Sei sulla pagina 1di 63

Stress:

Definizione e Tecniche di Intervento

Il presente e book è stato redatto dalla Dott.ssa


Francesca Belgiovine e dalla Dott.ssa Chiara
Iazzolino

E’ vietata la distribuzione e riproduzione anche


parziale senza l’espressa autorizzazione dell’autore.
Indice

Capitolo 1

1.1 Introduzione

1.2 Stress: definizioni e dintorni

1.3 Eustress/Distress

1.4 Riferimenti Teorici

1.5 I principali campanelli d’allarme

Capitolo 2

2.1 Gestione dello stress come competenza psico-sociale

2.2 Uno strumento cognitivo: La mia giornata

2.3 Una tecnica psicocorporea: il rilassamento di Jacobson

Bibliografia
Capitolo 1

1.1 Introduzione

“La frenesia della vita moderna si è ormai impossessata pure dei


nostri momenti di libertà e godiamo delle cose in maniera nervosa e
faticosa esattamente come quando lavoriamo……la fretta, vista
come ragione fondamentale della vita è indubbiamente il nemico
più pericoloso della gioia” (Herman Hesse)

Lo stress è un fenomeno di cui si parla molto in questi ultimi anni


ed è spesso definito come il male della modernità.

La modernità, infatti, ha richiesto e richiede uno sforzo continuo di


adattamento che non sempre è in sintonia con il tempo interno,
quello naturale e, in genere, più profondo dell’uomo.
La tecnologia ha cambiato in modo radicale moltissimi aspetti della
quotidianità e della vita stessa:regole, standard, abitudini, a ciò si
aggiunge la necessità dell’uomo di cambiare le sue relazioni sociali,
lavorative e il rapporto che ha con se stesso e il tempo.

I dati parlano di quasi due milioni di persone stressate in Europa, di


conseguenza lo stress è un tema sul quale diviene strategico per
noi psicologi ragionare e formarci essendo un prolifero ambito di
applicazione lavorativa che può estendersi a svariati contesti, target
e tipologie di intervento.

Non a caso da un lato l’Organizzazione Mondiale della Sanità


promuove la gestione dello stress attraverso campagne di
formazioni giovanili finalizzate all’acquisizione di competenze
psicosociali utili a saper affrontare efficacemente gli eventi
stressogeni della vita quotidiana; dall’altra le nuove leggi sulla
sicurezza degli ambienti lavorativi –Testo Unico Dlg.81/2008-
obbligano il datore di lavoro a considerare lo stress lavoro-correlato
come un fattore di rischio specifico da valutare.

Nel presente e-book verrà esposta una panoramica iniziale sui


concetti cardine legati allo stress per poi approfondire alcune
possibili tecniche di intervento utili al contenimento del disagio ed
infine , nel terzo capitolo verrà trattata la tematica connessa allo
stress lavoro correlato, con l’obiettivo di fornire al lettore una
panoramica ampia, per quanto ovviamente non esaustiva, sul
concetto che proprio per la sua ampia spendibilità lavorativa credo
meriti di essere conosciuto e tenuto in alta considerazione.
1.2 Stress: definizioni e dintorni

Oggi c’è un uso sconsiderato del termine stress: molti se ne


lamentano tutti ne parlano ma difficilmente viene definito con
esattezza.

Spesso si confonde lo stress con l’angoscia poiché la parola “stress”


è una di quelle che assume significati diversi per le diverse persone.
E’ sicuramente difficile darne una definizione poiché ci sono tante
situazioni che possono provocare stress senza che ognuna possa
essere identificata come “ lo stress”.

L’uomo d’affari che è tenuto continuamente sotto tensione dai


dipendenti e dai clienti, il controllore del traffico aereo la cui
distrazione potrebbe rappresentare la morte di centinaia di persone,
l’atleta teso a vincere una gara, una persona impegnata a
combattere con una malattia, sono tutti esempi di persone
sottoposte ad una fonte di stress.

Le ricerche di H. Selye dimostrarono che il corpo reagisce in modo


stereotipato, con mutamenti biochimici identici, tendenti a tener
testa a qualsiasi maggiore esigenza gli sia imposta, anche se i
problemi che la persona deve affrontare sono diversi, per natura e
intensità.
In altre parole, i fattori che provocano lo stress, detti “agenti
stressanti” sono diversi ma in realtà provocano la stessa reazione
biologica. Gli agenti stressanti sono i fattori che inducono e
spingono l’organismo all’adattamento. Essi possono essere di
natura biologica, psicologica e/o sociale.

In un primo tempo H. Seyle usò il termine “sindrome generale


d’adattamento”, più avanti, coniò il termine “sindrome da stress
biologico”.

La parola inglese “stress” significa “pressione”, “sollecitazione” ed è


stata introdotta dallo studioso per indicare la risposta aspecifica
dell’organismo umano di fronte a qualsiasi sollecitazione e stimolo
si presenti, innestando una normale reazione di adattamento che
può arrivare a essere patologica in situazioni estreme. In altre
parole lo stress per H. Selye può essere definito come una
particolare risposta difensiva dell’organismo alle pressioni
ambientali.

Tuttavia è importante chiarire il concetto di reazione o “risposta


aspecifica”. Per risposta aspecifica s’intende che qualsiasi sia
l’agente stressante (ad esempio il caldo, lo sforzo fisico, e via
dicendo) e indipendentemente dal tipo di mutamento prodotto (ad
esempio sudorazione, sforzo muscolare, alterazione
cardiocircolatoria, e via dicendo), tutti hanno un elemento in
comune: l’insorgere della necessità di riadattamento
dell’organismo, con il relativo dispendio di energie,
indipendentemente dal problema specifico.

In altre parole, tutti gli agenti stressanti oltre le loro azioni


specifiche, provocano anche un aumento aspecifico della necessità
di svolgere funzioni di adattamento all’agente stesso per ristabilire
la normalità. L’esigenza aspecifica di attività, in quanto tale,
costituisce l’essenza dello stress. Dal punto di vista della capacità di
provocare uno stress, non ha importanza che l’agente stressante, o
la situazione che dobbiamo fronteggiare sia piacevole o spiacevole:
conta solamente l’intensità del bisogno di adattamento o
riadattamento.

E’ come dire che anche se un tavolo, un uomo e un albero sono


ovviamente diversi l’uno dall’altro condividono una medesima
caratteristica aspecifica perché hanno tutti uno stesso peso.

I processi fisiologici più importanti che si attivano nella condizione


di stress sono stati individuati e si trovano alla base della risposta
a-specifica, tipica di questa condizione.

