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Biografia
Gioventù
Aurelio Ambrogio nacque ad Augusta Treverorum (l'odierna
Treviri, nella Renania-Palatinato, in Germania), nella Gallia
Belgica, dove il padre esercitava la carica di prefetto del
pretorio delle Gallie intorno al 339 circa da un'illustre
famiglia romana di rango senatoriale, la gens Aurelia, cui la
famiglia materna apparteneva inoltre al ramo dei Simmaci[2]
(era dunque un cugino dell'oratore Quinto Aurelio
Simmaco). Incarichi Vescovo di Milano
ricoperti
La famiglia di Ambrogio risultava convertita al
cristianesimo già da alcune generazioni (egli stesso soleva Nato incerto 339-340 a
citare con orgoglio la sua parente Santa Sotere, martire Treviri
cristiana che «ai consolati e alle prefetture dei parenti preferì Ordinato ?
la fede»[3]) e stesso una sua sorella ed un suo fratello, presbitero
Marcellina (consacratasi a Dio nelle mani di papa Liberio Consacrato 7 dicembre 374
nel 353) e Satiro di Milano, vennero poi venerati come santi. vescovo
Deceduto 4 aprile 397 a
Destinato alla carriera amministrativa sulle orme del padre, Milano
dopo la sua prematura morte frequentò le migliori scuole di
Roma, dove compì i tradizionali studi del trivium e del
quadrivium (imparò il greco e studiò diritto, letteratura e retorica), partecipando poi attivamente alla vita
pubblica dell'Urbe.
Paolino racconta che, al fine di dissuadere il popolo di Milano dal farlo nominare vescovo, Ambrogio
provò anche a macchiare la buona fama che lo circondava, ordinando la tortura di alcuni imputati e
invitando in casa sua alcune prostitute; ma, dal momento che il popolo non recedeva nella sua scelta, egli
tentò addirittura la fuga. Quando venne ritrovato, il popolo decise di risolvere la questione appellandosi
all'autorità dell'imperatore Flavio Valentiniano, cui Ambrogio era alle dipendenze. Fu allora che accettò
l'incarico, considerando che fosse questa la volontà di Dio nei suoi confronti, e decise di farsi battezzare:
nel giro di sette giorni ricevette il battesimo e, il 7 dicembre 374, venne ordinato vescovo.[7][8]
Riferendosi alla sua elezione, egli scriverà poco prima della morte:[9]
«Quale resistenza opposi per non essere ordinato! Alla fine, poiché ero costretto,
chiesi almeno che l'ordinazione fosse ritardata. Ma non valse sollevare eccezioni,
prevalse la violenza fattami.»
Nonostante, come scrisse più tardi, si sentisse «rapito a forza dai tribunali e dalle insegne
dell'amministrazione al sacerdozio»[10], dopo la nomina a vescovo, Ambrogio prese molto sul serio il suo
incarico e si dedicò ad approfonditi studi biblici e teologici.
Episcopato
Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza tregua per il bene dei
cittadini affidati alle sue cure. Ad esempio, Sant'Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il
ricavo dalla vendita per il riscatto di prigionieri[11][12]. Di fronte alle critiche mosse dagli ariani per il suo
gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore salvare delle anime che dell'oro. Egli infatti mandò
gli apostoli senza oro e senza oro fondò le Chiese. [...] I sacramenti non richiedono oro, né acquisisce
valore per via dell'oro ciò che non si compra con l'oro» (De officiis, II, 28, 136-138)
La sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono
determinanti per la conversione nel 386 al cristianesimo di
Sant'Agostino, di fede manichea, che era venuto a Milano per
insegnare retorica.
Ambrogio fu autore di diversi inni per la preghiera, compiendo fondamentali riforme nel culto e nel canto
sacro, che per primo introdusse nella liturgia cristiana, e ancor oggi a Milano vi è una scuola che
tramanda nei millenni questo antico canto.
