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Francesco I (nato François d'Orléans; Cognac, 12 settembre 1494 – Rambouillet, 31 marzo 1547) è

stato re di Francia dal 1515 fino alla morte. Figlio di Carlo di Valois-Angoulême (1459 - 1º gennai1496)
e di Luisa di Savoia (11 settembre 1476 - 22 settembre 1531), fu il primo della dinastia regale dei
Valois-Angoulême, che si estinguerà nel 1589 con la morte del nipote Enrico III. Succedette sul trono di
Francia a suo cugino e suocero Luigi XII, poiché era morto senza figli maschi..

Prodigioso mecenate delle arti, diede un forte impulso al Rinascimento francese, attirando nel castello
di Chambord olti artisti italiani, tra cui Leonardo da Vinci. Il regno di Francesco vide importanti
cambiamenti culturali con l'ascesa della monarchia assoluta in Francia, la diffusione dell'umanesimo e
del protestantesimo e l'inizio dell'esplorazione francese del Nuovo Mondo. Jacques Cartier, Giovanni
da Verrazzano ed altri esploratori rivendicarono terre nelle Americhe per la Francia e spianarono la
strada all'espansione del primo impero coloniale francese.

Per il suo ruolo nello sviluppo e nella promozione di una lingua francese divenne noto come “Le Père et
Restaurateur des Lettres” (il "Padre e Restauratore delle lettere").[1] Fu anche conosciuto come
“François du Grand Nez” ("Francesco del grande naso") e “Le Roi-Chevalier” ("il Re Cavaliere")[1] per
via del suo coinvolgimento personale nelle guerre, partecipazione che gli costò anche la prigionia
a Madrid in seguito alla sconfitta nella battaglia di Pavia.

Seguendo la politica dei suoi predecessori, Francesco continuò le guerre italiane. Interessato ai territori
del Ducato di Savoia e al controllo del Ducato di Milano, l'obiettivo principale era quello di
indebolire Carlo V, re di Spagna ed imperatore del Sacro Romano Impero, titolo quest'ultimo conteso
proprio tra il francese e l'Asburgo. Allo scopo di fronteggiare l'egemonia del rivale, cercò dapprima il
sostegno di Enrico VIII d'Inghilterra nell'incontro del campo del Drappo d'Oro e, successivamente,
formò un'alleanza franco-ottomana con il sultano musulmano Solimano il Magnifico, una mossa
controversa per un re cristiano dell'epoca. [2]

Indice

 1Biografia
o 1.1Primi anni e successione al trono di Francia
o 1.2Le mire sull'Italia e la battaglia dei giganti
o 1.3La tentata elezione ad imperatore
o 1.4La fallita alleanza con l'Inghilterra
o 1.5Guerra dei quattro anni e la battaglia di Pavia
o 1.6Prigioniero dell'imperatore
o 1.7La seconda guerra contro l'Impero
o 1.8L'invasione degli Stati della Savoia
o 1.9Quarto conflitto con l'Impero e morte
 2Aspetto fisico e personalità
 3La politica interna
o 3.1Accentramento statale e politica religiosa
o 3.2Mecenate delle arti
o 3.3Protettore delle lettere
o 3.4Il francese come lingua ufficiale
o 3.5Costruttore di palazzi
o 3.6Relazioni con il Nuovo Mondo e l'Asia
 4Francesco I nella letteratura, nel teatro, nel cinema
 5Matrimoni e figli
 6Ascendenza
 7Onorificenze
 8Note
 9Bibliografia
 10Voci correlate
 11Altri progetti
 12Collegamenti esterni

Biografia[modifica | modifica wikitesto]


Primi anni e successione al trono di Francia[modifica | modifica wikitesto]
Francesco d'Orléans nacque il 12 settembre 1494 nel castello di Cognac, in Francia,[3] a quel tempo
situato nell'antica provincia di Saintonge, parte del ducato d'Aquitania e oggi facente parte
del dipartimento di Charente. Unico figlio maschio di Carlo di Valois-Angoulême e di Luisa di Savoia,
era anche pronipote del re Carlo V di Francia. Al momento della nascita la sua famiglia non rientrava
nella linea di successione al trono di Francia poiché suo cugino, il re Carlo VIII, era ancora giovane così
come lo era il cugino di suo padre, il duca di Orléans e futuro re Luigi XII. Nonostante ciò, nel 1498
Carlo VIII morì senza figli e gli successe Luigi XII, a sua volta privo di eredi maschi. [3] La legge salica,
l'unico documento giuridico dell'epoca che regolasse le questioni di discendenza in Francia, impediva
alle donne di ereditare il trono e pertanto all'età di quattro anni Francesco (che era divenuto già conte di
Angoulême a seguito della morte del padre avvenuta due anni prima) divenne un possibile successore
al trono di Francia e venne insignito del titolo di duca di Valois. [3]

Luisa di Savoia, madre di Francesco

Un giovane Francesco I (1515)

