LA SOMMA TEOLOGICA
di san Tommaso d'Aquino
in un �
ESD
Itinerari della fede
24
Giuseppe Barzaghi
LA SOMMA TEOLOGICA
di san Tommaso d'Aquino
ESD
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Introduzione 7
La sacra dottrina 7
Dio nella sua essenza 8
Dio nel suo agire 9
La Trinità 10
La creazione 11
Gli angeli 12
Il mondo corporeo 12
L'uomo 13
Il fine ultimo e la beatitudine 15
La volontarietà 15
Bontà e malizia 16
Le passioni 17
Le virtù 17
Vizi e peccati 18
La legge 19
La grazia 20
Le virtù teologali 22
Le virtù cardinali 23
Vita contemplativa e vita attiva 25
Stati di perfezione 25
Cristo salvatore 26
I sacramenti 28
Le realtà ultime 30
Introduzione
La sacra dottrina
7
Dio nella sua essenza
8
Il modo con il quale possiamo superare questo conflitto è la
sgrammaticatura che forzatamente fa coincidere il concreto
con l'astratto per oltrepassare l'impertinenza dei nostri con-
cetti. È la via di eminenza: affermiamo qualcosa di Dio
negando qualsiasi limite, compreso quello della composi-
zione di soggetto e qualità. Dio non è un soggetto che ha la
sapienza come ce l'ha Platone; Dio non è la sapienza che fa
di Platone un sapiente: Dio è la Sapienza Assoluta o per sé
sussistente, a sé! La Sapienza sostanziale. Solo i beati del
paradiso, nella visione beatifica, possono intendere sempli-
cemente l'essenza divina, perché il loro intelletto vie.ne ad
essa connaturalizzato dal lume della gloria per il quale
diviene deiforme. Dunque essi intendono Dio al di là del
concetto, ma non possono comprenderlo in un concetto.
9
assoluta pienezza di bene. Dunque Dio è onnipotente: può
tutto eccetto l'impossibile o assurdo, perché l'assurdo è nulla
(un cerchio quadrato è nulla) e potere nulla è non potere.
La Trinità
10
lo Spirito è non principio da principio), sono assolutamente
uguali e sono l'una nell'altra inseparabilmente. Dunque, se
le missioni delle Persone inviate ali' anima umana per santifi-
carla riguardano quelle che procedono (Figlio e Spirito), il
Padre si dona.
La creazione
11
Iità cli alcuni enti ed è permesso da Dio per l'equilibrio dell'u-
niverso (la generazione del fuoco consuma l'ossigeno) e
per ottenere un bene migliore. Ma non può essere assoluto
perché, come privazione, tocca un soggetto senza corromperlo
completamente, altrimenti toglierebbe se stesso (come la cecità
cli un animale). E così il rutto e ogni cosa, secondo la propria
natura, soggiacciono alla provvidenza e al governo cli Dio.
Gli angeli
Il mondo corporeo
12
con la duplice modalità della distinzione e dell'abbellimen-
to: il numero sei dice perfezione, in quanto risulta dalla
somma dei suoi divisori: uno, due e tre. Un giorno per le
creature spirituali, due per quelle materiali e tre per l'ab-
bellimento. Sono un giorno solo perché la serie dei giorni
va riferita all'ordine di natura esistente tra le opere asse-
gnate ai vari giorni. Sono indicati dalla Scrittura in termini
narrativi adeguati: ma vanno interpretati. Il settimo è il
riposo e il godimento divino.
L'uomo
13
L'anima è dunque principio di tutte le capacità e operazioni
dell'uomo: la vegetativa (nutritiva, accrescitiva, generativa),
la sensitiva (sensi esterni: vista, udito, olfatto, gusto, tatto;
sensi interni: senso comune o sensazione, fantasia, cogitativa
o estimativa dell'utile-dannoso, memoria), l'appetitiva
(la sensualità del concupiscibile e dell'irascibile; la volontà
che è spirituale), la locomotoria e l'intellettiva (l'intelletto
agente, che fa conoscere, e l'intelletto possibile o ragione che
conosce, secondo il modo speculativo e quello pratico).