Politica ecclesiastica
L'importanza della sede occupata da Ambrogio, teatro di numerosi contrasti religiosi e politici, e la sua
personale attitudine di uomo politico lo portarono a svolgere una forte attività di politica ecclesiastica.
Egli scrisse infatti opere di morale e teologia in cui combatté a fondo gli errori dottrinali del suo tempo;
fu inoltre sostenitore del primato d'onore del vescovo di Roma, contro altri vescovi (tra i quali Palladio)
che lo ritenevano pari a loro.
Si mostrò in prima linea nella lotta all'arianesimo, che aveva trovato numerosi seguaci a Milano e nella
corte imperiale. Si scontrò per questo motivo con l'imperatrice Giustina, di fede ariana e probabilmente
influì sulla politica religiosa dell'imperatore Graziano che, nel 380, inasprì le sanzioni per gli eretici e,
con l'editto di Tessalonica, dichiarò il cristianesimo religione di Stato. Il momento di massima tensione si
ebbe nel 385-386 quando, dopo la morte di Graziano, gli ariani chiesero insistentemente con l'appoggio
della corte imperiale una basilica per praticare il loro culto. L'opposizione di Ambrogio fu energica tanto
che rimase famoso l'episodio in cui, assieme ai fedeli cattolici, "occupò" la basilica destinata agli ariani
finché l'altra parte fu costretta a cedere. Fu in questa occasione, si racconta, che Ambrogio introdusse
l'usanza del canto antifonale e della preghiera cantata in forma di inno, con lo scopo di non fare
addormentare i fedeli che occupavano la basilica. Fu inoltre determinante per la vittoria di Ambrogio
nella controversia con gli ariani il ritrovamento dei corpi dei santi Gervasio e Protaso, che avvenne
proprio nel 386 sotto la guida del vescovo di Milano, il quale guadagnò in questo modo il consenso di
gran parte dei fedeli della città.
Fu infine forte avversario del paganesimo "ufficiale" romano, che dimostrava in quegli anni gli ultimi
segni di vitalità; per questo motivo si scontrò con il suo stesso cugino, il senatore Quinto Aurelio
Simmaco, che chiedeva il ripristino dell'altare e della statua della dea Vittoria rimossi dalla Curia romana,
sede del Senato, in seguito a un editto di Graziano nel 382.
Chiese poi a Graziano di indire il concilio di Aquileia nel settembre del 381 per condannare due vescovi
eretici, secondo i dettami dei vari concili ecumenici ed anche secondo l'opinione del Papa e dei vescovi
ortodossi.[13] In questo concilio Ambrogio si pronunciò contro l'arianesimo.
Ambrogio influì anche sulla politica religiosa di Teodosio I. Nel 388, dopo che un gruppo di cristiani
aveva incendiato la sinagoga della città di Callinico, l'imperatore decise di punire i responsabili e di
obbligare il vescovo, accusato di aver istigato i distruttori, a ricostruire il tempio a suo spese. Ambrogio,
informato della vicenda, si scagliò contro questo provvedimento, minacciando di sospendere l'attività
religiosa, tanto da indurre l'imperatore a revocare le misure.
Nel 390 criticò aspramente l'imperatore, che aveva ordinato un massacro tra la popolazione di
Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano della città: in tre ore di carneficina erano
state assassinate migliaia di persone, attirate nell'arena con il pretesto di una corsa di cavalli. Ambrogio,
venuto a conoscenza dell'accaduto, evitò diplomaticamente una contrapposizione aperta con il potere
imperiale (con il pretesto di una malattia evitò l'incontro pubblico con Teodosio) ma, per via epistolare,
chiese in modo riservato ma deciso una «penitenza pubblica» all'imperatore, che si era macchiato di un
grave delitto pur dichiarandosi cristiano, pena il rifiuto di celebrare i sacri riti in sua presenza («Non oso
offrire il sacrificio, se tu vorrai assistervi», Lettera 11). Teodosio ammise pubblicamente l'eccesso e nella
notte Natale di quell'anno, venne riammesso ai sacramenti.
