE-raL. Ciò non
signifìca però che i canti non fossero e) L'Apocalisse inserisce il ' canto '
opera anche dei fedeli, in quanto essi m una prospettiva escatologica (5,9;
ripetevano con le labbra ciò che Cristo 14,3; 15,3) e per questo parla talvolta
aveva detto ai loro cuori ( (i.oov-rEç Èv di una ~ùi} xa.LVTJ. Se il giudaismo po·
-ra.Lç xa.polaLc; ùµwv -rQ lh:Q). Appun- teva dire: « nei giorni del Messia
to perché À.6yoç -rov XpLo--rou le 0oa1. Israele innalzerà un nuovo canto in
'ltVEVµa.-rLxal sono per Io più inni a ringraziamento dell'opera meravigliosa
Cristo e alla mirabile opera redentrice della sua redenzione » 5 , per la comu·
che Dio ha compiuto in lui. Ne è un nità cristiana i ' tempi del Messia' so-
esempio 1 Tim. 3,16. no giunti; ed essa può quindi innal-
zare in terra e in cielo il suo cantico
d) La differenza fra questo ).6yoç
di ringraziamento e di lode per la mi-
-rov XpLCT'tou e il Àéyoc; -rou Kuplou,
rabile opera compiuta da Dio.
di cui l'apostolo è banditore nel suo
xi}puyµa e nella sua OLOa.xi}, sta nel H. ScHLIER

èi!;,uµoc; ~ suµl}

tiljp

Secondo l'antica cosmogonia la re- alla luna, dove comincia la regione del-
gione dell'aria si stende dalla terra fìno le stelle fisse. L'aria, essendo nel pen-

3 J.
KROLL, in: Antike 2 (1926) p. 258 . 17 (cfr . Di:iLGER, o.e., p. 132s.).
4 Il canto della comunità è messo sullo 5 STRACK • BILLERBECK III p . 801.
stesso piano della profezia, Con/. Cypriani
445 (I,165) à.Mµ~-coç (A. Oepke) (I,166) 446

siero dei Greci più densa del purissimo posizione intermedia fra la terra e il
etere, era immaginata come la sede cielo, è presentata come il luogo in
degli spiriti imperfetti 1 . Perciò la reli- cui i credenti andranno incontro al Si-
gnore, quando alla parusia verrà per
gione popolare greca, come ogni reli-
fondare il suo regno 4• 'A{jp è usato
gione animistica, popolò l'aria di spi·
anche in espressioni proverbiali: 1 Cor.
riti maligni che insidiavano l'uomo. Il 9 ,26: fowiJE yàp dc; Ò.Épa À.aÀ.OUV'tEç
tardo giudaismo distingueva nettamen· = parlare al vento (detto di coloro
te angeli e demoni e assegnava a que- che avevano il dono delle lingue ) 3 .
sti ultimi come sede anche l'aria 1 . Sul- L'immagine usata da Paolo in 1 Cor.
la traccia di idee comuni nel primo 9 ,26 per definire la propria battaglia
missionaria {oihwç 1tUX"tEUW wç OÙX
cristianesimo, Paolo accenna ad un
Ò.Épa oÉpwv) può significare: non com-
'regno' degli spiriti dell'aria soggetto battere una lotta apparente (bensì com-
a Satana: Eph. 2,2: Ò:[.LCXp"tlcnc; ... Èv battere effettivamente) 6 , oppure non
ate; 7tO't'E TCEp1rna·n')CJa.:"tE ... xa"tà. -ròv fallire il colpo, ma colpire nel segno 7 •
apxona.: -r'i'jc; É~ouda.:c; -rou èdpoc; 3 • Entrambe le interpretazioni sono lin-
guisticamente possibili 8 .
In 1 Thess. 4,17 (dç Ò.7tciv"tì)cnv
-rou xvplov dc; Ò:Épa) l'aria, per la sua W. FOERSTER

Nella lingua non attica e post-attica -r6ç, quindi =


illegale, inammissibile,
= cil1éµ1cnoç, è l'opposto di 1tEµL( cr) · delittuoso, sempre in riferimento a un

à.ljp
I Le idee greche sugli spmti sono però Geisterwelt im Glauben d. Pls. (1909)
molto varie. Per questo e per ciò che segue p. 156 s.; G. KuRzE, Engels- u. Teufelsglaube
~ oo:lµwv. La credenza popolare ellenica d. Ap. Pls. (1915) pp. 86-91.
si riflette nell'appellativo à.Ep~xci, col quale 4 à.1tcivn]O"t<;. Cfr. E. PETERSON in Z.S.
vengono designati ancor oggi in Grecia gli Th. 8 ( 1930) pp. 682 ss. Dal contesto risulta
spiriti maligni, F. PFISTER, Philologus 69 che si tratta della venuta del Signore per in-
(1910) p. 427. staurare il suo regno.
2 STRACK-BILLERBECK IV p. 515 ss. s Esempi in PREUSCHEN·BAUER s.v. ài}p.
3 L'idea di un ' regno ' aereo degli spinti 6 Così BACHMANN, Kommentar, a.l.

maligni è sconosciuta al giudaismo. La le- 7 Così ]o. WEISS, lKor., a. l.


zione di Test . B. 3,4: -.ou à.Eplou 1tVEvµo:-.oç s A favore della prima interpretazione si
-.ov BEÀ.lap è tutt'altro che sicura né può può citare Theophil., Ad Auto!. III 2 (M.
esser presa in considerazio11e a questo pro- P.G. VI p. ll21 b): -.p67tcp ycip -.w~ ot -.à.
posito la Ascensio Isaiae ~ ~iLci~oÀ.oç. Vedi éiol)ÀOC O'U'yypocq>onEç à.Épcx OÉPOUCTL, della
i commenti al passo paolino e inoltre O. seconda Greg . Naz., Hom. XXI 389 (M.P.G.
EvERLING, D. pl. Angelologie u. Diimonologie XXXV 1088 b): -.wv à.&À11-.wv -.otc; à.1tElpotc;
(1888) pp. 105 ss., 111 s.; M. DIBELIUS, ot -.òv àepo: 7t"ì.Elw mzlov-.Eç fi "t'OC O"wµa-.o: ...
447 (1,166) dìkcrµoc, (A. Oepke) (1,167) 448

ordine costituito e a una volontà su- sessuali inammissibili ( Vett. Val. 4 3 ,27
periore. a) In senso cultuale: ve:xpà. Kroll), l'ira (1 Clem. 63,2), le opere
crwµa'ta sono per Era e Demetra ài}É- dell'anticristo (Did. 16,4). Fra a) e b)
µL'tcx.: P. Turin. I 2,22 (sec. II a. C.). non c'è una distinzione netta. Detto
Per gli Ebrei i sacrifici vietati dalla di persone: Orph. Frg . 232 Kern :
legge (2 Mach. 6 ,5), la commestione À.vcri,c, npoy6vwv à.ìJq.1.i'.cr-cwv 1• à.lJɵvt6v
di carne suina (2 Mach . 7,1), il lascia- Écr·nv con l'infinito: Plut., Sept. Sap .
re aperte di notte le porte del tempio Conv. 5 (Il 1_50 s. ); Ios. , Bell. I , 650;
(Ios ., Ap. II 119) erano ài}ɵt,'tOV. Ap. II 119.
b) In senso morale-religioso: 1;e:vo-cox-
In 1 Petr. 4,3 tra le colpe specifiche
VLC1.L àìJÉp.Lcr-coi, (Dian. Hai., Ant. Rom.
I, 41 ); la qualifica vale pure per il dei pagani - Ò.aÉÀ. yua..L, ÈmiJvp.lcn,
fumo di un bambino arrostito (Ios., ecc . - vengono annoverate anche le
Beli. VI, 209), per la preghiera di chi à.iJÉ~ivroL ELòwÀ.oÀ.o:tplcx.i, 2 • In Act . 10,
non assolve i suoi doveri (Xenoph., 28 la concezione fari saica superata dal
Cyrop . I 6,6; sinon.: mx.pà. -cave, -cwv cri stianesimo è così formulata : Ò.Dɵi,-
frEwv frEcrµovc, e na..pav6µoc,); si hann)
'tOV Ècnw 6.vòpL 'Iovòcxl4> ... npoirÉp-
ancora EÙXal ài}ɵi,-coL (Plut., Aem.
xe:crilm à.ÀÀo<pvÀ.4>.
19, I p. 265 c); àMp.i,-coL sono i di-
scorsi empi (2 Mach . 10,34), i rapporti A. 0EPKE

Senza o contro la norma, illegale, La parola non è tanto di uso popola-


malfamato (-raramente = exlex, He- re, quanto filosofico-moraleggiante. Gli
sych.); in senso generico in Plut., Caes. esempi dei papiri (P. Oxy. 129,8; P.
JO (I 712 b); riferito in particolare ai Lond. 1678 ,5) sono tardivi (sec. VI
sacrifici inammissibili in Sext. Emp., d. C.) e forse dsentono dell'uso cri-
Pyrr. Hyp . III 220.223; agli accop- stiano. Riferito a persone: Sib. 5,309:
piamenti illeciti - èii}e:crµoi yciµoi - èivope:c; èiOLXOL xaL èii}e:crµoL. Come so-
in Iambl., Vit. Pyth. 17 ,78; µlse:Lc; stantivo significa il malfattore (Philo,
èii}e:crµoL: Philo, Spec. Leg. II 50; i Praem. Poen . 126).
falliti attentati alla vita dei Giudei sono
Nel N.T. si trova usato soltanto
èiiJe:crµoc, np6i}e:crLç (3 Mach . 5,12); èii}e:-
crµoL aì.xi'.a.L (3 Mach . 6,26 ); in Ios., come sostantivo in 2 Petr. dove indica
Bell. VII 264 vengono chiamati 'tpri- in particolare i sodomiti (2,7) e i
7tEsa èii}e:crµoc, i cibi vietati ai leviti. maestri dell'errore (3,17).
A. 0EPKE
ci1'ɵ~-roç
Glotta 4 (1913) p. 23 n. 2,27; R. HrRZEL, ( 1899) pp. 126 ss. significherebbe: espiazione
Tbemis, Dike und Verwandtes ( 1907) pp . delle colpe commesse nelle vite precedenti.
1-56 (molto discutibile). 2 Cfr. Ios., Beli. I, 650: violazione del
I Secondo TANNERY, Revue de Philol. 23 divieto di fare immagini.
-149 (I,167) rii}ÀÉw (E. Stauffer) (1,167) 450

ài) ÀÉw, crvva.lJ ÀÉw


&ifa ricrLç ( ~ àywv)

àiJHw significa sostenere una p,ara l'Apostolo, in 4,3 il verbo è riferito


o una lotta, e da esso derivano alJÀ:ri- invece ai suoi collaboratori.
cr.Lç, crvvalJÀÉw , usati spesso nella dia-
atfÀ.-r1cnç in Heb. 10 ,32 s. : Tio)J1.i]v
triba in senso figurato 1• I LXX usano
èl.lJÀTjcrLv ÙTIEp.dva.'tE Tiai>-r1µchwv; il
il verbo soltanto negli scritti pili tardi ,
successivo ilw'tpLsoµEvoL richiama l'idea
specialmente in 4 Mach. dove esso
della folla che nell 'a rena o altrove as-
designa il cimento dci mar tiri. Nel
siste al ludibrio e alla tortura dei mar-
N.T. ricorre sporadicamente nel cor-
tiri . Si tratta di una compenetrazione
pus paolino.
di immagine e realtà , quale è stata
àiJÀÉw in 2 Tim. 2,5: Èà.v ÒÈ xaL rilevata a proposito di 4 Mach. 17 ,14ss.
àiJÀ:!) -nç, où CT'tE<pavov'taL Mv µ-{j
NelJa lettera a Policarpo Ignazio
voµlµwç cii)). 'ilcrn. La lotta per il Van-
chiama àlJÀTj't'/)ç il capo · della comu-
gelo, nella quale · è impegnato soprat- nità temprato dalla battaglia missio-
tutto il capo della comunità, dev'esser naria, fermo e incrollabile di fronte ai
condotta non solo con la massima con- disagi e alle avversità. Egli regge sulle
centrazione delle energie e con illimi- sue robuste spalle il peso della chiesa
tata disposizione al sacrificio, ma anche ( 1,3 ). A lui, come a Timoteo, viene
imposta la sobrietà come particolare
nel pieno rispetto delle regole ( vo-
dovere (2,3 ). Egli deve resistere a tutti
µlµwç) 2 •
i colpi come un'incudine: µqci.Àou
crvvai>ÀÉw è usato due volte nella Écr't"L V cii} Àl}'t"OV 't"Ò ÒÉpEcrl}aL xa.Ì, VLXti.V
(3 ,1). In 1 Clem. 5 ,1, dove si parla
lettera ai Filippesi per indicare la lot-
della persecuzione dei òlxa.LoL ad ope-
ta comune dei cristiani per il trionfo
ra dello sfiÀoç in modo analogo a Heb.
del Vangelo. In 1,27 crvvcxi>Àouv'tEç 113, ài>Àlj'ttxl sono gli apostoli, che
sono i compagni di sofferenza del- €wç l)cxva:tov fji)ÀIJcra.v 4 • Gli Atti di

cii}À.Éw xù.
1 Themist., Or. 17 (213 d) . Sap. 4,2. Philo,
fuga del mondo.
Congr. 165; Spec. Leg., II 183 ; Ios. 82. 3 ~ à.ywv n. 19.
Esempi significativi ~ ci:ywv coll . 361 ss. 4 Cfr. anche Test . XL Mart. 1,1 (iifrÀov);
2 In 2 Clem. 20,2 (ci:1'ÀovµEv xa.~ yvµva.- Eus., Hist. Eccl. VII 12: ci:ywvcx oLl]itÀl]-
!;6µE1'a.) il verbo indica il superamento del xÉva.L; inoltre l' Index di Eusebio (ed.
mondo; in Clem. Al., Strom. VII 11 ,67,4 .Ja SCHWARTZ II 3 p. 159) s.v. cii}Àl]'t1)ç.
451 (I,167) titliioç (H. Sasse) (I,167) 452

Tommaso (39) vanno ancora più in là, prototipo del perfetto atleta .
definendo cii} Àri-r1Jç lo stesso Cristo, E. STAUFFER

Permanente, eterno. Ps. Plat., De/. Iulianus, Ep. 89 b p. 128,14 Bidez-


411 a: cit8Lov -rò xa:ra miv-ra xp6vov Cumont; Sib. V 66, VIII 429.
xaì. 7tpo-rEpov ov xa1. vuv µ1) Ècpfrap-
µÉvov. Frequente in Aristotele; per es. Nei LXX citòwç, che non è vocabolo
Cael. II 1 p. 283 b 26 ss., eletto clel- della conversazione quotidiana ma del
1' oùpav6ç: cit8wç, cipx1'Jv ... xa1. -rEÀEu- linguaggio filosofico, si trova solo in
't'TJV oùx ÉXtvv, Eth . Nic. VI 3 p.1139 b Sap. 7,26: ci7tavyau{J.a y6.p fo-rL cpw-
23 s.: -rà yàp È~ civ6.yxriç ovw. cirt- -ròc; cholou (detto della sapienza) ; per
Àwç 7triv-ra à.tòLcx, -rà 8' citòLa à.yÉ- cpwc, citòLov cfr. Clem. Al. , Paed. I
VYJ'ta xa1. èi.cpiJap-ra. L'astratto à.i:ÒL6- 6,32) e 4 Mach. 10,15 S: -ròv citÒLOV
't'YJ<; (che si trova in Aristotele e Fi- (AR ciolòLµov) -rwv evue0wv 0lov.
lone) indica la mancanza di un prin-
cipio e di una fine. In Filone il con- Nel N.T. ci't8Loç ricorre solo nell'ac-
cetto di à.tòLoç ha grande rilievo. Dio cezione di eterno: Rom. 1,20 in un
è àtòLoç perché è ciyÉvl)-roç xa1. èi.cp- contesto che riecheggia idee stoiche e
Dap-roç (Ios. 265) e wv ov-rwç (Spec. filoniane: -rà yà.p &.6pa-ra av-rov ... 't"Oi:ç
Leg. I 28): Spec. Leg. IV 73; Virt . 1tOLl)µaaW VOOVµEV(X xa.i}opéi."tCl.L, 'l) 'tE
204; Dio è l' à.tòLoç per antonomasia:
citòLoç aù-rou òvvaµLç xai ~n6-rriç (la
Spec. Leg. I 20, II 166; Decal. 41.
sua forza eterna); Iudae 6: dc; xpluLv
60.64 e pass. 1 • Anche il Logos è &.tòLoç
(Plant. 8,18), come tutto ciò che è µey<iÀriç TjµÉpaç oea-µoi:ç &:~oloLç v7tÒ
à.6pa:-cov xa1. VOTJ'tOV. Accanto ad &.tòLoç SO(j)OV 't'E'Tl)pTjXEV (con eterne catene) .
spesso è usato come sinonimo ~ a.iw- Cfr. per questa espressione Ios., Betl.
\noç: Myoç ÒÈ 6 citòLoç i)eou -cou VI 4 34: Oeo-µoi:ç atwvloLç (l'ergastolo
a.lwvlov, Plant. 8; à.tòLoç ricorre con di Giovanni) e Philo, Aet. Mund. 75:
~wi) in Fug . 97.
atwvLOç Òecrµ6ç (il legame eterno che
Nelle iscrizioni: -ròv ci'tÒLOV xp6vov, tiene insieme l'universo) .
Ditt., Syll.,3 46; cii:òla: civaypacp<i, op.
cit. 622 B, 10; owpeà &.tòLoç op. cit. Nei padri apostolici rHÒLoç SI trova
672,10 e pass. Riferito a Dio: Corp. solo in lgn., Eph. 19,3: dc; xmv6·nrm
Herm. pass.; Stob., Ecl. I 34,6 W.; cii:olou ~wijç.
H. SASSE

à.toLoc; 1 Cfr. l'indice di H. LEISEGANG in CoHN -


CREMER-KOGEL p. 80. WENDLAND VIJl, s.v.
453 (1,168) rzLowc, (R. Bultmann) (1,168) 454

t a.tòwç ( ~ a.Lcrxvvri )

A. LE PAROLE GRECHE INDICANTI PU- re come per il vate e l'oratore, per i


DORE E ' INFAMIA' (a.LÒwç, aL- genitori come per i vecchi, per gli ~ÉvoL
O"XVVr) ). come per gli txhat, nei confronti dei
quali l'ai.owc; coincide quasi con l'-7
a) La parola cx.Lòwc,, che ongma-
EÀ.Eoç. Atòwç è il rispetto del diritto
riamente design av a uno dei cardini
di ospitalità, della santità della casa e
della concezione ellenica della vita, è
del matrimonio . Ma soprattutto at8wç
...li uso piuttosto raro nel greco elleni-
è il sacro rispetto per la ~ 8lxri, prin-
stico 1 e viene ripresa soltanto dalla
cipio coesivo della società, per la -7
rnrda Stoà, mentre invece il denomi-
7toÀtc; e il suo ~ v6~.toç. Esiodo lamen-
nativo a.l8Ei:o-ìJa.L non è mai uscito dal-
ta (Op. 197 ss.) che Atòwc; e NÉ.µEo-tç
] 'uso comune.
abbiano abbandonato gli uomini e
L'esistenza dell'uomo è vincolata a
nel mito del Protagora (Plat., Prot.
una trama di rapporti superindividuali
322 b ss.) Zeus tramite Ermes manda
e ad una autorità che in ultima ana-
Atòwc; e AlxT) fra gli uomini tv' dEv
lisi è divina . Atòwç è l'osservanza di
7tOÀ.Ewv x6crµo~ 'tE xaì. OEcrµoì, q>LÀlaç
questi vincoli e di questa autorità, il
cruvaywyol. Per questo il problema
sacro timore di violarli; è l'atteggia-
educativo è incentrato nell'educazione
mento dell'uomo di fronte alle mani-
all'atòwç (nella Stoà subentrano o si
festazioni del ÒEtv6v, di una forza ar-
affiancano alla 7toÀtc; come oggetto del-
cana e terribile; è l'orrore per tutto
1'atowç il ~ x60'µoç o la ~ q>vcrtc; o
ciò che esorbita dal µhpov per sconfi-
il ~ À6yoc;). aU)Ei:cri}aL può quindi es-
nar ; nel Àla.v: il contrario quindi del- sere sinonimo di 'ttµ<iv; non solo, ma,
l'vBptc;. Atòwc; indica perciò il sacro essendo il timore elemento costitutivo
timore di Dio, del sacerdote, del giu- di ogni atowc;, può essere usato come
ramento; può essere quindi sinonimo termine parallelo di OEÒtÉ.vaL o q>o-
di EÙcrÉBna, come a.tòEi:crihu lo è di BEi:O"i}aL ( ~ q>oBoc,), Plat. Euthyphr.
O'ÉBEcri}aL. At8wç è la venerazione per 12 a ss . Aristot., Eth. Nic. IV 15 p.
chiunque sia atòo~oc; e ÒEtv6ç, in quanto 1128 b 10 ss. e passim). Analogamen-
dotato di una -7 xciptç divina, per il te le scuole platonica e stoica de-

!Howç periodo che va dal 300 a. C. all'epoca impe-


TRENCH pp. 42-47; riale (NAGELI p. 16); ctLOEL~ctL appartiene al
R. ScHULTZ, AI.lnl: (Diss. Rostock 1910); linguaggio ricercato e letterario (NAGELI
U. v. W1LAMOWITZ - MoELLENDORFF, Euripi- p. 57). Nei papiri !'ltòwc, è rato, più frequente
des Herakles II (1895) pp. 129 s. atòEi:cr~aL, cfr. PREISIGKE, Wort.
1 Atowç manca negli scritti in prosa del
455 (I,169) a.towç (R. Bultmann) (1,169) 456

finiscono alòwç come un particolare ulteriore evoluzione semantica ai.owç


aspetto del cp6~oç o dell'Euf-.ci0rnx (os- viene a significare senso dell'onore e
sia, p. es., aòot;laç, oppure òpilov diventa sinonimo di ~ crwqipocrvvri.
\jl6yov; dr. Ps.-Plat., De/. 412 s.; v. Mentre Aristotele {Et h. Nic. II 7 p.1108
Arnim III pp. 101,29 ss., 105,15 ss.; a 30 ss.; IV 15 p. 1128 b 10 ss.) si
107,20 ss.). Si tratta però di definizio- preoccupa di distinguere i due concetti,
ni artificiose, che non corrispondono la tarda Stoà torna ad usarli promi-
all'uso antico e originario della paroln scuamente 1. ai.owç esprime quindi il
ripreso poi da Musonio ed Epitteto com portamento dell'uo m o dabbene ed
nonché da Filone. è perciò strettamente connesso, secon-
L'evoluzione semantica di ai.òwç è do la tipica concezione greca dei va-
connessa con lo sviluppo dell' etica lori, con la ---? ÉÀ.rnilEpla e quindi la
greca, per cui determinati concetti re- mxpp11crla (Philo Ios. 107.222). Il suo
lativi in origine alla posizione dell'in- contrario è l'àvaloELcx, la sfrontatezza
dividuo nella società o in particolari del predone sacrilego, la spudoratezza
circostanze, passano ad esprimere una dello speculatore e talvolta anche il
iil;Lç, ossia il comportamento dell'uomo frcipcroç (---? ilappÉw) preso nel senso di
verso se stesso, la sua costituzione mo- temerarietà.
rale. Così l'ai.owç viene ad essere con-
b) Già in epoca abbastanza antica
cepito come una virtù che l'individuo
s1 è stabilita un'affinità fra ai.òwç e
può possedere senza che essa si mani-
festi nei concreti rapporti con l'ai.òo~ov. alcrxuvri, che in ongme non avevano
4
Questa prima e fondamentale trasfor- tra loro nessun rapporto né semantico
5
mazione del concetto di ai.òwç si com- né etimologico • La distinzione stoica
pie in epoca molto antica, poiché già dell'a.i.òwç come cp6Soç ÉTIÌ. 7tpo<ròoxlq.
in Omero la parola significa pudore, ~6you dall' aÌ.O"XVVr) come cp6Soç €7t'
senso di vergogna 2 • In seguito a una atcrxp@ 7trnpa. yµÉv4> ( v. Arnim III

2 Soprattutto in riferimento alle donne; 4 Cfr. Bo1sAcQ, s.v.


cfr. Hdt. I 8: &µa oÈ xd}wvi hovoµÉv~ s Ciò risulta evidente già dal fatto che
crvvExovE"ta.i xa.t "tTJV a.lOw yuvTj. Questo ai derivati di a.téìwc; (come atooi:oç, a.téìfoi-
anzitutto perché gli atoo~a. sessuali recano µoç) non fanno riscontro derivati analoghi di
in sé un OEWOV, ma anche perché l'ìn- a.tcrxvvT} e che l'attivo atuxuvEw non pre-
dividuo rifugge dal palesare la sorte tocca- senta alcuna analogia radicale con a.towc;.
tagli, che è pur essa un éìt:w6v. Spesso xa- È anche significativo che AlOwç fosse ono-
À.U7t"tECTltai è sintomo dell'a.towç. rata come dea, mentre non v1 e traccia di
3 Spesso in Epict. e M. Ant. a;téì-Jiµwv un culto di Atuxuvri, che pure viene tal-
è associato a uwcppwv, Evux-Jiµwv, x6uµioç, volta definita ìlEoç. La differenza fra i due
mcr-r6ç, yEvva.~oç, ecc. per designare una concetti è stata chiaramente avvertita da De-
delle virtù che concorrono alla perfezione metrio, IIEpt ÉpµT]vEla.ç 114 (p. 27 RADERM.).
morale dell'uomo.
457 (l,169) atowc; (R. Bultmann) (I,170) 458

p. 101 ,3 4 ss.) ripresa da Giovanni Da- minativi al.crxvvEcri)aL e aÌ.oEi:crila.L 7•


masceno (De fide orthodoxa 2,15) è Ma l 'originaria distinzione si conserva
artificiosa, perché in effetti l' aU.ìwc; si nel fatto che a.Ì.O"XUVl} possiede, oltre
può provare anch e per un'azione già al significato soggettivo di .vergogna,
compiuta e la' aì.crxvvlJ può esser de- anche quello oggettivo di in/amia, on-
terminata , oltre che da un 'azione sia ta, disonore, ossia può identificarsi con
com piu ta sia da compiere , anche da l'cxl:crxoc; o l'ovE1,ooc; , di cui l'atcrxuv6-
qualunque al:crxoç (p. es. da un 'origi- 1-tEvoc; si vergogna~. Analogamente CX.LO"-
ne umile o da un destino umiliante). xvvw, la cu i accezione originaria è de-
Infatti aì.crxvvl] è sogge ttivame nt e il formare, d cturpare, assume il signifi-
timore o la vergogna dell' cxl:crxoc; (del ca to di infamare, disonorare. Ora, poi-
' turpe ' anzitutto in senso es teriore) o ché il diso nore di un uomo è spesso
d ell 'aì.crxp6v (ossia di ciò che la o6ça conseguenza delle sue azioni , talvolta
ritiene ignom inioso, non solo parole e l'aì.crxvv11 sembra identificarsi con la
azioni, ma anche aspe tto e sofferenze). stessa azione disonorante; ma tradurre
L'alcrxvvl] è quindi in ultima analisi la parola a questo modo sarebbe pur
il timore dcli ' aì.crxp6v e insieme dell a sempre una forzatura .
o6ça 1'. P erciò se l'aì.owc; è, almeno
nell' accezione originaria, un atteggia- B. USO ELLENISTICO - GIUDAICO DI
mento ' religioso ', 1' al.crxvvl] è invece ai.o wc;
un sentimento sociale. Ma se si tien
conto che il OELv6v, oggetto dell 'al.owc; , La letteratura ellenistico- giudaica e
specialmente Filone usano a. t o w e; (e
è in concreto una realtà sociale e che,
a.Ì.oEi:cri)aL) nell'accezione corrente e in
nell'interpretazione dei sofisti, la reli-
particolare in quella tardo-stoica. Nei
giosità si risolveva nella socialiti', si LXX aì.Owc;, che non ha un equivalen-
comprende come abbia potuto avve- te ebraico - nel suo significato origi-
nire quella confusione fra al.owc; e nario vi potrebbe in certo modo cor-
a.tcrxvvl}, che già in epoca antica si rispondere l'espressione jr't-jhwh (timo-
riflette soprattutto nell'uso dei deno- re del Signore) m passi come Gen. 20,

6 Spesso ÀW~TJ oppure ov<Looc; so no pre- prron . Sulla civa.LITXVV"tla. cfr . Theophr .,
sentati come l'oggetto dell'aLITXVVTJ. Demo- Char. 9.
crito esorta invece a Èau"tÒV aLcrxvvEcrl)m s Alcrxuvri può desig nare addirittura ciò
(DrELS II 78,14 s.) dando - contrariamente che comunemente vien chiamato arcrxoc;. Il
alla tendenza generale - ad atcrxvvEcr~a.L il sostantivo a.LO'xvvri, che comincia ad essere
significato di a.Lo<~O'~m (DIELS II 114,l ss.). usato nel sec. V (cfr. U. v . WrLAMOWITZ -
Lo stesso si nota in Hierocl ., Carm. Aur. MO ELLENDORFF, op. cit. p . 281) , è una re-
p. 59,1 ss. MULLACH. troformazione da a.LcrxvvEcrl)aL ed aveva ori-
7 Anche civa.Loi)c; e civa.l1Txuvnc; non s1 ginariamente lo stesso significato, all'incirca,
possono semasiologicamente distinguere a del verbo.
459 (I,170) cztowç (R. Bultmann) (l,171)460

11; Is . 11,2; Prov. 1,7 - si trova si- xoo-µle+>, µE"tà a.i.òovc; xa.l o-wcppocrvvric;
gnificativamente solo in 3 Mach . 1,19 xocrµEi:v Èa.v"t'ciç. L'accezione della pa-
(nel senso di pudor) e 4,5 (nel senso rola in questo passo (casta riservatez-
di rispetto per la vecchiaia). In Ecclus.
za della donna) è schiettamente greca,
29,14 è sostituito da cx.i.crxvvri (manca
l'ebraico) e così pure in Ios. , Ant. IX, come tipicamente greco è anche l'acco-
226 a.i.crxvvri ( "t'ou cruµ~E~rixé"t'oc; on- stamento di cx.i.owc; a crwcppoO"vv11 e
vou) è usato nel senso di a.i.òwc; (come xoO"µEi:v 9 • a.i.òwc; nel suo significato
contrario di 1ta.ppricrla. ! ). Più frequen- originario figura anche nella lezione
te è a.i.odcri)a.L, che in Prov. 24 ,38 (do- della koiné di Heb. 12 ,28 : Àa.'tPEVELV
ve ha come oggetto 1tpécrw7tov) traduce
µE-rà a.i.òouç xa.~ EvÀa.0detç 10 • Per il
abbastanza fedelmente hakker-pantm (la
resto et.Ì.ÒEi:cri)etL manca affatto ed è so-
stessa espressione in Prov. 28 ,21 è resa
con a.tcrxvvEcri)a.L). Di solito, però, in stituito in M c. 12,6 par.; Le. 18,2.4;
luogo di cx.Ì.ÒEi:cri)a.L si trova a.i.crxvvEcr- Heb. 12,9 da ~ Év-rpÉ7tEo-i)cn, mentre
i}a.L (Prov.28,21; Iob32,2l; 34,19) in Ign., Eph . 11 ,1; Ro m . 9,2 in luogo
oppure cpo0Ei:o-i)ci.L. aÌ.ÒEi:o-i)aL è usato di esso si trova eti.crxvvwi)a.L. Non si
nei testi non tradotti dall 'ebraico per trova cxtowc; nei padri apostolici. In
designare in modo perfettamente con-
Did. 4 ,11; Barn. 19 ,7 è sostituito da
forme all'uso greco ordinario il timore
reverenziale di Dio (4 Mach . 12,11.13). a.tO"XVVTJ. cxi.oEcrM)vetL è usato nell'ac-
del re (4 Mach. 3,12, xa"t'aLoEi:cri)a.L), cezione corrente in 1 Clem. 21,6 ("t'oùc;
della vecchiaia (4Mach.5 ,6) ,del òlxmov 1tporiyouµÉvouc;) accanto a Év-rpcx7tijva.L
(2 Mach. 4,34; dr. Iudith 9,3); è usa- ("t'ÒV xvpLOV 'I. Xp.) e a ·nµéi V ( -roùç
to anche per indicare, in parallelo con 7tpEcr0u'tÉpouc;); così pure in Mart . Pol.
cpo~Etcri}aL, la paura del nemico (1 Mach.
4,8; variante: ÒELÀoucri}aL). L'aggettivo
9,2 , dove l'oggetto è "t'TJV i]),txlav =
a.toi}µwv è usato, alla maniera stoica, l'età. Gli apologisti usano cxt8Ei:crfrm
nelle caratterizzazioni di 2 Mach.15,12; più spesso; cxi.owc; ricorre solo in Ate-
4 Mach . 8,3 (accanto a yEvvai:oc;). Fre- nagora 30,2.
quente nei LXX è &.va.Lol]c; = svergo- cxtowç (come at8Ei:o-i)m) non ha quin-
gnato, riferito spesso a 1tpécrw1tov,
di alcun rilievo nel cristianesimo pri-
òcpita.'ì.µéc;, tfivxli.
mitivo. La spiegazione di ciò non sta
solo nel timbro elevato e letterario del
c. cx.towc; NEL CRISTIANESIMO PRIMI-
vocabolo, ma soprattutto nel fatto che
TIVO
designava sostanzialmente una H;ic; o
Nel N.T. a.towç è attestato con si- una &.pE"t'1], ossia un atteggiamento del-
curezza soltanto nell' esortazione alle l'uomo verso se stesso, un ideale di
donne di 1 Tim . 2,9: Év xa."t'a.O""t'OÀU autonoma e conclusiva perfezione indi-

9 Cfr. DIBELIUS , a.l. e KAIBEL, Epigr. Gr. 10 In luogo di µE't"à. EÙÀ.cz~E(aç xczt òfovç
648,12. della recensione H.
461 (l,171) cxtµa. (J. Behm) (I,171) 462

viduale, in antitesi con la spiritualità stiano; alla base di questo non sta in-
cristiana, per cui la vita delhndividuo fatti il postulato etico-politico della
ha valore solo in rapporto a Dio e co- 7téÀ.tc; e del xéo-µoc;, ma il diritto del-
me amoroso servizio del prossimo. An- 1' altro in quanto 'prossimo'. Cade per-
che l'atteggiamento verso il proprio ciò il valore fondamentale dell'a.towc;:
simile espresso da cdowc;, ossia il ri- all' a.Lor'}µw\I subentra il mcr'tEUW\I e
spetto e il riserbo, è tutt'altra cosa l'ciya.7tw\I.
dall'essere per l'altro, proprio del cri- R. BuLTMANN

a.tµa., a.l.µa.-rExxvcrla.
a.tµcx.
1. La fondamentale accezione fisio- Ba.crtÀ.dcx.\I iteou xÀ.11po\loµfjcrm où Ou\la-
logica della parola, ossia sangue (del- 'tcx.L, 1 Cor. 15,50; nella sua piccolezza
l'uomo) riferita in Io . 19,34: Èl;'i)À:itE\I di fronte al mondo dei puri spiriti:
EMùc; a.tµcx. xa1. uowp anche al sangue 1 OÙX Ecr"tL\I Tjµ~\I TJ 7taÀ.l} 7tpÒc; cxlµa.
di Gesù 2 , spiega l'uso, comune al N.T. xcx.ì. crcl.pxa., àÀ.À.&. 7tpòc; 'tèlc; àpxac;,
e al giudaismo, della perifrasi crclpç xaì. Eph . 6,12; nella sua natura materiale
cdµa per indicare l'uomo (~ crcl.pl;). soggetta alla morte: -r&. 7tCX.LOlcx. XEXOL-
Carne e sangue definiscono l'uomo co- \IW\ll)XE\I cx.~µcx.-.oc; xcxì. crcx.pxéc;, Heb.
me effimera creatura terrena immensa- 2,14. Nell'ultimo passo, a differenza de-
mente inferiore all'Altissimo: crclpl; xa.1. gli altri, è probabile che cx.'Lµcx. xcx.ì. crcX.p!;
o
a.'Lµa. oùx ci7texcl.À.v~É\I croL ci).)..' 7tl'l.- siano stati disposti in quest'ordine per
o
'tDP µov È\I -cote; oùpa.\lotc;, Mt. 16,17; ribadire più incisivamente l'intrinseco
l'uomo nellr sua incapacità a contrap- legame tra la vita fisica dell'uomo e
porre la propria autorità alla rivela- la sfera della materia 3 •
zione di Dio: où 7tpocra.'JEitɵ l]\I crapxì.
cràp!; xa.ì. cx.tµa. = baiar wadam è
xa.ì. a.l'.µa.'tL, Gal. 1,16; nella sua de- una formula giudaica (non veterotesta-
bolezza e finitezza: cràpl; xa.ì. a.'Lµcx mentaria) per indicare l'uomo sia come

cxl:µa. Geschichte u. Kultur des Altertums, Suppl.


CREMER-KOGEL, pp. 82 ss . V, 1930) spec. 358 ss.
W. 0ESTERLEY, D.C.G. I pp. 214 ss . l Per l'antica concezione cristiana del mar-
c. A. BECKWITH, D .A .C. I p. 153 s. tirio come ' battesimo di sangue ' che si fon-
J. HEMPEL, R.G .G.2 I pp. 1154 ss. da su questo passo e su Le. 12,50 oppure Io.
H. L. STRACK, Das Blu( im Glauben u. Aber- 5,6 cfr. F. J. DéiLGER, Antike und Christen-
glauben der Menschheit 5/ 7 (I 900). tum II (1930) pp. 117 ss.
E. BrscHOFF, Das Blut im iiid. Schrif ttum und 2 Con intento polemico contro i doceti,
Brauch (1929). cfr. ZAHN f. p. 633.
F. RuscHe, Blut, Leben u. Seele (Studien z. 3 RIGGENBACH, Komm . Hbr. p. 55 n. 35.
463 (1,172) atµa. (J. Behm) (I,172) 464

individuo sia come genere, nella sua rarissimo plurale o:i'.p.O:'t'll 6 indica un
condizione di creatura e nella sua lon- duplice sangue, quello del padre e
tananza da Dio, Ecclus. 14,18 : wc; quello della madre, che fondendosi ge-
q>vÀ.Àov iM.ÀÀov ... ov"t'wç yEvEà. rro:p-
nerano una nuova vita 7• Analogamente
xòç xo:t o:tµo:-roç [d6r6t basar wadam ]
ii µÈv "t'EÀ.W•Q., È"t"Épo: OÈ yEWtX'to:L, in Act. 17 ,26 t ext. ree. D: È'1toli)O'EV
8
H en . gr. 15 , 4 ; T .Ber. 7,18: melek bà- è!; Évòç o:tp.cx:-roç rnvoç ò:vi}pwttwv xo:-
siir wiidam.. un re-uomo, in contrasto "t'OLXEL\i È1CL... -cfjç yfj; : il sangue del
con il re celeste (dr . Mt. 18,23 ); S. capostipite è present ato come il lega-
N um. 78 a 10,29 ; 84 a 10,35.36 e me che strin ge in unità tut to il genere
passim 4 • Invece gli autori greci quan- umano.
do accos tano rrcip!; e cx:'lµa vogliono
piuttosto indicare gli elementi di cui atp.o: nel senso di progenie fis ica
è composto il corpo umano; dr. Po- è attes tato già in Ome ro . In I.G . XIV
lyaen ., Strat. III 11 ,l: à.vl}pw'1t:nç o:'l- 1003 ,1: L\Loç 'AÀ.xp.T]viJç "t'E o:t~m.
µo: xaì, rrcipxo:ç EXOV(n; Porphyr., Abst . Vedi poi los., A nt. IV 310: "t'Ì.ç "t'wv
II 46: "t'TI cixcx:l}cx,prrlq, "t'TI Èx rrapxwv È!; o:iµo:-roç, XX 226: "t'Ò\i È!; a.i'.µcx:"t'O<;
xcx:1. o:[µcX:"t"wv; inoltre Philo, Rer. Div. -rou 'Ao:pwvoc;, II 102 : ÈcrµÈv cioEÀ.q>oì.
H er. 57 : a\'.µcx:"t'oç xo:t rrapxòç iJ&ovn xo:ì. xotvòv l]µi:v o:tµa. P. Leipz. 28,
swv-rwv; lust., Dia!. 135, 6: "t'ÒV µÈv 16: utov yvl}crtov xa.Ì, 1CpW'tO"t'OXO\i wç
É1; cx:i'.µa"t'oç xcx:ì, o-o:px6ç, "t'ÒV OÈ be è!; iolou o:i'.µo:'t'oç YEW11MV"t'Cl O'OL.
itlO'"t'EWç xcx:ì, 1CVEVµo:."t'oç yt:yEVVi)µÉvov; P . Masp. 67097 Il,59 detto di una figlia
Athenag., 27 ,1: µ6vov atµo: xo:ì, rrcipt;, , ripudiata: !;ÉVl]V 01.0:XEXWPLO"µÈVijV Ò:1CÒ
oÙxÉ-ri. 71:VEuµa x<.x.l}ap6v; Herm . in -rou ȵou o:i'.µa"t'oç xo:ì, yÉvovç. cx:'lµo:
Stob., Ecl. I 68 p. 461 ,12 W: le ani- indica l'atto della generazione in Hen .
me itcXCTXOVO'W CTapxì, XCX:L aXµa"t'L ~E­ gr. 15 ,4: Èv 't(i:> o:i'.µCl"t'L "t'WV yvvo:LXWV
~C1.1C"t'LCTµÉvo:i.. ȵi.civl}i)"t'E xcx:ì, Èv "t'(i:> o:i'.µcx:"t'L O'Clpxòç
ÈyEvvi'Jo-o:"t't xd Èv o:i'.µo:"t"t civi}pw1twv
L'idea del sangue come elemento
È1CEi}uµTJO"O: "t'E.
genetico, come ' veicolo della vita del-
la specie che si riproduce ' 5 spiega 2. Il divieto di cibarsi di sangue
l'espressione di Io . 1,13: Ét;, o:tµa-rwv (animale) , stabilito dalla risoluzione del
ÉyEwl}l}iJO'O:V, nati dal sangue, dove il concilio apostolico (secondo il testo

4 Altri esempi rabbinici in STRACK-BILLER- Aristides, Ap. 4,3.


BECK I p. 731; ZAHN, Mt. p. 537 n. 58; 7 Aug., In lo b. Ev . Tract. II 14: ex san-
SCHLATTER, Komm. Mt., p. 505. guinibus homines nascuntur mares et femina e.
5 ZAHN, J. p. 76 n. 68. Lo ZAHN, l. c., rimanda fra l'altro anche a
6 Eur., Ion 693: (J)..).wv È!; atµ6.-.wv. In Sanh . 4,5 dove il plurale d•mé 'ahikà di Gen.
tutti gli altri casi il plurale indica il sangue 4,10 è interpretato come 'il suo sangue e il
sparso da una moltitudine ( ~ aIµa 3): Soph ., sangue della sua discendenza ' .
Ant.121; Aesch., Suppl. 265; Polyb. XV 33,1; B ree. Hes. - a t µa-.oc:;. Per l'autenticità di
4 Bacr. 9,26; Ier. 19,4; Ez. 24,6 [per dàmim]; atr1a.-.oc; cfr. ZAHN, Ag. I 613 , 69.
2 Mach. 14,18, ep. Ar. 88.90; 1 Clem. 18,14 ;
465 (l,172) a:I1ux (J. Bchm) ( 1,173) 466

orientale ) in Act. 15 ,29 : àr.:Éx.wilcxt senza effettivo spargimento di sangue:


-rov cxì'.µcx't"oç (cfr. 15,20; 21 ,2.5) è fon- Le. 11,50 ; A ct. 22 ,20; Rom. 3,15;
dato sulla concezione veterotestamenta- Apoc. 16 .6. Dio vendica il sangue in-
ria e giudaica del carattere sacro del nocente sparso, Apoc. 6,10: ÈXÒtxEW;
sangu e 9 • Come veicolo dell a vita il 't"Ò cxIµcx 'iiµwv, 19,2; Le. 11,50 s.:
sangue delle vittime è mezzo di espia- Èxt;, IJ't"IJlJfJ 't"Ò cxip.cx .. . à. r.:ò 't"f)ç ytvEaç
zione dei peccati, L ev. 17, 11 . Ciò 't"CXV't"l)ç; Mt . 27 ,25: 't"Ò aip.cx cxv't"ov
spiega la proibizione catego ri ca di man- Èq/ -h ~tciç xo:.t ÉTIL -rà. -rb:vcx i]µi;Jv , 23 ,
giar sangu e che si trova formulat a 35; Act. 5,28; 18,6. Il divieto di uc-
nel Pentateuco (Lev . 17,10 .14 ; 7 ,26 s.; cidere fi ssa to dalla risoluzione del con-
3,17 ; D eut . 12 ,23 ; G en. 9,4) e che cilio apos tolico (secondo il testo occi-
vigeva effettivamente nel mondo vete- dentale) esprime uno dei cardini della
rotestamentario e giudaico come atte- moral e cristian a primitiva, A ct. 15 ,29 :
stano 1 5am. 14,32 ss .; Iub. 6,7-1 2 ss .; cXTI:EXEO"i'cxt cx[p.cx't"oç 11 • Heb. 12,4: ov-
7,28 ss. ; il Docum . Dam. 4 ,6 Schcch- TCW µEX,ptç cxì'.µcx-roc; cXV't"tXCX't"Ecr't"l)"tE,
ter ; H en. aeth. 98,11 ; 7 ,5; Ios. , A nt . non ave te ancora 1·esistito fino allo
III , 260 10 • spargime nto del sangu e, con ogni pro-
3. Versare il sangue significa di- babilità non allude al sacrificio della
struggere il veicolo della vita e quin- vita nel martirio, ma indica, con la
di la vita stessa. Perciò cx[µcx può es- metafora militare della lotta cruenta,
sere usato nel senso di sangue versato, l'estrema resistenza contro il peccato 12 •
soppressione violenta della vita, ucci- In Act . 20,26: xcxi}cxpoc; Ei.µt ò:1tò 't"ov
cxì'.µcx-roc; r.:civ't"WV ( 18,6) a.Iµcx è usato
sione, morte, in riferimento alla morte
di Gesù (Mt. 27,4.24; Act. 5,28), dei nel senso di i}civa.'t"oç, di morte eterna,
profeti, dei santi e dei testimoni di che è la condanna del peccatore (~ i}ci-
Cristo (Mt . 23,30.35; Le. 11,50 ss .; VCX't"oç).
Apoc. 16,6; 17 ,6; 18,24 ; 19,2). La
o:.tµo:. ÈXX.ÉEtv, uccidere, ricorre in
espressione cxl:µcx ÈXX.EW o èxxuvvEt v, Aesch ., Eum. 653: -rò µl)'t"pòc; cx[µ'oµa.t-
comune nell'A.T. e nel giudaismo non- µov ÈxX,Ecxç 7tÉÒot. Nei LXX traduce
ché nel greco profano, è usata anche spesso safak dam: Gen. 9,6 ; 37 ,22;
nel significato metaforico di uccidere Deut. 19,10; 1 Bcxo-. 25,31; Is. 59,7

9 K. Srx, Das Aposteldek ret (1912) pa- 11 G. RESCH, Das Aposteldekret (1905) ;
gine 44 ss.; ZAHN, Ag. II pp . 528 ss; STRACK- A. HARNACK, Ag. (1908) pp. 188 ss.; ZAHN,
BrLLERBECK II pp. 734 ss. Ag. II pp. 546 ss.
10 Testimonianze rabbiniche in STRACK · 12 Così interpreta RIGGENBACH, Komm .
BrLLERBECK II pp. 734 ss. Paralleli mandci Hbr. p. 394, rich iamandosi a 2 Mach. 13,14:
in LIDZBARSKI, Ginza 20,4: « Non mangiate à:ywvlo-a:o-~a:L µÉXPL ~a.vd:tov e Heliodor.,
il sangue degli animali ». Aeth . VII 8: 't'TJ<; ... µÉXPL<; a.~µa.'t'oç 0-'t'(io-twç .
467 (l,173) a.lµa. (J. Behm) (I,173) 468

(= tjJ 13,3). Ditt., Syll. 3 ll81,5s.: minatore ( 11,28 ), a sigillare la prima


ixxfov·mç mhfiç i:ò àvali:Lov a.Iµa alleanza con Dio (9,18), a consacrare
(preghiera giudaica che invoca vendet-
il tabernacolo di convegno e gli oggetti
ta del sec. III a. C.) 13 •
di culto ( 9 ,21) e che veniva sparso a
dàmim 5ennispak, Sanh. 6,5: « se
Dio è così corrucciato per il sangue scopo di espiazione e purificazione ( 9,
16
dell 'empio che viene sparso (nella con- 7.12 s. 22.25; 10 ,4; 13 ,11) .

danna a morte) quanto più lo sarà per


il sangue del giusto » 14 • La divinità è 4. Nel N.T. aI11cx. acquista il suo
vindice del sangue sparso, Plat., Leg. più alto significa to teologico quando è
VIII 872 e: li i:wv ~vyyEvwv cx.ì.µci- usato in conness ione con la morte dz
i:wv 'tLµwpòç olx11; Deut. 32,43: i:Ò Cristo 17 : cx.[p,a 'tOV XpLG"'tOV, 1 Cor.
aIµcx. i:wv vtwv cx.ùi:ov ExOLxiii:cx.L, 4 10,16: Eph. 2,13; Heh. 9,14; 'lì]crov,
Bcx.a-. 9,7; tjJ 78,10; Ditt., Syll. 1181,12:
Heh. 10,19; 1 Io. 1 ,7; 'ITJaov XpLcr·rov,
[va. ÈyOLXTJG"TI<; i:Ò at:11a. i:Ò avati:Lo\I.
(vedi sopra) biqqes dam miijiid è spesso
1 Petr. 1,2; i:ov xvplov, 1 Cor. 11 ,27;
tradotto nei LXX con EXSTJ'tE~V at:µcx. Èx i:ov à.pvlov, Apoc. 7,14; 12,11. L'in-
XELp6ç: 2 Bcx.a-. 4,11; Ez. 3,18.20. Con teresse del N.T. non è rivolto al san-
aIµa. si indica la maledizione dell 'omi- gue come elemento della vita fisica del
cidio in 2 Bcx.D". 1,16 : i:ò aIµci O"OV inì. Cristo, ma al sangue che egli ha ver-
i:i]v XEcpa.À.l}v crov, IEp. 28 ,35 ; Ez. 18, sato nel sacrificio supremo. Allo stesso
13; Test. L. 16,3: i:ò 6.i)Qov alµcx. bti.
modo di ' croce ' (~ O"i:cx.vp6ç), così
•fiç XEcpa.À. fiç vµwv civaOEXOµE\IOL' T.
Sanh . 9,5: dama taluj besawwa'r 'edaw, anche l'espressione ' sangue di Cristo '
dr. j. Sanh. 23 b verso la fine 15 • Infine è solo una dè-signazione icastica della
per l'espressione rabbinica dam6 b"ro'- sua morte salvifica. Secondo la formula
56 (cfr. 2 Sam . 1,16; 1 Reg. 2,23) si eucaristica il sangue di Cristo è garan-
veda, per es., j. Ber. 11 c E; b. Pes . zia di una nuova alleanza con Dio
112. a.
(~ Òtai}-~xT)) 1 Cor. 11,25: i:ov-ro -rò
Nella lettera agli Ebrei aIµcx. indica noi:l}ptov li xa.wÌ') Otcx.i)l]x11 fo-rìv Èv
spesso il sangue dei sacrifici veterote- i:Q f.µQ a.tµa-rL 18 , questo calice è il
stamentari, quel sangue che servì ad nuovo patto fra Dio e l'uomo sigillato
allontanare dagli Ebrei l'angelo ster- in virtù del mio sangue; Mc. 14,24:

13 DEISSMANN, L. O. 4 pp. 351 ss. des N.T. (1910); WrNDISCH, Hbr. pp. 82 ss.,
14 In questi casi abbiamo sempre il plurale 90 ss.; STRACK-BILLERBECK III pp. 176 ss.
Jiimim, mentre l'A.T. usa il singolare in Gen. 17 J. BEHM, R.G.G .2 I pp. 1156 s. Oltre
9,6; Ez. 18,10. Il plurale si legge in 1 Chr. la bibliografia ivi citata dr. WINDIS CH, Hbr.
22 ,8: diimim rabblm, 'sangue di molti uo- pp. 83 ss., 90 ss.; RrGGENBACH, Hbr. p. 260
mini'. n. 19; A. ANDERSON ScoTT, Christianity ac-
15 Tradotto in STRACK·BILLERBECK I pa- cording lo St. Paul (1927) pp. 85 ss.; J.
gina 1033. ScHNEIDER, Die Passionsmystik des Pls. (1929)
16 O. ScHMITZ, Die Opferansehauung des pp. 28 ss., 120 ss.
spateren ]udentums und die Op/eraussagen 18 Cfr. Le. 22,20, ree. Hes. e text. ree.
469 (I,174) a.lµa. (J. Behm) (l,174) 470

't'ov-i-6 Èo"'t'W -i-ò cdµci. µou 't'ijç itw.ihi- ~ à.µap-.lac,, 1 Io. 1 ,7; ò È:À.ltwv òi.'
Y.l]ç -i-ò bcxuw6µEvov v7tÈp 7toÀ.À.wv ~ vòa-.oç (il battesimo) xai. aZµa'toç
(cfr. Mt. 26,28), ossia la morte sacri- (la morte), 5,6, dr. 5,8; -.Q ... ~ À.v-
ficale del Cristo garantisce quella nuo- crav-.i. (t .rec., P ~ À.ovcmv-ci.) 'Ì")µii.c,
va alleanza annunziata in ler. 31,31 ss. Èx -.wv ò.µap'ti.wv i)µwv Èv -.Q ai'.µcni.
che si concreta nella nuova legge che mhou, Apoc. l,5; ÈÀ.Evxavav a\nà.c,
è scritta da Dio non più sulla pietra (-.cl.e, cr-coÀ.à.c; mhwv) Èv 't'Q aXp.an
ma nei cuori e comporta il perdono dei 't'OV ~ à.pvlou, 7,14; T.EPL0E0ÀT)µÉvoç
peccati. _Come l'antica alleanza del Si- 1.µchwv 0E0ap.µÉvov atiw-.i., 19 ,13;
nai fu sigillata e resa operante col san- ~ iir6pacrcx.c; 't'Q ilEQ Èv 't'Q atµa'tl
gue, Heb. 9,18 ss. (Ex. 24,8: dam CTOV Èx 1tci.CTT)C, (j)UÀ:i)ç, 5,9; ~ ÈVLXT)-
habberit), così il nuovo patto con tutti O"CX.V aÙ't"Ò'V òi.à. •Ò aì:µa -.ou à.pvlov,
i suoi benefici incomparabili è confer- 12.11. Il fatto che in questi passi, ac-
mato e reso valido per sempre dal san- canto a semplici accenni alla realtà del-
gue di Gesù. la morte di Cristo e ad immagini trat-
La stessa idea, quella cioè della mor- te dalla sfera giuridica (giudizio, riscat-
te di Cristo come fonte della remissio- to, conclusione di pace), s'incontrino
ne dei peccati - che è uno dei due spesso concetti del linguaggio sacrale
effetti della xcnvl) oi.aÌ}TjxlJ - ritorna (espiazione, aspersione, purificazione,
nelle affermazioni di Paolo, della prima agnello senza macchia e colpa) non si-
di Pietro e di Giovanni e dell'Apoca- gnifica che al ' sangue di Cristo ' venga
lisse relative al sangue di Gesù: ov attribuito il valore di un sacrificio cul-
~ 7tpoÉitE'to 6 ih:òç ~ 1.À.acr-.-i)pi.ov Èv tuale. Come in parte già nel tardo giu-
-.Q aù-.ou ai'.µa't'i., Rom. 3,25; ~ 01.- daismo l'idea del sacrificio si presenta
xai.wÌ}ÉV'tEç Èv -i-Q ai'.µa-.i. mhou, 5,9; sbiadita e spiritualizzata e viene assun-
~ EÌpl]V01tOL l)craç 01.à 'tOU a.tµa-.oc; 'tOU ta come simbolo di determinati valori
o--.aupou mhou, Col. 1,20; -.i}v ~ à1to- morali, così il primitivo concetto cri-
M-.pwow 01.à -.ou atµrx.'t'OC, aù'tou, stiano del sangue offerto da Cristo in
Eph. 1,7; ÈyEvT]itT}'tE ~ Èyyùc, Èv -.Q sacrificio sta ad esprimere solo l'abne-
atµa-.i. -.ou Xpi.cnou, 2,13 19 ; ~ pav- gazione suprema e l'assoluta obbedien-
'tto-µòv ai'.µa-.oc; 'I110-ou Xpto-'t'ou, 1 za a Dio di cui Cristo dette prova mo-
Petr. 1,2; ~ nu-.pwitT}'tE -.i.µl~ ai'.µa- rendo sulla croce (Phil. 2,8; Rom. 5,
't'L wç ~ à.µvoiJ ~ à.µwµou X!XÌ. ~ 19; Heb. 5,8). L'idea israelitica e gre-
àcrnlÀ.ou Xpi.cr-.ou, 1,19; 't'Ò aì:µa 'I11- ca della forza purificatrice ed espiatri-
crou ... ~ xaitaplsn 'T)µiic, CÌ.7tÒ 'Ttci.O"l]C, ce del sangue è affatto estranea alla

19 Cfr. Act. 20,28: 'tÌ]'\I txxÀ.T)crla.v i:ou i:ou tolou.


ftEov ... -+ 1tEPLE1tOLTJO"rL-ro otri 'tOV rztµrz-roc;
471 (l,174) a.Iµa. (J . Behm) (I,175) 472

formula neotestamentaria del ' sangue ~ O"wµa"toc; "tov Xptcr"tov e quando


di Cristo', che è in sostanza un'espres- Giovanni parla dell'azione di mangiare
sione icasticamente pregnante dell'ope- la carne e di bere il sangue di Cristo
ra salvifica di Gesù. Anche nella let- (Io . 6,54.56[53]: ò ... ~ 7tlvwv µou
tera agli Ebrei la contrapposizione ti- -rò aIµa, v. 55 : "tÒ a.Ip.6. f.tov à.À.riM1ç
pologica del sangue di Cristo, sommo fo-nv ~ n6crtç) , il ' sangue' è soltanto
sacerdote celeste, al sangue delle vit- una designazione plastica della morte:
time dell' A. T. (~ col. 46 7) va intesa nel banchetto eucaristico il cristiano è
1
in senso puramente figurato: OÙOÈ OL intimamente connesso con Cristo che
o:tµa:m; -rp6. ywv xa.L p.6crxwv, ot<X ÒÈ ha offerto la sua vita. J'.: estranea a
"tou tòlou aXµo:"toç Eto..fiÀ.frEv tcp6.no:s Paolo e a Giovanni una misti ca del
dç "ttX &yto:, <.dwvla.v À.trrpwow EÙpci.- sangue come quella dei misteri . L'ac-
µEvoç, 9,12; "tÒ a.ti.La -rpci.ywv xo:L centuato realismo dell 'idea sacramen-
-ro:upwv ... aytci.sn 7tpÒç -ri)v -rijç cra.p- tale in Giovanni si spiega con l'atteg-
xòç xa.i}a.p6-rTJ"ttx... "tÒ a.Iµcx -rou Xpt- giamento antidocetico che il quarto
cnov, oç OttX 7tVEVµtx"tOç cxtwvlou Èau- vangelo ha in comune con la 1 I o .
-ròv 7tpocr'Y)vEyxEv &µwµov -rii) frE<{:>, xa.- (-? col. 461 a proposito di Io 19 ,34 :
Ì}aptE~ 'tTJV crvvdOT)OW i]µwv à.1tÒ VE- inoltre "tpwyw, crci.p~).
xpwv Epywv dç -rò À.a-rpEvnv i}EQ
swv"tt, 9,13 s. (cfr. v. 25 s.); EXOV-rEç Nell'A.T. il sangue è presentato co-
7ta.ppl)O"la.v dç -rTiv Etcrooov -rwv àylwv me strumento di espiazione (Lev. 17 ,4 ),
di purificazione (Lev . 14,1ss.10 ss .:
ÈV "te{) cxì'.µtx"tt 'l'Y)O"OU, 10,19; o:ì'.µa."tt
guang10ne dalla lebbra), di consacra-
pO:V"ttO"µou, 12,24; ÈV a.1'.µo:·n Ow.i}'Y)xT]ç zione (Ex. 29,20 ss.: consacrazione sa-
a.twvlou 20 , 13,20 (cfr. v. 12). cerdotale), di allontanamento del peri-
L' accento fondamentale di questi colo (Ex. 12,22 s.) 21 . Anche la rJigio-
passi batte sul valore religioso e mo- ne greca attribuiva al sangue una fun-
rale del sangue di Cristo che purifica zione purificatrice: Eustach. in Od.
la coscienza dalle opere 'morte', 9,14 22,494.797 : o~' a.i'.µa"toç Tiv xci.fra.p-
O"Lç ... xaL ii -rwv q>ovÉwv, ot aì'.µa-rt
(cfr. 10,22). Anche quando, in 1 Cor.
VL7t"toµEvot xa.frci.pcrtov dxov aù-rò; He-
10,6, Paolo definisce la comunione eu- racl., frg . 5 (Diels I 78,6 ss.): xa-
caristica con il Signore glorificato co- i}alpov"tat ... o:ì'.µa-rt µtatv6µ<:vot 22 •
me ~ xowwvla. -rou atµa.-roç e -rou Il sangue di Cristo è così interpre-

20 Per a.tµa. OLa.ft'iJxTJc; cfr. anche Zach. 9, 2z E. Psycbe9/lO (1925) I pp. 271ss .,
ROHDE,
11; Test. B. 3,8. II 77 s.; O. GRUPPE,Gr. Mytbologie u. R e·
21 STADE-BERTHOLET, Bibl. Tbeol. des A .T . ligionsgescbichte ( 1906) pp. 891, 1152 s.;
II (1911),pp. 32 ss.; G. H6LSCHER, Geschichte P . STENGEL, Kulturaltertiimer 1 ( 1920) pagi·
der israel. u. jud. Religion (1922) p. 16 n. 8, ne 127 ss.; K. LATTE, A. R. W. 20 (1921/22)
28 ss. , 76 ss. pp. 254 ss .
473 (1,175) alµa (j. Bchm) (I,175) 4N

tato nella sua realtà fisica e mistica 17 ss. a.lµa., color rosso, è usato in
da Clem. AI., Paed. Il 2,19,4: ÒL't'tÒ\I senso apocalittico in loel 3,3 s. (LXX
'tÒ alµa. "'tbu x vplov... crn.pxLXO\I, 1!1 2 ,3 0 ss.); Sib. 5,378: nup xa.ì. a.tµa;
'tfjc; cpì}op<ic; ÀEÀV'tpW~lEì}a. ... 1t\IEUµa.-n- Ass. Mos . 10,5: (luna) t ota convertit
x6v , ... 1tJ xqplcrµda.· xaì. 'tou"'t' fon se in sanguine; 4 Esd. 5 ,5: de ligno
me:i:v "'tÒ a.lµa. 'tou 'hwou, "'tfjc; xupLa- sanguis stillabit; Barn. 12,1; Herm. V.
xfjc; µe:·m'ì-.a.Be:t:v <icpì}a.pcrla.c;. L'elleni- 4,3,3. La definizione del vino come
smo celebrava la mistica del sangue ai':1.1.a. cr-rmpuÀijc; si trova in Gen . 49,
nel culto di Dioniso Zagreo, allorquan- 11; Deut. 32,14 ; Ecclus . 39,26; 50,
do gli adoratori del dio si univano a L5; 1 Mach. 6,.34 ; come a.lµa So'tpvwv
lui divorando e mangiando con selvag- in Achill. Tat. 2,2; come air.ta. aµ11:É-
gio furore l'animale in cui esso era in- Àov in Clem . Al. , Paed. II 19,3; 29,1;
carnato (scolio a Clem . AI., Protr. Strom. V 8,48 ,8 25 . L'immagine escato-
318 ,5: wµà f}crì}LO\I xpÉa. oL µuoµE\IOL logica della vendemmia ricorre in I s.
.6.LO\IV0"4l), e specialmente nelle tauro- 63 ,3 ; Ioel 4,13. Per Apoc. 14 ,20 cfr.
bolie e criobolie dei misteri <li Atti, H en. 100,3: « il cavallo guaderà im-
dove la rinascita e la deificazione del- merso fino al petto nel sangue dei pec-
l'iniziato avvenivano attraverso la sua catori »; j. T aan. 69 a 7 26 : « finché
aspersione col sangue dell'animale sa- un cavallo sprofondò nel sangue fino
cro (Prudent., Perist. 10,lOllss.; Firm. alle narici»; Lidzbarski, Ginza 417 ,
Mat ., Err. Prof. Rei. 27,8) 23 • 16 s.: « il suo cavallo... avanza... im-
5. Nel linguaggio apocalittico a[µa merso nel sangue fino alla sella e il
indica il color rosso simile al sangue 24 turbine del sangue gli giunge fino alle
che contrassegna i tremendi eventi esca- nanc1 ».
tologici in terra e in cielo: la guerra
(Act. 2,19), la grandine e il fuoco
µEµLyµÉwx. È\I atµa.·n (Apoc . 8,7), l'ar-
rossamento dell'acqua (8,8; 11,6; 16, Ricorre soltanto in Heb . 9,22: xwpl.c;
3 s.), della luna (Apoc. 6,12; Act. 2,
a̵a'tEXXV<rlac; o٠yl\IE'tCX.L a<pEO"Lc;,
20), il giudizio dei popoli (Apoc. 14,
senza spargimento di sangue non vi
20: ÈçfjÀÌ}E\I alµa. ÈX "'tfjc; ÀTJ'llOU axpL
"'tW\I xaÀt'JW\I 'tW\I L1t1tW\I). è remissione dei peccati. Come a.[µa
Nell'A.T. fondamentale per il con- ÈxXÉEL\I ( ~ a.[µa. 3) in senso assoluto
cetto di alµa (nel senso di color ros- nei LXX e nel N.T. significa uccidere
so) come segno di sventura è Ex. 7, (con spargimento di sangue; analogo
23 RoHDE op. cit. II pp. 14 ss., H HEP- 24 E. WUNDERLICH, Die Bedeutung der
DING, Attis (1903) pp, 196 ss.; O. GRUPPE, roten Farbe im Kultus der Griechen und
op. cit. 1552 ss.; F. CuMONT, Mysterien des Romer, R.V.V. XX 1 (1925) pp. 4 ss., 10 ss.
Mithra3 (1923) pp. 169 ss.; BAUER, Joh., a.l.; 2s K. KIRCHER, R.V.V. IX 2 (1910) pa-
R. RErTZENSTEIN, Die hellenistischen Myste- gine 32 ss.
rienreligionen 3 (1927) pp. 45 s.; H . GRESS- 26 Tradotto in STRACK - BrLLERBECK III
MANN, Die orienta!. Religionen im hellenist.- p. 817.
1om. Zeitalter (1930) pp. 105 ss.
475 (l,176) atvi.w (H. Schlier) (l,176) 476

è il significato di ìtxxucnç cx.i'.µcx."toç in 22 s.). L'idea adombrata, ma non at-


3 Bcx.cr. 18,28, Ecclus. 27 ,15) così tuata dai sacrifici cruenti dell' A. T.
cx.i.µcx."tExxvcrla, attestato qui per la pri- (Heb . 10,4) - l'offerta della vita come
ma volta, allude allo spargimento di strumento di remissione dei peccati
,;angue che accompagna l'uccisione, e (-? &cpw~ç) - è diventata una realtà
in particolare secondo i vv. 18 ss. l'uc- eternamente valida con la morte di
cisione delle vittime nel culto vetero- Cristo ( cx.lµcx. 4-? col. 468 ).
testamentario. Non è certo il caso di cx.ì.µcx."tEXXVCTlcx. oltre ad Heb. 9,22 si
riconnettere ai.µcnrnxucrla ai riti del trova solo negli scrittori ecclesiastici
versamento del sangue sull'altare (Lev . nel senso di versamento di sangue, uc-
4,7 .17 .18 .25 .30.34; 8,15; 9,9; Ex. 29, cisione. In Taziano (23,2), in Epiph.,
12) oppure dell'irrorazione dell'altare Panar. 39,9,2 la cx.i.µcx."tEXXUCTlcx. è anno-
verata tra i peccati capitali; Georg. Al.,
col sangue (Ex. 24 ,26; Lcv. 1,5.11; 9,
Vit. Chrys. (Chrys.opp.VIII 1612) 184,
12) espressi nei LXX da alµa Èx- op- 26: cpo~117)dç µ-i)nwç xcx.ì. cx.i.p.CX."tEXXV-
pure npocrxÉEw seguiti da preposizioni, crlcx.L yÉvwncx.L dç "tÒV )...cx.6v passim
poiché nel v. 22, che conclude con (cfr. Thes. Steph., s.v.). Uguale è il si-
un'affermazione generica l'argomenta- gnificato di cx.tµcx."toxucrla: in Ioh. Mosch.
zione dei vv. 18 ss., stonerebbe un ac- 3005 c; Theophan., Chronogr. (Bonn.
1839) 510),16. Per il concetto si può
cenno a particolari riti cruenti nei qua-
vedere l'espressione 'en kappiira 'ella'
li sarebbe compresa anche la np6crxu1nc; baddam, b. Jomà 5 a, b. Men . 93 b. b.
'tOV cx.i'.µcx."toç di Heb. 11,28 (12,7.13. Zeb. 6 a.
J. BEHM

cx.ÌvÉw, a:[voç

t o..lvÉw

Mentre nel greco profano a:LVEW si cusativo ricorre in ~ 148,1 ss.: -ròv
presenta in due accezioni 1 a) lodare, xvpLOV oppure col dativo=le dopo h6da
elogiare, celebrare (Aristot., Fr. 673; e hillel (f er. 20,13; 1 Chr. 16,36; 25,5;
Hdt. V 102; Corp. Herm. XIII 21); 2 Chr. 20,19; 2 Ecrop 3,10 ss.; Ps. Sal.
b ) affermare, raccomandare (Soph., 5 ,1 ). Più spesso è usato in parallelo
Phil. 1380), soltanto la prima è viva con oo!;rtsEw (LXX Dan. 4,34; ljJ 21,
nella letteratura di cui ci occupiamo. 23 s.), con ùµvEi:v (vµvoç): Neh. 12.
cx.tvÉw è frequente nei LXX in senso s
24; I ud. 16,24 (B vµVl')CTll.V in luogo
religioso, ossia riferito a Dio. Con l'ac- di i)vEcra:v) e anche con È!;oµoÀ.oyEi:-

atµa:tExxvcrla. R1GGENBACH, Komm. Hbr. pp . 280 s.


CREMER -KOGEL p. 84; atvi.w
WINDISCH, Hbr., pp. 82 s.; I Thes. Steph.; LmDELL · ScoTT, s.. v.
477 (1,176) aEvvnia. (G. Kittel) (1,177) 478

crfra.L: 1 Chr. 16,4. 534; Hes., Op . 202 ; b) deliberazione:


Nel N .T. , dove ricorre otto volte, di I.G. IV 926; e) elogio: Aesch., Ag.
1547; Hdt. VII 107. Nei LXX è tra-
cui sei in Luca (Vangelo e Atti), una
duzione per lo più di 'oz e di hll nella
in Paolo (Rom. 15,11 = \j; 116,1 ), forma pi'el ~ 8,3; 94 tit.; 2 Chr. 23,
una in Apoc. 19 ,5 col dativo, indica 13: uµvovnEc; cxivov; 3 Mach . 7,16:
la lode gioiosa (Le. 19,37) di Dio che ÈV ctLVOLc; xa.Ì, '1taµp.EÀÈCTLV vµVOLç.
si esprime in una dossologia, in un
Nel N.T. ricorre due volte: Mt. 21,
inno o in una preghiera dei singoli
16 = ~ 8,3 e Le. 18 ,43 nel signifi-
(Le. 2,20; Aet. 3,8 s. ), della moltitu-
cato di lode religiosa.
dine dei discepoli (Le. 19,37), della co-
munità cristiana (Act. 2,47; Apoc. 19, aì:vov OLo6vcu ritorna in 2 Clem. 1,5;
5) oppure degli angeli (Le. 2,13 ). 9,10 = a.tvov à.vcrnȵ'1tELV di lust ., Ap.
Concetti affini o analoghi sono espres- I 65,3; Orig., De Orat. 13 ,3. Si trova
si in Mart. Pol. 14,3: ... crÈ atvw, crÈ anche a.tvoc; associato ad EVXll.pLcr-cla.,
EÙÀoyw, crÈ ooçcisw .... ; in Act. Io. 77 '. uµvoc;, o6ça. in lust., Ap. I 13,1; 65,3;
ooç&soµÈV O"E xa,Ì, IXLVOVµEV xa,Ì, EVÀO- Clem. Al., Strom . VII 7 ,49; Const. Ap.
youµEV xaì. EùxapLcr-covµEv ... ; in Aet. VII 48,3. Cfr. Act. Io . 109: -clva a.tvov
Petr. 39: alvovµÈv crt., EùxapLcr-cov- 11 '1tola.v 7tpocrq:iopàv 11 -clva t.ùxapLcr-cl-
µÈv O"OL xa,Ì, à.vlJoµoÀoyovµEÌ}a, ooç&- a..v ... È'1tovoµcio·wµt.v ... L'o:tvoc; è l'uni-
SO'll't"Èc; crE ... cfr. Le. 2,20; 24,53, text. co onore che si può rendere degnamen-
ree., numerosi lat.; Iust., Dia!. 106,l; te a Dio e l'unica offerta degna di lui:
Ap. 13,1; Clem. Al. , Strom. VII, 35,2 . Iust., Ap. I 13,1; Dial. 118,2. Origene
(in Ps.148,1) dice 2 : a..tv6c; Ècr't'LV uµvoç
t aJ:voc; dc; ilt.òv È7tÌ. ilt.wplq. 't'W'\I yEyOVO"tWV.

a) Narrazione, favola: Aesch., Suppl . H. ScHLIER

t atvLyµr.i ( foo7t"tpov)
Nel N.T. ricorre solo in 1 Cor. 13,12, fetta viene cont1·apposta la perfetta vi-
dove all'attuale ( ap·n) visione imper- sione escatologica: BM7toµEV yà.p ap't'L

2 MPG 12, .1677 d. S. BASSET, J.B.L. 47 (1928) pp. 232 ss.


at"V~yµa. ]. BEHM, Reinhold-Seeberg-Festschr. I (1929)
Per Z Cor. 13,12 : p . 314-342.
·H. A. W. MEYER, Komm. s (1870) pp. 370 s.
Per fooc;-rpo"V :
G. HEINRICI, Sendschreiben ( 1880) pp. 424 s.
]OH. WErss, 1 Kor. pp. 319 s. R. REITZENSTEIN, Historia monachorum
BACHMANN, Kommentar 1 Kor. pp . 402 ss. (1916) pp. 243-254, 262
HARNACK, S.A.B. (1911) pp. 150, 157 s. Io. Festschr. f. F.C. Andreas (1916) pp . 48ss.
R. SEEBERG, Ewiges Leben (1915) pp. 103 ss. Io. N.G.G. (1916) p. 411.
479 (l ,177) cxXvLyµa. (G. Kittel) (I,178) 480

1
OL fo6n.-pou Èv mwyµa..-L, .-6.-.: OÈ chio » significa vedere profeticamente.
np6crw7tov npòc; npfownov. Per com- I rabbini confrontando la cono-
prendere l'esatto significato del passo è scenza di Dio raggiunta da Mosé
necessaria un'analisi dei due termini con quelia degli altri profeti afferma-
a.l'.vt. yµa. e foon.-pov. vano che questi ultimi, secondo Ez.
a.tvt.yµa indica anzitutto l'enigma. 43,3, avrebbero visto Dio con l'aiuto
Nelle manifestazioni vitali della reli- di nove 2 specchi, Mosé invece, secon-
gione - soprattutto nei responsi degli do Num. 12,8 , tramite uno solo, op-
oracoli e nelle parole dei profeti - è pure che quelli l'avrebbero visto in uno
sempre presente un quid di misterioso specchio torbjdo, Mosé invece in uno
e di incomprensibile che può essere in- specchio chiaro (Lev . r. 1 a 1,1 verso
terpretato ·come un enigma 1 • Tale è la fìne) 3 Oppure viene addirittura af-
il caso della sfinge: Soph., Oed. Tyr . fermato che al profeta Dio si rivela se-
1525, Eur., Phoen. 1688; della Pizia: condo N um. 12,6 - a differenza anco-
Plut., Phth. Or. 25 (Il 407 b), 30 (Il ra una volta di ciò che accade a Mosé,
409 e); della Sibilla: Sib. 3,811. In Num. 12,8 - non attraverso uno spec-
S. Num. 103 a 12,8 leggiamo che se- chio chiaro, ma soltanto in sogno e in
condo Ez. 17 ,2 i profeti parlano agli visione (Tanh . saw 143 a). Risulta chia-
uomini e secondo Num . 12,8 Dio parla ro quindi che ' vedere nello specchio '
ai profeti - ad eccezione del sol0 Mo- è un'espressione metafori:a indicante
sé - per enigmi (be~!dot, LXX: ot.' a.t- una partecipazione - anche altissima
vt.yµchwv ). Per i greci come per i come dimostra l'esempio di Mosé -
giudei la rivelazione profetica è sostan- alla rivelazione divina.
zialmente una comunicazione enigma-
Il termine rabbinico 'ispeqlarjii' =
tica, che richiede cioè una risoluzione i:rni:xÀ.cipt.ov signifìca tanto vetro (in
chiarificatrice . particolare pietra speculare) quanto
Eo-on.-pov. Anche « vedere nello spec- specchio. Che la parola venga usata

H. AcHELIS, Festschr. f. Bonwetsch (1918) LERBECK III p. 452) significa specchio. L'idea
pp. 56-63. di uno o nove specchi è sorta dal fatto che
K. BoRNHAUSER, Bethel XVIII (1926) pp.45s. in Num. 12,8 ricorre una volta mar'eh, men-
STRACK-BILLERBECK, III pp. 452 ss. tre in Ez. 43,3 si leggono nove volte mar'eh
W. THEILER, D. Vorbereitung des Neuplato- e altre forme di r'h (i plurali vengono cal-
nismus, in Problemata I (1930) p. 148. colati doppi).
I Circa i rapporti concreti ed effettivi tra 3 L'ultima affe rmazione ritorna pressappo-
il concetto di ' enigma ' e le rivelazioni ora- co in b Jeb. 496, Mek. Sim. b. ]. a Ex.
colari e profetiche cfr. A. JoLLES, Einfache 20,21 p. 114 HoFFMANN . Un po' diversa è
Formen (1930) p.139 (rimando del Peterson). l'interpretazione di b Sanh. 97 h, b Suk.
2 Lo spunto per questa interpretazione è 45 b. La maggior parte dei passi relativi sono
offerto dal nome mr'h, che nella vocalizzazio- raccolti in STRACK-BILLERBECK l.c., alcuni
ne mar'a sia nell'A.T. (Ex. 38,8) sia nel lin- però accompagnati dalla traduzione errata di
guaggio dei Rabbini (esempi in STRACK-BrL- cui alla n. 5.
481 (l ,178) arwyµa (G. Kittel) (1,178) 482

in entrambe le accezioni è certo 4 , come ne speculare. Una spia dell'origine el-


pure è certo che soltanto con questo lenistica dell'immagine è già il fatto
termine straniero e con nessuna delle che nei passi relativi degli scritti rab-
altre parole indicanti lo ' specchio ' vie- binici si trovi usato costantemente l'im-
ne indicato lo specchio prodigioso che prestito greco 'ispeqlarja' . Anche se in
riflette il futuro e ]'al di là. Errata è riferimento alla contemplazione di Dio
quindi l'interpretazione, stranamente l'immagine dello specchio ha un valore
diffusa da gran tempo nell 'esegesi cri- puramente metaforico, essa è indubbia-
stiana, che attribu scc a 'is peqlarjii' nei mente connessa alle origini con la ca-
suddetti passi rabbinici il significato toptromanzia praticata nell' ellenismo 6
di vetro, vetro per fin estra, finestra 5 • e nota anche al giudaismo, come dimo-
Si aggiunga che almeno in Lev. r. 1 strano vari esempi; per es. 7 Gen . r.
il richiamo a mr'h di Num. 12 ,8 inteso 91 a 42, 1 E: (Giacobbe) vide nello
come specchio è evidente . E nemmeno specchio che la sua speranza (ossia Giu-
si spiega come possa essere sorta e seppe) era in Egitto.
come sia concepibile l'idea della con-
templazione di Dio come un vedere L'immagine della vlSlone e della ri-
attraverso il vano di una finestra o velazione speculare non allude in nes-
addirittura attraverso nove finestre. sun modo al fatto che lo specchio dà
L'immagine della visione speculare -
soltanto un'immagine indiretta o im-
e insieme l'uso della parola straniera -
si spiegano invece benissimo con le precisa. Questo difetto vien rilevato
pratiche della magia ellenistica. Il nu- solo quando gli specchi imprecisi ven-
mero nove, se non è dovuto soltanto gono esplicitamente distinti da quelli
a una interpretazione cervellotica di precisi 8
• È falso quindi che gli specchi
Ez. 43,3 (~ n. 2) allude probabil-
antichi riflettessero sempre immagini
mente alle ripetute osservazioni so-
9
vente necessarie per ottenere la visio- confuse , come pure è falso che nei

4 Cfr. STRACK-BILLERBECK III p. 452 s. cialmente M. Ex. 18,21, dove non si tratta
5 Così interpretavano già, fra gli altri LAM- di una pratica astrologica (così Strack-Biller-
BERT Bos, ScHOTTGEN (dr. MEYER, BAcH- beck seguito da Behm p. 325), ma di una
MANN); recentemente il BoRNHiiusER, STRACK- autentica visione speculare. Può essere che
BrLLERBECK. L'interpretazione da noi seguita sovente fosse usato come 'specchio' un grez-
è stata invece sostenuta da S. KRAUSS, Tal- zo vetro o una lastra di mica; ai fini della
mudische Archaologie (1910) pp. 68,399; BA- magia interessa unicamente la superficie lu-
CHER, Tann. II p. 214. cente, quale può essere anche quella di un
6 Bibliografia sulla magia speculare nell'an- recipiente d'acqua o di una macchia d'in-
tichità: PAULY-W. XI col. 27; F. PFISTER, chiostro .
Die Rel. der Griech . u. Rom. (1930) p. 317. 8 Nell'uso metaforico non importa più di
Inoltre: E.R .E. IV pp. 351 ss ., VIII pp. che specie sia lo specchio.
696 s. Esempi in A CHELIS, op. cit. La più 9 Così per es. B. W. p. 634: 'la cui im-
completa documentazione dell'uso metaforico magine non era mai del tutto chiara'; cfr.
di ' specchio ' nella gnosi e nell'ellenismo si MEYER, HEINRICI. L'inesattezza archeologica
legge in BEHM pp. 326-335. di questa tesi è stata dimostrata da J. WEISS
7 Altri ese mpi in STRACK-BILLERBECK; spe- p. 319 n. 1, AcHELIS p. 62 n. 1; dr. inoltre
483 (l,179) a~v~yµa (G. Kittel) (l ,179) 484

rabbini e in Filone la metafora specu- profeti , a cui si contrappone !a limpi-


lare adombri costantemente il fatto che da visione di Mosè; l'altra invece non
« attraverso lo specchio non si vede 1a comporta questa intonazione restrittiva
cosa ma soltanto la sua immagine » 10 , e può esprimere sia la visione di Mosé
che anzi Mosé viene esaltato come co- sia quella degli altri profeti, solo che
lui che ha ricevuto la più diretta e al- lo ' specchio ' del primo è migliore di
ta rivelazione quando ha contemplato quello degli altri. L'espressione paolina
Dio in un nitido specchio. non è quindi tautologica 11 in quanto
È chiaro da questi esempi che le Èv cdvly~w:·n precisa in senso restrit-
due metafore - dello specchio e del- tivo il più generico òL' È<ro7t-rpou. La
l'enigma - assumono una particolare nostra conoscenza attuale è ' soltanto '
1
pregnanza solo in riferimento alla ri- Èv atvlnw:n (non 'solo' ÒL Èlro7t-rpou).
velazione profetica. Il senso comples-
sivo dell'affermazione paolina è perciò Come mostrano i passi citati, punto
di riferimento costante dell'esegesi rab-
questo: l'uomo rinato nello Spirito in
binica relativa ai discorsi enigmatici
questo mondo può vedere(~ ~À.É7mv) dei profeti e alla loro visione specu-
Dio come lo vede il profeta. Le due lare era Num. 12,8. Allo stesso passo
parole, - al'.vtyµcx. e foo7t'tpov - mal- si ispira evidentemente Paolo in 1 Cor.
grado la loro sostanziale equivalenza 13,12 12, attenendosi non alla versione
semantica venivano usate con una di- dei LXX ma al testo masoretico e al-
l'esegesi ~ei Rabbini 13 • Anche il tanto
versa intonazione, come risulta evi-
discusso Èv che precede cdvlyµa'tt non
dente dalla discussione rabbinica su si spiega con la normale sintassi gre-
Mosé. La prima infatti indica sempre ca 14, ma soltanto con il be del testo
l'oscura conoscenza e rivelazione dei ebraico che Paolo ricalca.
G. KITTEL

PAULY-W. l.c. Il BoRNHAUSER fa osservare 11 È superflua quindi la proposta di espun-


giustamente che anche Iac. 1,235 s. non al- gere Èv atv., avanzata da E. PREUSCHEN,
lude affatto alla poca chiarezza dell'immagine Z.N.W. I (1900) pp. 180 s., alla quale incli-
speculare. na anche ]. WEISS. Si veda del resto la do-
10 Secondo J. WEiss questo sarebbe 'sem- manda in Maxim. Conf., Quaest. ad Thalass .
pre' il senso dell'immagine in Filone; ma l'af- 46 (M.P.G. 90,420 b): -rlç ii oLaq:iopa -rou
fermazione non trova conferma nella maggio- fo67t-rpou 7tpÒç -rò atwyµa;
ranza dei passi citati da lui e di quelli ri-
12 Cfr. già Tert., Adv. Prax. 14.
portati dal LEISEGANG, Index 299,477. Cfr.
13 Cosl soprattutto HARNACK p. 158; di
per esempio Abr. 153, Spec. Leg. 219. La cri-
tica del BEHM p. 332 può essere corroborata opinione diversa è il REITZENSTEIN p. 253 .
con altri argomenti. 14 ACHELIS p. 62.
485 (I,180) atpEcnç (H. Schlier) (I,180) 486

atpfoµru, ai'.pEcnç, atpenx6ç


atpe-rl~w, ow.LpÉw, OLalpE<:nç

alpÉw significa all'attivo prendere, b) scelta (dal medio cdpfop.aL): in ge-


ottenere, afferrare, ma anche com pren- nerale la possibilità di scegliere anche
dere; al medio prendere per sé e in per una carica; inclinazione (contrario
sé, scegliere 1 • La diatesi media, unica di <pvyfi); c) decisione, impresa, propo-
presente nel N.T. (scegliere, trasceglie- sito diretto ad un fine, quasi come
re), è normale tanto nei LXX quanto rtpoalpEcnç, Plat., Phaedr. 256 c. Que-
nella grecità profana. Gli equivalenti st'ultima accezione si è mantenuta nel-
ebraici sono, oltre bii/Jar, anche hiifé s, l'ellenismo, dal quale è passata nella
f?ii5aq, sur (hif'il) 'amar (hif'il) 2 • Sino- letteratura cristiana (DITT, Syll. 3 675,
nimi sono ÈxÀÉyECTfrm, EÙooxEi:v, ~ov­ 28; Herm. 5. 9,23,5).
ÀECTi)aL, frÉÀELV.
Da questo significato fondamentale
1. In Phil. 1,22 ed Heb. 11,25 deriva l'accezione ' oggettiva ' di a.ì'.pE-
( µciÀÀov atpEi:crfrcn ... t]) indica la scel- crLç prevalente nell 'ellenismo, ossia di
ta preferenziale tra due possibilità. a) dottrina e b) scuola. La a.tpEcr~ç del
2. In 2 Thess. 2,13 a.1.pEfofraL de- filosofo, che nell' antichità comporta
signa la scelta del suo popolo operata sempre anche l'adozione di una parti-
da Dio. Cfr. Deut. 26,18: xa.i xupLoç colare norma di vita, ha come oggetto
Ei'.Àa-r6 O'E crfiµEpov yEvfofra.L CTE a.ù-rQ determinati o6yµa.·m, ai quali gli altri
Àa.Òv m:pLovcrLov ... (cfr. Herm. S. 5, concedono la loro 7tp6crxÀ~cr~ç. Essa si
6,6). È un concetto eminentemente manifesta quindi come a.i'.pEcrLç ( dottri-
religioso, peculiare ed esclusivo del na) di una a.ì'.pEcrLç (scuola) 1 . Cfr. il
mondo ebraico e cristiano. titolo di un'opera di Antipatro di Tar-
so (sec. II a.C.) xa-rà 't'WV a.Ì.pÉcnwv
e lo scritto di Crisippo cxi'.pECTLç 1tpÒç
ropyL1t1tlOl}V (Diog. L. VII 191), e
A. a.tpEcrLç NELLA GRECITÀ CLASSICA inoltre le designazioni delle scuole filo-
E NELL'ELLENISMO sofiche come cxÌ.pÉcrnç in Polyb. V 93,8
a.Ì:pEcrLç, deverbale di CXLpEw, nella (peripatetici),Dion. Hal., Compos. Verb.
grecità classica può significare: a) pre- 19 p. 134,3 s. (il y' 'Icroxpchouç xa.t
sa, per es. di una città, Hdt. IV 1; 't'WV hElvcp yvwplµwv a.i'.pECTLç); Sext.

atpÉoµm octpE<nç
PAssow; LrnoEL-ScoTT, s.v.
t l a:tp. = ordine di scuola (classe) DITT .,
2 In HATCH-REDPATH 1 Chr. 21,10 è ru- Or. 176: oL. Èq>TJ~EVx6nç -rljç 'Aµµwvlou
bricato per errore sotto atpÉw anziché ai:pw. a~pfo-t.wç.
487 (l,180) ai'.pEcnç (H. Schlier) (l ,181) 488

Emp., Pyrrh. Hyp. I 16; Diog. L. I 19 care tanto una scuola filosofica greca
( -rou oÈ Tiihxou [se. µÈpovç "ti)ç cpt.Ào- (p. es. Plant. 151) quanto i Terapeuti,
crocplac;] ')'E"yévacrt.v atpfonc; oÈxa: presentati come una sublime comunità
'AxaoriµaLXTJ, Kvprivat.xTi x'tÀ.). Gli filosofica (p. es. Vit. Cont. 29). Analo-
elementi essenziali e costitutivi di que- gamente Giuseppe designa con ai'.pwLç
ste società - le quali oltre che alpfoEt.ç la comunità degli Esseni (Beli. II 118)
xa."tà cpt.Àocrocplav (Sext. Emp ., Pyrrh. e in genere ogni setta religiosa ebraica ,
H yp. I 185) potevano anche essere <la lui concepita alla stregua Je!Je scuo-
xa'tà Ì.a'tpt.x'l)v a.Lpfonç (op. cit. I 237) le fìlosoficbe greche: Esseni, Sadduce i
- sono: la formazione della a.l'.pwt.c, e Farisei sono le 'tpEi:ç 7tap' 1ìµt7Jv
nel seno di una comunità più vasta che rxLpfoELç. Dopo aver esaminato 3 tutt e
la comprende e quindi la sua Jelimi- e tre le sette Giuseppe decise 7toÀ.vn:v-
tazione da altre scuole; l'autorità asso- Ecr1)a.L TIJ "tWV <I> a p LCi rx i'. w V rxì,pfon
luta, pacificamente riconosciuta, di un xa.'ta.xoÀovilwv, fi 7trxprx7tÀTJ11L6c; ÈO''tL
maestro; una dottrina in parte dogma- TIJ 7ta.p' "EÀ.Àr)CTLV L'tW~xn À.E.yoµÉvn
ticamente accettata e in parte soggetta (\lit. 12). Per l'uso di atpwt.ç in Giu-
a libera discussione; il carattere pri- seppe dr. anche Vit. 191.197; Ant.
vato di tutto ciò. XIII, 171.293. Anche se sulla scelta
dcl termine può avere influito la ten-
B. atpEcrt.c; E MiN NEI LXX E NEL
denza di Giuseppe ad equiparare con-
GIUDAISMO
cetti diversi, essa era tuttavia giustifi-
Nei LXX la parola a.Ì:pEcrLç è usata cata dalla effettiva analogia strutturale
piuttosto raramente e sempre nell'ac- fra le ' scuole ' palestinesi-giudaiche e
cezione generica di scelta ( Èt; atpfoEwç quelle greche. Il µ6pL6v 'tL 'Iovorx~x6v
oppure xa.'tà aÌ:pEcrt.V, per libera scelta, di Ant. XVII, 41 o il crvv"trxyµ<i "tL
volontariamente: Gen. 49,5; Lev. 22, 'Iovoa.lwv di Beli. I, 110 ha trovato in
18.21; 1 Mach. 8,30) 2 come traduzione c:x\'.pEcrLç la sua adeguata designazione.
dell'ebraico nedaba. Più importante è Il termine equivalente nel giudaismo
il significato della parola nel giudaismo rabbinico è min 4 , che significa tanto
ellenistico e rabbinico. Non fa mera- c:xi'.pECTLc; quanto aÌ.pE"tt.x6ç 5• Come ai'.-
viglia che Filone usi aÌ:pEcrt.c; per indi- pEcrt.c; in Giuseppe , così mìn è anzitut-

2 In Neh. 12,40: at Bvo 'tijç atpÉ1nwç 4 Per l'etimologia dr. W. BACHER, R.E.J.
forse bisogna leggere ... atvfoEwç al v. 31.38; pp. 38, 45 s. - La parte che segue si basa
negli altri casi il significato della parola è sostanzialmente sui dati forniti da K. G .
sempre 'ripartizione'. Cfr. Ps. - Plat., Ax. KuHN. Cfr. il suo Exkurs I ( « Giljonim und
367 a 'comitato, commissione' I.G. IV 937 Sifre minim ») in Si/re Numeri iibersetzt und
ambasceria'. erklart.
3 Questo particolare è contestato da G . 5 min per lo più non designa la setta,
H6LSCHER, Pauly-W. IX col. 1936. ma il membro di essa, equivale cioè non ad
489 (1,181) a~pEcnc; (II. Schlier) (I,182) 490

to una designazione generica delle va- compreso il valore semantico di atpE:cn:;


rie correnti e fazioni giudaiche, ma negli scritti neotestamentari.
poiché alcuni m'inim si allontanavano 1. L'uso di atpEcnc; negli Atti cor-
dalla tradizione rabbinica e ortodossa, risponde esattamente a quello di Giu-
ben presto la parola fu usata in malam seppe e dei più antichi testi rabbinici.
partem per indicare come ' eretici ' de- Cfr. atpEcnc; ""twv La88ouxalwv, Act. 5,
terminati partiti e sette avversati dai 17; atpE<nc; '"twv <l>apLrralwv, Act. 15,
6
rabbini • È questo il significato della 5; o""tL x1:nà: ... riv &.xpt~Err""tci""tl)V ai'.pE-
parola negli scritti rabbinici databili cn \I ""tijç -fif.tE-rÉpac; i}pT)<rxElo:c; EST)<TO.
dalla fine del sec. I alla prima metà <l>apLcro:i:oc;, Act. 26,5 . Anche il cristia-
del sec. II d.C. , p. es. nella Birkat ham- nesimo è definito dagli avversari una
minim che 'probabilmente fu inserito O.LpEG"Lç, 24,5: 7tpW'"tOO"""ta""tT)ç ""tfjç '"tWV
nella preghiera delle Shcmoné Esré Naswpo:lwv alpfoEwç. Cfr. 24,14; 28,
verso la fine del sec. I (b. Ber 28 b) 7 • 22; inoltre Iust., Dia!. 17,1; 108,2;
Alla fine del sec. II la parola subisce Act. Phil. 15, nella normale accezione
un'ulteriore trasformazione semantica e neutra di scuola.
passa a designare non più gli apparte-
2. L' addentellato greco - giudaico
nenti alle sette giudaiche, bensì gli in-
non può tuttavia spiegare l'origine del
fedeli, soprattutto gli etnico-cristiani e
peculiare concetto cristiano di eresia.
8
gli gnostici • Altro termine di signifi-
Quest'ultimo infatti non ha subito ur:ia
cato analogo usato dai rabbini è maba- evoluzione parallela a quella del cor-
loqet (T. Sotà 14,1 ss.; T. Sanh. 7,1) 9 ,
rispondente rabbinico min, ossia non
che però indica quasi sempre le beghe
è stato prima la designazione generica
e i dissensi personali e quindi corri-
e neutra di qualunque ' scuola ' e poi,
sponde meglio al greco rrxl; µa, mentre
sensu malo, denominazione delle scuo-
l'esatto equivalente di atpE'.rrLç è m!n.
le non ortodosse. Il cristianesimo ha
C. aÌ'.pE'.G"Lç NEL N. T. guardato sempre con sospetto e avver-
In relazione a questo addentellato sione l'o:i'.pErrtç e quando ha cominciato
ellenistico e giudaico va analizzato e ad usare la parola in senso tecnico,

ai'.pEo-tc; ma ad aì.pe:·rnc6c;. Cfr. lgn., Tr. 6,1. 293 s. Le conclusioni del B. non sono del
6 Compresi i giudeo-cristiani, ma non essi tutto accettabili. Il fatto, da lui rilevato, che
in particolare come vuole il BACHER. Cfr. i temi della polemica rabbinica con i minim
STRACK-BILLERBECK IV p. 330. coincidono in gran parte con quelli del dia-
7 Accanto ai mlnfm vengono qui menzio- logo di Giustino dimostra proprio che il ter-
nati i no~rlm (ossia i · cristiani). Questi sono mine mlnim designava soprattutto i Cristiani
perciò distinti dai minim. (e precisamente gli etnico-cristiani).
s Cfr. A. BtkHLER., Ober die Minim von 9 Cfr. SrRACK-BrLLERBECK III pp. 321 s.,
Sepphoris und Tiberias im 2 u. 3 Jhdt, 443.
Cohen-Festschrift « Iudaica » (1912) spec. pp.
-t91 (I,182) aXpEcnc:; (li. Schlier) ( I ,182) 492

ricollegandola più o meno consapevol- Non importa se qui Paolo s1 1spm o


mente con le scuole filosofiche greche meno a un detto apocrifo di Gesù (cfr.
e col giudaismo, è stato per indicare Iust., Dial. 35,3; Dìdasc. 118,35); la
con essa le sette e fazioni religiose sua è comunque una postulazione dog-
esterne al cristianesimo e alla Chiesa 10 • matica 11 dell'atpEO"Lç come necessario
Il concetto cristiano di rxXpEcnç non fenomeno escatologico. L'cx.i'.pEO'Lç è per-
sorge dall'affermarsi di una nuova or- ciò nettamente distinta dallo crxlcrµcx. 12
todossia, ma deriva da una nuova real- e molto più grave di questo, in quanto
tà di fatto, ossia dall'esistenza e dalla essa intacca il fondamento stesso della
natura della ÈxxÀl}crlcx. cristiana. 'Ex- Chiesa, ossia la dottrina (2 Petr. 2,1)
XÀl}crlcx. e aÌ:pEcrLc; sono due realtà che e in modo così radicale da dare inevi-
si escludono a vicenda. Questo risulta tabilmente origine ad una comunità
evidente già da Gal. 5,20, dove le cx.tpÉ- diversa e separata dall'hxÀ l}CTLCX.. La
O"ELç - intese, come in tutto il N.T., Chiesa, in quanto società pubblica e
non ancora in senso tecnico - vengono giuridicamente costituita di tutti i cre-
annoverate tra gli (pycx. "t'll<; crc:x.px6ç e denti, non può ammettere l'!XipECTLç,
messe sullo stesso piano di EpLç, €xi}pm, ossia una scuola o una setta a carat-
silÀoç, ~vµol, ÉpLi}é'i:c:x.L, OLXOO""t'C:X.O"La.L. tere privato e necessariamente parziale
L'incompossibilità della Chiesa e del- senza degradare ad cx.tpEO"Lç anche se
l'a.i:pEO"Lç è affermata ancor più risolu- stessa, perdendo così la sua essenziale
tamente in 1 Cor. 11,18. In questo prerogativa unitaria e ' cattolica'. Allo
passo Paolo, accennando all'assemblea stesso modo - per citare un caso di
cultuale in cui la comunità si presenta ovvia analogia - lo stato o il popolo
come ÈxxÀ.l}O"lc:x., ritorna sugli O"XLO"µa."t'c:x. che ammettono l'incontrollata esisten-
di cui ha parlato in 1 Cor. 1,10 ss., os- za di una fazione dissolvono se stessi.
sia sulle beghe tra i fedeli causate da
personalismi. Paolo crede in parte alle D. a.ipEO"Lç NELLA CHIESA ANTICA.

notizie che gli sono state riferite circa Anche nell'epoca successiva l'cx.i'.pEO"tç
i dissensi nella chiesa: è necessario, continuò ad essere concepita come un
infatti, che vi siano addirittura (xcx.t) sinistro fenomeno escatologico costitu-
a.tpfonç Èv ùµi:v, perché si possano zionalmente opposto alla ÉXxÀl}crla.
riconoscere i cristiani di provata fede. Questo risulta chiaramente da Ign.,

10 Nell'editto di Milano: XEXEÀ.Evxa.µEv 2 Petr. 2,1; 1 Io. 2,19.


"t'oi:c:;... XPLCT"t'Lr.t.voi:c:; "t'Tjc:; a.LpÉCTEWc:; xa.t "t'Tjc:; 12 Nelle parole di Paolo è già implicita la
i>p1]CTXELr.t.<; "t'ijc:; ÉaU"t'WV "t'TJV 1tLC'"t'LV qJUÀ.tt"t'- distinzione formulata poi chiaramente da
"t'ELV ••• (Eus., Hist. Eccl. X 5,2) a.tpECTLc:;, come Iren. IV 26,2; 33,7 fra gli haeretici et malae
dimostra il contesto, vale tanto ' scelta ' sententiae e coloro qui scindunt et separant
quanto 'comunità'. unitatem ecclesiae.
11 Cfr. Mc. 13,5 s. par.; Act. 20,29 s.;
493 (I,183) t;ttpEcrtc; (H. Schlicr) (I,183) 494

Eph. 6,2; Tr. 6,1; lust., Dia!. 51,2, do- si rendeva piì1 conto della sostanziale
ve il concetto e la parola hanno ormai incompatibilità fra la È:x:XÀTJ<rLa e qua-
assunto un signifìcato tecnico. Ma il lunque rLLpEtnç.
fatto pii:1 signilìcativo in questo perio-
do - nel quale è anche la conferma
t a:!.pe-nx6ç
dell'incompatibilità fra la Éx:x:À.T]<rla: e
l'a:ì'.pE<rLç - è l'uso costante di atpE<rLç Dopo quanto si è detto, il signifi-
per designare le varie e contrastanti cato della parola non richiede molte
sette cristiane, uso fondato sulla chiara delucidazioni. Come sostantivo, a!.pE-
consapevolezza della sostanziale affinità 'tLXoç si trova già nella grecità classica
fra i movimenti ereticali e le ai.pfonç e precisamente nell'accezione di colui
nel senso tradizionale della parola, os- che sa scegliere giustamente (Ps. Plat.,
sia le scuole filosofìche greche e le sette De/. 412 a): . Manca invece in Giusep-
giudaiche (Iust., Ap. I 26,8; Dia!. 80, pe. Nel greco dei cristiani la parola è
4) .13 'Eretica' è considerata dalla Chie- usata fin dalle origini nel senso tecnico
sa soprattutto la ' scuola ' gnostica 14 • di seguace di un'eresia 2 • Nel N.T . si
È significativo d'altra parte che all'ac- legge in Tit. 3,9 s.: µwprlc; oE: ~TJ'tTJ<rrn;
cusa elevata da Celso contro la molte- xat. ye:vrnÀ.oylrLç xal EPLV xat. µcixac;
plicità di sette nel cristianesimo Orige- voµLxàc; mpLl<r"tacro · dcrlv yàp &.vw-
ne (Cels. III 12) non sappia opporre q>EÀ.Ei:c; xal. µ6-.-w.LOL. a:lpE'tLXÒV èivi)pw-
altro argomento che oÙÒEvòc; 7tpciyµa- 1tOV µE"t'CÌ. µlav xa:t. OE~::dpav voul}E<rla.v
'toc;, où µ-rì 0'1tOUOai'.a fo-d.v 'ÌJ CÌ.PX1Ì 7ta:paL'tOV, dowc; o·n . ÈçÉcr'tpa1t"t'a:L o
xat "!'.;> ~l~ xp-ficnµoc;, ye:y6va<rw a:i.- 'tOLOV"t'Oç xat. &.µa:p'tciVEL wv a:Ù't'oxa:-
pÉcnic; OLacpopoL, e questo nella medi- 'ttXXPL'tOc;. Per l'uso della parola negli
cina, nella filosofia greca, nell'esegesi antichi scritti ecclesir ~tici cfr. Didasc.
scritturale giudaica e nel cristianesimo. 33,31; 118,33; Iren. III 3,4 (Policarpo)
Ciò dimostra_, infatti, che Origene non 1tOÀ.Àoùc; &.7tò 'tW\I 1tpOELpT]µÉvwv a:LpE-

13
Cfr. Iust., Dia!. 62,3, Theoph., Ad Au- a:tpE"ttXoç
tol. II 4 (M.P.G. 6,1052 ,); Clem. Al., Strom. I Cfr. PREUSCHEN-BAUER.
I 15,69,6; VI 15,123,3 ecc.; Hipp., El. I 2 Il capo di una t;ttpEcr~c; profana, per es.
2,1; 23,1 ecc.; Orig., Cels. III 80, In Io. di una scuola di medicina, è detto a:lpE-
II 3,30. cruipxnc;, I.G. XIV 1759, Galen. 6, 372. La
14 Cfr. Mart. Pol. epil. 1 s.; Test. Sai. designazione è passata poi ai capi delle eresie
6,4 P.; 8,5; Iren. II 19,8 (de schola eorum, cristiane : Hipp., El. VI 27,1 e altrove. Il
qui sunt a Valentino et a reliquis haeretico- membro di una setta si chiama anche t;tlpE-
rum); Theoph., Ad Autol. II 14 (M.P.G. 6, "ttO'"t1jc;, Ios., Bell. II, 119; !ambi., Protr.
1076 c); Hipp., El. praef. 11; IV 2,3; X 23,1 21 Xt;t' (nell'uso profano la parola può indi-
ecc.; Clem. Al., Strom. I Ì9,95,6 (t;tÙ"tt;tt [scii. care anche il fondatore di una scuola filoso-
t;ttpfoEtc;J oit EL<r~\I at -tii\I És à.pxlic; ci'Jto- fica, Diog. L. IX 6) oppure t;ttpEcrtW"tT)c;.
f..El'Jtou<rt;tt ÉXXÀ T)O"La'.V). Iust., Dia!. 80,3; Porphyr., Abst. IV 11.
495 (I,183) cx.t p<O'Lç (H . Schlier) (l ,184) 496

'tLXWV ÈTCÉtr'tpE~EV dç 't'i)V ÈxxÀ:[j(Jla.v esempi Gen. 4,7; 15,10 ; 32,7 ; Lev.
'tOV lJEOV, µla.v xa.Ì, µ6vT]V 'tCX.V'tT]V 1,12 e Ios. 18,4 s. ; Iudith 16 ,24; I
à:À:r)lJna.v XYJpu~cx.ç ùrco 'tWV àrcoo--c6- Mach. 1,6; 6,35 .
Àwv 1ta.pHÀ.T]qJÉVCX.L, 't'i)V ÙT:o 'tTjç Èx- Nel N.T. OLaLpEi:v significa chiara-
xÀ. YJO-la.ç 1ta.paoEoop.ÉvT]v; Clem. Al. , mente ripartire e insieme distribuire:
Strom . I 19,95,4 e passim; Hipp. El. Le. 15,12 : 'tÒV Blov ; 1 Cor. 12,11:
IV 47,5 e passim. 'tÒ EV xa.ì, 'tÒ a.Ù'tÒ rcvEiiµa. , OLa.Lpoùv
Ì.Olq_ ÈXaO"'t ~) xa.i)wç f3ouÀ.E'taL. Il TCVEÙ-
t aLpE'tl~w p.O: dis tribui sce i suoi doni ai membri
Atti vo e medio, ~ u n in ten sivo di della comunit à secondo vuole.
a.tpE~o-i}a.L usato p revalentem ent e nel- ÒLa.lpEcrLç nella grecità profana ha tr e
l'ellenismo . Spesso n ei LXX tra duce significa ti principali : separazione (scis-
bii~ar e tal volta anche ha/es, szlr, ziihal, sione ); distinzione (in senso generico
niifii', 'iina (pi'el), hiimal. Cfr. anche e in particolare di analisi logi ca) ; at-
2 Clem. 14 ,1: W(T'tE ouv cx.tpE-i:wwµEi}o: tribuzione (ripartizione, termine tecn i-
a1tÒ 'tijç ÈXXÀ.T]O-lcx.ç -riìç swijç dVCX.L, co nei papiri per indicare le division i
tva o-wlJwµEv. ereditarie e patrimoniali) 1 • Ne i LXX
Nel N.T. si trova solo in Mt. 12 ,18 ÒLa.lpEO"Lç è usato nel senso di ripar-
tizione (Iudith 9,4 , Ecclus. 14,15) e di
che è una citazione di Is. 42 ,1 (T.M.
cosa ripartita: a) parte, lfi 13 5 ,13 : par-
tamak, LXX &.v-cLÀ.a.µfM.vEo-lJm ), dove ti del mare; parte dell'eredità: Ios.
alpE'tlsw potrebbe anche essere inteso 19,51 = 19,8 ss .: XÀ.T)povoµla.; b) di-
nella particolare accezione di adottare, partimento, sezione, classe, I ud. 5 ,16:
presente in 1 Chr. 28,6 (non però al dç ÒLaLpfonç 'PouBÉv = 5, 15: ds 'tà.:;
v. 10); 1 Chr. 29,1 ; Agg. 2 ,23 ; Mal. µEploaç 'Pouf3-i)v: = stirpe; 1 Chr. 24,
3,17; accezione documentata anche nel- 1; 2 Chr. 8,14; 35,5 .10.12 ; 2 Esd. 6,
18 classi di sacerdoti; 1 Chr. 26 ,19
la grecità profana: cfr . J.P.E. 2,299:
oLa.Lpfonç -rwv rcvÀ.wpwv; 1 Chr. 27 ,
a.lpE'tlo-ac; TCa.-ri)p; I.G. III 74 (riferito 1-15 divisioni dell'esercito.
a Dio). Il significato preciso della parola in
1 Cor. 12,4 ss. può essere ricavato solo
t oia.LpÉw, OLa.lpEO"Lç
dal contesto. L'uso del plurale OLmpÉ-
OLa.ipÉw nella grecità profana ha so- o-nç, l'antitesi con 'tO oÈ a.Ù'tÒ 1tVEvµa.
stanzialmente cinque significati : scin- e il parallelismo con l'espressione sin-
dere (frantumare), distinguere (in sen-
tetica ii <pcx.vÉpwo-Lç 'tau itVEvµa."toç
so generico e in senso logico), decidere,
dividere, aggiudicare (distribuire) . Di (v. 7) sembrano escludere il significato
questi nei LXX sono presenti soprat- di ' distinzione ' e suggerire quello di
tutto gli ultimi due; cfr. fra gli altri ' distribuzioni'. L'unico spirito si ma-

oLmpÉw x-.L
I Cfr. PREISIGKE, ìV art .
497 (l,184) arpw (J. Jeremias) (l ,185) 498

nifesta nelle distribuzion; (o attribu- antico linguaggio patnst1co l'uso tec-


zioni) dei suoi doni (xa.plo-µa:ra.), at- nico di ÒLa.lpEO-Lç per indicare la ' di-
traverso le quali i carismatici della co- stinzione ' fra le tre persone divine.
Cfr. Athen., Suppi. 10,3: -ri]v Èv "t'TI
munità cristiana sperimentano l'unica
ÉVWO'EL òuva.iLLV xa.i 'ti]v Èv 'tfj 'tcil;EL
xcipLç di Dio. ~La.LpEO-Lç indica insom- ÒLa.lpEO-LV del Padre, del Figlio e dello
ma, in questo caso, tanto la distribu- Spirito Santo. Cfr. 12,12; Tatian. 5,
zione quanto l'oggetto della medesima. 1 s. Orig. in Io. II 10,74.

Rileviamo come particolarità del più H. SCHLIER

a.Lpw
a) Sollevare da terra, innalzare: 2. Il significato di (assumere e) por-
Test. Sa!. 23,3 McCown 69; b) (sol- tare (b ). L'espressione &pa.'tE 'tOV ---,)
levare per) portare: LXX Gen. 40,16; svyév µov (Mt. 11,29) fa da contrap-
45,23 e passim; e) portar via, toglie- posto all'altra « portare il giogo della
re: LXX Gen. 35,2; 44,1 e passim;
Torà , dei comandamenti ecc. » (Act.
P. Tebt. II 417 e passim. In senso tra-
slato ai'.pEw tiµcipniµa LXX 1 Bcw. 15,10; Gal. 5,1) 2 e designa l'obbedien-
15,25; CtLPELV à.véT]µr.t 25,28 per- = za alla volontà di Dio annunziata da
donare. Gesù. In Mc. 8,34 par.: à:pci'tw "t'ÒV
---,) O-'ta.upòv m'.nou sono rappresentati
1. Nell'accezione fondamentale di
metaforicamente lo spirito di abnega-
sollevare (a) il verbo è usato nel lin-
zione e la disposizione al martirio che
guaggio religioso del N.T. per indicare
devono animare i seguaci di Gesù.
il gesto del giuramento: rjpEv "t'Ì)V
Metaforica è anche l'espressione È7tÌ.
---,) xdpa. mhou 't''Ì)V od;Lciv (Apoc.
10,5, cfr. Deut. 32,40; Dan. 12,7), il
xnpwv à:pouo-lv O-E (Mt. 4,6 par. = ljJ
90,12) a indicare la protezione da par-
gesto dell'orante che alza gli occhi al
te degli angeli custodi.
cielo: ijpEv "toÙç ---,) òcpi>aÀ.µoùc; rivw,
Io, 11,41 1 e la preghiera nella sua 3. Col significato di portar via, to-
espressione più semplice ed essenziale: gliere (e) il verbo è usato nel N.T.
rjpav ~ q>wvi]v 7tpÒç "tÒV i>E6v (Act. nelle seguenti espressioni di chiara in-
4,24 [cfr. Iud. 21,2] e passim). tonazione religiosa. Riferito alla morte:

arpw, É7to:lpw 123,1; 1 Esd. 4,58; Ios. Ant. XI, 162; Gen.
PREUSCHEN-BAUER pp. 35 ss. 473 s.; STRACK- r. 33a 8,1; b.]eb.105b.
BrLLERBECK II pp. 363-370. 2 STRACK-BrLLERBECK I pp. 608-610; BuE-
I Cfr. per questo gesto Mc. 6,41 par., CHLER , Studies in sin and atonement (1928)
7,34 ; Io. 11 ,41; 17 .1. Inoltre Le. 18,13; Ps. pp.52-118.
499 (l,185) <Xtpw (J. Jeremias) (l,185) 500

!l.LpE't"!l.L IXnO 'tijc; ync; i) SWll a.Ù'tOV ongmario indica il ' servo di Jahvé '
(Act. 8,33 = Is. 53,8, cfr. Io. 10,18). (talja' de'laha'), (~ àµv6c;)9 la frase al-
Ancora alla morte 3, difficilmente 4 alla ludeva certo alla sopportazione vicaria
separazione 5 dei discepoli dal mondo: della pena del peccato ( cfr. I s. 53 ,12
oùx Èpw'tw l:va. &pnc; m'.rrnvc; Èx 'tov LXX: xa.ì. a.trtòc; à.µcxp't"la.c; TI.oÀÀGN
xéa-µov, Jo. 17,15; all'esclusione dalla àv-fivqxc:v: egli ha preso su di sé i
salvezza: &.pi}1)crE'tcxt àcp'ùµw\I Ti Sa.crL- peccati clei molti; dr. anche Is. 53 ,4.
Àda. 'tOV i}EOti, M t . 21,4 3; dalla scien- 16.11 ). Ma l'evangelista , rendendo l'e-
za: f}pa'tE 't"TJ\I XÀEi:Oo: 'tijc; )'\IWO"Ewc;, spressione talja de'laha' con cX.~.tvòç 't"oG
Le. ll,52; alla consumazione del giu- l}gou, ha inteso sottolineare la cancella-
dizio: ii XpLO"Lc; CXÙ'tOU fipi}T) (Act. 8,33 zione del peccato ad opera della morte
= Is. 53,8); alla croce di Cristo che espiatrice di Gesù. La sua frase va per-
ha cancellato il nostro debito: 't"Ò xcx- ciò così tradotta : ecco l'agnello di Dio
i}' T]µw\I --7 xnp6ypa.<pO\I TjpXE\I Éx 'tOV che toglie il peccato del mondo (attra-
µfoov, Col. 2,14; all'espiazione del pec- verso la forza espiatrice del suo sangue,
cato: i'.vo: "t"ac; à.µa.p'tla.c; èi.pn, 1 Io . 3,5. cfr. 1 Io. 1,7).
Si è discusso per molto tempo se
nell'espressione giovannea 6 a.ì'.pwv 'tiiv Èmxlpw
tiµap't"lav 'tou x6crµou (lo . 1,29) 6 il
Nei LXX traduce per lo più naia':
verbo vada inteso nell'accezione di a) sollevare, innalzare; b) al passivo
' portare ' ( v. 2) oppure in quella di in senso traslato sollevarsi contro qual-
'togliere' (v. 3). In entrambi i casi cuno (Xtx"tci 'tLVoc;): nei LXX 2 Esd.
si tratta sempre dell'espiazione dei pec- 4, 19 è costruito con È7tl; in senso as-
cati altrui; soltanto è diverso il mezzo. soluto innalzarsi: LXX \); 36,35; 3
' Portare il peccato ' significa espiarlo Ba.cr. 1,5.
sopportandone v icariamen te la pena 7 ; 1. Nel N.T. ÈTI.a.lpw ricorre col si-
' togliere il peccato ' significa, invece, gnificato di sollevare, innalzare nelle
annullarlo con uno strumento efficace seguenti espressioni di intonazione spic-
di espiazione 8 • Se in Io. 1,29 il senso catamente religiosa . Riferito ai gesti

3 Cos1 A. SCHLATTER, Sprache u. Heimat iiµttp"tlo:v (mangiando il capro d'espiazione


d. vierten Evangelisten (1902) p. 134. per i peccati). Alla commestione delle vitti-
4 Contro questa interpretazione stanno le me da parte dei sacerdoti si attribuiva un
testimonianze del linguaggio rabbinico, dr. significato cultuale con efficacia espiatrice,
ScHLATTER, Komm. ]oh. p. 323. S. Lev. 10,17; dr. STRACK·BILLERBECK II
5 Cosi PREUSCHEN-BAUER p. 36. p. 366.
6 Cfr. STRACK-BILLERBECK II pp. 363-370. 9 BuRNEY, The Aramaic Origin of the
7 LXX Is. 53,12 : <lµttp"tlw; 7r.OÀÀwv 6:vi'1- Fourth Gospel (1922) pp. 107 s. Per infor-
vEyxEv. mazioni più precise ~ ciµvòç.
8 LXX Lev. 10,17: tvo: Ò:q>ÉÀ'l')"tE "tlJV
501 (l,186) cr.taMvoµcr.~ (G . Delling) (l ,186) 502

della preghiera: ÈmxlpEL v òcrlovc; XE'Lprxc; nei LXX rxi'.pnv xEcpaÀ'i}v ).


( 1 T im . 2 ,8) 1, È7tC1.LpELV 'toÙç ~ oq>-
2. Al passivo in senso traslato si-
flrxÀ.µoùi:; dc; -.òv oùprxv6v (Le . 18,13;
gnifica , sollevarsi, rivoltarsi: miv ihjJw-
lo . 17,1~col.497); all'ultima benedi-
µa ÈnatpoµEvov xa'tà. 'tfiç yvwcrt:wç
zione di Gesù: È1trxlpnv -.tic; XEi:prxc:; 'tOV i1Eov (2 Cor. 10,5); in senso asso-
(Le. 24 ,50; altrove detto del sacerdote luto inorgoglirsi, insuperbirsi: ciVÉXE-
che benedice )2. In senso traslato: hml- crì}E ... d 'ttç È1tet.LPE'tm 2 Cor. 11 ,20 ).
pnv -.à.c; xEcprxÀcic; = aprirsi alla spe. La u~ptç dell'uomo lo spinge a com-
ranza (Le . 21,28; per l'immagine cfr. petere con Dio (2 Cor. 10,5) e a cal-
l'ebraico nai a' ro's, Zach . 2,4 e passim; pestare i suoi simili ( 11 ,20 ).

J. } E REMIAS
t rxtcrM.voµm, rxi'.<rihJcrLç
at<rfrr)'tYJPLO\I

A. AL DI FUORI DEL N.T . <ri1ciVE'"t"et.t), ma non 'comprende' (Diels


Per l'analisi e l'interpretazione di I 135 ,8). Per b) cfr. per es. Ios., Ant.
rxt<riM.voµrxt si deve anzitutto prendere XVIII 148 (247). Ma anche il signi-
atto dei vari significati che esso com- ficato e) si trova già in Platone (Gorg.
porta: a) in primo luogo percezione 479 c): àp'atcrM.vEL -.à.. cruµ~rxlvov't'a.
sensibile, poi b) percezione in gene- be 'tOU À.éyou; l'interrogato viene ri-
rale e in particolare l'appercezione spi- chiesto di dare una soluzione che è an-
rituale e infine e) il 'comprendere ' zitutto logica, ma si avvicina anche a
dell'intelletto. una decisione etica (e il motivo di ciò
atcriM:voµm. nel suo significato ori- risiede anche nell'impostazione gene-
ginario a) è nettamente distinto da rale della dialettica socratica). Cfr.
~ cruvlriµt (cfr. e): l'uomo solo 'com- Thuc. I 71: ot a.tcrl1a.v6µt:voL = colo-.
prende ' (çuvlricrt), mentre ogni altro ro che comprendono.; Ios ., Ant. XIX
vivente avverte, sì, con i sensi (at- 168 : ot à:pe'"t"f\ç rxtcrl1et.v6µEvoL = colo-

È1talpw
LXX 2 Esd. 18(8), 6 v. l.; ljJ 133,2;
1 sto concetto si trova in O. lMMISCH, Aga-
STRACK·BILLERBECK II p. 261; DIBELIUS , tharchidea, S. H. A. Phil. hist. Kl. (1919),
1 Tim. a.l.; - ÉX-.ELVW . pp. 98-100; MEYER s a proposito di Phil. 1,9.
2Lev. 9,22; Ecclus. 50,20(22); STRACK-
BILLERBECK IV pp. 238-249; II p. 76, III cr.lO"i>T]"tTJPLOV
pp. 456, 458, 645.
P. LINDE, De Epicuri vocabulis.. . (1906)
a LCTi>TJO" ~<; p. 32.
Qualche osservazione sulla storia di que· R1GGENBACH, Komm. Hbr. 5,14.
503 ( 1,187) atcrMvoµctL (G. Delling) (1,187 ) 50-t

ro che hanno il senso interiore della delle passioni ( Leg . Alt. II 50 ); cxl:cri}·11 -
virtù. 0"Lç in ga nna e insozza (Cher. 52) e per-
cxl:crih10-Lç a) Originariamente è l'op- ciò viene rigett ata da coloro che ama-
posto di ~ Àoyoc;; la cxl:crih10-Lç è no la ' sapienza ' ( Cher. 41; Filone
rxmO"""t"OV (così Eraclito in Diels I 74, amm ette pe rò la po~ sibilità di una
38) proprio in quanto percezione sen- educazione morale dell ' cxfoi}T]o-Lc; , Vit .
sibile, e tale è considerata anche nella Mos . II 81 s. e passim ). Ai'.o-i}T]o-Lç ,
lettera tura ermetica : la cxi'.o-ih10-Lc; si ser- che no rm almente in Filone indica la
ve come organo del o-wµcx , la yvwcnc; , percezione sensibile, può anche (av-
invece, del vovc; ; ò oÈ vovç -rQ o-w1.1.cx·n vi cinandosi al significato b ) designare
Évcxv"tloc;, Corp . Herm. X 10 a. N e lla la coscienza p sicologica e almeno indi-
su a accezio ne p iù generale cxi'.o-i}·110-Lc; r ettament e accennare all a coscienza m o-
indica il senso e appross im ativamente rale (Som. II 292). F requent e è in F i-
- questo già in Platone - anch e l'orga- lone l'a ntites i fr a l'a.i'.o-lJ11cnc; e il vouç,
no del m edesimo . b ) Gli stoici di stin- inteso soprattutto come coscienza reli-
guevano il voùc; dall ' a.ì'.cri}T]cnc;, ma li giosa (Migr. Abr. 5). L' aro-frl]cnç può
consideravano due diversi aspetti della essere un coefficie nte di reli giosità solo
stessa facoltà spirituale ( von Arnim II in quanto dà all 'uomo il senso dell 'im-
230 [ 849] ). Perciò essi, mentre rite- potenza (Spec. L eg. I 293). Questi
nevano le a.to-M10-ELç una fonte sicura però non sono che inconseguenti svi-
di conoscenza (von Arnim II 27 ,78) luppi della tarda speculazione plato-
le separavano però nettamente dalla nica, esposta abbastanza diffusamente
sfera etica (III 16,63 ). In Giuseppe in vari scritti di Filone, che respinge
a.Lcri}TJO"Lc; designa anzitutto una facoltà l' a~o-i}T]o-Lç in quanto intrinsecamente
spirituale : in Ap. II 178 = Bell. VII connessa con la materia. Quando in
34 3 la memoria (di qui il significato Leg. Gai 21 Filone fa dipendere la
pressappoco di notizia in Ant. XIX decisione pratica del voùç dalla retta
119); in Beli. I 650 la capacità di cx.i'.o-frTJO"Lç, non si esprime nella sua
godere i beni degli ultimi tempi. e) abituale terminologia filosofico-teologi-
Epitteto può definire cx'!'.crfrTJO"Lc; il gm- ca, ma nel comune linguaggio del suo
dizio sul disvalore morale di una Ém- tempo oppure in quello palestinese, che
fruµ!'.a. (Diss. II 18,8) 1• in genere ignora la contrapposizione
In Filone l'uso di ai'.o-frTJo-Lç è piut- fra l'intelletto e l'esperienza, fra la co-
tosto vario. Tuttavia in generale essa noscenza razionale e quella empirica.
è presentata, sulla traccia delle ultime
2
concezioni platoniche, come la causa a.to-frTJ•1JpLov. a) Organo del sens,o ;

I DIBELIUS , Phil . 1,9. 2 Esempi in LINDE .


50'5 (I ,187) aLo-Mvoµai (G. D elling) (l ,188)506

tale è il significato della parola ancora miì)l) ed t]iJl), il momento psicologico


in Filone. c) Plutarco invece giunge a che trasforma i dati della coscienza
definire aÌ.crthrnipLOV addirittura il VOVç morale in direttive e impulsi pratici
in quanto organo della ~ux-fi (Non Fos- (4 Mach. 2,22).
se Suav. Viv. Sec. Epic. 14 (Il 1096 e);
si tratta di una vera rivoluzione se- B. alcriMvoµaL E DER IVATI NEL N.T.

mantica della parola, che va eviden- alcrì)ci:voµat in Le. 9,45 va inteso


temente al di là di qu ella documentata evidentemente nel significato e): i di-
nel N.T. e in 4 Mach . scepoli non comprendono il senso dell a
Nei LXX atcrì)avoµat raramente de- profezia della passione .
signa un puro fotto conoscitivo che può In Phil. 1,9 arO"iJl)O"Lç indica sos tan-
essere a) sensibile (Ep. I er. 19,41; zialmente la coscienza morale (e) preci-
dr. lob 40,1 8) oppure b) appercet- sata nel successivo v.· 10 e distinta
tivo (lob 23,5), ma contiene per lo dall a coscienza religiosa propriamente
più c) un elemento di giudizio, sia detta .
esso morale (cfr. anche Prov. 17,10) cxÌ.uiÌiJr~ptovè usato m Heb. 5,14
sia religioso (Is . 49,26), sia generico nel significato e) e in precisa correla-
(4 Mach . 8,4). Esso indica perciò una zione con 4 Mach. 2,22, ma da un di-
accettazione cosciente della verità (Sap. verso punto di vista, ossia non in rap-
11 ,13), una effettiva comprensione (Is . porto al voùç, ma al 7tVEvµa : il -rÉÀ.noç
33 ,11 ), che in ultima analisi porta possiede una sicura coscienza morale,
sempre ad una decisione etico-pratica avendo esercitato gli atcrì)l)'t"TJPL<X a di-
oppure la comprende già in sé. Si spie- stinguere il bene dal male. AlO"il"TJ-r-fipLa
ga quindi perché afoìhicrtc; nei LXX indica perciò un complesso di attitu-
(,~o ve all'infuori di Ex. 28,3; Prov. dini al giudizio morale trasformate dalla
14, 7 traduce sempre d' t ), pur conser- E!;Lç in precisi elementi del carattere.
vando il significato di appercezione co-
Soltanto ai cristiani di cosi temprata
sciente, indichi quasi sempre la saggez-
moralità può essere predicato l'annun-
za, ossia una conoscenza moralmente zio della giustificazione (v. 13: s'in-
illuminata, come nel celeberrimo e si- tende della giustificazione attraverso la
gnificativo testo di Prov. 1,7: EucrÉ~na fede); i vTjmoL lo travisano troppo fa-
ÒÈ dç ì)Eòv cipx"'Ì) ai.crì)TjcrEwç, dove cilmente (più o meno allo stesso modo
ai:crì)l)crtc; è chiaramente distinta da degli avversari giudaizzanti di Paolo) .
Il À.6yoç ÒLXaLOO"UVl)ç è presentato qua-
O"O<pi.a e 1'atOEi.a. Non solo, ma si
si come una dottrina esoterica (5,13),
comprende come ai.O"ì)l)'t"TJPLOV possa in-
che però non può costituire un peri-
dicare addirittura la facoltà spirituale colo morale per i ""t"ÉÀELoL: essi infatti
intermediaria tra il vovc; e i ( ì)uµo{.), non possono rinascere una seconda vol-
507 (I,188) ~tcrxvvw (R. Bultmann) (I,189) 508

ta (6,4 ss.)· Se invece in 5,14b vi fosse xaxoiJ il significato di ' dottrine buone
un'estensione della metafora dal piano e cattive', allora l'immagine usata dal-
etico-religioso a quello intellettuale, se l'autore risulterebbe assai forzata 3 •
cioè si dovesse dare a :x:a.À.ou "tE :x:al G. DELLING

al.crxuvw, È1t<X.LO"XVVW, :X:(X.'t'<l.LCTXUVW


alcrxuvl], alcrxp6ç, al.crxp6n1ç
( ~ alòwç)

A. VALORE SEMANTICO NEI LXX 118,31.116). Piuttosto raro è l'uso del


alcrxuv11 e alcrxuvw coi loro deri- medio nell'accezione corrente di ver-
vati e corradicali sono vivi non solo gog1u1rsi (tanto di fare, 2 Esd. 8 ,22
nello stile elevato, ma anche nel lin- passim, quanto di aver fatto qualcosa,
guaggio dei ceti inferiori, dove spesso 2 Chr. 12,6). Per lo più, infatti, cxlcrxu-
sostituiscono i più ricercati e letterari vEcrfrcxL indica l'effetto del giudizio di
~ alòwç e alòE~criJcu. Sono perciò di Dio ed è quindi difficile stabilire se la
uso frequente, come in tutta la lette- diatesi sia passiva o media: essere sver-
ratura ellenistico-giudaica, così anche gognato oppure doversi vergognare.
nei LXX (per lo più come traduzione L'accento del verbo non batte tanto
di bos e bo'fet ), dove si presentano in sulla condizione psicologica dell' alrr-
una accezione che, pur non essendo xuviJElç, quanto sulla ignominiosa si-
estranea all'uso greco ordinario, se ne tuazione esterna in cui egli si trova e
distingue tuttavia per una precisa e che suscita inevitabilmente in lui un
particolarissima sfumatura. senso di vergogna. Che però l'atrrxu-
Il verbo cx.i.crxuvw - usato promi- vEo-iJcxL non sia soltanto in riferimento
scuamente in composizione con È1t<XL- alla ò6l;cx pubblica, ma si risolva so-
crxvvw e soprattutto con :X:<l.'t<XL<TXUVW - prattutto in un'umiliazione interiore,
si incontra non di rado all'attivo nel è dimostrato dal frequente uso di
senso di svergognare, ridurre alla ver- ~ ciyaÀÀ.tcicriJaL e EÙq>palvecr~cu come
gogna (quasi sempre come traduzione termini opposti (~ 34,26 s., 69,3-5 e
di bos), e precisamente nell'uso più passim); ma anche quando ad alcrxu-
caratteristico il soggetto è Dio e la vecrilat vengono contrapposti òoç&se-
vergogna alla quale egli conduce è il criJat ( ~ 06ça) e :x:auxcicrilat (l s. 45,
suo giudizio (~ 43,10, var. ÈçouÒEv6w; 24 ss.; 4i 96,7 e passim), questi non

aLcrxvvl]
Vedi la bibliografia alla voce atowç, dove
3 Di opinione diversa sono il R1GGENBACH è stato anche trattato l'uso di ato-xvvl] nella
e M~YER - WEISS, a. I. grecità profana.
509 (I,189) a:Lcrxuvw (R. Bultmann) (l,189) 510

designano la buona reputazione, come daismo). Il verbo - impiegato anche


nell'uso greco normale, bensì l'orgo- nel N.T. promiscuamente in composi-
glio. Caratteristici sono gli accostamen- zione con È7t- e xa.-ccl - all'attivo man-
ti e i paralleli fra a.lcrxvvMjvcu e Év- tiene il significato tradizionale di infa-
-cpa.7tfjva.L, -ca.pa.xi)fjva.L, chLµwih)va.L, mare, disonorare: 1 Cor. 11,4 s. (-ri)v
ÒVELOLcrMjva.L, xa.-ca.yEÀa.O'i)fjvm, Ém- XEcpa.À{jv; cfr. V. 14: à·nµla. a.ù-cQ
cr-cpa.cpfjva.L, ci7tocnpa.cpfjva.L dç -c<X òm'.- fo-rLV), ma molto più spesso significa
aw, ÈxÀ.El7tELV, i)-r-cacri)a.L, µrx-ra.Lwi}i)- biblicamente portare alla vergogna, con-
va.L, ci7toÀ.foi)m, crvv-rpL0fjva.L, ecc. che fondere. Se, infatti, in 1 Cor. 11,22
illustrano tutta la gamma semantica (-roùç µi) EXov-ra.ç) l'accezione di a.Lcr-
del verbo . Poiché a.lO'xuvEcrl7a.L è quasi xuvw, ossia far vergognare (la stess a
sempre la sorte di chi confida orgoglio- che in Iac_ 2 ,6 è espressa da chL~Lci.­
samente in se stesso, sorte dalla quale SELV) può dirsi ancora greca, tipica-
sono esenti coloro che ripongono la mente vetero-testamentario è invece il
loro fiducia in Jahvé, sovente il signi- significato del verbo in 1 Cor. 1,27:
ficato del verbo si avvicina a quello di l'.va. xa.-ra.Lcrxuvn (soggetto è Dio) -roùç
essere disilluso (tale è il caso, per es ., crocpouç ... -rii Lcrxvpci, come risulta chia-
di Ier. 2,36). ro dall'espressione parallela del v. 28:
Analogamente, piuttosto raro è l'uso tva. xa.-ra.pyiJan. Non diversa è l'ac-
del sostantivo a.lcrxuv11 nell'accezione cezione del verbo in Rom. 5 ,5: ii oÈ
soggettiva di pudore 1 • Per lo più, in- ÈÀ.7tÌ.ç oÙ Xt'l.'ta.LCTXUVEL.
fatti, esso indica l'infamia dell'uomo Il medio conserva il significato tra-
colpito da Dio, adombrando talora an- dizionale di vergognarsi, tanto di fare
che il senso di vergogna che ne deriva. qualcosa (Le. 16,3: ÈTICX.L'tE~v; Heb.
Anche in questo caso il significato del- 2,11; 11,16; cfr. Herm. S. 9,1,3) o
la parola è illustrato dai termini pa- dei peccati commessi (Rom. Èq>'olç vuv
ralleli Èv-cpomi, ÒVELOLcrµ6ç, ci-cLµla., È7ta.LCTXUVEO'i)E ), quanto di una persona
ecc. Sintomatico è anche il fatto che o cosa discusse e avversate: Mc. 8,38
a.lcrxuv'l) traduca ba'al, oppure il suo par. (µE xa.1. -coùç ȵoùc; À.oyovc;); Rom .
equivalente bi51et. 1,16 ('tÒ EÙa.yyÉÀLov); 2 Tim. 1,8.16.
In senso assoluto si trova in 2 Tim.
B. VALORE SEMANTICO NEL N.T. 1,12; 1 Petr. 4,16 e 1 Io. 2,28 (tva. ...
L'uso di alO'xuvw e dei suoi corra- crxwµEv 7ta.ppTJo-la.v xa.1. µTj a.tcrxvvi)w-
µEv CÌ7t a.ù-coù ). Soltanto la precisa con-
1
dicali e derivati nel .N.T. segue anzi-
tutto la falsariga dei LXX (e del giu- trapposizione fra a.i.crxuvoµa.L e 7ta.p-

1 a:tc;xuvl') nel senso di vergogna sessuale, 20,4 e passim.


come traduzione di 'erwa si trova in Is .
511 (l ,190) a.tirxvvw (R. Bultmann) (l,190) 512

prio-la. impedisce di catalogare questo nel N.T. sempre col significato ogget-
passo di 1 Io. 2 ,28 fra quelli in cui tivo di onta, in/amia e soltanto in Le.
1
cdcrxuvoµa.L è usato nella tipica acce- 14,9 (apçn µE"t' ai.axuv1Jc; •Òv i:O"Xa•ov
zione vetero - testamentaria, oscillante "t67tOV XCX."tÉXELV) può essere interpre-
fra il passivo e il medio, di cadere nel- tato come sentimento di vergogna. Se
l'ignominia, essere confuso. Tale è il in Heb. 12,2 (v7tÉ(..lELVEv cna.upòv a.i.-
caso non solo della citazione di I s. 28, c;xuvY)ç xcnwppovi}acx.ç) aÌ.O"XUVTJ de-
16, che si legge in Rom. 9,33 (cfr. 10, signa l'onta subita per opera di altri,
11) e 1 Petr. 1,6, ma anche di 2 Cor. in I udae 13 (ha.cppt'.sov"t'a. 'tà.ç Éa.u"t'C'N
10,8: M.v "rE yà.p 7.EpLO"O'O"t'Ep6v "t'L a.ì.o-xuvcx.ç) indica invece l'ignominia
xa.uxl]<Twµa.L . .. oùx a.i.crxuvi)i}aoµa.L che ci si procura con le proprie opere.
(~ col. 508), e infine di 2 Cor. 7,14: Se questo è il significato della parola
Eì'. ·n ... xExauxlJp.a.L où xa.-rnaxuviJY)v anche in 2 Cor. 4,2: cbmmiµd}a. -rei
(cfr. ciò che segue: i) XCX.UXY)O'Lç ... àÀi}- xpu7t"tcX -rfjç aÌ.O"XUVY)<;, l' espressione
i}ncx. ÉyEvi)i}Y)). Questo ai.crxuvDfjvat può essere interpretata o come detta
oggettivo implica soggettivamente un di sotterfugi che arrecano onta (geniti-
sentimento inevitabile di vergogna: vo di qualità; a.i.o-xvvY) in tal caso
cfr. Phil. 1,20, dove il verbo può an- corrisponderebbe alla chtµla. di Ro m .
che essere interpretato nel senso di 1 ,26 ), oppure come indicante vqrgogne
essere deluso: xa-rà -r-riv cX.7toxapcx.oo- nascoste (genitivo soggettivo). Inten-
xlav xa1. O.. 7tloa µou o-rL Év oÙoEv1. dendo invece IXLO"XUVY) nel s'enso sog-
ai.axuvDi}aoµcx.t, ci).}.' Év mfon 7tcx.ppY)- 5ettivo, la frase verrebbe a significare
a{,q. µEya.Àuvi}TjO"E-raL Xpic;-r6ç. Analo- cose che il pudore nasconde (genitivo
. go è il caso di 2 Cor. 9,4 (µi} rcwç ... soggettivo). Anche in Phil. 3,19 wv ...
XCX."t'Ct.LO"XUVDwµEv l)µE'Lç... ÉV -rn Ù7to- i} o6çcx. Èv TTJ cx.Ì.O"XUVTJ a.Ù"tWV) e Apoc.
CT"tci.O"EL -rau"t"fl) dove, in forza della 3 ,18 (tvcx. 7tEpt~ciÀ TI xa.ì ~L-Tj q>cx.vEpwDfj
correlazione tipica tra la fiducia orgo- 1J a.i.c;xuvri "tfjç yuµvo"tY)"toç c;ou) la
gliosa nelle proprie forze e l'ignomi- parola è usata nel senso oggettivo di
nia che la punisce, il controverso vergogna sessuale.
~ Ù7tOO""tCWL<; andrà inteso appunto Delle altre formazioni dal tema cx.ì.ax-
come fiducia. Infine anche in 1 Petr. si trova nel N.T. ancora a.tcrxp6ç, ver-
3,16; Le. 13,17 xa"taLO"XUvi)fjvm si- gognoso, indecoroso, turpe, usato nel-
gnifica essere nella condizione di do- la accezione normale greca. ' Indeco-
versi vergognare. roso ', è che le donne si radano i
Il sostandvo ai.c;xuvY), che in Did. capelli ( 1 Cor. 11,6 ), che esse prendano
4,11; Barn. 19,7 esprime insieme a la parola nelle assemblee (1 Cor. 14,
cp6(3oç il concetto di a.i.owç, si trova 35); ' vergognoso ' è descrivere certe
513 (I,191) at-rÉw (G. Stahlin) (I,191) 514

colpe nascoste (Eph . 5,12; dr. Herm . all'rxlO"xpoxEpol)ç è dedicato il capitolo


V . 1,1,7); ' vergognoso ' è il guadagno 30 dei Caratteri di Teofrasto. Fra
illecito (Tit. 1,11 ). Pienamente confor- questi composti a..lO"xpoÀoyla e a..ì.O"xpo-
me all'uso greco ordinario è anche l'im- xÉponrx hanno forse un tono più ri-
piego dei composti atO"xpoÀoyfrx (Col. cercato e letterario 2 • Vocabolo di uso
3,8; Did. 5,1 ), (X,LO'XPOÀoyoç (Did. 3,3) piuttosto raro ed esclusivamente atti-
e alO"xpoxEpol)c; ( 1 Tim . 3, 3, [text . co 3 è a..tO"xp6-r11ç, che nel N .T. ricorre
ree.] 8; Tit . 1,7; in senso avverbiale soltanto in Eph. 5,4, dove, in paral-
in 1 Petr. 5,2), termini che ricorrono lelo con 1.iwpoÀoyla e EÙ-rpaTIEÀla.. , ha
il significato dì alO"xpoÀoyi.a .
con significato tecnico nelle classifica-
zioni profane dei vfai: si ricordi che R. BuLTMANN

a.L"rÉW, a.L'tl"}µa., CÌ.7tctL'tÉW

Éi;avrÉw, m~prxvrÉoµrx~
( ~ EUXOµG.L)

Costruzioni 1 (attivo e medio): ·n con la stessa duplice accez10ne di esi-


(Le. 1,63 ), ·twa (Mt. 5,42), -tl 'tLVet 2 gere e chiedere.
(Mt . 7,9), 'tL à7t6 ·nvoç (solo all'atti-
vo, Mt . 20,20) 3 , -tL 7tapa -twoç (Act .
l. al-rÉw e al-cfoµaL nel senso di
r:sigere.
3,9); con l'infinito (Eph. 3,13); con
l'accusativo e l'infinito (Le. 23,23 ); con In Ios., Ant. I 224; nei LXX (per lo
i:va (soltanto al medio) Col. 1,9) - più al medio): Deut. 10,12; Iud . 8,
l'equivalente ebraico è nell'A.T. quasi 24.26 (B: attivo); nel N.T.: Le. 1,63:
sempre s'l, quello aramaico b' ' (Teod. etL'tTJO"a.ç mva..xloLoV €ypa.~Ev; Act. 16,
in Dan. 2,49; 6 17 .12 s.) 4 , entrambi 29: al-ci)O"aç oÈ cpw-ra ELG'E7tDOl)O'EV.

2 Cfr. Ni\GELI p. 18. MAYOR, Exp. VIII 3 (1912) pp. 522-527 .


3 Cfr. NAGELI pp. 14.85. DALMANN, \V.]. I pp. 99 s.
Sul verbo parallelo latino rogo dr. ABBOTT,
ai-céw op. cit. pp. · 196 s.; su oro F. HEERDEGEN,
BENGEL pp. 383 s. Unters. z. lat. Semasiologie III (1881). - Per
TRENCH, ed . ingl. 12 (1894) pp. 143 ss. e le le forme e il contenuto della primitiva pre-
osservazioni di E. ABBOTT in North Ame- ghiera cristiana ~ E\lxoµcu.
rican Review 114 (1872) pp. 171-189, spec. 1 BuTTMANN § 131,6; BtASS-DEBRUNNER

182 ss. § 155,2; 392,1 c.


CREMER-KOGEL pp . 91 s. 2 Anche al medio: Io. 11,22 (non regi-
E.B. 3824. strato da BLASS-DEBRUNNER § 155,2) .
BLASS-DEBRUNNER § 316,2. 3 Ree. orientale: m:x.p', analogamente text.
MoutToN pp. 251 s. ree. in 1 Io. 5,15 .
MAYOR, jk. (1892) pp. 128 s. 4 Cfr. DALMAN \Y/.]. I pp. 99 s.
515 (I,191) a.~·dw (G. Stiihlin} (I,192) 516

Nel N.T. la concreta accezione di esigere a quello di chiedere si coglie


esigere assume variamente un colorito m un passo come Xenoph., An . Il
religioso . Nei rapporti finanziari si esi- 1,10: i)cx:uµci~w, 7tO-rEpcx. wc; xpcnwv
ge il pagamento (P. Oxy. 54,15) 5 ; ~a.trLÀEÙç a.tn~ -rà 07tÀ.a. lì wç OLIÌ. (j)L-
questo principio è trasferito nel campo Àlcx.v Or~pa.. N el N.T. il significato si
degli imperativi etici in Le. 12,48 6 : presenta oscillante nei passi paralleli
cl> 7ta.prne:v-co 1toÀv, 7tEpLcrcr6-re:pov a.L- di Mt. 5,42 e Le. 6JO 11 : -r<{J a:L-rouv-cl
'tTjcrovcrLv 7 mh6v. Come nella vita pub- O"E 86ç. Nell'accezione di chiedere l'at-

blica si richiedono le credenziali (Tos., tivo si trova già in Omero e da Ero-


Ant. XIX 85), così i giudei ' esigono ' doto in poi anche il medi<1.
i rrriµe:l:a. a riprova della me ssia nità di a.l"tfo.> , chiedere, è usato nel N.T .
Gesù 8 : Z Cor. 1,22. Analogamente la in senso così profano co me re li gioso.
espressione del lingu aggio profano À.6- Pra l'attivo e il medio non suss iste
yov a.t-re:l:v nvcx., chiedere conto a qual- nessuna differenza semant ica di qualche
cuno (P. Hamb. 6 ,8 s.), è trasferita rilievo. Le molteplici distinzioni fissate
sul piano religioso in 1 Petr. 3,15 : e sos tenute dagli antichi grammatici 12

E'tOLµoL à.d 7tpÒç à.7toÀ.oylcx.v Tia.v-c1. 'tt{l e dai moderni esegeti 13


in g ran parte
a.L-rouvn 9 ùµliç À.6yov 1tEpÌ. -rfiç ÈV non trovano co nferma nei testi. Sem-
ùµl:v ÈÀ.1tl8oc, 10 • bra tuttavia che il medio fosse usato
2. a.h·tw e a.t-rfop.cu nel senso di di preferenza nell 'ambito dei rapporti
14
chiedere. d'affari e per designare le richieste
a) II trapasso dal significato d i indirizzate ai sovrani e in genere all e

s F. PREISIGKE, Girowesen i. griech. Agyp- 12 Medio: 'chiedere in prestito (mentre


ten (1910) pp. 136 s. l'attivo = chiedere in dono)'; così la Suida,
6 ZAHN, Lk. p. 511; JuLICHER, Gleicbnis- s.v. a.t'touµEvoc;; dr. anche VALC,,.ENAER, Ani-
reden 112 (1910) pp. 156 s. madv. ad Ammon. Grammat.2 (1822) §§
7 D : ci7ta.vtiJcrouow (~ ci7ta.vn:w, col. 522). 12 ss. - medio: 'chiedere implorando'; così
8 ZAHN, Mt. pp. 467 s.; ScHLATTER, Komm. Favoriano s.v. a.t'touµa.L; cfr. anche MAYOR
Mt. pp. 413 ss .; STRACK-BILLERBECK I pp . e HAUCK a lac. 4,2 s. - Artemidoro 4,2;
640 s. attivo: chiedere agli uo mini ; medio: a Dio.
'A: CÌ:7ta.L'tOU\l"'t'L (~ CÌ:7ta.é'tÉW, col. 521). 13 Il medio significherebbe generalmente
10 Anche nel giudaismo era considerato un 'chiedere per sé'; così CREMER-KOGEL p. 92,
obbligo il rendere ragione delle verità reli- RADERMACHER 2 p . 146,2 (a proposito di Mc.
giose; cfr. STRACK-BILLERBECK III pp. 765 s. 1038). - Secondo HoRT, ]k . (1909) pp. 90 s.
e S. Deut. 34 a 6,7: « Se uno ti chiede qual- l'attivo sarebbe costruito per lo più con l'ac-
cosa (circa la Torà) non rispondere balbet- cusativo della persona, il medio invece con
tando, ossia con fare incerto ». Si vedano quello della cosa; cfr. MAYOR, Exp. VIII 3
inoltre S. Num. 119 a 18,20; Ab. 2,14; spec. (1912) pp. 523 ss.
b. Sanh. 386. 14 BLASS-DEBRUNNER § 316,2; MouLTON
11 A. THOLUCK, Die Bergrede Christi 5 pp. 251 s.; dr. Io., Grammar 13 (1908) ,
(1872) p. 249 : una richiesta ingiustificata che pp. 160 s.
diventa quasi una rapina .
517 (1,192) a.h-Éw (G. Stahlin) (1,192) 518

pubbliche autorità . 2 ss.: oùx tXE'tE ÒLà 'tÒ µ-i} a.t .. et:crl)m
Rapporti d'affari. I LXX usano la Ùµiic;· a.l'tEL'tE xa.i où À.a.µ~ci\IE'tE, ÒLo'tL
parola con l'accusativo della cosa ri- xa.xwc; a.tni:c;frc., si deduce una diffe-
chiesta, che può essere una dote (I os. renza fra il pregare con le labbra
15,18; nello stesso significato si trova
(espresso con l'attivo) e il pregare col
però l'attivo in Iud . 1,14), una parte
cuore (espresso con il medio) 17 • Effet-
dell'eredità (Ios. 19,50 = 21,40 [LXX
42 b]), un patto (2 Sam. 3,13), un tivamente l'alternanza delle due diatesi
dono ospitale (che in oriente aveva an- in questo passo è sorprendente, ma la
che un valore commerciale, cfr. 1 Reg. distinzione semantica che vi si fa cor-
10,13 ). Non diverso è nel N .T. il caso rispondere non trova conferma in altri
di Mc. 6,24 s. e 22 s., dove il rapporto passi del N.T. (cfr. specialmente 1 Io.
è fondato sulla promessa del re Erode :
5,15 ; Io. 16,24.26; e inoltre Mt. 21,
a.ì'.-i:T)c;6v µc. o M.v i)ÉÀ.TJ!;, xa.ì. 8wc;w
c;oL 15 • Richieste a pubbliche autorità: 22, Io . 11 ,22). Perciò essa andrà spie-
nei LXX 3 Ba.o-. 2,16.20.22: Adonia gata con la struttura formale del passo,
a Salomone; 1 Eo-òp. 4,42.46 (in 8,51 A ossia con la concatenazione dei van
si ha l'attivo); 2 Eo-8p. 8,22: Esdra al membri 18 •
gran re. Nel N.T. Mc. 11,6 (text . ree. ). L 'uso di cn't'EW e a.L'tÉoµa.L per in-
8 par . (Act . 3,14); Le. 23,23 (Act. 13, dicare la preghiera è naturalmente il
28): il popolo a Pilato; Mc. 15,43
più rilevante, dal punto di vista teo-
par.: Giuseppe d'Arimatea a Pilato;
(lo. 19,38: Èpw-i:riw); Act. 9,2: Paolo logico, nel N.T. Non mancano d'altra
al sommo sacerdote; 12,20: gli am- parte accostamenti tra la preghiera pro-
basciatori delle città ad Erode. Signifi- fana e quella religiosa, come in Mt.
cativo è il confronto fra Mt. 20,20 e 7,9 ss.; Le. 11,10 ss., dove la richie-
22: la stessa richiesta è formulata con sta del figlio al padre terreno adombra
l'attivo nel primo versetto e col medio
l'universale (1tiic;) bisogno di preghiera
nel secondo, dove Gesù parla come so-
vrano del ' regno ' futuro. al Padre celeste e la certezza del suo
esaudimento.
b) Anche nell'uso religioso di a.L't'Éw Gesù definisce la sua preghiera con
non pare sussista una distinzione fra Èpw'tii.\I (Io. 14,16; 16,26 e passim)
medio e attivo 16 • Di solito da Iac. 4, o con ÒEi:o-fra.L (Le. 22,32) 19 ; indica in-

15 BLAss-DEBRUNNER l.c. lare diligenza e sollecitudine ', mentre l'atti-


16Per l'uso religioso al di fuori del N.T. vo indicherebbe il pregare ' senza lo spirito
dr. Ps . - Plat., Eryx. 398 e: 7tpocTEuxéµEvoç della preghiera' (cfr. MoULTON pp. 251 s.).
<XL'tE~ç 7tapà. 'tWV i>EWV oovva.l CTOL ciya.i>ci, Analoga è l'interpretazione di HAUCK, Jk.
Xenoph., Cyrop. I 6,5,: a.L'tE~crfra.i 'tciyai)à p . 192.
1tapà. 'tWV i>Ewv. Inoltre Ios., Ant. IX, 70; 18 Cfr. DIBELIUS, Jk. p. 201; inoltre
Herm. V . 3,10,7; M. 9,4; Clero. Al., Strom . BLASS -DEBRUNNER § 316,2; PowELL, Class.
VI 8,63,1 s. Rev. 28 (1914) pp. 192 s.; RoPES , Jk. p.
17 Secondo MAYOR, Exp. 525; Jk. pp. 259; WINDI SC H, Jkbr. p. 25.
128 s. il medio esprimerebbe ' una partico- 19 BENGEL pp. 393 s., TRENCH p . 145.
519 (I,193) at't'ÉW (G. Stiihlin) (1,193) 520

vece costantemente con cx.tTÉw la pre- t


cx.i'.Tl)µcx.
ghiera degli altri ; nel vangelo di Gio- Deverbale in -µcx. 1 di CX.L"C'EW con
vanni, però, anche la preghiera del significato passivo 2 : ciò che si esige o
Signore è designata con CX.L"C'Etv da chiede.
Marta (Io. 11,22). Un motivo di ciò 1. Richiesta. Plat., Resp. VIII 566 b:
può essere il fatto che cx.t "C'ÉW signifìcà cx.hl)µcx. "C'upa.vvix6v, r. perentoria del ti-
fondamentalmente ' desiderar di avere ranno; cfr. Plut., Dem etr. 3 (I 890 b);
qualcosa' (anzitutto, com'è naturale, Le. 23,24: IhÀ.éi.'toç È7tÉXpLvEv yEvÉ-
criJa.L "C'Ò a.i'."t"rtµcx. mhwv, ossia la richie-
per se stessi), mentre Gesù quando
sta, avanzata dal popolo, della croci-
prega non chiede mai nulla per sé, fissione; in questo caso a.i'."t"nµa. ripro-
ma sempre per gli altri. Inoltre in duce l'uso ' ufficiale ' di ah·foµcx.L pre-
CX.L"C'ÉW si poteva facilmente avvertire sente al v. 23 in riferimento alla me-
un tono di richiesta perentoria, estra- desima richiesta (~ CX.L"t'ÉW ).
neo all'umile preghiera di Gesù che 2. Domanda, preghiera, sollecitazio-
non ' esige ' nulla (Schlatter ). Pare ne. Uso profano (estraneo al N.T.):
infine che cx.t"C'ÉW avesse un timbro Aristot., Rhet. Al. 20 p. 1433 b 17 ss.;
meno intimo e confidenziale di Èpw- P. Flor. 296,16 (richiesta scritta); LXX
Triw; per questo cx.t"C'ÉW indica la pre- 3 Bacr. 12,24 d; Est. 7 ,2 s.·: ahl)µcx.
ghiera dei discepoli a Dio, Èpw"t'd:.w xcx.1. &.çlwµcx.. Il trapasso dalla preghie-
invece quella dei discepoli a Gesù e ra rivolta agli uomini a quella innal-
di Gesù a Dio 20 • zata a Dio si coglie in 0 Dan. 6,7.12.
In Mc. 10,35 cx.t"C'ÉW esprime una Preghiera a Dio: LXX tJ; 36,4; 105,15;
richiesta di Giacomo e Giovanni a Ge- 0 Dan. 6,13; Ps. Sa!. 6,8; Ios., Ant.
sù, ma la lezione autentica dev'essere 8,24; Herm. M. 9,2.4.5; S. 4,6.
anche in questo caso Èpw'td:.w, come Nel N .T. la parola designa quasi
hanno D 1 e altri codici; analogo è i1 sempre le varie domande di cui si com-
caso di Io. 14,13 s., dove però si pone una preghiera (1tpocrEUxi)) 3 e, di-
tratta della preghiera a Gesù in un versamente da OtrtcrLç, accenna più al
clima del tutto simile a quello della contenuto che alla forma della richie-
preghiera rivolta a Dio. sta 4• Cfr. Phil. 4,6: Èv 1tCX.V"C'Ì. 'tfj 1tpo-

20 Per la differenza fra CXL't'EW, oÉoµClL, 2 Nella stessa accezione si trova spesso an-
Èpw't'aw, 1tpo<n:vxoµaL, nonché sui presuppo- che ahl]cnç : !ud. 8,24 A; lob 6,8; Ign., Tr.
sti e l'oggetto della preghiera religiosa ~ 13,3.
Euxfi, Eilxoµm. 3 Nel Padre Nostro si distinguono 7 al"t"TJ-
µa"t"a oppure 3 EVXal + 4 cxt't'i]µa't'a, dr.
aX·n1µa. TRENCH p. 191 (118).
TRENCH pp. 115 ss. (ed. ingl. 12 1894, pagine 4 A. KLOPPER, Phil. (1893) p . 236,1;
188 ss.); CREMER - KoGEL p. 92. LOllMEYER , Phil, pp. 169 s.
I BLASS -DEBRUNNER § 109,3.
521 (l,193) a.l'tÉW (G. Stahlin) (l,194) 522

O"EUXTI xaì. "t'fi ÒE'i)CTEL µE"t'tX EÙXC1.PL- &.El 7tpÒç Ò:.7toÀoyla.v 7tav"t'l "t'<p a.7taL-
C1"t'Laç "t'rX at"t''i)µa.."t'a.. ùµwv yvwpLsfofrw "t'OÙV"t'L ùµ<iç Myov m:pì, -.fjç Év ùµi:v
5
7tpÒç "t'ÒV i>EOV • 1 Jo. 5,15: oròa..µEv ÈÀ.7tl8oç.
o"t'L ExoµEv ,a. a..i."t''i)µa.."t'a.. a TI"t'nxaµEv 2. Esigere la restituzione di qual-
6
ci.7t' a.Ù"t'OÙ •
cosa, rivolere: a) richiedere il maltolto :
L'uso di at"t'Éw (Teod., N.T.) o
Menand., Epit . 87.97.100; los., Ant .
aL"t'ÉoµaL (LXX) 7 con l'accusativo in-
VIII, 29; Le. 6,30 (~ a.t-.Éw col. 516):
terno a.t"t'l}!.la è di origine semitica 8 •
rX7tÒ "t'OÙ aXpOV"t'OC, "t'à crà µl) Ò:.7tC1.L"t'H.
Cfr. lud . 8,24; 1Sam. 1,17 .27: S'l s'lh;
b) Riscuotere i debiti 1 : D eut. 15 ,2 s.;
M. Ex. 17,24: bqs bqswt; S. Num .
B.G.U. 183,8. In questa accezione il
105 a 12 ,13: bqs S'lwt. Nei LXX: for -
verbo può essere riferito a Dio che
mulare una richiesta perentoria, Iud.
esige dall'uomo in proporzione di quan-
8,24 B; rivolgere una preghiera (a un
to gli ha dato: Le . 12 ,48 D (~ a.i."t'Éw
uomo) 3 Ba.cr. 12 ,24 d; (a un uomo e
col. 515): 4> 7ta.pÉi}EV'tO 1tOÀV, 7tÀÉov
a Dio) e Dan. 6,7.12; (a Dio) 1 Sam.
à7tetL"t'l]croucrw 2 a.Ù'tov. L'idea antica
1,17.27; 1 Reg. 3,5; Ios., Ant. XI 58;
della vita come concessione tempora-
}{erm. M . 9,7.8.
nea della natura 3 o di Dio che vien
t CÌ.7tG.L"t'ÉW ritirata alla morte 4 si riflette in Le.
1. Esigere, chiedere perentoriamente. 12,20: licppwv, -.av"t'1J "t'TI wx"t't -.i}v
Plut., De/. Orac. 14 (II 417 c); Ios., \)Juxl)v crou Ò:.7ta:L-.oùcrLv5 ( B: a.t-.oùcnv)
Ant. VI, 203 ; VII 64; Ò:.7taL"t'Éw )...6. Ò:.7t6 crou.
yov = aL"t'ÉW Àéyov (~ a.L"t'Éw col.
515), chiedere conto. Plat., Resp. X t Èça.L"t'ÉW

599 b; N.T.: 1 Petr. 3,15 A: E'°t'oLµoL a) Richiedere, pretendere: (attivo)

5 a.hl]µa. è giustapposto a 1tpocrevxTi an- I Cfr. L. WENGER, Die Stellvertretung im


che in Ps. Sai. 6,8, dove però non sussiste Rechte d. Papyri (1906) pp. 189 ss.
differenza semantica fra i due termini . 2 E evidente in D una reminiscenza della
6 Ree. A: 1ta.p' (come in Mt. 20,20). parabola dei talenti (nella versione di Mt .).
7 Nella stessa accezione i LXX usano an- Per ragioni di parallelismo è comunque pre-
che a.l"TÉoµat ahl)crtv (Iud. 8,24 A; 1 Reg. 2, feribile la lezione comunemente accolta ahfi·
16.20). croucrtv.
s A . ScHLATTER, Sprache und H eimat des 3 Cic. Resp. I 4 (5).
vierten Evangelisten (1902) p . 1.51. 4 Cfr. Sap. 15,8 : 'TÒ 'TTJ<; t!JuxT)ç 6:1tat'TTJ-
Ò'.1tlXL'TÉW. ltdç XPÉO<; (anche in Epict., Diss. IV 1, 172).
ScHLEUSNER, N.T.-Lex., s.v.; CREMER-KOGEL s Il soggetto logico dell'espressione imper-
p. 92. Per la differenza fra Ò'.1tltt'TÉW e al'TEW sonale è Dio; per quest'uso cfr. STRACK-BrL·
dr. Andoc. 2,22: li y&.p . µoL a.Ù'ToL. EOO'tE, LERBECK II p. 221. Nel N .T. si trova anche
i.icrupov oÈ... Ò'.q>El°Afcrih:, ·ravlt' ùµiiç El µÈv in Mt. 7,2; Le. 6,38; 16,9.
(3ouÀ.Ecr1'E a.l'tw, El oè: µ'ii (3ouÀ.EcrltE à.'ltm-.w. Èl;O.t'tEW.
Cfr. anche Aristot., Rhet. II, 6 p. 1383 b 29 s.; ZAHN, Lk. p. 683 n. 62;
Favorinus S. V . a1tltt'Tlsw. CREMER - KtiGEL p . 92 .
523 (1,194) at-.Éw (G. Stahlin) ( I,194) 524

B.G.U. 944,8; b) chiedere la liberazio- alla richiesta dell'accusatore (Bengel) ;


ne di qualcuno: (medio) Plut., Pericl. questa viene accolta ; ma Gesù ottiene
32 (I 169 e); c) chiedere la consegna che Pietro superi la prova 9 •
di qualcuno: (attivo) Ios., Ant. V 152
(= al-tÉw 1tpòç ·nµwpl<Xv V 153); Cfr. Test . B. 3,3: Èà.v 'tà. 7tveuµcx.·w
(medio) Ios., Ant. XVI 272. 'tOU Bùla.p dç 7t<i.O"et.V 7tOV'J1PLllV 'tOU
In Le. 22,31: ocra·-mvéiç ÈçTI't'1itr<X'tO i)À.t'.BEt.v IO É~llL'tTJC1WV't<l.L vµéiç ... ; Plut.,
uµéiç 'tOU O'LVLcicrm wç 'tÒV O'~'tOV, il De/. Orac. 14 (II 417 d): to-xupoì. xaì.
verbo può essere interpretato tanto nel- Bla.LOL oa.t'.µovEC, ÈçCl.L 'tOUµEVOL l\luxTiv
ò.vi)pwnl vriv.
1' accezione a) 1 quanto in quella e)2;
meglio tuttavia intendere nel secondo t 7tllpllL'tfoµet.L
modo: « Satana esige la prova » 3, pro-
1. Normale in tutta la grecità è
prio come in I ob 1 s. a cui Gesù
l'uso del verbo nelle accezioni di otte-
evidentemente allude. Satana è qui
nere pregando (LXX Est. 4,8), chiede-
l'antimessia il quale ' vaglia' (cfr. Mt.
re la liberazione di qualcuno, interce-
3,12) o 'setaccia' 4, che si arroga il
dere, (Plut ., Demetr. 9 [I 893 a]; Mc.
diritto di palesare il male che è negli
15,6 5'" B'" ecc.) 1 • Di qui il signifi-
uomini 5 e di ricordare a Dio le loro
cato di scusarsi (in occasione di un in-
colpe. Egli è insomma il X<X'tl)yopoç 6
vito) presente in LXX 1 Sam. 20,6.28;
(~ vedi), allo stesso modo che in
in Ios., Ant. VII 175 e nel N.T. nella
Zach. 3,1 s. viene presentato come
parabola del banchetto nuziale : Le.
' pubblico ministero celeste ' e in lob
14,18 a (medio). 18 b,19 (passivo).
1 s. come ' organo di vigilanza sui co-
stumi' 7 • Anche nel tardo giudaismo 2. Maggior rilievo ha però nel N.T.
il diavolo è l'accusatore qii.!ég6r = xcx.- l'uso di 7tet.pet.L'tÉoµa.t nell'accezione de-
·drywp 8 • Gesù contrappone direttamen- precatoria e avversativa determinata
te la sua preghiera (Èoe:1)1'11v v. 32) dal prefisso 7t<Xp-. a. stornare con pre-

·1 Cosl HOFMANN 8, 529; KLOSTERMANN anche la definizione mazkir 'awon riferita al-
Lk., a.l. (nella traduzione). PREUSCHEN-BAUER l'Egitto e a Babilonia in Ez. 21,28 s.; 29,16
S. V.
e l'avversione della vedova per Elia che le
2Cosl interpretano nel commento ZAHN ricordava il suo peccato (1Reg. 17,18).
8 Cfr. STRACK-BILLERBECK I pp. 136,141ss.
(nel testo interpreta invece come implorare);
BENGEL; HoLTZMANNN, Hand - Comm.; J. ~ anche BEE(À)~E~ouÀ.
9 GODET, Lk. (ed . tedesca 1872) p. 437 .
WEISS, Schriften d.N.T. Cfr. anche CREMER-
10 Coniecit CHARLES, codd .: i))..llJ!Ewç.
KèiGEL, l.c.
3 WiiNSCHE, R.E.3 19, 565. mxpm-.foµaL.
4 Adombrato forse dal seminatore di ziz- CREMER-KOGEL p . 93 .
zania della parabola, cfr. Mt. 13,25,39. KOELLING, 1 Tim . Il (1887) pp . 274, 320.
s HOFMANN, Schriftbeweis I p. 434. WoHLENBERG, Past. p. 159 n. 1.
6 Cfr. SCHLATTER, Neutest. Theol. I (1910) 1 I codici CDGW hanno: cd-.foµa.L ; ~
p. 583; P. FIEBIG, Z . N. w. 9 (1908) p. 311. col. 517 e BLASS-DEBRUNNER § 367.
7 CLEMEN p. 112; WiiNSCHE, l.c. Si veda 2 BLASS - DEBRUNNER § 429.
525 (l ,195) cxtx~iciì..w'toc; (G. Kittel) (l,195) 526

ghiere (con l'infinito e il µ1) 2 pleonasti- provvedimenti di carattere dottrinale,


co): Plat., Resp. III 387 b ; Ios., Ant. come il rigetto dei 0É0Y)Àoi xa.t ypcxw-
X, 203. Nel N.T. in 1-Ieb. 12,19 : ot onc:; µviìoi (1 Tirn. 4,7 ), dell e ~ SYl"tlJ-
cixovcrn.'J-cEç 7ta.pn-r1Jcrcx.v-co µii 7tpocr"tE- crELç (2 Tirn. 2 ,23) o di ordine organiz-
i1f)vai a.Ù"to'Lc:; Àoyov, dove si interpre- zativo , come la proibizione di intro-
ta come colpevole rigetto della rivela- durre le vedove al di sotto dci ses-
zione divina la preghiera degli Ebrei sa nt'anni nel novero delle ov-cwc; XYJPCX.L
(Deut . 5 ,25; 18 ,16), che nel Deutero- (1 Tim. 5,11) 5 . Sempre nel N.T. da
nomio appare invece ispirata da un ques ta accez ione ammini strativo-pasto-
religioso timore della teofania e quindi rale si passa, in aderenza a un uso già
approvata da Dio (Deut. 18,1 7) 3• Ana- esistente, al significato di scacciare o
logo è il significato del verbo in Act. a quello tecnico di scacciare (scomuni-
25 ,11: Paolo non cerca con preghiere care?) i provocatori e i seguaci di ere-
di sottrar si alla morte 4 • sie; così in Tit. 3,10: cxtpnt.xòv &v-
flpW'ltOV p,E"tcX p.lav x.a.L Orn'tÉpav vov-
b. Evitare, rifiutare qualcosa (P.Oxy.
i1Eo-lcx. v ncxpavrnu 6•
1252 B, 28) o qualcuno (Ios. , A nt. VII
167). Si tratta dell'esplicazione di man- c. Disdegnare, respingere: Plut.,
sioni spirituali ed ecclesiastiche, ed è Them. 3,4 (I 113 b ); Diogn. 4,2. Nel
significativo che nel N .T. il verbo ri- N.T. indica l'avversione a Dio 7 in Heb .
corra con questo significato soltanto 12,25 (cfr. 19) : BlÉ7tE"tE µl) mi.pcx.vrn-
nelle lettere Pastorali, dove designa cre:criìe: -ròv À.a.À.ovv-ra..
G. STAHLIN
t atxµci.Àw-coc:;, t a.txµcx.Àw-clsw
t a.LxµcxÀW"tEVW, t a.txµa.Àwo-la.
t o-vvmxµci.Àwi:oc:;

1. Uso proprio
particolare per attendere da Dio la
Per l'A. e il N.T. il prigioniero di propria salvezza (Ps. 79,11 e passim),
guerra è in tutto degno di commisera- posto in balia di un nemico crudele
zione, è uno che ha un motivo tutto (Le. 21 ,24; Apoc. 13,10, in paralle-

3 WINDISCH, Hbr. p. 1 U. ° KoELLING pp. 298 ss., DrnELrns, Past. a


4Cfr. 4 Mach. 11 ,2. Il D ErSS MANN (in 1 Tim. 5,3 - 16; diversamente interpreta B.
KAUTZSCH) traduce : 'lasciarsi costringere', WEISSS p . 203.
richiamandosi a 1 Cor. 6,i e a B LASS, Gram- 6 Cfr. Diog. L. VI 82.
matik (1896) p. 181. Ma il c:onfronto con 7 Un sinonimo dal significato ancor più
Act. 25,11 suggerisce piuttosto il significato forte è ~ Ò:'JtOt.l"tpÉqmri}cxL; dr. RIGGENBACH,
di ' cercar di sottrarsi '. Komm. Hbr. p. 423 ,51.
527 (I,196) alxµci.Àw-coc; (G. Kittel) (I,196) 528

lismo con Èv µa.xa.lpu ci7tox"tavi)i}wu). di Dio 2 (Act. 5,19; 12,7; 16,26) e in


La sciagura dell'esilio ha contribuito Philm. 22 è fatta oggetto di una pre-
potentemente a dare alla ai.xµaÀ.wO"la cisa preghiera. Paolo inoltre si chiede
:ELwv il carattere di un destino religioso se non sia preferibile civaÀ.vo-a.L :x:a~
(Ps. 126,l e passim), così che si spiega O'Ùv XpLo-"t'Q dvm (Phil . 1,23). Quan-
come tra i compiti del « messaggero » do invece il martirio vien presentato
di Is. 61,1 1 rientri anche quello di come un'azione meritoria, allora le idee
XTJPVSC1.L aì.xµaÀ.w"t'OLç acpccrL v (T.M.: cambiano radicalmente, e vediamo Igna-
liqro' li.\-biljim Jer6r), e come Gesù stes- zio pregare appassionatamente di non
so faccia propria questa mansione, con- venir liberato (Rom. 2,2; 4,1 ).
siderandola come messianica (Le. 4, 18).
Parimenti la visita a chi è prigioniero 2 . Uso traslato
(Èv cpuÀ.a.xfi wv) è, secondo Mt. 25,
36 ss., uno dei doveri di carità dei In senso traslato l'immagine del pri-
discepoli (Hebr. 10 ,34 ; 13,3: µLµv'fw- gioniero di guerra viene usata per espri-
XEO"l)E "t'WV oco-µlwv t0ç o-vvoEOEµÉvoL). mere l'intima lotta morale e religiosa
Nell'A.T. il pensiero della prigionia che ha l'uomo come protagonista e
fa sgorgare spontanea dall'animo la pre- come posta in palio. Questo uso del-
ghiera per la liberazione. Lo stesso si l'immagine manca nell'A.T. 3 e anche
vede nell'aneddoto rabbinico del pec- nel Nuovo il solo che se ne serve è
catore al quale viene ascritto a merito Paolo, nel quale essa ben si adatta
1' aver prestato i propri servigi per la alla terminologia militare di cui spes-
liberazione di un prigioniero (j. T aan. so e volentieri si serve (~ cr"t'p~"t'EUO­
64 b). Anche Giuseppe (Vit. 13 ss.) va µa~ ecc.). Nelle lettere ]'immagine è

a Roma per liberare dei sacerdoti che piegata ad esprimere questa realtà in
vi si trovano in carcere. Nel N.T., poi, varie maniere; è applicata ai seduttori:
i] desiderio di vedere i prigionieri ri- atxiwÀ.W"t'LSOV"tE<; yvvaLxcipLa 0-EO-W-
messi in libertà è così acuto, che spes- pwµÉva àµa.p"tlaLç, 2 Tim . 3,6; all'uo-
so la loro liberazione è un prodigio mo posto in potere del peccato: (E"t'E-

cdxµ!XÀw-ccc; X'"t'À. della luce (degli occhi)». Questa trasposi-


1 Nell'ebraico il pensiero della liberazione zione allegorica ai ciechi, tradizionale nella
dalla prigionia è ancor più accentuato dal- Sinagoga, potrebbe esser nata dalla stretta
l'ultimo membro: we/a'asurim p•qaf;-qoa!;, «e associazione delle due espressioni in Is. 42,7.
a quanti son legati la liberazione dai ceppi», 2 Cfr. O. WEINREICH, Gebet und Wunder
parole che i LXX e Le. interpretano, più (1929) 281 ss.
che tradurle, e.on xaì. '"t't>q>Àoi:c; tiv!X.~ÀElj;Lv. 3 In ler. 16,16 (ripetuto in Mc. 1,17 par.),
Alla stessa maniera il Targum parafrasa co- non avendo nulla a che vedere con la vita
me segue: «e a quanti sono in ceppi (cioè, militare, ha una forma del tutto diversa
che hanno gli occhi legati), la manifestazione (contro WINDISCH, 2 Kor. 298).
529 (l,196) alxr.1.(H.w-.oc; (G. Kittel) (1,197) 530

pov v6µov) cxtxµa.Àw"t'lsov"t'ci p.E Èv -i:Q tatari: Rom. 16,7; Col. 4,10; Phlm.
v6µ41 -i:fjç ciµcxp"t'tcxç, Rom . 7 ,23; è usa- 23. Se l'Apostolo intendesse riferirsi
ta anche in senso diametralmente op- a una prigionia materiale sofferta in-
posto - parallelamente al oouÀEUELV sieme con lui userebbe probabilmente
È.V xa.LVO"t'r)"t'L 7tvEu~ta."t'oç di Rom. 7 ,6 - i termini O'UVOÉcrµLoç o O"UVOEO"{.tW1:r)ç,
per esprimere la sottomissione del pen- poiché anche quando parla della sua
siero a Cristo: a.txµcxÀw"t'lsov-i:Eç Tiéiv propria condizione di prigioniero non
v6rip.a. dç -ri)v V1taxoi)v -i:ov XpLa-i:ov, ~i dice mai cdx1.J.aÀ.w-roç, ma ~ oÉ-
2 Cor. 10,5, e anche l'assoggettamento o-µwç. Anche in questi casi , quindi ,
4
a Cristo Jegli spiriti : TIXfta.Àw-rEvcrEv affiora verosimilmente 1a metafora mi-
cxtx1.uùwcrla.v (Eph.4,8; cfr. Ps.68,19 5 ) . litare, evocata dal ricordo delle lotte
e delle persecuzioni; certo, non è un
Il senso tra slato si ha in Idt 16 ,9,
e talvolta nella letteratura dell'età sub- puro caso che essa sia applicata prin-
apostolica per indicare la prigionia im- cipalmente alla persona di Paolo men-
posta dall'apxwv 't'Ov a.twvoç 't'ou-i:ou tre è in carcere. La lotta e la prigio-
(lgn.,Eph.17,l) dai «lupi» (Phld.2, nia richiamano alla mente una lotta e
2), dagli eretici (Iren . I, prae/. l), dalla una prigionia di ordine « più elevato »,
seduzione (a.txµa.Àw"t'Éuw: Pall., Hist.
come quella accennata in 2 Cor. 10,5;
Laus. 69 p. 165 Butler). In O. Sa!.
Eph. 4,8. Colui che in maniera parti-
1O,3 s. si parla di Cristo che mena pri-
gioniere le anime e il mondo; in Lidz., colare prende parte alla battaglia ester-
Ginza 49,33 del seduttore che fa i na può esser detto, rispettivamente,
suoi prigionieri nel mondo e seduce ~ o-ucr"t'pct"t'tw-i:riç e cruvaLxµaÀw-i:oc.;,
gli uomini propinando loro la sua falsa quest'ultimo in tutto equivalente a
sapienza. -+ cruvoouÀoç (Èv xupl41: Col. 1,7; 4,7).
Nel quadro di questo impiego meta- I tre termini formati con la preposi-
forico di alx1.uxÀ.w-rlsw rientra anche zione cruv- non indicano un qualsiasi
1a qualifica di auvcuxµciÀw"t'oç, che collaboratore, ma mettono in viva luce
Paolo dà ad alcuni dei suoi collabo- coloro ai quali si riferiscono 6 •
G. KITTEL

4 La spiegazione dei vv. 9 ss. non ri- s La spiegazione della citazione nei rab-
guarda le parole nxµaÀW'tEVO"EV alxµaÀ.w- bini in STRACK-BILLERBECK III 596.
crlav; in questo contesto, poi, essa può ri- 6 Del tutto diverso Hebr. 13,3: l:.ic; crvv-
ferirsi solo agli spiriti (cfr. DrnELrus, Gefan- OEOEµÉvo~ (~ col. 527).
genschaftsbr. 61 ).
531 (I,197) a.Lw'V (H. Sasse) (I,197) 532

atwv, ai.wvtoç

atwv

A. USO DEL TERMINE NELLA GRECITÀ µaxpoùç aLwvaç, Theocr. XVI 43. -
PROFANA
e) Eternità: da Platone (~ sotto)
in poi; in senso iperbolico tç ... atw-
a) Forza vitale, vita: Hom ., Il. IX voç, dall'eternità, Lycurg. 110, Diod.
415; Od. V 152 e passim; cfr. t)Jvx{J S. I 63 ,5; ot' a.twvoç, Pseud. - Dc-
'tE xai ai.wv, Il. XVI 453; Od. IX mosth., Or. 60,6; Diod . S. III 8,5;
IX 523; Pind., fr. 111 ,5 (Schroeder). Xa'tà ... dwvoç, Lycurg. 7 ; dc; aTia\1-
- b) Durata della vita: atwv Sr'.oto, 'ta 'tÒV a.twva., Lycurg. 106: per l'e-
Hesiod., fr. 161,1 (Rzach); atwv µ6p- ternità.
cnµoç, Pind., Olymp. II 11; Hdt . I
La parola a.twv fu associata da Era-
32; Thuc. I 70,8; Xenoph., Cyrop.
VIII 7, l. - e) E t à , generazio ne : clito ( a.Lwv na.l:ç ÈO""tt. r.a.U~<<>v, fr . 52,
Aesch., Sept. c. Theb. 742.771; Soph., Diels I 88,1) e da Empedocle alla spe-
fr. 1021 ,1 (Nauck); al plur. in Emped. culazione filosofica relativa al problema
fr. 129,6 (Diels I 272,20). - d) Inter- del tempo. Il vertice di questa è rap-
vallo di tempo, tempo: in riferimento presentato dal Timeo di Platone, dove
al passato, Demost., Ep. 2,7: lv &Tta.v- cz.Lwv e xp6voç in contrasto col loro si-
'tt 'tQ a.i.Ghn, Or. 18 ,203: nciV'ta. 'tÒV
gnificato normale (che è per xp6voç
a.twva.; al futuro 18,199: o6;a. il 1tp0-
/0VWV il 'tOU µÉÀ.Àov-roç a.twvoç; al quello di tempo in generale e per a.tw-v
presente nello iV1Jcptcrµa di Asso, Ditt., di tempo relativo, durata di un parti-
Syll. 3 797,9: a.i.wv EVEO"'twç; al plur. colare essere) vengono concepiti il pri-

a.lw'V
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XXII (1923-24) pp. 87 ss.
533 (I,198) aLwv (H. Sasse) (l ,198)534

mo come l'eternità atemporale e idea- aihòv OÈ Àéyov xa.ì. -co 'TOV 7t<t.v'tÒç
le, nella quale non vi sono giorni, mesi oùpavov -cÉÀ.oc; xaì. -cò 'tÒv miv-ca.
e anm, il secondo invece come il tem- XP0\10\1 xaÌ. 't'Ì)V tX7tELplav 7tEPLEXOV -cÉ-
po che è stato creato col mondo ed è À.oç, cxlwv Ècr'TLv, à.7tò 'TOV à.d dva.L
1
una 'copia' in movimento dell'ete r- dÀ. l)cpwc; -.+iv Ènwvvµlav , àM.vcx-roc;
nità (dxw XWlJ•ov •wa alwvoc;, Tim. xaì. trEi:oc;. Filone, invece, segue la dot-
37 d). Questa concezione, affatto sin- trina platonica quando definisce l'alwv
golare nel mondo greco , ma che ricor- come -rò xp6vov 7tapci:oELyµa xaì. àp-
da la distinzione persiana - attestata xhvnov, Mu t. N om . 267 ; Deus I mm.
però soltanto in epoca recenziore - 32 : cfr. R er. Di v. Her . 165. xp6voc;
fra zrvan akarana (' tempo j]Jjmita- è il ~loc; del x6crµoc; rx.lcrtrl)"t'Oc;, mentre
to ', et ernità) e zr van dareghò - ch va- cxlwv è il ~loc; di Dio e dcl x6crµoç
dhiita (' lungo, soggetto alla sua pro- vol)-réc; . Caratteristica essenziale d e1-
pria determinazione', ossia la dura - l'alwv è quella di esser e un ete rno pre-
ta del mondo), è abbandonata da se n te (Fug. 57) . Esso è cinÉpa-roc; (Fug.
Aristotele, che torna a parlare del- 57 ), c'i.nELpoç (L eg. G ai 85 ). - Nel si-
1'alwv come tempo relativo , durata di gnificato di eternità, t empo illimitat o
un determinato essere . Dalla sua dot- la parol a è usata anche da Plutarco
trina dell'eternità del mondo Aristo- ( Cons. ad Apoll. 17 [II 111 c]; Ei
tele è portato a identificare l' atwv del ap. Delph. 20 [Il 393 a]) e dagli
2 3
cosmo con il xp6voc; èbmpoç: O"t'L µÈv stoici tardivi e dai neoplatonici •

ovv OV'tE yÉyovEv ò 7t!Ìc; oùpavòc; oih' La parola assume on significato r e-


1
ÈvOÉXEW.L cpi}a.pi)vat ... à.À.À. EtT"t't.\I dc; ligioso in epoca ellenistica, quando
Atwv diventa il nome di un dio d el-
oùx lfxwv •ov 7tav'tòc; atwvoc;, EXWv !' eternità, di cui sono attestati i mi-
OÈ xaì. 7tEPLÉXwv Èv aù-cl;> •Òv &7tELpov steri in Alessandria a partire all'incir-
4
xp6vov, Cael. II 1 p. 283 b 26 ss. Ana- ca dal 200 a. C. (Ps . Callisth. 30,6
loga è la definizione di Cael. I 9 p. p . 27; Epiph., Haer. 51 ,22) . Le spe·
279 a 23 ss .: -cò yà.p 'TÉÀ.oç -cò 7tEpLÉ- culazioni alessandrine sull 'alwv (dalle
xov 'TÒV 'tfjc; ÉxÙ:O''tOV SWfiç XPOVO\I ... quali anche il giudaismo mutuò la pa-
cxtwv Éxacr'tov xÉxÀ.11-cm. Ka.-cà ... òv rola greca) hanno inciso profondamen-

I Questa etimologia è naturalmente fal sa. 3 Sull 'uso di alwv nei neoplatonici (spe-
atwv e à:El risalgono alla stessa radice aivo , cialmente in Plotino e Proclo) cfr. LACKEIT,
iiiu (cfr. il lat . aevum, sanscr. iiyu), che si- pp. 69 ss.
gnifica 'vita', 'forza vitale', 'durata della 4 Risente dell'influsso alessandrino la ce-
vita '; dr. LACKEIT, l.c. lebrazione degli stessi misteri ad Eleusi cfr.
2 Epict., Diss. II 5,13; Mare. Ant. 2,12; Din., Syll.3 1125,8 (iscrizione del 73-74 a.C.) .
4,4350 e passim.
535 (I,198) a.twv (H. Sasse) (I ,199) 536

te sulla gnosi sincretistica. Dietro il parola nelle espressioni di carattere ne-


greco Alwv sta il persiano Zrvan aka- gativo come in Io. 9,32: Èx 't"Ov a.tw-
rana, il ' tempo illimitato ' che già voc; oùx i}xoucriJn, non si è ancora udito
Eudemo di Rodi conosceva come il su- e où ( µ"Ì)) ... dc; 'tov a.lwva., dove equi-
premo principio (superiore ad Ahura- vale semplicemente a non mai (dr. Io .
mazda e Ahriman) della teologia per- 13 ,8, 1 Cor. 8,13 ). Il significato di
siana (Damascius I 322 ,8 ss., Ruelle) eternità sembra trovarsi in passi come
e che, personificato alla caratteristica Le. 1,55 ; Io . 6,5 1; 12 ,34; 14,16; 2
maniera di quel popolo, occupava una Cor. 9,9 (tj; 111,9); Heb. 5,6; 7,17.21
posizione di rilievo fra le divinità del e passim; 1 Petr . 1,25, ma non è pos-
tardo parsismo soprattutto nel rnlto di sibile affermarlo con piena certezza.
Mitra. P er esprimere più efficacemente il
concetto di eternità lo stile religioso
B. dwv NEL SIGNIFICATO DI TEMPO
elevato usa spesso a.l1.0v al plurale. So-
LUNGO', 'ETERNITÀ'.
prattutto nelle dossologie è frequente
1. Le formule ' dall'eternità ' e ' per la formula: Etc; nùc; o.lwva.c; (Mt. 6,13
l'eternità'. [testo cesar.]; Le. 1,33; Rom. 1,25;
a) I concetti di tempo e cu eternità 9,5; 11,36; 2 Cor. 11,31; H eb. 13 ,8;
confluiscono nelle formule in cui olwv, dc; 7tctV'tet.c; 'toÙc; a.twva.c; accanto a 1tpÒ
preceduto da una preposizione, è usato 7tet.v'tòç 'tau a.lwvoc; in Iudae 25). Che
per designare un passato o un futuro il plurale in questi casi serva solo a
illimitato: a7t' a.i.wvoc; (Le. 1,70; Act. designare più incisivamente dell'ormai
3,21; 15 ,18) e Èx 'tou dwvoc; (lo. 9, sbiadito e logoro singolare il concetto
32) 'da tempo antichissimo', 'dal- di eternità balza evidente dalla lettera
!' eternità ', dc; a.i.wva. (I udae 13) e agli Ebrei, dove la formula Elç 'tÒV
dc; 't"Òv a.twva. (che ricorre 27 volte nel o.lwvo. (per es. 5,6; 7,24), dovuta al-
N.T. ed è particolarmente frequente l'influsso dei LXX, equivale sostanzial-
nell'Evangelo di Giovanni, per es. 4, mente a dc; 'tOÙc; a.Lwva.c;, 13,8. Anche
14) ' per sempre ', ' per l'eternità '. in riferimento al passato, come in 1
Soltanto dal contesto si può dedur- Cor. 2,7 dove si parla della i}Eov trocpla.,
re volta per volta se a.lwv indichi fiv 1tpowpLcrEv ò iJEòc; 7tpÒ 'twv a.twvwv
eternità in senso proprio oppure sol- (dall'eternità); e così pure in Col. 1,26
tanto un tempo remoto, lunghissimo e à1tò 'tWV o.twvwv xa.i èmò 'tWV yEvEwv,
ininterrotto, come in Le. 1,70; Act. ed Eph. 3,9: <i1to 'twv a.Lwvwv; cfr.
3,21: oì. éi.yLoL cbt' a.lwvoc; 7tpocpl)'ta.L, Eph. 3,11; XO'.'tà 7tp6iJECTLV 'tWV atw-
i sacri profeti fin da tempo antichissi- vwv fiv È7tOll)trEV ( = XO'.'tà 1tpOitECTLV
mo. Assai sbiadito è il significato della fiv È7tOL l}CTEV 1tPO 'tWV ai.wvwv ) . In
537 (I,199) atwv (H. Sasse) (I,200) 538

tutti questi casi In luogo del plurale noscibili le due componenti dc; mio-ac;
potrebbe stare il singolare àTiò oppure -rà.c; yEvEtic; e dc; -ròv ai.wva -rwv ai.w-
7tpÒ -.ov ai.wvoc;. Il plurale presuppone vwv; cosi pure dc; 'Ì]µÉpav ai.wvoc;,
l'idea di una molteplicità di ai.wvEç, 2 Petr. 3,18, si può scindere in dc;
di epoche o intervalli di tempo 1a cui 1Jp.Épav (sci. xuplov) e dc; -ròv ai.wva.
successione infinita costituisce l'eterni-
tà. Si comprende perciò come in que- b) Queste formule non sono affatto
ste locuzioni formulari atwv venga ad peculiari del N.T., ma appartengono
dai LXX in poi al linguaggio del giu-
assumere il significato di tempo lun-
daismo eilenistico. I LXX usano ai.wv
ghissimo, ma non illimitato. Indicativo per tradurre diverse parole ebraiche
è al riguardo l'uso parallelo di ai.wvEc; tra le quali soprattutto 'olàm e 'ad.
e yEvrnl in Col. 1,26. Nella parola Mentre ai.wv contiene sempre l'idea di
ai.wv vengono così a confluire i con- una durata temporale, 'oliim nella sua
cetti di tempo limitato e illimitato. accezione originaria indica invece un
L'intima contraddittorietà di questo ac- tempo recondito e lontano, un tem-
po che, considerato dall'osservatorio
coppiamento risulta chiaramente dalla
del presente, appartiene ad un passato
perifrasi xp6vot ai.wvtot, che in Rom. o ad un futuro remoti e insondabili 5•
16,25; 2 Tim . 1,9; Tit. 1,2 sostituisce Il concetto di lontananza temporale
il plurale ai.wvEç; tempi eterni è in- espresso da 'olàm è, si capisce, del tut-
fatti una contradictio in adiecto. to relativo . Amos per es. definisce in
Altra espressione rafforzata ed enfa- 9,11 l'epoca di David come ;eme 'olàm,
tica del concetto di eternità è la ripe- giorni antichi (LXX ijµÉpat -rov ai.w-
voc;). Quando con rolàm si vuole espri-
tizione di aLwv neIIa formula dc; -ròv
mere il concetto di durata si ricorre
ai.wva 'tov ai.wvoc;, Heb. 1,8 (!Ji 44,7). di frequente ad espressioni come zer6-
In :' 1 passi la ripetizione è associata làm, me'olàm. Soltanto in un periodo
al plurale e di qui nasce l'espressione recenziore (le prime testimonianze si
dc; 'toùc; ai.wvac; 'tWV ai.wvwv caratte- trovano nel Deu teroisaia) 'oliim viene
ristica degli scritti paolini e dell'Apo- ad assumere il significato di tempo il-
calisse giovannea (si trova però anche
limitato, eternità, mentre sorge l'uso,
sconosciuto alla lingua più antica, del
in Heb. 13,21; 1 Petr. 4,11; 5,11). Vi
plurale (I s. 4 5 ,17) che significa an-
sono infine casi di incrocio tra le varie
ch'esso eternità, ma presuppone per il
formule con ai.wv e altre locuzioni ana- singolare il significato di lungo inter-
loghe. Così nell'espressione dc; 7ttio-ac; vallo di tempo. L'idea della durata tem-
-r<:Xc; yEvEàc; -rov ai.wvoc; -rwv ai.wvwv, porale è invece intrinsecamente con-
Eph. 3,21 (cfr. Col. 1,26) sono rico- nessa col termine 'ad, che appartiene

5 «Una realtà che comincia quando s'ar- 0RELLI, Die hebr. Synonima der Z eit und
resta la nostra capacità percettiva », C. v. Ewigkeit ( 1871) p. 70.
539 (l,200) 1X.twv (H. Sasse) (l,200) 540

al linguaggio poetico 6 e, ad eccezione 14 ). Certamente da espressioni formu-


di lob 20,4, designa sempre un futuro lari di questo genere ha avuto origine
illimitato. In corrispondenza di espres- il nome Atw\1 Atwvoc;, con cui la let-
sioni ebraiche quali mè'6làm, l'olàm, teratura ermetica designa il dio del-
la'ad (e talvolta anche lanesah) abbia- l'eternità Atwv 9 . Non è possibile sta-
mo nei LXX innumerevoli esempi delle bilire se siano stati i traduttori a co-
locuzioni esprimenti il concetto di eter- niare l'espressione o:lwv atwvoc; o se
nità, nelle quali rxlwv figura al singo- invece abbiano riprodotto. un uso già
lare: à.n:ò ( -rou) rxlwvoc;, n:pò (-rov) esistente 10 . Anche l'impiego del plu-
rxlwvoc;, dc; ( -ròv) rxtwvrx, ecc. rale di atwv nelle locuzioni indicanti
Anche la ripetizione di a..twv nelle l'eternità si trova, sebbene raramente,
formule indicanti l'eternità è comune nei LXX. All'origine di esso sta il plu-
al N.T. e ai LXX. In un passo come rale ebraico '6lamzm, che però non
~ 44 ,7 (cfr. Heh . 1,8) dc; ( -ròv) a..lw- sempre vien tradotto con a..twvEc; (mai,
va ( -rov) rxlwvoc; è traduzione di 'olam per es. , in I s. ). Non mancano neppure
wà'ed. Più difficile è spiegare perché nei LXX esempi sporadici di al.wv ri-
il semplice la' ad venga tradotto quasi petuto al plurale, come dc; -roùc; a..tw-
sempre con dc; a..lwva.. alwvoc;, e ana- va..c; -rwv atwvwv, che in ~ 83 ,5 tra-
logamente te• olam wii.' ed con dc; -ròv duce il semplice 'od; cfr. inoltre Tob.
rxtwva xcd dc; -ròv ci.lwva -rov ci.lwvoc;. 14,15 S; 4 Mach. 18 ,24. Lo stesso vale
Non sembra tuttavia necessario vedere per la fusione delle formule con alwv
in ciò, come fa R. Kittel 7, un influsso e di quelle con yEVErX.
della teologia alessandrina dell'alwv.
È da pensare piuttosto che per ren-
In conclusione l'uso di ci.1.wv nel N.
dere adeguatamente 'ad, che è la più
forte designazione ebraica del futuro T. si distingue da quello dei LXX per
illimitato, si sia fatto ricorso all'espres- una maggior accentuazione della ten-
sione atwv a.lwvoc;, suggerita oltre che denza, già presente nei LXX, a sosti-
dalla psicologia del linguaggio 8 , forse tuire le espressioni più semplici del
anche dall'ebraico 'ade-'ad, tradotto più
concetto di eternità con altre più com·
volte letteralmente con dc; ( -ròv) a.tw-
11
va. (-rou) atwvoc; (~ 82,18; 91,8; 131, plicate •

6 «Se 'oliim è l'oscuro abisso che inghiot- IO 7tPÒ 'tWV IX.LWvwv per qedem, ljJ 54,20;
te il tempo, 'ad è la strada che conduce diret- Elç 'toÙç IX.LWVIX.ç per '6liimim, 2 Chr. 6,2;
tamente ad esso», C. v. 0RELLI, l.c., p. 88. lji 60 ,5; per [e'oliimim, lj.i 76,8; per /e'atmin,
7 Die hellenist. Mysterienreligion u. d. Dan. 3,9, inoltre Ecclus. 45,24; Sap. 3,8;
A.T. p. 73. Tob. 3,11; 8,5.15 B; 11,14 AB; 13,1, parti-
8 Cfr. le formule usate dai LXX Etç yE- colarmente frequente nell'appendice deutero-
\/Eà.v XIX.Ì. "(EVEcXV, Etç yEVEà.ç YEVEWV e la canonica a Dan. 3; Etç 'lttlV't~ç 'touç 1X.twv~ç,
serrata ripetizione di 'oliim nelle dossologie Tob. 13,4; 8,5 s.; 8,15 AS; 11,14 S; 13,16 S;
del tardo giudaismo, per es. Kaddish 4: 13,18 A.
/e'iilam te'olme 'olma;ii. Il Per l'uso extrabiblico delle formule in-
9 REITZENSTEIN, Poim . 23,270; E. PETER- dicanti l'eternità cfr. LACKEIT, Aion p. 32;
SON, EU: 8EO:E (1926) p. 320. PETERSON, EI:E 0EO:E pp . 168 ss. Esempi
541 (I ,201) alwv (H. Sasse) (I,201) 542

2. L'eternità di Dio. H en. slav. 1,8; dominus saeculorum,


Iub . 31 ,13; ÒÉrr7tow. nav .. òc; o:twvoc;,
a) Il significato di eternità vera e Ios . Ant. 1,272 (cfr. G..lwvwv BacriÀEù
propria compete ad o:lwv soprattutto xal xvpLE, Presigke, Zaub. XII [P.
quando è riferito a Dio come avviene Leid.] col. VII 36). Originariamente
- per non parlare delle dossologie - queste formule ebraico-cristiane · vole-
nella definizione il Dio eterno, che in vano esprimere soltanto l'eternità di
Dio, ma con l'andar del tempo furono
Rom. 16 ,26 si presenta n ella forma
interpretate secondo i vari significati
ò G..twvLoç ìh6c; ( ~ G..twvLoç) . L'espres-
assunti da aì,wv. Così f3acrLÀEÙç -rwv
sione ricorre già nei LXX : Gcn. 21 ,23 ; alwvwv fu inteso anche come re degli
Is. 26,4; 40 ,28; Bar. 4,8.10 e passim; eoni, ossia come colui che regna sugli
Susanna 42; 2 Mach . 1,25; 3 M ach. aLWVEç, concepiti questi ora come in-
6,12; cfr. Philo, Plant . 8.74.89 (-> tervalli di t empo, ora come estensioni
spaziali(~ col. 550 a Heb. 1,2; 11,3)
àtòLoc;) . Definizione analoga è 6 BG..crL-
e in qualche caso sembra addirittura
ÀEÙç -rwv o:twvwv di 1 T im. 1,17 .
come esseri personali. La controprova
Comunque sia stato poi inteso , il di questa trasformazione semantica ci è
significato originario dell 'espressione è data da espressioni come 7tG..'tTJP -rwv
quello di re eterno,- dr. la designazio- atwvwv, Iust., Ap. 41,2 (citazione di 1
ne di Dio, frequente nel giudaismo Chr. 16,28 divergente dal T.M. e dai
(primo esempio in Ier. 10,10; manca LXX) e 6 ò11µLoupyòc; xat 'ltU.'tTJP -rwv
nei LXX), come melek 'olam ed espres- alwvwv, 1 Clem. 35,3, dove 'twv o:lw-
sioni analoghe (per es. ribbon kol-ha- vwv non potrebbe essere sostituito con
'6lam2m, b Ber. 60 b). Il genitivo, in aLWVLoç.
questo come in altri casi analoghi, è
soltanto un calco dello status con- b) Vediamo ora come dev'essere
structus ebraico. Altri esempi di que- intesa l'eternità che viene attribuita a
st'uso di alwv sono : iteòc; -roù o:lwvoc;,
Dio con la parola o:twv.
H en. aeth. 1,4; iteòc; -rwv o:lwvwv,
Ecclus . 36,22; 1 Clem. 55,6 (cfr. alw- Negli scritti più antichi dell'A .T. tro-
vwv i>e6c;, P. Paris 174, 629 Wessely); viamo una concezione elementare del-
Bo:crLÀEÙc; -rov o:twvoc;, H en. aeth. 25, l'eternità: l'esistenza di Dio si esten-
3.5.7; cfr. 'il re eterno', Hen. slav.
de in uno spazio di tempo inconcepi-
64,3 AB; f3acrLÀEÙc; -rwv alwvwv, Hen.
aeth . 9,4; 12,3; Tob . 13 ,6.10; 1 Clem. bilmente grande. Egli è sempre stato
61 ,2; xupLEvwv 'tOÙ atwvoc;, Hen . aeth. - per questo è chiamato Dio antichis-
22,14. Cfr. anche 'il Signore eterno', simo 12 - e sempre sarà, a differenza

epigrafici : dç alwva, DITT., Or. 515,56; 12 Così infatti va inteso 'èl 'Olam di Gen.
elç -.òv atwva, op. cit. 194,33 ; dç 7t6.na 21,33 (LXX i>Eòc; atwv~oç). Cfr. 'elohe qedem,
't'ÒV IZLWVOC, op. cit . 566,21 s.; dç 't'ÒV a7tOCV- Deut. 33 ,27 e passim e l'' Antico di giorni'
't'IZ alwva, 332 ,3; il plurale è di uso rato di Dan. 7,9.
e tardivo cfr.. PETERSoN, I.e. p . 169 .
543 (I ,201) atwv (H. Sasse) (I,202) 544

dell'uomo soggetto alla morte (Gen . fosse creato egli era (tV 89,2); quando
6,3 ), poiché egli è, per definizione, il il cielo e la terra saranno passati egli
vivente (dr. per es. Deut. 5,23; 32,40). esisterà ancora (I); 101 ,26 ss., citato e
Questo concetto assai primitivo del- riferito a Cristo in H eb. 1,10). L'esi-
l'eternità subisce una radicale trasfor- stenza eterna di Dio è quindi l'opposto
mazione in epoca recente. Nel Deute- di quella del mondo che ha avuto ini-
roisaia )elohé '6liim corrisponde effetti- zio con la creazione ed avrà una fin e.
vamente a i>Eòc; a.lwvioc; (Is. 40,28), L'eternità divina è concepita come lln
ossia '6liim non indica più il remoto tempo infinito - il pensiero umano non
passato, ma il tempo infinito, l'eter- può rappresentarsela di versamente -
nità. Sempre nel Deuteroisaia oltre a ed espressa con le immagini della pre-
questa signifìcativa definizione di Dio esistenza e della sopravvivenza. Non
(che è attestata variamente anche al mancano però nel tardo giudai smo in-
di fuori del giudaismo in riferimento tuizioni dell'assoluta differenza fra il
a Baal5amin, il dio del mondo e del tempo e l'eternità . Così descrive H en.
cielo) 13 si incontra la formula, non slav. 65 la creazione dei tempi avve-
meno importante dal punto di vista nuta insieme alla creazione del mondo:
storico-religioso, « io sono il primo e « Ma quando finirà ogni creatura ... al-
l'ultimo » che esprime anch'essa il con- lora verranno annientati i tempi e non
cetto di eternità(~ A .f!). Dio è l'eter- vi saranno più anni né mesi né gior-
no in quanto creatore e compimento. ni 14 ; questi scompariranno e non sa-
La sua esistenza supera il tempo as- ranno più calcolati, ma allora comin-
segnato al mondo, egli è dall'eternità cerà l'unico a.Lwv ». Qui l'eternità è
per l'eternità ( cbtò 't'Ou a.lwvoc; é:wç 't'OÙ concepita - diremmo platonicamente -
a.lwvoç, ~ 89,2). Prima che il mondo come extratemporalità 15 .

13 mr' 'lm': iscrmone di Palmira, D1' cfr. anche Plat., Tim. 37 e: lJ!.lÉpac, yà.p xa.ì.
VoGuÉ, Inscriptions Sémitiques (1868-77) n. vux"t'ac, xaì. µijvac, xal Év,au"t'ouc,, oùx ov-
73,1 (dr. M . LIDZBARSKI, Ephemeris I p. "t'a<; 1tpì.v oùpavòv yEvfol}a,, e le parole . di
257; CooKE, North Semitic Inscriptions p. Filone (Op. Mund. 26): xp6voc, yà.p où;r,
295); un'altra epigrafe delle vicinanze di Pal- fiv 1tpÒ x6crµou, ciÀÀ. 1 fi cruv mh~ yÉyOVEV
mira con la stessa definizione del dio è ri- iì µE"t'' aù"tév; questo perché il tempo è
portata dal LrnZBARSKI l.c. lmr' 'lm': iscri- l),ciO'"t'i)µa TTjc, 'tOU x6crµou X'VTJO'EW<;.
zione del campo di Diocleziano a Palmira, 15 Cfr. anche Ps. 90,4, 2 Petr. 3,8 e le
LIDZBARSKI, Ephemeris II p. 298 . Accanto a parole di Bar. syr. 74 (riferite secondo E.
mr' 'lm' si trova mr' kl, LrnzBARSKI, Eph. KAUTZSCH, Pseudepigraphen [ 1900] p. 440)
II p . 296. 'lm' può significare tanto ' eter- che p;-esentano l'alwv futuro sostanzialmente
nità', quanto 'mondo'. Che qui vada inteso come la negazione del tempo: «Poiché quel
nel primo significato è garantito dal frequen- tempo segna la fine di ciò che è perituro e
te uso di l'lm', dr. LIDZBARSKI, Eph . II l'inizio di ciò che non ha fine ... esso è
p. 296. DE VoGtiÉ, l.c. n. 74-88 . lontano dai malvagi e vicino a coloro che
14 Si osservi come tra gli intervalli di non muoiono».
tempo non venga menzionata la settimana;
545 (I ,202) a:lwv (H. Sasse) (l,203) 546

Il N.T. ha ripreso la concezione ve- Anche il parsismo usa la stessa pa-


terotestamentaria e giudaica dell'eter- rola zrvan per designare tanto il mon-
nità divina e le formule relative esten- do quanto l'eternità. È da pensare che
dendole al Cristo (cfr. Heb. 1,10 ss.; sia il concetto di zrvan sia la nuova
13,8; Apoc. 1,17 ss.; 2,8; 22,13 ). An- accezione che 'olàm assume improvvi-
che nel N.T. quindi, l'eternità è vista samente nel Deuteroisaia abbiano la
soprattutto come l'opposto della durata loro comune origine in una concezione
del mondo delimitata dalla creazione e orientale - probabilmente babilonese
16
dalla fìne, e - come nell'A.T. - l'esi- - del tempo e dell'eternità L'idea

stenza eterna di Dio è rappresentata della creazione ha condotto però tanto


come un essere prima e dopo il mon- nella religione persiana quanto in quel-
do (cfr. -itpò e 1i-itò -rwv a.lwvwv, 1 Cor. la biblica a una separazione - nel par-
2,7; Col. 1,26; Eph. 3,9; -itpò xa.-ra- sismo anche terminologica - dei due
~oÀ:\'jçx6crµou, Io. 17,24; Eph. 1,4; concetti. La di stinzione fra lo zrvan
1 Petr. 1,20). La stessa dottrina della akarana, eternità e lo zrvan daregho -
preesistenza di Cristo rientra in que- chvadhàta, durata del mondo è atte-
sta concezione dell'eternità divina. stata per la prima volta nell'iscrizione
tombale di Antioco di Commagene
c. atwv NEL SIGNIFICATO DI I DURATA (34 a. C.; Ditt. , Or. 383,44) dove
1
DEL MONDO •
dç -ròv &-itnpov atwvo: riproduce zrvan
1. atwv come ' durata del mondo '; akarana, mentre XPOVOç rX1tE~poç è una
la fine dell'atwv. traduzione inesatta di zrvan daregho -
Usato al plurale nelle formule sur- chvadhàta. La speculazione sullo zrvan
riferite a.twv viene ad assumere il si- non è attestata prima del sec. IV a.C.
gnificato di tempo lungo, ma limitato L'effettiva distinzione dell'eternità dal-
e in particolare quello di durata del la durata del mondo era tuttavia im-
mondo dalla creazione alla fìne. Di plicita, anche se non ancora lessical-
qui il fatto singolare che la stessa pa- mente fissata, nel concetto comune tan-
rola è usata nella Bibbia per esprimere to al parsismo che al giudaismo della
due concetti assolutamente opposti: creazione come inizio assoluto. Un in-
l'eternità di Dio e la durata del mon- flusso diretto della concezione persia-
do. Questa duplicità di significato, che na dello zrvan sul pensiero greco è di-
è comune ad a.twv e all'ebraico '6làm, mostrabile dapprima in Hen. Slav. 65.
accenna ad una concezione dell'eterni- Nel N.T. a.twv è usato nel senso di
tà come durata del mondo . durata del mondo nell'espressione del-

16 Cfr. per questo problema H. H. ScHAE- pp. 1085 ss.


DER, Parsismus und ]udentum, R.G.G.2 IV
547 (l,203) atwv (H. Sasse) (l,203) 548

l'Evangelo di Matteo O'UV"t'ÉÀ.rnx "t'OÙ raie. In un caso come É'TtL O"UV'tEÀd~


cdwvoç 17 , che riflette la tendenza a "t'WV o:ì.wvwv (Heb. 9,26, cfr. O"UV"t'É-
sostituire con cx.i.wv le altre indicazioni ÀELO'.. "t'WV o:lwvwv in Test. L. 10) è co-
di tempo {YJµÉpcx.L, xp6voL, xcnpol, E"t'TJ) munque evidente che "t'WV a.ì.wvwv
nelle formule escatologiche ( ~ foxcx.- equivale in tutto e per tutto a 'tOÙ
18
"t'Oç, CTUV"t'ÉÀ.ELCX.) . o:ì.wvoc; . Il plurale sarà quindi rical-
cato sulle formule indicanti l'eternità
Altri esempi di o-vv"t'~Àrnx. "t'OÙ cnw-
voç: E cclus. 43,7, cod. S (dovuto a e su altre espressioni escatol ogiche. Al-
un fraintendimento del testo origina- lo stesso modo va giudicato 'ta -cÉÀ.'fl
le); A ss. Mos. 12,4 (exitus saeculi); 'tWV cx.lwvwv di 1 Cor. 10,11 19 • Era
4 Esd. 6,25 (fi.nis saeculi); Bar. Syr. naturale che espressioni di questo ge-
54,21; 69,4; 83,7; cfr. Ewç 7tÀ'l']pw- nere facessero sorgere l'idea di una
i}wow xaLpol. ai.wvoc;, Tob. 14,5 BA;
pluralità di a.lwvEç costituenti la du-
1dx1n "t'Épµcnoc; cx.i.wvoç, Sib. 3,756 s.
rata complessiva del mondo (il grande
Per l'uso di atwv nel senso di durata
del mondo: cfr. 4 Esd. 14,11: saecu- o:lwv ~ sopra). Leggiamo così in
lum perdidit iuventutem suam et tem- 4 Esd. 11,44: respexit Altissimus su-
pora appropinquant senescere. Duode- per sua tempora et ecce finita sunt et
cim enim partibus divisum est saecu- saecula eius completa sunt (cfr. 14 ,11).
lum ... ; Sap. 13,9: O-"t'oLxcio-o:o-i}o:L "t'Òv Non v'è traccia però di un uso costan-
cx.ì.wvo:, ' scrutare il corso del mondo ';
te e normale di alwv per designare un
14 ,6: trnÉÀ.L7té'.V "t'Q rl.LWVL CT7tÉpµcx.,
' lasciò alla rimanente durata del mon- determinato periodo della storia del
do un seme '; 18 ,4 "t'Q o:i.wvL, al mon- mondo.
do (che si estende nel tempo). Affatto
singolare è l'uso di ò cx.i.wv ò µÉycx.ç, 2. cx.ì.wv nel senso di ' mondo '.
il grande rione, per indicare la durata
riel mondo in Hen. aeth. 16,1; cfr. Il significato di ' durata del mondo '
tuttavia il concetto platonico-stoico del può trapassare in quello di mondo, os-
µÉ'rfxç · ÈVLCX.u"t'6ç, l'anno- cosmico: Cic., sia a.lwv può diventare quasi sinonimo
Nat. Deor.'~2,20.5:l; Arat., Phaenom. di x6o-µoc;. Così in Mc. 4 ,19; Mt. 13,
458, ecc.
22 o:t µÉpLµVo:L "tou cx.lwvoc; sono le
Meno chiare si preserlt;mo quelle sollecitudini del mondo ( cfr. ò yo:µ r]-
espressioni, relative sempre alla durata O"tl.ç µEpLµvif 'tcX "t'ou x6crµou, 1 Cor .

del mondo, in cui figura o:i.wv al plu- 7 ,33 ). Paolo usa indifferentemente le

11 13,39.40.49; 24,3; 28,20; nell'ultimo pas- 19 Contro l'interpretazione di }oH. WEISS,


so l'espressione è usata in luogo di una delle 1 Kor. 254 e PREVSCHEN-BAUER p. 42, secon-
formule indicanti l'eternità. do cui 't'à. 't'ÉÀ.TJ indicherebbe la fine del-
1s Cfr. È1t' Ècrxa:toLç a.lwcrw, negli ultimi l' a.twv presente e l'inizio di quello avvenire,
tempi, Hen. aeth. 27,3. sta il significato escatologico di 't'ÉÀ.oç.
549 (l,204) atwv (H. Sasse) (l ,204) 550

espressioni o-ocplcx. "t"OV x6o-µov, o-ocplcx. tosto rare fino al sec. I d. C. (ciò è
"t"OV cx.lwvoç "t"OV"t"OV, o-ocplcx. "t"OU x6o-µov dovuto alle lacune della tradizione), ma
"t"OV"t"ov, 1 Cor. 1,20, 2,6; 3,19. A crvv- abbondano in seguito, quando anzi que-
"t"ÉÀ.ELcx. "t"ou cx.lwvoç, fin e del mondo, sto diventa addirittura il significato
fa riscontro xcx."t"cx.~oÀ.Tj x6o-µov (-7 x6- principale di r olmà' 22 - trasformazione
0'µoç), inizio del mondo. semantica compiuta anche dai vocaboli
L 'identificazione di dwv e x6o-µoç, corrispondenti nelle lingue siriaca e
attestata anche nei mi steri ellenistici di araba - e perfino le espressioni tradi-
ct.LWV 20 , si spi ega nel N.T. con l'influs- zionali e formulari del concetto di eter-
nità vengono dai rabbini inte rp re ta te
so della terminologi a giudaica. Soltan-
in senso spaziale 23 •
to in epoca tardiva l'ebraico è g iunto
Anche il plurale a1.wvEç partecipa a
ad espri mere il concetto di ' universo
questa trasformazione sema ntica . Così
mondo ' e Io ha fatto , oltre che con
è nel senso spaziale di mondi che van-
la perifras i ' terra e cielo ', con due
no intesi gli alwvEç di Heb . 1,2 (01.'oli
termini: hakkol, il tutto e 'olàm (aram.
'alma'). Se in Ecc!. 3 ,11 - dove i due xa.l È7tOLlJCTEv "t"OÙç atwvaç) e 11 ,3
( Xct"t"lJp"t"lcri}ai. "C"oùc; a1.wvaç pl)µa"t"t.
vocaboli sono accostati - il secondo va
i}EQ\j).
probabilmente inteso an cora in senso
temporale 21 , a questo si as~ocia poi il Per Heb . 1,2 dr. la lezione oç vtj;w-
significato spaziale di ' mondo ', che ap-
o-E 7trXV"t"aç "t"oùç atwvcx.ç di Tob. 13,18
B, in luogo di dç ... a.1.wva.ç del cod. A
pare già fissato nel 4 di Esdra. Cfr.
(analogamente 3,2 S o-ù xplvELc; [AB:
espressioni come habitantes saeculum dç] "t"ÒV alwvcx.). Vedi in Strack-Biller-
in 3 ,9 e passim; qui in saeculo semi- beck III pp. 6 71 s. esempi di '6liim1m
nati sunt in 8,41 e passim; anche la usato in questa accezione dai rabbini.
Sovente si afferma che Dio ha Cieato
fonte greca di Baruch Siriaco conosce-
l' 'olam ('olma'), cfr. per Heb . 11,3
va le due accezioni di alwv. Le testi- Tg. Deut. 33,28: bemémréh 'it'abéd
monianze rabbiniche di 'oliim e 'olmii' 'olmii', il mondo è stato creato dalla
nel senso di mondo spaziale sono piut- sua parola. Né mancano accenni alla

20 DrTT., Syll.3 1125,8: Alwv 6 av'toç Èv 21 L'esattezza del testo controverso e il


'toi:ç aùni:ç cx.td q>vcm i)dm µÉvwv x611µoç significato di 'durata del mondo' sono con-
'tE Etç Xct.'ta 'ta CX.V'tci, Ò1tOLoç fo'tt XCJ.L i)v fermati dal ricorrere, nello stesso versetto,
xcx.t Eci-rct.L, iipxljv µEO'O'tTJ'tct. 'tÉÀ.oç oùx EXWV delle parole ' inizio' e ' fine '.
(Eleusi}. Questa identificazione risale al con- 22 Cfr. DALMAN, = W. J. pp. 120-27 e
cetto di zrvan se l'affermazione di Eudemo 132-46.
di Rodi va intesa ne] senso che l'essere ori- 23 Cosl i ' padri del passato ' diventano i
ginario (zrvan) sarebbe stato chiamato spa- ' padri del mondo ' (j Hag. 77 d , DALMAN
zio ('t01toç) o tempo (xpovoç) . Cfr. anche p. 141), e il 'Re eterno (Dio}' si trasforma
l'uso parallelo di atwv e x6111.loç in Philo, nel 'Re (Dio) del mondo', Tg. O. Gen.
Spec. Leg . I 170. 21,33 (DALMAN p. 142),
551 (l,204) atwv (H. Sasse) (I,205) 552

creazioni di vari mondi ('olam6t) 24 • Cosl mina, esprime anche il concetto del-
in Gen. r. 3 a 1,5 leggiamo che il Santo l'eterno e universale ritorno: non '1i
ha creato più mondi (borè' 'olamot) e è nulla di nuovo sotto il sole; ciò chè
li ha poi distrutti, non trovando in
a noi sembra nuovo è già stato te' ola-
essi soddisfazione, prima di creare il
mondo attuale 25 • mim (l,9s .; LXX: Èv "t'oi:ç cdwcnv) os-
sia nei cicli di tempo che si ripetono
3. L'atwv presente e quello futuro. all'infinito 28 . Sotto l'influsso di queste
a) Il senso di durata del mondo concezioni orientali - soprattutto babi-
di atwv e il suo uso al plurale dove- lonesi - dev'essere sorto il plurale ebra i-
vano suggerire l'idea che non vi fosse co '6lizm 1m e le stesse dottrine hanno
un atwv unico e irrepetibile, ma una poi inciso sulla semantica di atwv,
serie di atwvEç nei quali tutto « ripe- atwvEç .
tendosi eternamente scorre». In questo Questa particolare accezione di aLwv,
caso la creazione e la fine del mondo tutt'altro che infrequente sia nelle for-
non andrebbero intese in senso assoluto, mule indicanti l'eternità sia in altre
ma sarebbero soltanto il trapasso da un locuzioni, è però in contrasto con la
atwv all'altro 26 • L'eternità verrebbe in- fondamentale concezione biblica del
somma a identificarsi con la serie in- tempo e dell'eternità. La dottrina pan-
finita di questi atwvEç, allo stesso mo- teistico-astrologica dell'eterno ritorno,
do che in Aristotele essa è tutt'uno che confonde Dio col mondo, l'eternità
con la durata del mondo. , Cosl è con- col tempo, è infatti assolutamente in-
cepita l'eternità dall'astrologia orien- conciliabile con l'idea - comune alla
tale fondata sul principio dell'eterno Bibbia e al parsismo - di un ciclo uni-
ritorno. Indubbiamente questa dottri- co e irripetibile delle cose create dal
na ha influito sulla cosmologia biblica nulla e destinate a perire per sempre.
e in particolare sulle concezioni esca-
tologiche 27 • L'Ecclesiaste, infatti, che b) Un incrocio fra il concetto dua-
nella frase lapidaria lakkol zeman (3,1) listico del tempo e dell'eternità e la
dà una formulazione classica all'idea terminologia propria della dottrina del
orientale del tempo che tutto deter- ritorno è rappresentata dalla concezio-

24 Per questo plurale dr. LEVY, wori. 39,20.


III p. 656 . 27 Cfr. il principio escatologico -.à. EO'Xa'tr.t
25 Ber. Rabbà, ed. J. THEODOR (1912) I 23 . wc; -tà. 7tpw-ta, Barn. 6,13 (~ €0-xa.-toc;), il
26 Questa concezione si trova espressa nel- concetto di 7ta.)..~yyEvwlcx, ecc.
lo scritto pseudoaristotelico De Mundo 5 28 Coerente con questa cÒncezione ciclica
p. 397 a 9 ss .: 1})..lov -tE xat O"E)..i)v'l]c;, x•- è l'affermazione dell'eternità della terra (Eccl.
vouµÉvwv Év rixpL0Ea--ttinLc; µÉ-tpoLc; Él; atw- 1,4) teatro del divenire umano - idea, questa,
voc; Etc; ìtnpov alwva. Cfr. anche Ecclus. che ritroviamo in 4 Esd.
553 (I ,205) a.twv (H. Sasse) (l,206) 554

ne intimamente contraddittoria dei due la circonlocuzione: ou-rE Èv -rov-r~ -r0


a.i.wvEc;, quello presente e quello av- cxtwvL oU'tE Èv '"tQ µÉÀ.À.onL, né in
venire. L 'a.i.wv presente è la durata del questo mondo né in quello futuro . In
mondo in cui viviamo giunta ormai alla Paolo si trova sette volte l'espressione
o-uv-rÉÀ.rnx. L'cxtwv futuro è il nuovo ò a.twv oihoc; ( Rom. 12,2; 1 Cor. 1,20 ;
mondo che verrà dopo . E sso è qual- 2,6 [due volte]. 8; 3,18 ; 2 Cor. 4,4) ;
cosa che supera l' immaginativa umana una volta ò alwv ò ÈvEo--rwc; 7twr1péc;
e può essere soltanto metaforicament e (Gal . 1,4) dove si esprime caratteristi-
adombrato, con d ati ri cavati dal mon- camente la concezione paolina del mon -
do attuale, come ' regno di Dio ' 29 , do presente come mondo di p eccato 31•
' cicl o nu ovo e terra nuova ' 30 , ' epoca N ei passi sinottici (all'infuori di Le.
nuova ' . L'intima cont raddizione con- 16 ,8) e in Eph. 1,21 cxtwv non presen-
siste nel voler rappresentare secondo ta questo significato negativo , che ri-
la categoria del tempo ciò che propria- torna invece in ò vvv a.lwv di 1 Tim .
mente è l 'opposto del tempo; l'cxlwv 6,17; 2 Tim . 4,10; Tit. 2,12. Lo stes-
presente sta infatti a qu ello futuro co- so concetto di ò cxlwv oÙ'toc, si trova
me il tempo all 'eternità. espresso con ò xaLpÒc, oi'.i'toc; in Mc.
Nel N.T. si fa menzione dei due 10,30; Le. 18,30; con ò vvv xaipòç
cxtwvEc; nei sinottici, in Paolo e infine in Rom. 3,26 ; 8 ,18; 11,5 ; 2 Cor. 8,14;
nella lettera agli Ebrei. Mc . 10,30 (Le. con é x6crµoc, où-roc; in 1 Cor. 3, 19;
18,30) : Mv µT) À.ciBn .. . vùv Èv "0 5,10; 7,31; Eph. 2,2. Negli scritti gio-
:xcxLpQ -rov-r~ o~xlcxc,... :xcx1. Èv '"tQ vannei quest'ultima espressione sosti-
cxtwvt 'tQ ÈpxoµÉv~ ~wTiv cxlwvLov ... , tuisce regolarmente ò aLWV oÙ'tOC,, che
ora in questo tempo ... e nel mondo non vi si legge mai (Io. 8,23 ; 9,39;
futuro. In Le. 16,8 i figli di questo 11,9; 12,25 .31; 13,1; 16,11 ; 18,36;
mondo ( oì vì.o1. 'tou cxtwvoc; 'tOU'"tov) 1 Io. 4,17) . Accenni all'a.twv avvenire
vengono contrapposti ai figli della luce; si trovano, negli scritti paolini, soltan-
in Le. 20,34 ss. invece a coloro che to in Eph . 1,21: ov µ6vov Èv '"t0 aLWVL
sono ritenuti degni di partecipare al- 'tOU"r~ à.À.Àà. xat Èv -r0 µÉÀ.ÀO\l'"tL
l'altro mondo e alla resurrezione. Il (cfr. Mt.12,32) e nella singolare espres-
logion di Mc . 3 ,29 , secondo cui chi sione Èv 'toic; aiwcriv 't'O~ç È7tEpxoµÉ-
bestemmia lo Spirito Santo non sarà voLc,, dove il plurale è ricalcato sulle
perdonato in eterno, è riprodotto da designazioni enfatiche del concetto di
Mt. 12,32 sostituendo a dc; 'tÒV cxtwva eternità. Infine in Heb. 6,5 si parla

29 Cfr. il concetto di Dan. 7. 31 Cfr. é itEòc; "Toli a.twvoc; "TOV"Tou, 2 Cor.


30 Ossia come un nuovo cosmo ~ yij, 4,4, e ot lipxov°'Ec; nli a.twvoc; "'01hou,
x60"µoc; 1Cor. 2,6.
555 (l,206) a.twv (H. Sasse) (1,206) 556

delle òvvcX.µw; µÉÀ.Àov,oc; aì.wvoc;, le" rale che vi farà seguito (65,3 ss.); ma
energie {'pneumatiche') del mondo questo dualismo temporale si incrocia
futuro, che i credenti hanno già spe- con l'antitesi diciamo spaziale fra il
rimentato. mondo visibile e quello invisibile, fra
l'al di qua e l'al di là. La dottrina dei
c) Il N .T. ha ripreso la dottrina
due aì.wvEc; si trova nella sua forma
dei due aì.wvEc; 32 dall'apocalittica giu-
più evoluta in Baruch Siriaco e soprat-
daica 33 , dove le espressioni relative so-
tutto nel 4 di Esdra (fine del sec. [
no attestate a partire dal sec. I a. C.
Cfr. Hen. aeth. 48,7 (anteriore al 64 d. C.). In quest'ultimo testo i due eoni
a. C.): questo mondo dell'ingiustizia; vengono contrapposti come hoc saecu-
71,15 (precristiano): in nome del mon- lum (per es. 4,2), hoc tempus (7,113),
do futuro . Il termine corrispondente hic mundus (9,19), praesens saeculum
del testo greco doveva essere atwv. (7,112) e /uturum saeculum (8,1 ), saccu-
Hen. slav. (anteriore al 70 d. C.), lum venturum (7 ,47), saeculum sequens
scritto originariamente in greco, pare ( 6,9 ), saeculum maius ( = aì.wv µÉyac;
usasse parallelamente aì.wv e x6crµoc;. 7,13). L'alternanza fra saeculum, mun-
Ma oltre al dualismo spaziale fra ' que- dus, tempus corrisponde esattamente a
sto' mondo e l'altro (dr. 42,3) que- quella fra aì.wv, x6crµoc;, xcup6c; che
sto scritto conosce anche i due aì.w- si ha nel N.T. Anche in questo caso
VEç temporali: questo eone dei do- abbiamo una compenetrazione fra il
lori ( 66,6 ), questo eone (per es., 66, dualismo temporale e quello spaziale,
7), quell'eone (per es. 43,3), l'unico sebbene in 4 Esd. gli aì.wvEç vadano
eone (65,8), il grande eone (per es. intesi prevalentemente come realtà tem-
61,2) 34 , l'eone infinito (50,2; 66,6A: porali separate da un silenzio di sette
ò li.7tnpoç atwv = zrvan akarana, cfr. giorni del mondo (7,30 s.) e dal suc-
dc; -tòv èhtEtpov atwva nel senso di cessivo giorno della resurrezione e del
' fino all'inizio dello zrvanakarana, os- giudizio (7 ,32 s. 113 ). Baruch Siriaco
sia fino al giorno della resurrezione ': concorda con questa concezione degli
Ditt., Or. 383,4 ~ col. 546 35 ). cdwvEc;, ma accentua il dualismo spa-
I due atwvEç sono qui, rispetti- ziale in quanto colloca nel cielo (e non
vamente, la durata del mondo dalla sulla terra, come fa il 4 Esd.) la sede
creazione alla fine e l'eternità atempo- della vita nel ' mondo' futuro (Bar.

