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TURBINE IDRAULICHE

Convertitori e Attuatori a Fluido

Corso di Laurea I Livello


INGEGNERIA GESTIONALE
CLASSIFICAZIONE

DINAMICHE

Rotative

Radiali Assiali Miste


TURBINE IDRAULICHE

 Turbina Pelton
 Turbina Francis
 Turbina Kaplan
TURBINE IDRAULICHE

 ns < 30  50 Turbina Pelton


 ns  [40  50; 400  500] Turbina Francis

 ns > 400  500 Turbina Kaplan

In definitiva si può concludere che le turbine


Pelton sono adatte ai grandi salti e alle piccole
portate, mentre le Kaplan sono adatte a situazioni
esattamente opposto.
Inoltre il numero delle pale del rotore si riduce
man mano che si arriva alle macchine ad elica, per
giungere alla Kaplan che ha quattro pale.
TURBINA IDRAULICA
PELTON
TURBINA PELTON

La turbina Pelton è studiata per:

 Utilizzare elevati salti geodetici (H >1.000 m)


 Elaborare portate volumetriche relativamente
modeste
 Produrre decine di MW
 Funzionare ad azione (la corrente liquida, una
volta uscita dal distributore opera a pressione
atmosferica)
TURBINA PELTON
Nella turbina Pelton, il sistema distributore è
costituito da uno o più boccagli, regolati da
otturatori interni (spina Doble), che lanciano
verso il rotore (ruota Pelton) la corrente liquida
in forma di getti cilindrici.

Un apposito dispositivo
idrostatico, provvede a
posizionare la spina
assialmente in
corrispondenza dei
diversi carichi.
TURBINA PELTON

Presso l’orifizio del boccaglio un organo


appositamente sagomato, tegolo deviatore,
mentre consente il passaggio del getto durante il
funzionamento abituale, con apposita manovra
comandata può ruotare attorno al suo perno,
interferire con il getto e deviarlo impedendogli di
agire sulla palettatura quando, in circostanze di
emergenza, il carico esterno si annulli.
TURBINA PELTON

Le palette rotoriche
hanno forma di doppia
cucchiaia e sono
provviste di un
tagliente al centro,
che divide il getto in
due parti uguali,
deviate, nella loro
traiettoria,
dall’intradosso delle
pale.
TURBINA PELTON
TURBINA PELTON
TURBINA PELTON

Quando la pala è nella posizione I, al getto


si oppone il bordo inferiore della pala, il
quale deve presentarsi “a spigolo vivo” per
non tranciare il getto stesso visto che la
traiettoria relativa dell’acqua è
decisamente centripeta.
TURBINA PELTON

Affinché la pala possa


incontrare il getto, nella
posizione I, offrendo uno
spigolo vivo (sempre al fine
di non tranciare il getto
stesso) è necessario che si
realizzi un intaglio presso il
brodo inferiore della pala ed
un incavo sull’estradosso
così da evitare interferenza
con il getto.
TURBINA PELTON
Ogni pala è attiva soltanto in un arco di azione,
nel quale essa è investita dal getto. In questo arco
è possibile distinguere tre fasi:
1. la prima nel quale il tagliente inizia ad
appropriarsi del getto
2. la seconda nella quale esso è completamente
investito del getto (arco di piena azione)
3. la terza nella quale l’intradosso della pala,
essendo ormai il tagliente coperto dalla pala
successiva, è impegnato dalla quantità
d’acqua compresa tra le due pale che si
avvicendano
TURBINA PELTON
TURBINA PELTON
Affinchè tra due pale consecutive non vi sia
interferenza, ma che il loro avvicendarsi sia tale (e
ciò ha a che fare con il calcolo del numero di pale e
con il calcolo del passo palare) da garantire la
continuità del contatto tra il getto e le pale della
turbina. Solitamente questi calcoli vengono
effettuati per via grafica tracciando la traiettoria
relativa del getto al fine di assegnare
correttamente il valore del passo palare, tuttavia
esistono anche delle relazioni “interpretative”
come la:
800
z
13 ns i 1 2  ns i 1 2
Numero boccagli
TURBINA PELTON

Numero di giri specifico del Camerer

P1 / 2
ns  n 5/ 4 Potenza espressa in [CV]
H
Salto idraulico in [m]