Dopo questo episodio la politica religiosa dell'imperatore si irrigidì notevolmente: tra il 391 e il 392
furono emanati una serie di decreti (noti come decreti teodosiani) che attuavano in pieno l'editto di
Tessalonica: venne interdetto l'accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di
culto, compresa l'adorazione delle statue[14]; furono inoltre inasprite le pene amministrative per i cristiani
che si riconvertissero nuovamente al paganesimo[15] e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli,
l'immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al delitto di lesa
maestà, punibile con la condanna a morte[16].
Nel 393 Milano fu coinvolta nella lotta per il potere tra l'imperatore Teodosio I e l'usurpatore Flavio
Eugenio. In aprile Eugenio varcò le Alpi e puntò alla conquista della città, in quanto capitale d'Occidente.
Ambrogio partì e andò ritirarsi a Bologna. Durante un soggiorno temporaneo a Faenza scrisse una lettera
ad Eugenio. Poi accettò l'invito della comunità di Firenze, ove rimase per circa un anno. La guerra per il
controllo dell'impero fu vinta da Teodosio. Nell'autunno del 394 Ambrogio fece ritorno a Milano.
Alla sua morte, per sua stessa volontà, fu sepolto all'interno della basilica che tuttora porta il suo nome,
fra le spogli dei martiri Gervasio e Protasio. Le sue spoglie, rinvenute sotto l'altare nel 1864, furono
trasferite in un'urna di argento e cristallo posta nella cripta della basilica.[17]
Pensiero e opere
Fortemente legata all'attività pastorale di Ambrogio fu la sua produzione letteraria, spesso semplice frutto
di una raccolta e di una rielaborazione delle sue omelie e che quindi mantengono un tono simile al
parlato.
Per il suo stile dolce e misurato del suo parlato e della sua prosa, Ambrogio venne definito «dolce come
il miele» e tra i suoi attributi compare perciò un alveare.
Esegesi
Oltre la metà dei suoi scritti è dedicata all'esegesi biblica, che egli affronta seguendo un'interpretazione
prevalentemente allegorica e morale del testo sacro (in particolare per quanto riguarda l'Antico
Testamento): ad esempio, ama ricercare nei patriarchi e nei personaggi biblici in generale figure di Cristo
o esempi di virtù morali. Fu proprio questo metodo di lettura della Bibbia ad affascinare Sant'Agostino e
a risultare determinante per la sua conversione (come egli scrisse nelle Confessioni V, 14, 24).
Secondo Gérard Nauroy, «per Ambrogio l'esegesi è un modo fondamentale di pensare piuttosto che un
metodo o un genere: [...] ormai egli "parla la Bibbia", non più con la giustapposizione di citazioni dagli
stili più diversi, ma in un discorso sintetico, eminentemente allusivo, "misterico" come la Parola
stessa».[18] Per Ambrogio la lettura e l'approfondimento della
conoscenza biblica costituiscono un elemento fondamentale della
vita cristiana:
Morale e ascetismo
Un altro gruppo significativo consiste nelle opere di argomento morale o ascetico, tra le quali risalta il De
officiis ministrorum (talvolta abbreviato in De officiis), un trattato sulla vita cristiana rivolto in particolare
al clero ma destinato a tutti i fedeli. L'opera ricalca l'omonimo scritto di Cicerone, che si proponeva come
manuale di etica pratica indirizzato al figlio (cui è dedicato) rivolto soprattutto a questioni politico-
sociali. Ambrogio riprende il titolo (indirizzando l'opera ai suoi "figli" in senso spirituale, cioè il clero e il
popolo di Milano), la struttura (il libro è ripartito in tre libri, dedicati all'honestum, all'utile e al loro
contrasto risolto nell'identificazione tra i due) e alcuni elementi contenutistici (tra i quali i principi della
morale stoica, come il dominio della razionalità, l'indipendenza dai piaceri e dalla vanità delle cose, la
