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III DOMENICA DI AVVENTO

In ricerca di «Colui che deve venire»


Is 35,l-6a.8a.l0 e Sai 145 e Gc 5,7-10 e Mt 11,2-11

ACCOGLIENZA. Sappiamo che Avvento è attesa del Signore: Gesù viene a cercarci. Ma oggi il Vangelo ci ricorda
che anche noi dobbiamo cercare il Signore. Nel silenzio del nostro cuore, nell'ascolto della sua Parola, negli
avvenimenti della nostra vita. E l'incontro con il Signore è all'origine della gioia del cristiano.
Se non l'abbiamo cercato con sollecitudine, se ci troviamo sovente tristi e imbronciati, domandiamogli perdono.

SIGNORE GESÙ, tu ci parli nel silenzio del nostro cuore, ma noi viviamo nel frastuono e preferiamo non ascoltarti.
Signore, pietà.
CRISTO GESÙ, tu entri in dialogo con noi attraverso la Parola del tuo Van gelo, ma noi sovente preferiamo parlare
del più e del meno fra noi. Cristo, pietà.
SIGNORE GESÙ, tu ci parli anche attraverso la lezione che ci viene dagli avvenimenti, ma noi non sappiamo
fermarci a riflettere e imparare. Signore, pietà.

La PRIMA LETTURA ci riporta al tempo dell'esilio in Babilonia, quando il popolo d'Israele viveva nello scoramento
e nella sfiducia, rimpiangendo la patria perduta. Ma un profeta dell'esilio lo invita alla speranza e alla gioia,
annunciando una nuova iniziativa di Dio.
Dio verrà in cerca del suo popolo per liberarlo, e lo ricondurrà a Sion. I segni di questa liberazione saranno quelli
tipici dei tempi messianici: ciechi, sordi, zoppi, muti, ricupereranno la guarigione. Sono i gesti di liberazione che
compirà Gesù in mezzo alle turbe della Palestina.

Nella SECONDA LETTURA san Giacomo apostolo suggerisce alle comunità cristiane l'atteggiamento giusto dei
discepoli che attendono il Signore, proponendo tre verbi da coniugare con sollecitudine cristiana:
* siate pazienti, fino alla venuta del Signore Gesù;
* non lamentatevi gli uni degli altri, perché non è degno dei discepoli;
* prendete a modello i profeti, che annunciarono e testimoniarono.

OMELIA. Oggi ritroviamo nel Vangelo i personaggi di domenica scorsa: Gesù, e in lontananza il Battista, il suo
precursore. In lontananza, perché è rinchiuso nella fortezza-prigione di Macheronte. Che cosa è successo? Oggi si
direbbe: ha parlato male di Garibaldi. Ha rimproverato in pubblico il re Erode Antipa, per la sua vita privata non proprio
esemplare.

Ma nel Vangelo si aggiunge una nuova categoria di persone, piuttosto inquiete, in ricerca, che fanno la spola tra Gesù
e Giovanni: sono quelli chiamati discepoli di Giovanni. Erano andati ad ascoltarlo e per imparare, quando predicava e
battezzava sul fiume Giordano, e ora che èin carcere tornano a trovano. Giovanni è il maestro che si sono scelti. Ma
Giovanni non li tiene più legati a sé, ora li manda a Gesù. Li manda a domandargli espressamente: «Sei tu colui che
deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?». Il Battista sa bene chi è Gesù, però non risponde direttamente: vuole che i
suoi discepoli arrivino a capirlo da soli. E anche Gesù non risponde direttamente, ma fornisce loro tutti i dati necessari,
perché riescano a risolvere il loro problema da soli.
Quali dati? Di fatto Gesù sta compiendo azioni che i profeti attribuivano al futuro Messia: i malati guariscono, i morti
risuscitano, ai poveri è annunciata la salvezza. Tocca ai discepoli di Giovanni fare il ragionamento, e tirare le
conclusioni. Lo fanno, e subito tornano a riferire al Battista. Sono rimasti persuasi, e passeranno a Gesù.