V 1/ 2 1/ 2
ns  3.65 n 3 / 4 
H
TURBINA PELTON
Un altro parametro molto importante nello studio
della turbina Pelton, poiché legato al numero di
giri specifico, è il rapporto tra il diametro d del
boccaglio ed il diametro D della ruota Pelton.
Esprimendo il numero di giri specifico secondo la
forma del Camerer e ricordando che nella turbina
Pelton la velocità assoluta allo sbocco del boccaglio
è costante e definita dalla:
c1   2 g H

 d2  d2
V  i c1  i  2g H
4 4
TURBINA PELTON
V 1/ 2 1/ 2  1/ 2 d 1/ 2
ns  3.65 n 3 / 4   3.65 n i  2 g 1/ 4 H 1/ 2
H 2

u
 2 g 1/ 2 60 c1
  2 g    2 g 
1/ 2 n 1/ 2 n u
n H 1/ 2 
c1 u c1  D

u d
ns  K i.
c1 D

Costante che ingloba le costanti


TURBINA PELTON
Per quanto riguarda i triangoli di velocità della
turbina Pelton, con riferimento alla mezzeria
dell’arco di piena azione, laddove il tagliente è
perpendicolare all’asse del getto, la velocità
assoluta del getto c1 e la velocità di trascinamento u
della pala hanno la stessa direzione ed il medesimo
verso. Quindi all’attacco del bordo del tagliente la
velocità relativa w1 della vena fluida è:
w1  c1  u

Il triangolo di velocità in ingresso degenera in un


segmento di retta
TURBINA PELTON

Subito dopo il tagliente, però, a causa


dell’angolo  tra le pareti dei due cucchiai
della pala, la w1 devia immediatamente
sulla w’1 con una conseguente lieve perdita
di energia.
TURBINA PELTON
TURBINA PELTON

Le due vene d’acqua, nelle quali il getto è stato


frazionato dal tagliente, procedono poi lungo
l’intradosso dei cucchiai fino al bordo d’uscita,
inclinato dell’angolo  rispetto all’asse del getto
ed il triangolo di uscita è tale da produrre una
velocità assoluta di scarico c2 capace di smaltire
portata allontanando il liquido lateralmente
rispetto alla girante.
TURBINA PELTON

Chiaramente la c2 rappresenta una perdita di


energia cinetica, per la qual cosa conviene che
essa sia la più piccola possibile compatibilmente
però con l’esigenza appena esposta di smaltire la
portata.

L’angolo  che realizza il compromesso è


dell’ordine degli 8°.
TURBINA PELTON
Li  u c1 cos 1  u c2 cos  2
 quando l’acqua entra in contatto con la pala,
nell’arco di piena azione, allora la velocità di
trascinamento u e la velocità assoluta sono
parallele ed equiverse e pertanto 1 = 0
 se si vuole fare in modo di ridurre il più possibile
la velocità assoluta c2 in uscita dalla girante
garantendo comunque lo smaltimento della
portata, allora occorrerà fare in modo che la c2 sia
quanto più assiale è possibile

Li  u c1
TURBINA PELTON
Dunque, se si vuole conoscere il rendimento
interno (o idraulico) della turbina, bisogna
osservare che, imponendo 2 =  /2, se è già
implicitamente calcolato il massimo.

Li L uc u
i   2i  21  2  1
g H c1 c1 c1
2 2

u 1
  
 c1  opt 2
TURBINA PELTON
Passando però alle velocità reali (cioè mettendo
in conto le perdite) si ottiene che la velocità di
trascinamento di massimo rendimento vale:

u  cos  2

c1 1  cos  2
TURBINA IDRAULICA
FRANCIS
TURBINA FRANCIS

Le turbine Francis coprono una gamma


di ns piuttosto ampia

Passando da ns bassi ad elevati il flusso


passa da radiale ad assio – radiale ad
assiale
TURBINA FRANCIS
TURBINA FRANCIS
L’alimentazione può avvenire o in “camera libera” (cioè da una
vasca che permette l’ingresso dell’acqua da tutte le direzioni nel
distributore) o in condotta forzata (tramite “cassa a spirale”)
TURBINA FRANCIS
La corrente idraulica è
centripeta e l’acqua, entrando
nel distributore, assume, a
causa di quest’ultima,
provvisto di apposite pale
sagomate, un’intensa
circuitazione di velocità, in
virtù della forte componente
tangenziale acquistata dalla
stessa a monte della girante.

La palettatura rotorica distrugge tale circuitazione,


restituendo la corrente allo scarico con andamento
pressoché assiale.
TURBINA FRANCIS
TURBINA FRANCIS
La geometria della girante di una turbina Francis
si modifica in funzione del numero specifico di giri.

