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Capitolo 13

La presenza locale

L a conoscenza della natura che oggi ci offre la scienza sembra fon-


data su due nozioni basilari: quelle di spazio e tempo. Queste
due nozioni hanno assunto un ruolo fondamentale nella descrizione del
mondo fisico a partire dalla fisica newtoniana: da allora spazio e tem-
po vengono concepiti come un sostrato fondamentale della realtà fisica,
indipendente dagli oggetti fisici, in un certo senso, e le cui proprietà
matematiche sono alla base di ogni conoscenza possibile della realtà
naturale.
Anche se le nuove teorie fisiche del XX secolo hanno modificato
molti di questi presupposti, spazio e tempo continuano oggi ad essere
due concetti basilari della comprensione scientifica della natura. Abbia- Spazio e tempo come
dimensioni della
mo perciò descritto i sistemi naturali come sistemi caratterizzati, anzi- conoscenza scientifica e
tutto, da una strutturazione spazio-temporale. Spazio e tempo descrivo- naturale
no in un certo senso le caratteristiche più basilari della materialità del
mondo fisico, e quindi di ciò che abbiamo chiamato “quantità” come
primo accidente del corpo naturale.
In questo capitolo verrà studiata la relazione delle dimensioni quan-
titative delle sostanze naturali con le nozioni spaziali proprie dello stu-
dio scientifico del mondo fisico. Verranno considerate anche le altri rela-
zioni o proprietà collegate con l’estensione e la spazialità, in particolare
la localizzazione e il movimento locale.

13.1 La nozione di presenza locale


Nello studio della quantità dimensiva, o estensione, precedentemen-
te sviluppato, abbiamo considerato l’aspetto quantitativo come proprie-
tà intrinseca dei sistemi materiali. Come tale, la quantità dimensiva può
essere considerate anche come il “primo accidente” della sostanza cor-
porea, cioè come una proprietà fondamentale, derivata dalla materialità
del corpo (“materia prima”), che a sua volta fonda molte altre proprietà
dei sistemi naturali La presenza locale o
“essere in”, relazione
fondamentale nell’ambito
165 quantitativo
166 La presenza locale

La quantità dimensiva dà origine, in particolare, ad una serie di re-


lazioni fra i corpi e fra le loro parti, che abbiamo già considerato som-
mariamente: relazioni di distanza, posizione, ecc. Fra queste è partico-
larmente importante la relazione “essere in” o “presenza locale”, poiché
si trova alla base di tutte le altre.
“Stare in una stanza” significa l’esistenza di un particolare rapporto
tra la nostra estensione corporea e quella della stanza: i muri, il pavi-
mento, ecc. Si tratta di una caratteristica che ha un’ovvia importanza
non soltanto nella considerazione teoretica della natura fisica, ma an-
Relazione tra presenza e che in ogni ambito pratico. Nella filosofia aristotelica questa relazione
luogo
dà origine ad un concetto fondamentale, che assolve in qualche mo-
do il ruolo che lo spazio dovrebbe poi assumere nella scienza moder-
na: il concetto di luogo (τόπος), che la filosofia scolastica indica con il
termine ubi (dove).
Prima di considerare la nozione di luogo in maniera precisa può es-
sere utile riflettere sulla nozione di presenza locale, dell’essere in o es-
sere qui, nozione che possiamo esprimere anche con il termine presenza
(etimologicamente “presenza” deriva da præ-essere: essere davanti a).

Modi di presenza non localizzata Notiamo però che il concetto di


“essere in” o “presenza” possiede anche altri significati che non riguar-
Altre modalità di presenza dano propriamente la presenza in senso materiale.
non locale

– Presenza della parte nel tutto: anche se si tratta di una presenza


che ha aspetti locali, supera l’aspetto quantitativo; si darà una con-
tinuità di tipo superiore, che implica un’integrazione della parte
nel tutto di un ordine superiore.
– Presenza dell’atto nel soggetto: si tratta della presenza della for-
ma nella materia, o dell’accidente nella sostanza; non è una pre-
senza locale: la forma è presente tutta in tutte e in ogni parte del-
l’ente, anche se avrà, per accidens, una certa località (si può dire
che l’anima è localizzata nel corpo, anche se “tutta in tutto”)
– Presenza della causa nell’effetto: a volte si tratta di una presen-
za “metaforica”, come quando si parla della presenza dell’artista
nella sua opera. In altre casi però la presenza è reale: la presenza
di Dio nella creazione, come causa del suo essere.
– Presenza "per potentiam": Si tratta della presenza di qualcuno in
ciò che è sottoposto al suo potere.
– Presenza “per præsentiam”: È la presenza del conosciuto nel co-
noscente; a volte può indicare semplicemente la conoscenza o
consapevolezza di qualcosa.

