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S.

MARIA IN ARACOELI

La storia della chiesa dedicata a S. Maria in Aracoeli e legata a una leggenda tramandataci dai famosi
«Mirabilia Urbis Romae», una sorta di antichissima guida di Roma scritta nel secolo XII da autori ignoti,
ricca di racconti ingenui e assurdi inventati per stupire il popolo.
Si dice che, nel luogo dove oggi sorge la chiesa, l'imperatore Augusto dopo aver ascoltato la profezia
della Si billa che gli annuncia va la notizia del «Re dei Cieli», ebbe la straordinaria visione della Vergine col
Bambino fra le braccia e udi contemporaneamente una voce che proclamava: «Ecce ara primogeniti dei»
(questo e l'altare del figlio di Dio). Augusto, impaurito, ordinó la costruzione di un al tare dedicato al
figlio di Dio, e la piccola chiesa che piu tardi sorse in que! luogo, fu denominara S. Maria in «Aracoeli».
Leggenda a parte, la chiesa e comunque antichissima e probabilmente risale al 574, anno in cui era
officiata dal clero bizantino. Ne! I X seco lo apparteneva ai Benedettini; nel 125 o Innocenzo IV la concesse
ai Francescani i quali la restaurarono e costruirono il loro convento, distrutto alla fine del secolo scorso
durante la costruzione dello spaventoso monumento a Vittorio Emanuele II.
La ripida scalinata di 1 2 4 gradini fu realizzata ne! 1 348 per voto popolare, in segno di ringraziamento
per una scampata epidemia di peste. 11 primo a salirla fu il folle tribuno di Roma Cola di Rienzo; da qui egli
soleva lanciare le sue invettive, qui fu linciato dalla folla ne! 13 54. Durante il Medio E v o la chiesa divenne
una sorta di sala riunioni dove si incontravano i senatorio i grandi personaggi della politica per discutere e
prendere importati decisioni.
La splendida facciata in cotto risale al rifacimento duecentesco ed e incompleta; doveva infatti essere
rivestita da un grande mosaico, del quale si vedono le tracce in alto adestra. Da notare le finestre circolari
traforate sopra i due portali laterali. Sul portale del fianco destro, lunetta con mosaico del secolo XIII.
L'interno e diviso in tre navate da splendide colonne di spoglio, una diversa dall'altra, provenienti
probabilmente dal Foro Romano. 11 soffitto a cassettoni dora ti fu realizzato tra il 1572 e il 15 86 per
commemorare la vittoria di Lepanto. Numerose le opere d'arte degne di nota. Nella controfacciata, in
alto, grandioso epitaffio di Urbano VIII progettato forse da! Bernini; sulla sinistra in basso tomba di
Giovanni Crivelli realizzata da Donatello, consumata perché un tempo si trova va murata nel pavimento.
Nella prima cappella a destra splendidi affreschi quattrocenteschi del Pinturicchio, raffiguranti episodi
della vita di S. Bernardino. Ne! transetto destro, nella sinistra, da notare un sarcofago romano riccamente
decorato, sormontato da una tomba quattrocentesca decorara a mosaico: e il sepolcro di Luca Savelli,
realizzato probabilmente da Arnolfo di Cambio. I due pulpiti alla fine della navata centrale risalgono al
secolo XIII e furono eseguiti da Lorenzo di Cosma e da suo figlio Giacomo. All'altar maggiore, d'epoca
barocca, una Madonna del 11 oo di pinta su tavola. Da! transetto sinistro si accede alla piccola cappella
dove e conservata la famosa statuetta lignea del ' 4 0 0 di Gesu Bambino, una delle immagini sacre piu
venerate di tutta Roma. Centinaia di lettere, provenienti da ogni parte del mondo, di persone che
chiedono grazie o manifestano devozione al Bambino per avvenuti miracoli, sono deposte perennemente
ai piedi della statua. Accanto si trova la bellissima tomba gotica del cardinale Matteo d' Acquasparta,
realizzata da Giovanni di Cosma nel X I V secolo e ornata da un affresco attribuito a Pietro Cavallini.