Rimasto, come detto, orfano di padre all'età di soli due anni, Francesco crebbe con la madre Luisa e
con la sorella Margherita d'Angoulême ad Amboise sotto la tutela del maresciallo Pierre de Rohan-Gié.
[4][5] Successivamente la sua istruzione venne affidata al cardinale Adrien Gouffier de Boissy, che gli

impartì lezioni di latino e storia, mentre la madre gli insegnò l'italiano e lo spagnolo. Il giovane
Francesco poteva disporre di una biblioteca ben fornita dove trovò i romanzi della Tavola Rotonda, che
contribuirono all'esaltazione della sua immaginazione, tanto che fin da giovane mostrò un forte
interesse per gli esercizi che implicavano una certa violenza. [5] Come suoi compagni di giochi furono
scelti alcuni rampolli delle famiglie nobiliari di Francia, come Robert de la Marck, Anne de
Montmorency, Philippe de Chabot, Guillaume Gouffier de Bonnivet.[6] Questa compagnia, e le attività
che svolgevano insieme, venne scelta come parte della sua educazione, che doveva essere improntata
verso l'addestramento alla guerra e servì per instillargli alcuni valori ritenuti indispensabili per un
possibile futuro sovrano, come il cameratismo, la cavalleria e la prodezza personale. [7] Mentre
Francesco cresceva, la corte di Francia si interrogava su chi sarebbe stato il prossimo re. Appurato
che Anna di Bretagna, la moglie del re Luigi XII, non avrebbe potuto mettere al mondo un figlio
maschio, fu chiaro che il titolo di Delfino sarebbe toccato proprio a Francesco, in quanto diretto
pretendente al trono. Pertanto si decise di fargli lasciare Amboise per essere condotto a Chinon,
affinché potesse continuare la sua educazione presso la corte; ciò avvenne nell'agosto del 1507,
quando aveva l'età di quindici anni. [8]

Il giovane Valois trovò la vita a corte entusiasmante ed ebbe più volte l'occasione di accompagnare il re
nella caccia, un'attività che rimarrà tra le sue preferite per tutta la vita, tanto che un giorno ebbe a dire
che «per quanto vecchio o malato, mi dovranno portare a caccia. Anche morto, vorrò andarci nella
bara!».[9] Tra l'addestramento alla guerra e alla gestione del potere, non mancarono per Francesco
nemmeno avventure e intrighi amorosi. [10] Inoltre, il futuro re di Francia dimostrò fin da subito un grande
interesse per la guerra e, nel 1512, gli capitò la prima occasione per comandare personalmente un
esercito, quando gli fu affidato il compito di difendere la Navarra dalle truppe inglesi da poco sbarcate
a San Sebastián. Poco dopo accompagnò re Luigi nella difesa delle Fiandre. Nonostante queste
imprese non si fossero concluse con il successo sperato, Francesco ebbe modo di conoscere sul
campo alcuni dei generali, tra cui Odet de Foix, Francesco d'Orléans-Longueville, Jacques de La
Palice, Carlo di Borbone, che lo avrebbero accompagnato nei successi e nelle sconfitte delle sue
successive campagne militari, creandosi così una cerchia di amicizie fondamentali per quando sarebbe
salito sul trono.[11]

Vista la situazione, re Luigi XII promise in sposa a Francesco la figlia Claudia, erede del ducato di
Bretagna, inizialmente destinata in matrimonio al futuro imperatore Carlo V, ma il cui fidanzamento era
stato sciolto per evitare che Carlo ereditasse parte del regno di Francia, una situazione inaccettabile
per la Francia.[12][13] Nel 1514 Anna di Bretagna morì e gli sopravvissero solamente figlie femmine; era
dunque quasi certo che Francesco sarebbe diventato, alla morte di Luigi, re di Francia. [14]

Certo dell'imminente salita al trono, Francesco abbandonò le sue ristrettezze economiche per
aumentare decisamente il tenore di vita: acquistò spade da cerimonia, comprò pietre preziose,
vasellame d'oro, profumi e oggetti di lusso, contraendo diversi debiti. Il 14 maggio raggiunse Saint-
Germain-en-Laye per sposare, il 18 dello stesso mese,[15] Claudia; un matrimonio non certo d'amore
ma considerato comunque una tappa inevitabile per la sua scalata al trono. [16] Ma solo pochi giorni
dopo il matrimonio fu raggiunto da una notizia che poteva seriamente minare le sue ambizioni regali: il
re Luigi XII, nonostante fosse malato, aveva deciso, seguendo il suggerimento del Papa, di
sposare Maria Tudor, con la speranza di dare alla luce un erede che lo avrebbe succeduto al trono a
cui ambiva Francesco.[17] Le cose andarono diversamente: sofferente da tempo di una grave forma
di gotta, re Luigi ricevette l'estrema unzione nelle prime ore del 1º gennaio 1515 e morì la sera stessa,
a meno di tre mesi dall'ultimo matrimonio, senza aver generato alcun figlio maschio. Così, all'età di 20
anni, Francesco divenne il nuovo re di Francia; l'incoronazione avvenne fastosamente nella Cattedrale
di Reims il 25 gennaio del 1515.[18][19][20][21]

Le mire sull'Italia e la battaglia dei giganti[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Marignano.

Raffigurazione della battaglia di Marignano.

Salito ormai legittimamente al trono di Francia, Francesco si mostrava ansioso di coprirsi di gloria e
pertanto iniziò a guardare all'Italia, oggetto delle ambizioni anche dei predecessori. Essendo pronipote
di Valentina Visconti, riteneva fosse un suo pieno diritto possedere Milano come sua eredità familiare. Il
25 marzo 1515, in occasione di un incontro con alcuni ambasciatori della Repubblica di Venezia arrivati
per ottenere il rinnovo del trattato di alleanza stipulato due anni prima, li informò delle sue ferme
intenzioni di mettersi quanto prima al comando di un'armata diretta verso l'Italia. [22] Era comunque ben
consapevole che non sarebbe stato facile ottenere il successo sperato, perché si sarebbe dovuto
confrontare con diversi nemici, tra cui l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo, Ferdinando II d'Aragona e
il Papa Leone X[23]

Per affrontare tutto ciò Francesco mise insieme un consistente esercito nel Delfinato che contava ben
11 000 appartenenti alla cavalleria pesante, a cui affiancò una fanteria forte di 30 000 armati. A questi si
aggiunsero truppe mercenarie costituite da 10 000 fanti guasconi e circa 23 000 lanzichenecchi.
[24] Nello stesso momento, un esercito svizzero e pontificio si spostò a nord di Milano bloccando i passi

alpini, tuttavia Francesco, seguendo il consiglio del maresciallo Gian Giacomo Trivulzio, evitò i valichi
principali e marciò attraverso l'inconsueto itinerario della valle della Stura.[25][26]

Francesco a cavallo durante la battaglia di Marignano.

