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CORRENTE E RESISTENZA

È possibile immaginare la corrente come un flusso di palline (cariche) costrette a


passare all'interno di un tubo (conduttore). Questa carica elettrica viene spinta dal
campo elettrico che è quindi la forza che agisce sull'unità di carica. La carica spinta dal
campo si muove nel conduttore che è la strada idonea affinché la carica elettrica si
muova.

Il conduttore oppone una certa resistenza al passaggio delle cariche, tale resistenza
dipende dalla sezione, lunghezza e temperatura. Tanto più è piccola la sezione tanto più
le palline hanno difficoltà ad attraversarlo, questo significa che la sezione è
inversamente proporzionale alla resistenza e andrà al denominatore. Più lungo è il
conduttore più resistenza oppone al passaggio di cariche quindi la lunghezza è
direttamente proporzionale alla resistenza per cui sarà al numeratore. La resistenza che
oppone il conduttore dipende anche dal tipo di materiale di cui è fatto, il materiale è
caratterizzato da una grandezza fisica chiamata resistività (ρ).

l
R= ρ
s

La resistenza che oppone il conduttore è una resistenza passiva, cioè fondata su


caratteristiche geotermiche (sezione e lunghezza) e caratteristiche fisiche (resistività), e
si misura in Ohm Ω.

Possiamo concludere dicendo che la corrente rappresenta la quantità di carica che


fluisce nell'unità di tempo attraverso una sezione del conduttore, cioè i= d Q
dt

BIPOLO E LEGGE DI OHM


Un sistema costituito da due morsetti e una resistenza prende il nome di bipolo
In generale per un sistema che non ha dimensioni fisiche trascurabili rispetto alla causa
l'effetto dipende da spazio e tempo, viceversa per sistemi che hanno dimensioni fisiche
trascurabili rispetto alla causa l'effetto dipende dalle caratteristiche del sistema, in
questo caso si dice che il sistema è a parametri concentrati. Un sistema è a parametri
concentrati e quindi riducibile ad un bipolo quando la sua massima dimensione fisica è
trascurabile rispetto alla minima lunghezza d'onda del segnale che investe il sistema.
Per lunghezza d'onda si intende lo spazio percorso da una perturbazione nel suo
periodo, il periodo è l'intervallo di tempo tra il fenomeno e il suo ripetersi, mentre la
frequenza è l'inverso del periodo. Distinguiamo inoltre i bipoli attivi dai bipoli passivi: i
bipoli attivi sono in grado di generare potenza o erogare tensione, i bipoli passivi al
contrario dissipano energia quindi assorbono potenza
Come è già stato detto la resistenza è un bipolo costituito da due morsetti A e B nei
quali passa corrente, la causa del movimento di cariche all'interno di un conduttore è la
1
differenza di potenziale tra A e B, ovvero il lavoro che deve compiere il campo elettrico
per spostare la carica unitaria da un punto ad un altro. I dispositivi in grado di fornire
una d.d.p, cioè di compiere questo lavoro, sono detti generatori i quali generano una
forza elettromotrice (f.e.m). Ne segue che l'effetto dell'applicazione di una d.d.p ai
morsetti di una resistenza è la circolazione di corrente.

Prende il nome di caratteristica esterna di un circuito il diagramma in cui l'asse delle


ordinate riporta la tensione, mentre l'asse delle ascisse riporta la corrente.

In particolare diremo che un bipolo è lineare se la caratteristica esterna del sistema è


una retta passante per l'origine quindi per tensione nulla la corrente deve essere nulla.
Quindi un sistema si dice lineare se la causa è proporzionale all'effetto (se si applica
una tensione continua al resistore anche la corrente sarà lineare).
Tra tensione e corrente c'è infatti una dipendenza lineare: applicata una tensione ho
come effetto il passaggio di corrente, viceversa se transita corrente nel resistore ho
come effetto la nascita di tensione sui morsetti. Questo è esprimibile tramite la legge di
Ohm:

V =±R I

il termine R è la resistenza e rappresenta il coefficiente angolare della caratteristica


esterna. Per quanto riguarda il segno metteremo + quando il bipolo è percorso nel senso
della corrente, mentre metteremo – se il bipolo è percorso in senso opposto alla
corrente

POTENZA ED EFFETTO JOULE


La potenza è il rapporto tra tensione e corrente P=V I
I è la quantità di carica che attraversa la sezione nell'unità di tempo i= d Q
dt
V è il lavoro che compie il campo elettrico per spostare la carica unitaria da un punto ad
un altro. Quindi P=V Q   il prodotto VQ rappresenta il lavoro
t
necessario per spostare tutte le cariche, cioè l'energia. Il rapporto tra energia e tempo mi
dà la potenza   P= E che si misura in Watt.
t
La potenza è la derivata dell'energia in funzione del tempo, così come l'energia è
l'integrale della potenza, quindi se:
P=V I =±R I I =R I 2 che rappresenta la potenza dissipata per effetto Joule

2
GENERATORI
I generatori fanno parte dei bipoli attivi, cioè i bipoli che generano potenza o erogano
tensione. Si dividono in generatori di tensione e di corrente i quali a loro volta possono
essere generatori reali o ideali. In generale un generatore è ideale se eroga tutto ciò che
genera, mentre è reale se eroga meno di quello che genera.

- Il generatore ideale di tensione è un bipolo che genera ed eroga una tensione


indipendentemente dalla corrente che lo attraversa, questo è dovuto al fatto che al
suo interno non vi è alcuna resistenza interna e quindi alcuna caduta di tensione
per cui la d.d.p è costante

- Il generatore reale di tensione ha invece una caduta di tensione elevata tanto più è
intensa la corrente che lo attraversa

Il generatore di corrente in generale è un dispositivo che impone corrente alla maglia,


fa cioè circolare sempre la stessa corrente indipendentemente dal carico

- Il generatore ideale di corrente genera ed eroga una corrente costante


indipendentemente dal circuito cui è collegato, ha quindi una resistenza interna
infinita

- Il generatore reale di corrente ha invece resistenza di valore finito

I generatori si dividono ancora in generatori indipendente e generatori dipendenti:

- I generatori indipendenti generano ed erogano tensione o corrente


indipendentemente da ogni altro elemento all’interno del circuito

- I generatori dipendenti o controllati generano ed erogano tensione o corrente in


funzione di qualche parametro

LEGGE DI OHM GENERALIZZATA


Dati i generatori in figura vogliamo trovare la d.d.p tra i morsetti A e B, pertanto si ha

VAB – E= – RI VAB + E= – RI VAB – E= RI VAB + E= RI


Da ciò si evince che in generale

3
V ±E=±R I

Questa prende il nome di legge di Ohm generalizzata dove il segno più al primo
membro va usato se la f.e.m è concorde al senso di percorrenza, mentre il segno più al
secondo membro va usato se la corrente è concorde al senso di percorrenza.

LEGGI DI KIRCHOFF
Per nodo si intende un punto in cui convergono tre o più rami, dove il ramo è ciò che è
compreso fra due nodi; la maglia è un qualunque percorso chiuso che mi consente di
partire da un nodo e tornarci percorrendo una sola volta i rami che costituiscono la
maglia stessa; l’anello è una maglia che all’interno non ha alcun nodo.

