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Il Rilassamento e Lo Yoga Per Combattere Lo Stress
Il Rilassamento e Lo Yoga Per Combattere Lo Stress
5. Tecniche di rilassamento:
il rilassamento muscolare progressivo
il training autogeno
lo yoga nidra
cenni sul rilassamento M.P.R.
7. La mia esperienza
8. Conclusioni
“Solo un uomo rilassato e’ veramente creativo e le idee arrivano a lui in modo luminoso”
Marco Tullio Cicerone
“Lo sforzo è necessario per tutte le cose del mondo. Se vuoi fare qualcosa nel mondo,
qualsiasi cosa, è necessario lo sforzo. Ma se vuoi fare qualcosa nella dimensione
interiore, non è necessario alcuno sforzo. Il semplice rilassamento è sufficiente. Il non
fare è l’arte necessaria in questo contesto, così come il fare lo è nel mondo esterno.”
“Il totale rilassamento fisico e mentale è il presupposto per il Samadhi, una nuova
dimensione di coscienza.”
Vimala Thakar
“Rilassati, raccogliti, allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti
circonda sfumi nell’indistinto.”
Italo Calvino
1.Cos’è lo stress
La definizione più diffusa ed accreditata di stress, è quella che lo riconosce come una
discrepanza tra le richieste ambientali e le risorse soggettive, cioè uno stato di tensione
fra l’individuo, l’ambiente fisico e l’ambiente sociale.
Selye (1974) distingue due tipi di stress: eustress e distress
L’eustress è considerato come uno stress “buono”, si tratta di una situazione di stress a
seguito della quale l’organismo non ha subito danni e ha invece ricavato effetti positivi
per il suo benessere. E’ solitamente presente in casi di stress acuti e/o momentanei, in
una situazione ben definita e soprattutto breve.
Le situazioni di distress sono dovute e frequenti in casi di stress cronico, situazioni cioè
in cui lo stress perdura per lungo tempo, in cui il soggetto stressato non è in grado di
fronteggiare la situazione stressante o in cui la situazione stressante non termina o ha
particolari caratteristiche.
E’ dunque necessario comprendere che non è bene pensare di eliminare del tutto lo
stress dalle nostre vite, il che sarebbe comunque un obiettivo impossibile, ma gestirlo in
modo adeguato per favorire una crescita personale dinanzi agli eventi stressogeni.
Hans Selye, un endocrinologo, padre della ricerca sullo stress, ci dà la possibilità di
comprendere quando subentra il distress e quando non si parla più di eustress.
Egli ipotizzò che nel momento in cui l’organismo è sottoposto a stress si crea una
risposta generata da una molteplicità di stimoli diversi (detti stressors) e che coinvolge
diversi organi.
E’ necessario però premettere che un evento è stressante in base a come lo percepisce
il soggetto.
L’organismo a questo punto reagisce per ripristinare la sua condizione precedente e per
garantire l’equilibrio omeostatico (omeostasi: capacità dell’organismo di conservare
stabilità al suo interno, attraverso processi regolativi e contro regolativi che si attivano a
ogni variazione delle condizioni interne.)
Possiamo dunque distinguere 3 fasi:
Nella prima, chiamata reazione d’allarme, la persona quando viene a contatto con lo
stressor, si prepara ad affrontare lo stimolo o a fuggirlo per far sì che questo accada
vengono mobilizzate delle energie. Il sistema si attiva cedendo energia ai distretti e alle
funzioni maggiormente utili (mobilità muscolare, respirazione, coagulazione ematica,
frequenza del battito cardiaco) e sottraendola a quelli meno utili. In questa fase la
reazione di stress avrà fine.
Nella seconda fase detta di resistenza, il corpo continua ad adoperare le proprie risorse
per garantire l’equilibrio omeostatico interno e imposta una difesa a lungo termine.
Nella terza fase detta di esaurimento, l’organismo ormai danneggiato dai costi
dell’adattamento omeostatico non può più mobilitare ulteriori risorse e si arrende. I
valori fisiologici discendono e portano l’organismo verso gravi patologie croniche o in
alcuni casi anche coma e morte.
Da queste tre fasi si può comprendere come una situazione di stress prolungata non
permette all’organismo di venirne fuori, si crea così un progressivo indebolimento del
corpo.
Se la prima fase non ha successo, e l’organismo dovrà fare appello a tutte le sue
risorse fino ad arrivare alla fase di esaurimento, il soggetto si troverà in una situazione
di distress e la risposta di adattamento si sarà rilevata mal adattiva.
La complessa reazione tra stress e la conseguente modifica dell’assetto dell’organismo
si svolge partendo da un punto comune nel cervello che è l’ipotalamo e poi si struttura
in base a due vie di diverso tipo:
La via ormonale (ipotalamo – ipofisi – surrenali)
La via di tipo nervoso (basata sul sistema nervoso autonomo)
Entrambi i sistemi raggiungono gli organi e l’organismo per mettere l’individuo nella
condizione di poter affrontare una potenziale minaccia
Il sistema nervoso simpatico, insieme al sistema parasimpatico, fa parte del sistema
nervoso autonomo il quale risponde in modo rapido allo stress e controlla l’attività di
molti organi e sistemi del corpo umano.
Il cortisolo, prodotto insieme ad altri corticoidi dalla corteccia delle surrenali, a sua volta
stimolata da un ormone (la corticotropina CRH) secreto dall’ipotalamo è considerato
“l’ormone dello stress” per antonomasia e i suoi compiti sono quelli di: incrementare la
produzione di glucosio nel fegato, aumentare la mobilizzazione degli acidi grassi liberi
rendendo disponibile più energia, aumentare la disponibilità di glucosio nel cervello,
stimolare l’utilizzo delle proteine per la produzione di energia, agire come anti-
infiammatorio.
L’incremento dell’adrenalina, noradrenalina e dopamine, sostanze eccitanti prodotte dal
surrene midollare, stimolate a loro volta dal Sistema nervoso simpatico, a cui arrivano
segnalazioni da alcune cellule nervosa stimolate dall’ipotalamo, porta ad una maggiore
attivazione del sistema nervoso periferico o sistema simpatico.
Il sistema nervoso periferico controlla e regola le attività degli organi della vita
vegetativa, ovvero circolazione, respirazione e digestione.
L’eccesso di stress però causa una regolazione disequilibrata dei processi psichici e
fisiologici e del comportamento, i quali portano a una diminuzione dell’efficienza e
dell’efficacia di tutti I processi interni che avvengono in questa peculiare situazione.
“Comprendere che lo stress può portare al malessere e alle malattie è un presupposto
essenziale per decidere di cominciare ad osservarlo e a mettere in campo delle risorse
che permettono una buona ed efficace gestione. Lo stress agisce in tutti i sistemi del
corpo provocando alterazioni e sconnessioni tra le diverse dimensioni: emotiva,
cognitiva, fisiologica, muscolare/posturale/somatica che rappresentano la struttura del
Sé” (Lazzari, 2007).
