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Capire la Fisica

Livello intermedio
.

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Andrea de Capoa

4 giugno 2018
Introduzione all’opera Scheda 1
una nuova versione viene pubblicata. Le schede poco chiare o didatticamente
1.1 La nascita di questo progetto
meno valide vengono via via sostituite. Il tutto per creare un’opera dinamica
Questo libro nasce come conseguenza di un mio disagio personale nell’utilizzare i in continuo miglioramento dove le esperienze didattiche precedenti saranno
libri di testo presenti attualmente in commercio. Sebbene molti di essi siano validi, sempre la base per la scrittura delle schede future.
una serie di fattori li rendono comunque difficili da utilizzare con quel livello di effi-
4. I libri di testo spesso non si concentrano nel modo opportuno sugli esercizi.
cacia che vorrei in una mia classe. Vi elenco brevemente qui di seguito a quali fattori
Lo studio di un concetto è solo il primo passo per l’apprendimento della fisi-
mi riferisco ed in che modo questo libro si ripropone di risolvere tali problematiche
ca. La vera competenza sta nel sapere richiamare alla mente quel concetto nel
1. Nessuno di essi è esente da errori, sia semplici refusi, che errori di calco- momento in cui esso è necessario. Lo studio di un concetto di teoria è un ap-
lo, che errori di concetto. Ammesso che nemmeno io sono esente da errori, prendimento passivo in cui semplicemente immagazzino delle informazioni.
quest’opera è distribuita gratuitamente online; sono in grado di correggere un Il passo successivo è saper richiamare tali infomazioni ed utilizzarle in modo
errore in pochi minuti, ricompilare il libro e pubblicare la versione corretta in opportuno per raggiungere un obiettivo. La risoluzione di un esercizio deve
pochissimo tempo. Se tutti gli utilizzatori del libro vorranno segnalare la pre- avere questo scopo. A quest’opera è associato un libro di esercizi svolti, la cui
senza di un qualunque tipo di errore, essi contribuiranno a mantenere l’opera spiegazione è di fatto una lezione di fisica in cui lo studente viene guidato nel
sempre corretta sotto ogni punto di vista. ragionamento che lo porta al risultato finale.

2. Nessuno di essi è in grado di adattarsi al livello degli alunni o della tipolo-


gia di scuola in cui viene utilizzato. Questo libro è una lunga collezione di
schede, ognuna delle quali tratta di un singolo specifico argomento. Parti di-
1.2 La struttura a schede
verse dello stesso argomento possono inoltre essere scritte su schede differenti. Ogni scheda un argomento! La struttura del libro è tutta qui. Le schede sono ovvia-
Lo stesso argomento può infine essere ripetuto su schede differenti ma tratta- mente connesse tra loro; alcune sono approfondimenti di altre, alcune sono legate da
to ad un livello di complessità più o meno maggiore e con l’utilizzo strumenti una relazione di propedeuticità. Un corso di fisica corrisponde ad una certa sequenza
matematici più o meno avanzati. Un corso di studi di fisica, per questo libro, di schede scelte dal docente in funzione del livello del corso di studi.
corrisponde ad una determinata sequenza di schede ordinate secondo un’op-
portuna propedeuticità. A seconda del tipo di scuola, del livello della classe
o del livello del singolo alunno, si potranno scegliere le ooportune schede e 1.3 La struttura di una scheda
adattare di conseguenza il libro al livello richiesto dal docente o possibile per
Ogni singola scheda vuole fornire tutto il supporto necessario allo studente per com-
lo studente.
prendere il concetto in questione. Oltre alla classica spiegazione scritta tipica di ogni
3. I libri di testo spesso cambiano edizione o diventano obsoleti. I nuovi libri libro, le schede sono affiancate da un video, pubblicato su Youtube, contenente la
o le nuove edizioni spesso sono differenti senza essere migliori. Nessuno spiegazione degli stessi concetti. Sono inoltre possibili dei collegamenti a file di Geo-
dei libri attualmente di mia conoscenza sono libri in continua e perenne evolu- gebra, o di qualunque altro software didattico, così come collegamenti a materiale
zione e crescita. Se vengo a conoscenza di un nuovo e più efficace metodo di didattico esterno a quest’opera. Infine in ogni scheda potrete trovare rifermenti ad
spiegazione di un certo concetto, tale novità entra immediatamente nel libro ed esercizi svolti, sull’argomento trattato nella scheda.

2
3 Scheda1. Introduzione all’opera

1.4 Lo stato dell’arte


In questo momento l’opera è ancora al suo esordio. Molte schede devono essere
scritte e le schede presenti devono essere migliorate e completate. se mi scriverete
all’email decapoa@gmail.com potrete indicarmi quali schede ritenete sia più utile svi-
luppare, correggere, sostituire, ampliare, ecc. ecc. Vi sarò grato dell’aiuto che vorrete
fornire.
Mappa delle schede Scheda 2
I Versori
[11]

Il Sistema Intenazionale Grandezze Fisiche I Vettori La Distribuzione


di Misura [6] Derivate [7] [10] di Massa [23]

Sistemi di
riferimento [13]

Libro I: Introduzione Gli Scalari Le Leggi Il metodo


Libro II: Cinematica
alla fisica [5] I0001 Fisiche [8] Scientifico [9]

Moto
Libro III: Dinamica Libro II: Cinematica
parabolico [18]

Moto Moti Periodici M.R.U. e Grandezze


armonico [21] e orologi [19] M.U.A. [15] cinematiche [14]

Moto Circolare Grafici Spazio-


Uniforme [20] Tempo [16]

Grafici Velocità-
Tempo [17]

4
5 Scheda2. Mappa delle schede

Moto su di
un piano
inclinato [30]

Forza di
Libro III: Dinamica
attrito [28]

Legge di Gravitazione Forza di gravità e Analisi di I tre principi della


[32] Pressione [25]
Universale [31] di Archimede [26] singole forze dinamica [24]

Reazioni Momento di
Forza Peso [29]
vincolari [34] una forza [33]

Libro XI: Libro IV: Leggi


Forza elastica [27]
Relatività ristretta di conservazione

Autore: Andrea de Capoa 23 Lug 2017


6 Scheda2. Mappa delle schede

Macchine Energia e Libro IV: Leggi


Semplici [41] Lavoro [38] di conservazione

Forze Conservative ed Quantità di Momento


Energia Potenziale [39] moto [36] angolare [35]

Libro VIII: Fenomeni Conservazione TeoriaDegliUrti


ondulatori dell’energia totale [40] [42]

Libro V:
Fluidodinamica

Libro VI: Il moto di un


Calorimetria pianeta [32]

Libro IX:
[31]
Elettromagnetismo

Libro V: La conservazione
Fluidodinamica della portata [45]

Il principio Il principio di
di Pascal [44] Bernoulli [46]
7 Scheda2. Mappa delle schede

Libro VI: La temperatura Riscaldamento Dilatazione


Calorimetria [49] [50] termica [51]

Libro VII:
Termodinamica

Stati della Transizioni


materia [48] di fase [52]

Conduzione
termica [53]

Legge dei gas perfetti


Libro VII: Primo principio della Ciclo di
e trasformazioni Ciclo Diesel [60]
Termodinamica termodinamica [55] Carnot [58]
termodinamiche [56]

Distribuzione
Entropia [63] Ciclo Otto [59]
di Maxwell [57]

Ciclo
rettangolare [62]

Ciclo di
Stirling [61]
8 Scheda2. Mappa delle schede

Fibre ottiche [76]

Riflessione e
Le lenti [74]
rifrazione [67]

Diffrazione [69] Dispersione [72] Arcobaleno [75]

Libro VIII: Fenomeni Onde e fenomeni


Diffusione [71]
ondulatori ondulatori [65]

Libro XII: Introdu-


Intensità di
Interferenza [68] zione alla meccanica
un’onda [66]
quantistica

Effetto
Doppler [73]

Risonanza [70]
9 Scheda2. Mappa delle schede

Modelli
Atomici 02 [99]

Libro IX: Forza di Modelli Elettrizzazione


Elettromagnetismo Coulomb [78] Atomici 01 [82] [83]

Circuitazione di Corrente di
Effetto Punta [84]
un campo [85] spostamento [87]

Campo Forza
Magnetico [79] Magnetica [80]

Induzione elet-
Libro X: Magnetismo
tromagnetica
Elettrotecnica nella Materia [81]
[86]

Libro X: Corrente Circuiti elettrici


Leggi di Ohm [89] Circuiti RC [91]
Elettrotecnica elettrica [88] Ohmici [90]

Circuiti RL [92]

Libro XI: Relatività


Relatività ristretta ristretta [95]
10 Scheda2. Mappa delle schede

Libro XII: Introdu-


Modello atomico
zione alla meccanica
di Bohr [100]
quantistica

Effetto
fotoelettrico [98]

Introduzione
Radiazione di
alla fisica
corpo nero [97]
moderna [101]

Il CERN [102]

Libro XIII:
Laboratorio

Errori di misura Realizzazione di


Libro XIII: Errori di
e distribuzione un’esperienza di
Laboratorio misura [104]
gaussiana [105] laboratorio [106]

Relazione di
laboratorio [107]
Parte I

Introduzione alla fisica

11
Perchè la Fisica Scheda 3
La fisica studia ogni fenomeno naturale. Si preoccupa di osservare come accado-
no le cose, formulare dei modelli matematici che descrivano tali comportamenti e
che permettano di prevedere come accadranno le cose, conoscendo le condizioni di
partenza.
La fisica è una scienza sperimentale. Basa cioè tutte le sue affermazioni sui risul-
tati di esperimenti scientifici fatti secondo regole ben codificate che permettono a
chiunque di ripetere tali esperimenti e verificarne i risultati.
Tutto si riduce quindi ad effettuare delle misure e l’oggetto delle misure sono
le grandezze fisiche. Fare un esperimento significa definire il valore delle grandezze
fisiche coinvolte in un determinato fenomeno naturale.

Si definisce grandezza fisica tutto ciò che può essere misurato.

Autore: Andrea de Capoa 1 Giu 2018

12
Mappe sulle grandezze fisiche Scheda 4
Sistema
Internazionale
di misura

Intensita Intensita Quantità


Massa Tempo Lunghezza Temperatura
di corrente luminosa di sostanza
M [kg] t [s] L [m] T [K]
I [A] [cd] [mol]
[kilogrammi] [secondi] [metri] [gradiKelvin]
[Ampere] [Candela] [mole]

grandezze
derivate

densità Momento
Volume Superficie
ρ = M Baricentro di Inerzia
V V S
kg ~xB I
[ 3] [m3 ] [m2 ]
m [kg · m2 ]

Sistemi di riferimento
12

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017

13
Gli scalari Scheda 5
comuni prefissi è riportato in tabella 5.1. Se voglio dire 1000 metri dirò 1 kilometro e
5.1 Cos’è uno scalare
cioè 1000 m = 1 km
Chiamiamo uno scalare una quantità del tipo L =
Prefisso Simbolo Valore
10 metri. Questa scrittura significa che una qual-
tera T 1012 mille miliardi
che grandezza fisica, che chiamo L, vale 10 me-
giga G 109 un miliardo
tri. Essa è costituita da una parte numerica 10 se-
mega M 106 un milione
guita dalla sua unità di misura metri. Ogni volta
kilo k 103 mille
che rappresentiamo una grandezza fisica scalare,
etto h 102 cento
la dobbiamo scrivere sempre con accanto la sua
Fig. 5.1: Guarda il video you- deca da 101 dieci
unità di misura. E’ sempre possibile esprimere la
tu.be/jAWfWqjF9VQ - - - -
stessa grandezza fisica con una differente unità di
deci d 10−1 un decimo
misura purché la nuova unità di misura rappresenti una grandezza fisica omogenea
centi c 10−2 un centesimo
con quella precedente. Nell’esempio seguente tutte le grandezze indicate sono tra
milli m 10−3 un millesimo
loro omogenee e rappresentano lo stesso identico scalare.
micro µ 10−6 un milionesimo
nano n 10−9 un miliardesimo
7 km = 7000 m = 700000 cm
pico p 10−12 un millesimo di miliardesimo
ma anche
Tabella 5.1: Alcuni multipli e sottomultipli per le unità di misura
7 km = 11, 2 M igliaterrestri = 7, 4041 · 10−16 anniluce

Ovviamente in tutti questi esempi la parte numerica cambia; visto che lo scalare
è sempre lo stesso, ovviamente cambia anche l’unità di misura.
5.3 Conversioni di unità di misura
Immaginiamo di convertire in metri la quantità
5.2 Prefissi per le unità di misura
∆S = 10 km oppure in ore la quantità ∆t =
Visto che lo stesso scalare lo posso scrivere in molti modi diversi, quale è meglio uti- 90 min. Il procedimento da seguire prevede i
lizzare? di sicuro è meglio utilizzare il più comodo, per esempio quello con la parte seguenti passaggi, rappresentati poi di seguito:
numerica più facile da maneggiare nelle operazioni. Nessuno rappresenterebbe la
1. Riscrivere la parte numerica lasciandola
propria altezza in kilometri o la distanza tra Sole e Terra in millimetri, perchè quello
immutata.
scalare avrebbe la parte numerica troppo piccola o troppo grande per essere utiliz-
Fig. 5.2: Guarda il video you-
zata con facilità. Per questo motivo sono stati introdotti opportuni prefissi (multipli 2. Al posto delle unità di misura che compaio- tu.be/Ctirc_0CGeo
e sottomultipli) posizionati davanti all’unità di misura con lo scopo di poter scrivere no riscrivere il loro equivalente nella nuova
gli scalari in una forma adatta agli utilizzi che se ne intendiamo fare. L’elenco dei più unità di misura: al posto di km scrivo 1000

14
15 Scheda5. Gli scalari

metri (infatti in un kilometro ci sono 1000 metri) ogni misura, é assolutamente molto importante che voi prima annotiate su car-
ta la vostra ipotesi e solo successivamente la verifichiate con lo strumento di
12 km = 12 · 1000 m = 12000 m misura.
h
e al posto di min scrivo 60 (infatti per scrivere l’equivalente di un minuto devo • Prendete in considerazione un qualunque oggetto ed indovinate quale sia la
prendere un’ora e dividerla per 60) sua massa. Successivamente, usando una bilancia, misurate la sua reale massa
h e confrontate i risultati ottenuti con quelli da voi ipotizzati. Annotate con cura
90 min = 90 · = 1.5 h la vostra ipotesi e il risultato della misura, e provate a dare un giudizio delle
60
vostre capacità. Per ogni misura, é assolutamente molto importante che voi
3. Eseguire le operazioni del caso sui numeri prima annotiate su carta la vostra ipotesi e solo successivamente la verifichiate
rimasti con lo strumento di misura.

Nel caso che la conversione sia più complessa il procedimento in realtà non cam- • Cercate i valori dei record mondiali di salto in alto e salto in lungo. Per il primo
bia. Osserviamo nel dettaglio quanto segue: la parte numerica viene copiata uguale, fate un piccolo segno sul muro all’altezza corrispondente, mentre per gli altri
la linea di frazione viene copiata uguale, al posto di km scrivo 1000 m che rappre- due segnate a terra due punti alla distanza corrispondente. Vi renderete subito
senta la quantità equivalente espressa un metri, al posto di h (ore) scrivo la quantità conto di quanto sia difficile battere tali record!
equivalente in secondi e cioè 3600 s.
• Misurate la lunghezza media dei vostri passi.
km 1000 m m
130 = 130 = 36.11 • Provate a chiudere gli occhi per un periodo di un minuto. Riapriteli e control-
h 3600 s s
Analogamente avremo: late quanto tempo è effettivamente passato.

kg kg 1000 g g
130 3
= 130 = 130 = 0, 13 3
m m·m·m 100 cm · 100 cm · 100 cm cm

5.4 Capire gli scalari


Un modo per prendere confidenza con questi argomenti è quello di collegarli con il
mondo che ci circonda; provate a fare quanto indicato qui di seguito

• Prendete in considerazione un qualunque oggetto ed indovinate quali siano le


sue dimensioni (altezza, larghezza, profondità). Successivamente, usando un
righello, misurate le reali dimensioni di quell’oggetto e confrontate i risultati
ottenuti con quelli da voi ipotizzati. Annotate con cura la vostra ipotesi e il
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
risultato della misura, e provate a dare un giudizio delle vostre capacità. Per
Il Sistema internazionale di misura Scheda 6
In questa scheda parliamo di alcune delle grandezze fisiche fondamentali con cui
6.2 Intervallo di tempo: la durata
descriviamo la natura. Con queste è già possibile avere una conoscenza di tutti i
fenomeni della meccanica, della termologia e dell’elettromagnetismo. Tutti noi abbiamo un’idea intuitiva di cosa sia un intervallo tempo e sappiamo che
lo misuriamo con un cronometro; non banale è però dare una definizione precisa di
cosa sia un intervallo di tempo lungo ∆t = 1secondo dove il secondo è l’unità di
misura del tempo nel Sistema Internazionale.
Misurare un intervallo di tempo consiste nello scegliere un fenomeno periodico
6.1 Con poco costruisci tutto (che si ripete uguale dopo un certo intervallo di tempo) e contare quante volte tale
fenomeno periodico si ripete nell’intervallo di tempo che si vuole misurare.
Tutte le grandezze fisiche si dividono in grandezze Gli orologi migliori a nostra disposizione sono gli orologi atomici. In un orologio
fondamentali e grandezze derivate. Le grandezze atomico al cesio, un cristallo di quarzo viene fatto oscillare in accordo con la radiazio-
fondamentali sono soltanto sette, e sono elencate ne elettromagnetca (anch’essa un fenomeno periodico) emessa dagli atomi di cesio
in tabella 6.1. Esse costituiscono il Sistema Interna- in particolarissime condizioni. Tale emissione è un fenomeno dalle proprietà molto
zionale di Misura. Tutte le altre grandezze possono stabili e precise, riprese dall’oscillazione del cristallo di quarzo e poi utilizzate per la
essere costruite con una combinazione opportu- misura del tempo e per la definizione della sua unità di misura: il secondo.
na di quelle fondamentali, come per esempio una
Fig. 6.1: Guarda il video you- Il secondo è definito come la durata di 9192631770 periodi della radiazione cor-
velocità che, essendo espressa in metri diviso se-
tu.be/hQhH0ODWzN0
condi m rispondente alla transizione tra due livelli iperfini, da (F=4, MF=0) a (F=3,
s sono una combinazione delle grandezze
fondamentali lunghezza e tempo. MF=0), dello stato fondamentale dell’atomo di cesio-133.

Grandezza fisica unità di misura simbolo


Intensità di corrente elettrica ampere A 6.3 Lunghezza
Intensità luminosa candela cd
Lunghezza metro m Una lunghezza è la distanza tra due punti dello spazio. Il concetto di lunghezza è
Massa chilogrammo kg necessario per poter definire le dimensioni di un oggetto, la sua posizione rispetto
Quantità di sostanza mole mol ad un punto o rispetto ad altri oggetti. Esso è anche il punto di partenza per poter
Temperatura termodinamica kelvin K definire superfici e volumi. L’unità di misura di una lunghezza è il metro che è
Intervallo di tempo secondo s definito nel seguente modo:

Tabella 6.1: Il Sistema Internazionale di Misura Un metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un
1
intervallo di tempo pari a 299792458 di secondo.

16
17 Scheda6. Il Sistema internazionale di misura

Questa definizione viene dal fatto di voler definire una lunghezza a partire dal
valore della velocità della luce. La velocità della luce è infatti c = 299792458 ms ed
ha la particolare caratteristica di avere sempre lo stesso valore in ogni istante e per
qualunque osservatore. Avendo prima definito in modo indipendente cosa sia un
secondo, ecco che è adesso possibile definire il metro.

Fig. 6.2: Guarda il video youtu.be/ZMByI4s-D-Y


6.4 Massa
La massa è la quantità di materia di cui è fatto un corpo e per misurarla usiamo una
bilancia. L’unità di misura della massa è il kilogrammo.

Il kilogrammo è la massa di un particolare cilindro di altezza e diametro pari


a 0, 039 m di una lega di platino-iridio.
Fig. 6.3: Guarda il video youtu.be/Oo0jm1PPRuo

Tale cilindro è depositato presso l’Ufficio internazionale dei pesi e delle misure a
Sèvres, in Francia.
6.5 La Temperatura
L’errore più comune che si fa quando si comincia a studiare fisica è quello di Tutti sappiamo che un oggetto può essere più o meno caldo. Il concetto di tempera-
confondere la massa di un oggetto con il suo peso. Massa e peso sono due concetti tura è infatti comunemente conosciuto essendo parte della nostra esperienza quoti-
completamente differenti; senza anticipare la definizione di peso, è comunque suffi- diana. Dire che un oggetto è caldo oppure è freddo si riferisce soltanto alla nostra
ciente pensare che se prendo una persona di massa m = 80 kg, la quantità di materia sensazione nel caso in cui tocchiamo l’oggetto, e non si riferisce ad una misura esatta
di cui è fatto sarà sempre la stessa sia che si trovi sulla Terra, sia che si trovi sulla della sua temperatura che si esegue con uno strumento chiamato termometro. Come
Luna, sia che si trovi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale; al contrario il per tutte le grandezze fisiche avremo che esistono differenti unità di misura della
suo peso è maggiore sulla Terra rispetto che sulla Luna, mentre è nullo sulla Stazione temperatura, di cui le principali sono i gradi Celsius, i gradi Fahrenheit, e i gradi
Spaziale. Se siamo immersi nell’acqua pesiamo di meno... ma di certo la quantità di Kelvin.
materia di cui siamo fatti è sempre la stessa.

6.5.1 Le differenti scale di temperatura


6.4.1 La ridefinizione del kilogrammo
La scala Celsius è stata inventata ponendo la temperatura del ghiaccio fondente pari
Dal 2019 dovrebbe avvenire una rivoluzione nella definizione del kilogrammo. Vi a Tf us−H2 O = 0◦ C e la temperatura dell’acqua che bolle in condizioni standard pari
consiglio la visione di questi due video a riguardo: a Teboll−H2 O = 100◦ C . Analogamente la scala Fahrenheit è stata inventata ponen-
18 Scheda6. Il Sistema internazionale di misura

do la temperatura del ghiaccio fondente pari a Tf us−H2 O = 32◦ F e la temperatura 1


La candela è dell’energia che viene irradiata da una sorgente puntiforme
dell’acqua in ebollizione in condizioni standard pari a Teboll−H2 O = 212◦ F . 623
attraverso un certo angolo solido.
La più importante scala di temperature, quella da utilizzare in fisica, è però quella
dei gradi Kelvin. Essa è identica alla scala Celsius a meno del valore dello zero. La 1 W
1cd =
temperatura del ghiaccio fondente è pari a Tf usione−ghiaccio = 273, 15K. In questa 623 ster
scala, non esistono temperature negative.

6.6 Ampère 6.9 altre grandezze


L’Ampère è l’unità di misura di una corrente elettrica e come tale è il fondamento 6.9.1 L’angolo
per la misura di tutte le grandezze fisiche dell’elettromagnetismo.
Un libro di matematica definisce il radian-
Un Ampère è l’intensità di corrente elettrica che è necessario far scorrere in due te come l’angolo il cui arco sotteso in una
fili rettilinei infiniti posti ad un metro di distanza affinché tra essi si sviluppi circonferenza misura quanto il raggio della
una forza di un Newton L=r
circonferenza.
l
α=
r
α = 1 rad Tutti noi siamo abituati ad unsare i gra-
6.7 La quantità di sostanza di sesagesimali per misurare un angolo, per
r
La quantità di sostanza è definita con un semplice numero esattamente come la coppia cui dividiamo l’angolo giro in 360 gradi, ogni
indica due elementi, o la dozzina indica dodici elementi. L’unità di misura scelta per Fig. 6.4: α = 1 radiante è l’angolo per cui grado in 60 primi ed ogni primo in 60 se-
la lunghezza dell’arco è uguale al raggio. condi. Sebbene questo possa avere un certo
la quantità di sostanza è la mole
vantaggio nella vita quotidiana, risulta inve-
La mole è una quantità pari ad 6, 022 · 1023 elementi. ce complicato nello studio scientifico che preferisce invece un’unità di misura che
1 permetta di utilizzare il sistema decimale. L’unità di misura del radiante è di fatto
Con la mole definiamo il numero di Avogadro A = 6, 022 · 1023 utile so-
mole un numero puro, visto che è definito come il rapporto tra due lunghezze. Consi-
prattutto in chimica in quanto una mole di una certa sostanza chimica ha una massa,
derando adesso che la circonferenza ha lunghezza C = 2πr, risulta evidente che
misurata in grammi, pari alla massa molecolare della sostanza.
l’angolo giro misura α = 360◦ = 2π.
Analogalmente si definisce l’angolo solido come la regione di spazio delimitata
6.8 L’intensità luminosa da un cono. La sua unità di misura è lo steradiante. L’angolo che racchiude tutto so
spazio (analogo all’angolo giro su di un piano) vale 4π.
L’intensità luminosa è una grandezza fisica fotometrica, legata cioè alla misurazione
della luce. Essa è legata, per un fascio di luce, all’energia che viene irradiata in un
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
certo angolo solido. L’unità di misura è la candela.
Grandezze fisiche derivate Scheda 7
Utilizzando le grandezze fisiche fondamentali del Sistema Internazionale di Mi-
7.3 Densità
sura, è possibile costruirsi tutte le altre grandezze fisiche utilizzate per studiare i
fenomeni naturali. Tali grandezze le definiamo di conseguenza grandezze fisiche deri- La densità di un oggetto è il rapporto tra massa e
vate. Non c’è limite al numero di grandezze fisiche derivate che possiamo costruir- volume di quell’oggetto.
ci; qui di seguito ne studiamo alcune. Altre grandeze verranno poi introdotte più m
avanti. ρ=
V
Questa grandezza fisica non dipende da quanto
7.1 Superficie l’oggetto sia grande, ma soltanto dal materiale di
cui è fatto. La densità indica infatti quanto la ma- Fig. 7.2: Guarda il video you-
Se pensate ad una qualunque figura geometrica, la sua superficie è quella parte di teria dell’oggetto è compatta dentro di esso. Tan- tu.be/ifIDPfAZaBc
piano delimitata dal bordo di tale figura geometrica. Se pensate ad un solido, la sua to più i singoli atomi hanno massa e tanto più sono vicini tra loro, tanto più quel
superficie è quella parte dello spazio che fa da separazione tra l’oggetto ed il mondo materiale è denso.
circostante. L’unità di misura di una superficie è il m2 , infatti una superficie si ottiene
elevando al quadrato una lunghezza.