Dal punto di vista della filosofia della natura è importante notare che
questi modi di presenza si danno realmente nel mondo naturale, anche
se sono diversi della presenza locale.
13.1. La nozione di presenza locale 167

Questo elenco non esaurisce nemmeno i possibili significati della


presenza, che può riguardare anche altri aspetti delle relazioni tra ele-
menti, entità o concetti. Dal punto di vista teologico sarà possibile con-
siderare, ad esempio, la presenza soprannaturale di Dio nell’anima at-
traverso la grazia, o la presenza sacramentale, in particolare nell’Euca-
ristia. In questo capitolo, tuttavia, ci occuperemo soltanto della presenza
locale nel mondo fisico.

Caratteristiche della presenza locale Possiamo notare alcune carat-


teristiche di ciò che abbiamo denominato “essere in” o presenza locale:
Immediatezza: essere presente significa essere in una relazione im-
mediata con qualcosa. Significa, cioè, lo stare accanto a quella realtà in Presenza immediata
modo immediato, non con una semplice vicinanza. Non sono presente
in un avvenimento se lo seguo per mezzo della televisione, malgrado
possa in questo modo cogliere tanti particolari che direttamente mi sa-
rebbero sfuggiti. Sono presente soltanto se sono a contatto direttamente
con l’avvenimento, spaziale e temporalmente.
Contatto dimensivo: l’immediatezza implica che le dimensioni del
corpo a cui ci riferiamo sono in contatto con quelle della realtà in cui Contatto tra le dimensioni
dei corpi
si trova (ad esempio, la stanza, un veicolo, ecc.). Possiamo esprimerlo
in tanti modi: trovarsi in uno stesso luogo, in uno stesso spazio, ecc. In
qualche modo le dimensioni sono coincidenti: se sono in questa stanza
le mie dimensioni coincidono, almeno in parte, con le dimensioni della
stanza
Carattere circoscrittivo: considerata in senso proprio, la presenza
implica l’essere “dentro”, non semplicemente “accanto” qualcosa. L’e- Presenza all’interno di un
luogo
stensione del corpo presente è interiore a quella dell’ambito o della
realtà in cui diciamo che esso è presente: un palazzo, uno stadio o un
parco.

Luogo proprio e luogo comune Si tratta in ogni caso di un concet-


to abbastanza ampio, che può quindi realizzarsi in maniere diverse, a
seconda della maggiore o minore immediatezza. È possibile per questa
ragione considerare qualcosa presente, in uno stesso istante, in diversi
luoghi, nel casi in cui essi siano a loro volta presenti gli uni negli altri.
Di una persona posso dire che si trova allo stesso tempo in un paese, in
una città, in un palazzo e in una stanza.
Dobbiamo quindi distinguere almeno due sensi in cui parliamo di
localizzazione o di luogo: luogo comunee luogo proprio.
Il luogo comune è quello che può essere occupato contemporanea-
mente da molti corpi: una stanza, o una casa, sono dei luoghi comuni
a molte cose e persone. La Terra è il luogo comune di milioni di en- Nozione di luogo comune
ti; l’universo può essere detto il luogo comune di tutto ciò che esiste
nell’ordine materiale.
Sarà possibile però parlare anche di un luogo proprio: quello che
definisce la presenza di un unico corpo. A partire da esso sarà facile
168 La presenza locale

definire il luogo comune come il luogo occupato da una molteplicità di


entità.
Il problema principale della filosofia della natura sarà allora quello
di determinare il significato della nozione di luogo proprio. È quanto si
tenterà di fare nei prossimi paragrafi, a partire dalle riflessioni aristo-
teliche sul luogo. Prima però ci soffermeremo sul carattere accidentale
della nozione di luogo.