virtù come sommo bene). Questi elementi sono rivisti con originalità in chiave cristiana: agli exempla
tratti dalla storia e dalla mitologia classica, Ambrogio sostituisce ad esempio storie ed esempi tratti dalla
Bibbia. In generale, è lo stesso orientamento del testo a non essere più etico-filosofico ma
prevalentemente religioso e spirituale, come egli spiega fin dall'inizio: «Noi valutiamo il dovere secondo
un principio diverso da quello dei filosofi. Essi considerano beni quelli di questa vita, noi addirittura
danni» (De officiis, I, 9, 29). Allo stesso modo, le virtù tradizionali vengono rilette cristianamente e
accettate alla luce del Vangelo: la fides (lealtà) diventa la fede in Cristo, la prudenza include la devozione
verso Dio, esempi di fortezza divengono i martiri. Alle virtù classiche si aggiungono le virtù cristiane: la
carità (che già esisteva nel mondo latino, ora assume un significato più interiore e spirituale), l'umiltà,
l'attenzione verso i poveri, gli schiavi, le donne.
Altre cinque opere sono dedicate alla verginità, specialmente quella femminile (De virginibus, De viduis,
De virginitate, De institutione virginis e Exhortatio virginitatis). Ambrogio esalta la verginità come
massimo ideale di vita cristiana, sulla scia della tradizione cristiana da San Paolo («colui che sposa la sua
vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio», 1 Cor 7,38 (http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=
1+Cor7%2C38&formato_rif=vp)) fino al contemporaneo Girolamo, senza tuttavia negare la validità della
vita matrimoniale. La scelta della verginità è ritenuta l'unica vera scelta di emancipazione per la donna
dalla vita coniugale, in cui si trova subordinata. Critica aspramente in questo senso il fatto che il
matrimonio costituisca solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla scelta degli sposi
e in particolare della donna: «Davvero degna di compianto è la condizione che impone alla donna, per
sposarsi, di essere messa all'asta come una sorta di schiavo da vendere, perché la compri chi offre il
prezzo più alto» (De virginibus, I, 9, 56). Per questo Ambrogio incoraggia i genitori ad accettare la scelta
di verginità dei figli e i figli a resistere alle difficoltà imposte dalla famiglia («Se vinci la famiglia, vinci
anche il mondo», De virginibus, I, 11, 63).
Società e politica
Nel confronto con la società e gli ideali del mondo latino,
Ambrogio accolse i valori civili della romanità con l'intento di
dare ad essi nuovo significato all'interno della religione cristiana.
Nel suo Esamerone esalta l'istituzione repubblicana (di cui
l'antica repubblica romana era secondo lui un ammirevole
esempio) prendendo spunto dalla spontanea organizzazione delle
gru, che si dividono il lavoro avvicendandosi nei turni di guardia:
«Per quale motivo [ebbero] "una cosa santa sul morso" se non perché frenasse
l'arroganza degli imperatori, reprimesse la dissolutezza dei tiranni che, come cavalli,
nitrivano smaniosi di piaceri, perché potevano impunemente commettere adulteri?
Quali turpitudini conosciamo dei Neroni e dei Caligola e di tutti gli altri che non ebbero
"una cosa santa sul morso"!»
Ambrogio richiamò infine la società romana nella quale era sempre più accentuato il divario tra ricchi e
poveri; alla sperequazione economica, Ambrogio contrapponeva infatti la morale del Vangelo e della
tradizione biblica. Così egli scrive nel Naboth:
«La terra è stata creata come un bene comune per tutti, per i ricchi e per i poveri:
perché, o ricchi, vi arrogate un diritto esclusivo sul suolo? [...] Tu [ricco] non dai del tuo
al povero [quando fai la carità], ma gli rendi il suo; infatti la proprietà comune, che è
stata data in uso a tutti, tu solo la usi.»