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SS. LUCA E MARTINA

Come quasi tutte le chiese costruite all'interno del Foro Romano o ai margini di esso, quella dedicara ai
SS. Luca e Martina sorse sui ruderi di un antico edificio pagano. Si tratta del Secretarium Senatus,
annesso alla Curia, che era adibito a lle riunioni segrete dei senatori. La sua fondazione risale al tempo del
papa Onorio l (62 5 - 6 38) e a quel tempo era in ti tola ta solamente a S. Martina. Era completamente
diversa da come ora la vediamo; era un disadorno edificio rettangolare con abside inglobata in un'altra
costruzione. Durante il l\fedio Evo la chiesa era famosa per una particolare cerimonia che vi si svolgeva:
durante la Candelora i ceri benedetti venivano distribuiti ai fedeli dallo stesso pontefice seduto dinanzi
alla porta della chiesa su uno scranno di marmo, i cui resti (chissa se sono veramente quelli) sono ancor
oggi conservati nella cripta. Fu restaurara da Adriano I alla fine dell'VIII secolo e da Alessandro IV nel
1 2 55.
'el 1588 Sis to V la concesse alla famosa Accademia di S. Luca che era stata fonda ta nel 1 577 da
Girolamo Muziano e che aveva la sede in una strada vicina. Da allora la chiesa fu intirolata ai SS. Luca e
Martina.
L ' Accademia inizió subico i progetti perla ricostruzione della chiesa affidandone l'incarico a Üttavio
Mascherino, ma i lavori neppure cominciarono. Nel 1623 Pietro da Coreana preparó un altro progetto di
ricostruzione ma anche quesea vol ta non se ne fece nulla e imanto !'edificio anda va in rovina. Pochi anni
dopo tre avvenimenti furono altrettanto importan ti e decisivi per l'inizio dei lavori. 11primo, nel 1626, fu
la nomina a Protettore dell' Accademia di S. Luca del cardinale Francesco Barberini ni pote del papa
Urbano VIII da quattro anni salita al soglio pontificio; il secando, nel 1634, fu un'altra nomina: Pietro da
Cortona divenne Príncipe dell' Accademia di S. Luca e gli fu concesso di restaurare a sue spese la chiesa
sotterranea e di costruirvi la propria tomba. II terzo avvenimento, quello forse decisivo, fu il ritrovamen-
to, scmpre nel 1634, delle reliquie di S. Martina e di altri martiri nei sotterranei della chiesa; queseo fatto
emozionante servi a dare maggiore impulso ai lavori di ricostruzione e, finalmente, furono stanziati
anche i fondi per l'esecuzione dell'opera.
1 lavori iniziarono nel 16 35; qualche anno prima della morte di Pietro da Cortona, av,·enuta nel 1669,
la chiesa era terminara. La decorazione interna fu realizzata negli anni seguenti e nel 1 730 era ultimara.
1el 1930, a causa della política di sfoltimento attuara dal «regime», la chiesa fu completamente isolara
abbattendo gli edifici circostanti (compresa l' Accademia di S. Luca) e Gustavo Giovannotti realizzó il
nuovo prospetto su via dei Fori lmperiali.
La facciata, forse il capolavoro di Pietro da Cortona, e su due ordini di colonne e pilastri ionici e
corinzi, con la campata centrale leggermente convessa, finemente decorara e priva del tímpano di
coronamemo. La cupola poggia su un tamburo con finestre ornate di tímpano e termina con un'elegante
lanterna.
L'interno, a croce greca, e finemente decora to e ornato di colonne con capitelli ionici; nei pennacchi
della ricchissima cupola stucchi con gli Evangelisti di Filippo Valle ( 1730). Sull'altare destro il «Martirio
di S. Lazzaro», pala di Lazzaro Baldi ( 1681 c.) che e sepolto in quesea cappella. Sull'altare di sinistra un
dipinto di Sebastiano Conca ( 1713). el sotterraneo opere di Algardi, Fancelli e Ferrucci, il monumento
a Pietro da Corrona fu realizzato da Bernardo fioriti.
S. GIUSEPPE DEI FALEGNAMI

Di chiese su due, o anche su tre livelli, a Roma se ne contano di verse, ma una chiesa su quattro livelli
direi che e addirittura piu unica che rara. Parliamo di S. Giuseppe dei Falegnami, una graziosa chiesa di
fine ' 5 0 0 , restaurara ne! secolo scorso che si trova ai piedi del Campidoglio nella parce del Foro Romano,
a breve disranza dall'altra celeberrima chiesa dedicara ai SS. Luca e Martina.
S. Giuseppe dei Falegnami fu costruita ne! r 598, con architettura di Giovan Battista Montano. Venne
eretta su un preesistente santuario intitolato al SS. Crocifisso, il quale a sua volea sorse su un ancichissimo
edificio romano su due livelli: il Carcere Mamertino, al livello superiore, e il Carcere Tulliano, al livello
inferiore.
lniziamo da! basso, da! Carcere Tulliano. Anticamente era con cutta probabilita, una cisterna per la
raccolta dell'acqua piovana e fu il re Aneo Marzio, 6 0 0 anni prima di Cristo, a trasformarlo in cella. E una
piccola stanza a pianta ellittica, costruita in blocchi di tufo e peperino, buia, umida, maleodorante e quasi
priva d'aria, con un foro circolare sulla volea che un tempo era l'unico accesso (ne! secolo XJ V fu
costruita la scaletta tutt'ora esistente). Alcuni secoli dopo, intorno al 1 0 0 a. C., fu costruita un'altra
piccola prigione, esattamente sopra l'angusta cella, che servi probabilmente ad ospitare i detenuti in
attesa di giudizio. Da qui i condannati a morte erano calati, attraverso la botola, nella cella sottostante
dove venivano torturati e uccisi. In questi terribili locali furono rinchiusi diversi personaggi famosi
dell'antichita; alcuni venivano lasciati morire di inedia, altri venivano eleminati con metodi crudeli e
sbrigativi. Due lapidi murate ai lati dell'ingresso del Carcere Mamertino, mescolando sroria e leggenda,
ricordano, i «caduti» piu illustri: i seguaci dei Gracchi furono strangolati ne! 12 3 a. C.; Giugurta, re dei
Numidi, fu lasciato morire difame ne! 1 0 4 a. C.; i complici di Catilina furono strangolati nel 6 0 a. C.;
Vercingetorige fu decapitato nel 49 a. C.; stessa sorce coceó a Seiano, ministro di Tiberio, ne! 31 d. C. E
infine, ne! buio antro del Tulliano, venne imprigionato anche S. Pietro, prima di subire il martirio.
Durante j restauri ottocenteschi, fra le prigioni e la chiesa sovrastante, fu ricavato un santuario su!
quale non vale la pena di soffermarsi data la sua scarsa importanza artística.
La chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami si erge, con una certa imponenza, sulla piattaforma con
balaustra che fa da copertura al santuario. La facciata e su due ordini; su! portale un affresco assai
deteriorato. L'ordine superiore, piuttoso elaborato, e diviso in tre campate: le due laterali consistono in
una sorta di edicola timpanata con nicchia centrale e volute laterali. Al centro fra due pilastri con curiosi
capitelli ornati da teste di putto, vi e una finestra ovale in una cornice sagomata sormontata da due
angioletti a uno dei quali (quello di sinistra) manca la testa.
L'interno e a navata unica con due altari per lato, profondo presbiterio e abside; in alto sui due lati,
tribu ne con balaustra dipinta. Imponente il soffitto ligneo clorato e decorato. Su! secondo aleare adestra
«Sacra famiglia» di Giuseppe Ghezzi (secolo XVI), su! primo a sinistra «Fuga in Egitto» di anonimo
«marattesco». Bellissima la cantoria in forme barocche (quasi borrominiane) finemente decorata con
angioletti e ghirlande dorate.
S. MARIA DELLA CONSOl.AZIONE