Lo scontro decisivo avvenne il 13 settembre 1515 e passò alla storia come la sanguinosa battaglia di
Marignano, in cui le armate francesi e veneziane affrontarono quelle svizzere, giunte a dar manforte
a Massimiliano Sforza, duca di Milano. Dopo quasi due giorni di intensi combattimenti, Francesco riuscì
a cogliere una vittoria totale quanto inaspettata che consentì alla Francia di ottenere il controllo di tutto
il ducato di Milano.[27] Trivulzio, per elogiare l'impresa di Francesco, coniò il termine "battaglia dei
Giganti" per riferirsi all'avvenimento che venne celebrato in patria con non poca retorica tanto che
"ebbe una risonanza particolare, pari alla sorpresa provocata da Marignano. Un re, ancora molto
giovane, aveva trasformato il suo esordio in un prestazione magistrale". [28]

Grazie a questa vittoria, inoltre, Francesco I costrinse papa Leone X alla trattativa per il possesso dei
territori di Parma e Piacenza. I negoziati si svolsero a Bologna e furono condotti dal cancelliere di
Francia Antoine Duprat, concludendosi con il Concordato di Bologna in cui si sanciva la rinuncia da
parte del papa ai territori in questione e il superamento della Prammatica Sanzione di Bourges del 1438
arrogando al re di Francia il diritto alla nomina di vescovi e abati confermando il gallicanesimo. L'11
dicembre Francesco fece il suo ingresso trionfale a Bologna attraverso la porta San Felice per ratificare
il Concordato; per l'occasione il re indossava "una tunica di drappo dorato e una zimarra argenta,
mentre sul capo vi era un tocco di velluto nero foderato di zibellino". [29] Il 15 dello stesso mese lasciò la
città accompagnato fino alle porte da 22 cardinali. [30]

La prima avventura italiana fu, per Francesco, anche un'occasione di venire a contatto con l'arte
rinascimentale, di cui rimase un grande ammiratore e che lo ispirò tanto da farlo divenire uno dei
principi mecenati più celebri della storia. La ricchezza e il potere ottenuti dopo Marignano gli permisero
di dare vita ad una brillante e licenziosa corte costituita da poeti, musicisti, letterati e artisti,
come Leonardo da Vinci, a cui si mescolavano rozzi nobili provinciali. In politica estera, riuscì ad
ottenere una pace perpetua con gli svizzeri e riacquistò Tournai da Enrico VIII d'Inghilterra. Tutto ciò
faceva pensare al destino di un grande regno.[19]

La tentata elezione ad imperatore[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Rapporti tra Carlo V e Francesco I.

L'imperatore Carlo V ritratto da Jakob Seisenegger nel 1532.

Il 12 gennaio 1519, a Wels, morì l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo, che lasciò quindi la carica
vacante. A quel tempo la successione al trono del sacro Romano Impero era regolata dalla bolla
d'oro del 1356 che disponeva che il titolo di imperatore fosse elettivo, delegando la scelta a
sette principi elettori, di cui quattro laici e tre ecclesiastici. Seguendo, pertanto, tale ordinamento si
decise di fissare la nuova elezione per il 18 giugno dello stesso anno. [31] Nonostante fosse oramai
consuetudine che il titolo venisse assegnato ad un principe germanico, Francesco, probabilmente
influenzato dal recente successo colto a Marignano, decise di concorrere in contrapposizione all'altro
pretendente: Carlo d'Asburgo, nipote del defunto Massimiliano. In quegli anni, la Germania era
travagliata da forti contrasti interni culminati nella riforma protestante di Martin Lutero che aveva diviso
la popolazione in cattolici e protestanti. Ciò, probabilmente, fece ritenere al giovane re di Francia di
avere le possibilità di cogliere la storica elezione. [32] Nell'avanzare la sua candidatura, Francesco,
premise che non era motivato da un contrasto personale contro Carlo, [33] e che il suo scopo non era
"pernicioso, né futile, poiché non sono mosso da avidità, né da ambizione, né da prepotenza, ma
unicamente dalla volontà di render possibile una mia guerra contro il Turco", facendo quindi presagire
l'intenzione di impegnarsi in una crociata una volta eletto. Simile dichiarazione fu quella che presentò
all'ambasciatore d'Inghilterra, Sir Thomas Boleyn, in cui asseriva che entro tre anni dopo elezione
sarebbe stato a Costantinopoli o sarebbe morto.[34] Fu così che iniziò la lunga rivalità con Carlo che lo
accompagnerà per tutta la vita.[5]