 D22
V   2 c2 a  c2 a
4

60 u1
moltiplicando e dividendo per D1 
n

V 1/ 2   1/ 2 D2 c12/a2  D1  c2 a   c2a 1/ 2 D2


1 1 1/ 2 D2 30 u1

2 2 D1  n D1
TURBINA FRANCIS

D2  1/ 2 moltiplicando e dividendo il 2°
u c 
30
ns  3.65
1/ 2

 1/ 2 1 2 a
D1 H 3 / 4 membro per (2 g)3/4

30 u1c12/a2 D2  1/ 2
ns  2 g   3.65  1/ 2 
3/ 4

 2 g 3 / 4 D1 H 3 / 4
1/ 4
 c2 a  D2  1/ 2
 2 g 
30 u1
 3.65       3/ 4
3/ 4

 1/ 2  2 gH  D1 H
2 gH  
TURBINA FRANCIS
u1
U1 
2 gH
Velocità adimensionali
c2 a
C2 a 
2 gH
per  = 0.91

D2
ns  550 U1 C 1/ 2
2a
D1
TURBINA FRANCIS

V   D1 b1 1 c1r

per  = 0.91 e 1 = 0.9

1/ 2
 b1 
ns  770 U1 C1r  
 D1 
Questa espressione lega il numero di giri specifico
con significativi rapporti dimensionali della
macchina
DISTRIBUTORE E CASSA A
SPIRALE
TURBINA FRANCIS
Il distributore ha un duplice compito:

 provvedere a far pervenire alla ruota con un


angolo di incidenza diverso in funzione della
portata
 ridurre la portata e quindi la potenza in fase
di regolazione
TURBINA FRANCIS
La regolazione della macchina si realizza con una
variazione della portata.
In questa macchine ciò
è effettuata variando
l’inclinazione delle pale
distributrici, essendo
ciascuna di essa
fulcrata ad una quota
radiale intermedia tra
quelle dei bordi
d’ingresso e di uscita.
TURBINA FRANCIS

Le pale distributrici sono provviste di biellismi di


orientamento azionati da un cerchio metallico
detto cerchio di Fink, che provvede a variare
l’angolo di calettamento dei sistemi distributori
di tutte le turbine idrauliche a reazione (Francis
e Kaplan).
TURBINA FRANCIS

Quando la ruota è “lenta” cioè disegnata per


maggiori cadute, il bordo d’ingresso nella ruota è
immediatamente adiacente all’uscita delle pale
distributrici.
TURBINA FRANCIS
Si ipotizzi per comodità che la ruota Francis sia,
nella prima parte dei suoi condotti puramente
radiale.
c1u

1
c1r c1 1
w1
u1

Il triangoli delle c2
velocità alla portata
w2
normale.
u2
TURBINA FRANCIS

c'1r  '1
c1r c'1  '1 w'1
c1 u1
u1 w1

c2 w2
u2
TURBINA FRANCIS
Quando la portata varia, varia anche c1r,
riducendosi proporzionalmente alla portata.
Ciò comporta che:

 l’angolo 1 rimane costante


 la velocità periferica rimane costante

 l’angolo 1 varia (aumenta o diminuisce)

Si verifica allora un ingresso nella girante in


maniera scorretta con l’insorgenza consequenziale
di perdite.
TURBINA FRANCIS
c'1r c'1u
c'1  '1
w'1
c1r u1  '1
c1
u1 w1

c2 w2
u2
TURBINA FRANCIS
Per mantenere costante l’angolo 1 occorre
aumentare la componente tangenziale c1u o
diminuire l’angolo formato dalla velocità assoluta
con la periferica u, cioè occorre diminuire ’1.

Ad una diminuzione di portata deve quindi


corrispondere un aumento della componente
tangenziale.
TURBINA FRANCIS

Nelle turbine Francis veloci (cioè gradi portate e


piccole cadute idrauliche), il distributore sono
fortemente distanziati e ciò si accentua nelle
turbine Francis velocissime dette anche ruote
Dubs.

Il distributore conferisce allora alla corrente


d’acqua un forte componente tangenziale della
velocità assoluta.
TURBINA FRANCIS

Per definire la forma delle pale distributrici, in


relazione a quella della girante è lecito, di solito,
trascurando gli attriti, accettare la legge del vortice
libero:

cu r  costante
TURBINA FRANCIS

L’equazione di Eulero risulta:

Li  (u1 c1u  u2 c2u )

 i Li  M    (c1u r1  c2u r2 )
Pi  m

M  (c1u r1  c2u r2 ).
TURBINA FRANCIS

L’equazione di Eulero esprime la costanza della


quantità di moto, quindi il momento delle quantità
di moto si trasferisce dall’uscita del distributore
all’ingresso della ruota.