7.2 Volume
Il volume di un oggetto è lo spazio occupato dal
materiale di cui è fatto. Un volume si misura in
m3 , infatti un volume si ottiene elevando al cubo
una lunghezza. Una unità di misura alternativa per
il volume è il litro, dove

1 litro = 1 dm3
Fig. 7.1: Guarda il video you-
Parlando di volume è importante non confonder- tu.be/CwW05sUMJcA
lo con la capacità di un contenitore. Quest’ultima è il volume dello spazio vuoto
all’interno del contenitore.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

19
Le leggi fisiche Scheda 8
Una legge fisica è una reazione matematica tra grandezze fisiche che descrive un fattore α la base, l’altezza risulta moltiplicata di un fattore α1 , quindi la relazione
un fenomeno fisico tra base ed altezza è una relazione di proporzionalità inversa.
Immaginiamo adesso un cilindro1 il cui volume lo si calcola moltiplicando l’area
di base per l’altezza
V = πr2 · h
8.1 Capire una legge fisica
E’ sufficiente riscriverla nella forma
Cerchiamo di capire cosa sia una legge fisica attraverso alcuni esempi presi dalla V
geometria. Prendiamo ad esempio la formula del perimetro del quadrato di lato L h=
πr2
per vedere che tra l’altezza del cilindro ed il lato vi è una relazione di proporzionalità
P =4·L
quadratica inversa.
Non leggete questa formula come la formula per calcolare il perimetro del quadrato bensì
come la relazione che intercorre tra P ed L per un quadrato. Se scrivessi la formula
come
P
L=
4
scriverei assolutamente la stessa formula, solo adattata ad una forma utile per calco-
lare il lato del quadrato. In questo caso la relazione è una relazione di proporzionalità
diretta in quanto moltiplicando una delle due grandezze di un fattore α anche l’altra
grandezza risulta moltiplicata dello stesso fattore α.
Prendiamo adesso la formula dell’area del quadrato

A = L2

Tra L ed A vi è una relazione di proporzionalità quadratica diretta in quanto moltipli-


cando di un fattore α il lato, l’area risulta moltiplicata di un fattore α2 .
Prendiamo adesso la formula dell’area del rettangolo che calcoliamo moltiplican-
do la base con l’altezza
A=b·h
1 Per visualizzare bene questo esempio potete pensare alle lattine di una qualunque bibita. Tutte hanno
Se immaginiamo di mantenere costante l’altezza, allora si vede chiaramente che tra un volume costante V = 33 cl ma alcune hanno la base più grande e di conseguenza l’altezza minore.
l’area e la base vi è una proporzionalità diretta. Se immaginiamo di mantenere costante
la base, allora si vede chiaramente che tra l’area e l’altezza vi è una proporzionalità di-
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
retta. Se immaginiamo di mantenere costante l’area, allora quando moltiplicando di

20
Il metodo scientifico Scheda 9
9.1 Le parole di Feynmann 9.2 Il metodo scientifico
Adesso vorrei sintetizzare queste semplici parole nei concetti chiave che uno studen-
te dovrebbe comprendere, scheatizzati in fig.9.2. Seguite le frecce dello schema per
Il video qui proposto è in lingua inglese, sot- comprendere il significato dei singoli passaggi.
totitolato in italiano. A lato ho trascritto i La scoperta di una legge fisica avviene in tre passaggi:
sottotitoli 1. inventiamo una legge,

2. eseguiamo un esperimento,
”Ora vediamo come si fa a scoprire una nuova leg-
ge. In generale, il procedimento per scoprire una nuova 3. utilizziamo la legge per provare a predire come avverà un certo fenomeno
legge è questo: per prima cosa tiriamo ad indovinare... fisico, e confrontiamo la nostra previsione con i risultati degli esperimenti.
Fig. 9.1: Guarda il video you-
non ridere, è proprio così che facciamo; poi calcoliamo tu.be/5KcpqLk78YA
le conseguenze della nostra intuizione per vedere quali Se le nostre previsioni sono in contrasto con gli esperimenti, allora la legge è sbaglia-
circostanze si verificherebbero se la legge che abbiamo ta; in caso contrario non possiamo però dire che la legge sia giusta perché potrebbero
immaginato fosse giusta; infine confrontiamo i risultati dei nostri calcoli con la natura, con in futuro esserci nuovi esperimenti che dicono che la legge è sbagliata.
gli esperimenti, con l’esperienza, con i dati dell’osservazione, per vedere se funziona. Se non è
Inventiamo una legge
in accordo con gli esperimenti... è sbagliata. In questa piccola affermazione c’è la chiave della
scienza. Non importa quanto bella sia la tua intuizione, non importa quanto intelligente sia
la persona che l’ha formulata, o quale sia il suo nome: se non è in accordo con gli esperimen- Facciamo un esperimento
ti... è sbagliata, è tutto qui. Ora, immaginate di aver avuto una buona intuizione e di aver
calcolato che tutte le conseguenze della vostra premessa sono in accordo con gli esperimenti,
la teoria è giusta? No, semplicemente non si è potuto dimostrare che sia sbagliata, perchè in
La legge
futuro, un numero maggiore di esperimenti potrebbe scoprire qualche discrepanza e la teoria Forse la legge La legge
Si è in accordo No
si rivelerebbe sbagliata. E’ per questo che le leggi di Newton per il moto dei pianeti sono è giusta è sbagliata
con esso ?
rimaste valide per così tanto tempo: ha ipotizzato la legge della gravitazione e con questa ha
calcolato i moti dei pianeti e li ha confrontati con gli esperimenti, e ci sono volute diverse
centinaia di anni prima che un minuscolo errore nel moto di mercurio fosse osservato. Du- Fig. 9.2: Uno schema del metodo scientifico. Come potete vedere non esiste la possibilità di affermaere che una
rante tutto quel tempo nessuno era stato in grado di dimostrare che la teoria fosse sbagliata, e certa legge è giusta; inoltre è sempre necessaria una verifica sperimentale di qualunque legge.
poteva essere considerata temporaneamente giusta, ma non può mai essere dimostrata giusta
perchè le osservazioni di domani possono svelare che quello che credevamo giusto era in realtà
sbagliato. Per cui non abbiamo mai la certezza di essere nel giusto, possiamo essere sicuri
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
solo di esserci sbagliati. ”

21
I vettori Scheda 10
10.1 Cos’è un vettore 10.2 Operazioni con i vettori
I vettori sono degli oggetti matematici necessa- Definito cosa sia un vettore ed a che cosa serva, vediamo adesso quali operazioni
ri per descrivere alcune grandezze fisiche per le possiamo fare con essi.
quali non è sufficiente uno scalare.
Un vettore è rappresentato graficamente con
10.2.1 Somma di vettori
una freccia. Il punto dal quale facciamo partire
la freccia lo chiamiamo punto di applicazione del La somma di due vettori è un’operazione che prende due vettori e da come
vettore. risultato un terzo vettore
Fig. 10.1: Guarda il video you-
Le caratteristiche che definiscono un vettore tu.be/j4xqbBirZqY ~c = ~a + ~b
sono tre: una riguarda il valore della grandezza
che si ottiene con il metodo del parallelogrammo o con il metodo punta-coda
fisica, le altre due riguardano la sua orientazione nello spazio.

Ecco uno schema per eseguire la regola del parallelogramma:


1. modulo: il valore della grandezza fisica e rappresentato dalla lunghezza della
freccia Metto la penna sulla punta del primo vettore e traccio una retta
parallela al secondo vettore. ~a
2. direzione: la retta sulla quale si trova la freccia
~b
3. verso: indicato dalla punta della freccia; per ogni direzione sono possibili solo Metto la penna sulla punta del secondo vettore e traccio una
due versi retta parallela al primo vettore. ~a

~ per esempio, non è sufficiente


Per descrivere la grandezza fisica spostamento ∆S, ~b
dire di quanti metri mi sposto, ma devo anche indicare lungo quale linea mi sposto ~c
Le due rette si intersecano in un punto. Il vettore somma è il
e, fissata la linea, in quale dei due versi. Solo con queste tre informazioni posso
vettore che parte dal punto di applicazione ed arriva nel punto ~a
descrivere completamente uno spostamento.
di intersezione delle due rette.
Verso ~b
Direzione
Punto di Il modulo del vettore somma non dipende solo dai moduli dei due vettori di
applicazione partenza, ma dipende anche dall’angolo che c’è tra i due vettori. Se non conosciamo
Modulo
l’angolo non possiamo fare alcun tipo di affermazione. E’ facile calcolare quanto
valga il modulo del vettore somma in tre casi particolari:

22
23 Scheda10. I vettori

• se i due vettori sono paralleli e nello stesso verso: il modulo del vettore somma 10.2.3 Scomposizione di un vettore
sarà la somma dei moduli dei vettori di partenza c = a + b
Dato un vettore ~c e due direzioni r ed s, la scomposizione di un vettore sungo
le due direzioni date consiste nel trovare i due vettori ~a sopra r e ~b sopra s tali
• se i due vettori sono paralleli ma con versi opposti: il modulo del vettore che
somma sarà la differenza dei moduli dei vettori di partenza c = a − b ~c = ~a + ~b

Dato un vettore e due assi che passino dal suo punto di applicazione, è sempre
• se i due vettori sono a 90◦ : il modulo del vettore somma lo trovo applicando
possibile ricavare su quegli assi i due vettori, chiamati componenti del vettore, che
il teorema di pitagora ad uno dei due triangoli che si formano dalla regola del
√ sommati insieme danno il vettore in questione.
parallelogrammo c = a2 + b2

1. Dato un vettore e due direzioni... 4. Metto adesso la penna sulla punta del
~c vettore ~c e traccio una retta paralle-
10.2.2 Prodotto di uno scalare per un vettore la al secondo asse. Essa incontra il
secondo asse in un punto.
Il prodotto di uno scalare per un vettore è un’operazione che prende uno ~c
scalare k ed un vettore ~a e da come risultato un vettore
2. Metto la penna sulla punta del vet- ~a
w
~ = k~a tore ~c e traccio una retta parallela al
primo asse. Essa incontra il secondo
che ha stessa direzione di ~a, verso concorde o discorde a seconda che k sia asse in un punto.
5. Sono ora in grado di disegnare la se-
positivo o negativo e modulo pari al modulo di ~a moltiplicato per il valore di ~c conda componente ~b: dal punto di ap-
k in valore assoluto.
plicazione del vettore fino al punto
trovato.
~c
Il prodotto di uno scalare per un vettore si
esegue graficamente disegnando un nuovo vetto- 2~a 3. Sono ora in grado di disegnare la pri- ~a
re che rispetto al primo ha la stessa direzione, lo stesso ma componente ~a: dal punto di ap-
~a plicazione del vettore fino al punto ~b
verso se lo scalare è positivo e verso opposto se lo sca-
lare è negativo, modulo differente pari al valore dello trovato.
scalare per il modulo del primo vettore. Per cui da- ~c
to un vettore ~a, il vettore 2~a avrà lo stesso verso −2~a
~a
e la stessa direzione ma sarà lungo il doppio; il
vettore −2~a avrà la stessa direzione, verso opposto e lunghezza doppia.
24 Scheda10. I vettori

Guardate il seguente video e cercate di ricono- 10.2.5 Prodotto vettoriale di due vettori
scere le operazioni con i vettori che sono state ese-
guite. Provate poi ad inventare voi degli esercizi Il prodotto vettoriale è un’operazione che prende due vettori e come risultato
da fare sulle operazioni tra vettori. da un vettore
~c = ~a × ~b

le cui caratteristiche saranno:


Fig. 10.2: Guarda il video you-
• Direzione perpendicolare ai due vettori dati;
tu.be/4Z5zilM8ozw
10.2.4 Prodotto scalare di due vettori
• Modulo pari al prodotto dei moduli dei due vettori per il seno dell’an-
golo compreso:
Il prodotto scalare è un’operazione che prende due vettori ~a e ~b, e da come | ~c |=| ~a | · | ~b | · sin α
risultato da uno scalare
C = ~a · ~b • Verso indicato dalla regola della mano destra: posizionate a 90◦ pollice,
indice e medio della mano destra; orientate il pollice nel verso del primo
dato dal prodotto del modulo del primo vettore per il modulo del secondo vettore, l’indice nel verso del secondo vettore, il medio indicherà il verso
vettore per il coseno dell’angolo compreso tra i due vettori. del terzo vettore.

Il valore dello scalare risultato dell’operazione


si calcola moltiplicando i moduli dei due vettori
ed il coseno dell’angolo compreso tra essi. Se l’an- ~c
golo tra i due vettori è minore di 90◦ il prodotto scalare è positivo; se l’angolo tra ~b
i due vettori è maggiore di 90◦ il prodotto scalare è negativo; se i due vettori sono γ
perpendicolari il prodotto scalare vale zero. ~a

C = ~a · ~b ~b
γ
Fig. 10.3: Prodotto vettoriale di due vettori: dato un vettore ~a ed un vettore ~b ottengo ~c = ~a × ~b. Il vettore ~c è
C =| ~a | · | ~b | · cos γ
perpendicolare sia al vettore ~a, sia al vettore ~b.
~a

Risulta quindi evidente che il risultato dell’operazione dipende dall’angolo tra i


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
due vettori.
I versori Scheda 11
11.1 Cos’è un versore
Un versore è un vettore di modulo pari a 1 (senza unità di misura).

Un vedrsore è utile per indicare una direzione ed 10 y


un verso ed il suo utilizzo spesso semplifica i conti. F~ = 5~u
Immaginiamo di avere un vettore F~ di cui indichia-
mo il modulo con la lettera f . utilizzando i versori 8
possiamo scrivere
~u
F~ = f · ~u
6
dove il versore ~u è un vettore che ha la stessa direzione e verso del vettore F~ . Nella
figura è rappresentato a titolo di esempio un vettore di modulo |F~ | = f = 5 indicato
utilizzando il versore ~u.
4
3~j
11.2 Versori su di un piano cartesiano F~ = 4~i + 3~j

Ogni vettore è facilmente rappresentabile su di un piano cartesiano utilizzando i 2


versori associati ai due assi cartesiani. L’asse delle x è identificato dal versore ~i.
~j
L’asse delle j è identificato dal versore ~j. Ogni vettore sul piano cartesiano sarà una
combinazione lineare dei versori ~i e ~j. 4~i x
−2 ~i 2 4 6 8 10

−2

Fig. 11.1: La somma di vettori su di un grafico cartesiano rappresentata utilizzando i versori dei due assi
cartesiani.

Autore: Andrea de Capoa 5 Nov 2016

25
26 Scheda11. I versori

10 y

~ =E
G ~ + F~ = 6~i + 8~j
8

6
~ = 2~i + 5~j
E

F~ = 4~i + 3~j
2
~j

~i x
−2 2 4 6 8 10

−2

Fig. 11.2: La somma di vettori su di un grafico cartesiano rappresentata utilizzando i versori dei due assi
cartesiani.
Parte II

Cinematica

27
Mappe di cinematica Scheda 12
4 Velocità Legge di
Spostamento ~
∆S~ ~ = ∆S
V
composizione
Sistemi di ∆t delle velocità
Grandezze
riferimento Intervallo
cinematiche ~
Posizine S di tempo Accelerazione
∆t Velocità angolare ∆V~
~ = ~r × ω
V ~ ~a =
∆t
∆θ
ω =
Moto vario ∆t
I Moti ∆Stot ~ ~tot
∆S
Vm = ∆ttot Vm = ∆ttot Accelerazione
angolare
∆~ω
Moto uniformemente α
~ =
∆t
accelerato
Moto
~a = cost
parabolico
∆S = 21 ·a·∆t2 +Vi ·∆t
Periodo e
∆V = a · ∆t
frequenza
1
ν = Moto rettilineo uniforme
T
~ = cost
V Moto elicoidale
∆S = V · ∆t

Moto circolare uniforme


Moto armonico 2
Moti periodici a = Vr ; V = ωr
~a = −k · ~x
ν = T1 ; ω = 2πν

Moto del
pendolo

Autore: Andrea de Capoa 21 Dic 2016

28
Sistemi di riferimento Scheda 13
Un sistema di riferimento serve per poter indicare quale sia la posizione di un 13.2 Sistemi di riferimento e movimento
oggetto e descriverne il movimento.
Muoversi significa cambiare posizione; se per indicare una posizione serve un si-
stema di riferimento, allora questo è necessario anche per descrivere il movimento
13.1 Punto di riferimento e assi cartesiani di un oggetto. La scelta del sistema di riferimento può influire moltissimo sulla
descrizione del movimento.
Se provate ad indicare la posizione di un qualunque oggetto intorno a voi vedrete
che per poter dire dove sta siete sempre costretti a fare riferimento ad un qualche altro
oggetto. Ciò rispetto al quale vi riferite si chiama punto di riferimento. Provate adesso L’esempio del treno Se mi trovo su di un treno che viaggia, io vedo i miei bagagli
ad indicare dove si trova un certo punto rispetto a quello di riferimento. Noterete fermi di fronte a me; gli stessi bagagli, visti da una persona fuori dal treno, si stanno
che direte frasi come per esempio: si trova tre metri in avanti e due a destra. Per poter muovendo insieme al treno. Quei bagagli sono fermi o si muovono? Dire che i
descrivere la posizione di un secondo punto rispetto al primo, avete bisogno di alcu- bagagli sono fermi, e dire che si muovono, sono due frasi entrambe vere in due sistemi
ne direzionei (avandi-indietro, destra-sinistra, alto-basso) sulle quali indicare delle di riferimento differenti. Nel sistema di riferimento della persona sul treno i bagagli
distanze. Queste direzioni si chiamano assi cartesiani. In figura 13.1 vengono mostra- sono fermi; contemporaneamente nel sistema di riferimento della persona fuori dal
ti dei punti in un sistema di assi cartesiani. Attenzione: il sistema di riferimento non treno i bagagli si muovono.
serve per far esistere i punti, ma solo per poter dire dove sono.

L’esempio del tavolo Se non siete ancora convinti provate a guardare il tavolo da-
vanti a voi: è fermo? Sono sicuro che avete detto di si. Siete sicuri? Sono sicuro che
avete detto di si. Pensate adesso che il tavolo, insieme a tutti gli oggetti sul pianeta,
0.5 sta girando intorno al Sole! Quindi il tavolo si muove? Si. Nel sistema di riferimen-
to della Terra il tavolo è fermo; contemporaneamente nel sistema di riferimento del
z 0 Sole, quel tavolo si muove.

−0.5 L’esempio della stazione Pensate a quando siete in stazione, su di un treno in at-
1 tesa della partenza. Il treno e fermo e la stazione è ferma. Di solito il vostro cervello
−1
−0.5 0 vi fa ragionare mettendovi nel sistema di riferimento del treno. Nel momento della
0
0.5 y partenza, per pochissimi istanti, avete la certezza di vedere la stazione muoversi. La
x 1 −1
cosa dura poco, fino a quando il vostro cervello non vi riporta nel sistema di riferi-
Fig. 13.1: Punti in tre dimensioni. Gli assi cartesiani ci permettono di indicare, tramite delle coordinate, la mento della stazione, nel quale la stazione è ferma ed il treno si sta muovendo (dalla
posizione di ogni singolo punto. parte opposta di dove prima si muoveva la stazione). Dire che la stazione è ferma, e
dire che si muove, sono due frasi entrambe vere in due sistemi di riferimento differenti.

29
30 Scheda13. Sistemi di riferimento

Attenzione a non cadere nell’errore di dire che in realtà è la stazione che è fer-
ma. . . non è vero! In realtà la stazione è contemporaneamente ferma nel sistema di
riferimento del pianeta Terra, e in movimento nel sistema di riferimento del treno.

13.3 Videolezioni
Vi invito, per meglio comprendere il concetto di sistema di riferimento, a vedere i
seguenti due video:

Fig. 13.2: Guarda il video youtu.be/DejaKlkaVc0

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Grandezze cinematiche Scheda 14
Per descrivere il movimento di un oggetto utilizziamo alcune grandezze fisiche
14.2 Intervallo di tempo
che nelle prossime sezioni andiamo a spiegare.
La descrizione di un qualunque movimento inizia in un certo istante e finisce in un
istante successivo. Il tutto dura un certo intervallo di tempo ∆t, misurato in secondi
14.1 Posizione e Spostamento
e calcolabile come:
Muoversi vuol dire cambiare posizione. Cosa sia la posizione di un oggetto lo abbiamo ∆t = tf − ti
visto quando abbiamo parlato di sistemi di riferimento.
dove ti è l’istante iniziale dell’intervallo e tf l’istante finale.
Uno spostamento è definito come una variazione di posizione, cioè la differenza
tra la posizione finale dell’oggetto e la posizione iniziale dell’oggetto.

~=S
∆S ~f − S
~i 14.3 Velocità
La velocità di un oggetto è definita come il rapporto tra lo spostamento effettuato da
Lo spostamento è una grandezza vettoriale e la sua unità di misura è il metro.
un oggetto e l’intervallo di tempo impiegato ad effettuare quello spostamento.

14.1.1 Spostamento e distanza percorsa ~


~ = ∆S
V
∆t
La distanza percorsa è la lunghezza pel percorso, dal punto di partenza a
quello di arrivo. La velocità di un oggetto è una grandezza vettoriale; non basta dire quanto forte stai
andando, ma devi anche dire su quale direzione ti muovi e in quale verso.
Spostamento e distanza pecorsa sono due
concetti molto differenti. Il primo tiene so- 14.3.1 Velocità media e istantanea
lamente conto della distanza tra i due pun- •
ti, di partenza e di arrivo, e non dipende dal La definizione di velocità data in precedenza deve però essere approfondita. Così
percorso seguito per muoversi; il secondo è come è stata scritta si basa su di un intervallo di tempo di lunghezza non specificata.
invece una caratteristica del percorso scelto. Se tale intervallo di tempo ha una lunghezza determinata, allora la definizione è
Immaginiamo, come mostrato in figura 14.1, • quella della velocità media nell’intervallo di tempo in questione. Questo significa che
di muoverci da un punto di partenza S ~i fino non possiamo avere informazioni su quale sia stata la velocità negli istanti all’inteno
ad un punto di arrivo S ~f lungo il percorso in- Fig. 14.1: Nel muoversi dal punto S~i al pun- dell’intervallo ∆t, ma abbiamo solo informazioni su un valore medio tenuto durante
~f un corpo ha seguito il percorso tracciato
to S
dicato dalla curva rossa. La lunghezza di tale l’intervallo ∆t.
in rosso. Il corpo compie uno spostamento ∆S. ~
curva è la lunghezza del percorso, mentre la La lunghezza del percorso L è in questo caso più Se poi immaginiamo di rendere quell’intervallo di tempo sempre più piccolo,
lunghezza del vettore ∆S ~=S ~f −S~i è il valore lunga del valore dello spostamento. tanto piccolo da non essere quasi nullo e poterlo definire un istante, allora parleremo
dello spostamento. di velocità istantanea, e cioè di velocità in un certo istante.