La prima legge di Kirchoff o legge ai nodi dice che in un nodo, nell’ipotesi che al suo
interno non vi sia né accumulo né generazione di cariche, la somma delle correnti
entranti nel nodo deve essere uguale alla somma delle correnti uscenti; o analogamente
la somma algebrica delle correnti entranti o uscenti deve essere uguale a zero. Il segno
delle correnti viene attribuito in base alla convezione scelta, quindi se nella definizione
si usa entranti andranno prese come positive le correnti entranti, se si usa uscenti
andranno prese positive le correnti uscenti

I1+I2+I4-I3=0 oppure -I1- I2-I4+I3=0

La seconda legge di Kirchoff o legge alle maglie dice che in un circuito a parametri
concentrati la somma delle f.e.m interne o esterne al sistema deve essere uguale alla
somma delle cadute di tensione nei morsetti dei resistori che costituiscono la maglia
stessa

E1-E2=R1I+R2I+R31+R4I

Dato il circuito devo determinare le incognite

Le incognite saranno tante quanti sono i rami del


circuito perché per ogni ramo ho una corrente, le incognite
4
sono le correnti quindi ogni ramo ha un’incognita. Ho 8 rami, quindi 8 correnti ovvero
8 incognite.
Quindi dato un sistema di r rami avrò r incognite cioè r equazioni linearmente
indipendenti che garantiscono l’esistenza e l’unicità delle soluzioni

N=5 (nodi) r=8 (rami), scrivendo n equazioni per n numero di nodi avrei un sistema di
equazioni linearmente dipendenti perché ci saranno equazioni che sono combinazioni
lineari di altre, per questo motivo scrime n-1 equazioni ai nodi che sono linearmente
indipendenti. In questo casi scrivo 4 equazioni perché r-(n-1) mi dà il numero di
equazioni da scrivere, quindi 8-(5-1)=4 che sono le equazioni delle maglie.

Devo essere certo che le equazioni siano linearmente indipendenti:


scelgo la maglia 1-2-5-1 e taglio a caso un ramo, ad esempio 1-2, scelgo la maglia 2-3-
5-2 e taglio il ramo 2-3, scelgo la maglia 1-3-4-1 e taglio il ramo 5-3, infine scelgo la
maglia 1-5-4-1 e taglio il ramo 1-5. Non posso più tagliare perché non ci sono più
maglie. Scrivo a questo punto le equazioni ai nodi 1 2 3 e 5 e non considero il nodo 4
perché ho arbitrariamente deciso di toglierlo
1) -I6-I4-I7=0
2) I6+I5-I8=0
3) I8+I2-I1=0
5) I4+I3-I5-I2=0

Sommo le quattro equazioni e ottengo -I7-I1+I3=0 se scrivo l’equazione al nodo 4


risulta I7+I1-I3=0 noto allora che è combinazione lineare delle quattro equazioni
scritte.
Quella illustrata è la regola del taglio che mi consente di essere certo che le equazioni
siano linearmente indipendenti

COMPOSIZONE DEI BIPOLI PASSIVI


Un sistema è equivalente ad un altro se ai fini esterni presenta le stesse caratteristiche.
Due bipoli sono in serie se sono percorsi da stessa corrente ma ai loro morsetti insiste
una diversa d.d.p, invece due bipoli sono in parallelo se ai loro mersetti insiste la stessa
d.d.p ma sono percorsi da correnti diverse questo perché essendo il campo elettrico
conservativo il lavoro è indipendente dal percorso che si compie per andare da un
morsetto ad un altro.

Date due resistenze in serie vogliamo trovare una resistenza equivalente, cioè la
resistenza che sottoposta ad una determinata d.d.p deve essere attraversata dalla stessa
corrente che
attraverserebbe la serie se fosse sottoposta alla stessa d.d.p, quindi vogliamo
semplificare il circuito 1 nel circuito 2. Fissiamo il senso di percorrenza della corrente e
scriviamo l’equazione alla maglia nei due circuiti (1): E=I(R1+R2) , (2): E=RI, poiché
la E e la I è uguale nei due circuiti avremo che
R=R1+R2.
In generale date n resistenza in serie si ha

5
n
R eq=∑ R i
1

(Partitore di tensione): tramite la legge di Ohm si può verificare che se le resistenze


sono diverse le tensioni ai loro morsetti saranno diverse ma, per la seconda legge di
Kirchoff, la loro somma deve essere uguale alla f.e.m erogata.
Infatti dalla legge di Ohm VR1=R1I e dalla legge alla maglia I = E
R 1+ R 2
sostituendo si ottiene V R 1=R 1 E
R 1+ R 2
Il circuito di figura 1 prende il nome di partitore di tensione e la formula ricavata
prende il nome di formula del partitore di tensione che ci dice che la tensione ai
morsetti di un bipolo della serie è uguale alla tensione applicata all’intera serie per il
componente in esame fratto la somma di tutti i componenti della serie

Consideriamo adesso due resistenze in parallelo, vogliamo trovare la resistenza


equivalente, cioè la resistenza che sottoposta ad una determinata d.d.p sia attraversata
dalla stessa corrente che attraverserebbe il parallelo sottoposto alla stessa d.d.p.
Scrivo l’equazione alla maglia E-A-R1-B-E e alla maglia E-A-R2-B-E e l’equazione al
nodo A:

E=R1I1 E=R2I2 I=I1+I2

Ricavo I 1= E     I 2= E quindi I =E( 1 + 1 )


R1 R2 R1 R2
I
allora E=
1 1
+
R1 R 2
Dalla legge alle maglie nel secondo circuito so
che E=RI, ricordando che affinché il primo e il
secondo circuito siano equivalenti per il generatore non deve cambiare nulla quindi la E
1 R e q=
1
e la I devono essere uguali, risulta R= in generale n

1 1 ∑1
+ 1
R1 R2 Ri

(Partitore di corrente): nel caso del circuito 3 se le resistenze sono diverse allora
saranno diverse le correnti I1 e I2 ma, per la prima legge di Kirchoff, la loro somma
dovrà essere uguale alla corrente I. Calcoliamo la d.d.p tra i nodi A e B prima
normalmente e poi facendo il parallelo tra le due resistenze:
VAB=R1I1 VAB=REQI quindi R1I1=ReqI
Allora R e q= R 1 R 2 da ciò segue che I 1= R 2 I
R1+ R 2 R 1+ R 2
Il circuito di figura 3 prende il nome di partitore di corrente e la formula ricavata
prende il nome di formula del partitore di corrente e mi dice che la corrente in un ramo
del parallelo in questo caso è uguale alla corrente che entra nel parallelo per la
resistenza dell’altro ramo fratto la somma delle due resistenze
Mettere due generatori ideali in parallelo è un ASSURDO FISICO! La Vab è il lavoro
che compie il campo elettrico per spostare la carica da un punto ad un altro, il campo
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elettrico è conservativo quindi il lavoro non dipende dal percorso e deve essere uguale
qualunque sia il percorso, è allora impossibile che calcolando la stessa tensione ma
attraverso percorsi diversi il lavoro sia diverso

TEOREMA DI MILLMAN
Dati n rami in parallelo in ognuno dei quali è
presente un generatore di f.e.m con in serie una
resistenza, è equivalente ad un sistema formato
da un generatore di f.e.m pari alla media pesata delle f.e.m con pesi le conduttanze, in
serie ad una resistenza il cui valore sarà dato dal parallelo delle resistenze degli n rami

Vogliamo ridurre il circuito 1 nel circuito 2, per farlo è necessario trovare la f.e.m di
Millman. Scriviamo la legge ai rami A-E1-R1-B e A-E2-R2-B

Vab=-E1+R1I1 Vab=-E2+R212
Divido la prima per R1 e la
seconda per R2 e ottengo:
V a b −E 1 e
= +I 1
R1 R1
V a b −E 2
= +I 2
R2 R2
Sommando membro a membro
1 1 −E 1 E 2 dove I1+I2=I
V ab ( +
R1 R2
= )
R1

R2
+ I 1+ I 2
E1 E2
− +
Quindi V a b=
R1 R2
+
1
I
1 1 1 1
+ +
R1 R2 R1 R2

Per il circuito 2 Vab=-Em+RmI


Confrontando le due equazioni si conclude che la prima quantità rappresenta la f.e.m di
Millman, mentre la seconda rappresenta la resistenza di Millman.
Nel caso in cui si voleva trovare direttamente la d.d.p ai nodi A e B basta supporre che
nel ramo A-R-B ci sia un generatore di f.e.m nulla, in questo modo si può applicare
facilmente il teorema di Millman dove ovviamente la E3 sarà pari a 0

PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI EFFETTI


L’effetto dovuto all’azione contemporanea di più cause è uguale alla somma algebrica
degli effetti che si avrebbero se ciascuna causa agisse separatamente; tale principio si
può applicare solo a sistemi lineari. Un sistema è lineare se tutti i bipoli che lo
compongono sono lineari ad eccezione dei generatori indipendenti di tensione e di
corrente perché sono le cause, l’importante è che il sistema (chi subisce la causa)
risponda proporzionalmente

Vogliamo applicare il p.s.e al circuito 4 dove le cause sono i generatori e l’effetto


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risultante è la corrente. Per fare agire una singola causa bisogna passivare le altre, in
generale per passivare una rete bisogna sostituire i generatori ideali di tensione con un
c.c. quelli reali con la resistenza interna, mentre i generatore ideali di corrente con un
circuito aperto. Quindi nel circuito 5 e 6 agiscono prima il generatore E1 e poi il
generatore E2 e per il p.s.e si ha I=I1-I2

Il p.s.e vale solo per sistemi lineari, infatti supponiamo di avere un sistema sì dato con
E1=1V, E2=2V e R=1Ω. La corrente sarà pari a I = E , facciamo la serie tra i due
R
generatori, quindi E=E1+E2 e cioè E=1+2=3, quindi I=3A.
Calcolo la potenza dissipata per effetto Joule P=R I2 quindi P=9
Se faccio agire solo E1 la corrente I1=1A e P1=1W
Se faccio agire solo E2 la corrente I2=2A e P2=4W
Quindi applicando il p.s.e P=P1+P2=1+4=5 ma precedentemente erano 9. Da questo ne
deduciamo che il p.s.e si può applicare quando il sistema è
lineare, quindi fra causa ed effetti la proporzione deve essere
diretta. In questo caso la causa è la corrente e l’effetto è l’effetto
Joule, il legame tra causa ed effetto non è lineare perché P=R I2

PRINCIPIO E TEOREMA DI THEVENIN


Il principio del generatore equivalente di Thevenin è utile per lo studio degli effetti che
una rete N comunque complessa provoca su un qualunque bipolo.
Data una rete N comunque complessa ipotizziamo che sia alimentata da un generatore
di corrente J, è quindi
nota la corrente e lo
scopo è trovare la
tensione Vab. Voglio
applicare il p.s.e e per
farlo devo accertarmi
che il sistema sia lineare, faccio poi agire separatamente le cause: rendiamo passivo il
generatore facendo agire solo la rete e rendiamo passiva la rete facendo agire solo il
generatore. Per passivare la rete sostituiamo i generatori di tensione con un c.c, apriamo
i generatori di corrente, non tocchiamo quelli controllati, e poniamo le condizioni
iniziali a zero. Pertanto Vab=V’ab+V’’ab dove V’ab=Vab(0) perché dobbiamo porre le
condizioni iniziali uguali a zero, mentre V’’ab=RabJ perché essendo No la rete
passivata, i bipoli che la compongono sono solo resistenze ed una sua resistenza
equivalente è data dal rapporto tra un’ipotetica tensione applicata ai suoi morsetti e la
corrente che circola in essa.
Quindi Vab=Vab(0)+RabJ non è altro che la legge di ohm generalizzata applicata al
seguente circuito

Infatti Vab-Vab(0)=RabJ
Allora il principio di Thevenin dice che una rete lineare
comunque complessa equivale ad un generatore di tensione reale
indipendente la cui f.e.m è pari alla tensione a vuoto ai morsetti
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del ramo aperto e la cui resistenza serie è la resistenza vista dai morsetti una volta resa
passiva la rete

Sostituendo il generatore di corrente con


una resistenza R e applicando il principio
del generatore equivalente di Thevenin si
ricava il teorema di Thevenin il quale dice
che la corrente in un ramo è uguale alla
tensione a vuoto, fratto la resistenza vista a
quei morsetti una volta resa passiva la rete,
più la resistenza del ramo in esame

V a b ( 0)
I=
R+ R a b

PRINCIPIO E TEOREMA DI NORTON


Supponiamo che al posto del generatore di corrente ci sia un generatore di tensione e
l’obiettivo è trovare la corrente. Voglio applicare il p.s.e ma per farlo la rete deve essere
lineare, ovvero tutti i
bipoli che la
costituiscono devono
essere lineari ad
eccezione dei
generatori indipendenti di tensione e di corrente. Essendo la rete lineare posso applicare
il p.s.e: faccio agire prima solo la rete e rendo passivo il generatore di tensione
sostituendo la f.e.m con un c.c, ripristino il generatore esterno e passivo la rete
sostituendo i generatori di tensione con un c.c, aprendo tutti i generatori di corrente e
non toccando i generatori controllati. Tenendo conto che I ' ' = V e che I=Icc-I’’ allora
Rab
V che non è altro che l’equazione al nodo A.
I =I c c−
Rab

Questo è il principio di Norton o del generatore equivalente di corrente; non c’è alcuna
differenza tra il principio di Thevenin e il principio di Norton poiché uno è il duale
dell’altro
Se invece del generatore di corrente mi trovo una resistenza e
applico il principio di Norton ottengo I =I c c R a b che
R a b+ R
rappresenta il teorema di Norton.

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Vogliamo ora vedere come trasformare un generatore di tensione in un generatore di
corrente e viceversa. Consideriamo il circuito di figura 6, per il principio di Norton il
generatore di tensione e la relativa resistenza in serie possono essere sostituiti da un
generatore di corrente con in parallelo una
resistenza. Tale generatore deve erogare una
corrente pari alla corrente che fluirebbe se la R1
venisse sostituita con un c.c e la resistenza deve
essere pari alla resistenza vista ai morsetti del
taglio una volta passivata la rete.

CAMPO ELETTRICO E CONDENSATORI


Dato un campo elettrico E si definisce induzione elettrica la quantità D=ƐE dove Ɛ è la
costante dielettrica assoluta del materiale ed è legata alla costante dielettrica del vuoto
mediante la relazione Ɛ=ƐrƐo.
Il condensatore è un sistema costituito da due armature affacciate fra i quali è interposto
un isolante che chiameremo dielettrico, le sue funzioni sono:
- evitare che si verifichino scariche tra i due conduttori in seguito ad
un’applicazione di d.d.p tra le armature
- aumentare a parità di dimensioni la capacità di questo tipo di dispositivi.
La conseguenza dell’applicazione di una d.d.p ai morsetti del condensatore è
l’accumulo di carica sulle armature, se il sistema è inizialmente neutro dovrà continuare
ad esserlo quindi si avrà un semplice trasferimento di carica da un’armatura all’altra e
non una generazione di carica. La funzione del generatore è quella di fornire il lavoro
necessario affinché avvenga questo processo possa avvenire; in seguito a questo
avvenimento si stabilisce un campo elettrico tra le armature, campo che potrebbe
assumere valori così intensi da danneggiare il dielettrico. Il valore del campo per il
quale ciò si verifica dipende dalla rigidità dielettrica del materiale che rappresenta
l’attitudine del dielettrico a resistere al campo elettrico stesso.
Ad un certo punto il trasferimento di carica da un’armatura all’altra si arresta, per
carica accumulata da un condensatore si intende quindi il valore assoluto della carica su
una delle armature, carica che dipende dalla d.d.p applicata. Questa dipendenza è
lineare e si definisce capacità proprio il coefficiente che lega la d.d.p alla carica, quindi
Q
C=
V

Avendo il condensatore, nell’ipotesi di parametri concentrati dovremmo essere in grado


di ricavare il bipolo che lo rappresenta.
C
Per calcolare la capacità C del condensatore abbiamo bisogno di Teorema di Gauss che
ci dice che il flusso elettrico attraverso una qualunque superficie chiusa è proporzionale
alla carica racchiusa da tale superficie. Nel caso di condensatori piani la capacità si
esprime come C=Ɛ S dove C è la capacità, Ɛ è la costante dielettrica assoluta, S è la
δ
superficie delle armature e δ è la distanza fra le armature o analogamente lo spessore
del dielettrico

