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Claudio Moreschini

I PADRI CAPPADOCI
storia, letteratura, teologia

0
auaNuova
In copertina:
Scuola di Pskov, I santi prescelti.
Mosca, Galleria Statale Tret'jakov.
© 1990, Foto Scala, Firenze.
Grafica di Rossana Quarta

© 2008, Citta Nuova Editrice


Via degli Scipioni, 265-00192 Roma
tel. 063216212 . e-mail: comm.editrice@cittanuova.it
ISBN 978-88-311-1630-5

Fmito di stam.pare ~I mese di febbraio 2008


dalla tipografia Cittii Nuova della P.A.M.O.M.
Via S. Romano in Gadognana, 2J
00148 Roma. tel. 066H0467
e-mail: aegr.tipografia@d.tunuova.it
I. La Cappadocia cristiana

1. La Cappadocia nei primi secoli dell'Impero romano


Le regioni occidentaii e meridionali dell' Asia Minore anorno al
Mare Egeo a al Mediterraneo, erano state da molti secoU 'prima del-
l'era ~ristiana cent~ vivi e splendidi di cultura e di civilizzazione,
che st protrassero munutate anche sotto il dominio romano. Sia i
~ominatori s~a i !oro sottomessi potevano godere i vantaggi che de-
nvavano dall uruone tra Ia nuova realta dell' anuninistrazione roma-
n~ e IC: st':"tture tradizionali della cultura greca. Invece nelle regio-
ru perifenche come il Ponto e Ia Cappadocia I'ellenizzazione era sta-
ta sempre scarsa; Ia Cappadocia era spesso oggeno di satira peril
basso livello della sua civilta. Tuttavia, una volta che Ponto e Cap-
padocia intorno alia prima meta del I secolo divennero province e
quindi furono collegate aile altre province del Mediterraneo, questa
inferiorita fu sommersa a poco a poco dal diffondersi della cultura
comune dell' Asia romana. La romanizzazione della Cappadocia ci e
nota fm dal I sec. a.C. Cesarea, Ia sua cina piu importante, aveva
avuto precedentemente un nome barbarico, Mazaca, rna lo muto in
"Eusebeia" sono il regno di Archelao e in "Cesarea", appunto, du-
rante il regno di Augusto. Subito dopo che Ia regione fu annessa al-
l'impero e divenne provincia, Ia capitale ebbe un tempio in cui si ce-
lebrava il culto imperiale e avevano luogo delle feste in onore del-
l'imperatore: abbiamo testimonianza di alcune sotto Commodo,
Settimio Severo e Gordiano terzo, tra il IT e il ill secolo.
Gli stessi nomi di Basilio e di Gregorio, che incontreremo cosl
frequentemente nelle pagine che seguono, sono greci: Ba~o ~~:
fica "regale" e quindi dov~va es.s~re stato usato d_a una f~ gt~
fortemente grecizzata; panmenn e greco quello di Gregor~o. ( colw
che e desto", "colui che vigila"), che sembra essere stato up1co solo
della Cappadocia. .
La diffusione del cristianesimo in Cappadocta eattestata da al-
cuni awenimenti relativamente antichi, ma di scarso significato. Se
I Padri <Appadoci
6
. 1. Atn· (2 9-11) edetto che alcuni abitanti della Cappadocia
· .neg ro
gtil 1 '
a! miracolo della preeli caz1one
· degl"I aposto1·1 nell e lin-
ISSistettedi. cuno dei presenti, questa fatto, comunque, non puo va-
gue oas dll .... eli ll
!ere come prova dell'inizio e. a cnsuaalmz1z0a0zt)one qu1; ~ regione.
La · epistola di Pietro (mtomo attesta es1stenza in
C pnmdOCJa·a eli pagani convertiti. Tertulliano, nell'A Scapula (3, 1),
~ ··· . "diM A
parlando della persecuzione ~alucrlstlan_a at t:mp1 arc~ udre-
lio 0 Commodo, ci fomisce un tra tesumomanza a propostto e .
1
I'esistenza eli cristiani in quells regione:
«Claudio Lucio Erminiano 1in Cappadocia, quando, adira-
tosi che sua moglie si era accostata alia nostra religione,
aveva maltrattato crudelmente i cristiani e solo lui in tutto
il palazzo, distrutto dalla peste, bolliva fuori i vermi che lo
divoravano, andava gridando: "Non lo sappia nessuno,
perche non si rallegrino i cristiani, o non sperino le cristia-
ne!". Infine, riconosciuto il suo errore, poiche servendosi
della tottura aveva costretto alcuni ad abbandonare Ia pro-
pria convinzione, mori quasi cristiano>> 2.

E., invece, una prova della diffusione eli una forma eli giudeocri-
stianesimo in Cappadocia il culto del "Dio altissimo", praticato dai
cosiddetti lpsistarii o lpsistiani, che prendevano il nome dall' agget-
tivo Hypsistos, 1'" Altissimo". Si trattava eli una setta giudaica epa-
gana insieme, che fiori tra il200 e il400, soprattutto in Cappadocia,
Bitinia e Ponto. Furono Gregorio eli Nazianzo (or. 18, 5) e Grego-
rio eli Nissa (Con/utazione della professione di fede di Eunomio 38) a
ricordame per primi il nome, che tuttavia si trova anche in molte ta-
volette, iscrizioni e oracoli. Questo culto sembra essere derivato da
quello di JHWH Sabaoth, quale era praticato neUe comunita ebrai-
c~e eli ~uei luoghi e da altre vicine. Gli lpsistarii rifiutavano l'idola-
tna e _nc~n?sc:vano il Dio Pantocratore, a! quale, pero, a differen-
za det cnstlaru, non attribuivano il titolo di "Padre". Adoravano il
~~co e Ia luce, seguivano alcune pratiche religiose ebraiche (come
il nspetto del sabato l • rna rifiutavano !a circoncisione.

i Crit;~tore ~ella Cappadocia verso Ia fine de! II secolo (cf. M. Sordi, Roma e
~ l~p. ~;)pp. 215 e 229: J. Spe~gl, Der riimische Staat unJ die Christen,
p. ,~Tenulliano, Opere apologetiche, tr. di C. Moreschini, Citt8 Nuova, Roma 2006,
7

~· ~r~gorio il Taumaturgo
e la cnsuamzzazione della Cappadocia
Le testimo~an~ sto~che e Ia tradizione cristiana (quest'ultima
attestata propno dat Padn Cappadoci) attribuiscono Ia crisrianizza-
zione della regione a Gregorio il Taumaturgo e alia sua predicazione
(~10(213-27~(275). Costui era stato discepolo di Origene e, come ci
rifensce Basilio (Lo Spirito Santo 29), era animato dallo stesso spirito
degli apostoli e dei profeti; quando arrivo nel Ponto vi trovo solo di-
ciassette cristiani, come ci riferisce Gregorio di Nissa (Encomia di
Gregorio t1 Taumaturgo, p. 15, 30'), rna con Ia sua predicazione por-
to a Dio tutto il popolo di quella regione (pp. 53, 23 -54, 1).
I dati storici che lo riguardano si ricavano dalle opere di Basilio
e di Gregorio di Nissa (rna essi, come vedremo, sono frammentari e
spesso interpolati con notizie poco attendibili), mentre pii.t affidabi-
le e Ia testimonianza di Eusebio di Cesarea, il quale scrive (Storia
della Chiesa VI 30) che Origene instillo nd suo discepolo Gregorio
il Taumaturgo e nel fratello di quello, Atenodoro, Ia passione per Ia
filosofia e li spinse a mutare i loro precedenti interessi con lo studio
della verita divina. I due fratdli rimasero cinque anni con Origene
a Cesarea di Palestina (ove questi si era stabilito a partire dal231) e
fecero tali progressi nella religione cristiana che, sebbene ancor gio-
vani furono considerati meritevoli di avere I'episcopato delle chie·
se dd Ponto. AI momento di lasciare il proprio maestro Gregorio
scrisse un Encomia di Origene, pronunciato, a quanto sembra, aCe-
sarea di Palestina, rievocandone l'attivitil. pedagogics e sottolinean-
done I' educazione morale che da lui aveva ricevuto 4 • Alia fine della
sua vita Gregorio avrebbe partecipato a! concilio .di Antiochia del
264 ove fu condannato Paolo di Samosata, un erenco che professa-
va ~a dottrina modalista e adozionista insi~e. . • . . .
Ma il medesimo Gregorio ci da delle notiZie su di se. ~ st ~­
mava originariamente Teodoro ed era nato nd Ponto da geruton pa-

J Citiamo, qui e in seguito, dalla ed?ionh eli Fr. ~C:v~~~ ~=t:


moner, Pars II, cd.iderunt Guntcrus Heil, Jo S::fn~elm M~ Gregorii N~ssmi
mortem Henrici DOrrie voluml~~dre1d:.N: York-Kebenhavn-Kotn 1990, PP· 1-
0pera, volwnen X, tomus , .
57). - h a1 anegirico e stato considerato spurio in tem-
il
4 Va tenuto p~sc:n~e, t;ero, c. e ;a~aturgo [?], Encomio di Ongene, Inuodu--
pi recenti (d~ M. RizZI, llldi Mrc~ Paoline Editoriale Libri, Milano 2002).
z1one, traduztone e note · •
1P.Jri CAppatloci
8
. «i cosnuni della nostta terra erano quelli. d~'e~o~, ~dice
gam ( · nr 48])· questi avevano suffioenn disporubilita eco-
. E,t:011UO
__, suo
.... • •· una
da rocurargli ' buona educaztone.· All'eta' di quattordi ·
0
00~~... p perdette iJ padre e conobbe per Ia prima volta Ia dot-
IIIIDI Tcouoro
. - · ··
che se non sa se per costrtZione o per vo1onta.' ""
..rhe
mna cnsuana, an potevo avere, a quattordio. anru'?» >. Ma, m
. , di · dizio . qua-
capaota .J:uegli Ia avesse appresa- e probabilmente in modo mol-
lunque m . tivo _ si trattava pur sempre di una cosa voluta dalla
to approssuna ell' , . . Ia .
P 'd divina, dato che a qu eta g~unge a ptenezz~ r3g1one
toVY1 enza · IDSISte
· · su quest o pamcoIare:
comune a tutti gli uomini. Gregono
«Fatto, questa, non rrascurabile: riflettendoci, se non nel
passato almena ora, io ritengo un se~o della s~ta e mera-
vigliosa Provvidenza nei. mi~. rigu~di. una tale ClrcostB?za!
cosl ben commisurata 81 nuet anm, di modo che le aztom
precedenti a quell'epoca, che erano frutto dell'errore, venis-
sero attnbuite alia giovane eta, e il santo Logos non fosse af.
fidato invano a un'anima non pienamente matura, rna che,
una volta divenuta tale, non restasse priva, se non del Logos
divino e puro, almeno del timore che da esso ci deriva, e in-
sieme avessero inizio in me il Logos divino e quello umano,
il ptimo soccorrendo con Ia potenza che gli e propria e per
me indicibile, il secondo essendo soccorso>> (V, 51-53).

Non sappiamo se questo incontro con Ia dottrina cristiana sia


stato voluto dalla madre. Comunque, il giovane fu inviato a frequen-
tare una scuola di retorica, che abbandono in giovane eta in seguito
ad una vicenda inaspettata. Suo cognato era esperto di diritto ed era
stato chiamato dal govematore della Siria, che voleva servirsi dei suoi
consigli: bisognava, quindi, che si recasse da lui. Insieme alia moglie,
egli prese con se Teodoro e suo fratello, e tutti si recarono a Cesarea
a spese pubbliche, con un soldato di scorta; Teodoro, veramente,
~~ intenzione di recarsi a Roma per studiare il diritto, rna Ia sua
Vlta,.m quel.?'odo, cambia inaspettatamente: in ogni caso, poteva re-
cars.t non ptu a Roma, ma a Berito, in Fenicia ove esisteva una fio-
~ ~Ia di diritto. Teodoro accetto I'offe~a del cognate e com-
~ V18gglO ~ spese pubbliche, come si conveniva ad una persona di
ata condizione sociale. Ma certamente non era stata programma·

'TrocluDone diM. Rizzi (Gregorio ll Tawnaturgo (?], Enromio di Origene, cit.).


I. 1.4 CapptJdtx;a critti4ntJ

ta da Teodoro nemmeno l'occast'one di.mcontrare 0 ngene, . il gran-


d I
e etterat~ ~ asceta cristiano, che viveva a Cesarea di Palestin co-
me sopra st e deno, e che godeva di una unm' . a,
. ensa reputaztone - no-
nostante Ie persecuztoni anticristiane _ in tutt il d ed
anche fuori di In . o mon o pagano,
. , ~so. contrato Ongene, Gregorio ne frequento Ia
s~ola per ptu di otto anni, e, quando Ia lascio, scrisse quell' Encomio
di cut abbuu?o parlato. Ma, soprattutto, era cambiata Ia sua forma-
ztone: ~ra d~venuto Cristiano entusiasta e da allora si dedico alla
evangelizzaztone della regione in cui era nato.
Inso~a, Gregorio. narra tutti gli avvenimenti della propria vita
~o a! pen?do del soggtomo alla scuola di Origene, dando !oro una
mterprer:wone provvidenziale; possiamo quindi ipotizzare che egli
fosse mcline a vedere Ia presenza di Dio anche nel resto della sua vita.

3. Gregorio il Taumaturgo
nella tradizione agiografica dei Padri Cappadoci
Nel N secolo quando su Gregorio scrissero Basilio e Gregorio di
Nissa, da un lato si era oramai formata una tradizione agiografica, dat-
I' altro contribul a rafforzarla lo stesso Nisseno, che, scrivendone un
encomio in forma di biografia, interpreto i dati storici relativi a lui: da
qui il problema di far corrispondere tra di !oro Ia storia e I'encomio.
Cosi, tra gli altri fatti, il Nisseno tace il nome del fratello di Gregorio,
Atenodoro, e il suo essere stato anch'egli discepolo di Origene, ed in-
fine vescovo del Ponto: forse era stato consacrato vescovo dal fratello,
secondo I'abitudine di attribuire le cariche ai membri della propria fa-
miglia, che ancora era viva nella Cappadocia del N secolo.
E verosimile che il Nisseno avesse avuto alcune notizie su Gre-
gorio il Taumaturgo e sapesse quanto era stato importante peril cri-
stianesimo di Cappadocia grazie a sua sorella Macrina, o, comun-
que, aile persone della sua famiglia. Costoro, a !oro volta, le aveva-
no apprese dai racconti dei cristiani delluogo, dai "vecchi" che ri-
cordavano quanto era successo. Quei fatti, pero, risalivano a piii di
cento anni prima: un periodo di tempo lunghissimo, nel ~rso d~
quale Ia mentalita tipica dell'agiografia aveva avuto tempt e modi
per svilupparsi. . . .
Anche Ia nonna di Basilio, di nome Macrma, era stata cnsnana,
probabilmente perche era stata educata dai discepoli di Gregorio il
Taumaturgo, come ci attesta Basilio (ep. 223, 3):
I Patlri CAppadoci
10
" ell dottrine su Dio, che io ricevetti fin da bambino
.....,a qu e · dalla M · ·
da mia madre di beata memona ~ nonna ac~a, to
le conservai e le accrebbi entro di ~e. Non le carnbt~ con
altre di volta in volta diverse, ~o~ il cr~cere della ~agtone,
rna portai a perfezione i princtpt che mt erano statt conse-
gnati da loro».
Tra gli excerpta della Phi/ocalia, di .cui.parleremo .Po! (p. 245), vi
· pane di una letters che Origene mVIo a Gregono il Taumatur-
:O~f~rse, se scelsero quella.lettera,. Basilio e G~egorio .Nazi~zeno
lessero anche il suo Encomto dt Ongene. Quest! legarnt con il Tau-
maturgo emergono anche da altre due .lettere di Basilio (~pp. 2~4, .2
e 210 3 dd 376), nelle quali egli sottolinea come Ia proprta farntglia
dipe~desse da quella tradizione. Pochi mesi prima. Bas~io aveva
scritto il trattato Sullo Spirito Santo, nd quale aveva msertto parole
di encornio per Gregorio (29, 74), volendo far presente che esisteva
una tradizione ininterrotta, di teologia e di pratica di culto, che ri-
saliva fino a lui.
All'intemo di questa tradizione di fede ortodossa si colloca il mi-
tacolo dd "credo" di Gregorio il Taumaturgo. Che Ia sua predicazio-
ne richiedesse una sua formula di fede -Ia quale formula doveva es-
sere vera, perche proveniente da un santo - era cosa necessaria, in
quanto il Ponto era allora tormentato - proprio come ai tempi dd
Nisseno, il quale ci riferisce qud "credo" - dagli scismi e dalle eresie:
ebbene, Ia formula dd credo g1i fu ispirata da personaggi divini. La
scena in cui Gregorio apprende il simbolo di fede e accuratarnente
preparata e lungarnente esposta nei dettagli (Encomia di Gregorio,
pp. 16, 15 - 17, 22). Una none, mentre egli era nd pieno delle sue ri-
flessioni, gli apparve un vecchio, vestito da vescovo, che nella grazia
dd viso e nell' atteggiarnento mostrava i segni di una grande virtu.
Gregorio, meravigliatosi, gli chiese chi fosse e per quale motivo fosse
venuto. ll vecchio lo tranquillizw con Ia sua voce serena e gli disse
che eta venuto per volonta di Dio, perche fosse mostrata a Gregorio
Ia ~ fede. quesu si fece coraggio e lo guardo con gioia mista a stu-
~~; 1altro gli tese Ia mano e g1i indico un' altra persona, in abito fem-
minile. Orarnai Ia stanza era tuna invasa dalla luce, nonostante che
f~ non.: fonda, tanto che Gregorio non era in grado di tenere aper-
occh!·
a gli Egli, quindi, pore solamente ascoltare quello che le due
~ ~cevano conversando tra di !oro, e grazie ai !oro nomi pote
captre chi erano: Ia figura in vesti femminili gli rivdO che I'altro per-
I. Lt C4ppadoci4 crisiUzna 11

sonaggio era I'apostolo Giovanni, che esorto ad esporre Ia formula


della vera fede. Giovanni, a sua volta, disse che ben volentieri avreb-
be fatto quel favore alia Madre del Sigoore •, se lo desiderava; e cosl
fece. Gregorio immediatamente mise per iscritto Udivino mistero, lo
annuncio nella chiesa di Neocesarea del Ponto e lo lascio come ere·
ditii (tale ereditii e, appunto, nel racconto del Nisseno, Ia fede sua e
dei suoi amici di Cappadocia). Quell'insegoamento era stato un dono
di Dio, grazie a! quale fino ai nostri giorni (dice UNisseno) Upopolo
eeducato da quei santi personaggi, rimanendo indenne da ogni per-
versitii eretica. Ecco, dunque, le parole del mistero, <<che si trovano
incise di sua mano, ed ancor oggi si conservano, nella chiesa di Cesa-
rea; le tavole sulle quali eg)i scrisse possono gareggiare con quelle co-
struite da Dio, quelle della Legge data a Mosb> (19, 7-8):
<<Un solo Dio, UPadre del Logos vivente (... ) genitore per-
fetto di un essere perfetto, padre di un Figlio unigenito. Un
solo Sigoore, solo da solo, Dio da Dio, impronta e immagine
della natura divino, Logos operante, Sapienza che abbraccia
Ia sussistenza dell'universo e potenza fattrice di tutta Ia crea-
zione, figlio vero di padre vero, incorruttibUe di incorrutti~i­
le, immortale di immortale, etemo di etemo. Un soloSp~~o
Santo, che ha I'esistenza da Dio e apparso att~verso UFt~?
(... ) immagine perfetta del Figlio p_erfetto, vtta ca~sa det vt·
venti, santitii donatrice di santificaztone: nel qu~e e r~o ma-
nifesto Dio il Padre, che ea! di sopra di tutti. e m tutti, e nel
quale e reso manifesto Dio il Figlio, Uquale e attravers? ~t­
ti. Trinitii perfetta, non divisa e. ~on estrantata a! proprto m-
temo nella gloria e nella eterruta e nel regoo>> (17, 23 - 18,
25).
d ? Ri ale effettivamente a! Tau-
Quanta e autentico ques~? ~r~ 0 i~ile erche esso e chiara-
maturgo? A nostro parere, c~o e. unposals con~~stanziale del Figlio e
. t alia teologta rucena, I . ..
mente unpron a10 . d . C padoci cioe ad una teo ogta ptu
a certi aspetti della d?t~a et ·~he si tr~tti di una falsificazione?
tarda. Dobbiarn? qutn 1 pensa~elaborazione, a cui dette U crisma
Probabilmente st tratta di ~· di • credo • originario, formula to
defmitivo il Nisseno medesuno, un

0 di Ulill• donna: osnuno dei due rivela il nome dell'ol·


6 Ecco, dunque, il nome q
tro. in segno di rispeuo.
12
dal Taumarurgo. Costui, se mai ne sc?sse uno, lo ~vra composto se-
condo 1e dourine del suo ~~~;aestto O':'gene. In ogru caso, questa non
fu, crediamo, una falsifiC8Zlone cos?en~e. . .
Un episodio significativo della ".'ta ~ G~':'o deve ~sere _mter-
pretato come iJ riflesso delle co?ceztoru che il NJSS~o ed_ 1 suo_1 ami-
ci s-vevano a proposito della Otiesa. (36: 11 · 40: 13) . ~ cns.uaru ~ella
cirri di Comana invitarono Gregono a mtervenJte ~ell elez~one di un
vescovo: questa cottisponde a quello che avven1va nel IV secolo,
quando i vescovi delle sedi vicine si radunavano per procedere alia
nomina in una sede vacante. Cosl era avvenuto ai tempi dell'elezione
di Basilio, ed il Nisseno doveva ticordarselo bene: dunque, i signori
del Ponto avevano scelto un !oro candidato di alto lignaggio, ma Gre-
gorio gli preferl un povero carbonaio, di nome Alessandro. Costui ri-
sulto essere un filosofo, pur nella sua misera veste dellavoratore, e fu
in grado di parlare il greco delle persone colte, anche se non secondo
le regale dell'atticismo, cioe del purismo linguistico ammirato nella
culrura greca dell'era imperiale. Gregorio, infatti, prese sui serio le in-
tenzioni derisorie dei notabili del luogo e interrogo que! carbonaio
per meglio conoscerlo; si accorse allora che non era un carbonaio di
mestiere, ma un uomo colto e di condizione agiata, che aveva abbrac-
ciato quella vita umile per desiderio di ascesi, non perche vi fosse sta-
to costretto dalla poverra. Di conseguenza il Taumaturgo lo consacro
vescovo immediatamente. Quindi, una persona che pratica I'ascesi e
il vescovo migliore: poteva essere tale sia Basilio sia lo stesso Grego-
rio di Nissa, e anche Gregorio di Nazianzo non Ia pensava diversa-
mente: lo si ticava da quanta avvenne in occasione della intronizza.
zione di Basilio a vescovo di Cesarea.
ll primo uomo facoltoso che concesse a Gregorio l'uso della sua
~a fu un cerro Musonio (26, 13 ): nell'epoca del Nisseno e di Basi·
lio, un uomo dello stesso nome era vissuto a Neocesarea, come ve·
scovo di quella citra. Basilio lo nomina con parole di lode, ricordan-
do che «aveva conservato Ia tradizione (paradosis) del grande Gre-
g_orio e dei suoi successori» (ep. 210, 3). La chiesa del Taumaturgo
st conservo, quindi, fino a! IV secolo.
ScoppiO poi Ia persecuzione di Decio, descritta dal Nisseno con
roni e colori fortemente rerorici (44, 22ss.). In que! frangente il Tau·

7 ~':""! di quosti dettagli biografici sviluppano e interpretano dal punto di vista


cW_Ia .~ sucassiva quanto era &tato indicate daR Lane Fox, PiliP"' e
c:nm.m. tr. Jt., Laterza, Bari 1991, pp. '60-191.
I. La Cappadocia cristilma 13

matu~g~ co~~glio ai cristiani eli fuggire (47, 2ss.): cosi fecero gli an-
t~atl dt Basilio; Gregorio aiuto i fedeli con le sue preghiere (49-50).
Evtdent~ente non fu martitizzato, e le sue reliquie non divennero
oggetto eli culto, cosa su cui il Nisseno sorvola.
AI ritomo della pace, il Taumaturgo, come un vescovo istituzio-
nale, cerco di instaurare in tutta Ia regione delle feste in onore dei
martiri che si erano sacrificati durante quella persecuzione (52, 24 -
53, 18). Evidentemente il ritomo della pace restituisce agio e tran-
quillita alia predicazione di Gregorio e alia organizzazione della
prassi cristiana. «Assegnando alcuni carpi dei martiri ad un luogo
ed altri ad un altro, i cristiani si riunivano ad ogni anniversario e si
rallegravano nel celebrare le feste in loro onore». Dunque, erano
stati i vescovi ad incoraggiare il culto dei santi e dei martiri in Cap-
padocia. Gregorio aveva introdotto quelle celebrazioni, dice il Nis-
seno, perche i convertiti avessero qualcosa che sostituisse le feste
pagane a cui essi erano stati avvezzi fino ad allora:
<<Ecco ancora una testimonianza della sua grande saggezza:
egli conformava ad una vita nuova tutta Ia folia della sua ge-
nerazione (. .. ). Egli li aveva strettarnente assoggettati ai freni
della Iegge e della conoscenza eli Dio, rna permetteva a quel-
li che g1i erano sottomessi eli prendere sotto il giogo della fe-
de un poco eli gioiosaliberta. Egli infatti aveva osservato ch~
Ia parte infantile e ignorante della folia restava attaccata agli
errori della idolatria per Ia soddisfazione del proprio corpo.
Per assicurare, per il momenta, l'essenziale a loro riguardo,
affinche essi avessero g1i occhi fissi in Dio e non sulle v~e su:
perstizioni, Gregorio li spinse a festeggiare Ia memona det
santi martiri nella gioia, nella esultanza e ne!Ja all~rezza. ~
il passar del tempo, gli uomini sarebbero diven~u ~· ~ pm
seri e piu regolati, tanto piu che sarebbero stau ~dau dalla
fede. E proprio questa avvenne loro, per l~ .massun.a ~arte:
perche rutte le loro soddisfazioni si ~ 0. nurate dai ptacen
del corpo per volgersi alia gioia dello spmto».

L'istituire delle feste in onore dei martiri appariva dunque. co-


·one fatta aile abitudini inveterate della popol8Z1one
me una concessl . d · d con
locale ed un procedimento pe~a~og.tcd es~to :;:d::-cien-
l'aiuto del tempo, Ia folia dei cnsuanl a una ptu p
za morale.
I Padri Capp.Jnci
14

1n conclusione, i racconti dei rniracoli dd Taurnarurgo recano


Corse qualche offesa _all~ realt~ ~torica, c~me ~opra si e detto •; ma,
ella fine, nei racrontt agtografict, Ia realta stonca non deve costitui-
re un ,iJOlum: quello che interessa e il formarsi di una tradizione
agiografica attomo a Gregorio, il quale era stato inizialmente cono-
sciuto rome un personaggio storico concreto, cioe come discepolo
di Origene, e aveva acquistato rilevanza politica, sl da diventare iJ
vescovo che aveva cristianizzato Ia Cappadocia.

4. D cristianesimo in Cappadocia nel IV secolo


Dopa Ia morte dd Taurnaturgo, anche in Cappadocia ha luogo
!'ultima persecuzione anticristiana, scatenata da Diocleziano e prose-
guita da Galerio. In qudla occasione erano stati uccisi i quaranta sol-
dati che appartenevano alia l..egio XII Fulminata, di stanza nell'Anne-
nia, e che divennero poi famosi come "i quaranta martiri di Sebaste";
il Nisseno li cdebra con un'omdia dd 383. Basilio fu interessato alia
tradizione martiriale fin dai tempi ddla sua fanciullezza, essendo tale
tradizione bene innestata nella storia della sua famiglia. Emmelia, sua
madre, aveva fatto traslare nella proprieta avita di Annisi, nd Ponto,
le reliquie di quei martiri ed aveva eretto un sanruario, inaugurando,
quindi, illoro culto ndla regione (cf. Gregorio di Nissa, Panegirico
per i Quaranta Martiri 3). ll Nisseno fara seppdlire i genitori e Ia so-
rdla Macrina in qud santuario (Vita di Macrina 13; 34-35).
Probabilmente anche Basilio pronunciii in onore dei martiri lo-
cali dei discorsi cdebrativi, che perii non ci sono pervenuti: sappia-
mo che Cesarea venerava il martire Eupsichio e che Basilio lo aveva
cdebrato, rna non abbiamo nessun panegirico su di lui. Un mese
prima della cdebrazione dei Quaranta Martiri, il Nisseno festeggio
con un'omdia, ad Eucaita, nd Ponto, il martire Teodoro.
Basilio nell'omdia Sul santo martire Mamante celebra un marti-
re ddla campagna, non ddla citta di Cesarea: per noi e sconosciuto
(!o stesso panegirista non dice niente di lui e della sua famiglia) rna
doveva essere assai venerato in Cappadocia. Morl probabilmente
durante Ia pessecuzione di Auseliano (270-275). Mamante era un

8 Ne parlbuno pill diffusamente in Gregorio it Taumaturgo e lo cristitJniUil'f'ont


Mil'AM MU.ore, in P. Castelli (ed.), Tauftl4turgi4 e miracoli tra Alto e Bass? Medtoe'VO·
P#wpetttiJe 111tJodolotiche JZ.tnertlli e casistiche locali. Plsa 2008 (in corso dt suunpa).
I. LA CApptJdocio t:ri~titJna 15

pastore, ricordato anche da Gregorio Nazianzeno (or. 44). Fu so-


~rattutto per adegua~i alia psicologia semplice dei suoi ascoltatori,
m pane ancora legau a concezioni idolatriche assai difficili da estir-
~are, c~e ~asilio diede Ia propria adesione a qud culto. Ndla ome-
lia su d1 !01 (PG 31, 589ss.) Basilio apettamente incoraggia Ia pre-
senza della leggenda nelle azioni del culto attraverso I' amplificazio-
ne orale circa le apparizioni nd sogno, le guarigioni e gli interventi
taumaturgici operati dal mattire. «Basilio appare qui battere una via
del tutto opposta a quella per esempio seguita da Agostino in Afri·
ca qualche decennio piu tardi, che intese documentare rigorosa·
mente per iscritto le aretalogie ben testimoniate e autentiche delle
reliquie del protomartire Stefano servendosi di libelli, cf. August.,
»'
Civ. Dei XXII 8 ... (Girardi). Anche Gregorio Nazianzeno (or. 5,
Contro Giuliano, 665ss.) subito dopo Ia motte di Giuliano aveva ri-
ferito un presunto miracolo - auspicio di san Mamante, che aveva
pero un chiaro significate politico: Giuliano fanciullo, relegate in
Cappadocia, avrebbe ripetutamente tentato di costruire una torre
sui sepolcro di san Mamante e ogni volta Ia torre sarebbe crollata.
Questi santi minori e poco conosciuti mostrano che, nonostan-
te Ia forte grecizzazione dell' Asia Minore, gia avviata da tempo, una
civilta locale doveva esistere ancora, nella Cappadocia e nel Ponto
del IV secolo. Del resto, nonostante secoli di influsso del greco, od-
Ie regioni montagnose dell'intemo si continuava a parlare illinguag-
gio locale. . .
Ci si puo domandare se l'uditorio dei CappadoCI fosse m g~ad?
di cogliere le sfumature e le qualita letterarie d~a !oro or,ato~a;. il
Meredith si sofferrna a discutere il problema e nnene che I uditon~
della Cappadocia fosse piu angusto, piu_ pr_o~ciale e meno colto di
quello di altre regioni. Questo e verosimile: il Mommsen afferrn~
che Ja conoscenza del greco in Cappadocia, nd IV secolo, era coSJ
poco profonda come Ia conoscenza del francese nd Brandeburgo
del XVIII secolo, sotto Federico il Grande 10 •

. d. · · dell Cappadocia ci e fomita da M. Girardi.


9 Un'ampia trattwone el marun a , raditio Quademi di
.. d · C ·t /Jo dei martiri n~l IV s«<Oc. Scrti/UrtJ e 1 . "~· . . . ·
&mlw I e:a'!a e 1 cu . 1990, Basilio di Ccsarea. I marlin. Panegma fJe' G'*:
o~<Vetera crd~rlStUtnOl~~ ~~s1 • ~~~e: MtJ:nante lntroduzione, traduzione e note a cura di
litta, Go 10, 40 so aall al euus • •
M. Girardi, Citti Nuova, RC?ma 1999-fh three Clppat/ot:illns on &ne/icetlce: A key to
IO Grato d_a A. Meredith, ghSJ,;;, .:d P. Allen (edd.), Prt.cher and A.Jience. Sto·
their Aud1ence, ~~.B. CJWU>Bltl 1 . Homt1etics Brill Leiden-Boston-KOln 1998, PP·
dies in Early Chmuan an yum me , '
89-IOJ, p. 90.
I Padfi C.ppadoci
16

E comunque, benche isolata, snche qu~a region~ fu coin~olta,


fin dalla meta del IV secolo, no:Jie lotte religtose suscrtate dall aria.
· 0 e nei contrasti culturali che lo accompagnarono. Meno di
~=anni prima che Basilio comincias~e Ia s~a attivita .le.tteraria e di
tealogo, gi& un altto Basi?o, vescovo di Ancrra, no:JI~ vtcma Galazia,
si era dedicato alia questtone della sostsnza del Figlio.

5. La struttura della Chiesa della Cappadocia


Nella sua struttura istituzionale Ia gerarchia ecclesiastica, a par-
tire dal IV secolo, rispecchio quella della amministrazione munici-
pale ed im.periale. Ogni ciua aveva un vescovo e le "province" del-
la Chiesa generalmente corrispondevsno aile province dell'Impero;
Je citt3 piii intportsnti erano di solito anche le sedi metropolitane e
i vescovi spesso si inconuavano in concili provinciali. Anche le con-
suetudini dei Padri Cappadoci nella amministrazione della !oro
Chiesa (ad esempio per Ia successione episcopale) non furono di-
verse da quelle della prassi della societa pagana. Nel procurarsi gli
uffici starali, lo suumento piii idoneo era il patronato fomito dai pa-
renti, dagli amici e dai legami con altri magistrati, talvolta con lo
stesso imperatore: queste esigenze potevano influire anche sull' ele-
zione del vescovo. Nella scelta dei sacerdoti i Cappadoci piii di una
volta proclamano di non lasciarsi influenzare da motivi esterni:
l'esempio da seguire era, secondo !oro, quello di Gregorio il Tauma·
turgo, del quale abbiamo parlato sopra. Ma all' atto pratico anch' es·
si debbono riconoscere che il pauonato ha un ruolo importante nel·
Ia selezione non solamente dei vescovi, rna anche dei chierici. Uno
dei sostenitori di Basilio, Gregorio Nazianzeno, accenno al fatto che
Basilio non riusci a divenire vescovo di Cesarea nel362 a causa de·
gli inttighi organizzati da famiglie rivali e dalle fazioni che si uova·
vano in quella ciua. Piii tardi, nel370, Basilio subentro nell'episco·
pato a! defunto Eusebio non senza conuasti intemi ai clan della ari·
stocrazia fondiaria locale e a! clero che in larga misura ne proveni·
va, sp~ti dall'infima plebaglia urbana; oppositori irriducibili
della candidatttra basiliana furono due suoi stessi congiunti, lo zio
paterna Gregorio, presule di una sede non identificata e Atarbio,
v~o di Neocesarea (d. Gregorio Nazianzeno, or. 43', 37).
. Divenuto vescovo metropolitano Basilio non ebbe remore a no·
mmare vescovi il fratello e I' amico G~egorio. A Nazianzo, il vescovo
I. 1.4 Capp•JDci. cristi4nQ 17

Gregorio il Vecchio consacro suo figlio prima sacerdote e poi suo ve-
scovo coadiut~re.. ~po ~_sua morte Ia sede eli Nazianzo rimase va-
cante per quas1 <l:ie~ ~: il clero e il popolo ritenevano ovvio che il
successo~ f~sse il figlio eli Gregorio il Vecchio, nonostante che allo-
~ non IISle esse. a ~azianzo: quella sede era considerata appannag-
giO della sua famiglia. L~ scelta di nuovi vescovi, quindi, poteva esse-
re sott~posta alle ?'edc;s1me pressioni che detenninavano Ia scdta dd-
le ~aglstrature ~nadine, nella amrninistrazione imperiale. I.: aristo-
craz~a locale cons1derava ovvio intervenire nelle successioni.
D' altra pane, I'dezione episcopale poteva awenire anche per
mezzo del consenso popolare (sia in Cappadocia sia nd resto dd-
l'~~ero: sono esemplari le vicende di Ambrogio, nominate vescovo
di Milano, e quelle di Sinesio, eletto vescovo eli Tolemaide): si tratta-
va di una tendenza al reclutamento episcopale all'intemo delle elites
cittadine, proprio in considerazione dell'attivita effettivamente svol-
ta nell'interesse della collettivitil e in vista di un'influente protezione
in futuro. Nella epistola 28, scritta per commemorare Ia motte di
Musonio, vescovo di Neocesarea (sulla cui imponanza giil si e det-
to), Basilio sottolinea non solamente I'attivita strettamente ecclesiale
del defunto, rna anche quella da lui svolta nell' ambito della societil,
si che i lavoratori avevano perso illoro difensore ed i bisognosi il
n e
promotore delle azioni di carita. vescovo defuoto chiamato con
dei termini che indicano il patronato di carattere politico.
Gregorio il Vecchio, il padre eli Gregorio Nazianzeno, non aveva
sofferto durante Ia persecuzione eli Diocleziano, a differenza eli quan-
to era successo agli antenati di Basilio.Inoltre, egli aveva ben compre-
so il mutamento della situazione verificatosi con Costantino, e aveva
visto che l'imperatore era favorevole ad estendere il suo sosregno ai
vescovi. Cosi, in pochi anni, dopo il battesimo egli elivenne vescovo
di Nazianzo. Secondo il giudizio eli suo figlio, siccome egli aveva ere-
ditato una chiesa che allora era in rovina, era elivenuto il responsabi-
le della diffusione della comunita cristiana. Per quarantacinque anni
Gregorio il Vecchio resse Ia citta come vescovo, elivenendo effettiva-
mente il fondatore della comunita cristiana delluogo. La stona della
citt8 si era unita alia storia della sua famiglia. Questo fatto eli caratte-
re "spirituale" ebbe un coronamento tangibile con Ia _costruzio~e eli
un monumento pubblico: si trattava di ~a nuova chi_esa, Ia. cw co-
struzione fu iniziata proprio da Gregono. La cost~one ~ nu~
chiese - in tutto il territorio dell'Impero - ~ Ia -~~~om: ptu
evidente dei mutamenti awenuti con il radicars1 del cnsaanesuno.
1 P•Jrt' C4p{J6Joci
18

Precedenremente j nobill locali avevano usat~ I~ loro ~cchezze per Ia


costruzione eli eelifici pubblici (bagru, port!CJ, teatrt, templi, stadi
ecc.): tutto questo stava andando in rovin~ ~a -~e dell'Impero, e, a1
suo posto, si ergevano edifici della co~unit_a c~stt:ma. An_che Basilio,
una volta stabilioosi a Cesarea, cost~ degli edific1, c?e
dipendevano
dal continuo sostegno finanziario di un gruppo ascettco.

6. La societa cristiana della Cappadocia


La societi della Cappadocia cristiana non presenta, nel IV seco-
lo delle caratteristiche che Ia contraddistinguano in modo particola-
re' da quella delle altre regioni. Gli stessi ideali ascetici e le stesse ne-
cessit3 sociali, che erano tipici della Chiesa gia da alcuni secoli, si era-
no fatti ancora piu marcati. Un dettaglio non secondario riguarda Ia
condizione della donna. La madre di Basilio, Emmelia, rimase vedo-
va in un'eti relativamente giovane. La cosa piu normale, allora, sa-
rebbe stata che Emmelia passasse ad un secondo matrimonio, rna in
un ambiente eli severo ascetismo, come era quello della sua famiglia,
essa preferl mantenersi nella vedovanza. Tale condizione, comunque,
non era facile per una donna che non fosse di elevata condizione. Sia
Basilio sia Gregorio Nazianzeno scrivono delle lettere di incoraggia-
mento e eli aiuto a delle vedove, sulle quali e sui cui figli si erano ri-
volte le mire e gli interessi eli pretendenti che cercavano di estorcere
!oro del denaro: una di queste fu Ia nipote di Gregorio, Alipiana, il
cui marito, Nicobulo il Vecchio, era mono intomo al 380. Le vedo-
ve erano esposte alia cupidigia dei funzionari delle imposte e di altri
ufficiali pubblici. lnsomma, molte di esse erano costrette dalle neces-
sit3 economiche e sociali a contrarre un secondo matrimonio.
Ma I' ambito nel quale Ia Chiesa di Cappadocia esercito una
grande influenza fu quello della beneficenza pubblica. Provvedi-
menti a favore dei poveri non erano, per Ia verita, qualcosa di asso-
lutamente nuovo nell'Impero romano. Essi erano affidati normal-
mente ai govematori delle province e, Iii dove era possibile, ai citta-
dini ricchi del paese, che se ne assumevano I'onere (il termine greco
era "1tourghia, cioe "servizio"): si trattava, in ogni caso, di provveeli-
mentt che avevano sempre qualcosa di saltuario e potevano contare
su di un sistema organizzativo non esteso ne efficiente, a differenza
di quanto si verifica (o si dovrebbe verificare) nel mondo modemo.
Le "liturgie" sono frequentemente ricordate nella letteratura pagana
I. La CtlppadociJJ crisliana 19
di
d ambiente
· fu 1,. greco a partire dal II seco1o; contemporaneo ai Cappa-
octdi unperatore Giuliano, il quale, educato cristianamente rna
potdellvenuto apostata
d, . della £ed e d urante il suo breve regno, si ricor-
?. . e opere .camatevoli della Chiesa da cui si era staccato e cercii
di lillltalarle. Scnvendo ~d Arsacio, sommo sacerdote della Galazia in-
tomo 362 (ep. 84 Btdez, 430D), cosl si !omenta:
«E ~'indegnita che nessun giudeo abbia mai bisogno di
mendtcare e che gli empi galilei n diana iJ lora sostenta-
~ento non solo. ai lora poveri, rna anche ai nostri (i paga-
m), men~re tutu vedono che Ia nostra gente abbisogna del
nostro amto».

Dunqu~, l'impegno caritatevole nei confronti dei poveri era una


cosa di penmenza della Stato romano. L' attivita della Chiesa cristia-
na in questa campo, parallela a quella delle comunita ebraiche, non
fu, del resto, qualcosa di nuovo: essa rientra a pieno titolo nella sua
storia, nel suo insegnamento e nella sua natura. Ora le vicende so-
ciali della Cappadocia ci forniscono un'interessante documentazio-
ne della beneficenza ivi attuata dalla Chiesa, e noi Ia conosciamo
proprio grazie a quanta scrivono al riguardo Basilio e g1i altri. Essi
Ia richiedono con insistenza ed energia, sottolineando il dovere di
ogni Cristiano di essere unito al povero, nel quale e presente Cristo.
Con varie omelie rivolte al popolo, infatti, i Cappadoci ci fanno co-
noscere Ia situazione drammatica in cui versava Ia lora regione nel
corso di una carestia che l'aveva colpita nel368-369, anche se dob-
biamo immaginare che qualcosa di analogo sara avvenuto in ogni
pane dell'Impero: ad esempio, le omelie del Crisostomo ci informa-
no delle condizioni della societa e dei poveri ad Antiochia. Ed ein-
teressante notare che in tali omelie i predicatori non fanno nessuna
distinzione tra pagani e cristiani, rna ritengono che tutti siano degni
di aiuto, come aveva osservato sdegnato l'imperatore Giuliano nel-
le parole che abbiamo or ora ci~ato.. . . . .
Appare a noi moderni cosa msolita. il fatto c?e
1 ~rob!~ donn-
nali non restassero circoscrirti al dibatuto esotenco di pochi compe-
tenti: nelle citta essi suscitavano un appassionato interesse anche ali-
vello popolare (questa non sol?. in Cappadcx:ia: rna .anc!'e a ~ostantl­
nopoli), quasi come le corse alltppodromo e 1 gtochi det dadi (Grego-

11 Cioe i cristiani.
I P•tlri C4p(Jildoci
20

rio Nazianzeno, or. 43, 15); anche l'uditorio di Cesarea aveva preferi-
to asco1we Basilio invece che continuare a giocare ai dadi (cf. Ome-
/ie sr~ll'Esamerone vm.8) - e pure non mancano, sempre nelle orne-
lie di Basilio,lamentde e rimproveri nei confronti dei cristiani, distrat-
ti, incuranti e male educati. -. questa popolo ~ fed eli, .c?munque,
non era costituito dai mendicann e nemmeno da1 contadini, che era-
no presenti solo occasionalmente in citt~, bensl _d~ appatte_nenti ai
ceri produttivi, che non erano dd tutto illetteratt, da1 bottegaJ e dagli
artigiani; un pubblico che si riteneva cristiano, ma che raraJnente era
battezzato; capace anche di manifestare Ia propria disapprovazione 0
noia con cenni, brusii o sbadigli durante le prediche del vescovo, e
tuttavia dotato di una non trascurabile capacita di comprendere e di
seguire iosegnaJnenti anche ardui. Nelle Omelie sull'Esamerone Basi-
lio menziona g1i artigiani, i lavoratori con i figli e le mogli, che lo ascol-
tavano, fabbri, catpentieri e cuoiai, i quali con fatica riuscivano a rita-
gliarsi dalle attivitii quotidiane un poco di tempo per ascoltare Ia pre-
dica dd vescovo, discutendone poi in famiglia durante il pasto serale.
Era Ia preoccupazione di farsi comprendere da costoro quella che ca-
ratterizzava un cetto aspetto della predicazione di Basilio 12.

7. Chiesa e Stato in Cappadocia


Che lo Stato intervenisse nelle vicende della Chiesa, e lo ritenes-
se suo diritto e suo dovere, dopo che Costantino aveva manifestato
il suo favore per essa, ecosa nota. Ed e altrettanto noto che lo fece
piu ~olte nd corso delle controversie religiose dd IV secolo. Cosl
Basilio fu accusato (nd 370) davanti al govematore dd Ponto: gia
vescovo, era stato fatto oggetto di calunnie relativaJnente a una sua
~~a indebita nella ainministrazione pubblica, dowta alia sua
attiVIta, per aver costruito edifici destinati ad ospitare i poveri (cf.
ep. 94). In s~t? a questo, come racconta Gregorio di Nazianzo
(or. 43, 56-S?l,J_o~dini inferociti insorsero in sostegno dd loro ve-
scovo: tra di ess1 S1 notavano soprattutto gli artigiani e le donne dd
popolo. Costoro, infatti, osserva il Nazianzeno, «sono tra i piu seal-

~2(! L. C~co ~~· I vescovi e il dinamismo sociale nel mondo citla~ino ~i


~ . urea,m Baszlw til Cesarea. La sua eta Ia sua scuoia Ia opera e tl btlst·
SUil
di s.::dfllllliiiUSIId,
in SidJi4! Atti del Congresso internazio,;rue (Messina ).6 XII 1979), Centro
Messina 1983, pp. 97-124.
I. L4 Cappotbxi4 cristion• 21

<!ati e p~nti .ad effettuare disordini di tal genere per Ia libertio e Ia


licenza di cw godono, nonche per Ia disponibiliti di armi da loro
stessi fabbricate». Di conseguenza Ia folla onenne Ia liberazione di
Basilio, che vedeva come un suo protettore e un suo benefattore di
&onte a! disinteresse delle autorita pagane.
E infatti, Basilio intetvenne, a sua volta, presso le autoritil statali a
vantaggio dei cinadini di Cesarea, nd 372, per onenere una dilazione
ndla ris~ssione di una tassa, per Ia quale non si era arrivati in tempo
a raccogliere Ia somma necessaria (cf. ep. 88). Insomma, Basilio sem-
bra avere assunto Ia funzione che un tempo era propria dell' aristocra-
tico pagano, cioe qudla di essere patrono e benefanore ddla cina, e
sopranuno dei ceti attigiani e lavoratori. Sempre dd 372 euna lenera
(n. 104) a! prefeno dd pretoria per I'oriente, Modesto, ndla quale egli
chiede di alleggerire il ttibuto sulla produzione dd ferro ndla provin-
cia dd Ponto. Secondo Cracco Ruggini, quindi, Basilio, nonostante
che appartenesse ad una aristocrazia terriera e I'economia della Cap-
padocia si basasse sopranuno sulla agricoltura, era piu interessato ai
problemi dd ceto attigianale e cinadino. I problemi fiscali ed ammi-
nistrativi ddla Cappadocia, i rapporti tra il potere cennale e Ia perife-
ria dell'Impero, runavia, interessano - anche se non possono essere
dd tutto trascurati - altre tematiche di ricerca, alle quali rimandiamo
per una maggiore specializzazione "· Come si puii vedere, Ia nosna ra-
pida presentazione ddla Cappadocia cristiana eeffenuata anraverso le
esperienze "spirituali" dei tre grandi Cap~ado<;i, ed e, quindi, ~iu una
caratterizzazione ''cristiana" che una stona soCiale ed econonuca 14 •
Nd 37ll'imperatore Valente divide Ia Cappadocia, di cui era ca-
pitale Cesarea, in due distinte province: Ia Cappadocia pnma, con se-
de episcopale Cesarea, ove si trovava Basilio, e Ia CappadOCttJ secunda

u Un ampio studio al riguordo equello eli S; Metivier, LJ C.ppa"'!<' (IV-.Vl rii!-


cle). Une histoire provinciale de I'Emf!i': rom•~·, J Orient .
_do approfondito daM. Cassia, Uomtm e spov. Per ~~t;'':~:::c:uosa
Pans
~005,itt ,;I::Z
:Onviene
Tardoontica, Orpheus, N.S. XXVll, 1-2 (2006), PP· · q · J/4 ffrrio
ricordare anche: Cseeodoa'a romtJ.fU.. Strutture urbane e strutture ograne " pen
deii'Irnpero, Cat~ia 2004. . . eli ranutto gli studi eli Raymond van
14 Questa mterpretaztone segue, qwn , sotuJ . Ca dociJJ Philaddpbia
Dam, Kingdom o/ Sno~. Ro1!f11" Rule and Greek ~'Phllacl:hia 2003; Btrontillt.
2002; Families and fnends rn LJte R~rna•~Philadelphia 2003. Naturalmente, se
Christi4n. The Convemon of Ro"'!'_" ppo ' . ·u · cioC storica e cultura-
si vogliono considcrare i probl~ m 11 d pros'i:':'
le insieme ha ragione M. Cassia, quan. 0 50.uo e
J!'~= di una lnteraz.ione aa
)
i due met~di di ricerca (Uomini e rpav ... , ot., PP· 18-21 .
con capitale y18118, cbe era sede ep~copale tenuta d_a Antimo. Que.
si8nificava cbe da Tiana e da Annmo sarebbero dipese le sedi deJ.
i:' steSSII Cappadocia secunda: cio _avrebbe co~po~to sia una limita.
zioneddl'influenza del vescovo di C~a~, ~w v~va sott~tto il con.
trollo su rune le citta della nuov8 provmoa s1a un wpovenmento deJ.
Ia propria (secondo alcuni studiosi, pero, questo provvedimento di
Valente non era dettato d8 motivi religiosi, rna da ragioni di ordine fi.
scale, cioe per aumentare il numero dei curiali e q~di il gettito tri-
butario). Pertanto Basilio mise in moto tutta Ia sua influenza presso
personaggi importanti a corte, al fine di annullare il decreto imperia-
le (epp. 74-76); pare cbe tale provvedimento abbia prodotto del mal.
contento ancbe tta Ia popolazione. Infine egli ritenne opportuno so·
stituite con delle nuove sedi episcopali queUe che avrebbe perduto,
affidandole a persone 8 lui devote: Ia sede di Nissa fu data al fratello
Gregorio, mentre al Nazianzeno fu destinata una modesta cittadina,
e,
S8sim8. «Caratteristica in ogni caso, I'ottica regionale di Basilio, che
sempre si mostta indifferente ai grandi problemi che coinvolgono
l'Impero, in proporzione inversa al suo interessamento, religioso e
politico, neUe questioni loc8li» (Cracco Ruggini).
Le lettere di Basilio, nelloro complesso, non sono inviate sola-
mente ai colleghi nell'episcopato (o, prima, nel sacerdozio), rna illu·
strano i rappotti tra il vescovo e le autorita cittadine e statali; desti·
nate ai rappresentanti del potere centrale, vogliono sollecitare favori
8 vantaggio ora di singoli individui ora di interi gruppi sociali. Esse
manifestano I'atteggiamento del vescovo di Cesarea, che vuole ope-
rare a difesa della giustizia, onorare i vincoli di amicizia e protegge-
re chi si trova in difficolta. Basilio richiede un sostegno ai funziona·
ri dello Stato, cbe sono incaricati di varie funzioni, le "liturgie", cbe
normalmente erano esercitate dai cittadini piu facoltosi. Sono signi-
ficativi a tale riguardo anche i suoi interventi in favore della arnmini-
Str~o?e cittadina di Cesarea, i cui membri erano impoveriti e dimi·
nwn di numero a causa della generale tendenza dei curiali (cioe dei
ci~ piil facoltosi, ai quali spettava il compito dispendioso di am·
IDIDlS~ Ia ci~), in quell'epoca, ad evitare una carica per !oro pe·
sante e dispendiosa: questa situazione era tipica della societa roma-
n:' ~ei.Basso Impero, e alle richieste, talora egoiste e ottuse, dei cu·
riali, di o~ere esenzioni o emolwnenti, aveva cercato di opporsi un
penonaggw dotato di un profondo sentimento del dovere verso lo
Stato, l'imperatore Giuliano. Basilio, invece, si schiera dalla parte del
govemo locale, anche se il suo atteggiamento era pur sempre dovu·
I. L1 Czp~cristian11 23

to alia ric~r~a di una concordia tra govemo dello Stato e govemo lo-
cale. <<Basilio, con Ia concretezza e il senso pratico che informarono
rutta Ia sua attivita episcopale, era ben consapevole della situazione
sociale ed economica in cui si trovava, ispirandosi ai principi di un
cristianesimo attivo e integrate nella carita evangelic"" ".
L'interesse e Ia preoccupazione per i bisogni dei propri concit-
tadini, del resto, si riscontra anche in alcune omelie di Gregorio Na-
zianzeno: ceno, ad un livello piu basso, data Ia sua condizione infe.
riore (Gregorio era semplice sacerdote, a differenza di Basilio). Nel-
l'orazione 17, del373 o degli inizi del374, questi si rivolge ad un go-
vematore della provincia, che era presente alia sua amelia e che pro-
babilrnente (come attesta il malcontento dei cittadini) aveva fama di
esigere tributi troppo alti. La orazione 19 fu pronunciata durante
un'imprecisata festa in onore di alcuni martiri; era in corso una re-
visione del registro delle imposte ed il funzionario incaricato era
presente alia festa. Cestui si chiamava Giuliano, era cristiano ed era
stato condiscepolo di Gregorio ad Atene. Fra i due doveva esistere
un vincolo, se non di amicizia, ceno di stima: Gregorio aveva scrit-
to a Giuliano chiedendogli indulgenza nell'imporre le tasse e Giu-
liano si era detto disponibile a patto che Gregorio pronunciasse
un' orazione in sua presenza (per godere cosl della sua abilita arato-
ria): un evento che non si ripete facilmente ...

8. Chiesa e "monachesimo"
nella Cappadocia del IV secolo

L' esistenza di movimenti ascetici nella Cappa~ocia. d~ ~ seco-


lo e bene attestata accanto all' esistenza della Chiesa. ~sut~ztonale.
Uno sfondo piu ampio ci dato dai canoni del Co?cilio di Gan~a
e
(forse tenutosi a meta degli anni 350, rna per altn pnma; .1 ~ st~ at:
tii di Gangra non e facilmente collocabile) " ..Tale co?d!io, m v~n
canoni condanna «<nolte cose illecite fatte dat seguaa di Eustazl~.
Quest~ Eustazio era un personaggio famoso, che troveremo ptu

.1. 1 1 :s e ex11 rcbos deU. comunilli cillillliM, in


U Cf. M. Forlin Patru~, &s• 10 :ksJ: :U, opera e il btui/i;meri1ff0 in Sialia. ciL.
&silio di Cesarell. Lt sull eta, 14 SUfi scu , s
pp. 125-1}6. . ell 24·26 una sintesi di quanta si puil lcggerudla iDaodu-
zione l~p;M'~a;~:~!.POmelie, Citt8 Nuova. Roma 2009 (in corso di swnpa).
I Padri Cappadoci
24

avanti: 6glio del vescovo Eulalia, si era deelicato ad ~a vita eli seve-
01 ascesi, nella quale era staro accompagnat~ da m~l~, uomini e don-
ne, persone Jibere e schiavi. In_ paroco~re il con_cili_o C?ndannava il
fatro che gli schiavi fossero stan sostanzialmente mvttan alia rihellio-
ne, in seguito alia esortazione ad abbandonare i !oro padroni per de-
dicarsi alia ascesi: essi, quindi, venivano costretti dal concilio a non
disertare il servizio «con pretesto di devozione»; si proibiva eli tene-
re Jiturgie religiose nelle case, di celebrare in assenza del presbitero;
si interdiceva aile spose eli lasciare il marito, ai genitori di abbando-
nare i figli, e ai £igJi di abbandonare i genitori «col pretesto dell' asce-
si»; si sottolineava cbe il tagliarsi i capelli, perle donne, avrebbe po-
ruto essere inteso come volonta di sottrarsi a! «precetto della sogge-
zione» al marito. I vescovi cbe parteciparono al concilio, quindi, non
dovevano tanto fronteggiare un movimento ascetico, quanta una ze-
lante- rna eccessiva - riforma della Chiesa, cbe era considerata trop-
po !assists e mondana, ancbe come conseguenza della protezione im-
periale di cui godeva. Dopa il concilio, comunque, un abisso sempre
crescente si venne aprendo tra la Chiesa e alcuni che professavano
delle idee piu radicali, come Aerio, discepolo di Eustazio, il quale
trove'> troppo opprimente res tare sotto la guida di Eustazio, nel frat-
tempo divenuto vescovo, e tomo a vivere in solirudine, mantenendo
Ia sua opposizione a! clero, ad una concezione troppo gerarchica del-
I'ordine della Chiesa e a! sempre crescente culto dei morti, che, se-
condo lui, era celebrato a danno dei vivi.
Come conseguenza del movimento eustaziano nell' Asia Minore
si verificarono, nella stesso tomo di tempo o poco dopa la morte di
Basilio, altri movimenti ascetici e ribelli. Uno di questi e quello dei
cosiddetti "messaliani". Con questa termine di origine siriaca (esso
significa "quelli che pregano" o "gli oranti", in greco euchetai od eu-
c/,.tat, da euche, preghiera), si designano i membri di un movimen-
ro ascetico, osteggiaro dalle gerarchie ecclesiasticbe e ripetutamen-
te condannato nel IV e nel V secolo. I messaliani furono indicati an-
~ ~n :;spressioni derivate dai lora comportamenti, come "enru-
$18Stl e coreuti" o "danzatori" 11. L'area di origine del movimento

~~G. Bareille, Eucbites, in DTbC, V, 2, Paris 1927, coD. 14,4-146'; E.


p . 1 997 f:.c/rens, DTbC, X, 1, coD. 792-79': A. Guillaumont, Messaliens, in DS, X.
lk"":,.)s.'.u.c 68-69, ~II. 1074-1084 (bibliografia da noi ricavara da Macario, Ome·
'. : · •ppadoaa cnatana del tuzo &ccolo c oulla imporranza che ebbe Grc·
gonoil Tauawuigo i: d'o),bligo ricorrcre"ora8:li:Ciausi. V. MUazzo (cdd.l U eiMIJIJ.
I. La Coppatlccia cristiana 25

fu, stand? aile nostre fo~ti,la Mesopotamia: in patticolare l'Osroe-


ne. n P':"'O accenno. at me~saliani si trova nel Contra haereses di
~f~ern. Stro. Fra le ~ane fonu di informazione che ci fomiscono no-
nz:e di questo movu;nento,le piu importanti sono Epifanio di Sala-
~a e Teodoret~ di Cirro_. Epifanio di Salamina nel Panaricn, da-
tabile al 377, sos~~ne che ~ messaliani non hanno capo, ne radice e
ch~ so~o ~narchtct, _erranu, senza Iegge, ordinamento, legislazione.
E~~aruo li accusa di sovvertire I'ordine sociale e di consentire a uo-
ID_IDt e d~nne appartenenti al movimento di condurre vita comune.
Ricorda moltre come, nella presunzione di identi£carsi con Cristo
essi t?nuncino_al mond?, a qualsiasi proprieta, responsabilita e mez:
zo di sopravvtvenza, nducendosi a dormire per strada e vivere di
elernosina. Dopo questa descrizione, Epifanio ci informs che i mes-
saliani si trovano ad Antiochia e che I'origine del movimento e da
collocarsi in Mesopotamia (Panarion m 6-7). Sempre Secondo le
notizie fornite da Epifanio, i messaliani non seguivano, per quanto
concemeva il digiuno, le norme stabilite dalla Chiesa e pretendeva-
no di pregare Ia notte. Sulla base di certe risposte che Epifanio at-
tribuisce ai messaliani, sembra che si possa ricavare che essi si van-
tavano di possedere anche dei carismi e delle rivelazioni personali
d' origine divina: Epifanio arriva a sostenere che essi si trovano in
uno stato di "malattia della mente". Alia fine toma ad insistere sul-
la !oro consuetudine di condurre una vita comune, senza una rigida
separazione dei sessi, e li accusa di promiscuita, sostenendo che
quanti fra !oro praticano Ia continenza lo fanno solo per igooranza.
Epifanio insiste su questo punto, perche intende sonolineare glide-
menti che rendono il movimento pericoloso per Ia dottrina della fe-
de ed eretico, vale a dire, insiste sui farto che i messaliani, aoc~e se
vivono in continenza, non sanno esattamente che cosa essa 518, e
quindi illoro merito e molto relativo (Pan~rion VIII, 6).. . ,
Un'altra importante fonte di informaztone sui.~~~esuno e
Ia Storia della Chiesa di Teodoreto di Cirro, opera 1n1Zl&ta mtor_no al
440. Teodoreto afferma (IV, 11) che i mes~aliani ~on_<! orig_inan ~el­
la Siria, spiega i termini "messaliani" ed en~stastl ~ C1 forruscc;
notizie sulloro insegnamento, sui fatto che esst eraoo unpossessatt
26 I P•dri Cappadoci

da un demone, che essi ritenevano essere lo Spirito Santo, sulloro


rifiuto dellavoro manuale e sui sogni profetici.
Fozio, vissuto nel IX secolo, e una fonte tarda, ma per noi di
fondamentale importanza, in quanto attinge a documenti che non ci
sono pervenuri. Nella sua Biblioteca (LIT Ua, 30-31) ~gli ci traman.
da il testo del Concilio di Efeso del431 nel quale, pruna degli ana-
tematismi, trovano posto le bestemmie e i compendi delle dottrine
messaliane contenute nellibro detto Asceticon. Questo documento,
che servi al Concilio di Efeso per condannare gli errori messaliani,
eIa fonte delle liste dei loro errori, contenute nel trattato Su co/oro
che si accostano alia nostra Chiesa provenendo dalla eresia di Timo·
teo di Costanrinopoli, databile al 600 (cf. PG 86, 45-52), e nel ma·
nuale Le eresie di Giovanni Damasceno, databile a prima del 749
(Le eresie80, 7, in PG94, 729-732). Nell'ordine proposto da queste
liste, troviamo le proposizioni messaliane condannate ad Efeso: Ia
presenza del demonio nell' anima; I' affermazione che il battesimo
non basta ad espellere il demonio, perche solo Ia preghiera ha que·
sta efficacia; l'inabitazione dello Spirito Santo o dello sposo celeste;
Ia liberazione dalle passioni, chiamata qualche volta anche apatheia.
A questi cinque punri dottrinali, seguono le pratiche o le dichiara·
zioni dei messaliani, che sono: visioni e profezie; rifiuto dellavoro e
desiderio di dormire; sonno eccessivo e valore profetico dato ai so·
gni; indifferenza verso Ia comunione ecclesiale e Ia sua struttura; il
negare d'essere messaliani,lo spergiuro,la prevaricazione.
Per concludere, il messalianesimo si presents come un movi ·
men!? erericale che presents non solo pratiche ascetiche, rna anche
dottnne condannate dalle autorita ecclesiastiche e incentrate so·
stanzialmente su una presenza sensibile e personale dello Spirito
Santo. Un ruolo centrale era svolto dalla preghiera, mezzo per ec·
cellenza per scacciare il demonio, possedere lo Spirito Santo ed
operare Ia salvezza a detrimento del Battesimo e dell'Eucaristia.
II. Vicende storiche

1. La famiglia e Ia formazione giovanile dei Cappadoci


Si egia visto nel capitolo precedente quanto sia stata forte nel-
la famiglia eli Basilio,la tradizione cristiana. Due sono le fonti ~tori­
che che ce ne parlano, ed entrambe assai vicine cronologicamente:
I'encomio eli Basilio scritto da Gregorio Nazianzeno dopo Ia sua
motte (orazione 43), importante, rna che interprets Basilio, come e
logico, secondo le idee proprie eli colui che celebra il defunto; l'al-
tra e Ia Vita di Macrina di Gregorio eli Nissa, utile soprattutto per
farci conoscere le persone, le consuetudini e gli avvenimenti. In es-
sa lo scrittore vuole sottolineare il ruolo che Ia sorella ebbe nella for-
mazione cristiana sua e di Basilio: Macrina stessa e il giovane fratel·
lo Pietro sarebbero stati educati in una atmosfera eli fede riservata e
fervente, mentre Basilio, Gregorio e un altro fratello, Naucrazio, sa·
reb hero stati istruiti nelle scuole Iaiche, secondo I'educazione traeli-
zionale. Cosa strana e che Macrina none nemmeno ricordata ne dal
fratello Basilio ne dal Nazianzeno •. Recentemente alcuni stueliosi

I Per Ia biografia di Basilio ci siamo basati ~opra~tto sugli studi di Rousseau (Ph.
Rousseaeu Basil of Caesorea, University of Califom~a, Berkdey~Los Angdes-Londoo
1994) c,ili, (B. Gain., L'Eglise de C.ppadtxeau IV" siede d'apres luom:spondance de
Basile' de Cisaree, Orientalia Christiana, Roma 1985) e~(~ Poucher, &sile ~~
Grand et s~n univ.ers d'omis d'apres sa .correspondencedan~~~~':· c!;~~
per Gregono NllZ.Ianzeno su Me ~~c~ (J.(t. Me Gu 'rwood ~:.. York200l)e
An Intellectual Biography, St Vladimir s Senunar Press, Cres. ' Cerf p
Be di (J Bernardi Saint Gregoire de Nazianze. I.e thiologten el son temps! . Soat.·
Grego~o N_azt~nz~.
ris :;;,: tr.· it. di ~Z ;;!~!~'ij~~eJ~~~d;ro,:;
Teol:f;o e
Ia, Roma 1997); per Greg~rlo di N1SS8 ~u « 5~ Patristica» 7, Akademie Verlag, Ber-
logie des oeuvres de Gtig01re de ~'J:.e, m St d. Gregoire tk Nysse «RSR.» 29, 1955,
lin, pp. 159-169 e 1..4 chronologie . a.,erm:z: .elks Lebens und tkr'Werhdes Grq.or
pp. 346-37~} e di May (G. M~_Dte ':,/bureg;hilosophique dans 14 pmsee de Grtgoi-
von Nyssa, m M. Harl (c:d.], 1" ' "1 e22.26 Sept. 1969, Brill, Ldden, 1971,
re de Nysse,, Acres du Coll~ueB~e C~:~regorio di Nissa, Dizio~~t~rio, Citta Nuo--
pp. 51-66); 1noltre P. Mara • wgra '.I nella introduzione eli M. Aubineau a
va, Roma 2007, pp. 117-129 c quanto Sl egge
I Padri U.ppadoci
28
di t rovare una spiegazione alla cosa: a parte Ie inter-
hanna cercato b ch . dire cbe
. · di carattere psicologistico, sern ra e Sl possa
pretaZI~mdi Nissa era stretto, con Macrina, da rapporti di affetto
.• Eo ch non con Basilio; ino1tre, egli era mteressato
Gregono · · • alia
p!U
ptu rte e all . d dell . .
lariti del suo carattere che non e V!Cen e a sua VIta (il
:;sen'P. · J.· Basilio del Nisseno di cui parlererno a p. 109, ce Io
ranegtrrco az
conferma) '· di .
La famiglia di Basilio era facoltosa e una certa 11nport~a so-
ciale (probabilmente il padre era ap~~enuto alia ~la~se det decu-
rioni di Neocesarea); essa si era stabilita nella proVIncia del Ponto,
sui Mar Nero. Durante Ia persecuzione di Massimino Daia, !'ultima
prima della pace della Chiesa, i genitori di ~~s~o, insierne a~ _altri
cristiani del luogo, si erano prudenternente ntuau nella parte p!U re-
mota e piu selvaggia della regione, soffrendo privazioni e durezze.
Come ricaviamo, appunto, dalla Vita di Macrina, il padre, Basilio il
Vecchio, aveva sposato Emmelia intomo al320; entrambe le !oro fa-
miglie erano gia cristiane: quella di Emmelia proveniva dalla Cap-
padocia, mentre quella di Basilio era originaria del Ponto. Emmelia
doveva avere ricevuto una certa educazione letteraria, perche, sor-
vegliando l'educazione di Macrina, cerco di tenerla Iontana dall'in-
flusso immorale dei miti greci, dai poerni e dalle commedie ateniesi
(a meno che questo non sia un luogo comune). Emmelia non avreb-
be voluto sposarsi, rna i suoi genitori provvidero a trovarle un ma-
rito, perche non corresse il rischio di essere rapita da un eventuale
pretendente. ll marito morl intomo al340, lasciandola vedova a cir-
ca quarant' anni di eti. Emmelia, comunque, non aveva problerni fi-
nanziari, e quindi non ebbe nessuna difficolta a dar seguito alla pro-
pria inclinazione di non passare a seconde nozze: aveva ereditato il
patrimonio del marito ed era ricca grazie aile proprie disponibilita.
Amministro, quindi, i beni di farniglia, provvide all'educazione e ai
viaggi (ad Atene e in oriente) di Basilio, a! sostentamento dello stes-
so Basilio e del fratello Naucrazio, quando entrambi, indipendente-
mente !'uno dall' altro, si ritirarono a condurre vita solitaria nel Pon-

~deN~, Trait/ de Ia uirgjniti, Sources Cb.retiennes 119, Paris 1966; per Am·
eli lcoruo _su K. Holl (AmphtlochJus von 1/eonium in seinem Verhiiltnis zu den
,wsen Kappadover~, Mohr, Tiibingeu Wld Leipzig 1904); per Evagrio Pontico suA.
~umont, Un Pkilosophe au desert. ~agre le Pontique, Vrin, Paris 2004. .
f'.d
. a. M.!re)
.._
s·cti,'!'• Gre~~ o/Nawnzm and Gregory of Nyssa on Basil, in E.A. Lt·
• • ,,.... PD1rtriiC4 XXXII, Peeters, Leuven 1997. oo.l63-169.
II. Vicende slorkhe 29

to. Insomma, an~ •essa, come Ia madre di Gregorio Nazianzeno,


pote~a essere co?"stde~ata una mulier virilis. Mauna sciagura si ab-
batt~ sulla c~~: il figlio Naucrazio, che aveva scdto, come si e det-
to, vtta eremtttca, fu ucciso da una bdva feroce. Macrina, a sua vol-
ta, era stata pro~es~a sposa ad un giovane della sua eta: non dove-
va essere stato d!ffici!e trovare un pretendente, data Ia ricchezza dd-
la sua casa, ma. il fid~zato era mono inaspettatamente e prematu-
ramente. Macnna deCISe, pur essa, di non sposarsi con un altro af.
fermando di voler mantener fede a! suo sposo, che era sempllce·
'?ente lontano: un proposito, questo, di mantenere Ia verginiti, par-
ucolarmente esaltato pur esso nella Chiesa dell'epoca. Naturalmen-
te, era assolutamente necessario per motivi di convenienza sociale e
di sicurezza che Macrina rimanesse a vivere ndla sua casa: "conven-
ti" per donne erano, allora, difficilmente realizzabili, e potevano es-
sere considerati solo delle eccezioni. Macrina, come osserva il van
Dam ', svolse, per i suoi fratelli, il ruolo di madre. Basilio, in qud
tomo di tempo (cf. piu oltre, pp. 37·38), era tomato da Atene, ma,
invece di abitare a Neocesarea con Ia madre, aveva preferito inse-
gnare retorica a Cesarea di Cappadocia, «gonfio di orgoglio per Ia
sua bravura», come racconta in seguito Gregorio di Nissa, il quale
si trovava allora pure lui a Cesarea per motivi di studio. Emmelia
aveva circa cinquant' anni, cosa che, nd mondo antico, indicava Ia
vecchiaia: Basilio il Vecchio, suo figlio Basilio e Macrina morirono
turti a quell' eta. Emmelia, quindi, anche per insistenza di Macrina,
decise di dividere tutto il patrimonio tta i figli ed enttambe si dedi-
carono ad una vita severa ed ascetica. Dd resto, Emmelia, quando
era incinta di Macrina, aveva avuto una visione in sogno, che le ri-
vdo che Ia sua futura figlia si sarebbe chiamata "Tecla" ,Ia vergine
che aveva abbandonato il suo fidanzato per seguire I'apostolo Pao-
lo: ecco dunque che Ia vita di Macrina si st~va svolgendo in~pett~­
tamente in qud senso, cioe nella conservazt~ne ~ella prop~ ve~·
nita dopo Ia motte dd fidanzato. Un santuarto di Tecla, nell Isa~
(ndla attuale Turchia meridionale) fu venerato ~che da Greg~n~
Nazio.nzeno, circa vent'anni dopo (p. 48). Macnna ed Emmelia Sl
trasferirono in una tenuta di farniglia sulle montagne dd Ponto, n~n
lontano dalla citta di Thora, in un luogo solitario vicino a! fiume Iris,
dove era vissuto Naucrazio. Successivamente vi si stabill, conducen-

l Cf. R vllll Dam, families and Fri<nds in fAt• Roman Cap,.Jocia. University oi.
Pennsylvania Press, Philadelphia 2003, PP· 99-11).
1 P•Jri C4p[Mdoci

do vita ritirata, Jo stesso Basilio (p. 3~),_ il _quale pero non_ ricordo
mai Ia sorella nd corso dei suo! tentatlvt eli a~:esi. Emmelia e Ma-
crina raccolsero nel !oro edific1o l_lll_a comunlta pe~ donne ed una
· i n monastero per uommi era retto da Pietro, fratello eli
per uonun . . eli N" Q .f
Basilio, e fu talvolta visitato da Greg??o Issa. uesti atti mo-
strano che Ia !oro era una ascesi f81l_l~are: anche se non_ aveva una
risonanza ufficiale nella vita della cltta, era comunque ~pottante
per Ja storia dell' ascesi femminile. Conducendo questa VIta austera
Emmelia visse fino al 371, e Macrina fino al 380.
Notevolmeote eliversa era stata Ia storia della famiglia eli Grego-
rio Nazianzeoo. Questi era nato nel 329-330, ad Arianzo, una loca-
lita vicina alia piccola cittadina eli Nazianzo, da una famiglia eli con-
dizione sociale elevata che appatteneva alia classe dei proprietari
terrieri della regione. Tutto questo permetteva a Gregorio - come
anche a Basilio, che proveniva da una famiglia eli analoga posizione
sociale- una carriers ecclesiastics eli un cetto successo, che poteva
concludersi con I' episcopate. Ma Ia differenza fondamentale era che
il padre del Nazianzeoo, Gregorio "il Vecchio", pur essen do state
per moltissimi anni vescovo eli Nazianzo, non era nato cristiano.
Proveniva, infatti, dalla setta degli lpsistarii (d. p. 6) e tale era rima-
sto anche dopo il matrimonio: egli si era convertito perche aveva se-
guito l'esempio e Ia parola della moglie, Nonna, che era cristiana e
di famiglia cristiana. La famiglia eli Gregorio, quineli, non aveva
soppottato quelle traversie che avevano colpito Ia famiglia eli Basi-
lio all'epoca delle persecuzioni. lnsomma, Ia sua fede cristiana era
recente, ed era dovuta all'influenza della moglie. Gregorio il Vec-
chio si sposo probabilmente intorno al320, in eta gia matura, men-
tre Ia moglie (stando a quanta normalmente avveniva) era notevol-
mente pi~ giovane, e que! matrimonio fu probabilmente Ia conse-
guo:nza eli un_accordo tra due impottanti famiglie locali; come ci ri-
fensce propno suo figlio, Gregorio il Vecchio fu battezzato nel 325
da un _vescovo -~e. insieme ad altri, attraversava Ia Cappadocia per
recarsi al con~~ eli Nicea e poco tempo dopo- cetto, grazie alia
sua elevata posiZione sociale - elivenne il vescovo eli N azianzo. Ma
ben piu significative, per Gregorio, era Ia figura della madre, Ia
·~onna fotte",_ che, alia pari eli Macrina, influl sull'educazione cri-
sttana del manto e del resto della famiglia. Prima eli Gregorio era
nata una sorella, Gorgonia e dopo di lui un altro maschio Cesario,
che fu m~eli.co. Cesario e Gorgonia morirono in eta adults: arrecan-
do grandissuno dolore a Gregorio, il quale devette quineli assumer-
II. Vicende Jtoriche 31

si_la resp?~sabilita di assistere fino alia motte i genitori, assai anzia-


rn, e sent~ il grave peso del suo compito. Nonna ebbe, quindi, una
notevole ~u~nza sui marito, il quale, stando al racconto del figlio
(che, n~ o':'z~o?e _funebre in suo onore [d. p. 106], muta, come di
dovere, ~VIrtu 1 Vl~t), era un personaggio autoritario e collerico.
n figlio GregoriO fu particolarmente affezionato alia madre e Ia
ric_ordo nurn~rose volte, soprattutto negli epitafi. Comunque, .;.che
net confront! d~ padr~ _Gregorio nutrl, se non un affetto profondo,
certo una d~?z1one filiale; tale scrupolo nei confronti dei genitori
fu addotto_ pm volte da Gregorio (se era sincere} per giustificare
c~~e s~e nn~c_e d1_ fronte ~e insistenze di Basilio, come quella di
nttrars1 con lw m vita erem1ttca nel Ponto o quella di affrontare Ie
responsabilita di una sede episcopale. Gorgonia, andata in sposa ad
un nobile locale, Alipio, ebbe, tra gli altri figli, Alipiana, Ia quale
sposo a sua volta Nicobulo; il figlio di cestui, Nicobulo iJ Giovane,
fu amato come un figlio da Gregorio, il quale volle occuparsi della
sua educazione, come vedremo in seguito (p. 126}. Ciononostante,
non sembra che Gregorio fosse particolarmente affezionato alia so-
rella: non Ia nomina mai, nelle sue lettere, prima di celebrarla alia
sua morte, nel 369, con un elogio funebre, nel quale Ia esaltazione
dei meriti e delle virtU obbedisce, come quasi sempre succede, ad
una necessita sociale. Su questi rapporti, che avrebbero piu o meno
legato tra di )oro i componenti delle famiglie di Basilio e di Grego·
rio, insiste in modo particolare Ia critica recente, che cerca di sco·
prime iJ risvolto psicologico, rna bisogna andar cauti nelle concJu.
sioni. Quello che non e detto apertamente puo essere state taciuto
per dei motivi che non conosciamo, e certo non e prudente abban-
donarsi a speculazioni di tipo modemo.
Nonna aveva consacrato il figlio a Dio prima ancora che nasces·
se, imitando Anna, Ia madre di Samuele. Ma nonostante qu_esta con·
sacrazione Ia formazione culturale di Gregorio non fu diversa da
quella di altri giovani benestanti, cresciuti in famiglie_ cris~ane, ~
quali, accanto alia educazione religiosa, dovevano segwre gli stu~
tipici dell'uomo colto, pagano o cristiano che f?sse. Lo _stesso p~o
dirsi eli Basilio. La retorica costituiva Ia formazmne melispensabile
per chi volesse intraprendere le carriere eli ~to funzion~o ~peria·
Ie o eli maestro eli scuola: Basilio e Gregorio erano desunan proba·
bilmente ad ottenere Jo stesso posto in sene alla_societa d~'epoca.
Entrambi stueliarono dapprima a Cesarea eli Cappado~1a; G~
gorio, quineli, si reco ad Alessandria d'Egitto. A Cesarea di Palestl·
I Padri Cappadoci
32
d Alessandria aveva insegnato Origene, e Gregorio, anche se
08 e8 to l'altro Gregorio, il vescovo di Nissa, e fortemente in-
non quan ., di B ill In rti I a1
fluenzato dall' Alessandrino, pm . as o. pa co are, ~
aspetti dd pensiero di Gregono corr_JSP?n?m_to ~a grande ~radizio-
latonica daborata dai pensaton crJSUaru di Alessandrta, come
~i!ente e Origene. Per quanta riguarda gli studi di Gregorio ad
AJessandria, si ecostretti a ricorrere a supposizioni, perche egli non
ce ne parla. Comunque ammiro ~tanasio, cam~ione ddl' o_rt~dossia
nicena, che intomo a quegli anru era vescovo di Alessandna m con-
dizioni difficili, a causa ddle quali aveva dovuto affrontare cinque
esili. Anche il forte interesse che Gregorio mostra per il monachesi-
mo (anche in questo non diversamente da Basilio) forse stato sug- e
gerito dall'ambiente alessandrino, ove dovevano giungere gli echi
ddle vite dei Padri dd deserto. Quindi Gregorio lascio Alessandria
per recarsi ad Atene, e durante il viaggio per mare corse il pericolo
di morire di naufragio.

2. L'esperienza eli Atene


Dopo Ia sua educazione in patria, Basilio, come ci riferisce il
Nazianzeno (or. 43, 14), si reco a Costantinopoli, ove, grazie aile do-
ti naturali, apprese velocemente il meglio ddl'insegnamento retori-
co. Ndla capitale, dal348-349 al353, insegnava, tra gli altri, anche
e
il famoso retore Libanio, per cui si pensato che Basilio avesse fre-
quentato Ie sue lezioni, anche se Gregorio N azianzeno, nd suo en-
comia di Basilio, non lo dice esplicitamente. Ma il fratdlo di Basi-
lio, cioe Gregorio di Nissa, ce lo conferma (ep. 13 ). Esistono poi due
lettere di Libanio (nn. 501 e 647), inviate ad un Basilio, mentre tra
l'~istolario di quest'ultimo sene trovano alcune (di non grande si-
gnificate, per Ia veriti), ddle quali uno studioso assai competente
ddl'epistolario basiliano, il Pouchet, riconosce come autentiche al-
mena le nn. 335-340; Raffadla Cribiore considera basiliane anche le
e
nn. 33~-338•. ~i detto che non si tratta di lettere di gran signifies-
~· ed '!'- effetu sembra che !'interesse principale trail maestro e l'al-
li~o _sta stato quello di procurare a Libanio altri discepoli prove-
ruenn dalia Cappadocia, cosa che Basilio puntualmente fece (un

....:..'#·B. Cp~iore. The School o/l.ibanius in Late Antique Antio<h, Princeton Uni-
---, ..... nncctonand0xford,2007,pp.I00-104.
II. Vic~nd~ rloriche n
~ro_blema, peraltro, di non scarso peso, perche l'insegnamento e
1. es~stenza stessa del maestro dipendevano dal numero dei suoi al-
lievt) · Qua~lto alia Ioro data, I'epistola 501 di Libanio sembra esse-
~e stata scrltt~ dopo che Basilio,lasciata Atene nel355, era tomato
m Cappadocta.
<;'ia prima Gregorio aveva conosciuto e frequentato Basilio co-
me st e detto, e Ia !oro amicizia si rinsaldo grazie agli anni che U:.sie-
me trascorsero ad Atene. Basilio vi arrivo intomo a1 350 ed essi
c?ndussero una vita c~mune. Cercarono negli ambienti crlstiani le
nsposte per 1 problem! suscitati dalle circostanze della vita pagana
o secolare; provarono insoddisfazione per Ia !oro vita in quella cit-
til, e considerarono piu irnponante Ia !oro fede cristiana.
Punroppo anche il racconto di Gregorio Nazianzeno della sua
vita e di quella di Basilio ad Atene non dice molto della citta e del
cristianesirno in quelluogo, se non alcuni dettagli (piu che altro pit-
toreschi) sulla vita degli studenti e sulla mania generale per Ia reto-
rica. Eevidente che Gregorio stette volentieri ad Atene e che ne ap·
prezzo il clima intellettuale e gli studi, tanto da chiamarla successi-
vamente «Atene, Ia gloria della Grecia, l'aurea citta della cultura»
(or. 43, 14), rna non ci dice niente di piu preciso su quegli studi e an·
cor meno sulle scuole che vi fiorivano. E verosirnile che entrambi
avessero fatto capo alia comunita cristiana di Atene, rna nessuno
dei due Ia nominera mai in seguito. Del resto, anche le fonti cristia-
ne sull' Atene del IV secolo sono scarse: certo, Ia cittii non ebbe al-
cun peso nella vita culturale cristiana dell'epoca. Sembra che solo
nel V secolo il cristianesirno abbia cominciato a sostituire il pagane-
simo, probabilmente favorito dai vari editti irnperiali che lo condan-
navano.
Comunque anche Gregorio avci studiato ad Atene quelle disci-
pline che egli dice (or. 43, 23) essere stato oggetto dell'apprendi-
mento di Basilio: retorica, grammatica, filosofia, accompagnate da
nozioni elementari di astronomia, geometria, aritrnetica e medicina,
come prevedeva Ia cultura dell'epoca. ~ sig~cativa questa ~~rca
della paideia dassica, da parte dei due gtovaru. ~a co~t~ppoSIZlone
tra Atene e Gerusalemme era tradizionale, rna 1 criSUant del IV se-
colo venivano normalmente a patti con Ia cultura classica. Entram-
bi assorbirono senza riserve Ia filosofia pagana, quella platonica in
'!i
particolare, e seguirono le lezioni ~oloro ~e Eunapio, nelle Vi~:
dei So/isti, considerava tra i maggton. ma~m d~ tern~. Non c e
motivo di credere che Basilio, allora, st senusse comvolto m un con-
I P•dri C.ppodod

trasto tra cultura pagana e cultura cristiana. Del resto, una posizio.
ne ufficiale della Chiesa riguardo all'insegnamento non esisteva an.
cora ne vi erano delle istituzioni dedicate a una forma di educazio.
ne crlstiana. Non vi erano opere che fossero state scritte su que(
problema, come quella che Basilio ste~so e ~gostin~ avrebbero
composto successivamente. Le opere de~ grandi teologt della scu0 .
Ia di Alessandria, come Clemente e Origene, servivano di esempio,
piu che dare delle norme in materia, ed illoro influsso inizialmente
era limitato all'intemo della scuola catechetica. Di conseguenza
Atene non era solamente Ia citra nella quale Basilio e Gregorio era.
no stati studenti: per !oro, come per ogni persona colta dell' epoca,
era I'Atene dal passato glorioso.
Atene, nel IV secolo, aveva conservato tutta Ia sua imponanza
culturale. La ciua era stata gravemente saccheggiata da un'invasio·
ne barbarica nel 267, e Ia sua estensione era diminuita; rna sappia-
mo che nei primi anni del V secolo Atene e in pieno sviluppo, nel-
la architettura e nelle scuole filosofiche, e questo puo avere le sue
radici nella condizione economica, relativamente florida, goduta
dalla ciua durante il secolo precedente.
I maestri piu imponati, che insegnavano ad Atene, erano !me-
rio e Proeresio, di entrambi i quali ci parla Eunapio nelle Vite dei
Sofisti: ne Basilio ne il Nazianzeno ci fanno il nome dei !oro maestri
di retorica ad Atene, ne di altri che ivi si trovavano: sarebbe stato
sconveniente, per un cristiano, arnmettere di avere avuto maestri
pagani. Imerio, uno degli scrittori piu interessanti dell' epoca, studio
ad Atene fin verso il 340; non tomo in quella citta fino a! 352, e
quindi non vi si trovava nei primi due o tre anni del soggiomo di Ba-
silio. Nel361, probabilmente per invito di Giuliano I'Apostata, ab-
bandono l'insegnamento e si dedico agli affari politici. Egli conside-
rava naturale un progresso dalla filosofia alla attivita politica, e il
Rousseau, nel suo tentativo di ricostruire il periodo ateniese di Ba-
silio, che ci rimane estremamente oscuro, pensa che tale progetto
culturale potrebbe avere avuto qualche influenza sui suo discepolo.
Ma, naturalmente, si tratta di ipotesi >.

>Questo cil giudizio di Eunapio &ull'eloquenza di Imerio: «Era un tipo doll'do·


quio facile e armonioso. La composizione dei suoi disconi possiede la magruficenza ~
Ia soooriti dell' aratoria politic:a ... » (Eunapio, Vile tki so/isti, Imerio) (tr. it. diM. C•·
viletti, Bompiaai, Milano 2007).
11. Vicende Ilon'che
35
. ~u Pr_oere,sio Eunapio ci offre un maggior numero di informa-
zt_oru. Egli puo essere considerato come il simbolo della continuiti
di ~ten_e: dal momento che lui e il suo maestro Giuliano di Cappa-
~o:ta VI msegnarono per piu di mezzo secolo. Quando Eunapio ar-
r~vo ad Atene _nel 362, Proeresio aveva gia ottantasei anni, quindi
c~rca s~ttanta~m~ue quando arrivo Basilio. Originario dell' Arme-
nta, e.~li era cnstt~o, e Ia fama cbe aveva conseguito aveva suggeri-
to allun~erato~e di fare una eccezione per lui, quando emano iJ fa-
moso edict? net confronti dei maestri cristiani (che si trattasse, co-
munque, di un vero e proprio editto e ora messo in dubbio da mol-
ti studiosi): rna Proeresio rifiuto. D suo esempio fa pensare che ci
fossero altri casi come il suo •.
Ad Atene trascorse alcuni anni della sua giovenru Giuliano il
futuro imperatore apostata. Basilio, tuttavia, non ne parla, come fa,
invece, Gregorio, che lo ricorda molto spesso: Basilio, del resto,
aveva lasciato Atene per primo e Ia sua "conversione" si era gia ve-
rificata, per cui quando Giuliano sail a! trono non ne fu particolar-
mente impressionato.
Le Vite dei So/isti di Eunapio ci fomiscono un huon quadro
della situazione culturale di Atene in quell'epoca. Per quello sent-
tore, secondo il Rousseau, i fatti non erano meno importanti delle
idee, nella sua valutazione delle discussioni ffiosoficbe. Ancbe per
Eunapio questo studioso crede di vedere una forte somiglianza tra
le convinzioni e i principi fondamentali cbe caratterizzano Ia sua
opera ed i principi morali di Basilio: l'ammirazione per l'antichita e
il rispetto della tradizione; era tenuto in stima dalui una certa for-
ma di ascetismo (sia pure laico e pagano), cbe era particolarmente
richiesto per una vita dedicata alia ffiosofia. D modo in cui Eunapio
descrive, ad esempio, il sogg_iom_o di_ Porfirio ~ Sicili~ o il riti'?
temporaneo di Edesio dalla VIta ctttadina non puo n~n ncordaro ~
cammino seguito da Basilio stesso, quando a~bandono At~e ~e; n-
tirarsi nel Ponto. Egli riteneva vincolante il nspetto della gtustlZla, a
cui anche Giuliano si appellava. Tutti questi principi possono esse-
re stati sostenuti dai maestri con i quali Basilio venne in contatto: es-

6 Cosl Eunapio (Vite dei sofisti, ~roere_s1~) giudi~ l'ora:ria ~=~

aveva nacqwstato grazte alia gtovutezza a su ' . rtal


=
eloquer;aza e~a giunta a~ un tal~ c~lmute ~vago~ ~s:ouna r::de energis, che l'auto-
1 · dave
rc di uesta na~ione lo considerava come un esse1'C' etemo .e unmo ~e e ~ W . .
rena !me 8 un dio rivelatosi spontaneamente e scnza alcun ntuale» hr. u. di M. Civi-
lettl, cit.).
I PaJri C.ppadod
36
. principi esclusivamente cristiani. Ma anche a questo
SInon erano h 'd ·
ro osito dobbiamo ammetter~ c e queste cons! erazioni del
p p ·
Rousseau run angono delle ipotesi, per quanta acute.

3. La vita Hlosofica
Quando Basilio tomo in patria nell'estate del 355, dopo i suoi
successi ad Atene e Ia sua esperienza a Costantinopoli come allievo
di Libanio, data Ia sua grande cultura e Ia sua acuta intdligenza,
avrebbe potuto cercare per se una carriera civile ai livdli piii alti. Si
convertl peri> nd 357, quando fu battezzato. Gregorio Nazianzeno
narra Ia vita di Basilio come se essa fosse stata sernpre ispirata a prin-
cipi costanti e coerenti, senza interruzioni. Attribul quineli molta im-
pottanza a! fatto che gli antenati di Basilio fossero cristiani e, nd suo
racconto degli anni di Atene, sottolinea l'importanza eli questo fatto
(43, 21): Atene, egli dice, e pericolosa per gli spiriti deboli, non be-
ne educati nella vera fede, ma per Basilio e per lui stesso, qud peri-
colo non esisteva. In tal modo Gregorio puo sostenere che l'inclina-
zione alia vita "filosofica", che avrebbe segnato anche gli anni della
esperienza ascetica di Basilio dopo il suo ritomo in Cappadocia, fa-
ceva gia patte della esperienza eli Atene, non era una reazione ad es-
sa. Che vi sia stata una reazione, invece, esuggerito dalla Vita di Ma-
crina del Nisseno, ed easserito anche nd carme eli Gregorio Nazian-
zeno, l'Autobiografia (w. 476ss.). E significative anche il fatto che
Gregorio non ricordi i viaggi affrontati da Basilio nell'Egitto e nel-
l'oriente se non in termini molto generici (or. 43, 25); insomrna, per
il Nazianzeno, il progresso spirituale eli Basilio non consisteva tanto
n~ _rifiuto di_ Atene, quanto nello sviluppare I'esperienza eli quella
Cltta. Gregono racconta poi quasi subito I' ordinazione eli Basilio a!
sacerdozio: in questo modo Basilio puo essere definite oratore, filo-
sofo e sacerdote (43, 13), proprio come voleva essere Gregorio.
Nella sua epistola 204, del 376, Basilio fece riferimento a! suo
soggiomo nel Ponto (cap. 6) e ai viaggi che lo avevano preceduto.
Nella epistola 210, scritta poco tempo dopo, si trova un riferimento
ancora piii esplicito a quella esperienza ascetica. Nella n. 223 egli
P~ta gli :UUU eli Atene come un memento eli dissipazione, dan-
~ I unpreSSione che il periodo dei suoi viaggi in oriente e il suo sog-
I!I;Omo.ne! Ponto dovessero essere intesi come una reazione agli an·
01 aterues1 (cap. 2). lnoltre, in que! contesto, egli sembra alludere in
II. Vicentk storiche 37

modo vago a? ~a specie di conversione, descritta in modo dram-


manco, che nchiama le conversioni di tanti altri personaggi di que!
tc:mpo. !"s~mma, m ~uesta lettera Basilio presenta due tipi di auto-
b!Ograft_a: I una co~ststeva _nel rifiuto della cultura classica, nella
conv~rstonc;:. n_ella -~cerca di una guida spirituale durante un perio-
do dt ~el~storu e di mcenezze; I' altra si richiamava all'influenza del-
la famiglia, I~ quale risaliva indietro nel tempo, e all' esperienza di
una maturaztone graduale all'intemo di una tradizione cristiana
Fu l'intervento di Macrina a indirizzare alia retta strada Basilio
g~ii. f~os~, c_onducendolo ad una devozione piu radicale. Gregori~
di Ntssa c1 dice che Basilio, dopo che ebbe completato Ia sua edu-
cazione, er~ eccessivamente gonfio delle sue capacita retoriche e,
sdegnoso di. tutte le persone altolocate, si considerava superiore a
turn (Vzta dz Macrzna, cap. 6). La decisione di Basilio, subito dopo
il ritomo da Atene nel355, di dedicarsi ad una vita di piu sincero
cristianesimo, sarebbe stata dovuta all'influsso di Macrina. Fino a
che punta questa sia vero, e difficile giudicare. Secondo i1 Rousse-
e
au piu verosimile che siano stati decisivi le idee e I'esempio di Eu-
stazio eli Sebaste (d. piu oltre, pp. 40ss.). Gia nel352 il fratello Nau-
crazio era stato convinto a scegliere una vita eremitica, che era mol-
to simile a quella che sappiamo essere stata professata da Eustazio
(Vita di Macrzna, 8). Come abbiamo vista, proprio negli anni in cui
Basilio tomo in Cappadocia, Macrina era riuscita a convincere sua
madre a deelicarsi con maggior decisione alia vita ascetics.
Tuttavia egli non scelse quella strada, rna in un periodo impre-
cisato intraprese un viaggio nell' oriente del Meeliterraneo: vi allude
Gregorio Nazianzeno (or. 43, 25) e lo conferma Basilio stesso nella
epistola 1. In essa egli narra che abbandono Atene, passo a Costan-
tinopoli, probabilmente per recarsi a Cesarea, quineli in Siria e in
Egitto, e poi si fermo ad Alessandria. I riferimenti ~ i tem_pi sono a_b:
bastanza vaghi, anche se deduciamo dagli avve?ID'en~ successtvt
che il viaggio deve essersi svolto durante un penodo eli un arm~ o
poco piu, tra il356 e il357. Molto piu tareli,_scrivendo .• Eustwo,
Basilio fu un poco piu esplicito, facendo captre che e~ aveva stu-
eliato i regimi eli vita ascetica in Cdesiria, Palestin~·- Egttto, Meso~
tamia (ep. 223, 2). Gli stessi luoghi sono_ d~can ~ unal~~era m-
viata a Neocesarea (n. 207, 2). Anche see un tpotesl ~e vt sta st~to
un contatto tra Basilio e i monad dell'Egitto, ~on ab~~o ~onv?
per dubitare che il desiderio eli con~cere quet famOSl ~ann ':'olDl-
ni" sia stato uno dei motivi del suo mteressamento per I ascest. Im-
)8 I P•tlri Copp•tloci

portante e il fatto che nella prima sua letters B~sili? affenni che
l'unico motivo che aveva per abb~donare Ia s?~rudine_ era quelJo
di seguire Eustazio, a cui stava scnvendo. Torno m patna, nel357.
358 e fu battezzato da Dianio, il vescovo di Cesarea, un uomo di
modesta levatura intellettuale.
Gregorio, a sua volta, tomo in patria intomo al 358-359, ove
avrebbe potuto dedicarsi anch'egli all'insegnamento con successo,
rimanendo nella farniglia e nel piccolo centro di N azianzo o nella
poco piu grande Cesarea. In effetti, sembra che per qualche tempo
Gregorio si sia dedicate all'insegnamento della retorica, ma ben
presto Jo abbandono. In realta, Gregorio ambiva alia "filosofia",
che intendeva, pero, in un senso tutto particolare: una vita appatta-
ta, solitaria, senza l'esperienza del matrimonio, che consentiva di
praticare con assiduita lo studio, in particolare dei libri sacri (Auto-
biografia, vv. 98-101) (ne riparliamo piu avanti, pp. 318ss.). Insom-
ma, Gregorio non pensava ad una vita monastics alia maniera degli
anacoreti del deserto, e nemmeno alia maniera di Basilio, Ia cui
ascesi, in quegli anni, non aveva ancora trovato una sua definizione,
anche se era certo piu accentuata che non quella di Gregorio. La
sua esperienza sembra oscillare tra Ia contemplazione e I' azione, tra
lo studio e l'attivitil del cristiano. Infatti, quando, assieme a Basilio,
Gregorio comincia a provare delle esperienze di tipo monastico nel-
le solitudini del Ponto, esse non sono ispirate a que! radicalismo
evangelico («Va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai
un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi», come si Iegge in Mt 19, 21)
che stava alia base dell'ideale ascetico, dall' eremita Antonio in poi.
A questo punto cominciamo ad essere informati della vita di
Basilio dalla sua stessa corrispondenza. Essa inizia con gli anni del
suo volontario isolamento nel Ponto. Tra le lettere del primo perio-
do spicca Ia corrispondenza con Gregorio Nazianzeno. Le lettere
tra i due amici mostrano che l'iniziativa dell'ascesi e della vita ere-
~tica e presa da Basilio, mentre Gregorio e molto riluttante. Basi-
lio ~veva iniziato i suoi tentativi ascetici nel Ponto prima che Gre-
gono tomasse da Atene e cercava di convincere I' amico, che nel
~a~po.~ra to~to anch'egli dalla Grecia, a raggiungerlo. Grego;
no gli tnvto le prune due lettere sostanzialmente rifiutando perche
a~eva deciso di essere maestro di scuola. Successivamente, cla Anni-
~· nel ~onto, ove si trovava, Basilio invio a Gregorio due lettere in-
sutenu (n. 1~ en. _2), e ~uesti, alia fine, accondiscese a raggiunger-
lo. Durante il pertodo tn cui stettero insieme i due composero Ia
II. Vicende sloriche 39

P~ilocalia (p: 245 ), q~indi Gregorio decise di tornare alia sua fami-
glia. Da Naztanzo egli scrisse tre lettere (nn 4 5 6) h
vano e descrivevan il d di . . ' , c e commenta-
o mo o VlVere che enuambi avevano prati-
cato nd Ponto. Q~est7 lette~e sono probabilmente dd 359, certo
pruna della partectpaztone di Basilio al concilio di Costantinopoli
(sulla sua presen~a a qud concilio, cf. Filostorgio, Storia della Chie-
sa IV 1~; ~rego~l? di Nissa, Contro Eunomio I 82). Ma Basilio ab-
bando_no_ il_ concili? ~cosa c~e g1i fu rinfacciata da Eunomio, come
atto di vilta), _tomo m patna, ove fu ordinate lenore, e quindi nd
Pon~o; fu ~rdinat? sacerdote nd 362, rna torno a stabilirsi nell'ere-
mo m ~e~t? a dissap_ori con il nuovo vescovo di Cesarea e succes-
sore di Dtaruo, Eusebto, e vi rimose fino al364.
. In un ~n~ imprecisato, successive al suo ritomo in Cappado-
ct~, Gregono ~· fa battezzare: stranamente, egli non ci dice quando
e m che occastone, rna probabilmente egli era battezzato da poco
quando fu ordinato presbitero dal padre, nd Natale (sembra) dd
361. Le incertezze di Gregorio, che non sa quale scegliere, tra Ia vi-
ta ascetica e Ia vita all'intemo della Chiesa, sono risolte dal padre
con un at to che viene percepito dal figlio come "tirannide •, alia
quale egli, comunque, non aveva potuto sottrarsi. ll Nazianzeno
non lo dirnentichera e continuera a parlame frequentemente anche
in seguito. A questa insofferenza si accompagna Ia convinzione dd-
l'inopportunita che un cristiano battezzato di recente, come era lui,
sia consacrato sacerdote. Non tollerando Ia sua nuova condizione,
Gregorio cerca di dudere con Ia fuga le difficolta che Ia nuova vita
gli prepara: vive cosl, ancora una volta per breve tempo, I'esperien-
za ascetica. Ma I' anno successive, a Pasqua, fa ritomo a Nazianzo e
nell' orazione 2 spiega ai suoi concittadini perche aveva abbandona-
to Ia sua patria e il suo compito di sacerdote.
Si vede, quindi, che Gregorio Nazianzeno era molto meno sicu-
ro dell' amico nella sua dedizione alia vita filosofica; per un breve
periodo essi avevano condiviso un regime di vita ascetic~, '."a nelle
ultirne lettere di Gregorio, in qud periodo (nn. 8 e 19), Sl ~~ute Ia
questione dell'ideale filosofico, sui quale i due. non erano p1u co~­
cordi; Gregorio aveva sedto Ia strada. dell~ Ch1esa, ~rt~do Bast-
lio a ritomare a Cesarea e a risolvere 1 suo1 contras~ con _il ~esc~v?
Eusebio. Forse in nessun altro momenta i !oro sentl'_Denn di arruo:
zia furono cosl forti, riprendendo e intensificando ' !oro ~PP"'?
ateniesi. Molti anni dopo (nd 369) Basilio inter.:enne presso I~­
strati Jocali in favore di Gregorio, quando quesn venne a trovlll'Sl m
40
difficolt8 in seguito alia morte del fratello Cesario, e manifesto tutta
1a propria angustia a sapere che un confratello di noh.ili sentimenti
come Gregorio era stato cosrretto ad affrontare prove disonorevoli in
un tribunale (ep. 33 ). Gregorio, nonostante i dissapori degli anni suc-
cessivi, coosidero a lungo Basilio come Ia persona a se piii vicina per
il suo modo di vivere, il suo insegnamento e gli alti ideali filosofici
(ep. 16, 4; l'orazione43 ci da Ia stessa impressione e nell'ep. 58,4 Gre-
gorio ammette l'esistenza di un legame ininterrotto tra gli anni di
Atene e Ia loro piii generale armonia degli anni recenti). E proba-
bile che Basilio abbia ben presto assunto il ruolo del maestro di vi-
ta filosofica. La solirudine che Basilio e Gregorio cercavano era piii
un liberarsi degli impegni della vita secolare che un allontanarsi dal-
la compagnia degli uomini. In ogni caso, sarebbe pericoloso antici-
pate e porre in questo primissimo periodo quella che .sara Ia mani-
festazione successiva della vita di Basilio, quale l'istituzione "forma-
le" del monachesimo, sia come organizzazione sia come norma. AI
massimo possiamo dire che Basilio cerco di istituire una forma di vi-
ta "filosofica" all'intemo dei suoi possedimenti, ove egli ebbe a che
fare solo con persone della sua famiglia, e cerco di attirare all' asce-
si il suo amico, Gregorio, ma nessun altro in particolare; ebbe alcu-
ni contatti coni discepoli di Eustazio di Sebaste e comincio a eser-
citare qualche influsso personale. In seguito, pero, una volta scelta
Ia s~ strada: Ia s~gul con fermezza, anche se, punroppo, non ci di-
ce men~ dei moDVI che lo avrebbero indotto ad abbandonare Ia vi-
ta ascettca.

4. Basilio ed Eustazio di Sebaste


Oriente si evisto sopra (p. 37) •. Basilio
Come dand " concluse 1. suo!. Vl&ggl
. "m
(0 Seb an ° a cercare Eustaz1o, che era gia vescovo di Sebaste
astea). Questo fatto ha grand · ifi . rag~oru.
· ·
lnnanzitutto Ia guida h .. e s1gn cato, per vane
ascera del eben ch ~ e Basilio ~veva in mente non era un eroico
le responsabilira.0 ' is:oott~va c~n il demonio, rna un uomo con del-
luogo,le idee di £':!'staziP~ di n?tevole reputazione. In secondo
li egli, negli anni recedo 5 • asces1 non erano piii quelle per le qua·
liatosi con 1a ge!chi enn, ~ra sta~o famoso e sospettato. Ricond·
ascetico in modo a, ora u~taz1o voleva incorporate il regime
(pp, 24ss.) del Co~n t VIta della Chiesa. Si e parlato sopra
angra. In seguito ad esso Eustazio, seh·
II. Vicende sloriche 41
bene alcuni lo avessero giuelicato eli id .
se in teo! . . , ee non propnamente ortodos-
E ifani ogta, c?nttnuo a condurre una vita di indubbia virtU (cf
p C o,. Pa.narwn 7~, 1, 1; Sozomeno, Storia della Chiesa III 14) .
ommctamo, qumeli, a scoprire le radici d' . . ..
impulsi presenti nella vita eli Basilio· !a . eli I uno det magg~on
una fratellanza, all'intemo della quade ~clrca unvila comunanlza, eli
ti fondamentali dell . eli . p orare, s uppare e emen-
. a vtta r gtosa. Una tale comunita doveva esse-
re asc~tca ed ~ssere ~ata da intenti piu alti eli quanto non fosse-
ro le dispute eli vescovt ambiziosi. Tuttavia nessuno d•' d eli
' ell dell ifl · fi ~ uemon ,
ne qu o a r esstone ilosofica e della controversia teologica ne
quel_lo dell~ responsabilita pastorale, poteva essere abbandonato 0
sacrificato m favore dell' altro.

5. Durante il sacerdozio di Basilio e di Gregorio


Nel 362 l:imperatore Giuliano, cbe Gregorio aveva personal-
mente conosouto ad Atene, aveva iniziato una blanda persecutio 1,
che minacciava eli divenire sempre piu grave se egli fosse tomato
dalla spedizione persiana che aveva organizzato; di conseguenza
con un editto aveva inteso scacciare gli insegnanti cristiani dalle
scuole. Giuliano, fonunatamente per i cristiani, morl in Mesopota-
mia il26 giugno del363: contro di lui Gregorio indirizza due vio-
lente Invettive (orazioni 4 e 5). I:impero dell'Apostata aveva creato
un notevole imbarazzo anche nella famiglia eli Gregorio: infatti il
fratello Cesario, che era medico giit alia corte dell'imperatore cri-
stiano Costanzo, non aveva abbandonato Ia sua professione quando
era salito al trono l'Apostata, scandalizzando sia Gregorio sia l'opi-
nione pubblica di Nazianzo. I:angoscia di Gregorio crebbe pochi
anni dopo, quando Cesario mori (368 - inizi del369), lasciando gra-
vi problemi di carattere economico. Era compito eli Gregorio, cbe
viveva con due genitori assai anziani, trovare Ia soluzione; vi riuscl,
ma a prezzo di molte difficoltii e eli rinunc~ ~a sua "filosofia". .
Verso il 365 cominciamo ad avere notlZle anche del fratello eli
Basilio, di nome Gregorio ancb'egli. Della sua giovinezza ci parlalui
stesso nella Vt~a di Macrina, cbe scrisse alia morte della sorella, nel
379-380, come vedremo. Egli era nato probabilmente nel331, o, se-

7 Cosl Ia chiama Gerolamo, Chronicon a. 362.


I Padri C.ppadcd
42
· (M Aubineau) nel 340. I:affetto, misto ad un atteg.
condo alcuru · ' ·
·amento di rispetto, caratterizza ~suo ~tt~~gtamento_verso Basilio,
!:J rande tra i santi», come egli dice all ltUZIO della V!ta dz Macrina.
Pot~O ipotizzare, sulla ba~e di .u~a sua affermaztone ~ep. 13, 4
•), che egli fosse stato allievo dt ~asilio, allorquando costm, tornato
da Atene nel 355, insegno retort~a a Cesarea nel 355-?57. ~che
G rio esercito Ia professtone di retore (ce lo attesta il N aztanze.
n:~. 11), probabilmente nel periodo s?c7ess1v? a! gennaio del
364: J'imperatore Giovian?, successo .• Gmli~o.l ~p~~tata, a~eva
brogato il cosiddetto "editto contra 1 maestri crtstlant , di cut ab-
~iamo detto. Egli quindi intendeva intraprendere una carriers ben
diversa da quella di Basilio e di Gregorio e contrasse matrimonio;
Aubineau avrebbe pensato di identificare Ia moglie del Nisseno con
uoa donna, Teosebia, che marl prima di lui, per Ia cui morte posse-
diamo uoa bella letters di condoglianze inviatagli da Gregorio di
Nazianzo (epigramma 197). Tuttavia none sicuro che questa Teose-
bia sia stata Ia moglie del Nisseno; altri pensano che Ia moglie sia
marta poco dopa, comuoque prima del 371, quando egli scrisse La
verginitii. Molti ritengono che sia arbitrario vedere dei riferimenti
autobiografici nella lode che il Nisseno, in quell'opera, tesse della
verginiti. Gregorio Nazianzeno trovo il modo di rimproverarlo per
questa attivita mondana, che considerava non conforme aile tradi-
zioni della sua famiglia, cosl come rimprovero, per gli stessi motivi,
il proprio fratello Cesario.
-:- In quello stesso periodo Amftlochio, ug!eo di Gregorio Na-
ztanzeno e pi~ di lui una ecma 'anni (era nato tra il340
e il345 a Diocesarea o Nazianzo), entrain relazione con Basilio e il
N~anzeno, il quale gli scrive abbastanza presto, neJla epistola 9.
che e di ~oc~ posteriore al362. La sua giovane eta spiega il fatto che
s~a Basilio sta Gregorio si rivolgono a lui con tono paterna: Grego·
' 10 .m. du~ _lenere del 371 (nn. 22 e 23) si compliments del fatto che
egli sta _pm maturo della sua eta, e Basilio gli si rivolge chiamando·
loal«fuzzto
e amaro., . . ' quando st· 7ongratu1a per Ia sua eIeztone
. .
eptsco:
P · La t~adt~t~ne della studio della retorica era forte nella casa dt
Amftlochio: VI _st era dedicate il fratello, Eufemio, che marl prema·
turamente, ed il padre, Amftlochio anch'egli, era stato un retore ri·

8 Cf. GrCgoire de Nysse Tra 'te J '- · · ·


duction, commentaire et ind~ d 1 e w ~lrgtnlll, Introduction, texte critique, tr~·
1966, pp. 54ss. x eM. Aubmeau, Sources Chretiennes n. 119, Paras
11. Vitende slorithe 43

no~ato .. ll fi~lio ~ anch'egli, come Basilio allievo di Libanio, a ad


Antto~hi~; Lt_banto era stato, in gioventu, compagno 'stu i Am-
filochto I anztano, e gli si rivolge con parole di simpatia quando co-
me vedre~o, sara ~ett~ vescovo (epp. 549,584,585, 1226). &n'fi!o-
chto passo da Anuochta a Costantinopoli, ave sarebbe andato in-
contra a delle difficolta non ben chiare intomo a1 370-371, per Je
qual~ fu amtat? da Gregorio (epp. 22-24). Torno in patria, per aiu-
tare ~ padre runasto solo; Ia sorella Teodosia si era trasferita a Co-
stantmop~h, ov~ aveva sposato il prefetto del pretoria Ablabio, e da
que! ?'atrunonto sarebbe nat~ Olimpiade, che incontreremo piu
avant!. Ma non solo per accudire il padre Amftlochio avevalasciato
Costantinopoli; anch'egli era attratto, come gli amici della Cappa-
dacia, dall'ideale ascetico.
Nel365 Basilio tomo a Cesarea, e da allora rimase nella piu im-
portante citta della Cappadocia, prima come sacerdote e poi come
vescovo. Anche degli anni del sacerdozio Basilio, tuttavia, ci raccon-
ta molto poco, e quindi anche della situazione civile ed ecclesiastica
della sua regione, forse perche egli era un subordinato e quindi non
riteneva opportuno inviare lettere che avessero significato ufficiale.
Gregorio Nazianzeno considera que! periodo come preparatorio al-
l'episcopato di Basilio: durante quegli anni Basilio avrebbe cercato
di rispettare il vescovo Eusebio e Ia disciplina ecclesiastica (or. 43,
25.3 3). Gregorio lo aveva esortato a ritomare a Cesarea, perche co-
s! facendo avrebbe potuto meglio combattere l'eresia: il suo supe-
e
riore, il vescovo Eusebio, del resto, dipinto da Gregorio come un
uomo inetto e privo di esperienza (or. 43, 33). L'imperatore, allora,
era l'ariano Valente e Gregorio fece del confronto tra Valente e Ba-
silio uno dei tratti caratterizzanti Ia personalita dell'amico; forse non
del tutto con ragione: infatti, dato che in varie occasioni Valente so-
stenne Basilio, come vedremo poi (p. 54), dobbiamo interpretare
con un poco di cautela Ia narrazione _t~adizionale, di un ~~ntrasto
tra i due. ll successo ottenuto da Basilio nella sua opposlZione al-
l'imperatore fu una coso cosl mirabile che _gli avre~be procurato Ia
consacrazione a vescovo nel370, e fu constderato il frutto delle sue
fatiche negli anni precedenti. Lo stesso G~egorio il ~ecchio, rivol-
gendosi a tutte le classi sociali ~ Cesa~a, s~ ~ongratulo con !oro per
Ia concordia mostrata nella eleztone dt Basilio (ep. 41, 6).
Dopo che fu eletto vescov~ di C~s~rea, Bas_ilio fu costretto ~
congiungere Ia riflessione teologtca ~ aztone polittca,_ all~ s~opo di
unire tutte le forze di colora che SJ opponevano agli artaru, nella
I P•Jri C.ppodoa·

Cappadocia e piii in generale ~ tutto l'O~ente. Pos~e~ono quindj


un accentuato contenuto teologtco alcune unportanu eptstole, com
Ian. 105 e, soprattutto,la n. 125, con Ia qu~e Basilio si accordo co~
Eustazio nella primavera del 373, salvo pol rompere definitivamen.
te con lui.
Ma l'ortodossia non era l'unico interesse di Basilio. Da discepo.
Jo di Eustazio, egli era naturalmente interessato anche alia attuazio-
ne pratica della fede e a sviluppare un piii profondo senso eli re-
sponsabilita sociale tra i cristiani. Questo fu m~ifestato appieno
durante Ia terribile carestia che colplla Cappadoc1a nel368-369. Se-
condo il Gribomont, questo suo atteggiamento, interpretato dallo
studioso, con notevole forzatura, come "rivoluzionario" (in quanto
Basilio era un aristocratico), gli spiano Ia strada all'episcopato. La
carestia e descritta con maggiori dettagli da Gregorio (or. 43, 34-
36); Basilio fa solo delle allusioni a quegli eventi (ep. 31). Tre sue
omelie vi si riferiscono. Due di esse, tuttavia, sono deboli e astratte
(Sulle parole del Vangelo: Distruggero i miei granai e Dio non ezl col-
pevole delle sventure). Basilio voleva far vedere agli asco!tatori gli
aspetti spirituali della sofferenza; nella terza (In occasione della fame
e della carestia) sembra fornire piii di uno spun to di propaganda so·
ciale. Tuttavia Basilio non aveva l'intenzione di sovvertire I'ordine
esistente: egli voleva sostenere che i suoi concittadini, se non riusci·
vano ad accettare le verita del Vangelo, non avrebbero visto che co·
sa implicasse Ia situazione del momento.
Gregorio ci riferisce ancbe di "una nuova citta" (or. 43, 35 e
63 ), cioe di un ampio complesso di edifici, destinati alia cura dei
malati, dei derelitti e degli affamati. Forse il complesso gia esisteva
nel369, e in occasione di quella carestia Basilio lo amplio ulterior·
mente. In ogni caso, il progetto dovette richiedere vari anni per es-
sere attuato. Basilio vi allude nelle epistole 94, 150 e 176: Ia prima
a~ Elia~ il govematore della Cappadocia, le due altre ad Amfllochio
d!- ~co~o. La. carestia del369 spinse Basilio ad applicare i suoi prin·
~~ di orgaruzzazione di una vita etica, cbe furono meglio dispiega·
t1 nelle sue attivitil e nelle sue istituzioni ascetiche successive. Que·
sta attivitil benefica consisteva innanzitutto nella cura dei malati (d.
Teodoreto, Storia della Chiesa IV 16; Sozomeno, Storia della Chiesa
VI 34, 9). Gr~gorio Nazianzeno e, naturalmente, piii dettagliato (or.
43, 61._6~) e '!ice anche cbe veniva distribuito ai poveri quanto avan·
zava al ncchi. La letters di Basilio ad Elia aggiunge molte altre in·
formazioni, tra le quali anche quelle relative all' ampiezza delle co·
II. Vkende $toriche 45

struzioni in cui si svolgeva questa attivita benefica sl che sembra


che Gregorio abbia ragione, quando parla addirittu~a di una "nuo-
va cit~ a". La sua descrizione entusiastica suggerisce, tuttavia, che
n?n s~ trattava solamente di un ospizio, ma anche di un complesso
di edific1. Anche alcune frasi delle lettere 94 e 150 di Basilio ce lo
suggeriscono. Basilio sembra fare uno stretto collegamento tra "Ia
casa dei poveri" e l'ascesi. Egli considera Ia povena come una virtU
positiva, e nella epistola 150 parla della opponunitlt di affidare i
propri beni a persone espene e capaci, e del modo in cui si dovreb-
be vivere giomo per giomo. Tutto questo suggerisce che "Ia nuova
citta" era considerata un centro di formazione religiosa, oltre che un
luogo di rifugio per i poveri.
La presenza costante di un vivo interessamento per i problemi
sociali si riscontra, quindi, fm da subito nella cura pastorale di Ba-
silio, unitamente a! suo intento di istituire delle relazioni con le au-
torita civili, di organizzare un sistema organico di amsninistrazione
ecclesiastica, tenendo lo sguardo rivolto alia pratica ordinata della
vita ascetica. Ci diventa chiaro, quindi, come, secondo Basilio, sa-
rebbe dovuta essere Ia vita della Chiesa, e come Ia sua personale au-
torita e influenza dovessero essere esercitate a! suo intemo.

6. La consacrazione episcopale di Basilio

Su questo awenimento capitale della vita di Basilio, _Gre~orio e


colui che ci fomisce maggiori dettagli, anche see molto smteuco (or.
43, 37.39-40). Egli ammette ch~ Ia pr~n:'ozione.~eJ!'~co. non av:
venne senza difficolta e senza I oppos1z1one e I mvt.d!a del vescovt
della regione e delle persone piu corrotte; ma lo Spmto Santo, ch~
avrebbe dovuto, alia fine, vincere, fece '?uo~e~ daluoghi_lontaru
uomini famosi per zelo e per pieta: fra di esSJ VI era anche il padre
di Gregorio, che allora era debole e. malato.. L'o~zione funebre per
iJ padre, che il Nazianzeno pronuncu) alcuru anru dopo, ~el_3 74: ag-
giunge ulteriori dettagli: Gregorio ripete che nelle eleZigli?ru de~ ve-
scovi Ia decisione dovrebbe essere riservata a! c~ero e a . asce~l, te-
nendone fuori i ricchi e i potenti (or. 18, 35). lvl Gre~~rlo aggl;;'~e
una autodifesa: non si era affrettato a sosten~re Basil~, perc e ~
. . dell' . era ancora incena, ed egli temeva sospetto
pot'z~o~edi arr:~~a, anche se sarebbe stato ben lieto ~el. suo suc-
ge osla( 18 39) Eppure Basilio avrebbe voluto proprio il sua so-
cesso or. , ·
46 I Padri CJJppadoci

stegno. Sulla opposizione a Basilio, nella societa della Cappad .


Gregorio parla anche nelle epirtole 40 e 44: Gregorio il Vecchl08!
. I. . o, Sl
e detto, era suo sosterutore, rna mo u vescovt pensavano ad un alt
candidato (Gregorio Nazi~z~~· ep. 4~ ~- Per q_uesto motivo nonr~
difficile capire che le oppostz!ODI a Basilio contmuarono anche do.
po Ia sua elezione. Nonostante !a sua cura. per_ i_ poveri, l'influsso
esercitato a suo favore dalla fam1glia e dagli amiCI, ed un certo suo
atteggiamento autoritario potevano suscitare una forte opposizione.
Insomma, Ia sua ordinazione sacerdotale e Ia riappacificazione con
Eusebio non preannunciavano una carriera ininterrotta. Gregorio
Nazianzeno cerca di respingere tali sospetti, quando ammette che
Basilio poteva essere considerato diverso da quello che effettiva-
mente era (or. 43, 69). Nella epirtola 99, di un anno dopo Ia sua ele-
zione, e nella 223, molto piu tarda (376), Basilio ricorda le opposi-
zioni con le quali egli aveva ancora a che fare all'interno della sua
citta. In quello stesso 370 o ai primi del 371 muore Ia madre Emme-
lia, e Ia casa di Basilio era organizzata in senso accentuatamente
ascetico da Macrina.
Dopo il370, e nel corso degli ultimi anni della vita di Basilio,
I' amicizia con Eustazio e Gregorio viene sostituita da quella con
Amfilochio di Iconio ed Eusebio di Samosata. In tal modo Basilio
costrui una rete di contatti, conoscenze, parentele, clientele e ami·
cizie nel senso piu ricco del termine; quella rete rappresentava per
lui gli ideali sociali e i principi morali che piu gli erano cari.
I.:esperienza dell'elezione episcopale aveva prodotto pero alcu·
ni attriti tra Basilio e Gregorio, o, almeno, aveva rivelato delle con·
cezioni divergenti sulla natura dell'episcopato. Non molto tempo
dopo si verifico, nel372, un episodio che porto ad una rottura tra i
due, dalla quale essi non si ripresero mai del tutto. Si tratta della no·
mina di Gregorio all' episcopato di Sasima, di cui abbiamo parlato a
p. 22. Gregorio si aspettava da Basilio ben altro, e doe una se~e
adeguata ai suoi meriti, mentre Sasima era poco piu di un vi1lagg1?;
comunque non dobbiamo credere che Gregorio pensasse solo Ill
!ermini di rinomanza esteriore, rna anche che aspirasse ad un luog?
IIDportante e adatto ai suoi studi. Egli accusa Basilio di ingratitudl·
ne, tanto piu che Ia famiglia di Gregorio si era data da fare, due an·
ni prima, per Ia sua elezione a vescovo alia sede di Cesarea; lo rim·
provera ~ vo~erlo sacrificare aile ragioni della politica, e anche a di·
stanza di anru, pur dopo Ia morte di Basilio continuers a rinfacciar·
glielo. Come gli era capitato un decennia ~rima, in occasione dells
II. Vicende storiche 47

sua ordinaz~one sacerdotale, egli sente d.i essere solo lo strumento


della volo':lta al~i e tenta_di ribellarsi. Ma Basilio era pur sempre il
suo supen~re, il metropoli.ta davanti al semplice sacerdote, e, d'ac·
cordo con il padre Gregono il Vecchio, vince l'opposizione di Gre-
gor.lO e lo ordin.a ve~covo. 11 Nazianzeno, comunque, non prender&
mat possesso dt Sastma, pur essendone teoricamente il titolare: ri·
marr&, invece, a Nazianzo per continuare ad assistere, anche se for-
malmente non nee il "coadiutore". il vecchissimo padre.
. Le lettere di Gregorio, in tutto questo episodio,lasciano traspa-
rtre un antmo sconvolto e un atteggiamento ossequiente nei con·
fronti del padre. Basilio, cetto, si era servito della debolezza d'ani·
mo di Gregorio. Questi rimprovero le pretese eccessive di Basilio
nella epistola 48, e Basilio sembra avergli rinfacciato Ia apraxia, doe
un desiderio di stare nell' ozio (ep. 49). Questa icattivita, replico
Gregorio, dovrebbe essere Ia norma. Se tutti si compottassero come
lui, Ia Chiesa avrebbe meno problemi. Gregorio rimose, quindi, a
N azianzo, e tra lui e Basilio vi era oramai una differente atmosfera.
Quello che aveva diviso i due amici era il diverso modo di interpre-
tare Ia vocazione sacerdotale e, di conseguenza,la vita "fUosofica".
Per Basilio le due aspirazioni erano compatibili, mentre per Grego-
rio il sacerdozio minacciavala "fUosofia" (or. 18, 37), sl che tra i due
rimose sempre un cetto disaccordo al riguardo. Scrivendo ad Amfi·
lochio, subito dopo Ia sua consacrazione a vescovo di Iconio, Gre-
gorio accenno al fatto che entrarnbi avevano subito Ia stessa tiran-
nia ad opera di comuni amici (ep. 63): era evidente l'allusione a Ba-
silio. Comunque, in due lettere (nn. 76 e 80) egli espresse il suo do-
lore allorquando Basilio morl. Piil tardi, e ci?e nell'orazi?n~ fune-
bre del 382, era logico che considerasse que1 moment! di dissenso
di died anni prima come naturali, in una amicizia, rna comunque
degni di essere ricordati. Nell'Autobiog~afta, scritta intomo ~ 382,
sembra possibile riscontrare ancora dell arnarezza (w. 388ss., 476).
Nella orazione funebre (43, 58ss.) fu piil generoso, attnbuendo Ia
colpa di tutto ad Antimo, il vescovo ariano di Tiana al_qual_e _Grego-
rio avrebbe dovuto opporsi stando a Sasima, rna non Sl ~e~lto dine-
vocare tutti i motivi di dissenso. Secondo van Darn'· I epJSodio se-
gno Ia fine dell'amicizia tra i due.

9 Cf. R. van Dam, Families ond Friends in Late Roman Cappadocia, cit., PP· U5·
184, soprattuUo pp. 168ss.
I Padri C4ppatlod
48
Nella primavera del374 muore Greg?rio il Vecchio e poco do.
Ia moglie Nonna: il Nazianzen?, ora liber~to dalle re_sponsabiJj.
::nei confronti dei genitori, non s1 ~ca a Sasuna, perche puo final.
mente dedicarsi alia vita contempla~va che tant~ a !ungo a~eva de-
siderata. Di conseguenza si trasfens~ a Seleuc1a m Isa~na, nella
parte meridionale dell'anuale Turchia, _nella quale era fiorente Ia
memoria di Tecla, una santa cui Gregono era personalmente devo.
to. Jvi rimane per cinque anni, fino al 3 79: di questa periodo non
abbiamo, di lui, notizia alcuna: ne orazioni ne lettere, se non qual.
cbe breve biglietto.
Basilio aveva nominata d'imperio anche il fratello, attribuendo-
gli Ia sede di Nissa. Gregorio non si ribello come aveva fatto iJ Na.
zianzeno. Accetta iJ suo ruolo, rna neppure lui, come il Nazianzeno,
era adatto a far &onte aile difficolta delle lotte religiose del momen-
ta. Nel3 72 egli cerco un accordo con i seguaci del vescovo Marcel-
lo di Ancira, che erano fortemente ostili agli ariani, rna criticabili
per illoro sabellianesimo, e questa incontro suscito iJ malanimo di
Basilio: iJ &atello «non cessa di complottare contra di noi», dice Ba-
silio, con una certa esagerazione (ep. 100, ad Eusebio, vescovo di
Samosata), anche se arnmette che iJ comportarnento di Gregorio era
dettato probabilmente da un eccesso di semplicita. Critiche a Gre-
gorio emergono anche nella ep. 215: ivi Basilio spiega quali doves·
sero essere, secondo lui, le qualita del vescovo.

7. La politica religiosa di Basilio


Intanto I'amicizia tra Basilio ed Eustazio di Sebaste era giunta
aJ_la ~e, P_er vari motivi. Tra questi vi fu iJ dissenso sulla teologia tri·
nttana ed m pa~c?lare sui fatto che Eustazio si opponeva a ricono·
scere Ia natura d1';lla dello Spirito Santo (cf. pp. 256ss.). Contem·
po~aneamente Basilio sentl il bisogno di sostenere Melezio di Antio·
t• e Teod?t? Ni~opoli, nell'Armenia minore, e anche questa
'!i
tto servl a mumcargli Eustazio, Ia cui sede Sebaste era appunto,
in Armenia. ' ' '
iii ~el~o e Teodoto, infatti, avevano domandato una visita di Ba·
cl, 0 ~lderando che qualche correzione fosse fatta aile questioni
B~ilio o_ra turbavan?. gli animi». Nel 372 Eustazio aveva accusato
. . di err:'re_ e cnt~cato Ia sua interpretazione dell'ascetismo (lo
81 ncava dall epJStolario di Basilio: ep. 95, a Eusebio di Samosta, e
11. Vicentk storicbe 49

119b a_Eustazio). I:err?re_ ri~ardava Ia teologia dello Spirito Santo.