32 Cfr. per ciò che segue l'excursus Diese dove 'obi-'ad è reso in A e S con 1t!XTÌ"Jp -.o·j
W elt, die T age des Messias u. die Zukiinf ti- µÉÀÀ.ov-.oc; aiwvoc;.
ge W elt in STRACK-BILLERBECK IV pp. 799 ss. 34 Cfr. 4 Esd. 7,13; Sib. 3,92; in Hen. aeth.
Per la posizione (di stampo semitico) di 16,1 il grande a.lwv è la durata del mondo
où-.oc; cfr. BLASS-DEBRUNNER6 p. 306 (appen- (se il testo è in ordine).
dice al § 292). 35 H. GRESSMANN, D. hellenist. Gestirn-
33 I LXX non conoscono le formule rela- religion, Beih. z. A. O. 5 (1925) p. 23; H.
tive ai due atwvEc;, se si prescinde da Is. 9,5 JUNKER, l. C. p. 152.
557 (l,207) a.twv (H. Sasse) (1,207) 558

syr. 51,8 ss.). 4 3 37 . - Che i rabbini in tendessero i


I rabbini chiamano i due eoni coi due eoni in senso temporale è dimo-
nomi di '6liim hazzeh, questo mondo, strato dai loro molteplici tentativi di
e '6liim habba', il mondo che viene. inserire in questo schema dualistico
Le testimonianze anteriori al 70 d. C. l'antico concetto escatologico dei ' gior-
sono molto esigue e incerte: j B.M. 8 c ni del Messia'. Di pari passo con l'evo-
(Shime'on b. Shetah , 90-70 a. C.): luzione semantica dell'aramaico 'alma'
J agar kol hadén r alma', il guadagno di si afferma però il concetto spaziale e
tutto questo eone (cfr. Mc. 8,31 par.) ; l'opposizione dualistica fra il presente
Ab. 2,7 (Hillel , 20 a. C.); hajjé ha'6lam e il futuro trapassa in quella fra il mon-
habba', la vita del!' eone futuro; Gen. r. do visibile e quello invisibile, fra l' al
14 a 2,7 (scuola di Shammai) dice che di qua e l'al di là - fatto questo che
l'uomo (ossia il suo corpo) fu formato trova un esatto parallelo nella storia
ba' 6lam hazzeh, in questo eone e dell'escatologia cristiana.
la' 6lam habbi/, nel!' eone futuro; in
Mentre la dottrina giudaica dei due
T.Peah 4,18 si parla dell'accumulare te-
eoni nelle sue linee essenziali risale
sori ba' 6lam hazzeh, in questo eone e
alla distinzione persiana fra zrvan da-
lii' olam habbii.' nell'eone futuro ( secon-
regho-chvadhata e zrvan akarana, del
do un detto del re Monobazo, proselito,
tutto oscura è invece l'origine delle de-
risalente al 50 circa d. C.). L'uso di
nominazioni 'mondo presente' e 'mon-
la' 6lam habba' in luogo di ba'olam
mostra che queste espressioni risentono do futuro ', che non trovano riscon-
delle formule ebraiche indicanti l 'eter- tro nel parsismo. Ispirate dall'attesa
nità associate dai rabbini alla tematica orientale di un redentore e insieme dal-
dei due eoni: è indicativo al riguardo la dottrina della rinascita del mondo
ciò che vien narrato a proposito della sono le parole di Virgilio (Ecl. IV 52):
formula di benedizione, e cioè che essa adspice, venturo laetentur ut umnia
era originariamente 'ad ha' 6/iim e fu saeclo (dr. 4 s.: ultima Cumaei venit
poi sostituita dall'altra min ha'olam iam carminis aetas; magnus ab integro
w•' ad hii'6làm, ' dall'eternità all'eterni- saeclorum nascitur orda). Espressioni
tà ', diretta contro i negatori della re- analoghe ricorrono anche nel linguag-
surrezione che ammettevano un solo gio del culto imperiale da Augusto in
'oliim. (T.Ber. 7,21) 36 • L'espressione poi, per es. Ditt., Syll. 3 797,8 s. (nello
vtol 't'OV t'ltwvoc; 't'OU't'OV trova riscontro \j;T}q>tcrµt'l di Asso 37 d. C.): 't'OV Tiol-
nella formula, molto comune nel lin- cnov à:vi)pw-r;oic; atwvoc; vvv ÈVEO''t'W't'Oc;
guaggio rabbinico, ' figlio del mondo (cfr. Gal. 1,4); Dessau, Inscr. Lat. Se-
futuro' per es. S. Deut. § 333 a 32, lect. II 1,604 3: felicitati saeculi in-

36 DALMAN, W. ]. pp. 122 s.; cfr. SrRACK- 37 SrRACK-BILLERBECK II p. 219, IV p. 837,


B1ttERBECK IV p. 816.
559 (I,207) a.twv (H. Sasse) (I ,208) 560

stantis; Tacit., Agric. 44: beatissimi D. L'a.Lwv PERSONALE


saeculi. Le formule orientali conflui-
L'idea ; così diffusa nel si n crc ti ~ mo
scono qui con l'idea romana (etrusca)
ellenistico, di uno o più a.LwvEc; perso-
del saeculum (concepito questo come la
massima durata della vita umana , per nali(~ col. 534) , è estranea al N.T. se
lo più 110 anni) 38 • si eccettua forse il passo di Eph, 2 ,2:
xa.,à 'tòv a.Lwva. 'toù xoO"r~ou 'tov'tou
La concezione neotestamentaria dei (cfr. ciò che segue xa.'tà 't"ÒV èX.pxov'ta.
due cdwve:c; concorda sostan zia! mente Ti'jç tçouo-t'.a.c; ,oli Ù.Époc; ); è infatti cer-
con l 'apocalitti ca del sec. I d. C.; sì tamente da escludere l'interpre tazione
39
di stacca però dallo schema tradizion al e avanzata dal Reitzenstein , di a.L0JV in-
delle rappresentazioni escatologiche in teso come essere pe rso nale in pass i
quanto non colloca l' a.twv (..lÉU,wv come Col. 1,26; Eph. 2,7; 3,9. Sembra
esclusivamente nel futuro . I credenti , invece alludere ad a.Lc7JvEc; personali
infatti , sono già stati liberati dal mal- I gnazio martire in Eph . 19 ,2 : 7tWç
vagio a.twv presente (Gal. 1,4) e han- Ècpa.ve:pwlh1 't"Oi:c; O.LWO"LV (cfr. 19,1). In
no assaporato le forze del nuovo a.twv questo caso - e con qualche probabi-
(Heb . 6,5), cominciato, sebbene ancora lità anche in Eph. 2,2 - si può forse
nascosto agli occhi degli uomini, con ravvisare un'infiltrazione nel patrimo-
la resurrezione di Cristo, principio di nio dottrinale cristiano di quegli ele-
quella resurrezione generale (1 Cor. 15, menti mitologici propri del sincretismo
20.23) che, secondo l'escatologia giu- ellenistico destinati ad avere poi tanta
daica e protocristiana, doveva segnare importanza nella gnosi. - Nel giudai-
il trapasso fra i due mondi. smo si trova una personificazione dei

Un'eco della dottrina protocristiana due a.twve:c; in Hen . slav. 25 s.

dei due a.lwve:ç, un residuo secolarizza-


to di escatologia, è la concezione occi- CXLW\ILOc;
dentale della storia come divisa in due Aggettivo a due o tre terminazioni :
periodi dall'apparizione del Cristo. eterno. Orph ., Hymn. 87,5 (Abel);

38Censorinus, De die natali 17. B. LAUM, Stil tungen in d. griech. u. rom.


39Iran. Erl., pp . 86 n. 3, 255 s.; segue Antike (1914) I pp. 46ss.
l'interpretazione del Reitzenstein PREUSCHEN- PAULY - W. I coll. 694 ss. s. v. Aeternitas,
BAUER p. 42. Aeternus.
F. 0ERTEL, Liturgie (1917) p. 323 .
atwv~oç
H. MAJOR, J. Th. St. 18 (1917), pp. 7 ss.
CREMER - KoGEL p. 99. FR. TENNANT, E. T. 29 (1917/18), p. 265-267.
C. LACKEIT, Aion, Zeit und Ewigkeit in H . L1N S SEN, Jahrb. f. Liturgiewiss. 8 (1928)
Sprache und Religion der Griechen I (1916) pp. 73 ss.
pp. 35 s., 106 ss.
561 (l,208) a.Lwv (H. Sasse) (l ,208) 562

Plat., Leg. X 904 a; Resp. II 363 d; 23, 7 leggiamo 1tVÀ.<XL <XLWVLOL, porte
Tim. 3 7 d.38 b; ih:òv 't'ÒV alwvLov, eterne, mentre ]'originale ha 'porte an-
Tim. Locr. 86 c. Nella poesia e nella tichissime'; in t); 7 6 ,6 abbiamo E't'TJ
prosa del periodo recenziore cx.lwvLoc; ai.wvLcx., anni eterni, anziché ' anni tra-
conforme al significato fondamentale scorsi da molto tempo '; in Gen. 21,
di ~ ai.wv si trova usato anche nel 33 'Dio antichissimo' diventa i)Eòç
senso di permanente, ch e dura tutta cx.i.wvLoç, Dio etemo.
la vita: Callim. H11mn. 3,6; 4,130;
Philodem., De Deis III 8,22 Diels Nel N.T. a.i.t0vwc; {come l'altro ag-
(A. A. B. 1916 , 4 ); Dion . Hai., Ant . gettivo di uso piuttos to raro ~ citoLoç
Rom. X 36; Diod. S. I 1,5; IV 63,4 ; si trova nell 'accezione di eterno:
Max. Tyr. XLIII 43 Diibner 1 . Cfr. la
distinzione fra vovo-oc; XPOVL T) e cx.lwv!. T) 1. Riferito a Dio: -rou cx.twvlov i)EOù,
in Areteo di Cappadocia (181,7 Erme- Rom. 16,26 (~ cx.i.wv col. 541). Come
rins ). Testimonianze epigrafiche: ii attributo divino cx.i.wvLoç implica non
cx.i.wvwc; xaì ài)O:va't'oç 't'OÙ 1t<XV't'Òç
solo il concetto di un'esistenza illimi-
q>VO'Lç, Inscr. Brit. Mus. 894 (iscrizio-
tata nel tempo, ma anche nell'eternità
ne di Alicarnasso in onore di Augu-
sto); dc; xp6vov ai.wvLov, Ditt., Or. che trascende il t empo .
383,11; 7tpÒç ooçav XCX.L µv'fiµT)V <XLW- 2. In questo senso cx.i.wvLoç può es-
VLOV, Ditt., Or. 438,13 2 e molte altre
sere riferito anche a ciò che viene da
formule analoghe 3 • Nel tardo periodo
Dio. In 2 Cor. 4,18 la realtà visibile
imperiale alwvwc; (aeternus) è riferito,
come gli altri attributi divini, agli im- ('t'à. SÀ.rnoµEvcx.) è contrapposta a quel-
peratori, per es. 't'wv ai.wvlwv Aùyov- la invisibile come il transeunte ( 7tPOO'-
O''t'WV, Ditt., Or. 580,3; 619,2; 722,6 4 • xmpa) all'eterno 5
. La stessa idea è
sviluppata nella lettera agli Ebrei; per

I LXX traducono spesso '6lam con es. 9,14: 7tVEuµa ai.wvtov, spirito eter-
l'aggettivo cx.i.wvLoç, alterando non di no, è il 1tVEvµcx. che è eterno perché
rado il senso del testo; per es. in ~ divino . Rientrano in quest'uso cx.i.wvLoç

I Altri passi sono riportati nell'indice di D1TT. Or. 90,10, e il saluto orientale al re:
LACKEIT, pp. 106 ss . i;Tj"tw ò ~a:crLÀ.Eùc; dc; 't'òv a:twvCI, 3 Ba:cr. 1,
2 Cfr. Etc; µvT)µécrvvov a:lwvLov, \jJ 111, 6. 31; Dan. 2,4 e passim .
3 Cfr. l'indice delle testimonianze tratte s Cfr. l'identificazione filoniana di &.6pCI't'O<;
dalle iscrizioni e dai papiri in LAcKEIT, e ~ à.toLoc; e la contrapposizione fra il visi-
pp. 106, 107. bile e l'invisibile, il transeunte e l'eterno in
4 Cfr. pa:crLÀEvc; Il't'oÀ.Eµa:foc; a:lwvoPLoc;, Hen . slav. 24 e passim.
563 (I,209) a.twv (H. Sasse) (l ,209) 564

o6ça. (2 Tim. 2,10; 1 Petr. 5,10); a.i.w- cfr. 4 Mach. 12 ,12), x6À.a:cnç a:i.wvwç
'VLo'V ~ci.poç o6ç"t']ç (2Cor. 4,17; cfr. (Mt. 25,46), oÀ.Ei)poç a.i.wvtoç (2 Thess.
Sap. 10,14 ), ·nµTj xa.ì. xpa"t'oç a.i.w'VLov 1,9 ), a:i.wvtov ò:µap"t'rJp.a (Mc. 3 ,29:
(espressione dossologica: 1 T im. 6, 16), peccato che non sarà mai rimesso) si-
EÙa.yyO.. Lo'V ai.wvLo'V (Apoc . 14,6), ·mx- gnifica, almeno originariamente, inter-
paxÀ.T)cnç a.i.wvla (2 Thess. 2,16), oLa- minabile, che non ha fine. Ma una
i)iJxTJ ai.wvtoç (Heb . 13,20; molto fre- espressione come xplµa. a:i.wvtov in
quente nei LXX, per es. Gen. 9,16; Heb. 6,2 (cfr. a.i.wvlov xplcm!.)c;, Mc.
17,7; Ex. 31,16; Lev. 24,8; 2 Ba.cr. 3,29 A KM II) mostra che anche in
23,5), crw"t'"t')pla. a.i.wvtoç (Heb . 5,9; questi casi il significato dell'aggettivo
Mc. 16, finale breve; cfr. Is. 45,17), non si esaurisce nell'indicazione di una
a.i.wvla. À u-rpwcnc; ( H eb. 9, 12), a i.wvtoç durata cronologica. Per l'idea della pu-
xÀ.T)povoµla. (Heb . 9,15) . nizione eterna cfr. Apoc. 14,11; 20,10 ;
4 Mach. 13,15.
3. L'espressione a.i.wvioç ~a.crtÀ.Ela.
di 2 Petr. 1,11 6 ci porta invece nel-
4. Alquanto sbiadito è il concetto
}'ambito di a.i.wvLoç usato per designare
di eternità nella circonlocuzione xp6vot
ciò che è oggetto dell'attesa escatolo-
a.ì.wvtot, equivalente all'atwvEç delle
gica: swn a.twvtoç 7
ai.wvwç XÀ T)pOVO-
formule indicanti l'eternità. L'espres-
µla. (Heb. 9,15), a.i.wVLOL 0-XT)Va.l, det-
sione di Philem. 15: i'.va. ai.wvtov a:v-
to della sede ultraterrena dei giusti (Le.
"t'ÒV <in€xnç, perché tuo lo riabbia per
16,9), otxla. CX.LWVLOç È'V "tOtç OVpa.voi:ç,
sempre, rieccheggia l'uso profano del-
detto del corpo glorioso (2 Cor. 5,1) 8 •
l'aggettivo (~ col. 561) nonché oi.xE-
In queste espressioni a.i.wvLoç dice rap-
't"t']ç EL<; "t'ÒV a.Ì.WVa. (' ebed 'o{am ), schia-
porto alla vera e propria eternità di-
VO per tutta la vita, Deut. 15 ,17.
vina; in altre invece, come -rò 7tvp -rò
a.i.wvto'V (Mt. 18,8; 25,41; Iudae 7; H. SASSE

6 Cfr. Dan. 3,33; 7,27; 1Mach.2,57; Philo, 8 Cfr. Ecc!. 12,5 dc; ol:xov a.ì.wvoç cx:v-rov
Som. II 285 con un diverso significato. (bét 'oliim6) e le epigrafi tombali semitiche
1 --+ swii; cfr. Dan. 12,2; 2 Mach. 7,9.36; con bit 'lm, nonché la definizione del tempio
Ps. Sal. 3,12; Hen. aeth. 37,4; 40,9; Filone come bét hii'oliimlm in ]. Sotà 24 b; S. Num.
riferisce a.twvtoç a swiJ soltanto in Fug. 78: 10 a 5,17.
où swii µÉv Écnw a.twvtoç.
565 (I,210) à:xÉpa.Loç (G. Kiuel) (I,210) 566

à:xa.ila.pO"t'.a., à:xcifra.p-coç ~ xa.fra.p6c;


dxa.xoc; ~ xa.x6c;
à:xa.-cciyvwi;-roc; ~ ywwi;xw
à:xa.-rciÀv-roc; ~ Àvw
à:xa.t'.pwc; ~ x1np6ç
dxa.p7toc; ~ xa.p7t6ç
à:xcncixpc-coc; ~ xplvw
axa.-ra.i;-ca.i;la., à:xa.-rci:a-ca.-coc; ~ xa:itt'.i;-cru.u

t àxÉpcnoc;

a) 'non distrutto', 'intatto' (cfr. legame con oivoc;, xpucr6c; e simili, don-
XEpa.tsw = distruggo) 1 terra, città, mu- de il significato di 'puro ': Athen. II
ra; Dem. 1,8; Ditt ., Syll.3 210,13; Ios., 45 e altri 3 •
Ant. 5,47; Bel!. 3,257.
Nel N.T. sempre in senso figurato.
b) Quindi in senso fìgurato ' ciò Phil. 2, 15: significato parallelo a ~
che si trova nello stato originario di 1iµEµ1n-oc; e èiµwµoc; 4 come caratteriz-
incolumità, completezza, innocenza mo- zazione dei 'tÉxva. ?}Eov µfoov yEvEcic;
rale', proprio come il nostro 'incor-
crxoÀ.tcic; X'tÀ.. Rom. 16,19: i cristiani
rotto '. Piena attenzione: Ios., Bell.
1, 621 ; incorruttibilità del giudice : siano cixÉpa.LOL Etc; i:ò xa.x6v, pos-
Dion. Hal., Ant. Rom. 7,4; l'ingenui- sessori dell' integrità 5 conservata con-
ta innocente in contrappos1z1one alla tro il maligno, di cui è simbolo, se-
menzogna e alla scaltrezza: Est . 6,6 condo Mt. 10,16, la colomba adatta
(LXX); Ios., Ant. 1,61 2 . al sacrificio 6 •
e) Nel periodo ellenistico sorge il G. KITTEL

clXÉpCXLOç
B01sAcQ; PAssow; MouLT-M1LL. s.v.; ZAHN do in quando il ricordo di XEpcivvvµL. Ma
comm a Mt. 10,16; SCHLATTER, Komm. vedi nota 1.
Mt. 338. 4 Parallelo con ElÀLxpwi]c; 1 Clem. 2,5.
I Inoltre X1)pa.lvw significa 'pregiudicare', s Non ' senza essere frammischiati col ma-
&.xi]pa-roc; 'impregiudicato'. Cfr. BorsACQ ligno ' (ZAHN, Rom., a. l., come significato
pag. 35: contro i dizionari precedenti che lo possibile). Cfr. Plat., Resp. III 409 a: axÉ-
fanno per lo più derivare da XEpavvvµL. pa.LoL xaxwv Ti~wv. Ma anche la traduzione
Questa derivazione è impossibile dal punto dei più: 'semplici di fronte al maligno' co-
di vista formale; ' puro ' si dice &xpa-roc; me contrapposizione al precedente aoq>ol è
(DEBRUNNER). PAssow mette giustamente a erronea e non trova fondamento nel signifi-
confronto yEpaL6c;/ à:yi]pa.-roc;. cato letterale.
2 Non presso Filone. 6 Cfr. Cant. r. 2,14; STRACK-BILLERBECK I

3 Debrunner ritiene po_ ssibile che secon- 574 s.: t•mimim k•jonim. sy 5 Mt. 10,16
dariamente possa essersi fatto sentire di quan- tmjmjn.
567 (I,210) tixoÀ.ovi)fo.i (G. Kittel) (1,211) 568

choÀouitÉw, Èç-, Èn-, mxp-


O"Uvcx.xoÀouitÉw

cixoÀouitÉw

A. cixoÀovitEi:v E EnEO"itrxL NELLA che manca nel N.T . 1• Questo significa


GRECITÀ. che si <liventa simili al di o agendo co-
me lui 2 • Plat. 3, Phaedr 248 a : Ti 11tv
Già nella grecità profana dal signi-
( lj;uXYJ) apvJ"'nJ.. ltt:Q ÈTIO[.lÉVT] XfXÌ. El-
ficato di seguire, andar dietro a qual-
XCY.O'[LÉVT], d r. Sym p. J 97 e ; Leg. I 636
cuno è derivato quello di seguire in
d. Xenoph. , Cyro p. VII l ,3 : h!;6r1dM.
senso spirituale, morale, religioso. Si
segue l'oratore col pensiero (yvw1...tTJ),
crot, w ZEu . Epitteto enuncia questa
ma ssima: ·tD.oç fo-d, -rò ETIEO'i)a:L i)Eoi:ç,
Thuc. III 38,6; il saggio, Aristot., Eth.
Diss. I 20 ,15 ; 12 ,8. In modo partico-
M. II 6 p. 1203 b 19 s.; l'amico, B.G.
larmente suggestivo trova espressione
U. 1079,10.26. Parimenti chi segue è
questo significato di E7tEO'i)m in quei
il servo ( à.x6Àovitoc:;) e lo schiavo, Ps.
versi stoici 4 che Epitteto ha collocato
Arist. in Rhet. Graec. II 519,13 (Spen-
alla fine del suo Encheiridion (53,1 ):
gel), e anche l'amante, Plat., Phaedr.
232 a. èiyou U µ', w ZEu, xrxl O"u y' li
Nel linguaggio religioso-filosofico ri- IlrnpwµÉVT]
corre cixoÀouitEi:v cpvO"n (Epict., Diss. I onoL noit ' ùµ~v EÌ.µL ÒLCX"rE"my~1Évoç·
6,15), opp. itEQ: M. Ant. 7,31; Epict., wç E~oµrxl y' èioxvoc:;. fiv ÒÉ YE µ-i)
I 30,4. Ma per indicar l'atto di seguire i)ÉÀ.w,
il dio viene più spesso usato E1mritcx.L, xcx.xòç yEvoµEvoc:; · oÙÙÈv i)Hov
E~Oµu.L.
!ÌxoÀ.ovbÉw
E. G . GuuN, Die Nachf. Gottes, Stud. Or. pag. 316;
I (Helsingfors 1925) 34-50; A. RuNESTAM, Liebe, Glaube, Nachf. (1931)
A. MARMORSTEIN, Die Nachahmung Gottes 147-183;
in der Agada, in Jiidische Studien, Festschr. CREMER . KoGF:L, 101 s.
fUr J. Wohlgemuth (1928) 144-159; ScHLATTER, Komm. Mt . 119.
M . BuBER, Nachahmung Gottes, Morgen I
SrRACK - BrLLERBECK I, 188 , 528 s.
(1926) 638-647;
W. BEYSCHLAG, Leben ]esu 112 (1887) 184ss. I Solo irvvÉ1tO[W.L A ct. 20,4 ; LXX solo 3
J. WEISS, Die Nachfolge Christi und die Mach. 2,26 ; 5,48 .
Predigt der Gegenwart (1895), A; 2 Cfr. GULIN 45 s.
F. BossE, Prolegomena zu einer Geschichte 3 à.xoÀ.oui)Ei:v, È!;axoÀ.ovi')Ei:v indicante l'at-
des Begriffs der Nachf. Christi ( 1895) 83- to di seguire il dio manca in Platone. Presso
104; Epitteto solo nel passo citato, Diss. I 30,4 .
A. FISCHER, Ueber Nachahmung ttnd Nachf.: 4 Secondo Simplicio i versi risalgono allo

A R Ps I (1914) 68-116; stoico Cleante. scolaro di Zenone e maestro


A. SCHLATTER, Geschichte des Christus (1921) di Crisippo.
569 (I,211) rixo).ovi1éw (G. Kittel) (I,211) 570

B. IL CONCETTO DI SEGUIRE dèi ' rappresenta ' la colpa fondamen-


NEL-
L' A. T. E NEL GIUDAISMO. tale del popolo eletto', l'origine di tut-
Il termine corrispondente ad àxo- te le prove: Iud. 2,12; Deut. 4,3; 6,14;
À.ou1'ki:v e ad ETIEcr1'aL nella letteratura 1 Reg. 21,26; Ier. 11,10, ecc. In Osea 10
ebraica è hàlak 'a~aré. I LXX di regola la locuzione è collegata con l'immagi-
traducono letteralmente: nopEvEcrÒa~ ne dell'adulterio che domina la sua pre-
ÒTILcrw. Però anche nei casi, relativa-
dicazione: Israele va dietro agli amanti
mente rari, in cui traducono con àxo-
À.ovi}Ei:v essi sentono l'influsso dell'e- e si dimentica dello sposo: Hos. 1,2;
11
spressione ebraica, aggiungendo al ver- 2,7.15 • L'espressione 'seguire Jahvé'
bo l'avverbio ònlcrw 5 : 3 Bacr. 19 ,20; rimane decisamente in ombra di fronte
Hos. 2,5 6 ; Is. 45,14: òm'.crw crov cho- a quest'altra: 'andar dietro agli amanti'.
À.ovM1crovcrw. Tale costrutto manca Talvolta l'immagine viene usata in un
in tutta la· grecità profana e anche contesto deuteronomistico: Deut. 1,36;
presso Giuseppe 7 che, per esempio, 13,5; 1 Reg 14,8; 2 Reg. 23,3=2Chr.
dall'ebraico w' ' eteka 'a~arékà, tradotto
34,31. Ma il Deuteronomio non dice
dai LXX con àxoÀ.oviH1crw (Eliseo) ÒTil-
crw crou (3 BaO". 19,20), forma il consue- che Israele deve ' camminare dietro
to dativo greco: TixoÀ.ovfrl)crEv 'HÀ.l~, Jahvé ', bensì ' camminare lungo la sua
Ant. 8, 353 8 . Invece la costruzione strada' (Deut . 5,30, ecc.). Quell'imma-
ebraica ricorre in Mt. 10,38: àxoÀ.ov- gine possiede una forte accentuazione
iJn ònlO"w µov, espressione parallela e soltanto in 1 Reg. 18,21, dove l'espres-
corrispondente a EPXEO"lJE ònlcrw µov sione zeku 'abaràw (andate dietro a lui)
di Mt. 16,24 par. è detta in riferimento a Jahvé per re-
miniscenza dell'andar dietro a Baal e
1. L'uomo devoto che segue Dio.
dell'alternativa tra Jahvé e Baal posta
Nell'A.T. la locuzione hàlak 'a~aré da Elia. È strano come non eserciti
9

ha ricevuto la sua particolare impron- alcuna influenza il pensiero che deriva


ta per il fatto che - principalmente ovviamente da Ex. 13,21, cioè che gli
in Osea, Geremia e negli strati deute- Israeliti seguivano nel deserto Jahvé
ronomistici - è diventato un termine che li precedeva. L'unica volta che si
tecnico per indicare l'apostasia e il pa- parla di una sequela al tempo del de-
ganesimo. L' ' andare dietro ad altri serto (Ier. 2,2) l'espressione non appa-

s Al contrario Èl;mcoÀovi1Ei:v viene sempre Kasus und der Praep. in LXX (1910), 215 s.
costruito col dativo, anche come traduzione 9 Cfr. GULIN /. c., 39 ss.
di hiilak 'ahar: ler. 2,2; Am. 2,4. rn Cfr. anche i passi in stretta connessione
6 B: 1topc:vrroµa~ ò1tlrrw -rwv ... con il pensiero di Osea: Deut. 8,19; Ier. 2,
7 Anche qui Giuseppe, come spesso altro- 2.23.25.
ve, ha ellenizzato più degli evangelisti la lin- 11 hiilak 'a~aré indica la passione erotica
gua palestinese. dell'amante in Prov. 7,22.
8 Cfr. M. JoHANNESSOHN, Der Gebrauch der
571 (I,212) tixoÀ.oui)Éw (G. Kittel) (I,212) 572

re legata all'immagine di Jahvé che vece è tutt'altra cosa . « È mai possi-


precede, ma a quella degli sponsali; bile a un uomo andar dietro la she-
così nasce un'espressione che richiama kinà? Sta pur scritto: ' infatti il Si-
quella di Osea, ma assume una forma gnore tuo Dio è un fuoco divorato-
positiva: « Mi ricordo del tuo amore re' (Deut. 4,24) (b Sot. 14 a) . «È
di sposa allorché mi seguivi nel deser- mai possibile per la carne e il sangue
to » . Sembra quasi che la frase ' segui- camminare dietro al Santo - sia Egli
re Jahvé ' incontrasse qualche difficoltà, bened etto? Di lui sta pur scrit to: 'nel
in quanto l'immagine del ' seguire ' ri- mare è la tua strada .. .' (Ps. 77 ,20) ... Ed
chiamava spontaneamente l'idea di 'an- è poi possibile per la carne e il sangue
dare dietro a divinità pagane' 12 . Forse salire al cielo e unirsi alla shekinà? Di
ci si ricordava anche che l'espressione essa sta pur scritto: ' infatti il Si-
traeva la sua origine dalle processioni gnore , tuo Dio, è un fuoco divoran-
dei credenti pagani dietro l'immagine te ' (D eut. 4,24) » (Lev. r. 25 a 19,23).
del dio 13 . Questo potrebbe anche spie- La risposta alla domanda è questa:
gare come mai l'immagine del popolo « Tutto ciò significa seguire gli attri-
che segue l'arca santa non sia espressa buti di Dio» (b Sot . 14 a).
in un preciso linguaggio religioso 14 , L'argomentazione può valere o co-
sebbene l'arca nel viaggio attraverso il me un richiamo alla storia, nel senso
deserto precedesse Israele (Num. 10, che Israele doveva piantare alberi nella
33 ss.) e anche nel culto a Gerusalem- sua terra a imitazione di quanto Dio
me fosse il centro delle processioni faceva nel giardino dell'Eden ( Lev. r.
(1 Sam. 6,12 ss.) 15 • 25), oppure come un richiamo al dove-
A questi dati dell'A.T. corrispondo- re etico che il credente ha di rivestire
no quelli della l e t t e r a t u r a r a b - gli ignudi, allo stesso modo di Dio che
b i n i c a . La concretezza del pensiero rivestì Adamo, di visitare gli infermi,
non consente di descrivere plasticamen- come Dio visitava Abramo, di consolare
te l'atto di seguire Dio, poiché questa gli afflitti, come Dio consolava Isacco,
immagine urta contro l'idea della divi- di seppellire i morti, come Dio sep-
na trascendenza. Quando l'immagine pellì Mosé (b Sot. 14 a).
ricorre (come, per es., nell'esegesi di Con ciò il seguire Dio è diventato
Deut. 13 ,5) viene presentata come si- pura imitazione, concetto che per lo
nonimo dell'imitazione di Dio, che in- più viene indicato con altre espressioni

12 Gut1N, 42. religioso cultuale. Giustamente lo ha notato


13 Così P. Votz, ]eremia2 (1928), 17. Ri- GuuN, 43, n. 3.
servato GutIN, 35. 1s S. MowrNCKEL, Psalmenstudien II (1922),
14 Ios. 3,3; 6 ,9.13 non ha nessun valore 12 ss.; GuuN, 43.
573 (1,212) cixoÀ.ouVEcù (C. Kittel) ( I,213) 574

(come dmh, 'esser simile') 16 • Il pro- ge divina (Ap. 2,220; Ant. 9,187; 11,
blema che la teologia rabbinica può 124 ecc .) 21 •
prospettarsi a questo punto è di na-
tura del tutto diversa, cioè se l'uomo 2. Il discepolo m quanto 'segue'.
già in questo mondo possa realmente Il verbo 'seguire' nell'A.T. è detto
esser simile a Dio, oppure se questo di chi tien dietro a una persona di
si debba riservare al mondo futuro 17 • riguardo, cosa che da principio non
Filone, al contrario, nell 'uso di àxo- implica alcun valore religioso. Il guer-
).o•JltEi:v e di E.mrita.L segue del tutto riero segue il capo, come nel caso di
la linea dell'uso greco. Seguire, per Abimelech (Iud. 9,4.49); la donna se-
lui come per Epitteto , è prestare at- gue l'uomo, la sposa lo sposo (Ier. 2,2
tenzione a Dio e alla <pV(HC,. cruµ- ~ col. 569); il discepolo Eliseo se-
~i)crEcrlJa.L "t"OLC, ÈTioµÈvoLc, lJE0, Praem.
gue il maestro Elia ( 1 Reg. 19 ,20 s.:
Poen. 98; "t"LC, Èp.ot ( lJt:0) xa.t '!OLC,
ȵoi:ç ~ouÀ.'iJ!J.O:O'LV E7tono, Abr. 204; wajjelck 'ahìi.ré 'clijiiihu = LXX: xcx.ì.
È7toµEvoç àxoÀ.ouì>l('f cpvcrt:wç, Spec. Leg. v
~ n op E ì>l) òrclcrw 22 'H)..Elou ). Anche
III 180; cpvcrEL yò:p fm:crào:L xo:À.òv, questo ' seguire ' non indica che un
cXXOÀ.OUitL(f C!)VO'EWç 0' 0:\i'!LTiaÀ.ov OXÀ.OU servizio 23, come attesta chiaramente
cpopci, IV 46 18 • In Migr. Abr. 128: l'espressione successiva 'e lo serviva':
àxoÀ.oui}wç -rn cpvcrn sf\v è identico a
il discepolo accompagna il maestro co-
bm:rì>aL ì>E0.
Invece Giuseppe non ha un uso pre- me un vero e proprio servitore.
gnante di àxoÀ.oulMv che meriti di es- Quest'ultimo tipo di sequela è di-
ser ricordato. Detto di discepoli che ventato normale per i r a b b i n i , m
seguono il maestro, il verbo ricorre so- quanto la società rabbinica è caratte-
lo 19 a proposito di Eliseo come un'eco rizzata dal rapporto tra maestro e di-
del racconto dell'A.T. (A11'. 8,354) 20 •
scepolo. In numerose narrazioni tradi-
Piuttosto egli pone in rilievo un rap-
porto di àxoÀ.oufrla e àx6À.wàoç con zionali vien sempre descritto lo stes-
v6µoç parlando dell'ubbidienza alla leg- so ordine: il rabbino, o i rabbini, pro-

16 Cfr. le parole di Abbà Shaul, M. Ex. gnante.


15,2: 'Sii simile a lui; egli è misericordioso 20 Un certo significato pregnante ha forse
e clemente; sii anche tu misericordioso e il verbo cixoÀ.oultE~v detto della sposa che
clemente'. Il punto di partenza per l'uso di segue il marito, p. es. Ant. 1,318 ~col. 574.
dmh è sempre la reminiscenza <li Jemut, 21 Per altri passi relativi a questa asso-
Gen. 5,1. ciazione di termini dr. THACKERAY, Lex.
17 Cfr. MARMORSTEIN, l. c. 155 ss. Ios. 18.
18 Altri esempi in LEISEGANG, Index, 74, 22 Ios., Ant. 8,353 iJxoÀou&lJcrEv 'H)..lq.
265. (~col. 569).
19 Il fatto che coloro i quali, cixoÀ.ouih'l- 23 Contro GULIN, 42 s. «L'azione di se-
crav'tE<; uno pseu<loprofeta, E7tOV'taL µÉXP~ guire rende lo scolaro simile al maestro, sic-
'tijç Épl]µlaç (Ant. 20,188) si avvicina al mas- ché con ciò quanto di divino è nel maestro
simo all'espressione nel suo significato pre- (quasi fisicamente) passa nel discepolo.
575 (I,213) à:xoÀoui>Éw (G. Kittel) (I,214) 576

cedono a piedi o cavalcano un asino; idea del tutto nuova, quella della se-
il discepolo, o i discepoli, vengono die- quela di Cristo. Quando, poi, il cristia-
cro ad essi a debita distanza ( whjw nesimo entrò nel mondo ellenistico, do-
tlmjdjw mhlkjn '~rjw, 5. Deut. 305 a ve l'espressione religioso -filosofica di
31,14 ). La forma è sempre la stessa u fedele che segue il suo dio era
dai primi testi 24 fino a quelli tardivi, conosciuta , allora il verbo e l'idea di
sia che il maestro risulti uno dei gran- èornÀ.ouÌ}Ei:v erano già così saldamente
di del sec. I, come Gamaliele 25 o Jo~a­ applicati a esprimere il procedere al
nan ben Zakkai 24 , sia che la scena si seguito del Gesi:1 storico , che un'altra
riferisca a Eleazar ha-Qappar 26 o a Rab- espressione religio sa con l'appoggio di
Uqbà 28 , rabbini del sec. III. Anche quei termini non si poteva più coniare.
quando il discepolo che segue è il figlio La ricerca statistica mostra che cixo-
del maestro la disposizione non cam- ÀovÌ}Éw nel suo significato pregnante è
bia : «R. Ismaele, R. Eleazar ben Azarjà strettamente limitato a esprimere la se-
e R. Aqibà procedevano lungo il cam- quela di Gesi'1 28• Esso ricorre esclusiva-
mino e Levi l'ordinatore e R. Ismaele, mente nei quattro vangeli e una volta
figlio di R. Eleazar ben Azarjà, proce- nell'Apocalisse. Qualche volta si tratta
devano lungo il cammino dietro ad di un ' seguire ' esterno, detto di una
essi» (M. Ex. 31,12). Mai in nessun folla che segue Gesù (Mc. 3,7 par.; Mt.
passo vi è traccia di una idealizzazione 8 ,1 O par.); ma il verbo è detto anche
di questa immagine o di una sua inter- del discepolo (Mt. 8,19: à:xoÀ.ouMicrw
pretazione teologica. CTOL 01t0V ÈÒ.v a:rtÉPXTl ). Il discepolo

' lascia tutto ' per andar dietro a Gesù


c. à:xoÀ.ouiM:v NEL N.T. (Mc. 10,28, cfr. 1,8; Le. 5,11). A que-
Nel N. T. l'oggetto del verbo 'se- sto punto è chiaro che questo rixoÀou-
guire ' non è mai Dio (Dio è oggetto lJEL\I significa aderire in un senso che
di ~ µLµE~O"i}m, µLµ11·n]ç). L'espressio- denota nuovi rapporti di vita (Mt. 8,
ne non ricorre nel linguaggio palesti- 22; Le. 9 ,61 s. ). Il discepolo fa quello
nese e i primi cristiani non avrebbero che faceva l'alunno dei rabbini: all'e-
certo potuto coniarla partendo dall'im- sterno la sua vita si svolge nello stesso
magine rabbinica del discepolo che se- modo; intimamente poi aderisce a Ge-
gue il maestro; da questa è nata una sù. La parola mantiene quindi il suo

24 S. Deut. 305 a 31,14 : «accadde che R. scepolo R. Elai lo segue. T. Pes. 1,27; Lev. r.
JoJ:ianan ben Zakkai cavalcava un asino e i 37, a 27,2.
suoi discepoli lo seguivano a piedi ». Cfr. 26 b A. Z. 43 a.
b Ket. 66 b. 21 b Ket. 72 b.
25 Gamaliele cavalca un asino da Akko a 28 Tutti gli altri passi del N.T. con ci.xoÀ..
Kesib; lo schiavo Tabi lo precede, il suo di- parlano di un seguire senza significato religioso.
577 (1 ,214) <ixoÀ.ovMw (G. Kittel) (I,215) 578

valore tecnico, ma applicandosi a Gesù xai. cx.pcx.'tw 'tÒV cna.upòv au'tou, xai
riceve un contenuto e un 'impronta nuo- àxoÀ.oui}El'tw µoL
va. Nasce così l'idea che vi è un unico Lo ste sso significa il contesto di Io.
rapporto di discepolo a maestro, quel- 12,25.26. Le espressioni mostrano chia-
lo che unisce il fedele a Gesù, e che ramente ch e no n si tratta affa tto - co-
solo ques to rapporto può essere espres- m e suppone un' interpretazione succes-
29
so dal verbo 'seg uire' . Il comando siva - <li un'imitazione t endente ad
<ixoÀovfrn 1.10i di Mc.2 ,14 par. è un co - emulare il modello , m a esclusivamente
mando messia nico ( ~ crvvaxoÀovM.w). di una comuDione di vita e di sofferen-
Questa sequela pone il di scepolo sul- za con il Messia, e innanzi tutto d ella
1
le tracce del Messia e perciò è di sua comunione della sua sa lvezza 3C •

natura un dono di ordine religioso: Per capire fino a che punto il voca-
àxoÀovDEt:v significa partecipare alla bolo si p ossa usare in senso figurato, si
salvezza che si offre in Gesì1. Lc. 9,6 l s. : notino i seguenti due fatti apparente-
soltanto chi Ei5DE't6c; Ècr'tLV "TI ~acrLÀdq, m e nte con traddittori: 1) La tradizione
'tOV DEov può attuare l 'àxoÀovDEt:v; in conserva parole assolutamente chiare
Mc . 1O,17 .21 O:xoÀouDEL µoi è la rispo- come Alt. 10,38: oc; où ... <ixoÀ.ovllE~
sta alla domanda d ella swTi r.dwvwc;. òrclo-w µov , oùx fo'tt.V µov aì;ioc;, Le.
Parimenti Io. 8,12: ò àxoÀovDwv ȵOÌ. 14 ,2 7: 00"•1.c; où ... EPXE'trxt. òrclcrw µou,
oÙ µ"IÌ rtEpvrtCt'tTJCTTI Èv "tTI crxo'ttq. , àÀ·· où ÒIJVCt'tCU Ei.va.l µov µcx.Dl]'ti]c;. 2)
).'E!;n 'tÒ cpwc; 'tTjc; ~wTjc;. Lo stesso D'altra parte, la stessa tradizione c1
pensiero ricorre in Apoc. 14,4: o/. àxo- attesta con eguale chiarezza che vi
À.ovl}ouV'tEç 't4) à.pvlc.p ... 1]yopacrDTJo-a.v erano discepoli i quali pratkavano lo
't4) l}EQ xa.i 't4) Ò:pvlc.p. &:xoÀ.ovllEi:v nel senso di andare con
Ma lo stesso àxoÀ.ovlki:v significa Gesù. 3) Tanto più notevole è quindi
pure un prender parte al destino di la terza particolarità deJla tradizione,
Gesù. Mt . 8,19 s.: la risposta all'à.xo- l'aver, cioè, piegato il verbo a designa-
À.ovlli)crw crot è questa: ò u/.òc; 'tOV &:v- re gli eventi concreti della vita di Gesù
i)pwrcov oùx ì!xn rcou 'tTJV xEcpa.À-i)v in maniera così precisa che il sostantivo
xÀ.lvn. Mc. 8,34 par.: d 'ttc; DÉÀ.n òrcl- indicante la sequela 31 venne trascura-
o-w µov ÈÀllEt:V, rbta.pVT]O-cio-Dw Éa.V'tÒV to ; il N .T. conosce solo il verbo, per-

29 Aug., Set. Virg. 27: Quid est enim se· 30 A. KLOSTERMANN, Mk. (1867), 179 : il
qui nisi imitari? Theophilact. I 21 p. 845 ot seguire come partecipare «al bene di Cristo»;
1.iLµouµEvoL a\nov i:nv Èv 'ltciow àxpl~rnxv, «non l'azione di andare come tale, ma il giun-
ovi:oL <ixoÀ.ovDovcnv aùi:i;). Theophanes Hom. gere allo ~copo al quale egli tende ».
41 p. 293: i:ò àxoÀ.ovDijcraL aùi:t;) i:ò i:nv 31 Il nome <ixoÀ.o{rlh1cnç ha questo signi-
ÉxELVOU 'JtOÀ.L"tELaV, W<; 8vvai:Òv àvfrpwm-ii ficato (P seud. Plat. De/. 412 b). Cfr. anche
µLµT)cracrfrm, oç É'ltoÀ.vtEucra"tO Énl "tTJ<; yljç l'uso di 'ltapcxxoì-.oMTJO"L<; nella Stoà (Epict.
"(EVOµEVO<; èi.vitpw'ltoç. Diss. I 6,13 ecc.).
579 (l,215) à:xoÀoultÉw (G. Kittel) ( 1,215) 580

chè insiste sul fatto, non sul concetto. Similmente -ta!:c; ò8o!:c; aù-.wv, Is. 56,
Non è quindi un caso che cbcoÀ.ouiki:v 11; µulJOLC, Ios.' Ant. 1,22; oa.lµotn
si trovi usato solo nei Vangeli, Sinot- 7tÀ.avl)c,, Test. Iud. 30,23,1; 7tovripo~c;
tici e Giovanni, e solo per indicare il OLaf?,ouì..loLc; Test . Is . 6,2.
rapporto dei discepoli col Gesù della
t Èr.a.xo),ouÌ)Éw
storia. Nelle lettere compaiono altre
forme (~ (J'V'V-, È'V), nelle quali l'accen - Anche questo composto ricorre a) nel
to è posto sul rapporto col Gesù glo- significato proprio di seguire, anche se
rificato, il XVpLoc;, e col TC'VEU!J..tl..
SUO spesso l'e spress ion e in cui si trova è
L'unico passo in cui il verbo semplice figurata: Mc 16 ,20: ovx-rGN bmxo-
ricorre oltre ai Vangeli è Apoc 14,4 ÀouÌ)ou\J't"W\J (' che si presentavano al
ed è una chiara appli cazione di Mt loro seguito' 1 ) CTY)(tclwv; 1 Pctr. 2 ,21:
1O,38 a una determinata classe <li cre- -roi:c; Ì:X'VE1nv mhov (ossia di Cri sto: ter-
denti 32 • mine che indica l'esemplarità) ; I Tim.
È parimenti caratteristico di questa 5 ,24: la colpa ' successiva ' cioè quel-
nuova sfumatura assunta dal concetto, la che sarà riconosciuta solo in futu-
che nell'epoca apostolica l'atto del ' se- ro 2 , in opposizione a quella nota già
guire ' non sembra attribuito ad altri prima; b) in senso figurato: attendere
all'infuori degli apostoli. Comunque, a qualche cosa, darsi pena: 1 Tim.
sia gli Atti 33
sia le altre fonti evitano 5, 1o: TCfX\J't'L Epycp ci ya.i}Q_
ogni termine di questo tipo , sebbene
Per a) si vedano i LXX in Ios. 6,8
segnalino l'esistenza di discepoli e di Ti XL~W't"ÒC, •ne;
ow.ì)l]xl)c; xuplou, Po-
maestri (Barnaba-Marco; Paolo e la sua lyb. 3,9,10: µÉµ~Lc;, BGU 2,14: ~ll­
cerchia). µla, Philo, Virt . 64: ~X'VEO'L'V. Per
b) i LXX in Ios. 14, 9: Ò7tlo-w xvplou
t È!;,axoÀ.ouMw
-.ou l}Eov -YJµwv, 14,14: 't'c{j 7tpo0"-.ciy-
Come il verbo semplice, così anche µa.-.L xuplou, Ios ., Ap. 1,6: µa-.o:.lmç
questo composto ricorre sia in senso 861;,cnc,.
proprio sia in senso figurato; nel N.T.
solo in 2 Petr. e nel significato indicato t ito:.pa.xo ÀouDÉrJJ
per ultimo: (J'EO'Oq>L(J'µÉvoLc, µuì)oLc,, 1, a) senso proprio : procedere accanto
16; tX(J'EÀ yE!'.a.Lc;, 2,2; -tfl 6&~ -tov Ba- ( 7tet.p-) a qualche cosa , accompagnare,
À.a6.µ, 2,15. Mc. 16,17: i miracoli che' accampa-

JZ Non stupisce che si inserisca qui l'idea Érça.xoÀoui>Éw


della imitatio agni, così suggestiva per l'an- 1 Contrario PREUSCHEN - BAUER 438 ; cfr.
tica Chiesa e anche in seguito. Cfr. LoHME- PREISIGKE, W art. 526.
YER, Apok., 120. Z Bi;:NGEL: interim patienter expectandum,
33 Act. 13,42 non sembra avere il signifi- dum res se aperiat.
cato di accompagnare per informarsi.
581 (I,216) cixovw (G. Kittel) (1,216) 582

gnano ' i credenti, O"T]µEi:a. 'toi:c; 7tLO"'tEV- x:iiv òVva.µw EOWXEV, Diss. I 6,12 ss.
O"a.O"vv -ca.u'ta. 7ta:pa.xoÀ.ovfr1]o-EL, b) pri- µÌ] 1ta:pa.x. À6yl{.l µT]ò'cbtoOEll;EL p.TJOE
mo significato traslato: attendere a una crocplcrµa.·n, Diss. I 7 ,3 3 . 'ti'\ 7tEp~ 'tÒ
t)Ei:ov Ti')c; 7toÀ.Ewc; flEparcEl(f, Ditt.,
cosa (ricercando), Le_ 1,3: 7ta.pT]xo-
Syll 3 885, 32.
Àovi)T]x6'tL ii.vwt)E\/ miow à..xpi~wc;,
e) secondo significato traslato: non
t o-vva.xoÀovih'.<J.J
lasciar uscire di mente una cosa, con-
centrasi (usato assolutamente: su qual- N el N.T. è detto solo di accompa-
che cosa), seguire la dottrina in tal gnato ri di Gesì'1, ma certamente in
modo appresa, 1 Tim . 4 ,6; 2 Tim. 3, due passi (Afc. 5,37; 14 ,51) e forse
10: OLÒa.o-xa.Àlq, à.ywyt), 7tpofrfoEL, 7tt- anche nel terzo (Le . 23,49) indica solo
O"'tEL. In tutti e due i traslati l'accento è l'azione di chi si accompagna esterior-
posto fortemente sul rigore e sulla mente. Il significato pregnante di ' se-
1

durata dell' accordo, come rivela il guire , detto della cerchia dei disce-
prefisso. poli di Cristo, è riservato al semplice
~ à.xoÀoui}Éw. Ciò può stupire, per-
Per a) 'tUXTJ, Demosth. 42,21; EXllpa. ché proprio il composto crvvrxxoÀ.ovlléw
59,98; òlxT] 2 Mach. 8,11; 'Av'tl7ta.-
nella grecità profana può avere il si-
'tpoc; ii 'tou µlo-ove; tm6i)Eo-Lc;, Ios., Bell.
1,455; Papia in Eus., Hist. Eccl. III gnificato figurato di ' capire ' e ' ubbi-
38, 4. 15: seguito di Gesù. Per b) dire' (Plat., Leg. I 629, ecc.). Anche
1tpri.çEO"LV, Polyb. III 32,2; yEyovoO"L, da ciò appare che il verbo semplice
Ios., Ap. 1,5 3; 1)µE'tÉpoLc; ypri.µµa:crw, comincia a diventare un termine tec-
1,28; Vit. 357. Per e): «in Epitteto nico, riservato a una particolare espres-
è uno dei più importanti termini tec-
sione religiosa.
nici» (Bonhoeffer). Cfr. in particolare:
i)µi:v o' otc; Xa.Ì. 't'Ì)V TCClpa.XoÀ.ovì}T]"t'L- G. KITTEL

ò:xouw, ò.xo1}, dc;-, bt-, Tta.pa.xouw,


1ttxpa:xoi), u7ttxxouw, uTtaxo1],
\mi)xooc;

&.xouw ( ~ ~À.É1tW, opri.w)

L'uso classico del genitivo (o delle sona che si ode e dell'accusativo della
preposizioni 7ttxpci, 7tp6c;, Èx) della per- persona o cosa della quale si sente par-

mxpci.xoÀ.oullÉw H. J. CADBURY in: ]ACKSON-LAKE, The Be-


ginnings of Christianity I, 2 (1922) 501 ss.
ZAHN, Einl. II, 388.
RoPES , J.Th.Sr., 25 (1923), 70s.
A. BoNHOEFFER, Epiktet und das N .T. , R.V.V.
X (1910), 210. cixovw X't À.
MouLT.-MILL., 485 ss. W. W. GRAF BAUDTSSIN 'Gottschauen' in
583 (l,217) à.xovw (G. Kittel) (I,217) 584

lare, nel N.T. diventa ancor più siste- orientale 2 vien dato un forte rilievo
matico; anche per ' udire un rumore ' soprattutto alla percezione della divi-
il genitivo, più frequente nell'uso clas- nità attraverso la vista . Non che fosse
sico, cede all'accusativo, ma non scom- assolutamente sconosciuto il concetto
pare del tutto. Una tendenza analoga
di un ' udire ' in senso religioso 3 , ma
si nota già nei LXX, dr. 1 Reg. 10,
il ' vedere ' è considerato più impor-
8.24: T.M. hassomc'im 'et - ~okmateka
tante ed essenziale . Per Filone il rap-
/ lismoa' 'et-~oknult6 =LXX <ixouov . m;
porto di valore tra l'atto cli vedere e
... -rnv cpp6vri'n v / à.xoucrt:u -rl)c; cppo-
v-ficrEwc;. A ct . 9,4.7; Apoc. 14,2.13: quello di udire è determinato signi-
eh. cpwvfiv / à.x. cpwvl)c; 1• ficativamente dal fatto clie il primo
può essere erroneo e trarre in ingan-
A. L'UDIRE DELL' UOMO no, mentre l'altro no. Fug. 208: àxon
o'òpaO'ECJJç -cà. OEV-CEpa.fo. cpÉpnm. . ..
L'uso di à.xcvt.J e dei suoi derivati
chcvnv µÈ\I yà.p xa.~ IJ;wowv wc; à). l]·
nel N .T. rispecchia in parte l'impor-
frwv ftvea-rw, on à1Cct."tlJ ÀÒv àxo'fi,
tanza che la parola pronunciata o da
alJ;woÈc; o'opa.crLc;, Ti "t'CÌ OV"tct. ov-cwc;
udirsi ha nel mutuo rapporto tra Dio
xcx.-rcxvoEi:"tcu. In Apuleio vengono
e l'uomo così come è concepito <lal
riferite molteplici rivelazioni verbali
N.T. L'udire dell'uomo è la sua ri- 4
della divinità , ma nel passo che
sposta alla rivelazione della parola e
descrive il compimento del mistero
rappresenta quindi sostanzialmente la
vero e proprio si parla di ' vedere ',
forma in cui la religione biblica s1 ap-
di ' avvicinarsi ', di ' pregare ', e non
propria la rivelazione divina.
si accenna minimamente all'audizione
1. 'Udire 'la rivelazione al di fuori accessi confini-
di parole rivelatrici:
del N.T. um mortis et calcato Proserpinae li-
a) Nei misteri greci e nella gnosi mine per omnia vectus elementa re-

der altt. Rei., ARW 18, (1915), 173 ss. tum ( 1932), 95 ss .
J. HAENEL, Das Erkennen Gottes bei den I Sulla sintassi cfr. Bt.-DEBR. pp. 103 s.,
Schriftpropheten, (1923 ), specialm. 19 ss., p. 236, ZAHN, ]oh. pp. 357 s., n. 2; R. HEL-
193 ss. BtNG, Die Kasussyntax der verba bei den LXX
J. HEMPEL, Gott und Mensch im A.T. (1926) . ( 1928), pp. 150 ss.
F. Hi\ussERMANN, W ortempfang und Symbol 2 Cfr. per la parte che segue soprattutto
in der altt. Prophetie (1932). v. DoBSCHiiTZ, pp. 396 ss. Circa le guarigioni
E. V. DOBSCHUTZ, Die fiinf Sinne im N.T., tramite 'istruzioni avute in sogno' nel mon ..
JBL 48 (1929), 278 ss. do greco e romano cfr. O. WEINREICH, Anti-
R. BuLTMANN, ih::òv oùodc, ÈwpaxEv 1tW1tO'TE, ke Heilungswunder, RVV 8 (1909) pp.110 ss.
ZNW 29 (1930), 169 ss. 3 Una riprova certissima di questo è co-
E. FAscHER, Deus invisibilis, Marburger The- stituita, p. es., dall'cixo'l] (-> coli. 596 ss.)
ol. Stud. I (1931) 41 ss. messa in luce dallo Zingerle.
G. KITTEL, Religionsgesch. und Urchristen- 4 Met . XI 5,22.29.
585 (l,217) d:xovc0 (G. Kittel) (l,218) 586

meavi, nocte media vidi solem candi- b) Del tutto diverso è il significato
do coruscantem lumine, deos in/eros et dell' udire nella religione dell' A.T. e
deos superos accessi coram et adoravi in quella giudaica, imperniate sostan-
de proxumo (Met. XI 23 ). La rivela- zialmente sulla parola udita o da udir-
zione si risolve nel vedere, non nel- si. Anche l'A.T. conosce l'espressione
l'udire. Allo stesso modo nella cosid- ' guardare ' Dio e il suo volto, appli-
detta liturgia di Mitra tutto converge cata dapprima al tempio e alle ceri-
nell'apparizione fìnale del Dio. La sua monie del culto, ma riferita poi anche
vista rende l'iniziato 7trxÀ.wyEv6p.Evoc; '. all'esperienza dell'aiuto di Dio nelle
Già nei misteri eleusini l'apparizione difficoltà di ogni giorno. Tuttavia que -
rappresentava il momento culminante, sta espressione legata in un primo tem-
quando nell'oscuro telesterion pioveva po, al di fuori di Israele , a culti ba-
dall'alto una viva luce e si poteva con- sati su immagini della divinità , è di-
templare una teofania 6 • ventata parte così integrante della
Anche le raffigurazioni che c1 son religione senza immagini propria di
conservate di azioni e riti sacri confer- Israele, che indubbiamente in essa il
mano che il momento supremo e pro- ' vedere ' doveva essere inteso in un
priamente 'sacro' del mistero o del cul- senso puramente metaforico e quindi
to si risolve in una percezione visiva. essa in certo senso non rientra quasi
Dal fatto che nelle famose terrecotte nemmeno nel problema che andiamo
e nel dipinto di villa Item 7 il con- esaminando 9 . Un'effettiva visione del-
tenuto misterioso del ventilabro venga la divinità diventa nella concezione
in un primo tempo coperto con un religiosa dell' A. T., un fatto sempre
panno, rimosso poi nel momento cul- più inaudito e veramente annichilante-
minante della celebrazione, si deduce ( Gen. 19,26; 32,31; Ex. 3,6; Iud. 6,
appunto che il significato dell'azione 23 ). I casi in cui essa si verifica
è legato alla possibilità per l'iniziato vengono presentati come eccezionali:
di vedere il simbolismo degli oggetti Num. 12,6 ss. (~ atviyµrx.) Anche nel
ivi contenuti 8 . caso di Mosé l'eccezionalità delle vi-

5 PREISENDANZ, Zattb., IV (Paris) pp. 695- 8 Nella terracotta di Hannover sembra che
723. Il fatto che la parte successiva del pa- ]' iniziando debba venir sommerso dal conte-
piro faccia profetizzare il dio dimostra sol- nuto del ventilabro (cfr. Leipoldt 171). Ma
tanto che in essa parla il mago mistificatore; anche qui il panno pendente dimostra già
così A. DrETRICH - O. WEINREICH, Mithras- avvenuto lo scoprimento del contenuto che
liturgie 3 (1923) p. 82. prima non doveva esser visto e gli occhi co-
6 Cfr. F. NoACK, Eleusis I 1927, p. 243; perti dell'iniziando indicano che questi può
fig. 111. guardare il misterioso contenuto dal momento
J. LEIPOLDT, Die Reli-
7 Cfr. lt figure in dell'iniziazione.
gionen in der Umwelt des Urchr. (1926), 9 ~ opd:w; cfr. G. KITTEL l.c., p. 100.
170-172.
587 (1,218) d:xouw (G. Kittel) (1,219) 588

sioni di Dio è sentita così forte- « ascolta la parola del Signore » (Is. l,
mente, che la tradizione secondo cui 10; Ier. 2,4; Am. 7,16); «Ascoltate,
egli avrebbe visto il volto di Dio e cieli; e tu, o terra, porgi l'orecchio,
avrebbe parlato con lui ' faccia a perché i I Signore parla! » (I s. 1,2); e
faccia' (Ex. 33,11; Num. 12,8) si ri- la colpa maggiore che possa essere
duce a precisare che egli ha potuto rimproverata è quella di ' non (voler)
vedere solo il dorso di Dio (Ex. 3 3, ascoltare' (Ier.7,13; Hos.9,17). In
20). Gli uomini con i loro occhi im- questa prevalenza dcli 'udire si esprime
puri non possono contemplare il San- l'essenza più profonda della religione
to per eccellenza senza venir meno biblica. Questa infatti è religione della
(]s. 6,5). La visione di Dio è un even- parola perché è religione dell'azione,
to escatologico destinato a compiersi che signifìca obbedienza alla parola. Il
quando Jahvé giungerà a Si on e gli profeta si fa portavoce delle parole che
uomini non avranno più labbra im- egli ha udito da Jalwé e che richiedo -
pure: Is. 60,lss.; Ier. 19,26ss. 10 no obbedienza e adempimento. L'uomo
(~ òpciw). non è pio quando si affanna a cercare
Quanto più si indebolisce il concetto di comprendere Dio col pensiero o a
di ' vedere ' 11 tanto più si accentua percepirlo con la vista; soltanto quan-
l'importanza del concetto di ' udire '. do ascolta il comandamento di Dio e
È già sintomatico a questo proposito si sforza di adempierlo, allora ' cerca
che la teofania di Mosé venga sempre il Signore' (ler. 29,13). «O uomo, ti
più insistentemente definita come un è stato dichiarato ciò che è buono, e
'par 1are faccia a faccia' (Ex. 33, che richiede il Signore da te se non che
11 ). In genere le visioni della divinità tu faccia ciò che è retto e ami la mi-
di cui si fa menzione vanno riducen- sericordia ... ? » (Mich. 6,8).
dosi a costituire un semplice sfondo
c) Il g i ud a i s m o presenta due
delie rivelazioni verbali: Is. 6,1 ss.; Ez.
tendenze. Nell'a poca li t t i ca assu-
1 ss.; Am. 9,l ss. (cfr. già Ex. 3,1 ss.).
me naturalmente maggiore importanza
Quando Dio si manifesta visibilmente
nelle teofanie lo fa soltanto per inviare la contemplazione escatologica di im-
il profeta a diffondere la sua parola e magini collegate però sovente con l'au-
quindi in ultima analisi per farsi udire dizione di parole che per lo più servo-
direttamente o indirettamente. Il fon- no a spiegarne il senso: Dan. 7,17 ss.;
damentale principio religioso è questo: 8,16 ss.; 4 Esd. 4,26; 5,32; 9,38; 10,

IO Cfr. R. KITTEL, Psalmen 4 ( 1921) p. 59 tura (e dalla quale si passa facilmente all 'os-
(a proposito di Ps. 17,15; Iob 19,26 s. ecc.). servazione dell'intervento divino nella storia)
11 Un 'vedere' di tutt'altro genere è l'os- dr. per es. Is. 40,26 ss.; Iob 38 ss.; Mt.
servazione con cui si avverte Dio nella na· 6,26 SS. ~ fjÀÉ1tW, Òpriw.
589 (l ,219) <ixovw (G . Kittel) (I,219) 590

38. Il rabbinismo invece dà gran- ni di esso che devono essere 'ascoltati'


de rilievo all'udire in relazione soprat- (Deut.6,4-9; 11,13-21; Num . 15,37-41)
tutto alla parola di Dio riferita nel te- trattano del modo in cui vanno osser-
sto sacro. Poiché il testo non viene vati i comandamenti di Dio. La con-
letto in silenzio, ma recitato e discusso templazione di Jahvé è riservata all'ora
a voce alta , il suo studio rappresenta della morte e all'altra vita 17 . Che un
chiaramente un ' udire ' che la terini- essere di questa terra, oltre a Mosé
nologia esegeti ca indica con una ricca (Num . 12 ,8), possa pretenderne la vi-
gamma di espressioni 12 : somc'li' '{/ni sione è quasi inconcepibile 18 • Un con-
« io sono ÌÌ1 ascolto » ( Ji una parola tatto con Dio in questa vita è possibi-
del testo e della sua interpretazione) 13 ; le solo mediante lo studio della Torà
1
samua' (--7CÌ.xo-fi) ciò che è udito os-
I e l'adempimento dei comandamenti.
sia il senso letterale di un passo della Chi assolve questi doveri « è come ( ! )
Scrittura; mismii' , 'l'udire', ossia 'il uno che saluta il volto della sheki nà »
senso di un passo che si riconosce alla (M. Ex. 18,12) 19 . Il fatto che qui il
sua lettura , 14; s"mu'!ì ' ciò che è per- ' vedere ' sia preso come termine di
cepito, cioè la tradizione halachica. paragone mostra più chiaramente di
Ma la forte consapevolezza che, al ogni altro esempio che esso non po-
di là di ogni studio dei testi, è Dio teva essere oggetto di una affermazio-
stesso che dev'essere udito e la mani- ne diretta. Perciò anche l'evento che
festazione della sua volontà, si esprime l' ' anima palestinese ' 20 considera an-
in modo chiarissimo nello S"ma', nel cora come una manifestazione diretta,
richiamo ' ascolta Israele ' 15 come quo- fisica e sensibile della divinità - la vo-
tidiana professione di fede 16 . I tre bra- ce che viene dal cielo, ossia la bat qol 21

12 W. BACHER, Die exeget. Terminologie turalmente la rovina (per il colpevole) e la


der iud. Traditionslit. I (1899), pp. 189 s . beatitudine (per coloro che sono chiamati alla
Per l'uso amoraico di Jm' cfr. II (1905) salute, primi fra tutti i martiri) -+ llp<i.w.
pp. 219ss. 18 Nella narrazione apocalittica dei quattro
13 II presupposto di questa formula è sem- rabbini che penetrarono nel paradiso (b. Hag.
pre che l'interpretazione alla quale essa si 14 b) le loro analoghe esperienze sono rias-
riannoda sia falsa; la sua insostenibilità viene sunte nella parola h[js, 'egli contemplava'
costantemente provata con un altro passo del- Ciò equivale alla gnosis, e perciò quell'espe-
la Scrittura. Cfr. BACHER p. 198: K. G. rienza è considerata significativamente dalla
KuHN, Sifre Numeri, p. 69 n. 4. narrazione rabbinica come pericolosa e poco
14 BACHER, p. 191. ortodossa.
15 Per le testimonianze sullo Shemà cfr. 19 Altri esempi in STRACK-BlLLERBECK I
STRACK-BILLERBECK IV p. 189; SCHURER II p. 207.
pp. 528 s., pp. 537 s. 20 Cosl ScttLATTER, Komm. Mt., 92 rife-
16 Anche i cordoni di Nu m. 15.39 hanno rendosi alla bat qol nel battesimo di Gesù.
solo lo scopo di ricordare i comandamenti. 21 Testimonianze in STRACK-BILLERBECK I
17 Cfr. STRACK-BILLERBECK I pp. 207 ss. pp. 125 ss.
La contemplazione nell'ora della morte è na-
591 (I,220) cixovw (G. Kittel) ( I ,220) 592

- si risolve in un fatto uditivo , non accada per il vedere: Mc. 4 ,24 ; Mt.11,
visivo, che sostituisce in qualche modo 4; 13 ,16 ; f ,c. 2,20 ; Act. 2 ,33; 1Io.1,
I' ispirazione profetica ormai spenta. 1. Gli choucrcx.v-rEç di Heb. 2 ,3 non so-
Ascoltando questa eco della voce di no altro che gli cx.ù,6TC-rm di Le. 1 ,2.
Dio (donde l'espressione hat q6l = fì. Non si descr ive l'aspetto di Gesù - al
glia della voce) gli uomini apprendono riguardo i primi cristiani sembra non
la volontà dell'Eterno o ricevono avver- abbiano avuto alcun interesse - ma si
timenti e consolazioni. ri ferisce ciò che egl i ha detto o fatto,
ossia ciò che si è ' udito' . E an che là
2. L'ascolto della rivelazione nel dnvc si parla cli ciò che si è ' visto ',
N. T. non si allude ad una messa in scena,
a. L 'uso di à.xourn1 e di O:xo-fi nel ben sì all'azione di Gesù, in cui diventa
N.T. acqui sta il suo valore proprio per visibile l'esse nza della sua missione. Le
questi addentellati vetero testa mentari e parabo le dell a semente, in cui viene
giudaici. Anche la rivelazione del N .T. ado mbrata la vicenda dell a ~O:.GLÀ.Elo:.
è ' parola ' che viene udita , ' messag- -rwv oùpavwv, allegorizzano un fatt o
gio', 'annuncio' . D'altra parte bisogna sostanzialmente imperni ato sull'atto d i
osservare che ora , in netta antitesi col ascoltare (Mt. 13,1 ss.; Mc. 4 ,26). An-
giudaismo che era tutto intento a inse- che le vision i e gli avvenimenti rife-
gnare con la parola, ora diviene ' pa- riti r.ome visti nel N .T. spesso rivelano
rola ' il fatto stesso, e questo non solo il loro significato essenzial e attraverso
in Giovanni, ma anche nei Sinottici; un a voce che li accompagna , come è
Mt. 11 ,4 ss . 20 ss. (~ ouvaµLç, À.oyoc;, il caso della voce degli angeli che an-
òpci:w, a°'r]µEfov). Tuttavia non c'è alcun nuncia la natività e delle voci che si
dubbio che le parole dell'A.T. ante- odono al br · tesi mo e alla trasfigurazio-
riormente al primo cristianesimo furono ne (Mc. 9,7: cixo1'.iE-rE cx.ù-rov) , delle
realmente ' udite ' nel senso fisico de- visioni di Paolo (2 Cor. 12,3: f)xoucrr:v
scritto dianzi ( Mt. 5 ,21 ss .: -i}xoucra-rE app11-.cx. PlJ~w-ra; Act. 18 ,9, ecc.) e del -
o-rL Èpprnn. e anche Gal. 4 ,21: -.òv l'Apocalisse (1,3; 22 ,8).
v6µov oùx à.xovE-rE) ; allo stesso modo Conforme all'uso dei profeti, cixouew
è certo che la missione di Gesù e de- usato in senso assoluto può indicare
gli apostoli fu concepita e trattata an- ad dir i t t u r a quell'ass imilazione in-
zitutto come un annuncio orale desti- teriore che o trasforma 1' ' udire ' in
nato ad essere ascoltato dagli uomini. 'ascoltare', o può mancare nonostante la
In tutto il N.T. la funzione dell'udire percezione uditi va esterna: oç
EXEL w-ro:.
è fortemente sottolineata, talvolta an - à.xounv cixouhw (Mc . 4,9 ecc.); cixov-
che con maggior vigore di quanto non ov-rEç chouwCTLV xat µl] CTUVLWC1W (Mc .
593 (1 ,220) cixoutò (G Kittel) (I ,221) 594

4,12 par. ); w·rn. i!xov·m; oùx cXXOVE"tE que sta concezione sono ispirati anche
(Mc. 8,18, dr. Ier. 5,21; Ez. 12,12 ). i racconti di Gesù ri sorto; egli infatti
Ma cixouELV nel periodo apostolico di- viene' visto' (1 Cor. 9,1; 15 ,5 ss.; cfr.
venta addirittura termine tecnico per Mc. 16,7 par.). Anche questo partico-
la predicazione , per il xljpuyp.a di Cri- lare , conforme alla vi sione complessiva
sto, senza del quale non può sussistere del N . T ., conferisce alla resurrezione
la fede (~ cholj). del Cristo un valore escatologico 22 . Si
L 'ogge tto del! ' ' ascoltare ' è clctcr- spiega così come Giovanni, pur met-
minato , come è naturale , dal contenu- tendo anch'egli in risalto l'' asco lto'
to del messaggio che viene annun ciato. (8,45; 18,37; 1 Io . 2,7), dia un rilievo
Poiché il messaggio neotestament ari o non meno forte al ' vedere ' (l o. 1, 14;
è insieme offe rta di salvezza e impera- l lo. 1,1). L'immagine giova nnea del
tivo morale, ascoltarlo vuol dire acco- Cristo nasce anche da questo vedere e
gliere la grazia e l'invito alla penitenza. descrivere il Gesù storico e terre no nel-
Ossia: l'ascolto effettivo e interiore si la prospettiva della resurrezione .
distingue dalla semplice percezione udi- Ma questa visione del Cristo, se m
tiva perché accende la fede (Mt . 8,10; Giovanni assume un particolare rilievo
9,2; 17,20 ecc.) e induce all'azion e (Mt. e un preciso valore tematico , è però
7,16.24.26; Rom. 2,13 ecc.). Non è qui sostanzialmente presente anche negli
il caso di trattare il rapporto tra i due altri evangelisti. Il messaggio di Gesù
modi di udire. Ma deve essere chiaro al Battista suona: cimx.yyElÀ.a"tE a
che nel N.T. l'udire, inteso come per- cixovE-rE xa.1. ~À.É7tE"rE (Mt. 11,4); Ge-
cezione della volontà divina, si realiz- sù definisce beati gli Òcp~aÀ.µ01. o-rL
za veramente solo quando l'uomo, con SÀÉ7toucrw e gli w-ra. o"tL ò:xououcnv
la fede e con l'azione, obbedisce a (Mt. 13.16), e la condanna di chi non
quella volontà che è volontà di santi- accoglie il Regno è questa: tva S"ì-.É-
ficazione e di penitenza. Così, come 7tOV"rE<; SÀÉ7twaw xaì. µi) l'.owcrLv e
coronamento dell'udire, nasce il con· ò:xouov-rEc; cixouwcrLv xaì. µ'i) cruvLwcnv
cetto dell'obbedire che consiste nel cre- (Mc . 4,12 par.) L'' udire' è sempre
dere, e del credere che consiste nell'ob- presente con un rilievo non meno spic-
bedire - u7ta.xoi) 7tlcr·n:wc;, Rom. 1 ,5; cato che nei profeti. Ma ad esso si as-
16,26 (~ ùmx.xo1]). socia il ' vedere ', e proprio in questa
b. Sulla falsariga dell' A.T. tutto il compenetrazione del vedere e dell'udi-
N .T. concepisce 1' esca t o 1 o g i a più re, che ha la sua sorgente e il suo cen-
come un fatto visivo che uditivo e a tro nella persona di Gesù , è il tratto

22 Cfr. E. von DoBscHOTz, p . 402 .


595 (1,221) rixovw (G. Kittel) (l ,222) 596

fondamentale che distingue la nuova trova usato soltanto al passivo potreb-


realtà descritta dagli evangelisti sia dal be essere addirittura indizio di una cer-
giudaismo, per il quale ha valore sol- ta riluttanza ad attribuire direttamente
tanto l'insegnamento, sia dal profeti- a Dio l'azione di ' udire '. Notevole è
smo che riceve e tramanda una rive- la mancanza quasi assoluta di Èmxxovt.J
lazione verbale. Il rimprovero di Gesù e l'assenza completa di Èn{]xooç, il ter-
alle città impenitenti è motivato dal mine più diffu so nell 'ellenismo per in-
fatto che esse non solo non hanno dicare la divinità che esaudisce 24 . L 'a t-
ascoltato la sua predicazione, ma nem - tributo degli i)rnL Èn'fixooL pagani vi ene
meno h ann o visto nelle sue opere quel- evitato (~ col. 598).
lo che avrebbero dovuto vedere : Mt. Il concetto però , essendo pienamente
11,20 ss. Già nella presenza terrena del conforme all'idea neotestamentaria del-
Cristo, nella sua parola e nella sua ope- la divinità, è spesso formulato tranquil -
ra si manifesta quel principio escatolo- lamente, non solo in riferimento a G e-
gico per cui accanto all'udire assume sù: Io.11,41 ss. (~do-a:xovw H eb.5,7)
valore anche il vedere. Quindi nell'uso e non solo nella citazione anticotesta-
evangelico dei verbi che descrivono mentaria di Act. 7,34 = Ex. 3,7 (~bta:­
fatti sensibili si rispecchia l'interpreta- xouw 2 Cor. 6 ,2 = ls. 49,8), ma anche
zione protocristiana della rivelazione in libero riferimento a Dio che ascol-
attuatasi in Gesù. Il nucleo essenziale ta gli uomini: Io. 9,31; 1 Io . 5,14 ss. :
di questa concezione, in cui consiste la oi'.òaµEv <h~ àxouEL fiµwv.
sua novità, deriva principalmente non
dai motivi delle teofanie gnostico-elle- àxoTi
nistiche, ma proprio dall'interpretazio-
Questo sostantivo di uso comune
ne escatologica della realtà del Cristo 23 •
anche nella grecità profana dalle ori-
gini fino all'età della decadenza e an-
B. L'UDIRE DI DIO.
che nei LXX ( = sema', semu'a, samua')
àxovEL\I ( ~ do-axouw, bmxouw) presenta:
significa l'atto con cui Dio ode e insie- 1) il significato attivo di senso, or-
me esaudisce e risponde alla preghiera gano dell'udito (Mc. 7 ,35 pass.);
che l'uomo osa rivolgergli. Nel N.T. 2) il significato passivo di diceria,
l'uso del verbo e dei composti com- notizia che viene udita (Mc . 1,28 ecc.).
plessivamente non è molto diffuso. Il Perciò àxo1} si avvicina per il signi-
fatto che Elo-axouw in questo senso si ficato ad~ à-y-yd.l11. (LXX: = semu'a)

23 Tutto ciò che riguarda il ' vedere ' è ticolarmente ~ òpriw.


esposto e documentato più precisamente alle 24 O. WEINREICH, 0EOt È'ltfjxoo~, Ath. Mitt.
voci relative alla percezione visiva. Cfr. par- 37 ( 1912) pp. 1-68.
597 ( I,222) axovw (G. Kittel) (I,223) 598

e a x:fipvyµa. 1 e può essere usato come pii e degli altari a simboleggiare la di-
termine tecnico per indicare l'annuncio, vinità che ascolta ed esaudisce 4 • Si trat-
la predicazione (anche Àoyoc; ci.xof)c;, ta di una usanza sorta in Egitto e di
qui diffusasi nel mondo antico, per il
1 Thess . 2,13; Heb. 4,2). L'accento del-
quale essa costituiva un'ottima rappre-
la parola batte però non tanto sull'an-
sentazione sensibile del ~EÒc; bdptooç,.
nuncio in sé, quanto su coloro che lo Così nel tempio di Iside a Pompei,
ascoltano; Rom . 10,6 ss.: fi 7tlo-·nc; Èt; sulla parete d ie tro alla statua di Dio-
cixoiic; ... CÌ.À.À.èl ÀÉyw, µi) oux fixov- niso Osiride, erano modell ate due orec-
o-a.v; Heb . 4,2 cixoljc; ... cixovo-a.o-~v. chie di stucco 5 ; lo stesso particolare
Anche in questo caso l 'accezione della si ritrova in alcuni altari di Delo (Atar-
gartide) 6 , di Arles (Bona dea) 7 e altri,
parola è mutuata dalla lingua dei profeti
come pure su numerose tavol ette voti-
(Rom. 10,16; Io . 12,38 = Is . 53 ,l : ve su cui sono raffigurate orecchie che
-rt'.c; È7tla--rEvO"E -rfi cixon fiµwv; ). Perciò certamente solo ' in casi rarissimi ' era-
non può essere dubbia l'interpretazione no cx voto simboleggianti orecchie ri sa-
di Gal. 3 ,2: tt; !!pywv v6µov -rò 7tVEÙ- nate 8 • A un'usanza del genere sembra
µa. EÀci0E'tE fì Èt; ci.xoiic; 7tLO"'t'EWç; riferirsi un 'iscrizione di Apollonia sul
Rindaco 9 : ci.ya.ì}fl -rvxtr -ra.~s cixoa.~c;
(parimenti v. 5 ). È chiaro che non bi-
-riic; Ì}EQU 'E( p )µLa.vòç, ... ci.7tÉÒwx( EV)
sogna intendere 7tLO"-r~c; ci.xoljç, 2 , ma
EVXCX.PLO"-rì)pLOV -rà. w-ra. xa.t -ròv ~wµ6v,
ci.xci} 7tLO"'t'Ewc;, e ciò significa - corri- e un'altra rinvenuta ad Aquileia 10 :
spondendo a (pya. v6µov - non ' ascol- auribus 11 b( onae) d( eae} d( edit} Pe-
to fiducioso ' 3 , ma predicazione della trusia Proba magistra ... Ma il termine
fed e, annuncio che ha come contenuto <ixoTi indicava anche certe località nel-
e scopo la fede. le vicinanze del tempio, nelle quali si
potevano percepire voci misteriose de-
3) Pare che spesso le ci.xoa.l fossero scritte da Psello Elç, -rò Év NLxoµi)-
orecchie applicate alle pareti dei tem- òElq_ 'lÌXEi:ov (p. 58 Boiss .; 12 • Questo

cixo-f} ti BCH 6 (1882) pp. 311,487,499.


1 ZAHN, Gal . 140, p . 83: «Poiché si ar- 7 W. ALTMANN, Rom. Grabaltiire der Kai-
riva ad udire solo ciò che vien detto da serzeit (1905), p. 185 fìg. 151; WEINREICH,
altri ». Ath . Mitt. 37, fìg . 4.
2 HoFMANN, Gal.2 ( 1872) p. 49: 'credere 8 WE!NREJCH, Ath . Mitt. 52.
ad una notizia '. Q BCH 25 (1901) , p . 326 n. 4.

3 ZAHN, I.e. - BENGEL : Ex auditu fzdei. iò CIL V 759. Cfr. l'iscrizione simile anche
4 Particolarmente O. WEINREICH, Ath. in CIL III 986.
Mitt . 37 (1912) pp . 46 ss., soprattutto pp. 11 Nel Thes. Ling. Lat . II 1505 l'errata
57 ss.; lo stesso in H ermes 51 (1916) pp. trascrizione della prima parola con aures falsa
624 ss., col quale concorda per la prova sud- il senso della frase. Cfr. W EJNREICH, Ath.
detta anche P. WOLTERS, Herm . 49 (1914), Mitt. 53 nota 3.
p. 151. 12 WoLTERS, Herm ., l.c., pp. 149 ss . dr.
5 WEJNREICll, Ath. Mitt . 49; A. MAU, anche Marinus Vit. Procl. 32.
Pompeji2 (1908), p. 181.
599 (1,223) à:xouw (G. Kittel) (1 ,223) 600

significato della parola si avvicina as- 'nh , ecc. ÈTI1)xooc; era di USO molto CO·
sai a quello biblico di ' rivelazione, an- mune come attributo di divinità orien-
nunzio' proveniente da Dio. Cfr. Ditt. tali , egiziane, greche e romane. Il ter-
Syll. 3 1170, 15: È!:,LÉvcu xa:tà "t"àc; 1
mine, dapprima epiteto elogiativo , so-
cixoàc; Èx "tou ci~chov (dr . 1O) e so-
prattutto Orph. Jr. 249 Kern : oua"t6: prattutto per influsso orientale divenne
µoL xcd)apàc; cixo6:c; 't'E TIE"t6:crcrac; xÉ- attributo della divinità che esaudisce
xÀvfrL "t'a!:,Lv &rr.ao-a..v, oOT)V 't'EX[.L1)pa't'o le preghiere . Le tes timonian ze lettera-
Aalµwv. rie al rigu ardo 2
non so no mol to nu-
merose; molto più frequenti quelle
t duaxovw epig rafiche 3•
(LXX = sm', 'nh, ecc .) udire qual- Nel N .T. si legge solo in 2 Cor. 6,2
1
cosa o qualcuno essere a disposizio-
, (cfr. LXX , ls. 49,8): br1)xoucrri o-ov,
ne = a) ubbidire (grecità profana , ti ho esaudito. Considerando l'amp io
LXX) : 1 Cor. 14,21 (cfr. Is . 28 ,12); uso dell'aggettivo e del ve rbo nell a
b ) esaudire (LXX), nel N .T. sempre greci tà profana , non può non stupir e
passivo ( ~ col. 596); Le. 1,13 : dcrn- il fatto che nel N.T. essi ricorrano in
xovcrlJn Ì'j ÒÉ'i']O'Lc; O'OU, Mt . 6,7; Act. quest' unico passo che risente dell' influs-
10,31; H eb.5 ,7: (Cr isto) dcraxoucrlJElc;. so dell 'A.T. Il comunissimo termin e
non è stato certo evitato dagli autori
t Èmxxovw neotestamentari per ragioni di princi-
La parola , usata nella grecità pro- pio , dal momento che il Dio che esau-
fana fin dal tempo di Omero , nel lin- disce le preghiere è un postulato della
guaggio religioso è diventata termine primitiva religiosità cristiana (~ col.
tecnico per indicare la divinità che 597), ma, con ogni verosimiglianza,
esaudisce. Aesch ., Coeph . 725; Wil- per la necessità inconsciamente avver-
cken, Ptol. 78,23 s.: ÈÀlJÉ. µoL lJEà lJEwv tita di distinguere il Dio cristiano dagli
... Èmixovcr6v µov, D.Él}crov. Philo, Det. lJEol È1r1)xooL del sincretismo religioso
Pot. Ins. 93. Nei LXX traduce sm', popolare.

Elcra.xouw 1 F. PoLAND, Griech. V ereinswesen (1909),


t Spesso è usato come il semplice à:xouw; 2 Sulla descrizione grottesca che si legge in
LXX Ex. 16,7: dcri}xovcrEv 't'Òv yoyyvcrµ6v Luc. Icarom enip. 23 ss. dell' È7tTJXOW't'a.-rov
Eur., El. 416 t,wv't'' Elcra.xoucra.ç, ' udendo 't'OÙ cupa.voti , ossia di quel luogo del cielo
che viveva'. dove Zeus in veste di l}Eòç È7ti}xooç ascolta
È1tCX.XOUW le preghiere in un determinato momento del·
C. AusFELD, De Graecorum precationibus la giornata e sul suo comportamento in que-
quaestiones, ]beh. f. klass. Phil. Suppi. 28 sta occasione cfr. O. WEINREICH, Gebet u11d
(1903), pp. 503-547. W under ( 1929) pp. 200 ss.
O . WEINREICH, 0Eot È1ti}xooi: Ath. Mitt. 37 3 WEI NREt CH, Ath . Mitt. 5-125 riporta 138
(1912), pp. 1-68 esempi.
601 (I,224) cixovw (G. Kittel) (I,224) 602

t napo:xovw, può trattarsi <li un non udire b) o di


t napo:xo-fi ( ---7 cl7tELiÌÉw) un cosciente ignorare 3 , ma solo di un
sentire per caso a). In Mt. 18,17 tro-
Il verbo significa udire accanto, e viamo il significato c): ÈÒ:v oÈ ncx.pa.-
questo nel senso di a) udire di stra- xovo"n CX.Ù"t"WV .... ÈrÌ.V OÈ xo:i. Tl'jç
/oro, di nascosto; udire qualche cosa ÈxxÀ. 7]crlo:ç na.pa.xoucrn, se egli non
propriamente destinata ad altri; Plat.,
vuol udire.
Euthyd. 300 d; Aristoph., Ra. 750; op-
pme b) udir male, inesattamente, non
rm.pa.xo-fi - Nel N.T. significa sem-
udire (parall. ;:apLOEi:v), Plut., Philop.
pre l'atto di udire male, come conse-
16 (I .365 d); LXX Est. 4,14; L: Ps.
39,1.3 (hrJ), Act. Io. 17. Nel periodo guenza della volontà di non udire (e)
ellenistico e) non voler udire, essere e quindi indica la disobbedienza col-
disobbediente : Polyb. III 15,2; P. pevole di chi non vuol trarre da ciò
Hib. 170; Preisendanz, Zaub. IV (Pa- che ode quelle conseguenze pratiche
ris) 3037: oLà "t"Ò no:po:xovELv a.ù-r6v. solo per le quali la percezione uditiva
LXX Est. 3,3 ('br); 3,8 ('én 'oSim);
diventa un vero e proprio ' ascoltare '
ls. 65,12 (lo' fcma'tem); Tob. 3,4.
Il sostantivo nella grecità profana è (~ col. 59 3 ). Una drastica ipotiposi
raro. Come il verbo significa udire ac- della na.pcx.xo-fi si legge in Act. 7 ,57:
canto nel senso di non udire o di cruvfoxov "t"à w-rcx. cx.v-rwv. In tale senso
udire male. Il significato e) ossia di- il termine si trova usato come paral-
sobbedienza compare solo nella tarda lelo di ncx.pci~cx.crLç: H eb. 2 ,2 (no:pa.xo-fi
grecità cristiana 1• Nel LXX manca il
nei confronti del Àa.À.rii}dç Àoyoç [leg-
sostantivo rmpa.xo-fi, ma non il con-
ge]) o come contrario di ùncx.xo1]:
cetto che è compiutamente espresso dal
verbo mxpcocovnv e in µ'Ì') ùmx.xovw.1. Rom. 5, 19 ( ncx.pcx.xoi] di Adamo); 2
Cor. 10,6 (mxpcx.xon nella comunità
napa.xovw. Mc. 3,35 s.: a Giairo vie-
cristiana).
ne recata la notizia fi i7uya-r7Jp crou
cinÉiJa.vEv (v. 35). o o€ 'Iricrouç rccx.po:-
xoucrcx.ç 2 '"t"Ò\I ÀO"(O\I Ào:ÀovµE\10\1 ÀÉyEL t ùncx.xovw ( ~ nniJapxÉw)
-r0 cipxtcruvo:ywy~· µ1') cpo~ou, µ6vov
Nella grecità profana è costruito col
nlcr-rEuE (v. 36 ). Poiché Gesù non si gen. o dat. della persona o della cosa;
disinteressa affatto della notizia, ma vi nei LXX più spesso col gen. che col
fa riferimento con il µ1') cpo~ou, non dat., sporadicamente anche con l'ace.

-::apaxovw ·x'tÀ. appunto di evitare l'imbarazzante versione


TRENCH, pp. 155 ss. che Gesù abbia udito qualcosa che non era
1 PREISJGKE, Wort, s. v.: 2 papiri bizan- destinata a lui o possa addirittura aver udito
rini del sec. VIII d. C. male; dr. ancora CREMER - KoEGEL, p. 108.
2 L'antica correzione, presente già in ACD, 3 WoHLENBERG, Mk. pp. 165 s. (' negle-

che sostituisce il semplice d:xovO"o.ç, cerca xit '); MouLT - MrLL. s. v.


603 (1,224) àxouw (G. Kirtel) (I ,225) 604

(Deut. 21,18); nel N.T. solo col dat. ligiosità dei cristiani di Filippi: xa:-
i}0Jç 1taYto'tE ÙT.T)XOUO"a:'t'E. Allo stesso
1. Ascoltare alla porta = aprire,
modo in A ct 5 ,32 i credenti possono
termine tecnico del i}upwp6ç, Act. 12,13
1 esser definiti ot nw')cxpxovv't'Eç ( i}Ec{j ).
(cfr. Plat ., Phaed. 59 e; Xenoph. ,
Symp. I 11). La traduzione, frequente nei LXX,
di Jm' con ù-;:cxxovELV mostra quanto
2. Ubbidire. L'ubbidire concerne vivo sentisse ancora il traduttore in
anzitutto coloro che per volontà divina ùrca.xovnv il signifìcato originario di
(Eph. 6,1.5; Col. 3,20.22; 1 Pctr. 3,6) ' udire ' . Perciò ùna.xouELV e ùncxxoTi
vanno considerati espressioni specifiche
si trovano in una condizione di subordi-
di quella religiosità che accoglie la
nazione e di inferiorità (figli, schia- parola di Dio attra\'erso l'udito e la
vi, mogli). Il termine può anche esse- traduce in pratica (~ à.xovw 1): ùn-r'i-
re usato per indicare la condizione dei xoucra:c; . .6jç È!,t ile; cpwvijc; ( Gen. 22, 18;
demoni (Mc . 1,27) o della natura (Mc. Lev. 26,14) ; ..rave; µ'fi BouÀ.o~dvouç ùmx.-
4,41) di fronte all'onnipotenza di Gesù xovnv "tWV Àéywv [LOU (Ier. 13,10);
ÙTtCXXOUCTE't'tH (l" haq Hb) crocpla.c; -.ò ove;
o all'onnipotenza della fede degli apo-
crou (Prov. 2 ,2). Parimenti Test. Iud.
stoli (Le. 17,6). Ma nello stesso signi-
13,1: uncxxounv Èv-.oÀ.à.ç i}Eou, 18,6:
ficato la parola può indicare anche la i}EQ ùna.xovcrru ov òUvcx-.a:L.
posizione dell'uomo di fronte alle for-
ze morali e religiose che lo dominano, t vncx.xoi), t uni)xooç
sia in buono sia in cattivo senso: Rom. Il sostantivo nei LXX ricorre uni-
6 ,16 ( oouÀ.ol Etr'tE il> V1tr1.XOUE'tE): Ém- camente in 2 Ba.a-. 22,36 ('anotkà).
i>uµlcw; v. 12, al -.u7toç OLoa.xlic; v. 17; Nella grecità profana è assai raro e
inoltre 7tlCT'tEL Act. 6, 7, Eva. yyEÀ.l~ tardivo 1 . L'aggettivo è invece frequen-
Rom. 10,16; 2 Thess. 1,8, À.Oy~ 2 te nella grecità profana e si trova
spesso anche nei LXX.
Thess. 3,14, a.v-.Q (-.Q XpLrnc{J) Heb.
5, 9 (dr. 11, 8: 1tLCT'tEL xa.À.ouµEvoç V1tetxo1]. Nel N .T. - tranne Philem.
'A(3pa.tl.µ u1tTjxoucrEv ÉçEÀiM:v ). Così 21 dove u7tcxxoi) indica l'obbedienza
in Phil. 2,12 l'accenno all'{ma.xouEw ai consigli dell'Apostolo - indica sem-
2
della comunità - che fa riscontro al- pre la doverosa obbedienza al messag-
l'obbedienza di Cristo menzionata al gio evangelico da parte di chi lo ha
v. 8 - definisce positivamente la re- liberamente e decisamente accettato.

vmxxouw Ù7t!lXOTJ X"t À.

LOHMEYER, Phil. p. 101. J.CHR. K. HOFMANN, 1 Petr. (1875) pp. 8 s.


HELBING, / . c., pp. 155 s. KNOPF, Petrusb. pp. 33 s., 63 s.
I Cfr. PREUSCHEN - BAUER p. 1339. I PREISIGKE, Wort. II p. 639: documenti
2 EwALD, Gefbr., p. 118 è di diverso del sec. VI d. C.
parere.
605 (I ,225) à.xp o ~urr-i:[a (K. L. Schmidt) (1 ,226) 606

R om. 6,16 : r\> 7tct.pLtr-ccivE-rE fo.u-couç da cui deri va logicamente quello mo-
òovÀ.ouç dç v7tcx.xoT)v. Ma que sta ob- rale ( 1 Pet r. 1,14 ). In qu esto senso ,
bedienza cristiana è un aspe tto della ossia come geniti vo epesegetico, è da
più generale e non meno doverosa intendersi anche la v7tcx.xoi] 7tltr-ct:w::;
obbedienza a D;o; perciò i suoi con- di R om. 1,5; 16,26: il messaggio dell a
trari sono cip.cx.p-clcx., Rom. 6, 16; 7tCX.pcx.- 1tLtr"tL<; che co nsiste o si realizza nel-
xo1}, Rom . .5,19; 2 Cor. 10 ,16 ; hanno l'vmxxoil 4 • I cri stiani so no -cÉxvcx. u1ta-
sig ni fìca to posit ivo le espressioni uTta- xoijc;, oss ia la loro condi zione di fìgli
xoi] -cfjç ciÀ.l)DEla ç, 1 Pctr. 1.22 ; umx.- co nsiste sostanzi,1lmentc nell' ÙTW.X'.)TJ
xol} -cou XpLo--c ov, 2 Co r l O, 5 2 • An- ( 1Petr. 1,14 ) 5.
che la missio ne e il sacrificio di C risto
ùr.'i}xooç : che uhhidiscc, uhhi.dicnte .·
sono tmcx.xo'i}, Rom. 5 ,19: v7taxoi] -cov
verso Dio, A ct. 7,39; ve rso gli apo -
Évòç, H eb. 5 ,8. P erciò la parola, usata
stoli , 2 Cor. 2 ,9. In Ph il. 2,8 l' agge t-
senz' altra specificazio ne , può indicare
tivo indica il sacrificio del Cristo (~
la condizione stessa del crist iano che
u7taxo1}, Rom. 5 ,19), inserito però m
consiste appunto nell 'obbedi enza della
un contesto che, come dimostrano le
fed e: Rom. 15 ,18; 16, 19 (i] yà.p Ù~twv
espressioni µ ÉXPL i}a,vchou, v. 8, e
Ù7tcx.xoi] dç 1tciv-ccx.ç ciqJl'.xc.-co ); 2 Cor.
µopqnìv òov À.ou À.cx.Bwv , v. 7, mira a
7,15 ; 10,6 ; 1 P etr. 1,2 ·1 . v;i;axoT) fon-
confermare l'avveramento di Is. 53 6 •
damentalmente non indica un contegno
morale, bensì l'atteggiamento religioso G. KrTTEL

1. Etimolo gia ostruire. Il verbo ricorre anche nelle


à.xpoSutr-clcx., prepuzio, praeputium 1 ; forme secondarie ~v~w, ~vvÉw, que-
st'ultima specificamente attica.
à.xp6Sucr"toç à.xpoSva-'"t"ÉW sono formati
dall'aggettivo èX.xpoç, appuntito, qual- Se l'etimologia è chiarissima, incerto
cosa che si trova alt' estremità, estremo , rimane invece il motivo per cui si è
supremo, e dal verbo Svw, piuttosto scelto questo vocabolo, giacché Io stes-
raro , che significa stipare, tappare, so significato ha pure un altro termi-

.l Gen. oggettivo ; per Etc; cfr. Le. 21 ,24. "tijc;, Ò:7trn'Mac; e in Hen. aetb. 91 ,3; 93,2:
3 Non è affatto necessario (e non è sem- ' figli della giustizia '.
plice, cfr. KNOP F, a. l.) collegare Ù7taxoi} e 6 E. LoHMEYER, Kyrios Jesus: S. H. A.
'll]rrov Xp~o--rou , dal momento che al v. 14 (1928), pp. 41 ss.
la parola è in ogni caso usata assolutamente.
4 Gen. epesegetico; B ENGEL: obocdientiam <ixpo~uo--rla
in ipsa fide consistentem. I Così nel Corpus Glossariorum Latinorum
5 Gen . di qualità; come Epb. 2,2: utoi:c; II 157 e passim.
607 (1,226) àxpof3vcr·da (K. L. Schmidt) (J ,226) 608

ne dal suono assai simile, ma più Ei)vl] ÈV crcx.pxL oL À.EyoµEVOL àxpo-


pregnante. In Ippocrate, Aristotele, 0vCT'"rLO. ÙTCÒ TflC, ÀEyoµÉvric, 7tEPL 'tOµ f\c;
Polluce il prepuzio è detto chpo1to- Èv cra..pxi. ». A proposito di questa cita-
cri}i.cx. (o anche tixpo1t6crihov ), nome zione della lettera agli Efesini bisogna
composto dall'aggettivo &xpoc; suddet- dire che il Cremer-KC:igel, preoccupato
to e da 1t6cr/)-c1 (o 1tocr/)lcx., 1t6cri)Lov ), di sostenere che si tratta di una vox
vocabolo che ricorre negli antichi me- mere biblica, fa forse dire a Eph. 2 ,11
dici, come Ippocrate e Galeno, e an- piì:1 di qu ello che il testo non contenga.
che in Aristotele nel senso di prepu- Il Wincr. al quale si richiama, n el
zio, membro virile. È possibile che passo citato , di ce tra l'altro che «è
tixpo0v<r'tLCX. sia derivato semplicemen- proprio dci termini eufemistici cli es -
te da tixponocr/)lcx. 2 e che abbia assunto sere univ e rsalmente accet rati 5 ; coloro
la forma suddetta per un richiamo, che li usavan o comunemente si inten -
pera! tra non necessariamente determi- devano senza difficoltà sul loro s1 -
nante, al verbo Bvw 3 • Gli Ebrei di gnifìca to ».
lingua greca che per primi incomincia- E. \Xlcidner 1' : «Non so se si sia
rono a dire tixpoBva•let. in luogo di mai confrontato à.xpo0va-ci'.cx. ' prepu-
àxpo1tocri)lcx. poterono avere le loro zio ' con boltu = bultu =bustu. Que-
buone ragioni, che a noi sfuggono. sta parola potrebbe confermare il sen-
Cremer Kogel 109 s.: « Bisogna am- so di membro virile ». Il medesimo
mettere, col Winer 4 , che &.xpo0vcr•lcx. autore 7 ricorda, tra i termini semi -
si presenta come una modificazione in- tici entrati nel lessico greco, chpo-
tenzionale di à:xpo7tocr/)lcx., scelta perché Bucr-ri'.cx. ' prepuzio ', « nome in cui si
nella sua indeterminatezza dice la stes- sente il babilonese bus tu, 'vergogna' ».
sa cosa, ma in maniera più decente e In ebraico il corrispondente di bustu
velata. Si tratta manifestamente di un è boset . Sarei propenso a credere che
termine escogitato dagli Ebrei come l'omofonia dei vocaboli greco ed ebrai-
l'opposto di 1tEpvtoµ1) forse per asso- co abbia avuto il suo peso nella for-
nanza con àxpo7tocri}la. e per una remi- mazione del termine, come l'ha avuto
niscenza dell'ebraico boiet, e usato sol- anche in altri casi analoghi, per es .
tanto da essi (dr. E ph. 2, 11 : ÙµEic; 'tCÌ. qahàl = ÉXXÀl]Ofa 8.
2 Il CREMER - KoGEL prende posizione con- pregnante.
tro la tesi di K.F.A. Fritzsche a proposito di 6 OLZ 34 (1931) 209 .
Rom. 2,26 (tesi peraltro non certa): «pro- 7 Glotta 4 (191.3) 303.
nuntiarunt Alexandrini -riiv f3vcr-rnv quam 8 Cfr. K. L. SCHMIDT, Die Kirche des
Graeci dixerunt -r-fiv 1téo-frnv ». Il PAssow Urchristentums, in: Festgabe fi.ir Adolf
suppone che cixpof3v<r-rla sia una forma dia- Deissmann (1927) 263 s. A questo proposito
lettale e secondaria di cixpo1tocrfrla. dice G. STiiHLIN, Skandalon, 1930,44: « ... una
3 Così il BLASS-DEBRUNNER § 120,4 e riflessione .. . che in luogo dei rapporti seman-
PREUSCHEN-BAUER S.V. tici degli equivalenti ebraici e greci tien con-
4 G . B. WINER, Grammatik des ntl. Spra- to dei loro legami fonetici. Già da gran
chidioms7, 1867,16 N.4. tempo si è notato che i LXX nella scelta delle
s Con questa osservazione il Winer dà parole si regolano non solo sul loro signilì-
troppo peso a una difficoltà che può forse cato, ma anche sopra somiglianze di forma».
provenire dal fatto che f3vw non ha un senso
609 (1,227) à.À.a.sw'J (G. Delling) (I,227) 610

2. Uso [ xa~ à.xciDap'toç] ), in Ez. 32,26 (cbti:-


phµn-roc;). 27 .29 (anche Simm. e
Il termine è presente solo nel greco Teod.).
biblico ed ecclesiastico.
Nel N.T. ricorre 20 volte e sempre
Da un confronto tra le varie versio-
in Paolo, con la sola eccezione di Act.
ni greche dell'A.T. risulta che à.xpoBv-
11,3: Rom. 2,25.26 (due volte). 27;
c;-rla e à.xp6Bvcr-roç sono usati sia in
3,30; 4 ,9.10 (due volte). 11 (due vol-
senso letterale (fisico), sia in senso tra-
te). 12; 1 Cor 7,18 .19; Gal. 2,7 ; 5,6;
slato (spirituale e morale), nell'uno e
6,15; Eph. 2,11; Col . 2,13; 3,11.
nell'altro caso in contrapposizione con
Negli antichi scrittori cristiani si leg-
m:pL-roµ'Y) e 'ltEpL-CE'tJLY)µÉvoç.
ge in Barn. 9,5; 13,7 (entrambe le vol-
Nei LXX traduce 1 3 voi te 'orld : te in una citazione dell'A.T .), più volte
Gen. 17,11.14.23.24 .25 ; 34,14; Ex. 4, in Giustino; à.xp6f;vcr'toç ricorre in
25; Lev. 12,3 ; los. 5,3; 1 Bacr. 18,25;
Ign., Phld. 6,1; Iust., Dial. 19,3.
2 Bacr. 3,14; l er. 9,25(24) (anche in
Ag .), e ancora Gen . 34,24; Idt. 14,10; Tenuto conto del legame con i LXX,
1 Mach. 1,15; Aq., Simm., Teod. in la vera portata e il senso biblico-teo-
Lev. 19,23 (LXX: à.xailapcrla) in unio- logico di à.xp0Bv1nla nel N.T. si può
ne col verbo à.xpoBvcr-rlsw che non ri- comprendere solo alla luce del suo op-
corre altrove; Aq. in Dt. 10,16 (LXX: posto 'itEpvtoµ'Y) (si veda la discussione
o-xÀnpoxapola), in Ex. 6,12: à.xp6Bv-
lessicografica nell'apposito articolo).
cr-roç XELÀECiLV (LXX: cD.oyoç), in ls.
52,1: à.xp6Bvcr'toç (LXX: à.mpl-rµn'toç K . L. SCHMIDT

ci.xpoywvLa~oc; ~ ywvla
chvpéw ~ xvpéw
èlxwv ~ hwv

à.Àaswv è colui che presume di sé f.v 'tTI ouvci!lEL ... o à.Àaswv, &..)..)....' f.v "TI
più del giusto, che attribuisce a se stes- 'itpoaLpÉCTEL, Arist., Eth. Nic. IV 13
so « qualcosa di più e di meglio di ciò p. 1127 b (cfr. 1 Cor. 4,20). La qualifi-
che ha o, addirittura, ciò che non pos- ca di à.Àaswv è data in particolare al-
siede affatto » 1 ; è colui che promette l'oratore, al filosofo, al poeta 3 , all'in-
cose che non è in grado di fare 2 ; oùx cantatore, al medico, al cuoco e all'uf-

ò:À.a.swv 2 RrnllECK4; Xenoph., Cyrop. II 2,12.


O. Alazon, 1882.
RrnBECK, 3 Entrambi «ostenta no un sapere che in
1 RrnBECK 4; Arist., Eth. Nic. IV 13 realtà non hanno» , RTBBECK 1.3.
p. 1127 a. 21 s.
611 (l,227) CÌ.ÀrxÀ.rH;w (E. Peterson) (1,228) 612

6ciale (a quest'ultimo più che a tutti quasi come sinonimo (per es . Sap. 5,8).
gli altri; cfr. il Miles Gloriosus di In 2 Tim. ciÀ.a.sovEç ha il suo corri-
Plauto). Teofrasto definisce l' ciÀ.a.sovEi'.a. spondente anche in -rE-rvcpwµÉvoL, ter-
come «simulazione di determinati &:ya.-
mine i cui affini nei lessicografi vengo-
M., che in pratica non ci sono» ( Char.
no spiegati con quelli di ciÀ.aswv. An-
23 ,1 ). La valutazione religiosa della
àÀ.a.sovda. viene spontanea se si pen- che in questo accostamento, tuttavia,
sa che essa è assai vicina alla u0pLç, CÌ.À.cx.s6vt:ç conserva il significato indi-
sulla quale piombano particolari casti- cato sopra , forse anche con la speciale
ghi degli dèi. accez ione dei LXX.
La valutazione religiosa viene poi Ciò vale sicuramente per ci),cx.sovElcx.,
sviluppata nei LXX. In Sap. 5,8 la &J.a.-
che in 1 Io. 2,16 designa l'atteggia-
sovda. è qualcosa che separa da Dio ;
in Hab. 2,5 (cod. S ecc.) à.À.a.swv è mento di colui che segue i dettami del
colui che non pone la propria fiducia mondo e non si dà cura del volere del
in Dio . In 4 Mach. 8,19 la èùa.sovt:t'.a. « Padre », ma si dà l'aria di esser. pa-
è posta in parallelismo con la XEvooo- drone di decidere della sua vita come
~la.; in Prov. 21,24 l'ciÀ.cx.swv è in tut- meglio crede, mentre padrone è sol-
to simile all'a.McioTJ<;-
tanto Dio, come si vede nel fatto che
In Rom. 1,30; 2 Tim . 3,2 gli ci)..,ex,- il «mondo » viene distrutto {v. 17 ). Di
s6vt:ç figurano in una serie di nozioni ciò mostra un esempio Iac. 4,16, dove
etiche (in numero rispettivamente di il plurale à.À.a.sovEi:a.~ designa le mani-
4
12 e 18 ) disposte in Rom. secondo un
, festazioni della à.À.asovElcx., di quell'at-
certo ordine (cfr. 4 Mach. 1,26; 2,15) . teggiamento , cioè, che è proprio di chi
In entrambi i casi il termine è stretta- si comporta come se potesse disporre
mente unito con v7tEpi}cpa.voç, del qua- del futuro, mentre questo è nelle mani
le ciÀ.cx.swv anche in altri casi figura di Dio.
G. DELLING

Il gruppo à.À.aÀ.cisw, ÈÀ.t:À.lsw, òÀ.o- presi per indicare certe espressioni stra-
À.vsw ecc. probabilmente appartiene ad vaganti ed eccezionali di gioia, di plau-
ambiente non greco 1• Trattandosi di so z o di dolore, nelle quali l'uomo è
termini propri di una cultura estranea e come fuori di sè_ In questo stato egli
passata, neH'epoca greca essi vengono si trova anche durante un assalto così

4 Dei 18 termini di 2 Tùn. 3,2 cinque CÌ.ÀrxM.çw


ricorrono anche in Filone (Sacr. A.C. 32). Si t C. TttEANDER, Eranos 15 (1915) 99 ss .;
vede bene che si amava comporre simili elen- 20 ( 1921 -22) 1 ss .
chi (in Filone se ne contano circa 150). 2 Cfr. specialmente Herond ., Mim. VIII
613 (I,228) &'A.a.e, (F. Hauck) {I,229) 614

che Ù.Àa.Àa.l diviene un grido di batta- 2. I Cor. 13,1 parla di un xuµ~a­


glia (cfr. Ù.Àa.Àril,nv in Jos., Ant. VI Àov ciÀa.Àr.isov' attribuendo al xuµ-
191; VIII 283; XII 372.427) 3 • L'uo- Saì...ov, che si usava nei culti orgiastici ,
mo può ancora uscir da se stesso nel
specie in quelli di Cibele 7 , lo strepito
corso di un sacrificio 4 o anche mentre
esegue un inno o una lamentazione 5 • estatico proprio di tali culti. Qualcosa
di simile si ha in Nonno (Dionys. XII
1. In ;\fr. 5 ,38 il termine indica la
354), dove Ù.ÀrxÀciSELV è <letto del vo-
la111cn tazio11e, senza che venga specifi-
ciare che accompagna la pigiatura del-
cato se gli <Xì...a.).al,ov-i:Eç siano uomini o
l'uva in onore di Dioniso 8 .
donn e, distinzione che, invece, si trova
m Eliodoro (A eth. III 5) in occasione L'uso rappresentato da ciì...cz). al,EL'J
di una ò),oì.vyr1 cultuale: wMì...uça.v si riscontra tuttora in Oriente. Cfr.
Konstantinides 9 , s. v.: Ka.l vvv E1:L
µÈv cd yvvczi:xEç, 1i À ci Àa i; a v oÈ ot
Èv IlaÀmcnlvn xal Atyun.,;~ cx.t yv-
O.vopc:ç. Che questa distinzione in rap- va.~xEç xa.l Èv xcx.pq xa.ì. Èv TIÉvfrEL òf.o-
porto ai due sessi fosse regolarmente Msovcn, ÈX1tÉp.TioVO'L oL!i -i::ov Àapvyyoc;
applicata non sembra però certo 6 . òçEi:ç òÀoÀuyµouc;.
E. PETERSON

t &ì...a.ç

Per gli antichi il sale ha una spe- è preso come simbolo di durata 1 e di
ciale importanza religiosa; esso infatti valore 2, in quanto serve per purifìcare,

46 s. ed. Headlam; Plut., Aud. 15 (II 46 c). metaforicamente della crci'ì-my!; in Pseud.
3 Su ciÀ.a.À.cisEw in quanto q>wvn httvlx~oç Callist., Hist. Alex. Magni I p. 20,2 Kroll.
cfr. Orig. In Ps. 88 (89) 16 in PITRA, Ana- 9 A. KoNSTANTINIDES, MÉya. ÀE!;~xòv i:Tjç
lecta Satra III 163; In., In Ios. Hom. VII 'E).).. T]V. y À.WCTCTT]C, ( 1901-04 ).
2 p. 328,13 ss. Bahrens.
4 Cfr. faTREM, Beitr. z. griech. Religions-
&À.a.ç
gesch. III (Videnskapsselskapets Skrifter II M. J. ScHLEIDEN, Das Salz, 1875.
1919, Kristiania) 44 ss.; F. ScHWENN, Gebet V. HEHN, Das SalzZ, 1901.
und Opfer (1927) 38 ss. S. KRAUSS, Talmudische Archaol. I (1910)
s ciÀ.a.À.cisEw nelle lamentazioni anche in 119 s.
Orig., In Ier. Hom . V p . 47,13 ss. STRACK-BILLERBECK I 232 ss.
6 Per la lamentazione ( oÀ.oÀ.usEW) su una W. BoussET, Hauptprobleme d. Gnosir, 1907,
donna cfr. Homil. Pseudocl. XII 22; Act. PI. Rgst. s.v.
et Thecl. 35. JijLICHER, Gl. ]esu II 67-79.
7 Circa il xuµ~a.À.o\I in tali culti V. F. J. RW II 366.
DdLGER, Antike und Christentum I ( 1929) t Philo, Spec. Leg. I 289 : wç yrip a.li:lct
184 ss. Si potrebbe accennare ancora a Mart. 1:0V µiJ ÒLa.cpJ)ElpECTJ'tm i:ri CTWµa.i:cJ. 4'VXTJ,
Ariad. (Studi e Testi VI p. 124) : La festa xa.L ot &À.éç htt 7tÀE~cri:ov a.ùi:ri crvvExov·m;
pagana si svolgeva Èv a.uÀ.o~ç xa.t xuµ~cl:'A.o~ç xa.L i:p67tOV 1:L\lcX cii'ta.va. i:lr,ovi:Eç.
Xr1..L WÒa.~ç a1"ctX1:0LC, xa.L ì'JXO~C, aÀ.a.Àa.yµwv. 2 « La Torà è come il sale... Il mondo
8 ÒÀ.oMr,uv (cod. B ciÀ.a.ÀcisELV) ' è detto non può stare senza sale», Sof. 15,8, STRACK-
615 (I,229) à.À!l<; (F. Hauck) (1,229) 616

per condire (I ab 6,6) e per conservare, sale è inoltre figura dei valori religiosi
e proprio per questo è messo in rela- e morali, dei quali dev'essere ripiena
3
zione con Dio , mentre il fetore e la la parola del cristiano (Col. 4,6); so-
corruzione portano il pensiero ai de- prattutto esso è figura dell'intimo va-
moni, che nelle costumanze orientali lore che caratterizza il discepolo che
4
vengono cacciati con ìl sale • Perciò il non può assolutamente privarsene (Le.
sale veniva usato in abbondanza nel 14,34 s.; Mt . 5 ,13; Mc. 9,50) .
culto, anche in quello dcll'A.T., nel
Il testo pii:i antico è quello di Le. ,
quale le vittime erano cosparse o in-
che inserisce organicamente questa mas·
trise cli sale (Ex. 30,35; Lev. 2,13;
sima in una serie di comandi ai disce-
Ez. 43,21) . Da Ez. 16,4 apprendiamo poli. Mt. è probabilmente secondario ,
che col sale venivano frizionati anche in quanto i discepoli vengono apostro-
i neonati. Per dar solidità ai patti, poi, fati improvvisamente. La massima di
i contraenti gustano insieme pane e Gesù si comprende hene nell'ambi ente
sale, o anche sale soltanto: Num. 18, palestinese; in Palestina, infatti, il sale
5 raccolto al Mar Morto, misto com'era
19; 2 Par. 13,5 (patto di sale) •
a gesso e altre sostanze, diveniva fa-
Nel N .T. l'importanza del sale nel cilmente insipido, prendendo un sapore
culto viene a scomparire 6 . Il rituale alcalino (cfr. Plin. 31 ,34: tabescit).
dei sacrifici è visto solo come illustra- Il passo di b Bek. 8 b sembra allu-
zione di verità di ordine religioso e dere ironicamente alla parola di Gesù.
morale, come sembra il caso dell'oscu- In esso R. Joshuà b. Hananià, intorno
ro passo di Mc . 9,49 7
, dove si legge all'anno 90, si sente rivolgere questo
invito: «Raccontaci qualche favola!
che il discepolo dev'essere trattato col
Ed egli: C'era una volta una mula
sale, come una vittima, cioè deve pas-
che figliò; al piccolo venne appeso un
sare att1 dVerso ogni sorta di prove
biglietto con sopra scritto che doveva
(come quella del fuoco di 1 Cor. 3,13 ), riscuotere dalla famiglia del padre 100
in modo che in lui venga cancellato mila zuz. Gli fu fatto osservare: Ma
tutto ciò che non è secondo Dio. Il una mula può forse figliare? E quello:

BILLERBECK I 235. Per il sale come simholo 6 Lo stesso avviene nel giudaismo rabbi-
del buon gusto dr. Corn . Nep ., Att. 13 ,2. nico; dr. la diversa interpretazione di Nu m.
3 Plat., Tim . 60 e: à.Àwv ... 1'EOq>LÀÈç awµ!l. 18,19 in S. Num. § 118 E : «'Questo è in-
Plut., Quaest. Conv. V 10,1.3 (II 684 f. nanzi al Signore un patto eterno stipulato con
685 d): frEOq>LÀÈç X!XL 1'Et0V... 't"'Ì1V !XÙ't"YJV il sale'. La Scrittura conclude con Aronne un
rxov -ti;> 1'Elcp OUV!lµLV 1t\JPL 1'Ei:ov V1tÉÀ.a.- patto per mezzo di una cosa che è in se
~ov ot 1t!XÀ.!ltoL stessa forte e, più ancora, rende forti anche
4 T. CANAAN, Damonenglaube im Land altre cose, come ad es. il patto».
der Bibel (1929) 42. 1 Testo di S B W sy' ; OLZ 7 (1904 ) 111;
s Cfr. Arist., Eth. Nic. VIII 4 p. 1156 b ZNW 19 (1919) 96.
27 ss .; Cic., Lael. 19,67.
617 (1,230) <i).dqiw (H. Schlier) (1 ,230) 618

si tratta di favole, per l'appunto. (Gli sera:) Ma la mula (sterile qual è) può
chiesero allora:) Se il sale diventa in- forse avere la placenta? (Rispose): E il
sipido (srj' ), con che lo si salerà? Ri- sale può dunque diventare insipido? »8 •
spose: Con placenta di mula. (Gli dis- F. HAUCK

I LXX rendono con cD. d<pELV ( à.À.d- di Dio » 1 • Ciascuna di queste due azio-
qmri}et.L) tre termini ebraici: a) suk, rn , così descri tte dall'esterno, ha poi
ungere, Ruth 3, 3: crù oE: Àovcrn xcx.ì, un diverso significato considera ta che
CÌ.ÀEL<j)TJ XCX.~ 7tEpLM)crw; -ròv 1.µcx.-rL<rµ6v
sia dall'interno.
crou È7tL crÉ. Cfr. 2 Bcx.cr. 12,20 ; 14 ,2 ;
4 Bcx.<r. 4,2; 2 Par. 28 ,15; Mich. 6 ,15; 1. Mt . 6,17 si riferisce all ' unzione
Judith 16, 7 : TJÀEL~CX.'t"O 't"Ò 7tp0r1W7tOV fatta per tonificare il corpo, che - se-
cx.v-ri)c; f.v µupLcrµQ . b) !ila~ , spalmare, condo la costumanza giudaica - è
intonacare, Ez. 13,lOss. e) ma'Sab, G en.
espressione di gioiosa letizia (dr . LXX
31,13: cr-rYJÀl)V à.Àd<pELV = versare
olio; Num . 3 ,3: ot LEpE~c; 01. 1}À.nµµÉ- in Iudith 16,7: 2 Bcxcr . 14,2). Ma, men-
voL; Ex. 40,13(15) : xcx.t ci.À.El~nc; cx.u- tre il giudaismo proprio per questo non
't'OÌJc; (i fìgli di Aronne) .. . xcx.t 1.Epa:tEv- riusciva ad associare l'idea di unzione
<rou<rl µoL. Bisogna tuttavia notare che a quella del digiuno, Gesù al contrario
J proposito dell'unzione dei fìgli di
vuole che il sacrificio unito al digiur.o
Aronne, come pure in altri casi, mii.fa~
rimanga cosi occulto, che agli altri e
è tradotto abitualmente con xplw, un
Vé:rbo che è stato piegato ad esprimere a quello stesso che lo pratica appaia
l'idea dell'unzione in un contesto reli- come qualcosa di giocondo.
gioso e teologico .
2. In Mt . 26,7; Le. 7,38; Io. 11 ,2;
Ciò trova conferma sm dalla prima 12,3 l'unzione appare come un segno
lettura del N .T ., che usa CÌ.ÀEL<pELV di omaggio reso a un ospite, secondo
quando si tratta di un'unzione mate- l'usanza giudaica i._ Il primo dei passi
riale, mentre XPLEL\I vi assume « solo citati la presenta come un gesto pro-
il senso traslato di unzione ad opera fetico , in quanto la donna , ungendo il

s Cfr. STRACK-BrLLERBECK I 236; ScttLAT- L. RGG 2 IV 641 s. s.v. Olung (lct zte).
FENDT,
TER, Mt. 147. ]. H EMPEL-E. WrssMANN, ibid. V 80 ss. s.v.
Salbung.
à.)..dqiw W. BoussET, Hauptprobleme der Gnosis
DIBELLIUS, WINDISCH a Iac. 5,14. (1907) 297-305.
STRACK-BILLERBECK I. 426-29; II 11 s.; III F. ]. DoLGER, Der Exorzismus im altchr.
759. Taufritual (1909) 137-159.
F. KATTENBUSCH, RE3 14,304 ss. s.v. Olung. F. FENNER, Die Krankheit im N.T. (1930) 92.
w. HEITMULLER, RGGI IV 874 s. S.V. Ol- l PREUSCHEN-BAUER, S.V.
salbung. 2 Cfr. STRACK-BrLLERB ECK I 427.896.
619 (l,230) r.D.Elcpw (H. Srhlier) ( I,231) 620

capo di Gesù ( v. 7 ), gli ha reso onore Èmx.À.Ei'.l.jin 't'ÒV Ò.<rtJEvfj À.Éywv · XEpou-
in un senso più profonr.lo, poiché il ge- Blp., uEpacplµ, Bo11i1EL't'E, EÙÙÙç à.va-
sto è diretto a quel corpo (v. 12) che xwpw (è il demon io che parla) . Di una
stava ormai per entrare nella tomba . In frizione d 'olio negli scongiuri parla
tal modo la significazione di rispetto di- j.M.S. 53 B. 48 4, e la ste ssa si trov a
viene l'unzione anticipata di Gesù mor- in Midr. Qoh. 1,8 (9 a) 5 per guarire
to in croce. Mc. 16,1 parla dell 'unzio- uno stregilto. e) Un ulteriore passo
ne del cadavere. avanti si h,1 quando all'olio si attribui-
sce un potere celeste che trasforma e
3. L'unzione degli infermi. do!!a la vita. Cfr. sopr<1ttutto \lit. Ad.
Per comprendere i due passi di Mc. 36.40-42 e l-i en. Slav. 22 ,8 ss. (8,5):
6,13 e Iac . 5,14 è necessario aver pre- « E il Signore di sse a Michele : Vieni e
sente il significato che ellenismo e togli a Enoc gli abiti terrestri e ungilo
giudaismo attribuivano all'unzione fatta col mio buon unguento e rivestilo degli
su qualcuno per ottenergli la salute. abiti della mia gloria. E Michele fece
L'olio a) è usato come medicina per così... Ora quell'olio appariva come
lenire e curare svariate malattie: Ios. , qualcosa ancor più brillante di una
Bell. I 657 = Ant. 17,172; Philo, gran luce, grasso come schietta rugia-
Somn. II 58; Is . l,6. Negli scritti rab- da, profumato come mirra e lucente
binici si trova che l'olio è usato come al pari dei raggi del sole. E guardai
rimedio contro lombaggini, eruzioni cu- a me stesso: ero pari a uno dei suoi
tanee, cefalee, ferite, ecc. 3 • b) L'olio esseri gloriosi ... ». Questa unzione è
è inoltre un rimedio magico-medico e la stessa che Ireneo (I 21,3) chiama
in particolare un rimedio esorcistico. •v1toç •1lç u7tÈP .<X oÀa.. Evwòla.ç.
Il limi te tra a) e b) non sempre è Cfr. ' :Khe Eus. Hist. Eccl. V 1,35.
netto. Dal momento che la malattia
Il valore medicinale (Le. 1O,34 ), co-
è fatta spesso risalire a un influsso
me pure quello medico-esorcistico del-
diabolico, si capisce come nella prassi !'olio si riscontra anche nel cristianesi-
medica l'unzione fosse considerata co- mo, il quale trasferisce queste proprietà
me un gesto idoneo a cacciare e debel- all'olio sacro . Cfr. Act. Thom . 67, dove
lare i demoni, specie nelle infermità si prega Gesù che vada ad ungere quanti
psichiche. Anche Celso (Med . III 23,3) sono vessati dai demoni: xal à.À.é'.l\jJet.ç
parla dell'unzione praticata sugli os- c:tv'ti}V ÈÀ.a..l({) ayll[) tJEpcbtEUO'OV tÌ-1tÒ
sessi. Nel Test . Sal. 18,34 si legge: "tWV ÈÀ.xwv xa.ì. ÒLlt't'TJPTJO'OV Ct.1hi}v
Èciv ·ne; ~a..ÀE~ &Àa..ç dç EÀ<.nov xa..L chò •wv Mxwv ÒLap1ms6v•wv. Ter-

3 Cfr. STRACK-BILLERBECKI 428 s. II 11 s. 5 STRACK-BILLERBECK III 759.


4 STRACK-BILLERBECK I 429.
621 (I,231) IÌ.Àrt<pw (H. Schlier) (I ,23 1) 622

tulliano (Scapul. 4) parla della guari- sigillo dell 'olio , l'estrema unzione per
gione dell'imperatore Antonino ope- i moribondi (Lidzb. , Lit. 114 ss.; Gin-
rata da un cristiano con olio sacro. za 326 s. 591,12 s. 28 s.).
Cfr. Chrys. , Hom. in Mt. 32 (33 ),6
(M.P.G. 57,384). Palladio riferisce la Come si concepiscano in t ali ntl
l'uso e gli effetti dell'olio si può vedere
guarigione di un ossesso mediante l' un-
nelle varie preghiere che li accompa-
zione (Hist. Laus. 18 p. 55 Butler).
gnano. Si veda, per es., la preghiera
Va da sé che la stessa cosa avviene sull'olio nell'euco logio di Serapione di
anche nella magia, come si può vede re Thmuis 10 : « ... strum ento per allontana-
nel grande papiro magico di Pari gi re ogni malattia e debolezza , per offrire
(3007 s.: Preis. , Zaub. IV). un antidoto contro qualsiasi demonio ,
Ma oltre a questo impiego magico- per cacc iare ogni spirito immondo, per
bandire ogni spirito maligno, ogni ca-
medico n el cristianesimo l'olio ne h,1
lore e fr eddo di febbre e ogni debo-
avuto anche uno sacramentale: a) nel lezza, per far grazia e rimettere i pec-
battesimo di olio praticato dagli gno- cati, per procacciar vita e redenzione,
stici in luogo 6 del battesimo d'acqua guarir l'anima e il corpo e lo spirito e
o insieme 7
ad esso 8
; b) come esorci- dar loro quanto ad essi spetta , per pro-
smo prima del battesimo e in parte co- cacciar forza in tutto ... ». Si vedano an-
che, a proposito del battesimo d 'olio,
me dono dello Spirito Santo dopo il
i testi di Act. Thom . 49 : «Apostolo
batte simo nella Chiesa; e) sotto forma dell'Altissimo, donami il sigillo, affin-
di un sacramento della morte si trova ché quel nemico non torni a volgersi
solo presso i marcosiani (lren. I 21 ,5) contro di me» , e di Act. Thom . 157:
e in Eracleone (Epiph ., Haer.36,2.4ss.), « O frutto amabile più di qualsiasi al-
ma è incerto « se si tratti propria- tro ... (frutto) sommamente pietoso, in-
fiammato dall'impeto della parola, o
mente di un sacramento per i mori-
virtù del legno, della quale rivestiti gli
bondi o di una consacrazione dei mor-
uomini superano il loro avversario! O
ti » 9 • A] di fuori del cristianesimo vi Gesù che coroni il vittorioso, o segna-
sono i mandei, i quali hanno , oltre al colo e gioia degli infermi ( xcxµ v6v't'wv)

6 Tert., Mare. 1,14 (marcioniti); Iren . I semplicemente di una preghiera sull'olio bat-
21,4 (marcosiani); Orig., Cels. VI 27 (ofiti); tesimale, specie nella forma che essa ha nel
Act. Thom. 26 (?),49. cod. e (cfr. K . BIHLMEYER, Apost. Viiter,
7 Hipp ., Elench. V 7 ,1; 9,22 (naasseni); 1924, XVIII s.). In questo caso si avrebbe
Scritti Copti II Ieu 43; Act. Tom . 121.132. nella Didaché una traccia della coesistenza
157 nel contesto attuale. delle due forme di battesimo, quella con
8 Se la preghiera pronunziata sull 'olio del- l'olio e quella con l'acqua, come negli Atti
l'unzione nel frammento copto sulla Didaché di Tommaso.
cap. 10 ss . (dr. J. TH. St. 25, 1924, 225 ss.; 9 K. HoLL, Epiphanius II (1922) 45.
Z.N.W. 24, 1925, 81 ss.) sia una preghiera 10 G. WoBBERMIN, Altchristl. Stucke aus
consacratoria dell'olio degli infermi, non si der Kirche Aegyptens, TU XVII 3 b (1898)
può dire con sicurezza. Potrebbe trattarsi 13 s. N. 17.
623 (I,232) cD.dcpw (H. Schlier) (I ,232) 624

... venga la tua vittoriosa virtù e s1 reca a chi è nella Chiesa la sanità del
posi sopra quest'olio, così come altra corpo e dell 'a nima , cioè la remi ss ione
volta la tua forza s'è posata sul legno dei peccati . Oltre a ciò I ac. 5, 14 s. deli-
ad esso affine .. . venga il dono col quale
nea anche il compimento del rito . Ve-
tu hai apostrofato i suoi nemici e li
hai fatti ritirare e stramazzare, venga niamo così a sapere che l 'unzione si fa
ad abitare in quest'olio, sul quale noi con la invocazi o ne del nom e del Signore
invochiamo il tuo santo nome ». Per ed è accompagnata dalla preghiera , la
l'unzione che precede il battesimo cfr. EÙXÌJ -6jc; nt'.CT"t'E!;.Jç che opera la salut e
Cyr., Cat. Myst. II 3: « ... così quest'o- e il pe rdo no. In effe tt i q11i l'olio ap -
lio esorcizzato è in grado, per l'invoca-
pare co me la materia di u n sacranw11 to.
zione di Dio e la preghiera , non solo
di abbruciare e cancellare le tracce dei Il segno di natura medico-esorcist.ic1
peccati, ma ancora di cacciare tutte le fatto sugli infermi t ra i ca ttoli ci di ri to
potenze invisibili del maligno ». Per greco è divenuto l'un zione deg li infer-
l' estrema unzione cfr. Iren. 1,21,5 : mi detta EÙXEÀ.1:uov, ment re ndla Chie-
« Affinché siano inattaccabili e invisi- sa Romana ha preso il nome di estre-
bili per i principati e le potestà e il ma unzione . Alla ext rema unctio o
loro uomo interiore prevalga sulle po- sacramentum exeuntium si è giunti
tenze invisibili ... ». Anche per i mandei grazie al graduale prevalere dell' idea
l'estrema unzione è garanzia di vittoria di remissione dei peccati 11 e alla con-
sulle potenze ultraterrene e di possesso suetudine di compiere solo sui moren-
dei beni celesti come mostra Lidzb., ti un gesto che sempre più veniva con-
Ginza 326 s. Cfr. anche Lidzb., Li· siderato come sacramentale 12 • Quanto
turg. 35 ss. a proposito dell'olio del al nome di extrema unctio, esso viene
battesimo . in uso nel sec. XII. Tentativi di una
definizione teologica si hanno in Ugo
Nel N.T. l'unzione è un atto medi-
da San Vittore e in Pier Lombardo. La
co-esorcistico che si compie sugli infer- natura sacramentale dell'atto viene san-
mi. In Mc . 6,13 gli Apostoli guariscono zionata da Eugenio IV nel Concilio di
e insieme predicano la penitenza e cac- Firenze del 1439. Il Tridentino (Ses s.
ciano i demoni in quanto sono messag- XIV 1) di chiara che l' es trema unzione è
geri e portatori del regno di Dio che il sacramento - « in sinuato » in Mc
6,13 e «promulgato» da Ia c. 5,14 -
ormai è iniziato. In Iac. 5,14 lo stesso
che toglie i residui del peccato, corro-
gesto di valore medico - esorcistico è bora l'anima e insieme , in date circo-
compiuto dai ministri della Chiesa e, stanze, favorisce pure la guarigione
in corrispondenza alla salvezza che in fi sica.
Mc. 6,13 rende atti al regno di Dio, ar- 4 . Ignazio (Eph. 17,1) u sa il verbo

11 Già in Orig., In Lev. Hom . II 4 (MPG 12 Innocenzo I , Ep. 25,11 (416 d . C.) dice
12,419 a), la infirmitas è interpretata in senso che l'unzione degli infermi è un genus sa·
morale. Vedi anche Chrys ., Sacerd. III 6 cramenti.
(MPG 48,644).
625 (I,232) à.'ì..iiikw. (G. Quell) (l ,233) 626

aÀdcpecriJm in senso traslato in un'ese- gillo » sacramentale in senso proprio,


gesi pneumatica di Mc.14,3 ss. Il p,vpov in 6 7 EÀcuov à.Àet'.cpew è un rime-
è la vera gnosi, con la quale dobbiamo dio salutare contro certe « malattie »
« ungerci », se vogliamo che il suo (possessione); in 25 si legge: « pòrtali
« profumo » ci porti all'immortalità . In nel tuo gregge», xa.ìtaplo-aç m'.rtoùç -r0
alcuni passi paralleli 13 oltre che in Cle- o-e{; Àov-rpQ (col battesimo) x.a~ àÀ.dlj;aç
mente AI. (Paed. II 8,61), in luogo di aù·rnùç -rQ o-c{ì fJ..a..ll.{) (con l'unzione)
ciÀdqm:riJm compare µvplsnv o XPLELV. cX7tÒ -rfiç 1tEPLEXOVCrT]ç cxù-roÌ.Jç 7tÀrXVYJ;
Anche in Act. Th om. àf-.Elcp. è usato (cfr. 157).
variamente: in 27 a proposito del «si- H . Scm.IER

ciÀ.Tifrna, ciÀ TJi)-fiç


Ò:À T)lJLv6ç, àÀ T)lJEVW

àÀ. Tifrna

A. IL CONCETTO VETEROTESTAMENTA- ta m senso assoluto per indicare un


RIO DI 'emet dato di fatto che clev' essere conside-
rato come 'amen, ossia sicuro, valido,
1. La parola 'emet
vincolante 1 e quindi verità, oppure in
Nella lingua dell ' A. T. la parola riferimento a persone per designare la
'emet, che ricorre un 126 volte, è usa- caratteristica essenziale del parlare, del-

13 REITZENSTEIN, Hellen. Myst. 39,6 s.; H. H. H. WENDT, Th. St. Kr. 56 (1883) pp. '.51 l-
ScHLIER , Religionsg. Untersuch. zu Ign . 547.
(1929) 84. Io., Die ]ohannesbrie/e u. das johann. Chri-
stentum ( 1925) pr- 15 s. n . 2.
à.'ì.. i)frrnx X't À.
F. BiiCHSEL, Der Begriff der W ahrheit in dem
Per il punto A: Ev. u. den Briefen des ]oh. (1911).
V. RYSSEL, Die Synonima des Wahren und H. v. SonEN, Was ist Wahrheit? (1927).
Guten in den semit. Sprachen (Diss. Leip- R. BuLTMANN, Z.N.W. 27 (1928) pp. 113-163.
zig 1872).
E. HoSKYNS - N. DAVEY, The Riddle of the
J. PEDERSEN, Israel, its Li/e and culture
N.T. (1931) pp. 35 ss.
(1926) pp. 338 ss.
Per il punto B: t L'ebreo dice 'amen, 'sicuro', per esprirnere
MoORE II pp. 188 ss. il proprio assenso a quanto gli è stato detto:
STRACK-BILLERBECK II pp. 361 s., 522, 572, 1 Reg. 1,36; Neh. 5,13. L'aggettivo è usato
III p. 76. prevalentemente nel linguaggio del culto co-
Per i punti C/D: munitario (Deut. 27,14 ss. [dr. Ier. 11,5] ,
R. HERBERTZ, Das W ahrheits problem i. d. Neh. 8,6; 1 Chr. 16,36; Ps. 41,14 e passim) o
griechischen Philosophie ( 1913 ). individuale (Num . 5,22) o comunque sempre
G. STORZ, Gebrauch u. Bedeutungsentwick- con intonazione religiosa (Ier. 28,6). A que-
lung van à.'ì..i)frwx. u. begriffsverwandten st'uso liturgico della parola si ricollega - se
Wortern in der griech . Literatur vor Plato la vocalizzazione è esatta - l'espressione
(dissertazione non a stampa Ti.ib. 1922). 'elohé 'iimen (Is 65 ,16) 'Dio dell'amen'.
627 (l ,233) ciÀ.1)i')rnx (G . Quell) (I,234) 628

l'agire e del pensare di queste. Un we'emet. Per mcr,6c; ~ n. 2. In Is .


'iS 'emet è un uomo che segue costan- 38,18 .19 l'altern anza fra ÈÀE'r)µoO"V\IY)
temente la norma della verità, un uomo e OLXatocruve risale probabilmente a un
2 archetipo divergente dal T.M. 4 •
verace (lett. di veracità) un ne' emim
(~ 7tlcr·nc;). Affine a quello di 'em et è il concetto
di 'em una (~ 7tLCT"t"tç) 15
• Entrambi poi
Il sostantivo 'eme !, usato di regola si avvicinano ai concetti di integrità
al femminile (per Deut. 13 ,15 ; 17,4
di sal6m ( ~ dp-i}vri) e di tam in (~
~ n . 6), è st ato derivato dalla radice
'm n, ' ess er saldo ', alla gui sa dei nomi CÌ.7tÀoùc; ) e a qu elli giuridici di hesed
segolati femminili, assimilando la con- ( ~ xaptc,) e di sedeq, s"daqa, (~ ol-
sonante n all'afformativo femminile t . XY) ), di cui sovente costituiscono una
Questa derivazione tra spare chiaramen- specificazion e. Come ques ti , infatti ,
te dai casi in cui la parola è unita ad 'emet designa un modo di essere nor-
un suffis so , come 'am itto. La traslittera-
male, di cui esprime in particolare la
zione esaplare riµd (Ps. 31 ,6) sembra
accennare ad una quantità della prima stabilità e la validità. In complesso
sillaba che nel T.M. è andata perduta. l'uso di }emet e corradicali si presenta
Molto vaga è l'ipotesi che l'ultima sil- ricco di sfumature , senza però che dai
laba sia stata vocalizzata col segol per testi che possediamo si possa ricostrui·
differenziare la parola da 'amat, stato re una precisa evoluzione storica del
costrutto di >ama, I serva , ed evitare
concetto.
così la confusione tra un concetto as-
sunto nel linguaggio religioso e un al- 2. )eme! come concetto del linguag-
tro meramente profano 3 • I LXX tra- gio giuridico.
ducono }emet per lo più con à.À. T)l}rn:i;
(87 volte) e inoltre con à.À.rii}w6c; (12 a) Soprattutto nel linguaggio giu-
volte), CÌ.À.l)l}T)ç, à.À.rii>wc; e à.À.TJJ}EvELV. ridico è chiarissimo il significtato fon-
OLXCXLOO'V\/Tj corrisponde a >emet in Gen . damentale di 'emet, ossia l'effettiva ve-
24,49; Ios. 24,14; Is. 38,19; 39,8; rità di un fatto o di una situazione.
Dan. 8,12; 9,13, e quattro volte vi Deut. 22 ,20: w•'im 'emet haja hadda-
corrisponde anche olxatoc;; 7tlcr·w; in-
bar, « ma se l'accusa è un fatto giuri-
vece riproduce 'emet soltanto in I er.
35(28),9; 39(32),41; 40(33),6, mentre dicamente valido », ossia se riposa sul-
il plurale 7tlcnw; ricorre in Prov. 3 ,3; la verità e non sulla calunnia come
14,22; 16,6 nella traduzione di hesed il caso precedentemente contemplato.

2 La traduzione ' fedeltà ' è in ogni caso 3 BA U ER-LEANDER, Hist. Gramm. der bebr.
inesatta, ~ n. 12. I LXX traducono ora con Spracbe des A.T. I (1922) § 77 j A.
olxa.~oç (Ex. 18,21), ora con ciÀ.TJM1ç (Neb. 4 Cfr. B. DuHM, Das Bucb ]esaja 3 (1914)

7 ,2) e soltanto in Prv. 14,25 con mu-.6ç. a. l.


Que~ t 'ultimo aggettivo traduce più spesso s Nella 7tÀ.T)poq>opla. poetica di Is. 25 ,1
ne"éman. sinonimo di 'émuna è '0 >11e11 .
629 (1,234) à:À. T]1'wx (G. Quell) (I,234) 630

Analogo è il senso di 'emet nakon os- 42,16(E): «le vostre parole devono es-
sia una realtà di fatto di cui si ha sere saggiate ha'emet 'itt"kem» denota
una conferma indiretta: Deut. 13,15; già una tendenza ad astrarre il concetto
17,4 6 • Un '6t 'emet (Ios. 2,12) è un di 'emet dal riferimento a fatti con-
pegno della validità giuridica di una creti; è dubbio infatti se si debba in-
promessa, mentre un documento aven- tendere: se presso di voi si trova l'og -
te valore giuridico può essere definito gettiva verità , oppure se presso di voi
dibre Siilom we }eme!, parole di pace
i si trova la 'emet come norma interiore,
e di validità' (Est. 9,30). Ma l'uso ossia come veracità. È raro comunque
giuridico della parola può anche esser che il signifìcato del termine si pre-
trasferito nel linguaggio comune: 'emet senti così ambiguo, perché di regola
haddabar significa: le cose stanno ef- 'emet è impiegato o per esprimere l'as-
fettivamente così come avevo udito: soluta certezza , realtà e conseguente
1 Reg. 10,6; 2 Chr. 9,5 (LXX: à.À:tJ- efficacia psicologica di una circostanza
ilwòc; ò Myoc;). Le stesse parole pos- di fatto indicata o adombrata dal con-
sono anche confermare l'effettiva e in- testo, oppure come concetto assoluto
dubitabile realtà di una rivelazione: variamente atteggiato e intonato. Nel
Dan. 10,1; cfr. 8,26. Come trasposi- primo senso si può dire per es. che
zioni metaforiche di formule giuridi- la parola di Jahvé è 'emet, ossia effet-
che pare debbano esser considerati an- tivamente e innegabilmente presente e
che i casi in cui 'emet è riferito a perciò anche efficace sulla bocca del
cose come in Gen. 24,48: derek 'emet, profeta. In 1 Reg. 17,24 la vedova ri-
la giusta via, ossia quella, tra le molte conosce che la parola di Dio è vera-
possibili, che si rivela apportatrice di ramente sulla bocca di Elia che le ha
successo. I er. 2 ,21 presuppone la stes- salvato il figlio con la sua preghiera.
sa immagine dell'accertamento giuridi- Ier. 23,28: il profeta «presso il quale
co, quando contrappone zera' 'eme!, è la mia parola, annunzia la mia pa-
la pianta genuina, a gefen nokriiia, la rola come 'emet », ossia come una
pianta imbastardita. realtà di fatto che si rivela tale per la
Ma l'uso della parola non è limitato, sua efficacia e non come un ' sogno ' 7 •
nell'A.T., a questi semplici casi. Gen. Un 'ed 'emet è il testimone dell' effet-

6 Il maschile che fa seguito al sostantivo in questione sono evidentemente analoghi.


femminile andrà inteso come apposizione per- 7 I LXX traducendo con bt' Ò:À.TJilEla.ç
mutativa (GESENIUS - K. ,§ 131 K). E. KoNIG intendono 'emet come riferito avverbialmente
(Komm. p. 123) interpreta 'emet come un al comportamento del profeta. Si tratta di
accusativo di qualità o di modo, ma non tien una mitigazione quasi certamente errata. Cfr.
conto di espressioni come 'emet haddabar anche Dan. 8,26.
e 'emet hiiia haddiibiir, alle quali i due passi
631 (l,235) à:À.i)~rnx (G. Que!l) (l,235) 632

tiva realtà che dev'essere appurata da me allora un significato universale che


un procedimento giuridico e come tale trascende la sfera giuridica e indica la
'salva la vita': Prov. 14,25; oppure realtà di fatto che dev'essere ricono-
è un ne' emiin, ossia un testimone di sciuta come tale da chiunque e in qual-
provata veridicità: I er. 42 ,5 (detto di siasi circostanza, ossia in ultima ana-
Jahvé). Quando si legge, in Is. 43,9, lisi quel modo di essere normale 10 che
che i popoli devono dire 'emet, il con- si impone al rispetto perché conforme
testo insegna che anche in questo caso all'ordine divino e umano e che si n-
si tratta di un procedimento giuridico specchia anche nei concetti affini di
inteso ad accertare determinati fatti mi.fpiit, Jiilom, s"daqa. ecc. In questi
pregressi; )eme! è quindi ancora una casi 'emet può essere tradotto generi-
volta la convincente realtà di fatto 8 • camente con verità e, come concetto
Analogamente vanno intesi i passi in normativo, anche con veracità, sincerità.
cui Zaccaria caldeggia il rispetto di
)emet come principio imprescindibile .3. 'emet come concetto della lingua
del procedimento giuridico, Zach. 7,9: religiosa.
mispat 'emet sefoto, « giudicate secon-
a) Al pari di altri concetti anche
do la realtà di fatto»; Zach. 8,16:
la nozione di ' verità ' ha importanza
« dite la verità, ognuno nei rapporti
grandissima, oltre che nella sfera giu-
con il suo connazionale, giudicate alle
ridica, anche nel linguaggio religioso
porte (delle vostre città) secondo ve-
dell'A.T. A differenza però di altri con-
rità e secondo un diritto salutare ». So-
cetti, di cui più evidenti e spiccate
prattutto dall'ultimo passo risulta evi-
sono l'origine e l'impronta giuridica, è
dente che nel concetto di ,emet con-
quanto mai difficile stabilire la vera na-
fluiscono il ius conditum e la norma
tura dell'uso di J emet nei testi religiosi.
iuris condendi 9 •
Non è detto, infatti, che si tratti sem-
b) Ma il contenuto del concetto di pre di un uso metaforico, giacché può
'emet può non essere specificato e non anche essere germinato direttamente
risultare dal contesto. La parola assu- dalla coscienza religiosa. È certo co-

8 Anche in 1 Reg 22,16 (2 Chr. 18,15) si mato dall'anima; ciò che . ha la forza di esi-
tratta di un interrogatorio e il re scongiura stere e di agire in tutto il complesso delle
Michea di riferirgli 'soltanto la verità' (raq facoltà spirituali» coglie giustamente la ra-
'emet) in nome di Jahvé. dice del concetto di ' verità ' in una rappre-
9 Tale almeno doveva essere il concetto sentazione della coscienza. Ma nel caso con-
del glossatore al quale potrebbe esser dovuta creto di 'emet questa rappresentazione è or-
la ripetizione della parola 'emet, secondo una mai avvertita troppo debolmente e non può
ipotesi assai vaga e non proprio necessaria. quindi spiegare sempre ed esaurientemente
10 Quando PEDERSEN, op. cit. p. 339, scri- l'uso della parola.
ve: «La verità è ciò che può essere affer-
633 (l,235) cH.fji'}wx (G. Quell) (l,236) 634

munque che la parola si presenta spes- definire il comportamento del giusto usi
so in un'ai::cezione decisamente e ine- sostam:ialmente con lo stesso significa-
quivocabilmente religiosa affatto indi- to espressioni quali po' èl ~edeq e bolèk
pendente da quella giuridica. Come tiim2m come sinonimi di dobèr 'emet
l'uomo pio, spesso definito con termi- (Ps. 15 ,2) e sebbene le 'norme giuri-
ne giuridico il ' giusto ' (~ ÒLXTJ ), fon- diche ' siano considerate il fondamento
da i suoi rapporti con Dio e con i della verità (Ez 18,9 ), pur tuttavia
suoi simili sull'inoppug11abile verità, questo mom ento razionale non è in ul-
ossia è verace, allo stesso modo la ve- tima analisi essenziale al concetto di
rità è il fondamento dell'azione e della }emet e bi sogna guardarsi dall' attri-
parola di Dio. La veracità di Dio esige buirgli un valore preponderante nell'in-
quella dell'~omo: Ps. 51,8: 'cmet hii- terpretazione di molti passi. Gli è che
fastii . Può dimorare sulla sacra monta- con la parola 'emet si tende innegabil-
gna di Jahvé, ossia è capace di render mente a presentare come il risultato
culto, « chi nel suo cuore proferisce di un ripensamento gnoseologico una
'emet » (Ps. 15,2), ossia chi aderisce verità e una norma di vita che sono
intimamente alla verità intesa come invece direttamente vissute dalla co-
norma di vita accetta a Dio. È natu- scienza religiosa e si impongono con
rale che questa disposizione interiore la forza dell'evidenza. Questo perché
si manifesti praticamente nella vita so- 'emet condivide con altri concetti tra-
ciale (Ez. 18,8 «egli fa l!n giudizio sposti dal diritto alla teologia la ten-
veritiero fra uomo e uomo » ), ma que- denza - che dal punto di vista seman-
sto avviene, come insegna il medesimo tico è ugualmente vantaggiosa e svan-
passo, in conformità al volere divino: taggiosa - a stimolare e a guidare il
« egli osserva le mie norme giurid: .:he pensiero religioso con una precisa ela-
praticando la verità ». Quando Osea borazione concettuale. Questa tenden-
( 4,1) si lamenta che non vi sia nel za razionale e pedagogica, connessa con
popolo )eme! accosta il concetto di ve- la natura giuridica del concetto, si ma-
racità a quello di ' conoscenza di Dio ', nifesta chiaramente soprattutto laddo-
indicando così la prospettiva in cui ve si afferma a scopo didattico che la
esso va inserito: la ' veracità ' in ogni parola e la legge di J ahvé sono per
suo aspetto si fonda sulla sicura co- l'uomo la verità e la fonte della vera
noscenza della volontà di Dio e questa conoscenza. Ps. 119,160: la somma
conoscenza è già da parte sua una pro- e la quintessenza della parola di Dio
va di veracità. è 'emet; Ps. 19,10: i suoi statuti sono
Sebbene il linguaggio poetico nella 'emet . L'impressione che qui si accen-
sua tendenza all'iterazione enfatica per ni alle Sacre Scritture è corroborata
635 (I,236) ci).ljl}w:l (G. Quell) {T,237) 636

dal fatto che un libro apocalittico può 'emet).


esser definito senz'altro come k'tab b) Una riprova della complessit~
,eme!, ' espressione scritta della veri- del concetto di ,eme! e della sua rn-
tà' {Dan . 10,21). Anche la 'verità' pacità di piegarsi ai vari contesti logici
a cui si allude nell'espressione ' cam- in cui viene formulato, è il fatto chè
minare nella tua verità' (Ps. 25,5; una espressione pressoché identica ,1
26,3; 86,11) sembra consistere in de- quella appena citata, ossia 'cl 'cmet.
terminate norme di vita che sono og- si trova usata con un significato affat-
getto dell'insegnamento divino (cfr. Ps. to diverso, e preci samente come mo-
86,11: 'insegnami, Jahvé, la tua via'). tivo di fiducioso abbandono, in Ps .
Sotto il profìlo razionale il concetto di 31,6. Questo passo appartiene con nu -
verità può essere accentuato attraverso merosi altri ad un gruppo io cui l'A.T.
l'antitesi con 'feqer, 'menzogna', 'awltl, raggiunge il vertice della sua concezio-
'perversione' ecc. (cfr. Mal. 2,6; Prov. ne della ' verità ' superando la distin-
11,18; 12,19; Ier. 9,4), mentre invece zione tra il momento razionale e quello
l'antitesi con rf (Neh . 9,33) ci riporta etico di ,eme! e facendo di essa la
decisamente nella sfera religiosa. La caratteristica essenziale e il fine ulti-
,emet può essere poeticamente simbo- mo dell'azione divina. Il Dio che viene
leggiata (Ps. 85,12: 'eme! germoglia invocato come rab hesed we'emet, ' ric-
dalla terra e ~edeq si affaccia dal cielo) co di fedeltà e veracità' (Ex. 34,6), co-
o personificata (Is. 59,14: la 'emet me ha' el han ne' eman (Deut . 7 ,9 ), come
incespica per la strada), oppure può es- 'el 'emet (Ps. 31,6), ossia come garan-
sere rappresentata come una merce di te delle norme morali e giuridiche, me-
cui si raccomanda l'acquisto ( Prov. rita l'assoluta fiducia del giusto e di
23,23 ). Simbolica è anche l'affermazio- qualsiasi uomo. L'uomo dubbioso ~'
ne di Dan. 8,12, che cioè la verità è sente piccolo di fronte alla veracità che
stata rovesciata a terra; questo passo si manifesta nelle (promesse divine
è significativo. anche perché in esso (Gen . 32,11). Dio in quanto saddiq
'emet sembra essere usato in senso ha sempre praticato la 'emet (Neh 9,
pregnante come designazione antono- 33). Sul Sinai egli ha dato torot 'emet,
mastica della religione ' vera ', ossia leggi che sanciscono la verità e sono
11
di quella giudaica • Il medesimo con- esse stesse verità (Neh. 9, 13 ). Le ope-
cetto razionale della verità si ritrova re delle sue mani sono verità e giusti-
nelle parole del cronista (2 Chr. 15,3) zia, tutti i suoi comandamenti sono as-
che definiscono Jahvé come il Dio 've- solutamente validi (Ps. 111,7 ). Egli
ro ', ossia esclusivo e assoluto (' etohé giura la 'emet, ossia in modo irrevo-

11 Cfr. MARTI a.l. Anche Dan. 9,13 può essere così interpretato.
6 37 ( T,237 J c.D..iJi}wx (G Kittel) (f,237) 638

cabile (Ps. 132,11) e osserva eterna- Una leggenda popolare attribuita a


mente la norma della veracità (Ps. 146, Raba (IV secolo) così illustra il con-
6) 12 . Coloro che scendono nella fossa cetto di qu'Sta': l'uomo non deve venir
non sperano più nella 'emet di Dio (Is. meno in nulla alla sua parola (b Sanh,
38,18 13 ; cfr. Ps. 29,10) giacché per 92 a), altrimenti si comporta come un
essi non sussiste nessuna promessa di- adoratore degli idoli (b Sanh, 97 a).
vina alla quale possono richiamarsi. Laddove invece viene osservata la qusfii'
In tutte queste affermazioni, comprese così intesa ivi è la pace (j T aan 68 a).
quelle che contengono un richiamo più In una celebre frase Simeon ben Ga-
o meno esplicito e chiaro al concetto maliel afferma: « Su tre cose si basa
di alleanza (~ OLrxi}'iJxYJ), è vivo 1'alto il mondo: sulla giustizia, sulla )emet,
pathos morale che contraddistingue la sulla pace» (Ab. 1,18). Proprio come
fede israelitica in Dio e che si e~pri­ nell'A.T. 'emet è considerata il fonda-
me nel modo più semplice ed essenzia- mento di ogni procedimento giuridico
le nell'antico testo di 2 Sam. 7,28: e quindi viene implicitamente ricono-
'atta-hU' ha' elohlm udebiirekii jihju sciuta come principio religioso in quan-
'emet, ' tu sei il Dio, ossia (esplicativo) to il rendere giustizia rientra nella
le tue parole sono verità '. sfera del sacro. « Chiunque sul fonda-
G. QUELL mento della 'emet dà un giudizio che
è 'emet ottiene la vita del mondo fu-
B. 'emet NEL GIUDAISMO RABBINICO turo » (T anh swftjm 7 p. 31 Buber)
L'uso rabbinico di 'emet (oppure e « fa sì che la Shekinà dimori in
quJtii') è sostanzialmente conforme a Israele »; un giudice invece che non
quello veterotestamentario. Come nel- osserva la 'eme! « fa allontanare la
1' A.T. infatti la parola è usata anzi- Shekinà da Israele » (b San~ 7 a).
tutto per indicare un particolare at- È ovvio che anche il giudizio di Dio
teggiamento umano e di qui assurge si basa sullo stesso principio. « Il giu-
a designazione di un atributo della dizio di Dio è un giudizio di 'emet »
divinità. dice Akibà (Ab. 3,16); e altrove« Egli

12 La traduzione corrente ' fedeltà ' ha cer- quente hesed we'emet sembrano quasi sinoni-
to un fondamento oggettivo in quanto la pa- mi, mentre in realtà non lo sono. Dio infatti
rola designa la prova della fedeltà di Dio al- pratica la f:Jesed in quanto agisce secondo la
l'alleanza (cfr. A. DrLLMANN, Handbuch der norma della 'emet; la veracità è il presup-
altt. Theologie (1895] p. 270). Ma il termine posto della fedeltà. La t_raduzione ' fedeltà '
giuridicamente preciso per indicare questa è quindi approssimativa e deve perciò essere
fedeltà ai patti è f?esed (~ xcX:pLc;). Ritengo evitata.
quindi di non dover adottare la traduzione 13 Sulla base dei LXX è però lecito avan-
solita, in omaggio alla distinzione fra 'cmet zare dubbi su questa lezione masoretica (~
e f:Jesed, che nell'abbinamento piuttosto fre- col. 627).
639 (1,2.37) à.ì..i)i'}wi (G. Quell) (l,238) 640

giudica tutto secondo 'emet » M. Ex. bito evidente.


14,28. «Tutti debbono riconoscere e Quando il sostantivo è riferito a
attestare che il suo giudizio è un giu- Dio sorge il problema esegetico dcl
dizio di 'emet » (Ex .r. a 6,2). Ma al di rapporto fra hesed e 'emet ossia fra la
sopra di ciò l'essenza stessa Ji Dio è misericordia di Dio e la sua giustizia
'emet - affermazione che può essere assoluta. Il contrasto veramente sareb-
capovolta nell'altra che la 'emet ha il be tra 'emet e din } ma vi partecipa
suo essere in Dio. Il ' Dio Ji 'ì!met ' anche 'emet diventando in certo mo-
è ' giudice di 'emet ' ( b Ber 46 b ). « Co- do sinonimo di din. Il rnpporto fra i
me tu (Dio) se i 'emet cosl anche la due attributi divini può essere varia-
tua parola è 'emet poiché sta scritto: mente concepito o collocandoli sullo
la tua parola, o Dio, sta immobile nel stesso piano ( b Ber. 46 b) oppure sot-
cielo [Ps . 119,89) » (Ex.r. a 29,1) . La tolineando che prima viene la 'emet
Torà in quanto estrinsecazione della e poi - ossia conclusivamente - la
parola e dell'essenza divina coincide hesed (b B.H. 17 h ); ma è comunque
perciò con la 'emet (Midr.Ps . 25-11) - preoccupazione costante del Rabbi
pensiero, questo, che trova la sua più nella sua esegesi veterotestamentaria
forte espressione simbolica nell'imma- quella di presentare tanto la ' verità '
gine del sigillo divino. « Il sigillo di guanto la misericordia come attributi
Dio è 'emet. Che significa 'emet? Che essenziali della divinità.
egli, Dio, vive ed è eternamente so- G. KITTEL
vrano» (j.Sanh.18 a) 14 • La parola 'emet
si considera formata con le lettere ini- c. Uso GRECO ED ELLENISTICO DI

ziali di etohim melek tiimid. Ciò signi- &.À:fi~rn:x.

fica - r'lme risulta anche dagli ante- L'uso neotestamentario di 1H.-iJt1wx.


cedenti di questa interpretazione ( ~ è determinato in parte dall'uso greco
An coli. 8 ss.) - che l'attributo del- ed ellenistico della stessa parola e
l'eternità non viene dedotto logicamen- in parte da quello semitico di ,emet.
te e necessariamente dall'essenza di Un chiaro indizio della fondamentale
Dio, ma è solo occasionalmente sug- differenza di significato fra 'emet e
gerito da un artificio esegetico formale. àÀ l)~n<:x. è già il fatto che nei LXX
La differenza rispetto alla ci.À. -iJ~wx e 'emet può essere tradotto non solo
al suo contenuto essenziale balza su- con àÀ l}t1rnx, ma anche con nlO'"t'Lç 16,

14 Altre testimonianze in STRACK-BILLER· contemporaneamente il Dio misericordioso e


BECK II pp. 262 ,431; inoltre ~ A!l. coli. il 'Giudice di ''émet '.
8 ss. dove si tratta anche dell'origine della 16 Cfr. A. SCHLATTER, Der Glaube im
simbologia alfabetica. N.T.4 (1957), 551-561.
15 Nella dimora del sofferente si invoca
641 (I,239) 6:f.:riDrnx (R. Bultmann) (I,239) 642

ÒLXClLO<rVVlJ ecc. Che se in molti casi e può assumere - come è il caso so-
'emet è reso con àÀ. 'i)frELa., ciò si spie- prattutto di CÌ.ÀlJÌÌLVoç - il senso di
ga con la profonda trasformazione autentico, genuino 19 • Equivalenti di
àÀ 'i)frwx. o 't'Ò à)..lJfrÉc; sono tanto 't'Ò
semantica subita dalla parola greca nel
<ra.cpÉç, {ciò che viene percepito con pre-
corso dei tempi.
cisione e chiarezza) quanto 't'Ò ov
(nel
linguaggio filosofico anche li <pv<rLç,),
1. L'originario uso greco e le sue
mentre i termini opposti di uso più
differenziazioni. comune sono ~ ~e:uòoc; (inganno) e
~ ò61;a. {apparenza, semplice opinio-
cH.'i)frELCl - etimologicamente ciò che
ne) , che nascondono o travisano l'àÀ'i)-
non è nascosto 17 - nel suo sig!1ifìcato lJELa. . La ricerca e la conquista della
originario designa tutto ciò che è per- verità si realizzano appunto nel supe-
cepito, dimostrato o affermato e con ramento dello ~EuÒoç, e della ò6l;a. 20 e
ciò viene completamente palesato o me- la filosofia comincia a chiedersi se l' à.À. 'ii-
glio si palesa per quello che realmente irrnx sia À. l]7t't'i) o aÀ iJ7t-roc; (Emped.,
è 18 , mentre potrebbe anche essere na- fr. 2, Diels I 223 , 16 ss.), e a porsi
il problema della possibilità e dei limi-
scosto, falsato, decurtato. àÀ'i)frna. è
ti della conoscenza sensibile e di quel-
quindi la realtà di fatto completa o la razionale della verità.
effettiva. Il sostantivo e il neutro del-
Poiché il compito di dedurre e di-
l'aggettivo sono usati da Omero in poi
mostrare (nella prassi giuridica e nella
come complemento oggetto di un ver-
ricerca storica e filosofica) spetta so-
bum dicendi e l'avverbio à:)..11-frwç, di
stanzialmente al Myoç, la parola à.À'i)-
uso comunissimo, significa effettivamen-
iJrnx può designare una caratteristica
te, realmente. Come nel linguaggio giu-
che è propria del Àéyoç in quanto à.n6-
ridico l'à.)..'i)frna. è la verità di fatto
cpa.v<rLç,, ossia dimostrazione della effet-
che dev'essere appurata al disopra del-
tiva realtà; esso è àÀ iJi)Evc..N, CÌ.ÀlJlJ'i)ç,
le varie e contrastanti opinioni, così
'verace' (oppure il contrario). à.À.11-ltfiç
per lo storiografo essa è, di contro al
può quindi essere sinonimo di ~ òpMc;
mito, la realtà storica e per il filosofo
(per es. Soph., Oed. Tyr. 1220) e poi-
coincide con l'essere reale.
ché tanto la à)..'i)i}ELa. in sé quanto le
1
L'aggettivo à.À11ìJ'i)ç indica che una parole ' vere determinano nell'uomo
cosa è effettivamente come si presenta la convinzione e attirano la sua fiducia,
alla percezione o viene rappresentata si stabilisce un rapporto fra à)..l}l)na. e
17 Si noti la formazione negativa che si ri- 19 Uno studio d'insieme sull 'uso di 6:À.TJ-
trova nei termini affini 6:-rpExT]ç, 6:\{iwoT]ç, itLv6c; e 6.f. T)itr{m v nel greco profano non è
VT]µgp-rT]ç. ancora stato fatto.
18 Cfr. Xenoph., An. 4,4,15: aÀ.T)itEVa'IXL ... 20 p. es. xplvEL\I -r6.).T)itÉç, Anaxag., fr . 21
-rei OV'tCX 't'E wç OV'tG. xcxt -rei µli OV'tCX wç (Diels 1, 409 , 14 ): ii STJ'tT)tnç -rfiç 6:f.T]i)Elcxç,
oùx O\l't'CX. Thuc. J,20.
643 (I,240) ciÀ:rifrrnx (R. Bultmann) (I,240) 644

7tlcr-nç: la à.À:i)iìna è il fondamento nella sua enigmatica esistenza; cfr. Plat .,


della 7tlcr·nc; aÀ.11i}-fiç (Parm ., fr. l,30; 8, Gorg. 526 d: xalpnv ovv Ecicrac; -rà.c;
28, Diels I 150,9 ; 156,14 ). La parola 'tLµà.ç Tà.c; 'tWV 7tOÀ.À.<~V ò:vlJpw7tWV,
7ttcr-rtç (' convinzione ' e ' dimostrazio- -.i]v ò:À.'i)lJwxv crxor.:wv 1tELpcicro1..tcxL -.Q
ne') non è mai sinonimo di à)..1Ji}i::w:, OV1:L wc; /J..v o·~vw1..ta~ St).. ·-ncTTO<; W\J
ma Je espressioni 7tLO"'tCÌ. À.ÉyELV e aÀ.11- XU.L sfiv X'l.~ È7mòàv Ò:nolJVflO"XW Ò:rrn-
lJTj À.Éynv possono avere lo stesso si- lJvf ·· __v. \f1 il problema della verità
gnificato (Hdt. I 182; II 73) e allo come tale - sostanzialmente estraneo
stesso modo di mcr-r6ç, co;,'. :rnche à).11- all'A.T. - implica l' attribuzione ad es-
M1c; in riferimento a persone assume SJ di quel rnrattere normativo che ab-

il significato di 'sicuro, fidato'. à),1)- biamo riscontrato nel concetto di 'emet.


ilwl. viene quindi a significare veracità Per il pensiero greco è infatti un dato
(Mim. fr. 8 [Anth. Lyr. I p. 42 Diehl]: ovvio che alla conoscenza del vero (che
àÀ.11i}i::l11 ÒÈ mxpfo-rw croL xaL È!..tol, è insieme un comprendere se stessi)
7tciVTWV XP"flµa OLXO:LO""tO:TOV) e l' agget- debba seguire la retta azione 21 . Perciò
tivo (sinonimo di EMuç) può caratte- Ò:À 1}i}rnx. può designare la dottrina che
rizzare tanto un uomo quanto il voi:iç scopre e contiene la verità 22 e diven-
(Horn ., Il. 12,433; Pind., Ol. 2,101). tare sinonimo di Émcr-.i}µT] 23 , ma con-
Si comprende perciò come 'emet, pur temporaneamente può anche essere usa-
non indicando mai come à)..1)i}w:x. una ta per indicare il contenuto dottrinale
CÌ.pE't"TJ, una qualità della persona, possa di un messaggio religioso.
essere tradotto con ò:).1}i}ELa nel senso
2. Uso di ò:). . 1}i}ELa in senso dua-
di ' veracità '. La corrispondenza fra i
due termini viene poi ampliata da una listico.
ulteriore evoluzione del concetto di Nella filosofia la à.)..1}l)ELcx è conce-
&,).. l}ilrnx. che però in un primo momen- pita come il vero essere, in contrasto
to sembra accentuare la distinzione da con il mondo sensìbile che è soltanto
'emet. Al di sopra infatti delle innu- una parvenza della realtà. Per Platone
merevoli verità parziali e contingenti il il vero essere si identifica con il mon-
pensiero greco comincia a ricercare l'es- do delle idee immutabile ed eterno,
senza stessa della verità, ossia la verità nascosto ai sensi e afferrabile solo dal
assoluta (Plat., Phaedr. 248 b: i] 1toÀ.- pensiero. &.'A. 1)1}rn:1,, assume quindi sem-
):r1 cr1tovol) -rò &.lTJi}Elac; loi::L'v 1tEOlov pre più il senso di autentica ed effet-
ov Ècr-rLV) che deve illuminare l'uomo tiva realtà e il suo contrario diventa

21 Plat., Prot. 345 d. e.; 361 b; Soph. 228 22Epict., Diss. 1,4,31; 3,24,40.
c.d.; Resp. 3,413 a. Epict., Diss. 1,17,14; 28, 23Plut., De lsid. et Os. 1 (2,351 c. e); cfr.
4; 2,26,1-5. Hierocl., Carm. Aur., 21-23 MuLLACH.
64'.5 (I,240) riÀTjilrni (R. Bultmann) (1 ,241) 646

EtòwÀo'V (' immagine ', ' apparenza '). quello platonico; il puro concetto gno-
àh1frÉc; è soltanto l'eterno, il divino, stico risulta invece da alcuni frammenti
1' aù-.ò xafr'mhò µdf mhoi.i µovoaoÈc; del Corp. Herm. e dalla letteratura cri-
stiano-gnostica. Esso risente evidente-
àd. ov 24 • Mentre per Platone à).1]frELa
mente dell'influsso iranico. Vi è infatti
indica l'autenticità formale e in senso
un'ampia analogia fra 1' <iÀ. 1)frrnx gno-
proprio l'essere, nell 'ellenismo la paro- stica e la kttf ta' degli scritti mandei 25 .
la passa a designare la sostanziale au-
tenticità dell'essere divino, solo parte- Poiché qui la divinità è rappresen-
cipando del quale l'uomo può r;1ggiun- tata come un'essenza immateriale ed
gere la ' sal vezza' (~ O"W'tl]pi'.a) e rea- eterna e insieme come l'energia sopran-
lizzare così il proprio autentico desti- naturale che produce la ~ àcpDaperi'.a,
no. In genere però a questa trasforma- à):fjDELa diventa sinonimo di ovaùx ( =
zione semantica si accompagna l'abban- sostanza divina) e di MvaµLc:; e più in
dono - più o meno deciso e consape- generale di DEO'tT]c:;. E poiché Ò.À. l)DELa
vole a seconda dei vari ceti e ambienti può designare la dottrina (rivelata), an-
culturali - del presupposto che la ve- che questa viene concepita come una
rità sia accessibile al pensiero e che la manifestazione dell'energia divina in-
massima e conclusiva elevazione dell'e- sieme alla yvwo-Lc; che fa riscontro a
sistenza umana consista nella conoscen- parte hominis alla rivelazione. Risulta
za razionale del vero. La verità è infatti così una singolare sinonimia fra &.À. 1)-
preclusa alla ordinaria conoscenza uma- i)ELCX e yvwcnc;. Ma non basta: la rive-
na e soltanto attraverso un rapimento lazione divina produce ed è essa stessa
estatico o una rivelazione divina - os- ~ ~w'fi e ~ cpwc:;, e perciò èù1}i)ELCX,
sia attraverso un superamento dell'u- significando ' essenza divina ', viene a
mano - l'uomo può assurgere ad essa. coincidere con swTi; ma la ~wi} è cpwc;
In questa prospettiva dualistica il con- in quanto energia illuminante e rivela-
cetto di àÀ.1]frELa assume una dimen- trice, quindi in ultima analisi anche
sione escatologica e come tale viene cpwc; è sinonimo di àÀ.i}i)ELa. Ancora:
sviluppato dalla ' gnosi ', da Filone e poiché la sfera del divino coincide col
da Plotino. ~ 'lt'VEVµet., e poiché spesso ~ 'VOVç è
usato per analogia nel significato di
In alcuni frammenti ermetici traman-
dati da Stobeo (Scott, Hermetica 1, 'ltVEvµa., l'aggettivo àÀ. Tji')L'V6c; può es-
380-392) si nota il tentativo di fonde- sere sinonimo tanto di 7tVEUµa.·nx6c;
re il concetto gnostico di èù 1]frELa con quanto di vori-r6c; e 'VOEp6c;. Infine CÌÀ.Tj-

24 Plat., Symp. 211 b; 212a; Resp.10,596d- 25 Cfr. LYDZBARSKI, ]ohannes 2 p. 17 s.;


605 e; cfr. 508 d. R. REITZENSTEIN - H. H. ScHAEDER, Studien
zum antiken Synkretismus (1926) 327.
647 (I ,241) ci.ì.:1'}ftwL (R. Rultmann ) (l ,242) (,-1 8

ihv6c; o cD. l)fri)c; diventano sinonimi di Il cielo è la sede della à.Ànfrna. che si
ovcrn.:.iòl)ç ( = sostanziale, divino), e di manifesta irraggiando il suo rpÉyyoç at-
Ò:opCX:toç, Ò:crwµa.'"t'oç, tX)'ÉVVl)'"t'Oç, acp- traverso la òiiÀwcrLç , oss ia attraverso
la 'rivelazione' di Dio, mentre la avyl]
fra.p'"t'Oç, ossia di tutti gli attributi che
'tliç aÀ l)frELa.ç <pÉyyH (riluce) V01)1:(°{)
caratterizzano il divino nella sua asso·
xcxì, à.crwp.6.i:f{l ( S pec.Leg. 1,89; lvligr.11br.
Iuta trasce ndenza e opposizione ri spet· 1,76 ; Vit. Mo s. 2 ,271) . A colui che ten-
to all'umano . de alla a t;LÉpa.cri:oç à.).. 11i}na. viene pa r-
tccip<lta, come ì' Épaç É1;a.LpE'tOV, Ja Op l'X.-
Le linee essenziali dell 'ampio e va- O'Lç Ì)EOu ( Praem. Poen. 36; cfr. 46 :
rio uso di àÀ:iiàna. nell ' ambit o della à b'ji}ELa.'J oÈ µnL a.O"L'J ci, ihò'J iJE t()
concezione dualistica 26 sono le seguen- cpa.vi:a.crLwVÉV'"t'Eç, (pwi: ì, rpwc;, cfr. Leg,.
ti: il ca ra ttere dell'à),Yjfra a. co me ÒtNa.- All. 3,45 ss.) . Guidata d a! Li a ),-f]frn cx
l-tLç divina risulta soprattu tto in Corp . l'anim a, rapita dall'Eptdç celes te, sale al-
H erm. 13 che tratta della rinascita (-7 l'ovi: c0ç cv (R er. di v. ber. 70 ). Il vouç
Jta.), Ly)'EVEcrLCX ): l' cD. l)Ì)Éç , oppos to del i1mano non potrebbe pe rco rrere ques ta
frvl)i:6v, è un portato della rinascita la via d p.i) xcx ì, ikiov fiv TIVEV[ta. '"t'Ò
qual e viene presentata come yÉvEcrtç 11:0Òl]y Ei:ouv 11:pÒç a.v-rl]v 'tlJV a À1)iJna.v
'"t'liç Ì)E01:l)'"t'Oç. Essa si compie attraver- (Vit . Mos. 2,265 ). Nello stesso senso
so l'azione delle òvv6.µnç divine, la Plotino (Enn. 6,9 ,4 p . .513 , 12 Volk .)
prima delle guaii è la yvwcrtç e l'ultima parla dcl cpwç aÀr]frLVOV di cui è ripieno
la à.À i)frrnx. che completa la rinascita: chi s'innalza all a vi sione della divinità
'"t'TI ÒÈ à.Àl)frd~ xaì. '"t'Ò à.ya.fròv btc.yÉ- (cfr. 1,6 ,9 p . 95 ,28 ). Così egli esalta
vno éiµa swfl xcxì. q>W'"t'L 27 • Secondo la à.Àl)frwiì sw-fi a cui parteci pa l'au-
Corp .H errn. 7 la rìvelazione conduce al- tentico Epwc; (6 ,9,9 p . 522,7) e supera
le porte della yvwcnç, e dalla qifrop6. e completamente l'antico concetto greco
dal M.va.'"t'oç alla visione dell'à.Ànfrna. di verità quando in 5 ,3,5 (p. 184,6 s.)
Secondo Od. Sa!. 18 la ' parola ' di Dio identifica chi contempla o possiede la
porta agli ' gnostici ' luce e verità e as- verità con la verità stessa : '"t'1}V ripa.
sicura loro la vittoria sulle tenebre, la àÀ1)i7Eta.v ovx È1:Épov ÒEi dva.L, à)...)...',
menzogna e la morte. Analogamente o ÀÉyn, '"t'OU'"t'O xa.ì. d"vm. In questo
per Filone la Ò:À:T')frLVTJ swn è la vita senso Porfirio scrive (Ad Marcell. 13,
divina e immortale (Leg. Alt. 1,32.35; p . 282, 24 ss. Nauck) : x6.À.Àoç yàp
3,52), e nello stesso senso si esprime hc.lv ov (di Dio ) '"t'Ò ò:xTjpa.i:ov (xa.ì, ? )
Ignazio (Eph . 7,2; Sm. 4,1 e passim) . cpwç '"t'ò sw-rLxòv &.À l)frdq. òta.Àci.µTiov

26 Cfr. gli esempi in R . BuLTMANN, ZNW ci.CTXTJO'EL 1tEpLyl\IE'ti:LL, ii OÈ ovvriµEL xat


27 (1928) 151-163 . 1tLO''tEL. È qui chiaramente formulato il con-
27 Cfr. REITZENSTEIN, Hell. Myst. 383-393 . trasto fra la ci.).. 1}VELCL intesa come l'essenza e
Cfr. anche Clem. AL, St rom .1,7 ,38,4 ; a.ì. Àwr; la realtà stessa di Dio e la ci.).. l]1'aa indicante
't"Lc; 1tEpì. ci.)..TJfrEli:Lc; ÀÉyEL, &nwr; Ti ci.)...1)frna una qualsiasi esplorabile realtà del nostro
Èau-.i]v ÉpµT)VEVEL . it-.Epov u-.oxacrµòc; ci.).. TJ· mondo; il rapporto fra le due •verità• è
th:lac;, E'tEpov ii à.)...1)1'ELa, &""ì.Ào òµolwuLç, concepito, alla maniera (neo )platonica, come
IJ.}.)...o mhò -.ò ov, xaì. ii µÈv µafriiuEL xaì. oµolwcnc, .
64') (I ,242) cD..lji')nlX (R. Bultmann) (I,242) 650

(dr. Abst. 2,52), mentre in Vit. Pyth. ora presentarne schematicamente l'uso
41 p. 38,16 ss. riferisce che secondo nel N. T. stesso. I vari signifìcati del-
Pitagora È7td xa.l -cov ih:ou ... ov '!1po- la parola si possono così raggruppare
µ6.L~riv xa.Àovow ÈxE:i:vot (se. ot µd:yot)
(tenendo presente che in molti passi
ÈotXÉV<XL "t"Ò µÈ:v crwµa. (j)W"t"L, "t"TJV OÈ:
l);vxTiv tH.dJElq.. Per il neoplatonico non è possibile stabilire con certezza
Ierocle (Carm. Aur. pp. 21-23 Mullach) il valore semantico del vocabolo):
la à.À:rJDE:t<X può essere tanto la -cwv
DE:lwv yvt"<ltnç che conduce alla Òp.olw- 1. à.À. T]frua. come ciò che ha con·
'.7",c; 1tpòc; ildv, quanto la stessa essen- sistenza e validità ( = 'emct).
za di Dio; infatti la yvwcnc; conduce a
a) Nell'accezione vcterotcstamenta-
-cò T'i)ç èù rilMa.c; Èvo7t't"plcra.crfra.t xtiÀ-
),oç. Alcinoo (Albino: Isag. 10 p. 164 na à.À.T]Dua. sembra usata in Eph. 4,
Hermann) defìnisce il 7tpw-coc; tlE:oc; co- 21: xrxiJwç ÈO"Tw à.À. T]Drnx Év "'"0 'I ri-
me i'Jn6Tr)ç, oùcn6-criç, èù.1)i'JE:ta., cruµ- crou = come ciò è valido in Gesù. Così
prrpla., à.ya.Mv, mentre in Corp. Herm . va inteso anche c~tl. 2,5 : LV<X ·h à.).T]-
13 ,6 troviamo la defìnizione dell'à.À. ri- itna '1"0V EÙayyùlov 011'.Xf.tdvn r.pòç
ÌÌÉç come "t'Ò µi} froÀ.ouµE:vov, "t'Ò µTi
ùµcxç e 2' 14: O"tL où X oplÌono oOVO"L V
otopts6µE:vov, -cò à.xpwµa.Tov, "t'ò &.crxri-
µd:Tr,cr-cov, -cò &-cprnTov, "t'Ò yvµv6v, "t'Ò np6c; -c1'}v à.À.-fii}nrxv '1"0V EÙa.yyùlov.
cpa.i:vov ( ?), "t'Ò a.ù-cQ xa.-ca.ÀT)7t"tov, -cò La à.À.1}frn<X indica la norma valida pur
à.va.ÀÀ.olw"t'ov [ à.yrxl16v], -cò à.crwµa."t'ov. risentendo anche del signifìcato greco
Nel linguaggio della magia tlé<r7tlcrµct- di autenticità; cfr. Gal. 1,6: dç E"t"Epov
-c' à.)..rifrii sono le parole dotate di po- EÙayyzÀ.tov, éì oùx fo-ctv 0..À.Ào. à.À.1}-
tere incantatorio (Preisendanz, Zaub. ~Er,ct. indica poi la norma fissata da Dio
2, Berlin, 7, mentre la à.À.1Ji'Jua. è l'es-
all'uomo in Rom. 2,8: -co~ç ... à.7tniJov-
senza divina (Preisendanz, Zaub. 3, Pa-
ris, 156; 4, Paris 1014); l'uso di à.À{j- crt -.fj à.Àriitdq. (!); 2,20: ... (xov-cct
itELa. nella magia risente anche di con- "t'È:v i16pq>wow -cfiç yvwcrEwç xa.t -cfiç
cetti semitici (Preisendanz, Zaub. 3, à.À.rii'Jda.ç Èv -c{i'ì v61.t~, dove yvwcrtç
Paris, 156; 5, London, 148 s.: Èyw corrisponde certamente a da' at jhwh
dµt +i à.).1}i'Jrnx., ò µtcrwv à.otxi]µa"ta (per 2 Cor. 13,8 ~ coli. 655 ss.).
ylvEcrfra.t Èv -rQ x6crµ~) ed egiziani
(Preisendanz, Zaub. 12, Leiden, col. Quest'uso è conforme alla concezio-
8,10: invocazione all'iddio sommo: ò ne rabbinica della }emet come volontà
EXWV "tTJV &ljJEVO""tOV à.À. nfrrnx.v ). divina espressa nella Torà ~ col. 639;
dr. l'interpretazione di 'emet, come
D. L'uso DI tiÀ.-fitlELct. NEL CRISTIANE- simbolo alfabetico del ' sigillo ' di Dio
SIMO PRIMITIVO che viene letto: 'Dio, il re eterno' ~
coll. 639 ss. Cfr. anche Philo, Vit . Mos.
Dopo aver così passato in rassegna
2,273. In Herm. M. 10,1,4-6 à.À.T]tlEta
i presupposti e gli addentellati dell'uso è associata a tlE6-.riç per indicare l'in-
neotestamentario di à.). -fifrEtct., possiamo crollabile validità delle prerogative di-
651 (I,243) ci).. i'Ji}ua. ( R. BultmJnn ) (I ,243) 652

vine, mentre in Herm. V.3,4,3 ( ... 'tCXÙ- ad --7 à.ÒLxlcx ( l Cor. 13,6; Rom. 1,18,
"tct 7tctV'tct É:(nlv cD.:rii}fi xcxl oMÈv cf r. però --7 col. 654; 2 ,8, e anche --7
Eçwi)év È<r'ttv 'tfjç ciÀ.l]i)Elac;, ciÀ.À.à. col. 650 ed essere accostata a ÒLXCXLO-
7tci.v-ra. lcrxvpà. xa.l {3i:{3(na. xcxl -ri::i}i::-
CJUVlJ (Eph. 4,24; 5,9; 6 ,14, come Tob.
p.EÀ.LwµÉ:vcx É:cnlv) la parola è evidente-
mente usata nell'antica accezione di 14,7; Philo , V it.Mo s. 2,237) allo stesso
consistenza. stabilità. La defini zione di modo forse va inteso Iac. 3,14; 5,19.
Dio come V-i::òç -rTjç (D.:r1Ddcxç ( y 30 ,6) Cfr. ancora JClem.35,5 (éòòc; 'tfjç à.À.l]-
ritorna in 2 Clern. 19,l e nell'espres- ih:i'.w; ); 60,2; l ìe rrn. V. 3,7,3 (1] ayv6-
sione analoga di 2 Clem . 3,1; 20,5 'tTJc; "t·~c; ci.). T]Ìb'.cxc;) ; 5. 9, 19 ,2 (xcxp7tèç
'1tct"t'YJP -rfjç à.À.T]i)dcxc;. lnv<.: ce in ep. à), J] lhi'.cxç in parallelo con xcxp7tÒç ÒL-
Ar. 140: ( cri:{3i::-rm) "t'ÒV xcx"t''ci)..:fj-
xcxLOO"UVT]ç).
l7i::wv i)i::6v, il termine è usa to come
nei casi contemplati al n. 3. P er l'uso giudaico cfr. ancora Tob.
8,7 (opp. 7topvEt'.cx); Sap. 5,6 (par. ÒL-
b) Come 'emet, così anche à.À. 11i)ncx xcxLOuUVTJ ); En:lus. 27 ,8 s. (opp. v . 10
può equivalere a ÒLXCXLOO"UVlJ nel senso ap.cxp"t't'.cx); Tesi. G. 3,1. Nell'esaltazio-
di giustizia giudiziaria. Cfr. Dan . 3 ,28: ne dell'à.).l)frELcx che si legge in 1 E<TÒp.
i giudizi di Dio sono xplµcx'ta. à.À. l]- 4,36-40 anche questo significato è com-
~i::t'.cxç poiché egli agisce ciÀ. T]i)dq. xa.ì.
preso in tutta la gamma semantica di
)eme! e così pure nella versione della
xpt'.O"EL (cfr. Tob. 3,2) 28 . Nel N.T. sol-
vicenda data da Giuseppe (Ant. 11,56 ).
tanto --7 à:À.l]ihv6ç è usato in questa
accezione; tuttavia in Did. 16,6 O"TJ- 2. 6:).1)i)rnx come ciò che m erita
µELct -rijç à:À. T]i)elcxç sono i segni del fiducia (ancora nel senso di 'eme!).
giudizio escatologico. Per Rom. 2,2
a) Veracità, fedeltà. Lo stretto rap-
--7 col. 654.
porto fra questo significato e il pre-
e) Non di rado Ò:À.i]i)Hcx, come e!'t'el, cedente è illustrato da Rom. 3 ,3-7: la
è usato nell'accezione stemperata di pro- à:À.1)i}ELcx di Dio che al v. 7 è contrap-
bità, onestà; così nell'espressione 'ltOLELV posta allo ~Evo-µa. (---7 tliEvÒoç) umano
0:.À.l]1'ELctV (Tob.4,6; 13,6; Io.3,21; llo. (v.4) non è altro che la sua 7tlCJ'tLc; (v.3)
1,6; 1 Clem. 31,2) conforme al rabbi- e fra la 'ltLO"'t'Lç e la à.À. i]i)ELCX di Dio
nico 'abad qustà' (Tg . Hos . 4,1) e nelle sta ancora la sua ÒLXCXLocrvv'f), contrap-
altre analoghe nopEur::cri)a.L Èv ciÀ. l]iht'.q. posta alla ci8txt'.cx dell'uomo (v. 5); al
(3 BcxO". 2,4; Tob. 3,5) o 7tEpL1tct't'ELV yLvfoitw ÒÈ ò -i)Eòç ciÀ.Y)i)l]ç corrisponde
i:.v ciÀ.l]-i)Et'.q. (4 BcxO". 20,3; 2 Io . 4; 3 l' o7twç rJ. v OLX<XLwi)fiç ( v. 4 ). Ciò è
lo. 3 s.): agire onestamente. Perciò nel comprensibile solo in base al concetto
N.T. ciÀ.l]-i)wi può essere contrapposta di emet .. Non diversamente va inteso

28 Cfr. A. ScHLATTER , Die Sprache rmd Sc 11LATTER, Komm . ]oh. 206; ~ coli. 639 ss.
Heimat des vierten Evangelisten (1902) p. 94;
653 (I ,243) rD.Tjfrna (R . Bultmann) (I,244) 654

anche Rom. 15,8: Ù1tÈp -cijç àÀ:rilklcxç Questa accezione presente con ogni evi-
dç •Ò SE~cxLwo-m •à.<; È1tcxyyEÀlcxç -rwv denza in Sap. 6 ,22 ( l71}rrw Ei.ç -rò ɵcpcx-
1tCX't'Épwv. vÈ<; •nv yvwrrtv cxù•f'is [se. i:rjc; rrocplcxç]
xcxl où µ-rì 1ttxpo8e:vo-w -r-riv èlì...1}1JE:Lav) 29
Per l'uso giudaico cfr. Ecclus. 7 ,20;
1 Mach. 7,18 e l'uso di qufta' nei rab- è fondamentale anche per Rom. 1,18:
bini. ... È1tÌ TCii.O"av àrrÈSELCXV xaì. rXOLXLCXV
&.vfrpw1twv -cwv •nv àÀ-fifrrnxv Év à:8t-
b) Sincerità. lealtà è il senso di
xlq. Xtx'tEXOV't'WV. Indubbiamente qui
àÀT)iJELcx in 2 Cor. 7,14 (miv-m Èv
6.),'i]l}rnx potrebbe essere intesa anche
Ò:.À'Y]ildq. V.o:.),T)crcx11e:v Ù~L~v); 11 , 10
come norma divina (~oli. 650 ss .) op-
(nella formula di giuramento fo't'LV
pure come rettitudine ( =Ò~xcx~ocrvvn)
ò:.ÀT)frrnx XpLo--cou Èv Èp.oì. o-cL ). Con lo
(~coll. 651 ss.), ma quando al v. 19 si
stesso signifìcato in 1 Cor. 5,8 tD.T)t}rnx
legge: ÒLO't'L •Ò yvwcr•òv i:ou frEOu cpa-
è connesso con ELf.LxpLVlcx e in Phil.
ve:pév fo·nv È'J aÙ-i;o~<; è evidente che la
1,18 è contrapposta alla 1tp6<pcxO"Lt;. Cfr.
'verità' è proprio la palese realtà di Dio.
Herm. M. 8,9; 5. 9,15 ,2. Sostanzial-
Allo stesso modo va inteso anche Rom.
mente allo stesso modo va intesa la
1,25: iin-fiU,al;cxv -rnv &.ì... niJw:x.v -rov
formula Èv àÀY}i}Elq. (1 Bcxcr. 12,24; tjJ
lJEou Év -rQ ~EVOEL, seppure Ò:.À 1)frELcx
144,18) dove però il significato di àì...1}-
-rou frEov non significa semplicemente
lJELcx è affatto generico e può essere
il vero (ossia reale) Dio in contrapposi-
talvolta precisato con un'endiadi: 1
zione allo ~Eu8oç ossia all'idolo. In que-
Tim . 2,7 (Èv 1tLO"•EL xcxt aÀnfrElq.; lo
sta sfera semantica Èv àÀ nildq. significa
stesso in 1 Clem. 60,4); dr. Év qiéS!{)
effettivamente, come in Iud. 9,15; IEp.
xcxt àÀniJElq., 1 Clem. 19,1; o-•ÈPYEW
33,15; Ign. Eph. 6,2 e Col. 1,6; e
f.v mfo..n &.ì...nfrElq., Pol. 4,2; 1topuErr- 1
cosl pure È1t ciÀnlJdcxc; (Act. 4,27; 10,
lJcxt Év à.ÀniJElq., Herm. M. 3,4 (di-
34) e xa-r'ci).-fifre:Lav (ep.Ar.140), men-
versamente da quanto visto sopra).
tre xa-rà -rl]v à,).-filJwx,v (Rom. 2 ,2) si-
Quest'uso traspare anche da 2 I o. 1 e
gnifica conforme alla verità (opp. TCpo-
3 Io. 1: &.ycxmiv Év à)...nfrElq., dove
crw1toÀY}µ4;lcx v. 11). L'opposizione for-
però si potrebbe ravvisare anche un'eco
mulata in 1 Io. 3,18 (µn àycxTCwµEv)
della formula epistolare <pLÀE~V 1tPÒ<;
My!{) µ118È i;-fl yÀwcrrrn à:ÀÀà (py!{)
&.ì...l]iJELCXV (cfr. P. Fay. 118,26; 119,
xcxt Ò:À11l}dq. è molto comune nel gre-
26 s.).
co profano; si trova p. es. in Thuc .
3. à.À1}frELCX come effettiva e dimo- 2,41; Isoc. 3,33 e così pure in Ios.,
strata realtà di fatto (in senso greco). Ant. 14,68. Anche l'antica espressione

29 Cfr. Ios., Ant. I, 4; Herm. V . 3,3,5.


655 (I,244) cD,r]frwx (R. Bultmann) (I ,244) 656

greca dire, dimostrare la à).-iJiJELa è évòç ·nµlov ·-nµi)v ànò µvfrLxwv nÀa.-
presente tanto nei LXX (2 Chr. 18,15; crµchwv xal noìwapxla.ç. In questo
Prov.8,7; Tob. 7,10 e passim) e in Giu- senso i pii vengono definiti in H en.aeth.
seppe (Ant . 10,124) quanto nel N.T.: 105 ,2 figli delta verità, significato che
Mc. 5,33; Rom. 9,1; 2 Cor. 12,6 e pas- traspare anche in 1 Eo-op. 4,36-40 (---?
sim. In Giovanni all'espressione ÀÉynv col. 651) . Non diversamente va inteso
-ri)v ci).{jfrnav (8,40.45 s.; 16,7) fa ri- 2 Cor. 13,8: où yap ovvcip.dM. 'H x1x-rà.
scontro l'altra analoga p.a.p-rvpELV -rfl Ti'jç cù Y)iÌE!'.a.ç, ci).Àà. VTi:Ep -rijç ciÀ Y)-
àÀ.l]tJEl~ (5,33); in 8,40.45 e in 5,33 i}d.a.c;, dov e èù Tjfrua. signifi cherà la ret-
il lettore accorto avverte però, al di ta dottrina in contra sto con un hEpov
là del significato corrente di ci).{jfrna., <:va.yyÉÀLov (cfr. 11 ,4; Philo, Poster.
anche quello specifico di rivelazione di- C. 1 OI e passim) 31, seppure non si vo-
vina (---?col. 658). glia ravvisare qui il significato 1 a. In
questo senso Paolo può definire sen-
4. à).l)il<:La nel senso di verità Ji
z'altro l'evangelo come la ci"ì..·i}i1rnx che
un'asserzione, veridicità si trova nelr e-
egli manifesta con la sua azione (2 Cor.
spressione pi]µa.-ra CÌÀJ]tJEla.ç (Act. 26,
4 ,2: 'tTI q>a. VEpWO"EL -rfjç ciÀ J]i1Ela.c;, do-
25; cfr. I udith 10,13) e nelle argo-
ve àÀ 1]i7ELa. riprende il concetto, for-
mentazioni parenetiche di Herm. M. 3,
mulato appena prima, di À6yoç -rou
1 ss. È questo anche il significato della
iÌEou. Cfr. i complementi oggetti di
formula greca È7t' ciÀ. J]iÌ<:laç (che nei
<:pa.v<:pouv in 2 Cor. 2,14: -rTiv òo-µi)v
papiri vale spesso conforme a verità) 30
-rf)c; yvwo-Ew<; aù-rov, in Col. 4,3 s.: -rò
in unione a ÀÉy<:LV (Le. 4,25), dn<:i:v
µuo--.-i)pLov -.ou iÌEOV, in T it. 1,3: -.òv
(Mc. 12,32), oLMcrxELV (Mc. 12,14); i.i.
À.Òyov. Nel passo di Ios., Beli. 1,627
questa accezione può anche corrispon-
analogo quanto alla forma: ò6ÀoLç -i)v
dere all'ebraico 'amen (Le. 22,59, dove
ciÀ.'iJilna.v Èmxa.M\jJ<:w, la parola ciÀ'iJ-
i passi paralleli di Mc. 14,70 e Mt. 26,
i}na indica la realtà di fatto. All'e-
73 hanno cih1i7wç); 1 Clem. 23,5; 47,3.
spressione paolina Ù7ta.XOVELV -rQ EÙcx.y-
5. à.}..1)i)ELa. nel senso di retta dot- YEÀlti:J (Rom. 10,16) fanno riscontro 'tTI
trina, vera fede. Allo stesso modo che ciÀ.J]iÌElq.( µi) )ndD<:criJa.L (Gal. 5,7) e la
in Dan. 8 ,12 'emet indica antonomasti- definizione della fede cristiana come
camente la vera fede, ossia la religione \mcx.xci) -.f)ç àÀ l]i)Ela.ç data in 1 P etr.
ebraica, cosl in Filone (Spec. Leg. IV 1,22. La predicazione dell'evangelo può
178) il proselito è presentato come e
essere defìni ta À6yoç ciÀ. l]i)Ela.ç ( 2 or.
µE"t'CX.'\ICX.O"'tCXc; ei.ç ciÀ.'iJi}rnxv xcx.t "t'i)V 'tOU 6,7; Col. 1,5; Eph. 1,13 e passim); di-

30 PRE1s1GKE, Wort. 31 Cfr. WINDISCH a.I.


657 (J,245) à:);i}frna (R. Bultmann) (l,245) 658

ventare cristiano significa dc; btl-y\lwaw di dogma e la ' verità ' assume una ca-
ci).YJi)Ela.c; ÈÀ.i)i::i:v (1 Tim. 2,4; 2 Tim. ratterizzazione giuridica 33 .
3,7; cfr. 1 Tim. 4,3; Heb. 10,26; 2 Io.
1). In 2 Thess. 2,10-12 la ciÀ:rii}Eta. è 6. ciÀ 'i)frna. come autentico essere,
la rivelazione cristiana contrapposta a realtà divina, rivelazione (uso giovan-
quella dell'anticristo, definita !J;Euooc; e neo). Questa accezione radicata nel dua-
6.ot:da. 12 • In 1 Tim. 3,15 la hxÀYJO"La. lismo ellenistico (~ B) determina so-
è caratterizzata come crrvÀ.oc; xa.~ èòpa..l- stanzialmente l'uso di aÀ.'i)Vrnx nella
wµa. "tYJS aÀ YJi)Ela.c;; in 2 P etr. 1,12 lettera agi i Ebrei ( ~ col. 6 72) e su di
ciÀ'iji)Eta. indica antonomasticamente il esso si fonda poi l'uso giovanneo che
cristianesimo. è però in complesso nettamente e alta-
Difficile da precisare è il valore della mente personale. Negli scritti giovan-
espressione ciÀ 'iji)Eta. È\I no:ppYJ<rlq., che nei à.À r']i)csw indica la sfera del divino
nell' enumerazione retorica dei owpa. in quanto 1) è contrapposta alla sfera
-roù fre:ov di 1 Clem. 35,2 è accostata a demoniaca di cui è prigioniero l'uomo
1tlO""ttc; Èv 1ttnotfr'i)c;n; il senso sembra in seguito al peccato, 2) manifesta se
comunque la vera fede che noi posse- stessa ossia è anche rivelazione. In que-
diamo con fiducia (è probabile che in sto Giovanni collima con il dualismo
modo non diverso vada intesa l'espres- ellenistico-gnostico, ma se ne distacca
sione in un'analoga enumerazione dei per il fatto che egli non concepisce il
doni divini che si legge in Act. Io. 109 dualismo fra ci).'iji)na.. e !J;Euooc; (fra il
p. 208,3 ). ciÀ:i1i)na.. indica poi la dot- principio divino e quello demoniaco)
trina vera, ortodossa, in opposizione a in senso cosmologico pur esprimendolo
quelle false: 1 Tim. 6,5; 2 Tim. 2,18; talvolta in forma mitica (Io. 8,44), anzi
3,8; 4,4; Tit. 1,14 e forse anche Ign., non intende nemmeno àÀ 'ijì}e:to: e ~e:v­
Eph. 6,2; Poi. 7,3. Anche alla base di ooc; come realtà sostanziali, ma soltan-
questa accezione sta il concetto di }emet to come pure possibilità dell'esisten-
(cfr. Gal. 5,7; 1 Petr. 1,22); come la za umana. Analogamente la rivelazione
nozione di ~ 1tl1ntc; presuppone quel- è una parola che si ascolta ossia è an-
la di obbedienza, cod il concetto di ch'essa una possibilità offerta all'uomo.
ci). 'iji)no: come dottrina certa e ortodos- Questi, con la ribellione a Dio e col
sa presuppone un'autorità riconosciuta. peccato, si è precluso l' àÀ. Tji}rnx. e non
In tal modo si apre la via al concetto può certo riconquistarla di sua inizia-

32 L'espressione di 2 Thess. 2,10: '!TJV a.ya.- la realtà di fatto, mentre l'antitesi fra !Ì.ÀTJ-
'7tTJV '!Tjç aÀ:fjftElac; trova un riscontro for- ftELa e T]oov'fi è tradizionalmente greca. In
male in Ios., Ap. II, 296; Beli. I, 30: àyamiv Bell. II, 141 aì..i]frELa. significa inveèe lealtà.
'tlJV aÀ:{Ji'JUa.V, dove però tiÀ:rjì}ELa. indica 33 Cfr. v. SoDEN 23-26.
659 (1,246) à.À.r']VELc.t (R. Bultmann) (1,246) 660

tiva e con le sue forze; lo può soltanto ~Euooç, Èx '"t"wv


tolwv À.o:À.Ei:, il senso
se accetta la rivelazione che gli viene immediato di ~Evooç è quello di men-
gratuitamente dall'alto rinunciando al- zogna, discorso falso; ma dal contesto
1' orgogliosa affermazione del suo io. risulta chiaramente che 1) 1'appartenen-
Non dunque attraverso un addottrina- za tanto al divino quanto al demoniaco
mento razionale o esoterico e nemmeno si manifesta praticamente nelle parole,
attraverso un allenamento delle facoltà 2) che essa si concreta in un determi-
psichiche l'uomo può conoscere e pos- nato comportamento, oppure inversa-
sedere la à.)._ Yifrno:, ma soltanto con la mente che qualunque atteggiamento
umiltà della fede 14 . della persona rientra o nella sfera del
Una particolarità dell'uso giovanneo divino o in quella diabolica. Analoga-
di cfÀ, Yifrrnx è che nei singoli casi la pa- mente la nuova condizione umana de-
rola racchiude quasi tutti i significati e terminata dalla rivelazione divina è de-
le sfumature semantiche acquisite nel- finita in Io. 1,18; 2,4 dall'espressione
la sua storia, in modo però che uno « l' CÌÀ.1)frna: è (oppure non è) in ... »,
fra essi risulti particolarmente accen- dalla quale si ricava che questo nuovo
tuato. Così dalle parole di 8,44 desunte modo di essere si manifesta nel con-
dal linguaggio della mitologia gnostica: creto comportamento dell'uomo.
ÈxEi:voç (il diavolo) àvfrpwnox1:"6voç l]v In tal modo la parola &.À. Yifrno: può
à1t' àpx'f1ç, xo:ì. Èv "TI ò:.À. '!ìfrd~ oùx acquistare negli scritti giovannei una
Ecr'"t"T)XEV, éhL où:x: fo·nv àÀ-fifrno: Èv singolare duplicità di significato: quan-
a:ù-i;Q, balza evidente l'antitesi fra la do Gesù dice la &.À:rifrwx si può inten-
sfera divina e quella demoniaca, ma dere quest'espressione tanto nel senso
risulta anche indirettamente che l'&.À.ij- comune e formale di dire la verità
frnr è fonte di vita, mentre tutto ciò quanto in quello specifico di annunzia-
che non proviene da essa è fonte di re oralmente la rivelazione (8,40.45;
morte; risulta pure che l' ò:.).{ii}ELO: si dr. v. 46 dove il termine antitetico
manifesta come energia determinanre ~EuOoç è sostituito dal più generico
il comportamento della persona. Nelie ctµ(Xprçlo:, e specialmente il v. 4 7 dove
parole che seguono: èho:v À.o:À. n 'tÒ il concetto di àÀ. T]frELa: è sostituito da

34 Forse in questo caso l'uso di à.À. r']1'rnx. STRACK - BrLLERBECK II p. 361 a Io. 1,14; ~
acquista un particolare significato per il fatto col. 639); ma i suoi predicati sono evidente·
che essa in quanto rivelazione recata da Gesù mente analoghi alle determinazioni giovannee
è concepita da Giovanni come l'antitesi della dell'à.À:{j1'wx: la Torà dona la vita (STRACK-
Torà. f: vero che questa non è mai identifi- BrLLERBECK III 129 ss. a Rom. 3,1 s.); essa
cata, per quanto mi consta, con la qu'f(ii è paragonabile alla luce (STRACK-BILLERBECK
(soltanto nell'esegesi veterotestamentaria la II 357 a Io. 1,4); rende liberi (STRACK-BIL -
'emet divina viene applicata alla Torà, cfr. LERBECK Il 522 S. a fo. 8,32).
(i6l (l,247) àh'1 i}w.t (R. Bulrmann) (1 ,247) 662

-rà p1)µcna. -rov 1'EOv ). La medesima biettiva, ma soltanto la conoscenza del-


duplicità di significato si ritrova nella la rivelazione, allo stesso modo che
affermazione relativa al Battista: p.E- ÈÀEVìJEplcx. non è l' umana libertà di
µa.p'tUPlJXEV Èv <Ì.À.Y)ìJElq (5,33) 35 e in coscienza, ma la libertà dal peccato
18,.37: Èyw ... Etc; •ov•o D.1)À.vfrcx. dc; (dr. 8,34). Lo stesso è il signifìcato
-ròv x6crµov, tvcx. itcx.p-rupi}crw -rfl à.À. Y)- di Io . 17,17.19: &:ylcx.crov m'.rrovç Èv
frElq, dove il concetto di à.À -fil}ncx. risul- -rfi ciÀY]iÌEi'.q· ò Àéyoç ò cr6ç (ossia il
ta particolarmente accentuato dalla do- messaggio affidato dal Padre a Gesù)
manda di Pilato, mentre le parole che ciÀ.i'JDwi (ossia rivelazione) Èv-rLv ...
seguono confermano che la à.À'i]frua. in tvcx. WO"LV xa.l whol i)yLcx.O"~dvoL Èv
quanto rivelazione del divino non può à.À Y]lJElq (ossia sottratti al ' mondo '
essere afferrata da chiunque in virtù attraverso la rivelazione). Ma che la ri-
di un libero atto conoscitivo umano, velazione non sia un sistema di prin-
ma soltanto da chi è già inserito nelLl cìpi o concetti né una dott~ina cosmo-
vita divina : mie; ò wv Èx -rfiç à.À.nlMa.ç logica o soteriologica, bemì un appello
à.xouu µov -rfjç cpwvfiç 36 • che si realizza in un concreto e perso-
La à.À i}lJucx. in quanto rivelazione è nale incontro, è dimostrato dal fatto
oggetto di yLVwO"xELv (Io . 8,.32; 2 lo. che essa è inscindibile dalla persona e
1) e di dòtvcx.L ( 1 Io. 2 ,21 ). La cono- dall'opera di Gesù (17,17-19): egli reca
scenza e l'accettazione della ' verità ' la ÙÀ TifrELCX. non come semplice comu-
rivelata trasformano Ja stessa struttura nicazione verbale, ma ' santifìcando per
interiore dell'uomo . Ciò risulta soprat- essa ' e può quindi dire: Èyw EÌ.µL ti
tutto da Io. 8,32: yvwO"EO"l)E -rTiv à.À1]- òòòç xct.l ti à.À.1]lJELCX. xa.L li ~w1] (14,6).
1)ELa.v xcx.t li à,).,1Ji)wx ÈÀEVilEpWO"EL uµéiç La rivelazione non è quindi mezzo per
dove sarebbe un grossolano errore in- un fine, ma è insieme strada e fine
tendere à.ÀT}lJELCX. in senso formale, os- (sw1i ); è insomma un'operazione divi-
sia come verità di fatto (come è invece na . Questa sua caratteristica essenziale
il significato in los., Ant. 1.3,291: è adombrata anche in 1,14.17, dove la
yvwvm -r!iv à.À-filJELcx.v, dr. Ant. 2,60) OO~CX. del µovoyEvi'Jç è definita come
in quanto la parola non indica eviden- 7rÀ.1)pY)ç XrXPL't'Oç XCX.L ciÀ.Y]i)Ela.ç, ossia
temente una qualunque conoscenza ob- come dispensatrice della stessa vita

35 Significativa è la differenza fra quest0 differenza da Ios., Ant. VIII, 33: Salomone
passo e Ios ., Vi/ 367: -i:ì-Jv à:f-:i)1'rnxv ȵap- Èmyvovc; -i:àc; ÈxcnÉpwv cpwvàc; (3 Bc:tO' 3,26)
-rupE~, dove ciÀ:11l)wx indica evidentemente la cir.6 -i:ijc; ci).. T}1'Elac; yEyEvT]µÉvac; = avendo
'verità' formale; dr. Ant. IV, 219: -i:à).T)l)Tj riconosciuto che le affermazioni erano confor-
1iao-i:vpljc;cu. mi alla effettiva realtà .
.% Anche in questo caso è istruttiva la
663 (1,247) à.ì. . ljì)rnx (R. Bultmann) (I,248) 664

divina 31 • CÌ.À.'fJi}Eta.v néicra:v (16,13) è chiaro che


In questo senso va inteso anche l'in- Giovanni intende sempre la ' verità '
vito a npocrxvvEi:v Èv 7tvEvµa:n xcd divina come l'energia salvifica della ri-
àÀ:riiMq. ( 4,23 s.), tenendo presente velazione; per lui infatti la funzione
che in Giovanni 'lWEÙµa. indica, come del na:pcix). T)'toç in quanto nvEùµa: 'tijç
à)..,1Ji}ELa., la sfera del divino in con- à).. TJi)Ela.c:; è quella di continuate la ri-
trapposizione all'umano (cf r. 3 ,6-8). La velazione nella comunità; per questo
frase non significa quindi che la retta in 1 Io 5,6 il 7tVEÙ[..lU 'che reca testi-
adorazione deve essere un fatto inte- monianza ' può essere identificato sen-
riore fondato su una conoscenza di Dio z'altro con la à):i1i)aa. . Analogamente
' vera ', cioè purificata <la scorie antro- in 1 Io. 4 ,6 si parla <lel TC\JEÙ~La: 'tfjç
pomorfiche, bensì che essa è radicata à).. ni)Ela.c:; in contrapposizione al 7t\JEÙ-
nella partecipazione alla vita stessa di µa: 'tijç TIÀ<ivT]ç , mentre ancora una
Dio (nvEùµa.) e nella rivebzione (à.À.1J- volta il comportamento pratico, ossia
i}aa:) e quindi in ultima analisi in l'ascolto o meno del messaggio aposto-
Gesù che attua la rivelazione (v. 25 s.) lico, è presentato come il criterio per
ed è l'unico tramite fra l'uomo e Dio distinguere chi appartiene a Dio da chi
(1,18; 14,6). L'espressione 7tVEÙµa: 'tllc:; appartiene al maligno. Perciò l' ciÀ. l]-
à.À.ni}Ela.ç - con cui in 14,17; 15,26; lJEm in quanto viene annunziata può
16,13 viene designato il Paraclito pro- significare la retta dottrina e il \jJEùooc:;
messo da Gesù prima di lasciare i quella falsa {1 Io. 2,21 ), mentre ~Eu­
suoi 38 - è indubbiamente l'i':lterpreta- OEo-l7a.t in 1 I o l ,6 (come risulta dal
zione giovannea del concetto tradizio- contrasto con 'ltOLEL v 'tijv Ò'.À.1Ji}wx.v)
nale del 'ltVEÙµcx. &ytov ( cosl si esprime indica una particolare condotta di vi-
anche Giovanni in 14, 16) elargito alla ta (~ col. 65 l ), allo stesso modo che
comunità {cfr. specialmente Mc. 13,11; in 3 I o. 3 Ò'.À. l]i)ELa. designa la condotta
Act. 1,8 ). Il senso primo di 'lt\IEÙµa. di vita determinata dalla rivelazione.
-rfiç ciÀ:rii}Ela.ç è Spirito di Dio; tanto Essendo la ' verità ' la stessa energia
&ytov quanto ci)..1Ji}na. sono infatti at- vitale della comunità cristiana, in 3 Io.
tributi della divinità (cfr. 17,17-19; 12 la testimonianza resa ùnò naV'tWV
~ col. 662). Ma quando si legge che può essere definita testimonianza ùnò
lo Spirito: oony'iicrn ùµéi.ç EÌ.ç 'tTJV mhf]ç 'tijç aÀ T)i)Ela.ç, essendo la rive-

37 Che 1,14 contenga un'allusione a ~esed Giovanni.


we'emet (Ex. 34,6) è possibile, ma secondo 38 Tutt'altra cosa è il 1tVEvµa -tliç cl.À.TJ-
me improbabile per due motivi: 1) Ex.34,6 è ~Elaç di Herm . M 3,4, dove il 7tVEVl11X è con-
tradotto dai LXX con 7tOÀ.uD.Eoç xext d.ì..nfr~­ cepito animisticamente e à.ì.. n~nex significa
véç; 2) sempre nello stesso passo 'mt ha il veracità.
significato di ' fedeltà ', che manca invece in
665 (l,248) à:),11itrnx ( I\. flultmann) (I,249) 666

lazione la forza vitale della comunità, vo sia quello trattato al n. 6.


e sempre per qui::sto motivo la comu- b. Per designare la giustizia giudi-
nità può dire di ' collaborare con la ziaria di Dio il N.T. usa CÌ.À.TJflLvoç
verità ' col suo concreto comportamen- (-7 coll. 668 ss. ).
to cristiano: LVa C1UVEpyoÌ. YLVWµdJct c. In Phil. 4,8 à.À11i'}-fiç andrà inteso
39
TD àÀ11Gdq: (3 lo. 8) . Questa parte- nel senso di retto, probo: O(ja. È(j'tLV
cipazione vitale alla à.ì,l]i:tELct è il vin- cD.l]iJf'j, ocra. C1Eµv6:, O(ja. òi'.xaLct ...
colo cl1e stringe in unità i credenti e
perciò l'autore di 2 Io. (usando una 2. a. à.À. T]i')l]ç, fedele, fidato: Rom.
formula epistolare -7col. 653) può de- 3,4 (-7 coli. 652 s.). Secondo .1 Clem.
scrivere i suoi lettori così: ouç Èyw 45,2 le ypa.q.iai'. sono à.À.i]Ò"Ei:ç. Cfr . Neh.
ciyam7J ÈV aÀ:r)Ò"ELq:, xaÌ. OÙX Èyw µo- 7,2; Prov. 22,21.
VOç à.ÀÀà xaL nO:V'tEç ot ÈyV!.ùXO'tEç b. sincero, leale: Mc. 12.14: oi'.oa-
.-Y)v à.À.Y1i1wxv, Òtà .-Tjv à.ì..l]l1wxv 'tTJV µEv O'tL à.À. ni:tnc; EL xa.1. où µÉÀ.EL C10L
µÉ.voucrcxv Èv 1)µi:v, xa1. ~1d7'-i]µwv fo.-aL 7tEp1. OUÒEvoc;; 2 Cor. 6,8: wç 7tÀ.iivoL
EÌ.ç .-òv alwva e può salutarli Èv ciÀ11- xa.1. à.À.TJiJEi:ç; Io. 3,33: Ècrq.ipciyL(jEV o'tL
iJdq: xa1. ciyO:nn (2 Io. 1-3 ). ò i')Eòç à.À. T]iJ·~ç fo.-w (-7 sotto n. 6);
cfr. 7,18; 8,26. Inoltre Did. 15,1; Po-
lyc. 1,1 (à).·qlJ-~ç àya7tlJ). Così pure
Ios., Ant. 13,191 (\mò ... yvwµ11ç à.À.TJ-
itouç).
1. a. à.À T]fll]ç significa valido, con-
sistente in 1 Petr. 5,12: .-a.v'tl]V dva.L 3. à.À. l]i')-i]ç, effettivo, reale: Act.
àÀ. T]flrj x&pw -rov flEov, dç fiv <nrj'tE 12,9: oùx uòe:L O'tL Ò.À.T]Mç fo.-Lv 'tÒ
(cfr. Is. 43,9). Come attributo divino yw6µEvov; lo. 10,41; 1 Io . 2,27 (con-
in questo senso è usato quasi sempre trario di lf;t:uòoç); cfr. Ios., Bell. l,254
aÀ. T]flw6ç (--Koll. 668 ss. ), ma talvolta (opposto 7tp6cpa(jLç). In questo senso
anche àÀT]fll)ç, Ios., Ant.8,337.343; 10. va inteso À.É.ywJ ciÀ.11flÉç di Io. 4,18;
263 (µ6vov a.ù.-òv Etva.L ... àÀ.T]i')rj xa.1. 19,35; 1 Io. 2,27; cfr. Ios., Ant.8,404
.-ò 7t6:v.-wv xpO:.-oç exov.-a); Sib. 5, e passim. L'avverbio ciÀ.T]i')wç, effetti-
499; fr. 1,1 O. Non si può tuttavia vamente si trova in Mc. 14,70; Mt. 26,
escludere che il significato dell'aggetti- 73 e passim.; 1 Io. 2,8: 7tciÀ.w Èv.-o-

39 Perciò Papia (in Eus ., Hist. Ecci. III invece il significato formale di effettivo stato
39 ,4) afferma di voler seguire coloro che tra- di cose. Puramente formale è anche il riscon-
mandano -çCÌç mx.pà -çov xuplou -çfi 1tlcr-rn tro che può essere offerto da Ios., Ant. 16,
odioµÉvaç xcd 1hc'a.uTi'jç 1ta.pa.yLVoµÉvaç -r-i'jç 246: -rov µÈv im'a.u"tljç 't-i'jc; à).TJl}Ela.c; civa.l-
CÌ.ÀT]frElac; (Év-roM.c;). In Demosth. 59,15, ci- -rLov (colui che è risultato innocente alla pro-
tato dal WrNDISCH (nello Handbuch zum va dei fatti) e Ap. 2,287: '"t"OÙç ... 1tpÒç au-rTjv
N.T.) come parallelo di 3 Io. 12 ci1i)DtLa ha civmowc; '"t"'Ì]V &.1i)DEL(IV 1tE(j>LÀOVELXT)XO't(lç.
667 (I,249) cH:1'Jì}wx (R. Bu!tmann) (J ,250) 668

o
À:i)'v xcuvi}v ypcicpw ùµt:v, fo·nv àÀT]- ò 7tht..J;a.ç p.E à.ÀTJi)-fic; fo-nv oltre al si-
l)Èç Èv a.ù-rQ xa.1. Èv ùµi:v, può essere gnificat0 ovvio (' egli è nrace ') sta
inteso: che è effettivamente nuovo op- quello specifico: egli è l'( unico ) essere
pure - come suggeriscono le parole se- reale e la fo nte della rivelazione; ciò
guenti - che è realtà (=si è verificato). è confermato anche dall 'espress ione pa-
rallela di 7 ,28: àÀ.):fo-nv à).l)lJLvÒc; é
4. àÀ:riih'Jç può indicare la ' verità '
7t~[H~a.c; ~tE (~ co!l. 670 s.; 673). Men-
di un'affermazione: Tit. 1,13; Io. 5,31
tre in 8 ,13 à.À l]1~1]c;, riferito a µa.p-rv-
e passim; 3 Io . 12 (detto della µa.p-rn-
pt'.a. , ha il consue to signifìcato formale
pla., dr. Ios., Ant. 4 ,219); 2 Petr. 2,22
(~sopra n . 3) al v. 14 la stessa fra se
(mxpotitt'.a.). Cfr. D an. 10,1; Herm. iV1.
in bocca a G esù significa invece: la mia
3,3; 11 ,3 (p1Jrw.-ra.). Lo stesso uso si
testimonianza è rivelazione; diversa-
riscontra nei papiri 40 •
mente non avrebbe senso la moti vazio-
5. àÀ:rii)-~ç come attributo della ne: o-rt ol:oa. r.éiJEv fi),i}ov xa.ì. r.ov
retta dottrina non è attestato nel N.T. ùr.ciyc.ù.