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CONDENSATORI IN SERIE E IN PARALLELO
I condensatori collegati in serie saranno percorsi da stessa corrente ma diversa d.d.p;
una volta collegati in serie i due condensatori ho trovato il resistore equivalente, cioè il
resistore che sostituito ai morsetti estremi della
serie fa si che la rimanente parte del sistema
non si accorga del cambiamento perché la
tensione fra i due morsetti e la corrente che ci
passa sono sempre le stesse.
Sappiamo che C= Q quindi V = Q
V C
Voglio calcolare la Vab
Q Qquindi V a b= Q + Q
Vab=Vad+Vdb dove V a d=
C1
e V d b=
C2 C1 C 2
=Q ( C11 + C12 )
Voglio ora mettere tra i due morsetti il condensatore equivalente, quindi C= Q ma
V
V ab
Q= mentre V =V a b=Q 1 + 1 quindi la capacità sarà uguale a
1
+
C 1 C2
1
C1 C2 ( )
V ab 1 1
C= =
1 1 V ab 1 1
+ +
C1 C 2 C1 C2

Per quanto riguarda la connessione in parallelo, a parità di d.d.p applicata è necessario


che la carica accumulata dal condensatore equivalente sia pari alla carica accumulata
all’interno del sistema. Voglio allora una capacità che sostituita ai
nodi A e B fra i quali c’è una d.d.p pari a Vab, mi dia fra i morsetti
la stessa tensione Vab e che la carica sia la stessa che passa da A e
B
Quindi deve essere Q=Q1+Q2 ma Q1=C1Vab mentre
Q2=C2Vab quindi Q=Vab(C1+C2) allora
Q V a b( C 1+C 2)
C= = =C 1+C 2
V V ab

CARICA E SCARICA DI UN CONDENSATORE


La conseguenza dell’applicazione di una d.d.p ai morsetti di
un condensatore è un accumulo di carica, per descrivere il
fenomeno immaginiamo di avere il seguente condensatore
scarico, non ha quindi cariche sulle armature, quindi la
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tensione all’istante zero è zero. Considero il commutatore nella posizione 1; appena
chiudo il circuito passa corrente e carica il condensatore. Essendoci le cariche sul
condensatore, ai suoi morsetti nascerà una tensione Vc diretta da “+” vero “-“. Scrivo
l’equazione alla maglia E-R-C-E dopo aver fissato il senso di percorrenza,
quindi E-Vc=Ri ovvero E−V c =R C d V c poichè ho sostituito la i.
dt
Dunque all’inizio E=Ri perché Vc=0, via via che cresce la Vc la E diminuisce, quando
la i=0 allora Vc=E
d V c è un’equazione differenziale del primo ordine a variabili separabili che
E−V c =R C
dt
integrata porta al risultato −t
imponendo le condizioni iniziali, cioè Vc=0
V c=E−K e R C
e ponendo RC=τ si ha −t
τ che deve essere uguale a 0 per le condizioni
V c=E( 1− e )
iniziali. Per verificare che sia corretta l’equazione, deve valere per t=0 quindi
sostituendo: 0/τ=0 , e 0 =1, 1-1=0, E 0=0, quindi Vc=0
Moltiplicando primo e secondo membro di V c=E( 1− e −tτ ) per C, si ottiene
−t
τ che rappresenta la legge di carica del condensatore.
Q= E C ( 1−e )

Cambio ora la posizione del commutatore in 2, la condizione


iniziale sarà ora Vc(0)=E perché parte da E. Scrivo l’equazione
alla maglia fissando il verso di percorrenza s,
quindi V c=R   i=R C d V c =E e τ da qui segue che che
−t
−t
τ
dt Q=E C e
rappresenta la legge di scarica del condensatore

Il comportamento del condensatore nelle diverse situazioni è descritto dal grafico

POTENZA
IMMAGAZZINATA
Il condensatore immagazzina
cariche all’interno, deve esserci
quindi una corrente che entra e
che fa si che le cariche si distribuiscano sulle armature del condensatore.

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Dato un condensatore generico con una tensione ai morsetti pari a
Vc, mi chiedo qual è la potenza che interessa il bipolo P=Vc ic
perché la d.d.p è il lavoro che compie il campo elettrico per
spostare la carica unitaria da un punto ad un altro, è quindi
l’energia che spende per spostare la carica. Mentre i è pari la Q/t
perché la corrente è la quantità di carica che attraversa la sezione
nell’unità di tempo.
Quindi V   i=V Q = E =P
t t
Il prodotto VQ è il lavoro o l’energia necessaria per spostare tutte le cariche da un
punto ad un altro, è quindi l’energia complessiva; energia fratto tempo è potenza.

Allora dato un bipolo e la tensione e corrente che interessano il bipolo possiamo


calcolare la potenza
So che i= d Q ma Q=CVc quindi i= d C V c
dt dt
Ipotizzando che C sia costante allora dV c allora P=V c   i= V c  C d V c
i=C
dt dt

Se la potenza è la derivata dell’energia, l’energia è l’integrale della potenza, quindi


 
dV c 1 che rappresenta l’energia
W c=∫ P d t=∫ V c  C   d t=C ∫ V c   d V c= C V c 2
dt 2
immagazzinata nel condensatore. Siccome l’energia è 1 C V c 2 vuol dire che il
2
condensatore sarà inerziale rispetto alla tensione, cioè non consentirà mai variazione
finite in tempi zero, se fosse possibile caricare il condensatore istantaneamente ovvero
se fosse possibile avere una variazione di tensione in tempo nullo ci vorrebbe una
potenza infinita il che non è possibile.

È quindi possibile concludere che il condensatore è inerziale rispetto alla tensione


proprio per questa caratteristica di impedirne brusche variazioni. Quindi ogni sistema è
inerziale solo rispetto alla variabile che interessa la propria energia immagazzinata.
Il periodo che c’è tra un passaggio di sistema che si trova in uno stato energetico ad un
altro di un altro stato energetico è un periodo che dura un certo intervallo di tempo
perché passiamo da un regime inerziale ad un regime finale e prende il nome di
transitorio. Il regime finale è indipendente dalle condizioni iniziali le quali influenzano
solo il transitorio.

CAMPO MAGNETICO
Il campo magnetico è il mezzo matematico attraverso il quale si studiano gli effetti di
una corrente nell’ambiente circostante; ha senso parlare di campo magnetico soltanto se
si hanno carice in movimento, nel senso che esso è prodotto e rilevato soltanto da
13
cariche in movimento e quindi da correnti.

Ho un certo punto P distante x dall’asse del


conduttore, per il calcolo dell’intensità del campo
magnetico usa la formula di Biot-Savart la quale
afferma che H p= I = I dove l è la lunghezza
l 2π x
della circonferenza passante per P e di centro il
conduttore e in questo caso vale 2πx perché le linee
del campo magnetico sono chiuse e descrivono quindi una circonferenza, e và al
denominatore perché più mi allontano meno sento gli effetti del campo magnetico. Se
ho corrente avrò un campo magnetico; non è vero il viceversa, posso infatti avere
campo magnetico senza corrente come nel caso del magnete permanente, cioè la
calamita. Nel caso di N conduttori si ha H p= N I dove NI prende il nome di forza
2π x
magneto motrice (f.m.m)

Per quanto riguarda il verso del campo magnetico si


usa una croce al centro del conduttore per indicare
che la corrente è entrante, mentre un punto per
indicare che è uscente. Nel caso in cui la corrente è
entrante il verso del campo magnetico è orario, nel
caso della corrente uscente il verso è antiorario.