Do btamo collocate I eptsodto nell' ambito della v t . .
che Basilio subl subito dopo Ia sua consacrazione ~ a op~tztone
~ento ~ sonoscri!'a da Basilio ed Eustazio una dich:!:~ :~:
gtut_~ta eli ~rto~ossta. ll vescovo eli Cesarea, pero, non abbandono i
suot dubbt net_ co~~nti della ortodossia di Eustazio, acconsenten-
~o .U parere eli .Utn, t quali sostenevano che bisognava porgli ulte-
nort_domande (ep. 99, 3). Egli sospeno chela elichiarazioneeli ono-
dossta non fosse stat a sin cera, e quindi richiese una "dichiarazione
piii succinta • · Qu.Ucuno, a Sebaste, sembra avere confermato che
~ustazio era rimasto delle precedenti opinioni (ep. 138, 2). Nel-
l estate del374 B~~~o strinse un accordo con Teodoto eli Nicopoli,
nel qu.Ue ~en~cto il suo precedente eroe con toni amari (ep. 130,
~). Eustazt?•. ~ .Utra parte: av~va ~ccusato Basilio, rinfacciandogli
I anuca amtctzta con Apollinano eli Laoelicea, (cf. pp. 243ss.) che in
quei tempi era considerate un sostenitore del sabellianesimo. Basi-
lio fu costreno ad ammenere che in tutta Ia questione vi erano del-
le implicazioni dottrinali piii ampie, per cui comincio ad associare
le opinioni di Eustazio sulla pneumatologia a quelle di Arlo e dei
suoi seguaci, asserendo tutto ciO in numerose lettere, inviate in Oc-
cidente a laid, a vescovi e a intere comunitii. Lalenera piii dura eIa
n. 223, inviata ad Eustazio stesso nel375: Basilio si lamenta degli av-
venimenti, si sofferma a confutare le accuse eli apollinarismo, soste-
nendo eli essere stato coerente lungo tutta Ia sua vita; Eustazio, al
contrario, aveva cambiato spesso le sue opinioni. Basilio dovette ac-
corgersi che, eli fronte ai sospetti di .Utri, egli aveva assunto una po-
sizione teologica non ben definita durante gli anni che seguirono il
concilio eli Costantinopoli del 360. Era quindi necessario dare un
resoconto accurato eli quegli anni, cosicche nella epistola 223 Basi-
lio definl solo apparente Ia sua precedente amicizia con Eustazio; si
era ingannato, credendo che l'umilta ascetica di Eustazio fosse sin-
cera; I' accusa di apollinarismo era stata inventata apposta allora. .
Nel 375 Basilio si scontra con il governatore della Cappadocta
Demostene, favorevole agli ariani, anche s~. igna~ di t~logia_ (ep.
237, 2). Demostene doveva sapere che ~asilio ~rail nenu~ pnnct-
pale dell'arianesimo, per cui, come ulter~ore mtsu~, caccto Greg':
rio dalla sua sede di Nissa con l'accusa dt malversaz10ne del pubbli:
co denaro (cf. Gregorio di Nissa, Vita di Macrina 2~, 1). I rapportt
tra Basilio ed il fratello non erano stati sempr:e buont, ~me s~pra st
e visto. Gregorio fu esiliato l'anno succeSSIVO, perche un stnodo
I Padri C.ppadoci
50

convocate dagli ariani nella p~aver~ del 376 lo di<:hiaro detadu.


to, ed il fatto provoro in Bas~o. una smcera commo~tone (~p. zzs,
231 ). Non sappiamo dove egli st recasse d~p~ qu7su aweniDlenti; il
periodo era particolarmente sf~vor~vo!e at n~cen~, co'!l.e ricostruia.
mo con abbondanza di dettagli dall eptstolano di Basilio.
A Sebaste, Ia vittoria per Basilio arrivo troppo tardi: Eustazio
sembra che sia morto nel 377 e Ia sede fu amministrata da due fra.
telli di Basilio, Gregorio e Pietro: quest' ultimo, alia fme, divenne il
vescovo residente in quella citta.
Anche Apollinario appartiene a! novero degli amici messi da
pane da Basilio, come il Nazianzeno ed Eustazio. Basilio vide, daJ.
Je critiche che lo colpirono, che I'atteggiamento amichevole che ave-
va adottato nei confronti di Apollinario ai tempi della giovinezza e
del Contro Eunomio si era rivolto a suo danno: Ia controversia con
Eustazio aveva fatto di Apollinario un sostenitore del sabellianesi-
mo. L'accusa era sicuramente falsa; in ogni caso Basilio lo condon-
no solennemente nella ep. 263, 4 (ai vescovi occidentali), insieme ai
suoi alleati in Egitto (265, 2).
D'altra parte, Apollinario era intervenuto nel modo sbagliato
nello scisma di Antiochia, prendendo posizione per Paolino conuo
Melezio ed Eusebio di Samosata, che erano amici di Basilio. Ora,
nel momento in cui ruppe con Eustazio, Basilio stava gia polemiz·
zando con Apollinario. In un ptimo momento Basilio scrisse a Me·
lezio, probabilmente nel3 75, riferendosi a <<un docwnento che pro·
veniva da Sebaste, sulla base del quale gli eustaziani avevano comin·
ciato ad accusarlo» (ep. 129). Essi ritenevano che Basilio fosse !'au·
tore di que! testo, mentre Basilio affermava che esso era stato scrit·
to da Apollinario, il quale, appunto, si stava avvicinando all' empie·
ta di Sabellio. In un secondo momento, sempre in quell' anno, Basi·
lio scrisse a Olimpio, uno dei suoi sostenitori a Neocesarea, facen·
do rifetimento a degli scritti che circolavano contro di lui; in essi si
trovavano delle argomentazioni ricavate da un' opera di autore igno·
to, che probabilmente era Apollinario stesso (ep. 131). Evidente·
mente, Ia possibilita che Basilio in passato fosse stato in contatto
con Apollinario stava venendo allo scoperto, e Ia risposta di Basilio
fu che uno non doveva essere biasimato per gli errori che un amico
aveva successivamente commesso. In un terzo momenta la contests·
ta corrispondenza con Apollinario divenne il centro della questione
(epp. 223, 6; 224; 226, 4; 244, 3). Basilio dovette percio affermare
che i suoi precedenti contatti con Apollinario, ora considerate ere·
Il. Vicende storiche 51

ti~o,. erano _stati. su~erficiali. Egli continuo ad evitare una piena am-
nuss~one dt amtctzta con Apollinario, anche se non negava che Ia
cornspondenza con lui era esistita. Sottolinea, quindi, che rnanca·
vano le prove, senza sostenere esplicitamente Ia propria innocenza
(ep. 223, 4) _e c~rnincio a dare scarso peso aile sue precedenti lette-
re ad Apollinano (epp. 224, 2; 226, 4), asserendo che esse costitui-
vano un sernplice scambio epistolare tra dei laid, rna non implica-
vano certo che Basilio fosse d 'accordo con lui. In sostanza, egli
sconfessava Ia sua precedente amicizia, cosl come aveva fatto con
G~egorio di Nazianzo ed Eustazio. Un anno dopo (ep. 244, 3) am-
nuse di avere letto alcune opere di Apollinario, rna solo poche, ed
alcune di esse erano recenti. L'accusa di Eustazio si basava sui fano
che Basilio aveva scritto ad Apollinario, rna Basilio rispose che egli
non lo aveva mai considerato un nemico, anzi, aveva rispetto per lui;
tuttavia non era stato mai cosl suo intima amico da prendere su di
se le accuse rivoltegli. Esiste anche un trattato Sulfa sostanZJZ di Dio,
attribuito ad Apollinario, che contiene alcune sezioni, rna rnodifica·
te, della primalettera inviatagli da Basilio. Forse questo documento
e affme a quello che era giunto nelle rnani di Eustazio e che aveva
suscitato le critiche di cui si e detto. Ma certo l'amicizia epistolare
tra i due era stata piu stretta di quanto Basilio non fosse disposto ad
ammettere.
In quegli anni sorge e si rafforza l'amicizia con Eusebio di Sa·
mosata, una citta sull'alto corso dell'Eufrate, a nord di Edessa, Ia
quale richiamava sempre di piu l'attenzione di Basilio. Eusebio era
stato un convinto sostenitore di Basilio di Ancira, e quindi un sicu-
ro esponente di quella strada intermedia tra niceni e anomei, doe
quella dd "simile secondo Ia sostanza", che Basilio ~tende~a per·
correre (cf. pp. 237ss.). AI momento della consacraztone epiScopa-
le di Basilio Eusebio era un uomo di grande reputazione, tanto che
N
Gregorio azianzeno e suo padre erano ansiosi di ~tteneme il so·
stegno per installare Basilio stesso a Cesarea. Gregono aveva scntt?
ad Eusebio tre lettere piene di amrnir_azione (Ill_'. ~-46: second~ il
Gallay, tuttavia, solo Ia n. 44 e effet~vamente mVlata ad ~usebto,
mentre le altre due sono inviate a Basilio), dopo _che questt era sta·
to esiliato in Tracia dagli ariani nd 374. Nella epzstola 136, del374,
Basilio rievoca qud periodo con molta defe~za. La seconda_ fase
della !oro amicizia e dovuta agli avvenimentt dd .37 ~; nell~ epmola
95 Basilio informa Eusebio delle sue preoc~upaztoru rdauve_ • Me-
lezio e a Teodoto e ai problemi dell' Armerua. La terza fase riSale al
I Padri Olppadoci

periodo dell'esilio di Eusebio (epp. 14~; 1~2! 1~8): Per questo rno-
tivo Basilio invio anche molte lettere 01 cnsuaru di Samosata, esor-
tandoli ad essere fedeli alloro vescov? (n?. ~81, 18?, 219). Duran-
te iJ376 Basilio informo Euse?io degli ul~1 avven.~enu: ~a rottu-
ra con Eustazio, Je violenze di Demostene, 1 negoz1aU con 1 poten-
ziali alleati in Occidente (nn. 237; 239).
r: altra personalita alia quale Basilio si rivolse con calda amicizia
in quegli anni fu Amfilochio: di lui si e_~il detto ~opra: Aveva d~ci-
50 insieme ad un amico di analoga poslZione soctale di abbracc1are
Ia vita "filosofica", rimanendo pero nella cas a paterna per due o tre
anni. Nel373 egli fu eletto vescovo alia sede di Iconic. Sono eviden-
ti i paralleli con le vicende di Basilio e di Gregorio; del resto, non
poteva essere ststa I'ambizione ad attirare Amfilochio alia carriers
ecclesiastics: Iconic non era certo una sede desiderabile. Chi si con-
gratulo con lui, da lontano, fu Libanio, il quale credette che ora
Amfilochio avrebbe avuto piu tempo da dedicare agli studi ... (ep.
1226). Le prime parole della epistoltl 150 di Basilio sono una specie
di rievocazione delle vicende giovanili del suo autore. L'intento
ptincipale di quella letters era, pero, quello di attirare Amfilochio
ad un ascetismo di diverse genere, ad abbandonare l'isolamento sul-
le montagne e a farsi coinvolgere nell' opera caritatevole della "cit-
ta". Basilio invitava Amfilochio ad accettare Ia sua guida spirituale,
e il regime che vigeva a Cesarea doveva essere considerate come una
vera e propria forma di adempimento degli obblighi del Vangelo.
Gregorio Nazianzeno, invece, replica aile proposte di Basilio scri-
vendo al ~adre di A!J_Ifilochio che lui stesso ed il cugino erano stati
sonoposu alia medesnna forma di "tirannia" (ep. 63 ).
U~ volta che Amfllochio fu insediato ad Iconio, Basilio gli
~and~ _n~erose lettere con le quali gli manifesto caldi sentirnenti
dillii:c~. I tapporti con Gregorio si erano guastati; per i suoi fra-
te lam asilio non ebbe mai molto affetto; invece Amfilochio non era
~ ente un v~c~o amico, che si trovava in una localitil vicina a
Pol areda ~debe qwndid! poteva aiutarlo: era molto di piu, era un disce-
o con
volte esl eroso
. af£ unparare
. · n vescovo di Cesarea gli scr~sse
. pm "
copia constoigli~ ulettuosl (epp. 217; 231; 232; 201) e gli foml in gran
dei rapporti cos 1govemo
Chi della Chi
.. esa; m· pamco. Iare, a proposlto
·
I'Isauria e dellan L~ ~e delle VICJDe e semibarbariche regioni del-
mettere ordine ;caoma, nell~ quali era necessaria intervenire per
vi di caranere ~~sar~ gJi scontri e le invidie. Per questi moti-
!Stranvo e pratico Amfilochio convoco un si-
II. Vicentk storiche

nodo, al quale invit~ anche Basilio; I' amico vi panecipb, nonostan-


te fosse sofferente di salute. A panire dal 375 Amfilochio si dedico
alia riorganizz~zione e alia moralizzazione del cristianesimo locale,
~orne ~pprendiamo sempre dalle lettere di Basilio. Da qui proverra
il suo ttnpegno a porre ordine alle varie sette cristiane di carattere
encratita (abbiamo gia accennato sopra a quella dei messaliani; ne
riparleremo alle pp. 71-72). Basilio sostenne l'anivita riformatrice di
Amfllochio scrivendo le famose epistulae canonicae (no. 188; 199;
217), che contengono un sunto della disciplina cristiana.
L' altro campo nel quale Basilio intrattenne cordiali e strette re-
lazioni con AmHlochio fu quello teologico: a lui Basilio invio alcune
lettere (nn. 233-236) che non sono da meno dei trattati teologici ve-
ri e propri, come queUe di Atanasio e di Gregorio Nazianzeno: nes-
sun altro arnica fu da lui ritenuto degno di tanto impegno. Vi sono
ampiamente discussi i rapporti intettrinitari, ed in particolare i si-
gnificati di "sostanza" ed "ipostasi". Per alcuni aspetti esse sono
moho vicine al Contro Eunomio e al trattato Sullo Spirito Santo, che
eproprio di quegli anni; anzi, proprio da queUe lettere possiamo de-
sumere degli dementi dottrinali che ci chiariscono certi problemi
posti dai trattati. Le reminiscenze del Contro Eunomio, naturalmen-
te, non sono casuali: Basilio toma su quella tematica, perche ritiene
che cene case dette precedentemente non sono piii adeguate.
A partire dal370 il problema della divinita della Spirito Santo,
a causa del quale era sorta (tra le altre cose) anche l'inimicizia con
Eustazio era diventato centrale. Non senza motivo il trattato che Ba-
silio scri~e appositamente per esso (Lo Spirito Santo) ededi~at~ pro-
prio ad AmH!ochio. Basilio aveva esarninato !a pneumatologia m mo-
do non approfondito negli armi precedenu, e ora d~v~tte tomare
sull'argomento. L'opera ha un tono di confidenza e di Sl~urezo:·· La
sua imponanza non sta solarnente nel fatto che ora Basilio am':'fll!e
delle precisazioni e dei completarnenti a quanto era stato definito ~
Nicea, rna anche nel fatto che Basilio parla con l'a~t~rev~le~a che S1
e acquistata faticosamente nell'arnbiente suo_ e det ~c~ d .?~ente._
Infine fu grazie a Basilio che AmfilochiO commcto a e carst
allo studi; della Scrittura, nella quale, tutta~ia, n?n. ~embr~_';','olto
il . dell d ande SUI tenu ptu genenw, co-
esperto: egli pone ~ Bas 10 ll e. dm · della fede e della gnosi
me quelli della ragtone e de a n~ aztone, . . . . d Amfilo-
(e 236) Piuttosto che i problem• di teologia tnrutarta, a .
p. · d (p ) interessava soprattutto Ia prasSl della
ch 10, come ve remo . 71 ,
Chiesa.
I P•dri C.pp4doci

8. Basilio tra Antiochia, Alessandria e Roma


I rapporti tra Basilio e le altre sedi episcopali erano gia noti a
Gregorio, che ne parla nella sua orazione funebre (or .. 43, 41.65).
Quelli con i fedeli di Neocesarea nd Ponto er:mo so':'. alia morte
del vescovo Musonio, nd 371 (ep. 28). Ad Anma, Basilio vuole ri-
costituire un fronte che possa opporsi ai nemici (ep. 29). Successo-
re di Musonio fu Atarbio, che era un lontano parente di Basilio, rna
non per questo suo amico. Fu Basilio a prendere l'iniziativa nd 373
(n. 65), esonando Atarbio ad opporsi alia politics di Valente, che in
quegli anni era molto minacciosa. In seguito, sopravvenuta Ia que·
stione di Eustazio, Basilio accuso Atarbio di sabellianismo (n. 126)
e scrisse ai suoi colleghi di Neocesarea una lettera per metterli in
guardia (n. 244). Basilio era stato rimproverato di essersi staccato
dalla consuetudine di Gregorio il Taumaturgo nel cantare i salmi ed
era stato criticato per il suo ascetismo, in particolare per averlo in-
trodotto proprio nel cuore della Chiesa (n. 207). In quella epistola
Basilio osserva che il vescovo deve entrare nella piu vasta collegiali·
til con gli altri cristiani, e ricorda una letters (ora perduta) di Atana-
sio, nella quale il vescovo di Alessandria ordinava che se uno voles-
se staccarsi dall'eresia di Ario confessando Ia fede di Nicea lo si do-
veva accogliere senza fare alcuna discriminazione (cap. 6).'
Dvescovo di Cesarea cerca di costruire in Asia Minore un con-
senso in favore della dottrina nicena. Come conseguenza della sua
~0~ con Eustazio si volge all'Armenia. Quella regione costiruiva
infam ~ pun.to molto delicato, una zona di attrito tra I'Impero e i1
regno di Pers1a, ed era legata alia Cappadocia da affinita naturali e
~~r~~h;:,f seguito a~ una spedizione militare in quei luoghi, tra
. deell • P~P~ 0 l~mperatore Valente invito Basilio ad occu-
palSI e quesuoru dell' A · (
'-"' , . rmen1a ep. 99, 1). L'incarico ha un suo
s.,..uucato, perche veruva a com I iii ,
bahilmente r· pensare e ost ta del passato. Pro-
-"""'oso all unperat~~ av_eva visto Ia necessita di dare un sostegno
•'-"ll' e sue Spewz•om milit . . ll'
dovette apparirgli p·· . an m que area strategies, e questo
IU !mpottante chen
contro tra Basilio e Val I on I· d"1ssens1· prece d enn;· t•·m-
re all'imperatore quan:nte ne~72 potrebbe aver fatto comprende-
lio. ll vescovo di Ces 0 gran fossero Ia fama e I' autorita di Basi-
l'Armenia minore narea, 11a tuttavia • riuscl a Slstemare
· le cose solo ne1-
Durante questi a~~ p~ne occidentale della regione nel 373.
re, I'anziano Eusebio d1·eSnu morl in esilio il suo amico e ~ostenito·
amosata.
II. Vicnuk Jlon'che

D~ que_! momento Basilio comincio ad occuparsi piii da vicino


della s~tuaz1on~ della Siria e di Antiochia, una delle tre grandi me-
trOJ??li de~'~rlente e citta di importanza fondamentale sui piano
poliuco, militare e commerciale. In quegli anni Antiochia era divisa
da un drammatico scisma, sorto in anni lontani. Nel357 vi era sta-
to posto co11_1e v~scovo l'omeusiano Eudossio, in ricompensa per
aver sottoscntto, m quell' anno, Ia formula omea di Sirmio. Eudos-
sio, poi, sostenne apertamente il partito degli anomei, mantenendo
relazioni di amicizia con Aezio. Per questo motivo egli fu deposto
nel 359 (anche se l'anno dopo gli fu assegnata Ia sede di Costanti-
nopoli), e di conseguenza Antiochia fu assegnata a Melezio, il qua-
le sottoscrisse Ia formula omea di Acado; successivamente, pero, in-
vic una lettera all'imperatore Costanzo per spiegare che aveva mu-
tato opinione in senso omeusiano, e per questa motivo fu esiliato
nell'Armenia; il suo posto fu preso da Euzoio. Ma poco dopo Co-
stanzo morl e gli successe Giuliano I'Apostata, il quale, sia per di-
sinteresse nei confronti delle contese religiose dei cristiani sia per
provocare disordini tra il clero, permise il ritomo aile !oro sedi dei
vescovi esiliati dal precedente imperatore, con Ia conseguenza che
in molti casi sorsero forti ostilita tra il vescovo deposto e quello che
gli era subentrato. In tal modo Melezio tomo ad Antiochia, e Ia cit-
ta ebbe due vescovi, Melezio ed Euzoio. Le difficolta crebbero in
quanto Lucifero, vescovo di Cagliari, niceno accanito, p~s~ ~ ri-
solvere il problema di Antiochia consacrando per quella cllta il sa-
cerdote Paolino, fedele alia memoria del primo vescovo delluogo,
Eustazio (da non confondere con !'ornico di Basilio), che era stato
di tendenze sabelliane e quindi un ornico, agli occhi di un niceno co-
me Lucifero. Paolino era senza dubbio in minoranza ?ella citt~, rna,
finche visse, non cedette, e Ia quesri?ne ~el ri_conos.cllllento di Me-
lezio come unico vescovo legittimo d1 Annoch1a fu r1solta de_tur~ so-
lamente nel381 con il Concilio ecumenico di Costantmo~oli, di fat-
to solo con Ia morte di Paolino (ed il successore fu FlavlanO, colla-
boratore di Melezio). .. li dell
Non possiamo seguire ulteriormente tutu I det~ag. alia com-
. . bl pparentemente limitato a co-
pless_a. q~estto?e: ~ pro ema ~~a a a della cirta, aveva una ri-
muntta d1 Anuoch1a, rna, data I ~portanz d he anche Basilio
I . • rande per cui non sorpren e c
son~nza mo to p~u g . • F" dall'inizio egli sostenne incondizio-
abbla cercato d1 l~tervenlre. ~ causa del sabellianesimo di
natamente Melez1o, non foss altr~ 8 · loso perche aveva con
Paolino; rna questi era un avversarto penco '
se il sostegno del vescovo eli Roma, il qu.ale v~lev~ difendere le sue
rero tive anche a costo eli esercitare mdebtte mterferenze neUe
~:ni eli altre comunita cristiane, soprattutto se ess~ erano, ai
suoi occhi. di tendenze piu o meno scope~ament.e artane (e gli
omeusiani erano considerati tali, soprattutto m <?cod~te). ~che
Basilio era orientale, e se in passato era stato anuco eli Apollinario
(per cui era stato criticato da Eustazio eli Seb~te), ora I'amicizia. con
Eustazio (sebbene interrotta) non lo metteva m buona luce agli oc-
cbi eli Rome. Gift all'inizio dd suo episcopato Basilio si era interes-
sato eli Antiocbia, mandando nd 371 un diacono eli Melezio ad
Alessandria, presso Atanasio, con una lettera (n. 66), con Ia quale
spiegava come si potesse organizzare un' ampia campagna in favore
del vescovo legittimo, doe Mdezio. Ma Ia presenza eli Paolino ad
Antiocbia significava dovere entrare in rapporti con il vescovo eli
Roma, Damaso; contemporaneamente si sarebbe richiesta a Dama-
so una condanna piu decisa eli Marcello eli Ancira, considerate da
tutti come I'equivalente eli Arlo, a causa dd suo sabellianesimo. Con
questi interventi Basilio stava daborando una sua dottrina relativa
al govemo della Chiesa: essa doveva essere piu "universale" di
quanto non era stata fino ad allora, per cui i problemi eli una sede
dovevano essere i problemi eli tutti. Oltretutto, i laici erano le vitti-
m~ principali eli questa mancanza eli unitS., docili eli fronte ad una
gw~~ c?~a o resi scbiavi dai nernici dell'onodossia (ep. 70, fine).
, . o mVIO a Damaso Ia lettera n. 70, insistendo sui concetto del-
1Basili
annco amore che era regnato tra le Chiese.
AntiMa ~ B~~ stava divenendo chiaro che risolvere lo scisma eli
ocbia signific~va sostenere esclusivamente Melezio e quindi
'd taliunaInpostzione poco graelita sta
assumere · ad Atanasto
. sta
. '81. vescovt.
oca en . terverme . a q ues to punto una Iettera eli. Damaso Ia
quale conteneva infonn · · su eli un concilio occidentale non
. aztom •
gli
me o noto, tenutost negli anni 368 372 . . '
zione degli orie tali Ia . -. • e nchiedeva I approva-
ad essere poco cnhia ' mBentril~ llposlZlone eli Atanasio continuava
raa as to m diD
compagnato da Doroteo :e. .
tato in Oriente le sue lett

gnato eli Basilio: essi po~ 0


·eli esso amaso, che aveva por-
n~me Sa~ino, tomo a Roma ac-
det d!•coru eli Melezio e messo desi-
~· Un anno dopo Ev a~an~ van~ lett~re per i vescovi occiden-
pot amico eli Gerolamo ag:J' d Ant!Ochta, che sarebbe diventato
nasio, giunse da Basilioe tra ~!tore della Vita di Antonio eli Ata-
doveva inviare un' ahr P~rtan ~ Ia richiesta di Damaso: Basilio
a am ascena ed una dichiarazione, firmata,
II. Viuntk rtorithe
'7
che aderiva ~a. professione di fede che Damaso gli aveva prece-
den~e~ent~ u:'~tato. In t.utto questo si vede quanto grandi fossero
le dtfficolta di mtende.rst, per i vescovi di Oriente e quelli di Occi-
dente. pamaso ':'on st fidava dell' ortodossia di Basilio: forse egli
aveva. m mente il comportamento dd suo predecessore, Liberio,
che .•• era aperto ad Eustaz.io, .risultato poi pneumatomaco, e pro-
babilmente vedeva nella rtchiesta degli orientali, di condannare
Marcello, una finta che nascondeva una teologia non dichiarata-
mente nicena. Damaso aveva respinto le lettere di Basilio, perche
esse erano parse insufficienti ai piu tradizionalisti dell'Occidente.
Basilio riferl tutto questo, insieme con il suo risentimento, ad Eu-
sebio di Samosata (ep. 138): stava divenendo chiaro che il vescovo
di Roma e i suoi amici pensavano di usare delle maniere perento-
rie, nonostante che esse avrebbero probabilmente suscitato dissen-
si piu che ottenere riappacificazioni; ancor piu grave fu Ia notizia
che Damaso aveva deciso di sostenere assurdamente Paolino. ll
fatto e che Damaso non aveva nessuna intenzione di rinunciare al
sostegno di Alessandria, sui quale Roma aveva sempre fatto affida-
mento, per dare ragione ad un vescovo che, per quanto noto, Ba-
silio, non apparteneva ad una sede di primo rango, come era Cesa-
rea. Dd resto, in quegli anni si trovava aRoma il fratello di Atana-
sio, Pietro: succeduto ad Atanasio nd 373, Pietro era stato imme-
diatamente esiliato dalle autoriti\ imperiali ftloariane, e, stando a
Roma, aveva probabilmente accresciuto Ia cJU:fidenza d_i Damas?
nei confronti di Mdezio e di Basilio. Durante t due ~nt ~ucces~­
vi Basilio continuo ad essere afflitto e indignato per il nconosct-
mento che Paolino aveva ottenuto dall'Occidente. .
Infme Basilio cerco di organizzare una nuova ~~ascerta per
. d · sta alle sue rtchieste recate
Damaso: btsognava pur are una nspo I ' (
da Evagrio. Basilio scrive ad Eusebio di S~~sata una .ettera. n:
239) nella quale manifests tutto il suo pessuntsmdio ':'et nfl{ardi di
Darr:aso e Ia erdita, oramai, di ogni speranza _r•c?nc azton~.
. p all'' . . dell' estate del376, qwndi, due messt,
Nell~ pnmavera o mtzto Ia ris osta di Basilio, anche se
Santtsstmo e Doroteo, portarono p t'stesse Un'altra lettera
, d I h· in che cosa essa cons ·
non e e .tutto c !aro , alia e della Gallia) e piena di preoccupa-
(n. 243, at vescovt dell It . bbastanza mite delle sue so-
. . B ill' · · · con una verstOne a .
ztom. as o mtzta . . . autorevoli dovrebbero comptere
lite lamentele: alcunt occtdentali . to di persona delle sofferen-
una visita in Oriente, p~r renderst conione dell'imperatore; Basilio
ze dei fratelli, sottopostt alla persecuz
I Padri Cappadcci

st. ren deva conto che J'Occidente restava indifferente aile sue n··
chieste. dall'O ·d
Nd 377 Doroteo e Santissimo tomaro_no c~t ente por.
tando con se una Jenera eli Damaso. In essa il vescovo eli R~ma con.
dannava J'arianesimo e l'apollinarismo, rna d~~a p_oca so?dtsfazione
sulle questioni eli Antiochia,. tan_to che Basilto r_1mando a Rom a i
suoi messi, portando una sene eli d?_mande prectse (ep. 263 ). Fece
presente che I'arianesimo non era ptu un problema, mentre eran0 i
nemici che si trovavano all'intemo della Chiesa, e che apparente-
mente conelividevano Ia sua stessa fede, a procurargli Ia maggiore
preoccupazione. Questi nemici erano Eustazio, che aveva sempre
cambiato opinione in materia eli fede (Basilio voleva far capire a Da-
maso che Liberio era stato da lui raggirato), Apollinario, giudaiz.
zante, e Paolino, che tendeva ad accettare il modalismo di Marcello
eli Ancira. Solamente un concilio ecumenico avrebbe potuto porre
un termine a tutte le questioni, ristabilire I' ortodossia e quineli Ia pa·
ce nella Chiesa. Basilio, infatti, non era in grado eli farlo, perche era
sospettato eli essere nemico personale eli quei tre.
Neppure quest' ultima ambasceria ebbe successo. Sembra che,
ancora una volta, il fallimento sia stato dovuto all'intervento eli Pie·
tro eli Alessandria, il quale aveva addiritrura accusato Melezio ed
Eusebio eli Samosata eli simpatia per Arlo. L' accusa era certamente
assurda, ed oramai era impossibile risolvere Ia questione eli Antio·
c~a ~~n l'aiuto dell'Occidente. Basilio allora mise per iscritto i suoi
gmelizt e le sue convinzioni al riguardo (ep. 265, ai vescovi d'Egitto).
Dproblema non fu risolto nemmeno dal Concilio eli Costantinopo·
lie dall'ami_c? ~rego?o Nazianzeno quattro anni dopo: Ia presiden·
za?e! concili~, infatu, fu tenuta per un certo tempo proprio da Me·
lezto, che fu ~conosciuto, quineli, vescovo legittimo, rna mori poco
d?po. A_Paolino sopravvisse fu contrapposto un seguace eli Mde·
u_o, ~~o, sl che lo scisma di Antiochia si protrasse ancora alcu·
m anm, fino alia morte eli Paolino.
Ba~~o ;ra gia _morto. Secondo Ia tradizione, Ia data della sua
morte e ill gennato del379, anche se alcuni stueliosi, recentemen·
te, hanno pr~pos~o una anticipazione al 378 0 adelirittura al 377-
Qu-:sto f~~o unpli~h~rebbe lo spostamento delle altre date della vi·
?i
ta Basili~, tra cut! anticipazione al 369 della elezione episcopale;
nm ct atteruamo alia datazione traelizionale.
11. Vicende storiche

9. Gregorio Nazianzeno e Gregorio Nisseno


a Costantinopoli

Val mesi prima della mone di Basilio , il 9 agos to 378 , 1,.unpe·


Pochi
r~tore e?te ~ra stato s_confitto e ucciso dai Goti ad Adrianopoli.
L lmper? d Onente era nmasto privo di una guida. Graziano, impe·
ratore_ ~ Occidente, ri~iedeva ~ Milano, e ceno (anche per Ia sua in·
ca?acita) non potev_a mterverure per respingere i barbari, che neUa
~runavera del ~79 s~ er~o spinti fin sotto le mura di Costantinopo-
li. Penanto egli designo, per govemare !'Oriente Teodosio un ge-
nerale di origine spagnola e fedele seguace deUa formula di fede ni-
cena (a! contrario di Valente che aveva cercato di favorire gli ariani
con ogni mezzo).
A Costantinopoli abitava una cugina di Gregorio, Teodosia, so-
reUa di Amfilochio di Iconio, Ia quale era entrata, col matrimonio, a
far pane di una deUe famiglie piu imponanti deUa capitale (il marito
era nipote di Ablabio, che era stato !'ultimo prefetto del pretorio di
Costantino, dal329 al337). Costei comprese l'imponanza del muta·
mento politico che si veniva delineando con l'ascesa a! trono di Teo-
dosio. A Costantinopoli da circa quaranta anni si succedevano vesco-
vi ariani e agli onodossi era vietato perfino di riunirsi in una Chiesa
ufficialmente riconosciura; Teodosia penso che una personalita deci-
sa, da mettere a capo del piccolo gruppo onodosso che aveva resisti-
to cosl a lungo aile pressioni degli eretici, avrebbe potuto attuare Ia
svolta religiosa che l'imperatore progettava. Questo personaggio au·
torevole poteva essere Gregorio: era vescovo, rna momentaneamente
privo di impegni pastorali, era un niceno ferven~e ed ~ ottimo ora·
tore. AIJ'inizio dell'autunno del378 una delegazione g1unse a Seleu-
cia, ove Gregorio conduceva vita ascetica, per chiedergli di rec~ a
Costantinopoli. Recentemente Susa~ I;Iolman 10 e ]. Me G~ckin 1 ~
hanno avanzato l'ipotesi molto verosunile_ che_ que!!• d~egaztone gli
fosse stata inviata in occasione del Concilio d1 Anuoch1a del379, al
quale si reco anche Gregorio eli Nissa. . .
Nonostante iJ suo amore per Ia solit_udine, ~regort? non seppe
sottrarsi: forse, come si ricava da alcunl accennt oscuri,_ ebbe I ~p·
provazione di Basilio, che tuttavia morl poco dopo. DI Gregorio,

10 Cf S R Holman The Hungry are Dying. Beggars and Bishops in RONian Clp-

padocia, U~iv~~ity Press.' Oxford 2001, PP· 1 ~ 6 - 137 ·. 229.23 8


II Cf.]. Me Guckin, St. Gregory o/ Navanzus, en., pp. .
I Padri Cappadod
60

nel periodo 374-379, non s~ppia.m~ nulla. «~ionon~stante quegll


anni dovettero essere per lw anm dt maturaz10ne e d1 approfondi-
mento spiriruale, che lo trasformarono e lo resero capace di affron-
tare Je difficili situazioni successive. In effetti e verosimile che Gre.
gorio abbia trascorso gli anni del suo ritiro di Seleucia senza mai
perdere contatto con i problemi della Chiesa: lo ricaviamo dal fatto
che non era possibile che all'improvviso fosse chiamato a guidare Ia
comunita nicena di Costantinopoli, senza che ci fossero state delle
proposte e dei progetti su di lui, da parte di persone autorevoli ...
Oltre a questi dati storici, che non debbono mai essere trascurati
quando si parla di un uomo ipersensibile e recettivo come lui, biso-
gna tener conto della psicologia di Gregorio: dovevano certo essere
maturate le condizioni psicologiche perche Ia sua personalita, ap-
parsa fin troppo ripiegata su se stessa, spesso in conflitto con Ia re.
alta e le sue leggi, si esponesse all'esterno. Forse oggi non riusciamo
a valutare appieno cos' abbia significato il suo consenso alia propo-
sta di venire a Costantinopoli: questa era certamente una ribalta
scomoda - per le oggettive difficolta di rapporto con gli eterodossi
di ogni specie che si sarebbero incontrate- rna ben illuminata, a dif-
ferenza della piccola Nazianzo con le sue beghe provinciali. I:amor
proprio ed una certa vanita, probabilmente mai sopiti nonostante
tutta I' ascesi possibile, venivano fortemente solleticati, dunque, dal·
Ia insperata possibilita di proiettare il personaggio e Ia sua grande
risorsa,l'eloquenza, sullo scenario "internazionale", proprio nell' at·
timo della difficile transizione. La stessa morte di Basilio, in quei
frangenti, riproponeva a! Nazianzeno l'assunzione di queUe respon·
sabilita cui si era spesso e volentieri sottratto. Gregorio, a nostro
giudizio, dovette percepire l'intrapresa cui si accingeva come una
sorts di scommessa - non aveva piu dietro le spalle ne il padre ne
Basilio- o un' awentura. Comunque andasse a finire, Costantinopo-
li costituiva l'attimo di "non-ritorno" della sua vita>> (Crimi)"·
E cosl Gregorio, dopo aver scritto una lettera (Ia n. 76) a Gre-
gorio di Nissa, in cui esprimeva i1 suo dolore per Ia morte di Basili~
e si rammaricava di non potersi recare (a causa anche di problenu
di salute) a vederne il sepolcro, partl per Costantinopoli, ove arrivcl
nella. Primavera del379. Per comprendere il clima della capitale ba·
sta ncordare che il vescovo ufficiale della citta era 1' ariano Demofi·

C . .12Adattam . . diG
'I: ad . ento e smtesJ. : regorio Nazianzeno, Poesie/2. lntroduz1on. ediC
23
runt. r UZlone e note di C. Crimi e I. Costa, Cittil Nuova, Roma 1999, PP· 2Z· ·
U. Vicentk sloriche 61

lo, J;>er cui ?regorio dovette alloggiare presso Ia cugina; inoltre ai ni-
cem erano ';"terdette tutte le chiese e Gregorio non poteva celebra-
re ~essa, ne aveva ~n luogo dove riunire i pochi onodossi di cui ora
era il capo. Teodosta, penanto, gli mise a disposizione una sala che
faceva pane del suo palazzo: Gregorio Ia chiamo • Anastasia • cioe
"chiesa della risurrezione", peosando non solo alia risurrezione di
Cristo, rna anche ~ quella della retta fede a Costantinopoli; era una
sede povera e umile, rna aveva simboleggiato I' ardore della fede e
Gregorio Ia rimpianse poi a lungo, quando, come vedremo, dov~t­
te abbandonare Ia capitale. La notte di Pasqua di quell' anno un
gruppo di ariani fece irruzione nell' Anastasia, cercando di lapidar·
lo. La scelta di quella panicolare occasione non era casuale: Ia not-
te di Pasqua i vescovi impanivano il battesimo ed i catecumeoi pro-
nunciavano il sirnbolo di fede, per cui gli ariani volevano impedire
a Gregorio di celebrare il battesimo e di eounciare il simbolo di fe-
de niceoo. fl prefetto della citti\ aprl un'inchiesta sui fatti, rna SO·
prattutto con l'intenzione di screditare Gregorio e di vedere quale
fosse il suo seguito. Del resto, nel 379 Teodosio non si era ancora
fatto battezzare e, nonostante fosse niceno, era ancora possibile che,
per non inimicarsi Ia maggioranza ariana, accettasse una formula
non lantana dalla !oro.
La motte dell'irnperatore Valeote, a cui sopra abbiamo accenna-
to, restitui al Nisseno, come ad altri vescovi niceoi, Ia posizione di
prestigio di cui avevano goduto (receotemeote, tuttavia, alcuni stu-
diosi hanno messo in evideoza il fatto che l'imperatore gii\ prima di
panire per Ia spedizione contra i Goti, e cioe n_ell'~utunno del377,
aveva annullato le sentenze di esilio che aveva inflitto). Con il con-
senso 0 meno dell'irnperatore, nel378 il Nisseno torno nella sua se·
de episcopate, e nel maggio-giugno del379 partecipO ad un sinodo
dei niceni ad Antiochia. A pattire da que! momeoto _per _lw (analo·
garnente a quello che avvenne peril Nazianz_en~) com_mcto un pe~o­
do di operosa attiviti\. Di ritomo da Annochia S1 fermo nelle prop':'e-
ti\ farniliari di Annisi, ove assistette alia mon~ d~a sorella Ma~nna
(luglio del3 79); quindi tomii nella sua sede di Nt~sa, ~e era :'8'-tata
dalle contestazioni degli eretici (probabilmente gli .o~et). Qwndi ~
chiamato a Thora, nel Ponto, non lontano da ~· per co~~
un vescovo onodosso, dopo che era mon:o A~to, arruco di farru·
glia (costui era stato presente al fune~~e di Macnn•?· ~o autorevo:
le dal successo conseguito in quella Vlstta pastborale, ~Nfeno fu ra~
giunto da una delegazione provenience da Se aste, c o pregava
1 Padri Cappadoci
62
interessarsi della situazione di qu~a citra, o~e il. vesc?~o Eustazio
(che abbiamo ampiamente conoscmto dalla vtta .d' Basilio) eramor.
to in quegli anni. Gregorio si trattenne a lungo. 111 quella citta, dove
!a situazione era piu diffici!e che al~rove: dato il grande ascendente
di cui aveva goduto Eustazto, finche.nell es~te del38? pate tornare
a Nissa. A Sebaste fu insediato dal N1ss~o il fratello Pietro, rna sem.
bra che !a sua autorita sia stata riconoscmta ~olo dopa il380.
Alcuni studiosi, che non ritengono verosimile Ia collocazione del
trattato Sulla verginita nd 371 (vedi p. 42), pensano che esso possa
essere abbassato agli anni di questa periodo, cioe al379-380, quao.
do comincia !a piu impegnativa attivita letteraria dd Nisseno, che
!ogicamente, era stata interrotta dall'esilio. Di c?nseguenza si possa:
no collocare in questi anni un certo numero di altre opere che ora
consideriamo minori: le piu significative sono I morti, Z:orazione del
Signore, Omelie sulle beatitudini, Sui titoli dei Salmi, A Eustazio sui·
Ia Santa Trinita. Tuttavia non esiste una certezza per tutte: ad esem.
pio, Danie!ou ritiene che 1'opera Sui titoli dei Salmi sia stata scrina
da Gregorio gia durante il suo esilio. In questo periodo cade proba·
bilmente anche il trattato su La per/ezione del cristiano, nel quale
l'autore si propone di dare un esempio di perfezione cristiana. Nel
corso del 379 egli scrive La creazione dell' uomo (nella prima meta
dell' anno) e !a Spiegazione dell'Esamerone (nella seconda meta), due
opere strettamente collegate tra di !oro e con le Omelie sull'Esame-
rone del fratello Basilio. Tutte e due sono dedicate a! fratello piu gio·
vane, Pietro. Forse risale a questo periodo anche il breve trattato,
che ci e giunto come una delle epistole di Basilio (!a n. 38), intitola·
to La di/ferenza che interco"e tra Ia sostanza e /'ipostasi: certamente
esso fu scritto dopo Ia morte di Basilio. Inoltre, sui piano teologico,
G~egorio fa sapere di essere esposto agli attacchi dei pneumatoma·
chi. che n':'!avano !a divinita della Spirito Santo, nd breve tratt~to
Ad E~rtazto, sulla Santa Trinitii: siamo, quindi, negli anni anterior!~
Con"!llo ~cumenico di Costantinopoli dd 381, il quale condannera,
tra gli altr1, anche costoro. L' opera costituisce una difesa dd Nissen?
:mche dalle critiche dei triteisti e dei sabelliani, riprendendo, quindi.
ldealm~te 1' a~ggiamento di Basilio, il quale aveva scritto contro
en~b, quest! gruppi sia nd trattato su Lo Spirito Santo sia nella
om C~ntro co/oro che dicono che noi con/essiamo tre dei.
' Macrma, come si e detto, era mona nel379, per cui il trattato su
L':!J'ma ~ Ia risu"ezione, nel quale !a sorella ha !a parte della maestra
e regono stesso del discepolo, deve essere sicuramente stato com·
II. Vicende storiche
63
posto dopo quella data Anch 1 0 .
scritte prima del m 1 · delle e melze sull'Ecclesiaste furono
u amento a sttuazt li . .
l'avvento di Teodosio ed il Concilio di c:e po Ilea ':"tervenu~ con
se Gregorio fa riferimento all'a . . ~antmopoli del381 (m es-
Sono gli anni in cui il N nanesuno .c e e ancora dominante).
soggiomo nella ca itale dell'aztanzeno s,t tr?~a a Costantinopoli. ll
gli inizi del379
.
l dellmpero e l_atttvtta che egli esplica tra
e est~te. . 381 sono di fondamentale im rtanza
per lm, anche se tra le mstdie e i pericoli. Pochi mesi do o li':uo ar
r!VO gmnse a Costantinopoli un non meglio . PM . ·
del a1 · . conoscmto assuno,
qu e SI s~ solo che. st era convertito al cristianesimo e anche do-
po Iap·converstone contmuava
. a coltivare Ia ffiosofi a c1n1ca.
. . Era Iega-
to a Ierro, ve~~ovo di Alessandria, dei cui intrighi a danno di Basi-
lio abb~a~o gta detto. Massimo riesce a conquistare l'amicizia di
~r~gor1o, il qu~e, peraltro, aveva una cetta simpatia per Ia ffiosofia
cmt~a, che constderava simile all'ascesi cristiana (cf. pp. 216ss.). Per
n:'an,ifestare Ia sllma che nutre per questo nuovo amico egli pronun-
cta I O~azt?n~ tn on~re del /tlosofo Erone (n. 25), il cui nome si pen-
sa che mdicht, per I appunto, Massimo.
Ma ben presto Massimo manifests il suo tradimento. Nella pri-
mavera del380 convince Pietro di Alessandria a farsi consacrare ve-
scovo e tenta di occupare Ia cattedra episcopale di Costantinopoli,
che, ufficialrnente, era vacante: Gregorio, infatti, era stato chiamato a
predicare alia chiesa dell'Anastasia, rna come sacerdote, perche si era
rifiutato di insediarsi a Sasima. Inoltre bisogna tener presente che ge-
losie e contese tra le sedi episcopali piu impottanti, come quella di
Costantinopoli e quella di Alessandria, erano ben vive: a Pietro si era
presentata cosll'occasione di mettere le mani sulla capitale dell'Impe-
ro scalzando Gregorio; era un modo di procedere senza scrupoli, si-
curamente, rna gia Basilio aveva dovuto rendersi conto che Pietro non
era propriamente un amico. Awerme, quindi, che un gruppo di ve-
scovi egiziani si imbarco con Massimo alia volta di Costantinopoli per
consacrarlo vescovo di quella citta. Penetrati nell'Anastasia in piena
notte, Massimo e i vescovi suoi amici scatenarono perO la reazione de-
gli abitanti dei dintomi. Mala cerimonia era conclusa, per cui Massi-
mo pretese di essere considerato come illegittimo vescovo di Costan-
tinopoli e insistette sia presso Teodosio sia presso Pietro_ per ottenere
illoro sostegno. Tuttavia, fallito il tenta~vo, Pie~ro n~n siesP:"~ ulte-
riormente. Massimo si rivolse allora at vescovt dellltalia rtwull ad
Aquileia nel settembre 381 per condannare ~'arianesimo, ben sa~­
do che nemmeno i vescovi italiani avevano sunpaue per Costanllno-
I Padri C.ppadoci
64
di 1 fatto Basilio si era reso como a sue spese). Di
poli (e anche qutranesdo poca correttezza nei confronti di Gregorio
con-m•enza, mos . da M . d . '
• ..,- -0 e Damaso si lasciarono con~c~e. . as~u:'o a 31Utar.
AmbrogJ . di Massimo e dei vescoVI egJZiaru susctto una 81'31lde
lo ntenta!IVO di Ambrogto, . puttroppo, ten.
· · Gregorio che si send tra to.
• eli farmriconoscere' Massimo vescovo di Costantmopo
amarezza · li dall'.impe.
tera (ed · 1· tentativi dureranno anche dopo che a Gregono sara
ratore I suo . del
succeduto Nettario), e Damaso, notoriarnente amtco vescovo Pie-
tro, mostrecl analogo atteggiamento.

10. La vittoria dei niceni


e il Concilio ecumenico di Costantinopoli

L'imperatore Teodosio entra a Costantinopoli il 24 novembre


del380. Con il suo arrivo, muta ufficialmente Ia posizione dei nice-
ni. Pochi giorni dopa, il 27 novembre, Gregorio prende solenne-
mente possesso della basilica dei SS. Apostoli, fino a que! momen-
to occupata da Demofilo. Teodosio aveva fatto un ultimo tentativo
presso colui che era pur sempre il vescovo ufficiale della cittii, seb-
bene eretico, invitandolo a nconoscere il simbolo niceno. A cliffe-
renza eli molti suoi colleghi, Demoft!o non si piego. ll 26 novembre
il clero ariano fu espulso da tutte le chiese della capitale ed il gior·
no dopo Teodosio stesso accompagno Gregorio in un corteo cheat·
traversava Ia cinii in mezzo a due ali di folia ostile: grazie ad un ca·
so fortuito, i sentimenti dei presenti mutarono all'improvviso in fa·
vore di colui che prima era considerate un intruso. Gregorio pero
ricevette il titolo di vescovo di Costantinopoli solo nel maggio 381
d~ante il concilio, rna gia a partire dagli ultirni di novembre del380
egli parla con Ia piena autorita del vescovo ufficiale.
Tra _il ma~o e i primi di luglio del 381 ha Iuogo il Concilio eli
Costanrmopoli, secondo ecurnenico che intende ristabilire e canso·
lidare l'ortodossia nicena: Gregori~ e un testirnone delle vicende
conciliari, rna nient'affatto imparziale e distaccato. E in effetti il
<?'ncilio costituisce per lui un grave insuccesso personale e farii fa!·
lire_- ~ppa~entem~nt~- rutta I'opera che aveva svolto a Costantino·
poll. ,lo~co, qumdi, che Gregorio, quando ne parla sia incline a
vedeM PI~ il_gravissimo insuccesso da lui subito che (cosa piu irn·
po~te) il tnonfo della dottrina nicena del consustanziale e il rico·
nosamenro della divinita della Spirito Santo. Egli mette in eviden·
II. Vicentk rtoriche

za Ia litigiosita, I'assenza di carita, Ia mancanza di cultura teologica


e le prepotenze dei Padri conciliari .
.AII'inizio presiede il concilio Melezio di Antiochia. Ma pocbi
mes1 dopo egl~ muore e Ia presidenza viene assunta dal Nazianzeno
s~esso .. ~utta~a questa non assicura automaticamente a Gregorio
I autonta sull assemblea, per cui egli non riesce a far riconoscere
Mel~zio come unic~ vescovo legittimo di Antiocbia, espellendo
~aolino, che sostanz1almente era da considerarsi un intruso; quindi
s1 ammala, rlffianendo cosl isolato dall'assemblea. Successivamente
a~riva Ia delegazione dei vescovi egiziani, fortemente ostili a Grego-
rio, e che avevano sostenuto pocbi mesi prima I'avventuriero Mas-
simo. Essi si richiamano al canone quindicesimo del Concilio di Ni-
cea, secondo il quale non era lecito che un vescovo, un presbitero o
un diacono trasferisse Ia sua sede di titolarita da una cirta all' altra, e
percio contestano I'elezione di Gregorio a vescovo di Costantinopo-
li, perche egli era gia titolare di Sasima. Anche Damaso, per bocca
del vescovo di Tessalonica, Ascolio, il quale lo rappresentava al
Concilio, e che era stato convinto da Massimo, come gli egiziani so-
steneva l'illegittimitii dell'elezione di Gregorio. Natutalmente Gre-
gorio avrebbe potuto rispondere che egli non era mai stato posto sui
seggio di Sasima e, poiche Sasima non era mai stata prima sede epi-
scopale, non si poteva accusarlo di averla abbandonata. Inoltre quel
canone disciplinare era stato spesso violato, a seconda delle occasio-
ni. In ogni caso Gregorio si accorge che Ia sua situazione eormai in-
sostenibile: con una decisione forse precipitosa tinuncia a difender-
si abbandona I'assemblea e torna in Cappadocia, senza neppure
a;pettare che il Concilio fmisca. Nettario, un !aico, senza che aves-
se particolari meriti fu eletto vescovo della cap1tale e successe a Gre-
gorio. · Cos
Sui piano personale, quindi,l'esperienza di Gregorio a tan-
tinopoli fu un insuccesso. Infatti egli si era com~oc:ra~o con es~o
disinteresse, trascurando, per ingenuitii o per.pnnapto,le so~ez­
ze e le astuzie della politics, ma dedicand~1 ":'dus1vamente all ~­
se namento, alla oratorio sacra e alia med.itazione; ~ve,va .svol~o il
g complto
suo . m . un modo che allora (e durante tutta I eta bJZannna)
era insolito. il c cili' gli • t po-
Nel medesimo periodo che prepara on o. e. .e con em
raneo (380-381) il Nisseno intensifica Ia sua.atl:'vtta mtellec:ruale:
. , all olemica con Euno!Dlo, il quale negli anru
Dappruna da corso . a P . d a1 Contro Eunomio di Basilio,
precedenti aveva scnrto, replican °
I PaJri C4ppadoci
66
,_ • J ,,_ Apoh•ia Wl'opera cosl intitolata in quanro i] trat
unaApowgVJaella b ' nfu I A I . d .
di Basilio era stato scritto per co tare .a P?•ogza ello stesso
tato . p ·prendere ]a polemics Gregorio scnsse un Contro Eu.
EunomlO. ern · d el 380 il
nomio, in tre Jibri, dei quali il pnmo ca _e n , s~co':'do nella
rimavera del381 e il terzo poco dopo. St porn:bbe attnb~tre a] 381
p ch 1 composizione delle altre operette dedicate alia difesa della
an e -~ne della Trinitii, come quells Ai Greci, sulla base delle nozio.
comuni, quella Ad Ablabio, non son~ tre d"
concezt
ni et. e quell a AS·
. zmplicio,
a non abbiarno indizi sicuri che favortscano siffatta dataztone.
m Dal maggio alluglio del381 il Nisseno partecipa a! Concilio di
Costantinopoli. In que! periodo, oltre ad alcune 011_1elie minori, egli
compone W1 'opera che e Ia sintesi della sua dottrma dello Spirito
Santo, in polemics con i pneurnatomachi, quells su Lo Spirito San-
to. Essa econsiderata come l'eco diretta delle discussioni tenute sul-
l'argomento in occasione del Concilio e come Ia !oro prosecuzione,
in forma scritta; il trattato sembra riecheggiare anche le parole chia-
ve del simbolo costantinopolitano, relativamente allo Spirito Santo
(alcuni studiosi, tuttavia, ritengono che quell' opera, pur avendo
sttetta attinenza con il Concilio, potrebbe anche essere stata scritta
in preparazione delle riunioni conciliari). E, per inca rico del Conci-
lio, Gregorio intraprese poi una missione in Arabia (che, natural-
mente, deve essere intesa come Ia parte ristretta eli quells regione
che confina con Ia Palestina e Ia Siria) e a Gerusalemme.

11. Gli ultimi anni di Gregorio Nazianzeno,


Gregorio Nisseno ed Amfilochio
Negli ultimi anni della sua vita il Nazianzeno si dedica soprat-
tutto alia poesia, anche se non rinuncia completamente all' oratorio,
aile discussioni teologiche e all'epistolografia; insomma, egli vuok
ancora essere un letterato, e non chiudersi nel silenzio o dedicatsl
~0 ~:!:i~ rigoros~. ~ quegli anni di isolamento a Naz_i"':'z~,
Nel ~8 di G~gono nmane sempre su livelli letterari alt!Ssilnl·
2 pronuncta Ia grande orazione in memoria eli Basilio (n. 43);
b
com atte. Ia sua ul•;- 1 . . . ··
~.. a po emtca contro I' eresia eli Apollinano, gts
=•dicamen~e attaccata negli anni di Costantinopoli. Gregorio,
mma, coluva ancora Ia "filosofia" d" d · ifi' il propria
operata a Costan . . . , uen e e gtust ca . . i
ves · · . unopoli, polerruzza con i suoi awersari e unde
COVI lglloranu e corrotti.
II. Vicende storiche 67

Abbandonata Ia capitale dell'Impero dopo Ia disillusione che


dovette subire, Gregorio resse momentanearnente Ia chiesa di Na-
zianzo, in attesa che Ia sua nomina venisse ufficialmente convalida-
ta. Ma a causa della sua malferma salute, dovette affidare l'incarico
al pr':"b.iter? Cledon~o, '."entre egl~ si ritiro, prima nei suoi possedi-
menu di Artanzo, qumdi nella staztone termale di Xanxaris. In quei
mesi, approfittando dell' assenza di Gregorio, tentarono di penetta-
re a Nazianzo degli apollinaristi, presentandosi come suoi amici·
probabilmente facendo vedere che illoro maestro, Apollinario dl
Laodicea, era stato fervente oppositore dell'arianesimo tanto quan-
to lo era Gregorio: anche Basilio aveva dovuto affrontare l'imbaraz-
zo provocato dalla sua antica arnicizia con Apollinario. In seguito a
queste circostanze, Gregorio invio a Cledonio una prima lettera (Ia
n. 101). Ma siccome gli apollinaristi, in risposta alle precisazioni e
alia condanna formulata nei loro confronti, insistettero, osservando
che illoro principale rappresentante ad Antiochia, il vescovo Vita·
lio, era stato approvato da Gregorio, questi dovette intervenire con
una seconda lettera, Ia n. 102. Queste composizioni cadono, quin·
di, nella seconda meta dd 382. Lalettera 202 appartiene a un perio-
do di qualche anno piu tardi. Gregorio aveva abbandonato il vesco-
vado di Nazianzo nd 383, ritirandosi defmitivarnente nei suoi pos·
sedimenti di Arianzo, ove conduceva vita ritiratissima, trascorrendo
i1 tempo neUe preghiere e nella meditazione, e componendo gran
parte delle sue poesie. Poiche gli fu riferito, tuttavia, che gli apolli-
naristi continuavano con Ia !oro propaganda, e poiche egli stesso,
Gregorio, ebbe l'occasione di leggere un'opera di Apo~~. che
ancora non conosceva, invio una nuova lettera (Ian. 202~, mdinz~a­
ta, questa, nd 387 allo stesso vescovo di C~s~antinopo~. Nettarto,
pregandolo di intervenire con Ia _sua autonta presso I1IDperatore
Teodosio, perche facesse cessare siffatta propaganda.. . .
Ma Gregorio e un uomo orarnai vecchio, stanco, mas!'rlto da~
scontri costretto a rientrare nell'ombra, dopo i success! strappau
nella c~pitale dell'Impero. Purtroppo, deve anc~~a ~a v~lta affroh·
tare gli angusti problemi della piccolo comunlta di Naz~anzo, c e
. d' · •· pre quello della cattedra ve-
tanto gli erano pesau. Tra ' essi c e sem di G . il V
scovile rimasta vacante dal374, doe dalla motte regon~ ec-
chio. I 'suoi concittadini consideravano naturale c~e Greg?no .as;;;·
messe Ia funzione che il padre a~eva svol~o per cmq~~ an':i ~
Gregorio in un primo ":'om~nto rifiuta e Sl espon~ ::erb~a~All:~
li critiche dei suoi conclttadiDI, che lo accusano
I Padri C.ppadoci
68
sene occupa, rna solo per un breve peri~do eli te~~o: nel383 ver-
ri nominata come vescovo titolar~ Eul~~· c;he gli e legato per pa-
rentela. Gregorio vive i suoi ultiml anru eli VIta nella contemplazio-
ne e nel ritiro. Muore nel390. _ _ _
Erano ancora vivi, ed attivi, Gregorio eli N1ss~ ed Arnfilochio
d'Iconio: il primo era, sui piano intellettuale e teolog~co, oramai il piu
aurorevole rappresentante del partito _niceno. C~me si edetto (p. 66),
grazie alia autorevol~ ~da~at~sl. con molt! anru. eli .lott~ e eli ~t­
tivitii teologica, egli fu IDVI8to m nussiOne nella proVIncia eli Arabia,
per ristabilirvi I'ordine. Non sappiamo con certezza in che cosa con-
sistesse l'incarico assegnatogli: probabilmente doveva mettere fine a
dei dissapori tra vescovi locali o confutare delle eresie eli scarso signi-
ficato che ivi, come dappettutto, si erano diffuse in quei tempi. La
missione in Arabia fu seguita da un viaggio a Gerusalemme, su richie-
sta della stessa Chiesa locale, perche anche in quella citta Ia situazio-
ne religiosa era confusa e si sentiva il bisogno eli un meeliatore (Gre-
gorio di Nissa, ep. 2, 12). A quanto pare, il vescovo Cirillo, che risie-
deva a Gerusalemme dal350 e pure era stato presente al Concilio di
Costantinopoli, aveva perso Ia sua autorita: Cirillo, del resto, era sta-
to consacrato vescovo dall'omeo Acado, per cui era in sospetto agli
occhi dei niceni. D Nisseno, nella sua epistola 3, ci da un resoconto
non dettagliato degli awenimenti eli Gerusalemme, rna sembra che Ia
sua missione si sia conclusa in modo insodelisfacente. Egli, infatti, sa-
rebbe stato c;ontestato per Ia sua cristologia (Ia quale, certo, presenta-
va det difetn), rna non dai seguaci eli Apollinario (sulla questione, cf.
PP- 298ss.) ne da altri che lo sospettassero eli apollinarismo.
Nel383 ebbe luogo, sempre a Costantinopoli un altro concilio
(non .~c;ruco), con il quale Teodosio fece un ~tremo tentative
~r ~conciliare gli ariani alia fede sanzionata nel concilio eli due an-
:;: pnma. ~ q~ella occasione Eunomio scrisse una Pro/essione di fe-
~de"'lia~~ISseno pronuncio un'~~~a Sulfa natura divina del Fi-
P '?to Santo, e, molto p1u IDlpegnativa una Confutazw-
ne .deliadell'
profemonedi'ded'E
. . ,e 1 unomzo, · con Ia quale 'smaschero, il ten-
tauvo di essere nammesso
onodos ereuco · nella comunione della Ch'1es8
potev sa Presentando una professione eli fede che apparentemente
vers~ ~=tare 7tlche elemento che desse sodelisfazione agli av·
peratri~ Fla~:: dt;na della Chies~ VJ_I 6, 1-3) ci informs c~e.I'inl­
di di impedire '. ota a! credo eli N1cea, cercava con tutU I mo-
ta! punto temev~lemcontr~,tr~ suo.marito Teodosio ed Euno~o, 8
capacua dialeruche e l'intelligenza dell'ereuco.
ll. Vicende sloriche 69

Gregorio e presente a Costantinopoli anche nel385 allorche fu


incarica~o di sc~vere l'o~azione funebre in onore della,principessa
Pulchena e dell ~peram~e Flaccilla: cio significa che egli godeva di
molta constderaztone e suma a cone. Gia nel381 Teodosio (Codex
Theod. XVI I, 3) aveva indicato Gregorio di Nissa tra i vescovi del-
la diocesi del Ponto con i quali era necessaria essere in concordia,
se si voleva attestare Ia propria onodossia (anche se questo fatto gli
procuro le inimicizie di Elladio, successore di Basilio nell'episcopa-
to di Cesarea, sotto Ia cui giurisdizione stava Ia piccola citta di Nis-
sa). Altri episodi della attivita episcopate di Gregorio ci sono testi-
moniati dalle sue lettere, anche se nessuno di essi ha l' ampiezza e
l'importanza che caratterizzarono Ia amministrazione di Basilio. E
probabilmente in occasione del soggiorno a Costantinopoli nel383
fu scritto il breve trattato Contra t1 /ato, in forma di un dialogo nel
quale e introdotto a parlare un filosofo pagano.
In questi anni, rna senza ulteriori detenninazioni cronologiche,
si colloca anche un' altra imponante opera del Nisseno, il Grande di-
scorso catechetico, che costituisce una sintesi della dottrina cristiana,
scritta per i catechisti. Sembra, invece, che si possa collocare in W1
periodo meglio defmito, e cioe nel385 e negli anni succe~ivi, il_mo:
mento della polemica che il Nisseno svolse contro Ia crtstologta di
Apollinario di Laodicea, nel trattato in forma di lettera inviato a
Teofilo, il potente vescovo di Alessandria d'Egitto,_ e il Contradd~t­
torio (Antirrhetikos logos) contra i seguaci di Apollmano, probabil:
mente risalente al387. Infatti quello fu l'anno in cui il vescovo di
Laodicea aveva scritto una imponante Dimostravone re~ttva alia
incarnazione di Dio, l' opera che aveva spinto anche Gregono di Na-
zianzo a scrivere immediatamente Ia sua eptstola teologJca n. 202 a
Nettario vescovo di Costantinopoli. _ all
Nesll ultimi anni della sua vital'influenza del ~tsseno a cone
di Costantinopoli diminuisce; l'imperatore Teodosto,_della cw fi~u-
. gli d rtire dal 387 fu lontano dalla capttale e soggtor-
cta e go eva, a pa . in stretto contatto con un 'altra
no soprattutto in Oc~t~ente, ove erail vescovo di Milano. Natural-
importante personalita, Ambr1o,gto, di Teodosio abbia indeboli-
mente, non vogliamo dire che assenza d'anche egli ne avesse mai
to Ia posizione di G~gono a corte, t"::rute 8 quello di Eusebio di
avuta una, nt! che egli a.vesse un;~~c;:Vi preSSO gli imperatori S~C·
Cesarea presso Costantmo 0 alt . 'ceve piu dall'imperatore m-
cessivi, rna semplicemente che egli non rll 380 e iJ 385. Gregorio, a
carichi ufficiali. come era avvenuto tra
70
. egli anni, emosso da piu vivi interessi ascetici, che ca.
parare da qu. . . ·w· sia a quanto sembra, anche Ia sua atti-
. ostatsuotscn ' ' . .
"'~ . di dire non tanto il propno comportamento
viti pranca- mten amtoofin dai tempi della educazione ricevuta da
· di ·d ale che era sta . h
m VI u . ' d interessi ed esigenze asceuc e, rna anche
Macnna unprontato a . . ali . . In h
--·"---te secondo gli 1de monasttct-. c e mo.
opere concrete
.
d0 il NISSeDOa
~
bbia operato in questo campo, non semb ra facihnen-
d . il mo · o c de st..tm·.
dell h
te eVI·dente: a1· su01· tempi' e nella Cappa oc1a, .
d gnuno era quello del monachestmo orgaruzzato a Bas•-
ponevaa o . b h ·
lio: in che cosa Gregorio lo avrehbe mo~cato~ Sem ra c ,e ll_l q~el
· do sia morta anche Ia moglie. Gregorio scnsse anche L zstttuzto·
peno .d.
ne dei cristiani, uo'opera di netta impronta asceuca, esunata a trac-
ciare l'ideale del cristiano, vale a dire Ia perfezione monastics. E ve-
ro che essa sarebbe stata Ia rielaborazione della cosiddetta Grande
Epistola contenuta nel complesso degli scritti di Macario-Simeone,
rna cio non ne sminuisce l'importanza; anzi, sembra che essa avesse,
tra l'altro, anche lo scopo di frenare Ia diffusione del movimento
messaliano in Asia Minore (I'opposizione alia dottrina messaliana fu
sanzionata proprio in que! tomo di tempo dal Concilio di Side). Ne
La vita di Mose, della quale ora parleremo, il Nisseno afferma (proto-
go, cap. 2) di avere Ia direzione spirituale di molte anime: questa af-
fennazione p~~ ru:erirsi certamente alia sua attivitii episcopale, rna
per alcuru puo mdicare anche Ia guida di una comunita monastics.
Intanto si stavano verificando le conseguenze della vittoria del-
l'0r_todo~ia ui~ena, sanzionata dal Concilio di Costantinopoli, ai cui
delibc;ran ~a mteressata anche l'autorita dello Stato. L'arianesimo
nondst era IIDmediruament
I d e spento, come era Iogtco . rna certo aveva
per uto_mo to ella sua pericolosita; anche aile altr~ eresie Ia Chiesa
rucena Sl era opposta con d t . .
ne non richied . .~ ermmaz1one e con efficacia. La situazio-
sforzi polemicie oramru bpm a Grc:gorio - che e anziano - ulteriori
per com attere gli ereti · . gli .
nella meditazione spirituale. r;· cr; or~31 e ~~- con~~ntra
ratterizzan0 forternente I ~t~resse ascettco e Ia sptntualita ca-
databili con esattezza) e e sue. ttme opere (e neppure queste sono
co dei Cantid e La vitd di );'~~ente le quin'!ici Omelie sui Canti-
ne del suo pensiero e della ose. . ~se Gregono raggiunge il culrni-
. sua rrusnca L' ill .
toruca e meditazione cristi h · osc SZJ.one tra filosofia p1a-
in favore della prima ora b' c _e nelle Prime opere era sbilanciata
v~ta di Mose lo scri~re dichlaS::to un perfe~o equilibrio. Ne La
lie sui Cantko dei Cantid d ~sere vecch1o (cap. 2); le Ome-
sono edicate ad una nobildonna, Olim-
II. Vicende sloriche
71
p~a~e: che il Ni~seno doveva conoscere da molto tempo, data Ia cor-
dlalita con cm s1 nvolge a lei. Olimpiade aveva amicizie tra gl' c1 .
siastici del rango piu elevato, come Gregorio di Nazianzo e s1 ~ e_
h. ·d · . . . , arapo
c ~ aru:'' op_o anu~a e protettnce di Giovanni Crisostomo. Amfilo-
ch_io. di lcoruo Ia. ncorda _con rispetto, come modello di petfezione
cnsuana, ne1 suo1 Gzambz a Seleuco. Siamo intomo a1 391. Secondo
il Dani~ou, Gregorio avrebbe_ t~nuto le sue omelie sui Cantico pro-
priO :"" mte_rno di una comumta ascettca retta da Olimpiade, a Co-
stantmopoh. La elevatezza morale e intellettuale della dedicataria
giustificano Ia dedica di esse da patte di Gregorio. Secondo altri, pe-
ro, Gregorio avrebbe predicate sui Cantico all'intemo di una chiesa,
e
e si pensato alia chiesa di Nissa, ove Gregorio era vescovo.
Nel394 Gregorio prende parte al sinodo di Costantinopoli (un
incontro di scarsa importanza), che doveva appianare le ostilira tra
due vescovi di Bostra, in Arabia, rna al quale parteciparono i pa-
triarchi di Alessandria e di Antiochia; dopo quella data non abbia-
mo piu notizie di lui. Infatti nel403 ha luogo Ia intronizzazione di
Giovanni Crisostomo a Costantinopoli e si succedono i drammatici
avvenimenti della scontro tra il Crisostomo e l'imperatrice e i corti-
giani, che determinano I'esilio e Ia motte del vescovo: in tutto que-
sta non appare mai Gregorio di Nissa, che doveva essere motto,
quindi, negli anni precedenti. ., .
--.Anche per Amfilochio il concilio costitull' evento pm lm~ottan­
te, sebbene nm non a!Sthamo notizie precise sulla sua partectpwo-
ne ad esso. Infatti l'imperatore Teodosio nel381 assunse anche Ia fe-
de di Arnfilochio come prova deJla ortodossla nicena e come norm.•
legale detla retta tede (Codex Theodos. XVII, 3): questa sra a s1~
ficare I' autorevolezza che il vescovo di leonia si era guadagnato.
lui fu anrlbuita Ia ~i d~~· fino ad alloMra roc-
.c d ,. . c; rnmp;j"nnreennd!'am
am<> aaaDBaassJi!iO (ep. 218). •• so-
carorte eg 1eretlcl, come appr . . . · r Ia quale
prattutto, I'attivita riformatrice dei c~stwru. crlsll~J~piscopato
Amfilochio si era gia m_esso ':" pr1mo P:~ temp! eva inviato pro-
81
.di Basilio (ricordiamocl che_il vc;;;covo esa~ea ·~cain pieno: coo
prio a lui le "epistole canomche : Pfil·53 lh•. orda 51 esespsere considerato
.
r~~10ne Kar
!Hll'' hAmocweve
_o r_mene c _e all . . · che un teologo
1u un uomo di Ch1esa dedito ortarnento cristiano vie-
vera e proprio. a sua dif~sa ~el.ret: ;~:::~ gli encratiti, ed in P!K·
ne confermata da una ser!e di m!Sclm. el Concilio di Side, in R(::
ticolare i ruessaliani, attivita cdhe c rna 0Cli nusure concrete a dan-
sidia, del390, ed e sostenuto • una ser!e
72
. .. d Teodosio probabilmente per consiglio del-
no degli ereno, prese l'imperatore,
lilochio: a . £atn,· non era certo competen.
m
lo sresso Am . I sette eretiche che vengono condannate erano
· late ' nell'Asia Minore, cI he diffi"
te in tale matena, e e
cost• oscure ed tso
ilm
. c d ente
C
.,.._,.a ostan-
. li · a qualcosa di preciso a oro rtguar o. 1w1 provve-
nnopo st sapev ·1 e1
dimeon· rep ressivi datano al periodo 381-383, est eggono n Co-
I . . d
dex Theodosianus (XVI 5, 7; 5, 9; 5, 11): a r~~ressto_n_e rtguar a, t_ra
gli altri, (e sette degli ~cratiti,_ de~ ~potactttl, ~e~~ tdrop_a~astatt e
dei saccofori- alcuni di quesn erettct erano noll gt_a a Ba_siho -:· . ,
1n quegli anni Amfilochio riceve delle lettere ptene di cordialita
d. Gregorio di Nazianzo (n. 171) (il quale lo ric?rd~ anche nel carme
II 2 242ss., a Vitaliano e nel II 2, 101ss., ad Olimptade); e pure una
len~ra da Gregorio di Nissa (n. 25). ll matrimonio .eli Olimpjade, fi.
glia della sua sorella Teodosia, fu celebrato nel384-385 da Gregorio
Nazianzeno (vi si riferiscono I'ep. 193 e il carme II 2): certamente vi
era presente Amlilochio; si tratto di una celebrazione particolarmen-
te solenne, alia quale patteciparono, oltre a lui, i vescovi Ortimo di
Antiochia (un amico della giovinezza di Am£ilochio), Gregorio di
Nissa, Pietro fratello di Basilio e vescovo di Sebaste, Epifanio di Ci-
pro.
Le stesse considerazioni circa Ia morte di Gregorio di Nissa
(dopo il394 e certo prima del404) valgono anche per Amfilochio,
tanto piu in _considerazione della sua parentela con Olimpiade, Ia
qu~~ fu fervtda sostenitrice di Giovanni Crisostomo durante le ter·
nbili prove dei suoi ultimi anni. -

12. Evagrio Pontico


Ecco cosa ci racconta di lui Palladi ell .
grio capp 2-4 (t dip I . o, n a Vtta del Santo Eva-
' · r. ao o Berttolo "):
«Quest'uomo, di cui p liam .
\ stirpe. Era figlio di un ar b" 0 • er~ lSanttco secondo Ia sua
} ·o vescovo della Ca...Pres ttero di ora, Che il ~ato ~~
d ppadocta, aveva costituito presbitero
esa e em _:us. Edopo che il santo vescovo

. u .Cf. Evagrio Pontico, p~ ccnoscere . . .


R.agtom de_lie OSSetrJ4nu monasliche Lett ~'· EsorldWne 11 una vergine. Ai moniJa.
ne, tradUZLOne e note a cura di P. Bewok:"
11 , A_tldtolio. Pratico. Gnostico, Jnuoduzio·
• Qtqa)on, Comuniti di Bose 1996.
II. Vicende storiche 73

Basilio e suo padre secondo Dio, il presbitero, furono mor-


ti, Eyagrio ando a Costantinopoli, pieno eli scienza: cammi~
nava, infatti, s,ule orme del santo Basilio. Egli poi aderl a •
Greg~~inopoli, il quale, avendo visto "
che la sua sciei:tza e hi sua intelllgenza erano buone, lo costi-
tui eliacono: era invero uomo sapiente, che si asteneva dalle V
passiorli;e eliacono irreprensibile. Egli, quineli, al tempo del
sinodo che si tenne a Costantinopoli, fu a Costantinopoli ><
con i nostri padri vescovi e vinse tutti gli eretici. Questo Eva-
grio, dunque, e Nettario vescovo discutevano tra eli !oro foe-
cia a faccia, perche egli era assai vigilante nella [custodia del-
le] Scritture e la sua intelligenza era pronto nel confutare tut-
te le eresie con la sua sapienza. Dunque, in tutta Costantino-{)
poll si seppe che egli combatteva con forza gli eretici, con
parole splenelide, e la citta n va molta lode.
-Dopo tutta questa scienz er la superbi che gliene venne
· cadde, nel pensiero, in mano emone del desiderio eli don-
ne secondo quel che lui stesso ci ha narrato dopo esser sta-
to'nberato da questa passione. Una donna •. infatti, lo am~va v
rnolto ella stessa, rna Evagrio, temendo Dro, non coll1lJ11Se ••
peccato con lei, perche la donna era soggetta ~ uo"':o, .ed ~
custodlla sua coscienza, perche l'uomo era eli famiglia assm
nobile. Inoltre egli pensava, in ~~or suo, ~~ grandezza della
vergogna e al peccato e al giu<fi1:io e alla g~ora con.~ ·~n:b:
bero esultato le eresie tutte da lw confutate. Su~plico 010 m
tensarnente pregando perche lo aiutasse [a usarel dallallli~-~~
sione e dalla' guerra impostagli• perch'' e, ~ve ropersuaroa
• E . l
eli lui per vmcer1o gli vo eva
la donna era assidua presso ' .ch. · · i pensieri
fug<>lrla rna non [ne] trovavala forza, por e 1. su~ eli eli "
e- ' . un bimbo La misencor a
lo _legav";"o al prac~re co~e a lui e gli diede vigore tramite ~
, non tardo a v~ a eli male a lui e alla
una visione rima che caprtasse qualcos gli do degli
....,,__.....,~, · · ione nottuma, man
. rgnore, m un~ Y!S esti come i soldati dell'eparca.
angeli, rives~ me se lo portassero in 11
Essi lo presero e trascmarono ::;'~ :Cena con altri ladri, po- p
tribunate, come se lo legassero essero cercato [proprio]
· nendogli· collare e ceppi • comealse [av ] fosse i[ morivo o per-
lui, rna non gli spiegarono. qu ~ ne sO in cuor suo che lo
'
che lo avessero preso. L11~;.f ::.:sando che l'uomo eli
perseguitavano per que are,
1 P•dri C.ppadoci
74
uella donna lo avesse accusato dav~ti all'eparca. ~ora
q ] fu · sconvolto. L'angelo che gli era apparso muto poi
-[ne assai . I d. . .
sembiante e comparve davanu a oro. come ~o e• SUOI ~-
. visitarlo e confortarlo. D1sse a lw, legato con •Ia-
- a, venutoa . . . · · di •
dri: "Perche sei tenuto m png1one, ~1g11?r nuo,_ aco?o~ .
Gli disse: "In verira non [lo] so, rna il nuo pens1er_o nu. dice
- ch el tal uomo mi ha accusato, mosso da una 1rrag10ite-
, le qgeluosia. Temo dunque che abbia dato del denaro a! giu-
voe
eli che mi fari\ perire m 'Ienta "Gli
· fretta, di[ mottel VIO .

~
ru:e~'angelo in forma d'amico: "Se ascoltassi _me, ruo ami-
eo, [ti direi]: Non e certo bene pe_r ~e rest~re m questa cit-
ra!". Gli disse Evagrio: "Se D10 nuliberera da questa sven-
tura e tu mi vedrai [ancora] in questa cittii di Costantinopo-
li eli': A ragione hai ricevuto questa penal". Gli disse !'ange-
lo in forma eli amico: "Ti porter<'> il Vangelo e mi giurerai:
-:--Non rester<'> in questa cittii, e ti darai cura della salvezza del-
;. Ia tua anima [e] io ti liberero da questa sventura". E lui gli
,......giuro cosl sui Vangelo: "Dopo un giomo, che passero a far
salire le mie vesti sulla nave, usciro da questa cittii". Appena
:::ebbe giura!O;Sl sva<Jaila visione che aveva veduta Ia not-
tee disse: "Anche se ho giurato in sogno, pure ho giurato un
giuramento •. Subito si levo, fece salire i suoi bagagli e le sue
- vesti sulla nave e navigo verso Gerusalemme, e [qui] Mela-
nia, Ia romana, lo accolse con gtoJa.
Di nuovo il diavolo indurl il suo cuore, come un tempo
_[quello del] Faraone, e il suo cuore dubito e si pentl, a cau-
sa della giovinezza che ribolliva in lui della molta scienza
eli parole e del cambio di belle e varie ~esti -le mutava, in-
·r f~tti, fino a ue volte il iomo -,fino a cadere nella super-
?Ja del cuore en pJaCere del corpo ...Ma Dio, che sempre
- IID.pedisce I~ perdizione dei suoj uomjoj gli provoco una
• tempests d1 feb a, cosl che sostenesse una grave
~ m attJa, e sua came ·venne sottile come un fll.o e tutti
~ ~uesti. dolori lo colsero tanto nascostamente che i medici,
:::;ncert . alattia, non potevano curarlo. Gli disse Ia
, ta Mdan "Figlio mio Evagrio, questa malattia, che ti
< e. t"?~ ung_a, non mi piace. NQil nascondermi i tuoi pen;...
< Slen 10rse t1 CUrer' Q'
;eio o. IID.nu· con franchezza 1. tuol. pens1en:
. •
i;· ~ ~ questo no~ ti ~ccade senza [che vi abbia parte]
....;,o · ora le manifesto tutti i suoi pensieri e lei g1i disse:
ll. Vicende sloriche 75

"Fammi !'~o"':essa che prenderai l'abito del monachesimo '


e,. benche to. sta una ,Peccatrice, pregherO il mio Dio che ti '
d1a. per
· graz1a
· fu .salute . Lui allora glielo prorruse . e d opo po· ·
ch.I glomi , nsanato. . ,Si levo • prese su eli se' I' altoona-
b' [m )
1
sn:o ' pa~tt, cammmo, andO al monte Pemuci, che e in
Egmo, e VI s~ette due anni e il terzo uscl, entro nel deserto
delle ~e, VI ~tette sedici anni, praticando molte osservan-

G
ze, e VI. nposo a sessant'anni. Non vide le amarezze della \\
ecchtaia del corpo e cosl riposo secondo que! che e scrit-
o: In breve tempo compi molti anni (Sap 4, 13), e subito fu
ortato dal Stgnore, affinche Ia malizia non mutasse Ia sua
ntelligenza (Sap 4, lla)».

f:vagrio e ricordato nel Testamento di Gregorio Nazianzeno, che


quesn scnsse nel381 (PG 37, 389-396):
<<AI diacono Evagrio, che ha lavorato molto con me e ha
~ preso parte ai miei pensieri e ha mostrato Ia sua gentilezza
;:. d' animo in tanti modi, io professo Ia mia gratitudine davan- 1
ti a Dio e agli uomini. Dio lo ricompensera con gentilezze ,
ancora maggiori, rna affmche noi non trascuriamo nemme- •,
no i piu piccoli segni della gratitudine, io desidero che egli
una c~icia, una tunica colorata, due mantelli e tren-
)I tariceva
monete d oro».

Di hti parla anche Sozomeno (Storia della Chiesa VI 30):


<<Evagrio fu formato nella filosofia ed istntito nella Sacra
Scrittura da Gregorio, il vescovo di Nazianzo».

Da tutto cio ci sembra lecito considerare anche Evagrio Ponti-


co come uno dei Cappadoci, anehe se le sue vicende personali e Ia
fme della sua vita, Ia quale, peraltro, si svolse quando Gregorio Na-
zianzeno era gia morto, lo collocano piu nell'ambiente del mona-
chesimo egiziano che in quello dei Cappadoci. La stessa scelta di vi-
ta monastica, che Palladio ci ha narrato, va in una direzione ben
precisa, che e quella di un monachesimo"'llssai diverso da quello a
cui si era dedicato Basilio "· Quando egli ricorda l'insegnamento
..,
14 Basilio, comunque, e ricordato una volta come .la col~ veriti, Basilio
di Cappadoci~U~o (Traltato gnostico, cap. 4,). /j
che aveva ricevuto dal «<!ostro saggio m~estro>> (Trattato pratico 89),
sicuramente si riferisce a Gregono Nazlanzeno, '; nella conclusione
del medesimo trattato si raccom~da <~aile preghie~e e ~a interces.
. del · sto Gregorio che m1 ha p1antato, e de.t santt Padri ch
Slone gm ' . . . d"dld .' e
attualmente mi irrigano>> (ciOe del Pa rl e eserto, presso I quaJi
egli allora si trovava). . . .
Entr quali date possiamo collocare Ia h10grafia di Evagrio? La
data di n~scita dovrebbe essere il34?, per cui e~eros~ile che Ia sua
d azione abbia avuto luogo negli anm m cm Basilio e Gregorio
~:anzeno si trovavano ad Annisi,_ pe~ col~i~~re Ia "fllo~ofia". Lo
1 eno Jegame tra Evagrio e Gregono s1 verifico durante il soggier-
~~ di quest'ultimo a Costantinopoll. L' abbandono della capitale
dell'Impero per recarsi a Gerusalemme dovra essere collocate ver-
so il382: a Gerusalemme Rufino e Melania erano arrivati circa due
armi prima, nel380. L' abbandono di Gerusalemme per Consiglio eli
Melania puo essere avvenuto dopo Ia Pasqua del383, ed il suo arri-
vo in Egitto verso Ia fine di que! medesimo anno. Egli soggiomo pri-
ma nel deserto eli Nitria, poi, a partire dal385, in quello di Kellia
("le celle"), che era il vero e proprio deserto. Tra i monad che egli
conobbe spicca Macario I'Alessandrino, che morl nel394, e che egli
nomina con venerazione. Pur vivendo nel deserto, Evagrio rimase in
contatto con gli amici precedenti, Melania e Rufino, ai quali invio
piu eli una lettera. In mezzo alia comunita dei monad di quelluogo
egli assunse un ruolo di maestro. Nel399 scoppio l'ostilita del pa-
triarca eli Alessandria, Teofilo, contro alcuni dei monad piu autore-
voli, ~ccusati eli origenismo. I resoconti storid relativi a questa per-
seCUZione fanno molti nomi di monad rna non ricordano mai Eva-
grio: sene ededotto che egli era mort~ prima del 399.
La sua farna di ascetismo e spiritualita fu grande e duro a lun·
go, influenzando numerosi scrittori bizantini (tra i quali basti ricor-
dare Giovanni Mosco e Massimo il Confessore) e siriad. Ma fu fa-
mosoelianCche per Ia sua cultura, tale da non sfigurare di fronte ai tre
gran
d . appado . Cl,· e I' asces1· severa praticata da monaco non and"o a
etnmento d_i quella erudizione che aveva appreso. Delle sue nurne·
~~I~ ~/arlano Palladio, nella Storia Lausiaca, Socrate nella
414 ) resa, Gerolarno nella Epistola a Ctesi/onte (n. 133, dd
, con accenti crl"tiCI,· a causa del suo origenismo, e Gennadio di
MarsiRJia.
III. Letterat~ra e generi letterari
nella produztone dei Cappadoci

ll pro_~lema _dei rapporti tra il cristianesimo e Ia cultura pagana


non era pm ~enuto, ,n~ IV se:olo, con Ia stessa asprezza con cui era
stat? percepuo nell eta antenore a Costantino, quando Ia contrap-
P?s~zwne tra Atene e Gerusalemme sembrava determinare Ia scelta
di vtt~ co?seguent~ alia conversione. Nell' eta dei Cappadoci Ia dif-
ficolta de1 rap~om tra messaggio cristiano e cultura pagana era ri-
stretta, sostanz1almente, ad una concezione di carattere teorico nel
senso che (come vedremo anche a proposito della filosofia grec~) Ia
rivelazione costituiva sempre, indubitabilmente, Ia verita, davanti
alia quale le forme culturali pagane dovevano cedere; in pratica, pe-
ro, Ia cultura cristiana si era oramai da tempo assuefatta a servirsi
dei modelli della paideia greca.
Tuttavia gia durante gli anni che trascorse ad Atene, o, aD.cor
prima, a Costantinopoli, quando ebbe contatti con il retore Liba-
nio, Basilio potrebbe aver pensato che un giudizio sulla culrura
pagana era pur necessario ed essersi domandato come si concilias-
sero il cristianesimo ed il curriculum classico dei suoi studi. Basi-
lio comunque parlava favorevolmente di Libanio e riconosceva
e
l'importanza del suo insegnamento, .come sopra si detto. Lo stu-
diare ad Ate~e. come fecero Basilio e Gregorio, non era una cosa
comune nemmeno tra i cristiani piu aperti alia cultura greca, e una
scelta di tal genere doveva avere un significato piu profondo. Eb-
bene, in questo I' atteggiamento di Gregorio sembra essere diverso
da quello di Basilio. Non meraviglia, percio, Ia famosa lode di Ate-
ne scritta da Gregorio (or. 43, 11), e il fatto che egli presento !'ami-
eo come se condividesse le sue convinzioni (or. 43, 13). Ricordan-
do quei tempi, Gregorio descrive I'atmo~fe_ra d"!la scuola_pagana,
nella quale Ia maggior parte dei giovaru s1 lasc1ava do~are da
una sorta di mania per Ia sofistica (or. 43, 15). I due anuc1, ~ ll_lez-
zo alia erudizione profana, che facilment~ poteva g?n~~ I arumo
di orgoglio, mantennero una lor_o libe_rtit, .llllpegnau prmctpalmen-
te nell'acquisto della virtu, "" v!Vere m v1sta delle speranze future
I Padn' CAppadoci
78
ccati ancor prima di partire di qui in terra» (or
e ad esseme dista ·
43,20).

1. Le considerazioni teoriche eli Basilio

Quanto eattendibile il res?~onto di _Gregorio sui ~oggiorno ad


Atene di Basilio? In realtii Basilio mostro meno entustasmo e mag.
gior cautela: lascio Atene ~rima. di <?~eg~ri~, procurando, un d_i-
spiacere all'amico. Su quegli anm Basilio ct dice poco. Nell omelia
Sui salmo 45 (cap. 8) egli accenna ad Atene, facendo supporre che
l'insegnamento in quelluogo poteva condurre all'eresia. Nella epi-
stola I accenna sdegnosamente a quell' ambiente. Subito dopo Ia
sua panenza da ll, Basilio si lamento del fatto che non pote porta-
re subito Gregorio aile sue stesse convinzioni (ep. 14). Piu tardi, ri-
tenne che i suoi studi ad Atene fossero stati una perdita di tempo
(ep. 223, 2).
Comunque, appena tomato in patria, Basilio insegno in una
scuola di retorica: Gregorio di Nazianzo ammette che passo del
t~po_Prima della "conversione" di Basilio (or. 43, 25) e il Nisseno
dice di essere stato istruito proprio da suo fratello a Cesarea (ep.
13l; altrove egli ricorda que! periodo della vita di Basilio non solo
con ammirazione e gratitudine, rna anche con accenti critici (vita di
!!fcrma, cap. 6). Quando ebbe abbracciato Ia sua vocazione pasto-
e,_ quella 1et;'denza sembra aver prodorto in Basilio una dolorosa
~~o~e·l:? st vede nella epistola 20, inviata nel 364 al colto arnica
h n!Zlo: gta sacerdote, si accorge che il gran numero degli impegni
c e o sommergono «posson0 f f .
canza di lett • . orse orrure una scusa alla sua man-
ere, e 1essere msoz . di
bocchevole di pa 1 1 . zau, per r cosl, dal numero stra-
ro e vo gan procur . . . . I .
a dei sofisti come v . Nella . a, se mru, esttaztone a nvo gersl
silio dipinge con c~:~i /!Pzstola 74, a Martiniano, del371, Ba-
pi, e si serve di una dizi oscu~ Ia decadenza culturale dei suoi tem-
alla filosofia P&gana. N~~~~~: di allusio~i ad Omero, alla storia e
una dell~ ~ue Prime, egli affenna Sui ~n~a~z? dez Proverbi (cap. 2)!
Proverbt e colto solament d ll che il stgnificato piu profondo del
Ia 51, a! vescovo Bospo .e a e ~ersone piu raffinate. Nella episto-
scovo Dianio, che avevano, traccta rapidamente un quadro del ve-
omea di Costantinopoli· • per • sottoscritto Ia form ula
gli superfiCl'al'Ita,
man cava I' assennarezza .die gl' era un. uomo di buone qualita, rna gli
co tere 1 pericoli insiti nei discorsi altrui.
lll. Leueratura e generi letterari 79

che solo una edu~azione colta gli avrebbe procurato. Nelle epistole
90, 2 e 204, 5 egli vede un rappono tra l'educazione tradizionale e
I' errore degli ariani.
Una volta fatta Ia sua scelta di dedicarsi alia "filosofia", Basilio
riconduce a! principia dell'utilira morale le norme del suo scrivere.
Nee testimonianza l'epistola 135 (del373) a Diodoro di Tarso i1
quale poi sarebbe divenuto autorevole esponente dell'esegesi cosld-
detta • antiochena •. In essa Basilio esprime il suo giudizio su alcuni
scritti inviatigli dal medesimo Diodoro: se ne compiace, ne loda Ia
semplicitii e Ia brevitii, Ia chiarezza e Ia densitii del pensiero; il cri-
stiano, pero, non deve scrivere per piacere ag1i altri, rna deve avere
come scopo l'utilitii comune. ll primo libro di quelle opere, invece,
mostrava eccessive ricercatezze stilistiche e lenocini che erano di
ostacolo alia concatenazione dei pensieri. Lo scopo dello scrittore
cristiano e quello di lasciare modelli di discorsi utili, per cui cene
oscuritii, per esempio quelle che riguardano i personaggi di un dia-
logo di Diodoro, risultano, sostanzialmente, dei difetti e sono inuti-
li. In que! modo aveva scritto anche Platone. Dipendendo in questo
dai pagani, i cristiani potevano anche utilizzare esempi morali.
ll cristianesimo, egli pensa, aveva le sue proprie regole per Ia
declamazione pubblica. Come dice nell'omelia Sui martire Gordio
(cap. 2), <<io stile dell'insegnamento adatto a Dio. non co~osce le re:
gole della retorica»: in questa ass~rzione cosl. ~tena di stcurezza s~
percepisce iJ timore che alcuni sum ascoltaton st aspettassero da lw
un'oratoria di tipo sofistico. Basilio, insomma, ~nttva che ~ ~eno
tipo di cultura era oramai antiquato ed era desunato alia es~~one,
o almeno alia trasformazione all'intemo di una nuova soaeta (d.
anche l'omelia Sui salmo 32, cap. 7; Sui Salmo 45, cap. 3).
ll Discorso ai giovani e Ia sua opera piu nota s~ questo P'??:
rna. In esso che probabilmente appartiene alia pt~a .ma~nta .
.. •. . il · amento di fitte cltaziODI e rem!·
Basilio lo scrtttore mtesse ragton I . dell .
• . Jiendo spesso e emenn a mi·
niscenze della poesta pagans, sceg . I Ai ·
tologia e anche della letteratura di carattere ptu. popo are.. . gtdio:
.. il oprto atteggtamento crmco,
vani destinatari Basilto propane pr I a1 • di-
. d· f all 1 tteratura pagans, a qu e puo
scelta motlvata, I ronte a eall enza della Scrittura Ri-
ventare una valida propedeutica 8 c?nos; ndamentale quell~ a).
. · · 0 la vocaz1one ro ' .
mane sempre 111 primo pta~ . I giustificazione dell'utile,
I'ascesi e all' ideale monasuco, per. cUll 8 il distacco dalle cose ter-
che si trova nelle lett~r~ pag"?~· comv~jta vinu, d'ispirazione stoi-
rene mediante l'eserctzto puriftcatore
I Padri CapfH1doci
80

ca e neoplatonica, e !'impegno del ~dive~re Dio". J?~ fronte alla


ana sostanzialmente prtva dt valore, Basilio esorta ad
saggezza
· · aliapag '
concezione · ·
cnsuana . ll Dtscorso,
della vtta. . " vuo.
percto,
apnrst
le staccare i giovani dal puro e semp ce stu o
li di dell I
a etteratura per
sottolineare Ia maggiore importanza d~a morale. Pe~ qu~s~o moti.
vo !'opera potrebbe forse. conclu?ere I evoluztone di Basili~. L'a~­
centuato moralismo, pero, non e assolutamente legato all ascet1•
smo. Nonostante il titolo, I'opera non tratta della giusta relazione
tra Ia culrura classica e Ia fede cristiana. I cristiani dell' epoca non
vedevano il problema in termini di una vera e propria opposizione
della !oro cultura e religione a quelle pagan e. Non era una cosa ov-
via che un cristiano potesse semplicemente trarre vantaggio dalla
letteratura pagana, evitando Ia superstizione e l'idolatria. Quello
che I'opera effettivamente discute e se sia possibile presentare un
programma morale, un quadro di vita virtuosa senza dover ricorre-
re alia Scrittura. In tal caso, quale materiale era disponibile? Era
inevitabile che sorgesse una tensione tra l'insegnamento della Chie-
sa e della Scrittura, considerata come uno strumento di formazio-
ne morale, e I'acquisizione delle tecniche necessarie per raggiunge-
re quello scopo. Era possibile tracciare un sentiero che fosse sped·
ficamente cristiano, senza aver prima scoperto e compreso i tesori
dd passato? Basilio considers quindi i classici non come un percor-
so che comunque puo servire alia crescita morale rna come una
parte d~ fo~azione cristiana. L'importante era' che i poeti e i
prosaton paga~u potessero arrecare validi frutti (2, 8). I cristiani
potev~o contlnuare a trovare un'utilita in questi testi? 0 piutto·
religiesst erano
sto, ch desrinati
. . all' estin'ztone,
• cost• come stava morend o Ia
one e quet tesu presupponevano? Basilio si accontenta di
accennare a certe affi ·t' · d
I•· u:u a tra l ue mondi culturali che costituisco·
no cultura
Ia tnsegnamento comune 81· pagaru· e at· ensuant, · · ·' osservand o che
Stabili pagana _era presente anche in Mose o Daniele (3, 2-4).
to questo, s1 conced ·
pagani: quello h . h' e u~ certo valore ai poeti e ai prosatort
gani erano le : •. e nc 'java I attenzione dei lettori dei classici pa·
stesso avrebbe ~~~ 0 e )abole degli uomini onesti, che i!lettore
qudla di Origene eu:J: ce e ra~e. ed emulare. Questa fiducia era
tato l'~tica platonica (5:":: tra?,•Zione ~~stiana che aveva inter~re·
attenztone a1 pens'ter . >: Ptu avantt, il trattato dedica maggtore
. . o cnsttano L'' d'
~ stesst, il bisogno della u . . · . unp_ort~za della conoscen~a '
tache supera 1a schiav't'pallrifi~aztone mtenore, l'ideale della hber·
1u e rtcchezze e alia fama, sono tutti prin·
III. Lellert~turo e generi lelterori 81
cipi che t~mano ripetutamente negli scritti di Basilio e derivano
dalla tra~tztone del platonismo cristiano (doe, origeniano), dal
quale egli era cosl fortemente influenzato.
D Discors? ai giovani e un' opera per ceni aspetti inconcluden-
te. L_a ~u~ lo_gtca spesso e dc;bole. Eingannevole, in quanto i testi ai
quali st rifensce sono semplicemente "usati" da Basilio doe letti su-
perficialmente e interpretati fuori delloro contesto. Elndirizzata ad
un pubblico ristretto, a coloro che sono d' accordo con I'autore, rna
difficilmente e adatta a costituire un trattato di carattere generale
per piu ampi settori della comunita cristiana. Soprattutto, essa non
contiene niente di nuovo, niente che non sia anche negli altri scritti
di Basilio.
Di conseguenza Basilio e meno propenso alia paideia del passa-
to, che ritiene superata, anche se non oggetto di condanna assoluta.
Come osserva il Naldini '• in Basilio quello che per altri autori cri·
stiani, spedalmente dell' area latina, costitul un dissidio talvolta
drammatico, fu risolto con pacata determinatezza nell'intimo di una
cosdenza equllibrata e insieme ferma e innovatrice. Ceno, i suoi in-
teressi ascetici sono indiscutibili, rna egli seppe manifestarli in mo-
do da evitare, come si evisto sopra (pp. 24ss.), gli estrentismi di ti-
po eustaziano nel campo etico·dogmatico, come anche l'esaspera-
zione di condanna e di rigetto dei valori di culture non ctistiane.
L'atteggiamento di Basilio nell'esame dei libri dei pagani none
ripreso dal suo discepolo Amfilochio d'Iconio, il quale nei Giambi a
Seleuco (w. 33-64) esona a conservare Ia pura ricchezza della parola
cristiana esercitandosi nelle dourine, nei libri dei poeti, negli scritti
degli sto~ici, nelle vdoci e piacevoli parole dei retori, nelle cure sot-
tili dei filosofi (rna Ia distinzione tra forma e contenuto, ~he ap~are
tipica di un retore, sara quella proposta ~che da <?regono N~an:
zeno, cf. pp. 86ss.). Di profonda f?rmaz10~e retonca, le con~oru
di AmH!ochio richiamano quelle di Gregono, che ora vedremo.
«Ma devi accostatti a tutti i discorsi in mo~~ as:'~ato, sa-
pientemente raccogliendo da essi q~t~ vt e di ~tile e con
sano giudizio evitando il danno che m aasc~o e contenu:
to imitando I' opera dell'ape sapiente, che 51 ~~· su os;;;
fi~re e con grande saggezza vendemmial'utile di aascuno

1 Cf. M. Naldini, Lo posizione '!j~~~,.Ji~e


di & iii M•f•• iD &si/io Ji Ce,.,.._ 1..4
in~,:Sici/UI. ~it., pp. 199-216, p. 200.
suo etd, lo suo scuo/4, Ill s1111 opera t 1~ (111.)1 iltiiSI
1 P•dri C.ppadoci
82
· I' tramento della propria natura. Ma tu sulla ba-
esst, ammaes
del ·onamento devt. rruetere
. abbon d antemente d a
se ruol'llgl . al 'd
quei Jibri che sono utili. Se mvece qu cosa e annosa, tu ne
devi comprendere il marcio ~ p~n~amente astenert~~· [ .. )
· ~; Jibri che sono stan scntu per lodare Ia vutu e, VI-
11umqu~ lid' d .
ceversa, per biasimare il vizio, tu evt appren. ere con ~-
0 conservare per te il contenuto e Ia graz1a dello stile.
~ quello che scrissero a proposito d~ ~ei, sono. empi
racconti in iunghe menzogne, insegn~~u ~ demoru, rac-
conti degni di riso e di pianto: da qu~su -~enu.lo~tano,. com~
da Iacci e trappole. Riconoscendo gli det ed I eliscors1 su eli
!oro, gli uni, che sono ridicoli, e gli altri, che sono gradevoli,
disprezza gli dei, che amano i piaceri, rna loda i discorsi, co-
me se unica fosse Ia pianta da cui provengono; fuggi le spine
e cogli Ia rosa. Questa e Ia Iegge migliore da usare per i eli-
scorsi di coloro che sono estranei al cristianesimo>>.

2. L'amore per la paideia di Gregorio Nazianzeno


Gregorio Nazianzeno nutre, invece, un esplicito interesse per Ia
culrura pagana, manifestato non soltanto dalla presenza, nella sua
opera, della imitazione di scrittori e eli poeti pagani, rna anche dal-
la formulazione teorica del proprio scrivere 2:
«Io credo che tune le persone assennate arnmettano che Ia
cultura sia il bene piu imponante che gli uomini posseggo-
no: non .mi riferisco solamente a quella piu nobile, cioe a
quell~ di noi cristiani, Ia quale, elisprezzando tutti gli oma-
'!'enu e Ia vanita del parlare, pensa soltanto alia salvezza del-
l uomo e alia bellezza delle realta intelligibili rna anche alia
c~~ra. profana, che e disprezzata dalla ma~gior parte dei
cnst.taru perche insidiosa e fallace e che moho ci allontana
:~· Eb.bene, costoro hanno torto. Come infatti non si
no ~prezzare il cielo,la terra,!' aria e I~ altre ~ose del
genere per il solo fatto che alcuni se ne servono per fare del

2 Per questa tematica riprendiam I ,N


zianzo, Tutte le orQzMmi 8 di C M0 e n~st!e considerazioni in Gregorio d1 a·
tee note di C. Sani eM: v~~ In. or~chim,_ Traduzione italiana con test~ a fro~­
mi e C. Sani, Bompiani, Milano iooo
troduzione di C. Moreschini, Prefazioni di C. Crz·
• pp. IX-xxvn.
III. Letteratura e generi lellerari
83

male, rna dob?iamo evi~are. solo qu~o che epericoloso, ap-


profittando di quanto e utile alia vna e toma a nostro van-
taggio, non facendo ribelli al Creatore le cose create rna
comprendendo I' Artefice grazie aile cose che egli ha fat'to e
come dice il divino Apostolo (cf. Rm 1, 20ss.; 2 Cor 10 5-6)'
assoggettando a Cristo ogni pensiero; come, inoltre' ne il
fuoco ne il cibo ne il ferro ne le altre cose del gene~ sono
(per quanto ne sappiamo) utili 0 dannose in see per se, rna
lo sono secondo quanto sembra opportuno a colui che sene
serve, tanto che alcuni rettili sono utili per ottenere dei pre-
parati medicamentosi, allo stesso modo, anche di queste di-
scipline noi accettiamo illato che attiene alia ricerca e alia
contemplazione, mentre rifiutiamo quello che conduce ai
demoni e all' errore e all'abisso della perdizione. Anzi, anche
queste discipline ci servono per il culto di Dio, perche noi
apprendiamo il meglio da cio che e peggio e facciamo di
quello che costituisce Ia !oro debolezza Ia forza della nostra
dottrina cristiana. lnsomma, non dobbiamo disprezzare Ia
cultura solo perche cosl sembra bene ad alcuni; anzi, deb-
bono essere considerati stolti e ignoranti quelli che cosl pen-
sano e che vorrebbero che tutti fossero fatti come !oro, allo
scopo di nascondere sotto quell'aspetto che.e comune. a tut-
ti illoro aspetto particolare e allo scopo di non fars1 sma-
scherare per Ia !oro ignoranza» (or. 43, 11).

Su questa base Gregorio attua coscient~mente, sia nelle ?pere


in prosa sia in quelle in versi, una trasformaz1one del patnmoruo let-
terario pagano e cristiano:
<<lo cercavo di fare delle lettere bastarde ~ un aiuto,hun so-
stegno di quelle che sono le vere 1ettere • m modo ch c e non
,. . I h n conoscono altro e una
s morgoglissero co oro c e no . "ed ell "da
. , di 1 quells che nSJ e n e gn
stolta e vana facillta paro 8 • b . r/i" 112ss )
e nella gola degli oratori» (Auto wgra a, vv. ··
. Basilio e Giuliano I'Apostata,
Recatosi ad Atene, ove mco~tr~ d . b" simi ne delle fiacche e
egli non si cura ne degli applau,ili n~
contorte declamazioni, delle qu 51 e
ruJ'
tt.:o i s~fisti in mezzo aile

} Cioe quellc paganc.


I Padri U.ppadoci
84
. . · Gregorio infatti, conscio della sua peculiarita di
folle de1 gtovant. ' 1 · I fi ·
scrittore cristiano, si pone in decisa po emlc.a .con dia. so. s~c~ p(aga-
1 · temporanea anche se questa postziOne prmctplo che
na a w con • . . . ") , . ,
ecomune a quasi tutti gli sc~tton :n~n~ non ~rove~ p01 un ap-
li · assoluta nella pranca, ne s1gnifica Ia rmunc1a totale alla
p C8Zione G . . di .
retorica. Pertanto, per prima cosa regon? s1 J;'ropone prancare
1 meditazione e di far getto, di fronte a D10, di rutte le altre cose e
:elle fariche che si spendono nei discorsi (267ss.). In un altro carme
autobiografico (TI 1, 1, 96-97) egli ci riferisce che una sola cosa ave-
va cara, Ia gloria nei discorsi, che gli procuravano !'Oriente e l'Oc-
cidente e Atene, vanto della Grecia. Ad un periodo preciso della sua
attivit8 oratoria, quella del triennio in cui fu vescovo di Costantino-
poli, Gregorio dedica un'ampia trattazione neii'Autobiograjia (vv.
1188-U39), ove, riprendendo anche alcune considerazioni delle
orazioni 27 e 36, respinge Ia loquacita a cui si abbandonavano non
solo gli eretici e i letterati nella capitale dell'lmpero, rna le persone
piu ignoranti, e sottolinea Ia maggiore profondita e Ia ricchezza di
pensiero che caratterizzavano, invece, Ia propria oratoria.
E alla fine della sua predicazione costantinopolitana, ricordan-
do Ia propria attivitil di pastore, che aveva ricostituito, quando gia
era. quasi distrutta, Ia comunita dei fedeli (Ia sua <<corona>>, come
egli Ia definisce), cosi dice:
«A coloro che intrecciavano questa corona (e quello che eli-
con~~ lo dico secondo il Signore, rna lo diro comunque),
anch to ho arrecato qualche contributo. Uno di essi e stata
anc~e !'opera dei rniei logoi, non quelli che abbiamo gena-
to( VIa, ~· quelli ~he abbiamo amato, non quelli meretricii
coelme disse, per msultarci, uno che everamente meretricio
n. parlare
. U
e nel vivere)• rna quelli che sono fin troppo con-
tin
delentt.
mi no . . qualunque di questt· e, gerutura
· e frutto anc h e
0 spmto, come lo Spirito
no staccati dal sa generate coIoro ch e st. so-
anche i piu ~orpu. Lozos~ono testimoniare (lo so bene)
noi ci siamo pr':o tra . ;.01 • 0 magari anche tutti, poiche
sttamento infaC:ccu~~tt 1 tutti [. .. ]. Non senza arnmae-
maggior ;arte dell 001 msegruamo, e non facciamo come Ia
guerra non ai disc:r:ente, che assale con le offese e muove
pita di nascondere p~' rna a coloro che li fanno, e non ci ca-
nostri ragionamenti [r rn]ez(zo delle ingiurie Ia debolezza dei
··· » or. 42, 12-13).
111. LetleraturtJ e generi leuerari
85
Pertanto Gregorio esalta piu di una volta Ia forza e Ia potenza
dd mythos, strumento donato da Dio all'uomo che pliO produrre
tanti mirahili effetti: '
«Le parole sono fondamento della vita umana: esse mi han-
no separato dalle bestie; con esse ho costruito Ie citta e ho
trovato le leggi e celebro Dio potentissimo; con esse io levo
in alto Ia gloria della sua nobile virtu; con esse io tengo a
freno l'amara violenza ddl'odiosa malvagita; con esse sepa-
ro i mondi, vale a dire qudlo celeste e qudlo che procede,
qui in questa vita, verso Ia dissoluzione, e separo !'anima
dal corpo ... Quelle realta, infatti, furono segnate da Dio e
stabilite dallogos dei sapienti e rafforzate dalla fede [ ... ).
Le parole sono anche grande rimedio aile passioni; con es-
se io assoggetto !'ira che troppo ribolle, nuhe ddl'intdlet-
to; con esse acquieto gli affanni e pongo un limite alia gio-
ia; non mi abbatto per i dolori ne mi esalto per i successi,
poiche pongo sulla bilancia un rimedio all' altro: Ia speran-
za ndle afflizioni il terrore ndla esultanza. La parola guida
i re e trascina il ~opolo; Ia sua gloria i: ndle piazze e domi-
na nei banchetti, raffrena Ia guerra e rende mansueto l'uo-
mo [. .. ]» (Carm. II 2, 5, 165ss.).
«Questo io offro a Dio, questa io dedico a lui, qudl'unica
cosa che ho riservato a me stesso, qudla che costituisce Ia
mia unica ricchezza. Le altre cose, infatti, le ~o abb~dona­
te a! comandamento e allo Spirito, e, dan~o m cambto tut-
te le ricchezze che una volta possedevo, mt son_o procurato
Ia perla preziosa [ ... ] io tengo con me soltanto1/o~o~, p<;r-
che io adoro il Logos e certo non potrei mai, nuaedlDlZla-
tiva porlo in non cale. E .mvece I0 onoro e lo amo, diesso
' . di quanta non ne ano
mi procura gioia, molto m~ggt~re . il a no della mia
agli altri le altre cose. Fa~cto dt lw ~om;. ~a guida nella
vita, il consigliere buono, il buon convtvenpa,gno di Iotta E
· alto e jJ pronto com ·
strad a che con d uce m . . . rena in vista di que-
d!
siccome non mi curo ale~?" 8l~'"hm:o p;r me ogni desi-
sts, che viene dopo Dto, st e anruc . tare Dio, poicbe esso
derio - o piuttosto, anche per •1 .~qwlls tto da cui soltanto
n· . iemedcon mte
porta verso to, ms
e ' . .
d i: conservato in n01 em
Dio e compreso in modo . egnoeela mia sorella; J'ho onora-
noi si accresce [ .. .l Ia Saptenza
I Padri CApp~~doa'
86
'h bb ct"ata per quanto mi era possibile; cerco per
tae l
. oa 1rae corona• di grazie e di esultanza, c h e sono 1. d o-
lanuatesta a . a1 · h" · ·1
ni della Sapienza e dd Logos, ~ qu e rtsc tar~ m no~ a par:
te dominante e i!lumina per il nostro bene 1 passt che c1
conducono a Dio» (or. 6, 5).

Accanto alia soddisfazione e all'orgoglio di praticare Ia nobile


arte del discorso,la cui essenza deriva proprio dal Logos divino ed
econformata dallo Spirito, vi e, in Gregorio Ia consapevolezza che
i suoi logoi sono diversi dagli altri, appunto perche traggono origi-
ne dalla intelligenza, che stringe l'uomo con Dio. Se i suoi logoi han-
no questa origine e questa ispirazione, essi, appunto, non sono me-
retricii, cioe non sono detti (o scritti) solamente per piacere, rna per
ammaestrare, anche se questo non significa che il parlare dell'orato·
re cristiano debba per forza essere spoglio e disadorno: Ia prassi
stessa di Gregorio lo dimostra. Perci<) il parlare per il semplice de-
siderio di parlare, vuoto di contenuti dottrinali, eI' oggetto ddla fa-
mosa descrizione satirica ddla orazione 27. Lo stile dei discorsi alia
moda
e
«e tal~ che disdegna tutto quello che nobile e semplice e
e
vuole mtrodurre tutto quello che tortuoso ed enigmatico.
In tal modo dal frutto si riconosce I'albero intendo dire
che dalla tenebra di quanto viene detto rico~osco Ia tene-
bra che produce siffatte dottrine>> (or. 28, 11 ).

E i discorsi di Gregori0 h f · . .
suoi ascoltat · _ armo atto lttlpresstone profonda sUI
Costantino ~ll· .tanto e ~ero che, spinti dall' entusiasmo, i fedeli di
tore rievoc~ n~::'s:: gtom~ta f~osa dell'anno 380, che lo scrit-
1395) lo condusse . a soddisf~ztone (cf. Autobiogra/ia, vv. 1325-
sa de/ Santi Apost~~ 'fi:ro~e:none a prendere possesso ddla chie-
oratoria suscitava crlti ho .a gli ora occupat~ dagli ariani. Ma Ia su~
giudizi della folia eli c ."~ e eli era ~~Ito ptu esposto di Basilio aJ
' anuct e nemtct:
«E ai nostri discorsi che si m
lingua vana e invieliosa d uovedguerra, e a questa nostra
(or. 36, 4). 'e ucata at discorsi dei pagani. .. »

.. In questa orazione Gregorio st .


cnttca Ia sua oratoria, egli prose u a soppe_sando ogni sua p~ro~a .. St
g e, perche sarebbe «vana e mvtdio-
Ill. LeueraturtJ e generi letterari
87
sa»: l'a~c~sa riguarda i ,contenuti, vale a dire, Ia predicazione di
<?regon~ ~ bella .s~l? ~ apparenza e suscita contrarieta perche cri-
uca nem1c1 e am1c~ mdiff~rentemente, per amore del vero. Inoltre,
sareb?e stata nutrlta .~all oratorio profana: una critica interessante,
che vtene ~ossa dall mtemo della comunita cristiana, Ia quale rim-
provera all oratore Ia cura formate del parlare. ll Nazianzeno dun-
que, e accusato anche di essere troppo "sofista" (e colora che,lo ac-
cusano saranno i cristiani piu rozzi e meno colti); rna a proposito di
questa eloquenza "pagana", egli precisa di «avere addolcito con iJ
legno della vita I' acqua amara e imbevibile di Merra», doe di aver
modificato tecniche e contenuti del discorso pagano inserendovi i
contenuti cristiani. E subito oltre si domanda: <<Perche non abbia-
mo abbracciato una cultura che fosse muta? Perche non abbiamo
abbracciato una cultura che fosse arida e umile?». Eppure, Ia mag-
gior pane della gente preferisce questo secondo tipo di aratoria, al-
Ia quale Gregorio contrappone una "filosofia" che ad essi suona
estranea (sara Ia "filosofia" di cui parliamo aile pp. 318ss.). Perche,
secondo questi critici ignoranti (che pure sono dei fedeli della co-
munita ortodossa), Gregorio avrebbe dovuto «con coraggio fuggire
i ragionamenti, e chiamare "fede" l'incapacita di parlare»: l'oratore
non potrebbe essere piu esplicito nel difendere il contenuto dottri-
nale dei suoi discorsi, e quindi Ia validita della propria predicazio-
ne. E conclude, con violentissima ironia: «Ben volentieri l'avrei fat-
to, sappiatelo pure, dato che sono pescatore- sl, perche pe~ Ia mag-
gior pane della gente questa e Ia scusa piii facile per gmstificare Ia
propria ignoranza - solo che dovrei ~vere, al post.o della parola, !"
capacita di fare i miracoli [ ... ]!». Lorgogliosa ciif;sa del.prop~?
compito e della propria ane non poteva trovare un espress.tone pm
risentita e personate. . · dis 1 bil
Teologia filosofia retorica: questi tre valori sono m so u .
mente uniti ~ella prod,uzione di Gregorio Nazianzeno•. Le sue ora-

h h ll · 1 . Gn:gory and th< sophists, in J.


4 Secondo N. Me Lynn (Among 1 ~ e en~:·es and Ref/«tions. University of
Bortnes . T. Hiigg (edd.), Gregory.~/ NtJztsn=u~! ro1css.ione retorica da parte di Gee-
Copenhagen 2006, pp. 213-238), l.lll_lPC:SO? i.mi ~entativi deUo studio ad Ateoe o ~:
gorio Nazianzeno non si sarebbe bmnato at pr. sacerdotale: anchc in altre oraz&oDI
l'insegnamento in patria prima deUa cons~c~to~epossono cogliere gli echi della pte-
del periodo di Nazianzo: ed ~n alcu!l'e eptsto e,r:,.ei, con i quali e~ e.ra in conww.
sen:z:a, accanto a Gregorio, dt retort contempodi rn:oJo lettenuio cnsuano. ~ quale
anz.i, addirittura costituiva con lo~ una sorta I ~razioni e le poesie di Gregono. DO?
non erano esclusi a priori i pagam. Insomma, e formale ma servono anche ad iDdi~
solo dc:bbono essere considerate nd loro aspetto '
I Padri C4ppadod
88
. . I' empio piii splendido; e sono anche Ia prova che il
nom . . ne sono• es deve essere uomo di· cu1tura, per 1a wresa~'' della sua
cnsnano puo e · d · j'
c~ I' rofondimento della propna ottnna, per ammae.
"'oe, per app ·
. In questa smtesl · armoruosa
· di va!on· abb"1amo
stramento degli altn ·
Ia vera paideia cristiana. . •
Questo eil giudizio di ';!" e_sp~rto c?me B. Wyss ': :"S1 dovr~ as-
segnare 8 Gregorio uno de1 pnm1 p~n: p~r quanto ?~arda I uso
della retorica tra gli scrittori greci cnsnaru. Personalita con mnate
doti oratorie.' egli aveva il dono di conquistare I' ~o degli ascol-
tatori con un forte pathos, a seconds delle necess1ta; possedeva un
sicuro dominic dellinguaggio letterario, libero da ogni angusto
clsssicismo, un gioco virtuosistico in tutti i registri della tecnica re-
torica. Nelle stile,le orazioni di Gregorio, con una costruzione del-
la frase basata su brevi periodi, con figure di parolee di nuovi signi-
ficati, si inseriscono in quello che si suole chiasnare "un asianesimo
mod.erato"»6.
L'origine eli queste doti letterarie, che non sono tipiche solo di
un' arte cristiana, deve molto anche aile scuole di retorica che Gre-
gorio aveva frequentato. Lo testimonia anche il fatto che i retori bi-
zantini lo impiegano frequentemente, accanto agli oratori classici
della Grecia: Michele Psello pone Gregorio proprio accanto a De-
mostene.
Olt_re a offrire uno splenelido lessico, lussureggiante e ricco,
~regono ncorre ~o strumento retorico delle variazioni, mediante
il_ q~e presents m modo sempre eliverso elementi intrinsecasnente
~· come le citazioni bibliche addotte a conferma di una propria
Idea; _e sopranutto si serve eli uno strumento stilistico proprio della
reton~a tardoanti~a, cioe I'allusivita. ll Nazianzeno richiede molta
latterwoilne, pe~che narra per cenni e in modi non espliciti lascia a!
eltore
· lam eli interpretare gli avventmenu
d comp1to . . e 1. fattl. che• egli. sot-
nnten e so ente.

viduare cene coordinate sociali. e cul . . .


esse per Ia retorica, che non resta tulrali de~ CappadOCia dell'epoca. Un tale mter·
"circolo letterario" coni sofi&ti va.~t..o sui ptano formale, ma costituiva una sorta di
certezze e le riserve di Gregorio' J!'f;6~~re~?e an~r. ~iii, secondo il Me Lynn, le in·
'B. Wyss,s.v. Gregor II Gre ~cest_di upo haslliano.
stentum, 198}, 799-800. ' gor von No1.1an~.m Reallexikon fUr Antike und Chri·
6 Dlessico bizantino Sud.a . di h .
ZWlZO.
t
~ lui Filostrato, Vile dei Sofisli 25 )ce c b~ retor~ Polc:mone di Laodicea {88-145: su
avre esercnato un i.nfiusso su Gregorio di Na·
III. LelleraturtZ e genn; kttmm·
89
Gli si puo porre al fianco, anche se a noteY le dis
chio eli lconio, il quale ebbe, come iJ Nazian
. I I . . .
°
t~, Amfilo-
zeno, un mteresse par-
n.co are per a reto~ca e qumdi dette alia sua omiletica una elabora-
ztone formale assat curata. Nelle sue omelie son f · .
menti patetici, allocuzioni ed esclamazioni. 0 requenn movt-

ll Ni~seno, infine, nonostante fosse stato maestro eli retorica,


non raggmnse le stesse vene eli Basilio e eli Gregorio Nazianzeno.
~elle su~ o?ere ~on mancano evidenti prove eli declamazione reto-
nca, m? 1 nsul~att non sono particolarmente significativi. n suo sti-
le m~esta, s1a '.'ell~ omelie sia nei tranati teologici, vari difetti,
'!.uali mancan~a. eli chiarezza nella costruzione dell'opera, ripetitivi-
~ nella esposlZlon.e, plattezza nella dizione: e a tuno questo si ag-
g~unge, nelle omelie, una certa banalitii eli contenuti.

3. La produzione omiletica
Le omelie erano diventate nd IV secolo, dopo alcuni luminosi
esempi dd III (Origene), una attivita essenziale e insostituibile per
chiunque avesse una responsabilita all'intemo della Chiesa: si puo
dire che nessuno, dai Cappadoci al Crisostomo in Oriente, da llario
ad Ambrogio ad Agostino, in Occidente, si sottrasse al compito di
predicare al popolo cristiano e eli istruirlo. Normalmente gli orato-
ri si facevano aiutare dagli stenografi che trascrivevano I'omelia, Ia
quale, adeguatamente ridaborata dal suo autore, veniva poi "pub-
blicata".
Mail IV secolo fu un'epoca fiorente anche per !'oratorio paga-
ns: Temistio e Libanio ne sono i principali rappresentanti. Sono, co-
storo, dei "maestri dd pensiero", Ia cui parola giunge fino alia cor-
te imperiale; inoltre, Giuliano l'Apostata int~de proporre una sua
ftlosofia e si serve dell'oratoria per sostenere il suo programma po-
litico e culturale. ·
L'attivitii omiletica impegno i Cappadoci in mod? P~C~te,
· G10vanru nso-
anche se non con un impegno cosl esclus1vo c~me . d G .
stomo: infarti le omelie eli Basilio, d_i Amfiloch•di: ~dl'.:tiz:
non occupano uno spazio cosl amp10 come qu
da solo. Dobbiamo pensare, tuttavia, che le lo;Jm~e .r.;",,:;-u::.;
::e
ci siano solamente una scdta, forse effettuatafua au pili 0 ;,.,_
tutte quelle effettivamente pronunciate. Esse . rono tu ancora delle
no rielaborate, anche se in quelle eli Basilio 91 trovano
I Padri C4ppaJoci

·· orale Questa rielaborazione, effettuata in


n:acce ~ella es~~::~ne, e ~vidente nell'orazione 43 di Gregorio
vtSt~ eli una P,
Nwanzeno, 1encomto
· eli Basilio: essa richiede, se !etta ad alta vo.

ce, 0D.rcaN_tre ore. unque non affido all' omiletica il nerbo del suo
lSSeDO, com • . ) . hi
ensiero (come, invece, aveva fatto il N~zu~nzeno , tr~e m poe ·
~i come nelle Omelie sulle Beatitudtnz e m queUe sull Eccleszaste,
' tt nelle quinelici Omelie sui Cantzco dez Canttet, che so-
e, soprattu o, d 1 1 ·
no un elemento inelispensabile per compren ere a sua teo ogta,
I'antropologia e Ia mistica.

3.1. Un genere vario e personale: le omelie di Gregorio Na:zian:zeno

Come oratore cristiano, Gregorio Nazianzeno occupa, tra i


Cappadoci, una posizione ben definita: non puo vantare ampie co-
noscenze filosofiche ne approfondite dottrine teologiche, come
Gregorio eli Nissa, ma i risultati differenti (e non per questo di mi-
nor rilievo) a cui perviene sono dovuti a! fatto che egli e stato "teo·
logo" attraverso l'oratoria, cioe attsaverso il eliscorso a! pubblico, in
confonnita con il carattere fonemente letterario della sua educazio·
ne. Sulla retorica del Nazianzeno, le cui doti abbiamo sottolineato
sopra, insistette negativamente, invece, Ia critica dei secoli XIX e
XX. Ia quale per solito considero questa scrittore piu un retore che
un pensatore, ma oramai deve essere chiaro che parlare retorica·
mente. non implica, eli per se, insufficiente forza speculativa, bensl
~ differeote sttuttura eli pensiero, organizzato nelle forme del-
l oraztone mvece che in queUe del trattato scientifico
. . Se e vero <;he Ia dottrina cristologica di Gregori~ preannuncia
r ~rm~one onodossa che le fu data ottant'anni dopo, con il
0 ? 0 dii]j· Calcedonia (su di essa cf. pp. 288ss.) questo fatto non
puo cone. arst con 1a de£"mtztone
· · vu1gata di Gregorio
' quale retore
superficiale ed ·b· · ·
. . I .chest lZtorusta. E, se confrontiamo le cosiddette "ora·
ztoru teo ogt e" (nn 27 3l) .
iJ Contro gli Ariani di. A · .con op~re di contenuto analogo, come
borazione letteraria 0 tanasto, P?sstam? vedere che non solo Ia el~:
alto di ello d I p ne Gregono su dt un gradino nettamente plU
qu e vescovo di AI d ·
culazione teolo · . <;••an. na, rna che anche Ia sua spe·
gtca non nmane infertore
La produzione aratoria di G . .
"omiletica" nel dizi regono non puo essere considerate
sense tra onale. In essa, infatti, I'orizzonte e mol·
III. Letteratura e geneti lellertJri
91
to piil ampio sia eli quella di tipo morale eli Basilio e eli Amb · ·
·
eli. q_uell. a eli 0 nge~e,_ h , d d" rog1o, Sla
c e ~ e 1cat~ _quasi ~clusivamente alia esege-
Sl ~1blica. Se es"'?'?'am~ tn u_na ~ISlone d'msieme l'attivita aratoria
del tre Capp_ad?cl, e _s1~nificauvo il fatto che, mentre eli Basilio ci so-
n~ perve?ull elisc?rs' eli conte~uto morale ed esegetico, eli Gregorio
N1sseno 1 discors1, per Ia masstma pane, sono eli modesto Jivello 1
fama di C?re~or~o ~azianzeno eaffidata ad un corpus eli quarantadn~
que oraz10m, eli cm, a parte Ia spuria n. 35, una sola (Ian. 37) e eli
contenuto esegetico, e assai poche sono eli contenuto morale in sen-
so stretto. Come si e detto sopra, Ia produzione omiletica eli Grego-
rio, come degli altri Cappadoci, e il risultato eli una scelta. Secondo
il Bernardi, Gregorio volle far conoscere cetti aspetti, a preferenza eli
altri, della sua predicazione. Egli avrebbe pettanto escluso le omelie
di carattere esegetico (anche se per esse egli non era meno famoso,
come ci attesta I' elogio eli Gerolamo, che lo aveva ascoltato a Costan-
tinopoli come esegeta della Scrittura '). ed avrebbe scelto i discorsi
che potevano dipingere Ia figura del vescovo perfetto, tanto e vero
che quelli che ci sono pervenuti sono indirizzati piil all'episcopato
che ai fedeli e trattano problemi ideali e non concreti.
E caratteristica dell' aratoria di Gregorio il possedere una vane-
tit eli contenuti molto maggiore eli quella degli altri Cappadoci. In-
nanzitutto, parlando al pubblico l'oratore vuole manifestare Ia pro-
pria interpretazione delle vicende occorsegli. ~a quesuone ~~n
Massimo difficilmente avrebbe potuto essere cons1derata, da Basili~
e dal Nisseno un argomento adatto a un'omelia. Invece le oraz10n1
dedicate a un 'personaggio con il quale Gregorio h~ avuto a che fa-
re o a una situazione in cui egli evenuto a trovarst, sono assru nu-
m~rose. Di carattere contingente sono le orazioni AI ~adre che lace
durante Ia sdagura della gran dine (n. 16), AI ves~~o ~-rm:~~da P~
co eletto (n 13) A Gregorio di Ntssa (n. 11), At alta tnt 1 • aztan
A
zo (n. 17), Gt~liano, l'esattore dei tributi (n. 19), Le sue pnme co-
me sacer~?'': (n. 1 e 3): ell che con un titolo insolito, sono
Le p1u mteressantl sono qu e ' 1 . I dosi a se stesso·
rivolte <<a se stesso». Spesso Gregorio par a nvo gen ·

. 50 I· 52 8 ecc.: cf. C. Mo..s~hini.


