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Domenica dopo l'Epifania: Battesimo dei Signore

IL FIGLIO PREDILETTO
Letture: Isaia 42, 1-4.6-7
Atti 10, 34-38
Matteo 3, 13-17

Continua in questa domenica il tema liturgico dell'Epifania, cioè della manifestazione di Dio. Il Battesimo
di Gesú che oggi ricordiamo fu infatti una tappa decísiva nella manifestazione di Gesú Cristo al mondo come
Dio: una specie di seconda epifania. Gli avvenimenti della nascita erano lontani, sepolti nel cuore dei pochi
protagonisti di quei giorni. Trent'anni di silenzio e di nascondimento avevano fatto di Gesú un uomo tra gli
altri. Gli anni prima del Battesimo, dice un autore antico, dimostrano l'umanità di Cristo in tutto simile alla
nostra (Melitone di Sardi).
Il Battesimo conclude questa fase della vita di Gesú; conclude il suo farsi simile all'uomo, la sua imitazione
dell'uomo. Egli viene, confuso tra la folla, a sottoporsi a un rito che lo pone nel rango dei peccatori, di coloro
che hanno bisogno di essere purificati.
Questi è il Gesú annunciato da Isaia nella prima lettura il servo di Dio che non grida e non alza il tono di
voce, che non percorre le vie minacciando castighi, che non rompe la canna incrinata e non spegne la fiamma
vacillante. Il Gesú mite di cuore che viene a chiamare i peccatori a penitenza, ma viene a chiamarli con la
misericordia. Il Gesú che scandalizzò e deluse le attese di chi aspettava un Messia guerriero, banditore
furente dell'ira di Dio, specie contro i pagani. Il Gesú che sorprenderà anche il suo precursore: « Sei tu colui
che deve venire? ».
San Paolo ha riassunto questo aspetto della vicenda di Cristo nel celebre testo di Filippesi 2, 6-7: egli che
era Dio non ha considerato come cosa da custodire gelosamente il suo essere simile a Dio, ma si è svuotato
prendendo la forma di servo (quel servo di cui aveva parlato Isaia!), fattosi simile all'uomo e trovato
all'esterno come ogni uomo. Come ogni uomo: tale era il Gesú che venne al Giordano per essere battezzato.
Ma il Battesimo inaugura anche la nuova fase della vita di Gesú. Egli è presentato ufficialmente al mondo
dal Padre, come il Messia che parla e agisce autoritativamente in nome suo. E' questo l'inizio della cosiddetta
vita pubblica di Gesú. Da qui cominciano quei « ma io vi dico » e quel parlare « con autorità » che stupiranno
gli scribi e i farisei. Nella fase piú antica era da questo momento che cominciava la narrazione della vita i
Cristo. Marco infatti, il primo evangelista, inizia con il Battesimo il suo Vangelo. Pietro, nel discorso che
abbiamo ascoltato come seconda lettura, fa del Battesimo di Gesú l'inizio della sua storia: fu nel Battesimo
infatti che Dio « consacrò in Spirito Santo e potenza Gesú di Nazareth ».