Antigiudaismo
Per Ambrogio era fondamentale la storia di Israele come popolo eletto: da qui la grande presenza
dell'Antico Testamento nel rito ambrosiano, le numerosissime sue opere di commento agli episodi della
storia ebraica, la conservazione della sacralità del sabato, ecc. Tuttavia, come era comune nel
cristianesimo dei primi secoli, forte era anche la volontà di mostrare l'originalità cristiana rispetto alla
tradizione giudaica (che non aveva riconosciuto Gesù come Messia) e di affermare l'indipendenza e le
prerogative della Chiesa nascente.
Ad esempio, nell'Expositio Evangelii secundum Lucam (4, 34), commentando un passo del vangelo di
Luca in cui un uomo invaso dallo spirito di un demonio impuro, grida: «Ah! Che c'è fra noi e te, Gesù
Nazareno? Sei venuto per rovinarci? So chi tu sei: il Santo di Dio», Ambrogio critica aspramente
l'incredulità della gente circostante:
«Chi è colui che aveva nella sinagoga spirito immondo di demonio, se non la folla dei
giudei che, come stretta da spire serpentine e legata dai lacci del diavolo, simulata la
purità del corpo, profanava con le immondezze della mente interiore? Ebbene: era
nella sinagoga l'uomo che aveva lo spirito immondo; perché lo Spirito Santo lo aveva
ammesso. Era entrato infatti il diavolo dal luogo da cui Cristo era uscito. Insieme, si
mostra la natura del diavolo non come ostinata, ma come opera ingiusta. Infatti quello
che attraverso una natura superiore professa il Signore, con le opere lo nega. E in
questo appare la sua malvagità [del demonio] e l'ostinazione dei giudei, poiché così [il
demonio] spandé tra la folla la cecità della mente furiosa; affinché la gente neghi, colui
che i demoni professano. O eredità dei discepoli peggiore del maestro! Quello tenta il
Signore con le parole, essi con l'agire: egli dice "Buttati!" (Luc. IV, 9), questi sono
assaliti perché [lo] buttino.»
L'episodio di Callinicum
Le cronache storiche riportano un episodio che può essere considerato rivelatore dell'atteggiamento di
Ambrogio nei riguardi degli ebrei. Nel 388, a Callinicum (Kallinikon, sul fiume Eufrate, in Asia, l'attuale
al-Raqqa), una folla di cristiani diede l'assalto alla sinagoga e la bruciò. Il governatore romano condannò
l'accaduto e, per mantenere l'ordine pubblico, dispose affinché la sinagoga venisse ricostruita a spese del
vescovo. L'imperatore Teodosio I rese noto di condividere quanto deciso dal suo funzionario.[19]
Ambrogio si oppose alla decisione dell'imperatore e gli scrisse una lettera (Epistulae variae 40) per
convincerlo a ritirare l'ingiunzione di ricostruire la sinagoga a spese del vescovo:
«Il luogo che ospita l'incredulità giudaica sarà ricostruito con le spoglie della Chiesa? Il
patrimonio acquistato dai cristiani con la protezione di Cristo sarà trasmesso ai templi
degli increduli?... Questa iscrizione porranno i giudei sul frontone della loro sinagoga: -
Tempio dell'empietà ricostruito col bottino dei cristiani -... Il popolo giudeo introdurrà
questa solennità fra i suoi giorni festivi...»
«Ma ti muove la ragione della disciplina. Che cosa dunque è più importante, l'idea di
disciplina [mantenimento dell'ordine pubblico] o il motivo della religione?»