13.2 La presenza locale come modo accidentale


di essere
La localizzazione di un corpo, o presenza locale, costituisce un mo-
do accidentale di essere. Infatti, affermare di un corpo che “si trova qui”,
o “è in quel posto” significa attribuire a quel sistema un modo di esse-
re, reale (non è una semplice attribuzione mentale, ma una realtà dalla
quale possono dipendere molti fatti), accidentale (non modifica il suo
essere sostanziale, ma determina un suo aspetto), ed estrinseco (si tratta
di un modo di essere che non dipende dalla sua costituzione interna, ma
dalla sua relazione con gli altri corpi). Si tratta, inoltre, di una caratteri-
stica direttamente dipendente dalla quantità dimensiva o estensione dei
corpi.
Per questo motivo per Aristotele la nozione di “luogo” è una delle
categorie accidentali: indicare “dove è” un corpo materiale significa co-
noscere un aspetto de suo essere, anche se accidentale. Esaminiamo ora
le caratteristiche, appena indicate, di questo modo di essere:

Reale Quando parliamo di luogo o di presenza locale facciamo rife-


rimento ad una determinazione reale del corpo considerato, che esso
possiede in rapporto ad altri corpi e alle loro dimensioni. Il fatto che
esso possa essere considerato, almeno da un punto di vista, come una
relazione con altri corpi e le loro dimensioni non toglie affatto il suo
carattere reale.
Da queste relazioni derivano e dipendono molte caratteristiche fisi-
Molte proprietà reali fisiche che: le forze esercitate tra i corpi, ad esempio, dipendono spesso dalla
dipendono dalla presenza di
un corpo in relazione ad
loro vicinanza o contatto, e quindi dalla lo presenza locale in relazione
altri ad altri corpi. Anche il fenomeno del movimento locale dipende proprio
dalla presenza locale dei corpi. È il cambio di luogo ciò che definisce il
moto locale.
La presenza locale o luogo non costituisce quindi una semplice “ca-
La presenza locale non è un tegorizzazione”, di qualcosa di ideale che ci serva a ordinare la nostra
concetto soggettivo
esperienza (questa sarà in qualche modo la nozione di spazio di Kant),
ma di una proprietà reale delle cose la cui conoscenza può aiutarci a
comprendere meglio la realtà del mondo.

Accidentale La presenza locale è tuttavia una caratteristica acciden-


tale delle cose. Non si tratta, evidentemente, di qualcosa appartenente
13.2. La presenza locale come modo accidentale di essere 169

all’essenza del corpo, né di una realtà sussistente. Anzi, forse è questo La presenza locale è una
determinazione accidentale
uno degli esempi più evidenti di “determinazione accidentale”: è ovvio
che un corpo può cambiare luogo senza cambiare “in se stesso”.
Il carattere accidentale della “presenza locale” o del “luogo” sarà
generalmente assunto anche dalla scienza sperimentale moderna, anche
se con alcune distinzioni. Isaac Newton, per esempio, distingue tra un
luogo assoluto e un luogo relativo. Il secondo corrisponde pienamente
alla nozione accidentale che abbiamo descritto; il luogo assoluto avrà
invece un qualche aspetto sostanziale. Tuttavia, la questione sarà con-
siderata principalmente in relazione alla nozione di spazio. Per questo
motivo lasciamo il problema per lo studio dello spazio.
In ogni caso, da molti punti di vista il modo in cui la scienza mo-
derna userà la nozione di luogo metterà in evidenza il suo carattere ac-
cidentale. Si riterrà, ad esempio, che i corpi sono indipendenti del luogo
(o dello spazio) in cui sono contenuti, o in cui si muovono. Viene chia-
ramente percepito che il luogo, come lo spazio o il tempo, non possono
di per sé agire o avere un qualche effetto sui corpi che in essi possia-
mo individuare. Si parla allora dell’inazione causale dello spazio o del
tempo sui corpi. Ogni azione o effetto fisico sarà sempre attribuito al-
la relazione con altri corpi presenti a loro volta in quel luogo, mai allo
stesso spazio o luogo.

Estrinseco Alcune determinazioni accidentali, come si è visto, pos-


sono essere chiamate “proprietà” delle cose: determinano la sostanza in
modo intrinseco e proprio. È questo il caso dell’estensione, per tutti gli
enti materiali, e di certe qualità per ciascuno di essi. Altri accidenti sono
invece estrinseci, perché non costituiscono una determinazione propria
e intrinseca della sostanza, bensì una sua determinazione in relazione ad
alcunché di esterno.
È questo, ovviamente, il caso della presenza locale. Il fatto che un Il luogo è una
determinazione estrinseca
ente possieda una determinazione locale o un’altra non modifica affatto dei corpi
ciò che il corpo è. Si tratta quindi di un accidente estrinseco, che il corpo
possiede in ragione della sua relazione con gli altri corpi.