«Su quella strada corrispondente all'antico Vico Iugario v'erano i granari dei Mattei, patrizi romani.
Nel portico di quelli v'era un'immagine della S. Vergine, alla quale raccomandandosi una piamadre il cui
figlio innocente era stato carcerato e condannato a morte per malefici, la Vergine disse, consolandola, che
il figlio non sarebbe morto, ma miracolosamente salvato dalle forche. ( ... ) Presso quei granari v'era pure
un piccolo ospedale, vicino al quale fu poi prefabbricata la chiesa della Vergine della Consolazione>l.
Questa antica leggenda e raccontata dal Bruzio e riportata dall' Armellini ne! suo libro su lle chiese di
Roma. I fatti di cui si parla avvennero alla fine del secolo X V ; la chiesa presa in considerazione e S. Maria
della Consolazione, situata alle pendici meridionali del Campidoglio, sotto la leggendaria Rupe Tarpea,
dalla quale venivano scaraventati i colpevoli di tradimento. La chiesa fu costruita ne! 14 70 insieme
all'Ospedale della Consolazione, sorto dall'unione di altri tre ospizi che esistevano in quella zona.
L'ospedale era actrezzato per il ricovero di feriti da lesioni violente, ma vi venivano ricoverati in gran
quantita ammalati di vario genere. Basti pensare che S. Luigi Gonzaga mori ne! 1 591 proprio in questo
ospedale dove si era recato per assistere i colerosi.
Ne! 15 8 3 la chiesa fu riedificata dalle fondamenta su progetto di Martina Longhi il Vecchio; i la vori
terminarono ne! 1606. 11 Longhi realizzó anche l'ordine inferiore della facciata diviso in cinque campare
da lesene con capitello corinzio; quello superiore si deve a Pasquale Belli che lo esegul magistralmente ne!
18 26, rispettando in pieno lo stile di Martina Longhi.
L'interno e diviso in trena vate separare da pilastri con addossate lesene scanalate con capitello corinzio
ornato dalla testa di putto; ha tre absidi e cinque cappelle in ogni lato. La chiesa e abbastanza spoglia, quasi
del tutto priva di fregi, decorazioni e rivestimenti marmorei; le volte sono semplicemente intonacate e
non affrescate. Affreschi di fine' 5oo sono in vece presentí ne lle cappelle laterali, ma purtroppo sono tutti
molto deteriorati. La prima cappella a destra e ornara da dipinti di Taddeo Zuccari raffiguranti «Storie
della vita di Gesu», realizzati ne! 1556. Da notare sull'altar maggiore «La Madonna della Consolazione»,
una tavola di Antoniazzo Romano inserita in una ricca cornice dorata al centro del ciborio ornato da
grandi angeli in stucco. Nella quinta cappella a sinistra dipinti del Pomarancio.
S. LORENZO IN MIRANDA