«Io dichiaro di aver dato alle fiamme la sinagoga, sì, sono stato io che ho dato
l'incarico, perché non ci sia più nessun luogo dove Cristo venga negato[20]»
Ambrogio si spinse ad affermare che quell'incendio non era affatto un delitto e che se lui non aveva
ancora dato l'ordine di bruciare la sinagoga di Milano era solo per pigrizia e che bruciare le sinagoghe era
altresì un atto glorioso.
Ambrogio non volle salire sull'altare finché l'imperatore non abolì il decreto imperiale riguardante la
ricostruzione della sinagoga a spese del vescovo. Secondo la visione del vescovo, nella questione della
religione l'unico foro competente da consultare doveva essere la Chiesa cattolica la quale, grazie ad
Ambrogio, divenne la religione statale e dominante. In questa impresa lo scopo era quello di avvalorare
l'indipendenza della Chiesa dallo Stato, affermando anche la superiorità della Chiesa sullo Stato in
quanto emanazione di una legge superiore alla quale tutti devono sottostare.
Mariologia
Sebbene non si possa parlare di una mariologia vera e propria (intesa come pensiero sistematico), sono
numerosi nell'opera di Ambrogio i riferimenti a Maria: spesso, quando si presenta l'occasione, egli si rifà
alla sua figura e al suo esempio.
La sua venerazione per Maria nasce soprattutto dal ruolo attribuitole nella storia della salvezza. Maria è
infatti madre di Cristo, e dunque modello per tutti i credenti che, come lei, sono chiamati a "generare"
Cristo:
«Vedi bene che Maria non aveva dubitato, bensì creduto e perciò aveva conseguito il
frutto della sua fede. «Beata tu che hai creduto». Ma beati anche voi che avete udito e
avete creduto: infatti, ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio e ne
comprende le operazioni. Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia
in ciascuno lo spirito di Maria ad esultare in Dio: se, secondo la carne, una sola è la
madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo»
«Non c’è affatto da stupirsi che il Signore, accingendosi a redimere il mondo, abbia
iniziato la sua opera proprio da Maria: se per mezzo di lei Dio preparava la salvezza a
tutti gli uomini, ella doveva essere la prima a cogliere dal Figlio il frutto della salvezza»
Già nel settembre del 600 papa Gregorio Magno parlò del
neoeletto vescovo di Milano, Deodato, non tanto come
successore, bensì come "vicario" di sant'Ambrogio
(equiparandolo quasi ad un secondo "vescovo di Roma").[22]
Nell'anno 881 invece papa Giovanni VIII definì per la prima
volta la diocesi "ambrosiana", termine che è rimasto ancora oggi
per identificare non solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la
stessa città.
L'operato di Ambrogio lasciò un segno profondo in particolare sulla liturgia. Egli introdusse nella Chiesa
occidentale molti elementi tratti dalle liturgie orientali, in particolare canti e inni. Si attribuisce ad
Ambrogio l'inno Te Deum laudamus, ma la questione è controversa e negata anche da Luigi Biraghi. Le
riforme liturgiche furono mantenute nella diocesi di Milano anche dai successori e costituirono il nucleo
del Rito ambrosiano, sopravvissuto all'uniformazione dei riti e alla costituzione dell'unico rito romano
voluta da papa Gregorio I e dal Concilio di Trento.
In dialetto milanese Ambrogio viene chiamato sant Ambroeus (grafia classica) o sant Ambrös (entrambi
pronunciati "sant'ambrœs").
Alla sua figura è ispirato anche il premio Ambrogino d'oro, che è il nome non ufficiale con cui sono
comunemente chiamate le onorificenze conferite dal comune di Milano.
Essi sono:
Per questi storici inoltre non vi è motivo di dubitare che l'autore della melodia sia lo stesso Ambrogio
dato che per loro natura questi inni nascono consostanziati alla musica. Il Migliavacca nota come
Ambrogio possedesse una conoscenza musicale approfondita. Le sue opere rivelano, oltre a una perfetta
conoscenza scolastica, anche una particolare propensione musicale. Egli parla dell'arte musicale con
cognizione tecnica e non solo con estetica raffinatezza come il suo discepolo Agostino.