L’effetto di un campo magnetico su una corrente è una forza la cui intensità è data dalla
relazione F=BlI, dove l è la lunghezza del conduttore, I è la corrente che lo attraversa e
B è il campo di induzione magnetica che in generale vale B=μ H dove μ rappresenta la
permeabilità magnetica del mezzo. Il verso della forza viene determinato tramite la
regola della MOCA o mano sinistra, mediante la quale è possibile, conoscendo campo e
corrente, determinare il verso della forza

CIRCUITI MAGNETICI E BIPOLO INDUTTIVO


La conseguenza di una f.m.m NI ad un circuito magnetico è la circolazione di un flusso
magnetico. Il flusso che circola all’interno del circuito dipende dalla f.m.m e dalla
riluttanza del circuito.
La riluttanza è legata al tipo di materiale tramite la relazione R= l dove μ è la
μS
14
permeabilità assoluta, data dal prodotto della permeabilità relativa con la permeabilità
del vuoto (più è alto μ più il materiale è magnetico e ben disposto dall’essere
percorso dal flusso), l è la lunghezza media del nucleo e S è la sezione del nucleo.

L’equivalente alla legge di Ohm è la legge di Hopkinson F=ℜФg, dove essendo F=NI
sostituendo NI=ℜФg, la quale lega f.m.m, riluttanza e flusso.
Dalla legge di Hopkinson segue che Ф g= N I che rappresenta il flusso generato, cioè il
R
flusso che circola all’interno del nucleo.
Il flusso che si concatena con tutte le N spire dell’avvolgimento si chiama flusso
concatenato e vale ФΣ=NФg.

Se avviene una variazione di flusso, per la legge di Lenz l’avvolgimento reagisce


tendendo ad opporsi alla variazione, cioè cercando di mantenere il flusso totalmente
concatenato costante. Il modo per tenere il flusso costante è quello di generare un altro
flusso in opposizione o in sostegno, in particolare se la causa è una diminuzione di
flusso allora il flusso generato sarà di sostegno, se la causa è un aumento di flusso
allora il flusso generato sarà in opposizione. Dunque l’avvolgimento genera un flusso
che si concatena totalmente all’avvolgimento, il flusso ha una variazione che
l’avvolgimento non accetta, per cui reagisce generando un flusso contrario o di
sostegno per tenere il flusso costante. Se serve un flusso serve allora una corrente che è
generata dalla f.e.m. Allora l’avvolgimento genera una f.e.m che genera corrente, che
genera un flusso che si oppone alla variazione di flusso che l’ha causato, quindi alla
variazione di flusso corrisponde la nascita di una f.e.m nell’avvolgimento che prende il
nome di f.e.m indotta di autoinduzione.
Il valore della f.e.m.i è data dalla relazione e= d Ф g .
dt

Definisco coefficiente di autoinduzione il rapporto tra il flusso totalmente concatenato e


la correte che lo genera, che prende il nome di induttanza L= Ф Σ . Nell’ipotesi che il
i
sistema sia a parametri concentrati sostituisco il nucleo dell’avvolgimento e lo
sostituisco con un solo bipolo che è l’induttanza L.
2
Dato che ФΣ=NФg e Ф g= N i sostituendo Ф Σ= N i pertanto l’induttanza sarà pari a
R R
2
N
L=
R

Se facessi percorrere l’induttanza da una corrente invariabile nel tempo, varia il flusso,
quindi varia ФΣ e nasce una e. Se nasce una e devo sapere il suo verso quindi una volta
definita la −d Ф Σ la e agisce sempre concordemente alla corrente che percorre
e=
dt
l’induttanza. Il segno meno è dovuto al fatto che la forza elettromotrice indotta si
oppone alla variazione del flusso magnetico.

Verifichiamo: immaginiamo che la i stia diminuendo, devo iniettare altra i, se la i


diminuisce ФΣ è una funzione decrescente

15
- Se diminuisce i diminuisce Фg, se diminuisce Фg diminuisce ФΣ, ma se ФΣ è
una funzione decrescente la derivata è negativa, quindi la e sarà −(− d Ф Σ ) , la e
dt
con la i in diminuzione spingerebbe verso il basso

- Se la corrente fosse crescente il Фg e il ФΣ sarebbero crescenti, la derivata di una


funzione crescente è positiva ma ha il meno davanti quindi è negativa. Allora se
la i aumenta la e è negativa e spingerebbe verso l’alto

È possibile distinguere la f.e.m.i di


autoinduzione di tipo trasformatorico
e mozionale. Nella f.e.m.i di tipo
trasformatorico la causa della nascita
di una f.e.m.i è una variazione di flusso
totalmente concatenato. Una f.e.m.i
di tipo mozionale è rappresentato da un anello in rotazione posto in una regione nella
quale è presente un campo magnetico. Se la sezione della bobina è inferiore a quella del
polo allora tutto il flusso uscente dal polo interessa la bobina, quindi Фb=Фp. Se la
sezione della bobina è maggiore di quella del polo allora i due flussi non coincidono ma
nell’ipotesi di densità di flusso costante si può ricavare Фb, infatti Ф b = Ф p quindi
Sb Sp
Sb . Se vogliamo vedere come varia il flusso concatenato con la bobina
Ф b=Ф p
Sp
durante la rotazione studiamo due casi: se α=0 il flusso concatenato con la bobina
coincide con il flusso uscente dal polo; se α=π/2 il flusso è nullo

CARICA E SCARICA DELL’INDUTTORE AAAAAAA

Vogliamo ricavare la legge che regola l’andamento della


corrente nel tempo e l’energia immagazzinata. Consideriamo il
seguente circuito e supponiamo che l’interruttore di trovi nella
posizione 1; dopo aver chiuso il circuito inizierà a passare
corrente i che varierà nel tempo e non potrà essere
istantaneamente il valore dell’energia permanente perché è
presente l’induttanza L che non permette alla corrente di varia
in modo finito in tempo zero poiché l’induttanza è inerziale rispetto alla corrente e la
sua energia vale 1 Li2 . Essendo l’induttanza percorsa da corrente variabile, sarà sempre
2
una f.e.m.i che una volta definita come e= −d Ф Σ agirà in modo positivo
dt
concordemente alla corrente che percorre l’avvolgimento.

Scrivo l’equazione alla maglia E-R-L-E: E+e l=R i da cui e l= −d Ф Σ =−d L i


dt dt

16
Quindi E− L d i =R i che rappresenta un’equazione differenziale del primo ordine a
dt
variabili separabili. Considerando le condizioni iniziali, ovvero i(0)=0 poiché all’inizio
non circola corrente, ottengo:
−t
E
i= ( 1−e τ )
R

Per verificare che la corrente all’istante 0 vale 0 basta porre t=0, quindi e 0=1 , 1-1=0,
quindi la i all’istante zero è nulla.

All’istante infinito avrei invece e−∞= 1 , e ∞ tende ad infinito, 1 tende a zero, quindi
∞ ∞
1-0=1. Questo vuol dire che la i a regime permanente finale per t= ∞ è uguale a i= E
R

Supponiamo invece di portare l’interruttore in posizione 2, le


condizioni iniziali saranno ora i ( 0 )= E . Scrivo l’equazione alla
R
maglia: sostituendo el ottengo −d L i che
e l=R i =R i
dt
rappresenta ancora un’equazione differeziale del primo ordine a
variabili separabili la cui soluzione vale
−t
E
i= e τ
R

Dunque la corrente parte da E/R e va a zero. Per verificare basta porre t=0, quindi
e =1 , quindi i=E/R per t= ∞ avrò invece e che tende a zero, quindi i=0
0 −∞

Tutto è riassunto dal grafico

Riassumendo: la corrente parte da 0, inizia a salire fino al valore di regime E/R e


resterebbe tale per sempre. Quando commuto il tasto in posizione 2 vado a scaricare
l’induttanza che non può permettere che la corrente passi istantaneamente da E/R a 0
ma deve smorzare questo andamento e lo fa buttando fuori energia magnetostatica
(l’induttore è inerziale rispetto alla corrente). Questa energia passa ad R che dissipa
questa potenza fino alla fine del fenomeno

Allora in regime permanente continuo il condensatore si comporta come un circuito


aperto mentre l’induttanza si comporta da c.c.