La conoscenza intellettiva nell'uomo avviene per astrazione
dalle esperienze dei sensi, perché le immagini sensibili
sono il materiale su cui agisce l'intelletto agente perché
l'intelletto possibile conosca. Così, nulla è nell'intelletto
che prima non sia stato nel senso. Per questo il nostro
intelletto, nello stato di unione col corpo, non può capire
senza rivolgersi alla fantasia perché il suo oggetto proprio
è l'essenza delle cose materiali (per capire qualcosa o spiegar-
la facciamo degli esempi con la fantasia). Tutto ciò che noi
conosciamo intellettualmente lo conosciamo per analogia a
partire dalle realtà sensibili. Il nostro intelletto conosce
prima i dati più universali, prima in modo confuso e gene-
rico e poi distinto e specifico, componendo e dividendo i
concetti con gradualità: dall'essenza alle proprietà e alle
relazioni, per via di giudizi affermativi e negativi; il che
vuol dire ragionare. L'intelletto conosce i corpi in modo
immateriale, universale e necessario; non conosce diretta-
mente i singolari corporei, perché astrae dalla materia che
è la condizione della individuazione delle realtà corporee;
il singolare contingente è colto direttamente dal senso.
La volontà per natura non può non volere la beatitudine o
fine ultimo, così come non può non volere per necessità di
fine un mezzo per raggiungerlo; ma non vuole necessaria-
mente tutto ciò che vuole, perché ciò che non è evidente-
mente connesso con la beatitudine non costringe la volontà.
E così essa si dice libero arbitrio perché fa sì che l'uomo
agisca con un giudizio libero nelle realtà contingenti, cioè
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aperto a soluzioni opposte: come risulta dall'uso dei consi-
gli, delle esortazioni, dei precetti, delle proibizioni, dei
premi e delle pene, come anche dai ragionamenti probabili
rispetto al da farsi e alla persuasione retorica.
Il corpo umano è dotato della migliore disposizione perché
la materia è per la forma e per le sue operazioni: il corpo è
per l'anima intellettiva. Così l'uomo ha il tatto più perfetto
che è il fondamento di tutti gli altri sensi; è dotato di mani
che sono lo strumento degli infiniti strumenti escogitabili
con la ragione; ha un portamento eretto che favorisce la
conoscenza, la percezione della bellezza e il parlare. Il
primo uomo fu creato in grazia, perché l'integrità della
subordinazione del corpo ali' anima e delle facoltà inferiori
alla ragione non è dovuta alla semplice natura, altrimenti
sarebbe rimasta anche dopo il peccato. Anche la subordi-
nazione a Dio non dipende dalla natura ma dalla grazia.
La volontarietà
15
dunque anche ciò che ad esso è ordinato: conseguentemen-
te può deliberare su tutto questo. La volontà è mossa dal-
l'intelletto e a sua volta muove tutte le altre facoltà perché è
l'intelletto che presenta l'oggetto che specifica la volontà;
ma è la volontà che intende il fine per il quale ogni agente
agisce: dunque muove all'esercizio se stessa, l'intelletto e le
altre facoltà. Volendo il fine, muove se stessa a volere le
cose ordinate al fine. La scelta della volontà segue il giudi-
zio pratico ultimo dell'intelletto derivante dal consiglio, ma
che sia l'ultimo lo determina la scelta della volontà. Il
comando esecutivo spetta all'intelletto. L'omissione è vo-
lontaria perché con il volere si può eliminare l'assenza del
volere. La violenza non costringe la volontarietà ma solo
l'atto comandato: si può impedire il camminare legando i
piedi ma non il voler camminare. Il timore non toglie asso-
lutamente la volontarietà; la concupiscenza l'alimenta;
l'ignoranza invincibile invece la toglie. Le circostanze del-
1' agire volontario sono sue aggravanti o attenuanti: chi, che
cosa, dove, con quali mezzi, perché, in che modo, quando,
intorno a che cosa.
Bontà e malizia
16
ha la specificazione materiale data dall'oggetto: chi mente
per rubare è più ladro che mentitore.