I meccanismi fisiologici operano principalmente per due vie:


• la via nervosa
• la via endocrina

La via nervosa è costituita dall’ortosimpatico e dalla porzione


midollare delle ghiandole surrenali che grazie alla liberazione di
catecolamine cioè sostanze quali l’adrenalina e la noradrenalina,
suscitano una risposta ergotropica (dal greco érgon “lavoro” e
tropos “tendenza a trasformarsi in”) ossia una risposta tale da farci
affrontare l’evento in modo rapido e valido. Per l’azione delle
catecolamine il cuore accelera la sua attività, fornendo più sangue
al cervello e ai muscoli; le arterie e le vene sotto la cute si
restringono e il tempo di coagulazione del sangue si abbrevia,
allontanando il pericolo di un emorragia profusa in caso di ferite; la
respirazione diventa rapida e profonda, procurando più ossigeno; le
mucose delle prime vie aeree si prosciugano, facilitando il tragitto
dell’aria verso i polmoni, la sudorazione aumenta, rinfrescando il
corpo; molti muscoli si tendono con forza, preparandosi ad
un’azione rapida e vigorosa; la mente diventa molto vigile
afferrando ogni minimo indizio e affinando tutte le capacità
intellettive.

Le funzioni che potrebbero assorbire energie e disturbare questo


stato di allerta, funzioni come il bere e il mangiare e il digerire,
sono invece rallentate e sospese.
Di solito, tutte queste modificazioni dovute alle catecolamine sono
di breve durata e cessato l’allarme si torna rapidamente ai livelli
normali.

I problemi iniziano quando l’allarme continua nel tempo : in tal caso


infatti l’attivazione diventa eccessiva e tende a esaurire l’organismo
e la psiche. La risposta organica attivata dalle catecolamine è la
stessa che si trova alla base di quella che il fisiologo Walter Cannon
chiamò Sindrome di lotta o fuga: cioè la condizione organica e
psichica in cui, di fronte ad un nemico e/o ad un pericolo, tutte le
energie della persona sono mobilitate per attaccare o fuggire.
Questo meccanismo, alla base della sopravvivenza della nostra
stessa specie, oggi non è facilmente ammesso dalle regole della
vita sociale e quindi spesso viene in qualche modo mascherato o
attenuato. Questo però non significa che l’attivazione fisiologica
scompaia nel nulla, anzi: l’accumularsi di queste cariche non
espresse può riversarsi sull’individuo generando una serie di
disturbi. Ad esempio la rabbia repressa in molti casi aumenta la
pressione sanguigna.

La via endocrina è principalmente costituita dalla corteccia


surrenale e dai suoi ormoni, i corticosteroidi tra i quali il principale è
il cortisolo. Selye ha chiamato questi ormoni “adattivi” perché ci
aiutano ad adattarci agli stressors. I corticosteroidi stimolano il
fegato a liberare più zucchero nel sangue insieme a grassi e
amminoacidi. Liberando troppo zucchero però si produce uno stato
simile al diabete e l’aumento dei grassi può portare,
verosimilmente, a disturbi arteriosclerotici. Mobilizzando troppi
amminoacidi da varie strutture organiche si riduce la massa
muscolare e il volume dei tessuti linfoidi e si genera un
abbassamento delle difese immunitarie.

Riassumendo, la sinergia tra corticosteroidi e catecolamine concorre


a caricare l’organismo nel migliore dei modi per far fronte agli
agenti stressanti. Tutte le sostanze rilasciate sono un’ottima fonte
di energia, ma la loro produzione eccessiva dovuta ad uno stress
forte e prolungato diventa dannosa poiché impone all’organismo
sforzi esagerati e innaturali. Ciò porta dapprima a un periodo di
sopportazione-resistenza e, più avanti, a un periodo d’esaurimento
e logorio.

Come rappresentato nella figura seguente nel fenomeno dello


stress sono implicati molti elementi del funzionamento umano.
1.3 Eustress/Distress

L’espressione usata nel linguaggio comune “essere sotto stress” in


realtà si riferisce al fatto di essere sottoposti ad uno stress
eccessivo o ad angoscia.

In realtà lo stress non è di per sé un fattore negativo.

Nello specifico si parla di “eustress” quando lo stimolo a reagire


dell’organismo, è funzionale a potenziare e dare tono all’organismo
stesso.
Si parla invece di “distress” quando le situazioni richiedono un
dispendio di energie tale che lo sforzo di adattamento supera la
capacità di realizzarlo. In simili casi s’instaura una condizione di
logorio continuo tanto da consumare le energie a disposizione
superando così le nostre difese psicofisiche. Gli effetti del distress
(pressione eccessiva e continua) sono sempre spiacevoli e
potenzialmente molto pericolosi.

I meccanismi alla base dello stress sono:

• Coppia stimolo-risposta
• Sforzo di adattamento
• Consumo di energie per realizzare l’adattamento.

Parliamo di stress acuto quando questo meccanismo si esaurisce in


poche ore o pochi giorni.

Al contrario parliamo di stress cronico quando gli eventi stressanti


si protraggono nel tempo tanto da mantenere in piedi il
meccanismo per giorni, settimane, mesi con un conseguente
dispendio di energie protratto (si pensi ad esempio ad un rapporto
di lavoro difficile, una separazione conflittuale e via dicendo).
La sindrome da stress biologico o sindrome di adattamento, si
caratterizza tipicamente per tre diverse fasi:

• Una prima fase si “Allarme”


• Una seconda fase di “Resistenza”
• Una terza fase di “Esaurimento funzionale”
Le ricerche degli ultimi vent’anni hanno dimostrato che la risposta
allo stress è multifattoriale e con il crescente sviluppo delle
discipline psicologico-comportamentali, si è cominciata a mettere in
risalto la pregnanza delle variabili intervenienti fra stimolo e
risposta.

Appare sempre più chiaro che la relazione fra stress e malattia non
è di tipo semplice, ma dipende da differenze individuali sia
biologiche sia di personalità, dall’ambiente, dalle risorse sociali a
disposizione e, soprattutto, dalla percezione dell'evento stressante
stesso.

E' merito di R.S. Lazarus aver integrato il modello di H. Selye con


gli aspetti cognitivi connessi all'elaborazione soggettiva operata
dalla persona circa gli specifici fattori stressanti.

