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La «Beatitudine»
Il pensiero di Tommaso d’Aquino
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1. Interrogativi
• L’agire umano è orientato? E se sì, verso quale direzione?
• Che rapporto c’è tra bene, fine e felicità?
• Esiste un fine ultimo della vita umana? E se esiste può soddisfare pienamente
l’uomo?
• Il fine ultimo, ammesso che esista, che funzione ha per la vita dell’uomo?
• Questi sono alcuni degli interrogativi a cui il libro cerca di rispondere facendo
riferimento a Tommaso d’Aquino, massimo teologo e filosofo del medioevo, pilastro
fondamentale del pensiero cristiano e uno dei capisaldi della storia della filosofia.
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2. Il XIII secolo
• Il XIII secolo è il secolo delle Università, dove si svolgevano i grandi dibattiti culturali
determinati dalla diffusione delle opere di Aristotele da poco tradotte in latino.
• Aristotele aveva suscitato non poche perplessità all’Università di Parigi, il maggiore
centro culturale d’Europa nel XIII secolo.
• Condanne di Aristotele:
1. 1210: condanna.
2. 1215: condanna.
3. Anni ’50 del XIII secolo: obbligo di leggere Aristotele nella facoltà delle arti
dell’Università di Parigi e di Oxford.
4. 1270: condanna.
5. 1277: condanna. (Furono condannate 219 proposizioni).
• Conflitti all’Università di Parigi:
1. Lotta tra clero secolare e clero regolare.
2. Lotta tra facoltà di teologia e facoltà delle arti.
• Autori più illustri del XIII secolo:
• Bonaventura (agostinismo francescano); Alberto Magno e Tommaso d’Aquino
(aristotelismo cristiano); Boezio di Dacia e Sigieri di Brabante (averroismo latino);
Roberto Grossatesta e Ruggero Bacone (agostinismo tradizionale scientifico).
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8. La beatitudine
• L’oggetto del presente lavoro è la beatitudine in Tommaso d’Aquino. Si
tratta della tesi di laurea in Scienze Filosofiche, discussa all’Università di
Padova il 22 febbraio 2018. Relatore: Chiar.mo Prof. Giovanni Catapano;
voto: 110 e lode.
• Nell’introduzione mi sono soffermato sulle nozioni di bene, fine, felicità
in Aristotele, riprese da Tommaso con ripensamenti e rielaborazioni al fine
di adattarle alla teologia cristiana. Ho inoltre sottolineato la centralità
nell’Aquinate del concetto di fine ultimo, il quale ha una funzione
orientativa globale e stabile per la vita intera dell’uomo.
• È stato quindi indicato lo scopo del presente lavoro: rispondere a due
interrogativi in merito alla concezione della beatitudine in Tommaso
d’Aquino:
a) univocità e identità del concetto di beatitudo, oppure evoluzione?
b) Rapporto di Tommaso con le fonti e in particolare con Aristotele.
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Dall’analisi dei quattro testi tommasiani è stata ricavata la seguente sintesi generale:
La felicità o beatitudine:
• è il fine ultimo;
• è un bene perfetto (nozione formale);
• è un’operazione dell’intelletto speculativo;
• è la visione dell’essenza di Dio (nozione sostanziale);
• è accompagnata dalla comprensione (il possesso del fine) e dal godimento o
fruizione (appagamento di chi ama nell’essere amato) che ineriscono alla volontà;
• soggettivamente, è il fine ultimo degli atti umani; oggettivamente, è Dio
(conosciuto e amato),
• è l’unione perfetta dell’anima con Dio, attraverso la visione (primariamente) e
l’amore (secondariamente);
• è l’operazione perfetta con la quale l’anima beata si unisce a Dio.
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• Nel capitolo quinto ho confrontato i testi esaminati per verificare se ci sia stata univocità oppure
evoluzione da parte dell’Aquinate nel modo di intendere la beatitudo. In particolare mi sono
confrontato con due posizioni interpretative opposte rappresentate da Giovanni Grandi, sostenitore
della tesi dell’evoluzione, e da Giovanni Kostko, sostenitore della tesi dell’univocità. Ho quindi
formulato la mia linea interpretativa, basata sulla posizione di Kostko ma integrata con
considerazioni più dettagliate ricavate dai testi tommasiani. Sostengo pertanto che in Tommaso c’è
univocità e identità a proposito del concetto di beatitudo. Ho pertanto enucleato i punti chiave del
concetto di beatitudo, ribaditi continuamente da Tommaso nelle sue opere. L’Aquinate, sostenendo
il primato dell’intelletto sulla volontà e quello dell’intelletto speculativo sull’intelletto pratico,
attribuisce la beatitudine, intesa come unione dell’uomo con Dio, all’intelletto speculativo.
Tommaso, pertanto, dall’analisi testuale sinottica e dal confronto fra gli interpreti, risulta essere a
mio giudizio un intellettualista, in quanto concepisce la beatitudine come un’operazione
dell’intelletto speculativo. Ho quindi approfondito il rapporto di Tommaso con Aristotele,
evidenziando i punti in comune e le divergenze tra i due pensatori nella concezione della felicità o
beatitudine e sostenendo la tesi secondo cui l’Angelico ripensa e rielabora lo Stagirita,
modificando la nozione sostanziale della beatitudine, per cui questa, secondo l’Aquinate, è la
visione intellettuale dell’essenza di Dio. Tommaso, quindi, pur condividendo con Aristotele
l’identità di bene e fine, l’idea di felicità come fine ultimo e bene perfetto (nozione formale) e
l’idea secondo cui la felicità è un’operazione dell’intelletto speculativo, pone l’accento sul bene
trascendente e opera una distinzione tra felicità o beatitudine perfetta della vita futura – del tutto
assente in Aristotele – e felicità o beatitudine imperfetta della vita presente. Si precisa che in
questo contesto il termine «intellettualista» non fa riferimento ai rapporti tra intelletto, volontà e
scelta, bensì al rapporto tra intelletto, volontà e beatitudine.
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• beatitudine:
1. Dio (oggettivamente);
2. la visione di Dio (soggettivamente).
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Giuseppe Rocco
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Guercino, S. Tommaso scrive assistito dagli angeli, 1662, Basilica San Domenico, Bologna (particolare)
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Guercino, S. Tommaso scrive assistito dagli angeli, 1662, Basilica San Domenico, Bologna (particolare)