Se lo stress si prolunga per molto, può addirittura avvenire la morte di molti neuroni e la
riduzione delle dimensioni dell’ippocampo (causando disturbi della memoria e perdita di
efficienza intellettiva), si riduce perfino la neurogenesi perché viene bloccata l’attività
delle cellule staminali presenti nell’ippocampo, grazie alle quali sarebbe possibile una
sostituzione dei neuroni persi.
Si modificano i livelli di molte sostanze chimiche che regolano l’attività del sistema
nervoso come è stato già descritto sopra, come la serotonina e la dopamina).
Alcune importanti aree subiscono inoltre un’atrofia; tutte queste modifiche cerebrali
portano a stati di ansia e depressione, alterazioni del comportamento e danni alla
memoria.
Lo stress prolungato crea dunque le seguenti manifestazioni cliniche:
- Insonnia, ansia, depressione, deficit cognitivi a livello del sistema nervoso
centrale
- Aumento della glicogenesi e aumento della litogenesi a livello del fegato
- Ipertensione a livello dei vasi sanguigni
- Osteoporosi a livello delle ossa
- Immunosoppressione, vulnerabilità ad infezioni e tumori nel sistema immunitario
(Lazzari, 2009).
Quando si vive una situazione di stress eccessivo, non c’è solo una reazione del corpo
a livello fisico e fisiologico, ma anche una risposta della persona stessa, dell’essere che
abita il corpo e della psiche.
Lo stress comporta inoltre stati d’animo, emozioni, pensieri e comportamenti che sono
differenti in base al tipo di stress subito.
Dal punto di vista psicologico, l’eccesso di stress abbassa le prestazioni della persona
e questo può accadere poiché esso origina vissuti, idee ed emozioni negative.
Il mondo intorno viene avvertito come più complicato, più difficile e si inizia a pensare di
non avere più le abilità, le capacità per gestirlo.
È proprio la visione stessa della realtà, la visione che abbiamo di noi stessi e delle
nostre capacità che viene alterata, come anche l’abilità e la destrezza nel prendere
decisioni.
Lo stress porta a prendere decisioni meno efficaci e valide (e molti datori di lavoro non
si rendono affatto conto di generare un decremento dell’efficacia lavorativa e quindi dei
risultati dei propri dipendenti, tenendoli sotto una cappa di stress continuo).
Nel mondo occidentale lo stress è legato soprattutto alle incombenze, alle necessità, ai
ritmi della quotidianità, al nostro modo di concepire il valore delle cose e delle persone e
alla nostra immagine pubblica e privata: esso attiva risposte che possono far scaturire
emozioni e stati d’animo negativi.
Questo porta immancabilmente all’abbassamento dell’autostima che causa sul cervello
e sul corpo uno stato “tossico” per l’organismo e il suo funzionamento.
Iniziano a mutare le relazioni con le altre persone, così pure gli atteggiamenti e i modi in
cui si affronta la vita.
A livello biologico, in caso di stress cronico l’attività dell’ippocampo viene danneggiata,
in particolare vengono distrutte le onde che invia alle cortecce cerebrali e che sono
essenziali per consolidare nuove tracce. Quindi, viene colpito tutto il circuito e il dialogo
presente tra le strutture limbiche e corticali necessarie per il ricordo e la memoria
(Lazzari, 2009).
Dal punto di vista del comportamento, quando si parla di stress e di malattia, sono
proprio i comportamenti a essere messi in gioco prima. Lo stress stimola gli individui ad
adottare modalità negative che si riflettono immancabilmente sul benessere e sulla
salute. Gli studi sullo stress lavorativo ad esempio, mostrano la presenza di
conseguenze come assenteismo, aumento di errori e di conflitti.
Lo stress azzera le proprie risorse vitali e fa scappare dalle responsabilità.
Le persone, si bloccano nella fase di “resistenza” descritta prima e cercano di
aumentare i ritmi cadendo in qualcosa di completamente irrazionale dove, all’aumentare
dello stress corrisponde l’aumento della velocità con la quale svolgere le azioni e le
reazioni.
Dal punto di vista della socialità si è notato quanto questa è fondamentale per poter
affrontare lo stress. Il poter contare su rapporti di amicizia validi, disporre della
vicinanza degli altri, della famiglia, avere qualcuno su cui potersi appoggiare, risulta
essere di supporto.
Spesso accade però che quando c’è questa necessità, lo stress ci accompagna nella
direzione opposta, verso una situazione di ritiro sociale, di evitamento delle relazioni o
anche di conflittualità, un vero e proprio impoverimento delle reti relazionali.
Lo stress deteriora la capacità di essere costruttivi nei rapporti, pensieri ed emozioni
negative, rendono egocentrici e la capacità di affrontare i conflitti nel modo corretto cala
in maniera molto brusca.
Le relazioni possono infine divenire un ulteriore fonte di stress, fino a viverle come un
peso.
Si è visto però che il rilassamento in questi casi può essere molto utile.
A livello fisiologico, si creano delle modifiche che favoriscono l’attivazione parasimpatica
e disattivano quella simpatica, che come già visto è iperattiva.
Il rilassamento genera una situazione di equilibrio. Dopo aver raggiunto uno stato di
rilassamento la persona può attivare consciamente o inconsciamente la respirazione
profonda.
Il controllo della respirazione ha un effetto positivo sui meccanismi di regolazione
nervosa, in pratica si mette in atto una sorta di riparazione.
Si produce un pensiero costruttivo, viene ripristinata la sensazione di “sentirsi capaci” e
di poter influenzare la propria vita e dunque anche di maggior controllo di sé e sulle
cose.
Per diminuire e contrastare l’attivazione neurofisiologica del simpatico, ci sono alcune
attività che inducono il rilassamento come: Yoga, Thai Chi, danza, metodo Jacobson e
via dicendo.
Rispetto a questo tema, sono presenti tre diverse strategie di prevenzione per la
gestione dello stress:
1. Interventi di prevenzione primaria tramite il cambiamento delle condizioni di vita, di
lavoro
2. Interventi di prevenzione secondaria tramite strategie efficaci basate sulla tecnica di
ristrutturazione cognitiva ed emotiva: yoga, meditazione, esercizio fisico
3. Interventi di prevenzione terziaria come counselling o psicoterapia (Lazzari, 2007).
Quello che ci interessa di più ovviamente in questo caso, sono gli interventi del secondo
punto basati su attività che includono il corpo e la mente.
Queste attività sono quindi state riconosciute a pieno titolo come alcune delle risorse
essenziali per risolvere una serie di malattie che abbiamo descritto sopra, oltre ad
essere fra le buone pratiche volte senza ormai nessuna ombra di dubbio al ben –essere
e alla salute dell’individuo, allo sviluppo delle sue risorse, all’aiutare, in fin dei conti le
persone a vivere molto meglio e con più gratificazione.