La linea meridiana del profilo del distributore è


dunque un arco di spirale logaritmica che deve
essere corretto nel tratto terminale qualora varino
le condizioni ipotizzate.
TURBINA FRANCIS
La sezione della cassa spirale è in genere circolare
TURBINE IDRAULICHE
KAPLAN
TURBINA KAPLAN

La turbina Kaplan appartiene alla famiglia delle


“turbomacchine ad elica”, in quanto, mentre il
distributore non è dissimile, sia per forma che per
funzione da quello delle turbine Francis, la
palettatura rotorica ha la forma di un’elica, per
solito da quattro a sei pale.
TURBINA KAPLAN
TURBINA KAPLAN
 a monte si trova la schiera di quelle avandirettrici
 la cassa spirale che è costruita in conglomerato cementizio
di forma rettangolare o a trapezio con spigoli arrotondati
 la girante è un’elica, con ogiva all’estremo dell’albero le cui
pale hanno la possibilità di variare il loro angolo di
calettamento
 il numero di pale è molto basso, di regola da 4 a 8
 Le pale sono di solito ricavate per fusione con il mozzo
 L’efflusso da radial – centripeto all’uscita del distributore
diventa assiale prima di entrare nella palettatura rotorica
 La configurazione è tradizionalmente ad asse verticale con
alternatore posto in alto, rotore della turbina in basso e
cuscinetti reggispinta al centro
 A valle della girante è disposto un diffusore per il recupero
dell’energia cinetica residua
TURBINA KAPLAN
La regolazione viene effettuata come la Francis
variando l’angolazione delle pale statoriche. Ad
ogni condizione di regolazione, comunque, non
corrisponde un calettamento ottimo per le pale
rotoriche sul proprio mozzo e pertanto, nelle
turbine Kaplan, anche il calettamento rotorico è
variabile in sede di regolazione.

Solo nel caso di impianti non soggetti a


regolazione, il calettamento rotorico può essere
fisso (turbine ad elica propriamente dette).
TURBINA KAPLAN

Grosso difetto delle eliche a pale fisse è il rapido


decadimento del rendimento idraulico al variare
del carico dovuto ad un rapporto cinematico u/c1
ad elevati ns, molto ridotto.
TURBINA KAPLAN
La turbina Kaplan è la macchina idraulica capace
di sviluppare le maggiori potenze rispetto a
qualsiasi altra (molte centinai di MW) con cadute
in genere non superiori ai 500 m ed oggi si presta
all’utilizzazione della potenza idraulica
disponibile nei grandi fiumi africani e
sudafricani.
TURBINA KAPLAN


Deriaz

Francis
Pelton

elica

% carico
TURBINA KAPLAN
La curva del rendimento interno in funzione del carico pur
non essendo piatta come quella delle turbine Pelton e delle
turbine con calettamento rotorico variabile (Deriaz e
Kaplan) presenta una riduzione di  di pari misura sia a
destra che a sinistra del carico di progetto ed in genere
accettabile almeno per medi valori di ns.

Per il raggiungimento, invece, di alti ns, Kaplan ebbe il


merito di accorgersi che i maggiori ostacoli derivavano sia
dalle perdite di carico nella ruota che dalla contropressione
derivante dal cammino in parte radiale dell’acqua nella
ruota.
TURBINA KAPLAN
L’idea delle pale mobili consiste nell’operare la correzione
del triangolo d’ingresso con la contemporanea variazione
di 1 e 1, variazione che si può ottenere ruotando le pale
intorno ad un asse grossolanamente meridiano, e la
regolazione della potenza avviene o ruotando il
distributore (assicura la variazione in contemporanea di
portata volumetrica e 1) o ruotando le pale (assicura la
variazione di 1).
Per ogni rotazione della pala si ha una curva di
rendimento con un suo massimo.
TURBINA KAPLAN
Se si effettua la regolazione in modo che per ogni
variazione di carico l’apertura del distributore e
la rotazione siano quelle atte a dare il massimo
rendimento (inviluppo delle infinite curve
relative ad una data posizione della pala).