11 Foro Romano, o meglio quel poco che é rimasto, ha un'eta di circa 2 7 0 0 anni e la sua storia é
estremamente complessa e affascinante. La prima Roma nacque, a quanto pare, su! Palatino, ma é ai suoi
piedi, appunto ne! Foro Romano, che si sviluppó e si organizzo la sua vita economica, política e religiosa.
Qui sorse la Curia, sede del Senato; qui i personaggi politici, gli oratori parla vano ai cittadini dai «rostri»
tolti alle navi nemiche; qui sorsero i grandi templi pagani e poi gli Archi di trionfo degli lmperatori; qui
c'era la vía Sacra, che attraversava il Foro da E s t a Ovest ed era casi chiamata proprio perché in essa si
affacciavano gli edifici adibiti al culto. Negli anni dell'Impero il Foro Romano raggiunse il massimo
splendore; poi vi fu il lento inesorabile declino.
Nei secoli bui del primo Medioevo gli importanti edifici crollarono, le rovine furono ricoperte da
cespugli e da impenetrabili macchie di rovi, la via Sacra si trasformo in un acquitrino melmoso e ovunque
vi era tristezza e desolazione. Fra i ruderi si teneva il mercato del bestiame e nell'eta di mezzo il Foro si
chiamo Campo Vaccino. La situazione non muto molto nei secoli che seguirono. Durante il periodo
napoleonico si iniziarono importanti scavi archeologici che continuarono poi per tutto il secolo. Negli
anni ' 3 0 l'assurda política del periodo fascista seppelli sotto manti d'asfalto intere partí del Foro
cancellandone ogni traccia. L'attuale politica, altrettanto assurda, vorrebbe ora distruggere le strade del
«regime» per riportare alla luce qualcosa che non c'é piu o che, se c'é, non é nient'altro che una debole
traccia appena percettibile e ormai senza piu alcun significato.
Que! poco che si e a malapena conservato fino ai giorni nostri e che ci da una vaga idea dell'imponenza
delle antiche costruzioni, lo si deve al fatto che diversi edifici furono trasformati in chiese cristiane. E il
caso della chiesa di S. Lorenzo in Miranda, sorta sulle rovine del Tempio di Antonino e Faustina. Questo
sacro edificio pagano era stato costruito ne! 141 d. C. in onore di Faustina, moglie dell'imperatore
Antonino Pío; in seguito fu dedicato anche allo stesso imperatore.
La facciata della chiesa é preceduta dall'imponente portico esastilo formato da colossali colonne
marmoree con capitello corinzio; il portico e a sua volta preceduto da una scalinata in mattoni realizzata
circa cent'anni fa, dopo che gli scavi archeologici avevano enormemente abbassato il livello del terreno
davanti alla chiesa.
La facciata, tutta in mattoni, e su due ordini; l'inferiore é scandito da lesene con capitello ionico con le
volute unite da festoncini; il portale é coronato da tímpano curvilíneo. L'ordine superiore, diviso da
lesene con capitello ionico in marmo, termina con un frontone curvilíneo spezzato; al centro finestrone
fiancheggiato da colonne e lesene che sostengono un tímpano triangolare.
Ne! 1 4 3 0 la chiesa fu concessa da Martina V al Collegio degli Speziali al quale tutt'ora é affidata. Nei
primi anni del ' 6 0 0 venne completamente ricostruita su progetto di Orazio Torriani.
All'interno da notare sull'altar maggiore il «Martirio di S. Lorenzo», di pinto eseguito ne! 1 6 4 6 da
Pietro da Cortona; nella prima cappella a sinistra «Madonna col Bambino e Santi» del Domenichino.
SS. COSMA E DAMIANO

Di Cosma e Damiano non si hanno notizie sicure e la verita si mescola con la leggenda. Erano due
fratelli, forse gemelli, medici entrambi, che esercitavano gratuitamente la loro professione per aiutare il
prossimo. Erano cristiani e per questo furono catturati, torturati e uccisi dai soldati dell'imperatore
Diocleziano ne! terzo secolo dopo Cristo. La Chiesa li fece Santi.
Di verse chiese furono intitolate ai due martiri, ma quasi tutte sono anda te perdure. La piu importante,
rimasta fino ai giorni nostri, fu fondata nel VI secolo nello stesso luogo in cui oggi si trova, ai margini del
Foro Romano. La chiesa fu costruita sui ruderi dell'antica Biblioteca pacis, una sorra di archivio
adiacente al Tempio della Pace realizzato da Vespasiano tra il 71 e il 7 5 e distrutto da un incendio ne! 191.
Artefice della costruzione fu papa Felice IV (526 - 530), il quale, con grande maestría, uni alla chiesa
anche un'altra antica costruzione: il Tempio del Dio Romolo. In realta questo edificio, creduto Tempio
di Romolo, era stato costruito da Massenzio e terminato da Costantino ne! IV secolo. 11 tempietto, a
pianta circolare, fu congiunto alla basílica di papa Felice con un arco e divenne !'atrio della chiesa dei SS.
Cosma e Damiano. Questa, naturalmente, non aveva la forma attuale, ma era una semplice aula
rettangolare con l'abside apena in due punti; il pavimento era allo stesso livello del Foro e la luce,
all'interno della chiesa, proveniva da un'unica apertura circolare sulla volta. Nel 695, durante il
pontificato di Sergio I, furono costruiti l'ambone e il ciborio; nel 772, sotto Adriano l, la chiesa divenne
diaconía e nel corso degli anni vi furono ospitati e curati centinaia di poveri e di infermi. Nel 151 2 fu
concessa da! cardinale Alessandro Farnese, futuro Paolo 111, al Terzo Ordine Regolare di S. Francesco, al
quale tutt'ora e affidata. Gia dai primi anni del' 5oo i Francescani cominciarono a lamentarsi delle cattive
condizioni in cui si trovava la chiesa. Secoli di abbandono avevano trasformato il Foro Romano in un
luogo malsano, ricco di acquitrini, cosparso di rovi e cespugli, infestato dalla malaria. L'umidita saliva
lungo i muri della diaconía sgretolandoli, i paramenti sacri marcivano, i frati morivano di polmonite e
anche i fedeli a poco a poco abbandonarono la basílica. Fu Urbano VIII Barberini (che era un
francescano) a rimboccarsi le maniche e a organizzare un intervento radicale di restauro. 11 pavimento
venne sopraelevato di sette metri e si crearono cosi una chiesa superiore (quella attuale) e una cripta (nella
quale sono rimaste le tracce della prima basílica). Architetto fu Luigi Arrigucci, cui si deve anche la
realizzazione del chiostro.
L'accesso alla basílica non e piu da! Foro, ma si entra lateralmente, su via dei Fori Imperiali, e si
percorre un lato del porticato del chiostro prima di entrare in chiesa. Prima dell'ingresso esterno, nella
parete di sinistra, era un tempo esposta una grande pianta marmorea di Roma antica, fatta realizzare da
Settimio Severo alla fine del II secolo. Oggi si trova in Campidoglio.
L'interno consiste in un'unica e corta navata con cappelle laterali e ampia abside. Nell'arco trionfale
mosaico del VII secolo raffigurante l'«Adorazione dell' Agnello»; nel catino absidale mosaico piu antico,
risalente ai tempi di Felice IV (VI secolo), raffigurante «Cristo coi SS. Cosma, Damiano, Pietro, Paolo,
Felice IV e S. Teodoro». Nella seconda cappella a sinistra affreschi di Francesco Allegrini (secolo XVII)
al quale si deve anche un affresco nel chiostro. Da notare ne! vestibolo un grande presepio napoletano del
'700.
S. FRANCESCA ROMANA