31
32 Scheda14. Grandezze cinematiche

Accelerazione parallela alla velocità. Quan-


14.4 Accelerazione ~f
V
do l’angolo tra accelerazione e velocità è 0◦ ~i
V
L’accelerazione è una grandezza vettoriale con significa che i due vettori hanno stessa dire-
~a
modulo, direzione e verso, definita come una zione e verso. In questo caso il vettore veloci-
Prima Dopo
variazione di velocità nel tempo. tà mantiene costante la direzione ed il verso,
ma aumenta il valore del modulo.
~
∆V
~a =
∆t
Accelerazione antiparallela alla velocità.
La sua unità di misura è sm2 . Ogni volta che Quando l’angolo tra accelerazione e velocità ~i
V
Fig. 14.2: Guarda il video un’accelerazione agisce su di un oggetto ne con- è 180◦ significa che i due vettori hanno stessa Prima ~f
V
youtu.be/pZ-jen14BI4
segue che cambia nel tempo la velocità di quel- direzione ma verso opposto. In questo caso il
Dopo
l’oggetto. Attenzione anche alle parole: chiamiamo accelerazione una variazione del vettore velocità mantiene costante la direzio- ~a
vettore velocità, non un aumento del suo modulo. Se cambia anche una sola del- ne ed il verso, ma diminuisce il valore del
le caratteristiche del vettore velocità (modulo, direzione o verso) allora c’è stata modulo.
un’accelerazione.
Accelerazione perpendicolare alla velocità.
14.4.1 Capire l’accelerazione Quando l’angolo tra accelerazione e veloci- ~i
V
tà è 90◦ significa che i due vettori sono per- ~f
V
Capire cosa sia un’accelerazione1 significa capire in che modo un oggetto cambia la Prima
pendicolari. In questo caso il vettore velocità
sua velocità quando su di esso viene applicata un’accelerazione. Cominciamo con Dopo
mantiene costante il modulo ma varia la sua ~a
l’analizzare tre casi particolari nei quali l’angolo tra l’accelerazione e la velocità è
direzione.
rispettivamente 0◦ , 90◦ e 180◦ .
Attenzione a non farvi trarre in inganno dalle figure... l’accelerazione non si som-
ma mai alla velocità! Sono grandezze non omogenee. L’accelerazione genera un 14.4.2 Accelerazione centripeta su un percorso circolare
vettore ∆V~ = ~a · ∆t; la velocità finale la si trova facendo Un caso particolare di grande importanza è quello in cui il corpo in questione viaggi
a vlocità V lungo una traiettoria circolare di raggio r. Indipendentemente da quanto
~f = V
V ~ i + ∆V
~ =V
~i + ~a · ∆t
valga l’accelerazione parallela alla velocità del corpo, l’accelerazione perpendicolare
alla velocità del corpo sarà
V2
a=
r

1 Per provare a visualizzare un’accelerazione potete per cominciare pensare all’accelerazione come

ad una spinta. Sebbene ciò non sia propriamente corretto, capirete studiando il primo principio della
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
dinamica come questo possa comunque fornire una conoscenza intuitiva corretta.
Moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato Scheda 15
15.1 Moto rettilineo uniforme 15.2 Moto uniformemente accelerato
~ =
Il moto rettilineo uniforme è un moto con il vettore velocità costante: V Il moto uniformemente accelerato è il moto con accelerazione costante: ~a =
costante costante

Questo vuol dire che modulo, direzione e ver- Questo vuol dire che modulo, direzione e verso dell’accelerazione sono costanti e
so della velocità sono costanti e quindi non cam- quindi non cambiano mai. Essendoci un’accelerazione, allora la velocità dell’oggetto
biano mai. Ne consegue che in questo moto che si muove cambia in continuazione. Le equazioni del moto sono:
l’accelerazione è nulla:
1
∆S = · a · ∆t2 + Vi · ∆t
~a = 0 2

Se non cambia mai la direzione della veloci- Fig. 15.1: Guarda il video you- ∆V = a · ∆t
tà, allora l’oggetto deve muoversi sempre lungo la tu.be/LMMTZTwZPKY
stessa retta e non può fare delle curve. Ogni curva implica un cambio della direzione, In queste due equazioni voglio sottolineare il
quindi un cambio della velocità e quindi un’accelerazione non nulla. significato di Vi : essa è la velocità iniziale dell’og- Fig. 15.2: Guarda il video you-
Nel muoversi lungo una linea retta, l’oggetto non tornerà mai indietro perché è getto. Visto che ∆t è un intervallo di tempo, ov- tu.be/QducxjKp_UU
costante il verso. Tornare indietro implica infatti un’inversione del vettore che di per viamente ha un inizio ed una fine, quindi Vi è la
se è una variazione ed implica quindi un’accelerazione. velocità che ha l’oggetto nell’istante in cui inizia
Un oggetto che si muova di moto rettilineo uniforme avrà sempre lo stesso valore l’intervallo di tempo preso in considerazione.
della velocità. Questo significa che l’oggetto percorrerà spazi uguali in tempi uguali.
Per calcolarci quanto spazio percorre possiamo utilizzare la formula: 15.2.1 La caduta dei gravi
∆S = V · ∆t Ogni oggetto sul pianeta subisce l’accelerazione di
gravità che ha sempre lo stesso valore, è sempre
verticale e sempre verso il basso. Il vettore acce-
lerazione di gravità è quindi un vettore costante.
Un oggetto che cade, in assenza di attrito con l’a-
ria, subisce quindi un’accelerazione costante e si
muove quindi di moto uniformemente accelerato.
Fig. 15.3: Guarda il video
Se guardate ora le equazioni del movimento note-
youtu.be/m7lm7u-JomY
rete che non contengono il valore della massa del-
l’oggetto che si muove... questo significa che il valore della massa non influisce sul

33
34 Scheda15. Moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato

movimento dell’oggetto. Osservate questo video girato dagli astronauti dell’apollo


sulla Luna.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Grafici spazio-tempo Scheda 16
Un grafico spazio-tempo rappresenta il moto di un oggetto lungo un certo trascorso. Questo valore sul grafico corrisponde alla pendenza della curva disegna-
percorso lineare. ta. Una curva ripida indica che l’oggetto ha fatto tanta strada in poco tempo e quindi
ha avuto una grande velocità. Una linea orizzontale rappresenta di conseguenza un
oggetto fermo con velocità V = 0

16.1 Sugli assi cartesiani


16.4 Grafici di esempio
In un grafico spazio-tempo l’asse delle ascisse indica il trascorrere del tempo e l’asse
Vediamo adesso alcuni grafici di esempio attraverso i quali meglio comprendere
delle ordinate indica la distanza percorsa dall’origine. Supponiamo che il moto di un
quanto scritto fino ad ora.
oggetto sia descritto indicando con x = 0 m il punto di partenza dell’oggetto, e con
t = 0 s l’istante di partenza di un oggetto1 . La posizione dell’oggetto nel tempo sarà 8
indicata da un punto di coordinate (t, x) che indicano istante per istante la distanza S(km)
dell’oggetto dall’origine del sistema di riferimento.

6
16.2 Lettura del movimento
Il movimento dell’oggetto al passare del tempo è quindi indicato dal movimento del 4
punto nel grafico. Tale punto si sposterà sempre verso destra a causa dello scorrere
del tempo, in alto se l’oggetto si muove in avanti lungo il suo percorso, in basso se
torna indietro lungo il suo percorso, e rimane ad altezza costante se l’oggetto è fermo 2
(mantiene infatti costante la sua distanza dall’origine).

t(h)
16.3 Lettura della velocità 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
La velocità dell’oggetto è definita dalla formula Fig. 16.1: Questo grafico rappresenta il moto di un corpo che percorre in avanti tre kilometri in tre ore, successi-
vamente percorre in avanti un kilometro in due ore, poi rimane fermo per due ore ed infine torna al punto di partenza
∆S nelle successive due ore. In tutto ha viaggiato nove ore ed ha percorso quattro kilometri in avanti e quattro indietro.
V =
∆t Dalle pendenze delle linee si nota che il corpo ha viaggiato alle velocità di V1 = 1 km
h
, V2 = 0, 5 kmh
, V3 = 0 km h

Questo significa che per conoscere la velocità media dell’oggetto in un certo in- e V4 = −2 km h
nei rispettivi quattro tratti di strada.

tervallo di tempo devo dividere tutto la distanza percorsa con l’intervallo di tempo
1 Ovviamente l’unità di misura di distanza e tempo può essere qualunque e non necessariamente metri
Autore: Andrea de Capoa 30 Gen 2017
e secondi

35
36 Scheda16. Grafici spazio-tempo

8
S(km)

t(h)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Fig. 16.2: Questo grafico rappresenta il moto di un corpo che percorre in avanti quattro kilometri in due ore,
successivamente rimane fermo tre ore, poi torna indietro di due kilometri in due ore ed infine rimane fermo successive
due ore. In tutto ha viaggiato nove ore ed ha percorso quattro kilometri in avanti e due indietro. Dalle pendenze delle
linee si nota che il corpo ha viaggiato alle velocità di V1 = 2 kmh
, V2 = 0 km h
, V3 = −1 km h
e V4 = 0 km h
nei
rispettivi quattro tratti di strada.
Grafici velocità-tempo Scheda 17
Un grafico velocità-tempo rappresenta l’andamento del moto di un oggetto Questo significa che per conoscere l’accelerazione media dell’oggetto in un certo
lungo un certo percorso lineare. intervallo di tempo devo dividere la variazione di velocità con l’intervallo di tempo
trascorso. Questo valore sul grafico corrisponde alla pendenza della curva disegnata.
Una curva ripida indica che l’oggetto ha cambiato di molto la velocità in poco tempo
e quindi ha avuto una grande accelerazione. Una linea orizzontale rappresenta di
17.1 Sugli assi cartesiani conseguenza un oggetto che viaggia con velocità costante V = cost
Ogni volta che il grafico presenta una line retta, significa che la variazione di
In un grafico velocità-tempo l’asse delle ascisse indica il trascorrere del tempo e l’asse velocità è direttamente proporzionale al tempo trascorso, e questo implica un moto
delle ordinate indica la velocità assunta in ogni istante. Supponiamo che il moto di uniformemente accelerato.
un oggetto sia descritto indicando con Vi = 0 m s la velocità iniziale dell’oggetto, e con
t = 0 s l’istante in cui noi azioniamo il nostro cronometro1 . La velocità dell’oggetto
nel tempo sarà indicata da un punto di coordinate (t, V ) che indicano istante per 17.4 Grafici di esempio
istante la velocità dell’oggetto.
Vediamo adesso un grafico di esempio attraverso il quale meglio comprendere quan-
to scritto fino ad ora.
17.2 Lettura del movimento
L’andamento del moto dell’oggetto al passare del tempo è quindi indicato dal mo-
vimento del punto nel grafico. Tale punto si sposterà sempre verso destra a causa
dello scorrere del tempo, in alto se l’oggetto aumenta la sua velocità, in basso se di-
minuisce la sua velocità, e rimane ad altezza costante se l’oggetto mantiene costante
la sua velocità muovendosi di moto rettilineo uniforme.
Valori positivi rappresentano un movimento in avanti; valori negativi rappresen-
tano un movimento indietro.

17.3 Lettura dell’accelerazione


L’accelerazione dell’oggetto è definita dalla formula

∆V
a=
∆t
1 Ovviamente l’unità di misura di velocità e tempo può essere qualunque e non necessariamente metri
Autore: Andrea de Capoa 30 Gen 2017
al secondo e secondi

37
38 Scheda17. Grafici velocità-tempo

8
V ( km
h )

t(h)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

−2

Fig. 17.1: Questo grafico rappresenta il moto di un corpo che subisce un’accelerazione costante in avanti per tre
ore; poi si muove in avanti a velocità costante per tre ore; successivamente accelera all’indietro per due ore arrivando
a fermarsi e quindi a muoversi all’indietro; per un’ora ha viaggiato di moto rettilineo uniforme all’indietro per poi
accelerare in avanti rallentando il suo movimento all’indietro fino a fermarsi. In tutto ha viaggiato nove ore. Dalle
pendenze delle linee si nota che il corpo ha viaggiato con accelerazioni il cui modulo è a1 = 1 km h2
, a2 = 0,
a3 = 2 km h 2 e a4 = 0 ed a5 = 1 km
h 2 nei rispettivi quattro tratti di strada.
Moto parabolico Scheda 18
6
18.1 Moto parabolico ∆Sy

5
Il moto parabolico è una combinazione del moto rettilineo uniforme e del moto
uniformemente accelerato su due assi perpendicolari tra loro.
4

Il moto parabolico è un moto nel piano. Que- 3


sto significa che prese due direzioni perpendico-
lari tra loro, mentre l’oggetto si muove lungo uno 2
dei due assi, contemporaneamente si muove an-
che lungo l’altro asse. Immaginate di cammina- 1
re a velocità costante e contemporaneamente lan-
∆Sx
ciare un oggetto verticalmente in aria: tale ogget-
Fig. 18.1: Guarda il video 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
to, mentre si muove come voi in orizzontale di
youtu.be/xfLZ2Y0FM-k
moto rettilineo uniforme, contemporaneamente si
muove di moto uniformemente accelerato in verticale. Le equazioni saranno quindi:

Fig. 18.2: Traiettoria di un proiettile che si muove di moto parabolico. In arancione è rappresentato il vettore

1 2
∆Sy = 2 ay · ∆t + Viy · ∆t


velocità, sempre tangente alla traiettoria del proiettile. In blu la componente orizzontale della velocità: visto che in
∆Vy = ay · ∆t orizzontale il moto è rettilineo uniforme, allora il vettore è costante. In rosso la componente verticale della velocità:

visto che in verticale è moto uniformemente accelerato, allora il vettore velocità varia nel tempo.

∆Sx = Vx · ∆t

In queste equazioni, l’indice y indica il movimento dell’oggetto sull’asse verticale A partire dalle equazioni del moto possiamo ricavare diverse informazioni ag-
e l’indice x indica il movimento sull’asse orizzontale. giuntive: gittata, massima altezza, tempo di volo1 .

Tempo di volo
18.1.1 Moto di un proiettile
Dalla prima equazione, imponendo che lo spostamento su y sia nullo, otteniamo gli
Se trascuriamo le forze di attrito, un proietile che si muove subisce unicamente l’acce- intervalli di tempo corrispondenti ai punti in cui il proiettile si trova al livello del
lerazione di gravità che è costante con direzione verticale. In verticale il suo moto sa- 1 Quanto scritto in questo paragrafo non è da studiare a memoria. Sforzatevi di capire invece in che
rà quindi uniformemente accelerato in verticale e rettilineo uniforme in orizzontale. modo le informazioni riportate sono state ricavate, in modo da poter ricalcolarvi le stesse formule in
In figura 18.2 viene rappresentata tale traiettoria. qualunque momento.

39
40 Scheda18. Moto parabolico

suolo Di conseguenza la gittata diventa


1
0 = ay · ∆t2 + Viy · ∆t
2 2Vi2 cos(α) sin(α)
  ∆Sx−max = −
1 ay
0 = ∆t · ay · ∆t + Viy
2
Vi2 sin(2α)
da cui otteniamo due soluzioni che corrispondono all’istante di partenza e all’istante ∆Sx−max = −
ay
in cui il proiettile impatta al suolo.
 Tale gittata assume il valore massimo per un angolo α = 45◦
∆t = 0
i
∆tf = − 2Viy
ay

Massima altezza raggiunta

Il punto di massima altezza viene raggiunto a metà del tempo di volo


Viy
∆tm = −
a
Tale intervallo di tempo corrisonde ad uno spostamento in verticale

1 Viy2 Viy
∆Sy = ay · 2 − Viy ·
2 ay ay

1 Viy2
∆Sy = − ·
2 ay

Gittata

La gittata, cioè la massima distanza raggiunta dal proiettile, la si calcola conoscendo


il moto rettilineo uniforme in orizzontale
2Vix Viy
∆Sx−max = Vix · ∆tf = −
ay
Le due componenti della velocità iniziale, tenendo conto che tale vettore è incli-
nato rispetto all’orizzontale di un angolo α, sono

V = V · cos α
ix i
Viy = Vi · sin α Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
Moti periodici e orologi Scheda 19
del pendolo, gli orologi da polso a molla utilizzano il moto periodico delle oscilla-
19.1 Moto periodico e misura del tempo
zioni di quella molla, gli orologi elettrici utilizzano le oscillazioni (quindi un moto
Un movimento si definisce periodico quando si ripete uguale dopo un certo periodico) indotte dal passaggio della corrente elettrica in un cristallo di quarzo.
periodo di tempo T .

Un oggetto che si muove di moto circolare uniforme percorre sempre la stessa tra-
iettoria circolare ritrovandosi dopo un intervallo di tempo fisso, nello stesso punto,
con la stessa velocità e con la stessa accelerazione. Lo stesso accade per esempio con
l’oscillazione di un pendolo o di un oggetto appeso ad una molla.

Definiamo frequenza (indicata con ν) il numero di periodi al secondo

1
ν=
T

La frequenza è quindi il numero di volte in cui il moto si ripete ogni secondo.

19.2 La misura del tempo


La misura di un intervallo di tempo consiste nel contare quante volte un certo
moto periodico si ripete in quell’intervallo di tempo.

Per sottolineare il concetto precedente consideriamo cosa siano il giorno, l’anno, le


lune: il giorno è la durata del moto periodico della Terra intorno al suo asse; l’anno è
la durata del moto periodico della Terra intorno al Sole; le lune (pensate agli indiani
americani nei film western) sono la durata del moto periodico della Luna intorno
alla Terra.

19.3 Orologi
Gli orologi (o più esattamante cronometri) sono strumenti che contano quante volte
Autore: Andrea de Capoa 11 Giu 2017
un certo moto periodico si ripete: gli orologi a pendolo utilizzano il moto periodico

41
Moto circolare uniforme Scheda 20
La frequenza è il numero di cicli del moto periodico fatti dall’oggetto ogni secondo.
20.1 Definizione
Un oggetto si muove di moto circolare uniforme quando: 20.2 La velocità angolare
• il modulo della velocità è costante
Per indicare nel modo migliore quanto velocemente gira un oggetto devo fare riferi-
• il modulo dell’accelerazione è costante
mento alla velocità angolare. Se immaginate una ruota ruotare intorno al suo asse,
• il vettore velocità è perpendicolare al vettore accelerazione punti sulla ruota a distanze differenti dal centro si muovono con velocità differenti;
tanto più sono distante dal centro di rorazione, tanto più devo muovermi veloce se
Ne consegue che un oggetto che si muove voglio percorrere un giro nello stesso tempo di un punto posto vicino all’asse di ro-
di moto rettilineo uniforme segue una traiettoria tazione. Tutti i punti della ruota, cioè, hanno la stessa velocità angolare; e per averla
circolare con raggio r e accelerazione: devono viaggiare a velocità differenti. La velocità angolare ω è definita come una
variazione di angolo δα nel tempo
V2
a=
r ∆α
ω=
Sappiamo che in un qualunque movimento il ∆t
vettore velocità è sempre perpendicolare alla tra- Fig. 20.1: Guarda il video youtu.be/- L’angolo percorso in un giro è appunto un angolo giro di 360◦ che misurato in ra-
iettoria. In questo caso l’accelerazione è sempre v25CUFTS1o dianti vale 2π Se consideriamo un intervallo di tempo pari ad un periodo, e teniamo
perpendicolare alla velocità e quindi è sempre rivolta verso il centro della traiettoria conto della definizione di frequenza avremo che
circolare. L’accelerazione è quindi detta centripeta.

Una volta compiuto un giro inte- ω= = 2πν
T
V~ ro della circonferenza, il movimento si
ripete uguale ed è quindi un moto pe- Come la velocità lineare, anche la velocità angolare è un vettore. La direzione del
riodico. il tempo per fare un giro in- vettore velocità angolare è l’asse di rotazione, mentre il verso indica se la rotazione
tero della circonferenza è detto perio- avviene in senso orario o antiorario.
~a
do. Essendo il modulo della velocità
un valore costante, possiamo scrivere
che il tempo impiegato a fare un giro,
detto periodo, vale
2πr
T =
Fig. 20.2: Vettori nel moto circolare uniforme V
L’inverso del periodo è detta frequenza:
1 Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
ν=
T

42
Moto armonico Scheda 21
Di conseguenza possiamo defi-
21.1 Definizione 1
nire la frequenza ν = e la pul-
T
sazione ω = 2πν. In particola-
Il moto di un oggetto si dice armonico quando tra accelerazione e spostamento
re la pulsazione è proprio il para-
vale la seguente relazione:
metro che incontriamo nella defi-
~
~a = −ω 2 ∆S
nizione dell’accelerazione del moto
cioè quando abbiamo un’accelerazione di richiamo, direttamente pro- armonico.
porzionale allo spostamento dell’oggetto e sempre rivolta dalla parte Ipotizzando di cominciare a mi-
opposta. surare il tempo nell’istante in cui
l’oggetto si trova alla massima di-
stanza dal punto di equilibrio, avre-
Il moto armonico è un moto periodico che possiamo descrivere come un’oscilla- mo che la legge orario del moto e
zione intorno ad un punto di equilibrio. Quando l’oggetto si sposta da quel punto l’equazione per la velocità del corpo
di equilibrio l’accelerazione è tale da richiamarlo in modo da farlo tornare verso il sono:
punto di equilibrio. Il valore del parametro ω dipende in generale dalla natura della 
∆S = A cos 2π ∆t 
forza di richiamo e dalle caratteristiche dell’oggetto che oscilla. T
V = − 2πA sin 2π ∆t .

Un esempio di moto armonico è T T

quello che si ottiene facendo oscilla- F~


re un oggetto attaccato ad una mol-
la. Se inizialmente la molla è a ri-
poso, sull’ogetto non agisce alcuna ~
V
forza. Spostanzo l’oggetto di una
quantità |∆S|~ = A, la molla lo tire-
rà dalla parte opposta a tale sposta-
F~
Fig. 21.2: L’oggetto attaccato alla molla sta oscillando di
mento. Nel momento in cui lascia- moto armonico. In arancione è rappresentata la forza che
mo l’oggetto comincia il suo moto ~
V esercita la molla; in blu la velocità dell’oggetto.
armonico. Di quel movimento A sa-
Fig. 21.1: Un oscillatore armonico creato utilizzando una
rà l’ampiezza, cioè la massima distan- molla. Sono rappresentate la forza di richiamo e la velocità
za dell’oggetto dal punto di equili- del corpo in due istanti del moto: nel primo l’oggetto accele-
brio. Essendo il moto armonico un ra verso il punto di equilibrio; nel secondo l’oggetto rallenta
in quanto si sta allontanando dal punto di equilibrio.
moto periodico, possiamo definire il
periodo T del moto come la durata di un’oscillazione completa. Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

43
Parte III

Dinamica

44
45
46 Scheda22. Mappe di dinamica

Mappe di dinamica Scheda 22


Forze apparenti e
Legge di conservazione Primo principio
sistemi di riferimento ~ ~ = cost
del momento angolare Ftot = 0 ⇔ V
non inerziali

Secondo principio
Momento angolare Quantità di moto Principi della
F~ = m · ~a
~ = ~r × P~
L P~ = m · V~ ~ dinamica
F~ = ∆∆tP

Legge di conservazione Terzo principio


della quantità di moto F~ab = −F~ba Legge di gravitazione
universale
M ·m
F = G 2
r
forza di gravità
sulla superficie
di un pianeta
Tipi di forze Fg = m · g
Momento di una forza forze forza elastica
F~
~ = ~r × F~
M conservative ~
F~el = −k ∆l
[N ewton]

forza di Archimede radente statico


F~Arc = ρf · Vf s · g Fa = µs Fschiaccia
forze centripete
forze viscose
V2
F = m F~ = −αV ~ radente dinamico
r
Fa = µd Fschiaccia

forza di attrito
volvente
Fa = µv Fschiaccia

viscoso
Fa = C1 · V + C2 · V 2
47 Scheda22. Mappe di dinamica

Risoluzione di un
problema di equilibrio

Disegno tutte le forze

Equilibrio traslazionale Equilibrio rotazionale

Per ogni asse, orizzontale e


Metto il punto di rotazione
verticale, scrivo l’equazione
(su di una forza che non conosco)
dell’equilibrio traslazionale: F~tot = 0

Per ogni forza scrivo il relativo momento


Metto le formule e risolvo
indicando se orario o antiorario

Scrivo l’equazione dell’equilibrio


~ tot = 0
rotazionale M

Metto le formule e risolvo

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017


La distribuzione di massa Scheda 23
Ogni oggetto è fatto di materia. Due elementi molto importanti per avere infor- metri

mazioni su come la massa dell’oggetto è disposta sono il baricentro ed il momento di


10 9 kg
inerzia
8
6 kg
6
23.1 Il baricentro di un corpo 4

Di un corpo o di un sistema di corpi è utile definire un punto detto baricentro. Tale 2


−10 −8 −6 −4 −2 2 4 6 8 10
punto ha proprietà particolari ed è quindi qui utile darne una definizione. Il bari-
metri
centro di un sistema di corpi è un punto geometrico che definisce quale sia il centro −2
del sistema tenendo conto della distribuzione delle masse. Li doce c’è più massa si
−4
avvicina la posizione del baricentro. Per poterne calcolare la posizione è necessario
−6
prendere in considerazione un’opportuno sistema di riferimento. In tale sistema la 7 kg
−8
posizione del baricentro sarà la media, pesata sui valori delle masse, delle posizioni
delle masse stesse. Per cui −10

m1 x1 + m2 x2 + m3 x3 + ... + mn xn
Xb = Fig. 23.1: Nella figura sono rappresentate tre masse posizionate rispettivamente in posizione (10;10), (-10;7),
m1 + m2 + m3 + ... + mn
(4;-7) misurate in metri e aventi rispettivamente massa di 9 kg, 6 kg e 7 kg. In rosso è rappresentata la posizione del
m1 y1 + m2 y2 + m3 y3 + ... + mn yn baricentro del sistema. In nero è indicato il centro geometrico del sistema.
Yb =
m1 + m2 + m3 + ... + mn
Nella figura 23.1 il baricentro è stato calcolato nel seguente modo: ripetiamo l’operazione per un secondo punto; il baricentro si trova sull’intersezione
delle due rette trovate.
9 kg · 10 m − 6 kg · 10 m + 7 kg · 4 m
Xb = = 2, 64 m
9 kg + 6 kg + 7 kg
9 kg · 10 m + 6 kg · 7 m − 7 kg · 7 m
Yb = = 3.77 m
9 kg + 6 kg + 7 kg
Se abbiamo invece un corpo rigido, il discorso si dovrebbe ripetere per ognu-
na delle molecole che costituiscono il corpo. La posizione del baricentro dipenderà
quindi dalla geometria del corpo stesso e non è detto che il baricentro sia un punto
che si trova all’interno dell’oggetto. Ovviamente, però, non è possibile procedere
in questo modo per trovare la posizione del baricentro. Sperimentalmente si può
agire nel seguente modo: prendiamo il corpo rigido e appendiamolo per un suo
qualunque punto, e tracciamo sul corpo una retta verticale che passa per tale punto;

48
49 Scheda23. La distribuzione di massa

camente1 . In caso contrario per il calcolo del momento di inerzia ci si può servire di
23.2 Il momento di inerzia di un corpo
due teoremi: il teorema degli assi paralleli ed il teorema degli assi perpendicolari.
Il momento di inerzia di un oggetto è una grandezza scalare definita rispetto ad
un particolare asse di rotazione. Preso un oggetto puntiforme di massa m ad una
distanza r dall’asse di rotazione, il momento di inerzia è definito dalla quantitá

I = m · r2

Qualora l’oggetto non sia puntiforme, ogni molecola che lo compone si troverà ad 23.2.1 Momenti di inerzia di figure geometriche note
una distanza differente dall’asse di rotazione, per cui il momento di inerzia del-
l’oggetto sarà la somma dei momenti di inerzia delle singole i − esime molecole
dell’oggetto contenente n molecole. I mimenti di inerzia di figure geometriche solide che supponiamo avere tutte massa
n m, oltre che dall’asse di rotazione scelto , dipenderanno dalla massa e dalle grandez-
X
I= mi · ri2 ze che descrivono la loro geometria.
i=1

Figura geometrica Momento di inerzia


Il momento di inerzia della sfera è ovvia-
A mente sempre lo stesso per qualunque as-
se di rotazione che passi per il centro della
sfera.
Per una sfera piena avremo
r
O 2 2
I= mr
5
mi
ri Per un guscio sferico (con tutta la massa
sulla superficie della sfera) avremo

2 2
I= mr
3
Fig. 23.2: Nella figura sono rappresentate due piccole porzioni di un oggetto che sta ruotando intorno ad un suo
asse, indicando con ri le loro distanze dall’asse e con mi le loro masse. Il momento di inerzia di tutto l’oggetto sarà
la somma dei momenti di inerzia di tutte le piccole porzioni del oggetto.