Francesco, seriamente convinto di poterla spuntare, si prodigò in tutti i modi per raggiungere il
successo ricorrendo, con l'aiuto del fido Guillaume Gouffier de Bonnivet, a tutti i mezzi possibili: si
prodigò nella corruzione, mandò segretamente emissari fino in Polonia, cercò accordi all'estero,
fomentò scontri privati tra i principi germanici e riuscì perfino ad ottenere un'iniziale supporto di Papa
Leone X, preoccupato dell'eccessivo potere in Italia che Carlo avrebbe potuto avere. [35] In ogni caso,
Francesco capì ben presto che la strategia migliore sarebbe stata quella di comprare i voti degli elettori
e dunque si rivolse alla ricca famiglia dei Fugger per ottenere un prestito; ottenuto, dopo intensi
negoziati, ad un interesse del 18%.[36]

Nonostante tutti questi sforzi, il tentativo naufragò davanti all'evidenza. Il papa, che non poteva
schierarsi così apertamente contro la nazione germanica, mutò la sua politica. Carlo, a sua volta, spese
moltissimo denaro per comprare i voti degli elettori;[37] la nazionalità francese di Francesco, inoltre, era
un elemento di certo a lui sfavorevole. Fu così che le ambizioni di Francesco andarono a scemare
sempre di più, fino a quando non giunse la notizia che il 2 giugno il giovane Asburgo era stato eletto
all'unanimità con il nome di Carlo V.[38] Francesco dovette così incassare la prima grave sconfitta da
quando era salito al trono di Francia; grande fu la sua collera che si riversò in particolare sui principi
elettori che considerava dei veri e propri traditori, tuttavia a tal proposito lo storico Francis Hackett ebbe
a dire che «in realtà essi si erano serviti di lui perché la sua generosità, che non era riuscita a
comprarli, li aveva semplicemente resi più costosi per il suo rivale». [39]

La fallita alleanza con l'Inghilterra[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Campo del Drappo d'Oro.

Una rappresentazione di come doveva essere stato il Campo del Drappo d'Oro.

Archiviato oramai il fallimento dell'elezione alla corona del Sacro Romano Impero, Francesco spostò la
sua strategia verso una possibile alleanza con l'Inghilterra di Enrico VIII. A tal fine, e secondo quanto
stabilito nel Trattato di Londra del 1518, venne fissato un incontro tra i due sovrani per il giugno del
1520. Il luogo scelto per l'avvenimento furono le Fiandre, tra le città di Calais, allora unico
possedimento inglese sul continente europeo, e di Guînes.[40] L'incontro, organizzato dal
cardinale Thomas Wolsey, arcivescovo di York e Lord Cancelliere di Enrico VIII, avvenne nella cornice
sfarzosa del cosiddetto Campo del Drappo d'Oro, un accampamento riccamente allestito per
l'occasione.[41][42]

Ritratto di Enrico VIII d'Inghilterra, opera di Hans Holbein il Giovane.

I due sovrani colsero l'occasione per esibire una sontuosità al limite delle loro possibilità, tanto che
Francesco dovette ricorrere ad un nuovo prestito, questa volta dalla banche di Lione, di ben
duecentomila scudi per far fronte alle povere casse dello stato, rese pingui dalle cospicue spese
sostenute per il fallimentare tentativo di nomina imperiale. [43] Per farsi un'idea delle spese sostenute,
basti pensare che per l'occasione vennero montate sul posto migliaia di tende, con quella del re
francese che spiccava per le decorazioni realizzate in oro; venne inoltre costruito un teatro romano in
legno, organizzati spettacoli, tornei e banchetti; gli inglesi arrivarono a costruire un palazzo in legno che
poi trasportarono in pezzi per essere montati sul luogo dell'incontro. [44] Anche il protocollo che
seguirono le delegazioni fu solenne e rigido, studiato per garantire una formale parità tra le due parti:
Enrico fece il suo arrivo a Calais lo stesso giorno in cui Francesco arrivò ad Andres. Il re di Francia era
accompagnato dalla moglie Claudia, dalla sorella Margherita, dalla madre Luisa e da Françoise de
Foix la sua amante ufficiale.[45] Il primo colloquio tra i due regnanti avvenne il 7 giugno, al pomeriggio, a
cui seguirono diverse altre nobili e studiate cerimonie. [46]

Con ciò Francesco I mirava ad avere l'Inghilterra alleata nello scacchiere della lotta contro Carlo V e
tentò di combinare il matrimonio fra la figlia di Enrico, Maria Tudor, e il proprio figlio Francesco di
Valois, Delfino di Francia. Nonostante tutto ciò, l'incontro non sortì l'effetto sperato: il matrimonio fra
Maria e Francesco non avvenne mai e di lì a poco Enrico VIII strinse un'alleanza con Carlo V.
[47] L'incontro al Campo del Drappo d'Oro venne, comunque, definito «un successo diplomatico ma un

fiasco politico».[48]

Guerra dei quattro anni e la battaglia di Pavia[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'Italia del 1521-1526 e Battaglia di Pavia (1525).

Territori controllati da Carlo V nel 1519, la Francia risulta accerchiata.