A fronte di fattori inequivocabilmente stressanti, persone diverse


reagiscono con modalità e stili diversi: una stessa situazione può, in
tal senso, generare una condizione di eu-stress in una persona e di
distress in un’altra.
Lazarus distingue due tipi fondamentali di strategie di reazione:

• Strategie focalizzate al problema: con il quale l'individuo


intraprende azioni dirette alla soluzione del problema, oppure
ricerca informazioni che ne facilitino la soluzione, oppure prepara
un piano per far fronte al problema.
• Strategie focalizzate sull'emozione: nella quale la persona si
sforza di ridurre le reazioni emotive negative, per esempio,
distogliere la mente e distrarsi, cercando conforto in altri,
sviluppare attività che inducano emozioni positive, assumere
sostanze che contrastino le emozioni negative.

Naturalmente, un adattamento ottimale richiede che le strategie di


reazione siano molteplici, flessibili e calibrate sulle specificità dei
fattori o sugli eventi stressanti in gioco.

La risposta di stress è dunque modulata in un duplice modo dalle


caratteristiche psicologiche della persona: nella fase di percezione
ed elaborazione dei fattori stressanti e nella fase di
fronteggiamento di detti fattori.

Le caratteristiche che intervengono a questo secondo livello e


modulano le strategie di reazione allo stress sono denominate
coping skills e l'intero processo di reazione e fronteggiamento dello
stress è indicato con il termine di coping.
L'attenzione di ricercatori si è rivolta, di conseguenza, alla
misurazione dello stile di reazione allo stress e alla valutazione del
coping. Il principale test disponibile al riguardo è denominato COPE,
Coping Orientation to Problems experienced (Carver et all., 1989).

Il questionario pone domande riguardanti ben 15 modalità possibili


di coping, esse si possono distinguere in tre categorie:

• Meccanismi finalizzati al problema


• Meccanismi finalizzati all'espressione emotiva
• Meccanismi potenzialmente disadattivi

Insomma nella storia della ricerca sullo stress si possono


distinguere due stagioni: una prima incentrata sulle proprietà degli
stimoli stressanti e sulle caratteristiche della risposta di stress ed
una seconda stagione incentrata sulle variabili di mediazione, le
variabili cioè che modulano l'elaborazione cognitiva ed emotiva dei
fattori stressanti e le risorse che il soggetto utilizza per fronteggiare
lo stress.

Numerose evidenze mostrano che in generale reagire tramite


strategie di fuga ed evitamento (come desiderare che la situazione
scompaia o finisca al più presto) è la modalità di reazione meno
efficace di fronte ai problemi dell’esistenza.
Un elemento importante in grado di ridurre gli effetti dello stress è
il sostegno sociale che si presenta sotto svariate forme.

Il sostegno sociale strutturale fa riferimento alla rete di relazioni


sociali di una persona (marito, moglie, amici…).

Il sostegno sociale funzionale fa riferimento alla qualità delle


relazioni sociali (essere consapevoli di avere amici cui ci si può
rivolgere in caso di difficoltà).

La mancanza dei due tipi di sostegno fa aumentare la probabilità di


sviluppare malattie.

Una possibile spiegazione di questo fatto è che livelli alti di


sostegno sociale favoriscono uno stile di vita più sano, che si riflette
in una dieta bilanciata, nel non fumare e in un consumo moderato
di alcol; un’altra ipotesi riguarda un effetto diretto sui processi
biologici (scarso sostegno si associa a un aumento delle emozioni
negative che a loro volta potrebbero influire sui livelli di alcuni
ormoni e sul sistema immunitario).
1.4 Riferimenti Teorici

Quando parliamo di stress, siamo sul piano della complessità, la


risposta coinvolge reazioni fisiologiche, cognitive, emotive e
comportamentali.

Quando queste risposte divengono disfunzionali e croniche, esse


possono provocare conseguenze negative sulla salute.

Il perché di tali conseguenze negative non è ancora noto; alcune


delle ipotesi formulate possono darci indicazioni circa le misure da
adottare, per fronteggiare lo stress negativo.

Teorie biologiche

Gli approcci biologici attribuiscono particolari disturbi psicofisiologici


a debolezze e iperattività specifiche di certi apparati di organi nel
rispondere allo stress. E’ possibile che l’influenza di elementi
genetici, di malattie precedenti, della dieta e di altri fattori portino
ad alterazioni della funzione di un particolare organo che può, di
conseguenza, divenire debole e più vulnerabile allo stress.
Secondo la teoria della debolezza somatica la connessione fra lo
stress e un particolare disturbo psicofisiologico risiede nella
debolezza di un organo specifico (apparato respiratorio debole per
costituzione potrebbe predisporre a sviluppare asma).
Secondo la teoria della reazione specifica ogni individuo risponde
allo stress con modalità peculiari e il suo organo più sensibile allo
stress è il candidato più probabile a divenire la sede di un disturbo
psicofisiologico.

Su un piano generale i fattori di stress hanno molteplici effetti su


diversi sistemi corporei quali il sistema nervoso autonomo, i livelli
ormonali, il sistema immunitario, l’attività cerebrale.
In particolare il sistema immunitario è implicato nell’eziologia delle
malattie infettive, del cancro, delle allergie, delle malattie
autoimmuni.
Secondo la teoria della debolezza somatica lo stress esercita il suo
effetto sull'organismo là dove questo è costituzionalmente più
debole, per esempio per fattori genetici.

Teorie psicologiche

Le teorie che cercano di spiegare l’eziologia dello stress sono


svariate, una delle quali è detta degli sprechi cognitivi, secondo
questa teoria se impegniamo l’attenzione e la capacità di risolvere i
problemi per affrontare lo stress, saremo meno liberi di
concentrarci su altri compiti quotidiani. In effetti, quanto più
l’evento è imprevedibile e non controllabile tanto è più stressante
poiché implica un’attenzione maggiore e continua.
Una seconda teoria prende il nome di senso di frustrazione, in
questa ipotesi assumono particolare importanza le sensazioni di
fastidio e di disorientamento e le emozioni, quali la rabbia,
derivante dal sentirci frustrati per lo stress subito. Di conseguenza
questi stati dell’umore assorbono energia psichica generando un
peggioramento delle prestazioni e continue distrazioni quotidiane.

L’ipotesi, formulata da Martin E.P. Seligman sostiene che lo stress


produce un senso d’impotenza: quando gli sforzi per raggiungere
un traguardo falliscono ripetutamente non solo si smette di
impegnarsi per raggiungere l’obiettivo, ma ci si lascia andare e si
trascurano anche traguardi più facili. In tal modo dopo numerose
esperienze fallimentari l’individuo apprende a sentirsi impotente.