Se l’oggetto ha una forma geometrica regolare, e viene calcolato rispetto ad un 1 All’indirizzoweb http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_moments_of_inertia trovate
suo asse di simmetria, allora questo conto è semplice e può essere eseguito analiti- i valori dei momenti di inerzia di alcune figure solide
50 Scheda23. La distribuzione di massa

Figura geometrica Momento di inerzia Figura geometrica Momento di inerzia


Il momento di inerzia del cilindro cavo è
1 2 2

r I= m rmax + rmin
Il momento di inerzia del cilindro pieno è rmax 2
rmin
Notiamo come nel caso che il raggio mi-
1 2
I= mr nore tenda a diventare uguale al raggio
2
maggiore
h Da notare che non dipende dall’altezza del
rmin − > rmax
cilindro, infatti se immaginiamo di taglia- h
re il parallelepipedo con piani perpendico- alora si ottiene il momento di inerzia di un
lari all’asse di rotazione, otteniamo sempre tubo cilindrico (con tutta la massa sulla su-
sezioni della stessa forma geometrica. perficie del cilindro e senza le superfici di
base). Avremo quindi che tutte le molecole
si trovano alla stessa distanza r dall’asse di
rotazione, quindi

I = mr2
Figura geometrica Momento di inerzia
Per un parallelepipedo non serve analizza-
re diversi assi di simmetria, in quanto pos-
siamo utilizzare la stessa formula sempli-
cemente dando i nomi a, b, e h sempre ri-
spettivamente ai valori dei lati di base e
dell’altezza.
Il momento di inerzia del parallelepipedo
h
pieno è
1
m a2 + b2

I=
12
Da notare che non dipende dall’altezza del
parallelepipedo; come per il cilindro se im-
maginiamo di tagliare il parallelepipedo
b
a con piani perpendicolari all’asse di rotazio-
ne, otteniamo sempre sezioni della stessa
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
forma geometrica.
I tre principi della dinamica Scheda 24
Introduciamo adesso per la prima volta il con- 24.1.1 Equilibrio traslazionale
cetto di forza, quello che fino ad ora avevate in mo-
Il primo principio della dinamica permette di enunciare il concetto di equilibrio tra-
do intuitivo quando parlavate di spinte. Il concetto
slazionale.
di forza è interamente definito dai tre principi del-
la dinamica, proposti da Newton nel 1687. Nello Un oggetto è in equilibrio traslazionale se la somma di tutte le forze che
studiare quanto segue, non cercate semplicemen- agiscono su di esso è nulla
te di ricordarli, o saperli ripetere, ma cercate piutto- Fig. 24.1: Guarda il video you- F~tot = 0
tu.be/hevrh7nQMoE
sto di comprendere il loro significato e capire in
che modo essi descrivono molti dei fenomeni che
accadono intorno a voi. 24.2 Secondo principio
Che le accelerazioni siano la conseguenza di una forza ce lo dice il primo principio;
stabilito questo, chiediamoci: “se spingo un corpo, quanto varrà l’accelerazione che
24.1 Primo principio ne consegue?” Il fattore di proporzionalità tra la forza totale e l’accelerazione subiti da un
corpo è la massa di quel corpo.
Un corpo rimane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se e solo se la somma di F~ = m~a
tutte le forze che agiscono su di esso è nulla. Il valore dell’accelerazione dipende dalla massa del corpo. A parità di forza subita,
oggetti con piccola massa subiranno una grande accelerazione, e oggetti con grande
~ = cost ⇔ F~tot = 0
V massa subiranno una piccola accelerazione.

Se vedo un oggetto che si muove con velocità costante, allora posso affermare 24.3 Terzo principio
che la forza complessiva su di esso è nulla; allo stesso modo se la forza complessiva
è nulla allora posso affermare che l’oggetto non sta cambiando la sua velocità. Le Se su di un corpo A agisce una forza dovuta alla
forze non sono ciò che fa muovere gli oggetti... le forze sono ciò che fa cambiare la presenza di un corpo B, sul corpo B agirà una forza
velocità degli oggetti. É sbagliato affermare che un oggetto si sta muovendo perché uguale ed opposta dovuta alla presenza del corpo
qualcuno lo spinge; anche se nessuno spinge l’oggetto, esso può sempre muover- A.
si di moto rettilineo uniforme con velocità costante! Se invece vedo che l’oggetto F~ab = −F~ba
cambia la sua velocità, cioè sta subendo un’accelerazione, allora posso affermare che Per vederlo con un semplice esperimento Pren-
qualcuno l’ha spinto! dete un chiodo di ferro ed una calamita: tutti sap- Fig. 24.2: Guarda il video you-
Nel rileggere il primo principio notate inoltre che esso parla di velocità costante; piamo che se teniamo la calamita in mano essa attiratu.be/ox4q3XD91eo
il chiodo, ma è sicuramente
il caso di un oggetto che rimane fermo rientra in questa definizione, in quanto un altrettanto vero che, se teniamo il chiodo fermo in mano, esso attira la calamita. Nel-
oggetto che rimane fermo ha una velocità che non cambia e vale sempre V = 0 m s . l’esperienza quotidiana questo avviene molto spesso: quando nuotiamo spingiamo

51
52 Scheda24. I tre principi della dinamica

indietro con le braccia per poter andare avanti; quanto saltiamo spingiamo in bas-
so con le gambe per poter andare in alto; quando camminiamo spingiamo indietro
con le gambe per andare avanti; se diamo una spinta a qualcuno noi subiamo come
diretta conseguenza una spinta indietro.
Se lascio cadere una penna, essa cade perchè subisce la forza di gravità (verso
il basso) generata dal pianeta; il terzo principio ci insegna che anche la penna sta
facendo una forza sul pianeta, e che tale forza è uguale (ha lo stesso valore) e opposta
(diretta verso l’alto).

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Pressione Scheda 25
25.1 Definizione
Immaginiamo di premere contro della neve fresca,
sempre con la stessa forza, ma in tre modi differen-
ti: la prima volta con il palmo della mano aperto,
la seconda con il pugno chiuso e la terza volta con
la mano piatta ma immersa nella neve di punta.
L’esperienza vi dirà che, nonostante la forza fatta
sia sempre la stessa, la capacità di penetrare nella
Fig. 25.1: Guarda il video you-
neve non è la stessa. Ciò che cambia è che la forza Fig. 25.2: Guarda il video youtu.be/JoDvQdChocA
tu.be/I1oqX6uby7A
che fate viene distribuita su superfici differenti.
La pressione è una grandezza scalare definita come il rapporto tra la forza per-
pendicolare fatta su di una superficie ed il valore della superficie stessa.

F⊥
P =
S
Quando facciamo una forza su di un oggetto che preveda di doverlo toccare, tale
forza si distribuisce su tutta la superficie di contatto; se tale superficie è grande, ogni
centimetro quadrato della superficie subisce una piccola forza e quindi la pressione
sull’oggetto è piccola.

25.2 Video di esempio


Fig. 25.3: Guarda il video youtu.be/uV8c7p9JDhw
É possibile dormire su di un letto di chiodi? I chiodi hanno una punta, chiamata in
modo tale in quanto la sua superficie è molto piccola. Se il chiodo viene premuto su
di un oggetto, od in modo equivalente un oggetto viene premuto contro un chiodo,
la pressione che consegue sarà necessariamente grande. Ma se un oggetto lo premia-
mo non su uno, ma su moltissimi chiodi, la superficie di contatto sarà grande e la
pressione di conseguenza piccola. la risposta alla domanda iniziale è si: è possibile
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
dormire su di un letto di chiodi se i chiodi sono tantissimi. Guardate i seguenti vi-
deo, ma attenzione: non ci provate perchè se sbagliate a calcolare il numero minimo
di chiodi necessari potreste farvi molto male!

53
Forza di gravità e forza di Archimede Scheda 26
dove F è la forza di Archimede1 , ρ indica la densitá del fluido, V il volume di fluido
26.1 Forza di gravità
spostato (tanto più immergo l’oggetto tanto più fluido sposto) e g è l’accelerazione
La forza di gravità è quella che ci attrae verso il di gravità. Questo principio vale sia per tutti i fluidi, cioè sia per i liquidi che per i
basso o, più precisamente, verso il centro della Ter- gas. Ognuno di noi è immerso nell’aria, perciò riceve una spinta verso l’alto pari al
ra. Ogni volta che un oggetto si trova sulla su- peso dell’aria spostata.
perficie di un pianeta subiamo una forza verso il
basso descritta dalla formula seguete, dove Fg è 26.2.1 Il problema del galleggiamento
la forza di gravità, m la massa dell’oggetto e g Se studiamo lo schema di forze che agisce su di un oggetto immerso in un fluido
l’accelerzione di gravità. possiamo chiederci in quali casi l’oggetto galleggi. Le forze alle quali è sottoposto
Fig. 26.1: Guarda il video you-
tu.be/vOKL3vcfxfg sono la forza di gravità verso il basso e la forza di Archimede verso l’alto; a seconda
Fg = mg di quale sia la forza maggiore avremo che l’oggetto andrà a fondo o salirà in super-
ficie per poi galleggiare. Se confrontiamo le formule delle due forze vediamo che,
Per il pianeta Terra il valore dell’accelerazione di gravità è g = 9, 8 sm2 . Se voi scrivendo la forza di gravità come
avete una massa di 60 kg allora in questo momento venite attratti verso il basso da
una forza Fg = mg = ρogg Vogg g

dove con ρogg intendo indicare la densità media dell’oggetto, otteniamo


m kg m
Fg = mg = 60 kg · 9, 8 2 = 58, 8 2 = 58, 8 N ewton
s s ρogg Vogg = ρf luido Vf luidospostato

Il valore dell’accelerazione di gravità è una costante per il pianeta Terra; se an- Se si prende in considerazione un oggetto completamente immerso in un liquido,
diamo su di un altro pianeta esso cambia, perché dipende dalla massa del pianeta e per cui Vogg = Vf luidospostato , allora il confronto tra le due forze si riduce a confronta-
dalle sue dimensioni. re le densità dell’oggetto e del fluido. Gli oggetti la cui densità media sia superiore a
quella dell’acqua andranno a fondo, gli altri saliranno in superficie. Se le due densità
sono uguali allora l’oggetto rimarrà fermo nel punto in cui è stato messo.
26.2 Forza di Archimede Consideriamo tre palline di circa egual volume, una da ping-pong di massa m =
3g, una di legno di massa m = 26g, e una da golf di massa m = 46g, immerse nel-
Un oggetto immerso in un fluido subisce una spinta verso l’alto pari al peso del fluido spo- l’acqua. Come si può vedere nella figura 26.2 sia la pallina da ping-pong che quella
stato. Questo é l’enunciato della legge di Archimede che spiega come mai alcuni di legno galleggiano, ma visto che quella di legno ha più massa ed è più pesante,
oggetti, se immersi in un fluido, galleggiano. La formula per la forza di Archimede deve subire una spinta di Archimede maggiore e quindi deve spostare più acqua
é: 1 La formula indicata vale nel caso in cui possiamo confondere il concetto di peso con il concetto di

forza di gravità sulla superficie di un pianeta. Questa formula deriva da questa assunzione, ma in realtà
FArchimede = ρf luido Vf luidospostato g il principio parla di “peso”

54
55 Scheda26. Forza di gravità e forza di Archimede

immergendosi di più rispetto a quanto non si immerga la pallina da ping-pong. La


pallina da golf invece, pur immergendosi completamente, son subisce una spinta
di archimede sufficiente per poter galleggiare. Ci aspettiamo inoltre che la pallina
da ping-pong sposti in volume Vf luidospostato = 3 cm3 e che quella di legno sposti
in volume Vf luidospostato = 26 cm3 . Tenendo conto delle incertezze sperimentali, le
immagini in figura 26.2 confermano tale previsione.

(a) Livello iniziale del- (b) La pallina da ping- (c) La pallina di legno (d) La pallina da golf
l’acqua pong galleggia galleggia non galleggia

Fig. 26.2: Oggetti diversi galleggiano in modo differente o non galleggiano affatto. Il liquido nel quale le palline
sono immerse è acqua con l’aggiunta di un colorante rosso.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Forza elastica Scheda 27
27.1 L’aggettivo elastico 27.2.1 Campo di elasticità
Ogni materiale elastico, se troppo deformato, perde le sue proprietà elastiche e non
Un oggetto viene detto elastico quando, se defor- ritorna più della sua forma originaria. Chiamo Campo di elasticità quell’insieme di
mato, tende a tornare della sua forma iniziale. Se deformazioni che non modificano le proprietà elastiche dell’oggetto.
prendiamo una molla e la tiriamo con la mano, ov-
viamente la deformiamo; la molla cercherà di ri-
prendere la sua forma iniziale e per fare questo 27.3 Modulo di Young
eserciterà sulla mano una forza. Quella forza viene
Anche un filo di metallo, se posto in trazione, si allunga. In realtà un qualunque
detta forza elastica.
Fig. 27.1: Guarda il video you- materiale compresso o posto in trazione si deforma leggermente in campo elastico.
Tutti i materiali, entro certi limiti magari anche tu.be/02nommN6u6c Se prendiamo un oggetto di lunghezza L e sezione S ed applichiamo perpendicolar-
molto stretti, sono dotati di una certa elasticità. Al- mente a tale sezione una forza F , allora la sua lunghezza cambierà di un fattore ∆L
cuni, come per esempio le molle, possono essere deformati molto senza che perdano ∆L
Definendo la deformazione  = e lo sforzo, in questo caso una compressione
le loro caratteristiche elastiche. L
F
semplice, σ = , possiamo definire il Modulo di Young come
S
σ
Y =
27.2 Le molle e la legge di Hooke 
cioè
Consideriamo una molla ed immaginiamo di allungarla. La forza che la molla farà F ·L
Y =
dipenderà dal tipo di molla e dall’allungamento della stessa A · δL
Il modulo di Young è una caratteristica del materiale di cui è fatto l’oggetto.

Fel = K · ∆l

dove K è la costante elatica della molla e dipende soltanto dal tipo di molla e
dalle sue caratteristiche quali per esempio la sua lunghezza, lo spessore, il materiale,
la temperatura, ecc.; ∆l è invece l’allungamento della molla. Se scriviamo la stessa
formula in forma vettoriale avremo

~
F~el = −K · ∆l

Il meno sta ad indicare che il vettore Forza esercitata dalla molla è sempre opposto
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
al vettore allungamento. La molla spinge dalla parte opposta di dove viene allungata!

56
Forza d’attrito Scheda 28
Le forze di attrito sono forze che si oppongono sempre al movimento di un og- l’altra. Il valore di tale forza dipende da come sono fatte le due superfici, ma anche
getto, sia che l’oggetto sia fermo, e quindi lo mantengono fermo, sia che l’oggetto dalla forza con cui le due superfici sono schiacciate una contro l’altra.
si muova, e quindi lo rallentano. Una forza di attrito quando un oggetto si muove
Fad = µd Fschiaccia
in un fluido la chiamiamo attrito viscoso); una forza di attrito quando due superfici
strisciano una contro l’altra la chiamiamo attrito radente; una forza di attrito quando dove Fad è la forza d’attrito radente dinamico, µd il coefficiente d’attrito dinamico e
un oggetto rotola su di una superficie la chiamiamo attrito volvente. Fschiaccia la forza che preme le due superfici a contatto una contro l’altra.

~v (velocità)
28.1 Forza d’attrito radente statico F~a (attrito)
Parliamo di forza di attrito radente statico solo per oggetti fermi. Consideriamo un
oggetto fermo su di un tavolo e proviamo a spostarlo facendolo strisciare sul tavolo:
sicuramente devo applicare all’oggetto una certa forza; ma se la forza che applico
è troppo piccola l’oggetto sta fermo. Quando la forza che applico supera una certa
F~g (schiaccia)
soglia, allora l’oggetto comincia a muoversi. La forza di attrito radente statica è la
forza che si oppone alla spinta subita dall’oggetto; ha un valore massimo oltre il
Fig. 28.1: Un oggetto su di un piano si sta muovendo verso destra. Necessariamente si genera una forza di attrito
quale l’oggetto sicuramente si muove. Questo valore massimo dipende dal tipo di opposta alla direzione del moto, causata dallo strisciare dell’oggetto sul piano, proporzionale alla forza che schiaccia
superfici che strisciano una contro l’altra e da quanto è grande la forza che schiaccia l’oggetto contro il piano (in questo esempio la forza di gravità) e dal tipo di superfici che strisciano.
queste superfici una contro l’altra.
Il coefficiente di attrito dinamico è sempre minore del coefficiente di attrito statico
Fas = µs Fschiaccia
µd < µs
Il coefficiente µs è chiamato coefficiente di attrito statico ed è un numero senza untà di
misura, che dipende unicamente dai materiali di cui sono fatte le due superfici che
strisciano. La forza che schiaccia Fschiaccia è quella forza che preme le due superfici
28.3 Forza d’attrito volvente
una contro l’altra. la grandezza delle superfici che strisciano tra loro non è rilevante.
Parliamo di forza di attrito olvente ogni volta che un oggetto rotola su di un altro.
Anche questa volta, come per l’attrito radente dinamico, l’attrito dipende dal tipo
28.2 Forza d’attrito radente dinamico
di superfici e dalla forza che le schiaccia una contro l’altra. Il coefficiente di attrito
Parliamo di forza di attrito radente dinamico per oggetti in movimento. La forza dipende però anche dal raggio della ruota che sta rotolando.
di attrito radente dinamico si ha sempre quando due superfici stanno strisciando
Fav = µv Fschiaccia
una contro l’altra; tale forza fa rallentare il movimento e quindi è sempre opposta
al vettore velocità. L’attrito radente è quindi una forza che si oppone sempre allo dove Fav è la forza d’attrito volvente, µv il coefficiente d’attrito volvente e la Fschiaccia
spostamento dell’oggetto, ed è causato dallo strisciare di due superfici una contro è la forza che preme le due superfici a contatto una contro l’altra. Il coefficiente di

57
58 Scheda28. Forza d’attrito

attrito volvente è sempre minore del coefficiente di attrito dinamico

µv < µd < µs

28.4 Forza d’attrito viscoso


Un oggetto che si muove immerso in un fluido subisce una forza d’attrito. Tale forza
dipende dalla velocità V dell’oggetto, e da due coefficienti che dipendono sia dal
tipo di fluido che dalla forma e dal materiale dell’oggetto, che dal modo con cui il
fluido scorre intorno all’oggetto, secondo la seguente formula

F = α1 V + α2 V 2

Una più dettagliata trattazione dell’attrito viscoso esula per il momento dagli
scopi di queste dispense. Facciamo solo alcune importanti considerazioni:

1. Sicuramente l’attrito aumenta all’aumentare della velocità dell’oggetto, per cui


i valori di α1 e α2 sono entrambi positivi.

2. L’attrito aumenta all’aumentare della densità del fluido (per questo motivo
muoversi nell’acqua è sicuramente più faticoso che muoversi nell’aria)

3. L’attrito aumenta all’aumentare delle dimensioni dell’oggetto (questo è il mo-


tivo per cui le auto sportive le fanno basse ed i paracadute li fanno grandi)

4. L’attrito aumenta se la forma dell’oggetto è tale da generare vortici dietro di


esso al suo passaggio (per questo motivo è molto importante la forma degli
oggetti)

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Forza peso Scheda 29
La forza per sorreggere l’oggetto vale
29.1 Definizione
T = Fg − FArc
Il peso di un oggetto è pari e opposto alla forza che devo fare per sorreggerlo. m kg m
T = mg − ρf Vf s g = 1 kg · 9, 8 − 1000 3 · 0, 000127 m3 · 9, 8 2 ∼ 8, 6 N
s2 m s
Questa è una definizione molto semplice... vediamo di capirla illustrando nelle Il valore della forza T è pari al peso P dell’oggetto, dove ora P = 8, 6 N , meno di
sezioni seguenti una serie di esempi specifici. Ovviamente il peso di un oggetto, quanto pesava appoggiato sul tavolo.
essendo una forza, si misura in Newton.

29.4 Un oggetto in un sistema accelerato


29.2 Un oggetto su di un tavolo
29.4.1 Un oggetto che ruota
Immaginate di avere un oggetto di ferro di massa m = 1 kg
appoggiato su di un tavolo. Se trascuriamo l’effetto dell’a- Immaginate di far ruotare un oggetto di ferro di massa
ria, sull’oggetto agisce la forza di gravità F~g verso il bas- m = 1 kg appeso ad una catena. La frequenza con cui
so. Per sorreggere l’oggetto il tavolo deve fare una forza T~ ruota vale ν = 2 Hz ed il raggio del cerchio che percor-
verso l’alto, pari alla forza di gravità. re vale r = 1 m. Esso subisce la forza di gravità verso il
basso e la forza centrifuga verso l’esterno del percorso cir-
T = Fg colare. Le due forze sono quindi perpendicolari tra loro
m ed entrambe contribuiranno a creare il peso dell’oggetto.
T = mg = 1 kg · 9, 8 2 = 9, 8 N
s La catena che sorregge l’oggetto, esprime una forza, corri-
In questo caso il peso P dell’oggetto vale P = 9, 8 N . spondente al peso dell’oggetto, pari alla somma delle due
forze precedenti. q
q
2 2
29.3 Un oggetto immerso nell’acqua T = Fg2 + Fc2 = (mg) + (2mπν)
r
m 2 2
Immaginate di avere un oggetto di ferro di massa m = 1 kg T = 1 kg · 9, 8 + (2 · 1 kg · 3, 14 · 2 Hz) ∼ 15, 9 N
s2
appoggiato sul fondo di una piscina piena d’acqua. In que- Il valore della forza T è pari al peso P dell’oggetto, dove ora P = 15, 9 N , più
sto caso il fondo della piscina fa una forza T~ che sorreg- di quanto pesava appoggiato sul tavolo. In questo caso è anche utile notare che il
ge l’oggetto. Le altre forze che agiscono sono la forza di peso dell’oggetto non è parallelo alla forza di gravità. Il peso agisce lungo la catena;
gravità F~g verso il basso e la forza di Archimede F~A verso l’inclinazione della catena è poi determinata dai valori delle due forze di gravità e
l’alto. centrifuga.
Il volume dell’oggetto di ferro vale
m 1 kg 29.4.2 La caduta libera
V = = kg
= 0, 000127m3 = 127 cm3
ρf 7874 m 3

59
60 Scheda29. Forza peso

Immaginiamo un oggetto in un ascensore che si sta muo-


vendo con accelerazione ~a verso il basso. Una persona al-
l’interno subisce la sola forza di gravità F~g verso il basso,
mente il pavimento dell’ascensore sorregge la persona ed
esprime quindi una forza T~ verso l’alto pari al peso della
persona.
Per il secondo principio della dinamica avremo che

Fg − P = ma

P = Fg − ma = mg − ma = m (g − a)

Se a = 0 ad indicare che l’ascensore si muove con velocità costante, allora la


persona ha un peso coincidente con la forza di gravità. Se a < 0 ad indicare che
l’ascensore accelera verso l’alto, allora la pesona ha un peso superiore alla forza di
gravità che subisce. Se a > 0 ad indicare che l’ascensore accelera verso il basso, allora
la pesona ha un peso inferiore alla forza di gravità che subisce.
Questo è esattamente quello che si prova in ascensore quando saliamo. All’inizio
l’ascensore parte verso l’alto e per un istante ci sentiamo più pesanti; successivamen-
te durante il tragitto l’ascensore viaggia a velocità costante e noi percepiamo il nostro
consueto peso; infine l’acensore si ferma ed in quell’istante ci sentiamo più leggeri.
Nel caso che l’acensore sia in caduta libera, avremo che ~a = ~g per cui risulta che
il peso della persona sia rigorosamente nullo. Questo è anche il caso di un astro-
nauta in orbita intorno alla Terra, infatti l’astronauta in orbita si trova nella stessa
situazione fisica della caduta libera.

Autore: Andrea de Capoa 3 Mag 2016


Moto su di un piano inclinato Scheda 30
30.1 Una prima considerazione
~v
R
Quando studiate la fisica del moto di un oggetto lungo un piano inclinato, cercate di
ricordare che non c’è nulla da studiare! In questa scheda semplicemente applichiamo
concetti e principi già studiati nelle precedenti schede. IN questa scheda impariamo
ad applicare dei principi generali ad una situazione particolare, per cui dopo aver F~gk
studiato la scheda non saprete più cose di quante ne sapevate prima, ma sarete più
abili ad utuilizzare le conoscenze già aquisite.
F~g⊥
θ
30.2 Il piano inclinato

Scomponendo la forza di gravità lungo le due linee principali del sistema ci si


rende conto che la forza di gravità, contemporaneamente, spinge l’oggetto lungo il
~v
R piano inclinato e lo schiaccia contro di esso. La reazione vincolare del piano inclinato
semplicemente si adegua alla forza che schiaccia l’oggetto contro il piano. Questo
significa che lungo la direzione perpendicolare al piano inclinato la forza totale è
nulla, mentre rimane diversa da zero la forza totale parallela al piano inclinato. La
componente della forza di gravità parallela al piano inclinato è

Fgk = Fg · sin(θ)

F~g θ
quella perpendicolare al piano inclinato, uguale alla reazione vincolare del piano,
vale
Immaginiamo un piano inclinato senza attrito che formi un angolo α con l’oriz- Rv = Fg⊥ = Fg · cos(θ)
zontale, ed un oggetto di massa m posto sul piano. In una situazione come questa
l’oggetto subisce soltanto due forze: la forza di gravità e la reazione vincolare del
piano inclinato. 30.3 Il moto sul piano inclinato
La forza di gravità esiste per il fatto che l’oggetto ha massa. La reazione vincolare
esiste in quanto la forza di gravità schiaccia l’oggetto contro il piano inclinato. Per Abbiamo appena visto che sull’oggetto agisce una forza totale diretta lungo la dire-
poter capire bene cosa stia davvero succedendo è necessario studiare la situazione zione del piano inclinato, ed il cui valore dipende dalla forza di gravità e dall’incli-
lungo le sue due linee principali: quella del piano inclinato e quella perpendicolare nazione del piano, entrambi costanti. Quindi l’accelerazione che subisce il corpo è
al piano inclinato. costante ed il corpo si muove di moto rettilineo uniformemente accelerato.