6. à.À.T]lJTjç, autentico, proprio (det- Che in questi casi Giovanni ripren-


to della divinità) : Io. 6,55 : 1) c;cip!; da , modificandolo caratteristicamente,
µov à.À.l)ltY)c; (var. à.Àl)lJwç) fo·nv ~pw­ un uso ellenistico è dimostrato da passi
paralleli come Philo, Leg. All. II 9 3:
cnç, che difficilmente può essere inteso
tva. ... ~lian -ròv àÀTJlJfi ~lov; Leg. Gai
nell'accezione di cui al n. 3. Anche in 34 7 : dç "tÒV ov-rwc; OV't'CX. à.À l)i}fi ih6v 41 •
Io 3,33 questo significato si accompa- Cfr. ancora Mart. Petr. 8 p. 92,10 ss.:
gna a quello ovvio: il credente facen- 7ta.v-còç a.l.c;DT]-rT]plov xwplCia.'t'E -t<Ìç
do atto di assenso alla veridicità divina fo..v-rwv l(ivxciç, 7ta.v-ròç cpa.woµÉvov µ1')
conferma insieme che Dio attua la ri- ov-roc; à.Àl)lJovc;; Corp Herm. XIII 6:
1' à.ÀTJMc; è &_,..wµa.-rov; Stob., Ecl. I
velazione. Così pure Io. 7,18: ò OÈ
275,18: oùCÈv Èv c;wµa.-rL à.Àl)i}Éc;, È.v
~11"t'WV "tTJV o6ça.v 'tOÙ 7tɵlJ;a:v-roc; a.Ù- &.c;wµci-re& 't'Ò miv à.iJ,irnoÉc;.
"t'Òv à.Àl)MJc; Ècnw, non significa soltan-
to che egli dice, da uomo verace, cose
reali (~ sopra n . 3), ma anche è radi-
cato nella à.À ljlJna. e attua la rivelazio- 1. à.ÀT]i}tv6ç è usato spesso come
ne, ossia in ultima analisi appartiene al- sinonimo di à.À l)lJ1]c;, talvolta nel signi-
la sfera del divino, come dimostrano le ficato di sincero, come in Heb. 10,22:
parole che seguono: :xa.1. àot:xla. Év µE't'l'Ì. l'Ì.À T]ltwfic; xa.pòlac;, e di probo,
o:ù-rQ oùx fo-rw. Anche in Io. 8,26: come in Herm. V. 3, 7, 1: -ci}v òoòv

40 Cfr. PREISIGKE, wart. s.v. 41 Per Ios. Ant.,8,337; 10,263 ; Sib. s. 499;
fr. 1,10 ~ coli. 665 s.
669 (J,250) cih'1i}rnx (R . Bultmann) (l ,250) 670

cxtrrwv -r-Tiv à.À:riihvi]v. Detto di una à.ÀT)i}LVòc; 1JE6ç (Hcrm. M. 3,1 come at-
affermazione à.À 'Y}l}LV6c; significa anzi- tributo del xvpt.oc;), con un significato
tutto vero, esatto, come in Io. 4 ,3 7 che oscilla tra sicuro, verace e giusto; cfr.
(À6yoc;) 42 ; 19,35 (µcxp-rupla.); cfr. Dan. le espressioni parallele di 1 EO'Op. 8,86:
10,1 (À6yoc;). È questo il significato xvpLE ... à.ÀriiJwòç EI e 2 Esd. 9,15:
primo dell'aggettivo anche in Io. 8,16: xvpl.E ... 8lxcx1.oc; crv; cfr. Ios., Ant. 11,
Ti xplcn.c; ( = giudizio) Ti È!l1Ì CÌ.ÀTJiÌLVTJ 5 5: Dio è Ò:ÀT)ltw6c; e 8lxmoc;. Diverso
(var. liÀT]i}-fiç) fo··nv; mentre al v. 17 da qu es to è l'uso di ò:Àriihv6c; per in-
si legge nella stessa accezione li,),:r)l}~ç, di care l'effetti va realtà di Dio in con-
proprio come in Soph., Oed. Tyr. 501: tra sto con la irrealtà degli dèi pagani.
xpl<nc; ovx fo-rLV 1i),111J-rlc; = non è un Ma anche questo uso non esula dalla
giudizio valido. Si ha un'endiadi in sfera semantica di 'emet; cfr. Is. 65,16
Apoc. 21,5; 22,6 , dove i À6yo1. d ella (dove l'ori ginale ha be'lohé 'mn ); 3
rivelazione vengono definiti mO'-roì. xaì. .Mach. 6,18; Philo, Spcc. Leg. 1,332
liÀ.T]lJLVol, fidati e sicuri. In questo sen- ( ò:yvoou\1-cEc; -còv E\ia. xaL ò:h1ihvò\I -IJE-
so si può intendere anche Apoc. 19 ,9: òv noÀÀoùc; \)JEUOwvvµouç ò:va.7tÀth-cov-
ov-roL ot ÀéyoL à.Àn!h vol [ -cou iÌEOu?] -rEc; ); Leg. Gai 366 (dove abbiamo la
ELO'LV, sebbene sia molto meglio inter- stessa contrapposizione); Sib. fr. 1,20;
pretare: queste sono veramente parole 3,46. Nello stesso senso va inteso 1
di Dio. Il significato di à.f..111JLV6c; ripro- T hess. 1,9: 7twç ÈnEcr-rpÉ'1;cx-rE 7tpÒc; -cÒ\I
duce esattamente quello di 'eme! in i'.tEÒV ànò -CW\I ELOWÀWV oouÀEVEL\I 1JE0
Apoc. 15,3; 16,7; 19,2, dove le òool swv-c~ XCX.L Ò:Àl]lJLvQ, 1 Clem. 43, 6:
di Dio (ossia il suo governo) e le sue dc; -cò oo!;cwMjvm -cò ovoµa. -cou à.f...11-
xplO'ELç vengono definite lif..11i}wcxl e lJL\lou xa.l µ6vou lJEou. Nell'Apocalisse
olxcxLCXl., cfr. tli 18,10; Tob. 3,2.5; Dan . l'attributo di à.Àl)thv6ç è riferito ora a
3,27 (0), dove &.f..111Jw6c; è attributo di Dio (6,10), ora a Cristo (3,7.14; 19.
xplauc; e xplµa.-ca. (per i paralleli rab- 11). Anche Io. 7,28; 17,3; 1 Io. 5,20
binici ~ à.À-rli}ELa. col. 640). si riallacciano a quest'uso, che non è
sconosciuto nemmeno ai papiri cristia-
2 . Sostanzialmente nell'ambito di ni 43 • Ma un uso di à.f..rii'.tw6ç nel senso
'emet rientra l'uso di à.f..rii}1.v6c; come di autentico in riferimento alla divinità
attributo di Dio negli scritti giudaico- non è estraneo neppure al greco extra-
cristiani: Ex. 34,6; 2 Chr. 15,3; tli 85, biblico; cosl gli Ateniesi salutano De-
15; Mart. Po!. 14,2: o &.tJirn81)c; xa.ì. metrio Poliorcete wc; d11 µ6voc; lJEòç

42 I paralleli classici di Io. 4,37 hanno ÀClLÒ<; ')'tXp Àéyoç à:ÀT}ftTJ<; W\I.
à.À1]1'Éç: Soph., Ai. 664: éJ.)...)...' fo't'' aÀT}ili)ç Ti 43 Cfr. PREISIGKE, Wort. s.v.
f3po't'w\I 1tClPOLµla; Plat., Leg. 6,757 a: 1tCl·
671 (I,251) à."ì.:1'Ji}wx (R. Bu!tmann) (l,25 1) 672

à.À:r)Ìhvoç, ot o' f.i.)..).,OL Xct.lJEUOOUITL\I 11 qifrap-roç, d µ'ÌJ Ò lJEÒ<; È!.L7tVEUOHEV


à.TIOÒ"f)µou!TLV 11 ovx diTLV (Athen. 6, mh~ MvaµLv àh1i1wfjç swfiç· "rO"rE
62; cfr. 63, p. 253 c. e.). In questo yà.p ylvE-rm ... dç voe:pà.v xa.1. ~wCJ'av
ov-rwç ( ~UXYJV ), Dio infatti si è de-
caso l'uso semitico è assai vicino a
gnato di corroborare ed elevare il vovc;
quello greco di &.À:r1i1w6ç. All'uso di
col lJEfov 7tVe:uµa. Vit . Mos. I 289:
'emet si rifà evidentemente Le. 16,11: (jl"f)O'iv O avlJpW7tOç O àÀ.l)frLVWç opWV,
d ouv Èv -r0 à.8lx~ µa.µwvq. (=bi- fo't"Lç Xct.V"U7tVOV ÈVapyfj q>ct.V"rct.O'Lct.V
m'mon haHcqcr) Tiw-roL oux ÈyÉvwfre:, dòe: ìlrnv 't"o~ç -rfic, ~vxl)ç àxoq drrnLç
-rò ciÀ.rilhvòv ('et hà'amittl) 44
-rlç ùµLv op.µacnv. Nello stesso se nso Plotino
T.LIT"rEUITEL; (cfr. Philo, Fug. 17; Praem . (Enn . 6 ,9,9: II 252 ,7 Volkmann) par-
la della cXÀ"f)frLVYJ sw-fi e Corp. Herm.
Poen . 104 ). Qualcosa di simile si dica
I, 30 della àÀ"f)ltw'JÌ opam,c,, men tre in
di àÀY}ìlLvoç, quando ·è usato come at- Corp. Herm. XIII 2 la rinascita è de-
tributo dcl 7tpoqiiJ-rriç e del ÒLò<icrxaÀoç fìnita àÀ.riìhvòv àya.Mv . Così. nel lin-
in Did. 11,11; 13,1 s., dove però si guaggio della magia CÌÀ"f)i}Lvoç sig nifìca
sarebbe già tentati di tradurre auten- autentico, in quanto dotato di vero
tico. Il significato greco di à.À rii1w6ç potere incantatorio. Cfr. Preisendanz,
Z aub. VII (Londra) col. XIX 634 ss. :
è determinato esattamente da Origene
TIÉW\Jov µoL 't"Òv àÀ"f)ÌÌL vÒv 'AITxÀrimòv
(in Io. II 6,48): 7tpÒç àv·nÒLacr-roÀl]v
0LXf1. "rLVÒç àV't"LlJÉOU 7tÀ.avoÒalµovoç,
ITXLéiç xaL -ru7tou xa1. dx6voç; cfr. P. VIII (Londra) 20.46 : otM !Tov xa.1. -rà.
Oxy. 645,108: aya.Àµa xucivou &.kr1- ~ap~a.pLxrl òv6µa-ra ... -rò ÒÈ àÀ. T]lJLVÒv
i1Lvov, 'una statua di autentico lapi- ovoµci crov.
slazzuli '. In questo senso i LXX tra-
ducono in Ier. 2,21 àÀ11i1wi) èi.µm:Àoç. Quest'accezione dell'aggettivo è pre-
sente in Heb . 8,2, dove il tabernacolo
3. Nell'ellenismo ciÀ11i1Lv6ç è usato celeste è contrapposto come àÀ."f)i}LvlJ
o come attributo della divinità nel sen- O"X"f)VlJ a quello terrestre e così pure in
so specifìco di unico realmente esisten- 9,24, dove gli elementi del culto ter-
te, eterno, oppure per esprimere il ca- restre sono presentati come àv't"l-ru7ta.
rattere trascendente che le stesse cose -.wv ciÀ"f)vWwv 45 • In Act. Thom. 88
umane possono assumere tramite la ri- p. 203,15 le nozze celesti sono definite
velazione e il contatto col divino. ciÀ"f)lJLVl] xoLVwvla. 46 • In Giovanni àÀ"f)-
Cfr. Philo, Leg. Al!. 1,32 s.: ò oÈ i1w6ç presenta quella caratteristica du-
vovç oihoç "(EWOl)ç fo-r1. -r(i'> OV"rL xa.1. plicità di signifìcato che abbiamo riscon-

44 Così FRz. DELITZSCH, N.T. ebraico, a.l. l'Handbuch zum N.T.) e in Plotino (Enn. I
45 La definizione della realtà terrestre co- 6,8 [I 94,24 ss. Volckm.]).
me crx~ci (Hebr. 8,5; 10,1) contrapposta al- 46 Cfr. 12 p. 118, 7 s.: "tÒv yciµov "tÒV
i' aÀ.l]ÌlLv6v si ritrova in Filone (DIBELIUS a aq>i}cxp"'t'OV Xrl.L aÀ'T]i}WOV.
Col. 2,17; WrNDISCH a Hebr. 8,5; 10,1 nel-
673 (I,251) à.).).. ci.crcrtù ( Fr. Bi.ichsel) (I ,252) 674

trato nell 'uso di cH:r'Ji}rnx. Cosl in Io . significa che Dio attua la rivelazione.
4,33 (ot ciÀ.l)l>LVoÌ. 7tpOO"XUVl)"t'a.l), l'ag- Allo stesso modo la xpluLç di Gesù è
gettivo mantien e indubbiamente il si- àÀ.nitLv'f) (Io . 8 ,16) non solo p erché
gnifica to formale di vero, schietto, ma vera o verace, ma perché assoluta e
adombra anche il fatto che i ' veri ' definitiva, oss ia in quanto co incide con
adoratori sono tali perché inseriti nel- il giudizio implicito nel fatto stesso
l'cì.À.'f)l>na. attr averso la rivelazione. Al- della rivelaz ione.
lo stesso mod o n elle d efinizio ni meta-
foriche di G esù co me cpwç cD. l)lìLV6v t ci), Y}lJEvW
(1 ,9 ) e airnEÀoç tXÀ.l)tlLV'f) (15 ,1) l 'ag-
gettivo oltre all 'accez ione prima e ovvia In G al. 4 ,16: wO"-rs Èxi}pòç ùp.wv
di vero, autentico racchiude il signifi- yf.yova à.),l}i}Evwv uµ~v, il verbo va
cato spec ifico di auten tico = divino, in inteso probabilmente nell 'accezione gre-
contrapposizio ne alla realtà umana e ca originaria , presen te però anche in
terrestre e più precisamente in quanto Giuseppe (p . es. Vit. 132 .338), di dire
contiene in sé l'ci)..'f)i}wx, oss ia è fonte la verità; così anche in G en . 42,16;
di rivelazione. Il <pwç ci).l)l>Lv6v di Io. Clem. Al. , Strom. 7 ,9,53 ,1 (opposto a
1 ,9 ; 1 Io. 2 ,8 equivale al cpwç i:fiç l)iEvOEO"i}m). Più probabile è comunque
C:wfiç di Io . 8,12; l'aµ7tEÀ.oç ci)..nìhv'f) il significato di predicare l' evangelo (~
è sostanzialmente la stessa cosa del- coll. 656 s. ). Invece cihii}e:ue:w Èv &.yci-
1' api:oç i:fiç C:wfiç di 6,35.48; cfr. del 7tTI (Eph. 4 ,15) significa essere sinceri
resto 6,32: "t'ÒV api:ov Èx. -cou ovpa.vou nel!' am ore, seppure non si debba in-
"t'ÒV ci).. nitw6v. Riferito a Dio in Io. 7' tendere nel senso di vivere la retta fe-
28; 17,3 &.À. nl>wéç, al di là dell' acce- d e nell'amore 47•
zione consueta e formale (~ col. 668 ), '1. BuLTMANN

CÌÀ.À.cicr<7w, &.v'tciÀ.Àa.yµa., CÌ.7t-, OL-,


xa.i:a.ÀÀ.cicrO"w, xa.-ca.À.À.a.y'f),
&.7t0Xc.t't-, µEi:c.tÀÀ.aO"O"W

t cì.U.ci<7crw
N .T. tanto nella diatesi attiva che me-
Significato fondamentale : fare diver- dia può avere significato transmvo:
samente {da ~ aÀ.À.oç). All'infuori del cambiare, dare o prendere in prestito

47 DIBELIUS a.l.: esercitare la verità nella carità.


675 (l,252) aXÀaO'GW (Fr. Buchsd) (I,252) 676

quanto intrans1t1vo: cambiarsi 1• Nel aÀ.À.aO"O"EL V nel significato di scambia-


N.T. è usato solo come transitivo atti- re) indica il prezzo commerciale e in
vo e passivo. astratto l'equivalente, il compenso. Eur.,
1. Cambiare, trasformare 2 . Act. 6, Or. 1157: ci.À.oyLcr"t"ov ÒÉ "t"L 't'Ò 1tÀfjlJoç
à.v"t"aÀ.Àayµa yEvvalou q.it'.Àou. Ios.,
14: (Gesù) àÀ.À.ciçEL 'tcX EòT) & mxpÉ-
Bell. 1,355 = Ani. 14,484: XCXL wc; È"TT.L
ÒWXEV nr.1.i:v Mwvcrfjc;; Gal. 4,20: Pao-
-i;oao1hwv 1toÀ.vtr"<lv rp6v~ Spa.xù xal
lo desidera à.À.À.ci1;cu 'tTJV q:ic0v{jv µou, 'tYJV Tric; otxouf.1.Evnc; -f]yq.1.ovlav àv-rciÀ-
esprimendo cosl il suo tormentoso de- Àa nw. xpt'.voL. Nei LXX la parola cor-
siderio di trovare una nuova forma, risponde per lo più a m<hir, prezzo
ma non certo una nuova sostanza per commerciale. 3 Ba.:7. 20,2; Ioh 28,15;
il suo dire. In 1 Cor. 15,51 (àÀ.À.ayT)- Ier. 15,13; dr. anche Ecclus. 6,15:
q.ilÀou mo-'tov oùx fo-rLv à.v-rciÀ.À.ay1 w;
créru:lJa) il verbo significa trasf armare
26,14: oùx àv'tciÀÀ.ayµet. 7trnmornp.É-
in senso escatologico; cosl pure in vnc; l)Jvxfiç. Altre volte à.v-rtiÀÀanw
Heb. 1,12. traduce kofcr, prezzo della corruzioue:
2. Scambiare 3. In Rom. 1,23: fiÀ.- Am. 5,12; oppure hìillf6t (significato
incerto): ~ 54,20; o ancora tahìillf,
Àa1;av -i;"i]v 86çav -cov à.<ptM.p'tou i'h:oiJ
compenso: Ecclus. hebr. 44,17; o temu-
Èv òµoLwfW.'tL dx6voc; q.ilJap'toiJ à.vlJpw- ra', cambio: Ruth 4,7.
1tou, si ha una reminiscenza di ~ 105,
20: i}À.À.cisav'to 'tDV ò61;av aù'twv Èv Nel N.T. à.v'taÀÀayµa ncorre solo
òµoLwµa't'L µ6crxou e di Ier. 2,11: ò in Mc. 8,37 =
Mt. 16,26: 'tl yàp ooi:
oè: À.aéç µov i}U.ciça"t"o 't'TJV ò6t;av &vlJpwnoç àv'ttiÀÀayµa 'tfjç l)Juxfjc;
mhov 4 • La costruzione con Èv 5 nei aÙ'toiJ; reminiscenza di Ps. 49,8 che
LXX e nel N.T. deriva dall'ebraico: non è intesa ad esprimere il valore im-
hemlr b". pagabile dell'anima umana distinta dal
corpo 1 e nemmeno soltanto a colpire
t &.nciÀ.À.ayµa la ridicola vanità della ricerca umana
Come il semplice &À.À.ayµa (da ~ di ricchezze e piaceri 2 , bensì vuole sot-

Ò:ÀÀ.aO'O'W III pp. 47-48.


PASSOW s.v. s All'infuori dei LXX e del N.T. il verbo
ZAHN, R. (1910) pp . 94 s. è costruito solo col dativo, il genitivo o la
STRACK - BILLERBECK III pp. 47 s. preposizione 1tpéç. Cfr. PAssow 286 s.
ICfr. PASSOW pp. 286 s.
2Anche in Giuseppe abbiamo i:fiv xwpa.v 6:nriÀ.Àa.yµrL
aÀÀaO'O'EW per indicare l'aratura: Bell. 2,113 ZAHN, Mt. 557 n. 87.
e passim. STRACK-BILLERBECK I 750 s.
3 P. Oxy. 729,43: aÀ.Àacrcrm xi:1Jvn fi 1 Il passo parallelo di Luca reca Ea.u-rév
7tWÀE~V. anziché ~ux1Jv.
4 Per l'interpretazione e la correzione rab- 2 Per il significato complessivo cfr. S. Deut.
binica dei due passi cfr. SrRACK-BILLERBECK 329 a 32,39 (anch'esso reminiscenza di Ps.
6ìì (J ,253) 6J.Àacrcrw (Fr. Btichsel) (I,253) 678

tolineare il valore assoluto e definitivo nell'accezione molto diffusa di liberare 2 ;


del giudizio divino che non lascia al- 2. al medio: allontanarsi, Act. 19,
l'uomo nessuna possibilità di riscatto, 12: cimxÀÀcitrtrEtri}m "tà.ç vétrouç <in'
perché gli toglie la vita. a:ihwv 3 ; liberarsi, Le. 12,58: ooç f.p-
yatrla..v cinnÀÀcixi}aL <in'a:ihov.

In questo caso cinnJ..J..cixi}a..L non è


un perfetto passivo, bensl medio e
Accezione fondamentale (~ aÀÀatr- quindi non significa « essere stato libe-
rato», ma «liberarsi ». Cfr. P. Oxy.
trw ): agire diversam ente allontanando,
accantonare, eliminare All'infuori del- 889,26,31 (sec. III a. C.): ci!;Loi: <Ì.7tl)À-
l'Antico e dcl N.T. l'uso del verbo si Àcixi}a..L, « egli chiede di esser libero ».
presenta variamente articolato all'attivo Il perfetto usato qui come in Le. 12,58
a) transitivo: allontanare, liberare, b) ha un significato pili forte dell'aoristo o
intransitivo: allontanarsi 1 (lo stesso è del presente. Anche Giuseppe in Ant.
6, 198 usa il medio nel senso di 'libe-
il significato del medio). Nei LXX
rarsi': cina..ÀÀa..y'fitroµm (Saul) (à.7t')
cina..ÀÀci.trtrw sta per hesir, allontanare
m'.rrov (David) OL' li.ÀÀwv whov, ciÀ-
in lob 9,34; 27,5; 34,5; lEp. 39,31;
).' oùxL òL'f.µau"toù x:rElva..ç. Nei docu-
per histir, nascondere, in lob 3,10;
menti matrimoniali il medio è termine
per hiitaf, rapire in lob 9,12; mentre
tecnico per indicare l'allontanamento
in Ex. 19,22; 1 Ba..tr. 14,29; Is. 10,7;
della donna dal marito all'atto del di-
lob 7,15; 10,19 traduce varie altre
vorzio 4 • cincx.ÀÀci:O'troµat indica poi la
parole, ma in modo non letterale e po-
rottura di un rapporto bilaterale, rottu-
co chiaro.
ra che può essere unilaterale, ma le cui
conseguenze ricadono inevitabilmentesu
Nel N.T. il verbo è usato soltanto entrambe le parti (~ Xet."tet.ÀÀ.cicrtrw,
come l. transitivo attivo in Heb. 2,15 col!. 680 s.

49,8 come Mt. 16,26): «Preziosa è l'anima e oouÀ.Ei.aç o\hwç d:naÀÀ.ci..-tnv i]vayxacrµÉ-
quando l'uomo la insozza col peccato non c'è vo~. lsoc. 14,18: oovÀ.Ei.aç a1tT]À.ÀcXYTJ0'«1V.
nulla che possa pagarla» 'en lah taSli1mim. Phil., Spec. Leg. I, 77: oovÀElac; cinaÀ.ÀayiJv.
cbtaÀ Àacrcrw 3 Cfr. Pseud.-Plat., Eryx. 401 c: Et ot \IOCTOL
Vedi i lessici del PAPE, PAssow, PREISIGKE <iTITJÀÀaydl]crav Éx 't'Wv crwµchwv. Anche
alla voce relativa, e inoltre RIGGENBACH, Giuseppe usa il medio nel senso di ' allonta·
Womm . Hbr. 56 n. 44. narsi' (Vit. 131: <inaÀ.ÀayÉv-rwv,.. ai.m:0v)
1 Vedi abbondanti esempi in PAPE e e d:naÀ.À.ayii nel senso di ' partenza ' (Vit.
PASSOW. 206: 1tEpt -.ljç a'JtaÀÀ.ayljc;; Ap. 1,104 : 't'lJV
2 Cfr. Sap. 12,2: à:TiaÀÀ.ayÉvrn; -.l)c; xa- ÉxELitEv ct7taÀÀ.ayiJv) e di morte (Ant. 2,150:
xi.ac; (la correzione divina), cfr. v. 20; Ios., li Éx -rov l;;l)v d:naÀÀayiJ).
Ant. 3 ,83: a7ta).Àcicrcra ( Mosé) -.ov oÉovc, 4 M1TTEIS-WILCKEN II 2,284,12; P. Tebt.

mhovç (gli Israeliti); 11,270: a7taÀ.Àtisa~ -.ov 104,31; P . Oxy. 104.26 s. In questi casi il
7tEpt -.l)c; swfiç <p6~ov 't'Ò 't'WV 'lovoai.w\I contrario è xa-.aÀÀayl)vaL. Cfr. PREISIGKE,
rnvoc;; 13,363: -rl)ç Ù7tò -.oiç ÉXi}poiç aìmx wart. sotto d:1w.ÀÀ.acrcrw 11.
679 (I,253) 1Hì.6:0'0'W (Fr. Buchscl) (I ,254) 680

t omÀ.Àcicnrw to; 1 Ei7op. 4,.31


m'.nQ.
Non è possibile risalire dalla vasta
gamma semantica del verbo ad un'ac- Nel N.T. ricorre solo in Mt. 5,24:
cezione fondamentale. a) Cambiare, OLaÀÀ.ci.yY]frL 'te{) à.osÀ<pQ crou, dove
scambiare (come à.À.À.cii:-rw) all'attivo OLa:À.Àa.yfjVaL significa riconciliarsi nel
e al medio. - b) Distinguersi, superare, senso di fare in modo che il fratello
addirittura con l'accusativo della per- nemico (v. 23), il quale né cerca né
sona 1• - e) Rico11ciliare come tran siti-
prevede una riconciliazione, dcpong,1 la
vo attivo e passivo e intransitivo me-
sua inimici zia. Invece in BGU 846, 10 2
dio, Xenoph., Occ. XI 23: ... OLa)J,ci-r-
't"W 't"Lvàç -çwv Èm·n1odwv, Tinpwp.Evoç - lette ra di un figlio traviato alla ma-
OLòciO"XELV, wç
O"U[VpÉpn aù-coi:ç cpO.ouc; dre sdegnata verso di lui - il òwJ..ci-
dvaL µtiÀÀ.ov fì TI0À.q_1.louç. I-Iist. Graec. YYJ-rl iwi. indica l'azione della madre
I 6, 7: OLaD.cit;ELV 'Aìh1valouç xa~ la quale depone il suo risentimento
Ao:xEoaq_1.ovlouc;. Ios., Bell. 1,320: -còv verso il figlio che chiede la riconcilia-
BcwLÀÉ<.X. TioÀÀ.à OEYJl.Mç fou-rQ OLaÀ-
zione. In questo caso OLcxÀÀcxyfivaL
Àch-i:n e passim. Eur., Hel. 1235:
OLaÀÀ.cixtlYJ-rl itoL. Time . VIII 70,2: È- indica perciò un fatto reciproco, ossia
TCEXY)puxEvov-ro ÀÉyOV'!Eç OLCX.ÀÀ.ayfjvaL il superamento bilaterale dello sta to di
.....
BouÀ.EO"lJm. P. Giess. 17 ,13 (sec. II d. lnlilllClZta.
C.): oLaÀ.ÀayY)lJL 1]µi:v. Ios., Ant. 16,
125: 'HpwOY)V ÒÈ TCtJ.pExciÀEL (l'impe-
ratore) 7ttXO"av uTC6votav ÈxBaMv-ra
t xa-raÀÀcicrcrw (~ ÒL-, àTCoxcx-rcù-
SLaÀ.Ào::t'tEcrt)a.L i:oi:c; TCaLcrl v; Ant. 7, ÀaO"O"W, xa-.a.À.Ào.y~)
295 e passim. Detto della riconcilia-
zione fra Dio e gli uomini: Ant. 7 ,153: Come nel caso di ow.À.ÀacrO"w, così
yx-i:npEv ò t)Eòç xaì. OLaÀÀ.ci-c-.E-co:L. anche per xa"to.ÀÀ.cfocrw l'accezione pri-
Giuseppe in Bel!. 5,415 parla di i:ò ma e fondamentale non risulta chiara.
lJEi:ov EÙOLaÀÀ.ax'rov Èt;oµo À.oyouµlvoLç Predomina tuttavia nell'uso di xo.•cxÀ-
xa1. µE'tavoovcrLv. Una differenza tra À.cicrcrw l'idea del mutamento. I signi-
OtaÀ.Àcii:-i:Ew e xai:a.À.Àci't'tELV non è ficati particolari sono: a) cambiare o
dimostrabile. xa.i:aÀ.Àch'tEW è il ter- cambiarsi (riflessivo attivo): lEp. 31,
mine più usato in epoca cristiana. 39: 7twç xa't1]ÀÀ.açsv; 7twç fo-rpE\)JEv
In LXX lob 12,20.24 sta per hesir, vw-rov MwciB; b) barattare, scambiare
allontanare: lob 5,12 per hefèr, anni- ( transitivo attivo e medio ) : Plat.,
chilare; in Iud. 19,3 (A): OLaÀÀ.cU;aL Phaed. 69 a: cp6Bov rcpòç cp6Bov xa'ta.À-
a\rrnv Èl'l.v•0 corrisponde a heszb, ri- À.a't'tEcri)aL; Herod. II 13,12: È7t'à.p-
condurre; in 1 Ba.cr. 29 ,4: otaÀÀ.ay1]- yupl~ xa"tY]À.Àciço.O"i)e:.
e) riconciliare
0"E'ttJ.L sta per jitrasseh, rendersi accet- (transitivo attivo): Aristot., Oec. II

lìLCIÀ.À.riO'"O'"W 1 Cfr. PASSOW, PAPE con numerosi esempi.


ZAHN, Komm. Mt. a 5,24. 2 Cfr. DEISSMANN, L.0.4 154 s., 155 n. 13.
68 1 (l ,254) rD.MO"O"r;J (Fr. Btichsel) (I,254) 682

15 p. 1348 b 9: xaTTjÀ.Àal;i::v mhovc; vece - sebbene non di frequente -


7tp6c; Ò:.À.À.TjÀovc;; riconciliarsi (iiltransi- soprattutto all' aori-
xcx't'cxÀÀci<rcri::<r1'cxL
tivo medio; l'aoristo ha la forma pas- sto per designare la riconciliazione fra
siva Xl'.X't'TJÀÀciyT}v): Xenoph., An. I 6,
Dio e gli uomini che lo pregano, lo
2: xa·mÀÀcxydç T<{) Kvpcp; Ios., Ant.
7, 184: -.Q a-mv-.ou 7tatÒÌ. 7tpW'tOV xcx- confessano o si convertono. Cosl 2
'ttxÀÀciyT}i}L; 11,195: XCX'tCXÀÀcxyi)vcu Mach. I ,5: ascolti egli le vostre pre-
mhTj ... oùx ÈbVVl'l.'t'o; costruito anche ghiere e si riconcili con voi (:xcx 't'cxÀÀa-
con 7tp6c;, 5, 13 7: XCX'tll.À.À(h'tE0-1'm yE!'.11 ùp.i:v); 7,33 : se egli si è adirato
7tpòc; cxÙTrJV. Nei LXX l'uso di :xa't'aÀ.- per breve tempo, si riconcilierà con i
),cio-o-w è limitato a lEp . 31 ,39 (v. so-
suoi servi (xccrnÀÀayTjo-i::-.m), cfr. 8,
pra) e 2 Mach. 1,5; 7,33; 8,29 (v. più
avanti) .
29 . Quest'uso di xa-.cxÀÀa't't'Ecr1'm è
presente anche in Giuseppe, Ant. 6,
14 3: (Samuele) 7tcxpaxaÀe~v f]pl;cx-.o
A. uso RELIGIOSO DI xa't'aÀÀcia-crw AL
-.òv lrEòv xa,-raÀÀci't't'Ecrlrcn -.Q I:aovÀ.~
DI FUORI DEL N.T.
xaì. µi} xcxÀrncxlvi::Lv. ò ÒÈ Ti}v crvy-
yvwµT}v oùx È7tÉvrncri::v. Di solito, pe-
:Xa'taÀÀci't''t'EL\I e XIX'taÀÀci't'tECT1'cxL
hanno un 'importanza decisamente se- rò, Giuseppe in riferimento a Dio usa
ÒLCX À.Àci't't'E<rilcxL.
condaria nella religione greca ed elle-
nistica (pur non essendovi completa- Nel linguaggio dei rabbini xa-.aÀ-
mente estranei, cfr. Soph., Ai. 744: Àcicrcrnv, corrisponde a rissa e a pijjém.
wç :XCX'tCXÀÀcxXi}TI XOÀWV) dove
i}EOLCTL\I ri~sa(aram . ras~t) significa: render be-
il rapporto fra l'uomo e la divinità nevolo, favorevole, propiziarsi; all'hit-
non raggiunge mai - anche nei riti pa'el {hitras~a): riconciliarsi, essere ri-
espiatori - l'intimità di una riconci- conciliato, placato; l'aramaico 'ar~t:
liazione personale 1• comportarsi amichevolmente, essere ri-
Il giudaismo di lingua greca usa m- conciliato. L'altro termine, pijjém (ara-

xa.-.a.ÀÀacrcrw Sul concetto della ' riconciliazione ' in


A. RITSCHL, Rechtfertigung u. Versohnung Rom. vedi:
II 4 (1900) 231 ss. ZHAN, Rom. 257 ss.; LIETZMANN, Rom.
57; S1cKENBERGER, Rom. Kor. 213; STRACK-
Teologie del N.T. di: BILLERBECK III 519 s.
P. (1931) 234 ss.
FEINE5 Per il concetto della riconciliazione nel-
A. ScHLATTER II (1910) 283 ss. 1' A.T. ~ tÀewc; xù.
H. WEINEL4 (1928) 238 ss.
}. KAFTAN (1927) 122 s.
1 Neppure nelle iscrizioni raccolte da F.
CREMER - KoGEL 129-133
STEINLEITNER, Die Beicht im Zshg. mit der
sakralen Rechtspflege in der Antike ( 1913) e
Inoltre i commenti a 2 Cor. di: in altre testimonianze che parlano della divi-
BACHMANN, 252-274, nità che punisce e ridiventa benigna si trova
LIETZMANN, 124 ss., usato 5~- oppure xa.-.aÀÀa't'"tEW.
683 (l,255) à.À.À.cio-crw (Fr. BLichsel) (l,25 5 ! Gt> -l

maico pajjém) significa: placare, ricon- designare i rapporti fra l'uomo e Dio.
ciliare; all'hitpa' el (hitpajjém, aram. L'uso paolino di xcx: .. cx:À.À.a.yfjva.L, det-
'itpajjajm): farsi riconciliare, essere ri- to unicamente dell'uomo il quale viene
conciliato 2• Si tratta quindi di termini riconciliato (Rom. 5 ,1 O) oppure si ri-
che indicano la riconciliazione e l'ami- concilia con Dio (2 Cor. 5,20), e di xa.-
cizia fra gli uomini e nel linguaggio 't'a.À.À.acrcrav usato esclusivamente in ri-
religioso la riconciliazione e la pace fra ferimento a Dio il quale riconcilia con
gli uomini e Dio promossa dall e pre- sé noi e il mondo (2 Cor. 5,18 s.) ma
ghiere, dai sacrifici, ecc. non viene riconciliato e nemmeno ricon -
cilia se ste sso co n noi , esprime chiara-
B. xa... a.).À.cicrcrw NEL N.T. mente la natura della riconci liazione fra
Dio e l'uomo che, pur essendo come
1. Detto di marito e moglie. ogni riconcilia zione un fatto reciproco,
non ~ tuttavia e non può essere l'incon-
Come nei documenti matrimoniali
tro di due volontà e <li due iniziative
greci à1ta.À.À.acrcmr1Jm è termine tec-
equipollenti, ma è soprattutto un'inizia-
nico per indicare la separazione dei
tiva di Dio, il quale riafferma con essa
coniugi, così xcx .. cxÀ.À.O:crcrrn·frm lo è del-
la sua superiorità rispetto all'uomo.
la riconciliazione dei medesimi, P. Oxy.
104,27: Mv àJta.À.À.a.yfi •où àvopòç ... Ka:rn.À.Àcicrcrnv indica una trasfor-
xa.'t'a.À.À.a.yfi. xcncxÀ.À.a.yfjva.L in questo mazione, un rinnovamento del rappor-
caso, come in 1 Cor. 7 ,11, designa l'at- to tra Dio e l'uomo e quindi degli
to del riconciliarsi compiuto dalla mo- uomini fra loro. La riconciliazione ha
glie separata, non una circostanza o trasformato radicalmente l'uomo facen-
un'iniziativa altrui che essa subisca, do di lui una creatura nuova (2 Cor.
allo stesso modo che OLa.À.À.a.yfjvm 5,18). Come è detto in Rom. 5,10, noi
(coll. 679 s.) in Mt . 5 ,24 e BGU 846, non siamo più ÈXi}pol, cicrE~Ei:ç, àcriJE-
10 indica l'atteggiamento di chi spon- \IE~ç ( v. 6 ), à..µa.p'twÀ.ol ( v. 8 ); l'amo-
taneamente si riconcilia con una per- re di Dio si è riversato nel nostro
3
sona già sua nemica • cuore (v. 5). Ma se si 6 cambiato
tutto il modo di essere dell'uomo e
2. Detto di Dio e dell'uomo.
non soltanto il suo atteggiamento spi-
a) Fra gli autori neotestamentari rituale e la sua posizione di fronte a
soltanto Paolo impiega il verbo per Dio, non è certo cambiato l'atteggia-

2 STRACK-BILLERBECK III 519, cfr. II 365. dal marito per sua colpa e per avversione
3 Non è affatto necessario pensare che in verso di lui.
1 Cor. 7,11 si alluda ad una donna separata
685 (1 ,256) ciUcicrcrw (Fr. Buchsel) (l,256) 686

mento di Dio, che già da gran tempo di fatto che nessuna psicologia astratta
aveva manifestato nelle profezie vete- potrebbe accertare, ma che si impone
rotestamentarie la sua volontà di re- alla coscienza cristiana e come tale può
denzione e di grazia. essere dimostrato a chi vorrebbe con-
b) Noi siamo stati riconciliati dal- fut arlo; (2 Cor. 5,11-15); e il fatto che
la morte di Gesù (Rom. 5,10). Egli si Paolo si appelli alla testimonianza della
è assunto il peccato perché noi diven- coscienza fondandovi la propria auto-
tassimo giustizia di Dio (2 Cor. 5 ,2 1 ). difesa (vv. 11 .12), dimostra che la per-
La riconciliazione è perciò parallela alla cezione di questa realtà non è soltanto
giustificazione; si co nfronti anche Rom. un riflesso della fede, ossia che l'amo-
5,10 con 5,9 e si osservi come in 2 Cor. re di Dio accende effettivamente l'amo-
5,19: µi) ÀO"'(LSOµEVOç a.{rrotç "t'~ ·mx- re nell'uomo che ne è oggetto. L'uomo
p0.1t•WµO."t'fJ. O.V"t'W\I ritorni anche il quindi , anche se deve esclusivamente
verbo Àor~sEuDcu con cui Paolo de- a Dio il suo nuovo modo di essere e
signa un momento essenziale del suo anche se continua ad essere peccatore
concetto di giustificazione in Rof!1 . 4,3. e carnale , non è però soltanto oggetto
4 .5.6.8 .9 .10.11.23.24. Ma la riconcili a- e veicolo dell'azione divina, ma è per-
zione è anche qualcosa di più di una sona che Dio ama e chiama ad amare.
semplice eliminazione dello stato di Particolarmente chiare sono le pa-
colpa dell'uomo. Dio infatti ha man- role di Rom. 5,5. In noi, che siamo
dato i suoi messaggeri a scongiurare stati riconciliati, l'amore di Dio è di-
in nome di Cristo gli uomini affinché ventato una realtà presente e attiva,
si riconcilino con lui (2 Cor. 5,20). mentre in precedenza ne eravamo pri-
Questa rivelazione dell'infinita e tra- vi e vivevamo chiusi in noi stessi. Ciò
boccante amore di I: ~o - per il quale è avvenuto per opera dello Spirito
il sacrificio del Figlio non fu un prez- Santo che è stato dato a noi uomini
zo troppo alto né è umiliazione scon- camminanti nella carne.Nell'uomo quin-
giurare gli uomini - trasforma tutto di accanto al nuovo permane l'antico,
il nostro modo di essere. L'amore di il cuore accanto allo Spirito Santo, ma
Cristo ci tiene avvinti (2Cor. 5,14); assolutamente nuovo è il suo modo di
noi non viviamo più per noi stessi, ma essere, ossia il ' camminare secondo lo
per colui che è morto e risorto per noi spirito' (Rom . 8,4).
( v. 15 ), e ci consideriamo morti al pec- Si è discusso e si discute se nella ri-
cato e risorti come creature nuove. La conciliazione gli uomini siano attivi o
riconciliazione supera il nostro peccami- passivi; la verità è che essi vengono
noso egocentrismo e ci lega a Dio, facen- resi attivi dalla Òta.xovla. "'t'ij<; xa.·mÀ-
doci vivere per Cristo. È questo un dato Àayf}<;, che dà loro il diritto e la ca-
687 (l,25 6) ciÀ.À.acro-w (Fr . Biich sel ) (l ,25 7) (i88

pacità di riconciliarsi con Dio. È vero da Paolo sempre come un dato emi-
che il XCX."t'TJÀ.À.ciyY)µE'V e il xa"t'aÀ.À.a- n entemen te personale: 'noi ' siamo sta-
yÉnEc; di Rom. 5 ,10 vanno intesi in ti riconcilia ti (Rom . 5,9.1 0; 2 Cor. 5,
senso passi vo e non medio (ciò risulta 18 ). Soltanto in 2 Cor. 5 ,19-20 si ac-
evidente dal parallelo col passivo ÒL- cenna a una riconciliazione del mondo;
xcnwM\l"t'Ec; del v. 9 e dal fatto che ma qui il ' mondo ' non è l'opposto di
essi alludono ad un'azione compiuta ' noi ', ma indi ca la totalità degli uomi-
da Dio in noi , non ad un'azione no- ni , di cui ' noi' siamo parte; questo
stra) ; è vero anche che noi ' abbia mo mond o è pecca tore ed empi o, come an-
ricevuto la riconcili azione ' (R om. 5, che ' noi ' erava mo prima di essere ri-
11 ); ma è pure indubitato che Dio concilia ti. La ri co nci]i ,iz ione, essendo
non ci ha imposto la sua iniziativa, destinata a tutta l'umanit à, è in con-
bensì ci ha fatto pregare dai suoi mes- tinua estensione e progresso e in que-
saggeri di accettarla (2 Cor. 5,20) ri- sto senso può essere defi nita r.iconcilia-
spettando quindi nel modo più assoluto zione del mondo. Così vanno intese
la nostra personalità attiva e libera. le parole di 2 Cor.5,19-20. Non si vede,
È perciò da escludere che Paolo attri- infatti, come Paolo potrebbe parlare di
buisca all'uomo una partecipazione sol- una ÒLaxovla -rl)c; xa.-ca.ÀÀ.cx:yl)ç e del-
tanto passiva alla riconciliazione. In l'invito apostolico alla riconciliazione
realtà anche di fronte al fatto della ri- se questa fosse per lui un fatto con-
conciliazione l'uomo è persona e anzi cluso con la morte e la resurrezione
solo in quanto persona, ossia creatura di G esù. In realtà la riconciliazione
attiva e libera, è capace di una ricon- non può considerarsi uu fatto conclu-
ciliazione. Una conferma di ciò è data so perché non è conclusa la ò~axovla.
dall'analogia fra il xa"t'aÀ.À.ayi}"t'E di 2 -rfiç xa"t'cx.ÀÀ.aylj..- , non avendo il ).6-
Cor. 5,20 e il Xct."t'ct.À.À.a.y1]"t'w di 1 Cor. yoç -rTjç xa..-a.À.À.ayijc; raggiunto tutti
7 ,11. È evidente, infatti, che in que- gli uomini, ossia tutto il mondo. La
st'ultimo passo il xa-ra.À.Àayijva.L pre- riconciliazione non può certo ripetersi
suppone da parte della moglie separata o prolungarsi nel suo fondamento, os-
almeno quel tanto di partecipazione at- sia nella morte e nella resurrezione di
tiva che è necessario per accogliere la Gesù; ma essa si attua e si estende
proposta di riconciliazione avanzata dal rinnovando il ' mondo ', ossia gli uo-
marito; mancando questa non si po- mini, attraverso l'opera degli ' amba-
trebbe ricostituire una nuova unione sciatori di Cristo '. Mentre poi per in-
fra i coniugi, ossia non vi sarebbe una dicare la ' nostra ' riconciliazione ormai
vera riconciliazione. conclusa Paolo usa l'aoristo (R om. 5 ,9.
e) La riconciliazione è presentata 1O[ 11]); in riferimento alla riconcilia-
689 (l,257) cD..Àciirirw ( Fr. Biichsel) (I,258) 690

zione del mondo si esprime invece con d) Il fatto che m 2 Cor. 5 non si
una forma imperfettiva: i)v xa:rn.ÀÀ.cicr- faccia parola della condizione dell'uo-
O"Wv: « egli riconciliava il mondo con mo non ancora riconciliato e solo vi si
sé» (2 Cor. 5,19) senza prospettare il accenni in Rom. 5 non autorizza ad
tempo e il modo in cui essa si conclu- interpretare l'aggettivo ÈXi}pol nel v. 10
derà. Il fatto quindi che Paolo parli riferendolo unilateralmente all'inimici-
della riconciliazione del mondo non zia degli uomini verso Dio; basti pensa-
autorizza a pensare che, non potendosi re che in Rom.1,18-32 Paolo rappresen-
dire il mondo nel suo complesso tra- ta la collera di Dio come una realtà at-
sformato fino ad essere una xcuvi} X'tL- tu ale ed evidente al pari della sua pa-
<rLç, la riconciliazione si risolverebbe zienza (2,2.5; 3,26). Solo in Rom. 11,
per l'Apostolo nel pagamento del de- 28 t.xi}pol ha evidentemente significato
bito contratto dall'uomo verso Dio. passivo (' soggetti all'ira di Dio '), come
Questa inte.r pretazione viene infatti ad dimo strano il complemento di causa
OL vµac; e il parallelo con àyct.1t1)'tOl.
1
escludere assurdamente dalla riconci-
liazione quella che Paolo definisce espli- Ma di un'avversione o addirittura di
citamente OLaxovla 'ti}ç xcx.'tcx.ÀÀa.yi}ç una sfiducia dell'uomo verso Dio che
presentandola come una possibilità of- verrebbe a cessare con la riconciliazio-
ferta agli uomini di riconciliarsi. ne, l'Apostolo non parla mai e seppure
In realtà Paolo non definisce ricon- l'ammette implicitamente - come sem-
ciliato (xa.'taÀÀaydc;) il mondo. La brerebbe suggerire l'analogia fra 2 Cor.
xa'ta.ÀÀ.cx.y'IÌ x6o-µou di Rom. 11,15 5,20 e 1Cor. 7,11; Mt . 5,24 - essa
non ·è conclusa, come non lo è la non è più di una considerazione acces-
&.7tof3oÀ1} dei Giudei; i due fatti sono soria. Invece secondo Rom. 8,7 l'ini-
cominciati sulla croce di Cristo e du- micizia con Dio si manifesta soprattut-
rano ancora (~ col. 69 3 ). Il mondo si to nella disobbedienza, che in 2 Cor.
può dire ' riconciliato ', secondo la con- 5,15 è definita 'vivere per se stessi'.
cezione di Paolo, solo anticipando l'at- La condizione dell'uomo non ancora ri-
tuazione definitiva di ciò che è virtual- conciliato si risolve quindi in un or-
mente presente nel piano divino e nel goglioso egocentrismo che non può as-
fondamento della riconciliazione ossia solvere il comandamento divino del-
nel sacrificio di Cristo 4 • 1' amore (Rom. 8,7c) e di conseguenza

4 Come risulta anche dal cambiamento di BLASS - DEBRUNNER § 468,1. Se Àoyoc; -tTiç
tempo, i>ɵEvoç in 2 Cor. 5,19 non è subor- xa.-tocÀÀocyTjç indica il messaggio della ricon-
dinato a ijv ..• xa:mÀÀcicrcrwv allo stesso modo ciliazione è evidente che i>ɵEvoç Év i}µi:v
di µ'Ìj ÀOY~soµEVO<; 'tCÌ 1tCXpa:1t-rwµa.-tOC CXV- -ròv Myov -tTiç xa-tocÀÀayi)ç designa il pro-
'tWV, ma è grammaticalmente un participio lungamento della medesima.
che continua un verbo di modo finito; cfr.
691 (l,258) <iÀ.À.acrcrw (Fr. Biichsel) (I,258) 692

è sgradito a Dio (Rom. 8,8) e soggia-


ce alla sua ira e al suo giudizio.
Il significato di :xa.'ta.À.À.ay-fi corri-
La riconciliazione si attua attraverso sponde a quello di ~ :xa-rcx.ÀÀ.cicrcrnv:
la morte di Gesù (Rom. 5,10) che evi- scambio e poi riconciliazione 1 • Nei te-
dentemente non é solo un atto di gra- sti canonici dei LXX ricorre soltanto
zia verso di noi e una m anifestazione in I s. 9,5( 4) con un significato che di-
verge dal testo masoretico e si presen-
dell'amore di Dio , ma è anche un'espia-
ta oscurissimo: O'tt nà.o-a.v cr-.oÀ. iìv Èm-
zione vicaria del nostro peccato ossia cruvr1yµr]v11v OOÀ.cp Xet.~ tµa:no\I ~lE'trX
un atto di giustizia, 2 Cor. 5,20.14 s. xa."tcx.À.À.ayfjç à7to-rst'.O"oui:rtv 2 • Nel sen-
Il Dio che ci riconcilia con sé è pur so di riconciliazione la parola è u sata
sempre il Dio nostro giudice. Il suo anche nel greco profano, D emosth. Or.
amore non può essere in contrasto con 1,4 : 7tpÒç on -rà.c; xa-rcx.À.À.cx.yci.c;, &e; B..v
ÈxELVoç 1t0LrJO'"Ct.L'tO acrp.svoç 7tpÒç '0-
la giustizia; perciò secondo 2 Cor. 5,
À.uvfrlouç; Ios. Ant. 7 ,196: µs"tà. 't'TJV
21: ì'.va. l)µEi:c; yEvwµd}ci. otxa.wcruv11
•oli 7tet.'tpòc; mh0 xa'tcx.À.À.a.y-fiv e pas-
frEou Èv ci.v•0 e al v. 19: µi} À.oyt~6- sim, dove però lo stesso concetto è
µEvoc; ci.v-.oi:c; -.à 7tet.pet.7t•wµci.-.ci. mhwv espresso quasi sempre con otaÀ.À.a.y1}
la riconciliazione ocmprende in sé la o cruwl..À.À.ay-fi. In 2Mach. 5,20 xcna.À.-
giustificazione. Ma in essa la pars con- Àay-fi è il contrario dell'ira divina, os-
struens - ossia il dono dell'amore di- sia è l'atteggiamento di Dio che si riap-
pacifica con gli uomini: ò xa.'ta.À.rnp--
vino - supera la pars destruens, ossia
frdc; Èv -rfi "t'OU 7t(X.V't0Xpci."topoc; òpyft
l'eliminazione del peccato attraverso H 7t6:À.tv Èv "t'TI •oli µsyci.À.ou oscrn6-rou
perdono. Per questo, nonostante il pa- XIX'tet.À.À.ayfi µE't'CÌ OO~r)ç È1ta.Vopfrwfrr).
rallelismo fra otxa.twfrÉv•Ec; e xa.-.a.À.-
À.a.yÉV't'Ec;, in Rom. 5 ,9 .10 il xa'ta.À.- Nel N .T. XCX.'tcx.À.À.cx.y-fi ricorre sol-
Àa.yfjva.t non può esser ridotto a Ot- tanto in Paolo dove designa sempre il
:xmwfrfjvat. Paolo infatti, come non ac- nuovo rapporto che Dio ha instaurato
cenna minimamente alla fede - che è con l'uomo attraverso il sacrificio del
per lui strettamente connessa con la Cristo. La predicazione e l'attività apo-
giustificazione - quando parla della ri- stolica si risolvono in un 'messaggio'
conciliazione in Rom. 5 e 2 Cor. 5, e in un 'mistero della riconciliazione'
così nemmeno fa dipendere l'amore dal- (2 Cor. 5,18.19). L'Apostolo reca agli
la giustificazione. uomini l'annunzio che Dio vuole ricon-

xa:mÀÀ.ayi). gli esempi.


Per la bibliografia -7 xa-.aÀ.À.acrcrw. 2 Forse ripagare con un aggio (cfr. PREI-
1 Cfr. PAPE, PAssow dove sono riportati SIGKE, Wort. s.v.).
693 (I,259) tÌÀ.Àacrcrw (Fr. Bi.ichsel) (I,259) 694

durli a sé (cfr v. 20: wc; l}r:ou 1t<X-


'tOV di lui, ma a causa delle sue opere rnal-
1
paxaÀ.ovv'toc; OL 1iµwv ); coloro che ac- vage. Per coloro ai quali Paolo si ri-
colgono questo invito e si aprono alla volge l' tX1tox-caÀ.À.6:crcrELv designa un
volontà divina ricevono la riconcilia- fatto compiuto 1 e sostanzialmente si ri-
zione (Rom. 5,11). In Rom. 11,15 xa- solve nell'essere senza peccato di fron-
't<XÀ.À.ay'Ì) x6crµou come tX1to0oÀ 'Ì) aù- te al giudizio escatologico di Dio (Col.
-cwv (dei giudei) indicano due aspetti 1,22). Col. 1,20 allude invece all'eter-
di una operazione divina che è tuttora no consiglio di Dio, storicamente ma-
in corso nel mondo degli uomini (~ nifestatosi (EÙOOXTJO"EV) di riconciliare
sopra col. 689 ). a sé il mondo, non a un a riconciliazio-
ne ormai conclusa. L' àTtoxa'taÀÀ.cicr-
crELv può essere interpretato come una
pacificazione Col.1,20 ; Eph.2,15 e una
àTCoxa-caÀ.À.acrcrw ricorre nel N .T. nuova creazione Eph. 2,15 e non si
soltanto nelle lettere ai Colossesi e agli esaurisce perciò nell'unilaterale inizia-
Efesini (dove sostituisce ~ xcrraÀ.- tiva divina di eliminare l'ereditario sta-
À.acrcrw) ed è, per quanto ci consta, un to di colpa dell'uomo, ma comporta
neologismo paolino. Il significato e l'u- una trasformazione radicale dell'essere
so del verbo collimano sostanzialmente umano. In Eph .2,16 la riconciliazione
con quelli di xa-caÀ.À.acrcrw ma mentre .:on Dio implica quella dei giudei e dei
soggetto di quest'ultimo è sempre e pagani tra loro e in Col. 1,20 insieme
soltanto Dio, di CÌ.1toxa-caÀ.À.acrcrw pos- agli uomini anche gli esseri celesti ven-
sono esserlo anche il 1tÀ.1)pwµa Col. gono riconciliati con Dio.
1,20 oppure Cristo Col. 1,22; Eph . 2,
à.Ttoxa-caÀ.À.cil;aL di Col. 1,20 è stato
16. Complemento oggetto di à.TCoxa- spesso interpretato in un'accezione f-~Ù
't<XÀ.Àcicrcrw come di xa'taÀ.À.6:crcrw pos- vasta di quella da noi indicata. Lo
sono essere però soltanto gli uomini o Ewald per es. intende il verbo nel sen-
i puri spiriti. Anche in Col. 1,22 la ri- so di ricondurre alla condizione origi-
conciliazione è indubbiamente un'ini- naria e normale non solo gli esseri ra-
ziativa divina, poiché al v. 20 Dio è gionevoli, ma tutte le creature, mentre
secondo il Dibelius à1toxa-caÀ.À.6.1;m
soggetto di à.1toxa'taÀ.À.6:crcrEw. Prima
indicherebbe la subordinazione di ogni
dell' à.1toXa'taÀÀ.acrcrELv l'uomo è estra- cosa al Cristo. Ma queste interpreta-
neo e nemico di Dio (Col. 1,22) non zioni cadono di fronte al participio
perché nutra sfiducia o ostilità verso Elpnvo1toL1)crac; che è evidentemente

&.7toxcnaÀÀ<icrcrw. er ai passi delle lettere dalla prigionia.


1
Per la bibliografia ~ XCl'tClÀÀcicrcrw e i com- Cfr. gli aoristi in Col. 1,22; Eph. 2,16.
menti dello Haupt, Ewald, Dibelius, Lohmey-
695 (l,259) a).).. 'r)yopÉw (Fr. Bi.ichsel) (1,260) 696

esplicativo di Ò:1toxcx.-çcx.À.À.àsm. In real- no scambiato si richiama evidentemen-


tà il sìgnificato di ci1toxcx.-çcx.U.6.sm è te a fjÀ.À.cx.scx.v del v. 23 come dimostra
Io stesso in 1,20 come in 1,22 e Eph. anche l'identica costruzione di "tt EV ·n-
2,16. Il riferimento di dç cx.Ù-çov a Dio VL che risale all'ebraico (~àÀ.À.cX<JO'W).
si presenta ovvio e spontaneo come in
2 Cor. 5, 19: x6crµov xcx.-çcx.À.À.ti<Jcrwv
ii ciÀ. i)i}ncx. -çou i}Eou allude qui alla ri-
ÉclV"tt7> e trova riscontro in 1,22 dove velazione di Dio nel creato vv. 18-21
nella stessa frase il primo cx.Ù-çoij può ossia alla vera conoscenza di Dio proma-
riferirsi soltanto a Cristo e il secondo nante da lui stesso, mentre "tÒ ~euooc;
soltanto a Dio. Riferendo invece dç è l'aberrazione idolatrica che sostituisce
a.Ù"tov 1,20 a Cristo bisognerebbe in- a Dio le cose create, v . 23. A sua volta
tendere che essendo le cose create in il µe"tl]À.À.cx.scx.v del v. 25 è ripreso dal
Cristo ( 1, 16) e avendo in Lui il loro
[.LE"tlJÀ.À.cx.scx.v del v. 26. La costruzione
capo (2,10), la riconciliazione compor-
ta una subordinazione del tutto a Cri- con dç corrisponde a quella comune di
sto anche se non consistse propriamen- Ò:À.À.ci.cr<Jw con 7tp6ç. Le repellenti in-
te in essa. versioni sessuali sono il contrappasso
sul piano naturale delle colpevoli aber-
razioni religiose.

Cambiare, permutare e anche cam- Fr. BOCHSEL


biarsi 1. In Rom.1,25 µE't1}À.À.cx.scx.v han-

A. uso DEL VOCABOLO pEi:v non si usano dunque che in età


ellenistica, e provengono probabilmen-
Il verbo si trova per la prima volta te dalla filosofia cinico-stoica. 'AÀ.Àl)-
in Filone e Giuseppe, mentre il sostan- yopei:v significa: 1) parlare allegorica-
tivo greco 1XÀÀ.'11yoplcx. compare in Cic., mente, 2) interpretare o definire alle-
Orat. 94. In Aud. Poe!. 4 (Il 19 e), goricamente. Così ad esempio, in Filone
cfr. Is . et Os. 32 (II 363 d); Plutarco (Cher. 25): 't'à µÈv oTj Xepov~Lµ xa.lì'
dice che ciò che al suo tempo aveva (vcx. -rp67tov oihwç ciÀÀ.l)yopEi:'tcx.L 1• Nel-
nome Ò:À.À.l)yoplcx. per l'addietro si chia- lo stesso senso anche Plutarco dice (ls.
mava v7t6votcx.. 'AU.l)yoplcx. e ciÀ.À.lJYO- et Os. ib.): oC "EÀ.Àl)vEç Kp6vov ciÀÀ.l)-

µE-.<XÀÀcI<JCTW. Su B: K. Mi.iLLER in PAULY- W. Suppl.


I Cfr. PAPE, PASSOW s.v. IV 16 ss. (con ulteriore bibliografia); C.
:i)..)..:JJYOpÉW SrnGFRIED, Philo (1875); SCHURER, Rgstr.
Sul paragrafo A: cfr. PAssow 288 s.v. Allegorie; BoussET- GRESSM. 160-161;
697 (l ,260) ciÀ.À•rropÉw (Fr. BLichscl) (I,261) 698

yopou1n -ròv xp6vov, "Hpav oÈ -.òv cHpa. interpretazione allegorica di Omero di-
In Gal. 4 ,24 la parola ricorre nel pri- pende, quanto al metodo, l'interpreta-
mo significato: rhLVU Èa''t"W Ò.ÀÀT)yO- zione giudaica e cristiana dell'A.T. Ciò
pouµEva· a\hm yO:p dcnv Mo oLaiJij- si può vedere, ad es., nel procedimen-
xaL; il racconto di Sara e Agar - dice to col quale Filone sfrutta i nomi e che
Paolo - n ell'A.T. è esposto in maniera in lui ha tanta importanza 5 •
allegorica. 2. Il primo dei giudei ellenisti che
sicuramente fa uso con una certa ab-
B. APPLICAZIONE DELL'INTERPRETAZIO- bondanza dell'interpretazione allegorica
NE ALLEGORICA. dell'A.T. è, intorno alla metà del sec.
II a. C., l'alessandrino Aristobulo 6 •
1. Interpretazioni allegoriche di una Che egli abbia preso dai Greci il me-
tradizione antica si hanno presso gli todo allegorico non è da mettere in
Indiani, i Mussulmani, i Greci, i Giu- dubbio. Infati è imbevuto di cultura
dei, i Cristiani. Essa appare di regola greca e applica il metodo allegorico
allorché una tradizione venerabile ri- anche all'interpretazione della poesia
sulta superata dall'evolversi delle situa- greca 7 • Evidentémente i Giudei non
zioni, ma non viene né ripudiata né avrebbero accolto il metodo allegorico,
compresa storicamente. Presso i Gre- né l'avrebbero applicato stabilmente, se
ci 2 si giunse all'interpretazione allego- non fossero già stati abituati a intender
rica dei miti poiché questi, special- la Scrittura, in tutte le sue parti, come
mente le narrazioni omeriche degli dèi, fonte di misteriosa sapienza divina su
destavano scandalo (Senofane, Pitago- questo ftlondo e sul mondo avvenire,
ra, Platone), L'interpretazione allego- sui compiti del presente e sugli avve-
riu avrebbe allora costituito « l'anti- nimenti futuri, in breve, come parola
doto » 3 , avrebbe apportato « la corre- extra-temporale di Dio. Invece non ha
zione del mito » 4 ; la usarono Antiste- grande importanza il fatto che l'A.T.
ne, gli stoici, i pergameni. Da questa contenga autentiche allegorie 8, e che

E. STEIN, Die allegorische Schriftauslegung Pseudo Plutarco (Vit. Poes. Hom.) e in Cor-
des Philo von Alexandrien, ZA W 51 (1929); nuto (De natura Deorum).
]. HEINEMANN, Philons griechische und ji.idi- 3 Heracl., Quaest. Hom. 22 p, 32, 18 s,
sche Bildung ( 1932), 138 ss., 454 ss.; A. (ed. Soc. Phil. Bonn).
ScHLATTER, Die Theologie des ]udentums 4 "t'OU µui}ou i}Epci.7tEVµrx, Eustath. Thessal.,
nach dem Bericht des Josephus (1932) 235s.; Comm. in Il. p, 1504, 54,
STEINMANN a Gal.4,24; STRACK-BILLERBECK s Cfr. STEIN (citato), 53-61.
III 385-399. 6 ScHDRER III 384-392; ScHLATTER, Gesch.
1 Cfr. Mut. Nom. 67; Som. II 207. Isr.3 (1925) 82-90; STEIN 7-11.
2 PAULY- W., l. c. Resti della letteratura 7 ScHLATTER, Gesch. 86 s.
che sorse e si sviluppò in questo travaglio, B Cfr. GuNKEL RGG2 I, s.v. Allegorie.
si trovano in Eraclito (Hom. Al!.), nello
699 (I,261) cD.Ì.TJYOf.iEW (Fr. Buchsel) (I,261) 700

gli scribi fossero da gran tempo esper- prio nella sua interpretazione allegori-
ti nell'arte di interpretarle. Il gioco in- ca, come un teologo moderato, che evi-
gegnoso col quale si estraggono dot- ta gli estremi e sa conciliare cose del
trine cosmologiche e morali da testi tutto diverse. Egli è importante soprat-
che assolutamente non ne offrono, è tutto per la sua fecondità; tuttavia è
troppo sottile per poter essere inteso possibile che molte delle sue interpre-
come puro e semplice affinamento del- tazioni allegoriche siano più antiche. La
l'arte ermeneutica che si richiede per ampiezza e la profondità con le quali
le allegorie anticotestamentarie. Di ciò rielaborò il patrimonio culturale greco,
il giudaismo va debitore a] contatto con rendevano tale fecondità possibile e
i Greci. Nel tempo che va da Aristo- obbligatoria nell'interpretazione allego-
bulo a Filone l'interpretazione allego- rica dell'A .T. 12 • Per apprezzare giusta-
rica della Scrittura è andata afferman- mente l'allegoria di Filone bisogna os-
dosi. Con l'aiuto di essa la lettera di servare che, nonostante gli arbitrii, egli
Aristea scopre nelle disposizioni ritua- non ha negato il valore della lettera
li dell'A.T. una profonda sapienza etica della Scrittura. La Legge deve essere
(148-171) 9 • Tuttavia anche da Filone seguita alla lettera, ed egli si è atte-
apprendiamo anche che prima di lui nuto saldamente alla storicità di quan-
vi erano commentatori i quali ricono- to è narrato nell' A.T. Con tutta la sua
scevano come valido soltanto il signi- cultura greca e la sua pietà mistica,
ficato letterale, rifiutando ogni artificio egli rimaneva pur sempre un giudeo
allegorico 10 • Altri ancora, menzionati convinto, anzi pronto al sacrificio. Chi
essi pure da Filone, riconoscevano solo afferma che il senso letterale 13 dei co-
il senso allegorico, rifiutandosi di ob- mandamenti e delle narrazioni dell'A.T.
bedire alla lettera della Legge, cosic- non è essenziale per Filone, che gli
ché tutto il giudaismo veniva ridotto preme soltanto il significato allegorico,
a cosmologia ed etica filosofica 11 • Visto trae conclusioni che Filone stesso ha
su questo sfondo, Filone appare, pro- respinto.

9 La datazione della lettera di Aristea è 11 lvfigr. Abr. 89 ss.; cfr. HEINEMANN 454.
molto controversa. ScHURER III 48 la pone 12 Cfr. in SrnGFRIED 166-199 il materiale
intorno al 200 a. C.: E. BICKF.RMANN, ZNW sui princìpi dell'allegorismo filoniano e sulla
29 (1930), 280 ss., dal 145 al 100; WENDLAND loro applicazione.
in KAUTZCH, Apokryphen II 3, la pone dal 13 Naturalmente ciò non ha niente a che
96 al 63; similmente P. RrnssLER, Altjiidi- fare con la circostanza che, con ogni proba-
sches Schrifttum (1928), 1277; BoussET- bilità, Filone non conosceva il testo ebraico
GRESSM. 27 la pone invece dal 40 a. C. al dell' A. T., ma soltanto quello greco; dr.
30 d . C. La datazione solitamente accettata Sc:HLATTER, Gesch. 31, nota 43; HEINEMANN
(cfr. RGG 2 I s.v. Aristeas) è verso il 96 a.C. 524 ss.
10 Som. I 92 ss.
70 1 (1,262) à:).J,1nor:-éw (Fr. Buchsel) (I,262) 702

Certamente Filone era influenzato l'interpretazione allegorica sia stata as-


dalla critica illuministica dcll'A.T., dcl sai presto riconosciuta come lecita e
quale ha respinto gli antropomorfismi usata, è dimostrato dall'ammissione del
e criticato altresì alcuni dati storici 14 • Cantico dci Cantici nel canone. Inten-
Ma in modo esplicito e con tutta se- dere questa raccolta di canti amorosi
rietà ha detto: chi non è in grado di come espressione dell'amore che lega
sostenere la piena verità, messa in luce Israele a Dio, non era possibile se non
dall'interpretazione allegorica, deve at- attraverso un'interpretazione allegor!-
tenersi al significato letternle (Som. I ca1 6. Si tratta soltanto di sapere se b

231 ss.); chi non sa amare Dio come differenza fra i teologi palestinesi e
puro essere, deve temerlo come colui alessandrini riguardo all'interpretazione
che minaccia e punisce (Deus !mm. allegorica sia soltanto di grado o an-
69). Certo, il significato letteral e ba che di sostanza. La differenza di grado
soltanto un'importanza subordinata , ma è innegabile. Le interpretazioni allego-
tuttavia costante e non accidentale, se riche 17 sono nei palestinesi meno fre-
si pensa che coloro ai quali esso è di- quenti e non così arbitrarie; il distacco
retto sono sempre la maggior parte 15 • fra il senso allegorico e quello letterale
è minore. Riguardo alla cosmologia, alla
Proprio in tale questione non si può psicologia e ad analoghe acquisizioni
trascurare la grande complessità della della scienza greca i palestinesi sono
teologia filoniana. Essa è un compro- di gran lunga meno colti di Aristobulo
messo estremamente artificioso fra un e Filone 18 ; essi si occupano inoltre di
giudaismo legalistico e ortodosso e una questioni più attinenti al senso lette-
mistica spiritualistica di natura illumi- rale della Scrittura. Di conseguenza so-
nistica; ma proprio per questo non si no meno abili nell'interpretazione alle-
identifica né l'uno né l'altra, ma ab- gorica e ne hanno meno bisogno. E
braccia entrambi. tuttavia l'hanno applicata, laddove ne
avevan bisogno, anche ai comandamenti
3. Che anche fra i dottori palestinesi dell'A.T. 19 •

14 V. i passi in S1EGFRIED 165-168. 7.ione degli antropomorfismi nei Targum!m.


15 Ciò non è sufficientemente valutato in Questi tradiscono anche altrimenti l'influsso
3TRACK-BILLERBECK III 397 s. greco, ScHLATTER, Gescb. 306-308. Ma per
16 ScHLATTER, Gesch. 356. lo più si sono chiusi coscientemente ed ener-
17 Su reme:r. cfr . ScHi.iRER IP 348 s. e F. gicamente a tali influssi.
WEBER, ]iid. Theol. auf Grund d. Talmud2 19 STRACK-BILLERBECK III 391 ss. mostra
( 1897) 118 ss. che l'applicazione del metodo allegorico a di-
18 Cfr. ad esempio ScnLATTER 356. La sposizioni della Legge è praticata per lo più
critica razionalistica agli antropomorfismi del- come « innocuo artifìzio omiletico », in alcuni
J'A .T . non è certo rimasta senza eco presso cast, rnvece, con serie intenzioni.
i rabbini palestinesi, come dimostra la ridu- Anche ScHLATTER, Theologie des ]uden-
703 (l,263) <i),À:riyopÉw (Fr. Buchsel) (I,263)704

La vecchia tesi 20 , secondo la quale sprizzare molte scintille, così anche la


l'interpretazione allegorica della Scrit- parola scritta ha un senso molteplice» 24 •
tura si riscontrerebbe in Palestina solo Di conseguenza si deve considerare as-
in via eccezionale, è oggi superata. Ma
sai probabile che l'interpretazione alle-
anche i tentativi 21 di distinguere dal-
l'interpretazione allegorica degli ales- gorica della Scrittura sia giunta ai Giu-
sandrini un'interpretazione tipologica dei di Palestina da quelli di Alessan-
dei palestinesi, nel senso che quest'ul- dria, e che in definitiva risalga, anche
tima tiene fermo a1la storicità del rac- per guanto riguarda la Palestina, al-
conto, mentre la prima sarebbe ad essa l'influ sso greco 20 . Se poi a questo pro-
indifferente, non colgono il punto deci-
posito vi furono, fra i dottori palesti-
sivo. Anche Filone vuole, tutto consi-
nesi, posizioni autonome 26 , queste in
derato, tener fermo alla storicità del
racconto 22 • Il punto decisivo è costi- ogni caso non si manifestarono se non
tuito invece dalla posizione rispetto al- per azione degli innussi greci prove-
l'illuminismo greco e alla sua critica nienti da Alessandria.
biblica : Filone si apri ad esso, ma non
senza riserve; i palestinesi lo respinse- Indicativa è la posizione di Giusep-
ro, ma non completamente. Da entram- pe, che scrive certo per lettori greci,
be le parti si ha una presa di posizio- ma è d'origine palestinese. Come sto-
ne non condotta a termine; non vi è
rico ha poche occasioni per far del-
differenza di sostanza, ma soltanto di
grado 23 • 1' allegoria (Ant. 1,25); talvolta (Ap .
2,255) si svolge aspramente contro «gli
Così la concezione della Scrittura è insulsi pretesti delle allegorie» 'tà.ç tfJu-
fondamentalmente la stessa. Anche per xpà.ç 7tpocpciO'Hç 'tWV cD. À:r1yopLWV) che
i palestinesi, che la Scrittura abbia più rileva tra i Greci. Tuttavia egli rico-
sensi è conforme alla sua dignità di nosce senza esitazione i diritti dell'in-
parola di Dio. « Come il martello fa terpretazione allegorica della Scrittura.

tums 235 , riconosce che ai dottori di Geru- 24 b Sanh. 34 a; b Shab. 88 b; M. Ex. 15,

salemme l'allegoria apparve indispensabile per 12. Cfr. KITTEL, Probleme 94 s. La frase as-
l'interpretazione delle profezie e fu talvolta sai citata: « II senso della Scrittura non esula
ap11licata alla parte storica del Pentateuco. dal dominio del testo» (j . Shab. 63 a) non
20 BoussET 185 s.; E. BRÉHIER, Les idées può essere sfruttata come argomento contra-
philosophiques et réligieuses de Philon2 ( 1925) rio. Già le sette regole di Hillel e le tredici
45 s. di Ismaele (cfr. STRACK, Einleitung 96 ss.)
21 Cfr. E. ]. II 338; O. MrcHEL, Paulus dimostrano infatti quante cose si possano
und seine Bibel (1929) 110. trarre dal testo.
22 Cfr. ancora SIEGFRIED 163. 2s Cfr. KITTEL, l. c. 85, il quale ritiene
2l A ragione MICHEL 111 dice che è «evi- probabile la presenza di influssi della filoso-
dente il fatto che Filone prende spesso le fia greca nel giudaismo palestinese.
mosse dall'esegesi biblica palestinese». 26 ScHURER III3 548, nota 22.
705 (1,263) ciHriyop~w (Fr. Bi.ichsd) (I,264) 706

Mosè ha parlato allegoricamente << con dal testo biblico dottrine cosmologiche,
gravità» (µE't<Ì crEµVo'tl}'tOç, Ant. 1, psicologiche e simili, e per lui Dio non
24 ). Coerentemente Giuseppe interpre- è l'essere, ecc. Ma la differenza fra lui
ta in modo allegorico anche il taber- e Filone, formalmente considerata, è
nacolo e i suoi arredi, Ant . .3,179-187). solo di grado. Egli fa dell'allegoria «nel
Il suo allegorizzare corrisponde del tu t- vero senso della parola » 28 • La sua è
to a quello degli alessandrini: poiché qualcos<l di p<nticolare e di diverso ri-
Mosè, nella legislazione e nei racconti spetto a quella giudaica - sia palesti-
storici, ha dato un saggio così eminen- nese che alessandrina - per il fatto che
te di conoscenza della natura ("tOO'OÙ"tov egli interpreta la Scrittura vivendo nel
cpvcnoÀ.oyCa.ç, Ant. 1,18), il tabernaco- tempo della sua realizzazione ( 1 Cor.
lo coi suoi arredi deve essere conside- 10,11); per lui è caduto il velo che si
rato come raffigurazione dell'insieme interponeva fino ad allora nella lettura
delle cose ("twv oÀ.wv, Ant . .3,180). Cer- dell'A.T. (2 Cor. 3,14 ), del quale viene
to, egli non ha allegorizzato le prescri- dunque alla luce il vero significato.
zioni legali (le ha!akot) dell'A.T. 27 • Ciò L'allegoria diventa per lui un mezzo
che si trova in Giuseppe non è dunque per attuare e sviluppare il suo nuovo
decisivo a favore di una differenza so- modo - cristocentrico e ' staurocentri-
stanziale fra l'interpretazione allegorica co ' - di intendere la Scrittura. A que-
palestinese e quella alessandrina. sto riguardo la lettera agli Ebrei con-
tinua l'opera di Paolo (7,1 ss.). In tal
4. Non si trova traccia di interpre- modo è proprio nella considerazione
tazione allegorica della Scrittura nei della Scrittura che, nonostante la dipen-
Vangeli Sinottici, e neppure in Giovan- denza formale del cristianesimo dal giu-
ni; si trova invece in Paolo ( 1 Cor. daismo e dr11'ellenismo, si manifesta
5,6-8; 9,8-10; 10,1-11; Gal. 4,21-31). una nuova posizione, nella quale il cri-
La sua allegoria è molto più vicina a stianesimo stesso rivela la sua auto-
quella palestinese che a quella filonia- nomia.
na, poiché egli non la usa per estrarre Fr. Bi.kHSEL

27 Che Giuseppe interpreti allegoricamente 17,345) è del tutto nello spirito dell'A.T. Cfr.
i sogni come « cose dette dal divino in for- ancora ScHLATTER, Theol. des Judentums
ma ambigua » ( ciµq>~~oÀ.wç Ù7tÒ 'tov tlElou 235 s.
À.EyoµEva., Beli. 3,352), come ad es. in Ant. 28 Contro MrcHEL, I.e. 110.
707 (l ,264) aÀÀoç (Fr. Biichscl) (I,2 6 4 )/(l~

mazione liturgica a sé stante (Tob. 13,


18; 3 Mach. 7,13 ). È in tale forma che
L'espressione ebraica halrlU-jah, 'lo- il culto cristiano ha accolto l'alleluia
date ]ahvé ', ricorre nei LXX in ~ 104- (Mart. Mt . 25: ~aÀ.À.nv '"tÒ Ò:À.À.l)À.ou~&;
106, 110-112, 113-118, 134-135, 145- ib., dopo un salmo: miv"'Eç bi:Éxpa.~a:v·
150 1 • È dubbio se essa sia una formu- 'AÀ.À.l)À.ovi:ci. 'AÀ.À.l)À.ovùi è anche il
la introduttiva o conclusiva 2• Per que- canto degli angeli (ib . 26).
st'ultima ipotesi fanno tuttavia propen- Nel N.T. à.)J, YJÀ.oui:& compare sol-
dere: 1) il Afidrash del Sa!. 104 § 27 tanto in Apoc. 19,1.3.4 .6, do ve intro-
(224 b), che riferisce lo hall"lt1-jah dcl
duce o conclude un inno di vittoria,
Sa!. 104 (ebr.) al v. 35 3 ; 2) le Odi di Sa-
lomone, le quali terminano tutte con mentre in 19 ,4 costituisce, insieme con
'alleluia'; 3) l'uso liturgico, proprio del à.µ·~v, un'acclamazione a sé stante .
culto giudaico (ellenistico), di far canta-
re l'alleluia dalla comunità come accla- H. ScHLIER

U.À.À.oç, à.À.M"'p~oç, à.·mxÀÀ.o"'p~6w


CÌ.À.À.oyEv1}ç, à.À.À.6cpvÀ.oç

scuno una parola soltanto a significare


altro: rispettivamente 'abér e 'oboràn .
Se già nel greco più antico non è "E'"te:poç non compare mai nel Vange-
sempre facile stabilire la differenza fra lo di Marco (esclusa la finale deutero-
ò E"'Epoç (l'altro fra due) e aÀ.À.oç (un canonica), nelle epistole di Pietro e
altro fra molti), in quanto aÀ.À.oç in- nell'Apocalisse; in Giovanni compare
vade la sfera semantica di E'"tEpoç e soltanto una volta (lo. 19,37). "AÀ.Àoç
E'"tt:poç quella di aÀ.À.oç 1, nella xown ricorre spesso dove si parla di ' due '
e nel N.T., essa scompare del tutto a sole persone o cose: Mt. 5,39 (Le. 6,
seguito della caduta del duale. « En- 29); 12,13; 27,61; 28,1; Io. 18,16; 20,
trambe le parole negano l'identità » 2 • 3.4.8; 19,32. "AÀ.À.oç e E"'Epoç si alter-
Anche l'ebraico e l'aramaico hanno eia- nano anche in un medesimo passo sen-

à:ÀÀi)Àou~a 3 STRACK-BILLERBECK III 497.


1 Per i) in luogo di E, cfr. DALMAN, Gr. ri.ÀÀoç
191,2. BL. § 306; ZAHN, su Gal. 1,6.7.
-DEBR.
2 Probabilmente non è possibile dare una Cfr. PASSOW s.v. aÀÀoç, I , B; anche
I
soluzione generale. Cfr. anche H. B. SWETE, altri dizionari alle voci aÀÀoç e E'!Epoç.
An lntroduction to the Old Testament in 2 ZAHN, l.c.
Greek (1900) 250 s.
709 ( I,265) ii.)..),oç (fr. Bi.ichsel) (1 ,265) 710

za alcuna riconoscibile differenza di si- H eb. 11 ,9 ). La forma sostantivata -.ò


gnificato: Mt. 16,14 3 ; 1 Cor. 12,8-10; à.ÀÀé'tptov è usata in anti tesi a -.ò
2 Cor. 11,4; Heb. 11,35.36. Anche in vµÉ-.s:pov in Le. 16,12 2 • 'AÀÀ6-.ptoc; de-
Gal. 1,6.7 (Etc; E't:Epov s:ùayyÉÀLov, éì signa anche ciò che è ' altro ' rispetto
oùx fo·tw aÀÀo), E't:Epov e aÀÀo han- alla cosa o alla persona di cui si parla 3 ;
no lo stesso significato: «a un altro è in questo senso che è usato, in anti-
Vangelo, il quale poi non è un altro tesi a vì.ol, in Mt. 17 ,2 .5, e in antitesi
Vangelo (anzi, non è in nessun modo a -rtotµ-fiv in Io. 10,5. È infine usato
un Vangelo), bensì 4 » una dottrina nel senso di nemico in H eb. 11,3 4. Per
um ana. contro, à.U.6-.pLoc; non ha mai nel N.T .
il significato di estraneo di fro nte a
D io.

Ciò che appartiene o attiene ad un


aÀÀoc;, estraneo; significa anche stra-
niero, inconsueto, inadatto, infine per- Estraniare, alienare 1 • 'A naÀÀo'tpLov-
sino nemico 1• Con à.ÀÀ6-.ptoc; i LXX c;l)aL e cimxU.o-.pLwDfivtn hanno per
traducono per lo più nokrz, e anche lo più significato passivo, non rifles-
zar. sivo. In Polibio (I 79,6: 1) :tapow ...
ci7tTJÀÀo-.pLwDTJ KapxTJo6voc;) il senso
Nel N.T. significa fondamentalmen- non è riflessivo , ma passivo, come è
te: ciò che appartiene a un altro e è dimostrato dal contesto (cfr . I 82,7).
Invece in Ps. 58,4; Os. 9 ,10 ; Is. 1,4
detto dei seguenti sostantivi: otxÉ'tTJ<;
( Qmg. ), à.7t'Y}ÀÀoi:ptwl)T]c;av significa essi
(Rom. 14,4), x67tot (2 Cor. 10,15), xa- si sono allontanati, si sono appartati.
vwv (2 Cor. 10,16), àµap-.lat (1 Tim. Nei LXX à.m:x:ÀÀo-.pLoCJ) è traduzione
5,22), atµa (Heb . 9,25), yfi (Act. 7,6; di zwr, nzr, nwd, nkr. Si trova anche

3 ScHLATTER, Komm . Mt. 503 cita come testata, si deve tuttavia preferire la lezione
paragone Flav. Ios., Bell. 6,398: ot µÈv ••• corrente vµÉ'tEpov (attestata dai codici LA).
i}yyEÀÀov, ot oÈ ... E°tEpoL OÈ EÀEyov. L'attribuzione del bene eterno e divino alla
4 Per questo significato di Et µi} v. la do- prima persona (1̵É'tEpov-ɵ6v) non è che un
cumentazione in DITT. O .G .I. 201, nota 33. appiattimento del profondo pensiero che l'au-
ciÀÀ.o'tpLoç tentico possesso dell'uomo è il bene eterno
PASSOW, PREUSCHEN-BAUER, CREMER-KOGEL destinatogli da Dio; cfr. ZAHN, a.l. .
s.v. 3 Cosl anche in Flavio Giuseppe (Bell
1 La documentazione più ricca si trova in 2,409): nessun sacrificio degli CÌ.ÀÀ6'tpLo~ de-
PAssow. Al numero 4 è ·documentato il signi- v'essere accettato; 7,266: CÌ.À.À.6'tpLoL in anti-
ficato di straniero, al numero 5 quello di tesi ad olxE~6-tOC'tOL.
nemico. cbmÀÀO'tpL6W
2 Per quanto la lezione i}µÉ'tEpov (BL, CREMER-KOGEL, s.v.
Orig.) o f:µ6v ( 157 e i 1 Marcion) sia ben at- 1 Documentazione in PAPE, PAssow.
711 (I,265) èD.. ì..oc; (Fr. Btichscl) (I,266) 712

in Giuseppe (Ant. 4,3; 11,148). condannabile; egli però non considera


Nel N.T. à7tcx.À.Ào't'pdw compare nel- espressamente quei presupposti della
la forma di participio perfetto passivo condizione stessa. 'A7tì)ÀÀ.o"tpLW[J..Évcc,
in coniugazione perifrastica; e, anche è dunque, come mostrano i paralleli
in tale forma, soltanto nelle lettere del- Ézfrp6ç e ~Évoc;, quasi la medesima cosa
la cattività: Col. 1,21; Eph. 2 ,12; 4,18. che ciU.6"1'pLo;. Aristotele (Pol. II 8
Esso vi sta ad indicare la condizione che p.1268a 40 : ciÀ.À6"1'pLOV 't'TJc; 7tOÀL"1'ELCt.C,)
precede la riconciliazione. Col. 1, 21: cost itui sce un ottimo parallelo a Eph .
ov't'c.v:; àr.Y))J, npLt<J~LÉvcvc; xrxì. Ézi7pcùç 2 ,12. An che Eph. 4,18 è illuminato as-
'TI ÒLrx volq. ÈV 't"OLC, f!pyoLc; 'toi:ç 'itOVY)- sai bene dallo stes so passo; qui, infatti,
poi:c; (mentre eravate estranei e nemici ciÀ.Ào"t"pLov ha come parallelo oùoEvÒç
ad opera della vostra ment e espressa i:-i 1.inÉzov (di nu lla partecipe), e nell'e-
opere malvage). Eph. 2,12 : à:Jt'fJÀ.). o- pi stola di P aol o ànl)À.Ào't'pLwµÉvoc; si-
'tpLW[lÉVoL -rfic, 7tOÀ.L"1'ELCLC, "t"OU ' fopet.'JÌÀ. gn ifica appunte non partecipe (della
xaì. çtvot -rwv OLet.tJì)xwv •iic, É7ta.yyE- vita di Dio).
Àlac, X"1').., (esclusi dalla cittadinanza di
Israele e lontani dalle alleanze della
pron1essa, ecc.). Eph. 4,18: ÉCTXO't'W-
µÉvoL -rn òw.volq. ov't'Ec; cinnÀ.Ào•pLw-
Di altra stirpe; straniero. Opposto
µÉvot "tfic, swfic; "tOU ~EOU (ottenebrati
a ÈyyEviic, e crvyyEv-i)c,, ed anche a
nella mente, estranei alla vita di Dio) 2 • EÙyEv-i)ç; parallelo a CÌ.À.À6cpvÀ.oc,, ciÀ-
Dal confronto delle espressioni paral- À.0EtJv1ic,, È't'EpoEl)vi}c,, ed anche a ciÀ.-
lele dei tre passi risulta che Paolo al- À.oÒcx.TI6c;, à.ÀÀ6"1'pLoç. La parola è atte-
lude soltanto alla condizione ' presen- stata soltanto nel greco giudaico e cri-
te' in quanto tale. A un avvc.1imento stiano, non in quello pagano. Con essa
i LXX traducono l'ebraico zar, I stra-
o a un atto che l'abbiano prodotta, al
niero': Ex. 29,33; Num. 16,40 (17,5);
giudizio di Dio o alla colpa degli uo- Lev. 22,10 (di ceto non sacerdotale);
mini, Paolo pensa unicamente in quan- Ioel 3 (4).17 ; Ier. 51(28),51; Abd. 11
to ritiene tale condizione colpevole e (di progenie non israelitica) . Oppure

2 Cfr. \jJ 68,9: Ò.7t1JÀÀ.o'LpLWµÉvoc; ÉyEv1)- a),À.oTp(a à.7tÒ 'tOV 1'Eov 1̵Wv (il nemico
th)v "t'oi:c; cHìEÀ. cpoi:c; µov xa.i !:,Évoc; 'toi:c; vtoi:c; ha agito con sentimenti dì avversione, con
'tTJc; µT]'tp6c; µov (son divenuto e>traneo ai insolenza , e il suo cuore è lontano dal no-
miei fratelli e straniero ai figli dì mia madre); stro Dio). Il significato di 'escluso, espulso'
Ez. 14,5: xcnà ... àc; xa.pola.c; a.ù'twv 'tàc; (Flav. Ios ., Ant. 11,148: wc; 'tWV... oùx
CÌ1t1JÀÀo'tp~wµÉva.c; eh' ɵo\i Év 'toi:c; Év1'vµ 1]- à.7'Cl.V'7TjuaV'tWV Ò'.7tcr.À.Ì..O'tPLWÙT)O'CµÉvwv 'tOV
µa.cnv CJ.Ù'"l:WV (conforme ai loro cuori che sì 7t).i)1'ouc;) è invero possibile, ma le espres-
sono estraniati da me nei loro pensieri); Ps. sioni parallele lo rendono assai poco pro-
Sai. 17.15: Èv aÀ.À.o'tpLO'tTJ't~ ò f.x1'pòc; É'rtolT)- babile.
O'EV, Év V1tt.p1Jq>cx.vl~ · xa.L ii xa.pola a.ù'tov
713 (l,266) aÀÀoç (Fr. Buchsel) (l,266) 714

traducono ben-( han- )ncktir (figlio dello acquistato impo:tanza solo con essi.
straniero): Ex. 12,43; Lev. 22,25; Is. Ciò è del resto pienamente conforme
56,3; 6; 60,10; Ezech. 44 ,7.9. Infine al fatto che la discendenza (non la vo-
anche mamzer (bastardo) 1 : Zach. 9 ,6 .
lontaria adesione al popolo, bensl « l'es-
Filone la usa in Som. I 161; Spec. Leg.
I 124; IV 16; Viri. 147. Manca invece sere figlio di Abramo ») aveva fra i
in Giuseppe. Giudei importanza come presso nessun
altro popolo 4 •
Nel N . T . compare soltanto in Le. L ' iscrizione ci è pervenuta comple-
17 ,18 a de signare il Samaritano gua- ta; cf r. la riproduzione fotografica in
rito da G est1. Altrove è attestato solo Dci ssmann e le libere cit:nioni in Fla-
nell'iscrizione posta all' ingresso del vio Giuseppe (Bel!. 5 , 194; 6, 124 s.;
tempio di Gerusalemme 2 : µ IJ iH v cx. Ant. 15,417). Essa comincia dunque
con p.YJfrÉvcx. Ò.ÀÀ.oyEvlj, dove si vede
cXÀ.ÀoyEvlj dc;nopEvEc;lJru Èv "t ò ç 'o v
che Ò.ÀÀoyi::v1}ç è usato in senso asso-
":PVC9ClX'tOV Y.O'.L 7tEpLpOJ\.01J. oc; ot'' ClV
' \ (). '"'\ n "
luto. Ciò vuol dire che l'iscrizione par-
).·ri<pfrn, fov,0 cx.t"tLoç fo"tcn oLà -rò la dal punto di vista dei Giudei e non
Èi;o:xoÀov-frE~V M.va. "tOV (che ne ssuno dei Romani , ed è dunque ai Giudei che
straniero entri all'interno della paliz- dev'essere attribuita . Se fosse opera dei
zata e del recinto; chi venga sorpreso, Romani, un Ò'.À.À.oyEv1}c; usato in forma
assoluta a indicazione dei non-Giudei
dovrà incolpare se stesso della morte
sarebbe del tutto incomprensibile; in
che seguirà).
tal caso infatti l'iscrizione dovrebbe
In base all'ipotesi che questa iscri- suonare pressappoco cosl: solo i Giu-
zione fosse dovuta al governo di Ro- dei hanno libero accesso, nessuno stra-
ma 3, si è voluto provare che ciÀ.À.oyE:- niero può... Inoltre erano gli stessi
vr1ç compare anche nel greco pagano. Giudei, e precisamente i sacerdoti con
Ma poiché questa ipotesi è evidente- i loro incaricati, a esercitare nel tempio
le funzioni di polizia 5 . Giuseppe rife-
mente erronea, resta accertato che il
risce che Tito disse esplicitamente che,
termine cDJ,oyEv1}c;, anche se non è come la costruzione del recinto, così
stato creato dai Giudei, ha tuttavia anche l'erezione delle stele· con le iscri-

aÀÀoyfVTJ<; 4 Cfr. l'importanza attribuita dai Giudei


CREMER-KéiGEL 237; DEISSMANN, LO. 61; alle tavole genealogiche (1 Chr. l-9; Mt. 1 e
DAusm, Synopt. 528. passim); a tal proposito cfr. G. K1TTEL in
1 Nel senso di 'discendenza ibrida', cfr. ZNW 20 (1921) 49 ss. Anche il proselito, sia
G ESENIUS-BUHL. pure entrato in pieno nella religione giudai-
z DJTT. O .G .I.S. 598; ScHiiRER II 272 s.; ca, non potrà mai chiamare i patriarchi
DEISSMANN,. LO. 61. 'bwtinw.
3 TH. MoMMSEN, R omische Geschichte 4 5 Se H ii RE R II 271 ss. Evidentemente,
(1894) 513 ; anche DITTENBERGER e DEISS- Mommsen e Dittenberger non hanno tenuto
MANN. conto di questo elemento.
715 (l,267) ò:µap-rcivw (G. Quell) ( l ,26ì) 716

zioni greche e latine fu opera dei Giu- bilmente temeva, o temevano i suoi
dei (Bell. 6,124 s.), mentre la conces- revisori, di offendere i non-Giudei, in
sione del diritto di eseguire la pena di quanto poteva sembrare a costoro che
morte nei confronti dei tra sgressori del il termine CÌ.À.À.oyt:vi}ç negasse la EÙyÉ-
divieto era stata data dai Romani (ib. vrnx . Che egli od essi abbiano evitato
126). Troppo chiara è la simmetria fra la parola in quanto non-letteraria, è
gli oùx ÙµEi:<; dei paragrafi 124 e 125 (i improbabile per il fatto che Filone, il
Giudei) e lo oùx T]p.ELS del paragrafo quale scrive un greco veramente lette-
126 (i Romani), perché si possa dubi- rario e non volgare (ma per i Giudei!),
tare che i Romani concesse ro, sì, ai non evita affatto di usare U.)J.oyt:v-f1ç.
Giudei il diritto del qual e parlano le
iscrizioni, ma non furono essi stessi a
erigere le stele sulle quali tali iscrizioni t ci.À.À.6q:ivÀos
furono scolpite . Che la medesima iscri-
zione fosse stata scolpita anche in lin- Di stirpe straniera, estraneo, stranie-
gua latina, è una circostanza che mo- ro. È attéstato a partire da Eschilo e
stra soltanto il riguardo dei sacerdoti Tucidicle 1• Nei LXX traduce f/'né nckar
verso i dominatori romani , ma non (ls. 61,5); nokri (ls. 2,6); p"liMm (1
prova affatto che le iscrizioni siano Sam. 13 ,3; Ps. 108,10 ; cfr. 1 Mach. 4,
opera di questi ultimi. 22 ). In Giuseppe compare in Ant. 9,
Sintomatico è il fatto che Giuseppe 102.291; 11 ,150; Beli. 5,194.
non riporti CÌ.À.À.oyEvi)s in nessuna del- Nel N .T. è usato soltanto in Act. 10 ,
le tre citazioni della iscrizione; preci- 28 a indicare i pagani dal punto di
samente, in Bel!. 6,125 non vi è nulla , vista dei Giudei. Secondo la lettera a
in Beli. 5, 194 vi è ciÀ,À.6q:ivÀ.o<;, in Ant. Diogneto (5,l 7) i Giudei trattano i
15,417 CÌ.À.À.odtvi}ç. Se egli evita in tal Cristiani come <iÀÀ.6cpuÀoL.
modo CÌ.À.À.oyt:vi}ç, ciò dipende dal fat-
to che scrive per non-Giudei. Proba- Fr. BuCHsEL

à)...Ào-cpmttO'X07tOç ~ l7tLO'XOC:oç
(fì... oyoç ~ ÀÉyw

A. IL PECCATO NELL'A.T .

1. Il lessico antico-testamentario mini, le cui molteplici sfumature tro-


a. L'idea di peccato è espressa nel- vano tuttavia scarso e non sempre
l'A.T. m una grande varietà di ter- adeguato risalto sia nei LXX (nell'uso

à.ì..ÀoqivÀoç CREMER-KoGEL, s.v. à.À.À.oyrv'fiç.


PREUSCHEN-BAUER, PAPE, s.v. 1 Documentazione in PAPE, PAs sow.
7lì (I,267) ciµap"t"ci:vw (G . Quell) (I,267) 718

assai sommario di ò:µo:p'tlo:, ò:µcip-rT)- ' colpa', ted. ' Schuld ', connota anche
µo:, ò:rio:o'twÀ6ç, ò:µu.p'tcivw oppure l'idea di danno, di difetto, e così rende
cio1.xi'.o:, 0.81.xoç, ò:81.xÉw e civop.lo:, cicrÉ- in qualche modo certi concetti ebraici,
0aa:, xo:xla e loro derivati), sia nel come 'asiim e 'awon; invece nella Bib-
latino peccatum. bia greca tutto, o quasi, si risolve nei
Veramente, in traduzioni moderne termini citati, i quali rendono poco
- per citare soltanto uno degli esem- adeguatamente l'ebraico 'iiwon 1, o in
pi piì:1 chiari e indicativi - il termine altri che sono altrettanto inadeguati a

cX~l!Xp"t"aVW X"t"). J. H EMPEL, Sunde und O/]enbarun?, nach


Nota preliminare. alttestamentlicher und neutestamentlicher
I rapporti fra i vari capitoli di questa Anschauung, ZsystTh 1O (1932 ), 163-199.
voce e i rispettivi autori sono alquanto Sul capitolo C:
singolari.
Le parti riguardanti l' A. T. e i LXX so- F. ]udische Theologie 2 (1897) .
WEBER,
MooRE, I 445-552 .
no rispettivamente cli G. Quell e G. Ber-
tram. Il manoscritto di G. Stahlin, costitu- Bouss ET-GRESSMANN, 399-409.
ente il grosso delle altre parti, è stato sotto- F. CHR. PoRTER, The Yeçer Hara, A Study
posto a rielaborazione da W. Grundmann e of the ]ewish Doctrine o/ Sitt, Biblica!
K. H. Rengstorf, in quanto lo stesso Stahlin and Semitic Studies of Yale University
ne è stato impedito dal suo viaggio in India . (1902), 93-156.
Il capitolo D è rimasto fondamentalmente A. BucHLER, Studies in Sin and Atonement

immutato; i capitoli C ed E sono stati pro- in the rabb. Lìterature o/ the 1 Century
fondamente rielaborati ed ampliati da Grund- (1928).
mann (con contributi di H. Kleinknecht e
Sul capitolo E:
K. G . Kuhn); lo stesso Grundmann ha poi
rifatto integralmente il capitolo F. Le voci K. LATTE,Schuld und Sunde in der griechi-
ò:µap"t"wì..Oç e civaµap"t"I)"t"oç, che inizialmen- schen Religion, ARW 20( 1920.21 ), 254 -298.
te non erano state previste come voci a O. HEY, 'Aµap"tfa, Philologus 83 (1927).
parte, sono state aggiunte da H. Rengstorf. 1-17 ' 137-163 .
J. Metaphysik des Altertums, Hand-
STENZEL,
Sul capitolo A: buch der Philosophie (1929-31), ·17 ss.
H. \Y/EINSTOCK, Sophokles (1931).
K. UMBREIT, Die Sunde, ein Beitrag zur F. X. STEINLEITNER, Die Beicht im Zusam-
Theologie des A .T. (1853). menhang mit der sakralen Rechtspfiege in
J. C. MATTHE S, ThT 24 (1890), 225 ss. der Antike (Diss. Miinchen 1913 ).
J. KonERLE, Sunde und Gnade im religiosen
Leben des Volkes Israel (1905). Sui capitoli da D a F:
\YI. STAERK , Siinde und Gnade nach der Vor- CREMER-KOGEL, 136 ss.
stellung des iilteren Judentums, besonders TRENCH, 152 ss.
der Dichter der sogenannten Busspsalmen LrETZMANN, Rom., 75 ss.
(1905). E. DE WITT-BURTON, Crit. and Exeg. Comm.
~. BENNEWITZ, Die Sunde im alten Israel on the Ep. to the Gal. (1921), 436 ss.
(1907). M . DIBELIUS, Die Geisterwelt im Glauben
H. SEEGF R, Die Triebkrii/te des religiosen des Paulus (1909), 119 ss.
Lebens in Israel und Babylon (1923), 87 ss. R. OTTO, Sunde und Urschuld (1932).
]. PEDERSEN, Israel, its Li/e and Culture Cfr. inoltre le teologie del N.T.
(1926), 411 ss. 1 Soltanto in Gen. 4,13 'awon è reso più
S. MowINCKEL, Psalmenstudien I (1921) 39 ss appropriatamente con at"t"la (-+coli. 752 ss.).
719 (l,268) aµcwccivw (G. Quell) (J,268) 720

rendere 'àJàm 2 • Il seguente prospetto forma qal e 2 volte nella forma hi/'il.
mostra gli elementi più importanti del Fra i verbi, à.µcx.p-c6.vw traduce anche
linguaggio dei LXX e nel contempo la pJ' (Lam . 3,42), 'Jm (3 volte), m'l
( 1 volta), Jht nella forma pi'el (1 vol-
ricchezza delle espressioni ebraiche.
ta), 'f h (in locuzioni come quella usa,-
ta in Nu m. 5,7: hatta'àm 'afor 'à.fU
à.µcxp-rlcx.: sta prevalentemente per
« i peccati loro, che ess~ han fatto » ),
hattà't (238 volte) e per 'à w on (70
volte). Fra gli altri derivati dalla ra-
e rJ' nella forma hif'il (3 volte cia-
scuno). I sostantivi sono resi con
dice ht' tradotti con à.µcx.p-tlcx., het' ri-
à.1.wp-cci\lw solo se tradotti libera-
corre 28 volte, hèifà'a 8 volte, hatfà'a,
mente, per errore o intenzionalmen -
(;af tàjà' e l'infinito hat8' una volta cia-
te: così hattà't in Gen. 4,7 (hat-
scuno. Fra gli altri equivalenti ebraici,
pera' è rappresentato 19 volte, il verbo
tà't robes = il peccato in agguato)
è reso erroneamente con fiµa.p-cEc;; in
pi' 2 volte, 'àsàm, 'asma e 'àsèm ri-
1 Sam. 20,1 abbiamo . d iiwip-c11xa. per
spettivamente 4, 2 e l volta. Inoltre
meh hatta'ti (quod peccatum meum:J),
2 volte ciascuno reJa' e té/ èba, e, in
e simili) . Lo stesso si nota per (;atta',
espressioni talvolta spiccatamente teo-
logizzanti, 1 volta ciascuno hOlt (Is.
hè( e peJa' (3 volte ciascuno), come
pure per 'àsem , 'asma, ràsà' (2 volte
53,4), ma(;asàba (ls .65,2), m•Juba (Ier .
ciascuno) , e infine per 'àwon (1 volta).
14,7), 'alila (Ezech. 36,19) (in aram.
à.8Lxlcx.: fra tutti gli equivalenti, che
'illa, Dan.6,5), ra'a (Prov.26,26), tum'd
sono complessivamente 36, il più rap-
(Lev.14,19), derek (1 Reg.22,53), aram.
presentato è 'àwon (50 volte), mentre
f:;abula (Dan. 6,23) e rJ' nella forma
peJa' ricorre soltanto 7 volte, hafta't
hif'il (Dan . 11,32).
(Dan. 9,24) e 'iiJàm ('IEp. 28 [Ier. 51],
à.µap't"l")µa: per lo più traduce ha!-
5) una sola volta. Compaiono poi
!à't e 'àwon (8 volte ciascuno) e peJa'
'aw•ta (14 volte), 'àwel (9 volte),
( 4 volte). Inoltre ricorre 1 volta ri-
'àwen e hàmas ( 8 volte); Jeqer (7
spettivamente per (;èt', reJa', derek
volte, reJa', ma'al, hawwa, 'awwd
(Os. 10, 13) e qesef (Num. 1, 53,
( 4 volte). Interessanti sono inoltre gli
erroneo).
equivalenti, che compaiono solo 1 o 2
à.µap-.wÀ.6ç: 72 volte per ràsà' e 2 volte, rè5a', ma'al, hawwah, 'awwah
volte per reJa'. Inoltre per !;at1a' (11 (Ezech . 21,32), 'awwàl, aram. 'awa;a',
volte), hat1a'a e bote' ( 1 volta cia- Dan. 4,24, ra', mutteh, mirmd e ma'a-
scuno), e 2 volte anche per il verbo séh, inoltre 'efeq (nome di pozzo, Gen.
(;t'. Poi 1 volta rispettivamente per 26,20) e l'abbreviazione per bét ham-
(;ànèf, r.a' e (;rJ (4' 128 [Ps. 129], 3, meri (Ezech. 12,2).
in senso teologizzante). Anche à.8lx11µa. traduce il più delle
<iµci.p"!."a\lw: 162 volte per pt' nella volte 'àwon (5 volte) e peJa' ( 4 volte);

2 Il maggior numero di volte (22) corri- minile) e a xa:ba.pLcrµ6c; (Prov. 14,9). A


sponde a 'ltÀ.TjµµÉÀ.ua, - À.E~v 'errore di àµa:p-cla: soltanto in Lev. 5,7; Num. 18,9
canto', poi a rJ.yvoLa. (5 volte), ~cicra.voc; (plurale); 2 Reg. 12,17; Is. 53,10. Ad &.oLxla
(4 volte), persino a t1.a:crµ6c; (Am. 8,14, fem- in I er. 28 (51),5.
721 (l,268) (l,269) 722

negli altri casi rende soltanto 'oJeq &.voµE~V traduce rY (8 volte nelle
(2 volte), hiimiis, 'aweld, ra', rii'd e forme qal e hif'il), e , 3 volte ciascuno,
mispiif (1 volta). pS' e sht nelle forme pi'el e hif'il.
èlo~xoç: ricorre 33 volte per frqer Inoltre 'wh, m'l, ht1 (Dan. 9,5, Teo-
(come nomen rectum ), 10 volte per doz.). Traduce anche alcuni nomi.
hiimiis, 8 volte per 'aweld. Traduce à.O'É~ELCX, che, insieme ad àµap·dcx,
inoltre, fra gli altri, 'awel, rasa' ( 4 vol- possiede la più forte accentuazione re-
te ciascuno), 'awwàl (3 volte), 'iiwen, ligiosa fra tutti i sinonimi, è rappresen-
mirmd, 'ofrq, ra' (2 volte ciascuno), tato soprattutto da pda' (27 volte), più
tahpuh.éi, n"bàld, r''mijjd e t6hu ( l volta raramente da hawwd, zadon, zimma 1
ciascuno). hiirnizs , mirmd, sàra, (alita, ra' d, t(/ e-
àOLXÉW: sta per ht' (3 volte), pS', ba ed altri. Anche hatta't e 'iiwon ri-
r" e rS' nella forma hif'il (1 volta cia- corrono solo 2 volte ciascuno, e per di
scuno). Sta invece 14 volte per 'sq, più in tes ti alquanto incerti.
3 volte per m'l (in Dan. 9,5, Teodoz., CÌ.O'E~1]c; sta prevalentemente per rizsii.'
cod. A, sta per mrd). Fra i sostantivi (14 volte), rispetto al quale altri si-
che qui interessano sono tradotti con nonimi quasi scompaiono.
&.o~xÉw bamàs (2 volte) e m•suba (1
Lo stesso si dica per à.O'E~Ei:v, se
voi ta ).
si eccettua il fatto che ricompare qui,
&.vo11la traduce 24 termini ebraici:
per 1O volte, pa'Sa' mentre bt' non è
ricorre 63 volte per 'iiwon, 26 vol-
per nulla rappresentato. Degno di nota
te per 'iiwen e te/ ebd (sempre in
è mrh (Lam. 3,42). ,
Ezech. se si eccettua Ier. 16,18), 20
volte per pda' .(in Is. 53,12 come ver- xa..xla. corrisponde prevalentemente
bo), 8 volte per riS' d e re5a', 7 volte ai derivati di r", inoltre, anche se non
per zimma, hiimàs, 'aweza: e hatfa t. 1 vi è sempre concordanza nei manoscrit-
Più raramente traduce b•tijja'al besa' ti, a 'awon (1 Chr. 21,8; Ier. 16,18;
1 1

derek hawwa ma'al, ma'aliil, 'alita, 13,22 A), 'iiwen (Is. 29,20), e batfii't
1

nebiild, mispàh (ls. 5,7), sard, 'awel, (ler. 15,13 A).


'oseb (in Ps 139,24, forse per debar- Lo stesso dicasi di xax6c;, per il
, eseb, ossia « parola offensiva » [ Gun- quale sono degni di nota, oltre a ra'
kel] ), 'iitàq, qiilon e foqer; e 1 volta ecc., i seguenti equivalenti: 'awen
traduce anche il verbo sht nella forma (3 volte), zimma (Prov. 10,23), 'iimii.l
hif'il. (lob . 16,2), re'Sa' (Prov. 16,12), 'aw•ta
avoµoç sta 31 volte per rasa', e sol- (I ob. 22,23 ).
1
tanto 1 volta per battii (Is. 33,14 ); xaxovv traduce rS' nella forma hif' il
per il resto traduce fra gli altri: }awen in Is. 50,9, xaxoTIOLELV traduce 'wh
(5 volte), hane/ 'awwal hotel, e 2
1 1
nella forma hif'il in 2 Sam. 24,17 (A).
volte anche 'dwon. Come equivalenti di mrd e mrh nel
à.v6µl]µa, poco usato, sta per 'dwon linguaggio religioso si trovano più volte
e pda' (3 volte ciascuno); per zimma anche à.1ktEi:v, à.q>La..triva..L (tutti e due
e hattii't (2 volte ciascuno); per nebiild, anche per pS'}, CÌ.[..tEÀEi:v (ler. 4,17), Épl-
to' ebd e tipld (1 volta ciascuno).
1 SELV (1 Reg. 12,1 .4 s.), 7tapaBa..lvELv,
723 (I,269) ciµap-çcivw (G . Quel!) (I,269) 724

mxpo!;uve:Lv (per mrh 'et-pi ihwh, di- sonalità del traduttore trovi modo di
sprezzare il Signore, in Num. 20,24), esprimersi più del conveniente. Ora
µi) do-axounv (ls. 1,20), e, soprat- è posto un accento religioso, laddove
tutto, 7t<XpamxpcdvELV (in Ezech. 2,3
l'autore ebraico non ne poneva al-
per mrd e 18 volte per mrh; in Ezech.
ricorre 9 volte ohoç, 7t<Xpamxp1X1'.vwv cuno 3 ; ora al contrario, è usata una
per bét meri. parola profana, che appiattisce il senso
religioso 4 • In ogni caso, la buona at-
Tali difetti di traduzione non sono titudine a distinguere di cui gode la
da imputarsi soltanto ai traduttori, lingua ebraica basta da sé a mostrare
ma sono insiti altresl in una difficoltà che solo con gravi riserve si può dire
propria del linguaggio ebraico. Si può che gli scrittori dell'A.T. abbiano una
infatti osservare che, fra le molte pa- nozione di peccato unitaria e ben de-
role da prendere in considerazione, non finita. Diremo di più: che il problema
se ne trova alcuna che si attenga in del peccato in generale in essi si pre-
maniera esclusiva alla lingua religiosa o senta ancora ingombro di un gran nu-
teologica, tale dunque che possa valere mero di questioni che ne interessano
quale perfetto corrispondente della pa- la nozione e la storia.
rola « peccato ». Tutte le parole ebrai-
b. Nella lingua dell'A.T. le radi-
che in questione hanno, accanto a quel-
cali che suggeriscono l'idea di peccato
lo religioso, anche un significato profa-
sono principalmente quattro. Non po-
no e, per quanto il rapporto fra i due
tendo la nostra lingua renderne le
sia spesso ineguale, bisogna porre at-
sfumature etimologiche, noi le rendia-
tenzione a non sopravvalutare il co;:ite-
mo coi termini peccare e peccato (in
nuto puramente religioso dei concetti.
tedesco siindigen e Siinde). Tali radici
Guardando più da presso, questi appaio-
sono le seguenti:
no tutti, più o meno chiaramente, come
risultati di una sistemazione razionale l. ht'. Il verbo, compresi gli in-
di un elemento religioso. Sembrano es- finiti e i participi, ricorre 177 volte
sere piuttosto altrettanti «theologume- nella forma qal, 32 nella forma hif'il
e 9 volte nella forma hitpa'el. Si hanno
na», che non parole sorte dalla sponta-
inoltre 15 forme pi'el, sempre col va-
nea esperienza della vita, e il senso che lore privativo di cancellare il peccato 5 .
ne scaturisce è diverso da gruppo a grup- Anche una parte delle forme hitpa'el
po. Perciò si spiega bene come la per- ha significato riflessivo con riferimento

3 Cfr. ad esempio Prov. 1,31: à.crÉ0rnx. per s Cfr. BAUER-LEANDER, Historische Gram-
m6'e~a) ecc. matik der hebriiischen Sprache I (1922) 291;
4 Cfr. ad es. lob 9,22: ovv6:crn1c; per G. BERGSTRASSER, Hebriiische Grammatik II
-W' - f
rasa, ecc. (1929), 94.
725 ( I ,270) a1wp-rcivlù (G. Quell) (1,270) 72(,

al pi'el privativo: liberarsi dal peccato. pare soltanto 2 volte (Ex. 34,7; Is. 5,
Complessivamente, il verbo è dunque 18) nella forma assoluta. Vi è poi
documentato 233 volte, e nella mag- bìi.tii'a 9 , che ricorre 8 volte, e il ma-
gior parte dei casi è proprio del lin- schile het', che ricorre 35 volte 10 •
guaggio religioso 6• Fra i sostantivi for- Il nomen agentis hattii' (p eccatore) è
mati dalla radice ht' sta al primo attestato al singolare soltanto come
posto, ricorrendo 2 8 9 volte, hattii't femminile (Am. 9,8) ; il plurale com-
(femm.; maschile soltanto in Gen. 4,7, pare invece, con e senza suffissi, 18
-~ nota 28 ), che risulta nettamente volte.
preferito ai sostantivi formati dalle 2. pY, ribellarsi, ricorre co me ver-
altre radi cali. Certo, anche hatta't in bo 41 volte, compresi l O casi nei qua-
molti casi 7 , analogamente alle forme li compare al participio qal; come
intensive del verbo, ha il significato sostantivo (pefa'), ricorre 92 volte (al
privativo di mezzo idoneo a cancellare singolare e al plurale).
il peccato o le sue conseguenze; e in 3. 'wh è attestato come verbo
questo senso sta ad indicare un deter- in 17 forme, 6 delle quali tuttavia
minato tipo di sacrifici, il cui fonda- (nif'al e pi' el) esprimono, sia in senso
mento e il cui rito sono descritti caso letterale che metaforico, il concetto
per caso in Lev. 4,1-5,13. 8 . Per il re- profano di torcere (col. 751 s.) . Nell 'u-
sto batja't significa semplicemente pec- so del sostantivo 'iiwon 11 , che al sin-
cato, quando non si preferisca consi- golare e al plurale (' ìi.w6n6t) ricorre
derarlo come esprimente un concetto 227 volte, è invece molto più vigoro-
giuridico quale ' trasgressione ' o ' ne- samente accentuato l'elemento religio-
gligenza '. Tutti i plurali e le forme so, nel quale si afferma con forza l'idea
con suffisso possono anche essere ri- di colpa 12 ( ~ 3 e OLXctLocrvvl] ). Sono
condotte al singolare hattii' a, che com- 'awi5n6t i delitti generanti colpa.

6 Eccezioni ~ 2 a. 9 In Pr. 40,7, dove pata'd, come altrove


7 B. BAENTSCH (Commentario a Ex. 29, ~a!!ii 't o pat!a'd, sembra significare 'sacri-
14) conta 101 casi. ficio per il peccato ', la puntuazione deve
8 Questo significato, come quello corri- essere stata fatta da qualcuno che aveva in
spondente di 'asiim, è forse da spiegare col mente una locuzione come 'iiwen wa 'a~arà,
fatto che sia ~af!a't che iisam erano parole- empietà e solennità (ls. 1,13 ).
chiave nella teologia del culto e perciò ido- 10 hét' passa spesso a significare ' colpa ',
nee a contrassegnare gruppi di sacrifici. II cfr. niisa' pèt', portar la colpa, Lev. 19,17;
documento più antico sembra essere quello 20,20; 22,9; 24,15; Num. 9,13; 18,22; Ir.
di Ezechiele (cfr. Ez. 40,39 e il relativo com- 53,12 ; Ez. 23 ,49. ~ coli. 751 ss.
mento di R. Smend). Baentsch (Lev. 321) 11 Formato con l'aggiunta, alla radice
suppone una connessione coi significati, di- uscente in vocale, del suffisso - an; cfr. ].
mostrabili già anteriormente all'esilio, di BARTH, Die Nominalbildung in den semiti-
multa, ammenda (kesef ~atfii 'ot, 2 Reg. 12, schen Sprachen (1889), 326.
17; cosl forse si chiamavano le prestazioni 12 Altri derivati dalla stessa radice, come
dei 'colpiti d'ammenda', .Am. 2,8); tali casi '1, 'iw•'im, e me'im, sono estranei alla lin-
presentano però soltanto analogie di tra- gua religiosa, con la possibile eccezione di
passo semantico, ma non costituiscono stadi ruah 'iw'im, spirito di errore, in Jr. 19, 14
precedenti nello sviluppo dei concetti tec- (LXX : 1tVEvµa. 1tÀC1.VTJO"EWç).
nico-rituali.
72ì 0,271) à.µap-rcivw (G. Quel!) (1,271) 728

4. sgh, errare, attestato 19 volte se mbra , perché qu esta radice mette


te come verbo, e il sostantivo S'ghagah, in evidenza un aspetto formale del-
come verbo, con la forma parallela sgg l'azione che si adatta assai bene al con-
( 4 volte), così come il sostantivo (che
cetto di peccato. Nei rari casi del
ricorre pure 19 volt e) !;"gagéi, esprimo-
no un altro aspetto del peccato 13 , quel- linguaggio profano in cui ricorre ht'
lo Jell' errare, proprio dell ' uomo in è un vcrbum motus che signilìca fal-
guanto creatura. lire il bersaglio . Un simile uso non
A qu es te quattro radici se ne po- può provenire dalla lingua religiosa,
trebbero aggiungere altre, come mrd o giuridica o etica, ma ben piuttosto
e mrh, che si avvicinano particolarmen- dev'essere considerato come il fonda-
te a pS'; altre potrebbero esser prese men to di qu es ta; in essa, poi, la no-
fra quell e menzio nate al capoverso a, stra radicale ha un valore fondamen-
innanzitutto r f, wl, o 'sm (~ 0..6.axE-
1
talmente metaforico , ma tale che po-
Giku e coli. 753 s .). Sebbene vengano teva esser facilm ente ca pito da tutti.
usate con valore teologico e reli gioso
Quanto all 'uso profano e primitivo,
sostanzialmente unitario, le quattro ra-
si vedano i passi seguenti. In Prov.
dicali ricordate sopra presentano diffe-
19 ,2, a proposito di chi corre viene
renze così spiccate, che già di per sé so-
detto: 'as b"raglajim h6te', chi va di
no sufficienti a mostrare quanto varie
fr etta, mette il piede in fallo . In Prov.
siano le maniere con le quali gli scrit-
8,36 si trova bt', fallire, quale oppo-
tori, coscientemente o meno, si rappre-
sto di ms', trovare. Similmente, in
sentano il peccato . Un confronto del
lob 5,24, è detto: lo' tehe!ii', non fal-
pensiero espresso da queste quattro no-
lirai, cioè troverai ciò che cerchi. Ma
zioni fondamentali ci consentirà di farci
tale significato è noto anche al di
un'idea in qualche modo 1deguata di
fuori della letteratura sapienziale. In
quello che gli Ebrei intendevano per
I ud. 20, 16 è detto che il fromboliere
peccato.
di Beniamino scaglia la pietra con ec-
cezionale precisione: welo' jaf;ati', sen-
2. Contenuto giuridico e teologico del
za farle fallire il bersaglio 14 • Un signi-
concetto di peccato nell'A.T.
ficativo esempio di contenuto seman-
a. Come mostra la statistica di tico composito è offerto da Ps. 25,8.
cui sopra, è nella radice ht' e nei La lezione masoretica f:Ja!tà'im, inten-
suoi derivati che trova principalmente de « coloro cui Jabvé ammaestra »
espressione l'idea di peccato, e ciò, come sinonimo di « peccatori », men-

13 E cosi anche i•gl'a (Ps. 19,13), miigeh 14 LXX: oux Èçl'.lµap-rcivov·m;.


(Gen . 43,12), e mesuga (lob. 19,4).
729 (l,271) cXfJ.ci:p-rrivw (G. Quell) (I ,272) 730

tre il salmista evidentemente pensava legale vera e propria che in quella


soltanto a « coloro che smarriscono corrente. Se ht' era originariamente
la via » (~ot•'zm badderek, cfr. LXX: un verbum motus indicante un movi-
mento errato, era potenzialmente ido-
à.µa.p-.civov-mi; È.v 680 ), ossia a co-
neo a designare reati di ogni tipo. E
loro che, nonostante tutta la buona un tale passaggio si dovrà supporre
volontà, non riescono ad orientarsi. laddove ht' sta ad indicare la man-
Forse il puntuatore ha proposto in- cata osservanza di una norma che
tenzionalmente un' in tcrpretazione teo- regoli reciproci rapporti fra gli uomini.
logica, al fìne di fare intendere che La legge sulla produzione di testi-
moni in tribunale (Deut. 19 ,15-21) è
anche coloro che seguono la guida di
formulata col ricorso al sostantivo
Jahvé si sentono peccatori. Ma intro- hatta't non meno che a 'àwon, usati
durre nel testo questo sottile pensiero entrambi nel senso largo di trasgres-
era possibile proprio e solo per la sione della legge civile; si veda la di-
ragione che il verbo di movimento sposizione in base a cui tekol-' aw(m
usato dall'autore aveva valore figura- azckol-hatta't (per ogni colpa e ogni
reato) hanno validità soltanto parec-
tivo con riferimento alla ' via '. Per
chie testimonianze. Con l' aggiunta
quanto questi esempi siano poco nu- bekol - ~èt' 'aser jehetà' (per ogni tra-
merosi 15, da essi si può tuttavia con- sgressione che si possa commettere)
cludere che il significato puramente (v. 15) la nozione diviene poi così
profano di ~(', inteso come azione ampia e così comprensiva da abbrac-
manchevole, nell'ebraico è sempre sta- ciare tutti i campi del diritto. Non vi
è cenno invece di un qualche caratte-
to presente. Pertanto la denominazio-
re religioso o rituale della trasgressio-
ne di peccato più usata in ebraico ne in questione; l'autorità che se ne
non ha il tono prevalentemente reli- deve occupare è quella profana 16 • Co-
gioso che è proprio della parola nella sì anche in Deut . 21,22, het' è in-
nostra lingua . teramente ripreso nel termine mispàt
(caso giuridico) 17 • È in particolare al
Questa supposizione si rafforza ulte- processo che si riferisce la minaccia di
riormente con l' esame di numerosi Is. 29,21 contro coloro che inducono
passi dell'A.T., nei quali ht' è usato a testimoniare il falso: mahati'é 'àdam
con valore giuridico, sia nella lingua b•dabar (che fanno errare il prossimo

15 Anche hah6te' in I s. 65 , 20 consente 16 Il v. 17 è redatto in modo maldestro,


una differente interpretazione. Tale parola allo scopo di dare all'istanza giudiziale ca-
vi sta ad indicare colui che « fallisce » la rattere religioso. Cfr. il commento al passo.
durata completa della vita. Cfr. il paralle- 17 Analogamente Deut. 22 ,26. Invece in
lismo con « il vecchio che non vive tutti i Deut. 15,9; 23,22; 24,15 l'accenno all'invo-
suoi giorni ». Egli è 'peccatore' solo dal cazione a Jahvé dà alla parola het' un tono
punto di vista della dottrina secondo la qual..-: religioso. Jahvé è il protettore del diritto ed
la morte prematura è conseguenza del peccato. è indirettamente toccato dalla sua violazione.
731 (l,272) aµap,..d:vw (G. Quell) (l,272) 732

con la parola). E siamo ancora in pie- Gionata sconsiglia Saul dal!' uccidere
na terminologia giuridica nell'episodio Davide: !ammd tehha' b"diìm niiqi
di Ezechia che, confessando al re di ( « perché pecchi in un sangue innocen-
Assiria d'aver violato il patto, dice te?») (1Sam.19,5). Se si è trattati in
hii!ii'ti (ho sbagliato, 2 Reg. 18,14) 18 • un modo strano o che si giudica non
Parimenti, vi è un riferimento al di- equo, si dà inizio al chiarimento con
ritto che regola i rapporti fra i po- una domanda sul tipo di quella che
poli neIIe parole che Jefte oppone al Giacobbe rivolge a Labano: mah-pi.rt
re dei Moabiti, dal quale è assalito: mah hat!ci'ti («qual è la mia colpa, qua-
we'iinoki lo' hiitii'ti' lak (ma io non le il mio peccato?») (Gcn. 31,36), o
ho mancato contro di te, !ud. 11,27). che Abimclek ri\'olge ad Abramo: meh-
Si toccano poi rapporti di diritto pri- ~a!iz'ti lak «in che cosa ho peccato con-
vato allorché riguardo ai funzionari tro di te?» (Gcn 20 ,9). Qui hatça't (e
egizi che erano venuti meno ai loro così pure pe5a') è semplicemente ciò
doveri verso il faraone, è detto: hiite'u che una persona per bene non fa, poi-
la' adonéhem (han mancato contro il ché «azioni che non si fanno» in bocca
loro signore, Gen.40,l E? J?). Il capo ad Abimelek è soltanto una formula-
dei coppieri ricorda poi i suoi hatii'im, zione più cortese di ciò che poco pri-
falli (Gen . 41,9) 19 • Nel medesimo sen- ma egli indicava con P!' e che non con-
so di Davide, che come vassallo di statava nel proprio comportamento. In
Saul non commise alcuna mancanza questo senso ht' può indicare perfino
verso il re, è detto lo' f.iiitii' ( 1 Sam. una condizione durevole di colpa. Così
19 ,4). E Io stesso Davide grida a Saul, quando Giuda si rende garante per Be-
dopo aver rinunciato all'occasione di niamino: «Se non te lo riporto», we-
ucciderlo: lo' hatiiti liik (1 Sam. 24, ha.ta'!l tekii kol-haijamim, (Gen. 43,9
12). Viceversa Saul confessa a Davide J; dr. 44,32) cioè sarò considerato per
il suo comportamento sleale con la stes- sempre da te come sleale. Si capisce
sa parola: /.Jii!ii'ti («ho peccato») da sé che chi parla vuole con ciò allu-
(1 Sam. 26,21 ). dere a spiacevoli conseguenze, che nel
Altri esempi restano vicini al lin- caso dato debbono colpirlo.
guaggio forense, anche se parlano di
errori che hanno rapporto meno con b. Questa parziale rassegna del-
una norma strettamente giuridica che
l'uso di ht' 21 è di importanza fon-
con una norma morale. Ruben distoglie
i fratelli dall'uccisione di Giuseppe: 'al- damentale per comprendere l'interpre-
tef.iet'u bajjeled (« non peccate nel ra- tazione religiosa data a questa radice
gazzo » ) ( Gen. 42,22 E ) 20 ; cosi pure e, nel contempo, tutta la concezione
is Anche le parole di Ex. 5,16, manife- dignità divina del faraone è del tutto estra-
stamente punteggiate in modo erroneo (leggi nea al narratore ebraico.
con Simmaco: wel;atta't 'immak, e il pecca- 20 Cfr. inoltre l'auto-accusa dei fratelli:
to è con te), esprimono una protesta con- anahnu 'asemim (noi siamo in colpa, v. 21 ).
tro un ingiusto trattamento da parte di 21 Un quadro analogo offre l'uso di rJ',
funzionari. i! cui carattere giuridico risalta ancor più
19 t<: evidente che ogni allusione a una nettamente. Nel linguaggio legale (ad es. Ex.
733 {J,273) a[HXp1."ci VU) (G. Quc Il) (I,273) 734

antico-testamentaria del peccato. Infatti non ha un contenuto puramente for-


anche nelle altre radici menzionate è male, ma connota anche un atto di
avvenuto che sul contenuto descrittivo volontà.
della lingua profana si sia formato Fra le radici esprimenti l'idea di
un linguaggio teologico e, quindi, reli- peccato e peccare, pY è in ogni caso
gioso. Ma di questo processo non è Ja più attiva e, insieme, quella che
storicamente individuabile l'inizio e lo meno di tutte suggerisce una remini-
sviluppo nell' A. T. Nel caso di b(', scenza di un gesto esterno. Il Konig
invece , la trasposizione dell'originario ne ha reso appropriatamente il senso
signifìcato profano a fatti della vita con la perifrasi: fare una ribellione
religiosa è particolarmente indicativa, (Re bcllion iiben) 22 • Nella lingua pro-
poiché presupposto necessario ne do- fana, anche in quella non rigorosa-
veva essere la concezione della vita mente giuridica, esso designa la rot-
religiosa medesima come di qualcosa tura di un patto di fedeltà e di pace,
che è o deve essere regolato da norme attuata con un atto di volontà, come,
giuridiche o almeno da determinate ad es., il distacco di Israele dalla
regole genericamente vincolanti. Ora, dinastia di Davide (1 Reg. 12,19) o
concepire la vita religiosa in questo la ribellione di popoli vassalli contro
modo - ossia affermare che essa nel la ' mano ' dei loro sovrani ( cfr. special-
rapporto con Dio debba svolgersi nel mente 2 Reg. 8,20: péi'Sa' 'edom mitta-
modo prescritto e in nessun altro - l;at jad-j'hUdd, si ribellò Edom contro il
significa appunto compiere una rifles- potere di Giuda). Così, ad es. quando
sione specificamente teologica. Ad es- in I s. 1 ,2 l'immagine dei figli che si ri-
sa si può ricondurre, se si vuole, il bellano contro il potere paterno viene
processo della trasposizione semanti- usata d raffigurare l'opposizione cli Israe-
ca senza che dall' A. T. venga obbie- le contro Jahvé, o in Ier. 2,29 la ri-
zione di sorta. Qualche perplessità si volta contro Dio è paragonata a un pro-
prova, invece, a pensare che tali con- cedimento giudiziario aperto contro lo
cetti siano stati coniati dalla riflessione stesso Jahvé, ciò signifìca che l'origine
teologica. Questo, perché è difficile di un tale comportamento, vale a dire
pensare che per questa strada essi sia- del peccato, viene individuata con
no giunti a plasmate la mentalità degli tutta chiarezza nella decisione della
scrittori, tanto più che una radice come volontà umana 23 • Perciò Amos (4,4),
pY, ribellarsi, a differenza di ht' e 'wh, col solo imperativo pi'f u (profanate!),
23,l) rasa' è colui che ha torto. È a partire menbuches ( 1929), 49 ss.
di qui che devono essere spiegate tutte le 22 E. KbNJG, Worterbuch, s. v.
altre sfumature del concetto. Cfr. G. MAR- 23 Altri esempi in Os. 7 ,13; 8,1 (ribellione
SCHALL, Die « Gottlosen » des ersten Psal- contro la Legge di Jahvé); Ier. 2,29; 3,13;
735 (l,274) àµ<wtcivw (G. Quel!) ( f ,274) 7_
36

senza alcuna aggiunta esplicativa, può giosi. Infatti se si guarda al signifìcato


cor. traddistinguere inequivocabilmente letterale, è solo apparentemente che
lo sprezzante comportamento di sfi- sgh ( errare ), con i suoi derivati, è
da, che potremmo dire istintivo, ver- il modo più blando per J csignare il
so Dio. Un elemento numinoso quale fatto del peccato. Questa apparenza
sostrato del peccato si rivela incon- sorge tanto facilmente proprio per-
fondibilmente in questo modo di espri- ché sgh è usato prevalentemente net
mersi. ' Ribellione ' è una voluta e culto. Vi sta ad indicare una \'i ola-
cosciente violazione non già di un zione, dovuta ad errore ma non ne-
' volere ' meramente casuale, ma di cessar iamente a tra scura tezza e a colpa,
un vero e proprio valore numinoso commessa da un • semplice ' (p eti,
oggettivo, qualunque esso sia 24 . Il Ezech. 45 ,20) ; violazione di regole
peccato è allora uno spontaneo feno- rituali, che sono • velate ', ossia non
meno di reazione umana contro ciò presenti alla coscienza ( Lev. 4, 13; cf r.
che è sacro e divino. ht' biScgaga, peccare per errore , in
Lo stesso pensiero, ma con accen- Lev_ 4,2 passim ). Nel diritto essa ha
tuazione di un elemento quasi tragico il suo corrispondente in un' azione com-
dell 'agire umano, è presente nel con- piuta avventatamente (b ibeti da'at, sen-
cetto dell' errare dell' uomo nel suo za saperlo, Ios. 20,3; dr. Num. 35,11 ).
rapporto con Dio. Tale concetto ha Ma in tale uso il pensiero racchiuso
attinenza, anche se spesso è inavver- nella parola va pressoché perduto.
tita, al problema propriamente teolo- Sgh non è affatto un'espressione
gico del peccato e non può quindi blanda. Esprime anzi un concetto assai
mancare in questa trattazione. Pur- più grave di quello, puramente figu-
troppo, nella lingua cultuale dell'A.T., rativo, di ' fallire il bersaglio ' o di
sgh per lo più è usato senza uno quello emozionale di ' ribellione ', in
speciale rilievo, come se avesse per- quanto l'idea di 'errare ' implica ne-
duto la sua forza originaria, o come cessariamente la rettitudine d'intenzio-
se - si potrebbe supporre - dal ne in colui che ' erra '. Religiosamente
contesto _relativamente innocuo del parlando con l'occhio volto a Dio, si
rituale fosse stato portato al suo pieno deve dire che è nella natura delle
valore solo da pochi pensatori reli- cose che l'uomo erri. Così , non appena

fa. 18,31; 20,38; Is. 43,27 (parallelo a f?t'). avversari, a causa dei quali essi devono ca-
Ps_ 5,11 mostra in modo particolarmente evi- dere, corrispondono alle loro ' ribellioni ', e
dente l'affinità di pS' con mrh, e come gli uni e le altre son comprese nell'espres-
ambedue le radici pongano l'accento sul- sione conclusiva miiru bak ' ess i ti sfidano ',
l'elemento della volontà. I 'piani' degli 24 Cfr. R. O TTO, l.c. 4.
737 (I ,274) d:µci.p-cavw (G. Quel!) (f ,275) 738

l'idea di errore s1 presenta in chiave far conoscere. Sgh significa per Isaia
religiosa al di fuori del linguaggio avere, nei riguardi di Dio, l'intelletto
cultuale, affiora in essa qualcosa che annebbiato, incapace di comprendere.
sa di orrore demonico. Anche nella Dio parlerà agli ' erranti ' in ' un
lingua del culto questo quid non può linguaggio balbettante e una lingua
esser trascurato dcl tutto, nonostante straniera ' , che essi non potranno
sia indebolito dalla possibilità di un capire. Toccherà loro qu ella stessa
accomodamento . Quando Giobbe affer- pena che conosce Giobbe , il quale, a
ma (12 ,16) che da Dio dipende sia di spetto di ogni umana consolazione,
chi erra, sia chi induce in errore, non non sa trovare alcuna via di uscita
dice qualcosa di ovvio e di innocuo, dal suo errare, ma deve soffrire il
ma esprime il terrore e il tormento martirio dcli' enigma di Dio (l oh l 9,
che sorgono al pensiero che l'uomo 4; 6 ,24 ). Certo, molti possono non
anelante a Dio non può pervenire alla essersi resi co nto della minacciosa pro-
meta, perché Dio stesso gliene nega fondità di sgh o non aver voluto ve-
la capacità. Questo amaro poeta, che derla. Un quieto e semplice orante
analizza inesorabilmente la vita della come il poeta del Salmo 119 passa
propria anima, attribuisce decisamente sicuramente, cosl come gli amici di
a Dio la responsabilità dell'angoscioso Giobbe, sopra a simili abissi; egli sa
destino umano. Giobbe ritiene suo bene di aver errato per l'addietro; ma
buon diritto lagnarsi di Dio su questo nello studio della Torà e nel proprio
punto. In una direzione analoga sem- dolore ha trovato la giusta via (Ps.
bra già essersi mosso anche Isaia, senza 119,67).
tuttavia giungere a una cosi titanica Dunque, se è vero che l'elemento
esplosione di inquietudine. Egli si sca- irrazionale non manca aff~ tto nell'idea
glia minaccioso contro coloro, sacer- di peccato, come mostrano pS', mrh
doti e profeti, che parlano di ' errare ' e sgh, è pur vero che se si prescin-
per dovere professionale e poi errano de da p!/, esso non è prevalente.
essi stessi in frivola ebbrezza. Con L'aspetto irrazionale del peccato nel-
sinistro realismo (Is. 28,7 s.) egli in- 1' A. T. è fortemente ridotto dall'idea
dividua il doppio significato di s g h di ' impurità rituale '. La nozione di
- ' barcollare nell'ebbrezza del vino ' peccato non e' cosi' I primitiva
• • • I
come
e ' smarrire la strada di Dio ' - mo- quella di impuro, in guanto è fon-
strando come il vacillare senza posa damentalmente di natura teologica e
degli ebbri profeti, costituisca, in parte, presuppone una concezione di Dio
una loro colpa, e in parte sia provo- teologicamente consolidata. Invero, la-
cato da Dio, il cui volere essi devono sciando da parte i testi dalla spie-
739 (l,275) aµa.p·nivw (G. Quell) (l ,276) -,- .l\)

cata caratteristica teologica come i sioni degli autori che non a sentimenti
corpi di leggi del Pentateuco, è ar- primitivi di natura numinosa. Persino
duo stabilire se e in qual misura gli nell'interpretare la confessione di pec-
autori avessero coscienza di ricorrere cati si deve tener conto di questo
ad argomentazioni di ordine teologico- fatto. Così, ad es., nel Salmo 32 il
razionale. Di solito l'elemento logico salmisra dice che il doiore lo spinse
rimane in ombra nella misura in cui alla meditazione dei propri peccati,
più viva è la presenza di un com- inducendolo a confessarli. Sorge però
mosso sentimento dell'autore. Ma an- il sospetto che tale riflessione quali-
che in tali casi si riconosce sotto sotto fichi come peccato pil.1 di un atto che
l'idea di ' mancata osservanza o viola- in realtà non era rivolto contro Dio,
zione di una norma' e si può ricostruire e che si supponga che Dio medesimo
agevolmente la corrispondente teoria. badi attentamente all'opus operatum
Nell'esegesi dei passi dell' A.T. che e alla tecnica del culto.
parlano di peccare o di peccato biso-
gna dunque guardarsi da quello che c. Un certo scetticismo riguardo
il Gunkel chiamava il pericolo della al carattere specificamente religioso
'sopravvalutazione' (Ueberbohung) dell ' iJea di peccato, prevalente nel-
della difficoltà. È lo stesso A.T. che ]' A.T., diventa ancor più forte se si
aggiungendo l'espressione bejàd rama osserva che la sapienza israelitica ha
'con mano alzata' (Num. 15,30), tra- del peccato stesso una concezione ac-
disce il bisogno di rendere più solida centuatamente intellettualistica. Anche
l'idea espressa da ht', facendone qual- se ciò è avvenuto prevalentemente per
cosa di più che non la descrizione di motivi pedagogici, si ha tuttavia l'im-
uno sbaglio. pre sione che questa dottrina sia caduta
Il ' peccato ' che commettevano ad su di un terreno particolarmente fer-
esempio le genti di Sodoma e Gomor- tile: in Is. 28,10 sembra che il gioco
ra (Gen . 18,20), non costituiva pec- di parole ~aw la~àw e qaw laqiiw che
cato ai loro propri occhi, ma viene forse significa ' norma su norma, riga
riconosciuto tale soltanto dal narratore su riga ', sembra essere una derisione
israelitico sulla base di un giudizio di un simile modo di trattare i pro-
t~ologico. Anche molte altre asserzioni blemi vitali della religione. Nàbàl,
relative al peccato si possono più 'stolto' 25 , è colui che non conosce il
facilmente ricondurre a meditate rifles- suo dovere verso Dio o, anche se lo

25Cfr. anche k•sil in Prov. 3,35 e passim; fatto che lo ' stupido ' (peti) può divenire
~gliè stupido come le bestie (ba'ar), Ps. 92,7 buono dal punto di vista religioso, qualora
(49,11); · nabub, lob 11,12. È significativo il sia sotto l'influenza della Legge: Ps. 19,8;
741 (1,276) r'l1tap-rrivw (G. Quell) (I,277) 742

conosce, non reputa importante tra- oscuri sia quanto all'etimologia che
durlo in pratica effettiva di vita (Ps. al contenuto 27 • Parole come to' eba,
14,2, passim). Il sentimento di supe- 'orrore', zimmd, 'stratagemma', 'iiwen,
riorità del fedele, in tal guisa manife- per lo più tradotto in maniera va-
stato, è esso stesso criticabile, anche ga con ' malanno ', hiimiis ' violenza ',
se Geremia si serve occasionalmente r"miija, mir ma ' inganno ', b•tijja'al 28 ,
di tali argomenti (Jer. 4,22; 5,21) o h6l'lim ed altre si richiamano a nozioni
il cantico di Mosè li usa in tono pare- che non hanno nulfo a che fare con
netico ( Deut. 32,6 ). In qu este rampo- tipici concetti scolastici di peccato.
gne può certo vibrare un sentimento In ogni caso mancano della carat-
di paterna compassione per il ' popolo teristica pregnanza che di quelli è pro-
stolto ', ma il motivo, e con esso la pria e che ha fatto sl che termini
natura peccaminosa del suo compor- come het', pe'Sa', 'iiw6n, che sono sem-
tamento, non trova in esse adeguata plici metafore lontane dalla specula-
espressione. zione teologica, siano divenuti patri-
Ciò si può invece dire del Deca- monio comune della lingua dei fedeli.
logo, il quale, nella sua forma am- Da quanto detto sembra risultare che
pliata (Ex. 20,5; Deut. 5,9), definisce il concetto di peccato giunse piuttosto
i trasgressori del comandamento di tardi alla sua formulazione chiara e
Jahvé «coloro che mi odiano ». Qui perfetta nello spirito israelitico; tut-
è detto infatti nel modo più efficace tavia una tale conclusione non sembra
che il peccato è in fondo qualcosa di in grado di infirmare la validità dei
inesplicabile, in quanto le forze mo- nostri argomenti 29 • Essa, anzi, è una
trici dell'odio rimangono incompren- prova della grande maturità di una
sibili all'uomo. Anche i r•sa'im 26 e i espressione religiosa fondata su salde,
le!im sembrano pieni d'odio verso Dio irremovibili categorie, la validità delle
come molti altri tipi di senza Dio, i quali nessuno nell'antico Israele era
cui nomi sono in gran parte ancora in grado di contestare in base al pen-

119,130. Allorché viceversa, come più spesso 125.


accade, tali persone sono definite come ' scal· 28 Cfr. specialmente Pr. 18,5 che con tale
tre ' o simili, ciò va inteso in senso mera· parola indica un demone dello Sheol. Analo-
mente tattico o rientra nella serie delle raffi· gamente in Gen. 4,7, dove ha!!à't raffigura
gurazioni ' primitive ' . un essere demoniaco; cfr. H. DuHM, Die
26 Già il Codice dell'Alleanza (cfr. Ex. bosen Geister im A.T. (1904) 8 s. e il com-
23,7) mette in evidenza l'avversione di Jahvé mento al passo.
per il riisà' (malvagio), alla quale può corri- 29 La mancanza del concetto di peccato
spondere l'avversione di questo verso Jahvé nelle parti più antiche della letteratura anti-
27 Cfr. specialmente MowINCKEL e PEDER- co-testamentaria può esser casuale, e non
SEN, l.c. e MARSCHALL, l.c., particolarmente costituisce quindi una prova storica.
743 (I,277) àp.ap1:tivw (G . Quell) (T ,277) 7-l-l

siero di allora . Per spiegare all 'uomo 'awh, nelle implicazioni giuridiche di
semplice perché mai in presenza del pY. Non c'è dubbio che, per affer-
sacro si sentisse preso dall'angoscia, mare almeno sul piano teoretico l'auto-
nessuna parola era insieme più sem- rità di tali concetti, c'è voluta la ri-
plice e più chiara di quelle che signi- flessione teologica di molte generazio-
ficavano: mancare il se,~no , venir me- ni, e non si può negare che la loro
no a una norma imperativa, oppure chiarificazione è legata strettamente con
suggerivano l'idea di rihellio nc co ntro l'idea di alleanza (~ 8w.iH1x11 ), co-
ogni norma o di errore da corrcgg,ere lonna della reli gione giudaica 30 . Anche
con l'osservanza di quella norma. in questo caso, infatti, il sentimento
Critica del comportamento umano, di paura è represso dalla coscienza del-
constatazione di un agire colpevole, la responsabilità , che aumenta di pari
ma al tempo stesso e innanzi tutto passo con la coscienza della grandezza
ineluttabile riconoscimento di un vo- di Dio e invade tutti i campi della
lere divino sono dunque elementi che vita, tanto che si giunge a confessare
convergono in quei densi concetti e a Dio: l"ka zebadd"kii hota'ti, Ps. 51 ,
li innalzano al valore di formule ca- 6: Soltanto nei tuoi con/ronti io ho
paci di spingere all'azione, di spiegare peccato.
in modo esauriente il significato di Qui si manifesta la differenza tra il
tutte le situazioni in cui la creatura peccato cd ogni altra specie di fallo.
si sente dominata dalla coscienza di Se si vuol stabilire in che cosa il pec-
quel che veramente è. La religione cato realmente consista, è necessario
d'Israele, avendo riconosciuto il vo- escludere sia la propria che qualsiasi
lere divino come la legge suprema altra opinione umana sul significato
determinante ogni creatura, doveva di materiale di un dato fatto. Lieve o
conseguenza spiegare il fatto del di- grave che sia la trasgressione secondo
stacco dell'uomo da Dio e il suo agire il giudizio umano, è solo nel pensiero
antidivino per mezzo di concetti che di Dio e nella sottomissione al suo
fondassero l'obbligazione richiamandosi volere che la natura di tale trasgres-
all'indirizzo su cui deve muoversi la sione si rivela al salmista al di là di
vita umana. Una tale indicazione è ogni dubbio. A Dio, e a nessun'altra
data appunto, in un modo che non istanza, egli deve render conto. Que-
poteva sfuggire allo spirito della lin- sta è la sua «segreta sapienza» (v. 8).
gua ebraica, nel verbo di movimento Aver violato la norma di Dio, que-
!;(, nell' idea di errore contenuta in sto significa per lui aver peccato. Egli

30 Cfr. l'espressione marffé b•rit «coloro SEN, l.c. 415: « La rottura del patto è la
che violano il patto» (Dan. 11,32); PEDER- quintessenza del peccato».
745 ( 1,278) ap.ap"tcivw (G. Quel I) (I ,278) 746

ha Lit to ciò che avviene 111 ogni atto Ciò che il poeta ha fatto o non ha
peccaminoso e che lo rende tale. E fatto non può essere ricavato dal v. 6,
per dirlo in modo più chiaro, egli com- il quale perciò non prova nulla contro
la veridicità di quanto è detto ai
pleta la sua confessione con una pro-
vv. 1 s. circa l'occasione del salmo.
posizione finale che suona quasi bla-
Che se altre ragioni mostrassero che
sfema: ho peccato a/jinché tu possa loccasione ivi indicata non è quella
essere giusto e irreprensibile. Quello vera, ciò non toglie, tuttavia , che sia
che è il risultato dell o sforzo di cono- vero quanto dice il v. 6', poiché in
scer Dio qui è presentato , invece, come tale verso non viene preso in consi-
scopo del peccatore. Ma tale cono- derazione l'atto come tale, ma la si-
tuazione religiosa che ne è scaturita.
scenza tocca il vertice in quanto egli
Indebolire l'audace autoaccusa espres-
vede ora come il fotto oggettivo del
sa con la proposizione finale riferendo
suo peccare sembri servire allo scopo quest'ultima al verso 5 ( « io ricono-
di condurlo al riconoscimento dell'as- sco, ovvero confesso, affinché ecc. ») 32 ,
soluta obbligatorietà della norma di è un dubbio tentativo esegetico che
Dio. Che il salmista esprima questo non convince nessuno, in quanto non
prende sul serio l'autore o pone in
pensiero nella form a, non del tutto
dubbio senza necessità alcuna la inec-
f clice, di un'adulazione alla rovesoa:
cepibile tradizione testuale. Proprio
ho peccato per la gloria di Dio, può coloro che « gioiscono della profondi-
certo apparire strano, ma è senza dub- tà » 33 di questo orante, dovrebbero
bio di elevato valore teologico come domandarsi se egli abbia potuto real-
spregiudicato tentativo di inserire or- mente esprimersi in modo cosl con-
fuso come presuppone detta ipotesi.
ganicamente il fallire umano nell'ordi-
La teoria che suppone nel salmo « un
ne di Dio e interpretarlo religiosamente dire ellittico » 34 paventa di riconoscere
come peccato. carattere blasfemo all'espressione adu-
Non può ritenersi giusta l'opinione latoria ed è un tentativo di « aggiu-
espressa dal Gunkel 31 nel commento stare » il passo, che doveva già es-
al Salmo: «Davide, che ha sedotto sere abituale a più di un lettore an-
una donna e ha mandato vergognosa- tico israelita o giudeo. Ma si tratta
mente a morte il suo marito, non di un'inutile forzatura. Se il poeta
può dire davvero di aver peccato sol- avesse inteso dire ciò che si preten-
tanto contro Dio ». No, Davide può de fargli dire, si sarebbe certo espres-
aver agito male verso Uria, ma è so più chiaramente. L'interpretazione
cosa che riguarda solo Dio se questa più semplice, e probabilmente giusta,
azione da despota sia peccato o no. è data dallo Staerk 35 • In qual modo

31 H. GuNKEL, Psalmen (1926) 226, in 33 GuNKEL 225.


conformità a B. DuHM, Psalmen2 (1922) 211. 34 R. KITTEL,PsalmenJ-4 (1922) 190.
32 Cfr. DuHM 211; GuNKEL 222 s. 35 W. STAERK, Lyrik (Schriften des A.T.
747 (l,278) àµcxp-rciv<.v (G. Quell) ( 1,279) 748

Paolo abbia inteso la proposizione fi- umana.


nale, è detto in Rom. 3,Y.
Il concetto di peccato, che da tutte
d. Se si considera l'A.T. nel suo quelle forme può essere tratto e dà
complesso si può dunque affermare diritto ed occasione per fare una sin-
che, per i suoi autori, quello di pec- tesi di tali definizioni, acqui sta, nella
cato è un concetto giuridico insieme varietà dcl linguaggio, molteplici sem-
e filosofico che esprime un'azione con- bian ze; ma la sua unità non va in ciò
traria alla legge. Anche se il senso perduta . Essa viene anzi u lteriormcnte
teologico di tale concetto è nel com- accc ntuara nel!' A. T . stesso . Questo
plesso fortemente prevalente, il fatto avviene anzitutto per certe espressioni
che esso non sia l'unico ha un'impor- polivalenti, le quali sembrano, in par-
tanza fondamentale. Del pari va rile- te, mettere in evidenza la sinonimia
vato che il concetto , conforme alla sua delle parole (così specialmente , per ne-
natura razionale, attiene molto meno cessità di forma poetica, in Ps. 32,5:
alla religione vera e propria, ossia al « ti feci conoscere la mia hattii' t t:
rapporto vitale fra Dio e l'uomo, che non ti nascosi il mio 'iiwòn; di ssi: vo-
non alla teologia, che è la esplicazione glio confessare i miei p"sii'im); in par-
teoretica dci rapporti religiosi. È la te, con una studiata sovrapposizione,
teologia che conia un concetto come voler ottenere una maggiore intensità
quello di peccato e cerca con esso di espressiva (dr. specialmente Ex. 34,
definire simbolicamente e di spiegare 7: Jahvé cancella 'awon wapefa' w"-
una data situazione religiosa o un fatto hatta'a 36 ). Talvolta , poi, la moltiplica-
psichico. Perciò è nella natura della zione dei termini finisce, con o senza
cosa che l'A.T. usi, ad esprimere il intenzione, per mettere in risalto deter-
concetto di peccato, tutta una serie di minate sfumature di significato (cosi,
differenti forme linguistiche. Si in- ad es., lob 34,3 7 intende suggerire un
terpreteranno nel modo più esatto co- senso di progressione ascendente: «egli
me differenti formule teologiche espri- aggiunge pefa' alla sua hatta't oppure,
menti differenti concezioni teologiche. in Lev.16 ,21 e analogamente nel v.16 e
Esse sono altrettanti tentativi di ren- altrove l'aggiunta esplicativa: tekol-hat-
dere un contenuto religioso, il cui ti? tam, conferisce un carattere partico-
substrato sfugge alla comprensione lare ai precedenti CJWQJ1 C pera' 37 • È
I

III 1)2 (1920) 231. stre iniquità col far conoscere i vostri pec·
36 Cosl anche Ez. 21,29: ia'an hazkarekem cati in tutte le vostre azioni ' ; cosl anche
'awonkem behiggiilot piJ'ékem l•herii' ot ha1- Dan. 9,24; per tutti questi passi cfr. L. KoH·
ti5'tékem [ekol 'alilotékem; 'giacché avete LER , ZAW, N.F. 5 (1928), 214.
~ammentato le vostre colpe svelando le vo- 37 Meno significativo è Os. 12,9: 'iiwòn
749 (1 ,279 ) à:µap,civw (G. Quel!) (1,280) 750

dunque chiaro che tutte le variazioni livellare le manifestazioni della vita


esprimono in sostanza la stessa cosa, e religiosa, la cui molteplicità è invece
cioè, conformemente al senso della ra- attestata appunto dall'uso di differen-
dice prevalente ~t', quello che si può ti termini. Specialmente radici come
definire una deviazione da una norma ht', 'wh e anche sgh, t' h ed altre
stabilita. Tale concetto può esser con- esprimenti deviazione da una norma,
siderato in vero sotto molti aspetti, il hann o un valore metaforico che al
che viene fatto appunto con l'uso ora fott o religioso si applica solo indiret-
di una radice, ora di un'altra. Ora tamente. Esse si limitano infatti ad
l 'accento è posto sul processo spiri- accerure oggettivamente che qualcosa
tuale, ora sull 'atto peccaminoso vero non è in ordine. Invece una radice
e proprio, ora sulla situazione che ne come pf ' ribellarsi ', giunge molto
consegue. Ma di regola non è la sin- più vicino al reale problema dell'ori-
gola radice, bensì il contesto nel qu ale gine e del senso del peccato come fat-
questa è inserita a fornire una più to religioso, in quanto individua ine-
esatta determinazione del contenuto in- gui vocabilmente il motivo che deter-
tellettuale o emozionale dei singoli pas- mina l'uomo a peccare. Ma anche nel
si e a metterne così in luce l'accento caso di sgh, come del resto in tutti
religioso che dal solo vocabolo non gli altri termini esprimenti l'idea di
risalta chiaramente. peccato, è intimamente presente, sia
A ben esaminare tali passi si può pure sistemata in un certo ordine ra-
distinguere tutta una serie di gradi, zionale, un'esperienza di natura irra-
che vanno dalla sobria constatazione zionale, che si ripercuote sulla chia-
razionale fino all'inconfondibile espe- rezza figurativa dei termini stessi. Spe-
rienza mistica. Tuttavia, persino nel cialmente nelle preghiere l'elemento
caso di un'espressione religiosa dalla irrazionale si intravvede tanto più chia-
quale la teologia sembri quasi del ramente dietro il concetto, quanto più
tutto assente, il concetto non perde questo è sottratto al linguaggio teolo-
mai interamente la sua colorazione teo- gico scolastico ed usato nella confes-
retica, in quanto rimane pur sempre sione o nel lamento . Particolarmente
concetto e come tale può essere in- indicativo è poi il fatto che nel rac-
teso sul piano puramente intellettuale conto del paradiso terrestre, unico pas-
e legale. Prescindendo del tutto dal so di una certa ampiezza dell'A.T. che
suo valore pedagogico, simile cono- abbia esplicitamente per tema il pro-
scenza presenta sempre il pericolo di blema religioso del peccato, mancano

'aJer - het', 'una colpa che sia peccato', in mento al passo.


quanto la vocalizzazione è errata; cfr. il com·
751 (I,280) à1.tcxp-rcivw (G. Quell ) (l ,280 ) 752

del tutto gli usuali termini tecnici a zione contra ri alla legge era fuor di
noi ben noti, a meno che non s1 con- dubbio. Lo stato di colpevolezza o la
sideri come termine tecnico quello colpa gravante sull'uomo sono designa-
esprimente la nozione assai generica te in modo uni voco e netto, nel lin-
di 'male'. Che cosa sia il peccato è guaggio religioso, soltanto dai sostan-
detto in tale pnsso con mezzi affatto tivi )asam e ,asma, ai quali corrispon-
diver si. dono il verbo 'sm 'co mmettere o ave-
re una colpa ' e l' aggett ivo verbale
3. Peccato e colpa 'ascm 'col pevole '.
Questa rndice viene u sata di prefe-
Tuttavia, prima cli analizzare quel renza nel linguaggio del diritto sacro
racconto e mettere in luce il contri- (~ i.À.a.o-xwiku) mentre è sc.irsamen-
buto teologico che esso apporta alla te attestata nel campo del diritto pro-
concezione del peccato in particolare, fano 38 ; l'uso che la legislazione sacer-
è bene riconsiderare il fatto, già accen- dotale fa del concetto insito nella ra-
nato di passaggio, che una buona parte dice 'sm, rivela chiaramente il carat-
delle parole ebraiche esprimenti l'idea tere material e, oggettivo della colpa
di peccato si possono, o anche si de- sacrale. Essa coincide con l'impurità.
vono, tradurre con colpa. Ciò si veri- Per cadere in colpa non è necessario
fica allorché le parole compaiono in esser peccatori, come chi decide di
contesti che rivelano chiaramente come ribellarsi contro l'ordine di Dio . Si
l'autore, nell'usare rS', 'iiwon, pt', ecc. cade in colpa senza volerlo , con l'er-
non intenda riferirsi all'azione pec- rore. Il concetto ritualistico di errore
caminosa in se stessa , bensì alle con- risulta sostanzialmente indebolito nel-
serruenze di tale azione, alla condi- la sfera della casistica ( v. coll. 736 s. ).
zione che dal peccare è preparata e Nondimeno le conseguenze di tale er-
determinata, o all' atteggiamento in- rore non vengono considerate meno
terno, dal quale scaturisce l'atto pec- gravi di quelle di altri peccati. Una
caminoso. Il facile variare dei termini trasgressione commessa bis"gagéz, 'per
mostra che all 'ebreo non premeva mol- errore ', ossia senza premeditazione -
to una · netta differenziazione concet- sia essa dovuta a negligenza (Lev. 4,
tuale tra peccato e colpa, in quanto 13.22) o a qualche altra causa (Lev.
il rapporto causale fra atto e situa- 4,2; 5,15.18; Num . 15,22) - ha co-

38 Gen. 26,10 riguarda il diritto matrimo- similmente !ud. 21,22. Nel diritto patrimo-
niale : si «porta» (bw', in forma hif'il) colpa niale si usano espressioni che sono rimaste
« su » qualcuno, inducendolo a commettere del tutto estranee al concetto religioso di
adulterio con la moglie di uno straniero; colpa, ad esempio massa', masseh, n•sz, };oh.
753 (l,281) (l ,281) 754

me conseguenza la colpa, come se si «grave peso» (Ps. 38,5), che non si


trattasse di un misfatto commesso riesce a portare. È la somma delle
b'jad rama, ' a mano alzata , ' ossia ' singole colpe' che scaturiscono dalle
con premeditazione (Num. 15,30; cfr., azioni peccaminose. Essa si identifica
al v. 31, bazd, ' ha disprezzato ', e sostanzialmente con le sofferenze che
he/er, 'ha violato '). Anch e se uno ab- possono torm entare un uomo, e si
bia agito senza cognizione di causa, manifesta attraverso tali sofferenze .
diventa egualmente « impuro e col- Quando Caino (Gen. 4,13 ) dice : ga-
pevo·Je »: w'ne'lam mimmennu wchu' dol 'a w<Jn2 minn"so', 'la mia colpa è
tami?' w''asem, ' anche se la cosa gli troppo grande da portare ', è da ri-
rimane occulta , egli è impuro e reo n ere che 'àw on esprim a, come in mol-
cli delitto' (Lev. 5,2). A cancellare la ti salmi di lamentazione , ]' idea del-
colpa serve perciò lo stesso rituale che l'infelicità inflitta come pena e, insie-
ridà la purezza (~ D.cicrxEcrilru) 39 . me, qu ella di uno stato di cose che
In questa concezione dinamica rien- contraddice la norma di Dio. La soffe-
trano meno quelle espressioni che par- renza evoca il senso di colpa o si iden-
lano di ' colpa ' senza usare il termine tifìca con esso. Il carattere teologico e
tecnico 'sm . L'idea di colpa è espres- razionale che nel!' A .T. è proprio an-
sa di preferenza con 'awém, il cui che dell'idea di colpa viene in piena
senso è poi affatto chiaro quando si luce nelle teorie dell'espiazione e della
parla di ' portare ' o ' togliere ' la soddisfazione fondate su quella identi-
colpa (il verbo è nf in entrambi i fìcazion c, in quanto tali teorie furono
casi) 40 • Particolarmente indicativa è la elaborate prevalentemente da un punto
struttura dell'espressione in Ps. 32,1 s.: di vista giuridico. Dall'applicazione di
'afré n•fuj-pe5a' k•suj ~ata'd 'afré concetti giuridici al rapporto fra Dio
'adam lo' jahSob jhwh !6 I awon, e peccatore, dal raffronto fra la giusti-
' beato colui al quale è perdonata la zia divina e quella umana, sorse e si
mancanza, rimesso il peccato; felice sviluppò, dalla sua radice numinosa,
l'uomo al quale Jahvé non imputa la l'idea religiosa di colpa. Il suo pieno
colpa Il terzetto pS', ~t', rawon ri-
I. influsso sul pensiero degli autori del-
compare qui (~ coll. 746 s.) con una 1'A.T. viene perciò discusso di pro-
incontestabile accentuazione dell' ele- posito in connessione con quei gruppi
mento della colpa. La colpa è un di concetti.

39 Cfr. A. BERTHOI.ET, Das Dynamistische (~ nota 3), dove, come equivalenti di 'awon,
im A.T. (1926) 36 s. a
sono usatissimi : OLx la (80 volte) , àµap't'lr.x.
40 Èsorprendente come ciò sia passato (69 volte) e civoµla. (64 volte).
quasi completamente inosservato nei LXX
755 (l,282) <iµap-rcivw (G Quel!) (I,282) 756

4. Il racconto del peccato originale culazione teologica, ma osserva e rap-


(Gen.3). presenta la vita, mettendone in eviden-
za avvenimenti tipici. L'elaborazione
a. Notevolmente staccata da tutte teologica è anzi lasciata interamente al
le teorie a tendenza giuridica e senza lettore, qualora questi vi provi inte-
influsso alcuno su di esse, sta la trat- resse, e solo con tutta discrezione si
tazione che il narratore jahvista, nel accenna al senso in cui il pensiero
racconto del ixm1diso (Gen. 3 ), dedica teologico <leve muoversi per dar frut-
al problema dcl peccato. L'autore si to. Il fìne fondamentale del racconto
serve di clementi che ricorrono anche è invece quello di concentrare l'atten-
in antichissimi miti 41 , e, pur trovan- zione dell'ascoltatore o del lettore su
doli estranei al suo modo di pensare, quel particolare avvenimento che quei
non li respinge, ma li domina con la concetti scolastici tentano di afierrare
vigori,1 del proprio pensiero, esprimen- e spiegare a modo loro. Il narratore
do con assoluta semplicità e forza di vuol far comprendere questo fatto: che
convincimento come si perviene al pec- il destino di noi tutti in quanto uomini
cato, che cos'è il peccato e quali ne è plasmato eminentemente da quell'av-
sono le conseguenze. Ora, è assai si- venimento. Ciò che si chiama comu-
gnificativo che in questo racconto del nemente peccato viene perciò inserito
cosiddetto peccato originale manchino in una serie di eventi carichi di ten-
del tutto i termini tecnici altrove soli- sione, i quali, più chiaramente di qual-
tamente usati, se si esclude il vocabolo siasi astratto teorizzare, esprimono la
ra' ( ~ x:cxx:6ç), carico peraltro di una disastrosa realtà vivente, con la quale
particolare problematica. Solo dalla na- teologia, culto e devozione hanno a
tura del racconto si riesce a capire che fare, per lo più senza rendersene
che si parla di peccato 42 • Quei termini conto, ogniqualvolta si servono del con-
infatti, per la loro natura scolastica, ri- cetto di peccato.
sulterebbero qui del tutto estranei, in Se si prescinde da tutte le supposi-
quanto il narratore non fa della spe- ztom ed anche dalle teorie accertate

41 Per l'analisi dei motivi cfr., oltre a1 israelita sapeva bene, così come tutti 1 suoi
commentari, particolarmente H. GRESSMANN lettori, che il cardine del racconto era il
in Festgabe fiir Harnack (1921) 24 ss.; R. peccato. Cfr. K. BuonE, Die biblirche Ur-
KITTEL, Geschichte dcs Volkes lsrael J5·6 geschicbte (1883) 72: «Se l'autore potesse
( 1923) 220 ss.; J. FELDMANN, Paradies und chiedere al lettore quale forza spirituale gli
Siindenfall ( 1913 ). sia passata innanzi agli occhi, io, da parte
42 È difficile che ciò sia accaduto per la mia, riterrei possibile solo una risposta: il
prima volta ai 'Deuteronomisti ', come sup- peccato ». Per tutto il complesso delle que-
pone H. ScHMIDT, Die Erzdhlung von Para- stioni cfr. ora anche K. BuDDE, Die biblische
dies und Siindenfall (1931) 49 ss. II narratore Paradiesesgeschichte ( 1932).
7~7 (l,283) ci.1 wp-rcivw (G. Quell) ( I,283) 753

concernenti la provenienza del mate- del ' male '. La donna, già preda della
riale del racconto, le idl'.e fondamen- materiale bellezza del frutto proibito ,
tali si presentano nel modo seguente. ascolta come folle le parole, a mala
Un divieto reso più netto dall'accenno pena comprese, sulla possibilità di con-
alle nefaste conseguenze dell'eventuale seguire la sapienza, e infrange il di-
trasgressione, ha espresso inequivoca- vieto. L'uomo prende parte al sacri-
bilmente per gli uomini il volere di legio senza profferire parola. Anch'egli
Jahvé. Questo all 'inizio non incontra deve aver sentito ciò che il serpente
resistenza. poiché l'autorità di Dio al- aveva detto sulla prospettiva di ac-
l'uomo sembra intangibile. Solo l'astu- quistar conoscenza e saggezza , poiché
to serpente è colpito dalla sproporzio- si trovava accanto alla donna . La pri-
ne fra la gravità della conseguenza mi- ma conseguenza dell'atto proibito è che
nacciata da Dio, ossia la morte, e la Adamo ed Eva si accorgono della ]oro
piccolezza dell 'azione proibita. Per pro- nudità e cercano di celarla . La secon-
vocare una discussione su ciò, egli pone da è che si nascondono all'avvicinarsi
alla donna una domanda, facendo mo- di Jahvé. La terza è che l'uomo, sotto-
stra di chiedere spiegazione intorno posto a interrogatorio , cerca dei pre-
alla portata del divieto, e la pone at- testi per spiegare il proprio compor-
tendendosi una resistenza. La candida tamento. La quarta è che quanti han
risposta non lascia intravvedere ancora preso parte all'atto cadono sotto la
traccia di scetticismo, ma apre ad esso condanna di Jahvé.
la via e stimola in tal modo il ser- È chiaro che in questa disastrosa
pente o gli fornisce la desiderata oc- catena di conseguenze importanza fon-
casione di esporre la sua audace e damentale va attribuita ai processi in-
acuta concezione del divieto. Egli non teriori, ai guaii si allude enigmatica-
crede alla serietà dell'avvertimento di mente con le formule « essere come
Jahvé, bensì lo vede come una mi- Dio » e « aver conoscenza del bene e
naccia intenzionale. Egli pensa che di- del male ». Gli uomini sono come
vieto e avvertimento non siano stati Dio nel momento stesso in cui tra-
posti nell'interesse degli uomini, ma sgrediscono il suo divieto. Questo essi
soltanto in quello di Jahvé medesimo, fanno non appena prendono a dubi-
il quale, spaventandoli, vuol sottrarre tare, primo, che l'ordine di Dio sia
loro qualcosa, di cui essi potrebbero realmente nel loro interesse; secondo,
impadronirsi facilmente e senza alcun che il volere di Dio sia per loro as-
pericolo, solo che contravvenissero al solutamente vincolante. Non è qui il
divieto. Essi diverrebbero come Dio caso di indagare sul fatto che il nar-
e avrebbero conoscenza del ' bene ' e ratore sembra distribuire queste due
759 (l ,283) 1:1.µa.p'tci.vw (C . Quell i il , 28~) 760

considerazioni m parti ineguali fra condizioni di uno scolaretto colto in


l'uomo e la donna. Essenziale è il fat- follo , che ti ene il broncio e mercan-
to che entrambi si accorgono di poter teggia, ma deve cedere all'evidenza dei
violare, solo che lo vogliano, il co- fatti.
mandamento di Dio. Ma ciò diviene Il fi ne sarcasmo dcl racconto è di-
possibile unicamente quando, con rì- retto anche contro gli stessi uomini
in quanto « conoscitori del bene e del
fl ess ione personale, si sono valid::imen-
male » I jr)c/' l; tòh warc/"). Questa lo-
te e realmente convinti che il serpen-
cuzione apposizionalc , intenzìonalmen-
te ha fornito una prova sp ietata che te \'aga dal punto dì vist:1 sinta ttico ,
l'obbedienza e la fede è una pura stu- sembra voler Jirc co n altre parole la
pidaggine. Se dunque il peccato è tra- stessa cosa espressa dalla formula « es-
sgressione del comando di Dio, qui sere come Dto » e, come qu es t'ultima,
vuol csse rl' se nza dubbio piuttosto sar-
è riconosciuta e indicata la sua forza
castica che didascalica, intende piutto-
motrice. L'intelletto e il desiderio di
sto celare che svelare . Non si può dire
dimostrarsene in possesso, la ragion percìò con assoluta sicu rezza quale ne
pratica che innalza l'uomo a sovrano sia il senso . La congettura che si tratti
e a Dio della sua vita: ecco il germe di un 'allusione alla maturità sessuale
del peccato. È capace di rifiutare ogni sembra basarsi sul fatto che la ' sco-
perta ' Jella nudità è la prima conse-
correttivo, anche quello della religio-
guenza della violazione del divieto;
ne, e di spingersi ad azioni, che non assai meno invece sull'appartenenza di
tengono conto del giudizio di Dio e jd', 'conoscere', alla terminologia
tuttavia, di fatto, gli sono sottoposte. sessuale 43 . Ma del tutto impossibile
Infatti, accanto a questa immagine è far rientrare nella sfera sessuale tob
dell'uomo che, conscio della maturità e ra' ('bene' e ' male'). È difficile
immaginare che un ebreo percepisse
del suo volere, si autoafferma ardita-
senz'altro in queste parole un signifi-
mente, vi è l'altra, che mostra come cato sessuale; né Pro v. 31,12, né Deut.
l' autoaffermazione dell'uomo contro 1,39 dimostrano nulla in questo sen-
Dio abbia creato una situazione nella so; e meno che mai 2 Sam. 19 ,36. Per-
quale l'uomo stesso cerca di sottrarsi ciò, concepire il racconto come una
alla resa dei conti di fronte a Dio. descrizione della « origine dell'amore
sensuale » 44 , non getta molta luce sul
Tuttavia l'ostinazione non lo dispen-
problema. Tradurre tob wiirii' con 'gio-
sa dal rendiconto, ed egli crolla mise- ioso e doloroso ' sa troppo di senti-
ramente, e infine, mentre si illudeva mentalismo e non è certo confacente
di divenir simile a Dio, è invece nelle al carattere dello scrittore jahvista; po-

43 GRESSM. 46. Cfr. E. KoNIG, Genesis, 44 H. ScHMIDT, I.e. 22.


ad loc.
/61 (1,284) Ò'.fta.vctivw (G. Quell) (l,285) 762

trebbe andar bene piuttosto come una fondamente nascosto al pensiero astrat-
parafrasi ispirata dalla Claretta del- to, del problema del peccato. Questo
l'Egmont. In sostanza, la solida inter- nocciolo è l'incontestabile, immanente
pretazione di Wellhausen 45 secondo il diritto dell'uomo ad agire senza e con-
quale tob wara' sarebbe ciò che noi
tro Dio. La giustificazione psicologica
usiamo chiamare 'civiltà ', sembra es-
sere la piì1 vicina al vero; o, almeno, dcl peccato è la sola via per convin-
finora non è stata sostituita da una cersi della sua realtà. Ma nessuno, fra
migliore. tutti gli autori biblici, è riuscito a
far ciò con la maestria dello jahvisLl.
Non ci si può sottrarre all'impres-
Tutto il desiderio di civiltà dell'uomo,
sione che il pur chiaro e netto motivo
tutto il lavoro del pensiero creativo
prometeico sia alla fin fine, mediante
che obbedisce a leggi immanenti, ma
il suo accoppiamento col quadro del-
anche l'avidità dei sensi sempre alla
la miseria, portato all'assurdo. Ma ciò
ricerca di una giustificazione teoretica,
che mette in luce l'insuperabile gran-
tutto ciò è concretamente afferrato dal
dezza del racconto è che in esso quel
narratore e messo spietatamente nella
desiderio di « essere come Dio » , seb-
luce del pensiero di Dio. Due mondi
bene sia chiaramente riconosciuto co-
si scontrano e al lettore non rimane
me una grottesca aberrazione, non è
alcun dubbio che in ogni atto di disob-
considerato vergognoso e spregevole,
bedienza a Dio ha luogo, con impene-
ma compreso con la dolorosa simpa-
trabile necessità, lo stesso scontro. Av-
tia di uno che è passato attraverso
venturarsi con mosse ardite o goffe
quell'esperienza. Nelle formule wihji-
sulle più alte cime, per doversi alla
tem ke' lohim (sarete come Dio) e
fine nascondere davanti allo sguardo
ne/.Jmad l'hafkil (appetibile per dive-
di Dio, questa è la via tracciata al-
nir saggio) la tragica condizione del-
l'uomo dalle possibilità della sua na-
l'uomo che con le sue proprie forze
tura. Quando il Creatore lo chiama,
anela oltre l'angustia della sua esi-
la sua somiglianza con Dio gli fa paura.
stenza è messa in tale rilievo, da de-
stare nel più semplice come nel più b. Il racconto schiude in tal modo,
maturo degli spiriti motivi di struggi- e senza bisogno di forzature, una pro-
mento e da provocare una sorta di spettiva sull'insieme dell'esistenza uma-
apologia del peccato di allarmante per- na. Certo, esso non è privo di ine-
suasività. Ma nel momento stesso in guaglianze e di condizionamenti cultu-
cui si produce questo effetto, è colto rali, in quanto è infarcito di imma-
con assoluta precisione il nocciolo, pro- gini che si riscontrano anche in altre

45 Prolegomena 305 ss. (Gesch. Isr. I [1878] 344 ss.).


763 (I,285) à1w.p-cci.vw (G. Quell) (l,285) 764

narraz10nr dell'antico oriente. Ma per to se s1 suppon e che no che fecero


una interpretazione teologica, quale non fu casuale e fuori dalla normale
viene qui tentata, ciò che importa è esperienza, ma che essi agirono come
l'innegabile compattezza dell 'insieme. ogni uomo , in analoghe circostanze,
Così come si presenta, il racconto è può o deve presumere di ag ire. Ora,
in forma eziologica; ma ciò non ri- se 1 primi due uomini sono effettiva -
sulta ingombrante né pregiudizievole ment e prototir: J cll '1 , ,~ ,mit à in gene-
per la sua forza di persuasione. La rale, in q;.ianto devono prendere su
si sen te nelle formule di maledi zione di sé ciò che og ni uom o e donna h a
scagliate contro il se rpent e (v. 14 s.), da sopportare, e provano la vergogna
la donna (v. 16) e l'uomo (v. 17b- 19) che og nuno conosce, questo caso tipi co
e nel peculiare significa to attribui to al- diviene al lettore tanto pii1 chiaro
la nudità . Le maledizioni riguardano allorché comincia a capi re che anche
fatali limitazioni che si rivelano anche il co mportam ento di Adamo ed Eva
alla semplice osservazione e all'espe- verso Dio è lo stesso, mutatis mu-
rienza quotidiana ; esse servono anche a tandis, che ogni uomo tiene quando
spiegare l 'esistenza di mali inevitabili co ntrae colpa verso Dio nel pensare
come conseguenza del comportamento e nell'agire . L' eziologia del racconto
dei primi uomini. Qui si fa chiaro per- si estende cosi non soltanto alla spie-
ché il serpente è un animale così biz- gazione del dolore , della fatica , della
zarro e abborrito, perché la donna morte quali pene decretate da Dio, o
partorisce con dolore e vive in uno del senso di vergogna come effetto del
stato di sottomissione, perché l'uomo divieto infranto, ma comprende an-
deve guadagnarsi col lavoro un pane che, come motivo principale , un'inter-
sudato per diventare, infine, polvere . Il pretazione del peccato stesso quale
perché sta nell'offesa recata a Dio dai primum movens di ogni inquietudine
primi due uomini46 • Ma se in Adamo ed e infelicità dell'uomo 47 •
Eva si compie qualcosa che ha valore
I dubbi manifestati dal Weiser 48,
per tutti, o se essi praticano usanze in accordo col Gressmann, circa que-
universali come quella di ' stirsi, la sta concezione eziologica no n rendono
ragione addotta può persuadl'.re soltan- giustizia alla reali stica immediatezza

46 A. MENES (ZA \Y/, N .F. 2 [1925], 39) ch e il suo giudizio sia assai precipitoso e
pensa che già la creazione della donna fu confuso.
« forse la conseguenza di un peccato », dun- 47 Di versamente M . WEBE R, Ges. Aufsiitze
que un atto d'ira divina ; ma si tratta del zur R eligionssoziologie III (1921) 242.
parto di una fantasia sfrenata. J. HEMPEL 48 A. WEISER, R eligion und Sittlichkeit
(ZSTh 9 [1 93 1] 223), riferendosi a tale idea, in der Genesis (1928) 36 s.
parla di una «certa sicurezza»; ma penso
7(, 5 ! I ,286) a1uxpi:rivw (G. Quell) (I,286) 766

della storia. In essa viene maledetto intenda anche qui dire e spiegare qual-
il suolo invece dell'uomo, dunque - cosa che egli considera di validità uni-
indirettamente - l'uomo stesso, e non versale e che venga realmente toccato
è il caso di sottilizzare sulla stranezza un problema posto dalla natura e vivo
del serpente che mangia la polvere, in tutte le civiltà , ossia il problema
cosa questa che io considero un tratto sessuale nel suo significato più vasto.
di fantasia da ragazzi di città. Anche
l'atto di coprire la nudità va inteso c. Ma l'interpretazione eziologica
eziologicamente. Esso contraddistingue
permette di fon<lare sul racconto della
probabilmente il perplesso imbarazzo
degli uomini, sentitisi improvvisamente ' caduta ' una teoria dcl peccato on-
insicuri, quale tipica sensazione con- ginale nel senso di una universale pec-
seguente al peccato, così come la ver- caminosità dell 'uomo 50 • In ogni caso
gogna compare normalmente quale rea- una tale deduzione teologica non sa-
zione impulsiva nello stato di nudità . rebbe in contrasto col senso della nar-
razione . Anzi il narratore, quando at-
Le parole « essi videro che erano
tribuisce la caduta di Adamo ed Eva
nudi » costituiscono una metafora per
affermare che i due trasgressori senti- ad un moto universalmente umano ca-
rono immediatamente un senso di in- pace di mille variazioni, ossia al desi-
sicurezza . Il narratore pensa che esso derio di conoscenza, alla brama di con-
non possa essere meglio spiegato che seguire la sapienza, è mosso dalla più
come senso di vergogna; difatti alla
viva consapevolezza che per opera di
domanda donde esso provenga, lascia
intendere incidentalmente la seguente quell'impulso ogni uomo normale, in
risposta: è conseguenza del peccato e ogni tempo, non soltanto tenterà di
sta sempre pericolosamente vicino al compiere, ma anche compirà il mede-
male, senza tuttavia identificarsi con simo atto . Egli sa che l'intelletto non
esso. Senza il peccato l'uomo e la sa trattenersi dal lottare contro la re-
donna non avrebbero nulla da nascon-
ligione, e che in queste condizioni la
dersi. Ma poiché essi hanno infranto
il divieto, la loro disinvoltura nei con- libertà del volere e del pensare spiana
fronti dei propri corpi è andata per- la strada al peccato. Se tutti hanno
duta. Questa successione di pensieri ri- l'intelletto e le sue rovinose possibi-
vela invero che si argomenta sulla base lità , allora sono anche correi nell'atto
di una ben determinata concezione del- colpevole al momento stesso che giun-
la nudità, cioè di quella giudaico-israe-
gono all'esistenza .
.litica, la quale è caratterizzata da un
« terrore rituale di fronte al denuda-
mento del corpo » 49 ; ma non attenua Ora , quando il narratore raffigura
con ciò l'impressione che il narratore il serpente quale simbolo dell'intel-
49 WEBER, l.c. 205; cfr. 234, 245. e alla fine del racconto del diluvio: Gen.
so La enuncia lo stesso narratore all'inizio 6,5; 8.21.
767 (l,286) à.1m;rra'JW (G. Qucll) ( I,287) 768

letto acuto e temerario, accentua in tà immanente alla natura dell'uomo,


modo consapevole i 1 carnttere demo- fa sì che sul piano della considerazione
niaco del pensiero che nasce dal dub- teologica si debba riconoscere la vali-
bio e anela fanaticamente al sapere, dità universale del fatto prospettato in
a costo di infranger tutti i vincoli. Egli questa narrazione. Poiché l'uomo, non
si serve di questa figura dei miti per intimorito dall'autorità di Dio, vuole
porre in evidenza l'insondabile duali- essere sapiente, arrivare a scoprire e
smo che caratterizza ogni azione pec- ad anticipare i pensieri di Dio - e
caminosa. Lascia intendere che il pec- non solo vuole, ma entro un certo
catore c1ck sotto una specie di forza limite anche lo può - si crea una
estranea, alla quale, quasi contro il dolorosa tensione fra l'uomo e Dio,
suo proprio volere, deve arrendersi, un'atmosfera di diffidenza, nella quale
poiché essa lo convince lusingando la l'uomo vede l'allettante prospettiva cli
fìducia che ha in se stesso. Nel quadro abbandonare l'attitudine cli creatura
di Gen. 3 la figura del serpente non che gli è propria, di criticare il suo
significa altro che questo. Il dualismo creatore, e di pensare e agire egli stes-
che in esso si sente ha qui la mera so ' come Dio ', libero da ogni legarne
funzione di espediente stilistico per e responsabile soltanto di fronte a sé
rappresentare analiticamente il dispie- medesimo. Avendo innata la ragione
garsi di un sottile processo psicologico. e la capacità di autonomo giudizio
Infatti il motivo favoloso viene lascia- sul mondo e su Dio, porta in sé il
to cadere non appena ha esaurito il movente del peccato, che diviene ope-
suo scopo, che è quello di rendere rante con la stessa necessità e nello
evidente e comprensibile la nuova stesso grado di tutti gli altri aspetti
condotta del11 donna. Il lettore per- della sua vita.
cepisce ora come la fredda forza del Ma quanto più fortemente questa
dubbio prospettato dalla ragione per- interpretazione è accentuata dal punto
sonificata rafforza l'autocoscienza, sia di vista teologico, tanto più si deve
fisica che spirituale, e non si sorpren- tener presente quale ne è l'origine; e
de se alla fine l'obbedienza acritica vie- cioè che al narratore jahvista non pre-
ne, in uno slancio improvviso, superata. me per nulla fare una trattazione teolo-
L'impossibilità di opporsi efficace- gica ma piuttosto, se così si può dire,
mente, sulla base dell'esperienza, a divulgare un concetto teologico fon-
questa catena di eventi, la convincente damentale. Egli vi si accinge senza
impressione che la deviazione del vo- mostrare alcuna tendenza a superare
lere e dell'agire umano dalla norma la semplice eziologia che abbiam po-
divina costituisca una sorta di necessi- tuto vedere. Il suo racconto, così spon-
769 ( l,287) Ò:µCip't"O:vw (G. Bertram) (I,288) 770

taneo e alieno da problematicismi, è avanti) e nel paragrafo B della voce


espressione, più che di teologia, di àµap-rwÀOç (---+coli. 872 ss.) si trovano
una profonda e autentica pietà. La dei prospetti sull'uso linguistico genera-
le dei LXX, che devono essere qui com-
decisa volontà di raggiungere il vero
pletati con un accenno a forme teolo-
gli dà la sua impronta indimenticabile.
gicamente importanti. Esse sono do-
È difficile trovare in altre parti clel- vute in parte a fraintendimenti e a
1' A.T. una questione religiosa affrontata difficoltà del testo ebraico, ma in par-
con eguale contemperamento cli pe- te anche a una precisa intenzione dei
netrante perspicacia e di pietà. Dal traduttori .
modo in cui il narratore svolge il prin-
In ~ 128, 3 horcszm, 'aratori' è
cipio che essere uomo necessariamen-
mutato, con riguardo al verso seguen-
te significa essere peccatore, ci si ac- te, in hiir"Si/im, ' i mal vagi '; anche
corge facilmente che egli non intesse nel secondo emistichio attraverso la
una teoria, ma parla come uno che ab- traduzione di ma' anot, ' solchi ', con
bia vissuto la tormentosa esperienza O:vop.i'.a. ( « iniquità ») 51 è abbandonato,
cli un'interiore frattura e voglia per- come spesso accade nei LXX, il lin-
guaggio metaforico del T.M. Questo
ciò, per mezzo di una storia molto
è anche il caso di Deut. 29,18 (19),
semplice, condurre i propri lettori alla dove il T.M. dice: «così da far perire
conoscenza del carattere fatale di que- il bagnato insieme all'asciutto ». Le
sta calamità inseparabile dalla natura altre versioni greche conservano que-
umana, ossia alla conoscenza di sé. st'immagine, mentre i LXX la sosti-
Una domanda, che è a portata del tuiscono col concetto da essa espres-
fìuto sottile di questo osservatore, alla
o
so: ~va 111] cruva1toÀEo"'fl àµap'twÀÒç
"t'ÒV O:va.µO:p-rT]"t'OV ( « affinché il pecca-
fine si impone: perché Dio ha lasciato
tore non tragga seco in rovina il giu-
all'uomo la decisione di agire secondo sto » ). Analogamente, dove il testo
Dio o contro di lui? Su questa do- masoretico dice: « il mio capo non ri-
manda il narratore non dice. una pa- fiuterà unguento per il capo» (~ 140,
rola. In questo silenzio sta la sua 5) 52 , i LXX, mutando ro's, 'capo',
religione. in rasa', ' malvagio" scrivono: n.mov
oÈ àµap-rwÀ.ou µ+, Àrnavchw "t'"Ì)v xE-
G. QuELL
cpa.À'i)v µou, («ma l'olio d'un pecca-
tore non unga il mio capo » ), metten-
B. ACCEZIONI TEOLOGICHE DI àµap"t'Lct do così in guardia contro la familiarità
NEI LXX con i peccatori.

Nei paragrafi A e D (v. sopra e più Nei LXX la presunzione appare fre-

51 Forse facendo derivare ma'!mot da 'nb 52 Cosi A. BERTHOLET in Kautzsch II 4


nella forma pi' el ( = opprimere)? (1923) 269; H. GuNKEL, Psalmen (1926)
771 (l,288) &pap-rrivw (G. Bertram) (1,288) 772

quentemente come caratteristica del capo dei suoi guerrieri ' vien reso con
peccatore. Così in Ecclus. 11,9 zed (pre- 'tovc; <iPXDrovc; 'twv a~wp'tuùwv ( « i
suntuoso) e 15,7 zadon (presunzione) capi dei pecca tori » ).
sono tradotti con aµa.p•wÀ.6ç. Ecclus.
11,9 acquista nei LXX un tono religioso Il peccato è una malattia; a questo
(cfr. Ps. 1,1), mentre nel testo ebraico pensiero familiare all'A.T . si deve la
era inteso in un senso affatto profano. traduzione , in I s. 53,4, di hall, 'ma-
Se in Ecclus.3,27 si <leve leggere , secon- lattia ', con ò:µa.p'tla , cosicché viene
do 1'emendamento dello Smed , mthll, anticipato il pensiero ciel v . 12. Degna
' il presuntuoso ' , in luogo cli mithO- di nota è una fra se cli Simmaco, che
lel, ' colui che è turbato ' "1, anche i.1 sembra essere fon data sull'idea neote-
tal caso la presunzione è concepita co- stamentaria delle sofferenze mess ianiche
me peccato. L'a zione peccaminosa che sviluppata sulla base dci LXX: OV'tWç
vi è presupposta è descritta in Ecclus. 'tÒ:ç aµap'tlaç "hW7JV Cl.V't'Òç àvÉÀ.a.0E,
5 , 4. 5 (cfr. anche E cclus . 10, 12 s. ). xa.L 'tovç TIO'Jouç ÙTIÉ!tELVEV, n1 .tE~c; ÒÈ
Anche per Ecclus. 35 (32), 12 (16) i ÈÀoyLvaf.tEl°}a. au'tov Èv wpn ov'ta.,
LXX fondono, senza una sicura base -r.rnÀ. ìJYo'ta. ÙTIÒ l°}rnv xaL -i-E'tamww-
nel testo ebraico, i concetti di peccato ~tÉvov ( « veramente egli prese i nostri
e presunzione. Il testo ebraico dice: peccati e sopportò le fatiche; e noi
« e quivi di' ciò che ti viene in mente, l'abbiam reputato come un reietto,
nel timore di Dio e non senza com- colpito da Dio e ridotto in miseria » ).
prendere»54. Ma i LXX scrivono: ÉxEi: Secondo Procopio di Gaza, Aquila e
7t<l.LSE xa.1. TColn -tà èvi}uµTjµa.-tci. !J'Ou, Teodozione avevano il medesimo te-
s
xa.1. µ-~ +Jµap't'T)ç ( *: aµa.p'tl~ xa.ì.) sto. Dall'equazione peccato = malat-
À.6yl[.) ùm:pYJcpcivl[.) ( « quivi sollàzzati tia deriva naturalmente l'immagine del-
e da' corso ai tuoi pensieri, ma non la guarigione dal peccato presentata
peccare con parola altera » ). Questa dai LXX in Deut. 30,3. Il testo ma-
tendenza unitaria si manifesta anche soretico dice: w'sab jhwh 'elohéka
allorché miksol, (Ecclus. 47,23) è tra- et-sebur.ka (Jahvé, Dio tuo, farà mu-
dotto con òoòç &.µa.p'tla.c; e 'an'sé tare la tua fortuna). Aguila traduce
~amas, 'uomini violenti' (15,12), 'aw- materialmente: xa.ì. È'lHIJ''t'PÉtVEL xu-
wal, tingiusto, (16,13) e belijja'al, pt.eç, Ò i}Eoç !J'OU, Tf}V É!n!J''tpO(j)TJV !J'OV
, malvagio , ( 11,32 ), con aµa.p'twÀ6c;. ( « il Signore tuo Dio muterà la tua
La concezione del ricco e del potente mutazione » ). Simmaco vi inserisce
come peccatore è familiare tanto al- invece un riferimento alla storia della
1'A. che al N.T. (cfr. Ecc!. 2,26; Prov. redenzione: Xa.Ì. Èmcr-rpÉtVEL !J'Ot XVptoç,
23,17). Tale concezione si esprime, in ò i}E6c, !J'O\J, 'tYJV a.txµa. À.W!J'la V O'OU
una traduzione di ignota provenienza, ( « ... la tua cattività ») 55 . I LXX in-
in Abac. 3,14, dove ro's p'razaw, 'il vece, ponendosi dal punto di vista di

corregge il testo ebraico secondo i LXX. 5·! SMEND 290 s.


53 Così R. SMEND, Die Weisheit des ]esus 55 Allo stesso modo Teodozione, ma senza
Sirach erklart (1906) 32. iroL; Aquila, Simmaco e Teodozione sono
/7} (1,289) éq 1.cxpi:ci. %J (G. Bert ram) (I,289) 774

una p1eta che ha interesse al peccato, come fal si acrnsatori ( [ ~ col. 778]
mettono in rilievo il pensiero del per- su ~ 108,6). In tal modo i LXX ac-
dono: xa.~ LciCJE'trt.L xupLoç -ràç àrwp- centuano in I ob 42 il pensiero del
-rla.c, crou (e il Signore medicherà i perdono dei peccati, che nel testo ma-
tuoi peccati). soretico è appena accennato. In 42,7
il T.M. dice: «La mia ira è esplosa
Aquila e i LXX fanno qui derivare contro di te .. . ». I LXX invece scri-
la parola ebraica s•but dal verbo swb, vono fiµa.p'tEç CIU ... , evitando nel con-
' ritornare ' (così anche Simmaco in tempo la rappresentazione di Dio co-
I er. 33,26), mentre Simmaco e Teo- m e capace di passioni umane che è
dozione, come altrove gli stessi LXX, nel T.M. Analogamente il v. 9 nel
pensano al verbo shh, 'far prigioniero'. T.M. («e Jabvé ebbe riguardo di Giob-
Per lo sviluppo del concetto di peccato be») è così parafrasato dai LXX: xa.t
è importante l'int erpre tazione in senso O. vC1Ev 'tYJV àµa.p'tla.v mhoi:c, oLà. 'IwB
negativo di s'but d a parte dei LXX. La (e sciolse il loro peccato grazie a
stessa cosa avviene p er Ezerh. 16 ,53 do- Giobbe). Anche in 42 ,10 i LXX intro-
ve s•but viene reso con à.1toCT'tpoqni (di- ducono il pensiero : t:ùE;a:1..tÉvov OÈ
stacco). In I er. à.'TtOCT'tpoq>i) è u sato C'..Ù'tou xa.L 1tEpL -.wv cpO.. wv àqrT)xEv
4 volte per m'Hibd, ' di stacco ' ( 5 ,6; 'tYJV à.p.a.p'tla.v (avendo egli pregato
8,5; in 6,19 e 18,12 si tratta di un anche per gli amici, rimise ad essi
errore di lettura per mahSebot, ' pen- il peccato). La traduzione di nS' con
sieri '). Il vocabolo m•suba a sua vol- i:'Àvcnv 'tTJV à:µa.p'tla.v nel v. 9 po-
ta è reso con àµa.p'tlrt. in Ier. 14,7, trebbe essere dovuta al fatto che nS'
coerentemente col contesto. Così i è il termin e tecnico per il perdono
LXX assumono frequentem ente Ybt1t d ei peccati.
e m'suba nel senso negativo di apo-
stasia. Ma l'apostasia è, secondo Deut. Con ciò si spiega anche la trasfor-
30,3 e Ier. 14,7, il peccato capitale, mazione che il T.M. di Is. 1,14 subi-
ed è soprattutto per esser salvati da sce nei LXX: oùxÉ'tL a.vncrw 't"cXC,
questo che si prega e si aspetta. àp.a.p'tla.ç ùµwv ( « non rimetterò più
La traduzione della formula sub i vostri peccati » ). Simmaco intende
s'but, ' mutar la sorte', sembra essere il termine tecnico in modo simile:
altre volte evitata dai LXX. Così ad Éxo7twilnv tÀa.ax6µEvoc, ( « mi sono
es. in lob 42, 10; ma solo in parte stancato di esser benevolo » 56 • Come
forse, poiché qui l'interesse non tanto in Iob 42,7 così anche in Num . 1,53
è rivolto alla ricostituzione della pre- compare ' peccato ' ( &.µtip'tT]µrt.) per
cedente ricchezza di Giobbe, quanto ' ira ' ( qe!ef). Invece di parlare teolo-
quanto piuttosto al peccato commesso gicamente (come in Rom. 1,18), ma
dagli amici di Giobbe nel presentarsi anche antropomorficamente dell'ira di
'contro' (v. 8: xa.-rci) Giobbe stesso Dio, nella quale potrebbe incorrere la

ritradotti da Field secondo Masius. rolamo, aveva certo una traduzione letterale.
56 Aquila, seguito nella Vulgata da san Ge- Cfr. anche l'aggiunta dei LXX : -rèlc; aµap-rlac;
775 (I,289) ciµapi:civw (G . Bertram) (I ,289) Ti (,

comunita, i LXX parlano del fallo, che tare '), « Io (] ahvé) getto immondi-
si deve evitare, in senso psicologico. zie su di te, ti in sulto ... » 57• I LXX
Secondo la versione siro-esaplare, an- fanno derivare la forma ufnibhaltik
che Simmaco ( òpyl} ) e Teodozione dal sostantivo nablut e traducono
(l}uµ6<;) davano la traduzione lettera- xo:ì. È.mpll)Jw È.TI:L crÈ 0òùuyµòv :x.cnci
le. Lo stesso mutamento si trova in •èt.c; ci.µo:p-rlaç ( S,., , ti:x.cx.Oo:pcrlo:ç B)
I s. 57, 1 7 (qcisafti = H.v1tr}cro: o:ù-ròv, crou, («getterò su di te l'abomina~io­
( « lo contristai » ). Come punizione per ne .. . ». Il fatto che B abbia ci:x.o:Do:p-
il peccato Dio manda ÀV1tlJ dc; iu:-rcl.- crla..ç, ( « impurità >>) (e· così i LXX in
VOLO:V, «una tri stezza per arrivare a pe- Os. 2 ,12, unico passo del testo masso-
nitenza» (2 Cor. 7 ,9 s.). Interessante è retico in cui co111pai11 nahlutl , Li egual-
un confronto con 1 Ecròp. 6 ,14, dove mente pensare al peccato di idolatria,
rgz nella forma haf'el (eccitare all'ira), per il quale ch:cx.Ocx.pcrla è nei LXX
che nel passo corrisponde 2 Ea-òp. 5,12 termine tecnico. In Prov. compare
è tradotto letteralmente con 1to:popyl- piuttosto con significato etico-psicolo-
StoJ, vi ene reso con mx.po:mxpcl.vo:v-rEc; gico come tradu zione di trY c~bcì, che
à.µo:p-rcl.vnv. Anche qui si evita in tal viene usato per lo p iù in senso ri-
modo di parlare di Dio come preso tualistico e poi spesso con riferimento
dall'ira. Ilo:pcx.mxpcx.lvw senza comple- agli idoli. Anche t(/ eba, in Ez. 8,6 e
mento oggetto è intransitivo. 16,51, vien tradotto da A, che qui
riporta certo il testo originale, con
Il verbo m' l (essere infedele) viene cX.µcx.p-ti'.o:, mentre B, conformemente
tradotto in 2 Chr. 12 ,2 con Ò.µ(X.p'tci- alla traduzione usuale, legge 6:voµla.
vn v. In 2 Chr. 30,7 lo stesso verbo In entrambi i casi è del peccato di
è reso con àcpla--rl]µL, cosicché anche idolatria che si parla, dcl prostituirsi
qui, conformemente alla visione della agli idoli tradendo Jahvé (Ezech. 16,
storia propria delle Cronache, sembra 41 ss.).
si sia pensato al peccato dell'apostasia
(dr. Iud. 10,10). Lo stesso si dica di La radice ebraica tm', tradotta per
1 Ecrop. 8,89, dove m'l è reso ancora lo più con à:x.aOapcrla o 11w.lvav,
con ci.µcx.p"taVELV, mentre nel corri- ( « inquinare » ), designa l'impurità ri-
spondente passo 2 Ecròp. 10,2 si trova tuale. In Lev. 14,19, dove si parla del-
à.crvv1}E'tELV, che ricorre in tutto 6 vol- l'impurità di un lebbroso, i LXX so-
te per m'l e designa un comporta- stituiscono al concetto ritualistico di
mento fedifrago verso Dio (cfr. il v. 3 peccato, certo con piena intenzione ,
come antitesi). Lo stesso senso i LXX quello morale-religioso 58 •
intendono forse attribuire a Nah. 3,6.
Vi si dice: w•hiSJakti 'alaiik siqqu- Che la stoltezza sia peccato e la
sim w'nibbaltik (pi'el di nbl ' insul- saggezza pietà , è un pensiero fami-

vµwv in Is. 55,7, dove il T.M. ha solo 58 Cfr . il rapporto fra malattia e peccato
si~ (perdonare). nel N.T.: Mc. 2,5; Io. 5,14; 8,11.
57 H. GuTHE in Kautzsch Il4 70.
ì77 (1,290) àµcxp-cd:vw (C. Bernam) (l,290) T78

liare alla mentalit<Ì anticotestamentaria. « Una maledizione divora la terra, e


Forse è partendo da qui che bisogna tutti i suoi abitanti ne pagano il fìo
intendere Ò:p.ap-i:la, accanto a xa.xla., ( 'sm) ». I LXX invece: ÒLÙ.. '"ou'"o
come doppia traduzione di 'iwwelet in cipà. EÒETet.r.. '"TJV yf)v, (hr.. 1]µ<.i.pToowJ
Prov. 26,11. 'iwwelet ha spesso il senso oi xcnoLxouv'"Eç a.ù-r-iiv, ( « per questo
accessorio di manchevole conoscenza di la maledizione divorerà la terra, poiché
Dio, la quale è una colpa, e, perciò, i suoi abitanti han peccato » ). Un ap-
di empietà. Nell'ambito della dottri- profondimento della coscienza del pec-
na della saggezza e della Legge pre- cato è conseguito dai LXX in tV 139 ,9:
sente ncll'A.T. l'ignoranza in generale 'al-tittén jhwh ma'awajjé ra'fa 1 , 'non
pub costituire pecca to (~ coll. 735 s.), soddisfare, Jahvé, le brame dell'empio'
come ad esempio in Prov. 24,9 (Aqui- (cfr. Simmaco). I LXX, pensando a
la e Teodozione): EVVOLa à.<ppocruvY)ç una vera brama di peccato, formu-
ò:µap-i:lo: (« un pensiero di stoltezza è lano la preghiera: µiJ T.apa.oQç ~tE,
peccato » ). Come già nel v. 8, anche XUpLE, cXTIÒ -rf)ç ÈmÌ}uµla.ç !tOU à.~ta.p­
qui i LXX hanno ricavato da zimmat, 't'WJ.Q, ( « non consegnarmi, o Signore,
' pensiero ', la lettura m tlit, ' morire ', per il mio desiderio al peccatore » ). Cfr.
e traducono il testo masoretico zimmat 1Ji 108,6, dove àµa.pTwÀ6ç e or..ciBoÀoç
'iwwelet hatta't nel modo seguente: vengono usati in senso metafisico non
à:r;:o0v·{Jcrxn ÒÈ èi<ppt0v Èv Ò:[J.O'..p-i:la.Lç, già dal T.M., ma proprio dai LXX
( « Io stolto morirà nei peccati). (2Thess. 2,3). I LXX spiritualizzano
In 3 Bcw. 5,18 B e in 1 Ba.cr. 22, l'espressione bara' é gilluléken di Ez.
17 AB i LXX rendono pg', ' irrom- 23,49 {ciò di cui vi siete resi colpe-
pere ', intenzionalmente o per errore, voli con i vostri idoli) rendendo con:
con à~tcip·n1rux. e àr.wp-rci.vnv invece '"àç àµa.p,la.ç '"wv È.vfrvµY)µci'"wv,
che con ànci.v-rY)µa. e àna.v'"civ ri- ( « i peccati dei pensieri » ). Secondo
spettivamente. In 3 Ba.O". 5,18 àµcip- I er. 50 (lEp. 27 ), 7, i nemici non aveva-
'"rJµa. è forse pensato nel senso di no alcuna colpa per aver combattuto e
1 Chr. 22,8, ossia come ostacolo per annientato i Giudei, perché i Giudei
la sacra opera della costruzione del avevano peccato. Per i LXX invece
tempio. Anche in Is. 66,4 i LXX in- essi attuano addirittura il volere di
troducono, traducendo, l'idea di pec- Dio : µiJ ò::vwµEv aiJ,ouç, civiYwv
cato, che mancava nell'originale. In- fip.a.p-rov, ( « non lasciamoli andare,
fatti il testo masoretico suona così: giacché han peccato » ). Indipendente-
m"gurotiim iibl' liihem ' porterò su di mente dal T.M., ecco la forma che i
loro ciò che essi paventano'. Nel T.M. LXX hanno dato a lob 15,11: òÀ.lya.,
si parla dunque di punizione, nei LXX wv i)p.apn1xa.ç, µEµa..O"'"lywcra.L, (« la-
invece del motivo della punizione: sciati fustigare un poco per i peccati
xa.t -ràç à.µap'"laç ànanoÙwO"w a..ÌJ- che hai commesso). È il pensiero del-
'"oi:ç, ( « e renderò ad essi i peccati » ). la sofferenza che tempra e ammaestra,
Anche qui il peccato di cui si tratta particolarmente caro e familiare al giu-
è l'idolatria, il distacco da Dio. Si- daismo ellenistico, quello che qui i
milmente, in Is. 24,6, il T.M. dice: LXX han voluto leggere nel testo; La
779 (I,290) ci1wp-::civw (G. Stahlin - \\!. Crundmann) (I,291) 780

religiosa accettazione della sofferenza, C. IL CONCETTO DI PECCATO NEL GIU-


che qui si esprime, presuppone una 59
DAISMO
coscienza assai forte del peccato. E
da questa scaturisce il bisogno di con- Per il giudaismo il concetto d1
fessare i peccati, quale ad es. si mani-
peccato è determinato dalla legge
festa in Ecclus. 4,26, che, indipen-
dentemente dal testo ebraico (' non ver- (~v6µoç ). La trasgressione di ogni
gogna~·~i di convertirti dal peccato'), singolo comando della Torà è pecca-
viene così espresso dai Settanta: µTj to. Infatti, poiché la legge è manife-
a.LCJxvviJ-nç 6p.0Àoyfj1J"m lq:i' cirmp-clrw; stazione dcl volere di Dio , tutte le
r;ou, ( « non vergognarti di far la con- sue disposizioni (anche quelle che per
fessione dci tuoi peccati»). Alla coscien-
la nostra mentalità giuridica sono nor-
za dcl peccato corrisponde la speranza
della grazia divina. In Is. 27,9, dove me, puramente profane, di diritto
il T.M. parla della distruzione degli civile e penale) costituiscono lo ius
altari degli idoli, considerandola come divinum. Per questo motivo ogni tra-
il frutto della purificazione dal pec- sgressione ha carattere religioso, è
cato, i LXX aprono la via alla religione ribellione contro Dio, dunque peccato.
della grazia: xa.ì. -cou-c6 fo-cLv +i EÙÀo-
Alla sfera del peccato come tra-
yla. a.Ù-coiJ, O-CCX.V rXtpÉÀW[W.~ '!TJV àµa.p-
'!La.V a.ù-rou, ( « e questa sarà la sua sgressione di natura religiosa appar-
benedizione, quando avrò tolto via il tengono perciò non solo i peccati
suo peccato » ). diretti propriamente contro Dio, ma
anche le disattenzioni e gli errori
Cosl i LXX plasmano un concetto rituali, e anche i crimini, che rien-
unitario di peccato. E l'unità della trano nel dominio del diritto penale 6().
parola, del linguaggio, mira ad espri-
Tutti quanti hanno carattere religioso,
mere l'unità del contenuto. Di fronte
al frazionamento della condotta pecca- costituiscono offesa contro Dio. Il giu-
minosa dell'uomo in singoli peccati, daismo accoglie dunque l'idea antico-
che è caratteristico anche del tardo testamentaria, secondo la quale il pec-
giudaismo, si manifesta qua e là il cato è offesa contro Dio, e la conserva
tentativo di spingersi fino al peccato come suo elemento costitutivo. Nel
fondamentale, che separa l'uomo da
modo di concepire il peccato vi sono
Dio (Ecclus. 21,2; 27,10) e lo domina,
finché l'uomo non si lascia salvare nel giudaismo due tendenze: una livel-
da Dio. latrice, l'altra difierenziatrice. La pri-
G. BERTRAM ma è provocata dai dottori della Leg-

59 Cfr. MooRE, I 461. T. Schebu 3,6. tutt'al più in potenza. Ciò è dovuto al fatto
60 Il concetto di reato, di violazione del che l'A.T., nei suoi due aspetti - di libro
comando in senso giuridico non è ancora che contiene princìpi religiosi e di codice di
distinto dal concetto di peccato in senso reli- diritto civile e penale - è sempre incondi-
gioso. Tale separazione è nel tardo giudai•mo zionata parola di Dio.
781 (l,291) ciµap<civw (.G. Stahlin - W . Grundmann) ( I ,291) 782

ge con la loro casistica, attraverso la è riferita al popolo inesperto della Leg-


quale anche le più piccole disatten- ge, « i cui peccati intenzionali equival-
zioni o qualsivoglia atto o abitudine gono ad involontari errori » 6'.
religiosamente indifferente diventano
offese contro la Legge, e perciò pec- Da questa tendenza differenziatrice
cati 61 • La tendenza differenziatrice si nasce l'individuazione, già abbozzata
ricollega alla distinzione antico-testa- nell'A.T., dei peccati mortali: idola-
mentaria fra peccati commessi • con tria , lussuria , spargimento di sangue.
la mano alza ta ' e peccati commessi Ques ti peccati non devono esser com-
per ignoranza . Sull' esempio di Lev. messi in nessun caso M. Il peggiore
16,21, si distinguono in 5. Lev. 16,6 dei peccati è l'idolatria ('b wdh zrh ), che
i seguenti tre tipi di peccato : 'ìiwò- « è l' essenza stessa della ribellione,
not =misfatti commessi apertamente; violazione non solo del primo coman-
piféhem=atti di ribellione; hatto'tam damento dcl Decalogo - « non avere
=offese involontarie ( cfr. anche T. altri dèi innanzi a me » - ma anche
]ama 2,1; b. ]ama 36 b) 62 . La gravità del principio fondamentale della unità
di un peccato dipende, per chi ama sta- divina , della professione di fede che
bilire una differenza, dalla conoscenza il giudeo faceva solennemente ogni-
della Legge. In b. B. M. 33 b, la prima qualvolta ripeteva lo 'Shemà' » 65 •
parte di Is. 58,1 b ( « Proclama al mio Commettere questo peccato è come
popolo le sue trasgressioni ») vien commettere tutti i peccati (5. Num .
riferita agli esperti della Legge, « gli 111 su 15,22). Mentre gli altri pec-
errori involontari dei quali equival- cati si possono espiare 66 con riti di
gono a peccati commessi intenzional- purificazione, buone opere 67 , sofferen-
mente »; mentre la seconda parte ( « e ze 68 , per i peccati mortali unico mez-
alla casa di Giacobbe i suoi peccati ») zo di espiazione è la morte 69 (b. Sanh .

61 Come esempio di tale canone rabbinico di questi tre peccati {i. Sanh. 21 b; b. Sanh.
cfr. Shabb. 12,3 ss .: «Chi scrive (al Sabato) 74; MoORE I 467). Cfr. anche il decreto
due lettere dell'alfabeto ... è colpevole .. ., chi apostolico (Act. 15,29) e la discussione che
scrive sul proprio corpo è colpevole. Ma se vi è connessa.
uno scrive con un liquido che non serva da 65 MooRE I 466.
inchiostro o su qualche cosa su cui la scrit- 66 ~ D.ci11xE11i'>a.~; cfr. MoORE I 497 ss.
tura non resta, è immune da colpa»; cfr. 67 Cfr. A. ScHLATTER, Jochanan ben
inoltre ScHURER II 471 ss ., Shebu. 1, 2-2, 5. Zakkai ( 1899) 39 ss., in particolare 41: « ...
62 Cfr. MooRE I 464. con la fiducia che il dono procuri il per-
63 Cfr. anche b. Taanit 11 a. dono come ricompensa ».
64 Cfr. la discussione alla conferenza rab- 68 Cfr. W. WrcHMANN, Die Leidenstheo-
binica di Lydda durante la persecuzione di logie (1930).
Adriano. Tale conferenza decise che la vita 69 Per l'espiazione compiuta con la morte,
non deve essere comprata al prezzo di uno così come per altre espiazioni, vale anche la
783 (l,292) àµcwr<ivw (G. Stahlin - \Y/. Grundmann) (I,292) 784

74 a). role nei Targumim diventano : « ...