Perché tutta questa importanza? Anzitutto, essa è legata alla manifestazione dello Spirito. Giovanni Battista
aveva caratterizzato le due epoche cosí: io vi battezzo con acqua; egli vi battezzerà in Spirito. La discesa
dello Spirito è il « via! » alla redenzione; essa indica che è cominciata la nuova creazione perché lo Spirito è
ríapparso sulle acque come alle origini (cf. Gen. 1, 2). « E' venuto il tempo in cui i veri adoratori adoreranno
il Padre in spirito e verità » (Gv. 4, 23). Lo Spirito era già in Gesú di Nazareth per la nascita. Esso era
disceso su Maria, prima ancora che nel Giordano. Ma là si era trattato di un avvenimento nel silenzio, rimasto
sconosciuto; qui invece c'è la manifestazione al mondo di quella realtà dello Spirito. L'unzione profetica e
messianíca di Gesú è palesata al mondo. Nel suo battesimo Gesú appare l'atteso sul quale si è posato lo
Spirito del Signore, come era stato scritto da Isaia profeta.
L'importanza del battesimo, oltre che alla manifestazione dello Spirito, è legata anche alla solenne
proclamazione del Padre: « Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo ». Colui che si era fatto il servo è
proclamato adesso figlio (cf. Is. 40, 2). E' a questo punto che bisogna riprendere la lettura del testo di Paolo
ai Filippesi: « Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome » (Fil. 2,
9). E' il vertice dell'epifania: non piú una stella, ma la voce stessa del Padre che rivela agli uomini chi è Gesú
di Nazareth: il figlio beneamato del Padre. Gesú ha confermato il senso di questa dichiarazione, chiamando
costantemente Dio con il nome di abbà, padre. Dalle sue parole e dal suo agire affiora incoercibile la
coscienza di essere il Figlio di Dio. Il Vangelo, specie quello scritto da Giovanni, ce lo mostra in un dialogo
ininterrotto con il Padre che continua quello esistente in seno alla Trinità. Tutta la nostra fede è ancorata a
questa coscienza di Gesú. Egli ci salva perché è Figlio di Dio; egli fa di noi dei figli adottivi di Dio perché lui
che era figlio naturale si è fatto nostro fratello. A noi non importa se quelli che vissero con Gesú furono
coscienti di questo segreto fin dall'inizio e ne capirono la portata. Ciò che importa veramente è sapere che
Gesú, lui, ne era consapevole e ne ha lasciato delle prove sicure durante la sua vita terrena.
La conseguenza di questa rivelazione è nelle parole del Padre: Ascoltatelo! (Mc. 9, 7). Dobbiamo ascoltare
Gesú che ci parla ancora oggi nel suo Vangelo, perché egli ci parla in nome di Dio. Questo imperativo però
non significa solo: prestategli attenzione, o mettete in pratica ciò che vi dice. Significa soprattutto: credetegli,
date la vostra adesione di fede a lui, accogliete lui, prima ancora che la sua parola. Cosí, il battesimo ci
ripropone quel duplice movimento che abbiamo visto espresso nell'episodio dei Magi e che è forse l'idea
centrale dell'Epifania: Dio viene verso l'uomo con la rivelazione, ma l'uomo deve andare anche lui verso Dio
con la fede.
Quel Gesú che andò verso Giovanni umile e nascosto, è lo stesso che, misteriosamente, nascosto nei segni
del pane e del vino, sta per venire anche a noi in questa assemblea. Noi lo accoglieremo oggi con le stesse
parole con cui l'accolse quel giorno Giovanni Battista nel Giordano: « Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che
toglie il peccato del mondo ».

SECONDO SCHEMA

«Tu sei mio figlio!»


Battesimo del Signore
Isaja 42,1-4.6-7; Atti 10,34-38; Matteo 3, 13-17

In questa domenica la Chiesa celebra la festa del battesimo di Gesù. La cosa piu importante nel battesimo di Gesù, non è
tanto il fatto esterno - Gesù che viene a farsi battezzare da Giovanni Battista -; questa è solo la cornice. L'essenziale è quella
voce del Padre che proclama Gesù suo figlio diletto.

"Appena battezzato, Gesù uscì daIl'acqua: ed ecco, si aprirono I cieli ed egli vide 10 Spirito di Dio scendere come una
colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: Questi è II Figlio mio prediletto, nel quale ml sono com -
piaciuto" (Matteo 3,16-17).