61
62 Scheda30. Moto su di un piano inclinato

30.4 Il piano inclinato in presenza di attrito


Qualora il corpo strisci sul piano inclinato, bisogna semplicemente aggiungere allo
schema delle forze la forza di attrito il cui valore è direttamente proporzionale alla
forza che schiaccia l’oggetto contro il piano inclinato.

Fa = µFg⊥ = µFg sin θ

~v
R

F~a
F~gk

F~g⊥
θ

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Legge di gravitazione universale Scheda 31
dove g è l’accelerazione di gravità di quel pianeta. Per un oggetto sulla superficie
31.1 La forza di gravità
del pianeta Terra, la legge di gravitazione universale ci dice:

Tra due oggetti di massa M1 ed M2 posti ad una distanza r si genera una forza MT · m
F =G
di gravità attrattiva data dalla formula RT2

M1 · M2 dove MT è la massa della Terra, ed RT è il raggio della Terra. confrontando le due


F =G equazione otteniamo
r2
MT
dove G è detta costante di gravitazione universale. Essa è una delle costanti g=G 2
RT
fondamentali del nostro universo e vale
Se eseguite i conti otterrete il valore dell’accelerazione di gravità sulla Terra.
N m2
G = (6, 67684 ± 0, 00080) · 10−11
kg 2
31.2 Energia potenziale gravitazionale
Visto che la forza di gravità è conservativa, esiste una energia potenziale gravitazio-
Due oggetti, solo per il fatto che hanno mas-
nale la cui formula è
sa, si attraggono a causa della forza di gravità. ta- M ·m
U = −G
le forza ha un raggio di azione infinito, il che si- r
gnifica che non importa quanto i due oggetti siano
distanti, essi si attrarranno per la forza di gravità!
La misura della costante di gravitazione uni-
versale è stata fatta utilizzando la bilancia di Caven-
Fig. 31.1: Guarda il video you-
dish. Essa è realizzata con due masse ai lati di una tu.be/uUGpF3h3RaM
sbarra appesa ad un filo. Mettendo altre masse vi-
cine a quelle appese al filo si può vedere che il filo subisce una torsione. Tale torsione
evidenzia la presenza della forza di gravità.

31.1.1 L’accelerazione di gravità di un pianeta

La forza di gravità che un oggetto di massa m subisce sulla superficie di un pianeta


(ad esempio la Terra) è data dalla formula

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


F = mg

63
Il moto di un pianeta Scheda 32
5
32.1 Le basi Energia

Innanzi tutto bisogna dire che un pianeta orbita Distanza


intorno al sole solo grazie alla forza di gravità. Il 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
sole attira il pianeta ed il pianeta attira il sole. Per
quanto possa sembrare strano orbitare e cadere sono
−5
lo stesso concetto, come mostrato in modo efficace
dal video 32.1.
La comprensione profonda delle caratteristiche −10
del moto di un pianeta intorno al Sole passa neces-
sariamente dalla comprensione delle leggi di con- Fig. 32.1: Guarda il video you- Tenendo conto che sia l’energia totale del sistema che il suo momento angolare si
tu.be/QTOCG4mKLQI conservano, avremo che
servazione dell’energia meccanica e di conserva-
zione del momento angolare. Storicamente fu Ke- 1 M ·m
Etot = mV 2 − G = cost
plero il primo che descrisse il moto di un pianeta attraverso la tre leggi da lui for- 2 r
mulate. Tali leggi di fatto contengono al loro interno la legge di conservazione del L = m · V · r · sen(α) = cost
momento angolare e la formula per la forza di gravità che, per le sue caratteristi-
che, è una forza conservatica e quindi implica la legge di conservazione dell’energia da cui
meccanica. L
V =
m · r · sen(α)
1 L2 M ·m
Etot = −G
2 m · r2 · sen2 (α) r
32.2 Energia e momento angolare La funzione rappresentata in figura 32.2 rappresenta l’andamento dell’energia
totale di un oggetto in orbita in funzione della distanza tra i due corpi e dell’ango-
lo tra il vettore velocità ed il vettore posizione del corpo in orbita. Per un corpo in
L’energia potenziale gravitazionale di un oggetto di massa m che orbita intorno ad
orbita l’energia totale deve essere una costante; quindi, stabilita quale sia l’energia
uno di massa M è
totale del corpo, definendo l’angolo tra la velocità del corpo e la sua posizione pos-
M ·m siamo determinare le due possibili posizioni del corpo nello spazio. Se per esempio
U = −G
r ci chiediamo a quale distanza minima e massima si possa trovare il corpo in orbita,
è sufficiente imporre α = 90◦ e tracciare sul grafico una retta orizzontale rappresen-
nella quale, per convenzione, assumiamo che l’oggetto ha energia potenziale gravi- tante l’energia totale del sistema. Dalle intersezioni si risale alle due distanze che
tazionale nulla quando si trova ad una distanza infinita dall’altro oggetto. verranno effettivamente occupare dal corpo.

64
65 Scheda32. Il moto di un pianeta

Alcune considerazioni Come potrete osservare, qualunque angolo si consideri tra


la velocità del corpo e il suo vettore posizione, se l’energia totale del sistema è ne-
5 gativa, allora avremo sempre una posizione di minima distanza ed una di mas-
Energia
sima distanza. Se invece l’energia totale del sistema è positiva, il corpo non or-
biterà, ma dopo essere arrivato nella posizione di minima distanza, si allontanerà
Distanza
indefinitamente.
2 4 6 8 10 12

−5
1 L2 M ·m
Etot = 2 2
−G
2 m · r · sen (α) r
−10

Fig. 32.2: L’energia totale di un oggetto in orbita intorno ad un’altro, in funzione della loro distanza per un
particolare angolo tra il vettore velocità ed il vettore posizione del corpo in orbita.

5
Energia

Distanza
−1 1 2 3 4 5

−5

−10

Fig. 32.3: Le intersezioni della curva con la linea orizzonatle indicano le due possibili distanze del corpo.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Momento di una forza Scheda 33
33.1 Definizione 33.2 Equilibrio rotazionale
Immaginiamo di applicare una forza su di un oggetto che sia tenuto fermo in un Il primo principio della dinamica, applicato in una situazione nella quale, invece
punto e libero di ruotare intorno a quel punto. La forza che applichiamo tenderà di parlare di traslazione parliamo di rotazione, permette di enunciare il concetto di
a far ruotare l’oggetto. La capacità di farlo ruotare dipenderà non solo da quanto equilibrio rorazionale.
la forza è intensa, ma anche dalla distanza tra il punto di rotazione e la linea della Un oggetto è in equilibrio rotazionale se la somma di tutti i momenti che
forza. La grandezza fisica che descrive questo è il momento di una forza. agiscono su di esso è nulla
M~ tot = 0
~ = ~r × F~
M

Il momento di una forza è quindi un vettore perpendicolare a ~r e a F~ ; può avere


verso orario o antiorario; il suo modulo vale

M =F ·b

dove b è chiamato braccio ed è la distanza del punto di rotazione dalla direzione della
forza.

~r
b F~

Fig. 33.1: Momento di una forza.


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

66
Reazioni vincolari Scheda 34
34.1 Definizione
Una reazione vincolare è una forza che adatta il suo valore allo scopo di
mantenere un oggetto in equilibrio traslazionale

Immaginiamo di avere un bicchiere vuoto appoggiato su di un tavolo: la forza di


gravità lo tira verso il basso ma il bicchiere rimane fermo. La forza totale che agisce
sull’oggetto è nulla visto che l’oggetto rimane fermo, quindi il tavolo sta facendo una
forza verso l’alto pari alla forza di gravità subita dal bicchiere. Se adesso riempiamo
il bicchiere con dell’acqua, la forza di gravità che agisce su di esso aumenta, in quanto
è aumentata la massa del bicchiere. Il bicchiere rimane fermo, quindi la forza totale
sul bicchiere è ancora nulla. Questo si spiega ammettendo che la forza fatta dal
tavolo è aumentata in modo tale da far si che la forza totale rimanesse zero.
Detto in modo poco scientifico, i vincoli sono cose che tengono fermi gli oggetti...
quindi sono ciò che rende pari a zero la forza totale su tali oggetti.
Come in tutte le situazioni reali esistono dei limiti; in particolare con i vincoli
esiste un limite massimo alla forza fatta dal vincolo, oltre il quale tale vincolo si
rompe.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

67
Momento Angolare Scheda 35
35.1 Definizione
Il momento angolare di un corpo è definito come il momento della quantità di
moto rispetto ad un determinato punto. Definiti ~r il vettore dal punto al corpo
e P~ la quantità di moto del corpo, avremo

~ = ~r × P~
L

Prendiamo per esempio un corpo puntiforme di massa m che ruota di moto cir-
colare uniforme su di un piano orizzontale a distanza r dal centro di rotazione. La
~ sono definiti dalle proprietà del prodotto vettoria-
direzione ed il verso del vettore L
le e quindi nel nostro esempio la direzione è verticale, mentre il verso è determinato
con la regola della mano destra e quindi stabilisce se il verso della rotazione sia orario
o antiorario. Il modulo del vettore è

L = rmv sin α

dove α è l’angolo tra i vettori ~r e P~ e quindi v sin α = v⊥ è la componente della


velocità perpendicolare al raggio. Definendo ω la velocità angolare del corpo, e I =
mr2 il momento di inerzia del corpo rispetto all’asse di rotazione, avremo quindi

L = rmV⊥ = mr2 ω

L = Iω

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

68
Parte IV

Leggi di conservazione

69
Quantità di moto Scheda 36
36.1 La quantità di moto 36.2 Conservazione della quantità di moto
Una grandezza fisica particolarmente importante per descrivere una grande quantità Immaginiamo di studiare un sistema isolato nel quale ci siano molti oggetti tra i quali
di fenomeni è la quantità di moto ~q. Essa è una grandezza vettoriale legata alla agiscono delle forze. Tali forze sono tutte interne al sistema, per cui se un oggetto
massa ed alla velocità di un oggetto. esercita una forza su di un secondo oggetto, per il terzo principio della dinamica,
all’interno del mio sitema vedrà anche la forza uguale e contraria che il secondo
La quantità di moto di un oggetto è definita come il prodotto della massa
oggetto esercita sul primo. In formule scriverò
dell’oggetto per la sua velocità

~
~q = mV F~1 = −F~2

Riscrivedo ora queste forze come variazioni di quantità di moto nel tempo otter-
La quantità di moto di un oggetto è quindi una grandezza vettoriale che ha stessa
remo
direzione e verso della velocità dell’oggetto. L’unità di misura della quantità di moto
è quindi kg·m
s
∆~q1 ∆~q2
=−
∆t ∆t
36.1.1 Forza e quantità di moto ∆~q1 ∆~q2
+ =0
∆t ∆t
Partendo dal secondo principio della dinamica possiamo scrivere: da cui

∆V ∆(mV ~) ∆~q ∆~q1 + ∆~q2


F~ = m~a = m = = =0
∆t ∆t ∆t ∆t
Una forza corrisponde quindi ad una variazione di quantità di moto nel tempo. ∆~qtot
Analogalmente possiamo affermare che =0
∆t
∆~qtot = 0
F~ · ∆t = ∆~q
Questo significa che
l’effetto di una forza applicata per un certo intervallo di tempo causa una varia-
zione di quantità di moto nel tempo. La grandezza In un sistema isolato la quantità di moto totale si conserva.

I~ = F~ · ∆t
viene chiamata Impulso. Chiamo forza impulsiva una forza, generalmente molto
intensa, che agisce per un brevissimo arco di tempo. Un esempio di forza impulsiva
lo possiamo vedere negli sport che si praticano con una palla: ogni volta che col-
piamo tale palla applichiamo una forza molto intensa per il brevissimo intervallo di
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
tempo pari alla durata del colpo.

70
Mappe sull’energia Scheda 37
43

Legge di conservazione
dell’energia totale U = m·g·h
Etoti = Etotf
Energia potenziale m ·g
F =
gravitazionale
F = M· M ·m
G m U = −G
Energia cinetica Energia r2 r
traslazionale Tipi di energie potenziale elastica
1 [Joule] 1
Ec = m · V 2 V = k · ∆l2
2 2
Energia cinetica Energia potenziale
rotazionale elettrostatica
1 q1 · q2
Ecr = I · ω 2 U = −K
2 Modi di r
scambiare energia

Calore Lavoro
∆Q ∆L = F~ · ∆S
~
Joule Joule

Potenza [W att]
∆E
P =
∆t

Autore: Andrea de Capoa 21 Dic 2016

71
Energia e Lavoro Scheda 38
Definendo I come il momento d’inerzia dell’oggetto esteso, calcolabile in linea di
38.1 Energia cinetica
principio come la somma dei momenti di inerzia di ogni singola particella dell’og-
Un oggetto che si muove ha energia cinetica solo per il fatto che si sta muovendo. getto, otteniamo l’energia cinetica rotazionale dell’oggetto
L’energia cinetica Ec di un oggetto di massa m che si muove con velocità V~ vale
1 2
Ecr = Iω
1 2
Ec = m V 2
2 Anche in questo caso il valore di I dipende non solo dalla forma e dalla massa
Come si vede dalla formula l’energia cinetica dipende dalla massa dell’oggetto dell’oggetto, ma anche dal suo asse di rotazione.
e dal quadrato della sua velocità. L’unità di misura di una qualunque energia è il
Joule
kg · m2 38.3 Energia interna
Joule =
s2
Se osserviamo un oggetto fermo, non è difficile affermare che la sua energia cinetica
è zero. Questo perchè il baricentro dell’oggetto ha velocità Vb = 0 e rispetto al bari-
38.2 Energia cinetica rotazionale centro la velocità di rotazione vale ω = 0. Le singole molecole di cui è fatto l’oggetto
però non sono ferme, ma si buovono con una velocità che dipende dalla temperatu-
Prendiamo in considerazione una particella di massa mi che si muove di moto cir- ra dell’oggetto. La somma di tutte le energie cinetiche delle molecole, nel sistema di
colare uniforme con velocità Vi , raggio ri e velocità angolare ω. Ovviamente la sua riferimento dell’oggetto fermo, è detta Energia Interna dell’oggetto.
energia cinetica potrà essere scritta, tenendo in considerazione le equazioni del moto
circolare uniforme, come
38.4 Il Lavoro di una forza
1 1
Ecr−i = mi Vi2 = m ri2 ω 2
2 2 Immaginiamo di avere un oggetto che si sposta da un punto A ad un punto B sotto
La quantità Ii = mi ri2 è definita momento d’inerzia della particella rispetto all’asse l’azione di una forza.
di rotazione. In questo modo possiamo scrivere l’energia cinetica della particella Il lavoro fatto da una forza su di un oggetto che si sposta da un punto A ad un
dovuta alla rotazione della stessa come punto B è definito come il prodotto scalare della forza per lo spostamento dell’og-
getto. Se applico una forza costante F~ su di un oggetto e questo si sposta effettuando
1
Ecr−i = Ii ω 2 uno spostamento ∆S ~ allora il lavoro effettuato sarà:
2
Nel caso della rotazione di un oggetto esteso, l’energia cinetica rotazionale del-
l’oggetto sarà la somma dell’energia cinetica rotazionale di ognuna delle sue mole- L = F~ × ∆S
~ = F · ∆S · cos(α)

cole; visto però che tutte le molecole dell’oggetto hanno la stessa velocità angolare É importante notare che quando l’angolo tra i due vettori è di 90◦ (cioè i due
potremo scrivere vettori sono perpendicolari) allora il coseno dell’angolo vale zero ed il lavoro fatto
X1 dalla forza è nullo. Una forza perpendicolare allo spostamento non fa lavoro. Se
1 X
Ecr = Ii ω 2 = ( Ii )ω 2 invece la forza avesse verso opposto allo spostamento (cioè l’angolo tra i due vettori
2 2

72
73 Scheda38. Energia e Lavoro

F~ 38.5 La Potenza
α ~
∆S Precedentemente abbiamo parlato del lavoro fatto da una forza. Se applico una forza
ad un oggetto mentre si sposta, allora compio su quell’oggetto un lavoro e quindi gli
fornisco (o tolgo) energia. Il concetto di potenza è legato alla rapidità con la quale
Fig. 38.1: In figura è schematicamente rappresentato un oggetto sottoposto ad una forza F~ , e che compie uno fornisco del lavoro ad un oggetto. La potenza è infatti definita come il rapporto tra il
~ La forza forma un angolo α con lo spostamento, ed il lavoro compiuto dalla forza è indicato nella
spostamento ∆S. lavoro fatto su di un oggetto e l’intervallo di tempo nel quale questa energia è stata
formula rappresentata.
data.

fosse di 180◦ ) allora il coseno dell’angolo varrebbe −1 ed il lavoro della forza sarebbe ∆E
P =
negativo. Il lavoro di una forza opposta allo spostamento è negativo. In altre parole, ∆t
soltanto la componente della forza che sia parallela allo spostamento può compiere
un lavoro.

38.4.1 Il teorema dell’energia cinetica


Immaginiamo di applicare una forza costante F~ ad un oggetto di massa m, e sup-
poniamo che esso si sposti di una quantità ∆S ~ nella stessa direzione e nello stesso
verso della forza. Il Lavoro fatto dalla forza può essere calcolato come

∆V
L = F · ∆S = ma∆S = m ∆S = m(Vf − Vi )Vmedia
∆t
Visto che stiamo considerando una forza costante, possiamo affermare che il
moto dell’oggetto è uniformemente accelerato; per questo motivo possiamo scrivere

(Vf + Vi )
L = m(Vf − Vi )Vmedia = m(Vf − Vi ) =
2
1 1
= mVf2 − mVi2 = Ecf − Eci
2 2

L = ∆Ec
In altre parole il lavoro fatto dalla forza ha incrementato l’energia cinetica del-
l’oggetto. Se la forza fosse stata opposta allo spostamento, il lavoro sarebbe stato
negativo e di conseguenza lo sarebbe stata la variazione di energia cinetica dell’og-
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
getto.
Forze conservative ed Energia Potenziale Scheda 39
39.1 Forze conservative 39.1.1 L’Energia potenziale gravitazionale
Quanto detto in questo paragrafo vale nel caso di oggetti che si trovino vicino alla
Una forza è definita conservativa quando il lavoro che compie lungo un percorso
superficie del pianeta. Consideriamo un oggetto qualunque: esso ha una energia
chiuso è pari a zero. Tipici esempi di forze conservative sono la forza di gravità e la
potenziale gravitazionale dovuta alla sua posizione. L’energia potenziale gravita-
forza elastica; un tipico esempio di forza non conservativa è la forza d’attrito. Imma-
zionale U per un oggetto di massa m ad una altezza h dalla superficie della Terra
giniamo un oggetto che si muova sotto l’azione di una forza conservativa lungo un
vale
percorso chiuso che lo porti da un punto A ad un punto B e successivamnte lo porti
indietro dal punto B al punto A seguendo una strada differente. Visto che il lavoro
lungo il percorso chiuso deve valere zero, avremo U = mgh

Come si vede dalla formula il valore dell’energia potenziale dipende dalla massa
L0A→B + L00B→A =0 dell’oggetto, dalla sua altezza dal suolo e dal valore dell’accelerazione di gravità che
per il pianeta Terra vale g = 9, 81 sm2 . Se un oggetto ha una massa di 5 Kg e si trova
da cui
ad una altezza di 10 metri dal suolo allora la sua energia potenziale gravitazionale
L0A→B = −L00B→A varrà 490 Joule (fate i conti e verificate la loro esattezza). Su di un diverso pianeta
cambia il valore di g.
L0A→B = L00A→B Immaginiamo di portare un oggetto da un’alterzza hA ad un’alterrza hB differen-
te e calcoliamo il lavoro della forza di gravità; questo conto ci permetterà di capire
Questa equazione dice che qualunque percorso si scelga il lavoro della forza con-
come mai l’energia potenziale gravitazionale ha quella formula.
servativa per andare da A a B deve essere sempre uguale, indipendentemente dal
percorso scelto.
LA→B = −mg∆h = mghA − mghB = −(UB − UA ) = −∆U
L’indipendenza dal percorso ci permette di definire una grandezza U detta ener-
gia potenziale che dipende solo dalla posizione dell’oggetto. in questo modo per le
forze conservative varrà 39.1.2 L’energia potenziale elastica
Una molla a riposo, che non venga ne compressa ne estesa, ha energia potenziale
LA→B = UA − UB = −∆U
elastica nulla. Se la stessa molla la si comprime o la si estende, essa acquista ener-
gia potenziale elastica proporzionale all’estensione o alla compressione rispetto alla
Tenendo anche presente il teorema dell’energia cinetica, possiamo quindi inter-
lunghezza a riposo della molla. L’energia potenziale elastica Uel immagazzinata da
pretare questo risultato dicendo che il lavoro di una forza conservativa trasforma
una molla con costante elastica k e compressa (o estesa) di una lunghezza ∆l rispetto
energia potenziale gravitazionale in energia cinetica. L’Energia potenziale è l’ener-
alla posizione a riposo varrà
gia che un oggetto ha in potenza e che potrebbe essere trasformata in energia cinetica
da una forza che fa lavoro. Esistono moltissimi tipi differenti di energia potenziale,
1
una per ogni tipo di forza conservativa. Vel = k(∆l)2
2

74
75 Scheda39. Forze conservative ed Energia Potenziale

N
Se una molla con costante elastica k = 30 m viene compressa di ∆l = 0, 2 metri,
l’energia potenziale elastica immagazzinata dalla molla vale Vel = 0, 6 Joule (fate i
conti e verificate la loro esattezza).

39.1.3 Altre forme di energia potenziale


A seconda dei vari casi che di volta in volta si analizzano, ogni oggetto può imma-
gazzinare energia in molte forme; un oggetto ha energia in base alla temperatura a
cui si trova, in base ai legami chimici tra le varie molecole o atomi, in base ai legami
tra i costituenti degli atomi, ecc. Sarà compito di chi analizza un certo sistema ca-
pire quali tipi di energia devono essere considerati per una corretta descrizione del
fenomeno.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Legge di conservazione dell’energia totale Scheda 40
nuove ed opportune forme di energia. Nel caso di uno spostamento in presenza di
40.1 Le parole di Feynmann
attrito, parte dell’energia cinetica dell’oggetto in moto viene convertita in calore e
C’è un fatto, o se volete una legge, che governa i fenomeni naturali sinora noti. Non ci sono quindi dovrà aggiungere nel bilancio energetico anche questa forma di energia.
eccezioni a questa legge: per quanto ne sappiamo è esatta. La legge si chiama conservazione
dell’energia, ed è veramente una idea molto astratta, perché è un principio matematico: dice ∆Etot = ∆U + ∆Ec + ∆Q = 0
che c’è una grandezza numerica, che non cambia qualsiasi cosa accada. Non descrive un
meccanismo, o qualcosa di concreto: è solo un fatto un po’ strano: possiamo calcolare un
certo numero, e quando finiamo di osservare la natura che esegue i suoi giochi, e ricalcoliamo 40.3 Trasformazione dell’energia
il numero, troviamo che non è cambiato... [Richard Feynmann, Le Lezioni di Feynmann,
VolI] Ogni volta che su di un oggetto agisce una forza e quell’oggetto si muove allora
quella forza ha compiuto un lavoro sull’oggetto. Se quel lavoro è positivo allo-
ra vuol dire che quella forza ha dato energia cinetica all’oggetto trasformando una
40.2 Legge di conservazione dell’energia totale qualche energia potenziale; al contrario se il lavoro è negativo vuol dire che quella
La legge di conservazione dell’energia è uno dei concetti più importanti nell’analisi forza ha sottratto energia cinetica all’oggetto convertendola in una qualche energia
di un fenomeno fisico. In un sistema isolato (che quindi non ha alcuno scambio con potenziale.
l’esterno) la quantità totale di energia è costante. Questo significa che non importa
quali o quante trasformazioni subisca l’energia presente nel sistema, la sua quantità Un esempio Per capire bene in che modo l’energia si trasforma da una sua forma
complessiva è sempre costante. Se ci limitiamo a considerare l’energia meccanica all’altra analizziamo adesso una particolare situazione nella quale un peso si trova
(per cui ci limitiamo alle forze conservative ed assumiamo che non ci siano forze sulla cima di un piano inclinato e poi scende lungo il piano inclinato per arrivare
non conservative) la dimostrazione di questo principio è semplice, infatti per un contro una molla posta al fondo del percorso.
qualunque oggetto, nello spostarsi da un punto A ad un punto B avremo sempre
1. Un oggetto si trova fermo ad una certa altezza: ha energia potenziale gravi-
che
tazionale; non ha energia cinetica. Nella molla al fondo del percorso non è
immagazzinata energia.
LA→B = −∆U = ∆Ec

da cui ricaviamo
hi
∆U + ∆Ec = 0 θ

∆Etot = 0
2. L’oggetto sta rotolando verso il basso: sta trasformando la sua energia poten-
In un caso più generale, nel quale siano presenti ogni tipo di forza, il principio di ziale gravitazionale in energia cinetica. Nella molla al fondo del percorso non
conservazione dell’energia continua a essere valido, semplicemente introducendo è immagazzinata energia.