Le mire di Francesco I di impadronirsi dell'Italia settentrionale e il fatto che egli vedesse l'autonomia
della Francia in grave pericolo, accerchiata com'era dai possedimenti dell'imperatore Carlo V, spinsero
il sovrano francese ad agire, così che, nel mese di dicembre del 1521, iniziò a pianificare la guerra.
Francesco non intendeva attaccare apertamente Carlo perché il re d'Inghilterra aveva annunciato la
sua intenzione di intervenire contro il primo dei due che avesse infranto la precaria pace. Un attacco
venne, comunque, effettuato sulla Mosa, sotto la guida di Robert de la Marck. Contemporaneamente,
un esercito franco-navarrese avanzò attraverso la Navarra riconquistando Saint-Jean-Pied-de-Port.[49] I
disegni francesi si dimostrarono fin da subito imperfetti, tanto che l'intervento di Enrico di
Nassau respinse l'offensiva della Mosa e, sebbene de Foix inizialmente fosse riuscito a conquistare
Pamplona, fu cacciato dalla Navarra a seguito della sconfitta nella battaglia di Noáin, combattuta il 30
giugno 1521.[50][51]

Il 22 ottobre 1521, Francesco si trovò di fronte l'esercito imperiale, comandato da Carlo in persona,
vicino Valenciennes. Nonostante l'insistenza del connestabile Carlo di Borbone, Francesco esitò ad
attaccare permettendo così all'imperatore Carlo V di ritirarsi. Quando i francesi si trovarono finalmente
pronti ad avanzare, l'inizio di forti piogge impedirono un attacco efficace e le forze imperiali riuscirono a
ritirarsi senza scontrarsi.[52]

Da novembre la situazione francese andò a deteriorandosi considerevolmente. Carlo, Enrico VIII e il


papa firmarono, il 28 novembre, un'alleanza contro Francesco. Ad Odet de Foix, governatore francese
di Milano, era stato affidato il compito di resistere alle forze imperiali e papali, guidate da Prospero
Colonna, ma alla fine di novembre fu costretto a lasciare la città e a ritirarsi lungo il fiume Adda.[53][54] La
successiva sconfitta di Odet nella battaglia della Bicocca portò l'Inghilterra ad entrare apertamente nel
conflitto. Alla fine di maggio 1522, l'ambasciatore inglese si presentò a Francesco con un ultimatum in
cui si enumeravano tutte le accuse contro la Francia, in particolare quella di sostenere il duca di Albany
in Scozia; il re francese negò ogni addebito. [55]

Carlo III di Borbone, connestabile di Francia.

Nel mese di luglio, gli inglesi attaccarono la Bretagna e la Piccardia, partendo da Calais, e Francesco
non fu in grado di raccogliere fondi per contrapporre una resistenza significativa. [56] Per ovviare a tale
mancanza di denaro, il re francese escogitò diverse soluzioni e in particolare si focalizzò su una causa
contro il connestabile Carlo III di Borbone-Montpensier. Questi aveva ricevuto la maggior parte dei suoi
possedimenti attraverso il matrimonio con Susanna di Borbone, morta poco prima dell'inizio della
guerra. Luisa di Savoia, cugina di Susanna e madre del re, insistette sul fatto che i territori in questione
dovessero passare a lei a causa della sua più stretta parentela con la defunta. Francesco era sicuro
che il sequestro delle terre contese avrebbe migliorato la propria posizione finanziaria in maniera
sufficiente per continuare la guerra e quindi iniziò a confiscare alcune porzioni in nome della madre. Il
Borbone, irritato da questo trattamento, e sempre più isolato a corte, cominciò ad aprirsi verso Carlo V
tradendo così il re francese.[57][58] Quando Francesco, che era a conoscenza del complotto, lo chiamò
a Lione nel mese di ottobre, finse una malattia e fuggì a Besançon. Il re, infuriato, ordinò l'esecuzione di
quanti più suoi collaboratori potessero essere catturati, ma il duca stesso, dopo aver respinto una
offerta finale di riconciliazione,entrò apertamente al servizio dell'imperatore. [59][60]

Francesco volse allora la sua attenzione alla Lombardia. Nell'ottobre 1523, un'armata francese di
18 000 uomini, al comando di Guillaume Gouffier de Bonnivet, avanzò attraverso
il Piemonte verso Novara, dove raggiunse una forza similare di mercenari svizzeri. Prospero Colonna,
che aveva soltanto 9 000 uomini, si ritirò verso Milano. [61] Tuttavia, successivamente i francesi vennero
sconfitti alla battaglia del Sesia ritirandosi al di là delle Alpi allo sbando.[62][63]
Louis de la Trémoille.

A metà ottobre 1524, Francesco attraversò le Alpi e avanzò verso Milano alla testa di un esercito di
oltre 40 000 uomini.[64][65] Carlo di Lannoy, a capo della guarnigione che difendeva la città, viste le
ingenti forze dei francesi decise di ripiegare vero Lodi lasciando a Francesco strada libera. Entrato a
Milano e messo Louis de la Trémoille come governatore, il re di Francia (sotto la spinta di Bonnivet e
contro il parere degli altri suoi comandanti di alto livello, che preferivano un più vigoroso inseguimento
alla ritirata di Lannoy) avanzò su Pavia, dove Antonio de Leyva era rimasto con una piccola
guarnigione imperiale.[66] Il grosso delle truppe francesi arrivò a Pavia negli ultimi giorni di ottobre 1524.
Seguì un periodo di schermaglie, bombardamenti di artiglieria, e diverse brecce erano state create nelle
mura alla metà di novembre. Il 21 novembre, Francesco tentò un assalto alla città attraverso due di
queste, ma fu ricacciato indietro con gravi perdite; ostacolato dalla pioggia e dalla mancanza di polvere
da sparo, il francese decise di attendere che i difensori morissero di fame. [67]

Nel frattempo, lo stesso Francesco firmò un accordo segreto con papa Clemente VII con cui
quest'ultimo si impegnava a non supportare Carlo V in cambio dell'assistenza del re francese nella
conquista di Napoli. Contro il consiglio dei suoi comandanti anziani, Francesco decise di distaccare
parte delle sue forze, sotto il comando di Duca di Albany, inviandole a sud in aiuto al papa.[68][69] Nel
gennaio 1525 Lannoy ottenne rinforzi con l'arrivo di Georg von Frundsberg con
15 000 lanzichenecchi e rinnovò l'offensiva riuscendo a catturare l'avamposto francese a Sant'Angelo
tagliando le linee di comunicazione tra Pavia e Milano, mentre una colonna separata di lanzichenecchi
avanzava su Belgioioso.[70][71] Francesco aveva fatto accampare la maggior parte delle sue forze nel
grande parco recintato di Mirabello, al di fuori delle mura della città, inserendoli tra la guarnigione di
Leyva e l'esercito di appoggio in arrivo.[72][73]

La battaglia di Pavia in un dipinto di Ruprecht Heller.

