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RESTAURO
RECUPERO
RIPRISTINO
RIUSO
CONSERVAZIONE
RESTAURO:
L’intervento prevede la sostituzione e la reintegrazione di parti della fabbrica reinterpretandole in funzione
del significato che si vuole attribuire all’oggetto architettonico. È di primaria importanza l’aspetto estetico
dell’opera a seguito dell’intervento.
RECUPERO:
L’intervento prevede la rifunzionalizzazione della fabbrica con principale riferimento all’aspetto economico
del bene architettonico.
RIPRISTINO:
L’intervento prevede la reintegrazione di parti della fabbrica realizzata “in stile”, cioè si reintegra quanto non
più esistente così come avrebbe fatto l’architetto che ha concepito l’opera.
RIUSO:
L’intervento prevede la possibilità di reintegrare il bene architettonico ponendo l’attenzione alle necessità di
riutilizzo dei volumi che costituiscono la fabbrica in funzione della nuova funzione che questa deve espletare.
CONSERVAZIONE:
L’intervento si pone in modo critico nei confronti della storia e considera l’aspetto storico prevalente su
quello estetico. Pertanto l’intervento prescinde dal risultato estetico ma pone l’accento sulla conservazione
delle tracce che manifestano significati e valori inverati nella fabbrica.
CONSERVARE: preservare, salvare dal decadimento, dalla perdita, le risorse primarie e essenziali per
l’uomo con l’impego a tutelare, rispettare, proteggere e trasmettere un patrimonio collettivo o
personale di cui si reclama la permanenza.
RESTAURARE: rimettere in efficienza come nuovo (presuppone sempre una manutenzione materiale
e morfologica).
CAMILLO BOITO:
I punti centrali della sua teoria, definita come “restauro filologico” sono: il rifiuto del restauro stilistico
considerato come un inganno per i contemporanei, ma ancor di più i posteri di una falsificazione del
monumento rendendo impossibile distinguere le parti originarie dalle successive modificate. Per Boito era
necessario rispettare e tutelare i valori artistici e storici del monumento ed inoltre dà importanza alla
conservazione dei segni lasciati dal tempo sulle superfici architettoniche tanto che definisce la patina
“splendido sudiciume del tempo”. Gerarchizza i possibili interventi del tempo e le aggiunte non devono
essere confuse con le parti, inoltre classifica le tecniche di restauro in: restauro archeologico, restauro
pittorico e restauro architettonico. Egli considera i monumenti architettonici del passato come documenti
essenzialissimi che servono a chiarire e a illustrare in tutte le sue parti la storia dei vari tempi e dei vari popoli
e dunque vanno rispettati in scrupolo religioso. Ogni modifica, anche lieve, la quale possa sembrare opera
originaria, tra in inganno.
LUCA BELTRAMI:
È considerato il capofila del cosiddetto “restauro storico” che non si differenziava molto da quello stilistico
di Viollet-le-Duc, ma ammetteva che eventuali integrazioni e aggiunte dovevano essere fatte non per un
astratto criterio di coerenza stilistica, ma in base a documentate fonti archivistiche e storiche.
ALOIS RIEGL:
Elabora la “teoria dei valori” e scrive “il culto moderno dei monumenti” dove vediamo l’evoluzione del
concetto di monumento, l’esegesi dei valori e il carattere socialista. Il progetto di Riegl non prende le mosse
da considerazioni di ordine storico-artistico ma dalla storia della ricezione. La moderna concezione storica è
basata sull’idea dello sviluppo, pertanto si rivolge l’attenzione a quelle testimonianze che rappresentano
tappe del processo evolutivo. Secondo Riegl il monumento è investito da diversi valori che influenzano il
restauratore e lo fanno agire in modi differenti: valori in quanto memoria (che comprendono il valore
dell’antico, il valore storico, il valore intenzionale in quanto memoria), e i valori contemporanei (che
comprendono il valore d’uso e il valore artistico che a sua volta comprende il valore di novità e il valore
artistico – relativo).
CESARE BRANDI:
Il restauro è concepito da Brandi come esercizio critico, attraverso la critica si possono trovare i parametri da
applicare al restauro. Una delle fonti del suo pensiero è quella del neoidealista italiano Benedetto Croce, da
cui deriva la separazione tra arti maggiori e arti minori. Scrive “la teoria del restauro” che si apre con il
tentativo di definire cosa sia il restauro. Punto di partenza è il momento del conoscimento dell’opera d’arte
come tale; l’attribuzione di valore è condizionato dal contesto storico e culturale nel quale esso si compie.
Un’opera d’arte è fatta di insieme di materiali (istanza estetica) e di un insieme di valori espressivi e di
significati (istanza storica). Da qui deriva la prima definizione di restauro: il restauro costituisce il momento
metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità
estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro. Discendono da questa frase i principi ai quali deve
ispirarsi l’intervento di restauro nella sua pratica di attuazione: la consistenza fisica dell’opera deve
necessariamente avere la precedenza perché rappresenta il luogo stesso della manifestazione dell’immagine,
assicura la trasmissione dell’immagine al futuro, ne garantisce quindi la ricezione nella coscienza umana.