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1 gennaio: Maria SS.

Madre di Dio
GLI AUGURI A MARIA

letture: Numeri 6, 22-27 Galati 4, 4-7 Luca 2, 16-21

Oggi la liturgia celebra la festa di Maria SS. Madre di Dio. Presso i nostri fratelli orientali di
rito siriaco, la festa di oggi è detta la festa degli auguri a Maria. Noi ci accostiamo a lei oggi con
i sentimenti con cui ci si avvicina a una donna che da pochi giorni è diventata madre felice.
Due cose, però, mettono questo nostro omaggio a Maria al di sopra di ogni confronto umano.
Colui che ella ha dato alla luce è il Figlio di Dio. Ella è perciò vera Madre di Dio: Theotokos,
come dicono i cristiani ortodossi. La Chiesa ha definito questa verità in uno dei suoi primi
concili ecumeníci: quello tenuto ad Efeso nel 431. Sant'Ignazio d'Antiochia, uno dei piú illustri
martiri dell'antichità cristiana, chiama Gesú: « il figlio di
Dio e di Maria ». Ciò colloca Maria ad una altezza vertiginosa: addirittura, accanto al Padre
celeste. Ma la colloca, in pari tempo, tanto vicina a noi da farne la nostra madre: la madre della
Chiesa. Il Gesú che ella ha generato ci ha presi, infatti, come fratelli; ci ha uniti a sé cosí
profondamente da formare un solo corpo; si è fatto nostro capo, ma anche nostro fratello: « il
primogenito tra molti fratelli », come lo chiama san Paolo (Rom. 8, 29).
E' quello che l'apostolo ci ha ricordato con le parole sublimi della sua lettera ai Galati che
abbiamo ascoltate poco fa: « Dio ha mandato il figlio suo nato da una donna... perché ricevessimo
l'adozione a figli ». Nel momento in cui Gesú, in Maria, si fa figlio dell'uomo, noi, figli degli
uomini, diveniamo figli di Dio. Nel momento in cui egli, da figlio si fa servo, noi che eravamo
servi diveniamo figli: « Non sei piú schiavo, ma figlio », ci ha ricordato san Paolo nella stessa
lettura. E' il mirabile scambio, di fronte al quale si incanta oggi tutta la liturgia della Chiesa. Di
esso Maria è stata « il luogo » e la mediatrice.
Divenuti figli di Dio per mezzo dello Spirito, noi abbiamo acquisito il diritto di usare anche il
linguaggio e la confidenza dei figli nei confronti di Dio, chiamandolo come Gesú: Abba! Padre
nostro! E' una specie di reliquia vivente di Cristo questa parola: è la sua « ipsissima vox », cioè
la sua stessa voce, giunta a noi senza passare per nessuna traduzione. Abba!, cosí pregò Gesú
Cristo.
Forse dovremmo ricordarci piú spesso di questo nostro incredibile e dolcissimo diritto;
dovremmo imitare il nostro fratello Gesú, il quale nell'angoscia dell'orto degli ulivi, come
nell'impeto della gioia, sempre si rivolgeva al Padre: « Padre, se è possibile... », « Ti ringrazio o
Padre... », « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito ». La nostra vita cristiana ha bisogno di
questo ampio respiro per non intristire e non incagliarsi nelle secche dell'aridità e del formalismo.
Se noi impariamo a impostare tutta la nostra vita cristiana su questo rapporto filiale con il Padre,
in esso troveremo l'unità di tutta la fede; scopriremo il rapporto che ci lega a ognuna delle tre
persone divine: noi andiamo al Padre per mezza, di Gesú Cristo, nello Spirito Santo. E vi
andiamo non individualmente, per cosí dire, alla spicciolata, ma come comunità di salvati, come
Chiesa di cui Maria è la madre e il modello. Fin qui le riflessioni s uggeriteci dalla bellissima
lettura di san Paolo. Ma anche il brano evangelico ha qualcosa da dirci su Maria. « Ella - nota -
serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore ». « Tutte queste cose ». Che cosa
esattamente? Le parole e gli avvenímenti di quei giorni. Tutto ciò che era accaduto in occasione
della nascita di Gesú. Il Natale fu per lei qualcosa che serbò in cuore, che meditò: fu una scuola
della fede. Chissà quante volte Maria ritornò con il pensiero a quegli eventi, « alle cose dette dai
pastori », per attingere da essi luce e coraggio durante quei trenta lunghissimi anni di Nazareth,
anni di fatica e di silenzio. Perché - è importante saperlo - anche Maria visse di fede, crebbe nella
fede, fu provata nella fede. E in questa crescita nella fede il suo nutrimento fu, come lo è per noi,
la parola di Dio. La parola di Dio in lei si fece carne due volte: prima fisicamente, quando per
nove mesi ella la portò in grembo e la nutrí; poi si fece carne nel resto della sua vita, nel senso
che ogni suo gesto, ogni momento fu ispirato dalla parola di Dio e ne fu una fedele attuazione.
Maria è la parola di Dio fatta silenzio. Ella sta silenziosa sotto la Croce e silenziosa nel
Cenacolo.
Noi non possiamo imitarla nella prima incarnazione, ma lo possiamo nella seconda. Possiamo
come lei « concepire il Verbo con la mente » (sant'Agostino). Possiamo cioè accogliere la parola,
custodirla nel cuore, farne « la luce ai nostri passi », l'alimento della nostra vita. Fino a -
meritare quella beatitudine che il Signore 13ronunciò un giorno, in occasione di una visita di sua
madre: « Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono » (Lc. 11, 28).

Terminiamo ritornando a quell'idea di scambio da cui abbiamo iniziato la nostra riflessione.


Alla luce della festa odierna, Maria ci appare lei stessa il dono meraviglioso che si sono
scambiati, a Natale, Dio e il genere umano. I nostri fratelli di rito bizantino cosi parlano a Gesú
nella festa di Natale: « Cosa possiamo offrirti o Cristo, per esserti tu fatto uomo sulla terra? Ogni
creatura ti reca il segno della sua riconoscenza: gli angeli i
loro canti, i cieli la loro stella, la terra una grotta, il deserto un presepio. Ma noi ti offriamo una
madre vergine! » (Idiomelon ai grandi vespri di Natale). Il genere umano ha dato a Gesú Maria,
la sua creatura piú bella, per madre. E Gesú, al t ramonto della vita, ci ha ricambiato il dono,
dandoci Maria per madre nostra: « Figlio, ecco tua madre ».

Per i temi della pace e dell'anno nuovo, vedi rispettivamente Anno B e Anno C.

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