7 G. Gerolamo, Gli uomini i//usln 1 17 !;J~· on~ Na:i.nzenoin G~roUmo, U1 ~·­
Praeceptor meus Tracce Jelt'insegnametllo f,Q .
~ XVle centeRairt dM Jlparl Je rs1nl
M. Duval (ed.), jerome entre I'Occidenl. el ":~bre 1986), Etudes Augustinienncs,
}lrOme ... Ac[es du Colloque de Chantilly (sep
Pari, 1988, pp. 129·138.
I Padn Cappadoci
92
· volta per far sapere in modo ambiguo, appunto per
unapnma •meditaZ!one
. . :
muma, quanto 1·su01 " fam i lan,
l" · ·1
anzt,
mezzo di quest. . · · din" I bb"
suoi amici (Basilio in primo luogo) e 1 s~OI conc1tta 1 o a 1ano
f£ tenden do da lui Ia consacraz1one a vescovo (n. 10). In
oesopre
este orazioni "a se stesso • Gregono ··dJdell""l
s1 uo e a VIO enza "d
, eJ.
~u "tirannide" che aveva dovuto subire da pa':e dell~ persone che
piu amava, cioe il padre e _Basilio, ~ a!!• quali propno ~er ~u~st~
motivo (egli osserva, comp1acendos1 di questa contraddittoneta di
affetti), oltre che per I'obbedienza verso chi era piu autorevole di
lui, non poteva rifiutare il suo assenso. Nell' orazione 26, pronuncia-
ta dopo Ia sciagurata conclusione della fiducia inopportunamente
concessa al filosofo Massimo, I'aspetto autobiografico e personale e
molto evidente. La n. 33 e analoga nella struttura, solo che le due
parti sono invertite (e del resto il titolo e Agli ariani e a se stesso).
Questo discorso e tra i piu belli di Gregorio e tra i piu efficaci del-
la sua arte oratoria. La prima parte ecostruita antiteticamente, per-
che oppone se stesso e i suoi fedeli agli ariani. L'oratore rinfaccia
agli eretici le violenze e i soprusi, e ne artribuisce, per mezzo di un
fortissimo sarcasmo, Ia responsabilita a se stesso e ai suoi fedeli.
N<;Da ~cood~ parte continua I' antitesi: le ingiustizie di Gregorio e
de~ suo1 consiStono nell'essere poveri, umili, deboli mentre i suoi
nelnici, gli ariani, sono splendidi e potenti. Gregori~ ricorre anche
al mezzo retorico dell'irooia, soprattutto nella descrizione della sua
figura: L'introdurre Ia propria figura fisica giustifica, appunto, il ti-
t?lo di «a se stesso» dato a questa orazione. Tutto l'uomo viene fuo-
n da q~esta descrizione: l'umilta. dell'origine (altro topos di ironia;
m ~ealta Gregono proveniva da una famiglia agiata e nobile rna qui
egli · ·a1e, al superbo abltante
Ia s1 .contrappone • m· q.uan to proVIUCI . ' del-
. capltale),dil~ sua condiz1one di straniero (cap. 8) il suo desiderio
mappagato solitudin 1 · ·d ( '
soffereoza e non chied e, a ur~ ~ cap. 9) subita. Non mostra in·
ta da quando e a Co e c~miDISeraziOne, rna parla, per Ia prima vol·
so che come il b stantmopoli, del suo piccolo gregge, di se stes·
' o·' . uon. pa.s~ore, conosce le sue pecore a una a una.
I non mmore significato , l'ul . .
36). n titolo di essa ' . ' 1 e uma oraziOne «a se stesso» (n.
ep1uungoepe c .
dalla mano di Greg · . A ' r questo rorse non der1va tutto
,. ono. se stesso e co t , h d" h
eg<t avesse aspirato al seggi d. C ' . n ro CO<oro c e zcevano c e
ca Ia strurtura del titolo ~ 1 ost~ntznopolz. Anche qui, come indi·
Ia prima. L' oratore prende l parte nvodallta effettivamente a se stesso e
tronizzazione sui seggio di ~~t~ fa!'lo che Ia cerimonia di in·
antmopoli, avvenuta nel novembre
III. LettertJJUrtJ e gentri lettertJri

380, pur raccomanda~a c~damente dall'imperatore Teodosio, era


stata Ia conse~enza di un llllpulso irresistibile del popolo, non cer-
to delle pro~_ne mene e d~a propria ambizione. Ma Gregorio fa de-
rivare ques~ tmpulso, che ~~ e p_ropagato dall'uno all' altro dei fedeli
come per I effetto magnettco dt una calamita, dall'efficacia dei suoi
l~goi. Questa interpretazion7 dei f~tti rivela l'importanza che Grego-
no annetteva _all~ sua oratona, e di essa abbiamo gia detto. I logoi, e
non altro, eg~ _dice, ~~o prodotto quell'entusiasmo popolare, non
certo le qualita estenon della sua persona, che in lui non esistono:
pertanto egli ripete, con ironia pari a quella che si Iegge nell'orav<>-
ne 33, le considerazioni negative che riguardano il proprio aspetto.
In ogni caso, i logoi hanno mosso conrro di lui l'invidia. Quindi Gre-
gorio passa al secondo argomento del suo discorso, quello del non
aver mai aspirato alia cattedra di Costantinopoli. D problema eP""
sto sui piano del rapporto personale tra il vescovo e i suoi fedeli, e
introduce a un setrato dialogo di ampie dimensioni con i suoi criti-
ci, nel quale lo scrittore puo difendersi e parlare di se.
Tale atteggiamento e presente anche in altre sue orazioni, dedi-
cate alia propria autodifesa. La piu famosa eIa seconds, che ha pro-
prio il titolo di Apologetico, come leggiamo nella traduzione di Ru-
ftno, o, piu dettagliatamente: Discorso apologetico circa Ia sua fuga
nel Ponto e tl suo successivo ritorno, accanto a quello di Sui sacerdo-
zio e altri analoghi. Gregorio deve giustiftcare l'abbandono delle
funzioni di sacerdote di cui si era reso colpevole quando aveva ob-
bedito al suo desiderlo di ascesi, fuggendo da Nazianzo e rifugian-
dosi nell' eremo del Ponto, presso Basilio. lnizia con una ~ov~za
tipica dell'apologetica (cap. 1) e alia fme conclude: «Eccovtla gtu-
stificazione della mia fuga, una giustificazione che _forse ha olrrepas-
sato Ia misura» (cap. 102). Questa orazione eassatlunga, talo':" pe-
.
sante; sostanztalmente un trattato, e anche prolisso · Ma ancheali
tn es-
,
sa Gregorio fa comparire i motivi piu intimi della sua P:o"mta e
della sua formazione spirituale: il desiderio di anacorest, e us~
con accenti platonici (capp. 6-7),1'amore per Ia. ~?a, e, co:.m-
solita, direi, per un discorso pubblico, anche glt ern person ·
. . . h ti 0 il mio ritomo) e
«<I mto secondo penstero (sa1·• c e m~ ~ dall d bolezza
il mio compito sono costiruiti dalla cantZie e a e . che
dei miei santi genitori, che soffrono piu per caAU: m::'
qui
peril tempo che trascorre. Parlo del patnarca rarogil an·
presente, persona per me preziosa, che annovero tra
I P.Jri C.ppadod

gdi· pari di Sara di colei che anche spiritualmente ci parto-


nsc:,nell?insegn~ento della fede. Io mi ero augurato di es-
sere bastone della loro vecchiaia e sostegno della loro debo-
lezza, tta le prime cose, e, in ogni modo, a~evo attuato quan-
ta mi ero augwato in proporzione aile rrue _for_ze, ~l che ho
messo in non cale Ia filosofia stessa, che cosutwsce il posses-
so e il nome per me di tutti il piu prezioso [ ... ]»(cap. 103).

E tutti i dubbi e g1i sctupoli che il compito di sacerdote gli ave-


va fatto sorgere sono presentati nei capp. 77ss. Lo stesso atteggia-
mento si incontra in un altro discorso apologetico, l'orazione 9. In
essa Gregorio deve giustificarsi per aver frapposto troppi indugi e
perplessiti al prendere possesso della detestata cattedra di Sasima.
Ma cosa c'e di piu immediato e sincero di questa allocuzione al pa-
dre e a Basilio, presente al discorso, che sono i due "tiranni"?
«<nsegnatemi quest' arte di guidare il gregge, o amici, anzi,
d'ora in poi, pastori per me e compagni nella attivita pasto-
rale. Dammi i contrassegni di quest'arte, tu che sei il nostro
comune padre, e che con Ia tua lunga eta molti pastori hai
preparato e collocato I' uno in successione all' altro· e anche
tu, ~h~~etti alia prova e giudichi Ia mia ftlosofia .. : Tu, che
fosn pm urnan? tra le pecore (semi pertnetti di dirtelo), aJ.
lorquando nm prendevarno parte al pascolo irrazionale
che non tr~ i_ pastori, allorquando fummo ritenuti degni dei
pascolo spmtuale. Tu hru quello che desideravi: Ia nostra
sottonusslone; e hai vinto chi era invincibile [ ... ]»(cap. 4).

L' aspetto autobiografico ' per conc1 ud ere, caratterrzza . . modo


Particolare I· discors1. di Gregorio li dif£
m
. dall 'omelia tradi·.
zionale che. di~-- ali . e erenzla
Q' e . wu;c ca e IIDpersonale.
uesta sene eli discorsi si dis 1
tiviti di oratore sacr . . pone ungo tutto I'arco della sua at·
puo osservare una .:·/'~nono.stante, anche a questo proposito si
stantinopoli sono piu ~:{;f'df•
fatto efacile comprender iJ
c: quanto qu~ del periodo di Co·
ntenuto teololliCO. Anche di questO
tale, l'oratore doveva ent:aremouvo: parlando al pubblico della capi·
con gli eretici e non eli rado ,Jt'•.so,_ ~e lo volesse o no, in contrasto
aile sue omelie, come si ric ~f ovev~o essere presenti anche
sua sede eli Nazianzo inv:va e .drequenu allusioni ad essi. Nella
' ce, canst erazioni di carattere teologico
Ill. Lelleratura e genen· Jeuerari

dovevano esser~ s~nti~e meno urgenti, o non erano sufficienteltlente


a~prezzate. dall udlt~:>no, s~a du~bio meno colto e meno preparato
di ~uello ~ Cos,tanttnopo~., A ~azianzo Gregorio non ebbe mai I'oc-
caswne, ne senttla ':eces~lta, eli scnvere un eliscorso sulla moderazio-
ne da usare nella discusswne (orazione 32) o Ia prima delle orazi ·
teologiche (n. 27), che hail titolo eli Discorso preliminare, vale a d~r~
che non sp':tta a tuttz par/are di Dio,_ n~ si conviene a qualunque mo-
menta, ed e una condanna delle sotttgliezze nd elisputase e della ma-
nia per le controversie teologiche, tipiche dei cittadini eli Costantino-
poli. Tra le orazioni dd periodo eli Nazianzo (che sono le prime di-
ciannove), considerazioni eli casattere filosofico e teologico si incon-
trano, si puo dire, solasnente nella seconda, che, essendo probabil-
mente, come si e detto, una "lettera aperta", edestinata a un pubbli-
co ristretto eli lettori, e nell'epitafio peril fratello Cesario (ora:done 7).
Quelle eli Costantinopoli, invece, sono ricche di spunti e di con-
siderazioni teologiche. Comunque sia, in tutte il procedimento e il
medesimo: il problema non equasi mai affrontato appositasnente, rna
esuggerito da precedenti considerazioni di casattere contingente. Ta·
li sono quelle sulla elignita sacerdotale, su eli una festa, o sulla pasti·
colase eccellenza eli una "colonna della Chiesa •, quale fu Atanasio, o
sull' arrivo dei marinai egiziani, che portano il grano alla capitale.
In conclusione il discorso "a se stesso" costiruisce uno degli
aspetti precipui e meno tradizionali dell'oratoria dd Nazi~zeno:
perche, a differenza degli altri preelicatori cristiani, Gregorio m essi
manifests all' ascoltatore turti i suoi problemi, le sue mcertezze e Ia
sua sensibilita.

3.2. Temi del genere omiletico

3.2.1. Omelie esegetiche

Basiii.o scrtsse
. eli eli gesi ai Salmi I VII, XIV. xxvm.
om e ese )Jlll LXI CXIV (ci LIX
XXIX, XXXII, XXXIII, XLIV, XLV•. ~ ta~do..;tica ~chedelle
sono giunte, come era usuale nella o~ilediz~~ 1 !oro datazione. Si
omelie spurie) •. Assai labili sono gli m t per 8

. . 'ca dei Cappadocl cf.). Bern~. L;a ~re'-


8 Per un csame complessiVO deUa o~ileu 1son auditoire, Presses UruverstCilf'eS
JiC4tion des Peres Cappadociens. Le pred1ca1eur e
de France. Paria 1968.
puo dire solo cbe Ia maggior p~ ~:Jle Om~lie ~u~ Salmi app~ene
ai primi anni dell'episcopato di Basili~ o agli ul~ della s~a ~.ta sa-
cerdotale. Esse conservano spesso det momenn di colloqwalita e di
predicazione vivace. Dmetodo di spiegare ogni verset_to e ogni_ paro.
Ia e di non ometrere niente non permetteva a un predicatore di com-
mentare i salmi piu lunghi, per cui Ia iunghezza del testo biblico ha
influito sulla sua scelta. Inoltre non sono oggetto di spiegazione i sal-
mi di lode 0 eli gioia. Forse il tema comune a tutte queste omelie e
quello del giusto, il quale, posto alia prova, trionfa delle diffi.colta con
l'aiuto eli Dio, e lo ringrazia: Basilio forse ha scelto dei testi che riflet-
tevano le difficolta che egli aveva attraversato. Secondo il Gribo-
mont, Basilio sarebbe mosso da intenti «<nistici, per cosl dire>>; non
tratterebbe solamente argomenti morali e filosofici, non mostrerebbe
Ia cautela e Ia severita delle altre sue opere ascetiche, rna parlerebbe
di Dio, eli Cristo, della Chiesa. Sicurarnente le omelie sono dirette a!
pubblico cristiano piu vasto, alia educazione spirituale dei fedeli e
possono fornirci alcune inelicazioni sulloro arnbiente sociale.
Da rutte queste si distinguono le nove Omelie suii'Esamerone:
sono le piu impottanti e le piu farnose di Basilio, e assumono un ri-
lievo particolare nella sua vita, come se fossero Ia conclusione di un
progetto lungarnente curato: infatti gia I' Omelia sui Salmo XXVIII
~e risale a! periodo del sacerdozio, contiene un motivo di celebra:
ZIOne dc:Jl'ope~a eli Dio (293A) e sembra volere preludere ai com-
menta 01 pruw versetti della Genesi (285 A). Le Omelie sui/'Esame-
rone furo~o pronunciate in cinque giorni: una al mattino e una alla
serala, le p~e e le ultime quattro, mentre Ia quinta fu presentata for-
se
dal12mamnoall 6 ~ del
bb terzo
. b" aiorn0 • Bernardi ne ha determmato
. Ia data:
Ia . ~ rruo, probabilmente dallunedl a! venerdl durante
· quarestma 1el_378• l'anno precedente Ia motte di Basulo Tutta-
vta
· u1unadcrono
a! Ogla. cosl · non e• del tutto sicura. Infatti· come
. preciSa
ns ta. ·a cum ., dan cronoIog~ct. . della cornspondenza
. '
l'attivitit di
Basillo st era gla fottemente limi li . . .' .
cile pensare che l'anno rima d tata neg ulttmt tempt, e resta diffi-
se in grado di condurre ~ te . ella motte il vescovo di Cesarea fos-
notevole ed energie non ~e un lavoro che richiedeva impegno
le Omelie suli'Esameron~oill~uu: Fi.rtna restando Ia posteriorita del-
silio accenna alia sua cattiva 7.J~0 236 ~d Amfilochio, in cui Ba-
loro data piu probabile. te, non rtmane che il 377 come Ia
Questa grande opera di Basili e
rio Nazianzeno, che cosl scrive: 0 stata ben compresa da Grego-
Ill. Letteratura t gmeri ktltrari
97
«Qu~~o ho p~r le _m~ il suo Esamerone e lo riferisco con
Ia ~a _lingua, 10 ~· ntrovo con il Creatore, comprendo Je
rag10ru della creaZ!one, e ammiro il Creatore piu di prima,
quando avevo come maestro soltanto Ia mia vista» ( 43
67, tr. diM. Vincelli). or. '

e
L'uditori? d~vanti a! q';l~e ~asilio parla composito: uomini,
donne e fanc1ulli (IV 7); aru'P~· che vivono dellavoro quotidiano
(Ill 1) e frequentano Ia predicaz1one quaresimale non senza sacrifi-
cio; gente Iibera da impegni di lavoro, che, dopo che e uscita dal-
1' ascolto dell' omelia, puo correre a! gioco dei dadi o passare il tem-
po in oziose conversazioni (VIII 8). Vi sono proprietari agricoli che
risiedono in citta, piu o meno lontani dai !oro possedimenti nella
campagna. Dati certi momenti impegnativi della predicazione basi-
liana, come le pagine delle prime due omelie, ripiene di scienza e di
e
fllosofia, verosimile che non tutti i presenti fossero capaci di segui-
re il suo ragionamento. Dell'uditorio di Basilio ci fomisce una testi-
monianza anche Gregorio di Nissa (Spiegazione dell'Esamerone,
capp. 1-2, trad. C. Moreschini, UTET, Torino). Basilio adattava il
suo discorso aile attitudini e aile capacita di tutti, sia delle persone
colte, sia, ed in maggior numero, della gente umile (artigiani, don-
ne, vecchi, bambini), che non erano in grado di capire le sottigliez-
ze dottrinali e potevano solo essere guidati per mano perche giun-
gessero a conoscere Ia grandezza e Ia bonta dd Creatore dell'univer-
so. Basilio tuttavia non poteva ignorare che erano presenti anch_e
persone fomite di una certa cultura, che quindi richiedevan? un ~­
scorso che fosse alia !oro altezza: costoro si interessavano di dottn-
ne fllosofiche e di scienze, come I'astronomia, Ia botanica,_la _z"':'lo:
gia. Nelle prime sei omelie sono presenti piu volte le ~b1ez1oru di
questi intellettuali Ia cui esegesi, come diremo anche pm ?ltre (pp.
354ss.), prevale~temente letteralista. Talvolta s~ tratta di _pe_rsone
e
dotte o di fllosofi che godono di un certo credito nella otta. Pfr
costo~o Basilio di 'solito, ha poca simpatia, preferendo1troncaredda
.
d1scussione ' all S ·
con il ricorso a cntrura.
D' altra parte a gente
1 dif
. . · alche modo superare a -
popoIo, certo poco lstrUlta, poteva m qu .. . . rche a
ficolta dd prestare attenzione ad argomentt unpegnattVI, P~ ga-
vescovo era in grado di aggiungere, al momento ~pportuno, 11~8 In-
. . . . . d" . · meraVlgliose e at1raen ·
Zlom p1ene di dettagli curiOS!,. • notlZle d I' nenzione gene-
somma, Basilio riusciva a suscnare e a tc;ner esta •di simpatia mo-
rale, fmo a stabilire con l'uditorio una v1va corrente
98
. che con accenti coloriti '. Comunque,
nifestata occas•_onalmili_ent~ an. a cosl adatta agli ascoltatori che, co-
. · e di Bas o nusov
l'espos!Zion ·1
«< ·or parte degli uditori comum a com-
me dice il Nissenellio,. cha margangto superiori per cultura I'ammiravano».
devano equ ee . .
pren ;..u 1 dourine pagane, che st trovano m queste
~ ~e e, per eche Basilio si sia servito di manuali e di rias-
ome?ech,Sl d~ plaensarein eta imperiale. La polemics con "i sapienti
suntt e CJrCO vano d II' · · del d
della 'Grecia" perla loro interpretaz~o~e . e _ongtn~ m~n o, s~-
1 chema, CO nsueto presso i cnsttaru, d1 sottolineare I assurdi-
gueos . fil fi h
ta• e 1a reoproca
· opposizione delle vane oso . e,. per
. smasc erame d
I'errato insegnamento. Le varie interpretaztom Sl son? su~ce ut~
l'una aiJ'altra, ciascuna demolendo quella pre~edente, s1cch_e non VI
ebisogno di confutarle. La trattazione cursona ad esse de~c~ta era
dovuta a1 momento contingente, che era quello della pred1caz1one e
non del trattato scientifico.
Le fonti di queste omelie si possono rintracciare fm nei primor-
di della speculazione cristiana e giudaico-cristiana. Gia Filone, in-
fatti, soprattutto con il trattato Sulfa creazione del mondo e con le
Allegorie della Legge, aveva attuato una mediazione fra ellenismo e
giudaismo biblico anche sui piano della cosmologia e dell' antropo·
logia. Molti dei temi trattati da Basilio compaiono negli scritti cri-
stiani, come in Teofilo Antiocheno ed in altri (Papia di lerapoli,
Giustino martire, Clemente Alessandrino, Origene e Lattanzio).
Lo stile, semplice, elaborate con misura, e l'effetto di una sin·
golare accuratezza, per cui le nove omelie risultano redatte in una
nobilissima e bellissima prosa d'ane.
Gregorio Nazianzeno, a sua volta, tenne l'unica omelia esegetica
che di lui conosciamo, quella sui capitolo 19 del Vangelo di Matteo,
nella orazinne 37, del gennaio 381, alia presenza dell'imperatore Teo·
doSio. Partendo da alcune riflessioni sulle parole di Gesu contro il di-
vorzio, Gregorio suggerisce alcune modifiche della legislazione in
matena: Ia Iegge romana puniva Ia moglie adultera, rna non faceva
parola_ delle ~olpe d~ _marito. Per Gregorio questa disparita e inac·
cettabile. Egli sconsiglia le seconde e quasi condanna le terze nozze,
da una serie_ di consigli ~ mari_ti perche aiutino le mogli ad essere mo·
deste e mongerate. Ma I amelia, che dovrebbe riguardare il matrimo·
ruo, prende ben presto un altro indirizzo. Parlando di castitii Grego·

. . 9 0. B~ di _Cc:sarca, SuU. Genesi (Omelie sull'Esllmerone), a cura diM. N11J.


dini, Mondadon, Milano 1990, p. XVII.
Ill. Lelleratura e generi fellerari
99
rio ricorda le parole di Gesu su colore che si sono faru· chi
d . .eli D . eunu per
U regno e~ c1 : .o~ aver sp1egato che "essere eunuchi" secondo
Ia parola di Gesu s1gni£ica professare Ia fede di Nicea (perch, Ia
stita dell' anima el'ortodossia della fede), Gregorio invito l'impere cat•
re a ~etter fin . •e_r~ta
. e o':"'q~e all . artana.
. In effetti un editto dd·~
10
genna1o 3811mpedi agli anaru di tenere riunioni all'intemo delle cit·
ta. Colpisce comunque I'autorita con cui Gregorio parla a Teodosio
(che aveva ricevuto Ubattesimo da un anno soltanto): il vescovo non
teme di dire apettamente che non condivide molti punti dellalegisla.
zione romana ed invita l'imperatore a modificarli.
Divenuto vescovo, anche Gregorio di Nissa iniziala sua attivit8
di predicatore con le omelie su Z:orazione de/Signore (un'esegesi dd
Padre Nostro) e Sulfa risurrezione di Cristo. Caratteristica dd Nis·
seno e l'inclinazione a servirsi di dementi filosofici e teologici, tali
che gli stessi motivi biblici passano in secondo piano; fotte rimane
sempre l'accentuazione retorica, nella struttura e nello stile. Nd 379
pronuncio otto omelie Sulle beatitudini.
Nel381 si colloca un complesso di otto Omelie sull'Ecclesiaste,
e, alia fine della sua vita e della sua carriera di predicatore, le Ome-
lie sui Cantico dei Cantici, dedicate a Olimpiade, una nobile donna
della quale abbiamo gia parlato.
Questa tipo di omiletica, cioe dedicata all'esegesi scritturistica,
fu praticata anche da Amfilochio di Iconio, che scrisse Sui/'incontro
del Signore w, Su Lazzaro, morto da tre giorni, Sulfa donna pecc~tnce.
Gli interessi pratici, nelle omelie di Amfilochio, prc;valgono sw roo·
tivi ascetici: le nozze e Ia verginita, considerate (a diffe~z~ che da·
gli altri Cappadoci) equivalenti per dignita di fronte a D•~· il seco:Ji
do matrimonio Ia penitenza. Tutto do manifesta l'attegg•:unentalo
colui che, nell; sua vita, aveva lottato centro gli encrattll e le rre
sette analoghe.

3.2.2. Omelie morali


·ddette Omelie diverse
Omelie di contenuto morale sono Ie coSJ . ( . ttro eli
..
di Basilio, dall che piu vane vennqua
che provengono e epo . alcuni dettagli ca·
numero, piu altre nove spurie). Anche m queste,

. della es~one di GesU od


IO Ci~ la cosiddetta fes(a dd Hypapanle, vale~ dire rrisponde, in ()ccideo(e, a
Tem.pio e del suo "incontro" con Simeone ed ~a. essa co
quella deUa "purificazione eli Maria", il2 febbra~o.
I Padri Cappadcci
100
. I' b' della Cappadocia: ivi regnano Ia superstizio-
rattenzzano am .ch Iente
di · ·
vita poco cnsuana; il compo rtamento deJ.·
DC e. alulli~ pra? . e un~bile 8 scuola e fuori della scuola; i genito-
fana non e ureprens ' . . ell . , .
ri non hanno interesse per Ia predi~ione wsnana; n a cl!ta VIVo-
DO nuovi ricchi, superficiali e vacw. . . . .
Sembra che quella Sull'inizio det Proverbt s1a stata pronunc_Iata
alia presenza dd vescovo Eusebio, gia nd 364. Alcune ·•
affermaztoru
· da
ivi contenute rispondono ad una tendenza sempre ptu avverttta .
gli scrittori cristiani dell'epoca, di chiamare an~he Ia do~na all~ par-
tecipazioDe all'ideale di spiritualita e di perfezt?ne, _ch~ ~ ~ue1 t~­
pi si andava diffondendo.ln questo contesto di pan digmta (e qwn-
di di pari doveri) abbiamo visto sopra anche Ia oraztone 37 del Na-
zianzeno.
La D. 3 (Sui detto: Fa' attenzione ate stesso, affincbe z1 tuo pensie-
ro non diventi nel tuo cuore iniquitii) commenta Dt 15, 9 ed euna dd-
le piu significative di Basilio. L'uomo e costituito dalla sua parte in-
tellettuale, in quanto e stato creato a inunagine di Dio; il corpo, in-
vece, fa pane delle cose che noi possediamo. Queste parole rispon-
doDo ad una coDcezione, di tipo platonico, della realtii umana, per
e r
cui l'uomo, in quanta tale, essenzialmente 1' anima, non anima e il
corpo insieme. L'omelia presenta Ia dottrina dello status rectus, che
ebbe ampia diffusione nella apologetica cristiana, vale a dire, che so-
lo l'uomo ha Ia posizione eretta, tra tutti gli animali, in quanto sta· e
to ~ato per conoscere Dio. Ugualmente ha origine dalla morale
e
stotca ~ dalla apologetica cristiana, che ne derivata, il motivo della
perfeZione del corpo umano in tutte le sue parti, le quali attestano Ia
presenza della perteJ.ta razionalita dd suo creatore.
Quanro o'."elie risalgono al368-369, in occasione della carestia
che_a~ev~ colp!to_la Cappadocia (n. 6: Sui detto del Vangelo: Distrug-
gero 1 mtet gra~at; n. 7: Contra i ricchi; n. 8: Pronunciata nel momen-
e
ta della Cllrestta '.'; n. 9: Dio non l'autore dei malt). Le prime due
Ia . . . . Ia ncch
coDdannano . ezza e di pmgono· 1a poverta sotto Ia visuale dd-
mgtus~a ~e, una concezione che puo essere adattata ad ogni
epoca e a 0 Pf' CODtesto. storico. Per questo motivo gli argomenti
svolu da Basilio sono stau considerati b ali d . il f .
che, in quel momenta . an_ .a mo1tl; rna atto e
eli di 110' esst erano calzanu. Dt conseguenza queste
om e vennero mo popolari e furono tradotte entro pochi seco-

11 Su queste omdic, d. S.R. Holman The H . .


in Roman Cappaeltxi<J, cit., pp. 99-B4. ' ungryAre Dymg. Beggar.rand BuhopJ
IU. Lellnr~tu.ra e genm kttnari
101
li in siriaco, anneno, georgiano e arabo. La condizione social della
Cappadocia eI' argornento anche ~ altre omelie, analoghe e c.:'nrem.
po~ee, d~ N~~anzeno e del ~tsseno. Basilio si rivolge ai suo udi-
to~o co~ smcertta, muovendo 1 sentimenti, come Ie regole della re-
t~~ca estgc;van~. Descnv~ con umanita Ia condizione dei poveri, vi-
e
Ctnl a rnortre di fame e dt freddo. Lo stesso linguaggio usato nel-
l'ornelia Contro i ricchi, i cui argomenti sono impiegati anche da Gre-
gorio Nazianzeno nella sua poesia Contra co/oro che amana fa ric-
chezza: il ricco e att~o _dalla motte _eterna e Basilio invoca giustizia,
con alcune affennaztom che, tuttavta, non implicano il sowenimen-
to dell'ordine sociale, rna una redistribuzione dei beni in obbedien-
za ai cornandamenti della Scrittura. Anche Ia ptima omelia Sui Salmo
XN (da alcuni considerata spuria) e animata da analoghi intenti so-
e
ciali: Ia distribuzione di beni ai poveri un ideale che Ia citta dovrel>-
be perseguire. La seconda omelia Sui Salmo XN costituisce una for-
te condanna dell'usura, che era una pratica considerata assolutamen-
te legittima nell' antichitii, rna proibita da alcuni passi biblici. Esimi-
le, nello stile e nd tono, aile precedenti: !'usura costituisce un de-
menlo di disordine in una societii stabilmente costituita. Ma nemme-
no in questo caso Basilio richiede una radicale redistribuzione della
ricchezza, tranne che- in pane- in favore della Chiesa. L'omelia fu
imitata da Gregorio di Nissa (Contra gli usurat) e giunse, appena die-
d anni dopo, in Occidente, dove fu utilizzata da ~~~gio nd f!•
Tobia, scritto tra il376 e il380. Giuseppe el'esempto btblico, ampta-
mente diffuso del benefattore che sfama i poveri.
L'orazion; 14 (Sull'amore peri paven) del Nazianzeno, secondo
il cornrnentatore bizantino Basilio il Piccolo dovrebbe essere colle-
gata con Ia costruzione attuata da Basilio a Cesarea di Cappadocia,
della cosiddetta Basiliade. In realta, questa ipotesi non esu!fragata
da alcuna attestazione concreta: Ia costruzione sarebbe ~~a~a :J"~');­
rata agli inizi del373. Anzi Ia descrizione che Gregono a ~ efu·
. ' . d difi · che possa m ·
brost non contiene alcuna allustone a un e c~o d" • . ( 43
turo ospitarli, a differenza di quello che G'78°"'ill·~ra pot :J'j 68:
63 ). ll Bernardi, pertanto, anticipa Ia ~~~tone . .'fc~::rda Ge-
369. fl discorso divenne fra j pill f~OSI . rego~~~ :inuti, secon·
rolamo (Gii uomini illustri 117) ed e assatlungo . ponde alia
d . . · difficilmente corrts
o 1 computi del Merednh), per cut bbe essere il risultato, se-
vers e propria redazione orale, rna po~redi allo stesso argomen·
condo quello studioso, di varie o?'_eliede ca~:ca descrizione, svol-
to. Esso unisce alia lode della cantala ramm
I P•dri Capp.doci
102
Cw. Gregorio era capace, delle condizioni in
ta COD tutto il pathOS di . • " ffi fi
cui versano i lebbrosi cacciati da tut_tl; un~ parte, P!U oso ~a, de.
· d
ve m urre a riflett re e a mutare il rifiuto m accoglienza, attnbuen.
e . .. . 4 25 )
d · ven· e 81• malati uguali diritt1 (capp. 2 · ·
Anche iJ Nisseno prediro (nel382) Su •.'l'amore p~r t·povert·e (ne1
oa1po
384) Sullo bene/icenZIJ. U linguaggio di queste o?telie appare a~ba:
stanza piano, anzi stilisticamente trascurato~ egli non aveva, _ne. qw
ne altrove Je doti del comunicatore. In ogm caso, argomentl di ca-
rattere as~co come Ia raccomandazione del digiuno, emergono di
tanto in tanto.Tra di essi eil motivo della imitazione di Dio, che si
impone a1 cristiano: Dio eil modello per ogni attivita benefica. Non
nuovo infine, il rimprovero dei ricchi per I'esibizione delloro lusso
k
e per !oro igooranza dei doveri che ad essi incombono, tra cui
quello di aiutare i poveri. Ma nel complesso queste due orazioni di
Gregorio di Nissa, probabilmente influenzate da quelle di Gregorio
Nazianzeno, sono molto piu astratte e meno vicine alia realta cbe
non quelle di Basilio sui medesimo argomento.
Molte altre omelie sono dedicate alia critica dei costumi. Due di
Basilio concemono il digiuno della Quaresima, e si soffermano ad
illustrame i benefici, non solamente spirituali, rna anche igienici. La
n. 13 euna Esorta:done a non ritardare il battesimo, come Ia n. 40 di
Gregorio Nazianzeno ed un'altra di Gregorio Nisseno. I:abitudine
a rimandare il battesimo era assai diffusa, anche a Cesarea; lo stesso
fratello di Gregorio Nazianzeno, Cesario, e Ia sorella Gorgonia lo ri·
cevettero assai tardi. l:omelia 10 di Basilio eContro co/oro che facil·
mente si adirano,la breve Omelia sull'invidia (n. 11) sembra fare ri·
f~rim~to ali'invidia di cui fu oggetto Basilio a causa della sua pre·
dici!Zlone, e Ian. 14, Contro co/oro che si abbandonano all'ebbre:wJ,
fu pronuncia~ durante le feste della Pasqua, che avevano dato luo·
go ad epJSodi moralmente riprovevoli. La n. 21 del 372 vuole mo-
strare Che non d si deve dedicare aile cose del :nondo, e'a proposito
dt. un tncendto ~vvenuto al di fuori della chiesa. Essa deplora che il
c~uano ~ccettl di huon grado che le ricchezze danneggino Ia sua
spmtualita. Analog81Dente, Gregorio di Nissa predica Contro i for·
nzcaton e Contro co/oro che non tollerano i rimproveri.

3.2.3 · Omelie agiografiche


I discorsi
·· 11 dei maniri assumono Ia conf'Iguraztone
in ·onore . dd
panegmco: « ... sJ co ocano a mezza strada fra gli antichi atti auten·
III. LeuertJ/ura e g~ntri lett~rtJri
103
tici_e _I~ ~assio~es altomedievali: de~ ~rimi conservano Ia sostanziale
vendtctta stortca, delle seconde anttctpano i temi laudatt" · I'
. . . . . fin .
vt e amp1t-
ficaztone retonco-scrtnunsttca o ad essere recepiti quali delli
di gener~> 12./'i. •
: vv~ntva, "eli al mo
q~m , qu cosa di simile a quanto si verifi-
cava per! dtscorst funebn, nei quali _il defunto, anche se non e un
marttre, e _pur s~mpre un uo~o fuon del normale. Le omelie agio-
grafiche eli Basilio sono dedicate tutte a santi locali: In onore della
martire Giulitt~ (n: 5), di Gordio (n. 18), di Mamante (n. 23), dei
Quaranta martm d1 Sebaste (n. 19), delle quali abbiamo parlato pre-
cedentemente.
Basilio parla In onore della martire Giulitta nel372: l'elogio del-
la martire ha forse l'intento di esortare alia fermezza in un'epoca di
persecuzione, come quella dell'imperatore atiano Valente; !'argo-
menlo sembra essere vicino a quello della Omelia sui Salmo XXXIII,
e quindi potrebbe essere stata pronunciata nei primi tempi dell'epi-
scopato. Nell'Eiogio di Gordio Basilio raccomanda un atteggiamen-
to coraggioso, di resistenza aile minacce e aile lusinghe, una parola,
questa, attuale durante Ia persecuzione eli Valente.
VOrazione 24 di Gregorio Nazianzeno, del379, el'elogio fune-
bre di san Cipriano. Gregorio pensava eli celebrate Cipriano vesco-
vo eli Cartagine, martirizzato nel 256, rna, poiche non sapeva quasi
niente di lui, a causa del tempo trascorso e della consueta ignoran-
za degli orientali per i fatti d'Occidente, lo confonde con Cipriano
eli Antiochia, convertito dalle preghiere della vergine cristiana che
aveva cercato di sedurre; tale ignoranza dei fatti storici e_confer?'":
ta dal fatto che Cipriano e considerate un opposi~ore di sabelliam
ed ariani, sarebbe morto durante Ia persecuzione eli Decto e Grego-
rio situa in Mrica i racconti leggendari su eli lui"· £
Gregorio di Nissa, a sua volta, festeggia ~~ 386 santo ~te :~
con una om eli a (Su santo Stefano) che ha foru ttnte ~ele?ratlve, li
me se il santo fosse un campione nella Iotta co~tro il ~avoloh e gli
eretici, da lui aizzati. Nella stessa occasione egli festeggtad ~c e ~
apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, davanti ad una gran e esta
popolo rumoroso e indisciplinato.

12 Cf. M. Girardi, in Basilio di Ccsarea, /IIU1r~iri, c:~t~t~· ~· M Veronese, CipritJ·


. 13 Su questa omelia e Ia presenza di ~ipriano m o:;e 2 l2o06>: pp. 245·2~.
110 dr CarttJgine in Oriente, fn .~cVerera Chnsrianorum» '
I P.Jri C.ppadoci
104
3 2.4. Omelie funebri

dd N ·anzeno eun'orazione funebre peril fratello Ce-


· La n· 7 · t azt d 369 Come abbiamo gta ·• d etto (p. 41) , 11e
· c de-
sano proDuncta an · h il figli eli
li di Nazianzo avevano criticato il fatto c e ~ _o un ~escov?
vivesse 8 cone e facesse carriers fino al pun to di dt~en_t~re il medi-
al dell'imperatore Costanzo II (Ia cone stgniftcava dena-
co person e fu .
ro e fama). Ma lo scandalo maggtore quan o s
d all a!t
ro~o
G.
tu·
liano. Tutti si aspettavano che Cesario t~rnasse a casa, a dim~stra­
re Ia incompatibilita tra un cristiano e I tmperatore apostata: mve-
ce egli rimase a cone sempre eserdtan~o il_mest!~re_ ~i ~:dico.
Gregorio si fece interprete dd disa~o det suot familian u;tdmzzan-
do al fratello una letters di forte btastmo (ep. 7). In ogru caso an-
che Cesario affronto I' Apostata, coD cui ebbe una discussioDe, oar-
rata da Gregorio con orgoglio (capp. 12-13). Successivamente Ce-
sario ottenne dall'imperatore Gioviano un importance incarico fi-
nanziario in Bitinia. Ll scampo al terremoto che distrusse Nicea
Dell'ottobre 368; ricevette il battesimo e poco dopo morl. Su di lui
Gregorio proDunda un dogio di straordinaria perfezioDe formale,
che pero non esprime Ia commozione eli un dolore recente. L' ora-
tore, Donostante ogni intento panegiristico, e costretto ad affronta·
re una realta inconfutabile: Cesario era stato un uomo che aveva
goduto dei vantaggi di questo mondo, ed aveva commesso g1i erro-
ri che si e detto. Egli non scdse Ia "ftlosofia" come avrebbe volu-
to Gregorio, ma questi lo giustifica asserend~ che tale scelta di vi-
ta DO~ e_obb~atoria per UD Cristiano, e solo Ia migliore. Comun-
qu:, t pnvilegt non corruppero Cesario. Gregorio ne fa un "fdoso·
fo • ~che se non dichiarato: per questo, dopo aver narrato le ulti·
me vtc~de ddla _s~a _vita, conclude esaltando quello che si addice
ad un ftlosofo, ctoe il logos; riflette sulla brevita di ogni cosa ed
esona (capp. 21-23), con toni platonici, a superare il mondo terre·
no confrontandolo
bb con que110 cd este. Sono tuttt· argomentt· che
avre e potuto usare anche un retore ed un ftlosofo pagano.
I P~o ~empo dopo Gregorio pronuncia il discorso funebre per
a ~r a org~~- Ella aveva convinto suo marito a ricevere Ubat·
tes~o, segu~ o Ln questo sua madre, che aveva avuto un ruolo de·
tenn~ante n a conversione di Gregorio il ¥ h" Dal tri·
momo nacquero d . figli· , . ecc to. suo rna .
genitori quindi fra~ 369. milo3r7t gtMovane, dopo Cesario e prima del
' e 4. entre Gre · t n-
temente presence ndla vita di C . . gono era stato cos a
esano, egli conosceva ben poco dd·
UI. Leuert~/Ura e generi fetteran·
I'"
1a s?rella ". C_osl, men~ _Ia lode di ~esario ha accenti intimi e fami-
lian, quella di Gorgoma e una genenca (anche se stilisticamente
cellente) lo~e di una do~a e potrebhe adattarsi a qualsiasi cris::
na. Go~g??,!a. po~sedeva m sommo grado tune le qualiti veramente
"femminili : il disprezzo per Ia falsa bellezza procurata da belletti
vani ornamenti, Ia pieta e l'intelligenza dimostrate nd saper tae~
e parlare a tempo opportuno,l'essere deelita solamente a Dio e a he-
nefic~e generosamente le_ chiese, i poveri e i bisognosi, sapendo co-
sl di riSetvarsl teson nel c1elo. Ma se compiendo queste aziooi Gar-
gonia non eandata oltre il canone della donna perfetta tracciato nd-
l'Antico Testamento, in realta ella ha fatto ben altro: i: vissuta come
gli asceti, come i filosofi cristiaoi, ed ha quineli praticato anche vir-
tu eminentemente maschili. Cosl anche Gorgooia ha costretto il suo
corpo a morire prima della morte, per liberarsi dei ceppi terreni.
Numerosi prodigi accompagnano Ia sua vita, fino a! momento fina-
le che, nella tradizione agiografica, ha un'importanza fondamenta-
le: Gorgonia, infatti, muore pregando, e Ia preghiera consiste in un
versetto di un salmo; altrettanto farii Gregorio di Nissa narrando Ia
morte della sorella Macrina "· In conclusione, Gorgooia si inserisce
tra le donne cristiane che sono esemplari eli quest'epoca: Macrina,
Ia sorella di Basilio, Olimpiade, figlia spirituale eli Giovanni Criso-
stomo, Ia stessa Nonna. Sono donne decise, virili, determinate nel-
l' agire, generose, piene di fede e di zdo; in un' epoca che le vuole sc:;
lo spose e madri chiuse fra le mura domestiche, e affidato loro il
compito di portare Ia salvezza ai mariti e ai figli. , .
Gregorio il Vecchio morl nella primavera dd 374. L?nwone
?i
funebre dedicatagli dal figlio (n. 18) e per noi ~rande ':"teresse
per Ia ricostruzione della sua biografia: Gregono il Vecchio aveva
imposto a! figlio con l'autoritii che gli veoiva dall'etii, dall'essere p~-
· · · clifficili e gli
dre e dall'essere•vescovo, alcune declSIOnl . aveva
dis forru-
.
to anche il modello di una vita ascetics. Sono pres~ll al corso 518
.1 cttta
. dini' di N aztanzo
. . I d
sta a ma re Nonna sia Basilio venuto
' di appo-
ell
.
Sltamente da Cesarea. A lui Gregorio · Sl· nvo
· 1ge nell'esor o. en a
1
perorazione finale. Nonna eIa destinataria di una conso wone. rna

. ·c pp 26-30 e aluove.
1"' Cf.]. Me Guckin, St. Gregory ofNaVII~:tus, ca 'i;Je4rerdaJh.· Tb~tllllrtyrdom
17 Sull'cpitafio di Gorgonia, cf. an~he V. ~rrusBortnes. T. Hap: (cdd.), Grwgo-
of Goq.o~UJ and Ihe birth offemale J:agw~rophy. ~5t 17o, e S. Elm. Grq.ory's ~­
"'Y of Nauan:tus. Images 11nJ R~flectlons. cu., PP· 91 Questi due Javori, runaVla, per·
Creating 4 ph,Josoph~r's family, in ibid., PP· 171-l ·
corrono un metodo di ricerca molto diveno da1 nosuo.
I Podri C.ppodoci
106
. . li h I sono dedicari si notano alcune incongruenze .• Poi-
net cap1to c e_ ~ un riferimento alia sua morte, che avverra po-
che al cap. 40 sl egge le debbono essere interpretate come una
chi ~ dopo, ques~ ::ardi ipotizza percio che il testo dell'ora-
p_rofezia e~ eventu.. . "unto sia un rimaneggiamento successivo.
Z!One cos! come Cl e gl ' d gli . . G .
• d dell . tenza opposta dal pa re a erettc1, regono
Parlan
. ch o . a resls stenuti dall ,emp1eta · • dell'"unperatore (cap. 37)·.
dice e ess1 erano so all . • b b"
iche Valente era il bersaglio di questa. u~wne, e ~oco ~ro a I·
kche ueste parole siano state pronunclate m pubbli~o p~una de!-
q
1a sua morte, awenuta nel 378 · Come. pote Nonna, di all anttca faml-
d
· u· a sposare un non convertlto, appartenente a setta e-
glia ens an , M G . d" <
· ··(sui quali abbiamo detto a p. 6)? a regor10 1ce, ror-
gli Ips!Staru . . . . d h il d
se proprio per prevenire ob1ezwru a ~uest~ n_guar o, c e_ . pa re,
peri suoi cosrumi, era cristian~ giii pruna di d!Ventarlo ufficutl~en­
te e Jo scusa per aver sottoscntto mcautamente una formula di fe-
d~ filoariana (cf. p. 120). Nella orazione funebre peril padre, Gre-
gorio riesce a bilanciare in modo esemplare l'idealizzazione richie-
sta dal panegirico e Ia realta dei fatti, che presentavano un personag-
gio non ceno perfetto. L' oratore percio si sofferm~ ~oprat~utto su-
gli aspetti positivi, come quello della ferma oppos1z1one d1 G:rego-
rio il Vecchio all'imperatore Giuliano, della sua influenza sugli affa-
ri della Chiesa di Cesarea, sui suoi meriti per aver favorito in modo
deciso l'elezione di Basilio a vescovo (e Gregorio non si fa scrupolo
di ricordare quanto Basilio fosse malvisto).
Le orazioni funebri nel mondo antico erano costruite normal-
mente secondo uno schema canonizzato dai trattati di retorica. Esse
comprendevano il proemio, che specificava I'occasione in cui erano
tenute; quindi veniva I'encomio della persona defunta: tale encomio
pattiva dagli antenati (eventualmente) e poi dai genitori; comprende-
va successivamente l'elogio della persona nel fisico, nella intelligenza
e nella morale (educazione, componamenti, azioni); il racconto giun·
geva fino alia mone della persona celebrata, allorquando I'oratore si
rivolgeva personalmente al defunto. Seguivano esortazioni e consigli
ai superstiti ed infine Ia conclusione, con Ia preghiera. Ma Gregorio
riesce a caratterizzare in modo nuovo, e doe in sensa cristiano, i sug-
gerimenti tradizionali della retorica pagans. Egli sopprime le parti
che considers inopportune per un funerale cristiano, come gli accen-
ni alia bellezza fisica, e non si sofferma sui Iamenti; amplia Ie parti che
gli sembrano piii genuinamente cristiane, come quelle che illustrano
le virtU del defunto, ed introduce un gran numero di dementi nuovi,
III. LettetrJtur~~ e genn-i letterflri
107
che nonnalmente appartenevano ad altri generi letter · .
. "d . d .. an, come stone
eli miracoli , eli mc1 enu, escnz1oni. Del resto quest · , nell'
· · 1 · , • anOVlta am-
bito de1 genen etteran e percepibile anche nella v.·1 J · M .
. h , d za az acnna
scritta dal N!Sseno, c e e, secon o il genere una biografia, h '
che fare in molti punti con I'elogio funebre ,;. rna a a
'
r: Orazione
.
/unebre per Atanasio fu pronunciata dal N ·
. d II az~anzeno
nell. anruversano e a su~ motte (2 maggio 379). Prima sacerdote e
pm. v~covo ad Al~sandna .fino al3 73, Atanasio era stato iJ campio-
ne md1scusso dell ortodoss!a e Ia sua figura stava acquistando sem-
pre maggiore autorevolezza, per merito della sua Iotta contro i ve-
scovi e gli imperatori ariani. Proprio le difficolta incontrate da Ata-
nasio suscitano in Gregorio una serie eli riflessioni sui clero e in
particolare, sull' episcopate del suo tempo. Egli afferma che A~a­
sio fu eletto dal suffragio popolare e non secondo l'uso deplorevole
prevalso piu tareli (e gii\ questa era stato il caso eli Basilio), quando
l'elezione avveniva, ormai, per cooptazione. Come conseguenza eli
questa malcostume il vescovo ariano Giorgio eli Cappadocia aveva
usato il denaro destinate ai poveri per corrompere i funzionari eli
corte. lnoltre Gregorio deplora l'insufficiente formazione culturale
del clero, che risalta accanto alia levatura intellettuale eli Atanasio.
Proclama che sia Ia vita attiva sia Ia vita contemplativa e quella mo-
nastica sono espressione della vera fede; inoltre che non si terra piu
in elisparte cercando eli evitare lo scontro apeno con gli ariani: do-
pale violenze subite nella notte eli Pasqua (p. 61), egli none piu eli-
sposto a pazientare, rna, ispirandosi all' esempio del vescovo Atana-
sio, combatteri\ apertamente gli eretici. .
Tornato in Cappadocia, il 1° gennaio 382, a Cesarea egli pro·
nunda l'Encomio di Basilio, nel giomo anruversano della sua motte
(or. 43). li testa, assai lungo, non contiene alcun ac~enno ap~~ad
Ellaelio, successore dell' arnica, con il quale SJa il N!Sseno. ~ a-
zianzeno erano in cattivi rapporti, ed anche qu~to cosunusce ~
rnotivo per dubitare che I'orazione sia stata effemvamellente/ronun1_
. . dim che essa n a rorma a
Clata. Ma anche altri argomenu ostrano ' · bblico·
tuale, non fu il vero e proprio eliscorso funebre tenuto lD pu ·

u· e
·chitl Ia bibliografia assai. ampia;
16_SuUa struttura del discorso funebre ne. antJer Christillfl B,perors. ~ceton
.
runanduuno solo a G. Kennedy, Greek Rhetonc un , .c..neral oftJlionS 011 hiJ broJhn".
f.
I?83 e a T. Hiigg, P!JJying w1~h exp~Cifll~oiiS: Grego:~ Hiigg (cdd.), Greg01'1 of Ntt-
51!/er and /ather (partico]armente utile), tn J. Bortn
~lanzus. Images and Ref/eclions, cit., PP· 133·1'L
!08
. . risce ampi brani che lo riguardano di-
in primo luogo, c;>regon~ .m•:..a. accanto a quella del defunto: que-
renamente, quas1la sua 110g ritiche che egli rivolge a Basilio, di cui
sto e• mop
· porruno
· . • come ec ito degli eventi passatt.· "'
r. probabile che
rievocala tirarull• 3 P 001' 0 ~ 3 una versione rivista, corretta ed am-
i! testo pervenutocl costttulsc ££ .
. dell' razione funebre e etttvamente pronun-
piamente acc~dUtadi, Gregoon"o inoltre non e solamente quella di
· 1'. tenztone • ' din ·
data. m . ch ra stato anche un vescovo straor ano, ma
lodare un anu~ eM ~ostrare Ia figura del vescov~ perf~tto, quali
soprattutto qu. . embri del Concilio di Costantmopoli, recente-
non erano stan I m I uli 11
mente conclusosi. Infatti Gregorio d~sc~te a p~c are ~cce enz~
dell'amico, a cominciare dalle sue virtu mora~, come I au~tertta
( 60) I COntinenza (cap. 6l),l'unione, da lut attuata, tra VIta so-
cap. ,a ... )I d" "(
Jitaria e vita congiunta agli uommt (cap. 62 , a cura et pove~t cap.
63) ed infine l'umilta (cap. 64). A p~rtire.~al c~p. ~5. Gregono pas-
?":•-
sa a illustrare l'attivita intellettuale di Basilio, di ~w rtcor~a .!e
lie sull'Esamerone e Ia attivita in difesa della econom1a divma
(cioe i1 problema della divinita dello Spirito). Quindi si puo dire che
i1 Nazianzeno presents Basilio come un modello di virtU e di intel-
ligenza. Gregorio ricorda anche i1 passato comune, rivissuto con
una forte nostalgia, gli anni giovanili trascorsi ad Atene e Ia !oro
amicizia, i1 ruolo e i1 significate della paideia greca per i cristiani e le
lone per I'affermazione dell' ortodossia.
Anche Gregorio di Nissa scrisse discorsi funebri: per Gregorio
i1 Taumaturgo, Melezio, vescovo di Antiochia, Basilio, Ia principes-
sa Pulcheria, figlia dell'imperatore Teodosio, e Ia moglie di questi,
Flaccilla. Alcuni di questi personaggi sono di un livello sociale e di
u_n'impottanza stories molto piu elevata che non i parenti di Grego-
no Naztanzeno, per cui anche i1 tono, che si volge all' encomio e al
panegirico, e, in queste orazioni del Nisseno, molto piu solenne che
nelle altre, rna anche di circostanza e meno sincero.
l:'orazione ~ebre in onore di Gregorio i1 Taumaturgo fu pro-
nw;taata probabilmente nel380, a Neocesarea di Cappadocia. L'oc-
castone fu, come normalmente avveniva, Ia celebrazione della festa
~el santo, durante Ia quale I' oratore parlava nell' assembles dei fede-
li. n.testo, d~ta ~ su_a lunghezza (57 pagine dell'edizione delle ope-
re di.Gregono di NISsa), deve essere stato abbondantemente rima-
ne~to. Dt conseguenza ~uesta orazione funebre si presents, s~­
stanzialmente, c~me una btografia e, come si e gia osservato, si rt-
volge non a degli ascoltatori, rna a dei lettori. La stessa professione
Ul. LelleralurtJ e generi ktUrari
109
~ fede, che sarebbe stata pronunciata dal Taumaturgo e di cui ab-
btamo.dett? (p. II), c?nfonne.~ sunbolo di Nicea, ben si inquadra
nella ~lt~azwne del Ntsseno, p1u che in quella del Taumaturgo.
C1 s•. potr~bbe as~ettar~ che con !'Orauone /unebre per Basilio,
pronunc•.ata I anno pruna di quella di Gregorio Nazianzeno, e cioe
n~ 381,. il ~1sseno manifest~sse dei sentimenti personali, non solo
di ammtraztone, rna anche di affetto per il proprio fratello. 1n real-
e
tit anche questa orazione paludata e di circostanza. Rievocando Ia
s?ccession~ delle fe~te cristian~ che fanno seguito a! Natale, Grego-
no cerca d1 porre I anmversano della morte di Basilio sullo stesso
piano di quello dei santi Stefano, Pietro e Giacomo, Giovanni il
Battista e Paolo. Se il Nazianzeno aveva visto, e presentato agli
ascoltatori, in Basilio l'immagine del vescovo ideale, il Nisseno pro-
pone Ia figura del perfetto cristiano, che ha praticato tune le virtU,
in particolare il distacco dai beni terreni e l'amore peri poveri; tut·
tavia poco si ricostruisce, da questa discorso, della vita e della per-
sona di Basilio. Infatti, il Nisseno piu volte sottolinea l'eccellenza
della virtu del fratello: solo, cosa intendeva il panegirista con "vir-
tu"? Se consideriamo quanta spesso questa parola eimpiegata nei
e
suoi scritti ascetici, verosimile che egli l'intendesse come equiva-
lente eli "ascesi" n.
Analoga freddezza di toni ed interessi puramente occasionali si
percepiscono anche nelle altre orazioni funebri. Quella .per Ia mor-
te di Melezio (awenuta durante lo svolgimento del concilio del381)
sottolinea naturalrnente le virtu del defunto, rna, diplomaticamen-
te, non fa ~essun riferim~to allo scisma di Antiochia, nel.quale ~:
no in gioco gli interessi di altre importanti sedi episcopali•. e ~UIDdi
e di scarso interesse storico; quelle per Ia morte .della pnn~pessa
Pulcheria e della imperatrice Flaccilla, succedutesl a ~~ ~tan~
nella seconda meta del 385, non contengono acc.enn di ~cen~:
. .
trattandost dt persone lontane
dall
a cere
hia del N!SSeDo e 1 motM
dizi" 'ali ( anita
che in esse vengono esposti sono assolutamente tra . on v d
dell 0tenza di questa mon o
delle cose umane, carattere effim~ro a~ li era Netrario, rna
ecc.). In quell'anno il vescovo di Costannn~po I d eorazionifu·
non fn lui, come ci si aspetterebbe, a pron::ol"e.z~ culturale, ne
nebri: probabilmente, a causa della sua m
dette l'incarico a Gregorio.

. and Gregory o/ Nyssa on &s11, in E.A.


17 Cf. A. Meredith, Gregory o/XXXINava;z~ PP !63·169. p. 167.
Livingstone (ed.), Studio Patris#CII, • cl ·• ·
1 p.J,; c.ppaJoci
110
3.2.5. Omelie dottrinali

I discorsi teologici di Basilio sono,_ a ~e.renza di quelli di _Gre-


rio Nazianzeno, estremamente b':"vt: Basilio non. amav.a, evt~en­
:Oenre, discutere di reologia con il gr~de pu?b~co: L om~a n.
15, Lafede, una professione di fede d~s~ata agli ~naru_presenn nel
suo udirorio, forse cade all'inizio dell ept~copa~o; e dedtcata sop~at­
tutto a11a divinira della Spirito Santo. L?melia es~o~e Ia dottnna
cristiana in modo molto semplice, senza ncor~ere: c10~, _a quella for-
mulazione trinitaria che e considerata propna dt Basilio. Parlando
ad un uditorio non dotto,l'oratore da per scontata Ia fede in una tri-
nita di Persone divine, e sottolinea l'assoluta incomprensibilita di
Dio, facendo ricorso, nel primo capitola, alia cosiddetta teologia ne-
gativa. Ma si tratta di una teologia negativa molto semplice e vulga-
ta, secondo quanta richiedeva il tono non devato dell' omelia come
discorso di istruzione rivolto a! popolo, per cui difficilmente in es-
so si possono ttovare delle dottrine di carattere filosofico e teologi-
co. Altrettanto si puo dire della n. 16 (Su: In principia era tl Verbo),
che e il fondamento dell'edificio della fede cristiaoa. In fine, piu lun-
ga, vie Ian. 24, Contra i Sabetlianz; Ario e gli Anomei. Anch'essa si
sofferma a lungo sui problema della divinita della terza Persona. E
importaote illinguaggio ivi irnpiegato: non appare piu il termine
"ipostasi", che e sostituito da "persona", ed e utilizzato, per I' origine
dello Spirito, il tennine tecnico "procedere" (612C e 616C) (p. 257).
~bra, ~uindi, che si debba collocare questa omelia negli ultimi an-
m di Basilio e che in qud memento il pericolo ariaoo abbia perso Ia
sua gravita: perche Basilio evoca delle prospettive di pacificazione.
Contra Arto e Sabetlio scrisse anche Gregorio Nisseno un trattato,
Ia cui autenticita, tuttavia, e contestata.
37 ~ ~uesto campo em_erge I' attivita di Gregorio N aziaozeno. Del
9 ct nm"?~ono solo cmque orazioni, tutte incentrate sui proble-
ma della Tnmta. La piu antica e Ian. 22,Seconda sulfa pace, che do-
vrebbe regnare fra i cristiani. La recente invasione dei Goti viene
pres7"tata c;o~e un_a conseguenza dell'ira di Dio provocata dal pro-
gredire1 dell ananes~mo. Affronrando il problema delle divisioni che
sco~vo gevano anche gli ortodossi, Gregorio allude allo scisma di
tcl:~~·= 14!,le ,cui c?nseguenze creavano rivalita aoche fra i
e di . . tasta. Loraztone 32 fu tenuta in occasione di una fe-
sta marttn: all'inizio Gregorio si definisce un pastore piccolo e
povero e che ancora non ha ottenuto I'approvazione degli altri pa-
Ill. Lelleralura e generi lellert~ri
Ill
stori. I martiri, tuttavia, non so~o _J'oggetto del discorso: lo e, anco-
ra una volt~: Ia pace. Lo zelo religiose dei fedeli in se eun bene rna
edannosa l1gno~anza che ~pesso lo accompagna. Gregorio cita,due
delle controversi~ maggiort: quella con gli apollinaristi e quella con
i p~e~atomachi, che negavano Ia ~vinita. della Spirito Santo. I fe-
deli, egli d1ce, non devono par! are. di quesuoni teologiche, che sono
affar~ del clero e, S<~prattutto, de1 vescovi. Le unicbe occasioni in
cui I uomo comune e tenuto a proclamare ad alta voce Ia sua fed
sono il battesimo ed il manirio. e
ll giomo di Pentecoste del379 Gregorio pronuncia l'orazione
41, nella quale ricorda il pericolo corso ad opera degli ariani (p. 61).
Inoltre anche in questa orazione, come nella n. 21, Gregorio annun-
cia che da allora in poi egli affrontera diversamente i problemi tri-
nitari: fino ad allora egli aveva evitato di affermare in pubblico Ia di-
vinita della Spirito Santo per non creare ulteriori divisioni nel suo
piccolo gruppo di ortodossi, rna ormai Ia proclamera seoza remore.
Cio significa che egli non ha ancora scritto le Orazioni Teologiche.
Gregorio chiede di pater chiamare lo Spirito Santo "Dio" senza es-
sere biasimato, promettendo, per que! che lo riguarda, che non ob-
blighera nessuno a fare altrettanto, rispettando le perplessita dei
suoi oppositori.
Sono un esempio del metoda oratorio e filosofico di Gregorio
le cosiddette "orazioni teologiche". Sui piano letterario esse non co-
stituiscono una novita assoluta, in quanto si svolgono secondo lo sti·
le della diatriba cinica con domande dell'interlocutore immagina-
rio e risposte di Grego~io. Basilio aveva impiegato questa st!Ie nelle
sue omelie, per cui il Nazianzeno seguiva forse il suo es~p1o o.un-
piegava uno strumento retorico di uso comune. La novtta cons~te,
invece, nel contenuto a cui si applica questa stru~ento ~onco,
perche Basilio impiega il dialogo di tipo cinico quasi escl~damen­
te per dei con ten uti morali, riuscendo gradevole per Ia ~P:U~za ~
Ia vivacita dello stile mentre il Nazianzeno applica lo s e og~
to alia discussione e ilia trattazione teologica,la q~ale1, appunto•. ~­
ul · to cons1ste a sua noVlta.
s ta non trat~azione, ma discorso: m ques che il fatto che Gre-
Del. resto, puo valere Ia pena tener presente ~imitazione dei dialo-
go~IO_Persegue talora anche ~a.vera e prop7rt"er intero e aJcune se-
ghi d1 Platone (cf. ad esemp1o I oravone 2 P
zioni della orazione 2, cap. 50).. , iii importante di
Le cinque Orazioni teologzche_ so~~ 1~pe;"v!:mo collocate nel
Gregorio nell' ambito della teolog~a trinitarta
I Padri Cappadoci
112
contesto del380. Esse costituiscono ~a specie di ~r~ttato sull.a Tri.
niti, ma cerramente in 0 rigine e~o. mdipendentl 1_ una dall altra;
l'autore le ha successivamente unit~ m un turro untco e. co~rente.
Fondamentale eIa testimonianza di_ Gerol~o (Glz uomznz zll~stri,
117) che attribuisce a Gregono un libro contro Eunonuo ed
cap~tro c:mrro i oegatori della divinita dello Spirito Santo. ll Primo
ill:ro corrispondetebbe quindi aile orazioni29-30, il s~c;ondo all'?ra-
zione 31. Questo significa che, quando Gerolamo lasc1o Costantmo-
poli nella tarda primavera del38~, C?regorio non ~ve~a ancora rivi-
sto e rimaneggiato le cinque oraz1oru per Ia pubblicaz1one (che ver-
rebbe cosi a siruarsi verso Ia fine della vita del Cappadoce). Ad una
trattazione analitica dei rapporti intertrinitari, contenuta nelle ora-
zioni 29, 30 e 31, e stata premessa l'orazione 27, che ammonisce a
non ritenere che parlare di Dio sia possibile a tutti: enecessaria, per
£arlo, non tanto un'adeguata preparazione culturale, rna sopratturro
l'ascesi, una conversione profonda e Ia purificazione. La n. 28 fu in-
serita successivarnente, e per questo scopo Gregorio ne avrebbe
modificato l'esordio in modo da adattarlo al contenuto della n. 27.
La n. 28, quindi, fu pronunciata in un'occasione del tutto diversa
dalle altre quattro e solo in un secondo momenta trovo posto tra di
esse. ~ppure essa non stona con le altre: parla del Dio dei cristiani,
un J?~o che n~n epossibile conoscere perche non e il dio dei ftloso-
fi ne il dio de1 pagani.
I:orazione 27 vuole essere una satira sociale. Gregorio ha ·di mi-
ra quc:Ue persone, ignoranti e superficiali, rna numerose a Costanti-
nopoli,d che dibattevano di problemi trinitari in mezzo al tifo del cir-
co o • in£ da I banchetti·· a parte 1'esageraz1one
urante . . 1a crmca
retonca, ..
0 ?" e . on ~a, visto che si trova anche in molti scritti di Atanasio.
1
attenztone s1 sposta · di su1 slg1w1Cato
· -""
t 1 . . qum e sui contenuto della
,eo ogta: essa
E non. s1 puo n"durre a tecruca · d ella parola (Ia polem1ca.
e contro unoiDio che . h .
mezzo della dial '. ) nteneva c e Sl potesse conoscere Dio per
· · , etuca · I:orazione 28 risponde alia domanda se il
cnsaano puo conoscere Dio
tutto dall ' e come. s·I puo, conoscere Dio soprat-
ne, Ia ped.,:,:~pQe, per:e nel creato regnano Ia bellezza, l'ordi-
ca ed aveva avu~o =~~ e~azlone proveniva dalla ftlosofia stoi-
apologeti se ne erano se 0 . •.v uppo nell~ cultura antica; anche gli
dizionale: per lui Jo stesC:n. ~ Gr~gor_to modifica il pensiero tra-
cosi perfetto che Ia ragio 0 or e mtrabile che governa il mondo e
e qui sta il nucleo dell'o~e ~an~ non puo comprenderlo. Quindi,
OZione, sapere umano, nella contempla-
III. UtteraJura e gmni kllt!rflri
113
zione del creato, ~rriva, a postulare l'esistenza di un essere superio-
re, rna non a defini~e I_essen~a. Nemmeno Ia rivelazione ci pui> ma-
nifest~re Ia n_atura <f! J?to: Ia teologia • ci permette di essere consa-
pevoli del miSt:ro divmo, ma nes~una parola puo esprimerlo.
Le o_razzonz 29 e ~o. s?~o ~edicate al Figlio e costiruiscono qua-
si ~ untco trattato divts~b~~ ~ due parti: Ia prima rivendica per il
Figlio Ia ptenezza della divtruta ed esotta a cbiamarlo "Dio" e non
come facevano gli ariani, "fattura" o "creatura". La seconda,contie:
ne I'esegesi dei passi biblici di cui gli ariani si servivano per sostene-
re Ia loro eresia.
La n. 31 affronta il problema della divinita dello Spirito Santo
negata dagli ariani e dai pneumatomachi, che pure riconoscevan~
quella del Figlio. In efferti nell'Antico Testamento non sene faceva
parola e nemmeno i teologi ottodossi affermavano con chiarezza
che lo Spirito "consolatore" di cui parla Gesu nel Vangelo di Gio-
vanni fosse una Persona divina. Bisognava colmare un vuoto dottri-
nale: Basilio, pur mostrando di credere pienamente nella divinita
dello Spirito Santo, si era mostrato quasi imbarazzato a parlame e
non era stato molto persuasive (cf. pp. 254ss.; 260ss.). ll contempo-
raneo Trattato sulla Trinitii di llario di Poitiers, in Occidente, tace
quasi del tutto su questo problema.
Di fronte aile Orazioni teologiche del Nazianzeno, quelle teolo-
giche del Nisseno appaiono molto modeste. Una di esse fu tenuta
nel381, durante il concilio (forse per incarico di Melezi~, che lo
presiedeva), Sulla sua ordinazione,la quale, ruttavia: ha un ntolof~­
lace, perche non parla affatto della ordinazione ep~co.pale_ del N!S·
seno, rna e una specie di allocuzione ai Padri concilian, .uru!~ente
ad una deplorazione delle divisioni dogmatiche es!Stenn all mtemo
della Chiesa Nel 383 fu pronunciata quells Sulla natura dwtna del
Figlio e dell~ Spirito Santo, in polemics con gli ariani~ i pnewnsto-
machi rna assai semplice sui piano del contenuto; ptu mteteSS&nte
e, coO:e nella n. 27 del Nazianzeno,la satirs di cosrwne a pro~~
dei suoi ascoltatori, tra i quali si contavano rutte le persone ptu unu·
li, piu ignoranti e piu superficiali. . ch l'omelia
Di carattere dottrinale puo essere con.stderataab";: d arsi a1
Sui de'-·ntz" In essa il Nisseno esorta i fedeli 8 non an onforni
'" · . . · · L'argomento ·
dolore smoderato per Ia perdita det prop_n canla. . volta a1 pro·
.
see al predtcatore .
I'occaSione di dedicarst
. per . pnma finale dei corpi
blema dell'"apocatastasi" doe della rtsurrezJOne
(vedi pp. 195ss.).
I Padri Cappadoci
114
. · vece , non condivise. dd. tutto con gli altri Cappa.
AmfilOChlO,lfl
d i l'abirudine eli pronunciare omelie eli ac~entu~to carattere dot-
~al . h quelle eli contenuto morale o liturg1co (a queste ulti-
mne,ance oi) non hanno acun ! .mteresse per 1e quesuoni ·
me accennerem0 P . . .
teologiche, non nominano alcuna er~s1a e n~n. posseggo.n~ term101
tecnici (nemmeno iJ "consustanziale ). I suo! mteress1 s1 nvolgono
spesso a1 Cristo incarnato, di cui r~ev~ca, sl,. co~ tono commo~so le
vicende umane, rna senza precisaz10ru dottrmali, che pure comvol-
gevano gli altri Cappadoci.

3.2.6. Omelie liturgiche

Sono tra le piu significative eli Gregorio Nazianzeno ed impor-


tanti anche perche contengono numerosi dementi eli teologia. Nel
380 Gregorio celebra il Natale,l'Epifania e il battesimo eli Gesu con
tre orazioni (nn. 38-40) pronunciate a pochi giorni eli distanza !'una
dall'altra e concepite come un tutto unico, come provano i frequen-
ti richiami interni. La festa eli Natale, originaria dell'Occidente, era
stata successivamente importata nelle regioni orientali dell'Impero.
A Costantinopoli il NataJe era gia stato introdotto da tempo, in so·
stituzione della festa del Sol invictus; Ia nascita eli Gesu fornisce a
Gregorio lo spunto per un'ampia storia della creazione dd mondo,
dell'uomo, del peccato e della salvezza. Importanti dottrine teologi·
che si trovano in questa orazione, mentre non si puo dire Ia stessa
cosa dell'~melia S~l Natale eli Gregorio eli Nissa (per Ia narrazione
~ella n:'"ota eli Cnsto e per sostenere Ia verginitit eli Maria in partu
il preelicatore impiega il Protoevangelo eli Giacomo).
Molto.IDlp~rtante e anche Ian. 39, pronunciata per l'Epifania,
una festa liturg~ca eli grande significato nd mondo greco insieme aJ.
la
Pasqua: essa significava Ia manifestazione eli Gesu a! mondo ed
detta anche "festa delle 1uc1·• (sancta L umtna),
eraani£ . perche, Gesu, s1..e
m estato come ~uce del rnondo. Chi porta Ia luce deve, in primo
lu~go, possederla m se stesso: il Verbo eli Dio non abita in tutte le
aDIDle,
. · hirnadsolo m, quelle degne eli 1w.· "ill . .
... ummaz1one procurata da
D10 nc e e .pero una lunga preparaz1one. ·
rna della perntenza· Da qui anche il proble·
vuole dare . · essa non e• ncor
· d
ata senza rnotivo, rna Gregori~
·
una ~~osta a coloro che negavano l'efficacia dd penn·
mento, per cw distlngue se d I d" .. .
tesimo: quello di Mos, ' ~en o a tra IZlone, quattro Up! dl bat·
ni quello di C . e, nellellacqua del Mar Rosso, quello eli Giovan·
' rJsto e qu 0 del rnartirio. Ma ne aggiunge un quin·
· Ill. Letteratura e generi fetterari

to: quello .delle lacrime ch~, frutto del ravvedimento, cancellano il


peccato: s~ tratta. d~lla pen~tenz~. Ancora, il Cristo che si fa battez-
za~e ~a Gw~ann1 (I Ep~ama. e~ ~ battesimo eli Gesu erano celebra-
ti ms~em~) e ~o~ello d1 u~ta: maitre, Gesu riceve il battesimo a
trent anm: qumdi non gtovaniSS!mO, mentre ai tempi eli Grego · gli
adolescenti gia pretendono eli predicare. no
ll giorno dopa l'Epifania Gregorio pronuncia ancora un'orazio-
ne, Ia n. 40, Sul battesimo, patticolasmente lunga. Egli esotta ad an-
ticipate il battesimo e passa in rassegna le varie categorie eli fedeli
cercando eli trovare gli argomenti adatti a convincere ognuno. Sor-
ge anche il problema del battesimo dei bambini (che sara centrale
in occidente, ai tempi di Pelagia): l'etii piu giusta per far battezzar;
e
un bambino sui tre anni e mezzo, quando puo capire, almeno su-
perficialmente, le domande del vescovo e rispondere da solo. Ein-
teressante anche I' attenzione che Gregorio dedica ad una categoria
particolare dei fedeli, quelli che rivestono un ruolo eli rilievo nella
societii (magistrati, ufficiali dell'esercito, amministratori): essi sono
chiamati anche ad uccidere, a far eseguire Ia pena eli motte. Puo il
battesimo essere compatibile con una vita eli tal genere? Gregorio
esita: meglio sarebbe evitare le cariche e le responsabilitii: se cio non
e possibile, l'uomo politico deve farsi battezzare e cercare eli rima-
nere fedele a quanta promesso nel battesimo.
Un' amelia di analogo contenuto, destinata ai catecumeni, che
tardavano a richiedere il battesimo, fu pronunciata da Gregorio eli
Nissa nel381 a Cesarea. Anch'egli si sofferma sui rischio della per-
dizione che corre colui che, per i casi della vita, puo morire senza
essere stato battezzato. I:amelia del Nisseno sfigura, come tante ~­
tre nel confronto con quells del Nazianzeno: si sofferma sulla tn·
pli~e immersione nel nome delle tre Persone della Trinita•. che carat:
terizzava il battesimo ed elenca una lista intenninabile eli ~attesmu
dell' Antico Testamen,to, che possono essere considerati gli antece-
denti di quello cristiano. . • Nazianzo Ia Pa-
Il9 aprile 383 Gregorio NaZianzeno celebro a le ... d
squa e pronuncio un'orazione (Ia n. 45) per spiegame don~ml e
. ill1cato analizzan d o mmuz1osamen
il s1gn . · te ed interpretan
d . · o elmJibro
sen·
. . ! .. b . orne sono escrltu n
so C~!Stlano 1 rltl della Pasqua e raica, c ) Ia domenico in A/his,
dell Esodo· Ia settimana dopo celebra (or. 44 . . vo
. • " h" d commCiava un nuo
ch lamata "prima domenica , perc e a ~sa . iorno anche
ciclo liturgico. Nel 383, inoltre, si festeggi&V~ m qu~e~a parol• da-
san Mamante, di cui si e detto a p. 15. GregoriO pren
I PIUiri Cappadcci
116
. . ell · · enuti ad onorare il santo, ma su di lui dice ben
vann81P egnruv d h 'ilf' ·
. descrive, invece, da que! gran e orat?re c e e, _tome della
po_co.
pnmavera. um
Q · di si rivolge agli ascoltatort spronandoli a cambiar
li gli Ji · · d
vita, rifiutando il lusso, Je ~ozzovig ·e, spettaco , nnunctan o aJ.
Ia violenza e alia sopraffaztone. . .
Tre sermoni Sulfa Pasqua furono pronunctatt (secondo Ia data-
zione di Danielou e Bernardi nel 379, nel 3~2 e nel 388) d~ Grego.
rio di Nissa. L'importanza della festa su~ertsce anc~e a! Ntsseno aJ.
cune considerazioni di carattere dottrmale, non d!versamente da
quanto fa iJ Nazianzeno. Nel primo sermo~e il pred_icatore ~samin_a
iJ problema della risurrezione del c~rpo e: m po!em~ca con 1 docen-
sti,lo vede attuato proprio nella Risurreztone di Crtsto. Nel secon-
do affronts il significato dei tre giorni intercorsi tra Ia Passione e Ia
Risurrezione; come abbia potuto Cristo essere contemporaneamen-
te negli infeti e nel paradiso, nel seno del Padre insieme con il huon
Iadsone; perche Ia Pasqua cristiana non si accorda con Ia pasqua
ebraica; perche Cristo doveva morire sulla croce; quale e il signifi-
cato dell'opera di pieta di Giuseppe di Arimatea. Sempre del Nisse-
no esiste un sermone Sull'Ascensione, che e probabilmente Ia piu
antica celebrazione di questa festa, ed uno Sulfa Pentecoste, che ri-
prende, a proposito della divinita dello Spirito Santo, il ragiona-
mento del Nazianzeno sulla rivelazione progressiva della verita cri-
stiana: il salmo 94 costituisce, secondo lui, un precedente della dot·
Irina della Spirito.
Omelie Sul Natale e Sul sabato santo furono scritte anche da
Amfilochio di lconio, il quale scrisse anche Sulfa Pentecoste interme-
dia, ci~ una festa che era celehrata tra Ia Pasqua e Ia Pentecoste.
Qu~to ~teresse di Amfilochio per Ie celebrazioni !iturgiche estato
~diato m modo approfondito da Karl Holl, iJ quale ha messo in
eviddic;nza come anche Amfilochio festeggiasse il Natale di Cristo il
25 cembre,· egli gta .,
Stefano protomartire. conosceva (come il Nisseno) Ia festa di santo

3·2·7· Altre omelie di Gregorio Nazianzeno

362.Le prim~ (~- 3 ) sono dedicate aile sue esperienze sacerdotali del
· ne cosdtleltwscono I' antefatto I'ordinazione forzata Ia fuga nd
monastero
·
2, mvece, IaPonto ed iJ rttomo,
· di. cui si e parlato a' p. 39. La n.
per sua lunghezz 1 I "
che ad un' elia ad a e a sua comp essita, fa pensare, ptu
om ' un trattato destinato ad un pubblico ristretto
111. Ullm~lurtJ e gene,.; kuerari
117
di letto?· I:omeli~ e c?nside~at~ come un "trattato sui sacerdozio"
Gregorio espone I suot dubbt, nvolgendosi ai clero diN · ·
anche una difesa dd proprio ideale di sacerdote· non 3Ziantol' ma
. . di lli • vuo e essere
giudicato un arnvt~ta, uno ~ue · che si accalcano nella Chiesa so-
lo nella speranza di ottenere ncchezze e privilegi e porta .
ca giustificazione dei suoi indugi I'amore per l'~acoresi
problema non e diventare sacerdoti, quanto diventarlo un' vero in
:"a urn-

di •ma atu~)' l'h" U


t~o ogt~ e , c?me que a in cui vive Gregorio, che im-
epoca
pone una vtgilanza mtranstgente. In quei tempi anche il troppo ze-
1~ re~gioso crea eresie_ ~d, il pericolo si cda nel voler troppo parlare
di D10 (cap. 47); perao I oratore, dopo aver ricordato Paolo come
modello cui ogni sacerdote deve ispirarsi (capp. 51-56), cita quasi
tutti i profeti scegliendo, neUe loro parole, queUe che costituiscono
una condanna dei cattivi pastori.
Le Orazioni 4 e 5 hanno il nome di Invectivae contro Giuliano,
imperatore dal novembre 361 che aveva manifestato da subito Ia sua
ostilita nei confronti del cristianesimo. D prowedimento piu grave,
agli occhi di Gregorio, era stato Ia promulgazione della legislazione
sull'insegnamento (17 giugno 362), con Ia quale si escludevano di
fatto i cristiani dalla scuola, anche se apparentemente il principia di
reclutamento dei maestri era, come in passato,la !oro onesta e Ia !o-
ro competenza. La pericolosita di questa mossa non sfuggl a Grego-
rio, che awerti immediatamente I' esigenza di una risposta. Dopo Ia
Iegge sulla scuola Giuliano avrebbe potuto adottare nuovi provve-
dimenti a danno dei cristiani, e Gregorio, forse proprio durante il
viaggio dell'Apostata verso Antiochia, ove doveva dedicarsi_ai pre-
parativi della sua spedizione contro i persiani, comincio a scnvere ~a
Prima Invectiva,l'orazione 4, in difesa della paid~ contra Ia teona
dell'"ellenismo" daborata da Giuliano, vale a dire che Ia cultura,
essendo stata Ia ~roduzione, nel corso dei secoli, della ci"!l!S.g~,
appantene. es clusJVamente
. at. greet,· ctoe
· • .;
- pagani ' e non at cnsoaru,
. alia
che sono di origine recente e, derivando dall'ebrais~o, es~et el-
grecita. Questi temi, come nota il Criscuolo, _appatolo j:' 3 ~) a1
I' epistola I 0 (scritta proprio in quei ~e~i, nel ~m~odo ug ~ 26 giu-
governatore della Cappadocia, Candidiano. L£ann j;
goo 363, Giuliano morl in battaglia, e questo atto 0 aa scriven-
rJ:''
Gregorio

non solo Ia possibilita di rendere pubblico qu~talo andav fine ai-


do, ma anche Ia prova che un ordine provvidenzt e pooeva
. . ttl' a e' ~·indi
Ie mtsure
· anticristiane dell 'Apostata..La pnmamveh, il ·onfov del
, . ,male
-'
un grande inno di gioia e di lode a Dto, perc e tn
I Padri O.ppadoci
118

era stato solo momentaneo e, in fondo, si e.ra reso necessari? a cau.


sa dell I del Popolo cristiano. Gregono fu mosso da differenti
1a divtmzzaztone
mottVl. .ecope
per I'orazt·one 5·. forse aveva' temuto
. .
· ·
h
· Post
deli 'Apostata da parte dell anstocrazla pagana c e lo rim.
mortem
. , . u11
Poiche l'orazione 4 e mcentrata s a propagan a e re.d d 1
p1angeva. . · , · · h G
gno di Giuliano che facevano i pagan• •. s1 puo 1p0~1z~are ~ e. reg0 .
rio, scrivendola, pensasse aile orazwm 13 e .12 di L1ban10, ,1!' CUI si
esaltava Ia grande restaurazione del paganes1mo vol~ta d"!Junrera.
tore, si rivendicava il possesso della pai~eta al so!o ~~m~mo e.la
ecessitii di esdudere da essa gli element! estrane1: cnst1an1 e persJa.
~. L'Apostata non era perii cieco nella sua. os~~ii; ~ di Iii dei sofi.
smi che poteva escogitare per allontanare I crlstlanl dalla cultura e
da1la vita pubblica, egli sapeva bene che perfino i pagani piu intran.
sigenti ammiravano le opere di utilitii sociale compiute dalla Chie·
sa: le foresterie, gli ospizi, gli asili, i luoghi di studio e di meditazio·
ne. In essi tentii eli cimentarsi anche Giuliano, rna il progetto era de·
stinato a fallire perche Ia sua motivazione era errata.
Nell'orazione 5 Gregorio insiste soprattutto sulla morte di Giu·
liano, sulla quale aveva acquisito notizie recenti, ed analizza ciii che
l'ha preparata e, in un certo senso, causata. In prima luogo eda por·
si il suo tentativo eli ricostruire il Tempio di Gerusalemme, avvenu·
to nella primavera del363 e di cui ci parlano anche Efrem il Siro ne·
gli Inni contro Giuliano, e Ammiano Marcellino nelle sue Storie
(XXIII 1). Nel Contro i Galileil' Apostata aveva affermato Ia supe·
rioritii della religione israelitica su quella cristiana, innanzitutto per·
che essa non aveva pretese universalistiche e quindi non polemizza·
va con Ia tradizione greco·romana, poi perche di antica tradizione,
mentre ~ cristianesimo era nato da poco e, come pensavano pagani
ed ebro, quasi come una sena, come un ramo degenere del giudai·
s~o.stes~. ~· dis~zione del Tempio significava, per ]'apologetics
cnstlana, il rifiuto di lsraele da parte di Dio, una prova della sua col·
pevol~za, mentre il cristianesimo subentrava a1 suo posto. ll Tern:
P1? ~~ Ge~salemme compare piu volte nella corrispondenza d1
Gtuliano, il quale manifesto Ia sua intenzione di farlo ricostruire;
G~~orio vede in questo progetto un intento dichiaratamente anti·
cns~o, come ~ra logico a quei tempi, mentre Amrniano Marcelli·
no Vl.vede solo il ~e.slderio di lasciare un ricordo imperituro di se. I
lav?n comunq~e .•• ~te~ru.ppero a causa di quello che Gregorio de:
finisce un prodigio, ctoe di fenomeni fisici come terremoti e fuocht
sotterranei, che impedirono i lavori, a tes;imonianza dell'ostilitii di
III. Leuerotura e generi lellertJri
119
Dio a! progetto dell' Apostata. La vicenda del Tern · . .
il Cappadoce, col fallito tentativo di Giuliano di n_Pio co~alade, per
D I b . costrwre ch1e.
sa pagana. e resto non 1sogna pensare che gli st - b . r
ro entusiasti del fatto che un pagano riedificasse il ;sl e_ rei rosse-
L' . . emp1o.
. oraz10n~ pas~a pot, a narrare 1a guerra intrapresa contro i er·
siam, che costo Ia VIta all Apostata. Gregorio Ia interpret p
follia dell'imperatore, che tendeva per natura a confo adcom~ una
"d . I a! • b" .
des! er1 con a re ta e scam 1ava il coraggio con Ja tern
n ere 1 suo1
· •
(cap. 8). Secondo Gregorio (ed il dibattito su questo argom::neta
' ali • ell' II a! I
d attu ta, a qu _epoca, ne a qu e 'espansionismo dell'Impero o era
e
r~mano era o~amai_sol~ente_un ricordo), molto meglio cercare
di conservare il terntono che Sl ha, piuttosto che tentare di ampliar-
lo. Costanzo II, che era stato un vero cristiano (tanto vero chee
Giuliano si era ribellato a lui), aveva fatto in que! modo e non ave-
va perso nulla di quanto il padre, il grande Costantino, gli aveva Ia-
sciato. La spedizione anti-persiana aveva assunto, ad opera dei pa-
gani, un forte significato religioso: Libartio (or. XVIII 167-169) rae-
coma che Giuliano si era fermato ad Antiochia e si era dedicato a
sacrifici e pratiche divinatorie per assicurarsi I'assistenza degli di:i e
rincuorare cosl i soldati nell' imminenza della spedizione. Gregorio
ricorda questo episodio, traendone Ia conferma cbe Ia spedizione
era fallita proprio perche Giuliano, stoltamente, l'aveva affidata ai
suoi di:i. La fine della spedizione, che fu frutto della stoltezza, eIa
motte dell'imperatore. I pagarti, dopo motto, lo considerarono_un
fllosofo, come I'eroe della paideia, testimone della fede n~gli de1 e
nell'immortalita dell' anima. Libartio (or. XVIII176) aveva mterpre-
tato il testamento di Giuliano morente come un esempio di amore
per lo stato e per i sudditi, ed analoga el'interpretazione, moln "?"
ni dopo, di Ammiano Marcellino (Storie XXV 3, 15-23). Gregono
non accetta le narrazioni pagane sull 'ep1so · d"IO, selezionando sap1en·
ch
temente il materiale e costruendo un suo racconto p~rs~?ale. ta bile
I'Apostata fu ucciso forse deliberatamente: l'ipot~ PIU, pro die 3
• ell' rc1to c era un ·
sarebbe che fosse stato un soldato, perche n ese
. . · a1 un conto Ia v1ta
- d ·
ei
ma di esasperazione verso ch1 non teneva m c . di d lire iJ
su~i sottoposti (cap. 13 ). Lo scrittore si volge,_ qu~b~o-~ non
car1sma di Giuliano forse per confutare le lodi di . . , ane co-
. ' d . I tteleatnvllaUDl '
era un gemo versato allo stesso mo 0 m u . del fiJosofo ed
I I g aztone te·
me vo eva dare ad intendere, ma era 8 ne . di restigiatore che
era soprattutto una figura ridicola, una spec!~ p oslla siropatia
voleva far credere di essere un mago e conqwstava c
1 Psdri Olppsdoci
120
. chiette n cap. 23 contiene il ritratto fisico del-
dl sprovved~te vec_t da G.regorio soprattutto in base ai ricordi del
)'Apostata ncosmu 0 f ·
diA quando aveva condiviso col uturo •mperatore
tempo. di ten~, e di fi!osofia. Fedele ai dettami della fisiognomi-
maestn reronca el d · ) G
ca(cheeraconsl"derata una vera scienzad n hmon. o annco . . , rego-
..
rio delinea il ritratto di Giuliano in mo o c e ru_ sum tra~ soma~~
corrispondano vizi e difetti. Tutto faceva presague, fin _dru temp• di
Atene, quello che Giuliano sarebbe diventato e Gregono
1 · ·
non nesce
· di
8 nascondere un ceno compiacimento per aver o mtm~o pnma
tutti e per aver esdamato gii allora: ~Qu~e '?a!~ n_utr~ llmpero ro-
mano!>• (cap. 24). Ma ora che tutto e fin1to, 1 cr1s_naru ~on po~so~o
solo esultare per lo scampato pericolo: devono ch1eders1 perche D10
Jo ha permesso, devono trarre una lezione dalla vi~en~a. La _P~e­
cuzione estata un salutare castigo (cap. 34), per CUI b1sogna unple-
gare verso i pagani mitezza e perdono.
La orazione 6 fu scritta per festeggiare il ritomo della pace tra al-
cuni monaci di Nazianzo ed illoro vescovo, Gregorio il Vecchio. Co-
stui ha accettato i nuovi sacerdoti ordinati da un altro vescovo, ap-
panenente ai dissidenti, e i ribelli hanno infine riconosciuto Ia sua or-
todossia (cap. 11). Giii nell'orazione 4 (cap. 10) Gregorio aveva par-
Jato di questo "scisma". Un altro impottante riferimento si trova in
or. 18, 18, in cui il Nazianzeno allude ad uno scritto che ha creato un
malinteso fra suo padre ed i monad. Si trattava probabilmente di una
formula di fede sottoscritta da Gregorio il Vecchio e che dette origi-
ne alia ribellione. La maggior pane degli storici pensa alia formula
omea del Concilio di Rimini-Costantinopoli del 359, Ia quale affer-
mava che non si puo parlare ne di sostanza ne di ipostasi, perche
quelle parole sono estranee aile Scritrure, rna si puo solo affermare
che «il Figlio esimile a! Padre». La Calvet-Sebasti, notando che Gre-
g~rio attribuisce al padre una cena semplicitii, ipotizza che egli si sia
p1ega~~ a ~tt~crivere una formula semplice. Tale era quells del
c_oncili~ di Annochia, tenutosi nell'ottobre 363, all'inizio del regno
di Glolll8llo. In essa si affermava che il termine "consustanziale" im·
piegato dai Padri di Nicea per de!inire il Figlio deve intendersi come
«nato dalla sostanza del Padre ed a lui simile sotto )'aspetto della so·
stanza». Cosl il consustanziale diventa "simile secondo Ia sostanza" •
ma q~esto ~ricolo ~uo esse~ sfuggito a Gregorio iJ Vecchio. Non_ e
~fuggtto_pero al figlio, che nmedia cosl all'errore patemo. Gregono
il Vecchio ~ q~1 ?ovantenne: non consigliato da persone pill av·
vedute, egli •• lascia mdurre a fumare probabilmente nel novembre·
111. Letteroluro e generl kuerari
121

dicernb~ 363; Gregorio riesce a porre fine allo scisma probabi!men.


te enuo U364.
T.:e o~a~ioni nn. _11-12. s_ono collegate alia ordinazione episcopale
e ai ~ifficili rapporu ch':' 51 ~taur~ono_ con Basilio. Questi brevi di-
scors1 h~o come ?esttnatan Basilio e il padre ed insistono sulla te·
spo~s~~ilita ~he ess1 e~hero nd far accenare I'episcopate a Gregorio:
I' anu~a e _I :unore filiale vengo?o presentati come due catene cbe
hanno unpng10nato Ia sua volonta. La n. 11 fu pronunciata davanti a1
Nisseno, giunto a Nazianzo poco dopo l'ordinazione episcopale di
Gregorio per spronarlo a prendere possesso di quell'episcopato di
Sasima che egli sentiva come una disgrazia, rna che il dovere di obbe-
dienza ed i pericoli che correva I'onodossia gli imponevano di accet-
tare. Quella che per alcuni e elisobbeelienza, dice I'oratore, ein realti
preveggenza della clifficoltii. del compito e della propria incapaciti. La
n. 12, poco dopo, venne pronunciata al momento eli diventare coa-
diutore del padre alia guida della chiesa eli Nazianzo.
Le successive orazioni non sono molto significative. La n. 13 fu
pronunciata in occasione della consacrazione di Eulalio a vescovo di
Doara. Nella conclusione (cap. 4) Gregorio proclama apertamente Ia
sua fede nella divinitii. dello Spirito Santo: in quest'epoca Basilio sug·
geriva eli non affrontare U problema pubblicamente per non creare
divisioni fra le giii. esigue forze degli onodossi. I:orazione 15, cbe
vuole esaltare U martirio dei fratelli Maccabei, everosimilmente da·
tara al regno eli Giuliano I'Apostata, identificato con Antioco _Epifa·
ne (cap. 5). Tuttavia Ia sua struttura e Ia sua pesantezza retonca av·
valorano Ia tesi che essa sia piuttosto un 'esercitazione destinata alia
lettura. I:orazione 16 (In occasione della grandine ed al f•dre chez·
ceva) cade in un momento drammatico: nel373la grandine aveva ·
strutto le messi e gli abitanti eli Nazianzo erano ricorsi alloro _v~et;
vo per avere aiuto rna avevano anche mosttato atteggiamenn disn·
'
voIta. Gregorio e vescovo rna da poco, come Sl· evmce
· dalsuo. ol .a·
gto· nel dover parlare prima ' del padre e dal suo con tinuo nv ge!SI
rfett a.
lui nel timore eli usurpare un ruolo che non sente ancora pe 8
m . .~ e non sa trovare una
ent~ suo; questt, d' altra pane, g1a novantenn ' to motivo il Ber·
soluztone davanti alia folia che tumulrua. Per qu"1 L d 'buts J'un
nardi ha coniato per questa orazione il sottotitolo ~s die. almare
coad ·
I guteur. Gregorio e posto davantt· a1 diflicUe comp1to c
. della soffereo·
a folia ed insiste, come Basilio, sui valore pedagogtco_ Ia punizione
~· .Le colpe dei nazianzeni, che hanno.~s~ n~ra~diti di dena·
Vtna, sono numerose: Ia prepotenza, I mgtusUZI '
I Paari C.ppadoci
122

ro, !'usura, J'egoismo. La penuria prodotta da qu~lla _calamita si ri-


percosse anche sui pagamento delle tasse: come ~~ evmce dalle ora-
zioni 17 e 19, che appartengo?o ali~_~edesnno,pe~IOdo: .
Nell'ambiente di Costanonopoli e dopo I editto di Teodosto del
e
28 febbraio 380, che stabilisce che Ia retta fede quella professata
da Damaso e Pietro di Alessandria, si situa I'orazione 3 3. Gregorio
lamenta di non avere ne chiesa ne denaro e quindi si deve pensare
che egli viva ancora un perio~o diffi:il.e; l:orazione non si in'!irizza
a1 piccolo gruppo di ortodoss_t che st nuntv~o nella ~a_stasta: rna
agli ariani e ai pneumatomachi, che vengono mterpella!I di contmuo
come in un dibattito serrato. Dato il contenuto e il tono (dei quali
e
abbiamo detto anche a p. 92}, probabile che questa orazione fos-
se destinata alia sola pubblicazione.
Nei mesi immediatamente successivi al febbraio 380 si verifico
Ia questione di Massimo (p. 63 }. Ad essa si ricollegano quattro ora-
zioni. La n. 25 venne pronunciata quando Massimo si imbarco per
Alessandria: Gregorio non nutre nessun sospetto,loda il nuovo ami-
eo cui aveva affidato l'incarico di parlare a suo nome ad Alessandria,
lo saluta e lo benedice. Soprattutto, egli coglie I' occasione per riba-
dire Ia sua fede nicena. Questa orazione contiene, nella sua parte
centrale, una lunga digressione sulla Trinita, desrinata a presentare
Gregorio al vescovo di Alessandria: Pietro dovra vedere in lui un
predicatore del consustanziale e dovra conoscere Ia sua aperta presa
di posizione sulla divinita dello Spirito Santo.
ll tradimento di Massimo colpi all'irnprovviso Gregorio e lode-
moralizw. Ritiratosi in solitudine per riflettere sull' accaduto, al suo
ritomo espose in pubblico il frutto delle sue riflessioni nell' orazione
26. Colpisce Ia sincerita con cui si rivolge ai suoi fedeli mostrando
I'amarezza del suo animo e Ia stanchezza di fronte aile vicende del
mond~. Pers_ino il _servizio sacerdotale ha perso il suo significato: Ia
tentaz10ne di fuggtre nel deserto, di ritirarsi nel silenzio e nella pa-
ce es~to fortissimo, rna Gregorio e ritomato. Egli spiega le ragioni
afferuve _ch~ ~:rerminarono Ia sua decisione. E., questa, una delle
sue oraz_t~m. pm personali. L'uomo che parla e, si, stanco e malato,
molto pt~ di que! c_he potrebbe far pensare Ia sua eta, rna e perfet-
ram_ente m grad~ di analizzare con lucidita gli interessi che muovo-
no 1 ~um o~post~ori: i grandi beni di cui dispone Ia Chiesa di Co-
stantmopoli suscttano rivalita ed attese
X:orazio:re ~4 sancisce Ia riconcili.."zione fra Alessandria e Co-
stanttnopoli. L occasione si ebbe nell' estate o nell' autunno 380,
Ill. Letleratura e generi fetterari
123
quan~o una nave egi~iana attr~cc? a Costantinopoli per ponare il
contnb~to ~ella ~rovmc1a dell Egn.to al vettovagliamento della ca-
pitale. {;eqmpaggiO, sceso a terra, s1 reco nella chiesa dell'Anaa .
unendosi ai fedeli li riuniti per Ia messa. ll gesto fu interp tas.;:
Gregorio come un riconoscimento della sua autorita· retato
I . , . · per questa
motivo. a sua. oraz1one e tutta m:entrata. sulla retta fede dell'Egitto.
Atanasi~ e Pietro ne sono sta~I 1 deposi~ari: i due fratelli vengono
propost! :orne modello per. gh ortodossi. Gregorio, inoltre, si pre-
occupa d1 affennare pubblicamente che egli condivide Ia fede di
Pietro, designata dal28 febbraio 380 come uno dei due garanti del.
l'ortodossia dall'imperatore Teodosio. Parlando della Trinita inol-
tre, Gregorio si soffenna a lungo sullo Spirito Santo, a dimos~azio­
ne dell'importanza che Ia pneumatologia aveva per Ia retta fede.
Anche I'orazione 23 (Terza sulla pace) sancisce una riconciliazio·
ne: per molto tempo, pero, ci sono stati dubbi sulla datazione e
quindi sui protagonisti di essa. Si pensava, infatti, che fosse stata
scritta poco tempo dopo Ia n. 22 e che le fazioni di cui ivi si parla
fossero composte dai seguaci di Melezio e di Paolino che si trovava-
no anche tra i fedeli dell' Anastasia. Secondo il Gallay, pero, Grego·
rio parla dell' aggressione degli ariani nella none di Pasqua come di
un evento ormai lontano e dice che le prove da lui sostenute sono
valse ad accrescere il suo piccolo gregge. Tale affermazione ci sug-
gerisce un' epoca piuttosto avanzata del380. Non solo: Gregorio ag-
giunge che nel momenta in cui il conflitto ha termine una pane del
e
mondo in buona salute, un'altra parte l'ha a~p':"a riacq~stat~,
un'altra ancora comincia a possederla. Questa stgnifica ch~ I Occ~­
dente era rimasto estraneo all'arianesimo, l'Egitto aveva VIS~O il ~-
torno del vescovo Pietro dopo Ia morte di. Vwent~,
-' ed.m
· 0 n.enteilil
decreta imperiale del380 cominciava a produrre I sum effetu per ,
ripristino dell'ortodossia. L'orazione rimane comunque un po
oscura. Ci troviamo di fronte ad un conflitto, verific~toedSI~Cos~­
tinopoli, che ha vis to contrapposti da un lato Gregono '-suo'- 'f
guaci, dall'altro un prete (o forse un vescovo) che aveva awtat~ e
rnanovre di Massimo ma non sernbrano essere intervenute ques o-
ni di carattere teologlco. , · e 20 un'ope·
Appaniene a questa stesso periodo anche I orazton t~ Grego·
r~ composita che riprende, anche in modo lette~e, q~ane riguarda
flo aveva gii\ detto neUe orazioni 2, 27, 28 e 29. ~,raziOdi~re n·pren·
I'•·JStallazione" di vescovi sui seggio episcop
. al vwe a
eel,
'
d zio e li ap·
de gli argomenti dell'oraztone 2 a proposito d sacer 0
I P•dri C.ppadod
124

li all 'ISCO. pato. La polemics e con i dottori improwisati, con i


p ca ep
vescovi che dallaicato passavano
all'ep1~copato
· con
diS I
~v~ tura e
senza un •adeguata preparazione: G~egor1o v~rrebbe che l.e_v~scopa.
to, per essere in grado di assumers1 le ~ropne .responsabilita, fosse
maturato in una vita di meditazione e di preg~1era. . .
I:orazione 36 e pronunciata nella ch1esa ~e1 Sann Apos~oli. ll27
novembre Teodosio aveva condotto Gregorio a! seggro ep1scopale,
rna probabilmente il 29 ci fu Ia cerimon~a piu import~te e sole.nne
con cui il nuovo vescovo assumeva Ia gUida del clero di Costanttno·
poli. I:oratore eben consapevole dell'irregol~ritii della su~ elezione
e delle critiche che essa puo sollevare. Infattl (cap. 2) egli dice: «ll
vostro affetto vi ha fatto commettere un'innovazione>>. Ma Grego·
rio sa anche trovare subito un tono familiare per arrivare a! cuore eli
chi I'ascolta: scherza sulla sua voce che viene da fuori, che cioe ha
un accento cappadoce e non propriamente greco e che e debole per
risuonare in una basilica cosl grande. Poiche il suo predecessore era
stato un ariano e per quaranta e piu anni solo gli ariani avevano avu·
to il conrrollo del clero di Costantinopoli, Gregorio proclama di
riallacciarsi all'insegnamento di un lontanissimo predecessore, Ales·
sandra, che era stato onodosso. Soprattutto egli critics quei prelati
che con le !oro belle parole e con gesti demagogici si prefiggevano
di piacere alia folia. Egli non sara cosl: lo ha dimostrato anche non
sedendo sulla cattedra episcopale pochi giorni prima, quando tutti
lo incitavano a farlo. Poiche erano presenti l'imperatore e Ia corte,
anche a !oro Gregorio si rivolge con poche parole di esortazione.
Teodosio ha ricevuto da Dio il compito di governare il mondo e
quindi deve comportarsi verso i suoi sottoposti come Dio e confida·
rein lui. Gli alti funzionari devono fedeltii a Dio ed all'imperatore.
P.oche ~ar?l~ so~o. poi rivolte ai nobili, agli intellettuali, ai filosofi,
u.reton, 31 "!cchi; I costantinopolitani non devono cercare di egua·
gliare Ro~a !" po~ere e grandezza, ma prevalere in virtu e cessare le
!oro pass1oru per il teatro, gli stadi, gli spettacoli.
Le Vl~~de che caratterizzarono il concilio di Costantinopoli so·
no_state gill ~cordate sopra (pp. 64ss.). Gregorio, stanco degli attac·
<:hi personali e delle contestazioni, decise di abbandonare il conci·
lio,_ pro?un~ando in occasione del suo commiato I' orazione 42. Es·
:~ e. un oraztone :unara, caustica, cosl violenta nei suoi attacchi al·
ep~copato che il Bernardi ritiene poco probabile che sia stata ef.
fer_uv~ente pronunciata. Certo Gregorio era stato deluso sia dagli
egiZiam (soprattutto) sia dagli altti orientali (che non gli avevano
III. Letteratura e generi ktlerari
I~

permesso di risolve~e lo scisma di Antiochia), e soprattutto


va pi~. alcuna fiducta nella .onod~ssia trin!taria dei niceni. ~ "';j
concilio, con grande delustone di Gregono si rifilliO di di bia
•consustanziale" lo Spirito Santo. ' c rare

4. Epistolografia

L'epistologr~a e un genere fo.rnito di una particolare letterarie-


ta nel mondo antlco; Ia cultura cnstiana in lingua greca Jo aveva fi-
no a quel mo~ent? trasc~rato (poche e non molto significative so-
no le lettere di Ongene); I Cappadoci sene servono come fecero i
grandi classici, e ai loro tempi quel genere letterario era tomato in
auge anche nel mondo pagano, quando fu praticato da Libanio, Te-
mistio, Giuliano I' Apostata.
La vita, I' attivita, le opere letterarie di Basilio ci sono note in
prima istanza proprio grazie ad un ricchissimo epistolario, che com-
prende 366lettere, nelle quali sono incluse (come aweniva normal-
mente negli epistolari antichi) alcune che gli furono inviate dai suoi
corrispondenti ed altre che con maggiore o minore probabilitil so-
no spurie; esse coprono un arco di tempo cheva da1357-358 all'an-
no precedente Ia sua morte, collocata tradizionalmente ill • genna-
io del379. Tale epistolario costituisce un documento di prim'ordi-
ne sia per conoscere I' autore e Ia sua cerchia di amici e di nemici, sia
perche ci permette di avere un'idea della situazione sociale, politi-
cs, religiosa, della Cappadocia e, a mo' di cerchi concentrici, all'in-
temo dei quali e collocata Ia sede dell'episcopato di B85i!io: Cesa:
rea, di conoscere I'Asia Minore !'Oriente e l'Occidente cnsaano, 81
quali lo scrittore si rivolse co~ Ia sua autorevolezza. G~ Editori
Maurini divisero Ia corrispondenza di Basilio in tre 8nu;'di gruppt,
quello delle lettere anteriori a1 sacerdozio, quelle del penodo sa~­
dotale e quelle del periodo episcopale, lasciando s?st~ente.rr­
nsolta Ia questione della cronologia all'intemo det smgoli gruppt.
, Anche Gregorio ci ha lasciato un importante ep~tol~:fi co:~
e normale esso riflette Ia personalita dell'autore ed e, qum 'm
~'"
to wrrerente' da quello di Basilio Se le lettere di quest'ultimo. I' sono
·
d · · . li " religiOSI epts1o-
l e~tlnate per Ia massima parte ai proble1111 po tiCI- all ' ne e
all ?i
10 Gregorio Nazianzeno e dedic~to ~op~~~~o . e pe.:riori
•. Vlcende individuali. Se l'epistolano di Basilio ~bee ttinCOZ8
DOllzie sui suoi trattati teologici, quello di Gregono a a
I Padri Cappadoci
126

con Ia sua biografia, per Ia quale s~no_ soprattutto le Orazioni a dar.


ci Ia maggior copia delle informazt?~- . . .
Come normalmente avveniva (e il caso,det grandt eptstolari del.
l'antichitii, da Cicerone a Gerolam~), era I autore stesso ch~ '?ette-
va insieme una raccolta delle propne lettere, que!le ~he egli ntene-
va importanti. Cosl, fu Gregorio stesso a me~tere msteme Ia Pr_<>Pria
corrispondenza, intorno al3~3-384. Una ep~stola (n. 54) forrus~ a
Nicobulo consigli su come Sl dovessero scnvere lettere, e prectsa-
mente sui modo in cui si puo praticare il cosiddetto "laconismo",
cioe )'esprimersi in modo stringato, per il quale andavano famosi gli
Spartani. Abbiamo cosi quattro lette~e ch7 debbono essere colloca-
te nel seguente ordine: 52 (lettera di dedica), 53 (lettera che com-
pleta Ia dedica), 51 (sui principi da seguire nella epistolografia), 54
(sullaconismo, che si aggiunge ai principi esposti nella lettera 51).
Dalla testimonianza stessa di Gregorio apprendiamo, anche, che Ia
raccolta originaria comprendeva pure le lettere di Basilio a Grego-
rio in replica a quelle di Gregorio a Basilio, e quindi le altre lettere
di Gregorio destinate alia pubblicazione.
Non sappiamo quale fosse I'estensione della raccolta che Gre-
gorio invio a Nicobulo, rna sembra che egli non vi abbia messo tut·
te le lettere, perche nella epistola 52 dice di aver riunito «tutte le let·
tere che aveva potuto», il che significa che alcune erano rimaste
e
escluse, cosi come, al contrario, non vi motivo di dubitare che egli
ne abbia scritte delle altre e le abbia conservate, dopo quelle che
aveva inviato a Nicobulo. Dopo Ia motte di Gregorio avvenne qud-
lo che comunemente avveniva: un redattore anonimo unl alia rac-
colta iniziale tutto il materiale analogo che si pote trovare, sia le let·
t~r': degli ~t~ anni della sua vita sia quelle anteriori alia raccolta,
croe ~tenon al383-384 e che lo scrittore aveva tenuto da parte. In
tempt moderni gli editori Maurini raccolsero in tutto 244 lettere; in
tempi recenti uno specialists della biografia di Gregorio N azianze·
no, Paul Gallay, nella sua edizione dell'Epistolario ha attribuito al
Padre <:appadoce (anche sulla base di ricerche di :Utri studiosi) un
breve bigliett0 3 B m· (
246 e 2 . as ~ n. 24?) e? altre due lettere piu lunghe \n~-
48), n~uardanu un eptsodio non significativo al quale st n-
connette
•f Ia
d il eptstola n · 247 ' mvtata ad uno sconosctuto
· · · ' Glicerto.
· · Co·
Sl acen o Gallay h
aim f a att n'b Wto
· a G regono· tre lettere che tradizto·
·
nP" _ente acevano parte dell'epistolario di Basilio (nn. !69-171).
m mteressante Ia letter 24 h fu . . .
di An · hia a n. 9• c e mvtata a Flavtano vescovo
tloc e successore di Melezio, nel 383 (essa sarebbe Ia Jette·
Ill. Letterstura e generi lntersri
127
ran. 1 dell'epistolario di Gregorio Nisseno): ~sa ci in£ ~~
. h . ell' d" .
porti test c e m qu armo MSero Gregorio da Ellaelio h a11ora
=
orma rap-
era il vescovo di Cesarea (i rapporti si ricomposero in pa,nc e I'
· G · .
no pr101a regono aveva pronunaato a Cesarea ]'epitafi eli Basi
e,sean-
Jio, doe I'orazione 43 - rna in assenza eli Ellaelio -). Infine0 Je 1~
101, 102 ~ 202 sono state spostate dagli Eelitori Maurini nel novero
delle orazwm •. a ca'.'sa delloro accentuato carattere teologico.
Lo scamb10 eplStolare con Basilio occupa gli anni eli Grego ·
fino al379, ed in parte ne abbiamo parlato. Un ceno numero eli;::
tere (nn. 1-6), del periodo attomo al361, e deelicato all'ideale della
vita "filosofica", che e_ra inte~retato da Basilio in modo piu rigoro-
so che non da Gregono. Vt st mframmezzano altre piu o meno con-
temporanee, come quelle inviate a Cesario (nn. 7 e 20), con le qua-
li Gregorio rimprovera il fratello peril suo eccessivo coinvolgimen-
to alia corte di Giuliano I' Apostata, e alia sua morte (avvenuta nel
368-369) sono dedicate le lettere no. 29, 30 e 80. Riguarda sempre
Ia vita di Basilio Ia lettera 19, con Ia quale Gregorio cerca di appia-
nare le difficolta sorte tra I'amico, allora sacerdote, ed Eusebio, il
vescovo di Cesarea di Cappadocia, suo superiore. Insieme al padre,
Gregorio il Vecchio, il Nazianzeno si dette da fare per favorire l'ele-
zione episcopale di Basilio (nn. 41-46), inviando, nel370, delle ler-
tere alia Chiesa di Cesarea (n. 41) e ai vescovi che dovevano elegge-
re il successore di Eusebio (n. 43).
Alcune epistole testimoniano le divergenze tra i due amici, sia
queUe a proposito della elezione episcopale eli Gregorio e della sua
designazione alia detestata sede di Sasima (nn. 47 e 50) sia queUe ch~
manifestano l'indignazione di Gregorio per essere stato o~tto .d!
"tirannia" (nn. 48-49) ed essere stato costretto a cedere allautonta
dell' amico, che era suo superiore, e del padre, che si era alleato con
Basilio. E non possiamo dimenticare le due lettere famose (no. 58 e
59), inviate al vescovo di Cesarea nel371, a proposito dc:ll:oppoSrtu-
nita di asserire con maggiore audacia Ia elivinita dello Spmto an~o.
Gregorio pensava che bisognasse essere ptu ·- dectst· · m.
· questacl assetZIQ-
. .
ne, mentre I'amico era piu cauto, per m.ouvt. · · eli polinea ecinoeSIOSUca.
rtu-
Le lettere di Gregorio per quanto a Basilio stano apparsedefeppo ,
' --'' un tono
ne, sono tuttavia molto moderate e manuestano Basilio (n. 71 ). st rente,
da non meritare Ia risposta brusca che ebbero da . C docia che
.lnoltre, gli stessi personag~i .deJ!'~biente elinellfi~stoiarlo eli
abbtamo visto nella vita di Basilio st mcontrano p eli Iconio
Gregorio: tale era Amfilochio, che elivenne poi vescovo '
128

dd quale Gregorio era cugino, in quanta era figlio di Amftlochio il


Vecchio fratello della madre di Gregorio, Nanna (epp. nn. 13, 25.
28, 62-6J ). A Gregorio di Nissa il Nazi~zeno invia Ia lettera n. 11,
per esortarlo ad abbando~are.la ~rofess10ne, troppo mondana, di
retore e dedicarsi alia asces1; gli scnve ancora nel375la lettera n. 72,
per prender parte all' affronto da lui subito con Ia sua deposizione
da vescovo ad opera degli ariani, come anche le nn. 73-76 (quest'ul-
tima per compiangere Ia morte di Basilio, quindi nel379).
Gregorio aveva nutrito interesse per l'educazione letteraria di
Nicobulo, e abbiamo visto sopra che proprio in seguito a questi rap-
porti culrurali tra di lui e il giovane allievo si era costituito il nueleo
originario dell'epistolario. Oltre aile epistole nn. 51-55, di cui sopra
si eparlato, numerose altre, negli anni successivi al383, sono invia-
te a Nicobulo (nn. 157, 167, 175-177, 187, 190-192 ecc.). Ma si trat-
ta anche di epistole di carattere morale, come Ian. 12 (del365), per-
cbe Gregorio intende occuparsi anche dell'educazione cristiana dd
giovane, come Ian. 13, ad Amftlochio di lconio; Ian. 67 (a Giulia-
no, a cui si e accennato sopra).
Riccbe di motivi ftlosofici sono quelle inviate agli amici Sofro-
nio (nn. 21, 29, 37, 39, del365-369, e poi Ian. 93, del383) e Fila-
grio (nn. 30-36, con riferimenti a! dolore per Ia morte del proprio
fratello Cesario: cadono intomo al369; poi, piu tardi, le nn. 80, 87,
92, intomo al383 ).
Ad importanti letterati, ancorche pagani, sono indirizzate le let·
tere nn. 24 (del 365-369) e 38 (del369), inviate a! famoso filosofo
Temistio, autorevole anche alia cone imperiale; Ia n. 236, di data in-
e
certa, inviata a! sofista Libanio (nota anche dallo scambio episto-
lare con Basilio, p. 32), per raccomandargli un giovane che voleva
essere ammesso alia sua scuola.
. Tra i ~randi complessi delle orazioni e delle poesie, l'epistolario
di G~gon? Nazianzeno appare un po' sacrificato e ha destato me-
~o di quelli I'attenzione degli studiosi; ciononostante esso manifests
m modo splendido I' arte raffmata e Ia maestria stilistica di Grego-
rio, purse applicata ad un difference genere letterario.
Le teone letterarie di Gregorio, relative alia epistolografia, si
possono leggere_. come gia si e detto, nella epistola 54. L'ampiezza
della ~ettera, egli affenna, deve adattarsi ai bisogni e deve essere ca·
rat.tenzzata dalla brevita (syntomia), rna non devono mancare Ia
~ezza e Ia gradevolezza. Di conseguenza Gregorio attua Ia bre·
VIta talvolta fino a! "laconismo", cioe fmo all'espressione ridotta al·
III. Letteratura e generi letterari
129
l'essenziale: essa ~':"e _essere. intesa non semplicernente come brevi-
til, ma come brevtta pte_n~ d_i contenuti. ~che Basilio nella epirtola
19, aveva Iodato Ia brevtta di una lettera di Gregorio, e su questa esi-
genza si er~ espresso lo stes~o Gregorio nella lettera a Libanio (n.
Z36). La chtarezza deve semre soprattutto a vantaggio dd destina-
tario, mentre _Ia gradevol~zza (cbaris) i: ottenuta mediante il ricorso
a tutti i mezzt d~a retonca: sente~e, proverbi, apoftegmi, scherzi:
lo scrittore ora ncorre al tono patetlco, ora a quello scherzoso e iro-
nico, or_• a ~uello,solenne. Lo nile abb?nda delle cosiddette "figu.
re gorgtane , c10e parallelism!, antltest, membri equivalenti della
frase, rime interne. Gregorio dichiara (epp. 57, 4; 224, 2) di voler es-
sere "scrittore attico", rna non segue il rigoroso atticismo dei Iette-
rati della Seconda Sofistica. Accanto all'imitazione dell' attico, si tro-
vano numerose parole poetiche, citazioni ed allusioni ai poeti arcai-
ci e classici: in breve, le sue lettere sono sottoposte ad una raffina-
tissima stilizzazione retorica, che contrasts forternente con Ia sern-
pliciti\, Ia chiarezza e Ia nitidezza dd linguaggio di Basilio. Gregorio
molto spesso si rivolge a letterati o a uomini politici, che erano, evi-
dentemente, in grado di cogliere le sue raffinatezze stilistiche, paga-
ni, come Temistio o lo sconosciuto Stagirio o Nemesio: illoro paga-
nesimo non i: di intralcio all' amicizia e Gregorio non emai polemi-
co con costoro, rna ne rispetta Ia fede non cristiana.
Di fronte all' epistolario di Basilio e di quello dd Nazianzeno,
quello dd Nisseno i: ad un livello inferiore: come neUe omelie gli era
mancato lo stile omato, tipico della eloquentia sacra dd Nazianze-
no, o Ia limpidezza di Basilio, cosl egli non riesce a dare forma arn-
stica al suo epistolario, che rimane ad uno stadio di ~ore raffina-
tezza letteraria. Esso contiene ventotto lettere dd Ntsseno stesso e
due di suoi corrispondenti, oltre a dei frarnmenti. d
Non inferiore, comunque, quello di Evagrio. Es~o compren. e
62 lettere in versione siriaca 25 delle quali ci sono g~unte anche ~
una versione armena e di al~une di esse ci sono giunti ~che ampt
frammenti dell' originale
' greco. I personaggt· 81· qu_ali egli .scnsse so-
Melania
no qudli che abbiamo gia incontrato nella sua b10g~afia. . .'
Rufino, Gregorio Nazianzeno, Eustachio, diac;on0 di di Gregono,
AI driam
occasione della morte di quest'ultimo, il parnasca ~s~ ttii
Teoftlo. Alcune sono di accompagnamento ai s~oi trattan. ;:,me
~~r~ispondenti di Evagrio sono uomini della C~esa~j.~,r'~ cor-
~1· unpegnati nella vita monasrica. Talvolta eglidtsglil":' ua volta io-
rtspondente che gli aveva inviato una lettera, e e a 5
I P.Jri C4ppt~doci
BO
via consigli e spiegazioni di carat~ere do~rinale. ~<Anche qui Evagrio
si manifests discepolo di Gregono N,azt~zeno, il. quale aveva espo.
10 in una sua lettera le regale dell eptstolografta. Le qualita che
~regorio desiderava si ritro~ano ~elle lettere di Evagrio: giusta mi·
sura, concisione, chiarezza; m ogru modo, Ia lettera non deve essere
arida e priva di grazia; deve essere ornata, rna senza ecc~ssi, piace.
vole, rna senza affettazione, gradevole per Ia presenza di ftgure di
stile ... Evagrio ama citare, come raccomandava Gregorio, dei pro.
verbi, che egli rrae per lo pili dai Proverbi biblici, e non respinge i
luoghi comuni dd genere epistolare tradizionale>> (Guillaumont) "·

5. Gli scritti Letici eli Basilio


Basilio stesso, verso Ia riEdd suo epis~
pubblico una
'i'llccolra di alcuni suoi scnto ascetlct, dandole il titolo di Abbov.o di
ascesi, facendola precedere da una lettera di accompagnamento (o
Prologo) 19 • Questo Prologo ci fa sap,qe che Ia raccolta comi!J'ende·
•va un trattitb Sui giudizio di Dio, urla.Con/essione di fede, .!Jila Re·
go/a di vita cristiana basata sulla Scrittura e una serie di Risposte a
proposito del comune esercizio n vita secondo · . Sui prologo
ll.anc'emo)!oda dire; il tratt Sui giudizio di Dio, · vece, ci intr~·
liucenetprOfOrido delia dottrina ascetica · as o, il quale esamt·
na, in questa t~to? il si~~icato de~~ nd quale cad~n? an·
che le C!!!ese cnsttanJ;, divtse tra di lOrO dalia discordia. Cto e do·
vuto al fatto Che regna ovunque il disprezzo di Dio, perche pili nes·
s';l"o obbedisce al vero maestro, a Cristo; di conseguenza Basilio in·
vtta a tomare a ubbidire a! Signore e a lottare contra il peccato. La
_ Confessione di /ede contiene, oltre alia professione di fede, della
~ale Basilio e stato richiesto da monaci o dai fedeli, una presents·
ztone d.dle Regale morali. Vi si trovano, come osserva il Neri, «alcu·
_ ne P•l?"e st.upende sulla possibilita, Ia natura e illinguaggio della
- ~~logta; qumdi Ia vera e propria professione di fede trinitaria; ed
- infine una esonazione a perseverare nella fede e a ubbidire ai co·
mandamenti di Dio, in panicolare a quello della carita. La seconds

!!Cf. A. Guillaumc;>~t, Un philosophe su desert, cit., pp. 141-142. .