“L'idea che respirare lentamente serva a calmare la mente esiste da migliaia di anni, ed
è il punto di partenza di molte tecniche di rilassamento e di cura degli stati di ansia”
spiega Mark Krasnow, biochimico dell'Università di Stanford, uno dei due autori
principali della ricerca.
Essi hanno scoperto che esiste un collegamento potente e diretto fra i neuroni che
regolano il respiro e il resto del cervello e questo collegamento influisce enormemente
sul nostro stato di attenzione e attivazione.
Nella ricerca si specifica anche che il principio che la meditazione sfrutta da millenni,
cioè che il respirare piano calma la mente, è vero anche al contrario.
Infatti, essi hanno notato che il respirare velocemente mette paura.
La cosa importante che la ricerca americana ha scoperto è che c’è un collegamento fra
la centralina del respiro e quella dell'attenzione e dello stress: il locus ceruleus, un'altra
delle regioni profonde e primitive del nostro organo del pensiero, che si trova nel tronco
encefalico.
Nell'esperimento, ai topolini ai quali è stata “disattivata” la "centralina del respiro" (in
realtà solo di un sottogruppo di circa 350 neuroni, quelli direttamente collegati con il
locus ceruleus) è stato osservato che tutti, sono sopravvissuti bene, ma che:
i respiri dei topolini tendevano a essere più lenti e con questo rallentamento, i
momenti di calma divenivano più lunghi.
la tendenza a esplorare nuovi ambienti si è ridotta ed il tempo passato con gli
altri in attività di accudimento e cura del pelo, sono triplicati.
sono aumentate nel cervello le onde lente, tipiche del sonno, a discapito di
quelle theta, che sono correlate nei topi, a momenti di vita in cui sono
solitamente in movimento o in stati di apprendimento o in stati di allerta.
Questi animali, quindi, privati dell' “acceleratore del respiro" sembravano avere un
comportamento molto tranquillo però incompatibile con la sopravvivenza.
Dal punto di vista evolutivo, è probabile che al ritmo del respiro sia stato affidato lo stato
di attivazione del cervello, ma il campo della ricerca in questo senso è ancora vasto.
Un'ipotesi potrebbe essere che siccome i polmoni sono così importanti per la vita, si sia
sviluppato un meccanismo che tenga il cervello in allerta quando c'è un problema, come
ad esempio il pericolo di soffocare.
Le ricerche scientifiche di Wallas e Benson degli anni ’70, indicavano una netta
diminuzione di stress ed ansia durante la pratica della meditazione trascendentale
insegnata da Maharishi Mahesh Yogi, e confermavano oggettivamente le sensazioni
personali di sollievo e benessere riportate dai praticanti.
Attraverso l’uso dell’elettromiografo, si comprovarono la effettiva e benefica riduzione
del tono muscolare; si riscontrarono strumentalmente anche fenomeni concomitanti
come l’aumento della temperatura cutanea dovuto ad un miglioramento della
circolazione periferica e modificazioni del tracciato elettroencefalografico e positive
variazioni del ritmo cardiaco e della tensione arteriosa.
Da uno studio su larga scala del 1987, che ha esaminato le statistiche sulla salute di
2.000 praticanti la meditazione trascendentale per oltre 5 anni, è emersa una riduzione
dal 50 al 70 % delle ospedalizzazioni. La popolazione anziana ha mostrato le
diminuzioni più marcate. Un’indagine più approfondita ha mostrato l’87 % di
diminuzione delle malattie cardiache e il 60 % di diminuzione dei tumori.
(Psychosomatic Medicine 49 493- 507 - 1987)
Dall’articolo scientifico “Medical Yoga Therapy” di Ina Stephens del 2017 (University of
Virginia Medical Center Department of Pediatrics, USA, 2017 – 2016)
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5332914/
emerge che:
Gli effetti calmanti dello yoga combinato con l’aumento delle capacità di
focalizzarsi sul presente, migliora le performance cognitive dopo 8 settimane di
yoga regolare.
Dall’analisi di questi articoli scientifici e ricerche si può affermare che la pratica dello
yoga e le pratiche di rilassamento ad esso legate o da esso derivate ha degli effetti
benefici sul benessere fisico e psichico degli individui. Lo yoga aiuta a diminuire le
sensazioni negative attraverso la ricerca del benessere e della salute. Favorisce il
rilassamento, il pensiero positivo diminuendo le pressioni mentali. Migliora i disturbi a
livello mentale diminuendo l’ansia e la depressione poiché rilassa la mente e migliora
l’umore. La vigilanza, l’attenzione, la concentrazione migliorano e il processo
decisionale davanti a situazioni di stress è favorito da questa pratica. A livello del corpo,
aiuta a migliorare i sintomi fisici come anche il dolore, ed è efficace per un buon
funzionamento dell’intero organismo e di tutti gli apparati. Lo yoga risulta essere utile
anche per chi soffre di patologie croniche o tumori. In tutti gli articoli viene detto che lo
yoga ha effetti anche sull’organismo in quanto migliora il lavoro e il buon funzionamento
di molti organi e apparati. Inoltre a livello fisico tonifica e rende forti, diminuisce gli stati
infiammatori e i sintomi fisici. Si tratta di un’ottima risorsa volta a fronteggiare le elevate
richieste esterne e interne che l’ambiente ci pone e che vanno riconosciute.
Il nostro cervello utilizza 4 tipi principali di onde di diverse frequenze: Alpha, Beta,
Theta, Delta
Beta (12-30 Hz): sono le frequenze a cui vibra il nostro cervello in stato di veglia, cioè
quando svolgiamo attività che ci richiedono uno sforzo di concentrazione sugli stimoli
esterni, permettono la reazione e l’esecuzione rapida soprattutto nei momenti di stress
Alpha (8-11Hz): sono le frequenze tipiche del rilassamento e della meditazione, è uno
stato di coscienza vigile ma rilassato, domina i momenti di introspezione e
concentrazione
Theta (4-8 Hz): Sono onde proprie di una attività di immaginazione e visualizzazione
prodotte nella meditazione e durante i sogni, quando si deve ricordare qualcosa
effettivamente ci si ferma a pensare, spesso in questo stadio, gli occhi guardano in alto
verso destra
Delta (0.5- 4 Hz): Sono le onde più lente, associate al più profondo rilassamento
psicofisico. Sono le onde proprie della mente inconscia, del sonno senza sogni e
dell’abbandono totale.