Recentemente Seligman, ha sostituito il termine “Impotenza


appresa” con “pessimismo appreso” caratteristica che rende più
vulnerabili agli stressor e, quindi, più predisposti al distress.

Le teorie psicanalitiche pongono, all’origine dei disturbi


psicofisiologici, conflitti specifici e stati emozionali negativi legati ad
essi. Franz Alexander, per esempio, elaborò la teoria della rabbia
inespressa o trattenuta che presuppone che impulsi ostili non
espressi creano uno stato emozionale cronico che è responsabile
dell’ipertensione.
Le teorie cognitivo-comportamentali puntano l’attenzione su ciò che
è percepito dalle persone (come i rimpianti per il passato o le
preoccupazioni per il futuro) e che non si limita a minacce
puramente fisiche. Queste emozioni negative, però, non possono
essere combattute o evitate con la stessa prontezza con cui si
combattono o si evitano le minacce che provengono dall’esterno.
Tali emozioni negative possono mantenere il sistema nervoso
simpatico in uno stato di agitazione e il corpo in una condizione di
emergenza continua per un tempo più lungo di quanto l’organismo
riesca a sopportare. Secondo questa visione teorica le attività
mentali superiori sottopongono l’organismo a tempeste fisiologiche
di un’intensità che il nostro corpo non è capace, alla lunga di
sopportare.
Inoltre, la valutazione cognitiva di un potenziale fattore di stress ha
un’importanza cruciale ai fini degli effetti che esso produce sulla
persona.
Coloro che giudicano le esperienze di vita costantemente superiori
alle loro capacità e risorse sono spesso cronicamente stressati ed
esposti al rischio di sviluppare un disturbo psicofisiologico.

La teoria dello stile di vita, infine, respinge l'idea di un rapporto


diretto tra stress e malattia, ma suggerisce che il rapporto sia di
natura indiretta: l'associazione tra stress e malattia sarebbe reale
ma mediata dallo stile di vita e dalle modificazioni nello stile di vita
e di quei comportamenti che incidono sulla salute (scarso supporto
sociale, fumo, alcol, alimentazione non corretta, etc.)

Concludendo evidenziamo alcuni punti di particolare rilevanza:

1. NON ESISTONO FATTORI SPECIFICI CHE PROVOCANO LO


STRESS.

Assume particolare importanza tutto ciò che caratterizza il nostro


vissuto, per la sua intensità e/o aggressività, per la sua presenza
più o meno prolungata nel tempo e/o il suo cambiamento continuo,
per la sua sinergia con altri condizionamenti psicofisici. Lo studio
psicologico dello stress dimostra che a rendere lo stress dannoso è
sia il numero degli stressor sia la valutazione negativa che la
persona stessa attribuisce a quell’evento.

2. SOGGETTIVITA’/INDIVIDUALITA’

La nostra unità psico-somatica, in modo del tutto soggettivo filtra


gli stressor attribuendogli significati e valenze diverse in funzione
delle esperienze precedenti, del sistema emozionale e della propria
vulnerabilità. Da ciò consegue che la soggettività/individualità
assume notevole importanza nella risposta allo stimolo stressante
poiché il medesimo stimolo/situazione stressante potrà essere
vissuta ed interpretata in modo completamente differente da due
persone con conseguenze diverse sull’ambiente e sulla propria
salute.

Le persone che soffrono e che sono più esposte a fattori stressanti,


sono portate a esporsi maggiormente e più a lungo ai seguenti
fattori stressanti :

 Esasperata paura di perdere tempo


 Scarsa fiducia in sé stesso
 Forte aggressività
 Ostilità presente in ogni occasione
 Spinta all’autodistruzione

Una vita tutta di corsa e sempre arrabbiata predispone a un


dispendio di energie vitali che producono invecchiamento precoce,
abbassamento delle difese immunitarie con una conseguente
predisposizione alla malattia.

Diversamente le personalità che hanno la capacità di poter


apprezzare la bellezza, i sentimenti, e che lavorano con metodo e
profitto riescono a essere meno vulnerabili allo stress negativo.
3.
Di fronte a situazioni di stress l’individuo mette in atto strategie che
modificano o cercano di modellare il proprio ambiente. Ciò
evidenzia il tentativo di non soccombere alle pressioni ambientali e
agli eventi. Queste strategie che prendono il nome di coping sono
strettamente individuali e sono dettate dalle caratteristiche
psicologiche e personali del soggetto e dalle sue esperienze
precedenti.

Il concetto di coping è un concetto strettamente connesso a quello


di stress, poiché indica l’insieme delle strategie cognitive e
comportamentali messe in atto dall’individuo per fronteggiare la
situazione di stress. Il coping presuppone un’attivazione
comportamentale che rende il soggetto protagonista della
situazione e non soggetto passivo.

4. LA RESILENZA

Anche qui, il concetto di resilenza è importante per comprendere la


capacità o l’incapacità delle persone di gestire i fattori stressanti. La
resilenza può essere definita come la capacità di reagire
positivamente a scapito delle difficoltà e usare l’esperienza nata da
situazioni difficili per costruire il futuro.

Le caratteristiche della resilenza sono:

 Insight o introspezione: la capacità di esaminare sé stesso con


sincerità;
 Indipendenza: la capacità di mantenersi a una certa distanza,
fisica ed emozionale dai problemi, senza tuttavia isolarsi;
 Interazione: la capacità di stabilire rapporti soddisfacenti con le
altre persone;
 Iniziativa: la capacità di affrontare i problemi, capirli e riuscire a
controllarli;
 Creatività: la capacità di creare ordine, e obiettivi partendo dal
caos e dal disordine;
 Allegria: disposizione d’animo positiva, permette di allontanarsi
dal punto focale della tensione e relativizzare gli avvenimenti da
cui si viene colpiti;
 Morale: si riferisce a tutti i valori accettati da una società in
un’epoca determinata .

Ci sono possibilità di sviluppo della “resilenza” in ogni individuo e


possono essere:

 L’autostima positiva
 I legami affettivi significativi
 La creatività naturale
 Il buon umore
 Una rete sociale di appartenenza

Tutto ciò permette di diminuire l’aspetto negativo della situazione


conflittuale permettendoci di individuare nuove soluzioni davanti
alla sofferenza.
1.5 I principali campanelli d’allarme

Il primo passo è riconoscere i segnali che l’individuo avverte


quando è stressato. Alcuni di questi sintomi se presenti da almeno
due settimane possono dare l’idea di come il soggetto ha risposto
alla pressione eccessiva.