Leggende su Sant'Ambrogio
Su Sant'Ambrogio vi sono numerose leggende miracolistiche:
Opere
Oratorie (esegetiche)
Exameron
De paradiso
De Cain et Abel
De Noe
De Abraham
De Isaac et anima
De bono mortis
De Iacob et vita beata
De Ioseph
De patriarchis
De fuga saeculi
De interpellatione Iob et David
Apologia David
De Helia et ieiunio
Divi Ambrosii Episcopi Mediolanensis
De Tobia
Omnia Opera, 1527
De Nabuthae historia
Explanatio in XII Psalmos Davidicos
Expositio in Psalmum CXVIII
Expositio in Lucam
De excessu fratris Satyri libri duo
De obitu Valentiniani consolatio
De obitu Theodosii oratio
Morali (ascetiche)
De virginibus o Ad Marcellinam sororem libri tres
De viduis
De perpetua virginitate Sanctae Mariae
Adhortatio virginitatis o Exhortatio virginitatis
De officiis ministrorum
Dogmatiche (sistematiche)
De fide ad Gratianum Augustum libri quinque
De Spiritu Sancto ad Gratianum Augustum
De incarnationis dominicae sacramento
De paenitentia
Catechetiche
De sacramentis libri sex
De mysteriis
De sacramento regenerationis sive de philosophia
Explanatio Symboli ad initiandos
Epistolario
Epistulae
Innografia
Hymni
Altro
Sermo contra Auxentium de basilicis tradendis
Tituli
Curiosità
S.Ambrogio essendo patrono delle api, rappresenta al meglio l'operosità non solo quella risaputa dei
milanesi, di cui è patrono festeggiato il 7 dicembre, ma di tutti coloro che si impegnano nel lavoro, con
combattività, spirito di sacrificio e di spirito di abnegazione. Inoltre S.Ambrogio ha come secondo
simbolo il gabbiano che è legato alla sensazione di libertà e spazio immenso. Il gabbiano trova
l'equilibrio e si alimenta di ciò che trova nel rispetto della sua natura di predatore e onnivoro che non si
tira indietro a nulla per la propria sopravvivenza. Per le suddette simbologie, e per tutte le altre che sia le
api che i gabbiani rappresentano, S.Ambrogio è ormai considerato da tempo il protettore delle startup
innovative che vedono in S.Ambrogio, guida sicura con la sua famosa frase di valore eterno: "Voi pensate
che i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi"
Note
1. ^ https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2018/10/02/news/milano-studi-confermano-l-
identita-di-sant-ambrogio-e-di-due-martiri-1.34049446
2. ^ (EN) Johan Leemans, Peter Van Nuffelen e Shawn W. J. Keough, Episcopal Elections in
Late Antiquity, Walter de Gruyter, 28 luglio 2011, ISBN 978-3-11-026860-7.
3. ^ Ambrogio, Exorthatio virginitatis, 12, 82
4. ^ Robert Wilken, "The Spirit of Early Christian Thought" (Yale University Press: New Haven,
2003), pp. 218.
5. ^ Michael Walsh, ed. "Butler's Lives of the Saints" (HarperCollins Publishers: New York,
1991), pp. 407.
6. ^ Paolino, Vita di Ambrogio, 6
7. ^ Paolino, Vita di Ambrogio, 7-8
8. ^ Indro Montanelli, Storia di Roma, Rizzoli, 1957
9. ^ Ambrogio, Lettera fuori coll. 14 ai Vercellesi, 65
10. ^ Ambrogio, De officiis, I, 1, 4
11. ^ Giacomo Biffi, Relazione al Meeting di Rimini, 29-08-1997
12. ^ C. Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo dalle origini e i primi sviluppi della fede a
Milano, op. cit., pp. 169-170
13. ^ Graziano avrebbe voluto convocare un concilio numeroso, ma Ambrogio lo esortò a
convocare un numero limitato di vescovi, affermando che per appurare la verità ne
bastavano pochi e che non era il caso di incomodarne troppi, facendo loro affrontare un
viaggio faticoso (Neil B. McLynn, Ambrose of Milan: Church and Court in a Christian Capital,
University of California Press, 1994. pp. 124–5.).