Lo stato di R.E.M.(rapide eye movement) si trova esattamente a metà tra THETA e
DELTA, lo stato DELTA è il momento di sonno senza sogni, quindi non ci sono
visualizzazioni; nello stato di THETA ci sono le immagini, il movimento degli occhi che è
tipico dello stato di REM, dipende dal fatto che colui che dorme è come se stesse
guardando delle immagini su di uno schermo.
Ci sono persone inoltre che normalmente possono essere per più tempo in determinati
stadi e questo dipende da una loro predisposizione.
Con il rilassamento il ritmo dell’attività cerebrale rallenta, le onde cerebrali divengono
più distanti, ampie e lente. A causa dell’andamento causato dalla resistenza al sonno e
dall’ abbandono totale, possiamo notare la variazione dei picchi di frequenze diverse
durante tutto il rilassamento, ma sono le onde Alpha, che hanno una frequenza tra 8 e
13 cicli al secondo, che caratterizzano lo stato del rilassamento, a questo livello, come è
stato descritto sopra, la coscienza è vigile, ma l’attività fisica e la percezione degli
stimoli esterni è ridotta al minimo, il corpo è rilassato.
Un rilassamento ancora più profondo porta il cervello al livello delle onde Theta, con
una frequenza di 5-6 cicli al secondo, quindi le onde cerebrali sono più lente e ampie.
La parte cosciente sta perdendo la sua presa, mentre la parte inconscia sta divenendo
padrona della situazione e comincia a dominare i processi biologici.
Questo stato non è meno reale di quello di veglia, basti pensare al fatto che nel sogno
si svolgono attività molto intense, anche se se ne ricorda poco, e non ci sono limiti
spazio-temporali.
Presso i popoli antichi il sogno era un potente mezzo di terapia e di conoscenza, ed è
proprio grazie a questo stato che l’operatore utilizzando immagini può indurre la
persona che è nello stato di rilassamento profondo a visualizzare e in un certo senso
“vivere” situazioni particolari che possono contribuire a migliorare e meglio gestire
problematiche della vita reale.
Quando l’operatore induce il rilassamento quindi un non solo sta suggerendo alla
persona di lasciar andare le gambe, lasciar andare le braccia, e rilassarsi, ma sta
portando quella persona a cambiare il movimento delle sue onde cerebrali.
Attraverso vari metodi l’operatore può far cambiare la velocità delle onde cerebrali della
persona utilizzando la voce, il tono della voce, le pause, i suoni, le immagini, i ricordi, e
delle storie inventate e focalizzando l’attenzione della persona sul respiro
Tecniche di rilassamento
Il rilassamento muscolare progressivo
Il suo sistema da allora è stato riproposto e adattato in diversi modi e forme, con
differenti nomi a volte o piccole e poco significative varianti. Questo lungo successo
è derivante dal fatto che il metodo Jacobson funziona ma soprattutto è semplice e
può essere imparato ed applicato da chiunque e a qualsiasi età.
Può capitare che alcune persone sono talmente sempre in uno stato di tensione
che non comprendono la differenza tra essere in tensione ed essere rilassati,
questo metodo li aiuta a divenire consapevoli delle loro tensioni e a comprendere
cosa significa mollare ed essere morbidi.
Prima di iniziare le sedute è utile sapere che possono insorgere dei crampi durante
il lavoro a causa della tensione che andiamo a creare, quando succede bisogna
distendere i muscoli interessati. Nel caso lavorando notiamo che si arriva a sentire
del dolore è ovviamente opportuno ridurre l’intensità.
Metodo:
A questo punto dare indicazione alla persona di passare in rassegna il corpo dalla
testa ai piedi tentando di dare un punteggio alle sensazioni di tensione che sente e
fare una media delle sensazioni a cui deve dare un numero. Questo numero sarà la
base su cui misurare i miglioramenti che farà nel tempo.
Mentre continua a respirare tranquillamente, la sua attenzione dovrà spostarsi ai
piedi. Dovrà divaricarli leggermente e contrarli, allargando le dita dei piedi e
spingendo le punte verso il viso e poi verso il basso come per voler poggiare la
pianta a terra. Queste posizioni dovranno essere tenute per cinque–sei secondi,
intervallandole con un riposo di circa 15 secondi.
Durante l'esercizio il respiro deve rimanere regolare, e l'unica parte del copro
contratta dovranno essere stati i piedi.
Il meccanismo visto per i piedi, con i relativi consigli, vale per tutte le altre parti del
corpo che dovranno essere rilassati in questa sequenza:
1. polpacci
2. cosce
3. natiche (bacino)
4. addome (attivare gli addominali prodondi mandando l’ombelico verso la
colonna vertebrale)
5. mani avambracci
6. bicipite/tricipite
7. stringere entrambi i pugni e irrigidire le braccia, i pettorali e le spalle (piegare
le braccia copn I pugni che vanno verso le spalle)
8. spalle (stringerle e mandarle verso il basso e sollevare il petto)
9. collo,
10. fronte
11. viso (corrugatelo come se aveste appena assaggiato un limone molto aspro)
Dopo ogni rilassamento di ogni gruppo muscolare la persona dovrà lasciarsi andare
completamente alle sensazioni che prova. Dovrà assaporarle profondamente,
mantenendo sempre il respiro regolare e profondo.
Al termine dell'esercizio con il gruppo muscolare del viso, sarà bene che rimanga
disteso fino a che ne sentirà il bisogno respirando regolarmente. Dovrà ascoltare le
sensazioni che prova nel corpo e nella mente senza interpretarle, senza farsi
domande, semplicemente provandole e sentendole profondamente affinché il
corpo le ricordi precisamente la volta successiva.
Il training autogeno
Sulla base di questi risultati, Schultz iniziò quindi a sistematizzare un metodo per
indurre alle persone questa sensazione di rilassamento al fine di migliorare la loro
salute. Creò così il training autogeno.
Nel 1932, Schultz pubblicò “Autogenic Training, il primo di sette volumi sulla terapia
autogena. Questi volumi, ancora oggi utilizzati, sono stati successivamente modificati
da un suo collaboratore Luthe per migliorare soprattutto la sicurezza di coloro che
praticavano su loro stessi il training autogeno.
Come per lo yoga un assioma fondamentale è che mente e corpo non sono disgiunti,
ma al contrario strettamente connessi, in un rapporto di influenza reciproca e costante.
La ripetizione degli esercizi, della pratica dunque (del training) mette in moto un
automatismo, la capacità della memoria cioè, di rievocare delle sensazioni
spontaneamente, più ci si allena a rilassarsi e più immediatamente ed efficacemente
otterremo l’effetto del rilassamento.
Questo processo opera su tre livelli fisiologico, fisico e psicologico, limitando le reazioni
eccessive o non volute rispetto a determinati eventi e migliorando anche il
comportamento.
La capacità della memoria deve essere in grado di rievocare sensazioni fisiche anche in
assenza di stimoli concreti, per ottenere delle risposte fisiche, fisiologiche e psichiche
anche in assenza di tali stimoli reali.