76
77 Scheda40. Legge di conservazione dell’energia totale

~i
V
hi hi
~i
V
θ θ

3. Adesso l’oggetto si muove in orizzontale al fondo della discesa. Ha trasformato 7. L’oggetto, una volta fermo, ha convertito tutta la sua energia cinetica in energia
tutta la sua energia potenziale gravitazionale in energia cinetica. Non variando potenziale gravitazionale raggiungendo la massima altezza.
più la sua altezza, non varia nemmeno la sua energia cinetica. Nella molla al
fondo del percorso non è immagazzinata energia.
hi

hi θ
~i
V
θ

4. L’oggetto è arrivato a comprimere la molla. Sta convertendo energia cineti-


ca in energia potenziale elastica. l’oggetto quindi rallenta fino a fermarsi e
comprime la molla fino ad un valore massimo.

hi

5. La molla, raggiunta la sua massima compressione, comincerà adesso a restitui-


te all’oggetto energia cinetica perdendo energia potenziale elastica. La molla
riprenderà la lunghezza iniziale.

hi
~i
V
θ

6. L’oggetto ricomincia a salire lungo il piano inclinato. Perde energia cinetica per
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
trasformarla in energia potenziale gravitazionale.
Macchine semplici Scheda 41
Una macchina semplice è uno strumento che permette di fare del lavoro L = mg(hf − hi ) = mg∆h
esercitando una piccola forza.
Il lavoro che facciamo noi applicando una forza F~ dipende però dalla lunghezza
Ogni volta che spostiamo un og- del piano inclinato, infatti
getto esercitando direttamente su di mg∆h
esso una forza, compiamo un certo F · ∆S = mg∆h ⇒ F =
∆S
lavoro. Utilizzando una macchina
Per cui, tanto più lungo è il piano inclinato, tanto minore è la forza da impiegare
semplice, noi riusciamo ad ottene-
al fine di fare una certa quantità di lavoro.
re per l’oggetto lo stesso spostamen-
to e lo stesso lavoro, ma esercitando
una forza minore lungo un percorso
maggiore.
∆S
Le macchine semplici che tratte-
remo sono: il piano inclinato, la leva, ∆h
F~
la carrucola e il torchio idraulico.

41.1 Il piano inclinato


Fig. 41.2: Il piano inclinato
Immaginate di dover spingere un
oggetto lungo un piano inclinato
per sollevarlo di una certa altezza.
Ammettendo che sul piano inclinato
41.2 La leva
l’attrito sia nullo, è evidente che sa-
Una leva è un’asta con un perno fisso intorno al quale l’asta ruota. Il perno non è nel
rà molto più facile sollevare l’ogget-
centro dell’asta; per questo motivo, in una condizione di equilibrio, la forza fatta ad
to spostandolo lungo il piano incli-
un estremo dell’asta non è uguale alla forza fatta sull’altro estremo dell’asta.
nato che non sollevare lo stesso og-
Fig. 41.1: Tavola sulle macchine semplici dalla
getto lungo un percorso verticale. Il Fg b2
Cyclopaedia di Chambers del 1728. F b1 = Fg b2 ⇒ F =
lavoro necessario per spostare l’og- b1
getto dipende soltanto dalla massa
Qualunque lavoro venga fatto su di un oggetto posizionato sul lato corto della
dell’oggetto stesso e dal dislivello da
sbarra, sarà uguale al lavoro fatto dalla forza posizionata sul lato lungo. La forza fat-
coprire. Infatti, per la legge di conservazione dell’energia totale, avremo che
ta sul lato lungo è però sempre più piccola dell’altra, e di qui il concetto di macchina
L + mghi = mghf semplice.

78
79 Scheda41. Macchine semplici

b2 b1 F~

F~g
T~
Fig. 41.3: La leva
T~ T~

41.3 La carrucola F~
∆s
Una carrucola è un oggetto costituito da una ruota con una scanalatura sui bordi T~ T~
per permettere il passaggio di una corda. La ruota è libera di ruotare intorno al suo m T~
perno centrale. Il punto chiave per comprenderne il funzionamento sta nel notare
che la forza esercitata dal filo è sempre doppia in quanto il filo è avvolto intorno alla ∆h
ruota. A bilanciare tale forza è la reazione del perno che, di conseguenza, sarà doppia m F~
F~g
rispetto alla tensione del filo. Montando una carrucola o più carrucole avremo che la
forza necessaria a tenere in equilibrio un peso è minore della forza esercitata dal peso
stesso. In figura 41.4, facendo una forza T~ sulla corda, tale forza si propaga su tutta
F~g
la corda. Sulla carrucola mobile, la corda esercita due forze verso l’alto, bilanciate
dalla forza F~ verso il basso. La forza T~ risulta quindi la metà della forza F~ . Fig. 41.4: Un sistema a carrucola mobile.
r

41.4 Il torchio idraulico


Per questo paragrafo vedi 44.1.1.

Fig. 41.5: Guarda il video youtu.be/zM5riV9kQJ0

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Teoria degli urti Scheda 42
Tutti sappiamo che se due oggetti si dirigono uno contro l’altro, si urtano e poi La legge di conservazione della quantità di moto, applicata a questo caso, ci
proseguono il loro moto con direzioni e velocità differenti. permette di scrivere
Studiare un urto tra due corpi significa, conoscendo le masse e le velocità iniziali m1 Vi1 + m2 Vi2 = (m1 + m2 )Vf
dei corpi, prevedere quali saranno le velocità finali dei corpi. dove m è la massa degli oggetti, V è la loro velocità prima dell’urto e Vf la velocità
Per studiare un urto ci serviamo della legge di conservazione della quantità di dei due oggetti dopo che si sono attaccati. In questo modo sono in grado di calcolare
moto e della legge di conservzione dell’energia totale scritte nella sequeste forma: la velocità finale del blocco
m1 Vi1 + m2 Vi2
 Vf =
P~ + P~ = P~ + P~ m1 + m2
i1 i2 f1 f2
Eci + Eci = Ecf + Ecf + ∆Q Calcolando poi l’energia cinetica del sistema prima e dopo l’urto porriamo avere una
1 2 1 2
stima del calore liberato durante l’urto
dove i vari termini delle equazioni indicano le quantità di moto iniziali e finali dei 1 1 1 m1 m2
∆Q = Ecf − Eci = (m1 + m2 )Vf2 − m1 Vi21 − m2 Vi22 = ... = Vi Vi
due oggetti, le esergie cinetiche iniziali e finali dei due oggetti e la quantità di calore 2 2 2 m1 + m2 1 2
liberata durante l’urto.
Noi studieremo due situazioni estreme: la prima riguarda gli urti completamente
anelastici nei quali si ha la massima dispersione di calore; la seconda riguarda gli 42.2 Gli urti elastici
urti completamente elastici nei quali non c’è dispersione di calore. In entrambi i casi
In un urto elastico non si ha dispersione di calore
ci limitiamo a trattare problemi monodimensionali, nei quali supponiamo che gli
oggetti siano puntiformi e si muovano unicamente su di una linea1 . ∆Q = 0

I due oggetti dopo l’urto non rimarranno attaccati. Per descrivere questo tipo di urti
42.1 Gli urti completamente anelastici dovremo impostare un sistema di due equazioni, la prima riguardante la conserva-
zione della quantità di moto e la seconda riguardante la conservazione dell’energia.
In un urto completamente anelastico i due oggetti rimarranno attaccati ed
Il modo più comodo di risolvere il problema rimane però quello di mettersi nel si-
avranno la stessa velocità finale. In tali urti si ha la massima dispersione di
stema di riferimento nel quale uno dei due oggetti (per esempio quello con indice 2)
energia sotto forma di calore
sia fermo. Avremo quindi:
∆Q 6= 0
(
m1 Vi1 = m1 Vf1 + m2 Vf2
I due oggetti che urtano tra loro dopo l’urto rimarranno attaccati e si muoveranno m1 Vi21 = m1 Vf21 + m2 Vf22
quindi con la stessa velocità. dove m indica la massa degli oggetti, V indica la velocità degli oggetti; con gli
1 Un urto su di un piano viene trattato esattamente in modo analogo, semplicemente imponendo la
indici i intendo i valori delle grandezze prima dell’urto e con gli indici f i valori
legge di conservazione della quantità di moto separatamente per entrambi gli assi cartesiani del sistema delle grandezze dopo l’urto. Risolvendo questo sistema per trovare i valori di V1f e
di riferimento sul piano. V2f otteniamo

80
81 Scheda42. Teoria degli urti

(
m1 −m2
Vf1 = m1 +m2 Vi1
2 m1
Vf2 = m1 +m2 Vi1

42.2.1 Casi particolari di urti elastici


I due oggetti hanno la stessa massa Nel caso di due oggetti con la stessa massa,
otteniamo
(
Vf1 = 0
Vf2 = Vi1
Questo significa che l’oggetto colpito parte con la stessa velocità che aveva l’altro, il
quale, dopo l’urto, si ferma.

L’oggetto fermo ha una massa molto maggiore di quello in moto Se l’oggetto


colpito, inizialmente fermo, ha una massa enormemente maggiore di quello che lo
colpisce, per cui possiamo del tutto trascurare la massa dell’altro oggetto, otteniamo Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
(
Vf1 = −Vi1
Vf2 = 0
Questo significa che l’oggetto colpito non si sposta, mentre l’altro torna indietro con
la stessa velocità che aveva inizialmente.

L’oggetto fermo ha una massa molto minore di quello in moto Se l’oggetto colpito
ha una massa molto minore, e quindi trascurabile, rispetto a quello che lo colpisce,
otteniamo
(
Vf1 = Vi1
Vf2 = 2 Vi1
Questo significa che l’oggetto colpito parte con una velocità doppia rispetto a quella
che aveva inizialmente l’altro oggetto. L’altro oggetto invece procede nel suo moto
senza cambiare la sua velocità.
Parte V

Fluidodinamica

82
Mappe di fluidodinamica Scheda 43
Legge di conservazione
dell’energia
37

Principio di Bernoulli Legge di Stevin


1 2
2 ρV + ρgh + P = cost fluidi fermi ∆P = −ρg∆h

Fluidi Legge di conservazione


incomprimibili della portata
ρ = cost S · V = cost

Principio di Pascal

Autore: Andrea de Capoa 21 Dic 2016

83
Il principio di Pascal Scheda 44
44.1 Il principio di Pascal
Prendiamo un fluido in una situazione di quiete. Il principio di Pascal afferma che:

La pressione esercitata su di una parte della superficie di un fluido si trasmette


invariata su ogni porzione della superficie del fluido stesso.

Questo significa che se in un punto del fluido


esercitiamo una pressione, questa pressione si tra-
smetterà attraverso il fluido su tutte le pareti che
lo contengono. Ogni superficie del fluido, quindi,
eserciterà su tali pareti una forza ad essa perpen- F~grande F~piccola
dicolare causata dalla pressione che inizialmente
abbiamo esercitato. Possiamo vedere questo se im-
Fig. 44.1: Guarda il video youtu.be/-
maginiamo di mettere un palloncino all’interno di
_l8_sD4NFA
un contenitore pieno di un liquido. Se aumentia-
mo la pressione del liquido premendo sulla sua superficie, vedremo il palloncino
rimpicciolirsi a causa dell’aumento di pressione.

44.1.1 Il torchio idraulico Fig. 44.2: La forza esercitata sul lato stretto dell’apparato genera una pressione che corrisponde ad una grande
forza sul lato largo dell’apparato. Questo poiché la pressione esercitata dall’esterno si trasmette identica in tutti i
Abbiamo detto che se in un punto di un fluido applico una pressione, essa si trasmet- punti del fluido.
te invariata in ogni punto del fluido. Se applico quindi una piccola forza su di una
piccola superficie del fluido, la pressione che si trasmette permetterà di avere una
grande forza su di una grande sezione della superficie del fluido. Questo permette
di costruire dispositivi in grado di esercitare grandi forze in certi punti del fluido
come conseguenza dell’applicazione di piccole forze in altri punti del fluido. Questo
principio viene illustrato in figura 44.2.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

84
La conservazione della portata Scheda 45
45.1 Portata di un tubo
La portata di un tubo è la quantità di fluido (intesa come volume di fluido) che
3
attraversa quel tubo nell’unità di tempo. Essa si misura, a seconda dei casi, in ms .

l2 = v2 · ∆t
45.2 Portata per fluidi incomprimibili
Per fluidi incomprimibili intendiamo fluidi la cui
densità non cambia. Una certa quantità di fluido,
l1 = v1 · ∆t S2
con un determinato volume, avrà sempre lo stesso
volume. Se in un certo intervallo di tempo entra in
un tubo una certa quantità di fluido, allora in un S1
diverso punto del tubo la stessa quantità di fluido
deve uscire. Questo concetto è rappresentato in
Fig. 45.1: Guarda il video you- Fig. 45.2: Il liquido che scorre nella parte stretta del tubo passa poi nella parte più larga cambiando velocità. I due
figura 45.2.
tu.be/6bbXsASWK5M
volumi di liquido devono essere uguali a causa dell’incomprimibilità del liquido.
Il volume della parte di liquido nella parte
stretta del tubo è quindi uguale al volume del liquido nella parte larga del tubo.

V1 = V2

da cui
S1 · l1 = S2 · l2

dove S è la sezione del tubo e l il percorso fatto dal liquido in un tempo ∆t viaggian-
do alla velocità v. Avremo quindi

S1 · v1 · ∆t = S2 · v2 · ∆t

S1 v1 = S2 v2 Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Questa indicata è la legge di conservazione della portata Q = S · v valida per tutti


i fluidi incomprimibili che scorrono in un tubo. Questa legge può essere commentata
dicendo che, essendo il liquido incompressibile, in un tubo il liquido scorre tanto più
velocemente quanto più piccola è la sezione del tubo.

85
Il principio di Bernoulli Scheda 46
Dove P è la pressione del fluido, ρ la sua densità. La pressione in un certo volu-
46.1 L’equazione di Bernoulli
me di fluido può infatti essere vista come la quantità di energia interna per unità di
Immaginiamo adesso di seguire il movimento di volume. Se controlliamo le unità di misura di ognuno di questi tre termini possiamo
un certo volume di fluido incomprimibile. Du- constatare che si tratta di un’energia per unità di volume, cioè Joule
m3 . Allora l’equa-
rante il suo movimento vale di sicuro la legge di zione di Bernoulli può essere letta come la legge di conservazione dell’energia per
conservaziuone dell’energia. Applicando tale leg- unità di volume, cioè afferma che un particolare volume di fluido mantiene costante
ge, trascurando ogni effetto dovuto alle forze di la sua energia, supponendo tale volume costante.
attrito, otteniamo l’equazione seguente:
v~2
1 Fig. 46.1: Guarda il video you-
mv 2 + mgh + Uint = cost
2 tu.be/XrAbLKiuZ7c
dove v è la velocità del fluido, g l’accelerazione di gravità e h l’altezza a cui si
trova il fluido. In quest’equazione il primo termine rappresenta l’energia cinetica S2
del fluido, intesa come l’energia legata al movimento del baricentro. Questo termine v~1
considera il fluido come se tutta la sua massa fosse concentrata nel baricentro, e non
tiene conto dell’energia cinetica legata al movimento delle singole molecole intorno S1
al baricentro.
Il secondo termine rappresenta l’energia potenziale gravitazionale del fluido. Il
terzo rappresenta invece l’energia interna del fluido, cioè l’energia cinetica legata al h1 h2
movimento delle singole molecole intorno al baricentro del fluido. Dividere l’ener-
gia cinetica del fluido nella somma dell’energia cinetica del baricentro più l’energia
interna è necessario in quanto misurare la prima non è complicato, mentre per misu- Fig. 46.2: Il liquido che scorre nella parte stretta del tubo passa poi nella parte più larga cambiando velocità. I due
rare la seconda dovrei conoscere con precisione massa e velocità di tutte le molecole volumi di liquido devono essere uguali a causa dell’incomprimibilità del liquido.

del fluido.
Dal momento che trattiamo fluidi incomprimibili, allora la massa di fluido consi-
derata ha anche un volume costante; posso quindi dividere l’equazione per il volume
46.1.1 La legge di Stevin
del fluido ottenendo:
Se applichiamo l’equazione di Bernoulli in un caso
1 2
2 mv mgh Uint in cui il fluido sia fermo, cosa otteniamo?
+ + = cost
V V V
Immaginiamo di trovarci immersi in un fluido
ottenendo l’equazione di Bernoulli
fermo e spostarci da un punto A ad un punto B
1 2 a differente profondità. L’equazione di bernoulli
ρV + ρgh + P = cost
2 diventa:

86 Fig. 46.3: Guarda il video you-


tu.be/SGVEECG23Q4
87 Scheda46. Il principio di Bernoulli

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


PB + ρghB = PA + ρghA
nella quale sono stati annullati i termini legati alla velocità del fluido. Con sem-
plici passaggi si ottiene

PB − PA = ρghA − ρghB
PB − PA = −(ρghB − ρghA )

∆PA→B = −ρg∆hA→B
che è appunto la legge di Stevin. Essa afferma che tanto più vado in profondità
in un fluido, tanto maggiore sarà la pressione che sento, in base anche alla densità
del fluido.

46.1.2 Il tubo di Venturi


Come varia la pressione in un condotto orizzontale di sezione variabile? Se appli-
chiamo l’equazione di Bernoulli ad un condotto orizzontale ed otilizziamo poi la
legge della portata otteniamo quanto segue, dove indichiamo con S1 e S2 i valori
delle sezioni del condotto in due suoi punti distinti.

1 1
P1 + ρv12 = P2 + ρv22
2 2
In questa equazione i termini con l’altezza sono stati semplificati in quanto le due
altezze sono uguali essendo il tubo orizzontale..

1 1 S2
P1 + ρv12 = P2 + ρv12 12
2 2 S2
1 1 S2
P1 − P2 = − ρv12 + ρv12 12
2 2 S2
S2
 
1
∆P = − ρv12 1 − 12
2 S2
Fig. 46.4: un tubo di Venturi nel quale sta scorrendo dell’acqua. E’ possibile notare come l’altezza delle due
Da questa equazione si vede chiaramente che all’aumentare della velocità del colonnine d’acqua sia differente, a dimostrare che la pressione nei due punti del condotto Ú differente.
fluido si crea una differenza di pressione tra due punti del tubo con sezioni differenti.
Parte VI

Calorimetria

88
Mappe di calorimetria Scheda 47
Calore fornito Transizione di fase
∆Q ∆Q = Qlat · m
Trasporto di calore =0
∆Q S ∆T
= ρ· · ∆T
∆t l ∆T
Temperatura 6= 0 Riscaldamento
T ∆Q = cs · m · ∆T

Equilibrio termico Dilatazione termica


cs1 m1 T1i + cs2 m2 T2i lineare
Teq =
cs1 m1 + cs2 m2 ∆l = λ · li · ∆T

Dilatazione termica
superficiale e volumica
∆S = 2λ · Si · ∆T
∆V = 3λ · Vi · ∆T

Autore: Andrea de Capoa 03 Dic 2016

89
Stati della materia Scheda 48
utilizzato per spezzare i legami tra le molecole; la temperatura del materiale rimane
48.1 Stati della materia
costante.
La materia si trova in tre stati: Solido, Liquido, Gas-
soso. La differenza sta nel come le molecole o gli
atomi della sostanza in questione sono legati tra
loro.

Solidi I solidi hanno forma e volume propri; le


molecole sono molto legate tra loro e non sono
Fig. 48.1: Guarda il video you-
libere di muoversi attraverso il materiale tu.be/I9jqUUbeuog

Liquidi I liquidi hanno volume propro ma assu-


mono la forma del contenitore; le molecole sono
legate tra loro, ma con legami sufficientemente deboli da permettere alle molecole di
muoversi attraverso il materiale.

gas I gas assumono sia il volume che la forma del contenitore che li contiene; le mo-
lecole non sono legate tra loro (a meno di debolissimi legami che in genere possono
essere trascurati) e sono libere di muoversi attraverso il materiale

48.2 Cambiamenti di stato


Ogni materiale, a temperature ben precise, può
passare da uno stato ad un altro. Il cambiamen-
to di stato avviene perchè i legami tra le molecole
si spezzano o si formano. Per esempio alla tempe-
ratura T = 0◦ C il ghiazzio fonde. Nella fusione,
dando calore i legami tra le molecole del solido si
spezzano e il materiale diventa liquido; al contra-
Fig. 48.2: Guarda il video you-
rio quando abbiamo acqua liquida alla temperatu-
tu.be/rC3CloIZHtA
ra T = 0◦ C, togliendo calore i legami tra le mole-
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
cole si formano ed il liquido diventa solido. Durante la transizione di fase il calore è

90
La Temperatura Scheda 49
La temperatura di un oggetto indica l’energia cinetica media delle molecole di ne consegue che l’ampiezza di un grado Kelvin sia uguale all’ampiezza di un grado
cui è fatto quell’oggetto. centigrado.

Ogni oggetto è infatti fatto di molecole, le quali si muovono all’interno dell’og- 49.1.3 conversioni di temperature
getto, fossanche per vibrare intorno ad punto di equilibrio. Visto che per l’energia Per come sono state determinate le due scale di temperatura bisogna stare atten-
cinetica di una particella esiste un limite inferiore pari a zero, allora esiste un limite ti quando si eseguono le conversioni di unità di misura. Se devo convertire due
inferione anche per la temperatura. intervalli di temperatura, la conversione è

∆T = 1 K = 1 ◦ C
49.1 Le scale di temperatura
Se devo invece convertire il valore di una temperatura allora
Le due principali scale di temperatura che studiamo sono la scala dei gradi centi-
gradi1 e la scala dei gradi Kelvin. Per creare una scala di temperature è necessario t = 300 K = 26, 85 ◦ C
determinare due punti fissi sulla scala.

49.1.1 I gradi centigradi


Per determinare la scala dei gradi centigradi si è presa prima la temperatura di fu-
sione del ghiaccio è si è stabilito in modo arbitrario che tale valore corrispondeva a
Tf us = 0◦ C; successivamente si è presa la temperatura di ebollizione dell’acqua è
si è stabilito in modo arbitrario che tale valore corrispondeva a Teb = 100◦ C. Con
queste due affermazioni è di fatto stata inventata questa scala di temperatura.

49.1.2 I gradi Kelvin


Stabilito che il concetto stesso di temperatura prevede l’esistenza di un limite in-
feriore al suo valore, allora risulta sicuramente più efficace l’utilizzo della scala di
temperatura dei gradi Kelvin. Essa infatti stabilisce che il valore minimo di tempe-
ratura sia Tmin = 0 K corrispondente al valore Tmin = −273, 15 ◦ C. inoltre stabilisce
che il valore della temperatura di fuzione del ghiaccio sia Tf us = 273, 15 K e che
il valore della temperatura di ebollizione dell’acqua sia Teb = 373, 15 K. essendoci
anche qui 100 gradi di differenza tra le due temperature di transizione dell’acqua,
1 La Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
scala dei gradi centigradi è altrimenti chiamata scala Celsius dal nome del fisico che la creò.

91
Riscaldamento Scheda 50
Riscaldare un oggetto significa aumentarne la
cs1 Ti1 + cs2 Ti2
temperatura; raffreddare un oggetto significa dimi- Tf =
cs1 + cs2
nuirne la temperatura. Per ottenere questo dob-
Qualora vengano messi a contatto molti oggetti con temperature differenti, allora
biamo dare o togliere del calore all’oggetto. Se dia-
la formula sopra scritta diventa
mo del calore all’oggetto, questo calore aumenta
l’energia interna dell’oggetto e quindi ne aumenta cs1 Ti1 + cs2 Ti2 + ... + csn Tin
Fig. 50.1: Guarda il video you- Tf =
la temperatura. cs1 + cs2 + ... + csn
tu.be/sjsoUnjBeEM
dove n è un generico indice che indica il numero di oggetto messi a contatto.

50.1 Calore e temperatura Dimostrazione Immaginiamo di avere due og-


getti di massa m1 ed m2 , calore specifico cs1 e
Di quanto la temperatura aumenti quando fornia- cs2 , temperatura Ti1 e Ti2 . Mettendo i due ogget-
mo del calore dipende dal tipo di materiale e dalla sua massa secondo la seguente ti a contatto essi si scambieranno calore. Il calo-
formula: re in ingresso nell’oggetto più freddo sarà uguale
ma con segno opposto rispetto al calore in uscita
∆Q = cs m∆T dall’oggetto più caldo. Per cui avremo
Fig. 50.2: Guarda il video you-
tu.be/xr_ftQWMVOQ
dove ∆Q indicha il calore fornito al corpo, ∆T la sua variazione di temperatura, ∆Q1 + ∆Q2 = 0
m la sua massa e cs il suo calore specifico. Il calore specifico è un parametro che
dipende solo dal tipo di materiale di cui è fatto l’oggetto. La grandezza C = cs m è cs1 m1 ∆T1 + cs2 m2 ∆T2 = 0
detta capacità termica di quel particolare corpo. Nel caso in cui stiamo dando calore cs1 m1 (Tf − Ti1 ) + cs2 m2 (Tf − Ti2 ) = 0
la grandezza ∆Q sarà positiva; viceversa sarà negativa. L’unità di misura del calore
cs1 m1 Tf − cs1 m1 Ti1 + cs2 m2 Tf − cs2 m2 Ti2 = 0
è il Joule o la caloria = 4,186 Joule.
Tf · (cs1 m1 + cs2 m2 ) − cs1 m1 Ti1 − cs2 m2 Ti2 = 0
cs1 m1 Ti1 + cs2 m2 Ti2
Tf =
50.2 Scambi di calore ed equilibrio termico cs1 m1 + cs2 m2

Cosa succede se metto a contatto due oggetti con temperatura differente? Ciò che
succede è che del calore passa dall’oggetto più caldo (che quindi si raffredda) all’og-
getto più freddo (che quindi si riscalda); questo avviene fino a quando i due oggetti
raggiungono la stessa temperatura e sono quindi in equilibrio termico. Per calcolare
quale sia la temperatura di equilibrio che verrà raggiunta dai due corpi possiamo
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
utilizzare la seguente formula:

92
Dilatazione termica Scheda 51
Quando scaldiamo un oggetto solido o liquido, esso aumenta il suo volume. Le
molecole dell’oggetto, agitandosi, occupano infatti più spazio. Questo è un fenome-
no molto piccolo, e quindi difficilmente visibile ad occhio nudo.