La turbina ad elica a pale mobili (turbina


Kaplan) è quindi una turbina dotata di una
grande stabilità di rendimento alle variazioni di
carico, ciò che compensa ampiamente
l’aumentata complicazione costruttiva.
TURBINA KAPLAN

% carico
TURBINA KAPLAN

Tali turbine sono quelle che forniscono la più


razionale trasformazione di energia idraulica in
meccanica, sia perché consentono i massimi
rendimenti ottenibili con macchine idrauliche
sia poiché conservano ottimi valori di
rendimento ai carichi parziali.
TURBINE IDRAULICHE
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO

Si consideri un diffusore nella sua forma più


semplice, cioè di tubo svasato, (TUBO
SVASATORE) e si applichi il teorema di Bernoulli
al tragitto medio di una particella fluida tra le
sezioni 2 (uscita della ruota) ed 3 ed a (ossia tra
sezione di sbocco del tubo svasatore ed il pelo libero
del canale di fuga).
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO
2 c2 p2

h2 z2

a ca  0 pa

za

3 c3 p3
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Tra la sezione 2 e la sezione 3
c22 p2 c32 p3
  g z 2    g z3  g h p 2 3
2  2  termine positivo

perdite di carico tra le stazioni


ed 2 ed 3
Tra la sezione 3 e la sezione a
c32 p3 ca2 pa
  g z3    g z a  g h p 3 a
2  2 
termine positivo

perdite di carico tra le stazioni


ed 2 ed a
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Il termine h2-a è dovuta alla brusca
variazione di sezione ed è calcolabile
mediante l’ipotesi di Borda, il quale asserisce
che:
c32  ca2 c32
g h p 3 a  
2 2

 g  z a  z3 
p3 pa

 
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Potendo fissare arbitrariamente un


riferimento:
z3  0

p3 pa
  g za termine di progetto noto a priori
  funzione delle caratteristiche del
Sostituendo nell’equazione tubo diffusore cui si riferisce.
di Bernoulli tra la sezione 2
e la sezione 3
p2c22 pa c32
  g z2   g z a   g h p 2 3
 2  2
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p2 pac32  c22
   g ( z a  z 2 )  g h p 2 3
  2

0 0 0 0

 Gli unici termini positivi sono dati dalla


pressione atmosferica e dal termine relativo alle
perdite. Questi termini sono gli unici che tendono
a mantenere la pressione al di sopra di valore
“pericolosi”
 la variazione di energia cinetica, data la
conservazione della portata e la geometria del
tubo svasatore, è negativa
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 la variazione di energia potenziale geodetica è
anch’essa negativa data la disposizione della
girante rispetto al pelo libero del serbatoio di
scarico
 se il tubo svasatore fosse cilindrico, allora si
avrebbe la costanza della velocità e quindi non si
avrebbe variazione di energia cinetica il che vuol
dire che non si avrebbe recupero dell’energia
cinetica. Inoltre la pressione p2 sarebbe data solo
da:
p2 pa
  g h2  g hp 23
 
h2  za  z2
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La pressione all’uscita della ruota risulta inferiore


a quella atmosferica.
Ciò è dovuto ai termini relativi:

1. alla variazione dell’energia cinetica


2. all’altezza h2
3. alle perdite relative

La turbina idraulica a reazione elabora tanta più


potenza quanto maggiore è la differenza delle
pressioni tra ingresso e uscita della ruota.
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In qualche caso la quota h che si realizza è


addirittura negativa, cioè si fa la girante annegata
(il rotore è cioè sottobattente). La diffusione avviene
così praticamente per intero nel ramo orizzontale
del condotto.
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2 Gomito di Kaplan

h2
a

h 4
3
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Applicando il teorema di Bernoulli tra:

c22 p2 c32 p3
tra 2 e 3   g z 2    g z3  g h p 2 3
2  2 

c32 p3 c42 p4
tra 3 e 4   g z3    g z 4  g h p 3 4
2  2 

c42 p4 ca2 pa
tra 4 e a   g z4    g z a  g hp 4 a
2  2 
c42
ca  0 g hp 4 a  ipotesi del Borda
2
c42 p4 ca2 pa c42
  g z4    g za 
2  2  2
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO
p4 pa
  g ( za  z4 )
 

c32 p3 c42 pa
  g z3    g ( z a  z 4 )  g z 4  g h p 3 4
2  2 

c32 p3 c42 pa
  g z3    g z a  g h p 3 4
2  2 

p3 c32
pa c42
   g z 3   g z a  g h p 3 4
  2 2
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO
c22 p2 c32 pa c32 c42
  g z2     g z3   g z a  g z3  g h p 2  3
2  2  2 2