Deriva dalla quantità Come abbiamo già notato, la localizzazione


deriva dalla quantità dimensiva. L’estensione dei corpi crea delle rela-
zioni fra le loro dimensioni che danno origine alla localizzazione. Per
questo motivo soltanto i corpi materiali, dotati di estensione, possono
avere un luogo. Le realtà di un altro ordine, per esempio quelle formali, Soltanto le realtà materiali e
quantitative sono localizzate
astratte, o quelle spirituali, non possiedono propriamente un “luogo” nel
senso della presenza locale. Lasciando per ora la questione delle sostan-
ze spirituali, il cui studio, come si è ripetuto, non appartiene alla filosofia
della natura, possiamo notare come nel mondo fisico alcune realtà non
possano avere un “luogo”, proprio perché non possiedono una materia-
lità, e quindi una quantità dimensiva o estensione. Ovviamente non ci
riferiamo a enti o sistemi sostanziali (se sono naturali o fisici possiedono
170 La presenza locale

necessariamente materialità), bensì ad aspetti o dimensioni delle cose.


La forma sostanziale di per sé non è materiale (è appunto formale), e
quindi non può essere considerata come di per sé localizzata. Lo sarà
soltanto quando consideriamo il corpo o ente completo di cui è appunto
forma.
Una conseguenza di ciò, che riguarda gli esseri viventi, è la non
localizzazione dell’anima (intesa ora nel senso aristotelico di forma so-
stanziale del vivente, indipendentemente dal fatto che nell’essere umano
essa sia spirituale e sussistente). L’anima non è localizzata: essa è tutta
in tutto il corpo e tutta in ogni parte del corpo.

13.3 Nozione di luogo


Per ora abbiamo presentato la nozione di presenza locale o localiz-
zazione in un modo abbastanza generale. La filosofia aristotelica, a par-
tire da quest’esperienza, ha tentato di definire in maniera precisa quale
sarebbe il “luogo” che corrisponde ad ogni ente naturale. Poiché si tratta
di un concetto assai diverso di quello a cui siamo abituati a partire dalla
nascita della scienza sperimentale moderna, è necessario tener presente
il senso di questa definizione.

Il problema della definizione del luogo nella filosofia e nella scien-


za Nella scienza moderna la definizione di luogo sembra non avere
ormai grande importanza. Viene sostituita da quella di spazio, che con-
sente, in un certo senso, di applicare la matematica alle nozioni locali.
La scienza moderna La nozione di luogo e, tuttavia, ben nota. Isaac Newton, in uno scholium
definisce il luogo in
rapporto allo spazio
(“difficoltà”) alla fine dell’introduzione dei suoi Philosophiæ Naturalis
Principia Mathematica, considera la nozione di luogo insieme a quelle
di spazio, tempo e movimento, e tenta di darne una definizione1 . Ma nel
resto dell’opera egli non avrà più bisogno di utilizzare questa nozione.
Infatti, era sufficiente definire con precisione lo spazio; risultava allora
immediato determinare “il luogo” di ogni corpo in relazione allo spazio.
Nella filosofia aristotelica, invece, la nozione di spazio non è an-
cora presente. Non è possibile quindi procedere ad una determinazio-
Nella filosofia classica il ne matematica precisa dei luoghi occupati dai corpi. Si cerca invece di
luogo viene definito
formalmente
comprendere la nozione di luogo in relazione agli altri elementi della
descrizione quantitativa e qualitativa del mondo fisico.
Questo è il contesto in cui bisogna presentare la definizione aristo-
telica di luogo: non ci offre una procedura in grado di determinare in
un modo preciso e matematico la localizzazione di un corpo, ma tenta
di comprendere su quale tipo di relazioni e proprietà reali dei corpi la
presenza locale possa essere fondata.

1
Isaac Newton, Principi matematici della filosofia naturale, Torino: UTET, 1977,
p. 104.
13.3. Nozione di luogo 171

Abbiamo già notato che il luogo deriva, in qualche modo, da una


relazione tra le dimensioni quantitative dei corpi. Dobbiamo però cer-
care di delimitare più accuratamente il senso di questa relazione. Prima
di presentare la definizione aristotelica, consideriamo altre possibili vie
per tentare di definire il luogo: in rapporto ai corpi circostanti, in rap-
porto ad un localizzatore assoluto (che dovrà però essere determinato),
o in rapporto alle stesse dimensioni del corpo.