Questo è bello in loro: sono gente inquieta, che cerca Dio e la verità, che vuole capire per vivere con senso. E il
Vangelo sembra suggerire che anche noi dobbiamo assumere questo atteggiamento, caratteristico del cuore umano: la
sete di sapere, il bisogno di scoprire qualcuno che spieghi e ci orienti.
È tipico della vita cristiana. Diceva un romanziere francese, Julien Green, con arguzia: «Il cristiano, finché è inquieto,
può stare tranquillo».
Possiamo essere tranquilli se viviamo l'atteggiamento d'inquietudine e ricerca. E credo che lo stiamo vivendo.
Stamattina siamo venuti qui in chiesa: in cerca di Gesù. In qualche modo siamo eredi di quegli antichi discepoli del
Battista, ricercatori della verità e di Dio.

Non siamo gli unici. In tutto il mondo c'è gente che cerca, vuole capire, trovare un senso, per agire in modo più
consapevole e costruttivo. Si vive una volta sola, e se non si combina qualcosa di valido, si diventa del tutto inutili,
bighelloni senza meta tra la folla senza volto. Si vive invano.
Di fatto però non tutti cercano, soprattutto non si cerca Dio.
Un sociologo italiano, Franco Garelli, in un libro recente ha confrontato fra loro gli ideali delle ultime tre generazioni
di giovani.
* Ha indicato una prima generazione, che chiama generazione della promozione sociale: sono i giovani usciti dalla
seconda guerra mondiale provati dalla povertà: una generazione decisa a lottare per aprirsi la strada nel mondo. Fu
anche definita la generazione della tre emme: mestiere, macchina, moglie. Imparare un mestiere, farsi la macchina,
sposarsi. e E poi seguita la generazione detta della politica, del famoso '68, del '74, quando tutto, anche il privato,
veniva considerato politico. Quando le piazze si riempivano di sfilate e comizi, e si praticava volentieri lo sport dello
scontro con la polizia.
* Ora secondo Garelli siamo giunti alla nuova generazione della società differenziata: è la società del benessere, che
offre ai ragazzi mille possibilità differenziate per sperimentare, scegliere e realizzarsi.
La nuova generazione, non meno delle precedenti, è poco disposta alla ricerca di Dio. Mille interessi, mille
occupazioni e distrazioni. I giovani vivono alla giornata, nel frastuono, inseguendo un po' tutto, provando tutto, i valori
veri e quelli fasulli, e quelli negativi. Le canzoni, la discoteca, la piscina, le ferie, lo sport, gli abiti firmati...
Parole, messaggi, suoni che attirano, stordiscono, e non soddisfano il cuore. Il commediografo lonesco ha descritto
l'attuale pioggia di messaggi e parole con un simpatico controsenso, fa dire solennemente a un suo personaggio: «Le
parole, queste si che contano! Il resto, son tutte chiacchiere».
Non circolano i grandi ideali (dicono che in filosofia oggi si espande il «pensiero debole»), ma vengono proposti tanti
esperimenti, sensazioni, emozioni da vivere. Tutte soluzioni intercambiabili. In mezzo al chiasso, non si cerca il senso
della vita, non si avverte la voce di Dio.
* Ecco il punto: la voce di Dio. Un giorno il naturalista francese JeanHenri Fabre passeggiava con un amico in un
viale, nel traffico di Londra, e giunto vicino a un albero si fermò: «Lo senti il canto del grillo?». L'amico tese l'orecchio,
e lo guardò divertito: «Come posso sentirlo, in mezzo a tutto questo frastuono di carrozze che passano, e di gente che
schiamazza?». Ma Fabre si chinò, e gli indicò col dito in mezzo al verde, accanto alla pianticella, quel piccolo cantante
in erba. Il grillo con la sua vocina era li. Poi Fabre cavò dal portafoglio una moneta d'argento, e la lasciò cadere sul
marciapiede. Subito le persone che erano attorno si voltarono, attratte da quel suono squillante e familiare. «Si vede
proprio - commentò allora Fabre - che ciascuno di noi è sensibile al suono delle cose che gli sono care».
* Ahimé, la voce di Dio è di quelle sottili, è un mormorio sommesso. Per udirla abbiamo bisogno di tanto silenzio:
attorno a noi, e dentro di noi. Invece (questa la raccontiamo ai piccoli) a volte ci comportiamo come Pinocchio, che con
una martellata uccise il grillo parlante (la voce della coscienza), e poi andò a stordirsi nel frastuono del teatro dei bu-
rattini.