Nel caso del circuito RC abbiamo −t


dove τ che è la costante di tempo vale RC. Invece

nel caso del circuito RL la costante di tempo sarà sempre τ ma R non sarà mai in
prodotto con L questo perché R si misura in Ω, dove Ω= V ; L si misura in Henry ma
A

17
voglio esprimerla in V, A e sec. So che
L=N over R ¿ e che f . m. m=L d i , ponendo f.m.m=V,
dt
L=x e d i = A , posso ricavare la x ( L )= V s e c
dt se c A

Se avessi R su L otterrei: V A 1 , dato che la


  = 
A s ec sec
costante di tempo si misura in secondi devo fare al contrario, ovvero L su R, infatti :
V se c A
  =s e c
A V

È possibile affermare che la potenza che transita verso l’induttore è pari a


P=Vab i essendo V a b=L d i sostituendo si ha P=  L d   i   i
dt dt

L’energia sarà quindi Wl= ∫ P d t=∫ L d i   i d t=  1   L i2 perché l’energia


dt 2
immagazzinata nel condensatore è pari a 1
C V c2 , il condensatore non
2
poteva mai permettere variazioni finite in tempi zero della sua tensione,
perché altrimenti sarebbe stato un sistema a potenza infinita (il condensatore è inerziale
rispetto alla propria tensione, non ammette variazioni finite in tempi zero) questo
perché l’energia del condensatore è legata alla Vc, l’energia dell’induttore è legata alla
corrente perché è 1 Li2 , di conseguenza è l’induttore non potrà che essere inerziale
2
rispetto alla propria corrente.

FLUSSO TOTALMENTE CONCATENATO E COEFFICIENTE DI MUTUA


INDUZIONE

Ho il seguente nucleo magnetico costituito da due gioghi e due


colonne, su cui è avvolto un avvolgimento di N1 spire. Inietto una
corrente i1 nell’avvolgimento di N1 spire, in base al senso di
avvolgimento e al morsetto nel quale mi metto il flusso generato è
verso l’alto (Фg1) che varierà perché percorso da corrente variabile.
Questo flusso generato va a concatenarsi con l’avvolgimento di N1
spire dando origine al flusso totalmente concatenato ФΣ1

N 1i 1 N 12 i1 2
mentre L1= Ф Σ 1 = N 1 i1 = N 1
2
Ф Σ1=N 1 Ф g 1=N 1   =
Req1 R eq1 i1 R e q   i1 Req1

Aggiungo un avvolgimento di N2 spire che dovrà concatenarsi


totalmente con il flusso generato dall’avvolgimento N1.
Nell’avvolgimento di N2 spire si concatena un flusso
totalmente concatenato con 2 generato da 1. Se questo flusso
18
varia, N2 dovrà generare al suo interno una f.e.m che genera una corrente che genera un
flusso che tende ad opporsi alla variazione di flusso. La f.e.m che nasce ai morsetti di
N2 è una f.e.m di mutua induzione perché il flusso che disturba il 2 è stato generato
dall’1. Le f.e.m indotte nascono solo se c’è una variazione di flusso totalmente
concatenato. Alimento N1 con corrente variabile, il flusso che circola
nell’avvolgimento N1 è variabile nel tempo, il flusso generato da 1 è variabile nel
tempo, il ФΣ è variabile nel tempo. Quindi ai capi di 2 nasce una f.e.m per reazione. Se
mettessi una resistenza tra i morsetti di N2 avrei una corrente perché chiudo la maglia.
Nel nucleo Фg1 va a concatenarsi totalmente con 2, quindi ho un flusso generato da 1
totalmente concatenato con 2 che vale: Ф 1 Σ 2=N 2Ф g 1= N 2 N 1 i1
Re q1

Definisco coefficiente di mutua induzione il rapporto tra il flusso totalmente


concatenato e la corrente che lo genera, ovvero M 12= Ф 1 Σ 2 = N 2 N 1i 1
i1 Req1

Per quanto riguarda il segno definisco la M positiva quando il flusso di autoinduzione è


concorde al flusso di mutuainduzione, altrimenti è negativo.

GRANDEZZE PERIODICHE AAAAAA


Definiamo periodo l’intervallo di tempo che intercorre tra il fenomeno e il suo ripetersi.
Più frequente è il fenomeno minore sarà il suo periodo, quindi il periodo è l’inverso
della frequenza.

- Una funzione è periodica se assume un


valore e il suo medesimo valore dopo un
certo periodo, la condizione di periodicità
sarà allota f ( t ±T )=f ( t ) (il valore della
funzione in un certo istante è uguale al
valore che la funzione ha in quell’istante
più o meno un periodo)

- All’interno delle funzioni periodiche ci sono le funzioni alternative che


assumono valore uguale e opposto dopo un certo periodo. Una funzione
alternativa sarà sicuramente periodica ma una funzione periodica può non essere
alternativa. f t ± T =−f ( t )
( 2 )

Nelle grandezze alternative ci sono due parametri fondamentali: il valor medio


della dorma d’onda (o del periodo) e il valore efficace. Il valor medio della forma
d’onda vale B m= 1 ∫T b ( t ) d t . Il valore efficace è invece un valore quadratico
T 0

19
medio e vale B= 1 T

√ T
∫0
b2 (t ) dt , solo per le sinusoidi si ha che B=BM/ √ 2

- All’interno delle funzioni alternative ci


sono le funzioni sinusoidali che variano nel
tempo con la legge del seno ed hanno
bisogno di ampiezza (AM), pulsazione (ω)
e frequenza per essere descritte

È inoltre possibile classificare le sinusoidi in


funzione della fase:

- FUNZIONE IN ANTICIPO:
b=BMsen(ωt+Ψb) infatti la calcolo
all’istante t=0, quindi ωt=0, allora
b=B M s en ψ B

- FUNZIONE IN FASE: c=CMsenωt


infatti la calcolo all’istante t=0, quindi
ωt=0, sen0=0, allora c=0 infatti
all’istante 0 c vale 0

- FUNZIONE IN RITARDO:
d=DMsen(ωt-ΨD), infatti la calcolo
all’istante t=0, quindi ωt=0, sen(-ΨD) è
un valore negativo, quindi all’istante 0 la
funzione assume un valore negativo
ovvero d=D M s e n(−ψ D )

Quindi data la generica funzione sinusoidale


a=A M s e n (ω t+Ф ) , Ф ci dice quanto trasla la
funzione

OPERAZIONI COMPATIBILI TRA SINUSOIDI

- SOMMA: la somma di sinusoidi non è una sinusoide a meno che le sinusoidi non

20
siano isofrequenziali

- SOTTRAZIONE: la sottrazione di sinusoidi isofrequenziali danno come risultato


una sinusoide

- PRODOTTO E QUOZIENTE: il prodotto e il quoziente tra sinusoidi non è mai


una sinusoide, si tratta infatti di un’operazione non compatibile

- DERIVATA: la derivata di una sinusoide è ancora una sinusoide di ampiezza ω


volte maggiore e traslata in anticipo di π/2
d π
s e n ω t=ω c o s ω t=ω s e n( ω t + )
dt 2

- INTEGRALE: l’integrale di una sinusoide è ancora una sinusoide di ampiezza ω


volte minore e traslata in ritardo di π/2

CORRENTE ALTERNATA
AAAAAAA

Consideriamo il circuito RLC e scriviamo l’equazione


alla maglia V-R-L-C-V:

V +e L−V c=Ri ovvero V −L


d i ∫i
− d t=R i che
dt c
rappresenta un’equazione integro-differenziale. Per
risolverla ipotizziamo che R, L e C siano costanti,
dobbiamo quindi formulare alcune ipotesi su questi coefficienti:

- l quindi ρ deve essere costante, ρ varia in funzione della temperatura,


R= ρ
S
più aumenta la temperatura più resistenza c’è. l ed S sono rispettivamente
lunghezza e sezione del conduttore elettrico che potrebbero variare se il
conduttore è sensibile all’estensione e alla contrazione, quindi affinchè l ed s
siano costanti il conduttore deve essere indeformabile. Allora se lavoro con un
conduttore indeformabile e con temperatura costante ho la certezza che la
resistenza sia costante