Ci sono atti specificamente indifferenti sul piano morale
(es. grattarsi la barba); ma non ci sono atti individuali indif-
ferenti moralmente perché in concreto ogni atto è delibera-
to rispetto all'intenzione di Lll1 fine, o buono o cattivo. L'at-
to buono o cattivo implica le nozioni di merito o di demeri-
to per la giusta retribuzione che esso esige; così come le
nozioni di lode o biasimo in base alla volontarietà, e quelle
di retto o peccaminoso in base all'ordine al fine. Ma in
fondo, la bontà della volontà dipende dalla conformità con
la volontà divina, perché l'ultimo fine della volontà umana è
il sommo bene, che è oggetto proprio della volontà divina.
Le passioni
Le virtù
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l'eccesso e il difetto. Le virtù intellettuali danno la capacità
di ben operare, quelle morali anche il buon uso di tale
capacità e sono virtù in senso stretto, perché sono abiti
elettivi, cioè fatti per fare una buona scelta. Le virtù intel-
lettuali sono: la sapienza, la scienza, l'intelletto dei primi
principi e l'arte (come saper fare). Le principali virtù morali
sono dette cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e tempe-
ranza. Si dicono acquisite perché guadagnate con la ripeti-
zioni di atti umani rispetto ad oggetti umani,
Si dicono virtù teologali quelle che hanno Dio per oggetto
e per motivo, sono infuse da Dio: non tendono al giusto
mezzo ma al sommo. E sono la fede, la speranza e la carità.
Per la carità anche le virtù umane raggiungono il senso
pieno di virtù. I doni dello Spirito Santo sono abiti che
dispongono l'anima ad esser mossa dallo Spirito così che
agisca per istinto divino, senza bisogno di deliberare
secondo la ragione umana. Essi sono: sapienza, scienza,
intelletto, consiglio.fortezza, pietà, timore di Dio.
Vizi e peccati
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ché è formalmente la privazione della giustizia originale;
fragilità, ignoranza, malizia e concupiscenza sono le ferite
conseguenti. Anche la morte e le altre miserie corporali ne
sono effetti. Il peccato più grave è quello contro Dio, poi
quello contro l'uomo, poi quello contro i beni esterni.
Il peccato veniale implica solo un disordine relativo ai mezzi;
il mortale, invece, è rispetto al fine ultimo, perché toglie la
carità. Ma un peccato veniale può diventare mortale sogget-
tivamente se l'uomo lo pone come fine ultimo o lo fa mezzo
per un peccato mortale. E un peccato mortale può diventa-
re veniale soggettivamente per imperfezione dell'atto, cioè
per inavvertenza o mancanza di deliberazione.
La legge
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non si tratti di evitare scandali o turbamenti. Va assoluta-
mente trasgredita se contraria al bene divino.
La legge divina [positiva] è necessaria perché l'uomo è
chiamato a un fine ultimo che supera le sue capacità natu-
rali; l'uomo eviti l'errore e sia certo nelle azioni che deve
compiere; la legge umana non può comandare efficacemen-
te gli atti interni; la legge LU11ru1a non può proibire tutte le
azioni cattive, perché ne verrebbe compromesso il bene
comune. La legge divina si distingue in antica e nuova,
come imperfetta e perfetta, come il bambino e l'adulto:
l'antica riguardava i beni sensibili e terreni, regolava gli atti
esterni e traeva forza dal timore della pena (precetti morali,
cioè decalogo, e cerimoniali rispetto a Dio, giudiziali rispet-
to al prossimo); la legge nuova o evangelica riguarda i beni
spirituali e celesti, regola gli atti interni e trae forza dall' a-
more infuso nel cuore dalla grazia di Cristo.
La legge evangelica è principalmente una legge infusa e,
secondariamente, scritta perché è principalmente la stessa
grazia dello Spirito Santo; ma contiene anche degli aspetti,
relativi alla fede e ai costumi, che vanno appresi con la paro-
la viva o scritta. Conferisce la giustificazione rispetto all'in-
fusione della grazia dello Spirito Santo; ma non rispetto agli
insegnamenti della fede e dei precetti per l'azione LU11ru1a,
perché "la lettera uccide, lo Spirito dà vita" (2 Cor 3,6):
anche la lettura del Vangelo potrebbe uccidere, se non ci
fosse la grazia interiore della fede che salva.