2. L'idea che il pecrato è tale in che si vendica della colpa di padri
forza della Legge è connessa con la perversi sui loro figli disobbedien-
tendenza, dominante nel giudaismo, a ti ». Ancora più chiaramente Deut. 5 ,9
concepire il peccato stesso come atti- (=Ex. 20,5) riceve nei Targumim la
nente non già la collettività, ma il sin- seguente aggiunta: « ... se i figli con-
golo individuo che pecca. Tale ten- tinuano a peccare come i loro pa-
denza ha inizio con Ezechiele, con dri » 70 . Tuttavia, l'idea di una respon-
quel rigetto del rapporto di colpa fra sabilità generale per il peccato non è
il peccato dci padri e dei fìgli, che del tutto morta. Ciò rende chiara la
è affermato nelle parole: « I padri parabola, nella quale il peccatore viene
hanno mangiato agresto e i figli ne paragonato all'uomo che fa un buco
hanno i denti allappati », e con la in una barca galleggiante nel mare.
affermazione del principio : « l'anima Quel] i che son con lui sulla barca gli
che pecca, quella perirà» (Ez. 18,2-4). chiedono che cosa mai stia facendo,
Il peccato è dunque la singola viola- ed egli: « È forse affar vostro? Non
zione del comando della Torà da par- sto forse bucando sotto di me? » AI
te di un individuo; ed è solo per che quelli rispondono: « Certo che è
quest'uomo che produce i suoi effetti affar nostro, perché l'acqua entra nel-
in que:-;to e nell'altro mondo. Legge, la barca e la manda a picco con tutti
teoria del merito e idea di peccato noi» (Lev. r. 4 su 4,1) 71 •
coHituisconP un tutto inscindibile. Il Nel complesso il giudaismo è del-
superamc-nto del principio del rapporto l'avviso che il peccato sia qualcosa di
causale fra il peccato dei padri e la universale 72 • Tutti gli uomini sono
sorte dei figli è posto ir evidenza dal peccatori. « Poiché tutti noi che sia-
raffronto dei seguenti due passi dei mo nati siamo lordi di empietà, pieni
T argumim con i relativi passi del- di peccato, carichi di colpa. E molto
1'A.T. In Ex. 20,5 il T.M. dice: « Io meglio sarebbe per noi se dopo la
sono un Dio geloso, che i peccati dei morte non dovessimo esser giudicati »
pad~i punisce nei figli fino alla terza (4 Esd. 7,68 s.); «Noi, che abbiamo
e quarta generazione ». Queste pa- ricevuto la Legge, periremo a causa

considerazione fatta alla n. 60: quando un sfatto, ma al tempo stesso anche espiazione
uomo che ha commesso un reato passibile, del suo peccato.
per la legge giudaica , ossia per la Torà, 70 L BAECK RGG2 V 883.
della pena di morte, è condannato a morte 7t Cfr. MooRE I 471.
dal tribunale giudaico, l'esecuzione della con- 72 Cfr. WEBER 233 s.; STRACK-BILI.ERBECK
danna non è soltanto punizione del suo mi- III 155 ss.
785 (I ,292) ap.~p-rcivw (G. Stahlin - W. Grundmann) (l,293)786

dei nostri peccati; e con noi perirà il Immuni da pecca to sono conside-
nostro cuore, nel quale la Legge è rati specialmente alcuni uomini di
scolpita» (4 Esd. 9,36). Cfr. poi Ex. r. eccezionale pietà , come Abramo, Mo-
31 (all'inizio) su 22,24; Lev. r. 14 su sè, Elia (cfr. Test. Zab. 1; Flav. Ios.,
12,2 (su Ps. 51 ,7): «Persino il più Ant. 7,153; Pesikt . 76 a ed. Buber) 74 •
pio fra i pii deve avere una parte di Ques ta supposizione della mancanza
colpa». Filone (Vit. Mo s. II 147) af- di peccato è resa possibile dalla libertà
ferma: -r.tx.'J"L L ì'EVT)i:r7J ... avwpvÈç '"tÒ di scelta di cui ognuno è dotato, e
ù.1rnpcrX'JELV foclv (a ogni mortale ... dal dono della Legge . L'osse rvanza
~ innato il co mm etter peccati; cfr. an- della Legge rende possibile una vita
che Fug. 158 ). A questa responsabi- pura. « Cosl... Dio ha detto agli Israe-
lità che il peccato fa contrarre dinanzi liti: Figli miei, io ho creato in voi
a Dio sogg iacciono anche i pagani. Se- l'impulso al mal e , ma vi ho dato la
condo la teoria giudaica, infatti , an- Torà come mezzo di salvezza. Fin-
ch'essi hanno i comandamenti di Ada- ché la osserverete, quello non domi-
mo e Noè (concernenti il furto, la lus- nerà su di voi » (S. Deut. 4 5 su 11,18 ).
suria, l'idolatria, la bestemmia e lo In questo insieme di idee rientra l'as-
spa rgimento di sangue, S. Lev. 18,4); serzione di Paolo: xa:tà. ÒL?W.LMUVY}V
anche a loro è stata offerta la Torà, '"tYJV ÉV VOµ({.) )'EVOµEVO<; fiµqL1t'"tO<;
ma essi l'hanno rifiutata. Dice Rabbi (secondo la giustizia che è nella legge,
Johanan: Questo (Deut. 33,2; Abac. irreprensibile, Phil. 3 ,6) 75 • Se è a!Ier-
3,3) significa che Dio offerse la Torà mata l'assenza di peccato in alcuni
ai popoli di tutte le nazioni e di tutte uomini, e si ammette la possibilità
le lingue, ma essi non la accettarono, che, con l'osservanza della Legge, essi
finché giunse ad Israele, che l'accettò abbiano condotto una vita immune da
(b . A. Z. 2 b) 73 • Perciò essi non sono peccato, ne consegue necessariamente
senza colpa nel loro peccato. Questo che attributo del Messia è di essere
principio tuttavia non viene svilup- senza peccato. Già Isaia aveva detto
pato a fondo, come ciò che precede del servo di Dio: « ... nessun torto
potrebbe far pensare. In 4 Esd. 7 ,48 egli ha fatto né frode alcuna è nella
si afferma che quasi tutti sono pec- sua bocca » (ls. 53,9). E nei Salmi di
catori. Salomone si dice del Messia che è

73 Cfr. STRACK-BILLERBECK III 38-43. Cfr. perfecerunt.


specialmente 4 Esd. 7,20-24: ... vias eius non 74 WEBER 53 ss.; 224.
cognoverunt et legem eius spreverunt, et 75 ~ ò:µap"'tWÀ6ç. V. inoltre Ab. R. Nat.
sponsiones eius abnegaverunt, et in legitimis 59, dove del figlio di Johanan si dice: « Se
eius fidern non habuerunt, et opera eius non ne è andato dal mondo senza peccato» (cfr.
787 (I ,293) àµapi:tivw (G. Stahlin - \X'. Crunclrnann) (1,294) 78~

puro da peccato (xat mhòc; xaitapòc; « Ohimé, Adamo, che cosa hai fatto!
a1tò aµap··rlac;, 17,41 ). Similmente in Il peccato che hai commesso è rica-
Test. I ud. 2,4 [A]: xa.t 1toJra aµap- duto non solo su di te, ma su noi
-r:lrJ. oùx tùpd}i)crna.~ Èv a.ù't0 (in lui tutti, discendenti tuoi ». Nell' Apoca-
non si troverà peccato di sorta; cfr. lisse di Baruch siriaca ( 48,42) il pec-
anche Test. L. 18,9. Con questo pen- cato è fatto derivare da Eva . Si veda
siero è connessa l'attesa escatologica ancora 54, 15: « Sebbene Adamo ab-
giudaica dcl regno messianico, nel qua- bia pcccatri per primo ccl abbia ap-
le il peccato è vinto e l'uomo ne è portato a tutti la morte prematura,
liberato (cfr. Hen. 5,8; Ps. Sal. 17,32; tuttavia anche ognuno di quelli, che
Test. L. 18). da lui discendono, si è tirato addosso
per propr10 conto la pena futura ».
3. L' origine e le conseguenze del
peccato sono prese del pari in con- In questi pa ssi apocalittici il pec-
siderazione dal giudaismo post-biblico. cato è visto - ed è questa una con-
La questione dell' or i gin e d e 1 cezione condivisa in tutto il N.T. -
p e c c a t o riceve una risposta sto- come qualcosa che determina il mondo
rica: il peccato proviene da Adamo 76 nella sua realtà più profonda. Una
(ovvero da Eva) e ha esteso la sua diversa concezione riguardo all'origine
potenza su tutto il genere umano. del peccato si trova in Hen . 10,4 ss.;
Questo pensiero, già espresso in Ec- 64,1 ss. e in Mart. Is. 5,3, che ne fan-
clus. 25,34, è raccolto dalla letteratura no responsabili gli angeli caduti di
extra-biblica: « Cor ... malignum baiu- Gen. 6,1 ss. Accanto a questa conce-
lans, primus Adam transgressus et zione a sfondo storico si pone quella
victus est, sed et omnes, qui de eo che vede la radice del peccato, il
nati sunt. Et facta est permanens fomes peccati, nell'inclinazione al male
infìrmitas et lex cum corde populi, messa nell'uomo da Dio: Ecclus. 15,
cum malignitate radicis; et discessit 14; 37,3; 4 Esd. 3,20; 4,4; 7,48 (cor
quod bonum est, et mansit malignum» malignum) 77 ; Pesikt.38b - 39a ed.
(4 Esd. 3,21 s.). Cfr. anche 4 Esd. Buber; Vit. Ad. 19 (ÈmituµlrJ. ... Ècr'tÌ.
3,26; 7,48 ss., in particolare 118: xEq)(XÀ +i mi1111c; àp.ap'tlac;, ' la con-

A. SCHLATTER, Jochanan ben Zakkai 1899 77 MooRE I 479 ss. WEBER 221 s., 225 ss.;
20 s.). PoRTER, l.c.; Bè.iCHLER, l.c.; K. SrrnR, Paulus
76 Cfr. Tan[J. Bere'sit 29, Huqqat 39, ed. i.iber die Si.inde und das Judentum seiner
Buber. Tali passi esprimono chiaramente un Zeit, Prot. Mon. II (1907) 104; BoussET-
risentimento contro Adamo per h miseria che GRESSM. 402 ss.; inoltre ~ 7tOVTJp6ç.
ha prodotto col suo peccato.
78') (I,294) à.r.ta.p.-avtoJ (C St:ihlin - \V.! . Grundtrninn ) (I,294) 790

cup1scenza .. . è il principio di ogni a viso, con Dio c diventato impossi-


peccato'). bile 79 ( ~ à.xotHù coli. 587 s. ). Il pcc-
cato continua a sventare il proposito
È l' istinto malvagio che spinge di grazia di Dio. « Quando desidero
l'uomo al peccato. Compito dell'uomo farvi del bene, voi fìaccate la potenza
è di vincerlo con l'osservanza della celeste... (seguono esempi tratti dalla
Torà. Se non vi riesce, deve patire vit<l di Israele nel deserto)» 5. Deut.
le c o n s e g u e n z e d e 1 p e e e a - 319; cfr. Pesikt. 166 a-b (ed. Buber).
t o , che consistono in ogni genere di Conseguenza dcl peccato è ancora la
s,)ficrcnze. Il pensiero che Paolo svi- punizione. Tra questa e il peccato cor-
luppa in Rom. 1, 18 ss. (Dio punisce re uno stretto rapporto. Si veda il
il peccato facendo peccare) è noto al Salmo di Salomone 2,17: O'tL à7tÉÒw-
giudaismo, per il quale il peccato pro- xcxc; -roi:ç à1mp-rw).oi:ç, xa.-rà -rà i!pya.
duce peccato: o 6:1.lc.cp-rwÀÒç 7tpoCTfr1}an cxù-rwv X!XL XCX'trX -rò:.c; àp.a.p-rlcxç CXÙ'tW\i
cip.cxp-rlcx\i È'.<p' à.1-.wp-rlmç (il peccato- -ràç 7tOVl)pÙ.ç Gcp68pa. (hai reso abbon-
r e accumulerà peccati su peccati, Ps. dantemente ai peccatori secondo le
Sa!. 3,12). Il peccato ha questo di ca- loro opere e secondo i loro odiosissimi
ratteristico, che uno ne produce un peccati); Filone (Leg. Alt. I 35):
altro e che un uomo che comincia xoÀcxs6p.e:voç tcp' orç l]p.cip-rcx\iE\i (col-
con un peccato qualsiasi finisce per pito in quello in cui ha peccato; op-
commettere i peccati mortali: « Oggi pure: per aver peccato; v. anche \!ìt.
(l'istinto malvagio) dice a qualcuno: Mos. I 96; Sacr. A.C. 131). Punizione
fa' questo; e domani: fa' quello; fin- del peccato è la malattia; ed è nor-
ché alla fine dice: adora altri dèi; e male che si dica che il malato non
quegli lo fa (b Shabb. 105 b. Crf. Ab. può -;uarire finché Dio non gli ha per-
4,2; 5. Num. 112 su 15,30). Altra con- donato tutti i suoi peccati (b. Ned.
seguenza del peccato è il distacco da 41 a). Il peccato è infine punito con
Dio. L' adorazione del vitello d' oro la morte ( « non v'è morte senza pec-
aveva reso impossibile agli Israeliti la cato e non v'è castigo senza colpa »
vlSlone della gloria di Dio 78 • Per il b. Shabb. 55 a; cfr. Ecclus. 25,24; Sap.
peccato il rapporto immediato, viso 1,13; 2,23 s.; Bar. 23,4; 4 Esd. 3,7;

78 Cfr. linterpretazione di Ex. 24, 17 e (ed. Buber ), ed anche, con una certa diffe-
34,30 da parte di Simeon b. Johai, in 5. Num. rem>:a, Rom. 3,23: miv·m; yà.p fiµa.p-rov xa.L
su 5 ,3. UO"'t"Epovna.L "t"Tjç lì61;l]ç 't"OV 1'Eov (tutti han
79 Gen. 3,8; Ex. 34,30; 2 Sam. 17,2; Cant. peccato e van privi della gloria di Dio).
3,7 s.; 1 Sarn. 28,5; dr. Pesikt. 44 b - 45 a
791 (1 ,295) riµap-rav«) (G. Stiihlin) (I ,295) 792

S. Dcut. 305 a 31,14; Gen. r. 16,6 ver- Omero la parola s1 trova usata in sen-
so la fine, dove la morte è posta in so concreto ( Suid: &crxo1w. "tot,EUELV,
relazione col peccato originale) e con ' lanciar dardi senza cogliere il se-
la dannazione eterna (iJ cìnwÀELCX. -rov gno '; Plat., H i. II 375 a: 't'Ou crxonov,
<l.1.Lo.p't'wÀou EÌ.ç -ròv o.U;:Ncx, la rovina 'il bersaglio'; Aristoph., Pl. 961: 'tijç
del peccatore dura in eterno , Ps. Sal. òòov ). A partire da Erodoto acqui sta
3,13 ). Ma nonostante tutte ie conse- anche un senso traslato , specialmente
guenze del peccato l'uomo ha tuttavia di falln , di errore intellettuale (Thuc .,
la possihilità di espiare e di tornare T 33,3; Philo , Omn. Proh . Lih. 13 3:
a Dio. Ciò è espresso con particolare ì'V0J1xr1ç) , e da qui anche il si gnificato
lucidità in Tg Eccl. 7,20, dove all'as- di errare in assoluto (Dio Chrys., Or.
serzione categorica « non vi è nessun 53,3). Opposto di rXI.LO.p't'ci.vwv è crocp6ç
giusto sulla terra, nessuno che faccia (dr. Gnrg., Pal. 26 Blass); ci1ia.p't'lvooç
il bene e che non pecchi » sono ag- è il demente (ad es., Iles., Theog.
giunte le seguenti parole: « ma Dio 511 ). Già in Omero rXIJ..l'.lp't'ciVELV in-
mostra al colpevole, prima che mu01a, dica l'errare (Od . 22,154; cfr. anche
la via della conversione » 80 • Xenoph., Cyrop. V 4, J 9: 't'Ò yàp
à1-Jo:.p-rcivn v cìvtl'pwnouç oncxç où8E:v
G. STAHLJN-W. GRUNDMANN t}a,u1-mcr't'6v, v. il latino errare huma-
num est). Sempre con Omero il ter-
mme comincia a colorarsi di valuta-
D. USO E STORIA DEI TERMINI
zione morale: far torto (Il. 9, 501:
ciµcxp-rcivw, ciµcipniµcx E ciµcxp-da O't'E XÉV 't'L<; lJ1tEP~1in xai ciµcip't'n,
PRIMA DEL N.T. E NEL N.T.
'quando uno vada oltre e fallisca';
dr. Od. 13 ,214).
1. ò.µap't'civw significa non colpi-
re, mancare il segno; suo sinonimo è I LXX(~ coll. 719 s. e 770 s.) usano
CÌ1to-ruyxcivnv (Suid.), suo opposto a[.texp't'aVELV occasionalmente per pS',
"tuyxcivnv (cfr. Horn., Il. 5, 287: 'sm , rS' nella forma hif'il; ma per lo più,
f1µSpo'tEç oùo' E-ruxEç, ' hai fallito, conformemente al senso proprio della
non hai colpito'; Hdt. I, 43). Fin da parola, per ht'. Questa radice si svi-

ao -+ n. 70. Con l'idea della conversione esser cancellato da nessuna condanna giudi-
si affianca alla tendenza dominante, che fa ziale, ma può esser rimosso nel rapporto
tutt'uno di reato in senso giuridico e pec- dell'uomo con Dio (con la penitenza , le buo-
cato, di pena ed espiazione, un'altra tendenza, ne opere, e anche con la sofferenza e la
ossia un concetto puramente religioso del morte, o con la punizione inflitta da Dio
peccato: il peccato è qualcosa che non può nell'aldilà).
793 (I,295) <iwwrrivw (G. Stahlin) (I,296) 794

luppò poi, dal suo signifìcato origina- ia' e reia'. Assai spesso ricorre poi
rio, sia reale che metaforico, <li sba- nella Sapienza (2,12; 4,20 e altrove),
gliar strada, mancare il bersaglio, fino e sempre come concetto etico-religioso,
ad assumere il senso <li peccare cop per l'azione peccaminosa, il peccato.
valore prevalentemente religioso. Quan- Si trova accanto ad à.olx'T)µa: Gen.
to al sostantivo à1w.p-rlcx., soltanto 31,36; ad à.òLxla: Dcut. 19,1.5; Icr.
dopo che fu usa to dai LXX per ren- 14,20 ; ad à.crE~Y)µa: Deut. 9 ,27; ad
dere ht', acquistò a sua volta un s1gni- à.v6p.T]µa : Io s. 24,19; ad à.v ~ 11 t'. cx. : I s.
fic:ito spiccntamcnte religioso. 58,1. 'Aµcip-rl]p.a denot a in oltre la
punizione del peccato (I s_ 40 ,2 ). Men-
2. a(_Hip-n]!W., sostantivo verbale tre nel linguagg io profano ar1cip-rTJ1ta
in -µcx., denota il risultato di ap.ap-rcX.- è più frequente di à.µcx.p-rla, in quel-
VHV, quindi: fallo, sbaglio, nel senso lo biblico quest'ultimo termine ricorre
piuttosto di ' stoltezza ' e ' accecamen- assai più spesso, ed ha maggiore im-
to ' che in quello di ' azione ingiusta ' portanza e ampiezza di significato.
(Soph ., Ant_ 1261; ~ crvvt:léì'T]crLç con Il N .T. usa raramente cX.µcip-rT]~ta.
la sua storia analoga). Aristotele (Eth. a denotare azione peccaminosa: Mc. 3,
Nic. V 10 p 1135 b 18 ; Rhet. I 13 p 28 s.; 4,12 ree. ; Rom. 3,25; 5,16 D .G.
13 7 4 b 5) definisce à.µci.pi:T]µcx. come lt. Pesh . (S''' B: àµa:p-rilcra:v-roç); 1
qualcosa che sta fra cX.olxT]µ<X e ài;u- Cor . 6,18; 2 Petr_ 1,9.
X'rJµcc non avviene inopinatamente
(µ'fi 1tct.paMywç), ma è commesso tut- 3. 'Aµcx.p-rl!'l, usato fin da princ1p10
tavia senza cattiveria (&vc:v xaxlac;). (a partire da Eschilo) in senso traslato
Nel linguaggio corrente, in particolar come à.µcip-rY)µa, viene spesso distin-
modo in quello giuridico 81 , acquista a to da quest'ultimo come intima qualità
poco a poco il significato di fallo che di un'azione nei confronti dell'azione
è compiuto intenzionalmente e che stessa (cfr. Clem. Al., Strom . II 15,
perciò produce colpa (P. Tebt. 5, 3; 64,3) 82 • Dapprima forse la parola de-
Antiph. 1,27 : houcrLa. xa:t Èx 7tpovola:ç notava anche il fatto del peccare; ma
CÌ.OLXYJµ<X:ra XO:Ì. aµa:p-djµai;a:, ' ingiu- poiché il fatto può esser conosciuto
stizie e falli intenzionali e commessi solo da un'azione peccaminosa, si com-
deliberatamente') . prende come quella differenziazione ap-
Nei LXX àp.cipi:'r)µa traduce spe- paia sbiadita fin da principio. Già in
cialmente hattà't e inoltre 'àwon, pe- Eschilo (Ag. 1197: 7tr.x:À.cncìç i:wv-

81 Cfr. R. TAUBENSCHLAG, Das Strafrecht sopra in bibliografia, col. 718).


im Rechte der Papyri (1916) 8; L. WENGER, 82 CREMER-K6GEL 139; TRENCH 154 s.
APF II (1902) 483; HEY, 'Aµap"t'L<X (citato
795 (I,296) à.1uzp-i:rivw (G Stahlin) (I,296) 796

o' ciµap"t"laç o6p.wv) ciµap-rla signi- (~ ciµrip-ri)µa) come mancare lo sco-


fica misfatto. Ma, come già per liµcip- po della virtù per debolezza, incapacità
"t"i)µa, il problema della colpa nel o scarso sapere (~ à.yvola., supra,
senso moderno del termine non vien coll. 315s. Eth. Nic. II p 1106b 25ss. ).
posto(~ supra), così che persino azio- Ciò significa: far torto senza cattiveria
ni punibili, che esigono espiazione, (xaxla, III 13 p 1118 b 16 ss. e altro-
compiute per un motivo buono, sono ve), ossia catenza intellettuale che, per
abbastanza spesso chiamate ciµap-rla.; il cara t tcre intellettuali stico d~ll' etica
così in Sofocle (Phil . 1225 ) il furto greca, si ripercuote sul piano morale
contro Filottete, (Trach 483) una bene (III l p. 1110 b 18 ss.). In seguito in-
intenzionata bugia. Corrispondentemen- vece l'elemento della colpa , escluso da
te ciµet.p-rla acquista nella lingua del Aristotele8-1, viene talvolta connesso con
diritto e della filosofìa un contenuto cir.iapTla (P. Lips. 1119,3; Ditt. , Syll.3
più vasto e comprensivo (Pseud-Plat., 1042, 15 : òcpElÀ.w à1wp-rlav, «devo
De/. 416 a: 7tpci~tç 7tapci -ròv òpMv scontare il peccato » ).
Àoytcrµ6v ( « azione contro la retta ra- Nei LXX ciµet.pi:la, che gui è per
gione » ), dove òpMç può essere inteso lo più sinonimo di Ò.[..lrXP"t'"flµCl, sta di
in senso etiCo, ma anche giuridico o regola per batta't e batfa'd, spesso
intellettuale). In antitesi a òpM-rTJ<;, anche per 'ilwon, talvolta anche per
( « rettitudine ») (Plat. Leg. I. 627 d: pe'Sa', 'asam, re'Sa'. Solo nei LXX aµap-
òpìJ6-rij"t"Òç "t"C: xcx.1. ciµap-rlaç 1tEp1. v6- Tla, come ciµClp"t'&.vw, acquista quel
µwv, anche II 668 c), ciµap-rla de- contenuto morale e religioso, che gli
nota la qualità di un'azione ingiusta mancava nel mutevole uso del greco
(~supra), ma molto più spesso l'azio- comune e in quello « tragico » di Ari-
ne medesima , dal cattivo pensiero fino stotele, ed esprime così un concetto
al delitto (Plat., Gorg. 525 c; Aristot., nel quale la colpa è riconosciuta come
Po!. IV 16 p 1336 a 1: chtµlq, ~i)µtou­ qualcosa che scaturisce da volontà, da
criJw 7tpc:itoucr11 7tpÒç -ri]v ciµet.p"t'let.v intenzione malvagia, ossia da coscien-
( « sia ignominiosamente punita in ra- te distacco e contrasto con Dio
gione del fallo »: parla della lussuria). ( = Ò.Otxla). E per il fatto che pro-
Aristotele definisce anche &:µap·t'la prio la più vaga e generale delle pa-

83 O. HEY, i.e., mostra come il termine colpa morale nel senso moderno e nella sua
à:µa.p-rla. sia divenuto parola-chiave nella dot- inclusione nella Bibbia « la parola à:µa.p-i:la.
trina aristotelica del dramma, ma come fosse rispecchia, nel diverso modo in cui è con-
inadatto a costituire il punto di partenza cepita, la profonda differenza di due cultu-
per la teoria della «colpa tragica». Nella re )) (HEY 163 ).
caratteristica esclusione aristotelica dell'idea di
797 (I,297) àµcwtcivw (G. Stahlin) (I,297) 798

role usate nel linguaggio profano a 794) nei Vangeli Sinottici, negli Atti
significare torto - forse solo in parte (2 ,3 8; 3,19; 7,60; 5,3 1; 10,43; 13,38;
per via della sua parentela semantica 22, 16; 26,18 ), nelle lettere Pastorali
con he( - fu scelta ad esprimere la (1 Tim . 5,22.24; 2Tim. 3,6), nell' Apo-
inesorabile idea biblica del peccato, calisse (1,5; 18 ,4s. ), e per lo più nella
essa acquistò maggior peso di tutti i lettera agli Ebrei (1,3; 2,17; 5,1 e altro-
suoi numerosi sinonimi 84 , e divenne ve), nelle lettere cattoliche (Iac. 2,9; 4,
atta ad esprimere il rapporto del pec- 17; 5,15 .2 0 ; lPetr.2,22.24; 3,18; 4,8;
cato con Dio molto piì:1 nitidamente 2Petr.1,9 2,14; llo.l,9; 2,2.12; .3,4 s.
che non, ad esempio , i termini ~ ao~­ 8; 4,10; 5,16ss.). Negli Atti ciµap-.la
85
XLCI.. e 'JUt.XLCI.. , che sono primariamente ricorre esclusivamente a proposito del
etici. perdono dci peccati, e così anche nei
Il N.T. segue i Settanta anche nel- Sinottici - con le sole eccezioni di Mc.
l'uso dei derivati dalla radice CÌ[.tCl..p"t"- 86 . 1,5 par. e Mt. 1,21 - e compare sem-
Quasi sempre si tratta di trasgressione pre al plurale (Mc. 2,5 par.; Le. 11,4
verso Dio, con accentuazione dell'ele- ecc.) se si eccettua Mt . 12,31 e Act.
mento della colpa, cioè del peccato. 7 ,60. Paolo usa àµap-.la nel senso di
Nel N.T. si possono distinguere tre singolo atto peccaminoso quasi soltanto
accezioni fondamentali di &.µetp-.lC1..: in citazioni (Rom. 4,7 s. = il; 31,1 s.;
peccato, 1. come singolo atto ( = à.µd:p- 11,27 = Is. 27,9) e in formule con-
TY)µcx:), 2. come caratteristica della na- sacrate (1 Cor. 15,3: Xptcnòç cbtÉfrcx:-
tura umana, 3. come potenza personi- VE\I ùnÈp "t"wv àµC1..p-.iwv l]µwv :x.C1.."t"à

ficata. Tutte e tre le accezioni hanno "t"Ò:ç ypCl..cpd:ç, Gal. 1,4: ... -coli Oo\l"t"oç
dei precedenti al di fuori del N.T., ÈC1..ui:òv Ù7tÈp -.wv àµap-.twv 1)µwv,
ma gli sviluppi che in esso subiscono, C al. 1, 14: acpE<nç -cwv àµap"t"LWV).
specialmente i punti 2 e 3, sono ca- Eccezioni si hanno in Rom. 7,5; 2 Cor.
ratteristici del concetto neotestamen- 11,7; Eph. 2,2,1. Se si eccettua Rom.
tario di peccato: in contrasto con tutti 4,8 (che è una citazione) e 2 Cor. 11,7,
quei precedenti, infatti, à.µC1..p·tlC1.. è nel in tutti questi passi la parola è sem-
N.T. una forza che allontana l'uomo pre al plurale. Nel Vangelo di Gio-
da Dio e lo spinge all'ostilità contro vanni à.µcx:p-.lcx: ha questo significato
di lui. soltanto in 8,24 (2 volte); 34 a; 9,34
a) àµap-.fo: è sempre inteso come (allusione a Ps. 51,7), parecchie volte
singolo atto (per i precedenti ~ col. invece nella prima lettera, che si di-

84 Cfr. TRENCH 152. nessun punto il contrasto fra paganesimo e


85 Cfr. CREMER-KOGEL 137 s. cristianesimo appare più acuto che nel modo
86 STEINLEITNER (citato in bibl.) 85: «In di concepire la ò:µa.p'tla. ».
799 (l,298) à.µap'tavw (G. Stiihlin) (1,298) 800

mostra anche in ciò più vicina alle lcttivo, come già il singolare in altri
concezioni e alle idee cristiane comuni passi di Giovanni (cfr. 9 ,41; 1Io.1,7)
che non il Vangelo 87 • e della letteratura paolina: Rom. 3,20:
t7tlyvwcnc; àµa.p'tlaç, 5,13.20; 6,1:
b) ò:.µa.p't"la. sta a designare la na- Èmp.ÉVELV 't"TI Ò:.µa.p·tlq, 6 a: 'tÒ <JW[.la.
tura del!' errare già in Platone (Le g. I TYjç Ù.p.a.p'tLa.ç, 7 ,7; 8 ,3: <rà.pt;, Ò:.µa.p-
627 d, II 668 c), che parla di òpM'tlJS ·tlo:c;, I-leb. 4,15; 9,28 .26 : dc; à.ìrhri-
e di ò:.r1a.p-rla. (~col. 795) delle leggi cnv -cljc; Ò:ftap'tla.c;, 11,25; v . anche
che presiedono all'opera d 'arte mu sica- l Pctr. 4,1: 1trna.vo-ìraL à.µap'ti'.a.c;. Spe-
le o poetica. Una completa tra sforma- cialmente in 2 Cor. 5,21 Ò:.[ia.p-i:la. espri-
zione del concetto si verifica quando me in modo pregnante tutto ciò che
nel N.T. ò:.µa.p'tla. passa a significare nell 'uomo è peccato .
l'ostilità a Dio che è propria della na-
tura umana, specie quando ciò è espres- e) Personificazioni dcl peccato s1
so da Giovanni nelle formule sinonime trovano nel papiro magico greco di
EXELV à.µa.p'tla.v (9,41 88 ; 15,22.24; 19, Parigi e nel giudaismo: in quello com-
11; 1 lo 1,8) e ò:.µccp'tla. [v -cL vl fo-cw paiono le 'A~.tap'tla.L xMvLa.L (Preisen-
(1 Io. 3,5; cfr. lo. 7,18). Analogamen- danz, Zaub. IV 1448), sorta di de-
te in 8 ,21, col solo capovolgimento moni sotterranei; in questo la donna-
del rapporto spaziale, chtoi}a.vE~v lv "TI peccato di Zach. 5,5 ss. 90 e l'immagine
à.µa.p-clq. 89 • Effettivamente in Io . 8,24 è dei peccati (à.µa.p-cla.L) che, in agguato
detto: Ò.1toi}a.VEL'V Èv 'tet.Lc; Ò:.p.a.p-clrw; come leoni, spiano la preda (Ecclus. 27,
(anche in Ez. 18,24), e in 9,34: yEv- 1O). Queste raffigurazioni si muovono
vci11i}a~ È'll ò:.µa.p'tlcuc;; inoltre in 1 Cor. nel quadro dell'incipiente concezione
15 ,17: E't"L Èa'-cÈ Év 'ta.Lc; ò:.µa.p-cla.Lc; di una potenza cosmica del male 91 e
ùµwv: al di fuori di Cristo l'uomo presuppongono all'origine una perso-
vive e muore nel peccato. In queste nificazione di à.r.ta.p-i:la. (per lo più con
espressioni il plurale ha valore di col- l'articolo 92 ), quale appunto ricorre fre-

87 Vi compare anche la figura etimologica 89 Cfr. lEp . 38, 30; b. Shabb. 55 b in


à.µo:p'tavw à.µa.p-clo:v che deriva dai LXX: ScHLATTER , Joh. 208.
Ex. 32,30 s.; Lev. 4,23; 5,6.10.13; Ez. 18,24; ;o Cfr. R. SMEND, Lehrbuch der alttesta-
anche Filone (Mut . Nom. 233 ); Erma (V. 2, mentlichen Rel-Gesch.2 (1899) 402.
2,4 ). Il greco profano preferisce il più pre- 91 Cfr. KoBERLE 473 s.
ciso à.µa.p'tcivw à.µcip-rT)µo: (Soph., Phil. 92 In generale la presenza o meno dell'ar-

1249; Plat., Phaed. 113 e; Dio Chrys., Or. ticolo davanti ad à.µcxp'tla., che è scelta ad
32,3). Cfr. M. JoHANNESSOHN, Der Gebrauch esempio in CREMER-KoGEL come criterio di
der Kasus und der Prapositionen in d . LXX differenziazione dei significati, ha scarsa im-
(Diss. Berlin 1910) 56 s.; WrNER 32,2. portanza ; cfr. Rom . 6,6 con 8,3; 6,16 col
ss Cfr. Pesikt. 5 p 55 b Buber, in SCIILAT- v. 17 ecc.
TER, Komm. Joh . 232.
801 ( l ,298) aµrxp-.civw (G . Stahlin - W. GrundnrnnnJ (l,298) 802

quentemente nel N.T., specialmente in 6,2.10), ed è allora VExpéc; per esso


Rom. 5-7 93 • Da principio si tratta sem- (v. 11 ), ne è libero (v. 7.18.22), men-
plicemente di una comparsa in scena, tre il peccato stesso è condannato (8,3 ).
così come può fare una persona: Ti Ciononostante la lotta contro di esso
à.µap-tla. venne nel mondo (Rom.5 ,12). non deve cessare (Heb . 12,4).
Originariamente era vt:xpci (7 ,8 ), ma Che cosa qui sia concreta rappre-
Ti à.µcx.pi:i'.a. &.vÉsncn:v ( « prese vita ») se ntazione di un « demone peccato »
;lttra verso la Èvi:oÀ:r'J ovvero il v6µoç ( v. (Dihelius) , che in Rom. 6 s. farebbe
9), dal quale ricev e l'impulso (v. 7 .11) addirittura la parte del non menzio-
a ingannare ( v. 11 , anche Ilcb. 3,1.3 ) e nato Satana , e che cosa invece sia sol-
a irretire l'uomo (Heb. 12 , l: EVTIEpl- tanto immaginazione poetica (Feine),
cri:a.i:oc;, « intento a circuire » ) . Abita è difficile scoprire. Ma come siano in-
in lui (Ro m 7 ,17 .20 ), produce le pas- certi i confìni fra questi diversi aspet-
sioni (nalh'Jµa:i:a , v. 5) e la brama ti del conce tto di peccato nel N.T. si
smodata (ÈmDvµlcx., v. 8) e diviene in rivela specialmente in Giovanni (dr.
tal modo una forza demoniaca che in particolare Io. 8,34; 1 Io. 3,5, e an-
domina l'uomo. Egli è sottomesso al che , ad es., Io . 8,21 col v . 24) .
peccato ( uq>' à.µa:pi:i'.cx.v) (Rom. 3,9;
G. STAHLIN
Gal. 3,22; dr. Rom. 11,32), suo schia-
vo (Rom. 6,16.20, anche Io. 8,34; dr.
Gal.2,17), venduto ad esso (Rom.7,14), E. PECCATO E COLPA NELLA GRECITÀ
e lo serve ( 6 ,6) secondo la di lui legge CLASSICA E NELL'ELLENISMO
(7,23.25; 8,3 ), gli presta le membra co-
me 01tÀ.tX &.otxlac;, «armi di ingiustizia» 1. Il concetto cristiano di peccato
( 6, 13). È nella o-cip~ che il ,Jecca to è inesistente nella grecità classica. Que-
esercita il dominio ( xvpLEVEL 6, 14; Sa.- sta non conosce il peccato in quanto
o"LÀ.EvEL 5,21; 6,12), e questo ha ter- ostilità dell'uomo contro Dio, consi-
mine soltanto allorché esso dà all'uomo stente nel fatto che « l'uomo rigetta
come paga ( 6,23) la morte (5,21; 7,11 ciò che è giusto con la ragione e con
dr. Iac. 1 ,15). Ma per Cristo e con la volontà » 94 • In questo paragrafo,
Cristo l'uomo muore al peccato (Rom . perciò, riteniamo bene evitare il c011-

93 Cfr. LIETZMANN, Rom.2 65; M. DrnE- Tode , traduzione tedesca di H. GoTTSCHED


LIUS, Die Geisterwelt im Glauben des Paulus e C. ScHREMPFz (1924) 89 ; nel capitolo « Die
( 1909) 119 ss.; P. FE!NF., Theologie des N.T.5 sokratische Definition der Stinde » vi è una
(1931) 200s. analisi del concetto greco e di quello cristia-
94 S. KIERKEGAARD, Die Krankheit zum ne• di peccato.
803 (I,299) à:µap·tci:vw (G. Stahlin - W . Grundmann) (l,299) 80-1

cetto di peccato e sostituirvi quello dello stato e della comunità non può
greco di fallo e di colpa, poiché la sussistere senza diritto, la à.òtxla. vie-
radice ò:µa.p"t'- significa appunto (v. so- ne intesa semplicemente come viola-
pra) mancare un determinato scopo, zione della norma dell'esistenza ordi-
sia per errore, sia per colpa, o per er- naria. Altri termini degni di nota sono
rore che è esso stesso colpa. &yoç e µlwrp.ri, carichi di significati
L'ambito di questa nozione è vasto, rituali, poi anche v0ptç e infìne , spe-
e va « dal crimine alla trasgressione cialmente per la letteratura filosofica ,
innocua » 95 , dalle azioni morali fino xrix6ç e xa.xla.
agli errori intellettuali o artistici, e
ciò anche in un medesimo autore 96 • 2. Il concetto di colpa del periodo
« 'A~.tap'tavnv era divenuto un ter- più antico è determinato da una con-
mine meramente negativo: fare qual- dotta caratterizzata dal!' accettazione
cosa che non è ~ òpMv ( « retto )> ), gioiosa e quasi spontanea di ciò che
e òpMv poteva essere inteso tanto nel avveniva per volontà del fato e degli
senso del costume che in quello del dèi (dr. Horn., Il. 19,83 ss .) 100 • Era al
diritto formale, e inoltre dal punto di verificarsi di una disgrazia che si sco-
vista intellettualistico (ciò che è giu- priva che una colpa era stata com-
sto logicamente o tecnicamente) » 97 • messa (-ò> cruvdòl)crtç) . Trasgressione o
Per una completa trattazione del- colpa stanno nel comportamento. Nel
l'idea greca di colpa quale si esprime periodo omerico es.sa consiste in una
nella radice ò:µa.p"t'- devono essere negligenza rituale, uno spergiuro, una
chiamati in causa altri concetti: così, violazione del dovere d'ospitalità, in
ad esempio, per il periodo più antico, un'offesa contro la -nµi) divina ed
quello espresso dalla parola U"t'l), nella umana; con Esiodo il cerchio si allar-
quale fato e azione personale si compe- ga fino a comprendere l'ingiuria e il
netrano98; così per il periodo post-ome- disonore inflitti ai genitori, l'adulterio,
rico, la radice ~ ciotx-. « La convinzio- il maltrattamento degli orfani e l'ingiu-
ne che ogni ingiustizia sia peccato, sorta stizia sociale in generale (Hes., Op.
dalla personale esperienza del poeta 327 ss.). Tutte cose che provocano
(Esiodo), è ciò che costituisce il perno l'ira degli dèi, tutori e garanti del di-
delle 'Opere' esiodee » 99 • Poiché la vita ritto e dell'ordine. Cfr. Horn., Od. 13,

95 HEY, 'Aµa:p'tfo; 14. 97 HEY 15 s.


96 Cfr. il gran numero di esempi in HEY 98 Cfr. W. ]AEGER, Solons Eu11omie, SAB
1 ss., specialmente quelli tratti da Tucidide e (1926).
dal linguaggio giudiziario (14 s.) e quelli 99 LATTE, l.c. 266.
tratti da Aristotele ( 141 ss.). 100 Cfr. specialmente STENZEL, l.c. 17 ss.
805 (1 ,.300) a1w.p"t"ci.vw (G. Stiihlin - \YJ. Grundmann) (I,.300) 806

214: Zt:ùç ... àvDpwnovç Ér.popq. xa.t « È in espiazione di una •colpa' che
'"t"L\IV'"t"a.L ocr'"t"Lç àrtcipT[], « Zeus sorv~­ !'anima è confinata nel corpo, e prezzo
glia gli uomini e punisce chiunque pec- del peccato è la vita sulla terra, che
ca ». Per quest'epoca di germoglio del- è la morte dell'anima » 104 • La colpa
lo spirito greco sono valide in tutta la d'origine, che precede la vita, e il giu-
loro estensione le parole del Rohde: dizio dei morti che la segue 105 pola-
« Essi, in quei loro secoli felici, erano nzzano l'attenzione e inl1uiscono sul-
assai poco sensibili all'infezione della l'arte e sulla filosofia. Lo spirito greco
coscienza dcl peccato ' » 101 . si mise di fronte a questa minaccia a
cui si sentiva esposto, e con essa si
3. In questo mondo omerico irrom- approfondì e si arricchì « Il risultato
pe nei secoli VII e VI a. C. una po- visibile e durevole, col quale lo spi-
tente ondata di religiosità orientale e rito greco testimonia dell'innalzamento
di un diverso senso della vita. L'uomo di quella minaccia a benedizione, è la
greco si apre alla conoscenza del mon- tragedia » 106 • Prima la colpa veniva
do in termini di colpa e di morte 102 . riconosciuta soltanto nell'azione; ora
« Dopo la familiare luce del giorno, essa è riconosciuta come un dato che
l'uomo vive la notte e l'oscura pro- affonda le radici nell'intimo dell'uomo
fondità dell'esistenza » 103 . La proble- (~infra, coll. 809 s.).
maticità dell'esistenza umana, l'insicu- La colpa umana è alterazione del-
rezza della sorte, l'inevitabilità della 1' ordine esistente, perturbamento di
colpa, fanno la loro comparsa nel- una realtà oggettiva, che l'uomo deve
l'orizzonte dei Greci. A questa espe- ristabilire con la sofferenza e con la
rienza sono legati i misteri, soprat- miseria che gliene consegue, e talvolta
tutto l'Orfismo, che pullulavano dap- persino con la propria mor -~- Non · è
pertutto e nei quali gli uomini, minac- la colpa morale di un uomo che ha
ciati nella propria esistenza, cercavano la libertà di scegliere tra bene e male,
rifugio. In questi circoli la vita è sen- ma accecamento, naturalmente insito
tita come conseguenza di una colpa. nella sua esistenza 107 • L'uomo deve ca-

101 E.RoHDE, Psyche 9·1° (1925) I 319. cadavere di Emone. Il coro: µvljµ' É7tl(jl"}µov
102 Cfr. WEINSTOCK, I.e. 275 ss., special- OLa xnpòc; EXW\I . . • oùx ciÀ.ÀO'tpla.c; rhT}c;,
mente 279 s. à.)..)..' a.Ù"t"Òc; tiµa.p'tw'V . • • recando in mano
103 WEINSTOCK 280. la chiara testimonianza . . . non di altrui
104 RoHDE II 126. dissennatezza, ma di quella che egli stesso
105 Cfr. LATTE 281 ss. con la documenta- commise errando . . . Creante: tw q>pEVW\I
z10ne. oucrqip6vwv aµa.p"t"Tjµa.Ta. O''tEPEtÌ. Da.va.-t6-
106 WEINSTOCK 280. E\l't' .•. ÉV o'ȵ<{l xcipq. DEÒc; 't0't 1 &pa. 'tO'tE
101 Cfr. nell'Antigone di Sofocle la scena µ(ya. ~O.poc; µ'EXW'V E7tG.LCTE\I, Èv o'EcrELCTE\I
nella quale Creante esce dalla casa con il à.ypla.Lc; òOoi:c;: ohimé, errori omicidi di menti
807 (I,301) à.riap·Hivw (G. Stahlin - W. Grundmann) (1 ,301) 808

dere in colpa. Il concetto di ~ &yvoLa, colpa 110 , come fece Edipo, il quale
( « ignoranza » ), così importante per la accetta la sua colpa e il suo destino
concezione greca della vita, tocca qui dalle mani degli dèi 111 e nella soffe-
la massima profondità. Ogni colpa sca- renza si riconosce colpevole. Ma in
turisce dalla &yvoLa, la quale costi- questa sofferenza si dischiude all'uo-
tuisce tuttavia il limite dell'esistenza mo il senso ultim o della sua vita, del-
umana che, se posse desse !'onniscien- !' esistenza in generale. Infatti ogni
za, non sarchbe più tale. Il senso pro- colpa uman a. cosl come ogni altra cosa,
fondo della tragedia cli Edi po , ad esem- ripo s~1 nel volere e nel consiglio degli
pio, sta proprio « nella tragica limi- &i. La colpa e l' inelutt abile soffe ren -
tatezza del sapere umano, che come za che ne viene altro non sono dun-
tale è necessariamente frammentario » que per i Greci se non il pervenire
e costituisce « la tragedia dell' agire a una più profonda co mprensione del
umano », poiché « un agire in senso mondo (Aesch., A g. 176 s.) . Questa è
pieno sussiste solo se è diretto coscien- la religione greca.
temente ad un fine e procede da chia- Da qu es ta concezione dell'agire uma-
ra conoscenza » 108. Conseguenza della no come necessariamente colpevole
limitatezza del sapere umano è la col- sorge la possibilità della colpa volon-
pa, non già personale e morale, ma taria, che Prometeo confessa nell 'omo-
insita nell'esistenza stessa. Poiché l'uo- nima tragedia di Eschilo. Alla doman-
mo « è costretto ad agire nell' igno- da del coro: ovx òpqc; o-rL ìlr.wp-rEc;;
ranza, ma di questo agire non può wc; o'ìlµcxp-rEç Oth' Èp.OL À.ÉyHV xcxiJ'
prevedere le conseguenze, né esserne i-Joovi')v aol -r' èiÀ. yoç ( « non t' avvedi
responsabile - sperduto com'è nella che hai errato? dire come hai errato,
ferrea catena di conseguenze degli av- a me non reca piacere e a te apporta
venimenti - ogni azione è colpa » 109 • pena», coll.693s.), Prometeo risponde:
Di fronte a questo stato di cose al- Èxwv Èxwv fiµcx.p-rov, oùx à.pvr]croµaL •
l'uomo è data soltanto la possibilità l}vYJ-ro~c; à.pl]ywv aù-ròç YJÙpoµl}v
di prendere su se stesso la propria n6vovc; ( « di proposito, di proposito

dementi... allora un dio con grave peso mi 110 Cfr. inoltre l'analisi dell'Aiace di Sofo-
i:olpi al capo e mi spinse sopra vie selvagge, cle in W. ScHADEWALDT, Sophokles, Aias und
1258 ss.). Poco prima Tiresia aveva detto: Antigone in « Neue Wege zur Antike » 8
ò:v1'pw7to~cn yàp "to~ç micn xow6v Écr"t~ (1929) 70 ss., specialmente ciò che è detto
-roù!;aµcxp-rcivEw (tutti gli uomini banno in r:el capitolo conclusivo su « grandezza e col·
comune il fallire, 1023 s.)_ pa » (100 ss .)_
1os WEINSTOCK, il cap. Schuld/Konig Oidi- Ili Cfr. Soph ., Oed. Col. 974 : d lì' cxù
pus 151; dr. 149 ss., 230 ss . e in particolare q>cxvdç ÒVCf"tl]\IOç, wç Éyt0 'q>civl]V._. (se poi
172 ss. apparso sventurato com'io apparvì...).
109 WETNSTOCK 175.
809 (l,301) ét.µcxpi:civ w (G . Srahlin - W . Grundm ann ) (1 ,302) 810

ho mancat o, non lo nego ; per recar Od. 1 ,37 ss.: dowc; a.t7tùv oÀEiJpov, Èm:ì.
soccorso ai mortali mi sono tirato ad- 1tp6 01. Et'ltoµEv 1]µEi:c;: « conoscendo la
dosso dei mali da me stesso », col.712) . suprema rovina, dal momento che noi
In queste parole la vita umana appare gliel'abbiam predetto » ). Qui lo sguar-
determinata dalla colpa esistenziale e do si apre su una legge immanente, che
co in vo lta con essa nell a sofferenza. si può individuare e penetrare ; è ciò
che Solone esprime coli ques te pa-
L'idea della tragic:i colra esisten- role: « Secondo leggi imm anenti alla
ziale sta nell a tragedi a in conn essione mutan te realtà , secondo la giu stizia
con un' altra linea di pensiero che ha del tempo il male è sconfìtto e il bene
il suo inizio nella tarda epoca omerica si afferma e prospera » 112 • Il concetto
e si caratt eri zza nettament e in un noto d ell 'ayvow. che produce la colpa equ i-
passo dell'Odissea, nel quale si dice vale a ignoranza del bene, ossia di ciò
per bocca di Giove : w7t01t0L ofov o'i) che, secondo qu es ta legalità immanen-
vu lh:oùc; ~po-toi. o:t-n6wv-ca.L• È~ 1]µÈwv te , conduce alla felicità . Questo pen-
yrip cpcxcn xri:x.' f!µµEVCX.L. 01. oÈ xcx.i. siero è stato elaborato dall a filosofia .
m'.i-roi. e1cp'fj 1nv à."t'cx.o-iJcx.Àlwnv Ù7tÈp Già Democrito aveva detto: a1.1..a.p"t'll)c;
µ6pov èJ:ÀyE' EXOVO"LV ( « oh come i mor- a.hlI) 1i à.µa.fil I) "t'ou xpfocrovoc; ( « cau-
tali accusano gli dèi; ché dicono che da sa del male è l' ignoranza del me-
noi vengono i mali; mentre essi stessi glio» ), fr. 83 (Diels II 78,13) . So-
per i loro propri misfatti subiscono crate basò la sua attività di educato-
sventure oltre misura », Horn. , Od. 1, re sul principio che l' ignoranza è il
32ss.). Nel soffrire, che è conseguenza fondamento della colpa e del male:
necessaria e fatale di una colpa anch'es- e per i filosofi greci è di per sé evi-
sa fatal ~ , vi è anche un'altra miseria, dente che la retta conoscenza porta
causata dalla colpa personale e che l'uo- ad agire giustamente, intendendo con
mo si procura da se stesso, sebbene sia ciò rife tirsi a una intuizione esisten-
messo in guardia dagli dèi e conosca ziale e non ad una mera conoscenza
quindi in anticipo la rovina che lo mi- intellettiva. Chi realmente comprende
naccia per il suo ingiusto agire (Horn., e sa 113 , agisce in modo giusto . Dietro

112 STENZEL 27 secondo fr . 3,30 ss. (DrEHL crede d'aver compreso ... Ma allora la defini-
I 24); 24,3 (I 35); 10 (I 28 s.). zione è corretta. Se uno fa ciò che è giusto,
I 13 Sull'interna dialettica dell'idea socrati- certo non pecca; e se non fa ciò che è giu-
ca di èiyvo~a dr. KIERKEGAARD: « Se uno sto, non lo ha neppure compreso ; se davvero
non fa ciò che è giusto, è perché non lo ha lo avesse compreso, ne sarebbe spinto a com-
neppure compreso; il suo comprendere è pierlo, diverrebbe un rappresentante della
un'ìllusione; se egli afferma di averlo com- sua verità : ergo, il peccato è ignoranza » (87).
preso dimo.stra solo che ha frainteso ciò che
811 (l ,302) ò:µo:p•civw (G. Stahlin - \Y/. Grundmann) (I,302) 812

questa concezione sta la fede nella &yvow. è accecamento ( chn). Ma le


bontà (~à.pE't1)) dell'uomo 114 • E da due linee vengono immediatamente
quest'idea della conoscenza come de- ricongiunte nel profondo intento edu-
terminante l'azione muove anche la cativo della tragedia, la quale rivela
tragedia, che vive « della fede in un appunto l'ignoranza dell'uomo e incute
mondo ordinato in modo unitario e in- in tal modo rispetto per la divinità
telligibile, nel quale è da attendersi che onnisciente ll7. Le idee di Platone intor-
vi sia equazione di delitto e superbia, e no alla colpa trovano piena espressio-
sia perciò possibile regolare il proprio ne! nel concetto di ~àovxi'.a ( « ingiu-
comportamento secondo il rapporto di stizia » ), che coincide con quello di
colpa e di pena certo e riconoscibile; àµap'tla (cfr. ad es. Gorg. 525 e;
si giunge cosl a una profonda intelli- Phaed. 113 e; Leg. X 906 c), e nel con-
genza, grazie agli esempi di grande do- cetto di ~xax6v. Egli, riecheggiando
lore offerti dalla mitologia , o alla pro- Omero (Od. 1,32 ss. ), capovolge il rap-
pria esperienza » 115 • La tragedia è poi porto fra colpa e fato: sono gli uo-
informata « dall 'idea della polis e dal- mini che si scelgono il loro destino,
l'idea di stato che in essa si realizza)> 116 • e perciò sono essi stessi responsabili
Certo, questa linea di pensiero incro- della loro miseria, non la divinità
cia il concetto di colpa esistenziale ( ... o..L'tla ÈÀoµÉvou • i}Eòç à.vo..l'tLOç,
(~ colL 806 s.), che può turbare « la colpa è di chi fa la scelta: Dio
ogni profonda conoscenza, in quanto non è colpevole)>, Resp. X 617 e). Una
la colpevolezza è inevitabile, e la nuova, acuta distinzione fra àµap-ti'.o..

114 Kierkegaard dimostra che la definizio- menidi di Eschilo da parte di Stenzel (84-87),
ne socratica di peccato non è una definizione. il quale dimostra che l'ordinamento dello
« Se la definizione socratica di peccato è cor- stato è ordinamento divino: « Il decisivo
retta, allora non esiste peccato» (84). E Kier- sviluppo verso l'immanenza del sovrasensi-
kegaard va a fondo, cogliendo proprio il pun- bile nel sensibile, cui la filosofia pervenne
to della fede nella naturale bontà dell'uomo: soltanto dopo lunga e dura lotta, è stato
«Qual è l'elemento che manca nella definizio- anticipato dalla creazione poetica ».
ne che Socrate dà dcl peccato? La volontà, 117 Cfr. la conclusione dell'Edipo re di
l'ostinazione! L'intellettualismo greco era trop- Sofocle : wr;-r:E i}vT)-r:Òv ov-r:o:. XELVT)V -r:T]v
po felice, troppo ingenuo, troppo estetico, TE),Eu-i:o:la;v lOE~V T)µ:opa;v Émr;xo7tOUV"t0:
troppo ironico, troppo spiritoso, troppo pec- µT)OÈV ÒÀ.~lsm, 7tpLV U.v -rÉp~1a; 'tOU ~lou
caminoso per poter comprendere che si può mpcir;n µT)oÈv ci).ynvòv 7to:l1wv («Cosicché
trascurare coscientemente di compiere il bene nessuno tenendo lo sguardo fisso a quell'estre-
o si può compiere il male pur conoscendo mo giorno deve stimar felice alcuno, prima che
il bene. Lo spirito greco statuisce un impe- abbia varcato la soglia della vita senza aver sof-
rativo categorico intellettuale» (84 s.). ferto alcun dolore», 1528ss.). Notare anche co-
m Per questa citazione e per quella che me l'idea di una legge immanente ritorni nelle
segue v. STENZEL 87. rivelazioni dell'oracolo (a tal proposito dr.
116 Cfr. a tal proposito l'analisi delle Eu- l'interpretazione di WEINSTOCK, I.e. 184 ss.).
813 (I,303) àµa.p,6.vw (G. Stiihlin - W. Grundmann) (I,303) 814

e àoLxla è proposta da Aristotele 118 : PiOLOV µÈ\I yàp 'tÒ à7tO"tUXEi:\I 'tOU
fo-·n o' à·rnx'fiµcna µÈv oaa 1tapé:).oya O'X07tOV, xa.À.rnòv OÈ "t'Ò È7tL'tUXEÌ\I
xa.l µiì ànò µoxih1plaç, ciµa.p-.Tjµa.-.a. ( « l'errore si ha in molti modi; la
oÈ OO"a p.iJ 7ta.pciÀ.oya. xa.l µiì à7tò riuscita, invece, in un modo solo; faci-
novnpla.c;, àoLxT)µa-.a. oÉ, OO"a µTj-.e: le è infatti fallire il bersaglio, men-
7tapciÀ.oya. à 7tÒ 7t0VT)pla.ç 'tE fo-rl V, tre il coglierlo è difficile », Eth_ Nic.
« le cose che si verificano inopinata- II 5 p 1106 b 28 ss.). Tale ò:1..ta.p"tci-
mente e non per malvagità sono sven- VELV , in qualunque campo esso avven-
ture; errori sono quelli che non av- ga, è sempre risultato JeJJa ayVOL(1.
vengono né inopinatam ente né per (per il campo dell'etica dr. Eth . Eud_
malvagità ; ingiustizia , infine , è quan- VIII 1 p 1246 a 32 ss.; Pol. III 11
to non è frutto del caso, e viene da p. 1231 b 28 ). Questo complesso di
malvagità» {Rhet. I 13 p 1374 b 7 ss.)_ concetti è in Aristotele completamente
Che cosa intende qui Aristotele per spogliato del carattere di colpa mora-
àµap-.l]µa.-.a.? La radice ciµa.p't- è le: « La parola, ovvero il gruppo di
usata in vari modi, ma con senso uni- parole ... non appartiene per nulla alla
voco, a indicare errori nei campi del- sfera morale, ma a quella intellettua-
1' arte e del pensiero 119 , errori tecnici le » 124 • Ma tutto ciò è connesso col
e igienici 120 , errori del legislatore e generale indirizzo razionalistico del
del giudice 121, errori politici 122 • Infine, pensiero greco, quale compare in Ari-
nel campo dell'etica, àµap-.la, a dif- stotele e si afferma nella filosofia post-
ferenza di aoLxla, è uno sbaglio com- aristotelica.
messo nella convinzione di fare 11 bene.
È dunque conseguenza di un 'incolpe- 4. Le due linee che compongono
vole &yvoLa.. Virtì è per Aristotele l'idea greca di colpa e che erano le-
la via di mezzo fra due estremi, àµa.p- gate dal concetto di &yvoLa. e dall'idea
-.la. è il deviare a sinistra o a de- di immanenza, ora divergono: da un
stra 123 : -rò µÈv à.µa.p-.cive:Lv 1toÀ.À.a.xwc; lato la colpa esistenziale, che è fato,
Ècr'tL ... "t'Ò OÈ Xa.'topi}ovv µovcqwç ... dall'altra il pensiero dell'errore che,

118 Cfr. in particolare HEY 137 ss. aµa.p,la., iridescente di molteplici sfumature;
119 HEY 141. esso è per noi, aristotelicamente parlando,
120 Jfoy 141 s. un à.vwvuµov ». Così prosegue Hey: « Pos-
m HEY 143. siamo renderlo con ' sbaglio, errore ', non con
122 HEY 145.
' fallo' (Fehltritt), oppure con 'errore di cal-
12.l HEY 147 ss. con abbondante documen- colo, svista', ma non con 'mancanza' (Ver-
tazione. gehen) o anche con ' argomentazione erronea,
124 HEY 160; cfr. 161: «Nella nostra lin- errore, stortura, stoltezza, ecc.'; a seconda
gua non vi è alcuna espressione adeguata a del carattere o della gravità della hamartia ».
rendere il pensiero contenuto nel termine
815 (1,304) àµllp"tavw (G . Stahlin - W. Grundmann) (I,304) 816

provocato dalla ayvoLcx, apporta sof- cosmica, e l'uomo come vittima del vi-
ferenza. Nella filosofia si afferma il zio, dal quale soltanto il dono della
razionalismo. Ogni colpa è dovuta alla yvwcnç può salvarlo. "Ayvow. e yvw-
ayVOLCX., che è da rimuovere educando tJ'Lç son divenute opposti principi me-
l'uomo. Egli infatti, ritenuto buono tafisici. Col prevalere di questa con-
per natura, può giungere a realizzare cezione <lei fato diminuisce nella colpa
il bene attraverso la cpp6vl)<TLç ( « rifles- l'elemento della responsabilità perso-
sione »): 'tÒ òE: àp.a.p-i:ci. VEL V ÈX 'tOÙ nale, come appare ad esempio in Liba-
à.yvoEi:v xp!'.vnv o 'tL XP1Ì 7tOLEi:v tJ'VVL- nio (Ep. 1025: 'tVXiJ ... 'Jouv EXWW
O"'t"et:ta.L ( <' il commettere errore viene a vfrpWTCO\I Ò:.!VXP'trXVELV "\ÌVcX(Xl'.WE\I,
dal non saper giudicare ciò che bisogna « la sorte costrinse l'uomo ad errare ,
fare», Clem. Al., Strom. II 15,62,3; sebbene avesse l'intelletto » ). Qui ciò
dr. Epict., Diss. I 26,6). Col concetto che è decisivo per l'esistenza dell'uomo
razionalistico di conoscenza, proprio non è il suo sapere o la sua ignoranza,
della filosofia posteriore, la severa idea ma il suo destino, che lo fa cadere in
Ji colpa dell' epoca classica è di- colpa. Di conseguenza, anche nei con-
strutta 125 • cetti espressi nella radice Ò:.p.cxp-r- si
Ma anche l'idea di fato continua a rivela un mutamento: «in quale gra-
sussistere. Tuttavia non si levò più do sia andata perduta nella parola
all'altezza cui era giunta nella grecità ò:.µa.p-i:ci.vELV la sfumatura intellettuale,
classica con quella identificazione di si può vedere nel ' proclama di pace '
fato e colpa, ma divenne un'esperienza di Evergete II, il quale, per ottenere
che lascia l'esistenza umana in potere un'espressione comprensiva di tutti i
dell'arbitrio, distruggendo così il prin- reati, integra cì.yvo1}µcna. proprio con
cipio stesso di colpa. Le religioni mi- ò:.µa.p-i:1}µa.1a » 126 . 'Aµa.p-rci.VELV sotto
steriche, che in epoca ellenistica inva- il peso del fato è l'universale sorte
sero numerose il mondo greco, hanno dell'uomo 127

come fine la rottura del cerchio in-


cantato di fato e caducità. Cosi la mi- 5. Nel pensiero greco-elle01stico una
stica ellenistica del Corpus Hermeticum particolare importanza assume ciò che
vede il mondo come campo d'azione Steinleitner ha raccolto dalle iscrizioni
della ~ xa.xla., pensata come forza dell'area religiosa frigio-lidia 128
• In que-

12s Non vi è da pensare a un risorgere 127 Cfr. OÙX fo"tLV cJ.vi'}pW7tOC,, OC, S1ÌO"E'r.ll~
della concezione del peccato: «La parola xal oùx àµllp'tlon (' non vi è nessuno che
(peccato) non trova veramente posto nel si- sia destinato a vivere senza errare') PRETSIG-
stema dello stoicismo» (BONHOFFER). KE, Sammclhuch 4949, 17 ss.; 5716, 17.
126 P Tebt. I 5,3 (LATTE 287). 128 F. S. STEINLEITNER, Die Beicht im
817 (l,304) à:µcxp-rriv<ò (C. Stiihlin - \Y/. Grundmann) (I ,305) 818

ste religioni pnm1tlve il dio è il pa- nizione. Sanzione tipica è considerata


drone assoluto dei suoi adoratori; vuo- la malattia. Il peccato è addirittura
le il loro bene e punisce ogni offesa una «sostanza che produce malattia» 131 •
che gli vien fatta. Tale offesa è ciµap- Quanto al carattere dei suddetti pec-
-rla.., è cii..tap-ravuv, e può essere in- cati, ecco come lo descrive appropriata-
tenzionale o non intenzionale ( [ Èì; J mente St einleitn er: « Poiché in ques ta
dò6-cwv xa..1. µ'i} dò6-cwv, N. 11 in concezione peccato e colpa sono riguar-
Steinleitner; xa:-r' ayvowv, N. 14). Ta- dati solo dal punto di vista del culto,
le cii..ta..p-cavnv è designato come xa- e non da qu ello dei princì pi etici, ] 'ele-
"t'lt<ppovt:i:v -cov i}rnù ( « disprezzare il mento esse nziale vi è costituito dal-
dio », N. 22), e in ciò diviene chiaro il l'atto p eccaminoso oggettivamente con-
129
carattere religioso di questi peccati • siderato. La questione della responsa-
130
Il peccato consiste nel rifiuto di ren- bilità morale o meno non è toccata 132 ».
dere un ringraziamento alla divinità Lo scopo dell'espiazione conseguente
(N. 7), in discorsi offensivi (N. 12), al peccato è quello di « rendere di
nella violazione delle regole di purità nuovo normale il peccatore, fisicamen-
(N. 13), nella profanazione del tem- te e ritualmente»; tale atto «non s1
pio (N. 14), nell'inosservanza della ca- rivolge all'intimo dell'uomo, alla sua
stità rituale (N. 22.23 ), in errori com- coscienza, ma solo alla sua apparenza
messi nel culto (N. 25.33 ), nello sper- esteriore » 133
• Il xa"t'a<ppovE~v -cov l)Eov
giuro (N. 3.6.8). Alcuni di tali peccati non è una caratteristica esistenziale del-
hanno carattere etico . La divinità rea- l'uomo, ma semplicemente una qual-
134
gisce ad ogni peccato con qualche pu- siasi delle offese sopra descritte • Non

Zusammenhange mit der sakralen Rechtspfl.e- Gotteserlebnis Jesu (1927) 35 e Der Sieg
ge in der Antike (Diss. Miinchen 1913). des Christentums uber die antiken Religio-
~ anche à:µo:p-rwÀ6ç più avanti. nen, in Festschrift fur L Ihmels (1928) 81 s.
129 L'elemento religioso è naturalmente Cfr. a tal proposito Plutarco (Apophth. Lac.
presente anche nella grecità classica (Plat., Antalcidas 1 (II 217cd; Lysandros 10 (II
Phaedr. 242 c; Leg. X 891 e; Aesch., Prom. 229 d), dove è richiesta una confessione dei
945; Xenoph., Hist. Graec. I 7,19; in se. peccati . Leipoldt nota: «In Samotracia sono
guito Muson. p. 78,9.13). L'umanesimo greco proprio i peccatori ad essere accolti, e senza
è religioso. Le divinità sono identificate con dubbio si perdonano loro i peccati. Soltanto,
le leggi immanenti alla realtà. Esse sono per- è difficile stabilire in qual misura si tratti
sonificazioni del reale . Qui la cosa è del qui di peccato inteso in senso rituale, e in
tutto diversa. qual misura invece in senso etico: chi co-
13() Cfr. STEINLEITNER 83 ss. nosce la religione greca si renderà conto
131 STEINLEITNER 99. della fondatezza del dubbio. Il cristianesimo
132 STEINLEITNER 92. ha una posizione univoca. Gesù e Paolo
l33 STEINLEITNER 121. sono indifferenti alle cose del cultò ... » (Sieg
134 Un tale concetto di peccato è presente des Christentums 81 s.). Cfr. anche STEIN-
anche negli esempi, tratti dai misteri di Sa- LEITNER 118 S.
motracia, riportati da ]. LEIPOI.DT in Das
819 (I,305) ~µap-rcivw (W. Grundmann) (l,306) 820

si può dunque parlare di una vera e sua parola e nella sua azione. L'av-
propria coscienza del peccato. vento di questo regno debella il pec-
Con ciò concorderebbe quanto è cato. Quando Cristo, nella sua predi-
detto in un passo di Plutarco 135 : cazione, annunzia che Dio è il Pa-
fo µE. .. &vfrpw7tE, OLbOvm olx11v, "t'ÒV dre e con le proprie opere lo rivela
ci.cn0ii, -ròv Èmipa-rov, -ròv frEO~c; xa~ in tutta la sua bontà, sorge allora nel-
OCX:Lp.ocn. !J.EµW"(jµÈVOV ( « permetti, O l'uomo la coscienza cli essere lontano
uomo, che io - empio, maledetto, da Dio e impuro, e insieme i! desi-
odioso agli dèi e agli uomini - paghi derio di Dio. Di questo avvenimento
il fio », Su perst. 7, II 168 c.). che si compie con l'avvento di Gesù
G. STAHLIN - W. GRUNDMANN
parla la parabola del figliol prodigo,
il quale va da suo padre e confessa:
mhe:p, fiµap-rov dc; -rov oùpcxvòv xal
F. IL PECCATO NEL N.T.
Èvwm6v <Tau(« pad1e, ho peccato con-
1. Sinottici e Atti tro il cielo e innanzi a te», Le. 15,
18.21 ). Nelle immagini della parabola
a. Ciò che stupisce nei Sinottici è
si fa manifesto che cosa Gesù inten-
la piccola parte che, in confronto agli
deva per peccato: peccato è andarsene
altri scritti del N.T., vi hanno le con-
dalla casa del padre, è vivere senza
siderazioni sul peccato e la sua natu-
Dio e lontano da Dio, sia nelle gioie
ra. Dal contenuto e dalla posizione di
che nelle brutture del mondo. L'evento
tali considerazioni risultano alcuni trat-
che si compie con la venuta di Gesù
ti significativi che possono essere rias-
è la presa di coscienza di questo pec-
sunti in queste due asserzioni: 1. Gesù
cato e il ritorno a Dio. Così Gesù
non ha parlato del peccato, della sua
dice che cos'è il peccato, ma dice an-
natura e dei suoi effetti, ma ne ha
che che la penitenza è la via a Dio
riconosciuto la realtà ( cfr. il discorso
Padre, che accoglie il peccatore con
della montagna) ed ha agito in conse-
amore: ÀÉyw uµ~v O'tL o(hwc; xapci
guenza; 2. nell'azione e nella parola
ÈV -rQ OVpctVQ fo'tCX:L È'TtÌ, ÈVL aµcx.p-
Gesù si è riconosciuto vittorioso sul
"t'WÀQ µE-rctVOOV\l'tL tì È1tL ÈVEV1)xov-rcx.
peccato. Questi punti sono da illustrare
ÈVVÉCX. OL)CCX.LOLc;, o~ 'tLVEc; ov xpElav ltxou-
sulla base dei Vangeli.
(JW µE'tcx.volac; ( « vi dico che in tal

b. Missione di Gesù è l'annuncio modo si avrà gioia in cielo per un


del regno di Dio, che si realizza nella peccatore che fa penitenza più che

135 LATTE 294.


821 (I,306) ciµap"<ivw (\Xl . Grundrnann) (I,306 ) 822

per 99 giusti, che non han bisogno ( « mentr'egli sedeva in casa, ecco che,
di penitenza», Le. 15,7, cfr. v. 10). venivano molti pubblicani e peccato-
Muovendo da questa doppia precisazio- ri a sedere con Gesù e coi suoi d i-
ne, Gesù non parla del peccato, ma pro- scepoli», Mt. 9,10; cfr. v. 11 par.;
clama Dio come Padre nel suo regno Le. 15,1.2; 19,7). Egli accoglie tutti
ed è cosciente che questo annuncio nella comunità più stretta che la vita
colpisce il peccato - consistente in orientale conosca, la comunità della
egual misura nel vivere senza Dio e mensa, e per que sto viene giudicato
nel far torto al prossimo 1.16 - e defi- i:e:Àwvwv cplÀcç xcd cX.imp-rwÀt<lv «ami-
nisce il pentimento. Questo peccato co dei pubblicani e dci peccatori»,
(e in ciò sta la sua amara importanza) (Mt.11,19 e Le. 7 ,34) 139 • Ma così fa-
è colpa verso Dio 137 • cendo egli è il vin citore dcl peccato,
non soltanto perché sopprime la divi-
Gesù conferma tutto qu esto con la sione fra giusti e peccatori , ma anch e
sua az10ne. Di fronte ai Farisei egli perché perdona e sopprime in tal modo
descrive il suo compito con queste la divisione fra i peccatori e Dio, nel
parole: où yàp TjÀ.i)ov xaÀÉa'aL OL- momento stesso che li ammette alla
xalouç èLÀ.À.à à.µapi:wÀovç ( « non son sua confidenza. 140 • Questo è l'effetto
venuto a chiamare i giusti, ma i pec- della parola di perdono che Gesù ha
catori », Mt. 9,13) m. Egli sa di es- pronunciata e che lo rivela come il
sere inviato a richiamare a Dio coloro Cristo che, seduto alla destra di Dio,
che vivono in colpa lontano da lui. è investito del potere di rimettere i
Da questo compito nasce la sua azio- peccati (~ &q>ECTL<;, È~ovcrla, dr. Mt. 9,
ne, quale è descritta nei Vangeli: 2; Le. 7,47 ss.). In qual modo l'azione
xcd. ÈyÉvEi:o mhou &.vaLxnµÉvou Èv di Gesù produca l'evento "arrato nel-
i:'fi oLxlq., xaì. looù 7tOÀÀoì. -.ùwvaL la parabola del figliol prodigo, è illu-
xa:/. à.µa:pi:wÀo/. ÈÀMvi:e:ç cruvavÉxELV'tO strato in parecchi episodi, come ad
-.0 'IT)CTOU xa:/. 'tOL<; µaih1i:a.i:ç mhou esempio quello della pesca di Pietro

136 Cfr. Mt. 18,23 ss.; 5,21 ss.; 6,14 s.; peccato è universale e Jo trvva nel OlXO:LOc;
~ anche 7tOVl)p6ç. nel suo comportamento di fronte a Gesù . Da
137 ~ ÒcpE0...11µ0:, Òq>ELÀhl)c; Mt. 6,12; questa visione nascono giudizi come quelli
18,24. espressi in Mc. 8,38 (~ 7tOVl)p6ç); Le. 6,
138 Dal fatto che Gesù distingue nel suo
32 ss.; 13,1-4. Cfr. RGG 2 V 885,3 .
popolo fra olXO:LOL e à.µa:p'tWÀ.ol, dal fatto 139 Per la formula "t'EÀwvm xa.t ciµc.tp"w-
che pone il figliuol prodigo accanto all'altro À.o[ cfr. JoACH. ]EREMIAS in ZNW 30 (1931)
che è rimasto, sì, nella casa paterna, ma 293 ss.
brontola per l'accoglimento del fratello - 140 Cfr. specialmente S c HLATTER, Komm.
fatto, questo, che è attinto dalla sua pro- Mt . 304.
pria esperienza - è certo che ~gli sa che il
823 ( I,307) aµ1:wravw (W. Grundmann) (l ,307) 824

(Le. 5,8), della peccatrice (Le.7,37 ss.), mhòc; à..µa.p"tla.c; 7toÀ.Àwv à.v-i}vqxe:
di Zaccheo (Le. 19,1 ss .). Dio rispon- ( « or egli si prese i pecca ti di molti »,
142
de a quest' atto di conversione con Is . 53,12) • Gesù è il servo di Dio,
la sua confidenza, come dice Gesù che cancella con la sua passione e
nella parabola del pubblicano nel tem- morte il p ecca to dell'umanità . Così
pio, il quale confessa : tÀ.à.crihrtl µoL egli ha int eso la propria mission e . Ciò
"t0 Ò:µa.p"twÀ.0 ( « si imi propizio, poiché significa che con l'avvento di Gesù ,
so no peccatore», I.e. 18 ,13 ss.). con la sua mort e e resurrezione, il
Il perdono proclamato e pratica to pecca to è vinto e so no poste le basi
da G esù n o n è affatto qualcosa di del nuovo regno di Di o.
ovvio, ma è anzi un avvenimento Ali ora si possono com prend ere le
straordinario , cos titui sce il trionfo sul parol e sul peccato non perdonabil e
peccato, e p erciò il sopraggiungere del ( ~ co l. 278 s.) - si tratti di 11n'affer-
regno di Di o; è dunque un avveni- mazione fatta dall o stesso Gesti o at-
mento escatologico. Ciò è particolar- tribuitagli dalla comunità o da questa
mente chiaro nell'ultima cena. L'ulti- trasformata - : r.0..GIJ.. à.1.ta p'tLIJ.. xa.~
ma cena è la dichiarazione della nuo- 0Àacrqnn.tl1J.. à.cpd}-i}crnaL -roi:c; à.vi}pc.0-
va alleanza promessa per gli ultimi 7toLc;, +i ÒÈ "tOV 7t'VEVµIJ.."tOc; (3Àacrcpl]µi'.a
tempi (I er. 31,31-34 ). Questa nuova oùx à.qiE1}1)crE"ta.L. .. ou"tE Év "tOV"tl(.) "t0
alleanza è conclusa con l'avvento di a.i.wvL ou"tE É'V "t0 µÉÀ.Àov"tL ( « ogni
Gesù e diviene efficace con la sua mor- peccato e ogni bestemmia sarà rimessa
te. Il suo sangue è il sangue dell'al- agli uomini , ma la bestemmia dello Spi-
leanza ( "tÒ a.tµa. 't'ljç ÒLai)-fixnc;), spar- rito non sarà rimessa né in questo se-
so per molti per Ia remissione dei pec- colo né in quello venturo», Mt. 12,3ls .
cati ( 't'Ò 1tEpì. 7toÀÀwv ÈxxuvvéµEvov par.; cfr. Mc. 3,29: ... Evoxéç fo·nv
141
dc; aq>ECTW ciµap"tLW'V, Mt. 26,28) • È a.twvlou ò:µap"t1)µa'toc;, « è reo di un
la realizzazione di Ier. 31,34 (=Ie:p.38, peccato eterno»). Questo peccato con-
34): LÀEwc; fooµa.L 't'a.~c; cX.òLxlmc; aù- siste in ciò, che l'uomo, nonostante
-rwv xa.ì. 't'W'V ò:µap-rLwv aù't'wv où conosca la missione di Cristo p er opera
µl} µvncri}w E"tL ( « sarò propizio alle dello Spirito Santo, vi si ribella osti-
loro ingiustizie, e dei loro peccati non natamente e la b estemmia. Queste pa-
conserverò più il ricordo»). Ma è anche role rivelano la gravità della situazione:
la realizzazione di quanto Isaia aveva è il tempo ultimo, nel quale deve af-
profetizzato del servo di Dio: xaì. fermarsi il regno di Dio .

141 L'aggiunta dç élqmrw aµcxp·nwv si 142 Cfr. ancora ls. 53 ,5.6 I 7toÀÀ.ol di Mt.
trova solo in Mt., ma costituisce tuttavia e Mc. fanno pensare immediatamente a Is.
un'interpretazione valida. 53,12.
825 (I,307J aµa.p,civw ( W . Grun<lmannJ (I,308) 826

c. GesLI vincitore del peccato: que- gione sta nel fatto che Gesù porta a
sto annunciano i Vangeli sinottici nar- compimento l'opera del precursore: è
rando la sua storia. Tale annuncio è Gesù che vince il peccato, che perdo-
particolarmente chiaro nelle parole che, na con ogni parola e ogni atto, che
in Mt. 1,21 , l'an ge lo rivolge a Giu - dà inizio al regno di Dio.
seppe, interpretando con esse il no me L 'o pera di Gesù trova la sua prose -
di G esti: m'.rtòc; yap O"GJCTc:L i:òv Àa..òv cuzione in quella degli apostoli.
a..trrnv èrno -cwv àrw.pi:Lwv a..ù-cwv, Essi annunciano Cristo come dono
«eg li infatti salvt:rà ti suo popolo dai che Dio ha fatto agli uomini per sa l-
suoi p<.:cc;1ti » . varli. In chiaro e cosciente accordo
L'avvento di Gesti è stato prepara- con l'azione di Gesù e i suoi effetti,
to dall 'azione del Battista, che sotto essi esortano: JJ.E"t'r:J..VOYJO'r:J.."t'E, xd ~a..TI­
ogni riguardo agisce come precursore. 'tLO"i}-f]i:w EX<XO''t"Oc; vµwv ÈTil "t'c{J òv6-
L 'idea di pecca to è il centro tanto µa "t'L 'I YJO'Ov XpLo-i:ov dc; èl.<pEO"LV i:t:0v
della sua predicazione, che ha per ef- ciµa..pi:Lwv ùµwv (« convertitevi e ognu -
fetto la confess ione dci peccati ( M t. no di voi si faccia battezzare nel nome
3 ,6: ... È~Of.LOÀ.oyovp.EVOL i:cic; à.p.a..p"t'la..c; di G . C. in remissione dei vostri pec-
a..ùi:wv, «confessando i loro pecca ti»), cati», A ct . 2,38) 143 • La differenza ri-
quanto del battesimo, che Marco e spetto a Gesù consiste nel fatto che
Luca chiamano entrambi \3ctTI"t'LO"µa.. µE- gli apostoli esortano a ricevere il per-
"t'CXvoi'.a..c; dc; ri<pEO"Lv ciµa..p·nwv ( « bat- dono dei peccati , mentre Gesù lo dava
tesimo di penitenza in remissione dei direttamente, nel momento stesso in
peccati », Mc. 1,4; Le. 3 ,3 ). Nel canti- cui chiamava a sé i peccatori. La loro
co di lode di Zaccaria la sua missione è predicazione differisce poi da quella
descritta con le parole: i:ov òovva..~ del Battista, in quanto questi esortava
yvwuLv o-wi:TJpi'.a..c; i:Q Àa..Q a..ùi:ov Èv a ricevere il perdono in previsione del
<Ì<pÉO"n ap.a..p"t'LWV r:J..Ù"t'WV ( « per do- l'evento, mentre i discepoli parlano
nare la conoscenza della salute al suo dopo tale evento: ETIL -rQ ovoµa-rL
popolo in remissione dei suoi pecca- 'Irio-ov XpLui:ov. In lui il peccato è
ti », Le. 1,77 ). Così, sotto l'impressio- vinto, in lui è il perdono (cfr. special-
ne dell'imminente regno di Dio, pec- mente Act. 5 ,31: 'toihov 6 l}gòç <ÌPXTJ-
cato, pentimento e perdono stanno al yòv xal o-w-rl]pa.. i.i~wO'E\/ 'TI ÒE!;Lq.
centro dell'azione del Battista. Se tut- mhov -rov oovva..L µEi:avoLa..v 'Q
to questo avviene in Gesù, come ab- 'fopa..lÌÀ xa..l acpEO"L'J aµa..p"t'LWV, « Jui
biamo visto, in modo diverso, la ra- Iddio innalzò con la sua d~stra a prin-

143 V. anche Le. 24,47; A ci . 3,19 ; 13,38; 22,16; 26,18 .


827 (I,308) aµap-rcivw (\\/. Crundmann) (I,308) 828

cipe e salvatore, per dare a Israele la voç É<pavEpwl}IJ tva. "tàç àµa.p"tlac;
penitenza e la remissione dei peccati » ). èipn, xd àp.a.p"tla. Év mhi;:> oux fo-rLv
Apostoli e Battista sono dunque di- ( « così sapete che egli fu manifestato
versi per la diversa situazione in cui per togliere i peccati, e che in lui non
s1 trovano (cfr. Act. 10,43 ~ èiq>EO-Lç). c'è peccato; 1 Io. 3,5). Vi è in queste
parole, innanzitutto, un riferimento al-
Sopra si è accennato come nei Sinot-
tici e negli Atti la parola à1w:p-rla. la morte di Gesù. Giovanni vede la
esprima sempre un singolo atto. Di vittoria sul peccato secondo l'idea Ji
conseguenza la forma usata è quella es piazione propria dei sacrifici giudaici.
plurale, ri1.w.p-rla.L , e non quella sin- Ciò è reso chiaro dal verbo -)o a.ì'.r;H'\I
golare, à1.ta.p-rla.. Questa osservazione del versetto ora citato, che ritorna nel-
lessicale conferma le nostre afferma -
l'immagine dell'agnello 145 di Dio, im-
zioni (v. sopra, coli. 819 ss.). Sia Ge-
sù che la comunità cristiana primi- magine che, ricordando la vittima dei
tiva non posero la questione dell'es- sacrifì ci, esprime tutta la tematica del-
senza del peccato in generale, ma v1- la redenzione: ì'.ÒE ò ò:µvòç -rou ~EOU
àero l'uomo nella realtà dei peccati ò a.i'.pt1J'\I "t-i]v àp.et.p"tla.v "tOV x6crµov
singoli, ben determinati. A tale realtà («ceco l'agnello di Dio, che toglie il
è rivolta l'azione dcl Cristo. Paolo, da
peccato del mondo», Io. 1,29). Ciò è
teologo, pose la questione del peccato
quaìe forza condizionante l'uomo e il reso altresì chiaro dalle parole: xcx.l
mondo, e lo vide quale entità reale, il a.u-rÒç tÀ.a.o-µ6ç ÈCT"tL'\I 7tEpÌ. "tW'\I àµa.p-
che trova a sua volta conferma negli "tLW'\I l)µwv ( « egli è propiziazione per
elementi lessicali ( v. sopra, coll. 798 s.; i nostri peccati », 1 Io. 2,2; dr. 4,10 e
v. anche, coll.837 ss.). Giovanni è più 1 Io. 1, 7: "tÒ a.ti.La. Tricrou XpLO-"tOU "tOU
vicino ai Sinottici che a Paolo.
VLOV mhou xa.i}a.pL~EL i)µ<Xç CJ.7tÒ 7taO"T)ç
àµa.p-rla.ç, «il sangue di G. C. figlio suo
2. Giovanni ci monda da ogni peccato). È con la pro-
La vittoria del Cristo sul peccato, pria espiazione che Cristo vince il pec-
che abbiamo ora illustrata nella figura cato. La sua missione supera tutti gli
storica di Gesù, quale compare nei umani confini di nazione, di razza e
Sinottici, ritorna, spiegata nel suo si- di sesso , per investire l'umanità tutta:
gnificato, in Giovanni 144 : vincere il tÀ.a.o-p.oç Ècr-rL '\I 7tEpÌ. "tW'\I àµa.p-rLW'\I,
peccato è la missione del Cristo, che ou nEpÌ. -rwv l)µnÉpwv oÈ µ6vov à.ÀÀ.à.
è senza peccato: xal oì'.Oa."tE O"tL ÈxE~- xa.Ì. 7tEpÌ. oÀov "tOV x6crµov (« è propi-

144 Cfr. R. SEEBERG, Die Sunden und die 145 Cfr. però l'interpretazione di Burney,
Sundenvergebung nach dem ersten Brief des che vede à.iw6ç come traduzione erronea di
Johannes, in Festschrift fur L. Ihmels (1928) 'servo di Dio'; ~ col. 500 e ~p.v6ç.
19 ss.
82') (l,309) cii w:p-nivw ( W. Grundmann) (I,309) 830

z1az1one per nostri peccati , e non della legge, e il peccato è violazione


per i nostri soltanto, ma anche per della legge, 1 Io. 3,4 ); 1tcicra. ciÒLxla.
quelli di tutto il mondo », 1 Io. 2,2). à.µa.p'tla. fo-rlv ( « ogni ingiustizia è
La missione del Cristo, che è atto di pecca to», 5,17). Peccato è l'azione di-
espiazione e produce espiazione, è pos- retta contro la legge divina, la quale
sibile in quanto in lui non vi è pec- coincide con la giustizia . Esso è perciò
cato: à.µa.p-rla. Èv a.1h0 oùx Ecr'tLV àvo~ila. e ciOLxla. In quanto ciÒLxla
(1 Io. 3 ,5). Egli è dunque l'uomo se- il peccato è opposizione alla giustizia
condo il volere di Dio , è tutt'uno col e quindi alla volontà di Dio, dunque
Padre ed è perciò il Figlio. Così egli è àvop.la. Esso na sce dall 'opposizione
può rivol gere ai Giudei la domanda : a Dio, dall 'empietà dell'uomo , e si
'Tlc, EE, v~iwv O.tyxa µE TCEp1. à.µa.p-rla.c, ; concretizza nell'offesa recata al prossi-
( « chi di vo i mi convince di peccato? mo . È in tal modo stabilita, come trat-
Io . 8 ,46 ). Di fronte ai segni che mani- to fondamentale del peccato, la sua
festano il suo splendore messianico, i universalità umana. Ma il peccato non
Giudei sono costretti ad ammettere: è soltanto potenziale inclinazione del-
7tWC, Mva.-ra.L O.v~pwTCoc, à.µa.p-rwÀ.òc, l'uomo, bensì sua colpa concreta e
'tOL!X.V'tCX. CTTJIJ. ELCX. TCOLEi:v; (« come può attuale, che produce separazione da
un peccatore fare tali segni? », Io. Dio. Il principio : oi'.OC'1.µEv o-rL ò ~Eòc,
9,16) 146. ciµa.p-rwÀwv oùx à.xovEL, &:U,'Mv ·w;
Il concetto giovanneo di peccato ab- i}EocrEBiic, Ti xa.ì. -rò ~g)..T]µa. a.ù-rou TCOLTI,
braccia entrambi gli aspetti della mis- -rov-rov à.xouEL (« sappiamo che Dio
sione del Cristo : la vittoria sul pec- non ascolta i peccatori, ma se uno è
cato attraverso l'espiazione e la portata timorato e fa la volontà di lui, questo
universale di questo evento. In due egli ascolta», Io . 9,31) permane in
passi Giovanni dà addirittura una de- tutta la sua validità: il peccato separa .
finizione di ciò che intende per pec- da Dio. Tale separazione è assoluta:
cato: mie:; ò 1tOLWV •liv à.µa.p'tlav xa.t 6 7t0LWV 'tlJV à.µap'tlav Èx "tOV ÒLrt.Bé-
•iiv &:voµlav 1tOLEL, xa.ì. ii à.µa.p'tlC'1. Àov Ècr'Tlv, O"tL à.n'cipxfic, 6 OLciBoÀ.oc,
Ècr'ttV fi &:vopfa, ( « chiunque compie à.p.a.p'tciVEL (« chi fa il peccato vien
il peccato compie pure una violazione dal diavolo, poiché il diavolo pecca

146 Con egual chiarezza risaltano unita e Gesù fra il popolo giudaico, Giovanni co-
differenza fra Giovanni e i Sinottici. L'unità struisce la tesi kerygmatica dell' espiazione
consiste nel kerygma . In quanto Cristo, Gesù dei peccati del mondo in forza della morte
è il vincitore del peccato. Ma mentre i di Gesù, ponendo così in primo piano l'in-
Sinottici fanno intendere questo attraverso timo morivo, quale si rivela nell'ultima cena,
il vivido quadro della vita e dell 'azione di della sua azione.
831 (I,309) àp.a.pi:civw (W. Grundmann) (I,310 ) 832

sin dall'inizio», 1 lo. 3,8). Nell'oppo- non avessi fatto in mezzo ad essi opere
sizione contro Dio si manifesta il ca- quali nessun altro ha fatto, non avreb-
rattere demoniaco dcl peccato, che bero peccato » ). L' avvento di Cristo
pone l'uomo in balia del OLci~oÀoc;. fa sì che il peccato si riveli come odio
Divengono così pienamente compren- contro Dio e, costringendo gli uomini
sibili le note parole: à.µiìv à.µiìv ÀÉyw a decidere, opera fra essi una divisione:
Ùµi:v o·n mie; Ò TIOl.WV 'tlÌV ap.o:p'tlo:v EL 'tutp).oi. r)"t'E, oùx a_,; ELX.E"t'E é.q_wp-
'tlav · vùv 8t ÀÈyE'tE S"t'L 0~É11:oµEv ~
0
ooùÀ6c; Ècrnv 'tfjc; à.µo:p·rt'.o:c; ( « in ve-
rità, in verità vi dico che chiunque fa a1tap-rlcx. ù1tc:::iv 11Éva («se foste ciechi,
il peccato è servo del peccato», Io. non avreste peccato; ma invece dite
8,34), che non costituiscono un'asser- di vedere : il vostro peccato rimane »,
zione generica (cosa che è già esclusa Io. 9,41 ); cfr. anche 8,24: dr.ov ovv
dal doppio ~ àµriv), ma l'autentica Ù!tLV o'tL à.11:011avEi:trlh Èv ·rni:ç a1to:p-
conoscenza, sorta nella luce del Cri- 'tlo:Lç ù1u:0v" Èà'J yap 1n'1 il:Lv'tEVO'"Jl'tE
sto, della vita umana: il peccato del- o'"CL lyw dµL, cbtolJavEÌ:O'lJE Èv 'tcx.i:ç
l'uomo è asservimento a una potenza ò:11ap'tlaLç ùµwv ( « vi ho detto dun-
demoniaca 147 , e quindi completo di- que che morirete nei vostri peccati;
stacco da Dio. se infatti non credete che io sono, mo-
L'avvento di Cristo crea una situa- rirete nei vostri peccati » ). Chi rifiuta
zione del tutto nuova, che trova la Cristo e non presta fede al suo Èyw
sua più appropriata defìnizione nella dµL permane nel peccato e resta esclu-
parola xpltnc;, che signifìca separazione so dalla redenzione. Ogni altro pec-
e insieme decisione. Io. 15,22-24: d cato dell'uomo è, di fronte a questo,
µiì ljÀfrov xcd ÈÀaÀT]trcx: a.ù-roi:ç, &.µa.p- cecità, è ci8Lxla ... XctL Etr'tw à.µcx:p'tl!X
'tlcx:v oùx ErxoO'cx:v· vvv oÈ 1tp6qmtrLv où 7tpÒç iMva'toV, 1 ~< ingiustizia ... e vi
oùx EXOVO'l.V 7tEPL 'tfjc; aµcx:p'tlaç aÙ'tWV. è un peccato che non conduce a mor-
ò ÉµÈ µLCTWV Xet.Ì. 'tÒV "ltet."t'Épct µov te», 1 Io. 5,17). Questo peccato inve-
µLO'EL. d 'trX Epya, µTi È1tolT]crcx: Èv ce, reso possibile dall'avvento di Cri-
Ct.Ù'toi:ç fì.. OÙOEÌ.ç tXÀÀoç È1tOLT]O'EV, sto, è à.µcx.p'tla 1tpÒç tMvcx:'tov ( I o_
&:µctp'tlcx:v oùx dxoO'ctv ( « se non fossi 5,16) 148 • È questa la xplO'Lç che Cristo
venuto e non avessi parlato ad essi, ha portato nel mondo. Più chiaramen-
non avrebbero peccato; ora invece non te non poteva essere proclamata la si-
hanno attenuanti del loro peccato. Chi tuazione dell'ora estrema, che impone
odia me odia pure il Padre mio. Se di decidere per la vita o per la morte.

147 Per comprendere queste parole bisogna ai Giudei il loro legame con i demoni.
ricordare che Gesù spezza la prerogativa 148 Contra SEEBERG, l.c. 23 ss.
giudaica di essere crm:pµa: 'A~pa.ciµ e mostra
833 (I,310) à.r1cw•civw (W. Grundmann) (I,310) 834

Quei Giudei, che respingono Gesù per realizza nella comunità cristiana, che
odio, sono nella seconJa alternativa, è per principio sottratta al peccato in
quelli che credono in lui, nella prima: quanto nata da Dio. Chi appartiene
Mv oµoÀ.oywp.E\I "t"cX<; àµa.p't'lr.t.ç i)µwv, alla comunità è rinato da Dio e per
7tLO"'t'O<; ÈO''t'LV Xa.Ì. olxmoç, i'.va. Ò:cp'fi opera di Dio, in forza del dono della
i)µl:v 't'àc; àiw.p·da.c; xa.1. xa.i}a.pl<rn fed e e, con la fede, della conoscenza
i}µéiç à nò 7ta<rl)c; àou<la.c; ( « se con- di Dio e del suo Cristo. Questa rigene-
fessiamo i nostri peccati, egli è fedele rnzionc si compie nella visione del Cri-
e giusto , così da rimetterci i peccat i e ~to, donde le fondamentali parole:
da purificarci da ogni ingiustizia », 1 I n. Tifo:; Ò ÈV CXÙ't'Q µÉVWV OÙX aµap't'ti\IEL•
1,9). Chi confessa la propria colpa di Tiéic; ò ciµap"tci.vwv oùx Èwpa.xEv aÙ't'Òv
fronte a Dio riceve il perdono; gli oÙÒÈ EYVWXEV a.Ù"téV ... 7téiç o yE')'EVVl]-
altri non possono riceverlo, poiché in p.Évoc; Èx 'tOV lJEOu cX(.tClp't'LCX.V où 7tOLEL,
loro non è verità e fanno passare Dio o't'L crnÉpp.a. aÙ't'ov Èv cx.Ù't'Q µÉvn' xa.1.
per bugiardo. In ciò si manifesta an- où OUvo:'t'a.L O:µa.p"t'ciVELV, 0"'t'L Èx 'toV
cora una volta la natura diabolica del DEOv yEyÉVViJ't'CX.L ( « chiunque rimane
peccato (1Io.1 ,8.10; cfr. Io. 8,44) 149 • in lui non pecca; chiunque pecca non
Questa situazione non si è conclusa; l'ha veduto né conosciuto ... chiunque
essa continua a sussistere, poiché Cri- è nato da Dio non fa peccato, poiché
sto è presente alla sua comunità nel il seme suo rimane in lui, e non può
Paraclito. L'opera del Paraclito conti- peccare, poiché è nato da Dio » 150 1 Io.
nua infatti quella del Cristo: xa.1. ÉÀ.- 3,6.9) . La nuova condizione della co-
i}wv ÈXELVOç ÈÀ.Éy~EL 't'Ò\I xfoµov 7tEpÌ. munità si attua nell'amore, che è l'an-
àµap't'laç xa.1. 7tEpÌ. ÒLxa.Lo<rvvl)c; xa.ì. titesi perfetta di éx.µa.p·rlcx. (~ ciyri1t11).
7tEpÌ. xplo-Ewç" 7tEpÌ. aµa.p't'la.c; µÉv, O't'L Queste affermazioni di principio, che
où 7tLO'"t"Euov<rw EÌ.ç ÈµÈ ( « e quello, ve- ricorrono in tutta la letteratura giovan-
nendo, convincerà il mondo di peccato nea e trovano conferma nell'azione di
e di giustizia e di giudizio; di peccato, Gesù - cfr. Io. 5,14: µ'T)XÉ'tL aµtip-
perché non credono in me», Jo.16,8s.). "t"G;\IE, i'.va. µi) XEi:p6v rrol 'tL yÉVlJ't'O.L
La missione di Cristo di cancellare ( « non peccare più, che non ti avvenga
i 'peccati (atpnv 't'àç aµa.p't'la.ç) si di peggio ») 151 - sono contraddette

149 Cfr., in connessione con lo. 8,44 , HEM- (1932) 113 nota 8.
PEL, l.c. 183: « Questo è l'effetto della rive- 151 Il • peggio ', che può capitare al gua-
lazione, che essa porta alla luce la reale rito, è di morire per un peccato 1tpòi;
;ituazione e dà inizio alla distruzione del 1'civa"tov (cfr. ScHLATTER, Komm. ]oh. 145).
regno di Satana ». In tal modo è tenuta salda la connessione
ISO Cfr. W. GRUNDMANN, Begrif/ der Kraft fra peccato, dolore e morte. f. però spezzato
in der 'neutestamentlichen Gedankenwelt lo schema corrente, che ricerca l'origine di
835 \l,311) à.µap"tcivw (W. Grundmann) (I,311) 836

dalla comunità cristiana cristiana reale lui, a quelli che non peccano a mor-
e storica, che in concreto non è senza te», 1 Io. 5,16). È questo l'altro aiuto
peccato. Qui si annida un serio pro- che Dio dà alla sua comunità nella
blema. La nuova energia dell'amore tensione e nel dubbio. Il problema
incontra opposizione nella sua lotta del peccato è dunque sentito da Gio-
contro il peccato. Giovanni non spe- vanni in tutta la sua gravità e nella
cula su tale problema, ma, affermando luce del Cristo rivela la sua impor-
che la comunità cristiana è per prin- tanza decisiva per l'uomo .
cipio senza peccato, lo affronta con- N ell'Apocalisse l'opera di Gesù è
cretamente da un duplice punto di vista come opera d'amore, che ha li-
vista. Primo: l'espiazione del Cristo berato i Cristiani dalla peccaminosa
investe anche il peccato della comu- unione col mondo: ... -c0 Àvcra.v-cL
nità . Essa ha un 7tapcb:À:rrroc; presso l]µiic; Éx -cwv ci.µap-cLwv fip.wv Èv 't0
il Padre, e ciò le rende possibile di a\'.µa-ct. mhou ( « a colui che ci ha
vivere nella tensione del dubbio: sciolti dai nostri peccati nel suo san-
0
·miha ypcicpw ùµi:v \'.va µ1Ì àµ6.p-nyte: gue », Apoc. 1,5 ). Il sangue di Cristo
xaì. Mv ·ne; àµ6.p-cn, 7tct.pci.xÀ T}-cov ba forza redentrice. Il compito del po-
EXOµe:v 7tpòc; -ròv -rta -cÉpa, 'IT}CTouv polo di Dio nei giorni estremi è quello
XpLCT'tÒV olxmov, xaì. mhòc; Ì.Àacrµ6c; di tenersi lontano dalla potenza sem-
Ècr'tLV 1te:pL 'tWV &.µa.p'tLW\I l]µwv ..• pre crescente del peccato : ... ~va. µii
( « vi scrivo queste cose affinché non cruyxowwvi]crn-ce: -rai:c; &.µap-clmc; aù-
pecchiate; che se qualcuno pecca, ab- -rrjc; (« per non essere complici dei
biamo un Paraclito presso il Padre: peccati suoi », cioè di Babilonia), poi-
Gesù Cristo giusto, ed egli è propi- ché il giudizio di Dio viene nel mondo
ziazione per i nostri peccati », 1 Io. a distruggere peccato e peccatori: ...
2,1 s.). Secondo: nella comunità la pre- bcoÀÀ1Jl7no-av a.ù-crjc; at àµap-rlm llXPL
ghiera del fratello annulla il peccato o
-rov ovpavou, xat ɵv11µ6ve:uo-e:v i)foc;
dell'altro fratello: Mv ·ne; ton -ròv -rà àoLx1}µa-ra. mhrjç ( « i suoi pec-
à.oe:À.cpòv mhou <Xµap-rd:vov-ra &.µap- cati si sono accumulati fino a toccare
-rla.v µi) -rtpòç ìMva.-rov, ah1}oH, xaL il cielo, e Dio s'è ricordato delle in-
OWO"EL a.ù-rQ sw-fiv, -roi:c; àµap-rd:voucrL\I giustizie di lei », 18,4.5). Nella visione
µii 7tpÒc; ìMva.-rov (« se uno vede il di Giovanni un ultimo atto di Dio
suo fratello commettere un peccato annienta la potenza universale del pec-
non mortale, domandi, e darà vita a cato, dal quale i Cristiani sono redenti.

ogni sofferenza nel peccato (Io . 9,2.3), poiché Dio nella sua grazia.
tale schema impedisce di vedere l'operare di
S.37 (I ,3 11 ) a 1mp-r6.vw ( W . Grundmann ) (I ,3 12) 838

J. Paolo Gal. 1,14 , ~ sopra , coli. 786 s.; ~


anche Ò.p.a.p"twÀ6ç ~ co l. 901. Questo
a. Il pensiero di Paolo sul pec-
gli diceva la sua coscienza di Giudeo.
cato è tutto perva so dal senso della
Sotto l' impressione d ella rivelazione
rivelazione di Dio in Cr isto. N on è
di Cristo sulla via di Damasco, egli
dunqu e una dottrina n'1turalistica ed
empi rica, sost enuta da un par ticolare
confessa: Èyw yci.p drH o D..6:.xLo--roc;
"tWV cXTIOO-"toÀwv , oç oux dµi txa.vòc;
pess imismo , bensì il giudizio divino,
xa.ÀEi:crfrcx.i CÌTiocr"toÀoc:;, oLo"tL Èolc..i ~ a.
colto in qu ell a ri ve lazion e, sull'uomo
"tÌ]V ÈxxÀ:rio-lcx.v -rov frE ov, ( « io sono
senza D io, gi udi zio che appare in t ut-
il più piccolo degli apos toli, io che
ta la sua severa rea ltà sulla croce di
non son degno d'esser chiamato apo-
Cri sto .
stolo, poiché ho perseguitato la chiesa
È qu esta la premcss ,1 all a co mpren-
di Dio», 1 Cor.15 ,9; cfr. 1 Tim.1,15).
sione dcl pensiero cli Paolo sul p ec-
Il suo peccato è la persecuzione della
cato, che può essei riassunto n ei due
comunità di Dio (1 Cor. 15 ,9; Gal.
pr incipi seguenti: 1. L 'opera di Cri-
1,23; Phil. 3,6). Ma tale persecuzione
sto riguarda l'uomo in un suo deter-
non era che l'estrema· conseguenza del
minato modo di esse re, ossia l'uomo
suo intento di raggiungere la salvezza
in quanto p eccatore . 2 . La venuta di
raggiungendo la giustizia da sé, me-
Cristo riguarda l'uomo in quanto lo
diante le opere della Legge , ossia col
libera da questo suo modo di essere
suo zelo per la Legge stessa. Nel suo
e lo rinnova dall e fond amenta . Ciò
giudizio sulla persecuzione della co-
che in Gesù e ra evento reale, in Paolo
152
munità di Dio era implicito il giudizio
è descritto e spiegato • Qui sta la
su tale zelo . Quando ciò gli si fece
differenza tra Gesù e Paolo anche nel-
chiaro, si accorse che tutto il suo agire
la questione del peccato.
nell'ambito del giudaismo altro non
b. L'idea e la concezione del pec- era che resistenza alla volontà di Dio,
cato in Paolo sono determinate dalla e perciò attiva ostilità verso Dio. Sia
esperienza da lui avuta sotto l'impres- la persecuzione della comunità che lo
sione della rivelazione di Dio in Cri- zelo per la Legge che ne era la causa,
sto. Paolo aveva detto di sé: xa."tà. nascevano dalla tendenza dell'uomo a
oLxa.Loo-vvriv "t'!ÌV f.v v6µ~ yEvoµEvoç mantenersi indipendente, a voler esse-
aµEµ7t"tOç ( « secondo la giustizia nella re qualcosa di fronte a Dio. Questo
legge, irreprensibile» , Phil. 3,6, cfr. « voler disporre di se stesso » 153 , pro-

1s2 Cfr. G. KITT EL, Die R eligionsgeschi- punto di vista, che ha trovato qui la sua
chte und das Urchristentum (1932) 154 ss. applicazione particolare.
nota 350. I vi è la trattazione generale del 1s1 R. BuLTMANN , Romer 7 und die
839 (1,312) à:µa:p-r6.vw (W. Grundmann) fl,313) 840

prio dell'uomo, è resistenza alla volon- dcrTjÀ.itEv, xa.ì, OLa -cTjc; ciµa.p-cla.c; ò
tà di Dio. Fin dall'attimo in cui ebbe i)civa.-roc;, xcx.ì, oìhwc; dc; miv-cac; à.v-
questa rivelazione, Paolo fu certo che ilpw7touc; ò Mva.-coc; ÒLTjÀ.lJEv Ècp'iii 7tav-
il peccato non è soltanto offesa alla nc; fnmp-rov («come ad opera di un so-
maestà divina - a tanto giungeva an- lo uomo il peccato entrò nd mondo, e
che il Giudeo - ma anche attiva osti- ad opera dcl peccato la morte, e così
lità verso Dio, ostile resistenza alla la morte passò in tutti gli uomini,
sua volontà, resistenza dell'uomo, che giacché tutti peccarono ») ts.i. Alla do-
vuol vivere per se stesso e disporre manda circa l'origine ciel peccato Paolo
di se stesso . Questa idea di ostilità risponde , col giudaismo, che è con Ada-
a Dio è divenuta l'elemento costitutivo mo che il peccato venne nel mondo.
del concetto paolino di peccato. L'atto di Adamo, rivolto contro Dio,
Ora, come vede Paolo la realtà del costituisce l'inizio ciel peccato, sorto
peccato in particola re? dalla libertà dell ' uomo. Col peccato
Tale <lo manda conduce ai pensieri viene nel mondo la morte, come è
espressi in Rom. 5-8, dove, anche dal detto nella breve frase: -cà. yà.p òt!JW-
punto di vista meramente lessicale, i vw. "t"Tjc; arta.p-rla.c; iM.va:-coc; ( 6,23 ). La
riferimenti al peccato sono di gran lun- paga che il peccato dominatore dà ai
ga più frequenti che in qualsiasi altro suoi mercenari è la morte. Cosl Li
passo del N.T. La missione del Cristo è potenza della morte che signoreggia
annunciata dapprima con queste paro- il mondo è ricondotta al peccato (dr.
le: cruvlcr-cT]ow OÈ -c-r'1v Éa.u-rou ciycbtT]V 1Cor.15,56). Il mondo non porta sol-
dc; rJ!J.ac; ò i)Eòc; o-cL E"-ct ciµa.p-cwÀ.wv tanto i segni della creazione (Rom.
ov-cwv i)µwv Xptcr-còc; Ù7tÈp i)µwv à.7tÉ- 1,20), ma anche quelli del peccato.
~a.vEv ( « Dio dimostra il suo amore Paolo si .'.iff erenzia dalla grecità clas-
per noi perché, mentre ancora erava- sica e dell' ellenismo in questo, che
mo peccatori, Cristo morì per noi », egli, per quanto sappia parlare di po-
Rom. 5,8}. Che cosa ciò significhi è tenza del fato (dominio della morte e
detto, in connessione con quanto pre- potenza del fato stanno l'uno presso
cede, in Rom.5,12 ss.: ...wcntEp ot'Èvòc; l'altra 155 }, pone tuttavia a fondamento
civi)pw7tou 'iJ 6:µcwrla dc; -còv 7t6crµov del dominio della morte il peccato del-

Anthropologie des Paulus, in: Imago Dei, genza questa che è motivata, con argomenti
Festschrift fiir G. Kriiger (1932) 53 ss.; ib. a fortiori, dall'esperienza di salvezza della
60 s.: « Peccato è ... voler disporre di se stes- comunità cristiana (5,7-11) e dalla nuova
so proprio dell'uomo, è avanzar delle pretese, situazione del mondo (5,12-21).
voler essere come Dio ». 155 Non bisogna certo trascurare che nel
154 L'elemento connettivo del capitolo è dualismo greco-ellenistico è presente un sen-
l'idea dell'accettazione delle tribolazioni, esi- timento della vita del tutto diverso da quello
841 (l,313) a1..wp-i:civw (W. Grundmann) (l,313) 842

l'uomo. È il peccato la causa di ogni zione? Paolo continua: èlXPL yà.p v6-
male: . .. È~acrlÀ.EVO"E\I Ti àp.ap·tla È\I µov àµa.p"tla 1jv Èv x6crµc.p, aµap"tla
tQ ~a\lci"tc.p ( « il peccato stabill il suo of. oùx ÈÀ.À.oyE~"t<J.L µÌ) o\1-coç v6µov
regno nella morte )> ). Tale concezione ( « fino alla legge il peccato era nel
non è certo greca, ma cristiana. Nel mondo; ma il peccato non viene im-
dominio della morte si rivela poi l'uni- putato fin tanto che non vi è una
versalità del peccato, che è inimicizia legge», Rom. 5,13). Questa frase, che
verso Dio (3,9.23; 5 ,9.10; 8,7; Gal. accoglie la relazione peccato-legge, cor-
3,22). Ma qui Paolo si stacca dal git1 - risponde al pensiero giudaico. La pro-
daismo . Per Paolo il peccato non con- pensione al peccato, di per sé già
siste soltanto nel singolo atto ; esso è esistente ( à.µap"tlcx. 1jv Èv x6a-µc.p cfr.
per lui una condizione comune all'uma- anche Rom . 7 ,8: xwpl.c; yàp v6p.ov
nità tutta, non dunque una questione àµcx.p"tla vExp6., « fuori della legge il
individuale, ma universale. II singolo peccato è morto » ), si concretizza, per
individuo si trova già in un contesto opera del comando della legge, nella
di peccato a lui preesistente e non ha violazione (dr. Gal . .3, 19: "tL oùv ò
più quella libertà di scelta che era voµoç; "tWV 7tCX.pet.Sci.crEWV xapLV 7tp017E-
elemento costitutivo del concetto giu- "tÉDl), « a che dunque la legge? essa
daico di peccato ( ... OLCÌ. "tfjç 7tG.pa- fu aggiunta a motivo delle trasgres-
xofjç "tovç Evòç cX\l~pw7tov ciµcx.p"twÀ.oL sioni» ~ 7tcx.pa~cx.<nç). Ma in tal mo-
xa"tECT"tcX~l)crcx.v oL 7toÀ.À.ol, « per la di- do diviene chiara l'essenza del pec-
sobbedienza di un solo uomo i molti cato: esso è l'autoaffermarsi dell'uomo
sono stati costituiti peccatori», 5,19). che si ribella a Dio (dr. Rom. 1,21 : ...
Sussiste cosl un legame inscindibile fra "(VO\l'tEç "tÒ\I l}EÒ\I ovx wc:; l}EòV Èo6-
l'atto di Adamo, il destino di morte ~CX.CTCX.\I fi l)ÙXO.PLCT"tl)CTO.V, « pur aven-
dell'uomo e la universale condizione do conosciuto Dio, non come Dio lo
di peccato. In tutto questo non è svi- glorificarono e gli resero grazie » -
luppata una dottrina del peccato ori- questo è il sommo peccato). In ciò
ginale, ma è espresso un giudizio su- il peccato degli uomini corrisponde in
gli uomini in quanto tali, giudizio che generale a quello di Adamo, ma si ri-
si fonda, è vero, sulla realtà umana, vela soltanto dopo che la volontà di
ma è possibile solo dopo la venuta di Dio si è manifestata nel comanda-
Cristo. mento. Perciò il peccato fra Adamo
In che cosa consiste questa condi- e Mosè è reale, ma non è È7tL 't<{j

del cnsuanesimo : il primo, come dice E. contrappone al secondo, per il quale « la


Rohde (~ coli. 805 s. e nota 104), con la morte è la paga del peccato>).
frase: «la vita è la paga del peccato », si
843 (1 ,314) à.µcxp-rci.vw (\V' . ':;run <l rnann) ( l ,314) 8-1-1

òµoLwµcnL "ii.:; 1tapcx.0ci.O"Ewç 'Aoaµ legge, agivano n elle nostre membra cosl
( « a somiglianza della trasgressione di che fruttificavano per la mort(": », 7 ,5)
Adamo » , 5 , 14), perciò oùx ÉÀÀ.oyE'L 't"a:L La realtà carnale dell'uomo è la sua
p:1ì O'.''t"Oç v6µou, ( « non essendovi la realtà peccaminosa, non nel senso che
legge, non viene imputato » ). La fun- per Paolo peccato e carne siano la
zione della L egge è dunque quella di stessa cosa e che l'uomo sia stabilito
concre tare nella violazione la tenden- p ecca tore per il fatto che ha il corpo
za al peccato e svelarne cosl il carat- (---7 a-cipl;, O'w11a: ), ma nel senso che
tere, ossia renderl o evidente come l' uo mo nella sua realtà carn;1le è de-
EXirpa: d.:; itE6v (« inimicizia ve rso Dio », terminato <lai p eccato e ques to, in tale
Rom. 8 ,7). P er u sare una metafora , realtà, si è stret tam ente legato a lu i.
la fu nzione della Legge è di trasfor- Ques to lega me diviene evidente per
mare l'energia potenziale della tenden- o pera dell a Legge: ... i:T)v àµrx p-rla.v
za al peccato nell 'energia cinetica del oùx E"(VWV d p:1ì OLà. VO( LOU. 't'YJV 't'E
singolo atto peccaminoso, e inoltre di yà.p btd}up.t'.a.v oùx i\ònv E~ µT) ò
render e effettiva la pena di morte de- v6µoc; EÀqEv' oùx È1td}up.1jO"nc; à:cpop·
rivante dal peccato e di rappresentare µT)v ÒÈ Àrx0ouO"a. TJ a p.a:p-rt'.a. ÒLà. -rfjç
il peccato come colpa di fronte a Dio. lv-roÀ.Tjc; xcx.-rY]pycfoa.-ro Ev Èf.toi. 7t0..0"a.v
Qui l'elemento centrale della concezio· ÈmÒuµla:v· xwpl.c; yàp véµou à.i.ta.p-rla.
ne giudaica è accolto, ma fondamenta!· VEXpa· Èyw oÈ ESWV xwpi.c; v6µou 'ltO't'É°
mente approfondito e immesso in una ÈÀi}ovO'Y]ç oÈ -ri'\c; lv-roÀ. iic; Ti armp-rla.
nuova visione complessiva. D'accordo à.vÉs Y]O"EV' Èyw OÈ à.'ltrna:vov xa.i. f.U-
I

col giudaismo Paolo continua a conce· prn11 µo~ Ti EV't"O À. Ti Ti dc; swTiv a:lhY] I

pire il peccato come un atto nella rela· d.:; itcivcx.-rov ( « il peccato non lo co-
zione peccato.Legge. Ma la Legge ha nobbi se non attraverso la legge . Non
per lui una funzione esattamente op· avrei conosciuto la concupiscenza , se
posta a quella che ha nel giudaismo la legge non dicesse: Non desiderare.
( ~ v6µoç). Ma il peccato, preso impulso ad ope-
Della relazione peccato-Legge Paolo ra del precetto, mi se in opera in me
parla dettagliatamente in Rom. 7, dove ogni concupiscenza. Infatti fuori della
esprime la sua personale esperienza: legge il peccato è morto; orben:::, un
O't"E ycì.p ì;µEv Èv -rfi O"a.pxl, -rcì. 7ta:lh'i- tempo io vivevo fuori d ella legge, ma,
µa.-ta. -rwv à.µa.p-rLwv -rà oLà -rou v6- venuto il precetto , il peccato prese vita
µou lvl)pyEi:"t'o lv -ro'L.:; µÉÀEO"Lv Tjµwv e io morii, e si vide che il precetto,
dc; 't"Ò xa.p7toq>opi'\O'm -r0 ita:vch~ d ato per la vita, per me conduceva alla
( « quando eravamo nella carne, le pas- morte », 7,7-10). Con espressioni diver-
sioni peccaminose, messe in atto dalla se è detta qui la medesim a cosa : è at·
o-1 5 (l ,3 l-1 J àriap-rcivw (W. Grundmann ) (I ,3 15 ) 8.+ <>

traverso la Legge che il peccato divie- xa.lJ' Ù7tEpBoÀ 'ijv à.µa.p"twÀ.Òç ii à.p.o:p"tla.
ne concreto e attuale. La Legge risve- O~a "'t'fjç È'il"tOÀ.fjç ( « il peccato , onde
glia il desiderio latente. Non si dovrà apparisse come peccato, servendosi di
qui intendere per ~ ÈmlJuµla. soltan- una cosa buona operò in me la morte,
to lo specifico desiderio carnale, ossia cosl che, mediante il precetto , il pec-
sessuale, ma, in un senso pii'1 vasto, cato si facesse oltremodo pecca mino-
la smania dell'uomo di autoaffermarsi so », 7 ,13 ). Ma al tempo stesso la
di f rnnte a Dio, smania che si accende funzione che ha la Legge nel d isegno
al comando e lo contrasta. Qui è il cli Dio raggiunge qui il suo scopo estre-
nerbo di ogni peccato, a cominciare mo nel mettere in luce il peccato nel la
da quello che per Paolo è il peccato sua qualità demoniaca di total e ostilità
dei pecca ti, ossia l'i ndifferenza verso verso Dio. Lo stesso carattere demo-
Dio (Rom. 1,21 ), fin o a quello nel qua- niaco ha , in quanto è diretta contro
le egli vede la punizione di Dio che Dio, la propensione al pecca to, che
punisce il peccato col peccato, fino si trova nel mondo a partire da Ada-
cioè alla perversione sessuale e alle mo e preesiste al singolo individuo .
manifestazioni dell'odio che distrugge Perciò Paolo descrive adeguatamente
la società (Rom. 1,24-31; 1 Thess . 2, la condizione dell 'uomo quando dice:
16 ). Da questo punto di vista ogni sin- Èyw oè: CicXpXL\IOç dµL, 7tE7tpa.µévoç ÙTIÒ
golo peccato commesso dall'uomo as- "t1ÌV à:µa.p"tla.v (Rom. 7,14 ). L 'uomo
sume importanza e carattere di colpa è schiavo venduto al peccato ed è per-
di fronte a Dio 156 • ciò, già prima della sua morte corpo-
rale, in potere della morte (xat ùµ<Xç
:È notevole il fatto che il peccato sia ov"'t'aç ve:xpoùç • . . "ta.~ç à.p.a.p"tla.~ç
qui descritto addirittura nelle sembian- ùµwv, Eph. 2,1 ). Questa situazione del-
ze di un demonio (~ coli. 801 s.). Il l'uomo si rivela nella frattura dell'agi-
peccato ha carattere demoniaco, il qua- re umano, frattura che diviene com-
le si rivela pienamente in quanto esso prensibile in quanto l'uomo è posse-
sfrutta la santa volontà di Dio per duto proprio da questa forza demo-
crescere di potenza: Ti à.µa.p·tla., i'.vo: niaca: ... o µLO"W '"t'OV'"t'O 1tOLW d oè:
0

<po:vfi ap.a.p·tla., o~à '"t'OV àya.lJov µo~ o ou lJÉÀ.w '"t'OV"tO 1tOLW, crup.q>T][J.~ "te{)
Xa.'"t'Epya.soµÉVT] ttci\la.'"t'O\I, i'.va. yÉVT]'"t'a.L v6µ~ O'"t'L xa.À.éç . .. Et oè: o ou iJéÀ.w

156 Funzione della Legge è di scatenare Non si tratta qui delle fun zioni attribuite
la concupiscenza e scoprirne l'intima natura. alla Legge quando si insegna che essa ha un
Ciò è detto anche in Rom. 7,7: -.'Ìjv quadruplice significato, bensl di una funzio-
aµap-.la'il oùx; Ey"\IW'il d µ'Ì] oicì 'i16µov e ne cosmica e storica.
3,20: oici ... 'iloµov Énlyvwcnç àµap-.lcxc;.
847 (l,315) à.fia.p-ra\lw (W . Grunùmann) 0315) 8-rn

Éyw "COU"CO 7tOLW, OÙXÉ'tL Èyw Xtx't"Ep- Èav-coù vtòv 7tE[.tlj;aç Èv ÒµOLW{J.tx't"L
yai;oµaL txV't"Ò aÀÀÙ. 1) obcoucra Èv crapxòç à.iwp"t"laç xaì. m:pì. à.µap't"laç
ȵoì. àµap-cla, ( « quel che odio, quel- :xa-.ÉxpLVEV 'tÌ]v à.i.tap't"lav Èv 'tTI crapxl
lo faccio; che se faccio quel che non («Dio, mandando il suo Figlio in so-
voglio, riconosco che la legge è buo- miglianza della carne del peccato e a
no... e se faccio quel che non vo- motivo del peccato , condannò il pec-
glio, non son più io che lo faccio, ma cato nella carne », Rom. 8,3 ). Scopo
il peccato che abita in me», 7,15.16. della mi ssione di Cristo è di giudicare
20; cfr. anche v. 17). L'uomo , che è cd anni entare il p eccato . Questo è il sen-
sottoposto alla legge di Dio, non può so dcll 'incarn;1 zion c di Gesti. E Paolo
tuttavia attuarla, poiché è posseduto lo esprime pla sti camente con le parole:
dalla demoniaca forza del peccato, che -rèv 1nì y\16'1-r!X af.L!Xp't"la.v VTCÈp ii1v7Jv
lo domina e ricompensa il suo ague à.1wp-rla\I E1'0LYJCIEV ... 2 Cor. 5,21. La
con la morte 157 • Con questo esame del mancanza di peccato in Gesù è il presup-
pensiero di Paolo siamo pervenuti a posto della sua missione. Ora, proprio
qualcosa di essenziale: se sopra ave- questo G esù senza peccato (così Paolo
vamo visto come il dominio della mor- esprime il mistero dell'evento del Cri-
te venisse considerato come derivante sto) diviene interamente peccato. Tut-
dalla realtà del peccato, ora ricono- ti i peccati dell'umanità, i passati come
sciamo come tutta la demonologia e sa- i presenti, sono ora in lui: ov 7tpoÉi}E'tO
tanologia di Paolo non sia specula- ò DEòç l.Àwn1JpLov ... dç Evon!;w -.fjç
zione dualistica, ma espressione del òLxaLocruvric; a.0-rov oLà -r-iJv -n:apEcrw
peccato visto nella sua concreta realtà_ "\'W\I TCPO(E(OVO'tWV àµap'tY]µ<hwv Èv
-.'fi àvoxfJ -.ou DEOu ... ( « h1i Dio sta-
c. È in questa realtà che l'uomo bilì quale propiziatorio ... per mostrare
158
s1 incontra con l'evento del Cristo , la propria giustizia trascurando i pec-
che vince il peccato: ... ò DEòç -còv cati precedenti nel tempo della sop-

157 Cirrn la questione di Rom. 7 diamo Legge, è stato liberato da Cristo». Tale tesi
qui la tesi formulata da R. BuLTMANN in è accolta da W. G. KiiMMEL, Romer 7 und
RGG2 IV 1022: «Paolo raffigura piuttosto die Bekehrung des Paulus (1929). Ivi e nel
la posizione del Giudeo (solo del Giudeo? commento al passo altra bibliografia e docu-
[nota del!' Autore]) sotto la Legge nel suo mentazione.
significato sostanziale, quale si è dischiusa 158 Cfr. HEMPEL, l.c. 181: «È appunto
allo sguardo del credente ». Questa tesi è questo riconoscimento della realtà del pec-
riproposta da BuLTMANN in Romer 7 und cato nella sua forza spaventosa che apre la
die Anthropologie des Paulus 53: «Qui è strada alla gratitudine (xapLç ... Rom. 7,25) e
caratterizzata in generale la situazione del- costituisce nel contempo uno sfondo appro-
l'uomo sottoposto alla Legge, e precisamente priato all 'opera di Gesù ».
quale essa appare agli occhi di chi , dalla
849 (l,316) àµGtp<civr.v ( W. Grundmann) (l,316) 850

portazione di Dio», Rom. 3,25). Per vita. È questa la svolta cosmica che
Cristo e per la sua vittoria sul peccato Gesù Cristo ha portata: ... wcr7tt:p É~cx.­
Dio ha attuato ed attua l'epoca della crlÀrncrt:v Ti à.µa.pi:la. Év 't'~ iJa.vci."~·
grazia e il rinvio del giudizio. La vit- o\hwç xa.i Ì) xciptç ~a.O"LÀEV(J'"[1 ÒL<Ì.
toria di Cristo sul peccato è descritta ÒLXaLOCTVVY)ç, dç, SWTJV r.iLWVLO\I ÒLIÌ.
come espiazione. Qui sta l'importanza 'Il}crov XpLcr-roù -rou xvplov T]µwv ( « co-
della sua morte. È sulla croce che il me il peccato regnò nella morte, cosl
peccato è stato sconfìtto per sempre: anche la grazia regni mediante la
o yap ànÉiJa.vEv, i:n à.1mpclq.. à7tÉ- giustizia per la vita eterna per opera
iJa.vEv Écpcbm~ ( « la morte che soffer- di G. C. Signore nostro » Rom. 5,21 ).
se, la sofferse riguardo al peccato una
volta per tutte», Rom. 6,10; cfr. 1 La venuta di Cristo è l'evento che
Cor. 15 ,3; Gal. 1,4 ). Perciò la croce libera l'uomo dalla realtà del peccato
è il segno della vittoria sul peccato e e fonda la sua vita su nuove basi.
quindi sul dominio della morte e sulla Questo è il contenuto del Vangelo:
potenza del demonio, perciò la pre- attraverso la fede e il battesimo l'uomo
dicazione della croce è òuva.µLç iJrnv è giustificato, diviene una nuova crea-
e (J'ocpla. 't'Oli i7t:ou (1 Cor. 1,18 ss.). Ma tura risorta con Cristo, è riconciliato,
la croce non è separabile dalla resur- è redento, in una parola, ha ottenuto
rezione, senza la quale la missione di il perdono dei peccati 159 (cfr. Eph.
Cristo sarebbe caduca: EL ÒÈ Xpt(J'"tÒç 1,7) . Nell'unione con Cristo (-+ o-uv),
oùx EyTJ)'Ep"tru,... E"tL fo-rÈ Év -ra.i:ç che si compie nel battesimo e di cui
aµa.p-rlmç ùµwv ( « se Cristo non è divengono coscienti nella fede, i Cri-
stato risuscitato, siete tuttora nei vo- stiani sono morti al peccato ( tÌ.7tEiÌrivo-
stri peccati», 1 Cor. 15,17). E tutto : EV •TI aµa.p-rla., Rom. 6,2). Il tema

questo è avvenuto per la nostra sal- del c. 6 della lettera ai Romani è:


vezza (ÙnÈp 1]µwv 2 Cor. 5,21; 1 Cor. il cristiano e il peccato. Innanzi tutto
15,3; Gal. 1,4). Ciò è possibile in quan- è da tener presente la convinzione fon-
to per Paolo gli uomini non sono in- damentale, espressa in diversi punti
dividui isolati, ma sono stati uniti dal- del capitolo: i cristiani sono liberati
l'atto di Adamo in un comune destino dal peccato. Essi sono morti con Cri-
di peccato e di morte. L'evento del sto e sono perciò morti al peccato.
Cristo significa per l'umanità vittoria È qui che si compie in essi il senso
sul peccato e inizio del regno della dell'evento del Cristo: tva. Xet.'t'IXPYTJt}fi

159 Solo in questo passo compare la parola ~f3a.7t-rlt;,w,01.xcu6w, XGt'ta.À.À.6.c;crw, cho"ì..u-


&cpE1nç, remissione (cfr. però la citazione in 'tPW(nç, c;uv ecc. A tal riguardo possiamo
Rom. 4,7). Per la redenzione dal peccato qui illustrare soltanto determinate idee.
8.51 (l ,316) cXftap-rcivw (\'\f . Grundmann)

"!Ò o-wµa. .-·~e; ciµa.p-rla.c; ( « affinché cato, come se nulla fosse accMh1to ,
fosse distrutto il corpo del peccato », ed anzi col proposito di accrescere in
6,6) e si realizza l'antica e nota tesi: tal modo la grazia, è esclusa (6,1.15 ).
ò ycip cbtoi}a.vwv oEo~xa.lw-ra.L cbtò Al contrario, l'unica conseguenza pos-
TTjc; aµa.p-rla.c; ( « chi è morto è giu- sibile è: µTj ouv ~aaÙrnÉ'tw ii à1w.p-
stificato dal peccato», 6,7) 160 . Inoltre 'tL(J.. Èv -r0 iJvY}-rc'.;'l ù1u7.iv o-wi ta..'tL dç
Ja redenzione dal peccato è al tempo -rò ÙTI(J..XOVEL v -ra~ç ÈmDup.lcw; aù-roC
stesso liberazione dalla Legge e dalla ( « non regni la morte nel vostro corpo
sua funzione cli attualizzare il peccato: morto , così che obbe<~iat e alle ~ue pa s-
éq.mp-rla. yàp ur1wv où xupw'.icm • où sioni » , 6,12). Con Lt libera zio ne dal
yap Èo-'tE Ù7tÒ voµov Ù.À.À.cX UTIÒ xapLV peccato è data all"uonw la possibilità
(«il peccato non sarà vostro signore; in- di di(endersi dall e sue pretese di do-
fatti non siete sotto la legge, ma sotto minio , di non consacr,ffe la vita ad
la grazia », 6,14 ). E inlìnc essi sono esso contro Dio, ma di consacrarti a
ÈÀrniJEpwiJÉv·m;. .. à. r.ò .-·~e; ciiuxp-rla.c; Dio in CesL1 Cristo: ),cyLswDE fo.u-
( « liberati dal peccato », 6,18.22 ), os- -rc•)c;... swv-rw; ... -cc}l frs1{) Èv XpLO"t0
sia liberati da Cristo dalla schiavitù 'IY)rrou («reputate voi stessi come vi-
del peccato, nella quale si trovavano venti per Iddio in Cristo Gesti » , 6,11 ).
( ... oouÀ.oL -{j-rE -rf)c; àµa.p-rla.c;, « era- Vivere per Dio significa esser morti
vate schiavi del peccato », 6,20 ). Di al peccato e liberati da esso. Questa
questo fatto il cristiano deve ora pren- nuova possibilità è espressa da Paolo
dere coscienza : À.oylsEo-l}E Éa.u-roùc; in diversi modi: [LYJÒÈ ncxpLO''tcXVE'tE -rii
dva.L VEXpoùc; µÈv "!U ciµap·ti'.q .. µÉÀ.11 ùµwv o7tÀ.a. à.oLxlac; -rfl ciµap-rlq.,
( « reputate voi stessi morti al pecca- à.À.À.a 7ta.pcxo--rTicra-rE Èav-roùc; -r0 iter{)
to », 6, 11 ), e trarne le conseguenze wo-d Èx VEXpwv swv-rac; XCXL .-à. ilÉÀ. TJ
secondo quanto è detto al v. 16: Ùµwv 07tÀ.Ct. ÒLXCHOO-VVT)c; .-0 i}E0
OOUÀ.OL ÈD"'rE <1J Ù7ttl.XOVE'rE, t)-roL ciµa.p- («non presentate le vostre membra
-rlac; dc; i}ci:va.-rov fi ùmxxonc; dc; ÒL· quali armi d'ingiustizia al peccato, ma
xmoo-vvl)v ( « siete schiavi di ciò a cui offrite voi stessi a Dio come viventi,
obbedite, sia del peccato per la morte, da morti che eravate, e le membra
sia dell'obbedienza per la giustizia » ). vostre a Dio quali armi di giustizia »,
La possibilità di persistere nel pec- 6,U), (cfr. v. 18: ÈoouÀ.wihFE -ru
160 K. G. KtmN, ZNW 30 (1931) 105 ss.: fisso insieme con Cristo , e in tal modo è
«Il rendersi conto che in Rom. 6,7 Paolo distrutto il corpo dcl peccato, cosicché non
cita una massima di teologia rabbinica rende siamo più costretti a servirlo, secondo il
semplice e chiara la linea di pensiero di principio che chi muore è, per la sua morte,
questo passo: il nostro antico uomo è croce- assolto dal peccato».
Wil (1,3 17) à1uxp-cci.vt<.1 (\\'. Grundmann) (I,317)854

Òtxcnocrvvn, « siete stati res i schiavi la giustizia», 8, 10 ). N ella vita cor-


J clla giustizia », v. 19: rw:pa.cr'tYJGCl'tE porale il cristiano è destinato alla mor-
'tcX p.ÉÀ I) vµwv òovÀa. 'il OLXCl.LOO"VVTI te, ultimo effetto del peccato. Ma egli
dc, à.yw.crµ6v, « offrite le membra vo- ha una vita nuova, spirituale, che gli
stre quali serve alla giustizia per la proviene da Cristo, dal morire e dal
santificazione » ), ecc. L' ~ à.yta.crµ6c,, risusc itare insieme con Cristo. Egli vive
la vita santa , consacrata a D io, è il dello Spirito, che abita in lui ( otà -rou
fin e dell'evento del Cri sto (cfr. b ÈVOLY.OUV'tCC, Cl V•OU TIVEVµa. 'tOC, ÈV Ùp.~V'
particella \'.va. in Rom. 8,3 s. e in 2 Cor. « mediante il suo Spirito, che dim ora
5 ,21 ). Questo à.ytacrµ6c, è la vita del- in vo i », 8, 11; cfr. invece 7,18.20).
la fed e. Nell 'obbedienza della fede si Questa vita spirituale ha vinto la mor-
realizza la libertà dal peccato (Rom . te. Essa nasce dal regno della vita,
14 ,23: miv ÒÈ o ovx Èx rtlcr"cEwc, àµap- che è cominciarn con Cristo e si com-
"tla fo-rlv, «quanto non procede da pirà al suo seco ndo avvento co n la to-
buona fede è peccato » ). La vita con- tale distruzione del peccato nel suo
sacrata a Dio come vita nella fede si effetto ultimo, la morte (Rom. 8,11;
manifesta nell' amore per il fratello, 1 Cor. 15,26). Questa tens ione fra due
amore che è adempimento della Leg- realtà è lo stato d'attesa 7tpòc, "tTJV
ge, poiché: àµa.p-r6:vov"m; dc, -roùc, µÉÀÀOVO"Cl.V ooçav a7tOXCXÀucpJJfjva.L dç
aOEÀcpoùc,... dc, XpLO"'tÒV cX.µap-rci.VE"'CE i)µcic, ( « della gloria che ha da esser
( « se mancate verso i fratelli, mancate manifes tata in no1 », 8 ,18) .
verso Cristo », 1 Cor. 8,12).
Il cristiano vive in uno stato di ten- 4. Gli altri scritti del N .T.
sione fra due realtà: in linea di prin-
cipio egli è liberato dal peccato, ri- a. Nella lettera agli Ebrei la que-
conciliato, redento; di fatto è in lot- stione del peccato è trattata dal dop-
ta col peccato, che lo minaccia, lo pio punto di vista dell'ufficio del som-
assale, lo insidia . Egli deve allora es- mo sacerdote e del sacrificio, ossia di
ser richiamato alla santificazione 161 • quelle istituzioni che nell 'antico patto
Tale tensione dualistica diviene al.fine erano chiamate a compiere l'espiazione
chiara: d OÈ Xptcr"tÒC, Èv ùµi:v, "tÒ µÈv dei peccati: 1tcic,... à.pXLEpe:ùç... v1tÈp
crwµa. VEXpÒv Otà 'tTJV cX.µa.p"tlCl.V, "tÒ &.vi}pw1twv xa.l}lcrca.cm "tà 7tpòc, -ròv
OÈ 1tVEVµCI. swTi Otà OLXCHOO"VVTJV ( « se i}e:6v, rva. 7tpocr<pÉPTI òwpci. "tE xa.L i}v-
Cristo è in voi, il corpo è bensì morto crle1.c, Ù7tÈp à.µa.p"'CLWV ( « ogni sommo
per il peccato, ma lo spirito è vita per sacerdote... è stabilito per gli uomini

161 Per· tale situazione cfr. GRUNDMANN, l. c. 79 s., 108 ss.


855 (I ,3 18) <Ìi.Lctp-i:civw (W. Grundmann) (1 ,3 18) 85(,

per ciò che riguarda Dio, per offrire sacrificio di Cristo apre l'era m essianica
doni e sacrifici per i peccati », Heb. 5, ( Ènì. crunEÀElq.. -rwv a.twvwv ), che si
1 ). La lettera agli Ebrei annuncia che avvia al suo compimento: ... ò XpL-
Cristo è il sommo sacerdote eterno, cr-r6ç, éX. 1tCl.S 7tpOO"E\IEXfrEÌ.ç EÌç -.Ò 7t0 ),-
che ha offerto come vittima se stesso ÀW\I à.vEvqxEt:v aµa.p-rla.ç, E:x: ow-rt-
e ha in t al modo compiuto l'espiazione pou xwpì.ç à~w.p-rla.ç òcpi}-r'JcrE'ta.L -.oCç
e l'annullamento d ci peccati . Qu es to a.vrov cX7tEXOEXOfJ.E\IOLç dç crw-.T}pla.';'
so mm o sace rd o te et erno è diverso da ( « una volta offertosi per prender so-
quello umano , che i: preso di tra gli pra cli sé i peccati delle moltitudini.
uom ini (Èl; à.vVpt;)7tvN ),a.µ[3a.v 6p.Evoç, una seconda volta si mostrerà senza
5,1 ), p erché è senza pecca to : mentre peccato a qu ant i lo att endono per la
il sommo sacerdote umano ha bisogno sa lvezza», 9,28). Co n la vittoria di
di offrire sacr iG ci pe r i propri peccati Cristo sul peccato, presentata qui in
prim,1 clic per qu e lli del popo lo ( 7 ,27; forma cultuale e sacerdotale (cfr. 10 ,
cfr . 5,3 ), Cristo è XEXtùpLaµÉ:voç cbtò 12: µla.v VitÈp aµa.p'tLW\I ... i}ucrla.v dç
-.c:;Jv à1.1.a.p-rwÀwv ( « segregato dai pec- -rò OL T}\IEXÈç ... , « un solo sacrificio per
catori », 7 ,26 ), 7tE7tHpa.ap.É:voç xa.-rà. il peccato per sempre », 1,3 ; 2, 17 i si
7tav-ra.... xwpì.ç à.1.ia.p-rla.ç ( « provato apre l'era messianica, predetta dai pro-
riguardo a tutto, ad eccezione del pec- feti (8,12; 10,17). Nel tormento della
cato», 4,15) . Il suo sacrificio è diverso persecuzione la comunità viene ora
da tutti i sacrifici del culto. Mentre esortata a deporre -rTiv EÙ7tEplcr-.cnov
il sangue di tori e di capri non può à.µa.p-rla.v ( « il peccato che ci avvin-
cancellare i peccati (10,4; dr. 10,2. ce ») e a resistere e a combattere
3 .11 ), del sacrificio che Cristo fece di npòç -ri]v cl.1..1.a.p-rla.v fino all'ultimo
se st sso si deve dire: wvì. oÈ &7ta.ç sangue (12,1.4 ), ossia a non cedere
È7tÌ O"U\l'tEÀElq. 'tWV a.i.wvwv dç cHM- e a non evitare neppure il martirio
'tT}O"L\I -rTjç ò:µap-rla.ç OLà. -rTjç iJuala.ç (cfr. 3,13: \'.va µ1] crxÀTJpuvl}fl ·nç ÈS
a.Ù-rov rmpavÉ:pw-ra.L ( « una sola volta, vµwv cin1hn 'ti'jç à.µa.p-rla.ç, (« affin-
alla fine dei tempi, si è manifestato ché nessuno di voi si indurisca per la
per abolire il peccato col sacrificio di seduzione del peccato » ). Tale esorta-
se stesso», 9,26). Con questo sacrifi- zione è sottolineata dall'accenno al pec-
cio il culto è abolito, poiché h sal- cato imperdonabile, che coinvolgeva
vezza sta, per opera del Cristo, nella tutto il problema d elle lotte sulla pe-
remissione dei peccati e delle iniquità, nitenza nella chiesa primitiva: Exou-
e, quando ha luogo questa, non vi è crlwç yà.p Ò:µa.p-ra.VO\l'tWV T]µWV µE'tà.
più sacrificio per il peccato ( oÙXÉ'tL 'tÒ Àa.0i::t:v 'tTJV ÈnlyVWO"LV -.Tjç tÌÀT}-
7tpocrcpopà. r.EpÌ. ò:µa.p-rla.ç, 1O ,18 ). Il l}Ela.ç, OÙXÉ'tL 7tEpÌ. <Ì.µ<Xp'tLWV CÌ:7tO-
857 (l,318) a11a.p.-cl.vw (W. Grundmann) (l,319)858

À.ElTIE'"W.L i}ucrla. ( « se volontariamente legge come trasgressori », 2 ,9: che è


pecchiamo dopo aver conseguito la co- una concezione pienamente giudaica del
noscenza della verità, piL1 non ci ri- peccato); dùé·n ovv xcx.À.Òv TIOLE~V xa.ì,
mane sacrificio per i peccati», 10,26). l.lTJ 1t0LOVV'TL, <ip.a.p-rlcx. CX.Ù't'Q ECT't'LV
Il cosciente distacco dalla fede - che ( « quando uno può fare il bene e non
nei Sinottici è chiamato peccato con- lo fa, è peccato per lui », 4, 17 ). La
tro lo Spirito Santo e in Giovanni è lettera termina con alcune indicazioni
espresso attraverso l'idea di crisi - è concernenti la pratica della penitenza :
peccato imperdonabile. In ciò si ma- l'intercessione consegue il pcrJono dei
nifesta la volontà di martirio della peccati da parte di Dio. La confes-
prima cristianità. sione dei peccati davanti al fratello è
raccomandata e nei malati è vista come
b. La lettera di Giacomo s1 muove presupposto della guarigione . Compi-
su una linea giudaica. Essa considera to dei Cristiani è di mettere in guar-
come raJice del peccato nell'uomo la dia il fratello e salvarlo dal peccato,
Émfrvµla., che corrisponde esattamente perché ciò ha forza di espiazione (lac.
all'istinto malvagio. Il sorgere del pec- 5,15 .16.19.20). Anche qui s1 conserva
cato è descritto in forma di conce- lo spirito pratico della lettera di
zione e di nascita: la Èmi}vµla. tenta Giacomo.
l'uomo al peccato; la volontà cede
alla tentazione e allora la concupiscen- Nella prima lettera di Pietro,
c.
za concepisce il peccato e poi lo par- Cristo, che non commise peccato e
torisce: El·nx -i) Émfrvµla. crvÀ.À.a.~ov­ trionfò sul peccato, è visto nelle sem-
cra. -rlx-rEL à.µa.p·tla.v. Ma tale processo bianze del servo di Dio (1 Petr. 2,22.
non si ferma qui, poiché il peccato, 24; 3,18). È detto inoltre che il distac-
quand'è compiuto, produce a sua vol- co dal peccato si manifesta nel volonta-
ta la morte . ( f} OÈ à.µa.p't'LCX. cbtO't'EÀ.E- rio soffrire per amore di Gesù Cristo
crfrEi:crcx. àTioxvn M.vcx.-rov, 1,15). Con- ( 4,1 ), poiché in esso la concupiscenza
cupiscenza, peccato e morte sono le- è sottomessa al volere di Dio.
gati da un necessario processo natu-
rale. Il peccato è visto qui come atto CONCLUSIONE
singolo, così come in altri passi della
lettera. Ad esempio, quando il ricco Se diamo uno sguardo alla via per-
viene preferito al povero, Giacomo corsa, una cosa riconosciamo innanzi
dice: dµcx.p't'LCX.V Épyci~EcrfrE, ÉÀ.Eyxép.E- tutto come centro del N.T.: con la
VOL tmÒ 't'OV véµov wç 1tCX.pcx.~ci.-a.1, sua vittoria sul peccato Cristo ha ri-
( « commettete peccato, convinti dalla mosso l'ultimo ostacolo alla salvezza.
859 (I,319) àito:p-riivw (W. Grundmann) (l ,320) 860

Ciò crea nel mondo una nuova situa- tore ha conseguito quel carattere che
zione. L'elemento decisivo del messag- le è proprio, quella sua forza capace
gio del N.T. sta nella sua visione esca- di conquistare il mondo. Le dottrine
ellenistiche sue rivali non poterono al-
tologica della storia: Cristo, vincen-
lora far altro che prepararle la strada
do il peccato, ha dato inizio a un in un mondo che aveva riscoperto la
nuovo mondo 162 . Che il momento de- coscienza del peccato ».
cisivo sia la vittoria di Cristo sul pec-
cato, non è certo un caso. Il Reitzens- LATTE (l c. 298): « ... allorché Pao-
lo separa nettamente il peccato, con-
tein e il Latte sul piano della storia
siderandolo da un punto cli vista esclu-
delle religioni, e, su quello teologico, sivamente etico, da ogni altra forma
lo Holl e il Kittel, hanno indicato di male e pone in primo piano l'atto
come il carattere peculiare del cristia- divino di grazia, che copre la colpa
nesimo stia proprio nella sua pos1z1one e la debolezza umana, la redenzione
riguardo al peccato. dal male diviene in primo luogo per-
dono del peccato ... Nonostante tutti i
suoi sforzi, il paganesimo non era
REITZENSTEIN (Poim. 180, n. 1): giunto a una chiara formulazione di
« L'elemento nuovo mi sembra consi- questo pensiero. La nuova religione
stere nel fatto che questa redenzione dovette a Paolo una parte essenziale
non è pura e semplice eliminazione del- della sua forza espansiva ». Dal pun-
le cattive passioni e dei vizi, affranca- to c!i vista critico vi è innanzi tutto
mento dalla morte e garanzia della vita da osservare che l'espressione « visione
eterna, ma innanzi tutto perdono dei esclusivamente morale del peccato »
peccati. All'Ellenismo, a quanto ne non si addice al N.T. La concezione
so, manca la tremenda serietà nel pre- del peccato è nel N.T. teologica; mo-
dicare la colpa e la riconciliazione ... rale lo è solo in quanto il comando
Quando i primi Cristiani ponevano in di Dio riguarda il comportamento ver-
relazione la morte di Gesù con que- so il prossimo. Partendo da qui do-
sto profondo sentimento di colpa e con vrebbero essere criticati anche gli al-
la fede nel perdono anche della più tri termini, i quali distorcono un pen-
grave delle colpe, allora, ma solo al- siero per altro giusto.
lora, la dottrina cristiana del Salva-

162 Questo punto di vista è stato posto in Sinottici. Tale punto di vista, che forse è
evidenza da R. Bultmann nel suo dibattito effettivamente quello decisivo, non conduce
con K. Holl e si è rivelato fecondo nell'im- però necessariamente a un rifiuto così radi-
postare il problema del cristianesimo primi- cale delle posizioni di Holl, quale sembra
tivo e della storia religiosa (R. BuLTMANN, essere quello di Bultmann, in quanto il senso
Urchristentum und Religionsgeschichte in ThR, escatologico della storia, proprio del N.T.,
N.F. 4, 1932, 1 ss.). Cfr. però anche K1TTEL, si esprimeva in una visione di Dio, dell'uo-
Probleme 130 s.; Religionsgeschichte und mo e del mondo che era affatto originale e
Urchristentum 151 s., n. 315, dove l'idea ge- giustificava tale senso della storia sulla base
nerale di Bultmann è applicata a Gesù e ai della verità.
Xld (J ,320) ri1ta p-r1.ùì,6s (K. H. Rcngstmf ) (I ,320) 862

K. HoLL, Urchristentum und Reli- scienza di non aver fatto ciò che si
gionsgeschichte, ZSTh 2 (1924) 399 ss.; sarebbe dovuto fare, ossia la coscienza
dr. in particolare 425: « Un (..lUO"Ti}- del peccato» (p. 120). «L'elemento
PLO\I che servisse alla remissione dci primario è ... la vittoria sulla colpa, sul
peccati sarebbe stato per i Greci una peccato, e da qui sulla morte quale
mostruosità ». paga del peccato» (p. 122). « L'annun-
zio del perdono per il cristianesimo
G. KrTTEL, Dic Lebensk riift c der primitivo è sempre annunzio di Cristo.
ersten christlichen Cem einden ( 1926) In Cristo la santità di Dio è giudizio
19 ss .: « Un problema del tutto <liffc- del peccato , in Cristo l'amore di Dio
rente domina il pensiero crist iano. Il è sal vezza del peccatore » (124 ).
cristianesimo è la religione dcl pec- Le nostre argomentazioni hanno
catore . Il peccatore sta innanzi a Dio ,
confermato questa visione, e precisa-
e Dio vuole il peccatore ... ». Cfr. inol-
tre, dello stesso KrTTEL, Urchristen- mente sotto un triplice riguardo: 1. il
t um, Spatjudentum, Hellenism us (1926) peccato è la realtà che determina il
27; la sua risposta, in ThLB 50 (1929) mondo, oltre che nel suo carattere di
373 s., alle obbiezioni sollevate da J. creatura, anche nel suo essere effet-
LEIPOLDT, Das Gotteserlebnis ]esu tivo; 2. il peccato è nella sua essen-
(1927) 35. Lo stesso Leipoldt confer-
za la ribellione dell'uomo che si auto-
merà poi queste vedute, ~ nota 134.
Il suo lavoro, che è una storia delle afierma di fronte al comando di Dio
idee, manca di prospettiva escatologica - e questo non soltanto in singole fi-
(~ nota 162), per la qual cosa si per- gure prometeiche, ma in ogni uomo;
de nel relativismo. G. Kittel ha ri- 3. infine, il senso della redenzione sta
preso e rielaborato il suo punto di nel perdono dei peccati. Tutto ciò ca-
vista in: Die Religionsgeschichte und
ratterizza e distingue il N.T. nei con-
das Urchristentum (1932) 118ss.
« Questa religione, che tut·avia non fronti dell'ellenismo e del giudaismo;
cessa neppure un attimo di essere una comprenderlo significa comprendere
religione morale, si ferma al fatto del- l'evento del Cristo.
l'inadempienza (del comando di Dio).
È la religione al cui centro sta la co- W. GRUNDMANN

aµrx.p-twMc; può essere usata sia per esprimere un


~ 'tEÀWVl}c;, cXCTE~1)ç, aOLXOç generico giudizio di valore dal punto
di vista umano, sia per delineare in
È già di per sé n~turale, dopo aver modo definitivo il naturale rapporto
trattato del peccato, trattare a parte dell'uomo con Dio dal punto di vista
del peccatore. Poiché questa parola del fatto e dell'esperienza del peccato
863 (I,321) àµa:p-rwMc; (K. H . Reng:;torf} (I,321) 8<i-l

quale forza anti-divina. Ma ad una trar. A. 'Ap.a.p-rwÀ.oc; NEL GRECO CLASSICO


razione a parte di riµa.p-rw'Mc; induce ED ELLENISTICO .

anche il N.T. che di questo importante


termine conosce non soltanto l'uso, de-
1. L'aggettivo àµa.p'twÀ.6c; non co-
terminato dall'idea di ~ &.µa.p-rla., che stituisce una derivazione del sostan-
ne fa Paolo quando parla di ' noi ' tivo ài .w .pcla 1, ma è parallelo ad es-
semplicemente come àµa.p-rwÀ.ol (Rom. to. Sia I' lino che l'altro sono tratti
5 ,8), ma anche un'accezione 'ingenua'; infatti dal verbo ài.w.p-ravnv (àiw.p-
infatti Ò.~ta.p-rwÀ.6c; è nei Vangeli sinot- -rEi:v ). Contenuto fondamentale di àruxp-
't'(vÀ.6c;, così come del verbo da cui de-
tici sempre e soltanto definizione non
riva 2 , è l'idea del non-colpire, del man-
già di coloro che si oppongono all'an- care. 'A~trxpcw).6c; è dunque l'uomo che
nuncio e all'appello di Gesù, bensì di sbaglia qualcosa, ovvero Io è quando
un singolo strato all'interno del popolo, sbaglia qualcosa. Da qui àrmpcwÀ.6c; è
che egli addirittura frequenta abitual- usato nel campo della vita spirituale a
mente ( ·n:À.wva.t xa.ì. àµa.p-rwÀ.ol: ad designare due cose: 1. in/ eriorità ed
inefficienza intellettuali dovute forse ad
esempio Mt. 9,10; Mc. 2,16; Le. 7,34).
insufficiente istruzione (dr. Plut. Aud.
Com'è po:;sibile questa divergenza? Do-
Poe!. 7 [II 25 e]: TicXV'tWç µÈv Èv mi-
ve ha il suo fondamento? O si tratta cnv àµrxp-i:wÀ.Òv Eivm -ròv à.µmlrj, itEpÌ.
soltanto di una divergenza apparente? mivca. o' a.u xa.-ropi}oiJv 3 'tÒV à.cr-rEi:ov );
Ad ogni modo questo stato di cose me- 2. difetti di ordine morale (dr. Ari-
rita attenzione ed esige di essere chia- stoph. Thes. 1111 s.: àµa.pcWÀ'lÌ r~PW'V
rito, innanzi tutto nei confronti della
xa.l xÀ.Énco xa.l na.vovpyo 4 ). Nella let-
teratura la .parola in questione ricorre
parola ò.µa.p-rwÀ.éc;, e poi anche con ri-
assai raramente: oltre ai due passi or
guardo alla concezione neotestamenta- ora citati se ne conoscono soltanto al-
ria del peccato in generale. tri tre 1 : Aristot. Eth. Nic. II 9 p. 1109

&.µa:p-rwÀ.6ç lehre (1917) 164.


CREMER-KOGEL,140. 2 ~ col. 791 s., 11 ss.
PRENSCHEN-BAUER, 68 . 3 Su xa:-ropi~ouv come concetto contrappo-
TRENCH 155. sto nella Stoa ad O.r.1.a:p-ravEw - questa cop-
DEISSMANN, 1.0.4, 91 s. pia di parole compare per la prima volta in
A. BONHOFFER, Die Ethik des Itoikers Epictet Aristot. Eth. Nic. II 6 p 1107 a 14 s. - cfr.
(1894), 133 ss. BoNHliFFER 193 ss., passim; H. WINDISCH,
J. ABRAHAMS, Publicans and Sinners, in: Stu- Tau/e und Siinde im dltesten Christentum bis
dies in Pharisaism and the Gospel I ( 1917 ), auf Origenes (1908) 51 s. Il termine compare
54 ss . anche in Filone (Leg.All. I 93) e in Giuseppe
MooRE I, 455 ss. (Ant. 2,51; 10,50; in ambedue questi passi la
]. ]EREMIAS, Zollner und Sunder, ZNW 30 forma del termine è tuttavia otopi}ouv ).
(1931), 293 ss. 4 Si tratta di un greco volutamente ' bar-
Per altra bibliografia ~ àµa:p't'civw barico'.
I A. DEBRUNNER, Griech. W ortbildungs- s LrnnELL-ScoTT 77.
865 (f ,3 21) à.~w.p-i-wÀ6c; ( K. I I. J{ c ngs torf) (I,322) 866

a 33, dove ha un sig nificato del tutto noùç lrEoùc; nriv-ra.c; (C IG III 4303) 9 •
generico ( -rwv yàp . èl.xpwv 6 -rò µtv Del tutto similmente si esprime già un
fo-rw àµap-rwÀ.6-ri::pov, -rò 8' Tj't'tov); decreto di Telmesso in Licia dell'epoca
Philodem. Philos., De ira (p.73 Wilke) , di Tolomeo ICI Evergete (247 - 221
dove ha il significato di cui al numero a. C.): Mv [oÈ] µiJ 0-VV'tEÀ.Tjt ò apxwv
2 ( OOVÀ.OL àµap-rwÀ.ot'., vale a dire sc/Jia- XO.L o~ 1tOÀt 't<XL "t'i]\I [ trvcrC] CX\I xa."t' È-
z;i di indole malva.~ia); Eupolis 24 Dc- VLCXV"t'OV, àiw.p"twÀoÌ. fo-rwcla.\I [ lJEW ]v
mianczuk, Su[>pl. Com., dove l 'avver- TCtiV"tW\I 10 • In tutti questi casi lo Stein-
bio àfwp-ct..iÀ.t7Jç è in ogni caso u sa to lei tn er ha \'isto in à.µa.p-rwÀ.6ç una
in sen so dispregiativo, in qu a nt o F oz io « cldìnizionc dcl peccatore in se nso re-
lo interpre ta co m e ÈmppìJ1.w:nxwc; 7 , li g io so » 11 e il suo g iudi zio è tipico per
senza tuttavia motivare tale interpre- va lutare la posizione d egli altri studiosi
tazion e. al ri guardo 12 . Ma co ntro la sua inter-
pre tazione sta il conte sto nel quale il
2. In tutti quest i passi non s1 può
nostro termin e solitam e nte ricorre. Ac-
attribuire ad àiuxp-rr;.JÀoc; un sc n~o più
canto alla formula di maledizione com -
profondo. Il problema della sfumatura
p ar e infatti di rego la n elle iscrizioni la
religiosa del termine si fa invece scot-
menzione di un debito verso la comu-
tante laddove esso è usato in formule
nità d el possessore della tomba sotto
di maledizione contro il profanatore di
forma di una d eterminata somma, che
tombe , quali s i trovano in numero se
essa può riscuotere eia lui.
iscrizioni tombali della Licia d ell'epoca
8
della dominazione imperiale romana : Spesso vi è anzi soltanto la men-
à_p., ap-rw),òc; fo-rw i}i::o~c; xcx-raxl}ovloLc; zione d el debito 13 ; essa non manca
(CIGIII4307); àµcxp-rwÀ.Òc; fo-rw i}Ewv n eppure nell 'iscrizion e <li T elm esso se-
miv"t'wv xaì, krrrovc; xcxì, -rwv "t'txvwv cond o la quale, in caso di mancanza
mhTjc; (GIG III 4259); àµap-rwÀ.Òc; d ella prescritta vittima annuale per
Ecr"t'w dc; -ri)v A TJ"t'W xcxì. dc; -roùc; À.oL- Giove Sotere, l'arcont e deve pagare,

6 Si tratta di estremi che mettono in pe- tmppTJ~!o:uxwc; qui significa ' come avver-
ricolo la <ipE'tTJ l]i'}~xl] e dei quali l'uno è più bio ', come sempre. Da ques to passo non vi
prossimo dell 'altro all'ambita p.EO'O'tT)c;. sa rebbe allora da trarre nulla di utile per la
7 Potrebbe significare « alla maniera del- storia del termine) .
]' E7tlppT)µo: » . L' E7tlppl]µo: è nella commedia 8 Cfr. F. S. STEINLEINTNER, Die Beicht im
att ica antica quella parte della paraba si (ossia Zusammenhange mit der Sakralen Rechtspflege
della « attività principale del coro che rompe in der Antike (Diss. Munchen 1913) 84 s.;
audacemente la continuità dell 'azione e divie- D EISSMANN, loc. cit.
ne in parte intrattenimento del poeta con gli 9 Numerosi altri esempi in STEINLEITNF.R 84.
spettatori», PAULY-W. 11,1242) che in origine 10 Drrr. O.G.I.S. 55,30 s.
11 Loc. cit. 84.
conteneva «esclusivamente invettive contro un
singolo personaggio », procedimento ques to 12 Cfr. CREMER. KéiGEL 140; PREUSCHEN -
che appunto Eupoli, a differenza di Aristofa- BAUER 68; DEISSMANN, !oc. cit.
ne, sembra aver conservato fedelmente (ib id. 13 Esempi: E. PETERSEN - F. VON LuscHAN,
1246). Comunque anche in Eupoli àµctp-rwMç R eisen im sudwestlichen Kleinasien II (1889)
appare nell'espressio ne à.µo:p'tWÀTJ yÉpwv co- 41 nr. 77; 51 nr . 91; 58 nr. 113 passim.
me insulto (~supra). (Secondo Debrunner
867 (l ,322) àlu.wrwÀoç (K. H. Rengstorf) (l , 322 ) 8611

a meno che una guerra non lo impe- sai vivida, anche se ancora molto pri-
disca , una multa di 1000 dracme. Que- mitiva, ristre tta all'ambito Jel culto e
sto accostamento rende problematica non pri va Ji sfumature magiche 16 _
la possibilità di attribuire in tutti que-
sti casi ad à.1.u:wrwÀ.6c; un signifìca- 3. Gli Stoici, allorché vogliono ca-
to spiccatamente religioso . È più na- ratterizzare un u omo come moralmente
turale trovare nelle formule l'idea del- o intellettualmente inferiore , non u sa-
l'offesa nei confronti del morto, che no àiwp-r1..ù),6c;. Epitteto, contrappon en-
di ven ta però offesa nei confronti degli do chi è rima sto all'oscuro dell 'impor-
d ei inferi , al cui regno egli ora appar- tanza e della port<.1ta dcl p roprio com -
tiene e che n on son o disposti a tolle- portamento a chi ne è consapc\•ole.
rare nel loro mondo simili soperchierie. perché' istruito' (aCT-rEi:oc;, CT7tovoa.i:oc,) ,
17
In ogni caso non v'è ragione di inten- u sa Li p arola 1pav),oc, • In ciò egli se-
18
d ere qui à.r1a.p-rw).òc; co me un sostan- gue il lin guaggio proprio degli Stoici _
tivo esprimente un giudizio qualita- Infatti cpa0À.oc, è p er gli Stoici co-
tivo ; non bisogna neppure tra scurare lui che accumuLi e rrore su errore , an -
la circostanza che le iscrizioni hanno che se si possono m ani fes tare qua e
carattere minatorio. Colpisce comun- là nel suo agire slanci ed aspirazioni a
que il frequente apparire della parola superare il livello di una completa as-
in un'area limitata e in un contesto sa- senza di valori morali 19 • Se alla parola
crale, sempre invariabile. Il perché di à.µa.pi:wÀ.6c; fosse stata connessa la rap-
questo ci sfugge e pertanto è per lo presentazione di una inferiorità etico-
meno pericoloso tirare eccessivamente religiosa come tale, Epitteto le avrebbe
in ballo le iscrizioni funerarie licie quan- certo riservato uno spazio più ampio
do si vuole far luce sulla preistoria del nella diatriba . Ed invece à.µa.p-rwÀ.oc;
neotestamentario à.µa.p-rwÀ.6c; 14 . In ogni non compare né in Epitteto né in al-
caso à.p,a.p-rwÀ.6c; non ha in queste for- cun altro stoico . Lo stesso dicasi per
mule alcun rapporto con à.µa.p-rla. nel Filone, e ciò è tanto più singolare in
senso di ' peccaminosità '. Stupisce, in- quanto in lui la dottrina stoica del sag-
fatti, e induce all 'a ttenzione i] fatto che gio si unisce a concezioni antico-testa-
la presenza di à.µa.pi:wÀ6c; non sia stata mentarie del peccato e dell'espiazione 20
finora dimostrata proprio là dove era e attraverso l'Antico Testamento greco
da aspettarsi, ossia nelle iscrizioni con- la parola à.µa.p-rwÀ6c; doveva essergli
contenenti delle confessioni 15 sebbene assai familiare 21 , tanto più che il ver-
in Asia Minore, e particolarmente in bo à.p.a.p-.ci.vnv e i sostantivi derivati
Licia, si avesse un'idea di peccato as- à.p.a.p-.la., à.p.cip-rTJp.a. ccc. sono costanti

14 Contra: DEISSMANN, loc. cit. (1931) 36 ss.


15 Cfr. STEINLEITNER 84. 17 Diss. IV 1,1 ss. ; dr. Plutarco ~ col.
16 ~ coli. 816 ss. È possibile che questa 864 s.
idea di peccato abbia subito l'influsso delle re- 18 Cfr. BONH OFFER 216 ss.
ligioni orientali, le quali hanno un forte senso 19 Cfr. BoNHOFFER 222 ss.
della peccaminosità; v. F. CuMONT, Die orten- 20 Cfr. WINDISCH 54 ss.
t alisch en Religionen im romischen H eidentum3 2 1 ~ col. 872 s.
869 (l..323) àµap"'wMc; (K. I I. Rcngstorf) (I,323) 870

elementi costitutivi dcl suo patrimonio giore diffusione nella lingua letteraria.
lessicale. Ma àµa.pTwÀ6c; manca anche 11 motivo di ciò può risiedere soltanto
in Giuseppe, il quale usa tuttavia le
nella natura del termine stesso. In tut-
formule ot àµa.p-ravovTEc; 22 e oi l}µa.p-
ti i passi letterari nei quali compare,
TTJXOTEc;23 in senso nettamente religioso.
è in realtà il contesto a chiarirne il si-
4. Ci troviamo così di fronte ad gnificato 27 • Se si eccettua forse il passo
una situazione singolarissima: c'è una di Aristotele , àµa.p-rwÀ6c; presenta sem-
certa realtà di fotto , e c'è la parola che pre una sfumatura ironica, direi quasi
sembra cre;lta apposta per esprimerla; equivoca. Ciò è manifesto specialmente
ma questa parola è ignorata in tutta in Plutarco, che nella frase ci tata pole-
l'area ellenica, e là dove essa appare mizza contro la dottrina stoica dcl sag-
(Licia), il suo uso non è affatto univo- gio e del non -saggio e la ironizza. È
co 2 ~ . È possibile in qualche modo spie- chiaro che egli usa consapevolmente
gare questa situazione sulla base del un'espressione forte per mettere in ri-
contenuto o della storia della parola dicolo il suo avversario, mentre non è
stessa ? affatto suggerito dal contesto che egli
Circa il contenuto vi è da dire sol- ponga il termine àµa.p-rwÀ6c; in con-
tanto che in tutti i casi nei quali in- nessione con l'idea di colpa. Ad un
contriamo àµa.pTwÀ6c;, l'elemento fon- ambiente addirittura plebeo come luo-
damentale è l'idea di manchevole, di- go d'origine fa pensare il passo di Ari-
25
fettoso • Ma con questo dato soltanto stofane, il quale usa à.µa.p"twÀ6ç inten-
non si fa molta strada. Si può invece zionalmente accanto ad altri termini
andare verso una soluzione del proble- grossolani. Si potrebbe anche vedere in
ma se si prende in esame il contesto àµa.p"twÀ6ç una creazione della lingua
nel quale il nostro termine compare nei popolare incapace di entrare nel lin-
pochi passi a noi noti. guaggio letterario, istintiva definizione
Per quanto riguarda poi la storia, di chi, realmente o ipoteticamente, è
risulta innanzi tutto dai testi che àµa.p- in tutto e per tutto in contrasto con
TwÀ6c; è noto ai Greci a partire alme- quanto è comunemente ritenuto giusto
no dal quinto secolo a. C. (Eupoli) 26 , e degno di rispetto. In tal caso si do-
ma che non ha mai raggiunto una mag- vrebbe negare ad àµa.p"twÀ6ç in area

22 Ant. 7,266 (sollevazione contro Davide) ; re assai di rado. Su un caso incerto di epoca
16,376 (in antitesi ai buoni); Beli. 7,12 (in biza ntina V. PREISIGKE, w art. I 65; su un
antitesi ad <ipE'tTJ) passim. attestato sicuro del IV secolo v. ibid. 64 .
23 Ant. 4,50; Beli. 2,303 (partecipazione ad 25 ~ col. 864.

una rivolta). 26 ~ col. 865 .


24 In papiri precristiani àµct.p-rwÀ6c; non è 27 Per ciò che segue v. il gruppo di cita-
stato finora dimostrato ed anche altrove ricor- zioni a col. 864.
871 (l,323) àp.Cl'.p-.wÀ.6c; (K. H. Rc ng'i torf) (I , "l2-I ì K7.1

greca non solo l'omogeneità meramente Perciò àvcxp"t"wÀ.6c, s1 potrebbe ddì-


linguistica 28 con <Xµa.p"t"la., ma anche nire in area greca come termine espri-
quella sostanziale. mente un giudizio fortemente negativo,
Una conferma di questa tesi sarebbe se non addirittura insulto ed ingiuria.
offerta soprattutto dagli Stoici, ma an- Darne una traduzione sommaria non è
che da Filone e Giuseppe; infatti, dove possibile. Si può invece affermare dal-
si tratta di posi ti ve riflessioni di ordi- l'esame dci testi che il suo contenuto
ne etico e di giudizi aventi uno scopo è caratterizzato d,1Jla negazione, spinta
di edifi.cazione morale, non vi è natu- all 'estremo grado, Ji dir'itto, ordin e e
ralmente posto per un tale termine 29 • morale, non trascurando di pensare che
Viceversa però, la sua assenza dalle dietro questi tre principii stanno in ul-
iscrizioni licie di espiazione e conf es- tima analisi finalità divine .
sione e il suo frequente apparire nelle
formule di maledizione contro eventuali B. 'A1mp"t"w),6ç NEI SETTANTA E I SUOI
profanatori potrebbe spiegarsi in questo EQUIVALENTI EBRAICI
modo: nessuno qualificherebbe se stes-
1. Nei LXX (-+ col. 720) à.~tcx.p­
so come lX[L<Xp"t"wÀ.6ç, mentre per l'iner-
i:wÀ.6c,, sia come aggettivo che come
me morto è del tutto naturale conse- sostantivo, è di solito e prevalente-
gnare con questa parola il profanatore mente traduzione dell'ebraico riisiz'. Ciò
della sua quiete e della sua proprietà al si verifica in non meno di 72 dei 94
giudizio e alla punizione degli dèi, i casi nei quali <Xµcx.p"t"wÀ.6c, compare co-
quali rifiuteranno, cosl come ogni uomo me traduzione . Se a questi si aggiun-
gono altri due casi, nei quali àµcxp-rw-
dotato di senso di giustizia, ogni rap-
À.6ç rende re5a' (4i 83,11; 124,3) 30 , si
porto con lui. Con questa interpretazio- vedrà che in più di 3 / 4 di tutti i casi
ne viene rispettato il carattere delle for- è presente la radice d'. 'Aµa.pi:wÀ.6ç è
mule come formule di maledizione e poi usato a tradurre il sostantivo hattii',
reso nel contempo superfluo il forzato precisamente 11 volte, ed inoltre una
richiamo, per la spiegazione di esse, ad volta nella espressione ~<X(nÀ.da. i:wv
à.µa.p"t"wÀ.wv per mamliika bahattii'a
una sia ·pur primitiva coscienza della
(Am. 9,8) e 3 volte per il participio
' peccaminosità ' dell'uomo. Il carattere
hOte' (ls. 1,4; 65 ,20; Pr.11,31: il testo
' barbarico ' del termine non fa che ~o~ è tuttavia del tutto sicuro); infine
trovare, nella sua presenza proprio in rispettivamente una volta per ~ii.ne/
Asia Minore, la sua conferma. (Pr. 11, 9: s c·a), hara5 (4i 128,3) 31 e

28 ~ supra, ma anche col. 864 e col. 87.3. sto ebraico non è intatto; dr. Bibl. Hebr.
29 Esso è invece al suo posto nell'esagerata Kitt. 2 a. l.
polemica di Plutarco contro la Stoà. 3l La traduzione riproduce in parte la dilui-

30 In questi due casi probabilmente il te- zione dell'immagine originale. Cfr. anche .é.EU-..
87 .3 (1,324) O:µap-.wÀéc; (K. H. R c ngstorf ) (I,325) 874

ra' (Pr. 12,13 ). li quadro generale si fa non coincidono e dimostra ancora una
ancora più unitario se si osserva che volta la distanza che intercorre fra
nel Libro dei Salmi àp,rxp-rwÀ6ç com- G.µa.p-rwÀ6c; e à.µa.p-rciVEW.
pare solo 68 volte, in 5 delle quali
soltanto non sta per rasa' (ovvero per
2 . Da tale statistica risulta che base
re.fa' ); in tre di questi cinque casi (l,
di à.rwp-rwÀ6c:; nei LXX è preval eate-
1.5; '-li 103,35) traduce hatta'; in un
caso (tjJ 140 ,5) il tes to originario non mcnt e il termine r"sii.'im dci Salmi. Ma
contiene nulla che corrisponda ad àµa.p- que sti resi"i'im cos titui scono un hcn de-
1:c0)"6c; 3? . D cl resto à1ux.p-twÀ6ç non terminat o tipo religioso. In tutto il Sal-
è affatto nei LXX l'unica parola che te ri o'1 essi sono gli anta goni sti dci pii ,
traduca raSii'. Accanto ad esso ricorre dei gius ti , dei timor at i di Di o, in br eve
innanzi tutto à.cn:0i'Jç e precisamente in
di tutti coloro che, come il poe ta ciel pri-
circa 120 casi dei com plessivi 180 nei
quali à.tn0-fic; ricorre nei LXX. Vi sono mo sa lmo, si sono proposti co me scopo e
in ol tre cl.i menzion are a\JO(.J.Oc;, che Sta modo di vita di servire Dio nella sua
per rasa' in 32 casi su 73, e èiovxoç che legge incessantemente con tutto il cuo-
inv ero traduce rasa' solo in 5 casi su 95. re e tutta l'anima. È facil e constatare
È qui interessante osservare che nel che anche questi resii.'tm sono in buona
Libro dei Salmi rasa' è tradotto con
parte altrettanto Giudei che i pii 36 .
acn:0Tic; 16 volte, con a\Joµoc:;, una vol-
ta (t); 103 ,3 5), e mai con èioLxoc:;, segno Così anche il rii.sa' si gloria di essere
questo che vi erano forse particolari partecipe della legge di Dio e della sua
motivi per vedere in G.µrxp-rwÀ6ç la alleanza con I sraele; ma in realtà non
traduzione adeguata per i resa'zm dei considera la legge come la vincolante
Salmi 33 . Infine non è senza importan- manifestazione della volontà divina e
za il fatto che ha!til' sia più d'una volta
non la osserva come tale (Sa! . 50,l6s.).
tradotto con una forma verbale, ad es.
Ad ogni pié sospinto viola i comanda-
in 1Bwr15 ,18; tjJ 24 ,8 34 e Pr.13,21 con
(ol) à.µcxp-rci\JoV-rEç. Ciò significa che menti ( 10 ,7 ), non mostra alcun penti-
hattii.' e à.µrxp-rwÀ6c; per buona parte mento ed anzi si vanta della propria

29,19; l.j; 140,5, Is. 1,31, dove &.1.iap-.wÀ.éc; tutto il Libro.


non ha mai un equivalente nel testo ebraico 34 II testo di Ps. 25 ,8 e rncerto; cfr. Bibl.

e racchiude quindi l'esegesi del traduttore. Hebr. Kitt.2 a. l. Probabilmente l'espres-


32 Tutte le cifre sono tratte da HATCH - sione O:µap-.ch1nv Èv òoi;> significa ' smarrire
REDP. s. v.; esse non comprendono le altre la via ' ovvero essere in pericolo di smarrirla
traduzioni greche dell'A .T. (~ col. 729 s.).
33 Si noti inoltre che ticrE~iJc; per riiJii è 35 Cfr. W. STAERK, Die Gottlosen in den
limitato ai Salmi 1-57 e ricorre in 17 diversi Psalmen, Th. St. Kr.70 (1897) 449 ss.; J. Ki:i-
Salmi; che &oixoc;, il quale nel Salterio sta BERLE, Siinde und Gnade im religiosen Leben
solo una volta per riiJii', ne è la traduzione des Volkes Israel bis auf Christum (1905)
abituale in Ezechiele, dove à:µttp-rwMc; è at- 338 ss .; G. MARSCHALL, Die ' Gottlosen ' des
testato concordemente solo in 33,19 ed anche ersten Psalmenbuches (1929).
àcrE~Tjç ha scarsa importanza. Invece à:µttp- 36 Cfr. STAERK 468 ss.
'twÀ.éc;=riiJii' si trova in 37 Salmi sparsi per
875 (I.325) àp.ap-rwÀ6ç (K. H . Rengstorf) (f ,326) 876

malvagità e della propria empia follia fìlo conduttore, anche pratico, della vi-
( 49 ,14 ), così come confida nella pro- ta e del pensiero di Israele. Rasa' è
pria ricchezza e forza in vece che in Dio perciò colui che non è in giusto rap-
( 49 ,7) , quando non giunge addirittura porto con la Torà . Ma chi non è in
ad ignorarlo totalmente (10 ,4; 36,2, giusto rapporto con la Torà non Io è
ecc.) . Ha poi particolare risa lto nei neppure con Dio; ché la Torà è appun -
Salmi l 'oppress ione sociale che il rasa' to la manifestazione del volere divino .
esercita sui miseri. Anche chi cerca di attenersi in tutto
alla legge, è in singoli casi Mte' e
Non è qui il caso di indagare chi come tale ha bisogno anch'egli del per-
siano i r'sii'im singolarmente presi. Si dono divino, che ottiene con la pe-
possono invece rileva re due cose . In nitenza ( ~ itE-ccivo~a) , con sacrifìci e
primo luogo le espressioni dei Salmi ad con riti di espiazione e purificazione.
essi relative contengono senza alcun Ma con tutto ciò è anco ra lu ng i dal-
dubbio della polemica, una polemica l'essere un ràsd'. Il pio sarebbe tale
assai dura, ingiustifìcata nella sua gene- soltanto se e quando mutasse dalle fon-
ralizzazione. Naturalmente, anche allora damenta il suo positivo atteggiamento
in Israele non vi erano soltanto furfanti nei riguardi della legge; poiché rasa'
e santi. Tuttavia il motivo del contra- designa colui per la cui vita la Torà
sto non sta tanto in un modo di vivere non ha alcun significato esistenziale e
immorale ed 'empio ', ma molto più in il cui peccato perciò non coincide sem-
profondità. E qui ci troviamo al secon- plicemente con il suo act us peccandi,
do punto: il motivo del contrasto è ma abbraccia l'intera sua vita come ta-
l'atteggiamento religioso essenzialmente le. Si ricava poi dai Salmi, dai Prover-
diverso; nei ' pii ' è regolato esclusiva- bi ecc. l'impressione che rasa' sia per
mente sulla legge, mentre di fronte a i pii un termine quanto meno vicino
questa i resii.'im hanno una posizione, all'insulto, esattamente come il suo op-
se non proprio di rifiuto, tuttavia libe- posto ~addiq è un'autodefìnizione ono-
rale fino alla rilassatezza. Ma poiché la rifìca, nella quale è chiaramente espres-
legge è dal tempo dell'esilio la parola so il positivo atteggiamento di fronte
d'ordine di Israele e del giudaismo, si alla Torà concepita come ~ v6p,oc;.
verifica necessariamente nell' atteggia-
Questa situazione linguistica si è con-
mento di fronte ad essa la frattura del
servata fin nel tardo giudaismo. Hatta'
popolo in due gruppi. Ciò vuol dire che
è presente nella Mishnà una volta sol-
il significato di rasa' è da determinare tanto, e precisamente nell'interpretazio-
in senso essenzialmente negativo, ossia ne di Gen. 13, 13 (Sanh. 10, 3); può
come negazione della Torà quale unico quindi considerarsi virtualmente scom-
877 (I,326) ap.rxp'twÀ.Oç (K. I I. Rcngstorf) (1,326) 878

parso 37 • È sostituito eia hOte', che per nei precedenti periodi si comprende
significato corrisponde a<l aµap-.ci:vwv facilmente, solo che si pensi allo svi-
o più spesso a i}1 . tcx.p-n1xwc; (cfr. Halla luppo del giudaismo nel senso di una
2, 7; Sheb. 9, 9; Men. 1, 1. 2; Sheq. 1, religione legalistica. Il miglior esem-
4) 38 • D'altra parte rasii' sta ancora a pio di questa tendenza è in Ab. 5, 10-
rappresentare sol tanto un atteggiamen- 19. Qui stan l'uno di fronte ali' al-
to dell'uomo di fronte a Dio. Un buon tro come elementi antitetici 45 il haszd,
esempio è offerto da lid. 5,6. Vi si dice il quale frequenta regolarmente la sina-
che i rappresentanti della Halakà vo- goga ed è corretto rappresentante del
levano nominare Akabja ben Mahalalel suo ideale di vita, ed il rasa', spregia-
(epoca di Paolo) presidente del tribu- tore della Torà (v. specialmente 5,14 ).
nale 39 con la sola condizione che egli Nella prima parte della haggada sel
ritrattasse quattro sue massime, che pesah, ossia della liturgia della pasqua,
stavano in contrasto con la dottrina vi- che nella sua forma odierna proviene
gente 40 • Egli rispose: «Preferisco es- forse dall'epoca in cui fu terminato il
ser,~ chiamato pazzo 41 per tutta la vita, Talmud (circa 500 d. C.), il raJa' è fra
piuttosto che diventare 42 per un attimo gli ' interroganti' addirittura l'antitesi
soltanto 43 rasa' cli fronte a Dio 44 , affin- dello hakam, il quale rappresenta la gio-
ché non si elica: ha ritrattato per amore ventù devota alla Torà 46 • In ciò vi è
di potenza ». Ritroviamo qui l'atteggia- piena corrispondenza al linguaggio dei
mento tipico del pio dei Salmi (Ps. rabbini, nel quale bakamzn (~cro<poc;)
73,25). indica collettivamente le autorità esper-
Che nel definire il raSil il peso della te della Scrittura. Solo la pratica co-
Torà sia per il rabbino più forte che stante della Torà preserva dal peccato

37 Dove ancora ricorre, ha in generale il nito riifii' quel discepolo che sfrutta le diffe-
significato di ' colpevole' in contrapposto ad renze delle scuole per procurarsi dei vantaggi
' innocente ' (zakkai); dr. Pesikt. 16 ( 128 b, di fronte alla Legge.
2 ss. BuBERl 42 s'h 'ht; -+ wpa..
38 Sheq. 5,3 non costituisce a questo ri- 43 Ham.miiqom; -+ l}Eéç.
guardo un'eccezione. Certo vi si parla in asso- 44 Completa: e rinnegare cosl i m1e1 mae-
luto del /Jote', tuttavia risulta dal contesto che stri ed agipe contro la mia coscienza; dr. Ab.
dietro questo termine si nasconde il lebbroso 2,13 . Secondo Ab. 4,7 chi procede con legge-
che per la lebbra è contrassegnato come !Jote' rezza nelle decisioni della Halakà è conside-
ossia i]µrxpTr)xwç. La lebbra è considerata rato riifii'.
specialmente punizione per i peccati di lingua 45 Oltre a questa vi è anche l'antica con-
(b . Ar. 16 a: in sette casi si contrae la lebbra, trapposizione ~addiqim - resà'im, San h . 6,5 ; 8,
cioè per maldicenza e per spargimento di san- 5; 10,5.
gue e per falso giuramento e per incesto ... ); 46 Tuttavia, proprio questo passo dei «quat-
cfr. anche il gioco di parole in b. Ar. 15 b: tro figli interroganti » è antico ed appartiene
m<s6rii' =m6si (Sém) rii' e cfr. Io. 9,2. ancora all'epoca dei Tannaiti (prima del 200
39 'b bt djn ljfr'l, vale a dire secondo Hag. d. C.); cfr. Mek. Ex. b' 18 ad 13 ,14 (p. 73,
2,2 vicepresidente di sinedrio. 8 ss. Horovitz-Rabin) e D. HoFFMANN, Die
40 Queste massime sono citate. Barajtha uber die vier Sohne, in: Magazin
41 Sofeh; -+ µwp6ç. Cfr. l'antagonismo di fi.ir die Wissenschaft des Judentums 13 ( 1886)
k •sll e riifii' in T. Jeb. 1,13, dove, nel qua- 191 ss.
dro della concezione sopra illustrata, è defi-
879 (l,327) àwxp"twMc; (K. H . Rcngstorf) ( 1,327) 880

(Qid_ 1,10) . Ma proprio per questo co- ne radicale dell'ordine e Jd costume


ìui che rinuncia a questa pratica non vigenti o riconosciuti e ambiti come
può essere altro che sede del male. fine . È naturale che qu esto atteggia-
Dunque ciò vale anche per lo 'am hà-
mento sia sentito nel mondo greco più
'iJre s: 6 oxÀoç où-roç 6 µ'JÌ YLVWO"XWV
-còv v6µov È7tcipa:tol do-w (Io. 7,49; secondo la sua presenza reale o suppo-
parole di farisei) 47 . sta, nel mond o giudaico in vece dal lato
Chi vi appartiene deve peccare già volontaristico, e perciò secondo il suo
per ign oranza, lo voglia o no, e per- carattere di colpa. Ciò dipende dal fat-
ciò è persi no desiderabile che muoia to che il giudai smo poss iede nella To-
il piL1 presto possibile, poiché soltanto
rà una mani fes ta zione sto rici della vo-
una morte prematura lo può preservare
lontà divina , che costringe il singolo
da altri peccati e quindi da un aumen-
to della sua colpa (Sanh. 8,5). È logi- alla d ecisione 49 , mentre i G reci hanno
ca conseguenza del suo rapporto con da porre quale fattore corrispondente,
Dio, che per il rabbino coincide con nel migliore dei casi, l'ideale puramente
quello verso la Torà 48 , che dopo la umanistico della xaÀoxciycdJla. Questo
morte egli vada nell'inferno e continui è anche il motivo per cui à.µap-rwÀ.6c;
così a rimanere lontano da Dio (Ed. 2 ,
poté divenire termine religioso soltan-
10; cfr. Hen . gr. 22,10 ss.; cfr. 5. Deut.
357 a 34,5). to dopo che fu accolto dal giudaismo
Per il resto il termine ràSiz' non ha greco sotto l'influsso di rasa', e che ad-
per il rabbino perduto nulla del tono dirittura dovette divenirlo; infatti nel-
dispregiativo che gli è proprio nell'A. la sua connessione con la Torà 50 stava
T. Si può dire al contrario che questo il suo rapporto con l'idea di Dio pro-
tono si è ulteriormente rafforzato sotto
pria del giudaismo e quindi la condi-
!'influsso della crescente consapevolez-
zione per il suo inserimento nel patri-
za religiosa che il pio ha di se stesso.
monio lessicale etico-religioso dei Giu-
3. Se si dà uno sguardo alla storia dei di lingua greca. Ma in questa con-
di ràsà' in area ebraica, si constata che nessione di à.µap-.wÀéc; con l'idea di
in effetti non vi era alcun'altra parola Dio stava anche il fondamento della
greca che potesse renderlo così efficace- sua successiva storia semantica. Ora,
mente come ò:µap-.wÀéc;. Entrambe le proprio in questa connessione à.µap'tW-
parole designano infatti un atteggia- À.oç acquista per la prima volta anche
mento che nella sua essenza è negazio- il carattere di una definizione positiva

47 Tale è per il fariseo ogni non-fariseo; 49 Sul fatto che il presupposto fondamen·
cfr. STRACK-BILLERBECK II 494 ss . tale dell 'antitesi fra 'pii' ed ' empi ' sia già
48 La parola coniata dal Bornhauser, «Tho- presente nel giudaismo più antico (Salterio
ralogie», caratterizza assai felicemente questa ecc.), v. KoBERL E 345 ss .
concezione; cfr. Das ]ohannesevangelium eine so V. inoltre la corrispondenza di àµap"tW-
1'1issionsschri/t fur Israel (1928) 6 ss. À.oc; con à.voµla già in l.ji 124 ,3; 128,3 passim.
881 (I,327) aµap•WÀ6ç ( K. H. Rengstorf) (l ,328) 882

in quanto colui, che con questa parola risce certo l'importanza nella storia del-
è indicato, è presentato come in con- la parola aµap-rwÀ.éc; . Vi è anzi da con-
trasto con Dio e in alleanza con for ze siderare un secondo fattore, che ha
antidivinc o addirittura privo di volon- esercitato un forte inAu sso . Si tratta
tà in balìa delle stesse (~ ciµap-t!'.a ). della Torà quale centro religioso del
tardo giudaismo.
Conformemente al suo substrato
La Torà è per i rabbini non soltanto
ebraico, à.1wp-r<JJÀ.éc; è termine religio-
so già in tutta la traduzione dei LXX. un codice morale valido per il singolo ,
Un significato profano collaterale man- non soltanto una raccolta di prescrizio-
ca affatto . Identica è la situazione negli ni rituali, che riguardino il singolo so-
a'pocrifi greci ( cfr. ad esempio H en. gr. lo in caso di bisogno. Essa è, oltre a
22 ,10 ss., p. 54 Flemming - Raderma- tutto ciò, una manifes tazion e di Dio di
cher 51; Ps . Sal . 2,17 ; 4,9.27). Nei Sal-
fronte a tutto il popolo e, sehbcnc sia
mi di Salomone la polemica legata al
termin e è dir etta soprattutto contro i stata attuata solo nei confronti <li I srae-
Sadducei; e tuttavia, al di fuori del le, di fronte a tutta l'umanità (---') vé-
popolo giudaico e del suo mondo re- p,oc;) . Israele accolse la Torà secondo la
ligioso, anche un generale o principe volontà di Dio, che si creò in tal modo
straniero può esser chiamato ciµap-rw- il suo popolo col fine di santificarlo
À.éc;, per il solo fatto di aver assalito
(Ex . 19 ,5 s. ). Egli stesso è il Santo e
Gerusalemme e il suo santuario ed es-
sersi posto così in aperto contrasto con perciò anche coloro che gli apparten-
Dio (2,1) 52 • Come il termine si sia nel gono devono essere santi (L e i1. 19,2).
frattempo affermato e irrigidito è mo- Da qui l'idea della santità, connessa col
strato dal fatto che si può già parlare v6µoc;, viene ad avere per il rabbino
di ciµap-.wÀ.o~ aO'E~ei:c; (H en. gr. 1,9 p. una forte componente sociologica: 'san-
20 Flemming-Radermacher ), come se
to' (~ &y~oc;) può essere soltanto chi
aµap-rwÀ.ol da solo non fosse abba-
stanza espressivo. è giudeo e come tale dotato della pos-
sibilità di santificarsi nella Legge; ma
il giudeo non soltanto può essere ' san-
C. SVILUPPO DELL'IDEA DI PECCATORE to'; lo è effettivamente, e se non lo è
NEL TARDO GIUDAISMO 53 • o non è in grado di esserlo come sin-
golo, lo è tuttavia come appartenente
1 . a. Quanto sul rabbinismo si è a quel popolo, che da Dio è stato for-
detto sopra (~co11.876s.) , non ne esau- nito della Legge quale espressione del-

si Si ripresenta qui l'antica antitesi aµap- peo nel 63 a. C.


•wÀol / olxmoL; ~ nota 45. 53 Per la concezione del pecca to nel tardo
52 Probabilmente il riferimento è a Pom- giudaismo e nei rabbini cfr. MooRE I 445 ss.;
peo; l'avvenimento ricordato in Ps. Sal . è la ~ col. 780.
distruzione di Gerusalemme compiuta da Pom-
883 (I,328) arw.p-rwì..6c; (K. H. Rengsto rf} (I,329) 884

la sua volontà ed è ' santificato ' già stulato etico che chi possiede e osser-
con questo atto storico di elezione. Di va la Torà resta immune dal peccato
tale idea anche la lingua si impregna ( ~ OLXtxLOO"UVTJ) in quanto violazione
a tal punto, che il passaggio di un non- dei comandamenti di Dio pienamente
giudeo al giudaismo può essere desi- manifestati nella Legge ('aberd, ~ 7ttx-
gnato addirittura come ingresso nella pa0a.cni:;).
qedussd, ossia neHa 'santità'(~ ccyLld-
c;uvri) (]eb . 11,2 ; T. f cb. 12, 2) 54
. È Ciò vale non soltanto per i giusti del
tempo antico (patriarchi, Elia ed altri) 56,
perciò assolutamente impossibile essere
chl: i rabbini l'hanno ritenuto possibile
' santo ' al di fuori del giudaismo. An-
anche per loro stessi. Cosl il malato
zi, chi ne è al di fuori è per natura Rabbi Eliezer (intorno al 90 d. C.) non
non-santo ' in quanto non si trova in sa con quale peccato possa aver meri-
quel rapporto con Dio che solo la Leg- tato la sua malattia (b. Sanh. 101 a). In
ge rende possibile. Il senso della qedus- T.B .Q. 8.13 si dice che Rabbi Jehuda
sd rappresenta così il culmine cui per- ben Babà (morto intorno al 135) sul
letto di morte si ricordava di un solo
venne nei rabbini la coscienza che Israe-
peccato, ossia di aver tenuto in terra
le ebbe della propria elezione e del suo di Israele, contro la prescrizione rabbi-
essenziale distacco dai ' popoli ' (~ nica, animali da cortile (del resto la
rnvoi:;): se i Giudei sono per natura legittimità di questo divieto era ancora
santi, i Pagani sono per natura pec- discussa in tornò al 100 d. C.) 57 • Di Da-
catori ' 55 • vide si conosceva come unico peccato
il suo adulterio con Betsabea 58 , ed an-
b. L'elemento giuridico, che è pre- che di questo si diceva che era stato
purificato 59 . In ogni caso la possibilità
sente in queste rappresentazioni in for-
di rimanere senza peccato con l'aiuto
ma sociologica, si completa ulteriormen-
della Torà è ben certa per il giudaismo
te dal lato etico-religioso. È ferma con- rabbinico 60 •
vinzione del rabbino e fondamento del-
la dottrina della perfezione quale po- Questa possibilità non hanno invece

54 Cfr. inoltre K. H. RENGSTORF, Jebamot 391. Questo peccato è chiaramente sentito co-
(1929) 137 ss., che, adducendo altra bibliogra- me penoso iri b. Pes. 113 a.
fia, delinea per esteso questa concezione e ne 59 b. Ket. 9 b =b . Shab. 56 a Bar .: un se-
mostra l'importanza per il mondo ideale del condo tentativo in b. Qid 43 a.
cristianesimo primitivo . 60 Altra letteratura in S·rnACK·BILLERBECK
55 Sulla separazione e differenziazione di I , 814 ss. È significativo che con ciò non sia
Israele dagli altri popoli v. i passi in STRACK- stata decisa la questione della certezza della
BILLERBECK III 126 ss. salvezza, come dimostra il morente Jochanan
56 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 815. ben Zakkaj (b. Ber. 28 b); --+ crwi:l)pla.. Cfp.
57 Cfr. T. Jeb . 3 ,4 e il mio commentario anche A . MARMORSTEIN, Paulus und die Rab-
al passo. bine11, ZNW 30 (1931) 27lss.
58 b Shab. 30 a, 56 a; Flav. Ios. Ant. 7,
88'5 ( l ,329) cXflap-rc.vÀ.6ç (K. H . Rengstorf) (I,329) 886

coloro che non fanno parte di Israele . agli occhi dei Giudei l'identità di pagani
Ciò è conseguenza di una loro colpa, con 'peccatori', ossia con uomini , il cu i
poiché la Torà non toccò ad Israele in atteggiamento di fondo non è in alcun
modo così ovvio come potrebbe sem- modo conforme a ciò che Dio si aspet-
brare, ma ne divenne attributo soltanto ta dall 'uomo . Quando si parla di 'pa-
dopo che i 'popoli' l'ebbero rifiutata 61• gano ' si presenta su bito alla mente
Tuttavia il senso che il giudaismo ha l'idea di impurità nelle cose esteriori
del di stacco dai paga ni non dà neppure così come di estrema impurità interiore
particolare peso a que sto punto della di fronte a Dio. Accade così che, una
colpa. P er la rnzionalc religiosità del volta che nel mondo giudaico la parola
giudaismo è molto piì:1 importante il à.1.w:p"t"0J).6s si è affermata co me defini-
risultato del rifiuto della Torà da parte zio ne di chi per sua natura o in pra-
ciel mondo non giudaico. Esso ha sop- tica è al di fuori dell a L egge giudaica
presso qu alsiasi possibilità di una vita quale manifestazione di volontà dell 'u-
conforme alla volontà di Dio , e ciò si nico santo Dio 65, diviene per necessità
manifesta non solo nel fatto che il mon- interna termine tecnico per designare
do non giudaico serve adesso . degli dd il pagano. II pagano divi ene à.1.uxp"t"W-
stranieri, e neppure nel fatto che il pa- Ms sia per la sua natura di non giudeo,
gano non è in grado di adempiere i sia per la sua condotta di vita non re-
precetti giudaici di purificazione, fon- golata dalla Torà 66 •
dati sul comandamento di Dio, e che 'Aµap-rwÀ.és è usato occasionalmen-
perciò fra giudei e pagani non è possi- te nell'accezione di ' pagano ' già nei
bile la comunanza della mensa 62 • Ciò LXX, certo non a traduzione di g6jim,
si manifesta ad esempio in quanto si ma di r'Jà'tm (Is. 14,5). Anche in altri
negava che i pagani nel loro insieme passi si può vedere come il riferimento,
voluto dal senso, di ràJà' ai pagani ab-
avessero un'etica sessuale; in questo es-
bia costituito il tramite verso l'equazio-
si erano sullo stesso piano degli schia-
ne à.p.ctp"t"wÀ.ol =pagani (ad esempio in
vi63, e in generale non si ritenevano an- Ps. 9,16 ss., specialmente 18; dr. an-
che in altri campi capaci di compiere che 1 Mach. 1,34: Xct~ rnT)XctV ÈxE~
qualsiasi buona azione 64 • Da ciò risulta Eiìvos dµap-rwÀ.6v, &vopas 7tapav6µouç

61 Cfr. STRACK-BILLERBECK III, 36 ss. smo, a meno che non si voglia interpretare in
62 Cfr. STRACK· BILLERBECK IV, 374 ss. tal modo la definizio ne ha{(àjetii' applicata al-
63 Cfr. T. Jeb. 2,6; 12,2 e il mio commen· la regina (pagana) Vasthi in Est. r. 4,10 ad
tario al passo. 1,20. Ma goj corrisponde alla parola greca
64 Cfr. STRACK-BILLERBECK III , 43 ss. pienamente, anche per la sua sfumatura di·
65 V . quanto si è detto sui LXX~ spregiativa , e non vi era quindi bisogno di
66 Una parola che corrisponda in questo una nuova parola .
senso ad cì:.1..w.p-rwÀ.oç manca al tardo giudai-
887 (I,330) àp.ap'twÀ6ç (K .11. Rcn gs rorf) (I,330)888

[!]. In I .Mach. 2 ,48.62 (cfr. 1,10) <lata nella storia, cui effetti si esten-
O:µap-rwÀ.6ç indica il re pagano An- dono lì no ad oggi. Qucs ta è anche la
tioco quale personificazione del paga- posizione <li Paolo (Rom . 1,18 ss.).
nesimo nemico di Dio e di Israele
(cfr. &viJpw7toç -rfjç à.vo1.ilac;, 2 Thess. Gli apocrifi, in realtà, sono bene al
2,3 s. ). Resta invece incerto se l 'espres- corrente di una peccaminosità univer-
sione ariap-rwÀ.ovç ... xaì, &vòpu.c, à.v6- sale, alla qu ale ness uno sfugge né può
1wvç di 1 Mach . 2,44 si riferisca a pa- sfuggire 67 • In tal modo l'idea di pecca-
gani o a Giudei rinnegati. tore è clev;1ta al di sopra <lei limiti di
u11 ':1pplicaz io11c speciale n determinati
2 . A qu es to punto si presenta il
grnppi naziona li o rc li giL)Si per dive-
dubbio se, forse, non sia unilat erale cd nire, alm eno potenzialmente, contras-
eccessiva l'idea che ci siam fatti del segno dell'uomo in quanto tale. Tutta-
giudaismo, prescn tane.lo il possesso del- via il senso della elezione 68 di Israele
la Torà com e un ostacolo, che impe- domina ad esempio anche l'autore del
disce al pio di formarsi una coscienza 4° Libro di Esdra in modo tale (5 ,
23 ss.; 6,5 ss. passim), che egli distan-
del peccato, nel senso di una consape-
zia se stesso e i suoi compagni di fede
volezza di essere semplicemente pecca-
- cd essi rappresentano alla fin fine
tore. Ma uno sguardo d'insieme alle I sraele , poiché osservano la Legge e
fonti ci fa certi che, malgrado ogni con- sono ' giusti ' - chiaramente dagli im-
traria apparenza, la percezione del no- pii (7 ,17.102, ccc. ).
stro stato di peccatori di fronte a Dio Anche nei rabbini si trova espresso
è rimasta estranea nella sua estrema il pensiero che non vi sono uomini
profondità almeno al giudizio più an- senza peccato, ossia che non abbiano
violato i comandamenti divini 69 • Que-
tico, e con ogni probabilità anche al
sto pensiero coesiste con le asserzioni,
più recente. Ciò è attestato concorde- delle quali si è parlato sopra, sull'effet-
mente dagli scritti giudaici extra-cano- tiva assenza di peccato in certi uomini
nici e da certe auto-testimonianze giu- particolarmente pii e sulla pratica pos-
daiche conservate nel N.T. Del resto sibilità di una tale condizione per ognu-
neanche il ' peccato ' dei pagani - e no. Se non si è tentato un confronto
fra queste due linee di pensiero 70 , è
ciò dovrebbe risultare chiaro da quan-
forse perché gli avvenimenti dell'anno
to è stato detto sopra - è considerato
70 da un lato ravvivarono fortemente
come destino al quale l'uomo sottostà la coscienza collettiva del peccato nei
inevitabilmente, bensì come colpa fon- Giudei 71 , mentre dall'altro i circoli diri-

67. Cfr. i passi da 4 Esd. e Hen . slav. in III 157.


STRACK-BILLERBECK III 156. 71 Le asserzioni rabbiniche appartengono
68 Sul suo rapporto con la concezione del tutte all'epoca successiva al 70 e le Apocalissi
peccatore ~ col. 882. non sono neppure concepibili nella loro at-
69 Cfr. STRACK-BILLERBECK III 156 s. tuale forma senza la distruzione di Gerusa-
70 Cfr. b. Shab. 55 a e STRACK-BILLERBECK lemme e del Tempio.
889 ( I,330 ) ò:1wp-çw).6c, (K. H . Rengstorf) (I,331) 890

genti religiosi non seppero staccarsi dal- presenta nel N.T. risultano senza diffi-
la convinzione di un assoluto valore coltà dalla sua storia. Come nei LXX
salvifico della Torà proprio per questo anche qui il termine è usato sia come
çastigo che si era abbattuto sul loro
aggettivo che sostantivamente ed espri-
popolo. Infatti essi accolsero meccani-
rnmente lo schema profetico della con- me in ogni caso un giudizio negativo.
nessione causale fra la decadenza na- Come sostantivo sta ad indicare fon-
zionale di Israele e la diminuzione del damentalmente il peccatore come colui
culto o addirittura la sua scomparsa e che per il suo comportamento colpe-
lo applicarono conseguentemente solo vole di fr onte alla Legge giudaica
al rapporto dei Giudei con la Torà in -
smarrisce il giusto rapporto con Dio
vece che con Dio.
e particolarmente :
Come figura tipicamente giudai ca, po-
sta al di là di ogni peccaminosità per-
a. nel senso di 'empio' antico-testa-
sonale, è da considerare nel N.T. , oltre
al fariseo che prega nel tempio (Le. 18, mentario, ossia di colui che vive in
11 s.), nientemeno che Paolo. La con- voluto e consapevole contrasto con la
cisa rappresentazione che Paolo dà del- volontà divina (Torà), a differenza del
la propria convinzione religiosa avanti pio, che della sottomissione a questa
la conversione (Phil . 3,6 : xa"t'à. OLXCHO-
volontà fa il contenuto della sua vita 7".
rrvvl]v 'ti}V ÈV VOµ~ YEVOµEVOC, èiµEµ 7t-
'tOC,) si inquadra perfettamente in quan- Rientra in quest'ambito la formula
to si è detto sul rapporto pratico del .-EÀwvm xaì, rlµcxp-.wÀol (Mt.9 ,10,ecc.),
rabbinismo col peccato. Trarre in causa nella quale àµap-.wÀol in parte indica
Rom. 7,14 ss. a sostegno della tesi op- gente, della quale è nota l'immorale
posta è perciò inammissibile sia dal condotta (assassini, briganti, truffatori
punto di vista sostanziale che da quel-
ecc.), in parte coloro che esercitano
lo metodologico 72 •
un'attività disonesta o che dia forti oc-
casioni di disonestà 74 • È questo il caso
D. IL NUOVO TESTAMENTO della donna che unge Gesù in casa di
Simone, definita àµcxp-.wÀ6ç (Le. 7 ,3 7.
1. Il lessico
39) 75 , ossia probabilmente meretrice
I diversi significati che àµap-.wMç (-7 rc6pvl]) 76 , e non già adultera 77 • Da

12 ~ à.µa.p-çavw col. 837 ed ivi note 153, che vuol trovare nella definizione un accenno
157. al fatto che la donna aveva una condotta di
13Cfr. l'affiorare dell'antica antitesi olxm- vita non corrispondente ai precetti farisaici
o~ / ò:µa.p-twÀol (~ col. 876 e note 45; 51 ). (~nota 47); cfr. STRACK-BILLERBECK II 162.
74
Prove più minute in ]EREMIAS 295 ss. 77 Per quanto in Le. 18,11 anche gli adul-
75 In ogni caso il termine è da intendere
teri compaiano fra i ' peccatori' (~ µoLx6c;).
qui come sostantivo. Un'adultera sarebbe tutta via lapidata dai fari-
76 Se si tien conto della terminologia rab- sei (Io. 8,7); dr. inoltre ScHLATTER, Komm .
binica questa ipotesi è più probabile dell'altra Lk. 258 s.
891 (I , .3.31) àµa.p-rw),6ç ( K. H Rengstori) (l,332) 892

tutti costoro si differenzia non solo il prima dei pasti (.Mt. 15,2; J'v!c. 7,5; Le.
fariseo. ma anche il popolo comune, 11,37 s.) e perché respinge la casistica
che dà grande importanza alla rispetta- farisaica del sabato (Mt. 12,1 ss. par.;
bilità personale (Mt. 11,19; Le. 7,34. Io. 9,16.24 s. 31) 82•
39; 19,7) 78 • Questo significato è pre-
c. Parimenti, ri sa le ad un preceden-
sente anche in 1 Tim. 1,9, dove appare
te giudaico, ossia alla concezione giu-
accolto in modo spontaneo. In forma
daica del \iop.oç , l 'cq:iazion e : a1 Lap-:f ,J-
pronunciatamente cristianizzata ce lo
Àol = [)(JP,ani. J\ft. 26,45 (dr. Afc. 1-t,
offre infine Giacomo, per il quale è
41): Ò vLòç -cov cX\i1)pt0i;ou itapao[oo-ca.L
Ò'.JJ.ap-cw).6c; chi non si sottomette sen-
dç XEi:pac; à.p.ap-c<..Ùw\i 83 no n si rilcri-
za compromessi (~ ol\j;uxoc;) a Dio e
sce a 'pecca tori ' giudei, ma ai soldati
fa di se stesso il centro della propria
romani, che eseguono po i Li croc ifi ssio -
vita (4,8; 5 ,20).
ne per conto dei giudei (Act 2.23) 84 •
h. 'ArJ.ap-cwÀ6ç è poi per il fariseo La stessa accezione di ap,ap-rw).6ç si
chi non osserva i precetti farisaici, quin- ritrova in Gal. 2,15, dove l'espressione
di il cosiddetto 'am ha-ares 79 ; esso è Èt; Èì1\IW\i à.p.o.p-cw)1.ot'. contrapposta a
' peccatore ' non in quanto violi la Leg- cpvcrn 'Iovoai:oL esprime un unico con-
ge, ma in quanto non la osserva nel- cetto. Le. 6,32 ss. ha à.µap-cwÀ-ol men-
80
l'interpretazione farisaica • tre Matteo nel parallelo 5,47 ha Èlhn-
x.cl; se G("sù intende parlare di gojim,
Poiché praticamente tutto il popolo 85
come potrebbe anche essere , avrem-
appartiene allo 'am hiz-hares, e Gesù
mo nei due evangelisti una situazione
non si rivolge ai singoli, ma appunto a
simile a quella di Mt. 5,3 e Le. 6,20.
tutto il popolo, per questo egli frequen-
Gli Atti degli Apostoli evitano di usare
ta quotidianamente gli àµcwrwÀol (Mt.
Ò'.(.Lap-r<JJÀ6ç e parlano , in riferimento
9,13 par.; Le. 15,2). Ma anche Gesù
al pagani, sempre di ~ mvi).
stesso con tutti i suoi discepoli è per i
farisei uno di quelli, perché rifiuta di d. Il termine à.1J.ap-cwÀ6c; va oltre
obbligarli all'osservanza del comanda- la propria storia precristiana allorché
81
mento meramente farisaico ed estra- sta a significare che l'uomo , senza l'in-
neo alla Torà della lavanda delle mani tervento di Dio, è senza eccezione se-

78 Su ciò rich ia ma l'attenzione }EREMIAS 83 L'espressione ha d ei precedenti antico-


294. testamentari : ~ 70,4; 81,4 ; 96,10.
79 ~ coL 879. 84 Cfr. KLOSTERMANN, Mk. ad 14, 31 e
BO Nota il y~vwo-xwv in Io. 7,49. 15, 15.
s1 Ed. 5,6; dr. }EREMIAS 294, nota 1; ~ ss Cfr. ScHLATTER, Komm. Mt. 196. Su
na.paooov:;. àµa.p-rw),6ç ed rnv~x6ç come termini alterna·
82 Maggiori particolari in STRACK-B11.LER- t1v1 v. anche A MEYER , ]esu Muttersprache
BECK I 615 ss. (1896) 1.35 s.
893 (l,332) à1w:p-rwMç (K. H. Rengstorf) (I,333) 894

parato da lui per il peccato. Esso in- al punto d. e s1 trova specialmente in


dica dunque in tal caso l'umanità dive- Luca; cfr. 13, 2: ètµa.p'twÀoì. na.pa
nuta colpevole, ma non ancora redenta nav-ca.ç accanto al parallelo ÒqJELÀÉ'ta.L ...
1ta.pà 1tav-ca.c;, 13 ,4, inoltre 15, 7 .1 O;
in Cristo. La connessione di àµa.p-cw-
18,13; Hcbr. 7,26. In tutti questi casi
Àoç con --,) àp.a.p-cla., che manca stori-
tuttavia il contesto preserva il carattere
camenre e linguisticamente 86, viene ora religioso del termine e ne evita la cri-
creata sul piano sostanziale. Così in stallizzazione:
Rom.5 ,8: E'n cX[J.a.pi:uJÀwv ovi:r1JV 1]1.1.CN
XpLO"'l"Òç Ùi:Ep n110°JV à.nÉiÌct.'IEV (dr.
f. Come aggettivo à.~w.p"t'(1Ù6ç pre-
senta <li volta in volta le sfumature
ùnE:p à.o-E~t<lv, v. 6; Éxì}pol, v. 10; oL-
xa.LwiJÉvi:Eç vv. 1.9; xa. 'lJÀ).. a:yl]p.Ev, vi
corrispondenti alle diverse accezioni del
l O); 5 ,19: à1.1.a.p-rwÀol xa.-rEO"'tcLiJl]cra.v ot
sostantivo indicate sopra: Aic.8,38 (dr.
--c)7toÀ). ol 87 ; nel modo più chiaro in Gal.
9,19; .Mt. 12 ,39.45; 16 ,4; ] 7,17) ÈV
2,16ss., specialmente 17: El OE çlJ'tOVV- TD yEvt:ci 'tmhn i:fl 1wLxo.:),lòL xo.:ì.
'tEç OLXa.LwlJi'jva.L Év XpLti-r<{J EÙpilJl]µEv à1mp-rwÀ1{J ( = d.). L c.5,8: à.vi}p cqw.p-

xa.L mhd àp.a.p'tWÀol, &pa. XpLti'tÒç 'twÀoç (Pietro; =b. 90 oppure c.). Esso
à1.1.a.p'tla.ç OLchovoç; cfr. anche 1 Tim . è usato in parte come sinonimo di no-
1,15, dove àimp-cwÀoi'., inferendo da Vl]poç (cfr. Mt. 12,39.45; 16,4 e pas-

Io. 3 ,16, potrebbe indicare addirittura sim). È sorprendente che non compaia
'coloro che non credono 188 • Cfr. anche: mai come autodefìnizione in Marco,
miv-cEç yàp flµa.pi:ov, Rom. 3,23; Èq) Matteo e Giovanni, mentre compare
i[> miv-cEç fHJ.a.p'tov, Rom. 5,12. due volte in Luca (5,8; 18,13; --,) coli.
898 s.).
e. Un gruppo particolare costitui-
Una certa difficoltà presenta Rom. 7,
scono i casi nei quali àµa.p-rwÀ6ç in-
13: tva. yÉvrytcx.L xcx.JJ' Ù1tEpf3c: .. i}v àµa.p-
dica colui che è caduto in una colpa "t'WÀ.Òç l] àµcx.p'tla. OLà. "t'f\ ÈV'tOÀ fiç.
concreta e determinata. Qui non è dun- Essa si risolve se si interpreta la stra-
que termine tecnico come ai punti a.-d., na espressione in questo senso: la
ma è già fisso ed ha pressappoco lo àµa.p'tla., pensata come entità personi-
stesso significato di l]µa.p"t'lJXWç 89 .. ficata (--,) coli. 801 s.; col. 845), solo
nella--,) ÈnoÀ'iJ divenne consapevole di
Questa accezione sembra derivata e se stessa e quindi della propria forza;
secondaria rispetto a quella illustrata ma proprio in ciò e per ciò sorse anche

86 ~ col. 864. del quale è chiaramente riconoscibile l'origine


87 Qui l'antica antitesi &.µa.p-rwÀ.ol/olxmoL dalla terminologia antico - testamentaria. Lo
è formalmente accolta, ma riemrita di nuovo stesso pleonasmo in Hen. gr. 1,9; ~ col. 881.
significato dalla fede nella giustificazione. 89 Cfr. in Io. 9,2 la domanda che i disce-
88 Rientra in quest'ambito innanzi tutto poli rivolgono a Gesù.
l'espressione àµa.p-rwÀ.OL ricrt0Ei:ç di Iudae 15, 90 Cfr. ScHLATTER, Komm. Lk. 232.
895 (1,333) àµa.p-rwÀ.éç ( K. H. Rengsr.orf) (I,333) 896

la possibilità di riconoscerla come tale egli stesso, a giudizio dei suoi avver-
e di guardare alla liberazione da essa 91 . sari, era coinvolto 93 , non è stata da lui
né combattuta, né tacitamente soppres-
2. La posizione di Gesù sa, né ironizzata 94 • « Non comprende-
a Si è detto alla voce aiuxp-rci.vw remo ciò che fece Gesù, se svuotiamo
(~ coli. 819 s.) che non esistono affer- di contenuto il concetto cli ' giusto ',
mazioni di Gesù sul peccato come tale. togliendogli la carica di impegno mo-
Egli non ha dato ai suoi discepoli al- rale. Se ess o vi ene tramutato in qual-
rnna ' dottrina del peccato ', né si è cosa di ironi co , anche la condann a dc i
diffu so in profonde speculazioni su di peccatori , che Ges ù contrappone ai giu-
esso; non ha neppure dichiarato che sti, viene a perdere la sua importan za.
cosa intendesse per 'peccato'. Invece ha I malati dci qu ali parlava erano per lui
avuto a che fare con la realtà del pec- verament e malati ; e in modo altrettan -
cato, non solo, ma tutta la sua predi- to certo i sani erano sani. G es ù ri co-
cazione e la sua azione si sono svolte nosceva che i giusti obbedivano real-
in chiara aderenza a questa realtà, la mente a Dio e facevano ciò che egli
quale non era per lui il risultato di comandava .. . Chi vanifica questo giu-
uno studio approfondito, ma gli stava dizio soggiace, nel secondo membro
in ogni momento di fronte nella realtà della contrapposizione, ad una idealiz-
dell'uomo che ha mancato. La posizio- zazione del peccato che falsa l'idea di
ne di Gesù rispetto al peccato e quella Gesù » 95 .
rispetto al peccatore sono perciò inti- Gesù ha dunque accolto come pec-
mamente connesse. catori coloro che dalla società erano
È significativo innanzi tutto rilevare considerati tali, e li ha chiamati a sé
che Gesù, per esprimere il fine della proprio perché peccatori. Quanto poco
propria missione, non creò un linguag- un tale comportamento fosse naturale
gio nuovo, ma accolse ed utilizzò le e comprensibile a questi medesimi è
formule già in uso nell'ambiente in cui dimostrato da Pietro, il quale dopo la
operava 92 • La divisione del popolo in pesca miracolosa confessa a Gesù di
' peccatori ' e ' giusti ' che ad ogni pas- non essere, come à.vl)p àµa.p,;wÀ.éç,
96
so gli diveniva visibile e nella quale degno della sua familiarità (Le. 5,8) •

91 Cfr. ScHLATTER, Erlauterungen zum N.T., des N.T.4 (1928) 149; con una certa limita-
a. !. zione KLOSTERMANN , Mk. ad 2,17.
92 Cfr. ScHLATTER, Gesch. d. Chr. (1921) 95 ScHLATTER, Die Gesch. d . Chr. 190; più
190; O. ScHMITZ, Siinde und Schuld im N .T ., minutamente SCHLATTER , Komm. Mt. ad 9,
in: RGG 2 V, 885 s. 13. inoltre ZAllN, Mt. ad 9,13; H. J. Ho1.Tz-
93 Cfr. Mt. 15,2; Mc. 7,5 ovvero Mt. 12,lss. MANN, Lehrbuch der ncutestamentlichen Theo-
parallelo ; Io. 9,16.24 s. 31; ~ col. 891 s. logie2 (1911) I 218 s. ed altri.
94 Così H. WEINEL, Biblische Theologie 96 Di fronte a Pietro Gesù è dal miracolo
897 (I,334) lXf..t<Xp'TwÀ.éc; (K. H. Rcngstorf) (I,334) 898

La stessa cosa attesta Zaccheo, allor- la ragione per cui gli evangelisti colle-
ché accoglie Gesù « pieno di gioia » gano concordemente al battesimo di
( xa.Cpwv, Le. 19 ,6 ). Il punto di par- Giovanni (~ Ba.1t"t'LSW) una confessio-
tem~a dell'azione di Gesù fu questo: ne dei peccati 99 ma non fanno mai cen-
che proprio i peccatori avevano biso- no, narrando dei rapporti di Gesù con
gno di lui e la via per giungere a lui i peccatori, di una confessione di sin-
era loro aperta , poiché in essi non vi goli e particolari peccati 100 • Anche lad-
era un 'umana presunzione di sé che dove Gesù stesso contrappone il pec-
potesse :o;harrarc lo sguardo verso Dio, catore al giusto (Le. 18,9 ss.) non gli
di fronte al qual e soltanto l'uomo pren- mette in bocca una particolareggiata
d e coscienza della sua colpa. Ma que- confessione di peccati, ma gli fa espri-
sta invece era appunto la condizione mere soltanto la sua piccolezza di fron-
dei ' giusti ' ( ~ oCxa.~oç) che non si te a Dio (Le. 18,13) ioi. In questo trat-
lascia vano porre di fronte a Dio, poi- to, nel quale come in pochi altri la pie-
ché si misuravano costantemente con na aderenza di Gesù a Dio da una par-
un metro che derivava in fine dei conti te e al peccatore dall'altra ci appare
dalle loro vedute umane e li preserva- come un'unità inscindibile, è lo stesso
va quindi dal timore di sbagliare od atteggiamento per cui respinge la casi-
anche soltanto di vacillare nella cer- stica dei farisei (Mt. 12,1 ss. par.) e ri-
tezza di essere giusti 97 • fiuta qualsiasi concessione alla loro mo-
b. Era scopo di Gesù porre l'uomo rale (Mt. 15,2; Mc. 7 ,5; cfr. Mt. 23 pas-
di fronte all'intera realtà di Dio e ren- sim), preferendo subire il verdetto di
dergli possibile la completa comunanza essere egli stesso un ' peccatore ' (I o.
con Dio 98 • Ma proprio per questo egli 9,16.24.31 s.; ~ col!. 891 s.) piuttosto
ha preso l'uomo nella sua totalità e non che lasciar ledere sia pure in minima
soltanto nei suoi aspetti piacevoli o parte il suo immediato rapporto con
repulsivi, a seconda dei casi. È questa Dio. Ma proprio perché non ammette

della pesca legittimato come 'il profeta' (~ della più intima familiarità . II quarto Evan-
7tpoq>TJ'TT]ç) che manifesta Dio; proprio per gelo rientra pienamente in quest'ambito.
questo è a Pietro incomprensibile che Gesù 99 Mt . 3,6; Mc. 1,5; Le. 3,3; cfr. 1,29.3,25.
cerchi la sua compagnia e non quella dei 100 Neppure Zaccheo dice ciò che ha fatto
giusti. Lo stesso atteggiamento ha il centu- ma ciò che fa o che vuol fare per riparare
rione romano in Mt. 8,8 e Le. 7,6. alla propria colpa; ma questa non è una con·
97 Cfr. il giudizio di Gesù sui rabbini [essione.
Mt. 23,12; Le. 14,11.18,14. Gli avvenimenti 101 J. ABRAHAMS , 57, fraintende completa-
che ebbero luogo alla morte di Johanan ben mente Le. 18,9 ss. quando interp reta la pre-·
Zakkaj (b . Ber. 28 b) lo confermano in modo ghiera e i gesti del pubblicano come tipica-
impressionante. mente farisaici e vede in questa raffigurazione
98 Cfr. Mt. 22,10 ss.; Le. 15,11 ss., dove la un attacco, stranamente fondato, al ritualismo.
comunanza dèlla mensa ( ~5E~1t\IOV) è simbolo
899 (I,335) àµap'twMç (K. H. Rengstorf) (l,335) 900

alcun compromesso e non prende nep- autodefìnizione costituisce una partico-


pure in considerazione la possibilità di larità del lessico di Luca, ma anche qui
una discolpa , si rivela come colui che è raro (5,8; 8,13) e con tutta probabi-
lità sprovvisto di particolare intenzione
aiuta il suo popolo a liberarsi dei pec-
(dr. 15,18.21 ). Questo stato di cose è
cati (Mt. 1,21 ). Chi è veramente posto importante ai fini di un corretto giudi-
di fronte a Dio, non ha neppure più la zio in quanto dimostra quanto sarebbe
possibilità di parlare di sé, neanche per falso voler vedere nelle par;:ile di Gesù
fondare con il proprio giudizio su se sui peccatori e specialmente nelle pa-
stesso il nuovo rapporto con Dio. Que- rabole del Vangelo di Luca l'esigenza
sto anzi si instaura quando, in presen- di un'accentuata coscienza del peccato
nel senso di un profondissimo disprez-
za di Dio, dall'impressione della sua
zo e condanna di se stessi, presentata
bontà, santità ed elevatezza nasce la come ideale cristiano. Chi giudica in
rinuncia al proprio volere e la disposi- questo modo e conformemente agisce
zione all'obbedienza assoluta (Le. 15, fa ancora una volta di se stesso il cen-
17 ss.; 18,13 ). E Gesù ne è il media- tro dei suoi pensieri e della sua azione
tore in quanto nella sua persona , nel- e rimane perciò proprio nella condizio-
ne dalla quale Gesù voleva trarre fuo-
la sua parola e nella sua azione rivela
ri, allorché poneva il ' peccatore ' in
la natura e il fine di Dio a coloro presenza di Dio e sotto la soggiogante
che di questo nuovo rapporto hanno impressione del suo essere.
bisogno. c. Fra coloro che hanno bisogno del
Questo quadro è determinato preva- nuovo rapporto con Dio, Gesù ha an-
lentemente dalla rappresentazione dei noverato anche e soprattutto i ' giu-
vangeli sinottici. Ma esso coincide per- sti ' 102 • Ed ha fatto ciò non in quanto
fettamente con ciò che Giovanni fa contestasse la loro devozione ( v. sopra
dire a Gesù sul suo compito di render
col. 895), e la chiamasse peccato, ma in
testimonianza al Padre (dr. special-
mente Io. 8,21 ss.) ed anche con quan- quanto condannava questa devozione
to gli fa esprimere sul presupposto di per la sua natura 103 • In ciò condivideva
un puro rapporto con Dio (9,41 ). l'idea del Battista, che con dure paro-
Per il resto &.µap-rwÀ.éc; non è mai le faceva balenare davanti agli occhi dei
in Giovanni riferito all'uomo o a de- pii il giudizio di Dio 104 • Il motivo sta
terminati gruppi di uomini; compare
nella natura egoistica di questa devo-
soltanto, riferito a Gesù (~ col. 892),
zione, che si compiace dell'adempimen-
in bocca ai farisei, attestando tra l'altro
la familiarità di Giovanni con la ter- to dei comandamenti divini e diviene
minologia farisaica. 'Aµcxp-rwÀ.éc; come perciò sicura di se stessa all'interno 105

102 Su quel che segue cfr. specialmente 104 Mt . 3,7 ss.; cfr. Mt. 21,32; Le. 7,29 s.
SCHLATTER, Die Geseh. d. Chr.2 (1923) 186ss. 105 Le. 18,11 s.
103 Cfr. Mt. 5,20 (~ o~xmoo-vvri) .
901 ( J,}35) a11rxp.-wÀ6ç (K. H. Rengstorf) (l,336) 902

e altera 106 ed impietosa all'esterno 107 • quanto sotto il manto protettivo del
Se si pone in questo modo l'accento culto e della totale dedizione a Dio, è
sulla propria persona e sulla propria at- ciò che fa dell'uomo un peccatore e lo
tività si finisce necessariamente per non rende bisognoso del perdono e della
piegarsi a Dio, ma per tr~ttare e mer- grazia di Dio. Ma al tempo stesso vi
canteggiare 108 con lui, affidando al giu- è in lui anche l'offerta universale del
dizio umano la determinazione di ciò perdono e con essa l'instaurazione di
che davanti a Dio è lecito e di ciò che un rapporto fondamentale nuovo con
è peccaminoso 109 • Gesù ha sferzato con Dio nella sottomissione alla sua volontà
parole taglienti questa contaminazione e al suo giudizio senza riguardo a qual-
dcl culto e la sua lotta contro i rab- sivoglia presupposto di natura umana 115 ,
bini ne ha costituito lo smascheramen- in quanto si sia incondizionatamente
to e il superamento 110 • Egli ha in ulti- pronti a tale sottomissione (~ prrci-
ma analisi rimproverato ai ' giusti ' di vow.) 116 • Poiché Gesù è inviato da Dio
non opporre al peccato quella serietà a coloro che sono divenuti colpevoli,
che l'amore a Dio richiede 111 e di pra- non vi è alcun limite per la remissione
ticare una pietà commisurata solo a cri- della colpa se non il rifiuto della re-
teri umani, inadeguata al giudizio di missione stessa 117 •
Dio 112 • Per questo Gesù ha chiamato
con tagliente asprezza alla penitenza 3. La posizione degli scrittori neote-
anche i pii ed i giusti m, certo non per stamentari
i loro peccati, ma proprio per la loro
giustizia, che impediva loro di com- Ciò che vi è da dire su questo ar-
prendere la grandezza di Dio e la pro- gomento può essere condensato in po-
pria condizione 114 • che frasi, tanto più che non sussistono
Così vi è già in Gesù il superamento differenze fra la visione del peccatore
ddl'idea di peccatore limitata a deter- propria degli scrittori neotestamentari
minati uomini o gruppi di uomini e e quella di Gesù. Solo l'angolo visuale
la nuova visione secondo la quale l'ac- è diverso, in quanto nessuno di questi
centuazione dell'autonomia umana, per può prescindere da se stesso e parlare

106 Mt. 6,1 ss.; 23,5 ss.; Le. 14,7 ss.; 20,46; 113 Mt. 23 costituisce, nonostante 9,13, un
Me.12,38 s. grande invito alla penitenza rivolto ai giusti;
101 Mt. 23,14.23.25,41 ss. cfr. anche Mt. 21,32.
1os Le. 15,28 ss. 114 Mt. 25,44; dr. Mt. 9,11 s. par.; Le. 10,
109 Mt. 15,3 ss.; 23,16 ss. 40 ss.; 15,25 ss.
110 Cfr. specialmente Mt. 23 paralleli; ~ 115 Mt. 22,9 ss.; Le. 15,11 ss.
u7toxpvi:fic;. 116 Mt. 19,21; cfr. 18,3 ss.
111 Mt. 23,23; cfr. Mt. 21,29. 117 Mt. 21,32.

112 Le. 18,14; cfr. Mt. 23,13.


903 (I,336) à.µap-rwMc; (K. 11. Rengstorf) (I,33/J 90-l

del peccatore in terza persona. Da que- plcta dedizione cd obbedienza 121 • Il


sto pericolo li ha preservati lo sguardo diverso modo di esprimere questo stato
rivolto alla croce, che è stata innalzata di fatto 122 non implica una divers ità
a giustificazione non solo degli altri, di giudizio sulla sua essenza.
ma anche loro 118 • È per questo che Ma il nuovo non consiste soltanto
l'uso di &.µap"twÀ.éç recede fortemente nel fatto che al di fuori di Gesì:1 non
fuori dei Vangeli sinottici fino ad estin- vi è alcun confine fra ' pecca tori ' e
guersi completamente negli Atti degli ' giusti ' . Esso si manifesta in tutta la
Apostoli. Il termine si era caricato ec- sua forza soltanto dove si parla del-
cessivamente, nella sua storia in terrà l'uomo prima Ji Gesù e senza Gesù
giudaica, di un certo tono di superio- da una pa rte e J el l'uomo che con lui è
rità nei confronti dei ' peccatori ', per unito dall 'altra: due realtà si trovano
poter essere usato con disinvoltura fra l'una di front e all'altra . Paolo, sebbene
i cristiani, soprattutto fra i non-giudei. uomo e come tale soggetto alla tentazi o-
Si può così notare che nel Vangelo di ne e al des tino della morte , in forza
Giovanni ricorre soltanto in bocca ai della sua unione col Cristo non ha co-
farisei, dunque come termine scolasti- sc ienza di alcu n pecca to m e suppone
co farisaico 119 , che perciò viene respin- la medesima cosa per tutti coloro che
to come illegittimo, e che Paolo lo usa come lui appartengono al Cristo ovvero
soltanto come espressione particolar- partecipano della sua opera 124 • Non
mente forte riferita sempre alla pro- diversa mente Giovanni, che può già
pria persona 120 • Negli scrittori neotesta- testimoniare di esser stato tratto fuori
mentari, se si eccettuano le formule dall'inviluppo nel mondo del peccato 125 •
giudaiche (~ &.µap·tla ), le cose stanno Che in questo modo sia stata tracciata
ovunque in questi termini ed inoltre fra gli uomini una nuova divisione di
anche la raffigurazione del peccatore è non presagita profondità, non c'è biso-
rimasta quella antica. Peccatore è l'uo- gno di dimostrare. È la divisione che
mo che contesta a Dio l'autorità asso- separa coloro che si trovano Èv Xp~cr"tQ,
luta sulla sua vita negandogli la com- in quanto da lui sottratti alla potenza

118 Rom. 4,25; 1 Cor.15,3; 2 Cor.5,21; Gal. ed al:re.


1,4; Col. 1,14; 1 Petr. 3,18; 1 Io. 2,2; Heb. 2, 123 Cfr. 1 Cor. 4, 4 e recentemente TH.
17; Apoc. 1,5. SCHLATTER, Fiir Gott lebendig in Christi
119 Io. 9,16.24.25.31; ~ col. 891 s. Kraft , in: Jahrbuch der Theolog. Schule Be-
120 Rom. 3,7; 5,8.19. Gal. 2,15.17. thel 1930 (116-144) 121 ss. Cfr. 1 Io. 3,6.
121 Cfr. oltre Rom. 12,1 s.; 1 Cor. 1,19 s. e 124 Passo fondamentale: Rom. 6,1 ss.; cfr .
passim in Paolo; anche Iac. 1,27. Rom. 5,1.
122 Cfr. in Giovanni espressioni come ~ 125 Io. 5,24; 1 lo. 3,14 passim; -+ ~wii
ayam1.w,-+ x6crµoç, 't'TJPELV 'tÒV À6yov (µov) (cx.t&.Moç).
905 (I,337) iqw.p-rwÀ.6c; (K. H. Rengstorf) ( T,337l 90(,

della à.µa.p"tla. 126 e condotti in sua pro- (-? coll. 864 s.), assai frequentemente 1 •
prietà 127 e quindi al servizio di Dio 128 , Anch 'essa è da ricondurre etimologica-
da coloro che sono ancora « sotto il mente ad à.1Hxp-rcivELV ovvero à.µa.p"tEi:v
e non va dunque interpretata come ne-
peccato » 129 ovvero « nei loro pecca-
gazione <li à.µa.p-rwÀ6ç 2 • Fondamental-
ti » 130 e non conoscono rn Dio né tan-
mente àva.p.cip"t"fl"toc; significa privo di
tomeno lo servono 132 • Questa divisione di/etti Dapprima taie significato è del
è pit1 profonda di quella che prima del- tutto generico; può riferirsi ad esempio
la venuta di Gesù sussisteva fra i ' giu- alla costituzione di una polis (Ari»tot.
sti ' e i ' peccatori ' e lo è in quanto Po!. III 1 p. 1275 a 38 ss. cà.ç ÒÈ TIOÀL-
cdw; ÒpWJ.LEV don OW.qm;ouO"et.ç àÀÀYJ-
non è tracciata e mantenuta dagli uo-
),wv, xa.l -rà.ç !.LÈV vrnÉpa.c; "tàc; OE itpO-
mini , ma è sorta in Cristo per atto di
-rÉpa.ç ovua.c;. -ràc; ràp 1)1.ta.p"tT)l.Liva.c;
Dio e continua incessantemente 133 a j{CJ.L TIIXPEX0E0r1xv(a.ç à.va.yxa.fov ÙO""tt-
riprodursi. Ma da questo atto di Dio pw; dvrxi "t(:0v àva.p.a.pcYJ"tWV) o a<l u:i
risulta anche che nel N.T. non vi è proposito (rtporx(pEO"tç) (Aristot. Eth .
più un'autoconsapevolezza dei 'giusti', Eud II 11 p. 1227 b 12 s.: ... f.trw-
ossia dei ' giustificati ' come tale 134 , J.tEv 7:0"tEpov Ti àpE"tYJ àva.1.Lcip"t"fl"tOV
1-rnLEi: cYJV TCporxlpEO"t v ... ). In senso tra-
ma solo il dono della grazia che ha
slato àva.1J..6.pni-roç significa colui che
trasformato i peccatori in giusti 135 , e non sbaglia, senza che ciò implichi una
l'ardente desiderio di mostrare a tutti limitazione al campo morale in senso
la via a questa grazia 136 . stretto (Plut. Adulat. 33 [II 72 b]: wc;
a.ihòç àTiet.il.,iic; wv vTI'òpyfjç xa.L àva.-
1.Lcip-rT)-roç 3 ) ed anche colui che non ha
sbagliato (Xenoph.Hist Graec. VI 3,10:
La parola &.va.µcip"tT)"toç è attestata òpw yàp "tWV à.vi}p{.:mwv oùoÉva. àva.-
in greco a partire da Erodoto (5,39,2) p.cip"tT)"tov Ùtet.'tEÀouvca.); infine è usa-
e ricorre, a differenza di à.µa.p-rwÀ6s to per designare una condizione in cui

126 Rom. 6,lOs.; Heb. 9,26ss.; -)E~o.yopcH;w. àva.µci.p-rlJ-roc; manchi nel N.T., sebbene ve
127 Rom. 14, 7 ss.; 2 Cor. 5, 14 s . ed altri ne siano i presupposti sostanziali; cfr. TH.
ancora. ScHLATTER 141 ss.
12s Rom. 6,13.22 passim; --) lìovÀ.Evw. 135 Rom. 5,1; 6,17 s.; 7,25; 8,1 passim; ~
129 Rom . 3,9; Gal. 3,22; cfr. Rom 6,17; Io. Xci.pLç, 1t\IEUµo..
136 1 Cor. 9,16 ss.
8,34.
130 1Cor.15,17. civa.µap"tTJ"tOç
131 1 Thess. 4,5; 2 Thess. 1,8; Gal. 4,8. PREUSCHEN-BAUER 90; LrnDELL- ScoTT 112;
132 Gal. 4,8. Queste ultime affermazioni, che T11Es. STEPH. s.v.; BAUER, ]oh . 113 s.
veramente dovrebbero essere discusse in un t Numerosi esempi nei dizionari.
ampio capitolo a parte, spero di poterle svol- 2 La parola che più le si avvicina dal pun-

gere più minutamente e di poterle moti- to di vista linguistico è tiµci.p-.11µa.: -)nota 9.


vare in altra sede in un prossimo futuro. 3 Il significato di civa.rici.p"tTJ-roc; in Plutar-
m --) crxci.voo.Àov, µwplo.. co è determinato dal suo frequente accosta-
134 È significativo che l'autodefinizione --) mento ad ciTio.~i'jc;, che esprime la libertà dal-
907 (1,338) àµcwrwÀ6c; (K . H. Rcngm1 rf) (l ,338) ')08

non è ammesso che si sbagli(Plat.Resp. I No.111. 51 accanto ad à.vumxl-.~oc;nel -


339 c.: 1tO'tEpov oÈ à.va.µcip'tYJ'tol d1nv l'interpretazione di Gen. 17,1 (ylvov
ot &pxov'tEc; È.V 'ta..i:c; 1tOÀEO"LV ÉxcXIT'"t'a.Lc; ~ &µc:µn-.oc,), in O mn. Prob. Lib. 59
fì ofol 'tt xa.~ tiµa.p'tELV) 4 • Da questo si- (come avverbio) accanto ad épì)wc,, à.-
gnificato iniziale il termine perviene ad p.Ép.n-.wc;, à.vumuMvwc;, à.~ Y)µlwc;, en-
un autonomo sviluppo in senso cri- trambe le volte senza particolare riferi-
stiano , forse sulle tracce di Paolo, in mento a Dio 9 • Tak riferim ento è in-
Clemente Alessa ndrino (Strom . VI, 12, vece presente nell 'unico passo in cui
101,.3; V 11, 12,80,2), che lo identifica Ciu seppe u sa à.vo:p.6.pi:YJ-coc;, Beli. 7,
con yvc00"'ttx6c; nel se nso di colui che 329: à.w.qt&p,-r1i:ot r.:pòç -rò'J i}Eov yc:-
non può affatto sbap,liare ( = peaare )5. v6!'.Ev:n (ci t :1to da Thackeray) io.
Una simile sfumatura religiosa , deter-
Nel N .T. à. vcq.tap'tYJ•oc, compare sol-
mina ta dall 'idea di Dio , manca ad civrx-
p.ap'tTJ'tCS, per quanto ne sappiamo dal- tan to, ndla pericope della adultera
le fonti , nella grecità profana. Anche (Io. 8,7), nell'invito di Gesù: 6 à.va-
in Epitteto la formula à.va.µcip'tY)'tOV ftap'tT)i:oc; ù~twv r.pw-.oc; tn' a.ùi:11v Pa.-
dva.t esprime l'ideale umanistico, pu- ÀÉ'tw ÀWov. Qui civa.µcip'tT)'tOC, indica
ramente etico, del filosofo (Diss. IV, in modo del tutto generale chi non si
8,6; 12,19) b.
è ancora gravato di alcuna colpa ( ~
Nei LXX civa.µci.p'"t'Y)'toc; compare 3 àµapi:wÀ6c;) , implicando come natura-
volte: in 2 Mach. 12,42 con significato
le presupposto il riferimento a Dio. Ba-
sicuramente religioso: colui che si tie-
ne libero da colpa dinanzi a Dio; non sandosi su una particolare interpreta-
altrettanto sicuro è in 2 Mach. 8,4 ( '"t'WV zione di ci1.uxp-.wÀ6c; in Le. 7 ,3 7 e sul-
à.va.µa.p'"t'-i)-.wv 7 VY)nlwv r.a.pa.voµla. à.- la va riante €.nl àµap'"t'l~ di Io. 8,3 (D,
nwÀna. ); in ~EU'"t' 29,19 (~col. 872, in luogo di Èv pmxEl~), qualcuno 11
n. 31) appare accanto ad tiµap'twÀ.Oc; vorrebbe vedere in à.vaµap'tT)'tOC, chi
come antitesi di questo nel quadro di
non ha ancora commesso alcun peccato
un'interpretazione teologica del verset-
di natura sessuale o . adulterio, ma ciò
to da parte del traduttore. Inoltre in
Simmaco (W 58,5) come autodefìnizione non è assolutamente giustifìcato dalla
del 'pio' salmista (LXX: &vc:u à.voµla.c;) 8 • storia del termine. Anzi, ciò è reso in-
Filone usa à.vaµcip'tYJ'"t'OS in Mut. sostenibile dal contesto, che mostra

le passioni ; cfr. Aud. Poet. 7 (II 25 d); Pyth. 5 Indicazione di G. STAHUN.


Or. 21 (II 404 c); De/. Orac. 16 (II 419 a) 6 A tal proposito v. già Aristot. Eth. Nic.
passim. Cfr. anche Hier. Ad. Pelag., prolog. IX 1 p 1155 a 13 ss .
1 (M.P.L. 23, 517 a). 7 In ogni caso il significato è: « coloro
4 Questa accezione si trova ancora in Ge- che non hanno ancora sbagliato ».
rolamo, naturalmente in senso spiccatamente 8 V. inoltre col. 880, n . 50 e coli. 882 s.
cristiano (Ad. Pelag. II 4, M.P .L. 23, 562 b; 9 Cfr. a tal proposito anche l'espressione

II 23, 587 b): egli esprime in greco con à:va.- yvµvòc; àµa.p-n1whwv in Fu?,. 158.
µcip·nrtoç ciò che Pelagio afferma in latino IO Lex. Jos. 39 .
con la frase: « posse hominem, si velit, esse 11 BAUER, Joh . 114; H. ]. HoLTZMANN in
sine peccato ».
909 (I,339) ciwr1v (H. Schlier) (I,339) 910

Gesù alle prese con ypaµµa:tEi:ç e <pa- compaia m riferimento alla persona di
p•.O"ai:oL, ai quali ben difficilmente si Gesù, che pure è certamente senza pec-
sarebbe potuto rivolgere l'accusa di cato 14 • Se si evitò di riferire a lui que-
adulterio 12 • D'altra parte nessun altro sto termine fu forse per tenerlo lon-
argomento entra qui in questione 13 • La tano dalla sfera del non passe peccare
migliore interpretazione di à.vaµrip"tl)- e preservare così tutta la grandezza del
"toç in questo passo sembra, tuttavia, suo ministero e dcl suo sacrificio, senza
il generale e al tempo stesso concreto che con ciò fosse posta in qualche mo-
avrn àvoµlaç di tJ; 58,5 (vedi sopra ). do in quest io ne la singolari rà del suo
I"'.:: sorprendente che, al di fuori di rapporto con Di o, non oiiusclto da pec-
ques to caso, liva.µ.rip,.nytoç non com- cato e colpa 15 •
p<1ia mai nel N.T., e soprattutto non K. Il . RENGSTORF

èi!lEµn·TOç ~ 11Ép.cpo1uu
Ò:!1E"t"IXVOYJ't'O<; ~ !1E"t"IXVOÉW

à.µ -~ v

A. ' amen NELL' A. T. E NEL GIUDAISMO (Num. 5,22; Deut. 27,15 ss.; Ier. ll,5;
Neem. 5,13 ); 3. come attestazione di
Nell'A.T. 1 la parola 'amen è usata lode a Dio nella risposta ad una dosso-
dal singolo e dalla collettività: L a ri- logia (1 Chr. 16,36 ; Neem. 8,6), non-
badire l 'accettazione di un incarico affi- ché alla fine della dos sologia nei primi
dato da uomini, per l'esecuzione del quattro libri del Salterio (Ps . 41,14;
quale si ha tuttavia bisogno della posi- 72,19; 89,53: 'amen w•'amen; Ps.106,
tiva volontà di Dio (1 Reg. 1,36); 2. 48: 'amen hall'lu-jah) . In tutti questi
come conferma e accettazione del com- casi 'amen costituisce dunque il ricono-
piersi nei propri confronti di una mi- scimento di determinate parole come
naccia di Dio e di una maledizione ' certe ' e in quanto tali vincolanti in

Hand-Comm. zum N.T. al passo . 3: Èv òµoLwµa·n (~ òµolwµa) àµap•(a:ç;


12 STRACK-BILLERBECK I 297 s. cfr. anche 2 Cor. 5,2 1; Phil. 2,5 ss. (~µopcpi},
13 In Le. 7,37 si tratta di una meretrice crxiiµix); Heb. 4,15; 9,28.
(~ coli. 890 s.), qui invece probabilmente di ciµT]v
una fa nciull a fid anzata; sulla terminologia DALMAN, Worte I 185 ss .
rabbinica v. STRACK-BILLERBECK I 297 . DERS, Jesus-]eschua (1922) 27 s.
14 V. soprattutto Io. 8,46; 2 Cor. 5,21; 1 STRACK-BILLERBECK I 242 ss., III 456 ss.
Petr. 2,22. E. P ETERSON, ( 1926) Index.
1s La familiarità di Gesù con i .peccatori DAuscH, Synopt_ 128.
e la sua fondam entale diversità da questi so- 1 Per la radice ebraica 'mn =essere certo,
no espre sse con un'unica formula in Rom. 8, saldo, v. col. 627.
911 (I,339) à.1~Tiv (H. Schlier) (l,340) 912

forza di questo riconoscimento, per chi stesso dicasi di un amen pronunciato


le pronuncia e per tutti. Amen significa in risposta ad una benedizione (i. Sotà
dunque: ciò è certo e valido. 18b )4. Se qui il carattere dell'amen qua-
le risposta a parole dette da altri e co-
Nel giudaismo l'uso di 'àmen è mol- me conferma di tali parole resta preser-
to diffuso ed è disciplinato nei partico- vato, il suo senso muta invece nei rari
.lari. Alla pronuncia dell'amen è attri- passi nei quali compare come augurio
2
buito un valore straordinario • Nel cul- conclusivo, pronunciato dall'orante stes-
to sinagogale (non nel culto del tem- so , di proprie parole di preghiera:
5
pio) si trova amen come risposta della Toh. 8,7 s.; Taan. 4,8 e passim • La
comunità « dopo le singole lodi pro- conferma di ciò che è ' amen ' diventa
nunciate dal presidente dell'assemblea ~peranza in ciò che si desidera.
insieme con le preghiere o in altre oc-
casioni » e « dopo ognuna delle tre Questa tend enza si rafforza con i
parti della benedizione aaronitica di LXX che rendono 'amen per lo più con
Num. 6,24-26 impartita dai sacerdoti »3 • yÉvovto (una voi ta con &.À:rifrwç in 'lEp.
Era la professione di lode a Dio, che 3 5,6 ). Perciò anche l'intima dialettica
veniva proposta alla comunità e che del concetto espresso da 'iimen si oscu-
questa faceva propria nella sua rispo- ra, in quanto il ytvovro, pur implican-
sta. Ed era anche il riconoscimento del- do ancora l'idea di stabilità, di 'verità'
la benedizione divina, che era impar- di una cosa resa certa nella parola di
tita alla comunità e che questa rendeva Dio, non riesce più a rendere evidente
efficace nei propri confronti col suo che questo ' vero ' si presenta quale
amen. Fuori dell'ambito del culto poi diritto di Dio che nel mio amen diven-
ci si attendeva che il singolo rispon- ta vincolante nei miei confronti . In 1
desse amen ad ogni preghiera o ad Chr. 16,36; 1 Esd. 9,47; Neem. 5,13;
ogni lode a Dio pronunciata da un 8,6; Tob. 8,8; 14,15; 3 Mach. 7,23; 4
altro. Terminare questa preghiera o Mach. 18,24 è stato mantenuto l'ebrai-
lode con amen significava associarvisi. co &.µ-i}v (come accade per lo più in
Un amen dato in risposta ad un giura- Simmaco); ma la ragione vera di ciò
mento pronunciato da altri vincolava a non si conosce. È significativo che in
realizzarne il contenuto. Chi risponde- Aquila 'àmen sia stato reso con m:m-
va con amen ad una maledizione, o vi O"'tWi.lÉvwç ('lEp.35,6: 7tLO"'twfr-i}'tw). Ciò
si associava approvandola o si poneva mostra che egli si attiene ancora al-
egli stesso sotto la maledizione. Lo 1' idea di ' sicuro ', ' certo '.