I segnali si dividono in:

Segni soggettivi organici

 Palpitazioni
 Secchezza delle fauci
 Disturbi digestivi
 Appetito mancante o a volte eccessivo
 Tensione muscolare specie al collo o alla parte bassa della
schiena
 Tremori, tic nervosi

Segni soggettivi psicologici (mentali)

 Senso di debolezza, di vertigine o d’irrealtà


 Incapacità di attenzione e di concentrazione
 Sentirsi disorientato
 Confusione
 Pessimismo
 Incapacità di Problem Solving
 Mancanza di Obiettività e Motivazione

Segni soggettivi psicologici (spirituali)

 Perdita di significato
 Mancanza di direzione
 Sentirsi soli
 Cinismo
 Preoccupazione per eventi passati

Segni soggettivi psicologici (emozionali)

 Frustrazione
 Sentirsi giù
 Irritabilità
 Scoraggiamento
 Cattivo Umore
 Sbalzi d’umore
 Tristezza immotivata
 Incubi
 Pianto improvviso
 Preoccupazione
Segni soggettivi psicologici (comportamentali)

 Cambiamento delle abitudini alimentari


 Dormire poco o troppo
 Aumentato consumo di sigarette
 Aumentato consumo di tranquillanti e di stimolanti
 Consumo di alcol o di droghe
 Irresponsabilità
 Rimandare
 Assentarsi facilmente

Segni soggettivi psicologici (relazionali)

 Isolamento
 Intolleranza
 Impazienza
 Distruttività
 Diminuzione del desiderio sessuale
 Usare le persone

Spesso dopo eventi traumatici o problemi incessanti, l’individuo per


varie ragioni può non disporre delle risorse necessarie per
fronteggiare gli stimoli stressanti o le situazioni che mettono a
repentaglio l’equilibrio psico-fisico.
In tutti questi casi può accadere che si mettano in atto risposte
disadattative che possono sfociare in disturbi d’ansia o in sintomi da
stress negativo con importanti implicazioni sul piano
comportamentale, emotivo, fisiologico.

E’ importante che lo psicologo esplori con attenzione, sia attraverso


il colloquio sia attraverso l’osservazione comportamentale, la
sintomatologia associata allo stato di stress.

In particolare è utile verificare se la persona sta vivendo


problematiche quali:

 Irrequietezza, movimenti compulsivi, scarso controllo


dell’irritabilità e della rabbia;
 Scarsa concentrazione e scarsa attenzione
 facilità al pianto
 Poca voglia di mangiare o viceversa mangiare molto
 Un calo dell’autostima
 Frustrazione
 Aumento di assunzione di alcolici e droghe
 Mancanza di tono ed energia
 Difficoltà di concentrazione
E’ altresì importante ricordare che, se trascurati questi segnali,
possono portare, nella fase di ”esaurimento funzionale” a patologie
più serie quali:

 La sindrome da stanchezza cronica


 Il disturbo post- traumatico da stress
 Disturbi ansioso-depressivi
 Cefalee da tensione
 Insonnia persistente
 Infarto Cardiaco
 Ipertensione
 Disturbi digestivi come reflusso gastro-esofageo e ulcera peptica
 Disturbi di vario genere a livello: endocrino, uro-genitale, della
pelle dell’apparato scheletrico e via dicendo.
Lo stress prolungato è capace di modificare le attitudini mentali e
fisiche dell’individuo fino a indebolirne il sistema immunitario.
I disturbi psicosomatici il più delle volte sono un modo con cui il
corpo avverte che siamo troppo sotto pressione. Il corpo può
esprimere tensioni emozionali e generare sofferenze reali, che
interessano vari organi e apparati anche in assenza di cause
organiche. Uno stress cronico come ad esempio una separazione, la
perdita del lavoro, conflitti relazionali e via dicendo, possono
aumentare la tensione psicologica coinvolgendo il corpo che può
rispondere somatizzando il disagio in un sintomo.

A questo punto possiamo definire che:

Lo stress non è solo tensione nervosa come spesso è identificato


dai medici, ma è costituito da una serie di fenomeni che si
manifestano con una serie, altrettanto multiforme, di segnali.

Lo stress agisce sia sulla mente sia sull’organismo.

Le malattie da eccesso di stress possono essere rappresentate da


malattie importanti quali ulcera gastrica, ipertensione, infarto
cardiaco ma anche dal disturbo post traumatico da stress, sindrome
da stanchezza cronica, depressione, disturbi ansiosi depressivi,
disturbi del comportamento alimentare, alcool dipendenze e via
dicendo.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, lo stress colpisce
soprattutto le persone sempre dinamiche e con grinta che
accumulano impegni su impegni senza concedersi un momento di
sosta.

I fattori di rischio sono legati sia alle abitudini di vita e alle cose che
la persona vive che al modo in cui quello che accade è interpretato
ed affrontato.

Quanto più la persona è invischiata nelle attività stressanti, tanto


meno sarà sensibile e attenta ai segnali di allarme inviati dalla
psiche e dall’organismo: i segnali saranno manifesti solo quando
avranno raggiunto un livello molto elevato.

Le cause dello stress possono essere legate a eventi recenti o e


anche a eventi passati e la nostra risposta allo stress è per così dire
personalizzata.
Capitolo 2
2.1 Gestione dello stress come competenza
psico-sociale

La proposta dell’intervento deve partire da un’attenta comprensione


del fenomeno stressante e di come questo si inserisce nella vita
dell’individuo; occorre quindi considerare l’uomo nella sua totalità di
psiche, di soma, di esperienze e abitudini di vita, di ambiente
familiare, sociale, lavorativo e fisico.

Laddove ci siano sintomi organici sarà importante seguire un


approccio integrato con valutazioni ed interventi di tipo psicologico,
medico e specialistico a maggior ragione qualora ci sia il sospetto di
patologie gravi a livello organico.

Lo psicologo potrà valutare gli aspetti psicologici coinvolti


attraverso diversi strumenti: il colloquio clinico, l’osservazione e i
test psicodiagnostici.