Su quella parte del Colle Palatino, chiamato «Velia», che si protende verso nord congiungendosi alle
pendici meridionali dell'Esquilino, ormai brutalmente tagliata da via dei Fori lmperiali, sorgeva il
gigantesco Tempio di Venere e Roma, del quale ancora oggi rimangono imponenti rovine. L'edificio
sacro, il piu grande di Roma, era stato costruito ne! 121-13 5 dall'imperatore Adriano, il quale aveva
anche curato in prima persona la parte progettuale. Questo non piacque al grande artista greco
Apollodoro di Damasco, autore di numerosi monumenti di Roma antica, il quale criticó aspramente
l'imperatore che si era improvvisato architetto. Adriano, per tutta risposta, lo fece assassinare.
Nelle immediate vicinanze del tempio sorse circa ne! 7 6 0 , ad opera di papa Paolo I, una chiesa, oggi
scomparsa, dedicata ai SS. Apostoli Pietro e Paolo a perenne ricordo della leggendaria vicenda di Simon
Mago.
Anni dopo, in una cella del tempio fu costruita un'altra chiesa che ne! X secolo fu ampliata e intitolata a
S. Maria Nova. Doveva infatti sostituire la vecchia chiesa di S. Maria Antigua (vedi descrizione
seguente) ormai in rovina. Quasi contemporaneamente alla chiesa fu costruito il massiccio edificio
conventuale ne! quale risiedettero diversi ordini religiosi; da! 1 3 52 ospitó i Benedettini di Monte
Oliveto, ai quali tutt'ora e affidato il monastero. Parte di esso e occupato oggi dalla Soprintendenza
Archeologica. La chiesa e anche dedicata a S. Francesca Romana, anzi e con questa denominazione che
tutti la conoscono. E qui apriamo una breve parentesi. Francesca nacque ne! 1384 e fin da giovanissima
cominció a frequentare la chiesa di S. Maria Nova comunicando i suoi angosciosi problemi ai confratelli
e ricevendo da loro preziosi consigli. Tristi vicende familiari la convinsero a dedicarsi interamente alla
vita religiosa. Con alcune amiche, tutte giovani figlie delle piu aristocratiche famiglie di que! tempo,
fondo la Congregazione delle Oblate, che, ne! 1433, si insedió in una casa in via- Tor de' Specchi, poi
trasformata in monastero. La Santa mori ne! 1 4 4 0 e fu seppellita nella cripta di S. Maria Nova. Ne! secolo
XVII la chiesa perse la sua caratteriscica architettura medioevale e fu completamente rinnovata secondo
il gusto barocco.
La facciata, di travertino bianchissimo, realizzata ne! 1615 da Cario Lombardi, e su due ordini:
l'inferiore consiste in un portico a tre arcate, inframmezzate da due coppie di imponen ti lesene poggianti
su alto stilobate e terminanti nell'ordine superiore con capitelli corinzi a sostegno del tímpano triangola-
re adorno di statue. Eleganti volute laterali raccordano l'ordine superiore con il portico sottostante. Su!
lato sinistro bel campanile romanico (secolo XII) su cinque ordini, gli ultimi tre con doppie bifore,
ornato di bacini maiolicati colorati.
L'interno e a navata unica con cappelle laterali, alto presbiterio con sottostance confessione, abside e
transetto. Ne! catino absidale mosaico del 1 1 6 0 raffigurante la Madonna con il Bambino e Santi; sull'altar
maggiore antica veneratissima immagine della Vergine risalente al 1100 e proveniente forse dalla Terra
Santa. Ne! transetto destro, dietro una grata di ferro, da notare una rozza pietra con due grossi
avvallamenti: la tradizione vuole che siano le impronte delle ginocchia di S. Pietro, lasciate da! Santo
durante !'episodio del volo di Simon Mago. La confessione in cui e sepolta S. Francesca Romana e del
Bernini, il gruppo scultoreo risale al secolo scorso. In sacrestia e conservara una delle piu antiche pitture
su tavola; risale al V secolo (alcuni dicono VI) e raffigura la Vergine col Bambino, di stile «romano-
bizantineggiante» (Pietraq.geli).