Il luogo definito in rapporto ai corpi circostanti In che cosa può


consistere tale relazione tra le dimensioni dei corpi? Una prima pos-
sibilità è considerare il luogo come un rapporto che sorge dagli stessi
corpi materiali che consideriamo. Il luogo di una sedia messa al centro Possibilità 1: definire il luogo
in rapporto ai corpi
di una stanza consisterebbe in questo caso nelle relazioni esistente tra la
sedia e i corpi che formano la stanza: il pavimento, le pareti, il soffitto.
Questa “relazione” può venir espressa in termini geometrici (distanze,
angoli, ecc.) ma indubbiamente si tratta di una relazione fisica e rea-
le (potremo considerarla dipendente anche dalle interazioni fra i corpi,
elettromagnetiche o gravitazionali, per deboli che esse siano). Il luogo
di un corpo (A) sarebbe definito come la relazione fra le sue dimensio-
ni quantitative (la sua estensione materiale) e le dimensioni degli altri
corpi (B, C, D . . . ).
Avremo così definito il luogo in base ad un rapporto fisico, chiaro e
preciso. Tuttavia, in questo primo tentativo possiamo immediatamente
scorgere una difficoltà: il carattere estrinseco del luogo sembra andare
troppo lontano. Infatti, il luogo sarebbe completamente dipendente dal-
la posizione degli altri corpi; se questi si spostano (immaginiamo una
stanza formata da pareti e soffitto mobili) tale relazione cambierebbe, e
quindi dovremo affermare che A è cambiato di luogo, anche se per la
nostra percezione ordinaria esso non si sia affatto mosso.
Nella nostra concezione di luogo, anche se esso è estrinseco, non
può dipendere esclusivamente dagli altri corpi.

Il luogo definito in rapporto ad un localizzatore assoluto Sembra


quindi che non sia sufficiente considerare il luogo come una relazione
fra questo corpo e gli altri corpi, o fra le loro dimensioni. Di fronte a Possibilità 2: definire il luogo
in rapporto ad un
questa difficoltà è possibile prospettare una soluzione diversa, ciò che “localizzatore”
possiamo chiamare la teoria del “localizzatore assoluto”. La localizza-
zione di un corpo dovrebbe fare riferimento a qualcosa diversa dai corpi,
e in qualche modo indipendente da essi. Anche se gli altri corpi cambia-
no posizione, il luogo di un corpo particolare non verrebbe modificato,
eccetto nel caso in cui il corpo veramente si sposti.
Questa nozione era già presente in alcuni filosofi antichi, in partico-
lare nell’atomismo democriteo: il “vuoto” (το κνον) sarebbe il localiz-
zatore assoluto. L’idea, mai completamente abbandonata, riprende forza
nuovamente con la meccanica newtoniana. Per Newton il luogo, consi-
derato nel suo senso assoluto e vero”, non dipende dai corpi, ma é “la
172 La presenza locale

parte dello spazio occupata dal corpo”2 . Anche se gli altri corpi cam-
biano luogo, potremmo accettare che in corpo A sia rimasto allo stesso
posto, quindi nello stesso luogo.
Questa nozione di luogo dipende necessariamente dall’esistenza di
uno “spazio assoluto”, inteso come ricettacolo universale indipendente
dai corpi. Come più avanti vedremo, questa nozione non sembra avere
un fondamento razionale sufficiente, ed è stata inoltre abbandonata dalla
scienza del xx secolo, in particolare grazie alla teoria della relatività di
Albert Einstein.

Il luogo definito dalle dimensioni del corpo Ci sarebbe ancora una


terza possibilità: quella di identificare il luogo come le proprie dimen-
Possibilità 3: definire il luogo sioni del corpo localizzato. In questo modo il luogo si identifica piena-
in rapporto all’estensione
del proprio corpo
mente con la posizione del corpo stesso. Inoltre, la localizzazione di un
corpo non dipenderebbe dall’eventuale movimento degli altri corpi.
Tuttavia, risulta evidente come questa proposta va incontro ad un
problema ancora più grave: poiché il luogo si identifica con le dimen-
sioni del corpo, il luogo resterebbe immutato anche quando il corpo si
sposta. Infatti, nel movimento le dimensioni del corpo non cambiano.
È chiara l’impossibilità di accettare questa terza possibilità. Il luogo
diventerebbe una caratteristica intrinseca dei corpi, in quando dipenden-
te dalle loro proprie dimensioni. In realtà, il luogo verrebbe identificato
con l’estensione del corpo. Ma la nozione di luogo è appunto qualcosa
di diverso.