La grazia
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non è del tutto sottoposta a Dio. Anche in grazia l'uomo
non può fare il bene ed evitare il male senza l'aiuto della
grazia perché la grazia abituale, sanante ed elevante, impli-
ca ancora una mozione attuale ad agire da parte di Dio; e
poi non risana l'uomo totalmente.
La grazia santificante è quella che congiunge l'uomo diretta-
mente a Dio e lo rende formalmente santo. Per essa l'uomo
partecipa della natura divina mediante la natura dell'anima,
secondo una certa somiglianza e generazione, o ricreazione.
Solo Dio causa la grazia perché solo Dio deifica, come solo
il fuoco infuoca: la grazia è una partecipazione assimilativa
della natura divina. Ogni preparazione dell'uomo alla grazia
è opera della grazia, anche l'atto di libero arbitrio di prepa-
razione all'azione della grazia è mosso da Dio.
L'uomo può avere conoscenza del proprio stato di grazia
per rivelazione privata o per congettura, attraverso dei
segni: trovare in Dio la propria gioia, giacché c'è un'espe-
rienza di dolcezza; disprezzare le cose del mondo; non
avere coscienza di alcun peccato mortale. E l'azione con
cui Dio predispone il libero arbitrio e infonde la grazia è
istantanea, giacché la sua capacità operativa è infinita ed
eterna, gli atti del libero arbitrio sono istantanei per natura,
giacché l'anima umana è essenzialmente sopra il tempo e
indirettamente è nel tempo, a motivo della sensibilità. La
santificazione o deificazione non è un'opera miracolosa,
perché l'anima è per natura capace di ricevere la grazia,
essendo creata ad immagine di Dio.
Con la grazia si può meritare il suo aumento e la vita eter-
na, ma non si può meritare la prima grazia: il principio del
merito non può essere meritato. Non si può meritare la
perseveranza sino alla fine, perché dipende unicamente
dalla mozione divina, che è il principio di qualsiasi merito
e dunque non può essere meritata. Si chiama grazia
carismatica quella che non antifica chi la possiede, ma
rende cooperatori alla santificazione altrui: la profezia,
i carismi in specie e i miracoli.
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Le virtù teologali
22
per Dio, così che l'amore sia santo; nel bene, così che
l'amore sia giusto; non per proprio vantaggio, così che
l'amore sia vero. Ad essa si lega il dono della sapienza che
è intellettivo, ma la perfezione nelle cose di Dio si ha per
esperienza di un certo sapore per connaturalità affettiva, al
quale corrisponde la beatitudine degli operatori di pace,
cioè figli nella Sapienza che è il Figlio. E da ciò derivano
gioia, pace interiore, misericordia, beneficenza, elemosina,
correzione fraterna secondo buon senso.
Le virtù cardinali
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Ci sono due specie di giustizia: la commutativa, cioè la giu-
stizia che regola i rapporti tra le parti, cioè tra due persone
(come avviene negli scambi possibili tra individui: es. com-
pravendita); la distributiva, cioè la giustizia che regola i
rapporti del tutto con le parti, cioè la distribuzione delle
cose comuni in maniera proporzionale: adeguando la cosa
all'importanza e alla indigenza di una persona rispetto al
bene comune, Non si dà a tutti la stessa cosa, ma a ciascu-
no il suo. Le virtù annesse sono la religione, la pietà,
l'osservanza, la veracità, la gratitudine, la vendetta, la libera-
lità, l'affabilità: perché convengono con la giustizia nel rife-
rimento agli altri, ma se ne discostano perché non hanno la
perfezione nel raggiungere l'uguaglianza o nella ragione di
dovuto. Alla giustizia si lega il dono della pietà che ci spin-
ge a prestare un culto a Dio in quanto Padre e non in
quanto Creatore. Ad esso corrisponde la beatitudine dei
miti, perché la mansuetudine serve a togliere gli ostacoli
alla pietà.
· La fortezza è l'abito che reprime il timore e modera
l'audacia, così che la volontà non si ritragga dal bene.
Riguarda il pericolo di morte e ha come gesto principale
il martirio. Le virtù legate alla fortezza ma rispetto ai
pericoli secondari corrispondono alle sue due parti: rispet-
to all'aggredire abbiamo la fiducia o magnanimità (nell'ani-
mo) e la magnificenza (nell'opera); rispetto al sostenere
abbiamo la pazienza (nell'animo) e la perseveranza (nell'o-
pera). Il dono della fortezza le dà la sicurezza di superare i
pericoli e ad esso corrisponde la beatitudine degli affamati
di giustizia, perché è un'opera ardua.