p2 pac22  c42
   g ( z2  za )  g h23  g hp 34
  2
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO
Si definisce rendimento manometrico del
diffusore d, il rapporto tra l’altezza
dinamica (cioè energia dinamica
effettivamente recuperata) all’altezza
dinamica ideale:

g Hd
d 
c22  c42
2

altezza dinamica

(termine relativo alla


variazione di energia
cinetica, più le perdite)
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO

p2 pac22  c42
   g ( z2  za )  g h23  g hp 34
  2

p2 pa
  g Hs  g Hd
  altezza statica

(si indica il termine h2)

p2 pa c22  c42
  g H s d
  2
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO
Si definisce infine un coefficiente di recupero
il rapporto tra l’energia cinetica
effettivamente recuperata e la caduta netta:

c22  c42
 g h p 2 3
2
crec  2
gH

caduta idraulica netta


RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO

Quando all’uscita della girante di una turbina


idraulica a reazione si spinge la depressione
dell’acqua oltre certi limiti insorge il fenomeno della
cavitazione.
Per le turbine idrauliche sono disponibili delle
curve di origine sperimentale fornite da vari
studiosi.
Una curva è fornita dal Thoma e rappresenta il
valore del rapporto:
pa
 h2 PCV 
g ns  n
 4
H H H
RECUPERO ENERGETICO ALLO SCARICO
Noti H ed ns, si ricava dalla formula del
Thoma che definisce la quantità  il valor
massimo che può assumere la grandezza h2
che esprime la sopraelevazione della ruota sul
livello del canale di fuga.
Se poi la turbina è in alta montagna, come
succede assai spesso, occorre tener conto della
riduzione della pressione atmosferica. In linea
di massima si può sottrarre all’h2 ricavato
dall’esperienza di Thoma la grandezza:
a
altezza dell’installazione sul
900 livello del mare
[m]
TURBOMACCHINE IDRAULICHE
REVERSIBILI
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI

L’energia elettrica, se da un lato è certamente il tipo


di energia più comodo per la maggior parte degli
impieghi, è un bene non immagazzinabile e deve
essere quindi prodotta quando richiesta.

Il problema è che la richiesta di energia elettrica


non è certo regolare e periodica e, a prescindere
dalle variazioni orarie e da quelle stagionali,
presenta variazioni di carico molto spinte tra ore
diurne ed ore notturne.
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI

Si elaborano dei
diagrammi di
carico, ossia dei
diagrammi in cui
si riporta in
ordinate la
richiesta di
energia elettrica
ed in ascisse il
tempo in ore pari
ad un giorno
solare (24 h).
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI
Per ovviare al problema delle forti variazioni delle
richieste di carico risulta evidente la convenienza
dell’accumulo dell’energia sotto forma idraulica.

… ma come fare l’accumulo?


TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI
Si potrebbe pensare di pompare l’acqua da fiumi o
da altri serbatoi ad appositi serbatoi durante le ore
notturne per poi riutilizzarla, nei periodi diurni,
per attivare le turbine idrauliche nei casi di
maggiore richiesta.

Il pompaggio viene effettuato impiegando energia


di origine termoelettrica o termonucleare prodotta
da impianti molto grandi la cui regolazione non è
versatile e che nelle “ore vuote”, dedicate al
“pompaggio”, non possono riversare altrove
l’energia convertita, la quale ha perciò basso
prezzo.
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI
In un contesto simile, riveste un ruolo di spicco
una macchina capace di funzionare
reversibilmente sia da pompa che da turbina
(“pompe – turbine”) al fine di effettuare le
conversioni elettroidrauliche in unico gruppo
costituito da una macchina elettrica sincrona
funzionante da generatore e da motore e da una
macchina idraulica funzionante da pompa e da
turbina.
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI

Tra le macchine idrauliche l’unica reversibile è la


turbina Francis, che può pertanto anche
funzionare come macchina operatrice.

Tutte le macchine idrauliche reversibili sono di


questo tipo.
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI
 Quando la macchina funziona da turbina
(turbinaggio) occorre disporre di un opportuno
diffusore. Normalmente si ricorre alla soluzione
del “gomito di Kaplan” “annegando” la girante
 Quando la macchina funziona da pompa
(pompaggio), ci si trova automaticamente con
una girante disposta “sottobattente”, la qual cosa
è sovente una buona soluzione per scongiurare la
cavitazione nelle macchine operatrici
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI
TURBOMACCHINE IDRAULICHE REVERSIBILI

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