- N
2
dove l quindi L deve essere costante, allora N 2 deve essere
L= R=
R μS
costante, ma N non è altro che il numero di spire che una volta assegnato non
può cambiare. Per quanto riguarda la riluttanza l ed S potrebbero variare se
variasse la temperatura ma lavoriamo a temperatura costante, inoltre per far sì
che l/S sia costante il conduttore magnetico deve essere indeformabile. È però
presente la permeabilità magnetica μ e per far sì che sia costante dobbiamo
lavorare con un circuito magnetico non saturo. Quindi nell’ipotesi di temperatura
costante, conduttore magnetico indeformabile e circuito magnetico indeformabile
L sarà costante

21
- S per far sì che C sia costante le armatura non devono allargarsi o
C=Ɛ
δ
restringersi perché varierebbe così la carica distribuita sulle armature e
varierebbe quindi la capacità perché C=Q/V; voglio inoltre che Ɛ sia costante e
quindi che il circuito non sia elettricamente saturo. Quindi affinchè C sia costante
t deve essere costante, il dielettrico non saturo, le armature fisse e indeformabili,
e isolato da campo elettrici esterni

Con le ipotesi fatte vediamo come sia


possibile studiare il regime permanente,
ovvero trovare la corrente a regime
evitando di risolvere l’equazione
differenziale. Supponiamo di avere la
sinusoide a=A M s e n ( ω t +ψ ) , e di
prendere sul piano ar (asse di riferimento) ap (asse di proiezione) un vettore che abbia
modulo pari all’ampiezza della sinusoide, che abbia come argomento la fase della
sinusoide, e che è individuato da: ampiezza (modulo del vettore), fase (argomento del
vettore) e pulsazione. Per individuare quest’ultima dirò che il vettore ruota rispetto al
piano in senso antiorario con velocità angolare costante pari alla pulsazione della
sinusoide; dopo un intervallo di tempo t il vettore ha percorso uno spazio ωt.

Il vettore che rappresenta la sinusoide, è un vettore


rotante indicato con Ȧ perché la proiezione del
vettore sull’asse y stacca segmenti pari al valore
istantaneo della sinusoide. Allora ad ogni sinusoide
corrisponde un vettore rotante che ha un modulo pari
all’ampiezza della sinusoide, un argomento pari alla
fase della sinusoide e ruota a velocità angolare ω in
senso antiorario.
Il vettore rotante ha due componenti, una reale e una immaginaria dove l’asse
immaginario ha come versore j.

è il vettore rotante espresso in numeri


Ȧ= A M c o s( ω t +ψ )+ j A M s e n( ω t +ψ )= A M  e j ψ
complessi, cioè la corrispondenza tra una sinusoide e il vettore rotante
In numeri complessi avrei   Ȧ= A r + j A i
In forma algebrica A= A R+ j A I
In forma esponenziale del vettore rotante espresso in numeri complessi A= A e j ψ A

OPERAZIONI COMPATIBILI CON I VETTORI ROTANTI


Le operazioni compatibili con le sinusoidi sono somma e sottrazione di grandezze
isofrequenziali, prodotto e quoziente per costante, derivata e integrale. Dato che ho
associato alle sinusoidi il vettore rotante, saranno compatibili con i vettori rotanti tutte
le operazioni compatibili con le sinusoidi.
22
Qualunque operazione con i numeri complessi ha come risultato un numero complesso.
Se i numeri complessi di partenza sono vettori rotanti, cioè rappresentano sinusoidi, il
risultato di un’operazione tra numeri complessi nonostante sia ancora un numero
complesso non è detto che rappresenti una sinusoide

- DERIVATA: la derivata di una sinusoide a=A M s e n ( ω t +ψ ) è pari a


π ma
ω C M c o s ( ω t +ψ )=  ω C M s e n( ω t +ψ + )
2
j(ω t +ψ +
π
2
)
j (ω t+ψ )
j
π
2 j( ωt +ψ ) quindi d Ȧ = j ω Ȧ
Ȧ =ω A M e =ω A M e e = j ωt A M e =jω Ȧ dt
Quindi la derivata di un vettore rotante è ancora un vettore rotante di ampiezza ω
volte maggiore ruotato in anticipo di π
2

- INTEGRALE: Ȧ quindi l’integrale di un vettore rotante è ancora un


∫ Ȧ d t=− j ω
vettore rotante di ampiezza ω volte minore e ruotato in ritardo di π
2

Ricapitolando, data l’equazione integro-differenziale V −L


d i ∫i
− d t=R i
abbiamo
dt c
dimostrato che R, L e C sono costanti, quindi il sistema è lineare, allora applicando una
V sinusoidale otterrò una i sinusoidale a regime permanente. Dato che sia V sia i sono
sinusoidali posso sostituire alle grandezze istantanee i vettori rotanti dopo essermi
accertato che le operazioni previste in questa equazione siano operazioni compatibili
con il calcolo simbolico:

- VèV
- −L d i : L è una costante e non dà problemi, la derivata è invece un’operazione
dt
compatibile, in particolare la derivata di İ=jωİ
- ∫ i d t : l’integrale della sinusoide è ancora una sinusoide così come l’integrale
C
di un vettore rotante è ancora un vettore rotante, diviso C che è una costante non
dà problemi
- Ri : R è una costante quindi posso fare il prodotto

Allora İ 1
V − jω L İ+ =R İ V =R İ + j ω L İ − j İ
jωC ωC
1 1
(
V = R+ j( ω L− j
ωC ) (
) İ =  R+ j ( ω L−
ωC
) İ )
Quindi V 1 il rapporto tra V e İ (che sono due numeri complessi
İ (
= R+ j ω L−
ωC
=Z )
rappresentativi di sinusoidi) darà come risultato un numero complesso che non potrà
mai rappresentare una sinusoide perché il risultato di un rapporto tra sinusoidi non è
una sinusoide
Z è un operatore complesso che ha un modulo e un argomento, cioè un angolo.
Rappresenta l’impedenza, ovvero un impedimento, perché nell’equazione ci sono R, L
e C: R si oppone alla corrente, L si oppone al passaggio di corrente perché è inerziale
23
rispetto ad essa, mentre C si oppone alla tensione perché è inerziale rispetto ad essa.
Quindi l’impedenza rappresenta l’impedimento che il sistema presenta al passaggio
della corrente

V=Zİ rappresenta la legge di Ohm per la corrente alternata

L’operatore impedenza ha una parte reale che è R e una parte immaginaria che tiene
conto degli elementi reattivi del circuito, detta reattanza:

Z ¿ R+ j
( ω L− ω1C )= R + j ( X L− X c )= R + j X dove XL è la reattanza induttiva e vale
ωL mentre XC è la reattanza capacitiva e vale 1/ωc

X=XL-XC è la reattanza totale, quindi Z = R+jX = z e j Ф

X
z=√ R2 + X 2 mentre Ф=a r c t g R

- CARICO RESISTIVO
Lo sfasamento tra tensione e corrente è zero
(l’angolo caratteristico è nullo quindi la corrente è
in fase con la tensione)

- CARICO OHMICO-CAPACITIVO
Lo sfasamento tra tensione e corrente è un angolo
che vale arctg(-XC/R) ed è compreso tra lo 0
tipico di R e -90° tipico della C

- CARICO OHMICO-INDUTTIVO
Ф è compreso tra 0(R) e 90°(L)
- CARICO OHMICO-INDUTTIVO se XL>XC
- CARICO OHMICO-CAPACITIVO se XC>XL