Il dottor Herbert Benson, fondatore del Mind-Body Medical Institute del Massachusetts,
incluse il training autogeno nell’elenco dei trattamenti usati per il rilassamento per la
prima volta negli anni ‘70. Negli anni ’80 venne fondata la “British Autogenic Society” e
nel 1984 il British Journal of Medical Psychology riconobbe il training autogeno come un
trattamento efficace per lo stress e l’ ansia.
Metodo:
Poi si passa all’esercizio del calore, nel quale l’allievo si deve concentrare a percepire il
calore che si genera in alcune zone del corpo permettendo di attivare in quei distretti la
circolazione e aiutare soprattutto che soffre di una circolazione non ottimale.
Poi si passa all’esercizio del cuore, che non è di semplicissima applicazione. Consiste
nel percepire il proprio battito cardiaco, bisogna preparare bene l’allievo dicendogli che
la percezione del battito è una osa normale e non significa che il soggetto sia in uno
stato di ansia.
Poi si passa all’esercizio del respiro, che consiste nel dare attenzione, la percezione del
respiro farà percepire che si ha una fonte di ricarica ed è dal punto di vista psicologico
un’anti ansia per eccellenza poiché da sempre considerato il motore della vita. Molto
utile in casi di depressione o se si hanno casi di apnea a causa di una chiusura
posturale.
Qui non siamo più in uno stato di rilassamento poiché c’è sempre una sorta di controllo
a causa della gestione del respiro che deve essere lenta e incentrata sull’utilizzo
dell’addome.
Poi si va all’esercizio del plesso solare, questo esercizio determina una maggior
consapevolezza del diaframma e di riflesso un buon massaggio agli organi interni, viene
eseguito con una mano sul ventre ed una sul torace, va a favorire un miglior
funzionamento degli organi vitali, sia di ridurre la tensione psicologica che spesso è alla
base di gastriti e cattiva digestione.
Il penultimo esercizio è quello della fronte fresca, che ha effetti a livello cerebrale poiché
facilita una vasocostrizione e quindi un moderato flusso di sangue al cervello, questo
esercizio agisce bene a livello di tensioni della testa, di mal di testa tensivi causati da
sovraccarico di lavoro mentale, dove la testa e la mente si percepiscono come
surriscaldati, andando a percepire la mente fresca, come se fosse sfiorata da una
brezza leggera che la rinfresca.
Si termina con l’esercizio della ripresa che attraverso movimenti mirati delle mani, delle
braccia delle gambe e respiri profondi si ristabilisce il pieno contatto con il mondo
esterno.
Yoga Nidra
Lo yoga Nidra è stato ideato negli anni ’70, la prima pubblicazione del libro risale al
1976, ma Swami Satyananda dice di aver iniziato ad insegnare yoga Nidra nel 1959
La parola “Nidra” deriva dal sanscrito, e significa “sonno”, ma sonno come viene
comunemente inteso.
Nello Yoga Nidra il sonno è visto come una condizione mentale, quindi cosciente, in
qualche modo “attiva”, e non come uno stato di totale incoscienza,
Sono stati condotti degli esperimenti su gruppi di persone durante la pratica di Yoga
Nidra, e durante la pratica è stato elaborato lo schema dell’attività del cervello.
L’obiettivo degli esperimenti era quello di dimostrare come, attraverso la pratica dello
Yoga Nidra, fosse possibile indurre uno stato di sonno consapevole, e non incosciente
come quello normale.
Nell’immagine 1, la “mappatura del cervello” si riferisce ad una persona nella fase
iniziale di Yoga Nidra, ed è evidente un bilanciamento fra le onde associate allo stato di
sonno (Alpha), e quelle associate alla coscienza attiva (Beta), che normalmente
predominano nella vita normale.
Nell’immagine 2 si può notare che la fase di rilassamento profondo indotta dalla pratica
dello Yoga Nidra, ha un tracciato ECG che mostra una larga predominanza di onde di
tipo Alpha, ma la presenza contemporanea di onde Thetha e Deltha.
Il percorso che si compie fra uno stadio e l’altro è gradualmente facilitato, durante la
pratica di Yoga Nidra, da una sequenza programmata di visualizzazioni, ognuna delle
quali ha un suo scopo preciso.
Infatti lo Yoga Nidra può essere definito un metodo sistematico, poiché è composto da
uno schema preciso da seguire.
Spesso però, con la diffusione della pratica dello yoga, è possibile trovare delle versioni
di Yoga Nidra che non seguono pedissequamente lo schema tradizionale.
Una sequenza completa che si basa sul metodo tradizionale prevede queste fasi:
Preparare la pratica.
Prima di fare Yoga Nidra bisognerebbe praticare qualche asana di riscaldamento
o fare qualche ciclo di saluti al sole per fare in modo di preparare i muscoli del
corpo a rimanere fermi per lungo tempo.
Rilassamento.
In questa fase ci si sdraia in shavasana e si inizia a portare l’attenzione verso
l’interno.
Risoluzione (Sankalpa).
Il Sankapla è il seme del cambiamento, la frase deve essere chiara e precisa
Visualizzazioni.
Questo rappresenta l’ultimo stadio di Yoga Nidra e serve per indurre il
rilassamento mentale.
In questa fase al praticante, attraverso l’aiuto della memoria, viene richiesto di
visualizzare alcune immagini che rappresentano simboli con significati comuni a
tutti, come il mare, il sole, i fiumi, le montagne
La pratica della visualizzazione produce consapevolezza del sè e porta ad uno
stato di concentrazione e/o meditazione.
Risoluzione (Sankalpa).
In questa fase della sequenza l’inconscio è molto più ricettivo e quindi viene di
nuovo ripetuto il proprio proposito positivo, cioè il seme che permette al
praticante di cambiare il proprio atteggiamento, e comportamento, poichè è più
probabile che esso accetti maggiormente la suggestione data dalla parte
conscia.
Conclusione.
Si conclude cominciando a portare gradualmente la consapevolezza all’esterno,
ascoltando I suoni esterni, per poi passare a muovere le dita dei piedi e delle
mani, la nuca, riaprire lentamente gli occhi, stare fermi ancora qualche secondo
per poi ruotare su di un lato e portarsi a sedere.
Cos’è il Sankalpa, cioè il seme del cambiamento
Il Sankalpa quindi è una frase o un proposito positivo che si ripete mentalmente per tre
volte, all’inizio della pratica, quando iniziano a manifestarsi le onde alpha e quindi la
mente inizia a diventare più recettiva che è una fase equivalente al terreno fertile dove
piantare il seme, e per altre tre volte alla fine, quando il rilassamento profondo si
manifesta attraverso le onde tetha e betha e quindi la mente è ancor di più recettiva, ed
è la fase che equivale per certi versi all’annaffiare il seme.