2 STRACK-BILLERBECK III 457,460(sotto n). 4 STRACK-BILLERBECK I 242 .


3 STRACK-BILLERBECK III 456. 5 STRACK-BILLERBECK I 243.
'Jl3 (I ,340) ò:1ti'1v (H. Schlier) (l,341) 914

B.'Ap.fiv NEL N.T. E NU . CHISTIANE- Rom. 1,25; 9,5; 11,36; 16,27; Gal. 1,
SJMO PRIMITIVO. 5; Eph.3,21; Phil. 4,20; lTim.1,17;
6,16; 2 Tim . 4,18; Hebr.13,21; lPetr.
Nel N.T. tra i primi cristiani l'ebrai- 4,11; 5, 11; ludae25; 1Clem.20, 12
co à.p.fiv per lo più è stato semplice- passim; 2 Clem. 20,5; Mart. Pol. 21,1;
mente trascritto, non tradotto, e viene 22,3; IJiogn. 12,9 ed altri. Ciò non si-
u sato in tre maniere: gnifìca tuttavia che l'orante confermi
1. come acclamazione liturgica nel le sue proprie parole, ma solo che pre-
culto cristiano in 1 Cor. 14 ,16; simil- ghiera e dossologia hanno il loro posto
mente in Apoc. 5,14 nel culto celeste, nd culto davanti al popolo, la rispo-
dove le quattro bestie rispondono con sta del quale esse accolgono ovvero an-
Ò:p.TJV alla lode elevata da tutte le crea- ticipano. In questo senso è da interpre-
ture, così come il popolo in Iu st. Apol tare anche ò:µfiv posto a conclusione di
65 ,3 acclama con à.1..tfiv le Evxm'. e la parole profetiche in Apocl,7; in Rom.
EÙXG.PLO"'tLG. di colui che presiede alla 15 ,33; Gal. 6,18 alla fine delle lettere,
riunione 6 • In questi casi è sempre con- ovvero in Apoc. 22,20 alla fine del li-
servato ad amen il suo carattere di ri- bro. Proprio in quest'ultimo passo di-
sposta, in quanto è sempre ad un altro viene evidente come un atto di culto
che è diretto l'amen del popolo (gli possa esprimersi in un preciso genere
loLw'tm di 1 Cor. 14,16): in Did. 10,6; letterario. Il fatto che ò:µfiv, usato al-
Act. Thom. 29; Act. Phil. 146 ed in la fine di una dossologia, sia divenuto
Act. Io. 94 al Cristo-Verbo. Dire amen parte integrante della dossologia stessa
rientra nel diritto del À.a.6c; battezzato ovvero della preghiera, spiega come ab-
(Act. Phil. 147). E solo l'amen rende bia potuto mantenere il suo posto an-
perfetta la 7tpoo-cpopci (Ar 1 . Phil. 143 ). che all'inizio di una dossologia, conclu-
A questo amen si associa tuttavia an- dendo un'eventuale dossologia prece-
che colui che recita la preghiera a no- dente ed aprendo la successiva: Apoc.
me di tutti (Mart. Po!. 15,1; Act. Phil. 7,12; Mart. Mt. 29. L'unione di à.µfiv
117 s.). con ciÀ.À.Y)À.oui:a (Apoc. 19,4; Mart. Mt.
2. Anche le preghiere e dossolo- 26) si spiega con la natura acclamato-
gie cristiane 7 terminano per lo più con ria delle due parole e con la tendenza
à.µfiv Cfr. per le preghiere: Mart. che hanno le acclamazioni ad ampliarsi8 •

Pol.14,3; 1 Clem.45,8; 61,3; 64; Mart. Che questo amen cristiano abbia
Pt. 10; Act. Io. 77; per le dossologie: mantenuto il proprio intimo senso ori-

6 Cfr. Protoevang. Iacohi 6,2. 8 Sull'uso difforme di à.µi]v dr. PETER-


7 Come dcl resto anche preghiere giudai- SON, l. c.
che, dr. DALMAN, Worte I 185,3.
91.5 (I,341) ciµiJv (H. Schlier) ( l ,3Hi 916

ginario s1 può desumere da tre passi che ha continuato a sussistere nella


del N.T. In Apoc. 1,7 àµ'ijv è accosta- comur.ità cristiana, sar2! preservato piL1
to a va.l=sì. Ma Apoc. 22,20 richiama che mai ncll' à p. Ti v che Gesù pone..:
l'attenzione sul fatto che amen è rispo- innanzi alle sue parole nei vangeli
sta della ÈxxÀ.ricrla ad un 'sì' divino. sinottici 9 (30 volte in Mt ., 13 in Mc.,
Questo ' sì ' non introduce la preghiera 6 in Le.; qucst'ultimo ha àÀ.T}ìlwc; in 9,
escatologica, ma è il riconoscimento del- 2ì; 12,44; 21,3, Èr-'cùriiMo:c; in 4,25)
la promessa divina, grazie alla quale è e nel van ge lo di Giovanni (2 .5 volte, li -
possibile dir la preghiera . L 'amen del- turgicam entc raddoppiato). Nulla indica
la comunità rende il 'sì' divino valido che nd SUO U SO abbia :l\'UtO una rarte i)
nei suoi propri confronti. In modo ana- divieto di giurare imposto da Gesù 10 •
logo si può intendere l'amen di 2 Cor. In tal caso avrebbe anche potuto css e-
1,20. Poiché in Cri sto è il val di Dio, re usato un brqu.1-!à' o min qustii'. La
l'adempimento delle sue promesse, ec- collocazionc di <lmen prima delle sue
co che attraverso lui ( = attraverso la parole le qualifica piuttosto come cer-
ÈxxÀ.riula) sì manifesta l'amen, la ri- te, fidate e valide in quanto egli, Gesù,
sposta della comunità al ' sì ' di Dio , di chiara nell'amen la propria fede in
che in tal modo diviene certo e saldo esse e le rend e valide nei propri con-
fra i suoi membri (0E0o:i,wv v. 21). Così fronti. Queste parole possono avere di
Cristo stesso, con una reminiscenza di volta in volta significati assai diversi,
LXX Is. 65,16, può essere chiamato ò anche se riguard ano sempre il regno di
'Aµ-f]v (Apoc. 3,14) ed il senso di que- Dio e il rappo rto di Ge sù con esso.
sto appellativo essere spiegato con le Ma nell'àµ-fiv che egli pone innanzi a
parole: 6 µcip-ruç ò 1ncr'tòç xaì. àÀ. T}i}t,- À.Eyw Ù[.t~v è contenuta in nuce tutta
v6ç, i) àpxiJ -ri'jç x-rlO"Ewç -rou i}Eou. La la cristologia: colui che enunc =1 la pro-
risposta che egli dà al ' sì ' di Dio è lui pria parola come vera = certa, è al
stesso. E in quanto dà riconoscimento tempo stesso colui che dichiara la pro-
ed obbedienza al ' sì ' divino, col quale pria fede in essa e la invera nella pro-
si identifica, egli è il sicuro ed auten- pria vita, e la fa divenire, in guanto
tico testimone di Dio. realizzata, imperativo nei confronti de-
gli altri.
3. Ma questo significato di amen, H . SCHLLER

9 ScHLATTER, Komm . Mt. 155. 10 DALMAN, \V orte I 181) ~.


917 (l,342) à:µv6c; (J. Jeremia :;) (I,342) 918

àp.v6s, àpi}v, àpvlov

t àp.v6s

Attestato a partire dall'epoca classi- Gesù vide in se stesso, il servo di Dio


ca. I LXX rendono con àµv6s preva- di I s. 5 3. L'antichità della raffigurazio-
lentemente il termine ebraico kebef e, ne di Gesì:1 quale ~ 1m.i:s ih:ou nella
raramente, 'ajil, 'immar, keieb, 'attud, comunità primitiva (Act.3,13; 4,27.30)
~ò'n, qeSitd, rcihel, feh.
è certa , in qw111to questo suo appellati-
Nel N.T. àp.v6s ricorre quattro vol- vo scmhrò eccessivamente umile e fu
te (lo. 1,29,36; Act. 8,32; 1Petr.1,19) accolto sfavo revo lmente e ben presto
ed è usato esclusivamente in riferimen- evitato 2 . ìvfa il servo di Dio che soffre
to a Gesù; egli che, mondo da colpa, pazientemente è paragonato in ls. 53,7
ha sofferto ed è morto per gli altri, è a un agnello , e tale paragone viene ri-
paragonato a un agnello. ferito esplicitamente a Gesù in Act. 8,
Al tardo giudaismo è ignota l'im- 32 ( = Is. 53,ì) : ws àµvòç Èwx.v-rl.ov
magine del redentore presentato come -rou XEi'.pcx.v-ros cx.ù-ròv a<pwvos. Così I s.
agnello; l'unico passo che si potrebbe 53,7 potrebbe essere stato all'origine
citare - Test. Ios. 19 - potrebbe esse- della rafiìgurazione d.i Gesù come à~t­
re una interpolazione cristiana 1. Sorge v6ç. V'è poi da considerare l'influsso
così la domanda: come è nata nel N.T. di un secondo ordine di .idee. La croc.i-
la raffigurazione di Gesù quale à.µv6s fìssione aveva avuto luogo in una fe-
ovvero ~ Ò:pvlov? Due ordini di idee stività della pasqua ebraica. Prima in
possono aver agito in questo processo. Paolo, poi anche in Giovanni ( 19 ,36 ),
In primo luogo, fìn dagli inizi la comu- troviamo Gesù paragonato all'agnello
nità cristiana vide in Gesù, così come pasquale : -rò micrxa. i}µwv hv1}11 Xp~-

ciµv6ç na: «Vidi nel corno mediano (del quarto to-


F. SPITTA,Streit/ragen zur Geschichte Jesu ro) una vergine che indossava un vestito va·
(1907) 172-224. riopinto ; da essa uscl fuori un agnello. Alla
O. PROCKSCH, Petrus und Johannes bei Mk. destra della vergine vi era una bestia simile
und Mt . ( 1920) 125. a un leone. E tutte le bestie feroci e i ser-
C. F. BVRNEY, The Aramaic Origin o/ the penti vennero all'assalto; l'agnello li vinse an·
Fourth Gospel (1922) 107 s. nientandoli ». F. SrrTTA , Streit/r'agen zur Ge
A. SCHLATTER, Geschichte des Christus(1923) schichte Jesu (1907) 187-194 e LOHMEYER,
108 ss. Apok. ritengono che la raffigurazione del Mes-
STRACK.BILLERBECK II 367-370. sia come agnello in Test. I os. 19 provenga da
ScmATTER, Komm. ]oh. 46-49. una tradizione giudaica precristiana.
H. WENSCl!KEWITZ, Die Spiritualisierung der 2 A. VON HARNACK, Die Bezeichnung Je su
Kulturbegri/le Tempel, Priester und Op/er als ' Knecht Gottes ' und ihre Geschicbte in
im N.T. , Angelos 4 (1932) 70-230. der alten Kirche, SAB 1926, 212-238 .
I Test. Io s. 19,8 dice nella versione arm e·
919 (l,343) àµv6c; (J. Jeremias) (l,343) 920

cr-r6c, (1 Cor. 5,7). È vero che, oltre ad 7ta.i:ç) può aver e.lato luogo allo strano
agnelli, era ammesso sacrificare per la rapporto di specificazione ò àµvòç -rou
Pasqua anche capretti 3 ); si era soliti lJe:ou. Il doppio significato di talja' ha
tuttavia immolare i primi. Dunque, il dunque avuto una parte determinante
paragone di Gesù con l'agnello pasqua- nell'accoglim ento e forse anche nel sor-
le potrebbe essere all'origine della sua gere della raffigurazione di Gesù come
designazione come à.r.tv6ç, ovvero i due à.µ v6c; ovvero apvlov. Essa è nata così
ordini di idee- Gesù se rvo di Dio mite in area lingu istica greca o composita;
come un agnello e Gcsl1 vero agnello perciò ci si spiega come compaia esclu-
pasquale - potrebbero aver e agito as- siva mente 5 n ella letteratura giovan nea .
sieme. La raffigurazione di Gesù come à.r.t-
Tuttavia l'acce ttazione di Gesù da v6c; è dunq ue una creazione della co-
parte della comunità sotto la figura di munità cristiana. Questa osservazione
agnello di Dio , e forse anche l'origine è importante per giudicare della possi-
di essa, non diventano pienamente com- bilità storica delle parole del Battista in
prensibili senza un'ulteriore considera- lo. 1,29.36: ì'.oe: ò à.µvòç .-ou De:ou (con
zione. Nella locu zione ò à.µvòç .-oli i}e:ou l'aggiunta di 1,29: ò a.ì'.pwv -ri}v àµa.p-
(lo. 1,29 .36) il genitivo esprime inf~tti -rla.v -rou x6crµov ). Se nell'originario te-
un rapporto del tutto singolare, che si sto aramaico di questi due passi si par-
spiega soltanto rifacendosi all'aramaico. lava del servo di Dio, cadono allora i
In tale lingua la parola taljii' ha il dop- dubbi di fondo sollevati sulla storicità
pio significato di agnello e di ragazzo, di queste parole. Sulla traccia di Js.53 6 ,
servo. Probabilmente alla base della il Battista ha chiamato Gesù « il servo
espressione greca ò à.µvòç -rov i}e:ou sta di Dio 7 che prende su di sé i peccati
quella aramaica tal;,1.' dé'liihà') , intesa del mondo », intendendo con ciò rife-
nel senso di 'ebed jhwh 4, di modo che rirsi al!' espiazione vicaria della pena
lo. l ,29 .36 indicava originariamente Ge- del peccato 8 .
sù come servo di Dio. Solo la traduzio- Nella comunità cristiana le parole
ne di taljà' con à.µvòc; (invece che con del Battista assunsero un nuovo signi-

3 Ex.12,3.5; Pes. 8,2; T. Pcs.4,2 ~ 1tàcrxa. 6 Cfr. Is. 5.3 ,12: wehU' her'-rabbim nasa.
4 BuRNEY, I. e. 107s.; cfr. LOllMEYER, 7 Cfr. il riferim ento alla voce dal cielo di
Apok. 52. Mc. 1,11 con Is. 42 ,1.
s In Act. 8,32 e I Petr. 1,19 Gesù è sem- $ Sull'interpretazione messianica di Is. 53
plicemente paragonato a un agnello, ma non in epoca precristiana cfr. JoACH. ]EREMIAS,
raffigurato come agnello; la raffigurazione di Erlorer und Er/Osung im Spiitiudent um und
Gesù come agnello compare soltanto nella Urchristentum, in: Deutsche Theologie II ,
letteratura giovannea, due volte con la paro- Der Erlosungsgedank:e ( 1929) 106-J 19. Per
la ciµv6c; (lo. 1,29.36) e 28 volte con à.pvlov maggiori particolari ~ 1tct~c;.
(nell'Apocalisse).
921 (I,344) cì:µv6c, (.J . Jeremias) (I,344) 922

fìcato allorché Giovanni, ovvero la tra- cnpocpfjc, na.'tpona.pa.o6'tov, 1 Petr. 1,


dizione che egli aveva presente, tradus- 18). Ma la forza espiatrice della sua
se taljà' de'làhii' con ò ci.µvòc, 'tou ih:ou morte non è, come quella dell' agnel-
e raffigurò in tal modo Gesù come il lo pasquale, limitata ad Israele; quale
vero agnello pasquale ( cfr. Io. 19 ,36 ). agnus Dei egli espia la colpa di tutto
Nello stesso tempo anche a.ì'.pnv (I o. il mondo (Io. 1,29, ~ x6crp.oc,), ineso-
1, 29) acquista un nuovo significato, rabilmente sottoposto, senza distinzio-
quello di 'redimere' (con un'espiazione ne di religione e di razza, al giudizio
che elimina la colpa , ~ a.ì'.pw). Si giun- di Dio.
se allora a riferire le parole del Batti-
sta a Gesù quale agnello di Dio, che con
la forza espiatrice del suo sangue re- t àp1Jv
dime il mondo dal peccato. Tre cose
esprime la comunità cristiana quando Nei LXX traduce g•dz, taleh , teti,
raffigura Gesù come ci.µv6c,: 1) la pa- kebd, kdeb, kar, meri', 'attud.
zienza con cui egli soffre (Act. 8,32); Nel N.T. àp'fiv compare soltanto m
2) la sua immunità dal peccato (1 Petr. Le. 10 ,3: ànocr'tzÀ.À.w vµàc, wc, &pva.c,
1, 19); 3) la forza redentrice del suo sa- (il parallelo Mt. 10,16 ha np60a.'ta.)
crificio (Io . 1,29.36; 1Petr. 1,19). Pa- Èv µfo~ À.uxwv. La contrapposizione
ziente come un agnello offerto in sacri- ' agnelli/lupi ' esprime: 1. la pericolo-
ficio, il Salvatore è andato a morte per sità della situazione in cui si trovano
gli altri sulla croce; con la forza espia- gli inermi discepoli, dr. Ps. Sa!. 8,28:
trice della sua morte innocente ha can- xa.t ot OcrLOL 'tOU i)Eou WC, ~ à.pvla. ÈV
cellato la colpa {questo è il significato à.xa.xlq. Èv µfo~ a.Ù'twv (ossia in mez-
di àµa.p'tl -i in Io. 1,29) 9 di tutta l'u- zo ai popoli della terra); 2. la certezza
manità (Io. 1,29). La sua morte costi- della protezione divina, dr. T anh. t6-
tuisce così l'inizio dell'era della grazia l'd6t 32 b: « Adriano disse a Rabbi
(1 Petr. 1,20): come un tempo il san- Jehoshua (intorno al 90 d. C.): 'C'è
gue degli agnelli pasquali ebbe parte davvero qualcosa di grande nella peco-
nella liberazione dall'Egitto, cosi, con ra (Israele) che continua a sopravvive-
la forza espiatrice del suo sangue, Ge- re tra 70 lupi (i popoli) '. Ed egli ri-
sù ha compiuto la liberazione (ÈÀ.v'tpw- spose: ' Grande è il pastore che la sal-
it11'tE, 1Petr.1,18) dalla schiavitù del va e la custodisce e i lupi di fronte ad
peccato ( Èv 'tf\C, µcna.la.c, ùµwv ci.va.- essa abbatte ' ».

9 SCHLATTER, Komm. ]oh. 48. à.pl]v


SCHLATTER, Komm. Mt. 366 s.; STRACK - BrL-
LERBECK I 574; DAUSCH, Synopt. 486.
923 (I,344) ci:µv6ç (}. Jercmias) (I,345) 924

à.pvlov ne i miei agnelli Gesù intende riferirsi


alla comunità cristiana, oggetto della
à.pvlcv è originariamente diminutivo sua cura amorosa.
di àp1Jv, col significato di agnellino
(Philippides, fr. 29 [CAF III 310]: Controverso è invece il signifìcato di
àpvlou µaÀ.axw'tEpoc;); tuttavia in epo- &.pvlov nell 'A poca! isse, dove 28 volte
ca neotestamentaria non viene più sen- è chiamato con questo appellativo il
tito come diminutivo 1•
Cristo glorioso ed una volta (13, 11)
Se si esclude un passo dcl vangelo l'Anticristo, come figura a lui uguale e
di Giovanni (21,15), nel N.T. à.pvi'.ov antitetica 5 • L' attrihu ziorw all' ci.pVL".JV
compare esclusivamente nell'Apocalis- dell'ira (6 ,16 s.), della guerra e della
se, dove ricorre 29 volte. Al fine di de- vittoria (17,14 ), e specialmente le sue
terminare il significato di àpvlov nel sette corna, sono state addotte a soste-
N.T. è importante tener presente il si- gno della traduzione 'ariete ' 1'. Si è poi
gnificato che esso ha nell'uso giudaico- assai propen si a identificare l' ci.pvlov
greco. Nei LXX il termine designa, in dell'Apocali sse con l'ariete dello zodia-
tutti e quattro i passi nei quali ricorre, co ed a spiegare i tratti coi quali è de-
l'agnello: in Ier. 11,19 sta per kebei; scritto come simboli astrologici 7 • Ma
in frp.27[50], 45 si ha 'tà àpvla 'tWV le sette corna possono essere una remi-
1tpoBci.'tWV per se' fré has!o' n; in ~ 113, niscenza di Dan. 8,3 (cfr. Hen . aeth.
4.6 ò:pvla 7tpoBci.'twv per bene !On. 90,9.37; il numero 7 secondo Zach. 4,
Parimenti in Aquila (Js.40,11 =j'la'im), 1O), e soprattutto è molto discutibile
Ps. Sal. 8,28 (v. sopra) e Giuseppe 2• la giustificazione filologica della tradu-
In Io. 21,15 (B6o-xE 'tà àpvla µou) zione ' ariete '. L' uso giudaico - greco
il significato di ' agnello ' è reso certo (~ coll. 923 s.) conosce solo il sig;iifì-
dal parallelo 7tpoBci.'tLa 3 di Io. 21,16 e cato di ' agnello ', ed è sostenuto da
dalla versione siriaca 4 • Con l'espressio- Io.21,15 e 2Clem.5,2-4. Inoltre l'agnel-

ci:pvlov bef dell'A.T. (Num. 7,15; 23,12) con àpvlov,


A. JEREMIAS, Babylonisches im N.T. (1905) distinguendolo dall'ariete (xpL6ç).
8-18. 3 5. D.: rcp6Pa·rn..
F. SPITTA, Streitfragen zur Geschichte ]esu 4 Syr. sinpcs hphil ox, arm., Ta: v.15: agnel-
(1907) l 72_224. li ( = bambini), vv. 16-17: pecore e montoni
CLEMEN, 382-384. (= donne e uomini della comunità), dr. A.
LoHMEYER, Apok. 51-53. MERX, Das Evangelium des Johannes (1911)
HADORN, Apok. 76-78. 466-468.
H. WENSCHKEWITZ, Die Spiritualisierung der s B. MuRMELSTEIN: WZKM 36 (1929) 83.
Kultusbegri/fe Tempel, Priester und Opfer 6 SPITTA, l.c. 174; CREMER-KOGEL 167; K.
im N.T., Angelos 4 (1932) 213 ss. BoRNHAUSER , \Virken des Christus (1921)
1 Cfr. F. BoLL, Aus der Olfenbarung ]oh. 244 ss.
(1914) 45, n. 6; MouLT.-MILL, 78 a. 7 BoLL, l. c. 44 ss. e passim.
2 In Ant. 3,221.251 Giuseppe rende il ke-
925 (I,345) éiµr.EÀoç (]. Bc:hm) (l,346) 926

lo dell'Apocalisse «pareva essere stato 6), è onnipotente(~ xÉpa:ç) e onniveg-


immolato» (5,6; cfr. 5,9.12; 13,18); gente (5,6). - e) Egli assume la signoria
ciò dimostra che non si possono scin- del mondo , aprendo nel mezzo del con-
dere le raffigurazioni apocalittiche di sesso celeste ( 4,2 ss.) il libro del desti-
Gesù come àpvlov da quelle neotesta- no (5,7ss.); è adorato come essere divi-
mentarie di G esù come agnello sacri- no (5,8 ss. e passim); fonda sul monte
ficale (~ ciµv6ç) . Sion celeste (14,1 ) il regno d ella pace
Le raffigurazioni apocalittiche dcl (7,9); vince le forze diaboliche (17 ,14)
Cristo come cipvlov lo presentano qua- e ti ene giud izio (6, 16 s.; J 4,10), con-
le reden tore e signore del mondo, se- dannando e assolv endo in base al libro
gnando così il compimento d ei più im- della vita (13,8; 21 ,27). - d) Come
portanti motivi della tematica del sal- vincitore è signore dei signori e re dei
vatore 8 • a) L'agnello reca (sul collo) la re (17,14; 19,1 6), ti ene il banchetto
cicatrice del colpo ricevuto (5,6.9.12; nuziale con la comunità (19,9) e d allo
13 ,8); il suo sangue è sgorgato ad espia- stesso tron o di Dio regna sopra i suoi
zione dei peccati (5 ,9 ; 7,14; 12,11). - (22 ,l.3 ).
h) Ma l'agnello ha vinto la morte (5,5- ]OACH. ]ERE MIAS

Vite. Nel N.T. la parola aµTIEÀoç è la comunità dei discepoli (v. 1 ss.). È
usata in senso traslato come autodefi- difficile che Gesù si autodefinisca la ve-
nizione metaforica di Gesù: Èyw dµL race vite (~ cih1frLv6ç), la sola degna
ii èiµm:Àoc; ii cX.)..rifrLvl] (Io.. 15,1); lyw di tale nome, soltanto per differenziarsi
ELµL 1) aµTIEÀOç, Ù!J,E~ç 'tCÌ. :X:À 1)µ0:.'t0:. dalla vite vera e propria intesa in sen-
(Io. 15,5). L'allegoria della vite amore- so materiale. Più probabile è che egli
volmente curata dal giardiniere, dalla intenda contrapporsi ad altre figure, al-
quale scorre fino ai tralci la linfa vita- le quali l'immagine della vite era già
le, esprime in primo luogo l' intima applicata. Non è possibile determinare
unione, fondata su assoluta dipenden- con sicurezza se vi sia qualche rappor-
za, dei discepoli con Gesù, unione che to fra la metafora di Io. 15,1 e il yÉvri-
essi devono mantenere se vogliono por- µo:. 'tTjç ciµTitÀou dell'ultima cena in
tare frutti (v. 4 ss .); in secondo luogo Mc. 14,25 par. (cfr. la ciylo:. nµTIEÀoç
esprime la cura assidua che Dio ha del- ~a~lo, Did. 9,2).

s Cfr. A. }EREMIAS , l.c. 8-18. MANN, ]oh. 273; CLEMEN, 282 s.; F. Bi.icHSEL,
aµ1tEÀOç Joh annes und der hellenistische Synkretismus
ZAHN, ]. 576 ss.; BAUER, ]oh. 183 ss.; T1u- (1928) 52 s.
927 (I,346) &p.r-EÀoç (J. Behm) (I,346) 928

Alla letteratura israelitica e giudaica 301,11 ss.: «Io (Hibil) sono una tene-
l'immagine della vite è familiare: essa ra vite ... e la grande (vita) fu per me
il piantatore»; Lidzbarski, Liturg.218,
è simbolo del popolo di Israele in Os.
9 ss.: «Sulla riva dcl grande Giordano
10,1; Ier. 2,21 (&µm:Àov à.À'l"}i}~vfiv);
della prima vita sorge la meravigliosa
Ez. 15,1 ss.; 19,10 ss.; Ps. 80,9 ss. b. vite, alla quale si innalzano quotidia-
Hul. 92 a; Lev. r. 36 a 26,42 (Strack- namente la mia preghiera e la mia lo-
Billerbeck II 495, 563 ); in s. Bar. de»; cfr. 180,11 ss. 3 • I particolari di
.36 ss. è simbolo dcl Messia (39,7: queste raffigurazioni possono ispir~irsi
« regno del mio 1\1essia, che è ugua- al vangelo di Giovanni. Si veda per es.
Lidzbarski, Iohli1!llc .1 20.f,34 ss.: «La
le alla vite » ), della saggezza in Ec-
vite che dà frutti cresce; quella che non
clus.24,17, della sposa in Ps. 128,.3. ne dà viene qui recisa ... chi non si la-
Sia la concezione che la concreta attua- scia da me illuminare e istruire vienC'.
zione dell'immagine in Giovanni sareb- reciso »; Lidzbarski, Liturg. 253 ,1: «I
bero dunque comprensibili solo come tuoi puri germogli de\'Ono rimanere
«rinnovamento di preesistenti motivi »1 • uniti a te e non essere recisi»; Lidz-
barski, Ginza24,14s.: «Sradicate la vi-
Ma l'immagine della vite era altresì dif-
te cattiva, portatene una buona e piaa-
fusa, almeno per quello che sappiamo tatcla al suo posto ». Queste espressio-
da testi recenti, in tutto l'oriente, ad ni suonano come parafrnsi o applica-
esempio nel culto di Dioniso (chiama- zioni di Io. 15,2.4 ss.
to Eùcr-rricpuÀoç) 2 , e soprattutto nella
L'uso giovanneo delì'allegoria della
religione mandaica, nella quale non sol-
vite non sembra senza qualche relazio-
tanto l'inviato del cielo, ma anche tut-
ne con analoghe raffigurazioni orientali.
ta una serie di esseri del mondo della
Con le parole « io sono la verace vite »
luce porta l'epiteto di ' vite ', e nella
il Gesù giovanneo attribuisce esclusi-
quale si incontra addirittura una sorta
vamente a se stesso i tratti simÌJolici di
di metafisica della vite.
altre figure divine caratteristiche di
Lidzbarski, Ginza 181,27: « Manda quell'età sincretistica, dando ad essi
d. Haije si manifestò in Giudea, una
una nuova profondità.
vite comparve a Gerusalemme »; Lidz-
barski, Liturg. 68,7 (a Manda d.Haije):
J. BEHM

« Tu sei la vite »; Lidzbarski, Ginza

1 BucttsEL, l.c. 53. 281, nota 4 e 1934 s. v. Vine, golden.


2 R. KNOPF a Did. 9,2; W. BoussET, Ky- 3 LIDZBARSKI, Johannes, Liturg., Ginza Re·
rios Christos2 (1921) 274; J.GRILL, Unter- gister s. v. Weinstock. Inoltre W. BRANDT,
suchungen uber die Entstehung des 4. Ev. Jahrbuch pr. Th. 18 (1892) 433 ss.; M. Lrnz-
II (1923) 106; H. WEINEL, Biblische Theolo- BARSKI, Orientalische Studien Noldeke ge-
gie des NT. 4 (1928) 427; J. LEIPOLDT, Dio" widmet (1906) 538. Da un punto di vista
nysos (1931) 51 s. passim. Sulla vite d'oro, gnostico Act. Thom. 36: 'ltO'TÒc; i:'ìjç à.µm;f.ou
che assai presto ha una parte nel mito fri· i:Tjç à.Àr11'hv'ìjç. Forse anche Act. Petri cum
gio di Zeus, cfr. A. B. CooK, Zeus II (1925) Simone 20 (p. 68 Lipsius).
929 (l,347) civa.yLvwcrxw (R. Bultmann) (l ,347) 930

ii.µw1ioç, àµWµlJ-coç ~ µwµo ç


civa.~o: lvw ~ ~a.lvw
civa:yyÉÀÀw ~ I, coli . 162 ss.
civa.yEvvciw ~ yEvvciw

à.va.yLVWO"XW, à.vcl:yvwaLc;

'Ava.yLvw<rxnv significa in greco co- la letteratura cri sti ana tardiva. Alla let-
noscere esattam ente, riconoscere, cd è tura cultuale dell 'A.T. è fatto poi espli-
usato per lo più nel senso di le[!,gerc cito riferimento in Le. 4,16; Act. 13,
per sé ovvero per altri (i due concetti 27 ; 15,21 ; 2 Cor. 3,15. Poiché Apoc.
nell'antichità coincidono) 1 • Con questo 1,3 si riferisce alla lettura delle profe-
significato non è raro nei LXX (dove zie contenute nel libro, e poiché le let-
generalmente traduce qr') . tere apos toliche venivano lette fin dai
Nel N.T. riva.yLvwcrxnv indica la primissimi tempi nelle assemblee de,le
lettura di una lettera (Act. 15,31; 23 , comunità, se ne deduce che oggetto del-
34; 2 Cor.1,13; 3,2; Eph.3,4), special- 1'à.va.ywwa-xHv cultuale furono fin da
mente nell'assemblea della comunità (1 principio, oltre all'A.T., anche gli scrit-
Thess. 5 , 27; Col. 4,16). In Io. 19,20 ti apostolici (cfr. 2 Clem. 19,1; Iust.,
indica la lettura del -rh).oç sulla croce. Apol. 67,3 s.) 2 •
Tuttavia il termine sta per lo più ad
indicare la lettura (privata o pubblica) 'A vcl:yvwa-Lç è l'atto del conoscere,
dell'A.T .: Mc. 2,25 par.; 12,10 par.; d~l riconoscere e specialmente la let-
Mt. 12,5; Act. 8,28; Gal. 4,21 (varian- tura privata ovvero pubblica ( cosl an-
te) passim. Cfr. in particolare Mc. 13, che Pape) , in particolar modo la lettu-
14: ò à:va.ywwcrxwv voel-rw (ossia: co- ra ad alta voce davanti al tribunale e
lui che legge il passo apocalittico in in altre assemblee. Il termine veniva
questione, che potrebbe essere Daniele, già usato nel giudaismo ad indicare la
faccia bene attenzione). Cosl anche in lettura cultuale dell' A. T. Cfr. Philo,
Ios ., Ant.4,209; 10,267; 20,44s. e nel- Rev. Div. Her. 253 e l'iscrizione sulla

àva.ywwcrxw, à.vci.yvwcrLç in der alten Kirche, in : Beitriige zur Einlei-


PREUSCHEN-BAUER, s. v.; STRACK-BILLERBECK tung in d en N.T. V (1 912 ).
IV 154 ss. (Exk. 8); R. KNOPF, ZNW 3 (1902 ) I Così anche PAPE.
266 ss .; In. su 2 Clem. 19,1, in: Handbuch 2 Se nei LXX &.va.ywwcrxsLv traduce qr'
:.zum N.T., Ergiinzungsband (1923); P. GLAUE, anche laddove qu es to verbo può significare
Die V orlesung heiliger Schri/ten im G ottes- soltanto ' chi amare ', ' annunciare' (ler. 3,12;
dienst I (1907). Inoltre A. 1-IARNACK, Ober 11 ,6 ; 19,2) , ciò è dov uto al fatto che indica
den privaten Gebrauch der heiligen Schriften già la lettura cultuale.
931 (I,347) ò:va.yxciçw (W. Grundmann) (I,348) 932

sinagoga di Gerusalemme: rrvva.ywy-fiv ni posteriori v. a<l es. Clem. Al., Paed.


dc; iXvciyvc.iow v6~wu 3 • Così anche nel II 10,96 ,2; Strom. I 21,146,1; VI 14,
cristianesimo primitivo: Act. 13,15; 2 113 ,3.
Cor. 3,14; 1 Tim . 4,13; per attestazio- R. BuLTMANN

à.va.yxcist0, à.va.yxa.i:oc;
à.vciyxl]

A. à.va.yx- AL Dl FUORI DEL N.T. radicate in una terza pit1 generale: -ro
p:iì ÈVOEXOµEVOV aÀÀwc; EXELV à.vayxcx.i:-
La definizione del concetto espresso 6v qicx.µEv ov'twc; EXELV (M etaph. IV 5
dalla radice à.vayx- 1 è esaminato da p. 1015 a 20 ss.).
Aristotele nella Metafisica quando si Con ciò sono fissati vari significati
chiede in che cosa consista "t'Ò àvayxa.i:'- della parola à.vciyxri: costrizione, ne-
ov. Esso è... ou èive:u oùx Èvozxe:"t'CH cessità, in senso traslato strumento di
sfiv ... , ossia la conditio sine qua non violenza e tribolazion e. à.vcx.yxcx.i:oc; è
ciò che costringe o è necessario. à.vcx.y-
dell'essere e della vita; è Èvav"t'lov ... "t'D
xrisw significa indurre qualcuno a qual-
Xa.'tà 'ti)v '7tpocx.lpEO-LV XLV'TJO-EL XCX.L xa.- cosa, forzare ecc. secondo tutta una gra-
"t'tX "t'ÒV ÀoyLrrµ6v, ossia tutto ciò che è dazione che va da una pressione ami-
sottratto alla libera autodeterminazio- chevole fino alla coercizione violenta 3•
ne e si oppone ad essa come una bar- Due sono perciò i modi di concepi-
riera invalicabile 2 • Entrambe queste ac- re l' à. v ci y x 11 nel mondo greco - elle-
cezioni della parola sono a loro volta nistico.

(s'intende dell' ÉxoucrLov) 1ta.pà -r:+iv ~ou­


3 DEISSMANN, L.0.4 379. ),T)crLv ov, -rò 1tEpL -r:+Jv àµa.p-r:la.v liv dT)
à.va.yxcil;w wr: À. xa.t à.µa.frla.v à.1tElxa.c:J-çm OÈ -r:fl xa.-r:à -r:à
R. HIRZEL, Themis, Dike und Verwandtej èiyxT) 7topElq., o-r:L Mcmopa. xa.t -r:pa.xfo:
(1907) 426-428 . Xa.L )..cicrLO. ov-r:a. tcrxn "t'OV Uva.L. ÈV'tEV-
R. WtiNSCH, Sethianische Verfl,uchungstafeln frEV oùv tcrwç Éx À.1)1'TJ à.va.yxa.i.'ov, -r:fl
(1898) 94-96. ouì -r:ov èiyxouç à.1tnxa.crfrÈv 7topElq., Plat.,
PAULY-W. s. v. Ananke I 2057 s. Crat. 420 de .
STRACK-BILLERBECK, Die Vorzeichen und Be- I Dall'etimologia non si ricava nessuna si.
rechnung der Tage des Messias (Exkurs) cura indicazione semantica. La definizione
IV 977 ss. platonica da noi citata ha scarso valore. È
K. BENZ, Die ÉvEa"r:wrn. à.vciyxT) in 1 Cor. probabile, invece, che à.va.yx- sia connesso
7,26, Theol. u. Glaube 10 (1918) 388 ss. con una parola celtica indicante ' bisogno,
P. T1sCHLEDER, Nochmals die ÉvEcr-r:wcra. à.- necessità'; dr. W ALDE-POKORNY, Etym. W art.
và.yxn in 1 Kor, 7, 26, ibid. 12 (1920) d. indogerm. Sprachen I (1930) 60.
225 ss. 2 La definizione platonica coglie solo qut-
I. RoHR, Hebr. 33 s. sto aspetto del concetto di <ivciyxT).
Def.: ... -r:ò OÈ à.va.yxa.i:ov xa.L à.v-r:l'tU1tOV 3 Per i vari significati vedi i lessici.
933 (l ,3 48) civa:yxcisw (W. Grundmann) (l,349) 934

1. Intesa come conditio sine qua condiziona ogni realtà.


non la àvciyxn viene assunta nella gre-
cità a principio cosmico dotato di un 2 . Nell'ambito del dualismo cosmo-
carattere divino e addirittura come la logico spirito-materia l'àvciyxn è con-
personificazione della più potente ener- cepita come una forza contrapposta al-
gia divina del cosmo. Perdutosi questo lo spirito, dì cui intralcia e limita l'at-
carattere nel corso del processo di ra- tività. L'origine del mondo è pensabi-
zionalizzazione del pensiero greco, l'à.- le soltanto É~ ò:vciyxl)c; '°t"E xaì. vou au-
vciyxn diventa l'espressione concettua- a-rciaEwc; (Plat., Tim. 48a)4. Dall'àvciy-
le di una necessità immanente. L'elle- Xl) così concepita derivano le varie
nismo torna poi a concepire l'àvciyxY) civciyxcu particolari: Épw-nxaì. civciy-
come una realtà ipostatica, un concetto X<XL (Plat., Resp. V 458d); ai. -rfiç q>v-
personificato , identificandola con altre O'Ewç civciyxaL (Aristoph ., Nu. 1075;
divinità. La xpa·n:pi} 'Avciyxn governa Philo, Ios. 264; Leg. Alt. III 151), che
l'essere (Parmen. fr . 8,30 , Diels, I 157, intralciano l'anima nell'esplicazione del-
2); è la potenza suprema ( xpEfoaov ov- le sue facoltà. Il compito della vita
OÈv 'Avciyxac; l)Ì.ipov (Eur., Alc. 965) . etico-religiosa è quello di dominarle e
sottometterle alla ragione. Al fondo
Nel mito dell' al di là svolto nella Re-
dell'civ<iyxl) sta la realtà fatale e ine-
pubblica Platone colloca la sede del-
luttabile della morte (o àvrx.yxafoç 'tp6-
l'à.vciyxl) al centro del mondo (Resp.
7toç, Eur., Herc. Fur. 282 s.). Con la
X 616 ss.). La ò:vciyxl) ha gran parte
morte fisica l'anima immortale si svin-
negli incantesimi, p. es.: ff,opxlsw ae. ..
cola dalle pastoie del corpo: .. . t!ivxii
xa'"t"à. 'tfjç 'A vciyxric; 'tWV 'Ava.yxalwv
µl)xhL '"t"a.i:c; awµa'tOc; àvciyxmç ÉVOE-
(Preisendanz, Zaub . III 120 s.), mentre
OEµtvn (Philo, Ios. 264).
nella letteratura ermetica le viene attri-
buita un'importanza relativamente mo- La situazione stessa in cui s1 trova
desta: ... µÉpl) ÈO''TÌ. ['tou] i}Eou ... dµa.- l'uomo così concepito può essere definita
[ pµÉvl)] xcd civciyxn xaì. 1tp6voLa. xaì. come &.vciyxl). Il testo noto come 'Li-
q>vaLc; (Corp . Herm . XII 21). Ciò che turgia di Mitra', appartenente al gran-
Filone dice dei Caldei (dµapµÉvl)v 'tE de papiro incantatorio di Parigi, parla
xcx.ì. àvciyxl)v i>Eo1tÀ.!XO''"t"i)aa.v'tEç, Migr. infatti di una ÉvEO''tWO'a. xaì. xa.'"t"rnel-
Abr. 179) vale in sostanza anche per i yovcrci µE mxpà. ci.vciyxl) (Preisendanz,
Greci. La àvciyxl) è insomma una for- Zaub. 526s.) intendendo con ciò la con-
za inconoscibile che domina il tutto e dizione naturale dell'uomo.

4 Cfr. l'analoga concezione filoniana della .. a~àç 6 voùç Èvod)fj "tcx~ç O"wµa"toç ò:vciy·
vita individuale: ... lJ.vwfrEV CÌ7t' OUpaVOU Xa· xcxtç, Rer. Div. Her. 274.
935 (l,349) civc:tyxcil;w (W. Grundm:rnn) (I,349) 936

Nell' A.T. e in Giuseppe à.v<i yx11 in- dono di Dio e della sua Torà, sovverti-
dica uno stato di dolorosa oppressione. mento di tutte le norme morali, disso-
Nell'A.T. è quasi sempre traduzione di luzione delle stesse leggi di natura » 5 •
Cfr. anche l'enumerazione delle civciy-
~ar, ~ara, parola che esprime i concetti
Xct~ (siiri1) fatta da R. Akibà a propo-
di angustia e oppressione. A differen-
sito di 5. Num. 76 a 10,9 6 : «e quan-
za però della grecità e dell'ellenismo, do marciate in guerra contro il nemico
la civ<iyx11 così concepita non vien fat- che vi opprime (hsr b~rr) e date fiato
ta consistere tanto nella situazione na- alle trombe, allora di voi si fa memo-
turale condizionata dal dualismo spiri- ria innanzi a Dio » (ossia siete aiutati).
to - materia, quanto nelle tribolazioni H.. Akibà d:ì la seguente spiegazione:
Trovo 4ui clcnc:lti soltanto guerra, ina-
collettive o individuali di ogni genere
ridimento e ingiallimento del grano;
- persecuzioni, ostilità, oppressioni, ma- ma quando una donna partorisce con
lattia - considerate spesso come prove difficoltà o una nave viene sballottata
o punizioni mandate da Dio. In questo nel m<ire, donde viene tutto questo?
senso la parola è usata anche da Giu-. Una risposta ì'offre ] 'espressione 'l hsr
seppe (Bell.5,571; cfr. anche Test. los. hsrr (intesa come pleonasmo): a moti-
vo di qualunque necessità (srh=à.vcX.y-
2 ,4 ). Che cosa significhino le àvciyxm
XìJ) (dovete dar fiato alle trombe invo-
per il singolo israelita risulta chiaro dal cando in tal modo l 'aiuto di Dio) per-
seguente testo del salmo: xcd. è'.xpat;av ché essa non si abbatta sulla comunità.
1tpÒç XVpLOV ÈV "tQ i}).l~ECTlhL ctihouç,
xcx.ì. Èx "tWV à.vcx.yxwv rxÙ"tWV fowcn:v
B. àvayx- NEL NUOVO TESTAMENTO
aÙ"tOVç. xcx.Ì. És-iJycx.yEV ctÙ"t"ovç Éx crx6-
"tOU<; XctÌ. Èx CTXLéiç itcx.whou XctÌ. "tOÙç Nel N.T., come nell'Antico, non vi
OEcrµoùç ctÙ"t"WV OLÉPP1JSEV ( ~ 106,13s. ). è traccia di una àv<iyx11 divinizzata,
Sofonia parla di una T]µtpa it).l\jJEwç incompa.:bile con l'idea di un Dio crea-
xctì. civciyxl]ç in riferimento al giorno tore e conservatore del mondo. Perciò
di Iahvé, inteso come il giorno del la parola, quando non è usata nell'acce-
giudizio (Soph. 1,15). zione corrente, serve a designare, come
già nell'A.T.:
L' a p o e a I i t t i c a e la t e o 1 o -
g i a r a b b i n i e a trattano diffusa-
1. una situazione angosciosa, quale:
mente della tribolazione messianica, de-
finita ' le doglie del Messia '. Questa a) la tribolazione messianica (Lc.21,23:
tribolazione messianica consiste in «sol- È'.cna~ yàp àvci.yx1] µEy<iÀ T) É7tÌ. "tfjç
levazione e guerra, pestilenza e fame, -yfjç), b) le angustie di cui soffre p. es.
scarsezza di raccolti e carestia, abban- l'apostolo Paolo e di cui soffrono i cri-

s Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 977 ss. 6 Cfr. K. G. KuHN, Si/re Num . 195.


937 (1,350) civaì..oy la (G. Kittel) (I,350) 938

stiani ( 1 Cor. 7 ,26) 7 , ossia la tensione dovere 8 di tremenda serietà, cioè la


dolorosa derivante dal contrasto fra la predicazione del vangelo, ed egli non
vecchia natura e l'uomo rinato in Cri- vi si può sottrarre senza attirarsi la
sto (2 Cor. 12,10; 6,4; 1 Thess. 3,7). condanna.

2. Con la parola civa:yx'T] Paolo ca- 3. à.va yxT) è usato poi in riferimen-
ratterizza la sua missione apostolica: to all'ordine delle cose stabilito da Dio
à.vr:X:yxT) yci.p f..lOL È7tr'.xn-ra.L (1 Cor. 9, (Rom. 13 ,5; 1\.ft. 18,7), nel senso di
16 ). Come agli antichi profet i, così an- ' e' necessario
. ,.
che a Paolo è stato imposto da Dio un w. GRUNDMANN

civa:yvwcnç ~ col. 930 ci.vrxxa).{m"tw ~ xcx.ì..vn"tw


civa.oElxvvp.~ ~ 0Elxvv1H civci.xnµrx~ ~ XEi:µa.L
civo:~ciw ~ t;wi] 0.vr:x.xEcprxÀméw - xEcpa.ì..1)
civciftEµa., civa.ftEµa."tlt;w, civci.ftnµa. àva.xpcit;w ~ xpci.t;w
~ àvcx:tlft1]µL àva.xplvw, civcixpLCTLç ~ xplvw
civaxawlt;w, civa:xawéw, Ò.'Jaxa l'JW- civrxì..rxµ~civw, ci.vciì..T)µ1J.nç ~ À.cr;µ~civw
v~ç ~ xrxwéç

t civa.À.oylcr.

à.vr:X.À.oyoç: conforme al À.oyoç, d'ac- À.rnpi}Év"twv (LXX: È1tÌ "t<Ì E"tl') 'tCÌ.
cordo con una data cosa. Quindi à.vcr.- €7tlÀ.ot'ltl'I ) •
Àoyla è la corrispondenza che si ha in
una giusta relazione, la proporzione. Il passo di Rom. 12,6 dichiara che
Si notino le espressioni :xa.Tà. Tl]v il xr:X.ptcrµa -.Tjç 7tpoq>11•Elac; dev'essere
O:vaÀoylav: Plat., Polit. 257b; P . Flor.
x<nà. -.i)v à.vaÀ.oylav 'tTjç 1tLO"'tEWç,
150,91 =:xaTà. ('tÒ) à.vciÀ.oyov: P. Amh.
dove chiaramente si afferma che tale
II 85,17 s.; Philo, Virt. 95: tributi le-
gali :xa'tà. 'tÒ à.vciÀ.oyov 'tTjç :x•ncnwc;. carisma deve trovarsi, in chi lo possie-
Field, Hexapla a Lev. 27,18 Alius 1 : de, in esatta corrispondenza con la ~
:XCI't&. à.vaÀ.oy(av 'tWV É'tWV 'tWV Ù1t0· 'ltLO"'tL<;. Che poi questa nel presente

7 f.vEr:n:wua: è la necessità 'presente'; dr. daismo del tempo: ... oÙoEµla.v civciyxnv
per es. le espressioni esattamente parallele ~La.LO"tÉprxv dvr:x.L voµlt;oµEv -ri'jç 7tpÒç -ròv
PonftEi:v -rii ÈvEcr"twcrn civci.yxn, 3 Mach .1,16; véµov i)µwv EÙ1tEdMcr;ç, 4 Mach . 5,16; ... -ri)v
PREISENDANZ, Zaub. IV 526 s.; infine xa"tci ..• xcx.-rà. "tOV"touç (se. v6µouç) 7ta.pa0EooµÉv11v
-rò ÈVECT-ròç xì..w~w, Ps. Aristot ., Mund. 7 EÙO"É~ELa.v (pyov civcr;yxcné-ra.-rov 1tav-ròç -rou
p. 401 b 21. Plov 1trnOL1]µÉvot (Ios., Ap. 1,60).
8 L'esperienza di un dovere imposto da ò:va.Àoyla
Dio non era ignota alla religiosità del giu· 1 FIELD I 217.
939 (I,351) civàµvl)<nc; (J . Behm) (I,351) 940

contesto non sia la regula fidei della negli altri , come nel carisma delle gua-
dottrina cristiana - fides quae creditur 2 rigioni, la corrispondenza appare ester-
- si vede chiaramente dalle due espres- namente in quanto al venir meno dell.i
sioni parallele del v. 3: hcicr-ç~ ò frEòç fede scompare anche la forza del ca-
iµÉpL<rEV µÉ't'pov 3 TCl<r't'EWC,, e del V . 6: risma , diverso è invece il caso della
xa:tà "t''lÌV xci.pLV 't'TJV oolMcrcxv TJ[.l~V. Tipoq>TJ't'Ela ( 1 Cor. 12,10; 14,29), poi-
Il xci.pL<rµcx può essere esercitato solo ché vi è pericolo che questa venga eser-
da chi crede, poiché la virtù di esso citata anche in assenza della fede 4 • Per
ri siede nella à..vcx).oyla.. con la forza del- questo si rammenta che essa è effetti-
la fede di colui che lo possiede. Ciò vamente possibile solo xcx 'à. à.va),o-
vale per tutti i carismi. Ma , mentre ylcxv TCL<r't'EWç .
G. KITTF.L

ci.vàÀvcnc;. civa.Mw ~ Mw
civap.rip-nrroc; ~ coli. 905 ss.

. .. à.vci.p.vT)<rL'J, per es. in un 'iscrizione


&.vciµ.vncnç, ricordo, reminiscenza. Si- tombale di Nicomedia dell'epoca impe-
non. Ù7t6µvl')<rLç, dr. Philo, Plant. 108. riale} 2 consente al vocabolo di passare
Da µvTH..lTJ, memoria, à..vri~LVY)<rtç si di- dal significato a. di ricordarsi con un
stingue sul piano filosofico in quanto è atto della coscienza (Philo, Vit. Mos. I
« riconquista di impressioni già perdu- 21; Congr. 111; 1 Clem. 53,1; Iust.,
te fatta con un preciso atto della volon- Ap. 44,11) all'altro b. di rammentare
tà » 1; cfr. Plat., Phileb. 34 b; Leg. V mediante la parola, l'esortazione (com-
732 b: à.vci.µvncriç ò'fo·dv Èmppoi} q>po- memoratio: Lys., Or. 2, 39: frucrtwv
v{jcrEwç à'ltoÀ.Emovcrnc;; Arist., Hist. An. &.vcxµv'i)crw;) e al terzo c. di rammenta-
11 p. 488 b 88; Philo, Leg. Alt. III 91- re con un gesto, « un atto che richia-
93; Congr. 39 s.; Virt. 176; Berliner ma e fa presente qualcosa » 3, come in
Klassikertexte 2 ( 1905) Ind. s.v. &.vciµ- Num. 10,10 dove il ricordo (zikkiiron)
VTJCTt.c;. Il momen1 o attivo presente in davanti a Dio è provocato da uno squil-
a;vaµVY)O"LC, (si veda l'espressione TCOLE~V lo di tromba; e in Sap. 16 ,6.

2 Questa opinione, che prevalse per lungo ci.vciµ.VT)CTLC, x-r À.


tempo, è sostenuta da MEYER e da B. WEISS I TRENCH 38, n. 1.
nei rispettivi commenti alla lettera (a.l. ). 2 B. LAUM, Stif tungen in der griechischen
3 La versione siro-palestinese traduce con und romischen Antike II (1914) 141 n. 203.
3 BACllMAN N, 1 Kor. 369.
un medesimo termine &.vaÀoyltX (v. 6) e
µ€:rpov ( v. 3 ). Cfr. anche Plat., Tim. 69 b.
• Cfr. ZAHN, Rom . a.l.
94 l (1,3.51) à.và:µvl)cnç (J. Behm) (l ,3.52) 942

Hebr.10,3: Èv cx.v"tcx.i:c; ("tcx.i:ç Dvcrl- di Gesù, il che significa che, nel corso
atç) à.v6:µvrio-Lc; à.µcx.p·nwv xa."t'' Èvtau- di esso, non devono limitarsi a ricor-
"t'ov, 'per mezzo di essi (dei sac::ifìd) dar5i di lui, ma devono cvrnpiere questa
s! ha ogni anno un ricordo dei peccati'. àvci.µvncrtc; in un rito, come vuole il
I sacrifici per il peccato, che si ripeto- senso del termine e la spiegazione del
no annualmente nel giorno dell'espia- v. 26. La comunità, con questo suo
zione, mancano lo scopo, a cui mirano, « fare » che è la ripetizione di quanto
di togliere i peccati (v. 1 s.) per il fat- han fatto Gesù e i discepoli alla vigi-
to stesso che finiscono per richiamarli lia della passione 5, intende render pre-
di continuo alla memoria, presentandoli sente il Signore, il fondatore del ban-
in atto ai fedeli che assistono al rito chetto eucaristico, colui che con la sua
come qualcosa che ostacola la comunio- morte ha dato l'avvio alla novella ~
ne con Dio . Un apprezzamento siffatto ÒLai}l)xri.
del sacrificio del giorno dell'espiazione Quanto al 1e s s i c o : EÌ.ç cz.vcz.µvTJ-
è in aperto contrasto con quello che ne crtv traduce t•hazkzr in ljJ 37 (tit.), ljJ 69
faceva il giudaismo e trova una certa (tit.); Sap. 16,6; lust ., Dia!. 27,4. In
conferma solo in Num. 5,15: ltvcrlcx Lev.24 ,7 rende l'ebraico /•' azkara, men-
µvriµoo-uvou à.vaµtµvfio-xovo-a. à.µa.p- tre in Es. 12 ,14, dove il giorno della
"t'lcx.v 4 ; cfr. Ium .34,19; Philo, Vit. Mos. Pasqua vien definito come quello del
ricordo della liberazione dall'Egitto,
II 107 parlando dei sacrifici dei mal-
l'espressione t•zikkaroh è tradotta con
vagi dice che essi où À.Vcrtv ciµap"t''l)- µ VT) µ60-vvov.
µchwv, àJ..).,' ù1t6µvrio-Lv Épycisoncn Quanto all' o g g et t o : nel Testa-
(Plant. 108). mento di Epicuro (Diog . L. X 18) si
parla della fondazione di un banchetto
1 Cor. 11,24 (Le. 22,19 ree. H. K.): per i morti dç "t'lJ\I i}µwv 'tE xat Mri-
"t'OV"t'O 1tOLEL"t'E dç. 'l:lJV ȵ'lÌv à.vci.µv710-tv, 'tpoòwpov µvl)µnv 6 • Per la « anamne-
v. 25: 'tOV"t'O 1t0LEL"t'E, òcnixtc; Èà.v 1tLV'l)- si » intesa come rito commemorativo
della morte di Cristo nell'antica cele-
"t'E, dc; 'tlJV ȵi}v à.vci.µvl)CTLv. La ripe-
brazione eucaristica 7 cfr. già Iust., Dia!.
tizione del pronome 'tOV"t'O indica che
41,1: El.ç &.v&.µvncrw "tou 7taDovc;, 70 ,4:
il testo si riferisce all'intero rito euca- 1tEpt 'tOU ap'tOV 0\1 1tCl.pÉÒWXEV .. . O •••
ristico, che - dice Paolo - i cristiani XptO""t'Òc; 1tOtEi:v e:Lc; àvciµvncrtv -.ov 'tE
devono « fa re » ( ~ 1tOtÉw) in memoria crwµo:'to1tot l)o-a.O"ltm o:ù-.òv òtà. "t'oùc;

4 RIGGE NBACH, WrNDISCH, su Hebr. 10,3. 7 G. P. WETTER, Altchristl. Liturgien: Das


s BACHMANN, 1 Kor. 368 s.; LrETZMANN, christl. Mysterium (1921) 66 ss.; 143 ss.; F. J.
1 Kor., a.I.; D. STONE, DCG II 74 a; cfr. Doi.GER, IX0Y:E II (1922) 549 ss.; H. LIETZ-
SrcKENBERGER, 1 Kor. 54. MANN, Messe und Herrenmahl (1926) 50 ss.;
6Per antichi esempi di simili fondazioni O. CASEL, Jahrbuch f. Liturgiewiss. 6 (1926)
cfr. LIETZMANN, 1 Kor. 93 s. 113 ss.
943 (I,352) civcma.vw ( O. Bauernfeinù) (l,352) 944

1
1UCT'tEUOV'tCXç dç CXU'tOV, OL ovç xaì. µÉµVl}V'ta.t.
7ta.ihrtòç yÉyCVE, xaì. 1tEPÌ. 'tOG 7t0'tl)- In 2 Tim. 1, 5; 2 Petr. 1, 13; 3, 1 5
plou, o dc; à.wiµVY)CTLV 'tOU a.i'.µa'toç \m6µv1]crLç ha praticamente lo stesso
CX.Ù'tOV 1ta.pÉOWXE\I EÙXll.PLCT'tOVV'ta.ç 1tOL- senso di àvci.1wricrLc; quando è usato
ELV, 11 7 ,3: È7t' à.vcx.µ v'fioH 'tijç 'tpocpijç
con valore attivo.
a.Ù'tWV •.• , Èv TI xaì. 'tOU mii)ovç •••
J. BEHM

civCJ.\IEOW ~ VEoç
civcil;~oç ~ lis~oç

àvarccxuw, àvcbta.ucrLç, bmvcx.7tcx.uw


(~ xcncoto:.uw, xccrci::mxucrLç)

t civa.7ta.uw Nel N.T. civarcaunv significa talvol-


ta il riposo fisico (e ) nel senso usuale:
a. far cessare (Horn ., Il. 17,550; Ec- Afr. 6,31: aVt'X7tt'XVCTCXQ"i)E ÒÀ.l-yov; Mc.
clus. gr. 18,16); medio: cessar di fare 14,41: xa.i}EuOE'tE 'tÒ À.ovr.:òv xaì. àva.-
qualcosa {Xenoph., Anab. IV 2,4). b.
nauEcri)E; Le. 12,19: àvcxm:x.uou q.iciyE
metter qualcuno tranquillo, calmare
7tLE (negli ultimi due passi è detto per
(Xenoph. , Cyrop. VII 1,4 ; LXX 2 Ba.cr.
7,11; 1 Chron. 22,18; Prov. 29,17; Ec- biasimo). Più frequenti sono i casi in
clus. gr. 3,6; Liturgia di S. Marco 129, cui Ò:VCX1tCXUELV significa calmare ( b) l'in-
11 Brightman); medio : aver riposo da timo dell'uomo 1 : 1 Cor. 16,18 : à:vÉ-
qualcosa (Plat., Critias 106a; LXXEsth. 7tCXucra.v yàp 'tÒ ÈµÒv 7tVEvµa.; Philm.
9,16: à.7tò 'tWv 7tOÀ.Eµlwv). c. al medio: 20 : ò:.vci.7tcx.u0"6v µou 'tà <r7tÀ.ciyxva.;
riposarsi (LXX Ex. 32,12; detto dei
al passivo 2 Cor. 7 ,13: ò:.va.7tÉ7tCX.U'ta.L
morti in Ecclus. gr. 22,11; IG XIV
1717; Act. Andr. 15[83,7]; Anth. Pal. 'tÒ 7tVEvµa. cx.ù'tou; Philm .7: 'tàcrrcÀ.ciy-
12,50). d. al medio: continuare nel ri- xvcx 'tWV àylwv &.va.1tÉmxu'tm. Nell'A-
poso (LXX Dan. 12,13 ). e. al medio: pocalisse è usato in riferimento a mo-
posarsi su qualcosa(~ Èmiva.mxvoµa.L: menti dell'al di là; quindi è detto di
LXX I s. 11 ,2: detto dello spirito di Dio chi si riposa (b) dalle fatiche , 14,13:
che si posa placidamente su qualcuno, àvcxnai)crov'tcx.L 2 Èx 'tWV x6nwv a.Ù'tWV,
in contrasto con l'assiduo agitarsi di
di chi persevera nel riposo (d), attende,
chi è immerso nei negozi terreni; Clem.
Al., Bel. Proph. 56,6 s.; lambl., Comm. 6,11 : L\ICX. civa.7taVCTWV'tCJ.L E't°L XPOVOV
math. scient. 8 p.33 : detto dell'ombra). µLxp6v. In 1 Petr. 4,14 il soggetto è lo

• Quanto dice il WoHLENBERG, Past. 274 1 STRACK·BI LLERBECK, 486 ; Plot. Enn. VI
n. 1, è giusto solo in parte. 9,9: civa.mxvE·w.~ IJ;uxl'J.
à.vcma.vw. 2 Quanto alla forma dr. W1NER (ScHMIE-
SCHLATTER, Mt. 385 s. DEL ) § 13,9; BLA S S-DEBRU NNER § 78.
945 (l,353) civa.7tcxvr.ù ( O. Bauernfeind) (l,353) 946

spirito di Dio: "tÒ 7tvEuµa. i)Eov Èqi' ùµéic; Sl)'t'OÙV &.vci1rn.u<nv (lo spmto immon-
civa.7tm)nm (e) . Finalmente in Mt . 11, do) che cerca un luogo di riposo (e).
28 il verbo abbraccia tutta la vasta gam-
Il Vangelo dei Nazareni riferendo le
ma dell'opera salvifica di Gesù 3 (b; ~
parole dello Spirito Santo nel battesi-
civcimXUO"Lc; b ). mo di Gesù dice: Fili mi, in omnibus
prophetis exspectabam te, ut venires et
requiescercm in te. Tu enim es requies
mea .. . (Hier., in Is. 11,2).

a. cessazione, interruzione (Plut.,


Lib. educ. 13 [II 9 c] ); b. pace (fre-
t É.7ta.va.mxvw
quente nei LXX; Ecclus. gr. 6,28; dr. Termine tardivo e raro . All'attivo:
51,27, dove la pace è promessa al di-
!ud. 16,26 A: b:avci1tcxvcr6v µE sinon.
scepolo della sapienza; E cclus. gr. 30,
17 var.; 38,23, detto della pace dei di èX.qm;; oltre a questo passo solo in
morti); c. luogo del riposo, come 6:vcX.- Ael., Nat. An. V 56 e in Procopio <li
7tctuµcx (LXX Gen . 8,9; Num. 10,33; Gaza {v . Pseud .-Choricius 1, Boissona-
Ecclus. gr. 24,7, cercato dalla sapienza ; de p. 170 ), col senso della forma me-
Ruth 3,1 1 ); d. giorno del riposo, sa- dia {v. so tto a). Al medio a. posarsi so-
bato (Ios., Ap. 2,17 4 ).
pra ... (~ àva.7ta.vw e) Ios., Ant. 8,84;
Se ai discepoli della sapienza il giu- LXX Is. 11,2 S; Num. 11,25 s.: É1ta.vE-
7tctuO"a."t'o "tÒ 1tVEvµa. È1t C(U"t'ouc;). b. I ar
1
daismo prometteva la pace, in Mt. 11,
28, invece, si fa brillare, nell'antico leva su ... LXX 1 Mach. 8,12: µE"t'tX OÈ
stile della promessa, la visione della "tWV q:iO.wv whwv xr.x.l "t'WV È7ta.vr.x.m:x:u-
pace vera (b ), quella portata da Gesù oµÉvwv a.Ù"torc;; Mich. 3,11: È7tÌ. "tÒV xv-
con il vangelo. Ad essa sono invitati PLOV Èmxvrna.uov"t'o. Cfr. Epict ., Diss. I
quanti nel giudaismo han trovato non 9 ,9: "tÒV CÈ q>LÀ.écroq>ov l)µi:v oei)on èX.À.-
la pace sperata, ma solo gravi pesi (~ ÀoLç i)a.ppovv"t'a. xa.1. Èmxvcma.uéµEvov
cpop"tlov, i;uyéc;). Mt. 11,29: Evpi)cr~"tE tX7tOOT]µE~V.

ò:vcimxucnv "ta.i:c; \).iuxa.i:ç ùµwv (11,28 Le. 1O,6: È1t<X\I0:7ttXi}crE't'cxti È1t' aù-ròv
~ civa.7tcxuoµcxL). Apoc.4,8, dr. 14,11: li dp"r)v11 ùµwv, posarsi (a); Ev. Hebr.
ò:vG.7ta.uaw oùx ExouovJ l)µÉpa.ç xa.i (Clero. Al., Strom. II 9,45,5; V 14,96,
WX"téc;, senza tregua (a). Mt. 12,4.3: 3): 6 ~a.o-tÀ.Eucraç È1ta.va.7tcx"r)crE"ta.L, ri-

3 La scarsa attinenza di questo passo con i:i!teren drei Evv., (1930) su Mt . 11,28 s.
il concetto del Messia proprio dei rabbini si I Cfr. E. L. HicKs, JHSt 12 (1891) 230.
può vedere in STRACK-BILLERBECK I 607.
btavam1vw
cì:vci7ta.vcriç 1 Cfr. C. KrnsTEN, Quaestiones Choricia-
ScHLATTER, Mt. 388; DAUECH, Komm . zu den nae, Bresl. phil. Abh. 7 (1895) 46 ss.
947 (l,354) ci.vrJ."CÉ),)..w ( 11 Schlier) (l,35-!) 'J-IS

posarsi (a); Rom . 2,17: d OÈ Èmx.vcx.- so della legge' ( b)


7tcx.un v6µ0, ' se tu ti adagi nei posses- O. BAUERNFEIND

civrmÌ.T]péw ~ nÌ.T}p6w Ò:.VrJ.CT"CCWp6w ~ O"'tavp6ç


civcX.cr-rrJ.1ni; ~ civlcr-rT)p. ~ civaO"o::pÉqJ w, civaO"o:: poqJ11 ~ v'tpÉqiw

5; Zach. 3,8; 6,12 e coml'. tradu zion e


di ziira h, sorgere, in riferirnl'.nto a Num.
Trans.: far uscire, far salire. Intr.: 24,17 (darak 1 ), è stato applicato al
uscire, salire. Questo significato generi- Messia. I due significati <li d.va:rÉÀÀELV
co viene precisandosi a seconda del- convergono in quesLl designazione, co-
l'oggetto di cui si parla e in queste
sì che è difììcile precisare in qual misu-
differenziazioni non si rileva diversità
di sorta tra il Enguaggio religioso e ra ciascuno di essi vi si riscontri. In
quello profano. Detto di e o se·' cfr. Hebr. 7,14: t!; 'Iovfo. d.vcx.-rhaht.v 6
Aesch., fr. 300 (Nauck; v. Gen. 3,18) xvp~oc:; i}µwv' il verbo va tradotto con
a-crixuç; Pind., Isth.6,75 uowp; 1 Clem . ' germogliare ' e lo stesso si dica di
20,4 -rpoqn); Diogn. 12,1 ;uÀov; LXX Test. G. 8 e di Test. D. 5 (mentre in
2 Chron. 26,19 ii ÀÉ'ltpa.; Lev. 13,37
Test. Iud. 24 significa 'risplendere').
l}plç; Le. 12,54 VEq>éÀT} (salire). È det-
to pure di cose astratte: ljJ 71,7 81xm- Nel linguaggio cristiano civa:-rD.Ànv si
ocrvv11; Philo, Con/. ling. 14 ecc. Det- applica con tutta naturalezza a Cristo
to di p e r s o n e : civÉ-cetÀE crw-ciJp,
nel senso di ' sorgere, illuminare ': 2
Epigr. Gr. 978. Per lo più il verbo ri-
Petr. 1,19; Ign., Magn. 9,1: Èv TI (se.
guarda la luce: Mt. 4,16 = \jJ 96,11;
degli astri (LXX Iob 3,9; Is. 14,12; 'Ì"jµÉpq,) xcxt fi 1';,w'fi fiµwv (Cristo, no-
Aristid.4,2; 6,3), del sole (Hdt. I 204; stra vita) civÉ't'E~ÀEV O~' mhou xcxl 't'OV
IV 40; LXX Gen. 32,31; Ecclus gr. 26, fra:v6.-rou cx.ù-coii. Alla pari di Cristo e
16; Mt. 5,45; 13,6; Mc.16,2; Iac.1,11 ). del sole anche il martire sale a Dio:
Preisendanz, Zaub. IV (Paris) 2989 ss. Ign ., Rom. 2,2.
Il concetto cristiano di civa:-C"ÉÀÀHv
Si veda pure Od. Sal. 7,15 : « Brillò
rende il sostantivo ~ema~, germoglio nel Figlio». Diverso è invece il senso
(deverbale di samah, germogliare) e, di Od. Sal. 15,10, dove parlando de~
inteso nel contesto dei passi di Ier. 23, Signore (che è poi il cantore stesso) e

O.vcnÉÀ.Àw X"CÌ.. (1921) 205-214 ;


STRA.CK-BILLERBECK II 113; F. J. DoLGER, Sol salutis2, 1925, 149 ss.
A. }ACOBY, 'AvrJ.-ro).Tj Ét; \hj.iouc;, ZNW 20 ' Cfr. Bibl. Hebr. KrTTEL 2, a.I.
949 (l,354) ci;va."t"O..Àw (I!. Schlier ) (l,355) 950

paragonandolo al sole si dice: «Nella redentore redento (A ct Thom. 108ss.),


terra del Signore è cresciuta la vita im- dall'altro è anche il punto da cui pro-
mortale». Cfr. Lidzb., Lit. 192: « L'uo- viene l'Anticristo (Act. Thom . 32),
mo di provata giustizia è germogliato
quello in cui vive il demonio acefalo
e ha brillato nel mondo ».
(Test. Sa!. 9,7 P) 1 • In Apoc. 7,2 la
à.vcx'toÀ.i) è la regione buona, donde
proviene l'angelo con il sigillo; al con-
trario in 16,12 è la regione malvagia,
1. Il sorgere degli astri: Eur.,Phoen.
dalla quale partono i « re ».
504; Plat., Po!it. 269 a; Mt. 2,2.9; P.
Tebt. 2ì6 ,38.
3. Il concetto espresso in à.va.'toÀ. Ti
2. La direzione dalla quale sorge il di Le. 1, 78 è problematico. In sé e
sole, mattino, oriente. Al sing., Apoc. risalendo dal contesto (che per altro
7,2; 16,12; Act. Thom. 18 con f]Hou; può intendersi in varie maniere) l'e-
Apoc. 21,13; 1Clem.10,4; Lit. di Mi- spressione à.va.'toÀiJ f.ç i.hj;ovç si può
tra (Dieterich) 4,16 = Preisendanz, intendere in due modi: a. come equi-
Zaub. IV (Parigi) 514; Act. Thom. 105. valente di semaf:J ihwh, 'Messia di
Il contrario è ouaLc;: 1 Clem. 5,6: EV 'tE Dio'; difatti i LXX in Ier. 23,5; Zach.
--i-n àvcx'toÀ.i\ xcxt f.v "TI OUO"EL. Al plur. 3,8; 6,12 traducono con àvcx.'toÀ.1} lo
(come grecismo) ricorre più di fre- ebraico !emaf:J, ed è proprio grazie a
.quente : Hdt. IV 8; Polyb., II 14,4; questi passi che il vocabolo divenne
Num. 23,7 e pass.; Mt. 2,1; 8,11; 24, nella sinagoga nome del Messia. b. Può
27; Le. 13,29 = da tutto il mondo. In essere intesa anche nel significato di
Act. Thom. 108 ss.; Ios., Bell. 3,3 àva.- ' stella che viene dal cielo ', come fa
'tO À. Ti =
Oriente (come regione). Filone (Conf. ling. 14), il quale, richia-
Spesso l'oriente è il punto cardinale mandosi a sua volta a Zach. 6,12, in-
.che spicca in senso buono; talvolta pe- tende il À.éyoç come à.vcx"t"oÀ.l] 2 • A fa-
rò spicca anche in senso deteriore. Se vore di questa seconda interpretazione
<la un lato esso è la sede del paradiso stanno due circostanze: il rapporto del
'(dr. Gen. 2,8; Hen. aeth. 32,2), del v. 78 col 79, il quale postula per à.vcx-
Messia (Sib. 3,652), della xvpla. (Herm. 'toÀ.1} il significato di luce e non sem-
Vis. 1 ,4, 1. 3), del figlio regale, cioè del plicemente quello di semaf:J, e inoltre

«Xva."t"oÀ:ii z Cfr. l'iscrizione di un cammeo: dç ZEùç


IPer la concezione degli antichi cfr. Clem. l:ci;pa.mç, d.ytov ovoµa., <ra.~a.w, qiwç, à.va.-
Al., Protr. p. 80,25 s. (= 11,114,4); STAHLIN 'tOÀ TJ, Xì}Wv in PETERSON, Erç 0Eéç ( 1926)
in FR. BoLL, Aus der Offenbarung Joh. 238 testo e n. 2, dove à.va.'toÀTJ significa il
(1914) 20. sole che sorge.
951 (l,355) à.vtnllh1µL (J. Behm) (I,355) 952

il modo con cui Zach. 6,12 è inteso da Melitone poi parafrasa Le. 1,78 con le
Giustino e da Melitone. Giustino per parole xa1. µévoç ilÀLoç oùuç civhn-
spiegare la cX.vcnoÀ:i) di Zach. 6,12 si ÀEV ò:7t' oùpa:vou intendendo che la vi-
richiama sempre (Dial. 100,4; 106,4; sita della misericordia di Dio si è avuta
121,2; 126,1) al verbo civa:. dÀÀEW di quando nel Messia Cristo, sole del mon-
Num.24,l 7 e la interpreta come la com- do, è spuntata la luce celeste.
parsa di Cristo sotto forma di stella. H. ScHLIER

ò:va:: i'.iJTH lL' 7tpOGa. va 't UJrip.L


civci.iJEµa., ò:vaiJT)µa.,
xa.'tci.lJqw., cX.vafrEµa.'tl~w,
xa. 'tcx.lJqw 'tl~w

23: civa:iJɵEVOL 'tÒ r.pciyµa. cixÉpa:Lov;


Act. Barn. 4 (293, 10 Bonnet): &.vEiJÉ-
µ11v "tà. p.uo""t"DPL<J...
ò:va'tllJ'l)!J.L ricorre nel N. T. solo al
medio col dativo della persona e l'accu- Analogo è l'uso di Tipocra.va"tlih]µL.
sativo della cosa, e significa esporre, co- al medio (originariamente metter din-
municare, narrare. Act. 25,14: "ti{l ~a:­ nanzi qualcos'altro [medio qualcos'altro
cnÀ.Ei: civci.i}E"to "tcX xa:"tà. "tÒv IfouÀ.ov. di sé]). Gal. 1,16: où 7tpocmvEi}ɵT)v
Più precisamente vale esporre per ave- o-a.pxì. xa.ì. a.tµa.-rL, non l'ho sottoposto
re un consiglio, sottoporre all'approva- agli uomini per avere la loro approva-
zione e alla decisione di qualcuno. Gal. zione e il loro giudizio. Gal. 2,6: ȵoì.
2 ,2: Ò:vEfrtµ11v CXÙ"t"OLç "tÒ EÙa.yyD..Lov. ot ooxouv"tEç oÙÒÈv 7tpocmvÉi1Ev"to: le
autorità costituite null'altro mi comu-
Quest'uso di &.va:"tWT)µL, ignoto alla nicarono 1 o sottoposero al mio giudi-·
grecità classica, è comune invece nella zio. Soltanto Paolo dunque ha riferito
xowr'); p. es. Mich.7,5; Plut., Amat.
chiedendo una decisione (2,2); mentre
Nar. 2,l (II 722d): "t-(iv 7tpéi~LV &.vÉ!Jno
"tWV halpwv "tLcrlv; Alciphr. Ep. 3,23, non si è dato il caso inverso, ossia che
2: 7tpoç O"E wc;
<plÀov Ò:va.Mcrfra.L "tÒ le ' colonne ' della comunità di Geru-
xa.LvÒv "tOU'tO ... qici.crµa.; P. Par. 69 D, salemme abbiano sottoposto qualcosa.

civcnUh1µL X""t"À. J. WE1ss, Urchristentum (1917) 202.


CREMER-KOGEL 1059. E . DE WITT BuRTON su Gal. 1,16 e 2,2.6.
PREUSCHEN-BAUER 97. I Euthymius Zig. (Calogeras I 511): oùoÈ'>
NAGELI 45. npocnoléìa!;6.v µE.
ZAHN, Gal.3 65 n. 78, 99 s.
953 (I ,355) civa:tli}T]µL (J. Behm) (I,356) 954

(probabilmente una contro\'ersia) al suo ~!IX, che peraltro continua ad essere


giudizio 2 • usata 1• Esso indica esattamente, come
questa , ciò che viene esposto, riserva-
L'interpretazione comune (le autori- to alla divinità: a) l'offerta votiva (espo-
tà non mi imposero null'altro) 3 è lin- sta nel tempio): C. I. G. 2693 d, 12;
guisticamente incerta ed è in contrad- Plut., Pelop. 25,7 (I 291 b); 2 Mach .
dizione col contesto, che non accenna 2,13; Iudith 16,19 A; negli altri casi
ad alcuna ' imposizione ' (diverso è il i LXX hanno sempre àwx.iJnµcx., e così
caso di Act. 15,28). Il significato di ri- pure Filone (per es. !11igr. Abr. 98; Rcr.
ferire per ottener consiglio o una deci- Div. Her. 200). - b) ciò che viene ab-
sione risulta certo invece dal confronto bandonato all'ira di Dio, ossia è lascia-
con Chrysipp., De Divina!. (Il 344, to alla distruzione oppure soggiace alla
.31 ss. van Arnim): ovo:p ... itpOCi'U.\10:- maledizione. Nell'ultima accezione 6:v6.-
i)foìJm òvupoxpL't1J; Diod.S.XVII 116, ikµcx. (più raramente Ò:\laiJY}f.tcx.) oltre
4: 't'O~C, µav't'EO"L 7tpOO"<X\IO:i}EµE\IOC, 7tEpÌ. che in un'iscrizione imprecatoria di Me-
't'OV GiJ[.Ldou); Luc., Iupp. Trag. 1,3: gara sec. I-II d .C. (I.G. III 3 ) 2, si tro-
ȵo/, T.pO:J"O:VaÒov, ).o:0t [.LE rrvµ0ovÀov va solo nei LXX, dove rende l'ebraico
7tÒvwv. L'interpretazione caricare di un herem (Lev. 27,28 s.; Deut . 7,26; 13,
altro peso, che si vorrebbe appoggiata 17; Ios. 6,17 s.; 7,11 ss.; Zach. 14,11
da Xenoph., Mcm. II 1,8: npocra.va.lJÉ- e passim). Ciò che è ' bandito ' 3 viene
<riJcx.L 't'Ò xa./, 't'O~C, IXÀÀOLC, noÀl'to:Lç wv sottratto alla sfera profana dei rappor-
oÉov'ta.L itOPLSEL v, è arbitraria, poiché ti con gli uomini ed è votato unicamen-
in questo caso il verbo è usato nella te alla distruzione. Perciò nei LXX in
diatesi media propriamente detta: sob- corrispondenza a ~erem si alternano con
barcarsi un altro peso . ri'Jci.i}nµa. parole come Ò:1twÀna (Js . .34,
5) Èço).ziJpwµcx. (1Bcx.cr.15,21), Èxi}Àt-
t tiv6:ì7o:µa., t 6:v6.ì7nµa., ~Ti (Mich. 7,2), 6:cp6pLCTµcx. (Ez. 44,29).
t xcx.'taiJEµa
1. Nel N.T. il significato di offerta
6:vaì7Eµa. è un neologismo ellenisti- votiva si trova solo in Le. 21,5, dove
co in luogo della forma attica 6:vciih1- del tempio di Gerusalemme si dice che

2 Cfr. ZAHN (che si richiama a Teodoreto) MouLTON 68; BLAss - DEBRUNNER § 109,3;
e J.WE1Ss a.l. DITT., Sylf.3 IV 208 s.v. Tardive sono le arti-
3 Ancora in LIETZMANN, Gaf.3 12. ficiose distinzioni semantiche fra le due paro-
àvcifrEµa: X"t' À. le (cfr. Theodoret. a Rom. 9,3).
L. BRUN, Segen u. Fluch im Urchristentum 2 Cfr. per questo A. DEISSMANN, ZNW 2
(1931). (1901) 342; lnEM, L. 0. 4 74; NAGELI 49;
SCHENKEL I 351 ss. MouLT.-MILL. 33. Per le tracce di un più an-
HEJNRICJ, R.E.3 I 493 ss., XXIII 40 s. tico uso extragiudaico dell aparola cfr. C. T.
CREMER-KOGEL 1059 ss. NEWTON, Essays on Art and Archaeology
PREUSCHEN-BAUER 84 s. ( 1880) 193 s. Per civcifrEµa: nel neogreco =
ZAHN, Rom. 430 s., Gal. 50 s. pietrame della maledizione dr. Philol. Wo_
S1CKENBERGER, Rom. 248, 1 Cor. 87 s. chenschrift 46 (1926) 133.
I MoERIS, Lex. 188, 30 BEKKER (1833 ); 3 Cfr. H. GRESSMANN, R.G.G.2 I 754 s.
9.55 (l ,356) (l,357) 956

civa.t)-fip,a.ow ( S D civailtp.crnw) xEx6- mina l'a ttacca mento tenac e e l'ansia tor-
o-µrrmL mentosa dell'Apostolo per la salvezza
del suo popolo che si ostina a non ri-
2. Paolo usa civci:i}Eµa allo stesso mo- conoscere il Cristo (cfr. Ex. 32,32).
do dei LXX, ossia per designare l'og-
getto di una maledizione. 1 Cor. 12,3: civciDq.ux corrisponde al rabbinico
oùòdç Èv nvEuµcnL t)rnv Àa.Àwv ÀÉyEv 'iinJr 5 • Per il concetto cfr. Rom. 9,3
civci:t)Eµa. Tr1:rouç: è impossibile perché e Neg. 2,1 (i figli di Israele - io voglio
essere una es piazione per loro 'ani kap-
contraddittorio, che il cri sti ano, se ani-
piirclt!in) e altr i passi 6 , non però il ban-
mato dallo Spirito Santo, possa maledi- do dalb si nagoga detto herem 1 . Cfr.
re Gesù, ossia desiderare che egli venga ;111cora Ios., Bel!. 5, 9: Àci~nE µLcrfròv
annientato da Dio! Come for mula di "tijç Éav-rwv crwi:ripla.ç i:ovµòv dµa.·
1
maledizione la parola è usata in 1 Cor. xàyw t)vncrxnv f:i:oLµoç , Et p.Ei: ÈµÈ crw-
16,22 : EX ·nç où q>LÀE~ -ròv xvpLOV, 11-rw q>povEi:v µÉÀÀE'tE.
civcit)Eµa. Cfr. Gal. 1,8 s.: civrXi)Eµa Con lo stesso significato di àvrit)Eµ!X
fo-rw. Rom. 9,3: riùx6µriv civciiJEµa in Apoc. 22 ,3 (=Zach. 14,11, dove pe-
dvm aù-ròç Èyw ànò -rou XpLcr-rou, io rò si trova civcii}Eµix) ricorre xa.i:cit)E-
stesso vorrei essere anatema da Cristo, 1..1.a., oggetto di maledizione: xal miv
ossia essere bandito dalla comunione xai:cit)Eµa. oùx foi:cu E-rL, nulla sarà
con lui. In questo caso il concetto fon- maledetto nella nuova Gerusalemme,
damentale è quello della consegna al nel paradiso degli ultimi tempi (come
giudizio di Dio di colui che dev'essere nel perduto paradiso primigenio, Gen .
civcit)Eµa, perché peccatore. Che que- .3,17 ss.). Cfr. Did. 16,5 : crwM1crov-rai.
ste formule non alludano ad un provve- 1
Ù7t CIÙ'tOV 'tOV XCI'tll.lJɵCii:oç, ossia al-
dimento disciplinare della chiesa 4 è di- la fine dei tempi i credenti riceveranno
mostrato, oltre e più che dalle parole il dono della salvezza da Cristo stesso,
ci1tÒ i:ou XpLcr-rou di Rom. 9,3 , dalla lo- il maledetto (Gal. 3,13).
ro applicazione in via ipotetica ad un
angelo del cielo (Gal. 1,8) o addirittu- Il sostantivo xai:afrEµCI (forse una
ra a Gesù ( 1 Cor. 12,3 ). Nell'eroica vo- variante intensiva di à:vciiJEµa - con
xCii:a che spesso introduce nei compo-
lontà di rinunciare alla propria salvez-
sti una sfumatura ostile - oppure for-
za e di soggiacere al giudizio di Dio ma sincopata di xai:avci:t)Eµa) è di uso
V1tÈp i:wv cioEÀ.<pwv µou i:wv cruyyE- assai raro e al di fuori degli antichi te-
vwv µou xai:èL crapxa (Rom . 9,3) cul- sti cristiani (Act. Phil. 28 15,12 Bon-

4 Cfr . l'usanza sinagogale della scomunica 5 STRACK-BIL LERBECK III 446.


(~ 6.nocrvv<iywyoc;) e l'anatema ecclesiastico 6 STRACK-BILLERBECK III 261.
contro gli eretici, che risale a G al. 1,8 s.; 1 1 STRACK-BILLERBECK IV 327 ss.; ScHiÌRER
Cor. 16,22.
957 (I,357) (I,357) 958

net) si trova soltanto in un'iscrizione dempienza dell ' impegno liberamente


incantatoria di Cipro del sec. III d.C.: contratto, quello cioè di praticare la
flch)m-cE TÒV 1tpoyqpa1t1LÉvov E'ltt -rou- più rigorosa ascesi finché non avessero
OE -roi.i cpqtW"t'Lxou xa-cai)lµaToç = ucciso Paolo. Mc. 14,71 dicendo che
maledizione ( Audollent, De/. Tab. 22,
Pietro 1)pça"t'o &.vaitEµaTLSELv xa~ òµ-
23; dr. I.G. III 3 p. XVII).
Un'artificiosa distinzione fra àvrrnE- vuvm lascia forse intenzionalmente il
µa e Xtx"t"ci.fre:µa si trova in Pseud.Iust., verbo 6.va./)Eµa-clsw senza oggetto: Pie-
Quaest. et Resp. ad Orth. 121 (III 2 3 tro maledice se stesso nel caso che men-
[1881] 198 Otto)'. ta e gli altri nel caso che lo spaccino
3. Per quanto riguarda Act. 23,14 per un discepolo di Gesù 1 . Lo stesso
( &.vai}iµa"t"L 6.vdh:rw·tl:ra1tEv Ècxv-couç), è il significato di xaTaitEµaTlsnv nel
dove àvci.frEµa con il significato di ma- passo parallelo di Mt. 26,74 2 .
ledizione, imprecazione allude a un im- &.vafrEµa-clsav rafforzato con &.va-
pegno solenne la cui inadempienza at- ilEµaTL si ha in Deut. 13,15; 20,17;
tira la maledizione su chi lo contrae spesso nei LXX è traduzione di heherim.
(dr. qui di seguito». Cfr. anche l'iscrizione imprecatoria di
Megara (I.G. III 3 App. XIIIs .: a 5.8;
b 8 ), dove però non indica mai l'atto
di invocare su se stessi la maledizione
a garanzia di determinati impegni. Co-
Colpire con l'àvcii)e:µa, maledire. In me parallelo di Act. 23,14 cfr. Tanp.
riferimento alla congiura contro la vita blq 30 p. 149 Buber: Finees, lo zelote,
prende la decisione di cogliere l'empio
di Paolo si legge in Act. 23, 12. 21:
Simri sul fatto e di ucciderlo. « Allora
&.ve:lte:µchLcrav E:au""t"ouç, e al v. 14:
egli si alzò in mezzo all'assemblea (os-
&.valtiµcnL &.ve:lte:µaTlcraµEv Éav"t'ouç: sia al sinedrio che stava appunto esa-
essi si maledissero, invocarono su di sé minando la possibilità di condannare a
la maledizione di Dio, rinunziarono in- morte Simri) e compì il voto ( wntndb )».
somma alla propria vita in caso di ina- J. BEHM
àvaq>Éptv ~ q>Épw
ci.vci.t~v~Lc; ~ t)ivx11
ci.vop(l;o~laL ~ àvi'Jp

II 507 s. non si trova nei LXX, ma soltanto presso gli


s Cfr. Bryennios in A. v . HARNACK, Die autori cristiani (lren . I 13,4; 16,3; Act. Phil.
Lehre der 12 Apostel ( 1884) 63 (nota a 16,5). 17 [9,23 Bonnet]) = xa-ra.vaitEµa-.lsw (Iust.,
Dia!. 47). Considerazioni piuttosto problema-
àvaikµa-rll;w x-rÀ. tiche sulla differenza fra 6.vai'}Eµa.-.lsELV di
CREMER-KOGEL, 1061 . Mc. 14,71 e xa-rai'}qta-rlçEtV di Mt. 26,74 si
1 WoHLENBERG, Mk. 365 n. 31; dr. SCHLAT- trovano in Pseud- Iust., Quaest. et Resp. ad
TER , Mt. 764. Orth. 121 (III 23[1881] 196 Otto).
2 Per xa-rci.itEµa v. sopra; xa-raitEµa:tl1;w
959 (1,358) à:vÉyXÀ.l]-roç (W. Grundmann) (T,358) 960

t &.vÉyxÀ:rrroc;

&.vÉyxÀ YJi:oc; indica una persona o co- delle Pastorali: Tit. 1,6 , dove si impo-
sa contro cui non può esser levato al- ne a Tito l'obbligo di badare, nella
cun EyxÀ Y}(J.ct, ossia che è irreprensibi- scelta dei presbiteri, Et -rlc; ÈO'-rLv à:vÉy-
le, incensurabile, innocente. Cfr.: ... xÀ Y}-roc; ... OEL yàp -ròv Èm'.crxor.ov àvÉy-
Ò:vEyxÀ1}i:ouç yàp OEL i:àç averla.e; 1tpÒç
xÀ. Y}-rov d va..L !JJc; ìtrnv oi.xov6p.ov ( v. 7).
&.ÀÀ1)Àouc; xa.i:a.crxrn6:sEcri}m, Plat., Leg.
V 737 a; Plutarco riferisce che Epicuro Come dimostrano le spiegazioni che se-
si sarebbe impegnato a µ'Ì] xa.i:a.ÀvrtEi:v
guono in entrambi i ve rse tti, à.vtyx),11-
à.vÉyxhrrov -c'Ì]v xa..xla..v, mentre Ti µÈv
yàp xa..xla.. mi vi: wc; &.vÉyxÀ YJ"t'O<; fo·n -roç indica qui l'assolut a irreprensibili-
xa..-cà -còv -rov Xpua"l-rt1tov Myov (Stoic. tà dal punto di vista della morale co-
Rcp. 35, 1051 A. Il significato origi- mune che il vescovo o sacerdote, in
nale della parola si scolorisce nel fre- quanto i}EOv oi.xov61.wc,, deve reca re nel
quente . uso della conversazione quo- suo ufficio . La stessa irrepre nsibilità
tidiana. Cfr. p. es. à:vÉyxÀl}i:ov ÈXÉ-rw morale è richiesta anche dai diaconi in
-ci]v È't'Epoyvwµocruvl}v, Ios., An.t. 10,
1 Tim. 3' lo: xa.Ì, OV"t'OL OÈ ooxq~a.sÉ­
281; in Ios., Ant. 17 ,289 la parola al-
lude all'accertamento della colpa o del- crìtwcra..v rtpw-rov, EL"t°a.. òwxovd "t'Wtra.v
!' innocenza: la Samaria viene rispar- àvÉyxÀ 'Y)"t'OL OV"t'Ec;.
miata da Varo &ii "t'Ò civÉyxÀY}-cov f.v
-coi:c; VEW"t'EpLcrµoi:c; E[va..t. Nella stessa 2. In altri due passi di Paolo la pa-
accezione il termine si legge in 3 Mach.
rola ha invece un significato pretta-
5,31: àvi:ì. i:wv <ivEyxÀ1}i:wv ... 'Iou-
oa..lwv. Che à.vÉyxÀYj"t'O<; fosse comune mente religioso: ... xa..ì. (3E(3a..LWO'H ùµiic;
nella lingua quotidiana è dimostrato Ewc; 't'ÉÀovc; civEyxÀ1)-covc, Èv --cfl T]µÉpq.
soprattutto dai papiri; p. es. i1Epa.1tEUEL\I -rou xuplou -fiµwv 'I neroli [ XpLcnov]
<ivEyxÀ TJ"t'W<; (in modo irreprensibile): (1Cor.1,8); vvvì. ÒÈ rb:oxa."t'1}ÀÀaçEv
P. Magd.15,3 (sec. III d.C.); tva à.vÉy- ... 1ta..pa.cr"t'fjcrm ùµaç à.ylovc; xrx1. &.µw-
xÀ YJ"t'Oç wv (incensurabile) "t' ò v ~lo v µouc; xa.ì. <ivEyxÀ 1)"t'ovc; :xcx."t'Evwmov
t'.xw: P. Soc. 541,6 (sec. III a. C.); ...
ctV"t'OV (Col. 1,22 ). L' Apostolo pensa
ov't'oç µov cx.Ù"t'WL àvEyxÀ.i}"t'ov ( inap-
puntabile): B.G.U. 1347,8 (secolo II evidentemente, anche se non esclusiva-
a. C.) i. mente, al giudizio finale 2, in cui i cri-
stiani si presenteranno a Dio àvÉyxÀY}-
1. Nel N.T. la parola è usata nell'ac- "t'OL in virtù dell'assistenza di Cristo.
cezione profana e corrente in tre passi 1 Cor. 1,8 implica infatti tutto un pro-

civÉyXÀ. l]'tOç Gef br. 49s., sostiene invece energicamente che


I Altre testimonianze dai papiri in PREI- Col. 1,22 allude al presente. Ma egli trascura
SIGKE, Wort. s.v. l'indicazione chiarissima di 1 Cor. 1,8.
2 Questo in entrambi i passi. Lo HAUPT,
961 (1,358) Ò.vE!:,zpEUVl]'tOç (G. lklling) ( f ,359 ) 962

cesso che trova il suo -cÉÀoc; nel giudi- sarnentc e avrà la definitiva sanzione
zio finale (Be:Bruwcrn ùµU.ç ftwç 't'D..ovç), nel gran giorno del giudizio finale. Il
e Col. 1,22 si richiama a un vuvl, ossia preciso significato di à.vÉyxÀT1-coc; risul-
ad un presente. « Questo vuvl si esten- ta evidente dall'interrogativo di Rom.
de fino al ' giorno ' di Cristo, quando 8,33 s.: -clc; ÈyxaÀÉcrEL xa-r<X ÈXÀEX'"t'WV
insieme all'opera della riconciliazione iteov; i}t:òç ò ÒLxmwv · 't'lç ò xcnaxpL-
avrà termine anche la ' presentazione ' vwv; XpLcr't"Òç 'IT)crouc; o cbtoi}avwv,
dei cristiani a Dio. Il vuvl va quindi ~Lci.ÀÀov OÈ Èye:plJElc;, oc; ÈO''"t'LV Èv OE~Li
considerato in rapporto a Dio, per il '1"0V i}t:ou oc; xcx.ì. E\l'tVyxcivn V7tÈp +i-
J

quale tutto è presente e quindi anche µw\I. Nessuno può accusare i cristiani.
l'intervallo di tempo che ancora ci se- Il presupposto di ciò, secondo 1 Cor.
para dalla parusia » 3 • In virtù della 1,8, è l'aiuto di Dio (oc; Be:Bcx.Lwa"EL
giustificazione acquisì ta attraverso la ùp.iic;). Secondo Col. 1,22 s. (e:i'. ye: Èm-
morte e la resurrezione di Gesù - os- µÉVE't'E 't'TI nlcr•EL '1"EfrEµe:ÀLWµÉvoL xaL
sia in virtù della grazia intesa come ÉopaLOL xaì. µTj µntx.XLVOUµEVOL à.nò
energia divina che trasforma il modo '1"fjc; ÈÀnlòoc; '"t"OV EÙayye:À.lov) i cristia·
di essere dell'uomo - i cristiani sono ni sono irreprensibili se perseverano
irreprensibili di fronte a Dio, e questa indefettibilmente nella fede e nella spe-
loro caratteristica si manifesterà glorio- ranza in cui Dio li ha stabiliti.

W. GRUNDMANN
Ò.VEXTOç ~ civtxw
Ò.VEÀ.E-fiµwv, à.vÉÀ.EOç ~ Eì.Eoç

&.ve:l;e:p<:Uvrrroç (nel greco postclassi- steriose ' sono le ' vie ', ossia la linea
co anche cive:l;t:po:uvrrroç) 1 significa in- di provvidenza che Dio ha adottato nei
sondabile. In Heracl., fr. 18 (Diels I
confronti di Israele, riservandogli la
81,17) è detto della via che conduce
al mistero. Deriva da Èpe:uvciw, ricerca- salvezza dopo l'attuale condanna. In
re (detto anche dell'animale), indagare. questo caso tive:çEpEuVY)'t'Oç, rettamente
Manca nei LXX. inteso, implica la rinuncia a spiegare,
In Rom. 11,33 &.ve:l;t:pEUVT)'"t'OL 'm1- sul piano dottrinale, la condanna di

3 LoHMEYER, Kol. 71. DEBRt 'INER § 30,4 e BR. 0LSSON, Papyrusbr.


Ò.VESEPEUVl)'t"O<; (Diss. Uppsala 1925) 65.
I Per il passaggio da EU- ad cw- cfr. BLASS-
963 (I,359) civd;Lxvlacr-çoç (E. Peterson) (I,359) 964

Israele. Perciò stesso la stessa soluzio- valore di un semplice tentativo e non


ne dell'enigma prospettata da Paolo ha ha una validità assoluta.

G. DELLING
civE!;l:xaxoc; ~ xax6c;

Non rintracàabile. La parola è atte- poetica che, a giudicare dal linguaggio


stata finora soltanto nella lingua bibli- <li questo versetto, doveva essere im-
ca e nei documenti che ne dipendono 1 • preg nata di terminologia gnostica 3 • Ciò
Sui da (s . v.): civd;LXVLO:.O"'tOV, ciVESEPEV-
trova conferma in Eph. 3,8 (considerato
VTJ"tOV ov p.YJOÈ. i:xvoç ÈO""tÌ.V EÙpE~V (p.
205 N. 2280, Adler) sottolinea giusta- soprattutto in rapporto con i versetti
mente il carattere enfatico-retorico del successivi) : -rò à.vESLxvlcxcr'tov nÀou-roç.
vocabolo. Nei LXX la parola ricorre in La parola ciVESLXvlo:cr-roç dev'essere in
lob 5,9; 9,10; 34,24. È attestata inol- qualche modo collegata con il concetto
tre nella preghiera apocrifa di Manasse della oixovoµla; di Dio 4 •
6 (Const . Apost. II 22,12 ecc.) 2•
La parola è usata nella terminologia
Nel N .T. CÌVESLXVLO:O"'toç si legge m dei Valentiniani in riferimento al IIo:-
Rom. 11, 33 ed Eph. 3, 8. Nel primo •-fip (Iren. I 2,2: 'tÒ civEçLXVtO:cr'tov 't'OV
passo ( wç civESEPEVVY)'ta -rà. xplµo:'to: 1Ia-rp6c;) e non è sconosciuta nemmeno
o:ihov xaì. ciVESLXVLCJ;CT"tOL o:ì. éooì. o:ù- ai seguaci di Marco (Iren. I 15,5). In
"tOV) il parallelismus membrorum tra- Iren. IV 20,5 (wç yà.p 't'Ò µÉyEi}oç o:ù-
disce forse la derivazione da una fonte -rou CÌ.VESLXVLCXO"'t'OV, o\hwç xo:t Ti cXj'O:-

civd;Lxvlacr-çoç (ms. C.) riflette in realtà la terminologia litur-


I Osserviamo che tivt!;txvlacr-çoc;, tçtXVtci· gica bizantina (dr. Chrys., Lit.369,24 BRIGHT.
l;Etv (per tçLXVEVELV) e ÈçLXVLCXCTµ6c; (in 1uo· MAN) . Pseud- Callisth II 28 non è perciò da
go di t!;lxvEucrtc;) sono forme attestate solo considerare come una testimonianza giudaica
nei LXX ed hanno perciò avuto probabilmente dell'uso di tivE!;txvla.cr-.oc;. ~ molto probabile
origine nella stessa area culturale e geografica. invece che in Const. Apost. VII 35,9 nella
2 Secondo Pseud- Callisth. II 28 ms. C. (ed. raccolta di preghiere giudaiche ricostruita dal
C. Mi.iLLER) Alessandro il Grande avrebbe Bousset tivE!;Lxvla.cr-.oç sia la lezione origina-
adorato µ6vov t'.va itEÒv ti~EWPl)'ov, tivE!;t- ria e non un'interpolazione cristiana, come vor·
xvlacr-çov. FR. PFISTER, Bine iiidische Griin- rebbe il Bousset stesso (N.G.G. 1916, 440).
dungsgeschichte Alexandrias (SAH phil.-hist. 3 E . NoRDEN, Agnostos Theos (1913) 243
KI. V 1914 p . 4) ha voluto ricondurre questo n. 3.
capitolo ad una tradizione giudaica del sec. I 4 Nella preghiera riportata da C. ScHMIDT-
d.Cr.). Ma questa tesi non è, a mio avviso, W. SCHUBART, Altchr. Texte (1910) 113,63 s.,
dimostrata e contraddice la tradizione mano- colorita di elementi gnostici e inserita in un
scritta dello Pseudo - Callistene. L'accenno a contesto ugualmente gnostico, si parla di una
Dio Tptcra.ylcp <pwvii oo!;a?;oµEVOV in II 28 ~ouÀ.Tj civEçtxvlacr-çoc; di Dio.
965 (I ,3 60) rivtxw (H. Schlier) (I,360) 966

1)6-rl]ç &.vd;'i)yT)-roç) il rapporto con la [1905] p. 172,6) e Mark. Lit.137,14s.


gnosi traspare chiaramente dalla pole- (Brightman), da cui dipende Catal. Cod.
mica antignostica della fonte di Ireneo5 • Astr. Graec. VIII 2 (1911) 156,16. La
Connessa con la polemica antignostica parola ritorna poi in voga nella contro-
è anche la citazione di Rom. 11,33 in versia eunomiana; cfr. Greg. Nyss., Eu-
Iren. I 10,3. Nel periodo pii\ antico la nom. (MPG 45, 604 a) e del medesimo
parola è attestata ancora in 1 Clem. 20, Beat. Or. 6 (MPG 44, 1268 b c), dove
5 e Diogn. 9,5; cfr. inoltre Brxcr., Ep. si legge a proposito di Rom. 11, 33:
265,1 CMPG 32 p. 984 b); Greg. Naz., &.vd;txvtcicr-rouç -rà.c; òooùç a.Ù't'ov ò µÉ-
Or. Theol. 2,12 (MPG 36 p. 40 c).No- yw; 6voµcisn cir.:6cruÀoç, crT)µa.lvwv
tevole è l'uso liturgico di à.vE!;,txvla- otà. 't'oli Àoyou 't'Ò civrnl~a.-rov dva.~
cr-roç in Sacrament. Serap. XIII, 2 (F. Àoytcrµo~ç 'tl)V òoòv ÈxELVT)V, fi 7tpÒç
X. Punk , Didasc. et Consti!. Apost. II -ri]v yvc'<lcrtv -rYjç iklcxç oùulac; èiyEt.
E. PETERSON

a.VE7':0, T][LTI't"Oç - Àcxµ~6.vw


i'iv<1nc; ---+ d.vlT]µt

t &.vÉxw, &.vEx-r6ç, àvox'ii

civÉxw nel greco profano ricorre nel- rie altre accezioni più generali: detto
la diatesi attiva e media con valore di Dio ha come oggetto 't'èx. o-a~~a't'cx.
transitivo e intransitivo e in varie ac- (Barn. 2,5; 15,8 = LXX Is. 1,13); og-
cezioni 1 ; nel N.T. e negli scritti che getto ne è ancora il fetore dell'uomo
strettamente ne dipendono si trova -
(2 Mach. 9,12), la pena (Diogn. 2,9),
insieme ad à.vEx-r6ç e &.voxn - soltanto
al medio e con d u e s i g n i f i e a t i 7tct~T) (4 Mach. 1,35 S R), i}).l\f!Etç (2

fondamentali 2 : Thess. 1,4), mivw. (1 Clem. 49,5). In


riferimento a p e r s o n e civixw si
1) accogliere, sopportare e perseve- trova usato in tutta la gamma seman-
rare. In riferimento a c o s e può ave- tica, che va dal significato di ascoltare,
re in particolare il significato di ascol- farsi piacere (2 Cor. 11,1.19; Herm.M.
tare, accogliere una parola (Heb. 13, 4,4,1) fino a quello di prendere su di
22; 2 Tim. 4,3; 2 Cor.11,4) oppure va- sé il prossimo, ossia di sostenere la vi-

s Cfr. F. LooFs, Theo philus von Antio- civÉxw x-r À..


chien Adversus Marcionem und die anderen 1 PAssow; LrnoEL-ScoTT s.v.
th eol. Quellen bei Iren., T.U. 46 (1930) 20. 2 In Act. 18,14 civÉXEO'~CXL è usato nell'ac-
cezione tecnico·giuridica di ' prendere in con-
siderazione un'accusa'.
967 (I,361 ) àvrpm (H. Schlier) ( I,361 ) 968

ta dell'altro. In qu es to senso Gesù usa tre esso manca nei LXX. Nel giorno
à.'VÉXEO"i7cu {Mc. 9,19 par.) per caratte- del giudizio Tiro e Sidone, Sodoma e
rizzare il proprio atteggiamento verso Gomorra saranno trattate in modo più
la "(EVE.à &mo--roc;. Per Gesù, infatti, sopportabile delle città di Israele, che
essere fra gli uomini significa portare non riconoscono Gesù.
il loro peso. L'esortazione ad à.véxEo-lJm
&_).,).,{jÀwv Èv àyci7tn rivolta ai cristiani 2) Ten ere in sé, trattenere. Dio st
(Eph . 4,2; Col. 3,13) significa che essi trattiene per poi umiliare gli uomini
devono improntare i loro rapporti reci- (LXX Is. 64,12) oppure per pietà (LXX
proci a quell'atto d' amore attraverso Is. 42,14; Diogn. 9,1 s., par. ȵaxpo-
cui Dio li ha chiamati alla salvezza. ltvµT]O"EV ). Che questa accezione possa
Usato senza complemento oggetto &.vÉ.- facilmente trapassare in quella prece-
XEO"lJai vale durare, perseverare. Cosi dente è dimostrato da LXX Is. 63,15,
LXX Iob 6,11 e 1 Cor. 4,12. Questa dove si legge che Dio ci sopporta. In
perseveranza (nella persecuzione) non questa sfera semantica rientra anche il
è l'eroismo puramente negativo che si sostantivo ci.voxli in Rom. 2,4 e 3,26 .
ritrae in se stesso, ma implica, come La &.voxTi - incorniciata in Rom. 2,4
dimostrano i paralleli EÙÀoyELV e 7tet.- fra la XPTJO"'tO"tl)c; e la µa.xpoi)uµlcx. -
paxa.À.ELV, una fedeltà attiva alla pro- designa la pazienza nel trattenere la
pria missione e quindi una costante propria ira, ossia quell' atteggiamento
apertura verso l'altro. In senso assolu- di Dio nei confronti della degenerazio-
to è usato anche l' aggettivo verbale ne umana che ha avuto fine con l'incar-
à.vEx-réc; in Le. 10,2 par., 14 par., men- nazione del Cristo.
H . SCHLIER
t à.VTJXE!.

(~xcdH'jxov). Forma impersonale dal "tote; tEpEVO"L "tote; ÀEL"tOUpyovo-L; 11,3 5;


personale &.vi}xw, ' riferirsi a ' (Ditt., 2 Mach. 14,8. Cfr. P . Tebt. 6,42: -rwv
Or. 763 ,36; Ign. Phld. 1,1; Sm. 8,1; 1 à.vl)XOV'tWV "tote; tEpoi:c; ...
Clem. 62,1 ecc.), significa importa, con-
Nel N.T. Phlm. 8 -.ò à.vfjxov (ogget-
viene, è doveroso, mentre -rò &.vi'jxov è
ciò che è conveniente, doveroso. Nei
to di Ém-rcio-cmv!) indica ciò che è non
LXX ( 1 Bao-. 27 ,8) ricorre quasi soltan- solo conveniente, ma soprattutto vin-
to in senso giuridico-politico, e vedi: colante nelle relazioni sia private che
1 Mach . 10,42: oi<X -.ò Ù.VTJXEW mhà giuridiche.

<Ì.VTJXEL.
LIDDEL-Scorr, MouLT-MILL s.v. Cfr. anche
MEINERTZ, Eph. 93, Kol. 42 .
969 ( 1,.362) ci:vl')p (A. Oepke) (I ,362) 970

In Eph. 5,4 O. oùx àvijxEv 1 (DG KL dere con qu ello del mondo, come in
min .: -rcì oùx àv'fixoV"t'et.) ciò che scon- Col. 3,18 (il valore dell' e:Ù"t'pet.m:Àla,
viene è contrapposto a xai)wç 7tpbtn p. es ., è riconosciuto anche dall'etica
àyloLç. Il giudizio cristiano riguardo pagana, dr. Aristot. Eth. Nic. II 7 p.
la convenienza o meno di un 'azione - 1108 a 23 ss.); ma può anche essere
giudizio fondato sul fatto che sono gli l'opposto, com'è il caso di Eph. 5,4.
&yLoL ad agire Èv xvpl~ - può coinci-
H . S cH LIER
àv'fip t àvòplsop.cn

A. ctv'fip AL DI F U ORI DEL N.T.


10,306) e la condanna che essa compor-
ta dell'uomo il quale osa contendere
1. Frequente è l' uso della parola
con la divinità (Eur ., Ba. 635 ). b) La
àv'fip, come designazione generica del-
equiparazione dei concetti di vir e ho-
la persona umana , accompagnata da ag-
gettivi o sostantivi che specificano il
mo è omerica e in genere poetica, men-
tre è sconosciuta alla lingua attica e dei
tratto caratteristico della persona stes-
papiri 1• L'accezione originaria della pa-
sa: si dice àvTjp µciV"t'Lç, come si dice
rola traspare però quando &vope:ç indi-
&vopEç ). ncr"t'et.l.
ca gli abitanti o la gente. P. Oxy. IV
2. &.vi)p indica l'homo, l'individuo 719 ,24 (sec. II d. C.): otxlet. xaita.pcì
della specie umana in antitesi a) con i chò ct7toypa.cpf)c; &.vòpwv, 'una casa che
mostri della mitologia come i centauri non ospita abitanti non censiti '; B.G.
(Od. 21,303), oppure con gli dei: Zeus U. 902,2 (sec. II d. C.) e passim: &v-
7tet."t''Ì]p ctVOpWV "t'E ?}EWV "t'E (Jl. 1,544 e opa.ç Èx "t'OV 7tÀ.e:l<1"t'OV ÈxÀEÀ.omÉVaL,
passim); i messaggeri sono ~LÒç &yyE- ' gli abitanti se ne erano andati '. Con
ÀoL TjoÈ xaì. &.vopwv (Il. 1,334 ). Ac- genitivo di luogo ricorre in !ud. 9,18;
canto alla formula &vopEç 1)µLi}e:oL (Il. coi gentilizi si ha nella formula: <llol-
12,33 ), che esprime l'alto senso dell'u- VLxe:c; éi.vopEç e simili. Analogamente
manità tipico dei greci, non si può di- &.v'fip è usato spesso con aggettivi nel-
menticare l'altra, W'Y)-roi. éi.vope:ç (Od. le affermazioni di carattere generale e

I Per l'imperfetto cfr. BLAss-DEBRUNNER J- WACKERNAGEL, fJber einige antike Anrede-


358,2; diversamente giudica il LoHMEYER, form en (Universit. Progr. GOtt. 1912).
Kol. a.l. P. KRETZSCHMAR: Glotta 6 (1914/15) 296 s.
ci:v-fip Io., Philol. Wochenschr, 46 (1926) 131.
F1cK-BEZZENBERGER-STOKES, Vergl. Worterbu- BLASS-DEBRUNNER § 242 ~ "(UVTJ.
ch der indogermanischen Sprachen4 I (1890 )
98. I Cfr-, ~ col. 972 l'uso di civ-fip per in-
W . PRELLWITZ, Et ym. Wort .2 (1905) 40. dicare l'uomo, il vir, in senso eminente.
971 (l,362) à.vTjp (A. Oepke) (I,3~3)972

categorico ( civi)p <TVVE"t'oc;, Prov. 12,23) mondo antico era assai poco una comu-
oppure in locuzioni idiomatiche, come nità di persone - può esser fonte di do-
xa:t' &vopa., viritim, o in particolari lore (come nel caso dell'ultimo passo
espressioni come quella di lob 41,8, citato), ma anche di felicità armoniosa,
che nell'A. e nel N.T. risentono dell'in- come in Od. 6,182ss.: ou µÈv yèt.p "t'OV
flusso ebraico, ma non si possono spie- )'E XPELO"O"OV xa.Ì, apE~OV I fi òlf Òµotppo-
gare come puri e semplici semitismi. vfov·n: voru.1.a.<:rvv olxov EXl]"t'OV I àviip
.Y10€ yvvr'J. All'epigrafe di Otakilia Pol-
3. cb.1r']p, il maschio della specie uma-
la di Pergamo (scc. II d. C.) 2 fa riscon-
na, il vir in contrasto con la donna. 3
tro quella romana di Claudia Piste :
Philo, Abr. 13 7: -ràç µÈv xa."t'ci <pvow
coniugi optimac sanctae et piae bene-
civopwv xa.ì. yvva.txwv o-vv68ovç; ibid.
meritae. Nel giudaismo la moglie è net-
135: &vopEç OV"t'Eç appE<rLV Èm~a.lvov­ tamente subordinata al marito: « il po-
't"Eç. La discendenza maschile è prefe- tere dell'uomo è su di lei » T. Qid. 1,
rita a quella femminile: "t'WV civopwv
11 4 , egli è il suo ' signore ' (cfr. 1 Petr.
&7tmç (Plat ., Leg. IX 877 e). Anche Fi-
3 ,6 ). Il marito però deve « amare la
lone sottolinea la differenza fra i due ses-
moglie come se stesso e onorarla più
si; cfr. soprattutto Ebr. 59 ss.: i}µEL'c;
di se stesso» (b. Jeb. 62 b) 5•
oÈ E"t'L u1tÒ "t'fjc; civcivòpou xcd yuva.txw-
oovc; <TVVl]~Ela.ç -rfjç 7tEpÌ. "t'CÌ.<; a.t<:r~TJ­ 5. àv'i)p è ancora l'uomo adulto m
<TELç xctì. -rà mifr11 xa.t 't'à a.l<r~l]'t'CÌ. vt- contrapposto col fanciullo (nei LXX tra-
xwµEvot "t'WV <j)C1..VÉV't'WV OÙOEVÒç XC1.."t'E- duce gcber, Ex. 10,11 ). L'espressione
;a.va<:r"t'fj<Tm ovvciµdh ( 63 ). Tutto ciò civÌjp "t'ÉÀnoç (Xenoph., Cyrop. VIII
che è femminile disdice all'uomo, e 7 ,6; Philo, Cher. 114) indica semplice-
quindi anche l'uso di abiti da donna. mente l'età adulta, mentre altrove in
All'uomo le faccende pubbliche, alla Filone (dr. Sobr. 9) allude alla dignità
donna la casa! Virt. 18-20. ~ yvvi}. dell'uomo maturo.

4. à.vi}p, il marito (nei LXX traduce 6. civ'i)p talvolta è l'uomo in senso


ba'al, Ex. 21,22 e passim); civi}p indi- lato ed eminente (nei LXX sta per gib-
ca più che altro una posizione de facto, bor, ziiqèn, nasì', 'ad on) in contrappo-
mentre rc6<TLc; indica il coniuge legitti- sizione all'eunuco, che è civ11p "t'E xoux
mo (Soph., Trach. 550 s.: µTi
7t'6<:rtc; µgv civ;1p... 'tÒ 8f. Evvovxoc; (Athèn. X p.
•Hpa.xÀfjç ·ÉµÒç xa.Àfj-.a.1., -.fjç \IEW"t'É- 452 e; cfr. Clem. Al., Protr. l, 3, 1).
pa.c; o' civi}p ). Il matrimonio - che nel L' antichità · adorava la forza naturale

2 DEISSMANN, L.Q.4 267 s. 4 STRACK-BILLERBECK III 436 c.


3 Nel Museo archeologico vaticano n. 295. 5 Altri passi in STR.-BILL. III 610 a.
973 (I,363) tiv-fip (A. Oepkc) (I,3 63) 97..f

del maschio come dimostrano i priapi 6 "t'WÀ.6ç) e m Iac. 1,20 (òpylj à.vop6ç),
e le erme 7 • L'ideale di virilità degli an- dove però il concetto è nettamente di-
tichi traspare dalle parole satiriche di verso. Di solito nel N.T. il contrasto
Aristofane (Ach. 77 ss.): ot (3cX.pf3cx.poL è con i puri spiriti (o gli animali) e ~
<J.vòpaç TJYOVV"t'CX.L µ6vouç "t'OÙç 7tÀ.ELO'"t'CX. èivi}pwnoç (Act. 14,15; Rom. 1,23), o
ÒINCX.µÉvouç Xl'1.."t'CX.q>l'1..yEi:V •.. 'i)µEi:ç ÒÈ con le espressioni sinonime di ' uomo ',
À.mxa..O""t'aç "t'E xa~ xcx."t'crnvyovcx.ç) dal- come [kol-]basar o il rabbinico bast!Jr
l'omerico àvÉpEc; ÉO'"t'É, rpO,oL (Il. 5,529 w edam [ mfocx.] ~ O"ci.p!;, oppure o-à.p!;
e passim ) e dall'attico w &vòpEç 'Aih1- xal cx.lµcx. (.Mc. 13 ,20 par.; Io. lì,2;
vai:oL. Filostrato (Vit. Apoll. I 16, p. Rom. 3,20; 1Cor.1,29; Gal. 2,16; 1
17 ,2 Kaiser) mostra Apolloni o che evi- Cor. 15,50; Gal. 1,16; Eph.6,12) . L'or-
ta le piazze frequentate, dicendo: oùx goglio dell 'uomo vi manca e il senso
O:viJpwnwv Écx.u"t'c{) 8E:i:v, à.U.'civopwv. della distanza è più forte 8 • Tuttavia,
Nel greco tardivo cX.vi)p equivale pres- conforme a b), le indicazioni numeri-
sappoco al nostro ' signore'. Cfr. B.G. che sovente fanno menzione dei soli
U. 1022,7 (sec. II d.C.): &vòpEç xpci- uomini (Mt . 14,21; 15,38; Act. 4, 4;
·tw"t'OL {BovÀ.rn"t'cx.l); P. Oxy. I 133 ,6 non così Mc . 8,9; cfr. però 6,44 ). La
(sec. VI d.C.): ò na.vEvq>Y)µoç àvi)p. espressione [ oi] èivbpEç indica spesso
più o meno chiaramente la totalità del·
B. Ò.vi)p NEL NUOVO TESTAMENTO la popolazione (col genitivo: "t'OV "t'01tOU
txElvou, Mt. 14,35; coi gentilizi, Mt.
Nel N .T. O:vi)p è usato soprattutto 12,41 par.; Act. 10,28; dr. 11,20; di-
dal greco Luca, ma non è raro nemme- versamente Act. 8, 13. 12; 9,2). à.vi)p
no negli altri scritti, nei quali ricorre accompagnato da un aggettivo ricorre
in quasi tutte le accezioni elencate. Per più volte in affermazioni generali della
il significato 1 dr. Act. 18,24: àv-iJp lettera di Giacomo (1,8 .12.23; 3,2; cfr.
À.oyLoç; Mc. 6,20; Lc.24,19: àv-iJp 7tpo- Mt. 7 ,24.26 ). Paolo stabilisce in 1 Cor.
<p1}"t'Y)ç; Act. 3,14: &vòpa cpovta. 11,3 ss. la seguente gerarchia: Di o ,
Il significato 2 è molto più diffuso e r i s t o ' u o m o ) d o n n a ' dove
di quanto comunemente si pensi. La ogni grado è ~ XEq>aÀ. lj di quello in-
contrapposizione a) trova un certo ri- feriore e ~ ò61;a (riflesso) del supe-
scontro soltanto in Le. 5,8 (à.v-iJp à.µcx.p- riore 9 •

6H. HERTER, De Priapo: R.V.V. 23 (1932). E. BETHE: Rhein. Mus. 62 (1907) 438 ss.; W.
7Esempi in A. RuMPF, Die Religion der KROLL, Freundschaft und Knabenliebe (1924).
Griechen (Haas' Bilderatlas zur Rei. Gesch. 8 ]. HEMPEL, Gott und Mensch im A . T.
13/14, 1928) fìgg. 29, 30, 32, 67. Sulla pede- (1926) passim, spec. 1-27, 174.
rastia fra gli antichi cfr. F. LDBKER .. ]. GEFF- 9 In questo caso àv-fip e yuv-fi sono l'uo-

CKEN ·E. ZIEBARTH; Reallexikon (1914) 751; mo e la donna in quanto esseri naturali ge-
975 (l,364) civi}p (A. Ocpke) {l,364) 976

La ncm1 distinzione dei sessi (signi- ha dimostrato per la sua Chiesa (Eph .
ficato 3) nella grecità biblica è espressa 5,25.28; Col. 3,19; 1 Petr. 3,7). Con-
per lo più con <J.pcnv e i}i)Àu (zakar forme al diritto matrimoniale giudai-
un'qeba: Gen. 1, 27; Mc. 10, 6 par.; co 12 , anche il promesso sposo è chia-
cfr. Rom . 1,26 s.); l'espressione <J.vopa. mato rivi]p (Mt . 1,19; Apoc. 21,2; cfr.
( où) yLVWO"XEW corrisponde all'ebraico 2 Cor. 11,2; Deut. 22,23 s.).
jada' ' iS (lud. 11,39; Le. 1,34). L'ele- Il significato 5 si trova in 1 Cor. 13,
mento nuovo recato dal cristianesimo 11 : 0Jç vi]moç ... éh·i:: yÉyova. àvi]p n.
è l'eguaglianza dei sessi di fronte a Dio avY]p i:ÉÀ.noç è usato nel N.T. soltanto
(Gal. 3,28 ; 1 Petr. 3 ,ì), che non impli- in se nso metaforico. Cfr. Eph. 4,13:
ca tuttavia un livellamento . µÉXPL XG.'tO'.\l'tlJO"WµEv ... dç <J.vopa. 'tÉ-
Il significato 4 si trova in Mc. 10,2. Ànov, (nonostante i passi di Mc. 10,13
12 par.; Rom. 7,2 .3; 1Cor.7 10 ; 14,35 , par .; Mt. 18,3; 1 Petr. 2,2 cfr. ~ vl)-
nei precetti di vita domestica di Eph. moç) ; in I ac. 3 ,2 è usato senza riguar-
5,22 ss.; Col. 3,18 s.; 1 Petr. 3,1 ss. e do all 'età (~2 b) ed equivale a masktl
inoltre nei passi delle Pastorali che elen- (Prov. 10,19).
cano i doveri dei vari stati (1 Tim. 3, Il significato 6 è trasferito nel N .T.
2.12; 5,9; Tit. 1,6) 11 • Nel matrimonio su un piano più elevato di quello ses-
cristiano la moglie è nettamente subor- suale (Act . 8,27: à.vl)p accanto ad At-
dinata al marito ( Ù1to'tcio-o-i::o-i)m 'toi:ç i)iwlj; ~ 2). Luca ama l'espressione a:v-
tolotç à.vopcX:o-w: Eph. 5,22.24; Col. 3, òpEç ra.ÀLÀa.i:ot, 'Iouoa.i:ot, 'Ai)11va.i:oL,
18; 1 Petr. 3,1.5 [v. 6: xupLoç]), ma aoEÀcpol (Act. 1,11; 2,5; 17,22; 1,16;
questi deve circondare la sua compa- ì ,2 e passim), e usa à.v1)p in riferimen-
gna di quell'amore assoluto che Cristo to a uomini rispettabili per esperienza

rarchicamente distinti nell'ordine della crea- vi}, non significa il divieto di un secondo ma-
zione e non il 'marito' e la 'moglie' (4). trimonio per i membri del clero, bensl l'esclu-
Così BRUDER s.v. ; C. BUCHMANN 1 Cor. Ciò sione dalle maggiori cariche della Chiesa di
è garantito dal v. 8 s. mentre il v. 10 (~ chi conduceva una vita immorale, e soprat-
(!;ouoùx) potrebbe far pensare il contrario. tutto dei pluridivorziati. Cosi intende giusta·
Nella struttura logica del passo il v. 3 è ne- mente DIBELIUS, Past. a 1 Tim.3,2 (dove si tro-
cessario e non si può quindi espungere, come vano esposte anche le varie interpretazioni).
propone Jou. WErss, 1 Cor. I vv. 5b-6, 13-15 Gli argomenti addotti ancora recentemente da
.~embrano invece un'amplificazione di caratte- J. B. FREY, La signification des termes MO-
re stoico. Ma è probabile una duplice inter- NAN.6.PO:E et univira; Recherches de science
pretazione? La difficoltà rimane. religieuse 20 (1930) 48 ss. (dove sono ripor·
IO Il vocativo ètvEp si trova usato quasi tate preziose testimonianze epigrafiche accen-
esclusivamente dalle mogli per rivolgersi ai nanti al divorzio) e G. DELLING, Paulus' Stel·
mariti (diversamente da ~ yvvm). Fa ecce- lung zu Frau und Ehe (1931) 136ss. a favore
zione 1 Cor. 7,16 per motivi facilmente com- della tesi opposta, non sono convincenti.
prensibili. Altri particolari in WA CKERNAGEL, 12 STRACK·BILLERBECK II, 393 ss.
op. cit. 24-26. 13 Cfr. S1cKENBERGER, 1 Kor. 66.
li µ~ii.e; yuvmxòç civi}p, Èvòç civopòç yv-
97ì ( l ,l(1· l l èivilpr.moc, (Jo;1t·li . .kn:mias) (l,365) 978

e dignitù (Le. 23,50; Act. 6).5). La lo avrebbe potuto esprimersi anche in


parola à.vÒpEi'.a. manca nel N.T. Soltan- Eph. 6,10 ss. e 1 Thess . 5,8.
to in 1 C!cm. 6,1 gli Apostoli son chia- à.vòpda; ricorre nei LXX quasi esclu-
mati con un certo rilievo èi.vopEç, viri, sivamente negli scritti che risentono
ma già Paolo ammoniva di fronte alle l'influsso ellenistico come Prov.( 2 I ,30 ),
potenze delle tenebre: ci.vopl~EcrDE, xpa.- Ecclus. (2, 21; 4,4; 5, IO), Sap. (8, 7),
Mach. (I 9,10; IV 1,4 e passim; 5,23;
-ra.Louo-ilE (1 Cor.16,13 ), riecheggia;-ido,
17 ,23 ). Gli equivalenti t"buna e kifr611
come spesso gli accade, il testo dei LXX sono forse designazioni greche già ac-
(tj; 30 [31], 25 14 ; 2 Bacr.10,12; 1 Chr. quisite dell e virtù cardinali.
22 ,13 ecc.). Allo ste~so modo l'Aposto- A. 0EPKE

àvfrop.o).oyÉw --7 òµc).oyÉt.ù


àvltpwr.ci.pEa-xoç --7 à.pfoxw

llvl)pwTioç, à.vi}pwmvoç

nov non è soltanto una formula di con-


fronto coi procedimenti 2 e la logica
1. llvi}pw7toç indica l'essere umano degli uomini (cosi in Gal. 3,15, dove
a) in contrasto con gli animali (Mt. 12, introduce l'immagine del testamento, e
12), con gli angeli (1 Cor. 4,9), con Ge- così pure in 1 Cor. 15,32: d xa:"t'à &v-
sù Cristo (Gal . 1.1,12), con Dio (Mc. i}pwnov si potrebbe integrare un ÀÉ-
11,30 par.). b) L'uomo in particolare, yw); ma allude quasi sempre, nel N.T.,
come creatura effimera e malata 1, sog- alla limitatezza del senno e dell'agire
getta alla debolezza fisica (lac. 5 ,17 ), umano in contrasto con Dio e con la sua
alla morte (Heb.9,27), al peccato (Rom. rivelazione. Così Paolo in Rom. 3,5 usa
3,4; 5,12), all'errore (Gal. 1, 1. 11 s.; Xct'tà. èivilpw7tov ÀÉyw per scusarsi di
Col. 2,8.22), impastata di malizia (Mt. una domanda che potrebbe sembrare
10,17; Le. 6,22), rotta ad ogni falsa lu- blasfema; xa.'t'à. &vilpwnov ÀctÀw in 1
;;inga (Le. 6,26). Perciò xa:'t'à &vl)pw- Cor. 9,8 è in contrasto con ò v6µoç

14 civoplt;,EO'ltE xa.t xpa."l:'mou~w i] xapola p. es. Ps. 8,5; 2 Sam. 24,14. - Cfr. èi.vi)pw1to<;
ùµwv = hizqu weja'ames l•babkem (termino- wv fiµa:pw11, Menander, fr. 499 (C.A.F. III
logia stereotipa); dr. Deut.31,6 e passim; Ios. 143) e le espressioni analoghe .di Herond.,
1,6 e passim (Ò.VOPLSECTlta:~ = ame~). Min. 5,27; Eur., Hipp. 615; Philo, Spec. Leg.
I. 252.
dvltpwrwç 2 Cfr. Diod. S. XVI 11,2: 1mt;6vwç iì
PREUSCHEN-BAUER 106-108. xa"l:''rivt)pw'ltov, Plut., Stoic.Rep. 17 (II 1042a).
I Questo significato è frequente nell'A .T.;
979 (l,365} !Xvitpw1toc; (Joach. Jercmias) (I,365) 980

ÀzyEL, e in Gal. 1,11 -.ò EÙa.yyD.. iov ... nario del profeta di Dio (3 Bacr. 12,22;
oùx fo-.iv xcnà èlvi}pw7to\I si contrap- 13 ,1; 17,18.24 e passim), detto in que-
1
pone a 0L ci1toxa.À.utjJEwc; 'li]O"OU XpL- sto senso anche di Mosè (Deut . .33,l)
e poi indicante genericamente un ' elet-
O"'tOU di 1,12. Il concetto dell'uomo in-
to da Dio', come David (2 Chr. 8,14) 7 •
trinsecamente peccatore risulta partico- b) Nel giudaismo ellenistico (ep. Ar.
larmente netto dal xcnà èlvi}pw7tov di 140) indica gli adoratori del vero Dio;
1 Cor . .3,3: xa'tà èlvi}pwttov 7tEPL7tO:'tEL- Filone si serve dell'espressione per de-
·n: (par. cra.pxLxol Écr'tE) e dalla stessa signare tant o Abramo (fondandosi su
espressione al plurale in 1 Petr. 4, 6 Gcn . 17 ,1 ), quando gli tEpEi:c:; xa:t 1tpo-
cp1)·rn~ come cittadini ideali del vori-i:òç
(ì:va. xpd}wcrL µE:v xa.'tà à.vi}pwttovç
x6arwc; (Gig. 60-63 ), nonché Mosè co-
[ = come hanno meritato in quanto me tipo del 'tÉÀ.noç secondo D eut. 33,1
uomini] O'll.pXl, SWO"L ÒÈ Xll.'tà. i}EÒ\I UH11t. Nom. 24 ss .; 125 ss.); inoltre in-
7tVEuµcx.'tL), dove si allude alla condan- dica Elia e i profeti come espressioni
na riservata ai malvagi morti prima del- tipiche del Logos, fondandosi su 3 Ba:a .
la parusia. 17,18 (Deus !m m. 138 s.) e infine il
Logos stesso come uomo ideale creato
ad im magine di Dio 8 (Con/. Ling. 41 -
2. Notevole è l'uso semitizzante di
43 cfr. 146). L'uso di avfrpw1tcç "t'OU
avi}pw7toç col genitivo per esprimere 11Eou nel giudaismo ellenistico è deri-
una nozione astratta o l'idea del pos- vato evidentemente dai LXX. - e) Al
sesso: éivi}pw7tO!. EÙÒoxlac; 3 in Le. 2,14, di fuori del giudaismo ellenistico l'e-
uomini piacenti a Dio (letteralmente spressione non trova un preciso riscon-
' uomini del compiacimento ') designa tro. Un'eco di essa si avverte in Corp.
Herm. XIII 20, dove l'iniziato dopo la
la comunità di coloro che Dio ha chia-
rinascita grida: crù d ò 11Eéç· ò aòç r1v-
mato alla salvezza messianica 4 ; ò av- i}pw1toc; 'tCXU'tCl. Boif. Non è invece da
i}pw7toc; -.fjç civoµla.c; 5 ' uomo senza prendere in considerazione Preisendanz,
legge' è chiamato in 2 Thess. 2,3 l'an- Zaub. IV 1178/79, perché in questo
ticristo; ò d.vi}pw7toç 'tOU ilEou è defini- caso dopo rlvi}pwttoc; bisogna collocare
to in 1 Tim. 6,11; 2 Tim . .3,17 il cri- una virgola, come fa il Preisenda:iz:
O'tL f.yw dµL èi.vitpcù'ltoc;, ilEov 't'ou f.v
stiano in quanto serve Dio 6 •
oùpa.vQ 1tÀrfoµa. xcD. ÀLcr'tov. - Il N.T.
&vi}pw7toç 'tOU ilEou è a) nei LXX tra- non ha perciò attinto l'espressione dal
duzione di 'H ha'elohim, titolo origi- culto misterico, ma dal linguaggio ve-

3 syr. sin pesh bo. A. leggono tùooxla al no- 6 Il textus receptus di 2 Petr. 1,21 (SA
minativo, conferendo al Gloria in excelsis di K vg sy Ph} definisce i profeti c'l:yLoL f}Eov
Le. 2,14 una struttura tripartita. lfvi}pW1tOL.
4 }OACH. }EREMIAS, "Avl}pw1tOL tùooxlac;: 7 P . JoiioN : Biblica III (1922} 53-55.
ZNW 28 (1929), 13-20. B H. LEIS EGANG, Der Heilige Geist I 1
s ADGK hanno aµap·tla:c;. (1919} 80.
981 (I,366) av&pw1to~ (J oach. Jeremias) (I,366) 982

tcrotestamentario e giudaico. lJpwnoc; ò 7tvEVµa.'ttx6ç, chiamato q>wc;:


l 'f'çw &viJpw'l':oç (Adamo) è il suo car-
3. Nella terminologia antropologica cere (così Zosimo in Reitzenstein,Poim.
degli scritti paolini c'ivìJpw'ltoç, accom- 104) !ù. Perciò gli scritti ermetici am-
pagnato da aggettivi o avverbi in fun- mettono l'esistenza in ogni uomo di
zione di attributi, è usato nelle seguen- una vita divina: ò oùcrtworiç c'ivilpw-
;i:oç (Corp. H erm I 15), oppure ò f.v-
ti espressioni antitetiche:
vou::; avDpw'ltoç (I 18 .21 ), o ancora ò
a) ò f'çw c'ivìJpwm.1c; e ò fow avlJpw- ÈvoLaDnoc; èi.vlJpwTioc; (XIII 7), che lan-
1tO<:;: ò f'çw avìJpw'ltoc; è l'uomo consi- gue nel corpo mat eriale come in una
t;f,erato nd suo aspetto fisico e mortale,· prigione. Infine va ricordata l'a ntropo-
ò fow &vìJpwnoç (oppure ò x.pvn'tèc; logia dci seguaci di Marco, secondo i
't'i'jc; xa.piHa.c; avlJpwnoç, 1 Petr. 3,4) è quali l'interior homo dei redenti, il fi.-
lius a patre, alla m orte si libera nel
l'uomo - tanto non cristiano (Rom. 7,
mondo superno, mentre il corpo rima-
22) 9 guanto cristiano ( 2 Cor. 4 , 16 ;
ne nel mondo e l'anima p assa al de-
Eph. 3,16 cfr. 1 Petr. 3,4) - conside- miurgo (Iren . I 21 ,5). Paolo si riallac-
rato nella sua apertura a Dio, ossia nel- cia quindi ad una concezione diffusa 11
la sua dimensione immortale. nella gnosi e nella mistica dell 'elleni-
smo e nota allo stesso giudaismo elle-
Già in Plat., Resp. IX 589 a si tro- ni stico .
va l'espressione 'tou civlJpwnov ò EV'tÒç
avìJpw'ltoç (Resp. IV 439 d: 'tÒ À.oyt- b) D'altro genere è la contrapposi-
Ci'ttxòv 'tfjç ~vxfic;) indicante la facol- zione fra ò ~ '1tet.À.a.tòc; avi}pw1toç e
tà razionale identificata con la disposi- ò ~ xcx.tvòç, oppure ò ~ vfoç c'ivìJpw-
zione etica (cfr. Plot., En . V 1,10 [II
7toç: ò 7tetÀ.a.tòç c'ivilpwnoç (Rom. 6,6;
p. 173,24 s. Volkmann] ): ofov À.tyEL
IIÀ.chwv 't'ÒV ELO'W avÌÌpW'ltO\I. In se- Col. 3,9; Eph.4,22) è l'uomo non anco-
guito Filone definisce il vovç come ò f.v r-i redento e quindi costituzionalmente

1Jµ~v 7tpÒç ciÀ.;lìJrnxv &vlJpw'ltoç (Plant. peccatore, mentre ò xa.wòc; (Eph. 2,15;
42) oppure come ò avtJpW'ltOç EV àv- 4,24 ), oppure ò vfoç (Col. 3,10) riv-
tJpwm~ (Congr. 97); in Det. Pot. Ins. ìJpw1toç designa l'uomo rinato in Cri-
22 s. egli qualifica la À.oytxi) Otcivota. sto e perciò trasformato nel suo modo
come ò '!tpÒç àÀ.;lìJna.v c'ivìJpw'ltoç e ò
di essere. L'immagine dell'uomo vec-
&vlJpwnoç f.v hcicr'tov 't'TI ~vxn xa.'t'ot-
xwv. Nella letteratura ermetica si di- chio e nuovo trova la sua prima ap-
stingue da Adamo , ossia dal corpo fi- plicazione nella teologia battesimale -
sico del primo uomo, ò fow cx.Ù't'où riv- Rom. 6,6: il vecchio uomo è stato ero-

9 S1cKENBERGER, Rom. 231. po), formato di terra e argilla ( cfr. Gen. 2, 7)


10 Analogamente nella predicazione dei come in una prigione.
Naasseni (Hipp., Ref. V 7,35 s.) si afferma li Cfr. ancora REITZEN STEIN, Jr. Erl. 54;
.che l'fow fivi}pw'ltoc; ( = Adamante-Ermes) è IDEM, Hell. Myst. 354 ss .; H. ScHLIER, Chri_
rinchiuso nel 'ltÀ.ciaµa 'ti)c; À.i}&Tjc; (=il cor- stus und die Kirche im Eph . (1930) 35 n . 2.
983 (l,366) t'iv1'pw7toc; (Joach. Jercmias) (1)67)984

cifìsso nel battesimo - e da questa vie- 14 s. ~ tl;uxLxoç, 7tVEVp.O:'t'LX6c;.


ne poi trasferita nella sfera etica: il cri-
4. ò avfrpw7toç come designazione
stiano deve deporre il TIIXÀmòc; &vitpw-
messianica di Gesù ricorre in Rom. 5,
7toç (ossia i vizi e le concupiscenze del 15; 1Cor.15,21.47; Eph. 5,32; 1 Tim.
suo passato pagano: Col. 3,5-8; Eph.
2,5; Heb. 2,6 (forse anche in Mt . 4 ,4
4,22) e rivestirsi del XO:LVÒç avitpW7tOç, par.) ~ uì.òc; 't'OÙ Ò'.vfrpw7tou.
creato ad immagine di Dio (Col. 3,10; Per ò 7tpCrroc; I ÒEV'!Epoç t'ivfrp(J.J7toç
Eph. 4,24; dr. Diogn . 2,1: yEvoµEvoc;
di 1 Cor. 15, 45. 47 ~ 'Ao&.p. e v[6c;_
wr:rmp tç àpxfic; xawòc; t'ivfrpvmoc;). La
stessa immagine viene infine applicata t Ò:vllpc.:.imvoç
alla chiesa. In Eph. 2,15 Paolo afferma 1. Detto in genere dell'uomo in quan-
che Cristo raccoglie i Giudei e i paga- to parte <lei creato, così in I ac. 3 ,7: 'Ì)
ni dc; €va XO:LVÒV &vitpw7tOV (cfr. 4,13: cpvr:rLç Ti àvfrpw7ti'.vri, la natura umana
dç &vopa ·dÀnov ). In questo caso la (contrapposta a quella delle bestie; dr.
identificazione metaforica del Redento- Dan.7,4.8). Nella stessa accezione rien-
re con la totalità dei redenti è desunta tra anche lPetr.2,13: v7to't'ci.y11-rE 7t&.o-n
formalmente dalle dottrine ellenistico- ci.vitpw7ti'.vn x-ri'.crn, dove x-ri'.crLç non
orientali che concepivano il redentore può significare l'ordine o l'autorità (sen-
come un uomo-Dio 12 • L'immagine del- so che non è mai attestato), cosi che
l'uomo nuovo in tutte le sue varie ap- l'intera frase va interpretata (con i testi
plicazioni presuppone sempre l'idea del siriaci e con molti latini) come un'esor-
Cristo come xaLvòç &vfrpwTioç per ec- tazione generale a sottostare ad ogni
cellenza (~ ui.òç 't'OU tivitpw7tou; cfr. creatura umana 1 •
lgn., Eph. 20,1 ), il primogenito della
2. Detto dell'uomo tn contrapposi-
creazione rinnovellata 13 •
zione a Dio (Act. 17,25: V7tÒ xupwv
e) Per le espressioni t!;uxLxòc; &v~pw­ tivitpw7ti'.vwv) 2, con un'accentuazione,
I
Tioc; 7tVEUµa't'LxÒc; &vitpw7toc; 1 Cor. 2, in Paolo, dei limiti posti alla natura

12 REITZENSTEIN, Jr. Erl., Hell. Myst., op. geschichteZ [1927] p. 12 s.; H. H. SCHAE-
cit.; H. SCHLIER, Religiongeschichtl. Untersu- DER, Urform und Fortbildung des mandai-
chungen zu lgnatiusbriefen (1929) 88 s, 173; schen System, Vortr. Bibl. Warburg, 1924/25
IDEM, Christus und die Kirche im Eph. (19.30). [1927] 9.3 n. 1).
- Non si è potuto invece dimostrare l'origine 13 JoACH. ]EREMIAS, Jesus als Weltvollen-
non cristiana dell'immagine dell'uomo vecchio der (1930) 53-57.
e nuovo, sostenuta dal REITZENSTEIN, Jr. Erl.
15.3 n. 2; SCHLIER, Religionsgesch. Untersu- civfrpwmvoç
chungen zu den Ign. Briefen 88 n. 2. Que- 1 O. HoLTZMANN, Das N .T . (1926) 847.
st'immagine si trova, è vero, nella letteratura 2 Cfr. los., Bell. 5,400: xa:m.qipovE~v XEL-
manichea (Aug., Contra Faustum 24, 1 p. 717- p6c; civfrpW7tLVT)c;= È7tL'tPÉ1tEW miV'tlX -rii> 1'E0
721 Zycha), mà perché Mani l'ha derivata da oLxci!'.,nv. Bell. 5,387: dpa XEpcrtv civ1'pwnl-
Paolo (K. HoLL, Urchristentum u. Religions-
98.5 (I,367) àvlT)µL (R. Bultma nn) (1,368) 986

umana della carne 3 • È questo il signi- g iudizi o del Messia). Nello stesso senso
ficato che la parola ha nei passi di Rom. va inteso anche il nnpa<Jµòc; civiJpwm-
6,19 (àviJpwmvov Àf.yw oLà 'tTJV àO"iJt- voc; di 1 Cor. 1O,13; non si tratta della
vw~v 'tfjc; O'a.px6c; ùµwv = xrnà. &v- tentazione che ha origine dal!' uomo
iJpw7tov ~ coli. 978 s.), di 1 Cor. 2,13 (cosa che è esclusa dal v. 13 b), ma
( civiJpW7tLVTJ O'ocpla., il contrario di JtVEu- della tentazio ne in quanto è di poco
µa. - 2 ,13 - e di i7Eou O'ocpla. - 2,7) e conto, sopportabile per la debolezza
4 ,3 (àviJpw7tlVTJ ljµtpa., l'a rrosto del della natura um ana 4 •

JOA CH . JEREMIAS

t ' 'avvri~~. t"avEO'Lc;


Significato fondamentale di àvlT]µL sciare, comune nel greco 2 profano e nei
è allentare una tensione, p. es. xopowv LXX, manca nel N.T.
(Plat., Resp. I 349 e; opp. È7tl-taO'Lc;).
aVEO'Lc; si legge in Act. 24 ,23 nel si-
Insieme al deverbale èivEO'Lc; è larga-
mente usato nel greco profano in sen- gnificato proprio di mitigazione, allen-
so tanto proprio quanto metaforico; ri- tamento della prigionia ('tT]pEfoÌJaL CXV-
corre invece raramente nel N.T. , come 'tÒV EXELV 'tE èiv:::O"tv; cfr. Ios ., Ant.18,
già nei LXX (dove però l'uso di àvlT]µL 235: <pUÀ.ClXTJ µÈv yà.p XCX.Ì. 'ti}pT)O"L<; Tjv,
è più diffuso e differenziato). µE'tà. µÉv'toL àvfoEwc;). Tranne questo
tivlT]µt ricorre nel significato proprio passo, è usato soltanto nell' accezione
.di lasciar libero, sciogliere in Act. 16, metaforica di ristoro, sollievo, comune
26 ( 'tà. OE<Jµci); 27 ,40 ('tàc; SEIJX'tT]pl- anche nel greco profano (p. es. Plat.,
ac;). In quello, non raro nei LXX, di Leg. IV 724 a: opp. di <J7touoi}; M .
abbandonare, dare in balia si legge in An t. I 16 ,6: opp. di EV'ta<Jtc;). Si veda
Heb . 13,5 (où µTj <JE civw oùo'où µi} <JE 2 Cor. 2,13 (oùx foxTJxa <ivE<JLV 'tc{j
lyxa'taÀ.l1tW, secondo Deut. 31,6). In jtVEVµa'tL µov ), 7 ,5 ( oÙOEµla.v foxl]XEV
:senso metaforico si ha in Eph. 6, 9 ( 't'Ì)v aVEO"LV TJ O'à.pç i)µwv, tiÀ.)...,' ÈV 1tCXV'tL
·Ò:1tELÀ.Tjv; espressione ricercata
, ma co-
1
iJÀ.L~OµEVOL), 8,13 (oÙ yàp LVa aÀ.À.oLc;
mune nella lingua profana, p. es. in èivEO"Lc;, Ùµi:'v ÌJÀL~Lc;); 2Thess. 1,7 (civ-
'Thuc. 3,10, dove l'oggetto è 'tTJV EX- 'tCX7tooouva.t 'toi:ç iJÀ.l~ou<Jw ùµ<i.c; iJÀ.i:-
]pa.v ). Il significato giuridico di rila- \)Jiv, xaì. ùµi:'v 'tOLc; ÌJÀ.L~oµÉ\IOL<; <ivEO'LV

~7mnv; (a proposito di Sennacherib).


"'ll<XLç q>ov, Eilcpopov ... à.vl}pwmvov.
3Cfr. Ios., Ant. 5,215 : -.Tiv à.vi}pw-r.:lvT)v
.cpuaw cplÀ<Xv-cov oùcr<Xv. àvlT}µL
4 Pollux III 131 : ooùx <iv -CL<; Ù7toµÉvoLt:V, 1 Cfr. Ni\GELI 85.
o oùx <iv ·ne; ÈvÉyxoL - -.6 oÈ àv<Xv-clov xov· 2 Così nei papiri, dr. PREISIGK E, W' art.
987 (l,368) rivlO"TT)µL (A. Oepke) (l,369) 988

µdf 'i)µwv ). Nell'ultimo passo si po- Osserviamo che &ve:crtc; non si trova
trebbe parlare di un significato escato- usato nell'accezione di perdono (~èiq>e:­
logico e mettere in parallelo &ve:<nc; con crtc;, 7tape:crtc;) che ci aspetteremmo co-
me corollario dell'uso di &.vtÉvaL nd
à.whyu!;tc; (Act. 3,20), con l'àvcbta.u(nc;
LXX (p. es. Ios. 24,19; Is. 1,14). L'ac-
escatologica (2 Clem. 5,5; 6,7; concet- cezione, tutt'altro che infrequente nel
to gnostico, sconosciuto ancora al N.T.) greco profano, di andazzo, rilassatezza
e con ~ àTioÀ.u-.pwcnc; (cfr. Schol. a è attestata nella primitiva letteratura
Thuc. I, 76, dove &.vdvcn del testo è cristiana solo in Barn . 4 ,2.
spiegato con àr;oÀunv). R.BULTMA NN

O.VLO"'tT)µL, t ÈSO.VLO"'tT)µL,
àvci.o--.a.o-tc;, t Èsa.vci.O"-.cxcnc;
~ Èyt:lpw, ~1»-fi

la falsariga del semplice ~O"'tT)µL, men-


tre il loro uso semantico non diverge·
A. I SIGNIFICATI DI Ò.VLCT'taWn E nei testi biblici da quello profano e·
ÈSC'LVLCT"'C'CXVtXL corrente. a) Transitivo: detto di
per son e (da Omero in poi): solle-
Nell'uso transitivo e intransitivo del- vare chi giace o sta accovacciato (Act.
le varie forme i due composti seguono 9 ,41 ), svegliare chi dorme, far entrare-

rivla·n]µL x-r À. Per quanto concerne l'inquadramento del


Per l'uso generale LIDDEL-ScoTT, s.v. concetto di resurrezione nella storia delle re-
Per la resurrezione dei morti R.G.G. 2 I ligioni:
623-634 e R.E. II 219-224. Alla bibliografia E. B6KLEN, Die Verwandschaf t der iudisch-
ivi riportata si può aggiungere: E. J. III 665- christlichen und der parsischen Eschatolo-
667; ]udisches Lexikon I 566-568; ScHiiRER gie (1902).
II 458s., 638ss.; BoussET-GRESSMANN, Rgstr. A. BERTHOLET, Zur Frage des Verhaltnisscs-
spec. 269 - 274; F. WEBER, ]ud. Theol. auf von persischen und ;udischem Auferste-
Grund d. Talmud2 (1897) 390 ss.; STRACK- hungsglauben; Festschrift fiir F. F. An--
BrLLERBECK passim per quanto riguarda i pas- dreas (1916) 51 ss.
si che citeremo del N .T. e inoltre IV 1166. E. SELLIN, Die alttestamentliche Hoffnung
1198 (Exkurs: Allgemeine oder teilweise Auf- auf Auferstehung und ewiges Leben, NkZ
erstehung der T oten? ); 30 (1919) 232 ss.
G. QuELL, Auffassung des Todes in Israel E. ALBERT, Die israelitisch- ;udische Aufers·
(1925). tehungshoff nung in ihren Beziehungen zum·
P.. VoLz, Judische Eschatologie van Daniel Parsismus (1910).
bis Akiba (1903). MEYER, Ursprung II 58 ss.
R. H. CHARLES, A critical history of the doc- BoussET-GRESSMANN 478 ss; 506 ss.
trine o/ a future li/e ( 1899). E. EBELING, Tod und Leben nach den Vors-
G. F. MooRE, II 279-395. tellungen der Babylonier I, Texte (1931).
989 (I ,369) civla·niµ~ (A. Oepke) (I,369) 990

in funzione qualcuno, insediare un som- trimonio del levirato: LXX Gen. 38,8,
mo sacerdote (Hebr . 7,11.15); deporta- cfr. I ud. 4 ,5 .10 (anche a biii zera':a
re un popolo; detto di cose (posto- LXX Gen. 19,32.34)1• V. anche Mt. 22,
merico) : erigere statue o altari, ripara- 24 par. (libera citazione di Deut. 25,
re muri . b) Intransitivo: alzarsi, riscuo- 5 ss. con richiamo a Gen. 38,8). Per il
tersi dal sonno (Act. 12,7), levarsi dal significato letterale del verbo cfr. Ios.,
letto (Le. 11,7) ; specialmente detto de- ' ' 't'lJV
A nt. 5 ,46 : Em ' µa:x11v
, •t ,
Est'l.VLO'-rl)-
gli ammalati (Le . 4,39) e in particolare o-w. e) <ivLcr-rO:va.L -rwci, suscitare, far
dei paralitici (Mc. 9,27; A ct. 14,10); Èx comparire un personaggio (sulla scena
-rijc; v6o-ov, guarire; presentarsi per par- della storia). Nei LXX sta per héq'ìm
lare (Le. 10,25; Act. 5,34; 13,16), Èt,a:- con l'accusativo (Deut . 18,15 .18: npo-
vi'.cr-mo-i)a:L (15 ,5) in tribunale come giu- q>TJ'tlJV &.vtcr-rciva.L; cfr. lBacr.2 ,35;
dice o testimone (Mc. 14,60 e par. 57); 3 Ba:cr. 14,14; I er. 23 ,4; 37[30],9; Ez.
sollevarsi con intento ostile (Mc. 3,26; 34,23). In citazioni (Act . 3,22; 7,37;
Act. 5,l 7). Act. 3 ,26) è detto della missione di
I seguenti significati sono peculiari Gesù 2 • Si può confrontare Plut. , Mare.
in tutto o in parte dell'uso biblico: a) 27 (I 314 a): cX'\ILO"'t'ciVrJ.L 't'LVtÌ. È1tÌ. TYJV
con valore intransitivo àvlcr-t"l')µL indi- xa.i:l)yopla.v, presentare qualcuno come
ca l'inizio di un'azione (Gen. 21,32: accusatore. - L'accezione più importan-
wajjaqom ... wajjafabu, àvfo-r11 oÈ ..• te dal punto di vista teologico è d) ri-
xa:ì. Ènfo-rpEtj;a:v; I ud. 13, 11; 3 Ba:cr. suscitare i morti, oppure, con valore
19,21). Molto spesso si adopera a que- intransitivo, risorgere da morte.
sto scopo il participio xtil àvticr-ràc;
-r'JxoÀouihicrEv tiù-r<{) (Mc. 2,14 par., 7,
24; Act. 8,27). Sovente nelle frasi im- B. LA RISURREZIONE DEI MORTI NELLA

perative il verbo equivale pressappoco GRECITÀ


a orsù.'(~ ÈyEpi}Elc; e EYELpE). Gen. 13,
17: qum hithallek, àvticr-ràc; ot6ow- A prescindere dalla metempsicosi,
crov; 19,15; Num . 22,20; I Reg. 17,9: definita da Platone (Phaed. 72 d) col
qum lek, àvciO'-tl)i}L XtXÌ 'JtOPEVOV; Ion. verbo àva~LWCTXEO'i}m, i Greci conside-
3 ,2; Ez. 3 ,22; Le. 17,19: àva.cr-ràc; no- rarono la risurrezione dei morti in due
pEuov; Act. 8, 26: àv6:0'-r'l'"Ji}L xa.l no-
modi: a) come un fatto impossibile.
pEvov; 9,6. - b) (Èt,) t'l.VLCT'tciVtXL crnÉp-
µa: è un semitismo corrispondente a Horn., Il.24,551 (Achille a Priamo par-
heqlm zera', e significa suscitar la pro- lando di Ettore) : oùoÉ. µw àvcr-rr'jcri:.tç;
le al fratello defunto contraendo il ma- cfr. ibid. 756; 21,56; Hdt. III 62: d

E. RoHDE,Psyche 9· 10 (1925) . vita ultraterrena, presentata come il fulcro


E. BENZ,Das Todesproblem in der stoiJchen della religiosità ellenistica [-+ çwTj] ).
Philosophie (1929). I Cfr. per questo K. H. RENGSTORF, Jeba-
F. CUMONT, Die orienta!. Rel. im rom. H ei- mot (1929) 28 ss., 38 s.; nonché STRACK-BIL-
dentum3 (1931) passim (il lavoro del Cu- LERBECK I 886 s.
mont dà un forte rilievo all'idea di una 2 WENDT, Ag. a.I.
991 (l,370) rivlcr-rljµL (A. O epke) (l,3 70 ì99 2

ol -rEiìVEW'"t'Ec; àvEO"'tcXCTL, rcpocrOÉxEo 'tOL avrebbe poi rifiu tato i 150 mila denari
xaì. 'Acr-rua:yw. -ròv Mijoov È7tavacr-r1i- offertigli in , rico1r.pensa dai familiari,
O'E<rlJcu. Aesch ., Ag. 1360 s.: xà.yw -ro- volendo che fossero invece cumulati
toih6c; dµ', ÈTCEL OUO"µ'flXa\IW ÀéjOLO"L sulla dote della fanciulla) . N ell 'ambito
-ròv iìav6v·t' à.vLcr-rcivcu rcciÀLv. Soph ., di que sta co ncezione greco - ellenistica
El. u 7 ss .: &.)..)..' ou'toL 'tòv 1' Èç •Alo(J. rientrano anche le risurrezioni narrat e
rcayxolvou Àl1wac; 7ta-rzp' à.vcr't6:o"ELc; negli atti apocrifi degli apos toli (p . es.
ov-ri:: y6oLc; ou-rE ÀL-rafoL\I. Aesch., Eum . Act. Petr. Vere . 2 5-28) 3 .
648 : èhaç iìav6v-roc; OV'!Lc; fo-r' à.vri- Rimane estranea ai G reci l'idea d ì
<:r-rmnc;. ln Eur., H erc. Fur. 719: ovx, una ris urrezione generale a11a fine dei
d YE µ 1i -rLc; lJEW\I &.v(J.O''t"iiO'ELÉ VL V, si tempi . Un accenno polemico contro di
nota già il passaggio all'altro modo di essa è forse conte nuto in un 'iscrizione
concepire la risurrezione ossia - b) co- tombale frigia: [o]L OlJ o(i::lÀ](J.LOL miv-
me u n p r o d i g i o p o s s i b i 1e , 't[Ec;) dc; à.w.i.cr-ra:nv (0Hr.cv-rEc;?) 4 •
ma rarissimo. Plat., Sympl79c: Da A ct. 17,18 sembrerebbe che gli udi-
€800-av -roti-ro ol iJEOl, Èç "ALoou àvEi:- tori di Paolo avessero frainteso ò:vci-
vaL rc6:Àw -rl)v ~ux-fiv. Luc., Salt. 45: cr-r~o-Lc;,
scambiando la per un nome pro-
xaì. -ri)v TuvoripEw à.vri<r-ra<TLV, xaì. prio (dr. Act. 17,31 s.).
' xa-r' 'A<rxÀ'fjmoti
-rl]v Aiòc; È7tÌ, -rou-r~
Òpy-fiv. Alle resurrezioni operate dal me- C. LA RISURREZIONE NELL' A.T. E NEL
dico Asclepio si accenna nello scritto GIUDAISMO
pseudosenofonteo sulla costruzione del
guado (Cin.l,6): 'Ao-xÀ'fjmòc; oÈ {xaì.) L' A. T. riferisce qualche raro caso di
µEL~évwv E"t'UXEV, à.vio-"t'civa.i µÈv -rE- risurrezione (1Reg.17, 17 ss. ; 2 Reg.
iìvEw"t'a<;, voo-ouv"t'ac; ÒÈ léi.O"iìaL. Secon- 4,lf ss.; 13,20 s.) 5 • Sotto l'influsso del
d_o Paus . II 26,5 il pastore che ricono- parsismo ha preso campo l'idea balenata
sce il trovatello Asclepio dal lampo af- già da tempo alla coscienza religiosa
ferma: on à.vlcr"t'l)O"L -rElJVEW"t'ac; cfr. ebraica (Ez. 37 ,1-14; Is. 53,10 ; lob 19,
II 27,4. Filostrato (Vit. Ap. IV 45) 25 s.; Ps. 73) di una risurrezione esca-
narra la risurrezione di una ragazza tologica di tutti ì morti 6 • Questa con-
morta (in apparenza) compiuta in Ro- cezione è attestata chiaramente per la
ma da Apollonio di Tiana (il quale prima volta in Is.26,19 (àvao-'t1Jcrov-raL

3 E.HENNECKE, Neutestamentl. Apokryphen 2 data.


(1924) 244. s I racconti giudaici di resurrezioni in P .
4 W. M. RAMSAY, The Cities and Bisho- FrEBTG, Judi sche \Vun dergeschichten (1911)
prics of Phrygia n. 232 (Eumeneia) . L 'ipote- 16 ; STRACK-BILLERBECK I 560, II 545.
si che l'autore dell'epigrafe sia un giudeo se- 6 -7 la hibliografìa A e -7 l;wii/ Mvct-ro:;.
guace dell'epicureismo non è abbastanza fon-
993 (I,370 ) riv Ccr-n11n (A. Oepke) (I,371) 994

d vExpol : LXX = ji hju metékii, espres- sua parola e ri suscita i morti! ». Nel
sione si noni ma di ÈyEpfrl]o-ov'tr.u = jii- giudaismo ellenistico si nota la tenden-
qumu) e in Dan. 12 , 2: 7toÀÀoÌ. 'tWV za a spiritualizzare il concetto di risur-
xo:frrn86v-rwv Èyepfrl]o-ov-rcn (ja q isu). rezione. Né Giuseppe né Filone usano
Essa è divenuta patrimonio dell ' a po - cìvci.o-'to:O"~ç nel senso di risurrezione.
c al i t ti c a 7 • Nell' ambito di questa TI primo interpreta addirittura la dot-
coloro che amm ett evano un ' regno ' trina fari saica secondo la sua concezio-
escatologico cli tran sizione collocavano ne dell'immortalità (B ell. 2,163), men-
all'ini zio di esso la ri s urr c~ i o ne ogge t- tre il secondo intende l'immortalità non
to di piì'1 immediato interesse, oss ia come una sopravvivenza, bensì in sen-
quella dei giusti, e al termine quella so misti co, come liberazione dall'indi-
degli empi. vidualità , come nuova nascita ( Quaest.
I sadducei e i samaritani respingeva- in Ex. 2 ,46 , Harris p. 60 s. 10 ; si veda
no l'idea di una risurrezi one (Mc.12,18 come egli descrive l'innalzamento del-
par.; A ct . 23 ,8; Ios., Bell. 2,165; Ant. 1' anima in Sacr. A. C. 5) e concepisce
18,16) 8 . È qu esto un motivo che ritor- l'inferno come la condizione in cui l'uo-
na continuamente. Ber. 9 ,5: « i Minim mo, respinto da Dio, si trova già su
affermano che vi è soltanto un mon- questa terra (Cher. 2).
do»; j. Hag. 77 b 4 vu: Eliseo ben
Abuià diceva: « non vi è risurrezione D.LA RISURREZIONE DEI MOR'fI NEL
dei morti ». Contro questa negazione NUOVO TESTAMENTO
sono dirette le parole di Sanh. 10,1:
« chi afferma che la risurrezione dei 1. Il N.T. attesta singoli casi di ri-
morti non si può dedurre dalla Torà surrezione. Come nella vita comune si
non avrà parte nel mondo futuro ». Il chiamano i dormienti o i malati, si pren-
tardo giudaismo è unanime nel consi- dono per mano e si rialzano, così fa il
derare la speranza di una risurrezione taumaturgo con i morti, ed essi risor-
come una componente essenziale della gono (cfr. Mc. 5,42 con 9,27; Act. 9,
propria fede religiosa (Shemoné Esré 2)9 • 40 s. con 9,34). Come insegna anche il
In T. Ber. 7 ,5 la dossologia rivolta ad N.T., questi fatti non erano lontani
un cimitero suona: « Egli vi farà risor- dalla mentalità comune del tempo (Mc.
gere . Lodato sia Colui che mantiene la 6,14, dr. Heb . 11,35); i fedeli però, a

7 Le testimonianze si trovano soprattutto IO E. BRÉHIER, Les idées philosophiques et


in STRACK-BILLERBECK IV 1166-1198. religieuses de Philon d' Alexandrie ( 1908 )
8 Per 'i samaritani cfr. STRACK·BILLERBECK 240 ss.; R. REITZENSTE!N, Die Vorgeschichte
I 551 s. der christlichen T auf e ( 1929) 111, inoltre H.
9 ScHi.iRER II 539; STRACK-BILLERBECK IV H. SCHAEDER : Gn omon 5 ( 1929) 353 ss.,
211. REITZENSTEIN ARW 27 (1929) 241 ss.
995 (l,371) à.vlcr"tl']µL (A. O epke ) (I ,37 1) 996

giudicare da A ct. 20 ,10, sapevano co- 3. La resu rrezione di Gesù è conside-


glierne e sentirne il significato tutto rata come l ' avvio delJa r i s u r r e -
nuovo e particolare. Soprattutto i rac- z i o n e fin a 1e . Act. 26, 23 : npw-
conti delle risurrezioni operate da Gesù 'toç Èì; à.vw:r-rci.o-Ewç vExpwv; 1 Cor.15,
(Mc. 5,21-43 par.; Le. 7,11-17; Io . 11, 20: à.mxpxiì -rwv XEXOLµT]µÉvwv; v.21 :
1-44 ), pur così diversi tra loro, hanno òL' àvfrpwnov à.vcia-rwnç vExpwv; Col.
pur sempre in comune l'assoluta serie- 1, 18: 6.pxiJ , npw-r6-roxoç Èx -rwv VE-
tà, la casta sobrietà e l'efficacia poten- xpwv. Anche nel N.T. l'intima logica
te. Le risurrezioni dei morti non sono dell a fed e doveva portare a concepire
prodigi isolati , bensì uno dei ' segni ' anzitutto una ri surrezione alla vita; 1
dell'epoca messianica (Mt. 11,5; Io.11, Cor. 15 ,22; Rom. 8,11; Io. 6 ,39 .40.44 .
25.26; dr. 5,20 s.; 6,39.40.44.54; non 54: 6.vo:a-ri]crw o:ù-.òv Èv -rii foxci.•TJ
diverso è in fondo il significato di Mt. i}µlpq.. Il concetto prevalente è però
27,53). quello di una duplice ri surrèzione; Io .
2. La r i su r re zio ne d i G e - 5, 29; avci.0'1:'0'..0-Lç SWfiç, àvci.cr-ra.O"Lç
s ù (precisata spesso , ma non sempre, xplo-Ewç (cfr. Rom. 14,9; 2 Cor. 5,10).
con l'aggiunta di Èx \IExpwv ), predetta Le. 14,14 (i} 6.vcicr-ra.aLç -rwv ÒLxa.lwv)
da lui stesso 11 (Mc. 8,31 par.; 9,9 par.; distingue probabilmente e Apoc. 20,5.
9,31 par.; 10,34), è presentata nel più 6 (ii àvci.cr•o:aLç +i 1tpw-rT)) certamente,
antico kerygma come opera del Padre, conforme alla tradizione giudaica, la re-
attraverso la quale il Cristo crocifisso surrezione alla vita, destinata ad at-
viene esaltato alla 861;0: messianica (Act . tuarsi all 'inizio del regno millenario,
1,22; 2,24.31 s.; 4,33; 10,41; 13,33s.; dalla risurrezione generale. Anche 1
17,3.31; Rom. 1,4; 1 Cor. 15,1ss.) 12 • Cor. 15,23 s. va inteso in questo sen-
Circa l' importanza della risurrezione so, se, almeno, -rò 'tÉÀoc; non indica la
nel kerygma e la concezione ellenistica fine del mondo bensì il 'resto' dei mor-
delle divinità che muoiono e rinascono ti 13 • Su questa linea 1 Thess. 4,16 s.
~ Èydpw, crvsaw. sembra accennare ad una riunione col

11 Secondo W. MrCHAELIS, Taiifer, Jesus,


(1928) 48 s., in Paolo e negli altri scritti neo-
Urgemeinde (1928) 100 s., le predizioni di Ge- testamentari non sarebbe dato un uguale ri-
sù riguardanti la sua risurrezione non sareb- lievo alla risurrezione e alla glorificazione.
bero di proposito distinte da quelle relative Secondo E . fASCHER: Z .N.W. 26 (1927) 1 ss.
alla parusia . Nel vangelo di Giovanni nessu- soltanto Ò.7tÒ i}Eov esprimerebbe l'essenziale,
na differenza sostanziale è posta fra la risur- mentre tutto il resto non sarebbe che un
rezione, l'invio del Paraclito e la parusia: cfr. ' ideogramma '.
al riguardo i commenti e le opere cli teologia B Questa interpretazione si va facendo
neotestamentaria. strada, dr. JoH. WEISS, BACHMANN, LIETZ·
12 Secondo G . BERTRAM, Die Himmelfahrt MANN, 1 Kor., soppiantando quella più antica
Jesu vom Kreuze, Festgabe fiir _Deissmann di HEINRICJ, 1 Kor., a. l. e K. DEISSNER,
(1926) 187 ss.; E. LOHMEYER, Kyrios ]esus Aufestehungshoffnung und Pneumagedanke
997 (I ,372) à.v(O"'tTJ!H (A. O epkc) (I,372 ) 998

Signore dei fedeli risorti o ancora in la chiesa di Corinto a negare la possi-


vita alla parusia , che si compirebbe bilità della risurrezione stessa 16 ( 1 Cor.
senza alcun giudizio . Diverso è invece 15,12 ~ ÈyElpw, crwµa) .
il pensiero di Rom. 2,16; 2 Thess. l,9.
10; 1 Cor. 4,5; 2 Cor. 5,10. Come nel
giudaismo, così anche nel cristianesimo
primitivo le idee in proposito sono piut- Entrambe le parole hann o lo stesso
tosto oscillanti. significato. 1. trans. : a ) l'e rezione di
Pur essendo già possesso attuale dei statu e, argini ecc.: ep. Claud. ad Alex .1 ;
credenti 14, la ri surrezione alla vita ri- Ios., Ant . 17 ,151 ; 14,473 ; 11,19 , cfr.
Bel!. 5 ,205 ; B.G .U. 362 VII , 3 (215 d.
mane tuttavia il fin e ultimo a cui deve
C. ); - b) la cacciata di qualcuno dalla
tendere il cristi ano nella sua milizia sua sede: Hdt. IX 106; Polyb . II 21,9;
terrena (Phi l. 3,11 : È!;cx.vacr'ta.cnc;, uni- 'tTJV 'twv Mo q>vÀwv civacr"t'cx.crw, Ios.,
co caso nel N .T. ). P er quanto riguarda Ant. 10,185 ; 2,248; 16,278; Bel!. 6,
l'erronea tesi gnostica combattuta in 2 339. 2 . Intr.: a) il sorgere (Aristot.,
Tim . 2,18 (civacncx.crw fjOYj yqovÈvcx.L) Spir. VIII p . 285 a 18 s.), dal sonno
dr. Menandro in Iren . I 23,5: resur- (Soph ., Phil. 276 ), dal letto al mattino
(Porph. , Vit. Pyth.40); med .: per l'eva-
rectionem enim per id, quod est in eum
cuazione (Hippocr. Epid.VI7,l; Progn.
baptisma, accipere eius discìpulos et ul- 11) 2 • Il significato di guarigione non
tra non posse mori sed perseverare non è attestato, mentre lo è quello di risur-
senescentes et immortales 15 • Particolar- rezione da morte (~ coll. 990ss. ), n on
mente forte è l'espressione figurata di però in Filone e Giuseppe; b) la par-
Eph. 5 , 14: civacna. Èx 'twv vExpwv, tenza (Thuc.II 14), l'emigrazione (Stra-
bo II 3,6); - e) l'insurrezione (Demo-
xcx.t Èmq.ia.ucrEL croL ò XpLcr't6c;.
sth ., Or. 1,5).
La materialità del concetto giudaico
di risurrezione era probabilmente il Nel N.T. ricorre soltanto nel signifi-
motivo che spingeva alcuni membri del- cato 2. a) Le. 2,34: ounc; XEL't!1.L Etç

bei Paulus ( 1912) 23 ss., che traducevano: e mica di Paolo fosse rivolta contro i sosteni-
poi la fine del mondo. tori di un'escatologia ultraconservatrice che:
14 Rom . 6,5 .8 non è un futurum resurrec- ammetteva la possibilità della glorificazione
tionis (BARTH, Rom. 175 s., 182 a. I.), bensl soltanto per coloro che fossero vivi alla pa-
logicum (Col. 2,12 s., 3,1); dr. Ki.iHL, Rom. rusia .
204 s., 207; S1cKENBERGER, Rom. 219. civcicna.O"L<; x-rÀ .
15 Una versione sostanzialmente più elemen- 1 H. lDRIS BELL, ]ews and Christians i"
tare si trova in Demade ed Ermogene, A ct. Egypt (1924) 23 ss . r. 31,45.
Pl. et Thecl. 14 (E . HENNECKE, Ntl. Apokr.2 2 Si potrebbe forse spiegare con questi
200): la risurrezione sarebbe già avvenuta passi il sorprendente uso di Él;a.vcia--raO"L<;
nei fanciulli. (B.G.U. 717 ,11; segue O"Xa.q>lov: vaso da not-
16 A. SCHWEITZER, Die Mystik des Apo- te?) per indicare un pezzo d'arredamento?
stels Paulus ( 1930) 93 s., pensa che la pole- Cfr. le correzioni e le aggiunte a BGU 111 4.
999 (I,372) àv-cl {F. Bi.ichscl) (l,373) 1000

7t'twcnv xa.l civcicna.:nv 3, 'è posto per la risurrezione dei morti (anche di Cri-
la caduta e la risurrezione ', ossia per sto): Mc. 12,18 par.; Io. 5,29; Act. 1,
la condanna e la salvezza. Per l'imma- 22; Rom. 1,4; H ebr. 6,2; Apoc. 20,5s.
gine cfr. P-s. 118 ,22.23; Is. 8, 14. 15; e passim. È!;avcio-"trx.crLc; in quest'ultima
28,16; Rom. 9,33; 1 Petr. 2,6; Mc. 12, accezione ricorre soltanto in Phil. 3,11.
10 par.; Le. 20 ,17 s.; per il concetto 1 Per la concezione complessiva ~ àvl-
Cor. 1,18 ss. 0'-cl)µL, ÈyELpW.
Tranne qu esto caso, indica sempre A. 0EPKE

iivow. --'> v::iuc; CÌ:v7avo:1Ù TJPOW --'> 7Ù Y)P6<>>


d:vo11lo:, iiv::iwlc; --'> vcf .loc; cbrw:7toolow1H, ci:V"to:7t~oo1tix, à.V"to:7t6oo-
civ6vt.oc; ~ oa~oç cnc; ~ olow)lL
àvox-fi--'> I , coli. 965 ss.
d:v-co:-ywvlsof.to:L-'> I , col!. 361 ss .
d:v-cci:),ì.anw:--'> I , coli. 676 s.

Ò.V'tL

È una di quelle preposizioni , per il TCEPL~o),a.lou). Da a) der ivano i signi-


cui uso ci si deve rifare all'epoca elle- ficati seguenti: b) in favo re di = unÉp
nistica. Nel N.T. non si trova mai nel (Mt.12,27: oouva.!. à.n'ȵou xrx.ì. crou,
significato materiale di fronte. Per lo per= per conto di), e) a causa di ( àv"tl
più significa: a) in luogo di, specialmen- -rov-rou = perciò: Eph. 5,31; àvi)' wv
te in espressioni come xrx.xòv civ"tl Xtl- = a causa di, che = perché: 2 Thess.
xou (Rom. 12 ,17; 1 Thess.5,15; 1 Petr. 2,10 e spesso in Le., per es. 12,3 e
3,9), xcip!.v àv"tl xcip!."toc; (Io. 1,16) 1• anche in proposizione principale, così
Non ha importanza che si tratti di una che equivale a perciò).
sostituzione reale o soltanto prevista, In Mc. 10,45 par.: oouva!. 'tÌjV ~u­
oppure di una pura equivalenza di prez- xYiv m'.J"tou À.trrpOV rXV'tÌ. 1tOÀ.À.W\I, per
zo (Hebr. 12,16: àv"tL ~pwcrEwç µ!.ciç posizione à.v"tÌ. 7toÀ.À.wv dipende da
cX1tÉOE'tO "tà. 7tpW'tO'tOX!.ll), o di una À.V'tpOV e non da OOUVaL e va pertanto
sinonimia ( 1 Cor. 11,15: océµ:ri à.v'tÌ inteso nell'accezione a) e non b), come

J L'espunzione di xa.t d:vcicr-cacnv propo- (Diss. Bonn 1906); K. RossBERG, De prae-


sta da JoH. WEISS e GRESSMANN (KLEIN, pos. Graec. in chart. Aegypt. Ptolm. aet.
Lk. a. l.) non è sufficientemente motivata. usu (Di ss. Jena 1909).
civ-cl 1 Cfr. PHILO, Poster. C. 145: OLÒ 't'Ò'.<;
EL. D EBR. § 208; RADERMACK ER 138; D1rr., 1tpW't1Xç xcipL-cac; ... É-cÉpaç CÌ:v-c' ÈXELVWV xaì.
Syll.3 4,218 s. v. d:v-cl; W. KuHRING, De -cpl-caç à.v"tl -cwv ow-cÉpwv xa.t d:d vfoç
De praepos. Graec. in chart. Aegypt. urn d:v-cl 7taÀ.mo-cÉpwv ... Èmolowcn.
1001 (l,373) cXYtlouwç (G. Schrenk) (l,373) 1002

in Mt . 17 ,27 (il dono della vita di Ge- di essi Gesù non fa altro che mettersi
sù è prezzo sufficiente per il riscatto al loro posto.
di molti). Ma anche ammettendo che In Giuseppe (Ant. 14,107: -i:i]v oo-
àv-rl dipendesse da oouvcx.L e avesse xòv CX.Ù'tQ 'tTJV xpucrijv M-rpov rXV't~
TCci.v-rwv €owxrv), non vi è dubbio che
quindi il signifìcato b), esso esprime-
àv'tl voglia dire in luogo di: il sacer-
rebbe pur se mpre un 'idea di scambio: dote vuole non solo dare a fin di bene
G esù fa dono di se stesso e della sua un po' dell 'oro del tempio, ma anche
vita in cambio di ciò che i TCOÀÀol accontentare Crasso, offrendo questa
hanno perduto, che non è un bene qual- trave d'oro al pos to di tutto l'alt ro oro
siasi, ma la loro stessa vita; in favore del tempio.
F. Buc11su

A. àv-rloLxoç ALL' INF UO RI DEL N. T. si legge, dopo i nomi dei cont endenti ,
civ'tLol[xo]i,ç xa.lpn[vJ, e Ditt., Syll. 3
1. È l'avversario in un processo, sia 656,24 , dove i cittadini di Abdera nel-
esso accusatore o difensore. Aeschin., la petizione indirizzata a Roma chia-
Fals. Legat. 165; Plat., Phaedr. 261 c: mano cXV'tLOLxoç il re di Tracia, Kotis ,
ÈV OLXCX.CT'tì)pLoLç OL ciV'tLOLXOL -i:l opw- che minaccia di annettere la loro città 1•
CTLV; 273 c: EÀEYXOV 1t1J TCCX.pa.OOLì) 't<{j Nei LXX il vocabolo non è mai usa-
Ò:V'tLolx~. Leg. 11,937 b: -i:wv riv-i:Lol- . to in senso figurato, e conserva sempre
xwv Éxchrpoç. Delle due parti avverse il suo valore giuridico : Prov. 18 ,17 :
nel processo è detto anche in Epict., OLXCX.LOç ÈCX.U'tOU XCX.'tYJj'Opoc; ÈV TCpW'tO·
Diss. 2,2,10 : crxÉTC-i:ou xcx.1. ·drv q>ucrLv o
Àoylq. · wç o' lì.v ÈTCL~ciÀ TI civ'tloi,xoç
-i:ou oLxcx.auu xcx.1. 'tÒV civ'tloLxov. III (rè'èhU) ÈÀÉYXE'tCX.t. Flav . Ios., Ant. 8,
9,5: iip' ovv TCtXV'tEç EXOµEv UYL'il o6y- 3 O: -i:ò oÈ 'tljç &.v'tLO lxou 'tEi}vnxÉvcx.i,,
µa.'tCX. xa.ì. CTÙ xcx.1. ociv'tloLxoç crou; detto a proposito delle due donne che
àv'tloLxoç può anche essere specifica- si contendono il bimbo in presenza di
mente il difensore: Antiphon ., Or. 1,5; Salomone. Philo, Aet. Mundi 142 : il
P. Oxy . 37,1,8 (sec. I d. Cr .) o l'accu- giudice non pronuncia la sua sentenza
satore: Lys., 7,13. Contendenti in giu- 7tpÌ.v [ 7tcx.pà.] 'tWV Ò:.V'tLOLXWV ò:.xouam,
dizio possono essere singoli individui e analog~mente Leg. Gai 350: Èxa.'tÉ-
o gruppi (ne è fatta menzione soprat- pwi}E\I CT'tfjvcx.L (dinanzi ai giudici) -i:oùç
tutto nei papiri). Si veda P. Lips 33,2, ò:.v-i:Lòlxouç µE'tà. 'tW\I cruvcx.yoprncr6v-
4 (368 d. Cr.), dove all'inizio di un do- -rwv (avvocati); 361: yÉÀwç Èx -i:wv
cumento processuale (processo privato) cl\l't'LOLXWV XCX.'tEppciyì) . Cfr. 362.

à.v't!'.o~xo c;
1 Altri esempi in MouLT-MILL. 47; PREI-
SIGKE, W ort. 133.
1003 (l,374) à.v-;loLxoç (G. Schrenk) (I ,374) 1004

I rabbini hanno trascritto il vocabo- 3. In senso generico e senza più ri-


lo come straniero e chiamano l'avver- ferimenti alla metafora giuridica, civ-rl-
sario in giudizio 'antidiqos : Pesikt. ÒLxoç significa concorrente, avversario,
122 b; D eut. r. 5 a 16,18, detto delle contradditore, specie in poesia. Aesch.,
parti contendenti 2• Ma è usata anche Ag. 41: IlpL6:µov µÉya.ç cinlòvxoc; Mi:-
l'espressione ebraica ba'al din (a l' ara- vÉÀa.oc; &vaç. LXX Est . 8 ,11: xpficri}m
maica ba' al debabà'): b. Sheb. 31 a; b. -roi:ç civ-rLÒlxoLç mhwv (detto degli av-
Ber. 16 b; Ab. 1,8 3• versari de i Giudei). Ecclu s 33,9 (ebr..
36 ,7 ): ì!çapov à.v-rlòtxov ( in un pa ss o
2. L'imma gine processuale si pres ta liturgico ). flav. Ios., Ant . 13 ,413 : d
così bene a un uso traslato, che si ap- cipxEcri>ELEV -roi:c; civnplJp.ÉVOLç oi. à.v-rl-
plica metaforicamente a descriver~ l'op- OLXOL; Philo , Leg. Alt. 1,87: ÒLxmocrv-
posizione di Dio e dei suoi nemici, e VlJ ovÒEvòc; oliera àv-rlotxoc;; in Virt.
questo dapprincipio con un cosciente 174 presenta Dio come àv-rl&xoc;. Nel-
riferimento all'immagine. LXX 1 Bacr. la letteratura rabbinica 5 : Gen. r. 100 a
2,10. (Cantico di Anna): KvpLoc; cicrDE- 50,21 6 •
viì 7tOL1}0'EL ànlÒLXOV CX.Ù't'OU (mert-
bàw) 4 ; Is. 41,11: à7toÀovv-rct.L miv-rEc; B. à:v-rlOLxoç NEL N. T.
ot civ-rl8Lxol crov ('anfé rlbeka).
I nemici di Israele son presentati In nessun passo del N.T. àv·tl8Lxoç
come gli avversari in giudizio anche in significa direttamente accusatore in giu-
Itp 27,34: xplcnv xpLvd 7tpÒç -roùç civ- dizio (1); in Mt. 5,25 (i'.cri}L EÙvowv -r0
·nòlxovc; mhou (rlbam ). Jahvé nel pro-
CÌV't'LÒLX~ O'OU, µ1)7tO't'É O'E TCCX.pa.80 Ò
cesso fa propria la causa d'Israele con-
tro gli avversari. Analogo è il signifi- àv-rlòtxoc; -rQ xpL-rfl) resta l'immagine
cato in Ier. 50,34; con la sola differen- traslata (2), ma à:v-rlòtxoc; è piuttosto
za che, mentre il TM ha presente Israe- il fratello, col quale non si deve alter-
le, nei LXX 27 ,34 si parla piuttosto de- care lungo la via mentre si va dal giu-
gli avversari in processo. La metafora dice (inteso, questo, in senso escatolo-
ricorre anche nel linguaggio rabbinico: gico) 7 • Uguale contenuto escatologico
Ab. 4,22: Dio è ad un tempo giudice
ha anche Le. 12,58: wc; yàp ùmiyw;
e avversario in giudizio; Gen. r. 82 a
35,17: Dio come ministro nel tribu- µE-rà -rou civ-rLòlxov O'OV È7t' lipxona,
nale dei popoli. con la differenza che qui si allude non

2 STRACK-BILLERBECK, 1,288. PRESlGKE, Sammelbuch 2055,2 (sec. 4-5 d.


3 STRACK-BILLERBECK, 2,238. Cr.). Per l'oggetto del processo si veda lEp.
4 I successivi 7tOLEi'v xplµct. e xpwt:i: con- 28,36 (TM 51,36): Èyw xpLVW 'tÌ'JV cinloL-
fermano che l'immagine è stata mantenuta. xév o-ov (rab 'et-ribek). In Filone (Leg . All.
5 STRACK-BILLERBECK, 1,288 s. 2,92 si ha il neutro : 'tÒ civ'tllhxov Tijç i)oo-
6 Il verbo si trova in LXX Iud. 6,31 A : vi)ç.
éìç <iv·uSlxricnv; 12,2 A : civ·nlhxwv. Pap.: 1 ScHLATTER, Mt. 174 s .
1005 (1 ,374) à.v-cL).aµ~civoµcu (G. l>clling ) (1,375) 1006

al fratello, come 111 Mt., ma a Dio 8• ( : :.: : i:où tXV't'LY.Ei:O"lJa.~ a.trrQ) indica l'at-
È ~vidente che que~to passo si trovava teggiamento dell'avversario che accusa.
già in Q sotto forma di parabola; ma In Apoc. 12,10 (o X(X•YJropwv a.v't'ovç
là esso poteva anche essere diversamen- Évwmov 't'ov iJEov i]µwv TjµÉpa.ç xa.t
te interpretato 9 . vux't'oç) quella del otcl:~oÀoç, calunnia-
A metà strada fra 2 e 3 sta 1 Petr. tore , è la stessa immagine di Giobbe.
5,8: ò 6.nlOLXOç uµwv OL!X.BoÀ.oç. Qui In 1 Petr. 5,8 non c'è più h figura del-
infatti la metafora giuridica è scom- l'avversario in giudizio, ma nella vi-
parsa, come mostra il verbo m:pv1'a:tEi:, vezza e nel tono della frase ne è rima-
ma si sente l'ebraico fatlin ( = aram. sta l'eco.
fitnii', sitna, se tan ), che significa anche In Luca ( 18,3) il vocabolo ricorre
' oppositore, avversario ', specialmente nell'accezione generica di avversario
in giudizio (-7 OLci[3oÀ.oç, cra-raviiç). (~ 3 ): ÈxolxY)crov µE 6.7tÒ -.ov cXV't'tOl-
Tale è Sc1tana, ]'accusatore davanti al xou µov, dice la vedova, che non è in
trono di Dio, in lob 1,6 ss.; 2 ,1 ss.; tribunale con il suo avversario, ma lo
anche in Zach. 3,1 l'espressione tefi(no acrnsa davanti al giudice.
G. SCHRENK

t à.v't'tÀa.µBavoµcn, cinO. :riµl.jJtç,


cruva.v't'tÀaµ~avoµm.

civ't'LÀ.a.µ~civoµa.t nella prosa attica sl in Platone e in Filone. In Iambl.,


significa dominare, afferrat ~, tenersi a Myst. 7,3 e ancora più frequentemente
qualcosa (Xenoph., Cyrop . II, 3,6: Ép- nei papiri (fin dal sec. II a.Cr.) significa
pwµÉvwç cX.v't'LÀTjl.jJov't'a.L •wv 7tpa.yµa- probabilmente aiuto. Nei LXX il ver-
-rwv); afferrare per aiutare (Eur., Tra . bo si usa in materia religiosa; ma pre-
464 ). Nei papiri vale sovente, con si- tendere, come fa il Deissmann 1, che
gnificato primitivo, aiutare (cfr. anc.h e qui si abbia una reminiscenza del suo
Diod. S. 11,13, a differenza di Filone). impiego verso i signori divinizzati, è
ànlÀT)µl.jJtç era in origine l'atto del- superfluo, considerato anche il fatto
l'afferrare, del prendere (App., Rom. che già nel culto egiziano era diffusa
Hist. 8,89 è addirittura l'importo); co- l'invocazione à.v•~À.a.~ov, xuptE ... (CIG

8 Godet (321) osserva giustamente che Dio i Carpocraziani.


qui fa tutte insieme le parti: è à.v't'loLxoç, 9 Cfr. JiiLICHER, Gl. lesu 240 ss.
xpvti]ç, 1tpcXX't'Wp. Quasi mai I' à.V't'LOLXOç è
Satana (KLOSTERMANN, Lk., a. l.), cosa che à.v't'LÀ.aµ~civoµaL X't' À..
avevano invece sostenuto, secondo Iren 1,25,4 l DEISSMANN, B. 87.
1007 (l,375) à.v·nì..aµf36.voµaL (G. Delling) (l,.376) 1008

4712 b = Ditt., O.G.I.S. 697). 2. Nel senso di aiuto divino (Le. 1,


auvo:v·nÀ.o:µBci.voµcu significa dare una 54) con una reminiscenza dci LXX (Is.
mano; cfr. Diod. S. 14,8,2 dove Lid- 41,9). à:.v-rlÀT}µ~Lç in 1 Cor.12,28 non
dell-Scott vedono l'idea dell'aiuto. Que-
è (come in P. Oxy. 900 ,13) l'accetta-
sto significato è per lo meno possibile,
z10ne di un incarico, ché determinati
e forse più probabile, anche nella
iscrizione citata dal Deissmann 2 e net uffici vengono singolarmente elencati,
Papiri. ma un aiuto; si tratta di attitudine,
Nei LXX il senso di a/jcrrarc è an- di dono ben diver so dai precedenti in
cor piL1 frequente , si ha in olt re quel- quanto non è cli natura miracolosa; è
lo, traslato, di attenersi a (ls. 26, 3 ), la carità al scr uizio della comunità. (dr.
unirsi con (Mich . 6,6 ), mentre à.v-d-
Act. 6,1 ss.).
),T}r.,l~LS significa l'atto di afferrare (2
Mach. 11,26) . Prevalente è, tuttavia, avvav·nÀo:µ0civop.ru è dare una ma-
l'idea di aiuto: aiuto prestato al pros- no. Le. 10,40 lo usa in senso profano;
simo (<iv·nÀo:µ0ci.vop.a.L, 14 volte); det- in Rom 8,26 è detto della preghiera
to di Dio ( <iv·nÀ.aµ0civo1w.L, 20 volte)
pneumatica del cristiano che si affian-
si trova soprattutto nei Salmi; si ha
pure <iv-rlÀT}µ~L<; , soccorso, anche al ca a quella della mente o, anche, la so-
plurale). stituisce. È chiaro che qui lo spirito
auvo:v-rLÀo:µ0civoµo:L: a) condivide- non è pensato come la terza persona
re un servizio con qualcuno (Ex. 18, divina, ma come qualcosa che fa tut-
22; Num. 11,17); b) aiutare qualcuno t'uno con l'uomo; esso si unisce con
nel suo lavoro(~ 88,22 = Rom. 8,26). il cuore dell 'uomo e vi forma delle pre-
Nel N.T. <iv-rLÀo:µ0civoµm ricorre: ghiere che, pur non essendo concet-
1. per lo più nel significato origina- tualmente afferrabili per l'uomo né per-
rio (v. Xenoph., Cyrop.2,3,6 ~ sopra), fettamente adeguate a Dio, devono tut-
detto della sincera preoccupazione di tavia esser da lui « penet.ate ». Que-
comportarsi secondo giustizia nei ri- sta preghiera spiritu:;\le è un modo ca-
guardi dei propri fratelli, in special mo- rismatico di trattare con Dio, come la
do dei propri schiavi cristiani (1 Tim. glossolalia; né è certo che essa abbia
6,2 ), o della considerazione in cui van- forme sue proprie ( v. 26: a-rEvrxyµo~ç
no tenuti i deboli (Act. 20,35). ci Àa.À TJ"rOLç).
G . DELLING

ci.v-rlì..v-rpov ~ ì..uw à.V1.'lXPLCT1.'0<; ~ XPLCT1.'o<;


à.v-rLµtcriHa ~ µtcrlM<; ci.vv7t6xpL-roç ~ \moxplvw
ci.v-rl1.'vT.o<; ~ "t'U1t0<; ci.vv7t6-rax-roç ~ 1.'6.crcrw

2 DEISSMANN, L.Q.4, 68.


1009 (I,376) dvw (F. Btichscl) (l ,377) 1010

1. Avverbio di luogo col duplice s1- considerarsi come tradizionali. Espres-


gnifìcato di in alto e verso l'alto; è pu- sioni corrispondenti si trovano nel giu-
re avverbio di tempo, e allora significa dai smo ellenistico 3 e palestinese. La
precedentemente, ed è l'opposto di :x.6.- contrapposizione ' in alto - in basso '
-rw. &vw indica la terraferma (in quan- (l"ma'la - !"matta) è importante anche
to distinta dal mare), le montagne, nella letteratura rabbinica, che stabili-
l'aria, il cielo e gli dèi celesti; indica sce un parallelismo fra ciò che avviene
ancora la terra contrapposta all'Aver- nell'una e nell'altra sfera 4 •
no 1 • Nel N. T. si dice di preferenza
del cielo, sia in senso reale (Io. 11,41; 2 . In Filone l'antitesi religiosa Dio-
Act. 2,19) che religioso (Io. 8,23; Gal. monclo è legata a un processo specula-
4,26; Phil. 3,14; Col. 3,1.2) 2 • Per il tivo che distingue un mond o celeste,
cristianesimo primitivo, come già per cui Dio, per così dire, appartiene, da
il giudaismo e l'ellenismo, era pacifico un mondo terreno, considerandoli co-
considerare il cielo come sede della di- me le due parti di un tutto unico che
vinità e porre su uno stesso piano il ce- ha il suo vertice supremo in Dio e il
leste ed il divino. Di qui alcune espres- suo gradino infìmo nella materia 5 • Ana-
sioni caratteristiche, quali -rà li..vw, con loghe dottrine cosmologiche erano già
valore sostantivale (lo. 8,23; Phil.3,14; diffuse nell'ellenismo, particolarmente
Col. 3 ,1.2) o li..vw in posizione attribu- nella gnosi 6 , e quanto più debole era il
tiva (Gal. 4,26; Phil. 3,14), che son da concetto di Dio tanto più fu facile al-

dvw lassù da migliaia e decine di migliaia, (Ps.


LOHMEYER a Col. 3,1. 68,18), così è anche in basso (Num . 10,36).
STRACK-BILLERBECK 2,116,430. S. Num. 84 a 10,35: come gli I sraeliti hanno
I Cfr. PAPE, LIDDEL-SCOTT, s.v. dovuto fabbricar mattoni in Egitto, così an-
2 I due elementi sono indivisibili. Quan- che in alto vennero fabbricati mattoni.
do si prega, si cerca Dio volgendo gli occhi s Significativo è come Filone u si, oltre ad
al cielo. Io. 11,41; 17 ,1. èi.vw, anche civw't(pw e civw-cci-rw (cfr. LEI-
3 Flav. fos ., Bel!. [ud. 5,400: -ròv r'ivw SEGANG, Index) che in questa accezione man-
o~xcxr:rn'}v; Bar.g''4: Év mi'!~ µÉÀÀour:rw -r"Ì]v cano nel N.T. (civw-rEpov in Le. 14,10 è d et-
dvw xÀ.fir:r'v 7tpor:rÀcx(3E~v; Philo, Rer. Div. to de] miglior posto a tavola, in Hebr. 10,8
Her. 70: ( -rfiç lj;uxljc;) &vw 1tpÒç cxù-rò ( -rò dell'ini zio di uno scritto). Filone inoltre con-
OV'tWç ov) dÀ.xur:rµÉvT]ç, e passim (cfr. l'In- sidera l'aria come una sostanza leggera che
dice de] LEISEGANG). sale ( Gig. 22), allo stesso modo delle anime,
4 Ad es. Hag. 2,1: chi fa delle considera- che vanno esse pure verso l'alto (Som. 1,139).
zioni su ciò che è in alto e su ciò che è in 6 Sovente Plotino usa -rò &vw in tal sen-

basso; dr. STRACK-BILLERBECK, 2, 116,430. so: Enn. I, 67 : civcx(3cxlvovr:rL 1tpòç -rò dvw;
b. Taan. 5 a : j•rusalem 5el ma'ala; S. Num . 5 .9, I : ciouvcx-r-fir:rcxv-rEç o€ EoE~v -rò ri.vw.
84 a 10,36: come la Shekinà è circondata
1011 (l,377) Civw (F. Bi.ichsel) (l,377) 101 2

la speculazione metafisica intendere con che del cielo che vengono applicate al -
"'t'tX G.vw un mondo più alto, fin che si la nuova Gerusalemme 9 , e l'aria è dèt-
giunse, attraverso un processo teogo- ta sede degli spiriti e luogo di incon-
nico, a considera re questo mondo come tro (---7 ciTCciV"'t'YJO"tc; coll .1019s.) fra Cri-
luogo d'origine di Dio . sto e i sa nti 10 . Ma nonostante questi
Tale teoria dei due mondi non sog- punti di contatto con la teoria dei due
giace all'uso di èivw e di "'t'Ò. l:J.vw né mondi, o an che con presuppos ti mitici
nel giudaismo, né nel N .T., poiché il d i questa, la concezione generale del
pensiero · di Dio creatore e signore Io N.T. è domin ata dall'antitesi religiosa
esclude radicalmente . L'antites i tra l'al- fra D io, il sa nto e l'eterno, ed il mon-
to e il basso è nel N.T. essenzialmente do, ricettacolo del peccato e corrutti-
religiosa: in alto è Dio e la sua rivela- bile (~ x6avoc; ). Una cosmologia neo-
zione, in basso il mondo, creato da Dio, testamentaria dai tratt i filoniani o g;10-
ma in antitesi personale col Crea tore. stici non esiste.
Così l:J.vw xÀ:iia-tc; in P hil. 3, 14 è la chia-
mata di Dio in Cristo Gesù; in Col. 3, t èivwiìEv
1.2 -tà G.vw è specificamente Gesù al-
la destra di Dio; in Io. 8 ,23 l'opposto Nel N.T. e anche al di fuori di esso
di questo mondo indicato con -tà. l:J.vw è: a) avverbio di luogo: dall'alto (Mt.
27 ,51: ciTC' G.vwÌ}Ev itwc; xci"'t'w, detto
non è l'altro mondo 7 , ma il Padre stes-
del velo del tempio che si rompe), b)
so (13,1 ). Della Gerusalemme celeste avverbio di tempo : d'allora in poi (Act.
in Gal. 4,26 non si parla da un punto 26 ,5; cfr . Ditt., Syll.3 685,81 : v6µotc;
di vista cosmologico, ma religioso 8 e il yàp tEpoi:c; xrxt Èm"'t'tµlatc; èivwi:)Ev OLE-
suo contrapposto non è una Gerusa- XEXWÀ.U"'t'o l'.vrx µY]OElc; ... ; Flav. Ios., Ap.
lemme infernale ma la Gerusalemme 1,28: Èx µaxpo-rci-rwv l:J.vwÌÌEV xp6vwv,
attuale (v. 25). Certo, il N.T. non con- e passim. e) dall'inizio (Le . 1, 3; cfr.
Epict., Diss. 2 ,17,27: èi.vwi}Ev apça-
tiene alcuna dottrina della creazione o
Q"i}at). d) da capo (Gal. 4,9; cfr. Arte-
escatologica che stabilisca un rapporto mid. , Oneirocrit . 1,13: èivwÌÌEv 1 mhòc;
fra G.vw e questo mondo. C'è invero o6çHE j"E'\l\l(foiìat; Flav. Ios., Ant. 1,
qualche elemento di una teoria dei due 263: cptÀ.lav èivwÌÌEV 1tOLEL'!CXL 'ltpòc; aù-
mondi; vi sono anche metafore plasti- "'t'OV, a proposito del rinnovo della pri-

7 Espressioni come ò ~ xécrµoç Exewoç 9 Cfr. nell'Apoca lisse, e inoltre Le. 16,19-

mancano nel N .T ., mentre vi si trova no sola- 31 e anche 1Cor. 15 ,35-49.


mente ò x6crµoç oihoç e µD.Ìl.wv ~ rxtwv e 10 Eph. 2,2; 1 Thess. 4,17.

simili . livwl>Ev
8 Anche nella contrapposizione paolina car- I Così nell'apparato di R. Hercher nella
ne-spirito il momento determinante non ha sua edizione (1864). Hercher vi sostituisce un
carattere cosmologico , ma religioso ed etico . semplice èi.v.
1013 (l,r/ 8 J a ; ~ ~c; ( \X'. fu crster) (l,378) 101 4

ma amici zia). mitl"ma'la ha questo signifìca to4 • Il pas-


In lo 3, 3. 7 èivwilEv )'Evv11ìtijvcu saggio da d) a e) 5 dà un brutto pleo-
,;embrcrcbbe da intendere , in base al nasmo. Una nuova vita si in izia al mo-
linguaggio comune, nell 'accez ione a): mento della nascita, non nel corso del-
esser creato dall'alto, perché solo con la vita. Non è accettabile nemmeno
qu es ta si ricollega Job 3,4: JLTJ cXVCt.Slj- l'ipotesi di un doppio significato a) e
'tYJCiCU et.\rrY}v Ò XVpLoç èivwDEV (I ac. 1, d) simultaneamente. Inoltre qualificati
17 ; 3, 15 .17 ); Filone, poi 2 , ne accen- rappresentanti della tradizione attesta-
tua il carattere religioso dicendo espres- no che &vwlkv qui vuol dire 'dall'al-
sa mente 'creato da Dio ' 3 Decisiva è to'. Origenc (fr. 35 , p. 510 Preus.) e il
poi la constatazione che Giovanni usa Crisostomo (Hom. in ] ab., 24 ,2 MPG
sempre avwiJEV neJI 'accezione a) (3 ,31; 59 p. 145 s.), dovendo scegliere per Io.
19 ,11.23 ) e designa sempre la nascita J ,J fra a) e d) si pronunciano più o
precisandone l'origine, che è da Dio meno decisamente per a). Cirillo di Ge-
(1,13; 1 Io. 2,29; J,9; 4,7; 5,18), dallo rusalemme prende in considerazione
Spirito o dalla carne (J,6), dall'acqua e soltanto a). Nelle traduzioni siriache a )
~la llo Spirito (3,5). Presupporre che la prevale (syrc syrpal syrP); quelle latine
n ascita dapprincipio fosse indicata sem- e copte stanno per d), come anche Ter-
plicemente come qualcosa di nuovo (d) , tulliano e Teodoreto. Giustino ha <iv
giustificando in tal modo l'errore di µY} cXVCX.)'EVVYjiJij-rE OÙ µl] ELCiÉÀiJYj't"E dç
Nicodemo, è co nforme alla sensibilità -cl)v Scx.cnÀElcx.v -rwv oùpcx.vwv (Apol. 1,
degli interpreti moderni, ma contrasta 61 ); cfr. Recogn. Clem. 6,9; Hom . Clem.
col modo in cui, secondo Giovanni, Ge- 11 ,26 e Iren. fr. 35 Stieren.
-sù trattò Nicodemo. Il richiamo all'e-
braico, suggerisce il senso a), poiché F.BUCHSEL

Alt. J ,10: ci!;lwc; ycip oùodc; -.òv l>Eòv


-cLµtì, ciU,ci OLxcx.lwç µ6vov· ém6-cE yàp
Propriamente è colui che mette in ovOÈ 'tO~ç yoVEUOW focx.c; Ò:.1tOOOUVCU Xcl·
equilibrio la bilancia ' sollevando' l'al- pL-ccx.ç ÈvOÉXE'tCU - à.v'tLyEvvijacx.L yàp
tro piatto » =
equivalente; Philo., Leg. oùx oì:6v -cE -cov-.ovc; -, 1twc; oùx àov-

2 Philo, Rer Div. H er. 64: 6 xo:-rar.vEu- lassù (ld' t h'liwnh )..
.qi)dç cXVWi>EV, OUpc.tvlou 'tE Xc.ti i>Elc.tç µolpaç 4 Gen. r. 51 a 19,24: 'in dbr r' iwrd ml-

imÀ.axwv, e altrove, p. es . Fug. 138; Mut. m'lh, e Tani_). m~wr' 9,43: 'ni hw' imthr 'tkm
.Nom. 260. mlm'lh (io vi purifico in cielo, cioè io stesso ,
3 Cfr. b. Iomà 39 a: Un uomo che si san- Dio, vi purifico, e cosi non sarà possibile ca·
tifica in terra , lo si santifica anche in cielo dere nuovamente nell'impurità). Anche l'ara-
(mlm'lh=Dio), e S. Num. 45 a 7,5 (fine): la maico mill•' élii' è chiarissimo.
sua intenzione coincide con l'intenzione di s ZAHN, Ioh. a.l.
1015 (I,379) èiçtoc; (W. Foerster) (I,379) 1016

\lfX"tO\I 't'Ò\I i}EÒ\I ciµEl\flacri)aL... XfX"tcX Per l'idea di merito nel tardo giu-
"ti}\I ò:çla\i 'tÒ\I 'tCÌ. DÀ.a CTVCT'tì)CTcIµE\IO\I; daismo si è creata un'espressione cor-
Così Rom. 8,18: oùx &çLa (non hanno
rispondente ad &çLoç in zakkai (zaka).
lo stesso peso) -rà 'ltai}l'Jµa'ta -rou \IV\I
Gen. r. 8 a 1.26: 'm zkh 'dm 'wmrjm
xaLpou 7tpÒç 'tYJV µÉÀ.Àovcrav 861;av
1
Ò:1tOXCX.Àvq>lh'jvcx.L. L' espressione a!;L6v lw 'th qdmt lml'kj hfrt . Viceversa in
ÈCT'tL\I significa ' è conveniente, giusto ' Lc.15,19.21; lo.1,27; Act. 13,25 qual-
in 1 Cor.16,4; 2Thess.1,3. èiçLoc; o civii- cuno giudica se stesso non degno 3 •
!;Loc; designano due entità equivalenti. L'uomo che accoglie il vangelo di Cri-
Così un'azione « merita » il premio o sto è degno del vangelo, proprio per-
il castigo: Flav. Ios., Bell. !ud. 5,408:
ché lo accoglie; ma il carattere stesso.
EL xa.L 'ti}v -iip.ntpav YEVEÒ:\I ÈÀ.rni}E-
plcx.c; 1) 'Pwµalouc; xoÀ<icrEwc; ciçlouc; del vangelo esclude l'idea del merito.
EXPLVE. Nel N.T. si hanno le espressio- Mt. 10,11.13; 22,8; 10,37 s.; A ct. 13,
ni ~tLo-'Ì)ou, 'tLIJ-fiç, 'tpoq>fjc;, 7tÀì)ywv, 46; Hebr. 11,38; Apoc. 3,4.
OEO"f.tW\I, 'Ì)cx.whou èi!;Loc;: Mt. 10, 10;
Le. 10,7; 12,48; 23,15.41; Act. 23,29; Vi è una serie di casi in cui &ç~oç.
25,11.25; 26,31; Rom. 1,32; 1 Tim. 5, col genitivo o con l'infìnito indica la
18; 6,1. Apoc. 16,6. Nell'iscrizione di sfera entro la quale si trova una corri-
Priene 59 ,3 si legge Émcr-rpoq>fjc; &1;Loc;,
spondenza. Questo si ha soprattutto in
degno di considerazione; in 1 Tim. 1,
15; 4, 9: 'ltcICTT)c; Ò:7toooxfic; a!;Loc;, degno numerose espressioni pagane, quali 7t0µ-
di essere accolto in qualsiasi maniera. 7tEvcrac; ot ciçlwç µÈ\I "t"WV 7ttX"t"PW [ LW\I
Dio è degno di lode in senso eminente i}Ewv] ... ci1;lwc; ÙÈ xa.t "t"W\I 7tOÀL"t"WV
(Apoc. 4,11; 5,12) 1 e l'Agnello è degno (Iscrizione di Priene 109, 19 5) 4; cfr.
di aprire i sigilli (Apoc.5,2.4.9). Il con- Rom. 16,2: 7tpoaòÉ!;T]aì}E ... G.çlwc; "tW\I
testo suggerisce talvolta per &!;Loc; il
aylwv ). La frase « agire conformemen-
senso di in grado di: cfr. 1 Cor. 6,2.
In senso traslato l'aggettivo ricorre nel- te a lui » può realmente equivalere a
1' espressione xcx.p7tot &1;LoL "tfjç µE'ta- « lasciarsi guidare », quando il termine
volaç, frutti che corrispondono alla pe- di confronto abbia un valore condizio-
nitenza: Mt. 3,8 par.; Act. 26,20. nante per l'uomo che deve agire. Nelle

èiçwc; 2,254; DALMAN, Worte]. 1,97 s.; SCHLATTER,


DoB., Th. I 2,12. Mt. a 10,13; 24,35; F. WEBER, ]iid. Theol.2
)OH. WEISS, 1 Cor. 11,27. (1897) 277 /79 . Circa il senso preciso di rkh
LOHMEYER, Phil. 1,27. cfr. K. G. KuHN, Si/re Numi § 119 n. 68.
1 Vi è qui un'affinità di forma con le co- 3 Una valutazione positiva si ha solamen-
siddette acclamazioni; v. E. PETERSON, ELc; te in Le. 7,4 (sulla bocca dei Giudei (a pro-
0E:6c; (1926) 176/180; LOHMEYER, Apok. 4,11. posito del centurione di Cafarnao).
È da notare che Aquila traduce 'el iaddaj con 4 Altri passi ad es. nell'indice dell'iscrizio-·
èiçwc; xcx.L Lxa.v6c; (STRACK - BILLERBECK, .3, ne di Priene (ed. F. Hiller v. Gaertringen
491 g). (1906]) S. V. a!;lwc;.
1 Altri passi in STRACK-BILLERBEK 1,129,8;
1017 (1,379) a!;,Loç ( \Xf. focrster) (1,380) 1018

iscrizioni pagane 5 il giudizio à#wç è t ci?;L6w, t :x:a'ta!;t6w


<:ommisurato alla condotta; una volta
1. Rendere degno. in tal senso va
in Epitteto ricorre come valido questo inteso, a causa del signifìcato di :x:Àii-
motivo dell'azione: fon &!;Loc; "tWV i'JE- O'Lç 1, 2 Thess . 1,11: ì'.va vr.uxc; ci!;LWO'TI
.Wv O'VfJ.:Jto-rY)ç (Ench . 15). "tfic; :x:À 'i}crEwc; ò 17E6c; .
In Paolo espressioni quali TIEPL na-
2. Ritenere degno e agire in confor-
"tEi:v 7tOÀLTEVEO'fraL ci!;lr,.Jc; 'COÙ EÙay-
1
mità = far de gno, anche di una puni-
!EÀlov, 'tOÙ :x:vplov ( 1 T he ss 2, 12; P hil.
zione (8 Dan . 3,97 ; 2 Afach. 9,15; Le.
1,27; Col. 1,10; Eph. 4,1, dr. 3 Io . 6)
7,7; 1 Tim. 5,17; Hehr. 3, 3; 10, 29).
sono usate solo in contesti parenetici e
Secondo Epitteto esercitare una profes-
riassumono movente e scopo del vivere
sione da uomo, avere una posizione
cristiano, che trae la sua forza esclusi-
sociale, un destino, è lo stesso che « es-
vamente dall'azione di Dio, la sola che
ser considerato da Giove degno di un
gli assegni il suo contenuto, sottraen-
incari co» 2 • Il N .T. usa solo il compo-
dolo a ogni legame della legge. Anche
sto xa'tct.1;t6w, per dire che la grazia
in 1 Cor. 11 ,27 l'invito a guardarsi dal
divina non è meritata: Le. 20,35: oL
prendere il pasto eucaristico civa!;lwç
oÈ :x:a"ta!;LtiJfrÉvnç "tou cxtwvoç ÈxElvov
non è fatto avendo in vista alcuna qua-
•VXE~v. Cfr. anche Act. 5,41; 2 Thes s.
lità morale, ma un comportamento ispi-
1,5 3•
rato al vangelo.
3. Ritenere giusto: Act. 15,38; pre-
gare: Act. 28,22.
W.FOERSTER

à6po:-coç ~ òpciw
à7to:yyÉÀÀw ~I, coli. 170 ss.
ci7to:loEU-coç ~ 1t0'.LOEUW
à7tm-cÉw~ I, coli. 521 s.
à7to:ÀÀcicrcrw ~I, coli. 677 s.
à7to:ÀÀo-cpLéw ~I, coli. 710 ss.

s Le costruzioni con à!;lwç qui sono abba_ -cou AL6ç; 2,1 ,39: -c0 &!;Lov -ciiç xwpo:ç -co:u-
stanza regolari. -cTJç XEXpLXO-CL. Analogamente 1,29,47.49; 3,
22,57.
à!;,LOW 3 Vett . Val. IX 1 p. 329,20 ss . Kroll : iloTJ
DoB., Th. II 1,11. 7tO-CE ?tEÌl.o:yoopoµT]cro:ç xo:t ?toÀ.), Tjv EpT]µov
1 Uguale significato in Diogn. 9,1. oLOOEu<ro:ç ii!;Lw»TJv àrr:ò i}Ewv À.LµÉvoç àxLv-
2 Diss. 4,8,30 : -cowu-coç ycì.p -clç E<T'tW ò ouvov -CVXELV.
KuvLxÒç -cou <TXTJ7t-cpov ... TJSLWµÉvoç ?to:pà
1019 (I,380) il.mx~ (G. Srahlin) (1,380) 1020

accolgono nell'&.-i)p il Cristo acclamato


come XUpLOç.
Secondo 1 Thess. 4,17 la seconda ve- P.Berol. II, 362 p. 1; Ditt., O.G.I.S.,.
nuta del Signore segna l'avvio dç à.miv- 332; Polyb., 5,26,8 e passim; Flav.Ios.,
"tT)O"L\I -rou xvplov dç à.Épa. 'ArtcX\l'"t'l)O"Lç Bell. 1,100 . Il vocabolo greco è passato
come termine straniero anche nel lin-
(anche \ncci V'"t'l)cnç, DG) è termine tec-
guaggio rabbinico; ad es. T an~ . 'mwr
nico indicante l'usanza, assai diffusa
17 8 a: « I grandi della città si avviaro-
nell'antichità, di accogliere in città con
no incontro al re» (jws'jn l'pn!j Sl
grandi fe steggiamenti le personalità che
ml/..:) I.
vi si reca ssero in visita . Analogamente
i cristiani, abbandonata questa terra, E. PETERSON

cX7taE,, É<pcimz.E,

t &7tct1; fondamentale in tutti quei casi in cui


si riferisce al carattere unico (non ripe-
1. a7taE,, una volta, a) cori valore ri- tibile) dell'opera di Cristo. Hebr. 9,26:
gidamente numerico. a1taE, H.dM.O"l)l)v
(2 Cor. II, 25); con sfumatura anche
vvvì, oÈ &mx!; ... É1tÌ. cruv"tEÀ.dq. -rwv
temporale : &7taE, -rou ÉvLav-rou 1 Hdt., o:twvov dc; à.i)hl)O"L v -ri\c; tiµap-rla.c; ...
2 ,59 (cfr. 4,105); LXX Ex. 30,10; cfr. 1tE<pavÉpw-r<XL. Come qui si legge che
3 Mach. 1,11; Flav . Ios., Bell. Iud. 5, una sola volta Cristo apparve sulla ter-
236; Philo, Ebr. 136; nel N.T. Hebr. ra, così Plotino sottolinea la unicità
9,7. L'espressione &mx.E, xcd olç vuol della nascita del Nouc; (Enn. 6,8,21 [2,
dire 'ripetutamente' in LX".: Deut.9 ,13
506,16s. Volkm.] ). Si noti anche l'ap-
(1 Cl. 53,3); 1 Mach. 3, 30; cfr. Dion.
pellativo di Dio "Amx.!; É1tÉXEL\IO:, ac-
Hal., Ant. Rom. 8,56,1: oùx &mi.E,, aÀ.-
canto a quello (forse ambiguo) di Aì.c;
À.à [x<Xl] olc;. Nel N.T.: Phil. 4,16; 1
Thess. 2,18; dr. Tit. 3,10: µE-rà µlo:v È1tÉXELVa in una delle triadi di Proclo
xaì. Òrn-rÉpo:v vovi)EO"LO:V, dopo ripetu- (in Tim. 94 c; in Crat. 64,3; 56,8) 2 •
te correziqni. L'unico sacrificio di Cristo si con-
&7to:E, ha nel N.T. il suo significato trappone ai molti sacrifici del sommo

ci Ttciv·n1cnc, trusbr. 144.


E. PETERSON, Die Einholung des Kyrios: ZAHN, Einl . 86,3 .
ZSTh 7 (1929/30) 682 ss., che riunisce le PREISIGKE, w
iirt. S.V. t'iTtat;.
testimonianze antiche. I Cfr. RrGGENBACH, Komm. Hebr. 248 n. 91.
1 Cfr. LEVY, Wort. I, 145. 2 Cfr. W. KROLL, De oraculis Chaldaicis:
aTta.t; Bresl. Philol. Abt. 7 (1894), 16 s.
RIGGENBACH, Komm. Hebr. 155,8; KNOPF, Pe-
1021 (I,381) èi1w.1; (C . St ii hlin) (I,381) 1022

sacerdote ebraico, che entra tutti gli 1tOLç èina.~ CÌitOZJCXVE'i:V) 5


anni nel sancta sancturum (v. 25). Per éiJta!; nel N.T. è fondamentale sia
far risaltare ulteriormente questa unici- in rapporto alla prima apparizione del
tà la lettera agli Ebrei 1. traspone la Cristo che alla ' seconda ' parousia: i
scena in cornice escatologica, quando fatti escatologici in senso stretto sono
nulla accad e che non sia definitivo; 2 . unici e non ripetibili. Il passo di H ebr.
ripete due volte l'avverbio éimx!; nel 12 ,26 riferisce alla catastrofe finale il
v. 2ì s., variando nel v. 28 il pensiero testo di A g. 2,6 : hL &7ta.i; Éyt0 CTElcrw
del V. 26: &itai; itpOCTEVEXDE~c; dc; -rò ov µ6vov 'ti}v yi']v à..ÀÀÙ.. xa.i -ròv où-
noÀÀr";;v à.vEVEYXELV àµap-clac; 3 • Cristo pav6v. Con qu esto ancora una volta,
fu sommo sacerdote una volta per tut- cioè per l'ultima volta6 , si annuncia per
te; non solo, ma fu anche ostia offer- il mondo un ultimo cambiamento, do-
ta una sola volta (cfr. Hebr. 10,12.14 po il quale ci sarà soltanto ciò che è
~ dc;) . In entrambi i casi la finalità immutabile (~ sopra, a proposito di
dell'éha!; di Cristo è in relazione ai H ebr. 9,26).
pecca ti: (venendo e) morendo una sola
b) éiTiai; è usato come avverbio di
volta, egli distrugge definitivamente il
tempo indeterminato (quando, dopodi-
peccato (~ à.i)E-rÉw, à:vw:pzpw). Paral- ché ecc.), una volta, specialmente se
lelo a questo passo è 1 Petr. 3,18 se- preceduto da M.v, Èrtd, o-rt:, ecc., o se
condo la lezione di LA: XpLcr-ròc; il.mx!; unito a un participio passato. Aesch.,
7tEp~ à:µap-cLWV CÌTIÉi}avEv (in luogo di Eum. 648; Ag. 1018; Amphis 8 (C.A.
~7tai}Ev ). Infatti, come dice la lettera F. II 238): &v éiTiai; 'tLç ci7toM.vn;
P. Oxy. 1102,8; 471,77; Flav. Ios.,
agli Ebrei, era del tutto naturale per i
Ant. 4,140; Herm. V . 3,3,4; Iul., Or.
cristiani sottolineare la unicità della
2 p . 91 d.
morte (in Cristo) 4 (~ coll. 1025 s. a
proposito di Rom. 6,10). A questo pro- Il solo caso in cui si trova nel N.T.
sarebbe la lezione dei codici LA d 69
posito essi possono appellarsi espressa-
in 1 Petr. 3,20: o-cE èbta.~ ÈOÉXETO Ti
mente all'analogo caso della morte del- 'TOU i}Eou µaxpoi}l)µla: forse anche nel-
l'uomo che viene una volta sola (Hebr. le locuzioni participiali: Hebr. 6,4; 10,
9 ,27: xalf eaov ci7t6xwrn~ -rot:c; à:vi)pw- 2 ~ qui sotto).

3 BENGEL, a. l.: suave antitbeton: semel già in Aesch. , Ag. 1322; LXX lud. 6,39. Cfr.
multorum, qui tot saeculis vixerunt. anche ETL -rò arca!; -roù-ro, ancora un'ultima
4 Contrariamente a KNOPF, Petrusbr. 143 . volta: Iud. 16,18.28. Per a1ta!; sostantivato
s Già Omero aveva ripetutamente affer- cfr. P. }ERNSTEDT, Sur la forme substantive
mato che l'uomo muore una volta sola. Od. èirca.!; (in russo) : Rev. Byz. 2 (1916) 97-105
12,22 : èirca!; iNncrxoucr' èiv~pwrcoL. Soph., fr. (con numerosi esempi); APF 6 (1920), 379 s.
64 (T.G.F. 114 Nauck): i>avEi:v yàp oùx E!;E- (per P. RY, 435 ); D1TT., Or. 201,2.4 con le
cr-rL n~c; aù-roi:crt olc;. Cfr. Sap. 25 . note 7 e 10 ; RADERMACHER2 13,2; DEISSMANN,
6 "E-rL éhta!;, per l'ultima volta, si trova L.0.4 185,8 (su P . Lond. 417,8.12).
1023 (I,382) a7trl!; (G. Stahlin) (l,382) 102-!

2. &7ta.;, una volta per tutte 7 (-7 ciò che è proprio dei cristiani, non es-
icp' &7ta.; 2). sendovi presso gli Ebrei, al cui culto
È usato per lo più (nel N .T. esclusi- era estranea la unicità del sacrifìcio, chi
vamente) davanti a un participio pas-
fosse defìnitivamente redento; il cristia-
sato (a differenza di Ècp6.7ta.;). P. Form.
1281 : &mx; ooi}Év-ra., calcolo definiti- nesimo conosce invece l'una e l'altra
vo; P . Leipz. 35,19: -rà. &na; -ru7tw- cosa 11 (~ Ècprina; coli. 1025 s.). Con
Mv-ra. Èq) Ù7top.vl}µ6.-rwv, ciò che è sta- spirito rigidamente intellettualistico il
io stabilito protocollarm en te una volta ca rattere unico e defin itivo della realtà
per tutte ; in Philo, Ebr. 198, APF 2 cristi ana è affermato nella lettera di
(1903), 433 (21,14); incerto è il caso
Giuda 12 : in essa il cristianesimo figura
di LXX y; 88,36.
come amx!; na.pa.ooi)Ei:O"ct "rOLS à.yt'.oLS
Nel N .T. l'avverbio è usato per di- 7tLO""rLS (I udae 3 ), dove in &7ta; è sot-
chiarare che la condizione di cristiano tolineata la fides quae creditur. I cri-
è definitiva e che la penitenza non si stiani pertanto sono do6-rEs &mx; miv-
può ripetere 8 • Hebr. 6, 4: à.ouva.-rov -ra., uomini che conoscono ciò che è
yà.p -roùç &mx; cpw-rLo-i}Év-ra.ç ywo-a.- necessario alla salvezza e (v. versetto
µÉvouç "rE TYlS OWpE<iç -rfjc; È7toupa.vt'.- seguente) ne so no effettivamente in pos-
01J... xa.ì. 7ta.pa.7tEO'ov-raç m.D.Lv à.va- sesso. Non vi è più pericolo di perder-
xa.wa;,nv dc; µE-rrivoLav. L'illuminazio- lo. Ben diverso è il pensiero della let-
ne (~ cpw-rt'.~w) del battesimo e lo Spi- tera agli Ebrei e di Paolo, che non co-
rito Santo 9 sono doni di loro natura nosce una 7tLCT"rLS che sia stata donata
così definitivi che chi li perde non li una volta per tutte.
riacquista più; &7ta; yEucr<iµEvos sem- È interessante un passo di Filone
bra richiamare 10 un proverbio simile (Ebr.198) in cui si biasima il mo--rfoELV
al tedesco: «chi ha gustato il sangue -roLs &na~ napaooi)EL<TL (cioè il credere,
non sa più farne a meno ». Il testo che le leggi siano state date una volta
suggerisce dunque che è contro natura per tutte). Se in I udae 5 fosse giusta la
lezione di S 173 9, come pure di Cle-
accordare una seconda volta il dono
divino.
e
mente Al. della Peshittà, la liberazio-
ne degli Ebrei dagli Egiziani potrebbe
In Hebr. 10,2, &7tct~
xExa.l}a.pLO'µt- essere considerata il prototipo della de-
voL è detto ipoteticamente degli Ebrei finitiva salvezza ad opera di Cristo.

7 È il valore del latino semel; v. p. es. 11 La lavanda dei soli piedi (Io. 13,10) è
Horat. , Sat. 2,8 ,24. simbolo, nella lezione di Se Or., Tert., della
8 Cfr. WINDISCH, Hbr2. 52 ss. « purificazione eterna per opera di Cristo».
9 Cfr. W1NorscH, Hbr, ad. l. 12 Cfr. a.l. ZAHN, Einl. 86,3.
10 Come in Flav. ios., Ant. 4,140; Bell. n Cfr. WINDISCH, I ud. a.l.; diversa l'inter-
I ud. 2,158; (qui: chi ha gustato una volta, pretazione di KNOPF, I ud. 220.
ma non necessariamente una sola volta).
1025 (1 ,382) arto.s (G. Srahlin ) (I,383) 1026

1. Ècpcbmt;, ad un tempo (=insieme). che l'uomo può fare una sola volta que-
P. Lond. 1708,242: oùx ùcp'f.v È<pa1ta.t;, sta morte (e anche una sola volta risor-
non singolarmente, ma ad un tempo; gere ~ &mx!; a proposito di Hebr.
483 ,88: Ècpam:t.!; 6~lo).oyELv, alt' un iso- 6,4 ); è un passaggio senza ritorno dal
no; p. Flor, 2 ,158,10 2• Nel N.T. dr. 1 pecca to a Dio 4 • Chi è morto al pecca-
Cor. 15,6 . to vi ve una volta per tutte, cioè nell'e-
ternità , come Cristo.
2. Ècpcina.1;, una volta per tu tte 3 • In Ilebr. 7,27: -.oiho yà.p È1WLT}CTEV
Nel N.T. è termine tecnico per indi- Èqi&.1ta.t; Èctu'tÒ\I à.vEvÉyxa.c; l'immagine
care il carattere unico, e quindi defi- dell'olocausto adombra il medesimo
nitivo, della morte di Cristo e della pensiero ; il significato di È<pci.1ta.ç pren-
redenzione ad essa conseguente: Rom. de risalto dal confronto con il sacrifi-
6,10: -.fl àµa.p'ti'.q CÌ1tÉl1a.VE\I È<pc.bta.!;, cio giornaliero ( ! ) 5 del sommo sacer-
dove È<pa1ta.t;, preannunciato e messo in dote; Cristo si distingue da lui, indi-
risalto dal v. 9 ( ovxÉ'tt à.1toi}vnoxEt, l}O.- pendentemente dal fatto che egli è ad
'\la.'toç ovxÉ'tt xuptEUEL), esprime bene il un tempo sacerdote ed ostia , proprio
significato fondamentale della morte del per essersi egli offerto una volta per
Cristo: il peccato e Cristc - e con lui tutte; l'avverbio È<pamxç esclude la ne·
i cristiani - sono estranei; la morte cessità e la possibilità di un rinnovo
del Cristo, morto una sola volta, è sta- del sacrificio. Nella medesima metafo-
ta per noi paradigmaticamente e dina- ra rientra Hebr. 9 ,12: dcrfjÀ.~Ev Èq>a-
micamente efficiente; all' à.1toi}a.vELV -i:u 7ta.ç dç -i:à. &yta, atwvla.v À.v-i:pwcnv
à.µa.p'tlq. Ècpci.1ta.!; in Cristo, corri . pon- EvpciµEvoç. Qui Èq>amx.t; corrisponde ad
de il VExpoùç dvrxt essere morti una a.twvtoç. Ogni ingresso dei sacerdoti
sola volta per tutte -i:u ciµa.p-i:lq. Qui nel santuario opera una À.v-i:pwcnç pas-
opera una causalità divina comunicata seggera; quella del cristiano invece, ne
col battesimo (~ ~a.1t-rlsw a proposito ottiene una eterna. Pertanto l'Èq>ci.1ta.ç
di Rom. 6,3 : come il Cristo, così an- è sottolineato non solo a proposito del-

~q>G.rta.s tigungsliste d. griech . Papyrusurkunden aus


WINER, 393 s.; ZAHN, Rom. 306,6.; PREI S IG- A egypten I [1913/22) a.l. ) è un errore di
KE, Wort ., s.v.; G. ScHRENK, Geschichtsan- scrittura e sta per Èq>' drtcx.s.
schauung d. Pls.: Jbch. d. Theol. Schule 3 Anche xcx.Mm1!;, dç 1hcx.s: P.Oxy. 1294,

Bethel 3 (1932) 61 n . 8. 14; rtpòç arta.s: P. Oxy. 1138,13 .