13.4 Definizione aristotelica di luogo


Abbiamo considerato tre possibili teorie della localizzazione, che
darebbero origine a tre diverse nozione di luogo: come rapporto ai corpi
circostanti, come relazione ad un localizzatore assoluto, come definito
dalle dimensioni dello stesso corpo localizzato. La soluzione aristotelica
si discosta da queste tre, anche se raccoglie i loro suggerimenti.
Esclusa la possibilità di un localizzatore esterno, resta in piede l’i-
dea originaria del luogo come “rapporto dimensivo”. Esso non può pe-
rò avere come termine gli altri corpi, nella loro materialità, poiché lo
spostamento dei corpi circostanti non dovrebbe essere sufficiente per
determinare un cambiamento nel luogo del corpo considerato. Ma non
può far riferimento nemmeno alle dimensioni del proprio corpo localiz-
zato. Deve quindi, come unica possibilità, essere definito in relazione
alle “dimensioni dei corpi circostanti”, intese in senso ormai formale o
geometrico. Il luogo non è costituito dai corpi circostanti, né dalle loro
dimensioni, ma dalla “superficie limite” determinata dalle dimensioni
dei corpi che racchiudono il corpo localizzato. Giungiamo così alla de-

2
«Il luogo è la parte dello spazio occupata dal corpo, e, a seconda dello spazio, può
essere assoluto o relativo» Newton, Principi matematici, p. 104.
13.4. Definizione aristotelica di luogo 173

finizione aristotelica di luogo: esso è la superficie immobile del corpo


contenente, immediatamente contigua al corpo localizzato3 .
Il significato degli elementi di questa definizione è già stato presen-
tato. Il luogo è costituito, anzitutto, dalla superficie, cioè dal limite dei
corpi contenenti (o delle loro dimensioni). Ad esempio, il luogo (pro- Il luogo è costituito dalla
superficie dei corpi
prio) della sedia in una stanza sarà costituito dalla superficie limite for- contenenti
mata dall’estensione dei corpi che circoscrivono la sedia: la parete a cui
è appoggiata, il tappetto su cui poggia, l’aria che si trova attorno alla
sedia. La definizione aristotelica menziona “il corpo contenente”, ma
certamente può trattarsi di una pluralità di corpi.
Il ricorso alla “superficie” consente di superare le due difficoltà pri-
ma indicate: il luogo non è costituito dalla materialità dei corpi circo-
stanti (parete, tappetto, aria), e nemmeno dalle proprie dimensioni del-
la sedia, ma dal “limite” fra corpo localizzato e corpi circostanti. La
superficie è in un certo senso un concetto formale o geometrico, non
materiale.
È anche evidente, in queste riflessioni, perché la definizione consi-
dera la superficie “immediatamente contigua” al corpo localizzato. Sol- Il luogo è la superficie
immediata
tanto in questo modo ci riferiamo in modo preciso al luogo proprio del
corpo. Ma come abbiamo visto, sarà possibile considerare anche delle
superficie più estese, se vogliamo invece indicare il luogo comune a di-
versi corpi: la superficie formata dalle parete, pavimento e soffitto della
stanza è il luogo comune dei diversi oggetti e persone che vi si trovano.
Resta da considerare un ultimo elemento della definizione: la super-
ficie è detta immobile. Da un punto di vista intuitivo questa caratteristica Il luogo è una superficie
immobile
non desta alcuna sorpresa: il luogo è considerato come una caratteristi-
ca (accidentale) del corpo in quiete. La superficie che definisce il luogo,
quindi, va considerata anche come immobile.
Tuttavia, se viene esaminata più nei dettagli, affermare che il luo-
go è costituito da una superficie “immobile” pone alcuni problemi, che
considereremo di seguito.