Abbiamo bisogno di silenzio nelle nostre case, di spegnere qualche volta il televisore. Uno scrittore, Vittorio Messori,
diceva: «Il miglior televisore? È quello guasto». Be', non esageriamo, ci sono cose intelligenti anche in tv, basta saper
scegliere. Però abbiamo bisogno di silenzio, di buona lettura, di preghiera. Della penombra della chiesa, del raccogli -
mento della messa.

E poi, incontrato il Signore, resta ancora una cosa da fare: aprirgli bene la porta, lasciarlo entrare in casa nostra, fargli
spazio nella nostra vita.
È l'invito che Giovanni Paolo Il aveva rivolto a tutti noi cristiani nel giorno della sua elezione a Pontefice. Ricordiamo
quel giorno, dal balcone di piazza San Pietro quasi gridò: «Non abbiate timore! Aprite, anzi spalancate le vostre porte a
Cristo!».
Un pittore inglese vissuto nel secolo scorso, Holman Hunt (1827-1910), aveva dipinto un bel quadro che ancora oggi
si vede riprodotto: lo aveva intitolato, prendendo spunto da una frase dall'Apocalisse, «Gesù bussa alla porta
dell'anima». Vi aveva raffigurato davvero Gesù davanti a una porta, nel gesto di bussare. Mostrò il quadro ad alcuni
amici, e domandò loro se trovavano qualcosa di brutto, di sbagliato. «Sì - disse uno - mi pare che manchi una cosa. La
porta che hai fatto non ha la maniglia». Il pittore rispose: «Ma non occorre: la porta a cui bussa Gesù si apre solo
dall'interno».

Due sono dunque gli insegnamenti che possiamo ricavare dal Vangelo di oggi, dai discepoli di Giovanni Battista
diventati discepoli di Gesù.
Primo, non acquietarci, come non si acquietarono loro, e pure in mezzo a tanto frastuono nella nostra società, metterci
in cerca del Signore, ascoltare la sua voce.
* Secondo, quando abbiamo trovato il Signore (e lo possiamo trovare, perché anzi nell'Avvento è lui che viene a
cercarci), aprirgli con gioia la porta, fargli spazio nella nostra casa, nella nostra famiglia e nella nostra vita.

Sapendo di doverci mettere in cerca dei Signore che viene, presentiamogli nella PREGHIERA DEI FEDELI il
desiderio di incontrano, e di vivere i valori dello spirito che egli ha portato nel mondo.

Preghiamo insieme e diciamo: Dio, nostra speranza, ascoltaci.

* Preghiamo per il Papa, i vescovi, i sacerdoti. Essi hanno la missione delicata e sublime di indicare al mondo il
mistero del Verbo incarnato. Perché siano i profeti dei tempi nuovi che parlano agli uomini in nome di Dio, e li aiutino
a riporre in lui solo la loro fiducia, preghiamo.
* Per i cristiani nel mondo. Perché trascorrano questi giorni di attesa del Salvatore in atteggiamento di conversione
dall'egoismo, e di impegno nel rendere la società più giusta, preghiamo.
* Per i bambini del catechismo e gli studenti che frequentano l'ora di Religione. Essi vivono un momento di grazia,
destinato a portare frutto per tutta la loro vita. Perché imparino non soltanto le formule di una dottrina, ma a conoscere e
a incontrare la persona di Gesù, preghiamo.
* Per coloro che vacillano nella fede. Nell'oscurità e nella penombra si vive male, si è sempre in pericolo di passi
falsi, si prova senso di frustrazione e inutilità. Perché quanti vivono nel dubbio trovino nella meditazione della Parola di
Dio e nell'esempio dei cristiani, la luce e la gioia di una fede rinnovata, preghiamo.
* Perla nostra comunità (parrocchiale). La venuta del Signore la trovi vigilante nella preghiera, operosa nella carità,
e capace di diffondere gioia. Perché rinnovata interiormente dallo Spirito che la vivifica, diventi annuncio di salvezza
per quanti incontra sul suo cammino, preghiamo.

DONACI, O PADRE, la volontà di cercarti sempre, e la gioia di trovarti e ascoltarti. Così la tua parola trasformerà la
nostra vita, e ci renderà capaci di realizzare ciò che è bene, tra i nostri cari e nella nostra comunità. Tu che vivi e regni
nei secoli dei secoli.

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