. Ia Per q~esta esposw?.nc del corpus degli scrltti ascetici di Basilio seguiamo d11 v~·
- ~~ M'WUff'i crli'f;<~.
· · · 0 •_
Builio di Cesarea, Opere asceliche,
onno 1980,
• 9-4,). pp,
8 curs d.i U. Nen.
III. Le/leralura e generi leuertJri
131
B2 I Padri Cappado<i
Ill. LeunaJura e generi fellerari
133

R~e
neo.
s1 e
·~~onda ~ momenti e circostanze diverse
dett~na 1 al :
fase antics ,opoaqueil
d
·,vii
e e regoIe conunuo a s upparsi e ad assum
corpus dll ,
. · a1
piu isntuzton e.
ere una 1onna
r;Ascetic~~ m_agnum fu costituito aggiungendo alia rae
precedente ptu di cento domande-risposte per un tot d" 31
questo ."- il ~~e.ro delle Regole b~evi. N~l frattempo anche 1 pen-
siero. dt Basilio ~~ era J?~difl~at.o: m p~~ncolare, aveva meglio defi-
a!!
nito ~ ru?lo dell i!Jtonta,_e distmto, mtemosunira, i ••.
ri cansmt.
..._._
Le Rego e. am "
pte, pot, .sono
.
m numer di 55 e ostitws·co-
no w:'a ~e~a e ~ropna catechest SIStematica", ct ' esposizione
rdi prmclpl e di n~rme generah, ciaborata sUlla base dell'esperienza
e della problemanca concreta, mentre le Regole brevi sono una se-
rie eli improvvisazioni orali, probabilmente scritte dagli uditori cosi
come erano state dette. Le due serie, dunque, non si sovrappongJ'
no le une alle altre e non si escludono a vicenda. '-
Le Regole ampie iniziano con una premessa sui comandamenti
eli Dio e illoro ordine; seguono i precetti capitali dell' amore eli Dio
e del prossimo, del timore eli Dio, del non lasciarsi distogliere dalle
cose del mondo come condizione fondamentale eli una seria vita cri-
stiana, della vita solitaria e della vita cenobitica, della rinuncia, dei
vari generi di persone che volessero consacrarsi al Signore, poi le
virtu, gli ord" nti, i modi, le strutture e i problemi tipici della vi-
ta cenobit" a.
Le R ole brev. , invece, sono meno rigorosamente Sfn:'ttura!S.
ma non rna sezioni che rispondono ad un ptano preC!So. Tal~
eIa prima regola, puiTunga di molte altre, che si sofferma sui ~o­
re normat1vo ddla ~a, o Ia seconda, sui signilicato ess~~
della professione di fede· Ia raccolta contiene anche delle sezton\
' . . h 'imma••nt!
o~ogenee. Estremamente vari sono i cont~nun: ~~ 8 un u;_
eliretta di come i fratelli secondo !'invito eli Basilio, pon~erob.bli
' · L ~ rmaztone 1 -
tamente le !oro domande di carattere pranco. a 0 . eli Basili
ca che emerge dalle domande poste dagli interl?cu~~r~ dato ch~
-sorprende per abilita di accostamenti e confrontt ~r~uc\ . _,
non si tratta I om . . er ptu non rtvtste ett~
• " . . · ·" e tuttaVla non
mente. I discepoli di Basilio non sono priDctptanU ' bbe pro-
mettono m · evtdenza
. vere e propne · dif£icoIta ' che avre
S · ro . gli
d il · jfi" della cnttura.
Otto conrestazioni e dubbi circa stgn ca 1? ch geo"ci in
ascen. ch"tedono chiarjmentj e apprmon ' dimntt
e ' an eese '-
ella vita spi-
senso lato, che promuovano e favoriscano il progresso n
I Padri Cappadoci