In particolare tale indagine dovrà raccogliere informazioni circa:


 Stimoli-Stressor
 Soggettività-individualità,
 Strategie di coping utilizzate
 Capacità di resilenza

La griglia seguente evidenzia i principali fattori che sarebbe


importante esplorare prima di intraprendere il piano di intervento:

Le risorse materiali e l’energia fisica


L’attitudine a risolvere i problemi
L’attitudine a comunicare e ad avere rapporti con gli altri
L’appoggio altrui e in generale le interazioni sociali
Il senso dell’umorismo
Il controllo emotivo e l’ottimismo
Il senso di controllo personale
La presenza di manifestazioni somatiche
Cambiamenti sociali come (trasferimenti, perdita del lavoro, forti
conflittualità in famiglia, etc.)
Cambiamenti personali (lutti, separazioni, unioni matrimoniali,
nascita di un figlio, avanzamento di carriera, etc.)
Problemi quotidiani (conflitti sul lavoro, difficoltà interpersonali in
famiglia o sul lavoro, difetti nella comunicazione, etc.)
La Motivazione intrinseca del soggetto al cambiamento
Nella gestione dello stress è fondamentale in primo luogo aiutare a
divenire consapevoli di ciò che origina lo stress e, successivamente,
riuscire a capire quali siano le strategie di coping più funzionali per
la persona, in quel preciso momento di vita, per riuscire a
fronteggiare in modo funzionale la situazione distonica.

Lo psicologo dovrebbe sempre ricordare che la persona a volte


potrà fronteggiare la situazione di stress agendo sull’ambiente
esterno altre volte invece agendo esclusivamente su quello interno.

In alcuni casi il supporto psicologico può aiutare la persona a


ridefinire il contesto situazionale e a scoprire o riscoprire alcune
risorse personali utili a fronteggiare in modo concreto e pratico la
situazione, agendo in modo diretto e attivo alcuni comportamenti
che cambiano oggettivamente l’ambiente esterno. Un esempio
potrebbe essere quello di una persona che riesce a trovare la forza,
il coraggio e le risorse per chiedere la separazione.

In altri casi, invece, il lavoro psicologico rispetto alla gestione del


distress può aiutare la persona a riacquistare potere rispetto ad una
situazione immutabile (si pensi allo stress generato da un lutto).

Ricordiamo che il nostro lavoro mette al centro il significato


psicologico che la persona attribuisce all’evento. Ed è proprio su
questo significato che si può agire un cambiamento anche quando
la situazione stressante oggettiva rimane invariata .

Vedremo ora due strumenti di lavoro, il primo di stampo cognitivo il


secondo si stampo psico-corporeo.

2.2 Uno strumento cognitivo: La mia giornata

Molte volte le persone che chiedono un supporto psicologico


lamentano il fatto di sentirsi genericamente stressate.

Generalmente ognuno di noi è quotidianamente impegnato a vivere


fuori di sé al punto da non riuscire più ad avere una percezione
adeguata di se stesso.

Un primo basilare lavoro finalizzato a restituire potere alla persona


è quello di renderla maggiormente consapevole degli eventi che
accadono nella sua giornata.

Un utile strumento di lavoro è l’analisi della giornata.

Si chiede alla persona di descrivere in forma scritta una data


giornata arricchendola di tutti i particolari che egli ritiene rilevanti.
Si può chiedere di descrivere la giornata precedente alla seduta o
una giornata particolare che ha avuto una particolare rilevanza per
il cliente.

In questo esercizio è importante invitare la persona a scrivere nel


dettaglio la giornata, ponendo particolare attenzione agli orari, alle
attività svolte, ai pasti, agli incontri e a tutto ciò che egli ritiene
significativo.

Si può usare della carta bianca o uno schema prestampato.

E’ importante ricordare che alcune persone fanno molta fatica a


ricordare e descrivere gli eventi vissuti e tendono a concentrare
l’intera giornata intorno all’evento percepito come stressante, quasi
facendo scomparire tutto il resto.

Una volta che la persona ha scritto la propria giornata è importante


rileggere ad alta voce quanto scritto.

In tal senso è possibile che a leggere sia la persona stessa o lo


psicologo. Generalmente in questa fase chiedo sempre alla persona
quale modalità preferisce e assecondo la sua preferenza.

Terminata la lettura si invita la persona a riflettere se c’è qualche


elemento o evento che desidera aggiungere.
Se mancano elementi importanti (ad esempio i pasti) o se ci sono
archi temporali ampi lasciati in bianco si invita la persona a
riflettere e integrare tali parti.

A questo punto si chiede alla persona di associare un aggettivo o


una parola a quella giornata e, successivamente, si invita a
riflettere su quale/i evento/eventi quell’aggettivo è maggiormente
riferibile e legato.

In questo modo si aiuta la persona a prendere contatto con


l’eventuale tendenza a generalizzare, che spesso si manifesta in
condizioni di elevato stress. Infatti, quando la persona sente di
essere stressata tende ad associare l’emozione distonica suscitata
da una situazione specifica all’intero scenario: anche un singolo
evento può avere la forza di determinare il vissuto emotivo
dell’intera giornata.

La scrittura, la rilettura e il lavoro di contatto emotivo con la


giornata perseguono il fondamentale obiettivo di rendere
consapevole il soggetto aiutandolo ad esercitare un potere di
relativizzazione che, se ben esercitato, svolge un’importante
funzione nello scardinare i processi di generalizzazione, effetto
alone e attenzione selettiva.
Partendo dall’osservazione di quanto scritto si riflette con la
persona circa la possibilità di inserire all’interno della giornata delle
piccole azioni correttive

Occorre insegnare ai nostri clienti ad inserire “le correzioni” nella


loro giornata, ovvero i “punti defaticanti”.

La persona viene stimolata a riflettere su:

1. Principio di realtà
2. Principio di piacere

Tale lavoro può essere svolto spiegando il significato dei due


principi e, successivamente, chiedendo alla persona di evidenziare
sul foglio di lavoro quanti elementi appartengono all’uno o all’altro
principio. Per stimolare maggiormente la presa di coscienza può
essere utile anche chiedere alla persona di realizzare un grafico a
torta in cui si evidenzi visivamente la distribuzione, nell’arco della
giornata tra i due principi.

Generalmente nelle situazioni di stress tenderanno ad essere più


numerose e presenti elementi legati al principio del dovere.

La persona deve invece essere stimolata a trovare e collocare nella


propria giornata alcuni punti defaticanti, che ovviamente non
devono essere suggeriti dallo psicologo ma trovati, anche
creativamente, dalla persona.

È di primaria importanza tenere in considerazione le preferenze


personali della persona e ricordare che una stessa azione può
essere altamente defaticante per una persona, neutra per un’altra e
addirittura risultare fastidiosa e stressante per un’altra ancora.