I BL. DEBR.12,3: Écp' chcx.l;. 4 BARTH, Rami . 188 s.
2 Nel testo stesso del papiro si legge cicpcl.- 5 Cfr., a proposito di questo presunto er-
ito.l;, che per V1TELLI (in PREISIGKE, Berich- rore, RIGGENBACH, Hebr. 212 ss.
1027 (l,383) 1bta-çciw (A. Oepke) (I ,.38.3) 1028

la morte di Cristo, ma anche a propo- e quella della salvezza dei cristiani è


sito delle sue conseguenze (Hebr. 10, qui :::ncora più evidente che in Rom.
1O: ÌJyLcx.crµÉvoL OLà "tijç npocrcpopcic; "tOV 6: dal sacrificio del Cristo proviene di-
crwµcx."toç 'I l]O"OV XpLcr"toV Écpci ncx.!; ( Écpci- rettamente la nostra santificazione, che
7tcx.l; va qui unito a TJYLCX.crµÉvoL, non a da esso riceve il carattere di eterna va-
itpocrcpopci ). Lo stretto legame che cor- lidità.
re fra la unicità della morte del Cristo W. STA!ILIN

cimxpci~a-çoc, ~ napa~a.lvw
cimxpvfop.r.n ~ cipVÉofla.L

àm:c:tciw, Él;cx.mrcci.w,
ànci.'tl]

t cXTCCX."taW, t Èl;a.7tCX.'taW Frequente nei LXX nel senso di illu-


dere, ingannare. Detto delle donne di
Sansone (lud. 14,15; :6,5), attribuito
circcx."tci.w, già di uso comune in Ome-
a divina permissione (3 Bcx.cr. 22,20 ss.,
ro, nei papiri si trova solo in Pap.
Greci e Latini 152,24 (sec. 2° d.Cr.) in
cfr. Iudith 13,16). Talvolta è Dio stes-
so che illude (ler. 4,10; 20,7: i}7ta'tl]-
unione con 4iEvooç; si ritrova poi in
crciç µE, xvpLE, xcx.ì. TJ7ta."tl)ih1v: detto
P. Lond. 1345,13 (sec. 8° d. Cr.); non
in un momento di grave prova). In
se ne hanno esempi nelle iscrizionni. È
Gen. 3,13 (ò ocpLç Tinci'tl]O"Év µE) l'in-
usato da Epicuro (p. 298 ,29 Usener:
ganno è volto contro Dio. La tentazio-
Éàv µÉ "tL<; "t<Xtç XEVCX.tç oo!;aLç ÉaV"tÒV
ne all'idolatria è essa pure un inganno
àrca"tq), da Plutarco, da Epitteto (Diss.
(Job 31,27: d TJTICX.'tTJl}l] Àaì}pcx. TJ XCX.p-
4,5, 32: TJ'ltCX."tl]µÉvoL 7tEPL "tWV µEyl-
olcx. µou ), come pure il piacere dei sen-
O""tWV ). Più comune era È!; a 7t a "t ti w.
si, Sus. 56: -rò :x:aÀÀoç crE l]7tci'tTJ<1EV
Hippocr., Vet. Med.2: È!;l]nti"tl]"tCX.L xcx.ì.
(E> È!;l]7trX'tl]CTEV), Ti µi:x:p~ Èmi}uµlcx..
Èl;cx.ita'tci"taL; P. Oxy. 471,42 (sec. 2°
d.Cr.): È!;a7tCX."tl][ì}ijvcx.L] ll X<XÌ. owpE!Hç Nel N.T. si trova soprattutto in que-
Àcx~Ei:v] cpl]O"ELç (significato incerto tra st'ultima accezione. 2 Cor. 11,3: ò oq>Lç
' ingannato ' e 'corrotto '). Ditt., Syll. 3
È!;TJ7tci"tTJO"Ev ~uav; 1Tim.2,14: 'Ao~µ
364,37 (sec. 3° a.Cr.): Èl;cx.7tct"tl}crcx.v"tEç
oùx 1)ncx.'t1)l}l], Ti ÒÈ yvvTi É~a.7tCX.'tlJl}E~­
"toùc; VO""tÉpovç ocx.vELO""tciç. I b. 884,46
(sec. 3° d.Cr.): El oÉ 'tL<; Èl;cx.7tcx"tl]crcx.[c; cra.. Del peccato che trae in inganno
-rwv] ÒqmÀ.6v[ "tW'V !;tv~ V7toì}Ell] "tL ogni uomo si parla in Rom. 7,11 1• Eph.
'tWV xwplwv 'tW] V Ol]µocrlwv ... 5,6 (µ11odç vµaç ~.i':CX.'tti-rw) mette in
cbm-çciw X"tÀ. non va interpretato come notizia autobiogra-
1Secondo W. G . KiiMMEL Romer 7 und fica, né riferito al popolo giudaico o al pec-
die Bekehrung des Paulus ( 1929) 74, il passo cato originale, ma ha solo valore retorico (~
àµa.p't'la. I, coll. 847 s. n. 157).
Hl29 ( I ,384) 6.mx'tctW (A. Oèpke) (I,384) 1030

guardia contro le seduzioni ( cfr. Rom. ÀOµEvoç] Èx( "t ]òç àmi-n1v X~PTJYTJCTCX.I.
16,18; 2 Thess. 2,3); 1 Cor. 3,18 am- [ -co'i:ç llw"t'cx.'i:ç, a.ÙÀ 'fl"t'l]v?] « egli non
monisce a non ingannare se stessi (µl}- si preoccupava solamente di ciò che
dava piacere, ma, volendo offrire agli
od.ç ÈCX.U"tÒ\I Èço:1tct"trl:tw); Iac. 1, 26 :
ascoltatori un divertimento, fece entra-
à.7ta."t'W\I xcx.polcx.\I Èo:u-cou. re un flautista(?)». Polyb., 2,56,12;
4,20,5. Anche il nome di donna 'Ami-
t cimhl} "t'TJ non può significare altro che gioia.
Nell 'ellenismo manca l'accezione odio-
a) Inganno, illusione. Pind., fr. 213 sa (cfr. però sopra Ceb., Corp. Herm .
Schroeder: crxoÀLet.L ci7tà-cm; P. Oxy. ecc .).
1020,8 (sec. 2° d.Cr.): ciywv "t'Tjç ci7tà- Nel N.T. è ben attestato il significa-
"t'l}ç (processo per un inganno); Luc.,
to a): Col. 2,8: (nessuno vi seduca}
Tim.27; Ceb., Tab.5,2: ci1tà"t'l}, ii ·miv-
"t'et.ç "t'oùi:; civllpw7tovç 1tÀcx.vwa-cx.; 6,2; ÒLà. -cfiç <JJLÀ.ocrocplcx.ç xcx.ì, xEvfjç &.mi-
1
in 14,3 la A7tà"tTJ è personificata; Corp. 't'T)ç; Hebr. 3,13; 2 Th ess. 2,10. Il si-
Herm . XIII, 1: ci1tcx.À.Ào,pLovv -rò <pp6- gnificato h) entra in questione 3 in Mc.
\IT)µcx. ci 7tÒ "t'TJ<; -coli x6a-µou ci1tà "t'T)<;, 4,19; Mt. 13,22: +i µÉpLµvcx. -cov cx.tw-
cfr. 7. voç xa.ì, +i ciT:à"t'T) "t'OV 1tÀOV"tOV (Le. 8,
b) La (piacevole) illusione (in teatro 14: fioovwv) e in 2 Pet . 2,13: Ènpu-
e simili). Gorg., fr. 23 (Diels II 265, <JJWV"t'Eç Èv -ccx.'i:ç cimhcx.Lç (var.: tiyci-
32 ss.): (la tragedia) 7tl'.Xpcx.a-xova-cx. "Co'i:ç 1tcx.tç) cx.ù-rwv; forse anche in Eph.
µvll(nç 'XCX.L "t'O'i:ç 7tàllEO'LV à.1tà"t'TJV; di 4,22: (spogliatevi dell'uomo vecchio)
qui viene il senso generico di piacere.
cplJup6µEvov xcx.-cà. "t'à.ç ÈmlJvµla.ç -rfic;
Moeris (p. 65 Pierson): à.7tà-cl} ii 7tÀ.à-
'\ll} 7tcx.p" A-t-cLXo'i:ç ... ii "t'Ép\jJLç 7tet.p"'EÀ- à.mx:tl)ç. A differenza del!' ellenismo,
À.11cnv; iscrizione di Priene 113,63 s. nel N.T. il significato b) connota l'idea
(84 a.Cr.) 2 : xcx.[ -co:-cLll]dç OÈ µ'i) µò- di odiosità ; tanto più marcata è quindi
vov "t'à. 7tpÒç l)òov[ l]v, ci).).&_ xcx.t Sov- l'accezione a) .
A. 0EPKE

6.mi-rwp ~ 1t!X'tTJP amÀ.EVfrEpoç ~ ÈÀ.EVÌ}Epoç


6. rta:uya:crµa: ~ a:i'.ry6.sw &:rtEÀrtlsw ~ Éblsw
6.rtdi}rnx, 6.rtaitÉw, 6.nELfr1}ç ~ nElfrw tt7tEpl·qil]'toç ~ mpv-roµ1}
6.rtElpa.cr'tOç ~ 1tELp&:sw 6.ntxw ~ !!xw
&:nEXOÉXOµa.L ~ lìÉxoµm 6.mcr-rÉw, cim1nla., (bncr't'oç ~ mO''tÉvw.
Ò.rtÉXOVCTLç, aTtEXOVW ~ ovw

2 Cfr. J. RouF FIAC, Recherches (1911) 38s. 3 A. DEISSMANN, Neue ]beh. f. d. klass ..
I latini traducono 6.Ttci:Tr) con delectationes, Altertum 6 (1903), 165,5.
voluptas, delectame11tum .
1031 (I,3 85) cX7tÀ~vc; (0. Beauernfeind) ( r,1>;5) 1032

t cbtÀ.olic; (Test . XII), appare in modo particolare


la capacità che ha questo gruppo di, pa-
Accanto al significato originario di a) role di esprimere valutazioni positive:
semplice (LXX, Sap. 16,27; Philo, Con- libero da interno dissidio , innocente,
gr. 36 ), si presenta tutta una · serie di probo, puro . L'aggettivo cbtÀ.ovc; ricor-
signifìcati derivati: quello di b) aperto, re nei LXX soltanto in Prov. 11,25 tj;u-
schietto, senza JOr.ondi fini . Corrispon- XlÌ EÙÀ.OYTJ!J.ÉVTJ micrcx. cbtÀ.n = nefd
dentemente l'avverbio !Ì.itÀ.wc; significa: heriika t'duHan; qui esso è sinonimo <li
univocamente, fran camente, senza alcu- EùcrxTjµwv.
na riserva ( M. An t. V 7 ,2: EVXEO"frcu ...
cbùwc; xa.l ÈÀ.rniMpwc;, cfr. III 6,6; X L'intellettualistico disprezzq del ' se m-
8,5; XI 5,6). Ma accanto a questi con- plice ' fu estraneo al cristianesimo pri-
cetti (che per la maggior parte conten-
mitivo non meno che all ' ebraismo.
gono una valutazione positiva) si affer-
ma - sul piano intellettuale - anche Perciò il nostro gruppo di parole ha
una valutazione negativa, col significato nel N.T. o un signifìcato neutro op-
di c ) sciocco ( Isoc. 2 , 46: cl:.1tÀ.ovc, ii- pure il senso positivo, presente già nel-
youv"mL 't'oùc; votiv oùx EXOV't'a.c;). Il la letteratura ebraica. Mt. 6,22: Èèt.v
verbo cl:.7i:Mw - in uso soltanto dall'età ouv TI ò Òq>i)a.À.µ6c; crov cl:.itÀ.OUC,, oÀ.ov
imperiale - rendere semplice, spiegare
't'è O"wµrX. O"ou cpwnwòv fo't'a.L, Mv òè
(Lucillius , Anth. Pal. XI 107) acquista
tra gli altri anche il significato di di/· Ò Òq>fra.À.µoc; O"OU JiOVT)pÒc; TI, oÀ.ov 't'Ò
fondere (Diogn. 11,5: OL' ov 1tÀ.OU't'LSE- crwµri. O'OU O"XO't'!:'.LVÒV Ecr't'CXL.
·mL 1) ÈxXÀ.TjO'°lG. xcd. xapLç à.1tÀ.OuµÉvl'} Se la coppia di concetti <Ì.7tÀ.otic;/~
Èv à.yloLç 1tÀ.TJMvi::'t'a.L ). Nelle traduzio- 7tOVT)p6c; descrive qui - come è da am-
ni greche dell'A.T. tÌ.1tÀ.olic; - e rispet- mettere - condizioni fisiche 2, allora
tivamente ~ à 1tÀ.6't'l'}<; (o a1tÀ.OO'UvT}) -
ti7tÀ.oi:ic;, come in Prov. 11,25, deve si-
son<:> nozioni interscambiabili con 1 rÌ.À. l'}-
gnificare sano 3• Ma se si tratta di con-
ihv6c;, &µwµoc;, OO"Loc;, ELpl'}vLx6c;, xa.-
i)a.pà. xa.pola., e altri; essi traducono cetti morali 4, allora ti'ltÀ.oi:ic; è da tra-
tam, tam, jofrr, jasiir, ken. Qui e in durre con puro nel senso di una purez-
genere tra gli Ebrei che parlano greco za piena d'abnegazione. In favore di

cÌ'ltÀOÙç X'tÀ. I BRANDT, [. c. 189.


W. BRANDT, Der Spruch vom lumen internum, 2 Cfr. specialmente A. ]i.iLICHER, Gl. Jern
Z.N.W. 14 (1913) specialmente 189 ss. II 98 ss.
DIBELIUS, Jk. 76 s. J In ebraico tam o tamzm. Cosl si chiama-
SrCKENBERGER, Rom., Kor. 124. no le vittime intatte in b.B.Q. 12 b; M. 5. I,
BoussET. GRESSM. 418 ss. 2; b. Tem. 107 b (STRACK-BILLERBECK I 431) .
K. BRUGMANN, Indogerm. Forsch. 38 (1917 /20) 4 Cfr. Flav. Ios., Ap. 2, 190: i Comanda·
128-135. menti sono cbtÀa.~ '!E xa.I. yvt~ptµot.
10.33 (l,.385) (I,386) 1034

questa traduzione starebbe il significa- concetti che comportano una valutazio-


to d. di cX'ltÀé't''r]ç (forse il significato di ne morale: b. nobile candore, « carat-
àr.À6w detto sopra), così come la pos- teristico della psicologia degli eroi » 1,
c. purezza (Flav. Ios., Bel!. 5,319, spes-
sibilità di intendere òqrl}rùp.òç àr.Àovç
so in M. Ant.), affine ad ci.ÀTjDELa 2 , d.
come il preciso contrario di òcpì}l'.Ùµoç
frugalità , di chi ha abbastanza da soc-
itOVl]péç ( = « occhio invidioso »5 ). An- correre gli altri, bontà (Flav. Ios., Ant.
che in I ac. l ,5 potrebbe aversi il sig;iifi- 7,332; Test. Iss.3,8: nav•a. yàp r.ÉVTJD"f.
cato di benigno, generoso: cd't'El'"t"w na- xa.L l}h0c~.tÉVoLç TmpELXOV ... Èv ét.rcÀ6-
pèt. -rou 8t06v-roç DE00 r.àu-Lv àn).wç xa.~ '"t"l]'"t"L x.rxp8lrxç µou ).
~tli ÒvEtÒlsov•cç. Tuttavia qui sembra Nel N.T. si ha per lo più il significa-
più naturale intendere il termine nel to c. : Eph. 6.5; Col. 3,22: vrcrxxovE'"t"E ...
senso di senza alcuna riserva, senza esi- Èv à.rcÀé•TJ-rc x.ap8laç = con cuore 3

tazione, specialmente in forza del con- puro; 2 Cor. 11 ,3: ... ar.6 -r-f]ç àrcÀ.6-
fronto col Pastore di Erma (M. 2,4: nncc; -r·fjç Elç Xpvn6v = della pura
;rà<nv vtr'"t"EpouphoLç òlòou à;rÀwç, µ1J dedizione a Cristo. Per Rom. 12,8; 2
ow•aswv -rlvL 8c~ç 1ì -rlvL 1.i.'JÌ 8Qç). Cor . 8,2; 9,11.13 invece vale d.: bon-
àr.ÀoÙcr•a.-rct, in .Mt. 10,16 D (signifi- tà piena d'abnegazione.
cato b ), non è originario. Clem. AL, Prot. 106,3 (forse citando
da Apoc. Petr. ): "tcXXIX. 1tOU ò xupLoç
ànÀ6't''fJ't'Oç ùµi:v owp-fiaE"trxL r.-rEp6v: la
anÀ.6-r'f)ç conduce al cielo. Erma ricor-
Anche qui il significato fondamenta- da molto volentieri la ànÀ.6-rT]ç.
le a. semplicità (2 Bacr. 15,11; 3 Mach.
3,21; Flav. Ios., Bell. 2,151) introduce O. BAUERNFEIND

choylyvoµa.L ~ ylyvoµm CÌ.1tOOOXLµcX.sw ~ 06xq.1.0c;


Ò:'itOOEX-COç, Ò:1tOOÉXOµCX:L ~ OÉXCµCX:L CÌ.1tOOOX1J ~ OÉXOµCX:L
CÌ.1tOOlOWµL ~ OLOWµL ci-rrol}vii<Txw ~ ftr:X.va.-i:oc,

nello stato di prima si suddivide, astra-


endo da singoli casi diversi, come se-
Il significato fondamentale rimettere gue:

s 'ajin t6b!z (occhio buono) e 'ajin riliì (o. (1926) 131, 144 (con documentazione).
cattivo), dr. tra l'altro Ab. 2,9.11; 5,13.19; 2 R. HIRZEL, Th emis, Dike und Verwand-
Ter. 4,3 (STRACK-BlLLERBECK I 833 ss .). Si- tes (1907) 113, 3.
milmente già Prov. 22 ,9; 23,6. 3 à7tÀ6-rT]c; Mpo(a:c; anche 1 Chr. 29, 17;
àr.À6-r71c; Sapl,1; Test.XII.· R.4,1; S.4,5; L.13,1;
1 \YJ. ScHMID, Philol. \Xlochenschr. 46 Iss. 7,7.
1035 (I,386) cirtoxai}lnl)µL (A. Oepke) (I,386) 1036

1. Restituire, ridare: una tenuta lo- ripristmare un regno (Antioco Epifane


cata (P. Oxy. II 278,17 [ 17 d. Cr.] ); 1 Mach. 15, .3: o7twc; Ò:7tOXMO:CT't'YJCTW
una cosa prestata (Xenoph., Resp. Lac. a.ù't'i}v, se!. il regno dei padriì. Cfr.
6,.3; 2Mach.ll,25: LE;;èv à.noxcx:mcr'ta.- Flav. Ios., Ant. 13,261.408; Vit. 183.
i}i]\la.L a.ù-i:oi:ç); con nome di persona Dal significato 2 d si è sviluppata,
come soggetto in P. Oxy. I 38,12 ( 49/ presumibilmente non senza influenza
50 d. Cr.): vcp' où XCLL choxa.'tECT'tci:ih1
di 2 e, l'accentuazione messianico-etica
µoL 6 vl6ç, così anche Hebr.1.3 ,19: tva.
"t'clXLO\I cX7tOXG.'t'CXQ"'t'a.lJw ùµi:v' «affinché del linguaggio biblico. Il vocabolo di-
più presto io vi sia ridato ». venta termine tecnico designante il ri-
stabilimento di Israele nel possesso dei
2. Rcmtegrare: a) riparare costru-
suoi beni ad opera di Jahvé: Ier. 16,
zioni ecc. (Inscr. Prien. 12,8: cr-i:i)À.i)
15: cX7toxa't'a.cr't''ficrw a.ùi:oùc; dc; i:i)v
\IÙV cX7toxaihcr'ta.µÉvl]), un canale (DITT.
O.G.I.S.672, ivi 90,18: a7tEXct.'tÉcr't'TjCTEV yrjv m'.nwv, 2.3,8; 24,6 (Flav.Ios., Ant.
dç -r'ijv xrxlJrpcovcra.v -i:ci:ì;Lv) b) come 11,2); Os.11,11; cfr. Ier.15,19; Ezech.
termine medico, guarire (Diosc., Mat. 16,55; col dat. e l'ace. ~ 15,5; Aa. 4,
Med. I 64,4); in questo senso ricorre .3.3. Questo ristabilimento viene inteso
per lo più nella Bibbia, detto di guari· sempre più in senso messianico-escato-
gione di lebbrosi (Ex. 4,7; Lev. 13,16;
logico. D'altra parte sotto l' influsso
lob 5 ,18; Mc ..3 ,5 par.: CÌ:7tEXCX't'EO"tctl7l]
ii xElp, Mc. 8,25; cfr. anche la « litur- profetico prende forza l'idea che con-
gia di Mitra » Preisendanz, Zaub. IV dizione e coronamento della reintegra-
(Paris) 629 s.: èha.v Ò:7tOXct.'tOCQ""t'OCi}TJ zione esteriore è quella interiore. Il po-
crov ii ~vxil); e) in senso cosmologico, polo stesso deve lavorare a questo sco-
rinnovare il mondo (Herm. Trismeg. in po (Am. 5,15); ma come vero autore
Lact., Inst. VII 18: il Demiurgo del
di essa è presentato - a partire da Mal.
primo ed unico Dio dopo generale
.3,24 ( 4,5) - Elia al suo ritorno: Ò:7to-
espiazione e purificazione fryo:yt:v É7tL
"t'Ò à:pxa.i:ov xa.t cbtOXOC'tÉcr'tl]CTEV "t'ÒV xa.'t'ct.cr't''ficrEL ( heszb) xa.pOtC1.V 7ta'tpÒç
fo.u'tou x6crp.ov); d) in senso politico, npòc; ut6v X't' À.. 1• Tra la terminologia

<i1tOXafrlCT'tl)µL mento è indicata in:


Sulla funzione di Elia restauratore cfr.: SCHURER II 608 s.
ScHfiRE'I. lI 592, 610 ss. BoussET-GRESSM. Su Taxo:
232 s.; CLEMEN in KAUTZSCH, Apkr. u. Ps:?udepigr.
Il materiale più completo in: STRACK - 326.
BILLERBECK IV 764-798. O. PROCKSCH, Wiederkehr und \Viedergebttrt,
B. MuRMELSTEIN, Adam, ein Beitrag :wr Ihmels-Fcstschr. (1928) 1-18;
Messiaslehre, W.Z.K.M. 35 (1928) 242 ss.; JoACH. JEREMIAS, Jesus als Weltvollender
36 (1929) 51 ss ., specialmente 65 ss. (1930).
V. APTOWITZER, Parteipolitik (1927) 96-104, Vedi inoltre cboxa"tciCT'taO'Lç.
244 s. t Se il secondo ~ Elia nella posteriore at-
A. MERX, Der Messias oder T aeb der Sama- tesa ebraica si sia fuso col Messia e con
ritaner (1909). l'Adamo (!'' Urmensch ') redivivo, e cosl sia
La vecchia bibliografia su questo argo- diventato esso stesso redentore del mondo,
1037 (1,387) cir.oxa.fr(o-·n11u (A . Oepke) (J ,387) 1038

ebraica e greca esiste un parallelismo Io. 4,25, la legge nda che compare nei
degno di nota. Entrambe le concezioni testi samaritani , già citata da Flavio
risalgono all'antica dottrina orientale Giuseppe (Ant . 18,85), delle sante sup-
dei periodi del mondo che si avvicen- pellettili del tabernacolo nascoste nel
dano e del salutare ritorno delle cose Garizim. Testi samaritani recenti 2 fan-
al loro stato originario e conforme al- no risalire il nome Taheb al fatto che
la creazione. Gli ultimi guizzi di que- colui che è atteso convertirà gli uomini
sta mitica concezione del mondo sono e perfino se stesso (Colui che ricondu-
visibili ancora nella qu arta egloga di ce o il Penitente). Ma poiché il par-
Virgi lio e nelle Metamorfosi di Ovidio. ticipo qal ii.thèb non sembra avere un
L'espressione anticotestamentaria suh significato causativo 3 , ed è poco ovvio
s'but, già oscura per i LXX , significa il senso traslato di tt1b, il nome signifi-
/are un dietro - fr ont, provocare una ca fondamentalmente: colui che ritorna,
suolta storica (Deut . 30J; I er. 31,23,· e fa pensare a un principe della remota
Ps. 14,7 e altrove). E ssa ha influito sul- antichità, per lo più Giosué 4 • Al Taheb
la forma hi/'il di sub. I LXX rendono vengono attribuite funzioni regali e
quest'ultimo regolarmente con &:r.oxa.- profetiche, ma egli è subordinato alla
i)Lo--rcivm, che a un orecchio greco do- classe sacerdotale. Egli soggiogherà un-
veva rievocare la ~ CÌ.7toXa.'tci!J't<X.<rL<;. dici popoli e difenderà potentemente
Dal corrispondente aramaico tub de- il legittimo culto di J ahvé, inoltre farà
riva il nome del Messia dei Samaritani: opera di insegnamento e costituirà un
Taheb . Benché noi la incontriamo solo sinedrio. Dopo aver vissuto centodieci
in fonti relativamente recenti, l'attes:1 anni, morirà e sarà sepolto, e lascerà il
del Taheb pare molto antica, un resto trono ai suoi discendenti. La dottrina
di quel messianismo non ancora pola· della risurrezione dei morti, non anco-
rizzato intorno alla casa di David, che ra ammessa dai Samaritani al tempo
forse ha trovato una ripercussione an- del N .T., e l'escatologia cosmica solo
che nell'attesa ebraica del Messia ben successivamente sono state collegate
Joseph . In favore dell'antichità dell'at- con questa fede nel Messia. Nell'inter-
tesa del Taheb si può citare, oltre a pretazione del nome con riferimento

profeta, sommo sacerdote e re, è -una questio- mente supposto, non si è affatto « afferma-
ne che qui non vien trattata Gli argomenti ta» (BoussET-GRESSM.), anzi viene eliminata
che potrebbero forse far pensare a ciò sono dalle ricerche del Merx.
in MuRMELSTEIN, l. c. 4 Qualcuno pensa di aver cosi trovato il
2 MERX, l. C. 42,72 ,80,82. salvatore anteriore a Cristo, Giosuè-Gesù, che
3 1ub f •but è accusativo dell'oggetto inter- è stato tanto cercato. Ad ogni modo ciò non
no. itlb no n è quindi causativo, ma intransi- equivale affatto a negare la storicità di Gesù,
tivo. La traduzione di ' Taheb' = il ripristina- se non altro a causa della frequenza del no.
tore, basata sul significato causativo erronea- me Gesù al tempo del N .T.
1039 (I,388) (I,388) 1040

alla conversione s1 rivela una spiritua- CT"t'aVa.L sia posto in relazione non col
lizzazione dell'idea, in cui si sente l'eco Messia che giunge nello splendore del-
del doppio senso di CÌ.'ltoxcdhcr-.civm la potenza , ma col suo precursore, il
nella Bibbia. predicatore di penitenza Giovanni, nel
Il nome Taxo, che compare nell'As- quale Gesù riconosce il profeta Elia
sunzione dì Mosé (9,1), sembra da ri- promesso (M c. 9 ,12 par., cfr. 6,15 par.;
condurre a -.6.!;wv e designa l'ordina- 8,28 par.; 1,2; Mt . 11,10 .14; Jo.1,21)_
tore. Questo nome, anche per il solo Il miv-ra in AJc. 9, 12 va inteso nel sen-
fatto che è dato a un discendente dalla so più ampi o consentit o dal contesto
stirpe di Levi, non designa il Messia, dell'attesa in cu i ~ posto, un 'att esa che
ma piuttosto il suo diretto precursore rientra nell 'ambito morale-religioso 6
nel senso di Mal. 3,24, senza però rife-
rimento al profeta Elia 5•
L'originario senso messianico-politico
di CÌ.7toxcdhcr-.6.vaL trapela chiaramente
nella domanda dei discepoli a Gesù L'unico passo nel quale il vocabolo
risorto in Act. 1,6: d. xa.ì. CÌ.7toxa.i)Lcr-rci- compare nel N .T. è Act. 3 ,20 s.: o'ltwç,
VELç -.l)v SmnÀEla.v -rQ 'Icrpa.l]À. La èì..v è':t...iJwcrL v xmpoi àva.tl;v!;Ewç à'ltò
risposta è significativa, in quanto re- 7tpocrw'ltou -.ou xuplou xat Ò:.'ltocndÀ n
spinge domande indiscrete sul tempo -.òv 7tpOXEXELptcrµÉvov ÙµLv Xpicr-.òv
e sull'ora, non però l'attesa in sé, anche 'Iricrouv, ov OEL oùpa.vòv p.Èv ot!;acrfra.i.
se le toglie ogni senso politico e la indi- <iXPL XPOVWV cX7tOXl.X-.acnaCTEWç miv-
rizza in senso spirituale. È inoltre ca- 'tWV wv ÉÀaÀ ricrEv ò i7Eòç oLà cr-r6µa-
ratteristico che in tutti gli altri passi -.oi; -.wv aylwv à'lt' a.Lwvoç a.ù-.ou 'ltpO-
del N.T. (cfr. tuttavia~ CÌ7toxa-.6.cr"t'ct- cpl)-.WV. A questa asserzione si richia-
crtç Act . .3 ,21) il concetto di CÌ.'ltoxa.~L- ma, quantunque questo collegamento

5 Altre teorie e loro confutazione puoi ve- ZAHN, KuHL, LIETZMANN per Rom. 5,18;
dere in KAUTZSCH, Apkr. u. Pseudepigr. 326. 11,32.
a.{. JoH. WEISS, BACHMANN, LIETZMANN per 1
6Al contrario 4 Esd. 13,26 dice del Mes- Cor. 15,22 s.
sia: «ipse est..., qui per semetipsum liberabit Le teologie del N.T. di :
creaturam suam, et ipse dìsponet qui derelicti HoLTZMANN2 (1911) II 190, 227 s.
sunt ». Per quanto riguarda l'equivoco in cui FEINE5 (1931) 136,302 , 433.
incorre il traduttore latino nella prima metà WEINEL4 (1928) 235, 255.
della frase, cfr. H. GuNKEL in KAuTzscH, SCHLATTER2 II (1922) 365.
Apkr. u. Pseudepigr. 396. BoussET-GRESSM. 278, 502 ss.
A. }EREMIAS, Handbuch d. altorientalischen
à.7tOXct.'t'ciCT't'tICl'Lç Geisteskultur2 (1929) 25 ss., 165 ss., 239 ss.,
RGG2 V 1908 ss.; RE3 I 616 ss.; XIV 467ss., 295 ss., 313 ss.
specialmente 488. H. BRANDES, Abhandlungen z. G esch. d.
WENDT, ZAHN, PREUSCHEN, per Act. 3,20 s. Orients (1874) 123 ss.
JO-tl (T,388) ci:r;oxa.Db-rl]fH (A. Oepke) (I,389) 1042

sia discutibile, l'uso della parola in sen- 4) Importante è inoltre l'uso del
so teologico da Origene in poi. termine in senso astronomico; ò:noxa.-
't'acr'ta.cr~c; designa infatti il ritorno de-
A. O:noxa.'tcicr'tacrLc; NELLA LINGUA gli astri nella loro posizione originaria
PROFANA (~ à.noxa.Ncr"t'r)µ~ col. 1035; Vett.
Val. II 2 p 57,5 Kroll; Pseud.-Plat.,
I1 valore fondamentale di azione del
riportare allo stato di prima, riassetto Ax. 370 b: detto del sole e della luna
(per es. di un tempio, Ditt., Syll. 3 695, che tornano a brillare dopo l'oscurità).
13.23 , di una via, Ditt., O.G.I.5. 483 ,8 cb:oxa'tacnacr~c; è termine tecnico so-
~ col. 1035) si precisa in vari moJi: prattutto per designare il ristabilimento
1) nel campo della medicina (Aret. I del ciclo cosmico, sia in quanto l'anno
10,4 p 13,13; VII 5, 16 p 159, 14 di Sirio torna a coincidere con quello
I-Iude: 'tijc; qivcrLoc; Èc; 'tÒ àpxa.i:ov àno-
del sole ogni 1461 anni (su questo fat-
xa'tcicr'ta.crLv, (~col. 1035). 2) 11cl sen- 1
to si basava Ja cronologia egiziana) , sia
so giuridico di riconsegna, resa degli
ostaggi alle loro città fiatali (Polyb. III in quanto il rapporto originario esisten-
99,6); nei papiri è termine tecnico fre- te tra i punti equinoziali e lo zodiaco si
quente per indicare la restituzione di ripete in conseguenza della cosiddetta
beni patrimoniali: P. Leid B 3 a, 15; P. precessione degli equinozi, il cui perio-
Oxy. I 67, 9 (338 d. Cr.); P. Flor. I
do (circa 25 :8 00 anni, secondo il com-
43, 12 (370 cl. Cr.) e altrove (-7 col.
1035). 3) nel senso politico di rias- puto moderno) era stato approssimati-
setto dell'organizzazione statale (Polyb. vamente fissato già dall'astronomo ba-
IV 23 ,1; Preisigke, Sammelbuch 4224 , bilonese Kidinnu 2 intorno al 314 a. C.
3 (sec. I a. Cr.) ~ col. 1035). Il ter- Infine, à.noxa'td:cr"t'a.crLc; è detto in re-
mine è usato anche in senso più ge- lazione al periodo della fenice, calco-
nerale, riferito al miglioramento del-
lato in modi assai diversi 3 . Negli scritti
la situazione personale (P. Par. 63 VIII
ermetici (Corp. Herm. VIII 4) la con-
40 s.): µE'tà. "t'TJV Ò:7tÒ "t'W\I 1tpa.yµci.'tWV
vuvd ci1toXa'td:cr"t'acrnv (sic). servazione dell'ordine dei corpi celesti

J. LEPSIUS, The Symbolic Language of the pemée III ( 1928) 249 ss ., specialmente
Revelation: Exp. Ser. 8 III (1912) 158 ss. 261 s.
A. HARNACK, Dogmengesch.4 (1909), indici, O . R1EMANN, Die Lehre von der Apokatas-
specialmente I 681 ss., 693 . tasis (1889).
F. LooFs, Dogmengesch.4 (1906) 201 s. P. ALTllAUS, Die letzten Vinge3 (1926) 203ss.
R. SEEBERG, Dogmengesch. IJ2 11910) 451 s. ~ <i?toxo:Dla--rlJfH ~ cxtwv.
L. ATZBERGER, Gesch. d . christl. Eschatol.
( 1896) 409 ss., 451 ss. I Testimonianze con commento in H.
E. R. REDEPENNING, Origenes II ( 1846) 335s., BRANDES, Abhandlungen zur Gesch. d . Orients
399 s., 447 ss. (1874) 123 ss.
CH. BIGG, The Christian Platonists of Alexan- 2 BoussET - GRESSM 502 ss.
dria (1886) 227 ss., 292 ss. 3 RGG2 IV 1236 s.
E. DE FAYE, Origène, sa vie, son ouvre, sa
1043 (I,389) d:rcoxa:ì}lcr·niµ ~ (A. O epkc) (I ,389) 1044

(oùpcivw. O"wµa.:•a.) è fatta risalire al- teriologica. Presso i Neoplatonici il vo-


l'cbcoxa."tciO"•a.cni;. I vi (XI 2) à.7toxa."tci- cabolo sembra designare soltanto la rin-
<na.cnc; e àv"tcx:7toxa.•cio--ra.<ni; vengono novata ammissione dell'anima non an-
chiamate ÈvÉ:pyncx: "tOU x60"µov. Un tale cora redenta nel ciclo delle nascite.
periodo di tempo veniva chiamato « il Giovan Lorenzo Lido (IV 149 ) dice di
grande anno» (Aria Did., fr. 37 [ll Giamblico che nel primo libro del trat-
184,35 v. Arnim]: "!ÒV 1.dy~O""tOV ÈVL- tato su l ritorno dell 'an ima egli accen-
av"!OV, Plin ., Nat. H ist . X 2: cum huius na anche alla reintegrazione dell'anim a
alitis [se. Phoenicis J vita magni con- ( E.v "t<{J npt0"tt~ "!f)ç n EpÌ- xa.Mòov ~u­
versionem anni fieri prodi! Manilius). xfic, 7tpa.yp.Cl.-rEltXc; xa.ì. , -~e; Ò'.TIOXCl."!Cl.-
La caratteristica di questa concezione CT"!cXO'EWS tXÙ"!WV (.tÉp.VYJ't"tXL ). L'&.rcoxtX-
del tempo, impregnata spesso di spe- "!cXO""!tXO"LC, viene qui ottenuta sul cam-
ranze politiche e messianiche, consiste mino della purificazione ( xa. 17a.p~t6ç). Ma
nel fatto che si crede in un ciclo infi- la citazione non è precisa : Giamb!ico di -
nito di tali periodi. È questa una dot- ce (M')•St . I 10): "tl ÒE~"!Ct.L CXV"t"Y] (n ~vx-Ji)
trina stoica: ylvEO"Dm "t'lÌV Ò:7toxa."tci- "!f)ç Èv "!TJ i}ÒOVTJ YEVÉtm.Jç (generazio-
O""!CX:O"W "!OU 7tctV"tÒç OÙX a7ttXç, à).).. à. ne) lì "!Tj<; Èv CX.Ù't'TJ dc; Cj)UO"LV Ò:7tOXCX:"!a.-
7toÀÀrix~c; • µéiÀÀov OÈ dc; ii.7tELpov xa.ì. O""!ciO"EWç (ritorno alla vita terrena) v7tEp-
<Ì."t"EÀEV"tl]"!OV "!à. mhà. a.noxa.DlO""t(XCT- cpvi}c; OVO"Cl. XtXÌ. "!-i]V Ò'.yÉVVY]"!OV SWlÌV
i)a.~.Tutto viene riportato proprio allo o~aswcrtX.Concorda con questa conce-
stato in cui si trovava prima (II 190, z10ne Proclo, Inst . T heol. 199: 7tii.cra
19 s. v. Arnim) 4 • Solo il Parsismo, a ~vxii f.yx6crµLoc; 1tEp~6ooLç xpfi-rm •Tic,
quanto pare, fa eccezione, in quanto, O~XEla.c; swi'jc; XtXÌ. à. 7tOXCl. "!C1.0""tciO"EO"LV,
dopo l'annientamento di Ahriman , esso se anche qui è il caso di pensare alla
attende una definitiva nuova creazione reincarnazione. La redenzione in senso
del Tutto (frashokereti, frashegerd, neoplatonico non è tanto reintegrazione
' trasfigurazione ') . Da esso pare che dell' anima, quanto liberazione della
l'Ebraico abbia ricevuto nuovo impulso stessa dalla materia. Ma proprio la oLci-
a sviluppare la sua escatologia teleolo- ÀucrLç del corpo materiale in Corp .
gica (~ <Ì:VL()"!l]µ~ coll. 992 ss.). H erm. VIII 4 vien designata Ò'.1toXtX"tci-
cr-rtXcnc; dell'essere terreno e messa in
5 . Infine ànoxa."!cicr"!a.cr~c; viene usa- parall elo con la ànoxa"tcicrw.<rLC, dei
to in relazione all'anima individuale, ' corpi celesti ' . Anche Clemente Ales-
qualche rara volta con un'accezione so- sandrino conosce questo senso soterio-

4 Anche in Posidonio-Cicerone emerge il estesa trattaz ione in P. Sc11UBE RT, Die Escha-
concetto del ' grande anno '. Sulla dottrina tologie des Posidonius ( 1927) specialmente 47s.
stoica dell 'ekpyrosis (conflagrazione) vi è un a
1045 (I,390) 1i7t o xixnla -clJ r1~ (A . Oepke) (I,390) 1046

logico (St rom . VI 9,7 5,2), e parla delta abbia contribuito ad acuire l'attesa mes-
!VWO""tLXTJ ciyci.1tl], OL' fiv xcd n XÀ l]- sianica degli E brei , non è affermato 7 •
povoµla. xa.ì. n
'Jta.v-ce:À'i)ç E'ltE't~L à.'ltO-
C. ci'ltOXCX'taO"'tCLO"Lç NE L J'I UOVO TESTA-
xcnciO"'t a.o-tç. M ENTO

A ct. 3,20s. è da tradurre così : affin-


B. cir.oxa-rci.O"'tO'..O"Lç NEL GIUDAI S MO
ché possano venire t empi di confor-
to dal Signore ed Egli possa inviare
I LXX non usan o questa parola. Del
r es to essa è rara anche sulla penna de- Gesù, il M essia destinato per voi, che
gli ebrei che parlano greco e il suo si- il cielo deve accogliere fino al tem pQ
gnificato tecnico è solo scarsamente svi- della reintegrazione di tutto ciò ( oppu-
luppato . N ella lettera di Aristea ( 123) re: del compimento di tutto ciò ) di cui
nell'accenno al ritorno dei messi ebrei Dio ha parlato per m ezzo dei suoi san-
a Geru salemme risuonano tutt'al più
ti profeti fin dai tem pi più antichi.
certi sentimenti religiosi patrii. Flavio
Giuseppe con ci7toxa-rciO"-raO"Lç 't'WV wv
non si può riferire grammatical-
'Iouoa.lwv intende il ritorno dall'esilio mente a xp6vwv ma soltanto a "Jtciv-
(Ant.11,6 3 ). Filone pensa in primo luo- -rwv; con ciò resta stabilito anche che
.g o alla fuga dall'Egitto, ma poi collega si deve intendere 7tciv-rtJV co me neu-
a ciò l'accenno mistico alla CÌ7toxai:ci- tro non come maschile e da questo
O""ta.<nç iVuxiiç (R er.Div.Her.293 ). Que- co~segue ancora che ci~oxa.-rci.O"-raO"LC,
:st'uso così limitato di <Ì1toXa'tci.O"-racnç non designa una conversione di perso-
in una certa misura può esser sicura- ne, ma un nuovo ordinamento o u;io
mente casuale . Il significato tecnico del stabilimento di cose. Ora oasce però una
verbo, quale risulta dalle testimonian- certa confusione, poiché il concetto del-
.ze, è notevolmente più frequente ( ~ la reintegrazione che è racchiuso nel
.Ò:'ltoxaillo--rl]µL). Il concetto della re- nostro vocabolo riguarda , preso in sen-
integrazione messianica in ogni caso so stretto, non il contem1to della pro-
è familiare all'ebraismo. È questio- messa profet-ca, ma le condizioni delle
ne controversa se le speculazioni co- quali essa parla. Queste vengono rein-
smologiche dell' ambiente ebraico ab- tegrate, cioè riportate alla loro origi-
biano avuto un' influenza sull' attesa naria integrità, la promes5a invece vie-
(del Messia) e sull'uso linguistico 5 . Me- ne mantenuta o adempiu ta. La difficol-
rita un accenno il fatto che al tempo tà nasce dal fatto che questi due pen-
dell'insurrezione di Barkochbà era im- sieri resi nella traduzione sono collegati
minente l'inizio di un nuovo ' grande in una pregnante brevità . Ma è proprio
anno ' 6 • Che tuttavia questa circostanza tenendo conto di questo fatto che tale

s Sostiene questa tesi J. LEPSIUS, / . c. l'anno 136, che porta ancora più vicino alla
158 ss ., non si pronuncia invece BoussET · insurrezione.
GRESSM. 502 ss. 7 Sulle cause dell'insurrezione degli Ebrei
6 Nel 139 d. C., secondo l'interpretazione sotto Adriano ( 132-135 ), cfr. S CHU RER I 671 s.
tradizionale. BRANDES, / . c., preferisce invece
1047 (I,390) rinoxa.frlo--.;ruu (A. Oepkc) (I,391) 1048

difficoltà yjene risolta: xcupol. à.vo:~v­ 12 ,2; Mt. 18,8; 25,41.46; 2 Thess. l,
!;t:wç e XPOVWV CÌ.7tOXO:'t<Xu'tcXO'EW<; Stan- 9 è da intendersi in questo modo, dr.
no in corrispondenza e si spjegano re-
I s. 66,24 ). L'idea dell'annientamento o
ciprocamente, senza però dar luogo a
della ( seconùa) morte indirizza verso
tautologia: xcupol infatti accentua si-
gnjfìcativamente il subentrare del re- una correnti~ di pensiero non opposta,
pentino cambiamento, mentre xp6w0v ma più o meno uguale (Hen. aeth. 97;
fa pensare 1Ho stato durevole del mon - Ps. Sal . .3,11; Apoc.20,14 ~ ci7t6U.vtlL,
do rinnovato. Se à.vo:~1j1;EuJc; des igna r.bGJÀ.rnx). Soltanto Paolo acce;itua di
l'aspetto soggettivo della cosa, cinoxo:- quando in quando così fortemente l'eifì-
-ro:a--rci.O'Etdç m indica qu ello ogge tti vo .
ca ci;1 salvifica universale del ' secondo
Il signifìcaw tecnico di à.7toxo:-rcicno:-
O'Lc; 7tciv-rc1N è limitato dalla frase re- i\damo ', che quasi si avvertirebbe ia
lativa dipe!ldente, ·ma è tuttavia an- lui l 'idea di un ritorno finale di tutti
cora presente 8 . a Dio (Rom. 5,18: EÌ.ç mivw.ç à.v?}pw-
Alla base dcl passo soprn riportato 7tovç dç OLXULWO'!.\I swfic;, 11,32; 1 Cor.
sta dunque il concetto molto familiare 15 ,22: Èv <0 Xptcr-rQ miV'té<; SW01tOL-
all'ebraismo L1ella nuova creazione me s- Yl~TJO'OV'taL; dr. Eph. l, 10; Col. 1,
sianica. Non può invece in ne ssu n mo- 20 ). Ma in realtà qui si parla solo di
do essere risolto dal nostro passo il un'ultima, ardita speranza, se non sol-
problema, del tutto diverso, se il N.T. tanto del fine ultimo a cui tende l'ope-
affermi che vi sarà un definitivo ri- ra divina di salvezza. Proprio Paolo
torno di tutti coloro che hanno pec- pone nel massimo rilievo anche la pre-
cato e sono caduti, perfino di Satana, destinazione (Rom.8,29; 9,11.17; Eph.
all'armonia di tutto il creato in Dio. 1,4.11, ecc.). Egli sa che vi sarà un du-
In generale una tale concezione è al- plice esito del giudizio finale (Rom. 2,
trettanto lontana dalla mentr 'ità del 7 ss.; 2 Cor. 5,10) e dal superamento
N.T., quanto da quella ebraica, nella violento di ogni resistenza attende la
quale anzi il fatto che i giusti vedano realizzazione dell' ò ?}Eòç 7tciV"tCX. Év mi-
il tormento dei dannati viene sentito . O'LV (1 Cor. 15,25 ss.). Cosl in tutto il

addirittura c0me un accrescimento del- N .T. la tensione si mantiene vigorosa-


la loro beatitudine (Ass. Mos. 10,10; mente, e nonostante l'universalismo di
4 Esd. 7 ,93; diverso è il pensiero di principio l'accento cade piuttosto, con
Bar. syr. 52,6). La punizione viene de- uno scopo parenetico, sul fatto che po-
fìnita ripetutamente come irrevocabile chi vengono salvati (Mt. 22,14; 7,13s.;
(Bar.syr.85,12 ss.; anche o:i.wvLoc; Dan. Le. 13,23 ss.; 1 Cor. 9,24 ss.) 9 •

8 Dei commentari citati, cfr. soprattutto 9 Oltre alla bibliografia citata sopra cfr.

WENDT, Apostelg. A. 0EPKE, Allg. ev .-luth. Kirch .-Zeitung 6()


(1927) 485, 499.
1049 (l,391j t±7toxu.ltlcr't"i]~.H (A . Oepke) (I,392) 1050

Questo concetto appare trattato in a questa dottrina, l'ha sentito anche


modo più speculativo nel 4 di Esdra il suo iniziatore, ma egli pensa che il
(8,3: molti sono creati, ma pochi sal- loro sapere provenga alla fin fine an-
vati; 8,41). Nel parsismo l'antico dua-
ch'esso dagli scritti divini (Princ. III,
lismo sembra essere stato in parte so-
stituito più tardi da una ottimistica 6,1 ). Esegeticamente egli si collega sO-
dottrina J ell 'apocatastasi, che ammet- prattutto a 1 Cor.15 ,25ss. (ò ih:òc; miv-ra
te la possibilità della grazia perfino per Èv ·miaw, Princ. III 6,1.2 .6.8; Comm .
il serpente rnalvaf'.io. Azi Dahaka 10 . in Ioh. I 16 ,91 , v. anche Princ. II,3 ,5,
commento a lo.17, 11 , i'.va wn v EV xa-
D. APOKXfASTASIS NELLA STORIA DE L-
1}0)ç -f]µEi:ç)_ Origene prende il termine
LA CHIESA
da A ct. 3 ,21, e gli dà il significato medi-
A partire da Origene questo term i- co e politico usuale, non quello astro-
ne viene usato per esprimere la dot- nomico (Hom . in Ier. XIV 18; cfr. però
trina del ' ritorno di tutti (gli esseri anche Princ. II 3 ,5: ... in ' restitutione
creati)' . Marciane e Ireneo non arri- omnium ', cum ad perfectum fìnem uni-
vano a trarre questa conclusione, no- versa pervenient ... omnium consumma-
nostante certe premesse che la fareb - t io ... ). Un buon riassunto è dato dalla
bero presagire; Clemente Alessandrino citazione, certo non testuale, di Leon-
tutt'al pili l'accenna, ma al suo grande zio di Bisanzio da Princ. II, 10,8 p. 182,
successore piace invece svolgere com- 16 ss. Koetschau: yi'.vE"t'm vExpwv cX.va-
piutamente questa dottrina: il suo ide- cnacnç, xat ylvE't'ct.L x6Àacnc;, Q:)..)..'
alismo ontologico concepisce in modo oùx cX.rtÉpav"t'oc;. xoì..a.soµzvov yàp -rou
eguale il principio e la fine, e non può O'W[J.Cl.'t'Oç X<X't'à µLxpòv xa.fra.lpE't'l'U Ti
ammettere perciò nessuna fine che non \)Jvxn, xat oihwç cX.rtoxafrlcr-ra.-raL dc;
stia completamente in Dio. Una fine •-iiv cX.pxa.i'.a.v -rci~LV '~** miV"t'WV à.O'E-
del mondo è · pensabile solo qualora a f3wv à.vi}pwrtwv xa.l, rtp6ç "(E omµ6vwv
çiò che è nemico di Dio e persino alla Ti x6Àacnç rtÉpaç itxn. xa.1. &.rtoxa•a.-
morte e a Satana venga tolta la volun- O'-ra-fr1]0"ov-rc.r.L CÌO'E~Eiç 't'E X<X.Ì. oa(µo-
tas avversa alla divinità, e la sostanza VEç dc; -r-Yiv 7tPO"t'Épav Cl.Ù"t'WV 't'a~w.
che proviene da Dio ritorni a lui. Ci so- Esposizioni più lunghe si trovano in
no infinite possibilità di sviluppo verso altri passi del De Principiis (I 6,1-4;
il bene, ma naturalmente anche verso III 6,1-9) e nel Contra Celsum (VIII
il male; come l'allontanamento da Dio, 72; cfr. anche Princ. II 3,1-5). Questa
cosi anèhe il ricondurre tutto a Dio ri- lunghezza contrasta col criterio che fos-
sulta alla fine una condizione instabile. se pericoloso affidar queste cose alla
Che i ' philosophi ' non siano estranei carta, poiché la maggior parte degli uo-

10 BoussET-GRESSM. 512.
1051 (l,392) (I,392) 105Z

mini non ne aveva bisogno, e soltanto ha trovato seguaci m diversi grandi


col timore delle pene eterne dell'infer- teologi orientali e anche occidentali,
no poteva esser preservata dal male quali Scoto Eriugena, Hans Denck, }.A.
(c. Cels. VI 26 ). Condannato dalla teo- Bengel, Fr. Chr. Oetinger, J. M . e Ph.
logia ecclesiastica, specialmente da quel- M. Hahn, Fr. D. Schleiermacher e i re-
la occidentale, anche riguardo a que- centi 'universalisti'; non però i;i J.
sta parte della sua dottrina, Origene Bohme e nei teologi cattolici.
A. 0EPKE

t à. noxa.pa.ooxla.

Il nome composto dalle radici con- Insieme con ÈÀnl.ç la parola 1 espri-
tenute in xripa ' testa ', ÒÉxoµcH (ioni-
me l'attesa fiduciosa, Phil. 1, 20, ma
co) = òixoµrH (attico) ' ricevo ' (in
ÈÀ nl.ç designa la speranza fondata, Ò.7to-
origine forse ' tendo ', dr. òoxEvw oo-
xapaòoxla l'attesa indeterminata. Così
r;.cisw ' tengo d'occhio ', ' presto atten-
zione ', quindi xapao6xoc; [non atte- Rom . 8 : quella spetta ai Cristiani (v.
stato] che sporge in fuori la testa, da 24 s.), questa al resto del mondo (v.
cui -xÉri.J, -xla [Debrunner]) si trova 19). Paolo ha forse ricavato tale attesa
solo nella letteratura cristiana; il ver- angosciosa dalla situazione dolorosa in
bo cbtoxa.paooxÉw, raro e attestato cui si trova il creato immesso nella lot-
non prima del 200 a. C., signifìca at- ta fra creature ed elementi. O , forse,
tendere (in tranquillità o in tensione). la frase è solo una deduzione teologi-
Il sostantivo semplice è d'uso classico. ca tratta dal dominio che le forze av-
Nei LXX non compare; ljJ 36, 7 'A : verse a Dio esercitano su questo eone
aspettare devotamente. in conseguenza del peccato originale 2 •
G. DELLING

Ù7toxa:mÀÀàaaw ~ I, coli. 693 ss. Ò.7tOX07t"t'C.ù ~ X01t"tW


rl.7toxa"tri.<r"ta.<rL~ ~ I, coll. 1040 ss. c:i.1t6xpLµa., 1i7toxplvw, à.7t6xpL<rLç ~ xplvw-
Ù7tOXELµa.L ~ XELµa.L a7toxpu7t"tW, à.7t6xpucpoç ~ XpU7t"t'W

<i1c6ÀÀvµt, <inwÀeta.,
'AnoÀMwv

<in6À.Àvµt spandente latino perdere, ha due signi-


ficati transitivi; vi è poi l'uso intran-
La parola, proprio come il corri- sitivo del medio, e bisogna inoltre te-

1boxapa.ooxla testato; cfr. i commenti al passo.


I Il sostantivo semplice è scarsamente at- 2 Cfr. ZAHN, Rom. 8,20.
1053 (I,393) <Ì.7toÀÀU[U (A. Oepke) (l,393)1054

ner presente l'uso traslato del N.T. e mvcixLov (poiché il documento è an-
il fondamento che esso ha nell' uso dato perduto). Le. 15,4.6.24.32, detto
proprio. della pecora smarrita e del figlio per-
duto (opposto di eÙpEfrfjvtXt). Passi co-
me Mt. 5,29 s.; Mc. 2,22 par.; Le. 21,
A. Ò:7toÀ.À.vp,,L IN SENSO PROPRIO
18; Aci. 27,34 mostrano che entrambi
i significati possono confluire l'uno nel-
a) annientare, uccidere, ammazzare: 1' altro senza una rigida distinzione.
in battaglia (Horn., Il. 5,758: &.m.<l),E-
CTE À.rxòv 'AxrxLW\i), in carcere (P . Petr.
B. à1t6).Àvp.t IN SENSO FIGURATO
III 36 a [verso] 28: rtil [LE Ò:1toHCT1JL
'tWL ÀLµWL), colla tortura ( 4 Mach. 8,
È impossibile far risalire l'uso figu-
9: OLà 't'WV 0rxa-civwv à7toÀ.forxL; Mt. 2,
13; 27,20; Mc. 3,6 par.; 11,18 par.; 9, rato della parola nel N.T. ad uno solo
22; Le. 6,9). Raramente ha un com- dei signifìcati dati. In generale nelle
plemento oggetto costituito da nome asserzioni riguardanti il mondo terre-
non di persona: à1toÀ.w -rl]v Go<.plC'..v no e nei Sinottici il significato base è
't'W\i o-o<.pwv ls. 29,14 = 1 Cor. 1,19. b oppure d; nelle asserzioni che con-
b) perdere, rimetterci: P. Oxy. IV cernono l'al di là e in Paolo e Giovan-
743,23 (sec. 2 a. C.): Èyw oÀ.wç om-
ni il significato è a oppure e, natural-
7tOVOuµm EL "EÀ.Evoç xcùxoùç à1toÀ.E-
O"EV (irritazione per degli spiccioli per- mente non senza eccezioni, e non sen-
duti!); Le. 15,4.8; Mc. 9,41 par.: où za che si producano delle modificazio-
µi} à7toÀ.fon -ròv µLcri}6v (citato libe- ni dovute al trasparire del!' originale
ramente in P. Gen. 51,11 [sec. 4 d. ebraico.
C.]).
e) Il medio con l'aor. forte medio e 1. Nel primo caso l'anima dell'uo-
il perf. forte attivo serve come intran- mo appare come un oggetto prezioso,
sitivo di a e b, perciò significa mori-
al quale è interessato da una parte l'uo-
re: P. Petr. II 4 (1 ), 4 (sec. 3 d. C.):
WVL OÈ a1toÀÀVµEi}(J.. (spaccapietre si mo, dall'altra Dio e il suo incaricato.
lamentano del lavoro troppo fatico- Al detto del Signore in Mc. 8,35 par.;
so); iscrizione di un sarcofago tracio 1 : Mt. 10,39 corrisponde la nota locuzio-
Civ -rtç OÉ -rmhl)V &.vv!;lj, oÀ.r} 7trJ..VW- ne ebraica 'ibbéd napJ6, press'a poco
ÀI) &.7t6À.ot-rw; Mc. 4,38 par.; Le. 11, nel senso di perdere per leggerezza la
51; 13,3.5.33; 15,17; Mt.26,52; lCor.
propria vita.
10,9 s. e altrove; detto di cose lo. 6,
12.27. In 'ibbéd c'è sempre un aspetto at-
d) andar perduto, P. Masp. 166,18 tivo, che invece manca nel nostro 'per-
(sec. 6 d. C.): otà -rò &.1toÀ.wÀfv1Xt -rò dere ', e non è sempre presente nem-
aTtoÀ.À.uµi
1 Jahreshefte Cles Oesterr. Arch. Inst. in

Wien 23 (1926) Beiblatt 136.


1055 (I,394) Ò.1toÀÀ.vµ~ (A. Oepke) (I,.394) 10 ~:.

meno nell'cirtoÀJ.. vvcu greco ; l'ebraico sta la parola del Signore in confronto
suggerisce l'idea che la perdita è da al modo di parlare usuale , sta nella
attribuirsi alla colpa o alla volontà per- sfu matura di significato data al termi-
sonale di colui che la subisce. Così è in
ne vita, per cui il carattere di bene
S. Num., § 131 all'inizio, dove si par-
la dell'esecuzione capitale di un cen- prezioso e insostituibile, che è sentito
turione infedele e della fìglia di un sa- istintivamente da ogni uomo nell'esi-
cerdote che si è prostituita: sia l'uno stenza terrena, viene riferito piuttosto
che l'altra con le loro azioni hanno alla vita eterna (Mc 8,36 par.; s11ruc0-
perso per propria colpa la loro vita i)Yjvar. non è completamente sinonimo
(ne/es, cfr. Mt. 16 ,26: ~ux-iiv) , hanno di àr.oÀ.z'J'EL, ma ne sottolinea l'azione
portato se stessi ('asma, cfr. Le. 9,25:
fatale). Chi interpreta sse la parola dcl
ÉaU'tOV) alla rovina.
Signore come una massima mirante a
Tenendo presente questa sfumatura una educazione umanistica della perso-
di signifìcato si nota come la parola nalità ne attenuerebbe il senso.
del Signore conservi il suo senso pre- Le tre parabole <li Le. l 5 sono pro-
gnante. Chi vuol salvare la propria poste ponendosi dal punto di vista di
vita, cioè assicurare la propria esisten- · Dio. La parabola della pecora smarrita
za (itD.:n o-wo-cn Mc. 8,35 = STJ't-~O"TI lontana dal gregge e senza il pastore è
r-Epvr:ovfio-ao-ihr. Le. 17,3 3 = Evpwv già ncll 'A.T.: ~ 118 ,176: ÈrtÀ.a.vl)DT)v
Mt. 10,39 = cpr.À.wv Io. 12,25) - co- WO"d 7tpo~a."t'O\I cirtoÀ.wÀ.oç (keieh 'o-
me fa per es. il ricco in Le. 12,16 ss. béd), S-iJ'tTJO"O\I "t'ÒV oouÀ.6v O"ou; Ez, 34,
o colui che rinnega la propria fede 4 rimprovera così i ' pastori ': 'tÒ ci7to-
mentre infuria la persecuzione -, co- À.wÀ.Òç oùx ÈSTJ"t'YJO"ll.'tE. Il termine -
stui, proprio facendo questo, provoca base ('bd = andare vagando qua e là,
la propria rovina ( cbtoÀ.foEr. = 'ibbed); perdersi) e i sinon;.ni ( 'tÒ l}o-l)Evl)x6ç,
chi invece sacrifica ( 'ibbed) la propria xcx.xwc:; ì:1xov, O'VV'tE-cp~µµÉvov, 7tÀ.a.vw-
vita e rinuncia ad ogni sicurezza della p.Evov) mostrano come sia presente an-
sua esistenza (nel senso inteso in Mt. che qui l'idea di andare in rovina; di
8 ,19ss. e Mt.16,24), proprio agendo ciò bisogna tener conto per i passi del
cosl assicurerà la sua vita in un senso N.T. Mt. 10,6; 15,24: -cò. 7tp6Scx-rcx
più profondo (cn.00"n Mc. 8,35; Le. 9, -cò. Ò:.7toÀ.wÀ.6'ta. oì'.xou 'fopcx.-i}À. costi-
24 = swoyoVYJO"E[. Le. 17,)3 = EVP"~­ tuisce il passaggio al semplice -cò cirto-
cm Mt. 10,39; 16,25 = <pvÀ.rH;Er. Io. À.wÀ.6c:; di Le. 19,10 (Mt. 18,11?), cfr.
12 ,25 )2. Il particolare valore che acqui- Ez. 34,16: -cò ci7toÀ.wÀ.òç STJ"t'YJO"W. Co-

2 Quanto è detto qui sopra, pag. preceden- LERBECKI 587 s.; A . SCHLATTER , Sprache und
te, è secondo l'opinione di K. G . KuHN, Sifre Heimat des vierten Evangelisten (1902) 118s.;
Numeri 131 n. 18. Cfr. inoltre STRACK-BrL- ScHLATTER, Mt. 351.
1057 (I,394) <i7t6ÀÀ.v1.u (A. Oepke) (I ,395) 105t?

me Gesù deve cercare ciò che si è per- o diabolico (Rom. 14,15; nell'allegoria
duto, così d'altra parte egli non può di Io. 10,10: tva. Ducrn xal ci1toÀ.fon),
perdere nulla di ciò che il Padre gli ma anche l'incaricato di Dio (Mc. 1,
ha dato (Io. 6,39, con un ebraismo: 24: TjÀ.DEc::; à7toÀ.foa.L T]µcic::;, testo non
miv O OÉOWXÉV µoL µl] rbtoÀ.fow ÈS sicuro in Le. 9 ,56, dove è contrapposto
a.ù-.ov; 18,9). a crwcra.L), o infine Dio stesso, che allora
compare non nel ruolo passivo di co-
2 . Si trova inoltre un uso caratte- lui che subisce la perdita, ma nella fun-
ristico del NT., che non si può spie- zio ne, in sommo grado attiva, del giu-
gare con quanto è stato detto finora, dice ( = 'ibbed) (1 Cor. 1,19: ci1toÀ.w
ma bisogna far derivare dal significato 'tTJV croq>Ca.v -.wv o-oq>wv; Iudae 5: 'toùc::;
a o c. 1 Cor. 8,11: àr.6À.À.v'ta.L ò à<1ìk p. Ti mo--.Eucra.v-.a.c::; rbtwÀ.EcrEv, contrap-
vwv Èv 'tTI crn YVWO'EL, Rom. 2 ,12: posto a cn~sw; riferito più specifica-
<iv6µwc::; tX7toÀovv-.a.L (sinonimo di xpL- mente alla perdizione eterna in Mt.
i)ljcrov-.a.L). 1Cor. 1,18; 2 Cor. 2,15; 4, 10,28: Ò:.7toÀ.fom Èv yEÉwn, Iac.4,12:
3; 2 Thess. 2,10: ol rÌ'ltoÀ.ÀVµEvoL con- Ò 01.JVaµEvoç O'WO'O.L xa.Ì. Ò:.7tOÀÉO'O.L, nel-
trapposto a ol O'!{)SOµEVOL). 1 Cor. 15, le parabole di Mt. 22,7; Mc. 12,9 par.).
18: oi xoLµ'l]i)Év'tEç Èv XpLcr'tw tX7tW- Questo uso della parola ha esso pure
À.ov-.o. Io. 3,16: [wx. 7tc'iç ò mcr'tEvwv punti di contatto nell'A.T., sia all'at-
dç a.1hòv µl] ci7t6À.'l]'tm ciU. .'(xn swliv tivo (per es. 'IEp.29 [47], 4, per il
a.twVLO\I. fo.10,28: olowµL aihoLç SWlJV concetto v. ljJ 32,10, ecc.), sia anche co-
a.twvwv, xal où µl] ci7t6À.wv'ta.L dç. 'tÒv me intransitivo (Ps. 9,6.7; ljJ 36,20: oi
a.twva., 17,12; 2 Petr. 3,9: µl] ~ouÀOµE­ d:µa.p'twÀ.ol. tX7tOÀ.OV\l'tO.L, 67,3; 72,27
\loc::; ·nva.c::; ri7toÀ.foi)m ciÀ.Àà 7tav-ra.c::; dc:; e altrove; Is. 41,11; 60,12). Ma la co~­
µE-.rivoLa.v xwpf\cra.L. Già i sinonimi e cezione nell'A.T. è innanzi tutto im-
i termini che vengono contrapposti ad manente, in quanto esso pensa a una .
Ò:7toÀ.À.vµL probabilmente comportano perdizione e a un annientamento su
l'idea di perire, andare in rovina 3 , e questa terra. Essa diventa più trascen-
non, come intende Lutero 4, quella di dente nella misura in cui i termini ~
esser perduto. A questa rconclusione (io'l)c::;, ~ M.va.-.oc::; (~anche l'appendi-
porta anche l'uso attivo del verbo nel ce su mawet, morte), ~ à7twÀ.ELa., ~
significato a, come si trova anche negli 'A~a.oowv assumono forma concreta.
altri scritti del N .T.; il soggetto può Il contrasto tra vita e morte diventa
essere un corruttore dell'anima umano più stridente e si pone così al centro

Il momento attivo in 'ibbed, indicato


3 presente la traduzione rovinarsi (per sempre).
~ coli. 1054 s. è presente anche qui, così che
per alcuni dei passi sopra citati bisogna tenere 4 Cfr. anche WEIZSACKER, a.!.
1059 (l,395) d.TioÀÀvµ~ (A. Oepke) (I,396) 1060

della religiosità del N.T., specialmente ( 't'ov µupou yiyovEV ); 2. Usato come
in Paolo e Giovanni; cbt6ÀÀ.vO'iJet.L è derivato dal verbo nel suo valore in-
ora, in contrasto con <70SEO'iJet.L o con transitivo (-') &.rcoÀÀuµL e) significa:
il perire, la rovina. Aristotele (Eth.
sw-fi a.twvtoc;, un perire definitivo, non Nic. IV 1 p. 1120 a 2 s.): ooxc:i: o'&.7tw-
semplicemente lo spegnersi dell' esi- Àwi "ttc; mhoù Et vet.t xa.ì. ii "tfjç oùO'let.c;.
stenza fisica, ma lo sprofondare nel- s
<plJop<i, wc; 't'OÙ fjv Otà. 't'OU't'W\I O\l't'Oç.
!' Ade per l'eternità, un destino di mor- - 3. Usato come derivato da &.rcoÀÀ.vµt.
te senza speranza, che vien descritto b/d, significa la perdita: Ditt. O.G.I.5.
anche per mezzo di esprcssiuni come 229,4 (246-226 a.C.); P. Lond . 1404,5
(sec. VIII d.C.): à:r.6ÀEw. "tfjc; ~vzfjc;
òpy-lj , lÌvµ6c; , iJÀt:1.inc; , O'"n:voxwplet.
xet.ì. V1tOtr'tcicrEr.ùç. Anche in Plutarco
(Rom. 2,8 s.). In Iudae 11 questo con-
ed Epitteto.
cetto è riferito anche a personaggi del-
Nei LXX ricorre spesso col signifìca-
1' Antico Testamento. to b. I termini M.va..'toç, èi&11ç, 0.11w-
Negli apocrifi e nei deuterocanonici À.na.. e altri in tali casi coincidono e
dell'A.T. il vocabolo non si trova an- compaiono spesso personificati come i
cora con questo significato. Anche nei peggiori nemici dell'uomo. Iob 26 ,6 :
rabbini non si trovano termini equi- èiOY}c; (S"'o{) e ti.1tWÀ.ELCt. ('abaddon) , 28 ,.
valenti 5 ; non manca però il concetto 6 • 22: li à.rcwÀ.ELCt. XCX.Ì. Ò iÌri.\ICX.'t'Oç ( 'abad-
Anche Epitteto conosce la contrappo- Jon wàmàwet), cfr. 31,12; tl; 87,12: 't'rt-
sizione &.7toÀÀtNet.t ( &.rc6ÀÀVO'iÌet.t) / <70-
i:poc; (qeber) e &.rcwÀEw. ('abaddon), dr.
~15,10; Prov.15,11: ti811c; xa.ì. rircwÀ.n-
smi, e il nesso à.7toÀWÀE\I li ~VX'iJ, ma
in senso puramente immanente 7 • Si- et.; 1 Cor. 15,55; Apoc. 20,24~ 'A~et.8-
milmente Cebete Tebano. (Tab. 6,2). owv; b. Shab. 89 a: 'abaddon wàmd-
wet; Ecci. r. 5,9: l'anima di Tito fug-
gì la'abaddon zedir'on 'olàm (nella ro-
t à:rcwÀna. vina e nell'abbominio eterno). Simil-
Raro nella Grecità profana. 1. Usato mente Lidzbarski, Liturg. 67,10. In-
come derivato dal verbo nel suo valore fluenzato in senso ebraico-cristiano è
attivo (-') &.rc6ÀÀvµL a) significa l' an- Preisendanz, Zaub. IV 1247 s.: 1tcx.pet.-
nientare, il rovinare, B.G.U. 1058,35, 8l8wr..tl O'e: (il demone) dc; 't'Ò µÉÀ.et.v
il logoramento, anche a causa di un xci.oc; ÈV 'tet.tc; rX1tWÀf'.let.tc;.
=
uso errato ( dissipazione): Polyb. VI
A questo uso dell'A.T. si collega
11 a: ot µÈv X"tTJCHiµEvot rcpòc; -.i)v
"ti}pl)O'LV, ot 8' (-rotµet. rcet.pet.Àa~6vw; quello particolare del N.T. dvaL dç
rcpòc; 't'-i]v rhwÀna.v Eùi:puE~ç dO't v. Cfr. &.m,0À.na..v nella formula di maledizio-
Afc. 14,4 par.: dc; "tL +i &.7twÀELCt. Ct.V"t1) ne di Act. 8,20 ha ancora un colore an-

7 A. BoNHi:iFFER, Epiktet und das Neue


s È sorprendente fino a qual punto man-
chino in STRACK-BILLERBECK i paralleli ai Testament, RVV 10 (1911) 173 s.
passi del N.T. sopra citati . cbtwÀrnl:
6 ScHLATTER, Komm. Joh. 98 a Io . 3,16. NAGELI 35.
1061 (l ,396) à:7t6ÀÀ.v~u (A . Oepke) (l,396) 1062

ticotestamentario. Riferito alla perdi- CTLV f.-rt' athWV 0acrLÀEcx. 'tÒV ayyEÀ.OV
zione eterna nei Sinottici Mt. 7 , 13: Ti -d\ç à.Bvcrcrou, ovoµcx. cx.v-r0 'EBpcx.i:cr"d
òòòç ... dç cbtwÀ.wxv (opposto a sw'iJ), 'ABcx.8owv xat tv '!TI 'EU. TJVLXTJ ovo-
questo significato è prevalente in Pao- µa. EXEL 'A7toÀ.Mwv. - 'AnoÀ.Mwv è
lo e Giovanni : Rom. 9,22: CTXEVTJ ... i::tç traduzione e presenta come persona
c:inwÀ.rnx.v (opposto a 86~a); Phil.1,28: l 'ebraico 'abaddon (~ 'A0aoòwv, I,
[vòn!";Lç &. nwÀdaç, 3, 19: wv "!Ò -.tÀ.oç col. 13) rovina, che i LXX solitamente
&. nw Àna; 1 T im. 6, 9 : dç oÀ.EiJpov xal rendono con ~ à.7twÀELa.
c:im:ùnav; Heb. 10,_39. Colui che è
Qui ess i lo intendono come stermi-
caduto nella perdizione viene chiamato,
natore, corruttore,· secondo la maggio-
con un sernitismo, ò ulòç "!ljç c:inw-
ranza degli interpreti più recenti, da
À.daç; tale è Giuda (lo. 17,12), l'An-
Grazio in poi, qui si ha in pari tempo
ticristo (2 Th ess. 2 ,3 ). c:in0JÀELCX. è pa-
un' allusione ad Apollo, come effetti-
rola ricorrente nella II !et tera di Pie-
vamente legge la versione siro - pale-
tro (2,1.3: a.lpÉCTELç anwÀ.daç, "tCX.XL-
stinese 1 •
VTJV à.m.0À.rnxv, Ti àm.0À.ncx. ... où vu-
cr-rc:isn, 3,7: firJ.tpa xplcrEwç xal à7tw- Il nom e dcl dio della peste viene
Àdcx.ç, 3,16). spesso unito ad c:iTioÀÀ.uµL o à-rtoÀ.Mw
(Aesch., Ag. 1081: 'A7t6À.Àwv ... c:i-rt6À-
Apoc. 17 ,8.11: dç c:i-rtwÀ.rnx.v ùmi-
Àwv ɵ6ç, tlTiwÀEcrcx.ç yiXp où µ6Àtc; -i:ò
YELV. Anche qui non si vuole designa-
ÒEV-rEpov; Archiloch., fr. 30 [Diehl I
re il semplice estinguersi dell'esistenza 219]; Eur., Phaet. in Suppl. Eur. del-
(~ &.7t6À.À.uµL, col. 1059), ma uno sta- l'Armin [Kl.T.112] p. 75,12; Menarid.,
to di morte pieno di tormenti e senza Peric.440 Jensen). Platone (Crat.404 e,
fine . 405 e) mostra come questo porre in re-
lazione c:i-rt6À.ÀuµL con Apollo fosse con-
sueto, ma dà anche altre etimologie.
Cfr. anche Firm. Mat., Err. prof. rel.
t 'AnoÀ.Mwv (~ 'ABa.88wv)
17,3: Solem etiam quidam Apollinem
dicunt, quia cottidie in occasu consti-
Apoc. 9,11 delle cavallette-scorpioni tutus splendorem luminis perda!: per-
che salgono dall'abisso dice che ltxou- dere autem Graeci apollin dicunt. Da

'A7toÀÀvwv lancia, cioè dalle pinze dello scorpione, è


Commenti all'Apoc.: la parte del cielo riservata all'Ade, secon-
B ouss Er 301; CHA RLES I 245 ss.; ZAHN 400; do una dottrina che Macrobio (Sat. I 21,1)
LoHMEYER 77 s.; HADORN 107; RoHR 102; attribuisce agli Assiri e ai Fenici ».
SrRACK-BILLERBECK 'III 810; ALLO 131ss.; t Secondo Charles e Lohmeyer la seconda
\YJ. Sc HMlD, Philol. Wochen schr. 47(1927) metà del versetto sarebbe da considerarsi, per
col. 230. ragioni linguistiche e metriche, come una
F. Bou, Aus d. Off. Job. (1914) 68 ss., 71 s.: glossa.
« La seconda metà dello zodiaco dalla bi-
1063 (l,397) à.r.orrtÉÀÀW (K. H. Rengstorf) (I,397) 1064

quando Ottaviano riportò la vittoria dell' impero 2 ; la cavalletta è il suo


presso il tempio di Apollo Azio, da lui animale 3 • Quando l'Apocalisse combat-
in seguito ampliato, si diffuse in modo te il culto dell'imperatore, ne risulta
particolare il culto di Apollo come dio quindi una molteplicità di rapporti .

A. 0EPKE
tl.1toÀovw ~ Àovw Ò:;i;QO'Xla.0"110: ~ crx~ci:
tl.'!toÀV't'pwns ~ Àvw Ò:1t~O''t'(1.0'la. ~ Ò:qJLa"tT)flL

à1toO"-rÉÀÀw ( ~ TIE1.mw)
ÈSa7toO"'tÉÀÀw, CÌ:1toO"-roÀoç,
~EvÒa1t60"-roÀ.oç, à.1to0'-ro).·~

gnare l'invio tanto di persone quanto


di cose 1• Rispetto al verbo semplice,
A. cbtoO''tEÀ.À.w E rtÉp.7tw NELLA GRE-
O'-rÉÀÀ.ELV, il composto ha valore raf-
CITÀ PROFANA
forzativo, che si può notare special-
mente là dove esso viene usato in sen-
1. CÌ:7tOO''tÉÀ.ÀELV col significato fon- so traslato 2 o quasi come termine tec-
damentale di mandare, inviare è, ac- nico 3 . Così cbtocr'ttÀÀELv si differenzia
canto al verbo semplice cr-rÉÀÀEw e a da a-TÉÀÀ.ELV in quanto contiene un<i
itɵ7tELV, termine fisso tanto della lin- più intensa accentuazione della consa-
gua letteraria quanto di quella parla- pevolezza dello scopo e della tenacia
ta, nell'epoca classica e nell'ellenismo; del proposito. Anche da 7tɵ7tELV si dif-
viene usato frequentemente per desi- ferenzia in maniera notevole quanto al

2 Di qui il fregio dei cigni nell 'Ara pacis Class. Rev. 6 (1892) 413.
di Augusto (Roma, Museo delle Terme). Ri-
produzioni in J. DuRM, Baukunst der Romer <i'!tOO''t'ÉÀÀW.
(1905) 738; E. PETERSEN, Ara pacis Augustae CREMER-KOGEL 1018 s.
(1902) 28; H. LUCKENBACH, Kunst und Ge- G. HEINF, Synonymik des ntl. Griechirch
schichte, grosse Ausgabe I (1913) 110 s. (1898) 180.
3 L. PRELLER, Griech. Mythol.4 I (1894) 1 Numerosi esempi in PAssow, s. v.

292: toporagno, cavalletta, cicala, senza te- 2 Cfr. per es. Thuc. 3.89 ,5: ahwv o'ì!ywyE
stimonianze. O. GRUPPE, Griech. Mythol. und voµl1;w 't'OV 't'OLOV't'OV, i'i ~O'X»Pé't'a't'Oç ò O'ELO'-
Rel. Gesch. ( 1906) II 1229 n. 3, dice che µòç ÈyÉVE't'O, X(X't'à. 't'OU't'O ci.'!tOCT't'ÉÀ.ÀELV 't'E
Apollo protegge il grano dalle cavallette, ma 't'TJV MJ-.acrcra.v xa.ì. È!;,a.TilvT)ç ... i:Tjv È1tlxÀv-
questo può significare che egli in certi casi cnv 7t0LELV.
le manda anche . Ad Apollo si riferisce forse 3 Cfr. per es. WILCKEN, Pto!. 15,24 (sec.
la cavalletta incisa sulle monete di Sinope, II a. C.), dove <iTIO<i't'ÉÀÀEO'i)aL equivale a
F. lMHOOF-BLUMER, Kleinasiat. Munzen (1901) 'essere distaccati (ad altro reparto)'. Altre
7. Contro l'interpretazione totemistica del dio testimonianze per questo significato della pa-
delle cavallette e dei topi data da A. LANG, rola in Dikaiomata ed. Graeca · Hai. p. 86.
Myth, Ritual and Rel. II ( 1887) 201, cfr.
1065 ( I,397) ànanO.ì.w (K. H. Rengstorf) (I,397) 1066

senso: mentre nÉp.nEtV indica preva- no molto istruttivi i diversi significati


lentemente il fatto deil'inviare, press'a di 7toµnl}, ma è anche interessante il
poco come è nella trasmissione di un fatto che questa parola non compare
oggetto di un incarico, o anche nel- affatto nel N.T. e soltanto una volta
l'invio di un uomo, con ànoo"tÉÀ.À.EtV nei LXX, e per giunta in un passo non
si vuol significare piuttosto che l'invio sicuro: ~ 43,14, solo secondo la testi-
è fatto con uno scopo ben determinato, monianza del Crisostomo (Field, Hexa-
speciale e particolare,· questo scopo sta- pla, nel commento a questo passo), che
bilisce un rapporto non tanto tra chi non è sostenuta dalla tradizione mano-
manda e chi ri ceve , ma proprio tra co- scritta. Del resto questa noµ1tlJ avreb-
lui o la cosa che viene inviata e colui be un'affinità soltanto esteriore con il
che invia. Questo è logico soltanto nel verbo nɵnw e starebbe in realtà vi-
caso che cXTIOO"ttÌ,À.nv significhi anche cino a ~ Ma-rpov di 1 Cor. 4,9. Dei
che l'invio connoti in pari tempo un composti compaiono nei LXX: &.no-
incarico, che è aflìdato alla persona del- noµ7tl}, Lev. 16, 10 ; napanoµ1tl}, 1
l'inviato. Nel greco ellenistico ciò ap- Mach. 9 ,3 7; 7tponoµnl}, 1 E<18p. 8 ,51.
pare in misura sempre maggiore. Già
in Dikaiomata ed. Graeca Hal. I, 124; 2. La formula &.7tEO''t'aÀ.µtvot ÙTIÒ
cfr.147.154 l'espressione: ol &.nEcr-raÀ.- -rov BacrtÀ.Éwç collega con l'idea dell'in-
µÉvoL ùnò -rou ~acrLÀ.Éwç ( sec. III a. C.) vio l'altra, che è ad essa connessa, del-
è una testimonianza interessante di l'autorizzazione data a colui che è in-
questo sviluppo, tanto più che esso è viato. Gli u9mini così designati sollo
ottenuto solo col verbo 4 • È vero che
quindi proprio i rappresentanti del lo-
occasionalmente gli amministratori del-
le provincie inviati da Roma son det- ro monarca e della sua autorità 5• L'uso
ti ol nEµn6µEVOL (Ael. Arist., Or. 26 di &.7tocr-rÉÀ.À.ELV con questo significato
[14],37 [Il p. 102,12 KeilJ); ma il non è però assolutamente limitato al-
contesto mostra abbastanza chiaramen- 1' ambito legale; al contrario esso rag-
te chL in questo caso si è pensato più giunge il suo valore più alto soltanto
al fatto della loro venuta da Roma, in
là dove la parola diventa, per così dire,
cui si manifestava visibilmente il domi-
espressione fissa per designare il con-
nio romano, che allo scopo del loro
' invio ', cioè l' assunzione dell' ufficio ferimento di una delega religioso-mo-
loro affidato. - Riguardo alla differen- rale. Ciò è accaduto nella diatriba ci-
za tra '1tɵnw e &.noO"'t'ÉÀ.À.w, infine, so- nico-stoica é, che però in questo non ha

4 La formula si è conservata e appare di- d:cp' Tiµwv ( ~ Ò:'ltoG't'oÀoç sotto E). Ma v. an-
versa, quanto al contenuto, da ~ 11.yyEÀoç. che Le. 19,32.
Così in Giuseppe (Bell. 4,32) Tito è un U'ltE- s Cfr. PREISIGKE, Fachworter 29.
O"tlXÀµÉvoç di suo padre, cioè, secondo il 6 Materiale su questo argomento in E.
contesto dcl passo, pressappoco 'uno in cam- NoRDEN, Beitrage z. Geschichte der griech.
mino con un incarico ', e in 1 Clem. 65, 1 i Philosophie: Jbch. f. Phil. Suppl. 19 (1893)
messaggeri della comunità romana a quella 377 ss.; K. Hon, Die schriftstellerische Form
;:orinzia vengono chiamati ot a7tE<r't'11ÀµÉvot des griech. Heiligenlebens: N. Jbch. Kl. Alt.
1067 (I,398;• Ò:1tOCT"t"0..).w (K. H . Rengstorf) (T,3~8) 1068

fatto altro che adottare il linguaggio sentante. Con questo ci avviciniamo


della religiosità filosofica in genere 7 • Il già a quella opinione che sostiene la
cinico sa di essere <X:yyEÀoc; xrx.t xrx.'tri- divinità del vero filosofo e che, ripren-
O'X01toç xcd xljpvs 'tWV iJEWV (Epict., dendo certo un pensiero di Antistene 11 ,
Diss. III 22,69), ma non perché egli è stata proclamata con energia per la
stesso - o eventualmente il suo mae- prima volta dai cinici ( ì}e:t:oç r1vi}pw7toc;).
stro - si sia o lo abbia designato a ciò, Non è nostro compito di approfondir-
bensì perché è certo di essere un in- la; dobbiamo tuttavia farne un cenno,
viato da Dio, un tbtoCT't(ÙElç, così co- perché, nonostante il vocabolo usato
me lo era Diogene (I 24,6). Epitteto sia xa-rn:7tEJ..tT.ELV, deve essere spiegata
può stabilire come regola 8 che il pre- e intesa più nel senso di Ò'.7totnDJ.. ELV
supposto ultimo della vera dottrina ci- che in quello di 7tɵ1tELV. Del resto
nica è la consapevolezza di essere in- l'uso di à.1wO"i:EÀ.Ànv per indicare l'in-
viati da Dio. In tutti questi casi 9 Ò.7tO- carico con un compito religioso, quale
O''tÉÀÀnv è termine tecnico per indi- l'abbiamo delineato, non è assoluta-
care i pieni poteri conferiti da Dio, mente limitato ad Epitteto. Ireneo, per
mentre 7tÉ~t7tnv viene usato quando si es., ha riassunto la pretesa di Menan-
tratta di un incarico ben determinato dro, discepolo di Simon Mago con que-
dato al cinico per iniziativa umana 10 • ste parole: Écx.ui:ov µ€v wc; apa. Ett] Ò
Un caso del tutto diverso, anche dal <rw-cT)p È1tL ~TI 'tWV à.vì}pw7twv avwfrÉv
punto di vista linguistico, o meglio un 1tofrEv Èt; à.opchwv rx.~wvwv Ò'.7tEO"'ta.ÀµÉ-
superamento della consapevolezza di voc; <TW'tt]pl~ (I 23,5; cfr. Eus., Hist.
essere inviati espressa con <Ì.7tOO"'tÉÀÀ.E- Ecc!. III 26,1 ). È probabile che Ireneo
O'thL si ha là dove Epitteto considera il abbia conosciuto dalla tradizione non
xo:.-i-crnrnoµcpw::; mhov xa.ì, 4> À.a.'tpEu- solo l'oggett ~ della pretesa di Menan-
EL, ò ZEuc; (III 22,56; cfr. 59) come dro, ma anche il termine Ò.7tEO"-i-a.ÀµÉ-
unica autorità per il cinico, anche di voc;. Anche Filone lo conosce e lo usa
fronte all'imperatore e al suo rappre- nello stesso modo, come si vede in

29 (1912) 418 s.; K. DEISSNER, Das Sen- xa:taO"xoJtov 7tEµ1tEL ... ; cosi I 24,5. Si osservi
dungsbewusstsein der Urchristenheit: Z.S.Th. però che in un'iscrizione scoperta a Kefr
7 ~ I, col. 200, n. 10. Hauar (Siria) uno schiavo che chiede l'elemo-
8 "tÒV "ta.~c; Ò:À:rjlMmc; XUVLXÒV .•• f18ÉWLL sina per il tempio della dea sira designa se
OE~, O"t"L éi.yyEÀ.oc; Ò:7tÒ "tOu .::.\Lòc; Ò: 7t ÉCT "t a.)._ stesso come 1tE[l<p1'Elc; dalla sua signora (BCH
"tO.L ... III 22,23 . 21 [ 1897] 60 ). Forse, si può dedurre da que-
9 V. per es. ancora III 23,46; IV 8,31 sto che si tratta soltanto di un'autorizzazione
(looÙ Éyw vµ~v 1ta.pÒ:8Et:yµa. v7tÒ "tOV ikoù commerciale e non anche religiosa. Si osservi
d 1t t cr 't et.).µ a.~, parole del Cinico ai suoi poi che I 24,6 dice di Diogene cX1tOCT"tl'J.À.Elc;
ascoltatori). in senso assoluto.
10 I 24,3: xaL vùv 1)µE~c; ye etc; -tTiv 'Pw- 11 NoRDEN 380.
µTjv XrJ."tcicrxo7tOV 7téµ-:i:cµEv. ov8Etc; OÈ OET.À.ÒV
1069 (I,399) cbtoO"-rÉÀ.),w (K. I!. Rcngstorf) (I,399) 1070

Migr. Abr. 22, dove si dice di Giusep- di 700 volte, di cui in un gran numero
pe: 'tÒ cpchicn µ1) 7tpòç civi)pw7twv à.m- di casi con la variante è~a7tOIT"'t'ÉÀÀE~v.
<r"t'aÀì1m, u1tò U "t'ou ì1rnu xExnpo-ro- Questo verbo è usato, fatte poche ec-
cezioni , per tradurre- la radice Sl~, usa-
vrjcrì1cu 7tpÒç -ri}v "t'OV crwµ<.noç xai
ta normalmente come verbo. A sua vol-
--cwv Èx-rÒç evvoµov È.1t~cr·-mcrlav.
ta slh viene reso in prevalenza 13 con i
Abbiamo cosl un uso 'religioso' del- verbi cbtoo-"t'ÉÀÀELV oppure ~ È~a7to­
la parola in tre scrittori che apparten- u"t'ÉÀÀELV. In confronto a questi due
nero a cerchie molto diverse , anche composti i verbi semplici CT"tÉÀ.À.Ew e
per essere vissuti in luoghi differenti. 7tÉJ.vrtELv restano in ombra : O-TÉÀ.À.ELV
non compare affatto , ma soltanto ~
È questo un fatto di grande importan-
CT"t'ÉÀÀ.Ecrì1a~, che qui non ha che fare,
za per il modo col quale il cristia;iesi-
e 7tɵ7tELV ricorre, è vero, 26 volte 14,
mo primitivo espresse la consapevolez- ma soltanto sei come traduzione di un
za della missione (~ ci7tOcr'toÀoç). Na- originale ebraico 15 , le altre in seri tti
turalmente il significato originario di conservati solo in greco. Anche i com-
à.7tocr'tÉÀÀELv non si limita a indicare posti di 7tÉp.7tELV sono cosl rari 16 , che
esclusivamente l'invio da parte di Dio non possono assolutamente mutare il
quadro della situazione, così come l'ab-
e l'autorizzazione data ad un uomo;
biamo descritta. Per i LXX questo si-
questo è solo il valore supremo a cui gnifica che CÌ.1tOITTÉÀÀELV è la parola
giunge la storia del termine; accanto greca che traduce Sl{J dell' A. T . Non vi
ad esso persevera anche l'uso origina- è qui motivo di spiegare tutti i signi-
rio del tutto 'profano' dal quale sia- ficati di slh, poiché ci si occupa non
mo partiti. Di questo fatto si hanno del termine ebraico, ma del suo equi-
valente greco; tuttavia c'è da dire al-
vari esempi anche in testi non let-
meno che à.7tOCTTÉÀÀEt.v nei LXX cor-
terari 12 • risponde all'originale ebraico proprio
in quanto anch'esso viene usato in pre-
B. !Ì.1tOCTTÉÀÀW E 1tɵ1tW NEI LXX (A.T.)
valenza quando si tratta di un'amba-
E NELL'EBRAISMO sciata o di un compito affidato a qual-
cuno. mal'ii.k e sii.la{J stanno l'uno ac-
1. Nei LXX à.1tocnÉÀÀELv ricorre più canto all'altro in numerosi casi, sia che

12 V. per es. PREISJGKE, Wort. I 194. 17; Neh. 2,5 per Jlh, Est. 8,5 per ktb , poiché
13 Si escludono naturalmente tutti i casi in qui si tratta di un 'informazione scritta.
cui sarebbe assurdo rendere Slh con ci11:ocr·n'),- 16 Dei composti compaiono: Ò:1to1tɵ7tELV
À.rn1; questo vale per es. per la formula salai? una volta, O~a.m'µ7tEtV 6 volte (Prov. 16,28=
fad, ' stender la mano ', dove sl[J normalmente Jlh ), Elcr11:ɵ11:ELV una volta, Éx11:ɵ11:ew 9 volte
vien tradotto talvolta con Éx-relve~v ( Gen. 3, (di cui=slf? in Gen.24 ,54.56.59; 1 Ba.cr.20,20
22 e altrove), talvoltl\ con Èm~cfÀ.À.EW (Gen. [come variante di 7tɵ11:etv]; 24,20; 2 Ba.cr.19,
22,12 e altrove), secondo il senso. ~ n. 16. 31; Prov. 17,11), Èm7tɵmw 3 volte (Prov.
14 Secondo il calcolo di HATCH-REnP.; 6,19=slh), 7tcr.pa.11:É{J.1mv 2 volte, 1tpo7tɵ11:ew
inoltre una volta in Simmaco, Ier. 16,16. 5 volte, .nella maggior parte dei casi senza un
1s Gen. 27,42; 1Ber.O".20,20; Esdr. 4,14; 5, archetipo ebraico. In tutti i luoghi citati -
1071 (I ,400) O:no1nO.À.w (K. H . Rengstorf) (I,400) 1072

si tratti di un'ambasciata o di un com- genere oggetto di interesse soltanto per


pito affidato da un uomo 17 o <la Dio 18 . il fatto che egli incarna in un certo
&rtofj•fA.À<.L'J / Slh da solo è inoltre senso nel suo essere colui che lo man-
termine tecnico per l'invio di un mes- da. In linea di massima è del tutto in-
saggero con un incarico speciale, senza differente chi sia che invia, se Dio o
che il messaggero sia neppure nomina- un uomo, e chi viene inviato, se un
to 19 ; l'interesse è accentrato quindi sul messo celeste o terreno , o anche che
fatto dell'invio in relazione con la per- cosa viene inviato. Il punto centrale
sona di colui che invia, mentre quella di quanto si asserisce sta sempre, e ne
dell'inviato passa in secondo piano. La è con sapevole anche chi è in vestito di
parola raggiunge il suo significato più questa missione, nel suo autore; così
alto nella descrizione della vocazione è in Abramo (Gen . 12,1 ss.), in Eliezer
di Isaia. Là (6,8) Dio può domandare: (Gen . 24,1 ss.), in Mosè e soprattutto
'et-mi e5lab umr jelek-lànu e intendere nei Profeti (~ à.7tocr•oÀoç, sotto A 2).
con questo che egli ha bisogno di qual- 2. Caratteristica dei LXX è la coe-
cuno da poter inviare con pieni pote- renza con la quale essi riprendono que-
ri, come portatore della sua parola, sto concetto e che si vede chiaramente
senza che questo debba esser detto spe- nel fatto che non traducono meccani-
camente slh con à.7tocr•zÀÀn'V 21, ma
cificamente né giunga ad esser espres-
talvolta CÌ.7tofj•iÀÀEL'V, contro il signi-
so a parole nella breve dichiarazione ficato proprio della frase, è usato per
di Isaia: hinen; selàheni . A questo Slh, proprio per dare rilievo all'aspetto
punto diventa anche evidente ciò che volontario e determinante dell' azione
è caratteristico di slh in tutti i suoi di cui si tratta e sottolineare così la po ·
significati: l'aspetto volontario e con- sizione di colui che agisce. Così per
sapevole in un'azione che tende a un l'azione dello stendere la mano non si
dice soltanto Slb jd, ma anche sempli-
determinato scopo, non importa di che
cemente Slb. Per rendere il senso i LXX
genere. Più che l' invio, slb connota dovevano quindi scegliere, anche quan-
quindi, colui che invia e il suo sco- do si incontra la forma abbreviata, una
po 20 , e chi viene inviato diventa m delle traduzioni date alla n. 13. Ma que-

per Prov. 17,11 ~ n. 34 - una sostituzione lore intensivo esso giunge al significato di
con a'1:ÉÀÀEW o con uno dei suoi composti ' inviare ', il quale si afferma sempre di più
altererebbe il senso della frase. come il significato principale. Tuttavia questa
17 Gen. 32,4; Num. 20,14; los. 7,22; Iud. parola non ha potuto mai smentire la propria
6,35; 7,24; 9,31 e altrove. origine, ma ne è invece rimasta determinata,
18 2 Chr. 36,15; Mal. 3,1. anche nel significato Ji ' inviare ', come mo-
19 Gen. 31,4; 41,8.14 e altrove. stra quanto si è detto sopra; al centro della
20 ~ da notare che il significato fondamen- asserzione sta infatti il soggetto agente, non
tale della radice è ' lasciare andare ' (cfr. i di- l'oggetto.
zionari s.v.). Solo in senso traslato e con va- 21 ~n. 13.
1073 (I,400) ci.noa-dì.),w (K. H . Rengstorf) (l,401) 1074

sto non è sempre il caso. Così in Ps. constata invece semplicemente la real-
18,17 si dice di Dio: jiSlah mimmiirom tà dell'azione , senza un interesse più
jiqqii~en!. Ora da Ps. 144,7 risulta sen- profondo per il suo soggetto. La situa-
za alcun dubbio che si tratta della ma- zione è quindi del tutto simile a quel-
no tesa da Dio a salvezza del salmista. la del rapporto esistente tra cX1tOCT'tÉÀ-
I LXX traducono tjJ 1 7,17 con ÈSG.1tÉ- Ànv e 1tɵ1tELV su terreno prettamen-
CT'"t"ELÀ.e:v (~ ÈS<X 1tOCT'"t"tÀ.Àw) ÈS utjJouç 22 te greco 24 .
XO.L [Àa.(3tv µe:, anche se, come mostra
tjJ 14 3, 7, la frase completa sarebbe sta- Ma naturalmente anche l'ci1tOO"'tÉÀ-
ta almeno ÈSG.1tÉo-'"t"EtÀ.e: 'tlJV xe:i:pa. a.v- ÀELV dei LXX non può smentire la sua
'tOÙ. Al contrario in 2 Ba.cr. 6,6 per un
origine linguistica. Ciò che era carat-
semplice wajjiSlah dello stesso genere
teristico della parola nell'ambito del
si ha xcd. Èshn ve:v ... '"t"lJV xe:i:pa. che si
adatta perfettamente al senso, mentre greco profano, non va perduto nel pas-
in Abd. 13 nello stesso caso Jlh vien saggio al greco biblico, ma rimane e
tradotto con o-uve:1tvtrne:cr~at, ugual- si collega con ciò che deriva alla pa-
mente corrispondente al contesto e al- rola stessa dal suo equivalente nell'A.T.
la sfumatura di significato. Del resto Bisogna tener presente inoltre che la
[Ès]cx.1tocr'"t"ÉÀÀ.nv 'tTjv xe:i:pa per Jlh jd
parola nei LXX ha solo in minima par-
compare, oltre che in tjJ 56,4; 113,7,
soltanto in Ex. 9,15, lob 2,5 e Cant. te una coloritura specificamente re-
5,4, solo in quest'ultimo passo riferito ligiosa, cosl come nell' A. T. ebraico.
a un uomo, e per di più col sigi1ifìcato Anche nell'ambito dei racconti sull'in-
particolare che qualcuno introduce la vio dei profeti 25 non abbiamo nessun
mano nel foro della porta. Si dice in- uso in senso religioso della parola, che
vece Èx'tELVe:tV 'TTJV xe:i:pa solo parlan-
viene usata piuttosto anche in tali con-
do di uomini 23 • Dietro a questa diver-
testi semplicemente per indicare l'in-
sità di espressione sta però qualcosa di
più di una concezione spiritualizzata vio e riceve una sfumatura religiosa so-
della mano di Dio: nel limitare a Dio lo in quanto è la situazione stessa ad
l'uso di &:rcoo-'t'ÉÀÀ.nv si esprime tanto essere determinata in senso religioso,
una caratteristica essenziale di Dio, cioè e l'ubbidienza di colui che dev'essere
l'assolutezza della sua volontà, quanto
inviato è considerata un atteggiamento
il fatto che cX1tOCT'tÉÀÀ.e:tv non si riallac-
naturale di fronte a Dio che invia, una
cia a Jl~ soltanto esteriormente, ma con-
tiene anche l'allusione, caratteristica di ubbidienza che però, all'atto pratico,
questa parola, alla consapevolezza e al- non si differenzia da quella prestata
l'affermazione di un diritto. Èx'te:lve:tv per esempio a un re. Ma a questo si

22 Cfr. anche 11; 56,4. 24 ~ coli. 1063 ss.


23 Non ci sono eccezioni, secondo Hatch- 25 Is. 6,8; Ier. I,7; Ez. 2,3; dr. Ag. 1,12;
Redp.; dove nei LXX ÈX'tEL'llELV 'tTJ'll )(Etpa: è Zach . 2,15 (11); 4,9; Mal. 3,23 (4,4); Ex. 3,
riferito a Dio, l'originale è nth (Ex. 7,5; Soph. 10; Iud. 6,8.14.
2,13) o ns' (Ex. 6,8), ma non sl[J.
1075 (I,401) tX7to:r-tÉÀÀw (K. H . Rengstorf) (I,401) 1076

collega, e dovrà essere tenuto presen- Siiluah occupa un posto particolare ( ~ .


te, il fatto che nell'A.T., Slp o à1toa"tD..- à-rtoO"'toÀoç, B 2). Flal'io Giuseppe,
Ài:tv non connota, né può conno.tare, nei cui scritti à-rtocr'tÉÀÀi:w compare
circa 75 volte 28 , lo usa talvolta piì:1
una consapevolezza dell'invio sul mo-
o meno come sinonimo di 7t ɵ 7t E -
dello dei cinici, cioè come un grado su-
Lv 29 , altre volte per designare un in-
periore della loro coscienza di sé, co- vio ufficiale come tale 30 . 1tɵTIELv è di-
scienza che essi esprimono con IÌ.1tocr-rÉÀ- ventato però in molti casi scolorito
Àe:O"lJcx.t 26 ; accanto alla completa subor- riempitivo, simile al nostro verbo /are
dinazione alla volontà di colui che in- usato come fraseologico 31 . Questo non
via, come è presupposta qui da Slh è invece mai il caso di cXTtOO-'tDJ.ELv;
al contrario questa parola racchiude
IÌ.1tocnzÀÀEL\I, non c'è posto per un ele-
sempre in sé, anche quando viene usa-
vato sentimento di sé. D'altra parte si ta in alternanza con -rtɵ-rtELV, un ac-
trovano qui i motivi per cui non c'era cenno alla consapevolezza dell'azione di
bisogno di limitare il significato e l'uso cui si tratta; ed è naturale che anche
anche di cX1too--rÉÀÀnv all'ambito reli- Flavio Giuseppe, quando si parla di un
gioso, quantunque questa parola com- invio da parte di Dio, usi àTtocr-rzÀÀe:Lv,
analogamente all'uso dei LXX 32 . Sem-
paia regolarmente nei più importanti
bra che questo sia anche il caso di 4
testi religiosi e vi sia la tendenza ad Esd., dove ciò che si dice dell'angelo:
usarla come la parola specifica per in- missus est (4,1; 5,31; 7,1; cfr. misit 6,
dicare l'invio da parte di Dio 27 • .3 3; misi 14 ,4 e altri ancora) presuppo-
ne un à.-rtEcr-rciÀTJ o simili del testo gre-
3. Il giudaismo rabbinico col suo co. Di Filone si è già ricordato 33 che
uso di slp rientra completamente nel egli, similmente alla diatriba cinico-
quadro ora delineato. Non si va mai al stoica, conosce un uso assoluto di <i-rto-
di là del senso profano della parola. cr-rfA.Ànv o &.-rtocr-rfA.ÀccrlÌcxt34 ; con que-
Soltanto il sostantivo derivato siiliap o sto uso, come si è rilevato, egli sta iso-

26 .-+ coll. 1066 ss. 32 Bell. 7 ,387: -cou-cwv -r-iJv civriyxriv ì}Eòç
Zl Su quest'argomento v. ancora -+ n. 34. ci7tfo-caÀxL .. ; Ant. 7 ,334: ò yrip ì}Eòç -còv
28 THACKERAY, Lex. Jos. 76. In un grande 7tpoq>Tj-rriv à.1too--cElÀ.aç 7tpÒç mhòv (David) ...
numero di casi di Ant. Giuseppe Flavio pren- EÀEYEV (promessa di Dio che Salomone edifi-
de semplicemente à.7tOO"'tÉÀ.À.m1 dai LXX, che cherà in vece sua il tempio progettato da
egli usa come fonte. David).
29 Cfr. per es. Ant. 7,191; ll,190s.; 12, 33 ~ coli. 1068 s.

181-183. Ragioni stilistiche determinano cer· 34 Cfr. ancora, per es., Poster. C. 44: lì•.Jo
tamente lo scambio tra ÈX7tɵ7twi1 e à.7tOO"'tÉÀ.- lì' EX -cau-criç 7ta.plo--ca.-ca.L -cljç cpwvljç, (v
À.w.1 in Ani. 20,37; Vii. 51 e altrove. o
µÈv xa;i)' 't"LVL É7tL7tɵ7tE'tC1.L ì}riva.-coç, E'tEpOV
30 Cfr. Bel!. 4,32: Tito come Ù.7tt0"-ca.À.µÉ· oÈ xaì}' o à.7to -cwoç li7tOO"'tÉÀ.À.E'tC1.L ..• L'aspet·
\IO<; di Vespasiano; 7,17 s. 230: spedizione ru to religioso sta anche qui nell'uso del passi-
truppe con un obiettivo ben determinato; vo; c'è da notare inoltre che Jlh nel nifal in
Ant. 12, 193: à.7too--ca.À:r10-6µEvoL =messaggeri tutto l'A.T. compare solo in Est. 3,13, ma qui
casuali. in modo tale che dietro il passivo non si na·
31 Cfr. per es. Ant. 13,23. sconde Dio. Nel pu'al JlfJ compare nell'A.T.
1077 (I,402) cbto<r-rD.Àw {K. H. Rcngstorf) (1,402) 1078

lato tanto di fronte ai rabbini quanto tanto 4 a Mt. e uno solo a Mc. (5,12);
a Giuseppe e mostra così che in ogni in Mt. si ha sempre la forma TIɵ\j;a.ç,
caso egli non ha usato il suo cX1tOCT't°tÀ.- seguita da un verbo finito. A differen-
À.m1 sotto l'influsso di Slf.;, poiché ap- za di cinocr-réÌ,À.ELV, c'è quindi nei libri
partiene proprio alla natura di questa storici una ripartizione assolutamente
parola di non avere di per sé al~u:ia disuguale di TitµTIEW.
sfumatura religiosa.
In un quadro d'insieme del materia-
le prende risalto il IV Vangelo, perché
c. à.TioCT-rÉÀ.À.c0 E ntµm» NEL N .T.
TIɵ-rtnv si presenta qui usato in una
maniera tale che rende necessaria una
1. Nel N.T. anocr-rÉÀ.À.EL'\I si incon- trattazione a parte (~ 2). Per il resto
tra circa 135 volte, delle quali solo 12
dominano però gli scritti di Luca; que-
al di fuori dei Vangeli e degli Atti,
così distribuite: 3 volte in 1 Io . e 3 sto diventa ancor più evidente se si
nell' Apoc., mentre Paolo, presenta tre considerano anche i composti di 7tÉ[t-
testi (Rom 10,15; 1Cor.1 ,17; 2 Cor. '1tEL v e si bada alla loro ripartizione nel
12,17), o quattro se si computa anche N.T.: awrnɵ1mv compare 5 ( 4) vol-
2 Tim . 4,12; a queste si aggiungono an- te, di cui 3 in Le., una volta (?) in
cora Heb . 1,14 e 1Petr.1,12. Questa
Act.; ÈJmɵ7tEL'V 2 volte (Act. ); µETIX-
parola ricorre distribuita in modo uni~
-rtɵTIECTfrm 9 volte (Act. ); 7tpOTIɵTIEL'\i
forme nei Vangeli e negli Atti, pro-
porzionalmente alla mole dei singoli 9 volte, di cui 3 in Act., mentre non
scritti; qui <inocr't"ÉÀ.À.w.1 è quindi ter- compare in nessun passo dei Vangeli;
mine fisso del lessico. Dei composti, a crvµTIɵm:w 2 volte (Paolo). Di 27 ca-
parte ~ È~cx.nocr-i:ÉÀ.À.ELv, si trova sol- si complessivi non meno di 18 spetta-
tanto cruvcx.'ltocr-rÉÀ.À.ew in 2 Cor. 12,18. no quindi a Le. e Act., mentre Mt. e
Accanto ad cX'ltOCT't"ÉÀÀ.Ew compare
Mc. non sono affatto rappresentati e
circa ottanta volte 1tɵTIELV; di esse
33 . sono nel solo IV Vangelo, 5 nel- in tutti gli scritti di Giovanni un com-
1' Apoc.; dei restanti casi 10 apparten- posto compare una sola volta (3 Io. 6:
gono a Le. e 12 agli Atti, mentre sol- 7tponɵ TIEL 'Il). Questa statistica aequi-

10 volte (in Mandelkern manca Gen. 44,3), reso in generale con ci.n:ocr't'ÉÀÀEL'll. In Prov.
ma viene tradotto al passivo dai LXX solo 2 17,11 j• Julla/) è più chiaro che nel testo
volte, cioè in Gen. 44,3 in un contesto pro' greco Ò · XVpLoç Éxn:ɵ\j.IH, dove la scelta di
fano (i fratelli di Giuseppe cbmr-rcl.À.T}<T<l.V, ÉXn:ɵn:EL'\I ha la sua ragion d'essere nel fat-
cioè li si lasciò andare) e Dan. 10,11 sulla boc- to che si tratta dell'invio di un c'iyyEÀoc;
ca dell'angelo inviato a Daniele (cbts:<r-rci:ÀTJ'll); civs:ÀE1)µwv, e il traduttore non lo voleva
qui dietr:> al passivo si vede Dio come colui collegare così strettamente a Dio in questa
che invia. In Dan. 5,24 infine il part. pass. azione e nelle sue conseguenze, come avrebbe
Jelia!J di 'fela/) rimane al passivo in chtE<r-rci- fatto con ci1to<r-rÉÀÀEL'll e come fa l'archetipo.
À.T}: la mano che scrive davanti agli occhi del Iud. 5,15 (testo non sicuro); Abd. 1; Is. 50,
re è descritta come un angelo. Quanto agli 1 si tratta di contesti profani, per i quali i
altri passi, in lob 18,8; Is. 16,2; 27,10; Prov. LXX hanno ~celte la forma attiva.
29,15 Jlfl, conformemente al senso, non vien
1079 (I,403) ò:c:o:r-rÉÀ.Àw (K. H. Rcngstorf) (l,403) 1080

sta però il suo pieno valore solo quan- parimenti espressione del conferimen-
do la si completa con un'analisi del to di un incarico (ÀÉynv! ), nonostan-
materiale. Da essa risulta che 1tɵ1tELV te il nɵ 7tEL v, ma certo, secondo il
senso, più nella prima che nella se-
non è per Le., come per Flavio Giu-
conda forma. Questo però sarebbe sol-
seppe, il « termine normale » indican- tanto un nuovo argomento per la tesi
te ' inviare ' 35 , perché dal punto di vi- che sostiene che Le. e Giuseppe non
sta esclusivamente !numerico prevale hanno sensibilità per il particolare va-
anche in Le. à:n:o(J"'"rÉÀÀnv. Luca tutta- lore di ò:nocr-rEÀÀ.nv. Cfr. Le. 7,6 con
via si accosta a Flavio Giuseppe in 7,3 (Ò':ri:Écr"tELÀ.Ev); 7,19 con 7,20 (Ò:nE-
CT"ta.À.xEv 'Ì]~.Léic; np6c; rrE Hywv); Act.
quanto anch'egli, accanto all'uso di
15 ,22 ( nɵ~cn ... avopa.c; ... ypci.~a.V"tES
à1tocr-rÉÀÀELV e nɵnnv con valore
òtcX. xnpòc; a.ù"twv, dr. 25) con 15,27
specifico, adopera i due verbi più o (tX7tErr"tci.À.xap.EV OUV ... ) e 15,33 (a7tE-
meno come sinonimi(~ coll. 1077s.)36 . )..Vlh]rr<XV ... npòc; "toùç 6.norr•dÀ.cxvi:ac;
Le. col suo vocabolario sta quindi, co- O.Ù"tovc;); Flav . Ios., Ant. 18,325 (xa.L
me Flavio Giuseppe, tra un uso di nɵnEL "tÒV 1tL(]'"tO"trJ.."tOV ... À.ÉyOV"tCX}
rhtocri:ÉÀÀnv ben distinto, soprattutto
con .326 ( ~acrtÀEÙc; ... ànfo-rnÀ.Év µE).
per influsso di Slh, da TIɵnnv, quale
Del resto i motivi della diversa fre-
si ha in terreno semitico (soprattutto
quenza delle due parole nel N.T. e del-
nei LXX), da una parte, e una loro dif-
la loro irregolare ripartizione stanno in
ferenziazione concettuale molto meno
primo luogo nel carattere religioso di
forte (non c'era del resto nessun mo-
questa letteratura e quindi anche della
tivo essenziale per farla), quale è pro-
materia di cui essa tratta, e in secondo
pria della lingua ellenistica, dall'altra.
luogo proprio nella diversità dei suoi
Comunque egli è molto pm vicino di
obbiettivi, determinata dallo sviluppo
Flavio Giuseppe all'uso del resto del
linguistico (~ coll. 1064 ss.). Tale di-
N.T.
versità si può in parte ancora ravvi-
Un'affinità tra Le. e Flavio Giusep- sare anche là dove in un primo mo-
pe pare esservi anche nel fatto che en- mento non sembra esservi nessuna
trambi sembrano usare 7tɵnnv 'tLVtÌ. differenza nell'uso di ànoO"-rÉÀÀELV e
Uyov-.a.. o 7tɵnELV .•. ÀÉywv senza dif-
nɵ7tELV 37 • In ogni caso si potrà dire
ferenza alcuna rispetto ad ànocr-rÉÀÀELV
e questo, pare, per ragioni stilistiche. in generale che nel N.T. si usa nɵnnv
Se l'osservazione è esatta, questa for- quando l'accento è posto sull'invio in
mula nei due scrittori sarebbe allora quanto tale, ànocri:ÉÀÀn v quando si

35 THACKERAY, Lex. Ios. 76. 37 Forse la distinzione non è impossibile·


36 Cfr. per es. 01. 'ltEµcpilÉv·m; (gli inviati nemmeno in un passo come Mt. 21,36 ss./Me.
del centurione di Cafarnao) in Le. 7 ,10 dopo 12,4 ss. di fronte a Le. 20,11 ss.
à.'ltÉO'-rELÀEV 7,3, con Flav. Ios., Vit. 180 s.
1081 (I,40.3) cinonD,).1...i (K. H . Rengstorf) (I,404) 1082

pone in rilievo l'incarico connesso con nella preghiera 42 ; ma rn pari tempo


.l'invio, e non importa se a! centro del- troviamo usato anche 7tɵm:w in stret ·
l'interesse sta colui che invia, oppure tissimo legame con <Ì.7tocr'tÉÀ.À.e:tv sen-
l'inviato. Allo sviluppo dell 'uso della za che appaia tra i due verbi una dif-
parola, quale si può notare nei LXX ferenza di significato. Ma a guardar
ma anche in Flavio Giuseppe, corri- meglio si nota che Gesù nel Vangelo
sponde inoltre il fatto che i Sinottici, di Giovanni, quando parla del suo in-
parlando di Dio, non usano mai 7tÉ!t- vio voluto da Dio e adopera itɵTIELV,
'1tHV, ma solo CÌ.Tioo--rO, À.nv 38 , e anche parla di Dio come del 7tɵ\);a.c; µE.
Paolo si pone su questo stesso piano, Questo modo di dire è limitato esclu-
benché sia prefe ribile rinunciare a for- sivamente a Dio, e allora la formula
mulare un giudizio sul suo vocabola- viene talvolta ampliata in o 1tɵ\);a.c; µE· ·
rio, a causa dell'esiguo numero di pas- 7ta.-:1}p 43 ; al contrario Gesù usa altre
39
si rn cui la parola compare • forme di 1tɵTiav quando parla degli
invii da lui stesso voluti. Oltre che da
2. Il Vangelo di Giovanni occupa Gesù questa formula è usata ancora una
chiaramente un posto particolare. Qui sola volta, e cioè in 1,33 dal Battista
<Ì7too--rÉÀ.À.nv sembra veramente essere (o 1tɵ~a.c; µE Ba.it-r!'.~e:Lv tv uoa.-rL ... ).
usato senza nessuna differenza rispetto Dei 33 passi in cui 7t~µ1te:Lv ricorre in
a 7tlµ7tav. Gesù infatti usa CÌ.TiocnÉÀ- Io. non meno di 26, a parte quest'ulti-
Ànv per design~~e il suo mandato di mo, sono di questo tipo 44 • Al contra-
fronte agli Ebrei 4<l e davanti ai suoi rio, in Io. Gesù non designa mai Dio
discepoli 41 , e con ciò vuol dire che die- come o à.1too--re:!'.À.a:c; µE; per indicare
tro le sue parole e la sua persona sta l'invio di Gesù da parte di Dio ti1to-
Dio stesso _ non un suo personale de- o--rD.. À.nv viene usato non al participio
siderio, e definisce perciò con questa ma in una frase asseverativa.
parola il suo rapporto con Dio anche Questo fatto, che in un primo mo·

38 Mt. 10,40; Mc. 9,37. Le. 9,48; Mt. 15,24 mula è così complessa che nella trasm1ss1one
(al passivo, sulla bocca di Gesù che parla di del testo il semplice ò 1tɵljla.ç µE si è am-
.-se stesso); dr. Io. 1,6. pliato parimenti con 7tC1.'t-fip in molti altri
39 Vi sono due passi non del tutto chiari: casi; dr. per es. 5 ,30; 6,29; 8 ,16.
in Rom. 8,.3 si accentua non tanto l'invio di 44 Sono da annoverare tra questi anche 7,
Gesù, quanto la sua venuta come attuata da 18 e 13,16, anche se con ò nɵljla.ç C1.V'tOV
Dio ; in considerazione di ciò nɵ1mv ha qui si parla in generale di un uomo che invia,
un senso proprio. AJ contrario in 2 Thess. 2, poiché entrambe le frasi nascono dalla situa-
11 potrebbe stare forse anche à.noo-i:ÉÀÀELV. zione di Gesù, designata con ò nɵljla.ç µE
40 5,36.38; 6 ,29.57 ; 7,29; 8,42; 10,36. 7tC1.'tTJP, la prima come illustrazione, la secon-
41 3,17; 20,21. da come conseguenza per l'atteggiamento in-
42 11,42; 17,3.8.18.21.23 .25 . terno ed esterno dell' ' apostolo '.
43 5,37, 6,44; 8,18; 12,49; 14,24. La for-
1083 (I,404) r.btoO"'t'ÉÀ.),w (K. H. Rengstorf) (I ,405) 1084

momento può apparire molto strano, però del tutto diverso da quello dcl-
si spiega pensando che nel Vangelo di l'ò nɵ~ac; µe ( m:n1)p) che suona in
Giovanni cbtoO""t"EÀ),nv viene usato da bocca a Gesù nel Vangelo di Giovan-
ni. Per il cinico essa serve di motiva-
Gesù là dove si tratta di fondare la
zione al fatto che egli non riconosce
sua autorità in quella di Dio, come su di sé autorità umana di nessuna spe-
colui che è respon sabile delle sue pa- cie: come messaggi ero della divinità,
role ed azioni e<l è garante della loro soltanto a questa egli deve render con-
giustizia e verità; invece la formula to. Ma questo appunto è un concetto
ò TIÉp.~cxç p.E ( r;cx,+ip ) se rve a fissare che è e deve essere estraneo al IV Van-
la partecipazione di Dio all 'opera di gelo. Esso è già escluso dal fatto che
tra Gesti e il ' Padre ' (~ 7t<X"t"TJP) sus-
Gesù proprio nell'atto del suo invio -
siste un'unità di volontà 46 e <l 'azione
interpretazione questa che è completa- tale (10,30; 14,9) che Gesù non può
mente in armonia con la concezione esser tenuto a render conto al Padre;
che Giovanni ha di Gesù , come di co- ma diventa del tutto inaccettabile per
lui il cui ' operare nasce dall'operare il fatto che, accanto a ò 1t<X"t"TJP µi:: à7tÉ-
divino ' e per mezzo del quale 'l'agire cnaÀxEv (5,36), in bocca a Gesù sta
con ugual diritto la formula TjÀ1'ov (1 O,
di Dio ... raggiunge il suo scopo' 45 •
10; 12,47) o ÈÀ.1)Àv1'a (dc; "t"ÒV x6-
Dal punto di vista esclusivamente o-µov) (12,46; 16,28; 18,37), la quale
linguistico quest'uso del IV Vangelo pone le basi di questa unità già nel
offre un parallelo abbastanza persua- tempo anteriore alla sua vita terrena .
sivo con quello di Epitteto, quando Queste sono idee inaccettabili per iI
CIO!CO.
parla dell 'invio del cinico da parte di
Zeus. Come da un Iato per designare
l'invio come incarico viene usato CÌ.1to- Il risultato a cm siam giunti rap-
cnÉÀÀt:LV, cosl d'altra parte Zeus per presenta il coronamento della storia
il cinico è il xa"t'crnrnoµ<pwc; <Xv"t'6v del termine fuori del N.T.; altrettan-
(Diss . 3,22,56; ~col. 1067). Ma que- to chiaramente si rispecchia in esso la
sto parallelismo non deve essere soprav- cristologia di Giovanni, che, mentre
valutato, poiché la formula compare in
d_esigna Gesù semplicemente come il
Epitteto soltanto una volta. Non ab-
biamo quindi a priori nessun diritto figlio (~ vL6c;) accentua però al massi-
di accentuare il suo valore; inoltre, se mo l'essenziale unità di Gesù con Dio.
essa presenta un'affinità esteriore con È essa che in determinati contesti deJ
quella che ricorre in I o., il suo fine è IV Vangelo ha dato ad à7toO""t'ZÀÀnv e

45 SCHLATTER, Joh. 130 a 4,34 (~'t'EÀELoW). e mai con Ò:7toO"'t'ÉÀÀrn1 (15,26; 16,7; cfr-
Questa differenziazione di &.7toO"'t'ÉÀÀ.nv e 14,26).
7tɵ7tEW si conferma in passi come 5 ,36 ss.; 46 Si osservi in questo rapporto la conce-
7,28 s. Si osservi, proprio dal punto di vista zione della pericope del Getsemani in Gio--
della cristologia, che l'invio dello Spirito da vanni (18 ,1 s.) e specialmente 18,11 in con-
parte di Gesù è sempre espresso con 7tɵTIEW fronto con Mt. 26,38 s. par.
1085 (I,405) cbtocr'tÉÀ.),t..i ( K. H. Rengstorf) (l,405) 1086

a 7tɵ7tH\I la loro impronta particolare; avverte piuttosto, e chiaramente, l'in-


non è vero, invece, li contrario, e cioè flusso di a7tOCT't'oÀ.oç, quale è usato nel
N. T. La storia di ci.7tocr--rÉÀ.À.EL\I sfocia
che siano stati i due verbi a dar corpo
così, nel N.T., in quella di CÌ.7tocr--roÀ.oç.
alla cristologia giovannea. Lo si deduce
dal fatto che anche in Io. le due paro- t É!;crnocr--rÉÀ.À.w
le sono fondamentali e perciò non so-
no diventate termini teologici, ma solo Usato per la prima volta nella ' Let-
in rapporto col contesto, e sia pure col tera di Filippo ' presso Demostene (Or.
ma ss imo rilievo, si sono di staccate dal 18 ,77) , frequent e in greco da Polibio
significato profano e hanno acquistato in poi 1 , ha sostanzialmente lo stesso si-
gnificato di CÌ.7too-"t'iÀ.À.nv 2. Nei LXX è
un senso religioso.
usato senza alcuna differenza da à.7to-
u--rÉÀ.À.nv - come mostrano le numerose
Con ciò resta escluso che ci.nocr--rD.-
À.EL\I in I o. sia usato intenzionalmente
varianti - anche se è di gran lunga me-
no frequente. Anche Filone non fa nes-
per designare ' la paternità di Dio nei
suna differenza di significato tra É!;ano-
confronti di Gesù prima della sua ve-
cr--rÉÀÀ.EL\I e CÌ.7tOC1"t'ÉÀ.À.nv, come risulta
nuta sulla terra ' 47 : non è essa che ri·
dal fatto che egli spiega Mai>oucr&À.a =
ceve la sua conferma nell'invio di Ge-
m"tuselah (Gen.5,21 ss .) ora come ci.Tio-
sù, ma al contrario il suo invio acqui-
cr--roÀ.1) i>av&'t'ou 3 , ora come t!;a7tocr't'o-
sta nel Vangelo di Giovanni il suo più
À.1) i>tXva"t'ou 4• Anche in Flavio Giu-
profondo significato e il suo pathos,
seppe il vocabolo non ha un partico-
che urge sul destino degli uomini, pro-
lare significato (Vit. 57 .147) 5•
prio dal fatto che Gesù per I o. è 1'vt6ç.
3. Riguardo all'insieme dei casi in Nel N.T. É!;aTioo---rÉÀ.À.EL\I compare
cui ci.7tocr--rÉÀ.À.EL\I compare nel N. T., c'è 13 volte, di cui 11 in Luca (Le. 1,5 3;
da dire infine che appunto ora la pa- 20,10.11; 24,49; Act. 7,12; 9,30; 11,
rola comincia a diventare termine teo- 22; 12,11; 13,26; 17,14; 22,21) e 2
logico 48 , col senso di inviare al servizio
in Paolo (Gal. 4,4.6). I passi del Van-
del regno di Dio con pieni poteri (fon-
dati in Dio). Questo non è però affatto gelo di Luca presentano tutti; eccetto
uno sviluppo del significato proprio del- 24,49, la formula È!;a7tOCY'tÉÀ.À.EL\I 't'LV<i
la parola 49 • Nel significato suddetto s1 XE\IO\I, che è usuale nei LXX (Gen. 31,

47 Cfr. per es. CREMER-KoGEL 1018. 1 ANZ, Subsidia 356.


4s Mt. 10,5.16; Le. 22,35; Rom. 10,15; 1 Ì Cfr. anche le testimonianze in PREISIGKE,
Cor. 1,17. Wort. I 509.
49 Questo è provato dalla circostanza che 3 Poster. C. 73 : Mal>oucr6."ì..a, or; Épµ'l)VEU-
in tutti i Vangeli, non diversamente dal resto l}dç fiv Ù:1tOO"'tOÀ. ii l>o:Va'tO\J.
del N.T., si trova l'uso originario accanto ai 4 Poster. C. 41: Èpµ'l)VEVE'ta~ .•. Mal>oucrciÀ.~
primi accenni a quello limitato nella maniera o' t!;a1tOO"'tOÀ.ii i}avci'to\J; 44: Mal>oucrciÀ.a,
che abbiamo detta ; gli esempi sono superflui. oç f}v ÉS0.1tOO"'tOÀ. lJ ita.vci 'tO\J.
rl;a1to1nÉÀ.À.w s ScHLATTER, Lk. 121.

ANZ, Subsidia 356 s.


1087 (I,406) ci7tonDJ. w (K. IL Rengstorf) (I,407 J 1088

42; Deut. 15,13 e altrove), ma non zione cristologica; se qua e là esso


connota per il verbo alcun senso par- sembra assumere tale senso, ciò si de-
ticolare 6 ; anche gli altri passi si in- ve soltanto al contesto cristologico in
cui viene usato. A questo proposito si
quadrano ugualmente, senza eccezioni,
potrebbe a<ldirittura arrivare a dite
in quello che si è detto per il verbo che Paolo in Gal. 4,4.6 non parla tanto
semplice tÌ1torrtÉÀ.À.nv. di Cristo, quanto di Dio e dell'opera
di salvezza da lui voluta e compiutasi
Dal punto dì vista puramente lin-
' nel suo tempo '.
guistico non sì può quindi in alcun
modo sostenere la tesi dello Zahn 7, se-
condo cui in Gal. 4,4 8 l'Ès- di ÈscrnÉ-
O"'t'ELÀ.Ev servirebbe a desi13nare il fat-
to ' che l'inviato sì è trovato vicino a A. TERMINE E CONCETTO DI Ò:7tOO''tOÀ.oc;
colui che lo invia prima dell'invio stes-
NELLA GRECITÀ CLASSICA E NEL-
so ', vale a dire ' che Gesù prima del
L'ELLENlSMO
suo invio, cioè, come dice il yEvop.Evov
Éx yuvc:nx6c;, prima della sua nascita,
era mxpcX. 't'Q frEQ (Io. 17,5) o 1tpòc; 't'ÒV 1. L'uso greco.
frE6v (lo. 1,1) '.In questo passo di Pao-
lo, che fa pensare a Giovanni, allo stes- Se tÌ7tOO"'toÀ.oc; in greco ha un senso
so modo che presso quest'ultimo (~ che è affine, o almeno sembra esserlo,
Ò:1tOO""t'ÉÀ.Àm1 C 2), nel verbo di invia- a quello del N.T. la cosa è del tutto
te, preso in sé, non c'è nessuna asser- occasionale; normalmente tale affinità

6 Mc. 12,3, parallelo a Le. 20,10, ha circo- R. ScttiiTz,Apostel und funger, 1921.
0'-rÉÀ.ÀELV XEVOV. MEYER, Ursprung I 264 ss.; III 255 ss .
7 ZAHN, Gal. 199 nel commento a questo K. HoLL, Der Kirchenbegrifi des Paulus in
passo; cosi anche molti altri studiosi, antichi seinem Verhaltnis zu dem der Urgemein-
e moderni. de: S.A.B. 1921, 920 ss. ( =Gesammelte
8 Mutatis mutandis, questa tesi vale natu- Aufsatze zur Kirchengeschichte II: Der
ralmente anche per 4,6: È!;a.rcfo't'ELÀEV ... 't'Ò Osten, 1928 44 ss.).
'ltVEVµO. 't'OÙ vtoù m'.J't'o\i. E. DE WITT BuRTON', Crit. and exeget. Comm.
on the Ep. to the Gal., 1921, p . 363 ss.
à.7t6rnoÀoç F. KATTENBUSCH, Die Vorzugsstellung des
Per l'insieme della trattazione e per Petr. und der Charakter der Urgemeinde
punti C e D: zu Jerusalem, in: Festgabe, Karl Muller ...
W. SEUFERT, Der Ursprung und die Bedeu- zum 70. Geburtstag dargebracht, 1922, p.
tung des Apostolates in der christlichen 322 ss.
Kirche der ersten zwei Jhdte, 1887. F. HAASE, Apostel und Evangelisten in den
]. B. LIGHTFOOT, St. Paul's epistle to the orientalischen U berlieferungen = Nt.liche
GalatianslO, 1890, 92 ss. Abhandlungen IX 1-3 (1922).
P. BATIFFOL, L'apostolat: Rev. Bibl. N. S. 3 A. v. HARNACK, Die Mission und Ausbreitung
(1906), 520 ss . des Christentums in den ersten drei Jhdten .
]. WELLHAUSEN, Einleitung in die drei ersten I 4, 1923, specialmente 332 ss .
Evv. 2 , 1911, 138 ss. J. WAGENMANN, Die Stellung des Apostels
G. P. WETTER, Der Sohn Gottes: F.R.L. 26 Paulus neben den Zwolf in den ersten
(1916). zwei Jhdten , 1926.
1089 (l,407) rbtocrrÉÀÀw (K. l I. Rcngstorf) (I,407) 1090

non va oltre la forma esteriore. Già una (fotta o di un esercito (in origi:ie
l'ambiente Jal quale si sviluppa que- sempre per un 'impresa militare, così
st'uso dell a parola è fondamentalmen- che appare co me un rafforzativo del so-
t e diverso nella grecità e nel N.T. Per stantivo semplice tn6Àoç: L ys ., Or. 19,
l'epoca antica Ò:itoo--roÀoç è un termi - 21; Dernosth ., Or. 18,107) 1, ma poi
n e tecni co d ella na vigazione , special- designa anche la flo tta stessa che viene
mente di quella militare; precisamente in viata e acquista così il valore di spe-
è usato come termine tecnico del lin- dizione navale (Demosth ., Or. 18,80,
guaggio politico. In o rigine à:rc6rnoÀ.oç dr. 3 ,5) 2 . Di qui la p arola, con un ul-
era certamen te un aggettivo, come m o- teriore ampliamento di sig nificato, pas-
stra Plat ., Ep. VII 346 a (Èv 'tOi:ç à:rcoO"'tO· sa poi a des ignare d a un lato un grup-
À.oLç itÀol:nç Jt)cEi:v), dove con à:n6rr'to· po di uomini che viene inviato per un
Àov n),ofov si intende un a nave da ca- deter min ato scopo, anche diver so da
rico o da trasporto, che però talvolta quello propriamente militare , come per
si chiama semplicemente 'tÒ à.7t6o--ro- es. un gruppo di colonizzatori, e anche
),ov, usando l 'aggettivo sos tantivato la colonia (Dion. Hai., Ant. Rom. IX
o trala sciando itÀoi:ov (Pseud. - Hdt., 59) 3, dall'altro lato il comandante di
Vit. H om. 19) . Naturalmente - lo indi- una spedizione, come sarebbe l'ammi-
ca la formula 'tÒ à.n60"-roÀov (7tÀoi:ov) raglio (Hes. s.v.; Anecd. Graec. ed.
- il termine è strettamente legato al Bekker 217 ,26) 4•
verbo à.nocr-rEÀÀELV anche per il suo va- Qu es ti significati hanno in comune
lore semantico. L'effettivo, strettissimo il carattere prevalentemetne passivo. In
legame dei due vocaboli appare chia- nessuno di essi si delinea l'idea del-
game dei due vocaboli appare chia- 1'iniziativa dell'à.n6cr-roÀoc; o anche solo
rament e nel frequente ricorrere del- l'idea di una autorizzazione collegata
l'espressione ò à.n6cr-roÀoç, che dappri- all'idea dell'invio, che pure è presente
ma significa semplicemente l'invio di in tutti i casi ricordati. Il termine si

LrETZM ANN, Rom. I, 1. H. VoGELSTEIN, Die Entstehung und Ent-


W. MuNDLE, Das Apostelbild der Apostelge- wicklung des Apostolats im Judentum:
schichte: ZNW 27 ( 1928 ), 36 ss. MGWJ 49 .0905), 427 ss.
K. DEIS SNER, Das Sendungsb ewusstsein der - Io., The development of the apostolat~
Urchristenheit: ZsTh 7 (1929/ 30), 772 ss . in J udaism and its transformation in Chri-
Per il punto À: stianity. Hbr. Un. Coli. Ann 2 (1925), 99ss.
E. NoRD EN, Beitrage z. Geschichte d. gr. Phi- S. KRAUSS , E . J. III (1929) , 1 ss .
losophie: Jbch. f. phil. Suppl. 19 ( 1893 ), STRACK-BILLERBECK III 2 ss.
365 ss. I Cfr. anche la definizione della Suida:
K. HoLL, Die schri/tstellerische Form des cbtéa't'oÀoL oÈ a.t 't'WV VEWV bmoµTia.l.
griech. Heiligenlebens: N. Jbch. KI. Alt. 2 L'espressione ci.qnÉva.L 't'Òv CÌ.TIOO''t'oÀov

29 ( 1912), 406 ss. ( = Gesammelte Aufsatze di Demosth., Or. 3,5 può significare sia che
z. Kirchengeschichte II, 1928, 249 ss.). le triremi preparate non furono inviate, sia
C. CLEMEN, Die Misrionstatigkeit der nicht- che si rinunciò alla spedizione progettata.
christl. Religionen : ZMR 44 (1929) 225 ss . 3 Diventa così quasi sinonimo di ci.TioLxla,
che indica l'invio di una colonia; cfr. per es.
Per il !JUnto B: Aeschin ., Fals. leg. 175, dove si usa ci.noa't'ÉÀ.·
S. KRAUSS , Die ;udirchen Apostel: JQR 17 ÀELV a proposito di ci.TIOLXt!t.
(1905), 370 ss. 4 PREU SCBEN-BAUER 156 .
1091 (I,407) Ò:7toir-rD,Àw (K. H. Rengstorf) (1,407) 1092

limita piuttosto a indicare l'esistenza ad esso l'idea della delega passa com-
di una qualità, cioè della qualità di in- pletamente in seconda linea e non è
viato, se pure si voglia arrivare così quindi ciò che qui importa 6 • Pertan-
lontano e non lo si consideri invece to in questi due passi non si può dire
semplicemente come un termine com- che il termine sia usa to in un senso che
pletamente irrigidito. Comunque in si avvicina al N.T.; contro una tesi di
questo aspetto passivo l'origine agget- questo genere sono importanti le testi-
tivale della parola si rivela predomi- monianze dei LXX, di Flavio Giuseppe
nante ancora molto tempo dopo che e di Filon e, i quali proprio a proposi-
essa è divenuta un sostantivo. Soprat- to dell'u so cl i à7t60'-rnÀoç non assumo-
tutto per questo motivo - a parte il no tra la lingua profana e quella del
suo significato fondamentale imperso- '.T. qu el ruolo di intermediari che è
nale - essa non ha potuto diventare loro consueto (~ coll. 1105 s.). Dove
in greco la designazione usuale del- compaiono testimonianze per Ò:7tOO""tO-
l'inviato in senso tecnico, anche per- Àoç = messaggero, esse provengono da
ché vi erano nella lingua parecchie altre un'epoca molto più tarda e presuppon-
parole per esprimere questo concetto gono l'uso cristiano della parola 7 •
( ~ ayye:Àoç, ~ xfjpus, 1tpEO"~EU"tlJç e Quanto lontano fosse, nei primordi
altre ancora). del cristianesimo e della Chiesa, l'uso
Perciò quando più tardi la parola comune da quello del N.T. è dimostrato
viene usata dai cristiani suona come dall'uso che se ne fa nei papiri 8 • Qui
qualcosa di completamente nuovo al- tÌ.7tOO-"toÀoç in senso tecnico equivale a
l'orecchio dei Greci e di tutti coloro lettera di accompagnamento o foglio di
che ne conoscevano la lingua; ciò ap- consegna, forse per carichi di cereali (P.
pare, tra l'altro, dal fatto che i Latini, Oxy. IX 1197,13 e altrove) 9 , ma si in-
incontrandosi nel termine à.7tOO'"toÀoc;, contra anche col significato di passa-
non l'hanno tradotto ma hanno sempli- porto (BGU V 64; cfr. VI 1303, 26).
cemente trascritto nella lingua della Questi significati sono notevolmente
Chiesa come parola straniera (aposto- lontani da quelli sopra segnalati; tut-
lus) 5• Anche negli unici due passi nei tavia la loro affinità con quelli non re-
quali, in ionico, à.7t60""toÀoç compare, o sta esclusa; al contrario, anzi, essi con-
cosl sembra, col significato di inviato tinuano in modo coerente quella linea
(Hdt.121; V38), è presente chiara- di astrazione da tutto ciò che si riferi-
mente, come momento predominante, sce all'individuo, che era già visibile
la qualità di essere inviato; di fronte nei significati sopra detti; si può qui
s- anche co!L 1109 s. esempio, che per di più è del sec. VIII d. Cr.
6 In I 21 si parla del xTjpv!;, che Aliatte (P. Lond. IV). Non mi sono noti altri passi.
manda a Mileto: ò µÈv o'Ìj ciTI6ir-roÀoc; Èc; s Cfr. PREISIGKE, Wort. I 195; Fachwor-
't'Ìj\I MO... ri-rov l)v ... ; ci. è qui quindi predi- ter 30.
cato e il suo significato è vicino a quello del 9 È~ ciTIOO"'tOÀOV o É~ ciTIOO"'tOÀWV corri-
part, ci'ltE<T'tczÀµÉvoc; (cfr. K. W. Kri.iger nel- sponde perfettamente al tedesco ' laut Liefer-
l'edizione di Erodoto, Berlin 1855, nel com- schein ' ( = in base al foglio di consegna);
mento a questo passo) . Analogo è Hdt. V 38. esempi in PREISIGKI!, W art. I 195.
7 PREISIGKE, Wort. I 195 registra solo un
1093 (l,408) cinoa-.t'), ),10 (K. H. Rengstorf) (I ,408) 1094

parlare di un uso del termine reso pu- mite è uno di quegli dèi messaggeri che
ramente meccanico. È interessante inol- compaiono soprattutto nell' ellenismo
tre che l'ambiente - inteso nel senso posteriore a Cristo (~I , col. 199). Le
più ampio (navigazione, traffici) -, dal
parole ~ cX.yì'EÀoc; e ~xi)put;, che nor-
quale sorge la parola, o eia cui essa
ha ri cevuto la sua impronta , fa sen- malmente ricorrono in questi contesti
tire ancora la sua influenza in que- accanto a rcpfo0uc;, 1tPE0w-r'ric; e ad altre
sto stadio tardivo della storia cli àrc6- (cfr. 1 Tim. 2,7; 2 T im. 1,11 ), pongono
G-ro),oç. di loro natura l'accento non sull'incari-
co, che deve essere sempre legato a una
2. l llviati religiosi 11ell'cllenismo.
perso na , bensì sul messaggio, che co-
a) La concidenza: dell' àrc6cr-ro Àoc; me tale crea una comunione e di fron-
dei Gr eci con quello del primo cristia- te al qual e il suo portatore è ridotto a
nesimo è quindi puramente lessicale ; pura comparsa. La ragione profonda
ma scarsi sono pure gli oggettivi punti di ciò sta nello stretto lega me esisten-
di contatto dell'apostolato col mondo te nella religiosi tà greca tra l'ufficio
greco. di messo divino , quando sia affidato a
Nell'epoca antica non c'è niente che un uomo 12 , e l'ispirazione. Questo le-
possa essere paragonato all'apostolo del game spiega anche perché i messi re-
N.T. I npocpi)-rcu greci sono gli annun- ligiosi dell 'ellenismo non raggiungono
ciatori di una verità e come tali, in mai la piena coscienza del loro ufficio
quanto addetti a un santuario, sono la e non si presentano mai come plenipo-
bocca della divinità di cui sono al ser- tenzi ari . La necessaria conseguenza di
vizio 10 • Questo vale anche per la Pizia, ciò è lo scomparire della coscienza di
la quale non è che un'intermediaria tra sé e della propria personalità nella di-
il dio e il credente che desidera sapere inità.
qualcosa 11 ; e che essa non abbia una b) Una eccezione costituiscono in un
funzione autonoma risulta evidente so- certo senso, i rapporti della scuola cini-
lo che si pensi che è senza nome e co-stoica, se, almeno, la descrizione del
quindi anche senza tempo. Tutto il vero cinico presso Epitteto 13 non de-
problema dell'autorizzazione conferita linea un semplice ritratto ideale, ma
all'intermediario rimane completamen- ci presenta un tratto di vita vissuta.
te in secondo piano; ciò è naturale se Qui si trova una accentuata consape-
si considera la funzione che ha l'inter- volezza dell'invio e anche, collegata
mediario, anche quando chi fa da tra- ad essa, una forte coscienza di sé. Il

10 Per questo argomento v. E. FASCHER, 12 Per la Pizia v. p. es . Dio Chr., Or.72 ,12.
Dpocp'fi•l)<; (1 927) passim. 13Diss. III 22 : nEpl xvvtcrµov. Cfr. WEND-
Il Cfr. FA SCHER 14.68 . LA ND, Hell. Kult ., pp. 75 ss.
1095 (I,409) Ò.7too--t"ÉÀÀ.w (K. H~ Rengstorf) (I,409) 10%

cinico sa di essere ' inviato da Zeus ', xa:i:aO"xo7toc; e il grande modeflo di


ed Epitteto può dire addirittura che ogni cinico (I 24,6; III 22,24) 17 • Il
solo tale conoscenza dell'invio divino cinico osserva quindi gli uomini e cer-
fa il i:ai:ç à.À ì]i}ela:iç xvvLx6v (Diss. ca di stabilire i momenti della loro vita
III 22,23) 14 • E se anche qui ~ ri.yye:- nei quali egli può inserirsi col suo aiu-
Àoç e ~ xfjpv~ sono ancora le parole to come ' medico delle anime, sostegno
con le quali l'invio viene descritto dal morale, salvatore degli altri ' 18 . Nel fa-
lato contenutistico (--? coll.106 7 ss. ), va re ciò egli diventa ÈT.LO"Xom7iv 19, per
però detto che, a parte il fatto che ~ modo che Epittero può dire che i veri
à.noo""tÉl.t.HV vi assume una speciale cinici sono ÈmO'xoTiovv't'Ec; r.ci.v't'ac; xa-
funzione quale termine tecnico indican- -cà 8Uva[HV 1Xvi}pw7touc;, -cl T:OV)UCi'LV,
te l'incarico e la delega da parte della r-wc; oLci.yovO"LV, 't'lvoc; ÈitL[LEf.ouv"tcx.L,
divinità 15 , i termini suddetti vengono a 't'lvoç iXµùouO"L 7tapà 't'Ò 7tpocrljxov
delimitare una terza funzione, quella (III 22, 77) 20 . Il cinico porta il suo
del xa:n.iO"xonoç -cwv i}e:wv 16 , che deve aiuto in qualità di xijpu!; -cwv i}e:wv 21 ,
'indagare' ( xa 'trLO'xtn·rnri}cu) con mol- ma nel suo XTJPUO"O'ELV si mostra appun-
ta precisione ( chpi~wc; III 22 ,25 ), pro- to Èmcrxonwv, ciò che d'altronde ha
prio come un vero xa-c6.0"xonoç (I 24, un senso solo se egli è realmente un
3 ), sul comportamento degli uomini XCX.'t'aO'XOTIOç.
per poi à.7tayyd'ÀaL 't'aÀTJi}fi (III 22,
25). Da nessuno questa mansione è sta- Il cinico, quindi, è ri.yyEÀoç dei mes-
ta svolta al pari di Diogene, il primo saggi di Zeus, che lo manda e sta die-
14 ~ a questo riguardo e per quanto se- DEN 378 n. 1. Basta vedere che viene usato
gue coli. 1067 ss. s. v. cZ1tOO"'t'ÉÀ.À.w. sempre il verbo ÈmO'X01tELV e mai il sostan-
15 ~col. 1066. tivo ~ É1tlO'xo1toç. L'é:1tLO'X01tELV è quindi in
16 Il cinico è ciyyEÀ.Oç xa.t lC<X."t'UO'X07tOç un certo senso funzione del X<:t"t'cio-xo1toç,
xa.t xljput; "t'WV DEwv (III 22,69); come xa- mentre xa"t'UO'X07toç è qualcosa di più che
-r1foxo1toç i suoi confratelli lo mandano nel la designazione di una funzione (~sopra).
mondo, per es. a Roma (I 24,3 ss.). Altro Veramente una volta in Diog. L. VI 102 il ci-
materiale in DEISSNER 78.3 e soprattutto in nico Menedemo (intorno al .300 a.Cr.) viene
NoRDEN 377 s., dove si trovano anche passi chiamato É7tLO'X01toç ... "t'WV aµap-ravoµÉvwv
di Diog. L. e di Plut. venuto dall'Ade; ma questa testimonianza è
17 Questa parola come autodefinizione è tardiva (sec. III d. Cr.), e inoltre questa de-
già in Antistene, che sembra riallacciarsi con signazione sorge da concetti che si differen-
essa all'idea, viva tra il popolo, di mediatori ziano sostanzialmente da quelli dei più anti-
tra gli dèi e gli uomini (NORDEN 373 ss., spe- chi rappresentanti cinici (cfr. NoRDEN, p. 379).
cialmente .381). 20 Èmcrxomi:v anche in III 22,72.97.
1s HoLL, Ges. Aufsatze II 261; ibid. alla 21 V. il cinico come xfipu!; "t'WV 1>Ewv in
n. 1 molte testimonianze, come in Pauly-W. Epict., Diss. III 22,69 (~ n. 16), XTJPVO'O'HV
XII 14. III 13,12; IV 5,24 (DEISSNER p. 783); cfr.
19 Cfr. NoRDEN .378. xa."t'ciO'xo1toç e Èm- inoltre III 21,13. Esempi di un analogo uso
O'xo7twv, pur essendo affini, devono essere di- extra-stoico in PREUSCHEN - BAUER p. 674 s.
stinti, come ha dimostrato egregiamente NoR- e ~ xijpu~.
1097 (I,409) cbto<r-rD..Àt,) (K. H. Rengstorf) (I ,410) 1098

tro di lui 22 • A questa qualità, che è dcl proprio il forte senso dell'impegno al
tutto passiva, la definizione di XCX.""t"a- kerygma e più ancora una forte co-
O"X01toc; ne aggiunge un'altra in cui vien scienza della propria responsabilità nei
messa in luce l'iniziativa del messo, che confronti dell'umanità 23 • L'assenza in
risale a sua volta al conferimentto di Epitteto del termine Òq>ELÀh'r)c;, con il
un incarico da parte di Zeus ( ~ àno- quale Paolo caratterizza i suoi rappor-
G'tEÀ.À.w col!. 1066s. ). Essa si manifesta ti col mondo non cristiano ( Rom.1 ,14 ),
nel kerygma corrispondente ai singoli si può ritenere come casun1e; ad ogni
ca si, nel qual e il xT]pvç cinico si dimo- modo l'idea che esso comporta è pre-
stra , in una certa misura, il rappresen- sente 24 • La con sapevolezza della pro-
tant e della divinità presso gli uomini , pria responsabilità nei confronti del-
in guanto li educa secondo la norma l'umanità è però congiunta nel cinico
divina (Èmcrxo1tEi:v). Il suo atteggiamen- con una consapevolezza altrettanto for-
to, a differen za dei profeti greci, non si te della propria responsabilità di fron-
può dire prevalentemente passivo; tale te a Zeus. Il cinico, sovranamente li-
esso non risulta né verso colui che lo bero di fronte agli uomini , è invece del
invia , né verso coloro ai quali il cinico tutto sottomesso e obbligato a Zeus
è inviato. Senza dubbio il cinico non si (coll.1067s.): è il suo~ ùn11ph11c; (III
annovera tra quegli uomini che gli stan 22,82.95), gli deve ubbidienza 25 , è il
di fronte come massa perditionis e ri- suo ~ OLcixovoc; (III 22,69). L'unione
spetto ai quali sa bene di esser molto di questi due fattori - dell' obbligo
superiore grazie al suo incarico e al di- che gli vien da Dio e dell' obbligo che
stacco dai beni terreni che esso com- lo vincola agli uomini - fonda nel ci-
porta; se egli chiama se stesso ~cx.O"~­ nico la ~ 7tcx.pp'r)O"lcx., cioè la sua fran-
ÀEÙc; xai ÒECT7té""t"'r)c; non lo fa a caso chezza (III 22,96), il suo diritto di oc-
(Epict., Diss. III 22,49). Domina nel cuparsi in ogni luogo e in ogni tempo
cinico una chiara consapevolezza della delle· faccende degli altri come delle
distanza che lo separa dal resto del- proprie (III 22 ,97 ss.; cfr. Horat., Sat.
}'umanità; caratteristico in lui non è II 3,19) e la certezza di non dover te-
però l'isolamento, che potrebbe essere mere nemmeno l'imperatore, quando si
una naturale conseguenza di ciò, bensì tratti della causa che lo riguarda (III

22 Sembra che Diogene stesso abbia accen- n . 2; cfr. HARNACK, p. 129 ss. e ~ crci>çw,
tuato la sua missione divina richiamandosi <rwi:1)p.
appunto al suo nome (NORDEN, p. 380 n. 1 ). 24 DEISSNER, p. 786.
23 Cfr. DEISSNER, p. 786 s. Importanti so- 25 Cfr. i passi in DEISSNER, p. 784, spe-
no a questo proposito le immagini e le auto- cialmente Diss. IV 3,9: ÈÀEufrEpoc; ycip Elµ~
defìniZioni prese dalla vita dei medici, spe- xat q>lÀoc; -rov frEov, tv' Èxwv 7tElfrwµcu
cialmente III 23 ,30 ss., Diog. L. VI 6; di- au..t{J.
versamente in WENDLAND, Hell. Kult., p. 82
1099 (I,410 ) ti;-;:ocr'tLU,.w (K. H. Rengsto rf) (I ,411) 1100

22,56 ). La parola nella quale incarico p. EV0V -rfl 7.0ÀEL tJ7tÒ 'tOU
e responsabilità vengono concepite co- iJ E o ti , wa-nep tnmt-1 µEyaì.(tl f.tÈv xl'.lL
me un tutto unico è appunto xa."t'a- yEvva..ll..J!, unò µqEiJovç ÒÈ vwi7E<r"t'Épf..J!
xa.L ÒEOµÉvf..J! tydpeo-iJl'.lL u7tò µvwTI6ç
O"X07toç; in essa l'iniziativa del cinico
't"L\10C,' o Lo \I o li µo L 8 o X EL ò
viene in pari tempo sollecitata e circo- i} E ò ç E µÈ 't" TI 7t 6 À E L 7t p o (T 't" E-
scritta. Questo è pertanto il solo ter- l) E L X é: \I a. L 't'OLCJV't"OV 'tLVl'.l, oç up.a.e,
mine che offra un effettivo parallelo ÈydpuJV xa.L TIELiÌt0v Xl'.lL ÒvELÒl<'.~wv [w1.
con l'ò:7too"toÀoç del N .T. Tale paral- EXa.O"tOV ouÒÈv 7tG(lJO(la.L "t'YJV YJflÉpa.v
lelismo è sottolin eato dalla larga coin- o), T]V 11:0.V't'a X,OU TipO<TXrJ.trL~f.ùV ... ([,a.,
-ròv ), omòv ~lov xa.ihUìov-rEc, ÒLl'.l'tE-
cidenza della terminologia collegata al-
ÀC>LcE av, EL µl] "t'LVU. aÀÀOV Ò iÌEÒç
le due parole xa."t'cioxonoç e Ò:TIOO""t'O-
u11~ v im7té:1.tl);nEv x110611Evoç uµwv,
Àoç 26 , anche se l'identità si limita in (Plat., Ap. 30e/31 a). Perfino la termi-
sostanza alla forma 27 • In ogni caso si nologia stoica ha qui il suo modello,
potrà dire che il saggio cinico-stoico anche se manca Ò:.7toO"-rÉÀÀnv. Socrate
che fa da xa."t'a<rxonoç è la figura di e la Stoà, tuttavia, si differenziano in
questo periodo che meglio si può ac- quanto per il primo il motivo dell'in-
vio resta decisamente in ombra rispet-
costare all'apostolo del N.T.
to al suo scopo, mentre Epitteto, per
Il prototipo della consapevolezza che es., fa appello proprio all'autorità del
i cinici hanno di essere inviati è Socra- dio che invia (~ coll. 1066 s.).
te, quale Platone ce lo descrive nel- Questo vale anche per il modo con
1' Apologia n. Socrate fa risalire tutto cui il cinico si presenta; egli infatti,
il suo ~loç e il suo 7tpciyµl'.l al dio di così come l'apostolo, va per il mondo
Delfì ( -rov l}e:oi.i Àl'.l-rpELl'.l, Plat., Ap.
a divulgare il suo insegnamento e non
23 c), che gli ha assegnato il compito
della sua vita e al quale perciò egli de- ha in pratica altre risorse per vivere
ve ubbidienza (Ap. 29 d: 7tdo-oµa.L o~ all'infuori della carità dei suoi ascol-
µaÀÀov 'ti;> iÌEc';> i1 uµi:v). Proprio per tatori e sostenitori. La vicenda di Pao-
questo i suoi nemici e i suoi giudici si lo ad Atene (Act, 17,16ss.) si svolge
addossano una pesante responsabilità, esattamente come quella dei filosofi ci-
soprattutto di fronte al dio, quando cer-
nici ed epicurei che si rivolgono al po-
cano di sbarazzarsi di lui: µl] "t'L E!;IXµcip-
polo, e dei predicatori itineranti che
't"TJ"t'E 7tEpL "t'1ÌV "t'OU i}EOV bO<TL V uµi:v ...
M.v yò:p iµ~ cbtox't"Elv'T)-rE, où pq.olwc, diffondono le loro dottrine 28• Paolo
aÀÀov "t'OLOV"t'OV EUPlJO"E'tE à:tEXVWç, d stesso, dopo la sua partenza da Tessa-
Xl'.lL yEÀOLO"t'Epov d 7tELV, 7t p o O" X E l - Ion ica, sembra, a causa di questa somi-

26 Bastino a questo proposito i cenni dati Platon II, 1930, p. 165 s.; E, WoLFF, Platos
sopra. Cfr. i rispettivi lemmi in questo lessico, Apologie: Neue philolog. Untersuchungen 6
n Quanto segue è seGmdo le asserzioni di (1929) , 25 ss., 39 ss.
H. ~~leinknecht . Bibliogralia: P. FRIEDLANDER, 28 Cfr. WENDLAND, Helt. Kult., p. 92 ss.
1101 (I,411) cir.onO.ì-..w (K . II. Rengstorf) (I,411) 1102

glianza esteriore, essere stato sospet- la consapevolezza di sé, non la ' consa-
tato, per opera di ge nte mal disposta pevolezza di Dio '. Esteriormente que-
verso di lui , di appartenere egli pu- sto appare dal modo arrogante di pre-
re a quel ge nere di uomini, e pro- senta rsi del cinico, che più volte ha pro-
prio ai peggiori rappresentanti di esso, voca to sca ndalo 33 ; internamente dal la
quelli che , mirando agli onori e al de- necessi tà di consolidare la propria au-
naro , ce rca no di ottenere seguaci più torità in senso religioso, al di là del
per se stessi che per la loro causa 29 . Nel fatto di essere sem plicemente inviato ,
mon do greco quindi gli apostoli non attr ibuendosi il titolo di ~E~oç &vlJpv)-
sono qualcosa di assolutamente nuovo TCoç ( ~ col. 106 7 ), cosa che fecero so-
e sconosciuto , ma solo i rappresentanti prattutto gli stoici 34, probabilmente ri-
di u11a reli gione che operano accanto chiamandosi a un'antica tradizio ne ci-
ai num erosi missionari di alt ri cul ti e n ica 35 e dand o all'espressione quella co-
concezioni dd mondo in questo clas- lori tura mistica che essa assume nel
sico tempo di propaganda religiosa 30 • linguaggio delle religioni misteriche 36 •
Tutta via questi ultimi non possono es- In quanto usata dai filosofi essa non va
ser posti sullo stesso piano degli apo- vista fuori dal contesto della loro co-
stoli, perché, sebbene la missione loro scienza di inviati (~ coll. 1067 s., cfr.
conferita venga definita con à.noO"'t'ÉÀ- 410,31ss), tuttavia il semplice suo ricor-
Àc:o-lJcn 31, tuttavia la loro coscienza di rere mostra che tale coscienza era priva
inviati e l'autorità che da essa ricavano di un solido fondam'ento metafisico. La
non è stata espressa con una termino- formula, difatti , introduce nella religio-
logia sua propria. Solo presso i cinici sità filosofica razionale un momento ir-
il termine xcnaO"xonoc; ha avuto que- razionale, il quale si avvicina addirit-
sta runzione. tura all'entusiasmo dei profeti greci,
Ora proprio questa parola indica pur rimanendo completamente entro
molto bene di quale genere sia la con- i confini del razionale. Ma anche que-
sapevolezza così descritta. In quanto in sto aspetto tradisce una chiara origine
essa come soggetto che agisce appare il panteistica, e, d'altra parte, il pantei-
cinico stesso e non, come in cXyyc:Àoc;, smo porta sempre all'assorbimento del
Dio 32, xa.'t'ciO"xo7'oc; indica chiarameate divino nell' io. Ci si spiega pertanto co-

29 La cosiddetta apologia di 1 Thess. 2,1-13 31 ~col. 1066 s.


è dovuta probabilmente a questo motivo. 32 Questo, visto come Epitteto parla cii
30 Un breve schiz;.0 della situazione tro- Ò ~Eoç.
viamo in E. Doe scHt.iTz, Th . 2 ss.; cfr. H . 33 Particolari in PAULY-W. XII 14 s.
GRESSMANN, Heidnische Mission in der W er· 34 Tipico Dio Chrys.; cfr. HoLL 262 .
dezeit des Christentums : ZMR 39 (1924 ), p. 35 ~col. 1068 e n. 19.
14 ss. 36 HOLL p. 262 .
1103 (I,412) a7tocr,D,Àw (K. H. Rengstorf) (I,412) 1104

me, postisi su questa via, i filosofi ci- sta piuttosto accanto ad essa come Ba-
nico-stoici non siano arrivati a trasfor- oÙEÙç xa.ì OE0-7tO'tl)ç (~ col. I 097) e
mare la consapevolezza di se stessi in diventa quasi suo pari (?ki:oc; av1}pw-
quella dell'inviato, il cui carattere teo- 7tOç) 38 • Perciò il rapporto dell' 'inviato'
nomo appare nell'unione di due ele- con la divinità non è quello di una sog-
menti: la illimitata pretesa in nome gezione incondizionata, ma piuttosto
del dio che invia e la rinuncia a dare quello di un patto stipulato tra le due
importanza all'uomo cui è toccata la p arti -"1• Ciò è possi bile solo perché
grazia di tale invio . La diatriba cinico- qu est i circoli non hanno né un chiaro
stoica non ha saputo superare il diva- concetto cli Dio né la certezza di una
rio che con ciò necessariamente sorge definitiva rivelazione della volontà di-
tra la consapevolezza deli'invio e la per- vina, e que sto è anche il motivo per
sona dell'inviato, e questo perché essa cui la reli giosità fìlosofica di quest'epo-
in fondo è sempre stata e rimasta un ca di passaggio, pur registrando la con-
programma umano, anche quando i suoi sapevolezza dell'invio e di sé, non è
rappresentanti si son presentati vantan- giunta a formulare chiaramente quella
do dei titoli religiosi. Che poi i cinici esigenza di assoluto che contraddistin-
abbiano sempre sentito questo limite, gue ogni vera religione e i suoi inviati40 •
si vede appunto quando designano i
Si può dire infine, riassumendo, che
loro messi come xa.-.cicrxo7to~, termine
i Greci quando presentano gli déi che
che equivale a riconoscere che nel mo-
trattano con gli uomini servendosi di
mento decisivo, quello in cui da ayyE- intermediari umani senza dare agli
Àoc; i>Ewv il cinico diventa il xfjpuç i}E- aspetti giuridici un ruolo essenziale, an-
wv, l'accento viene spostato sull'inizia- zi, nessun ruolo, sono del tutto logici.
tiva e sul giudizio dell'uomo. L'à.7tE- Questo è ben chiaro nei cinici (~ n.
c;-.a.ÀµÉvoc; appartiene sì, in quanto 39); ma anche in altre correnti di pen-
siero è così. Anche questa è la conse-
V7tl)pÉnJc;, alla divinità, tuttavia non
guenza logica della mancanza di un
compare mai come suo ooùÀ.oc; in un chiaro concetto di Dio e di una rivela-
rapporto di semplice dipendenza 37 , ma zione inserita nella storia come momen-

37 L'espressione oovÀoç "t"ov ilrnv o altra la sua persona, e mai colui che egli rappre-
simile non compare come autodesignazione senta (dr. per es. Epict., Diss. III 22,53 ss .);
del cinico o dello stoico; del resto la cosa in questa luce sembra da intendersi anche la
non è nemmeno pensabile. V. anche DEISS· formula ii 7tpÒç ilEOvç ÒµLÀlcx. (lll 22 ,22).
NER, p. 787. 40 In considerazione di ciò la scelta della
38 Cosi egli in un certo senso è, come parola xa:tcicrxonoç come definizione caratte-
Zeus, il padre di tutti gli uomini (Epict., Diss. ristica dei cinici acquista piena plasticità. Si
III 22,81). osservi che xcx."t"cicrxo7toç (da xcx."t"acrxlnucr-
39 Gli oltraggi e le ingiurie al cinico sin- 1'laL) e Ò:T.OCi"t"o),cç (da a7t00'>:0-Ì.ECillm) SO·
tomaticamente colpiscono sempre e soltanto no in fondo immagini analoghe.
1105 (l,413) rinoo-,O.À.w (K. H. Rengstmf) (l,413) 1106

to determinante. ( :onl"l'zinni mitiche di pra col. I on) IH: rimane molto distante.
Dio e mistica comunione con lui non Si può quindi dire che ci si avvioina aI
lasciano posto per categorie concrete senso che il termine ha nell'ambiente
come qut:llc giuridiche, sia per quanto di Flavio Giuseppe; ma non si dimen-
riguarda l'oggetto dell'annuncio, sia tichi che lo storico parla di un'amba-
nei confronti di coloro che se ne fanno sceria degli Ebrei a Roma , che doveva
portatori o ne sono i destinatari. Qui p er forza affrontare il viaggio per ma-
perciò u Itcriori considerazioni sono su- re . Ad ogni modo l'uso del vocabolo in
perflue. c;i11scppe presenta due aspetti: anzi-
tutto l'accentuato influsso di à.noo--rO,-
B. cX'JtOO"'tOÀoç (Siilitib sàlzlah) NF.L ),nv, per il qu ale àn60"-ro),oç indica spe-
GIUDAISMO
cificamente l'invio di uomini; in secon-
do luogo il permanere della co11cczio-
11c collettiva tradizionale. In quale mi-
1. àn6cr-roÀoç presso gli Ebrei di
sura Giuseppe si adegui al linguaggio
lingua greca.
del suo tempo, non sappi<Hno. Nel se-
Presso gli Ebrei di lingua greca àn6- condo passo (Ant . I, 146) ànécr-ro),oçè
cr-roÀo<; non ha avuto una grande dif- sinonimo di ~ànocr-roÀ.1] 42 , ma potreb-
fusione, forse perché l'ambiente da cui be darsi che si debba adottare una le-
nasce questa parola (~ col. 1088) era zione del tutto diversa 43 ; comunque
più o meno chiuso per gli Ebrei. Gli esso non ci è di alcuna utilità per co-
abitanti della Palestina non avevano noscere l'uso che Giuseppe fa del ter-
nessuno sbocco diretto sul mare e per- mine.
ciò non erano posti di fronte alla ne- Nei LXX 44 la parola ricorre solo in
cessità di allestire, o anche solo di pro- 1Bcw.14,6 nella pericope 14,1-20 che
gettare, spedizioni marine. Ma sembra mancando nel codice Vaticano 45 si suo-
che i;nche gli Ebrei egiziani non abbia- le riportare secondo l'Alessandrino :
no praticato molto la navigazione; in Èyw dµ~ à.n6(noÀ.oç 7tpéç cn: crxÀTJpéc;.
ogni caso la parola non compare in Sono parole del profeta Ahia alla mo-
Filone. glie del re Geroboamo, che viene apre-
In Flavio Giuseppe si incontra due garlo di ragguagliarla sulla sorte del fi-
volte, ma sicuramente testimoniata è glio malato; l'originale ebraico è: 'ano-
solo in Ant. 17 ,300, dove ha il signi- kl saluap 'elajik qdsa. Si noti che à. n6-
ficato di invio di messi 41 e occupa cosl cr-roÀ.oç rende salt1ap, che qui è chiara-
una posizione intermedia tra il senso mente usato come sostantivo, pur es-
originario della parola (~oll.1089ss.) e sendo morfologicamente un participio
il suo significato nel N.T., mentre l'uso passivo 46 ; essendo un sostantivo, nes-
di essa documentato nei papiri (vedi so- suna meraviglia che sia accompagnato

41 Molto affine è ' legazione ' mente recente.


42 Attestato ·come variante. 46 Per la costruzione della frase ebraica

~3 Sembra doversi leggere rinoocxo-µ6ç. cfr. GESENIUS-KAUTZSCH, Hebr. Gramm.27,


4-1 Cfr. i dati in HATCll-REDP. 1902, p. 393 n . 3.
45 Ciò fa pensare che il testo si:i relativa-
1107 (l,41>) r±~oi;i:ÉÀÀ.w (K. Il. Rcngstorf) (I,414)1108

da un attributo: a7t6rrroÀ.oc; ... O"x).. Tj- che Aquila in 1 Ba!J. 14 ,6 usa à:rc6rr-r:o-
p6c;. In tal modo èrn6cr-roÀ.oc; acquista ),oc;48 sottolineandone così l 'eguaglianza
qui un carattere individuale. L'espres- con saluah. Un'altra testimonianza, in-
sione ci7t6cr-roÀ.oc; 7tp6c; rrE, nella quale fine. si ha in Simmaco, il quale in Is.
si sente la costruzione verbale dell'ori- 18 .2, traduce l'ebraico hassoleah bajiiim
ginale, non modifica affatto il valore né sl.r'im con à.noe1.-ÉÀ.f.W\i à.norr-r6Àovç Èv
del sostantivo né dell'aggettivo. Un'al- fra).6:CYe1n; ITl<l eg li è l'unico a rendere
tra e più importante osservazione è che sir con à.rd:r,oÀoc; 4'1•
qui ci1toO"-ro).oc; è il messo di Dio nel
2. L a /i gma P,iuridica dello siiliah
senso tecnico, in quanto indica che
Ahia è incaricato di recare una parola 11el t ardo g_i11,/11ismo.
divina alla moglie dcl re 47 • In questo Tra i rabbini la parola ha tutt'altro
si avverte l'influsso di Sidttèip, che è sviluppo. Qui fiilià h 50 compare rego-
detto del profeta autorizzato da Dio larmente come sostantivo e con carat-
(~ slp coll.1069 s.). L'accezione profa- teri tali che ri su lta più vicino di qual -
na di siilah I à.7tOCT'tÉÀÀEL\i qui scompare si<tsi altro termine all'à.rc6rr-ro). oc; del
di fronte a quella teologica, da cui N.T. Questa aHìnità dell'oggetto è già
à.7t60"-r:oÀ.oc; ha mutuato il proprio signi- stata notata dai Padri: Gerolamo si di-
ficato. C'è ancora da osservare che il ce che Ebrei che si possono paragonare
termine è detto di un niibi' (7tpoqn'J- agli à.7t6cr-roÀoL si chiamano slias, nome
TrJc;) nell'esercizio specifico della sua che è un'evidente latinizzazione dell'a-
missione; ancora una volta l'aggiunta ramaico s"liha' 52 • La corrispondenza
di crxÀ.T]p6c; mostra che la parola non terminologica è confermata dal nome
è ancora irrigidita, ma, per quanto ri- di f"lihii' dato all'apostolo nella Chiesa
guarda il senso, verrebbe a coincidere smaca; viceversa in una iscnz10ne giu-
con à.TIEcnaÀµÉ\ioc; che sarebbe la tra- daica a Venosa del sec. V-VI d. C. 53
duzione appropriata di siiluèip. In questo duo apostuli compaiono accanto a duo
passo, pertanto, a7t60"-roÀ.oc; assume un rehbites. L' affinità di 1i1t6rr-r0Àoc; e
significato molto più ampio di quello Siilia~ è quindi sentita anche dai non
di messaggero che abbiamo visto in cristiani; altrimenti l'uso del latinizza-
Erodoto (~ col. 1091 ). Del resto an- to apostulus sarebbe impossibile 54 • I

47 Si osservi che non è il profeta che va messias lo è di mfih'; KRAUSS, JQR 17 (1905),
da lei, ma lei dal profeta . 370 n. 4.
48 Secondo ii WELLHAUSEN, P. 143 n. 2, S3 CIL IX 648; cfr. REJ 6 (1882), 205 s.
qui Aquila è addirittura la fonte dei LXX. S4 S. KRAUSS ha mostrato esaurientemente
49 Per la valutazione critica di questa ese- (JQR 17 [1905) 370 ss.) a seguito di Light-
gesi di Is. 18,1 nei primi tempi della Chiesa foot e di altri l'effettivo rapporto esistente
cfr. LIGHTFOOT, p. 93 n. 2. tra 1htfoi:o).oc; e H;h , in contrasto con A. v.
50 Questa è la forma usuale; al plurale e Harnack. Tuttavia , c~sl come H. VOGELSTEIN
con suffissi viene usato fii!Ua!; (STRACK-BrL- (MGWJ 49, [1905] p. 427 ss.), egli non fa
LERBECK III 2), cui corrisponde l'aramaico un raffronto tra le singole forme dell'istituto.
Je[if;ii'. Soltanto P. BrLLERBECK (specialmente III 2s.)
SI Ad Gal.1,1; qui l'equiparazione è perfetta. ha confrontato l'essenza dell'istituto cristiano
52 Slias è la latinizzazione di Ili!;', come con quello giudaico e h,1 reso possibile così
1109 (l,414) Ò:7tocr·iDJ,w (K H. Rengstorf) (l,415) 1110

rabbini non adottano la parola greca 55, nanzia · ria


· (T . Q1·d . 4 ,2) e' 1"nd1"fferente.
segno questo che presso di essi la for- La sua fisionomia pertanto non è di
mula semitica era saldamente radicata. ordine religioso, ma giuridico, e se una
Ciò può dipendere anche dal fatto che
importanza religiosa egli ha, non è per
già a partir dalla metà del sec. I la pa-
la sua qualità di siiliah, ma per l'inca-
rola è divenuta un termine specifica-
mente cristiano e perciò non è più sta- ri co religioso che come tale deve svol-
ta usata dagli Ebrei. gere. Del resto questa non è che la lo-
a) L'istituzione degli Y!tlhim è an- gica conseguenza del significato di sa-
tica, essendo attestata già nel periodo lah (àri:oo..,E:À),ELv) (~ coll.1069s.), de-
post - esilico (2 Chr. 17,7-9); probabil- dotta tenendo presenti determinati con-
mente risale ancora più addietro 56 , ma te st i teologici, nei quali le circostanze
ha ricevuto la sua particolare configu- danno al termine una sfumatura par-
razione solo all'inizio dell'era volgare. ticolare. I rabbini hanno trovato que-
Tratto comune degli S"lu~ìm di tutti i sta istituzione nella Torà stessa (b.Ned.
tempi è il possesso di un incarico vol- 72 b; v. sotto).
to a compiti ben determinati, che essi Ciò che spicca nello siiliab è quindi
devono eseguire in luoghi più o meno il lato giuridico. Ma perché uno possa
distanti da quello in cui risiede colui essere ' inviato ' si richiede che chi fo
che affida l'incarico stesso. La designa- invia abbia autorità su di lui o che egli
zione di S'luh'im non sottolinea quindi si metta a sua disposizione. All'incari-
il fatto del loro invio, né accenna a un co, pertanto, necessariamente si accom-
loro speciale incarico, ma caratteriz- pagna la responsabilità di colui che lo
za solo la forma del loro invio in auto- riceve, così che l'incaricato è sempre
rità. Questa è la cosa essenziale, men- .mche il rappresentante di chi gli con-
tre invece il compito come tale non ferisce l'incarico: della sua persona e
ha nessuna importanza per la qualità dei suoi diritti. I rabbini hanno espres-
di salia~. Che egli abbia l'incarico di so questo fondamento della figura giu-
annunziare verità religiose (2 Chr. 17, ridica dello sal'iab con la frase spesso
7 5S.) o di sbrigare una questione fi- citata: s•tuhQ Jet }iidiim k•moto, 'l'in-

un'indagine teologica partendo dall'ebraismo. cr"'l:oì.oç, e trova in questo passo una remini-
Lo scetticismo di Hou (Ges. Aufsatze II 51 scenza di 2 Mach. 6,1 s. Tuttavia, pur senza
n. 1) circa la possibilità di stabilire un pa- essere sicure, vi sono altre spiegazioni più pre-
rallelismo con l'istituto giuda ico è confutata cise di questa. Cfr. S. KRAUSS; Proc.Soc.Bibl.
.dal Billerbeck. Arch. 25 (1903) , p.222 ss.; Jew. Enc. II p.21s.
55 M . ]ASTROW, A dictionary of the Tar- 56 KRAuss: JQR 382: dopo l'esilio. V0-
f!..umim etc. I, 1903, p. 101 spiega Taan. 4,6 GELS TEIN (Hbr. Un. Coli. Ann 2 1925 p. 100)
( hasib'a 'asar betammuz ... ùJraf ' pstm ws 'et ... arriva fino all'anno 419 a. Cr. (Papiri di
hattora) nel senso che quC' S ILl 'pstmws ('èipost- Elefantina).
mos)) che avrebbe bruci,iw b Torà è cb:6-
1111 (I,415) ri1tocr-.€ÀÀW (K. H. Rengstorf) (1 ,415) 1112

viato di un uomo è come lui stesso ' ma a risolversi coscientemente ad agire


(Ber . 5,5) 57 , cioè lo 5aliah equivale al- secondo il progetto e l'incm·ico di urt
lo si5leah in tutto ciò che dice e fa nel- altro 59 ; né contrasta con questo il ca-
lo svolgere il suo incarico. rattere giuridico dell'azione, poiché es-
Esempi: si può ' sposare una don- so non riduce l'istituto dello sallah a
na ', cioè ci si può fidanzare con lei per qualcosa di profano, ma al contrario ne-
mezzo di uno saliah (Qid. 2,1; T. Qid. prcsuppone la religiosa onestà e pu-
4,2; T. ]eb. 4,4 ); in questo caso l'in-
rezza . È noto infatti che diritto e reli-
caricato compie validamente tutte le ce-
rimonie al posto del promesso sposo 58 . gione costitui scono per gli Ebrei un
Ugualmente è possibile il disbrigo del tutt'uno inscindibile; perciò si dice tal-
cerimoniale di separazione per mezzo volta che Dio si compiace in uno sa-
di un .incaricato, i cui poteri sono cosl lìt1'1 il quale dà la vita per la propria
ampi, che una separazione fatta o ini- causa 60 • La cosa risulta con tutta chia-
ziata da lui non può essere annullata rezza anche dall'uso ulteriore di Jaliah .
nemmeno dal marito (Git. 4,1). La stes-
sa cosa, mutatis mutandis, vale per Il fondamento giuridico di tutto il
ogni atto giuridico (per es. per un ac- complesso di idee collegate con salta~
quisto, T. ]eb. 4,4; per il sacrificio del- risale al diritto semitico del messagge-
1' agnello pasquale per mano di uno ro, quale è presupposto anche nell'A.T.
schiavo: Pes. 8,2 ecc.). Il messo rappresenta interamente nella
sua persona colui che lo manda, di nor-
Certo si presuppone che l'inviato agi- ma il re, e questo è appunto il signi-
sca in modo conforme al suo incarico. ficato originario dell'invio di qualcuno·
Un sabotaggio dell'incarico per abuso investito di pieni poteri. Il rispetto
che è dovuto al suo signore e che si è
di potere da parte dell'inviato era sem-
disposti a rendergli lo si dimostra nel
pre possibile, senza che alcuno potesse modo con cui si tratta l'inviato. Questo
intervenire per impedirne o annullarne fa Abigail quando lava i piedi ai servi
l'azione (Qid. 3,1). Ciò significa che, di David che vengono per condurla a
senza una leale subordinazione della lui come sposa (dawid f'la~ànu élaiik
volontà dell'incaricato a quella cli co- t•qahtek lo l''iHa) e con ciò manife-
lui che gli affida !'.incarico, il buon esi- sta che è pronta a rendere a David
stesso, come moglie, tale servigio (1
to della missione non viene garantito.
Sam. 25,40 s.). Al contrario il tratta-
La figura rabbinica dello sàlta[J non è mento ignominioso di un inviato col--
quindi chiamata, in ultima analisi, ad pisce più il signore che lui stesso e non
eseguire meccanicamente un comando, può quindi rimanere impunito. Cosl

57 Altri passi in STRACK-BILLERBECK III 2. chiaro il fatto.


58 Motivazione esauriente in b Qid. 41 a-b. 60 Num. r. 16,l a 13,2 (indicazione di H.
59 È una espressione forse troppo con- Bornhauser ).
cettosa; ma è indispensabile per mettere in
1113 (l,416) cbtoo-"t0.. À.w (K. H. Rengstorf) (l,416) 1114

l'oltraggio fatto dagli Ammoìliti ai popolo o di comunità particolari. In


messi di David (2 Sam. 10,1 ss.) pro- questi casi con l'ausilio dell'istituto del-
voca una guerra di sterminio. In en- lo saliah si giunge all'interpretazione e
trambi questi casi, come in tutti quel-
alla salvaguardia religiosa di altri uffici.
li simili, troviamo esemplificato il va-
lore pratico della teoria dello saltah,
come l'han formulata più tardi i rabbi- Che una corte di giustizia incarichi
ni (~ col. 1110). Cfr. inoltre b B. Q. un privato di notificare le sue delibe-
113 b: l'inviato di un re è come il re razioni o anche di tradurle in atto non
stesso ( Strack-Bìllerbeck I 590 ) ; cfr. è cosa strana. Importante è in vece che
anche 5. Num. a 12 ,9 : Con che cosa questo incaricato venga chiamato Jatiah
si può paragonare questo fatto? Con (Git. 3,6; dr. B.Q. 9,5 e Jomà l ,5) 61•
un re che aveva un epitropos nel suo Delegati del grande Sinedrio sono i
paese, e gli abitanti del paese sparla- rabbini, che vanno nella diaspora con
vano di lui; allora il re disse loro: 'No:i l'incarico di riordinare il calendario in-
del mio servo voi avete sparlato, ma serendovi un mese intercalare, facendo
di me'. quanto già s'è fatto in Palestina per
deliberazione del Sinedrio (Jeb. 16,7:
b) Finora fa figura dello saliah m- Akibà; T. Meg . 2,5: Meir) 62 ; così l'ini-
troduceva un rapporto tra due uomini, zio del mese vien segnalato per mezzo
quindi aveva '<lttinenza esclusivamente di s•luMm alla diaspora siriaca (R.H.
al diritto privato. Ma il suo campo di 1,3.4; 2,2), la quale pensa poi a tra-
smettere la notizia a Babilonia median·
interesse non è cosl ristretto. In base ai
te segnali luminosi (R.H. 2,4 ).
principi fissati, per lo saliab esiste sem-
pre la possibilità di rappresentare an- Delegato della comunità locale {S'-
che molti individui. Qui la connessione llab #bbur) è colui che dirige la pre-
di diritto e religione nella persona del- ghiera, il quale prega nella sinagoga
per la comunità che vi è raccolta, e lo
l'inviato diventa '<!ncora più evidente,
è a un punto tale che un suo eventua-
in quanto egli, se autorizzato, può es- le sbaglio è un brutto segno per coloro
ser portavoce non solo di un certo nu- che deve rappresentare dinanzi a Dio
mero di individui, ma anche dell'intero (Ber. 5,5) 63 •

61 Ili!; bjt djn diventa cosl senz'altro 'ser- gia con pieni poteri propri. Che soltanto un
vitore del tribunale' (Makk. 2,2). Nei casi in uomo di provata dottrina a ciò designato fos.
cui la conoscenza della halakà non era indiffe- se in grado di compiere questa intercalazione,
rente, anzi era necessaria, insieme con la fida- è naturale, poiché era in gioco una posta mol-
tezza, per l'esecuzione dell'incarico, i servi to importante, cioè l'unità del giudaismo nel
erano nello stesso tempo dei dotti, i soli che calendario.
potevano costituire una corte capace di ela- 63 La stessa cosa, mutatis mutandis, vale
borare sentenze (per es . Men. 10,3 ). per colui che prega per un malato; dr. gli
62 La parola sàlii'il; non compare, ma la si- aneddoti su Haninà b. Dosà (b. Ber. 34 b; ;.
tuazione è quella che viene designata appun- Ber. 9 cl, 21 ss.).
cto con tale termine: Akibà infatti non viag-
1115 (I,416) ( I,417) 1116

Il gran sacerdote è delegato innanzi compito è ancora l'ispezione della dia-


tutto della classe sacerdotale, la quale spora; secondo j. Hag. 76 c, 31 ss. e al-
a sua volta ha dal sinedrio l'incarico tri passi 65 il patriarca Jehudà II (in-
di sorvegliarlo e di controllare che i
torno al 250 d. C.) ha 'inviato' tre
gesti prescritti siano compiuti esatta-
mente; è pure delegato anche di tutto eminenti rabbini in varie località della
il popolo nel giorno del gran digiuno Palestina per introdurvi l'insegnamen-
(]omà 1,5). Di qui si spiega la cura to della Bibbia e del Mishnà. Tuttavia
che i farisei e i loro sacerdoti poneva- sembra che questo modo di provvede-
no nel] 'osservanza del rituale secondo re a rinsaldare i rapporti tra la ma-
la tradizione farisaica Cf omà 1,1 ss.; cfr. Òrepatria e la diaspora, tra l'autorità
b. ]omà 19 b).
religiosa e le comunità al di fuori della
Rappresentanti dei dotti e in loro Palestina per mezzo di ' inviati ' fosse
nome di tutto il popolo di Israele sono adottato già molto tempo prima. Pao-
però soprattutto i rabbini, inviati nella lo che va a Damasco (Act. 9,1 ss.), è
diaspora dall' autorità centrale, per i uno di tali setulpim dell'autorità centra-
quali H titolo di seluhim è divenuto le e Ie ' lettere ' che porta con sé non
strettamente tecnico (coli. 1108 ss. ). Il sono che le credenziali che comunemen-
loro compito è molteplice, ma è pur te si davano agli s'lulpim.
sempre possibile grazie all'autorità di
chi li invia. Dopo il 70 essi hanno an- Una di tali lettere si legge in j.Hag.
che il compito di raccogliere doni per 76 d, 3 s. (cfr. j. Sed. 42 b, 22 s.) 66 ;
essa fa il nome del Rabbi Hijjà bar
i maestri palestinesi, poiché senza tali
Abbà (vissuto intorno al 280) e lo rac-
sussidi l'insegnamento non avrebbe po-
comanda al patriarca Jehudà II: «Vi
tuto essere continuato, con pericolo che mandiamo (Silla/pnu) un grande uomo
la halakà andasse pe~::Iuta e il popolo ('àdam gàdol) in qualità di nostro in-
non tenesse più una vita accetta a Dio. viato (S'lU!penu) pari nostro, fino al
Anche quello di chi raccoglie denaro è momento in cui tornerà da noi». Na-
un ufficio spiccatamente religioso 64 ; di- turalmente queste lettere contenevano
anche più precise indicazioni sulla per-
versamente Akibà e i grandi rabbini
sona e sui compiti dello sàltalp. Esse
del suo tempo non si sarebbero pre- sono importanti anche per la presenza
stati a ciò (j. Hor. 48 a, 39 ss.). Loro di ~ ~c:uoa1toO"'t'oÀ.o~ come quelli che

64 Col tempo si afferma una imposta re- no direttamente alla riscossione e alla con·
golare della diaspora, la cosiddetta tassa dei segna della tassa del tempio. Cfr. anche
Patriarchi, che sembra collegarsi all'antica tas- STRACK·BILLERBECK III 316 ss ,
sa del tempio e sostituisce i precedenti doni 65 Cfr. KRAUSS, JQR 375 ss.; E. J. III 5;
spontanei (cfr. VOGELSTEIN, MGWJ 438 ss.). VOGELSTEIN, 'MGWJ 437.
La raccolta però resta affidata a s•lUflim scribi 06 KRAuss, E. ]. III 3; VoGELSTEIN 435

con l'appoggio delle autorità locali (VoGEL· n. 2.


STEIN 441 s.), che in precedenza provvedeva·
1117 (I,417) à.7too-·n' À)1.rò (K. H. Rengstorf) (I ,418) 1118

facevano concorrenza a Paolo (2 Cor. no volentieri questa cerimonia (Strack-


11,13) e che dovevano essere noti an- Billerbeck II 653 s.). Nonostante que-
che agli Ebrei , dal momento che le sto essa si riscontra in tempi antichi in
credenziali si consideravano necessarie. connessione con l'istituto degli s'lublm,
del quale contribuisce tanto più a met-
Sembra inoltre che gli s'lufhn, i
tere in luce l'importanza.
quali di norma erano rabbini consa-
crati, venissero delegati al loro incari- Diverso è il caso dei missionari giu-
co in nom e della comunità che li in- dei, abbastanza numerosi al tempo di
viava mcdi ;mte l'imposizione delle ma- Gesù 70 , per i quali va notato che non
ni. Con ciò il loro invio acquista un si chiamano mai S'luhzm e che riguardo
carattere spiccatamente religioso e co- ad essi i verbi siilah e &.7too-"t'ÉÀÀELV
munitario (~ XELPO"t'OVÉW) 67 come sem- non sono mai usati. Il loro lavoro si
bra indicare la consuetudine di invia- compiva quindi senza autorizzazione
re gli s'luhlm non isolatamente, ma a della comunità ed aveva, rispetto a
gruppi, normalmente di due 68 • quella, un carattere assolutamente pri-
vato, senza perdere per questo della
S. Giustino (Dia!. 108) quando parla sua portata e importanza 71 •
di « uomini prescelti, ai quali erano
state imposte le mani (XE~po"t'ovi}o-av­ In Giustino (~ col. 111 7) &.7toO""t'o-
"t'Ec;) » allude agli selubìm giudaici (cfr. Àoç non è ancora la designazione dei
anche 17) 69 • L'imposizione delle mani contro-missionari giudei (Dial.108 ), an-
(s•mika), con la quale per es. veniva che se l'uso del termine poteva appari-
designato al suo eventuale ufficio anche re naturale, tanto più che il loro invio,
il sommo sacerdote sostituito nel gran voluto dall'autorità religiosa di Geru-
giorno dell'espiazione (]omà 1,1 ), ma salemme, è designato con &.7too--rÉÀÀEW
che era usuale soprattutto nell'ordina- ( 1 7) 72 • Sembra perciò possibile che
zione (T. Sanp. 1,1), pare sia stata in- &.7toO""t'oÀ.oc; non fosse usato senz'altro
trodotta presso i Giudei in epoca tar- come l'equivalente groco di salia[J, e
diva, quasi per un atteggiamento pole- soprattutto che questi due termini non
mico contro i cristiani i quali praticava- fossero già considerati come uguali

67 xnpo"t'ovÉw ricorre con ci'ltoCT"t'ÉÀÀw in guardo agli <Ì1t6crnÀoL giudaici. Cfr. anche
tutt'altro contesto anche in Filone (Migr. Abr. quanto segue.
22 , · ~ 398,.37 ss.). 70 Cfr. Mt. 23,15; per il problema delle
68 Testimonianze: iscrizione di Venosa(~ fonti nell'ambito giudaico v. STRACK-BILLER-
n . 53 ): 'duo apostuli et duo rebbites ', ma BECK I 926.
soprattutto i passi citati in ScHLATTER, Komm. 71 Un ottimo esempio è la conversione
Mt. 325 s.; nel N.T. si veda Mt. 11,2: due della casa reale di Adiabene ad opera di
'inviati' del Battista; Mc. 6,7: invio (à.1to- Eleazaro, mercante giudeo della fazione fari-
o--.ÉÀÀEW) dei discepoli ouo ouo; Le. 10,1: saica (STRACK·BILLERBECK I 926; Flav. los.,
invio dei LXX discepoli (ci1tÉCT-.nÀ.EV) <ivà. ouo. Ant. 20,17 ss.).
69 Cfr. HARNACK, Dg. 65 n. 2, dove si tro- 12 Per Giustino ~ col. 1135.
vano testimonianze della Chiesa primitiva ri-
1119 (I,418) cl.1tOO"'t'0...À.w (K. H. Rengstorf) (I,4,18) 1120

dai Giudei 71 . Contro tale equivalenza funzioni pratiche il ' messo ' compare
sta, oltre al fatto che circ60"'1'0Àoç non in veste religiosa (-7 e). Per la preisto-
compare nel significato di ' inviato, ria dell'apostolato cristiano vero e pro-
apostolo ' presso gli Ebrei prima di es-
prio ne consegue che esso non può es-
sere usato in tal senso nel N.T., anche
sere messo in relazione con la missio-
la circostanza che i Giudei, come i cri-
stiani, hanno adottato la trascrizione ne giudaica; è quindi del tutto fuor
latina di circ60"'t'oÀoç (iscrizione di Ve- di luogo pensare che Paolo sia stato
nosa) 74, cosa che per essi non era asso- missionario già prima della sua con-
lutamente necessaria se ammettiamo versione, impegnato per professione a
l'equivalenza circ6cr-roÀoç/ saliha~ 75 • predicare la religione dei padri 76 •

Resta così escluso che si possa par- La mancanza di missionari autoriz-


zati tra i Giudei prima del 70 d . Cr. si
lare di ' apostoli ' giudei al tempo di
può spiegare solo tenendo presente la
Gesù; il solo termine che ricorra è in- coscienza di essere il popolo eletto, per
fatti quello di ' delegati '. Che se tal- la quale il pensiero di Dio era in fun-
volta si parla di ' apostoli ', lo si fa tra- zione della coscienza che avevano di sé
sferendo meccanicamente il linguaggio sul piano religioso. È contro questo
cristiano nell'ambiente giudaico, senza aspetto del giudaismo che si schiera Ge-
sù, specialmente nel discorso del mon-
che un tale uso della parola fosse giu-
te. Sicuri di questa loro posizione gli
stificato. Se infatti è certo che l'antico Ebrei non avevano alcun interesse a
giudaismo ha conosciuto varie specie di diffondere la loro fede; in questo stato
setubim, non è tuttavia meno sicuro che d'animo potevano permettersi che altri
non ha usato questo termine per desi- desiderassero ciò che essi già possede-
gnare l'attività missionaria dei suoi vano, ma non pensavano certo ad of-
frirglielo essi stessi. Quando vi è un'at·
membri, dal momento che l'ufficio del-
tività missionaria sono i circoli farisaici
lo sàlia/J, nato in vista delle necessità che la promuovono; ma la loro azione
quotidiane, si svolge neU'ambito della era ispirata anche in questo caso dal
comunità e non supera i confini di essa. desiderio di farsi dei meriti e non da
un' aspirazione alla salvezza universa-
L'istituto dello saliab per natura e le 77 • Il popolo, e cioè la comunità co-
per origine è del tutto profano e non me tale, come purè la classe dirigente
religioso, anche se talvolta nelle sue e sacerdotale non hanno considerato

73 Cosl pensa HARNACK, Dg. 340 n. 1, ba- vorchristliche und fruhchristliche Zeit des
sandosi soprattutto su di una errata inter- Paulus, 1929, 18 ss.
pretazione di Giuseppe (Ant. 17,300; ~ coli. 77 Midr. Cant. 1, a 1,3: «se qualcuno mette
1105 s.). una creatura (cioè un uomo) sotto le ali della
74 ~col. 1108 e n. 53 . Shekinà (cioè lo porta tra i proseliti), questo
75 Sarebbe stata sempre possibile la tradu- gli è calcolato (da Dio) come se lo avesse
zione ' legatus '. creato e formato e plasmato».
76 Cosl recentemente E. BARNIKOL, Die
1121 (l,419) rJ.:::oo-·d),).w (K. H . R c 11 g -, 1t>1I I (l,419) 1122

l'opera missionari;1 cu111 c un compito con Lcu. 16 (dr. 4,5 ss.), poiché l'azio-
riguardante Israele 1' e questo modo ne a Livore dcl popolo non risulta pre-
di pensare non (: sostanzialmente mu- giudicata, anzi ne viene mostrata la
tato nemmeno dopo il 70 79 • possibilità.
c. A particolare illustrazione di que- Mosé, Elia ed Eliseo, ed anche Eze-
ste ultime osse rvazioni ricordii:i'.110 che chiele, sono s"lu(Jim di Dio, poiché per
presso i rabbini anche l'incari.cato e de- mezzo loro accaddero cose che normal-
legato di Dio viene chiamato pil:1 volte mente sono riservate a Dio 81 : Mosé
saliah. Tali incaricati son divisi in due fa sgo rgare l'acqua dalla roccia (b .B.M.
gruppi: uno concepito collettivamente, 86b J, Elia fa cader la pioggia e risuscita
cioè la classe sacerdotale rappresentata un morto, Eliseo 'apre il grembo ma-
dal sacerdote come tale , e un piccolo terno ' e risuscita anch'egli un morto
numero di personalità di rilievo, so- ed Ezechi ele riceve la 'chiave per aprir
prattutto Mosé, Elia, Eliseo ed Eze- le tombe nel giorno della risurrezione
chiele 80 • dei morti' secondo Ez . .37,1 ss. Midr.
Ps. 78 § 5; cfr. b. Taan. 2 a, b. Sanh.
Il s a c e r d o t e che offre il sacri- 113 a) 82 •
ficio è l'incaricato di Dio e non della
comunità giudaica (R. Hunà b . Jeho- Ciò che distingue questi quattro uo-
shuà, ca. 350 d. Cr.; b. Qid. 23 b) e mini da tutto il popolo di Israele è
questo perché il delegato equivale esat- la facoltà conferita · loro da Dio di
tamente a colui che gli dà la delega (~ compiere miracoli, facoltà che in tutti
coll. 1111 s. ). Se il sacerdote fosse saliab gli altri casi Dio ha riservato a se stes-
della comunità, questa avrebbe il dirit- so. Anche qui quindi (vedi sopra) dal-
to di offrire sacrifici; ma così non è, la causa si deduce l'effetto, pur senza
perché altrimenti il sacerdote sarebbe voler scoprire qualche arcano soninte-
superfluo. Quindi il sacerdot<..: non può so nel titolo di siilial; attribuito ai quat-
essere saliab della comunità, ma solo tro personaggi. L'unica ragione dell'at-
di Dio. Perciò egli si chiama s•Uab d•- tribuzione è forse la preoccupazione di
rabmana', ' delegato del (Dio) miseri- non farli comparire come usurpatori
cordioso' (cfr. b. Qid. 23 b; Jomà 19 delle attribuzioni <li Dio, mostrando
a-b ). Questo non è in contraddizione che essi non sono che strumenti di lui.

78 Diversa è la situazione sotto i Maccabei me colui che risuscita i morti e fa cadere ru-
e i loro successori (cfr. A. ScHLATTER, Ge- giada e pioggia. Si osservi anche che in 1
schichte Israe/s3 [1925) p. 132 ss.); ma allora Clem . 17,1 a modello dei cristiani vengono
i motivi sono di un genere particolare. ricordati i profeti in genere, ma espressamen-
79 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 926: dopo il te nominati soltanto i primi tre di questi per-
70 d. Cr. le missioni vengono meno in conse- sonaggi.
guenza della situazione esterna degli Ebrei. 82 Naturalmente anche certi angeli sono
so Cfr. i passi in STRACK-BILLERBECK III 5s. 'f•lttf;im: cfr. Deut. r. 9,1 a 34,5 dove l'angelo
81 Cfr. per es. la preghiera della Shemoné della morte è detto 'f•lu!Jo 'fel maqom. Ma
esré, dove Dio viene esaltato soprattutto co- essi non entrano in questione qui.
1123 (l,420) Ò'.1tOCT"t'fÀÀw (K. H. Rengstorf) (l,420) 1124

In Ex. r. 5,14 a 5,1 Mosé e Aronne, conti della vocazione dei profeti (-+
interrogati dal Faraone chi siano, ri- col. 1070) la forma Jiiliab sembrereb-
spondono che sono J'lu~iiw Jel haqqii- be imporsi quasi da sé. E invece è qui
dos biiruk hU', usando una formula il caso di ricordare che per il tardo giu-
molto ampia, che a prima vista sembra
daismo l ' ' invio ' di un uomo (Jala{J)
l'equivalente di ' delegati di Dio '. Se-
nonché dal contesto risulta che essa non da parte di Di o non necessariamente
è che la trascrizione in forma passiva fa sl che egli diventi uno Jiilièih; in al-
della frase « Dio ci manda », che non tre parole è chiaro che per i rabbini
si poteva adoperare in rispos ta alb do- siiliìih non era il vocabolo adatto ad
manda del Faraone (gr.: rinErr . rn.À.[1 •:- esprime re il senso più profondo del-
vo~ ùnò ~Eov ). La situazione è quindi
l'ufficio profetico. Il vero motivo per
simile a quella dell'angelo della morte
cui i profeti e i missionari evitarono di
( ~ n. 82).
usare ques\o termine è questo : essi
Abbiamo detto che i missionari non parlano, sì, di Dio e anche in suo no-
sono J•/u~im della comunità (~ col. me, ma non lo rappresentano, perché
1118 ); aggiungiamo ora che anche i più che agire essi parlano , mentre in-
profeti non sono J' luMm di Dio. In- vece lo Jallìih è uno che rappresenta
fatti un profeta non ha mai per i rab- un altro nell'azione.
bini la funzione di Jiiltab di Dio 83 ; ep- Il profeta dunque in quanto parla
pure ognuno può vedere quanto appro- non può essere siiliah di' Dio; Io con-
priato sarebbe questo titolo per sotto- ferma il fatto che il tardo giudaismo
lineare la delega conferitagli da Dio ha introdotto, quale intermediario tra
e l'impegno per la causa di lui come i profeti e Dio, lo Spirito Santo; e
unico contenuto della sua vita e co- non si dimentichi che questi è solo
me frutto della sua vocazione. Ciò ipostas: di Dio e serve ad accentuar-
può dipendere in parte dalla tendenza ne ulteriormente la trascendenza. Ma
sempre più forte degli scribi a isolare i profeti, considerati che siano come
Dio nella sua trascendenza. Ma questa sede del ruap haqq6de5 84 , appaiono
non può essere l'unica causa, tanto più come strumenti di lui e perdono l'ini-
che, essendo il verbo Jalab usato come ziativa 85 , che invece è la caratteristica
termine tecnico, indicante l'autorizza- essenziale dello Jiil2ah, anche se essa si
zione divina ad agire, proprio nei rac- esplica soltanto nell'adesione della vo-

83 Anche Ezechiele è sallah non in quanto timi profeti, furono morti, Io Spiriro scom-
profeta, ma in quanto taumaturgo (~ col. parve da Israele ».
1122). 85 Cfr. la formula cara ai rabbini: « Que-
84 Il passo principale è in T. Sotà 13 ,2: sto è colui per mezzo del quale Io Spirito ..•
« Quando Aggeo, Zaccaria e Malachia, gli ul- ha parlato » (STRA CK·BILLERBECK I 74 s.).
1125 (l,421) ci.noO''tÉÀÀw (K. H. Rengstorf) (1,421) 1126

lontà a quella <li colui che lo manda. in Eph. e uno in Col., ma senza conta-
È evidente che i rabbini, presentando re i 5 delle Pastorali) e 34 volte in Le.:
in maniera cosi meccanica, per preoc- 28 negli Atti e 6 nel Vangelo; inoltre
incontriamo il termine una volta in
cupazioni teologiche, il fenomeno pro-
Hebr., 1 Petr. e Iudae; due volte in 2
fetico, lo fraintesero gravemente, al Petr., tre volte in Apoc. Circa i 4/5
punto che si preclusero non solo la pos- delle testimonianze si trovano quindi
sibilità di capire la missione di profeta, in Paolo e in Luca, suo discepolo e
ma anche qu clb di vedere come tale compagno , e perciò soprattutto su di
mi ssione con sista essenzialmente n el- essi noi dobbiamo basarci per indivi-
l'incarico di rappresentare in tutto il duare il valore del term ine nel N .T.
È importante inoltre notare che il ter·
proprio essere la parola e il volere di vi-
mine vi ene usato nelle intestazioni del-
no. Il limite posto dalla concezione ra- le lettere per indicare il mittente: 6 vol-
zionalistica giudaica dello siil iìih sta tut- te in Paolo, 3 volte nelle Pastorali, in
to qui, e qui è anche il punto in cui, 1 Petr. e 2 Petr.; si può aggiungere an-
nonostante l'affinità formale, l'cbt60--ro- cora che le intestazioni non scritte da
Àoç del N.T. contrasta con tale conce- Paolo risentono tuttavia del suo stile
non solo nella forma xcipiç xrxì. dp'l')vT],
zione e nell o stesso tempo la supera
che risale proprio a lui, ma anche nel-
di molto.
l'aggiunta del titolo di 'apostolo ' 88 •

C. Ò:1tOCT'tOÀoç NEL NUOVO TESTAMENTO 2. Il significato di ci7t6o--roÀoç

1. Dati statistici.
Dall'insieme dei dati si possono ri-
cavare per cX7t6o--roÀoç i seguenti signi-
La parola è sicuramente testimonia- ficati, che in parte si ricollegano alla
ta 79 volte; inoltre compare talvolta - storia della parola e del concetto, in
ed è significativo che ciò avvenga pro-
parte sono anticipazione del risultato
prio in Luca (~ coll. 1129; 1149)
- come lezione secondaria (Le. 9,1 86 ; che raggiungeremo con ulteriori con-
Act. 5,34 87 ). In Mt., Mc. e Io. essa siderazioni, indispensabili in questo ca-
si trova una sola volta; ricorre inve- so anche per chi si interessa solo del
ce 29 volte in Paolo (compresi 4 casi lessico 89 •

86 ò:no<1-t6À.ouc; sembra qui una antica glos- 4. Folge 9/10 (1933); per il titolo di apostolo
sa alessandrina (}. WEISS, Das Ev . .des Lukas9 che si attribuisce nella intestazione-+col. 1179.
[1901], a. I.). 89 Veramente l'elenco dei significati dovreb-
87 v. SonEN accetta ò:noa--r6).ouc;; cfr. però be figurare alla fine di questo studio; ma ciò
WENDT, Ag. 53 e F. BLASS, Acta apostolorum esigerebbe un'esposizione molto più ampia.
(1895), 88 a.I. Quel che qui si premette troverà la sua giu·
88 Riguardo all'intestazione delle lettere di stificazione più avanti , quando studieremo la
Paolo e alla sua estensione cfr. O. RoLLER, genesi di ò:n60'i:o),oc, nel linguaggio del N.T.
Das Formular der paulinischen Briefe,BWANT
1127 (l,421) (l ,422 ) 1128

a. Com pletament e scom parso è l'u- suppos ti erano di tu Lt' altro genere.
ro di cbt6cr-coÀoç nel senso usuale nella
b. In Io .13 ,16 c'è p i e n a id e n-
letteratura extrabiblica, com preso Fla-
t i t à tr a a7t6cr-coÀoç e salzèip: oùx
vio Giuseppe (-+A. 1 e B. 1 ). èrn6cr-co-
fo·nv oovÀoç J.Ld s wv "'t'ov xvplov a.u-
Àoç nel N.T. non de signa mai l'atto
"'t'OV, ouÒÈ a7t6noÀoç f.tdswv -roi:i 7tɵ-
dell'inviare o, in senso traslato , l'og-
t);a.v"'t'oç w'.rr6v. Qui à.7t6cr't~Àoç è la
getto dell'invio, ma è la designazione
semplice traduzione dcl termine ebrai-
di un uomo che è inviato e precisamen-
co, inteso in se nso esclus iva men te giu-
te di un plenipotenzi ario . Il lessico
ridico come ù1cdricato di 1'i1pprcsentare
greco quindi offr e al N.T. il pu ro ter-
giuridicamente persona e cosa altrui
mine ma il contenuto di questo è de-
(-+B. 2. a.) .
terminato dallo f alla[J del tardo giu-
daismo. Q ues to significa to tro va conferma
nel paralleli smo delle coppie di termini
Si può affermare c10 m modo cate- oouÀoç/ xvpLoç e ci 7tOO..tciÀoç/ 1tɵtjJa:ç;
gorico, poiché la parola in tutto il N.T. il oovÀoç è completa mente sotto la giu-
viene riferita solo a uomini. In deter- risdizione del suo signore e tutto quel-
minate circostanze (-+col. 1153) anche lo che ha lo deve soltanto a lui: pro-
alcune donne avrebbero potuto porta- prio questo è ciò che contraddistingue
re il nome di apostolo; ma questo sa- anche lo siiliaf;. Cfr. al riguardo Gen .r.
rebbe stato in contraddizione col ter- 78 su 32 ,26: R. Simeone (intorno al
mine stesso, poiché saltaf; è un termine 150 ) ha detto: Dal fatto che sta scritto
giuridico, e le donne presso gli Ebrei « Lasciami andare » (5lh11i, G en. 32 ,
non solo hanno diritti limitati e soprat- 27), deduci che colui che in via è più
tutto non possono fungere da testimo- grande di quello che viene inviato 90 •
ni (dr. 5. Deut. 190 a 19,17), ma giu-
ridicamente vengono dopo gli stessi c. Come siiliah (-+ col. 1114 ), cosi
schiavi; questi infatti, essendo proprie- anche cX"Jtocr"'t'oÀoç designa l'incaricato
tà del loro signore, possono rappresen- di una comunità.
tare la sua volontà anche sul piano giu-
ridico (per es. possono offrire il sacrifi- Questo è il significato dell'espressio-
cio dell 'agnello pasquale in vece sua; ne aTIOO'"'t'OÀ.OL hx),l)crLWV (2 Cor.8,23 ),
~ col.1111 ). È significativo che accanto con la quale Paolo designa il gruppo di
a -+ µaDryriJç compaia la parola -+ coloro che, secondo il suo desiderio,
µai}iJ-rpw., detta della donna cristiana, portano a Gerusalemme i doni delle
quantunque il giudaismo non conosces- chiese greche raccolti dietro suo sugge-
se dei µa1h1-ral donne. Qui però i pre- rimento in favore dei ' santi' (--? Ào-

90 STRACK-BILLERBECK II 558. In luogo di ampia delle parole di G esù, il che è caratte-


JlilJ qui si dice mstllJ (part. hitpa'el), ma que- ristico della coscienza che G esù ha di sé (__..
sto non pregiudica la sostanza della cosa. Del -ra.1mv6ç).
resto la sentenza rabbinica ha una portata più
1129 (I,--!22) (1,-122) 1130

/Elcx.) 91• Allo stesso modo Epafrodito Inoltre la parola appare qui sempre al
appare come cin6cr-roÀ.oc; dei Filippensi plurale(--+ coli. 1116 s.).
a Paolo (Phil. 2,25 ). Il contesto ci di-
ce che qui l' cin6cnoÀ.oc; è latore di
testimonianze d'affetto; egli non è più Si chiamano cX1tO(T't'OÀot anche i pri-
solo una figura giuridica, ma anche mi missionari cristiani, o almeno i più
religiosa. importanti di essi, anche se non appar-
tennero mai nemmeno alla più ampia
d. Con sen so restrittivo si chiama- cerchia dei di scepoli.
no infine cin6u-roÀ.o~ i latori del keryg-
ma neotestamenlario; tra di essi questo
La parola ricorre con questo signi-
nome spetta in primo luogo al gruppo
lìcato anche negli Atti, almeno in 14,4.
dei Dodici, i cosiddetti primi apostoli 14 , dove Paolo e Barnaba vengono
(compreso Mattia che sostituisce Giu- chi amati cin6c;-roÀo L, termine che l'au-
da, Act . 1,26; cfr. ot--+ owÒExcx. 1 Cor. tore adopera con tutta naturalezza 92 •
15 ,5 ). Si presuppone che essi sia no in- I Dodici per Luca sono quindi cinoO"'t'O-
viati da Gesù . À.ot, ma la cerchia degli Ò:7tOO''t'OÀoi.
non si limita ad essi: anche Paolo vi
Quest 'uso della parola prevale in appartiene e si considera uno di !oro,
Luca, nel Vangelo e soprattutto negli dal momento che si attribuisce sempre
Atti; i Dodici appaiono qui nella loro il titolo di cin6cr't'oÀoç, specie nelle i.i-
qualità di ' apostoli ' proprio come un testazioni delle lettere. Fu uno degli
gruppo chiuso, così che possono trovar- àn6cr't'oÀot anche Giacomo, il fratello·
si giustapposti senz'altro a un altro col- del Signore (Gal. I,19) 93 , il quale, co-
legio, quello dei ~ 'ltPEO"~U't'EPOL (Act. me Paolo, entrò nella comunità cristia-
15,2.4.6.22s.; 16,4). Tra di essi domina na soltanto dopo la morte di Gesù. In
la figura di Pietro (2,37; 5,29); come Rom. 16,7 Giunia e Andronico, due
sede di questo gruppo viene indicata collaboratori di Paolo · certamente di
espressamente Gerusalemme (Act. 8,1 ). origine ebraica nominati solo qui, ven-
Anche secondo Mt.10,2 e Mc.6,30 l'ap- gono menzionati come à:n6cr't'oÀot. An-
pellativo di CÌ.7t6cnoÀoL spetta ai primi che in 1 Cor. 15,7 col termine &:1tOcr't'O-
dodici discepoli di Gesù. In tutti questi Ào~ ci si riferisce sicuramente a una
casi il termine viene usato da solo, sen- cerchia più ampia di seguaéi di Gesù
za altre specificazioni e ciò significa che {includendovi anche Giacomo, il fra-
esso ha già il proprio preciso significato. tello del Signore).

91 Cfr. Hon, Ges. Aufsiitze II 60. 93 Nel caso che in Gal. 1,19 El µ1] si possa:
92 Questa espressione è parsa strana solo a riferire ad CÌ.Tioa"TéÀ.wv e che con 19 b non
lettori tardivi come mostra la tradizione te- incominci invece un'altra frase. Per Giunia e
stuale di 4,14; non vi è tuttavia alcun motivo Andronico dr. ZAHN, Rom. a 16,7; per 1 Cor.
di eliminare cbi:éa"TOÀ.oL (come fa anche W A- 15,7 cfr. A. ScHLATTER, Erliiuterungen zum
GENMANN 76 n. 1; cfr. MUNDLE 38 n. 1), co- N.T., a.l., che accentua in modo particolare
me risulterà evidente dal fatto stesso. l'incarico dato da Gesù risorto; ~ col. 1131.
1131 (I,423) ci7to0'1'É)..Àw (K. H. Rengstorf) (I,423 ) 1132

In questo contesto incontriamo un que egli avesse partecipato attivamen-


invio da parte di una comunità (quello te e con successo (a T essalonica) al la-
di Barnaba e Paolo ad opera della chie- voro missionario; viene detto à.oc:Àcpoc;
(2 Cor. 1 ,1 ; Col. 1,1; Philem. 1), oov-
sa di Antiochia: Act. 13,2 ss.) e una
Àoc; XpLcr-rou 'ITJCTOu (Phil . 1,1) e ànche
designazione più precisa di àn6cr-roÀ.oç, cruvc:pyoç -rov iJrnu (1 Tim. 3 ,2 ) 95 , ap-
presentato nell'intestazione delle lette- pellativi che tuttavia non equival gono
re di S. Paolo come àn6cr-roÀ.oç 'Iricrou al nome di ' apostolo '. La comune ca-
XpLcr-rou. In entrambi i casi sono evi- ratte ristica del mandato apostolico co n-
denti i punti di contatto con lo salia(J ferito d irettamente da Gesti risorto
sc,rngi urò anche la rottura tra la chi e-
giudeo ; cl' altra part e proprio questo
sa di Gerusalemme, rappresentata da
fatto fa vedere chi a ramente la diffe-
Gi ,1corno , e Pao lo, nonostante la n et-
renza ri sp etto al gruppo dei Dodici, ta differe nziazione tra essi esis tente
e se tale differenza non si rivela nel (A ct. 15 , l ss.; dr. Gal. 2 ,9). In 1 Clem.
termine che designa gli uni e gli altri 42 , l ss . si dice espressamente che l'apo-
e nemmeno in una diversa valutazione stolato ha il suo fondam ento nell 'invio
delle due cerchie di discepoli di Gesù, da parte di Gesù risorto. Anche per
Paolo la coscienza della propria missio-
si deve a una caratteristica f ondamen-
ne apostolica si collega col ricordo del
tale dell ' ' apostolato ', comune ad en- suo incontro col Cristo vivente ( 1 Cor.
trambe: e questa non può essere che 9,1esoprattutto15,8ss.) 96 •
l'incontro con Gesù risorto e l'incarico
ricevuto da lui personalmente (l' ' in- Quella degli cin6cr-roÀ,oL di 1 Cor.
vio'); ~ col. 1152). 12,28 s. non è dunque una mansione
Si osserverà che, oltre a Paolo, ven- data dalla comunità, men che meno
gono chiamati Ò".7t6cr-roÀoL anche Barna- ' la principale ' 97, ma una mansione da-
ba, appartenente alla prima comunità ta da Gesù col compito di edificare la
(dr. 1 Cor. 9 ,5 s.)94 , Giacomo fratello sua Chiesa. Proprio per questo motivo
di Gesù e i due compatrioti Giunia e gli apostoli stanno sullo stesso piano
Andronico, divenuti cristiani prima di
dei profeti dell'A.T. (Eph. 2,20; 3,5),
Paolo (Rom . 16,7), ma non Apollo,
i quali erano inviati (~ ànocr-rtÀÀw,
benché a Paolo ( 1 Cor. 3 ,5 ss.) si fosse
presentata l'occasione di attribuirgli il coll.1069s.) con il compito di preparare
nome di apostolo. Nemmeno Timoteo la venuta del Signore (~ 7tpoq>1)-rl)c;) .
viene chiamato &.n6cr-roÀoc;, quantun- Si arriva qui ad uno dei punti più alti

94 Cosl anche LIETZMANN, Kor., a.l., e con (dr. 1 Cor. 3,9 e --+ col. 1183); essa è trop-
particolare risolutezza J. WELLHAUSEN, NGG po ardita per esser considerata una correzione
1907, 5 n. l; di parere diverso è BACHMANN, tardiva.
Kommentar, a.l., e soprattutto HoLL, Ges. 96 1Cor. 15,8 ss . è più importante di 9,1;
Aufsiitze II 51 n. l. HARNACK (335 n. 5) non l'ha rilevato.
95 Molti argomenti di critica interna sono 97 Così PREUSCHEN-BAUER 156.
per questa lezione, attestata da D* 33 Ambst.
1133 (I,423) ciitoG''tÉÀÀW (K. H. Rengstorf) (I ,424) 1134

della coscienza apostolica, raggiungibi- ha detto la sua definitiva parola ( 1,


le solo sul terreno della escatologia del 1 ss.); in secondo luogo è il sommo sa-
primo cristianesimo, come mostra rn cerdote che ha espiato definitivamente
i peccati del suo popolo (2,5 ss.). In
modo particolare Paolo (~ D 3 ).
questo caso &.7toO"ToÀoc; sarebbe da in-
Che Paolo dicendo Èv -rfi ÈxxÀ:ricrlq, tendersi come un deciso superamento
(1 Cor.12,28) intenda riferirsi alla chie- del termine ~ 7tpO<.pTJTr}c:;, che in Heb.
sa universale e non alla comunità di non è usato per Gesù; ma per spiegar-
Corinto98 , dovrebbe risultare chiaro dal lo il meglio sarebbe partire da ò vt6c:;,
contesto del versetto; immediatamente usato in senso assoluto {1,2 ), interpre-
prima infatti egli parla del ~ crwp.a tato mediante lo saliah del tardo giu-
XpLcr-rou, espressione che non designa daismo. Il pensiero sarebbe quindi que-
mai una singola comunità, bensì la Chie- sto: nel Figlio parla e opera Dio stesso
sa nel suo insieme, il cui capo (~ xE- (il nome di Padre in Hebr. viene evi-
<paÀ.-iJ) è Cristo (Eph. 1,22, cfr. 2,11 s.; tato; ~ 7tCX.'t'i)p). Si è detto sopra (-+
Col. 1,18 e passim; cfr. Rom. 12,5). col. 1121) che l'idea dello sallah di
Del resto se si riferisse ÈxxÀ.ricrla a Dio è applicata ai comuni sacerdoti.
una sola comunità, si verrebbe a consi- Qui abbiamo concetti analoghi (3,5ss.)
derare quella di Paolo come una specie che ci autorizzano a rifarci al concetto
di etica interinale, quale essa non fu: di saliab. Se questa osservazione è
inoltre egli non deduce mai dall'uomo esatta, ne viene che i due termini &.7to-
o dalla comunità la figurazione di Cri- cnoÀ.oc:; xat à.pXLEpEuc:; sarebbero una
sto, ma da Cristo la situazione e il si- endiadi nella quale un unico pensiero
gnificato dell' uomo e della comunità - quello dell'autorità assoluta ( òµoÀ.o-
(~ ÈxxÀT)crla). Cfr. anche Eph . 4,11. yla) derivante da una autorizzazione
trascendente a parlare (&.7tocr-roÀ.oç) e ad
e. In Hebr. 3,1 infine Gesù stesso agire ( à.pXLEpEuc:;) - avrebbe due diver-
viene chiamato ò &.7t6cr-roÀ.oc; xa~ &.p- se espressioni. Questo modo di impie-
XLEpEÙc; -rfjc; òµoÀ.oyfo.c; 1)µwv. Qui gare il termine sarebbe ancora senza
riscontro nel N.T., ma potrebbe avere
à.7t6cr-.oÀ.oc; può significare soltanto che
qualche precedente nel linguaggio del-
in Gesù si è compiuta la definitiva ri- l'epoca.
velazione di Dio per mezzo di Dio stes-
Se si rifiuta questa ipotesi non rima-
so (1,2).
ne che dire che Gesù in quanto &.7t6-
Questa espressione è concepita come cri:oÀ.oc:; « è contrapposto come inviato
un tutto unico, come indica la mancan- di Dio al più grande portavoce della
za dell'articolo davanti a ~à.PXLEpEvc:;99 , rivelazione dell'A.T., a Mosè, mentre
e riassume, perché i lettori ne facciano in quanto à.pXLEpEuc; viene contrappo-
oggetto della loro fede (~ òµoÀ.oyli:x.), sto ad Aronne, il massimo esponente
ciò che è stato detto finora su Gesù: del sacerdozio della Legge» 99 • Ci sareb-
egli è il Figlio (~ vt6c:;), nel quale Dio be allora un uso di &.7t6cr'toÀ.oc:; che non
98 La cosa è ammessa come ovvia. 99 RrGGENBACll , Komm. Hbr . 67, a.l.
1135 (I,424 ) (I,424) 1136

compare mai nel N.T. e in tutta la let- postolato si pone a partire da Gesù, an-
teratura della Chiesa antica si trova so- che prescindendo dal fatto che i disce-
lo in Giustino. Presso di lui qualche poli sono stati il nucleo da cui si è poi
volta Gesù è designato, oltre che con
sviluppata la comunità cristiana e che
a:yye:Àoç e ÒLoao-xaÀoç, anche con
a:r:oO-'tOÀoç (Apol. I 12,9 e passim) 100 , come tali erano da lui considerati102 • C'è
con formule mutuate dal mito gnostico, da notare in primo luogo che apparente-
secondo il qu ale il redentore escatologi- mente la cerchia degli apostoli non si è
co è semplicemente 'l'inviato'. È strano differenziata in nulla da uno di quei
però che questa parola manchi proprio circoli che i maestri di allora riuniva-
nel Vangelo di Giovanni, dove si direb- no attorno a sé . .Lo si vede anche nel
be che si avve rta l'eco 101 di tali concezio-
nome di ~ µai)l')'tal col quale vengo-
ni , e compaia invece in Hcb., che non
presenta punti di contatto con simili no chiamati e i primi seguaci di Gesù
speculazioni. Soprattutto si deve dire che e gli alunni dei rabbini. Ma ciò che
in questa maniera viene necessariamen- differenzia i due gruppi è il modo in
te a cadere la convergenza dei termini cui è sorto quello dei discepoli di Gesù
cbt6o-'toÀoç e tipxLe:pe:vç con i quali è (~ xcÙÉw, &.xoÀ.ovMw) e quel che es-
designato Gesù (~ sopra), poiché que-
so è diventato. Alla sua origine infatti
sta interpretazione isola &.n6cr'toÀ.oc; da
&.pxt.E:pe:vç, mentre invece l' autore si non stanno particolari doti spirituali e
propone proprio di far rilevare l'inscin- neppure una risoluzione dei suoi compo-
dibilità di questi due termini e di mo- nenti, ma solo l'iniziativa di Gesù. Ca-
strare nello stesso tempo che in Gesù ratteristico del suo modo di agire è che
la rivelazione ha attinto il suo compi- egli non trasferisce subito questa inizia-
mento, avendo il proprio contrassegno tiva nei suoi seguaci, ma in un primo
non più nella sola parola o nel solo sa-
tempo si limita a farne tanti µai)ri-cal
cerdozio, ma nell'unione di entrambi.
impegnati solo ad ascoltare, sebbene la
situazione reclamasse il passaggio al-
D. ORIGINE E NATURA DELL'APOSTO-
l'azione 103 •
LATO NEL NUOVO TESTAMENTO
Se nonostante tutto i discepoli ri-
nunciarono a prendere un'iniziativa, ne
1. Gesù e il gruppo dei primi di- consegue che essi avevano « accettato
scepoli. con decisione I' appello alla peniten-
za » 104 e avevano imparato cosl che
a) La questione dell'origine dell'a- cos'è l'obbedienza, e Io avevano impa-

100 WETTER 28. 103 Lo dimostra il contegno dei discepoli


101 BAUER, ]oh. 55 a 3,17; R. BuLTMANN, fino al gesto di Pietro che prende la spada
ZNW 24 (1925) 105 ss.; ~ E. (lo. 18,10 par.).
102 Cfr. A. SCHLATTER, Die Geschichte des 104 SCHLATTER, o.e. 312 e specialmente 313
Christus2 (1923) 406 s. n. 1.
l 1.3 7 ( T,425) a7toO"-rE°ÀÀW (K. l I. Rcngstorf) ( T,425) 1138

rato perché Dio era presentato loro da Di conseguenza la formula ot ÒÙJOExa.