·0 accettato m m a e ~on fe~e Ia Scrittura. n


dubbio e destinato a orzar~ Ia _fede. dtsc~poli so~o consci di
ta re le !oro domande, potche eaono dt essere tstruiti d·"·
presen
S " il maestro """
·ttura stessa: Basilio stesso st. const'derava non gta Dla
~~~~ per comprend~re Ia volo~ta elivina, Ia quale e da;a in
dono unicamente dalla Scnttura, che e Ia sola maestra e autorita
normativa per rutti i credenti. . .. . . .
J.:Abbozzo di ascesi fu pubblicato da Basilio negli ultmu anni del
suo episcopato (376-377): ~ss? co~tene~a, ~lt~e aile Regole e ai Mo-
ralia, anche una raccolta dt diverst suot seniti, quale il trattato, gia
ricordato, sui Giudizio di Dio e Ia Con/essione di fede.
Accanto a questi esistono altri testi ascetici: un Discorso asceh~
co, che fu scritto da Basilio alia fine della sua vita o da un suo disce-
polo incaricato delle pratiche ascetiche a Cesarea. In molte collezio-
ni di etit bizantina si trovano anche le epistole 22 e 173, e varie altre
lettere (ad esempio nn. 2, 23, 4244, 150) eli analogo contenuto. In-
fine vi sono delle regulae extravagantes, in numero eli cinque, scrit-
te alia maniera delle "regole brevi". E poi, come sempre succede in
quesri casi, vari altri testi spuri entrarono nelle collezioni delle ope-
re autentiche.

6. I trattati
Basilio si deelico a questa forma letteraria scrivendo il Contro
~uno~io e. Lo ~~irito Santo, dei · gia si e detto e si dira al cap .
. · Estste eli Basilio (anche s su aut ticita e contestata) il breve
trattato Lo Spirito: secon o P. Henry e so fu composto attomo al
360, e ~ulta in sostanza un otiniano che Basilio avrebbe
successtvamente utilizzato.
S . DNissen
I 0 co1· ttva m· modo particolare questo genere letterano. ·
cnve ~e 371 un trattato Sulfa verginitii. La problematica affronta-
tanonenuova ' man. uova e'Ia b ase dottrtnale
. .
che Ia sosuene: pro .
£ondamente nutnto eli platontsmo
·
h . e di ortgemsmo
. . ·
lo scnttore basa
anc ~ su monvazioni filosofiche l'ideale della c~ntinenza, sl che
quest opera appare talor . ana-
logo a elli h a come un trattato ftlosofico-retortco,
qu . c e. potevano scrivere i filosofi pagani del suo terDP0 ·
Esso conuene gtit le lin £ond amentali della dottrina mtsuca . · del
Cappadoce: Ia vero;n; • ee •1 .. .. tO
d· · di ~-ta e a condiztone ortgmaria dell'uomo crea
a unmagme Dto, deformata dal peccato, e, in quanto Iotta con·
III. Letleratura e generi l.elterari

tro le pas.sioni, procura gia. in terra Ia contemplazione, cbe sara .


attuata ~ten~~te nella vtta futura mediante Ia ricostituzione
j'iJnmagme di D10.
J:
Altri tratt~ti ~ ~aratter.e morale, risalenti a questi primi anni
(370-380) dell attlvtta del Nt~seno, sono II nome e Ia professione del
cristiano e AI monaco Oltmpzo, sulla perfe:done del cristiano, iJ Con·
tro il/ato, quello su La maga di Endor.
Di ben a!t;a leva~ur.a sono. due trattati dottrinali, cbe prendono
lo spunto dall esegest ~~ dottrme biblicbe e, piu in particolare, dal-
l'insegnamento dt Basilio, che comunque discutono e rielaborano
Questi aveva spiegato, nelle sue Omelie sull'Esamerone,la creazio.
ne del mondo e dell_'uomo, ed il Nisseno toma sull'argomento a~
profondendolo con il trattato su La crea:done dell'uomo (primi me·
si del 379). L'altra opera, probabilmente scritta nell'autunno dd
379, hail titolo di Spiegazione dell'Esamerone. Gregorio fu indotto
a riprendere il tema della creazione del mondo, giil ttattata dal fra.
tello, per confutare alcune critiche rivolte a Basilio, e cioe qudla di
scarsa scientificitil nell' affrontare alcuni temi. Appartiene a questo
periodo anche il trattato esegetico su I titoli dei Salmi.
Del380 e La vita di Macrina. None un trattato, mauna biogra-
fia, che presents un esempio della perfezione femminile: Ia temati-
ca e quella cui abbiamo accennato a proposito di Gorgonia (pp.
104-105). Macrina e Ia mulier virilis, cioe Ia donna in rutto e per rut·
to all' altezza dell'uomo, perche, in quanto cristiana, supera le debo·
lezze del suo sesso.
A questa biografia e collegato il trattato su. Z:a~im_a e la risurr::_
zione, una delle opere piu importanti di Gregono di Nts~~· e, per 00
stesso, delle piu significative del pensiero crisnano. Basilio ndla let·
tera 135 a Diodoro di Tarso, di cui si e parlato sopra \P· 79), 51 era
espresso negativamente sui dialogo come forma espresSiva: a suo _P~·
· e opera arnsn·
rere, esso non era abbastanza lineare e oggetn:ll co~ ervl d .e volte
ca. Gregorio, invece, contrariamente a suo fra~ 0 • st s I' u (no;•
. il suo sen'tto Polenuco contro
di questo genere letterarto: astro ~·
· di a Iettera una di-
Contro il Jato, del383, contiene, nella cormce £un bbe ;..m.en-
scussione con un ft.losofo non cristiano,la q~ale ~ lge Grego·
I
t~ uogo; il dialogo sulla immort 18
ali • dell' anuna st svo e tra
b bilmente ad una con-
no e sua sorella Macrina e risale, molto pro 8 d bbiamo pensa·
versazione effettivamente avvenuta. Ancbe se non • 0 omunque sup-
re ad un resoconto esatto di quanto fu dettobbt;:to 8 scrivere il
Porre che senza di essa il Nisseno non sore
I Padri Cappadoci
136

dialogo. L' opera, percio, non deve. ~sere con~ide~ata come una pu.
ra fi.nzione. Dopo Ia morte di Basilio, Gregono Sl reca da Macrina,
cercando consolazione, rna al vedere Ia sorella malata e vicina alia
morte Ia sua angoscia cresce. Egli domanda che cosa abbia Ia motte
di cosi terribile: da questo punto inizia il dialogo con Ia sorella.
La Vt'ta di Macrina costituisce un'imitazione del Fedone: come
Socrate, infarti, Macrina, malata, attende Ia morte, parla dell' anima
e del suo destino nell' a! di Ia, per consolare l'interlocutore. Sia nel.
Ia Vita di Macrina sia nel Fedone (117c) si parla della serenita d'ani.
mo che si deve avere di fronte alia morte; Socrate e Macrina prega-
no prima di morire; entrambi muoiono verso sera (Fedone 106b; Vj.
ta di Macrina, p. 396, 5). Critone rivolge a Socrate le ultime atten-
zioni, in quanto, alia sua morte, gli chiude gli occhi e Ia bocca, e Ma-
crina aveva pregato il fratello di fare altrettanto, anche se Gregorio
si accorge che Ia bocca e gli occhi di lei si erano gia chiusi sponta-
neamente al suo trapasso. Piu dell' attesa della morte, Gregorio, pe·
ro, ha sottolineato Ia malattia ed il contrasto tra Ia debolezza del
corpo e Ia vivacita delle;> spirito di Macrina, facendo riferimento al-
l' analogo comportamento di Giobbe. E chiaro che egli, in quanto
cristiano, deve addurre un esempio della letteratura cristiana. ln-
somma, nella Vita di Macrina Gregorio narra quello che nel Dialo-
e
go era stato solo accennato, oppure Ia Vita stata scritta prima del
Dialogo, e Gregorio non ha voluto ripetere Ia descrizione della sce-
na in cui si svolge Ia discussione tra lui e Ia sorella a proposito del
problema dell' anima e della risurrezione.
Nel medesimo anno (380), Gregorio inizia I' opera piu vasta del-
la sua artivita letteraria, e certo tra le piu significative del cristiane-
slmo greco, quella dedicata alia confutazione di Eunomio. L' eretico
contro cui aveva scritto Basilio quindici anni prima non aveva ab-
bando':"'to ?~ idea di rivalsa, rna in un lungo periodo di tempo
(dod!CI ann1 Clfca) aveva meditato, ed infine pubblicato, Ia risposta
al Contra Eunomio del vescovo di Cesarea: se questi aveva scritto
contro Ia Apologia di Eunomio, costui riprende Ia polemics scriven-
do una Apologia dell'Apologia. ll Nisseno che si trovava a Costan·
~opoli per i lavor~ del Concilio, lo !esse ;, sdegnato per le critiche
r!Volte al fratello, nspose con un Contra Eunomio in tre libri, e, nel
3,83, ~on Ia Confu_tavone della professione di fede di Eunomio, che
l_ereuc~ aveva sc~tto ~er giustificare Ia propria ortodossia, in occa-
s~one di un ten~uvo d1 pacificazione tra gli ortodossi e Ie varie ere-.
s1e, voluto dall~mperatore Teodosio. Gerolamo (Gli uomini i/lustrt
III. Leunatura e generi kttnari

128} riferisce di un incontro tra lui stesso e i due G . dur


Uquale il Nisseno Iesse un 'opera contro Eunomio pregon, I ante:
·
Ia confutaztone di E ·
unomto, il N' · er
tsseno scrisse anch egli . etare
comp .
ni del Contro Eunomio (380-381}, il breve trattatoe~ .stesdalsta~-
. · d t · . . gettco n-
tolo Spzegaztone e pas~o scrmurzstzco (1 Cor 15, 28): "Allorquando
egli avrti. sottomesso a se ogm cosa ... ".
Nello ~tesso p~riodo •. e cioe durante i lavori preparatori del
Concilio .di Costanttnopoli.e nei.corso di esso, Gregorio scrive altri
crattatt di contenuto teologtco. Riguardano il problema della sostan-
za unica ~ delle. tre ipostasi divine le operette Ad Ablabio: non sono
tre dei, At Greet, sulla base delle nozioni comuni (cioe, secondo Ia fi.
Josofia greca} e Ad Eustazio, sulla Santa Trinitii, nelle quali iJ Nisse-
no vuole precisare cbe Ia scansione di tre Persone all'intemo della
medesima sostanza non deve essere intesa come l'introduzione di
tre dei distinti: questa critica, cbe era stata rivolta anche a Basilio e
a Gregorio Nazianzeno, proveniva da quei niceni che non erano in
grado di intendere I'articolazione della dottrina basiliana, piu in
particolare dai pneumatomachi. Piu am pia e I'opera Sullo Spirito
Santo, nella quale il Nisseno affronts, dopo l'analogo trattato di Ba-
silio e le omelie di Gregorio Nazianzeno, il problema della natura
divina dello Spirito.
Intomo al385 scrive il Grande Discorso Catechetico, opera piu
organics che innovativa, destinata a coloro che insegnano Ia dottri-
na cristiana. Poicbe eretici e giudei muovono numerose obiezioni, il
catecheta deve essere informato sulle varie dourine cristiane. Lo
scrittore inizia tracciando una rapida sintesi della dottrina di Dio,
distinguendo Ia sostanza dalle Persone; affronta poi Ia dottrina del-
l'incamazione di Cristo sezione centrale di tuna I'opera, in quanto
essa costituisce l'unico ~ezzo per Ia salvezza dell'uomo depravaalit~
dal peccato· risponde quindi ad alcune obiezioni che intellettu
pagaui come' Celso e Porfirio
' '
avevano mosso alla stona
· della ch.
salvez·
h
za (perche Dio si e mosso cosl tardi a salvare l'uomo?n: e ~
scelto proprio que! modo di salvarlo e non un altro?); delebapar
del peccato e dellibero arbitrio e sottoImea . r· portanza tte-
1Dl ch ch • non
simo e dell'eucaristia. L'opera e assai importante, an e ~r affron·
·~ ne trova nessun'altra, nell'antico cristianesimo greco, e
ula dottrina cristiana nella sua totalita. b } , il Contradditto-
r' Delio stesso periodo (387, .a qu";"to sem ra ~Jernica; il Nisse-
10 contro z seguact di Apo//znano, un altra o~erd: gli stava elabo-
no Ia scrive in difesa della propria cristologta, e e
1}8

raodo in quegli anni, e con l'intento eli rifiutare le concezioni de) ve.
scovo eli Laoelicea.
r: altra grande opera della vecchiaia eli Gregorio (oltre aile Ome.
lie sui Cantico dei Cantici, delle quali abbiamo detto) e La vita di
Mose (390ca). Non e una biografia, nonostante il titolo e un cerro
interesse biografico, ne propriamente un 'ope~a eli esegesi biblica,
anche se )e vicende della vita eli Mose sono pnma narrate "storica-
mente" e poi interpretate spirirualmente. L'interesse predominante
e misrico, come dimostrano i temi trattati, che sono quelli delle
Omelie sui Cantico dei Cantici: l'incessante ascesa dell' anima (sim.
boleggiata da Mose, che progressivamente riceve Ia rivdazione elivi-
na) e Ia visione eli Dio, che produce I'ottenebramento dei sensi (Dio
parla a Mose avvolto dalla tenebra sulla montagna). E, accanto alia
mistica, vie !'interesse ascetico: Mose e il modello dd cristiano che,
compiuto un percorso eli perfezionamento, diventa "amico eli Dio •.
Anche Amfilochio eli lconio scrisse dei trattati, dei quali peril
possediamo solo frarnmenti"; dai titoli ricaviamo che alcuni riguar-
davaoo Ia controversia ariana e I' esegesi, che troviamo anche negli
altri Cappadoci, dei passi scritturistici ad essa relativi. Sono: It Fi-
glio; It Signore mi creo come inizio delle sue vie (Prv 8, 22); Sul gior·
no e /'ora (sal., della fine); Padre, see possibile, passi da me questa
calice; II Figlio non puo fare niente do se; Colui che ascolta Ia mia pa·
rola e crede in colui che mi ha mandata ha Ia vita eterna; II Padre e
maggiore dime; Prenderii dol mio e lo annuncera a voi; Salgo al Pa-
dre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro. Altri riguardavaoo
Ia cristologia: Sullo incarnazione; Sui versetto: Gesu progrediva in sa·
pienza, eta e gratia presso Dio e gli uomini. Uno, Sullo Spirito Santo,
e ricordato da Gerolamo (Gli uomini illustri 133): AmHiochio glie·
lo avrebbe letto «poco tempo fa». Questo potrebbe far pensare a
poco tempo prima il 390, data dell' opera di Gerolamo, rna e piu
probabile che indichi gli anni in cui Gerolamo era a Costantinopo·
lipresso Gregorio Nazianzeno (379-380), quineli piu vicino all'omo·
mmo trattato eli Basilio, dedicato, appunto, ad Amfilochio .
. Anche Evagrio Pontico si dedico alia composizione di trattati:
esst ~rono tradotti in Iatino e nelle lingue orientali, anche se lo sta·
tus eli queste traduzioni costituisce un problema che esula dalle pre·
senti considerazioni. Lo storico Socrate parla eli un trattato intitola·

21 Elencati inK. HoD, Amphilochius von Ikonium .. . , cit., pp. 51-52.


III. LetteratuM e generi kuerori
139
to 11 monaco o Ia pratica e di uno Gnostico ovvero . . .
che edivenuto degno della scienu. n prim~ di ques':li:'·1~. co/ui
nuto interamente in greco, con il titolo di Trattato p 1 .ncr e petve:
Capitoli pratici. n termine "pratico" indica I'anura .'CO 0 anche di
. . d aztone concreta
della vtta ascettca, m~, . a un pWlto di vista letterario, il tlattato ,
designate anche con il ~tolo. di Capitoli (kephalaia): questo termin:
':'i
etip·ic·o d"':'• s.truttura di vane o.pere Evagrio e di altri trattati mo-
nasuct, ed ?'dica Wla raccolta di brevt ed essenziali discussioni su di
un. det~nnmato arg_om.~to. ~ Trattato pratico, di cui parliamo, fu
scntto m due redaztoru. Ia pnma era m novanta capitoli,la seconda
fu portata a cento: an0e ~ numer~ e tipico di questi ttattati, che
spesso sono strutturan m centune . E, ancora, questi ultimi dieci
capitoli sono scritti ~ forma di apoftegmi: pure questo etipico dd-
la lett~rat~ra ~onas.uca. ll Trattato gnostico e costituito da cinquan.
ta capttoli, det quali quattro, verso Ia fine, harmo una caratteristica
di apoftegmi. Sullo stesso argomento, rna ben piu importanti, sono
i Kephalaia gnostika, cioe Capitoli gnostid, costituiti da sei centurie,
anche se nella redazione in cui ci sono giunti Ia centuria non ecom·
pleta, rna composta da ottanta capitoli: non si sa se I'opera ci sia
giunta mutila o non sia stata completata dall'autore. Se il Trattato
gnostico si occupa della conoscenza dei grandi problemi metafisici,
i Capitoli gnostici si occupano della "fisica", cioe della origine e dd-
la fine delle nature create, della cosmologia e della escatologia. Que-
sri trattati costituiscono una forma di trilogia.
I.:Antirrhetikos o "trattato polemico", e uno scritto che, come di:
ce lo storico Socrate <<Si serve delle Scritture divine per combattere '
demoni tentatori, ed'e diviso in otto parti, secondo il numero .degli ~t·
to pensieri>>, cioe, come vedremo poi, secondo il numero d~ ~e­
ri peccarninosi. Secondo il Guillaumont 22 il genere letterano di que;
st'opera e origioale, perche non se ne conosce alcun aorecedente~e
Ptesso gli scrittori cristiani ne presso quelli pagani. fl fa~o;: SIS •
sato sui testi scritturistici lo avvicinerebbe aile Regole di B ~·Gen
Altri trattati sono in metro, in forma di sentenze (?~ P~ola Ai·.
. come osseMamo
nadto, . anche ptu
.. o1tre, P· 153)· UnoemntA"· to i
monad che vivono nel monastero 0 nelle comumtii: r.aitrO '"' verg :
ne, che e, conosctuto. anche da Gero1amo. Enrrambt, ct sono conserva
dotti in
ti in greco (anche se questo non ha impedito che wssero tra

22 Cf. A. Guillaumont, Un philosopheou Jlserl, cit., P· 107 ·


I P.dri Ozppadot:i
140

siriaco), e, di essi, Ie Sentenze ai monaci cono~~ero un'amplissima dif.


fusione. Analogo per gli scopi ed i contenutl e quello su Le cause c/et
Ia vita monastico e l'esposizione di esse relatzvame~te a~la hesychia (eli
questo tennine evagriano parleremo a p. 348). Ricordiam~ ~che un
uattato Sui pensieri ed uno AI monaco Eulogto, che Ia tradiztone gre.
ca attribuisce sia ad Evagrio sia a Nilo; questo secondo trattato sern.
bra essere stato composto su richiesta del destinatario, che aveva co-
minciato da poco a dedicarsi alia vita monastics: Ia forma letteraria
assomiglia a quella di alcune epistole morali e di esortazione, che fu.
rono scritte da Giovanni Crisostomo. Sempre di contenuto ascetico e
quello Sui vizi opposti aile virtU, contenente una serie di definizioni
assai concise che elencano gli otto vizi principali; a ciascun vizio vie-
ne opposta Ia relativa virtU: come si vede, Ia tematica dei vizi e delle
virtU cominciava a interessare, ed Evagrio contribul a! dibattito. Sia i
vizi sia Ie virtU sono illustrati da una serie assai fitta di definizioni (245
in tutto), anche queste concepite secondo i criteri tradizionali.
Molto piu noto eil trattato Sugli otto spiriti della malizia, o an-
che intitolato Sugli otto pensieri. Si tratta, come osserva il Guillau-
mont", di un'opera scritta con molta cura e di alto livello letterario.
Essa e fonnata soprattutto da sentenze e comprende frequenti pa-
ragoni, ricavati sia dalla tradizione letteraria sia dall'esperienza per-
sonale. Le sentenze sono simili, per Ia !oro concisione, ai "capitoli"
che costituiscono le altre opere di Evagrio, rna spesso sono legate
tra di !oro. «Talora ne deriva uno sviluppo piu o meno lungo, nel
quale si trova un 'analisi psicologica assai fme, talvolta un ritratto,
come quello del monaco che cade in preda a! peccato della acedia,
talvolta un quadretto, come Ia descrizione delle arti femminili inte-
se ~ sed~e il monaco» (Guillaumontl. Un'opera ha esplicitamente
il_nt~lo di ~entenz~, sl che possiamo ricavare da questo fatto Ia pr~­
dil~•one di Evagno per questa forma letteraria tradizionale, che rl·
s"!iv~ ~olto indietro nel tempo, fino all' eta ellenistica. Anche tra i
cnsnaru essa era stata praticata (nel III secolo erano state serine le
Sentenze di un ignoto moralista cristiano Sesto) ed Evagrio proba·
bilmen~e Ia riprese dal suo maestro Gr~gorio Nazianzeno. Come
Gregono, le sentenze di Evagrio sono elencate in ordine alfabetico.
Esse c~nsistono in una enunciazione morale di carattere generale,
che puo anche essere formulata in forma di definizione.

"Cf. ibid., p. 124.


III. Letterstura e generi lettel'tlr;
141
Jmportanti sono i Capitoli sui/a preghiera anch' . .
buiti 8 NUo, in 153 capitoli. Essi sono inviati ~d un esst ·~ attrt-
sembra essere stato amico di Evagtio, rna che non r~~? che
tificare: costui si era esercitato neD' ascesi da molti ~ 91 ile •d~-
. «Trattasi deU' opanru e
sogno di un trattat o sulJ a preghtera. aveva bi-
c d
. era <On amen
tale per Io studio della dottnna evagtiana deUa "preghiera •-
(GuiUaumont). pura "
Ugualmente.com~osto in ~capitoli" e un brevetrattatointitola-
to Rifles~tont. Ricordtamo pm deUe Esortazioni ai monaci e deUe
Istruzronz.
,An.che Ev~grio si dedico. ~·es~~esi scrittutistica, preferendo,
pero, at trattatt Ia forma degli scoli , cioe deUe brevi annotazioni
Scritti. eseg~tici cosl. concepiti er":"o s.tati composti gia da Origene:
Evagno scnsse degli Scolt at Salmt, un opera assai lunga (circa 1.360
scolil e di grande ricchezza dottrinale; degli Scoli ai Proverbi e degli
Scoli all'Ecclesiaste; forse ne scrisse anche su altri libri biblici. Ope-
re esegetiche minori sono quelle Sui Serafini e Sui Cherubini.

7. La poesia
Solo Gregorio Nazianzeno, tra i Cappadoci, si deelicil aDa poesia,
aDa quale rivolse un impegno non minore che aDa prosa, scrivendo un
gran numero di versi e affrontando una grande varieta eli tematiche.
Siffatta decisione rispondeva non solamente ad una necessita intima,
rna ad un piano ben meditato di attivita letteraria e culrurale.
Per dei motivi che sono tuttora oggetto eli discussione, Ia poe-
sia sorse relativamente tardi nel cristianesimo, tanto e vero che solo
neU'eta stessa in cui Gregorio viveva vi era stata, neU'O~tD:te grec~,
una vera e propria produzione poetics. Alcuni decenru pnma Ari~
aveva scritto in metri popolari un poema (Ia Thalia) aDo sCOP? eli
diffondere Ia sua eresia, rna non per questo egli puo essere conSide-
rato un poeta. Piu tardi Apollinario di Laodicea, a causa deUa pe~-
.
s~cuztone '
di Giuliano l'Apostata ' aU• compoSI-
(361-363 ), s1· dedico. va
ztone di versi seguito dal figlio. Su queste singolari figure g~
l'oscurita pro~urata dalla condanna che colplla !oro ereSia ~ ."
Produsse Ia perdita delle !oro opere. ll padre era un "granu;jj,~t '
~orne riferisce Socrate (Storia della Chiesa III, 16). ll fit•;;. ~i ~
Vofist~·, avrebbe rielaborato aDa maniera dei elialo~ ' 25 )t:che
angel,, e, secondo Sozomeno (Storia della Chresa ' '
1<42 I Padri Cappadoci

!'Antico Testamento. Come un nuovo Omero c~to in 24 libti Ia


toria del popolo ebraico fino a Saul. Avrebbe scntto commedie al.
fa maniera di Menandro, tragedie a imit~zione. di Euripide e Poesie
liriche secondo lo stile di Pindaro, e brevt poeste, che avrebbero do.
vuto essere impiegate come canti durante il servizio divino o j sim.
posi 0 illavoro. Avrebbe .comp?sl?, un~ Meta/rasi del.Salterio, cioe
una riscritrura poetics det salmt. L unptego della poesta per fini di.
dascalici da parte dei seguaci di Apollinare e attestato anche da
Gregorio Nazianzeno (ep. 101, 73 ).
Gregorio scrisse 185 carmi di vario genere e piu di 250 tra epi·
grammi ed epitafi, per un totale di circa diciottomila versi, un'opera
che contribula renderlo famoso (Ia conosce gia Girolamo, Gli uomi·
ni illustri 117), e cio nonostante, mai ricordata dall'autore. Gregorio
vuole creare una poesia cristiana e "correggere" le lettere pagane.
Poiche le sue composizioni si collocano nel corso della sua atrivita pa·
stotale, esse non sono soltanto I'espressione di un atteggiamento liri·
co, rna posseggono anche un preciso intento catechetico e pedagogi·
co. Esso emanifestato chiaramente dal poeta stesso in alcune compo·
sizioni di carattere progranunatico. Una delle piu belle, scritta per Ia
Quaresima del 382, intitolata Per il silenzio osservato nel dig,iuno (II
1, 34), contiene un programma di poesia cristiana, in polemica coni
temi della poesia pagana: non solo quelli frivoli, della poesia erotica,
rna anche quelli piu alti e impegnativi della poesia epica e didascalica
24 • Gregorio intende servirsi della sua abbondantissima vena poetics

per attuare «<a coerente rinunzia a quanto aveva cantato Ia poesia


classics in tutte le sue forme, epica, didascalica, lirica>> 2l.
Tale programma letterario non fu accolto senza critiche. Come
nell'orazione 36 Gregorio difende il carattere peculiare dei suoi di-
scorsi, cosl in un carme assai significative (II 1, 39), anche se di aspet·
t~ pros~ti~o, il poeta giustificala propria poesia con una serie di con·
Slderaztoru che Gennaro d'lppolito ha definito "tetrafarmaco" alia
maniera epicurea 26• Egli vede che, ai suoi tempi, tutti scrivono, anche
seguendo fin troppo illoro arbitrio, sicche tutto il mondo e pieno di

ch 1o 24 Cf.l~· .Costan.~, Gregorio di Nauim:w e l'attivitti /etleraria, in Lirica greca do Ar·


1 'f, ~7 'J:t.· Studi ~ onore di F:M. _Pontani, P~dova _1984, pp. _233ss. . ..
· Pellegnno, La poena dt S. Gregono Na~ranuno Vna e Pens1ero, Mila
no 1932, p. 29. •
• 26 Cf. G. D'lppolit?, Gregorio di Nazianzeno: fA poesia come tetra/armaco (in cor·
so di stampa presso l'ednore Augusfinianum, Roma 2008).
III. Leueralura e generi lellerari
143
ciUacchiere. n poeta, quindi, si vede costretto a dare a tu .
consiglio, di abb~donare questa mania dei discorsi e di d~ un ~
10 studio della Scnttura (vv. 1-17). Ma poiche questo '" camibileal.
ovunque regnano 1· lillgl,
· · allora e• necessaria che anch'egli
e llllposst
. dedichi' e.
81
. 1 essi gli sono• comunque, can,. per.
discorsi: buoni o cattivi .che siano, 11

che in tal modo affida a1 verst e sue angosce (vv 18-24) ch'
gl . · ,nonper e
aspiri ad una vana ona terrena: come v~o dicendo i malevoll (vv.
25-32). Gregono ~ol~ attenerst ad alcuru criteri.lnnanzitutto, non
scrivere_ molto; p01 scnver_e per 1 g1ov~ e per tutti quelli che in mo-
do parucolare provano diletto per 1 discorsi, sl da fomire loro
dolce medic~a, quell:' della ~ersuasione (~ iltopos della poesia co'::
smunento _di persu_astone ~ di .P~dago~, _m quanto facilita l'appren-
dimento di preceru morali ostia e fancost ad essere accettati). In tal
modo il poeta puo condurre i giovani verso quello che toma !oro pill
utile e addolcire con l'arte l'amarezza dei comandamenti (vv. 33-41).
ll nerbo dell'arco, quando e teso, ama rilassarsi, dice Gregorio, ri·
prendendo dei precetti di carattere pedagogico (cf. Fedro, Favole ill
14, 10). Se no, il poeta e pur sempre in grado di fomire canti e can-
zoncine: se i suoi discorsi non piacciono, anche lui e capace di com·
porre piacevoli componimenti. Gregorio ha saputo scrivere anche
della poesia non impegnata (vv. 42-46).1n terzo luogo, il poeta com·
pone perche e preoccupato, e non vuole che i pagani superino i cri·
stiani nella poesia (vv. 47-49), ancbe se, a rigore, l'omamento retorico
e Ia bellezza, per il cristiano, risiedono, sostanzialmente, nello studio
della Scrittura (vv. 50-51). Nei suoi discorsi non vie niente di uoppo
Iongo, che procuri un'intollerabile sazieti\, e nemmeno niente d'inu·
tile (vv. 61-62). Alcune delle considerazioni svolte da quest'attivitii
poetica derivano dalla Scrittura altre dalla letteratura profana (v. 64),
sia che si debba lodare cio ch~ e buono, sia che si debba biasimare
quello che non lo e, sia che si tratti d'insegnamenti, di sentel_'2"• ~:·
si concise, che possono essere ricordate dalla con~t~one ~
scritto. Vi e anche chi critica il metro che Greg?"? IIDple~a, m~;
tratta di ignoranti, di scrittori di giambi, di a~rll di lett~n \'"':· che
70): genre, comunque incapace d'imitare o di far meglio co~
~ene criticato. L'allusione ai metri induce il poets ad altre co~ :
~toni (vv. 82ss.). Anche nella Scrittura si trovano molte com.t:rra
10 metro, come dicono i sapienti tra gli ebrei"- ncantare s '

27 An . red di po!Cre individuar< nci Sol·


rni 1 che Girolamo, all'incirca in quegli aruu. c e81 . un tentativo di rivaJuta-
a Presenza dei metri ddla pocsia dassica (d. ep. 53, ·era
144 I Pabi C4ppadoci

che eproprio dei Sohni, implica una con:'posizione metrica; il canto.


re produce il diletto, in modo che ess? SJa ~trll?'ento per c~
Ia rettitudine, e cerca, per mezzo de1 cann, di conformare i buonj
componamenti di coloro che lo asc?lt~o. Un es~pi~ di ~uesto in-
flusso benefico, prodotto dalla poesta, e offerto dall eptsodio di Saul
che fu Iiberato dallo spirito malvagio grazie al canto di David (d. i
Sam 18, 10; 19, 9). Cosl ancor oggi, dice Gregorio, i giovani (torna,
dunque, l'ele~ttento pedagogico) potrebbero essere esortati a trovare
il contatto con Dio grazie a un piacere, cbe pero deve essere "severo"
(w. 90-91). Essi, infatti, possono essere portati a meditare su Dio so-
lo gradatamente. Vi sia, dunque, nelle composizioni cristiane, una
bella mescolanza di piacere e di serieta. In seguito, una volta che le in-
clinazioni alia virtU si saranno corroborate, si potra togliere ai discot-
si cbe hanno carattere educativo illato piacevole, e in essi potra esse-
re riposto solamente un impegnativo contenuto morale.
Parimenti di carattere programmatico e una sezione del carme
II I, 12 (w. 267-321). I nostri discorsi, dice il poeta, si scompongo-
no nella dizione estema e nel contenuto: Ia prima e, per cosl dire, Ia
veste, il secondo il corpo. In alcune composizioni entrambi gli
aspetti sono buoni, in altre lo e solo uno dei due; oppure sono in-
sufficienti sia le doti naturali, che sono alia base della dizione ester-
no, sia Ia cultura, che si riassume nel contenuto. A Gregorio non in-
teressa tanto l'aspetto esteriore delle sue composizioni poetiche,
quanto l'intemo, il contenuto: e nel pensiero, infatti, che si trova Ia
salvezza del cristiano (una dichiarazione programmatic• e tradizio-
nale). Eppure, anche il pensiero deve essere adeguatamente espres·
so e manifestato (w. 267-278).
In conclusione, bisogna parlare come le persone semplici; se
?o, pres~tare a! pubblico i contenuti, le dottrine cristiane, perche
e accettabile anche un'espressione prosaica e incolta (v. 295): basta
che sia ~evato il contenuto dottrinale (v. 301); l'eleganza esteriore
non ha unportanza (v. 302); non e importante nemmeno Ia famosa
facondia di Platone (v. 305). Gregorio, quindi, vuole evitare il rim·

re_l'~tic~ !es~ento di front~ aile critiche dei pagani, j quali disprezzavano i !esti_sa·
en dea cnstwu m quanto non nspondenti ai canoni estetici da loro rironosduu. G•ro·
lama, pur manten~do q~t'ottica pagana, fonnula un giudizio positivo suUe Sc~tt~·
re, affennando che m esse &I trov~o gli dementi costitutivi deUa poesia pagana -.I unJ·
ca, del ~est?•. che allora era conosauta -. Sarit Agostino a risolvere radicalmente Jl pro·
blema, andi~~an~ ~ Bibbia uno stile e una pooaia peculiari, tali, cioe, da non do·
ver esscre ga.udicau con 1 parametri deUa poesia classica.
Ill. Letteralura e generi kuerori

provero di accondiscendere ai lenocini sofistici d .


do un topos tipico del cristianesirno antico interes' e appanlamre,secon-
. , . h I ' satoso enteai
contenutt: pe~o Sl .accorge ~ e •.coso none cosl sempllce e che I
sua pretes~ di dedicars1 a d1sc;?rs' elahorati, dotati di un ~nos ~
sore dottnnale, urta contra l!deale della semplicita In . pes
si deve ri6uta~e I~ b eIIezza di que!· d'!Scorsi dei quali· si condanna
ogru modoIa
dott~a (un!'fenmento ~~ so.fis?~• e alia letteratura pagana); es-
sere filosofi con semplic~ta di ~one; esser certi che si ortiene il
risultato voluto ru:'che se s1 pari~ m modo spoglio e disadomo (vv.
306-308). Grego~IO present~ p01, e!en.cati !'uno di seguito all'altro
(vv. 309-321), gli argomenu propn di un insegnamento Ieoeratio
cristiano: il problema trinitario, gli angeli, il mondo, Ia Provvidenza
divina, !'anima e il corpo, le due Leggi, l'incamazione di Cristo, Ia
mone e Ia risurrezione, Ia retrihuzione nell'aldila.
Questi argomenti fondamentali del messaggio cristiano, questa
programma didascalico, non possono essere considerati come una
"non poesia", distinta dalla "poesia" dei carmi lirici. In Gregorio,
anche i carmi piu personali e lirici hanno quasi sempre un intento
edificante. Ci sembra, insomma, che vedere, come si faceva una vol-
ta, uno scontro, un' antitesi irrimediabile tra i due atteggiamenti non
sia piu fruttuoso; e importante, invece, rendersi canto del prognun·
rna culturale di una multiforme poesia cristiana, che Gregorio ha
progettato ed eseguito.
Noi ignoriamo per Ia massirna parte quando i suoi carmi furo·
no scritti; i piu numerosi sono quelli che sembra debbano essere
collocati nell'ultima parte della sua vita, dopo il rito~o a Naz1anzo
nel381; alcuni, pero, sono antecedenti, addirittura mal~ono al 1>":
rio do in cui Gregorio era "coadiutore" del padre. Non S1 d~. pe.ro
irnmaginare che sia stato proprio il poeta a volerli raggruppall ~Sle·
me cosl come li leggiamo: da alcune sue parole <TI 1:50, 53·~~~
muffa si sparge sui miei libri incompiute sono le Olle ope~. 1 ~
, ' ?) bra potersl argwre
esse d ara compimento con cura amorosa » sem d fi · ·
che egli non pote dare aile sue opere I' ordinamento . e
Ouello attuale, percio, e dovuto ai dotti della Cong~gazllne ubhll·
m:;:
dettina di San Mauro, a Parigi, che furono benemMerl~ peorltreaP8 pre-
c' d . 'N. noiaunni
az1one elle opere d1 GregoriO aZ!anze . · . due libri. II primo,
senrare un huon testo, divisero le sue poesle ';li
d sezioni, e cioe
~he ha il titolo di Poemi teologici, e compos~ lib ue dal titolo Poe-
1 Poemt dogmattd e i Poemi moralt. II se<?n °d. ;:,;,.; intorno a se
1111 storici, e, a sua volta. diviso in una seztone 1
I P•dri C4pplldod
146

stesso e in un •altra eli Poemi ch~ riguar~no altre persone e che sono,
sostanzialmente, delle epistole m verst.

7.1. I Poemi teologici

Dprimo gruppo dei carmi eli Grego~io e costi~to, come si e


detto, dai poemi teologici (in gran parte m esametn, rna alcuni ao.
che in trimetri giambici), che sono chiamati Carmina Arcana. Gre·
gorio deelica un carme al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo. A que-
sta teologia in senso stretto si riallacciano poi altri temi che, piu pro·
priamente, noi saremmo portati a considerare eli competenza piu
della filosofia che della teologia: un carme (I 4) deelicato al mondo
e alia sua origine; il successivo, alia Provvidenza divina, contra
l'astrologia e il manicheismo. Segue (I 1, 7) un carme deelicato alia
angelologia, problema non irrilevante per chi si collocava, come
Gregorio, in una tradizione che risaliva fino ad Origene, il quale,
nella sua cosmologia, aveva collocato tra le sostanze razionali, pre·
cedenti il mondo creato, sia gli angeli sia le anime umane: I'ortodos·
sia aveva accettato Ia dottrina origeniana della preesistenza delle so·
stanze angeliche al mondo materiale, rna aveva respinto Ia preesi·
stenza delle anime razionali, e Ia controversia al riguardo, smorzata
per il momento, sarebbe dovuta scoppiare con maggior virulenza
proprio negli ultimi anni del IV secolo. Di conseguenza Gregorio
affronta soprattutto il problema della caduta degli angeli e della lo·
ro trasformazione in demoni, che implica illibero arbitrio e, soprat·
tutto, Ia possibilita eli volgersi al male: gli angeli, pertanto, non so·
no inimobili e rivolti solo al bene, come eIa natura elivina. D canoe
successivo (I 1, 8) e dedicato, invece, alia descrizione dell'anima
umana. Esso consta di una prima pane informativa, in cui si narra
come Dio soffio nel composto del corpo umano e gli dette Ia vita:
l'anim~, q~eli~ e il soffio eli Dio. Segue Ia polemica contro Ia me·
tempstcosi. lnfme Gregorio si sofferma sulla creazione deU'uomo,
suUa sua dimora nel paradiso terrestre suUa sua caduta e sulla sua
cacc.iata dalluogo di delizie in cui si t;ovava, per cui il carme sue·
cess1vo Ul, 9), che spiega Ia funzione dei due Testamenti e dell'av·
vento eli Cristo, puo essere considerato come Ia prosecuzione dd
precedente. Esso contiene una rapida storia deU'umanita, dalla ca·
duta al riscatto. I:esistenza delle due nature in Cristo e esp!icita·
mente affermata da Gregorio nel corso eli questo carme: tale proble·
Ill. LettmJtura e generi letterari
147
~atica introduce, quindi, a quella di I 1, 10 Winca- .
'"
Apollinano t od"tcea ), che npren
· d"La · de 1· motivi della...pol
avone,. contto
.
polJinarista e della cristologia. Comunque, j Carmina Aetmca ~na­
G . di rcana mente
aggiungono a ~u~to re~ono .ce nelle orazioni teologiche.
Nelle vest! .di poeta
h elldtdascalico
. . e di teologo• Gregono · appare
meno a suo agto c e n e vestt di oratore sacro· nella
·j . (dall . al . ' suaprosa
molti aspettl etteran esstco, ntmo, alla elaborazione retori:
ca) hanna con succes~o u~ andamento poetizzante. Nei poemi teo-
logici, invece, Gregorto st, muov~ ,con fatica e il verso si forma con
una certa durezza, con un oscunta che non edovuta, forse, solo aJ.
Ia difficolta dd contenuto. La totale mancanza eli una tradizione
poetica cristiana. a ~ ri~acci_arsi: che gli avrebbe fornito movenze
stilistiche e modi di espnmerst, gli ha certamente nuociuto. Ma pur
con queste limitazioni, Gregorio non viene alla ribalta come un poe·
ta improvvisato, e nelle sue poesie ha compiuto un'opera eli grande
importanza sui piano della storia della cultura: egli ci ha fornito un
prima, importante tentativo di dar forma alla poesia cristiana, nel-
l'orgogliosa arnbizione di impossessarsi eli un genere letterario che
ftno ad allora era stato gdoso retaggio del paganesimo.

7.2. I Poemi morali

Tra le poesie morali costituisce un blocco compatto e omogeneo


quello dedicato all a celebrazione della verginita (I 2, 1·7). r: argom"?:
to era eli non piccola importanza all'epoca eli Gregorio. Dcarme P1?
importante e significative e il prima, intitolato Lode d~/la vergtnt~,
che affronta il problema su di un piano soprattutto t"':'ncod. Secrealoo ?
· nca ue ta
una tecnica comune nella letteratura mo..rali, sncaono ' nificate e
an perso
astratte - Ia vita matrimoniale e Ia vergtnlta - s ell d bbia
presentate in un dibattito che deve decidere quale ~ e :::a:..ri·
piu meriti davanti agli uomini e davanti a Dio. La !inz!one P ggetto
vela stcuramente
· d di di · contrastann erano 0
che i ue mo vtvere G · fa rife-
eli VIvace
· elibatttto
· presso 1· cnsuaru
· · · del tempo e che regono
· . una ques0·one astral·
nmenro a un problema realmente senuto, non a .. 8 embri avere
ta. N?nostante che nel corso del ~battito Ia ve~ ~antaggi che
una stcura vittoria grazie ai vantaggt che procuallra e -1 ~a·,.;moniale
e· 1 ' . · to a vt a"' ~-·
vua,. a ~onclusione non e uruvoca, m q~an Qi> significa che ~-
eattnbuuo un valore certamente non pte~1Q. che anche Ja VIta
che uno spirituale come Gregorio non puo negare
148 I Padri uppadoci

mattimoniale possiede un suo ca~ma. G~orio ~onsidera lo Stato


originario dell'uomo e Ia sua c~ndi~to?e ver~ale, m quanto pura ed
esente da peccato, e rnattimoruale_ m~terne, m qua~lto ad Adamo era
stata data Ia compagna, Eva, rna, msterne con altn che condivideva.
no analoghe tendenze ascetiche, egli ossc;rva che Ia nascita dei figii e
I'aver conosciuto Ia propria donna fu un espenenza che Adamo fece
dopo iJ peccato e dopo Ia perdita ?ella vit~ paradisiaca 28. La vergini.
t&, quindi, si presentava come un tdeale di vtta che perrnetteva Ia re-
staurazione della condizione anteriore al peccato, Ia vita angelica e Ia
somiglianza con Dio. Era Ia stessa considerazione che suggeriva a
molti eretici I'equiparazione della vita matrirnoniale a! peccato o, co-
munque, ad una condizione di vita inferiore, contrastante con quella
verginale, che era prerogativa della vita anteriore alia caduta. Le noz-
ze, tuttavia, per Gregorio, pur subendo questa svalutazione, sono le-
gittime, concesse da Dio perche l'uorno e intermedio tra gli esseri
mortali e g1i esseri irnmortali: sono un freno alia materia priva di mi-
sura, consolazione alia rnorte, mezzo con il quale l'uomo, che e mu-
tevole a causa della natura rnortale, trova stabilita nei figli.
I carmi successivi sono di contenuto genericarnente morale, at-
tinenti a varie questioni. ll Con/ronto di generi di vita (I 2, 8) none
certo rnirabile per quanto attiene Ia resa poetica, rna assai interes-
sante per Ia storia della cultura cristiana. Esso discute quale sia Ia
vita preferibile per il vero cristiano. Era una tematica vivacemente
dibattuta in eta ellenistica e romana, se fosse preferibile Ia vita atti-
va o Ia vita contemplativa, da scrittori come Cicerone nelle Tuscu-
lane e Seneca nelle Epistole a Ludlio. Successivarnente tale dibatti-
to fu ripreso con varie rnodifiche o con stanche ripetizioni di topoi,
ad opera di scrittori dell' eta irnperiale. Gregorio, da fine letteraW
qual era, non vi rimase estraneo, rna se ne interessO in due oraziont
(ie nn. 25 e 26), discutendo quale fosse il compito del filosofo cri-
stiano, tanto piu che nel corso del IV secolo si stava diffondendo il
mo~chesirno. ll rnonachesirno basiliano, ad esernpio, puo essere
co~tderato un esempio di vita conternplativa cristiana. Anche Gre-
gono, c?me vedrerno piu oltre (pp. 318ss.), attribuiva alia vita con·
templau~a una posizione preminente: lo spingevano a questa scd-
ta Ia ~ua mdole, Ia sua fonnazione ascetics e le sue esperienze per·
sonali, che avevano cornpreso anche mesi di vita anacoretica con

28 Sui complesso di questa argomento rimandiamo a1 saggio di G. Sfameni Ga·


sparro, EnlcrtJietJJ e llntropologi4 ... , Augustinianum, Rom a 1984.
Ill. Letleratura e generi letterari
14<)
Bssilio e anni di er~itismo a. Seleucia. La vita attiva 0 .
ondaria, propedeuttca alia vtta contemplativa M . ' per ~w. se-
c . , . di hi! . a,tnogrucaso
anche Ia prtma e m spensa e, e cosl il giudice ch all fin •
canne, deve dare Ia palma a una delle due vite che ceo, t ad e del
l · · ( · · nen onotra
di !oro, cos s1 esprtme quast npresentando i meriti h G .
aveva trovato elogiando Atanasio nell'orazione 21 ): c e regono
«Orsu, andat~: e pref~r!hile c_he siate in pace tra voi due e
col g~ande_ Dto, tu ktot;, ~· Vlt~ ~ttiva) assegnando i primi
onorl al pnmo genere. di VIta (croe,la vita contemplativa), e
tu prendendo con te il secondo genere di vita come fratel.
lo. Se esso non possiede i primi onori, che cosa vieta che
abbia i secondi? Questo non eun disonore».

Notevoli sui piano culturale sono anche due poesie dedicate aJ.
Ia essenza della virtu, a come conseguirla, al suo significate peril cri·
stiano. Gregorio riprende una lunga e varia tradizione pagana; dai
tempi dei sofisti e di Socrate, infatti, il pensiero greco si era doman·
dato che cosa fosse Ia virtu, e nella definizione di essa si erano impe·
gnate molte scuole ft.losofiche. D primo di quei carmi (I 2, 9) appare
piu asciutto e piu problematico, rna forse anche meglio riuscito; il se·
condo (I 2, 10), assai ampio (sono quasi mille versi), e, nel comples·
so, diluito e prolisso, anche se molto dotto ed erudite. Esso possie-
de uno scopo pedagogico immediatamente manifesto, a differenza
del carme precedente, piu introverso e meditative. Gregorio si rivol-
ge a un giovane, che probabilmente eftgura fittizia, no~ sol? permo·
strargli che cosa sia Ia virtU, rna soprattutto per fargli c_aptre che Ia
virtu nella sua perfezione non si rrova nelle dottrine det filoso~ pa·
gani. l:impegno di donare se stesso a Dio el'unica vera educaz~one,
il primo e il piu imponante bene degli uomini. Le ricchezze 1':'~~
e le varie scienze del mondo hanno scarso peso di fronte alia dignita
dell' antma,
· a1 conoscere Ia propna · · e iJ destine finale · In ·que-
· ongtne
fi · · anomon 1 d·;~
sto ~a.rme vi e, certamente, moira f~os? a e 81 ntrov 0 illustrate
mol!vr ascetici di Gregorio. Esortaztoru alia poverta .sBw S ue-
c1on esempi: i progenitori nel Paradiso, Abramo, M~e, h 'd":on·
eecc··• qum· di esempt. di con11nenza
· e di£ortezza: Stsac
. enedagogi·
do antico gli esempi di virtu avevano un forte stgnificato Pd'' ·•. ;~
CO p · J'' portanza !Stl•~·
· enanto Gregorio presentandoli, senre ID1 I " ·-'-n·
un c f ' elli . ·aru'· ha uogo"" COIWV
on tonto tra quelli pagani e qu crtstl · d " che si
to tra cio che si guadagna con le occupazioni moo ane e ao
acquista aspirando 8 Dio ... quando Ia _gloria dei ?lartiri, vincitori dei
persecutori, eesaltata per il suo prenuo celeste, m contrapposizione
con quella derivata dalle gare, che procurano effimera fama ai giova-
ni, gia gloriosi negli epinici di Pindaro~ 29 _<Costanza). ~ canni Sui/a
virtU dunque, e quelli di argomento etlco m generale ct presentano
iJ pn:blema del rappono tra ?lo~ale c~tiana ~ morale p~~a_- La SO-
Iuzione ci conduce verso Ia diatrtba ctruco-stotca: Gregono e mteres.
sato a una filosofia popolare, che si ritrova, ripetendo degli stessi to-
poi, in Seneca o Dione di Prusa.
Un vero e proprio capolavoro e l'elegia I 2, 14, in cui il poetasi
interroga sulla natura umana, caduca e transeunte. n carme inizia
con una sequenza di carattere narrativo che serve a definire tempo,
luogo e situazione psicologica del poeta; di antica tradizione poeti-
ca e letteraria e Ia descrizione di un bosco ameno, in cui si trova il
poeta immerso nella meditazione. Unico confono e Ia fede, che si
manifesto in un'invocazione alia Trinita, in una esortazione a se stes-
so, nella speranza della risurrezione. Secondo il Cantarella JO <<que-
sta elegia contiene i piu elevati accenti della poesia di Gregorio ...
notevole esoprattutto, dal punto di vista della poesia, il movimen-
to iniziale: per trovare qualcosa di simile bisogna arrivare al Petrar-
ca di Solo e pensoso .. .». Nella descrizione della natura egli gareggia
coni grandi modelli classici: Omero, Saffo, Teocrito. Non meno riu-
scita e, tuttavia, anche l'elegia successiva, dedicata alia considerazio-
ne della vanita della natura umana: /}insigni/icanza detl'uomo este-
riore (12, 15). L'elegia si apre con una serie di domande angosciose,
che il poeta rivolge a se stesso e a Dio: che cosa significhi esistere,
essere uomo, essere Gregorio; Ia conclusione ineludibile di ogni
condizi~ne umana, anche della piu sublime, e che I'uomo none al-
tro che il nulla. La consunzione e Ia mone pareggiano tutti, l'impe-
ratore e il mendicante. Unica sicurezza e quella di abbracciare Cri·
sto. Se il corpo piega verso Ia terra, I' anima che e il soffio di Dio,
tomera verso I'alto. In questo consiste Ia ve:a grandezza.
ll problema centrale della vita e, dunque, quello di scegliere Ia
Strada che conduce alia felicita: questo problema era stato affront•·

. 29 _S. Costanza, La_ s~elttJ della vita nel Carme 1, 2, 10 di Gregon'o di Nt~t.ianze~O- · ·'
~E. LJVrea e G.A. Pnvttera (edd.), SJudi in onore di Anthos Ardiuoni, Edizionl dd·
I Ateneo I-ll, Roma 1978, pp. 2JJ-290. p. 2l4.
30
148 _ R Cantarella, Poeti biTAnlini, a cura di F. Conca, I-II, RizzoU, MUano 1992, P·
III. LetterQtura e generi letltrari

10 anche dalla filosofia pagana nell' ambito della esortazj


dd dibattito sui modo migliore eli vivere. Esisteva in£ ~e morale,
blematica incentrata su questo tema, elibattuta dai' . ~~dun~ pr~
. . L G cmtcr, agli 9101
ci dai moraliso tutti. o stesso regorio si pone il bl .·
' gli I . . I . pro emasesta
meglio see ere a VIta atova o a VIta contemplativa nel d .
cato aile Vie della esistenza (12, 16). Esso si apre con un ~edieddi.
. 1 alii! asene 0 •
mande ~go~c10se con ~ qu poeta si interroga sul significato del.
Ia propna eststenza, e da a un topos tradizionale una profondita che
fino ad allora era stata spesso annacquata dalle chiacchiere della mo·
ralistica ~osofica pag~a. La .conclusione, comunque, non edispe.
rata, rna e consona con il sentunento del vera cristiano (w. 33-40):
<<Ecco quanto, per gli uomini, costituisce l'unica realta buo·
na e stabile: dipartirsi da qui, innalzando Ia croce, e le lacri·
me e i gemiti, Ia mente intents aile cose di Dio, Ia speranza,
e lo splendore della Trinita celeste».

Come il carme precedente affrontava il problema del modo di vi·


vere e del genere di vita secondo uno schema tradizionale, cosi nel
carme successivo (I 2, 17: Le beatitudini dei diversi modi di vivere)
Gregorio applica al problema un altro schema prettamente retorico,
quello della "beatitudine •. Molti sono i modi di essere felice, rna so-
no tutti indirizzati a un unico tema: quello della vita contemplativa,
dell'ascesi, della rinuncia al mondo (vv. 1-30). Toma anche il motive
della superiorita della vita verginale rispetto alla vita matrimoniale.
Nel resto della sezione I 2 si trovano vari motivi ascetici e mo-
rali: Ia nullita della vitae delle cose umane (nn. 18 e 19); Ia condan-
na dell'ira (n. 24), che riprende motivi moraleggianti trattati da. Se-
neca e Plutarco, eliscussi da filosofi stoici c?me. Crisi~~o e Pos:~:
nto e dagli epicurei. U n elemento della predtcaztone .cwca era q
lo della polemica contro Ia nobilta eli natali: Gregono lo sfrutta an-
che nelle omelie (n. 25, n. 26, n. 33) end carme I 2, 26· rte dei
. Di contenuto morale e pedagogico sono anche.~ pa 0 ra
Gtambi a Seleuco di Amfilochio dei quali abbtamo gta parlat)olls p
' . . · ( 81 car-
per ~uanto riguarda i problemi della p~oca crtsuana P·di ddica 8
rne e costituito da 337 giambi conclust da tre esametn . forma
Seleuco: il giambo e il verso ti;ico della trattazione .~oral(e ID te eli
pro.sasttca.
. Seleuco era un personaggto . eli no bile ortgme paren
·eli rispet-
Ohrn
) Pta · de, Ia quale e ricordata alla fime del ca rme
. con eli toru
Olimpiade fa
to ' rna sostanzialmente sconosciuto. La menzwne
152
pensare che Amfilochio abbia scritto questa su~ comp_osizione negU
anni di Costantinopoli. Questo tratt~to morale m v~1. esona Seieu.
co 8 coltivare i costwni cristiani, ev:ttand? le occas1oru del vizio, ed
in particolare quelle che .an.cora erano vJVe alia_ ~e d~ IV ~ecolo,
come gli spettacoli dei mnru, le cacce aile _fi~re, I g10chi_ del cttco; le
arti profane debbono essere poste al se':"'~o. ~ell~ s~p1enza divina.
Tale sapienza si basa in primo luogo sw ~br1 1Splra_u_dall~ ~Pirito,
per cui Amfilochio ritiene opponuno_p_reclsare quali Siano 1li~n ca.
nouici: questa sezione (vv. 251-31?) e ~ter~so:mte ?er la stona del
canone ed ebbe amplissima diffus1one m eta b1zant1na.
e
Pill interessante (per tomare a Gregorio) I 2, 29, anch'esso di
contenuto morale (e scritto Contro le donne che si truccano), rna non
cosl arido come i precedenti. TI lusso e Ia vanita femminile erano sta·
ti ampiamente trattati fin dai tempi di Omero e di Esiodo, poi dai
poeti lirici del VII e del VI secolo a.C., ed erano stati oggetto eli di-
venimento della commedia greca. Essi non sfuggirono ai moralisti
dell'eta ellenistica e romana, come Seneca, Plutarco, Dione Criso·
stomo. I motivi essenziali della moralistica greca e latina furono ri-
presi senza clifficolta dagli scrittori cristiani, i quali considerarono
accettabili le considerazioni della sapienza pagana a questo propo·
sito: ad esempio, la contrapposizione tra Ia bellezza naturale, creata
da Dio, e quella artificiale, opera della mano dell'uomo; la prima e
verita, Ia seconda falsita; Ia prima innata, Ia seconda accattata dal-
l'estemo. La bellezza naturale non ha bisogno dell'aiuto dei bellet-
ti, i quali, a! contrario, la guastano. A questi motivi della moralisti-
ca ~reca i cristiarti aggiungevano delle proprie considerazioni, piii
e
schiettamente religiose: Ia bellezza naturale opera eli Dio, che ha
c_n;a_to l'~om~ a sua immagine e somiglianza, mentre Ia bellezza ar-
li!iciale e un unpostura suggerita dal demonio. Data la sua origine,
s~a~a _impostura eliventa assolutamente inaccettabile: gli scrittori
cnsuaru n_on esitano a condannare come un grave peccato quells
che ~o.rse e ~lo_ una debolezza. Gregorio si inserisce bene in questa
tradiz~one cnsuana: prima di lui, in ambiente Iatino, Cipriano ave·
va scn!lo un mteressante trattato sui tema del modo di vestire delle
verg1_m W: h~bitu virginum), in cui aveva presentato molte delle
conslderaz10~ che si leggono in Gregorio. ll Nazianzeno stesso ave-
va toccato_l a~gom~nto, calcando Ia mano e ispirandosi a severe
~~nsider~1om asceuche, data l'occasione in cui scriveva nell'epita·
10 della_ VIttuosa sorella Gorgonia, Ia quale si era dedica~a a una vi·
ta eli astlnenza e eli preghiera nonostante le possibilita offertele dal·
IU. LetterDiwa e generi ktlerori

Ia ricca famiglia. Ma Gregorio conosce bene anche Ia letteratura pa-


gana, che Ia sua raffinata educazione retorica gli aveva reso familia-
re: <;>n;tero, Esiodo! i poeti dell' eta alessandrina, per cui questo car-
me e nsultato paru~o~enr_e elaborato, con ponte che raggiungo-
no un ~ero e ~ropno vlrt~osiSmo verbale. lnfatti I' argomento, trat-
tato da1 mor:Wsu, av~a nc7vuto una forma letteraria ad opera an-
che d~1 poeu, d01 quali un fine letterato come Gregorio non poteva
prescmdere. ll lusso, Ia bellezza, Ia sofisticazione dell'omato femmi-
nile avevano avuto ampia parte nella poesia amorosa, in quella de-
giaca e nella commedia. Le donne che si truccano sono oggetto dd-
l'ira da parte dd poeta innamorato, cbe teme cbe Ia sua amante si
faccia bella per gli altri; oppure il poeta comico, per far ridere il suo
pubblico, metre alia berlina i trucchi e gli imbellettamenti delle don-
ne delle quali si innamorano i giovani. Quesro carme, quindi, e cer-
tamente tra i piu notevoli di Gregorio e uno di qudli che meglio evi-
denziano Ia sua arte nello scrivere in versi; uno dei carmi piu dotti,
piu sensibili alia tradizione culturale della quale Gregorio era erede.
Le composizioni successive (I 2, 30-34) sono simili tra di !oro
per contenuto, rna diverse, per certi aspetti, nella forma. n caratte-
re comune e quello della gnomologia, cioe Ia formulazione di nuo-
ve sentenze: un atteggiamento didascalico che era stato non infre-
quente nella letterarura greca e in quella latina. Raccolte di senten-
ze morali circolavano frequentemente nell' eta imperiale, organizza-
te per mezzo di uno spoglio attento e minuzioso delle opere di poe-
ti (soprattutto) cbe sembravano prestarsi a questo scopo: il piu fa-
moso di essi fu Menandro. Cdebri divennero anche, nd IV secolo,
le sentenze di un oscuro personaggio, il pitagorico Sesto: esse diven-
nero cosi famose negli stessi ambienti cristiani che non furono piu
attribuite al filosofo pagano, rna al papa Sisto II (25? -258), dopo es-
sere state convenientemente adattate e ridaborate m amb1ente cn-
stiano forse ad Alessandria· Rufino le tradusse in Iatino. Evagrio
Ponti~o, come si detto (p. '139), scrisse delle Sentenze dedicate ai
e
monad e altre aile vergini, alia maniera dei Proverbi odd S~taade.
Le sentenze di Evagrio erano, secondo il giudizio di Gennadi_o, «liS:
sai oscure e, come egli stesso dice, comprensibili soltllllto 81 cu?n
dei monad>>. In quelle di Gregorio troviamo esposte e illustr~te b"'-
teticamente I' ascesi, Ia vita contem~lativa, il '!i5P_r~z~o dell:.:i~c ;:;
ze e dd mondo, I'attenzione per 1 problemi eua m 8':" :
quanto riguarda Ia forma, caratteristica ~ella sc;n_tenza e Ia stnngj'
tezza, cosl come. al dire di Gennadio, I oscurJta carattenzzava e
I P•dri <Appt~dod
''"
sentenze di Evagrio. Tale ricerca si risolve: quindi, ~ os~urita, risut.
tato di un artificio e di una teO:U.c~ scal~ta. N?n st puo parlare di
gt'81lde poesia, rna di grande abilita versificatona.

7.3. I Poemi intomo a se stesso

Costiruiscono Ia prima sezione del sec~ndo li?ro; son~ ~ovan.


tan ve carmi di lunghezza assai diseguale: st va dat tre verst di alcu.
ni &o ai 1949 del carme II 1, 11 (Autobiogra/ia), Ia piu lunga tra le
poesie gregoriane e una delle piu significative.

7.4. I Poerni che riguardano altre persone

I Maurini seguirono il criterio cronologico, sia pure mescolan-


dolo ad accostamenti di tematiche. comuni, anche per Ia seconda se-
zione del secondo libro, cioe per i sene carmi che riguardano altre
persone. Ma solo alcuni tra i carmi autobiografici furono composti
durante il soggiomo di Gregorio a Costantinopoli o poco dopo Ia
sua pattenza. Infatti nei carmi II 1, 5 e 7 il poeta sembra ignorare il
nome di chi lo aveva sostituito nella cattedra di Costantinopoli, e
cioe Nettario. Invece molti, che hanno diretta attinenza aile vicende
del triennio 379-381, furono scritti successivamente, quando Gre-
gorio era tomato in Cappadocia. Essi manifestano, quindi, il risen·
timento e le critiche che Gregorio outre nella riconsiderazione del
proprio passato e degli insuccessi subiti durante il Concilio del381.
Queste composizioni possono essere considerate come delle
epistole poetiche, indirizzate, con toni di ammonimento, a funziona-
ri ed autorita, come Ellenio e Giuliano, che erano stati compagni di
studi di Gregorio, come Nemesio, un pagano. Alcuni riguardano i fa·
~ di Gregorio, il quale scrive a nome del pronipote prediletto,
Ntcobulo (che conosciamo gia dall'epistolario, cf. p. 126), una richie-
sta _(II 2, 4) indirizzata al padre, Nicobulo senior; questi risponde al
figlio, ugualmente per bocca del poeta. Pure il carme ad Olimpiade
(II 2, 6) ha ache fare con Ia famiglia del poeta. Anche Vitaliano, a cui
e inviato il carme II 2, 3, e i numerosi altri personaggi menzionati in
II 2, 1 appattengono ad un ambiente vicino a quello di Gregorio.
~ car~e II 2,_ 1 si indirizza ad un antico compagno di studi, il
funztonano Elleruo, chtedendogli I'esenzione dalle tasse per alcune
IU. LettertJtura e generi lettertJri

persone c~e si c;rano consacrate a Dio. Di costoro Gregorio non so-


lo elenca .1 no~, rna offre ~ure, di ciascuno, una nitida presentazio-
ne: poch1 tram rna efficac1, comparabili, come osserva iJ Crimi a
quelli con cui lo stesso poeta, negli epitafi, sa delineare delle esist~n­
ze ormai concluse e consegnate al passato. Enotevole anche I' atten-
zione che egli dedica al monachesimo, onnai diffusissimo anche nel-
la C~ppadoci~, ~a su~ tipologi_a e a_gli e~cezionali sacrifici degli
asceu. Gregono s1 cons1dera anuco di tutti costoro (rna si tratta di
una amicizia spiriruale, di intenti e di ideali), e in !oro nome si rivol-
ge a Ellenio.
Anche nel successivo, breve componimento (II 2, 2), Gregorio
chiede un sollievo in favore dei poveri oppressi dal fisco, rapace co-
m'era nel mondo greco-romano in eta tardo-antica.
Seguono tre lettere scritte a nome di altri. La prima (II 2, 3) e
indirizzata a un non meglio conosciuto Vitaliano dal figlio Pietro, il
quale, assieme al fratello Foca, era stato cacciato di casa dal colleri-
co padre per Ia sua disobbedienza. Costretti ambedue ad una vita
miserabile, mentre fmo a que! momento erano vissuti nell' agiatezza
di una famiglia di elevata condizione, supplicano il padre di riam-
metterli nella propria casa, e di perdonarli. Gregorio, a sua volta, in-
siste presso Vitaliano perche perdoni i propri figli.
Anche per il giovane Nicobulo Gregorio scrive un'epistola (II
2, 4), indirizzata al padre, Nicobulo senior. II figlio chiede al padre
di prowedere alla sua istruzione superiore, accordandogli gli ab-
bondanti mezzi che sono indispensabili. II giovane Nicobulo, che
poi sarebbe il Nazianzeno, si presents quale Gregorio aveva descrit-
to se stesso da giovane, cioe come uomo che non si cura delle ric-
chezze, rna solo della "fllosofia". II padre risponde biasimando Ia
superbia del figlio e parecchie sue affermazi~ni. Lc:gg~amo ~che
qui un elogio dell' eloquenza e della sua funz1one c1~at?ce ed
educatrice che testimonia come, in Cappadocia, le fanuglie di eleva-
ta condizione percepissero il valore soci~ente rilevante ?~a c~:
tura e della lingua greca e quanto fosse unpo~~te, ~er gli mtelle
tuali cristiani, iJ problema dell'educazione d~ g~ovaru. . .
II carme II 2, 6 fu scritto perle nozze di un~ nobilc; fanaulla,
Olimpiade, Ia quale divenne poi nota e _b~ementa per ~ : e : t
materiale e morale che presto a Giovanm C~1sostom~ negli. -
l'esilio (401-404) con Nebridio, prefetto di Cost~uno~oli. _Grego:
· 1 · ' · di · · · proposlto de1 suo1 cloven
no e riVolge una serle ammomzionl, a . . d I Ia modesria nel
nei confronti del marito e della casa e cons1glian e °
J raan L4ppauoc:r
116

rtamento. n poets r!prende Ia visione tradizionale, che asse.


~:alia donna iJ suo ruolo all'interno della casa_, e unisce Ia pre-
gn . . classt"ca alia ttadizione veterotestamentana.
cettiStlC8 . G .
e
L'ultimo canne (II 2, 7) un protretuco. _regorto esotta Ne.
mesio, 8 que! tempo governatore della. C~ppa~octa, un pagano equi.
librate e interessato ai valori del crtsttane_sm~o: ~d abbandonare
l'idolatria. Gregorio ricorte aile argo.rr.'e~taztom tl?tc~e d~a apolo.
gerica, componendo un cann_e erudittssun~ per ~:nmentt mttolo-
gici ed antiquari e per Ia allustone aile d~ttnne religtose pagane del.
l'epoca (gli oracoli, l'ennetismo ecc.),_ nevocate per essere ~onfuta­
te dalla rivelazione cristiana e dal suo msegnamento, quale il conce.
pimento virginale e Ia nascita _di Gesu. . . .
I • carmi rivolti ad altri" ct presentano, qumdi, un Gregono che
asswne un atteggiamento nuovo: ci troviamo di fronte un letterato
aperto al suo ambiente, in contatto con personaggi di grande rilievo
nella Cappadocia, quali Olimpiade e Nemesio. Egli sente di avere
una funzione da svolgere e di occupare una importante posizione so-
e
ciale; un poeta che si serve delle sue capacita letterarie per potersi
presentare in modo autorevole ai suoi destinatari e ai suoi lettori.

7.5. Epigrammi ed epita/i

Tra le poesie di Gregorio Nazianzeno si trova un folto gruppo di


epigrammi, che sono comunemente distinti in "epigrammi" ed "epi·
tali", a seconda che il destinatario sia una persona vivente o morta (in
realti il titolo di "epigramma" valeva, nell'antichita, in entrambi i ca·
si, essendo inteso come "iscrizione funebre" o "carrne per una perso·
na", rna non necessariamente da intendersi come scritto sulla tomba).
~ ~ddetti epitafi costituiscono Ia massima parte della raccolta. Essi,
msto:me ad alcuni altri carmi in metro e carattere elegiaco, sono con·
flum anche nella Antologia Palatina, della quale costituiscono I'ottavo
libro. Gli epitafi propriamente detti non costituiscono l'intero Iibro,
rna ~che gli altri ~ar~ano quasi tutti Ia motte di persone care o,
addirittura, sono dedicatl ad una categoria tipica dell'antichiti, que!·
Ia dei profanatori delle tombe. Le tombe delle persone facoltose era·
no spesso sontuose ed esposte al saccheggio dei ladri, oppure (fatto
certo meno grave, rna pur sempre increscioso) accadeva anche che le
P~ ~e ~?mbe v~sero sottratte per altri scopi: da qui le violen·
te mvetttve di Gregono. In altri epitafi il poeta biasima colora che, se·
Ill. Lelt~atum e gt!1'1m ktterari I~

condo una consuetudine frequente neUa antichira cristiana cdebra-


vano le feste dei santi sulle !oro tombe e poi si abbandonav~ 8 goz-
zoviglie. In sostanza, quindi, Ia divisione in epigrammi ed epitafi eso-
lo di comodo, ma non egiustificata dalle norme del genere letterario.
Gli epigrammi 1-165 deUa numerazione impiegata nell'orravo
libro della Antologia Palatina (scegliamo questa numerazione, per-
che ci permette una classificazione piu agevole che non quella deUa
raccolta curata dai Maurini) sono dedicati a parenti e amici, mentre
i seguenti 166-254 sono dedicati a dei temi piu generali senza rivol-
gersi ad una persona precisa. Nella prima parte si riscontrano dei ci-
cli di epigrammi, probabilmente messi insieme poco dopo Ia motte
del poeta: per Basilio, per il padre Gregorio il Vecchio, per Ia ma-
dre N onna, per il fratello Cesario, per Ia sorella Gorgonia con il co-
gnato Alipio. Dedicati a parenti meno stretti sono gli epitafi di Am-
filochio il Vecchio (zio matemo di Gregorio), di sua moglie Livia e
del suo figlio Eufemio, e alcuni altri analoghi, tra i quali alcuni che
riguardano Ia famiglia di Basilio, come il fratello Naucrazio, Ia ma-
dre Emmelia, le sorelle Macrina e Teosebia. ll fatto che i primi 11
epigrammi sono dedicati a Basilio ci fa comprendere quale signifi-
cato Gregorio attribuisse all' amico. Meno interessanti per quanto
riguarda le persone, ma ugualmente utili per Ia ricostruzione stori-
ca della societli e dei personaggi della Cappadocia, sono le altre
composizioni. In molte riecheggiano brevemente anche alcuni epi-
sodi della vita di Gregorio: le lotte in difesa dell' ortodossia, le som-
mosse degli ariani, il terremoto che distrusse Nicea nel368, i vicini
e i conoscenti spesso invidiosi e ostili.
Certo, non possiamo pensare che l'ispirazione poetics intesa !"
senso moderno sia all' origine di questi epigrammi: nessun dubb10
che Gregorio abbia sofferto profondamente per Ia morte della rna:
dre, ma e difficile pensare che que! sentimento sia alia base di tum
i cinquantadue epigrammi scritti per Nonna. Le du~ l'llccol~e "?ffro-
no, ben piu che gli altri carmina, di monotonia e di npeunvtta. Se-
condo il Pontani, «<a ripresa d'un identic.~ tema, .personale ?. ~o,
con variazioni inesauste dii Ia misura di un IIDpresstonante fa~ilita1e
abilitli di versificazione.' rna d'altro Jato respinge con Ia stucc evo e
insistenza ripetitiva» "·

. M p . U Torino !983, pp. 376-377.


31 Cf. Antologia Palatina, a cura di F.. · dff.t~
Sugli Epigrammi si legga lo studio complesstvo · nca,
'Gli epigTdlllmi Jj Gregorio
Nav"an:z.eno. «Koinonia» 24/1 (2000), PP· 47·66.
1S8 I Psdri C.ppadoci

Ma Ia poesia epigrammatic& ~tica era caratter~zata comune.


mente da una sottile trama letterana, creata dalla sap!ente alternan.
za di imitatio e variatto, attraverso l'arte allusiva alia quale il Poeta
mira in prima istanza, consapevole di c~en~arsi con. i s_uoi prede.
cessori. Di conseguenza, come osserva il Cnscuolo, ms1stere sulla
contraddizione fra il cristiano e il retore o nella ricerca di una poe.
sia cristiana non costituisce il metodo migliore per una proficua sto-
ricizzazione di codeste composizioni; Gregorio molto probahilmen-
te non si pose mai I'esigenza di creare un epigramma cristiano, ma
pensa semplicemente di essere in grado di comporre epigrammi
non meno di altri letterati della sua epoca, servendosi degli stessi
e
strumenti retorici. La forte rielaborazione retorica quello che piu
colpisce in questi deli.
e
La poesia di Gregorio Nazianzeno deflnita «poesia umanisti-
ca>> dal Wyss per Ia cura delle scelte lessicali, per le allusioni ai mo·
delli letterari e Ia pregnanza semantica con cui sono utilizzati i vo-
caboli nei contesti specifici, con l'intento preciso di ribadire un con·
cettO 0 un'immagine. fl gusto per un Jinguaggio raffinatO trova COD·
ferma anche nella tendenza ai neologismi. E mirabile come Grego·
rio riesca, nella elegia, a far nuovamente risuonare dei motivi che
erano spenti da decenni,la capacita di dare in gruppi di epigrammi
che si trovano nella tradizione di que! genere poetico, in gruppi eli
poesie giambiche, manifestazione al suo cuore tormentato, ai suoi
dolori, allutto, all' entusiasmo, al dubbio.

7 .6. II Christus patiens

. Un dramma. ~ssai lungo dal titolo La passione di Cristo attri· e


bwto dalla tradizione a Gregorio, rna Ia sua autenticita da piu eli
quattro secoli e quasi unanimemente contestata. Costituiscono una
~ccezione alia communis opinio due grandi specialisti come A. Tui·
lier, che ne pubblico un' edizione nel 1969 per le Sources Chretien·
nes (n. 149), e Francesco Trisoglio". Gli studiosi che sono convin·
ti della n~n ~utenticita del Christus patiens si basano soprattutto su
argomenu di carattere linguistico e filologico e ricorrono ad un esa·
me della prosoelia e della metrica dell' opera. La conclusione di tali

, '!·
32 ~~· Triso~o, San Gregon·o di NaVanzo e i/ Christu& Patiens. II problema del·
I autentu:tta gregonana del dramma, Le Lettere, Firenze 1996.
Ill. LetteraturtJ e generi lettertJri 1,
ricerche ci rimanda alla fine della tarda antichiti o addirittut'a aJ.
l'epoca bizantina. ll Christus patiens e in forma di centone, doe e
costruito mediante Ia ripresa eli emistichi delle tragedie eli Euripide.
Recentemente (1996) il Trisoglio ha contestato i risultati ai quali era-
no pervenuti gli studiosi contrari alla autenticita gregoriana del·
!'opera, impostando Ia sua ricerca su due linee: da un lato ha con-
dotto un riscontro analitico tra numerosi versi del Christus patiens e
Ia restante produzione- poetica e prosastica- di Gregorio, allo sco-
po eli ricavarne concordanze, echi e riprese, per proporre una valu-
tazione - finora mai tentata - dell' opera. Dall' altro, ha eseguito un
confronto tra il dramma, ritenuto gregoriano, con le opere eli que·
gli scrittori bizantini ai quali i critici sostenitori della non autentici·
tii lo avevano attribuito, quali Gregorio eli Antiochia, Teodoro Pro-
dromo, Giovanni Tzetze, Costantino Manasse, ed egiunto alla con-
clusione che il Christus patiens eassolutamente incompatibile con Ia
mentalita, Ia moralita e il gusto eli quegli scrittori bizantini.
IV. Una filosofia cristiana

La fi!osofia greca, in tutta Ia storia del c~stianesimo_antico, non


emai impiegata indipendentemente da una mterpretaz10ne che sia
conforme alia fede. I Cappadoci ne costituiscono una splendida
conferma: come si servi~e form~rarie apprese con Ia lo·
ro educazione per parlare alloro pubblico, ill cristiani e di pagani,
cosi impiegarono Ia filosofia greca per elaborare una dottrina cri·
stiana. Ma bisogna guardarsi - e questo valga come criterio inter·
pretativo- dall'attribuire eccessivo valore ad apparenti parallelismi
e dedurre frettolosamente da essi dipendenze e derivazioni.
- Naturalmente, in linea di princi · , v e se re, anche per i
Cappadoci come gill per illoro maest Origene, I'a eggiamento cri·
rico nei confronti della filosofia. L'insufficenza a cU!tura profana
e3Hermata anche dal piu "filosofo" dei tre (Gregorio di Nissa, Vita
di Macrina 3; in pol~ e gli epicurei ne /}anima
e ~ _risurrezjone, cap. 5 e 8). Basilio, a sua volta, critica Aristotele e
CDSJppo (Contra Eunomio I 5 e I 12). Aspre critiche alia filosofia gre·
ca sono mosse da Gregorio Nazianzeno ilia fine dell'oraztone 27,
mentre n~ con~usione dell'orazione 25 ~gli afferma di aver parlato
~ maruera deJ pescatori - cioe, degli apostoli - e non eli Aristote·
""·,•.potremmo continuare. Piu sfumata l'affermazione del Nisseno
ne ,... Vt/a di Mose (ll 39s ) en . . d di"""'
D10. agli b . . s. • iWOrquando tnterpreta il coman o
e ret, di · ·
donare I' Egino
. ~rst Via sheza restitnirl; nel momento di abban·
tutte
~ Quelle ' 1 e ~ose c e avevano avuto in prestito (Es 12, 35·
paro e di Dto avevano · gli . . . ··
terpretazio · dis suscuato ne esegeu ensuant tn·
era ricorso~d u:;:ra~, ~ata ~ !oro evidente disonesta. Tertulliano
che g1i ebrei non fa gt sti£i~8Zione m_orale, sostenendo (Marc. ll 20~
egiziani avevano es~:ranf tro che nprendersi in parte quello ch~ gli
ll Nisseno invece 0 oro con Ia forza durante Ia lunga tirarmtde.

E ' • Presenta una sp"tegaztone


· di ttpo
. spmtuale·
. .
" evidente, allora che il . .
conveniente del . ' .fi ragtonamento piu nobile e piu
stgnt lcato letterale. Esso ordina che chi
IV. Una /ilosofoz cristi4na 161

cerca Ia_ vita Iibera mediante Ia virtii si deve procurare an-


che Ia n~chezza della cul~ra profana, della quale si vanta-
no quelli che sono estrane1 alia fede. La filosofia morale e
· quella fisica, Ia geometria e I'astronomia e I' attivita dellalo-
gica e tutto quello su cui si affaticano coloro che sono estra-
nei alia Chiesa, colui che e nostra guida alia virtii ordina di
portarle via tutte a coloro che ne sono ricchi tra gli egizia-
ni, e di servirsene, perche torneranno utili a! momento op-
portuno, allorquando bisognera ornare con Ia ricchezza
della ragione il divino tempio del mistero».

Mose era stato raccolto dalla figlia del faraone, che era sterile:
«Sterile e, veramente, Ia cultura profana: sempre e nelle do-
glie, ma mai genera un figlio vivo. Quale figlio delle sue
lunghe doglie potrebbe mostrare Ia filosofia, un figlio che
sia degno di tali e tanti travagli? [ ... ] Dunque uno, dopo
che e vissuto nella vita della principessa degli egiziani tan-
to quanto basti perche non sembri privo di cio che e impor-
tante preSSO di )oro, ricorra a coJei che e SUa madre Secon-
do natura. [ ... ] Questo fatto insegna ... che se uno frequen-
ta i ragionamenti profani nel momento della sua educazio-
ne, non deve distaccarsi dallatte della Chiesa, che ci nutre.
ll latte sono le tradizioni e le consuetudini della Chiesa, dal-
le quali e nutrita e maturata !'anima nostra, facendo della
sapienza profana il punto di partenza per salire piu in alto»
(La vita di Mose II 11-13).

La Scrittura, quindi, e norma anche della filosofia, nonostante


che anch' essa sia utile: ..
<<l'oiche Ia testimonianza ispirata da Dio e un criterio_infal-
libile della verita di ogni insegnamento, ritengo ch~ s1a_ op-
portuno rendere credibile il mio discorso con Ia Cltazlone
delle parole divine» (Contro Eunomio I 294). .
«E se a noi bastasse veramente, per raggiungere ~es_ta di-
mostrazione, Ia filosofia profana, Ia quale conallarte snng_ue
tali questioni sarebbe forse inutile proporre 8 nost~ ~­
dagine un ra~ionamento che avesse come argom~to _aru-
ma. Ma siccome quelli hanno condotto Ia !oro disclUSSlone
sulla natura dell'anima basandosi sulle apparenze, a oro ta-
I Padri C.ppadoci
162
Iento, mentre noi non possediamo Ia licenza ~ dire quello
cbe ci pare, in quan~o abb!arno nella s.acr~ Scnttw:' Ia nor-
mae Ia Iegge di ogru dottnna [. .. ]» (Lamma e Ia rtsurrezzo-
ne, cap. 20).
Questo non esclude, comunque, il fatto che anche Ia Scrittura,
che per ceno e parola di Dio, .si~ pur sempre un'opera um~a. In
Non sono tredei (cap. 19) enell operaAz Greet (cap. 4) Gregono sta
svolgendo il suo difficile ragionament() ~ontl'()i_!~iteisti, sottolinean-
do che vi sono impqrtanti dil'terenze tra Ia vita umana e Ia vita di
Dio per cui si puc par! are di tre uomini all' intemo dd "genere" uo-
mo.'mentre rimane scorretto parlare di tre dei; se un certo nome de-
signa un~(ad esempio, "uomo"), non e corretto usarlo per
= membio di quella specie, cioe non dovremmo usare "uomo" nel
e
senso dell'individuo; rna se Ia Scrittura lo fa, per "venire incon-
tro", per accondiscendere aile nostre abitudini (Ai Greci, cap. 6) '·

1. TI platonismo dei Cappadoci

Nella filosofia dei CappadoJia-;;mponente platonica ~a. come


1ldla scuola di Alessandria alia quale essi si rifanno, una funzione pre-
ponderante: esistono nelle !oro opere elementi eli cinismo, e sono rin-
tracciabili anche particolari della filosofia s~ca; nmavia, ne il cini-
smo ne lo stoicismo concorrono a determinare in modo essenziale Ia
!oro speculazione teologica. La stessa ascesi a cui il N azianzeno e il
Nisseno aspiravano non contrastava, sostanZ!almente, con un certo ti-
po di.!'Iatonis o, .oiche Ia s~ione del corp2 e dei beni este~i
era gta. .zza , m do:nd F~ m~­
flusso Aristotele·l'o ra aristotdica piu impiegata (probabilmente
rra e u etten 7'"ole filosoficbe dell'epoca) sono le Categorie;
~uente e accusa di mescbinita all'etica di Aristoteie, perChe que-
~uavevasostenutoCh~. Non
e qu~o, comunque, illuogo per elencare le singole donnne pagane
cbe Sl scoprono nel tessuto concettuale e teologico dei Cappadoci '·

l'h~ Altr~.att:i,~ni di questo atteggiamento in M. Canevet, Grigoire de Nyss~ eJ


.
~e;,;:~lf/U. tbltque. Ett;«Je des rapports entre /e langage et Ia connaissance de D1eu,
E.~uswu~es, P~ns 1983, pp. 65·81.
Bresaa 2 ~~esto runandiamo alia nostra St~Q de/LJ /iloso/ia patrislica, Mor~
Iv. Una filoso/ill crislianll 163

. . . e 1 neop atoni-
ci contem et e Ia tradiztone platonica precedente. Non si puo
esc udere .c~e ~ssi _conoscesse~o ~che a:Icum !ibn di Plotino che, in
alcune ed!Ztom, ctrcolavano msteme ai testi di Porfirio che li com-
mentavano. In sostanza, il quadro generale della filosofia plaronica
e queUo fornito da Porfirio, mentre GJm!ir.o sembra non aver
avuto quasi nessun influsso su di essi '. Ne i CappadoclPot.;;-ano
non tenere conto della speculazione della scuola di Alessandria ove
il platonismo era giii stato elaborato in modo approfondito. Vi so-
no, quindi, molte "voci" platoniche.
Parlare del platonismo cristiano sarebbe, quindi, molto sempli-
e
ce, tanto questo fenomeno cultunile evidente ad una prima consi~
derazione. Titoli di opere critiche modeme, dedicate a questa tema-
tica, sono comuni: il "platonismo nei padri", "Plato Christianus" •, "il
platooismo cristiano" di questo o quello scrittore, e cosl via. Insom·
rna, una volta assunta Ia presenza di Platone e del platonismo nella
storia della acculrurazione del messaggio cristiano, alia maniera in cui
Ia intendevano gli studiosi dell'eta del positivismo (basti accennare
alla famosa interpretazione di Harnack, della "ellenizzazione del cri-
stianesimo"), e aperta Ia via per piu approfondite precisazioni, piu o
meno convincenti. Vi estato, tuttavia, chi, suscitando concordi obie-'
zioni rna probabilmente proprio per non cadere nella semplificazio-
ne di un pi · cristiano tout court, ha negato che i Padri potes-
sero ess e platoni ·. lntomo al1970 uno srudioso autorevole come
Hein · h Dorrie so enne che il platonismo cristiano non era mai esi-
stito n oteva . tere'. n dibattito, allora sorto 6, ha perso, attual-
mente, Ita, forse perche l'antagonismo tra platonis~10 e cri-
stianesimo, cosl come era stato posto, e apparso troppo rectso.

3 Cf. P. CourceUe, Gritpire de Nysse, lecleur Je Porphyre, in «Revue des Etudes


Grecques» 80 (1967), pp. }95-401. . bbli Einsicdeln d 1964
4 Questo eil titolo del volume eli E. von Ivanka, pu caro a . . 0 )
(t, it diE p li diG Reale inu diW.Beierwaltes, VitaePerwero,Milanol992 .
. . '5 Cf.· H~cir~::SWas 1~t sP_iildnlik~r !'latonisjus: ~~eR~t;h::r ~{t~~~;;~
3
~wuchen Plalonismus und Chns/en/um, m «Theo ogls 515 _522)· Gregor Theo-
258:302 (= Platom'ca Minora, Miinchen 1~77, soprattutto PPin H. DOrrie. M. Alten-
logte auf dem Hinlergrunde der Neuplatonm:hen ~1.~p~~st, ophie Zweiles Inlernah~
burger- U. Schramm (edd.), Gregor von Nyssa k'':m te ~Miins~r 18-23 Seprember
nales Kolloquium iiber Gregor von Nyssa, Free e orst
1972, Brill, Leiden 1976,21-42. . ism o.a profo•mJ
6 Cf. C.J. de Vogel, Platonism and Chris#amly: a mere a~Mgon
common Ground?, in «Vigiliae Christianae~ 39 (1985), PP· 1· ·
164 I P•dri Ctlpf14doci

Secon~molti punti (ad eseJ_Dpio ~ella cosmologia) i


cristiani non potevano sostiruire co~ le .dottnne d~ neoplatonici con-
temporanei Ia )oro tradizione, che nsaliva alia Scnttura..Nella logica,
poi, gli suumenti tradizionali della filoso~ er?"o. semplicemente uti-
li, per cui venivano impiegati senza <;he st ~trnb~sse .loro un partico-
lare significate. Vi erano pero alcun1 puntt dottr~ali del platonismo
che nessun cristiano poteva accettare, come non li avevano accettati
Oemente, Eusebio, Atanasio. Non basta, osserva lo studioso, regi-
strare )' accordo tra i Cappadoci e i filosofi non cristiani, come Ploti-
no e Porfirio. Gregorio di Nissa conosceva sicuramente le correnti fi-
losofico-teologiche del suo tempo, rna nessuno puo rimproverarlo di
essersi fennato ad esse. Bisogna sempre domandarsi in che modo egli
abbia ripreso e rielaborato quello che si era procurato mediante le
sue letrure. Non ci si puo, quindi, fennare al metodo della ricerca
delle fonti. Si possono, invece, ammirare le modifiche che il Nisseno
introduce e Ia grande libertii con cui trova Ia parola giusta nel conte-
sto giusto; egli pero non si sente obbligato ad assumere, insieme alia
fonna linguistica che impiega, anche il contenuto pagano, che spesso
era espresso in modo simbolico e metaforico. Vi sono nel Nisseno an-
che parole tolte dal contesto platonico, le cosiddette "citazioni erra-
tiche" (Wande..Utaten). Gregorio conobbe molto bene il platonismo
dei suoi tempi e alcuni dei testi platonici (ad esempio, il Timeo), che
comunque non distingueva (come nessun altro, allora) dallo svilup-
po del successive medio- e neoplatonismo. La filosofia dei greci si ri-
solveva soprattutto nelle dourine di Porfirio.
Ma con tutto questo, secondo Dorrie, si rimane alia superficie, al-
Ia informazione, non alia rielaborazione. L'idea di un platonismo cri-
~o era stata estranea alia considerazione teologica dei secoli passa-
tt ed era stata una invenzione di tipo concordista del secolo XIX. do-
vuta alia rinascita degli studi classici: ,<£ improprio parlare di platoni-
smo, se nel platonismo cristiano si tien conto solo di realtii periferiche,
come Btldersprache, metafore e paragoni. Davanti ad una assunzione
~ quello che etipico del platonismo i Padri, tranne poche eccezioni,
st sono sempre rifiutati in modo cosciente e con mirabile chiusura
[.·.].La dove dourine o contenuti dottrinali del platonismo trovaro-
no accesso n~ c~tianesimo, essi furono sottoposti a profonde modi-
fiche, ~e quali sacrificarono quello che, nel significate del platonismo,
av~~ il ~rattere ~ella confessionalita [ ... ]. n platonismo penetrO nel
cnsuanesuno solo m pochi aspetti, per lo piu esteriori; per il resto, per
quello che riguarda Ia sua sostanza filosofica e religiosa, esso fu vinto
N. Una /ilosofia crislillna 165

[... ]. Se si colloca il platonismo cristiano accanto a quello pagano al-


lo scopo di istituire un confronto, non si rende giustizia al problema
nd punto fondamentale: ci si comporta come se il platonismo coosi-
stesse di dementi formali (Formalien) facilmente trasferibili dall'uno
all' altro, e si trascura il fatto che Ia sostanza dd platonismo non emai
stata recepita. E irnportante, quindi, considerare come e avvenuta Ia
citazione ed e stata acco!ta nd contesto. Di irnportanza decisiva sono,
piuttosto, le modifiche coscientemente inserite nd pensiero cristia-
no». Di conseguenza <<i cristiani furono sempre antiplatonici».
E ancora: <<Per Ia storia dd dogma e della Chiesa antica il pla-
tonismo non e un fenomeno interessante solo per i1 fatto che i Pa-
dri qua e Ia, e non raramente, trassero delle armi dall'arsenale del
platonismo: e normale in tutte le discussioni che si cerchi di vince-
re I' avversario con le sue stesse armi. Molto piu irnportante eil fat-
to che il platonismo non estato recepito nella sua sostanza. Le dot-
trine fondamentali del platonismo, quali Ia gradazione della divini-
til, I'esistenza del mondo senza un inizio, l'irnmutabile manifestazio-
ne del Logos, Ia trasmigrazione delle anime e il ritomo dell'anima
razionale alia sua origine, furono tutte, senza eccezione, respinte
dalla Chiesa. Dalla cristologia e dalla pneumatologia fu accurata-
mente dirninata !'idea che il Figlio o lo Spirito avessero un rango in-
feriore. Per i cristiani, I' opera del Logos e fondata su eli un' azione
salvifica e non su di una rivelazione originaria. Non I'anima che co-
nosce, rna quella che crede e sicura di tomare al Padre. Non Ia co-
noscenza dell'intelletto, fondata sui Logos, rna l'atto paradossale
della grazia opera il riscatto e Ia salvezza. La fede nella risurrezione
della came ha un'impronta nettamente antiplatonica; peril platoni-
smo, l'irnmortalita efondata nella realta sovraindividuale, e cioe nel-
la comunione intellettuale di tutti g1i esseri intelligenti, mentre il
dogma cristiano annuncia l'irnmortalita dell'individuo, illuminato,
sl, rna fondato comunque nel corpo. In una parola, per certo tutta
Ia dogmatica del IV e del V secolo e concepita tenendo d'o~~o il
Platonismo, che aveva ispirato tante eresie, rna in modo che il risul-
tato si opponesse in tutto al platonismo stesso». . .
Successivamente Dorrie cerco di approfond•re il problema
non piu sui piano teorico, ma, questa volta, storico 7• n platonismo

7 Cf. H. DOrrie, Die andere Theologie. Wie steDit;n Jf~ friihchristli~ Th«Joge
des 2.-4. ]ahrhunduls ihren Lerem die •Gn"echische Weuhetl (=den Pl4101furlflll) tkul,
•Theologie und Philosophie• 56 (1981), pp. 1-46.
166 I Padri Cappadoci

edalui ridotto ad essere una vox platonica tra i vari registri che ser-
virono ai cristiani per diffondere l'evangdo, rna, nella sua sostan-
za il crisrianesimo era, allora come oggi, assolutamente, anzi, in-
co,mmensurabilmente estraneo ad ogni platonismo '- Si tratta
quindi, di un fenomeno di "~seu~omorf?si_", manife~tatasi n~ cor:
so della storia della cultura gmda1ca e crtsuana, da Filone agh apo-
logeti.
Cosi facendo, pero, il Dorrie paragons due entita come se gia
fossero costituite e organiche, e da tale organicita e dal possesso di
determinate dottrine deduce che esse sono inconciliabiiL Ed in
pane lo sono ora, come lo furono allora, e di questa inconciliabili-
ta furono convinte entrambe le patti. Ma parlando di platonismo
cristiano noi non prendiamo in considerazione il platonismo, che
fu cenamente pagano e anticristiano, rna il cristianesimo, che, in-
vece, fu ora nettamente (e coscientemente) antiplatonico, a propo-
sito di certe dotttine (metempsicosi, struttura gerarchica della di-
vinita, etemita dd mondo), ora, invece, si servi di quella filosofia
proprio per daborare il kerygma e trasformarlo in dogma. Tanto e
vero che lo stesso dogma trinitario fu strutturato in un modo pri-
ma di Nicea ed in un altro dopo Nicea. Prima dd 325 si puo sen-
z'altro parlare, per degli scrittori cristiani influenzati dal platoni-
smo, come Clemente e Origene, di una struttura gerarchica della
divinita, mentre dopo il concilio quella interpretazione, pur resi-
stendo nei rappresentanti della corrente origeniana ed eusebiana,
viene respinta dai niceni. Analogamente, vengono accettate, rna
ridaborate, altre dottrine essenziali, come quella dd Logos Figlio
di Dio, della ineffabilitii di Dio, della struttura delle ipostasi nella
sostanza divina, dell' etica, ecc.lnfatti platonismo e cristianesimo ci
appaiono organicamente strutturati ora, ad una considerazione
tc;orica e non storica e forse anche alquanto arbitraria; rna quando
vtvev~o ne~ sec~li della tarda antichita non erano giii costituiti in
UD ll;"'C? e tdenttco modo, immutabili. fl pJatonismo attraversava
conunw _mutamenti, come era logico che awenisse ad un pensiero
ai_~C~ra vttale, ed il cristianesimo, per definire i suoi dogmi, impie-
g? cmque. secoli. Da qui Ia possibilita, e talora Ia necessita, di im-
ptegare gli strumenti della filosofia platonica. Naturalmente, l'im-
piego awiene in modo cosciente e con awedutezza.

8 Cf. ibid., pp. 4-6.


~ IV UnafikJSo/ia cristiana 167

~ll'in~rod~zio.ne all'e~lizione italiana del sag-


gio del von lvanka osservo, qwneli, che esisteva «una relazione tra
fdosofia e teologia. c_ristiana e che Ia teologia cristiana scopre im-
manente alia metafis1ca greca una tendenza verso Ia rivelazione cri-
stiana>>, un «ruolo prowidenZia1e Cie1la fltosofta» che «sembra au-
tor!Zzare Ia teolog1a a rendere comprensibili m~diante filosofemi
determinate concezioni autenticamente teologiche», pur osservan-
do che si trattava di una "reazione dialettica". Malo studioso, in
que! contesto, corresse certe facili communes opiniones, osservan-
do che Ia consapevolezza critica della nostra ermeneutica «deve
determinare anche Ia terminologia ed il metodo eli questo rappor-
to» (sci!., tra pensiero greco e pensiero cristiano}. «Solo in questo
modo e possibile evitare che, ad esempio, i concetti di "creaturali-
ti", "finitezza", "partecipazione", "somiglianza con Dio" e "cadu~
ta" vengano usati indifferentemente per il pensiero greco e per
quello cristiano come apparentemente identici ... ». Lo stuelioso re-
spinge, quineli, anche Ia estremizzazione dell'interpretazione del
Dorrie, come se Ia recezione della fllosofia pagana da parte dei cri-
stiani fosse solo cesso formale ed esteriore (doe, in ultima
analisi, sup 1ci e), ell non avrebbe niente ache fare con il con-
tenuto. ll eijering 10, ch'egli in polemica con Dorrie, sottolinea
I'aspetto st ico d rmarsi · · elistinguendo tra
il credo in quanto tale, che doveva contrapporsi aile deviazioni
dogmatiche (cioe aile eresie}, e le interpretazioni che eli volta in
volta lo accompagnarono: sono le interpretazioni, quineli, che deb-
bono essere messe in relazione con il platonismo. Questa fllosofia
e coinvolta nel rifiuto e nella condanna solo allorquando e consi-
derata Ia madre delle eresie (ad esempio, dello gnosticismo o del,._
I' arianesimo}.
Di conseguenza gli scrittori cristiani (ed i ~appadoci c~n !oro}
si riserbarono Ia liberta eli critics nei confronu eli una donnna che
pure tomava uille per approfonelire il messaggio della traelizione e
Ia definizione del dogma. /

9 Cf sopra nota 4· Ie osservazioni deUo studioso si leggGno 8 P.Ph XXU-~IT.


I~ ci.' E.P. Meijerin g,
1
Wie p/4/on~'.si~r/en Christen~ ~":v.n:'!z:~a::.~~
Pi4tontsmus, kirchliehen Credo und ptJtmlucher Theo/og~e,m igilia
(1974), pp. 15·28.
168 1 p,,,.· C4pp.doci
1.2. V llfJOfatismo

Sulla base della filosofia platonica i Capp~doci (~ sopra~no il


Nazianzeno ed il Nisseno) sviluppano Ia donnna dell apofausmo di
Dio. Gregorio Nazianzeno afferma che
e
«pensare Dio diffic~e. rna ~arla~e impossi~ile, Secondo
Ia filosofia di uno del teologl grec1; affermaz10ne non da
ignorante, a mio parere .. ·." (or: ~8, 4). ~~fatti pens~re Dio
e difficile e spiegarlo agli altn unposs1bile, e raggmngere
una pura disposizione all'ascolto ~ impres_a ben .faticosa»
(or. 32, 14); «Dio ... oltrepassa ogm concez10ne d1 tempo e
di natura: e adombrato solamente con l'intelletto, e questo
avviene in modo fin troppo torbido e limitato, muovendo
non dalle realta che lo riguardano rna da quelle che stanno
attomo a lui ... >> (or. 38, 7).

Con queste parole egli si riferisce a una affermazione platonica


(Tim. 28c) che ebbe un'ampia diffusione in tuna Ia letteratura cri-
stiana:
«trovare il padre e il creatore di questo universo, e diffici-
e
le, e, quando lo si sia trovato, impossibile manifestarlo a
tutti».

La speculazione dei Cappadoci su questo tema, tuttavia, non


puo essere staccato dalla complessa situazione culturale del IV se-
e
colo. Ario aveva sostenuto che il Padre assolutamente trascenden-
te e per questo motivo non puo essere conosciuto nemmeno dal Fi-
glio 11 • Viceversa il neoariano Eunomio aveva asserito che l'intellet-
to umano puo conoscere Ia sostanza del Padre mediante Ia com·
prensinne del termine cbe Ia esprime, doe •na'n generato": Ia so-
s~ di J?i" e Ia :non generazione". Infatti per Eunomio alcuni
lliMD;! manifestano I essenza di una cosa perche sono "secondo na-
tura. e non convenzionali. Tale e il termine "non generato", che
espnme una n~SZ!one, non una privazione, in quanto denota Ia es-
~ stess~ di D1o .. Ne riparleremo a proposito delle dottrine lin-
gwsucbe di Eunonuo e di Gregorio di Nissa (pp. 228ss.). Per qua-

. ~~.;;~.!'~
19' 86R. MoRley, From Word to Silence, vol. II, The W.y of Neg•·
"""· • """" • pp. 128·159.
N. UntJ /ikJsofoz cristitJntJ 169

(e motivo, allora, i Cappadoci polemizzarono con lui? Perche Eu-


nomio sbagliava su due punti imponanti: che Ia sostanza del Padre
potesse essere caratterizzata, e quindi conosciuta, dal termine "non
generato", era impensabile sulla base della !oro distinzione tra so-
stanza ed operazioni (energheiaz) di Dio. La posizione di Eunomio
li costrinse, quindi, ad insistere in modo particolare sull'idea della
trascendenza.
Sia il Nisseno sia il Nazianzeno portano all'estremo questa esi-
genza, asserendo che gli stessi termini specifici delle Persone divine,
come quello di "generato" e di "non generato" non manifestano Ia
natura di Dio (Gregorio di Nissa, Contro Eunomio Ill 5, 53; II 105:
lo stesso nome di "Dio" non manifesta Ia sua natura; II 151: quan-
e e
do David dice che Dio misericordioso, questa l'indicazione di
una operazione, non di una natura; Con/utazione della pro/essione di
fede di Eunomio 15-16: i nomi di Dio, nemmeno quelli di "Padre"
e di "Figlio", non indicano una natura, rna solamente una relazio-
ne). Gregorio di Nazianzo pili volte lo ripete nelle orazioni 28 e 29.
e
La inconoscibilita di Dio espressa con una serie di aggettivi,
dei quali, per brevita, non diamo i riferimenti nelle varie opere dei
Cappadoci, rna che hanno un !oro precedente nella tradizione pia-
tonica, verosimilmente filtrata attraverso Ia scuola di Alessandria:
essa fomiva lo strumento linguistico necessario a questo scopo. Dio
e "non nominabile" "non afferrabile" (sci/., nemmeno dall'intellet-
to umano), "immutabile" "intoccabile", "privo di forma", "invisibi-
le", "non circoscritto", "infmito", "privo di qualiti", "privo di
quantita", "privo di figura", "fuori del tempo", "incontenibile" ecc.
La natura divina, qualunque essa sia, e "semplice", cioe unitaria,
uniforme: non ammette parti o differenze a! suo intemo, che diffe-
renza significherebbe mancanza di divinita e quindi imperfezione:
e,
Dio dunque «11atura non composta» e, in quanto tale, Ia sua ca-
ratteristica e Ia «semplicita>> (Gregorio Nazianzeno, or. 38, 7; 40, 7),
Ia «identita della sostanza»; g1i angeli ricevono dalla Trinita non sol-
e
tanto Ia luce (che Dio Ia luce somma), rna anche <<I'essere unica co-
sa» (Gregorio Nazianzeno, or. 6, 13); Basilio, Lo Spin~o Santo 6, 15
(«semplice»); 9, 22 («privo di parti»); 18, 45 («non composto»);
Gregorio di Nissa, La vergint~ii 11, 2: «<a natura del bello, semp~ce
e immateriale e priva di forma». Questo era giil st~to detto d:'~il?­
ne d' Alessandria, Allegoric delle Leggi II 2 e d~ Or1gene, ~ ~nncrft I
e
1, 6. Ma in Plotino tale dottrina assai piu sviluppata e S1 msensce
in un contesto metafisico piu omogeneo (si tenga presente, pero,
1 Padri uppadoci
170
!"
che questa volta entra in gioco non piu, l'Intelletto, c~ si trova Ia
molteplicita dd mondo delle idee, ma I Uno, come e log1co, trattan.
dosi della semplicitii assoluta): II _9, 1: ~a natura dd ~~0~10,_ sempJj.
ce e prima»; 5, 6: «<'uno s~ca~IVo della semp¥crta di tutte 1e
v e
v
cose»; 5, 10: <d'essere semplice e primo»; V 3, 1: <d essere che in e
rutto e per rutto semplice e primo di tutte !~ cose>>. •
e
Dio, di conseguenza, co!to solo con I mtelletto e non e «affer.
rabile con Ia mente» (Gregorio Nazianzeno, or. 28, 10; 28, 11; 40,
e
5)· di comprensibile, in lui, vi solo Ia sua infinitezza (su questa
e
co~cetto tomeremo tra breve). Anche questa asserzione il risulta-
to di una lunga tradizione fi!osofica, cristiana e pagana. Non im- e
probabile che Gregorio abbia letto Filone d' Alessandria, presso il
quale si incontrano le medesime affermazioni (cf. I: erede delle cose
divine 170; II mutamento dei nomi 7; 10; 14; Dio eimmutabile 62),
e soprattutto Oemente (d. Strom. V 12) e Origene (I principiI 1, 5;
IV 4, 1; IV 4, 8; Contro Celso VI 65).
0 comunque, in via subordinata, Ia mente umana, non rasse-
gnandosi alia totale inconoscibilita di Dio, cerca di conoscerlo dal-
e
le sue opere (or. 28, 13). Questa una conoscenza quanto mai insuf-
ficiente e provvisoria, ma pur sempre giustificabile, se si tien conto
della limitatezza della nostra mente. Che questa conoscenza di Dio
e
sia solo di secondo grado, un topos dd cristianesimo, che risale a
e
Rm !, 20 e al Libro della Sapienza. Ma comunque essa giustifica-
ta, perche deriva dalla energheia e dalla dynamis di Dio, che sono
ben distinte dalla sua sostanza. In conclusione
«<a co~oscenza della natura di Dio consiste, dunque, nella
percez1one della sua inconoscibilita>> (Basilio, epistola 234,
2); «Segn.o caratte?stic~ della natura di Dio quello di es-
e
s~e al di sopra di ogru segno caratteristico>> (Gregorio di
NISsa, La vita di Mose II 234);

«<a natura beata ed etema, che e superiore ad ogni intelli-


genza .e che stringe in se tutti gli esseri, non si trova com-
P~ja m n~lla; ?~a si puo osservare su di essa, ne il tempo,
ne o _spazlo, ne il colore, ne Ia figura, ne Ia forma, ne il pe-
so, ne Ia grandezza, ne l'intervallo spaziale ne alcun altro
nome, c~sa 0 concerto delimitante; a! cont;ario tutto i1 be-
neell~?edsl pen~a a proposito di essa si risolve nell'infmita e
n m etermmatezza»;
N. Unafiloso/ia cristiana 171

<Ja natura semplice, pura e unica, immutabile e inalterabi-


le, che si trova sempre nello stesso stato e che non abban-
dona mai se stessa ... rimane indeterminata nel bene, e non
vede in se alcun limite» (Gregorio eli Nissa, Omelie sul Can-
tico dei Cantici, GNO VI, p. 157, 14-21 e 158, 8-12).

1.3. In/inite:aa di Dio

I:impossibilita di conoscere Dio dipende in primo luogo dalla


sua infinitezza, secondo il Nisseno. I:intelletto umano, che opera
sempre su eli un livello dimensionale, non puo comprendere una na-
tura che non ha dimensioni ne limitazioni ne nello spazio ne nel
tempo (l'eternita) (Omelie sull'Ecclesiaste VII, pp. 412-413). Che il
motivo principale per asserire l'inconoscibilita di Dio sia Ia sua infi-
nitezza, era stato asserito anche da Plotino (V 5, 10) ".
Che Ia infinitezza sia Ia caratteristica precipua di Dio fu sostenu-
to e spiegato dettagliatamente da E. Miihlenberg, secondo il quale il
Nisseno giunse a questa conclusione percorrendo un cammino ben
preciso, di carattere razionale, opponendosi a certe tendenze della
stessa filosofia greca, secondo le quali l'infinitezza ha solo una valen-
za negativa; questa titubanza era stata anche di Origene, il quale ave-
va negato che Dio fosse senz'altro infinito. E l'infinitezza nemmeno e
implicita nella teologia negativa di tipo platonico, che; pure, Grego-
rio professa. ll togliere a Dio ogni delimitazione qualitativa (I'essere
senza forma, senza misura, senza materia, senza distinzione ecc.) non
implica, infatti, !'idea di infinitezza. I:infinitezza di Dio, invece, deve
essere considerata sotto due punti di vista: come estensione infinita
nel tempo, che e caratteristica della natura divina in opposizione alia
natura creata, e come immutabilita. Tale immutabilitii si riscontra sot-
to diversi aspetti, i quali conducono tutti al medesimo concetto: im-
mutabilita nel bene, nella potenza, nella sapienza ecc. ll limite, infat-
ti puo esistere solo per Ia presenza del relativo contrario, rna siccome
Ia natura di Dio non ha un contrario - che altrimenti cadremmo in un
pericoloso dualismo, e quindi nel manicheismo - essa einunutabile u.

. 12 Cf. D. Carabine, The unknown God. Negative Theology in the platonic Trruli-
110": Plato to En'ugena, Peters, Louvain 1995. . .
13 H. Langerbeck. (Zur Interpretation Gregon von Nyssa, «Theologische Ute~
«itung» 82 [19,7], pp. 81-90), recensendo W VOlker (W.gor VOII Nyss• •Is Myslikor,
172
Con il concetto di iofinitezza, quindi, son~ su~~rate. anche I~ teologia
tiva e Ia impossibiliti di conoscere D~o: I ~to non ~ _P&rago.
negabil essun altro concetto della teologJ.a negauva. Esso e il piu 81-.
na ean ch il . dd .
gnificativo di tutti ed esp~e an e , movunento penstero che
vorrebbe afferrare Dio: Dio appare all uomo come non sottoposto ad
alcuna delimitazione. . ,. . . . .
Alcuni esempi della dottnna dell infinitezza di D10 sono 1 se.
guenti:
«tutte le cose buone, finche rimangono tali da non ammet-
tere illoro contrario, non hanno confme alia loro bonta, dal
momento che per natura possono essere limitate solo dal
loro contrario ... » (Contro Eunomio I 168).
<<La natura increata eassolutamente lontana da siffatta dif.
ferenza, in quanto non possiede il bene per acquisizione e
nemmeno per partecipazione a qualche cosa buona e come
fonte del bene, semplice e uniforme, e incomposita ... »
(Contro Eunomio I 276).

«Poiche, infatti, e infmito per natura il primo bene, di ne·


cessita einfinita anche Ia partecipazione di colui che ne go·
de, Ia quale continuamente afferra cia che emaggiore di lei
e sempre trova cia che sovrabbonda rispetto a cia che ha af·
ferrato, ne mai e in grado di farsi uguale ad esso, perche
quello che e partecipato non ha confini e quello che si ac·
cresce grazie alia partecipazione non si arresta>> (Contro Eu-
nomio II 291).

L'idea dell'infinitezza della natura di Dio e discussa nel primo


libro del Contro Eunomio soprattutto dal punto di vista della infini·
tezza nel tempo (1362-364). Se le cose stanno nella successione nel
tempo, Ia causa della creazione, Ia realta che eal di sopra di essa,lo
trascende.
L'infinitezza di Dio, come si e detto non si limita al tempo, ma
~~va da ~~i ~ altri c?ncetti che lo rlguardano. Essa deriva dal·
I unmutabilita. Stccome e al di sopra della opposizione tra il bene e

WJeSbaden 19~4), avev~ affermato che lc conctzioni del Nisseno su Dio non derivtO~
do ~ Erlebnmheolc"!• da ~ eoperienza penonale, rna dalle esigenze della conUO
....,., ed m queoto egli fu oeguno do Milhlenberg.
IV Una /ilosofi4 crlsti4na 173

iJ male, Dio e bene senza limiti; e poiche cio che esenza limiti ein-
finite, Dio e il bene infinite (d. Contro Eunomio I 169). Oppure Ia
semplicita di Dio garantisce che Dio sia infinite, poiche Ia sempllci-
ta signifies I'esistenza unicamente eli se stessa; se vi fosse, in Dio,
qualcos' altro, questo delimiterebbe il primo. Ma questo e impossi-
bile; eli conseguenza Ia semplicita implica Ia infinitezza nella sua es-
senza (Contro Eunomio I 231-232). Ne deriva l'infinitezza delle qua-
lita: Ia sapienza (Contro Eunomio I 122-123), Ia potenza,la vita.
Quindi, secondo il Muhlenberg, il Nisseno fonda Ia sua dottrina
della trascendenza eli Dio non piu solamente sulla teologia negativa,
rna anche sull'infinitezza della sua natura. Questo presentato, ad e
esempio, nella sezione di Contro Eunomio I 373-375, ove si afferrna
e
che Ia natura eli Dio inconoscibile, rna se ne cerca anche il motivo.
e
Poiche Ia realta creata eliversa dalla realta increata, non vi con- e
tatto tra le due''· Con questa dottrina, quineli, il Nisseno presenta
uno dei suoi piu importanti contributi teologici, dato che, come si e
detto, Ia fllosofia greca era restia ad attribuire un vero e proprio va-
lore all'infinitezza.
Ciononostante, questa affermazione non ha un valore assoluto.
e
Un precedente dato da Plotino, Secondo il quale l'infinitezza dd-
I'Uno deriva dalla sua semplicita assoluta:
<<Ma se questa espressione (sal., "a! eli Ia dell'essere") c?si
va intesa, allora essa non potra mai abbracciare qud ~nn­
e
cipio, e d' altra parte rielicolo anche solo cerc~e eli a~­
bracciare quella natura infinita ... >> (V 5, 6) (tr. eli C. Gw-
ddli, Torino, UTET 1997).

L'Uno esclude Ia dimensione e il numero (un'antica conce~o­


ne del platonismo questa dell'Uno antecedente al numero), ed e ~
·, . 1a rea! ta, concepl
pm p1cco ' -'bile, rna P urtuttavia e una realta
ch dotata ·eli,
un potere infrnito. L'infrnitezza il risultato del fatto .e ~~n; ' e
e
niente oltre ad essa e che non esiste ale una cosa che Ia limitt ( 5 •
11, 1-4) "· . . .. · il Nisseno scriveva con-
Inoltre, proprio negli stessl anru rn c~l . . , licita-
tro Eunomio, !'idea dell'infrnitezza dell essere eli 0 ' 0 e esp

ativa CODlUDQUC'o DO.O epropria StO-


l-4 Naturalmentc, peril Nisseno, qu~ta ~1'08 1o S' · 'to Saoto.
lounen1e del Padse, ma comprende anche il Figlio • put
"Cf. anche I 8, 4, 21·24; VI~. 6, 10.
17~
I Padn· C.ppodod

mente affennata anche da Gregorio Nazianz:"'o (cf. or. 3~, 7; 6, 22,


ove si parla del gran «111are dell'essere», dell «oceano dell essere»):
«infinito, dunque, e l'essere divino: difficilmente contem-
plabile, e di lui e comprensibile appteno so~am~?te .una co-
sa doe l'infinita, anche se si crede che, potche e di natura
se:nplice, sia totalmente incomprensibile o, viceversa, per-
fettamente afferrabile» (or. 38, 7).

La distinzione tra tempo ed eterniti\, nel senso che il primo e


proprio della natura che ha avuto un'origine, ~a seconda e propria
di Dio, era stata proposta gii\ da Platone (cf. Tzm. 37d-38b) e anche
Plotino aveva sostenuto che I'Uno e I'Intelletto sono superiori al
tempo, essendo il tempo caratteristica dell'Anima cosmica (cf. ill 7,
3). Si deve concludere, quindi, che I'idea della eterniti\ di Dio (doe
della sua infinitezza nel tempo) non poteva essere cosl estranea alia
tradizione pagana e cristiana come ha creduto il MUhlenberg; ed
eg1i stesso ammette che essa si trova presso pensatori cristiani (cf.
Origene, I Principi IV 4, 1). E non era del tutto estranea nemmeno
ad Eunomio, per il quale dalla eternita (cioe dal protendersi in
avaoti del tempo infinito) non si deduce automaticamente l'immen-
siti\ in direzione del prima (questa e Ia condizione dell' anima, che e
incorruttibile sl, rna creata): da qui Ia necessitit di asserire, in aggiun-
ta, che Dio e non generato. Ma siccome non generato e solo il Pa-
dre, etemo e solo il Padre. Poiche i secoli si dividono in secoli pas-
sari e secoli futuri, da questo non puo derivate automaticamente
un'infinitit nel tempo. La prerogativa di Dio, infatti, per Eunomio,
consiste nell'essere senza principio, cioe nell'essere il non generato
(cf. Contro Eunomio II 446-469).
. Di conseguenza Ia tesi del Muhlenberg incontro anche delle cri-
uche. In modo molto coerente A. Meredith 16 facendo riferimento
a vari altri passi, osservo che il Nisseno non si lliruta all'idea della in·
?nit~za all?r~uando parla di Dio. Ad esempio, ne La verginita 10
il Ntsseno e mfluenzato dall'"idea del bello" di Platone (Simp.
2~0ess.), com~ ~che ne La vita di Macrina 22. Dio e inesprimibil~
e mcomprensibile, come avevano gii\ detto Platone (Tim. 28cl e F1·

16 A. Mercdilh, The Idea of God in Gregory of Nyssa in H R Drobner und Chr.


Klock (edd.), Studien ZU Greg?.rvon Nyssa und derchrisllichen Sp~lantike, Brill, Lelden
-New York· Kobenbavn- Koln 1990, pp. 127-147.
Iv. Un11 /iloso/ill crlstiana
175

lone (La dis~endenza di Caino 168), anche se iJ Nisseno smorza e-


sta affennaztone sostenendo che i puri di cuore ries qu
d a! di . S cono pur sem-
pre ~ ve. ere q~ cosa 1w: copo ultimo e quello di vedere Ia lu-
ce dt Dto, e~ il concetto dt luce rimanda a Platone, Rep. 515 e e
519c •. ~o~e ltdea del bene h~ Ia stessa funzione del sole nel mondo
intelligtbile. ~a fme. d':_l ~apttol? ~0 de La verginitii Gregorio offer-
rna che descnvere Dto e tmposstbile, perche e "senza colore senza
form•: senz.a.fig~ra", il ~he rimanda a Platone, Pedro 247c.' n lin-
guaggto qw tmptegato st trova anche in Contra Eunomio I 231 e
435; II 515. li resto de La verginitii aggim1ge poco a queste defini-
zioni. Dio e bonta e bellezza. ll concetto di "incomprensibile" non
si riferisce all'assoluto mistero di Dio, quale e indicato ne Ia vita di
Mose II 163 e 235. Ne La verginitii si sottolinea la difficolta piu che
l'impossibilita, di conoscere Dio.
Anche il Contra Eunomio sta in Wla ben visibile continuita con
la tradizione platonica: vi possiamo trovare gli altri modi platonici
di riferirsi alia natura divino. Tale e l'elenco di I 231, rna esempi di
questo modo di esprimersi si possono trovare anche in I 300; 369 e
II 107.
Un altro modo per descrivere Dio e fomito dalla creazione: Ia
natura increata di Dio eIa foote da cui derivano tutte le creature e
il fine a cui esse tendono (127 4). I vari gradi di essere di cui gode Ia
natura creata derivano dai vari gradi della sua partecipazione all'es-
sere (cf. p. 188). Questa idea, che forse deriva da Plotino, Enn. I 7,
1, 15 e ampliata dalla nozione neoplatonica del "donare in modo
che mai diminuisce", per cui siamo sulla soglia della dottrina della
infinitezza.
Nel prologo del Grande discorso catechetico si pari.• della perfe:
zione di Dio rna mentre in Contra Eunomio I 167ss. il concetto di
perfezione e;a impiegato per affermare l'infinitezza di Dio, qui esso
serve a dimostrare che non esiste una pluralita di d~i. E qu~do
vuole dimostrare Ia giustizia dell'incarnazione: Gregono lo fa .ncor-
rendo ad alcWli epiteti che egli trova presentt nella natura di Dto,
come b ont8, potenza, gmsttzta · za (Contra Eunomzo I 233).
. · · e sapte~. . di
Nelle Omelie sui Cantico dei Canttet Langerbeck •. a pro~ost;o
V, p. 13 7, 4 aveva sottolineato Ia .c!i!fe~enza tra ~ng~;7 :~~~
gnostico" e Gregorio, "teologo tniSttco. (cf. ant ~~sublime in-
XI, p. 322, 13ss.), nel senso che Gregorto. so~to earofeta della mi-
J.
c~noscibilita di Dio. Gregorio d!venta, ~woe;!!• un Meredith non
sttca della tenebra e della teologta negattva. ,utta
I Padri C.ppadod
176
h Gregorio voglia opporsi ad Origene, che egli segue con Ia
pen~ c eamnu·razione proprio in quell'opera.
massuna · momento dell, a conosc_enza eli Dio
Ne La vita di Mose iJ pruno
e dato dalla teofania nel roveto ardente e dall affe"?az10n~ eli Dio,
di essere •co)ui che e" (cf. pp. 179ss.)_. n. secondo s~ t'?~" m Es 20,
21 ed espiegato in II 162ss.: Ia nube s1gnifi~a che I?to e ~compren.
sibile, perche e a1 di sopra non solt~to d~1 nos~r1 senst, ma ancbe
dell nostrs mente. La conoscenza e una nvelaztone nella tenebra,
com: dice anche Gv 1, 18. ll terzo stadio si Iegge in Es 33, 20, che
ci insegna che Dio e infinito nella sua piu intima realta, non sola.
mente perchel'intelligenza umana efragile (II 236): da qui I'esige0 •
za della epektasis (pp. 328ss.), cioe del continuo protendersi a cono.
scerlo. Vi e, quindi, una corrispondenza tra Lo vita di Mose e le
Omelie sul Cantico dei Cantici, rna, cosa piu importante,le due ope·
re hanno in comune solamente Es 20, 21: le Omelie sul Cantico dei
Cantici sembrano non conoscere niente ne del roveto ardente ne
della "parte posteriore" di Dio, mentre Lo vita di Mose ignora i due
testi diEs 19. Eevidente cheLa vita di Mose sia piu vicina alia tra·
dizione del Contra Eunomio che non le Omelie sui Cantico dei Can·
tici. Un alrro punto di contatto tra le due opere e che noi ci avvici·
niamo a Dio mediante Ia fede e non mediante Ia conoscenza, perche
Dio e, nel suo intimo, infinito (Contra Eunomio I 371 e II 91; La vi·
ta di Mose II 315). Le ultime opere del Nisseno testimoniano, dun·
que, il trionfo della fede sulla visione e sulla luce, e questo mostra il
profondo effetto che ebbe su di lui Ia polemics con Eunomio e Ia
conseguente necessitii di sottolineare l'infinitezza di Dio.

1.4. I Cappadoci e Plotino

. ~lo~ino e, dunque, fonemente presente nella teologia di Grego·


no di ~JSsa:. non. s:ua fuori luogo, quindi, considerare il probletna 8
propos1to di Basilio e del Nazianzeno.
In Basilio Ia presenza di Plotino sembra innegabile nel momen·
~ della sua specul"':ione sulla natura divina dello Spirito. H. !)Or·
nes e P. Henry mediante una serie di raffronti hanno indicato nu·
merose concordanze tra Plotino e, di Basilio )' omelia su La fede. il
tra~to su Lo Spirito e quello su Lo Spirito Santo. Lo Spirito rivd~
cornspondenze non solo con Plotino (Enn. V 1), rna anche con Ort:
gene (epistola a Gregorio Taumaturgo, I principit), con iJ simbolo di
IV. Una /iloso/UJ cristit1n11
177

Gregorio Ta';l"'aturgo (su cui cf. p. 11) e con il Commento ai Salmi


di Eusebio <;fi,Cesa~ea: da tale c~tone derivano (cio signifies che, in
ulnma analis1, denvano da Plotmo) alcune sezioni del Lo Spirito
Santo (soprattutto del cap. 9) e dell'omelia La fede. Le conclusioni
del Dehnard sulla dipendenza di Basilio da Plotino, sostanzialmen-
te accettate dal Danielou e dal Gribomont, non hanno pero convin-
to John Rist 17 , che non nasconde i suoi dubbi circa l'autenticita di
Lo Spirito ed ammette che Ia dipendenza di Basilio da Plotino e !i-
mitata a! capitolo 9 de Lo Spirito Santo.
In Gregorio Nazianzeno (or. 29, 2) leggiamo:
«Non avremo certo il coraggio di parlare, a proposito della
generazione del Figlio, di un "traboccare di bonta", come
oso affermare uno dei filosofi pagani, e cioi: che "un crate-
re trabocco •: questa e Ia sua esplicita affermazione Ia dove
espone le sue meditazioni a proposito della prima e della
seconda causa. Correremmo il rischio di introdurre una ge-
nerazione del Figlio non voluta dal Padre e, per cosi dire,
una escrescenza di natura, impossibile a impedirsi, che mi-
nimamente si addice aile dourine relative a Dio».

Questo passo di Gregorio e di notevole significato per il suo


esplicito riferimento alia dottrina platonica, rna ha sollevato alcune
perplessita a causa della sua imprecisione. Si e osservato che l'im-
magine del "cratere" e, sl, platonica (Tim. 41d), rna si rife~s~e ad un
contesto totalmente diverso (doe alia costituzione dell anima co-
smica ad opera del demiurgo), mentre il ver~o "tr~boccare" •:.~­
va nel trattato Sul primo ed il secondo bello di Plotmo (V 2, 1) ·
«Poiche il primo bello e perfetto, in quanto niente ricerca
e niente possiede e di niente abbisogna, in certo qual modo
trabocco e Ia sua sovrabbondanza ere<> un altro essere».

17 Cf.J.M. Rist, &sil's •Neoplillonism~.lls ba~~t';t:t:!.'h:;,;Zt~~=~


(ed.), Basil o/Caestlretl. Christian, Humedi~~~~ce Ji'~ Toronto 1981, pp. 137-220.
symposium 1, Pontifical Institute of M . tu 'te lo cita con il titolo di "SuUa
. IB Bisogna tcner prcse~te ch~ GU ~"d.:C;;:C: ~eUa vecsione antba del uatta-
l'nrna e sulla seconds causa , che e Ut o
to (Theol. Arisl. 10, 10).
178 I P•dri CAppadoci

r b bile che si sis verificata una confusione di Gregorio il


cproa . h. 'diP! •
qua!eottn'buta- Plotm'0 un'immagme c e, mvece, e d atone
· e• m·
Pistone, si riferisce 8 tutt' altro problema.; non c~e o, qwndi, che
Gregorio si rifaccia a qualche alt~ plat~mco a nm scon~sc!uto, co.
me si esupposto. Comunque sia, il Nazuu~zeno neg~. ~ut, esplicita.
mente J'emanatismo plotiniano: Ia generaz10ne .del F1glio n~n epro.
dotta da un eccesso di bonta del Padre, sl che, m tal caso, s1 potreb.
be pensare che, se il Padre non I'avesse V_?luto, no? I' avrebbe gene.
rato. Plotino, certo, non dice che Ia bonta trabocco, rna che traboc-
co J'Uno; considerando, pero, I'Uno identico al Bene, non era diffi-
cile, per uno scrittore cristiano, passare da un concetto all' altro. La
sovrabbondanza della bonta ha effetto solamente ad extra, cioe fuo-
ri della divinita:
«Poiche alia bonta non bastava il muoversi nella contem-
plazione di se stessa, rna bisognava che il bene si riversasse
e procedesse, sl che in maggior numero fossero gli esseri da
lei beneficati - che questo e specifico della somrna Bonta -
innanzitutto essa concepisce le potenze angeliche e cele-
sti ...» (or. 38, 9).

A questa concezione puo essere ricondotto anche il difficile


passo di orazione 23, 7:
« .. .Ia Trinitii perfetta, composta eli tre realtii perfette, in
e
quanto Ia monade stata mossa a causa della ricchezza
(sci!., della propria natura divina), mentre Ia diade e oltre-
passata- Ia Trinita, infatti, e a! eli sopra della materia e del-
la forma, dalle quali derivano i corpi - mentre e definita
triade, a causa della sua perfezione. Essa infatti essendo
primaria, oluepassa Ia composizione della diade afrmche Ia
natura divina non rimanga stretta ne si riversi all'infinito».

La .monade, dunque, si dilata <<per Ia sua ricchezza»: questa


espresstone, per .non ~sere in contrasto con Ia negazione della «SO-
v:abbondanza ~ bonta» all'interno di Dio, dovrebbe significare "Ia
ncchezza essenziale alia natura di Dio • e non Ia bonta della natura
del ~~e, .che, in quanto tale, genera il Figlio; e siffatta effusione
non e illimitata. ·
. Gregorio, quindi, esegue, per cosl dire, una ricostruzione cri-
del processo emanatistico di Plotino: per iJ ftlosofo pagano
stlJIIla
lV. Una filosofia cristiana 179

I'Un~, grazie ~a ·~~ perfezione e al suo essere sovrabbondante,


crea il mondo mtelligtbile; per Gregorio, Dio- e non iJ Padre_ nel-
la s~a sovra?bondante banta non penso il Figlio, rna le potenze ce-
lestt e angeliche (or.,38, 9), ch~ sono le prime nature dopo Dio (or.
28, 31) e sono an~h ~~e definite <<mondo intelligibile» (or. 38, 10);
insomma, Ia banta divma opera verso l'esterno, non si manifesta al-
l'intemo della Trinita, quasi che il Figlio fosse generato per virtil
della sovrabbondante banta del Padre: il Padre genera per sua na-
tura, non per banta o per volonta.

1.5. Dio e«colui che e,,

La f!losofia platonica dell'eta imperiale, e quindi anche Ia teolo-


gia della scuola di Alessandria, segue due schemi contrastanti quan-
do intende defin.ire Ia realta divina: essa coincide con I'essere asso-
luto 0 gli e superiore, Secondo l'interpretazione eli un passo famoso
della Repubblica platonica (509b), che colloca il bene al eli sopra del-
l' essere. D' altra parte Aristotele, il cui influsso era stato forte soprat-
tutto nel medioplatonismo, rna era stato messo in secondo piano a
partire da Plotino, aveva considerate clio un intelletto. Cosl i neopi-
tagorici Eudora e Moderato avevano sostenuto che il prima princi-
pia e superiore sia all'intelletto sia all'essere; successivamente, tra i
medioplatonici Plutarco aveva considerate il prima clio non trascen-
dente all'essere, rna identificabile con l'essere assoluto e l'intelletto
(La E di Delfi 391F-392A; 393A-B; Iszde e Osiride 371A); nel II se-
colo Celso invece aveva collocate il suo dio al eli sopra dell'intellet-
to e dell' e;sere, st:mdo a quanta si Iegge nel Contra Celso eli Orige-
ne (Vll 45). E Nurnenio, secondo alcuni per influsso della cultura
ebraica •• defmisce clio come «colui che e» (fr. 16-17 des Places),
mentre u~ passo eli un ignoto scritto ennetico, citato da La~tanzi?
(Div. Istit. I 6, 4), si riferisce a clio quando affenna ~he_«co~w.che e
e privo eli norni>>, perche i nomi lo defmiscono, ~ q';"D?i lo Jin_lltano.
Questa oscillazione tra Ia concezione che D10 s~a I ess~~ m ·~­
so assoluto o sia ai eli sopra dell'essere, si incontra m tutU 1 platoru-
ci cristiani. Da un Jato, iJ passo famoso eli Es 3, 14, secondo il testa

19 Accenniamo solo alla frase famosa di Numenio, ricordata da ~J::entela~a~:


sandria (cf. Strom. 1 22, 1,0, 4), che Platone sarebbe stato «Wl Mos par
"'"·
I Padri C..ppadod
180

della Settanta, e nonnalmente interpretato ~a~ scrit_tori cristianj


con: «<o sono colui che b>. ~i a-:eva precedun Filone d.i Alessandria
· suole insidiare il mtgltore 160 e II mutamento det no-·
(,,'/ peggtore .££ • b 'bli . "''
ll), il quale aveva asserito ch~ l'arrennazto?e I ca eqwvale a: «la
mia natura e di essere, non d.i esser~ nonunato ad~g_uatamente», e
ne [ sogni I 231 aveva affennato che I ~omo, se non ~ m_ grado di co.
noscere Je qualita d.i Dio, almeno puo conosceme I ~ststen~a: Fila.
ne introduce cosl la distinzione, d.ivenuta costante net secoli succes.
sivi, tra esistenza, soggetta alia conoscenza razionale, ed essenza,
che trascende ogni cos a, anche l' essere.
Nello stesso modo Clemente (Strom. V 34, 4) spiega il tetra-
gramma sacro degli ebrei: esso e simboleggiato dalle quattro colon-
neche si trovano all'entrata del Santo dei Santi. ll nome di Dio «Si
pronuncia JHWH, che s'interpreta "Colui che e colui che sa· e
ra"»20. Altrove affenna:
«Come potrebbe essere esprimibile Dio [. . .] non sarebbe
corretto chiamarlo il tutto: il tutto implica grandezza, men-
tre Dio e il padre d.i tutti gli esseri. Ne si dovrebbe parlare
delle sue parti: l'uno non e soggetto a d.ivisioni, e percio e
infinito. Deve essere concepito non come inspiegabile, rna
e
come privo d.i d.imensioni e illimitato; penanto senza for-
mae senza nome» (Strom. V 81,5. 82, 1).

n passo e basato sulle conclusioni delle prime due ipotesi dd


Parmenide di Platone, che si contrappongono l'una all' altra: mentre
e
Dio, il Padre, identificato con l'uno della prima ipotesi, che non
puo esser oggetto di conoscenza ne di scienza, il Figlio riceve gli at·
tributi positivi dell'uno della seconda ipotesi, in quanto oggetto e
e.
della conoscenza ed anche l'uno-tutto. Si configura quind.i un s~·
c~nd_o pun to. carattenzzante della teologia alessandrina, doe Ia di·
sttnztone tra il Padre e il Figlio in tennini d.i trascendenza assoluta
e relativa, d.i inesprimibilita e d.i esprimibilita "·

20 La £rase di Clemcnre riprende molto probabilmente l"aggiunta di Ap l, 4.8. ~­


Ia semplice espressione "colui che e".
,,.21 ll ..passo applica. a Di<;> (il Padre) alcune importanti connocazioni nea•tive
dell uno della ~~ 1potes1 del Pormenide platonico: Oio e inesprimibile (Plat.,
Parm. 142a), none mtero e non ha parti (Parm. 137cd), e infmito (Parm. 137d), ~ ~n·
za forma e senza nome (Porm. 137d; l42a). Ma gia due secoli prima il neopi~gortCO
Moderato aveva affermato che, mentre il primo "uno" ea1 di sopra deU'essere- UJ qut'
sto modo eglj interpreta il .. non essere" della prima ipotesi del Pormenide (1421 2) ..,
IV Una /iloso/ia m'stisna
181

~che O~gen_e s~ r~erisce a Es 3, 14 quando afferma che Ia na-


tura munutabile eli Dto e espressa convenientemente dal nome «eo-
lui che ~>> (Co~_mento al Vang~lo di GiovanniXlll2l, 123). Ma Dio
e supenore all mtelletto e all essere o deve essere identificato con
queste due realta? La questione e affrontata nel Contra Celso (VI
64), e le due soluzioni vengono ritenute possibili:
«noi diciamo che il Dio universale [. .. ] e un intelletto op-
e
pure al eli sopra dell'intelletto e dell'essere» (VII 38).

Con questa concezione Origene non sembra lontano da quella


di Celso, il quale poco oltre (Contra Celso VII 45) afferma che Dio
non e ne intelletto ne intellezione ne scienza, rna causa, per l'intel·
letto, del pensare. Secondo Origene, il Padre, come per Clemente,
e
rna non come Dio per gli apologeti greci, assolutamente scono·
sciuto alia ragione umana (Contra Celso VI 65). See assolutamente
trascendente e ineffabile nella sua "unicitii", al Figlio spetta, invece,
Ia molteplicita, pur all'interno della natura divina, che egli possiede
non diversamente dal Padre. Poiche si e incamato, il Figlio non e
"uno". La subordinazione del Figlio al Padre ha gia una forte pre·
senza in Clemente, e Origene Ia conferma per mezzo della filosofia
platonica contemporanea, che sosteneva l'esistenza eli un "secondo
clio", rna era comune anche a delle tendenze assai pronunciate nel
cristianesimo dei primi secoli, fmo a concludersi nella dottrina di
Ariou.

il secondo "uno .. e l'essere assoluto, intdligibilc, cd e an~~ I~ to~al!tA <!dl~.idce. Di


conseguenza, Secondo Clemente, il Padre e su~riore al F~o: il Figlio eil P.lu alto~
gli esscri, Ia totalitii dcgli csscri e l'idca platom~a, rna non e ~~dcnil ~~~~
Clemente, con questc affermazioni, pre~un~Ja Ia fLlosofia di PI~~:· d.JI'"uno-mol-
ne chc Platone nel Parmenid~. distingue il pnmo uno, o uno asso u ·
ti"(En '
22niJ. ~-~ S)h 1 fu . di Logos intcrmediario tnl il Podrc e Ia creazione, e que-
sta funzion~ e~o:c:pit:~~~~ una mani.festazionc di inferioriti.. Di ~nsegu~!rur
restando uno nella sostanza (! principiiV 4, ~· nFf(1~ 8 i')~~r4':sq:n~C:.to ':~
go delle idee,. secondo le quttli vennc creato , man. 0 • ' ' ·o che ~ vero e vive (I
terprcta e rivda i discgni di Dio (12, 3); e vent8 e vua di tutto~~o il mondo e lo COll·
1, 4). II Figlio, pur caratterizzato dalla trascendf':nh; ~ddreta imperiale (ll 1, 3; I
SCIVa in vita, come fa I'anima cosmica. ~do '·!:n t~::aone del Commertto til Van-
2, 9). Origcne riprcnde questa concezt~e 10 un 5 P'ttura e osservando le num.erose
~~lo di _Gio~".ni (120. ~2)), faccndodr~~-~ ~a F'clio: sapienza. logos, iJnma8ine di
enommaz1om con cw il testo sacro cwu.:~ce. 'B . eli un diverso aspetto del ma-
~o, splendore ccc. Ognuno di questi d_tolidespnme, =~e eli iotermcdiario.
nifestani del Figlio di Dio al mondo, cJoC eUa sua
I Padri C4ppadoci
182
O . sere razionale partecipa del Figlio, in quanta il Figlio e
, _ gru ~ct"pio della razionalitii (I principiI 3, 5-6). Tale Parteci-
wgosepnn . , I "ch ,
pazione dipende dal fatto che D10 e «CO w e e»:
«Colui che pronunzia queste parole ~ il ~io buono, ed e a
1 · he il Salvatore allude, rendendogli glona, con queste pa-
rd~ "Nessuno e buono, se non Dio, il Padre" (cf. Me 10, 18;
Lc 18 19). Quindi i1 Buono si identifica con "Colui che e".
Ora l'~pposto del buono e il male o il malvagio; ~ :oppo~to di
"Colui che e" e il non-essere: ne consegue che cto che e cat-
tivo e cio che e malvagio sono non-essere. [. . .l Pertanto tut-
ti colora che partecipano a "Colui che e" (e isanti vi parte-
cipano) si possono a huon diritto chiamare "esseri"; colora
invece che hanno rifiutato Ia partecipazione a "Colui che e",
essendo privi di essere, diventano non-esseri>> (Commento a/
Vangelo di Giovanni II 13, 96-98; tr. di E. Corsini) 2'.
Una affennazione, questa, densa di problematiche, sulle quali
tomeremo in seguito.
Si ricava da questa serie di considerazioni che il passo dell'Eso·
do <<e citato solamente nella letteratura specializzata delle contro·
versie teologiche e serve come argomento teologico in un dibattito
sull' essenza di Dio o e situato nella scena di Mose, e allora indica
semplicemente "il Signore", Dio dei Padri, di Mose e dei cristiani»
(M. Harl) "· I.:esegesi del passo biblico viene ripresa nella polemica
antiariana, rna bisogna scendere oltre Ia meta del IV secolo perche
essa sia affrontata con nuovi approfondimenti.
Per primo da Eunomio. Gregorio di Nissa ci riferisce (Contro
Eunomio III 8, 34; 8, 43; 9, 34) che Eunomio riteneva che il titolo
?i ~colui c?e e»,dov~sse ~ssere r!ferito al Padre, mentre il Figlio non
e ne «colw che e» ne «eststente 1n senso pieno», in quanto e<<Del se-
no del Padre e nel principia e presso il Padre anche se Basilio spo·
s~a questa. pr~dicazione dell' essere e Ia attribulsce a1 Figlio» ". Infat-
u Eunorruo nprende Ia distinzione, che implica J'inferiorita delFt·

~ Cf. anche Com'!'e~to all'epistola ai Romani IV 5, PG XIV, 978C.


~f. M:,Harl~ Ctta.trons e!~romment11ires d'Ex 3, 14 che1.les Peres Grecs Jes.~U4-
tre pre"!ter~ st~cles, 1t1 Dteu etl etre, Paris 1978, pp. 87-108, soprattutto {per Basilio~
Greg~n~ diN~) pp. 101-104; anche M. Cmever, Gregoire de Nysse etl'hermtneult
que bib/tque ... , ell., pp. 102·103.
25 Eunomio lo defmisce «eolui che veramente e. in: Gregorio di Ni&Jt, Confuu·
zione della professiOne di /ede di Eunomio 20 e 29.
N. Una /iloso/ia msti4na
183
glio, per cui il Pa?re e «colui che b., mentre i1 Figlio e I'«ange!OJO
che guida gli ebret nella terra promessa:
«Colui che manda Mose era • colui che e" mentre colui
mezzo del quale il Padre manda era l'"an~elo" di colui ~~
e>> (Contro Eunomto III 9, 34).

A lui replica innan_zitutto Basilio, attribuendo al Figlio Ia pie-


nezza dell' essere e respmgendo Ia dottrina che il Figlio sarebbe sta-
to generate dal non essere:
«Lui che trove, nel responso che dette a! suo servo Mose
che lo interrogava, Ia denominazione specifics per se stesso
e adatta alia propria eternitil» (Contro Eunomio II 18)••.

ll Nisseno riprende Ia critica di Basilio ad Eunomio, di fare del


Figlio, data Ia presunta differenza di natura, un <<lion esistente». In-
fatti colui che parla a Mose e il Figlio, e quindi anche a lui convie-
ne il titolo di <<colui che b>. La scena del roveto ardente non contra-
sts con il seguito dell'Esodo: colui che conduceva gli ebrei fuori dd-
l'Egitto non era un angelo, ma il Signore stesso, che aveva Ia funzio-
ne dell' angelo (Contro Eunomio III 9, 27ss.).
Anche il Nazianzeno polemizza con Eunomio, "il tecnico della
parola", ma Ia sua interpretazione diEs 3, 14 segue l'insegnament?
origeniano piu che le discussioni tra Eunomio, da una parte e Bw-
lio, dall' altra. Infatti egli dice:
«Orbene, basandoci su quello a cui possiam~ arriv~, • co-
lui che e" e "Dio" sono, in certo qual senso, 1 no011 so~rat­
tutto della sostanza divina, e, di questi, lo e soprartutt? co-
lui che e"[ ... ] e noi cerchiarno Ia sua natura, grazte alia
quale il suo essere e in se e per se e non elegato ad alcuna
altra realtli· !' essere invece, e rea/mente specifico he ~1/o m-
tero di Dio' non ~itato ne troncato da niente c e 0 pre-
ceda o lo s~gua ... » (or. 30, 18); . - Infatti
<<Dio sempre era ed e e sara; o meglto, sj;'p~ e.;ro,. noi
I'" era" e il "sara" sono porzioni del temp~ c _e r~ e sem-
e della natura sottoposta allo scorrere; Dto, mve '

26 • Ct." /io1l ;,. God's pnftttim~s 11«01"-


d· Cf. D.L. Balas, METooota e.oO. Mans pam pa 102 e 107.
urg to Soint Gregory of Nyssa, Herder, Roma!966, PP·
1 p.Jri C4ppadoci
184
, il me che egli da a se stesso [ ... ] egli ab.
Pre ' e.questo e·ednoin se stesso tutto I' essere, che non ha
brace~ ~ _P05~1 esesera come un mare di essere infinito e ;[.
awto UllZlO ne c '
limitata» (or. 38, 7-8) 27 •

Ma Gregon·0 non manca di rilevare (or. 25, 17), che l'essere di


. d d l'af£
Dio none Ia stessa cosa dell'essere n_ostro e, np~en ~ o enna.
zione dd Contro Celso di Origene, npete che Dto puo essere consi-
deraro anche a1 di sopra dell'essere (or. 6, 12) (cf. sopra, p. 181)":
«Dio e J'essere piu bello e piu sublime, a meno che uno non
preferisca collocarlo anche al di sopra dell'essere o porre in
lui tutto l'essere, dal quale l'essere e derivate agli altri».

Ma l'essere ancbe a! di sopra dell'essere e prerogativa dell'inte-


ra natura divino, e non dd Padre soltanto 29. ll Nazianzeno, proba-
bilmente ancbe per Ia convinzione determinata dal suo forte impe-
gno nella polemics antiariana, abbandona ogni gradazione ontolo·
gica tra le ipostasi, e si stacca, quindi, dalla tradizione della scuola
di Alessandria, della quale non riprende il subordinazionismo.
Gregorio ribadisce, dunque, I'etemo "essere ora" di Dio, per
cui Ia frase «Dio sempre era ed e e sari», va colta in tutta Ia sua pre·
; corregge I'espressione piu usuale e banale per sottolineare
o esemp~e, e per questo motivo si distingue dall' "essere ora",
essen; Parziale delle nature cbe nascono e periscono. L'"essere
cons~te nd fatto che Dio possiede in se tutto I'essere, quasi il
~ ~ essere. Eescluso, quindi, in Dio il futuro poiche non si
puo v car_e il momento in cui Dio abbia qualcosa' che non ha giS
le~mentre il pa_ss~!o ~- il futuro si possono applicare solamente al·
sere:,; ~~iii. I;infinito "essere ora" di Dio el'etemit8; I"es·
' to, dla narura corruttibile eil tempo, defmito in ma·

. 'l1 I.:eapre&aione «il mare ,


M chmu... e da molti . _<klleuere. sara ripreas da Giovanni Damasceno nel ~
DSDI':""" lu tradotta in~~- medievaJi, anche in Occideote, dopo che l'operl
I) '"'Pus <klle P<leSie del N . D. (!1 29,
1e' Urio, nel quale . dis ananzeno anche un I nno a .10 di ' ue
eli puro sspore81 010'1 ~ diceodo: ..0 tu che sci al dill tu
«1...1 vita ete ~p atoruco, .
Gre , Plotioo, ma"'d:u.non dis-· di Dio none quella del mond• ~
~j'G[ r;y,,.' ContTa F.u-iu Truulita. (cf. D.L. Balas, Eternity an~~:..
·' l!gor von N'JS$4 ulld die Ph~ Ill . DOrrie - M. Altenbwgcr - U. ;w>
••Phre... , cit., pp. 128-1.5,, p. 147).
IV: Una /ilosofia crisliana

niera tradizionale da Gregorio come «movirnento del solo.. Ora


questa distinzione, fra tempo ed etemita (che Gregorio riprende an~
che in or. 29, 3) e, come e noto, di origine platonica. Nel Timeo
(37d), infatti, si Iegge che il tempo el'immagine dell'etemira che ri-
mane immobile. Non doveva essere difficile, per uno scritt~re cri-
stiano, identificare con Dio questa "uno" in cui resta immobile
l'etemitit. Cosi aveva ragionato gilt Plotino, il quale, dopo aver riba-
dito (Ill 7, 1) l'usuale attribuzione dell'etemita alla natura etema e
del tempo alla natura che nasce e perisce, aveva assegnato l'eternira
a! mondo intelligibile, in cui si trova Ia pienezza dell' essere, con
l'esclusione assoluta del futuro (Ill 7, 3-4), non potendosi concepi-
re, per il mondo intellegibile, una esistenza alla quale venga ad ag-
giungersi successivamente qualcosa che prima non aveva:
«pertanto quella realta che non era e non sara, rna solamen-
te e, quell a realta che possiede immobile I'essere in quanto
non trapassa nel "sara" e none trapassata, ebbene, questa
realta e I'eternita. Pertanto Ia vita che e intomo a quella re-
alta che e nell' essere, Ia vita tutta insieme e intera e piena
senza differenze, diviene proprio quello su cui stiamo ind~­
gando, I'eternitit. E non bisogna credere che questa eteml·
tit si sia aggiunta dall'estemo a quell~ natura, rna che sta
quella natura e che derivi da quella e sta con quella».

Plotino conclude, dunque, che cio che esempre, con l'es~;:;


ne del passato e del futuro, e I' eternita, e che I'essere etemo 81 •
ca I'essere realmente (III 7, 6):
<<lnfatti l'essere realmente eil non essere mai e il non esse·
re in alcun altro modo; rna questo significa essere s~tre
· ifica I'essere senza wue-
allo stesso modo; rna questa stgn . d questa e quella
renziazioni. Pertanto I'essere n?n po~bstile :he una cosa sia
za non e posst e .
cosa [ . . . l di conseguen [ ] osll'essere posste·
l'essere, un'altra l'essere sempre :d ll
cempre cosicchesi
de il "sempre" e "dO che e" ro:;!e e se~enza,bisogna in·
puo dire: "cia che esempre · ~co~ e detto come "cia
tendere il "sempre" nel senso c egli~ten il "sempre" nella
che realmente e'" '. e b"tsogna racco ere bisogoo di ruen-
h affarro .
natura indifferenztata ~he no~ d; e d'altra parte essa pas-
te, oltre a quello che 810 posste '
siede iltutto».
I Padri C.ppadoci
186
AI contrario, per Plotino (~ 7, 11s,s.),_ il tempo, qu~e irnmagi.
ne dell'eternitil, era legato aJ!a.v!la dell aruma _(e Ag?sllno, come e
noto, rielabora l'assunto p~o~Iano); ~sso non~ I? ~Isur~ del mo\1j.
mento degli astri, rna l'indicaz10ne del process! vllah dell anirna co.
smica. Verosimilinente Gregorio non ~oteva accettare Ia _dottrina
dell'anima cosmica, mentre quella dell Intelleuo poteva nentrare
con gli opponuni adauamenti, iJ_I una ~oncezione cristiana. '
Torniamo a1 Nisseno. La sez~one di Contro Eunomto ill 6, 3-IO
ededicata proprio alia spiegazione diEs 3, 14, ed il Cappadoce, dj.
versamente da Basilio e dal Nazianzeno, conferma Ia sua interprera.
zione ontologies con il sostegno anche di altri passi scritturistici, qua-
li Is 44, 6 («<o sono il primo e io vengo dopo queste cose>>) e Sal!Oi,
26 («tutta Ia creazione estata portata all'essere da lui>>) e 28 («Ma ru
sei il medesimo e i tuoi anni non verranno meno>>). E cosl pure, a).
trove (Contro Eunomio I 234ss.), Gregorio, riprendendo il neoplato·
nismo porfiriano peril quale clio e il bene coincidono, conferma que-
sta affermazione per mezzo di Gv 1, 16 («Della sua pienezza, infatti,
noi tutti ricevemmo>>).
Ma naturalmente anch'egli conosce Ia distinzione, gia enuncia-
ta da Origene e ripresa dal Nazianzeno, tra Dio come equivalente
all'essere in senso pieno e Dio al di sopra anche dell'essereJo. Una
precisazione, quest'ultima, per Ia quale i1 Nisseno ricorre a Fi/2, 10
(«Per questo motivo Dio gli deue un nome superiore ad ogni no·
me») in Contro Eunomio ill 9, 41:

«Penanto iltermine "angelo" e stato introdotto prima del·


Ia designazione di "esistente": e deuo "angelo" in quanto

30 questa contrapposizione tea Dio come pienezza dell'essere (Contro Eunomio I


176
(O~t:/:0 J"T. r~li :es~rimibile (Contro Eunomio I 354) e criticaca dallo SteaJ
Schramm [:d. 7mo gy '" Gregory of_ Niss~, in H. DOrrie . M. Altenburger · :
dith !TheldujjGo~g'!'""" Nyssa und dre Phzlosophie ... , cit., pp. 107-127). D Mete
pt<cisa a p 127 ch .$" ~regory "J.Nyssa, cit., pp. 127-128) sembra seguire Stead.:
tutto qudl~ che Ge 0 : hparte . una." concezione prim aria" di Dio e suppone io·
ne», ed anche M. c:evet c ~ ~a ~e ;II ~guardo deve accordarsi con qu~~ conc~il.,
p. 14) l'impostazi della nnca . regotre de Nyrse et l'hermtneutique bzbltque... ,£ tf
DOrrie, Gregors ;,~~lo ieaV:ro d.i Stc:=ad. Ma ancora piU. fuori strada e iJ DOr~ (~ · Ji
DOrrie . M Alteo.b g G detn Hmtergrunde der neuplotonischen Metapbystk. 'f
phie ... , dt... pp. 36 _ 31l_J)8~ · ~tamil [edd.], Gregor von Nyssa und di~ Pht ~~
proposito e sostiene ch ellason . ea contrasto tra cristianesimo e platonssrno do-
ru&la con~ezione neoptaC:O~ica ;h~.a ~elle O'!'elie rull'&clesiaste Grego~io ab~trt·
sra con iJ cristianesimo. e 10 &upenore anche all'essere, perche essa
IV: Una /ilosofia crisliilna 1S7
manifesta il Padre 11 , ccesistente", invece, in quanto non pos·
sie~e un nom~ che .f~ccia conoscere Ia sua essenza, rna esu·
pertore a ogru stgnificato che si attua per mezzo di nomi».

Di conseguenza Ia trascendenza all' essere e attrihuita anche a1


Figlio.
ll procedimento di Gregorio neUe due opere, che appartengo-
no a due diversi generi letterari, e significative. Nel Contro Eunomio
egli asserisce in maniera assiomatica Ia natura di Dio, mentre neUe
Omelie sull'Ecclesiaste ricorre in maniera fortemente arhitraria a Qo
3, 7 («tempo eli stracciare, tempo di cucire»), nd senso che dobbia·
mo staccarci da queUo a cui ci siamo uniti in modo perverse e unir-
ci a queUo a cui e bene unirci (p. 408, Iss.). AU'inizio deUa sua spie-
gazione neU'omelia (p. 406, 1·15)" Gregorio definisce Ia «potenza
di colui che veramente e»" e precisa che «l'essere che veramente e
e Ia bonta in se». Ma successivamente in que! contesto, come nd
passo del Contra Eunomio, con riferimento a Fi/2, 9·10, affenna:
<<Dire che Dio e "colui che e" equivale a dire che e "colui
che e in senso pieno"»,

un 'affermazione che, come e noto, e tipica dd platonismo.


Anche in questo caso Eunomio aveva preceduto i Cappadoci. n
sintagma <<colui che e in senso pieno» e da lui attribuito a! Padre, m
conformita della attribuzione a! Padre di <<colui che e» (cf. Confuta·
zione della pro/essione di fede di Eunomio 20 e 29). ll Nisseno lo .ri:
prende successivamente (rna, naturalmente, riferendolo alia totalita
e
deUa natura divina) in un passo che dedicate propno alia esegest
di Es3, 14:
<<Nessuna tra tutte Ie cose comprese con i sensi e queUe 1 1
cons!"derate con I'"mten·tgenza sussiste
, .veramente rna so o a
dall~ quale di·
sostanza suprema e Ia causa dell untverso, od
. ] Q eU che e sempre allo stesso m o,
pende il tutto [. · · · .u . 0 . d , . mobile ad ogni mu·
che non cresce, non dimmwsce e e ID1
. resenza dei termini "angdo· e "colui
31 Cf. quQJlto si e deuo sopra, circa Ia comp
che C" con riferimento al FigUo. ~ M , pa lidpation in GoJ'sperf«tionsaccor-
32 Cf. D.L. Battis, Muoua{a Ekou. an 1 '
ding to Saint Gregory o/ Nyssa, cit., P· US. tcnH che si rtscootra anche nd·

Ia distinzionc tra apofatismo e conoscenza


dfJroe
H Qui interviene la distinr.ione tra 505
·
po '
188 I P•dri C.ppadoci

tamento, sia a quello verso il meglio sia. a quello verso il


e
peggio (che tale essere _estraneo al peggiO, e quello che e
meglio di se non lo poss1ede), quello che non ha alcun bi.
e
sogno dell'altro, quello ch~ ~ solo desid~rab~e ed par. e
tecipato da ogni essere ed m siffatta pattec1paz10ne non di-
minuisce: ebbene, questo e dawero quello che veramente
e, e Ia visione di esso costituisce Ia visione della verita, (V;.
ta di Mose II 24-25; cf. anche I.:anima e la risurrexione, cap.
46; rrad. di C. Moreschini, UTET, Torino).

Nell'esprimere, in questo passo, le_varie caratteristiche di Dio,


Gregorio oscilla tra Ia forma del maschile e quella del neutro, come
aveva gia fatto Platone (Tim. 38c e 28c) 34 • ll neutro (<<l'essere divi-
no») si trova anche in Contra Eunomio II 70; talvolta il sintagma
puo essere inteso sia a! maschile sia al neutro (cf. Contra Eunomio I
422). Spesso il Nisseno usa il termine "natura" (<<Ia natura che b>),
il che implica che tale espressione si avvicina di piu all'impiego del
neutro, come mostra Ia serie degli epiteti in Contra Eunomio I 231;
Omelie sul Cantico dei Cantici V, pp. 158, 9; 174, 3.
Anche altrove illinguaggio e le concezioni platoniche sull'essere
trovano una conferma nella Scrittura: <<II Dio unigenito, dunque, do·
na Ia vita ed eIa vita in se: lo abbiamo appreso dalla Scrittura (Contro
Eunomio III 7, 51)», e precisamente da At 3, 15 e Gv 14, 6; e ancora:
«Poiche, dunque, l'essere divino e "Ia vita in se", e il Dio
unigenito evitae veritil (cf. Gv 11, 25; 14, 6) e ogni pensie-
ro sublime e conveniente a Dio, mentre il creato prende da
lassu il _dono di ogni bene, da tutto questo diviene chiaro
che, se il creato e nella vita perche partecipa alia vita, qua-
lora cessi di pattecipare alia vita sicuramente cessa anche
di essere nella vita» (Contra Eun~mia III 6, 75).

La vita di Dio e definita "vita in se" (cf. Grande discorso cate-


chet•co 1, 6: «vita etema e assoluta»). Dio dona Ia vita ed e Ia VIlli
stessa (Contra Eunamia III 6, 76; 7, 51); eIa vera vita (Confutazione
de!la profemo~e di fede di Eunamia 174-175). Questa dottrina del
N!Sseno era gill stata preparata da Origene". Tutto iJ contesto del

~a. A. Meredith. The Ide• of God in Gregory o/Nysra. cit., PP· J)i-U2-. ""'
a. G. G~, Weren, Stu/en unJ Mitteilung des wahren Lebens be1 Ort!l
Hueber Verlag, Munchen 1%2.
lY. Una /ilosof;a crlrtia,.
189

primo ~bro del Co~tro Eunomio e forremente tinto di nozioni neo-


platoru~he .. ~ paruc?~;e ~o~tro Eunomio I 371 sottolinea l'eterni-
ta, e qwndi I unrnobilita di D1o (Ia sua naturae "fenna" • t bil ")
riprendendo Plotino ill 7. • s8 e •

1.6. II vero essere e Ia vanitas vanitatum

In conseguenza del fatto che parrecipa in vari modi a Dio che


e pienezza dell' essere, Ia realta e disposta su due piani di valo;e di-
suguale: puo essere sensibile od intelligibile, oppure corporea e
spirituale, o, infme, "natura creata" e "natura increata". Secondo
Mossharnmer questa dottrina della biparrizione della realta si e evo-
luta, nel pensiero del Nisseno, passando attraverso vari gradi••. Nel-
le opere giovanili (La virginitii, La perfezione del cristiano, Omelie
sulle beatitudini, Sui titoli dei Salmt) Io scrittore distingue tra crea-
tore e creatura, rna non istituisce un vero e proprio principio di dif-
ferenziazione ontologies; al contrario, tende a sottolineare I'affinita
tra il Creatore e Ia sostanza intellerruale, per quanto creata. La diffe-
renziazione, invece, esiste soprattutto tra realta intellertuale e realta
materiale: cosi,l'anima umana, che e intellerruale, sta dalla parre del-
le realta divine, in opposizione aile passioni e alia sensazione, che
proviene dalla materia. La materia, infatti, e caratterizzata dalla
"estensione" (diastema) che caratterizza Ia materia, non Ia creatura-
una interpretazione su cui aveva molto insistito anche J. Danie-
lou "-. Successivamente, invece, con La creavone dell'uomo, Grego-
rio introduce Ia distinzione ontologica tra creato e increato: allo sco-
po di spiegare Ia fragilita di quest' ultimo. ll Co~t~ Eunomto, _mvecdi
collega tra di !oro Ie due distinzion~ prec~enu: il secondo li~:di-
quest' opera, infatti, sviluppala noz10ne d1 dtastema come seg

eJ · G oryo{Nysra.COO·
}6 Cf. A.A. Mosshammer, The created and the uncrca:ero'(ecJdf El «Conm Euno-
tr~ Eunomium» 1, lOJ-113, in L.F. Mateo-~ y].~. BasU 'versid~dde Navam,Pam-
nuwn I» en Ia produccion literaria de Gre~ono_t}e Nua ... ,tis ~t:Tow{a St=oii... , dt.. pp.
plonal988. pp. J5J-J79. Su ques•• •emaO<IIfN D.L. ~Ch:.Snan Hel/enirnt. SP xxx:n.
34-36. nmedesimo Mosshammer, Gregory OJ yssa IJn «Mentre Gregorio non abbando-
Peetcrs, Leuvcn 1997, pp. 170-195, a P· _172, osserva: u1 . c opere qud linguagio si ~­
na .rnai illinguaggio dd dualismo platoruco.' ndlc s~he ~telleno e al cozpo. ~die pn·
fensce al dualismo tra creatore e crea~ura, pluttos: come si debba trascendcre ll mondo
rne opere Cristo ~ maestro ed esernpJO, chemos ·· un salvatore e un redcnrore»·
sensibiJe, mentre ndle ultirne opere appacer:hsem~_..!:~ de Nysse, Brill, Lciclen 1970.
17 Cf. J. Danil!lou, L'ltre etle temps ez '"5....
I Patlri Cappadoci
190

stintivo della creatura, mentre il terzo !'o_ne. insiem~ le due nozio.


ni, sl che il diastema diventa il segno dts~tlvo tra Iiberti\ creata e
Iibert& non creata. Infme, nelle opere p~u t~rde, co_m~ in Omelie
sui Cantico dei Cantict. VI, p. 173, 5ss., il N~s~eno SI ~Icollega alia
divisione che si Iegge nel Contra Eunomto, dtvtdendo il sensibile e
il materiale da una parte, e l'intelligibile e l'immateriale, dall'aitra·
l'intelligibile ., illimitato, mentre il materia!e " legato a1 limite. ;..
sua volta, Ia natura intelligibile si suddivide in natura increata e na-
tura creata.
La contrapposizione, eli origine platonica, dei due piani della
e e
realtii, eli cui si detto, giustificata dal Nisseno con I'esegesi del-
l'Ecclesiaste: Ia prima delle omelie su quellibro vuole sottolineare
e
che tutto, nel mondo terreno, in contrapposizione a quello che ri-
e
mane sempre uguale a se stesso. Altrettanto detto nel contesto di
un'ampia divagazione su Ct !, 8 (<<se non conosci te stessa, o bella
tra le donne>>):
«una cosa soltanto rimane immutabile, Ia natura intellegibi-
le e immateriale; Ia materia, invece, scorre via, continua-
mente trasformandosi con I' andare e il muoversi>> (Omelie
sui Cantico dei Cantici II, p. 64, 12).

r:esistenza piena, dunque, non equella del mondo sensibile, rna


e riservata alia natura che possiede I'esistenza di per se, che evera
ed immutabile, non e soggetta alia crescita ne alia diminuzione.
Questa struttura platonica della realta puo essere spiegata anche
con il ricorso alia Scrittura. Sulla base eli Col!, 16, infatti, in Contra
e
Eunomio I 270-271, si dice che «<a natura sensibile stata chiama-
ta, in senso generale, "visibile" dall'apostolo [. .. ] mentre tutta Ia na-
tura intelligibile hail nome comune eli "invisibile">>.
Ma se i due piani della realta sono separati, comunque Ia crea-
tura umana non e_ staccata da Dio. Infatti Gregorio in Contra Eu~o­
mzo I 370-374 sptega, ricorrendo a Col!, !7 eAt !7, 28 («In Dto,
infatti, noi viviamo e siamo») che Ia nostra esistenza non tanto "pro·
e
viene" da Dio, rna, soprattutto, in Dio. Analogamente, un passo
delle Omelie sull'Ecclesiaste (VII 7) spiega che esiste uno stretto
rappono tra il nostro essere e I'essere eli Dio:
«ll seguito immediato del testo conduce Ia nostra anima ad
una piu profonda filosofia riguardante Ia realta. Mostra, in-
e
fatti, che l'universo unito al proprio interno e che l'armo·
191

nia degli ~sis~enti n?n ha soluzioni di continuita, rna esiste


una ~~sptraztone di tutte le cose tra di !oro. E l'universo
n_on e mterrotto, nella sua coe~ione intima, rna tutte le cose
runa_ngono nell esser: perche sono rette dalla potenza di
colut che veramente e>>.

e
La spic;~azione (o meglio, divagazione) causata dallo stesso
passo ch_e st e osservato sopra: <<tempo di lacerare, tempo di cucire»,
il quale e confermato anche da Sa/72, 28.

1.7. Dio, essere e bene

In Dio I' essere e il bene coincidono, perche il bene non provie-


ne a Dio dall'estemo e Dio non lo possiede per partecipazione. La
partecipazione, infatti, vale per Ia realta creata (sia quella materiale
sia quella intellettuale). Un'ampia dimostrazione di questo assunto
e svolta in Contra Eunomio I 283-287 e in Confutazione della pro/es-
stone di fede di Eunomio 122.
Che Dio sia Ia fonte e I'origine di ogni bene, e detto nd Gran-
de discorso catechetico 5, 5-9; di conseguenza, tutte le cose create
tendono verso Dio, e plotiniana (cf. Enn. VI 9,9) el'identificazione
di Dio con I'oggetto desiderata da tutti gli esseri (La virginitli lO-
ll), identificazione che si trova anche in Basilio (Omelia sulfa fede
1) e in Gregorio di Nazianzo (or. 41, 9). Con Plotino Gregorio con-
cords nel chiamare Dio «primo bene>> (La virginitli 10); esso equd-
lo che veramente esiste:
<<La natura del bene e quello che realmente e» (L'anima e Ia
risurrezione, cap. 45).

n e
bene, in quanto tale, illimitato:
· • [ ] · bbiamo appreso
«Per quello che riguarda Ia vtrtu_ .. · n~JS . . uello di
dall 'Apostolo un solo termine dt perfeztone, ciOe q
.. [ ] cbe 0 ni bene per sua natura, non
non avere lim ll1 .. . per g .. ' di .. h e con-
e
ha Jimiti rna !imitatO dalla oppOSlZIOne ClO[C eels Juce
. . I · • limi't ta dalla mor e
trano. Ad esempto, a vtta e a b finisce Ia do-
dalle tenebre; e, in generale, ogni cosa uonall condizione
ve si trova quello che si pensa appartenere 8
comraria ... » (Vita di Mose, pro/. 5, 5).
I Padri U.ppadoci
192
Riprendendo I'affermazi?ne d~ ~v 1, 1~ in_ Con"? Eunomio 1
234 ss. Gregorio unisce dottrma c_r1sn:ma (D10 ~ <~a p1enezza delle
cose buone») e neoplatonismo (DlO e il bene comc1dono). Questo e
"'~denziato anche da un altro passo:
«Ma Ia natura che e al eli sopra eli ogni pensiero buono e eli
ogni potenza supre_ma: siccome non le m~nca niente di
quello che e conceptto m rapporto al bene, e essa stessa Ia
pienezza delle cose buone, e no_n si muove ?el bene per
partecipare a qualche cosa bella; e essa stessa, mvece, il bel-
lo in sb> (I;anima e Ia risu"ezione, cap. 44).

Anzi, l'Unigenito e al eli sopra anche del bene:


e e
«ll Dio unigenito per sua natura il bene, anzi, al eli Ia eli
ogni bene» (Contro Eunomio III 6, 18);
e
«<rbene, questo bene, 0 questo che al di sopra del bene,
esiste veramente e per suo mezzo ha donato e dona ancora
agli esistenti Ia possibilita di rimanere nell' essere» (Omelie
sull'Ecclesiaste VII 7, p. 406, 9-18).

1.8. r;insussistenza del male


Allivello piu basso della scala dell' esistenza si trova il male, che,
anzi, non e nemmeno un esistente, per cui non si da nessuna con·
trapposizione eli tipo manicheo, tra il bene ed il male: il Nisseno, co·
e
me tutti gli scrittori cristiani del IV secolo molto sensibile a que·
sta tematica, e il suo rifiuto di ogni dualis~o netto. e
La dottrina dell'insussistenza del male possiede una chiara asc~·
denza neoplatonica e non ericonducibile a Platone. Poiche, infaru, U
dual!smo poneva nella realta intellenuale Ia pienezza dell'essere, me~·
tre nser?ava al mondo fenomenico solamente I' apparenza, Ia ~~~e~~
fu cons1derata qualcosa di non esistente, in quanta I' estremlta plU
bassa dell'essere. Di conseguenza Plotino aveva sviluppato due dot·
trine concomitanti in relazione a questa problema osservando che Ia
materia non esiste e che e anche il male, ovvero' J' origine del male
(Enn. I ~); ;m~o~ prima, Numenio eli Apamea aveva inelivid~ato
::
Ia matena I ongme del male. E significativo iJ fatto che Plouno gl el
ga alia medesima conclusione a cui era giunto Origene, il quale ~
tranato suI prindpi (II 9, 2) aveva detto: «per certo il male conslSif
N. Ulto /ilosofto crisliana 193

nella m~canza del bene». E_ ancora, nel suo Commento al Vangelo di


Gtovan~t. (II 13, 99): <<tutto il male, dunque, e il nulla, e si trova nel·
[a condiztone del non essere>>. Successivamente anche Basilio scrisse
un'omelia per spiegare che Dio non eIa causa del male e che non vi
e una sussistenza specifica del male (PG 31, 311B). '
Numerose sono le affermazioni del Nisseno che si collegano al-
Ia medesima concezione:
«ll male, anche se sembra assurdo dirlo, possiede il suo esse-
re nel non essere, che 1'origine del male non e altro che Ia pri-
vazione dell'essere. Ora, Ia natura del bene consiste in quel-
lo che realmente e, perche quello che none nell'essere e sen-
za dubbio nel non essere» (I:anima e Ia risumzione, cap. 45).

Le stesse considerazioni dedicate alia "vanita delle vanita •, che


caratterizza Ia materia, sono valide, di conseguenza, anche peril ma-
le. Si e vista sopra, sulla base di Omelie sult'Ecclesiaste VII 7, pp.
406-407, che il vera essere e sostanzialmente banta e, in quanta ta-
le, fornisce Ia sussistenza alle case, nel sensa che tutto quello che
esiste esiste in quanta partecipa alia sostanza di quello che realmen-
te e. Viceversa, quello che si trova al di fuori di ogni partecipazione
al bene e insussistente, perche e al di fuori dell'essere. Mail male e
al di fuori di Dio, e quindi e al di fuori dell'esistenza; Ia sua natura,
del resto, non consiste nell'essere se stesso, rna nell'essere qualcosa
che none buono. E ancora, Ia trattazione di Qo 2, 12a («Io ho guar-
dato per vedere Ia sapienza>>) era indirizzata a defmire Ia sapi~za di
Dio, in sensa pieno, in quanta creatrice di tutte le case; subno do-
po (Qo 2, 13) si accenna, anche se in modo un po' oscuro, al fatto
che lo scrittore biblico ha osservato Ia differenza tra Ia luce e le te-
nebre, che sono contrapposte !'una alle altre.
«Ma l'esempio della luce si applica convenientem~nte al di-
scernimento del bene. Infatti, siccome Ia tenebra e, per su~
natura, insussistente, che, se non ci fosse qualcosa che 51
oppone alia luce del sole non vi sarebb~ Ia tenebra, ?'en:re
Ia luce sussiste in se e per se nella proprta sostanza, I ~cc die:
.
staste mostra con questa esempto · che iJ male .nondall
susSJSte·
per se, mala sua parvenza di sussistenza dertva bil~ ~'£~::
zione del bene. n bene e sempre ugualmentechsta . casu·
mo e non possiede una parvenza di ests· renza cede S18 •

tuita dalla privazione di quello che esisteva pre entemen-


I Padri GJppadoci
194

te. Ma quello che si oppone ~ b':"e nella sua e~istenza non


esiste. n male, infatti, eIa pnvaztone della susststenza ed e
insussistenza» (V 2, P· 356).
Si Jegga anche un passo del Grande discorso catechetico:
<<Giacche Ia differenza tra Ia virtu e il vizio non appare co-
me una differenza di due sostanze contrarie, rna, come il
non essere si oppone all'essere e ciononostante none pos-
sibile dire che il non essere si oppone all'essere in quanta
sostanza, bensi noi diciamo che Ia non esistenza si distingue
opponendosi all' esistenza, allo stesso modo anche il vizio si
contrappone alia virtu, non in quanta esista in se e per se,
rna in quanta econcepito come conseguenza della mancan-
za dell'elemento migliore» (VI 6).

Connessa con questa concezione dell'insussistenza del male co-


me realti autonoma, come privazione, e quella della eternita delle
pene ultime. Tale dottrina, esposta in un passo de I:anima e Ia risur·
rezione (cap. 31) e da un altro de La creazione dell'uomo (cap. 21, PG
44, 201C), edi ascendenza origeniana. L'infemo consiste in una pro·
va piu dura, piu aspra di tutte quelle che possono essere sopportate
nella vita terrena, ed ha Io scopo di produrre Ia purificazione defini·
tiva di colora che non l'hanno voluta affrontare in questa mondo
mediante l'esercizio della virtU, l'ascesi e Ia rinuncia alia materialita.
La durezza della pena infemale sara in proporzione a1 male che, in
questa vita, si e sovrapposto, come una callosita, sull' anima del pec-
catore (I:anima e Ia risurrezione, cap. 47), rna !'inferno ha una fun-
zione esclusivamente purificatrice, non rientra nell' ambito del male,
che esiste solo ad opera dellibero arbitrio. Ma siccome il Cristo eve-
nuto a restaurare I'umanita e a ricondurla alia sua condizione primi-
tiva_, Ia malvagiti non potra durare etemamente, che questa sarebbe
un tnsuccesso della restaurazione e dell'incamazione.
lnsussistente di per se, dunque, il male, e prodotto dallibero ~­
bitrio della creatura razionale, ebbe inizio in seguito alia inizianv•
dell' angelo, che fu mosso da invidia per I'uomo e Io spinse al pecca·
to. Nel racconto della Genesi il Nisseno sottolinea due case: Ia non
colpevolezza di Dio nella caduta dell'uomo e, viceversa, Ia respon·
sabilita dell'uomo, che agiva secondo il proprio Iibera arbitrio.. ~
quanta natura cr~at~, infatti, sia l'uo~o.sia !'angelo sono soggetlll•
mutamento, e qumdi possono volgerst sta al bene sia al male: solo
IV Uno /iloso/io cristiano 195

natura divina non puo compiere il male (cf. Grande discorso cateche·
tico 7; Omelie sull'Ecclesiaste Vlll, p. 418, 6ss.; 427, 15ss.; Omelie
sui Cantico dei Cantici II, p. 50, 5ss.; 55, 3ss.).
Come conseguenza del male commesso l'uomo distrusse Ia di-
gnita ?ri.~a_ria .Wmelie su!l'Ec~lesias~e VI, ~· 386, 5ss.), si legii alia
mater!alita (mdicata dalle tumche di pelle , di cui si rivestirono i
nostri progenitori secondo il racconto di Gn 3, 6) e sfiguro l'imma-
gine di Dio, quale egli era stato fatto. Compito dell'economia divi-
no sara Ia restaurazione di tale immagine. Sulle "runiche di pelle" e
fondamentale questo passo, che illustra Ia caduta,la materializzazio-
ne dell'uomo ad opera della tendenza alia passione, che potta alia
morte, e Ia non eternita di tale condizione, destinata a cessare con il
ritorno alia condizione originaria:
<<l'oiche, infatti [ ... ] i primi uomini ebbero compiuto quel-
lo che era stato proibito e si furono denudati di quella bea-
titudine iniziale, il Signore li rivestl di tuniche di pelle; or-
bene, questo racconto non mi sembra che intends le pelli
usuali [ ... ]. Ma siccome ogni pelle staccata dall'animale e
morta, io penso che colui che cura Ia nostra malvagita ab-
bia assunto Ia forza che conduce alia morte, che e preroga-
tiva della natura irrazionale, e Ia abbia pasta poi, come atto
provvidenziale, sugli uomini; essa, comunque, non era de-
stinata a durare per sempre. La tunica, infatti, equalcosa di
estraneo che ci poniamo addosso e che viene usata quando
e
il nostro corpo ne ha bisogno, rna non nata insieme con Ia
nostra natura. Dunque, fu per un disegno provvidenziale
che Ia condizione mortale fu presa alia natura irrazionale e
fu posta sopra Ia nostra natura, che era stata creata per l'irn-
mortalit8, ricoprendone l'esterno, non l'inte~?; compren:
de Ia parte sensibile dell'uomo, rna non toccal unmagme di
Dio» (Grande discorso catechetico 8, 4-5).

1.9. L'apocatastasi
La ricostituzione della originaria realta dell'uomo avviene con
Ia risurrezione fmale: essa
• ( 1e tastasis) dello stato
<<non e altro che Ia restauraZ!o~e apo a 96 16 _18).
primitivo» (Omelie suii'EcclesuJSie I, P· 2 •
196

nrermine e Ia dottrina ~ell'"ap~catastasi" richiamano _Origene, il


quale aveva considerato Ia nsurrez1~ne fin~e come una ncostituzio.
ne, appunto, dello stato ~ale. La ns?rreztone, p~nan.to, ri_pona, se.
condo Origene, le creature mtellettuali alia condiztone m cw esse era.
no prima della !oro caduta; e siccome il corpo era stato aggiunto Ioro
in seguito ad essa (che gli intelletti preesistono a! corpo), Ia ricostitu.
zione nello stato originatio significheci ricostituzione dell' anima CO·
me puro spirito, senza il corpo terreno: I'anima dovra rivestirsi eli un
corpo spirituale, perche esso possa entrare a far parte della condizio.
ne immateriale a cui pona I'apocatastasi. In sostanza, secondo Orige.
ne, il corpo materiale sara abbandonato e si confondera nella distru-
zione a cui sara sottoposta Ia materia alia fine dei tempi. Tuttavia Gre·
gorio, nonostante alcune incenezze, non concorda con Origene, per·
che rifiuta Ia sua teoria della preesistenza delle anime, e ritiene che il
corpo resuscitate epur sempre quello terreno che conserva, anche se
sara mutato e ttasfigurato, come diremo. lnfatti
«il corpo destinato ad aggirarsi in alto insieme con gli ange·
li non puo avere le stesse caratteristiche dd nostro corpo
attuale» (I morti, GNO IX, p. 62, 13ss.).

La motte, dunque, lungi dal rappresentare una realta negativa,


un annullamento, anche se temporaneo, della sostanza umana e dd·
Ia sua concretezza, ha una funzione positiva proprio per il corpo.
Questo, infatti, dissolvendosi, si spoglia delle passioni, della mate·
rialitil e delle macchie, per essere riformato poi nella gloria. Non
s~ ragione, quindi, il Danielou afferma che !' apocatastasi racco·
glie m ~a sinte_si le principali teorie della antropologia di Gregorio.
. ~a nsurr~~ne finale epercio concepita dal Nisseno con il pre·
crso mtento ~ nco~e~are Ia ftne all'inizio, I' omega all' alpha, secon:
do Ia conc~1~ne c1clica, che e tipicamente greca, per cui Ia fine e
uguale all'mtzlo. Essa ristabilisce illegame che esisteva all'origine
tra Ia natura umana e Ia perfezione, che l'uomo ha rotto con il suo
p_eccato. l:uomo, quindi, tomera ad essere simile agli angeli e otter·
ra Ia !oro stessa mancanza di passioni.
~ ritomo, aile origini e un tema centrale in Gregorio ••. Ne La
creavone dell UlJmo, cap. 21 si Iegge:

• 18 U~'amp~ ~ dettagliata illuatrazlone di questa punta centrale della antropol~


g18dd NJS&eDo a e data da M. Alexandre, Protologie et eschiltologie chez. Grtgotte
Nysse, in U. Bianchi ·H. Crouzd, Arche e Telos. I:antropologia di Origene e Ji Greg,.
IV Una fib>rofia cririUJna
197

«AIIorquand~, d~po aver oltre~assato il confine del male,


noi saremo gtunll: alia .~etta dell ombra formats dal pecca-
to, nuovamente rtstabiliremo Ia nostra vita nella luce, per-
che Ia natura del Bene, paragonata all'estensione del male
oltrepassa infmitamente ogni limite. Di nuovo conoscere:
moil Paradiso, di nuovo conosceremo l'albero che e J'albe-
ro della vita, di nuovo Ia bellezza dell'immagine e Ia nostra
dignita originaria. lo non parlo dei beni che Dio da agli uo-
mini per i bisogni della !oro vita, rna della speranza di un
altro regno, di cui non e possibile Ia descrizione» (cf. anche
Omelie sull'Ecclesiaste V 294-296).

Qui Gregorio dipende da Origene, non tanto per il contenuto


della sua esegesi quanta per I'affermazione che Ia fine e sempre si-
mile all'inizio (I principiI 6, 2).
Ne I morti (GNO IX, p. 56, 16-17) Ia vitae descritta come una
serie di tappe verso Ia morte purificatrice e liberatrice e quindi ver-
so Ia beatitudine attesa:
«lo scopo e i1 termine di questa progressione eIa restaura·
zione nello stato primitivo, che non e altro che Ia assimila-
zione a Dio>>.

ll trattato su La creazione dell'uomo (cap. 17) si serve del concet-


to della somiglianza agli angeli, tratto dalla affermazione ~ Lc 20, 36.
Particolarmente significativo a questa proposito e rut_to il t':'ttat~ su
I:anima e Ia risurrezione, che insiste sui fatto che Ia n~~one e Ia
restiruzione della nostra natura nella sua condizione ongtnana (c:'PP·
70 -71· La creazione dell ,uomo, cap. 16) · Allorquando Ia Ia creaztone
·
dell ' uomo,
' . • ~·•iunto sua ptenezza
prevista da Dto ab aeterno, avra '""": Ia fin
(pleroma) attraverso lo svolgersi nel tempo, a'":' luogo osl co~e cor·
. Ma I'anima deve corrispondere al cor~~:~s~~~~~mo e nel cor-
nspondeva ad esso al momenta d~~ creaz! 'd doe una forma,

«~he ha Ia capacita di far conoscere Ia


eli ciascuno». Ne La creazione dell'uomo cap.
r
so della vita terrena. Esiste nell antma u:dt o;~pria dei costumi
t~/) si parla della «for·
ma specifica» del corpo ••:
. Milano 17·19 magio 1979,
nodi·N· , . . ,. · AtadeiColloqUJo
mo. A,a,ist sJonccH~III.IOSII, lll-169. . dottrina orip-
SPM 12, Vitae Pensiero, Milano 198l, P)j' di una uosposWoned~20-24 edEpi-
. J9 Si traua, come osserva M. Al~ r:; Me«do. U ttn~tfd10116 '
hlana, che si Iegge in Comm1n10 ai Solftlt 1•
I Padri C4ppadoci
198

«L'anima conoscera Ia natura peculiare degli dementi che si


sono uniti per costituire qud corpo in cui essa stessa nata, e
e Ji conosceril anche dopo che essi si siano separati. E anche
se Ia natura dovesse strappare gli dementi lontanissimo
!'uno dall'altro a causa del carattere contrario che einsito in
essi, impedendo a ognuno di mescolarsi co? I'demento con·
trario, cionondimeno essa sara presso a ClaScun demento,
con Ia sua potenza conoscitiva, toccando qudlo che le e fa.
miliare, e gli restera accanto fino a quando non si riformi
identico il concorso degli dementi che prima si erano sepa·
rati: e questo allo scopo di ricostituire nei suoi dementi que!·
lo che era stato dissolto. Questo e, e propriamente si chiama,
Ia risurrezione» (I.:anima e Ia risurrezione, cap. 33; cf. 39).

Di conseguenza Ia risurrezione escludera tutti gli dementi che


costituiscono Ia miseria del corpo, da noi sopportata in questa vita
sottoposta aile passioni prodotte dalla caduta (I.:anima e Ia risurre·
zione, cap. 71), e, soprattutto, non vi sara piu il continuo trascorre·
re, proprio della condizione mortale, nella quale sono legate reci·
procamente generazione e corruzione, per cui il corpo "psichico" e
sonoposto alia mutabilita, a differenza di quanto avverra al corpo
spirituale, divenuto impassibile (I.:anima e Ia risurrezione, cap. 60).
Questa condizione del corpo impassibile e dovuta alia sua somi·
glianza con gli angeli, di cui ci parla Lc 20, 34-36, rna, ancor di piu,
al ritomo allo stato primitivo, quello di Adamo, che fu perfetto pri·
rna del matrimonio. Questa perfezione e cosl descritta:
«L'amore infinito peril vero bene, l'avidita peri tesori del·
Ia saggezza, Ia brama della gloria divina, perche Ia bella pas·
s1one della insaziabilita non termina mai nella sazieta dei
beni supemi, rna sale verso il huon desiderio>> (l morti,
GNO IX, p. 61, 14-24).

In questo ritomo all'origine ha una prima funzione Ia verginitil:


Ia parabola della dramma perduta viene interpretata ne La vergin#J

faoio, Ptm. 64, 10-16. Questo corpo sari "leggero e aerco" (!:anima e Ia risurrezio11e•
~P· 51), n~nostante che Metodi~ <La. risu"ezione Ill16) avesse criticato questa espres:
saooe, conslClers.ndola tro~po o~ernan~. Secondo Gregorio, c questo eidos che per
mene, al momento della nsurrezlone, di attrarre a se gli dementi del proprio corP"·
Iv. Una /ilosofia cristi4na
199
(cap. 13) nel senso della apocatastasi: trovare l'o etto ce . .
fica Ia restaurazione nel suo stato pnm·1·u·vo dell~. rcato stgru-
, unmagine di Di0
che anualmente e nascosta dalla sozzura della cam . d bb" '
., di il ·
oo, venrare come pnmo uomo nella sua vita on· · · . '
e, o tamo per-
d all ,. 1 dell glllana, npercor-
ren o mverso e rappe
, ru· 1 · . a caduta: Iasciare i) matnmomo, · ·
tappa
estrema d eII es o, a nusena terrena, le runiche di pell · · .
c gli d" f"
della carne, Ie 10 dell e, 1 pens1en
e 1 tco a vita amara, Ie illusioni del
. per attaccarst. a n·10 soIo, nelle delizie del paradiso.gusto e
della vtsta
<<Tomiarno, quindi, a questa bellezza della somiglianza con
Dio, nella quale Dio all'origine creo l'uomo, dicendo: "Fac-
ciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza"» (La crea-
zione dell'uomo, PG 30, 256C).
Naturalmente, il ritomo all' origine non significa il ritomo ad una
cittii celeste delle anime, alia maniera origeniana. Questa tesi e criti-
cata all'inizio della sezione dedicata alia risurrezione ne [;anima e Ia
risurrezione, capp. 51-57, anche in polemica con Ia dottrina pagana
della preesistenza e della trasmigrazione delle anime.
La risurrezione, infatti, e restaurazione del composto umano tut·
to intero. n ritomo del corpo all' anima avviene per forza di natura:
<<L' anima ha per forza di natura un affetto per il corpo con
il quale abita e, grazie all'unione con lui, essa possiede una
segreta attitudine a riconoscere colui che le e familiare. Se
)'anima nuovamente tira a se quello che le appartiene per
un legame di parentela, perche proibire alia p~t~za di
mettere insieme gli elemenri della medesuna famt~a che,
in seguito ad una inesprimibile attrazione naturale, st ~uo­
vono di per se verso quello che e proprio?» (La creavone
dell'uomo PG 27, 225BC).
Allo stesso modo, ne /.}anima e Ia risurrezio~e ~capp. 34_-36; 51)
Gregorio spiega Ia risurrezione con il fatto che I anuna posstede de-
gli affetti che Ia legano al proprio corpo. D. .
Quando avrii luogo l'unione finale dell'anima con 10 ~on °
sara nell' . ietii nella gioia della contemplaztone, a
~,,.,., anuna, nessuna saz . ro osito della vita de-
~erenza di quanta aveva detta Ongene a P P
gli mtelletti preesistenti al corpo:
' uello che e bello per
«Percio I'oggetto della conoscenza e q . , se Ia sa
natura, e ad esso non si attacca Ia proterva s8Zleta, e •
I PaJri Cllppadoci
200

ziet8 non interrompe l'atteggiamento ispirato ~all' am.ore per


il bello, Ia vita divina sara sempre attuata medtante I amore:
e
vita che bella per natura e per natura vuole amare quello
e
che bello e non possiede un limite alia sua attivita ispirata
dall' amore, giacche nel bello non si puo immaginare un limi.
te· altrimenti insieme con Ia limitazione del bello avrebbe
n e
re:mme anche I'amore. bello, infatti, lirnitato solamente
dal suo contrario; rna il bene, che per natura non ammette
e
quello che peggiore, procede solamente verso l'illimitato e
lo sconfinato» (/}anima e Ia risu"evone, cap. 46).

1.10. Vescatologia di Evagrio

L' escatologia del Nisseno mostra una forte somiglianza con


quells di Evagrio, rna non perche questi I' abbia attinta da Gregorio,
bensl perche l'ha ripresa - rna senza elaborarla a fondo - dalloro
comune maestro Origene.
Anche secondo Evagrio gli uomini, tornati con Ia morte nel
mondo degli angeli, riceveranno ed eserciteranno da quel momento
le funzioni angeliche (Capitoli gnostici III 65). Come gli angeli, essi
si dedicheranno alia salvezza delle creature razionali. Ma Evagrio
colloca il mondo degli angeli all'interno di uno sviluppo e di una
~storia" di carattere metafisico:
«Mentre le trasformazioni sono numerose, noi abbiamo ri-
cevuto Ia scienza di quattro trasformazioni solamente [ ... ].
La prima e il passaggio dal male alia virtu, Ia seconds dalla
cont~plazione della natura seconda ••, Ia terza da questa
alia sctenza che riguarda g]i esseri razionali e Ia quarts il e
passaggio dell'universo alia scienza della santa Trinita» (Ca·
pitoli gnostici II 4).

In .questo contesto Ia «scienza della Trinita» signifies l'union~


c~n Dto. Ctascuno di questi mondi possiede un certo livello dt
sctenza, rna,~ fine, tutti .gli esseri Ia raggiungeranno (Capit~li gn()"
stza III5l).QUI.il p~rallelismo con Origene e il Nisseno de Lan~ma
e Ia rzsu"evone e evtdente. Tale somiglianza riguarda tutti i paruco·

40 Su questa terminologia cf. quanto si osserveril alle pp, 307-308 e 351.


IV. Una fikJsofia cristitma 201

lari di questa dottrina: il m';Itamento dei corpi nel momento del pas·
i?
saggio ~ altro mondo st ope~era mediante una sona di purifica·
zione, sunile a quella che opera il fuoco, il quale brucia iJ male ma
non colui che e affetto dal male (0Jpitoli gnostici III 39). In tal,mo·
do il male sara pr<:'gressivamente eliminato e, dopo il giudizio che
roettera fine all'ultuno mondo, non esistera piit.
L' azione salvatrice di Cristo, che si eesercitata in modo partico-
lare mediante Ia sua incarnazione, si conclude nella escatologia. An-
che Evagrio, come gli altri Cappadoci e gia prima Origene, basa Ia
sua escatologia sulla pericope di 1 Cor 15, 24-28, ed in particolare
sulle parole: «hisogna che egli regni fino a che non abbia messo tut·
ti i nemici sotto i suoi piedi», quindi avverra Ia consegna del regno,
da parte di Cristo, al Padre, e Ia sottomissione di Cristo stesso, af.
finche Dio sia tutto in tutti. Per presentare Ia sua interpretazione
Evagrio ricorre al significato simbolico dei giomi della settimana,
e
per cui questo mondo attuale il venerdi, quello che dovra venire e
il sabato, durante il quale Dio si riposa, ed infme l'ottavo giomo sa·
ra quello della risurrezione.
In un primo tempo escatologico, quindi, Cristo regnera su tut·
ti gli esseri creati, distruggera nei suoi nemici Ia !oro inimicizia e fa-
r3 sparire i suoi nemici in quanta nemici; gli esseri razionali diven-
teranno suoi eredi, accostandosi alia contemplazione spirituale del-
le nature. Successivamente Cristo, non dovendo piu far passare gli
esseri razionali attraverso le varie contemplazioni, si dedichera sola-
mente alia gnosi di Dio il Padre (Capitoli gnosticiVl 33),la quale fa-
ra risalire l'intelletto al rango originario, come il malato che rttoma
alia salute (Capitoli gnostici III 42). . .,
Questo ritorno alia condizione originaria e, co"!e abbtamo gta
visto in Gregorio di Nissa "• l'apocatastasi. Essa avvtene allorqu~­
do l'intelletto si spoglia di tutto quello che gli si e aggiunto m se(g~­
to al primo movimento vale a dire il corpo, il nome e il nuroero ~­
pitoli gnostici I 26). ll ~orpo, infatti, era stato donato dalla Prodvvellt·
denza all'intelletto decaduto perche• quesu,· essendost prtvato d" .
a
gnosi essenziale, potesse esercitare comunque una forma 1 gnoSl,

. h Basilio non sia scato interessato al


4l A proposito deU'apocatastasJ, sembra c ~ 2650 ad a1cuni che, per dimos~ra­
4
problema. Nelle Regolebrevi261 (~ 31, 1264( · Lc 12 7 (..:uno sari moho purut~,
re che Ia punizione avrii una fme, st basavano su . 'riferivll all• durara ddla pum-
l'~tro poco»), Basilio rispose che qu~to v~rseuo non st
Zlone, ma alla sua intensitl\ durante I etermtJ.
202 I Padri Cappadod

cioe quells della conoscenza sensibile, ~ ele':ars! _per suo mezzo ad


un grado pill elevate _d~ ~?noscenza. S1 _v~dra pm oltre (p. 348) Ia
funzione della impass1bilita e della asces1 m questo percorso.
Insieme con il corpo sparisce il nome, perche sparira Ia divers·.
til tra angelo, uomo e demone, che esisteva solo in modo proVVis~.
rio perle creature razionali (Capitoli gnostici ll 17); quindi sparira
anche il numero, perche si instaur~a I'Un_ita fin~e 42 • E quindi spa.
ririi !'universe, con Ia sua success10ne de1 secoli, vale a dire, tutto
quello che emateriale. Se il movimento dei corpi e stato soggetto a1
tetnpo, Ia trasfonnazione degli incorporei ne sara esente (Capitoli
gnostici n 87). Liberato dal corpo e da tutto quello che ha attinen.
za con Ia materia, l'intelletto raggiungerii una condizione eli totale
nuditii, necessaria per giungere alia gnosi eli Dio e allo stato eli per-
fezione, eli cui aveva goduto prima del movimento (Capitoli gnosti-
ci ill 15; ill 6; I 65): questa "nuditii" significa spogliarsi delle "tu·
niche eli pelle", il cui significate simbolico si era visto a proposito di
Gregorio eli Nissa (p. 195).
«Verra un tempo in cui il corpo, )'anima e l'intelletto saran-
no una cosa sola a causa del mutamento delle volonta del-
l'intelleno [ .. .] una cosa sola saranno Ia sua natura, Ia sua
sostanza e il suo nome, che Dio aveva conosciuto>>.

Di conseguenza, quando saranno stati unificati tutti gli intelletti,


si realizzera l'uguaglianza della gnosi perche sara stata realizzata
!'~aglianza delle sostanze. Divenute uguali e unite tra eli !oro e con
II Cnsto, le creature giungeranno finalmente alia gnosi eli Dio, e nes·
suna ne rimarrii esclusa; l'intelletto ricostituito tomera a godere della
gnosi essenziale, della gnosi eli Dio, in vista della quale esso era stato
creato; Ia beatitudine ne eIa conclusione. La gnosi eli Dio egnosi sen·
za fonna, deifonne, unifonne, coestensiva alia sostanza dell'intelletto,
sl da colmare tutto l'intelleno (Capitoli gnostici IV 49). L'unione dd·
l'intelletto unificato con l'Unitii divina si realizza mediante Ia gnosi, e
questa gnosi e illimitata (Capitoli gnostici ill 88).

42 Questa, ed altre affermazioni analoghc furono condannate come e facUe capi·


re, d.al Concilio d.i Costantin.opoli del553, ch~ condannO J'ori.g~mo.
N. Una/iloso/is crisliana 20J

2. La doppia creazione
Ne La creazione dell'uomo (16, 184B) si Iegge: (·
«Dio e Ia pienezza delle cose buone e Ia natura umana esua _
iromagine: pertanto I'immagine possiede Ia somiglianza con
il modello nel fatto che e piena di ogni bene. Dunque, in
noi si trova I'idea di ogni cos a buona, ogni virtu e sapienza 1/
e tutto quello che si puo pensare che abbia relazione con Ia
_ natura suprema. Tra tutte le cose buone vie anche quella di
essere li~a da ogni necessita e di non essere aggiogata a J
nessun potere d1 natura fisica, rna di possedere Ia liberta di ~
fare quello che piace. La g e
infatti qualcosa che non
e
puo essere dommata, ed vOlontaria, mentre quello che su-
bisce costrizione e violenza non puo essere virtU>>.

Questo significherebbe, secondo molti studiosi, che l'uomo e


immagine del suo creatore e fu benedetto con tutti i doni di Dio, ma
a causa del suo cattivo uso dellibero arbitrio perse I'armonia con<
Dio e con il mondo. Gregorio, quindi, non crede che l'uomo attua-
Ie, mortale e mosso dalle passioni, possa essere ancora considerato '
immagine del Dio eterno (180BC- ISlA), cosicche deve esistere, in,
certo modo, un altro uomo per il quale possano valere le parole bi-
bliche che Dio creo l'uomo a sua immagine e somiglianza. Esistette
quindi una creazione perfetta, antecedente alia creazione effettiva:
Dio I'aveva nella sua mente, rna, a causa del nostro cattivo uso del
libero arbitrio, essa non esistette mai realmente ed esisteril solamen-
te quando «Dio sara tutto in tut:!J·~=;:;:..---------...
Tale interpretazione e sta coruestata da Eugenio Corsini". o-
studio prende Ie mosse da un nuovo esame e creaztone ell'uo- ·
mo. Quest' opera fu scritta subito dopo le Omelie suii'Esamerone di
Basilio, perche Basilio si era fermato a! quinto giorno, senza parlare
della creazione dell'uomo (esistono anche due omelie su La creauo-
ne dell'uomo che vogliono colmare Ia lacuna della spiegazione ba-
siliana: esse s~no da alcuni attribuite a Gregorio di Nissa). Ma per-
che Gregorio pro~a nu()~e~~~co tempo dopo

4) Cf E Corsini PllrOme humaine et p/erOme cosmitJue chez Grigoi~ de Nysse,


i~ M. Hari (ed.), £cril~re el culture phi/osophique dans Ia pensie Je GrtgD'"de Nyue,
C:lt,, pp, 111-126.
I P•dri C.pp•doci
204

uella di Basilio? Certo, com~ _egli dice s_c~ivend_o al fratello Pietro,


q difendere I'esegesi di Basilio dalle cnnche di alcuru nemici 0
,per G . , . d on
meglio identificati. Ciononostante regorto e_ arnvato a una inter-
pretazione della Genesi che eno~evohnente diversa ~a quella di Ba.
'silio. Egli polemizza con Ia dott della conflagra_ e universale
(ekpx..rosis), che Bas , nel c?.mplesso, n~n aveva rifiutato, ~a ave.
va cercato di adattare ad un mterpretazwne ~etterale delle acque

superiori" di cui parla Gn 1, Inoltre Gregorto, con Ia sua insisten-
za sull'etemo equilibria degli element! del mondo e Ia sua concezio-
ne di uno sViluppo aena creazione secondo un ordine necessario e
· rigido, potrebbe essere classificato tra i sostenitori dell'etemitii del
mondo, Ia quale evidentemente eprodotta dalla volontii onnipoten-
te di Dio. Era quindi necessaria che Gregorio tomasse poco dopo
sulla esegesi del fratello: lA creazione dell'uomo, anche se si presen-
tava come un completamento di quella di Basilio, conteneva giii
.molti dementi che erano inerenti alia dottrina basiliana della crea-
zione del mondo e dell'uomo; rna Basilio non aveva avuto il genic
filosofico di trame le conclusioni. Lo fece Gregorio.
ll Nisseno atrua una vera rivoluzjone nella speculazione sui pri-
mi principi, sulle archif della ftlosofia m~dioplatonica e del prime
"lreOplatonismo: egli sovverte Ia gerarchia Dio-Logos-mondo, che
era stata anche di Origene e degli ariani e dei primi difensori della
fede nicena, come Atanasio. Gregorio e i1 prime a trarre le conse-
guenze logiche della dottrina della consustanzialitii e della perfetta
-uguaglianza tra il Logos e il Padre, in quanto, secondo lui, il Logos
non ha piu Ia funzione di mediatore nell'ordi{;e ontologico. Pari-
menti elimina o, almeno, trasforma in modo radicale le funzioni del
mondo intelligibile, inteso come mondo delle idee: per Origene, U
e
~ondo mtclligibile st tdentifica con il Logos, che Ia somma delle
tdee del Padre e costituisce Ia discesa dalla realtii trascendente al-
l'esse_re (il mondo intelligibile, nel Logos, e il vero essere) e dal Lo-
gos, m quanto paradigma e creatore al cosmo sensibile. Questo
ruolo mediatore ~elr;r.os ~~lica~a ln Origene e nei suoi seguad
un"Sii"Sordinazrorusmo el Ftglio net confronti del Padre: questa er~
stata Ia poswone degli origenisti di tendenza ariana ed anche det
primi difensori dell'ortodossta nicena, che si rifaceva~o ad Origene-
_Anche per Basilio (Omelie sull'Esamerone I 5) esiste ancora Ia crea-
d!
zione un mon?o ~telligibile pr~el__I!!2!1do~e, ~entre
Gregorto fa s anre il mondo inte!ligibiJe comefel!ame tra Dto e U
mon o create. Gregono, qum , prlffio a ve ere con chiarezza
IV: Una /iloso/iA crisliana

in che cosa consi.st~se U n~d~ della questione: Ia sapienza,la volon-


tii Ia potenza di Dt~ costttwscono un'uojca ,.Palta e bastano per
5~ Ia creazione, senza bisogno di entita piu 0 meno seconda-
rie che o da intermediari.
'uomo, · di, e U legame tra i due mondi: una dottrina che
fO e cosl nuova neua sua formUlaztone, rna che lo e certa-
mente nel radicalismo della sua applicazione. E nell'uomo che si
com pie upassaggto aan•ordifle supertore a quello inferiore· W2_-
mo Uvero "intermediario" :Jr ~tolo che.U medioplatonism~ eF'i!O-
ne assegnavano aJ secondo o, mtermedio tra Uprimo dio e Umon-
do);e 'eJ'"imma inediDio",enon iu "l'imm · edell'imm ·-
L,come per rigene ommento a ange o i iovanni II 3, 20 .
Ma in che modo l'uomo puo essere "a immagine di Dio"? Nel
cap.16 de La creazione dell'uomo (sopra citato) Gregorio si preoccu-
pa di disti!!guere nella natura dell'uomo due aspetti: un aspetto in- .
tellettuale, per CUI l'uomo e "secondo l'unma ine di Dto" ea un
aspetto sensi · e, e c~la dis!i!!zjo~s~ il qua-
le-l'.uomO"'iiifi.e.l'imm~~Vi rorio'Slaie.
d~ c~trodurre ciascuno dei due aspetti, co-
me sostenevano alcuni studiosi: dice semplicemente che vi sono due .
_:se_ressioni della Scrittura per indicare che I'atto creatore di J?io si e 1
applicato a due aspe~~ell'uomo. E nemmeno dice che
fuomo "se~agin~Dio" non aveva sesso: dice che nel·
l'archetipo, cioe in Dio, non vie sesso, e che U sesso, di conseguen-
za, e escluso dalla condizione di essere "a imma ine di Dio" · L' uo-
mo, · attJ., m quanto mterme arto, appattiene a due ordini di real-
tit differenti.
L' essere a imm · el osse
I Padri Cappadoci
206
d enso che esista una creazione "ideale" contrappost
manonn s . d ·'diD' . •a
~ ell "stories • come se ct fossero ue creaztoru to, eli cui Ia
qua ' all. r; ''fu se.
ronda sarebbe stata giustap~?sta a ~~~· urn~t~ creata da
Dio all'inizio, nella sua totalita, co est e VISta ne L~nzma e fa risu,.
rezione (p. 197). Grande disco.rso cate~hetzco SI trova un'altra
esposizione, assai estesa, dell~ creaztone dell uom~ e della sua cadu.
18 . in essa tomano molti punu de La creazzone dell uomo, come que].
]o' della donrina dell' essere a immagine, che appartiene solo a].
J'aspetto intellettuale ddl'uomo, con l'e.one della distinzione
dei sessi e dell8llbeit1t come elemento es~ale dell'immagine, rna
non vi e nessuna alJusione alJe supposte due Cteazioni ne alia Ctea-
zione eli una "pienezza", eli una totalitlt della urnanitlt. ll Grande di-
-.corso catechetico comunque non e una ritrattazione, che omette i
punti piii audaci: e, quindi, probabile che Gregorio considerasse Ie
due spiegazioni come complementari !'una all' altra.
- Pertanto Gregorio vede nella creazione eli cui parla Ia Genesi Ia
i!escrizione, destinata a noi che ci troviamo nel tempo, eli un aweni-
mento che si svolge l@go il nostro te!!!l'O, rna che esiste eli gilt com-
piuto nell'unico atto creatore di D10, che lo ha fatto globalmente e
istantaneamente. Dto, che e fuon del tempo, non puo creare di mo·,
mento in momenta gli individui che vengono all' esistenza: li crea tut·
~ insieme e ciascuno nella sua individualitlt, con un atto unico che si
P,ne nell' etemitlt. Percio egli ha gilt creato tutti gli esseri che com·
Jibngono il genere umano, tutti quelli che sono gilt stati, quelli che
~ono, quelli che saranno. In una parola, Dio crea il pleroma, Ia "pie·
nezza dell'umanitit", come si e visto sopra. Ma il pleroma none col·
_J£cato nell'etemitlt in cui si trova Dio, bensi nel diastema, che e !'in·
~e dello spazio e del tempo in cui si svolge Ia VIta ddla creazione:
nella estensione del tempo Ia creazione si realizza un poco alia volta
introaucendo iiii individ"ui secondo un ordine ed una concatenazio·
ne f!e~essari ~ razionali. Anche per il cosmo vi e, per cosl dire, ~·
dopp~ creaztone, o, meglio, vi sono due aspetti di un'unic~:
ne, det qu~uno evisto dalla parte dt DIO,i'iiltro dalla parte degli
essen .creau. Tra Ia creazione del cosmo e quella dell'uomo vi e ~·
sola differenza: lo sviluppo del pleroma del mondo e previsto da Dto
co.me una successiOhe assolutamente logtC. eneces.saria, mentre _-Io
sviluppo del pleroma umano e previsto da Dio come una successiO·
ne in cui~deUa_libeJli.. data all'uomo inizisl·
~ente r~e lll11>~ unYeitOUS~d~~~
st, che 10 ha sovrapposto iiiF~agine, fin dall iniZI '
~ /\, "'~--v------v----
I P•dri C.pf>ildoci

2.1. La teologia di Evagrio e il suo origenismo

AI di fuori delle considerazioni assolutamente tradizionali, come


vedremo poi (pp. 283ss.), da lui presentate nell' ambito della dottrina
trinitaria, Evagrio ha sviluppato una sua teologia che si riallaccia a
quella di Origene, insieme al quale fu condannato nel Concilio ecu·
menico di Costantinopoli del553. Egli, infatti, e fortemente origenia·
no perche non ha rielaborato il pensiero dell' Alessandrino, smussan·
done gli aspetti piu audaci, come avevano fatto invece g1i altri Cap·
padoci. ' '
Poiche e"scienza essenziale", cioe e conoscente per propria es·
se?za, ed .anc~e ogg~tto di conoscenza per sua natura, Dio ere~ d~·
gli essen il CUI fme e quello di conoscerlo. La sua creazione prmci·

. . Cf. _U. B~chi, ~resupposti platonici e dualiStici nell'antropogonia Ji Gr:~orio_


44
dt Ntrsa. · ·: m U. BlanC~l ~ "d~ppia creat.ione" dell'uomo, m:gli A/essandrw, net
(e?·.J·
~fpa~ e ne/111 gnost, EdiZIOOJ dell Ateneo, Roma 1978, pp. 83-115, soprsttutto PP·
,~ Pottier.
Co~~ome B. Dft.u.!!.ie
avec traductton m 1
C'i/;';,~;lll~~folf! de Nyw, Etude systtm~tiqurt.
s 'Eunom preface de Maneue 11
never, Culture et Verite, Namur 1994, D. 287. e,
N. Una /ilaso/Uz crisliltna