- CARICO PURAMENTE CAPACITIVO


La corrente sarà sfalsata di 90° in anticipo
rispetto la tensione

- CARICO PURAMENTE INDUTTIVO


La corrente sarà sfasata di 90° in ritardo rispetto la
tensione

RISONANZA
Un circuito risuona tra due punti quando l’impedenza vista da quei punti risulta
puramente resistiva.
24
So che l’impedenza è costituita dalla resistenza e dai bipoli che funzionano con
avvolgimenti magnetici che sono espressi con la parte immaginaria jX
Z=R+jX dove X=XL-XC con XL=ωL e XC=1/ωC
Affinchè un circuito risuoni l’impedenza deve essere puramente resistiva, nel caso del
circuito RLC serie deve risultare che XL=XC, ne segue che f 0= 1 che prende il
2 π √L C
nome di frequenza di risonanza del circuito. Allora in condizioni di risonanza
l’impedenza risulta puramente resistiva, mentre gli effetti della capacità e
dell’induttanza si annullano, pertanto il carico è puramente resistivo e quindi tensione e
corrente sono in fase

Se analizziamo l’andamento della corrente,


impedenza, reattanze e della resistenza al variare della
frequenza avremo:
- R è indipendente dalla frequenza e quindi al
variare di essa è costante
- XL=2πfL dipende linearmente dalla frequenza
e quindi al variare di questa l’andamento della
reattanza induttiva è descritto da una retta
uscente dall’origine
- Xc= 1 che rappresenta un’iperbole
2πf C
equilatera e a noi interessa solo il ramo negativo perché la reattanza totale è
X=XL-Xc
- Z= √ R 2+( X L−X c )2 per frequenza nulla XL è nulla mentre Xc tende a - ∞ di
conseguenza il modulo di Z tende a + ∞ ; per frequenza tendente ad ∞ la Xc tende
a 0 mentre la XL tende a + ∞ e quindi il modulo di Z tende a + ∞ . In
corrispondenza della frequenza di risonanza f0 il modulo di Z ha un minimo
(XL=Xc) e vale proprio R

POTENZE

Consideriamo il circuito RLC con V =V M s e n(ω t +Ф) e i=I M s en ωt


all’istante t=0 V=VMsenФ mentre la i=0 quindi la corrente rispetto
25
alla tensione è in ritardo (carico ohmico-induttivo)
Ho quindi un generatore che deve alimentare un carico RLC, la reattanza induttiva
prevale sulla reattanza capacitiva, quindi la corrente sarà in ritardo di un certo angolo. Il
carico per funzionare ha bisogno di potenza, in questo circuito ciò che può dare potenza
è il generatore; più in generale la potenza è data dal prodotto tra tensione e corrente che
sono due grandezze istantanee.
Definisco allora:

- POTENZA ISTANTANEA: potenza che istante per istante il generatore eroga al


sistema
1
p=v i=V M I M ( c o s ( ωt+Ф−ωt )−c o s ( ωt +Ф+ω t ) )     V I ( c o s Ф−c o s ⁡(2 ωt+Ф ) ) =V I c o s Ф−V I c o s(2 ωt+Ф )
2
Dove il valore efficace V ed I è dato dal valore massimo VM e IM diviso √2 ,
VIcosФ rappresenta il valor medio, mentre VIcos(2ωt+Ф) è la potenza fluttuante

- POTENZA ATTIVA ISTANTANEA: potenza usata o dissipata istante per istante


per effetto Joule dal resistore, cioè
2 2 2
p a= R i = R I ( cos ⁡( ω t −ω t )−c o s 2 ω t ) = R I (1−c o s 2ω t )
Ricordando il triangolo delle tensioni si ha RI=ZIcosФ=VcosФ, allora
pa=V I co sФ−V I co sФ c os 2ωt

Nella potenza attiva istantanea compare il cos2ωt mentre nella potenza istantanea
compare cos(2ωt+Ф), scrivo allora la potenza istantanea come
p=V I c o s Ф−V I c o s ( 2 ω t+Ф )=V I c o s Ф+V I s e n Ф s e n 2 ω t−V I c o s Ф c o s 2 ω t

Quindi nel circuito parte della potenza erogata dal generatore istante per istante
viene dissipata sulla resistenza (POTENZA ATTIVA ISTANTANEA), la
rimanente parte interessa invece i campi magnetici ed elettrici (POTENZA
REATTIVA ISTANTANEA)

- POTENZA REATTIVA ISTANTANEA: potenza che istante per istante va ad


interessare i campi elettromagnetici
26
pr=V I sen Ф sen 2ωt

Riassumendo: il generatore che ha compito di alimentare istante per istante il carico


dovrà generare e quindi erogare una potenza che si chiama potenza istantanea, cioè la
potenza che istante per istante il generatore eroga per alimentare tutti i carichi. La
potenza istantanea è somma di altre due potenze istantanee: una che riguarda la
resistenza, cioè la potenza che la resistenza dissipa istante per istante per effetto Joule
(potenza attiva istantanea), e una potenza che istante per istante va ad interessare il
campo elettrico e il campo magnetico (potenza reattiva istantanea)

La potenza attiva istantanea ha un valor medio VIcosФ

La potenza reattiva istantanea ha un valor medio pari a 0, quindi possiamo dire che non
ha valor medio

La potenza istantanea ha un valor medio pari al valor medio della potenza attiva
istantanea, cioè VIcosФ

Definiamo poi:

- POTENZA ATTIVA: il valor medio della potenza istantanea o il valor medio


della potenza attiva istantanea
P A=V I c o s Ф
Si misura in VAA (Volt Ampere Attivi)

- POTENZA REATTIVA: l’ampiezza della potenza reattiva istantanea


Q=V I se nФ
Si misura in VAR (Volt Ampere Reattivi)

- POTENZA APPARENTE: l’ampiezza della potenza fluttuante


S= √ P2 +Q 2=V I
Si misura in VA (Volt Ampere)
Si definisce poi FATTORE DI POTENZA il rapporto tra la potenza attiva e la potenza
apparente
P
f . d . p=
S

Se consideriamo il vettore rotante rappresentativo della sinusoide tensione V e il


complesso coniugato della sinusoide rappresentativa della corrente Ĭ e facciamo il
rapporto:
jψ V −jψ I j ( ψ V −ψ I ) jФ
V Ĭ =V e −I e =V I e =V I e =V I c o s Ф+V I s e n Ф=P± j Q=S
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S è la POTENZA COMPLESSA, è un numero complesso il cui modulo è la potenza
apparente. Si misura in VAC (Volt Ampere Complessi) e non ha alcun significato fisico,
tuttavia ci dice subito qual è la parte attiva e quella reattiva

TEOREMA DI BOUCHEROT
Il teorema di Boucherot dice che la potenza attiva totale è data dalla somma aritmetica
delle singole potenze attive, la potenza reattiva totale è data dalla somma algebrica
delle singole potenze reattive (ricordando che se il carico è prevalentemente capacitivo
la potenza reattiva è negativa, se il carico è prevalentemente induttivo la potenza
reattiva è positiva). Sommando potenze attive e reattive quindi non si fa altro che
sommare le componenti delle potenze complesse, mentre in generale non è possibile
sommare le potenze apparenti, questo si può fare solo quando le due potenze complesse
hanno lo stesso angolo caratteristico.

Quindi Ф1=Ф2 allora Pt=P1+P2 Qt=Q1+Q2


S= √ P2t +Q2t

RIFASAMENTO
Rifasare significa generare in loco tutta o parte della potenza reattiva necessaria, si
vuole diminuire l’angolo di sfasamento tra tensione e corrente. Si definisce rifasamento
qualsiasi provvedimento adoperato per aumentare il fattore di potenza cosφ, ovvero il
coseno dell'angolo compreso tra il fasore della tensione e quello della corrente, allo
scopo di ridurre, a pari potenza attiva assorbita, il valore della corrente che circola
nell'impianto.

Per rifasare totalmente si inserisce nel circuito un condensatore per inserire in


quadratura una corrente così da annullare lo sfasamento tra tensione e corrente; se
nonostante l’inserimento del condensatore continua a persistere un angolo di
sfasamento si parla allora di rifasamento parziale.

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