In tal senso bisogna prestare attenzione a non banalizzare i punti


defaticanti e a non dar per scontato che ciò che viene considerato
“rilassante dai più” lo sia sempre e comunque. E’ importante
ricordare che, proprio come per le situazioni di stress, anche per
quelle di benessere vale la percezione soggettiva della persona: un
punto defaticante deve essere considerato tale dalla persona che
dovrà usarlo.

Se si concorda l’inserimento di alcuni punti defaticanti lo psicologo


dovrà tenerne memoria e monitorare la messa in pratica degli
stessi verificandone la reale fattibilità per la persona e, in caso di
necessità, apportando alcune modifiche o ritarature.
2.3 Una tecnica psico-corporea: il rilassamento
di Jacobson

Le tecniche di rilassamento favoriscono il benessere fisico e mentale


dell’individuo attraverso il rilassamento muscolare. Si parte dal
presupposto che mente e corpo si influenzino reciprocamente: pur
agendo sul corpo si produrrà un effetto anche sull’eventuale
tensione psichica che ne risulterà diminuita o scaricata.

Le Tecniche di rilassamento possono facilitare l’adozione di un


atteggiamento di mindfulness favorendo il contato consapevole con
le proprie emozioni, sensazioni corporee e pensieri e sviluppare la
capacità di soffermarsi sul qui e ora, senza fare niente, senza
rimuginare sul passato o futuro oppure su quello che dovrebbe o
non dovrebbe essere.

Il rilassamento di Jacobson è una forma di rilassamento attivo che


consiste in una contrazione e decontrazione di diversi gruppi
muscolari. In questo modo la mente riesce a cogliere e discriminare
le differenze tra la muscolatura in stato di contrazione e in stato di
rilassamento.

E’ importante specificare che molto spesso proprio le persone che


avrebbero maggior bisogno di lavorare con tecniche di rilassamento
corporeo non si sentono a loro agio nell’usare queste tecniche
poiché credono che sia importante essere sempre vigili per
guardarsi da eventuali pericoli.

Il rilassamento di Jacobson appare particolarmente indicato per


tutte quelle persone che mostrano una particolare paura di perdere
il controllo e difficoltà a lasciarsi andare e ad abbandonarsi.

Nel 1908 Jacobson iniziò le sue ricerche relative al “sussulto


nervoso” con lo scopo di dimostrare che le emozioni danno origine a
manifestazioni corporee.

Partendo dal presupposto che le emozioni scaturiscono dal pensiero


e, di conseguenza, vengono attivati alcuni muscoli, Jacobson
elaborò il suo metodo, che agendo direttamente sui muscoli, ossia
dall’effetto sul corpo delle emozioni, mirava a riportare la mente in
uno stato di calma.

Il metodo Jacobson si basa sull’alternanza della contrazione e


della decontrazione dei vari fasci muscolari, in maniera volontaria.
Agendo sui vari segmenti e regioni creando un’alternanza di
tensione e rilassamento muscolare si riprende il contatto con il
proprio corpo. Infatti, tendere al massimo un muscolo e
immediatamente rilassarlo aiuta la persona a prendere coscienza
delle tensioni accumulate nei diversi distretti corporei.

Il rilassamento progressivo potrà essere praticato stando sdraiati in


posizione supina o seduti su una sedia con uno schienale che
assicura l’appoggio della testa.

Posizione seduta

E’ indicata per chi avverte la necessità di un pronto impiego del


metodo: infatti può essere assunta in modo semplice e diretto nella
maggior parte degli ambienti, compresi quelli di lavoro, non
richiedendo una particolare destrutturazione corporea. La persona
si siede su una sedia con i braccioli su cui poggiano le braccia, la
schiena deve poggiare sullo schienale in modo da essere
sufficientemente dritta.

Posizione sdraiata

La persona si sdraia sul pavimento, si può usare un cuscino o


meno, si può usare un materasso purché non troppo morbido o il
classico tappetino da yoga. I piedi devono essere leggermente
lontani l’uno dall’altro, le braccia leggermente distaccate dal busto.

In entrambi i casi lo Psicologo deve poter vedere bene il corpo della


persona in modo da controllare che svolga correttamente le
contrazioni e decontrazioni guidate.

Esercizi preparatori

Gli esercizi preparatori vengono svolti da seduti.

Permettono allo Psicologo di osservare le rispondenza della persona


a questo tipo di tecnica: laddove la persona dovesse provare fastidi
eccessivi o insofferenza nello svolgimento degli esercizi preparatori
è importante non proseguire nella conduzione dell’intero
rilassamento.

Inoltre se rispondenti alla persona possono essere un buon modo


per canalizzare e scaricare l’energia in eccesso anche in situazioni
della vita quotidiana, infatti richiedono poco tempo e sono
sufficientemente discreti.

Contrarre e decontrarre i Piedi

 Premere a terra con il piede destro per 3-4 secondi


 Rilasciare i muscoli e cercare di percepire la differenza fra la
tensione iniziale e il rilassamento conseguente
 Ripetere per 2-3 volte
 Ripetere con il piede sinistro
 Ripetere con entrambi i piedi

Contrarre e decontrarre le mani

 Contrarre la mano destra verso il basso per 3-4 secondi


 Rilasciare i muscoli e cercare di percepire la differenza fra la
tensione iniziale e il rilassamento seguente
 Ripetere per 2-3 volte
 Ripetere con la mano sinistra
 Ripetere con entrambe le mani

Una volta svolti li esercizi è importante un momento di condivisione


finalizzato ad esplorare cosa gli esercizi hanno “mosso” nella
persona e se la tecnica può essere applicata o meno.

E’ basilare che la persona non sperimenti senso di dolore.


Il rilassamento completo

Consiste nel contrarre in modo progressivo diversi gruppi di muscoli


e poi decontrarli.

Le contrazioni - decontrazioni devono essere svolte ad occhi chiusi


in modo da portare l’attenzione dall’esterno all’interno. Tuttavia,
prima di condurre il rilassamento vero e proprio, in cui la persona è
ad occhi chiusi, è importante che lo psicologo, faccia sperimentare
la contrazione – decontrazione di tutti i gruppi muscolari coinvolti
quando la persona è completamente vigile e con gli occhi aperti.
Questa fase servirà sia per verificare particolari difficoltà in alcuni
distretti sia per aiutare la persona a sentire meglio la contrazione –
decontrazione. Prima di procedere alla pratica effettiva si deve
svolgere una sorta di training: in questo modo quando la persona
chiuderà gli occhi già avrà sperimentato le diverse contrazioni-
decontrazioni avrà in tal senso una memoria di un già fatto che
faciliterà la pratica ad occhi chiusi.