Il 21 febbraio, i comandanti imperiali, a corto di rifornimenti e credendo erroneamente che le forze


francesi fossero più numerose delle loro, decisero di lanciare un attacco sul castello di Mirabello, al fine
di salvare la faccia e demoralizzare i francesi in misura sufficiente a garantire un ritiro sicuro. [74] Nelle
prime ore del mattino del 24 febbraio 1525, i guastatori imperiali aprirono delle brecce nelle mura del
Mirabello, consentendo alle forze di Lannoy di entrare nel parco. Allo stesso tempo, Leyva uscì da
Pavia con ciò che rimaneva della guarnigione. Nella successive quattro ore della battaglia di Pavia, la
cavalleria pesante francese, che si era dimostrata così efficace contro gli svizzeri a Marignano dieci
anni prima, nascondendo la propria artiglieria da una rapida avanzata, venne circondata e frammentata
dai lanzichenecchi e dagli archibugieri spagnoli di d'Avalos. Nel frattempo, una serie di prolungati
scontri portarono alla disfatta della fanteria svizzera e francese. I francesi subirono perdite enormi,
perdendo la maggior parte del loro esercito, si contarono oltre 10 000 morti, compresi gran parte dei
propri comandanti. Lo stesso Francesco, ferito all'orecchio, alla mano e alla gamba, venne fatto
prigioniero, insieme ad altri ufficiali come Anne de Montmorency, Robert de la Marck e una serie di
nobili minori.[75][76][77][78]

Prigioniero dell'imperatore[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Trattato di Madrid (1526).

Cattura di Francesco I sul campo di battaglia di Pavia.

Francesco, disarcionato da cavallo da Cesare Hercolani,[79] venne fatto prigioniero sul campo di
battaglia di Pavia tra le 9 e le 10 del mattino e subito assegnato alla custodia e protezione del
comandante spagnolo Hernando de Alarcón. Dopo essere stato esibito ai soldati a significare che la
battaglia era oramai vinta, venne condotto nel monastero di San Paolo dove fu medicato. [80] Il giorno
seguente venne tradotto nella rocca di Pizzighettone, nella quale ebbe modo di scrivere alla madre una
celebre lettera in cui riferiva: «Signora per dirvi tutta la mia disgrazia, di tutto ciò che avevo non mi son
rimasti se non l'onore e la vita, che è salva», da cui l'esclamazione che passò alla storia: "Tutto è
perduto, tranne l'onore". Scrisse una lunga lettera anche all'imperatore Carlo in cui, con queste parole,
auspicava un trattamento equo per la sua resa: «solo conforto nel mio stato è la fiducia nella vostra
bontà, per cui sarete con me nell'uso della vittoria. Non dubito che la vostra virtù vi tratterrà dall'impormi
alcunché di ingiusto» per poi concludere: «Se vi piaccia di avere tanto saggia pietà, da provvedere alla
sicurezza debita alla persona di un re di Francia, in modo da farmi, da disperato, amico, state certo che
ne trarrete beneficio più che da un inutile prigioniero, e farete di un re un vostro schiavo per sempre. E
vi piaccia allora di dirlo, invece che prigioniero, vostro buon fratello e amico». [5][81]

Carlo venne a conoscenza degli avvenimenti solamente il 15 marzo e subito rispose al re francese
assicurandogli che presto avrebbe ricevuto le condizioni di pace. [82] Quando la notizia raggiunse invece
la Francia la corte andò in subbuglio e la madre Luisa, disperata, fece immediatamente appello a
chiunque potesse intercedere con l'imperatore per ottenere la liberazione del proprio figlio. [83]

Francesco trascorse nel tormento i primi giorni di prigionia dopo la sconfitta: digiunò, vestì
da quaresima come volesse espiare i peccati che, secondo lui, lo avevano portato ad uscire dal
benvolere di Dio.[84] Le durissime condizioni di resa gli vennero comunicate da Ugo di Moncada e, tra le
varie clausole, gli veniva imposto di restituire al Borbone i suoi feudi, di cessare ogni rivendicazione
sulle regioni dell'Artois, delle Fiandre, e del Regno di Napoli, oltre a rinunciare al Ducato di Milano e
alla Borgogna.[85] Tra tutte queste condizioni, l'unica che Francesco non si rassegnò ad accettare fu
quella relativa alla cessione della Borgogna, dichiarando che era deciso «a sopportare la prigione
fintanto che Dio vuole piuttosto che accettare termini dannosi per il mio regno!». [19][86] Il re, durante la
sua prigionia, venne visitato anche dal marchese di Castel Goffredo Aloisio Gonzaga, venuto a trattare
la liberazione del parente Federico Gonzaga per conto della moglie Giovanna Orsini.[87]

Carlo V visita Francesco i dopo la battaglia di Pavia di Richard Parkes Bonington (acquarello su carta, c. 1827).