ale fu, quindi, quells degli intelletti, che avevano quel compito co-
pe unico fine. I:intelletto fu fatto ad immagine eli Dio rna non _
m sta
che - unmatert
· 'a!e, b.ens.l P.erch"e fu fatto capace eli comprenderlo.
' per
Uintelletto creato: qu.meli, nceve ~a scienza, rna non eIa scienza es-
senziale, com~ lo e Dto. ll tempo e collegato con Ia nascita e Ia cor-
ruzione, rna I' mtelletto fu creato al di fuori di essi.
Ora, Ia pace e l'unita originaria tra Dio e gli intelletti furono rot-
te dal "primo movimento", che produsse Ia separazione dell'intel-
lerto dalla prima Unita (Capitoli gnostici III 22). Questo movimen-
to estato possibile perche l'intelletto, fin dalla sua costituzione go-
deva dellibero arbitrio (Capitoli gnostici VI 75). In seguito a ~esta
caduta, l'intelletto divenne anima (Lettera a Melania p. 618, 1-3).
Questa, infatti, e Ia defmizione dell' anima:
«I: anima el'intelletto che, a causa della sua negligenza, eca-
duto fuori dell'Unita e che, a causa della sua trascuratezza, e
disceso a! rango della pratica ,.,, (Capitoli gnostici III 28).

La caduta dell'intelletto, elivenuto anima, indusse Dio a com-


piere una seconda creazione: vale a elire,la creazione dei corpi e del-
le realta materiali. Questo avvenne allo scopo eli permettere all'in-
telletto eli riottenere, per mezzo della contemplazione degli esseri
creati,la scienza essenziale, insieme al suo stato primitivo (Capitoli
e,
gnostici VI 20). ll corpo infatti, nella condizione attuale, uno stru-
mento indispensabile: per l'intelletto caduto il ritomo alia scienza
passa, come spiega )' ascesi eli Evagrio, attraverso Ia conoscenza sen-
sibile (cf. pp. 351ss.). n male, d'altra parte, none intrinseco al cor-
po (Capitoli gnostici III 53.59): e assolutarnente ~a respmgere Ia
dottrina degli gnostici e dei manichei che bestemmtano il Creatore
per aver creato i1 corpo. ll racconto della Genesi riguarda Ia seco;-
da creazione, mentre Ia prima creazione non e ~tata raccontata a
nessuno (Capitoli gnostici II 64 e 69). In conclustone:
«Tutto quello che e stato prodotto e stato ~ro_d~tt~ per Ia
gnosi eli Dio, rna, tra gli esseri, alcuni sono !'~· . ~:::

seri seconeli si trova il movimento» (Captlo nos


fi
eli. Prima degli esseri primi si trovala gnost ~nm~ci I 5oe

6!).

46 . . . . . ddrermine"pnttica•(p.219)a~ddend-
l Caoe, come vedremo p01, al s~gmficaro uri£i zione.
a necessitii di praticare l'ascesi per ouenere Ia p ca
210 I Podri Coppodoci

L'intelletto caduto e divenuto anima ~a pe~? Ia sua unita: si e


cliviso in tre parti, quella razionale, quella •rasc1bile e quella con
piscibile (Capitoli gnostici VI 85): il termine "anima" indica, co~~
spesso, l'insieme delle tre parti, rna, ~gu~~te spesso, indica sola.
mente l'insieme formato dalla parte uasc1bile e da quella concupi.
scibile; Ia parte intellettuale dell' anima, che corrisponde all'intellet.
to primordiale, e chiamata "intelletto" (nous).
Dopo il movimento per mezzo del quale gli intelletti si sono se.
parati dalla condizione originaria, e dopo che Ia provvidenza inter-
venne per permettere !oro eli acquisire una certa scienza, e venuto il
giudizio (Capitoli gnostici VI 75). Esso none una punizione, rna eIa
creazione eli un mondo che assegna a ciascuno degli esseri raziona-
li un corpo corrispondente a! suo stato.
Non vi e differenza eli natura tra le varie categorie degli esseri
seconcli: essi si distinguono solamente per mezzo della varia compo·
sizione della !oro anima e delloro corpo: negli angeli predominano
l'intelletto e il fuoco, negli uomini Ia concupiscenza e Ia terra, nei
demoni l'iracondia e !'aria (Capitoli gnostici I 68): a questo punto,
non e chiaro se Ia diversa composizione dei vari esseri intellettuali
dipenda dalla caduta dalloro stato primitive o dalla missione, affi·
data !oro da Dio, eli venire in aiuto agli intelletti decaduti.
La provvidenza eli Dio non cessa eli esercitarsi nella creazione e
nei vari mondi, che sono, quincli, delle realta non solamente spazia·
li, rna anche temporali (Evagrio impiega le due parole tecniche che
hanno questo significate: kosmos e aion). Alia fine eli ogni mondo
sopravviene, per ogni natura razionale, i] giudizio eli Dio, in seguito
a! quale ciascun intelletto, a seconds del suo progresso o del suo re·
gresso nella gnosi, entra in un mondo nuovo e riceve un nuovo cor·
po adatto ad esso (Capitoli gnostici II 75). Tutti gli esseri razionali,
a qualsiasi mondo appartengano, possono, usando Ia !oro Iiberti\,
cadere o elevarsi: gli angeli possono cadere nello stato demoniaco,
c?me fece Lucifero, ma possono, per i] progresso nella gnosi, cliv::
mre arcangeli. Come gli uomini temono eli diventare demoni, cosll
d~moni tem?no eli cadere nella corruzione estrema (Capitoli gnostt·
ct I 57), ma m ogni caso il demone non e malvagio per Ia sua essen·
za (Capttoli gnostici IV 59).
Iv. Una /ilos.ofia cristiima
211

3. Antropologia
Centrale nella antropologia del Nisseno e Ia dott · ..
I a! d . d , nna, gia avan-
zata d all a scuo ~. essan nna, ell uomo fatto "a immagine di Dio"
(Gn l,_ 26~. ~asiho aveva affermato che Ia vera essenza della imma-
gine d1 D1o ~Ia mente um8!!!,(cf.l?p. 233, 1; Omelia sui detto· Fa'
attenzione ate stesso 3). Anche secondo Gregorio di Nazianzo.l'in-
te~o UJ?ano deriva _dall'intelletto divino (cf. pp. 323ss.). Cosl,
dunque, s1 Iegge nel N1sseno:
~:hfatti, e ahit~dine ?egli uomini che colora che-
• ~~~ le statue d1 quelli che comandano ne esprima-
no Ie carattensnche dell' aspetto e, insieme, raffigurino Ia :,
dig?it.a r~ale P?nendo sull ail m~ra, e
cos1 s1 d1ce ahnu ·em re anche quando si tratta di
,...,.-una status, allo esso modo nche Ia natura umana, poiche=
fu preparata a co d gli altri essen grazie alia somi- e
glianza con il Signore dell'universo, fu costruita come se •,
fosse un'immagine vivente, che partecipa a! modello (arche- ) I
typos) nella dignita e nel nome; [ ... ] tutte le caratteristiche JL
:: che si trovano nella dignita del potere reg,ale fanno vedere ,
~ che tale natura e stata resa perfettamente simile alia belkz.- tv 1
za del modello» (La creazione dell'uomo 4, 136C). -
<<Non il cielo e immagine di Dio, non Ia luna, non il sole, non"?"'
Ia hellezza delle stelle, non lo e nessun'altra delle cose che si
vedono nella creazione.: solamente tu sei stata fatta ad imma- I
~ gine di quells natura we e a! di sopra di ogni mente, sei stata
": fatta somiglianza deif! bellezza incorruttibi!c{"llll..e!£nta della
- vera divinita, rec~te della vita felice, m~ce della v:~ 1~-~
fi ce, g~.~ardando Ia uale tu diventi uello che essa essa e~­
q~ tando colui c e m te nsp en e attraverso il raggio della tua
purezza» (Omelie sui Cantico dei CanticiJl, P· 68, 2ss.).

Anche qui e evidente l'impiego dellinguaggio pl~tonico. ~


chetipo" con rifer' rapporto tra Ia natura divma e Ia_ natu-
-....;:..
ra umana e us 0 soprattut nel platomsmo · dell'eta impenale' a
Partire da Filo e di Alessan ria, il quale aveva affermato: __
_ «Ora, se Ia uiimagine di un'immagine ~ se Ia forma
intera - questa nostro mondo sensibile ,tu~o dter;o. P~~~
che emaggiore dell'immagine umana- e r!pro -~~-=
212 I P.Jri Capp4doci

l'immagine di Dio, ne risulta chiaro che ancht;J:;;:Jar-


chetipo, che noi diciamo essere ilmondo inte~on
puo che identificarsi con il Logos divino» (La crea£i0iie del
mondo 1, 25).
• «Come prima dell'in~etto individuale e particolare esiste-
va un'Idea che e come il suo archetipo e paradigma [. .. ]»
(Le altegorie delle leggi l, 22).
«[ ... ]lo soirito umano esimile a Dio, in quanto e stato fat-
to secondo il modello di un'Idea archetipale, che eil Logos
supremo» (Le leggi speciali III 207; tr. di R. Radice,""Rusco-
ni, Milano 1978).

=-i'oiche e l'immagine di Di~ssiede, sia pure con Ia


differenza che intercorre tra l'immagine e l'archetipo, molti attribu-
n e
ti divini. rapporto tra immagine e realta cosl descritto:
<<Se I~ ~~nto Fim1111e iaferiore aile qualita che si
ve~ru;cn()dPjj; allora essa e veramente immagine;
,• quando, invece, essa non coglie Ia somiglianza con l'esem-
plare, allora sotto questo aspetto essa non e piu immagine.
--Bunque, poiche tra le qualita che si incontrano nella natu-
'>( ra divino si trova l'illi:ormttibjlitil della sua sostanza, e asso-

1 lutamente necessariOctle. sotto questa aspetto, l'immagine


·corrisponda a1 suo modello. Se, infatti, l'immagine e com-
prensibile, mentre il modello rimane al di sopra della com-
prensione umana, ebbene questa diversiti\. di caratteristiche
che ne risultano sarebbe un segno della diversita dell'im-
magine» (La crea:done dell'uomo 11, 156AB).

Dio, nella sua bonta, ha creato l'uomo simile a se, perche par·
tecipasse ad ogni bene:
~ ~io e_Ia pienezza delle cose buone e Ia n ra,·uma esua
/ tmmagme: pertanto l'immagine possi tanza con
---il modello nd fatto che Aniepa dj ogni bene. Dunque, in
l", noi si trova !'idea di ogni cosa buona, ogni virtu e sapienza
e tutto quello che si puo pensare che abbia relazione con Ia
natura suprema. Tra tutte le cose buone vi eanche quells di
essere ~ da ogni necessita e di non essere aggiogata ~
nessun potere di natura ~~di possedere I~
fare quello che piace. ~virtu, i!>fatti e Qualcosa che non
IY. Una /ilorofia cristidna 213

puo essere .d?minata: ed evolontaria, mentre quello che su-


bisce costnz1one e vtolenza non puo essere virtU» (La crea-
zjone dell'uomo 16, 184B).

Questa corrispondenza tra realta umana e archetipo divino non


vale solamente sui piano sostanziale, rna ha una conseguenza dina-
mica nelloro rapporto. Anche se non possiamo vedere Dio, noi pos-
siamo avem~, ~omunqu~~ un:~agine conteaif.Jandolo in noi stes-
si, qualora c1 s1amo p~tl e s1amo tomati e qualita orJii,arie,
appunto perche siamo stati fatti "ad immagine di Dio •:

_
«Certo, egli non puo, a causa della sua stessa narura, Iissa-
re lo sguardo n~l disco del sole, rna vede in se stqso, come •
<
in ecchio, il sole, perche i raggi di quella vera e clivi-
- n VIrtu e risp endono nella vita resa pura dalla elimina~\
"'- zione delle passioni, che promana dalle virtu stesse, ci ren/'J
dono visibile uell' essere invisibile e com rensibile uel-
1'essere inaccessib · e, ra 1guran o il sole nel nostro spec-
chio» (Omelie sui Cantico dei Cantici V, p. 150, 11-18);
<Ou che ti sei staccata da ogni contatto con il male, ti sei av---
• vicinata a me, e, accostata ana §e:llezza arc~t!f·· sei dive- ~
"' nuta b a stessa a mo' eli s ecchio, pren en o, si puo eli- • 0
rei Ia orma a mta · ron , c e essere urnano sembra
1

vera~~e uno speccfuo che s1 muta a s_ec:onda d.?Je ln11D~';- . .


~i che gli procuranoTe suesce!fe» (Omelie su1 Cantico det
Cantta XV, p. ~10):------- -
Grazie a qu~ge nell'uomo l'esigenza eli avvici-
narsi a Dio, secondo Ia cui soffiiglianza e stato fatto (Gra!'de diSCOl'S?
CJiechetico 5 4-6). In questo- mo o regono nna m senso cn1-
1
il toree a •
ore . c~el Ia

snano, parlando con illinguaggio nuovo d
crearura, Ia dottrina platonica (rna diffusa anc e eli fu~n PPI t~- f;
nismo) dell~ nn cenza del sr~e !3(5 qi'Ul 1' v~~tc;n cl:~
dr'
~o, del resto,~/formuFan,in aveva p1u un s1gruficato t~4!ti- W::
81vamente all' ambito della conoscenza, rna era stata app ca .,..
c . . . nd suo contatto con
I 8:J>".r espnmere Ia condizlone . ~ II n
If natura tellettuale ee&: -
Nissen prende, ' •
risonanza
concezione
214 I Podri Cappodoci

le caratteristiche principali della vita del filosofo (cf. Teeteto 176a )


ed era elivenuta un lu~~o c;om~e nei plat~~~i dell'eti\ imperiale. ~~:
tino aveva fatto della II§S4nilazione~Ol~ .lideal&~ vita ~Jill'·
sofo (cf. Vl9, 10-11; I&, 8 ecc.); essa s1grufica peiVemre a una condi.
~zione eli pura~ti\, !'union': dell'uomo con I'Uno, Ia "fuga eli
~lo a solo". Questa ~onceZione e prese~lte nella sc;uola eli Alessan.
dria, in Clemente, Ongene (cf. ad es7mp10 I prmczpz .m 6, 1), Grego.
rio il Taumaturgo (Panegmco dz Orzgene 12, 148: «il fine eli tutti io
credo che non sia altro che t1/arsi simile a Dio mediante Ia purificarJ..
ne e accostarsi a lui e rim anere m lUI»). AriaJoga ~ I'espressione, eli ori.
gine pitagorico-platonica, del "s~" proposta dal Nisseno (V;_
ta di Mose II 251-252; 318), e il Nazianzeno Ia sviluppa ampiamente
in un contesto ascetico (pp. 323sU,.
Pert~lto I'assimilazwne a Dio significa Ia ricostituzione dell'im.
magine eli Dio, nell'ambito del rinnovamento dell'anima che era sta-
ta sfigurata dal peccato.

4. Anima e corpo

___,.-----,
~ questa temauca · d d S lin th'
.. j .P~enos. The relation o/ Dody an ou Crt-
Thought of Gregory o/ Nyssa, 1n lf."i)o~AJtenburger _U. Schramm iedd.),
gor von Nyssa und die Philosophie .. ., cit., pp. 61-78.
Ne La creazione dell'uomo 15, 176C Gregorio afferma che ~!Q.i­
llj~ e, in senso proprio, la.fac.wta razi9B.aJr., Ia quale, nella sua asso-.
ciazione con le facoltii irrazionali, non subisce alterazione. La facol-
ta razionale e il erincipio guii e, gualungue sia l'elemento irrazio-J
nale che si 1: incrcistato sopra ~ esso, tale principio eil risultato del-
l'unione dell' anima con il corpo. G - me PI!Wlne, conside-
' ral'anima indivisibile e ne accett a tri artizion !VIiientrambi ri-
conoscono che I' anima dell'uomo es1ste so o in connessione c~
corpo (La creazione dell'uomo !6, !SIC) e che le mcrostaz10m ma-
teriali che si formano su eli essa derivano dalla sua attivita congiun-
ta al corpo (I:anima e Ia rirurrezione, cap. 27).
Que e tra anima e corpo 1: resa ancora pili manifesta
dalla I o origine. ssi furono creati contemporaneamente (La
creazione e uomo 29, 2330). Noi dobbiamo pensare che il seme
umano possiede Ia potenzialitii propria della sua natura, fin'7al-
l'inizio della sua esistenza, che 1: dispiegata e manifestat~ da una
successione naturale, poiche rocede fmo alia sua erfez1?n': (La
creazkme dell'uomo 129,236 ). II seme ossiede una facolta VItal
nella quale si trovano tre forme: c1ascuna · esse corrispon e .a.
uno stadio differente di creature viventi. Una forma, quella ~­
v~ ri~ il nutrimento, rna e priva d.i percezione. ~'altra, qudla
P~r~a, riceve il nutrimento ed e capace di perceztone, rna 0 _00 •
dt ragtonamento. La te~~~ ed e perfetta e coesteOSlVS
con l'intera facolta (La creazzone detl'uomo 8, 144C- 145A). Que-
ste tre facolta non sono mescolate insiem.,, perchc! !'anima vera e-
216 I P•dri C•ppadoci (

~rfetta e una sola, uella intellettu ~~rial~ che si Unisce


con Ia nostra natura m per mezzo et senst (La crea;j
dell'uomo 14, 176B). _L'uomo, infa~ti, r~cchiude tutti gli' stadi ;~~
cedenti della natura vtvente, perch~ quancrohi f~tto en~~o a far Par.
te di una certa se_guenza bene ordma~a dt essen creau ed apparve
per ultimo sUlla terra, solo dopo le ptante e le creature irrazionali
(L'anima e Ia risu"ezione, capp. 23-25).
n e
corpo unito all' anima perche i suoi dementi sono tenuti in.
,iieme dall'attivita vivificatrice di guella; se non c~ fosse questa !ega-
me, il corpo perirebbe (Grande dzscorso catechetzco 11, 1). Vi una e
corrispondenza tra il macrocosmo e il microcosmo. Come l'univer-
so etenuto insieme da UD UDICO potere, COS! il corpo umano etenu.
n
.to insieme dall'anima (I.:anima e Ia risu"ezione 7). corpo com- e
posito e, dopo che I'anima si e separata da lui con Ia morte, si clisin-
tegra negli dementi di cui e'COsiitiiito, perche tutto quello che e
e
composite necessariamente soggetto alia dissoluzione. Ora, tutto
e
q';ieno Chc;,st corrompe non tmmortile. ~
La struttura deJI' antma e, peril Nisseno, quell~a cli Pia-
tone: egli impiega frequentemente Ia descrizione del Fedro; accanto
ad essa, il termine stoico "impulso" (borme) indica le "parti" e le
"faco~ dell' anima, intes,;-;n;-maniera aristote[jca.

5. L'etica
. . . ella sua forma tracj!~nale, tipica della paideia ~­
ca, a Basilio, quale preferisce parlare dlmsegnamento ddia Sent·
tur euc a un tuolo parimenti modesto in Gregorio di Nazian-
zo. L'ettca del Nazianzeno efortemente influenzata dal cil!iWO con-
temporaneo, per il fatto che esso si accosta alia sua ascesr,che edi
!tipo pla~co: infatti il disprezzo del mondo e delle ~usioni co-
llstituiva I'argomento preferito della critics dissacrante dei cinici.
L'orazione 25 di Gregorio, in lode del £inico Mas~o, e_un d~
• ~~ento nuovo e mteressante, perche presenta un progetto cli c~nct
liazione tra morale cristiana e cinismo. Gregorio esalta Ia libertii di a-
r,9!i..la quale trova la sua piu nobile m · estaztone n a difesa d 8
retta fede_minac~iata dai potenti (i quali, peril Gregorio del379-380
a Costan~opoli, sono gli ariani) e, poi, soprattutto nell' affronrar.;j;
sofferenze m difesa della vera dottrina. Comportandosi in tal Ill
M assuno'st" ~ d che non consiste nd5008 u e'
IV. Una /iloso/ia cristiana
_, 217

111a nell'~· In. quanto filosofo ci!!!;o (e, quindi, vero cri-
stiano), MassllDo e «~ttadino per Ia sua s ezza · tuna 1a terra>o (e,
infarti, Ia filosofili ctruca non soppona di essere delliiiitata da confinj
angusti), anche se, per quanto riguarda il suo corpo, ecittadino della
dna eli Alessandria. ~que,. ilaistianesjmo e una filosofia, anzi, Ia
0

~· come 1 cnsnaru avevano rivenelicato per se fin dai tem-1


pi dell'apologjtica. l:altemativa tra paganesimo e cristianesimo sima-
nifests come temativa tra vera e falsa filosofia.
In cone! · • , etico che Gregorio intende proporre e
quello dell filosofia cinica; so viene adattato ad un contesto sto-
rico e sociale ce am e verso, e preci;m....,nte quello del crisrla-
nesimo del IV secolo, nel quale si eliscuteva sulla scelta della ~rfet.
ta vita cristiana, se dovesse essere quell§:monasticao-quella pr~tica
in mezzo alia societa. Gregorio risolve questa eliscussione con un ac-·
comodamento tra le due esigenze nel carme Con/ronto di generi di
vita (12, 8) e in quello Sulfa virtu (12, 10) (cf. pp. 148·1..50). Epero
necessaria t~ciare una linea eli netta demarcazione td"cinismo pa-
gano e cinismo cristiano, nel senso che il collegamento tra cinismo
e cristianesimo non era nei fatti, rna poteva essere suggerito dalla in-
terpretazione che ne dava Gregorio. In conclusione, I'attenzione ·
per una morale eli tipo cinko (o, se vogliamo, eli "filosofia popola-'
re") fu mo!to pili forte nel Nazianzeno che nel Nisseno, e addirittu-
ra in Basilio. Gregorio v1de che il cinismo poteva fomirgli degli
esempi autorevoli eli personaggi storici che avevano condotto una
vita elistaccata dal mon~ si pose (come nei confronti
del platonismo) in un atteggiamento eli moderata approvazione. \
ll Nisseno riprende anche Ia dottrina, . . . enistica, del-
la 0 · · · · ' o stoicismo a a propu~
,go o una r1gor c aiione . ~),
mentre Ia s uol rica veva ritenuto che Ia pass1one potesse '
s~ssistere, ma a atto essere r~lata ed lnd.jrizzat~ a.J hepe Cia co-
Slddetta metrioP(ltheigl La moderazione degli affetn Sl trova ~ch,i;
nel meeliopTatomsmo: e sostenuta sopranutto da Plutarco, qum ~
d~ Porfmo, il c;iuale Ia mette in rapporto con Ia p~a classe delle
vlflii, quelle" olitiche" (Sentenze 22, 2-3), e da Plonno (I 2, ~ e 2,
7). Anche Cle ente Alesswdrino Ia conosce, ma non Ia C?"Sldera
il gradopiu 0 etlca: 8 pe 'one del cristiano c~a nell.a
"azione retta" (katorthoma, una parola ed un concerto ~~01~). nen- '
Stiano eso alto della~ che ha ricevuto, e non SliasCI8 att':'l"-
re dai beni e erni (J;amma e Ia risu"ezione 24; L4 vtta di Mose ll
I Padri C4ppadot:i
218

48 Su quc:ste delinizioni cf le Jan·


ketrgu1 in den "Homilien iiber i S0frv~oni di S.R.C. Lilla, Neupltltonische~dGe Bo·
ston 2004. le e tgprelrungen" Gregors von Nyssa, Brill, Lei en·
5.1. Etica e antropologia
I P•dri C.ppado<i

~illiams rca di ~olvere. q~este diffi~olta.


Egli osserva., che
gta 8 tn.J1artizione platoruca dell aruma ~on ~:,p~r Gregorio, cosl es-
s~;e come sembra, n_on~stante ch~ s~a pm di un~ volta eouncia.
1 Macrina aveva fatto rifenmento all es!stenza effe~va_ d~ d!1!Q.re e
'quin · ne aveva am~esso_ Ia presen_za, dovuta a li lstmu natutali.
· · e latoruca cui sare .
hero oga ' · za versa e essa mip1ega de!ibe.
illingua~IO stoi~o, ricorrendo al !ermine h.2IIJ!fi, cioe
rratamente
"impulsi"): vale a dire, Macnna non trova funz10nale Ia concezione
platonica che considers le passioni come patti dell' anima, comequa:--

=o~:e:;~~~~e·:--~~*~va,
Vt\ In un primo tempo Macrina si muove cerro nell' ambito della
"ili:oio · ica. L' anima, ella dice, ' im · e di D' sicco-
a passione non puo-essere associata co
Ia sostanz-~a~!:!;:!arum~f!l!i!a~ljla~n~zma e Ia risurrezione 20). Percio Ia pas-
sione non e quello che caratterizza I' anima, rna e guello che I' anima
ha in comune con gli animali. Quando vogliarno defmire qu.iiOOsa,
dobbiamo individuare quello che tale cosa, ed essa s ~:
pertanto dobbiamo eliminare dalla natura dell' · ira oncu ·
scenza, che sono delle aggiunte dall'estemo (cap. 2 . -
) Ma nei capp. 26ss. la realt9. agjma!r vjrqe ad essere inclusa en-
tro Ia realta razionaJe.in ~ e alia base della
cresoia
. raz10nale. La 6p9tenza vivificatrice" (zotike·dynamis) procede lenta·
mente attraverso i vari livdli della vita materiaJe da quella yegetale
a quella animale e a quella razionale, en~ razionale essa epie·
. namente attlva; appunto nella forma della ragione. Tuttavia nemme·

~
_a questo livello.I' attivira dell' anima puo essere separata dalla ma·
na e ?aJla espenenza sensibile (cap. 26). Le_passioni vengono dal
fuon, mala natura umana non puo essere esaminata o compr~
senza i movimenti delle passioni (cap. 25).

•· .
. 49 ~f. R W~. Macrina's Deathbed revisited: Gregory of Nyssa on Mi~d an~
Pamon, ~ L. Wt~am ·C.~. Bammel- E.C.D. Hunter (edd.), Christilm fatth 811
Greek P_f:zlosophy m Late AntU(uity. _E!says in Tribute to G.Chr. Stead, Brill. [.eiden·N;;
York-KOln 1993,..pp. 227-246. ll Williams contesta Ia tesi sostenuta da G.C. Ste'lld..
Concept of Mind and the Concept of God in the Christii:m Fathers, in B. Hebble,thWJ!Id
S. Sutherland (edd.J, The PhilosophiC/JI Frontim of Chnsli4n Theology. t3ssays present di
t() Donald Me K.mnon, Cambridge 1982, pp. 39-54. Cf. anche, vicino alia po~izi~n.etbt
Williams, J. Waccen Smith, Pauion and Paradise. Human and Dflp'ne Brnouon '"
Thought of Gregory of Nyua, Crossroad Publishing Company, New York 2004·
1 Patfri Cappaooci
222
IV. Una /iltJsofot eristillna 223

6. La risurrezione del corpo


I:anima e Ia nsurrezione costituisce anche- eli conseguenza - Ia
discussione piu approfonelita che gli scrittori cristiani abbiano svol·
to per giustificare razionalmente Ia dottrina della risurrezione dd
e
corpo ". E no to che essa significo fin dalle origini (ne una testimo-
nianza il discorso eli Paolo sull'Areopago, At 17) un motivo di scan·
dalo per i pagani. ll cristianesimo, infatti, aveva fin dall'inizio acqui·
sito le spiegazioni platoniche della immonalita dell'anima, tanto piu
che le aveva potute trovare nei libri piu tareli dell' Antico Testamen·
to, ma era stato proprio il platonismo ad opporsi piu decisamente
delle altre filosofie ad ogni ipotesi eli risurrezione dd corpo. Per il
platonismo era assurdo voler continuare l'intreccio tra anima e cor·
po anche dopo Ia !oro mutua separazione, causata dall~ mon~, da·
to che tale intreccio significa per )'anima Ia caduta e I unpng10na·
mento in un "carcere", secondo l'immagine famosa del Fedone:
lnoltre, sempre per iJ platonismo, era assurdo anche un altro ~"'
dogmi fondamentali del cristianesimo, cioe quello della mcarnazto·
ne del Logos in quanto essa resrringeva entro i limiti dd tern)
quello che er~ intrinsecamente sottratto al tempo, e per giunta 0
imprigionava entro una realta raelicalmente svalutata. :rutt~VJa, "',;j
che in questo problema Ia eliscussione e le contestaztODI servuono

~ . . t .~.icrz Jel P/4/onismo.


~f. E. Peroli, Dio uomo e mondo. LA lradi:rone etrco-me ,,..,
Vita C! Pensiero, Milano 2003, pp. 369-407.
224 I Padri Cappatloci

pensiero cristiano ad ~abor~~e un~ spiegazio':le che tenesse como


delle obiezioni dei sum nenuct. Tali eran~ stan nd modo piu espJj.
cito, perdu~ avev~o scritto delle o~ere di aperta polernica, i Plato.
nici Celso e Porfino; ~a ll:"~e _Plonno, che pure non aveva aperra-
mente scritto contro 1 cnsnam, non avrebbe potuto a_ccettare 0 •
1'incarnazione dd .Logos (cioe Ia sua pre'l.enza e limitazione neJk
carne) ne, tanto meno, una risurrezione dd corpo, doe della mat~­
ria, dato che nenuneno il mondo, nella sua perfezione, era destina-
tp a finire. Del resto, secondo i piu antichi scrittori cristiani, come
Giustino ed Arnobio, I'immortalita dell'anima non era una sua in-
trinseca qualita, rna un dono di Dio, concesso a seconda del huon
comportamento dell'uomo nella sua vita.
Gregorio intende anche asserire che l'immortalitii dell'anima
doveva essere congiunta alia risurrezione dd corpo, in modo da ri-
costituire quella unita che si era avuta in terra (e che Origene, inve-
ce, non aveva ricostituito, sostenendo che il corpo sarebbe stato de-
stinato alia distruzione finale insieme con tutta Ia materia di questo
mondo, tanto piu che Ia funzione pedagogics di esso sarebbe termi-
nata, una volta awenuta Ia apocatastasi). ll tema della risurrezione
dd corpo e trattato da Gregorio ricorrendo, in primo luogo (!:ani-
mae Ia risu"ezione, cap. 17), ad una afferrnazione di principio: le
nature intelligibili non sono soggette aile leggi della dimensione
spaziale; I'intelligibile e inesteso (adiastaton), per cui non si com·
porta come i corpi, i quali hanno una !oro precisa collocazione, pro·
curata dall'ordine naturale degli dementi che li costituiscono. Que·
sto principio era stato messo in evidenza da Porfirio nella sua criti·
ca alia dottrina cristiana della risurrezione dd corpo. Ora Gregorio,
impiegando il concetto di sostanza inestesa per 1' anima, in qu~to
realtii intelligibile, vuole risolvere Ia difficoltii sollevata da tale pnn·
cipio. Infatti, secondo Gregorio, l'intelligibile, diversamente da
quanto avviene per i corpi e per i !oro costituenti materiali, quando
e unito a! sensibile non e soggetto a! principio dell' ordine natural~
degli dementi, dell'esistenza di un luogo specifico per ciascuno dt
essi (capp. 18 e 58; Spiegazione dell'Esamerone PG 44, 84CD). ran·
to e vero che 1'anima non e legata a nessun Iuogo specifico <caP:
30). La natura intelligibile, quindi, trascendendo ogni luogo, puo
rimanere legata agli dementi del corpo anche se questi sm_to_Jonra:
ni tra di !oro nello spazio, e non li abbandona allorche esst r~rornaa
no negli dementi affini, per quanto grande possa essere Ia dtstand
che li separa (cap. 18). Cosl si spiega come !'anima possa essere n
seno eli Abramo o negli inferi, e avere presente a • il .
era stata legata. se corpo a cw
U~ima, inso':'=a, gode d~a ~biquita: osserva il Peroli che
questa e una d?ttnna m,olt? annca, nsalente gii\ a Filone d' Alessan-
dna, secondo il quale I aruma, anche se e per essenza nel ,
in potenza ovunque; ora, Gregorio accentua questa p culico~o,. e
d 1 · . e arita,m
quanto, secon o. ut, essa •. propno grazie alia sua natura intelligibi-
le, trascen?e "..gnt
categona l~ata allo spazio. Essa, inoltre, eanche
"semplice e non. co~posta , una qualita, questa, che essa ricava
c~!rettamente da DIO, il. ~uale puree semplice e non composto (ve-
di sopra, p. 169) perche e stata fatta a sua immagine. Quindi anche
se formata eli parti, I'anima non si divide rna rimane inter.' in cia-
scun elemento. Quello che non e composto, infatti, non corre i] ri-
schio eli dissolversi insieme a quello che e composto (cap. 16). An-
che ne La creazione dell'uomo (cap. 12) Gregorio sostiene che
J'unione tra una realta intdligibile come I'anima ed una materiale
come il corpo e essenzialmente diversa dalle unioni fisiche: I'anima
none "all'interno" del corpo, come in un contenitore (15, 177BC).
ll Nisseno ha tratto questa dottrina probabilmente da Porfirio. Le
Sentenze eli Porfirio, infatti, affrontano il problema della contrap-
posizione tra cio che ecorporeo, e che, quindi, in quanto tale, e de-
terrninato nel luogo, e cio che eincorporeo, che, invece, non e mai
riconducibile al luogo (sentenza 1). In quanro tali, gli incorporei
non sono nei corpi spazialmente, rna in seguito alia loro disposizio·
ne. Uincorporeo, infatti, non e nel corpo come in una g.abbia•. m.a
in potenza, mediante Ia quale si congiunge a lui in mod? mespruru-
bile. Anche ne La natura dell'uomo eli Nemesio 51 , che nprende ma-
teriale di Porfirio, si dice (p. 133, 6ss. Morani) che I'anima, .essen-
do incorporea, non e circoscritta in un luogo, rna penet~ mtera-
mente in tutto iJ corpo. Uanima, dunque, none n~ corpo ~ s~so
locale, come il corpo e in un luogo, rna nel modo m CUI nol ~Cla­
rno che Dio e in noi. Sempre nelle Sentenze (27, 16ss.) _Po~? af-
ferma che l'incorporeo anche see unito al corpo, non e_d~dirt~to
· '
1D senso spaziale· Ia sostanza
del corpo, in£atti' nonEpuo unpe
n· e,
all' anima eli esse~e dovunque vuole e come vuole. come IO e
dappertutto, cosl anche I'anima e ovunque (sentenza 3 1).

'I Cf. Nemcsii Emeseni De natura hominiJ, Edidit M. Morani, Teubner, Leipizig
1987 '
I Podri Copp4doci
226

7. L' anima e la grazia


Anche il Nisseno, come, in •?stanza, tutta .la patristica greca,
artribuisce alia • grazia" una. funz10ne secondar1a e be? ~iversa da
quella dd cristianesimo occ1dent~e, sopratturto agost!mano. Gre.
gorio oscilla a questo proposlto, mcerto. se la. cau.sa per ottenere Ia
salvezza sia da porre nell opera redentr1ce d1 Cnsto o nella Iibera
,,0 Jonta dell'uomo "· Tra gli altri, Harnack vede nella salvezza un
processo rigorosamente fisico, una specie di actus medidnalis, il
che econtestato da Loofs e da Holl ". Da parte protestante, secon.
do iJ Volker"· Gregorio rimane attaccato ad una convinzione di
"sinergismo" senza riflettere in che rapporto specifico stiano l'agi.
re umano e l'aiuto della grazia di Dio; per Jaeger "• Gregorio, se
giudicato da un punto di vista occidentale (quello che aveva con.
dannato Pdagio come eretico), non riesce a conciliate grazia e na·
tura meglio di quanto fosse riuscito a Pelagia. Da parte cattolica,
invece, si sortolinea che Gregorio nell' ambito del neoplatonismo
presenta gia prima di Cirillo di Alessandria una teologia della gra·
zia, che nell'ampiezza della sua struttura dogmatica ricorda quella
di san Tommaso.
nconcerto della grazia e, come affermaJaeger>•, "specificamen·
te cristiano" e, secondo Dorrie, un paradosso >7; charis, nel platoni·
smo, non e mai un concerto religioso e nemmeno fllosofico. Esso
contiene sempre il motivo del favore degli dei, collegato con !'idea
della giustizia divina che motiva tale favore, e cio nonostante le pro·
fonde trasformazioni strutturali prodotte dalla religiosita dlenistica
e dai misteri religiosi e dalla sempre piu forte idea della salvezza. Per
quanto riguarda Gregorio, bisogna tener presente che non solo nel·
le sue opere, rna anche nella patristica greca nel suo complesso non

. '~ ~ :~u~;o problema d. A.M. Ritter, Die Gnadenlehre Gregors von Nyssa nach
semer c. 'f.J 1 her das Leben ~s M~se", in H. DOrrie - M. Altenburger · U. Schramm
(edd.~J Gregor von Nyssa u~d dz_e Phtlosophie ... , cit., pp. 195·239.
, 4 Cf. K. H?ll, Amphtlo~tu~ v~n Ikonium ... , cit., pp. 222-224. ,.
. Cf. W. :V?lk~r, Gregpno dt Nmafilosofo e mistico, tr. it. di Ch.O. Tonunasl, mu-
di C. ~oreschmt, Vna e Pensiero, Milano 199J.
"Cf. W.Jaeger, Two r~discove.ed Works, Brill, J..eiden 1954. pp. 89, 92, JO). ,
Cf.. W. !aeger, Cmttanenmo primilivo e Paideia greca, n. di S. Boschenna, L
Nuov~ltalia, Fu~n~ 19~, pp. 113-114. . ck
Cf:. H. DOrne, Dte platonische Theologie des Kelsos, in Platonica Minora. FUl
Verlag, Muncheo 1976, pp. 229·262, p. 242.
IV. Uno /ilosofis crisJisno 227

si trova nessun testa che ponga Ia dottrina della grazia come suo te·
JDS centrale,.~ n~'!'eno si trova una definizione di quello che egli
intende per grazta . Questa fa pensare che per Gregorio, a diffe.
renza che per Ag~srin~, Ia "grazia • non costituiva un problema e
d!
neJDIIlenoun m~uvo cont~~to. n concetto di "grazia" come "gra·
roita manifestaztone di grazta da parte di Dio si trova frequente·
JDente ne L:istituzione del cristiano, e anche ne La verginitii e nel
Grande discorso catechetico. Di piu si trova ne La vita di Mose anche
perche, secondo Danielou, quest' opera contiene una vera e ~ropria
teologia ed una theoria della vita spirituale.
In La vita di Mose II 80 e 86 si afferma che Ia incorruttibile giu-
stizia di Dio segue le nostre libere decisioni secondo quello che es-
se meritano. Qui charis signifies Ia "grazia della creazione", che
l'uomo ha ricevuto. La concezione dell'uomo creato come inunagi-
ne di Dio e della assimilazione a Dio determinano Ia teologia "mi·
stica" di Gregorio. Ed e proprio questa dono dell'essere a somi-
e
glianza di Dio che interpretato come "grazia" (La vita di Mose II
214-218). In questa passo il talento della natura umana e una "gra-
zia", e gratuita dimostrazione di banta del creatore nei confronti
della creatura. In II 216la distruzione della condizione umana, pro·
dotta dal peccato, consiste nella perdita della inunortalita origina-
riamente attribuita all'uomo o anche nella perdita della sua somi·
glianza con Dio. In II 91-93 si spiega Ia uccisione dei primogeniti
degli egiziani: essa significa che colui che Iotta con il vizio per far
trionfare Ia virtu deve uccidere il vizio fm dai suoi inizi. In II 316-
319 il soggetto del processo della assimilazione a ~~o el'uomo.stes·
so, che porta in se dei segni di riconoscunento dell ~pronta di Dto
e raggiunge in tutto Ia somiglianza con l'archeup~: ?' quanto ador·
na Ia sua anima con l'incorruttibilita, Ia immutabilita e Ia mancanza
di ogni contatto con il male. 2G ·
Nelle Omelie sui Cantico dei Cantici IX, P· 271, 9· 1 regono
. II
sptega Ia metafora della veste de a sposa («il fumo
pro . delle tue ve·
1 . I
sti ecome il profumo dell'incenso»): tale p~o!"mo ·~-bo eggta a':,~~
similazione a Dio. L' anima era nella condizione_ ortg~arl8 q~ ,
fu creata cioe' poteva comprendere che Ia proprta c~ruormaztone e
' · · d una veste pro-
l'effetto di un dono di_ grazia, che e stata rtv:s~:Jie :uniche di pelle
fumata. La metafora st contrappone a quell .d alitii divine
(cf. p. 195), ed esprime il fatto c?e l'anirn~ ~·:~.:v~~d essere si:
sl _che ha raggiunto Ia sua perf~z.tone e q~e uo essere descritta
mile a Dio: questa sua dispostztone natu P
228

ron il roncetto di "grazia" ••. purche ~n ques~o te~e non si in.


tendo qualrosa di specifico nd ~enso di P~a~10 o di Agostino, llla
un volgersi a Dio invece ch~ all u~~o, ~ ~z10ne che ~ontempora.
Deamente produce proprio I ~tto di_ graz1a da p~~ di Dio. La as.
similazioDe 8 Dio nd senso di un ntomo alia condiz10ne orlginaria
dell'uomo DOD deve essere intesa, _comunque (diversamente dai
neoplatonismo), come un aut?perfez10namen~o, rna come un atto eli
grazia in uo senso soteriolog~co ed escatolog1co, anche se esso non
disrrugge ]a Jiberta ddl'uomo (Contro Eunomzo III 6, 74; Grandedi.
scorso catechetico 5).

8. Le dourine linguistiche di Basilio e del Nisseno


Euoomio aveva attribuito alia parola umana una grande impor-
tanza. Questo aspetto dd suo pensiero estato messo in evidenza in
tempi recenti, soprattutto da Danielou, Pottier e Kobusch. Secon-
do il Danielou le considerazioni di Eunomio a proposito della natu·
rae della funzione dellinguaggio umano rappresenterebbero l'anel-
lo intermedio tra Ia scuola di Giamblico (primi decenni dd IV se·
colo) e l'insegnamento di Proclo (primi decenni dd V secolo), il
quale mostro il suo interesse per Ia medesima tematica scrivendo un
Commento a/ Cratilo di Platone. L'interpretazione di Proclo concor·
derebbe con qudla di Eunomio in piu di un punto: secondo il filo·
sofo Deoplatonico, il demiurgo assegna aile cose illoro esatto nome,
come avevaoo gia spiegato i teurgi e gli Oracoli caldaici. L'uomo de·
voto, abbaodooandosi fiduciosamente aile potenze sovraonaturali.
riceve da esse il dono della parola. L'origine ddla parola e, quindi.
·~ca" e "religiosa", a differenza di quanto insegna Ia dottrina
de~ "gram_ma~ci", che attribuisce all'uomo l'origine dd Jinguaggio.
O~,la pnma ~terpretazione equella di Eunomio, mentre Ia secon·
da e qudla de~ Cappadoci.
. !!Apologia di Eunomio preseDta uno schizzo delle dottrine lin·
~tiche dd suo autore ai capp. 7-8; 12 e 16-19. n postulato di b•:
se e ch~ le d"':'ominazioni significaoo le sostanze stesse e se i 00011
5000 different!, sono differenti aoche le sostanze. Questo postulato

din :8 ~!: DG.L. Balas, Mnow(a 9t:oU. Man's p4rticipation in God's perfections actO"
g o -M~mt regory a/Nyssa, cit., p. 147.
IV. Una /iloso/ia crisliana 22'J

eillustrato poi piu ~piamente nella Apologia della Apologia, ed iJ


Nisseno lo contests m Contro Eunomio I 151-154. ll legame trala
sostanza e il suo. nome e ~·~rale e irrefragabile: e un legame senza
causa, q~ando SI ~ratta d! D10 e del suo nome "non generazione",
Jegame nsultante Immediatamente dalle operazioni di Dio negli al-
tri casi, mentre il nome e "genitura" per indicare il Figlio 0 qualun-
que altro nome. Questo legame indissolubile tra Ia conoscenza del-
la sostanza e Ia conoscenza del nome e percepito grazie alia "nozio-
ne naturale" (physike ennoia), posseduta da colui che conosce Ia re-
altii. Secondo gli stoici, questa "nozione naturale" e una prenozio-
ne, che si forma a partire dalle impressioni sensibili; formatasi spon-
raneamente, essa e comune a tutti gli uomini. Secondo Eunomio,
ogni uomo intelligente e colto percepisce il modo in cui le cose e i
loro nomi corrispondono gli uni aile altre.
ll Nisseno obietta che tale "parlare" di Dio non deve essere in-
teso alia lettera, come un suono articolato, che altrimenti si cadreb-
be nell'antropomorfismo (Contra Eunomio II 222ss.; 262ss.). La
Scrittura voleva solamente far sapere che Dio aveva voluto creare il
mondo, e, con Ia parola che designa le singole cose, che cosa Dio
aveva voluto creare: non si deve credere che Dio avesse effettiva-
mente pronunciato i nomi specifici delle cose. Fu Mose, lo scritto-
re della Genesi, ad attribuire a Dio l'impiego eli quei nomi, per far
vedere concretamente che cosa Dio aveva voluto creare - rna, na-
turalmente, lo scopo di Dio era rivolto all'uomo -. Se il pensiero
e
umano in grado assai spesso eli inventare cose inesistenti e eli eli-
storcere a sua volonta Ia rappresentazione eli quelle esis_ten~, com~
aveva sostenuto Eunomio, cia non signifies che esso Sla eli per se
uno strumento privo di valore, per cui l'arbitrarieta della parola ne
manifests Ia debolezza: al contrario, esso signifies che e in grado ~
funzionare periJ meglio nell'ambito della vita umana. Non Sl puo
criticare uno strumento solo perche talora eimpiegato male, m_a se
ne deve valutare l'utilitii (II 187ss.). In breve, l'uso del penSiero
none altro che un Iibera atto della nostra volontii, che ci e_srato do-
nato da Dio non e qualcosa eli elisordinato e eli insostellanZiale..
Successi~amente Eunomio formula Ia sua teoria d 'eptnOia:
d I' · · · ' concettualmen-
«quello che e dettO SeCOD 0 eptn~IIJ, CIO~ , nell'attO della
te, ha un'esistenza puramente nommale, ctoe . . al
sua enunciazione, rna poi svanisce naturalmente m.Sieme -
la voce».
2)0 I Padri C.ppadoci

Parlare secondo I' epinoitl signifies esprimere dei n?mi che non
hanno una vera relazione con le cose. Con questo radicalisrno E
nomio si ricollega ad una tra~one ~ei gr~ati_ci greci sui sign~:
ficaro della lingua e alia dottnna det nomi di CriSto~ proposta da
Origene. Infine Eunomio ricorre alia noz101_1e anstotelic~ della omo.
nimialsinonimia. Nell'Apologza (cap. 17) dice che quelli che conce-
piscono Ia generazione in modo corporeo lo fanno perche «incian,.
e
pano nelle omonimie»; Ia difficolti spiegata al cap. 18 con l'esem.
pio della omonimia della parol a "creatura", e ~on I'omonimia e si-
nonimia della parola "luce". Ad esempto, molu nomt che sono dif.
ferenti nella loro articolazioni hanno lo stesso significato, come <<co-
lui che b> e «un solo vero Dio>> (cf. sopra, pp. 182ss.). I due esem.
pi di omonimia sono "occhio", che si applies con una differenza di
grado a Dio e all'uomo, e "spirito", che puo essere applicato allo
Spirito Santo e ad altri esseri a lui inferiori. In questo senso il prin-
cipia di omonimia costituisce una contraddizione con il postulato
essenziale, che i medesimi nomi designino le medesime sostanze.
lnoltre, i sinonimi veri, ripieni di significato filosofico-teologico, esi-
stono solo se applicati a Dio, che, di per se e lui solo, "semplice" e
(cf. p. 169). Cosi nella Apologia dell'Apologia si Iegge che tutti gli at·
ttibuti di Dio sono strettamente equivalenti e semplici (Gregorio di
Nissa, Contro Eunomio II 471; 483-484; 487; 494; 554). Si capisce
che per un pensiero attirato soprattutto dal rigore dell'univocita,
come quello di Basilio e di Gregorio, queste definizioni non costi·
tuiscono che una falsa apparenza che nasconde l'eresia (cf. Basilio,
Contro Eunomio II 22). Ma tutto questo deve essere compreso nel
quadro di una filosofia di tipo platonico "· ll cap. 20 dell'Apologia
traccia due strade: l'una, per esaminare le sostanze in quanto tali,
e
I'altra per esaminare le loro operazioni; Ia prima a priori e parte
dalle s~tanze, Ia seconds a posteriori e pane dalle operazioni ...
e
Det tre dementi delle dourine linguistiche di Eunomio, Basilio
prende in considerazione soprattutto Ia teo ria della epinoia (l 6·7 e
II 4.9).1n I 6 Basilio discute il significato filosofico della parola e in
I 7 le sue applicazioni teologiche. Egli riprende Ia concezione di Eu·
nonuo, che Ia epinoia sia solamente una riflessione un atto intellet·
tuale e nient' altro, e Ia completa: il concetto deve ;,.sere anche una
pura invenzione della mente, non solamente un suono che svanisce,

' 9 Cf. a W riguardoG.C. Stead, The PltJtonismof Arius,JThS 15,1964, pp.l 6·JI.
231

ma anche una rappresentazione senza valore. La sua definizione Ia e


seguente:
«Quello che,_sembra semplice ed unico alia comprensione
globale ~ell mtelletto, rna complesso e molteplice ad un
e
esame mmuztoso, quello che diviso dall'intelletto, si dice
che ediviso solamente secondo il concetto [ ... ]dopa Ia pri-
ma idea prodotta dalla sensazione, Ia riflessione ulteriore
piu raffinata e piu precisa, sull'oggetto pensato chiamat~
e
"concetto"» (Contra Eunomio I 6).

e
Un esempio eli questa genere il grana, che puo essere conside-
rate prodotto, seme o nutrimento. La realti e Ia sensazione rimango-
e
no le prime; I'epinoia sempre seconda e non ha altro sostegno che
non sia Ia realta percepita. In questa capitola incontriamo una serie
di concetti eli origine stoica. Nel capitola successivo Basilio affronta
il problema dei nomi divini, che aveva avuto una teorizzazione fin
dai tempi eli Origene soprattutto in riferimento a Cristo. Basilio ne
indica sei: pona, strada, pane, vigna, pastore, luce. Essi significaoo
e
delle cose differenti, rna si applicano tutti a! Signore, che unico.
e
Questa detto contra Eunomio, secondo il quale (come gia secon-
do Origene),la molteplicita dei nomi riflette una composizione: Cri-
e
sto non semplice, a differenza di Dio il Padre. I nomi di Cristo so·
no molteplici, come le operazioni eli Dio nella sua relazione eli amo·
re con gli uomini. Dopa i nomi eli Cristo, Basilio passa ad esaminare
i nomi eli Dio. Egli affronta Ia questione dell'"ingenerato", a! quale
egli aggiunge quello eli "incorruttibile". Questa indica chiaramente
che non si puo considerare l'"ingenerato" come proprieta del Padre,
rna come attributo eli Dio nel sensa eli "privo di principia", simme·
ll
trico eli "incorruttibile". Padre ingenerato, mentre il Figlio ~ ge·
e
nerato e privo eli principia. Che Dio sia ingenerato ~ inco~rutubile,
sara ammesso da Eunomio, iJ quale nella Apologta dei/Apologt~
(Gregorio eli Nissa, Contra Eunomio II 367; 377-378) dice che D•o e
•ingenerato e incorruttibile secondo Ia sostanza» e nella Pro/esszone

·
e
di /ede (cap 2) dice che «Senza principia, etemo e senzaolfine chper
r·d ass uta e
natura>>. Queste affermazioni sembrano smorzare 1 ea 1
Dio sia ingenerato come se quel solo tennine esprim~ tu~a 8 so-
stanza di Dio. Cosi, malgrado le lora differenze,l'aggettiVO ~~~
tato" e i nomi eli Cristo hanna in comune il fatto che_ ~ono da·
'secondo il concetto", perche implicano una soggetuVIta umana
2J2 I P•drl Coppadoci

vanti a11a oggettivitil elivina, anche se I'oggettivita della parola non ,


esclusa (Basilio, Contro Eunomio I 7). . . e
Respingendo Ia identitil delle cose con t norru, Basilio affenna
brevemente in Contro Eunomio II 4 che non sono le cose a seguire
i nomi rna i nomi a seguire le cose. Sara proprio su questa osserva.
zione ~he si svilupperil Ia replica eli Eunomio, con le sue approfon.
elite dourine linguistiche, e illunghissimo secondo libro del Contro
Eunomio eli Gregorio eli Nissa. Per Eunomio i nomi hanno eliretta
attinenza con le cose, mentre per Basilio essi non raggiungono Ia ]0 •
ro sostanza (Contro Eunomio II 4).
Gli inelividui eli un genere sono considerati come degli esempla-
ri in rappono alia razza stessa, che ne sarebbe Ia sostanza. Basilio
e
considera Ia natura umana come un'unita o totalita, che caratteriz-
zata dai eliversi inelividui, i quali funzionano come delle qualitii. I
nomi propri designano gli inelividui. Siccome Eunomio pretende
che "non generazione" sia il nome proprio eli Dio, Basilio risponde
con una analogia umana: Pietro e Paolo sono nomi che non riguar-
dano Ia sostanza della umanita, rna solamente !a singolarita eli Pie-
tro e eli Paolo, qualcosa eli periferico in rappono alia sostanza. nSU·
bietto (hypokeimenon) equalco sa che • sta sotto", e lo si conosce so-
lo in suppono delle qualita che noi percepiamo. Del resto, fedele in
questo a! suo neoplatonismo, Basilio ha sempre affermato !a impos-
sibilita di conoscere Ia sostanza elivina (cf. pp. 168ss.). Cosi, secon-
do Ia grammatica, i nomi si elistinguono in nomi assoluti e nomi re·
lativi (II 9): gli uni sono enunciati in modo assoluto, in rapporto a
se stessi (uomo, cavallo, bue), gli altri in rappono ad altri (figlio,
schiavo, amico). Se in Contro Eunomio I 7 Basilio aveva rifiutato di
considerare • ingenerato" come nome proprio, qui nega che "geni·
~tura" significhi e riveli interamente i1 Figlio.
f . . Nella Apologia dell'Apologia Eunomio, pur conservando i prin·
Cl?t precedenti, aggiunge, come complemento significativo, Ia dot·
~a. dell'origine elivina dellinguaggio; Gregorio, a sua volta, am·
pliera notevohnente le considerazioni del fratello Basilio. Nel secon·
do libro del Co.n~ro Eunomio egli non affronts i problemi piu str~t­
tan;tente teolog~ct della polemics, rna svolge una discussione ~p~a,
ar:uoo~ta, e talora anche faticosa e complessa, non priva eli cavilli e
eli sottigliezze, per smantellare !a teoria eunomiana. La dottrina dd·
l'origine elivina dellinguaggio e enunciata da Eunomio a sosregno
del suo primo principia: le denominazioni significano le sostanze, ~·
se i nomi sono differenti, saranno differenti anche quelle. EunomiO
IV Una fi/oso/ia crisliana 233

. bass su Gn 1, ove si introduce Dio che crea le cose dopo aveme


~unciato il no~e («si~ Ia luce: e la.luce fw.); Gregorio, quindi, ri-
corre alia narrazl?ne. di C:n ~, ove s1legge che Dio fa sfilare davan-
ti ad Adamo tutti gli arumali, per vedere quale nome egli avrebbe
dato !oro (Contro Eunomzo II 402; 412; 547). I nomi spiegano esau-
stivamente le sostanze, aveva detto Eunomio nella Apologia, ed ag-
giunge n~a Apok:gi~ de_!~ Apolog~: a. causa dell'origine divina del
linguaggw. Le ob1ez10ru eli Gregorio s1 basano sulle sue convinzio-
e
ni teologiche e metafisiche: Dio al eli Ia dei nomi; Eunomio propa-
ne un universo unificato dall' esistenza eli un linguaggio parlato sia
da Dio sia dagli uomini, contradclicendo coslla sua pretesa trascen-
denza di Dio.
Gregorio eli Nissa riprende le dottrine linguistiche eli Basilio an-
n
che a proposito dell' epinoia. subietto, anche il piu umile, continua
a rimanere sconosciuto all'uomo; Ia riflessione si esercita sulle cose,
e
rna limitata dalla lingua, perche il pensiero svelato solamente e
dalle parole (Contro Eunomio I 366-367). ll "non generato", cosi in-
e
sistentemente proposto da Eunomio, non altro che uno dei tanti
attributi di Dio, che non riescono a svelare Ia sua essenza (I 684; II
555; 557). Di fronte a questa trascendenza del nome divino una so-
e
la cosa possibile: onorare Dio con il silenzio (III 1, 105). I nomi di
Dio nella Scrittura sono numerosissimi: il Pottier li ha raccolti 60 di-
stinguendoli in nomi assoluti eli Dio, nomi relativi all' economia e
nomi assoluti-relativi, riguardanti Ia Trinita (questi ultimi sono: "im-
magine della bonta", "potenza e sapienza eli Dio", "Padre", "Fi-
glio", "Unigenito", "Logos" ecc., ed infine anche "generato dal non
generato"), per un totale eli 93 termini. Tutti i nomi clivini presup-
pongono un confronto tra Ia realta increata e quella creata, rurti sta-
biliscono una proporzione tra cio che urnano 0 espresso.~ ~­
e
e
guaggio umano e quello che fondamentalmente mesprmubile.
Ouesto signifies che nessuno dei nomi clivini raggiunge Dio: m;-c~~
se tutti lo riguardano. Di conseguenza Ia dottrina dei norru diVIDI
e
non altro che il complemento di un'altra dottrina ben nota, che
Dlo innominabile. Eunomio aveva sostenuto che un nome, .anch~
e
~""
se app1·Icato per omonimia a d ue am b'~ti· rune~ tt'.~ .come D1o
. •e e-il
creato, manifests il rapporto esatto tra 1 due amb!ti. il te~e ~
nerato", ad esempio, manifests una realta generata sla nell ambno

60 Cf. B. Pottier, Ditu tilt Christ stlon Gligoirt de Nysse... , dr.. PP· 177 · 182·
I Padri CAppatk>ci
ZH
materiale sia nell'ambito divino. Pe~ ~regorio, invece, t_utti i nomj
divini sono omonimi, ma solamente il ~rgnifkato umano ~ c~nosciu.
to, mentre quello divino e solament~ mtravtsto. ~regono ~~ soffer.
ma soprattutto sulla terza classe der nor~u, qu~~ ·~.~olutr-relativi.
Dio e theiJs, secondo l'etimologia platonrca (croe, I os~ervatore",
da theaomai: Contro Eunomio II 583.149.282 ecc.). Quasr tutti i no-
mi della terza classe appartengono al Nuo_vo Testamento: see vero
che noi conosciamo Dio perle sue opere, e anche vero che lo cono.
sciamo perche ci e stato rivelato. ll nome usato da Eunomio per i1
Figlio, • generato dal non generato •, non e. n~en~ scritt_u~istico,
"Padre" e "Figlio", invece, sono due termiDI assolutr-relatrvt: sono
trarti dalla Scritrura ispirata, e quindi ci insegnano veramente qua).
rosa su Dio: non sulla sua sostanza, rna sui suo rapporto intertrini.
tario; sono derti delle Persone e non sono metaforici. Eunomio VUO·
le ricondurre il Figlio alia creazione proprio sulla base del significa-
te di "figlio", mentre esso, sempre in base al suo significate, deve es·
sere ricondotto al Padre: il Figlio e Ia creazione sono opposti l'uno
all'altra sulla base del loro modo di essere.
Per Eunomio, il rapporto tra pensiero e parola era immediato,
mentre Basilio lo aveva considerate molto piu libero. Infatti il ter-
mine "ingenerato", anche see esatto, non esprime direttamente Ia
narura del Padre, tanto e vero che non si trova nella Scrittura (Con·
tro Eunomio I 5; Gregorio, Contro Eunomio I 538-542). Le parole
manifestano un movimento del pensiero riguardante Ia conoscenza
dell'essere (II 572-577), non "costruiscono" le cose, rna le significa-
no (~ 5, 52). La mente (dianoia) e l'epinoia vengono dopo le cose,
rna esrstono, a differenza di quanto aveva asserito Eunomio (11150),
second~ il quale, come si e visto sopra, le parole dette • secondo Ia
eptnota hanno Ia caratteristica di svanire non appena pronunciate
l;"d;tro Eunomw II 44). Esistono, rna Ia loro condizione non e qud-
esrstere concretamente, bensl quella di esprimere j) rapporto
~ le parole e le cose. L'uomo ha bisogno delle parole per pensare,
Oro no: perche Ia sua conoscenza deriva da una "potenza visiva"
:;:m'ediata (II 282), per cui Dio non ba bisogno ne di memoria ne
speranza (I:anima e Ia risurrezione capp 44-45) perche non ha
s
0

ne
n..passato. ne furur0 · e per Eunonuo · ' Ia eptnota
: . non
' e• altro che un
,.,.,us
se anchvoas,lo
il . svanire
. . del suono, replica G regorio, non trascrna· con
E ~ II significato concettuale che in essa e racchiuso (Contro
.unomto 46 -47 ). Per Eunomio Ia conoscenza si basava sulla "no-
ztone naturale" (ph k o • b
mentre per Gregorio essa sr as 8

Yst e ennota),
IV Una /iioso/ia cristidna

sulla epinoia, che


. consiste,. come. gia aveva detto Basili.o, m · un pn··
mo momento m un penstero, pot, ad un esame piit approfonelito in
un concetto (Contra Eunomio 11344). '
Ques~a f~c?~ta _e propria ~ell'uom? e del suo libero arbitrio; fa
parte dell attlvtta Iibera e raz10nale eli colui che pensa e parla (II
3?4; 11572). La attivita dell'u_omo nell~ forma della epinoia e, quin-
di, fondamentale per Ia creaztone dellinguaggio. Le parole non na-
scono dalle cose, come una pianta da un seme o da una raelice rna
da una facolta logica di origine elivina e mossa dallibero arbltrio
(Contra Eunomio II 546; 551-552).
Per questa problematica sembra che Eunomio riprenda cene
considerazioni che erano state eli Sesto Empirico (Contra i matema-
tici VIII 58ss.) e di Epicuro. In Sesto Empirico si incontra l'espres-
sione <de cose che sono pensate secondo I'epinoia», cioe "secondo il
concetto umano". Esse sarebbero il prodotto del processo intellet-
tuale, anche semplice e non necessariamente sofisticato, in contrap-
posizione aile cose conosciute per esperienza eliretta dei sensi. Se-
condo Sesto, infatti, sia le nostre concezioni intellettuali sia le nostte
immaginazioni elipendono dai sensi. Oppure, sempre per que! filo-
sofo scettico, I'espressione <<Secondo I'epinoia>> corrisponde a «per
ipotesi>> (cf. Contra i matematici X 7). Queste concezioni eli Sesto ci
rimandano, per qualche aspetto, all'epicureismo. Infatti, mentre per
lo stoicismo Ia epinoia rappresenterebbe l'attivita intellettuale nella
sua funzione creatrice, per Epicuro essa sarebbe soltanto I~ causa
del falso e del non esistente, perche Ia verita e fornita d~'tmpres­
sione sensibile. Cosi, se Ia realta eli Dio fosse collegata m q_ualche
modo all'attivita intellettuale dell'uomo, essa sarebbe macchiata da
una sostanziale arbitrarieta e casualita. ll marchio dell'epic~m_o
(doe dell' ateismo della dottrina che nega Ia provvid"":za elivma) eil,
in£atti,. attnbwto
. . • . B ili. r dove ]'eretlCO accusa
da Eunomto a as 0 • a .d d. . (II
Cappadoce dt. negare I' eststenza
. d e11 a provvt enza litvma bbe
410ss.), perche essa, donando all'uomo Ia parola, non~;;;: rna
fornito uno strumento che manifestasse Ia n~tura stessa dell •
. .~ amente una e sue
sol~e~te una dell~ sue ~w;tzioru e ptu ?rectssato secondo Ia epino-
funztoru relative agli uomlnl: quello che e pen
ia, infatti, e puramente arbitrario. affi nna invece che:
Eunomio come si e detto sopra, e
• h I tanza sia una cosa e quel-
«non e possibile pensare c e a sos I canza ei1 soggetto
lo che e significato sia un'altra, rna • sos
236 I P•dri Ozppodoci

che esignificate dal nome, poiche l'appellativo designa Se-


condo veritala sostanza».

Questa di~tinzione tra i_ d~e. tipi di nomi deriva dalle dottrin


dei granunaticr: secondo Dwmslo Trace (Arte della grammat . •
Grammatici Graeci I 1, Lipsiae 1883, capp. 12, 23) tea"
«e un nome asso)uto quello che epensato in se e per se CO·
me "clio" e "parola">>; «e un nome relativo (pros ti echon)
"padre", "figlio", "arnica", "destro"» (12, 4).
V. Teologia trinitaria

Alcuni studiosi hanno messo in dubbio Ia convinzione tradizio-


nale, che Ia teologia trinitaria dei cinque Cappadoci (comprenden-
do, quindi, AmH!ochio di lconio ed Evagrio Pontico) costiruisca
una effettiva unita. A nostro parere tale dubbio non egiustificato, e
cercheremo di dimostrarlo esaminando le consonanze di vedute che
uniscono questi teologi e le !oro differenziazioni. La teologia trini-
taria dei Cappadoci costiruisce un sistema coerente '·
Questo assunto corrisponde, del resto, a quanto erisultato dal-
l'esame della !oro "filosofia •. Nessuna sostanziale divergenza di opi-
nioni si era riscontrata in essa, nonostante le singole differenze, per
cui allo stesso modo, per quello che conceme Ia teologia trinitaria,
noi riteniamo che Ia speculazione di Basilio ponga una concezione
di base, che fu seguita e presupposta costantemente dagli altri Cap-
padoci, pur con le differenze che ciascuna personalita introduceva.

1. La situazione storica
n quadro delle discussioni teologiche dibatrute prima del 360:
I'anno del Concilio di Costantinopoli che sand Ia formula degli
omei, cioe prima che Ia formazione cristiana di BasiJ!o si c;o~olidas­
se, eabbastanza chiaroz. I sostenitori del consustanztale di Ntcea co-

1 · 1 d K H ll (d Amphilochius von lhr


0 problema fu posto per Ia pnma vo ta 8 · 0 ; , s ttm Dumbar·
nrUm ... , cit.; vedi anche B. Otis, Cappadocillm Thought as.• C ~:'.Jss~,O.,~.
ton Oaks Papers 12, 1958, pp. 95-124;]. Pepin, Hypa""' el /4tonismo Attidel
m F. Romano e D.P. Taonnina (edd.), Hyparxis e hypostasiS nel N_eop Unive~ti degli
1 Co~o~uio Intemazionale del Centro eli ~c~rca sui Neopla~~'orecoU (cf. V.H.
P'C.,,,...
htudi di Catania, 1-3 ottobre 1992, Olschki, Fuenze~ 994110• Gottin&eo 1996)
recoil, Die Entwicklung der Trinitlitslehre tks ~SI us "! •
e Markschies non sembrano favorevoli a questa mt~rerc:::rd•: M. Simonetti. G~
. 2 Esse sono state da noi ricavate (~n ~~un~Cm 1 · JJ;uilio Ji CeSMftl. 1.4 nu~
nest e svt1uppo della doJJn"na JriniJIJria dl Basilio dl esaMJ. m
I Padri Cappadoci
238

minciano 8 rendersi cont~ che quella.fonn~a non era difendibilese


non si fosse ricorso a d~li approfondimentt c~e.~essero soddisfazio.
ne aile foni critiche a cw era stata sottoposta: il consustanziale" ..
fatti appariva, anche a molti eli coloro c~e non avev~o simpatie';,
Arlo, equivoco, in quanto poteva es.ser~ mterJ?reta~o, m s~so monar.
chiano: J'unita eli sostanza poteva stgnificare tdenttta tra il Padre e il
Figlio. Inoltre gli anomei Aezio ed Eunomio, proprio in que! tomo
di tempo, ripresero e confermarono con un accentuato ricorso alia
filosofia le proposizioni piu raelicali (come I'asserzione che iJ Figlio
fosse creatura), che a suo tempo erano state accantonate da Ario
stesso ed erano state adelirittura condannate dagli eusebiani: iJ Figlio,
essi sostenevano, e eliverso per natura dal Padre, e quineli assoluta.
mente a lui inferiore, per cui essi furono chiamati, appunto, "an0 .
mei". Fra queste due posizioni dottrinali fra !oro antitetiche ne sor·
se una terza, quella degli omeusiani. Watti Basilio, vescovo di Anci·
ra, nel3 58 rifiuto Ia professione eli fede sottoscritta nel3 57 dai filoa·
riani Ursacio, Valente e Germinio e approvata dall'imperatore Co·
stanzo II e riunl ad Ancira un sinodo che approvo una lettera e de·
gli anatematismi (questi docwnenti ci sono conservati da Epifanio,
vescovo di Salamina eli Cipro, Panarion 73, 2, 1 - 11, 9). Basilio, se
da un lato riprende le varie fonnule con cui erano stati condannati i
modalisti Marcello e Fotino, dall' altro considers eretica anche Ia for·
mula eli Sirmio del 357, che confessa non un Padre e un Figlio, rna
un creatore e un creato. Dopo avere affennato che Ia fede battesima·
le richiede che si creda nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, Ba·
silio vuole riesaminare le nozioni eli generazione e eli creazione, affin·
che siano compatibili con l'immutabilita eli Dio. Si dovril quindi con·
servare il concerto eli impassibilita del creatore, il quale, creando, ~·
mane assolutamente identico e immutato e non perde niente da se;
esiste, quineli, una corrispondenza perfetta tra I'essere creato e Ia vo·
lontil del creatore: il creatore pone immeeliatamente un oggetto per·
fetto, che corrisponde interamente alia sua volonta creatrice. Ma so·
prattutto non e accettabile che questo essere creato derivi da qual·

~14, Ia s'!fl .scu~lo, Ia .sua ope~a e il basilianesimo in Sicilia, cit., pp. 169·197 {ris~::,
m Stud1 di m_stologtll ~ostn_1cena, ~stitutum ~atristicum Augustinian~· Rom~onc
PP· ~35-258), alcune suues1. recenn, che tuttav1a non concordano con l_mterprOOo PP·
di Sunoneru,_ sono quclle di Chr. Markschies, (Alta TrinitS Beattt, Ttib111gen 2 rrinill·
196·2H) e di L. Ayres (Nicaea and iLs Legacy. An Apprwch to fourth·CeniUr"/
ritm Theology. Oxford University Press 2004, pp. 186·363).
V. Teo/ogio tn"nitari4 23'1

che cosa di diverso dal cr~atore .e che abbia un' origine estema a lui.
Anaiogame~te, d~~ ~oz1on~ di "generazione" bisogna conservare
solo I'essenziale, ctoe l1~ea di. una so~anza tra j] generante e il ge-
nerato, escludendo ogru parucolare ttp1co della vita umana. 1n ogni
caso bisogna conservare assolutamente le due denominazioni scrittu-
ristiche di "Padre" e di "Figlio". Accostando alcuni testi dell'Antico
Testam~to ad. a!~ del Nuo:o~ Basilio di Ancira stabilisce I'equiva-
lenza tra 1nonu di sap17nza , ~agine", "Logos" e "Figlio". Egli
mostra come Paolo abb1a fatto cornspondere le proprie espressioni
a quelle dell' Antico Testamento, per farci capire che ,J'immagine dd
Dio invisibile>> eIa Sapienza, della quale i Proverbi dicono che esta-
ta creata e generata. Altrettanto vale per il Logos del prologo di Gio-
vanni. Basilio conclude affennando:
<<L'uno dice che Ia Sapienza e il Figlio dd Sapiente, I'altro
che il Logos di Dio eil Dio unigenito, I'altro che il Figlio di
Dio el'irnmagine, di modo che il Logos di Dio, Ia sapienza
e l'immagine sono proclamati da tutti e tre "Figlio di Dio il
Padre", Figlio simile in tutte le cose e secondo Ia sostanZP».

Da questa formula e derivata Ia denominazione modema di


"omeusiani" per indicare coloro che ritenevano che il Figlio fosse si-
mile (bomoios) secondo Ia sostanza, non "consustanziale".
Questo dossier fu presentato poi a! Concilio di Sinnio dd 3~8: I~
dottrine degli omeusiani apparvero soddisfacenti anche a det ruceru
intransigenti come llario di Poitiers e Atanasio, i quali sostanzialmen-
te le approvarono nei !oro scritti, intitolati entrambi I sinodi, ed ~­
che il papa Liberio sottoscrisse il simbolo di Sirmio nd 358. Ma Ia di-
scussione teologica non si concluse con questo apparente s~c~
degli omeusiani. ll pattito degli ariani (o m~o, degli e~b:) %
prese Ia Iotta. Rivolgendosi all'imperatore, gli propose un ~ . 0
fede che fosse accettabile da tutti, e, siccome Ia controversl11:~:
dava principalmente j] tennine "sostanza", dal quale erano en~:
sia il "consustanziale" di Nicea sia il "simile s~ndo.la sostanza
Basilio di Ancira per troncare ogni ulteriore discuSSJ~ne ?roposerot dal
eli dim· ' · era stata unptega • -
mare quella parola, m quanto essa ~ 0~ . • a1 Padre: da
Ie Scntture,
· asserendo che il p·gli °
1 era "simile m d rutto arte toglieva
qui il termine di "omei •. Questo compromesso ~ una .Panomei per-
ogni significato a! consustanziale e dall'altra favon/Z ~stanza• .fiver-
che il Figlio, se none simile nella sostanza, era, ne
240

10 La nuova formula fu presentata, perche fosse approvata


~0 orientale e ad uno o~cidentale._D primo ehbe luogo a'~a:'
in Tracia e poiche fu datata il 22 magg10 del 359, Ia formula di fed'
ivi sottos::rltta e definita co~e "il c':"do datato"; tale f?!"Dula avreb~
be dovuto essere approvata, m Oce1dente, da un concilio, che si riu.
ni a Rimini nelluglio di quell'anno, rna a lungo si rifiuto di farlo; in-
fine cedette e Ia sottoscrisse nell'autunno del359; Ia formula fu riba.
dita, in Oriente, da un secondo concilio, che si riunl a Seleucia nel
settembre e si concluse nel dicembre. Ai primi di gennaio del360 es-
sa fu proclamata a Costantinopoli come vincolante per tutti i cristia.
ni. Vmcitori furono i vescovi omei Acacio di Cesarea (successore di
Eusebio) ed Eudossio di Cizico, sostenuti da Ursacio e Valente e daJ.
l'imperatore, mentre i vescovi omeusiani Basilio, Eleusio ed Eustazio
furono deposti ed esiliati. Aezio, capofila degli anomei, fu ugualmen-
te deposto per motivi di equilibria religioso, rna il suo amico Eudos-
sio fu insediato come patriarca di Costantinopoli.
Questa diversita di vedute era prodotta da una diversita di inter·
pretazioni dei termini teologicamente rilevanti. La parola ousia, indi-
cando Ia sostanza di un oggetto, assumeva significazioni e sfumature
diverse a seconda del contesto filosofico in cui il termine veniva ado-
perato. Piu esattamente, l'uso del termine, nel corso del IV secolo,
era stato in buona patte determinato dagli studi di Porfirio sulla lo-
gica aristotelica: per gli aristotelici ogni entitii individuale ha una sua
essenza individuale; questi filosofi, pertanto, distinguono l'essenza
individuale (chiamata "sostanza prima") dall'essenza comune a tutti
gli esseri di un medesimo genere e una medesima specie (e questa e
Ia "sostanza seconda"). Anche physis ("natura") e hypokeimenon
("sostrato"), termini di origine stoics, vengono talora impiegati nel·
le discussioni trinitarie, con Ia medesima oscillazione di significato,
o_ra !'articola~e _ora generale. Esisteva anche hypostasis, che nel suo
significato ongmano, secondo l'etimologia, non era diverso da ou·
s"!, rna ch~ _e~a ~r:nai usato comunemente per indicare Ia sostanzll
di una entlta mdivtduale, venendo cosl a coincidere, in linea eli m~­
sima, con Ia sostanza prima. Gia Origene aveva impiegato il teCflll·
ne_ "!P_os~i" per indicare, in senso individuale, Ie tre Perso~e
Tnru~, e m ~ cerro senso anche lui aveva sostenuto Ia dot~ma de·
d:
le tre 1p0stas1, rna non nel senso dei niceni perche Origene mten .
v~ ~che_ ousia con significate individuale; aile tre ipost~i della~~:
ruta corrupondono tre sostanze distinte, anche se non diverse ~ra . .
ro. Origene era mosso soprattutto della polernica con i sabeffianl• 1
241

quali. sott?l!nean~o ~·unit~ eli Di~ e riducendo Figlio e Spirito 8 pu-


ri e semplict modi eli manifestarst del Padte (da qui iJ termine rna-
demo eli "mod~s~"_J, preferivan? parlare eli una sola ousia e iposta-
si eli Dio e peroo rifiutavano ogm dottrina delle tre ipostasi perchc!
essa metteva in evidenza Ia distinzione personale neD' amblto della
Trinita. Piu incerto fu l'uso del termine prosopon, a cui in Iatino cor-
rispondeva persona: generalmente fu evitato dagli orientali perche
significava in minor grado Ia realta personale e quineli era meno
adatto a indicare un rapporto trinitario.
Contra Arlo, che affermava che il Padte e il Figlio avevano ipo-
staSi e sostanze distinte ed eterogenee fra !oro, e percio negava Ia
piena divinita del Figlio, nel concilio eli Nicea (325) il Figlio era sta-
to definito "consustanziale" al Padre, cioe panecipe della stessa ou-
sia, e nell' anatematismo finale ousia e ipostasi del Padte e del Figlio
erano state identificate, si che e evidente !'influenza monarchiana
suUa formula eli fede. Proprio per questo, parlare eli una sola ipo-
stasi e ousia del Padre e del Figlio era inaccettabile a tanti orientali
che, pur estranei agli eccessi eli Arlo, continuavano Ia tradizione
origeniana (ad esempio, Eusebio eli Cesarea: da qui il tennine "eu·
sebiani" per questi orientali): dire che Ia sostanza del Padte era
uguale a queUa del Figlio significava, in ultima analisi, asserire che
il Padre era identico al Figlio, e questa interpretazione spiega Ia for-
te reazione antinicena che si sviluppo in Oriente negli anni succes-
sivi al concilio.
Main seguito agli avvenimenti del361-364,_ che vid~ ~':"pi·
da successione Ia motte eli Costanzo, l'effimero 1D1pero eli Gnilian~
l'Apostata (361-363), che si disinteresso delle contese teologiche det
cristiani, e l'ancora piu effimero regno eli Gioviano (363:3.64), fed~
le alia formula eli Nicea, ebbe luogo Ia ripresa delle ostilita an~e m
campo dottrinale. Mentre gli anomei tomavano, co~ EunoDllo,
proporre una forma eli arianesimo radicale, Atan~sto accettava
ll
!ermine "consustanziale" che negli anni precedenn non _aveva(q~:
. .. ' aim · · sensa roceoo ooe
!• mat tmpiegato, usando norm ente ~us~a ID 8 di una sola ousia
sostanza" eli genere) e cosi intend~do I estS:il dis 0 tennine
~:J Padre e del Figlio; egli aveva evlt.ato an e ..0 ad~essandria,
tpostasi". Nel 362 Atanasio convoco un concili che si ri-
. dell . ostaSJ e sostenne
accettando anche Ia dottrma e tre ~p 1 ' (ma con Je necessa·
maneva fedeli alia retta fede anche ~e 51 P~ ava . della Trinitii: con
ne precisazioni) eli tre ipostasi o di una tpOStaSJ con gli omeusia·
questa affermazione egli cercava un compromesso
I Padri C.pp4dod
242

ni ed eventualmente con g1i om~i, es.clud~do sol~~nte gli anotnei


Di conseguenza nel 363 ad Anoochta vart vescoVI di quelle tend ·
ze, insieme con Melezio d' Antioc~ia, accettarono in un concili~
consustanziale, rna in senso omeustano.

2. Basilio di fronte all'arianesimo

Presente a! ,sinodo di.~~ del35~ e uno dei p~cipali rap.


presentanti dell ambascerta mVIata dal smodo stesso all Imperatore
in difesa del "simile secondo Ia sostanza" era stato Eustazio eliSe.
baste, una citta presso Ia quale era Annisi, ove allora risiedeva Basi·
lio. Cosi, in seguito ai primi contatti con Eustazio nel357 (p. 40),
Basilio si trovava nella migliore posizione per essere informato dd.
le sottigliezze dell'atianesimo. Eustazio, a sua volta, era un autore.
vole personaggio, profondamente implicato nella disputa, per cui
Basilio fu da lui indotto a partecipare a! Concilio di Costantinopoll
del360. Eustazio, Giorgio di Laodicea e Basilio di Ancira, a Costan·
tinopoli, non ebbero successo, come si e detto, e gli omei avevano
gia vinto a Seleucia nel359. Eunomio prese Ia guida del pattito aria·
no e le sue concezioni sarebbero state presentate, pochi anni piu
tardi, in una Apolcgia. Eudossio, insediato a Costantinopoli, nomi·
no Eunomio alia sede di Cizico. Basilio non attese di vedere l'umi·
liazione di coloro che egli ammirava, e abbandono il concilio. Ve·
scovo di Cesarea di Cappadocia era Dianio (p. 38), il quale, come Ia
maggior parte dei vescovi, accetto Ia nuova formula di fede senza ri·
bellarsi. Basilio lo scuso, dicendo che Ia sua capitolazione era stata
dovuta a semplicita di caranere (ep. 51). Comunque, in seguito a
tutto questo, Basilio dovette ritirarsi nel Ponto (Eunomio interpre·
to malignamente questo atto come una "fuga", come ci fa sapere
Gregorio di Nissa, Contro Eunomio I 82-84).

3. Primi tentativi:
Apollinario di Laodicea e la Philocalia
Nonostante Ia sconfina degli omeusiani a Costantinopoli (o for·
se pr?prio per. questo motivo), Basilio a partire dal361 vo~e apP~:
fondire Ia sua mterpretazione del consustanziale e del "simile secO
do Ia sostanza".
V. T~ologid trinilaria 243

A tale scopo si rivolse ad Apollinario, vescovo di Laodicea m


Siria, convinto difensore del consustanziale e amico di Atanasio. 'In-
viandogli alcune lettere, gli fa sapere di non essere ancora ben con-
vinto del significate del termine "sostanza", tanto piu che esso era
fortemente criticato da «persone che seminano confusione e riem-
piono Ia terra di discorsi e di questioni» (cioe gli omei e gli stessi
omeusiani): il "consustanziale" non e scritturistico e fa pensare 0 a
«un genere comune sovrapposto (sci/., al Padre e al Figlio) 0 a un
sostrato materiale preesistente ai due o a una divisione del primo nel
secondo». Queste erano le obiezioni che erano state avanzate dagli
omeusiani contro il consustanziale, come leggiamo nelle opere dial-
cuni scrittori pressoche contemporanei a Basilio: llario di Poitiers (1
sinodi 81) e Mario Vittorino (Contro Ario I 29). Basilio pensa inve-
ce che quello che si puo dire per Ia sostanza del Padre deve essere
necessariamente supposto anche per Ia sostanza del Figlio, cosicche
se si parla di "luce intellettuale, etema e non generata" per indicare
il Padre, e di "luce intellettuale, etema e generata" per indicare il Fi-
glio, e preferibile parlare di quello che e simile senza differenza
(aparallaktos) piuttosto che di consustanziale: infatti si tratta di due
luci che fra !oro non hanno differenza in piu o in meno, e tuttavia
non sono una sola e medesima cosa, perche ciascuna delle due si
trova nella sua propria delimitazione della sostanza, rna e esatta-
mente e senza differenza "simile nella sostanza" all'altra. Come unl·
ca differenza tra il Padre e il Figlio Basilio, riprendendo anche Ia
fottnula nicena "luce da luce", sottolinea che il predicate del Padre
e quello di essere "non generato" e quello del Figlio di essere "ge·
nerato": Ia sostanza del Padre e luce spirituale, etema, non genera-
to, mentre quella del Figlio unigenito eluce spirituale, etema, gene-
rata'. Apollinario risponde (con unalettera conservata come n. 362
dell'epistolario di Basilio) che, come !'~co_ g~ner~ ums:d;~d:;:
to inizio in Adamo e successivamente ~~ _e distrnto rn Da . . . di-
tri, cosll'unica ousia divino hala sua ongrne nel Padre e di qwli 81
. .. · VV!ene neg esse·
rama nel Figlio, rna senza dlVIs!one, come rnveceal a . , ell'.dentirii·
ri corporei; fra i due c'e identitii nell'alteritii e tertta n 1 •

. d senso che &silio si inte~ al COD·


J Questa affermazione deve essere tntesa 0 • che non ha ancora deciso qua·
justan.:c~ale e al gruppo che sta auo~o ad !dand..~~~~~ una differenza sullil.b-.se. dd·
1e posuao~e prendere, in quanto e~li non. 0 e ta etllla poiiziooe eli AraollSJ.o. SIIDO·
a separaz1one della sostanza daUa 1postesa. u.es .
neni contesta. vedi Ia sua d.iscussione sui neorucerusmo.
I P•Jri C.ppadoci

infatti l'alreriti assicura Ia realta della ipostasi del Figlio, e l'id . ,


assicura l'indivisibilitii d:Jl'ipostasi. II ~adre e ne! ~iglio ed il ~~~
enel Padre, ed il Padre e detto «<'__~~gtor~ d~ F1glio» proprio Per-
che nee l'origine, rna senza che cr~ '?'plichi una ~ostanza diversa·
una affermazione, questa, che sara npr~sa propno da Basilio ncl
Contro Eunomio e, soprattutto, dal NaZianzeno (cf. p. 276) e da!
Nisseno. Su questa base poggia anche una successiva lettera di B _
silio. Nell'epistola 9 (a! filosofo Massimo), egli e fortemente criti~
nei confronti di Dionigi di Alessandria, vissuto nella seconda mer
del ill secolo, in quanto, preso dalla necessita di opporsi a Sabell.ioa
avrebbe in un certo sen so precorso I'arianesimo: gia un secolo pri:
rna si sarebbe presentato il dilemma tra le tre ipostasi e l'unica so-
stanza. Basilio accetta quindi Ia dottrina delle tre ipostasi, spiegan-
do che, per definire il rapporto del Figlio col Padre, egli accetta
l'espressione "simile nella sostanza", purche si precisi: "senza alcu-
na differenza •, in quanto con questa precisazione Ia formula ha lo
stesso valore del • consustanziale • nella sua retta accezione; respin-
ge invece il semplice "simile" che era stato approvato nel360 a Co-
stantinopoli in quanto esso assume un significato ariano, diminuen-
do Ia gloria dell'Unigenito. Di conseguenza, secondo Markschies,
Basilio, ancora sacerdote, accoglie il chiarimento che il Concilio di
Antiochia del363 aveva aggiunto alia sua accettazione della formu-
la nicena, e che era stato il seguente:
<<Quanto poi a! termine che nel credo niceno sembrato e
Strano ad alcuni, cioe bomousios, esso e stato interpretato in
modo sicuro dai nostri padri, ad indicare che il Figlio esta-
e
to generato dalla ousia del Padre ed simile per ousia a! Pa-
dre» (Socrate, Storia della Chiesa III 25; Sozomeno, Storia
della Chiesa VI 4).

Questa formula era stata proposta anche dal sinodo di Costan-


tinopoli del 360 con Ia precisazione "simile secondo le Scritture',
s~ quale era stata costituita Ia Chiesa imperiale•. Anche nella.suc-
cessiva epistola 364 Apollinario critica gli omeusiani, che voglion~
sostiruire il "simile nella sostanza" a! consustanziale: il Figlio none
simile a Dio, rna eDio.

"' ~ ~pressione e di H.Chr. Brennecke, Studien zur Geschichte der Hot~~Otr,


Mohr, Tubmgen 1988. Su qud oinodo cf. pp. 48-56.
V. TeoWgi4trinitario

U punto di ~art:nza della speculazione di Basilio fu, quindi, se-


condo Markschtes, il_ Tom~r ad Antiochenor del 362, elaborate da
Atanasio _n~ senso di una mt~rp~etazione neonicena deUa fonnula
di fede di N_tcea del325, ~ q'";Ddi il collegamento del consustanzia-
le con Ia anuca formula ongeruana delle tre ipostasi. Basilio si sareb-
be accinto ad interpreta_do nel primo memento della sua vita asce-
tics nel Ponto. Questa e contestato da Simonetti, secondo iJ quale
!'evoluzione teologica di Basilio non prende le mosse da Atanasio
ma da Apollinario e dagli omeusiani >. '
_Contemporan_e~ente ~o s_cambio ep~stolare con Apollinario,
Basilio compone, msteme all auuco Gregono, Ia cosiddeua Philoca-
lia. Quest' opera, cbe e un'antologia di brani trarti da alcune opere
di Origene senza che i due autori vi aggiungano un !oro commento,
conferma Ia formazione origeniana dei due compilatori. Le prime
quattordici sezioni riguardano soprattutto problemi di ermeneutica
biblica, mentre le successive sei sono tratte dal Contro Celso ed af.
frontano alcuni problemi che avrebbero potuto mettere in imbaraz-
zo i cristiani di fronte ai non credenti. Le ultime riguardano invece
illibero arbitrio e Ia volonta di Dio. Non e chiaro a quale uditorio
quest' opera fosse diretta. Sembra un vademecum di testi, utili per ri-
spondere a varie questioni. Non eprobabile che Basilio e Gregorio
se ne servissero per !oro uso personale, perche probabilmente essi
avevano accesso a! materiale origeniano nella sua interezza. Forse Ia
Philocalia era destinata agli asceti in mezzo ai quali Basilio viveva.
Comunque sia, non si tratta di un lavoro particola~ente crea~vo ~
profondo· era a! contrario di carattere pratico e chiaramente mdi-
rizzato a ;end~re disponibili i testi fondamentali di Origene, in una
forma rapidamente consultabile 6-

I . · 1 eoniCenismo Rassegntl Ji Ill-


' Cf. recentemente M. Simonetti~ f!a mcenmvm 1998 . 5-27 (= Stwli Ji
'"'!e puhb/ica1.ioni recenli, in «Augusumanuml-> • • PP
· stnicena, cit., pp. 271-289). . dizi al d.U.anribuzionedelli!PhW-
. presence che la1potes1 tra on ~· Harl Ia quale sostiene che Ia
regorio, e stata contestllta da Margh~ ' costituisce una p!OVII
lettera115, inviata da Gregorio a Teodoro, vescovo ~ !an~ 0~dJaep. 6,del )61) ilo-
a favore deUa attribuzione, anche se lo stesso Gregono nc.o ·d
tificati. (n effetti, seron·
ro lavori congiunti sulle Scritture: essi non sono per megl: ilmanoscritto di ~·o~ra
do Ia studiosa, il Naz.ianzeno llccompagna I~ s~a ~r:desu esuatti delle opere di <?rf&e-
che egli chiama .Phi/cca/UJ di Origene», cosntwrafo . Ill destinllwio iJ ricordo eli Grc-
ne ~till ai phiW/ogoi», e questa raccolta ~trebbe ~lll Harl rUnaoe scettica ~ Ia at·
~no e dd venerabile Basilio. In conclusion~, M~ en e sia mt"sfio parlare dei F'd~­
~buzione della Phi/ocalia ai due Cappadocl e nuen~~ubblico Colro della Cappac:b:ia.
' ti"; Ia raccolta sarebbe stata dcstinata, comunque,
246 I P•dri C4ppadoci

4. I neoariani (anomei)
Aezio, vissuto ci~~ cinqu~t'~ ?opo Ari?•. appar?ene a quei.
Ia generazione eli erettcl che gli studios! sono solin defin1re • neoan _
ni •, in quanto Ie !oro tematiche si differenziano oramai da quelle &
Atio, ai punto che spesso essi nemmeno fanno riferimento a lui: fu
Ia rradizione della Chiesa a ricollegarli ad Ario. Aezio, dunque, au-
tore di un Trattato breve (Syntagmation) dedicato al Dio non gene-
rata e generato, cerco eli dimostrare Ia sua dottrina ricorrendo ad
una serie di "sillogismi", come dicevano i suoi avversari, o, comun-
que, applicando alia propria dimostrazione una struttura rigorosa-
mente logica.
Aezio afferma che Dio e superiore ad ogni causalita, e quindi
anche alia generazione. La caratteristica di essere non generato in-
dica Ia sua natura; rna una stessa sostanza non puo essere non gene-
rata e generata insieme. Di conseguenza il Figlio, in quanta e gene-
rata, non puo partecipare alia medesima sostanza del Padre. Come
si vede da questa dilemma, che abbiamo cosl in breve sintetizzato,
Aezio abbandona oramai Ia terminologia ariana, che vede nel Figlio
un'origine "da cio che non era": egli e disposto a riconoscere, coni
e
niceni, che il Figlio generato, rna ritiene che questa non sia suffi-
ciente ad attribuirgli Ia natura divina sullo stesso livello del Padre.
Per questa motivo Aezio e stato considerato i1 primo rappresentan-
te dell'"anomeismo", cioe sostenitore della differenza eli natura del-
le Persone divine. Inoltre, questo modo di dimostrare Ia "logica'
inerente alia dottrina cristiana attiro ad Aezio I'accusa di essere un
"tecnico", piu che un uomo della Chiesa.
Personaggio molto piu famoso e rilevante fu Eunomio, origina-
rio della Cappadocia, tanto che Van Dam ritiene opportuno consi-
derarlo insieme a Basilio e agli altri. F u stretto collaboratore di Ae-
zio ad Alessandria, intomo al 356-357 e gli rimase sempre fedele,
nonostante le condanne che, susseguendosi tra il360 e i1380, P?r-
tarono al Concilio eli Costantinopoli del 381 e alia sostanziale fme
dell' arianesimo.
Anche eli Eunomio si puo dire quello che si e detto di Aezio: egli
riprese I'eredira eli Atio, rna Ia elaboro in modo personale, tanto che
i suoi seguaci furono chiamati "eunomiani" (e questa sta a dimostra-
re che gia i su~i contemporanei non vedevano piu nessun collegante~;
to !"a ~unonuo ~d ¥o). ~?me fez_io, Eunomio fu ac~usa_to .~%,
scrttton ortodoss1 eli tecruc1smo , eli aver sostituito Ia loglca
V. Teologia trinitaritJ
247

•fede" della Chiesa: egli cercava, infatti, di dare una "dimostrazione"


razionale a ~uello _che era l'ins~amento della tradizione cristiana.
Eunomto creo attomo a se una vera e propria scuola 0 setta re-
ligiosa, I~ quale si dissolse in_t?mo_ ~ 430, in seguito aile ripetute re-
pressiom OJ?erate dalle auto?ta c1vili, dopo Ia condanna inflittagli dal
Concilio d1 Costantmopoli. Essa produsse, come spesso avveniva
(quella era stat~ Ia so:re toccata al g':"Ilde trattato di Porlirio Contro
;Cristiant), Ia distruz10ne, per pubblico decreta, di tune le copie del-
le sue opere. Di lui, comunque, ci e rimasto qualcosa di pill che non
di Aezio, e precisamente una Apologia, criticata da Basilio nel Con-
tra Eunomio, ed una Apologia della Apologia, risposta di Eunomio a
Basilio, confutata poi da Gregorio di Nissa nel Contro Eunomio.
Mentre l'interpretazione tradizionale della dottrina di Eunomio
era stata fino all' eta modema quella degli scrittori onodossi a lui
contemporanei, come i Padri Cappadoci ed Epifanio di Salamina, i
quali rimarcavano I' aspetto sofistico, tecnicistico, dialettico del suo
insegnamento, ora gli studiosi hanno cancellato questa taccia nega-
tiva, pur riconoscendo il tentativo di Eunomio di dimostrare razio-
nalmente e filosoficamente le proprie idee.

4.1. I.:anomeismo di Eunomio

La concezione di Eunomio prende l'avvio dalla esigenza di ri-


considerare Ia realta umana e Ia realta divina "secondo l'ordine na-
turale delle cose". Rientra in tale "ordine delle cose", l'esisJenza
della Trinita, che e strutturata gerarchicame~te, in ~uanto le ~Pdj
razioni" delle Persone divine sono differenu rra d1 !oro, e ;f"
dimostrano Ia differenza delle !oro sostanze. ll "mist~ro dc;lla evo-
. " non consiste tanto neII'onorare Dio con vart nomi, quanto
ztone t
nell'attribuirgli i nomi esatti, conservando il retto insegn~&lo~
cristiano: da qui Ia necessita di una ricerca con~orra con~~ ~uno-
.. 11 che dagli avversarl
gt~t e con rigorosa precisi~~e, q.u~ a " Orbene l'ordine "ftsico"
m1o era condannata come tecntc 1 ~":' 0 . · d .' di sosranza- ope-
della realta si strutrura nei tre gradim diSC':' en!l ti 118 ]e tre so-
ra ztone-nome:
. Ie operaztont
. . sa t bilisconoell'I rappor1·onismo percw.
st ·
. anze, senza dover rtcorrere all'errore d I emanaz ' 1e so-
azioni e non
1 nomi di "Padre" e di "Figlio' riguardano e oper d'vine· mentre Ia
st . . tra ]e sosranze I . .
anze. La differenza mtervtene I' • Ia rerza ecompostta,
Prima e Ia seconds sono sostanza "semp Ice '
248 I Padri (Appadoci

e quindi poss!e~e va~ nomi. In!atti, il no~e: ~ precisamente quello


di "immutabile o, V1Ceversa, mutevole , e il nome consono all
sostanza della singola Persona. ll nome della prima sostanza e"n a
generazione ", mentre ~uelldell
o a secon d a 'e." ge~e~ztone":
· on
tutto
cio implies, come logics conseguenza, Ia diverslta delle nature
Nella sua Con/essione di /ede, presentata a! Concilio di Costantino:
poli, Eunomio affermo che non credeva in un Dio che «da una 50•
Ia sostanza si era troncato in una triplice ipostasi>>: egli riteneva che
Ia teologia neonicena mettesse in pericolo l'unicita di Dio. I tennj.
nidi "generato" e "non generato" vengono impiegati anche da Ba-
silio e da Gregorio Nazianzeno, rna mentre per Eunomio essi espri·
mono Ia effettiva natura della Persona, per i Cappadoci Ia natura di
Dio rimane sconosciuta, e "generato" o "non generato" possono
essere solo degli attributi della Persona. Mentre Eunomio conside-
rs assolutamente vincolante il nesso che sussiste tra Ia cosa (e quin-
di Ia Persona divina) e il nome, per cui "non generazione" e "gene-
razione" sono concezioni innate della natura urn ana, per i suoi av-
versari, invece, il nome e escogitato dall'uomo e "generazione" e
"non generazione" sono delle epinoiai, alia maniera di Origene (cf.
pp. 229ss.). Dato il rapporto inscindibile tra sostanza e nome, Eu·
nomio avrebbe ricavato Ia conseguenza, piu volte rimarcata dai
suoi awersari, che l'uomo puo conoscere Dio come se stesso. D'al·
tra parte, l'uomo puo trovare proprio nella Scrittura il nome di
Dio, ed e un nome che Dio stesso gli ha comunicato: «lo sono co·
lui che i!», edetto nella famosa frase diEs 3, 14: «colui che e» in·
dica che Dio el'essere (cf. pp. 187ss.).

5. La teologia trinitaria di Basilio


5.1. It Contro Eunomio

Poco dopo lo scambio epistolare con Apollinario, Basilio scrive


Ia sua principale opera teologica, con Ia quale si inaugura Ia t~~­
gi~ neonicen~, ~ rimasta fondam~ntale per Ia speculazione de~od~
tn Cappadocr, il Contro Eunomzo. Nel 364 si era tenuto un SID .
a Lampsaco, in cui gli omeusiani tentarono di ribaltare le deci~nl
del Concilio di Costantinopoli, di restaurare Ia reputazione ~ ~
cedonio (che nel frattempo era morto) e di riprendere i ?elibe~s
del Concilio di Antiochia del 341. Eustazio aveva partecipato
V. Teo/ogiolrinitori4

e
riunione 1. Come si accennato, Eunomio aveva sintetizzato iJ
pensiero in una Apologia, che secondo alcuni era stata . 1110
gia a1 Concilio di Costantinopoli, rna, piu probabiiment p~
Posta da Eunomio .
pochi anni dopo, per difendersi dalle e, comche-
. accuse
Ia sua predicaz1one aveva susc1tato nella sua sede di Cizi
Con il Contro Eunomio ~asilio porta Ia discussione :~ livel-
lo piu alto; del resto, anche il suo awersario argomentava sulla ba-
se di eccellenti conoscenze filosofiche.
Basilio, seguendo quanto gli aveva insegnato Apollinario nella
epistola 362, ora intende "sostanza" non piu nel senso di sostanza
individuale, come aveva fatto nelle epistole 9 e 361, seguendo gli
omeusiani, ma, come Atanasio e Apollinario stesso, nel senso di
"sostanza del genere", "sostanza seconda", e formula in modo mol-
to piu preciso il rapporto fra cio che e comune e cio che eindivi-
duale nella divinita del Padre e del Figlio: comune eIa sostanza,
mentre i nomi di "Padre" e di "Figlio" non indicano essenze diver-
se, come voleva Eunomio, benslle "peculiarita" (idiomata),le pro-
prieta individuanti nell' ambito della comune sostanza divina (Con-
tro Eunomio II 4-5). Mentre per Eunomio Ia differenza dei nomi di
"Padre" e di "Figlio" significa anche una differenza delle !oro so-
stanze (apol. 12), Basilio innanzitutto distingue tra sostanza e nome,
ricorrendo all' esempio degli uomini: i nomi fanno _in~vid':""e ben
precise qualita differenti (II 4), mentre Ia sostanza mdica «il sostra·
to materiale comune>>. Invece di "sostanza• si puo anche adope~­
re "natura". «Una sola sostanza» viene da lui interpre~at~ (~erto m
un modo non molto preciso) nel senso che il Padre e il Figlio son?
· d ·
I medesimi nella maggior parte e1 pre can
di · (II 4) · La. sostanza
. , chi e
qwn· d'1il sostrato d'1 qu ali ta- comun1· ('m II 28la natura .divma e a-a
mata "I' eIemento comune ") , men t re Ia differenza ell diVlene espress
• temiti •e
mediante varie peculiarita (idiomata), come qui al pa dalla se-
di "filialita" (II 28) •. Tutto questa sembra mo to ontano

7 • • • usseau (Ph. Rousscaeu,llrsl1 o/Gre•


. ll Contra Eunomio, qumdi, secon~o il Ro esso delle considerazlO.I;U che Besilio.
~a, en.), deve essere considerato come il ~mpl . discusse cOD EustaZJ.o. si/i in
orcbe si reeD a Cizico per contrsstare gli anome.J, Jn sog Ep. 38 Jn & '"·
ll 8 Cf. R. Hubner, Gregor von Nyssa als VerJ:Jlean ~elou, Paris ~:~·:J:
f
4G;ktosts, Melanges patristiques offerts aili ilio presuppone UDIdJo!freaono di
ca d490. Secondo HUbner questo ~c~ef!1 8 . : da quella di suo frat 0
N.l&sa.
ella sostanza, con Ia quale egh s1 dJSunSU
I Podri Cappolkci
2.50
parazione tra sostanza ed ipostasi del Tomus ad Antiochenos Ill
lo apparentemente, secondo . .
Markschies; Basilio ha, sl, affenn" SQ.
•. . h ato
""----ti qualita cosntuiscono 1 tpostast,
che WI'"'"" d . rna .a anche Pres up.
posto che una separazione ~ ~o~tanza -~ tpostast possihile (cf. e
Contra Eunomio I 15, ove st disnngue il modo dell tpostasi • dal
"sostrato materiale") '·
Di conseguenza, sulla base del concerto aristotelico di "relazio.
ne", "non generato" e "generato" non 51 esclud~n~ ~ ~cenda per-
che indicano non delle sostanze, ma delle peculiartta di una stessa
sostanza. Cosl, "luce non generata", indica il Padre, mentre "luce
generata" iJ Figlio, main quanto sono luce e luce, non c'e fra Ioro
alcuna opposizione; invece, in quanto sono ingenerato e generato,
sono opposti. Le peculiaritii, infatti, debbono manifestare I' alterita
all'intemo dell'identita della sostanza e le stesse proprietii non clivi-
dono J'unira della natura.
Parecchi dei temi proposti da Basilio per ribattere le tesi euno-
miane erano giil da tempo tradizionali: Ia generazione del Figlio e
reale. pero non e paragonabile a quella dell' essere animato (Contro
e
Eunomw II 6; 14; 16; 24); il Figlio coetemo al Padre (Il12; 14;
17); Cristo e "intmagine di Dio" (118), luce (II 28), volontii operan·
te del Padre (II 21). Seguendo g1i omeusiani, anche Basilio afferma
che si debbono usare i termini scritturistici di "Padre" e "Figlio',
piuttosto che di "ingenerato" e "generate", che erano propri degli
anomei. Da Apollinario (e da Atanasio) deriva Ia affermazione che
ii_Padre emaggiore del Figlio (Gv 14, 28) in quanto nee il prin~·
p~o (~ 25): altrettanto diranno poi Gregorio di Nazianzo e Gregono
dt N~ssa. In Contra Eunomio II 4, anche qui seguendo Apollinano,
Basilio propone, per Ia distinzione tra Ie Persone divine e la )oro
~ra. l'es~pio del genere umano: Pietro e Paolo, in quanta u?mi·
ru, pattectpano della medesima sostanza rna sono )e proprieta mdi·
vtduantt che li caratterizzano come Pie;ro e Paolo. Anche questa
es~p!~ sara poi ripreso e sviluppato da Gregorio di Nissa. Infine,
potche_ mtende "sostanza" come genere Basilio preferisce evitare
anche il_ !ermine "consustanziale" (I 20· 'II 1O· 19). T uttavia, come
osserva il Suno t · ' ' · · ten·
de "sostanz , ne ~'. «nonostan~e la nuova accezione con cutlD u·
·ra di a 'Basilio non ha nmosso i suoi dubbi circa I'opport
m usare correntemente il discusso termine niceno: evidente·

9 Cf. L. Turcescu Proso dH A . st Euno·


mius and the Epistles ~ v·~:~DConh . .YPostasis in Baril ofCoerarea's gam
' « 1 WU~~~e nsnanaet 51 (1997), pp. 374-395.
V: Teologill trinilaria
211
mente vi sentiva ancora vincolanti le possibili · li . .
. · ·' d M lmp caztoru monar
chiane, d1 cw st e etto. a nonostante queste rernore il ·
damentale era stato fatto». • passo fon-

5.2. Sostanza e ipostasi in Basilio

Co~; evita "co~sustanziale", Basilio evita ancora il termine


"ipos~ast .' anche se m ~II 3 p~rla c~amente delle tre ipostasi di-
vine: e chiaro che lo scnttore e convmto assenore del consustanzia-
le, rna preferisce, per il momento, non insistervi in modo particola-
re perche sa che non tutti gli antiariani l' accettano, come vedrerno
anche poi. lnoltre, e verosimile che cia sia dovuto al fatto che Ia dif-
ferenza tra sostanza ed ipostasi era ancora inusuale nell' ambito del-
la tenninologia ft!osofica. n significate tecnico-ftlosofico di questi
concetti non era gradito a Basilio, che, nella sua polemica con Eu-
nomio, preferiva impiegare illinguaggio biblico. Come Eunomio
aveva sostenuto che differenti nomi indicano sostanze differenti, co-
si Basilio vuole dimostrare che Ia differenza del predicato "ingene-
rato" del Padre e di "generate" del Figlio non riguarda il sostrato
(doe Ia sostanza), rna solamente "il modo della ipostasi", cioeilmo-
do patticolare di essere: questo sintagma e ancora debole sui piano
della teologia trinitaria, perche "ipostasi", qui, non indica ancora Ia
Persona divina, rna il suo essere, come ne Lo Spirito Santo 18, 46 e
Omelia 24, 4, PG 31, 609B, ove si dirit che "il modo dell'esistenz~
(hyparxis) dello Spirito" ci e sconosciuto. Basilio e cerro in ~rado di
distinguere tra sostanza comune e ipostasi, rna questa ternunologta
non e ancora, per lui, di primaria imponanza 10 • Tale impiego c;mer:
ge, invece, nel trattato su Lo Spinto Santo, rna nemn:'eno ~w st puo
cogliere un impiego deciso di questa "formula neontcena . np~o
di I Cor 8, 6 viene citato due volte come testimontanza della diffe-
renza tra le ipostasi (cf. 5, 7). . , £ ndamentale
Considerate nel complesso, il Contro Eunom10 e ~ .
per lo sviluppo della teologia trinitaria dei Cappadoct: qw appare
per Ia prima volta un modello che Basilio ha tratto dalle conternpo-

10 I svi1 0 deUa tealogia trinitaria di Ba-


lli CiO eimponante per quanta riguarda o upp usiana ed una [&Se" nco-
s. 0 • anche se Drecoll e troppo reciso nd dividere una fas~ ~~poswi• per iadicare le
n•cena in Basilio, sottolineando come l'impiego del tenn'Be 1111;o
Persone individuali manca nei priJni due libri del ConltO uno ·
I PaJri GzppaJoci

ranee discussioni filosofiche. Piu in P?rtic~la~e, .se~ndo iJ Mark.


schies, Basilio impiega, per Ia .sua dottnna tr~t~~Ja, il concetto del-
!e
la "units non confusa", che nspe~~ peculiartta ad ~s~ impllcite
(benosis asynchytos): essa appare pt~ unportan.te delle dtstmzioni tra
sostanza e ipostasi. Secondo lo studioso, chest basa anche su di una
interpretazione radicale di Rist ": t~sa ad escludere Ia presenza di
Plotino in Basilio, il Cappadoce st dtstacca contemporaneamente in
modo espllcito dalla identificazione della propria dottrina con quel-
la delle "tre ipostasi originarie" di Plotin?. (cf. ~ Sfirito Santo 16,
38) ": cio edovuto anche al fatto che Basilio attnbutsce allo Spirito
Ia parita di onore, non il consustanziale con il Padre e il Figlio (e
quindi non puo parlare di "tre ipostasi"). Tuttavia le tre Persone, in
quanto costituiscono una sola natura, sono strettamente unite tra di
!oro. In conclusione, Basilio rimane cauto nell'impiego del termine
"ipostasi"; anche se esso serve per indicare le peculiarita delle Per-
sone, Basilio non lo pone in primo piano u.
Negli anni successivi Basilio toma piu volte sui problema della
ipostasi e sui suo impiego in ambito trinitario. Nell'epistola 125, del-
l'estate del373, egli, per risolvere Ia difficolta, evita di discutere Ia
formula di Nicea e di conseguenza riconosce Ia legitrimita del tenni-
ne "ipostasi" nelllnguaggio teologico, nel senso che esiste una so-
stanza divina articolata in tre ipostasi distinte. L'occasione per citare
quella formula e determinata, forse, anche da motivi di attuallta:
Mar~o di Ancira morl proprio nel3 74, ed aveva avuto rapporti con
Atanasto, per cui in que! periodo Ia discussione poteva essere toma-

(cd_) '~<;l/~M. Rist, &sit's :Nroplatonism~. Its b.ckground and nature, in P.J. Fcdwick
' . f Caesarea. Chnstum, Humamst, Ascetic. A sixteen-hundredJh anmversary
sym~~um I, To~nto 1981, pp. 137-220, p. 196 _
u}:: ~o anche piU oltre, p. 265.
R Hiibn &v-uone di Basilio da Apollinario e da Atanasio Csottolineata anche da
e1 (edder, s~ us von Caesarea und das Homoourios in L R Wickam and C. Bam·
:p. 70-9i~'::~~7~ ~~~: an_d greek P~~losophy in Ut~ Ant~'quity, Brill, Leid~ 1(~~:
stoi8 tJ SertJ · II tmo 32 egli unpiega un'argomentazione di AtanllSI~. ch
e "fatto• /::ne. 6· PG 26. 617~; Sulk decisioni del sinodo di Nicea 1~, 4): a.o &
Dio" (Co/ 1 1) } ~ consustanziale con colui che fa; solo il Figlio e "unm.agute .
zione si ritr~a ineB 'ilfronta della sua sostanza" {Eb 1, 3). Poiche la stessa ~osua_
do Atanasio, Cont:: i ~· zo;;: 2 ~( \(G:ntro i StJbelliani, Aria e gli Anomel) e Ul
ffi
109A).~verosimilecbe; 14"..', c e e. da attribuirsi ad Apollinario, ~G 28, ilqUJ:
i:S·
le era stato in rappono ~~ 51 ~ se~Jto dei ragionamenti di Apollina~o, con to so·
prauutto alia vita mon.astica anru pruna. D~ resto, allora Basilio era mtereslb uere
adcsuawnentc Eunomio S' e cer~va materiali e idee da raccogliere per com a sUi
interpretazione circa 1a der~o':lettl,dit?ttavia, rimane scettico, conformemente ella
' lvwone Basilio da Atanasio.
V. Teologia trinitari4

111 vivace. Basilio poi si sofferma ad esaminare il rapporto tra sostan·


za ed ipostasi contenuto nella formula di Nicea. Anche se gli studio-
si modemi ritengono che, in que! concilio, i due tennini coincidesse-
ro, Basilio si sforza di dirnostrare esattamente il contrario: se le due
parole avessero lo stesso significate, che bisogno c' era di impiegame
due? Basilio non da una definizione dei due termini, rna spiega Ia lo-
co funzione: se a Nicea era stato detto che il Figlio proviene «dalla so-
stanza del Padre>>, questa formula aveva una funzione antiariana,
mentre l'espressione «dall'ipostasi» manifesta Ia dottrina della salvez-
za, vale a dire,l'ipostasi di Cristo introduce Ia individualita della Per-
sona del Salvatore, il quale patisce, muore e risorge per procurare Ia
salvezza all'uomo. La differenza tra le due ipostasi e quindi un rap-
potto reciproco tra generare ed essere generato. La formula <<una so-
la sostanza in tre ipostasi>> non e ancora presente, rna epresupposta.
Nella epistola 52 Basilio si mostra comprensivo nei confronti di
quelle persone che provavano delle difficolta ad accettare il consu-
stanziale, perche pensavano che, con que! tennine, Ia sostanza ve-
nisse divisa nelle cose che Ia costituiscono. Tutto do, egli spiega, po-
teva essere accettabile perle cose materiali, non peril Padre ed il Fi-
glio. ll significate ortodosso del consustanziale viene di nuovo spie-
gato con Ia metafora della "luce da luce", che si trova nel simbolo
niceno, e con il rimando alia luce senza inizio e alia luce che ha un
inizio. Basilio rifiuta Sabellio, che aveva professato l'identita delle
ipostasi, e vuole precisare cosa siano le Persone (52, 3), anche se in
realta Ie definisce solo in senso negative, sottolineando come Ia ge·
nerazione divina non sia uguale alia generazione umana.
La differenza tra sostanza e ipostasi viene espressa nel ~od~
piu chiaro dalla epistola 236, ad Amfilochio di lconio, del prmct-
pio del 375:
«La sostanza e l'ipostasi hanno tra di !oro Ia medesima dif-
ferenza che hanno iJ generale ed il particolare,_ come, ad
esempio l'essere vivente ed un uomo determmato. Per
questo n:otivo noi confessiamo una sola sostanza in Dio, di
modo che non si puo dare una spiegazione differente della
struttura del suo essere, e confessiamo un'ipostasi c~pos­
siede una sua peculiaritii, affinche rimanga. n~n coall ;;" _e
distinta Ia concezione relativa al Padre, al Ftglio e 0 . p~­
rito Santo Infatti se noi non consideriamo le cara:ens:-
che che so~o stat; separate per ciascuno di !oro - v e 8 •
254 I P•dri C.pp•doci

re Ia patemitil, Ia filialita e Ia santificazione - ma confessia-


mo Dio sulla base della nozione comune dell'essere, ci eim-
possibile render conto della nos~a _f<;de in mo~o sano. Bi-
sogna quindi aggiungere Ia peculianta alia r~alta comune, e
solo cosl confessare Ia nostra fede: comune e Ia natura divi-
na, peculiare eIa patemita. Congiungendo queste cose, bi-
sogna dire: credo inDio, il Padre ... cosl, nella confessione
dell'unica narura divina in rutto e per tutto viene salvaguar-
data l'unitii e nella separazione delle peculiarita concepite
su ciascuno viene confessata Ia peculiarita delle Persone».

Basilio prende le mosse dalle «peculiarita che costituiscono


l'identitii delle tre ipostasi», cioe paternita, filialita e santificazione,
concerti cbe derivano dal simbolo battesimale di Mt 28, 19, e cbe
aveva impiegato gia nel Contro Eunomio: egli, infatti, vuole mante-
nersi vicino al dato scritturistico. Anche qui, dunque, e presente
nella terminologia neonicena Ia concezione della "unione inconfu-
sa". La stessa dottrina e ampiamente esposta anche dall' epistolll
214, 3-4, dello stesso anno.
I;epistolll 38, cbe Ia critica degli ultimi anni tende ad attribuire
a Gregorio di Nissa, e particolarmente importante. La formula ni-
cena "luce da luce" mostra, secondo Basilio, l'unita della divinita e
Ia distinzione, cbe e indicata nei predicati "ingenerato" e "genera·
to". AI piu tardi alia meta del decennia 360-370 diviene ovvio per
Basilio spiegare questo contesto sulla base della teologia origeniana,
con Ia formula dell'unica sostanza e delle tre ipostasi, con il con·
fronto tra elemento comune ed elemento peculiare.

5.3 · La divinitii dello Spirito Santo

d ll. Concili~ di N"tcea, poiche era stato convocato per discutere Ia


?i
f ottnna Arlo a proposito della divinita del Figlio, non aveva af:
ro~tato il P~ob_lema della divinita dello Spirito Santo. Ancbe negli
anru successt · · pur asserendo senza esitazione che lo Sptrt·
·
t S • Divtt ruceru,
do aoto e o, non si erano soffermati a spiegare meglio in che m~·
0 ID:t"ser~ questa dottrina di fede ne come si potesse munagt·

narededi 0 Slaptnto di Dio avesse origine dal Padre L'unico che ave:
va cato pro ·
prima di Basilio
'
J:: . · · ont
attenzt~ne al problema era stato, ven~ a te
0 Vtttonno, rna, essendo vissuto in Occtden
V. Teologiit Jrinilari4

e a1 di fu~ri degli ambienti e~clesiastici, Ia sua dottrina non aveva


avuto ec~. Nemmeno Atanas1o s1 era occupato moho dell'origine
dello S~m~o Sa~to, ~ch~ se ~on aveva potuto non affrontarlo: po·
chi anru p~a di Basilio, ~a~, nelle Lettere a Serapione (del359ca),
aveva res~~to le affermaz10ru bl~f~e degli awersari, che volevano
che Jo Spmto fosse creatura del F1glio. Molti omeusiani che avevano
accettato il consustanziale esitavano ad ammettere Ia divinita della
Spirito Santo e Ia sua uguaglianza col Padre e col Figlio. Quelli che
presero posizione chiaramente negativa su questa punto furono
chiamati "pneumatomachi" ("nemici dello Spirito") e poi macedo-
oiani (doe seguaci del vescovo Macedonia di Costantinopoli, di con-
vinzioni omeusiane). ll Contra Eunomio affronta anche il problema
della divinita dello Spirito Santo, che stava assumendo sempre mag-
giore gravita nelle polemiche teologiche. Secondo Basilio, lo Spirito
i: partecipe della divinita e della operazione del Padre e del Figlio, ed
i: unito con !oro a formare Ia Trinita (Contra Eunomio III 4.5.6). Ba-
silio aveva completamente trascurato questa problema nella epistola
9 e nella epistola 361; rna nel Contro Eunomio gli dedica l'intero ter-
zo libra, anche se esso e molto piu breve degli altri due, che sono de-
dicati rispettivamente al Padre e a! Figlio (rna tomato in prima pia-
no nel Concilio di Ferrara e Firenze del1438-1439, ove si discusse
del "Filioque"); anche qui Basilio polemizza co~tro Eunomi~, 0.e_ri-
duceva lo Spirito Santo a! rango di creatura, W! negav~ ~ ?iv~na e
lo collocava terzo nella Trinita per natura, ordine e dignita. I.:esso;r
terzo per ordine non irnplica inferiorita di natura, in quanta lo Sp1:
rito per natura e santo alia pari del Padre e del Figlio, anzi efoote di
santificazione perle creature (III 1-2). . ali dell
Questi concetti essenziali (anche se ancora em~r1on
· ·
!
· che m segwto ma
a
d I
pneumatologia di Basilio saranno a U1 rlpresl an il c ch 1
senza differenze sostanziali. Importante e, sopratrutto, rarto e o
. li . t lo Spirito Santo D10, come
scr1ttore evita di defmire esp c1tamen e . trutto
del resto aveva fatto Atanasio nelle Lettere a Serapiltone, e sop~o con
.
non r1esce . ali . Ia sua origine e suo rappo
a prec1sare qu SianO . . che obiettavano
le altre due Persone divine. Di fronte agli a':'~rsan, to come il Pa-
ai niceni: se lo Spirito Santo non ecreatura. e mgeneraoltanto una ri-
d B ill 0 opporre s
re o generato come il Figlio, as ~ pudi ra delle creature. non
sposta negativa: Jo Spirito Santo, che e a! :tC
dre ne unigenito co-
puo. es~ere considerato ne inge~erat~d'cl:~ il ~ppono intenrinita-
rne il F1glio (III 6)· end tentattvo di Ia generazione del
rio in II 32 parla ell potenza del Padre mossa per
I P•Jri U.ppodbci

Figlio e di potenza del Figl_io moss_a per l'ipo~t~si, _cioe per l'esisten.
za ("ipostasi", quindi none usato m sens~ ~~t~o specifico) dello
Spirito. Piii deciso, invece, era stato Apollinano, il quale nella epist
Ia 364 aveva detto che lo Spirito si trova nella medesima fede
Dio e con il Figlio, poiche si tto~a nella stessa natura divina,
c:
anch:
se nemmeno lui aveva affrontato il problema della sua origine.
Basilio sapeva che molti omeusiani erano ostili alla dottrina dei
niceni, i quali volevano porre lo Spirito Santo sullo stesso piano del
Padre e del Figlio, per quanto attiene alla sua natura divino: Eusta.
zio di Sebaste aveva detto: «Non sono convinto che si debba defini.
re Dio lo Spirito, ma neppure oserei definirlo creatura» (Socrate,
Storia del/4 Chiesa II 45), per cui si accontenta di un chiarimento
presentato in forma negativa: si deve semplicemente riconoscere
che lo Spirito Santo non e creatura, come volevano gli ariani e alcu.
ni omeusiani (cioe i pneumatomachi), e si deve condannare chi lo
considera tale (epp. 113; 114; 140; 159). Si era verificato in quegli
anni un episodic raccontato nell' epistola 58 da Gregorio Nazianze·
no: un vescovo niceno si era rivolto a lui lamentando le esitazioni di
Basilio a questo riguardo; Gregorio aveva informato della cosa Ba·
silio, il quale aveva risposto, in modo molto risentito (ep. 71), che
una risposta non ben ponderata al riguardo avrebbe potuto mette·
re in pericolo il fronte antiariano. Neppure in seguito alia rottura
con Eustazio Basilio modifico il proprio atteggiamento, nemmeno
nell'omelia su LA /ede (cap. 4).
Vepistola 159 si dilunga sui problema dello Spirito Santo piu o
meno secoodo Ia dottrioa del Contra Eunomio: fra I'altro vi si offer·
~· ~15~. 2) che lo Spirito Santo, "glorificato insieme" col Padre e col
Figlio, m quanto panecipe dello stesso onore, non puo essere ritenu;
10 estraneo alia !oro natura: il concerto della "uguaglianza di onore
d~o Spirito, che dovrebbe essere prova della sua natura divina, sari
sviluppato nel trattato Sullo Spirito Santo. Inoltre, nella giii ricordata
epmola 12? (':"~· 3), Basilio afferma che lo Spirito Santo non 1: crea·
:;m' e, se 1 cnsnani vogliono essere fedeli alia formula battesintale,
evono cred~re che lo Spirito eunito al Padre e al Figlio e, di conse·
~aJt che e ·~~ per natura come il Padre e il Figlio e non es~·
to Santo·na_.r::ra. divma. Qui si parla, dunque dell'origm"e dello Spll1l·
· · 5· uuendendOS!· dall' OCCUSa di considerare
Spmto
' "non generate • )o
Basilio an to (ch'e il termme
· dovrebbe essere prerogativa de1 p 8dre• '
1 il p
0
:o'ette,
0
sl, che non generate e fonte della natura divina e ·~·
• cosl come unigenito e solo il Figlio, ma lo Spirito di vert·
V. TeologitJ tn'nitarUz

ta "proce~e· ~al Padre, v;nendo, cosl, da Dio senza essere srato crea-
10. n
temune. proced~re 'desunto da Gv 15, 26, che sembra essere
impiegato qw per Ia p~a volta in senso tecnico, diventeri subito ca·
nonico: Gregon~ .Naztanzeno {or. 31, 16ss.) lo considera speci£co
per indic~r~ I'ongme della ~~irito, ~tinta da quella, per generazio·
ne, del Ftglio, anche se Basilio non nesce a spiegare in che sensa Ia
processi?n~ dello Spirito Santo dal Padre differisca dalla generazio·
ne del Ftglio. _Anche nelle .ope~ successive Basilio eincerto su que·
sto punta, cost come non nuscrra ad essere piu preciso lo stesso Gre·
gorio Nazianzeno, che pure fu sostenitore del consustanziale della
Spirito Santo. Fra il375 e il 377 Basilio in vari scritti {epistole 210;
214; 236, il trattato Sullo Spirito Santo, l'omelia Sulla fede) roma su
quello che era divenuto oramai il lema principale della discussione
teologica, doe Ia questione della Spirito Santo: il vescovo di Cesarea
era da piu patti sollecitato a presentare Ia sua opinione per rimuove-
re i sospetti e le perplessita che provocava nei niceni il suo riserbo a
definire esplicitarnente lo Spirito Santo Dio.
Nel trattato su Lo Spirito Santo Basilio, oltre a confutare leva-
rie obiezioni degli ariani e dei pneumatomachi contro Ia divinita
della terza Persona e Ia sua uguaglianza col Padre e col Figlio, pone
in modo deciso lo Spirito Santo sui piano delle altre due ipostasi per
quanta riguarda Ia natura, Ia dignita e I'operazione; rna n~n.ostante
tutte queste affennazioni lo Spirito Santo non~ d~rto .espli~tamen:
te Dio come invece sostenevano normalmente tmceru. ll nserbo di
Basili~ su questa punto, osserva il Simonetti, va spiegato non soltan·
to in chiave eli politico ecclesiastic• rna anche tenendo conto della
sua radicata convinzione che in materia di fede fosse opportun~ di-
.
re soltanto l'indispensabile e non s~m.gerst .
· a1 di Ia .di quanta direr·
0 alia iena di-
tamente significato dal data scnttunsuco. Em ment . P dell
vinita della Spirito Santo cosi come sulla spino~a q~eo:uone 8

sua origine non sfuggiva 'a Basill'o ch e il d • t0 scnttUJtsucoh non era iJ


• A · rvacecome
dd tutto esplicito. Basilio, seguendo , tanasto, osse . to ;on nella
Padre e il Figlio, lo Spirito Santo puo esse~r:f~s~~rito Santo 9,
sua natura rna soltanto attraverso Ia sd opch gli ebuono santo,
22). Ebbene, !'opera della Spirito .f• ve ere e ~ ma a1 eli sopra
divino per natura e non per adozton.e; non .~ 8 • e partecipe delle
della creazione, che esso Iibera, san~,~·· Vl ~~0 di fede insieme
stesse attribuzioni del Padre ~ del F-~~il~come Joro e con !oro
con lora, signore come lora, mcomp~ enza Spirito Santo non
unito per natura oltre che per operaztone: s
I Padri Cappadod
258

c'e Trinitii (omelia Sulfa fede 5). Sia I~ rigenerazione spirituale Pro.
curata da1 battesimo sial'opera. creatn~e den~~o dallo Spirito (! 6,
38 ). Tuttavia Basilio non defm1sce mal lo Spmto ,Santo consusran.
ziale con iJ Padre e con i1 Figlio e; anche m q~est opera, preferisce
definirlo "degno di uguale on~re . ~on poss1am~ d1re quale sia Ia
sua origine, egli ripete, per cw lo scn~tore trova ~coltii a risolve.
re i1 dilemma proposto dagli avversan: se lo Spmto Santo eingene.
rato ePadre, se egenerato e Figlio, se non e ne ingenerato ne gene.
rato non puo essere altro che creatura. Basilio afferma sempllce.
mente Ia "affinitii" dello Spirito Santo col Padre, da cui precede, e
col Figlio cui appartiene. Sempre in 16, 38, sulla base di Sa/32, 6b
(«Dal Logos del Signore furono stabiliti i deli e dallo Spirito della
sua bocca tutta laloro potenza»), egli cerca di presentare l'origine
dello Spirito Santo dal Padre non per generazione, come il Figlio,
per cui ceres di cogliere fra lo Spirito Santo e i1 Figlio un rappotto
parallelo a quello del Figlio con i1 Padre (cf. anche 17, 43; 26, 64;
omelia Sufafede 7): Ia bonta e Ia santificazione e Ia dignita regale so·
no giunte allo Spirito dal Padre attraverso i1 Figlio (18, 47). Da qui
deriva Ia dottrina, che sarebbe poi diventata canonica nella teologia
greca, che lo Spirito Santo trae origine dal Padre attraverso il Figllo.
GU avversari criticavano Ia dossologia di Basilio: <<Gloria a1 Padre
insieme al Figlio e con lo Spirito», che eg1i impiegava indifferente·
mente insieme con quella tradizionale: «Gloria a1 Padre per mezzo
del Figlio nello Spirito Santo»; e l'imponanza della dossologia dello
Spirito Santo nella professione di fede esottolineata anche nella epi·
stola 258, 2. Aile critiche degli avversari Basilio replica che nella Sacra
Scrittura le varie preposizioni che sono impiegate per descrivere Ia na·
tnra, Ia potenza, Ia condizione delle Persone sono riferite indifferen·
temente a ciascuna delle tre e non introducono affatto una differenza
~ ~~ 0 di dignitii (LoSpiritoSanto 4; 5; 26; 27; 29), cosl come non
:;:wsce Ia dignitii d~ Spirito i1 fatto che, quando le tre Per:sone
~ ~no nommate IDSleme, lo Spirito Santo e sempre nomtnalO
pes t:uno. Questn era stato detto soprattutto da Eunomio, i1 qual~
aveva affermatn che lo Spirito Santo, come e terzo per ordine, cosl e
terzo aru:?e pes natnra (Apol. 25). n "nwnerare subordinando" (h't
panthmetstha•) non esclude il "connwnerare" (synarithmeistha•) (Lo
~~:~ol:nto ~7;. 18; epistola 52, 4; omelia Sulfa fede 5), una ~erma·
Basilio . sara npresa anche da Gregorio Nazianzeno (oravone 3!).
. S ncorre anche alia Uturgia pes dimostrare Ia divinita dello Spl·
ntn antn, 10 quantn COStantemente lo uniace aile altre Persone, per
V. Teologi4 trinitari4

cui int~de rifarsi, oltre ch~ alla Scrittura, anche a11a "tradizione non
scritta , e, per conferma~e il sostegno che si puo ricavare dalla tradi-
zione su tale problema, npona (29, 72-7 3) un breve fl ril · eli
·1· ··r Cl oeg~opas-
si di auton a. m anteno~: ~eneo, emente Romano, Origene, Dioni~
gi A!essandnno, E~bto eli ~esarea. Sono ambedue fatti nuovi nella
discuss10ne teolog~ca, tradizmnalmente incentrata sull'uso I'" •
pretazione dei soli dati scritturistici: il fatto che Basilio abi~~
attento ad att~ersi nel modo piu stretto al dato scri~tico ab";:ia
qui ~ensat_o_ eli mtegramei'autori~a primaria con quella della llturgia
e de1 Padri e, secondo il Slttlonettt, altra prova della difficolta in cui si
evenuto a trovare Basilio nel trattare un argomento in cui Ia testimo-
nianza scritturistica non gli risultava altrettanto chiara come a propo-
sito della divinita eli Cristo. Mettendo in tilievo il valore eli queste tra-
dizioni non scritte Basilio traccia Ia distinzione fra kerygma e dogma
(Lo Spirito Santo 27, 66). Nonostante Ia difesa ad oltranza del consu-
stanziale dello Spirito, nella quale si distinse, tra g1i altri, il Nazianze.
no, il Concilio costantinopolitano del381 segull'autorita eli Basilio, e,
se affermo il carattere divino dello Spirito Santo, non lo defini espli-
citamente Dio. Come Basilio, i Padri conciliari ritennero che una tale
elichiarazione avrebbe suscitato l'opposizione degli omeusiani "·
Anche nelle lettere eli quegli anni, in cui ribaelisce Ia concezio-
ne dell'unica ousia divino in tre ipostasi distinte, caratterizzate da
specifiche "peculiarita" (idiotetes), Basilio interviene sulla questio-
ne dello Spirito, e, poiche le peculiarita delle ipostasi del Padre_e del
Figlio consistono nella "condizione paterna" (patrotes) e nella con·
dizione fill ale" (hyiotes), anche per lo Spirito Santo deve essere tro-
vata una sua "peculiarita", parallela a quella delle altre due P~~o­
ne. Tuttavia, non essendo riuscito a stabilire l'orisi?e dello Sp~to
Santo, egli non riesce a indicare nemmeno Ia sua tdtote~, per cw m·
elica soltanto, come idiotes dello Spirito, non una condizione di na·
lura, rna il suo potere santificante:
,. . , "d
<< L tpostast e cons! erata ne
lle proprietii
. della
. paternitii,
( 21 4
della filialita e della potenza della santificaztone» ep. '
4).

&sill risse anche un breve uartalo, inri-


14 Bisogna tener prcsentc, infmc, ~e ~ sc i compiu1amenle sviluppa1e nd
tolato Lo Spirito, nel quale si trovano vane dottn?e
Lo Spinio Santo: di esso abbiamo parlato nd capltO 0 P
f
recedcnle.
I Padri Ozppatk!ci
260

Epistole di questo periodo •• ~ contenu~o trin!tario: sono le !ln.


234 e 236, che si occupano dell mterpretazmne ~ passt scritturisa.
ci addorti dagli ariani a sostegno delle !oro dottrme, e le nn. 52, 207
e 224. nproblema sara risolto, percorrendo un 'altra Strada, dal Na.
zianzeno e dal Nisseno.
Probabilmente deve essere spiegato sulla base eli questa necessj.
ta di far fronte ai niceni piu tradizionalisti anche il nuevo atteggia.
mento che Basilio assume nell' omelia Sulla fede nei confronti del ter.
mine "persona'. Abbiamo gia accermato (p. 241) come esse fOSSe
considerate inadatto ad inelicare Ia Persona elivina, tanto che "perso.
na' e tipica della teologia monarchiana. Lo aveva, invece, ripreso
Apollinario, il quale fu accusato per questo eli sabellianesimo (cf. p.
50). Basilio considera sabelliana l'affermazione che nella Trinita esi.
ste una sola ouria, o una sola ipostasi, unita a tre prosopa ("persone')
(epp. 210, 3; 214, 3; 236, 6), e sostiene che per salvaguardare, all'in·
temo della ousia divina, Ia distinzione delle Persone, non esufficien·
te distinguere tre prosopa rna enecessaria che ogni prosopon abbia Ia
coosistenza di una vera e propria ipostasi (ep. 210, 5). Percio solo ra·
ramente Basilio fa uso di questo termine per indicare le Persone cfi.
vine, e soltanto lit dove l'identificazione &a prosopon e ipostasi echia-
ra (ep. 52, 3; I.o Spirito Santo 18, 45). Basilio tratta eli questa questio·
ne soprattutto nei rapporti con il vescovo Atarbio, eli Neocesarea nel
Ponto, il quale gli era acertimo nemico (cf. p. 54): si pensa che Atar·
bio mescolasse insierne concerti ariani e sabelliani, rna avrebbe susci·
tate un ceno interesse in Gregorio eli Nissa (cf. p. 48).

6. La dottrina trinitaria di Gregorio Nazianzeno

do ~unto di P~enza d~a speculazione teologica di Gregorio ,e !•


r;:"'"
di Basilio, rna ctononostante il Nazianzeno interpreto ID
mo o personale Ia dottrina dell' arnico e maestro.

6.1. Sostanza e ipostasi

, Ia . riprende I• distUlztone
Gregorio
za che · · basiliana tra ipostast· e sos tan·el
• e l!lUSta dottrina 1a • da d id
sabellianesimo e dell' . • . stra regale •, tra i ue est.re!" del
Nazianzeno perciJe ananes~o. La formulazione non e ~ptca. _~:
' nelle sue linee generali si trova in quast tuttl!Y"
V. Teologi. trinitarUJ
261
scrittori niceni ?ell'epoca; Gregorio Ia presenta Ia prima volra nella
orazio~e 2, che ~ del 3?2, e Ia npropone davanti ai vescovi del Con-
cilia di Costantmopoli, a! momenta di abbandonare j Iavori La so-
lennita dell'~ccasione conferisce imponanza, dunque, a qu~lla che
si suole cons1derare come una formula stereotipata.
Le formule ."bin~rie", costituite dalla pura e semplice contrap-
posizione tra ar1anes1mo e sabdlianesimo sono le meno interessan-
ti perche tradizionali (cf. or. 2, 36-37; 18, 16· 21 13· 25 16· 31 9·
3J, 22; 38, 8; 39, 11; 42, 30). n concetto di "se~ar~o~e· 'co~ le ~u~
conseguenze, e quello che predomina nella sua condann~ degli aria-
ni, cosi come quello di "confusione" caratterizza Ia sua polemica an-
tisabelliana. Talora Ia dottrina di Sabdlio e paragonata a1 giudai-
smo, in quanta riconoscerebbe solo Ia Persona del Padre (or. 25, 16
e 38, 8), mentre, sia pure per motivi opposti, "giudaizzante" econ-
siderato Aria in or. 2, 37. D modalismo econdannato con maggiore
durezza, perche tacciato di ateismo, mentre all'arianesimo si riserva
l'accusa di pazzia (sulla base dell'usuale gioco di parole con Arlo e
l'omerico areiomanein, <<impazzare nella guerra come il dio Ares»:
cf. or. 2, 37 ecc.) e di empieta (or. 21, 13; 37, 22).
Altre volte (es. or. 2, 37-38 e 20, 5-6) Gregorio spiega anche
l'origine di quelle due "distorsioni" dottrinali (sabellianesimo e
arianesimo): esse sono state causate dalla "paura della molteplicitii
di dei •, Ia quale ha prodotto il difetto opposto, cioe quello di ridur-
re Ia natura di Dio ad una sola ipostasi: o, mediante un assurdo con-
giungimento, a! conglobarnento di tutte le ip~st~i in una, "?m~ fe-
ce Sabellio oppure a dividere Ia sostanza divma m tre realra diver-
see separa;e, secondo Ia dottrina di Arlo, che applies un'errata for-
ma di diairesis. . . . .N .
Gia in una delle prime omelie, che nsale agli anru di . ~0
(or. 6, 22) quando Gregorio era ancora sacerdote, Ia T~ta ~ene
·
tnterpretata ' nel contesto della • untta· - mco
· nfusa". e. con I unp1ego
, u1
. .
deIIa mterpretaz1one . del · bolo di N1cea: 1a .orm a
neomcena sun F"gli S · -10 Santo· i
battesimale insegna a distinguere tra Padre, I o e pellm tanza'
h' . sono uno n a sos
tr: _non debbono divenire uno, perc ~ essl ta nella triade e Ia rria-
divma, non nella ipostasi; Ia mona?e.e a~ora in modo molto piil de-
d_e na~sum~ _n"!la mon~~e. G~g~rlo ~pglil~garonuncia con facilitii Ia
ctso d1 Basilio 1 numer1 uno e tre : e P che se per lui non
formula trinitaria (una sostanza · tre JpostaSJ), an. uru"taria della
-, d ill Ia conceztone
e IOndarnentale· essa serve a ustrare il di "natura divi-
Trinita; piu im~ottante della sostanza e · concerto
I Padri C4ppt~dod
262
na •. che serve a indicare l'unita dd Dio trinitario. ~che nell~ cin.
que orazioni teologiche m~ca _una formula neom~ena: Ia parola
?i
"ipostasi" appare tre volt.e, o_n un~ ~c:I _contesto di una discussio.
ne relativa a1 fatto che D10 e prtvo di IDIZto (or. 28, 9), un'altra vo].
ta come citazione di Eb 1, 3 (or. 29, 17), ed una volta sola per indi.
care esclusivamente le tre Persone: i termini biblici non debbono es.
sere interpretati in modo subordinaziano, <<affmche si conservi Ia
non confusione delle tre ipostasi nella unica natura e nella unica di.
gnita della divinitit» (or. 31, 9). Questa concezione di base viene poi
piu volte ridaborata, come in or. 31, 28.
Anche al Nazianzeno, dunque, secondo Markschies, Ia cornice
sistematica per Ia teologia delle tre ipostasi efornita dalla concezi0 .
ne della "unita inconfusa". Se non si conservano le peculiarita delle
Persone, e cioe Ia non generazione e Ia generazione, si giunge alia
confusione della natura divina (or. 31, 29). Corne Basilio, anche
Gregorio impiega Ia rnetafora della luce, che trovava nel simbolo ni·
ceno: Padre, Figlio e Spirito sono luce, luce e luce, rna una sola lu·
ce. Talora accade che Gregorio esprima rneglio di Basilio l'unita dd-
la Trinita. Cosl in or. 31, 14 egli impiega Ia metafora della luce dd
simbolo niceno per introdurre 1'esempio dei tre soli che sono in rap·
pono reciproco, si compenetrano a vicenda (cf. p. 267). Questo
passo sembra essere 1'espressione della pericoresi delle tre Persone,
anche se l'espressione specifics rnanca t'. In questa stesso passo si
accenna anche alia unita economics della Trinita, che e intesa come
"natura divino", rnonade e causa prima. Ceno, a differenza di quan·
to avveniva nel periodo 360-370, oramai il termine "consustanziale"
e divenuto di uso nonnale per 1'onodossia; Gregorio sostiene che
anche lo Spirito deve essere considerato consustanziale (a differen·
za di quanto aveva pensato Basilio) e chela confessione del Dio uni·
co e ?ella unica sostanza suprema implica insieme i tre nomi e le tre
realta (or. 31, 10). Una differenza sostanziale da Basilio consiste nd
fatto che Gregorio non ritiene calzante 1'esempio dei tre uomini,
ch~ pure appanengono alia rnedesima natura umana, per evidenzia·
re il rappono tra trinita e unita (cf. pp. 249-250): l'unita della natu·
ra umana s~siste: inf~tti, solo in sensa concettuale (epinoio) (~r. 3!,
!5). Anche 1elogto di Atanasio (or. 21) intende in senso neontceno
V. Teo/ogid lriniltJria
263
Ia dot.trina ~e! vc:scovo eli Ale~sandria (or. 21, 13). Poicbe in quei.
!'oraztone st rifensce anche all accordo con gli "!tali ·• ( 2
· · d 1 .
Gregorio mtro uce una teo ogta trinitaria nella ale
ct or. 1 35)
' '
01anca il concetto di "persona": ' qu • comunque,

«~iccome ~oi (g~ orientali) secondo Ia retta fede parlavamo


eli ~na ousza e eli tre hyf~staseis (il primo termine rivela, in-
fatU, Ia natura ~ella. d!vmita, il secondo le peculiarita dei
Tre), e sebbene tlaum Ia pensassero allo stesso modo, rna
non erano m ~rado,. p~r Ia poverta della !oro lingua e per 1a
mancanza det termmt adatti, eli distinguere Ia ousia dalla
hypostasis e per questo motivo erano costretti a introdurre
il termine "persona", per non accogliere nella !oro dottrina
tre ousiai, da tutto questo cbe cosa derivo? Divenne un dis-
sensa eli fede quella che era una contesa eli suoni. Quineli si
penso a un sabellianesimo a causa delle tte persone e a un
arianesimo a causa delle tre ipostasi ... ».

Un tale rimprovero non si attaglia certo a llario, il quale impie-


ga il !ermine eli substantia e quello eli persona con Ia massima coe-
renza, e non giunge mai a parlare eli tres substantiae quando vuol
parlare di tre ipostasi: da questo passo si comprendono gli aueggia-
menti antiorientali eli alcuni vescovi eli Occidente, ai quali persino
Basilio era apparso poco ortodosso (cf. pp. 56-57).
Anche le piii tarde orazioni del Natale e della Epifania ~el380
ribaeliscono lo stesso concetto come il carme autobiogsafico IT I, 12,
309-312: <<insegnami come vdoi, rna comunque insegnami quale sia
Ia Trinita come Dio sia unificato e viceversa, separato, un solo og·
getto eli ~enerazione una sola natu;a, monade e triade insieme».
Gia in or. 2 3 8 Gregorio inelividua per ciascuna Perso~a Ia sua
caratteristica: q~ella del Padre eeli essere padre di D!~ il Figlio. Q)udi":
sto st· dif£erenza dalla conceztone
. b asiii'ana di Paterruta (patrotesline
filialita (byiotes), cosl astratta, in quanto G~egorio·td:~e • ~:~in':
re ptu eli Basilio I'aspetto personale delle tpostast vme. )
.
ressante che questo passo sta antenore
· a1 ContrO Eunomzo .
• ell di 12 1 e
Uno spunto particolarmente interessante e qu o or. .knze
40, 5, in cui Ia Trinita e intesa in modo consono x:,cert: ;:ewna,
della filosofia greca come compos.ta da Int;!:~go~~ra concetto
«natura connessa e elivina». Che il Ftglioell (N ) distinto dal
tradizionale: invece il Padre e definito lnt etto ous '
I Padri Cappadoci
264

Logos. Questa distinzione si Iegge anch~ ~-or._ ~3, 11; 45, 30, 664A-
Carm. 12, 10, 559; II I, 38,5ss. ecc., ed e ptu vtcma alia filosofia &re:
ca che non alia tradizione cristiana.

6.2. II triteisrno

Quella di credere in tre dei fu, in quegli anni, una accusa che
venne mossa ai Cappadoci a causa della formula una sostanza . tre
ipostasi. Evero che tale formula non fu impiegata da nessuno di es-
si cosi rigorosamente come spesso si ritiene, rna Ia d.istinzione tra so-
stanza divina comune e ipostasi divine, particolari, fu soggetta a
fraintendimento come conseguenza del fatto che Ia sostanza comu-
ne veniva considerata in senso astratto, come il genere; da qui Ia
conseguenza che Ia ipostasi doveva costituire Ia realta divino"· La
difesa da tale accusa esviluppata sopratrutto da Gregorio Nisseno,
rna gii\ Basilio e Gregorio Nazianzeno mostrano di essere colpiti
dalla obiezione, dovuta a un chiaro &aintend.imento.
Specificamente respingono I'accusa d.i triteismo I'omelia di Basi-
lio Contra co/oro che dicono che noi professiarno tre di!i (PG 31,
1488C • 1496C) e l'epistola 38, che insiste a lungo sui rapporto fra
ousia e ipostasi, rapporto che facilmente era frainteso: rna tale episto·
Ia eda molti attribuita a Gregorio d.i Nissa. Nell'omelia iJ tono della
discussione teologica e abbastanza semplice. Basilio si limita a con-
testate l'accusa (14890), rna non spiega perche gli sia stata mossa.
Chi pensa che esistano tre dei, egli osserva, potrebbe pensare anche
che ne esiStano di piu U492A) 17, e, cosl affermando, con testa Ia for-
m~ P~~unciata nd proprio battesimo (1492A). Che io sia accusa-
to di tntetsmo, fa capire Basilio, e assurdo. Questa polemica emos·

dedi RM Hiiboe (cf o.. ·/i ) · ten·


16 .
l'ob~ . · sxnr us tJOn Ctlesarea und das Homoousios, ctt., p. 74 m
e ~:. iJ rronc di Builio, e ciot partendo da Lo Spirito Santo 17. 41: «DOD
con 1a ragi ech to deU'~i~erso sia un concetto generale, conoscibile ~lament~
Basilio no::e~ c e non abbta.l csserc ~ nessuna ipostasi, rna sia diviso nel SO~~d
Padre e del fr:;f'
queato;:o rifiuto, ma il motivo e chiaro: chi interprets la oustll
ne1 tritcismo And.cGc ~on~tti astratti di genere 0 specie sfocia di consegueflUI
talc interp~ooeddlarcgono di N~zo respinge con considerazioni analoghi un~
sizione del Nazianzeno. consw;tanziall~.In realtil non ci sembra che queUe sia 6 pO
co __ ._" Cioe il tri~ e una forma di politeismo. Basilio lo dice anche ne r.oSpirito
.NMJW, come ora v"""n:::mo.
V. Teologi4 trinitario
265
sa dai pneumatomac~:. «lo ricevo l'accusa di errore dottrinale per-
che n?n, escludo I? S!?~to e non lo colloco nell'ordine degli schiavi»
Infattt I a_ccusa di tnte1smo ~bra voler nascondere il fatto che i~
anatematiZ':" colo~o che cons1derano lo Spirito creatura (1492BC).
A(uo non si_le~e m q~esta omel!a, che probabilmente e spuria.
Invece il discorso e ~olto p1u approfondito nel trattato su Lo
Spirito Santo: purtroppo il termine "triteismo" ivi none mai impi
gato, rna sta sullo sfondo del ragionamento basiliano. In 16 38 fl
Cappad_oce ~ette in. gu~r~a _illettore dal credere che egli sti~ par-
lando di <<tre tpostasi-pnncipl», vale a dire, che egli ragioni alia ma-
niera neoplatonica 18. Nel neoplatonismo, infatti, i principi derivano
I' uno dall'altro e, soprattutto, a differenza da quanto insegna Ia dot·
trina cristiana, sono collocati in una successione gerarchica. Di con-
seguenza Basilio non parla alia maniera neoplatonica, e quindi non
parla di tre dei: questo passo, che e considerate importante per de·
finire I'ambito e Ia portata del neoplatonismo basiliano, ha un ri·
svolto significativo per il problema del triteismo. E comunque, an·
che in questo trattato, come nella omelia, Basilio mette in guardia
dal cadere nel politeismo, qualora si accettassero i Tre separati I'uno
dall'altro, come avverrebbe nel caso della "sottonumerazione" aria·
na (17, 42) (cf. p. 258) o nel caso della incomprensione della dottri·
na delle ipostasi (18, 44).
In 18 44-45 Basilio afferma: «Quando il Signore ci ha affidato
il Padre ." il Figlio e lo Spirito Santo [cine Ia dottrina della Trinitii],
non ce li dette insieme al numero», il che signilica, appunto, che a
proposito delle Persone non si deve usare il numero. E alia fine:
<<Si onorino con il silenzio le realtii inesprimibiJ! o le r~tii
sante siano numerate in modo devoto [ ... ] Noi ~-b~a­
mo in modo singolo ciascuna ipostasi; rna quando c e ~-
. niarno il nostro penSie-
gno di connumerarle, no1 non _espo orta alia molteplici·
ro con una zgnorante enumerazzone che P il . . del
tii di dei. Infatti noi non contiarnall'secon~o .·, _c:;:,.~due ~
l'addizione, facendo Ia somma d . ·uno,:S P::'.liamd
1a teo·
tre, o primo, secondo, terzo ... N~ non P
logia in una molteplicitii sparpagliata».

. . I del rimo uattatO di &a. v! UP titolo cbe


18 "Sulle tre ipostesi-principi" eiJ ~ItO ~me ~CVIDO molti studiOSJ.
I>Otrebbe essere steto pensato de Porfirio,
I Padri Ozppadod
266
E viene poi !e domand~ ~ei P?,eumatoma~hi: <<Come e possibi.
le, se parliemo di "uno~ e di ~o , c~e non stano due dei?». La ri.
sposta eche si intende il re e I_tmmagme del re, un~ applicazione di
Co/2, 15, come Cristo tmmag_me del Padre, per cw .<~st parla del re
e dell'immagine del re, non di due re» (18, 45}; Basilio osserva che
Padre, Figlio e Spirito Santo non sono numencamente distinti OS,
44), mentre nel Contro Eunomto (11~) avev~ parlato, alia maniera
degli omeusiani, di di~tinzione n_~ertca fr~ il Padre e il Figlio.
nNazianzeno Sl nvolge a! CIDICO Masstmo, esortandolo a <<non
vergognarsi dell'accusa di triteismo, finche c'e un altro che accetta
quella di diteismO» (or. 25, 18). Questa esortazione e spiegata dal
passo parallelo di or. 31, 13, ove Gregorio, rivolgendosi a coloro che
negavano Ia divinita dello Spirito pur accettando quella del Figlio,
li accusa di muovere a se e agli ortodossi I'accusa di triteismo. Egli
replica che, in base allo stesso criterio, i pneumatomachi potrebbe-
ro essere accusati di diteismo, in quanto credono solo nel Padre e
nel Figlio, rna non nello Spirito: e Ia stessa situazione in cui si era
trovato Basilio"·
Dunque, come gill a Basilio, sono i pneumatomachi a muovere
a Gregorio I'accusa di triteismo, e Ia stessa cosa awerra a Gregorio
di Nissa (d. Ad Eustazio, cap. 12).
In or. 31, 13-14 Gregorio cerca di affrontare in maniera piu ap·
profondita il problema. Era, quella, una questione morta da tempo
e .che aveva lasciato il posto alia vera fede, rna che ora viene ripresa
di nuovo:
«Se vie Dio e Dio e Dio, come possono non esserci tre dei?
0 come none una molteplicita di principi quello che viene
lodato 20 ? Questo lo dicono non solo coloro che sono i piu
~e~etti nell'empieta, rna anche quelli che hanno retti pen·
sten nguardo a! Figlio ""·

~a ~posra ~ ~re,gorio e divisa in due parti: una riguarda en·


~ 1 gli oppost~on, I altra solo i secondi. La primae quells contro
1 pneumatomachi: se i Cappadoci sono triteisti, !oro sono, allo sres·

19 Analogamentc: rivolg d .
°
battesimo (or 40 43 )· '«Ha.i en 51 con tono brusco ai catecumeni che auendon
0a
cioC: J'unione ·dei 'ue· ~ m J!8 ~il che ti si rinfacci iJ triteismo? Conserve il [UO tcsoro.
ill
20 Ela molteplicua ~J.a ~~pita d.i combattere».
21 Got non solam.mte gli' :ucw e. co~esso il tritciamo.
nomuuu, rna anche i pneumaromachi
V: Teologiatrinitari4
267
50 modo, diteisti (e questo lo si era gia visto sopra) In Ia .
diri d b. , di . vece, nspo-
sta in zzata, a entr~ 1 e ~otevole peso teologico. Dio e uno
solo e le realta che de'?v~o dall uno vengono ricondotte a lui, an-
che se Ia nostra fede e nvolta a tre. «Le realta che derivano dal-
l'uno» ~ono le tre Person~ che ~e?vano dalla natura divino. E poi-
che det;tv~? d~ e~sa, non e P?Sstbile che uno sia piii Dio,l' altro me-
no (qumdi il F~.glio e lo Spmto Santo non derivano dal Padre rna
tutti e tre derivano dalla natura divina); e nemmeno uno viene' pri·
ma, I'altro dc~po; e ~~n sono_ separati ne dalla volonta ne dalla po-
tenza; e non e posstbile cogliere nella natura divina quello che esi•
ste nelle realta divise, perche essa e indivisa in realta divise, e, come
in tre soli che si toccano reciprocamente, una sola e Ia mescolanza
della luce. In conclusione: se consideriamo Ia natura divina e Ia pri-
ma causa, noi vediarno I' uno; se invece consideriamo le realta nelle
quali si trova Ia natura divina e le realta che provengono dalla pri-
ma causa al di fuori del tempo e con gloria comune, tre sono le re-
alta che adoriarno. Si potrebbe obiettare (cap. 15) che cosl avviene
anche presso i greci "• rna soprattutto quello che sara esposto da
Gregorio Nisseno: una sola e Ia natura umana, mentre il genere e Ia
totalita. Ma gli dei, ed anche gli uomini, sono molti, e non uno so-
lo. Per. cui Gregorio replica: in quel caso Ia natura comune possie-
de l'unita solo se considerata nel pensiero, mentre i singoli sono di-
visi I' uno dall'altro nel tempo, nelle passioni e nella potenza".
Evagrio Pontico fu seguace di Gregorio Nazianzeno~ ed e_spose
Ia sua interpretazione del problema nella epistola 8, 2 di Basilio (a
lui e attribuita da Frankenberg e Guillaumont"):
«A coloro che ci offendono rinfacciandoci il f~oso "tre
dei", noi diciarno che noi confessiamo un solo Dt~, non nel
nurnero rna nella natura. Infatti tutto quello che e dettoli~­
sere un~ nel numero non e veramente uno ne e semp ce

B ill (ConlroEunomioli4),conilqua-
22 In realta qudlo era gii\ stato deno da .as 0 1l. 'td Btdta, cit., p. 212. Infat·
le Gregorio, qui, polemizza: cf. Chr. Markschles1 ,:/r~ '!"'e uale Persone divinee Ia
ti, seguc:ndo Apollinario, Basilio propone~ per 8 15 J 10 ~0 ~uanto uomini, pa:rtecipano
!oro unitll,l'esc:mpio del genere umano: P1~t~ ~~:d~:ti che li cttrauerizzano come
~Ua medesima sostanza, ma sono le proprteta
P1e1ro e Paolo (cf. p. 250). . . . 1 1 3, 74: 84-89: ll, 3, IJ4ss. . ·
21 Analogo ragionamento m Carm1 Arcam Jl. ' 1 Ewgre 1~ Ponllqllt, Vnn, Pans
24 Cf. A. Guillaumont, Un phi/osophe ~~~ str '8 tale epistola (Corona Patrum,
2004, pp, 36; 142; 337. IL commento dl GrJbomont
SEJ, Torino 1984) e inesistente.
I Padri U.ppadoci
268
nella natura _ rna Dio e confessato da tutti sernplice e non
cornposto, e quindi Dio non euno nel nurnero-. ~d esern.
pio: uno nel numero, rna ~o~ nella natur~ s~":o il_rnondo,
che si divide negli elernenti, I uorno, che st diVIde tn corpo
ed anima e cosl via. Quindi quello che e uno nel numero
non eun~ nella natura, e quello che e uno e semplice nella
natura non euno nel numero. Se noi diciamo che Dio euno
nella natura, costoro non possono rinfacciarci il numero. TI
nurnero, infatti, riguarda il quanta, e il quanta e unito alia
natura corporea: infatti il numero appartiene alia natura
materiale. La rnonade e I'enade indicano Ia natura sempli-
ce e incircoscritta25, rnentre il numero implica Ia natura cir-
coscritta e creata>>.

La strada percorsa da Evagrio, come si vede, e diversa da quel-


la eli Gregorio Nazianzeno, nonostante che egli sia stato suo disce-
polo. La soluzione del problema del triteismo, quindi, non eoffer-
ta ne da lui ne da Gregorio eli Nissa e dalla sua dottrina della distin·
zione tra genere e singolo26, rna da Gregorio Nazianzeno, nelle sue
brevi considerazioni. Come ha osservato Cross27, l'indivisibilita non
e compromessa dalla derivazione delle Persone, contrariamente aJ.
le obiezioni eli Eunomio, e l'immagine dei tre soli ne fornisce l'esem·
pio: L' analogia con le tre luci chiarisce che Gregorio esdude ogni re-
lauone causale tra I'essenza divina e le Persone divine. Infatti Ia lu-
ce none condivisa dai rre soli come se essa fosse Ia !oro causa; Ia es·
~a ~vina e comune aile tre Persone senza essere divisa, e questo
unpedisce ogni idea eli triteismo. Quindi I'essenza divina e comune
aile tre Persone !"modo coordinato (ne riparliamo a p. 272).
_lnfine, non e da escludere che si possa ricondurre a tale proble·
~u~a.un_ passo di un'omelia giovanile del medesimo Nazianzeno,
CUI Significato none chiaro.

Co Costui nel362, allorche scrive I' ora:done 2 (doe prima ancora dd


1,~ro Euno"!io, con il quale Basilio si impose presso il fratello e
co come il maestro della retta dottrina), si esprime in modo po·

;z,; Una concezione ed . l . ( jrago·


rismo). una tenruno ogaa che risalgono alla filosofia grcca P
distinzione estata · ·
26 Tale •· res ch<
sembra bumi au di cnucata da St~ad, ma riportalB. in onore da nY '
na. R Cross ~.per esporre la dottrma trinitaria del Nisseno. .
10'·116. • '"'ne Monarchy in Gregory of Nauanzus, JECS 14, I (2006), PP
V Teologia trinitari4
269

co chiaro, .rna. interessante, q~~o definisce Ia formula di fede. La


usuale an~test tra le due ereste st articola, infatti, a1 cap. 37, in una
fo~ula t~c;mh~e. Tre ~ono .le .malattie che affliggono 1a teologia:
)'atetsmo, il gtudrusmo e il polite1smo. All'ateismo si riconnette iJ sa-
bellianesimo, perche in quel caso <<il tutto euna cosa sola 0 ciascuna
realtil e un niente [. .. ] 0 Dio e composito e Strano, alia maniera de-
gli animali inv~t~ti d~ mitologia» in seguito ad una analysis e ad
una syntheszs; I ananes1mo <<tronca le nature>> (qui, dunque "natura"
eimpiegato con il significate di "ipostasi" come anche altrove) ed e
ricondotto al giudaismo, in quanto limita al Padre Ia sostanza divina
(come gia sopra si e detto); della terza malattia sono, invece, infetti
alcuni che «presso di noi sono fin troppo ortodossi>>: chi sono costo-
ro? Essi «conducono a battaglia o coordinano tre principi contra-
stanti, sl da introdurre quel politeismo dei greci, che abbiamo fuggi-
to». Questa terza categoria rappresenta coloro che male intendono Ia
dottrina trinitaria. Essi, doe, riconoscerebbero, sl, l'esistenza di tre
"ipostasi" divine, in polemics con Ario e con Sabellio (Gregorio im-
piega "ipostasi" poco dopo, cap. 38), rna non sarebbero in grado di
inserirle all'intemo dell'unica sostanza: in questo senso essi sarebbe-
ro ortodossi, rna lo sarebbero "fin troppo" (doe "in modo errato"),
perche sottolineerebbero eccessivamente l'individualita delle Perso-
ne divine, e quindi cadrebbero nel difetto del polit~smo. G_hi.sono
costoro? Secondo il Bernardi (ad locum), sarebbero 1 monao diNa-
zianzo, che accusarono Gregorio il Vecchio di aver sott~~ritto .~a
formula di fede omea: nel 362 il Nazianzeno li accusa; pm tardi, m
seguito allo sviluppo della dottrina trinitaria di Basilio, saranno pro-
prio loro i Cappadoci ad essere accusati di triteismo. . .,
'
Nel cap. 38 Gregorio' prosegue senza liberars•· della am b1gwta e
della oscurita: non bisogna essere "amanti del Padre~ al.p~to da to-
. il Flglio alia ma-
gliergli I,essere padre, come accad re bbe elimin'ando
. . . . . . d . belli ·. non b1sogna essere tanto
n1era sta degli anan1 sta et sa ani, e . di figli .
"amanti di Cristo" da non conservargli Ia prerogattva essere o.
«di chi, infatti, sarebbe figlio, se non ~enisse ric~ndo~t~:
Padre come a suo principio? E non btso~na tog ~re anto
. .
d re Ia dtgmta . . . ell che gli spetta m qu
del prmc1p1o, qu a. i io di esseri meschi-
padre e genitore. Sarebbe allo~ ~rt_Dc.p modo meschino e
i:
?i e indegni, anzi, sarebbe prm~IPI? della natura divina
mdegno, se il Padre non fosse p~mctp 'd ra nel Figlio end-
e della bon til, qudla natura che 51 conSI e
I Ptldri C4ppodoci
270
··
Io Spmto, ell'uno come Figlio e Logos, nell'altro come
n . . h"
rocessioDe e Spirito DOD disso1to - POI.c e e nece~sario
p l'unt"co Dio e coDfessare le tre tpostasi, e ctascu-
coDservare
Da coD Ia sua peculiaritii -».

Simi! er certi aspetti, e I'accusa di triteismo in orazione 20


unaor azl
( e~~e che sappiamo essere un I
patchwork di altre): dopo
di" .
aver res pinto I'arianesimo, che tron~a a natur~ vma m tre sostan-
«estranee era di !oro e clifferentt», Gregono condanna (cap. 6)
:che Ia introduzione di tre esseri «privi di principio, privi di ordi-
ne e, per cosi dire, "antidei"». Qui, du_nqu~, sembra. c~e sia _G':go·
rio a rifiutare il triteismo, mentre negli anm successiVl dovra difen-
dersi da chi lo accusa.

6.3. Monarchia divina

In quanta e principia, a! Padre si confanno le tradizionali for-


mule paoline di Rm 11, 36 («Poiche tutte le cose provengono da lui,
esistono grazie a lui, tendono a lui») e 1 Cor 8, 6 (<<Per noi c'e un so-
lo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per lui; e un
solo Signore, Gesu Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose e
noi siamo per mezzo di lui»). Le formule sono adattate !'una all'al-
tra in un passo interessante di or. 39, 12, per mezzo della resa <<Del
qua!-e», in~ece che «al quale» (cosa permessa dal greco dell' eta im·
periale) ~ Rm 11, 36 («a lui») in aggiunta a <<dal quale» di 1 Cor 8,
6: ~ mouvo d~ ag~unta e della modifica «nel quale>> e I'opportu·
mt~, p~r <?regono, di conformare Ia formula paolina, in cui manca·
va il rifenmento allo Spirito, alia sua dottrina trinitaria, sl che il
membra
d «nel quale» SI· potesse rifeme
· alia terza Persona. Gregono,·
unque, fa corrispondere Ia formula di 1 Cor 8 6 in tutto e per tut·
to aqu<:fia ~ ~m 11, 36, perche entrambe sian~ riferite aile tre ipo·
. . · Analogamente m
Stasi£uruteu1msteme · or, 42, 15 Io scnttore
· ad opera
:~:T .a ~ptrata aRm 11, 36, affermando che i1 Padre l'unio· e
nmt1a, e da lw provengono e a lui sono ricondotte le altre
d ue P ersone
sono divise Jaie quali .
non sono confuse con Ia prima rna untte, n
e
Quest inftemp_o 0 dalla volonta del Padre.
Nazianzen~.
so della f
In:· e un punto central~ nella teologi~ trinftaria del
. Passo (or. 29, 2) egli tenta di precJSare il proces
ormwone della Trinita nel confronto con le dottrine neo·
V. TeologitJ lrinitari4
Z71
platoniche. ~o scritt~re ~arte d~lle premesse sopra indicate (p.
26 1): in ambito teolog1co ~ ~arch1a e il politeismo sono i difetti dei
geed, mc:ntre Ia mona_rch1a e prerogativa della religione cristiana,
purche s1a rettamente mtesa:
«La monarc?i~ non ~ quella che edelimitata da una sola per-
sona, perche e poss1bile che anche una realta unica diventi
molteplicita, se ediscorde a! suo intemo; Ia monarchia eli cui
parliamo e costituita dalla pari dignita eli natura (dei suoi co-
stituenti), dall'accordo della volonta, dall'identitit del movi·
mento, dal concorde tendere all'unita eli coloro che proven-
gono da essa, sl che, anche se differisce nd numero, Ia mo-
narchia certo non e troncata nella sua sostanza».

Gregorio cerca eli mettere in evidenza, come pochi hanna fatto


prima eli lui, in che cosa consista l'unita eli natura all'intemo della
Trinita, e soprattutto il concorde tomare verso l' origine- doe ver-
so il Padre - delle altre due Persone che hanna avuto da lui illoro
cominciamento. Anche in or. 42, 15 si dice che il Padre e l'unione
alia quale si riconducono le realtii che vengono dopo eli Lui; e, dun-
que, Ia causa unificante delle Persone divine.
Cross osserva che or. 31, 14 (che sopra abbiamo citato, passo
che e confermato da 2, 38; 40, 43; 42, 15), estato interpretato da al-
cuni nel senso che il Padre eil principia del Figlio e della Spirito, da
altri, invece, nel senso che Ia natura divina e Ia causa eli tutte e tre le
Persone; Torrance, infine, attribuisce Ia monarchia della T~ta a
tune e tre le Persone divine. Secondo questo studioso, Gregono as-
sume una posizione diversa da quella degli altri Cappadoci e ~iii vi-
cina a quella eli Atanasio, per i1 quale Ia sostanza ~v?'a e~onstdera­
ta nelle sue relazioni interne, vale a dire, Atanas1o 1dentifica Ia so·
stanza divina con Ia monarchia· il Nazianzeno lo segue, ma smorza le
relazioni di causa tra le tre Pe~one. Se il Figlio e lo Spirito procedo·
no dal Padre, questo signifies che l'essere eli Dio e intrinsecamente
relazionale, e quindi non avviene che il Padre produca 10 sensa pro·
Prio il Figlio e lo Spirito. La spiegazione eli Cross eq~ella esp;ta so-
Pta (p. 269): il passo eli or. 31, 14 non deve essere mteso n . sc:nso
che Gregor1o · attn"b wsce · · > causale a1 Padre• rna cosutwsce,
. Ia pnorlt• . eli
all a 1uce d1. una obiezione sollevata dagli eunom.iani• un tentattvo
dola
d~endere Ia indivisibilita della sostanza divina, CO!_lsi:=ani =~:
dtnativamente comune a tune e tre le Persone. Gli e '
I Padri Cappadoci
272
. come si ricava sempre da que! passo, sostenevano che i difenso .
doe!, consUScanziale producevano come conseguenza Ia deriv•" II
· o· iJ h -•One
dell p rsona da un'altta Personam Io, c e comportava Ia di .
sib~ta della sostanza di'lina. Eunomio (Apol. 9) di~e che una sosra:::
rtecipata edivisa da o nelle cose che ne partecrpano. Nessun
za P~ cui essenza edivisibile puo essere ingenerato, perche 1a co""·
sere ~a dell'essere generato e quella di essere diviso, e altrettan~·
:f. per Ia incorruttibilit&. Questo e ~onfermat~ ~che in Apo/. 2:.
Eunomio, quindi, collega Ia ~eneraz1on~ del F1glio alia di'lisibilita
dell'essenza di'lina, e a lui replica Gregono, sottolineando, a] contra.
rio Ia indivisibiliti\ di Dio. Essa non e compromessa dalla derivazio.
ne delle Persone e l'immagine dei tre soli ne fornisce l'esempio. Que.
sta analogia chiarisce che Gregorio esclude ogni relazione causate tra
)'essenza di'lina e le Persone divine. Infatti Ia luce non econdi'lisa dai
tre soli come se essa fosse Ia !oro causa; Ia essenza divina e comune
aile tre Persone senza essere divisa. Questo, d' altra parte, eperfetta·
mente coerente con Ia sua idea che il Padre e Ia causa delle altre due
Persone, nel senso che ci sono delle entita che condividono, come il
Padre, Ia sostanza di'lina, senza che, d' altra parte, dobbiamo pensa·
re che il parlare di una causa implichi un subordinazionismo. Gre·
gorio spiega il suo pensiero in or, 29, 15: il Padre emaggiore del Fi·
glio quanta alia causa, non quanto alia natura divina. La natura clivi·
na, infatti, eassolutamente Ia stessa in ciascuna delle tre Persone (or.
40, 41) e le Persone sono identiche nella sostanza (or. 30, 20; 25, 17).
La sostanza divina e comune aile tre Persone (25, 16) e indivisibile
(or. 29, 2; 42, 15). Talvolta, anzi, Gregorio sottolinea eccessivamente
Ia comunione trale Persone, come in or. 30, 11: se tutto ecomune ai
Tre, niente puo essere specifico. TI rapporto tra i1 Padre e le altre due
Persone eun rappotto tra causa e causato, rna e un rapporto di rela·
ztone (d. 31, 9;26, 19;29,2;29, 16; 31, 8), per cui illinguaggiocau·
sale non deve essere inteso in senso stretto.
. !otto ~uesto econfermato anche dal fatto che Gregorio non usa
DlaJ. il termme "monarchia" per determinare l'attivita del Padre sol·
~o. Esso eimpiegato, invece, per opporre Ia Trinita a! politeismO
~or· 29 ,2.~nello stesso passo di or. 31, 14 (cf. anche 40, 41; 39, 8~·
c t;ove eglialmtende "monarchia" in senso piii ristretto cioe con il n·
•enmento
Anch' domini
. 0 di o·Io sul creato (cf. or. 25, 15 e' 30, 18) ·
532 ) eglide,comunque, come il Nisseno (cf. Contro Eunomi? 1
ecc. , ten ad attribui · ceciSO
della atti · , di . re a Ciascuna Persona un aspetto P
VIta VIDa (cf. or. 34, 8).
V. TeokJgia trinililria
Z73
6.4. Dalla monade alta triade
«_Quando parlo d~ Dio, io intendo il Padre, il Figlio e lo S i-
nto Santo, perche Ia natura divina non s · · p
ai , ffin h. . . z rwersa o1tre que-
st; re ta: ~ . c e n?' non mtrod~ciamo un popolo di do;
ne ~sa Sl ~~· ai di qua, ~~he noi non siamo condon-
nan alia m1sena della n~tura divma - noi saremmo giudaici
a causa ~·~~ monarchia o greci a causa della sovrahbon-
danza (di del)-» (or. 38, 8).

n passo toma quasi uguale in un'orazione di pochi gio . d


quella sui battesimo: rm opo,
<< .. .luce che ri riversa poco sulle realta che sono ai di fuori
di lei» (or. 40, 5).

n e
verbo "mi riverso. riservato ai dilatarsi dells naturs divina
nells Trinita, rna contiene un elemento di ambiguitO., perche i: impie-
gato ai capitolo successive, ove esptime, invece, il diffondersi ad extra
della natura divina, secondo il principia bonum est di!fusivum sui:
<<Ma siccome non bastava alia Bonta divina essere mossa
solamente dalla contemplazione di se stessa, rna bisognava
che il bene ri riversasse e procedesse, affinche vi fosse un
maggior nusnero di esseri che ricevesse il suo ben fare (que-
sto, infatti, e proprio della somma Bonta), per ptima cosa
concepisce le potenze angeliche e celesti ... » (or. 38, 9).

Una volta fissata l'atticolazione all'intemo della monarchia di·


vina e l'unione che tiene le Persone che hanno avuto origine dal Pa·
dre, Gregorio in or. 29, 2 presenta una sua formula, che vuole con·
trapporre a quella di Plotino (ne abbiamo parlato a P· 177):
«per questo motivo Ia monade fin dall'~i~ si m_osse vers~
Ia diade e si fermo alia triade. E questo Slgnifica il Padre, il
Figlio e il Santo Spirito ... >>.

Qui il processo di ampliarnento della sost~za ~vinad, alespressboo


. b ". i" e mdlC&tO ver
~ or. 38, 9 mediante il ver o rive~ars ' • dovuto forse a1 fat-
muoversi". ll motivo di questo camb1am~to e • alz ...; e
" . arsl" non e c ante, ~
t
o che Gregorio ha visto che riVers. . dall fil ofia pa-
francamente ambiguo, perche i: stato unpiegato 8 05
I Padri Cappadod
274

Plotino infatti, come si e visto sopra (p. 177), aveva Par'-


gana."traboccare
dd ' di bonta• • m· un pass~ d•.dicat ·
. o a si:Hegare qua]j'"to
so.
. . . rincipi (V 1, 6). Gregorio si rifiuta di accogUere tal
notpnmiP . di h il b ch e
dottrina pagana, e respinge, qum ' anc e ver o e avrebbe po.
tuto suggerirla. . , .
nproblema della Monade e della Tnade e esammato in un a[.
tro passo:

«Trinita perfetta, composts di tre realta perfette, in quanto


]a monade e stata mossa a causa della ncchezza della pro-
pria natura divina, m~tre Ia diade e oltrepassata [: .. ]men-
tre e definita come tnade, a causa della sua perfeztone. Es-
sa, infatti, essendo primaria, oltrepassa Ia composizione
della diade, affinche Ia natura divina non rimanga stretta ne
si riversi all'infinito» (or. 23, 8).

I.:orazione 25 contiene un'ampia discussione, ricca di interes-


santi sviluppi sulla dottrina trinitaria. AII'intemo della distinzione
tra ii Padre ingenerato e ii Figlio generato (cap. 15), ii Nazianzeno
sviluppa ii suo discorso trinitario, precisando Oa prima volta, forse,
dopo Ia vivace discussione avuta alcuni anni prima con Basilio)
I'origine e Ia funzione dello Spirito Santo. Per quanto riguarda Ia
prima persona della Trinita, e necessaria credere che il Padre non
sis dipendente da un principia «perche non si introduca qualche re-
alt8 cbe sis prima, anteriore alia realta prima», prerogativa, questa,
cbe epropria dd Padre e non eattribuibile nemmeno a! Figlio e al-
lo Spirito, i quali non sono senza principia:
«non sono senza principia, perche hanno avuto una causa:
provengono da Dio, anche se non sono dopo di lui, in
quanto sono come Ia luce che proviene dal sole».

li Nello stess~ c~ntesto della orazione 25 (cap. 17), Gregorio, re·


Pib~ando •glf _an~t, per i quali Ia generazione del Figlio era impos·
s h Pfrche unphcherebbe nel Padre ii verificarsi del pathos, osser·
vha c .·di~ g~nerazione divina nee esente: e chiaro che il termine pa·
t os m ca ii mutam to d 11a .. quale conseguente ef·
~ tt ddla . en e sostanza diVma
e di G generaz10ne , o, comunque, una sua affezione. L' ob'1ezio·
0
. ,
ne regono e profonda, pur nella sua apparente semplicita:
«non ternere le passio01· d · e
perche l'essere d' . • q?an o ammetti Ia generazton •
tvtno non e soggetto a passione, anche se
V Teologill lrinitaria

ha g~~rato. Io _ti posso garantire che questa avviene in mo-


do div_mo. non m ~odo umano. Infarti nemmeno pessere e,
per lUI, ~ualcosa dt umano. Devi temere, se mai, il tempo e
Ia creaztone .. .».

Ques~o ~ detto centro gli _ariani, Ia cui dottrina della • creazio-


ne" dd ~tglio tornava a suo disonore. Co? molta semplicita, quasi
dt sfuggtta, co~forme~~nte ~o stile omiletico, Gregorio precisa
che ne~eno I. essere e, ~ Dto, uguale all' essere umano, nonostan-
te che Dto possteda tutto I essere, quasi «il mare dell'essere» (or. 38,
7; cf. p. 183). Ne consegue che Ia generazione divina non puo esse-
re intesa alia mantera umana, rna in modo ineffabile.
L'impossibilita di intendere in modo umano i rapporti trail Pa-
dre e il Figlio, anche se per esprimerli noi ci serviamo di concerti e
di parole e di corrdazioni dd pensiero, e riproposta anche nella
orazione 29. La generazione dd Figlio, egli dice, oltre a non essere
sottoposta a! pathos, non e nemmeno involontaria ne accidentale
(cap. 2); e avvenuta prima dd tempo (cap. 3); entrambe le Persone
sono coeterne, rna non sono entrambe prive di inizio (ibid.), perche
l'inizio (o principia della realtii divina) deve essere riportato sola-
mente a! Padre. ll Figlio e lo Spirito, dunque, non sono privi di ini·
zio, quanto alia causa, perche Ia causa deve essere antecedente a!
causato, eppure sono privi di inizio quanto a! tempo, che non pos·
sono essere sottoposte a! tempo le realtii dalle quali deriva il tem-
po (ibid.). E il Padre non ha mai cominciato ad esistere (cap. 5), e
nemmeno ha cominciato ad essere Padre, perche l'essere Padre
non e successive all' essere. ll Padre e Padre in senso proprio, per·
che none anche Figlio: le due ipostasi sono bene caratt~rizzate_n~­
laloro peculiarita e non avviene Ia confusione voluta dat sabdliant.
E se alia fme del cap. 3 Gregorio aveva accennato a! fatto _che Ia 8':
nerazione non era stata involontaria o forzata, al cap. 6 npddd~ il
problema, sostenendo che essa non e dipesa dall~ volonta a-
d S . . •' . bbero stan un momento o
re. e, mfattt, cost 1osse stato, vt sare ·one del Fi-
una realtii intermedi trala realta dd Padre e Ia gen~r~ . .
glio, appunto Ia volontil. Nella sua risposta Gregorto e, m ';" Pd;
mo momento, sicuro di se, perche esclude _che ~ ~·1 P~::n'dJa
1
voloma nella generazione, cosl COf!'e non 51 par .a ;;" fuogo per
generazione degli uomini: vale a dir~, 1 ~ gene:":':;: v~onta e co-
forza eli natura. Successivamente egh dison~ cautda·
lui che vuole e propone un'altra soluzione, Sla pure con .
1 Padri Cappadoci
276

«La realtii di Dio, pero. e _al di sop~a di ~~tto questa, per-


che in lui./orse, Ia generaztone constste gta nella volontii di
generate, e non vi e nien~e nel mezzo (tra Ia volontii ': Ia ge.
nerazione), se noi accetttamo totalmente q_uesta teona, e se
Ia generazione non e supenore alia volonta>>.

Forse Gregorio e caduto in un'impasse: se il Figlio estato gene-


rata dalla volontii del Padre (anche se fuori del tempo), questo si-
gnifies una inferiorita del Fi~o r!s~etto. al P_adre; rna se Ia genera-
zione e al di sopra della volonta, ewe se st puo fare a meno della vo-
lontil, questa generare appare un "fenomeno" me~canico. Per que-
sto motivo Ia generazione e naturale tanto quanta il voler generare,
cine Ia volontii e insita nella natura del Padre.
Un'altra obiezione ariana e considerata nel cap. 9: <<11 Padre ha
generate uno che esisteva o che non esisteva?>>. Gregorio risponde
che il dilemma puo valere per gli uomini, che nascono dal non esse-
re, o per certi filosofi, i quali ipotizzano I'esistenza di una materia ori-
ginaria, dalla quale sarebhe nato il mondo (allusione alia cosmogonia
plawnica). Nell'ambito della natura divina, invece, Ia generazione
coincide con l'esistenza e con l'essere ab aetemo (o "dal principia').
I.:obiezione successiva (cap. 10) ha di mira, anche se none nomi-
nata esplicitamente, Eunomio, il quale aveva detto che "generato' e
"non generate' non possono designare due realtii uguali e quindi fa-
ceva derivare Ia diversit8 sostanziale del Figlio, in quanto generato,
~Padre: ~e e non genera10. Gregorio replica ricorrendo alia distin·
Zlone basiliana tra ipostasi e sostanza. Mentre J' antitesi puo valere tra
cr:to ~~on creato, evidentemente perche Ia creazione implica una
es anerra tra c~to e creatore, essa non vale tra il generate e il non
~ene':"t0: 1 quali possono essere entrambi della medesima sostanza-
antttest. vale nei concetti, ci<>e tra generazione e non generazione,
non negli indivi~ui: ai quali quei concerti si applicano. L' attribute, in·
:~· i:;d 1 sptega subito dopo, in quanto e un idion, un elemen·
Ia Parttco ell't~tasi, non ha come conseguenza Ia diversita dd-
cess~tanza. rna 51 differenzia in relazione alia sostanza. I capitoli suc-
Ivt sono appunto dedi · d ill · odu·
oendo 1a dis · . . can a ustrare questa differenza, tntr .
mo introdurDnZIOne d . tra tposras·1 e sostanza, necessaria, se non voglia·
0 . re et mo?stra dotati di peculiaritii contrarie tra di [oro-.
m"") ~=~h':~ ~pass~ di Gv_ 14, 28 («<I Padre e maggiore d~
in quanto e1a L•<II:• e maggtore non quanto alia natura, Ill.
causa. a discussione, che si sviluppa subito di seguJ·
V. TeologiiJ trinilt~ri4 m
10 , diventa pa~co~annente sp~osa, p~rche ha come compito preci-
puo Ia necesstta di confutare 1 sofismt di Eunomio. "Padre' (cap.
!6) none i1 non_>e della sostanza divina, ne di un'azione (energheiiJ),
ma di una relaz1one (sches.s), come afferma anche Gregorio di Nis-
sa (cf. Non sono tre dei, cap. 21). Esso indica Ia relazione e iJ pos
echein (,J' essere in un detenninato modo»: altro termine che deriva
dalla logica stoica, e che si trova ancora nel Nisseno, Non sono tre
dei, cap. 22). .
"Uoraxione 29 st conclude con l'elencazione di una serie impo-
nente di titoli del Figlio, che una prodigiosa conoscenza della Scrit-
tura ha pennesso a Gregorio di esibire davanti al suo ascoltatore.
Essi, comunque, non indicano qualcosa di aggiunto o di attribuito
a1 Figlio in un momento successivo, oltre a quelli che noi cerchiamo
di contemplare nel Padre (cap. 17). Infatti
«non vi fu un momento in cui i1 Padre era privo di logos,
ne in cui non era padre, nf: in cui non era vero o non sa-
. piente o non potente, o bisognoso di vita o di splendore o
di bonta».

Queste definizioni indicano, per lunga tradizione, le varie pecu-


liarita del Figlio e, poiche i1 Figlio e da sempre nel Padre, esse sono
le proprieta di cui anche i1 Padre usufruisce.

6.5. Lo Spirito Santo eDio


Infine i1 N azianzeno fu deciso assertore della divinita d~o Spi-
' iJ Co cili0 di Nicea st espo-
rito e uno dei primi teologi che, _dopo n. ell S hito San-
se in prima persona a insegnare il consustanztale del ~ P . • e
to. ll modo di essere della terza Persona consiste !"Gv r;o~c::co-
ne! "procedere' dal Padre, secondo le form~e ~ diffiC:,ita'quan-
me gia aveva detto Basilio (cf. P· 257). ~re~ono e ~ questa "prove-
do deve definire in che cosa conststa e etuv~endd F'glio per cui
nire' dal Padre distinguendosi dalla gene~one d .J•es.:Opio bi-
essione" ncorren o
cerca di rappresentame Ia proc
«
. . , d Adamo rna non
di
blico di Eva e di Seth, entr.ambi. "provfuten~t daal corpo lui (or.
alia stessa maniera: Seth fu il figlio, Eva £ trf
~te aile obiezioni dei
Pneumatomachi, i quali osservavano. e 0
t
3!, 11; 39, 12). Gregorio, del resto, d~ S~~to 0 era ingenerato,
era generato, e in tal
e in tal caso erano due gli ingeneratl, oppure
1 Padri C.ppadoci
278
caso 0 era generato dal Padre, e due er~no i generati, o era genera.
dal F. li allora vi era un generato m secondo grado (or. 3l J)
10 •go,e ellS·· da!Pd ' '·
Comunque, Ia processione d o pmto .a . re _e, come l'essere
ingenerato del Padre e l'essere generato del F1glio, mcomprensihile
(31,8).

7. La teologia trinitaria di Gregorio di Nissa


Anche Gregorio di Nissa sta in stretto rapporto con il fratello
piu anziano Basilio, che egli chiama piu volte :·maestro" e ."padre";
Gregorio di Nazianzo, invece, ha avuto scarso influsso su di lui. Poi-
che Ia cronologia degli scritti di Gregorio di Nissa e difficile e con-
troversa, come si evisto sopra, li dividiamo in due gruppi: da una
parre il Contro Eunomio e le opere che lo precedono (377-383) daJ.
I'altra le opere teologiche minori.
Anche il Nisseno respinge il subordinazionismo di Eunomio e
si rifa alia dottrina neonicena di un'unica sostanza e tre ipostasi (!
167ss.) e nella Con/utazione della con/essione di /ede di Eunomio af.
fenna che nella Chiesa non si era mai parlato di divisione o separa·
zione della sostanza di Dio (cap. 36), rna si era sempre professatala
dottrina della "unione non confusa". See vero che il Padre e inge·
nerato ed il Figlio egenerato, Ia disrinzione delle ipostasi non dao·
neggia il "non confuso" e non impedisce l'unione secondo Ia sostao·
za. Co_me il suo amico Gregorio di Nazianzo, egli descrive Ia sua
teologl8 come Ia strada intermedia tra arianesimo e sabellianismo.
~el Co_ntro Eunomio, comunque, come si e visto sopra (p. 171ss.).
il pensle~O dominante equello della infinita di Dio .
.. Attnbuendo a Gregorio di Nissa Ia epistola 3 8 di Basilio, R.
Hubnc;,r ha mostrato I' origine aristotelica sia del concetto di "so·
~tanili SIS della differenza tra sostanza e ipostasi presenti ai capp.
d·3 . qu~ lettera. Entrambi i concetti sono riconducibili alla
2 o~ma anstotelica della sostanza primae sostanza seconda (Cat.
adirn-.15 • ~b 33 ·39): Ia sostanza astratta che non conosce crescite
· d '
o
cond muztoru
1•.
e n00
. susslste a sola, corrisponde alia sostanza se·
Erne a, lbpbostasl _corrisponde invece alla specie (eidos) di essua.
rgere e qumdi 1 dif£ iii. de a
sostanz h ' bb • a erenza tra Ia dottrina bas ana dd
N. a, ch e sare
. .e stata inf1uenzata dallo stoicismo, e quella
ISSeno, c e s1 se!VIrebb ·
anche Basilio nell
e1· h Ma
e, ~vece, delle categorie aristot IC. e. ts·
a sua dottrma del rappono tra sostanza e 1P05
V. Teologia trinitaria
279
si si muove in un ambito che comprende le categorie sia arisroteli.
che sia stoiche 28 •
ll Nissen~ fu, t~a i _Cappa~oc!, quello piu vicino aile posizioni
di Marcell~ ~~ ~c1ra, il ~he .s~gnifica. che fu quello che piu forte-
mente senti I es1genza dell uruta delle 1postasi, a differenza di Basi-
lio, che tendeva a s~t~olinearnc; Ia distinzione. Si evista sopra come
Basilio lo avess~ cnucato, scnvendo ad Eusebio di Samosata (ep.
100), per essers1 recato ad un smodo ad Ancira ed aver avuto con-
tatti con i seguaci di Marcello. Gia Roll aveva visto questa affinita
trail Nisseno e Marcello 29 • Hubner ha sviluppato questa tematicalo,
osservando che un passo della Con/utazione della pro/essione di fe·
dedi Eunomio (cap. 217) eassai simile a un passe de I:incamazione
di Cristo, contro gli Ariani (cap. 13), opera attribuita a Marcello o aJ.
Ia sua cerchia, e ha una caratteristica fortemente sabelliana:
«Come, infatti, lo spirito dell'uomo che e in lui e l'uomo
stesso costituiscono l'unico uomo, cos! anche lo Spirito di
Dio che e in lui e lo stesso Dio potrebbero essere chiamati
in senso pieno l'unico Dio e primo e solo, che non puo es·
sere separate da colui nel quale lo Spirito b>.
Un'altra analogia si trova nella spiegazione di 1 Cor 15, 28
(«Quando il Padre gli avril sottomesso tutte le cose» ecc.), che risa·
le a! medesirno periodo della polemica con Eunornio: in quello
sctitto esegetico il Nisseno mostra forti somiglianze con i capp. 20
e 21 del medesirno trattato di Marcello.

7.1. Gregorio di Nissa contro t1 triteismo


A questa problema, che aveva preoccupato gia Gregorio. . di dNa·.
zianzo, il Nisseno si rivolge piu o meno negli stessi anm sc?ven I °
trattati Ad Ablabio "· non sono tre dei, quello su Le not.tont comum,

ch 10 FOJJrih-Century Trinil4rilln
28 Secondo Ayres (Nicaea and its Legacy: An Appdma t della dottrina del Nissen<>
c'e
Theology, cit., p. }45), quando bisogno di ~ mpt :b~ilinenlc il piii utile.
sulla natura di Dio, il Grande Discorso Clltecketu:o c ~ l21 cll9-220. .
29 Cf. K. HoU, Amphi/ochius 110n Ikonrum. · · kc'Jj' P~-AnkyM, in M. Harl, ~mtu·
°
3 Cf. R HUbner, Gregor von Nyssa und Mar. e. 110 •
re et culture philosophique, cit., pp. 199-~9. di Nicca che avev11. in,iziato la sua earn~
31 Ablabio era forsc il vcscovo novazu~~~-
ra come sofista (cf. Libanio, ep. 921; 101'; .wu. ..Ee,
stori. Jel/4 ChieStJ VU 12; Gtqano
Nazianzeno, ep. 233).
I P•dri C.ppstfoci
280
contra ; Greci e accennandovi v~~:nte ~ell' ~pera Ad Eust~o
sulla Santa Trinita. Alia critics di tnt~~o il N1sseno risponde ri:
dendo )'esempio, gia usato da Basilio nel Contra Eunomio (d
250) di Pietro Giacomo e G"1ovanru,· che appanengono alia urn ·
pren
~ta (c;p. 2). G~rio cerca di dimostrare. che «sare~be piu rigo~:
so parlare di un solo uomo, anche ~ ~~elli che app~o?o nella stes.
sa natura costituiscono una moltepliclta» (cap. 5), c10e anche con.
traddicendo Ia convenzione linguistics. Egli osserva che i concetti 0
i nomi scritturistici di Dio sono una spiegazione di come Ia nostra
natura intende Dio (cap. 7).
Questa spiegazione estata contestata da Stead, che l'ha giudica-
ta scorretta, tanto piu che «Gregorio crede che una corretta interpre-
tazione della condizione umana risolvera i problemi teologici della
Trinit8.»". A questa obiezione di Stead Markschies oppone che il rap-
porto tra i tre individui e il genere "uomo" puo avere una sua validi-
ta, essendo un esempio, anche se mal riuscito, della "unione non con-
fuss", perche tale esempio sottolinea Ia molteplicita a danno della
unita. Nello scritto Ad Ablabio Gregorio riflette sulla attivita di Dio e
sottolinea I'unit& del volere e dell'agire delle tre Persone (ad esernpio
il nome che indica Dio [theos] deriva da theaomat) (cap. 15), e quin-
di non signifies una natura, rna una attivita (cap. 12). In questo, se-
condo Markschies, sta Ia logica della sua teologia trinitaria: Dio ope-
ra come potenza vivificatrice avendo di mira Ia storia della salvezza.
La ~one tra Ia causa (il Padre), il causato (il Figlio) e quello che
~ro~ene dalla causa spiega i rappotti intenrinitari delle ipostasi, che
m pnmo luogo manifestano Ia comunione della natura (cap. 22, fine).
~ch:_ n~ !;e _no~on~ comuni, contra i Greci Gregorio nega che il ter-
mme dio . significhi una persona: esso signifies, se mai, una sostan-
za. Gregono ammette l'identita delle persone di fronte a1la !oro so-
~ (cap. 3) e nuovamente impiega l'esempio delle tre persone e
~~olinea il fatto che Dio e Ia sua sostanza non possono essere defi-
~0· Ne _Le no~m comuni si ritrovano le definizioni, individua!izzan·
n delle ,,..,..
definizi "'"":"-••,• di "causa " e "causato ", che vengono p01. ruente
_,, . aile
om tradizionali di Padre e di Figlio e di Spirito Santo. Tutta-

iD U. 3~:;!-~-~- ~~~ndividual Personality in Ori'gen and the Coppad(}(:ian ~atbtfS,


ric diN" · · (edd.), Arche etelos. T.:antropologia Ji Origene e til Grt!P
J
sa Trin;:':;.~ ~- 170 ~; ld., Why not three Gods? The f..Dgic of Gregory o/NY~
Nyssa unJ Jc christli"J, S · _ D~~ und Chr. Klock (edd.), Studien VI Gregor vo
10
en patantlw:e, cu., pp. 149-163, p. 151.
V. Teologilltrinilarill
281

vis il Nissen~, ~?me ~.N~eno, non adopera mai i termini basilia-


ni di "patenuta _e di filialita . Un problema panicolare consiste nd
fatto che Gregono parla delle peculiarira (idiomata) della sostanza di-
vina (ca~. 3). La sostanza poss_iede _le ~tterizzazioni, 1e ipostasi gli
accidentt (cap. 10). Le carattenzzaztoru sono delle distinzioni cbe raf-
figurano Ia sostanza, gli accidenti no. La sostanza signifies la specie
(eidos), l'ipostasi l'individuo (cap. 9). D Nisseno si riferisce ancbe alia
differenza aristotelica tra le due sostanze, quella generale e quella par_
ziale (cap. 4), anche se Ia distinzione econsiderata di uso improprio.
Nd breve scritto ad Eustazio e in quello Ad Ablabio, non sono tre dei
si ripetono le stesse considerazioni; in quello Ad Eusta:Uo si fa esplici-
to riferimento aile criticbe di triteismo (cap. 2). Le cose che sono di-
verse per natura non possono avere effetti comuni, per cui Ia comu-
nione degli effetti testimonia Ia comunione delle narure (capp. 7-8).
Nella Trinita il Padre inizia le operazioni, il Figlio le esegue e lo Spi-
rito le compie, perfezionandole.
In conclusione, nemmeno per il Nisseno Ia dottrina della sostan-
za e dell'ipostasi costiruisce il centro della esposizione. DNisseno, pe-
ri>, a differenza di Basilio e dd Nazianzeno, el'unico che cerchi di di-
mostrare Ia rdazione, considerata ovvia da Basilio e dal Nazianzeno,
della "unione non confusa", in quanta sottolinea in modo panicola-
re l'unita di volonta e di operazione all'intemo della Trinita.

8. Amfilochio d'Iconio
Amfilochio sarebbe stato il prima ad impiegare il small·,ragma
rife · to essere
"modo dell'essere" (trop~s tes ~~pa'?'eos) ~on ~~he esso DOD
delle tre ipostasi, mentre m Basilio s1 era VIsta (p.
aveva ancora valore teologico:
«il Padre il Figlio lo Spirito Santo sono noDll"ddmododd-
' ' rd . non puramente e sem-
I'essere owerosia della az1one, rna Ob )
plicemente della sostanza» (fraDUD. 15 erg ·

_Questo co?c~t~o, non_ostant~ f-


rte oscuritii (esso designs le ipo-
entrato rapidamente ?ella teo-
stasl o le peculianta delle !post.aSJ? e . Arofilochio non SJ rrovano
logia trinitaria ortodossa. P~r il resto, t·a dal concetto di consu;
delle _innovazioni particolan:. secon:
stanz1ale deriva il fatto che s1 ha 8 e are
t
glcon pill Persone, perche
I Padri Cappadoci
282
«<Ol& sola persona non puo essere detta consustanziale a se
stessa» (framm. 15).

Amfi!ochio impiega il concetto di "unione non confusa" piut.


10810 per Ia cristologia (PG 39, 113CD), mentre Ia sua concezione
trinitaria, esposta d81 Gtambt a Seleuco (w. 193-213), appare con.
fonne a quella di Gregorio Nazianzeno:
«Esistono Ia Monade e Ia Trinitii etema, il Padre con il Figli0
e iJ santissimo Spirito, Trinitii ben distinta nelle Persone,
Monade nella natura divina. Percio non confondere con iJ
numero le ipostasi, e non dividere Ia natura, quando onori
e
Dio. Infatti Ia Trinita, nella sua natura, veramente non di.
e
visa. Una sola Ia Trinita, uno solo il Dio onnipotente. Que-
sta e i1 sottile a comprendersi, devoto mistero. Veramente
stretta, infatti, eIa strada della verita, un cammino scosceso,
poco percorso: coloro che si persero lontano da tale strada
si sfracellarono in direzioni opposte vagando in scoscese
profonditii, Sabellio volgendo lo sguardo ai giudei ed Arlo
imitando gli idolatri. ll primo confuse l'ipostasi delle Perso-
ne, l'altro empiamente divise Ia sostanza. Ma tu senza piega-
re conserva Ia via di mezzo, dividendo come si deve e con-
e e
giungendo come lecito fare. Infatti Ia Trinita congiunta
e
senza confusione, cosl come Ia monade separata senza
e
troncamenti. La natura, infatti, non troncata, mentre le
ipostasi rimangono sempre assolutamente non confuse».

Gerol81no (Gii uomini illustri 133) ci attesta Ia composizione,


da pane di Amfilochio, di un libro sullo Spirito Santo, che avrebbe
fatto leggere a Gerolamo stesso: probabilmente si trattava di un
tra~to che seguiva le linee gia tracciate da Basilio. AmfL!ochio, in-
e
fatu, avrebbe scritto che lo Spirito Santo Dio e che deve essere
ad~rato (doe possiede "parita di onore" con le altre due Persone)
ed e onmpotente.

9· Alcune considerazioni finali


do Secon~o ~oil, il tentativo di costruire un dogma sulla base della
ttnna ong~a delle tre ipostasi, proponendo tre ipostasi assolu-
tamente uguali, doveva produrre delle incoerenze. In effetri i Cappa·
V. Teolop, trinitaria
283
doci nc;>n ~are?bero mai riusciti a ~ostrare razionalmente 1e !oro
concez!Onl religios~ e le !oro formulazioni dogmatiche. Essi avrebbe-
ro potuto <=?!mare 10 qualc:he. ~odo I'abisso che separava i due moti-
vi solo me_diante un f~rte btbliCISmo. Esicuramente vera che nella po-
letnica det Cap~ado~t sort?, il sospeno di diteismo 0 triteismo sta una
teologia subordinaztana ptu forte di quella che erichiesta dalla co -
sustanzialita. ll piu forte attacco nei confronti della !oro coer= 1~
gica fu condorto sulla base di una teologia nicena, e cioe non subor-
dinaziana, da Marcello di Ancira". Marcello ritenne che Ia sua con-
cezione della monade divino, cioe della unit& di Dio, fosse piu coeren-
te con Ia sua teoria dell'"ampliamento" della manacle in una triade,
che non Ia teologia delle tre ipostasi, interpretata alia maniera nicena.
Secondo Marcello Ia teologia delle tre ipostasi, che era originariamen-
te subordinaziana (perche origeniana) non si era liberata mai dal suo
carenere diteistico o triteistico. Basilio e Marcello si scontrarono a
proposito della interpretazione del simbolo niceno, se cioe Cristo po-
tesse essere interpretato come una ipostasi propria, mentre Marcello
ricordava I'affermazione sottoscritta dai Padri conciliari, che il Figlio
non proviene "da un' altra ipostasi". Basilio ritenne, invece, tutto que-
sta una interpretazione del consustanziale e del conseguente anate-
matismo, errata per sabellianesimo (ep. 125, 1).

10. Evagrio Pontico


La teologia trinitaria di Evagrio Pon~co mostra, ancor meno
quella di Amfilochio, sviluppi interessann: E~agno a;cetta ·~~ ..
t
cuna difficolta Ia formula "una sostanza- tre tpos~ast · So~ 51 ~!:.
visto (p. 268) il suo contributo al probletna del trttetSffiO, egli
serisce che:
. di I' enza setnplice e incom-
«La monade e I'enade 10 cano ess «< . eli tutte )e
prensibile>> (Lettera sulla fede 2, 37 ); dell'prd:» (Capitoli
scienze e Ia scienza della monade e ena
gnostici II 3).
della scuola eli Alessandria, ed in
ll linguaggio richiama queUo. . I principi. Questa lin-
Particolare l'inizio del trattato ortgeruano su

Berlin-New York !994.


H Cf. K. Seibt. Die Theo/ogie Jes Markell von Aneyra,
I Padri Cappadoci
284
. dell'uru'ta divina toms frequentemente nelle opere di Ev
guaggto II all'. a.
· una volta che Io abbiamo co ocato tntemo della tradj.
gno,ma, d ·c d .
zione alessandrina e della teologia et appa oct, non presenta svj.
)uppi di particolare rilievo. .. .
A differenza di quanto e aw.enuto per. Basilio e 1 due Gregori
(ed in fondo anche per Amlilochio), Evagn~ non h~ un particolare
interesse per )a pneumatologia: La sua ~o~rma al nguardo.e tradi.
zionale: Jo Spirito Santo e cohn che ha tsptrato Ia Sacra Scnttura, iJ
cui vero significato e accessibile solame?te ~~ gnostico. Assiste
J'uomo Jungo rutto il percorso della sua VIta spmtuale e quindi gi0 •
ca un ruolo importante nella salvezza dell'uomo. Ma l'operatore
della salvezza e, per eccellenza, Cristo.

11. Filosofia e teologia trinitaria

Secondo numerosi studiosi,la concezione di una Trinita divina e


Ia interrelazione tra ousia e ipostasi hanno un antecedente nella filo.
sofia neoplatonica, malgrado il categorico rifiuto, espresso dagli scrit·
tori ortodossi del IV secolo, della struttura gerarchica di quel sistema.
La stessa formula "unita nella distinzione, distinzione nell'unita", sa·
rebbe di origine neoplatonica, secondo Dodds e Beierwaltes.
Cio e stato recentemente negato da Markschies: come Holl "·
egli ritiene che nei concetti impiegati manchi Ia effettiva penetrazio·
ne filosofica, Ia esatta determinazione dei )oro rapporti e quindi Ia
estrema precisione: «Basilio non possiede nessuno strumento termi·
nologico per distinguere le peculiarita delle ipostasi dalle qualita
della SOstanza ... ». E ancora: «Poiche "patemita" e "filialita" non
~ono determinazioni della sostanza stessa, come potrebbe il Pad~
m quanto padre produrre con Ia generazione Ia natura divina delFt·
glio?»". Una tale concezione sarebbe un monstrum peril platoni·
sm~ (sempre d' accordo in questo con Holl J6) per cui essa sarebbe
denvata, se mai, da Origene. La concezione clei Cappadoci potev.a
prete?de~e una sua coerenza solamente richiamandosi alia iJnmagi·
ne ongeruana della "unione non confusa •.

34 0 K. HoU A h'kJch·
''Cf:Chr. ~bmt' M,usvo~!~onium ... , cit., p.133.
36Cf. K. Holl A c h~~-L :a
Trtnlla Be~ta, cit., p. 148.
• mp lwwtus von Ikomum ... , cit., p. 131.
V. Teolcgia trinilllria
28.5
Tuttavia, a nostro pare~, ~ fatto che tale formula sis (eventual-
mente) ~ monstrum non stgnifica che non possa essere stata rite-
nota valida, e certo, comunque, alcuni scrittori Didim
. ill di AI come o e so-
prattutto, C II o essandria Ia ritennero tal . ' '
bil 1 . ' e. poteva essere
in~ccetta e. per un ~e?p ato":'co pagano, rna non per un cristiano.
Cl sembra. pm verosun~e una. m~erpretazione cristiana da parte dei
Cappadoct, che. non Ia. tpotest di Markschies • che Ia don nna · onge- ·
dell
nian~ e tre ~pastas!.' o~~a~amente subordinaziana, e Ia desi-
gnazto_ne plooruana de~ pnnctpt metaftsici come "ipostasi" potreb-
bero nsalire, nonostante tutte ~e differenze nei dettagli, a un nucleo
comune 37 • Secondo Marckschies, Ia dottrina sostanza - ipostasi dei
Cappado~ si trova ~che in .N~esi? (La natura dell' uomo, p. 38,
19ss.) per illustrate 1 rapporu dell anuna con il corpo: tali rapporti,
infatti, non costituiscono una "mescolanza". Ora, Nemesio si rifa ad
Ammonia Sacca, maestro di Platina e di Origene, i quali, eventual-
mente, potrebbero aver ricavato questa concezione da lui"·
A noi questa ipotesi sembra poco verosimile, per cui continuia-
mo ad aderire, come abbiamo fatto nella nostra StoniJ della /iloso/ia
patristica (pp. 516ss.), alia interpretazione di colora che vedono nd·
Ia dottrina trinitaria dei Cappadoci Ia ripresa, adeguatamente adat·
tata alia ortodossia, della gerarchia pomriana delle ipostasi. L'ade·
guamento che intendiamo potrebbe ben essere quello piu volte sot-
tolineato da Markschies, della ripresa della dottrina origeniana dd-
la "unione non confusa" e della dottrina delle tre ipostasi. Ancbe se
!'idea della reciproca compresenza delle tre persone della Ttinita ha
un sicuro fondamento scritturistico, qui siamo anche di fronte al-
l'idea neoplatonica della reciproca unione delle realta inca'?"~·
che tuttavia esclude Ia confusione, e le tiene chiaram"?te ~nnt~
I' una dall' altra. H. Dorrie ha messo in luce che Porfuto, net suo!
Symmiktii Zetemata, ha sostenuto che gli mt · elligi'bili ~ 0no nellanfui
stes-
so te~npo intimamente uniti !'uno all'altro e tuttaV!a no~ co . ~·
Poiche Porf1rio defml "intelligibile" Ia sua triade sommaell,e ~bt-
le che egli abbia applicato Ia sua concezto~~· enerale d a uruone
~. triade Se
degli intelligibili anche ai tre m~~ri i? 1e!Ji~tb~ d:~~: efferrlva-
questo e vero, Ia dottrina dei pnmt prmctpt di o

· J Wehseele V.s ProbkM tkr Jril.


l 7 Cosl anche H. Ziebritzk.i, Heil1~er Geu~:" TUbing~ 1994. pp. 176-18~.
ten H!fostase bei On'genes, Plotin und '~'{ ~or/a t'(:':'symmiktd ZttemflltJ di Podirio.
I . Del resco, anche Markschies. fa n erunen
a cut edizlone fu curata da H. [)Orne.
286 I Padri C4ppadoci

mente considerata come l'antecedente piu vicino della dott . .


taria onodossa dei Cappadoci, non solo dal pun to di vista~ trini.
cezione della monade triplice, ma anche da quello della p . con.
interrelazione fra le tre ipostasi. IU'tlcolare
VI. La cristologia dei Cappadoci

~c
1 ~!Mv\~
La cristologia dei Cappadoci non eancora pienamente svilup-
.!'ata (e questo vale sopr_attutto per Basilio), in quanto essa costitui-
sce '."'problema teolog~~ senttto meno urgente dell'arianesimo. n
_Naztanz~no s~ ne occupa m ~odo non ampio, rna con notevoli ap-
~ro~ondtme~tt e ~on mol!~ chiarezza dei termini della questione, ed
il Ntsseno VI deelica un ptu ampio spazio, anche se le sue convinzio-
ni sono talora imprecise.

1. L' economia divina

All'economia elivina, manifestatasi con l'amore per l'umanita


corrotta dal peccato, rivolge un'attenzione particolare Gregorio Na--
zianzeno. Egli vi fa riferimento pill volte, e in modo pill ampio e re-
toricamente omato nelle due orazioni tenute in occasione della fe-
sta del Natale e delle Sante Luci (or. 38, 13ss. e 39, 12), ove riper-
corre Ia srona dell'umanita, I van tentativi di DIO per correggeme
gli errori, ed infine, I'opera pill grande eli tutte, l'incamazione d~ ·
Figlio. Ma sui "beneplacito" del Padre, che invio il ~i~o suo per';'·,
scattare l'uomo caduto in preda al Maligno, Grego•riP-6i:-l ... ~emoaJJo...
un unico passo eli tutta Ia sua vasta artivita Jette 'a, in or. 45, 22.
Esso--ra;-;;otevole signifiesto, perche contiene una m taztone per-
sonale sull'argomento, che, in efferti, fino ad allora non era stato fre·
quentemente trattato:
«Si tratta eli un fatto e eli un dottrina della quale Ia m~or
,--parte della gente non si preo~---- , . a ch~-~al':~a~ .,
' personalmente e con impegn A c e pe q~~e ~ .
versato il sangue che fu versato ~· il ~ . · e s~lim~
sai:igue di Dto del sommo sacerdote, della vltuma? Gtacch~
7 noi eravamo ;enuti incatenati dal Maligno, eravamo stab
venduti. eravamosottomessi al peccato e avevamo ottenuto
I Padri C.ppadoci
288
___.il piacere come ricompensa della nostra mal~agita. Se il prez.
• zo dd nostrO riscatto non fu versato ad altn, se non a colui
che ci teneva incatenati, allora io mi domand? a chi fu ver-
_sato, e per motivo. Se fu versato al Mal!gno, quale in-
degniti s ii brigan non solamente do~eva ncevere da Dio
' iJ prezzo · tto, rna esattamente D10 stesso, vale a dired
•• una ricompensa cosl straordinaria per Ia sua tirannide! Perl
questo m~·be st~to giusto risp~rmi"':ci. Se, ~vece,