14. ^ Codex Theodosianus, 16.10.10
15. ^ Codex Theodosianus, 16.7.4
16. ^ Codex Theodosianus, 16.10.12.1
17. ^ Guida della Basilica di S. Ambrogio: note storiche sulla Basilica ambrosiana, Ferdinando
Reggiori, Ernesto Brivio, Nuove Edizioni Duomo, 1986, p. 86.
18. ^ Gérard Nauroy, L'Ecriture dans la pastorale d'Ambroise de Milan, in Le monde latin
antique et la Bible. A cura di J. Fontaine e C. Pietri, Parigi 1985. Citato in Pasini, I Padri
della Chiesa. Il cristianesimo delle origini e i primi sviluppi della fede a Milano, op. cit.
19. ^ Per un'ampia descrizione dell'episodio:
Antonietta Mauro Todini, Aspetti della legislazione religiosa del IV secolo, La Sapienza
Editrice, Roma, 1990, pag. 3 e segg.;
Thomas J. Craughwell, Santi per ogni occasione, Gribaudi, 2003, pag.49;
Lucio De Giovanni, Chiesa e stato nel Codice Teodosiano, Tempi moderni, pag.120;
Giovanni De Bonfils, Roma e gli ebrei, Cacucci, 2002, pag. 186;
Mariateresa Amabile, Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de Iudaeis’ tra repressione,
protezione, controllo, I, Jovene, Napoli, 2018.
(EN) James Hastings, Encyclopedia of Religion and Ethics , Kessinger Publishing, 2003,
pag. 374
20. ^ Walter Peruzzi, Il cattolicesimo reale, Odradek, Roma, 2008
21. ^ Ambrogio, De virginibus, 2, 6-18, citato in L. Gambero, Testi mariani del primo millennio (h
ttps://books.google.it/books?id=n_OOuqamJmAC), Città Nuova, 1990
22. Rito Ambrosiano: la centralità dell'opera di Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano (http://ww
w.chiesadimilano.it/vivere-la-chiesa/duomo-cattedrale/rito-ambrosiano-la-centralita-dellopera
di-santambrogio-per-la-chiesa-di-milano-6753.html)
23. ^ Jacopo da Varazze, Leggenda Aurea, LVII. Un episodio analogo è riferito anche a Santa
Rita da Cascia, vedi: Alfredo Cattabiani, Santi d'Italia, Ed. Rizzoli, Milano, 1993, ISBN 88-
17-84233-8, pag. 816
24. ^ Per una narrazione della leggenda e della costruzione della chiesa si veda:
Don Gerolamo Raffaelli, La vera historia della Vittoria qual ebbe Azio Visconti nell'anno
della comune salute 1339 nel dì XXI febbr. in Parabiago contro Lodrisio V a cura di
Limonti, Milano, anno MDCIX
Don Claudio Cavalleri, Racconto istorico della celebre Vittoria ottenuta da Luchino
Visconti princ. di Milano per la miracolosa apparizione di Santo Ambrogio, seguita il dì
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AA.VV., Sant Ambroeus – Tra storia e leggenda, Meravigli edizioni (in collaborazione con
Circolo Filologico Milanese), Milano, 2017
Voci correlate
Satiro di Milano
Santa Marcellina
Agostino di Ippona
Basilica di Sant'Ambrogio
Patristica
Diocesi di Milano
Rito ambrosiano
Paolino di Milano
Chiesa dei santi Ambrogio e Theodulo
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