Il 18 maggio Francesco fu condotto fuori dall'Italia, giungendo il 19 del mese seguente a Barcellona, da
dove partì per un viaggio di circa un mese alla volta di Madrid.[88] Durante il tragitto il re francese,
seppur prigioniero degli spagnoli, ebbe modo di presenziare a ricevimenti in suo onore e a
solenni corride.[89][90] Giunto nella capitale, dopo un breve soggiorno in una prigione, venne confinato
nell'Alcazar, in una umile stanza posta in una torre, rendendogli impossibile fuggire. [91] Fu allora che
iniziò ad accusare febbre, torpori e un'acuta nevralgia, forse sintomi della sifilide, che ben presto
peggiorarono tanto da far temere per la sua vita. Quando Carlo V fu avvisato delle gravi condizioni di
Francesco, si recò immediatamente a fargli visita trovandolo in condizioni disperate (fu la prima volta
che i due si videro personalmente); [92] subito dopo giunse al suo capezzale anche la sorella Margherita.
[93] Quando oramai i medici spagnoli e francesi avevano perso ogni speranza l'ascesso cerebrale che

aveva causato tutto ciò si ruppe, smettendo così di premere sul suo cervello. Così le sue condizioni
andarono incontro ad un rapidissimo miglioramento e in pochissimi giorni riuscì anche a mangiare e ad
alzarsi dal letto.[94][95] Si ritiene che la malattia comunque gli lasciò segni perenni, come una certa
difficoltà nel concentrarsi, improvvisi sbalzi d'umore e una certa incoerenza nei comportamenti. [19]

Prima pagina del trattato di Madrid.

Lasciatosi alle spalle la convalescenza, Francesco si trovava comunque in una situazione difficile:
Carlo, consigliato dal Gattinara, non intendeva rinunciare alle pretese sulla Borgogna e cedergliela
sarebbe stato per lui sacrificio enorme.[96] Con la sorella pensò anche ad un rocambolesco piano per
evadere, ma venne scoperto anzitempo e vi dovette rinunciare. [97] Accantonata l'idea di abdicare, con le
spalle al muro ed esortato dalla madre, si convinse a firmare quello che passerà alla storia come il
"trattato di Madrid", dove, oltre ad accettare le clausole imposte dall'imperatore si impegnava a
consegnare i suoi due figli, il delfino Francesco ed Enrico, duca d'Orleans, come ostaggi agli austro-
spagnoli, oltre ad una cospicua somma in denaro.[5][98][99] A suggellare la ritrovata conciliazione tra Carlo
e Francesco quest'ultimo fu promesso sposo ad Eleonora d'Asburgo, vedova del re Manuele I del
Portogallo e sorella di Carlo V.[19] Tale firma, che poi affermò che non fosse valida poiché ottenuta con
la costrizione,[100] gli valse dunque la libertà. Dopo circa 1 anno e mezzo lontano dal suolo natio il 17
marzo poté rimettere piede in Francia sbarcando a Saint-Jean-de-Luz.[101] Poco dopo
raggiunse Cognac dove fece un ingresso trionfale in città con la ben ferma intenzione di non rispettare
il trattato da poco sottoscritto.[102] Durante la prigionia, ebbe modo di scrivere un corpulento
libello, L'Epître traitant de son partement de France en Italie et de sa prise devant Pavie, in cui si
giustificava della sconfitta addossandone le colpe sugli svizzeri. [103]

La seconda guerra contro l'Impero[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra della Lega di Cognac e Sacco di Roma (1527).
Monete con l'effige di Francesco I.

Una volta ritornato sul trono, a Francesco gli eventi sembrarono evolversi favorevolmente: la Germania
di Carlo era sempre più divisa come conseguenza della riforma protestante, l'impero ottomano premeva
sui confini ungheresi del Sacro Romano Impero e gli si presentava una concreta possibilità di stipulare
un'alleanza con l'Inghilterra. Cogliendo questo momento di vantaggio, Francesco ripudiò pubblicamente
il trattato di Madrid e ottenne da Papa Clemente VII di essere sciolto dal giuramento. [104] Come risposta
a tale insolenza, l'imperatore terrà prigionieri i suoi due figli per ben quattro anni e arrivando persino a
pensare di sfidarlo a duello. [19][105]

Francesco cercò anche di intraprendere una strategia che gli consentisse di arrivare ad un pieno
riscatto al fine di continuare la sua contesa sull'Italia. L'occasione gli venne dall'invito a partecipare alla
lega di Cognac, un accordo promosso dal papa e a cui aderirono alcuni stati italiani, tra cui
la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Firenze, allarmati dall'eccessivo potere in mano all'Asburgo
che si era venuto a creare in seguito alla sconfitta francese a Pavia. La lega venne stipulata il 22
maggio 1526 e fu completata l'anno successivo con Enrico VIII d'Inghilterra che si impegnò alla
neutralità. Tra gli obiettivi dell'alleanza vi era quello di strappare il Regno di Napoli agli spagnoli,
insediandovi un principe italiano che avrebbe pagato una tassa a Francesco. I patti d'azione
prevedevano che il re di Francia costituisse due eserciti, uno dei quali sarebbe sceso in Lombardia e
l'altro direttamente in Spagna.[106]

In questa nuova impresa Francesco si dimostrò più prudente del solito, decidendo di temporeggiare e
di non scendere personalmente in campo confidando in un intervento di Enrico. Ma quando, nella
primavera del 1527, fu quasi certa la partecipazione dell'Inghilterra, Francesco dovette rinunciare a
condurre egli stesso l'esercito poiché era alle prese con un problema alla gamba ed era, inoltre,
occupato a risolvere alcuni problemi che attanagliavano le finanze statali. Confidava comunque che,
risolti tali impicci, sarebbe potuto partire per dare battaglia. [107]

Il generale Odet de Foix.