Il Sankalpa deve essere ripetuto con decisione e rappresenta qualcosa che ha a che
fare con la nostra crescita personale, anche se in alcuni casi è utilizzato anche per
guarire da uno stato di malattia.
É proprio attraverso questo seme, o questo proposito, che è possibile riformare pian
piano la personalità e la direzione della vita, e, se è già ben noto cosa desiderare nella
vita, quale obiettivo raggiungere, il Sankalpa può essere definito in un certo qual modo
“il creatore del nostro destino”.
Alcuni esempi di Sankalpa che vengono suggeriti solitamente possono essere quelli di
seguito:
Questa tecnica fornisce gli strumenti che permettono all’operatore di lavorare su diversi
livelli di rilassamento e utilizzare quindi, il Rilassamento come un potente strumento di
riequilibrio psicofisico, oltre a poter guidare le persone che desiderano andare in
profondità, a migliorare se stessi e crescere interiormente.
I capisaldi della tecnica consistono nel:
Acquisire velocemente un rapporto di fiducia con i propri Allievi per dargli modo di
sentirsi al sicuro e protetti al fine di tranquillizzarsi
Attraverso l’arte del ricalco e della capacità di guida, l’operatore usando le sensazioni
degli allievi può indurre un rilassamento più profondo
Per mezzo di una corretta padronanza dell’uso della voce, un buono stile di
comunicazione, l’uso delle pause e della modulazione del tono della voce e l’utilizzo di
parole e frasi giuste l’operatore può stimolare e motivare l’inconscio, entrando in
contatto con il mondo interiore dell’allievo per promuoverne il cambiamento
Anandasana o Anantasana
Rispetto a questo asana, ci sono differenti riferimenti storici e aneddoti:
In una prima ipotesi Questo asana rappresenta il Buddha storico o Budda Sakyamuni,
nel momento in cui si abbandona nel Nirvana finale. Normalmente, in questa posizione,
il Buddha è rappresentato disteso sul fianco destro, rivolto ad Ovest, nell’atto di
appoggiare la testa alla mano destra.
Nella seconda ipotesi, il significato del termine Anantasana è “posizione di Ananta” dove
Ananta, significa “senza fine, infinito” (dal sanscrito anta, fine) è uno dei nomi del
Vishnu (il dio che preserva il mondo) e del suo giaciglio, il serpente Śeṣa sul quale il dio
dorme, prima di dare il via alla creazione del mondo. Infatti.
La posizione in questo caso si svolge in 2 fasi secondo Iyengar ad esempio, nella prima
parte si è distesi a terra su un fianco, come se si stesse riposando, dopo qualche
secondo in questa posizione, si afferra l'alluce della gamba che non tocca il suolo e si
distendono contemporaneamente la gamba ed il braccio, restando poi in questa
posizione per 4/5 respiri.
Nella terza ipotesi, faccio riferimento alla battuta del mio insegnante Jacopo Ceccarelli
che disse quando ci insegnò la pozìsizione che questa posizione poteva significare, la
posizione di Ananda, il cugino del Buddha.
Così un po' per curiosità e un po' per zelo ho trovato un riferimento possibile che si
sposa con questa teoria in riferimento ad una biografia di Ananda (redatta dal Professor
Michael Fuss professore di Buddhismo e Nuovi movimenti religiosi presso la Pontificia
Università Gregoriana), cugino di Buddha, figlio del fratello del padre appunto di
Sakyamuni.
Ananda dopo la morte del Buddha, si sforzò in un solo giorno di raggiungere
l'illuminazione e divenire un autentico arhat (degno di venerazione) ed ottenere così il
compito di organizzare un concilio per per raccogliere l'intera dottrina insegnata dal
Buddha.
Si risvegliò in lui un profondo zelo che gli fece passare tutta la notte nella pratica di
Vipassana, rientrato nella sala del monastero nell'atto di sdraiarsi sul suo giaciglio, la
sua mente si liberò da tutto e restando senza attaccamenti, raggiunse l'illuminazione.
Benefici
Questo asana dona appagamento, quiete e disponibilità.
Rilassa la mente e il corpo, aiuta a mantenere l’attenzione alla dimensione interiore.
Vajrasana
Indra, re dei cieli porta in mano la vajra, arma che simboleggia la folgore, il fulmine.
Indica anche il diamante, che si riteneva essere della stessa materia. Questa posizione,
oltre che forte, è anche pregna di una energia adamantina che può essere percepita
durante l'esecuzione, quando la si esegue si può avvertire una diminuzione della
sensazione di fragilità emotiva.
Portare poi lentamente i glutei sopra i piedi, tentando di non entrare troppo velocemente
nella posizione e mantenere la schiena dritta e le spalle aperte e rilassate. L’addome e
le braccia sono completamente rilassate.
Spingere dolcemente il mento ad appoggiarsi sul collo mentre si allunga verso l’alto.
Adjustment:
Bisogna poi cercare poi di bilanciare bene il peso su entrambe I lati del corpo.
Benefici:
Corregge gli atteggiamenti sbagliati della colonna vertebrale, che assume le corrette
curve fisiologiche, migliora la circolazione a livello lombare e tonifica le gambe, effettua
un benefico massaggio su cosce, caviglie e piedi che si allungano e rafforzano. Lavora
sul terzo chakra riequilibrandolo e questo aiuta anche a migliorare la digestione.
Balasana
La posizione del bambino detto anche dharmikasana, "posizione della foglia ripiegata"
o " posizione del devoto".
Questo asana può essere eseguito con la variante delle braccia in avanti,
differenziandosi leggermente.
Adjustment:
Qualora la posizione dovesse risultare scomoda si può ricorrere a degli accorgimenti:
1.se la difficoltà è quella di stare seduti sui talloni si può frapporre una coperta
ripiegata tra le cosce e i polpacci.
2.Se la fronte non riesce a toccare terra, si può assumere la posizione con le mani
chiuse a pugno che si sovrappongono e con gli avambracci a terra e i gomiti vicini
alle ginocchia. La fronte si appoggerà quindi sui pugni al centro tra le sopracciglia.
3.Se l’asana risultasse ancora scomodo, si possono utilizzare alcuni supporti per
facilitare l'appoggio come cuscini o coperte arrotolate.
Benefici:
Sul piano fisico, questo asana agisce sugli organi interni del bacino e dell’addome, oltre
ad elasticizzare la colonna e le spalle e ad alleviare le tensioni accumulate nella
schiena, nelle spalle, nel petto, è anche utile in casi di fatica o di vertigini.
E' per eccellenza una posizione anti ansia e stress; è un ottimo stretching per la
colonna vertebrale e allevia i dolori a carico del tratto lombare; calma la mente ed
incoraggia una respirazione consapevole; lavora dolcemente sulla mobilità di anche e
caviglie. Rappresenta un “ritorno” a se stessi.