Gesù nello stesso tempo come il Santo 0:1t6cnoÀ.ot non deve far meraviglia (Mt.
e come il Padre 105 • Questo va tenuto
10,2), né essa significa che ol. 8w8Exa.
si debbano identificare con oì. Ò:7t60"i:o-
presente prima di ogni altra cosa, se
À.oL; anzi i due termini accostati lo
si vuol capire l'intima natura dell'a- fanno addirittura escludere, tanto pii'1
postolato dcl N. T.; qui stanno in- che in .Mt. 10,2 non vi è sintomo di
fatti i presupposti che spiegano come pleonasmo .
mai l'apostolato non diventò mai un
b) L'attività dei discepoli commcrn
rigido ufficio nemmeno quando, dopo
solo nel momento in cui Gesù decide
Li morte di Gesù, si costituì una co-
di farne i suoi collaboratori 109 . Nessu-
munità cristiana con ordinamenti fis-
no dei Sinottici dice i motivi di que-
si 106 • Un tale apostolato non poteva
sta decisione; anzi, di una decisione
affermarsi in una società di credenti i
specifica di Gesù in questo senso non
quali sapevano di esser stati chiamati
si parla neppure, ma si dice soltanto
da Dio e tenevano il comandamento
che egli chiamò a · sé ' i dodici ' e li
dell'amore come l'unica norma nelle re-
' inviò '. Solo Mc. indica questo gesto
lazioni col prossimo 107 • Da ciò conse-
con il verbo ~ ciTiocri:ÉÀ.À.av, mentre
gue che l'essere uno dei µcdhrtcx.l di
Mt. e Le., - e anche Mc. in un'altra
Gesù è, nel pieno senso della parola,
espressione - -pongono come caratteri-
il presupposto di ogni mansione che
stica di quest'atto il conferimento del-
associ alla sua opera.
la ~ É~ovcrla da parte di Gesù. È evi-
Questo è il tratto essenziale dd rap- dente qui che si tratta di un invio con
porto esistente tra ol. µa.lhrml e ot à.1t6- pieni poteri. Gli uomini così inviati,
CT"toÀ.ot e ol òwoExa.. I--? µa.i)T)"ta.l sono stando a quanto vien detto della loro
il gruppo più numeroso, poiché è que-
missione, sono da qualifìcarsi come s•-
sto il termine più generale indicante i
discepoli di Gesù 108 , ed è necessario es- luf;zm nel senso giuridico del termine,
sere un µcx.i)11i:-fiç per poter diventare come si vede quando tornano e ' rac-
à1toCT"tOÀoç e uno dei owò<xa.. Un à.1t6- contano' (--? à.'7ta.yyÉÀ.Àw, Mc. 6,30;
cri:oÀ.oç - supposto che sia lecito usa- 8t11yfoµa.L, Le. 9,10) ciò che han fatto.
re questo termine - è quindi sempre
un µa.i)11i:-fiç, mentre non ogni µa.ih1- Si è soliti chiedersi se l'invio dei do-
"tlJç è necessariamente un à.'7toO""toÀ.oç. dici ad opera di Gesù sia un fatto sto-

10s Si confronti l'insieme del discorso del tuita' (~ 'ltpEO'~v-rEpoç). Cfr. però anche Act.
monte e le grandi parabole, soprattutto in 6,1.
Luca. 1m Cfr. Mt. 22,37-40.
106 Il resoconto delle discussioni che si 108 BuLTMANN, Trad. 390 s. rimanda parti-
svolgevano a Gerusalemme (Act. 15) mostra colarmente alla lingua di Le.
chiaramente che vi era una comunità ' costi- 109 Mt. 10,1; Mc. 6,7; ,Le. 9,1.
1139 (l,426ì 1btocr't'EÀÀw (K. H. Rengstorf) (I,426) 1140

rico, o non piuttosto un'invenzione tar- ta con Gesù <li un esorcista che caccia
diva intesa a mostrare che il collegio i demoni in nome suo (~ ovoµa), pur
dei ÒWOEX<X rX1tfo'toÀoL presente nella senza che questi riescano ad impedir-
chiesa primitiva aveva ricevuto la pro- glielo. Giovanni non avrebbe potuto
pria autorità da Gesù personalmente parlare in questo modo se si trattasse
durante la sua vita terrena 110 • La que- di una semplice questione di prestigio o
stione non può essere trattata qui nei di un caso di esclusiva competenza di
particolari. Diciamo solo che, posta co- G esù; nelle sue parole si sente invece
sì, potrebbe anche esser posta male, lo sdegno di chi vede uno che è al di
poiché ciò presuppone che oì. owoExcx
fuori della cerchia dei di scepoli arrogar-
e oi. Ò.7toO-'toÀ.oL si possano, o addirit-si un diritto che non gli spetta. La for-
tura si debbano identificare. Ora ciò mula Év ·n'il 6vo[ltx'tl iJov (Afc.) o Èr.1. •0
è del tutto ingiustificato, anche a pre- 6v6~w7l IJOV 111 fa capire che l'intruso
scindere dalla diversità dei titoli, che opera i miracoli servendosi di poteri
si potrebbe spiegare anche in modo di- che appartengono solo a Gesù, eviden-
verso . Basti dire che, se non si ammet- temente senza averne l 'autorizzazione,
te l'invio dei dodici da parte di Gesù, la quale è data solo ai discepoli. Questa
le circostanze storiche diventano anco- almeno è ]'opinione di Giovanni ed es-
ra più oscure, se non altro perché nel- sa si spiega solo se la facoltà dei di-
la storia evangelica non si vede chi al- scepoli di compier miracoli 112 non è
tro, all'infuori di Gesù, possa essere una pura aspirazione ma è stata data
all'origine di questa missione. effettivamente da Gesù stesso ed è fi-
nora limitata alla cerchia dei suoi se-
L'attribuzione a Gesù dell'apostola-
guaci .
to non è legata solo al controverso pro-
La seconda testimon ianza si trova
blema dell'autenticità del racconto del- nelle parole di Gesù sull'importanza
l'invio dei Dodici. L'esistenza di un che ha per gli uomini il trattamento
apostolato sul tipo dell'istituto giudai- che questi riservano ai discepoli (Mt.
co dello sàltaf;, oltre che sul racconto 10,40 ss.; Mc. 9,41; Le. 10,16). Esse
dell'invio si basa su altre due testimo- presuppongono che lo sàltafl sia come
colui che l'ha mandato e che ciò che si
nianze che, se non rendono superfluo
fa allo salia~ sia fatto al suo mandante
il racconto in parola, ampliano tutta- (-7 col. 1112), e si spiegano solo se
via opportunamente la documentazio- · si è già avuta una delega di coloro a
ne necessaria per un giudizio. cui son rivolte. Non ha poi importan-
La prima testimonianza è in Mc. 9, za che in questo contesto non si parli
38 ss.; Le. 9,49 s.: Giovanni si lamen- di un miracolo o di un fatto particola-

110 Cosi sostiene recentemente ScHiiTz, 72ss., 11 2 Attesa la mentalità dei due evangelisti,
seguendo parecchi altri; a p. 71 s. dà uno è il caso di non scender a precisazioni. L'esor-
sçhiz?:o della storia del problema. cista intruso è un concorrente non di un de-
111 Per lo stile cfr. i paralleli presi da Fla- terminato gruppo, per es. dei Dodici, bensl
vio Giuseppe, che si trovano in SCHLATTER, dei discepoli nel loro insieme; cfr. specialmen-
Komm. Lk.109. te Le.: o"tL oux ch:oÀovlki: µ€1>' iJµwv .
1141 (I,426) cbtocr-tÉÀÀw (K . H . Rengstorf) (I,427) 1142

re che valga come prova che quelli a colui al quale va debitore della sua de-
cui si parla sono autorizzati da Gesù. lega. D 'altra parte la scelta degli esem-
Questo passo quindi si differenzia da pi nel secondo caso mostra che l'inca-
quello di Mc. 9,38 ss. par.; in Le. ia-
rico di rappresentare Gesù e la sua cau-
fatti si accenna alla predicazione del-
sa non deve essere motivo di orgoglio,
la parola di Ges ù, mentre in Mc. si
stabilisce l'appartenenza a Cristo, cioè ma di umiltà. Perciò nelle parole di
il fatto di essere suoi discepoli (dr. Mt. G es ù non solo noi troviamo la testi-
10,42). cbt6o-·rnÀ.oç non compare in nes- monianza dell 'apostolato, ma, poiché
suno dei tre passi, e nemmeno in Mc. esso è collegato con pensieri di dedi-
9 ,38 ss . par. Anche à:;ço<T·dÀ.À.H\I non zione e di umiltà, vi vedi amo ribadita
è mai riferito ai discepoli, ma solo al
!'esclusione di ogni pretesa di partico-
rapporto di G es LI con Dio; tuttavia la
situaz ione anche qui è quale noi la co- lari diritti, che è caratteristica della
nosciamo dalle considerazioni giuridi- concezione che ha Paolo dell' ufficio
che dei rabbini sullo sal'ìah. apostolico . Gesù pertanto esclude ogni
tentativo di valersi dell'autorizzazione
I due passi citati confermano che i
a parlare e ad agire per trasformare
discepoli godevano di un'autorizzazio-
l'apostolato in un ufficio comunitario
ne collegata alla sua persona, tanto più
di natura giuridica. A voler essere pre-
che i testi in parola la presuppongono
cisi , il termine di ' ufficio' deve lascia-
senza volerla motivare 113 • La loro im-
re il posto all'altro di 'incarico' nel
portanza aumenta se si considera che,
senso di una delega limitata a un de-
specialmente nel primo dei due passi,
terminato luogo e tempo, non condizio-
Gesù si prefigge di chiarire le idee dei
nata dalla persona cui viene affidata,
discepoli. Sebbene i principi giuridici
ma motivata da una circostanza reale,
dell' apostolato siano indubbiamente
così come è nella figura dello sàlial;
presenti, Gesù mette in guardia contro
giudaico.
la pretesa di ricavare da essi speciali
diritti. Il potere dato al discepolo di
Che non si possa parlare di ' ufficio '
parlare e operare ' nel nome di Gesù ' è dimostrato dal fatto che la delega
non gli conferisce un nuovo diritto, al non rimase limitata ai dodici; una tale
contrario è fonte del dovere di servire limitazione non era nemmeno nei de-

113 Partendo da questi due passi lo ScHiiTZ seguenze, poiché si misconosce la persona di
(72) riduce tutta l'azione di Gesù all'essersi Gesù e la portata dei imoi rapporti con i di-
raccolti intorno dei discepoli per farne dei scepoli nel corso della vita pubblica. Un grup·
banditori del regno di Dio e dei taumaturghi ; po siffatto potrebbe al più esser tenuto insie·
l'autorità personale di Gesù è cosl passata me da una convergenza di interessi, ma non
sotto silenzio e né essa né il pensiero di Dio costituirebbe una comunità religiosa. Cfr.
che in essa si specchia è considerata come l'u· W AGENMANN, 5 s., il quale, muovendosi in
nica norma di condotta dei discepoli come tali . questa linea, ricorda la presenza tra i Dodici
Ma cosi facendo si apre la porta a gravi con- di Giuda.
1143 (I ,427) Ò.T-ocr-rDJ,w (K. H. Rcngs torf) (l,428) 1144

sideri dei così detti primi apostoli, per- Questi Ù7tOCT"t'OÀ.o~ ricevono l'impronta
ché altrimenti nella tradizione riguar- religiosa solo da colui che affida loro
dante Gesù non troveremmo il raccon- l'incarico; quest'incarico rimane la co-
to dell'invio degli altri settanta (µa.?h1-
sa principale, mentre l'apostolo ne è
·rn.l) (Le. 10,1). Del resto, proprio se-
solo il portatore, proprio secondo il
condo quanto si dice qui 114 , era natu-
rale che portare il kerygma del regno principio rabbinico Yluho frl 'iidam
ormai prossimo (~ xl]pucrcrw) fosse k"m6to (~ coll. 1110; 1124).
compito in primo luogo della cerchia c. Di gran lunga più difficile che
dei disc epoli pil'1 intimi , cioè dei Dodici, non il problema di un'autorizzazione è
senza però che G esù avesse accordato quello dell'esistenza del nome di apo-
loro per questo una posizione di parti-
stolo nella cerchia dei discepoli di G e-
colare preminenza (~ col. 1141 ).
Che l'apostolato non sia un ufficio sù. La parola ànoO'"t'oÀoc; compare al-
fì sso è confermato anche dal fatto che cune volte nei Vangeli per designare
evidentemente l'incarico cessa quando uomini inviati da Gesù con ]'incarico
i discepoli tornano da Gesù; in Le. 9, di annunciare le sue parole (-7 col.
49 s. par. infatti i discepoli sono inat- 1129): in Mt . 10,2 si parla dei owoE-
tivi, proprio perché si trovano presso
xa. tin6cr"t'oÀ.oL, che immediatamente
Gesù e non si parla mai di una loro at-
prima ( Mt. 1O,1) vengon chiamati ol
tività particolare nell'immediata vici-
nanza di Cristo; quando essa c'è è sem- owoExa. µa.l}l]"t'a.l; tra queste due di-
pre preceduta dall' ' invio ' {ci:rtocr"t'ÉÀ.- verse designazioni degli stessi uomini 118
À.n v) da parte di lui rn. Quando essi sta l'invio, e cioè il conferimento della
sono insieme a Gesù, appaiono esclu- ~ Èl;ovo-la., la cui menzione giustifica
sivamente come suoi ascoltatori e suoi la comparsa del termine &.nocr"t'oÀ.oc; in
servi 116 , così come lo erano anche gli
10,2: i µa.i}r)"t'a:l sono diventati àn6-
alunni dei rabbini. Questa osservazio-
ne è di importanza decisiva per la con- CT"t'OÀ.01 per volere di Gesù. Qualcosa
cezione dell'apostolo nel cristianesimo di simile si ha in Mc. 6,30, dove si nar-
primitivo e ancora una volta non va ra il ritorno degli Ò:1too"toÀm, il cui in-
disgiunto dalla figura dello siilia~ {vedi vio era stato descritto con le espressio-
sotto) 117 • ni à:nocr"t'ÉÀ.Ànv e ò106va:1 t!;ovcrlcxv·
Si vede dunque bene che l' 'aposto- ( 6, 7 ). In Matteo i discepoli vengon chia-
lato ' non ha di per sé carattere reli- mati da qui in avanti µai)ri"t'a:l 11 9 e in
gioso, ma è in primo luogo una forma. Marco lo sono dal ritorno in poi 120 • Re-
114 Cfr. ScHLATTER, Komm. Lk. 274 ss. 117 L'invio dei discepoli a due a due, ha
115 Cfr. anche Lc.10,17. anch'esso dei precedenti giudaici ~ col. 1117
116 Cfr. per es. Mt. 19,13 par.; 21,1 ss. par.; e n. 68.
26,17 ss. par.; cfr. però anche Io. 12,20 s. La 118 Sul loro effettivo rapporto~ col. 1137.
lavanda dei piedi (Io. 13,1 ss.) può essere in· 119 Matteo non parla del ritorno degli inviati.
tesa in tutto il suo valore solo se vista su 120 Il WELLHAUSEN (p. 140) interpreta il
questo sfondo. fatto come caricatura.
1145 (l,428) cinoO".-D.).c.; (K. H. Rcngstorf) (I,428) 1146

sta quindi escluso che i due evangelisti Nella citazione di 11 ,49 à,,;6cr'toÀ.o~
usino ci7t6cr"t'oÀ.oc; come designazione di compare accanto a 7tpoq>ij"t'cxL; non in-
un ufficio, quasi a indicare un ' charac- dica quindi i µa.ih-J'tcxl di Gesù, né tan-
to meno i Dodici . In 9,10 si parla del
ter indelebilis ' 121 • Ma con ciò non è
ritorno degli àn6cr·rnÀoL, cosl come in
<.letto che Gesù non abbia usato il ter- Mc. 6,30 (~sopra); il passo di 17,5
mine CÌ'ltocr'toÀoc; o addirittura ignorato è da accostare all'avvenimento narrato
il suo contenuto 122 , così che la sua pre- con ricchezza di particolari in Mt. 17,
.se nza nel Vangelo debba esser conside- 14 ss. e Mc. 9,14 ss.; presuppone quin-
rata come una retroproiezione di un'i- di, anche se non è detto spccifìcatamen·
.stituzionc e di un titolo posteriori. te, il potere dato ai discepoli di ope-
rare guarigioni 125 , il quale però ·non
Ques ta conclusione appare necessaria può venir impiegato con successo a
se si osserva l'uso che fa del termine causa della loro ~ ÒÌ..L yomO""t'La. 126 • In-
Luca. Nel Vangelo Ò:7tOcr'toÀoc; compare fine in Le. 6,12 s. la scelta e la deno-
minazione dei dodici come à'lt6cr'toÀ.oL
6 volte; in 24,10 oi. ci7t6crnÀoL è formu-
avviene in riferimento al loro immi-
la fissa indicante la cerchia dei primi nente invio ( 9, 1; qui soltanto ol ow-
.discepoli; ugualmente in 22,14 oì. ci'lt6- OExa.) 127 , dal quale essi tornano come
.cnoÀ.oL è riferito ai discepoli presenti ol à'ltocr'toÀ.oL 9,10 (v. sopra).
all'ultima cena , che sono gli stessi 123 • Nella lingua di Luca è conservato
In entrambi i casi non c'è nessun rife- quindi in prevalenza lo stretto rappor-
rimento a un invio e questo fa pensare to esistente tra tX7tOCT"t'oÀ.oç e ànocr"t'ÉÀ-
in effetti che l'uso della parola fosse Ànv. Quest'uso della parola si può
già fissato, specie perché manca il ow- spiegare soltanto in una situazione in
&xcx restrittivo 124 • Negli altri passi tut- cui si addica l' CÌ7tOCT"t'ÉÀ.Àwi}a.L e no:i
tavia coloro che vengono designati col l' à7tEcr"t'riÀi}m o rX7tOCT"t'cxÀ. fjvm e ciò
nome di &.7t6cr'toÀoL sono realmente è dimostrato dal significato fisso che
.degli inviati. il vocabolo assume poi. Ma proprio

121 Da questo punto di vista le obiezioni prie (BULTMANN, Trad. 384 ss. ). Può servire
.contro la presenza della parola in questi due da introduzione, specialmente in questo caso,
_p assi sono del tutto giustificate. ScHLATTER , Komm . Lk. 385.
122 ->col. 1147. 126 Il fatto si verifica in assenza di Gesù
m La lezione ot owoExrx ri7t6cr.-oÀ.o~ di (Mt. 17,1 ss.; SCHLATTER, Komm. Lk. 385); es-
22,14, testimoniata da A C e soprattutto dal sa è forse in rapporto con la ~ oÀ.Lyomcr.-la:,
.textus receptus, è certamente secondaria. poiché è preceduta dal primo annuncio della
124 ->coli. 1137 s. passione (Mt. 16,21 ss .).
12s Così anche ScttLATTER, Komm . lk. 121 Questa , secondo 6,12 s., è l'unica possi-
384 s.; dr. H . J. HoLTZMANN, Die Synoptiker3 bile designazione del gruppo, poiché i Dodici
(1901) 391, a.l. Chi vuole ad ogni costo giu· sono distinti dai µcxlhrml, ma non possono
stificare la parola col contesto di Le. (ZAHN, ancora esser chiamati CÌ.1téO"tOÀ.OL, titolo che
Lk., a.l. ) non tiene conto che spesso Luca spetta solo agli inviati. La parola è quindi
introduce le parole di Gesù con formule pro· usata in modo affine a Mt. 10,l s. (-> sopra).
1147 (I,429) CÌ1tOCi't'ÉÀÀ.w (K. H. Rengstorf) (J,-129) 1148

per questo fatto è difficile che <bt6- cr-i;ÉÀÀ TI mhoùc; XY)pvcrcre:w xa.ì. exe:i.v
cr-.oÀ.oç non risalga a Gesù, natural- Ét;,ovcrla.v ... , così come l' hÀe:t;,ciµE\Ìoç
mente non nella forma greca, ma à.7t' aù-i;wv di Le. corrisponde al xa.ì.
É1tOLY)cre:v ÒwÒe:xa., i'.va. wcrw µe:'t' a.u-i;ov
nell 'originale aramaico s<fihii'. Anche
di Mc. In entrambi gli evangelisti le
questo è significativo, poiché s'/Zf';ii'
frasi che seguono mostrano che la no-
manca di quel carattere ufficiale che mina vera e propria ad à.TI6cnoÀ.01. ha
à.TC6cr-coÀoç assume più tardi a causa luogo solo più tardi (Mc. 6,7; Le. 9,1);
della posizione dei Dodici nella comu - la scelta dci D odici e la loro nomina
nità primitiva. Luca dice espressamen- ad aTIOCT'tOÌ.ci. non cadono quindi nel-
lo stesso tempo, e in qu es to Mc. e Le.
te (6,13): xa.ì. ÉxÀ.Et;ci~u:voç à.TC mhwv
1

concordano con Att .( 10 ,l; ~col.1144).


ÒwÒExa., ouç xa.ì. à.1tOO''toÀovç WVO[.ta.-
Gesù fa la sua scelta tenendo presente
!TEV. La propo sizione relativa normal- fo futura p<ll'tecipazione degli eletti al-
mente viene spiegata come un anacro- la sua ope ra. In Marco que s to è detto
ni smo, ammettendo magari qualcosa espressamente in una fra se finale che
d i simile nella sinagoga, se pure non riguarda il futuro; ma anche la frase
viene semplicemente espunta come spu- relativa in Lu ca non può avere altro
128 significato, a me no che la parola <in6-
ria . Ma né l'una cosa né l'altra è ne-
cr-i;oÀ.oc; - che qui per di più è senza
cessaria, se à.7t6cr-i;oÀ.oç si considera solo articolo - si voglia considerare del tut-
come designazione di un rappresentan- to estranea alla situazione dei discepoli
te cui sono stati dati pieni poteri per quale risulta dal confronto con Lc.6,13
compiti ben determinati. Questa inter- e 9,1. È possibile che le fonti usate da
pretazione secondo le osservazioni fat- Luca accennassero a Gesù che già al
tempo della scelta parla ai Dodici di
te sopra (specialmente~ col.1144) non
quello che aveva in mente per loro e
solo è possibile, ma si impone, se non
che la frase òvoµa~Ei.v a.ù-roùç tinocr-.6-
ci si vuol ridurre a concepire la figura Àovç intenda questo; ma è solo una
del discepolo nei suoi rapporti con Ge- supposizione.
sù in maniera gravemente deformata e
Del resto la frase relativa di Luca
a riscontrare - come in effetti si è fat- ha un riscontro nella tradizione testua-
to - profonde contraddizioni nei reso- le di Mc. 3,14, dove alcuni autorevoli
conti. A parte tutto ciò, poi, tale in- testimoni (SBC"'WE>cp sah.min.Tatian.)
terpretazione si appoggia anche alla la riportano dopo p.e:-i;' a.u-rov; la circo-
tradizione evangelica. stanza merita di esser segnalata, anche
se la critica testuale non riconosce co-
Dal confronto di Le. 6,12 s. con Mc. me autentica questa aggiunta a causa
3' 13 ss. risulta che le parole ove; xa.ì. del passo di Le. 6,13; anche le difficol-
1htocr-r6À.ovç wv6µa.cre:v in Le. corrispon- tà che presenta il termine à.1t6cr-.0À.01.
dono a queste altre di Mc.: ~va. à.1to- possono aver contribuito a non far ac-

128 Tipico è KLOSTERMANN, Lk., a.I.


1149 (I,430) ci7to<r-t"ÉÌ.. À.w (K. H . Rcngstorf) (l,430) 1150

cettare questa frase. Tuttavia se la si l'opera di Gesù viene assegnato agli


interpreta nella maniera da noi propo- apostoli anche in Matteo (10,7 s.). È
sta, si può accordare a questa lezione dunque, questa della predicazione, una
un credito maggiore di quanto non si
mansione assegnata all'apostolo come
sia fatto fì:iora.
tale e, se è così, anche ogni possibi-
Si può quindi ritenere per sicuro che lità di delimitarsi il proprio compito
non solo l'istituzione dell'apostolato ri- rest.1 sottratta all'iniziativa personale.
sale a Gesù, ma anche il nome di apo- Se le parole 'ilYYLXEV +i 0txcr~ÀEltx -.wv
stolo ve1111e usato da lui, sia pure se n- cvpavt7.i'J sono il contenuto anche della
za venir collegato col termine greco e predicazi one affidata al discepolo, ne
nemmeno come designazione di un uf- vien e che questo è posto sul piano di
fici o, ma valendosi dell' istituto dello Gesì.1 e fì gllra ancor più sottomesso al-·
sal!ah per illuminare ìl rapporto esi- Li volontà di Dio, che annulla la sua
stente tra i suoi discepoli e lui nel tem- autonomia 12" lasciandolo libero solo di
po in cui li chiamò a partecipare ap- dedi ca rsi in assoluta obbedienza al suo
pieno alla sua opera , promettendo che compito 130 .
avrebbe loro conferito tutta Ja sua Indi ssolubilmente legata con l'inca-
autorità. rico di predicare è la delega ad agire
conferita da Gesù ai suoi messi (~so­
d. Nei Vangeli vi è ancora un aspet- pra), la quale costituisce un aspetto
to che ha assunto una grande impor- essenziale della funzione apostolica,
tanza in seguito; infatti a Gesù vien poiché in essa il messo ha e dà la pro-
fatta risalire anche la connessione di va di essere realmente l'incarkato e il
siiliah / à.1t6rnoÀoç con !'annuncio della rappresentante di Gesù. Se tuttavià
dottrina. Marco afferma che gli à.1t6- pensiamo al contegno dei discepoli in-
0''1"0ÀoL per volere di Gesù devono an- viati per primi, pieno di modestia e
zitutto ~ Xl}pvcrcrn v ( 3, 14) e ce li mo- modellato sulla parola e sull'esempio
stra al ritorno che riferiscono 1tciV'1"a di Gesù, troviamo che non a caso essi
i5cra È1tolT}crav xa~ Èolotx!;txv. Luca dice evitano di menar vanto dei miracoli
che Gesù li manda XTJPVCTCTELV TTJV ~a.­ che operano e che se una gerarchia tra
CTLÀ.dav -.ou ih:ou xa.~ Uicrfra.L (9,2), essi si stabilisce questa non è in rap-
compito che in forma più ampia e in porto alla grandezza di ciò che com-
collegamento ancor più evidente con piono 131 • Lo stesso vale anche dei set-

129 Cfr. Mt. 10,9 par~ Si veda inoltre ciò qui si parla di un uomo che parte e affida un
che si dice dei µa.lhrra.l come tali , non in incarico al suo servo per il tempo della sua
quanto ci7t6CT'toÀ.oL, specialmente in Mt. 18 ,11 assenza .
par. 131 È dubhio se pensieri del genere fossero
130 Mt. 25,14 ss.; Le. 19,12 ss. Si osservi che all'origine del colloquio di Gesù con i disce-
11 51 (l,430) CÌ'.7to<nÉÀ.À.w (K . H. Rengstorf) (I,431 ) 1152

tanta discepoli, <lei quali Luca dice sol- a.. Dall'uso di a7toCT"t'OÀoç e dalla
tanto che al ritorno riferirono µE-cCÌ situazione dei discepoli nei r apporti con
xapéX.c;: xal 't'CÌ OaLµOVLCX V1tO't'aCTcrE't'CXL Gesù è risultato che il loro compito era
1)µ'Lv Év 't'<{) òv6µa -e l crou (1 O,17). Qui limitato nel tempo all a predicazione del
la persona dell'incaricato ~iene lasciata regno di Dio ormai prossimo (~ coll.
completamente in di sparte e tutto l'in- 1144 s.) . D ato che non si dice di nu ovi
teresse è concentrato sull'incarico , e invii elci Dodici né tanto meno di un
quindi anche sulla xapci., che domina loro incarico permanente a rappresen-
là dove l'uomo scompare e fa della sua tare Ges ù , i di scepoli al momento in
vita un puro servizio di Dio (~xa.pcl:) . cui egli li lasciò non erano un gruppo
Qui certamente non è Luca che trac- co mp atto, p ronto al suo servizio, ma
cia la figura dell'apostolo ideale, ma piuttosto una turba disorientata . La pro-
p arla invece la sua fonte, ed è quindi messa di G es1ì che non sareb be rimasto
tanto più importante che già in quella preda della mo rte 112 e che sarebbe stato
i messi, tornando esultanti, presentino con loro anche in seguito rn non li trat-
i propri successi come opera di Gesù tenne dalla fuga 134 , dal rinnegamento 135 ,
e che - alla pari di tutti gli altri m essi dal timore 136 e dalla disperazione dello
nei Vangeli - passino sotto silenzio le srnarrimento 137 • I Vangeli e gli Atti non
difficoltà incontrate nell'espletare la lo- lasciano dubbio che fu merito esclusivo
ro opera in nome di Gesù, delle quali di Gesù risorto se dalla cerchia disper-
egli li aveva certamente preavvisati sa dei di scepoli nacque una comunità
(dr. per es. Mc. 6,11). Tutto questo animata da lieta speranza e da ardente
mette conto di rilevare perché ci mo- volontà di lavorare us; non solo , ma a
stra all 'opera, nella missione che i pri- lui si deve anche il rinnovato incarico
mi discepoli svolgono in piena respon- ai discepoli e la loro definitiva quali-
sabilità, un aspetto che diviene decisi- ·fìca di &.n6cr'toÀoL 139 •
vo nel contegno di Paolo. I problemi d ei particolari possono es-
ser lasciati da par te per far emergere
2. L'apostolato del primo cristiane- quello di base; anche le questioni ri-
simo, dono di Gesù risorto . guard ant i il luogo - se sia la GaÌilea op-

poli di Mt . 18,11 par.; il passo tuttavia si può 136 Nessuno dei d iscepoli prende parte alla
comprendere anche senza supporre una tale sepoltura di Gesù (Mt. 27,57 ss. ); solo alcune
concreta occas ione, poiché la questione tratta- delle donne che gli erano vicino ' vedono dove
ta era sempre viva n ella Sinagoga (Sc11tATTER, egli è stato posto' (Mc. 15,47; cfr. Le. 23,
Komm. Mt . 543 s. ). 55 s.; Mt. 27,61 ). Tipica è la situazione m
132 Mt. 16,21 par.; 17,23 par .; 20,19 . Io. 20.1 9.
rn Mt. 18,20 ; 26,29 par. m Le. 24,4 (cbi:opEi:crl>a. ~ ). 13 ss.
134 M t. 26 ,56 ; Mc. 14,50. llB Cfr. specialmente Le. 24 ,3 6 ss.
135 Mt . 26,69 ss. par. 139 M t. 28, 16 ss. ; Le. 24,48 s.; Act.1,8.
115 . ~ (1,431) Ò.7tOO"'t"ÉÀ.À.w (K. II. Rengstorf) (I,432) 1154

pure Gerusalemme 140 - non ci interes- pitolo campeggi la fondazione dell'apo-


sano Ciò che importa è solo constata- stolato 145 • D'altra parte Giacomo, il
re come l'ufficio apostolico non figuri fratello di Gesù, il quale non fu mai
suo ~ µcti}T)-r1)ç ma compare in 1 Cor.
all'inizio della Chiesa come qualcosa
15,7 tra coloro che videro il Risorto,
che si ricollega al tempo che precede figura più tardi tra i capi della chiesa
la Pasqua, ma come un'istituzione vo- di Gerusalemme (Gal.1,19; 2,9.12), ed
luta da GcsL1 dopo la risurrezione per è chiaramente annoverato da Paolo tra
far sì che la comunità potesse farsi ban- gli à:r:oo-'to).oL 146 , anche se non riceve
ditrice della buona novella w. Gli apo· mai espressamente il nome di apo-
sto!i sono i testimoni della tisurrezio- stolo 147 •
ne, anche se non tutti coloro che furo- L'unico titolo per esser chiamato
no testimoni della risurrezione divenne- apostolo sembra perciò essere, oltre al-
ro apostoli 142 ; sembra anzi che la loro l'incontro col Risorto, !'incarico perso-
cerchia non sia stata molto ampia, e nale da lui conferito. Che quest'incarico
che in particolare non vi appartenes- valesse soprattutto per i Dodici, è im-
sero delle donne, benché proprio alcu- plicito nella loro partecipazione alla vi-
ne di queste avessero visto per prime cenda terrena di Gesù che li rendeva
il Risorto 143 e non ne mancassero al- particolarmente adatti a riprendere e a
cune dotate di facoltà profetiche 144 • continuare la buona novella non solo
della sua venuta sulla terra, ma anche
È quanto mai incerto se quei « più del compimento in lui delle profezie
che 500 fratelli » di cui parla la 1 Cor.
dell'A.T. 148 • Due circostanze si collega-
15,6 avendo visto Gesù siano divenuti
no così effettivamente all' apostolato
anche ci7t6cr-roÀ.ot., sebbene proprio in
1 Cor. 15 ,8 s. sia sottolineata la stretta nella giovane comunità cristiana: 1. per
connessione tra apostolato e incontro incarico di Gesù alcuni uomini, specie
personale col Risorto e in tutto il ca- coloro che durante la vita di Gesù era-
140 Cfr. J. WEiss, Das Urchristentum ( 1917), tazione di Paolo.
10 ss. e per il problema della « Galilea sul 145 « In Paolo gli avvenimenti di Pasqua
monte degli Olivi» la bibliografia citata in sono considerati esclusivamente in quanto in
PREUSCHEN-BAUER 236. quell'occasione Gesù creò i suoi messaggeri >o
141 Cfr. A. ScttLATTER, Die Geschichte der (A. ScttLATTER, Die Geschichte des Christu s2,
ersten Christenheit (1926) 10; P. FEINE, Der 1923, p. 532).
Apostel Paulus (1927) 222. 146 Cfr. l'accento posto su 'toi:ç à.nocr't6ì.o'c;
142 Cfr. Le. 24,49 con 46 e specialmente mio-w in 1 Cor. 15,7 b.
1 Cor. 15,8 ss., come pure HoLL, Ges. Aufsatze 147 Gal. 1,19 non è cogente, poiché filolo-
II 51. . gicamente non si può stabilire se El wr1 si rife-
143 Mt. 28,1 ss . par.; Io. 20,11 ss. risca a tutta la frase precedente o soltanto ad
144 Act. 21,8 s. Gli Act. Pl. et Thecl. vera- cX1tOIJ"tOÀWV (v. LIGHTFOOT, a.l.).
mente attribuiscono il nome di apostolo a Te- 148 Cfr. i discorsi degli Act., e il xa."t"à. 'lcXc;
cla (+i 'tOU frEOU 7tpW't6µap'tuç xa.t CÌ1t0!1'CO- ypa.qi6:ç di 1 Cor. I 5,3 s., e inoltre Rom. 1,2;
Àoç xa.ì. na.plltvoç 0ÉxÀa, p. 272,20 s. Lip- 3,21.
sius); ma probabilmente il titolo è dato a imi·
1155 (I,432) cinoc-:D.).w (K. H. Rengstorf) (1 ,433) 1156

no stati i suoi discepoli più fedeli, di- Del resto sembra signifìcativ0 che della
ventano suoi rappresentanti prenden- sorte di quasi tutti gli altri apostoli do-
done il posto e assumendo una posi- po la Pentecoste non si sappia nulla;
quale essa fu, è forse detto abbastanza
zione preminente entro la piccola schie-
chiaramente in Mt. 28,19 s., poiché la
ra dei cristiani e 2. nella nuova situa- Chiesa che stava sorgendo difficilmen-
zione diventano missionari, dando cosl te avrebbe tollerato quelle parole nel
al loro ufficio il carattere suo proprio. Vangelo, se esse non avessero corrispo-
sto alla realtà 152 •
Non sappiamo quali proporzioni aves-
se la cerchia dei primi à:r.6v-co),oL, ma L'attiviLì missionaria differenzia ra-
probabilmente non era piccola. Paolo
dicalmente l' apostolo del N. T. dal-
e gli Atti attestano indirettamente che
anche la vita dei Dodici era dominata l'isti tuta giudaico dello salia(;, e que-
dall'attività missionaria Nel tempo a sto fin dalla comparsa dei primi disce-
cui allude Gal. 1,18 ss. a Gerusalemme poli al fìanco di Gesù e dalla loro par-
non vi era nessun rht6cr-coÀoç all'infuo- tecipazione alla preparazione della fu-
ri di Pietro e Giacomo (il quale ultimo tura ~ ~cwùdcx di Dio (~ col. 1143 ).
però non appartenne mai ai Dodici, ~
Alla base dell'apostolato, tuttavia, ri-
sopra), quantunque la dispersione del-
la comunità in seguito alla morte di mane sempre la figura dello sàliah; so-
Stefano fosse ormai lontana (Act. 8, lo che, nella situazione creatasi dopo
11ss.) 149 • In Act. 15,1 ss. compaiono Pasqua, essa porta a sviluppi comple-
solo 01, à.1t6cr°'oÀoL, ma non i Dodici, tamente diversi da quelli precedenti;
al quale proposito si deve considerare infatti l'incarico ora conferito ha un
che Giacomo, figlio di Zebedeo, era sta- carattere permanente, riflesso diretto
to ucciso già prima del cosiddetto con-
del valore assoluto che Gesù ha per i
cilio degli Apostoli (Act.12,l s.). Paolo
nella 1 Cor.9,5 parla dell'attività misr'.o- discepoli. I precetti che egli dà ai suoi
naria di Pietro, se almeno 1tEpuiynv rappresentanti non sono più soltanto
può esser riferito ai viaggi apostolici1 50 • per un certo periodo di tempo, ma per
Nello stesso passo compaiono ancora i tutto il tempo tra la Pasqua e il suo
À.OL1tOÌ. cX1t6cr-.oÀOL e gli rXOEÀcpoi. "ou xv- ritorno, di cui nessuno conòsce la du-
plov, i quali ultimi quindi non vengono
rata 153 • Per questo però egli dà degli
accomunati senz'altro agli CÌ.1tOCT't'OÀot.
Può darsi che il lavoro missionario di ordini solo una volta, e per questo è
Pietro lo portasse ad avere particolari logico che l'apostolato sia rimasto li-
rapporti con gli Ebrei di Babilonia 151 • mitato ai primi cristiani e non sia di-

149 8,1 dice espressamente che gli ci1t60..ro- Bibel4 , 1923, p. 448s.; vedi però~ Ba~vÀ.wv.
Ào~ rimasero allora a Gerusalemme. 152 Cfr. però anche Paolo, Rom. 1,5 ss.; 1
JSO JoH. WEISS, 1 Kor., a.l. Cor. 9,16 (~ <1Lv6:yxl) coli. 936 s.).
151 Cfr. 1 Petr. 5,13 e A. ScHLATTER, Er- 1s3 Act. 1,6 s.
liiuterungen zum N.T., a.l.; Einleitung in die
1157 (I ,-133) cbtocr-iD. ).rù (K. H. Reng5torf) 0,434) 1158

venuto un uf1ì cio ecclesiastico. Quan- cioè come membro della sua Chiesa e
to al resto, ora si ripete tutto ciò che dell'ordinamento di questa 160 •
era stato fatto col primo invio dei mes- Il pensiero di Dio e l'obbedienza che
si: il conferimento della ~ tçoucrla. 154
1 esso postula fanno sl che il nuovo apo-
e ancbe l'impegno a render conto del stolato non possa aversi senza lo Spi-
proprio ope rato a colui che l'ha con- rito, nel quale la comunità , ma soprat-
ferito 155 • In queste due cose è impli- tutto gli apostoli, ricevono la certezza
cito che l'npostolo non deve agire di della presenza e con ciò la forza di Ge-
propria inizintiva , ma inserirsi docil- sù 161. I discepoli danno inizio al lavoro
mente nella direttiva cui si è attenuto missionario nella Pentecoste 162 , e que-
Gesù stesso. Qu es to è quanto farà in sto è del tutto nella natura dell'apo-
modo esemplare Paolo ( ~ coH .1170ss). stolato del primo cristianesimo. Lo Spi-
rito dato all'apostolo è pure la misura
Contro la limitazion e dell'apostolato
di ciò che egli è e fa, e di ciò che fa per
- nel sen so tecnico dcl termine - alla
generazione di Paolo non si può invo- mezzo suo Dio o il Cristo 163 , il quale l'ha
care il passo della Diti. 11,1 ss. 156 . De- chiamato ad esser suo strumento: uno
gli rir.6cr-coÀoL xa.t ;:pocplj-ra.L qui inte- strumento cosciente che si dedica alla
ressano solo que sti ultimi 157 ; contro i sua missione impegnando a fondo la
rappresentanti di questi venivano mes- propria volontà e non perdendosi estati-
se in guardia le chiese, non contro i
camente nella virtù divina 164 • Per que-
falsi rir.6cr-roÀoL. Sembra che la parola
sto la predicazione degli apostoli (ed
ri-rtoO"'toÀoc; sia usata solo per indicare
cbe il vero profeta viene non in nome evangelisti) 165 quale è riportata negli
proprio, ma in nome di Gesù 158 ed agi- Atti non differisce da quella di Gesù
sce in modo conforme al suo spirito 159 , nel gravitare interamente intorno al-

154 Cfr. i miracoli degli Atti, ma anche la dalle sole sue parole si riconosce che egli ha
formula CTTJµEi:et 't"OÙ à1tOIT't"OÀov di 2 Cor. lo Spirito (11,10).
12,12 e il parallelo di 1 Thess. 1,5. 160 Cfr. 11,11. Si osservi anche che i mes-
155 Mt. 25,14 55. par.; 1 Cor. 4,4 (~clxové· saggeri della comunità romana a quella corin-
µoç). zia in 1 Clem. 65,l non vengono chiamati ci.1t6-
156 SEuFERT p . 119 considera gli tÌ1tOIT't"OÀo~ cnoÀoL, ma cimcr"taÀµÉvoL.
della Didaché come « missionari indipendenti, 161 Cfr. inoltre W. GRUNDMANN, Der Be-
che girano incessantemente di comunità in co- grilf der Kraft in der ntl. Gedankenwelt, 1932,
munità per divulgare la 1vwcnç xvplov »; cfr. p. 92 ss. Ma la ' forza ' non può esser conside-
anche HARNACK p . 347 ss. Questa interpreta- rata a sé, come è propenso a fare il Grund-
zione è però insostenibile, perché funzione di mann proprio nel cap. riguardante i discepoli
à1t6CT't"OÀoç e autonomia si escludono a vicen· e gli apostoli (p . 92 ss.); essa è invece colle-
da (~ col. 1110). gata a una determinata persona.
157 Cosa questa che il Seufert non ha visto 162 Act. 2,14 ss.
( 119); ~ 1tpoqn'rtTJc;. 163 A ct.10,26; 14,15; 19,11, e anche 3,llss.
158 Did. 12,l. 164 Act. 4,19 s.; ~ 7tetppTJCTLet.
159 Un profeta è un vero profeta M.v EXTI 165 Act. 8,5 ss. 37 s.
't"OÙc; 'tp61tovc; xvplov (11,8); da questo e non
1159 (l,434) à.:to<r't'ÉÀ.À.W (K. H . Rengstorf) (1,434) I 160

l'appello alla fede in Gesù , mentre ciò ciurli a fatti naturali che la tradizione
che fa il predicatore o il taumaturgo avrebbe presentato come miracoli. Ma
rimane in ombra 166

con ciò si viene a negare anche che
l'apostolato sia un'istituzione religiosa,
Considerare in blocco i miracoli de- anzi l'istituzione religiosa fondamenta-
gli Atti 167 alla stregua di leggende tar- le della prima comunità cristiana, per
dive della comunità nate, magari, p er farne , anche in quanto riguarda Gesù ,
glorificare un apostolo , come sarebbe un istituto essenzialmente giuridico.
Paolo, e non la sciarlo offuscare dai pro- Ora , n~ la sua stor ia 168 né i trat ti fonda-
digi operati da Pietro nella prima par- mentali della sua evoluzione 169 giusti-
te del libro, è lo stesso che fraintend e- fì c1110 una ri cos tru zione siffatta . Con
re il significato ciel possesso dello Spi- ci(1 non diciamo che uno studio critico
rito e pit1 ancora Ja natura dell'aposto- dc i miracoli deg li Atti sia superfluo;
lato nel cristianesimo primitivo. È con- ch e anzi lo consideriamo necessa rio 17tl.
vinzione generale che dietro lo scher- Ciò che ha rapporto con l 'idea del
mo dei miracoli opera Gesù in perso- O'IJ!!.Ei:ov <le i] ' ò.dcr-roì,oç si rifà esso
na, il quale attesta la sua potenza per pure in definitiva al modello del mes-
mezzo dei suoi inviati e li accredita. saggero semitico (~ coli. 1113 s. ). Il ti-
Se è vero che il principio base <lel- pico messaggero religioso inviato da
1' apostolato del N .T. è che « il mes- Dio e autenticato dal segno è Mosé;
saggero di un uomo è pari a lui », ve- in Ex. 3, 12 salah/È~G..1tOO"tÉ ÀÀELV e
nendo meno il miracolo resterebbe pro- )ot I <Ti}[ lELOV sono accostati a indicare
vato che a torto alcuni si arrogano il la legittimazione da parte di Dio. Solo
titolo di apostoli e che la predicazione in questo rapporto si spiega la capacità
del Cristo risorto è materiata di puri di ~ Jannes e ~ Jambres, gli strego-
pensieri umani e non è affatto il mes- ni egiziani avversari di Mosé, di pro-
saggio di un'opera divina che supera durre dei cr11µEi:a (Ev . Nicod. 5 p. 235
ogni umana immaginazione. I cr11µc:t:rx ed. Tischendorf [2 ed.]; dr. Ex. 7,11.
'tCV &.7tccr-.6Àcu (2Cor.12,12) sono quin- 22). Cfr. però anche Is. 7,11, dove il
di ·indispensabili per la causa della fe- profeta è inviato ad Acaz per offrirgli
de, e quindi per Gesti, e non per i suoi un segno, o I ud. 6,17, dove Gedeone
messi. Chi crede che si debbano elimi- Ottiene dal mat'ak jhwh(~ èiyyEbç
nare, deve ridurre a leggende anche i mi- col!. 202 s.) un 'ot/cr11µdo v a conferma
racoli di Gesù, o almeno tentare di ri- del potere che ha di nominarlo giudi-

168
166 Act. 3,16; 5,14 s.; 14,9 e passim. In ciò rientra soprattutto la mediazio-
167 Si parla qui propriamente solo dei mi- ne dello Spirito (Act .8,14ss.; 10,44ss.; 19,lss.).
racoli degli cbtécr't'oÀ.oL, ai quali appartennero l69 HoLL, nello studio sul concetto di Chie-
anche Paolo e forse anche Stefano poiché egli sa della comunità primitiva (v. Ja bibliografia),
sembra aver fatto parte della comunità fin commette un grave errore. Il carattere piena-
dall'inizio (Act. 6,3.8}. Oltre ad essi <rr]µE~cx. mente 'pneumatico', dell'apostolato non è
xcx.t OUVaµELç µEyaÀ.C1.L vengon ricordati solo riconosciuto.
in riferimento a Filippo (8,13 ); ma non sap- 17o Cfr. Grundmann, I.e. p. 98 n. 7.
piamo se questi ebbe il nome di apostolo.
1161 (1,434) cinocnDJ.w (K. H. Rengstorf) (1,435) 1162

171
ce • Si potrebbe citare anche Gesù b. Qua11to abbiam detto finora cir-
(Mt. 16,1 ss. par.; Io. 6,29 ss.). ca il rinnovo della mansione apostolica
Naturalmente ci si deve guardare ad opera di Gesù risorto, sulla sua isti-
da un indebito schematismo che vor- tuzione ultima e definitiva e sulla sua
rebbe circoscrivere solo a determinate connessione col possesso dello Spirito
cerchie le forze che agiscono nel pri- è tratto principalmente dai Sinottici e
mo cristianesimo. Anche qui è neces- dagli Atti; ma tutto è confermato nel
sario ricordare che Gesù risorto opera Vangelo di Giouanni, e ciò è tanto più
non nel singolo, ma in tutt <l la comu- importante, in quanto in un solo passo
nità e che i suoi à.n6cr'to),oL possono dcl IV Vangelo la parola à.nécr'toÀoc;
e ssere suoi delegati solo in quanto so- è usata in ~enso proprio e non riferita
no membri di quella. A questo punto ai messi di Gesù (~ col. 1125). «In
tuttavia possiamo ben comprendere Giovanni il nucleo del racconto della
perché essi son lega ti a lui e perché Pasqua gravita intorno al pensiero cen-
siano importanti in quanto portatori trale dell'evangelista e mostra come il
dcl movimento che da lui prende no- Risorto riunì attorno a sé i discepoli
me. Ma come Gesù è al di sopra di tut- col vincolo della fede e diede loro la
ti e mira a realizzare la comunità che delega per la loro missione » 174 • Que-
tutti abbraccia, così ora anche l'ufficio sto vale per Tommaso (20,24 ss.), ma
degli apostoli è diventato universale 172 • più ancora per Pietrò, il quale, con la
In quanto sono inviati a tutti e presso missione apostolica, riceve anche il per-
tutti possono far valere i loro titoli, gli dono del triplice rinnegamento (21,
apostoli sono insigniti di un ufficio che, 1 ss. ). Anche qui si tratta della delega
attraverso la rinnovata e definitiva de- a rappresentare Gesù, quindi dell'irn·
lega conferita loro da Gesù risorto, ri- pegno ad ubbidirgli e a servirlo, non
sulta superiore all'apostolato anteriore già dell'autorizzazione ad agire in ma-
alla Pasqua. In tutto ciò che dicono e niera autonoma. A Pietro infatti la
fanno è presente Gesù; ma poiché egli Chiesa non viene affidata se non in
è glorificato, ne viene che i suoi messi quanto raccoglie 'tà. &.pvla. µov (21,15)
possono operar miracoli, sia pure con e "à npo~a"t'ta µov (21 ,16 s.); il suo
la limitazione di non togliere a colui compito non è quello dì dominare e
che li ha mandati il ruolo di soggetto di governare, ma di ~6crxnv e noLµa.l-
nell'annuncio del Vangelo 173 • vnv (ibid.). Ancora una volta l'incari-

171 ~ O'T]!lELO' J. 174 ScHLATTER, Geschichte des Christus, p.


m Cfr. Sc11LATTER, Geschichte des Chri- ~32 .Per la frase seguente dr. anche E. HrnscH,
stus, p. 534 s. Jesus Christus der Herr, 1926, p. 39 s.
m Alt. 10,18 ss.; Le. 12,11 s.
1163 (I,435) cinoo--rO.. Àw (K. H . Rengsturf) (I ,436) 11 6-t

cato è ben lontano dall'essere un sem- l'opera che essi devono compie re è in
plice strumento, che anzi gli viene ad- fondo la sua opera , perché appunto
dossata tutta la responsabilità, che può egli li ' invia ' 175 •
essere portata solo qualora esista un Giovanni pertanto non insiste a pre-
vincolo senza riserve tra lui e Gesù sentare i m essi come muniti della ne-
(21,15.16.17 : qnhi:v). Ma il paralleli- cessaria aut orità, mentre pone in risal-
smo con la fi gura dell 'apos tolo quale to la presenza nel loro lauorn di Gesù ,
viene delin ea ta dagli altri tre evangeli- il qu::ile li sostiene nel loro uf1 ici n. l\ :r
sti va ancora oltre. Anche in G iovann i, questo la Jì gmJ del ---+ 7ta.pcb:),·q-: cç nel
infa tti, il pres uppos to indispensabile IV Vangelo acq ui sta un a imponam:J
per l'esercizio delle fun zioni apos toli- fo ndamentale per l'in vio dei di scepoli:
che è il possesso dello Spirit o; il dono in lui infatti si attu a la presenza e la
dello Spirito e l'invio degli apostoli per partecipazione cl i Gesù al loro operare.
questo cadono nello stesso momento Lo Spirito co mpare sempre accanto a
{20,21 ss . ), e son descritti in modo ta- G esù in qualità di 'inviato' (nɵ;mv:
le che inviati equivalgono a rappresen- 14,26; 15 ,26) 176 ed è in lui che si at·
tanti e fanno indubbiamente tutt'uno tua la presenza e la pa rtecipazione di
(20,21 ). Gesù all'opera dei discepoli. Tutto ciò
La forma di 20,21 esige anzi un cen- acquista un'assoluta certezza dal mo-
no particolare. Gesù dice: xcx.ilwc; à7tt- mento che Gesù nor. solo presenta la
cr'tcx.À:x:Év µE ò mx't'i]p, xàyw 7tɵ7tw sua venuta come opera del P adre (14,
uµac;. Si ricordi ciò che è stato det- 16 .26 ) ma parlando della sua esalt a-
to (~ coll. 1079 s.) sul diverso signi- zione 7tCX.pà. -i;ov na-i;p6c; promette che
ficato di chocr-i;tÀÀELV e 7tɵnnv nel di là invierà lo Spirito ai suoi ( nɵtfiw:
IV Vangelo. Con à1tocr-i;ÉÀ.Ànv Gesù 15.26). In lui, nel~ 7tVEvµc. 'ti'jc; àÀ:ri-
indica il suo proprio invio e vuol ba- ikla.c; (14,17 ), Gesù continuerà a stare
sare la sua autorità su quella del Pa- accanto ad essi come la ~ à."ì..'i]ilEtCX. in
dre, mentre con 7tɵ7tELV intende di- persona nonostante sia sottratto cor-
chiarare che Dio prende parte alla sua poralmente ( 14,5 s.; 16,7). In questo
opera . Quest'uso deHa parola si ritro- modo nella figura dell'apostolo la con-
va in 20,21, solo che qui non è il Padre cezione cri stologica ~iovanne a , nella
che partecipa all'opera di Gesù, bensl quale il Figlio (~ ut6c;) sta accanto al
Gesù stesso a quella dei suoi messi: Padre e opera al pari di lui , si unisce

175 In Mt. (10,16) e Le. (10,3) l'invio dei qui invece G es ù salito al ciclo.
discepoli è indicato in senso proprio con la 176 Cfr. H . WrNDI SCH, Die f iin/ joh. Para-
frase cbtoO""tÉÀ.À.w ùµiiç; là infatti si tratta di kletrpri.iche, in ' Festgabe fiir A. Jiilicher ',
rappresentare G esù nella sua veste terrena , 1927 , p. 132 ss., spec. 134 .
1165 (I,436) d:7toai:ÉÀ).w (K . H . R engs torfJ (I,437) 1166

alla concezione giucBica del messo for- schile . È poss ibil e anche che Paolo ab-
nito di pieni poteri e la mette in om- bia avuto una parte in questa evolu-
bra, ma solo quanto è possibile senza zione semantica, che naturalmente può
trasformare l'ufficio di messo in una anche essere avvenuta più rapidamen-
istituzione mantica. Giovanni non è in- te ; egli è comunque il primo scritto-
clinato a ciò ; piuttosto egli ha cura re che usa la parola al singolare rife-
di delineare e presentare ai suoi lettori rendola ch ia ramen te a uno dei messi
il Figlio come colui che opera inces· cli G esÌ°1, mentre nei Sino t tic i ricorre
santementc dall'inizio di tutte le cose se mpre al plurale. cbt6o--roÀoc; come tra-
( ~ À6yoç) fino alla loro fine. È quindi d uzion.: di ;,i'illdh non de v'es sere di-
possibile che il termine à1t60--r0Àoç non sg iunto in ness un caso dai verbi Ò::;:o-
gli sembrasse del tutto felice, poiché u-rD.Ànv /Jala h; tale traduzione era in·
c' era il pericolo ch e il ~ µa.lh1-r ·i1ç, fa t t i possibil e solo partendo d allo stre t-
presumendo della propria forza , <la ~ to e collauda to rapporto che i due vcr -
ooùÀoç pretendesse di divenire ~ xu- hi avevano tra di loro. Questo rappor-
p~oç, e che l'ànfo·rnÀoç dim enticasse to è in larga misura determinato dal
che alle sue spalle c'era un nɵlj;a.ç che pensiero di Dio. Se il valore di ci7t6-
esisteva anche prima di lui (13,16). 0"""toÀ.oç tra i primi cristiani è stato tale
sin dall'inizio, lo si deve direttamente
e) Non è possibile precisare quan- all ' unione dei due verbi suddetti.
do lo falia(J divenne l'cinoo-'toÀ.oç greco, Una certa difficoltà concettuale na-
certo è soltanto che questo vocabolo sce dall'impossibilità di stabilire in ba-
non fu scelto dai Giudei, perché se se al1e fonti di cui disponiamo la pre-
così fosse esso risulterebbe più usato. cisa differenza tra gli &.noo-""toÀot sen-
Strana è soprattutto l'evoluzione di una z'altra specificazione e gli cinfo-.oÀo~
delle chiese (cfr. Act. 13 ,1 ss.), i qua-
parola che da designazione ,di un atto
li erano parimenti delegati a predicare
o di un gruppo di uomini visti in luce
il Vangelo. Ma l'esistenza di una tale
profana, passa a indicare un uomo sin- distinzione non è assolutamente neces-
golo con funzioni spiccatamente reli- saria, in quanto il principio che infor-
giose. È possibile che questo termine ma l'opera della giovane comunità cri-
fosse usato per la prima volta ad An- stiana è lo Spirito, in definitiva Gesù
tiochia, che cinoO"'toÀoç in un primo stesso in quanto conferisce l'incarico
apostolico. È importante notare che ad
tempo designasse la spedizione missio-
Antiochia furon eletti missionari non
naria come tale e poi anche i suoi com- due qualsiasi di coloro che in Act. 13 ,1
ponenti 177 e che infine traducesse l'e- vengono chiamati npoqrTj'ta.L xaì. OLOci:-
braico falta(J, esso pure sostantivo ma- o-xaÀ.o~, bensì proprio Paolo e Barna-

m Può spiegarsi cosl l'uso costante del plur. , salvo che in Paolo.
1167 (1,437) r.btoo--rÉÀ.À.W (K. H. Rengstorf) (.I,437) 1168

ba, che avevano visto - il primo cer- portanza decisiva nella scelta di coloro
tamente e il secondo con tutta proba- cui venne affidata la missione apostoli-
bilità - (~ col. 1131 ) il Risorto. ca, e cioè la qualità di testimone ocu-
Anche l'atto dell'invio da parte del- lare della vita di Gesù. Luca dice
la comunità non viene espresso col espressamente che il sostituto di Giu-
verbo àTiocr"EÀ.À.nv ma con ~ àcpopl- da doveva essere stato insieme agli al-
~ELV e l'iniziativa vi en fatta risalire alla
tri apostoli (Act. 1,26) « per tutto il
deci sione presa da tempo dal ~7tVEuµa.
tempo in cui il Signore Gesù è entrato
"o ètyLOv 178 , cosl che alla chiesa non re-
sta che l'aut orizz azione esterna ( 13 ,2s . ). e uscito tra di noi , cominciando dal
Si può qu indi pensare che Paolo e Bar- battesimo di Giovanni fino al giorno
naba p ossedessero già da tempo la in cui è stato assunto » (A ct . 1,21 s.).
ÈE;ovo-~a. apos tolica, solo che essa non La stretta comunanza di vita con Gesù
si era ancora manifestata. Del resto è quindi la conditio sine qua non del
una volta di più appare qui il carattere
conferimento dell'apostolato. In pra-
univer sale dell'apostolato del N.T. con-
nesso con l'aspirazione universalistica tica questo vuol dire che la prima co-
della Chiesa. Le modalità dell'invio e munità cristiana non considerava co-
delega ( digi11no, preghiera, imposizione munque l'invio da parte del Risorto
delle mani) sono di tipo giudaico come qualcosa di radicalmente nuovo.
(~ col. 1117 ). È tuttavia significativo Anche se noi, attesa la scarsezza di no-
che Paolo non si sia mai considerato tizie, non possiamo dire con tutta si-
un apostolo dei fedeli di Antiochia,
curezza come stavan le cose, tuttavia
bensì l'apostolo di Gesù Cristo (~
coll. 1170 s.). non dovremmo andar lontani dal vero
ritenendo che il nuovo invio per la
d) Da quanto si è detto risulta con prima comunità fu solo Ia ripetizione
s•.:urezza che il fondamento dell'apo- o la continuazione di quello avvenuto
stolato del N.T. è la volontà di Gesù durante la vita di Gesù. Se ne può de-
risorto e l'incarico da lui conferito. durre che la prima comunità non s'era
Tuttavia bisogna osservare che da prin- ancora veramente capacitata del radi-
cipio non è stato questo l'unico, esclu- cale capovolgimento intervenuto da
sivo fondamento dell'ufficio apostolico quando la scelta dei rappresentanti era
nella prima comunità cristiana. Il rac- fatta da Gesù risorto. Ma è da notare
conto dell'ammissione di Mattia nella anche l'importanza che fin dall'inizio
cerchia degli apostoli al posto di Giu- ha avuto la comparsa di Gesù su que-
da indica infatti che, oltre alla volontà sta terra come fatto storicamente ac-
dello Spirito che qui rappresenta Ge- certabile, per il contenuto e quindi an-
sù, un'altra circostanza ha avuto un'im- che per la natura particolare dell 'an-

178 Cfr. anche HARNACK, p. 348 n. 1.


] 169 (l,438) CÌ.1tO(nD.. Àw (K. H. Rengstorf) (1,438) 1170

nuncio evangelico·li9 : l'apostolo di Ge- 3. La configurazione classica del!' apo-


sù è sempre testimonio di fatti storica- stolato nella persona di Paolo.
mente veri, non di miti, e testimonio
Il classico rappresentante dell' apo-
cosciente e necessario per il fatto stes-
stolato nel Nuovo Testamento è Paolo;
so che egli è portatore di un annun-
egli è l'unico apostolo che noi cono-
cio in contrasto con ogni esperienza
sciamo proprio nella sua funzione di
umana. Questa relazione dell'apostola-
apostolo, mentre del lavoro apostolico
to con la partecipazione personale al-
degli altri non sappiamo nulla. La po-
la vita di Gesù interessa per due ver-
sizione particolare tra gli altri Ò:7torr--ro-
si anche Paolo: anzitutto coloro che gli
ÀoL e la vastità della sua azione spiega-
contestavano il diritto a stare alla pari
no il caso singolare di Paolo. Pur non
dei dodici apostoli (--:) coll. 1181 s.) han
essendo stato tra i discepoli di Gesù né
potuto valersi della sua posizione di in-
tra quelli che furono col Risorto tra la
feriorità rispetto ai Dodici, non avendo
Pasqua e 1' Ascensione, egli h,1 potuto
egli vissuto come quelli in contatto di-
dire di aver lavorato al servizio di Ge-
retto con Gesù. Paolo non si diede per
sù più di tutti gli altri apostoli ( 1 Cor.
vinto, ma fondò il suo apostolato su
15,10). Egli svolge la sua missione con
basi tali che non solo lo tolsero dal-
forte coscienza di sé, che però non è
l'handicap iniziale, ma valsero a getta-
derivata dalla sua personalità, ma si è
re nuova luce sulla concezione e sulle
venuta formando sull'esperienza della
aspirazioni dell'apostolato proto-cristia-
sua vocazione, nel contrasto con quelli
no (-7 qui sotto). In secondo luogo
che gli contestavano il diritto di chia-
Paolo si ricollega alla prima cristianità
marsi apostolo di Gesù e di fregiarsi
entrando risolutamente in quello che
di questo titolo. Riguardo alla coscien-
la tradizione primitiva diceva riguardo
za apostolica di Paolo bisogna quindi
a Gesù (1 Cor. ll,23ss.; 15,lss. e pas-
tener presenti due circostanze: la sua
sim). Essa si professa intimamente le·
particolare condotta prima dell'inizio
gata alla vita di Gesù, fondamento e
della sua opera apostolica e la sua par-
oggetto unico della predicazione, e mo-
ticolare posizione nella cerchia degli
stra come il richiamo alla sua appari-
altri messi di Gesù.
zione sulla scena della storia, al di là
dei contrasti, accomuni Paolo e gli apo- a. L'apostolato paolino è contrasse-
stoli della comunità primitiva cristiana gnato in primo luogo dalla frattura che
proprio in quanto apostoli (Act.15,12; ne segnò l'avvio. Egli stesso paragona
cfr. Gal. 2,9 e specialmente 1 Cor. 15, una volta la sua vocazione all'improv-
11 ). viso sfavillare dcl primo raggio di luce

179 Cfr. G. KITTFI., n.. ,. '!Jistorische lesus ', in 'Myster ium C:hrist i ', 1931, p. 49 ss.
1171 (l,439) ciTtonO.. À.w (K. H. Rengstorf) (l ,439) 1172

al momento della creazione (2 Cor. 4,6) nel momento della conversione e du-
per dire che, quando Cristo lo ha chia- · rante la sua vita successiva di cristia-
mato al suo servizio, si è verificato no e di apostolo. Ne consegue che la
qualcosa che stava al di fuori di ogni consapevolezza di Paolo per la propria
possibilità di intervento umano e di missione apostolica è determinata essen-
una presa di posizione autonoma. Fatto zialment e dal suo incontro con G esù
cristiano Paolo vede la sua vicenda in- presso Dam asco. Esso, e la co.mpleta ,
quadrata nella volontà di Dio determi- pronta 18
Q adesione. all'invito divino ca-
nata fin dall 'eternità e in attesa solo di rntteri n ano il suo apo stolato ri spetto a
attuarsi (Gal. 1,15). Chiamato attraver- quello degli altri, i quali si died ero com-
so un totale cambiamento di vita , Pao- pletamente a Gesù solo dopo vari ten-
lo si differenzia radicalmente dai disce- tennamenti e passando per una lunga
poli di Gesti i quali, pur lasciando a trafila di ammaes tramenti da parte di
loro volta patria e famiglia, non furo- Cristo. In Paolo invece non vi è trac-
no mai ridotti a dover sentire la loro cia né dell'una né dell'altra cosa, per-
vita passata in acuto contrasto con l'uf- ché l'accesso al Messia Gesì:1, che fino
ficio di messaggeri della parola di Ge- allora egli aveva ardentemente perse-
sù, cosa che, invece, in lui è normale guitato, è tanto improvviso quanto de-
quando parla degli inizi del suo apo- finitivo. Che se l'idea di Dio vissuta e
stolato (1 Cor.15,9; Gal. 1,13.23; Phil. attuata era stata determinante per la
3,7 s.). Ma appunto per questo è di vita di Paolo 181, solo presso Damasco
grande importanza che egli non si pre- essa assurse a un'importanza decisiva.
senti mai come il ' peccatore ' che con- È alla luce di quell'esperienza che si
danna con la massima asprezza ciò che spiega la particolare natura della con-
ha fatto prima di diventar cristiano; sapevolezza di .sé e della certezza di
al contrario egli parla con fierezza del essere inviato che è propria di Paolo .
suo passato di giudeo (~ à.p.a.p't'wÀ.6ç Importante per noi pon è tanto co
I, col. 889), e può ben farlo, perché nascere il modo dell'apparizione di Da-
anche allora egli ubbidiva a Dio come masco 132 , quanto piuttosto vedere co-

180 Gal. 1,16: E ù 1'ì É w e; . où 7tpoaavd)É- I, col. 897; I, coll. 891 s.).
µT]v cmpxL xat a[µa·n ... 182 Questo vale anche per il problema del-
181 Per l'attaccamento di Paolo al v6µcç la preferenza da dare a una delle tre narra·
nel giudaismo farisaico (cfr. Gal. 1,14 ; Phil. 3, zioni della conversione negli Atti (9,l ss.; 22,
6) --+I, coll. 881ss. s.v. !iµap"t'wÀ.6ç. Non si 5 ss.; 26,12 ss.). Vedi a questo proposito E.
dimentichi che, per quel che sappiamo , Paolo, HrRSCH, Die drei Berichte der Ag. uber die
a differenza dei Dodici , era l'unico degli &.7t6- Bekehrung des Paulus: ZNW 28 (1929), p.
0""t'OÀ.o~ che fosse esperto della Legge e non 30.5 ss.
provenisse dallo 'am hà'àre~ (--+ !iµap"t'wÀ.6ç
1173 (I,440) 6:r.:ocr,0.. h.J (K. II. Rengstorf) (l,440) 1174

me la ricorda Paolo. Egli non ha dub- parte abbia in essa il pensiero di Dio;
bio che sia un'azione compiuta da Dio egli infatti sa di essere 0-.cpwpLcrµÉvoç
e un fatto oggettivo 183 , non una sem- dç Eva.yyÉÀ.wv i>Eov (Rom. 1,1) e chia-
plice visione 1" 4 . Protagonista dell'appa-
ma Dio cicpoplcra.ç µE tx xoùla.ç µri-rp6ç
rizione però non è Cristo, ma Dio ISS,
µou (Gal. 1,15). Con queste formule
per quanto a incontrar direttamente
Paolo e a parlare con lui sia stato Cri- egli si inserisce nel piano divino come
sto . P er dirla con Alfred Jeremias 186 , elemento importante ed indispensabile,
Paolo da nemico e perserntore di G e- indispensabi le dal punto di vista di Dio,
sù divenne suo apo stolo nell'istante in non dal suo proprio (1Cor.3,5) 189 • Ap-
cui nella hat qr)/ (la voce della rivela- punto per questo nella realtà del suo
zione divina fin da quando con Aggeo,
apostolato (---7 ci1tocr-roÀ1}) egli scorge
Zaccaria e ìvfobchia era venuto meno
il carisma profetico) 1s7 egli riconobbe solo la pro va della grazia divina (---7
la voce di Gesù, e in questo modo fu xcipLc;), sovranamente gratuita, ma che
convinto dcl suo errore riguardo a lui appunto per questo porta l'uomo a
e fu sanato. È quanto Paolo stesso di- sottomettersi docilmente ( 1 Cor. 15,
chiara in forma classica quando dopo 10) 190 . A questo punto la coscienza
essersi dichiarato O-.-rt6cnoÀoc; 'I ricrei.i
apostolica di Paolo raggiunge quella
XpLO"'tOV aggiunge che egli lo è (in
qu anto XÀ 'fl'tOc; ), 0LcX iÌEÀ-fiµa:-roc; iÌEOU che della propria missione hanno i pro-
(1Cor.1,1; 2 Cor. 1,1; Eph. 1,1, cfr. feti, segnatamente Geremia e poi il
1,5; Col. 1, l) 188 . Bisogna tener presen- Deuteroisaia. È un'analogia che si può
te che, a quanto le fonti lasciano in- considerare come opera di Paolo e che
tendere, Paolo è il primo che faccia si può capire solo tenendo presente la
risalire l'apos tolato a Dio stesso. Il sua particolare condotta; in essa la con-
passo di 1 Petr. 1,2 (~ 7tp6yvwcrLc;)
sapevolezza di essere inviati da Dio,
dipende dal pensiero paolino.
che è propria non solo degli apostoli,
Vi sono due passi che scolpiscono al ma di tutto il primitivo cristianesimo,
vivo quanto profonda sia in Paolo la tocca il vertice più alto.
coscienza di essere inviato e quale gran I punti di contatto tra Paolo e Ge-

183 Gal. l ,15; Rom. 1,1. berga (27-2 / 1-3-1929).


184 In 1 Cor. 9,1; 15,8 si constata un fatto 187 T. Sotà 13,2. Per questo argomento -
obbiettivo e non si descrive una visione esta- (j)WV"Ì") ( ÉX -rWV ovpCX.VWV).
tica; ~ òpò:w. 188 Nelle Pastorali l 'apostolato viene costi-
185 Gal. 1,15 s.: o-rE o È EÙOOX'l)CTEV o Ò.<j)O- tuito attraverso - Ém"tcx.yfi i>Eov (1 Tim. 1,1 ;
plcrcx.c, µE ... Ò:7toxcx.ì..ùtJicx.~ -ròv utòv cx.ù-rov Èv Tit. 1,3 ). 2Tim. l,3 ha la formula che cono·
ɵol.. . Cfr. come Paolo parla delle apparizioni sciamo delle precedenti lettere paoline.
di Gesù risorto (wqifi'l), 1 Cor. 15,5 ss.); il so- 189 Lo stesso concetto è anche nella for-
lo che lo segue è il suo discepolo Luca (Le. mula XÀ.'lJ'!OC, Ù.7t6cr-roÀoç (Rom. 1,1; 1 Cor.
24 ,34; Act. 13 ,31). 1 ,1) e in Gal. 1,15 (xcx.À.Écrcx.c,).
186 In una conferenza nel IV congresso di 190 Cfr. anche EÙ1'Éwc, in Gal. 1,16.
studi sul problema giudaico tenuto a N orim-
1175 (l,440) ciTioo--rÉÀ.À.w (K. H. Rengstorf) (l,441) 1176

remia sono stati rilevati già da lunga li e operi per mezzo di esempi e di
data 191 ; ma si è trattato per lo più di parabole, i quali presuppongono sem-
analogie esteriori 192 , mentre si è tra- pre considerazioni razionaH e una chia-
ra visione delle cose. « All'inizio la pro-
scurato di sottolineare la somiglianza
fezia è completamente passiva rispetto
della rispettiva consapevolezza della a ciò che ne costituisce l'oggetto », per-
propria missione. Invece è proprio su ciò la persona dei profeti « rimane an-
questo punto che Geremia è stato il cora assorbita in quello che essi annun-
grande modell o di Paolo. ciano, e anche le riflessioni che essi fan-
no sul contenuto della loro profezia, le
Nella storia della profezia dell'A.T. fanno in modo completamente oggetti-
Geremia spicca per aver rinunciato ra- vo, limitandosi a comunicare ciò che
dicalmente a dar valore all'uomo e per ri sulta dalle \'isioni » 197 • G eremia è il
essersi totalmente dedicato a predicare primo a sentire in tutto il suo valore
il messaggio affidatogli, sebbene vedes- l'emergere dell'io del profeta così che
se chiaramente che era un'impresa di- diventa un p ensatore religioso, e lo è
sperata. Ma lo faceva perché era in- a un punto tale che talvolta il conflitto
teramente dominato dal pensiero di tra Dio e la sua persona scoppia irresi-
Dio 193; grazie ad esso scompare del tut- stibile. Certo in Geremia questo con-
to il momento estatico, che era carat- flitto per lo più si indovina soltanto
teristico degli antichi profeti 194 e anche (20,7 ss. ), ed è quando egli resiste alla
di Isaia 195 e che ricompare nei successo- chiamata e alla missione divina; esso
ri di Geremia ·196 sia pure non come re- si presenta invece in tutta la sua por-
viviscenza dell'antico nabismo, ma piut- tata nel Deuteroisaia dove l'io si pone
tosto sotto l'influsso dell'incipiente sin- tra Dio e il profeta con tale evidenza,
cretismo orientale-ellenistico e delle sue che in processo di tempo « si rende ne-
tendenze ' entusiastiche '. Anche quan- cessario introdurre tra di essi come me-
do Geremia ha delle 'visioni' ( 1, llss.; diatrice una nuova persona: l'angelus
4,19 ss.} sarebbe };iù esatto dire che interpres di Zaccaria » 198 •
egli vede determinate cose con l'occhio Per questo motivo Geremia rappre-
del credente. Ad ogni modo non si trat- senta un punto d'arrivo anche rispetto
ta di un modo di vedere 'entusiastico'; al Deuteroisaia. Ciò si vede chiaro se
e difatti è caratteristico come egli par- si tien presente come egli abbia coscien-

191 Cfr. tra i più recenti E. L011MEYER, turalmente non (: compiuto da lui ma da Dio,
Grundlagen paulinischer T heologie , 1929, 201. come nel caso di Elia (1 Reg. 18,21 ss.); Dio
192 A cui invita l'allusione a I er. 1,5 da intende dimostrare cosl che i suoi messaggeri
parte dello stesso Paolo (Gal. 1,15 ). sono inviati da lui.
193 Cfr. per quanto segue R. KrTTEL, Ge- 196 Per Ezechiele cfr. R. KITTEL, Geschich-
schichte des Volkes I srael II 5. 6 , 1925 , 336 s. te des Volkes Israel III, 1927, 151 ss.
194 Oltre ad Amos e Osea bisogna ricor- 197 R. KrTTEL, Geschichte II, 336. Cfr. an·
dare anche Elia. che ]. HEMPEL, Altes Testament und Ge-
195 Anche Isaia, per dimostrare che il suo schichte, 1930, 65 s.
invio è legittimo, presenta ad Achaz la prova 198 R. KrTTEL, Geschichte II, 337 e n. I.
del miracolo ('6t / O"T]µE~ov Is. 7,11 ), che mi-
1177 (l,441) ci:r.ocr'tÉÀÌ.w (K. H. Rengstorf) (I,441) 1178

za della propria vocazione e come la per non dire impossibile, a risolversi.


attua. Giacché in lui manca l' aspet- Il rapporto comunque esiste e quando
to estatico egli accentua al massimo il Paolo vede il dolore come un aspetto
suo legame con Dio e Ia sua completa
della vita dell'apostolo voluto da Dio2!Xl,
sottomissione alla sua volontà (20,7ss.;
dr. 15,19ss .), così che risulta totalmen- e quando riduce Ia missione apostolica
te dedito ad annunciare il volere divi- alla predicazione della parola di Gesùw 1,
no, che non ha bisogno di essergli rive- rinunciando quindi a fondare l'aposto-
lato caso per caso ma gli è assiduamen- lato rn fenomeni di 'entu siasmo '.
te presente a causa del legame che lo
uni sce a Dio 1'Fl. Da ciL> vengono due Di questa rinuncia si tratta in 2 Cor.
conseguenze. Anzitutto la vocazione a 12 , l ss. 202 , dove Paolo si distingue net-
profeta abbraccia l'intera vita di Gere- tamente dai suoi avversari, che, osten-
mia , una vita che, nel conflitto tra il tando le loro esperienze 'entusiastiche',
popolo che è contro Dio e il profeta tentano di soppiantarlo e di schiacciar-
che è con tutto il suo volere dalla parte lo . Il solo fotto di porre il problema è
di Dio, è segnata dal dolore ( cfr. per significativo per capire la situazione esi-
es. 11,18 ss.; 15,10.15 ss.; 20,14 ss., e stente nelle comunità greche, nelle qua-
le sofferenze effettive del profeta in 20, li l'entusiasmo aveva una funzione im-
1 ss.; 26 ,l ss.; 37,1 ss.; 38,1 ss.). In se- portante (cfr. specialmente 1 Cor. 14,
condo luogo quello del profeta si riduce 1 ss., ma anche 12,1 ss.) e vi era perciò
tutto a un ministero della parola, eque- il pericolo che la missione affidata da
sta gli conferisce forza e autorità (15, Dio all'apostolo venisse soppiantata dal-
16 e passim). Questa missione così li- l'esperienza estatica che, conciliando un
mi tata alla parola fonda propriamente indebito prestigio a chi ne era favorito,
la grandezza della profezia di Geremia. faceva sorgere il pericolo che il culto
Ufficio profetico e vita coincidono ed dell'uomo pio, già soppresso da Gesù
emerge la forza trascendente del pensie- (~I, coll.895ss .) rivivesse sotto la nuo-
ro di Dio: Dio è tutto; ciò che l'uomo va etichetta di culto dell'uomo pneu-
è lo è solo grazie a Dio, e 10 è per te- matico o addirittura del falso pneuma-
stimoniare la divinità di Dio ( 1,9; 15, tico 203 • Paolo si vanta di aver avuto
19 e passim). esperienze estatiche 204 ; ma è significa-
tivo che le consideri come fatti esclu-
Se Paolo nella sua coscienza aposto-
sivamente personali e si guardi bene
lica si ricolleghi a Geremia cosciente- dal metterle in rapporto organico col
mente o meno, è un problema difficile, suo apostolato 205 , quasi temesse di tor-

19 " Cfr. la puntata contro i visionari 23,25 ss . 203 Cfr. jj carisma delle OW.XplCTEL<; 'ltVEV·
2\Xl Cfr. 2 Cor. ll,16ss .; 12,10; Phi/.3 ,lOss.; µchwv (1 Cor. 12,10) e la lotta di Paolo con-
Gal.6,17; come pure . 2Cor.4,6ss. ; lThes.L tro gli Ù'ltEpÀla.v a'ltéCT'tOÀO~ (2 Cor. 11,5; 12,
3,3 s. e DoB., Thess. 135, a. l. 11; ~ ljJEVOCt.'ltOCT'tOÀoç).
2\lI 1 Cor. 1,14 ss .; 2,1 ss. e passim. 204 2 Cor. 12,1-4; 1 Cor_ 14,18.
w2 Cfr. A. SCHLATTER, Die Theologie dcr m 2 Cor. 12,5.
AposteZZ, 1922, 261 s.
1179 (I,442) cinocr-.ÉÀÀ.w (K. H. Rengstorf) (I,442) 1180

nate a porre Dio e la sua opera in Cri- del ~ Àoyoç i:ov crw.vpoli (1 Cor. 1,
sto in sottordine rispetto all'uomo, la- 18), che, come tale, è il ~ À.éyoc; i:Tjç
sciando in ombra la ~ xapLç, l'unico xa-rcx). Àayijç (2 Cor. 5 ,19). Con ciò si
principio che abbia valore assoluto 206 •
spiega perché Paolo lotti appassionata-
Alla luce di questi principi si spiega
anche lo scarso rilievo dato da Paolo ai mente contro i partiti formati si a Co-
O"T}µE[a -rou àTioO"i:oÀov (2 Cor. 12,12), rinto; che se un o di essi, suo malgrado
di cui egli parla solo se costretto a di- e contro l'insegnamento del V angelo,
fendersi, o se ne ravvisa la necessità si ri chi ama al suo nome, proprio per
per il bene delle anime (Rom. 15,19; qu esto egli è particolarmente severo (1
1 Thess. 1,5), mai però per un interes-
Cor. 1-4, speci alm ent e 3, 5 ss.). Si sp ie-
se diretto né, tanto meno, per mettere
ga an cor<\, perché nella vita sua e dei
in risalto la sua persona. Anche in 2
Cor. 12,12 essi gli servono solo per for- cri stiani che ad essa si ispirano (lThes s.
nire una prova della giustezza della sua 1,6 ) manchi ogni t en denza a qu ella imi-
causa, non certo per darsi impor tanza. t a/io Christi ~n che si verrà invece deli-
Il legame tra la coscienza apostolica neando b en presto nella Chiesa antica 20·~.
e la coscienza della vocazione nei pro- Certo è che la vita e l'opera di Gesù
feti non è meno importante per la cau- ernno un esempio per l'Apostolo 209 ;
sa che l'apostolo ·r appresenta. Esso va- ma non è men o certo che Paolo era
le a sottolineare decisamente il carat- preoccupato di non svuotare il suo
tere rivelato della sua predicazione e ufficio apostolico, proprio perché era
a difenderlo da ogni contaminazione àTifoi:oÀoç di Cristo, a lui legato in

umana. Perciò Paolo, ogni volta che ogni sua azione (~sopra, B .2.a. ). Ma
ha occasione di parlare all~ sue comu- in ciò si ha solo l'ubbidienza che il ~
nità in base all'autorità conferitagli, òovÀoç deve al suo Signore, e non

sottolinea negli indirizzi delle lettere un'azione meritoria 210 •


l'autorizzazione avuta da Cristo ad es- Apostoli e profeti in Paolo vengono
messi in relazione in quanto gli uni e
sere suo apostolo: non si tratta infatti
gli altri, ed essi soltanto, portano la
della sua persona, ma della causa che
rivelazione: la rivelazione in fieri i
egli rappresenta. Come il profeta, cosl profeti, quella ormai compiuta dagli
Paolo nella sua qualità di apostolo si apostoli. Da questa diversa relazione
dedica completamente al messaggio che cronologica con la stessa cosa 211 dipen-
gli è stato affidato, e cioè l'annuncio de che l'ufficio conferito nel N.T. ai

:a>6 2 Cor. 12,9. 211 In Rom. 10,15, con un richiamo a Is.


NI --. axoÀ.ou~Éw; __. µtµÉoµcu. 52,7 (m•basser tob ), la salvezza messianica è
208--. I, coll. 577 n. 29. fatta espressamente oggetto dell'annuncio apo-
20'.l Cfr. P. FEINE, Der Apostel Paulus, 1927, stolico. Cfr. anche Rom . 1,15; 1Cor.1,17; 9,
407 ss. 16; 15,1 s. ; 2 Cor. 11,7 e altrove .
210 1 Cor. 4,1 s.
1181 (I,443) a'ltOO"'t"ÉÀÀW (K. H . Rengstorf) (I,443) 1182

latori del messaggio di Gesù non vie- liah. Questo aspetto e questo fonda-
ne designato con l'antico, classico ter- mento sono particolarmente accentuati
mine di ~ Ttpocp'i}":T)ç. I nuovi predi- da Paolo soprattutto per necessità di
catori ricevono invece un nome che polemica contro i suoi avversari, i qua-
è in armonia con la nuova situazione
li negavano che il suo ufficio aposto-
e tien conto anche dell'incarico loro
affidato da Gesù. D'altra parte in que- 1ico avesse la stessa natura e validità
sto contesto il passo di Eph. 2,20 può di quello degli altri apostoli.
ben attribuire ad apostoli e profeti la
Così avvenne, secondo l'intestazio-
stessa importanzn storica agli effetti
ne della lettera ai Galati, in Galazia,
dell'origine della Chiesa; le circostan-
dove evidentemente si faceva risalire
ze sopra illustrate giustificano appieno
la sua autorizzazione a presentarsi co-
questo linguaggio non solo tra la pri-
m e apostolo alla comunità di Antiochia
ma generazione cristiana, ma anche sul-
dalla quale egli proveniva (Act.13,lss),
la bocca di Paolo 212 .
o a Barnaba. che secondo la tradizione
Del resto ora dovrebbe esser chiaro
(Act. 9,27) lo aveva introdotto nella
che i Ttpocpfrrm del N.T. ( 1 Cm. 12 ,28
prima comunità; perciò Paolo chiama
e passim) non corrispondono affatto a
se stesso cin6o..,oÀoç oùx ci.TI' civDpwTtw\I
quelli dell'A.T., così che il fatto che 1
oùoÈ ÒL civìJpwnov, ciÀÀà. OLà. 'I1Jcrov
essi, pur esistendo ed essendo stimati,
XpLcl"'t ov (Gal. 1, 1 ) e dimostra che il
non occupino tuttavia un posto di par-
suo apostolato non viene da uomini
ticolare importanza, è pienamente com-
(Gal. 1,10) e, in 2,1 ss., che ~ -Geru­
prensibile almeno all'epoca delle let-
salemme si riconosce che egli è pari agli
tere maggiori (v. però -c) Ttpocpl)'tT)<:;).
altri apostoli.
h. Anche la particolare posizione di
Il vigore di questa concezione del-
Paolo tra gli apostoli di Gesù non può
1'ufficio apostolico prende risalto dal-
esser disgiunta da questo suo riacco-
!' esperienza che Gesù è il Messia e dal-
starsi ai profeti nella consapevolezza di
la persuasione che lo Spirito (~ m>Ev-
essere inviato da Dio e nell'assegnare
µo.) è lo Spirito di Gesù 213 , dato senza
al pensiero di Dio l'assoluta preminen-
eccezione a tutti i cristiani che sono in
za. Ma tale particolare posizione non è
lui (-7 Èv Xptcr't0) (1 Cor. 3,16; 6,
determinata in primo luogo da questi
19 e passim).
fattori, bensì dalla sua vocazione di
messaggero modellato, come gli altri Partendo di qui Paolo giunge ad af-
apostoli, sulla figura giuridica dello sa- fermazioni molto ardite, come quando

212 Vista sotto questo angolo l'autenticità rapporto con i profeti dell'Antico, un tempo
della lettera agli Efesini non può esser messa che è guello delle lettere di Paolo (~ coll.
seriamente in dubbio; dalla formula risulta 1174 s.).
solo che la lettera risale a un tempo in cui 213 Rom. 8,9 e passim.
gli apostoli del N.T. erano posti in concreto
1183 (l,443) IÌ7toCT'tÉÀ.À.w (K. H. Rengstorf) (T,4-H) l 18~

afferma che nel suo ufficio di messag- un uomo può essere con la grazia dj
gero Ù7tÈp Xpto--rov egli rappresenta ve- Dio 217 • Se non ne va superbo è perché
ramente Cristo in qualità di banditore sa di essere ~ oovÀoç di Gesù per
della riconciliazione con Dio (2 Cor. 5,
amore della sua croce e perché, oltre
20), e che il suo operare, per esser più
precisi, è crvvEpyE~V con Cristo (2 Cor. alla grazia, conosce anche fa respon sa-
6,1 ). hilità che gli viene dall'apostolato (1
Cor. 3,11 ss.). Grave peso! Ma l'amor
Ancora una volta in Paolo la forza
di Dio che guida la storia e l'amore <li
del pensiero tocca l'apice grazie al ricor-
Cri sto Signore fa sì che al di là di tut-
do di Dio. Paolo vede la mano di Dio
to ciò che gr:1va su lle spalle del mes-
in ogni momento della sua vita; anche
saggero cli Gesù crocifi sso 218 splenda
la vita, le sofferenze e la morte di Gesù ,
la gioia vittoriosa, che nella luce del
come pure l'annuncio della sua venuta
Cristo risorto è il contrassegno dell 'a-
vede come voluti da lui 214 • In queste
postolo 219 .
condizioni può dire di essere crvvEpyòç
i)Eov (lCor.3 ,9) 21 5, intendendo dire che La sofferenza e specialmente la po-
collabora al fine voluto da Dio, non, vertà figurano come compagne indivi-
certo, nel senso che egli possa agire in 3ibili del messaggero di Dio anche in
Socrate quale ce lo presenta Platone
modo indipendente, ma nel senso che
(Plat., Ap. 23 b-c). Lo stesso pensiero
è al servizio di Dio e riceve il lavoro da riappare, ma in forma convenzionale,
svolgere (1 Cor. 3,8.11 ss.). Chi rompe nei cinici. In Paolo invece figura rinno-
con lui, quindi, rompe con Cristo e di- vato: il dolore è motivato e definito
sprezza l'opera divina di salvazione che secondo lo spirito del suo apostolato
in lui si attua (Gal. 1,6 ss.; 5,1 ss.), e (~col. 1182) e sentito come un'amara

questo non in ragione della sua perso- realtà resa sopportabile solo in quanto
è vivente testimonianza dello stretto
na, poiché, se egli è ' qualcosa ', lo è
legame che unisce l'apostolo al xuptoç
solo per l'incarico che gli è stato affi- che l'ha mandato. È così che va inteso
dato e per il ~xuptoç che sta con lui2 16 • il paradosso di 2 Cor. 12,10. Del resto
Per Cristo egli è divenuto tutto ciò che l'antica Chiesa cattolica, assumendo Ja

214 Basla vedere l'espressione XIX'tà 'tàç 211 È interessante il rapporto di ~ cir:~­
-yprxq16.ç di 1 Cor. 15 ,3 s. e tener presente che CT'toÀ.i) e ~ x6.p~c;, che Paolo usa quasi come
Paolo - a parte 1 Thess. 4,14 : o·n 'll]CTOÙ<; sinonimi (~ col. 1192).
Ò:1tÉ~IXVEV xaL àvÉCT'tTJ - dice sempre che Ge- 218 Il rapporto tra i patimenti di Paolo e
sù è stato risuscitato da Dio (Gal. 1,1 e quelli di Gesù in rapporto all'apostolato è
passim). sottolineato specialmente in Phil. 3,10.
21s Cfr.anche 1 Thess .3,2 ~col.1132 e n.95. 21 9 Cfr. CTVVEp-yol ÈcrµEV 'tTjç xapiiç uµwv:
216 Si osservi il ,l di 1 Cor. 3,5; il xup~oç 2 Cor. 1,24, e 2 Cor. 6,9 s.; 7,4. Sono passi di
qui naturalmente è Gesù, il quale invia gli una lettera oltremodo dura, nella quale Paolo
apostoli e conferisce loro i poteri. Cfr. anche deve lottare per il riconoscimento del suo
1Cor.1,13 . apostolato.
1185 (I,444) Ò:1tOO""t"DJ,w ( K. I I. R engsto rf) (l,445) 1186

posizione che sappiamo di fronte al do- le fonti mandai che 222·• Ne trattiamo qui
lore e alla povertà, mostra che l'atteg- brevemente in appendice dal punto di
giamento di Paolo diventò ben presto vist,1 filologico.
paradigmatico per chi voleva guada-
gnarsi dei meriti, cosl come l'atteggia- Al c. 66 del libro di Giovanni, al
mento di Socrate lo era stato per i ci- momento dell'invio sulla terra di Man-
nici, con la differenza però che qui il da dHaije , si legge questo dialogo:
disconoscimento della realtà effettiva « Vieni, figlio mio , sii il mio messagge-
doveva avere cd ebbe, in ragione del- ro ('s[','nd'), vieni, sii il mio incarica-
l'importanza di essa, conseguenze an- to ... ». Questo inviato viene poi chia-
cora piì'1 gravi. mato pili precisamente 'l'inviato della
lu ce ' (Lidzbarski,Ginza58,17_2.3 e pas-
sim) o 'il verace inviato' (ibid. 59 ,1 ), o
D. GESÙ COME 'I NVIATO '.
ancora 'l'inviato della vita' (ibid.59,15).
Egli stesso nel frammento manicheo di
Zaratustra m dice che è ' inviato nel
2. Nel N.T. Gesì'1 vien chiamato mondo '. Nelle fonti mandaiche il mes-
a7too-'to),oç una sola volta: in Hebr . .3, saggero in questi contesti vien sempre
1, in un passo di cui si è già parlato chiamato 'sg'nd', e il suo invio è indi-
( ~ col. 11.3 .3 ). Rimane però il proble- cato con s'd'r. Questa radice poi ricor-
ma se altrove, pur non ricorrendo il re frequentemente nell' aramaico del
Talmud babilonese e vi corrisponde,
termine, non vi sia forse il concetto
nel senso di ' mandare, inviare ' a 7t~µ-
che esso esprime. Il problema si pone 7tE~ v, ma non ad cX7tOO-'tÉÀ.À.EtV, se si
riguardo al Vangelo di Giovanni, dove cerca l'equivalente greco 224 _ Tuttavia
Gesù, illustrando il rapporto che lo proprio in testi greci che parlano del-
unisce al Padre, usa spesso il verbo 1' ' inviato' l'invio è indicato con a7to-
cbtoo-'tÉÀ.ÀE~ v 220 • C'è da chiedersi se o--rÉÀ.ÀELV, ma si tratta di testi greco-
cristiani come gli Acta Thomae 225 • Col
non si abbia qui qualche influsso dei
verbo à1too--rÉÀ.À.Eo-i7cn è indicato per
miti orientali di un redentore inviato
es. nel Vangelo di Pietro anche l'invio
dal cielo, il quale sarebbe anche l'uo- di Gesù, seguito logicamente dal ri-
mo tipico (Urmensch). Il problema s'è torno nel luogo da cui è stato inviato.
fatto scottante221 con la conoscenza del- In questo scritto il giovanetto presso

220 Testimonianze particolareggiate ~ so- H. H. Schaeder, Studien zum antiken Synkre-


pra col. 1081; cfr. anche WETTER, p. 49. tismus - Aus Iran und Griechenland' (1926),
221 LIDZBARSKI, Johannes; Io., Liturg.; In., p. 203 ss., specialmente 306 ss.; H. OoEBERG,
Ginza. The Fourth Gospel, 1929, p. 117 ss.; G. P.
222 R. BuLTMANN, Die Bedeutung der neu- WETTER (~ bibliografia).
erschlossenen mandiiischen und manichéiischen m Cfr. RErTZENSTEIN, fr. Eri., 3; BULT-
Quellen f ur das Versti:indnis des Joh. Ev.: MANN 106 e n. 7.
ZNW 24 (1925), 100-146; BAUER, Joh. 55 su 224 in LEvY, Wort. IV 513b.
Cfr. gli esempi
3,17; H.H. ScHAEDER in 'R. Reitzenstein und 225 Esen1pi in BULTMANN, 106.
1187 (I,445) Ù.7toO..tÉÀ.À.w (K. H . Rengstorf) (1,445) 1188

il sepolcro risponde così alle donne che gnato col nome di messaggero divino
cercano Gesù il mattino di Pasqua: ha sl la funzione di annunciare la veri-
, y - ' , '
'tLV(t. ":>l)'tEL'tE; ... (t.VEO''tl) ya,p Xa.t.\ (t.1t-
,
tà 231 , ma soprattutto deve stabilire un
226
fjÀi)EV ÈXEL oilEV à.1tEO''tcXÀl) (56) • C'è legame tra Dio e il mondo, in modo
da chiedersi se in ci1tEO""'taÀl) predomi- che gli uomini si ravvedano dal loro
ni ancora l'idea della missione, così errore. Non diversa è la posizione di
come accade nei LXX, o se il verbo Gesù in quei passi di Giustino nei qua-
affermi solo una distanza nello spazio. li vien chiamato cir.60..roÀoç: in quali-
Gesù vien chiamato espressamente à.1t6- tà di èiyyEÀoç di Dio, egli ha il compi-
cnoÀoç in Giustino 227 , con un titolo to di ri velare la verità a coloro che lo
che intorno a questo tempo ha già ac- ascoltano, e a questo scopo è volta tut-
quistato un significato preciso, come è ta la sua vita e la sua opera 212 ; e anche
indicato per es. da 1 Cletn. 65,I, dove se tale scopo è concepito in modo di-
i messi deila comunità romana vengon verso da qu ello del ' messaggero ' dci
chiamati contrariamente all'uso dei pri- Manclei e cli j\'foni , in quanto è condi-
mi cristiani (vedi sopra n. 4 e n. 160), zionato dalla sua stessa pe rsona, è però
non à.7tfo'toÀoL, ma &.ma-raÀµ~voL. Si innegabile che tra le due concezioni vi
potrebbe pensare quindi che Giustino è un vero parallelo. Per questo motivo·
si riallacci qui alla figura dell'inviato in Giustino, nei documenti mandaici e
quale appare nei miti orientali trasfe- nei frammenti manichei l'idea dell'au-
rendola a Gesù. Per rilevare la diffu- torizzazione non domina la scena quan-
sione di questa figura si pensi che non do si parla dell' ' inviato '; infatti non
solo Mani per i suoi cultori fu sem- vi si fa cenno che egli parli e agisca
plicemente 'l'inviato' 228 , ma che anche per incarico e in rappresentanza di un
Maometto nei papiri greco-arabi vien altro, ma si sottolinea solo la sua ori-
chiamato talvolta à.7toO"'toÀoç 229 e che gine da tutt'altra sfera, che è il presup-
in epoca tardiva persino Alessandro posto più importante della sua opera
Magno, probabilmente secondo il mo- di redentore e rimane in fondo un suo
dello di Apollonia di Tiana, è messo segreto, di cui anche ai suoi seguaci
in rapporto col mito dell'inviato e co- egli partecipa solo una vaga conoscen-
me tale fatto oggetto di uno speciale za 233 . Del resto la scelta di <Ì.1tOO""'tÉÀ-
culto 230 • ÀELv (&.1toO""'toÀoc;) in Giustino e negli
In tutti questi casi colui che è desi- altri scrittori cristiani è dovuta chiara-

226 V. anche Const. Ap. VIII 1,10: civE· vera religione (BACHER, !.c. 90.94 ss. passim).
ì.i}cp1'l) rcpòç "'t'ÒV à7tOO""'t'ELÀ.ctV"t!I aÙ"'t'éV. m Apol. I 63,5 (p. 54,4 ss. Kriiger): il Fi-
227 ~ col. 1135. glio di Dio xal èfyyEÀ.oç oÈ xaÀ.Ei:"'t'm xa~
22.8 WETTER, p. 15 ss. Accanto a lui, però, àTiéO""'t'OÀ.oç • aÙ't'Òç y&.p cimx.yyÉÀ.À.H ocra OEi:
figurano altri inviati (cfr. BAUER, ]oh. 55). yvwcr1'l)vai, xat circoO"'t'ÉÀÀ.E"tai, µl)VVO"WV oO"oc
229 PREISIGKE, Sammelbuch N. 7240,5. àyyÉÀ.À.E't'ai ... "AyyEÀ.oç è detto di Gesù an-
230 Cfr. W. BACHER, Nizriml's Leben und che altrove in Giustino (WETTER, 28 s.).
W erke und der zweite Teil des Nizrimischen 233 Cfr. per il fondo della questione e non
Alexanderbuches, Diss. Leipzig, 1871, p. 90. in speciale riferimento al Vangelo di Giovanni
231 Questo vale anche per Alessandro, che G. P. WETTER, « Ich bin es»: Th St Kr 88
\'Ìene descritto come il rappresentante della (1915), 224 ss., spec. 235.
1189 ( I,446) ci7tOCT't"EÀÀw (K. H . Rengstorf) fl ,446) 1190

mente a una dipendenza lessicale dal Ciò che si è detto ora di Gesù sareb-
Vangelo di Giovanni. be campato in aria se nel Vangelo di
Giovanni egli fosse ' inviato ', alla ma-
2. Rispetto a queste concezioni il
niera degli ' inviati ' della gnosi orien-
Vangelo di Giovanni presenta un forte
tale . Gesù è invece molto al di sopra di
contrasto, non di forma, ma di sostan-
questi, anche se à.n:ocr-rO.).. ew è una del-
za. Certo anche in Giovanni Gesù ap-
pare come l'inviato del Padre (~ col!.
le parole più usate per indicare il suo
ufficio. Questo verbo non ha lo stesso
1081 ss.); ma questa sua qualità serve
signifi ca to che gli danno per es. i Man-
solo a chiarire l'importanza della sua
dci , quando parlano dell'invio del Man-
persona e della storia che in lui si com-
d.'1 dHaijè (~col. 1186). Inoltre quan-
pie, poiché Dio stesso parla ed agisce
do si considera il Gesti dcl IV Vange-
per mezzo suo.
lo sotto questo profilo bisogna tener
Possiamo illustrare questo con tre presente che oltre ad à.Tiocr-rÉÀ.À.n v la
osservazioni: a. nel ~ cr11µei:ov quale coscienza ch'egli ha della sua mi ssione
Gesù lo compie in Giovanni, Dio lo è espressa anche con n:Ép.nnv e che
rivela come colui che è stato promesso
nessun dubbio può sussistere sul rap-
e in pari tempo rivela se stesso come
porto che intercorre tra questi due ver-
colui che agisce in lui e per mezzo suo
(~ fpyov) 234 • - b. il destino di quanti bi (~ à.nocr-rÉÀ.À.w coll. 1082 s.). Ma
lo incontrano si decide nella persona proprio per questo motivo si deve dire
di Gesù e nell'atteggiamento assunto anche qui che non è la figura dell'in-
di fronte ad essa, non di fronte alla sua viato che influenza la cristologia gio-
dottrina 2.3 5; ora ciò è possibile solo se vannea, ma al contrario è la cristologia
Dio è presente in Gesù e se egli rap-
che aiuta a plasmare la figura dell'in-
presenta il Padre letteralmente nella sua
persona 236 . - c. anche la morte di Ge- viato. Quanto il complesso delle idee
sù non può essere disgiunta dalla sua in Giovanni si richiami all'invio dei
predicazione, come tutte le sue opere, profeti e quanto caratteristico esso sia,
che sono poi compiute da Dio; anzi in si capisce osservando che questo ' in-
Giovanni la su·a morte e glorificazione .
viato ' non e' un uomo e nemmeno un
(~ oos<i~w ), cioè la sua assunzione al- uomo primordiale e tipico (Vor-und
la' destra del Padre e la partecipazione
Urmensch ), ma è il Figlio, nel quale il
alla sua ~ o6sa, che lo rivela con
chiara evidenza come il Figlio r~ut6ç), Padre testimonia la sua presenza e of-
formano una inscindibile unirà 237 • fre la scelta tra la salvezza e il giudizio.

234 Cfr. Io.4,34; 5,36; 9,3s.; 10,37 e passim. 236 8,16.29 ; dr. 5,36 s.; 8,18; 10,25; 12,49;
235 3,18; dr. 3,17; 12,47 e in generale 14,10 e passim.
l'accentuazione del pensiero del giudizio in 237 12 ,23 ss.; si confronti anche 18,1 ss. con
Giovanni. Mt. 26 ,36 ss. par. e ~ v4J6w.
1191 (I,446) à:rcocr·rÉÀ.À.w (K. H. Rengstorf) ( I,44 7) 1192

stolo (cfr. G al. 1,1 e ---? coli. 1181 ss.)


v si prefiggono di alienargli la stima
Il termine rientra tra i composti
delle sue comunità mostrandosi spi-
con t/irn.5( o)- dei quali tra gli altri com-
paiono nel N. T. ---? t/iev.56:.SeÀ.cpoç, ---? gliati e sicuri di sé, pur senza aver al-
t/irn.50.SLMcrxrl.À.oç, ---? t/irnòéµa.p'tuç 1• cun diritto di giudicarlo .
Non ricorre al di fuori del N.T. Presente com'è solo nel nostro pas-
Nel N.T. compare solo in 2 Cor. 11, so , il termine appare come un neologi-
smo cristiano , e fo rse addi rit tura p ao -
13, dove Paolo stesso spiega che gli
lino. Ciò confer ma indirettam ente che
t/irn8cx:r.6cr'to),ot, sono p.E'tf.X.O'XTHJ.<l.'tLs6-
anche àTCoO"-ro).o; è un termin e cristia-
µevoL dç à.7tocr't6À.ovç XptO''tou, inten- no o paolino. I cristiani sentivano il
dendo coloro che si spacciano per apo- bisogno di una nuova parola per desi-
stoli di Cristo, senza averne l'autoriz- gnare la nuova carica dei messaggeri
zazione. Che questa delega non esista autorizzati da Gesù stesso (~ col.
si può vedere dal fatto che essi non 1164 ). L'Apocalisse pur parlando di
falsi apostoli, non usa questo vocabolo:
si dedicano esclusivamente a Cristo,
2, 2: xaì. Ém:lpa.o-a.ç 'toÙç Hyov-rr.x.ç
cioè a Dio, ma invece di prestare la Ér.x.u-.oùç CÌ.7t0(J"té)"ovç xr.x.ì. oùx do-lv .
loro opera disinteressatamente cerca-
no i propri interessi ( cfr. Èpyci"t'r.x.t 06-
Àtot: 11,13 ). Costoro non sanno che
per l' apostolo di Gesù è essenziale È termine relativamente frequente
l'unità e la disposizione a soffrire; nel greco profano con i significati più
diversi derivati da àrr.ocr-.tÀ.À.nv: a.
sembrano ùm:pÀla.v CÌ.7tOO'"t'oÀ.ot ( 11,5.
invio di navi (Thuc. VIII 9: à.7too--ro-
11 ), formula questa che esprime di À.i} VEWV ); b. invio e spedizione sem-
per se stessa l'assurdità di questi &.7t6- plicemente, quindi anche lancio per es.
0"'toÀoL, poiché un CÌ.rtOO'"t'OÀ.oç/saltap di un dardo (~ÉÀ.ouç CÌ.1tOO'"t'oÀ.l'J: Philo
(~ col. 1141 ss.) di Gesù è già in una Mechanicus , Belopoica, p. 68 ,33 Diels-
posizione cui nessun'altra può essere Schramm [AAB 1918 Nr. 13,46]); in-
superiore. Con le due espressioni che dica anche la separazione da un uomo
(Aristot., Rhet. II 23 p. 1400b, 11 s.:
abbiam riportate Paolo si riferisce ai
7)µa.p'tE yàp ii Ml'JoELa 7tEpì. "t'TJV cirr.o-
suoi avversari giudaizzanti, che gli han o-"t'oÀ.i]v 'tWV 7ta.l8wv) o l'inumazione
contestato il diritto di chiamarsi apo- di una mummia (P. O xy. 736,13: Ò:7to-

\j;EUOCl'ltOCT't"OÀ.oç II: Der Osten (1928 , 110-114) 114; SrCKEN-


Per le parole composte con ~EVO(o)- cfr. BERGER, Kor. 145.
la bibliografia in PREUSCHEN-BAUER 1420 s.v. I Sul loro valore fondamentale cfr. spe-
tiJEUò6µap-ruç; per la storia di tali parole cfr. cialmente Hon 110 ss.
DEBR ., Griech. Wortb. 37; in particolare su à: 'itOO"'t"O À.1)
\j1Euoa'lt6cr-ro).oc; K. Hon, 'l'wo6µap-ruc;, in: CREMER -KOGEL 1020; PREISIGKE, \\7 art. I
Gesammelte Aufsati.e zur Kirchengeschichte 195; LIDDEL-SCOTT 220.
1193 (l,447) ci7tocr"t"Éf.. À&J (K . H . Rengstorf) (l,447) 1194

<r"t'oÀ:i] "t'acpTjç) . Dipendendo da cino- Nel N.T. cinocnoÀ.'fi compare quat-


cnÉÀ.À.EO"l)m la parola viene a signifi- tro volte, e precisamente in Act. 1,25
care anche spedizione militare (Thuc. accanto a ~ ÒLct.xovla., in Rom. 1,5 ac-
VIII 8) (~ cin6cnoÀ.oç coli. 1088 s. e
canto a ~ xcipLç, in 1 Cor. 9 ,2 e Gal.
n. 3 ). In tutti questi casi cinoo-"t'oÀ.1}
è un nomen actionis. 2,8 da solo; in tutti e quattro i casi è
in relazione evidente con l'ufficio di
Nel mondo ebraico oltre al significa- à.n6u-roÀ.oç di Gesù concepito ed eser-
to usuale (ep. Ar. 15 npòç "t'lJ\I cinoO""t'O-
citato in modo tecnico . Il significato di
À:~v = TipÒç "t'Ò cir.oO""t'EÀ.Ànv) si nota
cir.0G'toÀ.·~ nel N.T. è quindi determi-
un progress ivo influsso di satah / ci;r;o-
e1·.t).J . EL vin senso tecnico (~coll . 1114 nato completamente da à.n6cr-ro),oç e
ss.) nel significato di consegna, che si ha un posto particolare n ella storia di
riscontra in Iul., Ep. 20 4 (p. 281 , 4 quest'ultimo termine, mostrando come
Bidez-Cumont) in relazione con l'uffi- il nuovo concetto di à.n6o-'to),oç tenda
cio giudaico degli à.noG'to), oL 1 •
fortemente a dar la propria impronta
Nei 5ettallta ricorre 12 volte 2 , sem-
pre come versione, quando vi è un ar- a concetti affini.
chetipo ebra ico , di una forma della ra- Forse questo sviluppo semantico ha
dice salah, eccettua to il caso di Ii::p. 39, d ei precedenti. La versione armena del
36 ( = Ier. 32,36), dove bahereb uba- Test. N. al cap. 2 dice : ' ... mio padre
ra' ab ubaddciber è reso: Èv µa.xalp~ Giacobbe mi destinò ad ogni missio-
xa.ì. Èv ÀLµQ xa.ì. Èv èrnocr'toÀ.i'), H che ne e messaggio', parole che presup-
significa che il traduttore, ingannato da pongono il greco CÌ.1tO(J"'t'oÀ.i}v xa1. &.y-
quel che sapeva di storia, al posto di yEÀla.v, dove in ò:noo-"t'oÀ.Tjv potrebbe
deher (peste) ha letto dabar (parola [di esserci un'allusione a SC!u/:J!ì di Gen.49,
Dio]). In 1 Cor. 9 ,16 à.noO""t'oÀ.1} signi- 21 5 • Il testo greco edito da R. H.
fica offerta, dono, altrove semplicemen- Charles però legge solo dç nO.o-a..v ò:.y-
te invio (ljl 77,49) 3 ; è usato infine an- y<:À.la.v 6 • Comunque Ò:.7tOO"'t~À.1j e à.y-
che per designare la spedizione, spe- y<:À.la sono qui collegate. Nelle fonti
cialmente di doni. Flavio Giuseppe la rabbiniche inoltre compare talvolta la
usa in Ant._ 20,50 per indicare un ac- parola seli/:Jut riferita all'invio di mes-
compagnamento solenne (cfr. Vit.268)4 • saggeri (angeli: mal'akzm) 7, che so-

1 Cfr. S. KRAUSS JQR 17 (1905) , p. 375. 4 I passi sono citati secondo THACKERAY,
2 Tre volte (1Reg.4 ,34; 9,16; Cant. 4,13) Lex. I os. 76.
è attestato imperfettamente; inoltre in 3 Mach. 5 È una supposizione di F. SCHNAPP in
4,4 c'è E~a.7tocr"toÀl]. KAUTZSCH, Apkr. u. Pseudepigr., a.l.
3 In senso figurato Aquila ha ci7tocr"toÀ Ti 6 T be Greek Versi on of the T estaments
XELp6ç in Is. 11,14, dove Simmaco e Teodozio· of the 12 Patriarchs (1908) 145.
ne leggono EX"tacr~ç e i LXX non hanno inve- 7 Gen. r. 50,1 a 19,1. Altre notizie sull'ar-
ce né' l'una né l'altra versione ( "tà.ç XE~pa.ç gomento in S. RAPPAPORT, Agada und Exegese
Èm~a.ì.ovcrw). bei Flavius Josephus (1930), 105 e in LEVY,
Wort. IV s.v.
1195 (I,448) à.1twùtw (K. L. Schmidt) (I,448) 1196

stanzialmente corrisponde ad &.7too..to- tamente se quella non si sia modellata


À:f1; ma non è possibile stabilire esat- su questa.
K. H. RENGSTORF

Ò.7tOG"'tpÉq>W 4- O"'tpÉq>W
à.7too-uvciywyoç 4- o-uvo.ywy'iJ

' parlare ad alta voce, pubblicamen- Nel N.T. è u sato in senso buono e
te, con enfasi': tjJ 58,8 ; Luc. Zcux. 1; solo negli Atti, dove è riferito a cristia-
Iambl., Vit. Pyth . l l ,'55; parlando di ni che posseggono lo Spirito Santo e
un filosofo: Philo, Vit. Mos. 2, 33;
vengono rapiti in estasi (2 ,4): -flp!;cx.no
Diog. L. I 63.73.79; Luc., Alex. 25:
ÀaÀ.Ei:v É't"Épcx.Lc:; yÀwo-crn.Lc:;, xcx.iJwc; ,ò
XPIJO"µÒv tX1tEq:>DÉy1;aco. Particolarmen-
te è detto di un estatico o di chi pro- 1tVEUµa È.oloov &.1toq:>lJÉyyEO-lJ<XL CXÙ't"OL<;,
nuncia oracoli: Diod. S. XVI 27,1; come portati a pronunciare entusiasti-
Plut., Pyth. Or. 23 (Il 405 e); di un camente discorsi prof etici, 2, 14; 26 ,25:
indovino: Mich.5,12; Zach.10,2; Vett. tXÀ TjlJElaç, Xa~ 0-Wq:>pOO-V\lr}c:; (.n'jµaca
Val. II 16 p. 73,24 s.; II 36 p. 112, Ò:7tocplJÉyyoµaL (contrapposto a µalvo-
15; 113,1 Kroll; di un cantore entu-
µaL, cfr. 2 Cor. 5,13: È.1;,ÉcrcTjcrEv .••
siasta 1 Chr. 25,1, o di un profeta:
Ez. 13,9 .19; Catal. Cod. Astr. Graec. crwcppovoiJµEv).
VIII 4,147,15 e altrove (spesso in sen- J. BEHM
so deteriore).

à.7to\j.ivxw 4- lj.iux'iJ
cbtpOO"X07tOç 4- X01t'tW

A partir da Omero, nella poesia e o-a'to ò lJEÒ<; 't'ÒV Àaòv aÙ'toiJ; La for-
prosa greca fino ai papiri ha il signifi- ma di questa domanda presuppone ne-
cato di ' respingere ', in senso proprio
cessariamente una risposta negativa; si-
e in senso figurato; con lo stesso signi-
gnificativo è l'accostamento di ò i1t:éc; e
ficato compare 6 volte anche nel N.T.:
Act. 7, 27.39; 13,46; Rom. 11,1.2; 1 't'Òv ÀaÒ\I aÙ't'Ov: Israele è il popolo
Tim. 1,19, sempre al medio, una volta di Dio, e perciò Dio non può 'respin-
al pres. e cinque all' aoristo ( &.7twcrci- gerlo' (per sempre). La lezione del co-
µ'l')\I ). dice G, che al posto di 't'Òv Àa6v ha
Importante sotto l' aspetto biblico- 'tll'V XÀ'l')pO'Voµlav (LXX), interpreta
teologico è solo Rom. 11,1.2: µTj &:1tw- esattamente la sostanza di ciò che vie-
1197 (l,449) cipci (F. Biichsel) (l,449) 1198

ne detto (-7 Ào.6c;) 1. Nei LXX incon- samente la risposta in forma negativa
triamo tre volte (1 Bo.cr. 12,22; ljJ 93, (Rom. 11,2): oùx rir.wcro.'t'o 6 i}Eòç "t'Ò'V
14; 94,4) questa promessa: oùx cbtW- À.et.Ò'V et.Ù't'où.
<TE't'Ct.L KvpLO<; 'tÒV Àet.ÒV et.Ù'tOU, e di KARL LUDWIG SCHMIDT
essa si ricorda Paolo, quando dà espres-

cim:iÀrnx ~ col!. 1059 ss.

àpa, XCJ.:Tet.pcioµet.L, Xet.'tcipet.,


Èmxo.-rcipa.-coc;, Èmipet.'toc;

, '
t apa. più frequente dell'accusativo 1 • I LXX
hanno sempre, eccetto un caso, l'ace.
Originariamente desiderio, preghiera;
della persona. Flavio Giuseppe ha il
già in Omero anche maledizione; nel dativo della persona (Bel!. 3 ,297; Ant.
N.T. solo in Rom. 3,14, dove Ps. 9,28 1,142; Ap. 1,204), ma anche il passivo
è citato liberamente. (Bel!. 5,401). Filone ha il dat. (class.)
e l'accusativo (come i LXX).
t xcno.pci.oµo.L

Poiché nel N.T. la forma semplice


t xa. 'tcipa. (~ È!;a. yopcisw coll. 33 8 ss.)
manca e i suoi composti ricorrono solo xa.'tcipa. retroformazione da xa."t'l'l.-
come aggettivi verbali, xa.'ta.pcioµm pli.crfret.L, maledire, significa maledizio·
insieme con rivo.i}Eµa-clsw è la parola ne 1 • Frequente nei LXX come tradu·
più usata per esprimere I' azione del zione di q'làla.
maledire Nel N.T. ricorre s,o ltanto con
l'ace. della persona in Le. 6,28 par. (v. 1. Maledizione {e benedizione)
l.); in Mc. 11,21 e Iac. 3,9; perciò si
ha anche al passivo in Mt. 25,41: et Quelle di maledire (e di benedire)
Xet.'ti]pa.µlvoL; usato assolutamente (xa.- sono consuetudini che si riscontrano
"t'a.pli.cri}c:) in Rom. 12,14. Nel greco nell'intera storia della religione 2 • La
extrabiblico il dativo della persona è maledizione è quella parola esterna che,
à.nwbÉw nota.
1 Cfr. BENGEL, a.l. : Ipsa poputi eius appel- 1 DEBR., Griech. Wortb. 21.
latio rationem negandi continet. 2 Cfr. A. BERTHOLET - E. LEHMANN, Lehr-
xa-rap<i.o~tm buch der Relig. Geschichte (1925) Rgst. s.v.
t Cfr. PREUSCHEN-BAUER, s.v.; BL.-DEBR. « Fluch »; inoltre J. HEMPEL, Die israel. An-
§ 152,l. schauungen v. Segen u. Fluch im Lichte alto-
xa-r<i.pa rient. Parallelen, ZDMG 79 (1925) 20-110;
L. BRUN, Segen und Fluch im Urchristentum R. WiìNSCH, Antike Fluchtafeln KI. T. 20
( 1932). Bibliografia sulla maledizione nella (1907); PAULY W. VI (1909)271 e Suppi. IV
storia delle religioni ~ n. 2; Bibliografia (1924) 454; K. LATTE, Heiliges Recht ( 1920)
su Gal. 3,10.13 ~ É!;ayopcH;w col. 339 in 61-96.
1199 (I,449) ci.pii. (F. Biicbsel) (l,450) 1200

per il semplice fatto di essere pronun- forza o per un arcano potere di cui chi
ciata o seri tta, in forza di una conca- maledice si ritiene dotato da Dio, co-
tenazione ultraterrena porta disgrazia a me avviene negli anatemi della Sinago-
colui contro cui è indirizzata 3 • Perché ga, della Chiesa cattolica ecc. (~ &.vci.-
dunque ci sia una maledizione in senso 'Ì}Eµa., àvcxtrqrn-çl~w ). Nella vita giuri-
proprio occorre un potere speciale, co- dica dei popoli antichi le maledizioni
me lo hanno i sacerdoti, gli stregoni, assumono una importanza particolare
i capitribi\ ecc., o una speciale posi- per es. nelb irrogazione della pena,
zione, come può essere quella cli un nelle di sposizioni di legge ccc .); il giu-
morent e, di un innocente perseguitato, rnmento, sia assertorio che promissorio,
ecc., o ancora l' uso di determinate for- originariamente è un'imprecazione con-
mule, come la pronuncia di nomi, o dizionata contro se stesso. Gesù proibi-
l'osservanza di de terminate pratiche, sce ai suoi discepoli di maledire per
quale la seri ttura su piastre di piom- vendicarsi (Le. 6,28 par., cfr. Iac. 3,9-
bo, la deposizione della maledizione 12) e non li autorizza a maledire in nes-
scritta in luoghi sacri, ecc. La male- sun caso, ma permette solo di rifiutare
dizione può avvicinarsi alla preghiera categoricamente il perdono (Io. 20,23;
quando si pensa che il suo compimen- Mt. 16,19; 18,18). La maledizione di
to dipenda dal giudizio di una divi- Dio oppure dei suoi incaricati, dei suoi
nità; può diventare preghiera essa stes- profeti, della Scrittura, ha lo scopo di
sa quando è impetrata da una divini- presentare il giudizio di Dio come già
tà. La maledizione può diventare an- in atto; essa è dunque il giudizio di
che pura forma poetica di esprimere Dio o la conseguenza dei peccati del-
un'indignazione appassionata. Ma per l'uomo (così in Gal. 3,10.13; Hebr. 6,
la maledizione vera e propria è ner~s­ 8; 2 Petr. 2,14 ). Ciò che conta qui non
saria la fede che essa si compia per è tanto la pronuncia della maledizione
effetto dell'atto di maledire. Si può pen- quanto l'ineluttabilità di questa conse-
sare che tale compimento si verifichi guenza del peccato stabilita una volta
per una misteriosa concatenazione di per tutte dal giudizio di Dio.
influssi indipendenti da una divinità
- come è per i primitivi - o per una 2. Gal. 3,13
coercizione che colui che maledice può In Gal. 3,13 la maledizione è guelfa
esercitare su spiriti, divinità ecc. - co- della Legge espressa in Deut. 27 ,26;
me è per lo più il caso degli stregoni 21,23, ma è al tempo stesso maledizio-
di tipo superiore - o ancora per una ne di Dio, poiché la Legge è rivelazio-

3 La definizione data più volte (es. H . GuN· rio di disgrazia » è falsa. L'augurio dev'essere
KEL, RGGI II 921) : «Maledizione è augu- espresso o comunque fatto capire.
1201 (1,450) à.pci (F. Bi.ichsel) (f,4 51) 1202

ne di Dio, idea questa che non vien ce come un maledetto. L'espressione


rinnegata nemmeno in Gal. 3, 19. 20. appropriata che Paolo usa in Gal. 3 ,13
Per Paolo l'umanità è sotto l'ira di Dio ricorrendo all'astratto per il concreto
(Rom. 1,19-32) o sotto il suo giudizio si trova anche nell'A.T. e nel giudai-
(Rom. 5,18). Riferire il 'noi' di Gal. smo 6• Il tono del passo richiama l'idea
3,10.13 ai soli giudei o giudeo-cristiani dell'espiazione vicaria. Ma non si può
è ingiustificato; anzi ciò equivale a di- dire che a suggerirla sia l'espressione
struggere l'idea centrale del brano 4 • per se stessa , né quella molto simile di
Paolo p<1rb a titolo personale e sogget- 2 Cor.5 ,21 (ÙTIÈp Yii.twv à~rnp"t'lcxv ÈTiot'.-
tivo. Rendendo oggettiva questa di- TJcrEv ). Dire che Cri sto è diventato ma-
chiarazione personale se ne toglie l'es- led izione, o che è stato reso peccato
senza stessa. Come è certo che tutti non è ancora esprimere la profondità
gli uomini sono peccatori (Rom. 3, <lel rapporto tra colui che soffre e co-
23 ), così è vero che tutti, nessuno ec- lui per il quale soffre; dcl fatto cioè che
cettuato, si trovano sotto la maledizio- Dio « ha voluto che (Cristo) soffrisse
ne (Gal. 3,10 .13) 5 . Le parole di ma- ciò che gli uomini gli hanno inflitto
ledizione della Legge dicono inoltre che come compimento della maledizione
essere peccatori non significa solo an- della Legge da lui non meritata e non
dare incontro all'ira e alla condanna di indirizzata a lui ». A suggerire quest'i-
Dio, ma essere già fin d'ora sotto l'ira dea sono piuttosto le parole ÙTIÈp +1µwv
sua e in stato di dannazione. presenti nei due passi; più ancora la
Poiché dunque nella maledizione del- considerazione (~ èçcx.yopcisw, I, coll.
la Legge già fin d'ora Òpyi} e xa:rcixp~­ 341 ss.) che Paolo non dà un valore og-
µcx. gravano sulla umanità, una possi- gettivo al concetto dell'espiazione vi-
bilità di scampo è data solo con un ve- caria. È quindi del tutto errato distin-
ro e proprio riscatto dalla maledizione guere la maledizione a cui è stato ri-
della Legge . Gesù operò questo riscat- dotto Gesù da quella che Dio fulmina
to quando si fece maledizione per (~ nella Legge contro i suoi trasgressori 8,
ÙTIÉp) noi, quando cioè morl sulla ero- Infatti comunque vada intesa l'espres·

4 HoFMANN, SrEFFERT, ZAHN, KAFTAN e al Neg . 2,1: i figli d'Israele, io sono la loro espia-
tri ~ Èl;ayopci~w, I, coli. 339 s. nota. zione ... Questa singolare protesta di amore,
5 Circa la questione se e come tutti gli uo· di uso frequente, dimostra come fosse profon-
mini, pagani compresi, siano soggetti alla Jeg. damente radicato nel tardo giudaismo il pen-
ge. cfr. Rom. 2,12-16. siero che ognuno può liberare altri dalle sof-
6 I er. 24 ,9; 42,18; Zach. 8,13 ; Ex. r. 38 ini- ferenze inflitte da Dio attraverso la sofferen·
zio a 29,1: come tu o Dio sei verità ... S. za liberamente accettata.
Num. 161 a 35,34: Io sono la vostra espia- 7 SIEFFERT, ibid. seguendo HOFMANN.
zione (kappii.ratkem). STRACK.BILLERBECK III 8 ZAHN, seguendo HoFMANN, ancor più
261 sotto a porta numerosi esempi della fra- chiaro Sr·EFFERT.
se: io sono espiazione di qualcuno, per es.
1203 (I,451) cipti (F. Biichsel) {I,451) 1204

sione qil'lat' 'elohim (maledizione di riscatto (Gal. 3 ,13 ), della nostra giusti-
Dio) di Deut. 21,23 9 , il fatto è che i ficazione (Rom . 3,21 ss.), della nostra
LXX e Paolo in questo passo hanno riconciliazione (2 Cor. 5,17 ss .), in una
non l'astratto xa::td:pa, ma il concreto, parola, della nostra nuova comunione
il passivo xEX<X.'tapaµÉvoç e rispettiva- con Dio, e solo dopo parla di Gesù
mente Èmxa'tcipa'toç. Essi dunque co;1- come colui che si è fatto maledizione,
siderano colui che è appeso come un D. . a.o--rTjpLov e peccato. La forma stessa
maledetto, come un « pubblico esem- di queste sue asserzioni , che si ripete
pio della inesorabile severità della Leg- e quindi non può essere casuale, dimo-
ge » 10 , nel senso che egli è soggetto stL1 che egli non intende parlare di
proprio alla maledizione che la Legge un fatto puramente esterno . La frase
commina contro i suoi trasgressori 11 • « Gesù s'è fatto maledizione per aoi »
Resta fisso che qui Paolo esprime l'idea vuol dire questo : Egli è partito da
di una pena vicaria, la quale pone la Dio per venire a noi, lontani da Dio,
croce nella luce di un fatto giuridico e riportarci nella comunione divina ( ~
che riguarda Dio e Cristo e che concer- u7ttp ).
ne l'uomo, senza però impegnarlo per-
Se e perché tale sostituzione di per-
sonalmente. Non è poi il caso di ricor-
sona fos se necessaria, è una questione
rere ad una malintesa teologia della
che nelle lettere paoline non ha né una
mediazione che faccia derivare la ma- esatta formulazione, né tanto meno una
ledizione dalla Legge e non da Dio e, risposta. Paolo si trova di fronte a Ge-
in più, escluda dalla maledizione «noi» sù che ha sofferto la morte del male-
per restringerla ai Giudei . L'azione vi- detto e che perciò è il fondatore di una
caria si risolve per Paolo in una 'poten- nuova comunione con Dio. Egli espone
i fatti senza ragionare sulla loro neces-
te azione a nostro vantaggio. Essa è la
sità o meno. Ma, poiché per Paolo il
istituzione di una nuova comunione tra castigo dei peccatori non era stato solo
noi e Dio - intesa non in senso pura- comminato, ma era già in atto nella
mente oggettivo di mera possibilità giu- maledizione della Legge, anche se non
ridica, ma in senso oggettivo e soggetti- ancora portato a termine, egli non con-
vo insieme - e perciò si mostra nella sidera la possibilità di una nuova co-
munione dei maledetti con Dio se non
potenza della fede e della coscienza che
ponendola nella luce di un'azione vi-
la croce fa sprigionare in noi. Non per caria .
nulla Paolo parla dapprima del nostro

9 Cfr. ZAHN, Gal. 156 n. 9. sori della Legge non illumina il passo, ma lo
IO ZAHN, Gai. 157. rende anzi più oscuro. Egli non trova nel pas·
11 ZAHN stesso dimostra che l'accennata di-
so alcuna affermazione che spieghi come Ge-
stinzione tra la maledizione, che Gesù si ad· sù, fatto maledizione, ci abbia poi liberato
dossò, e la maledizione che colpisce i trasgres· dalla maledizione stessa.
1205 (l,452ì cipy6ç (G. Delling) (1 ,452) 1206

t Èmxcx.-ccipcnoc;
t hcipcx.-coc; (~ xcx.-cci.pcx.)
Èmxa-cci.pcx.-coc;: frequente nei LXX, composto invece del composto sempli-
nel N.T. solo in Gal. 3,10.13. Il greco ce si trovi dapprima nei LXX, dai quali
antico extrabiblico ha invece apcx."t'6ç, poi l'ha ricevuto il N.T. Infatti in epo-
È7tcipa -mc; 1, xcx. "t'cipcx. -coc; 2 • Èmxcx. "t'cipcx. "t'oc; ca più antica si usavano termini a dop-
compare nel mondo extrabiblico solo pia composizione meno che nelle epo-
nel scc. II d. Cr. (Ditt.,Syll3., 1240,2s .: che successive 4 • Per quanto riguarda
Èmxcncipa."t'oç fo-cLç itTi rpdoovto xa."t'à Gal . 3,13 ~ xa.-rcipa., coll. 1200 s. Il
"tOVOE "tÒV xwpov "t'OÙOE "t'OÙ Epyov, CIG, giudizio sul popolo espresso in Io . 7,
2664 ). È possibile che il termine sia 49 (È7tcipa."t'oç) esprime bene il disprez-
passa to dai LXX o dal N.T. al linguag- zo degli scribi per i semplici e ha il suo
gio pagano 3 • Però può anche essere pu- fondamento scri tturistico in Deut. 27,
ramente casuale il fatto che il doppio 26 '·
F. BucHsEL

apy6c;, àpytw, xa-capyÉw

t apy6c;, t àpyÉw
Un detto filosofico può essere à.pyòç
àpy6c; ( = à-e:py6c;, Horn., Il. 9,320) À.éyoc; (v. Arnim II 277 s.; il contesto
senza energia, inattivo: a. inoperoso, parla anche in ~enso oggettivo di que-
pigro (Ecclus. 37,11 ), disoccupato; inu- sto àpyòç À.éyoc;) in quanto paralizza
tile, inservibile (vfie:c;: Thuc. VII 6 7 ); la forza morale che spinge ad agire.
in senso passivo: non usato (Sap. 14,5,) Detto delle Èmi)uµla.~ che non sono
non lavorato (grezzo) (3 Bcx.cr. 6,7; Ec- atte (al bene) significa cattivo (Plat.,
clus. 38,28 ). b. incapace ad agire, sen- Resp. IX 572e).
za facoltà di operare. Così è detta la
materia del cosmo in Empedocle (Diels àpy~w intransitivo; nei LXX signifi-
I 208,7): senza energie potenziali; cfr. ca tanto far festa (il Sabato, 2 Mach.
Philo, Spec. Leg. I 21 riguardo alla 5 ,25) quanto esser pigro e venir sospe-
materia di cui son fatti gli idoli (cfr. so, arrestarsi (1 Esd. 2,25; 2 Esd. 4,24;
inoltre Sap. 15 , 15). Detto dell'anima Ecc!. 12,3 ).
degli animali inferiori, che ha poche
àpyéç nel N.T. In senso pro -
funzioni (Op. Mund. 65, cfr. Leg. Alt.
I 32). Tale si nega che sia Dio (Corp . fan o : disoccupato (Mt_ 20,3 ); inat-
Herm. XI 5: Dio è sempre operante). tivo (Mt.20,6; 1 Tim. 5,13); pigro (Tit.

Émxo; 'tcipcx'toç 3 NAGELI 60.


Ilos., Ant. 1,58; 7,208; spesso in Filone. 4 DEISSMANN, l.0. 4 74.
Èmxcx'tcip<noç non c'è in Giuseppe Flavio; s Al riguardo dr. STRACK - BILLERBECK II
cfr. invece Philo, Leg. Alt. 3,111.113. 494-519; DEISSMANN, L0.4 74.
2 los., Ant. 4,126.
1207 (I,453) cit-réç (G. Dt!..ng) (l,453) 1208

1,12). In senso morale: che all'inattil;ità (XÉpa, Eur., Phoen . 753 );


non fa nulla di bene, cattivo (v. sopra eliminare (Corp.Herm. XIII 7: xa't"ap-
Plat.., Resp. IX 572 e); si dice di pa- rncrov 't"OV crwµcnoç 't"àç ~ a.tcrìhi-
O"etç); nei LXX solo in 2 Edìp. (4 vol-
role umane delle quali sarà chiesto
te) =annientare.
conto nel giorno del giudizio. (signifi- Nel N.T. trans., in senso prof a -
cato chiaro in Aft. 12,36, dove è iden- no: a. condannare all'inazione, Lc.13,
tico a ~ rcovl)pov, v. 34; diversamen- 7; - b. annientare, 1Cor.13,10. - c.
te da Stob., Ecl. III p . 684 ,8 s.). In sottrarre al raggio d'azione, Rom. 7 ,2 1•
senso religioso: 2Petr.l,8, Nel lin g uaggio religio-
parallelo a uxapr.oç, detto di uomini so (quasi solo in Paolo ): 1. rendere
che stanno davanti a Cristo (in giudi- dcl tutto inefficace, mettere fuori uso.
zio) senza dar prova della propria con- Detto di Dio e di Cristo (a) allude a
dizione di cristiani nella vita sia privata un beneficio religioso, a una liberazio-
che pubblica. All'inizio ci vuole perciò, ne; detto dell 'uomo (b) indica un de-
secondo l'autore, la conferma della TIL- litto contro un comandamento sacro.
v"t'tç per mezzo della cXPETrJ, che in
a. Ne1la concezione del mondo mu-
Iac. 2,20 viene richiesta in forma con-
cettosa, sia pure con una formulazione tuata da Paolo figurano non pochi ele-
non greca, ma giudaica. Quindi una menti di distruzione; il tutto viene per-
fede consistente in soli convincimenti ciò sottoposto a una 'revisione profon-
è inutile, senza valore per il credente; da, nella quale anche il concetto di xa-
se giunge con le « opere », alla vita- 't"apyc:i:'v (in senso oggettivo) assume una
lità del O"uvi::pyEi:' del v. 22, solo allora parte non indifferente nell'interpretazio-
essa raggiunge la necessaria pienezza. ne teologica del divenire cosmico ed
La fede (intesa in senso intellettuali- extracosmico. Osservando che la comu-
stico) è dunque in una certa misura nità di Corinto è formata da uomini sen-
soltanto l'involucro e come tale senza za valore a giudizio del mondo, Paolo
valore: cipyl) 1• giunge ad affermare che è chiara inten-
zione di Dio ridurre a zero e metter fuo-
cXpyÉw: 2 Petr. 2,3: oùx cipyEi:', m-
ri caura « ea guae sunt » ( 1 Cor. 1,28 ),
transitivo, usato per esprimere la la-
cioè quanto è degno di stima per gli
tente efficacia del giudizio.
psichici, e di privar della loro impor-
tanza anche gli uomini che valgono qual-
cosa e che ostentano il proprio valore.
Trans. rendere inefficace, condannare Così la ' sapienza ', cioè la via greca al-

cipy6ç xù. sottile gioco di parole di questi versetti.


I Molto meglio attestato che non la va· XCX."tCX.pyÉW
riante vExpci, la quale non permetterebbe il 1 Cfr. SICKENBERGER, Rom. 4225.
1209 (I,453) à:py6c, (G. Delling) (I,454) 1210

la conquista di Dio si ri vela inefficace, do vengono applicate all 'individuo por-


allo stesso modo del v6µoç "t'WV É.no- tano Paolo a fare nuove e specifiche
Àwv (Eph. 2,15). Viene espressamente osservazioni nei confronti dell' uomo
affermato che l'opera di Cristo ha dato carnale. Crocifisso insieme con Cristo
un nuovo valore alle cose. Con la sua egli vien reso libero dalla schiavitù del
morte egli ha svigorito in se stesso la peccato; più precisamente - e qui appa-
legge giudaica antico-testamentaria, le re chiara la forte tensione che secondo
sue presc rizioni minu ziose e le precisa- P,10!0 esiste anche tra O'W~.Lcx e 'l'tVEVf.LCX
zioni dell'esegesi rabbinica , aprendo co- - il corpo del pecca to , cioè l'uomo in
sì ai pagani la via per giungere a Dio. quanto soggetto al peccato, è privato
Paolo con la predicazione della fede di ogni possibile influsso sul comporta-
non vuol togliere valore alla legge co- mento e sulle manifestazioni morali e
me esigenza morale (cfr. Rom. 2,14) religiose (Rom.6 ,6). Tuttavia questa li-
oppure solo in quanto data al giu- berazione per volontà di Dio non è an-
deo; solo che essa non può avanzare cora definitiva; la vita religiosa del cri-
la pretesa di annullare la promessa fat- stiano è legata a forme ancora esposte
ta ad Abramo di una giustificazione per al pericolo di esser sopraffatte, quali
la fede (Gal. 3 ,17 ). Secondo Paolo die- ad esempio le manifestazioni profetiche
tro a tutto questo si trovano delle po- dello Spirito e la stessa gnosi, che pure
tenze che dominano su questo eone, le Paolo stima altamente (solo la ciyci7t"t'}
~ ripxcxl ~ t;ovO'LCXL ~ ovvciµnç, ha stabilità: 1 Cor. 13 ,8 ). Né può es-
private esse pure di ogni potere sul ser diversamente poiché carismi e gno-
cristiano (1 Cor. 2,6). Paolo lo ripete si danno della realtà divina una perce-
espressamente (con XCX"t'IXPYELV) anche zione solo paotziale e nello stato perfetto
a proposito della morte che colpisce, perderanno la loro importanza ( v. 1O).
quale fatale maledizione, la vita sia fì. b. L'uomo può rendere inefficaci
sica che spirituale dell'uomo naturale soggettivamente, cioè per se stesso e
carnale o psichico (2 Tim.1,10). La let- nell'ambito del proprio agire, queste
tera agli Ebrei completa questa asser- azioni divine liberatrici contravvenen-
zione quando dice che per la morte di do alle esigenze che ne derivano (Pao-
Cristo colui che ha potere sulla morte, lo nega però espressamente, in Rom.
il OLci~oÀoç, è stato ridotto all'impo- 3,3, che questo xcx"t'cxpyELV possa ave-
tenza e messo nell'impossibilità di nuo- re una efficacia oggettiva). Tale di-
cere al cristiano (2,14). sobbedienza consuma chi afferma, ad
Queste asserzioni di valore cosmico, es., che l'osservanza della legge alla
che hanno daro un nuovo giudizio cir- maniera giudaica, come la pratica della
ca l'ordine del mondo presente, quan- circoncisione (Gal. 5 ,11 ), sia necessaria
1211 (l,454) ci.pfoxw (\Yl. Foerster) (1,454) 1212

per gli « eredi » della SacnÀda (Rom. velo ' destinato a nascondere la transi-
4, 14 ). Se cosi fosse diverrebbe ineffica- torietà della o6!;cx. del mediatore della
ce lo scandalo della croce, quello scan- legge). Il passo verrebbe allora a dire
dalo cioè che il giudeo prova al pen- che l'illusoria apparenza che la o6!;cx.
sare che la giustificazione avvenga non del ministero della legge ancora sussi-
per le opere ma per la morte di Cristo sta è annullata in Cristo. Ma il senso
sulla croce. del v. 14 diviene più chiaro se sogget-
to è la 'ltet.Àc:x.Là OLc:x.D1jxl), cosi che il
2. Le potenze diaboliche e l'uomo
senso è che in Cristo e nell'attuazione
carnale sono privati cli influenza, per
dell'opera di Cristo l'antico patto vien
ora, solo temporaneamente; il loro to-
privato del suo valore, quasi annullato.
tale annientamento si avrà soltanto con
la parusia (1Cor . 15,24.26; 2 Thess.2,
Al ministero della legge si riferisce an-
che il participio xc:x."tapyouµEvov del v.
8; 1 Cor. 6,13) .
11, secondo il quale esso era soggetto
3. La specificazione del potere al qua- ad una successiva svalutazione, all'an-
le una cosa vien sottratta si ha in Rom. nullamento del suo valore (originale)
7,6: Ù:.1tÒ 'tOU v6µov e in Gal. 5,4: Ù:.1tÒ (~ sopra 1 a). La sua o6!;a, dunque,
XpLO-'tou (v. 1 a e b); il contrasto esi- era solo mutuata e non gli apparteneva
stente tra v6µoc; e XpLO-"to<; pone l'uo- in proprio (fosse pure in qualità di do-
mo davanti a una scelta. no della fede). In questa pericope poi è
4. La pericope di 2 Cor. 3 presenta soprattutto chiaro che xa'"tapyEi:v si-
il verbo xc:x.'tc:x.pyÉw in un contesto dif- gnifica spesso privar di valore e met-
ficile. I vv. 7 e 13 sembrano rientrare ter fuori causa e connota quindi un to-
in modo inequivocabile nel significato tale svilimento o deprezzamento là do-
2; vi si legge c.:1e lo splendore che ir- ve, in epoca precristiana, si poteva par-
raggiava dal volto di Mosè nell'atto di lare di un valore sia pure relativo. È
dar la legge era passeggero (il participio proprio per questa oscillazione tra il si-
presente passivo, materialmente uguale gnificato di 2 (vv. 7 .13) e quello di 1 a
a quello del v. 11, qui è usato con valo- ( vv. 11.14) che il ragionamento in 2
re aggettivale). Nel significato 2 rien- Cor. 3,7-14 acquista la sua forza pro-
trerebbe anche il v. 14 se il soggetto bativa.
di XC:X."t<X.PYEL"tC:X.L fosse 'tÒ xci.Àvµµc:x. ('li G. DELLING

à.pfoxw, à.v~pwmipEirxoc;, à.pEirxdc:x.,


à.pECT'C'O<;, EUcXpECT'tO<;, EVC:X.pECT'C'ÉW

àpfoxw indica lo stabilirsi di una re- !azione positiva tra due esseri, significa
1213 (I,455) <ipfoxw (W. Foerster) (1,455) 1214

quindi soddisfare, placare. Dall'origi- xo:ì. 7tvp Evo:uu, o'to:v 'tou-rov Oéu; Eur.,
naria sfera giuridica il termine si è fr. 93 e spesso in iscrizioni encomia-
esteso a quella estetica col significato stiche (CIG 4479,5: &.pfoa.v-ra.c; -tfi
mnploL xa.ì. -roi:c; mnploLc; itEOi:ç) e iri
di piacere a uno, essergli gradito. Le
Epitteto.
forme derivate dal tema del presente,
c) piacere a qualcuno. Frequente
come èipEaxoc;, à.pEO-XEVW, à.pEcrxda
nella grecità profana.
fanno vedere in atto l'atteggiamento di
Nei LXX cipfoxw significa sempre
colui che vuol rendersi gradito e per- piacere, mentre il composto Eua.pEO-'tÉW
ciò assumono facilmente, seppur non ren de l'ebraico hithallek quando indi-
esclusivamente, una sfumatura sfavore- ca il camminare alla presenza di Dio:
vole (piaggeria), mentre le parole de- Gen . .5,22.24; 6,9; 17,1 ( EÙo:pÉO"'tEL
rivanti dalla radice comune del verbo,
Èvo:v-.lov ȵou xa.ì, yl vov cl.J..LEµ 7t'toç);
24,40; 48,15; Ps. 26,3; 35,14; 56,14;
come à.pEo--r6c;, Euaprn.,toc;, Euo:pw'tÉw,
116,9 ; Ecclus. 44 ,16 2 . In Gen . 39,4
designano qualcosa che suscita un'im- traduce addirittura sere! (prestar servi-
pressione positiva . zio). Ciò dimostra che i LXX con EÙO:-
PEO"'tÉW indicano una condotta 3 .

Nel N.T. à.pfoxw significa piacere in


Mc. 6,22 par.; Act. 6,5 4 e forse anche
a) Originariamente con l'accusa ti-
in 1 Cor. 7,32 ss.; 2 Tim. 2,4. In Pao-
vo: soddisfare, placare qualcuno 1 ; al
medio : rendersi amico qualcuno. Cfr. lo invece significa per lo più vivere per
Xenoph., Mem. IV 3,16: tEpoic; i}Eoùc; amor di qualcuno. Così in Rom. 15,1-3,
à.pfoxwi}o:L; Ios ., Ant. 6,67; Bell. I, dove l'opposto di Éa.,J'tQ à.pfoxEL\I non
321; 5 ,503. Di qui il passivo à.pÉcrxE- è detestare se stessi 5, ma rinnegare se
'Yflo:l 'tWL: essere soddisfatto di qual- stessi. Anche in 1 Cor. 10,33: xo:ltwc;
cuno, trovar piacere in qualcosa. Cfr.
xciyw mXV'ttX. 1tcXO"LV à.pfoxw µ'Ì) ~l)'tWV
,\[. Ant. III 4,9 e passim.
-rò ȵo:u'tou r:ruµcpopov, la determinazio-
b) Con il dativo significa ancora
ne participiale dà a vedere che si trat-
esser cortese con qualcuno. Cfr. Xe-
noph., Mem. II 2,12 : oùxovv ... xo:ì. -réi> ta di una condotta. Così pure in 1
yd'tovL f3ouÀn r:rù à.pfoxEw, ~vo: aoL Thess. 2,4 e Gal. 1,10: i) ~ri-rw à.v-

àpfoxw 38 ,3 (TIOPEUE<Ji)a.i).
NiiGELI 40 .. 3 RIGGENBACH, Hebr. a 11,5.
JoH. WEiss, 1 Cor . a 10,33. 4 Per la costruzione con Èvwmov cfr. 3

DoBSCHVTZ, Thess. a 1 Thess. 2,4. Bao-. 12,24 s.;· ludith 7,16, spesso con Éva.v-
A . ROBERTSQN - A . PLUMMER, 1 Cor. (1911) i:lo-v. EùapEO--tÉw con Évwmov Ps. 55,14; i
a 10,33. manoscritti restano incerti talvolta tra lvw-
1 Cfr. àpw-tT)p, focaccia propiziatoria, <ipE- TILOV e Èva.vi:lov .
c..-rT]p ~ a [Ep<i, sacrifici propiziatorii. 5 L'espressione è usata in questo senso in
2 Eccezioni 4 Ba<J. 20 ,3 (itEp~ml:tE~v); I s. Epic., Disr. II 18, 19.
1215 (1,456) Ò.pÉcrxw (W. Foerster) (1,456) 1216

1}pw7tor.c; ò:.pfoxnv; El E-rt civòpwrcotc; esiste e indica in Col. 3,22 e Eph.


~pe:crxov, Xptcr-rou 8ouÀ.oc; oùx Clv flµnv, 6,6 colui che, come lo schiavo, ha come
dove servire agli uomini è contrappo- norma suprema di fare tutto per pia-
sto a essere schiavo di Cristo. Lo stes- cere a un uomo (a un superiore). Ser-
so significato sembra avere anche 1 vizio degli uomini e servizio Ji Dio per
Thess . 2,15; 4,1, e lo stesso si dica, Paolo procedono separatamente, ma il
in base al contesto, di Rom. 8,8, dove servizio di Dio si avvicina anch'esso a
ò:.pfoxw ind ica ancora una condotta. una professione.

t civi)pwmipe:o-xoc; t àpEO-XELO:.

Solo in lj; 52 ,6 e Ps. Sa!. 4,8.10 .21, Indica il contegno dell 'O.pEcrxoc; e co-
dove il contesto suggerisce il signifi- me &pe:crxoc; è usato frequentem ente in
cato di uno che tien solo conto degli senso cattivo. Però si trova usato più
uomini e della loro potenza, quindi cer- volte anche in senso buono n ella gre-
ca di piacere agli uomini senza darsi cità profana e in Filone 1• Nel LXX ri-
pensiero di Dio 1 (lj; 52,6: Èxe:'L cpo~e:­ corre solo in Ilapotµ. 29,48 , dove è pa-
b1]o-ov-rcn cp6~ov, où oùx Tjv cpo~oc;). rallelo a xctÀ.À.oc; yuvo:.Lx6c;.
Fuori della Bibbia si trova solo èipe:-
Col. 1,1 O: 7tEprna-rljo-m riçlwc; "tOu
crxoc;. La definizione è data da Aristo-
tele (Eth. Nic. II 7 p. 1108 a 28; IV 12 xuplou dc; 7tficrav ripe:crxe:lav, « con una
p. 1126 b 12 ss.): oi. µÈv lipe:o-xor. òo- condotta che piaccia interamente», non
xoùow e:ì:vr.n oi. miv-ra 7tpò<; 1)8ovfiv è possibile decidere con certezza di fron-
Èna.tvovv'te:c; xaì. oMÈv ò:.v-i:vn:lvov-i-e:c;, te a chi.
aÀ.À. ot6µe:vor. Òe:~v &À.u1tot. "tOLç Èv-i-uy-
1

xavoucrr.v e:Ivar.. Vedi anche Theophr.,


Char. 5. Il termine indica un contegno, t CÌpE 0-'t' oc;
non un rapporto. È quindi distinto da
x6À.aç, che indica uno che agisce solo Accettabile (detto nei papiri di una
per interesse. Per sé anche lipe:crxoc; è merce) 1 ; gradevole, gradito: senso at-
una vox media. testato nella grecità profana già in una
citazione da Pitagora 2 • Nei LXX indica
à.vi)pw7tape:crxoc; è il contrario di una ciò che Dio (o un uomo) accetta come
forma i)fope:crxoc; - che peraltro non cosa a lui gradita, e anche ciò che uno

à.vfrpw7tapEcrxoç 1 P. Oxy. 729,24 : 7tOLTJCTov·rn.L -roùç ;;o-cL0'·


NAGELI 61. µoùç ... 7tpoç cipEcrxl[ av] -cov I:cx.panlwvoç.
I In Theophil, Ad Auto!. III 14: -coùç Philo, Fug. 88: EVEXCX. à.pEcrxElaç 0Eou, Op.
7tOLovv-caç -co ciyafrov oLMcrxEL (scl. Gesù) Mund. 144; Spec. Leg.I 176,317.
µTj xavxiicrfrm, tva p.Tj à.vfrpwncl.pECTXO~ WCTLV Ò.pECT'Tét;
il significato del termine è alquanto diverso. I P. Amh. II 48,8 ( 106 a. Cr.) detto di re·
à.pEcrxda cipienti.
DEISSMANN, N.B. 51. 2 Stob., Ecl. IV p. 277,13 s: où yap (j..)J,a
1217 (l,456) ci:pfoxw (W. Foerster) (I,457) 1218

compie in assoluta libertà: Tob. 3,6: CTWµa'"t'a.ùµWv ilucrla.v ... '"t'~ i}e.GJ EÙci-
'Xll"t!.Ì 't'Ò àpEO'-rov O'OV 7tOLTIO'O\I µe:- pe:o-.-ov; Rom. 14,18; Èv 't'OV't~ oov-
't'1 ɵov.
Àe:uwv 't'0 XpLO'"t0 e:vcipe:o-"t'oç "!0 ile:0;
Nel N . T. = gradito: Io. 8,29; Act. Col. 3,20: U1ta.xove:"te: 'toi:ç yo\IEVO'L\I ... ,
6,2 (a Dio); 12,13 (ai Giudei); in 1 "t'OV"t'O yà.p e:ùcipEO""tO\I Èo-'t'LV Èv xvpl~;
Io. 3 ,22 si hanno due espressioni pa- cfr. Hebr. 13,21: 1tOLW\I "tÒ e:M.pECT"tOV
rallele: -t·à.ç Év"toÀà.ç a.Ù"tov -rT)pe:i:v e Évc:.>mov w'.rcoti. Come in Col. 1,10 non
't'à àpe:cr·rrx Èvwmov mhou 'ltoie:i:v. Al-
è specificato che cosa sia al;iov 't'OV
trove nel N. T. è usato il composto
e:ùcipEcr-roç. ìJEov, così pure qui non si precisa che
cosa sia caso per caso gradito. In am-
bedue le affermazioni Paolo riassume
il motivo e lo scopo dell'operare cri-
stiano e esorta a scoprire con una ri-
e:ùciprn-roç, gi-adito. È un vocabolo
cerca viva e sempre nuova che cosa sia
della koinè. Frequente nelle iscrizio-
ni; iscriz. di Priene 114,15: yEvT)i}dç e:MpEO'"tov; Eph. 5,10: wc; 't'ÉxvrJ.. (j)lù-
U. e:ùcipe:O'[ "toç] Èv "toi:ç -rfjç yvµva.- "tòç 7tEPL1tll"tEL"tE ..• OOXLµci.~OV"t'Eç 't'l
<ntxpxla.ç àva.Àwµa.o-Lv. In Epitteto si- fo-rvv e:ùcipe:O''t'O\I 't0 xvpll!;); cfr. 2 Cor.
gnifica anche contento. Come aggetti- 5 '9: (j)LÀO'"t'LµovµElJCX ... e:ù<ipEO'"t'OL mhy
vo di qualità vale gradevole. Nei LXX dva.L, e anche Hebr. 12,28.
solo in Sap. 4,10; 9,10.

Nel N.T. è detto una sola volta del- EÙa.pEO'"tÉW, termine della koiné, ha
l'approvazione di uomini, in Tit. 2,9: signifìcati spesso paralleli ad &.pfo:xw.
a) esser gradito (grecità profana, Fi-
òou Àovç tolotç òe:o-TI6-ra.tç ... e:ùa.pfo"tovç
lone). b) compiacersi di qualcosa ( 't'L'lll)
dva.L. Altrove è detto delle disposizio- esser contento (come &.pfoxe:a17a.l ·n-
ni di Dio verso fa condotta dell'uomo. vt ): Diod. S. III 55,9: 't'TJV µT)'t'Épa.
È però caratteristico che nel N.T. si "t'WV lJEWV EÙCX.pEO-'"t'Tli)Ei:o-a.v 't'TI vi)o-w.
qualifichi solo una volta con e:ùcipe:~-ro<; c) tenere una condotta gradita (nei LXX
un fatto avvenuto, in Phil. 4,18: oe:ç<i- come traduzione m parte di hithallek
~ &.pfoxw).
µe:voç ... i}vcrla.v oe:x-rfjv e:v<ipe:o-"tov 't'Q
ite:0. Di solito in Paolo espressioni co- Hebr. 13,16: 't'Otet.v'ta.r. ç ... ilvcrla.i<;
me EÙapEO-'t'Oç "!0 tk0, EÙapECT't'O<; ÈvW- EÙCXpEO-"tEL't'Cl.!. ò i)e:6ç ( = b.), compia-
7tLO\I a.Ù't'ov (Hebr.) o Èv xvpl~ indi- cersi di, Hebr. 11,5 s.: µe:µa.p"tVPTl'"t'Ct.L
cano lo scopo della condotta cristiana. (Enoc) EÙCl.pEO''t'"()XÉVCt.L 't'0 ikt;> ( = é),
Vedi Rom. 12,1 s.: 1tCl.pet.O-'t'fjO-m "tà tenere una condotta gradita, come es1-

EÙO:pECT"t'ÉW
RrGGENBACH, Hebr. a 11,5.
SrcKENBERGER, Rom. 4 273.
1219 (I,457) à.pETi) (0. Bauernfeind) (I,457) 1220

ge ciò che segue: xwpì.ç oÈ rclrr-.Ewç :x:cx.ì. "toi:ç Èxs'f)"toùcn v a. v'tòv µLrrilarco-
à.ovva-.ov EuapErr-.fjrrcx.v mrr'tEvcrm yà.p o6"t'f)<; YLVE"tCXL.
oEi: "tÒv rcporrEpx6µEvov i}EQ O"tt Err"tLV W.FOERSTER

A. à.pE"tTJ ALL'INFUORI DEL NUOVO


po. Che poi generazioni successive, per
TESTAMENTO
le quali il greco non era più la lin-
All'epoca del N.T. ]a parola àpn1) gua corrente, fossero più che mai in-
aveva diversi significati, tanto da far dotte in errore, si comprende facilmen-
nascere confusioni. Chi per esempio te. Il giudizio sui casi singoli spesso è
leggeva in Esiodo (Op. 313:) rcÀ.ou"tcp tuttora difficile 2•
O'à.pE"t1} XCd XÙOO<; ÒTC1)0EL, poteva de- Un senso fondamentale unico è rico-
durne che ricchezza e virtù andassero noscibile nonostante la varietà dei si
sempre e necessariamente unite. Plu- gnfìcati del termine. Esso può esser
tarco 1 per lo meno attribuisce tali con- reso press'a poco con a. eccellenza 3 ,
cezioni ai giovani letterati del suo tem- quaelibet rei praestantia 4 • Eccellenza,

à.pE"tlJ Definizione:
DEISSMANN, L. 0.4 270; ID. B. 90 ss., 278; Aristot., Eth. Nic. II 4 s.; cfr. specialmente
CLEMEN 365 s. p. 1106 a 14 ss.: Ti -cou à.vi'>pwnov à.pE-cl]
U. v. WrtAMOWITZ - MoELLENDORFF, NGG dTJ liv E!;~ç à.cp'f}ç à.yctMç &vDpw1toç yl-
(1898) 214 ss. Inoltre : vnct~ xcti à.cp 'ne; EÙ -cò tctv"tov Epyov ci'lto-
]. Lunw1G, Quae fuerit vocis cipE"tlJ vis ac na- owou.
tura ante Demosthenis exitum (piss. Leip· Crisippo in Alex. Aphr., Fat. 26 (A. GERCKE:
zig 1906). Jbch. f. klass. Phil. Suppl. 14 [1885] 740).
J. STENZEL, Studien zur platonischen Dialek- Plut., Aud. Poet. 6 (II 24 d).
tik, ... Arete und Diaieresis (1917). Storia del significato:
In., Socrates, PAULY-W. 2 Reihe, III 830. M. HoFFMANN, Ethische Terminologie bei Ho-
A. KIEFER, Aretalogische Studien (Diss. Frei- mer, Hesiod, Jambikem und Tragikern
burg 1929) soprattutto 18 ss. (Diss. Tiibingen 1914).
NXGELI 69. I Nella sezione 6 di Aud. Poet. (II 24 d),
A. BoNHOFFER, Epictet und das N. T. (1911) dove dice cose interessanti circa il termine
108 s. à.pe:-cl].
L. ScHMIDT, Die Etik der alten Griechen, I 2 Cfr. gli articoli ad hoc in PAssow o PA-
(1882) 295 ss. PE con quelli dei dizionari recenti.
E. SCHWARTZ, Das Geschichtswerk des Thu- 3 Così anche CREMER-KOGEL 1-3. La paro-
cydides (1919), specialmente 351 ss. la CÌ.pE-"tTJ è in rapporto etimologico con àpÉ·
In., in Gnomon 2 (1926) 75 ss. crxw, i'}pe:-crct fi.p~-cr-.oç; cfr. A. W ALDE, Ver-
S. REITER: 'ApE"tll und der Titel van Philos w
gleichendes orterbuch der indogermanischen
'Legatio' in: Epitymbion, Heinrich Swo- Sprachen I (1930) 69.
boda dargebracht (1928) 228 - 237. 4 F. W . STURZ, Lex. Xenophonteum (1801
Commenti a Phil. di DIBELIUS 2(1925) e LoH- ss.) s. v.
MEYER 8(1928).
1221 (I ,458) Ò:pE't"TJ (0. Baucrnfcind) (I ,458) 1222

s' intende, sia di un' operazione (per ad assumere una colo ri tura intellettua-
lo più determinata ) sia di una dote le, e quind i - da Socrate in poi - pren-
comunicata da una potenza superiore. de rilievo l'aspetto etico in una misura
Sovente questi significati sono ambe- che non trova pari nella grecità antica;
due presenti e percepiti : una sorte àpni] acquista lo speciale significato
propizia è conseguenza di una buona che poi doveva diventare predomina:i-
opera (Plutarco-* col. 1120 n . 1) e vi- te d. virtù, e diviene uno dei termini
ceversa: l'opera è co ndi zione prelimin a- principali nella filosofia morale greca.
re dcl « bene a cu i tutti asp irano », Non è ques to il luogo di fare apprezza-
della feli cità 5 ment i su ques to fatt o importa ntissimo
A compiere la prestazione possono e sul conce tto di virtù presso i greci 8 ;
essere paesi, animali , esseri inanimati, ma si deve notare che il g i u d a i -
parti del corpo, sop rattutto l'uomo . s m o ell eni sti co non po teva essere in-
Quanto sono svaria ti e caratteristici i differente di fronte a questo concetto
modi con i qu ali i Greci si applicano greco di vi rtù, il quale dovette appari-
a considerare le opere dell'uomo e l'uo- re subito come uno strumento prezioso
mo stesso, altrettanto svariati e carat- nelle discu ssioni e nelle lotte con gli
teristici sono i significati che si voglio- ellenisti e per le conquiste che tra essi
no condensare nella parola àpe'ti]. Già si potevano fare.
nell'epoca omerica si usa àpe•ii per in- Filone se ne è servito spesso e con
dicare un determinato modo di agire grande energia 9 , e ha usato il concet-
dell'uomo: b. coraggio, valore milita- to di àpE-ri] tenendosi entro i confini
re 6 . Che se si guarda al frutto di tale che gli sono tracciati dall'uso greco. In
agire, cipe•iJ significa spesso c. merito. altre cerchie del giudaismo ellenisti-
àpe.-i'jc:; E'VEX~ vengon redatti degli elen- co invecr si nota la tendenza ad usare
chi onorifici 7 • il termine in un senso più accentuata~
Con i sofisti il termine incomincia mente religioso e con una tinta più
5 Hes. Op. 313 e in genere 274-326, anche Aristate/es und Athen, Il, 1893, 405 ss.
nella nota espressione: "t'fjc:; o' ci:pE"t'TJ<; topw-ra }AEGER, Aristoteles (1923) 119. Per l'intera
l)EoL 7tpomipoLl)Ev Et'hpcav (289) ; vedi special- questione vedi Ruo. EisLER W orterbuch der
men te W1LAMOWITZ, I.e. Cfr. anche ci:pE"t'iiv philoso phischen Begriffe III 4 ed . K. KoRETZ,
in Horn . Od. 8,329; 19,114. (1930)274 ss.; L. ScHMIDT e E. SCHWARTZ, l.c.
6 Spesso anche in Giuseppe Flavio (Bell. 9 Vedi l'indice in CoHN-WENDLAND VII.
3,380; 4,325 e passim). Cfr. anche Giuseppe Flavio, quando parla del
7 J. G. IF,107 ecc. ; cfr . Senofonte, An. I contenuto della predicazione del Battista: ...
4,8: "t'Tjç 7tp6crl)Ev EvExa m:pt ɵt à.pE"t'Tjç. "t'OÙç 'Iovoalovç XEÀEVOV"ta cipE"t'TJ'.I É1taCT-
s Si ricordi in particolare l'Inno di Aristo- xovvwc:; ~Cl7t"t'LCTµ0 <TVVLÉVm, Ant. 18,117 (ri-
tele 'ApE"t'ci, 7toMµoxl)E yÉvEL ~po"t'ÉWL .• . guardo a questo passo vedi R. ErsLER, '11}-
(DIEHL, Anth. Lyr. I 101 ,16): visione e sintesi crovc; BacrLÀEÙç où BacnÀEvcrac; II (1930) 59);
stupenda dell'essenza della à.pE't'TJ ellenica, sia Ap. 2,151.
eroica che fil osofica; cfr. U. v. W1LAMOWITZ,
1223 (1 ,359) à.pE'ti} (0. Bauernfeind) (I,459) 1224

espressamente giudaica. L'ci:pE"t'TJ si av- 4 Mach. 1, 2 : •i\ç µEylcr"t'J")ç cipE'tTjç,


vicina a ~ otxatocruvl}, che altrove, Àtyw oè cppov1)crEwç, cfr. Heracl., fr.
essendo una delle quattro virtù cardi- 112 (I 99,10 Diels) : "t'Ò cppovE~V cXpE"t'i}
µE)'LO''tl"). Della cipE"t'1) divina in oppo-
nali, esprime un concetto logicamente
sizione all'impurità delle divinità pa-
subordinato all' CÌpE"t'{i in modo che i gane parla Giuseppe Flavio (Ant . 1,23:
due termini finiscono per essere quasi cixpa.tcpvij "t'YJV cipE'ti}v EXOV"t'et 'tÒV frEòv.
sinonimi 10 • Inoltre il ricordo dell'epo-
ca eroica dei Maccabei è l' occasione La fedeltà del martire è in definitiva
per designare con cipE't1) la costant e e un dono divino e un'azione morale.
Ammesso pure che qui il concetto di
fedeltà a Dio del campione della fede
virtù non sia del tutto unitario e che
in vita e in morte. soprattutto non sia inteso in queÌli che
In 2 Mach. i0,28 la cipE"tYJ - assie- sono i suoi aspetti più profondi , resta
sempre vero che qui abbiamo il ter-
me a1Ja È7t( '!ÒV xvpLOV XCi'!a.Cj)V)'1) - è
mine cipE"t'-iJ usato in senso proprio. Per
migliore garanzia di vittoria che non il
vedere come esso sia destinato ad ave-
semplice frvµ6ç (se, almeno, qui cipE"t'Tt
re un'influenza più vasta basti pensare
non ha il significato /.). In 4 Mach. 7,
che Sap. e 2/ 4 Mach . - gli scritti, cioè,
22 l'espressione OLà. "t'Ì]v cipE"ti)v 7tcina
che ce lo fan conoscere - sono diven-
7tovov i'.moµÉvav e l'altra 7tEptxpcnfi-
tati libri biblici.
CTELEv •wv 7ta.frwv otci "t'TJV EÙcrÉ~Etav
sono parallele. In 4 Mach. 9,8 si veda
otà •i\croE "tijç xaxo7tafrElaç xat Ù7to- Se il significato d. divenne il princi-
itwfjç "tà 'tiXç CÌpE"t'f\ç ilfr À.a otcroµEv, pale, se ne potevano tuttavia conser-
cfr. 1 ,8; 12,15; 9 ,18: otà na11wv yàp sivare e sviluppare accanto ad esso al-
ùµiXç 7tElcrw "t'Wv ~a11civwv, éi·n µ6vot tri del tutto diversi. È importante, per
ot 7tt"LLOEç 'E~palwv tmèp CÌpE"t'ijç d11LV il significato religioso della parola, che
&vlxl")'tOL. 10,10: i)µEi:ç ... otà 7tatoElav
si parlasse fin dai tempi più antichi
xat ripE"t'i}V 1'°EOU 'tl"LU"ta micrxoµEV 11 •
&pE"t'1j senza speciale colorazione ricor- anche della cipE"t'lÌ degli dèi 12 • Più tar-
re in 2 Mach. 15,12: 'Ovlav ... &vopa di la cXpE'tYJ di un dio è più propria-
xa.Àòv xa.t ciyai}òv ... Èx 7t<J.LOÒç ÈxµE- mente e. l'atto con cui il dio si dà a
µEÀE"t''l')XO'ta. 'ttÌ. 'tf\ç cipE'ti\ç otxEi:a.; conoscere 13 • In questo caso Ò:pE"t'TJ sta
10 Specialmente Sap. 8,7 ... Et OLXCILOCTUVTJV 11 Cfr. CREMER - KoGEL 163.
d.ya.7t~ 'tL<; ot 7tOVOL 'tctU'tTJ<; (scii. cro<pla.ç) d· 12 Horn. Il. 9,498. La apE'tTJ appartiene al-
crlv 6.pE'tctl; seguono poi o-wq>pocruvTJ, <ppOVTJ· l'essere soprannaturale; la continuazione del
crLç, OLXa.LocruVTJ (qui elencata con le altre V. citato a col. 1219 suona così oa.lµovL S'ofoç
come una delle virtù cardinali) e avapda.; ETJCTita..
4 MACH. 13,24: véµep y<Ìp 'té;> a.v'téi> 7ta.LaEV· 13 D1TT., Syll. 3 1151 ,2: 'Aitl]vaa.L MÉvELct
~ÉV'tE<; xa.i 't<Ìç ctU't<Ìç É!;a.o-xi}cra.V'tE<; d.pEc avÉi}l]XEV o\jJLV taouO"a. apE'tlJV -cijç t')e:ov - se-
'tà.ç, xa.L -.<iJ otxa.l~ O"VV'tpctq>Év'tE<; ~lcp ... condo KrnFER, o. c. 21 al più tardi della metà
In Sap; 5,13 cipE'tTJ è opposto a xa.xla.; cfr. del IV a. Cr.; 1172,10 (n. 8); 1173,5: l;wcra.~
anche apE'tTJ aLXctLOcrUVT)<; in Herm. M. 1,2 cipE'ta.l; ere 2715: cX.yaÀ.µa.'ta. .•. 7ta.pÉxov'tct
ecc. (PREUSCHEN-BAUER). 'ti)ç 1'Elctç avvciµEW<; apE't6.ç del primo im-
1225 (I,45 9) apE'tTJ (0. Bauernfeind) (l ,460) 1226

- come sinonimo 14 di solito più com- B. cipE"tlJ NEL N. T .

prensivo - accanto a ~ ovvaµtç. In Per comprendere bene i pochi passi


questo senso si prendeva cipE"ti} quan- in cui ricorre nel N.T. la parola àpi::"i}
do 15 si usava la parola cipE"taÀoyla in importa tener presente fìn dall'inizio
senso religioso. che i LXX usano il termine greco in
modo del tutto singolare. Ma è più an-
àpé'."tlJ è felicità, prosperità (Horn ., cora da considerarsi il fatto, negativo,
Od. 13 ,45) , un bene a cui ten- che i LXX si sono accontentati di sem-
d e r e sopra ttutto quando si tratta di plici rudimenti e che nella traduzione
un fa vore vole apprezzamento da parte dell' A. T. ebraico non c'è posto per
degli uomini, della f. gloria 16 • cipE"ti} àpE"TJ intesa come virtù. P er un mon-
è allora sinonimo di ~ o6~a 17 • La tra- do nel quale l'uomo si vedeva assidua-
duzione greca dell'A.T. usa il termine mente posto di fronte , coi suoi doveri
àpE'tTJ solo in qu esto senso, per rende- morali, al Dio che è santo, qu ello che
re l'ebraico h6d 18 e tehilla 19 . L'esisten- il concetto greco di virtù non poteva
za simultanea del significato d. e / . può conservare era proprio ciò che sembra-
spiegare la somma straordinariamente va promettere. P er quanto niente af-
vasta di significati del vocabolo. Chi fatto irreligioso 21 , esso però s'era svi-
possiede la virtù autentica sta al diso- luppato secondo linee troppo antropo-
pra di ciò che possono dire gli altri; centriche ed era troppo legato a queste
la virtù e la lode degli uomini sono co- per poter servire a quella concezione.
se fondamentalmente distinte, anzi del Ciò che la Bibbia dell'Antico e del N.
tutto opposte 20 : tuttavia la medesima T. vuol testimoniare non sono azioni
parola può esprimere ambedue le realtà. o meriti umani, ma opere di Dio. È per

pero; dr. DEISSMANN, B. 277 ss.; P. O xy. XI µov OtT}yEi:crfretL (cfr. Ecrfr. C. 21). dpE't'etl =
1382; Philo, Somn. I 256; Flav. Ios. Ant. t"hillot in Is. 63,7: 'tÒv n,,Eov xvplou Eµv'fi-
18,266: 1'Eou 1tn<TfrtnEç iipE'tTI; 17,130; PREI· crlh]v, 'tÙ.ç iipE'tÒ:ç xvpiou Èv 1téicrw 01.'ç ò xv-
SENDANZ, Zaub. V 418 ss.: ceppa. 'tE µa.v'to- pLoc; l}µi:v <iv"t"a1toolowow. Nei due ultimi
(l'\J'V<lç "t"a.i:ç crai:ç iipE't'IXLCTL À.af3oLµL. passi citati potrebbe essere stato considerato
14 Philo, Spec. Leg. I 209 'tW'\I frEtW'\I owci- dal traduttore anche il significa to e. ('gloriosa
µEW'\I xa.t iipE't'Wv; Vit. Cont. 26: 'tW'V frElwv impresa'). In Ecclus. 36,19 si trova come sL
apE'tWV xat OV'\laµEWV. nonimo di o61;cx. e traduzione di h6d la parola
15 Probabilmente senza attenersi al signi- cipE'taÀoyla (n . 15); anche qui possono veni-
ficato proprio del termine iipE'tttÀ.oyla; vedi re in questione i significati e. e f. ·
20
KIEFE R, o. c. 37. Anche se spesso, sia pure con vocaboli
16 ~p er es. i riferimenti citati a coll. 1219s. diversi, sono nominate insieme; per es. Ari·
e n. l ; Soph., Phil. 1420 : aMvanç apE'tTJ. stot., Eth. Nic. I 13 p. 1103 a 4 ss .; Eth. M. I
17 Cfr. WETTSTEIN a 1 Petr. 1,3. 5 p. 1185 b. 5 s.; Eth. Eud. II 1 p. 1220 a 5 s.
18 Abac. 3,3; Zach . 6,13. Cfr. L o HMEYER, Phil. 175.
19 apE't'al = tthilla in Is. 42,8.12; 43,21 : 21 L. SCHMIDT, l. c.
Ì...IXO'\I µov O'\I 1tEPLE1tOL ricrciµT]\I 't'Ò:ç apE'tclç
1227 (l,460) apE"t"TJ (0. Bauernfcind) (l,460) 1228

questo che nell'epistolario paolino pur l'.Ttv, l 'unico passo del N.T. in cui si
con la sua ricca parenesi la parola cipE- parla pure <li cipE'tYJ umana . Qui, per
"tTJ ricorre una sola volta, ed anche al- sé, una notevole analogia cli forma fa
lora quasi incidentalmente: Phil 4,8: pensare al linguaggio profano 24 , al con-
•.. El'. "tt<; cipE'tl) xcd El'. 'ttç foatvoç, 'tau- cetto di ' virtù '; tuttavia, poiché sem-
't'a Àoylt;Er.Tlk Qui può essere secondo bra accertato che in questo passo la
lo spirito greco l'accostamento di ci:pE-r-i) TILO"-rtç si distingue dalla ' fedeltà' che
ed Em.uvoç 22 , ma non la coordinazione ne è il parallelo profano, ne viene che
dei due termini; e se i concetti prece- una distinzione simile è, a dir poco,
denti (ci:À.i)ì)fj, l'.TEp.vci, ecc.) sono coor- probabile anche a proposito di cipE-r-fi.
dinati e non subordinati all' àpE-ri], an- Poco prima, al v. 3 dello stesso capi-
che ciò indica che fra l'cipE'tTJ com'è tolo, si è parlato di Dio, 'tou xaÀfoav-
intesa qui e l'ciwdJ greca vi è una dif- -ro<; nµà.ç l&{.q. &ésn xcx.i cipE-rii. An-
ferenza (~ significato f.) . Del resto la che qui vi è un parallelismo 25 che fa
esatta comprensione di cipE't1) in questo pensare a uno stretto rapporto esisten-
passo dipende dal fatto che all'intera te col modo di pensare non cristiano:
serie di termini surriferiti si dia preva- àpE'tTJ è, qui come là, da tradursi col
lentemente un valore profano o uno re- significato e. Anche per 1 Petr.2 ,9 vien
ligioso 23 • Certamente il secondo modo fatto subito di pensare a questo signi-
di intendere è esatto: e allora si deve ficato: o7twç 'tàç cipE"t'àç lsa:yyElÀlJTE
pensare ad una reminiscenza linguisti- 'tOU ÈX l'.TXO'tOUç vµii<; xaÀÉl'.Tav"t'oç;
ca dell 'uso rilevato nei LXX, per cui tuttavia, attesa la marcata reminiscen-
la àpE'tTJ è il contegno che il giusto za di Is. 43,21 LXX (~ n. 19) biso-
deve conservare in vita e in morte. Lo gna tener conto anche del significato f.
stesso si dica a proposito di 2 Petr. 1, Nell'epoca successiva al N.T. la pa-
5: É1tLX:OPi)"(TJl'.TC1'tE Év "tU 1tll'.T"t'Et vµwv rola cipE'tTJ col significato d. è stata par-
-ri)v &.pE"t"rJv, Év oÈ. "t'TI <ipE"t'TI 'tTJV yvw- ticolarmente usata da Erma(~ n. 10).

O. BAUERNFEIND

apl)v ~ I, col. 922

2l ~ n. 20. Cfr. inoltre la serie in Cic., oLxaLocruvn xa~ EUCTE~daL xaL . "lJV 1tÀ.Elcr-
Tusc. V 23,67: «bonum autem mentis est vir- "t"lJV dCTEVl]VEyµÉvov 0'1tOVo1}v.
tus ... bine omnia, quae pulchra, honesta, prae- 25 CIG 2715 (sec. I a. Cr.); DEISSMANN,
clara sunt ... piena gaudiorum sunt ». L O. 270. Anche qui si trova - prima ancora
n Cfr. i commenti di DIBELIUS e LoH- del passo citato nella n. 13 - l'espressione;
MEYER. 0'1tovoljv micrav dcrcpÉpECTi>a.L, come del resto
24 DITT., Or. 438 : avopa ci:yaMv YEVO· in D1TT., Or. 438 (~ n. 24) e così pure in
µEVOV xaì. OLEVÉVX!lV"t"!l 1tlO"tEL xaì. apE"t"TI xa.ì. 2 Petr. 1,5.
1229 (I,461) àpLÒp.Éw (0. Riihle ) (I,461) 1230

ò:pd]µtw, &.pd}µ6ç

Nel N.T. ricorre più volte nel senso ni, quanti erano gli oggetti da contare;
letterale di contare, numerare, calcola- infatti il termine latino calculus ( =
re, rispettivamente un numero, una ciottolo; in senso traslato = pietra da
somma. (Mt. 10,30; Act. 11 ,21; Rom.
calcolo) da cui deriva il nostro calcola-
9,27; Apoc.5,11).
re, è certamente una reminiscenza di
1. Con signiGcato specificamente tale usanza. L' uomo tuttavia si avvede
teologico àpLl}[.Loc; nel N .T. si incontra in qualche modo che dietro ai numeri
solo in Apoc. 13 ,17 .18, versetti varia- vi è una forza o un a legge, giacché
mente interpretati che prospettano al nota che alcuni numeri ricorrono rego-
lettore il problema dei numeri sacri 1 . larmente. Ma tale legge egli non è in
Esso non può essere discusso qui in grado di afferrare, così che quello che
tutta la sua vastità ; saranno sufficienti i numeri hanno di inintelligibile diven-
alcuni accenni. Sebbene molti studiosi ta per lui un mistero, e allora imma-
se ne siano occupati, non si è ancora gina che nei numeri, come anche nelle
giunti a una soluzione soddisfacente. lettere dell'alfabeto, agisca qualche for-
Una cosa è certa: originariamente i za arcana 2 • Nascono in tal modo i nu-
numeri avevano un carattere puramen- meri sacri che si incontrano ad ogni
te profano, essendo un mezzo per risol- pié sospinto nella magìa e nella reli-
vere svariati problemi della vita quoti- gione, senza che si possa capire perché
diana. In origine il contare non era un siano proprio certi numeri, come ad es.
atto intellettuale, ma un atto di estre- 3, 7, 9 a godere di una speciale pre-
ma concretezza, poiché il primitivo può ferenza.
contare solo aiutandosi con le ct:ta del- Dei singoli numeri che ricorrono nel
le mani e dei piedi o numerando pie- N.T. si tratta in appositi articoli. (~
tre, bastoncini, nodi, incisioni praticate dç ~ -.pE~ç ~ t 1t-.a, ~ Ob<.<Y., ~
sul legno e altro ancora . Prima di crear- owoExa, ~ È~ooµl)xov-.a) . In genere
si un sistema astratto di numerazione si può dire che l'uso dei numeri nel
l'uomo si poneva davanti tanti sassoli- N.T. ha una triplice caratteristica: in-

à.pd}µÉw Io., Elemente der Volkerpsycologie (1912)


I La bibliografia è molto ampia. Una bre- 304 ss.
ve rassegna si può trovare in A. Ri.iHLE, E. CASSIRER, Philosophie der symbolische11
RGG-2 V (193 1) 2068. Degni di rilievo sono: Forme11 III (1929) 396 ss.
E. FETTW EI S, Das Rech11e11 der Naturvolker ERE IX 406 ss.
(1927). RE3 XXI 598 ss.
W . WuNoT, Volkerpsychologie I 2 ( 1900) 25ss. z F. DoRNSEIFF, Das Alphabet in Mystik
II 3 (1909) 530 ss. und Magie2 (1925), con ulteriore b ibliografia.
1231 (1,462) cipd)µEw (0. Riihle) (l,462) 1232

nanzitutto il corso degli eventi del N. valori numerici e l'arte gematrica con-
T. ha dato ai numeri un contenuto siste appunto nel saper ricavare da essi
completamente nuovo ( 1 [Signore], 3 la parola esatta: impresa -difficile, per-
[giorni] ); poi - analogamente alla ca- ché ogni numero è passibile di molte-
ratteristica del cristianesimo primitivo plici interpretazioni. In antico si ama-
di essere compimento e derivazione del- va molto rendere con valori numerici il
1'A.T. - in essi ha ricevuto nuova for- nome che si voleva tener nascosto, co-
ma un antico simbolismo ricevuto per me mostra un esempio curioso e istrut-
eredità (il numero 12); infine il loro tivo segna lato Jallo Zahn. Negli scavi
simbolismo diventa così prevalente che di Pompei fu trovata su una parete
essi finiscono per non essere altro che un'iscrizione con una dichiarazione d'a-
numeri ' tondi ' o addirittura motivi more: qn)-c:;J Tjç apd}µÒc; <PI.LE. « IJ no-
stilistici ( 7 e 3 1/2 ; 1O e 5) 3 • Nel pre- me dell'amant e è taciuto; l'amata tut-
sente articolo trattiamo del senso di tavia lo scoprirà se saprà ricono scere
Apoc. 13,17.18. Speculazione e mistica il proprio nome nella somma del valo-
dei numeri sono fortemente espresse re numerico delle 3 lettere <pµE, che è
nell'Apocalisse di Giovanni 4 ; assoluta- 545 (cp=500+µ=40+E = 5). Ma il fo-
mente dominante è il numero sette (~ restiero che legge di passaggio l'iscrizio-
É7t't'ci) 5 ; ma son da ricordare anche il ne non può sapere chi sia l'amata, e
dieci (~ ofaa.), il dodici e il suo qua- così pure lo scopritore del sec. XIX non
drato 144 (--;> òwoExa.). sa quale degli innumerevoli nomi propri
di donna usati dai greci ella porti, poi-
2. Lo speciale problema posto da ché non sa quante siano le lettere la
Apoc. 13,18 è la soluzione del rebus cui somma è 545 » 7 • Si deve poi ricor-
gematrico che si nasconde nel numero dare che in Sib. I 326-330 il numero
666. La gematria 6 è un procedimento 888 è il simbolo di Gesù (L=10+TJ=
per il quale le lettere di una parola 8 +o-=200 +o=70 +v=400 +o-=
vengono trascritte in valori numerici 200). Poiché con la gematria si può
che, sommati, danno per risultato l'&.- giungere alla soluzione giusta per va-
pd)µéc; della parola in questione. A sua rie strade, essa si adatta in modo spe-
volta la parola può essere espressa in ciale agli indovinelli, come mostrano

3 Cfr. G. KITTEL, Runde Zahlen in : Rab- derato, come fanno Lohmeyer e Allo, il nu-
binica (1920) 3147. Esempi dalla letteratura mero chiave dell'Apocalisse.
latina in TH. BIRT: Rhein. Museum filr Phi- 6 Cfr. soprattutto DoRNSEIFF o. c. 91 ss .

lologie N.F. 70 (1915) 253 ss. (§ 7).


4 Cfr. oltre i commenti soprattutto F. BoLL, 7
ZAHN, Apoc. 461, con ulteriori esempi
Aus der Olfenbarung ]ohannis: Stoicheia 1 dalla letteratura classica. Cfr. sopratutto DoRN-
(1914) . SEIFF, O. C. 96 SS .
5 Tuttavia il numero 7 non può esser consi-
1233 (I,463) cipd}p.Éw (0. Ri.ihle) (I,463) 1234

numerosi esempi della letteratura non di un dominatore nemico di Dio, cosic-


8
solo classica ed ellenistica ma anche ché i sostenitori della lezione 616 a
rabbinica 9 • Il più significativo rebus buon diritto possono vedere in lui l'An-
ticristo 12 • Ma tale spiegazione presup-
del genere si ha appunto in Apoc. 13,
porrebbe che la composizione dell'Apo-
18 con il numero 666 . calisse fosse anticipata fìno a una data
impossibile. Conviene dunque ritenere
La spiegazione è resa ancor più diffi-
che in 13,18 si tratta solo del numero
cile dalla presenza di varianti. Il codice
666.
c e altri minuscoli leggono .infatti 616
in luogo di 666. Però la lezione 666 è Intorno al numero 666 la fantasia
qu ella meglio attestata, quindi è sen- d ei teologi si è sbizzarrita. Anche a non
z'altro da preferirsi 10 • E oltre al mi- tener conto che non si è sicuri se la
glior fondamento critico la lezione Èl:,a.- spiegazione debba farsi sulla base del-
x6cno~ Èl:,rprnv-ca. Et, ha dalla sua anche !'alfabeto greco o di quello ebraico, sta
l'aderenza allo stile dell'Apoc<ili sse . P e- il fatto ch e dalla cifra 666 posson o ri-
rò non si pensi, come fa Ireneo (V 30 , cavarsi molti nomi. Qui naturalm ente
1 ), che 616 sia un errore di seri ttura. non si possono esaminare una per una
È piuttosto una correzione fatta appo- tutt e le spiegazioni più o meno fanta-
sitamente per interpretare l'enigma del stiche che sono state date 13 • Sarà fatta
numero in riferimento a una determi- parola solo di alcune tra le più valide.
nata figura storica, quella cioè di Cali- Ireneo 14 esita tra EùciviJa.ç (un nome
gola (Gaio Cesare), presentato come che a noi non dice nulla), Aa.'tE~voç
l'Anticristo. Infatti il valore in cifre (l'impero romano) e TEL'-ca.v (Titus);
del suo nome in lettere greche ( I'cuoç queste incertezze stanno a dimostrare
Krncrap) è esattamente 616 (y=3 + che già verso la fine del sec. II non esi-
a=l + L=lO + o=70 +cr=200 steva più alcuna solida tradizione. È
+ X=20 + a.=1 + L=lO + r:r= impossibile far coincidere ortografica-
200 + a.:;:::l + p=lOO: totale 616)11 • mente TEi:-cctv con Titus, ed è assolu-
Caligola regnò dal 37 al 41 d.C. e fu tamente escluso ogni termine colletti-
effettivamente un mostro di crudeltà, vo come l'impero romano, poiché il te-
il tipo di un bestemmiatore esaltato, sto dice chiaro che il numero è un

s DoRNSEIFF, o. c. 108 ss. 12 ZAHN, Apoc. 475 ss.


9 WEBER 121; ZAHN , Apoc. 459 s . ; A. WuN- 13 Paralleli in ZAHN, Apoc. 471 ss. e Bous-
SCHE" Pesikta des Rab. Kahana: Bibliotheca SFT, Apoé. 370 ss. Dove si finisca con le con-
Rabbinica, Lief. 30-32 (1885) 299 s.; EJ VII getture a casaccio lo dimostra bene l'accenno
( 1931) 172 s.; JE V 589 ss. Alcune osservazio- satirico di G. SALMON, Historical Introduction
ni si.ill'uso dei numeri nell'antico giudaismo to the Boo'ks of the N. T. (1885) 298 [citato
in L. BLAU, Das altjiidische Zauberwesen Ja ZAHN, Apoc. 472 n. 93] quando dice che
(1898) 44 ss. 73 s. 137 ss. anche il nome di Parnell, eroe della libera·
10 -Contro F. SPITTA, Offenbarung Johan- zione irlandese ha il 666 come valore nume-
nis (1889) 392 , che considera originale il nu· rico : basta che la r sia raddoppiata e il nome
mero 616. sia scritto in greco: Ilo:ppvEÀ.),oç.
11 Cfr. ZAHN, Apoc. 474. 14 Iren. V 30,3.
1235 (l,46.3) cipd}µÉw (0. Ruhk) (I,464) 1236

&.pd}µòç àvi>pw7tou. Con ciò cadono decisamente lo Zahn 21 il quale osserva


pure i tentativi del Gunkel 15 , che ve- che la leggenda del ritorno di Nerone
de nella cifra un'allusione al caos pri- dal regno dei morti è nata solo nel
mordiale, e del Deissmann 16 , per il qua- sec. II d. C.
le il DT)plov è l'istituzione del cesarismo Di tutt'altro genere è la soluzione
romano. Anche il fatto che D11Plov tra- proposta da G.A. van den Bergh van
scritto in ebraico corrisponda esatta- Eysinga 22 , il quale prende le mosse dal
mente al valore numerico 666 (1 =400 cosiddetto numero tr iangola re , dalla ci-
+ r=200 + i=lO + w=6 + n= fra, cioè, che risulta dalla somma dei
50) 17 non è una spiegazione sufficiente, numeri progressivi dall 'uno fino ad un
poi ch~ il testo ammette solo il riferi- numero fi ~saro; così ad es . 10 è il nu-
mento ad una figura umana. Hugo Gro- mero tria ngolare di 4 poiché la somma
tius 18 ha proposto come anticristo l'im- dei numeri da 1 a 4 è per l'appunto 10.
peratore Traiano, il cui nome gentilizio Secondo tale computo 666 non è altro
Ulpius in greco suonerebbe OvÀmoç, che il numero triangolare di 36 ; infatti
che dà il numero 666 19 • Con qualche la somma cli tutti i nume ri da 1 a 36
probabilità la cifra può esser letta co- è esattamente 666; a sua volta il nu-
me la trascrizione gematrica di Nero- mero 36 è il numero triangolare di 8.
ne; così hanno proposto Hitzig e Reuss Ora l'essenza e il valore simbolico del
seguiti ancor oggi da molti studiosi tra numero triangolare è riducibile a quel-
cui lo Hadorn 20 • Traslitterato in ebrai- lo dell'ultimo membro della serie di
co il titolo Nero Caesar suona nrwn qsr, numeri di volta in volta addizionati,
le cui lettere addizionate danno 666 per cui nel nostro caso avremmo: 666
(n=50 + r=200 + w=6 + n=50 = 36 = 8. Quale sia poi il valore del-
+ q = 100 + s = 60 + r = 200: totale 1'8 è chiaramente determinato in Apoc.
666 ). È innegabile che Nerone con il 17,11, dove 8 è il numero della bestia
suo carattere e con le sue imprese scel- che sale dall'abisso. Così 666 sarebbe
lerate poteva ben essere la controfigura un numero puramente simbolico rife-
dell'Anticristo. Tuttavia anche a questa rentesi all'Anticristo 23 • Questa spiega-
interpretazione sono state mosse delle zione ha indubbiamente qualcosa di af-
obbiezioni. Innanzitutto la grafia qsr per fascinante, tanto più che nel periodo
KcxLcra.p non è proprio ineccepibile, poi- ellenistico la simbolica e la magia del
ché l'omissione dello jod tra q e s ( = numero triangolare era cosa corrente 24 •
qjsr) è assolutamente arbitraria. Contro Ma resta ancora da spiegare come mai
l'identificazione di Nerone si dichiara esso sia un à.pLDµòc; à.vi>pw7tou.

15 H. GuNKEL, Schopfung und Chaos (1895) calisse (1928) 147 l'ha abbandonata osservan·
.375 ss. do che la redazione del libro non può risalire
16 DEISSMANN, L.Q .4 238. fino all'epoca di Traiano (a. 98 -117).
17 HADORN, Apoc. 146. 20 HADORN, Apoc. 147.
18 H. GROTIUS, Annotationes ad N. T. 21 ZAHN, Apoc. 490 ss.
( 1641 ). Cfr. ZAHN, Apoc. 502 n. 52. 22 ZNW 13 (1912) 293 ss.
19 Hadorn ha proposto tale spiegazione in- 23 V. anche LoHMEYER, Apoc. (1925) 114ss.
dipendentemente da Grotius in Z N W. 19 2~ Come si vede anche in Filone, v. LOH·
(1919/20) 11 ss., però nel commento all'Apo-
1237 (I,464) à.pxÉw (G . Kittel) (I ,464) 1238

In conclusione può affermare che


s1 soluzione era possibile solo ad alcuni
di tutti i tentativi .di soluzione proposti iniziati vicini a lui e al corrente del
nessuno è pienamente soddisfacente, suo pensiero? O si dovrebbe, inten-
così che viene spontaneo di chiedersi dendo l'intero passo in senso puramen-
se valga la pena di farne degli altri, te escatologico, affermare che la crocpla.,
che avrebbero sempre soltanto il carat- la divina sapienza, necessaria, al di là
tere di puri ten tativi. Non sarebbe il ciel vouç, per intendere, sarà concessa
caso di dire che il veggente ha scritto ai fedeli alla fine dei tempi, ritenuta
solo per i suoi contemporanei e che noi prossima, e che essi allora vedranno
ci tro viamo d.i fronte a un rebus la cui l'enigma scopertamente?

o. RuIILE
àpxÉw, àpxt:76<;, whO:pxua,
w'.rrO:pxTJS

cristiana. La differenza sta solo nella


I verbi bastare e accontentarsi de- concezione di fondo dalla quale la mas-
scrivono dall'esterno 1 un fatto o un at- sima trae origine. Può trattarsi di una
teggiamento che, visto che sia alla luce prudente e calcolata attenuazione del-
della riflessione filosofica e religiosa , la passione umana e della cupidigia, co-
comporta una esigenza di fondo o una me quando Giuseppe per evitare spar-
messa in guardia. Ciò può avvenire in gimento di sangue ammonisce gli in-
più modi. sorti ad accontentarsi delle loro prov-
viste ( ci.pxouµÉvouç ""t"o'Lc; Èau"t"wv Ècpo-
1. Affermazione di una esigenza
ÒtoLc;, Vit. 244 ); può anche trattarsi
L'uomo deve accontentarsi dei beni deJ.la sobrietà e di una esigenza del filo-
naturali che gli sono stati concessi da sofo, per il quale i beni esterni sono di
Dio o dalla sorte, deve esercitarsi ad secondaria importanza. Un modo di di-
cipxEL"crl1aL ""t"oi."ç 7tapoucrL, desiderare so- re che ricorre di frequente è: CÌ.pxEL"cr1}aL
lo ciò che gli è stato dato .. Tali affer- "'t"OLS 1tapoucrL (accontewtarsi di quel che
mazioni potrebbero esser considerate c'è) per es. Teles p 11,5; 38,10; 41,12
come massima insieme cristiana e non Hense; M. Ant. VI 30,9: wç òÀ.lyoLc;

MEYER, Apoc. 202 (app. 9). G. A. GERHARD, Phoinix v. Kolophon (1909)


56 s.
à.pxÉw x-r"ì... I Per es. Mt . 25,9: (-rò EÀ.cnov) ov µlj &.p-
WINDISCH, 2 Cor. 390 s. xfou; Aesch. Pers. 278: ovOÈv yàp i)pxH
SCHLATTER, Mt. 342; Io. 294. -r6!;o:.
1239 (l,465) cipxÉw (G. Kittel) ( I,465) 1240

ci.pxoUµEvoç, oLov oLxi}o-Et, a-"t"pwµvfJ, può diventare un ammonimento a non


kiH'j"t'L, •POq>fj, V1tTJPE<ri'.~. Stob ., Ecl. tenersi sazl e sicuri nelhllusoria s'-lffi-
III 273, 2: (Epaminonda) ò "t'OV"t'OLç cienza. Epict., Diss. I 6,14 : hElvoLç
cipxovµEvoç. µÈv apXEL "t'Ò ki}i'.nv xc.d. 1tLVELV ... 1Jµi:v
Per il N.T. questa sobrietà nasce 8' ... OVXÉ't'L "t'<XV•' a1ttxpXEL. Le afferma-
quando si tien l'occhio fisso a Dio. zioni bibliche sono numerose, ma non
La sua provvidenza «basta », Hebr. vi ricorre la radice O:px-. Cfr. Os. 12,8 s.;
13 ,5: O:pxou~LEVOL "t'OLç 7ttxpOVO'W (~ 13 ,6; Ecclus 5,1 (--+ av"<ipxYJç) ; Le. 6,
col. 1238), «poiché egli ha detto: lo 25; 12,19; Apoc. 3,17 (--+ Èf.t1tÈ7tÀTJ<r-
non ti abbandonerò né ti trascurerò »; l-lÉvoç, n),ovcrLoç, ecc .).
1 Tim. 6,8; cfr. anche Mt. 6.34: O:pxE-
3. Il rapporto religioso.
•Òv •Ti fip,Ép~ fi xaxla mhijç (il mo-
ti\'o è indicato nel v. 32: c'LÒEV rG.p ò Quando si dice che il supremo bene
na•iJP vµwv ... ). L'esigenza di acconten- religioso e filosofico basta, si intende
tarsi è sottolineata quando brilla allo affermare una profonda concezione del-
sg uardo l'imminente ricompensa : Lc.3, la vita. P er il filosofo la completa suf-
14 (predica del Battista ai 'vari ceti'). ficienza consiste nel conformar la pro-
pria vita alJa sua cpVO'Lç, al SUO O<XLµwv:
Tra il filosofo e l'uomo pio dell'e- M. Ant. II 13,1: o•L cipxEL -rtpòç µ6vf{.l
scatologia del N.T. sta il dottore del- -.0 EVOOV ÈIXV"t'OV oa.lµOVL dvm xai
la Jegge che da un sabato all'altro si •OÙ"t'OV yv71crlwç i}Epa.1tEvnv; VIII 1,3:
accontenta di un qab di carrube (b.
cipxfoih)•L ÒÉ, Et x&v •Ò Àomòv -.ov
Taan . 24b: R. Jehuda in nome di Rab:
~lou ... , wç Ti cpvcrLi:; crou MÀEL, ~Lwcrn;
Ogni giorno risuona una voce (bat-
q6l) 2 e dice: l'intero mondo per amor IX 26: apxEi:cri}m 'tQ crQ T]yEµOVLXQ.
di mio figlio Hanina è nutrito, e mio Nella misura in cui questa forza presen-
figlio Hanina si accontenta (daj lo) 3 di te nel filosofo è concepita come dono
un qab di carrube dalla vigilia del sa- della divinità è pure possibile riferire
bato fino alla vigilia del sabato suc- ad essa anche l'espressione apXEL µoL,
cessivo.
e così il verbo accontentarsi viene ad
esprimere in forma pregnante il legame
2. Ammonimento religioso che stringe a Dio e la spiri-
Questa esortazione ad a('rontentarsi tualità da lui immessa negli uomini.

2 Spesso è la voce divina quella che dichia- 3 L'uso nell'ebraico e nella lingua talmudi-
ra che basta (cfr. Deut. 3,26 e la relativa ese_ ca di daj con suffisso non è molto diverso dal-
gesi rabbinica, come pure 2 Cor. 12,9); altre l'impersonale cipxEi: ed ha lo stesso valore (cfr.
volte è la voce dal cielo (v. sopra, e ancora ScHLATTER, o. c.). Prov. 25,16: T.M.: d•bas
b. Meg . 3 a proposito di R . Jonatan ben mà!{Ùà 'ekol ·dajjkà I LXX: !.tÉÀ.i EÙpwv <pa-
Uzziel). YE -cò txav6v.
1241 (l ,465) lipidw (G. Kittel) (l,466) 1242

Epict., Diss. I 1,12 s. (Zeus parla al ve accontentarsi. In M. Ex. 17, 14 si


filosofo): HìwxcxµÉv croL µlpoc; 'tL fi- legge: « rab-lak - accontentati (dajjé·
µÉ'tEpov, 't'Ì]V ovvcxµw 'tCXV'tl]V 't'Ì]V ka) fin qui; R. Joshua disse: rab-lak -
òpµl]'tLXi]v 'tE xa.l cX.<popµl]'tLX.i]V ... cX.p- accontentati del mondo avvenire». Si-
xu ovv cxv-roi:ç; IV 10,14 ss.: ac; D.a- milmente S. Deut, 29 a 3,26; Midr.
~ov cX.cpopp.àç 7tcxpcX. crov . . . Ècp' OO'OV Tann . a Deut. 3,26, p. 18 (Hoffmann):
ÈXPlJCTciµl}v 'toi:c; croi:ç, &pxE~ µoL ... crà « rab-ldk - ti basti che su di te non
yàp 1'}v miv·nx, cru p.OL CXV'tct oÉowxaç· ha potete il cattivo istinto, anzi che
ovx cX.pxEt: ov-r(.Jç Exov-ra Èse:ÀfrEi:v; io non ti abbandonerò nelle mani del-
Iambl., Vit. Pyth. 1: Èscxpxe:i: l]µi:v iJ l'angelo della morte, ma io stesso mi
'twv -frEw'.' BouÀ•)CTLç. occuperò di te ». La medesima strut-
La pietà dell'A.T. tocca in certi stra- tura fondam entale mostra la bella pa-
ti accenti simili; cfr. la preghiera di Sa- rafrasi di Gen. 17 ,1 che si legge in un
lomone in 1 Reg. 3 ,6 ss., che descrive testo più tardo, Gen. r. 46 a A: «Allo-
la saggezza della discrezione, o Ps.131 ra disse il Santo - sia benedetto: Abra-
che canta la tranquilla sufficienza del- mo, ti basti (daijéka) che io sono il tuo
l'uomo pio. Ma il carattere di questa Dio; ti basti che io sono il tuo protet-
religiosità accentua maggiormente il ri- tore. E non solo a te ma anche al
chiamo alla guida divina e il comando mondo intero basti (dajjo) che io sono
di sottomettersi ad essa (cfr. Ps. 73, il suo Dio: al mondo basti che io sono
23 ss.). All'esegesi giudaica serve come il suo protettore »5 •
esempio sublime della necessità della Anche i corrispondenti passi neote-
sufficienza religiosa la risposta che Dio stamentari sono un quadro fedele del-
dà a Mosè quando questi gli chiede la concezione della vita e di Dio alle
di poter entrare nella Terra promessa. quali si ispirano. In Io. 14,8, che ven-
In Dt. 3, 26 l'espressione rab-lak, nei ga mostrato colui, la cui essenza è de-
LXX i.xavoucrfrw croL, che nel testo finita col nome di 7tcx-r1)p, è un ulti.
originale è solo invito a non insiste- mo cX.pxei:v che abbraccia tutti gli altd
re nella preghiera 4, vien giustificata doni o li rende superflui. In 2 Cor.
dall'esegesi rabbinica in parte col ri- 12 ,9 si legge che ogni sufficienza degli
chiamo a quanto Dio ha fatto fin qui apostoli consiste nella partecipazione
guidando il suo popolo, in parte col alla xapLç donata all' à.cri}e:v'l)ç. Questo
richiamo alla grazia divina e al futuro pensiero esprime ciò che per Paolo è
dono escatologico, del quale Mosè de- l'essenza di Dio e dell'uomo, come nei

4Nei LXX l'espressione è più ricca; dr. -ctipxljç ~ a.ù-ctipxl]ç coli. 124 3 ss.
WrnoISCH, 2 Cor. 391. nome che viene in parte a coincidere con <X.Ù·
s Circa le spiegazioni di 'el Jaddaj come un
1243 (l,466) àpxÉw (G. Kittel ) (I,467) 1244

detti stoici si manifesta l 'opinione del- del vino; 40,18 : dd la voro; l1a.p. 24,
lo stoico in merito alle due realtà sud- 31: del sostentamento) . Ps. Sal. 5,18:
dette 6

µvnµovEuEL 6 i}Eòç Èv cruµ.µE"tplq, ahwp-
xla..c;. Ecclus. 5 ,1 ammonisce colui che
si fida della ricchezza e dice : m'.rteipx"f}
µol fo·nv. Numerosi altri esempi nei
papiri 1.
1. Il vocabolo è al centro delle di-
scussioni etiche fìn dal tempo di Socra- 2. M eno ricco che nel linguaggio fi-
te ed è insieme termine molto sbiadito losofico, nel N.T. il vocabolo connota
della lingua parlata. Nella filosofia cini-
solo la «capacità di accontentarsi ester-
co-stoica designa colui che esercita l'~
namente e di sopportare una privazio-
apXEtcri}m tenendo conto delle proprie
possibilità interiori e perciò diventa un ne ». Insieme però questa virtt1 del-
uomo indipendente che s' acqueta in se l 'mhapxwx, che è divenuta quasi ba-
stesso e non ha bisogno di altri (Ari- nale, è mess a in una nuova luce, dive-
stot., Pol. VII 5 p. 1326 b 29 f: '"t'Ò ycX.p nendo parte integrante dell' EvuÉ0na.
7tci.v·m Ù7trXPXEW xa.ì. ÒEi:cri}m µT]ÒEVÒç (1 Tim . 6,6). Che cosa significhi è det-
a.iha.pxEc:;). Il termine diventa paralle-
to chiaramente in Phil. 4,11-13, dove
lo a crwqipocruvT) e a E1ha.çla. (Epict.,
Gnom. Stob. fr. 33 Elter p 481 Schen- 1t<iv'1"a. lcrxuw (v.13) equivale esatta-
kel), ad altre virtù (M. Ant. III 11,3), mente all'espressione filosofica a.v'"C"cip-
a ÉÀ.Eui)Epoc; e 1i7ta.M1c:; ( ibid. VI 16 ,8 ). xriç Èv 7tO..V'"C"l (M. Ant. I 16,11). Ma la
Invece è il contrario di "tpuqifi (Epict., radice dell'atteggiamento dell'Apostolo
I.e.), di q>LÀ.a.pyupla. ( Gnom. Byz. 209 è Èv "~ Èvòuva.µouv'1"l µE, cioè in Dio.
p 200 Wachsm), di ÉvÒEfiç (Plat., Resp.
Da una concezione di Dio e della re-
II 369 b).
denzione, che afferma in modo totale
Nel linguaggio corrente il termine
la creazione, nasce una prospettiva, per
diventa del tutto sbiadito fino a signifi-
la quale diventa dono e fine di Cristo
care semplicemente sufficiente per vive-
re, e più genericamente sufficiente per anche ciò che alla luce di considera-
quantità, bastevole (Flav. Ios., Ant. 2, zioni filosofiche è superfluo 2 • Questa
259: detto dell'acqua; Ecclus. 34,28: nuova mhapxELa. religiosa si estende al

6 Il pensiero più di tutti vicino a Paolo è LOHMEYER, Phil. 180.


nella versione citata sopra di Midr. Tann. a NXGELI, 47 s.
Deut. 3,26. Di una delle frasi dei filosofi si MouLT.-MrLL. 93 .
può dire che « risente molto del pensiero pao- H.]. WICK S : Exp. T. 29 (1917-18) 424.
lino» (WINDISCH 390) solo prescindendo dal l Esempi in PREISIGKE, W drt. 239 e in
contenuto. MouLT.-M1u., 93.
della sapienza si dice che è stata creata , del 2 Di diverso parere è il W1NDISCH, a.l.:
logos si dice che c'era» (BAUER, Io. 1,1). «Paolo realizza l'ideale stoico» .
mhapxna., a.ù-capxT]ç. 3 LOHMEYER, a.l.: «Il motivo di queste
WtNDISCH, 2 Cor. 278. espressioni non è quello dell'intangibilità, ma
1245 (l,467) "Ap McxyEÙwv (]. Jcremias) (l,467) 1246

7tUVéi.V e al XOP'trXSECJfrtu, al "tlX7tnVOU- te e auto-sufficiente. In senso analogo


O'fra.L e al 12) 3 • Il suo
TIEpLO"CTEUELV (v. R. Levi attribuisce la sufficienza anche
effetto è descritto in 2 Cor. 9 ,8: il suf- ad Abramo, in quanto nessun appunto
gli poté esser mosso se non quello che
ficiente che Dio concede comporta non
doveva circoncidersi 4 • Anzi lo stesso
solo che io debba soddisfare mc stesso, R . Levi dice espressamente che fa que-
ma che possa farne partecipe il fratel- sto quadro di Abramo riferendosi 5 al-
lo. È così difficile concepire l'a.v-r6c; la traduzione ìxa.v6ç ( =5addaj) di
cristiano come isolato, che la sua stes- Aquila.
sa mh-cipxna. esiste solo se ad ess a Di sd7 Lxa.v6ç si hanno anche al-
può avere accesso anche l' aJ.Aoc;. tre spiegazioni. Esso indica: D io in
quanto tutto ciò che è nel mondo non
3. Per vedere come l' aù-rcipxwx è
eguaglia la sua divinità (R. Eliezer b.
concepita dal giudaismo bisogna rifar-
si ai tentativi di dare una determinata
Jakob ); Dio in quanto al mondo, al
cielo e alla terra disse: basta! (R. Iz-
interpretazione del nome di Dio 'cl 5ad-
haq); e ancora: Dio in quanto ai dolori
daj scomponendo il vocabolo nelle pa-
umani dice: basta! (R. Hoshajà) 6 . La
role Je e daj (-+ cX.pxÉw ). Il nome così
esegesi dunque spiega il sufficiente non
scomposto viene tradotto da Aquila,
solo col motivo dell'autosufficiente ri-
Simmaco e Teodozione, talvolta anche
ferito sia a Dio che al giusto, ma an-
dai LXX (Ruth 1,20.21), con 6 1.xav6ç,
che con altri motivi del tutto diversi,
che, detto di Dio, sembra voler affer-
come il motivo di Dio infinito, del
mare che in lui si realizza l'ideale filo-
creatore onnipotente, e ancora di Dio
sofico dell' av"tcipX'Y)ç, in quanto nella
misericordioso verso l'uomo.
sua onnipotenza è del tutto indipenden-
G. KITTEL

t "Ap Ma.ydiwv 1

Monte Magedon (solo in Apoc. 16, quale si radunano per la battaglia fina-
16) è il nome ebraico del foogo nel le «i re di tutta la terra» (16,14) sot-

della piena accessibilità, non quello della nul- "Ap Ma:yEliwv


lità di queste cose, ma del loro valore». BoussET, Apok. 399; Lm1MEYER, Apok. 133
4 Il sufficere in R. Levi è spiegato con la s.; Rmrn, Apok. 119.
parabola della donna perfettamente bella, col JoACH. JEREMIAS, Der Gottesberg (1919); CLE-
solo difetto dell'unghia del dito mignolo un MEN, 402 s.; ]OACH. }EREMIAS, Har Mage-
po' troppo grande. Il rimedio è facile: « ta- don (Apok. 16,16): ZNW 31 (1932) 73-77.
gliala e il difetto scompare! ». Così è pure la ID., "Ap MayEliwv und Megiddo: JPOS 12
circoncisione di Abramo. (1932) 49 s.
5 Così Gen. r. 46 a A , a 17,1: trgwm 'qljlws ]. SICKENBERGER, Lex. Th. K. I 657.
'ksjws (fi.~Loc;) w'nqs (lxa.v6c;). I In base all'ebraico l'espressione si deve
6 Gen.r.46aA,a17,1; 92aA,a43,14 . scrivere con due parole, di cui la · prima ha lo
1247 (I,468) cipvfoµcxL (H. Schlier) (I,468) 1248

to la guida di spiriti demoniaci (16,13 ). (Ginza 121,13 ss.; 125,4; 132,4; 19ì,
Si tratta della mitica montagna del 20 ), Ruha e i pianeti si riuniscono per
mondo che, quale luogo di raduno del- preparare i misteri dell'amore. Ma al-
lora sorge una nuova difficoltà, poiché
le potenze avverse a Dio, costituisce
nessun documento ci dice che al Car-
l'antitesi della montagna di Dio (Hebr. melo sia mai stato il nome di « monte
12 ,22 ss.) ed è il luogo della battaglia di Megicldo », loca lità dalla quale dista
decisiva (Apoc. 16,14; 19,19) e del giu- non meno di una decina di chilometri
dizio universale (19,21) 2 • È proprio dcl e che fin dal 3-50 a. C. era in rovina 4
misterioso stile apocalittico conserva- e d imenticata .
re l'espressione ebraica tralasciandone h) F. Homrnel" avanza l'ipotesi che
la traduzione. "Ap MayEowv fosse originariamente la
tra sc rizione greca di har-m6' ed (monte
Una sicura interpretazione del nome dell 'assemblea), nome che in Is. 14,13
non è ancora stata data. a) "Ap Ma:yE- è dato al monte dove si radunano le
òwv sembra contenere a prima vista il divinità e al quale il re di Babilonia
nome della città di Megiddo (m<giddo; con ingiuriosa temerità vuol dare la
Zach. 12,11 con n finale: m'giddon; nei scalata. "Ap MayEowv sarebbe allora
LXX MqEoow in I ud. 5 ,19; MayEoÒw una diabolica contrapposizione al mon-
in Ios. 17,11; MayEowv in 2 Chr. 35, te dell'assemblea degli dè i, e la termi-
22). Che a Megiddo si attribuisca un nazione -c.>Jv sarebbe stata aggiunta in
valore escatologico non è provato nel- seguito per ottenere la forma MayE-
la ·l etteratura del tempo. Di più, l'e- òwv . Questa interpretazione si adatta
spressione «monte di Megiddo» non assai bene al contesto di Apoc. 16,16;
ricorre mai. E ancora: la più antica essa tuttavia non spiega Come mai la
esegesi di Apoc. 16,16 ignora assoluta- lettera 'ajin (') di m6' ed sia trascritta
mente l'esistenza di un rapporto tra con y, dal momento che in questa ' non
Har Magedon e Megiddo. Il Lohmeyer3 si ha affatto l'eco di una r. È , questa,
traduce con montagna di Megiddo, in- una reale difficoltà, la quale sta a pro-
tendendo l'espressione come detta del vare che l'enigma dell' "Ap MayEowv
Carmelo, sul quale, secondo il Lidzbarski non è stato ancora chiarito.

JoACH. JEREMIAS

t àpvÉoµm

Il significato fondamentale è quello mento negativo di un uomo di fronte


di dir di no, negare, e indica l'atteggia- a una domanda o a un invito. a. Detto

spirito aspro (con WESTCOTT-HORT); dr. 4 Tell-el-Mutesellim. C. S. FrSHER, The ex-


'E~pcx~cr-rl, Apoc. 16,16. cavation of Armageddon, Or. Int. of the Univ.
2 ]011. }EREMIAS, Der Gottesberg (1918) 93. of Chicago, Commun. N. 4 (1929) 16; P.L.0.
Cfr. Ez. 38,8.21; 39,2.4.17. GuY, New light /rom Armageddon, ibid. n. 9
3 Apok.134. (1931) 5.
1249 (l,468) à.pvÉciw:' (H. Schlier) (I,469) 1250

in riferimento a una domanda, negare, 22: « chi è bugiardo, se non colui che
con o senza oggetto (Thuc.VI 60; LXX nega ( = contesta) che Gesù è il Cri-
Gen . 18,15; Ios., Ant. 6,151) . Il con- sto? ». V. ancora Tit. 1,16; Ign., Mg.
trario, òi10À.oyEi:v, significa ' acconsen-
9,1; Herm. V. 2,4,2; Iust., Apol. I 11,
tire'. Una proposizione dipendente da
2; Dial. 49 ,8; 78,10. b. àpvEi:o-iJm =
àpvÉop.cu è per lo più espressa con l'in-
finito (talvolta anche col participio) co11 rifiutare, rigettare, Hebr. 11 ,24 : Mosé
o senza µi] (Ios., Ant. 7,226: lòEi:v ovx rifiutò di (=non volle) essere chiamato
1)pvi]cra;"t"o ). h. D etto in riferimento a figlio della figlia del Faraone; Tit. 2,
un invito o a una pretesa significa ri- 12 : rigettare l'empietà e i desideri ter-
fiutare. In senso assoluto: Plut., Tih . reni. Si può ci tar e anche Act. 3,13,
Gracch. 1 (I 827 d); (Sap. 12,27 =non
dove Tiet.pEor.0xa;'t'E xa;L ì'J pv-ficrw:i·iJE in-
volere). Con l'oggetto della cosa o del-
la persona che a torto avanza una pre- dica la negazione di Gesl.1 da parte dei
tesa signifìca respingere, ripudiare, ri- Giudei, che lo hanno rifiutato come
provare (Dernosth. 18,282; 4 Macch. 8, gii't avevan fatto con J\Iosé, ripo di Gc-
7). Il contrario è dare, procurare a sé s\.1 (Act. ì ,35) .
o ad altri (Hdt. III 1,2 : ovx ELXE ou't'E
<ìouva;L ou"t"E cipv'iJcra;criÌa;L).
2. In contrapposizione a questi due
Il negare in questo doppio senso non
signifìcati di àpvE'Co-iJm ce n'è ancora
è un negare in mala fede né un oppor-
si al buon diritto altrui. cipvÉoµa;L in- un terzo nel N.T., che è diventato il
fine non comporta l'idea di tjJEvÒEcriJcx.L, principale e nel quale gli altri due ven·
sebbene con questa sfumatura di signi- go no a perdersi: àpvEi:crìlcx.L =rinnega-
ficato possa avere una certa relazione. re . Questo concetto è divenuto fonda-
Nel linguaggio rabbinico il corrispon- mentale perché l'oggetto del quale si
dente è kiifar, respingere, rifiutare: b
rifiuta la richiesta e a cui si risponde
B.B 154 b: respingere un'opinione; 5.
Lev. 26,14: rifiutare i comandamenti, con un <<DO» ' primariamente una per-
cioè non osservarli = b. Shab. 116 a sona: Gesù Cristo. In tal senso vanno
b. Sanh . 102 b: (rin)negare Dio ( ri- = interpretati anche i tre passi (v. sopra)
fìutarlo) 1• in cui si parla appunto di un cipvE~o-i}cx:t
Nel Nuovo Testamento ricorrono 1. avente per oggetto Gesù: Act.3,13; Io .
i significati a. e b.: a. cipvEi:o-lJet.L, dir 1,20; Mc.14,68.70. I Giudei che rifiu-
di no, negare: Le. 8,45; Act. 4,16; Io. tano Gesù davanti a Pilato lo rinnega-
1,20: Giovanni il Battista xcx.ì wµoÀ.6- no, a modo lorc. L'affermazione del
ì"TJo-Ev xcx.1. oùx 'i}pvT]o-a"t"o, affermò e Battista che dice di n0n esser lui il
non negò 2 ; Mc. 14,68.70 e parall.; Io. Messia nell'intenzione de 11 'e-,rangelista
18 ,25.27 (negazioni di Pietro); 1 Io.2, è un riconoscimento indiretto di Ge-

<ÌpVÉOµO.L 2 Cfr. Deut.r. 2 a 3,24; v. STRACK-BILLER-


1 Vedi STRACK-BILLERDECK, I 585, II 518. BFCK, II 363; ScHLATTER, ]oh. 38.
1251 (l,469) cX.;:NfoµrxL (H. Schlier) (I,470) 1252

sù, un modo per non rinnegarlo. La a quanto rende potente la pietà: èt.p-
negazicne di Pietro è prima di tutto wi:v-1'aL detto con questo riferimento
un rinnegamento e la frase ò o€
1)pv1]- personale può esser preso anche in sen-
cret:to À.zywv non è stata scritta senza so assoluto e indicare senz'altro il rin-
che il pensiero corresse alle parole -.plc; negamento di Cristo (2 Tim. 2,12; M.
µe: cbw.pv1]1,..n (v. 30). Ma àpvc:i:cri}cn Po!. 9,2; Herm. F. 2,3,4; S. 8,8,4).
come termine tecnico per rinnegare si
ha ~nlo nel logion di AI t. 1O,33 par.; b. àpvEi:cr-ìJcn in questo senso presup-
così come solo qui òp.o).oyEi:crìJcu ha pone un precedente atteggiamento di
il valore pregnante di con fessare. obbedienza e fedeltà. Ci può essere rin-
Nel c o n c e t t o di rinnegare rien- negamento solo là dove prima c'era un
trano gli aspetti seguenti: riconoscimento e un impegno. Perciò in
2 Tim . 2,12 cipvEi:o-itaL è lo stesso che
a. L' àpvEi:cri)cu ha come oggetto
àr.LO-'tEi:v, d; ventare infedele, e in Apoc.
anzitutto un a p e r son a , poiché
2,13; 3,8 il contrario di àpvEi:critcu è
non si rinnega qualcosa, ma qualcu-
xpa-.Ei:v, 'tTJPELV. Quindi propriamente
no e il rinnegare ha già di per se
parlando quello che fanno i Giudei e
stesso un riferimento a una persona.
quello che non fa il Battista non è un
Cfr. Io. 13 ,38: 'l11a-ouv; 2 Petr. 2,1:
rinnegare, mentre lo è invece quello di
-ròv à.yopcicrav-ra mhoùc; OECT7tO'tTJV; 1
Pietro.
Io. 2,22 ss.: -ròv uLo\I; Iudae 4: -.òv
µ6vov OECT7tO'tT]\I xaì. xvpLOV fiµwv '!11- c. cipvEi:c;i)a~ quando è infedeltà
crovv XpLcr-ro\I. Cfr. inoltre 2 Clem. 3, verso la persona di Gesù Cristo si tra-
1; 17,7; Iust., Apol. I 31,6; I 50,12 duce in t r e d i v e r s i a t t e g g i a-
(Cristo); Herm. V. 2,2,8; S. 9,26,6; 28 m e n t i : prima di tutto è un non
8 e passim (-.òv xvpLov); Cerro. V.2, voler riconoscere in pratica la richiesta
2,7 (-.-fiv ~w1]v); S. 8,3,7 (-.òv v6µov di Gesù che esige di essere imitato e
=Figlio di Dio) e passim. Fuori del riconosciuto: Mt. 10,33 par. L' esem-
N.T. l'oggetto è anche "tÒV ltE6v (Iust., pio classico è il rinnegamento di Pie-
Apol. I 26,5; I 58,1; Diogn. 10,7) In tro . Più tardi sarà nel caso del martire
luogo della persona di Cristo la negazio- che potrà verificarsi tale rinnegamento
ne può riguardare anche il suo À.Oyoc; o (Apoc. 2,13; 3,8; Diogn. 7,7). In Mc.
il suo ovoµa (Apoc. 3,8) come pure la 8,38 invece di èt.pVEi:cr1'cu leggiamo
sua 7tLO''tLç,: Apoc. 2,13, tutti oggetti ÈT:aLcrxuvMjval µE xrxì. -roùç ȵoùç À.6-
nei quali egli è presente. Invece ci si yovç, che indica il motivo del rinne-
può chiedere se 1 T im .5 ,8 non sia piut- gamento nella paura, nata dal dubbio
tosto da tradurre con egli nega la circa la veracità di Dio, di essere fatti
fede , e 2 Tim. 3,.5 con essi si negano oggetto dei sarcasmi del mondo. Que-
1253 (l,470) cipvfoµm (H. Schlier) (I,470) 1254

sto vergognarsi di Dio e cercare non la delle conseguenze pratiche nella vita
stima sua ma quella del mondo reca cer- proprio per questo è da farsi in modo
tamente disonore a Dio, per cui M . Pol. giusto e accurato. Ma non è solo la
9,2 s. può a questo proposito parlare di connessione tra dottrina e prassi a far
un ÀoLÒopEi:v -:-6-.1 XpLcr-ròv e di un f?>À.a- sì che un'eresia sia un rinnegamento
crq>YJp.Ei:v -ròv 0a.aùfo (cfr. Iust., Apol. di Cristo (cfr. 2 Petr. 2,1 ss.); anche il
I 31,6). parlare falsamente di Cristo è già di
per sé un rinnegarlo perché chi fa que-
In secondo luogo il rinnegamento di
sto ode, sì, l'esigenza di Cristo che si
Cri,;to può anche consistere nel non
estende anche al pensiero, ma non la
tener conto dci diritti del prossimo.
riconosce in spirito. È da questo pun-
Ciò appHre chiaro in 2 Tim. 2,11 ss.
to di vista che si deve interpretare
dove , forse in una citazione 3, in oppo-
1 Io .2,22. L'ap'iEL()i}(XL o·n 'Iricrovç oùx
sizione a CÌ:pVEi:cdta.L figurano crvvccn:o-
fo·nv ò Xpv:r--r6ç è ci:pvEi:rriJa.L ui.6v.
<1vfwxn v e vnor J.É vn v. Rinnegare Cri-
sto vuol dire non mettersi al suo se- d. In questi tre modi di rinn egare
-~ uito e 11011 soddisfare le giuste esi- è espresso anche il motivo da cui può
ge11:::.e del prossimo, cioè non ricono- scaturire tale rinnegamento. Non sl i-in-
scerne i diritti . Da ciò risulta che ogni nega senza impegnare nell'errore l'uo-
condotta giudicata immorale è già di mo tutto intero, tutto quanto egli è
per sé un rinnegare il Cristo. Un'ap- innanzi a Dio. Si veda in Mt. 10,33 il
profondita analisi di tali rapporti si castigo di chi ha rinnegato Gesù rifiu-
può trovare in 2 Clem. 3.4 (cfr. Tit. 1, tandosi di seguirlo: cìpvncroµaL xcìyw
16; 1 Tim. 5,8; 2 Tim. 3,5; Iudae 4). av"tòv EµTipocrfrEv -roù 1ta"tp6c; µou -rov
Però si osservi bene che nei primi tre Èv "tOLç ovpa.voi:ç; in 2 Tim. 2,12 il ca-
passi indicati non si tratta del rinne- stigo di chi si rifiuta di adottare la pras-
gamento di Cristo e che negli altri tre si etica: xà.xEi:voç <ipvl}<rE"ta.~ T]µtiç,
non si parla tanto di una condotta im- e in 1 Io. 2,23 la sorte di chi rin;iega
morale degli eretici, quanto di un tra- la dottrina: oùò( -ròv Tia-rÉpa EXE1. 4 •
visamento dei rapporti tra yvwcr~ç e
3. L'atteggiamento di spirito deno-
Tip5.~Lç, travisamento che gli eretici
tato dal termine ci:pvdcrfra.L è altrettan-
traducono in pratica.
to evidente laddove si tratta non più
Ciò porta al terzo modo con cu1 s1 del rinnegam ento di Cristo ma, in altro
può CÌ:pVEi:crfrm -rÒV xupwv: non ricono- senso, di se stessi. a. 2 Tim. 2,13: «se
scer/o nella retta dottrina. Un'afferma- noi siamo infedeli egli resta fedele }>,
zione intorno a Cristo che può avere ci:pvT]cracrlJaL ycìp Èmnòv où òuva-rm.

3 Cfr. DIBELIUS , a.!. 4 Cfr. anche Herm. V.2,2,7s.; Jgn., Sm. 5,1.
1255 (I,471) ciprc6:sw (W. Foerster) (I,4ìl) 1256

Qui cipvELcri>i:u fo.u"t6v vuol dire ri-


nunciare al proprio essere. b. Mc. 8,34
Nel N .T. il composto non differisce
par. : «chi vuol venire dietro a me, ...
per nulla, quanto al significatoi, da
( ci1t-) ClpV'TJO"cXCTi}w fo.U't'ÒV xa.ì, cipc:hvJ
cipvt:i:cri}rx.L; esso 1 infatti non rimarca
-còv cr-ca.upòv ClÙ-cov ». Non devo con-
l'idea di negazione aggiungendovi quel-
fessare me stesso, il mio essere, né ag-
la di menzogna e nemmeno è da pren-
grapparmi a me medesimo, ma sacrifi-
dersi come intensivo di cipvE°LO"fra.L.
carmi in una radicale rinuncia a me
Che il significato originale intensivo di
medesimo (e non solo ai miei peccati).
à"a.fNEi:-::n)a.L sia scomparso nel N. T.
Non devo più assicurarmi da me la vi-
(come già nei classici) 2 è guanto dimo-
ta, ma al contrario, accettando decisa-
strano: a. lo scambio dei due verbi nei
mente la mia morte, farmi assicurare
testi paralleli: Le. 9,23 = Mc. 8,34;
da Cristo, seguendolo. Chrys., Hom.
Mt. 16,24; Mc. 14,30.31.72 par. = Io.
in Mt. 55,l (MPG 58,542) : ci1ta.pvn-
13,38; Mt . 10,33 ab; Le. 12,9 a =Le.
crci:O"i}w fo.v-c6v, i:ou-cÉCT•L, µì)OÈ.v Èxt-
12,9 b; b. il loro scambio all'interno di
"t'W xowòv 7tpÒc; ÈClu-c6v. Un'interpreta-
un passo o di una breve pericope: Le.
zione troppo stretta è per es. quella di
12,9; Herm. S. 8,8,2 ss .; c. le varianti
Palladio (Hist. Laus. 64: MPG 34,
testuali: Le. 9,23 K; Io. 13,38 K.
1170 a): O"EClU't'ÒV i:c{) x6crµe& cimipVEL-
critrx.t = i:oLc; fovi:ou ci'Ttoi:ciO"crEcri}cu. H. SCHLIER

àpvlov ~I, coll. 923 ss.

Ò:p7tci~w, Ò:p7tClyµ6c;

regno di Dio e il regno di Satana: ò


Mxoc; ci.p7tasn 't'Ò: 7tp6~rx.'t'tx. (rapire),
Prender qualcosa con la forza ( sal- Jo.10,12; OVX Ò:p7tcXCTEL 1:Lç ClV't'cX ÈX -cijç
damente, con sveltezza o con cupidi- XELp6c; µov (strappare con la forza), Io.
gia). In particolare: a. rapire (Ios. , 10, 28. 29; Mt. 12, 29 (lotta del più
Ant. 20 ,214). b. Nel linguaggio mili- forte con il forte): •Ò: CTXEVl) a.vi:ov
tare: occupare con la forza, portar cipncicrrx.L. c. Talvolta connota l'idea di
via 1• Nel N.T. la parola è usata in pa- agilità: los., Ant. 6,238: (Saul) ci.pm:i-
rabole che descrivono la lotta tra il crm; i:ò 86pu ci.vrnl}Ol)O"EV; similmente

cimxpvfoµa~ Is. 31,7 (ma'as) nello stesso senso di 4 Mach .


1 Cosl CREMER-KocEL, s.v. 8,7.
2 Anche nella grecità profana non esiste O.prcciçw
alcuna distinzione. Spesso in Platone, pe1 I Detto della corrente che trascina via:
esempio Theaet. 165 a; Resp. V 468 c. In LXX Test . Abr. (Ree. A.) 19 p. 102,l, James.
1257 (I,472) apr.6.1'.;w (W. foerstcr) (I,472) 1258

I udae 23: « strappare » dal fuoco. d. impadronirsF.ne con la violenza (e ven-


prendere avidamente: Epict., Diss. 4, gon biasimati); c. alcuni se ne impa-
7 ,22: tcrxCLòox<.ipvci 'tLc; OLappm'tEL · 'tà. droniscono a viva forza (e vengon ap-
7taLola àp7tasn. e. prendere un uomo
provati). Lessicalmente tutte e tre le
(con la forza): Chrys., Beat. Philog. VI
2 (MPG 48,751 ): Èx µfo11c; 'tl]c; ciyo- spiegazioni sono possibili (~a. - d.),
péic; à.pmxcritdc;; Io. 6,15; Act. 23 ,10. soprattutto la prima e la terza. La pri-
Vedi anche Mt. 13 ,19: portar via. f. ma ha dalla sua il significato prevalen-
Talvolta designa il rapimento nelle vi- te di ~LO:sop.o:L, la corrispondenza tra
sioni. Non nei LXX 2 , dove si usano 0LaSE'taL e Sw:cr-ca:l e forse anche, in
più di frequente atpnv (3 BaO'. 18,12;
Mt., il contesto; l'altra ha il vantaggio
Ez. 3,14) e avaÀ.O:fJ.0ci.vELV (Ez. 3,12),
di spiegare come, a partire dalla com-
ma negli apocrifi: Apoc.Mos.37; Apoc.
Esdr. 5 ,7 e abbastanza spesso in Ba- parsa di Giovanni 7 , il sopraggiungere
ruch greco'. Nel N .T.: 2 Cor. 12,2.4 irresi stibile del regno di Dio rappre-
(visione); 1 Thess. 4, 17; Apoc. 12, 5 se nti la nov ità decisiva, presupposto
(= portar via); A ct. 8, 39, sempre a necessario perché esso possa essere
designare l'azione potente di Dio. « rapito ». Per entrarvi ]'uomo deve
agire con estremo impegno. Il verbo
Poiché àpnci.sw non significa costrin- à.p7'0:snv inteso come l'atto con cui
gere e nemmeno derubare o saccheg- l'uomo si porta via il regno di Dio è
giare 4, il testo di Aft. 11,12 5 : ci7to un po' strano, né bastano a darne una
'tWV iiµEpwv 'Iwcivvov 'tOV 0rL7t'tLCi''tOU spiegazione soddisfacente i passi paral-
[wc; èip-n Ti Sa:cnÀ.da 'tWV oùpavwv leli di Mt. 13,19 (il maligno ap7t<.isn
('3L<iSE'tCu, xa:ì, BLa cr 't a ì, à.pncisovcrLv il grano seminato - ma non il regno
aù'ti)v, può essere interpretato solo in di Dio) e di Mt . 23,13 (voi chiudete
uno dei tre sensi seguenti: a. il rec 10 - non « rapite » - il regno di Dio in
di Dio viene rapito, cioè tolto, sbar- faccia agli uomini). Per l'intera que-
rato agli uomini 6 ; b. alcuni tentano di stione ~ 0Lcisop.aL.