La temperanza è l'abito che modera secondo ragione i pia-
ceri del tatto più intensi, cioè relativi al cibo, alla bevanda e
alla sessualità, ma anche le tristezze. Per questo ha bisogno
della vergogna che fugge il turpe e dell'onestà che ama la
bellezza del decoro. Ma ha diverse specie: l'astinenza per i
piaceri del cibo, la sobrietà per i piaceri della bevanda, la
castità per i piaceri legati ali' atto sessuale e la pudicizia per
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quelli secondariamente connessi ad esso. Nei piaceri meno
intensi essa ha come virtù annesse: la continenza per tratte-
nere il moto della volontà agitata dalla passione; l'umiltà
per moderare l'impeto verso l'eccellenza; la mansuetudine
o clemenza per moderare l'ira vendicativa; il buon ordine
nei movimenti; il decoro per agire convenientemente;
l'austerità per il parlare; la parsimonia o economia per non
cercare il superfluo; la moderazione o semplicità per non
cercare le cose troppo raffinate anche nell'abbigliamento;
la studiosità che modera la curiosità; Yeutrapelia che mode-
ra i piaceri del gioco. Ad essa è legato il dono del timore
che allontana da ciò che può offendere Dio e al quale si
collega la beatitudine dei poveri in spirito.
Stati di perfezione
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perfezione e dei perfetti al di fuori: perché la carità può
essere posseduta anche fuori da quello stato, dato che non
ne è l'effetto. TI primo posto fra gli ordini religiosi spetta a
quelli ordinati all'insegnamento e alla predicazione, per-
ché comunicare agli altri le verità contemplate è superiore
al contemplarle semplicemente: così come l'illuminare è
superiore al semplice risplendere.
Cristo Salvatore
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divina). In Cristo ci sono due volontà, una divina e una
umana, perché la natura umana di Cristo è perfetta e la natu-
ra divina non ha subito menomazioni. Cristo possedeva la
scienza divina, in quanto Dio, quella creata, in quanto uomo:
la scienza beatifica (come salvatore), quella infusa (come
uomo perfetto) e quella acquisita (come esercizio naturale).
Era conveniente che il corpo assunto dal Figlio di Dio sog-
giacesse alle debolezze urna.ne per espiare i peccati degli
uomini; facilitare la fede nell'incarnazione; darci un esem-
pio di pazienza.
Cristo è mediatore in quanto uomo, perché così dista per-
fettamente da entrambi gli estremi, ma anche trasmette
all'uno ciò che appartiene all'altro: ha in comune con Dio
la beatitudine e con gli uomini la mortalità; offre agli uomi-
ni i doni di Dio e a Dio le suppliche e le espiazioni per gli
uomini. A Cristo come uomo compete di essere il capo
della Chiesa, perché la Chiesa è il corpo mistico di Cristo e
Cristo è la sua testa: per il primato d'unione con Dio; per
la perfezione del possesso della grazia; per la virtù di
comunicarla a tutte le membra del corpo mistico.
La Beata Vergine Maria è la vera e naturale madre di
Cristo, perché il corpo di Cristo è preso da lei; ed è eretico
negare che la Beata Vergine sia madre di Dio, perché ha
generato la persona divina del Figlio secondo la natura
umana: il nome Dio qui indica la sola persona del Figlio.
L'insegnamento di Gesù non fu mai segreto, bensì pubbli-
co, anche l'insegnamento in parabole alle folle era per adat-
tarsi al loro grado di comprensione. Ed era conveniente che
non Èosse per iscritto perché l'eccellenza dell'insegnamento
implica che si imprima direttamente nel cuore dell'uditore:
Gesù insegnava come uno che ha autorità (Mt 7 ,29);
la sublimità di wia dottrina non è circoscrivibile in libri.
La morte in croce rispecchia il disegno stabilito da Dio
(Le 22,22) e fu sommamente conveniente perché il simbo-
lo della croce abbraccia tutto il mondo e indica (E/ 3,18):
larghezza (opere buone delle mani), lunghezza (stabilità,
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perseveranza), altezza (speranza), profondità (grazia nasco-
sta che sostiene tutto).