Sashtanga Pranam o Uddanda (bastone)Namaskar o Advasana
(posizione del cadavere riverso): prostrazione completa
Adjustment:
Qualora la posizione dovesse risultare scomoda e si sperimenta una difficoltà di
respirazione o un senso di soffocamento, si può mettere un cuscino sotto il petto.
Alcuni soggetti in questa posizione possono sentire un piccolo fastidio alle vertebre
lombari è quindi corretto ricordare all’allievo di sollevare un poco il bacino ed effettuare
una retroversione appoggiando bene il pube a terra e che questo spinga dolcemente
verso il mento poggiato a terra.
Se si hanno fastidi al collo si può posizionare il collo da un lato cambiano poi dopo un
circa 20/30respiri la posizione del collo sul lato opposto.
Oppure se ci si sente scomodi optare per la variante con le braccia lungo i fianchi.
Benefici:
Lo scopo di advasana è di riposare il corpo durante o subito dopo la pratica delle asana,
per stabilizzare il respiro e calmare la mente oltrechè scaricare tutte le tensioni a terra,
ridurre fatica, stress ed ansia.
Tradizionalmente, si ritiene che questa posizione apra i chakra ajna (terzo occhio)
e manipura (plesso solare). Attivando ajna, lo yogi attinge alla sua natura intuitiva. Ajna
è associato con l'immaginazione, la chiaroveggenza e la conoscenza
interiore. Manipura è associato alla fiducia, alla vitalità, all'autostima e al potere di
trasformazione.
Shavasana: il cadavere
Lo Yoga è una celebrazione della vita. Mentre ci si muove attraverso una pratica, è
come se ogni asana celebrasse un apprezzamento per la capacità del nostro corpo di
essere animati e vivi. Quindi, alla fine di ogni pratica, ha senso celebrare quella vitalità e
quella vita con un momento di calma in Shavasana; la "morte".
In India, meditare sulla morte fa parte di una pratica culturale. Aiuta a fare i conti con la
morte come parte della vita. C’è una famosa storia che si racconta e che anche il nostro
maestro Jacopo Ceccarelli ci ha raccontato in cui una donna va dal Buddha piangendo
e gli chiede di riportare in vita sua figlia.
"Riportala alla vita!" Supplicò, "Perché puoi!" Il Buddha acconsentì che potesse e disse
"Porterò in vita tua figlia se mi porterai una dose di semi di senape da una casa dove
nessuno ha mai visto la morte. "La donna visitò tutte le case della zona, ma tutti
avevano visto e conosciuto la morte. Quando tornò dal Buddha a mani vuote, aveva
iniziato ad accettare la verità, cioè che la morte è nella nostra natura e non c’è fuga da
essa.
Questa storia mi ha colpito perché anche a me successe all’età di 14 anni più volte di
avere questa esperienza molto vivida della morte, ma non fui così coraggiosa da lasciar
andare, non colsi l’attimo e ad oggi tento di farne esperienza attraverso shavasana.
Per Jon Kabat-Zinn, la storia di Ramana Maharshi non può non essere associata in
effetti alla posizione del cadavere in cui ci si sdraia sulla schiena, con i piedi a cadere
rilassati e divergenti fra loro, con le braccia distese lungo il corpo senza toccarlo e i
palmi delle mani in su, aperti verso il soffitto o il cielo.
“Il fatto stesso di assumerla fornisce continue opportunità di praticare la morte prima di
morire. Mentre si è così distesi, del tutto immobili tranne che per il respiro che scorre
liberamente, si lascia che il mondo sia così com’è, che vada avanti come va avanti,
proprio come accadrà quando la morte arriverà: andrà semplicemente avanti, solo
senza di noi.
Così oggi, ogni momento nel quale siamo vivi, potrebbe essere un giorno perfetto per
morire in questo modo: in realtà lo è” da Jon Kabat-Zinn, (Riprendere i sensi, TEA,
2008)
Innanzitutto suggerire agli allievi di coprirsi con maglie e calzini e con una copertina,
poiché nella posizione di shavasana, il corpo tende a raffreddarsi per la diminuzione
della pressione sanguigna, ed è bene, in questo asana non provare sensazioni di
freddo che possono invalidare la pratica almeno parzialmente, poiché l’attenzione andrà
nella direzione della percezione del freddo.
Bisogna, sdraiarsi sul tappetino a pancia in su e portare le ginocchia al petto per far
aderire bene la zona lombare a terra, quindi riportare le gambe stese al tappetino.
Divaricare leggermente le gambe e ruotare i piedi verso l’esterno.
Far aderire bene le spalle a terra per mezzo delle scapole che si avvicinano un po’ e si
rilassano come le spalle.
Appoggiare bene la nuca senza creare curve eccessive al collo, nel caso si può mettere
un piccolo cuscino.
Se ci si sente disarmonici o storti, correggere la posizione con dolcezza
Abbandonare le braccia lungo i fianchi con i palmi delle mani rivolti verso l’alto o come
ci si sente più comodi e rilassati
Rilassare i muscoli del viso e chiudere gli occhi, si può appoggiare sugli occhi un
sacchetto di stoffa ripieno di pula di farro o granagli varie, che pesi leggermente e non
permetta alla luce di filtrare.
La durata di questa posizione può variare dai 5 minuti ai 25, un tempo in cui si può
anche comprendere un rilassamento guidato.
Si può anche far ascoltare della musica rilassante ad un volume molto basso per
conciliare il rilassamento.
Adjustment:
Appoggiare i polpacci su un sostegno fa rilassare completamente le gambe, che
la pratica yoga, l’esercizio fisico e le ore trascorse in piedi o seduti possono
rendere rigide e difficili da lasciar andare completamente. Questa variante
migliora la circolazione e allevia fastidi eventuali provenienti spesso dalla zona
lombare e dai muscoli della schiena, consentendoti di raggiungere un
rilassamento più profondo anche dell’arco fisiologico che in alcune circostanze
se le gambe non sono poggiate tende ad aumentare e a creare degli ulteriori
irrigidimenti a tutta la schiena.
Sollevare la schiena e sostenere la testa, aiuta ad aprire il torace a lasciare
andare le spalle e a migliorare il flusso naturale del respiro. Se si accumulano
molte tensioni nella parte alta della schiena e delle spalle, questo accorgimento è
un bel sostegno al miglioramento della qualità del rilassamento. Qualora la
posizione dovesse risultare ancora un poco scomoda sia per la zona cervicale e
si sperimenta una difficoltà nel lasciare che le spalle si rilassino completamente e
si abbiano tensioni ai pettorali si possono mettere delle coperte piegate sotto i
polsi.
Benefici:
Lo scopo di shavasana è di riposare il corpo durante o subito dopo la pratica delle
asana, per stabilizzare il respiro e calmare la mente oltre che scaricare tutte le tensioni
a terra, ridurre fatica, stress ed ansia.