Il problema dell’immobilità del luogo Con la sua definizione, Ari-


stotele sembra venire incontro alla prima delle difficoltà che abbiamo
presentato: cambierebbe il luogo di un corpo se i corpi circostanti cam-
biano? Il luogo viene definito come la superficie immobile: è data dai
corpi contigui, ma deve essere considerata come immobile, e quindi con
indipendenza degli spostamenti che i corpi circostanti possano subire.
Questa definizione, tuttavia, non appare del tutto chiara. Se i cor-
pi circostanti si spostano, non dovremo dire che la superficie che essi
definivano si sia anche spostata? Altrimenti, come viene determinata la È possibile determinare
l’immobilità della superficie?
stessa superficie? Forse potremo dire che essa è definita “dalla parte del
corpo”, cioè dalle dimensioni dello stesso corpo localizzato. Ma in quel

3
τÕ το υ περιέχοντος πρας ακίνητον πρ ωτον, το υτ΄ œστιν ό τόπος (Aristotele,
Fisica, IV, 212a 29).
174 La presenza locale

caso andiamo incontro all’altra difficoltà: non cambierebbe anche se il


corpo si muove.
Il senso della definizione aristotelica, come abbiamo già indicato,
richiede che la superficie che definisce il luogo venga considerata in
senso geometrico, astratto. Soltanto allora può essere vista anche con
una certa indipendenza dai corpi che la definiscono: se uno di essi cam-
bia, la superficie non cambierà, sempre che un altro corpo prenda il suo
posto.
Questo però non risolve tutte le difficoltà. Come possiamo determi-
nare tale superficie geometrica, se non è in rapporto allo stesso corpo o a
È la definizione di luogo quelli circostanti? In mancanza di una tale determinazione la definizio-
circolare?
ne aristotelica dipenderebbe da come possiamo determinare l’immobili-
tà della superficie. Ma allora potrebbe essere vista come una definizione
circolare: dipende dalla nozione di immobilità (e quindi di moto), ma il
movimento locale deve essere definito a sua volta in funzione del luogo.
La filosofia medievale tenta allora diverse soluzioni. Per Egidio Ro-
mano si tratta di un’immobilità formale, non materiale: anche se i corpi
materiali cambiano noi siamo in grado di considerare la superficie come
immobile.
Consideriamo, per esempio, una sfera di marmo contenuta in un va-
so pieno di acqua. La definizione aristotelica potrebbe essere interpreta-
ta affermando che il “luogo” della sfera è costituito dalla superficie im-
Immobilità formale o mobile dell’acqua immediatamente contigua alla sfera di marmo. Forse
geometrica
l’acqua è in movimento, ma comprendiamo come una parte del liqui-
do viene sostituita da un’altra, mentre la superficie “geometricamente”
si mantiene immobile. O potremo considerare che il recipiente viene
svuotato da un orifizio praticato nella parte inferiore del vaso. In que-
sto caso l’acqua contigua alla sfera verrà sostituita dall’aria, rimanendo
immobile la superficie.
Tommaso d’Aquino sembra dare una spiegazione più generale: la
superficie è da considerarsi immobile in rapporto alla totalità dei corpi.
Anche se l’acqua del fiume, in cui si trova ancorato un battello, scorre,
potremo dire che la superficie della nave rimane immobile in rapporto
al fiume, o nel caso estremo, in rapporto a tutto il cosmo.

Definizione "posizionale" del luogo in Tommaso d’Aquino Possia-


mo notare come queste precisazioni vanno nella linea di riconoscere che
Nozione “posizionale” di l’immobilità della superficie, e quindi la stessa definizione di luogo, ri-
luogo: disposizione e
ordine al tutto
chiede un riferimento che oggi chiameremo “posizionale”: il luogo è
definito dai corpi circostanti, ma lo è in relazione alla totalità dei corpi
(oggi diremmo “ad un sistema di riferimento”).
Questa affermazione ci sembra particolarmente importante. Ci fa
comprendere che il ricorso ai corpi che definiscono la superficie non ha
un valore assoluto, ma va interpretato in riferimento alla totalità delle
relazioni di ordine esistenti tra le dimensioni dei corpi. Tommaso d’A-
13.4. Definizione aristotelica di luogo 175

quino arriverà ad affermare che la “ragione” di luogo è la disposizione


e ordine rispetto al tutto:

«E così, nonostante questa parte di aria che contiene, o que-


sta parte di acqua fluisca e si muova in quanto è questa
acqua, tuttavia, per il fatto che quest’acqua possiede la na-
tura di luogo, ossia di sito e di ordine al tutto sferico del
cielo, resta sempre (immobile)»4 .

Il termine “sito” significa qui, come nell’accidente situs la disposi-


zione relativa delle parti. La ragione o natura del luogo è messa così in
relazione con l’ordine posizionale all’interno di una totalità.