fu versat a! Padre io nu domando pnma di tutto, m che
,_)IIodo? a ~ Lui che _9 teneva sotto il suo potere.
In secondo luogo, comee possibife che il Padre provasse
= piacere dd sangue dell'Unigenito, Lui che nemmeno accet-
' ro Isacco quando fu offeno da Abramo, rna dette in cambio
'' un aitrO sacrificio, procurando un capro al pos · acri-
e
licio razionale? 0 non chiaro, piuttosto, e il Padre ·ce-
7 ve, si, il prezzo dd riscatto, rna senza averlo c · senza
aver pregato per averlo, rna a causa de)Ia jconomia e perche
77 bisognava che l'uomo venisse santilicato alia realta di Dio?
'4 In tal modo il Padre avrebbe vinto il tiranno con Ia forza e
ci avrebbe · to_e · vrebbe condotto a se grazie al Fi-
glio, che e ·· termedia , il quale avrebbe attuato questa
economia in onore adre, a cui tutto concede, a quanto
\ pare. ~es.te,_?~que, sono le cose che riguardano Cristo;
quanto e di pm SIS onorato con il silenzio>>. &--..-~ /
~

chi n problema che ~regorio si pone e, dunque, quello di sapere a


. ~ra stato versato il prezzo dd nostro riscatto, secondo l'"econo·
~a •. una P~ola antica per significate l'incarnazione e Ia passio~e
di Cnsto. _Dt fronte a! sacrificio dd Figlio di Dio Gregorio rinuncta
a ultenon considerazioni e sottolinea commoss~ come il Figlio sis
mdotto per il nostro riscatto «a onore dd Padre a! quale tutto conce·
e».

2 · La cristologia del N azianzeno


alcune sue orazioni vi fanno riferirnento).ln modo piu ap rot; diro
egli dedi~a a q~esta cristologia tre episti\j (nn. 101, 102, 2~), ~­
li, propno per illo~ contenuto; _sono c ·amate epistole teolbgiche, e,
in sec~ndo ~uc;>go, il c~e Suit tnca':'tn.ione di Cristo, amtro Apofli..
nano, 10 cw n_prende 10 fo~.• poeuca le medesime argomentazioni
svolte nelle eptstole. La tradizione medievale conservo queste episto-
le tra le orazioni di Gregorio, invece che tra le lettere, e tale colloca-
zione fu conservata anche da alcuni editori dd Cinquecento e dd Sei-
cento. Furono gli editori Maurini, nd corso dd Settecento, a pubbJi.
carle insieme con le altre, rna, ancora una volta, a causa ddla diffe-
•rente tradizione manoscritta, ai nostri tempi esse sono state edite a
parte (non sono presenti nella edizione delle lettere curata da Paul
Gallay). Le epistole teorogiche si differenziano dalle altre dd Nazian-
zeno, perche, mentre queste hanno un carattere privato e una brillan-
te daborazione retorica e letteraria, quelle sono, invece, dei piccoli
trattati, alia maniera delle epistole di Atanasio. Gli aspeni personali
so~quasi comPfetamente omessi, il penstero e assai denso; anche gli
antichi considerarono queste epistole importanti soprattutto per illo-
ro contenuto dottrinale, tanto che esse furono frequentemente citate
d · tunin · Concili di Efeso e di Calcedonia.
Apollinario, n to a Lapdicea in Siria ~-.era stato p~r Jun:
go rvido sostenitore cfella fede tcea e ammtratore
dd grande Atanasio; per questo motivo i niceni <_li_Laodi~":' lodes-
sero loro vescovo intomo al360. Egli aveva acqwstto mentl notevo-
li anche con una ferma posizione di difesa dd cristianesimo in occa-
sione della riscossa pagana sotto l'imperatore Giuli~o _(361-363),
componendo in quell'occasione scritti e opere in v~rst di_ argomen-
to religioso (cf. quanto si edetto a p. 141). Nd segwto detAdrammllina-
. · avvenimenti prodotti dalla ens•
!let · · anana
· di
n d IV secolo N" po •- .
rio si mostro sempre intransigente dilensore ~en~ f~e . ~ ~
della dottrin . · ·a:-in modo da evitare sta I ~~~ 0 . sta d
modalism Gerolarno egulle sue lezioni di ese~es• scrtttunstlchca ail
. . .
Anttochta 'improvvtso trovtamo e j
10torno 373-3 ' • 1 d · di Apolli-
.Simbolo di Costantinopo · del_ 381 . dannad 8 o::asi stava de-
nario, come conseguenza ' s~one a. es~, il Panari'on in-<
ftnendo proprio in quegli anni: Epifaru~, scrtven bil di un'eresia
tomo al 377 nomina Apollinario come il resp~nsa. e d
'h ' · · e di Cnsto, e, stan o a
c e non ammett. rfetta mcarn~on 17) il vesco-
quanto ci rifc;riSte Gregor nella sua eptstola 1 ?~Pd,e ~on attri-
vo di Roma{Damaso, a ebbe condannato un e
I Padri Cappadoci
290

buiva a Cristo !'umanita completa. Quest~ conc~zion~ di ApolJina.


rio si basava su di un oresupposto della cnstologta anttca Particolar.
mente sentito dalla cultura di Alessandria d'Egitto, cioe sui cosid.
detto schema cristologico Logos-sarx o Logos-carne. Vale a dire,
«cio che da sigllificato a Gesu Cnsto [ ... ] Ia sua natura, sostanza
ipostasi e persona, e il Verba divino; Ia carne (oil corp~ umano) ~
semplicemente il~d quale Ia potenza del Verba 51 manifesta
0 lo strumento attraverso il quale esso agtsce nel mondo. Per cui
J'umanitii 'Ji" Cristo non e una realta che in certo qual modo sta di
fronte al Verba [ ... ] rna semplicemente il suo rivestimento, illuogo
del suo agire» '· Essa costituisce con il Verbo un unico essere;Iiel
senso che il Cristo incarnato e presente con una carne divina nella
quale I'anima costi wsce, come negli uomini, princ1p10 c e da Ia
vita, rnaii"l:A:>gos costituisce guello che negli uomini e l'intelletto. In
questa, dunque, consisteva Ia non perfetta incarnazione di Cristo,
nel fatto che il Logos aveva assunto soltanto Ia carne umana, non
l'umanita completa, provvista di anima e di intelletto. In tal modo,
resto, Apollinario pensava anche di ~i a certe tendenze
e, in senso opposto alia sua, venivano diff0i10endosi in ambiente
tio o, le quali sottolineavano soprattutto 1:!-Sompleta um....:;til
.<ii risto, detrimento, tutto sommato, della sua divinita, o, e-
no, dell'llllitil sostanziale del Cristo incarnato. Secondo Diodoro di
Tarso, · tti, Cristo e uomo completo, che condivide p1enamenieTa
vita ca e ps1co · , e, quindi, di decisioni wna-
oe anche distinte dol volere divino. ll vescovo di Laodicea non ac-
~va ques_ta tendeoza della cristologia antiochena, perche temeva
Ae il sottolineare Ia piena umanita di Cristo andasse a detrimento
dell'unitil ~ l'uomoe il Logos, rischio che pote essere superato so·
suq SIV te con il concerto di «unione ipostatica».
. Gregorio re lica all' eresia apollinarista con una concezione che
~~:enne a nella cristololl!a b~~tina. Egli parte da un princi~io
~entale della sua teolog~a c1 dalla forte istanza della soteno-
OlllB. ch gli . . Ja · '
~ 1 -=+=:: e ISp!ra polenuca c. tro ariani e contra Ia !oro sva-
l~tazlon~ella Persona eli Cris~o. Cristo si e incarnato per guarire
1.uomo nella malattia del pee toe, per questa ha dovuto asswnere
uomo sua interezza: ello che non e~tato assunto dal Lo·
-·~j
1 SU:ucsi da E Bellini · s . . · . .· .
li Ji ApolliMre, EPifsnio (;: 014 .Cn~to: rl_grande dibtlllilo net IV recolo. Tesll ontru:.
no 1973, pp. 272-281. ' :g nodi Ntm4nw, Gregorio di Nissa ... , Jaca Book,
VI. lA crislowgia Je; (Appadoc;
291
gos», egli dice, «e rim~to non sanatO» dal peccato. I:uomo tutto in-
tero aveva p~ccato ~I ~omo tutto intero doveva essere sanato: quin-
di, J'incamaz10ne di Cnsto comprende l'uomo nella sua totalita. Cri-
sto, pe~t?, e un?, se?bene in lui vi siano due realti, quella umana
e quella divma; Cnsto e una sola ipostasj in due nature esattamente
nel modo opposto a .come avviene nella Trinita, nella ~e vie una
sola natu.ra, rna tr~ lp~stasi. 1:"
du~ nature, quella divina e quella
tunana di. Cns.to,. st. urusc?n~ ~ ~ unica persona ymana, Ia quale
conserva il pnncrp1o dell unlta, m quanta, in siffatta unione delle
due nature.~ve~e, .eJ:ess~re SI!Perio~e ch~ p~e. Cosl, dunque,
nella umaruta di Cnsio;e!it11ahlra'Cii\liila a.lavere il soprawento,
per cui il Cristo e il Logos incarnate e, d' altra parte, tuna Ia nostra
natura umana, da lui assunta, viene salvata proprio perch~' vi
sunta da una natura superiore, che prevale su quella inferio . £.
Vale Ia pena citare, anche se per esteso, una parte d
zione dd Nazianzeno contra Apollinario (ep. 101, 12ss.), perche es-
sa costituisce un documento di prim'ordine nella storia della cristo-
logia:
<<12. Non ingannino gli altri, questi uomini, e non si ingan-
nino essi stessi, ammettendo che l'uomo del Signore, come
essi lo chiamano, sia stato privo di intelletto, o piuttosto
che lo sia stato il Signore e Dio nostro. 13. Che noi non se:
pariamo l'uomo dalla natura divina, rna insegniamo che a
fu un unico e medesimo, e che questi prima non era ~omo,
rna Dio e Figlio di Dio solamente e anteriore ai secoli, sen-
za unione con il corpo e con tutto quello che appartiene a!
corpo· 14. alia fine dei tempi e divenuto anche uomo, ~he
egli as'sunse per Ia nostra salvezza; passibile nella came, ~­
passibile per Ia natura divina, circoscritto nel corp?· non
. . nello spmto;
cttcoscntto . . I5. mo· 1tre iJ medesimo . . s1 e fatto
!'"
terrestre e cdeste insieme, visibile e comprensibil~ cellon m-
.
telletto comprensib'ile e mcomprens ibile • affinche n aI' sua
totalitA di uomo e Dio insieme, fosse riplasmato tutto uo-
mo che era caduto sotto il porere del p~ccatol. . . di
I Santa Mana Sia a gennnce
16. Se uno non erede che a d ch iJ Logos sia
Dio, costui e separato da Dio. Se uno ere e eun canale e
v, · e come~ attraverso
passato attraverso Ia erg~ t in modo divino
non invece che in lei esso s1a stato orma 0 1 partecipazio-
e urnano insieme - divino in quanta senza a
1 Padri Cappado<i
292

ne di un uomo; umano, in quanto secondo Ia Iegge del par-


to _ costui eparimenti ateo. 17. Se uno pensa che sia stato
fo~ato J'uomo e che poi Dio lo abbia assunto, e condan-
nato. Perche questo non significa Ia generazione di Dio,
bensi iJ negare Ia generazione. 18. Se uno introduce due fi.
gli, uno che proviene da Dio e dal Padre, e un s~condo fi.
glio che proviene dalla madre, e non uno solo e il medesi-
mo possa costui perdere I' adozione a figlio di Dio, promes-
sa ; coloro che credono rettamente. 19. Che due sono le na-
ture, Dio e l'uomo, poiche nell'uomo vi sono l'anima e il
corpo; ma non si tratta di due figli ne di due dei. Allo stes-
so modo, in questa terra non ci sono due uomini, sebbene
Paolo abbia cosi definito Ia parte interiore e Ia parte este-
riore dell'uomo. 20. E se bisogna esprimersi concisamente,
e
le sostanze da cui composto il Salvatore sono una e un'al-
tra, dal momento che l'invisibile non e Ia stessa cosa del vi-
sibile e cia che e a! di fuori del tempo non si identifies con
quello che e soggetto a! tempo, ma non vi sono "uno" e "un
altro": non sia mai! 21. Le due sostanze, infatti, diventano
un essere solo per mezzo della !oro mescolanza, dato che
Dio si incama e I' uomo diventa divino - o comunque lo si
voglia defmire -. lo dico "una sostanza e un' altra" nel signi-
ficato opposto a quello che si applica alia Trinita. Nell' am-
bito ~ella Trinitil, infatti, vie uno e un altro, perche noi non
dobbJ.amo confondere le ipostasi, ma non una e un 'altra so·
stanza: una cosa sola, infatti, sono i Tre, e Ia medesima,
quanto alia natura divina.
22. C~ dice che nel Cristo Ia divinita ha operato per grazia,
come m un profeta, e che non e stata congiunta e unita se-
cond~ Ia sostanza, possa essere privo dell' opera piu alta, o
meglio, P~sa essere ripieno dell' opera opposta. Se uno non
a~ra c?lu~ che e_ stato crocifisso, "sia anatema » e sia clas-
s cat~msteme at deicidi. 23. Se uno dice che Cristo e sta·
~ gtu cato d"!!"o dell' adozione a figlio di Dio in seguito
. e ope~e da lu~ compiute o dopo il battesimo o dopo Ia sua
~s~rreztone dai morti, come quegli dei intrusi che i pagani
st mventano "sia , . . .
o progredis~e o anatema . 24 .. Quello che ha avuto mtzt~
dice cos' il £ rtceve Ia perfeztone non e Dio, anche se Sl
s
te 25 tper dianocheC rtsto · st· e• mani£estato grad atamen-
. · e uno ce che adesso Cristo ha deposto Ia came e
VI. LA cristok>g;. d.i CapP4</oci

che Ia natura di~a si e spogliata del proprio corpo che


tale natura non e e non verrii insieme con Ia came ' e
.
da Cr!St?: . assunta
~ossa .c~stw non vedere Ia gloria della parusla.
26. Dov e, infatu, il corpo, ora, se non insieme con col ·
che lo as~un~?. ~one certamente riposto nel sole, second::
le scemptagguu msegnate dai Manichei, i quali vorrebbero
onorarlo con questo disonore; 27. e nemmeno si e diffuso e
dissolto nell' aria, come si verifica per Ia voce o come svani-
sce un profumo o come balena illampo, che non si ferma.
28. Dove mettiamo allora le parole della Scrittura, che egli
sarebbe stato toccato dopo Ia risurrezione e che un giomo
sara visto da coloro che lo hanno trafitto? Cerro, Ia natura
divina di per see invisibile! 29. Ma verrii insieme con i1 suo
corpo (questa e Ia mia interpretazione), e verrii cosi come
fu visto dai discepoli sui monte, o si mostro !oro, allorquan-
do Ia sua natura divina aveva un'enorme preponderanza
sulla sua carne. Come stiamo dicendo questo per respinge-
re certi sospetti nei nostri confronti, cosi le parole prece-
denti sono state dette per confutare questa nuova dottrina.
30. Se qualcuno viene a dire che Ia came di Cristo e disce-
sa dal cielo e che non ha avuto origine dal mondo, "sia ana-
lema". Che "il secondo uomo viene dal cielo", e "qual.e
l'uomo celeste, tali sono gli uomini celesti" e ·~essuno e ~­
salito a! cielo se non colui che e disceso dal ctelo, il figlio
dell'uomo": ~uante sono le espressioni di qu~to genere,
tutte si deve credere che siano state pronunctate a causa
dell'unione con l'uomo celeste, 31. cosl com~ le ~arol~
"tutto e stato creato per mezzo di Cnsto · • e "Dioall'abtta na
nostri cuori" non sono state dette m · ri£erlflldi
· ento. chaspetto
.
1
de con l'intelletto, perche, come le du7 na~~ 51
no cosl si confondono anche le denommaZio~ e ·
:::pe:
visibile di Dio rna in riferimento all'aspetto w.. e 51 ';:

·
ne;rano !'una nell'altra in rapporto alia congtUDZIODe rect-
proca delle due nature. . uomo privo di
32. Se uno ha riposto Ia sua speranza m un , degno dies-
. . .. t insensato e non e
mtelletto, costw e verame~ _e , • uello che non e stato
sere salvato nella sua totalita. Potche q tre quello che
, , , to non sanato, men
assumo d a Cmto e runas . • to anche salvato. 33. Se
ha forrnato un'unione con Dto e sta Adamo alloraelame-
il peccato fu commesso da un mezzo •
I Padri Olppadoci

e
t8 dell'uomo anche quello che stato assunto e salvato da
Cristo. Se invece ha peccato Adamo nella sua totalita, allo-
ra l'uomo estato unito a colui che estato generato nella sua
rotalita e tutto intero si salva. Non ci guardino di maloc-
chio, dunque, per questa s~vezza co~plet~ e non circondi-
no Ia figura dd Salvatore di ossa e di nervt solamente, cioe
di un uomo dipinto e non reale!
34. Se l'uomo di Cristo, infatti, e privo di anima, questa lo
sostengono anche gli ariani per attribuire alia natura divina
incarnata Ia passione, perche secondo !oro quello che muo-
ve il corpo e anche quello che soffre. Se, invece, e un esse-
re dotato di anima, rna non dotato di intelletto, come puo
essere un uomo? Che l'uomo non e un essere vivente privo
di intelletto. 35. E allora sembra inevitabile che questa
aspetto esteriore, cioe Ia sua "tenda", fosse quello di un uo-
mo, mentre Ia sua anima sarebbe quella di un cavallo o di
un hue o di qualche altro essere privo di intelletto. Allora
sara questa l'essere che viene salvato; e allora Ia Verita mi
ha ingannato, perche io, che mi vanto di essere salvato, so-
no diverso da quello che ne riceve I'onore. Se, invece, l'uo-
mo e razionale e non e privo di intelletto, Ia smettano vera-
mente costoro di essere senza intelletto.
36. "Ma bastava", dicono, "che Ia natura divina prendesse il
posto dell'intelletto umano". Ma che mi riguarda questa os-
servazione? La natura divina, se e unita con Ia sola came
umana, non puo costituire un uomo cosl come non lo costi-
tuisce see con Ia sola anima umana ~con Ia came e con I'ani-
ma separate dall'intelletto, perche e soprattutto l'intelletto
che ~~tuisce l'uomo. Conserva, dunque, l'uomo completo
e urusa ad esso Ia natura divina, se vuoi farmi un beneficia
completo. 37. "Ma l'uomo", obiettano, "non poteva conte-
nere due esseri completi". Certarnente no se tu consideri Ia
cosa sott~ I' as~o corporeo: un recipien~e di un medimno
nT co~ttene, infarti due medimni, ne il pasta per un corpo
~ 0J?UO oontenere due o piu carpi. 38. Se invece tu le con-
stden
ch come
. due real•>
~m
· tellegt'hili' e mcorporee,
. ' '
allora osser-
va e 10, da solo, contengo I'anima e Ia r•..;one e l'intellet-
to e lo Spirito S . ..,.
mo . , . anto, osserva che, ancor prima di me, questa
. ?till aoe il complesso formato da case visibili e da case
mVISt • contiene il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo.
VI. L4 cristologi4 dei C.ppaJoc;

39, Questa, infatti, e Ia natura delle realta intelligi"bili· · -


. . I' una con l'altra e con i corpi m' mod ·' Cloe
quella di ururs1 . .. o mcor-
poreo ~ senza sotto~tare alia diVISione. Tanto e vero che, ad
esemp1o, m~lte vo~ s~no. comprese da un solo orecchio, e
moln oggetu sono VIstt da1 medesimi organi visivi e )'od .
to e,eserc~t~to ~ai medes~ organi olfattivi, senza che 1:rfu.
colta sens1nve. S1 dann.eggmo ~~endevolmente 0 si guastino,
e senza che gli oggetu percepib dalla sensazione si facciano
piii piccoli a causa del gran numero delle percezioni stesse.
40. "E come puo essere perfetto l'intelletto di un uomo 0 di
un angelo se si congiunge con Ia natura divina, per cui una
sostanza e eliminata daiia presenza della sostanza piii gran-
de?". Ma nemmeno il raggio del sole, infatti, eperfetto in
paragone al sole e non lo e un poco di umidita in confron-
to con un fiume: dovremmo percio sopprimere quello che
e piii piccolo ed eliminate allora dalla casa il raggio del so-
le e dalla terra l'urnidita, perche vengano successivamente
contenute dalla casa e dalla terra le sostanze piii grandi e
piii perfette? 41. Esaminiamo quindi come potranno conte-
nersi due sostanze perfette, come possa Ia casa contenere il
raggio e il sole, come possa Ia terra contenere l'urnidita e il
fiume, perche questo argomento e degno veramente di
molta attenzione. 42. 0 ignoriamo forse che quello che e
perfetto nei confronti di una sostanza eimperfetto nei con-
fronti di un'altra, come il colle rispetto alia montagna e il
granello di senape rispetto alia fava o a qualche altro ~~
piii grande, anche se si puo dire che quel _granello e pm
grande di altri dello stesso genere? 0 se no, ~o~o com~
!
si possa dire perfetto un angelo di front~ a D10 e uomo di
fronte all' angelo. 43. Dunque, il n~stro ~t~etto e perfett~
e dominatore rna Io enei confronn dell anuna e del corpo,
e e
non lo in s~nso assoluto, in quanto sottomesso e servo
di Dio e non e dominatore o degno di onore t~to quanto
lo e lui. 44. Giacche anche per il Farao~e, Mose e~ ~~t
un dio rna era servo di Dio, come sta scrnto; e le ste e :
lano ndla notre rna sono nascoste dalla luce del sole, c~
che di giorno n~eno si vede che ci sono; 45 · e una ~Ic­
cola lampada se accostata ad un grande rogo, non pens~
e non si ved; e non si distingue da lui, rna rutto quanto e
rogo, perche Ia sostanza piii forte vince.
I Padri Cappadc<i
296

46 "Ma iJ nostro intelletto •, essi obiettano, "e stato con.


d~ato". E Ia came, allora? Non e stata condannata an.
ch •essa? Allora, o spogli Cristo anche della came a causa
del peccato o gli attribuisci anche _i'int~lletto a causa della
salvezza. Se e stato assunto da Cnsto I elemento peggiore
perche fosse santificato, per mezzo ~~'incamazi~ne, allora
non sari stato assunto I elemento m1gliore, perche fosse an-
ch'esso santificato per mezzo dell'inumanizzazione? Se iJ
fango ricevette illievito e divenne "un nuovo impasto", sa-
pienti che siete, I'immagine non sara impastata con que! lie-
vito e non sari forse mescolata a Dio, resa divina grazie aJ.
Ia natura di Dio? 47. Aggiungiamo anche quest' altro pun-
to: se l'intelletto viene assolutamente rifiutato in quanto e
peccatore ed e stato condannato, e per questo motivo Cri-
sto ha assunto, si, il corpo rna non ha voluto I'intelletto, aJ.
lora c'e una possibilita di scusare colora che peccano con
l'intelletto: Ia testimonianza di Dio dimostra esplicitamente
che e impossibile curarlo. 48. Devo dire Ia cosa piu impor·
tante? In questo modo tu, illustrissimo, disonori il mio in-
e
telletto divenendo adoratore della came, se vero che io
sono adoratore dell'uomo: tu vuoi Iegare Dio alia came
perche sei convinto che Dio non puo essere legato in altro
modo, e per questo motivo tu elimini "il muro intermedia·
rio". 49 Ma qual e il rnio ragionamento? E quello di una
persona priva di filosofia e di cultura: l'intelletto si mesco·
Ia all'intelletto, cioe alia sostanza che gli e piu vicina e piu
affine, e attraverso l'intelletto che fa da intermediario tra Ia
natura ~vina e Ia grossezza ~ana, si e unito alia carne.
50· V1wno, dunque, qual e il motivo del divenire uomo,
°
secon !oro, o del divenire came, come essi dicono. Se e
Stato ~uello di far circoscritto Dio, che altrimenti non ecir·
coscntto
d ' e pereh'e o·1o st. aggtrasse
. con gli uomini per mez·
'cl, ella cam~ come sotto un velo spiritosa e Ia !oro ms·
8! erata e 5Pil'i:tosa e I' attuazione .Ji questa finzione teatra·

pe - per non dtr . e che o·to avrebbe anche potuto aver rap·
dono con not in molti altri modi come e vero che prece·
n:.'temente si era mostrato nel ro~eto di fuoco o nella for·
51 Se in
umana- ·del.
Ia condanna ' vece, ~·· e· f atto uomo per can~ellare
il simile, come .:~~:.to santificando I' elemento simile con
tsogno della came a causa della carne
VI. La cristo/og;. Jei C4pp•Joa

che era stata condannata, e dell' anima a causa dell' ·


allo stesso modo ebbe bisogno anche dell'intelletto aruma,
?ell'intelletto, ~he.~ Adru_no non solo pecco, rna S:c:'fu
il pnmo ~ sentrre t smto~ del male, come dicono i medici
a propostto delle malattte. 52. Giacche quell'essere che ri-
cevette l'ot<line non osservo l'ordine, e quell'essere che non
osservo I'ordine fu anche quello che oso compiere Ia rra-
sgressione; e quello che commise Ia trasgressione ebbe an-
che bisogno in modo particolare della salvezza; in£ine quel-
lo che ebbe bisogno della salvezza fu anche quello che fu
assunto da Cristo. Dunque, l'intelletto fu assunto da Cristo.
53. Questo e stato oramai dimostrato, anche se non voglio-
no ammetterlo, per mezzo di necessita e dimostrazioni geo-
metriche, come essi dicono. Tu invece ti comporti piii o
meno come se, quando un uomo viene colpito in un occhio
e in un piede, tu gli curassi il piede rna lasciassi I'occhio
senza cure; o come un pittore che non esegue una bella pit-
lura, e allora tu correggessi il dipinto, rna non ti occupassi
del pittore, come se lavorasse bene. 54. Se, in£ine, strerti da
questi ragionamenti, essi si rifugiano nell'espediente di,?i·
re che Dio puo salvare l'uomo anche senza assumeme lmt i
telletto, allora e certo che lo puo fare anche senza Ia cam ,
col suo solo volere, cosl come egli ha compiuto e camp e ~
tutte le altre opere senza bisogno del corpo W?ano. Allo
elimina anche Ia carne insieme con l'intelletto, m modo che 1).
I'opera della tua stoltezza sia completa!». .1
In questa elaborazione di una nuova cnsto · 10 · Gche si. distin-
• ta
,- d. 0 ena regonoes -
gueva da quella alessan r .~ . ' odo no><;co-
. st mteressa m m .--
to un antesignano. In£a Basiii0 n dis sioni che allora
lare di questa problema: . ac~~ato ~:e ~~risto in ep. 258,
,stavano sorgendo a propostto dell wcamazt . certo ed estra-
E li · tra ancora m
2, che risale all'incirca al3~6 .. g Sl rosente allora e si sarebbe dif-
neo alia polemica che comm9.~~~
fusa pochissirni anni dopoe'- ) rime come sempre fa,
In una sua epistola, p ro (26l, 3 • 1 esp '
in modo limpido e chiaro: - d di (
. essa nella carne a opera <
«Corne Ia morte, che ct fu trasm d. . cosl il peccato £u
Adamo, ~- c;- b. J.ll- natura lvtna,__ .. Ia
-G- - • Cristo· percto con
soppresso ctaJJp giustizia che e~ esu .
I Padri Cappadoci

risurrezione noi riprendererno una came che non sara 501 •


tomessa alia morte ne soggetta a! peccato».
~ ~-LA>.}
3. La cristologia dd Nisseno
N 0 stesso periodo in cui il N azianzeno cominciava Ia sua po-
lemics co 0 Apollinario, si possono leggere nelle opere del Nisse-
:pe j primi ap fondimenti relativi alia cristologia. Nel Contro Euno-
mio il Nisseno e ca ampiamente al problema nelle sezioni 3 e 4
del terzo libro, m on nomina es licitamente A ollinario come fa.
ra pochi anni piu tar . Comunque, gia nel Contro Eunomio si comin.
cia a sviluppare una cristologia Logos-noma oltrepassando quella
.l.ogos-came, che era stata 11p1ca aei mceno Atanasio; tuttavia il Nis-
seno manifesta Ia propria incertezza a proposito del problema sia nei
concerti sia nella terminologia, che oscilla con l'impiego di termini
derivati dallo stoicismo. Egli certamente vuole asserire l'unione del
Logos con l'uomO'ei!Tatto che in tale unione Ia realtil. divin--ahail so·
pravvento, male sue affermazioni talvolta danno un'impress1oneClle
inc~rso il monofisismo. Altri studiosi, invece, ritengono che
G . o ~til le tondamenta della formula di Calcedonia, e alcuni
~i delle sue opere impiegano di gia tre dei guattro aggettivi che Ia
costiruiscono: "non confuso, immutabile, indiviso", mentre per "in·
, separabile" Gregorio impiega solamente dei termini affini. Eproba·
J>ile, come si diceva, che il Nisseno, pur volendo sostenere Ia presen·
za d@o incamato nell'uomo tutto intero, talvolta indichi l'uomo
_con esp~s1o~ c~e, mvece, sembrano sigllificare solamente I'elemen·
~ ~di lw, non anche Ia personalita urnana. .
P~to 0 entale, peril Nisseno, equello di sottolineare il
. de lllll'acolo c si ecompiuto mediante l'unione dell'uomo con

r ilalLOgos, gr82le
toper dig··
sua bontit sl che !' uomo e stato trasportato in
'
La formula "~r:' ~ per. onore, ~~ato nel profondo della sua natura.
P10 s~te.nca e ch1ara potre66e essere !a seguente:
:-a destra d1 D1o, cioe il Figlio, ~0 alia sua altezza l'u~­
n~\ ~::::~ a let grazie alia mescolanza .. » (Contro Eunomto
VI. L. crlstokJgia Jei C.ppadoci

preta Ia cristologia del IV secolo da un punt di .


' donese. "Mescolanza" sembrerebbe tr o osselrvaztone calce-
ascurare a c ·
della persona umana di Cristo cbe andr bb d onservaztone
' · · E · ' e eper utanellap
divma. tuttavta va tenuto presente che p il N" ersona
scolanza avviene "senza confusione,.: ' er ISSeno, q~
«Noi guardiamo a parte Je cose operat tt ~\
"d . ~ e a raverso~
mentre cons! enamo Ia~otenza divina a parte ancb'es '
(Contro Eunomzo Ill 3, 6 ). SO»

In questa connessione
~ «<e proBrieta dei due, il Logos e l'uomo, diventano comuni
a1 due, m quanto il Signore assume Ie sofferenze deTSerVi- ..
e
~ tore e il sen? tore glo~cato nell'onore del Signore. E per • •
que~t~ mon~o Ia croce e detta del Signore della gloria e
~.gm lin?U~ t1conosce che Gesu Cristo e Signore nella glo-
na di D10 il Padre>> (Contro Eunomio Ill 3, 66).

Questa unione fa sl che Cristo sia una sola persona, ancbe se


non tr,oviamo in Gregorio i'§pressione «una sola persona rna
Ia ipostasi in due nature», secondo Ia formula di Calcedonia. D Cri-
fi
sto ci mostra nella sua persona una natura umana trasfonnata dalla
e
natura divino che a! suo intemo, e tuttavia Ia natuta umana e Ia na-
tura concreta e individuale dell'uomo Gesu, non Ia natura umana
generale. La sua natura umana rimane Ia nostra: bencbe glorificata,
essa none soppressa (Contro Eunomio III 3, 34-35; 43-46; 62-69):
«Noi infatti diciamo che ancbe il corpo con cui accetto Ia
sofferenza, una volta che si fu congiunto con Ia natura divi-
na, fu reso, grazie a tale congiungimento, uguale alia natu-
ra che lo assunse· e siamo cosllontani dal pensare qualcosa
di meschino a p:.Oposito del Dio unigenito cbe, anche se
egli assunse qualcosa della natura terrena a causa della sua
economia di amore per gli uomini, noi crediamo c?e
anche
questa cosa sia stata mutata nella sostanza divina e unmaco-
lata» (Contro Eunomio III 3, 34).
Per esprimere Je due nature di Cristo il Nissen? impiega in~­
ferentemente termini che dalla speculazione succes~va verran;:.ogli -
stinti, rna che per lui sono equivalenti: da un Jato. Dio, L~S?"· 1 0 •
dall' altro came, corpo, uorno, peccato: numerost esempt Sl possono
I Padri Cappadoci

trovare in Contro Eunomio III 4, 10; 4, 8; III 3_, 64-67. Ai suoi tem.
pi il termine "carne" non era anco~a. apparso ~a~eguato 0 incorn.
leto e Gregorio spesso trascura dt rtcordare I anima quando par]
~ ~ii. Del resto, in Confutazione della pro/essione di /ede di Eu~
nomio 180 affenna:
«£ se costoro citano Ia parola dd Vangdo, e doe che "ll
Logos si fece came", si da argomentare che sarebbe stato
ass unto dal Signore I'elemento inanimato, e doe Ia came, in
quanto non si efatta menzione anche dell' anima, imparino
costoro che Ia Sacra Scrittura ha I'abitudine eli comprende-
re tutto l'intero insieme con Ia parte>>.

Non esiste, quindi una came priva di anima.


Notevole per Ia sua ampiezza concettuale e Ia sua profondita e
un passo del Grande discorso catechetico (16, 6-8; cf. anche 26, 9):
«Siccome Dio si eunito con !'una e con I'altra eli queste so-
stanze del composto umano, intendo dire con quella sensi-
bile e con quella intelligente, Dio attuo il suo disegno gra-
zie a questa inspiegabile e ineffabile unione delle due so-
stanze, intendo dire dell' anima e del corpo, e, una volta che
esse furono unite, siffatta unione dura per sempre [. .. ]. Egli
mise di nuovo insieme quegli dementi che erano stati sepa-
rati, riunendo in un congiungimento misterioso que! com-
posto che era stato diviso, come per mezzo eli un cemento
tutto particolare, intendo dire Ia sua potenza elivina [ ... l.
Come l'inizio della motte, una volta che si fu attuata in una
sola natura, si propago poi in tutta Ia natura umana, allo
s~so modo anche l'inizio della risurrezione si estende, gra-
ue ad ~ ~lo essere, a tutta l'umanita. Egli infatti nuova-
~ente rtum nel proprio corpo, grazie alia sua potenza,
I amma che aveva assunto [. .. ]».
~ il . . u
Gt: po_ penodo 380-385, comprendente il Contro Eunomzoe

:o
A an:;. dz_scorso catechetico, il Nisseno riprende Ia polemics cont';!
ano, ora specificamente nominata, sia nella Epistola a Teo,z·
' ves:~vo di Alessandria dal 385 al 412 sia nel ContraddittortO
contro "'' Apolltnaristi: siamo intorno al387.
tent!'t Epzstola 0 Teo/i/o il Nisseno chiede il sostegno del suo po-
co ga per opporsi agli eretici. In polemica con costoro, Grt8o-
VI. La cristolog;. de; C.ppadcci
301
rio presenta l'incarnazione del Logos come il culmin dell __ , .
della storia sacra, nel senso che poiche quelle n e e to:m~
, 1 · I' ' . , on avevano sornto
I effetto vo uto per guanre umaruta decaduta, fu necessaria Ia keno-
sis. Come nel trattato ~u La ~e;Je1ione dell'uomo, in cui Ia salvezza ed
il completament~ dell um~ta sono concepite come il processo di di-
v~t~re come C_nsto,_~e~te Ia panecipazione a tutte Ie sue carat-
tensuche morali e spmtuali, cosl Gregorio, qui, ritiene che iJ proces-
so di salvezza cominci con Ia rivelazione della gloria di Dio e che iJ Fi-
glio lo abbia compiuto in un modo nuovo. La novitil consiste nel fat-
to che il Logos, pur rimanendo trascendente e immutabile, ba assun-
to Ia natura umana nell'uomo Gesu e l'ha fatta propris, cosicche rut-
to quello che, nella nostra natura, era debole e corruttibile, "mesco-
latosi" con Ia natura divina, e diventato quello che lei stessa era'.
Nel Contraddittorio contro gli Apo!Jinaristi il Nisseno affronta in
modo piu approfondito il problema, rna l'esposizione e Ia struttuta
dell' opera peccano di una certa confusione. Egli riprende Ia conce-
zione del suo maestro Origene, sostenendo che Ia stretta unione del-
l'elemento divino e di quello umano in Cristo si attuo gradualmente,
nel senso che Ia natura umana di Cristo progredi da una condizione
divisa ad una unitaria. Origene (I principi II 6, 3ss.) aveva sostenuto
che I'anima umana di Cristo, che el'intermediaris trail corpo e Ia na-
tura divina, divenne, grazie alia virtu, sempre piu attaccata all~ natu-
ra divina fmche si confuse con essa, diventando come un ferro mean-
descent.' nel fuoco. Allo stesso modo Gregorio impiega, ~ spiega-
re l'unione dell' elemento umano con ~uello divino, l'imm~e d~~
gocce di aceto che, versate nel mare, st perdono nella sua unm~ •
l'unione tra le due nature in Cristo sarebbe awenuta con I~ nsurre-
.
ztone, non prima. Per questo mouvo· gli studiOSI.· so~o m
· cern se Gre-
gorio abbia asserito o negato Ia natura umana di Cnsto. 1 .
In ogni caso Ia natura divina in Cristo era reale, senza .a possr.:;
bili.ta, di· mutamento
' al .
o teraz1one, e
qlWl· di esente da pasSione.
1 -en
. · ti reale rna senza a P•~ -
natura umana da lw assunta era parllllen . ' d ersone rna
. . C 'sto non sono ue P '
za de1 peccato. E tuttavta m n
VI
llin . bbia sostenuto che
una. Anche se e molto dubbio che Apo "1rtoCa 15 47) nel senso
· era un « uomo di vmo
Cr1sto · • (cf· Gv 3' 13·' or • perfetto
' ro-
che Cristo sarebbe sceso in terra con un corpo umano '

.. . il ontrihuto di B.E. Dad~y, 5!• Ditli~t !,~~~-


d 2 Per quest II esposzzzont: s~JUJBmO co/ Nyssis Anti·Apo/lllf4rl4tl Chnrl~nV~U• lD
rnce and flum 1m Trt1ns/ormshon: Greg'J3cxu cit pp 87·95.
E.A. Livlngatone {ed.), Studia PalristiC41 ' ., '
)02 I Padri Cappadoci

me gli rimprovera Gregorio r-;~ianzo ~ep. 1_01, 3_0: cf. sopra, p.


l93 ), certamente egli respinse I_ td~ che m <?nsto VI fossero due fi.
gli e che Cristo fosse un uomo tsprrato da Dto e che fosse un essere
Iihero e sottoposto a! mutamento. AI contr~rio, egli possedeva una
mente immutabile e questo fatto lo rendeva Immune dal peccato. In
sostanza, quindi, Apollinario rifiutava illato umano in Cristo.
La replica del Nisseno critica l'ipotesi che Dio sia morto, sotto
qualsivoglia forma o aspetto, _in G~u: !'~rc?e ~uest_a idea avrebbe
distrutto Ia concezione della IDlpasstbilita di Dto. Btsogna dire, in-
vece, che il divino e l'umano coesistono in Cristo. lnoltre Gregorio
afferma che:
- non e esistito un uomo celeste ne il Cristo incarnato possedet-
te un corpo sceso dal cielo;
- e errata Ia dottrina di Apollinario, che l'umanita di Cristo non
possedesse una mente umana;
- e errata Ia dottrina di Apollinario, che Cristo fosse soltanto
came fornita di mente, cioe posseduta da Dio;
· a differenza di quanto ritiene Apollinario, Ia virtu presuppone
intelligenza e Iiberti!;
· anche se Cristo e un uomo perfettamente libero, non vi sono
due Sostanze in Cristo. La Iibera sottomissione alia volonta divina e
essenziale per Ia vera umanita.
Infine Gregorio esamina Ia tripartizione di 1 Ts 5, 21 dell'uomo
in corpo, anima e spirito. Essa non implica Ia divinizzazione della
parte spirituale. Apollinario aveva detto, invece, che nel Cristo in·
camato lo spirito esprime Ia sua natura divina.
Certo, Ia concezione alessandrina della superiorita del Logos
sulla came di Cristo e ribadita piu volte, come in Contra Eunomio
ill 3,_ ~- ll confronto con Ia goccia di aceto che si perde neU'im·.
menstta del mare e impiegato anche nel Contraddittorio contro g/t
Apollinaristi (GNO ill 1, p. 201, Miiller) e nella Lettera a Teofi/tJ
(GNO ill 1,_p. 126), e costituisce una formula ripresa anche dal m?:
nofislta Eunche: essa significa Ia trasformazione dell'elemento P10
debole, e, pure, il suo continuare ad esistere come tale. Evero che
q_uesta trasformazione della natura umana avviene secondo Grego·
no, do!"'~ passione e Ia risurrezione, e non dall'Wzio deUa vita ter·
rena di Cnsto '.

'a. K. Holl, Amphilochius von Ilt.onium . . , cit., p. 229.


Altri passi, secondo alcuni studiosi, fanno eli l '-ono· ·
. p il N' in£ . . ~·"!! un cnpto-
nestonano. . ~r r~eno, . an.r, il peso dell'opera redentrice s.i
e
colloca al di Ia della vrta stonca di Cristo; Ia motte solo il comple-
tamento di ~a c~n-~on~ che.la presuppone•. Ma questo non si-
gnifies che I ~aruta di ~nsto Sla assorbita dalla divinita, ne che Cri-
sto incarnate divenga Dro solamente con Ia risurrezione, cessando al-
lora eli essere uomo: significa, invece, che nella risurrezione si trova
manifestata al massimo della efficacia Ia elivinita dell' uomo Gesu .
.Egli diventa Dio, piuttosto che uomo» (Contra Eunomio ill 3, 46):
sono parole che non debbono essere intese in sense nestoriano.
In conclusione, se, secondo alcuni, il Nisseno mostra tendenze
eli tipo monofisita, secondo altri (Kelly• e Pottier•), Ia sua cristolo-
e
gia, in quanto Cappadoce, a mezza strada tra Ia scuola di Alessan-
e
dria e quella di Antiochia. Holl dello stesso avviso 1 e osserva Ia ra-
ritii, in Gregorio, della formula "madre di Dio" (tbeotokos), alia
quale preferisce quella "colei che accolse Dio" (tbeodocbos); pari-
e
menti rara 1'espressione "Dio che parisce Ia passione", a differen-
za che in Gregorio di Nazianzo.
e
La nascita verginale di Cristo discussa nell'omelia suIt perio-
do dei tre giorni, che Drobner considers tarda, a causa della maturi-
ta della sua concezione della nascita di Cristo (GNO IX, p. 275-
276) •, oltre che in La verginitii 2; Contra Eunomio ill 2, 25-27; Con-
futazione della con/essione di/ede di Eunomio 56-57; omelia Sui Na-
tale di Cristo PG 46, 1136-1141; Omelie sui Cantico dei Cllntici 13
(GNO VI, pp. 387-390) ed ep. 3, 22. .
Nell' omelia Sui Natale di Cristo Gregorio sviluppa una cnstol~­
e
gia del tipo Logos-uomo, che gli tipica, anche se Ia s~a prospetn-
e
va talvolta falsata dallo schema Logos-came, e definisce. Ia motte
dell'uomo come separazione del corpo dall'an~a. ~gli ~fe.rma
quindi che tra Ia morte di Cristo e Ia sua risurrezrone VI fu I uruone
costante della sua natura divino con ciascuna ~elle p~rtl s~par!~e
della sua natura umana: il Pottier Ia definisce dop~ra d~e ·
L' affermazione che Ia motte di Cristo estata Ia separazrone sua

4 Cf. ibid., p. 235. . . d lk . ini Bologna 1972, pp. 364·366.


'Cf. ].N.D. Kdly, II pensiero cnsllttnoG, o~g Je'Nysse cit pp. 243ss.
6 Cf. B. Pottier, Dieu etle Christ selon_ rego•'! 23i e li5.
7 Cf. K. Holl, Amphi/ochius von I~n;,umr;/ 1 ~'lX;qerstebung Mnst:Ns Hom ]e-
8 ~f. H. Drobner, Die drei Tage zwuc en r:bner, Brill. Leideo 1982.
sus C~nstus, eingel., Ubers. &: komll_l· vo~ HJ,t~ire de Nysse, cit, p. JOlss.
Cf. B. Pottier, Dieu el /e Chnsl se n :g
)04
I Padri C4ppadoci

anima umana e dal suo corpo umB?o (Contro f!uno-:zio III 3, 68) e
coerente con Ia sua cristologia. ll nconoscere, m Cnsto, le passioni
dd corpo e quelle dell' anima e l'accettazione, per Cristo, della mor.
talit8 naturale, tipica della nostra natura decaduta, concordano. In
questa concezione Gregorio fa spazio alia teologia antiochena all'in.
temo dell'eredit8 alessandrina, propria dei Cappadoci '"· '· J
. .
3.1. Cristo subtsce Ia passtone? ~
I ~
r
J.:epistola 3 di Gregorio Nisseno, che e contemporanea al terzo
libro dd Contro Eunomio, distingue tra alcune "passioni".,~:he sono
tipiche della natura umana, rna che non procurano vergogna: man-
giare, bere, doiiillre; il crescere del corpo, tutto quello che caratte-
rizza Ia nostra natura. I.:uomo di Cristo, che fu formato entro Maria
le possedeva, con l'esclusione del peccato (cap. 19). Altrettanto si
lekge in Contro Eunomio III 4, 27-29:
«<n veriti, niente di quello che non conduce al peccato e
passione [ ... ] noi chiamiamo passione in senso proprio so-
lo quello che e pensato come opposto alia apatia della vir-
tU [ .. .] Ia vera passione e una malattia dellibero arbitrio».

4. La cristologia d.i Evagrio Pontico


di La ~cussione e Ia conferma della dottrina ortodossa da parte
S Evagno sono trasformate in un racconto agiografico dalla Vita del
•nto Ev•grio di Palladio. Eccola:

lOCf. ibid., p. )02.


VI. La cristologja de; Caf1Padcci

,,Si pres~tarono a lui tr~ d~oni in abito di chierici, proprio


a mezzogtomo. Erano di cost bell' aspetto che a stento egli ri-
conobbe che erano demoni. Ma, invero, Ia pona della sua
corte aveva sempre un chiavistello, per cui avendolo trovato
come [sempre], seppe che i sopraggiunti [erano] demoni.
Ciascuno, dunque, gli pose il proprio problema, dopo aver-
gli detto: "Poiche abbiamo udito che discuti bene della fe-
de, siamo venuti perche ru ci persuada •.
E lui a !oro: "Dite que! che volete".
Dprimo dice: "lo sono eunomiano. Sono venuto per que·
sto, perche ru mi dica: D Padre e ingenerato o generato?".
E [Evagrio] a lui: "Non ti rispondo, perche hai posto una
cattiva domanda. Infatti, di Colui che per natura eingene·
rato nessuno dice: generato o ingenerato".
Messo in difficolta, dunque [quello] tira l'altro. Questi, fat-
tosi avanti, rigetta [lui stesso] quello che I'aveva preceduto
come uno che ha posto una cattiva domanda. Quindi abba
Evagrio gli chiede: "Tu chi sei?". "Io-dice- sono ariano".
"E cosa vuoi?". Dice: "[Parlaci] dello Spirito Santo e del
corpo del Cristo: se questo [e] davvero da Maria".
Abba Evagrio risponde: "Lo Spirito Santo non eprogenie ne
crearura. Ogni crearura, infatti, econfinata ad un luogo ed e
soggetta a mutamento ed esantificata per partecipazione. Lo
Spirito Santo, invece, 'procede' dal Padre (Gv 15, 26) e
'riempie rutte le cose' (cf. Sap 1, 7)- dico: quelle nei cieli e
quelle sulla terra -, senz' essere lui stesso santificato da alcu-
no. Dunque, que! che non e circoscritto ed e immutabile e
per essenza e santo non puo essere ne venir detto crearura.
Circa i1 corpo, Ia domanda e [quellal dei manich~ e .d~ ~­
lentiniani e dei marcioniti: (e] anche [quella] degli anam? ·
D demone risponde: "Si. Noi dubitiamo, rna non osiamo
parlame in pubblico a motivo delle folie". .
Abba Evagrio risponde: "[Nelle Scritture], dunque, VI so-
no e si dicono molte cose in relazione a! fatto che il corpo
eda Maria: sia Ia crescita, sia Ia circoncisione, sia il t~~
di nove mesi [passato] nel ventre, sia l'allattament~, "!" il
mangiare e il here e Ia fatica e il sonno sono propn di un
corpo corruttibile; ancora, il fatto che fu innalzato sulla
croce, quando fu trafitto dalla Iancia e scorsero acqua e san-
gue (cf. Gv 19, 34)".
I Padri Cappadoci
J06

TrovatoSi dunque in difficolta anche Usecondo, viene avan.


ti Uterzo, con molta sfrontatezza, e, scacciati i due khe Jo
avevano preceduto] come [persone] c~e _non avevano avu.
to successo, gli dice: "Concesso che ha1 vtnto !oro- e infat-
ti Ia verit8 parla per te -, che hai da dire a me?" ..
Evagrio gli dice: "Tu di che dubiti?".
Lui risponde: "Non dubito affatto: ho certezza che UCristo
non ebbe intelletto umano, rna, al posto dell'intelletto, Dio
stesso, per Ufatto che un intelletto umano non puo vincere
'U principe dei demoni' (cf. Mt 12, 24)".
[Ed Evagrio] a costui: "Se non ebbe intelletto umano, nep-
pure [ebbe] corpo. Se pero ha assunto un corpo umano da
[Maria], Ia vergine santa, allora e divenuto un uomo con
anima [e intelletto], perfetto in ogni cosa dell'umanita, 'ec-
cetto Upeccato' (Eb 4, 15). ll corpo, infatti, non puo esse-
re [privo di] anima e intelletto. Se non li ha assunti, non e
affatto possibUe dirlo Cristo. Paolo, invero, insegna Ia dot-
trina deii'Immutabile e dell' anima umana e del corpo rica-
pitolando nell'unita Ia fede e dicendo: 'Uno, infatti, eDio;
uno anche il mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Gesu
Cristo' (1 Tm 2,5). A quanto vedo, l'accordo di voi tre abo·
Iisee tutto il tnistero della santa Trinita, se, infatti, uno di
voi dice creatura il Verbo, iJ secondo nega lo Spirito Santo
e il corpo del Cristo, mentre i1 terzo [rifiuta a lui] anche
I' anima. Per questo, chiaramente siete trovati a concorrere
con i giudei, che hanno crocifisso iJ Cristo. Questi, poi, for·
se, [sonol anche perdonabili, perche )0 han no tolto di mez·
zo 'second~ Ia came' (Rm 1, 3), rna voi, per quanto sta alia
vostra emp1etil, [lo togliete di mezzo] in quel che e 'secon·
dolo spirito' (Rm 1, 4)".
Allora, turbati assai, dopo averlo minacciato di una pena
~empla_re: svanirono. Lui, come destatosi da un sonno, era
p1eno di nmore.
lnvia~: dunque, [qualcuno] da Albino, iJ [suo] vicino, che
era mltlssuno [e) cui egli era legatissimo gli annuncio Ia co·
sa.
il Questi
. gli • conSJ.g
· li'o di non restare solo,
' per U fatto che.
pe(s'eili' e troppo eccitabile e appesantito dalla solitudl·
ne» tr. P. Bett!olo, ed. Qiqajon, 1996, pp. 99-101).
VI. La cristologja de; C,ppadcd

4.1. I:origenismo di Evagrio

~a al c~ntrario di queste interptetazioni agiografiche, che fan.


00 d1 Evagno un perfetto ortodosso, Ia sua cristologia e tutt'al
che ineccepibile (tanto che fu condannata dal Concili di Cos tr?
li · · all' · · )c o tanu-
nopo ms1eme o?ge?'"m? , rortemente impregnata di origenismo
(forse sarebbe meglio dire di subordinazioniamo alia maniera orige-
niana). «Lo. st~so Evagno nee cosciente, e quando espone Ia sua cri-
stologia egli nc~rre aile espressioni piu sibilline, e talvolta anche alia
reti~e~z:•~ ."· C~sto e un~ natura razionale, che possiede in se, pero,
l'uruta divma, sunbolegg1ata dalla colomba che discese su di lui a1
tempo del battesimo di Giovanni (Capitoli gnostici N 27). La gnosi
che noi abbiamo di lui deriva dalla gnosi che noi abhiamo delle natu-
re razionali:
<<Nella contemplazione naturale seconda noi vediamo Ia
molteplice sapienza di Cristo [. .. ] rna noi siamo istruiti, a
proposito della sua sostanza, nella scienza che riguarda le
nature razionali» (Capitoli gnostici II 2).
«ll Cristo, in quanto e Cristo, possiede Ia gnosi essenziale,
mentre in quanto e creatore dei mondi e in quanto e incor-
poreo, possiede i logoi delle realm incorporee» (Ri/lessioni 1).

Natura razionale e incorporea, Cristo e sostanzialmente un in-


telletto (Capitoli gnostici I 77). L'intelleno che ~Cristo e~ "intel-
letto nudo", il quale, «mediante Ia contemplaz10ne che I~ nguarda
eunito alla gnosi dell'Unitil» (Capitolignosticiill 6): ll C?'to, dun-
que, e, tra tutti gli intelletti creati nella prima creaz10ne, il solo che
non abbia conosciuto il movimento (Capitoli gnostiCI II 43). Aluo-
ve Evagrio afferma:
«ll Padre e colui che possiede una natura razion.aie, che e
. alla gnosi della Tnmta
umta · · • (.. ·] iJ p adre e co)UI che
Ia poS·
.
siede una natura razionale che e unita alla contemp Z!one
degli esseri>> (Capttoli gnostici VI 29-30!.
dizionalmente, che Ia se-
Qui si afferma, come era ~e"?ato tra razionale _ del Padre.
conda Persona e il Logos - e qUIDdi Ia natura

E re 1e p0 ,tit[ue, cit., P· 315.


11 Cf. A. Guillaumont, Un philosopheou dlsert. wg
I Ptuiri C4ppadoci
308

Questo Logos da una p~rte conosce .gli esseri, d~' ~tr~ possiede Ia
gnosi della Trinita. Ma s1ccome p.oss.Jede .Ia gn~s1 ~ D10, da quesro
punto eli vista si elistingue da ~tu ~li altrJ ~ser1 raz1onali. Un'affer.
mazione criticabile per subordinaz10rusmo e Ia seguente:
«11 Cristo eereelitato ed ereelita, rna il Padre e ereditato so-
lamente>> (Capitoli gnostici IV 78).

Ma che cosa ereelita il Cristo? Secondo il Guillaumont, eredita


i1 Logos: questi e superiore a! Cristo, perche il Cristo e una natura
creata, mentre il Logos e nel Padre (Capitoli gnostici IV 9): come il
Logos fa conoscere Ia natura del Padre, coslla natura razionale fa
conoscere Ia natura del Cristo (II 22). Bisogna quineli distinguere
tra Logos e Cristo: quest' ultimo, essen do una natura creata, non ha
Ia capacita eli conoscere il Padre; e bisogna distinguere tra un Cri-
sto e I'altro: quello che e unito a! Logos, che in tal modo partecipa
della natura elivina, ed il Cristo che e pura natura razionale, che e
stato creato prima degli altri. «ll Cristo non e connaturato alia Tri-
nita» (Capitoli gnostici VI 14), perche non egnosi essenziale, rna ha
solamente in se, sempre, Ia scienza essenziale.
VII. L'impegno ascetico dei Cappadoci

-0
c..gJ Ph. Rousseau. &st1 o/ ea~rareo, ·1 pp 190-232.
Cl .. •
I Padri Cappadoci
310
gaoizzazione che siamo abituati a definire "monastici", fosse d .
na .
e I"
e
to solamente a una elite minoritaria, tanto vero (ed moltesti.
d ost.
gnificativo) che Basilio ~on a o era mat 1a paro a monaco" 0 un
suo sinonimo, a mante ttl gmo monac os ~
"solitario"), rna, appunto "cristiano"
:;::::::Le testimonianze del N a : o sulle op.~re ascetiche eli Basi.
lio so p o oscure e genertche, ed ~cor ?m .queUe del Nisseno.
nN e (or. 43, 34) sicuramente VI fa riferlmento, rna le rego.
le eli parla sembrano riguardare solo I~ purezza del corpo e
Ia formazione spirituale. In una lettera giovanile, che si riferisce a(.
Ia loro vita ritirata nel Ponto, il Nazianzeno scrive (ep. 6, 4) della (0 .
ro aspirazione alia ~· che era stata «resa salda da principi e nor.
me scritte», una frase spesso interpretata come un riferim~
·una legislazione, forse quella delle Regole morali. Gregorio · Nis
si riferisce a un lavoro giovanile di Basilio, nel periodo · tom
362, e spiega che esso era in grado di spingere il cristiano epa·
role ai fatti (La verginita 23, 1).
Le ricerche degli ultirni anni hanno mostrato che non eaffatto
vero che solo in un determinato periodo di tempo Basilio avrebbe
attuato quello che poi i secoli successivi avrebbero chiamato "mo·
nachesimo". Egli rimase sempre convinto che quello che andava SO·
st",':'endo eJ~lJtr' ~ i e•is7c !' che doveva essere attuato
all mtcrno c1~ a, n suo sign tcato piu ampio, piuttosto cbe
s&llplicemente Oll'mtemo di comunita piu ristrette e isolate. Cosi,le
. oper~ raggruppate nel corpus degli scritti ascetici debbono essere
• constd~r~~ ~orne il risultato eli un lungo processo, che oltrepassa
>11nehe tlirnin della stessa vita di Basilio. Importante e rendersi con·
10 c~e esse non sono le forme di un sistema monastico organizzato,
presteduto dal vescovo stesso.

""'
VII. L'impegno arcetico dei C.ppadod
311
I Padri Cappadoci
VII. L'impegno ascetico Je; Coppadoc;
313
I Padri Cappadoci
314

Eustazio, 8 sottomissione _di E~stazio stesso ~ della prosecuzio.


ne e movimento con_Ia rth~one del p~esht_tero _Aerio. BasiliQ
era poi entrato in rapport! strettt con ~ustazto e 1 sum seguaci. Evi.
dentemente illoro comportam~nto, di~e~uto confonne ai dettanu
del concilio, apparve accettabile a Basilto, che approva Ia seriet'
deUa )oro ascesi. Ma Ia sua adesi~ne all' asc~tis~o degli eustazian~
non esclude Je critiche. Numerost sono, net sum scritti, i richiami
aJ sinodo di Gangra (nonostante che esso non sia mai nominato)
eli em si nbadiscono le prescrizioni. Numerosi anche i riferimend
di condanna dei messaliani. Innanzitutto, Basilio propone un suo
modo di mtendere ta perfezione cristiana: contro Ia tendenza mes.
saliana ad esagerare il valore dell' esperienza personale, egli insiste
sempre sulla "oggettivita" della "regola" basata sulla Scrittura e sui
criteria £0iiaamenta1e, che e I uoolilienza a guanto essa dice.
Se i messaliani praticavano tanto assiduamente Ia preghiera da
prendete da essa illoro nome e da vantarsi di pregare senza inter-
ruzione, Basilio pure attribuendo il giusto peso alia dignita deUa
p~ra, ribadisce piu volte che anch'essa deve avere Ia sua giusta
collocazione nella vita dell' ascera e non diventare pretesto per igno·
rare gli altri precettl, soprattutto quello che ci ordina di vivere e soc·
correre i fratelli con il frutto del nostro lavoro: Ia vera prova che si
_ama Dio e soltanto ~bbi~za ~uoi_g£e~i. Gli stessi carismi,
dei quali si vantavano flTieSsallliiii, ceno nonerano meno apprezza·
ti ~Basilio: ma, a suo parere, essi non servono a nulla e diventano,
"'_!~· motivo ulteriore di condanna, quando non si uniscano all'uh·
ht~za:J.o Spirito, infatti, che dona i carismi, e in primo luogo co·
lw ~e crri orda i precetti del S· e e non si puo veramente par·
tectpare allo ptnto se non mediant 'ubbidienza a Dio.
. .L'a~b"t
b ttnodi
· qwn
1 no, · di , non deve aver alcun
' peso e ancor meno I' 8r:
:: I
hi· desse uno spirituale, perche veramente
~ 51 c:e ' 1
penetto
e
~ 0 co_!~ che, Uberandosi da ogni opinione umana, co ee u
3~rze SllRlpegna nell'imitazjo'! ~ri to Nella Rego ampia 7 pG_1
::...0' 9;scs~ .. Basilio _sottohriea\ o0;;;-,:.,mitario che oveva v.d
lpedtutttt monact. La solitudine di tipo egtz"iano era 'rna
soo opo un lun · d B iii" non
s
aveva . go peno o di prova nel monastero: as 0
La ~aua per delle manifestazioni di zelo isolato.
gnatt a aar
esa consiste nella comunita dei cristiani che sono ~rn·
e una seria . . . " elo ,,o
tutti 1o possono f nspos_ra at comandamentt del v~g · 501 •
to l'ispirazione e~e, rna tu~~· comunque, sono chiamau a fad~ rut·
' supervtstone dei vescovi e del clero. Perc!
VII. L:impegno ascetico tki Cappadoci
315
316
VII. I:impegno ascetico dei Cappadoci
317
318 I Padri Cappadoci

dell'ep I filosofi-asceti dell'India, famo~i gim~oso~~ti, condu.


cevano una vtta m co e, come st eggeva m cent tesu romanz .
schi • e altrettanto facevano le comunita pitagoriche: eli queste ul~­
me p~rlava Ia Vita di Pitagora eli Giamblico. I: ascetisrno di Basilio
era saldamente basato su delle consideraziom filosofiche e teologi.
che, sorrette da una profonda riflessione che si e_ra prolungata per
numeros~opra eli tutto stava probabilmente Ia sua no-
zione ~isce il fatto che, all'inizio della eliscussione
sui comandamento principale, Ia sua trattazione dei due concetti ge-
melli, quello dell'amore eli Dio e quello dell'amore peril prossimo,
si colori eli sottolineature stoiche (cf. ep. 25, 1 e l'omelia Sui detto:
"fa' attenzione ate stesso" 1). Non solo nei suoi scritti ascetici, rna in
_tutto il suo insegnamento pastorale, Basilio era convinto che fosse
una cosa conforme a natura Ia devozione nei confronti dei valori cri-
srlani e l'impegno a realiZzarfi.
In questa (e naruraJIIlente m altre cose ancora) consiste Ia diffe-
renza tra il cenobitismo basiliano e quello fondato da Pacomi,o. Con
molta probabilitil Basilio non si reco mai nella Tebaide ed il suo les-
sico non rivela alcuna parentela con le regale eli Pacomio ne con al-
tri documenti egiziani. In realta si t~ ~~ e in-
dipendenti; Basilio parte da una prtimessa molto diversa da quella di
Pacomio. Insomma, Ia sua opera prescinde completamente dal ceno·
1bitis~o ~iano ed e lo sviluppo naturale e omogeneo dell'ascesi
I prattcata m Asia minore e nella Siria. ll modello che Basilio si propo·
ne di imitare, ~esa di Gerusalemme, quella presen·
e
ta~ negli Atti _d · ~w regnava Ia perfetta fratellanza cri:
-~•- ~ t~rmm adelphotes," atellanza", compare molto spesso net
~ 01 scnttt, marc · ecisa impronta s£!iiale. La comunita non
e un mezzo che consenta a ciascuno dei suoi membri eli condurre una
e
vita personale, rna il fine a cui tende I'azione eli tutti. Ciascun mem·
..-!oro dovr~?e rinunciare a pensare a se stesso e lavorare per il be~~
della soaeta cenobitica. Questa comunita come Ia Chiesa di CUI e
una cellula, costituisce il CO!J?O mistico di Cristo.

2. L'ascesi di Gregorio Nazianzeno


mod~e~:Jregorio. Nazianzeno, invece, I' ascesi era da intendersi_ i?
duaie osofi~ • vale a dire, essa era un comportamento indt~:
• non cornspondente ad una vita organizzata in una comuntta
VII. I.:impegno oscelico de; Coppadoc;
319

retta da una.regol~ piu omen? s~era. La sua era una "filosofia", oel
senso che I asces~, p_ur costltw~a dalla mortificazione del corpo
(rientra, ad esemp1o, m tale mortificazione Ia regola del silenzio che
egli si UJ:'Po_se durante Ia ~u~~im~ ~el382), richledeva Ia pre~ie­
ra (e qumdi una form~ di spmtualita) ed uno studio assiduo. Essa
poteva ~vere _qualc~sa m comune con le tendenze ascetiche e mooa-
stiche di que1 tempi, rna non era certamente identificabile con nes-
suna di esse e n~mme_n~ - il che e significative - con quella forma
pratica ed eccleslale di VIta, che abbiamo visto in Basilio. Quello che
Gregorio intendeva per filosofia puo essere rappresentato dalla vita
ascetica che egli condusse nel Ponto insieme all'amico, durante Ia
quale egli compose Ia Philocalia, cioe si dedico intensamente allo
srudio di Origene. Gli awenimenti successivi, e soprattutto quelli
relativi all' episodio di Sasima, mostrano il disaccordo tra Basilio e
Gregorio sulla vita perfetta del cristiano, e il coinvolgimento di Gre-
gorio nelle vicende della Chiesa di Costantinopoli fu sempre accom-
pagnato dal desiderio dell' ascesi.
Questo aspetto urnanistico della sua spiritualita e della sua asce-
si si manifesto anche nel &equente ricorrere a modi espressivi che
derivano da Platone. Cosi, egli si lamenta di essere "aggiogato a!
corpo" (cf. or. 14, 6, PG 37, 865A; 18, 3, 988C; 21, 2), riecheggian-
do Ia famosa immagine del Fedro platonico, dei due cavalli di razza
diversa, che rappresentano Ia parte irascibile e Ia parte concupisci-
bile dell' anima retti da un auriga, che sta a significare Ia parte ra-
zionale; conos~e anche l'immagine del corpo sepolcro dell'anima
(cf. ep. 31, 4; or. 7, 22; carme Contro Ia car.ne II I, 46, 9, PG 38,
1378), derivata dal Cratilo (400c), dal Gorgia (493a), dal Fedro
(250c), o quella del corpo "carcere" dell'anima (cf. ep. 32, 11 e 195;
or. 7, 21; 17, 9, 975B; 32, 27). .
Gregorio rielabora in senso cristiano Ia dottrma d~ Fedone,
quando afferma Ia contrapposizione radicale tra Ia_ realta terrena,
solo apparente perche mutevole e instabile, e Ia realta vera: ultrate~
rena e immobile «il mondo intelligibile e che perdura», di fronte
«mondo qui pre~ente che non e stabile» (or. 18, 3, 988C). ~e cose
sensibili sono caratte;izzate dallo "scorrere», come un m~e m rem-
pesta (or. 14 20 884A- !4, 30, 897B; 18, 3, 988C ecc.) (m Platone,
' ' ' . hi · il trasto tra il mon-
ceno, tale contrapposizione servtva a c aru-e c?n d "bile
do dell'idea cbe e quello veramente esistente, e il m?~ .0 seDSI '
~he e spro~isto di una vera realta). Le ~tii immobili, mcor':'?~
unmutabili, sono, per Gregorio, Dio, eVIdentemente, e tutto ClO
I Padri C4ppadod
320

eincorporeo: gli angeli,le anime beate. e ~ luogo. ~.cui essi si trova.


no (cf. carm. I 1, 4, 77-100). Esse costttUiscono il mondo intelligj.
bile" (or. 18, 3, 988C), espressione della ft.!osofia platonica.
E cosl anche Ia morte e presentata da Gregorio in senso plato-
nico e cristiano insieme:
«quella che implica una liberazione dai mali di questa vita e
che spesso ci solleva alia vita di lassu, non so se propriamen-
te possa essere chiamata "morte"[ ... ] una sola e Ia vita, il
guardare Ia vita; una sola e Ia morte, il peccato: esso, infatti,
costituisce Ia rovina dell' anima; tutte le altre cose, invece, di
cui alcuni menano gran vanto, sono solamente visione di so-
gni, visione che illude per quanto riguarda le realta, e fanta-
smi vani dell' anima» (or. 18, 42, 1041BC, cf. Pedone 67d).

Anche Ia affermazione platonica, che Ia vita del sapiente euna


"cura della morte" (Pedone 67d; 81a), e piu volte ripetuta da Gre-
gorio (cf. or. 7, 18; 26, 11; 27, 7; ep. 31, 4). Si puo giungere a tale
esercizio se prima ha avuto luogo Ia purificazione dell' anima. Anche
in questo si coglie Ia forte presenza della speculazione platonica, del
dialogo piu "cristiano" e piu ascetico, il Fedone:
« ... chiudendo gli occhi davanti aile sensazioni, uscendo
dalla came e dal mondo, stando rivolto a se stesso, senza
toccare niente delle cose umane, se non quando vi sia asso-
luta necessita, parlando con se stesso e con Dio, vivere al di
sopr~ d~lle cose che si vedono e portare sempre pure in se
stess1le unmagini di Dio, intatte dalle lmpressioni di qua in
basso e d~ errori, essendo in verita uno specchio lmma-
colato d1 D10 e delle realta divine e tale sempre divenendo,
•c.cogliendo incessantemente Ia luce con Ia luce e acco-
gliendo quella piu splendente con quella piu offuscata, go-
dendo di gill con le speranze il bene della eternita futura e
aggirandosi con gli angeli» (or. 2, 7 ).
Nel Pedone leggiamo:
«allorquando
· do I'anun'a vtve
· il PIU
.. poss1bile
· · per se stessa, Ia-
M' .Perdere ~ ~rpo (65c) [ ... ] il corpo non permet~e
di ~ an~ ~cqwsula verita (66a); [... ] corpo ci riemp1e
jJ
antas!e di ogni genere (66c) [... ] qualora ci accostiam0
321

ai corpo q~to men~ ci ~ ~ossibile e non abbiamo comu-


nione con lw, se non il ffilOUOo necessaria» (67a).

G~egori~ s~ttolinea I' esigenza di chiudere il proprio io aile sen-


saziom, e qwndi al mondo estemo, di raccogliersi in se in uno sfor-
zo di interiorizzazione, per poter contemplare Ia realtil vera, che e
quells di Dio. La contemplazione e riservata esclusivamente a colui
che si e preparato mediante una doverosa purificazione:
«Ove vi e il timor di Dio, si trova I'osservanza dei coman-
damenti; dove si trova I'osservanza dei comandamenti, 111a
purificazione della came dalla nube che si oppone all' ani-
ma e non le permette di vedere con purezza il raggio di Dio;
rna dove c'e Ia purificazione, si trova l'illuminazione; e l'il-
luminazione e Ia soddisfazione dei desideri per colora che
bramano le cose piu grandi o Ia cosa piu grande o quello
che e a! di sopra di cio che e grande>> (or. 39, 8).

Questa "fine della nostra religione" e anche "discorso dei sag-


gi", cioe di Pistone. ll seguente passo di Gregorio:
<<lo presto fede ai discorsi dei saggi, che ogni anima bella e
cara a Dio, una volta che sia stata sciolta dal corpo che le
era stato legato attorno e si sia allontanata da questa man-
do, immediatamente venutasi a trovare nd contatto e nella
contemplazione del bello che Ia attende, in qu~to e stato
purificato quell'elemento che le faceva o~b~a o e stato de-
posto o e avvenuto quello che si deve dire, IO credo: d~­
que, che essa goda di un mirabile piacere e si rall~gn e lie-
ta proceda incontro al suo Signore, per esser sfuggita da ~
grave carcere cioe questa vita terrena, ed aver scosso ~~e
1;
i ceppi che stringevano, dai quali veniva trattenuta I . a
della sua mente (cf. Pedro 246d), e con Ia sua tmmagmazJO-
ne goda della beatitudine a lei riservata» (or. 7, 21)

sviluppa quelli dd Pedone:


. . . dal fino 8 quando il clio
«... se no1 c1 purificheremo corpo, . l'b · ,.
• d ndocene via I e0 ...
non ci avril Iiberato; e cos!, an 8 . • de~· padrom'
(67a); «io, convinto c?e nell ' aldil' contrero
8 m[ ]!'anima, Iiberato
buoni non meno che m questa terra .. ·
dal corpo come da dei ceppi» (67d).
I Padri Capp4doci

«E noi per mezzo di un piccolo strumento, p_er cosl dire,


operiamo grandi cose, nd senso che con Ia sa~tenza umana
andiamo a caccia della conoscenza della realta vera (cf. or.
7 17· Platone, Fedone 66a; 66c: "l'andare a caccia della ve-
C.: redta "), rivolgendoci aile realta intellettuali mediante Ie
sensazioni o comunque non senza le sensazioni, daile quali
noi siamo illusi e a causa delle quali andiamo errando, e
non possiamo inconttare Ia nuda realta con Ia nuda mente
e raggiungere Ia verita e caratterizzare Ia mente mediante
quello che essa apprende» (or. 28, 21); «La nostra mente in
questo modo si stanca ad uscire daile cose corporee e ad
unirsi aile nude cose incorporee>> (or. 28, 13 ).
«Con !'anima nella sua essenza bisogna contemplate le re-
altii quali esse sono» (Fedone 66e); «si avvicinera piu di
ogni altro alia conoscenza eli ciascuna realta colui che al
massimo potra farlo servendosi della mente in se sola»
(65e); «Se non ci saremo spogliati del corpo, non potremo
procurarci adeguatarnente quello che noi desideriamo: eb-
bene, questo che noi desideriamo, noi diciamo che e Ia ve-
ritii» (66b).

Noi potremo raggiungere questa contemplazione della verita


«quando saremo lasciati tranquilli dal fango del mondo
esterno e dal disordine, e Ia nostra parte dominante non
sara sconvolta daile immagini malvagie e disordinate [ ... ]
c~e veramente bisogna cercare Ia serenitii per conoscere
Dio ... » (o~. 27, 3; cf. 28, I); «sempre, infatti, si insinua
q~cosa_ d! nostro, anche se il nostro intelletto si separa il
pm poss!bile_ dalle cose che vede e, standosene per proprio
c?~~· st acctnge ad accostarsi aile realta a lui affini e invi-
~bili» (or. 28, 12); «infiniti turbamenti infatti ci procura
corpo [; .. ] ci procura sconvolgimen;o e dis~rdine [ ... ]
p~r _tutto il tempo che Ia nostra anima e sconvolta insieme
a w [. ·: l • mentre se otterremo Ia serenita, staccati dal cor·
:·~b volge,re~o a contemplate qualche cosa ... » (Fedo-
do ss.); «1 aruma ragiona nel modo migliore ailorquan·
• ~essuoa eli queste cose terrene I' affligge ne cose udite
ne vtste
pro . '
ne dolori ne. gulle, u
. . ma sene sta U piu' possib" e per
pno como lasciando perdere U corpo e, per quanto Je
VII. L'impegno oscetico dei CoppatkJci
.m
riesce, aspira alia vera realta non stando in comuniooe coo
lui e non toccandolo ... >> (65c); «il separare il piu possibile
!'anima dal corpo» (67c).

Si ricava, dunque: d~ questa serie di affermazioni, che per Gre-


gorio Ia conoscenza di Dw econdizionata dalla purificazione, e que-
sta non puo e~sere altro .~he Ia vinu cristiana. Platone, infatti, aveva
parlato della prudenza : («e Ia prudenza stessa, forse, non e altro
che purificazione» [Fedone 69c]), rna Ia "prudenza" coincide con le
vinil proprie del cristiano.
La purificazione umana nella tensione dell' ascesa al divino e
paragonata ad un"'illuminazione", a un "rendere luminosa" I' ani-
ma, Ia quale, di conseguenza, puo accedere alia purissima luce di
Dio, in un incontro della luce con Ia luce (or. 32, 15). La specula-
zione di Plotino presenta un discorso analogo, sebbene il filosofo
greco, nel suo intellettualismo, presenti l'incontro della luce con Ia
luce come un incontro di carattere speculativo, non come un'espe-
rienza ascetica. In V 3, 8 Plotino, dopo aver esposto per mezzo del
Timeo (45bc) il principia che nel mondo sensibile «<a vista, che e
luce, o meglio, e unificata alia luce, vede Ia luce>>, afferma che Ia vi-
sione intellettuale del Nous (ie cui caratteristiche sono spesso ap-
plicate da Gregorio a Dio) consiste nel vedere Ia luce con Ia luce,
senza alcun intermediario: <<Ia luce, dunque, vede un'altra luce: es-
sa pertanto vede se stessa>>. Per Plotino, e l'intellerto che vede le
realta intellettuali e si identifica con esse; per Gregorio, e!'anima
che si identifica con Dio: rna e sempre "luce con luce", e l'imma-
gine e scelta dai due scrittori perche evidenzia Ia dissoluziooe del-
l' entita minore in quella maggiore. Dopo aver parlato della. cono-
scenza che l'lntelletto ha di se stesso, Plotino prosegue mdicando
come I' anima possa giungere a conoscere l'ipostasi supe~iore: «Ma
questa luce e brillata risplendendo nell'anima: vale a dire, Ia ~e~e
intelligente. II che signifies che Ia fece simile a se, ~lla Iuce che e. m
alto». II termine "fece simile" designal'unione dell amma coo DIO,
Ia "assimilazione a Dio •:
«Ebbene se quale el'impronta dellaluce che ha luogo nc:J:
I' anima, 'una' tale luce tu pensi, e an cora pm" bella
d 1e pm
grande e piu chiara, allora sarai vicino • compren ere 8
tura dell'intelletto e della realta intellenual~ [.. .] quan
';r°
pensa, I'anima diviene nella sua forma clio e mrelletto».
I Padri C.ppadbci
324

Anche per Gregorio !'anima divc:nta, graz_ie_ all'illuminazione,


«iuminosa eli fonna» (or. 28, 17) e «di forma divtna>> (or. 21, 1; 3S,
7 . 39 10) perche l'intelletto umano e «della stessa natura eli Dio
(~r. 14, 4.'864A; 28, 17); ~atti esso \e 1_10n l'u~m~ nella sua totali~
ca) estato fonnato a immagme e som•glianza eli D10, come Ia tradi.
zione cristiana eli tipo platonico aveva sostenuto.
La purificazione produce, secondo un' altra dottrina di origine
piatonica, ampiamente diffusa nella tradizi~ne _cr!s~ia1_1_a, Ia "assimi-
lazione a Dio" (cf. or. 6, 14; 8, 6; 24, 15), eli cui SI e gta parlato a p.
214. Certo, Ia "assimilazione a Dio" eli Gregorio non puo essere
e
quella eli Plotino, cosi come non lo Ia "purificazione". Giustamen-
te, a questo proposito, il Plagnieux ha osservato che, pure nell' am-
bito eli impressionanti analogie tra Ia purificazione neoplatonica e
quella cristiana, non si puo non tener conto dell' opposizione fonda-
mentale tra le due spiritualiti: «una purificazione implies Ia elisin-
camazione dell'uomo, I'altra l'incarnazione del divino. L'una, consi-
derando Ia creazione stessa come una caduta [. .. ] vorrebbe annien-
tare ancbe quello cbe c'e eli buono nell'uomo, I'altra assume non so·
lamente il corpo, rna le debolezze stesse della came per guarire e re·
stituire all'annonia totale quello che Ia caduca, awenuta con il pec-
cato, aveva perduto»'.

. In co~clusione, Gregorio scrivendo a Filagrio, lo esorta ad una


Vlta ascenca:

«. · .bisogna cbe tu mediti sulla tua sofferenza e sopratrutto


tu ti purifichi e tu sia piii forte delle tue catene ... vale a di-
re, hisogna disprezzare il corpo e cio che e corporeo, e cio
cbe scorre e turba e perisce; entrare a far parte, tutto iote-
ro, ~ella realm eli lassii e vivere, iovece che per il presence,
per il futuro; fare della vita terrena una "meditazione della
motte" (sono queste le parole eli Platone) e liberare, per
quan_to ~iamo, Ia nostra anima da quello che, secondo il
r::'rero eli qud grand'uomo, e corpo 0 sepolcro» (ep. 31,

cb Ricollegand051· ad una 1unga tradizione ddla senoia platonic&,


·
e aveva Ia sua origioe in un passo famoso della Repubblica
VII. I:impegno ascetkvJ Jej Cappatlcci

(508ess.l, Gregorio ~~~~e un paragone tra il sole e Dio: «qUd1o


che per le cose senstbili e il sole, questo e, per le cose intelligibili,
Dio» (or. 21, 1; cf. 28, 30; ~0: 5 e 37); «Dio crea per 1e cose di quag-
giu iJ sole, cosl come Egli e luce per gli esseri eterni» (or. 44 3
609C). Di conseguenza «come il sole svela Ia debolezza dell'ocd,u;
umano, che non puo affissare lo sguardo a quella fonte vivissima di
luce, cosl Dio rivela Ia debolezza dell' anima» (or. 9, 2); «Uno solo e
Usole; rna esso, se illumina Ia vista che e sana, offusca quella che e
debole» (or. 17, 7, 973B; cf. anche 20, 10). Da qui l'esigenza di una
purificazione. La luce, infatti, implica Ia purezza (cf. or. 2, 5), e Dio
el'essere piii puro (cf. or. 30, 20). La conoscenza di Dio epossibile
solo attraverso Ia purificazione, perche l'intelletto umano si avvici-
na all'essere purissimo solo see puro anch'esso. In questa concezio-
ne, che deriva da una celebre affermazione platonica (Pedone 67b:
«Fa' attenzione che non sia cosa illecita, per chi e impuro, avvicinar-
si a colui che e puro») e, in generale, da tuna Ia speculazione come-
nuts nella prima parte del Pedone, Ia contemplazione della luce di-
vina si attua mediante Ia purificazione dell'anima:
«Noi riceviamo, della luce di lasso, solamente un esiguo ri-
volo, quanto ne appare io uno specchio e in enigma. Voles-
se il cido che in seguito noi potessimo incontrare Ia foote
della bellezza, contemplando con mente pura Ia verita pu-
ra e trovando, quale compenso delle nostre _fati~he di quag-
giii attomo al bello, Ia piii perfetta parteop~one ~ con:
templazione, lassii, del bello ... >> (or. 7, 17); ~~roe _colw
che e cosl cieco da non poter volgere gli occhi at raggt del-
la verita» (or. 21, 2); «sara dato un premio adegu_ato a colo-
roche si sono purificati in questa vitae a lungo st sono pro-
tesi verso I'oggetto del loro desiderio» (or. 28, 12).
La conoscenza di. Dto .
assume, 0 a
ell speculazione del Naziaoze-
I 1 · · chiara con
no, una forte coloritura mistica: «afferrando a uce _pm . • u _
quella piii debole fino ache arriveremo alia fonhte tet raggl ~ ch2, :_
giii e otterremo I~ beata perfezione, una voltadcelle lo specmm·ore con
ra• diSsolto nella veritii» (or. 2?, ~ )" L'"d titii a uce
I ~ J'"assimilazione a Dio".
quella maggiore, nella quale si <!i'sol~, della 1 • di Gregorio Na-
. L'origine ultima della "termmologta u~ 1 9 «<a 1uce ve-
Zianzeno e, certo, scritturistica: ~asnelpensd 8 . 3 !9-Zl; 9, 5 ecc.;
ra, che illumina ogni uomo, ventva n moo O», ' alue concezioni
1 Gv 1, 5 C«Dio e Juce»). Ma per questa, come pee
I p,J,.; C4ppadcci

della cultura cristiana dei primi secoli, _si verifica I'osm~si di concet.
ri e di termini con Ia cultura pagana. D1 conseguenza, l'Identificazi .
ne di Dio con Ia luce e pos_ta anche da <?rigene s~bito_ all'inizio d~
trattato I principi (11, 1), m base a quet due tesn scntturistici. Lo
sresso esempio del sole, Ia cui luce e superiore a quella che puo con.
cepire e accogliere Ia vista umana, cosi come, eli Dio, puo essere col-
ta solamente qualche scinrilla, si trova ne I principi I 1, 5; Contra
Celso V 1; Commento al Vangelc di Giovanni I 24 (25), 161. Orige-
ne sembra, dunque, essere stato il modello di Gregorio.
La vita etema consiste nella contemplazione della Trinita. n
maggior premio del beato e l'incontrare «<a fonte stessa del bello.
(or. 7, 17), un'affermazione di puro stampo platonico, in cui Dio
non e inteso in modo personale alia maniera cristiana. Tale fonte
del bello ora e da noi immaginata solo "in specchi ed enigmi", rna
un giomo potremo contemplare Ia verita pura con mente pura.
Sempre nello stesso contesto, Gregorio ribadisce che Ia beatitudi-
ne e «<a piu perfetta partecipazione e contemplazione del Bello nel-
l'aldila "· Anche qui "il bello" indica Dio ed e unito all'altro COD·
cetto, tipicamente platonico anch'esso, di "partecipazione". E cosl
anche in or. 18, 4, 989B: «<ncontrare nueli il primo e purissimo In·
tellelto nella sua nuditii», in cui ritoma il termine "nudo" e il con·
cetto platonico di "primo lntelletto", cioe Dio, considerato Intel·
ieito sommo.
I genitori di Cesario e di Gregorio si consolano della perdita
del figlio, perche «hanno fatto di tutta Ia !oro vita una meditazio·
ne della morte» (or. 7, 18). Manella epistola a Filagrio, gia sopra ci·
tara_ 01, 3-4), _Gregorio non impiega esattamente l'espressione pla-
tomca, perche non parla di "esercizio della morte" rna di "eserci-
zio deUa dissoluzione". ll temiine "dissoluzione" rlmanda a Fill,
23: «. · .avendo il desiderio di dissolvermi e eli essere con Cristo.· ·•·
~~W:· c'e, si, Platone, nel pensiero di Gregorio, rna un Platone
CtiStlanlzzato. ~ ~uesta osmosi tra il piu spiritualizzato pensi~ro
P~ .• Ia tradiZione cristiana si realizzano le forme della medita·
ZIOne di Gr · N ·
I' . ego~ azJanzeno: il Cappadoce ha sempre pres~nte
esortaZIOne paolina. ll fatto che Ia conoscenza piu perfetta si or·
tenga nell' aldil' lo . .
Greg . a mduce ad esprimersi come I' Apostolo. Cosl
d ~no ~a parlato di una nostra conoscenza terrena "in specchio
~hio~ ';seco~do ~ te_rminologia di 1 Cor 13, 12, rna "spec·
testo plaZ,a per mdicare Ia realta terrena tomano in un con·
«La parola eli Dio ci esorta ad essere superiori aHa realta
pres~te e a tras~rare le cose eli qui, che sono ombre ed
enignu. a no~ c~nst?~rare verira ne quello che ci affligge ne
quello che Cl da gto1a, rna a vivere altrove e a fissare 1o
sguardo verso quell' altra realra, e pensare che l'unica cosa
cattiva e il male e l'unica cosa buona Ia virtU e Ia familiari-
ra con Dio» (ep. 165, 8); «Andiamocene via, diveniamo ve-
ri uomini, liberiarnoci dei sogni, oltrepassiamo le ombre
abbandoniamo aiJi altri le gioie della vita, le cose che son~
piu dolorose che piacevoli» (ep. 178, 9).

E Ia metafora platonica delle catene dell'anima e diventata in


Gregorio una metafora che riecheggia san Paolo: «Quell'anima ha co-
minciato a gertar via da se le catene della carne ...» (ep. 228, 1). Eno-
to che il concetto di "carne" etipicamente paolioo (e Cristiano) per
indicare quello che il pagano esprimerebbe con il termine "corpo".
Considerata nella sua complessira, I'ascesi del Nazianzeno, con
questo ricorrere alia filosofia platonica, appare piu una forma di fi-
losofia anch' essa, che non una ascesi vera e propria: per questo mo-
tivo egli ci appare piu tradizionale e meno innovativo tra tutti glial-
tri Cappadoci.

3. L' ascesi mistica di Gregorio Nisseno


Anche il Nisseno impiega una ascesi di tipo plat~nico, ~a Ia su-
pera mediante una serie di approfondimenti person~ che. ru:pondo-
no ad una profonda spiritualita, per Ia quale moln studi~ ~0
parlato eli una vera e propria mistica. Tuttavia a tali .considc:nmoru
manca un'organizzazione sistematica: il non averlo nconOSCluto ha
suscitato delle interpretazioni varie e talora vicendevolmente opchpo-
· ·
ste. A nostro parere, e necessano neonoscere che . -. adelcausa
an e
Nisseno si
della situazione concreta entro Ia quale le con<:e?0 n.' a! )
sono sviluppate (esse sono affidate sta 0
· all' melia Sta
. .
uanato -
, possihile
una ricostruzione unitaria e omogenea della s~ mtSUcaO:,te con lo
solo a prezzo del sacrificio eli quello ~he non e congru
schema prestabilito. Lo vedremo meglio. ~ ~· ttua progressiva-
Per il Nisseno, Ia vita del perfen.o cnsnan; :..~esimo e Ia man-
mente mediante un'ascesa per gr~di. Doli"'. L'ascesa e enuncia-
canza di passioni ha luogo I'espenenza mtSnca.
328

ta dall'espressione "protendersi in avanti" (epektasis), che e Presa


da Fi/3, 13:
«dimenticando le cose lasciate indietro e protendendomi a
quelle innanzi, corro verso Ia meta per arrivare al premio
che Dio ci chiama a ricevere lassu, in Cristo Gesu».

e
Tale ascesa ininterrotta, a causa della lirnitatezza dell'anima e
della illimitatezza, al contrario, dell'oggetto che !'anima brama rag.
giungere. Questa progressione, se considerata nell' ambito della co-
noscenza intellettuale, esiste gia in Origene, il quale individua varie
tappe nella ascesa dell' anima a Dio, interpretando simbolicarnente
il viaggio dd popolo di Israde nd deserto, dopo l'uscita dall'Egitto,
che significa il peccato. I: esperienza mistica, pertanto, rappresenta
il grado piu alto della conoscenza di Dio, il culmine della gnosi.
Questo progresso infinito, dovuto alia infmitezza di Dio, ede-
scritto soprattutto dalle Omelie sui Cantico dei Cantici e da La vita
di Mose. E qui iniziano i contrasti tra i critici, a proposito della na-
tura di tale esperienza mistica, perche le affermazioni del Nisseno
rdativarnente ad essa sono numesose, soprattutto nelle Omelie, e
spesso divergenti.
Lo studioso che con maggiore acutezza - e per primo - studio
Ia mistica del Nisseno fu J. Danielou '. Secondo Danielou il progres-
so si svolge in tre gradi e corrispondente ai tre libri di Salomone
(Pro, Qo, Ct) e aile tre teofanie di Mose, ed infine si esprime nella
triade "timore, speranza, amore", esposta all'inizio della prima
Omelia sui Cantico dei Cantici. Questa tripartizione, pero, e conte:
stata da vari studiosi, come Miihlenberg•, Diinzl '• Pottier', i quali
sost~ono che hanno luogo, nd Nisseno, differenti prospertive; se
Daru8ou cerca di sistematizzare esse non costituiscono un vero e
proprio schema. r: affinarsi dell; purezza, il progresso nella cono-
scenza e Ia crescita dell' amore sono differenti aspetti dell' ascesa, rna
non possono essere definiti come delle tappe o essere posti in sue-

si ~~~ ~uasi. iou~ ~rdare lo studio cbe aprlla strada a queste ricerche=
"O. E.M~meet lheo_logre myr~iq~U>,. Aubier, Paris 19542. ,;.
til.., Golus•-rif!eoz:s.
D,. Unmdlichke11 Gottes b.i Grego• von Nyssa. G.egon K
5 a F~ ld.usis<h.. Al•upbys;J,, Von den Hoeck, GOttinBcn 1966·
VOlPI Nys~ M~ut"'"n4 BriWiigam: Die Auslegung Des C4nticum Jurcb Gregot
'a ·8 P •. _&<n 1993.
· · Oltlct, Diftl etle OJrUt se/on Grigoi" tk Nys.re, cit.
VII. I:impegno ascelico dei GJppadod

cessione. Le triadi eli Gregorio sono, percio, piu un mezzo stilistico


con iJ quale lo scrittore cerca eli descrivere i vari modi del mutamen-
10 nd bene e accentua eli volta in volta Ia cosa in modo diverso.
Seco?do il ~iih_le~_~berg, conformemente alia sua interpretazione
dell'infinitezza eli D10 msegnata dal Nisseno, proprio per questd mo-
tivo il progresso nella conoscenza e infinito (e quindi non si svolge
per gradi) (Omelia XI, GNO, p. 320; XII, 352; VI, 180; VITI 247).
Esso non e solamente mistico, rna e piu ampio, e coinvolge tutta Ia
natura umana e le sue virtU (V 158; VI 186; V 149; VI 174), Ia bd-
lezza (II, p. 83 e 113; IV 101), Ia purezza (XII, p. 360), ecc.
Ma sorge il problema dd carattere eli questa conoscenza, eli
questa mistica. Secondo il Miihlenberg, non vanno trascurati gli
aspetti intellettualistici della ascesa. La conoscenza eli Dio, egli dice,
eun progresso infinito eli una gnosi finita, completato dalla acquisi-
zione essenziale del "perche" dell'ascesa. A tal proposito il Pottier
muove una serie eli contestazioni al Miihlenberg, in quanto costui
non affronterebbe il problema della fede, cbe invece Gregorio ri-
prende incessantemente. La sua interpretazione sarebbe deformata
dalla polemics con Danielou, come aveva visto anche Ch. Kannen-
giesser 7. Abbandonarsi alia fede, infatti, non signifies che in quello
stesso momento si neghi Ia conoscenza e che si perda il sapere ac-
quisito, anche se, formalmente, Ia fede e diversa dalla conoscenza.
Secondo il Miihlenberg, il processo gregoriano manifesta ad un cer-
ro momento Ia coscienza che l'infinito e incomprensibile, e questa
coscienza si trasforma in una certezza filosofica. Ma Ia coscienza
puo restare piu semplice, e comunque non meno sicura. Essa no?
sopprime Ia certezza (anzi, deriva da essa) che le tappe dd ~~­
no eli conoscenza rimangono in potenza infinite, solo cbe I aruma
non ha bisogno eli percorrerle senza fine per sapere c~e deve abb~­
donarsi alia fede <<Entrare nella fede eun passo ultenore, perche Ia
fede_~plica l'~enza eli conoscenz~, l:asuarsi, da ogni conos:
per llllziare un nuovo itinerano, spmn da un alua energta, q .
della fede, della speranza e dell'amo~, ~ c~? piu segreto m
un solo a solo dell' anima con Dio e eli Dto con I aruma». d
Miihlenberg fa riferimento a Contro Eunomio II 91 osservan °
che «Gregorio dice esplicitamente cbe Ia storia eli _Abramo.:"::
che Ia gnosi non costituisce il vero rapporto con Dio. La gn

7Nella sua rec=sione. in~ des Scienc<S RdigieuscP 5' (1 9671" p. 6Z.
I P•dri C.ppodoci
330

puo essere abbandonat~, e ne deduce _ch~ Ia gnosi cristiana el'ini.


zio di una conoscenza pm alta. Potuer e d accordo, rna vuole sott _
lineare che iJ rapporto piu profondo con Dio e Ia fede, non Ia con~­
scenza, anche se Ia scienza cristiana non e ne disprezzabile ne da eli-
minare, nemmeno per un credente. Di conseguenza, se non si trat-
ta di tappe, come viene giustamente escluso, i due atteggiamenti 80•
no possibili contemporaneamente, anche se paradossalmente, per-
che Ia fede, formalmente, significa spogliarsi di ogni certezza ultima
dd sapere. n progresso infinito dell' anima ha a che fare con Ia fede
e non con Ia gnosi, che Gregorio considera come un ostacolo cau-
sato dalla curiosita e dall'orgoglio dell'uomo. Miihlenberg sembra
temere che il passaggio alia fede sia l'abbandono all'irrazionale, aJ.
l'affettivo e allo psicologico•. Ma Ia fede none l'affettivita; lo spo-
gliarsi di un sapere non eil naufragio nell'irrazionale: lo studioso te-
desco, poiche trascura Ia fede, cade nd razionalismo. Anche se in
extremis, Miihlenberg ammette che il procedimento di Gregorio ha
qualcosa a cbe fare con Ia mistica •: solo che interpreta I'estasi in ma-
oiera riduttiva 10.

3.1. Fede e conoscenZ/l

Di conseguenza, secondo il Pottier 11, il passaggio dalla cono-


scenza alia fede si presenta come una rottura. <<La fede, nella notte,
tocca Dio come e, rna ruttavia non si tratta di una conoscenza». Vol-
ker aveva osservato giustamente che, quando parla di fede, sosti-
ruend~la alia conoscenza, Gregorio ha presente Ia tradizione ales-
sand~a, nella quale Ia fede era sopraffatta dalla gnosi ", e intende
opporsl ad essa. In ogoi caso, Ia fede cerca di tradursi in pensieri,
~lOnostaote ch~ l:infinita della essenza di Dio sia incompatibile co~
~ carat~re definito dei nostri concetti "· Se anche il pensiero intUl·
tlVo puo maoifestare Ia presenza di Dio in noi (Omelie sui Cantico

196 e8nc:~ ~:MUhlenberg. Die Unendlichkeit Gottes bet· Gregor von NysstJ.,., cit., P·
:.::£.ibid, p. 20}.
11 g. t'·· P~- "7-158.
w
uci ~~t~ Dieu etJe Christ, cit., pp. 207-209. . .
di C. Mo~ Vi(..~rpgon_o di ~~~~(i14sofo e mistko, tr. i1. di Ch.O. TOfDIIlaBI• Pllr·
ua. M. • ena~ero, mwmo 199}, pp. 1}6-200.
Canevet, Grlg01~ de Nysse etl'hermtneutique biblitJue... , cit., P· 63 ·
dei Cantici XI, ~· 32~, 13-1?), comunque Ia fede eintermediaria tra
Dio, che abtta ~ not, e not_ stessi. Secondo Miihlenberg, Gregorio
non anunette umone con Dio, perche l'unione irnpli 1
igni£i h bb . ca a conoscen-
za, e que~to s c ere e racchiudere Dio nell' abbraccio dell
ch • cl dall .
e
comprens10ne umana. Invece proprio I' abbraccio della
compren-
a
sione e ; es uso .a umone con Dio effettuata mediante Ja fe-
de, perche questa non e una conoscenza di ordine concettuale ma
piuttosto una_ non conoscenza, che e piu alta della comprension~ in·
tellettuale. Dt conseguenza, soltanto l'unione mediante Ia fede sal-
vaguarda Ia disrinzione tra creatura finita e Creatore infinito, perche
e un'unione che prescinde dalla conoscenza.
Esiste una discontinuita tra Gregorio di Nissa e Origene a que-
sto proposito. ll Langerbeck Ia sottolinea in nota aCt 2, 8 (GNO,
p. 13 7), osservando che il Commento al Cantico dei Cantici di Ori·
gene insiste sull'aspetto "gnostico" della conoscenza di Dio, men-
tre per il Nisseno Ia conoscenza di Dio e mistica. Per Origene, il
Cantico segna il trionfo della teologia sulla conoscenza naturale
dell'universo, e il grande desiderio di Origene e quello della illumi-
nazione della mente, che si attua afferrando i perfetti insegnamen·
ti di Cristo, i segreti mistici che compongono il nosuo cibo rozio:
nale. ll nostro compito principale consiste nel conoscere Ia Tnmta
ed il termine della nostra ricerca e dato dalla presenza del Logos, il
quale illumina Ia mente: questa condizione e ~refig~rata n~'invito
ad andare al di Ia delle cose viste e temporali alia ncerca di quello
che e non visto e senza tempo (cf. 2 Cor 4, 18).

3.2. Luce e tenebra


. . • resentata dal Nisseno come
La conoscenza dt Dto e spesso rapp . • olt da !A vi/4 di Mo-
una sorta eli tenebra. Questo e .tl(ennato pt~ v ebra nella quale fu

Ire sui Cantzco det Gantlet (XI, PP·


r.
se, e piu in particolare Ia dove stmterpreta d tene asso delle Ome-
a:"'olto Mose sulla_ montagna (Es 26 ·~~2s~.).a ienebra si~ca
"bili"t' di Dio alia ragtone
I'oscuma . • che avvoIge 1· senst· e l'inaccesst
. . a . essa,
pre si inoltra m
umana: l'uomo, con Ia esperienza n;;sttc~, se:va un precedente in
rna non ne puo mai uscire. Questa ottf~;D• della •sobria ebbrez·
Fi! · ll a conceztone . .
.one eli Alessandna ". ne a su I re Dio esce dai propn_ seDSI ter;
za 14 : l'uomo capace dt contemp a • in realtil, sobna, perche
reni come fosse ebbro, ma tale ebbrezza e,
I Padri Ozppadcd
332

pennette WI& conoscenza. In ogni cas?, tale esperi~nz~ mistica non


e)'irrazionalit8 delle esperiei_t~ profeuche ed entusiasttche, del tipo
di queUe dei profeti mo?t~tl.
La questione del nustiCISmo dell~ te~ebra fu pre~e?tata per Ia
prima volta da H.Ch. Puech, 7on rife~ento ~ ~•.sttcismo del-
I'Areopagita, il quale trovo che il centro di tale DllStiCISmo si trova-
va, appWitO, nel Nisseno. Segul il famoso libro di Danie!ou, a! qua-
le si oppose, pero, il Volker, che, a sua volta, fu corretto da H. Crou-
zel, secondo il quale tutto I'essenziale della mistica gregoriana si tro-
vava gill in Origene.
Quello che Danielou e Volker avevano interpretato come "mi-
stica" e "visione mistica" eda Laird spiegato come "fede" "· Quan-
do considerano le dottrine mistiche di Gregorio, gli studiosi per Ia
massima pane sottolineano Ia presenza in lui di un misticismo della
tenebra. Laird, invece, sostiene che il misticismo della luce ha, nel
n
Nisseno, WI peso non minore. misticismo della tenebra legato a e
dei testi che hanno uno specifico valore apofatico, rna non sono gli
unici ad esprimere il processo dell'unione con Dio. In realta ve ne
sono molti altri che esprimono Ia divinizzazione nella luce; inoltre Ia
luce in cui I'anima e divinizzata deve essere distinta dalla luce della
e
conoscenza, che sopraffatta nel primo stadio della tenebra. te- n
ma della mistica della luce epreponderante almeno nelle Omelie rul
Cantico dei Cantici. ll Nisseno richiama i1 tema della tenebra divina
in modo relativamente poco frequente e solo quando commenta
ceru testi biblici ed in un contesto specificamente apofatico. Un
passo significativo di questa tenebra dell'unione con Dio e dato da
XI, P· 324, 10-11: Ia sposa e abbracciata dalla notte divina; Grego-
?0 ~da: come puo I'anima vedere quello che e invisibile? Cio
e possibile perche lo Sposo dona all' anima «<a sensazione della sua
~-. Inv~e Gregorio parla pili spesso di unione per mezzo
Ia iU .~~ne_ nella luce. Tra tutte le omelie che Ia presen~0
P ignificauva e Ia undicesima che commenta Ct 5 2-7. Sp•e-
gando
perf '
5 2 («A~nnu,
· · · ' '
mta sorella, mia compagna, mia colom a, nU
b 'a
etta, perche Ia mia testa e piena di rugiada e i miei riccioli sono

pw
"Cf. H. Lewy Sobria Ebri
11~. Giesacu 19l9 (~studio
auiornato).
euu. l!ntenucbungen zur Ge~chichte tkr.anft
chc ba hiBOgno urgenternente di cuere sosutuno
d.
·; " f,/y-
uno

ford;:;:~ M.l..aird.Grrgoryo/Nyua and the Gra1p o/the Faith, Universiry press. 0 ""
VII. I.:impegno ascetico dei C.ppadoc;
333

Pieni delle gocce della notte»),le parole •,.,,.,;•da" e "nott • ·


.. il ·....- espm-
gono Gre_gono a mterpr~are tern~ dell'oscurita in un modo posi-
tivo. ll NJSsen~ ncorda I mcontro eli Mose con Dio: dapprima Dio
gli si manifesto _attraverso Ia luce, poi gli parlo attraverso una nuvo-
la, e ~e fu ~to nella tenebra (f!m_el!e sui Cantico XI, p. 322, 9·
12; Vzta dz Mose II 162-164). Qwncli I ascesa comincia nella luce
ma poi p~osegue nella t~ebra. _Dopo aver spiegato che Mose rap:
presenta il modello dell ascesa mtellettuale, Gregorio applica que-
sta modello all'uomo. Per prima cosa noi abbandoniamo le opinio-
ni errate a proposito eli Dio, il che significa il passaggio dalla rene-
bra alia luce; poi 1'anima muove dalle apparenze alia natura nasco-
sta eli Dio, che e simboleggiata dalla nube che copre con Ia sua om-
bra tutte le apparenze, e cosi si abitua ad afferrare quello che ena-
scosto. Infine, abbandonando quello che puo essere afferrato, pene-
tra nell'impenetrabile ed accede a! santuario della conoscenza eli
Dio, ove e circondata dalla tenebra clivina (Omelie sui Cantico XI,
p. 322, 13 - 323, 9). Lo schema e chiaro: si verifica un muvimento
dalla luce ad una tenebra sempre maggiore. Tuttavia Ia luce di cui
qui si sta parlando e Ia luce che accompagna I'abbandono delle opi-
nioni errate su Dio, non e Ia luce della clivinizzazione. Nella relazio-
ne tra luce e tenebra e necessaria renere presente questa distinzio-
ne. Infatti Gregorio sottolinea spesso che Ia luce che sgombra Ia te-
nebra e una luce di tipo epistemologico. Lo vediam~ sia nella teofa-
nia del roveto ardente (Vita di Mose II 19 e II 162), Sia nel passo del-
le Omelie sui Cantico sopra inclicato. Mose incon~ Dio prima nel-
la luce (Es 19, 3), poi nella nube (Es 19,16-19) ~ infin~ nella rene-
bra (Es 20, 21). Tale conoscenza e di carattere discorSiv?. Semp':
nell'unclicesima Omelia sui Cantico si dice qualcos-; 30 ~?r·
!'anima cliviene bella quando e circondata dalla luce d ·-~r:nta. p.
323 20 - 324 1) Quando introduce il terns dell'oscunta vma
• • · ) h · resta a questa
Gregorio si rivolge a un testa (Ct 5, 2 e 3: 1 ~:~• le servano aJ-
~terpre_tazi?ne. Se non vi sono pass• ·~~enebra. Inoltre, que-
! uopo, il N1sseno non mtr~uce_ il tema .. d Gregorio per descri-
sto tema e legato ad uno de1 motl_Vl pre~e~ltl • ell dell'ascesa eli ti·
vere l'incontro dell'uomo con D•o, e ooe 3. ~ il0!inguaggio apofa-
~o epistemologico: essa richiede Ia apha;re_;;~ Lo schema dell'ascesa
!leo (cf. Omelia sui Cantzco VI, P· ;:3· dalia Juce disco.rsiva della
COgnitiva e inclicato daJ progresso . _e
conoscenza che ha lasciato I' oscundta
dd CBIO aJla tenebra DOll
"':do :Oomento che so-
diacorsiva dell'ignoranza eli Dio, • un seco
I Padri Cappodoci
334
praggiunge in seguito alia rinuncia della conoscenza sensibile: solo
· questo modo Ia tenebra e al di sopra della luce. Ma bisogna di.
:U,guere tra questo tipo di luce ~ luce ~ella virtU divinizzata, che
!a
non emai sorpassata dalla oscurlta della 1g11oranza, rna sta alia pari
con essa.
Quindi il Nisseno e, si, un sostenitore del misticismo della rene.
bra, rna l'ascesa nella tenebra dell'ignoranza non e I'unico modo
con cui egli descrive l'incontro dell'uomo con Dio. Per rappresen-
tarlo, i] Nisseno ricorre anche allinguaggio della luce; anzi, I'image·
ry della Iuce e molto piu ricca. Questo e evidente, del resto, anche
nella spiritualita di Gregorio Nazianzeno e nella sua terminologia
della Iuce, che il Laird pero non prende in considerazione. Bisogna,
del resto, ricordare che Ia condizione originaria dell'uomo era "Iu.
minosa •. Essa e descrirta in termini di luce e di somiglianza con Dio
(Grande discorso catechetico 5, 3-4):
«<lisognava, infatti, che Ia luce di Dio non rimanesse priva
di chi Ia contemplasse, e che Ia sua gloria non fosse senza
testimoni e che Ia sua bonta non fosse senza chi ne godesse
[. .. ]. Dunque, se queste so no state le condizioni per cui
l'uomo e venuto alia nascita, cioe per partecipare ai beni di
Dio, di necessita sara stato formate in modo da essere atto
per natura a partecipare a siffatti beni. Come infatti I'oc·
chio entra in comunione con Ia luce grazie alia luminositii
che per natura sta riposta in esso [. .. ] cosi era necessaria
che entro Ia natura urnana venisse mescolato qualcosa che
fosse connaturale con Dio ... ».

Tutto cio e confermato da Omelie sui Cantico IV, p. !00, 16·1~


(«~'oro era,_ all'inizio, Ia natura umana, e brillante per Ia sua somt·
glianzaconilbeneimmacolatm•)·1 XII p 3481 1-9· II p 54 7-9;X.V.
p, 437 1 1-8. I ' I I ' I

3 .3 · La luce della diviniuazione

zin Gill! trova in Gregorio Nazianzeno Ia dottrina della divinif"


man& . ~·I.: anima diventa "luminosa" e, sopranutto, "eli or:
detto ';;:.: perche e"imparentata con Dio" (or. 14, 4, PG 38, 86<!~:
mtelletto deU'uomo; anche in or. 28, 17 si afferma che 1Ill
Vll. I:impegno orcetico J.; Otppadoc;

telletto .uman~ ha il suo. ·~e· inDio); infatti !'anima estata for-


mota a unmagme e somtglianza di Dio, come Ia tradizione cristiana
da sempre aveva sostenuro. Ma il divenire a somiglianza di Di •
frutto della Pw:fficazione (cf. p. 321). Questa immagine eassai fre~
quente nd Naztanzeno (cf. or. 6, 14; 8, 6; 24, 15), con numerose rie-
laborazioni: "divenire Dio" (or. 7, 23; 17, 9, 976C; 23, 12; 25, 2; ep.
178, 1; carm. I 2, 10, 141 ecc.), "congiungersi a Dio" (or. 4, 71; 37,
12; carm. I 2, 10, 64ss.; or. 21, 2), "frequentare Dio" (or. 12, 4; 26, 7;
32, 15; 38,7 [= 45, 3]), "unirsi a Dio" (or. 18, 11, 997C; 38, 7), "av-
vicinarsi a Dio" e analoghe (or. 2, 5; 2, 71; 2, 91; 18, 4, 989B). Tale
terminologia appare anche in Clemente d' Alessandria e in Plotino,
ed edel tutto tradizionale, rna giii Hollt• aveva osservato che essa era
rara in Atanasio, evitata da Basilio, ed esclusiva di Gregorio Nazian-
zeno.
Nel Grande discorso catechetico 25, 2 il Nisseno adopera illin-
guaggio della divinizzazione, riprendendo le classiche formulazioni
di Ireneo e di Atanasio:
« ... allora Dio fu unito con Ia nostra natura affinche es:'a di-
venisse divina grazie alia sua unione con l.a na~a divino,
strappata che fu alia motte e Iiberato dalla uranrude dd Ne-
mico».

An h I . .t' "rende divino • colui che partecipa ai puri


c e a vergmt a di Dio e comunica con Ia sua
misteri, perche partectpa alia purezza nella uarta
gloria (La virginitd l). Questo e spiegat? sodiprcatlt2utt5o Anch~l'ini-
d ·c · · opostto • ·
Omelia sui Cantico et anttct, a pr d. . . che Ia scala di Gia-
zio della quinta Omelia sulle ~eat!tu. tn~ s~g:ima della scala, «..a
cobbe e Ia vita virtuosa, e, potche D~o ~fis aaltro che Ia comunio-
partecipazione alle beatnu · dini non stgnt_tea , !6.24-26). Ancora:
23 124
ne con Dim> (GNO VII, II, PP· 120• . ch. bra
. di te Ia virtu, coste e sem
« ... unito a Dto stesso .me "::ale fa queUe cose che spetta
divenuto un altro col~ nd q e del Signore, GNO Vll II, P·
soltanto a Dio fare>> (L oravon
59, 4-6).

. cit., P· 64. Su q~csto ~~!:;


16 Cf. Holl, Amphi/ochirar'';;J/:::/o~~~·/be GiH!t P,l1isll< f,.Jilion.
chc N. Russell, The Doctrine o,
Preaa, Oxford 2004.
I Padri C4ppadoci
336

Questa trasformazione viene illustrata media~te illinguaggio


dellaluce che si unisce alia luce. Anche a tal p~oposlto le Omelie sui
Calltico dei Cantici ci fomiscono molto matenale, che, per brevita
non possiamo citare per esteso. '

3.4. Estasi

Anche a questo riguardo le interpretazioni degli studiosi sono


divergenti, a seconda che si ipotizzi o si escluda, in Gregorio, Ia pre·
senza di una esperienza extrarazionale. L' estasi il cardine del- e
l'esperienza mistica di Gregorio secondo Diekamp, Volker e Donie.
lou. A questi studiosi si oppone Muhlenberg 17, secondo il quale a(.
le descrizioni di Gregorio mancano i caratteri specifici dell'estasi,
perche Ia visione di volta in volta raggiunta costituisce un gradino
del progresso e questa esclude ogni esperienza estatica. Di conse·
guenza l'estasi, in Gregorio, significa unicamente l'abbandono del
gradino raggiunto nel processo della conoscenza (cioe un "uscire
da "), e questa esclude che si tratti di una condizione estatica, per·
che il gradino piu alto appartiene pur sempre alia conoscenza. Ne·
gano all'estasi ogni significato di esperienza vissuta anche Stritzky e
Me Leod: essa indica I' abbandono di un grado piu basso della virtu
per giungere a un grado piu alto.
Gregorio espone ampiamente questa esperienza nelle Omelie sui
Cantico dei Cantici X, p. 308, parlando di profumo e di ebbrezza, per
cui si deve intendere l'estasi come un mutamento nel meglio. Danie-
lou 18 in~;_ende questa passo come «un'uscita da quello che Gregorio
chiama meno buono", cioe l'elemento terreno od umano, per pas·
s~ a .quello migliore, cioe al divino». Per Diinzl••, in sostanza, qui
I estas• appare come una variante della metafora dell'ascesa, del pro-
gresso, della epektasis, eli cui si e detto a p. 328 ed e unita al motivo
in
della "sobria ebbrezza", a cui si fa riferimento Omelie sui Cantico
X, P· ~09 · O.uello che Gregorio asserisce a tal riguardo appartiene,
qumdi, sui P~~ tematico, al suo pensiero guida del mutamento nd
meglio, che egli illustra con sempre nuove raffigurazioni: solo in q~e·
sto contesto esso puO essere interpretato ~misticamente". DUnzl tn·

17 lnop. cit.
"a J Dani8
l9a: F. Diinzl 0~· Pl.tonis"'~~ et_thiologie ""1Slilfue, cit., p. 271.
' rout und Brautigam ... ' cit., pp. 34,ss.
VII. I..:impegno ascetico dei Cappadoc;
337
tende I'estasi in modo ancora piu riduttivo eli Miihl be cl
h · 1 1 eli".. en rgeconu-
de c e, se st vuo e. p~r an: mtsnca" in Gregorio, si deve intende-
re una teologza. mt~ttca ptuttosto che un'erperien<tJ mistica _ rna in
fondo ~~ello dt theologze mysttque era gia stato il titolo delle studio
di Daruelou -. Secondo Dunzl, I~ ~eologia mistica delle Omelie sui
Cantzco sta nel contesto della tradizione: essa si basa sui dato scrittu-
ristico, sull'insegnam_emo e Ia filosofia della Chiesa e sulla alJegoria
come m~todo es~genco. Per_quest~ motive serge in quest'opera un
Jinguaggto teologtco carattertzzato m sense erotico, con un gran nu-
mero eli metafore e eli immagini. Trascegliere da esse dei particolari
e spiegarli come "mistici" signifies oltrepassare il contesto teologioo
in cui si sono formati e conduce a interpretazioni errate. Spesso tali
interpretazioni si basano su delle concezioni piu tarde della mistica,
i cui dementi si vogliono riscoprire nelle opere eli Gregorio. Di oon-
seguenza Ia teologia mistica non edestinata ad un cerchio ristretto eli
mistici o, nellinguaggio eli Gregorio, eli "piu perfetti"; Ia strada per-
oorsa dall' anima-sposa alia ricerca delle Sposo celeste, invece, pone
davanti ai nostri occhi in modo paradigmatico Ia strada di tuttala na-
tura umana, alia quale giunge in modo differente ciascun uomo. Non
si tratta, quineli, eli una dottrina destinata aile comunitil monastiche,
come crede Dorrie'•. Questo studioso, del resto, afferma anche che
Gregorio giunge ad una mistica che non ha niente in com~e ~n.la
teologia mistica eli nessun altro Padre greco, nemmeno Dio~ '!i.
l'Areopagita. Ci si deve domandare se ~~n sia_ stata Ia uadizione P10
tarda ad impadronirsi della teologia mJsttca di Gregono.

3.5. I.:amore mistico


11' di Gregorio per indicare
n !ermine eros appare n~ opera . iega solamente •gape.
I'am ore rivolto a Dio, mentre il Canttc;> tmJ . termini era giii stata
Tuttavia l'innovazione eli Gregorio nell;so 01 nel prologo del suo
preceduta da Origene, il quale l'~veha fu•::e e 0010, fonte delle
Commento al Cantico dei C4nttct, c e '
omelie del Nisseno. resunta dilfereoza tra e~ e ~-
La tematica e incentrata sull•-~-~ . modo sistemauco, tsb·
pe. Nygren, come e noto "· Ia inuvuusse m

in RAG 12 (1983). l
°Cf. A. Nygren, Eros~ AJ.ape. Nyd'ir
2 Cf. H. DOrrie, Grtgorios 110"
21 Ira · ·•
UMulino, &Jolna 197 ·
}}8 I l'Miri C.ppoJod

tuendo una cootrapposizi~ne essenzial~ ~ _i due ~e~. Agape e,


per il suo significato e per il suo uso, eli o~e scnttunst;ica, mentre
eros ecaratteristico della cultura greca e, con il passare da secoli, vie-
ne a poco a poco 8 sostituire agape. ll N~o si m;>v~b~ nel pun.
to in cui si instaura un compromesso tra 1 due tenruru, rna I accento e
spostato in modo molto fone nella direzione dell'eros, ancbe se il mo-
tivo dell'agape ha ancora uno spazio notevole. In concreto, pero,
Gregorio elegato a! motivo dell'eros, ancbe se eobbligato a impiega.
re Ia terminologia dell'agape. Danielou cerca eli correggere questa
concezione: Ia agape in Gregorio non e piill' agape del Vangelo, rna
none nemmeoo !'eros eli Platone, come vuole Nygren; I'eros rappre-
seota un aspeno particolare dell'agape, e precisamente l'aspetto esta·
rico dell'amore, Ia sua intensiti. L'eros e dunque I'amore estatico.
I.:originaliti eli Gregorio consiste quindi nella trasformazione dei con-
certi tradizionali 22. In modo ancora piil accentuato Volker afferma
che I'eros euna agape ampliata, rna pur sempre una agape. Ma secon-
do Diinzl"' Paolo e Platone non sono i termini eli misura sui quali in-
terpretare questi termini; Ia contrapposizione tra amore cristiano ed
amore pagano irrigidisce Ia prospettiva, invece eli ampliarla.
Ci troviamo, quindi, nella medesima ambiguiti cbe avvolge, co·
me abbiamo visto precedentemente, Ia mistica eli Gregorio, Ia qua-
le ora ha i caratteri dell' esperieoza eli un contatto con Dio, ora espri·
me qualcosa di purameote umano. Gregorio, infatti, in alcuni passi
impiega i due termini senza fare differenza, come in Omelie sui Can·
tico dei Cantici IX, p. 264, 4ss.; XIII, p. 378, 1-18; XV, p. 465, 5ss.
In altri egli inserisce delle sfumarure: I 23 (nella klimax «nutri affet·
~ · desidera · aJDa)O); in VI 191 e 192 parla eli "amore divino" cbe
SI opponoo al desiderio corporeo e in XIII 383 si dice cbe ..!'erose
una agape intensa» (e il passo su cui si era basato Danielou per in·
teod<Ore I'~ come amore estatico). Quindi eros ed agape stanD~·
per Gregono, sulla medesima linea e non indicano un amore spect·
~·mail grado particolare dell'an:ore tra Dio e l'uomo. Questo va·
1e m entrambi i seosi: Gregorio chiama eros ancbe I' amore eli Dio
per~ uomini (cine quello cbe eI'agape eli Nygren), come anche Ia
comspon~ di amore dell'uomo per Dio. A differenza dell'aga·
pe, tultaVI8, I eros rappresenta, pur sempre, per Gregorio un co~·
cetto problemarico, non percbe manifesti Ia "teodenza verao I'alto '
VII. I:impegno tUcetico dei C.f1Pad«i
339
JIIS perche, a causa del suo im~iego in ambito materiale puc) essere
usato solo con ~olta ~autel~ m_ teologia (e significativo che nelle
Omelie sul ~antzco e_gli ~~n unpt~ghi mai eros per indicare l'amore
peril prossuno). Qumdi I ~ore_e agape ed eros nella sua intensita,
e I'agape non deve essere mtesa m senso corporeo.
In un passo ~amoso -~ell' Omelia XI (pp. 322ss.), di cui si edetto
a p. 333, Gregono stab~sce tre tappe dell'ascesa a Dio: esse sono
Jllanifestate nella teofama sulla montagna (Es 19, 3), dalla nube di
cui si parla in Es 19, 16-19, che mostra che bisogna oltrepassare 1a
realta sensibile e volgersi alia invisibile realta di Dio, ed infine dalla
tenebra entro Ia quale si cela Dio, cioe il suo mistero infinito, di Es
da
20, 21. Secondo von I vanka 2<, questa tenebra si distingue quella
diFilone (cf. La discendenZIJ di Caino 14-15), in quanto l'interpreta-
zione di Filone e intellettualistica (Dio e a! di Ia dei sensi umani),
mentre per Gregorio Dio e a! di Ia anche della mente. L'interpreta-
zione di Origene e forse ancor piu intellettualistica. Nelle sue Ome-
lie sull'Esodo non vi e, stranamente, nessun riferimento ai passi in
questione, rna in Contro Celso Vl17 si trova un'interessante diffe-
renziazione da Gregorio: Ia conoscenza di Dio epossibile a coloro
che posseggono lo Spirito, il quale fornisce !oro Ia luce (un altro
passo della terminologia della luce e costituito da Contro Ce/so VI
5, dove Origene illustra Ia famosa epistola 7 di Platone). Ci si po-
ttebbe domandare se dato che Gregorio si stacca dall'aneggiamen-
to catafatico di Orig~e, questo debba essere attribuito ad un cre-
scente influsso del neoplatonismo. Tuttavia in Pl~nno non •• tf?~•
niente che assomigli alia tenebra divin~, e_Greg~no_non era un rtgl:
do seguace di Plotino anche se si e g13 VlSIO pm di una vo!ta ~ t
Cappadoci conoscev.;,o certi suoi trattati. Gregorio, infatu, ~ne­
neche nell'esperienza finale dell'oscurita mistic~ e nddlaegata ogru co-
noscenza, rna si ha solamente una certa ·.sen~one _ . P~
di Dio" (XI p 324 10) e Plotino si espnme m tel1DID1 analoghi
' .
VI 9, 4, 3, quando ' ' . cbe non euna conoscen-
parla di una conos~ oscenza- Secondo Me-
za, rna una presenza che oltrepassa ogru con ritico di Ploti-
redith, <?regorio, anch~ se non e stato ~ daser,::u: esigenZe ~
no e P_uo essere stato. a.tutato a stac~lli'SlI Cantico Jei Cantici maru-
P<>lern,ca con Eunorruo, nelle Omelie _su
r..,. una innegabile dipendenza hu. da
340

3.6. I smsi rpirituali


1n questa mistica, in cui si percepiscon_o spiri~ente luce e te-
nebre, ha un ruolo importante, e per moln aspettl nuovo, Ia dottrina
dci "aensi spiriruali". La prima formulazione sistematica eli essa si tro-
va in Origene, rna Ia sua fonte ebiblica, e, proprio a causa eli questa,
esiste qualche abbozzo eli essa gia in Filone. Origene cosl dice:
"Ma chi esamina piu profondamente tale questione dira
che, come ha affermato Ia Scrittura, esiste un certo senso di-
vino, che soltanto il beato trova, come e detto anche da Sa-
lomone: "Troverai un senso divino" (Prv 2, 5), e che vi sono
delle specie di questo senso: Ia vista, che ein grado per na-
tura di guardare le cose superiori ai corpi [. .. ]l'udito, che
percepisce dei suoni che non hanno l'essenza dell'aria, il gu-
sto, che si serve del pane vivente sceso dal cielo, che da Ia vi-
ta al mondo (cf. Gv 6, 33). Cosi anche l'olfatto, che sente
quel profumo di Cristo sulla base del quale Paolo dice di es-
sere "per Dio il huon profumo di Cristo" (2 Cor 2, 15), e il
tatto, grazie al quale Giovanni dice eli aver toccata con le
suemani "il Verbo della vita" (1 Gv 1, 1). I Profeti beati, do-
po avere trovato il senso divino, guardavano in modo divi-
no, ascoltavano in modo divino e gustavano e odoravano al-
l~ stesso modo attraverso, per cosi dire, un senso non sensi-
b~e e toccavano il Logos con Ia fede, cosicche giungesse da
lUI a loro un'emanazione che li guarisse» (Contro Celso I 48)

Da q~to pas~ di Origene deriva Gregorio nelle Omelie sui
CantiCO det ~nttct U, GNO VI, p. 34, Iss.), il quale anche altrove,
?ella medes1ma opera, offre esempi di questa dottrina, impiegando
:u
ilsuu~a "oensi dell'anima" ,Ia successione delle sensazioni spiri-
(vista, odorato, gusto), ed infine sottolineando l'importanza
Lo~os co~e. oggetto di esse. I sensi spirituali possono essere
~sprefill. con 1 81ntagmi "occhio dell' anima" uvista dell' anima",
orecchlo del cuore", "il tocco dell' anima""· Cosl «l'odore dei pro·

21 Cf. anchc I principii 1 9 1 , d . -1.. d" ,ro·


da J D .itl j ~ . .a Ollnna uel 8Cnl11plrnuali e lhtld llU IIIIIIIIP 1
, . ,
funditllmcntc
U Ma "l'occhio :ll'uu,. J ..'o~lsmt• t•lthtoltJfc·e myslique, cit., pp. 222·2'1. Ull
fonn,. temitica, "oechio ,W~~:re~ :ec;.v~, r:l:n one
Pi <Lc leW rpt'citJI/11161. o, n.:
341

fumi divini ~on e percepito dalle narici, rna da una facolta spiritua-
lee iotmateriale» (p. 34, 15-16).
ndestarsi dei sensi spirituali avviene in uno stadio avanzaro del-
la vita asceri~a. G~~~~ si rif~;e ~ un passo di Eb 5, 14, in cui Pao-
lo oppone a! barnbtnl 1 perfettt '«ii cui senso eesercitato a discer-
ner• il bene dal m_aleo (Ome!ie sui Cantico dei Cantici XIV, p. 400, 1-
7). Anche Gregono parla det perfetti che hanno purificato j sensi del-
l'anima- Cosi il dispiegarsi dei sensi spirituali eIa conseguenza della
purificazione, che ha lo scopo di liberare I'anima da1la vita SetlSibile
e restiruirla all'esercizio delle sue facolta divine. I SetlSi spirituali,
dunque, corrispondono al terzo, e piu alto, grado della vita spirirua-
le, alia theoria. Questo si coglie gia in Origene (Cant. Hom., PG XIII
93C). Insomma, Ia dottrina dei sensi spirituali si riallaccia all'antro-
pologia di Gregorio, perche bisogna spogliarsi delle tuniche di pelle
per rivestirsi dell'uomo creato secondo l'immagine di Dio:
«Colui che ha abbandonato i piaceri dell'Egitto, dei quali
era stato schiavo prima eli attraversare il mare, in un primo
momento trova che Ia vita e inaccettabile e triste, perche si
estaccato dai piaceri. Ma se il bastone egettato nell'acqua,
vale a dire, se uno accoglie il mistero della risurrezione, che
ebbe il suo principia grazie allegno (se tu senti Ia ~arola
"legno", tu pensi senz'altro gia alia croce), allora ~VIta se-
condo virtu diviene piu dolce e piu bevibile eli ogru dolcez-
za che accarezzi i nostri sensi, perche eresa p1acevole dalla
speranza del futuro» (Vita di Mose II 132; cf. anche 136).
Questa "notte dei sensi" ha un carattere mistico (Cant. Hom. Xdi,
p. 311, Sss.) per cui Danielou osserva che «G regono, · all'':J:.posto
il
Agostino e di Origene che sono degli spiriti solari, sotth ea c~­
rattere notturno della :Oistica»". Questo non signific~ c ~non _es•·
51a una illuminazione un photismos. • Ma questa illummaz•one " rl·
d · Prover
connette a] primo gradino della mistica, che ~ l'ogg_etto el im~
bi, e si prolunga poi neUe esperienze successiVe. D•o appare pr
come luce e poi come tenebra: .
. . Dio davanti a colw che
«Non m1 sembra che il testo ponga 6 un sempli-
ha purificato I'occhio del suo. cuore ~me[ se) ~: dobbiarno
ce spettacolo da vedere facc1a a faccla "· ·

27 Cf. ). Danielou, Platonisme etthlologie fftYSii'lue, cit., p. ZJL


apprendere cbe colui cbe ba purificato il cuore da tutte le ca-
se create e da ogni disposizione d'animo soggetta aile passio-
ni vede nella propria bellezza l'immagine della natura divino
[ ... ). Infatti colui cbe ti ba creato ba immediatamente so-
stanziato entro Ia rua naruta siffatto bene. Dio, infatti, quan-
do ti c:reO, impresse entro eli te l'immagine dei beni cbe co-
stiruiscono Ia sua stessa narura, come se imprimesse in una
cera Ia forma eli una scultura [ ... ). Dunque, colui che guar-
da se stesso vede entro elise )' oggetto bramato, e in questo
modo eliviene beato colui che epuro eli cuore, poiche, quan.
do guarda Ia sua purezza, vede nell'immagine l'arcbetipo»
(Omelie sulle Beatitudini GNO VII II, p. 142, 16- 143, 21).

E, questa, Ia descrizione piu chiara, che Gregorio ci da, della


e
visione eli Dio nello specchio dell' anima che si purificata: proba·
bilmente essa significa Ia prima tappa della esperienza mistica. Dio
appare inizialmente luminoso, in opposizione aile tenebre del pee·
cato, rna a manoa mano che progreelisce nella purificazione, I'ani·
rna comprendera che questa luce etenebra, se paragonata alia real-
til elivina.
«Che cosa appreneliamo da questa? Appreneliamo quali so-
no le purificazioni con cui uno deve purificarsi dalla vita
d'Egitto, dalla vita straniera, sl da vuotare il sacco della sua
anima eli ogni alimento che si ispira alia malvagita, quello
che imbandiscono gli Egiziani, e da ricevere in se con ani-
mo puro il nutrimento che scende dall' alto. Tale nutrimen-
to non ci e germogliato in seguito a una semina e ad una
co.ltiva_zione, rna e un pane gia pronto, non prodotto da se·
tntnagwne o aratura, cbe scende dall' alto rna si trova sulla
terra. Tu capisci senza dubbio che si tratta del vero cibo eli
cui q~esta storia e il simbolo, che il pane disceso dal cielo
non ~ qualcosa eli incorporeo. Come potrebbe, infatti, cio
cbe e mco.rporeo nutrire il nostro corpo? [ ... ) Ad esso at-
tmgono gli :ttfarnati, istruiti gia da tempo da questo miraco-
lo a proposltQ del mistero della Vergine. Questa pane, dun-
que, no~ prodotto dalla terra, e anche Ia Parola di Dio: es-
sa m~ca Ia sua virru con varie qualita a seconda dei bi-
sogru eli coloro che lo mangiano. Sa infatri non essere sola-
mente pane, rna ancbe eliventare lotte e came e legumi e
rotto quello che ~ia conveniente e gradevole a colui cbe gli
si accosta, come tnsegna Paolo [.. .] che ha imbandito tale
e tanta ta~ola ~·: .l f~cend? della sua parola, per i piu per-
fetti, un ob?. pru ~lido, di carne, per i piu deboli, dei legu-
mi, e per gli infann, dellatteo (Vita di Mose II 139-140).

Questo tema si collega a quello di Paolo, che stabilisce una cor-


rispondenza tra i vari stadi della vita spirituale e i differenti alimen-
ri di essa (cf. 1 Cor 3, 2ss.). Ed anche in questo Origene precede
Gregorio:
«Dio cambia peril bene degli uomirri Ia potenza del Logos,
che per sua natura nutre I'anima umana, a secunda dei me-
riti eli ciascuno. E per uno diventa, come l'ha chiamato Ia
Scrirrura, "latte spirituale genuino", per un altro, poiche e
molto debole, eliventa "un legume", ad un perfetto invece,
viene dato "cibo solido"» (Contra Celso IV 18).

Gregorio stabilisce un ordine ua i vari sensi, e in particolare,


nella vita spirituale, tra Ia perfezione e il gusto eli Dio: il gusto indi-
ca un momento superiore a quello del profumo, e corrisponde ad
uno staelio della vita mistica. All'inizio della vita spirituale, infarri, Ia
virtU sembrava amara, perche i sensi camali erano pri~ati dei loro
alimenti ed i sensi spirituali non si erano ancora destao. Ma a poco
a poco ]' amarezza si e cambiata in dolcezza:
«La superficie estema della melagrana non e mangiabile,
perche Ia polpa e racchiusa da una scorza dura e "'!!~
mentre Ia parte intema e piacevole a vedersi per Ia .'~aneta e
I'ordine con cui e disposto il frutto, ed i: ancora piu pta~
vole a! gusto che offre un dolce sapore alia nosceglitra. sensaz!ed":
'
ne. La vita fdosofica e austera ~
- difficile a s ersii: ma-e
spiacevole ai sensi, rna e piena ~ buone s~,;, ~vri di-
turata a suo tempo. Dopo che il nostro agn della nostra vi-
schiuso a! momento opportuno Ia melagr~ . ce1a. alJora e
ta e avra mosuato Ia bellezza di q~anto. VIfruSIIIL. Dice infat-
d.oI_ce, per chi. Ia gusta: I' a_v~r Panea~suoi '
rolo (cf. Eb 12. 21) che
o, m un passo anche il diVIDo Apos sembra anecar gio-
ogni disciplina momentaneamen~e, nond-"- scona estero•
· • - il '-'~>cato """
ta, rna tristezza (e questo e 5'!1-ch rocura a1 rattol. I""•
·
della melagrana, con Ia sensazione e P
I Padri Cappadoci

perO arreca un frutto di pace, vale a dire, Ia dolcezza di


quan~o ecommestibile all'intemo>> (Vita di Mose ll 193).

I simboli che designano i gusti spirituali sono il pane, illatte il


miele iJ vino, che hanna un !oro significate particolare a causa della
!oro.ffiruta con Ia Scrittura o con i sacramenti: illatte e il miele sono
iJ simbolo della terra promessa, e, nel mondo antico, facevano pane
dei misteri pagani, cosl come ancbe della liturgia del battesimo. Ma
essi sono soprattutto il nutrimento dei bambini, come si Iegge in Pao-
lo. n miele da solo indica Ia dolcezza divina per eccellenza, una for-
ma elevata eli gusto spirituale: Cant. Hom. XI, pp. 270, 14 - 271, 6.
Altrettanto si puo dire del vino, interpretato in sensa mistico
nelle Omelie sui Cantico dei Cantici ill, pp. 95, 4 - 97, 9; IX, p. 266,
4ss. L' allusione a! nappo della Sapienza e una espressione consacra-
ta dallinguaggio mistico fin dai tempi di Filone "· ll vino dona Ia
gioia a colora che ne partecipano: Cant. Hom. XV, p. 437, 15-17.
Ma gia in Origene questa gioia si identifica con I' ebbrezza; Grego-
rio, invece, conserval'idea eli una gioia che esprime uno stato eleva-
to della vita spirituale, insieme a! concetto dell' estasi. L' opposizione
tra sobria ebrietas e l'ebbrezza comune si trova gia in Origene, Ome-
lie sui Cantico dei Cantici, PG Xill 89C a proposito del versetto di
Ct 1, 2: «ie tue mammelle sono migliori del vino», ove Origene scri-
ve: «questa vino eli cui si parla sono le dourine avvelenate>>. Grego-
rio sviluppa questa concerto in Omelie sui Cantico dei Cantici I, P·
35, 5ss. ll simbolo del pane, invece, si riallaccia alia manna e alia ce-
lebrazione eucaristica (Omelie sui Cantico dei Cantici X, p. 305,
18ss.). Tral'eucaristia e Ia vita mistica esiste un collegamento (Ome-
lte ~~ Cantico dei Cantici IV, p. 120, 10 eX, p. 308, 5ss.). Esignifi-
cauvo m tutu questi passi il collegamento tra Ia vita sacramentale e
Ia vita mistica.
Per concl_udere, in Origene questa dottrina e indicativa di una
con~cenz~ di natura mistica, non indica una esperienza psicologt-
ca. I.;es':'"nenza platonica e espresso da lui mediante un linguaggto
chel ddnva dai misteri, secondo Ia tradizione alessandrina. Origene
es~ ~ e l' estasi, rna conosce almena le forme inferiori eli esperienza
nusuca, che corrispondono ai sensi spirituali. Invece Gregorio met-
te t senst spirituali in sereno rapporto con Ia presenza eli Cristo nel-
VII. I:impefVIo -ncetia> dei C.pp.Joci
3"'
J'anim• e nella vita sovrannaturale. Tale dottnna' · n . .
. h • ell d •• co oca qwndi'
in un ambIto c e non e qu o ella conoscenza ----'- . '
· • d 11 e1 · ea1 s..,...wanva, ma del-
la santtta e e a r aztone r e tra Ia santita e Cristo.

3.7. Mistica o pratica?

La tradizione platonica tendeva a subordinare Ia virtU a11a c


noscenza, I'etica alia dottrina della conoscenza, pur pensando che
esistesse una stretta unione tra le due. Gregorio ripete Jo schema
tradizionale in La verginitii 5, 8. Successivamente, tuttavia, con iJ
trattato Sulfa per/ezione dell'uomo egli elenca di seguito, come com-
ponenti essenziali della vita eccellente, pensiero, idea e azione
(GNO VIII, p. 210, 4). Pure Ia Vita di Mose, nonostante l'accento
cbe pone sulla contemplazione, sottolinea l'impottanza della virtU,
anche se Ia virtU deve essere intesa in senso ampio, in quanto, cioe,
non puo essere separata dalla contemplazione di Dio. E cbiaro cbe
per Gregorio Ia morale, Ia vita contemplativa e Ia vita ascetica sono
profondamente legate tra di )oro. Nei suoi primi scritti sembra cbe
il collegamento sia in un senso solo, cioe che Ia virtU sia Ia strada per
Ia gnosi, rna in quelli piu maturi il movimento enei due ~· La
vittU non esolamente Ia condizione della conoscenza, percbe anch_e
Ia conoscenza e un gradino che serve alia perfezione morale. La;-
ta morale eIa condizione per Ia contemplazione di Dio, com~~. e
per Gregorio Nazianzeno Dio e addirittura "Ia fonte delle vutu 0
"vittU • (d. sopra, pp. 323ss.). . . . . · considera-
Dei tre scritti ascetici di Gregono di_ Ntssa P':
';.,rezjone cri-
zione - II fine cristiano, [A pro/essione crzstuma e . :amce morale
stiana - il primo si presents come un. ve~ e P~ £ olto specifica-
0 00
per il comportamento dei ~iu ~erfem, ed; J':rzo
~:iluppano iove-
me?te all'ambiente mon~nco, il s~od~·· 'tazione eli Cristo: essa.
ce ID termini piu generali Ia temanca. ~ Jicarsi 9 tutti coloro
pur valendo soprattutto per i_ ~on•~· puo app . .
che professano Ia religione cnstl"?d ~to un documento stori~ ~
II fine cristiano non va const e .• monasticbe fionte m
grado di fornirci informazioni sulle comuruta

. G~'~it::!
. ,..,;oni di S. LiJla· in.
~9 Da p. 346 a p. 347 ~pamo le.c;;::O~ Callan• di Tcsa PauuUCI.
51 • Fme, pro/essi'one e per/eztone del cru
Nuova, Roma 1979.
I Padfi C4ppadoci

Oriente nei primi secoli dell'era ~ri~tiana (come, ~d esempio Ia Stt>-


. Lousidca 0 Ia Storia dei monact dEgztto): non st sofferma, infatti
~ descrizione delle pratiche a~a:tiche ~ della vita esteriore degi]
anacoreti e dei monaci, rna tracoa il profilo tdeale del monaco, ol-
trepassando i limiti cronologici del IV secolo ': divenendo, grazie al-
Ia sua altissima spiritualit8, un documento di portata universale. 1
remi principali affrontati da Gregorio di Nissa in questo suo scritto
sono quattro: Ia stretta unione fra Ia grazia dello Spirito Santo, che
si riceve tramite il battesimo, e l'impegno personale nell'edificazio-
ne della virtU; Ia Iotta contro tutte le passioni, non solo quelle della
came, rna anche e soprattutto quelle dell' anima, come Ia vanagloria
e l'orgoglio; lo spirito eli assoluta umilta e abnegazione, l'insistenza
nella preghiera, somma virtU e mezzo di unione fra I'anima e Dio.
La perfezione si puo raggiungere solo con un perfetto equilibria
fra l'intervento soprannaturale della grazia e lo sforzo personaleJO: il
moru1co none in grado eli compiere alcun progresso morale, seal suo
impegno personale non si combina Ia grazia dello Spirito Santo. n
dono della grazia e commisurato agli sforzi di chi lo riceve: mentre
infatti Ia grazia dello Spirito dona Ia vita etema e Ia gioia nei cieli, e
I'amore per le fatiche, che si manifesta attraverso Ia fede, a rendetci
degni eli ricevere i doni e eli godere della grazia. Le azioni giuste e Ia
grazia dello Spirito, quando si trovano insieme, riempiono di vita
beata I'anima su cui convergono, purche restino unite: se si separa-
?0• n~ sono eli nessuna utilita all' anima. La grazia eli Dio non pui>
infatn, per propria natura, albergare neUe anime che rifuggono dal-
la salv~, e Ia vinu umana, per quanto potente, non riesce da sola
a ~ar ~ al_npo di vita piu alto I'anima priva di grazia. Infatti, tra·
JtUte il battes!Dlo, Ia grazia dello Spirito restituisce all' anima, detur·
["'taloe 01,ffuscata dai peccati, Ia sua bellezza origm' aria, rna in seguito
eso IDl
alta dimens~o dlla'•
e. vtnu che le consente di raggiungere una ptu ..
n tone sptntuale e una completa maturit8.
. monaco deve in ptimo luogo banelire Ia vanagloria e I'orgoglio,
Sta net rapporti co il . . . d' nni
aio · . den prosstmo, sta nel suo impegno ascettco I Oe-~
... rno tn vtsta 1 · · · nt
nei confronti del rag~IUOglmen~ della perfezione: le buone_ azto e
le lodi degli P~llllo, mfatt~ non vanno compiute per. ncever
nell'edifi _uotruni, rna solo per rendersi graeliti a Dio e l'unpegno
caztone spirituale non deve essere rnotivo di a~rocompiaci·

)0 a. quanto si cdetto
sopra (p. 227) a proposito deUa grazia.
VII. I:impegno tlscetico dei C.pfJtk/od
347
mento e quindi di superbia, ma anzi deve far capir a1
.I
to ancora e ontano
dall r£ . e monaco quan-
a pe eztone. ll monaco dev ---~ .
di mil ' b · · e t""'"''uere spt-
rito u ta. e a .neg~?ne, ~unciando alia propria personalita, sia
di fronte ~ Dto, sta ~et nguardi dei confratelli e dei superiori. A que-
d!
sta atteggtamento profo~da umilta e tenuto non solo iJ semplice
mo?aco, ~a anche il ~u!'"?ore. La preghiera e considerata da Gre-
gono Ia p~~ dell~ wtu, ~ quanto etramite essa che chiediamo 1e
rimanenu vtrtu a Dto. Essa, moltre, rappresenta il mezzo dell'unione
dell'anima del monaco con Dio e il bene piu grande.

4. ll monachesimo di Evagrio Pontico


Con Evagrio Pontico, conformemente alia sua scelta eli vita, il
monachesirno specifico della tradizione egiziana prende il soprav-
vento sia sulla forma, preannunciatrice dell'organizzazione medie-
vale, proposta da Basilio, sia sulla mistica di Gregorio eli Nissa, sia
- ed ancor piu - sulla ascesi filosofica di Gregorio Nazianzeno: in
questa scelta Evagrio aveva dawero abbandonato il maestro. Le sue
opere sono destinate per Ia massima parte a colora che avevano
compiuto Ia sua stessa scelta di vita. Le Cause della vita monastica
espongono in modo piu o meno sistematico una teori_a del mona·
chesirno e ci permettono di considerare Evagrio come il pnmo teo-
rico di esso. li fi
Base della vita monastics eIa besychia, termine della_ ng~a ·
losofica che indica "Ia tranquillitit dell' animo"; per Evagn? la _esy-
chia significa I'otium della conternplazione, l'abband~no eli 08"' lat-
. ., di t" co comprest - come vo e-
Uvtta e di ogni interesse cara_ttere pra 1 ' • N uralmente,
va Ia tradizione - il matrimonto e Ia procre~ton•: "t'atspm""tuali e
£ d
cosl acendo il monaco eve e cars deli iavaneatuv••
, · eli Evagrio
· '. . c della 1ormaz10ne
culturali (e qut ruomala rorte pr~enza. JJ) Accanto alia he-
alia scuola di Basilio e di Gregono Naztanze?o .;,editazione della
sychia si collocano la compunzione e la :nw;ud ancbe !a preghie·
presenza del Signore, assodata all~ preg ~& edottrin• ascecica eli
ra riconduce Evagrio all'apprendimento 8

Basilio).
Ma Ia somi81ianza rra Basilio ed. Evag~o giu~ge solo fino alia
ddinizione di principia. ll ~o <f! E~agno, ~differ~ di que).
1o deJir romunira basiliane, e un solitano per il quale iltnornenro
esraJZia)e nella vitae qudlo di co~are Ia h~sychia, possibile II().
1o 11011 abbandonando mai Ia propna cdla. Em rappono con altri
11101dci, i quali sono, come lui, dei solitari, rna nessuno di loro si
mUOYe verso Ia vita della citta, e nemmeno del villaggio o deUa

~propria ceUa il monaco attua Ia vita prarica, le cui varie


tappe erano state indicate gill dalla scuola di Alessandria, da CJe.
mente e, soprattutto, da Origene. Dalla fede derivano I'astinenza, Ia
peneveranza e l'impassibilira; da queUe nasce I'agape. La "pratica",
quindi. corrisponde per molri aspetti a quella che gli altri Cappado.
e
ci cbiamavano "filooofia". Ed logico, perclre Ia herychia none ina-
zione: il monaco si dedica allavoro manuale e alia preghiera,la qua·
1e puree concepita come una fatica. La "pratica", quindi, eun lavo-
e
ro inceuante, che richiede uno sforzo costante; azione, rna sopral·
tutto e azione interiore, che investe I'anima.
L'anima, infatti, eesposta ad un continuo combattimento (que.
Ita oon e una concezione nuova: gill era srara affermata da Paolo),
a
ed combattimento per eccellenza e, come si vede dalle numer01e
"vite dei sanri" deU'antichira cristiana, un combattimento contro i
demoni. La "prarica", quindi, «i: il metodo spirituale che purifica Ia
parte passionale dell'anima», Ia quale si divide neUa parte raziona·
le, in queUa concupisctbile e in quella irascibile: classica definizione
plaronica, paHata poi alia ocuola di Alessandria e ai Cappadoci;
~~ asoerisce di averla ripresa «daa nostro sapiente maest<""·
aoe ~ ~egorio Nazianzeno. Le due pani inferiori uniscono l'uo-
mo all animale e comprendono le varie passioni· esse derivano dal
fatto che I'~ si unira al corpo. Le passioni: come gill sosrene·
e
~ gli ltolct, 10110 deUe rnalattie dell' anima, mentre l'impassibili·
: ~~ w:n;!::_e· comunque, pub provenire anche daUa pal·

Ia Ora Ia kerychi4, pur tleCeasaria alia perfezione, non basta da so-


~ ~ele ~i. non soltanto perche non elimina i rap-
a:.Z,;i:." ~tm, ma soprattutto perche non elimina le _rrac·
anchc: qudie . ~.a daDe ":'Jsazioni: non solo quelle recent!, ma
do. Qwae ptu anriche, ~ anni in cui il monaco viveva nel m~:
iJ~erm· ;;,_acce 10110 duamate da Evagrio "pensieri" (/oghismiJ!).
tne e asere prao in un leiiiO pegjorativo, perch.! indiU
·; csttivi pensieri". cbe 10110 suggeriti dai demoni. t
mezzo di questi pensieri cbe ; demoni fanno IOplllautto pa
solitario si e aDontanato dal mondo . suma al111011ac0. s. a
. . il-'-·'·-- mediaote Ia her,chuz non pa.
~ e sraro raggrunro ,.........., finale. come si edar..: ~ h
implica Ia Iotta. e Ia Iotta piu faticosa, cbe eque11a ~ . ::::::_
£ Ia piii dura, perche e IIOitenuta con ; demoni dir~
CODIW gli altri uomini, cbe agiscono lOttO Ia Joro in11uenza, ' 11011
avviene nel mondo. E una guerra non con Ia came e il UDflJecome
CODtr~ sli: spiriti male ch~ 10110 nell'aria (Ef6, 121. In
'!d quato:::.
so, qumdi, Evagno adopera indifferentememe "pensiero" e "demo-
ne": il pensiero della vanagloria o della gola, il demooe ddla fomi-
cazione o dell'accidia. Giil Origeoe aveva isrituito 1111 rappono ua
pensiero e demone: secondo lui a ciaJcun vizio o pensiero malvagio
sovrintende un demone specifico.
Evagrio ha quindi distinto gli otto "pcosim" piiJ gmcra1i. cbe
deb bono essere messi in rapporto con le parti dell'anima- anche "'
questo rapporto non e rigorosamente ouervaro, ma. secondo il
Guillaumont, deriva anche dalla ouervazione poicologica e daDa
esperienza comune -. Essi sono quello della gola. ddla fomicazio.
ne, dell'avarizia, della tristezza, della collera. ddla accidia. ddla va-
nagloria e dell'orgoglio. Questa lista ha esercitaro 1111 norevole ia-
flusso nella sroria della morale criJtiaoa: ripresa ds Giovanni Dama-
ICeiiO, divenne materia di insegruunento nella ~ ~
bizantina; adattara da Giovanni Cassiano e da Gregono ~· e
passata nella tradizione medievale lstioa. con ~ da
otto a sene peccati capitali. Gli snulimi ~ .
pire fino a che punto essa sia originale di ~vagno; ~. li-
gene, si e pensaro a11o stoicismo (che effet;'J"ammte
== C:. tali m .
sre -~ e1en hi di · di .....u.ni) mail numao ouo di pee
.""' c erron e ..---: sod<Jichante·
catJ non ha trovato finora ~ '."'pasta;IOJSii. 10110 a>llepU
Quest; pensieri malvag~ non~ ~. oJui se-
tra di loro; alcuni, a seconda ~-- e(&ad e a opie·
8110no. Ad analizzarli. a illust~ COD di waa Ia - opera: il
garlj Evagrio dedica una_ ~ IDlpor!liD~ e sopt8JIUifD il
T~attato f>'alico, i Pensten, gli Ott~~ I"""""' _. JU1C1U!1
Con-_
dittorio <Anti"heti/tOs). I .,..-rt vagi~ daDe imlDI8I'
dai ricordi, dagli oggetti o dslle ~~ di ordine m·
Dazioni, dalle allucinazioni. ed ancbo: · .Jia vita dd .........,
tdlettuale quali riflesoiooi 0 fliP- ~;,durre il"""""' Ill pee·
lscor~to. accidia. vanasfotial· Per
il demoDe adopera inganni e menzogne e ~regie di ogni SOr-
aro( qm· Ia wsraletreratura di argomento monasaco fornisce nume.
ble diE ')
rosi ponlldi .Ue ~~oni vagno.. _ " .
Anche se imptega mdifferentemente il termme pen$Iero • 0
"demoDe" Evagrio, comunque, considers il demone come una re-
olti ~ oon come un'immagine, un'idea. Esiste un mondo dei
demoni come il mondo degli uomini e il mondo degli angeli (d. pp.
209-2101. Penanto anche Ia Iotta contro i demoni e una Iotta reale,
11011 un comraddittorio intellettuale tra un pensiero malvagio e un
pmsi<ro buooo che lo rontrasta.
Tale Iotta pu0 portare aDa vittoria sui demone soprattutto indi-
vidumdo Ia parola della Scrittura cbe e specialmente adana aile sin-
gale siruaziooi: ad approfondire questa tematica e destinato soprat-
n e
nmo l'Antirrbetikru. metoda ci stato insegnato dallo stesso Ge-
.... che, nel deserto, seppe replicare aile tentazioni dd demonio: an-
che in <pJeStO vie moho cbe ci richiama Ia serie dei Moralia di Basi-
lio, em Ia nccolta nuda e semplice dei passi scritturistici che servo-
no alia vita cristiana Evagrio, inf.atti, raccoglie nell'Antin'etikOs piu
di cinqnecmto passi della Scrittura, cbe iJ monaco deve tenere a
IBmllllia, in un modo o nell'altro, perche Ia sua risposta sia quanro
piii npida possibile. Ma uno strumento indispensabile e, narural-
mmre, l~mvocaziooe a! Signore, perche venga in nostro soccorso;
indispem:obili, parimmri, 50110 Ia veglia, Ia preghiera. le lacrime.
Tune questr pnriche asre:iche 50110 indirizzate aDa purificaziooe
ddla pGte pomionale ddl'anima
~ il mooaco poi> godere ddl'assisreuza dell'angelo, ed in
porticobre eli qudlo che gli e Slato daro - come ad ogni uomo. dd
moo- rome RIO guardiaoo aiiiiDIDeruo della nascita. Gli angeli as-
~alia Iotta dd mooaco cnmo il demooe, rna non sooo sem·
~ spettaori e vi interveogooo anch'es.si Ira gli uommi. il padre
spililuale puO fomire un RIO ainro; nell'ambienre ~
ddlr Celie. il ~ che presiede aDa comuniri dei IJ)()IIaCi pas-
:!,- OUIOriti lfJiriruale; Macario _,... rapplUftltaro ~
per &-.p;o_ n .....,.., <uouiairo compiuro dal .....,.dole •
- ed ba Ia ~ d6cacia della~ CDo wtti ~
tll1llbo:Dii ii..._., I1USCU2 a .,......._
.., cunfmnb d<i d.mooi ----. emro di se,· l'"odio .__.••m
,..-
La mocL • Lll.
~ pari,a ~ ddlt loae e ddl'aocai ;, rapprelCIIUU ....,..
-.Ina d<i Dpla della lqpa 6looo6a- e della 50IOia di Ab-
e G.pp.d.,o - per iDdiaR Ia maoanza di paooioDi- Ta-
le stato rapp~~ Ia salute dell'anima, Ia- risutrezlone. La-.
canza di passtoru s• attua per gradi, e pub aaere perfma .
fetta. Quando ha raggi~to l'impassibilira l'ttfata, I'~·
mincia a_vedere Ia ~~questa condizione, grazie alia pr~
alia prattc:'- dell_a ~ I m~ comincia ad intravvedere que11a
cbe Evagno cbiama pregbiera pura", ndla qua1e l'atata vedt1' a
proprio intelletto simile aile stelle. a
Questa scienza spirituale che vieoe in noi per grazia di Dio ar-
ttaVerso Ia impassibilira rende "gnostici" coloro che fOliO giuoti a
possederla: l'~cizio ~vita "pratica" prosegue ndla ,.jca "po-
stica". A questa livello Sl giUnge quando le pani dell'anima fOliO sta-
te guarite, ed allora sara ricostituiro l'uomo 0110\'0, ad imniagiae dd
Creatore, od quale, grazie alia santa impassibilira, DOD vi epiU ...
mascbio oe £emmina, ma tutto e in lUili eCristo: aoche qui eperce·
pibile il rapP<lrto, svilupparo soprattutto dal Nislmo, aa impeslibi-
liril ed "immagine di Dio" in ooi
La vita ascerica procura al monaco Ia ocimza ("gooti" ). Di _,
esistooo vari gradi. Innanzitutto, Ia ocimza spiriluale, alia quale li
ginoge per mezzo della vita pratica, li distiogue dalla lciaJza profa-
oa: una disrinzione, questa, alia quale siamo awez2i. IOio che ~
grio Ia pone in direrta cooseguenu della vira aocelica e della purifi.
cazione dell'anima- aocbe Gregorio di Naziaozo lo oven deao lcf.

.-
sopra, pp. 32lss.) -. Ma Evagrio approfoodisce questa~
ed afferma cbe esistono dei gradi all'intemo della~..,.......,..
rituale. 1nnanzirutto bisogoa disringuere aa Ia pou o ~
2iooe della natura. cbe e Ia goosi delle ro« crerre ~~ ~
gia ripresa aoche da Massimo a~~=~,;
a !ermine ultimo della gD05l sa:-- Ia ~
della natura romporta due gradi: da una parte e _.
della natura seconda, cbe ba per OSlJdfO le =-"' ~e da(.
teriali, percepibili coo i ..,.,.; e che furoo.:> crerre ~ p
I'altra parte Ia comemplaDooe della _ . pnma.da Dio . - oe-
intelletti e le creature ~- che furoo.:>;'~).EM­
eoodi <vie, quindi, una opeae di_~&nno ...,dere 1-"'""
1te, dunque, uoa scala a tre gradi: •'lltll~ ddla pdad. e Ia ,.
Ia contemplazione della oarura ~cui cf. P· 2001. .
IUra prima, a sua voka.la flllllaiJIIIU~ ~ ....-=r<S,....,...-..,
La contemplaziooe della~ . ~La,__,-
lllravttoo Ia ~.-;bile
De lallibiJe produa UD •<XJ(I(diO ~~
e.'•
~a qu# c..,..._.
I Padri C.ppadoci

re coUegato aJ/oghismos, a! ragionarnento. In questo. ca.so ~ r~giona.


mento non e necessariarnente perverso, come quelli di cw s1 e det·
to sopra: il ragionamento e petverso solarnente quando e corrotto
daDa passione. Anzi, il !"'gion~ent~ puo essere huon?: esis~ono
quineli tre tipi eli pensien, quelli umaru, che sono naturali, quelli de.
moniaci e quelli angelici.
1 pensieri umani sono quelli che nutre colui che e giunto aUa
impassibilita e che puo quindi considerare gli oggetti senza provare
desideri o passioni; questi pensieri cosl caratterizzati sono, invece,
quelli soggetti a! potere dei demoni. I pensieri angelici, infine, invi·
tano l'inteUetto ad elevarsi a! di sopra delia semplice percezione de·
gli oggetti, per asrivare a considerate le !oro "ragioni" (logot), vale a
dire i !oro principi intelligibili e, quando si tratta di testi scritturisti·
ci, a scoprire, a! eli Ia deUs letters, il significato spirituale del testo.
Quando si deelica a questi pensieri, il monaco diventa un contem·
plativo, da "pratico" che era: «contemplativo 1: colui che forma nel
suo spirito il mondo sensibile semplicemente per conoscerlo, men·
tre "pratico" e colui che, oel mondo costituito come spirito, si com·
porta come vuole Ia devozione e Ia giustizia» (Ri/lessioni 39). Lo
gnostico deve eliventare un contemplativo: daDa semplice rappre·
sentazione deU'oggetto sensibile passa aUa contemplazione di esso,
owerosia aUa sua considerazione teorica. L'intelletto che perviene
alia contemplaziooe raggiunge una conoscenza non solarnente piii
completa, rna anche piu profonda di queUo che costituisce il mon·
d? sensibile: in quando conosce il logos delle cose, Ia !oro ragion
d essere ed illoro principia, che e insieme ontologico e scientifico.
A questo scopo cercano di elevarsi, rna invano, anche coloro che
posseggono Ia scienza profana: Ia vera scienza infatti e Ia scienza
spirituale, Ia quale non dipende dagli uomini.' ma da 'oio: solo lui
permette cbe noi vediamo i logoi deUe cose.
S:gue, come gili si e detto, Ia contemplazione naturale prima,
~ n~uard~ le realta incorporee o inteUigibili, cioe Ie nature razio·
nali o mteUigenti:
kL~gn~i.deUa P~.• naturae Ia contemplazione spiritus·
Iacw 51 I: servno il Creatore creando gli intelletti men·
t~e gn~i che riguarda Ia natura seconds e Ia cont~mpla·
Zione spll'ltuale di' c01. 81. • . il .
ra dci . e servuo Cnsto creando Ia natu·
corp! e del mondo» (Capitoli gnostici III 24 e 26).
VII. I:impegno tUceti<o dei CAppadcc;

Nd contemplare ~ ?ggetti che si offrono alia sua gnosi 1o


stico epreso da meraviglia: e come se davanti ai suoi occhi si
lasse un mondo nuovo:
.:=. _

«L'intelletto che si e spogliato delle passioni e vede i logoi


degli esseri oramai non riceve piu le immagini che gli giun-
gono dai sensi, rna e come se un altro mondo fosse stato
creato dalla sua gnosi, che attirasse a se il suo pensiero e re-
spingesse lontano da se il mondo sensibile» (Capitoli gno-
stid V 12; V 39).

AI massimo grado devano lo gnostico i logoi della provvidenza


e del giudizio eli Dio. Conoscere Dio elo scopo a cui tende fin dal-
l'inizio Ia vita spirituale. Lo gnostico puo partecipare alia conoscen-
za di Dio in certi momenti privilegiati, ad esempio nella preghiera,
Ia quale e i1 preluelio della gnosi immateriale ed uniforme, cioe del-
la gnosi eli Dio. Come aveva gia detto Clemente (StromatiVIT 7), co-
sl Evagrio conferma: «<a preghiera euna conversazione dell'intellet-
to con Dim> (Capitoli sulfa preghiera 3): alia preghiera pura non si
giunge solamente con l'impassibilita, rna attraverso vari gradi di
contemplazione. Oppure essa e <<una ascesa dell'intelletto verso
Dio» (Capitoli sulfa preghiera 35).
VIII. L'esegesi dei Cappadoci

L' esegesi dei Cappadoci non e cosi famosa come quella dello-
ro maestro Origene, tanto piu che questa sta alia base della !oro; es-
si riprendono molti aspetti dello spiritualismo deii'Alessandrino,
del quale, tuttavia, non sono in grado eli comprendere (se non rara-
mente) gli interessi erueliti, filologici e rigorosamente scientifici. Ma
questa insufficienza (se vogliamo interpretare in modo negativo il
!oro modo di fare esegesi) era divenuta oramai comune nella cultu-
ra cristiana di Oriente e di Occidente (l'unica eccezione sara quella
di Gerolamo), per cui, se da un lato, come dicevamo, i Cappadoci
non innovano rispetto alia rradizione origeniana, comunque merita-
no un'alta stima soprarrutto per Ia capacita eli approfonelire molte
tematiche spirituali nei testi che affrontano, tanto da creare dei veri
e propri capolavori nei !oro trattati esegetici. Quanto stiamo dicen-
do vale soprarrutto per Gregorio di Nissa.

1. Criteri dell' esegesi basiliana

_ L' a~vitii esegetica di Basilio, fra le cui opere note non compa-
mno ven e propri commentari biblici in senso tradizionale, e stret·
~en~e connessa all'insegnamento impattito per lo piu in fonna
~mileuca, come nel caso delle Omelie sui Salmi e delle Omelie sul-
!::,_erone. A proposito dell' esegesi svolta in queste seconde, ge-
n .cc "?te se ne esottolineato illetteralismo e I' antiallegorismo, ed
m cuetn
~---
questo cnteno
· · s1· ·mquadra in un detenninato modo di lll· ·
ten"= Ia Genesi ' che net· pnnu
- lann · · secoli del cristianesimo era stata
pamco tal studiata. · I:esame di a1cum- passi puo- £arc1· mt
re i motivi diente · ende·
Basilio ~•tteggiamen_to. In Omelie suli'Esamerone II 2, Iss-
to P~ con~ qUet "falsari della verita", che con sfren•·
me di G 1 2 to allegonco identificavano Ia terra invisibile e infor·
n ' con Ia materia increata e indipendente da Dio, pro-
VIII. I:esegesi tki C.pp.J«;

pugnan_do cos~ un du~mo ontol?gico distruttore del genuino COD·


cetto di creaztone e lestvo della libena di Dio creatore s ·
. I' . all . . empre m
poIemtca co_ntr~ . eccesstvo egonsmo, il vescovo confuta in II 4.5
Ia pretesa di chi mterpretava Ia tenebra, di cui si parla nello -
· alente a "?Jale": tale esegesi, infatti, ponava
passo, ~orne eqtJ_~v. ••esso
alia
conceztone dualisnca, gnostlca e manichea, della realta. sostanziale
ed origin aria del male. Ancora, Basilio respinge I'esegesi in senso
anagogico di certi "scrinori della Chiesa", che nelle "acque" di Gn
I, 6 vedevano le potenze spirituali e incorporee: in alto le buone, in
basso quelle malvagie (ill 9, 7ss.). Origene aveva effenivamente
proposto questa interpretazione, rna forse Basilio non allude pro·
prio a lui e non vuole attribuire al maestro alessandrino tutte le col·
pe degli allegoristi. La critica piu dura nei confronti di costoro si
Iegge in IX 1, lOss. Ivi Basilio afferma di conoscere bene le norme
dell' allegoria, rna rifiuta di accettare le distorsioni esegetiche del te·
sto sacro operate da chi si presume piu sapiente della Parola dello
Spirito. Contro Ia perversa interpretazione di tali sapienti Basilio
riafferma con decisione che lo scamo e semplice dettato della Scrit·
tura non e un trattato di sdenza ed e stato disposto da Dio «per
I'edificazione e il perfezionamento delle n?"tre ~e». La ~ri~ca di
Basilio e sempre rivolta a precise e ~p~ifiche ~terpret8ZIO~e :~
presurnono di trarre dal testo sacro stgnificatt e tdee personali .
bitrari, teologicamente in contrasto con l'~segn~ento, gc;numo
della Scrittura: I' essenza di Dio, il concetto di1C::o·ndJ I:'eJ'i::'dd~
Ia natura del male Ia libena di Dio nel creare, a na . als . Basi·
I•uomo ecc. Anche • quan do non vuoIe correggere erron al trU1 · di·
. • --·"-- I I nera che connano
lio aderisce al testo, rna non blllli<1U-"a a ~ 'c 0-0 · e di ins•""'"·
£ dirnentt met01o ~
venta spesso Ia base di appro ~n. alia simbnlogia e alia tipo--
menti morali. In questo caso egli ncorred che Basilio accetta un
logia. Del resto, certi indizi fanno mten eredimento allegorico. In·
uso controllato della metafora e ~ ~die sulfEsamerone esista
somma, non si puo negare che nd all rico sia pure con Ia pru·
anche una cena aperrur~ al meto 0 d~~esrd e dal dim• delle!?""
denza e nei limiti impost! dalla natura . c · • esplicita ed effernva
Iemiche antiallegoriste, apenura_ che S118 plU
di Basilio non equtn 8
. di d 50-
nelle Omelie sui Salmi. ll leneralismo .
Prawal utare. . · • _ ..,o che Sl8
.co di Basilio Sl e ~ . ori·
A proposito del metodo esdese~oe gt"ovanile all'~ ?~-'
· · una evoluz10ne
OSlSlJta · dall8 a dal100conratto con maestn SDO<J<U<P"•
geniano, attenuata poi anche
I Ptlbi Grppadoti
356

come Diodoro di Tarso, che egli c~nosceva. (cf. p. 79) e da esigenze


pastorali, fino 8 giungere a! letteralismo, chiaramente espresso neUe
Omelie sull'Esamerone. Va tenuto presen.te, co?:'unque, che, come
osserva iJ Girardi '• anche neUe altre omelie Basilio raramente intro.
duce una determinata interpretazione precisandone Ia natura dal
punto di vista esegetico: di regola si ~ta semp_licemente a propor.
Ia, da sola o in altemativa ad altre, evttando di formulare principi
teorici. Seguendo una tendenza che appare ispirata a! primo livello
enneneutico della teoria esegetica di Origene, I'omiletica di Basilio
sull'Antico Testamento utilizza frequentemente il termine "storia'
con riferimento agli episodi narrativi per ribadime il valore storico
e Ietterale, con una ricerca talvolta puntigliosa e talvolta desiderosa
di esaustivita, prima di procedere ad una interpretazione spirituale
e allegorica, se non addirittura mistica. Tuttavia queste posizioni let·
teraliste sono tutt' altro che assolute e rigorosamente coerenti e per
il Simonetti questo non e un rifiuto assoluto dell' allegorismo, bensl
eespresso in funzione della circostanza specifics'· n letteralismo e
asserito in tuna Ia produzione omiletica di Basilio, e cio parrebbe
escludere una vera e propria evoluzione verso il letteralismo a ol·
tranza che molti hanno trovato neUe Omelie sull'Esamerone. Come
si evisto, esso eimpiegato soprattutto in polemics con I' allegorismo
impiegato da certe deviazioni dottrinali, come lo gnosticismo e il
manicheismo. In sostanza, nella esegesi basiliana, Ia interpretazione
lerterale precede a mo' di introduzione, secondo Io schema di lettu·
ra a _due liv<;lli, Ia ~gesi spirituale ed allegorica, che si svolge. alia
mamers dell allegonsmo alessandrino. Quindi non il metodo erifiu·
tato, ma solo il suo abuso. Basilio non e un allegorista in senso stret·
to,~ nemmeno un antiocheno ante litteram. Anch'egli ricorre al
c~Id~ delectus litterae, al simbolismo etimologico dei nomi pro·
pn eb~ e dei nomi comuni, all'accumulo di interpretazioni di se·
dodo _livello J?"r ~ '?edesimo brano, a varianti di codici e di tra·
uno'.'_per lcchire I interpretazione spirituale e allegories. Insom·
rna, pm vote considers insufficiente l'interpretazione letterale dd
testo sacro, alia
ta eli Cristo da maniera
,. ebrSI~a,
· se non e• superata, graz1e
· all a venu·
.,
' un mterpretaziOne spirituale, che e piu elevata e P10

I Cf. M. Gi<ardi &siiro di Ce . . . . -"


meneuJid, /)aSSi, £dip~..1:A Bari 199tarea mlerpre/e JeJ/a Sen./lura. Lessico, pnnCJPI
•a. M. s· !""'· 8·
lJJlOnetti., Lettera elollllegorliJ, Augustinianum, Roma 198,, P· 142.
VIII. I.:esegesi tk; C.ppadod

profonda. ll cap. 21 d~ Lo Spiri~o ~~nto esalta Ia contemplazione spi-


rituale qual~ s_~so ultuno_ ~ defimttvo della Scrittura. Di conseguen.
za, Ia semplictta e Ia brevtta della parola della Scrittura non debbo-
no service per dei lettori elistratti, inesperti o presuntuosi. L'introdu-
zione alia medesima opera (1, 2) esona in tal senso, e sembra eli co-
gliere in quelle parole I'eco delle riflessioni eli Origene.
In condusione, Basilio 1: mosso dalla tendenza a servirsi ora del-
l'uno ora dell' altro metodo, con prevalenza ora della Jenera ora del-
i'allegoria, secondo Ia natura del testo, della circostanza, dell'udito-
rio, del genere letterario e ddle finalita ultime, specie se dottrinali;
rifiuta un accentuato allegorismo, non il metodo allegorico in se; se-
gue le tendenze dell' alessandrinismo piu recente, sottoposte ad un
vaglio e adattamento dalla sua personalitil eli monaco, di pastore e
eli retore.

2. L' esegesi eli Gregorio Nazianzeno


La funzione e Ia giusrificazione dell' esegesi, e piu in Rarti~lare
dell'esegesi allegorica, sono affrontate dal Naztanzeno 81° agli IDlZ1
della sua carriera di oratore sacro, e preosam · ente . quando ch 'ilattaccan-
erodo
do Giuliano I'Apostata prende in consideraztone an. e m ·
d ' li . dl t ali pagani e dall'unperatore aJ
allegorico applicato ag mt . et u . rifi t ti rna interpre-
. · dell a Ioro ~eli
mttl_
·
_ gtone, · ali nonellveruvano
I q_u
u a in
fil ofia. Gii ' que! conte-
tatt m confornuta con le estgenze. d • . OS arbitraria I'esegesi al-
sto (cf. orazione 4, 114ss.) GregoriO .~nstde~•- a non riguardi l'alle-
legorica, anche se everosimile ch~ swa~b crtd~temente dai cristia-
goria in quanto tale (che era praocata a) on soprattutto, i caratte-
. . t a ignorare rna, . ,
m, come Gregono non po ev_ . 'ud reciso momento, c~oe
ri della allegoria pagan~ co~stde.~ta0m ~to aiteggiamento esegeuco
quella eli Giuliano e det suot arruct ... u teniamo presente che,
di G regorto . acqwsta. un ma••ior
.,.,.. asili' . ·~
rilievo,evasepronunciBtO, quelle
~- ral .
nell' epoca in cui egli scriveva, B choav elie di carattere mo e.
. olopo eom
che sono giunte fmo a nol, 5 . , nuova. ..
tanto piu quineli Ia sua riflesstone e 'camente i !oro !llltl, era un
i
Che pagani,interpretass_e~ ~j!:Macrobio (Co1111nento_al!;i
fatto noto giii da alcuni secoli. ; 1:firio si era domandatf quji!n,.
gno di Scipione I, 2, 7-21) ~~e:. i miti. Giulian? ~on;,:,/,;, Cotne
della ftlosofia potessero utiJ!zz e del Contro il anrco ·
questione in una lunga sezton
I PtUiri C4ppad«i

Macrobio, egli evoca l'affermazione.eli Porftrio, che «<a natura arna


naacondersi» (Co11tro il cinico Eraclzo II, 216C, un pauo che trova
conferma in uno eli Macrobio [Co~mento al.Sogn~ di Scipione I, 2,
!7), ugualmente derivato da Porfino). ~unavt~ Ia nsposta di Giulia.
no e norevolmente eliversa da quella dt Porfino, perche secondo iJ
filosofo neoplatonico certi miti sono utili e morali, ad esempio nel-
la teologia cbe paris degli dei inferiori e d~i ~e.moni, mentre per
Giuliano Ia mitologia si adana alia morale mdivtduale e alia pane
iniziatica e mistica della teologia. Questa profonda modifies della
dottrina eli Porfirio eopera di Giamblico, Secondo iJ Bouffartigue '.
Si puci pensare, quineli, che il breve excursus sui mito, contenuto nd
Contra Eraclio eli Giuliano, risalga a Giamblico. L' opera di Giulia-
no si conclude con l'esercizio filosofico-letterario della composizio-
DC eli un mito, eseguita dalJ' autore StCSSO. fl pensiero che vi eespO·
rna eche i miti scandalosi sono utili ad un certo procedimento filo-
sofico. Piu il mito e assurdo e indecente piu e necessaria un'inter-
pretazione allegories, e le persone di intelletto piu vivo sono stimo-
late a scoprirne il vero significato. La stessa affermazione si trova in
un'altra orazione eli Giuliano, quella per La madre degli dei (10,
!70s) e, in .e, non era nuova, perche era gia stata espressa da Mas·
simo eli Tiro Wissertazioni IV, 6a) e da Plutarco (La vita e Ia poesia
di Omero 6), quindi almeno due secoli prima di Giuliano. Essa ri·
torna in Prodo (Commento alia Repubblica di Platone I 44, 14-15),
che elipende probabilmente da Giamblico .
. Gregorio Nazianzeno, quindi, nella sua prima Invettiva contro
Gzulzano (4, 114so.) contests l'opinione dell'irnperatore, che l'intd·
lettuale ~agano puci, anzi, deve esercitare l'interpretazione allegori·
ca. Anch egli, come tuni i cristiani, arnmette che esista un signifies·
!" esterno, c~ esecondario, del testo sacro, mentre il significato piu
~te e quello piu ~ofondo, con il quale si educa Ia folia dei
· In tal caso, come 11 comportera Giuliano se C: invitato a fare
altrettanto
(0mero con . i 1 U01· tesu· che nvestono
· '
un carattere ··
di autorlta
.' Eaeliiodo, gli .Orfici) kapp. "'·116)i' Maoi ha ache fare con
Wla aene raccoon unmorali:
& .questi racconti sonoven,· non provmo
· vergogna, anzl,·
ne llano orgogliosi • ci penuadano che non sono indecen ·
ti. E che bilogno hanno di ricorrere ai rnito come d'
Jo per Ia !oro spudoratezza? nmito, infatti, non ~
penone che parl.ano con franchezza, ma di penone che
J;:,dj
hanno ~aura. ~e. mv~e, q~ti racconti sono fa!ai, in primo
luogo c1 mo~trmo_c~ sono do_ro puri teologi [... ), poici di-
cano _co~e e p~ss1bil~ v~ta~1, ~~ se fossero soUdi argo-
menu, d1 quegli stess1 m1t1 di cw mvece •i vergognan0 e co-
~e ?.on si~ ~to! to ch~ proprio quello che potrebbc 1fugire
81 pm, e c1oe a quelli che non hanno ricevuto un'educazio-
ne letteraria, sia messo pubblicamente sotto gU occhi di tUt·
ti, nelle statue che riproducono gli atteggiamenti degU
dei. .. » (cap. 117).

Anche i cristiani, certo, prosegue Gregorio, hanno dei racconti


che posseggono un significate nascosto (sono, evidentemente, que!·
li dell'Antico Testamento, che debbono essere interpretati allegori-
camente), rna, in ogni caso, anche se ilsignificato nascosto possiede
una mirabile profonditii di pemiero, il significate evidente ad una
prima lettura none immorale. Nell'ambito della dottrina di Dio non
eammissibile che le apparenze, cioe il prime significate che emerge
dalla lettura siano sconvenienti e indegne dd concello nascosto
(cap. 118): ktvece presso i pagani il sense nasco1to dei miti n_on e
credibile e quello immediate, che serge ad una pr~maleuura, e pe·
ricoloso. . ~ da di
Queste considerazioni polemiche sono dt cerro . on .te sudi
· · · didell
una base solids, e non sono una banale npe!IZtone moovt tra di·
zionali: forse Gregorio potrebbe av~r leuo. al~~..J;j •
Giuliano, o, eventualmente, quella ~ 1 Salusu; di ~dlo
3, 4); comunque, egli poteva essere mformat . q pegnati come il
:f.fir:::.;,;
<fi=a·

no, a corte e fuori della corte, i le~te~tiJragan~i:;,rofond~ dd mi·


!oro corifeo Giuliano, a difendere stgn ~to
to con il ricorso all'interpretazion~ allego~tca. Ja sus auivili dip«-
. Secondo il Bernardi '• Gregono,n=:edue 0 razjoni aulla "":
dJcatore con il 383, allorquando P~. . anni della sus villi, JI'8IC()I'II
lqua e Ia domenica in Albts, nesli wru rte nd 390, si ...-.bM ~
ndla 110litudine di Arianzo fmo alla aua cklle aue precedenti QlUIOIII.
dicato alia raccoha e alia rielaboraZlont

~,cii.. PP..J'.....
'Cf. }. Bernardi, 14 prldiPJ/ioll Jn PINs
)60 I Padri C4ppadoci

scegliendo quelle che considerava piu valide._ Esse av~ebbero dovuto


resentare ai lettori. a questo punto, Gregono come il vescovo idea.
f. Ia sua predicazione, infatti, si era svolta per un arco di venti anni e
;;,babilmente era stata piu abbondante di quanto noi non possiamo
ricostruire dalle quarantacinque omelie che ci sono pervenute.
Precisato questo, esignificativo un fatto: che Gregorio, pur es-
sendo stato oratore sacro alia pari dei suoi amici Basilio e Gregorio
di Nissa, non scelse, per inserirle nel corpus delle sue orazioni desti-
nate alia pubblicazione, quasi niente delle sue esegesi scritturistiche.
In effetti, di orazioni di contenuto esegetico noi possediamo sola-
mente Ian. 37, dedicata ad una pericope di Matteo (19, 1-12: sui di-
venire eunuchi per amore del regno dei deli), ed una am pia sezione
dell'orazione Sulfa Pasqua (45, 12-22), nella quale egli interprets ti·
pologicamente tutti i particolari della pasqua ebraica. Questo dato
di fatto contrasta con quanto si dovrebbe logicamente ipotizzare,
cioe che Ia predicazione di Gregorio al popolo avrebbe dovuto con-
tenere per Ia massima parte esegesi scritturistica e, soprattutto, con
il fatto che Gerolamo, stando a quanto egli stesso dice (cf. ad esem-
pio, Gli uomini illustri 117), avrebbe appreso da Gregorio Nazian-
zeno l'arte di interpretare le Scritture nella quale egli, Gregorio, era
famoso ai suoi tempi.
Orbene, se, nonostante questa fama, Gregorio dedico poca at-
tenzione alia sua attivita di esegeta, allorquando componevala scel-
ta delle sue orazioni, bisogna concludere che I'autore stesso non vi
attribuiva tutta l'importanza che noi pensiamo e che Gerolamo rite·
neva che quelle orazioni avessero. E di conseguenza, nella storia
della ~g':"i cristiana, Gregorio quasi non esiste: le trattazioni che
gli studios, modemi hanno dedicato recentemente a tale tematica,
lo hanno totalmente trascurato.
~iononostante noi crediamo che, pur essendo Ia oratoria del
Naztanzeno molto personale e sui generis qualche considerazione,
Bern se.solamente di dettaglio, mentl
anche . . di. essere
' ancora proposta. n
te alardi: con_ un esame dettagliato dell'orazione 37 (ripreso in par-
te'cbe~~=· dopo, ~al G";llay•), ha sottolineato come, non_ost"':'·
in essa poco : a ora~tone sta di contenuto esegetico, in realta VI 518
.esegest. In effetti, in que! contesto Gregorio sembra
preoccupato di tutt' altro, e cioe di presentare delle convinzioni per-

' a. P. Galla~ L. Bibt. da z· · in Lt


1II01Uk vee tJncint ~ 14 Bihk 'b~~ ~Uf)Tt de G~lgoire de Na:Uanze It Thlo/ogJtn.
• .,.,...,._.,Pans 1984, pp. JU-334.
J61
son~ che hanno poco a che fare. con il. paao evangdico cbe li en
acc_mto. a ~ommentare; a! contrsno, egli prende to llpunto dal tel!c
scnttUnsttco pe~ sostenere, con ~":'lde asistemsticita, le teli piu .,..
tie, che sono pol quelle che costttwscono Ia maggior pane della
predicazione del periodo di Costantinopoli: Ia difesa della orrol:.
sia,la confutazione degli ariani,la esaltazione dell'ideale ddla virgi-
nita, anche a prezzo di una svalutazione del matrimonio; insomma,
un continuo riferimento ails realta del momento. Dobbiamo ipotiz.
zare che fossero queste le caratteristiche costanti della esegesi di
Gregorio, doe il dedicarsi alia istruzione del popolo mediante Ia
spiegazione di quello che era attUale, mettendo in secondo piano Ia
vera e propria esegesi scritturistica, che egli proprio per questo mo·
rivo non consider<'> suffidentemente significativa?
Cio non signifies, pero, che Gregorio abbia del tutto rinuncia·
to a "fare esegesi" - e nemmeno lo avrebbe potuto, proprio dato il
carattere della sua predicazione, e Ia forte presenza in esse del "par·
lare di Dio", doe della teologia e ddla discussione sui dogmi di fe-
de -. Sui prindpi a cui tale esegesi si ispirava, e sulla !oro applies·
zione concreta il contributo di P. Gallay ha gettato chiara luce con
un saggio ese~plare per chiarezza ed esaustivitii. Nell'or.Wone 45:
12, 637CD, osserva lo studioso, Gregorio ha indicato nettamente 1
prindpi della propria esegesi:
«Per quel che d riguarda, no1· segwamo· un.a via. intennedia
. elli
tra coloro che sono di una totale onusita di spmto e qu .
h . clini. alia culazione e alia anagog~a;
c e. sono troppo
.
m spe· anere del tutto m · ern· ed
no1 non vogliamo cerramente ~ . . del necessa·
immobili, rna nemmeno essere ptu. ncerca~n .u·
. [ . il · 0 anegguunento e un poco B'
no ... ], .m quanto prun il econdo e degno di un in·
dmco e nrnane a terra, mentre 5 almente errati».
terprete dei sogni, e I'uno e l'altro sono ugu
. . e s . ' nella esegesi "':rinuri·
. Come si vede, Gregono m~enddi ~da lui praticats m cam·
sttca, una "via media", alia maruera qu . dell'arianesimo e del sa·
( 261 ). respillge un eccess<>. di
po teologico tra Ie due opposte deviaziOill
bellianesimo come si e visto sopra P· . che considers arbi""di
theoria, cioe 'di interpretazi~?e an"!'::~e Jerrerale. cheeses:'gli
~· ~~n ~pprova nemm~o I mte?fco. noi riscon~o en~.
Plgnz1a mtellettuale. Allatto pra gia e qUSSI del tutto
atteggiarnenti: nell'orazione }71• anago
mentre alrrove essa e costante: il Gallay lo ha dimostrato sofferman-
dosi sulle epistole teologiche (soprattutto sulla n. 101) e su alcune
delle OrD.imri teologicM (nn. 28-30). . .
Alia fine del1'or.wo11e seconda Gregono accenna raptdamente
.U'episodio di Giona (cap. 106ss.), dopo aver ~rotestato, quasi Pte-
annunciando quello che avrebbe detto due anru dopo nella lnvettiva
COIIf10 Giuliano, che i racconti biblici posseggono tutti un !oro signi-
ficato piu profondo, a differenza di q~anto a.vviene peri miti ~ei pa-
gani, che hanno come unico scopo il ~agg~~gtmento del ptacere
(cap. 104). AI comrario, il racconto s~ntturlS~co serve anche a for-
Dire ai aistiani dei validi insegnamentt morali (cap. 105). n raccon-
!0 di Giona, dunque, appare mirabile, ed esige una adeguata inter-
pretazione: Gregorio Ia desume, probabilmente, da Origene, a cui si
riferisce parlando di «Wl uomo espeno in tali argomenti>> (cap. 107).
Quanto dice Gregorio ha, infatti, vari punti di comatto con Ia spie-
gazione di Gerolamo: entrambi fanno riferimento ad una preceden-
te ioterpretazione, secondo Ia quale Giona sarebbe stato invidioso o
sdcgnato per Ia salvezza dei Niniviti, ed entrambi Ia rifiutano.
In un'orazione successiva (n. 14, Sull'amore peri poven) Grego-
rio propane un'interpretazione morale di un passo di Michea (2, 10),
die considers come un'anticipazione di Gv 14, 31, nel senso che l'af-
fermazione del profeta: «Avvicinatevi ai monti etemi; sorgi e cammi-
na, perche non equesto illuogo di riposo per te», e quella di Cristo:
.A!zatevi, andiamo via di qui», non si riferiscono ad un muoversi
concmo e materiale da un luogo all' altto, ma vogliono significare che
i seguaci di Cristo debbono staccarsi dalla terra e dai betti terretti per
volgeni ai beni cdesti e ai cieli. Da qui I'esonazione di Gregorio, di
~ le realtil terrene, per dedicarsi solo a quelle celesti.
T~la medeoima orar.ione 14, Gregorio intende (cap. 38)
un ~ di ~ ~8. 9) nel11e010 che esso implicherebbe una gene-

=·-
lOlita- JUeiVe: «Se togli il vincolo e l'dezione», dice il profeta;
~ il Naz&anzeno, quesre parole significano che si deve essere
eiiCI'e legati a dci limiti, senza fare dei calcoli, e Ia me-
' werpretazlone vtene presentata pochi anni dopo, nd 374.
ndl or~ funebte per Ia mone del padre 08, 20): il padre, rac-
roota il Naz&anzeno, donava «tog)icndo il vincolo e l'elezion.,., cioe
::.frau e - fare I'esame di colui che era deatinato a ricevere il
Si tratta come
non &randt ~.
e agevole vedere, di mterpretazJont
· · · mora1i di
Questa critica non si puo fare, invece, per una orazione di ·
colare jmpegno. Ci_ rif~riamo alia_ quarts Orawne teologica (n. 3 &::
ba. COJDe Ian. 29, il tltolo ~ul ~tg/io). Ivi Gregorio esamina e riaolve
in sensa ortodosso un dosster di questioni comunemenre avanzate da-
gli ariani a proposito della divinita del Figlio, da esai negata. Di .
de riliev? ~ Ia ~uesti~n~ esarninata al cap. 5, vale a dire que11a::.
'sotto!lllsstone del Ftglio al Padre alia fine dei tempi, secondo 1a dot-
trina di 1 Cor_ 15, 2~. G~ ariani (~Gregorio parimenti) riprendono
un'interpretaz10ne di Ongene, rna il Nazianzeno Ia modifica asseren-
do che, se il Figlio esottomesso al Padre alia fine dei tempi, questo si-
gnifies implicitamente che adesso non lo e: rna cio i: inconcepibile, e
deve essere inteso, dunque, come attribuibile a Cristo in quanto uo-
mo, in quanta egli riassume in se tutta Ia umanit8:
<<Dunque, finche io sono non sottomesso e ribelle, perche
nego Dio, e sono sottoposto aile passioni, allora per quan-
ta riguarda me anche Cristo enon sottomesso. Ma quando
al Padre saranno sottomesse tutte le cose (e gli saranno sot-
tomesse per mezzo del riconoscere Dio e per mezzo della
Ioro trasfonnazione), allora ecco che anche lui ha gia attua·
to Ia sottomissione, accostandomi al Padre dopo avermi
salvato. Che Ia sottomissione di Cristo, secondo Ia mia in-
terpretazione, consiste nel compiere Ia volonta del Padre».

Ma questa frase non deve essere intesa nel ~S? ~ subo~a-


te il Figlio al Padre, come potrebbero pensare glt anaru. Grazte, m·
fatti, alia completa unione di volonta tra le Persone,
«il Figlio sottomette tutte le cose al Padre~ P~ al Fi-
glio, I' uno attuando, l'altro dando il su~ dlo ~~:;;li;
cosl colui che ha sottomesso presenta a D~o qu
stato souomesso, facendo suo quello che e nostro».

cioe riassumendo in se t~tta Ia nos~ra umanit~~ta nel medesimo


lnnovativa i: l'interpretaztone, che~~t~ mio. voJsiti a me,

P<rche mi hai abbandonato?». Grego_n~ mtendi :ui


contesto, del grido di Cristo sulla croc<;· . 0 ' d queste parole nello
si parlava sop111.
•~esso significate, qu~o dell~ sottoJ1llSSl.li::~e dell'umanita intenl'
ri<* come riassurnenu nel Cnsto Ia con red
dal Padre o, come c ?"
«Cristo non e stato abbandonato me sravo dicendo. m
no alcuni. dalla sua divinita. · · ma. co
I Padri C.ppadoci

se sresso egli raffigura rutto qu~o che e no~tro. Eravamo


noi, infatti, quelli che erano sratt abbandonan ed e~ano sta-
ti disprezzati precedente~ente,. e chc; ?'a so~o .stat! assunti
e salvati dalle sofferenze eli colw che e rmpass1bile; allo stes-
so modo, egli si e appropriato della nostra stoltezza e del
nostro peccato, come dice il salmo, poiche eevidente che il
salmo venrunesimo si riferisce a Cristo».

I capitoli 10-11 della medesima orazione 30 si occupano dell'in-


terpretazione eli Gv 5, 19: «ll Figlio non puo fare nulla da solo, se
non vede il Padre che fa qualcosa», passo che ha richiesto l'interpre-
tazione anche eli altri scrittori niceni. ll Nazianzeno, dopo aver ini-
ziato Ia discussione pattendo dalontano, con I' esame dei vari signi-
ficati che si possono trovare nelle espressioni "potere" e "non pote-
re" (cap. 10), esclude anche Ia possibilita che esista un mondo idea-
le dd Padre, imitando il quale il Figlio (novello demiurgo eli tipo
platonico) esegue quello che vuole fare; propone quindi Ia sua inter-
pretazione (cap. 11):
«E chiaro che il Padre tratteggia i modelli delle cose, e di
quelle medesime cose il Figlio esegue l'attuazione: pero
non da schiavo ne da ignorante, rna sapientemente e sovra-
namente e, per esprimersi in modo piu appropriato, alia
maniera dd Padre».

ll Figlio compie le cose i cui modelli sono significati nd Padre:


Grego~: volendo distinguere I' attivita del Figlio da quells del Pa-
dre e, utslenle, volendo unirla, scinde i due momenti del "fare" una
~osa: il primo, del tutto ideale e intellettuale, equello che tratteggia
1mo?elli della cosa e dell' azione, il secondo e quello che procura Ia
realta a tali modelli. Alia base di questa interrelazione tra le due im·
maguu, tra I due aspetti dell' azione, e probabilmente Ia tradizione
:nca, ":"?ndo cui il Figlio, il Logos creatore, e all'intemo del Pa·
e: tr~IOne che lo steuo Gregorio conosce ed ha indicato in or.
29 • I~ Risulta chiaro che, se il Figlio e creatore non puo creare a!-
~ • q~o che gilt il Padre ha pensato: esist~ infatti, un'uguale
18 tra due potesta del Padre e del Figlio. '
~pre nello stesso contesto dell'unita di volere del Padre e del
Figlio
tiv u:.~ muove Gregorio <saminando Ia question• successiva, rels·
a IDterpretazione di Gv 6, 38: «Non sono venuto per farela
mis volonta, rna quella eli colui che mi ha mandato..: non esilce . •
fstti, una volontil ~ropri~ del Fi~o. ":Wena da que11a del P• .m
Usuale nella disCW!stone tra mceru e ariani eanche 1a quatione
sffrontata poco ?ltre (ca~p. _15-16), e cioe il fatto che il Figlio non co-
noses l'ulumo gtomo e I ultuna ora, rna soltanto il Padre (cf. Me 13
32). Greg~ri~ presents ~· spiegaziO?e piu comune, che &i ~
ad esempto, m Ambrogto, vale a dire, che il Figlio non conoece in
quanto uomo, rna conosce in quanto Dio; rna piu profonda e, secon-
do lui, Ia spiegazione che avanza al cap. 16, cioe che e necessario che
«<s conoscenza delle realta piu grandi sia riportata a colui che ne eIa
causa, per rendere onore al Genitore». DGallay pensa che il Nazian.
zeno riprenda un passo eli Basilio (ep. 236, 1-2) per 068efVare che il
Figlio conosce il giomo e I'ora allo stesso modo in cui li conosce il
Padre. Di conseguenza, poiche il Padre conosce, cosl pure COI10ICe
il Figlio (scil., il giomo e I'ora), perche tale conoscenza non eperct:·
pibile da alcuno, ad eccezione della prima natura.

3. L' esegesi di Gregorio Nisseno


La esegesi del Nisseno e stata studista rnolto pi~ di ~~ ~
altri Cappadoci. La tecnica deU'impiego ~elle sue ~aztoru scnttu·
ristiche estat a affrontata brevernente da Michel Aubmeaeu 6 • il ~­
le, rifacendosi a delle osservazioni di W. Jaeger_'• ~~: !• nd
parte. Jaeger aveva afferrnato (e non senza ve~~N.
trattato Sulfa verginita (e cioe in una sua opera gto~~ ~
probabilmente sentiva ancora l'influsso della ~nca di~
-·~·
:_:ve_::_
segnato fino a poco tempo prima, per cut· egli cercava
£ ti filosofiche.
Ia difesa della verginitit ricorrendo sopranuttoli 8 on rendo un
., h A b' aveva rep cato scop
Ptu c e scritturistiche, e u meau . . bibliche chc erano
gran numero eli citazioni nascoste di esprcsstru Aub;;,eau ricor·
sfuggite agli editori precedenti e .Uo ' 1;;' aeg~~ Ia cultuta bihli·
0
rc, quindi, alia espressione phlnomene osm:Uente Charles K.ll-
ca e Ia cultura profana del Nisseno '· Successt
. , uodudion· rexte crit:Kp. _.
6 Cf G..._ · ~- N
d . . "•o•re = JI'S<•
,uruon, commentaire et index par
Michel Aubinca"·- ~
T.-.ill tk J. ""'"''"· In
.
o. 11 9, Po-
. Grff0'1tl/
"'1~, pp.118-122. . Worktof.,a.tUcD-~·
., Cf. W.Jaeger, TwomJis""""" .12}.
'"JSJa and Milcllrius, Leiden 1954, PP· l22
• cr. ibid., •· 121.
ncngiesser, precis& che intende esaminare ~a f~rma del ricorrere al-
Ia Bibbia. piunosto che i1 contenuto - con riferunento aile opere del
periodo centrale della produzione del Nisseno (379-387) •• __ Lo
studioso prosegue osservando che le idee chiave della filosofia di
Gregorio sono quindi quelle che -~ono nel m~o _piu direno il
suo ricorso alia Scrinura e che egli nserva sempre il ncorso esplici-
to alia Scrittura alia fine della confutazione dialettica dell' argomen-
to di Eunomio 11 -
Possiamo anche tracciare una distinzione, determinata dal ge-
nere Ietterario, e quindi dalla destinazione di questa o quell' opera
del Nisseno: le omelie rappresentano un modo di esprimersi piu im-
mediato, e quindi anche il ricorso alia "sapienza dell'estemo" e ai
suo vaglio necessario, mediante il ricorso aile Scritture, sono intro-
dotti in un modo piu "disinvolto" (che a noi puo parere arbitrario),
o tale, comunque, che non nasconde il passaggio da un registro al-
l'altro. I trattati, invece, sono piu meditati e l'impiego della filosofia
e della sua successiva conferma mediante Ia Scrittura viene attuato
con maggiore cautela e circospezione.
Su di essi ha parlato concisamente, rna con molta esattezza
Manlio Simonetti, del quale riprendiamo in breve le considerazioni
essenziali u_ lnnanzitutto i criteri esegetici. Anche il Nisseno, come
il fratello Basilio, respinge I'allegorismo esasperato, quando critica
cette interpretazioni falsamente "spirituali" anche dei termini scrit-
turistici di uso piu comune: egli assume questa posizione nella Spie-
gtnione dell'EJamerone (PG 46, 81D; 1210; 124B), nella quale ri-
prende le analoghe posizioni di Basilio, espresse neUe omelie dedi-
cate al medesimo argomento. Ma Gregorio apprezza il significato
J.:ttet"ale del primo capitolo della Genesi «in modo diverso, meno ri-
gido, del ~atello, e Ia conferma ci viene dall' opera parallela, La crea-
vcne dell uoma.., nella quale e fone, come gill sopra si e vista, Ia
componente platonica.
N:;:' meraviglia, quindi, se il Nisseno, volgendosi poi in quel
torno tempo ad una piu impegnata trattazione esegetica, neUe sue
}67

()melie suJ!e B~~titr:Jfni e in quelle Sul/4 preghiera del Signore ric«-


re a1 criteno eli ~divtd~e con;'~ base della sua esegesi del telro ...
cro )'esigenza '!i
devaz~one spirituale, pur leggendo iJ teoto staso
sncora in manter~ a~b~tao:'" lenerale. Piu in panicolare, ne11e
()melie sulle Beatztudinz il NJSSeno sviluppa le linee essenzia1i della
sua dottrina spiriruale: I'anima eimmagine eli Dio, a! quale deve tor·
oare simile dopo Ia deformazione subita ad opera del peccato (e 1a
dottrina platonica della "assimilazione a clio • trasformata in sensa
e
cristiano); necessaria _trovare Dio in se stessi e non nella dissipa-
zione dd mondo materiale, appunto percbe solo I'anima riproduce
l'archeripo divino.
Apparriene a questo periodo anche il trattato esegetico su I li·
e
toli dei Salmi; esso non una spiegazione conrinuata del Salterio
(aoche Basilio aveva rivolto Ia sua attenzione solo ad alcuni salmi),
ma e un trattato dedicato ad alcune quesrioni rdarive aile rubriche
e
dei Salmi. r: opera divisa in due parri, delle quali Ia prima vuole in·
dividuare I'ordine prestabilito dallo scrittore sacro nella disposizio-
oe dei Salmi, nella Ioro totalita, Ia seconda vuole illustrare I'ascesa
dell'uomo a Dio, dal momento in cui si Iibera dal peccato. In que·
st'opera compaiono per Ia prima volta i criteri esegerici che Grego-
rio applichera poi anche in seguito: quando un'interpretazione Jet.
e
terale della Bibbia non utile sui piano morale, J'esegeta, ovviaodo
al cosiddetto de/ectus litterae, deve ricorrere all'interpretazione aJ!e·
e e
gorica. Essa valida solo se basata sui criterio della con~ueD_Z"'·
lita (akolouthia), cine
della necessitii eli rintracciare una i<>g1c:' ago-
rosa nei fatri e nelle idee del testo biblico. D N~? ~ett~ m an~
quesri presupposti ermeneurici rielaboran~o p_nnopt dell~
neoplatonica giii presenri in Origene, Eusebto di Cesarea. Fi ne
Alessan dna.
· . . il Nisseno scrisse
Per completate Ia confutazione di Euno~JSI) il breve traf·
anche, negli stessi anni dd Contro Eunomzo (J . . '. (1 Cor 15
tato esegerico dal titolo Spiegazione del pas_so scr:mmstt;o '
...
28): "Allorquando e•li avrii sottomesso a se ognz "'u~a '~"-'--sillsle
I di tto am~ e SUII '-"'"'·
Nel381 si colloca
6
un comp esso 0 . di seguire Ori·

neUe quali il Nisseno dichiara programman':'~esiaste con Ia


gene, da cui riprende Ia successione Prover t . cenza e ndla per·
~ra dei quali si ottiene il progresso 0~8 c~osdi{ferenza cbe oei
feztone. Per fare questo il Nisseno canst e~ ~passare ilsijp>ifi·
lrattati precedenti - assolutarnente necessa.j'~ enti sarebbe spesso
cato letterale o strettarnente morale, che trUD
~per llll crillimo (alcuni csegeti deii'Ecclaiaae, inCaui,
__.., cra1uro di cogliere in qud libro Ia presenza dell'epiaua.
11110 t.a-bi sull'~ ddlo scrittore biblico a cogliere il
~ oppommo e a godere, percbe tutto e vanita). DNiJeeno
m-r, e ispintto dal platooismo, in quanto vede nella vaniti <l.lk
rooe ll:n'elle Ia aratterilrica eaenziale del mondo creato, a cui si
oootnppone Ia tuka uascendente.
Le Omelie sui GJntiaJ dei GJntici sono dedicate a Olimpiade,
UD8 nobile doona della quale abbiamo gia parlato piu volte. DNis-
...., riprmde I'esegcsi spiriruale del Cantiro, instaurata da Orige.
ne, secondo Ia quale il Cantico e espressione dell'amore di Cristo
per Ia Cbiera, e, sui piano umano, di Cristo per I' anima: per lo 500-
po dlr l'esqeta si prdigge, cbe e qudlo ddl'ascesa mistica, eevi-
deme cbe e questa secondo significato ad essere preponderaote.
Gtq!Orio rottolinea in t1e1110 mistico ogni particolare del testa sacro,
riunmdo in WI unico cootesto tutte le esperienze spirituali aile qua-
li egli aveva sempre fatto riferimento, come qudla della visiooe esta-
tica, della "sobria ebbrezza" cbe avvolge !'anima rapita nell'estasi,
dell' ascesa a Dio, del protendersi incessante verso I' oggeno del-
l'..uore O'epilwZJis), della continua delusione prodotta dall'iofini-
ttzza di Dio e dalla finitezza dell' uorno.
Fa patte, infioe, della narura riflessiva e della profonda maruri-
ta dd Niueno come pensatore cristiano I' aver delioeato anche i
priocipi a cui~ atteneni I'esegesi del testa, oltre a quelli, giil vul-
8Mi. della diotinzione tra latera e spirito. Seguendo, come haono Yi-
110 olcuni IIUdioli 11 , i criteri esegetici di un grande e famoso noeo-
~· Giamblico, aocbe il Niaeno ritiene che l'inrerpretaziooe
~ -~ avere di mira l'intmto specifico (d:oposl e Ia come·
~ ~thill) della dimostrazione in modo da sapeme
~ in ~ coerente e orgaoico tutti i ~- Le opere esc-
~ dd N - . ltrattati e omelie), infatti, pur avendo talora
I""":"'~ eli ~e dementi diaparati, 10110 in grado di ~­
terli ~ mirabilmente in modo orgaoico: nonostante che UNJJ.·
seno 11 dedichi a tali molto diveni tra di !oro (GJntico dei Cant.a.
f.alesill~~e, EJOdo), spiqaodo tutte queUe opere egli mette iD evt·
derJza. come abbiamo visto oopra, i motivi ~ _._,_
. •--'--!'"
cWazione· «JUJJJC. IDl~
ndla r··--.- ...... -~pe.
daborazione fomuJe e mo1ro
~ che non m Origene, Euoebio, Didimo,. ISimooari)
In coocl.~· «G~orio fu IOpr3llUtto IDIO spirirualc,. come
~ e Di~: e perC10 114turalitn ponaro a valorizzare J'eoqe-
ti spirituale, ooe m largo pane allegorizzante, dd taro ucro nd
to1co della tradizione origeniana, ". '

4. Criteri esegetici di Evagrio Pontioo


Nemmeno per Evagrio lo gJ1011ico IIi limila alia intapreqzioue
letterale del testo sacro, anche se neppur lui Ia reopqe oome oc non
contenesae Ia veriti. Seguerulo Ia scoola di AJe.mdria e a... mae-
stro Gregorio di Nazianzo, egli ritiene che il sipi6ato opiriluale
della Scrittura sia accessibile solamente a qudli che b.ono - I a
necessaria purificazione. Quelli che 10110 mcora sogeai olle paolio-
ni possono anche recitare il testa sacro (come facevaoo, dd raiD,
anche i demoni), rna senza c()f)()ICftl]r il se1110 (Capitc/i gnmtiaVl
37). Vi e, quindi, una certa analogia tra Ia scopena ~ ~
spirituale e Ia contemplaziooe della natura secooda. di cw ~
a p. 200: il movimento con il quale l'intdletto si eleva dalla molai
materiale deltesto al suo significato spiriruale eanalogo a~ cbt
va dalla percezione deU'~~ ~alia~ .:;
logoJ. Del resto, in entrambi 1 cas1, Ia CO<JOICCIIU e cbiamaU
tanplazione" ltheori4). . oltre .I sipiliaro J.c.
Tradizionale e anche l'aff~ cbe. . qudlo ddJa Cllll·
rttale, Ia Scritrura possiede un signi6cato ~· qudlo r..,qico
!anplazione deUa natura (doe "fisico"), ed in6oe
!Sa,fio a/ Sa/mo 76, 21).

. . J~J.O.
"a. M. Simon<ni. ~JttnW ,,. J/IF"'· .... ~'~'
Bibliografia

Per una prima informazione: G. Bosio- E. Dal Covolo · M. Manta-


no, Introduzione ai Padri della Chiesa. Secoli III e IV, Torino 1993,
350ss. (Breve profilo, con alcuni testi in traduzione italians e succin-
ta bibliografia).
Per Gregorio Nazianzeno indispensabile strumento bibliografico e
il volume di F. Trisoglio, S. Gregorio di Nazianzo in un quarantennio
di studi (1925-1965), Torino 1974, col recente aggiornamento San
Gregorio Na:danzeno 1966-1993, in «Lustrum» 38, 1996.
Su Gregorio di Nissa e stato pubblicato recentemente (Citta Nuova,
Roma 2007) un Di:donario, a cura di L.F. Mateo-Seco e G. Maspero.

Testi
Basilio
Contre Eunome, suivi de Eunome, Apologie, 2 voll., ed. B. Sesboiie ·
G.M. de Durand· L. Doutrelau, SCh 299; 305, Paris 1982-1983. Sur
le bapteme, ed.]. Ducatillon, SCh 357, Paris 1989; Sur le Saint-Esprit,
ed. B. Pruche, SCh 17bis, Paris 19682.
Discorso ai giovani (Oratio ad adulescentes), con Ia versione latina di
Leonar® Bruni, ed. M. Naldini, Firenze 1984.
Lettres, texte etabli et traduit par Y. Courtonne voll. I-III, Paris
1957-1966. '
I.e lettere, introduzione, testo criticamente riveduto traduzione e
'I'ff"ento a cura diM. Forlin Patrucco, I, Torino 1983.
dio.melze_ J: Basile de Cesaree sur le mot "Observe-toi toi-meme",
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Gregorio Nazianzeno
Orazioni
Nelle Sources Chretiennes:
on. 1-3 (n. 247, 1978: J. Bernardi); 4-5 (n. 309, 1983:]. Bernardi);
6-12 (n. 405, 1995: M.-A. Calvet-Sebasti); 20-23 (n. 270, 1980:].
Mossay); 24-26 (n. 284, 1981: J. Mossay); 27-31 (n. 250, 1978: P.
Gallay eM. Jourjon); 32-37 (n. 318, 1985: C. Moreschini e P. Gal-
lay); 38-41 (n. 358, 1990: C. Moreschini e P. Gallay); 42-43 (n. 384,
1992: J. Bernardi). Perle Orazioni 13-19 e 44-45 si deve ricorrere
ancora al testo curato dal Clemencet, ristampato nella Patrologia
Greca (35, 851-1064 e 36, 607-664).
Orazioni singole: Gregor von Nazianz, Die fonf Theologischen Re-
den, herausgegeben vonJ. Barbel, Dusseldorf 1963; Faith gives ful-
lness to Reasoning. The Five Theological Orations by Gregory Na-
zianzen, introduction and commentary by F.W. Norris, translation
by L. Wikham and F. Williams, Leiden 1991; Gregorio eli Nazian·
zo, Omelie sulla nativita, traduzione, introduzione e note a cura _eli
C. Moreschini, Citra Nuova, Roms 1999'; I cinque disco~si teolcgta.
Appendici: Lettere teologiche. II mistero cristiano · poeSte, tradUZio-
ne, introduzione e note a cura eli C. Morescbini, Citta Nuova, Ro·
rna 20062; Contro Giuliano l'Apostata. Oralio IV, a cursf.~-- LJ:.ga·
resi, Biblioteca Patristica 23, Firenze 1993; La mo~le 2 ~ ;'/re:z:
I'Apostata, a cura di L. Lugaresi, Biblioteca Parnsuca '
19~7.. . . ·rica (rna comunque e
Un ediz10ne completa, utile anche se non _en • ell fomita eli in·
pur sempre l'unica finora pubblicata in Italia): e qMu V~ celli con in·
t d ·
ro uztone, traduzione e note a cur~ diG
. · Sallie · m 'Nazian·
S · (Gregorio
troduzione di C. Moreschini, C. CMII e C. a:;,•
zeno, Tutte le orazioni, Bompiani, Milano 2 ·

Poesie . anca ruttora. Singoli


Un'edizione modems completa delle poesi• m sono· Gregorii Na·
. d . commento .. . "vit,
c~mu, con testo critico, tra uZione ~eli apparato cnnco m~
ztanzeni «Synkrisis Bion». Carmen h::OO Wiesbaden 1953
quaestiones peculiares adiecit H.M. W~Jb .,lien von R. Palla, r
:0::
gor von Nazianz. Carmina de vtrtute, 1
372 Bib/iogra/ill

setzt und kommentiert von M. Kertseb_, Graz 1985; Uber die Bischo.
fe (Cannen 2, I, 12), Einleitung, Text, Ubersetzung und Kommentar
von B. Meier, Paderbom 1989; Gegen den Zorn (Carmen I, 2, 25),
Einleitung und Kommentas von M. O~ha~s mit Beitriigen von M.
Sieber), Paderbom 1991; Der Rangstrezt zwzschen Ehe und ]ungfriiu.
fichkeit (Cannen I, 2, I, 215-732), Einleitung und Kommentar von K.
Sundennann mit Beitriigen von M. Sieber), Paderbom 1991; Grego-
rio Naziaozeno, Sui/a virtU. Carme giambico, introduzione, testo criti-
co e traduzione di C. Crimi, commento diM. Kertseb, Pisa 1995; Ad
Olimpiade [carm. II, 2, 6], introduzione, testo critico, traduzione,
commento e appendici di L. Bacci, Pisa 1996; Nicobulo jr. al padre
[carm. II, 2, 4]. Nicobulo sen. al figlio [carm. II, 2, 5]. Una discussione
in famiglia, introduzione, testo critico, traduzione, commento e ap-
pendici di M.G. Moroni, Pisa 2006; Autobiographical Poems (2, 1, 39;
2, I, 11; 2, I, 19; 2, I, 34; 2, I, 92) edited and translated by C. White,
Cambridge 1996; Mahnungen an die ]ungfrauen (Carmen I, 2, 2),
Kommentar von F.E. Zehles und M.J. Zamova, mit Einleitung und
Beitriigen von M. Sieberl, Paderbom 1996; St. Gregory of Nazianzus,
Poemata Arcana, Edited with a Textual Introduction by C. Moreschi-
ni, Introduction, Translation and Commentary by D.A. Sykes, Ox-
ford 1997; De humana natura (c. 1, 2, 14), Text, Ubetsetzung, Kom-
mentar von K. Domiter, Frankfurt am Main 1999; Autobiografia. Car-
men de vita sua, a cura di F. Trisoglio, Morcelliana, Brescia 2005.
I.:edizione di A. Tullier- G. Bady (Saint Gregoire de Nazianze, Oeu-
vre poetiques, Tome I, 1.. partie: Poemes personnels II 1, 1-11,
C.U.F., Pasis 2004) e solo un primo passo nella pubblicazione del-
l'intero corpus dell' opera poetics del Nazianzeno.
Una traduzione italians di tutti i canni (con I'esclusione dei Carmi-
~~~ Arcana~ trad_otri da C. Moreschini nel volume su: I cinque discor-
e:
sz_ teologza ... , crt., e degli epigrammi), Gregorio Nazianzeno, Poe-
sz_ell (C: Moreschini - I. Costa - C. Crimi - G. Laudizi, con introdu-
zto_ne_ di C. Moreschini), Citta Nuova, Roma 1994 e Poesie/2 (C.
Cnnu - I. Costa, con introduzione di C. Crimi) Citta Nuova Roma
m~ , ,
<?li. Epigrammi e gli Epitafi possono essere letti nella edizione acces-
~~ile di P. ~altz, Les_ Belles Lettres, Paris1960 e sono tradotti da
ppo Masia Pontaru, Antologia Palatina, Torino 1983'.
ll Chnstus fatiens e stato edito da A. Tullier (Sources Chretiennes
n._l~9, Pans 1969) e tradotto da F. Trisoglio (LA passione di Cristo,
Cu:ta Nuova, Roma 19902).
Bibliogrfl/i4
373
Dei numerosi eomm~ti bizantini a Gregorio Nazianzeno . diamo
!tanto: Niceta Davtd, Commento ai Carmina Arcana di r~ . N
so eli C M bini" uregorw a-
zi4nteno, a cura · on:se . e I. Costa, Napoli 1992; Cosma di
GertJS8lemme, Commentano at Carmi di Gregoric Nazianzeno · •
duzione, testo eritieo e note a cura di G. Lozza, Napoli 2000_'mtro