Quando si scrive la vita dei grandi artisti e poeti, sempre si cerca di scoprire la persona (in genere la donna) che è stata,
per il genio, la fonte di ispirazione, la musa spesso nascosta. Anche nella vita di Cristo tro viamo un amore segreto che è
stato il motivo ispiratore di tutto ci6 che ha fatto: il suo amore per il Padre celeste.
Veramente, egli non diceva «Padre», ma Abba, che significa papa', padre mio, padre caro. Era un modo nuovo, inaudito di
rivolgersi a Dio, pieno, allo stesso tempo, di infinito rispetto e infinita confidenza. Ora, in occasione del battesimo nel
Giordano, scopriamo che questo amore e reciproco. Ii Padre proclama Gesù suo «Figlio diletto» e manifesta tutta la sua
compiacenza, inviando su di lui lo Spirito Santo che è il suo amore stesso personificato.
Chissà' perché la letteratura, l'arte, lo spettacolo, la pubblicità sfrutta un solo rapporto umano: quello a sfondo sessuale tra
l'uomo e la donna, tra marito e moglie. Forse perché è cosi facile parlare di sesso, si tratta di una realtà inquietante e l'uomo
ama pescare nel torbido. Sembra che non esista nella vita altro che questo. Dobbiamo ammettere che il sesso sta diventando
un'ossessione. Se capitasse sulla terra qualcuno da un altro pianeta o riuscisse a captare dal suo pianeta certi nostri spettacoli
televisivi penso ci troverebbe perfino un p0' ridicoli a questo riguardo.
Lasciamo invece quasi del tutto inesplorato un altro rapporto umano altrettanto universale e vitale, un'altra delle grandi
fonti di gioia della vita: il rapporto padre-figli, la gioia della paternità. Se ne è occupata un p0' la psicologia moderna, ma
quasi solo in chiave negativa, per mettere in luce i conflitti padre-figlio.
Se invece si scava con serenità e obiettività' nel cuore dell'uomo si scopre che nella stragrande maggioranza delle persone
normali, un rapporto riuscito, intenso e sereno, con i figli e, per un uomo adulto e maturo, non meno importante e appagante
che ii rapporto uorno-donna. Sappiamo, d'altra parte, quanto questo rapporto sia importante anche per il figlio o la figlia e il
vuoto tremendo che lascia la sua mancanza.
Mi sono trovato una volta ad osservare una scenetta familiare. 11 papa' tornava dal lavoro, in cima alle scale c'era ad
attenderlo la sua bimba di circa un anno, alla quale la mamma era riuscita, nella giornata, a fare pronunciare la parola
«papi». Quando il papa' si sentì chiamare per la prima volta con quel norne, con la mamma che osservava in disparte con
complicità', aveste dovuto vedere gli occhi di quell'uomo per Ca pire cosa si prova a sentirsi padre.
La volta scorsa, festa della Sacra Famiglia, ci siamo occupati del rapporto moglie-marito, consentitemi dunque oggi di
dire qualcosa di quest'altro rapporto fondamentale e trascurato, quello padre-figli. Delle mamme, avremo occasione di
occuparci un'altra volta, Senza contare che le mamme saranno le più felici di questa scelta, perché esse, si sa, sono le prime
a soffrLre di un cattivo rapporto tra il padre e i figli.
Secondo la Scrittura, come il rapporto uonio-donna ha il suo modello nel rapporto Cristo-Chiesa, cosi il rapporto padre-
flglio ha il suo modello nel rapporto tra Dio Padre e il Figlio suo Gesu. Da Dio Padre, dice san Paolo, «ogni paternità' nei
cieli e sulla terra prende nome» (Efesini 3, 15), cioè trae esistenza, senso e valore.
Ma come il cancro attacca, di solito, gli organi più delicati nell'uomo e nella donna, cosi la potenza distruttrice del peccato
e del male attacca i gangli più vitali dell'esistenza umana. Non c’è nulla che sia Sottoposto all'abuso, allo sfruttamento e alla
violenza quanto il rapporto uorno-donna e non c’è nulla che sia cosi esposto alla deformazione come il rapporto padre-
figli6: autoritarismo, paternalismo, ribellione, rifiuto, incomunicabilità...
La psicanalisi ha creduto di scorgere nell'inconscio di ogni figlio U cosiddetto complesso di Edipo, cioè il Segreto
desiderio di uccidere il padre. Ma senza scomodare la psicanalisi di Freud, la cronaca si incarica di metterci sotto gli occhi
ogni giorno fatti terribili a questo riguardo.
Questa è un'opera tipicamente diabolica. il nome «diavolo», preso alla lettera, significa colui che divide, che separa. Egli
non si accontenta più di mettere una classe sociale contro un'altra, e neppure un sesso con tro l'altro, gli uomini contro le
donne e le donne contro gli uomini. Vuole colpire ancora più a fondo: tenta di mettere i padri contro i figli e i figli contro i
padri e spesso ci riesce.
Viene cosi avvelenata una delle sorgenti più pure di gioia della vita umana e uno dei fattori più importanti di equilibrio e
maturazione della persona umana. La sofferenza è reciproca, anche se in questo caso limitiamo il nostro discorso ai padri. Ci
sono padri la cui più profonda sofferenza nella vita è di essere rifiutati, o addirittura disprezzati dai figli, per i quali hanno
fatto tutto quello che hanno fatto. E ci sono figli la cui più profonda e inconfessata sofferenza è di sentirsi incompresi o
rifiutati dal padre, e che, in un momento di rabbia, si sono magari sentiti dire in faccia dal proprio padre: «Tu non sei mio
figlio !».
Cosa può fare la fede per neutralizzare quest’opera satanica nella nostra società? Quando nacque Giovanni Battista
l'angelo disse che uno dei suoi compiti sarebbe stato quello di «ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i cuori dei figli
verso i padri» (cf. Luca 1, 17; Malachia 3, 24). lo vorrei, se fosse possibile, continuare, nel mio piccolo, quest'opera del
Precursore. Lanciare l'iniziativa di una grande riconciliazione, di una guarigione dei rapporti malati tra padri e figli,
smascherando e neutralizzando l'opera di Satana.
Non che io abbia la ricetta in mano e la soluzione, so per6 chi ce l'ha: lo Spirito Santo! In seno alla Trinità egli è l'amore
tra Padre e Figlio. Questa è la sua caratteristica personale che porta dovunque arriva. Perciò quando tra un padre e un figlio
terreni entra lo Spirito Santo, questo rapporto si rinnova, nasce un sentimento nuovo di paternità e un sentimento nuovo di
figliolanza. E lui infatti che insegna a gridare: Abba!, cioè papa', padre mio ! padre caro! Egli riconcilia e risana tutto ciò che
sfiora. E il balsamo divino che guarisce le ferite profonde dell'anima, giungendo la' dove nessuna psicanalisi può arrivare. A
lui la Chiesa rivolge la preghiera: «Sana ciò che sanguina». E il cuore di molti padri e di molti figli sanguina infatti ed ha
bisogno di essere risanato.
Cosa fare? Anzitutto credere. Ritrovare la fiducia nella paternità che non è un fatto solo biologico, ma un mistero e una
partecipazione alla paternità stessa di Dio. Chiedere anche a Dio il dono della paternità, di saper essere padre. Chiedergli lo
Spirito Santo.
Poi sforzarsi anche di imitare il Padre celeste. Come? San Paolo, nel testo commentato la volta scorsa, dopo aver
tratteggiato il rapporto moglie-marito, cosi delineava, se ricordate, il rapporto padri-figli:

Voi, figli, obbedite ai vostri genitori In tutto; ciò è gradito a Signore.


Voi padri, non esasperate I vostri figli, perché non si scoraggino" (Colossesi3, 18-21).

Al figli raccomanda l'obbedienza, ma un'obbedienza filiale, non da schiavi o da militari. Ma lasciamo da par-te i doveri
dei figli. (Avremo altre occasioni di parlare ad essi, senza contare che i padri di oggi sono i figli di ieri e i figli di oggi
saranno i padri di domani e che quindi il discorso interessa tutti). Cosa si richiede ai padri? Di «non esasperare» i figli; cioè,
positivamente, di ave-re pazienza, comprensione, di non esigere tutto subito, saper aspettare che i figli maturino, saper
scusare gli sbagli. Non scoraggiare con continui rimproveri e Osservazioni negative, ma piuttosto incoraggiare ogni piccolo
sforzo. Comunicare senso di libertà, di protezione, di fiducia in se stessi, di sicurezza. Come fa Dio, che dice di voler essere
per noi una «roccia di difesa» e un «aiuto sempre vicino nelle angosce» (Salmo 46).
A un padre che volesse sapere tutto quello che non deve fare nei confronti del figlio, consiglierei di leggere la famosa
Lettera al padre di E Kafka. il padre gli aveva chiesto perché mai avesse paura di lui e lo scrittore gli risponde con questa
lettera intrisa di amore e di tristezza. Quello che rimprovera al padre è soprattutto di non esservi mai reso conto del «potere»
tremendo che egli aveva, in bene e in male, su di lui. Con i suoi perentori:
«E non una parola di replica!», l'aveva inibito fino a fargli disimparare quasi a parlare. Portava a casa da scuola una gioia,
una piccola impresa infantile, o un buon risultato? La reazione era : «Ho altro a cui pensare io!». («Altro cui pensare» era il
suo lavoro, il negozio). Mentre si intravede da qualche raro squarcio positivo quello che egli avrebbe potuto essere per il
figlio: l'amico, il confidente, il modello, il mondo intero.
Non avere paura di imitare qualche volta, alla lettera, Dio Padre e dire al proprio figlio o figlia, se le circostanze lo
richiedono, da soli o davanti ad altri: «Tu sei mio figlio diletto! Tu sei mia figlia diletta! Di te mi sono compiaciuto!». Cioè,
sono fiero di te, di essere tuo padre! Se viene dal cuore e al momento giusto, questa parola fa miracoli, mette le all al cuore
del ragazzo o della ragazza. E per il padre è come generare una seconda volta, più consapevolmente, il proprio figlio.
Una cosa soprattutto è necessario imitare, di Dio Padre: egli «fa piovere sui giusti e sugli ingiusti». Dio ci vorrebbe
migliori di come siamo, più buoni, ma ci accetta e ci ama già cosi come siamo, ci ama in speranza. Anche un padre terreno
(qui il discorso vale per6 anche per le mamme) non deve amare solo il figlio ideale, quello che con la moglie aveva
vagheggiato: brillante a scuola, educato, riuscito in tutto... Deve amare il figlio reale che il Signore gli ha dato, stimarlo per
quello che e che pu6 fare. Quante frustrazioni si risolvono accettando serenamente la volontà di Dio circa i figli, pur
naturalmente facendo ogni sforzo educativo su di essi.
Termino formulando a tutti i papa' in ascolto un augurio: che i vostri figli siano ora la vostra gioia, un domani il vostro
sostegno e in cielo la vostra corona.

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