Carattere relativo del luogo In ogni caso, la definizione aristotelica


di luogo presenta questo come nozione relativa. Possiamo dire che il
luogo occupato da un corpo in un particolar momento ha senso soltan-
to in relazione agli altri corpi: non è una realtà a se, indipendente da
qualsiasi altra considerazione. Questa è una caratteristica fondamenta-
le della nozione aristotelica di luogo, che sarà anche mantenuta dalla
scolastica e lungo l’intero medioevo.
Il carattere relativo del luogo verrà invece abbandonato dalla mec-
canica newtoniana, e quindi da tutta la scienza sperimentale moderna.
Nello scholium iniziale del Philosophiæ Naturalis Principia Mathema- Il luogo assoluto della
meccanica newtoniana
tica, che abbiamo già prima menzionato, Newton distingue tra le no-
zioni assolute e relative di spazio, tempo, luogo e movimento. Come
abbiamo già ricordato5 , il luogo verrà definito in relazione allo spazio.
E proprio come nel caso dello spazio, sarà possibile distinguere tra un
luogo relativo, quello che misuriamo in relazione ai corpi, e un luogo as-
soluto, che sarà la parte dello spazio assoluto occupata da un corpo. In
conseguenza, nella scienza moderna aveva senso chiedersi se un corpo
era o meno immobile “in senso assoluto”, cioè, in relazione al suo “luo-
go assoluto” (allo spazio assoluto), anche se dal punto di vista pratico
non sembrava possibile determinarlo in maniera certa.
La questione verrà ripresa dopo lo studio dello spazio, nel conside-
rare la relatività del movimento. Notiamo ora soltanto che nella scienza
contemporanea, in particolare con la Teoria della relatività di Albert
Einstein, le nozioni di spazio, tempo, luogo e movimento assoluti sono
state definitivamente abbandonate.

4
“Sic igitur, licet hæc pars aëris quæ continebat, vel hæc pars aquæ effluat et mo-
veatur inquantum est hæc aqua; tamen secundum quod habet hæc aqua rationem loci,
scilicet situs et ordinis ad totum sphæricum cæli, semper manet”. Tommaso d’Aquino,
Commento alla Fisica di Aristotele, a cura di B. Mondin, vol. 2, Bologna: Edizioni
Studio Domenicano, 2004, L. IV, l. 6, n. 468 (corsivo nel testo dell’edizione Leonina).
5
Newton, Principi matematici, p. 104.
176 La presenza locale

La teoria aristotelica dei "luoghi naturali" Il carattere relativo della


nozione aristotelica di luogo deve però essere considerato anche in rela-
zione alla sua immagine cosmologica. Essa, infatti, attribuiva al cosmo
un ordine stabile e ben definito, e dava origine a la teoria dei “luoghi
naturali”.
Il cosmo aristotelico, presentato nel De cælo, ha una struttura con-
Visione aristotelica del centrica ben definita. I corpi gravi (pesanti) hanno come luogo naturale
cosmo
il centro del cosmo, mentre i corpi levi (leggeri) tendono verso l’alto
(verso le sfere esteriori). Ciò da come risultato un universo in cui il
centro è occupato dall’elemento più pesante, la terra. Immediatamente
dopo troviamo l’acqua, che ha ancora una tendenza verso il basso, an-
che se minore di quella della terra. Viene poi l’aria, corpo leggero che
tende verso l’alto, e finalmente il fuoco, elemento ancora più leggero e
volatile dall’aria. Il mondo sublunare è quindi ordinato in queste quat-
tro sfere concentriche, oltre le quali troviamo il mondo celeste, con le
sfere dei pianeti, e quelle delle stelle fisse, fino a raggiungere il primum
mobile.
Anche se questo non modifica la teoria aristotelica del luogo, im-
Il cosmo aristotelico rende il plica che il luogo, malgrado il suo significato relativo, poteva sempre
luogo determinabile in
modo assoluto, malgrado la
essere determinato in maniera univoca e ben definita, in relazione al-
sua nozione sia relativa l’ordine globale del cosmo. La soluzione di Tommaso d’Aquino al ca-
rattere immobile della superficie che definisce il luogo si comprende in
questo contesto: in relazione alla totalità dell’universo il “luogo” defi-
nito da quella particolare superficie non è più incerto, ma acquista un
valore determinato e ben definito.
Nella nostra concezione attuale non esiste più un riferimento asso-
luto di tipo cosmologico. In conseguenza, la definizione di luogo vie-
ne fatta sempre in relazione a sistemi di localizzazione convenzionali:
le coordinate planetarie, o altre ancora. Riprenderemo il problema nel
trattare della relatività dello spazio e del movimento.

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