51.1 Dilatazione lineare Fig. 51.3: Guarda il video youtu.be/pfdy2R3Ixu4

51.2 Dilatazione superficiale e volumetrica


A seconda della forma dell’oggetto può essere necessario parlare di dilatazione ter-
mica superficiale o volumetrica, essendo necessario calcolarci di quanto aumenta la
superficie od il voume di un oggetto. Le formule per farlo sono:
Fig. 51.1: Guarda il video youtu.be/rDvg8eaMdbY
∆S = 2λS0 ∆T
L’aumento del volume dell’oggetto è dovuto all’aumento di ognuna delle tre di-
mensioni dell’oggetto. Prendiamo per esempio una sbarra di lunghezza l; di quanto ∆V = 3λV0 ∆T
aumenterà la lunghezza della sbarra quando viene scaldata? La formula che descrive
Per meglio comprendere il fenomeno guardate l’immagine in figura 51.4
questo fenomeno è
∆l = λl0 ∆T

dove ∆l è l’allungamento della sbarra, l0 la lunghezza iniziale della sbarra, ∆t la


variazione di temperatura e λ il coefficiente di dilatazione termica lineare tipico del
materiale dell’oggetto. Il valore di tale coefficiente è dell’ordine di grandezza di
10−6 K1
, cioè le dimensioni dell’oggetto scaldato aumentano di un milionesimo per
ogni grado di variazione di temperatura.
Nei seguenti video viene mostrato come misurare il coefficiente di dilatazione
lineare dei metalli

(a) La sfera, fredda, è sufficientemente piccola (b) La sfera, calda, è troppo grande per poter
da passare nel foro passare nel foro

Fig. 51.4: Una sfera di metallo, riscaldata, si dilata.


Fig. 51.2: Guarda il video youtu.be/9l41WAjrAa4

93
94 Scheda51. Dilatazione termica

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Transizioni di fase Scheda 52
Se diamo o togliamo calore ad un corpo quan- ne. Questo avviene perchè il calore fornito viene utilizzato per rompere (o formare) i
do ci troviamo ad alcune precise temperature tipi- legami tra le molecole e quindi non può essere impiegato per variare la temperatura
che di ogni materiale, succede che quel corpo su- del materiale. Da un punto di vista microscopico, infatti, le differenze tra i tre stati
bisce una transizione di fase e cambi quindi stato. I dipendono dall’intensità dei legami molecolari tra le varie molecole della sostanza.
tre stati in cui si può trovare la materia sono lo sta- In un solido i legami sono molto forti, tali da vincolare le molecole in una ben pre-
to solido, liquido e gassoso. Un qualunque passaggio cisa posizione le une rispetto alle altre; in un liquido i legami sono meno forti, e le
tra uno stato e l’altro si dice transizione di fase. Nel- Fig. 52.1: Guarda il video you- molecole sono libere di muoversi all’interno del liquido; in un gas i legami sono stati
tu.be/aH4vm84KJFk
la tabella 52.1 sono indicate le transizioni di fase spezzati e le molecole sono libere di allontanarsi indefinitamente le une dalle altre.
esistenti.

Stato iniziale → Stato finale Transizone di fase


Solido → Liquido Fusione
Solido → Gassoso Sublimazione
Liquido → Gassoso Evaporazione
Gassoso → Liquido Condensazione
Gassoso → Solido Brinamento
Liquido → Solido Solidificazione

Tabella 52.1: Tabella delle transizioni di fase esistenti

Ma quanta energia mi serve per far compiere una transizione di fase ad un certo
quantitativo di materia? Per ogni transizione di fase esiste un parametro tipico di
J
ogni materiale detto calore latente. La sua unità di misura è Kg . Questa grandezza mi
dice quanta energia devo fornire ad ogni kilogrammo di materiale per fare avvenire
una certa transizione di fase. Per cui, per ogni materiale, avremo un calore latente
di fusione ed un calore latente di ebollizione. Il calore necessario alla transizione di
fase sarà quindi:

∆Qf usione = Qlatente−f usione · m


∆Qeboll. = Qlatente−eboll. · m
Mentre forniamo calore ad un materiale e questo sta subendo una transizione di
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
fase, la temperatura del materiale rimane sempre costante durante tutta la transizio-

95
Conduzione termica Scheda 53
esso. Se tocchiamo un oggetto freddo, la sensazione che stiamo provando significa:
53.1 La teoria
il calore esce velocemente dal nostro corpo. Se tocchiamo un oggetto caldo la sensazione
Il calore si muove all’interno dei materiali. La ve- che stiamo provando significa: il calore esce lentamente dal nostro corpo o addirittura vi
locità con la quale si muove dipende da fattori entra.
quali il materiale, la forma e la temperatura. Im- La velocità con cui il calore entra o esce dal nostro corpo dipende certo dalla
maginiamo di avere una sbarra di lunghezza l e temperatura dell’oggetto toccato, da dipende anche dal materiale di cui è fatto. I
sezione S e che tra i due estremi della sbarra ci metalli sono ottimi conduttori di calore, mentre il legno è un ottimo isolante termi-
sia una differenza di temperatura ∆T . Il calore si co... ecco perchè i due oggetti che avete prima toccato vi sembra che abbiano la stessa
muove dal lato più caldo verso il lato più freddo temperatura.
Fig. 53.1: Guarda il video you-
della sbarra; la quantità di calore che nell’unità di
tu.be/SGaXGaU5qN8
tempo passa da una parte all’altra della sbarra la
53.3 Un semplice esperimento
calcoliamo

∆Q S
= ρ ∆T
∆t l
∆Q
dove ρ è la conducibilità termica tipica del materiale di cui è fatta la sbarra, e ∆t
è la potenza trasmessa attraverso la sbarra.

Fig. 53.3: Guarda il video youtu.be/Jfqp6rZLc4Y


53.2 La sensazione di caldo e freddo
Guardatevi intorno e trovate un oggetto di metallo
ed uno di legno. Toccateli. Troverete che l’oggetto
di metallo è freddo e quello di legno è più caldo. Se
ora provate a misurare la loro temperatura trove-
rete che i due oggetti hanno la stessa temperatura!
del resto è ovvio che abbiano la stessa temperatura
in quanto sono in equilibrio termico con l’aria che
Fig. 53.2: Guarda il video you-
li circonda e con gli oggetti con cui sono a contatto,
tu.be/vqDbMEdLiCs
e noi sappiamo che gli oggetti a contatto raggiun-
gono la stessa temperatura. Ma allora perchè abbiamo la percezione di due tempe-
rature differenti? Il fatto è che il nostro corpo non è un termometro e non misura la
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
temperatura degli oggetti; il nostro corpo misura la velocità con cui il calore esce da

96
Parte VII

Termodinamica

97
Mappe di termodinamica Scheda 54
Energia interna
U n
U = N KT
2
Calore fornito Temperatura
δQ T
Primo principio
Legge dei gas perfetti
della termodinamica
Lavoro fatto P ·V = N ·K·T Volume
∆U = δQ − δL
δL V

Pressione
P
Isoterma
Trasformazioni
∆T = 0
termodinamiche
∆U = 0

Trasformazioni cicliche Isocora


δL ∆V = 0
η =
δQass δL = 0

Isobara
Secondo principio ∆P = 0
della termodinamica δL = P · ∆V
η < 1
Adiabatica
δQ = 0
Terzo principio della Entropia
termodinamica δQ
∆S =
∆S ≥ 0 T

Autore: Andrea de Capoa 19 Dic 2016

98
Primo principio della termodinamica Scheda 55
55.1 Videolezione 55.4 Il lavoro fatto da un gas
Ogni gas preme sulle pareti del contenitore che lo contiene, cioè esercita su di esse
una forza. Se le pareti si spostano, allora tale gas di conseguenza fa un lavoro. Se il
gas aumenta il suo volume, ne consegue che il gas cede del lavoro al mondo esterno;
se il gas diminuisce il suo volume, il gas riceve del lavoro dall’esterno.

δL ←→ ∆V
Fig. 55.1: Guarda il video youtu.be/KzwaYi0CtNs

55.5 Il primo principio


55.2 L’energia interna di un gas
Un gas può essere quindi pensato come un contenitore di energia interna. Un gas
Un gas è fatto di molecole che si muovono, e le molecole hanno massa. Questo vuol può però anche cedere o ricevere energia, sia sotto forma di lavoro che sotto forma
dire che le molecole di ogni gas hanno energia cinetica. La somma delle energie cine- di calore. Se il gas riceve energia, la sua energia interna aumenterà, mentre se il gas
tiche di tutte le molecole del gas la chiamiamo energia interna del gas e la indichiamo cede energia la sua energia interna diminuirà.
con la lettera U
Definiamo la grandezza δQ come il calore che entra nel gas. Se il calore uscisse
n
X 1 dal gas δQ avrebbe un valore negativo.
U= mi Vi2
i=1
2
Definiamo la grandezza δL come il lavoro che esce dal gas. Se il lavoro entrasse
Visto che la temperatura è un indice dell’energia cinetica media delle moleco-
nel gas δL avrebbe un valore negativo.
le, l’energia interna del gas è di conseguenza direttamente legata alla temperatu-
ra del gas. per cui se cambia l’energia interna del gas, di conseguenza cambia la
Detto questo possiamo affermare il primo principio della termodinamica
temperatura del gas
∆U ←→ ∆T
∆U = δQ − δL

che possiamo leggere come: La variazione dell’energia interna di un gas è ugale a


55.3 Principio zero tutto il calore che entra meno tutto il lavoro che esce1 . Questa formula comunque altro
non è se non la legge di conservazione dell’energia applicata ad una trasformazione
Un principio fondamentale della termodinamica è che il calore si muove sempre termodinamica di un gas.
dagli oggetti più caldi verso gli oggetti più freddi. Per questo motivo, se un gas è
più caldo del suo contenitore, gli cederà calore; se è più freddo riceverà calore da 1 δQ e δL sono stati scritti con la delta minuscola per un motivo preciso che per il momento è fuori
esso. dagli scopi di questa scheda

99
100 Scheda55. Primo principio della termodinamica

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche Scheda 56
Esso altro non è se non un dia-
56.1 La legge dei gas perfetti 2
P gramma cartesiano con i valori di
Consideriamo un gas, per esempio l’aria contenuta in una stanza chiusa. Quali gran- pressione e volume sui due assi. Un
dezze fisiche dovrò utilizzare per definire lo stato fisico in cui si trova quel gas? 1.5 punto all’interno del grafico defini-
Cominciamo a considerare le seguenti quattro: sce in modo univoco un valore di
1 pressione e di volume, e quindi, per
• il volume V
il nostro gas, anche di temperatu-
• la pressione P ra. In figura 56.1 è rappresentato il
0.5 piano di Clapeyron; le linee punti-
• la temperatura T nate all’interno del piano rappresen-
V tano stati nei quali il gas ha sem-
• il numero di molecole N
0.5 1 1.5 2 pre la stessa temperatura. Tanto
L’insieme dei valori di queste quatto grandezze definisce lo stato fisico in cui si Fig. 56.1: il piano di Clapeyron più la linea in questione è lontana
trova quel gas. L’esperienza quotidiana ci dice che se facciamo variare una di queste dall’origine degli assi, tanto maggiore è la temperatura a cui corrisponde.
grandezze, automaticamente una o più di una delle altre cambia di conseguenza. La
legge fisica che lega insieme le quattro variabili dei gas sopra citate è la legge dei gas
perfetti 56.3 Trasformazioni termodinamiche
P ·V =N ·K ·T Si dice trasformazione termodinamica un qualunque
cambiamento dei valori delle variabili del gas. Ta-
dove K = 1, 3806488(13) · 10−23 Kelvin
Joule
è la costante di Boltzmann.
le cambiamento corrisponde nel piano di Clapey-
Questa si chiama legge dei gas perfetti in quanto vale per quei gas fatti di parti-
ron in uno spostamento del punto che rappresen-
celle puntiformi che non hanno alcuna interazione tra di loro. I gas reali non sono
ta lo stato del gas. Ogni trasformazione termodi-
certo così fatti, ma nella maggior parte dei casi ci si avvicinano tanto da poter essere
namica è sempre causata da uno scambio di ener-
considerati perfetti.
gia tra il gas ed il mondo esterno. Noi studiere-
Fig. 56.2: Guarda il video you-
mo quattro tipi di trasformazioni: isocore, isobare,
tu.be/NQ3JWLhCb4g
56.2 Lo stato di un gas isoterme ed adiabatiche.

Una volta fissato il numero di molecole di cui è composto il gas che stiamo studiando,
il suo stato è identificato dalle restanti tre: volume, pressione e temperatura. Definiti
56.3.1 Isocore
pressione e volume si può dedurre il valore della temperatura. Un ottimo modo Una trasformazione isocora è una trasformazione a volume costante. Nel piano di
per rappresentare lo stato in cui si trova un il gas è quello di utilizzare il piano di Clapeyron è rappresentata da una linea verticale. All’aumentare della pressione
Clapeyron. aumenterà la temperatura in modo direttamente proporzionale.

101
102 Scheda56. Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche

2 2
P P

1.5 1.5

1 1

0.5 0.5

V V
0.5 1 1.5 2 0.5 1 1.5 2

Fig. 56.3: trasformazione isocora Fig. 56.4: trasformazione isobara

56.3.2 Isobare da dell’isoterma. All’aumentare della pressione diminuirà il volume. Nella realtà
una trasformazione adiabatica può essere realizzata facendo trasformare il gas tanto
Una trasformazione isobara è una trasformazione a pressione costante. Nel piano
velocemente da non dargli il tempo di scambiare calore con il mondo esterno.
di Clapeyron è rappresentata da una linea orizzontale. All’aumentare del volume
aumenterà la temperatura in modo direttamente proporzionale.
56.3.5 Come ragionare con i gas perfetti
56.3.3 Isoterme
Per affrontare un qualunque problema sulle trasformazioni termodinamiche è pos-
Una trasformazione isoterma è una trasformazione a temperatura costante. Nel sibile utilizzare la mappa concettuale in figura 56.7.
piano di Clapeyron è rappresentata da un ramo di iperbole equilatera riferita agli Gli elementi che servono per eseguire i ragionamenti sono pochi:
asintoti. All’aumentare della pressione diminuirà il volume in modo inversamente
proporzionale. 1. la legge dei gas perfetti

2. il primo principio della termodinamica


56.3.4 Adiabatiche
Una trasformazione adiabatica è una trasformazione in cui non avvengono scambi 3. il concetto per cui la temperatura di un gas è direttamente legata all’energia
di calore. Nel piano di Clapeyron è rappresentata da una curva un po’ più ripi- interna del gas
103 Scheda56. Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche

2 2
P P

1.5 1.5

1 1

0.5 0.5

V V
0.5 1 1.5 2 0.5 1 1.5 2

Fig. 56.5: trasformazione isoterma Fig. 56.6: trasformazione adiabatica

4. il concetto per cui il gas cede lavoro all’esterno se si espande e lo riceve dall’e- 3. se conoscete le variazioni di due variabili tra pressione, volume e temperatu-
sterno se si comprime ra, allora avrete informazioni sulla terza variabile utilizzando la legge dei gas
perfetti
Tutto ruota intorna a due gruppi di tre variabili:
4. se conoscete i movimenti di energia legati a due delle tre variabili energetiche
1. pressione, volume e temperatura (energia interna, lavoro scambiato, calore scambiato), allora avrete informazio-
ni sulla terza variabile utilizzando il primo principio della termodinamica
2. energia interna, lavoro scambiato e calore scambiato

In base alle informazioni che avete i ragionamenti da fare di volta in volta sono
pochi e semplici:

1. se avete informazioni sulla temperatura del gas automaticamente ricavate in-


formazioni sulla sua energia interna e viceversa

2. se avete informazioni sul volume del gas automaticamente ricavate informa-


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
zioni sullo scambio di lavoro, e viceversa
104 Scheda56. Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche

Fig. 56.7: Una mappa concettuale per affrontare ogni problema sulle principali trasformazioni dei gas perfetti.
Distribuzione Maxwell Boltzmann Scheda 57
57.1 Il concetto
Abbiamo visto che la temperatura di un gas è legata all’energia cinetica media delle
molecole del gas e quindi alla loro velocità quadratica media. Se affermiamo che un
certo gas ha una certa temperatura, di fatto stiamo definendo un valore per l’energia
cinetica media delle molecole. Conoscere il valore medio dell’energia cinetica delle
molecole, non significa però conoscere il valore dell’energia cinetica di ogni singola
molecola. Se la media dell’energia cinetica ha un certo valore, l’energia cinetica di
ogni singola molecola può essere molto differente. Per cui, qualunque sia il valore 1
1 dn
dell’energia cinetica media delle molecole, ci saranno comunque molecole con poca N dv

energia e molecole con molta energia.


0.8 Tbassa

57.2 La distribuzione delle velocità


0.6
Se prendiamo un gas, ogni molecola ha una certa energia cinetica e quindi una cer-
Tmedia
ta velocità. Alcune molecole, viaggeranno piano, altre molto veloci. Conoscere la
0.4
distribuzione delle velocità, significa conoscere, per ogni valore di velocità, quan- Talta
te molecole viaggiano a quella velocità. la distribuzione in questione si chiama
distribuzione di Maxwell-Boltzmann la cui equazione è 0.2

1 dn  m  32 −mv 2
= 4π v 2 e 2kT v
N dv 2πkT
In figura 57.1 è rappresentata tale distribuzione per tre diversi valori di tempera- 2 4 6 8
tura. Come si può vedere, per ogni valore di temperatura le molecole del gas posso- Fig. 57.1: Distribuzione maxwellinana delle velocità.
no avere molti differenti valori di velocità e quindi di energia cinetica. Per ogni va-
lore di temperatura del gas, l’unico valore sicuro è quello dell’energia cinetica media
delle molecole.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

105
Il ciclo di Carnot Scheda 58
2
58.1 Trasformazioni cicliche P
1.8
Una trasformazione è detta ciclica se,
partendo da un ben definito stato di 2 1.6
P
pressione, volume e temperatura, arri-
1.4 a
vo dopo un certo tempo nello stesso sta- 1.5
to di pressione, volume e temperatura. 1.2
Non importa quale sia il percorso segui-
1 1
to, ma conta solo che il punto di parten-
d
za e quello di arrivo coincidano. In figu-
0.8
ra 58.1 vediamo un esempio di un ciclo 0.5
termodinamico di Carnot. Immaginate 0.6 b
V
lo stato del gas che percorre tale ciclo in
senso orario. 0.5 1 1.5 2 0.4
c
Adesso, per capire l’utilità e le ca- Fig. 58.1: Un esempio di un ciclo termodinamico 0.2
ratteristiche dei cicli termodinamici, co- V
minciamo con l’analizzare un ben preciso ciclo termodinamico: il ciclo di
0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2
Carnot.
Fig. 58.3: Il ciclo di Carnot: il gas subisce una espansione isoterma (a) ad alta temperatura Talta ; successiva-
mente una espansione adiabatica (b) che lo porta alla temperatura inferiore Tbassa , poi una compressione isoterma
(c) alla temperatura Tbassa , ed infine una compressione adiabatica (d) che lo riporta alla temperatura Talta .
58.2 Il ciclo di Carnot
1. Durante la prima trasformazione, l’espansione isoterma (a), il gas ha energia
Il ciclo di Carnot è una particolare trasformazione
interna costante (∆Ua = 0). Ne consegue che il lavoro fatto dal gas è uguale al
ciclica composta da due trasformazioni isoterme e
calore assorbito δLa = δQass ad alta temperatura.
due trasformazioni adiabatiche come mostrato in
figura 58.3. 2. Durante la seconda trasformazione, l’espansione adiabatica (b), il gas non scam-
Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i bia calore con l’esterno (δQb = 0). Quindi il lavoro fatto verso l’esterno fa
flussi di energia tra il gas e l’esterno; prendiamo diminuire l’energia interna del gas, raffreddandolo ∆Ub = −δLb .
come punto di partenza per l’analisi lo stato che
Fig. 58.2: Guarda il video you-
ha maggiore pressione, minore volume e maggiore tu.be/xUsKuyw0_6A 3. Durante la terza trasformazione, la compressione isoterma (c), il gas non cam-
temperatura. bia la sua energia interna (∆Uc = 0). Ne consegue che il lavoro ricevuto du-

106
107 Scheda58. Il ciclo di Carnot

rante la compressione è uguale al calore ceduto a bassa temperatura δLc = Un ciclo termodinamico è tanto migliore quanto maggiore è la percentuale di
δQced . calore assorbito che viene trasformata in lavoro. Tale percentuale viene chiamata
rendimento ed è definita come:
4. Durante la quarta trasformazione, la compressione adiabatica (d), il gas non
scambia calore con l’esterno (δQd = 0). Ne consegue che il lavoro ricevu- δLf atto
η=
to durante la compressione farà aumentare l’energia interna e la temperatura: δQassorbito
∆Ud = −δLd . La formula precedente è la definizione generale di rendimento, la quale, applicata ad
ogni specifico ciclo, assume poi forme diverse. In particolare per il ciclo di Carnot, il
calcolo del rendimento fornisce la seguente formula:
58.3 Il rendimento di un ciclo
Tbassa
η =1−
Durante tutto il ciclo del calore e Talta
del lavoro vengono scambiati con il
Sorgente ad alta temperatura
mondo esterno, alla fine del ciclo l’e-
nergia interna del gas non è però 58.4 Secondo principio della termodinamica
δQa
cambiata, perchè lo stato finale del
Il secondo principio della termodinamica è stato enunciato con due formulazioni
gas è uguale a quello iniziale. In
differenti che si è dimostrato in seguito essere del tutto equivalenti. Esse vanno sotto
particolare del calore è stato assor- δL
il nome di principio di Kelvin e principio di Clausius.
bito ad alta temperatura; una parte
Il principio di Kelvin afferma che è impossibile realizzare una trasformazione ciclica
di quel calore è stata poi ceduta al
che trasformi integralmente una certa quantità di calore in lavoro. Questo implica quindi
mondo esterno a bassa temperatura. δQc
che il rendimento di un ciclo sia sempre minore di 1. Non importa quanto calore
Se andiamo poi a considerare tutto
assorbi, non riuscirai mai a trasformarlo tutto in lavoro.
il lavoro fatto e ricevuto nelle quat-
Pozzo a bassa temperatura Il principio di Clausius afferma che è impossibile che una macchina, agendo separa-
tro trasformazioni, troveremo che la
tamente dall’ambiente esterno, trasferisca del calore da un corpo che si trova a temperatura
parte di calore assorbito che non è
Fig. 58.4: In un ciclo di Carnot viene prelevato dall’e- minore ad uno che si trova a temperatura maggiore. Questo significa che è impossibile
stata poi ceduta a bassa temperatu-
sterno del calore ad una alta temperatura, trasformato una che una certa macchina sposti del calore da un luogo freddo in uno caldo senza uti-
ra, è stata in realtà trasformata in parte di esso in lavoro disperdendo come conseguenza del lizzare del lavoro per poterlo fare. il calore si sposta naturalmente da luoghi caldi
lavoro fatto verso il mondo esterno. calore ad una temperatura più bassa.
verso luogi freddi; per spostarlo nel verso contrario è necessario che la macchina
L’immagine 58.4 mostra quale
termica in questione utilizzi del lavoro dall’esterno.
sia stato il flusso di energia durante un intero ciclo di Carnot. Questo è un concetto
generale valido per ogni ciclo termodinamico che venga percorso in senso orario:
58.4.1 La qualità dell’energia
sempre verrà assorbito del calore ad alta temperatura, sempre una parte di quel ca-
lore viente trasformato in lavoro e sempre la parte rimanente viene ceduta a bassa Se analizziamo in dettaglio gli scambi di energia in un ciclo termodinamico, succede
temperatura. Un ciclo termodinamico serve infatti a trasformare del calore in lavoro. sempre che del calore viene assorbito ad alta temperatura, ed una parte di esso viene
108 Scheda58. Il ciclo di Carnot

ceduto a bassa temperatura. La differenza è stata trasformata in lavoro. La nostra


Luogo ad alta temperatura
capacità di estrarre del lavoro dal calore assorbito, cioè il rendimento del ciclo, è
tanto più alta quanto più alta è la temperatura a cui assorbo il calore e quanto più
bassa è la temperatura a cui lo cedo. Il calore assorbito ad alta temperatura possiamo δQc
definirlo molto pregiato; estraendo da esso l’energia in assoluto più pregiata che esiste,
il lavoro, ciò che rimane e che scartiamo è calore ceduto a bassa temperatura che δL
possiamo definire poco pregiato.

δQa

Luogo a bassa temperatura

Fig. 58.5: In un ciclo frigorifero un po’ di lavoro vie-


ne utilizzato per poter spostare del calore da un luogo a
temperatura bassa in un luogo a temperatura alta.

58.5 Cicli frigoriferi

I cicli termodinamica di cui abbiamo parlato sono tutti percorsi in senso orario. Se
li eseguiamo in senso antiorario avremo che tutti i passaggi di energia avverranno
anche loro al contrario. Il gas riceverà quindi una piccola quantità di lavoro e lo
utilizzerà per spostare del calore da un luogo freddo verso un luogo caldo. In na-
tura questo non avviemne mai spontaneamente, ecco perchè c’è bisogno di un certo
quantitativo di lavoro per riuscire a farlo.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Il ciclo Otto Scheda 59
1. Durante la prima trasformazione, la compressione adiabatica (a), il gas riceve
59.1 Le trasformazioni del ciclo
lavoro dall’esterno aumentando la sua energia interna (∆Ua > 0; δLa < 0 ). Ne
Il ciclo Otto è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasformazioni consegue che il volume del gas diminuisce e la temperaura aumenta. Questa è
adiabatiche e due trasformazioni isocore come mostrato in figura 59.1. Questo ciclo la fase in cui il pistone comprime la miscela di aria e benzina e la prepara per
è quello utilizzato per far funzionare i motori a quattro tempi delle automobili. la combustione.