I distretti che devono essere contrati e decontratti devono seguire


la linea verticale del corpo. Il rilassamento può essere condotto
dalla testa verso i piedi o al contrario dai piedi verso la testa.
Presentiamo l’ordine dalla testa verso i piedi:

 Fronte
 Occhi
 Mascella
 Spalle
 Braccio destro compresa la mano
 Braccio sinistro compresa la mano
 Addome
 Glutei
 Gamba destra compreso il piede
 Gamba sinistra compreso il piede. Nella contrazione delle gambe
il piede può essere tenuto a martello o a punta, in base a come
viene più facile alla persona.

NB: Gli esercizi di contrazione e decontrazione muscolare devono


essere eseguiti dopo aver effettuato alcune profonde respirazioni
necessarie a favorire un maggiore contatto corporeo.

Durante la conduzione la voce dello Psicologo dovrà scandire bene i


tempi della contrazione e della decontrazione.

Una volta completata la pratica è basilare un momento di confronto


con la persona.
Il rilassamento progressivo, infatti, oltre al beneficio corporeo può
portare la persona a raccontarsi in un modo autentico allo Psicologo
dal momento che il corpo può restituire sensazioni ed emozioni su
cui ciascun professionista può lavorare attraverso i propri
strumenti. Il momento di confronto può quindi fornire importanti
spunti di lavoro e, in alcuni casi, è basilare per contenere eventuali
sensazioni distoniche provate.

In conclusione riportiamo un esempio pratico di conduzione ripreso


da una conduzione svolta dal dott. Edoardo Ercoli, responsabile
della Scuola di Counseling Psicologico di Obiettivo Psicologia s.r.l

Respira profondamente e lentamente. Poni attenzione al respiro e


ai movimenti dell’aria quando inspiri ed espiri. In questa posizione
stiamo per iniziare il nostro rilassamento progressivo.

La mia voce ti guiderà nella contrazione e decontrazione di vari


distretti muscolare.

Ricorda di contrarre in modo energico ma senza mai forzare in


modo eccessivo.

Rispetta sempre i segnali del tuo corpo, osservali e cerca di sentire


la differenza tra la contrazione e la decontrazione.

Ogni contrazione durerà tre secondi.


Io conterò tre secondi per ciascuna contrazione e poi ti chiederò di
mollare.

Segui la mia voce ma ricorda sempre di rispettare la tua zona di


agio.

Pausa

Contrai i muscoli della fronte

Uno Due Tre

Molla!

Pausa di circa 10 secondi

Ripetiamo: contrai i muscoli della fronte

Uno Due Tre

Molla!

Pausa di circa 10 secondi

Un’ultima volta: contrai i muscoli della fronte

Uno Due Tre

Molla!
Pausa di circa 20 secondi

Contrai i muscoli degli occhi

Uno Due Tre

Molla!

Pausa di circa 10 secondi

Ripetiamo: contrai i muscoli degli occhi

Uno Due Tre

Molla!

Pausa di circa 10 secondi

Un’ultima volta: contrai i muscoli degli occhi

Uno Due Tre

Molla!

Pausa di circa 20 secondi

La conduzione procede in questo modo seguendo lo schema


corporeo sopra riportato fino ad arrivare alle gambe.
Ora che hai sperimentato la contrazione in tutti i distretti ti chiedo
di contrarre contemporaneamente tutti i distretti su cui abbiamo
lavorato

Pausa

Contrai tutto il corpo

Fronte, occhi, mascella, spalle, braccia addome, glutei, gambe

Molla!

Pausa di circa 10 secondi

Ancora una volta contrai tutto il corpo

Fronte, occhi, mascella, spalle, braccia addome, glutei, gambe

Molla

Pausa di circa 10 secondi

Un’ultima volta contrai tutto il corpo

Fronte, occhi, mascella, spalle, braccia addome, glutei, gambe

Molla!

Pausa di circa 20 secondi


Rimani in questa situazione di rilassamento e senti il corpo che
dopo aver lavorato energicamente si abbandona e rilascia
scaricando a terra il suo peso. In questo momento chiediti come
stai e prova a rimanere a contatto con le sensazioni provate
durante le contrazioni e durante le decontrazioni. Prova ad
ascoltare cosa ti dice il tuo corpo.

Pausa di circa 1 minuto

Ora gentilmente inizia a risvegliare il copro in modo lento e


graduale, inizia a muovere le dita delle mani e dei piedi, risveglia il
corpo gentilmente. Non fare scatti né movimenti bruschi e prendi
tutto il tempo di cui hai desiderio, voglia o bisogno. Muovi
leggermente il corpo. Se vuoi sbadigliare, massaggiare il copro,
stiracchiarti. Risvegliati in modo gentile ricordando di non fare
movimenti bruschi e ricordando che l’ultima parte del corpo che si
dovrà risvegliare è quella degli occhi. Riaprirai gli occhi solo quando
ti sentirai pronto a completare il rientro nel qui ed ora e anche nel
riaprire gli occhi ricorda di farlo in modo graduale e gentile in modo
da permettere alle pupille di abituarsi ad una maggiore luminosità.

Prima di passare dalla posizione distesa a quella seduta rimani per


qualche secondo sdraiato di fianco in modo da evitare cambiamenti
bruschi nella pressione.
Ringraziamenti
Si ringrazia la Scuola di Counseling Psicologico di Obiettivo
Psicologia s.r.l www.scuoladicounselingpsicologico.it per aver
concesso l’uso di alcuni materiali di lavoro e per l’intervista svolta
con il dott. Edoardo Ercoli.
Bibliografia
Mario Farnè, Lo stress, Bologna, Il Mulino, 2008.

Hans Selye, Stress senza paura, Milano, Rizzoli 1977.

Dizionario di Psicologia, Umberto Galimerti, Novara, L’Espresso


2006.

Social Stress Risk – Modello di Valutazione dei Rischi Psicosiciali,


Milano, FerrariSinibaldi 2008.

Psicologia ed economia della felicità: verso un cambiamento


dell’agire politico.

Nathaniel Branden¸I sei pilastri dell’autostima, TEA,2009.

INDIRIZZI INTERNET

Obiettivo Psicologia, Roma

www.opsonline.it/ psicologia

www.opsonline.it/tecniche di rilassamento
Stress signals from mind,body and spirit

www.healtnet.pg.com

IPASVI Infermieri in Rete

www.ipasvi.it/ attualità

Potrebbero piacerti anche