Epistole . . .
r;edizione modema, eli rifenmento, delle epistole di Gregorio Na-
zianzeno equella curata da Paul Gallay (Saint Gregoire de Nazianze
Lettres, tome I-II, texte etabli et traduit par P. Gallay, Paris 1964). '
Sulle vieende ehe hanno ponato alia (per molti versi inspiegabile)
maneanza eli una modema edizione delle opere eli Gregorio Nazian.
zeno: M. Plezia, Storia di una edizione incompiuta. Vedizione delle
opere di Gregorio Nazianzeno progettata a Cracovia, Napoli 1992.

Gregorio di Nissa
I:edizione eli riferimento equella eostituita da Gregorii Nysseni Ope-
ra (GNO), iniziata sotto Ia responsabilita eli Werner Jaeger intomo a!
1920 e che attualmente sta eompletandosi, anche se aneora manca-
no, tra le opere maggiori, La creazione dell:uomo, Va?im_a e Ia ~sur·
reziane e Ia Spiegazione dell'Esamerone. Edita presso I editore Brill, a
Leida, essa eomprende j voll. I.II, 1960' (Contra Eunomtum, ed. W.
Jaeger); ill, 1, 1958 (Opera dogmatica minora, ed. Fr. Mueller); ill, 2,
1987 (Opera dogmatica minora, ed. K.K. Downing· J.A. Me Do-
nough . H. Horher); m, 4, 1996 (Oralio catechettea magna, ed. ~·
Miihlenberg); V, 1962 (In Inscriptiones Psalmorum. In sextu; ~;
mum. In Ecclesiasten Homiliae, ed.J.A. Me Dono~gh S~ e~ ·Lan·
xander); VI 1960 (In Canticum Canticorum Homt 18~ ·)· Vn 2
gerbeck); vll, 1, 1964 (De vita Moy~, ed .. ~ ~~s .F. ~.illah."n);
1992 (De oratione dominica, De beatttudtnibu ' C J V. .wo-
VIII,1,1952 (Operaascetica,ed .. W.Ja~rGJP. avarnos
p. · · w•
uali);lX,1,1967
ods Callahan); VIII, .3, 1959' (Eptstu/ae, e ~· ~ebhardt); X, 1,
(Sermones pars I ed. G. Heil · A. van H - · 0 Lendle. Post
1990 (Sermones,
' ' eil J P. Cavarnos
pars II, ed. G. H · · ·
· ·
vit Friedheim Mann;
X 0 rtem Henrici DOrrie volumen eden~r. Mann . D. Teske ·
•2, 1996 (Sermones, pars III, ed. E. orwn Incertorwn Sem«Jttes
B. Polack); Supplementum 1972 (A~ct ed H. Homed.
de <reatione hominis, Sermo de Paradiso, ·
Bib/iogN/i4
374

Nelle Sources Cbretiennes: ., .,


UiviedeMoise (n. 1"", Paris 1968:}. Daruelou); Trazte de Ia virgin;.
te (n. 119, Paris 1966: M. Aubineau); Vie ~e Saint Macrine (n. 17S,
Paris 1969: P. Maraval); Lettres (n. 363, Pans 19~0: P. M~aval); Ho-
milies sur f'Ecc/esiaste (n. 416, Pans 1996: F. Vmel); Dzscours cate-
chetique (n. 453, Paris 2000: R. Winling).
Inoltre:
Gregory of Nyssa, The Letters, introduction, traoslation aod com-
mentary by A.M. Silvas, Leiden-Boston 2007.

Am/ilochio d'Iconio
Oltre che nella Patrologia Graeca, vol. XXXIX, nella raccolta eli
~enti contenuta nd volume eli K. Holl (Amphilochius von lko-
nium zn seinem Verhiiltnis xu den grossen Kappadoziern, Mohr, Tii-
bingen und Leipzig 1904) e nella e~ione eli Obe~ (Corpus Chri-
stianorum, Series Graeca, n. 1, 1978).

Evagrio Pontico
Purtroppo Ia maggior pane delle opere si trova in traduzione siria-
ca o in altre lingue orientali (si veda il volume eli W. Frankenberg,
Abhaodlungen ... Giitringen, Berlin 1912); in greco, nelle Sources
Chretiennes: Traite pratique (nn. 170-171, Paris 1967: A. Guillau-
mont); Scholies aux Proverhes (n. 340, Paris 1987: A. Guillaumont);
Le gnosti4ue (n. 356, Paris 1989: A. etC. Guillaumont).

Ambiente della Cappadocia


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alia periferia dell'Impero, Cataoia 2004; Id., Uomini e spazi. Per una
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' . 11 ' M · 3-6
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sa W"" AngdesPo °0
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sop e au desert. Evagre le Pontique, Paris 2004.
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Formazione classica e cristiana·
le opere dei Cappadoci '

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son audttotre, ontp er 1968; Gregotre de Nazianze critiqu de J
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de Gregozre de Na:uanze, tn LEmpereur Julien. De l'histoire ala le-
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378

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tululescerrtes• di Basilio Magno, m «Prometheu~» 4 097~), P_P· 37ss.;
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Abramo: 225, 288 248, 249, 250, 252, 256,
Acado di Cesarea: 55, 240 259, 267, 289, 290, 291,
Adamo: 233 298, 301, 302
Aerio:24,314 Apostolopoulos C.: 381
Aezio: 55, 238, 240, 246,247 Arassio: 61
Agostino: 15, 34, 89, 144, 186, Archelao: 5
227,228,341 Ario: 49, 54, 56, 58, 141, 168,
Aleo F.: 23 181, 238, 241, 246, 254,
Alessandro: 124 261, 269, 282
Alexander P.: 373 Aristotele: 160, 161, 179, 218,
Alexandre M.: 196, 197,381 219
Alipiana:18, 31 Armstrong A.H.: 381
Alipio: 31, 157 Amobio:224
Allen P.: 15, 377 Arrighetti G.: 377
Alterburger M.: 163, 184, 186, Arsacio: 19
214, 226, 366, 381, 382, Artioli M.B.: 130
383,387 Ascolio: 65
Althaus H.: 384 Atanasio: 32, 53, 54, 56, 57, 90,
Amand de Mendieta E.: 384, 386 95, 112, 123, 149, 164, 204,
AmannE.:24 239, 241, 243, 245, 249,
Ambrogio: 17, 64, 69, 89, 91, 250, 252, 255, 257' 262,
101, 365 271,298, 300, 335
Amfi!ochio il Vec~o.:_.42, 43, Atarbio: 16, 54, 260
128, 157 ,.,1,- Atenodoro: 7, 9
Ammiano Marcellino: 118, 119 Aubineau M.: 27, 42,365,374
Ammonio Sacca: 285
Augusto: 5
Antimo: 22, 47
Aureliano: 14
Antioco Epifane: 121 Ayres L.: 238, 268, 279, 384
Antonio: 38
Apollinare: 142
Apollinario di Laodicea: 49, ,0,
Bacci L.: 372
BadyG.:372
51, 56, 58, 66, 67,68,69 ,
)90

Bela D.L.: 183, 184, 187, 189, Carabine D.: 171


Cassia M.: 21, 374
228,381
s.mmd C.P.: 220,252,383,385 Castelli P.: 14
Cataudella Q.: 379
Barl>d J.: 371 CavamosJ.P.: 7, 214,373,381
B&reille G.: 24
Basilio di Ancira: 16, 51, 239, Celso: 137, 179, 181,224
240,242 Cesario: 30, 40, 41, 42, 95, 102,
Basilio il Piccolo: 101 104, 127, 128, 157, 326
Basilio il Vecchio: 28, 29 Chemiss HF.: 381
Basrero J.L.: 189, 382, 383 Cicerone: 126, 148
Bekrwaltes W.: 163, 167,284 Cipriano di Antiochia: 103
Bellini E.: 290 Cipriano: 103, 152
Bergman S.: 380 Cirillo di Alessandria: 226, 285
Bernardi J.: 27, 91, 95, 96, 101,Cirillo di Gerusalemme: 68
106, 116, 121, 124, 269, Civiletti M.: 34, 35
359, 360, 371,377 Claudio Lucio Erminiano: 6
Bettiolo P.: 72, 306, 376 Clausi B.: 24
Bianchi U.: 196, 208, 280, 381, Cledonio: 67
383 Clemente Alessandrino: 32, 34,
Birdsall J.N.: 375 98, 164, 166, 170, 179, 180,
Blumenthal J.: 377 181,214,217,335,348,353
BOhm T.: 381 Clemente Romano: 259
Bonnes}.: 87, 105, 107,378 Colombiis G.M.: 131, 386
Boscherini S.: 226 Commodo: 5, 6
Bosio G.: 370 Conca F.: 150, 158, 379
Bosporio: 78 Corsini E.: 182,203, 208,381
Bouffartigue J.: 358 Costa I.: 60, 372. 373
Braun R: 377 Costantino Manasse: 159
Brennecke H.Chr.: 244,384 Costantino:17,20,59,69, 77,119
Brun.P.: 380 Costanza S.: 142, 150, 379
Bultmann R: 384 Costanzo: 41, 55,241
Burrus V.: 105, 378 Costanzo II: 104, 119, 238
Courcelle P.: 163, 381
Callahan J.F.: 380 Courronne Y.: 370, 375, 377
Calvet·Sebasti M.-A.: 120, 371 Cox P.L.: 374
CampbdJJ.M.: m Cracco Ruggini L.: 20, 21, 22,
Candidiano: 117 374
Canevet M.: 162, 182, 186 208 Cribiore R: 32, 375
330, 385, 387 ' '
Crimi C.: 60, 82, 155, 371, 372,
Caotardla R: 150 376
Criscuolo U.: 117, 158, 376,
378,379
no·
me H.: 163, 164 16' 166
Crisippo: 151, 160 167. 176, 1114.' 186.' 214.
226, 28,, 337, 366, m'
Critone: 136
Cross R: 268,271, 384 380, 381, 382,383,384, 3tr7
Doutrelau L.: 370
Crouzel H.: 196, 280, 332, 381, DrUekeJ.: 384
383 Drecoll V.H.: 237,2 51 • 384
Cunningham M.B.: 15,377 Drobner H.R: 174 280 303
382,386 • ' •
Dal Covolo E.: 370 Diinzl F.: 328, 337' 338, 386
Daley B.E., S]: 301, 386 Duraod G.M., de: 370
Dam R, van: 21, 29,47,246, 375 Duval Y.-M.: 91
Damaso: 56, 57, 58, 64, 65,289 Dziech 1.: 380
Danielou }.: 27, 62, 71, 116,
177, 189, 196, 227, 228, Edesio: 35
332, 249, 328, 329, 336, Efrern il Siro: 25, 118
337, 338, 340, 341, 369, Egao J.P.: 380, 384
374,376,381,382,385 Eleusio: 240
Decio: 12, 103 Elia:44
Deboard E.: 177 Elladio: 69, 107, 127
Demoen Chr.: 378 Ellenio: 154, 155
Dernoftlo: 60, 64 Ellverson A.S.: 380, 384
Demostene: 49, 52, 88 ElmS.: 105, 378
De Riedrnatten H.: 384 Ernrnelia: 14, 18, 28, 29, 30, 46,
Dianio: 38, 39, 78, 242 157
Didimo: 285,368 Epicuro: 235
Diekamp F.: 336 Epifanio di Salamina: 25, 41, 72,
Diocleziano: 14, 17 198, 238, 247' 289
Diodoro di Tarso: 79, 135, 290, Esiodo: 152, 153, 358
354 Eudoro: 179
Dione Crisostomo: 152 Eudossio: 55, 242
Dione di Prusa: 150 Eudossio di Cizico: 240
Dionigi di Alessandria: 244, Eufernio: 157
259, Eulalio: 24, 68, 121
D!<>~ l'Areopagita: 332,337 Eunapio: 33, 34,35
D!orusto Trace: 236 Eunomio: 39, 65, 66, 68, 112.
DIppolito G.: 142, 377 136, 137. 168. 169, 17},
Dodds E.R: 284 174, 176, 182, 183. 187.
Domiter K.: 372 228, 230, 231, 232, 233.
Doroteo: ~6. 57, 58 234, 236, 238, 241. 242.
246, 2<47, 2<48, 2<49, 2~1. Galerio: 14
2~~. 2~8. 268, 272, 276, Gallay P.: 51, 123, 126, 289,
277.278, 279,339, 367 360, 361, 362, 365, 371,
Eupsichio: 14 373, 376, 377
Euripide: 142, 1~9 Garzya A.: 377
Eusebio di Cesarea: 7, 16, 39, Gautier F.: 376
43. 69, 100, 127, 164, 177, Gebhardt E.: 373
240,241, ~9. 367, 368 Gennadio di Marsiglia: 76, 139,
Eusebio di Samosara: 46, 48, ~o. 153
~1. ~2. ~~.~.58, 279 Genninio: 238
Eustachio: 129 Gerolamo: 57, 76, 91, 101, 112,
Eustazio di Sebaste: 24, 37, 38, 126, 136, 137, 139, 282,
40,44,46,48,49,~0. 51, 289,354,360,362
~2.53.~4.55.~6.57,58, Giamblico: 163, 228, 318, 358,
62, 131, 132, 240, 242, 248, 368,369
249,2%,314 Giet S.: 375
Eutiche: 302 Giorgio di Cappadocia: 107
Euzoio: 55 Giorgio di Laodicea: 242
Evagrio di Antiochia: 57 Giovanni apostolo: 11
Giovanni Cassiano: 349
Federico il Grande:15 Giovanni Crisostomo: 19, 71,
Fedro: 143, 89, 105, 140, 155
FedwickP.J.: 177,252,375,380 Giovanni Damasceno: 26, 184,
Filagrio: 128, 324 262,349
Filooe: 98, 166, 169, 170, 174, Giovanni Tzetze: 159
180, 205, 211, 225, 331, Gioviano: 42, 104, 120, 241
339, 340, 3<44, 367 Girardi M.: 15, 103, 356, 384,
F"dostorgio: 39 387
Filosuato: 88 Girolamo: 142, 143, 144
Flaccilla: 68, 69. 108, 109 Giuliano I' Apostata:15, 19, 20,
Flaviano: 55. 58, 126 22, 34, 35, 41, 42, 55, 83,
Foca: 155 89, 104, 106, 117, 118, 119
Forlin Patrucco M.: 23, 370,375 120, 121, 125, 127, 128,
Fortin E.L.: 377 141, 154, 241, 289, 357.
Fotioo: 238 358,359
Fozio: 26 Giustino: 98, 224
Fraokeebttg: 267 Glicerio: 126
Godiano terzo: 5
G.io B.: 27, 37~ Gorgonia: 30, 31, 102, 104, 105,
G.idtj.:)82 135, 152, 1~
Gottwald R.: 380
llario di Poirier: 89, 113, 239,
Graziano: 59 243,263
Gregg R.C.: 377 lmerio: 34
Gregorio di Antiocbia: 159 lpsitarii: 106
Gregorio il Taumaturgo: 9, U, lreneo: 214,259,335
13, 14, 24, 54, 108, 109, lvanka E., von: 163, 167, 3}9
177,214
Gregorio il Vecchio: 67, 104, Jaeger W.: 226, 365, 373, 386
105, 120, 127, 157,269 Jourjon M.: 371
Gregorio Magno: 349 Junod E.: 385
Gregorio, fratello di Basilio: 41
Gregorio, zio di Basilio: 16 Kannengiesser Ch.: 329, 365,
Gribomont }.: 44, 96, 132 177, 366, 382, 387
267. 375, 385, 386 Karfikova L.: 382
Grillmeier A.: 386 Kelly ].N.D.: 303
Gruber G.: 188 Kennedy G.: 107
Guidelli C.: 173 Kertsch M.: 372, 377
Guillaumont A.: 24, 28, 130, Klock Chr.: 174,280,382,386
139, 140, 141, 267, 307, Kobusch T.: 228
308, 349, 374 Kopecek T.A.: 384
Guillaumont C.: 374
Ladner G.: 382
Hiigg T.: 87, 105, 107, 378 Laird M.: 332, 334, 386
Harl M.: 27, 182,203,245,279, Lampe G.W.H.: 262
376, 381, 382 Lane Fox R: 12, 375
Harnack: 163, 226 Langerbeck H.: 171, 175, 331,
Harrison E.F.: 382 373
Hebblethwait B.: 220, 383 Lattanzio: 98, 179
Heil G.: 7, 373 Laudizi G.: 372
Heck A., van: 373 Leodle 0.: 7, 373
Henry P.: 134, 176, 380 Leonzio: 78
Lewy H.: 332, 344, 386
Holl K.: 28, 71, 116, 138, 226,
237. 279, 282, 284, 302, Leys R: 382
Libsnio: 32, 36, 43, 52, 77, 89,
303, 335, 374, 376, 385
118,119, U5, U8,129,279
HolmanS.: 59, 100, 375 Liberia: 57, 58, 239
Homer H.: 373 Lilla S.RC.: 218.345, 380,382
Hiibner R.: 249, 252, 264, 278,
Livia: U7
279 Livingstone E.A.: 28. 109, 301,
Hunter E.C.D.: 220, 383 175.386
Livrce E.: 110 Mazza M.: 387
Loofs F.: 226 Me DonoughJ.A., SJ: 373
Lozza G.: 373 Me GuckinJ.A.: 27, 59, 105,376
Lubac H., de: 375 McLeod: 336
Lucifero: 55 Me 4= N.: 87,376,378
Lupresi L.: 371, 378 Meier B.: 372
Meijering E.P.: 167
Macario: 24, 350 Melania: 74, 76, 129
Macario I'Aiessandrino: 76 Melezio di Antiochia: 48, 50, 51,
Macario-Simeone: 70 55, 56, 57, 58, 65, 108, 109,
Macedonia di Costantinopoli: 113, 123, 126, 242
248,255 Menandro: 142, 153
Macrina, nonna di Basilio: 10 Menestrina G.: 376, 379
Macrina: 9, 14, 28, 29, 30, 37, Meredith A.: 15, 28, 101, 109,
46, 61, 62, 70, 105, 135, 174, 175, 186, 188, 317,
136, 157,215, 220, 221, 317 339,375,377,380,382
Macrobio: 357, 358 Merki H.: 382
Majercik R: 380 Metivier S.: 21, 375
Maltese E.V.: 376 Metodio: 197, 198
Mamante: 14, 115
Milanovich Bahran C.: 378
Mann Fr.: 7, 373
Maraval P.: 27, 374, 376
Milazzo V.: 24
Matcello di Ancira: 48, 56, 57, Moderato: 179, 180
58,238, 252, 279, 283 Modesto: 21
Matoo Aurelio: 6 Moffatt A.: 377
Mario Vittorino: 243, 254 Mommsen: 15
Maritano M.: 370 Montanari F.: 377
Matkschies Chr.: 238, 244, 245, Morani M.: 225
250, 252, 262, 267, 280, Moroni M.G.: 372
284,285 Moreschini C.: 6, 82, 91, 188,
Matkus R: 377 226, 371, 372, 373, 376,
Martiniano: 78 379, 380, 383, 385
Maspero G.: no, Mort!ey R.: 168, 380
Massimino Daia: 28 MoscoG.:76
Massimo: 63, 65, 91, 92, 122, Mossay J.: 371
123, 216, 217' 244,266 Mosshammer A.A.: 189
Massimo il Confeaaore: 76, 351 Moutsoulas E.D.: 380, 385
Massimo di litO: 358 Miihlenberg E.: 171, 172, 173,
Mateo-Seco L.F.: 189, 370 382 174, 328, 329, 330, 331.
383 ' '
336, 337, 373, 383
MayG.:27,376 Miiller F.: 302, 373
Musonio: 12, 17,54
339, 340, 341, 343, 344,
"'
Musurillo H.: 373
348, 349, 354, 3,, 3,6,
357,362,363,367,368
Naldini M.: 81, 98, 370, 377 Otis B.: 237, 380
Naucrazio: 27, 28, 29, 37, 1.57
Ottimo di Antiochia: 72
Nebridio: 15.5
Nemesio: 129, 154, 156, 225, Pacomio: 317, 318
285 PallaR: 379
Neri U.: 130, 370 Palladio: 72, 75, 76, 304
Nettario: 64, 65, 67, 69, 73, 109, Paolino: 50, 55, 56, 57, 58, 65,
154 123
Nicastri L.: 379 Paolo di Samosata: 7
Nicobulo il Giovane: 31, 126, Paolo, san: 109
128, 1.54, 155 Papia di lerapoli: 98
Nicobulo il Vecchio: 18, 154, Pasquali G.: 373
155 Pastorino A.: 378
Nilo: 141 Pelagio: 115, 228
Nonna: 30, 31, 47, 105, 106, Pellegrino M.: 142, 379
128, 157 Pepin}.: 237,281
Norris F.W.: 371 Peroli E.: 163, 223, 225, 383
Numenio di Apamea: 179, 192 Petrarca: !50
Nygren A.: 337, 338 Pietro di Alessandria: 58, 63, 64
Pietro, fratello di Atanasio: 57,
Oberhaus M.: 372 123
Olimpiade: 43, 71, 72, 105, 151, Pietro, fratello di Basilio e Gre-
154, 155, 1.56, 368 gorio di Nissa: 27, 30, 50,
Olimpio: 50, 135 62, 72,204
Omero: 78, 142, 1.50, 152, 153, Pieto, fratello di Foca: 155
358 Pietro, san: I09
Orfici: 358 Pinault H.: 381
Origene: 7, 9, 10, 12, 14, 32, 34, Pindaro: 142, 150
80, 89, 91, 98, 125, 141, PlagnieuxJ.: 324,385
Pistone: 79, 111, 144, 163, 174,
144, 166, 169, 170, 171,
175 179, 180, 182, 188,
186, 174, 175, 176, 179,
192 : 213 , 215, 216, 219,
181, 184, 188, 192, !96, 319, 321, 322, 323, 324,
197, 200, 201, 204, 2°5 •
338,339
208, 214, 219, 221, 224 •
p]ezia M.: 373
230, 231, 240, 24,, 248 • Plotino: !63, 164, !69, 171, 173,
2,9, 284, 285, 301, 3 19• !74, 175, 176, 177, 178,
326. 328, 331, 332, 337 •
,...._
179, 181, 184, Ill', 186, ~ Pb.: 27. 34, "· 36,37
IS'), 191, 192, 213. 214, 249,309.313,37,
217. 224, D2. 27), 274, Rufino: 76, 93, 129, Ul, 1H
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Prodo: 228, ,8 Scbucao L: 378
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Prucbe B: 370 Sdcuco: 152
PwdoM.:88 ~148, 1~. 1,1,152
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Pwcudo Grillo: ~ Saro: 140, 1,
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P.idlcria: (IJ, 1011, 109 Sfammi Gaspuro G.: 148, 387
Sicbed M.: 372
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268,280,384,38,
Turascu L: 250, 386
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109, 116 •
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Suitzky: 336
Sundermann K.: 372 Valawe 21, 43, 54, 59, 61, 103,
Sumerland S.: 220, 383 106, 123,238,240
Sykes D.A.: 372 VaiRJio E.: 378
Szymusiak J.M.: 386 Vm~~XK M.: 103
VJDCdli M.: 82, '17, 371
Taormina D.P.: 237 Vllld F~ 374
Tecla: 29,48 Vaa&.xr. 72, 154, 1"
Tmtistio: 89, 125, 128, 129 Vllalio: 67
Teocrito: I :JO VCifP de C.J.: 163
Tcodorcto di Grro: 2,, +t VO!ka- W.: 171, 226, 330. 332.
Tcodoro Prodromo: I:J9 336,338,383
Tcodoro, vacovo di T~:~~~a: 245
Tcodoro: 7, 8, 14 Wala P.: 372
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Tcodosio: :J9, 61, 63, 64, 67, 68, Wbirc c.: 372
69, 71, 72, 98, 99, 108, 122, W"dlum L: 220. :m. 371. 383,
123, 124, 136 385
Teodoro di Nicopoli: 48, 49, '1 \Villioao R.: 220. 371
Troiilo Anriocheoo: 98 WiJMJa N.G.: 378
Tcofilo: 69, 76, 129 ........ R.:374
T~42,157
W"........ D.F.:386
. . . . . Jf.A; 383
Tenulli.mo: 6. 160
Takc:D.:373
Wood~ c..-. V.: 373
W,. B.: 88. 158. 379
Thom.on R W.: 375
Tanoceo di eo.....;..opoli: 26
TOOUDolli Cb.O.: 226. 383
r -.....,226
Torchia N.J.: 386
Indice generale

I. LA CAPPADOCIA CRISTIANA . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5


1. La Cappadocia nei primi secoli dell'Impero romano » 5
2. Gregorio il Taumaturgo e Ia cristianizzazione della
Cappadocia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
3. Gregorio il Taumaturgo nella tradizione agiografica "
dei Padri Cappadoci. . . . . . . . . . . . . . . . . . » 9
4. D cristianesimo in Cappadocia nel IV secolo. . . . . » 14
5. La struttura della Chiesa della Cappadocia . . . . . » 16
6. La societit cristiana della Cappadocia. . . . . . . . . » 18
7. Chiesa e Stato in Cappadocia . . . . . . . . . . . . . » 20
8. Chiesa e "monachesimo" nella Cappadocia del IV se-
colo. . . . . . . . . . ........ . » 23

II. VICENDE STORICHE. . . · · · · · · · • · · » 27


1. La famiglia e Ia formazione giovanile dei Cappadoci » 27
2. I: esperienza di Atene . . . . . . . . · · · · · · · · · » 32
3. La vita Hlosofica . . . . . . . . . . . . . . · · · · · · » 36
4. Basilio ed Eustazio di Sebaste. . . · · · · · · · · · · » 40
5. Durante il sacerdozio di Basilio e di Gregorio · · · · » 41
» 45
6. La consacrazione episcopale di Basilio · · · · · · · ·
» 48
7. La politica religiosa di Basilio . · · · · · · · · · · · ·
» 54
8. Basilio tra Antiochia, Alessandria e Roma · · · · · . ·
9. Gregorio Nazianzeno e G regono
· Nisseno a Costann-
» 59
nopoli . . . . · · · : ·. · · · ~~~ic~ &"co:
"ill ·
10. La vittoria dei niceni e il Cone 0 » 64
stantinopoli · · · · · · · · · · · : · · · . .Gr~g~;i~
ll.Gli ultimi anni di Gregorio Nazianzeno, » 66
Nisseno ed AmHlochio · · · · · · · · · · · · · · . . » 72
12. Evagrio Pontico . . · · · · · · · · · · · · · · . . . .
m l..f:nEun.aA E GENEIIIDJBIAIII16.1.A ..oDU2IONE
DEl~ . • . . . . . . . . . . . • • • . • • • JMS. n
1. Lr c:oosideuwtui lftJricbe di B.si1io . . . . · · · · · 78
2. L · - ptt J. ,.aJn. di Grqorio Nazimza>o. . . . 82
J. lA produziwe omilerica . . . . . . . . . . . . . . . . 89
3.1. Ua ~ ...00 e p<nODOie: le omdie di ~
Do Naziomn>o. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
3.2. Temi del t!n>= omilerico . . . . . . . . . . . . 95
32.1. OIDdit ~ . . . . . . . . . . . . . . 95
322. OIDdit...... . . . . . . . . . . . . . . . . 99
3.2.3. OIDdit agquo6cbe . . . . . . . . . . . . . 102
}.2.4. OIDdit hmeOO. . . . . . . . . . . . . . . . 104
3.2.5. Condie domio.li. . . . . . . . . . . . . . . 110
3.2.6. Omdie ~ . . . . . . . . . . . . . . 114
3.2.7. Am omdie di Grqorio N:l2imzmo. . . . 116
4.~& . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
5. Gli scrioi ...ma di BMilio . . . . . . . . . . . . . . 130
6. I u.r..i . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134
7. lA poesia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
7.1. I P-.i ~ . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
7.2. I Pone --'i . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
73. I Pone...,.,_ • _... JtnJo . . . . . . . . . . . . ,. 154
7.4. I Pone choi,.,J.o Jm f1nJOIIL • . . . . . . .. 154
75. ~ ed epila6 . . . . . . . . . . . . . . . 156
a...u..
7..6. n ~ ................. . 158
IV UsA Fll.050flA cmJ1AM.\

L:nr:=:~::::::.:::::
1.4. I Capp.doa e J1bmo . . . . . .
15. Dio r colai cbe e. . ... ········
. 160
162
168
171
176
179
1..6.Dwoero-.neJ.-.-,..~::::::: 189

...
1.7.1Jio.-ebmr
191
!!f:::.::.dd:~::::::::::: 192
195
1.10. ~ di 1'----.;...
2. lA doppia . - ............ . .. 200
...,.._·················· .. 203
2.1. La rr.o~op di Eft8rio ~a..,.........,
,._ 201
}. Aorropologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . : : : : • 211
4. Anima ~ corpo . . . . . . . . . • . . . . . . . . . . .
• 214
5. I:etica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . • 216
5.1. Etico ~ .... ~ . . . . . . . . . . . . . . . • 219
6. La rilurrezionr dd corpo . . . . . . . . . .
7. I:llllima ~ Ia gnzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
• m
• 226
8. Le donrior linguisricbe di B.ilio ~ dd Ni.euo . . . • 2211
V. 'fEoLoGIA TIIINITAIIIA •.••.•••.••••••••
1. La siruaziooe sroria . . . . . . . . . . . . . . . . . .
• m
• 237
2. Basilio di froote aD'arimesimo ............ . • 242
3. Primi teiWIIivi: Apollamio di I...aoditta e Ia PbiJoa/M • 242
4. I oeomiaoi lmomeiJ . . . . . . . . . . . . . . . . . . • 246
4.1. Llll,....,lf;.,,, di Elmomio . . . . . . . . . . . . • 2/fi
5. La trologia triniwia di Balilio. . . . . . . . . . . . . • 248
5. 1. n CotrJro F.wrawio . . . . . . . . . . . . . . . . • 248
52. Soslaoza ~ ipostasi in B.silio . . . . . . . . . . . • 251
5.3. La divinita ddlo Spiriro s-o . . . . . . . . . . • 254
6. La domina triniwia di GtqiDiio NaUauwo .... .. 2liO
6. L Soslaoza ~ ipostasi - - - - - · - · - · · · · · · · .. 2liO
62. n tritcismo . . . . . . . - - - - - - - - - - - - - • 264
6.3. MooardUa divioa ................ . • 270
6.4. Dalla mooade .Da triade ............ . • m
65. Lo Spirito s-o eJ)io . . . . . . . . . . . . . . • m
7. La trologia uiniraria di Gtqorio di ~ . . . . . . • m
.. 279
7.1. G~ di Nissa coouo il mrasmo · · · · · ·
8. Am6lochio d1rooio . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 281
9. Alcuoe cu::tNdei:aDooi fin..li . . . . . . . . . . . . . . • 282
• 283
10. E...,X. Pootiro .. - - - - · · · · · · · · ..... .
• 2ll4
II. Fibo6a ~ rco1ot!ia aiDiuria · · · - · · · · · . . . .
.. 1lf1
VI. L\ CJilSTOLOGIA oo CAPPADOO - · · · · · · · . . .
• Ni
1. I.:«oncmia divioa . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
• 288
!:t=::!~~::::::::::::: •
..
298
)04
3.I. Crilro subilcr Ia .,....._, . . . . . . . . . . . • )04
4. La crislolopo di £ncrio p.,.ia> . . . . . . . . . .
4.1. L'origenismo di Evagrio . . . . . . . . · · · · · pag. 307

VD. L'INPEGNO ASCETICO DEl CAPPADOCI . • • . . . . • )) 309


1. Monachesimo e ascesi in Basilio . . . . . . . . . . . . » 309
1.1. Le altte opere ascetiche di Basilio . . . . . . . . )) 310
12. Forme dell'ascesi basiliana . . . . . . • . . . . . )) 313
2. L'ascesi di Gregorio Nazianzeno . . . . . . . . . . . . ))318
3. L'ascesi mistica di Gregorio Nisseno . . . . . . . . . » 327
3.I. Fede e conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . )) 330
32. Luce e tenebra . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 331
3J. La luce della divinizzazione . . . . . . . . . . . >> 334
3.4. Estasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 336
3.5. L'"""'"' mistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 337
3.6. I sensi spiriruali . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 340
3.7. Mistica o prarica? . . . . . . . . . . . . . . . . . » 345
4. n mooachesimo di Evagrio Pontico . . . . . . . . . . » 347

VITI. L'ESEGESI DEl CAPi>ADOCI. . • . . . . . . . • . . . » 354


1. Criteri dell'esegesi basiliana . . . . . . . . . . . . . . )) 354
2. L'~ di Gregorio Nazianzeno . . . . . . . . . . . » 357
3. L'esegesi di Gregorio Nisseno . . . . . . . . . . . . . » 365
4. Criteri esegetici di Evagrio Pontico . . . . . . . . . . » 369

BIIILIOGRAFIA . • • . . • • . . • . • • . . • • • • . . • • » 370
Testi .......................... . » 370
Basilio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 370
Gregorio Nazianzeno . . . . . . . . . . . . . . . . . » 371
Gregorio di Nissa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 373
Amfilochio d'Iconio . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 374
E~Pootico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 374
Amhieme della Cappadocia . . . . . • . . . . . • . . . ,. 374
Saggi ~ _caranere generale; biografie . . . . . . . . . . . " 375
~N~·················
.................
,.
,.
375
376
Gregorio di Nissa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ,. 376
Amfilochio d'Iconio. . . . . . . . . . . . . . . . . . ,. 376
Evqrio Pootico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ,. 376
FCIOIJiaiooe cla..ica e cristiana; le opere del Cappadoci ,. 377
lndiee genm~le
403
Gregorio Nazianzeno . . . . . . . . . . . . . . . .. pag. 378
,.
Una filosofia cristiana. . . . . . . . . . . . . . . . . .. 380
Basilio . . . . . · . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380
Gregorio N azianzeno . . . . . . . . . . . . . . . . . " 380
,.
,.
Gregorio di Nissa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381
,.
Teologia trinitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384
Studi generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384
I Cappadoci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 384
,.
,.
Cristologia . . . . . · . . · . . · . . . . . . . . . . . . . 386
Monachesimo e ascesi. . . . . . . . . . . . . . . . . . .,. 386
Esegesi. . . . . . . . · .. · · . · · · · ... · .. ·,. 387
lNDICE DEI NOM!. " 389

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