300
S. MARIAANTIQUA

La prima impressione che si ha, entrando nella chiesa di S. Maria Antigua al Foro Romano, e guella di
trovarsi in un grande laboratorio adibito alla catalogazione e al restauro di reperti archeologici. Un
grande numero di giovani studiano, osservano, registrano e ripongono in apposite cassette di plastica
centinaia di migliaia di pezzetti di coccio, frammenti di antiche suppellettili, scaglie di mattoni, tessere di
mosaico, e cosi via. Tanto che viene da chiedersi se realmente tutto ció che si trova e che si mette da parte
durante gli scavi archeologici sia veramente cosi importante e meriti perció di essere conservato con cura
o se, viceversa, la maggior parte di quegli innumerevoli frammenti non sia paragonabile a un mucchio di
pietrame senza interesse alcuno. Non si vuole, in guesta sede, esprimere opinioni in merito, ma si valuta
comungue molto positivamente il fatto che, nel momento in cuí si scrivono gueste brevi note, tutta la
zona compresa tra la basilica Giulia e la casa delle Vestali, e sottoposta a un minuzioso lavoro di ricerca
storico-archeologica. Per questo motivo la chiesa di S. Maria Antigua e chiusa al pubblico e chiusa
rimarra chissa per guanti anni ancora.
L'antica basilica fu costruita nel VI secolo trasformando un preesistente edificio risalente all'epoca di
Domiziano (8 1-92 d. C.). I papi Giovanni VII, Zaccaria, Paolo I e Adriano I, in un arco di tempo che va da!
705 al 795, ornarono la chiesa di pitture murarie delle quali rimangono oggi pochi frammenti. Durante il
pontifica to di Leone IV (84 7 - 8 55) S. Maria Antigua rimase semidistrutta in seguito a un terremoto e fu
abbandonata. Nel '200, sui ruderi consumati dal tempo, fu eretta una nuova chiesa: S. Maria Liberatrice.
Questa fu poi rinnovata e restaura ta nei secoli che seguirono, dapprima da Gregorio XIII, poi da Sisto V e
in fine dal cardinale Marcello Lante che incaricó Onorio Longhi di ricostruirla ex novo nel 1614. Un
ulteriore restauro fu eseguito nella prima meta del '700. Poi ne! 1900 la chiesa fu rasa al suolo per poter
iniziare la campagna di scavi archeologici nel Foro Romano e di essa non ne rimane traccia se non in
gualche foto del Gabinetto Fotografico Nazionale.
Que! che resta, in vece, sono le antiche, importanti rovine della chiesa di S. Maria Antigua. Da un atrio,
nel guale si intravedono i resti di una pittura del secolo VIII in una nicchia a sinistra, raffigurante il
barbuto S. Abbacino, si passa in un piccolo nartece dal quale si accede alla navata centrale. Due colonne su
ogni lato separano quest'ultima dalle navate laterali; al centro della navata mediana si distingue
chiaramente il perímetro di guella che fu la «Schola Cantorum». Sulle pareti delle navate laterali,
nell'abside e nelle cappelle ai lati del presbiterio, sono da notare i res ti di numerosi affreschi perla maggior
parte illeggibili. I meglio conservati si trovano nella navata destra, montati su un apposito pannello,
provenienti dall'atrio e raffigurano «Maria Regina in trono fra Santi e Angeli». Nella nicchia di fondo
della cappella a sinistra dell'abside e da ammirare una pittura molto ben conservara: si tratta di una
bellissima «Crocifissione». Splendidi i sarcofagi romani che si trovano nella navata sinistra tra i quali uno
cristiano con bassorilievi che rappresentano le storie del profeta Giona.

302
S. TEODORO

Secando la tradizione la chiesa di S. Teodoro fu fondata, alle falde del Palatino, vicino al famoso
«Lupercale», la mítica grotta dovela lupa allattó i due gemelli Romolo e Remo. La prima costruzione pare
risalga al VI secolo, ma le prime notizie certe sano del IX secolo, quando la chiese e l'annesso convento
erano diaconía.
L'edificio, che e a pianta circolare, riconducibile come forma al mausoleo di S. Costanza e a S. Stefano
Rotonda, fu intitolato al soldato romano Teodoro di stanza in Asia Minore. Egli, secando la leggenda, si
converti al cristianesimo e compi una sarta di atto terroristico incendiando un tempio dedicato a Cibele:
fu preso e condannato a marte. Non sappiamo di preciso l'anno in cui guesto accadde, anche perché la
storia si mescola con la leggenda; probabilmente il fatto avvenne durante !'impero di Diocleziano (fine del
III sec.).
Un importante restauro venne eseguito durante il pontificato di Niccoló V (1447 - 145 5), il quale,
secando quanto si puó leggere in un antico diario della chiesa: «Fece di nuovo la chiesa di S. Teodoro due
volte, la prima acconció la vecchia, la quale acconcia che fu, cascó dai fondamenti, et lui la rifece un poco
piu in la e poco minore che non era». Ritrovamenti archeologici abbastanza recenti confermano l'antico
scritto: al di sotto dell'attuale chiesa sano stati trovati gli antichi ruderi e un'abside ornara da un mosaico
risalente al VI secolo. II progetto di guesta ricostruzione, secando quanto afferma il Vasari, e attribuibile
a Bernardo Rossellino. Un altro restauro fu eseguito ne! 1643 da! cardinal Barberini e un ulteriore
rinnovamento risale al 1705; quando Cario Fontana progettó !'elegante sagrato rettangolare unito al piu
alto livello stradale da una scala a due rampe curvilinee e convergenti. Egli aggiunse alla chiesa anche una
cappella, la sacrestia e il vestiario. Tutto il complesso venne poi affidato alla Compagnia del Sacro Cuore
di Gesu, detta dei «Sacconi»; lo scopo che si prefiggeva questa confraternita, che ha tenuta la chiesa fino a
qualche anno fa, era quello di «reprimere la bestemmia e promuovere il culto del Sacro Cuore».
L'interno, grazioso e raccolto, e a pianta circolare con un altare per lato e abside. Sull'altar maggiore
una ricchissima cornice di marmo decorata da angeli racchiude un'icona russa raffigurante la Vergine col
Bambino. Piu in alto mosaico del VI secolo con l'immagine del «Redentore fra i SS. Pietro, Paolo,
Teodoro e altro Santo». Sull'altare a sinistra dipinto seicentesco di Giuseppe Ghezzi.
S. SEBASTIANO AL PALATINO