Era necessario che Cristo risorgesse, perché la giustizia
divina prevede che chi si umilia sia esaltato; conferma la
divinità di Cristo; infonde la speranza che anche noi risor-
geremo; noi viviamo una vira nuova· in Cristo; con la sua
gloria assicura il nostro bene.
I sacramenti
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le della grazia è Dio (es. scrivente); l'umanità di Cristo, che
redime e perfeziona l'anima, è lo strumento congiunto (es.
mano); i sacramenti sono lo strumento separato (es. penna).
I sacramenti imprimono un carattere nell'anima che è un
contrassegno spirituale: un potere spirituale in ordine a ciò
che è proprio del culto divino, perché è la facoltà di ricevere
o di dare ad altri i beni spirituali del culto cristiano. Esso ri-
mane in maniera indelebile nell'anima, perché è una parteci-
pazione del sacerdozio di Cristo che è eterno e l'intelletto è
incorruttibile. Ma solo il battesimo, la cresima e l'ordine im-
primono il carattere, perché sono gli unici ad essere deputati
al culto divino, che ha il suo vertice nell'eucaristia.
La validità del sacramento richiede l'intenzione del mini-
stro, perché lo strwnento animato, quale è il ministro, deve
lasciarsi muovere dall'agente principale, subordinando ad
esso la sua intenzione, anche virtuale. Anche chi manca di
fede può amministrare un sacramento valido purché non
manchino i requisiti necessari al sacramento, perché il
ministro non agisce per virtù propria: basta l'intenzione di
fare ciò che fa la Chiesa con quell'azione. Anche i ministri
peccatori possono conferire i sacramenti, perché lo stru-
mento non agisce per la propria natura ma per la virtù di
chi se ne serve, cioè Dio (per es. un medico, anche se mala-
to, può curare in virtù della sua arte medica). Ma nell'arn-
ministrare i sacramenti peccano.
I sacramenti sono sette, perché corrispondono analogamente
alle fasi e alle condizioni della vita fisica: 1) alla generazione
fisica corrisponde la generazione spirituale con il battesimo;
2) alla crescita fisica corrisponde la crescita spirituale con la
cresima; 3) alla nutrizione fisica corrisponde la nutrizione
spirituale con l'Eucaristia; 4) alla guarigione fisica corrispon-
de la guarigione spirituale con la penitenza; 5) al recupero
delle forze fisiche corrisponde il recupero delle forze spiri-
tuali con l'estrema unzione; 6) alla capacità di governare gli
altri negli atti pubblici corrisponde l'ordine; 7) alla capacità
di propagare la specie corrisponde il matrimonio.
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L'Eucaristia è il più grande dei sacramenti in senso assoluto,
perché: contiene realmente Cristo in persona (corpo, sangue,
anima e divinità); è il fine di tutti gli altri sacramenti; nel
rituale di quasi tutti gli altri sacramenti c'è la comunione
eucaristica. Con la consacrazione, tutta la sostanza del pane e
tutta la sostanza del vino si convertono rispettivamente in
tutta la sostanza del corpo e del sangue di Cristo: perciò que-
sta conversione soprannaturale si dice transustanziazione.
Non tutti i sacramenti, però, sono assolutamente necessari
alla salvezza, perché di necessità assoluta sono richiesti li
battesimo, la penitenza e l'ordine; di necessità di conve-
nienza sono richiesti gli altri.
Le realtà ultime
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a loro gloria il soccorrere i bisognosi in vista della salvezza.
Occorre ammettere la resurrezione futura, perché l'uomo
è chiamato alla beatitudine anche con il proprio corpo
(giacché l'anima è parte del composto w11ru10). La risurre-
zione di Cristo è causa strumentale della nostra, perché
Cristo, secondo la natura umana, è mediatore tra Dio e gli
uomini. E awerrà per tutti alla fine del mondo perché solo
allora cesserà il moto dei cieli che deterrnina la corruzione:
e così si avrà l'immortalità.