2 Dove è detto della morte: l)pr.6.yl] Sap. TER , Johannes en Jesus in het licht van Mt.
4,11. 11 ,12-15 (1909); w. BRANDT: ZNW 11 (1910)
3 In altri libri manca il testo greco. 247 ; H. ScHOLANDER: ZNW 13 (1912) 172 ss.;
4 L'accusativo dell'oggetto sta sempte a in· M. DrnELIUS, Die urchr. Ueberlieferung v.
dicare ciò che vien portato via nel furto. Joh. d. Taufer (1911) 23 ss. L'esegesi è pure
s Per la bibliografia in proposito oltre ai legata al giudizio circa il contesto in Mt. e
commentari e alle teologie si vedano: DALMAN, nel passo parallelo di Le.
W.]. I 115 s.; ]. WEis s, Jesu Predigt vom 6 ScHLATTER, Mt., a.l.
Reiche Gottes 2 (1900) 192-197; A. HARNACK, 7 Ciò è quanto significano le parole ci.7tÒ

Zwei Worte ]esu (SA13 1907) 942 ss.; D. Fi:iL- -rwv TiriEpr:tl\I 'Iwi:J.vvov.
1259 (I,472) àpmi~w (W. Foerster) (I,473) 1260

t Ò:pmx.yµ6:; r.cx.yµqç viene usato nelle espressio1ù


affini Evpriµa., Epµcx.Lov, Etrtuxriµa, &p-
mxyµcx., à:p7ta.yµ6v 'tL i]yEi:o-frcx.L, 1tOLE~­
Nel N.T. ricorre solo in Phil.2,6: oùx
àpmxyµòv i}y1)o-a"t'o "t'Ò EL\laL to-a ikQ. o-fra.L, 'tliJECTfra.L, le quali significano c.
tenere verso qualcosa l 'atteggiamento
Come i sostantivi ,i n -µ6c;, anche à:p-
7tayµ~c; significa prima di tutto a. l'a-
di chi guarda a una preda, a un dono
zione di apr.cisEL\I 1. Questo significa- della fortuna o del caso; e perciò, poi-
to è il solo che esso ha nella lettera- ché un oggetto che si presenti in questo
modo lo si fa proprio e lo si usa, con-
tura non cristiana. Plut., Lib. Educ.
15 (II 11 ss.); nella forma àp7tao-µòc, siderare una cosa come una felice sco-
perta, una uincita, un guadagno. Ciò
in Plut., Quaest. Co11v. II 10,2 (II
che vien considerato un guad11gno può
644 a). Come variante ricorre in Paus.
essere una circostanza propizia che vie-
20 ,3; Phryn. Ecl. 302 p. 407 Ruther-
ne sfruttata oppure una possibilità im-
dorf; stesso significato in Vett. Val. II
mediata che non si lascia sfuggire. La
38 p. 122,1 Kroll (su indicazione di
frase dunque significa sia sfruttare 3 sia
V. Stegemann).
arraffare qualcosa.
Il vocabolo ha preso poi il significa- Le espressioni ricordate indicano ciò
to del più frequente ap7tayµcx. e vuol di- che tutti fanno; ma intesa in senso me-
re , ::ome questo, b. ciò che è a/ferrato, taforico la frase può facilmente appli-
in particolare ciò che è rubato, la pre- carsi a ciò che uno fa per motivi su-
da 2• Come &p7tayµa., così anche àp- periori 4 • L'uso metaforico della frase

àpmx.yµò:; E. LOHMEYER, Kyrios }esus, SHA 19 ( 1927-28).


]. B. L1GHTFOOT, St. Paul's Ep. to tbe Phil.8 A. NocK, in Essays 011 the Tri11ity and the I 11·
(1885) 111,1.33 ss. carnation, ed. by A.E.]. Rawlinson (1928)
HAUPT, Gefangbr.1 69 ss. 99.
TILLMANN, Gefangbr. 4144. S. REINACH, Cultes, Mythes et Rei. V (1923)
A. SCHLATTER, Theologie d. Ap. 2(1922) 341 s. 304 ss. propone la congettura oùx tl.7tpay-
TH. ZAHN: ZWL 6 (1885) 243 ss. µov TJYTJO'a"to e traduce « non stimò una
]. KoGEL, Christus der H err, Erliiuterungen zu sinecura». Lo stesso fa F. KATTENBUSCH:
Phil. 2,5-11 (1908) ThStKr 104 (1932) 373-420.
M. DIBELIUS, Die Geisterwelt im Glauben des 1 KuttNER-BLAss-GERrn, 1 2,2n .
Paulus (1909) 105 ss. 2 In questo senso, certo appoggiandosi al
L. SAINT-PAUL: Rev Bibl. N.S. 8 (1911) 550ss. passo di Phil., lo usa il Crisostomo (Hom. in
W. LuTGERT, Die Votlkommenen im Phil. Phit. 7,1: MPG 62,229) : 6 oÈ ~MLÀ.Euç µE"tà
(1909) 591 ss. JtoÀÀ. Tj:; ... TIOLE~ Ti):; à.11rprùda:; (deporre tem-
W. WARREN: JThSt 12 (1911) 461 ss.; GoTT- poraneamente la propria dignità) . Ll.tà "tl; O"tt
FR. KITTEL: ThStK 85 (1912) 377 ss.; ME- oux ap7tayµ6v EXEL TYJ\I à.px1Jv ( « come ra
YER, Ursprung III 380 n. 2; W. ]AEGER: · pina »).
Hermes 50 (1915) 537 ss.; P. W. ScHMIDT, 3 La frase "tÒV xcx.Lpov àpTià.~ELV = affer·
Pmt. Monatshefte 20 (1916) 171 ss.; K. F. rare il momento, forse significa anche « appro-
PROOST, ThT 50 (1916) 373 ss .; H. ScHu- fittare dell'occasione». Cfr. Dio . C. XLI 44,2;
MACHER, Christus in s. Praexistenz u. Ke- Plut., Alex. Fori. Viri. I 8 (Il 330). Vedi W.
nose I (1914); F. LooFs, ThStK 100 (1927- JAEGER, Hermes 50 ((1915) 550 s.
1928) 1 ss.
1261 (l,473) à.pmis<.v (W. Foerster) (I,473) 1262

è chiaro gtundo essa è introdotta da Dio come :.m guadagno (che non d. si
un OLoV O da un wcrr.Ep 5. apmxyµa lascia sfuggire) »; ugualmente possibile
connota già l'idea di buona preda; ma è anche l'altra: «egli non stimò l'ugua-
talvolta a questo significato si sovrap-
glianza con Dio come un guadag:io (che
pone quello proprio del verbo (pren-
non si lascia inutilizzato) ». Con la pri-
dere qualcosa con trasporto) , per mo-
do che il sostantivo finisce per indica- ma, sostenuta tra gli altri da Schlatter
re la res rapienda. Eus., Hist. Ecc!. e Loofs, l'intero passo viene riferito al-
VIII 12 .2: coloro che fuggivano i tor- la Jigura dcl GesL1 storico, e fa pensare
menti del martirio si uccisero da sé, specialmente (anche se non esclusiva-
-ròv Dawx-rov &p7tayµa flÉp.EVOL -r-~c:; mente) alla storia della tentazione. Il
"tWV òvcrcrt:~wv p.oxi'JYJpla.c:; = stiman-
verbo ÉxÉvwcrEv eh::: segue significa al-
do la morte preferibile ai tormenti 6 •
lora: «egli rinnegò se stesso». Tutta-
Adottando il significato a. in Phil. via l'espressione Èv 6p.otwµa";L à.vflp:.0-
2 ,6 il passo verrebbe a dire che Cristo 7tWV yEVO)J.Evoc:; (cfr. Rom. 8, 3: Èv
non collocò l'essere eguale a Dio in una òµotwµa-rL crapx6ç) sembra alludere a
illecita appropriazione, evidentemente un atto che precede il tempo. Perciò
della gloria e dell'onore che derivano quel che parla della libera rinuncia che
dall'eguaglianza con Dio 7 . Ma la man- caratterizza l'intera vita di Gesù non è,
canza dell'oggetto è intollerabile: ci si come vuole lo Schlatter, il contesto del
aspetterebbe in tal caso, invece di ò:p- v. 6 , ma il v. 7 b e 8. Allora la tradu-
7tayµ6.:;, un verbo che possa stare senza zione è: « egli non considerò l'ugua-
oggetto espresso, come xvpLEUELV. La glianza con Dio come un guadagno».
spiegazione b. è incomprensibile a me- La forma negativa della frase in questo
no che si ricorra a una parafrasi come caso è comprensibile, poiché l'essere
fa il Crisostomo (Rom . in Phil.7,1: egua~ : a Dio è un grande guadagno e
MPG 62,229), e quindi è precaria 8 . tutti vorrebbero giungere a tanto. Per-
Resta dunque la spiegazione c. 9 • ciò per spiegare la forma negativa non
La traduzione letterale suona allora occorre richiamarsi alla tentazione di
cos}: « egli non stimò l'essere uguale a Adamo ( « sarete come Dio ») o alla

5 Eus., Vit. Const. II 31,2; Herond., Mim. un atto di libera volontà.


VI 30; Plut., Alex. Fort. Virt. I 8 (II 330 d). 7 EwALD, Gegangbr. a.l.; così pure P. W.
6 La medesima spiegazione comparativa si ScHMIDT, a.l. e GoTTFRIED KrTTEL, a.i.
deve ravvisare anche in Origene, in Io. I 231: 8 Il significato che ScHUMACHER, o.e., vuol
Cristo ha manifestato più divinamente i suoi ricavare dai padri della Chiesa ( « egli non fu
doni umiliandosi, fi Ei à.pmx.yµòv 1JyTjO"a:ro -cò necessitato a considerarlo una ingiustizia») non
dvcx.t foa 1'E0 xaL µi) ~OUÀT]1'dç btt -cu "COU è né grammaticalmente giustificabile né atte·
XDO"µou O'W"CT]plq. YEVÉ0"1'm oouÀoç: che non stato presso i padri stessi.
se avesse preferito starsene dov'era con la sua 9 Così già BENGEL, a.l.
somiglianza divina, senza diventare servo con
1263 (I,474) àppaPwv (]. Behm) (l,475) 1264

caduta d el demonio. Nc1-'pure è il caso di cui approfittare.


di pensare a una tentazione <li Cristo
Le interpretazioni dei padri della
anteriore alla creazione dcl mondo, co-
Chiesa, con rarissime eccezioni, sono
me sostiene il Lohmeyer, poiché qui non conformi alla spiegazione c. 10 . Soprat-
si tratta di una tentazione, ma di un tutto seguono questo indirizzo quelle
fatto libero, e dal termine àpm:x.yp.6ç singolari interpretazioni che (pi11 o me-
va esclu sa ogni idea di furto, di rapi- no coscientemente) parafrasano il testo
na . G esti, contrariamente a quanto ci con libert:'t , senza cioè appoggiarsi al
gruppo di \'ocaboli ciel tipo àpnrisnv.
si sarebbe att es o in base al comune
Ciò è da tenersi presente per il passo
modo di fare, non ha con siderato l'u - di I'h il.
guaglianza con Dio come un guadagno \\!. f OEKSTER

Imprestito dal semltlco, in ebraico 200): •ov òva•vxEi:v ... cippa.Swv' lixnv.
'eriibon 2 : 2 Gcn.38,17 ss. (LXX: cippa.-
~wv ). In latino arrha o arrhabo (vedi la In senso metaforico ricorre in Paolo:
Volgata in Gen.38,17 ss.). Il vocabolo è 2 Cor. 1,22: ò... òoùc; 'tÒv cippaSwva.
proprio del diritto commerciale (Isaeus •ov 7tvEuµa.•oc; f.v •ai:c; xa.pòla.Lç 'Ì)µwv;
8,23; Arist., Pol. I 11 p. 1259 a 12, 5 ,5: 6 òoùc; 'ijµi:v •Òv cippa.~wva. 'tOV
specialmente i papiri): pegno che vie-
7tVEvµa.•oc; (-7 7t\1Euµa. ). •ou 1tveuµa.•oc;
ne più tardi restituito (solo in Gen.
38,17-20) ; acconto che anticipa una par- è genitivo appositivo: la caparra, cioè lo
te dell'intero debito ed è un riconosci- Spirito (come ~ à.1te.t.PXYJ 'tou 1tVEvµa.-
mento del titolo giuridico (BGU 947, .oc; in Rom. 8,23 ). Lo Spirito che Dio
6; Ostraka II 1168); caparra che con- ha concesso è per i cristiani garanzia
valida un contratto (P. Oxy. 299,2 s.; per il futuro pieno possesso della sal-
BGU 446,5). Si tratta sempre di un
vezza. Così anche in Eph. 1,14: •Q
gesto che uno fa impegnandosi a com-
piere ancora qualcos'altro 3 • In senso
1t'VEVµe.t.'tL .. ., oc; 4 ÈO"•Lv cippa.~wv •i\<;
traslato Antiph., fr. 123,6 (CAF II -7 xÀ.l]povoµla.c; 'i]µwv. Nella lettera-

60): EXOV•ec; cippa.~wva. •iiv •ÉXVDV tura cristiana del sec. II à.ppa~wv si
•ou sfjv; Menand., fr. 697 (ibidem III legge solo in Polyc. 8,1: •Q cippa.~wv~

10 Cfr. W. FoERSTER: ZNW 29(1930)115ss NER (SCHMIEDEL) § 5,26 c; DEISSMANN, N.B.


cippaPwv 11; BL.-DEBR., § 40; MAYSER40.
CREMER - Ki:iGEL, 171 s.; PREUSCHEN - BAuER 2 Cfr. GESENIUS-BUHL, s.v.
171s.; DEISSMANN, B 104s.; MouLT.-MILL., 3 BACHMANN, 80; PREUSCHEN-BAUER, 171.
79; BACHMANN, 2 Kor. 4 80; WrNDISCH, 2 4oç, codd. SKD è grammaticalmente cor·
Kor. 73; SrcKENBERGER, Kor.4 97 s.; Mm- retto (BL.-DEBR. § 132,1) in opposizione a o
NERTZ, Gefangbr. 4 66 s. dei codd. HG.
1 Una grafia secondaria è àpo:Pwv; dr. \Y/r.
1265 (1,474) lip·noc; (G. Dclling) (I,475) 1266

Tr1ç OLXa.t.00-vv·qç -iiriwv oç Èv'tL Xpur- per i cristiani pegno di giustificazione


-ròç 'I1Jcrovc;: Cristo per la sua morte è nel giudizio finale.
J. BEHM
èi.pp1rroc; -" Èpw
apn yÉvvI]'tOS -'> y<vvaw

t ap'tLCç, t È~a.p-rlsw,
t xa.-ra.pct'.l;,(,J
t XCl'tCJ.p'tLCilléç, t xa.-r6.pcLC1Lç

èipc Loç: nei LXX è solo avverbio ( àp- passi dell'uomo (tV 16,.5 ; 17 .3 4). b. al-
i:lwç) di tcmpo=finora (2 Bacr.15,34). lestire. In Erodoto (IX 66) usato rn
Fuori dci LXX: a. conveniente, adatto senso assoluto è detto dcll 'ahilit?t di
(a qualcosa); b. giusto, irreprensibile, un condottiero (variante: xa.TllP'IJ! .Lt-
per/ettamente corrispondente alle esi- vwc; ). Ha come corrispondente xo:.ca.p-
genze espresse dal sostantivo reggente: -wrµ6ç e xai:cip-rLcrLç. Plut., Alex. 7 (I
-roi:ç crwr1ao-Lv (Diod. S. III 33,6 ); detto 66 7 f): detto dell' educazione; Plu t.,
di moti di pensiero (Theogn. 946 ); in Them. 2 (I 112 e): unito a 7ta.LOElcx
senso morale (Theogn. 154) e con si- (tutte e due le volte xw.-cipi:LcrLS ). Le
gnifìcato più marcatamente religioso in due parole mancano nei LXX.
Filone (Det. pot. ins. 7: -rò ap·nov ...
ap'tLOc_; secondo quanto è stato detto
àyai}òv ). c. in matematica: il pari;
per i pitagorici ap·nov e nEpL't1:0V ora in b. in 2 Tim . 3,17 significa ben costi-
sono se mplicemente gli O-'tOLXELCl. del tuito, più precisamente senza difetti,
principio primo (il numero), ora sono come dev'essere un cristiano, cioè in
uno dei 1 O principi primi (Diels I 34 7 senso chiaramente morale, come mostra
B 5). la perifrasi che segue.
I cleri vati sono tardivi; man-
cano per es. in Filone, in Giuseppe ecc. Èçap-rlsw: 2 Tim. 3,17: metter dirit-
Èça.p-rlsw =
allestire; nei LXX solo in to, nella condizione conveniente, così
Ex. 28,7: congiungere.
da essere in grado di svolgere un'atti-
xct,i:ap-rlsw (ionico): a. mettere in
ordine (detto in rapporto a situazioni vità di ordine cristiano e morale (Act.
politiche), ordinare (Preisendanz, Zaub. 21,5 usato in senso profano: compiere
IV 1147: ò l}Eòç ... ò -ròv x6crµov xa- secondo quanto è prescritto) .
i:api:LcraµEvoç). Nei LXX fondare, crea-
re (tV 39,7 citato in Hebr.10,5); al me- xct,i;a.pi:lsw 1 a. fissare= ordinare. In
dio prepararsi (Ps. 8,3 citato in Mt.21, H ebr. 11,3 è detto degli eoni (~ col.
16 ); è detto anche di Dio che guida i 1265, Preisendanz, Zaub. IV 1147); =

ltpnoc;
l In senso profano Mt. 4, 21 par.; cfr. PREUSCHEN·BAUER, 5.V.
126ì (l,4751 èip·rnç (J. Behm) (l,475) 1268

predestinare (alla rovina) in Rom. 9, xa:rnp"t'Lcrµ6c;. Il senso ora inàicato si


22 2 ( chiararr..ente in continuazione del- ritrova in Eph. 4,12, dove alla prepa-
la linea di ~ 16,5 ecc.). b. provvedere, razione dei santi per l'opera del mini-
rafforzare. In 1 Thess. 3,10 è detto in stero è proposto come scopo l'edifica-
rirerimen to al!a 7tla·w:; dei T essaloni- zione del Corpo di Cristo (attraverso
cesi, ma più spesso in rapporto alla i membri della ÈxxÀT]crlrx.). Il consoli-
formazione di un carattere morale cri- damento della comunità nel lavoto per
stiano, ::he si deve manifestare : )prat- il regno di Dio (inteso nel senso piL1
tutto attraverso l'unità di pensiero tra ampio della parola) è perciò, secondo
i membri della comunità (1Cor. 1,10), Paolo, una reale premessa alla costru-
la correzione fraterna (Gal. 6,1) ma an- zione oella EXXÌ.l]O"lrx. e, al tempo stes-
che Èv 7tlXVTl ciyrx.i)Q (Hebr. 13,21). xrx.- so, ne è l'attuazione.
't'TJPTLCTµÉvoc; (come ap·n::;c;) può senz'al-
tro designare l'ideale del cristiano (Le. xrx."t'apncrLç secondo quanto si è det-
6,40). I membri della chiesa devono to indica la ferme zza interiore, sia del-
aiutarsi -vicendevolmente nell'educazio- la comunità (otxoéìoµl)) nella sua con-
ne così da rafforzarsi l'un l'altro (2 Cor. nessione organica, sia del carattere dei
13, 11); il successo finale però è opera di suoi membri, della loro maturità cri-
Dio (1 Petr. 5,10) 3 • (Per Mt. 21 ,16; stiana (2 Cor. 13,9).
Hebr. 10,5 ~ col. 1265). G. DELLING

Vocabolo molto usato nel N.T., nel in mano il pane, pronuncia su di esso
quale assume alcuni significati teologi- il rendimento di grazie, lo spezza e lo
camente interessanti : ::listribuisce ai commensali 1• Altrettan-
1. Il significato letterale di pane to dicasi del pane dell'Ultima Cena
nelle espressioni Àrx.µBci:vEw, ( XIX"t'IX-) (ma!!a): Mc.14,22 par.; 1Cor.ll,23s. 26
xì..fiv, ( OLIX-, Èm-) OLéì6vrx.L 't'ÒV lip"t'ov ss.; 10,16 s.; Act. 2,42.46; 20,7.11 (~
(Le. 24,30; Io. 21,13; Aet. 27,35;; Mc. Àa.µ~civw ~ EÙXCJ.PLCT't'ÉW, ~ EÙÀoyÉw,
6,41 par.; 8,19 par. Io . 6,11) che ri- ~ xÀ.ci:w, ~ xÀ.ci:crLc;, ~ oléìwµ~). Van-
chiamano direttamente il padre di fa- no inoltre ricordati oi ap"t'O~ "t'f\c; 7tp0·
miglia che all'inizio del pranzo prende itfoEwç, i pani della proposizione del-

2 B. WEISS (Meyer 8) a.l., « pronto; maturo qui).


per la rovina » senza giustificazione filologica.
3 1tpoxa."t'a.p-.lçe:w: in senso profano pre- !Ip"t'oç
parare (la colletta): 2 Cor. 9,5 (nel N.T. solo I Cfr: STRACK-BILLERBECK IV 620 ss.
1269 (1 ,476) èip'toç (J. Behm) (l ,476) 1270

l'A.T.: Afc. 2,26 par. (lie br. 9,2: i) dente riceve alla mensa eucaristica.
7tpofrEcnç 'tW\I rXP'tvN) 2 • La manna nei LXX è detta ap'toç Èx
Nella koiné ap·rnç significa pane. Ip- 'tov ovpavov in Neem. 9,15 (=~ Ecròp.
pocrate (A cut . 37) disti:-igue tra ap'toç,
pane di /ru m ento, e µa sa, pan e d' or-
19,15); Sap. 16,20 (à7t' oùpa.vov); Ex.
16,4: (ap'tOL) a~'t'Oç OVp<XVOV; lii 77,24:
zo; Filone (Sp ee. leg. I 173) ) àice ap-
'toç Èpa.o-T[J o-ocpla.ç OLapxiìc; "tpccp-i) 3 • 104,40. Un cibo celeste appare già nel-
l'antico mito babilonese di Adapa7 • Gli
2 . Pane == nutrime11!0 in genere
Ebrei aspettavano un secondo miracdo
(come l ' ~hrai cG {ehem ) •. ap-roç Èmou-
escatologico .:iella manna: vedi Bar.syr.
O-Loç, Mt. 6,11 p:ir. (--+ É-;:v:n)o-wçl. In
29, 8: «In quel tempo · cadranno di
2 Thess.3,12 •ov fou-rov &p"tov fofrlnv
nuovo dall'alto le provviste di man-
significa prov vedersi il vitt o da sé, al
na» ; Sib., fr . 3,49 Geffck.: yÀuxùv
contrario di quanto è detto nel v. 8:
èJ,p•ov O::it' oùpa.vov. Apoc. 2,17; Qoh.
ÒrJJpEÒ. \I ap"tOV cpa YEL V Tt<Xpa "tL \IOç =
r. 1 a 1,9: «Come il primo ~alva:ore
farsi mant enere gr.?tis. L'asceta che di-
fece scender la manna dal cielo, cosl
giuna è chiamato in Le. 7,33 µi) fofrl-
anche l'ultimo salvatore farà piovere
wv ap'tOV p.-i)"tE 7tLVW\I o[vov; l'ospite
dall'alto la manna ». In Filone la man-
in lo. 13 , 18 '' ò •pwywv µou 5 'tOV
na è il tipo del Logos (Leg. ali. III 169.
ap-rov.
175; Det. pot. ins. 118; Rev. div. her.
3. L'idea della partecipazione all.1 79; Fug . 137: Ti ovp<bnoç 'tpccpl]), nu-
bea!itudine espressa con le parole cpa.- trimento delle anime (Sacr. A. C. 86)
yt:i:v ap-rov Èv TTI f3ao-LÀ.Elq. 'tOV frt:ou' ecc. Secondo b Jomà 7 5 b (detto di
Le. 14,15 (--+ fofrlw, -7 ~ao-LÀda.) e Akibà) la manna era « il pane che man-
la pre~entazione di Cristo come il vero giano gli angeli del servizio » . Pane
ap"to<; Èx 'tOV c. .Jpavov superiore alla della vita e pane vivo sono espressioni
manna ddl'A.T. (lo.6,31 ss.), come &p- giovannee senza riscontro nel mondo
'toç TYjç swijç, VV. 35.48 (pane che dà giudaico 8 e nella maggior parte delle
la vita), oppure come ò ap'toç ò swv, religioni antiche, che pur conoscono
V. 51 (-7 OVp<X VOç -7 SWlJ) che il ere- un cibo celeste che dà la vita 9 ; tutta-

2 P. VoLZ, Die bibl. Altertii!ner2 (1925)118 s µE"\"' ȵoii, SKD.


s.; G. HoLSCHER, Geschichte der israd. tmd 6 ljl 40,10: ò fol}lwv lip-rovc; µov.
iud. Religion ( 1922) 77; STRACK-BILLERBECK, 7 A. }EREMIAS·, Das A.T. im Lichte des Al-
III 719 ss. Un caso analogo in DITT. O.G.I.S. ten Orients4 (1930) 47.
56 ,73. 8 STRACK-BILLERBECK II 482 ss.
3 Vedi L. CouN, Die W erke Philos v. Ale- 9 BAUER, ]oh. J 100 s.; E. WALDSCHMIDT-
xandria in deutscher Vbersetzung II (1910) 59 W. LENTZ, Die Stellung Jesu im ManichiiismuJ
n. 1 e 2. (AAB 1926,4) 65 ricordano un testo manicheo
4 Semitismo, cfr. A. DEBRUNNER: Th.Bl. 8 nel quale l'anima dà al redentore il nome di
(1929) 212 alla fine. «pane»-
1271 (I,476) apxw (G. Delling) (I,477) 1272

via cfr. il Mito di Adapa B 60s: «cibo della vita» (29: «cibo della morte») 10 •

J. BEHM

d.pxciyyEÀOç ~ I , coli. 231 s. ò:pxL7tocµi]v ~ 1toLµi]v


ò:pxcEpEuc; ~ LEpEuç ò:pxccrv\lciywyoç ~ crvva:ywy'T]

&pxw, cipx'iJ, à:mx.px'iJ, à:pxa.i:oç,


àpxTJy6ç, apxwv

biano avvertito nell'infinito aoristo gre-


co il carattere atemporale dell'infinito
Attivo : a) dominare ; b) inco mincia-
ebraico ».
re nel senso di ' sono il primo ' a fare
un'azione che altri ripete o continua;
1. Nel N.T. l'attivo si trova solo
nell'uso diviene sempre più raro: in
Flavio Giuseppe per es. ricorre solo
in Mc. 10,42 ; Rom. 15 ,12 nel senso di
3 volte [ Schlatter J. Medio: comincia- dominare. Gesù <là al vocabolo un va-
re (quando 1' azione è continuata dal lore religioso e non parla, riferendosi
soggetto). Nella letteratura ex-tra-bibli- ai dominatori terreni, di vera e propria
ca regge, quando non vi è il participio, potenza , ma ascrive questa soltanto a
quasi sempre l'infinito presente. Così Dio.
sempre nel N.T. e in Flavio Giuseppe 1 •
Nei LXX l'attivo ha sempre il sen- 2 . Il medio si incontra per una me-
so di dominare, essere superiore (anche
tà dei casi in Le. ( 41 volte, di cui sol-
in Ecclus. 4 7 ,21 ), fatta eccezione per
quei pochi passi in cui si accenna alla tanto 3 in comune con Mc., 2 con
attività di cantori (2 Chr. 35,25; lob Mt. 4). Abbastanza spesso è una specie
36,24). di ausiliare (Hunkin). La cosa merita
Il medio è più frequente (il perfet- di essere segnalata a proposito degli
to ha pure il senso passivo in 1 Mach. Atti, dove il verbo ricorre 10 volte 5,
5,31; 2 Chr. 31,10) e a noi il suo uso
(di cui Ia metà con valore di ausiliare) e
può sembrare eccessivo 2• Ci sorprende
anche nel c. 24 (v. 2) che ha uno stile
invece l'uso dell'in:Gnito aoristo limi-
tato ai libri protocanonici. Hesseling 3 accentuatamente greco. Si vede dunque
propone l'ipotesi che « i traduttori ab- che questo uso del vocabolo non è un

IO AOT 145. 2 Tipico per es. è Iud. 19,6, dove in A si


&pxw legge cip1;cip.E\loç, in B éiyE 61]
D . C. HESSELING, Zur S·yntax van éipxoµcn 3 l. c. 161 s.
und Verw.: Byz. Zeitschr. 20 (1911) 147- 4 Su 13 casi M t. ne ha 6 in comune con
164. Mc. Nel N .T. mai con il participio; cfr. BL.-
J.W.HuNKIN, Pleonastic &pxoµm in the N.T.: D EBR ., § 414.
JThSt 25 (1923124) 390-402. 5 1,1: ~V fip1;a:-i;o=&. ... E1tO(T]CIEV cl7t 1clPX1ic;.
J HESSELING 148-50.
1273 (I,477) apxw (G. Delling) (I,477) 1274

puro semltlsmo; tani '(: vero che in Io . 1. Jn senso temporale esso designa
si ha solo in 13 ,5 e con più espressi- l'inizio in senso stretto e precisamente
vità in 8,9. Quest'uso pleonastico vuol il momento in cui interviene qualcosa
richiamare l'a ttenzione su un partico- di nuovo, e non può quindi riferir-
lare aspetto della narra;-;ione: spesso è si all'infinito: Melissus I 184,29 ss.
bene non tradurlo affatto, e anche quan- Diels; Democrit. II 23 ,10 ibid.; Gorg.,
do lo si traduce lo si può sempre ren- fr. 3 II 243,2.3 ss . ibid.; àpx1J=yEvE7Lç
dere con espressio ni come d'ora in poi, in Chrysirp. IfT 80,34 ss. v. Arnim;
d'allora in aua11ti, i11o!trc, perfino, in -rou ÒÈ àc;Ei'.po'J oùx fo-rLv ò:px11, Arisr.,
certi c.isi anche con perifrasi, come Phys. IU 4 p 20 .3 b 7, riguardo ad
avere l 'atdire di. do1:cre. Il carattere Anassimandro.
di ausiliare si rileva Lì dove c'ipxoµm Questa precisazione del concetto di
è usato in riferimento all'azione evan- àpx-~ si inco ntra ripetutam ente; che
gelizzatrice di Gesù (soprattutto in Mt. essa sia comunemente accettata, lo di-
e Le.). Tuttavia re sta ancora un buon mostra il fatto che anche Filone usa
numero di casi in cui èipxoµ<u mantie- il termine soltanto per designare qual-
ne integro il suo valore (naturalmente cosa che non è eterno (Op . Mund.
sempre con ch:6 ... ), soprattutto in Le., 54; Aet. Mund. [53] 118; dr. Decal.
e comunement e nelle lettere (così 2 58) 1 . Dato il parallelismo àpx-fi/ytvc.-
Cor. 3,1; 1 Petr. 4, 17 ). tnç si spiega come il greco, usando que-
sti termini, pensi spontaneamente a 't'É-
t cipx-fi ( -7 xp6voç) Àoç/ cpilopci.: entrambi i binomi rien-
trano nel concetto dell'oùx a1tnpov 2 •
A. L'uso COMUNE E
1
L USO FILOSO- Così principio e fine, messi nel contesto
FICO DI cXPX'fi delle speculazioni sull'a1tnpov, conB.ui-
scono formando un anello: tutto proce-
àpx-fi indica sempre un primato sia de dall'c'i1tnpov, tutto sfocia in esso
di tempo (inizio , principio), sia di gra- (Anassimandro I 17,17 ss. Diels). Quin-
do (potenza, regno, carica). di, a imitazione di Eraclito, Ippocrate

cipxi'J schichte d. Begriffe (1874) 48 ss. 560 ss.


M. DrnELIUS, Die Geisterwelt in Glauben (Anassimandro); contra O. DrTTRICH, Ge-
des Paulus, (1909), specialmente 99 ss. schichte d. Ethik I II (1926), Rgst, s. v.
G. KuRZE, Der Engels· und Teufelsglaube des « Prinzip ». Definizione: Aristot., Metaph. IV
Ap. Paulus (1915) , passim. 1 p . 1012 s.
A. SCHWEITZER, Mystik d. Ap. Paulus ( 1930) 1 Cfr. la citazione di Phaedr. 245 d.; ~
58 s. 305 s. col. 1276 .
Altra bibliografia in PREUSCHEN-BAUER, s. 2 Cfr. Pbaedr. 245 d.: ciò che è ciyÉVYJ'tOV
v. Poco utile (contro il parere di Preuschen- dev'essere necessariamente àlìv:icp1'lopov; ~
Bauer) è G. TEICIIMÙLLER, Studien zur G e- soprc1.
1275 (l,478) iipxw (G. Delling) (l,478) 1276

7
può affermare: <ÌPXYJ ÒÈ 1tci.v-rwv µlcx. suoi aspetti . In tal senso è detto d:px-fi
8
XCX.L TEÀEV'tYJ 1tci.v-rwv µlcx. xcx.ì. i) mh-r) tra eli altri : il xi:évoc; <Orfici [tardi-
-.EÀrn-.1) xcx.ì. cipx1} (Diels I 111,26 ): vi], Die1s II 171 ,26 s. ), l' à,pd}µéç (Pi-
tutto ciò che si può misurare nel tempo tagorici, ibid. I 34 7 ,12 s. ), il vouç, dal
è soltanto distacco dall'èhmpov. quale procede pure il moto (Anassagora
L'indifferenza per il preciso decor- I 388,39s .), "'t"Ò il'Ei:ov quale ci:px'iJ immo-
rere del tempo è presente anche nel bile e infinita (Melissa I 185 ,1 s.), il xE-
linguaggio religioso: Dio è cipx-r) xaì. v6v (e gli atomi) (Dcmocr. II 13 ,18ss.),
-rD.oc; (Preisendanz, Zauh. IV 2836 s.), la UÀ.r],l'dòoç ().oyoç),la cr-rÉpY]CTLç (Ari-
affermazione questa che anche l'ebrai- stotele, .Metaph XI 2 p. 1069 b 32 ss.) .
smo ellenistico fa propria (Philo, Plant. Inoltre ci:px'iJ co ntinua a indicare l'ini·
93; F1av. Ios., Ant. 8,280 3 ). Quando zio cronologico; così in Anassimandro
poi, parlando di un dio, si dice che egli quando dà il nome di ci:px-fi all'a:rmpov
abbraccia l' àpx-fi e il ""t"tÀoç (crv).Àcx.- in quanto « da esso tutto procede e
0wv: Skythinos [imitazione di Eracli- tutto in esso ritorna annullandosi »
to] I 112 ,20 s. Diels. Cfr. Ael. Arist., (Diels I 17,17 ss.). Anche nel concetto
Or. 8,22: cX.pxcX.c; xcx.ì. 7ttpcx.""t"a. EXEL 4 , è platonico di àpx-fi prevale il signifìcato
chiara la connessione con la specula- temporale: àpx-r) ÒÈ ci:ytvri-.ov. Ét; àp-
zione sul1'ri1tELpov. La massima impor- xiic; ycip àvciyxr} miv 'tÒ )'L )'VOµE\IO'J
tanza il termine àpx'i] ha nel linguag- ylyvEvil'cx.L, aù•Yiv ÒÈ µriò' Éç Èvéc;. d
gio cosmofìsico5 . Qui esso designa l'ele- yàp Ex ""t"ou d:pxn ylyvoL"'t"o, oux a.v E"'t"L
m en to o gli elementi materiali primi- àpx-r) ylyvoL'tO (Phaedr. 245 d) 9 • La
tivi di tutto ciò che esiste6 • A poco a po- Stoa non poteva in alcun modo acco-
co tuttavia cede il passo al termine ~ gliere una concezione idealistica del-
v'tOLXEi:ov, mentre tipx'fi continua a de- 1' ci:px-fi 10 • Per essa i}Eéc, e uÀri ( =1toLouv
11
signare le leggi fondamentali che rego- e 1tcivxov) sono cX.pxal • Questo non
lano il divenire del mondo in tutti i vuol dire che il'Eoç e UÀr} siano intesi

3 II giudaismo che segue la concezione ve- 7 Questo uso si ha già in Anassimandro


terotestamenrnria non dice che Dio è l'inizio, (DI ELS I 15,24).
ma che agisce all'inizio. Pertanto lo stesso 8 Inoltre una serie di concetti appartenen·
concetto di Dio è preso dalla categoria di ti alle teogonie, che si incontrano in sistemi
«principio» (~ A/D.). più che altro mitologici , soprattutto presso
4 Il pensiero però cambia totalmente se si gli Orfici.
di ce che Dio è anche il mezzo (DIELS II 169, 9 Nuova è soltanto l'applicazione di tale
5 s. 16; dr. Plat., Leg. IV 715 e; Flav. Ios., concetto alla immortalità dell'anima.
Ap. 2,190) poiché allora egli viene inserito 10 Dì conseguenza nella Stoà si trovano
nello svolgersi della storia. talvolta nella polemica perfino i 4 elementi
5 Cfr. la raccolta, anche se non critica né intesi quali cipxal (II 134,39 ss ., v. ARNIM).
completa, di Giovanni Stobeo (Ecl. I 118-130). 11 Secondo il normale insegnamento scola·
6 Così per es. Talete (ib. I 128, 16 ss.). stico a partire da Zenone (II 111 ecc. v. AR-
1277 (I,479) apxw (G. Dell ing) (1,479) 1278

come principi antitetJC1. « Dio » pene- linguaggio filosofico.


tra la materia (II 156,16 s. v. Arnim); 2. a) dominio. Us~to in ques to sen-
egli in defìnitiva si identifica anche con so à.pxiJ connota spesso anche 1a ìega-
à.px-i}, così come si identifica con i prin- lità e la reale necessità; per es. Diels I
cipi a cui gli Stoici danno i nomi di 368,24s.: à.d ·twa. ÈT.:LCT-ra.-rEla.v ùmip-
À6yoç, vovç, xowòç v6µoç e forse più XEL v OELv xa.t àpxiJv v6µLµ6v -rE xa.t
EùcrxiJµova., fiç vr.-fixo~ç fo-rcu EXa.<noc;
esattamente con tXPX'lÌ xa.t -rD..oç, prin-
-rwv 1t:JÀv-;-wv (cfr. v. Arnim III 81,
cipio e fine, con la mente primordial e
20 ss.). b) campo in cui si esercita il
e col finalismo che governa tutto l'es- dominio (per es. in Erodoto). c) rnagi-
sere. (M. Ant . V 32). La conosce.1za <>trato, autorità.
di àpx-fi xa.l -rÉÀoç è perciò essenziale
B. apxi) NEI LXX.
per la perfetta comprensione del tutto;
essa è il fine dello stoico (ibid.) al pun- Nei LXX à.px1J signifìca:
to che anche il giudaismo fa dire a Dio:
1. nella maggior jJarte dei ca si l'ini-
<ipx•ì xa.t -rD.oç oioa. (Sib . 8,375). zio (in senso temporale; questo anche
L'uso linguistico e le immagini di nelle espressioni preposizionali comuni
Filone sono piuttosto oscuri. Ai quat- nel N.T.). Talvolta in forma stereoti-
tro elementi di cui si compone il co- pa indica I' età primordiale. Piuttosto
smo (Rer. Div. H er. 281 ), egli dà il di rado ha un'accezione spaziale e allo-
nome di ÙÀLxa.l à.pxa.l (Det. Pot. Ins. ra significa vetta (Ier. 22,6), cima (Ez .
153 s.); agli atomi quello di "twv o>.wv
31, 3. 10 . 14 ), estremità (Gen . 2, 10
àpxa.l (Fug. 148 ), dove à:pxi) equivale
a elemento primordiale. L'idea di à.px'iJ ecc.). Molte particolarità ed oscurità
quale principio affiora aUorché egli di- di significato si spiegano con il fatto
ce che il numero uno (Poster. C. 65) o che spesso àpxiJ è una spede di tradu-
il numero quattro (Op . Mund. 52) è zione meccanica di rò' S.
à:pxii "twv oÀwv. Nel primo caso la defi-
zione ricorda da vicino i Pitagorici (cfr. 2. Abbastanza frequentemente àp-
Rer. Div. H er. 62: à:µ1]-rwp à.pxiJ); una xii significa dominio, potenza politica
reminiscenza stoica poi potrebbe aver- (anche forze armate, drappello, oppure
si quando Filone designa il Logos co- ambito del potere) quindi anche carica
me à:pxiJ (Con/. Ling. 146). Più spesso (Gen. 40,13.20 s.), mansione di guida
che ad altri la designazione di à:px-fi è
(1 Chr. 26,10; 4 Mach . 4,17: ufficio di
attribuita a Dio (Rer. Div. Her. 172;
Decal. 52; Plant. 93, cfr. 77; Leg. Alt. sommo sacerdote), infine persona in-
I 5). Va da sé che a questa confusione fl.uent e (condottiero: Neh.9,17, coman-
corrisponde una generale oscurità del dante in capo: '!10-. 1,11). In Dan. 7

NIM); i 4 elementi espressamente distinti da 126,17 ss.).


essi si trovano in Giovanni Stobeo (Ecl. I
1279 (I,479) apxw (G. Delling) (l,480) 1280

( Theod.) designa la potenza sia dei ne- pratica cristiana o della con versione al
mici di Israele (vv. 12,26) sia di colo- cristianesimo (1 Io . 2,24; 3,11; 2,7; 2
ro che stanno dalla parte di Dio (v.14); lo. 5.6) ecc. (lo. 6,64; Act. 26,4). In
ai primi essa vien tolta e data al Figlio sei passi non risulta subito chiaro a
dell' uomo: negli ultimi tempi beati quale momento iniziale si alluda. In
TI ti.a ai al à.pxal servi ranno al popolo 2 Thess. 2,13 14 si accenna alla elezione
dei Santi dell'Altissimo (v. 27). Anche dei destinatari delL1 lettera, avvenuta
supponendo che al v. 27 il traduttore o fìn dalla nascita o già da prima del
pensi ai regni della terra, il c. 10 mo- tempo; probabilmente quest ' ultima è
stra tuttavia che q ucsti sono messi in l'interpretazione esatta 15 • Gli altri pas-
rapporto con le potenze del cielo; ver- si appartengono agl i scritti giovannei.
rebbe quindi spontaneo pensare che Io. 8,44 16 e l Io. 3,8 parlando del dia-
con à.px-fi si intenda la sfera dcl loro volo usano evidentemente la formula
potere e di quello dci loro simili come nel senso ora indicato. Non dobbiamo
estesa anche al re,g110 ultraterreno. mtendere che il diavolo esisre ab ae-
terno; ma solamente che l'inizio della
C. à.px-fi "NEL N.T. sua esistenza va collocato avanti l'ini-
zio del mondo, per il quale soltanto si
ì. àpxT) = ·inizio. può parlare di tempo.
Nel N.T. à.px1J ricorre per lo più col Anche in 1 Io. 1, 1 con le parole o
signifìcato di inizio 12 • Tjv à.n' à.pxl)c; vien designato il Logos.
a) Nelle formule CÌTI e Èç èt.pxl)c; 13
1
Qui si evita il termine À6yoç, che per
(xcrr' &.pxcic;, Hebr. 1,10 nella citazione i Greci ha già un suo preciso signifi-
dei LXX dal ~ 101,26), spesso senz'al- cato, e in sua vece viene usato il neu-
tre indicazioni, cosicché esso indica so- tro « ciò che »: indica che i disce-
lo il primo istante, sia esso - a seconda poli poterono percepirlo anche fisica-
del contesto - quello della creazione mente ed esso vive anche nella loro
(Hebr. 1, 10; Mt. 19, 4.8.24, 21 [Mc. predicazione. In 1 Io. 2,13 s. l'espres-
10,6; 13,19]; 2 Petr. 3,4) o quello del- sione ricorre al maschile, ma anche que-
l'inizio della vita pubblica di Gesù (Le. sta volta senza sostantivo: <~ colui che
1,2; Io. 15,27; 16,4) o dell'inizio della esiste fin da prima del tempo ». Rife-

12 Con valore spaziale solo in Act. 10,11; chiarisce bene il verbo Ò:À.a. -ro. Se non è na·
11,5. ta casualmente (come spesso nei codici pro-
13 In Io. 6,64; 16,4.16.4 con l'indicazione fani), essa è frutto di una recensione testuale
del momento preciso; cfr. S. Deut. 29 a pro- fin troppo meditata.
posito di 3,28: l' kk 'mrtj lmfh rbk mtrllh. 15 Naturalmente non si tratta di predesti·
14 Poco senso ha la variante ci.m:x:px-fiv di- nazione nel senso posteriore, ecclesiastico.
fesa dal DIBELIUS, Th.; soprattutto non 16 BAUER, ]oh., ad !oc., pensa alla caduta
1281 (1,480) ii.pxw (C. Dclling) (I,481) 1282

rendosi a (:risto queste parole gli attri- Quanto al Messia « l'antica sinagoga ...
buiscono 1\~tcrnità, poiché ciò (o colui) non accenna mai ad una sua reale pre-
che preesiste al tempo può essere sol- esistenza » 20 ristretta a lui solo.
tanto cièi (o colui) che partecipa dell'es- Le altre due frasi in cui ricorre l'e-
sere divino. Ciò equivale ad affermare spressione f.v à.pxf\ hanno un senso
la preesistenza in senso stretto n. relativo; in Phil. 4,15 si tratta del pe-
riodo i1tiziale della attività apostolica
h) Tutto ciò diventa chiaro nell'e-
di Paolo; in Act. 11,15 si tratta <lei
spressione parnllela di Io. 1,1 s 18 . Solo primi tempi della chiesa gerosolimita-
che qui l'c~prcssione è caricata dcl con- na (qui à.px1J ha già assunto una certa
cetto del Logos. In un Vangelo era dif- sfumatura romantica; ~ à.pxrii:oç col.
ficile evitare di presentare l'essere o la 1293; col. 1294) 21 •
persona nella sua piatta materialità. La
scelta dcl termine Logos, che aveva già e) -i:i}v à.px1Jv è usato con valore
un suo significato, è un tentativo di avverbiale , nel senso di soprattutto, in
esprimere in forma precisa ciò che è det- Io. 8,25 11 .
to con più esattezza in 1Io.1 ,1; 2,13 s. d) 'Apxl) in diversa costruzione.
Qui Èv à.pxi), dunque, significa· ciò che Nei 4 passi dci Vangeli esso designa
precede il tempo, o meglio ancora ciò il primo avvenimento di una serie di
a cui è impossibile attribuire espressio- fatti corrispondenti o eguali (Mt. 24,
ni temporali (cfr. l'uso profano spec. in 8 = Mc. 13, 8; Io. 2, 11). In Mc. 1, 1
Platone, Phaedr. 245 d, ~ sopra, so- la predicazione e il battesimo di Gio-
prattutto nota 2). Questo rigido con- vanni son visti come l'inizio nel tem-
cetto di preesistenza sembra mancare al po dell'annuncio della buona novella
pensiero ebraico, o quanto meno v·i en da parte di Gesù (non così in Os. 1,2).
riferito solamente a Dio 19 • All'infuori Nei cinque passi della lettera agli Ebrei
di lui tutto, perfino la Torà, che è si parla invece dell'inizio dell'istruzio-
' creata prima del mondo', ha un'età. ne e dell'evangelizzazione dei destina-

nel peccato ( ~ col. 658; col. 659). il parallelismo con Gen.1,1 [~ Àoyoç]; dr.
17 Cfr. lo. i7,5, ZAHN, in lo. 1,L DITT., Or. 56,57 P. Petr. II 37,2 b), né una
lò Cfr. inoltre Prov. 8,22 s.: 7tpÒ -tou a.Lw· particolarità della koiné, ma è classico; vedi
voç (l)e:µEÀlwcr(v µE (v à.pxn; « ma mentre Thuc. I 35,5; !{Jcr7tEp (v à.pxfl ùTIEl7top.Ev;
C:dla sapienza si dice che è stata creata, del Eur., Med. 60; Plat., Tim. 28 b.
logos si dice che c'era >> (BAUER, Io. 1,1). 22 In forma interrogativa l'espressione è in
19 Cfr. la documentazione in STRACK-Bu.- Pseudo-Plat., Dernod. 381: tipx-fiv oi: -tl osi.
LERBEK Il 353 S. miv-twç ii.À.Àouç SV\!~OVÀEUELV v1.ti:v , ecc.; in
20 Forse gli si attribuisce una preesisten- forma negativa ricorre abbastanza spesso in
za: STR.-BILL. II, in lo. 1,1 specialm. 333 s. Platone, in Senofonte , in Flavio Giuseppe
21 Év Ò:PXTI non è né un semitismo ( quan· ecc.; cfr. per altre notizie PREUSCHEN -I3AUi:::R,
tunque sia certamente intenzionale in I o. 1, 1 s. v.; ZAHN, lob. ad loc.
1283 (I,481) &pxw (G. Delling) (l,481) 1284

tari {5,12; 6,1 ), dell'inizio della cer- to di Ò:PXTJ che troviamo in Paolo. Es-
tezza (della fede) (3,14). In 2,3 àpx1J è so doveva però essersi trasformato, an-
riferito all'annuncio della salvezza fat- cora prima di Paolo, nella diaspora;
to dallo stesso Gesù (cfr. Mc. 1,1 ). In per lo meno non c'è alcuna ragione per
7,3, per dire che Cristo trascende il interpretare à.pxal presso Paolo nel sen-
tempo si nega che egli abbia ci.px1J e so di angeli delle genti: il popolo di
·tD.oc;, esattamente come fanno i greci Dio non si identifica più con il popolo
quando vogliono indicare l' eternità giudaico L'ambito del potere delle à.p-
(col. 1274 s.): dr. specialmente Filone, xal è dunque ampliato, senza che noi
di cui si sente l'eco anche nell'aggetti- possiamo dire guaii funzioni esse eser-
vo à.p:lrrwp (~col. 1274 s.; col.1277). citino - a differenza, forse, dalle --+
È!;oucrla.L e dalle ~ OUVa~LELç - e Se sia-
2. àpx-iJ = potenza.
no potenze decisamente ostili a Dio -
a) à.px-fi nel senso di dominio po-
1 cosa, questa, che sembra però probabile
tenza si incontra nel N.T. (con la sola in Eph.1,21 e Col.l,16. In base a Eph.
eccezione di I udae 6) sempre in paral- 6,12 si può supporre solo che sia loro
lelo con V;oucrla.: Le. 12,11; Tit. 3,1 assegnata una certa sfera di influenza
nel senso di autorità o potentato terre- (forse ad opera di esseri ad esse supe-
no o spirituale; in Le. 20,20 designa il riori, come si può dedurre da Eph. 2,
potere inerente alla carica del procura- 2) limitatamente a determinati settori
tore romano. In Tit. 3,1 (cfr. Rom. 13) della vita: a quello religioso ( 1 Cor. 8,
non vi è traccia dell'idea che l'ripx1J 5; 1O,20 s. ), a quello sessuale (1 Cor.
statale possa rappresentare un potere 6,15 ss.; 7,14), alla vita come tale (1
nemico di Dio (~col. 1278 s.). Il cri- Cor. 15,26). Il contesto di Eph. 6 mo-
stiano deve sottomettersi ad essa 23 • stra rt-iiaramente che pure i rapporti
b) In Dan. 7 probabilmente le à.p- sociali sono sotto la loro influenza. Ma
xa.l erano le potenze ultraterrene} es- à.pxa.l non esprime tanto un dominio
seri diabolici, che il Messia (secondo su altri spiriti (ché allora ci si aspet-
l'esegesi neotestamentaria) sottomette terebbe &pxov-rEc;), quanto piuttosto un
al proprio impero in modo che non potere sul resto del cosmo, soprattutto
possano più nuocere al popolo di Dio. sulle realtà terrene.
Certamente con questi angeli delle gen- Le ò:pxa.l sono esseri spirituali 25
ti24 siamo ancora ben lungi dal concet- (Eph. 6,12), secondo Rom. 8,38 vicini

23 Per il corrispondente uso profano ~ astrali (REITZENSTEIN1 Jr. Erl. 235 s. a propo-
col. 1278. sito di Eph. e 1 Cor. 15); in Eph. 6,12 è dif-
24 DrnELIUS 1 op. c. 10. ficile pensare ad uomini (KuRZE 82).
2S Non necessariamente eom o potenze
1285 (l,482) èipxw (G. Delling) (I,482) 1286

agli angeli 26 • Ciò non esclude per Pao- si è ora manifestato come loro signore
lo che esse abbiano un corpo (dr. 1 (Col. 2,10) 29 , come colui che già all'ori-
Cor. 15, 35 ss.). Nel piano primitivo gine era stato loro creatore, prototipo
della creazione dovevano essere spi- e causa (Col. 1,16). Il loro potere cer-
riti buoni, e come tali furono creati tamente non è ancora annullato, ché
(Col. 1,16) 27 ; forse era stata 1oro as- l'uomo è pur sempre in continua lotta
segnata una regione superiore <lel cic- contro di essi; il passo di Eph. 6,12 di-
lo . Loro dimora sono gli E7to1Jpcivw. ce che essi non solo fanno sentire la
(Eph. 3,10) , termine che indi ca la pi[1 loro presenza attraverso quegli uomini
bassa dell e sfere celes ti (cfr. 2 Cor. 12 , che attentano alla fed e <lei cristiani 30 ,
2 ), dalla quale le tenebre ( crxo't"oc;) en- ma anche attraverso tutte .Je ostilità di
trano in qu esto mondo (Eph. 6,12). Le ordine morale . Essi tuttavia non sono
potenze dell'aria , cioè <lella più bassa in grado di guastare i rapporti con Cri-
tra le regioni celesti (dr. Eph. 2,2) , fi- sto e Dio (Rom. 8,38) e al momento
no a Cristo han tenuto divi sa l 'umani- del compimento finale saranno defini-
tà da D io (per esprimersi ·i n modo al- ti va mente privati del loro potere ( 1
quanto schematico). Credevano di es- Cor. 15 ,24) 31 •
sere ormai i xocrµoxpci't"opEc; incontra-
stati, dopo che Dio aveva ripudiato la 3. In Col. 1,18 Cristo è detto cipx1J,
umanità (Rom . 1,24 ), finché, con la ri- parallelamente alle affermazioni secon-
surrezione di Cristo, si rivelò loro l'ori- do cui egli è l' dxw\I ~eou 32 , il 7tpw•o-
ginario piano salvifico di Dio (Eph . 3, 't"oxoc; micrT)c; X't"LCTEWc; 33 , che esisteva
10) 28 • Con la morte di Cristo in croce 7tpÒ 1tciV't"WV. È in questo senso dun-
essi sono stati privati del loro potere que che egli è anche l'ò:.px{]: per lui
(Col. 2,15 ; -e> apxc.ùv col. 1302). Il ve- ogni creatura ha ricevuto la sua norma,
lo, che era simbolo del loro dominio in lui essa sfocia, e questo costituisce il
sul mondo , è lacerato. Cristo Ii ha sot- compimento del fine della creazione.
tomessi a sé. (Col. 2,15; Eph. 1,21) e Ciò corrisponde alla dottrina stoica

26 Per la posizione di fondo di Paolo nel- .lO DIBELIUS 164.


la questione degli « angeli » ~ liyyEÀ.oç coll. 31 Non è possibile che qui si pensi ad àp-
224 ss. xa.l umane LIETZMANN, Kor., ad loc. ~ col.
n La dottrina della caduta degli « angeli » 1283 s. a proposito di Tit. 3,1.
è dunque tacitamente presupposta (cfr. lu- 32 Certo in corrispondenza all'esegesi ales-
dae 6). sandrina dei LXX in Gen. 1,27, forse in con-
28 Inconcepibile è un riferimento a « puri nessione con la dottrina (di Filone) sul Logos.
spiriti del cielo» (KuRZE 92 s.). 33 Ciò richiama alla mente « !'.uomo idea-
29 Paolo non pensa affatto « in primo luo- le)> di Filone, per mezzo del quale tutto è
go agli elementi del mondo» (DIBELIUS, op. creato, v. 16.
c. 1'8).
1287 (I, 48.3) c'i.pxw (G. Delling) (I ,483) 1288

dell' à.px'fr intesa come xo~vòç v6µoç,


il principio cosmico che tutto regge,
che assegna ad ogni cosa il suo posto A. cimxpx'iJ FUORI DEL N.T.

logico nel cosmo in vista dell'armonia


del tutto. Nel v. 16 b troviamo un'altra aTia,pxl] nel più antico autore in cui
formulazione del concetto à.pxi) xcxi ricorre (Hdt. I 92) non designa già pit1
soltanto a) l'offerta di primizie 1 in sen-
"t'ÉÀ.oç. Questo significato di Cristo si
so stretto; esso designa anche b) spar-
riscontra anche laddove egli è detto tizione del guadagno o del patrimonio
primizia dei risuscitati (rvcx. yÉvrrm~ del pio donatore, come pure il dono
f_v Tiiiaw cxù-ròç 1.pw-rEvwv ). È diffi- di ringraziamento per qualche successo
cile dire esattamente se in Apoc. 3, ottenuto 2, e infìne e) l'offerta fatta alla
14 à.px'fr vada interpretato nello stes- divinità, ai suoi servi o al santuario, sia
34 essa donazione o prestazione regolare.
so senso • Ciò appare probabile se si
Perciò indica anche, per es., i tributi
bada all'u so del termine in 21,6; 22, degli Ebrei 3 (Ios., Ant. 16,172) e anche
13: l'enunciato cipx1J / "t'ÉÀ.oç riferito !' o.ff·erta di primizie allo stato, l'imposta
a Dio e a Cristo(~ A/O.), corrisponde di successione. Per le particolarità cfr.
all'uso del linguaggio fìlosofìco. Il pen- l'uso analogo nei LXX. In senso trasla-
siero escatologico per la sua stessa na- to: Eur., Ion. 401 s.: 7tpocrq>i}Eyµa-rwv
ò:nrxpxa,l il primo saluto, la prima pa-
tura si ritrova un po' in linea con la
rola (rivolto ad Apollo). Inoltre à.mxp-
fìlosofia nella valutazione del dato pu-
XTJ acquista in seguito anche un signi-
ramente storico(__,,. coll. 1275 ss.). Co- ficato in tutto simile a quello di apx'l),
sl anche nell'Apocalisse «colui che sie- inizio (di qui le varianti testuali tXTicxp-
de sul trono », il Cristo, sarebbe colui XTJ (v) I an'ò:pxijç e viceversa); infine
che è prima del tempo e che ad esso significa anche certificato di nascita.
sopravvive, colui al quale la categoria
Nel linguaggio religioso è interes-
tempo non si applica 35 . sante notare che l'offerta di uomini è
detta ò:ncx.pxl]. Veramente il termine
in questo contesto è raro 4 ; più spesso

à:'lta.pxTi
34 « Principio e ongme della creal'.ione » H . BEER, 'Amxpx1J (Diss. Wiizburg 1914).
HADORN , Apk., ad loc. Diversamente si do- P. STENGEL in PAULY - W. I ( 1894) 2666 ss.
vrebbe parlare di influsso rabbinico e il Mes- I PAULY - W. I 2667.
sia sarebbe sl presentato come esistente pri- 2 BEER, lls.
ma del mondo, ma pur sempre creato (~ 3 v. PREISIGKE, Wò'rt., s.v.
col. 1281 s. a proposito di Io. 1,1). 4 Plut., Thes. 16 (I 6 f.); Pyth. Or. 16 (II
35 REITZENSTEIN, Poim. 287 intende per 402 a); Quaest. Graec . .35 (II 298 f.) K. F.
à:pxn xa.ì. -rÉÀoç l'insieme, il 'ltÀYJpwµa. (della HERMANN, Lehrb. d. gottesdientl. Altertiimer
creazione?). (1846) 86 ss. specialmente 91, inizio. Cfr. ·P.
STENGEL, Die griech. Kultusaltert.3 (1920),
R egist . .u 1•
1289 (l,483) <ipxc0 (G. Delling) (I ,484) 1290

ha un valore storico difficilmente con- religiose, anche dei pagani, specie quel-
trollabile, poiché si tratta di offerte di le fatte per il santuario ('Eç. 39 ,1; Ex.
una intera parte della popolazione di 25,2 s.; 35,5; 36,6; 2 Esd. 8,25) o per
una polis (soprattutto ad Apollo di le divinità pagane (Ez. 20,31 ). Raram en-
Delfo), che costituiscono l'a vvio per la te &.'1ta.px1J è usato nel senso non cul-
fondazione di una colonia 5 . Però resta tuale di porzione, parte ( 1 Sa.o-. 10 ,4;
la chiara impressione che tali consa- Deut.33,21 ), di primogenito (Ps. 77,51;
crazioni siano ritenute originari atti 104 ,36). In Ecc1us24 ,9 9 serve per de-
di culto e come tali siano state com- signa re il carattere ex tra - temporale,
piute 6 . C'erano poi gli individui che l'etern ità della Sapienza ipostatizzata
venivano offerti alla divinità come ~ (qu indi àna.px1J è preso in senso pura-
à.vciìh][w. (Eur., Ion 310; cfr. Phoen., mente tem porale) : si dice 'ltpÒ -rov
Schol. in 214). Era naturale che si po- a.Lt0voc; àT:o:.pxr1\1 Ex·rnrÉ p.E.
tesse allora parlare anche di àmxpx1J;
e in realtà si da va il caso d i uomini
che si dedicavano al servizio del san-
B. àmxpx1J NEL N.T.
tuario o che dai genitori o dai padroni
erano costituiti come possesso del tem-
1. In Rom. 11,16 Paolo si rifà al-
pio ( LEpOOOVÀ.OL, ecc.; ~ OOVÀ.Oç) 7 e
che erano detti ci '1t a p XTi (cf r. ancora la prescrizione veterotestamentaria di
Diod . S. IV 66 ,6). offrire a Dio come ci'1ta.px1J una por-
Nei LXX à.mxpx1J indica: a) nel senso zione prelevata dalla massa della pa-
originale l'offerta a Dio delle primizie, sta (Num. 15, 20 s.). Agli Israeliti è
del frutto dei campi, dei pascoli, ecc. concesso l' uso della pasta a condizio-
(Deut . 18 ,4 ; 26,2.10; Num. 18, 8 - 12;
ne che una parte di essa sia sottratta
Neh. 10,37 ss.; cfr. Ez. 45,13-16); que-
ste primizie sono messe da parte per all'uso profano e consacrata a Jahvé.
lui e a lui consacrate (Num. 5 ,9), e ciò Paolo va oltre e considera tutta la mas-
vuol dare l'impressione che le àTCrxpxa.l sa come sottratta all'impiego profano.
di uomini e di animali appartengano a Sviluppando parallelamente alla simili-
Dio (Num. 18,15). Il senso di primizia tudine della radice e dei rami (pl'(,aJ
può andare smarrito fino al punto che
xÀ.ciooL ), la metafora ci na.px1J/ cpvpa.µtX.
ad &.'1ta.px1J si aggiunge ancora 't'WV 'ltpw-
egli intende mostrare che l'elezione del
-royEvT}µrhwv (Ex.23, 19; Ecclus45 ,20).
b) Qualsiasi regolare offerta al santuario popolo giudaico è tuttora valida, anche
o ai sacerdoti 8 (2 Chr. 31 ,5 ss.). e) Spe- se una parte di esso ha prevaricato: le
ciali azioni, in particolare tutte le opere primizie della fede (come Abramo) 10,

s Cfr. PAULY-W. I 2667. 8 Più tardi questa viene distinta da quella


6 Plut., Quaest. Graec. J5 (Il 298f 299a) ; fatta ai leviti, che ricevono le decime; Neb.
la colonizzazione si ha solo dopo l'insuccesso 12,44; 13,5; 2 Chr_ 31,10.12.14.
dell'insediamento in Dclfo. 9 Variante di à.7t' à.pxl\r;.
7 Cfr. A . L. HIRT , Die Hierodulen (1818)
10 Rom. 4, soprattutto il v. 16 ; non i primi
52 s. , 64. giudeo-cristiani .
1291 (l,484) <ipxw (G. Delling ) (l,484) 1292

appartenendo al popolo giudaico, sono riscatto ( ~ à.yopci~w coll. 3 3 7 ss.) si in-


una garanzia che questo come massa treccia quella della consacrazione alla
( 'tÒ cpvpaµa) ha una parte privilegiata divinità; proprietà di Dio si poteva di-
nel piano salvifico di Dio. ventare nell'uno o nell'altro modo (cfr.
Eur., fon 310: àvciilì}µa 7toÀEwc; Ti
2. Allo stesso modo la famiglia di
-rwoç 7tpaildç uno;). I 144 mila vergini
Stefana, battezza ta da Paolo (1Cor . 1,
(12 x 12.000) appartengono al perso-
16) è dett<1 in 1 Cor. 16,15 primizia
nal e dedito al culto nel tempio della
dell' J\caia. Lo stesso in Rom. 16,5 , a
celes te Gerusalemme. (Perfino la conti-
meno che l'accen to non sia qui posto
nenza degli Ì.Ep6oovÀoL r:a:pi}EvoL 14 tro-
principalmente sul carattere di offerta
va dunque una rispondenza). Essi pos-
votiva, proprio della primizia, che la
sono essere sempre presso Dio; essi
regione d'A si;1 ha offerta a Cristo cosl
soltanto posso no eseguire l'arcana mu-
come un tempo venivano offerti uomi-
sica del santwuio celeste (v. 2 s.). In
ni in qualità <li à.vci1'h1µa 1tOÀEwç (~
quanto LEp6oouÀoL essi sono 'tW\I aÀ-
coli. 1288 ss.). Ciò comporterebbe uno
ÀW\I òw7t6-rwv xcxì. àpx6v-rwv ÈÀEvilE-
speciale servizio al Vangelo da parte
poL xcxì. 0.cpE-roL (Plut., Amator. naar. 21
di chi è primizia 11 •
[II 768 a]); questa loro situazione pri-
Qualcosa di simile si legge in I ac. 1,
vilegiata è la ricompensa che ricevo;io
18. Per mostrare l'immutabilità di Dio
per essersi offerti a Dio come à.1tcxpx1)1 5 _
la lettera dice che egli mantiene quan-
to ha deciso riguardo ai cristiani, ge-
nerando a nuova vita e lo scrivente e 3 . In Rom.8,23, nel capovolgimen-
i destinatari; essi sono quindi diven- to del rapporto tra chi dona e chi rice-
tati, paradossalmente, una offerta voti- ve 16 , à.7ta.pxl) è la primizia offerta da
va dell'umanità a Dio, mentre d'altra Dio agli uomini (cfr. 2 Cor. 5,5); il do-
parte sono « liberi di fronte agli uo- no del pneuma fatto all' uomo è per
mini tutti e sottomessi solo a Dio » 12 • ora un anticipo 17 , è soltanto l'inizio di
In Apoc. 14,4 13 , con la metafora del un processo che porterà alla vi.oikcrla.,

li Potrebbe trattarsi di qualche speciale 16 \'(/. Sci IUHAR T , Raccolta di scritti in ono-
servizio reso a Paolo durante la prigionia di re di Giacomo Lombroso ( 1925) ricorda a
Efeso. questo proposi to J'tiTI<1PXTJ egiziana = docu -
12 HIRT 5.3 s. su Apoc. 14,4. mento at tes tan te una nascita di alto rango, e
13 Che la comunità giudeo-cristiana sia de- tradu ce diploma di nobiltà dello spirito, (65).
signata come tXTC<1PXTJ è molto improbabi le. Ma in seguito il senso pregnante scompare ed
14 H1RT 62 ; Eur , Phocn. Schol. in 224. è ben difficile che Paolo possa valersi senz'al-
15 LoHMEYER, Apok.: come martiri ; HA- tr.o di una si mile accezione ( v. in propo sito
DORN , Apok. in senso temporale: « stuolo di ~ à.pp<1~(;,iV, 1tVEVµ<1).
primogeniti ». 1; nvEvµa:roç, ge n p:m.
1293 (I,485) ii.pxw (G. Dclling) (I,485) 1294

vale a dire al dono del crwµo:. 7tVEuµo:.- 't'W\I &.pxo:.lwv, al tempo dei nostri an-
"tLx6v. Questo dono è pertanto la tra- tenati; Pol. V 5 p. 1305 a 7); i teologi
sformazione spirituale definitiva del- speculativi (Aristot., Meteor. II 1p.353
a 34 ss.); i presocratici. In Filone Pla-
l'uomo. In Rom. 8,23 Ò:.7tO:.PXTJ ha an-
tone è detto "t'LC, 't'WV ò:.pxo:.lwv (Rer.
che un significato temporale; questo Div. Her. 181) 1•
poi diviene prevalente in 1 Cor. 15,20.
23 (nel v. 23, in opposizione a .D.. oc;,
~ usa to con valore avverbiale): Cristo Nei LXX per lo più tradu ce qedem
e sinonimi, ed è spesso un richiamo ai
è risorto per primo.
tempi antichissimi (così anche 1}~.tEpa.L
&.pxa.i:"m, tJ; 43,1) ma anche, in senso
t ò:.pxo:.i:oc; relativo, alle varie fasi della vita del
singolo. 'Apxo:.t:oc, (~ àpxn) può anche
designare ciò che propriamente sì è rea-
Per lo più = d 'antica angine (•à lizzato prima del tempo, quando han-
àpxo:.i:a., l'antichità, Plat., Tim. 22 a);
no avuto origine i piani di Dio (I s. 3 7,
significa anche appartenente a un tem- 26; dr. 25 ,1) inoltre gli &.pxa.i:"o:. sono
po remotissimo, antico, ma si intende contrapposti agli foxa.•a. o ai µ~À.À.ov­
anche di avvenimenti remoti, ecc. del- 't'rJ. (tJ; 138,4 s.; Sap. 8,8).
la vita del singolo. Il vocabolo designa
qualcosa di più di 7ta.À.a.i6c; ed è avvol-
to in una romantica aureola di dignità Nel N.T. &.pxa.i:oc, :x6crµoc; è il creato
(Demetr. Phal. in Rhet. Graeci III p. prima del diluvio (2 Petr. 2,5); Mt. 5,
300,22 ss. Spengel : ofov 't'Ò 'ò:.pxcx.foL'
21.(27).33: oi. &.pxa.i:oL sono i nostri
Ò.VIL "t'OU ' m:x.À.o:.Lot , ÈV"t'LµO"t'Epov · oi.
"(à.p &.pxa.i:oi èivòpEc; Èv·nµo't'EpoL; cfr. (vostri) progenitori 1 ; Le. 9,8.19: uno
Plat., Tim . 22 b). Esprime qualcosa di degli antichi profeti 2 ; a questi &.pxal:-
naturale e di primitivo insieme (Ari- oL si presta una fede incondizionata,
stot., Hhet. II 9 p. 1387 a 16 ss.). oi. a differenza di quanto succede ai con-
à.pxa.i:oL è una forma fissa con signifi- temporanei che si presentano con pre-
cati che variano secondo il contesto:
tese profetiche. Anche in Act. 15,21 è
per es. in Platone designa gli antichi
poeti (1tCX.PELÀ.1}<po:.µEv 1ta.pà. ••• 't'W\I &.p- riferito al passato del popolo giudaico.
xrxlwv, Theaet. 180c.), in A11istotele gli All'opposto in 15,7 si parla di giorni
antenati (Pol . III 15 p. 1286 b 37: bd della primitiva comunità di Gerusa-

ò:pxo:i:oc;
1 Cfr. Pesikt. Kah. 32 (198 b): r'swnim 9,12; Tanh. B. '~r; § 4 (30 a) Tale uso di ci.p-
(senza sostantivo) = Noè, Mosè, Abramo, xo:i:oç (e r'swn) corrisponde alla particolare
Isacco, Giacobbe. tendenza ad attribuire a tradiz io ni religiose
2 Ios., Ant. ·12,413 : ò:pxo:i:oL npocpi'j"to:L; un valore proporzionato alla pretesa che esse
Afek. Ex.17,14 zqnjm hr'swnjm; Tanh. B. blq avanzano di riferirsi a una primitiva rivela-
§ 21 (72 a): 'bwt hr'iwn;m; cfr. inoltre Sotà zione.
1295 (l,485) cipxw (G. Delling) (l,486) 1296

lemme e dei dintorni, che per lo scrit- 121,35 v. Arnim] ). A volte ha un rife-
tore sono già abbastanza lontani: è rimento alla filosofia (Aristot., M etaph.
l'epoca della conversione di Cornelio, I 3 p. 983 b 20s.) e in un senso lato an-
che al culto (Apollo à.pxriyòc; 'tfjç EVCTE-
che viene designata solennemente con
BElcxc;, Ditt. Syll. 3 711 1. 13) 2 e può as-
il termine cX.pxcxi:cxL. Anche in 21,16 sumere un valore ancora più generico.
3
à.pxcxi:oc; è un titolo onorifico •
D'altra parte il concetto di eroe-<ipxri-
Paolo (2 Cor. 5,l ì) con 'tcX cX.pxriLcx y6c; ha anche il significato secondario
designa tutti i rapporti religiosi che po- di e) capo . Le tre accezioni si ritrovano
tevano esistere prima della risurrezione nel N.T ..
di Cristo; con il mi s tero pasquale essi In Filone àpxTJYÉ'r'l<; designa per Io
furono tutti aboliti, per quanto vene- più i patriarchi, Adamo o Noé (a). Con
rabili essi fossero grazie alla loro anti- speciale orgoglio egli chiama Abramo
chità, che per i Greci cm fonte di di- àpXl)yÉ'tT]c; dei giudei (Abr. 9. 276;
gnità. Paolo pensa innanzitutto ai rap- Vit. Mos. I 7). Una volta però usa il
vocabolo in una ardita metafora riferi-
porti che con Gesti terreno avevano
ta a Dio come creatore e padre di tut-
avuto i suoi contemporanei, ma ha an-
to (Ebr. 42).
che presente la loro pietà farisaica.
In Apoc.12,9; 20,2 ò oq:nç ò cipxcxi:oc; Nei LXX <ipxriy6c; è soprattutto il
è un nome di Satana, preso dal linguag- capo politico o militare dell'intero po-
gio rabbinico (5. Deut. 323 ad 32,32; polo o di una parte di esso; per lo più
traduce ro' s, far e anche niiSi', e, se
Gen . r. 22 ad 4,15; Tanch. mswr' 7
eletto in momenti calamitosi, qii.~tn.
[ 47] 4 • Nella letteratura cronistica è anche de-
signazione speciale del capo di fami-
glia intesa in senso ampio (e allora tra-
duce ro's). In senso traslato ricorre so-
lo in 5 passi: Mich. 1,13 (v. anche 1
a) L'eroe di una città, della quale è Macch. 9,61): àpxnyòc; 'tl\c; à:µcxp'tlcxç
il fondatore, spesso l'eponimo, e divie- ( <ipxriyoì. 'tfjc; xrx.xlcxc;); cipx1n6c; è per
ne quindi protettore; tale per es. è altri il capo esemplare che mostra co-
Atena per Atene. (Ditt., Syll. 3 400, me si deve agire e con il suo esempio
16: cipxriyÉ-<Lc;). A ciò è legato il con- stimola alla imitazione. In 1 Macch.10,
cetto di b) autore (Zeus è detto à.pxTJ- 47 <ipxriy6c; appare in una luce supe-
yòc; <.pucnwc; in Cleante, jr. 537 ,2 [I riore, in quanto con il suo dpT]\IEUEW

3 Cfr. à.pxeti:oç µuo"tT]ç, I nscr. Magn.215b. apxny6ç


4 Cfr. STRACK-BU.LERBECK in Apoc. 12,9 e 1 Ad à.pxriy6ç corrisponde cipxTJyÉ-ct)ç
Mt. 4,1 (I 138). (fem. tXPXTJYÉ"CLç).
2 Parallelo a ·mxpa.l-cLoç, per es. D1TT.,
Syll.3 704 E 10 ss.
1297 (I,48(,) iipxw (G. Delling) (I,486) 1298

consente ;mche alla fazione più debole alla visione beatifica 3 , è il fine della
di vivere in pace. Cfr. inoltre lcr. 3,4; crw-c'Y]pla; con i suoi dolori egli com-
Lam. 2,1 O. pleta l'opera sua di autore della sal-
Nel Nuovo Testamento Cristo è det- vezza. In 12,2 è detto ancora Ò:PXYIYÒç
to cipxrn6ç, ma non è chiaro se que- -rljc; 7tLG't'EWc;, autore e fondatore della
sto appellativo abbia il senso che ha fede dei cristiani; il contesto poi ci in-
in Mich. 1,13. J'via i cristiani, il cui Tio- dica che egli è autore specialmente del-
:ì-.l-rrnita: non è su questa terra, rispon- le conseguenze di ordine morale che
dono in r:il 1nodo alla domanda ri- cfo tale fede scaturiscono. Ccs\1 è poi
gu<trdantc il loro eroe eponimo (Plat., àpx·11y6ç anche in quanto come uomo
Tim. 21 e). Poiché ne porr::ino il nome è stato l'esempio della fede nel Dio dci
devono esser certi che egli fa proprie cristiani e, morendo sulfo croce, « ha
le loro istanze, non solo, ma renderà dato compimento » a questa fede nel -
loro stessi partecipi della sua gloria e l'amore assoluto di Dio, più forte an-
della sua potenza; in questo senso Cri- che della barriera del peccato; in tal
sto in Act. 5 ,31 è eletto à.pxrJYÒc; xai. modo ha reso concretamente operante
CTw-r'fip. In un altro discorso missiona- l'an1or di Dio nella storia della sal-
rio di Pietro (3 ,15) e in una costruzio- vezza 4 •
ne parallela, il Cristo è detto à.px11yòc;
-rljc; swi]c;. Con la sua risurrezione i
cristiani hanno la certezza che potran-
no essi pure partecipare alla sorte del
loro eroe-salvatore. L'apxwv occupa un posto di rilievo
Nella lettera agli Ebrei il termine in cui esercita un'autorità specialmente
rientra ancor più profondamente in un se si tratta di un alto ufficiale. La co-
stituzione di una città distingue abitual-
insieme di idee specificamente cristia-
mente apxov-rEc;, SouÀ'fi, Òi'jp,oc; (Flav.
ne. In 2,10 si legge che Cristo è à.p- los., Ant. 16,172 riguardo a Efeso; 14,
XYIYÒc; -rljc; crw-rriplac;, e questo, in quan- 190 riguardo a Sidone) 1• apxwv equi-
to conduce molti fratelli alla gloria e vale anche a consul e praefectus. Piut-

3 à:yaywv=che aveva incominciato a gui-


&pxwv
dare (aoristo ingressivo) con la sua opera fi- Circa le divinità astrali intese come ri.pxov-
no alla croce (oppure participio aoristo di ·nc; vedi REITZENSTEJN, Poim. 270 s.
identità, BL-DEBR. § 339,1). Per èi.pxwv come alto ufficiale:
4 Altre volte à:px71y6ç è sinonimo di "t'E- PAULY-W. s.v. (per l'epoca arcaica, particolar-
).rn0-c'i]ç e sta a significare la morte di Gesù mente per Atene).
in croce come premessa e causa della 1tlO'-cLç. F.P.RETSIGKE, Stadt. Bcamtenwesen (Diss. Balle
1903) 7-15 per l'epoca più recente; inoltre
A.P.F. IV (1908) 119.
1299 (I,487) !l.pxw (G. Delling) (I,487) 1300

tosto raro nel linguaggio religioso; sulla terra. L'apxl0v d 'Israele porta il
Diels I 318,7: fo-n yàp ... apxwv à:miv- nome di Michele; la sua vittoria (o quel-
-rwv ih:6ç (cfr. Corp. Herm . Xl 7: mx- la di colui che ha figura umana) sugli
o-riç 'taçEwç apxoV'toç ). Più importan- apxov'tEç dei Persiani e dei Greci por-
te è che in Platone si incontrino arcon- ta i Giudei a dominare su questi po-
ti anche nel mito (Lep,. X 903 bl; essi poli 2 • Pertanto gli apxov-i;Eç sono in
per volere divino sorvegliano le singole gran parte nemici del popolo di Dio:
parti del creato. Questi esseri sono co- essi sono combattuti da colui che è si-
me signori dell'universo, con detenni- mile ad uomo, int eso pili t;udi come
nati settori di dominio ( 'tOtno~ç 0 dcrì,v
1
il Messia, e dai suoi ,dleari, dai quali
apXOV'tEç 7tpOO''tE'tet yp.ÉVOL ÉxaCT'tO~ç ... alla fine dei tcrnpi vengono sconfitti. Il
'tD.oç rhmpywrµÉvoL ), quindi sono con- popolo di Dio nella sua lotta contro i
cepiti in senso ancora nettamente po- nemici terreni ha a che fare con queste
sitivo. Cfr. anche Iambl. , Myst II 3. potenze ultraterrene. Il medesimo con-
Anche nei LXX apxwv è colui che cetto si trova anche in Pcsikt. Kah. 23
esercita un influsso au toritario sugli al- (150 b - 151 a); frj 'mwt ( ~ l/rolm,
tri; dal Genesi fino alle Cronache 2 il apxov-i;Eç Èi}vwv cOU XOtr[lOU, detto di
termine designa i capi del popolo inte- Babilonia, della Grecia, ecc. M . Ex.15,
:-o o di una parte di esso. Nei libri sto- 1 (36 b 6 s. Friedm.): Dio nel mondo
rici significa condottiero: in un caso si avvenire, prima che ai regni della ter-
legge anche apxov'tEç -rwv LEpÉwv (Neh. ra, chiederà il rendiconto ai loro prin-
12,7). Negli scritti tardivi designa più cip i (frjm).
spesso gli ufficiali di coloro che gover-
nano la Palestina: apxwv -rou ~a.O-LÀÉ­ Nel N .T. apxwv designa:
wç (Dan. 2,15).
In Dan. (B) 10. 13. 20 s., cfr. 12, 1 1. il funzionario romano e giudaico
(una volta anche Dan. LXX 10,13) ap- di qualsiasi specie, senza che spesso si
xwv designa esseri superiori che pro- possa capire quale speciale carica egli
teggono i regni della terra (popolarmen-
ricopra. In Io. e Le. gli apxov'te:ç sono
te identificati con le popolazioni che li
gruppi esistenti tra i Giudei: in Le.
compongono) e li rappresentano in sen-
so proprio: dalla loro dignità e poten- appaiono diversi dai npEO-~U'tEPOL, dai
za (-+ Ò'.PXYJ) nel mondo degli spiriti ypaµµa.-rEi:ç, e dagli lipXLEpEi:ç, in Io.
dipende la situazione dei loro popoli dai farisei {a volte perfino in opposi-

H.SwoBODA, Die griech. Volksbeschliisse( 1890 ), anche a Gerusalemme (Bel!. 2 , 405), perciò
Rgst . s.v., in particolare 205 s. non designa come !l.pxov-m; (CREMER-KOGEL)
G. BusoLT-H. SwoBODA, Griech. Staatskunde i sommi sacerdoti. Per l'istituto degli arconti
(1920-26), spec. 1081 ss. cfr. specialmente Atene.
2 Sembra che a sostenere la battaglia sia
Per la costituzione sociale degli Ebrei di Ro- propriamente colui che è simile a uomo.
ma: N. MuLLER, ]iid. Katak. am Monteverde 3 Riguardo ad ?l.pxwv -rwv or;up.6vwv cfr.

(1919), Rgst. , s.v. ]. Pca 21 b 27 : rbhwn drwhi'; Lev. r. 5,1 ad


1 Flavio Giuseppe tenta di applicare ciò 4,3: frihwn drwht'.
1301 (1,487) &,-,xw (C. D elling) (l ,488) 1302

iione ad essi: 12,42 ); talvolta sembra- una spec ie di du ali smo, sia pure tran-
no membri di 6:pxa.l religiose. In qual- sitorio, in qu an to l'intero x6crµoc; è d o-
4
che caso 0.pxwv potrebbe anche signi- minato da q ues to rJ.pxwv • Ma il « Pa-
ficare semplicemente autorevole. Per il clre » è schierato con Gesù nella lot-
passaggio al significato religioso v. A ct . ta contro di esso e quindi la sua resi-
7,3 5, dove rlpxwv è riferito a M osè. stenza è già infranta (12 ,3 1) 5 , il giudi-
2. In una d ossol ogia il Cristo glori- zio su di lu i è già stato pronu nciato
ficato è detto rlpx<JJV -rwv BmnÀ.Éwv (da Dio: 16,11 ) e questo per la ragio-
··d'jc, yl)ç (Apoc. 1,5). Solo qui il ter- ne che egl i tenta di impo rre il suo do-
mine è riferito a Cristo. minio su Ges[1, l 'in nocente (14,30) e
vu ol trasc inarlo alla morte - che è il
3. Una potenza sovrumana, chiara-
suo dominio - come un pecca tore 6 •
m ente e sempre nemi ca di Dio . N e i
Pa olo in 1 CM. 2,6.8 parla di pii'.1 O.p-
Sinottici i farisei tentano di ritorcere 7
xov-rEc, , impote nti perché, ignorando
contro Gesù l 'impressione riportata d al 8
il piano sa lvi fico di Dio , h anno tratta-
popolo di fronte a-llo spettacolo delle
to come loro vittima il re della ò6~a. 9 •
guarigioni di indemoniati, affermando
Il nvEvµo: dell'rlpxwv (Eph . 2 ,2) agisce
che queste avvengono nel nome d el-
irresistibilmente nei n o n cristiani; sol-
1' rJ.pxwv dei demoni (in Mt. 12 ,24 e tanto i cristiani h anno la forza di com-
Le. 11,15 d etto~ BEEÀ.sEBovÀ.); inten-
batte re contro di lui grazie alla vita che
dendo con ciò, come ri sulta da Mc. 3,
hanno ricevuto da Dio (Eph. 2,5). Le
22 , che Bee lzc bub stesso opera in Ge-
3
potenze int ese come persone h an no il
sù • Basta qu esto a mostrare che il
loro capo nell' rlpxwv del potere (o dei
N .T. concepisce l'opera di Gesù come
poteri) d ell'aria 10 (Eph . 2,2 ~ xa.-ra.p-
una lotta contro potenze ultraterrene.
yÉw , 6:px.1J).
In Io., poi, questo pensiero è inserito
in un contesto più vasto, :;fiorando G. DELLING

4 fr h'wlm, Ex. r. 17,4 ad 12,23 . MANN su 1 Cor. 2,6; ]oH. WEiss, ad !oc.;
s tx0),T)lh'yn-rcu, d etto forse del mome nto SICKENBERGER, ad loc.
presen te ; forse indica ch e l'&pxwv è get tato 8 Forse anche la divinità di C risto : DrnE-
d al cielo interiore nell 'abisso (dr. Apoc. 20). LT US, o p. c.
ZAHN, I o intende l'es pressione come riferit a 9 Qui W. BousSET (ZNW 19, 1919/20,
al giudizio che si compie alla mort e di Gesù. 64) cre<le che il mito del .viaggio all'Ade di
6 Tale dominio non può assolutamen te es- un eroe libe ratore e della sua lo tta con le po-
sere collegato con le sue manifestazioni di te nze demoniache sia « applicato » alla disce-
OL6.0oì.oc;, « accusatore» (co me vorrebbe lo sa del C risto sulla ter ra, alla sua lotta contro
ZAllN a proposito di .Jo. 12,3 l e 16,11 ). la morte comb attu ta sulla croce e alla vittoria
7 "t'OV a.lwvoc; "t'OV"t'ov, genitivo oggettivo, d a lui riportata. Cfr. DrnELIUS, op. cit. 92 ss.,
no n temporale, non riferibile a potenze terre- 234 ss.
stri; gli argomenti del KuRZ 77 s. sono insuf- 10 Dm Fu 11s. Gc/hr 156 : del regno del-
fici enti (~ 6.px1}). Cfr. l'exrnr.111s del LrETZ- l'aria; cfr. M11N1 :wrz, Gefbr. 4, ad loc.
1303 (I ,488 ) ciuhEv1)ç (G. Stahlin) (J,488) 1304

t à.aD:yna

sfrenatezza 1, specie nel campo fi si- mo che vive staccato da Dio; essa in 2
co: Polyb. XXXVI 15,4 : nrpì, ,à,ç o-w- Petr.2 ,7 è presentata come caratteristi-
µa'1'Lxà.ç btd)vp.la.ç; dr. nei LXX Sap.
ca di Sodoma e Gomorra, in Eph. 4,19
14 ,26; 3 Mach . 2,26; in senso lato an-
dci pagani in genere, così come in I u-
che nel campo spirituale: D emosth .2 1,
1 (insieme a v~pLç) ; Philod t: rn ., Lih42, d a e 4 e 2 Petr. 2,2.18 lo è dell'eresia e
12 (opposto a xo),a.xdrx). cl cll ' aposta si<l. Il scnrn particolare di
sfrenatezza sessuale è probabile in Gal.
P er il N.T. enrra in questione solo 5,19, più sicuro in Rom. 13,13; 2 Cor.
il signifìcato primitivo, mat eriale d i dis- 12 ,12, nei passi già citati 2 Pt. 2,2.18,
solutezza, scost umatezza (Mc. 7,22 ), di come pure in Hcrm., mand. 12, 4, 6;
cui diventa necessar iamente schi av o l'un- sim. 9,15,3; vis. 2,2 ,2; 3,7,2.

O. BAUERNFElND

à.crilsvl]ç, à.o-ÒÉvEw
à.crlìrvÉw, t à.o-iJtvrir.w
A. ETIMOLOGIA E uso à.crÒÉvrnx. rendono l' ebraico maksol,
quest'ultimo soprattutto nei libri pro-
Il gruppo à.uÒEv·~ç, cicriJÉvna, cicriJE- fetici (per es. Ier. 6 ,21; 18,23?). La
vtw, formato da crlJÉvoç più a. privati- spiegazione di questa sorprendente ma-
10 e molto usato sin da Pindaro, Ero- niera di tradurre va ricercata nella par-
doto ed Euripide, significa mancanza di ticolare sensibilità aramaica del tradut-
forza, debolezza di vario genere. tore; infatti la radice aramaica tql, che
I LXX 1 e soprattutto Teodozione 2 di regola nei T argumim sta al posto del-
traducono frequentemente kJl con à.cr- 1' ebraico kSl, significa a) inciampare, b)
iJEvÉw (per es . e Dan.11,41) e con esser debole. Indubbiamente anche Hl

cioD.:ywx ciata deJ demonio dal µEWiY.LOV a0'€À.yÉc;.


t Etimologia oscura; tentativi incerti: \Y/.
HAVERS, lndogerm. Forsch. 28 (1911) 190 ss. ao-frEVTJc; X't' À.
(a=Èv+dialettale O-EÀY = frE).y, «battere», M. RAUER, Die «Schwachen» in Korinth und
cfr. anche A. WALDE, V erg!. wort. d. indo- Rom nach den Paulusbrie/en, B. St. XXI
gemr. Sprachen I [1930] 866); W. PRELL- 2/3 (1923).
WITZ: Zeitschr. f. vergl. Sprachforsch. 47 BENGEL su Rom. 6,17.
(1916) 295 s. (ci intens. + radice twelg=« es- NAGELI 31; 41 N. 1; 77.
sere gonfio»). Nel primo caso il significato t Cfr. HELBING 127; G. STAHLIN, Skanda-

originario sarebbe forse quello di colpo demo- lon (1930) 111 ss.
niaco, dr. in Philostr., Vit . Ap. IV 20, la cac- 2 STAHLIN 85 N. 1; 91 N . 1.
1305 (I,489) (I,489) 1306

si avvicina tal vo lta al significato di es- fìsica 4 ; frequentemente invece si riferi-


sere debole, 1possalo (per es . Ps. 109, scono a) a tutto l'uomo: così in 1 Petr.
24; 31,11). Dato po i che 6.c;i)EvÉuJ a 3 ,7 si parla di sesso debole: cruvotxovv-
sua volta ha un significato che si av vi-
'tE<; xcnà. "(VWO"LV wç ò:criJEVEO-'t'Ép4>
cina a quello di incespicare ( ~ N. 9) ,
si comprende p iL1 facilmente il collega-
o-xEuEL -..0 yuvmxEl4>. Cfr. P . Lond.
mento con 1tpcrx6n-i:<JJ e C1ìw.voa.À.lso- 971 ,4: ò:ouva:roc; y6.p fo,tv 11 yuvlj
~ta.L che si ha (i n alcuni codici) in Rom. ÒLà. à.o-ilEvla.v 'trjç qiuo-Ewç; Cl. Al.,
14 ,21. Pacd. II 10,107,2: TCÀ.EovEx'E~ 't'Ò i}rjÀ.u
Il p<trt ic ip io o~ à..'.YÒE'J:Juv-i:Ec; nel N . Òtà -i:riv à.o-iJÉvELa.v. Si parla, ancora ,
T. spesso sta in luogo di ol 6.ai1EvEi:c;
del modo dimesso <li presen tarsi dì
(per es. in Io . 5 ,3) o con esso anche
Paolo in 1 Cor. 2,.3; 2 Cor. 10,10: rJ ...
si alterna (dr. 1 Cor. 8. 10 con v. 11
e Mt. 10 ,8 co n Le. 10 ,9). Così. pure 'itCX.pOUO'LO. 't'OV o-wp.a.,oc; à.o-iJEVTJç.
'tÒ 6.uìtEvÉç sostituisce talvolta li 6.aiJÉ- Che l'uomo nel suo insieme sia un
vaa.: Thuc. II 61, 2: -.ò à.o-lJEvÈc; 'trjc; à.o-ih:vÈç s0ov è una ma ssima più voi te
yvwµY)ç; P. O xy. 7 1, II 4: 'tÒ Tl'jç
enunciata o richiamata; così in Cl. Al. ,
<pUO-EWç à.o-i)EvÉç; Cl. Al., Strnm. I , 1,
14 ,2: -.ò 6.o-DEvÈç Tric; µv·i)µY)ç. Nel Exc. Theod. 73,3; dr. Ma x. Tyr. II 2
N.T.: lCor 1,25: -.ò cio-àEvÈç -i:ou i)Eov; p. 20,5 Hohein; ciO"iJE:vÈç ov xoµtÒfJ
H ebr. 7,18: ,ò mhrjc; (fv,oÀ. rjç) cio-ìtE- 't'Ò ci.viJpwnELov; Cl. Al., Strom. II 16,
vÈç xa.ì, 6.vc.0q>EÀ.Éç. 72 ,4: à.O"i)Évrnx 't'WV à.viJpwTCwv, Paed.
à.o-MvY)µa. si trova la prim a volta in III 12,86 ,2 . Nel N.T. questo pensiero
Aristot. (Hist. An. X 7 p . 638 a 37;
ricorre nella frase di Gesù ( ~ o-cl:pç ),
Gen . An. I 18 p . 726 a 15) e nella lin-
gua ellenistica è un termine scel to 3 ( cfr. riportata in Mt. 26,41, fi ... o-à.pt; ci.o-frE-
BGU 903,15). Nel N .T. ricorre una so- vr'ic;, contrapposta a TC'VEvµcx. 7tp6iJu-
la volta (Rom 15,1) come espressione µov 5• Nella variazione che il pensie-
particolare dc, l' cia-Mvrnx religiosa (~ ro riceve in Paolo si insiste soprattut-
col. 1309). to sulla debolezza religiosa e morale
B. VALORE DEL TERMINE della crò:pt;,: Rom. 6,19 6 : à.vltpwmvov
1. Il primo significato è debole, de- À.Éyw ÒLÒ: 'tTJV à.o-iJzVELG.V -.l]ç crcx.pxòç
bolezza, esser debole, detto originaria- ùµwv. Qui &vfrpwTCoç, crript; e à.c;i}t-
mente del corpo (cfr. Cl. Al., Strom. II VELcx. sono termini correlativi. L'intera
15,62,3: à.o-Mvna. o-wµcnoc;) . Nel N.T. creaione ha il carattere della crò:pt;, e
i singoli termini non sono quasi usati perciò partecipa della debolezza della
per indicare una debolezza puramente O"ò:pt;,; dr. Philo, Deus I mm . 80: -.wv

41 ,1.
3 N AG El.I 6 Cfr. LIETZMANN, ibid.; un senso total-
4 però col. 1310 s. ò:crfrEv- = malattia.
~ mente diverso ha invece l'espressione ò:crltÉ-
5 Cfr. Cl.Al. , Paed. I 8,62,2: à.a-l}Évrni TTjc; VELa ·6jc; O'ap'x6c; in Gal. 4,12 e~ col. 1310) .
uapx6c; e passim.
1307 (I,490) tia-ì}rv'fic; (G. Stahlin) (I,490) 1308

yqovo•wv ... cpucnxl) àcriHvrnx, Spec. Perciò, coerentemente con il paradosso


Leg. I 293s.; anche Cl. Al., Strom. VII che caratterizza il N.T., la debolezza,
3 ,16,2 : àcri}Evrnx uÀ:r1c;. Nel N .T.: 1 essendo la forma con cui il divino ap-
Cor. 15, 4 3: crnElpE'tCXL Èv àcrfrEvElq., pare sulla terra, è addirittura un titolo
ÈyELpE'tCtL Èv ovvciµEL. di nobiltà dcl cristiano; infatti egli può
b) Il contrario della àcri}EVEW. della dire: ihav yà.p cicrih:vw, -ro•E ovva-r6ç
crci.pt;, è la ouvaµLc; del 7tVEUµa, che dµi, 2 Cor. 12 , 10; proprio la sua dt-
cruvcxnLÀaµ~ci.vE-rm TD àcri}Evdq. Ti- bolezza è per lui motivo di vnnto (2
~iwv, Rom . 8,26 . Ma àcrMvncx non è Cor . 11,30 ; 12 ,5.9 : fioia--rcx oùv µéiÀ-
soltanto l'antitesi, ché nell'ambito di Àov XCXUXYJCTOilCH Èv 'tCXLç cicrìh:vElcx~ç) e
Cristo essa può essere anche la cornice di gioia (2 C or. 12 ,10; 13 ,9: xalpoµEv
della ovvaµic; divina sulla terra: 2Cor. yà.p éhcxv·.iJ11.ELç àcrfre:vwp.Ev) 7 .
12,9: TJ ... OVVCX.[Uc; ÈV Ò.CTfrEVELq. 'tEÀEL- e) Accanto a qrn:sta debolen a appro-
'tCX.L, la potenza si manifesta pienamente v<1ta da Dio (1 C or. 1,27) c'è però an-
nella debolezza. Le scelte di Dio ca- che una debolezza che deve essere su-
dono esattamente su ciò che è debole: perata (~ crxrivocxÀov ): è la debolezza
1 Cor. 1,27: •tt àcrfrEvfj 'tOV x6crµou propria di una condizione religiosa e
Èt;,EÀEt;,CX.'tO Ò frEòc; i'.va XCX.'tcx.Ll7XVVTI 'tà. morale. Con questo valore ciuiÌEvYjc; e
tcrxupci.. Anche Cristo, del quale si può gli altri termini prima del N.T. non so-
dire in senso proprio che oux àcrfrEvEi:, no mai usati 8 • Cfr. tuttavia Epict.,
à.ÀÀà. ouva'tEL (2 Cor. 13 ,3 ), incarnan- Diss. I 8,8: 'tOLc; cimnoeu'toic; xal à:.cr-
dosi si è fatto debole: xcxì. mhòc; 7tEpl- ikvfoi; anche in Ps.Sal. 17 ,42 del Mes-
XEL'tCX.L àcrfrEVELCX.V (Hebr . 5,2), xaì. yàp sia è detto: oux cio-i}e:vT]crn Èv 'tai:c;
fow,upwfrTJ Èt;, à:.crfrEvElac; (2Cor. 13,4). TjµEpcx.Lc; CX.U'rOV È1t~ frEQ mhoiJ, egli non
Chi poi è in Cristo partecipa della me- verrà meno, oppure non vacillerà nel-
desima debolezza (~ cruµ1tcicrxw): xa.ì. la fiducia, verso il suo Dio 9 (il contra-
yà.p l]µEL'c; à:.crikvou~v Èv m'.riQ (ibid. ). rio si legge nel v. 38: òuva•Òç ÈÀ1tloi
Questo è l'ò:crfrEvÈç 'tou itEou di cui par- i}Eou ). Le parole oi àcrfrEvEL'ç ( ò:crfrEvovv-
ia Paolo in 1 Cor. l ,25 affermando che -rEç) ecc. 10 ( ~ <iòvva-roc;) sono usate
esso è tcrxupO'tEpov -r:wv à.vfrpw1twv. più volte da Paolo 11 • Tuttavia, con la

7 La filosofia esige che si abbia almeno co- « inciampare ».


s:::ienza della propria debolezza: Epict., Diss. 10 Cfr. RAUER, op. cit. 18 ss.; F. GoDET,
II 11,1: à.pyi} q>iÀ-ocroq>lcxc; auvalcrih)cnç -rTjç Komm. zu Rom.2 (1892) II 277ss.; E.HIRSCH:
mhov à.cri>EvElaç. Cfr. W. GRUNDMANN, Der ZNW 29 (1930) 75; STAHLIN 238 s., 258; F.
Begrilf der Kraf t in der ntl. Gedankenwelt CfIR. BAuR, Paulus I ( 1845) 361 ss. vedeva
(1932) 75, 87 s., 103 ss., 118. ~ ovvaµiç. nei deboli gli ebioniti, A. RrTSCHL, Entsteh-
8 NAGELI 46. ung der altkath. Kirche2. (1857) 184 ss. gli
9 Cfr. P. VoLz, ]ud. Eschat. v. Daniel bis essem.
Akiba (1903) 232; R. KITTEL in KAuTZSCH: 11 NAGELI 77.
1309 (l,490) à.cnkviJ<; ((;. St ;ihlin) (l ,491) 1310

sola eccezione di 1 Thess. 5,14, questi anche 7 ,28 , dove EXtJJV &.crÒÉvnav, con-
termini si leggono solo nelle lettere trapposto a "E·n).., ELWµÉvoc,, va inteso
maggiori 12 • Probabilmente Paolo si ser- come moralmente imperfetto, peccato-
ve di espressioni che circolavano tra i re. In Rom. 5 ,6 à.o-i}Evi]ç sembra avere
membri delle comunità, specialmente di propriamente il significato di peccatore,
Corinto e Roma, in particolare sulla e ov,..wv 7J11C'Jv à.crÒEvwv si può consi-
bocca del gruppo dei forti (Rom.15,1), derare equivalente al v. 8: (·n ciriap-
contro i quali egli li ritorce 13 . A voler "wÀ.w\1 o'rrr,Jv YJ[ twv.
precisare essi sono i deboli nella fede di
2. Quando indica una debolezza fi si-
Rom .14,1 (cfr. anche 4,19): 'tÒV oÈ &.15-
ca rio-Mvrnx può avere anche il senso
i}Evouv-ta. 'tfj 1tLIJ''tEL 7tp015 À.a.~L~aVEIJ'i7E 14 ;
di malattia lì; anzi nel N.T. cid}tvwx
in genere però simili espressioni si com-
e i termini corradicali sono i pit1 usati
prendono senza bisogno di ricorrere a
per indicare malattia. Nella lingua pro-
questa specificazione (cfr. 1 Cor.8,9 ss.;
fana talvolta viene aggiunto ad &.o-DE-
9,22; 2 Cor. 11,29.30). I due gruppi
vÉw, quasi come oggetto interno espli-
degli 0-.IJ'i}EvEi:c; di Corinto e di Roma
cativo, v6rrov 18 ; però d'ordinario esso è
hanno in comune la mancanza della yvw-
usato assolutamente. Per es. BGU 594,
cnc; dei perfetti cristiani (1 Cor. 8,7)
6: µE"Ù ..òv DEpLrrµòv ÉpyoÀ.a.~i}o-oµcu,
perché non si sono ancora spogliati
ap"L ycip à.o-DEvw. Questo uso è fre-
completamente dcl loro passato. A Co-
quente nel N.T.: Mc. 6,56: lv "ai:c;
rinto 15 essi sono ancora soggetti alla
à. yopa.~c; hll}EO"O:V .. oùc; cicriÌEVOV\IW.c;.
o-uv-r'illna. -tov dowÀ.0u (ibid.); a Ro-
Talvolta cicri}ÉvELa. (Gal.4,13) è specifi-
ma 16 sono legati alla OLaXpLcnc; dei ci-
cata dal genitivo "fjc; crapx6ç; ma ordi-
bi. Si può dire che il loro punto debole
nariamente il termine è usato assoluta-
è la coscienza; cfr. 1 Cor. 8,7.12: crv-
mente sia al singolare che al plurale 19 :
vEloriaLc; à.o-i}nri)c; ( à.o-i}Evovcra..).
Jo.5,5: EXWV Év TIJ &.rri}Evdq;, dr. Act.
d) Con un'ulteriore evoluzione 1' à.cr- 28,9: oL. EXOV'tEc; &.o-i}Evda..c;. In luogo
i}ÉVELa. intesa in senso religioso si av- di &.o-frEv1}c; (Le. 10,9: frEp0:7tEVE"E .. oùc;
vicina al significato di peccato. Hebr. f\I whfj - scil. "TI 7tOÀEL - &.crfrEVE~c;)
4,15: apXLEpfo ... OUVaµEVOV O"Uµ1ta..1Jfj- spesso si ha 6 &.rrfrn1wv: Mt. 10,8 par.:
O'CXL -ta.i:c; &.o-iJEvi'.a.Lc; 7]µwv, le nostre à.o-frEVOV\l'°'O:<; i}EpaTIEVE'°'E.
frequenti cadute (~ col. 1305; si veda Circa la causa delle malattie nel N.T.

12 Jbid. 80. col. 718 n.) 97 s.; REITZENSTEIN, Poim. 19


n Cfr. Ki.iHL, Rom. 445. Nota.
14 Cfr. SrcKENllf.RGER, a.l. 18 Cfr. KDHNER - BLASS I .305 b.
15 Cfr. RAUER, op. c. 27 ss. 19 Per il plurale cfr. l'occasionale distin-
16 Cfr. ihid. 76 ss. zione di 72 à.critÉVELCU. Cfr. Anecdota Graeco-
17 Cfr. F. S. STEINLEITNER, Die Beicht (--'> Byzantina ed. VASSILIEV (189.3) 32.3 ss.
1311 (l ,491) ciO"ilEvl'Jç (G. St iihlin) (I,492) 1312

ci sono due idee parallele: a) esse so- 28 ,9), nelle comunità ne appaiono ben
no effetti dell'azione <li spiriti; per es. presto altri, dei quali si hanno paralleli
Mt. 17, 18 e specialmente Le. 13, 11: nella storia delle religioni; tali sono le
nvEu~w ... à:critEvda.ç; b) la malattia è unzioni con olio (e preghiera : I ac. 5,
il castigo della colpa; cfr . particolar- 14 [16]) 23 , l'impiego di sudari e l'om-
mente 1 Cor. 11 ,30 ; Mc. 2 ,5 ss.; anche bra degli Apostoli che passa sugli uo-
24
lac. 5 ,16. Tutte e due le spiegazio;ù 1111111 (Act . 19,12; 5,15) •

sono molto frequ enti 20 , a volte anche


3. I termini à:crMvna. ecc. significa-
sono date insieme. Per la seconda spie-
no mancanza di vigore, cioè meschini-
gazione si veda specialmente nei salmi
tà, incapacità anche quando sono usa ti
penitenziali dell 'A. T . (per es. Ps. 31,
in senso traslato. Essi son riferiti ai
11) 21 e anche in altri come Ps. 107,17
meschini e miseri spiriti elementari
s.; si ved ano pure certe iscrizioni espia-
(Gal. 4, 9: -rei à:crih:vfj xcxì, n-rwxcì
torie dell 'Asia Minore (per es.: à:µa.p-
cr-roLXELa.), al!' inefficacia della legge a
-r-i}cra.ç xa.-mnln-rw dç à.crilÉvna.v) 22 •
procurare la salute dell'uomo (Rom. 8,
Esiste perciò anche un' à.crMvna. 1tpÒç
3: -rò ... à.ovvcx-rov -rou v61.tou, Év <~
i)ci.va.-rnv (Io. 11, 4) come pure una
ÌJcritÉva OLei -rl]c, crcxpx6ç; H ebr. 7 ,18:
ciµcxp-rla. 1tpÒç i)ci.vcx-rov (1 Io. 5 , 16).
à:l}h11cnç ... ylvE-ra.L 7tpoa.yovcrl]<; È.v-ro-
Variano anche le vie di guarigione ( itE-
Àl]ç OL<Ì -rò a.ù-rl]ç à:crìkvÈç xa.t &.vwq>E-
pa. mvELV ò1tò à:cri)Evnwv Le. 5,15; 8,
À~c, ), dell'apparente inutilità di certi
2); tra questi il N.T. sottolinea soprat-
membri del corpo (1 Cor.12 ,22): à.ÀÀ<Ì
tutto i miracoli di G esù (-rei CTYH.LE~a. a. TioÀÀQ µtiÀÀov -rcì ooxouv-ra µO.:ri -rou
É1tOLEL É7tL -rwv à:criÌEVOVV'rWV, Io. 6,2),
crw~w-roc, à:crfrEvfo-rEpcx ù1tapxnv civa.y-
per cui Mt. 8, 17 può riassumere l 'at-
xixLa Écr-rLV 25•
tività di Gesù cor le parole di Is. 53,
4 tradotte e intese alla lettera: mhòç 4. Infine à.crìJ~vELCX. può anche signi-
-ràç Ò:criÌEvda.ç 1Jµwv l'),a.BEv xa.~ -rei<; ficare debolezza economica, povertà:
v6crouç :SB<fo-ra.crEv. In luogo dei mezzi Act. 20,35: oE~ &.v-.iÀ.a.µ~avEcrìJcxL -rwv
taumaturgici usati da Gesù (cfr. Lc.13, &.crfrEvovv-rwv. Cfr. Aristoph., Pax 636;
12 s.) e dagli Apostoli (Mt . 10,8; Act. Diogn. 10,5 (à:critr:vÌJç).
G. STAHLIN

20 Cfr. O. RiiHLE, Krankheit , RGG2 III 22 STEINLEITNER, Nr. 20 p. 46 .


1277ss.; STEINLEITNER, op.e. 99; F. J. DoLGER, 23 Cfr. DrnELIUS, a.l .; v. ci.À.dcpui, livvocp. ~ç.
Der heilige Fisch II (1922) 162 ss. Per l'in· .24 Cfr. CHANT. DE LA SAuSSAYE I 33,56:
tera questione cfr. anche Io. 9 ,2 e l'inattesa al contatto di cose e di persone sante viene
risposta di Gesù nel v. 3. frequentemente attribuito presso i Celti ed
21 Cfr. H. GuNKEL, A usgewiihlte Psalme11,4 altri popoli un potere terapeutico.
(1917) passim ; J. HEHN, Si.inde und Er!Osung 2s Cfr. Cl. Al., Strom. VI 18,67 ,5: ci.crilE·
nach bihl. u. baby!. Anschauung (1903) 12ss. V'Ìjç OWpEci. = un misero dono.
1313 (I,492) ò:crxÉ<J.J (I I. Windisch) (I ,492) 1314

t à.o-xÉw

Nel N.T . solo in Act. 24,16: Èv "t'OV- es . Xenoph ., Cyrnp V 5,12: ào-xwv ...
"t'CV xct.L m'.rròç à.o-xw à.1tpéo-xo7tov o-u- 'tovç <pLÀ.ovç wç TI À.ELO"'tCX Ò: yaìM. 1tOLELV;
vElòT}ow EXELV 7tpÒç "t'ÒV ihòv xaL -.ove; Epict., Diss. III 12,10 ; èi.o-xT}o-ov, d
yopyòç d, À.oLÒopovµEv oç àvÉxwfrcxL,
àvfrpw1covç ÒLà mxv-còç, nel senso di
rhq.icxo-ildç p.T] &.xiJrnilfjvcu. Un im-
esercitarsi, sforzarsi. Quando Paolo si po rtante significato p articolare ~ i svi-
sforza di avere sempre una coscienza luppa dall ' espressione o-w~tcx C:Ì.'.J'XELV,
irreprensibile di fronte a Dio e agli uo- esercitare il corpo, che indica gli ese r-
mini si dà premura d 'ascoltare conti- cizi ginnici cd atletici; perciò C:Ì.vx1J-c·/1c;
nuamente la voce ammonitrice della equivale a cX.fr).IJTTJç (---7 aflÀÉr,J ). Si ve-
coscienza, per evitare ogni « urto » con da specialmente Xenoph., M cm I 2,19 :
òpw yap, wo-nEp -cà. -cov O"u'J 1w-.oc; ltpya
Dio e con gli uomini e per non trascu-
-.ove; µT] -cà. o-wp.a-ca à.o-xoi:iv-rn.ç où òu-
rare ness un o dei doveri che ha verso VCl..l.LÉvouç 7tOLEi: v, ou-.w xaL -.à. -.fjç 4'u-
Dio e gli uomini. xflc; Epya 'tOÙç iLTJ 'tTJV 4'uxT]v aO"XOVV-
Questo significato di aO"XELV è fre- 'taç où òévtxfLEvouç. P ertanto Ò:O"XELV
quente nel greco classico ed ellenisti- diviene sinonimo di ---7 yvµ vasEo-frm
co , come pure nell'ellenismo giudaico. (cfr . Epict., Diss. III 10,7 : EVEY..cx -.ou-
'tOIJ ÈyvµvcxséµT}v, È1tL -.ov-.o 'flo-xovv)
In Omero il termine ricorre solo in e anche di ---7 µEÀ.E-cr'Xv (cfr. Epict.,
riferimento alla decorazione e all 'ela- Diss. I 25,31; 1 Tim . 4,7) 2 .
borazione artistica 1; invece in Erodoto
Già il mondo greco conosce l'ascesi
e Pindaro si spiritualizza ed equivale a
praticare, esercitare una virtù, per es . spirituale, l' esercizio per il controllo
Hdt. r 96; VII 209: Tr1v aÀ.T}ìJEl11v à.o-- delle passioni e la pratica del bene, l'e-
xÉnv ; Plat., Euthyd. 283 a: o-ocplCl..v xcd sercizio cosciente e quasi tecnico per il
à.pE'tTJV <io-xEiv, Gorg. 527 e: ÒLxrno- dominio dei pensieri e degli istinti 3 ;
O"UVT}V xaL. àpETi}v. Va da sé che og- così gli antichi sofisti, per es ., conside-
getto dell'esercizio può essere anche il
rano l'èi.o-xrwic; 4 come terzo elemento
contrario della virtù: Aesch., Prom .
1065: xaxé-.11-.' Ò:O"XEiv; Eur., Ba. 476: dell'educazione (insieme con la cpuo-iç e
à.o-É~nav cX.o-xouv-.'. Usato in questo la µci.ìtT}CTLç) . Si veda 'ancora Epict., Diss.
senso (come in Act. 24,16) &.o-xEiv reg- III 3,16 : xcxì. -cov-co d ÈnoLOvitEv xaì.
ge l'accusativo oppure l'infinito ; cfr. per TipÒç -.oi:i-.o Y]c;xouiLEita xail' ljµÉpcxv €ç

ci.crxÉr,;
1
Vedi anche Atenagora, Suppi. 16,1 ; 22,8. de.r Christentums, in: Vo n der A ntike zu m
2 Cfr. anche la costruzione con µavltàvELv
Christe ntum , Fcstschr. for V. Schul tzer (1 931)
in Plat., Leg. VIII, 831 e; Gorg. 509 a. 11 ss.
3 K. DEISSNER, Das ldealbild des stoischen 4 Bibliog rafia e test i in Ph . G. Gu NNING,
\V eisen ( 1930) 5 s.; In., Die Seelentechnik in De Sophistis Graccae praeccptoribus (Diss.
di.'r antiken R eligion und Sittlichkeit im Lichte Amsterdam 19 15 ).
1.315 (l,493) d:crxÉw (l-1. Windisch) (l,49_3) 1316

opfrpov p.tXp!. VVX-roç, Èy~VE"tO av 'tl., sioni e sulla temperanza 7 • Filone usa
YiJ -roùç frEOùç, come pure IV 1,81; già l'espress ione ÒÀvyooEta.v xa.L Èyxpci-
I II 2, 1, dove sono elenca ti i tre -r6- 'tHCXV àcrxELV (J>raem. Porn . 100), co-
·rcot, ne1 quali deve esercitarsi colui me pure xcx.ìla.pàv Evcrt0rnxv ticrxELv
che vuol essere xa.ÀÒç xa.L àya.fréc; ( v. (Abr. 129).
anche III 12,8). In Epitteto si avverte
I padri della Chiesa a panirc da Cle-
già quello che sarà più tardi il concetto
ment e Alessandrino e da Origene han
di « ascetica », cioè l'atteggiamento di preso principalmente da lui il linguag-
colui che spontaneamente si impone gio e i tipi scritturistici (Gi,1cobbe,
astensioni, rinunce e mortiiìcazioni (cfr. ecc.). Cfr. Cl. Al., Pacd. I 7,57; Strom.
J:.nch. 47). I 5 ,3 1 (Giacobbe l'àìl}.IJ-rr'Jç e l'à.O"XTJ-
't'D<;); Orig. , Cels. VII 48 (a proposito
Il termine e il suo contenuto furono
dei cristiani): tXO"XOU(Jl, TfJV T:CXV'tEÀrj
poi introdotti nell' etica teologica da
·mxpìlEvi.av; un'iscrizione tombale dci
Filone, il quale distribuisce le tre fun- primi tempi del cristianesimo 8 : -ròv
zioni della pedagogia sofistica - µci.fr11- µova.ocxòv ticrxricra.ç 0i.ov 9 • Però anche
cnç, cpvcnc; e licrxljcnç - assegnandone Taziano (Or. Grar:c. 19 a A) parlando
ciascuna ai tre patriarchi, Abramo , dci filosofi ricorda il fro:vci-rou xa.-ra.-
Isacco e Giacobbe 5• Giacobbe è per cppovELV :xcx.1. 'tTJV cx.ù-r6.pxHcxv -Ò:uXELV'
che essi hanno sulla bocca ma non
lui il tipo deli'à.O"XT}TY}<; = afrÀl)-r'r)ç,
traducono in atto. acr:XljCJ!.<; equivale
del lottatore spirituale, a motivo di ciò qui ad esercizio della temperanza e del
che si legge in Gen. 32, 24 ss. 6 ; dr. disprezzo della morte. L'ascesi del mo-
Le,g. Al!. I II 190: ... -;t-rEpV!.<Tfr'r)crE-ra.c nachesimo cristiano ha una delle sue
7tpÒç 'tOV 7tcf.À'JlV 'Ì]O'XTJXO'tOç 'Iaxw~ - radici nell'ascesi del N. T .; a questa
7taÀl)V 0' OU 'tTJV crwµa.-roç, &_)._)._' TJV tuttavia manca il disprezzo del corpo
TICXÀCXLE!. lJ;ux-ii, 7tpÒç 'tOÙç àv-.a.yWV!.- e la prescrizione di determinate pra-
tiche.
o--.èt.ç -rp67touc; m'.rdjç 7tafrEcn :xcxì. :xcx-
:xliuç µcxxoµzvTJ. Qui si preannuncia In Paolo il vocabolo Ò:.uXELV ricorre
quello che più tardi sarà il concetto solo in Act. 24,16; ma l'idea di eser-
ecclesiastico di ascesi. Difatti in questo cizio sotto forma di autodisciplina fisi-
esercizio del corpo e dello spirito l'ac- co - spirituale, di mortificazione e di
cento è posto sul dominio delle pas- temperanza è ben presente. Cfr. 1 Cor.

5 K. SIEGFRIED, Pbilo van Alex. (1875) 8 PREISIGKE, worterbuch 225.


258 ss. 9 Per la lingua ecclesiastica cfr. precisa-
6 Cfr. H. LEISEGANG, I ndices 124 s., 61; mente Canon Apost. 53, Canones Gangra 12s.,
SIEGFRIED 266 ss. 21 (F. LAUCHERT, Die Kanones der altkircb-
7 E. BRÉHIER, Les I dées philosopbiques et lichen Concilien [1896) 8,82 f). Altre notizie
religieuses de Pbilon d' Alexandrie (1908) i!l Su1c., Thes. s.v.
265 ss.
1317(1,493) cicn<Éw (11. \Xlindisch) (l,494) 1318

9 ,25-27, dove le espressioni ~ Èyxpa.- cruvYJv npòc; nu'na.c; à.viJpwnovc;, µE-


'tEVEO"iJru e ~ ùnwnL6.sw µov 'tÒ O"wµa µvnpivoL -roi:i òvvcw,Euov,oc; DEOu 10 •
xaì, oovÀ.aywyw alludono evidentemen- Anche in Aci. 24,16 e in tutto il di-
scorso òi 24 ,14-18 il pensiero espresso
te all'àcrxEi:v degli «atleti» dello spirito.
da Paolo i.: tipi co del giudai smo elleni-
In Act. 24,16 questo significato non è stico. Cfr . anche quel che Giustino
espresso in forma drammatica; tutta- (Dia! . 8,3) fa dire al giudeo Trifone:
via si vede chiaramente che lo sforzo èi.~1nvcv oÈ Tiv qnÀ.ocroqiEi:v hL O"E 't'lÌV
dell 'Apostolo per avere una co scienza I1 Àa'1'<ù'Jcc, ·fì èi.)..À.ov 'tcu q>LÀ.ocrocplav
pura di fronte a Dio e agli uomini è à.uxouv"w xa.p""C'Eplav xa!. Èyxpa"tEW.v
xa ~ GLù ~IJ pOO'VVYJV lì À.6yoLc; tça.TICl't'Y)-
un lavoro che impegna tutta la vita,
i)ijva. L ~EVÒÉO'L x't),, Questa è in effetti
'da man e a sera ' e in tutte le circo-
l' ' ascesi ' della fìlo sofìa greca , la stes-
stanze che Dio e gli uomini gli fanno sa che si avverte anche in Act. 24,16 11 •
incontrare.
Quando si notn la freq urn za dell'uso
di à.vxEi:v nell' ellenismo, sia pagano
Nei LXX à.crxELV e i derivati non ri-
corrono quasi mai . Soltanto in 2 Mach. che gi udaico, come anche nella lettera-
15 ,4 si legge àO"xELv ,-~v È0001t6:.ocx, tura cristiana (dai padri apostolici in
osservare il Sabato ( = ~ 'tTJpEi:v Apoc. poi), si può rimanere sorpresi che il
1,3 e ~ 7mpcxnJpEi:v Gal. 4,10) ; nel- verbo ricorra invece un a sola volta nel
l'apocrifo 4 Mach. 13 ,22 èi.crx'f)O"Lç in- N.T. e che i derivati non vi compaiano
dica il rigido esercizio dell'osservanza
affatto. Nel caso di Paolo (cfr. 1 Cor.
della legge : xaÌ, a vçcV""C'ClL <npoOpO'tEpOV
OLà O"VV'tpocpla.ç xcxì. 'tfjc; xaiY Tiµtpav 9,25ss.) specialmente riguardo alle Pa-
vVVTJiJEla.c; xai. 't·j')ç èi.À.À.TJ:; na.Lola.c; xa1. storali, come pure per l'autore degli
'tfjc; TJ[.LE'tÉpac; Èv v6µcp lJEOU cXO'XlJO'EWc;. Atti, può darsi che si tratti di un fat-
Nei Testamenti dei XII Patriarchi il to casuale; cfr. soprattutto 1 Tim . 4,
termine è completamente ignorato; al 7, dove yuµvasE O'Ea.V'tov è l' equiva-
contrario in Ep. Ar. 168 leggiamo una
lente di acnm, e O"WµCX'tLX'lÌ yuµva.-
frase in cui ò:crxei:v sembra usato a
O"LCX è sinonimo di aO"XT]O"L<:;, mentre la
commento di Act. 24,16: ouoÈv dxfi
xa.'ta.'tÉ'tax'ta.L ÒLà 'tfjc; ypacpiic; ouoÈ fra se contrapposta Ti oÈ EvcrÉBna può
1
µviJwòwc;, èùÀ.' ì'.va. OL oÀ.ov 't'OV sl)v essere parafrasata con 'tÒ • OÈ àcrXELV
xa.ì, Èv 'ta.i:c; npci.çrnw &.crxwµev ÒLxaLo- euutf3na.v.
H. WINDISCH

10 Cfr. ancora Ep. Ar. 225: EVVOL!lV IÌ.O'XELV, 20,4. Ambedue le espressioni rendono bene
255: 't'Ì]V EVO'ÉPEmv cicrxELV, 285. il pensiero di Act. 24,16 . Il sinonimo EÙO'É-
11 Herm. mand. 8,10 è il primo caso in cui Prnzv ciO'xEi:v secondo MouLT-MILL, s.v. ri-
il greco oLxaLocrvvl]v ciO'xELV ricorre negli au- corre in un papiro di Parigi ( 63 VIII 24) del
tori cristiani. Cfr. frEocrÉPnav &.crxEi:v, 2 Clem sec. II a. C.
1319 (l,494) à:crmisoµcx.L (II. Winùisch) (I,494) 1320

à.cnr6.so1w.L t à.Ttcwmi~oµcu,
à.crrca.0-1 t6c;

A. à.o-rccisEo-ila.L E à.o-rca.o-1t6c; FUORI DEL tutina, per es. P. Fior. 296,57: li E7to-
Nuovo TEST AMENTO (j)ELÀ.oµÉVl) vµi:v 7tpOO"XVVl)O"L<; XO'.L à.o--
'TCCXO"[.LOS µou (cfr. Act . 25,13: ét.a-mxa-6.-
ùcrrccisEo-fku (etimologia ince rta) si- µEVOL -rov <l>Tjcr-rov ). L 'o maggio può es-
gnifi ca: fa re l'<Xo-rca.crr.Loc;, cioè porga c se re reso anche b) con l'acclamazione;
il salii/o d 'uso quando si entra in casa , cfr. Plut. , Pomp. 12 ( [ 624 e): cxù-ro-
si in co ntra qualcuno per strada, ci si xpci-rcpcx 't'OV IIor1r.-fiLoV r10-mfocxv-ro, 13
congecb. L'cicrTICX(J[LO<; consiste in gesti , (I 62'5 e): (tEyriÀ.TI cpwv'[i Mciyvov l]-
come l'ahbraccio 1, il bacio 2, il porgere o-ncio-cx-ro (così nel N.T. Mc. 15,18).
la mano 1, in certi casi anche la rive- Nella let tera cXO'itcxO'p.6ç è un saluto
renza 4
(-> rcpoo-xvvEi:v ), e in parole, da lonta110, che su ppl isce il saluto e
specie in formule di saluto. Un bell'e- l'abbraccio dell ' incontro personale; es-
sempio è olforto da Herm . vis. 4,2,2: so esprime da lontano la cordi alità dei
ào-ncisE-ra.t'. p.E Hyovo-a. • Xa.i:pE o-0, rapporti e serve a rinsaldare l'a micizia
av1'pwm, xcxl EyW a.ù-r-iJv à.v-rl)O"TtcxO'ci- personale 6 • Probabilmente il saluto
1-L'llV • Kupt'.cx, xcxi:pE (cfr. 1,1,4; 1,2,2 e epistolare è invalso poco a poco nel
Le. 1,27.29). Una forma di ét.o-mxo-µ6c; mondo greco-romano; nelle lettere del-
particolare, ufficiale, è l'omaggio che si. l'era precristiana i saluti sono rari e le
tributa a un principe o a una persona lungh e formule di saluto mancano del
distinta; esso può venire espresso a) tutto 7 .
con una visita: Ios., Ant.l ,290; 6,207.
I primi documenti addotti dallo Zie-
ào"itcisEo-frm significa allora fare a qual-
mann sono una lettera di Cicerone
cuno una visita di omaggio, fare una (Fam. XVI , 4,5 [50 a.C.] ): Lepta tibi
visita mattutina a un gran signore 5 : salutem dici! et omnes, e P . Oxy. IV
ao-Ttcxo-µ6c; quindi equivale a visita mat- 7 4 5: à.O'ncisou rcriv-rcxc; -rave; ncxp' l]µwv

dcrmisoµcx.L x-rÀ. xcd. -ròv à.px LEpfo 7tp1:;-rtoc, TJ0'7tacrcx. 't'o .


1 Plut., Tit . 11 (I 375 b ): à.0'1tcx.s6µn101 s La documentazio ne papiracea in PREISIG-
XCX.L mpmÀExoµEVOL. KE , \Vort. s.v. 'Jiidisches '; anche per Giu-
2 Plut., Ages. 11 (I 602 b ): 7tpocrL6vnç seppe vedi SCHLATTER, Mt . 669 s.
Wç Ò:p7tCX.CJOµÉVOU XCX.l qnÀTJO'OV"tOç. Cfr. 1 6 D1TTENB ERGER, Or. 219,42ss.; DITT ., Syll.2
Cor. 16,20 ecc. (-+ col.1332); Ios., Apol. I 65, 700,40 ss.; 798 ,20 ss.
2; Pseud. - Luc., Asin . 17: q>LÀ'iJµcx.crw 'Ì]cr7tÒ:- 7 Cfr. F. ZIEMANN, De epistularum graeca-
7.,;ov-ro Ò:À.Ài]Àouç . rum formulis solemnibus, (Diss. Halle 1911)
3 Plut., Phoc. 27 ( I 753 e); Cato 13 s. (I 325 ss.; F. H . Ex1.ER 1 The Form of ancient
765 a) . Greek Letter (Diss. W ashington 1923) 111 s.,
4 Ios., Ant. 11,331: (Alessandro Magno) 115,136; O. RoLLER, Das Formular der pau-
7tp00'EÀ.l}wv µovoç 7tp00'EXUVT)O'EV "tÒ OVO(J.CX. li11ischen Brief e (1933) 67 ss.
1321 (l,495) cicrmiso1w.L(11. Win<lisch) ( 1,495) 1322

(25 a. C.). Il Rollcr 8 ha trovato parec- Slwh 11 , consistente quasi per intero in
chi docum enti degli ultimi 4 secoli a. saluti : «gli dèi procurino la tua salute
c. e del sec. r d. c. (fino all'anno 70). (... ;nw slmki), la salute (Slm) del mio
Tra l'altro segnala altri saluti in Cice- signore Menahem ... » . Da questo esem-
rone , per es. A!!. II 9: Terentia tibi pio si vede che l'augurio religioso di
salutem , xa.L Ktxtpw'V ò p.txpòç &.rrnci.- buona salute (di cui il greco &.rrmiso-
sna.L Tl-ro'V 'Aih1va.i:ov. Ma per poter µct.L, &.rrnci.sov ecc. è la trascrizione pro-
far risalire la consm:tudine fino al scc. fan a ) dev'esser stato abituale nel giu-
IV a. C. bisognerebbe riu scire a prova- d aismo già prima dell 'epoca tolemaica .
re che le le ttere di Platone, specialmen-
II significato fondamentale dcl verbo
te la 13, so no autentiche. Quanto poi
alla lett era segnalata dal Witkowski, sembra essere dunqu e quello di abbrac-
Epist. priv. Gracc.2 (1911) n . 37 (162 ciare. Quindi il vocabolo sta a significa-
a. C.) non interessa la nostra questione. re e il saluto che si esprime con l'ab-
Il saluto epi stolare nella corrispon- braccio e il desiderio erotico (Plat.,
de nza orientale, invece, è documentato Symp. 209 b: -rei rrwµa.-rcx. -rei xa.À&. ...
per un 'epoca molto più antica. L'augu-
àcrnci.sE-rm ). La presenza di questo si-
rio religioso epistolare nell'antico orien-
te ri sulta già acquisito al tempo delle gnificato nel saluto epistolare si può ve-
lettere di Amarna 9 ; cfr. la lettera di Ri· dere nello Pseud.-Plat. (Ep . 13,363 d):
badda (Knudtzon n. 68): Ribadda disse xcx.i. -roùç rrurrcpmpLrr'tciç &.crmisov {inf.p
al suo signore: ' La signora di Gubla E[..l.OV, «abbraccia per me i compagni nel
conceda potenza al re mio signore ... '; e gioco della palla» 12 • Da questo con-
in una lettera trovata a Taanak 10 : ' Il
creto significato primitivo ne è poi de-
signore degli dèi protegga la tua vita .. .'.
rivato un altro, generico: a) quando
Più sbiadita è invece l'espressione:
'Tanti saluti (Niimii' kollà') in Esd. 5, l'oggetto è una persona: essere affet-
7 , che però va intesa essa pure come tuoso verso qualcuno, voler bene a
augurio religioso (LXX: .:icx.pdcp -r0 qualcuno, acconsentire di buon grado,
(3a:1nÀEi: dpYJ'ViJ micrcx.). A rigor di ter- esser premuroso. Plat., Ap. 29 d: o-rL
mini questo saluto è più vicino all'au- tyw ùµ<iç, w &'VopEç 'AiJY}'Vct.i:oL, &.rrna-
gurio introduttivo delle lettere aposto-
~oµcx.L µÈ'V xa.~ <ptÀw. b) quando l'og-
liche (xci.ptç xai. dpYJ'ViJ x-rÀ.). Saluti
si trovano anche nelle lettere aramaiche getto è una cosa: dedicar si con amore
dei papiri di Elefontina (sec. V a. C.) . a qualcosa. Per es. Ps. - Xenoph., Ep.
Esempio più unico che raro è la lettera 1,2: o-o<plct.'V &.crnci.sErri7a.t; Iust., Apol.
che Hoseh scrive ad una certa signora I .39 ,5; 45,5; Test. G . 3,3: xa.'ta.Àa:-

s Op. c. 472 ss., N. 312. Pap yri , Kl.T. 94 ( 1912) 68 s.; A. CowLEY,
1 Segnal az ione div. RAD.
Aramaic Papyri o/ the fil th Centurv B. C.
10 AOT .371. (192.3) N . .39.
11 P. l.3462 in E. SACHAU, Aramiiische Pa- 12 La traduzion e di O. APELT, Platons
pyri und Ostraka aus .. . Elephantine (1911) Briefe (1918) 109 «saluta cordialmente ...
58 s. ; \Y! . STAERK, Alte und N eue Aramiiische per me » non è esatta.
1.323 (l,495) CÌ.Gr:ci.t;ow:n (II. \X'inJ isch) (1 ,496) 132-t

ÀLà.v à.crTIO:ss-rm . Accoglier con piace- e1a.no à.)J.. 1)).::iuç 15• II sostantivo cicrJ.1J.-
re ciò che capit a: Eur., Ion 587: Èyw ÒÈ cr1;,6; nei LXX non si legge ma i. Più
'
-rT)V '
µEv ,
o-vµcpopav , ry
ao-mx~oµcn;
I os., frequ entemente invece il verbo à.tr7ta-
Ant. 6,82: LaovÀ.oç òf. -rov-rwv µÈ:v SEtrfla.L ricorre , nel se nso indicato, n ei
deuterocanonici e negli apocrifi: in To b.
-fio-misE-ro -ri}v Evvoi.a.v xai. -ri)v mpi.
5 ,10; 9 ,6 S; 10 ,2 S come saluto di con-
a.Ù't'ÒV 7tpoàvp.lav; 7, 187: -roùç ).6yo•Jç gedo con l'au gur io final e: Bci.òLsE dç
à.o-7twniµEvoç. Approvare qualcosa ch e EÌ.p1)vl)v; in 1 Mach. 7,29.33; 11 ,6; 12 ,
si ha o si s uppone di ottenere; a ques to 17; 3 M ach. 1 ,8 detto di un sol enne ri-
significato vien collegato per lo pii:1 il cevimento ; similm en te anche in Giu-
testo di Hcbr. 11 , 1.3: p.i) XO[.LLcratLEvoi. seppe (V il. 32 5 ). Nella lettera di Ari-
ste a à.c;rtci.SEO"Ùm è il saluto che gli in-
'tà.ç ÈTiayyEÀ.lw;, à.À.).à. n6ppwil'Ev a..ù-
viati ri volgono al re al loro ritorno
'tà.ç lò6v·n:ç xa.i. à.rr7ta.o-O:µn10L (sci!. la (17.3 ), il saluto che il re rivolge agli
città promessa, 11,10); ma ciò ha ana- amba sciat or i ( 179 ) e un gesto amiche-
logia p iuttosto con ìl saluto che le per- vole dcl re verso i commensali, dopo
sone si scambiano da lontano, cfr. Plat. che questi han rispo sto come si con-
Charm. 153 b: xo.l p.E wç ELOOV dcn6v- viene alle sue domande (235). citr1ttx-
crµ6ç è il saluto all'inizio di una udien-
-ra.. È!; à.npocròoxi)'tov EMùç 7t6ppwikv
za o di una seduta (246), e il segno d i
1]cr7tà.sov'to aÀ.Àoç èD.).oih:v. èwmt.crµ6ç omaggio dovuto al re all'inizio di ogni
dunque significa: a) abbraccio, amore;
giornata di lavoro ( 304 ). In Filone
per es. Plat. Leg. XI 919e: -re';> È:>tElvwv à.cr7t0:SEO"tJa.i. ricorre soltanto una vol-
µlcrEt. 't'E xa..i. à.crna..crµQ; b) saluto, visi- ta 16 : Rer. Div. Her. 44: à.ya7tT)crov ouv
ta: P. Oxy. 471 ,67, P. Fior. 296 ,57 13 • cipE'tCÌ.ç XtxL aCT1tCl..CJtxl. IJ;vxn Ti\ arnv-
't'OV xtxi. cplÀ. TJO"OV OV't'Wç xa..ì. ilxLcr'ta.
Nei LXX à.cr7tasEo-i}r.x.1. ricorre una 0ou1Jo-n -rò q>LÀ.la..ç 7ttxpri.xop.µtx (carica-
volta in Ex. 18,7, dove traduce l'ebrai- tura) 1t0l.E~V, Xtx't'O.(j)LÀE~V (dr. 40-43);
co Si/al l•sal6m = informarsi dello sta- il significato è quindi volutamente spi-
to di salute. Il passo fa l'elenco quasi ritualizzato, perciò il termine equivale
completo delle cerimonie che erano in a abbracciare (spiritualmente), accoglie-
uso, in una visita, al momento del sa- re, quasi ad affezionarsi in senso non
luto 14 : È!;ij).1tEv oÈ Mwvo-ijç dç crvvà.v- erotico. Il sostantivo CL0'1tr.x.0"µ6ç manca
't'T)CJLV 'te';> yaµf3pQ, xa.i. 7tpOO"EXVVTJCTEV in Filone.
aih<;> :xa.i. ÈcplÀ. TJCTEV mh6v' XtxL TJCT1ta-

13 ~ col. 1319; PREISIGKE, Wort. s. v.; ne letterale si ha in Iud . 18 ,15 B.: xa.ì. i)pw·
molto raro nei papiri. -rT]O"ll\I mhòv d.:; dpi)VT]\I, in S invece si ha :
14 Circa le cerimonie di saluto presso gli 'Ìja-'ltci!J'a.n:i a.ù-r6v.
Ebrei cfr . G. B. WrNER, Bibl. Realworterbuch, 16 Così secondo una informazione perso-
s.v. « Hoflichkeit »; RE 3VII 217 s.; B. W., nale di H. LEISEGANG, nel cui indice delle
s.v. « Gruss ». opere di Filone manca il vocabolo.
1s GESEN!US·BUHL, s.v. i'l. Una traduzio-
1325 (1,496) ciO"m:i~o1w.L (IL Windisch) (I,497) 1326

B. NEL NUOVO TESTAMENTO Soltanto una volta si narra (M c. 9,15)


che la folla ha porto a Gesù un rive-
1. Le norm e di Gesù per il saluto rente saluto: ~86ne:ç cx:ùi:6v È!;,e:ì}cx:µ~Tj­
ì}'l)CJav, xcx:ì. 7tpocr•pÉxovi:e:ç 1}crm.H;ovi:o
Il saluto è una cerimonia importante wh6v . Ma anche il gesto del ----;) 7tpo-
p er i Giudei; ciò risulta anche dalla crxuve:~v davanti a Gesù, menzionato

parola di Gesù che rimprov era i dot- ripe tutamente, è un segno particolar-
mente ri spettoso di àcrmxcrri6ç. Come
tori d ella legge p erché deside rnno ":oÙç
caricatura di un simile saluto deve in-
à.crmxcrp.oùç Èv -ccx:i:ç Ò.yopcx:i:ç (1\lc_ 12 , vece intendersi l'irrisione di Gesù co-
38 ; Mt.23 ,6 s. ; Lc. 20,46 ; 11 ,43) . L' es- me re de i Giudei ; cfr. Mc. 15,18 s.:
ser salutati sulla pi:JZza, come occupa- XIXL r\p!;cx:V'tO àcrTicit;Eo-ì}cx:~ cx:ù-c6v. xai:'-

re il primo posto nelle sinagoghe e nei pE , 0ixa-LÌ.EÙ 't!'.0V 'Iouocx:lwv .. . xcx:ì. 'tL-
conviti , sono cose alle guaii i rabbini Mv-m; 1:à y6vcx:'tcx: TipocrExvvouv mh0,
do ve Ò.cr7tcit;Ecrì}m equivale ad accla-
a spirano in rag io ne della loro di gnità.
mare, (----;) col.1319).
Chi saluta per strada pronuncia per
primo, all'indirizzo di colui al quale Secondo Mt. 5 ,47 l'ò.o-7tcit;e:o-ì}cx:L tra
rende omaggio , la formula salom 'iilékii: ' fratelli ' è in uso anche presso i paga-
i rabbini , desiderando di essere saluta- ni come segno naturale della comunione
ti , aspirano a ricevere il saluto per che nasce dalla parentela e dall'amici-
primi e con ciò ad essere riconosciuti zia . Comandandoci di rivolgere per via
come superiori (cfr. Alessandro e il il saluto di pace anche ai non fratelli e
sommo sacerdote, Ios., Ant. 11, 331 in particolare i nemici, Gesù vuole che
~col. 1319 n. 4 ). Quando Gesù biasi- noi li accogliamo come amici, che di-
ma i rabbini perché pretendono l'ò.crm:x.- chiariamo apertamente che per noi la
0"µ6ç viene a dire ai suoi discepoli di inimicizia non esiste. Si ricordi che
non ambire un simile onore, ma di pre- anche Johanan ben Sakkai, manifestò
venire piuttosto gli altri con il loro sa- Ja sua cortesia verso un go;
(straniero)
luto. È noto come questa norma sia mediante il saluto (b_ Ber. 17 a).
stata insegnata e seguita anche da al- La serietà che Gesù annette all'à0'1tri-
cuni rabbini, segnatamente da Johanan t;e:crì}m risulta infine dalla norma che
17
ben Sakkai .
egli dà ai suoi inviati in Mt. 10,12 s.;
Probabilmente tutti i pii giudei de- Le. 10,5 (in luogo di àcrmio-r:x.crì}e: r:x.ù-
sideravano porgere ai rabbini quel- i:l)v di Mt., Le. dice, con maggior con-
] ' àcr7tcx:cr~i6ç che essi tanto ambivano. cretezza, 1tpw'tov À.Èye:i:e: · dpi)vl) i;Q

n STRACK-BILLERBECK I 382. uis. 1,2,2: J'a0"7ta.CTµéc; dell'Ecclesia, v. anche


18Cfr. Le. 1,28 s.: I' cio-rca.o-µ6c; dell'ange- 4.2 ,2 ; 5,1: quello del pastore al letto di
lo nella casa di Maria ; Le. 1,40 s.: I' ci0"7t!X- Erma.
a-1,1.éc; di Maria nella casa di Eli sabetta ; Herm.
1327 (l,497) licr7t6.soµa.i (l-:1.. Windisch) (l,498) 1328

OLX!{.l -rotrt!{.l ). Si tratta del saluto -da da- O"l]O"iJE (senza paralleli), cioè: non in-
18
re entrando in una casa , espresso con dugiatevi, strada facendo, in oziose ce-
19
l'usuale dp-fivTJ crot • Questa pace è rimonie di saluto, non intavolate di-
pensata reali sticamente come una dyna- scorsi, ma andate spediti là dove do-
mis: se la famiglia ne è degna, cioè se vete fermarvi a lavorare (testo analogo
accoglie l'inviato come si deve (Mt.), in 2 Cor. 4,29). Queste parole conten-
allora la potenza del saluto augurale g<mo pure la proibizione di approfitta-
vien e su di essa , così come lo Spirito re riel saluto per attaccar discorso du-
26
viene sugli uomini w, come il sa ngue 21 rante il viaggio .

o la malediziorn: viene sull'uon10 per la


22 2. L' 6.<JTCa.o-p.6c, 11cl racconto religioso
sua rovina . Se invece la famiglia non
ne (.: degna , la dp-fivYJ concepita come Le. 1,29 ci presenta Maria che alle
una forza non aderisce alla casa, ma ri- parole di sa luto dell 'a ngeh) pensa T-:O-

torna agli apostoli, perché ne di spo;1 - -rcc;còc, E~r1 ò àunao-p.Òç ( = sa luto)


23
gano in altra maniera L'àO'TW.O'p.6ç è • oi:rcoç . Effettivamente quel saluto ha
quindi una potenza con cui il di scepolo Ul1 SUO tono particolare: il greco XCXLpE
diffonde la benedizione , e il suo ritiro (~ col. 1319 ), accentunto con un gio-
ha il valore di una maledizione. La po- co di parole da XEX!XPL-rwp.ÉvY), è con-
tenza dipende dalla parola e sicuramen- nesso con )'espressione biblica Ò XUpLoç
te anche da un gesto che l'accompagna 24 • µ<:-ra crov (lud. 6,12; Ruth 2,4). Que-
Il saluto degli apostoli, dotati di una sto cio"rta0'µ6ç è già un preludio dello
È!;ovO"la (Mt. 10,1) che equivale a una stupefacente annuncio che la futura
ovvap.tç, è dunque un' azione sacra- madre di Cristo sta per ricevere.
mentale 25 • Un secondo ' saluto ' di significato
Quasi in contrasto con questo valore profondo e di :.. ngolare efficacia è l' à-
attribuito al saluto, sta il divieto di Le. 0"1tacrµ6ç con il quale Maria, in Le.
10,4: µY]ÒÉva xa-rà -rl)v ò86v àcrmi- 1,40-44, saluta Elisabetta; i suoi ter-

19 STRACK-BILLERBECK I 388 s.; SCHLATTER, 24 Cfr. l'analoga cerimonia dello scotimen-


Mt. 333. to della pol vere in Mt . 10,14 par. e Aci. 18,6,
20 Mt. 3,16 ; Aet. 19,6; Le. 11,2 (Marcione). in cui il gesto sembra connesso con una paro-
21 Mt . 23,35; 27,25. la di maledizio ne. Con ciò la casa viene a
22 L. BRUN, 5egen und Flueh im Urchri- cadere sotto il giudizio.
stentum (1932) 33. Cfr. G en. 27,13; !ud. 9, 25 C. CLEMEN, Die Reste der primitiven
57; Ps. 108,17; Dan . 9,11. Religion im iiltesten Cbristentum ( 1916) 20 s.;
2J Le. scrive (10,6): se colà vi è (almeno) L. BRuN, 5egen und Flueh 33; A. MERX, Ev.
un vlòç dp1]vl]ç, cioè un uomo sul quale Mt . (1902) 116.
possa posarsi I' dpT]vl]; e subito dopo : È7ta- 26 Perciò J. WELLHAUSEN, Das Ev. Lucae
va7ta.T]crE'ta.L E1t'mhòv Ti dp-fivTJ ùµwv. Sem· (1904) 40 traduce « Non datevi a conoscere
bra che egli pensi al 7tVEÙµa., dr. Num. 11 , prima del tempo ». IJ divieto dcl XO.LpELV ÀÉ-
25 s.; Is. 11,2 ; 1 Petr. 4,14. YELV di 2 Io . 10 si spiega co n altri motivi.
1329 (l,498) à:CTTiciso~tm (II . Windisch) (l,498) 1330

mmi precisi però non ci sono riferiti. poco prima dell'imbarco, si accomiata-
28
La qiwvTi 'tou à.CJncx.CJµou di Maria fa no (<Ì.1tYj0"1tcx.crciµdcx.
à.ÀÀl)Àovç). La
sussultare anche il bimbo, Giovanni, commovente cerimonia dovette consi-
nel seno mat erno, rivelandogli la pre- stere in abbracci, baci e benedizioni.
senza della madre di Cristo. Elisabetta
Probabilmente anche qui l'Apostolo,
stessa a quel saluto si sente ripi ena di
sa lutando , pronun ciò una delle due for-
« Spirito Santo ». Anche qui nel saluto mule : xcx.i'.pEH (Le. 1, 28; 2 lo. 10:
si ha ]'effusi one di una ovvcx.1uc; divina. xo:lpnv), oppure dpi]vYj Vll~V ( ~ dp-fi-
Vì) ). le stesse che servo no come saluto
3. Il saluto dell'Apostolo all'inizio di un ser mone. In apertura
di un discorso tutta via è facile pensare
Negli Atti si sottolinea più vo ltc il che l'Apostolo avesse familiare anche
gesto dell 'apos tolo che saluta un a co- la benedizione con cui apre le sue let-
munità , sia all'arrivo (18,22; 21,7.19) tere (xcip~ç vp.~v xcx.L EÌ.p-~VY} X'tÀ..). Al
sia alla partenza (20,l; 21,6). Act.18, momento di separarsi, poi, l'ultima pa-
22 dice semplicemente à.va0ci.ç ìWL rola doveva essere ancora dpl)vYj v1.i~v,
oppure vmiyE'tE dç ELPTJVYjV: Iac. 2,
ci<rncx.CJci.µEvoç 'tTJV ÈxxÀ YjCJLCX.V, per di-
16 ecc.; dr. gli auguri di pace (alla fine
re che Paolo visita la comunità 27 • Invece della lettera) in Gal. 6,16; Eph. 6,23;
il passo di 21 ,7 , dicendo XCX.'tYjV'tl)CJcx.- 1 Petr. 5,14; 3 Io. 15.
µEv dc; rr 'toÀEµatocx. xcx.L à.CJncx.CJciµEvoL
4. L ' <Ì.e71tcx.0"µ6ç nella lettera
'toùç à.oEÀqioùç ȵElvcx.µEv f)µtpcx.v p.Ccx.v
ncx.p' cx.u'toi:°ç, pone alquanto l'accento N el N. T. cicrncisEcrfrcu si trova nella
sulla scena del saluto (nell'adunanza); gran maggioranza dei casi come formu-
anche in 21, 19 il solenne saluto agli la epistolare ( 47 volte contro 13 ). Esso
anziani riuniti al completo nella casa ricorre in quasi tutte le lettere: manca
di Giacomo fa da introduzione al rac- in Gal. (certamente perché in questo
conto. momento i rapporti dell'Apostolo con
Significativo è pure il saluto di com- la comunità son troppo tesi), in Eph .,
miato. Secondo Act. 20, 1 l' àCJncicm- 1 Tim. e, tra le lettere cattoliche, in
O"~cx.L, saluto di congedo, è la conclusio- I ac., 2 Petr., I udae, 1 I o. Se risulta dai
ne di una estrema esortazione dell'A- documenti a nostra disposizione che i
postolo ai discepoli raccolti intorno a saluti finali sono poco usati fìno al 70
lui. Secondo 21,6 i presenti, recitata in d . C. vuol dire che Paolo è il primo
ginocchio sulla spiaggia una preghiera che ha dato ad esso un valore specia-

27 È incerto se la comunità sia quella cli dr. Tob. 10,12 S; manca in PREI S IGKE, Wèirt.
Cesarea o di Gerusalemme. cfr. P1u:usc11EN-BAUER 128.
28 à:mio-11:6.CTa.cr~at è vocaholo molto raro;
1331 (l ,499 ) àcrmH'.,oµm (H. Windisch) (l,499) 1332

le 29 , servendosene ben volentieri per me tali persone sono caratterizzate: o


esprimere l'affetto che come cristiano vengono sottolineate le loro buone ope-
e come apostolo lo lega alle sue comu- re (Rom. 16) o sono loro tributati i
titoli di ' santi ' o di ' fratelli ' (Phil.
nità. Però è possibile che nell'ambien-
4 ,21; Col. 4,15; 1 Thess. 5,26). Il sa-
te in cui egli fu educato, soprattutto luto testimonia e rafforza i vincoli di
forse nei circoli giudaici, quella di in- comunion e con coloro che svolgono il
viare i saluti per lettera fosse una con- medes imo lavoro e servono lo stesso
suetudine più radicata di quanto oggi Signore , esprime cioè l'unità elci santi
si possa documentare (~ col. 1322). e dci fratelli ovunque si trovino (cfr.
1 Io. 1,3 ). c) L'invito rivolto a tutta
Il saluto può essere espresso all'im- la comunità: ci<rncicra.aih CÌÀ.À. -i)À.ovç Èv
perativo o all 'indicativo . ò:yl~ cpr,À.Tj~w:-n (1 Cor. 16 ,20; 2 Cor.
All'imperativo: a) à.cr7tcicra.rr~E (la 13,12; Rom. 16 ,16; 1 Petr 5 ,14; e an-
forma più usata): lo scrivente prega il che 1 Thess. 5, 26: à.crncicra.cri)E coÙç
destinatario o i destinatari di porgere cXOEÀ.cpoÙç 'itaV'ta.ç ÈV cpLÀ. YJp.a:n ayi'.~ ).
il suo saluto da lontano a qualche per- Si tratta di una variante di b). In que-
sona o gruppo di persone unite a lui sto caso alle parole si aggiunge il gesto
da vincoli di affetto e di stima. Rom.16, del ~ <pLÀ.TJp.a. che spontaneamente si
3 ss. (una lunga serie di persone); Col. accompagna all'abbraccio: «abbracciate-
4,15: xa.l Nvµcpa.v xa.t 't'TJV xa.'t'' otxov vi gli uni gli altri con il bacio santo ».
aù,ijç ÉxxÀ.T]crla.v; Hebr. 13,24: 7tav- (~ col. 1319 n. 2). Si può supporre
't'a.ç 't'oÙç 'i)youµÉvouç (il solo passo in che tale bacio santo fosse d'uso comu-
cui i capi delle comunità sono posti in ne nelle adunanze (Iust., Apol. I 65,2),
speciale rilievo; cfr. Ign., Sm. 12,2: ma qui i fedeli se lo devono scambiare
cia-7C&.Soµex,t, ~òv . . . È1tlO"XO'JtOV xai. ... per invito dell'Apostolo assente dopo
TCpEcr0u't"ÉpLov xat "tOÙç ... 0La.x6vouç). la lettura della lettera. Il bacio scam-
b) cicr'ltcicra.cri)E inteso come saluto a bievole dev'essere il suggello della co-
tutti i membri della comunità; Phil. 4, munione dei fedeli con l'Apostolo e tra
21: 'Jtcina. &yLov Év XpLcr't'0 'ITJaou; di loro, rinsaldata dalla docile audizio-
Col.4,15: "toùç Év Aa.oOLxlrf cioEÀ.<povç; ne della lettera ( cfr. I s. 1, 3 ). Anche
1 T hess.5 ,26: 't'OÙç ciÒEÀ.<poÙç nciv't'cx.ç; questo à.crmi~Ecri)a.L ha in sé una dyna-
Heb. 13,24: xa.t mina.ç -roùç ò:ylouç. mis santa e confina con un atto sacra-
In Ignazio questa formula non ricorre. mentale. Infine d) èla-7ta.crm rivolto
Questo saluto si limita com'è naturale nelle lettere a una persona particolare:
alle sole parole. Esso non è soltanto 2 Tim. 4,19 (semplice saluto tra amici);
espressione della familiarità e della sti- Tit. 3, 15: èJ.O"TICX.O'CX.L "tOÙç <pLÀ.OUV'ta.ç
ma di cui determinate persone godono l}µciç Év 'ltlcr't'EL (saluto agli amici nel-
da parte del mittente; basta vedere co- la fede) 31 ; 3 Io. 15: èi.crmwa.L -roùç

29 RoLLER, I.e. GER in Antike u. Christentum 1 (1930) 195s.;


30 W1NDISCH, 2 Kor. 427; R. AsnNG, Die .3 ( 1932) 79 s.
fieiligkeit im Urchrtt. (1930) 148; F.]. DoL- 31 Cfr. P. Fay. 118.
1333 (I,499) lic;Ttci1:;01LCn (I f. \Vindisch) (I,499) 1334

cplÀ.ouc; xcn' ovop.a (formula puramen- 12; Phil. 4, 22) ; 1 Petr. 5, 13 : 7i Èv


te profana). BaBvÀ.wvL crvvEXÀ.EX't''fl (ove si tratta
Le formule di saluto all'indicativo della comunit<l Ji Babilonia); 2 Io. 13
sono introdotte o da Ò:<r7tcisoµat (solo (ove per sorella si intende la comunità).
Ignazio 33 ; corrisponde all'àcrmfoao-i'h: In questo caso si suppone che la comu-
di Paolo) o da Ò:<r7tcXSE'rcx.L-rX0'7tcXSO\l't'aL. nità sia stata informata della lettera e
Il soggetto è rappresentato a) da sin- ch e abbia pregato l'Apostolo di invia-
goli cristiani presenti alla stesura della re a suo nome un saluto. d) Talvolta
lettera che inviano il loro saluto. Essi i saluti hanno un tono vcrn111entc ecu-
sono designati per nome (1Cor.16,19; menico: lCor.16,19: Ò:uTiasov't'at viuic,
Rom. 16,21-23 [qui è da notare il sa- al Èxx), 1117la.L 't'fjc, 'Ao-lac;, e più anco-
luto in prima persona - cX0"7taso~iaL ra Rom. 16,16: ... al Èxxt.'l")i7laL Tià.<rm
vµàc; Èyw - dello scriba 34 ]; Col. 4 ,10. 't'ou Xpto--rou. Nel primo ca so l'Aposto-
12.14; Phi!m . 23 s.; 2 Tim. 4,21 ), op- lo si fa interprete di tutte le comunità
pure sono ricordati in gruppo (Phil. 4, della 'provincia' dell'Asia , in Rom.16,
21: ol crùv ȵoì. Ò:ÒEÀ.qiol; Tit. 3,15: 16 di tutte le chiese cristiane. In que-
ol µn' ȵou 7taV't'Eç; 1 Cor. 16,20: ol sto caso non può aver ricevuto l'inca-
àoEÀ.cpol. 7tav't'Eç). Questi saluti voglio- rico di trasmettere i saluti, ma esprime
no far presente alla comunità dei desti- la certezza che le comunità hanno co-
natari la situazione concreta nella qua- scienza di essere legate alla comunità
le la lettera che hanno udito leggere è dei destinatari nel vincolo della fede.
stata scritta; vogliono ancora estende- In Rom. 16,16 la sensibilità ecumeni-
re la comunione che stringe l'Apostolo ca, cattolica, è così viva che si potreb-
e i lettori fino ad abbracciare i suoi be persino chiedersi se questo saluto
amici e collaboratori. Il soggetto può non sia dovuto alla redazione ' catto-
esser dato ancora da b) gruppi partico- lica ' 35 • Il medesimo spirito si rileva in
lari della chiesa, con i quali i destina- Ign., Mg. 15: xa~ al À.ov1m/. ÒÈ ÈxxÀ. ri-
tari hanno speciali rapporti di familia- O'Lat tv -.~µ fJ 'I l)<rou XpLO'-rou CÌ.<r'ltci.-
rità: Phil. 4 ,22: µci.À.t<rw. ÒÈ oì. h Kai- sov"tett vµà.c;.
cmpoç otxlac;; Heb. 13,24: oì. &:7tò -.ijç e) Una speciale formula di saluto è
'ha À. la e; ; 2 Io. 13 : 't'<Ì. -.zxva -rijc; la frase ò cio-7taO"µÒç -rfl ȵfl xupl
Ò.ÒEÀ.<pijc; O'OU (cioè i nipoti); 3 Io. 15: (IlauÀ.ou): 2 Thess. 3,17; 1 Cor.16,21;
oì. cplÀ.oL; Ign., Mg. 15: 'Ecpfotot &:7tò Col. 4,18; ciò che costituisce, secondo
!:µupvl)c;. Talvolta invia il saluto c) 2 Thess. 3,17, il <rl)µdov dell'autentici-
l' intera comunità dove l' Apostolo è tà della lettera ' in ogni lettera ' 36 ; è
ospite, la quale saluta la comunità dei il saluto steso di proprio pugno dal-
lettori: oì. aytoL 7ta\l'!Eç (2 Cor. 13, l'Apostolo secondo lo stile epistolare,

32 Testi in 329 s. ;
ZIEMANN PREUSCHEN - (Sm. 12.1; 13,2; Pol. 8,2 s.).
BA UER . 34 Cfr. P. Oxy. 1067 ,25: xciyw 'A)...ff,a.v-
33 Questo ciO'r-til:;oµcn è indirizzato o alla opoç... tlO'mil:;oµa.L vµiiç 7tOÀÀcl.
comunità (v . all'inizio di Mg ., Tr., Phild.; Tr. 35 Cfr. però le frasi egualmente ridondan-
12, Pol. 8,2) o a gruppi singoli (come in Sm . ti ed ecumeniche di 1 Thess. 1,6·8; Rom. 1,8.
13, 1; Poi. 8,2), o anche a persone singole J~ Cfr. Dos., Thess. e D1BELius , Th es.r. a.I.
1335 (I,500) cina"tÉc..i (A. Ocpkc) (I,500) 1336

ma corrisponde anche ad un suo biso- acqu1s1ta, oppure può darsi che Paolo
gno ed equivale in pratica a un àO"Tici- pensi ai saluti inviati in altre lettere
O"CX.O"frE (sci!. da parte mia) o ad CÌ.0"7tci- andate perdute ed es.pressi forse con
soµcx.L. Ma l'espressione conferisce al questa formula. Più probabile è che un
saluto dell'Apostolo una certa solenni- saluto, o una conclusione, scritto dal-
tà: egli compie la cerimonia avendo l'Apostolo di propria mano si trovasse
piena coscienza che essa per sé è im- anche in quelle lettere nelle quali non
potente . Va però notato che questo si legge la fon11ula suddetta. L' aggiun-
à0"7twrµ6ç, cioè la formula cli sa luto ta sarebbe stata ri conoscibile soltanto
citata, di fatto non ri corre in ogni let- per la di versi tà di scrittura. Cfr. Gal.
tera 3ì. Per spiegare qu es to fotto si può 6, 11 ss.; R om. 16,17-20 _11;_
pensare che l'u sanza non fosse anco ra
II. WINDISCH

t acrnùoç

1. Senza macchia, irre prrnsihilr.:, quin- 2. moralmente puro, che si trova so-
di ritualmente ineccepibile. È eletto de- lo, a quanto pare nella letteratura bi-
gli eletti destrieri bianchi di Eliogabalo blica o in que)la che ne ha subito l'in-
(Herodian. V 6,16), delle pietre (vyLEi:ç flus so 2
• Nell'A.T. solo Simmaco usa
ÀEuxoùç àO"TILÀ.ouç IG II 5, 1054 c 4
il vocabolo, in lob. 15,15 (con qual-
[Eleusi, c. 300 a. C.]); d'un p:YjÀov,
Anth. Pal. VI 252,3 [Antifilo]; Preisen- che differenza rispetto ,aJl' originale:
danz, Zaub . XIII [Lei da] 1 369 s.: frvE biq"dosàw lo' ja' amzn). Iac. 1, 27:
À( E)UXÒV CÌ.ÀÉJC"tOpcx. aO"mÀ.OV ). èfomÀov ÈCW"tÒV 'tT}PE~V chò 'tOV x6-
0"[J.OU. 2 Petr. 3,14: aO"mÀoL xcx.1. ciµW-
1 Petr.1,19 : redenti dal sangue pre-
µ71-.oL EÙpEMjvcx.L. 1 Tim. 6, 14: 'tTJV
zioso wç àµvov CÌ.µwµou xcx.L CÌ.O"TILÀou
ÈV"toÀTjv aO"mÀov "tT)pijO'IXL. Dall'uso
XpLO""tOV. L'uso metaforico del termine
del vocabolo si vede come certi termi-
non esclude l'impeccabilità di Cristo,
ni, che inizialmente avevano un valore
anzi la implica. Iddio, che è santo, ac-
cultuale, nel N.T. assumono un signi-
cetta solo ciò che è moralmente irre-
ficato religioso-morale.
prensibi)e. Quindi questo significato s1
avvicina molto al seguente, n . 2. A. 0EPKE

Essere irrequieto, senza pace, a) al- l' attivo indica il lampegg iare dello

ao"m).oc;
37 Cfr. però RoLLER 70 ss.; 78 ,505 s. (N . l Cfr. A. DIETERICH, Abraxas ( 1891) 170,
.351 s.); inoltre C. G. BRUNS, Die Unterschrif- 14 s.
Ùn in den rom. Recbtsurkunden (AAB 1876). 2 P. Grenf II 113: detto della Santa Ver-
· 38 Cfr. RoLLER 72 s.; 500 s. (N. 340 s.l. gine.
1337 (I,500) Ò:<T"t'YJP (\Xl. Fnc rs tcr) (l,501) 1338

sguardo (Hippiatrica III 3 ); 111 senso cilà profana non sembra attestato; cfr.
morale essere mal/i.do, i11c-ostante (VetL. però Aquila Is. 58, 7: &.<r-ra.-rouv-.a.c;
Val. II 37 p. 116,30: 7toÀ.uxovrnt. xa.i. = LXX ào-,tyouc; = T.M. menUzm:
à<r-ra. ·rnunEç mpi. ·rnvç yci~tovç); per senza dimora (da leggere probabilmen-
esprimere l'in stabil ità della fot:tun;1 vie- te m"rùlìm, gli errabondi).
ne usato spccialrncntc l'aggettivo O.'Tta..- In 1 Cor. 4,11, in un elenco di soffe-
-roç: Epic., J1d Men. 3, 133; Pseud. - renze fi sich e e spirituali, Paolo dice:
Plut ., Co11s t1d i lp ot! 5 ( [[ I 0_
3 s.); f o:; . xa.Ì. a0'1:0.1:0V(tEV nel senso e): 'l' sia-
Ant. 20 , 57: c6 -::·i'1c, cùx11c, ar:;·w.:r:ov. mo sc11:::.a patria' 1
• La versione a//(lia-
h) al pa:isi\'o significa l'SSi'l'l' agitato mo va,~ahondi 2
risponde bene al carat-
(Plut., Cross. 17 [I 553 b]: au1:a..-rov- tere sarcastico dell'inte ro brano, ma
o"r1v xnp.t~vt. ·rrjç fra.).cir:;o-11ç), anche sottolinea troppo l'aspetto attivo. Pos-
nello spirito (ar:;1:a.1:cç xa.i. {;::1'.cpo0oc,: siamo ricordare anche il contrasto con
Vett. Val. II 2 p 57 ,6). c) vagare sc11- ÈvéìY]l.l'fi<rw, 7tpoç "t'OV xvptov (2 Cor.
za pace, con l'accento posto sull'aspet- 5, 8) ;.
to attivo o su quello pas sivo . Nella gre - A. 0EPKE

àcn-fip, iùrcpov

à<r-r-f}p designa quasi sempre la stel- eco dell'opinione dei filosofi, in Op.
la, mentre a<r-rpov puèJ indicare anche .M und. 7 3: OV"t'OL (ot &.<r-rÉpe:ç) yàp s06.
la costellazione 1•
"t'E dva.t À.É)'OV"t'a.L XrJ.L sQa. VOEpa,
Per gli antichi tutti gli astri sono es- µà.U.ov OÈ vouc; a.ù-ròc; Ex<XO""t'OC,, oÀ.oc;
seri viventi. Pertanto nella concezione ot' oÀ.wv 0'7touoa.i:oc; xa.L 7ta.v-ròc; rivrnl-
greca essi sono divinità a causa della oe:x-roç xa.xou 2 • Plat., Ap. 26 d: ovoÈ
loro struttura più spirituale che mate- 'ilÀ.tOV OÙOÈ O'EÀ.YJVY}V èJ.pa. vop.lsw l'}e:oùc;
riale. È caratteristico il detto di Filone, dva.t., 4)<rm:p ot èJ.À.À.ot rivilpw7tot; 3 per

Ò:'.Y'HL"t'ÉW ci.i:r"t'TJP si vuol designare una figura zodiacale:


I Theophyl.: D.auvé!LEVa, qm'.iyoµEv. OE~ yww<rlm(v) o"t't. 'twv xafr'~v(a) xmpwv [v
2 FIELD, dr. MouLT. -M11.1.. 1tpoç EV 1'.,!{iocov f3acnÀ.EVE~ ... oùx opµafrLxwç
3 Cfr. É0a.o-LÌ.Eu<ra-:E, \'. 8; }011. WEiss oÈ xaL xvxÀ.Lxwç Ti f3a.<rLÀ.Ela xuxÀ.oL 't'WV
1 Kor. e SrcKENBERGFR, f.:.or. 22. aÙ"t'W'J, ò:D.à. xa"t'à. ot.ain oÀ.i)v 't'LVa 0aa-
~iwv rÙÀ.oç Ò:<TTYJP iJ.ÀÀ.O"t'E f3acnÀEVEL.
tii:r"t'-fip 2 Altre notizie in E. PFEIFFER, Studien
1 V. la documentazione in f. BoLL, Aus d. zum antiken Sternglauben (1916).
Offcnh [oh. (1914) 99 A. 1; In: ZNW 18 3 JI seguito, con Socrate che allude ac\
(1917 / 18 )4 1 ss.; O. GERllARIJT, Dcr Stern d. Anass<1gora, impone una restrizione alla pre·
Mc 11ias( l922)79s. Se intrndo bene il conte· sunta universalità della suddetta opinione.
sto, nel Catai. Cod. Astr. C1"{('C. III 30 con
1339 (l,501) ào--ci)p (W. Foerster) (l,502) 1340

l'A.T. e per il giudaismo rabbinico tar- muove nell'ambito delle idee dell'A.T.
divo gli astri sono invece destinatari In contesti apocalittici si parla anche
ed esecutori dei comandi divini e an- di caduta di astri dal cielo : Mc. 13,25
nunciatori della gloria di Dio: Is. 40, par. e Apoc. 6,13 (dr. Is. 34,4). Il pas-
26; 45,12; Ps. 19,2.6s.; 148,3; Ecclus. so di Apoc. 8,12 parla dell'oscuramento
(greco) 43,9 s.; Bar. 3,34s.; ep. Ier.59; di una parte degli astri, così come nu-
Hen . aeth. 18,13ss.; 21 ,lss.; 41,5; 86, merosi altri testi della Bibbia e del giu-
1 ss.; 4 Esdr. 6,3; Gen . r. 6 ad 1,1 4 4 • daismo tard ivo 6 • Apoc. 12 ,4 si richia-
Ciò che ubbidisce al comando di Dio, ma a Dan. 8,10. Apoc. 8,10 sembra una
sia pure il mondo degli atomi, non è metafora intesa ad acce nnare solo alla
inanimato 5 . È quanto gli apocrifi han- gravità e all'origine della sciagura; in
no messo in evidenza escogitando an- Apoc. 9 ,1 in analoga metafora la stes-
che l'idea degli angeli che presiedono sa indica un essere animato, un angelo,
al corso degli astri: Hen . aeth. 72,3; forse un angelo decaduto 7 . Nei sette
75 ,3; 80,1.6; Hen . sl. 19,5; Test. Ad. astri ricordati in Apoc.l,16.20; 2,1; 3,
4,10. Nel N .T. in 1Cor.15,40 s. l'uso 1 si possono riconoscere o i sette piane-
del termine crwµa applicato agli astri ti che secondo una credenza astrologica
in analogia con i crwµct."t"<X terrestri e reggono il dcstino 8 , oppure l 'Orsa Mag-
animati e il contesto del passo ( 1tolcp giore o Minore, considerata come si-
OÈ crwµa"t"~ fpxonm oL vExpol) indu- gnora del mondo 9 • Non si dimentichi
cono a pensare che anche Paolo con- tuttavia che in Filone 10 , in Giuseppe 11
cepisca gli astri come sQa. Dato poi e nei rabbini 12 i sette candelabri equi-
che fino al v. 41 compreso si leggono valgono a sette stelle; quindi può dar-
delle metafore illustranti la risurrezio- si che anche l'Apocalisse continui la
ne dei corpi umani, se ne deve conclu- stessa metafora del candelabro e così le
dere che l'Apostolo non sta presentan- immagini per gli èiyyEÀ.oL (~col. 230)
do le stelle come esseri di natura fìsico- e per le ÈxxÀ. l]crlaL sarebbero stret-
spirituale più vicina a Dio, ma che si tamente connesse. La corona di dodici

8 Sen., Dia!. VI 18,.3 in PAULY-W. II 1813.


4 La luna ha trasgredito il comando di Dio 9 Suet. Aug. 80; PAULY-W. II 1821;
ed è penetrata nell'orbita del sole, perciò è inoltre l'opera di Bolos di Mendes menzio-
stata rimpicciolita. nata in PAULY-W. II 1815; H . CoHEN, Descr.
5 Le ' leggi di natura ' entro le quali il co- H ist. des Monn aies frappées sous /'empire
mando di Dio appare all'occhio umano, na- Romain2 (1880 ss.): Adriano 507, Commodo
scondono e manifestano al tempo stesso que- 245.714; LoHMF.YER, Apok. 1,16.
sto dato di fatto . 10 R ev. Div. H er. 221.
6 Is. 13,10; Ez. 32,7; Ioel 2,10; 4,15; Ass. 11 Beli. 5,217; Ant. 3,146.
Mos. 10,5; STRACK-BILLERBECK IV 977 ss. 12 STRACK-BILLERBECK III 717.
7 Cfr. Hen. Aeth. 86,1.
1341 (1,502) cia..tr'Jp (W. focrst er) ( I,502) 1342

stelle (Apoc. 12,1) sembra richiamare ture . Il difficile te sto di tjJ 109,3 è stato
ancora l'immagine dello zodiaco; essa tradotto dai LXX con npò ÉvJacp6pov
stessa però viene applicata alle dodici É1;q·ÉvvT)irci O"E = Vg: ante lu ci/erurn
13 che S. Agostino interpreta ante om-
tribt1 •
nem creaturam (Serm. 119,14 p . 260
Mai) 17 . Quindi l'espressione di Apoc.
È difficile dire che cosa evochi l'ac- 22,16 potr ebbe essere l'equivalente di
cenno alla stella del mattino in Apoc. rXPX1Ì 1tairT)c, x-rlo-EvJC, . Solo uno studio
2 ,28: xa.Ì, or00"rJ.J m'rrr~ -ròv &.o--rÉpa. -ròv sistematico del li ngw1ggio metaforico
1tpt0.t>.16v e in 22, 16: Èyw drtL . .. ò dell'Apocali sse pu(i portarci a qualche
o
CÌ.o-Ti}p ò J.a.f t TipÒc, 1tpwt:v6::;. risultato pili sic uro.
11 Lohrneyer 14 sostiene l'acostamen-
to stella del mattino-Spirito Santo; il H.iguardo a.Ila stell a dei Magi esistono
Boll 15 spiegando il primo dei due pas- le prove ch e seco ndo un 'a ntic1 credenza
si scrive: « Egli avrà come servitore certi avvenimc:nti speciali , comprl:sa la
il più forte angelo che presieda agli na sci ta di grandi principi, sono a~mun­
astri »; jo Schlatter 16 vi ravvisa una ciati da particolari apparizioni n :I cie-
immagine corrente che indica l'inizio lo 18• Perciò il tardo giudaismo richià-
del tempo della salvezza . Anche nei pa- mando si a N um. 24,17 ha preso come
piri magici risulta che Ja stella del mat- simbolo delle sue speranze messianiche
tino ha un significato particolare: òpxl- una stella 19 • Ma con ciò non si è an-
sw O"E ikòv q>cùirq>6pov, &.06.1,1.a.ir-rov, 'trX cora detto che cosa i Magi abbiano vi-
ÈV xa.po(q. 1taO"T)C, SWlJC, ÈmO"'taµEVOV sto , né quale fos se l' interpretazione
(Prcisendanz, Zaub . IV, .3045/7). C'è astrologica da essi data al segno. Se-
però da tener presente un'antica tradi- condo O . Gerhardt 20 si tratterebbe di
zione che afferma essere stata la stella Saturno , la stella dei Giudei, in una
del mattino fatta prima di tutte le crea- particolare posizione.
\Y/.FOERSTER

n Così anche BoussET, Apok. a.l. e Bou., Sev. 13 ,1 s. (in Script. Flist. Aug.). Inoltre
Aur d. O/jenb. ]oh. 99 ss. Sehol. in Vergil. Bue. IX 47: astrum, id est
14 Apok. a.l. imperare eoepit.
15 O .e. 47 s. 19 La stella menzionata in Num. 24,17 in-
16 Das A.T. in d. joh. Apk. (1910) 51 s.; tesa in senso messianico: pass i rabbinici in
anche CHARLES I 77; dr. Rmrn a.l. STRAC:K-BILI.ERBECK I, 13 c, 76 s. Le monete
17 Similmente ibid. 174,1 p. 391 e Prosp., di Simone, che risalgono alla rivolta del 132
in Ps . 109,3 (dr. F. BLATT., Die lat. Bear- d.C. , riproducevano una stella. Per il tempo
beitungen d. A et. Andr. et Mtth. apud An- successivo vedi H . W. BEYER e H. LIETZ·
'·hropophagos, Beih. zur ZNW 12 (1930121). MANN , Die jud. Katakombe dcr Villa Torlo-
IX I Jerodian ., Hist. I 14,1; Plin., Hist. nia (1930) 24; dr. Damase. 7.18 s. Cfr. però
Nat. Il 28. Riguardo alla stelJa apparsa alla anche K. H. RENGSTORF, ZNW 31 (1932)
nascita di Mitridate: Iust., Epit. XXXVII 2, 37 ss. 42.
1 s. ; p<." r Augusto: Suet., Aug. 94,5; Dio. C. .io D . St em d. Messias (1922).
XLV 1,3; per Aless. Severo: Lamprid., Alex.
1343 (l,503) àO"cpaÀ.rni (K. L. Schmidt) ( I , 50 3) 1344

t 6.cr-rpcrnl]

Lampo e anche raggio (Le. 11,36) 1 • fanie dell'A .T. 5• Negli ultimi tre passi
Nel N .T. il vocabolo è usato come ter- l'immagine delle stelle è un richiamo
mine di paragone. Mt . 28,3 2 : l'aspetto alle piaghe d 'Egitto. I fenomeni ricor-
dell'angelo di Pasqua. In Le. 10, 18: dati in questi ultimi passi (lampo, tuo-
È17Et.0povv 'tÒV O"CJ.'tCJ.VaV wc; cXG'tpCl.TCTJV no , voci, grandine e terremoti) sono
Èx -.ov oùpa..vov nErr6v-ra, illustra la di sposti in progressione al termin e del-
istantaneità dell 'agire divino 3 ; Mt . 24 , le tre serie settenarie di piaghe e sem-
27 par.: <:;_,0"1tEp yàp YJ acr'tpCX.ìtlJ ~i;tp­ brano suggerire che dietro queste pia-
XE'tCH Ù7tÒ àva-ro)_wv xat cpalvE-raL ghe agisce il Signore della natura, che
Ewc; ovcrp.wv, oi.hwc; fo-rm ii 7tapovcrla.. in esse rivela all 'umanità il suo domi-
'tOV vtov 'tOV 6.vìJpwrcov, mostra il ca- nio e la sua severità. È per questo che
rattere visibile 4 e forse anche istan- simili fenomeni sono ricordati anche
taneo della venuta del Figlio dell'uomo. in 4,.5, mentre mancano quando si ha
Nel linguaggio figurato dell'Apoca- il giudizio definitivo di Dio (20,11 ss.;
lisse (4,.5; 8,5; 11,19; 16,18) la men- dr. 19 ,11 ss .).
zione del fulmine si ricollega alle teo- W. FoERSTF.R

ricr'tpov ~ ci:O"'t'l'jp
ci:O"Ùvnoç ~ O"uvl TJ~lL

cXO"cpaÀEW, acrcpaÀ l)c;


àrrcpa.Àwc;, arrcpaÀlsw

Tutti e quattro i vocaboli 1 sono fre- Le. 1,4: Mywv -ri)v àcrcp6.Àrnxv =
quenti nella grecità antica e recente e attendibilità delle parole, degli insegna-
significano stabilità, sicurezza; stabìle, menti; l'espressione ricorda Xenoph.
sicuro; serbare, assicurare. Essi ricorro- Mem. IV 6,15: à.rrcp6.Àwx. Àoyov 2 • Ad
no pure nei LXX e nel N.T. essa fa eco Act. 25,26: à.rrcpaÀÉç ·n

ciO"-rprrn'l'j BrLLERBECK I 954 N. 2ì; Tanh . bh'lwtk 7,


I Aesch., fr. 386. 48 (ScHLATTER, Mt . a.l. ): il lampo rischiara
2 Cfr. Dan. 10,6. la terra.
3 F. SPITTA: ZNW 9 (1908) 160 ss. inter- 5 Specialmente Ex. 19,16 ss.; cfr. Iud. 5,4

preta questo passo come detto di una discesa s.; 2 Sam. 22,8 ss .; Ez. 1,13; Abac. 3,3 ss.; Ps.
di Satana per combattere contro il regno di 18,8ss .; 77,17ss .; 97 ,2ss.
Dio; come il par. Apoc. 12,9 esso si riferireb-
be al futuro. Ma probabilmente le due affer- cicrcpaÀ.rnx x't À.
mazioni non sono esatte. 1 Radice O"cpa;À. con <i privativo.
4 Ps.77 ,19; 97,4; Lev. r.31 in 24,1 (STRAK- 2 ci:O"cpt±À.rnx ricorre anche come termine
1345 (I,504) èi.crw-co:; ( \Y/. Foerster) (I ,504) 1346

ypci\jJcx.L, e anche Act. 21, 34; 22, 30: Thess. 5,3 usa à.crqici.ÀELCX. accanto a d-
yvwvcx.L "t"Ò àcrqiaÀÉ<; = riconoscere la p'iJvri nel senso di sicurezza, a cui non
verità. Act. 2,36: àcrqicx.Àwc; ywwcrxÉ"t"w possono abbandonarsi su questa terra
mxc; otxoc; 'fopa'i]À si riferisce a un gli uomini che tengono lo sguardo ri-
riconoscere stabile e sicuro, verace. 1 volto alle cose ultime 3•

KARL Loowrc Sc111v1IDT

Sono termini che conservano un si- Jefinizioni e confronti; Plat. ,Resp.VIII


gnificato sostanzialmente inalterato dal - 560 e; Aristot., Eth. Nic. II7 p. 1107 b 8
l'epoca classica fino a quella bizantina. ss.: 'TtEpÌ. OÈ o6ow XPYJp.chv.JV xa.ì. )..fj\jJL \)
Arist ., Eth . N ic. IV l p 1119 b 31 ss.: [lEO"O'tYJ<; µÈv ÈÀ.E1JiJEpLO't'Y)ç, unEpBoÀ Ti
·rnùc; yàp àxpcx.-rEl:c; xa.ì. dc; à.xoÀet.crlcx.v ÒÈ Xll.Ì. EÀÀEL\jJLc; à.crw-rla. xa.ì. civE),t:u-
oa7ta.vì)poùc; àcrw-rouc; xa.ÀovµEv. oLÒ lJEplll.; Plut., Adulat.19 (II 60d), Inim .
xcx.ì. q>Cl.UÀO"t"Cl."t"OL ÒOXOVCTLV EtvaL . 'JtOÀ- Util. 5 (II 88 s.): in ambedue i casi si
Ààç yàp &µa xaxlac; EXOIJCTL\I, où oi) stabilisce un confronto tra aO'W'tOç e
otxdwc; 'TtpOCTCl."(OpEVO\l'tcx.L . ~ovÀE'tCl.L à.vt:ÀEviìEpoc;; Plut., Pelop. 3,2 (I 279
ycX.p cfow-roc; Etvcx.L ò EV 'tL Xll.xÒv i:xwv, b), Galb. 16,3 (I 1060 b: à.O'W'tlcx./ µL-
"t"Ò qiiJdpn v 't'IÌV oùcrlav· èicrw'to<; yàp ò xpoÀoyla.). Lo stesso si nota pure ael-
1
ÒL Cl.l'.i"t°Òv à.7toÀÀVµEvoc;, OOXEi: o'à.'Jtw- la raccolta di storie di èicrw'toL (Athen.
Àna 'tLc; au'tov dvll.L xcx.ì. ii 'ti)<; oùafac; IV 59 ss.).
q>iJopci, wc; 'tOV ~i)v OLà "t"OV'tW\J O\J'tO<;. I vocaboli hanno anche significati
Il significato primitivo è a) inguaribile: derivati e particolari, sia perché, come
à.crw'tw<; EXELV, essere senza speranza afferma Aristotele ( v. sopra), con una
di guarigione. Aristot., Probi. 33,9 p. inguaribile prodigalità vanno congiun-
962 b 5; Plut., Quaest. nat. 26 (II 918 ti altri vizi, sia perché il significato ori-
d) 1• èicrw'toc; è detto ancora b) uno che ginario di inguaribile si è esteso 2 • Pe-
va in rovina per il suo tenore di vita, rò il termine richiama sempre l'idea di
specialmente perché sperpera, scialac- qualcosa di straordinario e di nocivo.
quatore; àcrw'tla è la prodigalità smo- Quindi c) acrw-.oc; designa il crapulone,
data e scriteriata. Questo senso è il più àcrw'tla la crapula. Dio C. LXXV 15,
ovvio, tanto che è l'unico che si trova in 7; àcrW'tO't<1..'tO<; 'tE civì7pw7tWV "(EVOµE-

giuridico nel senso di sicurezza. Epict., Disr. èi.a-w-coc;, àcrw-cla


II 13,7 e Pap. KLOSTERMANN, Lk. e ZAHr-< , Lk. 1.5 ,13.
3 MEYER in Ursprung I 10 traduce à:crcpci- ICfr. ancora Cyr., Hom. XIV (MPG) 77,
Àmx (Lc.1,4) con piena certezza di fede: 1073): cicrw-cortocr[ac; oi'.vou = bere vino senza
l'espressione è forse un po' enfatica, ma misura e con grave danno.
~ s atta . 2 Questa provenienza è già dimenticata in
Cl. Al., Paed. II 1,7,5: èi.crw'toç sarebbe una
allusione arcana ad aO'WO'-CO<;.
1347 (l,504) aO"W'tO<; (W . Foerster) (l,504) 1348

"lloc;, WO"'tE xaì. e:ùwxe:i:cri7aL &µa xai Le. 15,13 l'espressione swv à.crwi:wç
ȵEi:v. Testi simili si hanno anche ne- detta del figliol prodigo, significa vi-
gli apoftegmi di Plutarco (Cato maior 1 vendo nei bagordi e non dice nulla di
[II 198 d]) e ancora in Dio C. LXV
più di quanto è detto, sempre in forma
20, 3. Il vocabolo designa ancora d)
colui che vive sontuosamente, oppure generica, nel v. 30, ma descrive solo la
la vita sontuosa: Plut., Eumen.13,5 (1 vita spensierat<l e spendereccia in con-
591 c): 'toùc; oÈ MaxEÒovac; xoÀaxEu- trasto con l'imminente carestia. Nel
ov·Hc; ÈxxExvµivwc; xaì, xa-ca.xopriyouv- N.T. à.O"w-cla ricorre tre volte: Eph . 5,
'tEc; dc; ÒEL1tVCX xaÌ. i1ucrlac; o\lyou XPO- 18: µn µEMO"XEO"itE otv4J, ÈV <p Ècrnv
\IOV -cÒ O"'tpet. 'tO'TtEÒOV cLO"W'tLac; 7tCXVl))'V-
<icrw-rla; Tit . 1,6: (parlan<lo del vesco-
PLSOUO"l)ç xcnaywyLov È1tOLl)O"CXV. Si ve-
vo) -rtxva EXWV mcr-cci., ~tiÌ Èv xa-rriyo-
da pure Philo, Spec. Leg. IV 91. Infine
è c'icrw-coc; e) colui che conduce una vita pl,q. à.crwi:lac; f) à.vv7t6-rax-ra; 1 Petr.4,
sregolata e à.crw-cla è la vita sregolata, 4: çEVLSOV"'t"!XL p:JÌ O'VV"'t"PEXOV'tWV up.wv
disordinata, dissoluta. Circolare in vesti dc; TJÌv aù-ri]v -rl)ç <io-w-rla.c; à.vci.xvcrw.
femminili e partecipare sempre a cortei In tutti questi passi il vocabolo non
allegri, per Plutarco (Vit. Dee. Orat.8,59 indica affatto una vita spendereccia e
[II 84 7 e]) equivale a à.crw-cwc; ~Lw­
lussuosa, ma una vita disordinata e
vm. Polibio poi parla di 'Iaxn (da leg-
gere probabilmente i.axxtxl)) xat 'tEX- dissoluta. Probabilmente i Greci per
\IL'tLX'lÌ à.crw-rla (XXXII 11,10). Anco- indicare la condotta a cui si riferiscono
ra Plutarco (Adula!. 11 [II 55 e]) usa i passi del N.T. non si sarebbero ser-
èio-w-roc; accanto a èii:a.x-roc;, e Diane viti di ricrw-rla", perché per essi questo
Cassio LXVII 6 ,3 accanto a à.crù y1)c;, termine designa solo quanto nella vita
mentre Polibio XL 12, 7 ha à.crw-rla vi- d'una persona si stacca dalla media per
cino a p~iJvµla e Ateneo (IV 60, p.
prodigalità, sontuosità o sregolatezza .
.374,14 s. Kaibel) vicino a xtvatola 3 •
Nell'A.T. èicrw-roc; si ha solo in Prov. Si veda per es. P. Flo . 99,6 ss. (sec.
7,11. In Prov. 28,7; 2 Mach. 6,4 si ha I/II d. C.), dove lo sperpero dell'in-
'
ao-wi:La.' tero patrimonio si rende col verbo
Conforme all'uso comune greco, in <icrw'tEUEcri}a:L 4 •

W.FOERSTER

3 Va notato che èiaw'to<; non significa 'im- 4 'End ò vtòç i)µwv Kri.a'twp µd}'hépwv
morale' in senso stretto. In Test. XII A 5,1 (la lezione congetturale È't<XLpwv, ZAHN, Lk.
solo un manoscritto ha Év •<i; y6.µ~ li à.aw- 15,13, sembra superflua) cicrw'tEVO~tEvoç Écmcx-
'tla., gli altri leggono o à.xpcxo-lcx oppure \ILCTE ,&, cxù-i:ov -n:O.v'tcx.
?i·mwlcx.
1349 (l,505) aùyciçw (G. Kittel) (l,505) 1350

t &.7tmiya.crµa.
[ a.ùy1): splendore, in senso metafo- a) irradiazione: LXX Sap. 7,26 {sino-
rico in Filone ( Praem. Poen. 25: olc; nimo chéppota.); Philo, Spec. Leg. IV
8.v o ih:òc; rxùyTjv ÈmÀaµ~n "tijc; riÀ T)- 123; Op_ Mund_ 146: Tatian. 15,10.
i1da.c;). Nel N.T. solo in Act. 20, 11: b) riverbero: Plut., Fac. Lun. 21 (II
aurora.] 934 d) (cbmuycwµ6c;); ritratto: Philo,
a.ùycisw: a) risplendere: LXX Lev. Plant_ 50 (sinonimo di Etxwv); rifles-
13,24 ss. 38 s.; 14,56 (rxùyci.~,OV"t!'X SO· so: Act_ Thom. 6,35.
no le macchie bianche della lebbra);
Preisendanz, Zaub. III (Mimaut) 143; Vocabolo della grecità tardiva; nei
IV(Gr.Paris.) 2558; si ha inoltre otrxu- LXX per esprimere il rapporto della
ycX.t;w in 2 Petr_ 1,19. b) illuminare:
sapienza con la luce eterna [a)] in Fi-
Philo, Fug. 136, Ios. 68. c) vedere:
ali' attivo Soph., Phil. 217 s., e altri lone quello del mondo [b)] e dell'uo-
poeti; Philo, Vit. Mos. II 139; al me- mo [a)] con Dio, come pure quello
dio: Philo, Migr. Abr: 189, ecc. dello spirito umano con il Logos divi-
no [a)]. Di Cristo in Hebr. 1,3 è det-
2Cor. 4,4: o ikòc; "t'OV rxtwvoc; "t'OV- to: oc; wv Ò:1ta.vyrxa-µcx. "t'ijç òo!;T)c; xa.i
"t'ou hvq>ÀWO"Ev "t'à. vo1)µrx"t'a. "t'Wv &.7tl- xa.pa.x-.'Ì}p "t'Tjc; u7tocr"t'ctcrEwc; a.ù"t'ov.
O""twv dc; "tÒ µ'Ì} a.ÙyctO"a.t "t'Òv q>W"t'tcrµòv L'uso linguistico e il contesto rendo-
'tOV EÙa.yyEÀlou "t'Tjç oé;T)c;. Non si no possibili ambedue i significati; ma
tratta del significato b); è incerto se si l'unanime esegesi patristica suggerisce
tratti di a) o di c) e non può decidersi di intendere: Cristo, irradiazione della
nemmeno in base all'uso linguistico. o6ça divina, come il raggio solare è ir-
Le antiche traduzioni, eccetto la sahidi- radiazione del sole e la luce è irradia-
ca e la bohairica, come pure le varianti, zione della luce.
presuppongono il significato a) (che non
risplenda); invece il parallelo di 3,13 Greg. Nyss. Apoll. II 47 ss.: WCT1tEP
suggerisce piuttosto il significato e) 1tpÒç -.òv i]À.wv rix-.ì.c; xa.ì. 7tpÒç "t'Òv
(che essi non vedano). Àvxvov "t'Ò &.7trxuyrxséµEvov <pwc;. Chrys.
Hom. in Hebr. 2,2 (MPG 63,22): <pwc;
Èx qiw"t6ç.
G. KITTEL

aùy<i.sw
WrNDISCH, 2 Kor. 136 N. 4.
~REMER-KOGEL 181. F. J. DoLGER, Sonne und Sonnenstrahl als
NiiGELI 25 s. Gleichnis in der Logostheologie des Alter-
1 CD : xa'to:uy<i.irr.u, A Marcion: IÌLauy<i-
tums; Antike und Chrtt. 1 (1929) 269ss.
ircn, Marcion, Orig. vulg. syr. ree. + CJ.Ù'to~ç.
1351 (l,506) avMoTJc, (0. Bauernfcind) (I,506) 1352

a) pieno di sé, presuntuoso: Aristot., co.n ci.vM:o"f)ç (come fa Teodozione).


Eth. Af. I 28 p. 1192 b 30 ss.; Ios., Sempre i LXX in Prov. 21,24 con a.ù-
Bell.2,356; 4,96. Cfr. il sostantivo cor- iM;o"f)ç traducono jiih'ir. Con l'aggettivo
rispondente a.ùMornx ( ixvi}ixolrx) in I s. ci.uM:ol)c; e con i sostantivi corrispon-
24,8. Il T.M. ha: hadal se'on 'allizim; denti i LXX qualificano negativamente
i LXX, rendendo due volte il sostantivo un atteggiamento egocentrico , destina-
se'011, traducono: TtÉTCIXU't<XL rxiji}a.OLIX to a sfociare in arroganza ; questo uso
xa.t TIÀo\i•oc; à.cn0i;:Jv. In Ahac.3,14 una è loro caratteristico e inlluisce anche
variante dell'Esapla legge (senza fonda- sulle altre ver sioni dell'A.T. (Bcrtram)
mento nel T.M.) 'toÙc; rtrnoLM'trxç È'TtL
Nel N.T. aùMo"f)ç ricorre in due
"TI aùi}aoElq. a.ù'twv 1•
b) arbitrario, avv entato: Preisigke, passi, nei quali si parla del capriccio
Sammelbuch 4284; Ios. Ant. 1, 189; umano che si ribella al precetto divino.
4, 236; 16, 399; Philo, Rer. Div. Her. In entrambi quelli che corrono questo
21: i}pacnhY}ç µèv yàp a.v1M:oouç, rischio o ad esso soccombono sono dei
cpO..ou oÈ i}a.ppa.ÀEO"tY}ç OLXELOV. Aù- capi religiosi. T it. 1, 7: O€i: yàp 'tÒV
?Jciorn~ in Eschilo (Prom. 1034) è
f.rtlcrxorto\I àvtyxÀ"f)'tO\I Et\let.L ... µl} ci.ù-
opposto a Eu0ouÀlrL, in Elio Aristide
M.011, µ1) opyLÀO\I, µ'lÌ 7t6:poLVOV. Gli
(Or. 45 [II 80,15 Dindorf]) a cpp6vn-
u o
cnç. In Ecc!. 9, 3 a 11 ci EL a. traduce aggettivi coordinati con ci.ùM.oT}ç sug-
h6lelot, pazzia. e) brontolone, di idee geriscono il senso b). In 2 Petr. 2,10
rigide: Theophr., Char. 15: chi è a.Mci- gli eretici che di nulla hanno paura son
ol)ç finisce con l'abbandonare la pre- detti ci.ù?Jcionç, temerari, privi di ri-
ghiera OELVÒç oè xa.t 't'oi:ç frEoi:ç µi) È7tEU- guardi [d)].
XEcrfrm•. Plat.,Resp. IX590a: a.ùfrciomi..
d) indiscreto, sfacciato: Aesch., Prom. Cfr. Did. 3,6: le bestemmie dell'au-
64; Ditt., Syll. 3 1243,25. I LXX Gen.49, frci.òl)ç. Nelle similitudini di Erma l'et.ù-
3. 7 con rx.Mciol)ç traducono l'ebraico'az; frciol)ç non si adatta all'oscurità dei mi-
in Gen . 49,3 il senso resta cosl capo- steri divini (5,4,2; 5,5,1; 9,22,1).
volto e crxÀl)poç è usato in parallelismo
O. BAUERNFEIND

mi-tci.pxEta, a.v"tci.pxTJc, ~ col. 1243


flV"tOXO."taXpt"tOC, ~ XPL\IW
av"t61t"tT]C, ~ Òpaw
cirpfrapcrla, cl.cpfrap"toc, ~ cplMpw

avMlìTJc, hrggb. v. d . Phil. G es. Leipzig (1897) 116-119.


A. G1ESECKE, m : Th eophrarts Charaktere, 1 FIELD a.i.
1353 (I,506) à.cplT)µ~ (R. Bultmann) (l,506) 1354

A. L ' uso LI NG UISTICO GRECO mosth. 24, 45 s.: ocpÀ:r1µanc; e '"t'WV


ocpÀl)µchwv ). Questo si riscontra an-
ciqHÉVCH, mandare, in greco ricorre che nelle iscrizioni e nei papiri, dove
frequ entemente già in epoca remota e per es. significa grazia. P. Greci e La-
presenta tutt e le sfumature: da lancia- tini 392,6 (sec. III a. C.): 'tOU BClrrt.À.É-
2
re (per es. fr ecce), scagliare, a liberare, wç Èm ypci\jJClV't'O<; 'tTJV éi.cpEO"L\I •

sciogliere, lasciare, permettere; è usato 1tClpll)µL =lasciar cadere, lasciar pas-


in se nso stret to e in senso lato, con sare, lasciar correre, in senso proprio o
l'oggetto di case e di persone, così che traslato . Anche questo verbo ha varie
il suo uso coi ncide in parte sia con sfumature di significato. Nel senso di
quello di (--+ èi.v<:(nc; ) sia con quello di lasciare, allentare equivale a àvl11µt;
1tClpLl)JtL. D.1 notare è l'uso giuridico cfr. specialmente 1ta.pnµÉvoç, spossato,
largame nte testimoniato anche nei pa- snervato, fia cco. Questo significato si
piri 1 : ciqHÉV<XL 'tLVrX, togliere uno da incontra frequentemente nei LXX , dove
una posizione giuridica, da una cari- 1tapd}ijvClL e ( Èx )À.ui}T}va.L non di rado
ca, dal matrimonio, dal carcere, dalla sono paralleli (cfr. Polyb. I 58,9: 'tTJV
colpa o dal castigo (mai però in semo 'E ouva.µLV 1tCXpEÀ1ÀOV'O xat 1t<X.pELV-
religioso). Nel senso di assolvere esso 'tO ). Sempre nei LXX il soggetto di 1ta.-
vuole l'ace. della persona e il gen. del- pEi}T}va.L spesso è xEi:pEç; per es. 2 BaO".
la cosa: Plat ., Leg. IX 869 a: 'tov opa- 4,1: Ier. 4,31; Ecclus.2,12 s.; 25,23; si
O"a.vw.. cp6vov; Plut. , Alex. 13 (I 671b): veda anche Hebr . 12,12, dove è citato
1taO"l)ç at'tlClç; P. Tebt. 5,2 (sec. II a. Is. 35,3 (LXX: cXVEtµ- !). Cfr. 1 Clem.
C.): miv'taç à.yvol)µ<i.'"t'wv ciµap-.11µ.ci- 34,1.4. Lo stesso vale per Ios ., Ant.
'tWV ecc. Nel senso di condurre vuole 13,343. Nel senso di lasciare, permet-
l'ace. della cosa e il dativo della perso- tere 3 equivale ad aq>LZVClL (Ex. 14,12:
na (Hdt. VI 30: a.1hQ '"t'-i)v a.l'"t'll)v; 1tcipEç, mentre altrove si ha acpEç); Jo
Hdt. VIII 140: ùµt:v '"t'<Ìç &:µap-caoaç, stesso si dica per il ·significato di trala-
dr. Demosth. 59 ,30; Polyb. XXI 24, sciare, trascurare, rinunciare (4 Mach.
8 ). Il sostantivo acpEO"Lç, più raro, pre- 5 ,29; opxovç; analogamente àcptlvm. di
senta lo stesso uso. Esso pure frequen- Mc. 7,8; Ios., Ant. 4,130; in Le. 11,42
temente ha il senso giuridico di licen- 1ta.ptlvat corrisponde ad cicpLtvaL di Mt.
ziamento, proscioglimento da un ufficio, 23 ,23 ). Il senso giuridico di condonare
dal matrimonio, dal carcere, ecc.; di non è cosl chiaro come nel verbo cicpLÉ-
condono di una colpa o di una pena vm., tuttavia si incontra qualche volta .
ma mai, neppure esso, in senso religio- Cfr. già in Aristoph., Ran. 699; poi Xe-
so (Plat., Leg. IX 869 d; cp6vov: De- noph ., Eg. Mag . 7,10; Dion. Hai., Ant.

a<pE<rn; 2 Cfr. PREISIGKE, Wort ., PREUSCHEN-BAu-


C. VI TRINGA, Obsen'ationes sacrae (1723) IV ER, Ni\GELI 56.
3-4. 3 Nei papiri rinunciare, concedere; cfr.
1 Cfr. PREISIGKE, Wort. s.v. PREISIGKE, Wort.
1355 (I,507) ciq>lT]µL (R. Bultmann) (l,507) 1356

Rom. II 35 p. 310,14; Ditt.,_Syll. 3 742, nariamente l'allontanamento cultuale e


33.39; Or. 669,50; Ios., Ant. 15, 48: l'espiazione del peccato, mentre Ò:.q.iLt-
"tlJV àµa.p't'la.v; nei LXX, Ecclus. 23,2: vm ha un significato giuridico. La tra-
"tà. à:µa.p't'l)µa.'t'cx.; in una variante di
duzione dei LXX perciò introduce una
1 Mach. 11,35 è detto della remissione
dei tributi. importante modificazione, mostrando
che essi concepiscono il rapporto del-
B. L'uso
' , ,, 4
DI CX.<f.lLT]µL E a.q.iEcnç NEI Lxx l'uomo con Dio come un rapporto giu-
ridico. Ora anche questa concezione è
à.q.iLÉvm nei LXX traduce una serie
del tutto estranea al pensiero greco.
di vocaboli ebraici e precisamente a) Il sostantivo aqJECnç nei LXX tradu-
quelli che significano lasciar andare, la- ce j/3bel (Lev.25 e 27) e semittd o samat
sciar libero, abbandonare o anche trala- (Ex. 23,11; Dt. 15,1 ss.; 31 ,10). Inol-
sciare, lasciare in pace, permettere. Con tre rende anche l'idea di liberazione
particolare frequenza rende hinn{èih o (deror, ecc.); Lev. 25,10; 'lEp. 41,8.15.
henla~ (per es. Iud. 2 ,23; 3,1; 16,26;
17 ecc., specialmente Is. 58, 6; 61,
2Bcx.c;.16,11; 20,3; lJ;.104,14); rende 1, dove designa la liberazione escato-
inoltre 'azab (Ex. 9,21; 2 Bcxc;. 15,16, logica. In Esth. 2, 18 significa amni-
ecc.) e tiatan (Gen . 20,6; Ex. 12, 23; stia o esenzione fiscale. Nel senso di
Num. 22,13, ecc.). b) traduce quei ver- perdono il vocabolo appare solo quan-
bi che indicano perdonare: niisii' (per do traduce 'et-hassii'ir la' èi.za'zel con 'tÒV
es. Gen. 4, 13; Ex. 32, 32; lJ; 24, 18; XLµCX.pOV 'tÒV omncx.ÀµÉVOV EL<; c'i.q.>ECTLV
31,5), sala~ (per es. Lev. 4,20; 5,10,13; (Lev . 16,26); oltre che in senso giuri-
Num. 14,19; 15,25 s.; Is. 55,7) e kip- dico èi.q.iEc;Lc; viene usato correttamente
per (ls. 22,14). Ciò che vien rimesso come traduzione di 'aj{q e di peleg 5•
è il peccato o la colpa (à:µa.p't'la[L], Per Giuseppe èi.q.iec;Lc; è il perdono uma-
o anche à:.voµla. à:.crt(3na: e in Gen. 4, no in Bel!. 1,481; altrove il termine
13 cx.t'tla.). Chi perdona è Dio, cosa che significa per lo più liberazione (Ant. 2,
nel linguaggio greco non è mai detta, 67; 12,40; 17,185).
ma si trova con tutta naturalezza in
Flavio Giuseppe (Ant. 6,92; con una
certa frequenza in senso profano). Nei C. L'uso DI à:.q.il'l")µL E a<pECTLc; NEL N.T.

casi ricordati sotto a) la versione gre-


1. Nel N.T. i termini sono usati con
ca è esatta, a differenza di quelli men- la ricchezza di significato che già cono-
zionati in b). Infatti i verbi ebraici in- sciamo. Ò:<f.lLÉVCX.L equivale a lasciare in
dicanti la remissione designano origi- libertà, rilasciare e abbandonare: Mc.

4 1ttlplT]µL ~ col. 1354 s. 5 Riguardo ad li.q>e:crn; dei LXX vedi DEISS-


MANN, B. 94-97.
1357 {I,507) àcptl}[tL (R. Bultmann) (l,508) 1358

1,20 par. (-ròv 1ta.-rÉpa.); 10,28 s. par. nistica di supplica aq:>Eç (o aq:>E"t'E):
(mlv.._a, ecc.); 12,12 par. (mh6v); Io. Mc. 7,27; 15,36 par.; Mt. 3,15; 7, 4
4 ,3 (.._i)v 'Iouòa.la.v ); 16 ,28 ("òv x6cr- par. 8•
µov ), ecc. Correttamente greca è anche 2. Vi sono casi nei quali riq>LÉ\l(.tf.
l'espressione di Mc. 1,31: &.q)'l\xEV a.ù-
significa rimettere, condonare in senso
.._i)v ò 1tvpE-r6ç (cfr. Io. 4,52), come pu-
re àqnÉVaL cpwvi)v (Mc. 15,37) e -rò profano (Mt . 18,27: "t'Ò ocxvE~ov e 32:
6
1WEVWX (Mt. 27, 50) ; così dicasi di Tr)v òqmÀ l)V ), ma per lo più in senso
acpLÉVaL yvva.i:xa. oppure &vopa. ( 1 Cor. religioso. Oggetto del perdono sono
7 ,11-13; dr. Hdt. V 39). Lasciar cade- -càç à.r.mp-rl;xç (Mc. 2,5ss.; Le. 7,47ss.;
re: Mc. 7,8 (-ri)v Év-ro)"Tjv); Mt. 23 ,23 Io . 20,23, ecc.), -cà &.rmp"ti)µa.-r<X. (Mc.
( -rà 0apu-rEpa. -rov v6µov ); cfr. in pro-
3 ,28 ), -rà 1ttxpa.1t"twµcx-rcx (Mt. 6,14 s. ),
posito Flav. Ios., Ant. 4,130: cicpÉv-ra.ç
cx~ à.vop.lcxL (Rom. 4,7, citando l.jJ 31,
-roùç 1ta.-rpLovç v6µovç xal -ròv -ro{rrnvç
mhoi:ç itɵEvov -rq.tiiv itE6v; 4 Mach . 5, 1 ), +i É7tlvoLa. -rijç xa.pola.ç crov (Act.
29 (~ sopra). E ancora Mt. 5,40 ("tÒ 8,22). Il verbo usato in forma ellittica
ì.r.tci.nov); Mt. 23,38 (ò oL:xoç ùµwv); o assoluta si trova in Mc.4,12; 11,25s.;
24,40 s. (dç 1ta.pa.Àa.µ0avE"tm xa.l dç Mt . 6,14 s.; 12,32 par. ecc. Eguale è
acplE'tCH X'tÀ.); Rom. 1,27 (-ri'Jv <pvcn- anche l'uso dei padri apostolici.
XYJV XPiiCTw ); Apoc. 2,4 ("tlJV &.ya1tì)V
Il sostantivo aq>EO"Lç significa quasi
aov -ci)v 1tpwn1v ). Lasciare, abbandona-
re: Mc.1,18 par. (-cà olx-rua.); 12,19-22 sempre perdono (di Dio), per lo più
( -chva. e cr7tÉpµa); Mt. 5,2 4 (-rò owp6v accompagnato da &.µcxp-cLWV, genitivo
crou ìfµ 1tpocri}Ev -rou i}vcriacr-rnplou); 18, oggettivo (Mc. 1,4 par.; Mt. 26,28; Le.
12 ( -coùç ÉvEv1]xona ÉvvÉa scl. 1tp60cx- 1,77; 24,47; Act. 2,38; 5,31; 10,43;
-ca.); Jo.4,28 ( -r1Jv ·ù òplav ); 14,18 {ùµti.ç 13,38; 26,18; Col. 1,14, cfr. Hebr. 10,
òpcpavouç); 27 (dp1Jvnv); Hebr. 6, 1
18), una volta da -cwv 7ttxpcx1t-rwµa-cwv
( -ròv -cijç cipxflç À.Oyov ), ecc. Lasciare
in pace, lasciar stare 7 : Mc. 11,6; 14, (Eph. 1,7); in forma ellittica o assolu-
6; Mt. 3,15; 19,14; Le. 13,8; Io. 11, ta è usato in Mc. 3,29; Hebr.9,22. Nei
48; Apoc. 2,20, ecc.; cfr. Mc.13,2: où due passi di Lc.4,18 - dove è citato Is.
µ'Ì) aq>Ei}fl À.lltoç E1tÌ. À.lltov (cfr. Le. 19, 61,1 e 58,6 - ove &cpEaLç è usato nel
44). Cosi pure Act. 14,17: oùx &.µci.p- senso di liberazione, vi è sempre col-
-cupov aù-còv cicpijxEv e Hebr.2,8: oùUv
legato il concetto di perdono. Questo
a<p1]XEV a.ù-rQ civu1tO"C'CXX'rOV. Permette-
uso di &cpEcrLç è presente anche nei pa-
re, concedere: Mc. 1,34 (oùx fiqm:v Àcx-
ÀEìv -cà òa.iµ6via.); 5,19.37 par. ecc. dri apostolici.
Talvolta ricorre anche la formula elle- Eguale significato ha 1tapEO"Lç, eh~ si

6 In greco si direbbe piuttosto -r:l)v ljlux'i}v; Mt. 88.91 .28'>.484 .650.


dr. Ios., Ant. 1,218; Beli. 2,153, ecc. 8 Ur. B1As s - DEBR. § 364,1.2 e PREU-
7 Valore correttamente greco; in certi casi SCIIFN-BAl l FH
è traduzione di sbq o ntn; dr. ScHLATTER,
1359 (I,508 :iq>if]µL (R. Bultmann) (I,509) 1360

legge solo in Rom. 3,25 9 : OLà 'tlJ\I mi- 47; Act. 10,43; 1 Io . 2,12), per incari-
p<:crw 'tWV 7tpoyqov6'twv iiµcx.puiµci- co di lui (lo. 20,23 ), specialmente nel
-cwv Èv -c-n cX.voxf1 -cov frrnu. Questo battesimo (Act. 2,38; Hebr . 6,1 s.; cfr.
sostantivo, che non si trova nei LXX, Mc. 1,4 par.) e nella celebrazione euca-
ha lo stesso senso giuridico del verbo ristica (Mt. 26,28) . Grazie alla reden-
ncx.pttvcx.t 10 (--Hol. 13 5 5) e con tale va- zione la Chiesa è destinata ad essere
lore si trova anche in Dion. Hai., Ant. la comunità santa degli ultimi tempi
Rom. VII 37 p.13 93 ,13 ss. : -ci'jv p.Èv (~ Èxx).11alcx. ); perciò il perdono è un
òÀocrxwn 1ccl.pnnv ovx <:vpono, -ci'Jv bene escatologico e ·come tale viene
OÈ dc, xp6vov OuO'J -fii;Lovv cX.vcx.0oÀi]v espressamente presentato pure in Lc. l ,
EÀcx.0ov 11 • 77 (dr. 4,18); la stessa concezione si
Il perdono desi gnato con èicpE(HC, ravvisa chiaramente anche in Paolo
(àqnÉvm) e mipwtc, è qu asi sempre e nella lettera . agli Ebrei. Il pensiero
il perdono di Dio. Questo perdono del perdono ha pertanto un'impronta
nei Sinottici (e anche in Act. 8,22; fondamentale nel N.T., ma la sua ela-
Iac. 5,15) è per l'uomo una necessità borazione concettuale non è molto svi-
imprescindibile, ma egli può sempre luppata; basti pensare che i termini
ottenerlo con la preghiera, purché a èicpECTLC, (o &.cpt€\ICX.L) e 1tcipECTLC, si trova-
sua volta sia disposto a perdonare agli no raramente in Paolo e in Giovanni
altri (Mt. 6,12.14 s.; 18,21-35; Le. 17, (Rom . 3,25; Col. 1,14; Eph. 1,7 (risa-
3 s.; Mc. 11,25 ). Esso dunque non dif- le a Paolo?); Jo.20,23; 1 Io.1,9; 2,12).
ferisce dal concetto di perdono nell' A. Ma il concetto viene espresso da Paolo
T. e nel giudaismo 12 , ma vi aggiunge con i termini OLXCX.tocruv11 e xcx.-rcx.})..cx.-
solo un tratto specificamente cristiano, yl], in Hebr. con ~ ciytcis<:w e ~
in quanto L comunità è conscia di aver xcx.frcx.plsELV, che si trovano anche in
ricevuto il perdono offerto da Dio agli Giovanni; esso viene pure variamente
uomini mediante la salvezza operata da determinato con termini che hanno le-
Gesù. Essa annunzia che Gesù stesso gami di somiglianza con èi.<pECTLC,, come
ha largito tale perdono (Mc. 2, 5 ss. ~ tÀacrµ6c, ~ ( Ò'.no )ÀV'tpwcrtc, ~ àno-
par.) e così possiede elargisce il perdo- Àou<:critcx.t ~ xcx.plst:critcx.t, ecc. Per i le-
no essa stessa in lui (Col. 1,14; Eph. 1, gami di à.q>t€VCX.L con concetti analoghi
7; Act.13,38), nel nome di lui (Le. 24, si veda Rom. 3,24 s.; 4,7; Col. 1,14;

9 1t<Lplf]µL ~ col. 1354 s. sità tra aq>EO"Lç e mipEO"Lç è sostenuta da


10 Forse anche BGU 624,21; cfr. DEISS- TRENCH 69-74 .
MANN, NB 94. 12 Circa la terminologia e il concetto di
11 La stessa contrapposizione di esenzione perdono nel giudaismo cfr. BoussET-GRESSM.
completa - proroga si trova in Filone (Ftacc. 388 ss.; W. STAERK, Siinde und Gnade nach
84: aq>Eov; 1tfLV'tEÀ.i}ç - tmÉpi>EO"Lç). La diver- der Vorstellung des alteren Judentums (1905);
1361 (1509) (I,509) 1362

Eph. 1,7; 1Io.1,9; Hebr. 9,22. tale o occasionale, ma una forza che
Da questi dati risulta quanto segue: ne determinava tutto l'essere. d) Il per-
a) l'idea antico - testamentaria di Dio dono si consegue solo se si accetta il
giudice, davanti al quale l'uomo dovrà giudizio di Dio sull'uomo vecchio, nel-
ri&pondere di tutto, rimane salda. b) la confessione delle colpe (1 Io. 1,9;
La nozione di perdono divino non si Iac. 5,16; Act. 19,18; dr. Mc.1,5 par.)
deduce da un particolare concetto di e nella penitenza (Lc.24,47; Act. 2,38;
Dio, da una idea della grazia divina, 5,31; 8,22; Hebr. 6,1.6; cfr. Mc. 1,4
ma è accertata come un fatto nella sua par.), a cui in Paolo e in Giovanni cor-
opera di redenzione. La predicazione risponde la ~ Tila-nç. Ciò significa che
non consiste quindi in un insegnamen- la concezione giuridica del perdono non
to che illustri il concetto di Dio, ma è esatta, poiché esso non è un sempli-
nell'annuncio di ciò che Dio ha fatto. ce condono della pena dovuta a colpe
c) Il perdono, come fatto escatologico, passate. Il perdono escatologico si apre
rinnova per intero l'uomo, nel quale direttamente sull'avvenire.
il peccato non era qualcosa di acciden- R. BuLTMANN

6.qnÀciycd}oç ~ col. 50

il proprio corrispondente intransitivo:


allontanarsi, defezionare, rinunciare a,
Transitivo= allontanare da un luogo, desistere, cessare, cedere.
da una situazione o da un rapporto Di questi vari significati sono teolo-
( ..tLvci ·nvoç, 'twà cbté 'tl.\loç); disto- gicamente importanti solo quelli che
gliere, staccare dall'amicizia di qualcu- esprimono un allontanarsi da qualcuno.
no (sul piano privato o politico). Cia- I LXX rendono con à.rplcna.ai>a.L un
scuna di queste accezioni transitive ha gran numero di termini ebraici e usano

O. S c HMITZ, Die Opferanschauung des spiite- µap't'EV Spec. Leg. I 237, 7tanwv àµap"tl)-
ren Iudentums und die Opferaussagen des N.T. µci"twv xaL 7tapavoµl)µchwv S pec. Leg. I
(1910) ; MOORE I; A. BiicHLER, Studies in Sin 215); inoltre dà alla parola anche il senso di
and Atonement (1928); DALMAN, W.]. I 334ss.; liberazione, congedo (Spec. leg. II 39.67.122;
ScttLATTER, Mt.213s . 289.559; STRACK-BILLER- Vit. Mos. I 123; Det. pot. ins. 144) spesso col
BECK I 421s. 424ss. 495.795s.; II 585s. Giu- valore allegorico di liberazione della 4'vxiJ
seppe usa CÌ.q>~Évm nel senso di perdonare dal crwµa e dai 1tci~ (Rev. div. her. 273;
(cfr. SCHLATTER, Mt. 213), che si trova anche Congr. 89.107-109; Mut. nom. 228; Sacr. A.C.
in Test. Gad 6,3.5; 7,5. Filone usa più volte 122) o del vovç dalle proprie tendenze (Migr.
&qmn~ nel senso di perdono (àµap"tl)µci"twv: Abr. 32).
Vit. Mos. II 147; Spec. Leg. I 190, wv lsii·
1363 (I,510) d:qilcr-.l}µL (H. Schlier) (1,510) 1364

tale verbo per indicare un distacco po- fermi sempre più. In Hebr. 3,12 il ter-
litico (Gen . 14,4; 2 Chr. 21,8; Tob. 1, mine assume esplicitamente il signifi-
4) e religioso (Deut. 32,15; Ios. 22,18s. cato di distacco religioso da Dio, in an-
23; Dan. 9,9; Ecclus. gr. 10,12). Come
titesi con -r'i}v àpx1'Jv -rfiç ùnocr-rcicrEwç
designazione del distacco religioso il
termine è tecnico; si legge in I er. 3, µÉXPL 't'ÉÀouç ~E~afav Xa.'tÉXEW (3,14).
14: bncr-.pci.qrrrn: uioì, àcpEO''t1")XO't'Ec; L'apostasia si attua dunque nell'infe-
(cfr. Is. 30,1: ··dxva. CÌ.7tocr-.ci-.a.L). Or- deltà, che non si nutre più della spe-
dinariamente si ha la specificazione ebro ranza 1• Secondo 1 Tim. 4 ,1 l'apostasia
i}Eou, circo xvplou, ma anche CÌ.7to oi,a.- comporta l'adesione alla falsa fede de-
i}l)xl]ç àyla.c;, 1 Macch. 1,15; à."Jto Àa.-
gli eretici 2 • Tale apostasia è un feno-
-rpda.c; 7tct'tÉpwv, 1 Macch. 2,19. Equi-
valenti sono le espressioni Àa.'t'pEVELV meno escatologico: lTim.4,1; Év ùrr-rÉ-
i}Eoi:c; É'tÉpoLc;, Deut. 7 ,4; oùx Etcra.xou- poLç xc.upo~ç. Lo stesso si dica di Le.
nv, Dan. 9,10; xa.-ra.ÀrnEi:v 't'OV i}E6v, 8,13, dove à.<plrr-rc:wfrm è usato in sen-
Deut. 32, 15. L'apostasia pertanto si so assoluto. La situazione a cui si ac-
consuma disobbedendo a Dio e met- cenna è quella descritta in Apoc. 3,8.
tendosi al servizio cultuale ed etico di Pertanto à<plrr-ra.cri}cn si avvicina per
altre divinità .
significato ad à.pvEi:crìtm, come si può
Anche nel N.T. àcplcr-ra.crfra.L presen- vedere in Herm. sim. 8,8 ,2: 't'LVÉç oÈ
ta valore religioso come pure altri si- mhwv dc; -rÉÀ.oç à.nfo-r11cra.v ... EBì..rx-
gnificati. In Act.15,38; 5,37; 19,9 sem- cr<pi}µncrav -rov xvpLov xa.ì, à.m)pvi}crav~
b.ra che il significato di apostasia si af- 't'O Àom6v 3 •

Forma tardiva in luogo di Ò.1tOcr't'a.- SrxcrtÀ.Éwc;; Diod. S. XV 18: -rf)c; 1tr.t-


1
cnç .. Il vocabolo presuppone il con- 'tplooç) si riscontra anche nel termine
cetto di lÌ.7tocr-rci-r11ç, « essere un rin- CÌ.1tocr-ca.crla: Plut., Galb. 1 (I 1052 e)
negato » ed esprime in modo pregnan- 't'TJV chto NÉpwvoç &:7tocr't'acrlo:v; Ios.,
te Io stato di apostata, mentre CÌ.7t6cr-ra.- Vit. 4 3: o Là. 'tìÌV &:nocr't'a.crla.v -ri)v CÌ.1to
O'Lç indica principalmente l'atto di apo- 'Pwµa.lwv; Ap. 1,135 s.; Ant. 13,219.
statare. Il carattere politico di CÌ.7tOO''t'ci- Nei LXX il termine ha valore poli-
't'T]ç, ribelle (Polyb. V 41,6; 57,4: 't'OV tico in 1 Esd. 2,23; ma per lo più de-

Ò:q>lCT'tl}µL 3 Cfr. lust., Apol. I 50, 12: ot yvwpLµo~


1 Cfr. l'espressione in Herm. vis. 2,3,2; ai'.rcoii 'ltrXV'tE<; Ò:TCÉO''tl)O'!IV, d:pVY)CTaµEVOL
3,7,2. aÙ'tOV.
2 Cfr. Herm. sim. 8,9,1: Èvɵewav '!TI 'ltl·
CT'tEL; lust., Dial.8 ,2 : d:q>lcr-.acrfraL -rwv -rov crw- à:rcocr-.a.O"[a.
-rljpoc; Mywv; 20,1: ... -.Tjc; yvwo-Ewc; (freov); ' C. A. LOBECK in Phryn., Ecl. 528.
111,2: -rljc; TILO''rEWc; (XpL<J"tOV ).
1365 (I,510) cicplcr·nu.tc (H. Schlier) (I,511) 1366

signa l'apostasia religiosa: Ios. 22,22; o forse ancora prima. Qui si sente una
Ier. 2, 19; 2 Chr. 29, 19 (apostasia di eco della tradizione giudaica 3
, che pen-
Acaz); 33,19 (di Manasse). Cfr. lMach. sa alla defezione totale da Dio e dalla
2,15 (in forma assoluta); Asc. Is. 2,4.
sua legge che si verificherà poco prima
Anche ct7tOO'"'t'a"tl)ç presenta tale signi-
ficato religioso; dr. Is. 30,1 ; 2 Mach. dell'apparire del Messia. Ma in 2 Thess.
5,8: Giasone wç "t"WV v6µwv ctTIOO""ta- 2,3 l'apostasia ha per protagonisti quei
"tl)ç xa.ì. ~ÒEÀVO"croµEvoç; Num . 14,9; cristiani dei quali si dice che abban-
Ios . 22, 16. 19: àrcoO"•a•l)ç àrcò "tov doneranno la fede per seguire la men-
xuplou. zogna e l'ingiustizia (v. lls.) negli' ul-
Nel N.T. vi è un passo che rico rda timi giorni' (Mt. 24,lls.). È ancora la
2 Mach . 5,8 e cioè Act. 21,21, dove a situazione descritta in Le. 8,13 4
• Giu-
Paolo vien mosso questo rimprovero: stino (Dial. 110 ,2) dà all' tl.vi}pw1toç
cX.7tocr"ta.O"la.v òLòaO"xELç cX.7tò McJJucriwc;. "tijç cX.voµlaç di 2 T hess. 2 ,3 il nome
Si tratta in pratica del rifiuto della To- di ò "tijc; àrcoO"'t'aO"la.c; tl.vi}pw7toç. Egli
rà 2 . In 2 T hess. 2 ,3 à.rcoO""ta.da., u sato viene nella potenza di Satana, il quale
in forma assoluta, indica un avveni- in Dial. 103,5 è messo in relazione eti-
mento escatologico, che si verifica al- mologica con &.1tocr"ta"t"YJc;. Cfr. Act.
l'apparire dell'tl.vi}pw7toç "tijç <ivoµla.c;, Thom . 32 D.

Dissenso, disaccordo , diverbio: Hdt. comunità. In Rom. 16,17 è nominata


V 75; Plut., Aud. Poet. 4 (Il 20 c). In nel contesto degli O"xcivòa.Àa. 7tEpÌ. -rliv
senso più preciso indica la ribellione
òtòax1}v. In 1 Cor. 3,3 le recensioni
politica, la sommossa di parte: Solone,
fr. 3,37 (Diehl I 24); Theogn.78 (Diehl esichiana e occidentale la aggiungono
I 121). Nei LXX si legge in 1 Mach. a ~ijÀoç xa.1. EpLç = "tà. o-xlO"µa"t"a. di
3, 29: xa.ì. ot q>opoMyot "tfjc; xwpa.c; 1,10. In Gal. 5,20 figura tra ÈpL~ELaL
ÒÀtyot xapw "tijç ÒLXOO""t<X.O"la.ç X<X.Ì. e a.ipfonç, che sono le fazioni in cui
7tÀ.l]yijç T}ç Xll."t"EO"XEU<X.O"EV ÈV "t"TI yi) ... st divide la comunità. Probabilmente
Nel N .T. designa il disaccordo nella in questi passi òtxocr"ta.O"la. ha già un

2 Cfr.STRACK-BILLERBECK II 753 s.; G. implica una precedente conversione a Dio.


K1TTEL, Paulus im Talmud in: Rabbinica Gli ciTtocr-rci·m~ e la comparsa dell'&vfrpw7toç
(1920) 14. -rTjç civoµlo:ç sono due cose diverse, ma non
3 STRACK-Br LLERBECK III 637. estranee una all'altra; l'apostasia infatti met-
4 DoB., Th. 270 s. pensa che qui si tratti te in opera il potere dell' ' empio ' e questo a
della decadenza religiosa e morale non della sua volta aumenta l'apostasia . Ciò si può no-
comunità cristiana ma dei non cristiani. Ma tare anche nel passo di Giustino citato nel
ciò è contro il concetto di CÌ.7tOCi"tmrla., che testo.
1367 (I ,511) cicplrnruu (H. Schlier) (l ,51l)1368

ben definito significato politico, poiché Epw; · xaì. iJvµoì. xaì. &xocnao"lat. xaì.
è nell' ÈxxÀ:rio-la che nascono le &xo- O'XLO'p.a-ra, nohµoç 'tE Ev Ùp.iv; 51,1:
a--ma-lai. cipx11yoì. a-•aa-Ewç xaì. òt.xocr•rxcrlaç,
ÉyEv-iii711crav. Invece in Herm. sim. 8,
7,5; vis. 3,9,9; mand. 2,3 òt.xocr-mcrla
Questo valore politico appare chia- significa genericamente contrasto; m
ramente nella 1 Cl. ; cfr. 46,5: 'Iva-rl sim. 8,10,2 equivale a divisione.

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FINE DEL PRIMO VOLUME

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