Vía di S. Bona ventura e una bella e solitaria stradina che, partendo da! piazzale antistame l' Arco di
Tito si inerpica sulle pendici nord-oriemali del Palatino costeggiando la vigna Barberini. Al di la dell'alto
muro di cinta, che lascia intravedere poco o niente, si trova la ehiesa di S. Sebastiano, sorta ne! luogo
dove il martire sarebbe stato trafitto dai dardi dei soldati. Benché un cartello avvisi che la chiesa e visibile
in determínate ore, il cancello e inesorabilmeme chiuso, ma non bisogna perdersi d'animo. Si suona il
campanello e, pochi secondi dopo, qualcuno apre. Si oltrepassa il bel portale seicemesco e ci si trova in
un bel giardinetto fiorito. Si nota subito, a sinistra, un'antica casa in mattoni (!'ex monastero), con un
pergolato di bougainvillea e rose rampicami. ln fondo, unita all'edificio, ecco la chiesa; piu oltre un altro
muro di cinta e un cancello al di la del quale vi sono i ruderi del Tempio del Sol Invictus Elagabalus. Una
signora gemilissima invita ad entrare in casa, da cui, attraverso un corridoio, si accede alla chiesa. on
sappiamo di preciso l'anno della sua fondazione, ma sicuramente esisteva gia prima della costruzione del
convento, avvenuta nella seconda meta del X secolo. A que! tempo il convento era detto di S. Maria in
Pallara e la chiesa era intitolata ai SS. Sebastiano e Zotico. II complesso monastico ebbe grande
importanza sin dall'epoca della sua fondazione: ne! 1001 Silvestro II vi riuni un sínodo; ne! 1 0 5 7 fu
acclamato papa col nome di Stefano I X il cardinale Federico il Lotaringio che risiedeva in que! convento;
ne! 1 1 1 8 vi si tenne il conclave da cuí fu eletto papa Gelasio II; ne! 1 1 4 4 vi morl papa Celestino II.
All'inizio del ' 3 0 0 chiesa e monastero erano in stato di abbandono e in seguito il convento venne
trasformato in casale. Ne! 1 6 2 6 il complesso era ormai in rovina e Urbano VIII Barberini decise di
restaurarlo. Prima del restauro la chiesa era imeramente rivestita di affreschi, ma il papa li fece
distruggere; tuttavia, prima di cancellarli per sempre, pensó di farne eseguire delle copie dipinte su carta
dall'artista Antonio Eclissi, copie che si trovano in un codice vaticano proveniente dalla biblioteca del
Barberini. Urbano VIII risparmió solo l'affresco dell'abside, risalente al X secolo che ancor oggi si puó
ammirare al di la di un vetro. L'affresco, stupendo e ben conservato, raffigura il «Salvatore fra i Santi
Sebastiano e Zotico e i Santi Diaconi Stefano e Lorenzo»; sotto l'«Agnello Místico e le dodici pecore»,
piu in basso altre figure di Santi. Nella lunetta dell'abside, nella calotta e nei pennacchi vi sono invece
affreschi del ' 6 0 0 , realizzati da Bernardino Gagliardi; nella lunetta da notare «S. Sebastiano curato da
Irene», tema ricorrente nei dipinti che rappresentano il Santo. Bello l'altare, ornato da due colonne d1
breccia corallina. Vicino all'ingresso principale, sulla destra, un frammemo di lapide dell'anno 99-
ricorda che un certo Merco si riciro in queseo convento. dopo una vita dedicata ai sollazzi.
Uscendo diamo un'occhiata alla semplice e graziosa facciata realizzata da Luigi Arrigucci. Il portale,
coronato da doppio tímpano, e ornato da una testa di angioletto e dalle api, símbolo dei Barberini. Lo
stemma di Urbano VIII campeggia in alto al centro della facciata.
Terminara la visita ringraziamo e ce ne andiamo, chiudendo il cancello alle nostre spalle esperando
che quell'angolo di mondo tranquillo e solitario, ne! cuore di Roma, rimanga tale per sempre. Ma, lo
confessiamo, invidiamo un po' la fortunata e gemile signora che vi abita.
S. BONAVENTURAAL PALATINO