L'anima riprenderà lo stesso corpo di prima, altrimenti
non si tratterebbe di risurrezione ma di assunzione di un
altro corpo, incorrendo nell'errore di concepire l'anima
come un motore e non come forma sostanziale, o il corpo
come un vestito. L'uomo che risorge è numericamente lo
stesso perché, se risorgesse un altro al suo posto, la sua
creazione per il raggiungimento della béatitudine sarebbe
stata inutile; l'essere del corpo è lo stesso essere dell'anima
razionale che è forma sussistente e immortale: con la risur-
rezione il corpo viene a partecipare di nuovo di tale essere,
così nell'uomo non c'è mai stata un'interruzione sostanzia-
le e dunque è numericamente lo stesso uomo di prima.
Tutti risorgeranno nello stato dell'età giovanile perché è lo
stato della perfezione piena: già matura, ma non ancora in
declino. La diversità di sesso sarà mantenuta perché ap-
partiene alla perfezione della specie. Non vi saranno più
però le funzioni della vita animale: nutrizione e generazio-
ne, perché sono funzionali alla prima perfezione e non al-
l'ultima, cioè la beatitudine ormai raggiunta. I beati saran-
no impassibili, perché il corpo sarà perfettamente soggetto
all'anima razionale e questa a Dio. Ma l'impassibilità non
toglie la sensazione, altrimenti la vita dei santi dopo la
risurrezione sarebbe più simile al sonno che alla veglia. Ma
la sensazione non sarà per trasmutazione fisica (come per
es. la mano si scalda per contatto con una cosa calda), ben-
sì spirituale (come per es. la vista vede la bianchezza senza
diventare bianca). La perfetta ridondanza e il dominio del-
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l'anima glorificata sul corpo costituiscono due doti nel
corpo: rispetto all'anima come forma il corpo è sottile,
rispetto all'anima come motore il corpo è agile, cioè agisce
senza sforzo. Lo splendore del corpo sarà il riflesso della
gloria dell'anima e la farà conoscere come un vaso di vetro
mostra il suo contenuto.
Il fuoco affliggerà i dannati senza consumarli, perché sarà
ricevuto in essi in modo intenzionale e non fisico, come il
colore è ricevuto nella pupilla dell'occhio.
Nel giudizio universale, dopo quello particolare in cui
l'uomo viene giudicato individualmente subito dopo la
morte, l'uomo viene giudicato alla fine del mondo: quando
verranno separati i buoni dai cattivi. Cristo presiederà al
giudizio sotto l'aspetto della sua natura umana perché
nella soddisfazione fece le veci degli uomini presso il
Padre; nel giudizio farà le veci del Padre presso gli uomini.
Il mondo sarà rinnovato perché anche gli occhi godano di
una gioia proporzionata alla visione beatifica dell'intelletto:
sarà così concesso di vedere la divinità nei suoi effetti cor-
porali. Il nostro intelletto giungerà a vedere l'essenza divi-
na perché l'ultima perfezione consiste nel ricongiungimen-
to con il proprio principio. I santi, dopo la risurrezione,
non vedranno Dio con gli occhi del corpo perché Dio non
può essere visto per sé con la. vista, né sentito con gli altri
sensi. Ma l'occhio glorificato potrà vedere l'essenza divina
indirettamente: cioè la percepirà nella gloria dei corpi
(e non a partire da essi), come nel parlare si percepisce la
vita. All'intensità della carità corrisponde una maggiore o
minore intensità della visione beatifica.
32
La Somma Teologica è stata pubblicata da ÉSD in due edizioni:
33
DELLO STESSO AUTORE PRESSO ESD
UI So111111n Teologica rii sa11 To111111nso ri'Aqui110 i111111 soffio pp. 36 2013
34
COLLANA
«ITINERARI DELLA FEDE»
BIFFI G., L'ABC de/In fede. Proposta sintetica per /'A11110 de/In fede, 3• ed.
PEDERZINI N., Meffere ordine, 19• ed.
35
Finito di stampare: gennaio 2013, SAB Snc, Budrio (BO)
Foto di copertina: Francesco Barbieri, detto il Guercino,
San Tommaso d'Aquino scrive assistito dagli angeli
(part.) 1662, Basilica di San Domenico, Bologna
Grafica di copertina: Domenico Gamarro
ISBN 978887094-834-9
€ 1,00