Ma prima che la guerra entrasse nel vivo e a causa della reticenza dei francesi, un esercito di
12 000 lanzichenecchi guidati da Georg von Frundsberg scese in Italia dove, sconfitto l'unico esercito
oppositore di Giovanni dalle Bande Nere e persa la propria guida, si diresse verso Roma alla ricerca di
un bottino. La città eterna venne quindi brutalmente saccheggiata e il papa stesso fu costretto a
rifugiarsi a Castel Sant'Angelo e quindi obbligato a riappacificarsi con Carlo V portando allo
scioglimento di fatto della Lega. [108] Il terribile evento costrinse Francesco a mandare immediatamente
l'esercito in Italia sotto la guida del generale Odet de Foix, conte di Lautrec. Il Lautrec prese
subito Genova, riconsegnò Milano agli Sforza e, il 10 gennaio 1528, mosse verso il regno di
Napoli cingendo, nell'estate seguente, d'assedio la città. Tuttavia, durante le operazioni trovò la morte
ad Aversa a causa di un'epidemia di peste che decimò il suo esercito, mettendo fine all'impresa. [109][110]

Il trattato di pace che ne scaturì, conosciuto come “pace di Cambrai”, fu celebre poiché non venne
negoziato dai due sovrani, ma bensì da Luisa, madre di Francesco, e da Margherita d'Asburgo, zia di
Carlo V; per questo verrà chiamato anche la "pace delle due dame". [111] I termini dell'accordo, firmato
nell'agosto del 1529, furono simili a quelli già raggiunti nel trattato di Madrid, ma con la differenza che
alla Francia venne risparmiata la cessione della Borgogna, la restituzione dei feudi al Borbone
(deceduto durante il sacco di Roma) e altre umiliazioni precedentemente impostigli. Francesco inoltre,
impegnandosi ad abbandonare ogni pretesa sul Regno di Napoli e sul Ducato di Milano e pagando un
riscatto di 2 000 000 corone d'oro, ottenne la liberazione dei figli tenuti ancora in ostaggio. All'opposto,
la Spagna di Carlo ribadiva definitivamente il suo dominio sull'Italia. [19][112] Nel 1530 Francesco si sposò
per la seconda volta, in ottemperanza al Trattato di Madrid, con la sorella dell'imperatore, Eleonora, già
vedova del re del Portogallo Manuele I.[19] Il matrimonio avvenne, peraltro senza particolari cerimonie,
in una abbazia nei pressi di Mont-de-Marsan.[113]

L'anno seguente, il 1531, Francesco dovette affrontare un altro nefasto evento che lo segnò
profondamente: mentre si trovava a Chantilly per sfuggire alla peste che colpiva Parigi, la madre Luisa
di Savoia, a sua volta in viaggio verso Fontainebleau, si ammalò e morì all'età di 55 anni presso Grez-
sur-Loing. Ella "aveva vegliato tutta la vita sul figlio con fanatica devozione. Anche quando era giunta a
disapprovare mete quali l'Impero la sua opposizione aveva ceduto davanti all'ardore di lui". [114]

L'invasione degli Stati della Savoia[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'Italia del 1536-1538.
Prima lettera di Solimano il Magnifico a Francesco I di Francia.

Ripresosi dalle recenti sventure, Francesco dovette far fronte a diversi problemi che attanagliavano il
suo regno: le finanze apparivano in crisi, la moneta scarseggiava e i prezzi erano assai variabili.
Tuttavia, un incontro a Marsiglia con papa Clemente VII fece riaffiorare le sue mire sull'Italia. [115] La sua
politica si fece, dunque, sempre più spregiudicata. Cercando di far volgere a proprio favore quelli che
rappresentavano i crucci maggiori per l'eterno avversario, vale a dire la pressione dei Turchi alle soglie
dell'Impero, in Ungheria soprattutto, e le rivendicazioni dei Principi tedeschi luterani, egli aveva stretto
alleanze con il sultano ottomano Solimano il Magnifico e con la Lega di Smalcalda. L'occasione per un
nuovo conflitto, il terzo, fu l'estinzione della famiglia Sforza. Nel 1535, alla morte del duca
di Milano Francesco II Sforza, che aveva sposato Cristina di Danimarca, nipote di Carlo V, troppo
giovane per dargli eredi, il ducato rischiava di essere ereditato dal figlio dell'imperatore, Filippo II di
Spagna (come in effetti avvenne nel 1540), cosa inaccettabile per il re di Francia. [116]

La strategica decisione di Francesco di allearsi con il sultano turco, nominando come ambasciatore
permanente Jean de La Forêt, fu il pretesto per attaccare, rompendo la tregua e dando inizio ad un
nuovo conflitto. L'alleanza franco-ottomana fu la prima alleanza tra un impero cristiano e uno non
cristiano[117] e fu per questo ritenuta "scandalosa".[118] Dal canto suo, Francesco riteneva che tale
alleanza non avesse alcuna base religiosa e che vertesse solo su presupposti di utilità reciproca
riguardo alle proprie ambizioni territoriali. [119]

Per preparasi alla guerra il re di

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