Se si continua a percorrere la salita di S. Bonaventura, dopo aver lasciato sulla sinistra il portale
seicentesco della Vigna Barberini, al di la del quale si trova la chiesa e l'ex convento di S. Sebastiano (vedi
descrizione), si giunge ben presto in prossimita di una secca curva a sinistra. Da qui inizia !'ultimo tratto
di strada, il piu bello, che conduce alla piccola chiesa dedicara a S. Bonaventura. Da notare, inserite
nell'alto muro che recinge la Vigna Barberini, le splendide edicole settecentesche della Via Crucis in
terracotta dipinta, uniche a Roma. Le ultime due ornano la facciata della chiesa ai lati del portale
d'ingresso. Edicole dello stesso genere, ma meno monumentali, erano state realizzate all'inizio del '700
intorno al Colosseo; nel 1749, su iniziativa di S. Leonardo da Porto Maurizio, il quale faceva parte della
Confraternita della Via Crucis che si riuniva ne! convento francescano di S. Bonaventura, furono
eseguite le nuove edicole da Antonio Bicchierai.
La chiesa e il convento sorsero nel 167 5 per iniziativa del cardinale Francesco Barberini junior; la
consacrazione avvenne quattordici anni piu tardi. 11 complesso fu costruito sopra una vecchia cisterna
dell'acquedotto di Claudia; a que! tempo la chiesa era conosciuta anche come S. Bonaventura alla
polveriera, poiché nelle vicinanze esisteva una fabbrica di polvere da sparo, trasferita altrove ne! r 809.
La semplicissima facciata intonacata e a un solo ordine coronara da tímpano triangolare. Nella nicchia
sopra al portale e collocata una statua s ttecentesca di S. Bona ventura; piu in alto grande finestra a forma
di lunetta.
L'interno e una semplice aula rettangolare coperta a volta con due altari su ogni lato e due minuscole
cappelle ai lati dell'altar maggiore. Sopra di esse una tela raffigurante l'«Immacolata Concezione e Santi»
e di Filippo Micheli da Camerino.
Sugli altari laterali dipinti seicenteschi piuttosto belli opera di autori minori; a destra, sopra un
confessionale, «La Madonna del Bel!' Amore» fu realizzata da Sebastiano Conca e fu donara dallo stesso
autore nel 1741.
S. ANASTASIA

La chiesa dedica ta a S. Anastasia é situara, nell'omonima piazza, tra la parte occidentale del Palatino e il
Circo Massimo. Le sue origini sono mol to antiche (IV seco lo): fu costruita sui ruderi di un edificio
romano idencificato da qualche studioso con la casa di un certo Publio, marito di Anastasia. La chiesa fu
poi restaurata e abbellita durante il pontificato di Damaso (366 - 382), Ilario (461 - 468), Giovanni VII
(706- 707) e Gregario IV (827- 844). Perla sua ubicazione alle falde del Palatino, la chiesa, nel Medioevo,
era anche denomina ta S. Anastasia sub Palatio. Importanti rescauri furono effettuati ne! 12 10 da
Innocenzo III e, nella seconda meta del '400, da Sisto IV (1471 - 1484); in quest'ultimo periodo fu
costruita anche la torre campanaria, oggi distrutta. Ne! secolo X VI la classica facciata rinascimentale era
preceduta da un'ampia scalinata; sopra il portale vi era un'enorme finestra ad arco, trilobata; il campanile,
sul lato sinistro, era su tre ordini di bifore e trifore. Tra il 1598 e il 1618 fu costruita una nuova facciata per
volere del cardinale Sandoval; anche di questa non rimane traccia poiché, nel 16 34, fu distrutta da una
tromba d'aria. Urbano VIII ( 162 3 - 1644) ordinó la costruzione di un'altra facciata (quella attuale) e
incaricó l'architetto Luigi Arrigucci di effettuare i lavori. Nella prima meta del '700 fu restaurato
l'interno, ad opera dell'architetto di origine ma!tese Cario Gimach. Nel secolo scorso, durante il
pontificato di Pio VII (1800 - 1823) e Pio IX (1846 - 1878), furono eseguiti ulteriori lavori di restauro.
La semplice facciata in mattoni é su due ordini di lesene, fiancheggiata da due piccoli campanili
gemelli.
L'interno é diviso in tre navate da sei pilastri per parte, ai quali sono addossate (senza funzioni
statiche) le antiche colonne della primitiva basílica, materiale di spoglio proveniente forse da un tempio
pagano su! Palatino. Il soffitto ligneo a cassettoni é del XVIII secolo; il dipinto raffigurance «Il martirio
di S. Anastasia» fu realizzato da Michele Cerruti nel 1722; gli stemmi di Pio VII e di Pío IX ricordano i
restauri del secolo scorso.
In fondo alla nava ta destra, nella Cappella delle Reliquie ( 1679), vi son o alcuni dipinti di Lazzaro Baldi
(sec. XVII): a sinistra «Episodi della vita di S. Cario Borromeo», adestra «S. Filippo Neri in gloria» e
«Morte di S. Filippo Neri». Sotto l'altar maggiore, realizzato nel 158 5 da Onorio Longhi, si trova la
statua giacente di S. Anastasia, di Francesco Aprile, completata da Ercole Ferrata nel 1667. La pala
d'altare, nella tribuna, é opera di Lazzaro Baldi e raffigura la «Nativit:i»; lo stesso artista realizzó anche il
dipinto nella volta, raffigurante la «Gloria di S. Anastasia».
Sotto la chiesa vi sono le rovine di un colossale edificio costruito nel primo secolo dell'Impero e di una
serie di botteghe di epoca piu tarda.

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