Apporta un rilassamento muscolare ed articolare profondo come pure quello mentale.
Se ben praticata, porta ad una profonda rigenerazione energetica dell’intero
organismo.
Nei casi persone che hanno problemi di ansia e nevrosi può essere un ottimo
coadiuvante al loro superamento.
Per le persone ansiose, immergersi troppo velocemente nel proprio mondo interiore può
causare anche crisi di panico, per cui è bene in questi casi far entrare la persona con
gradualità nella pratica e cercare di capire che tipo di persone si hanno di fronte prima
di iniziare la pratica.
La mia esperienza
Per quanto riguarda la mia esperienza, posso parlare del rilassamento sia per averlo
praticato come allieva in sedute di respiro circolare e nelle fasi finali di lezioni di yoga,
sia per averlo sperimentato come insegnante sui miei allievi.
Per quanto riguarda l’averlo sperimentato come allieva, devo dire che per me è stata da
subito una esperienza meravigliosa, sia l’affidarmi all’altro, sia la possibilità di osservare
come le indicazioni suggerite dal maestro o da me stessa avessero sul mio corpo una
così immediata risposta, il che mi ha spesso fatto pensare che mi sarebbe piaciuto
molto aiutare le persone a rilassarsi, inoltre proprio grazie a questo approfondimento
fatto per realizzare questa tesina, ho compreso in modo più vasto come il rilassamento,
in questa società sia veramente benefico ed efficace per poter oltre che avere degli
effetti positivi sul corpo e sulla mente, sia anche l’unica porta dalla quale passare per
poter entrare in una profondità di noi che in altri stati è presso che impossibile.
Un’altra cosa che ho sperimentato è stata quella che i rilassamenti fatti subito dopo la
pratica dello yoga, per me è stato sempre troppo breve, poiché si hanno dei tempi
precisi che solitamente debbono rientrare dentro al tempo di un’ora, cioè molto poco per
poter prolungare questa pratica così importante e decongestionante da tutti i punti di
vista.
Quindi dopo aver frequentato il corso del Maestro Massimo Gatto in rilassamento
psicomotivazionale, ho deciso di attivare dei miei corsi di yoga nei quali, gli allievi
potessero avere a disposizione un’ora e mezza nella quale, praticare gli asana e poi
godersi un rilassamento variabile dai 15 ai 25 minuti.
Probabilmente il rilassamento guidato non dà la possibilità alle persone di trovare la
propria capacità di auto rilassarsi, ma è sempre opportuno capire con chi si ha a che
fare, e quando è bene lasciare libere le persone di rilassarsi da sé e quando invece non
lo è.
Tra i miei allievi, ci sono persone iper impegnate, che non praticano normalmente yoga
in altri giorni e sono molto stressate e perse nella vorticosità della vita; a mio avviso una
pratica di rilassamento così lunga gli permette di avere all’interno della settimana un
momento completamente loro in cui lasciare andare tutto e riappropriarsi del corpo e
della mente, ed essere guidati affinché, non essendo avvezzi alla meditazione e alla
possibilità di rallentare la mente in modo autonomo, possano realizzare attraverso il mio
sostegno la possibilità di vivere e sperimentare attimi senza tempo e spazio che li
possano avvicinare a chi sono loro veramente, a migliorare di conseguenza la propria
autostima, la capacità di credere nella vita e la bellezza di poter anche migliorare nel
tempo la loro relazione con se stessi e gli altri grazie ad un avvicinamento alla loro vera
essenza.
Un’altra esperienza che mi ha portato a sentire che il rilassamento è fondamentale per
le persone in questa epoca, è stato l’effetto molto positivo che mio marito ha potuto
sperimentare grazie al rilassamento. La sera tornava da lavoro molto stanco, a volte
riusciva ad andare solo direttamente a letto; dopo avergli consigliato di fare ogni giorno
nella pausa pranzo un rilassamento di 15/20 minuti, il suo stato di stanchezza è
migliorato in modo molto evidente, si è portato a lavoro un materassino una coperta ed
un cuscino e ogni giorno si dedica questo tempo per recuperare energia e rallentare la
mente a metà giornata per poter essere anche più efficiente nella seconda parte della
giornata lavorativa. Questa pratica ha di certo anche motivato e aiutato il suo già grande
desiderio di praticare la meditazione che attualmente è diventata una costante nella sua
vita e lo sta sostenendo a migliorarsi ulteriormente, ad essere molto meno stressato e
ad entrare nel flusso della vita grazie anche all’aumento di particolari intuizioni.
Conclusione
La pratica dello yoga e del rilassamento sono un mezzo per imparare a leggere in noi
stessi ed apprendere il modo per ascoltare il nostro corpo e la nostra mente.
Si può concretamente osservare come appaia un visibile cambiamento anche di
espressività corporea oltre che un diverso atteggiamento mentale nelle persone che
hanno appena terminato una lezione di yoga ed un rilassamento profondo.
Dagli occhi, anticamente indicati come specchio dell’anima, emerge uno stato di
benessere che la pratica ed il rilassamento hanno infuso.
Una volta che si verificano i primi segnali di benessere, il praticante desidera fortemente
continuare la pratica dello yoga e del rilassamento che diviene per lui un qualcosa del
quale è difficile fare a meno, per questo tenta solitamente di ricavarsi uno spazio
temporale, in rapporto al proprio modo di vivere, che in alcuni casi tende anche a
modificarsi in base a questa esigenza, che diventa praticamente quasi irrinunciabile.
Questa scelta mette la persona in condizione di affrontare in modo diverso le situazioni
“stressogene” consapevole del fatto che può disporre di uno spazio nella propria vita
dove scaricare le negatività e dove ricaricarsi di energia “pulita”.
La pratica del rilassamento e dello yoga non può certamente evitare che possano
capitare eventi negativi e che ci si possa sentire frustrati o stressati, ma semplicemente
che gli effetti negativi di tutto questo sull’ organismo e sulla mente possono essere
ridotti affinchè si riesca:
a vivere una vita più serena e ad assumere la capacità di accettare e di divenire
anche responsabili ogni giorno di più, di ciò che accade per poterlo poi affrontare
anche in un modo migliore;
di diventare sempre più abili nel percepirsi realmente in sintonia con la vita e di
non volerla combattere per avere la meglio su di essa;
di poter pian piano riuscire ad essere sempre di più in unione con l’universo.
Lo yoga ed il rilassamento non possono essere considerati la panacea di tutti i mali, ma
una strada per trovare la soluzione a molti dei mali che permeano la nostra quotidianità.
Tra le varie strade che esistono nel mondo per ottenere questo, lo yoga ed il
rilassamento sono una strada secondo me molto efficace, naturale e coinvolgente.