2. Durante la seconda trasformazione, il riscaldamento isocoro (b), il gas rice-


2
P ve calore (δQb > 0) e ne consegue un aumento di energia interna e quindi di
1.8 temperatura. Questa è la fase in cui la candela infiamma la benzina. La combu-
stione produce il calore che scalda il gas tanto velocemente che il pistone non
1.6 ha avuto il tempo di spostarsi, mantenendo quindi il volume del gas costante.

1.4 3. Durante la terza trasformazione, l’espansione adiabatica (c), il gas diminui-


sce la sua energia interna (∆Uc < 0) con la conseguente produzione di lavoro
1.2
δLc > 0. Questa è la fase in cui il gas espandendosi spinge il pistone e fa
1 muovere l’automobile.

0.8 4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cede


b calore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-
c
0.6 ratura ∆Ud < 0. In questa fase si aprono le valvole e si eguaglia la pressione
della miscela combusta alla pressione atmosferica. Il gas verrà espulso dal ci-
0.4
lindro attraverso i tubi di scarico e poi una nuova miscela di aria e benzina
0.2 a verrà introdotta nel cilindro.
d
V
0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

Fig. 59.1: Il ciclo Otto: il gas subisce una compressione adiabatica (a), successivamente un riscaldamento isocoro
(b), poi una espansione adiabatica (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-
no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volume
e minore pressione (il vertice n basso a destra). Questo è il momento nel quale nel
motore, all’interno del cilindro e a contatto con il pistone, si trova una miscela di aria
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
e benzina.

109
Il ciclo diesel Scheda 60
lavoro dall’esterno aumentando la sua energia interna (∆Ua > 0; δLa < 0 ). Ne
60.1 Le trasformazioni del ciclo
consegue che il volume del gas diminuisce e la temperaura aumenta.
Il ciclo diesel è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasforma-
2. Durante la seconda trasformazione, l’espansione isobara (b), il gas riceve calore
zioni adiabatiche, una trasformazione isocora ed una isobara come mostrato in fi-
(δQb > 0) e ne consegue sia un aumento di energia interna sia una produzione
gura 60.1. Questo ciclo è quello utilizzato per far funzionare i motori diesel delle
di lavoro (∆Ub > 0; δLb > 0 ).
automobili.
3. Durante la terza trasformazione, l’espansione adiabatica (c), il gas diminui-
2
P sce la sua energia interna (∆Uc < 0) con la conseguente produzione di lavoro
1.8 δLc > 0.

1.6 4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cede


b calore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-
1.4 ratura ∆Ud < 0.

1.2

0.8
c
0.6
a
0.4

0.2 d
V
0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

Fig. 60.1: Il ciclo diesel: il gas subisce una compressione adiabatica (a), successivamente una espansione isobara
(b), poi una espansione adiabatica (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-
no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volume
e minore pressione (il vertice n basso a destra).
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
1. Durante la prima trasformazione, la compressione adiabatica (a), il gas riceve

110
Il ciclo di Stirling Scheda 61
). Ne consegue che il volume del gas diminuisce mentre la temperaura rimane
61.1 Le trasformazioni del ciclo
costante.
Il ciclo di Stirling è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasfor-
2. Durante la seconda trasformazione, il riscaldamento isocoro (b), il gas riceve
mazioni isoterme e due trasformazioni isocore come mostrato in figura 61.1.
calore (δQb > 0) e ne consegue un aumento di energia interna e quindi di
temperatura.
2
P
3. Durante la terza trasformazione, l’espansione isoterma (c), il gas riceve calore
1.8
dall’estermo (∆Qc > 0) con la conseguente produzione di lavoro δLc > 0.
1.6 4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cede
1.4 calore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-
ratura ∆Ud < 0.
1.2

0.8
b
c
0.6

0.4

0.2 a d
V
0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

Fig. 61.1: Il ciclo di Stirling: il gas subisce una compressione isoterma (a), successivamente un riscaldamento
isocoro (b), poi una espansione isoterma (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-
no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volume
e minore pressione (il vertice in basso a destra).

1. Durante la prima trasformazione, la compressione isoterma (a), il gas riceve


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
lavoro dall’esterno cedendo una eguale quantità di calore (∆Ua = 0; δQa < 0

111
Il ciclo rettangolare Scheda 62
voro dall’esterno e diminuisce la sua energia interna (∆Ua < 0; δLa < 0 ). Ne
62.1 Le trasformazioni del ciclo
consegue che il volume del gas e la sua temperaura diminuiscono.
Il ciclo rettangolare è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasfor-
2. Durante la seconda trasformazione, il riscaldamento isocoro (b), il gas riceve
mazioni isobare e due trasformazioni isocore come mostrato in figura 62.1.
calore (δQb > 0) e ne consegue un aumento di energia interna e quindi di
2 temperatura.
P
1.8 3. Durante la terza trasformazione, l’espansione isobara (c), il gas aumenta la sua
energia interna (∆Uc > 0) con la conseguente produzione di lavoro δLc > 0.
1.6
4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cede
1.4 calore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-
ratura ∆Ud < 0.
1.2
c
1

0.8
b
0.6 d

0.4

0.2 a
V
0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

Fig. 62.1: Il ciclo rettangolare: il gas subisce una compressione isobara (a), successivamente un riscaldamento
isocoro (b), poi una espansione isobara (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-
no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volume
e minore pressione (il vertice n basso a destra). Questo è il momento nel quale nel
motore, all’interno del cilindro e a contatto con il pistone, si trova una miscela di aria
e benzina.
Autore: Andrea de Capoa 22 Mar 2017
1. Durante la prima trasformazione, la compressione isobara (a), il gas riceve la-

112
Entropia Scheda 63
L’entropia è una variabile di stato di un gas, la cui comprensione non è banale ma è irreversibile, infatti non vedrete mai accadere che il gas di una stanza ritorni
è fondamentale per capire l’evoluzione di un sistema fisico complesso. sopntaneamente tutto nell’altra.

Prendiamo il secondo esempio e vediamo cosa succede all’entropia del sistema1 .


63.1 Definizione di entropia L’oggetto caldo cede una certa quantità di calore all’oggetto freddo; quindi

L’Entropia di un gas, che indichiamo con la lettera S è definita dall’equazione δQf = −δQc
δQ dove δQc è il calore ceduto dall’oggetto caldo ed ha valore negativo, e δQf è il ca-
∆S =
T
lore assorbito dall’oggetto freddo ed ha valore positivo. Sappiamo inoltre che la
La variazione di entropia in un gas è quindi data dal rapporto tra il calore scambiato temperatura dell’oggetto caldo è maggiore di quella dell’oggetto freddo
dal gas e la temperatura a cui viene scambiato.
Tc > Tf

63.2 Irreversibilità di una trasformazione Ne consegue che


δQf δQc
>−
Alcuni fenomeni fisici accadono sponteneamente in natura, altri devono essere in- Tf Tc
dotti tramite un lavoro fatto dall’uomo. δQf δQc
Vediamo tre semplici esempi: + >0
Tf Tc
• Pensiamo ad un pendolo ideale in assenza di attrito: ci aspettiamo che se il Utilizzando adesso la definizione di entropia
pendoolo scende e poi risale, compiendo mezza oscillazione, di sicuro poi ef-
∆Sf + ∆Sc = ∆Stot > 0
fettuerà il percorso esattamente opposto per ritornare esattamente al punto
di partenza. Il fenomeno è sicuramente reversibile, in quanto può accadere L’entropia totale di un sistema fisico in cui avvengono trasformazioni
spontaneamente in entrambe le direzioni. irreversibili aumenta sempre
• Immaginiamo un oggetto caldo messo a contatto con un oggetto freddo; quello
caldo cede calore a quello freddo fino a quando non raggiungono la stessa
temperatura. Questo fenomeno è irreversibile; noi non vedremo mai accadere
spontaneamente il contrario. Se vogliamo che di due oggetti a contatto con la
stessa temperatura uno scaldi l’altro, dobbiamo assere noi che, con del lavoro, 1 Anche se nell’esempio non parlo di gas, l’entropia è comunque un concetto che può essere applica-
lo facciamo accadere. to. Concedetemi in questa scheda di non essete troppo rigoroso ed approfondito per preservare quella
semplicità di ragionamento necessaria per farvi comprendere un principio generale molto complesso.
• Immaginate due stanze di casa vostra separate da una porta, ed immaginate
che in una stanza ci sia aria e nell’altra il vuoto. Se aprirete la porta il gas si
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
muoverà da una stanza all’altra riempiendo entrambe le stanze. Il fenomeno

113
Parte VIII

Onde

114
Mappe sui fenomeni ondulatori Scheda 64
Caratteristiche Lunghezza d’onda
Onde
di un’onda λ[metri]

V = λ·ν
Velocità
V [m
s ]

Frequenza
Onde Onde Periodo
ν = T1
meccaniche / E.M. longitudinali / trasversali T [secondi]  1

Hz = secondi

Ampiezza Intensità
Arcobaleno Effetto Doppler ∆E
A[metri] I =
S · ∆t
Assorbimento
Onde stazionarie
Dispersione
Diffusione Interferenza
V = V (λ)
Battimenti

Rifrazione
Ottica sin i Vi fenomeni
=
geometrica sin r Vr ondulatori
complanarità
Diffrazione onde superficiali
Riflessione Ia · ra = Ib · rb
i = i0 Attenuazione
legge dei punti fattore di onde in un volume
complanarità
coniugati ingrandimento Ia · ra2 = Ib · rb2
1 1 1 f
= + G =
f p q f −p

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017

115
Onde e fenomeni ondulatori Scheda 65
Le onde sono delle perturbazioni che si propagano nello spazio. Luce e suono ne In un’onda trasversale l’oscillazione è perpendicolare alla direzione di pro-
sono due esempi. pagazione dell’onda; in un’onda longitudinale l’oscillazione è parallela alla
direzione di propagazione dell’onda.

65.1 Definizione
Immaginiamo di lanciare un sasso in uno stagno: vedremo delle onde di forma cir-
colare, che, propagandosi, diventano sempre più grandi. Osservando il fenomeno,
notiamo inoltre che, al passaggio dell’onda, le molecole dell’acqua non si muovo-
no in avanti, ma soltanto in basso e in alto. Le molecole dell’acqua compiono cioè
un’oscillazione in torno ad un punto di equilibrio fisso. Fig. 65.1: Guarda il video youtu.be/Rbuhdo0AZDU
In un’onda le uniche cose che si propagano in avanti sono l’energia e la quantità
di moto.

65.1.1 Onde meccaniche ed elettromagnetiche


Un’onda in uno stagno è un’onda meccanica, in quanto l’onda è un’oscillazione delle
molecole dell’acqua sulla quale l’onda stessa si propaga. Allo stesso modo il suono
Fig. 65.2: Guarda il video youtu.be/CswoSQC_NX0
è un’onda meccanica, in quanto ad oscillare sono le molecole dell’aria. Per questo
motivo, senza il materiale nel quale l’onda si propaga, l’onda stessa non esiste.

Un’onda è detta meccanica, quando è data dall’oscillazione delle molecole del 65.1.3 Variabili dell’onda
materiale nel quale si propaga.
Le variabili con cui descrivo le onde sono: la lunghezza d’onda, la frequenza, l’am-
Un diverso tipo di onde sono le onde elettromagnetiche, come per esempio la piezza, il periodo, la velocità, l’intensità.
luce. Ad oscillare è un campo elettromagnetico e non il materiale entro cui si propaga
• λ: la lunghezza d’onda è la distanza tra un picco ed il picco successivo.
l’onda, per cui le onde elettromagnetiche possono propagarsi nel vuoto.

In un’onda elettromagnetica ad oscillare è un campo elettromagnetico. • ν: la frequenza è il numero di oscillazioni al secondo. L’unità di misura è
l’Hertz: Hz = 1s

65.1.2 Onde trasversali e longitudinali • A: per un’onda meccanica l’ampiezza è la massima distanza delle molecole
dal punto di equilibrio della loro oscillazione. In un’onda elettromagnetica è il
Prendiamo ad esempio un’onda meccanica; le molecole del materiale, all’arrivo del- massimo valore del campo elettrico o magnetico.
l’onda, oscillano intorno ad un punto di equilibrio. La linea sulla quale oscillano può
essere parallela o perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. • T : il periodo è la durata di una oscillazione completa.

116
117 Scheda65. Onde e fenomeni ondulatori

• V : la velocità dell’onda è il numero di metri percorsi ogni secondo.

• I: l’intensità dell’onda è la quantità di energia che ogni secondo incide su un


∆E
metro quadrato di superficie I = S·∆t

λ
A ~
V

Fig. 65.3: Variabili di un’onda.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Intensità di un’onda Scheda 66
Parlando di onde in tre dimensioni, l’intensità I di un’onda è definita come l’e-
nergia ∆E che incide su di una certa superficie S in un certo intervallo di tempo
∆t

∆E
I=
S · ∆t
La sorgente di un’onda nell’intervallo di tempo ∆t emette una certa quantità di
energia ∆E. In un’onda in tre dimensioni questa energia è distribuita sulla superficie
sferica dell’onda. Man mano che l’onda si propaga in avanti, la superficie sperica in
questione aumenta; la stessa energia ∆S si distribuisce su superfici sempre maggiori
e di conseguenza l’intensità dell’onda diminuisce man mano che l’onda di propaga.
Consideriamo la sorgente di un’onda sferica, e chiediamoci come cambia l’inten-
sità dell’onda per due osservatori posti a distanza r1 ed r2 dalla sorgente.
Dal momento che una sfera ha una superficie S = 4πr2 e che l’energia ∆E
dell’onda è costante durante la propagazione, avremo che

I1 · S1 · ∆t = I2 · S2 · ∆t

da cui
I1 · r12 = I2 · r22

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

118
Riflessione e Rifrazione Scheda 67
Ogni volta che un’onda passa da un materiale ad un’altro accadono due fenome-
67.1 Riflessione
ni distinti: l’onda si divide in due onde, la prima ritorna indietro, mentre la seconda
prosegue nel nuovo materiale. L’onda che ritorna indietro è l’onda riflessa e parlia- Facciamo riferimento alla figura 67.1: il raggio riflesso forma con la perpendicolare
mo del fenomeno della riflessione; l’onda che prosegue nel nuovo materiale è detta alla superficie di separazione, un angolo i0 uguale all’angolo di incidenza i
onda rifratta e parliamo del fenomeno della rifrazione. I fenomeni di riflessione e ri-
frazione avvengono nel momento in cui l’onda incide sulla superficie di separazione i0 = i
tra i due materiali. L’angolo con cui l’onda incide su tale superficie è detto angolo
di incidenza ed è l’angolo compreso tra il raggio dell’onda e la perpendicolare alla
superficie di separazione. Molto importante: 67.2 Rifrazione
Il raggio dell’onda, il raggio riflesso, il raggio rifratto e l’asse perpendicolare Quando un’onda passa da un mezzo nel quale viaggia alla velocità Vi in un mezzo
alla superficie di separazione sono tutte rette sullo stesso piano nel quale la velocità è Vr avremo che conseguentemente cambia la lunghezza d’onda
rimanendo invariata la frequenza. Una diretta conseguenza è che, incidendo sul-
la superficie di separazione tra due materiali, cambia la direzione di propagazione
dell’onda; con riferimento alla figura 67.1 avremo che

sin(i) Vi
= (67.1)
sin(r) Vr

i i0 67.2.1 Riflessione totale

Vi aria Prendiamo un’onda che si propaga da un materiale in cui viaggia lenta in un materia-
le in cui viaggia più veloce; in questo caso, dall’equazione 67.1 avremo che l’angolo
Vr acqua di rifrazione sarà maggiore dell’angolo di incidenza.

Chiamiamo angolo limite l’angolo di incidenza corrispondente ad un angolo di


r rifrazione pari a 90◦ .

Se un’onda incide con un angolo maggiore dell’angolo limite, il raggio rifratto non
può esistere e di conseguenza esiste solo il raggio riflesso; questa situazione viene
definita riflessione totale, in quanto tutta l’energia dell’onda viene riflessa.

Fig. 67.1: Riflessione e rigrazione di un’onda nel momento di incidenza sulla superficie di separazione tra due
materiali che a titolo di esempio abbiamo indicato come aria e acqua nei quali l’onda viaggia con velocità Vi e Vr . 67.3 Videolezioni

119
120 Scheda67. Riflessione e Rifrazione

Fig. 67.2: Guarda il video youtu.be/ccmbt-if9kY

Fig. 67.3: Guarda il video youtu.be/k7ohfaMmTKg

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Fig. 67.4: Guarda il video youtu.be/nqCQBA2r4DQ


Interferenza Scheda 68
punti, detti nodi, che rimangono fermi e non oscillano, ed altri, detti ventri, la cui
68.1 Il fenomeno dell’interferenza
oscillazione è massima.
Quando in uno stesso punto ci sono contemporaneamente due o più onde differenti,
l’onda complessiva presente in quel punto indurrà oscillazioni pari alla somma alge-
brica delle oscillazioni indotte dalle singole onde. Questo significa, come mostrato
in figura 68.1 che se le onde inducono oscillazioni nello stesso verso, l’oscillazione ri-
sultante sarà molto ampia e parleremo di interferenza costruttiva; nel caso contrario,
oscillazioni opposte tendono a cancellarsi e parleremo di interferenza distruttiva. Fig. 68.2: Guarda il video youtu.be/ic73oZoqr70

Interferenza

2
Ampiezza (m)

Fig. 68.3: Guarda il video youtu.be/3BN5-JSsu_4


0

68.2.1 Onde stazionarie su corde bloccate agli estremi

−2 Se una corda bloccata agli estremi sta vibrando, la vibrazione sarà un’onda sta-
zionaria con due nodi coincidenti con gli estremi della corda. Questo vuol dire
che la lunghezza della corda deve necessariamente essere un multiplo intero della
−10 −5 0 5 10
semilunghezza d’onda.
metri λ
l=n
2
Fig. 68.1: Due onde presenti nello stesso luogo; l’onda complessiva che effettivamente vediamo, disegnata in nero,
rappresenta la somma algebrica delle due onde.

68.3 Il fenomeno dei battimenti


68.2 Onde stazionarie Il fenomeno dei battimenti è dato dall’interferenza
di onde con stessa ampiezza ma frequenza legger-
Un’onda stazionaria è data dall’interferenza di due onde identiche che viaggiano in mente differente. Il risultato è un’onda di frequen-
direzione opposta. Su una corda si vede bene che le onde stazionarie hanno alcuni za pari alla media delle frequenze delle due onde

121

Fig. 68.5: Guarda il video you-


122 Scheda68. Interferenza

iniziali, e di ampiezza di valore che oscilla nel tem-


po. L’oscillazione del valore dell’ampiezza è lega-
ta alla differenza tra le frequenze delle due onde
iniziali. Il fenomeno dei battimenti, per un’onda λ = 2l
sonora, si manifesta con un suono di volume che
varia nel tempo, come mostrato nel video 68.5.

λ=l

2l
λ= 3

l
λ= 2

2l
λ= 5

Fig. 68.4: Onde stazionarie su di una corda fissata ai due estremi.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


123 Scheda68. Interferenza

Interferenza

2
Ampiezza (m)

−2

−40 −20 0 20 40
metri

Fig. 68.6: Rappresentazione grafica del fenomeno dei battimenti.


Diffrazione Scheda 69
69.1 Il fenomeno
Quando un’onda attraversa una fenditura di dimensioni paragonabili alla sua
lunghezza d’onda, il fronte d’onda diventa circolare.

Immaginate un’onda con il fronte d’onda lineare, per esempio le onde del mare;
immaginate adesso che tali onde passino attraverso lo spazio tra due file di scogli;
dopo tale passaggio vedrete che il fronte d’onda dell’onda assumerà forma circolare.

Fig. 69.1: Immagine di un fenomeno di diffrazione fotografato nella cittadina marittima di Termoli.

Fig. 69.2: Guarda il video youtu.be/BH0NfVUTWG4

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

124
Risonanza Scheda 70
70.1 Il fenomeno
Quando un’onda incide contro un oggetto, tale oggetto comincia ad oscillare.
L’oscillazione avrà la stessa frequenza dell’onda incidente, ma ampiezza mol-
to maggiore. Il fenomeno avviene solo se la frequenza dell’onda incidente è
uguale ad una delle frequenze di risonanza dell’oggetto.

Fig. 70.1: Guarda il video youtu.be/fuLpeRPCTfc

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

125
Diffusione Scheda 71
71.1 Il fenomeno
Quando un’onda interagisce con un oggetto, se l’oggetto non è riflettente o
trasparente, allora tale onda viene assorbita e riemessa in tutte le direzioni.

Se immaginiamo per esempio un raggio di luce laser che incide su di un muro, sap-
piamo tutti che chiunque nella stanza è in grado di vedere il puntino luminoso del
laser sul muro. Questo vuol dire che la luce laser che incide contro il muro, viene
riemessa dal muso in tutte le direzioni, diventando quindi visibile a chiunque nella
stanza.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

126
Dispersione Scheda 72
72.1 Il fenomeno
La dispersione è quel fenomeno derivante dalla dipendenza, dalla frequenza
dell’onda, della velocità dell’onda in un certo materiale.

Noi sappiamo che un raggio luminoso, quando cambia materiale nel quale si
propaga, automaticamente cambia velocità e quindi devia dalla sua traiettoria; se la
velocità del raggio luminoso dipendesse soltanto dal materiale, ogni colore deviereb-
be nello stesso modo; in realtà l’indice di rifrazione di un materiale ha una leggera
dipendenza dalla frequenza della luce che lo attraversa; per questo motivo il feno-
meno della rifrazione avviene in modo differente a seconda del colore della luce. Un
fascio di luce bianca, formato cioè dalla combinazione di tutti i colori, nel passaggio
da un materiale all’altro verrà separato in tutte le sue componenti di colore, in quan-
to ogni colore devierà dalla sua traiettoria in modo differente. Questa dipendenza
del fenomeno della rifrazione dalla frequenza della luce incidente è detto dispersione.

Fig. 72.1: Gif animata che spiega la dispersione della luce

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

127
Effetto Doppler Scheda 73
73.1 Il fenomeno λ
λo =
1 + VVo

L’effetto Doppler è un fenomeno per il quale data una sorgente che emet-
da cui
te un’onda di una determinata frequenza, un osservatore percepisce una
frequenza differente a seconda del moto della sorgente e dell’osservatore 
Vo

relativamente al mezzo in cui l’onda si propaga. νo = ν 1 +
V
Lo stesso ragionamento lo si può ripetere per un osservatore che si stia allonta-
In questa scheda chiameremo λ, ν, T e V le variabili riferite all’onda emessa dalla nando dalla sorgente, ottenendo
sorgente; chiameremo λo , νo e T0 le variabili dell’onda percepita dall’osservatore.  
Chiameremo poi Vs e Vo rispettivamente la velocità della sorgente e dell’osservatore Vo
νo = ν 1 −
V
rispetto al mezzo di propagazione dell’onda.

73.2.1 Se la sorgente è in moto


73.2 Se l’osservatore è in moto Consideriamo il caso di un osservatore fermo ed
Consideriamo il caso di un osservatore in mo- una sorgente in moto rispetto al mezzo di propa-
to verso una sorgente ferma rispetto al mezzo di gazione: avremo che i vari fronti d’onda sono crea-
propagazione dell’onda: avremo che i vari fron- ti in punti differenti istante per istante. Tali fronti
ti d’onda verranno raggiunti dall’osservatore ad d’onda saranno più ravvicinati tra loro davanti al-
intervalli di tempo inferiori rispetto al caso di un la sorgente, ottenendo così per l’osservatore la per-
osservatore fermo. L’osservatore percepirà quindi cezione di un’onda di minore lunghezza d’onda e
Fig. 73.2: Guarda il video you-
un’onda di maggiore frequenza e quindi minore quindi maggiore frequenza. Tali fronti d’onda sa-
tu.be/Gz8JxhosvW8
Fig. 73.1: Guarda il video you- ranno più lontani tra loro dietro alla sorgente, otte-
lunghezza d’onda.
tu.be/4mUjM1qMaa8
nendo così per l’osservatore la percezione di un’onda di maggiore lunghezza d’onda
Detto T il periodo dell’onda, cioè l’intervallo
e quindi minore frequenza.
temporale tra l’emissione di due creste successive dell’onda, il periodo To sarà
Detto T il periodo dell’onda, cioè l’intervallo temporale tra l’emissione di due
λ λ creste successive dell’onda, allora la lunghezza d’onda percepita da un osservatore
To = = Vo

V + Vo V 1+ V
che vede la sorgente venirgli incontro sarà

moltiplicando per V otterremo quindi1 λ


λo = λs − Vs · T = λs − Vs ·
V
1 Attenti al fatto che V = λν è un’equazione riferita alle onde in cui i termini sono grandezze fisiche
 
dell’onda in questione. In questa formula quindi il termine di velocità sarà sempre la velocità dell’onda, Vs
indipendentemente da chi misura tali grandezze.
λo = λ · 1 −
V

128
129 Scheda73. Effetto Doppler

Quando la sorgente si muove ad una velocità mag-


giore di quella dell’onda che produce, si genera un
fenomeno molto particolare detto onda d’urto. Tut-
ta l’energia dell’onda è localizzata su di una su-
perficie conica che vede come vertice la sorgente.
L’ampiezza dell’angolo del cono dipende dal rap-
Vs · T λo Vs · (2T ) λo λo porto tra la velocità della sorgente e la velocità del-
St=0 St=T St=0 St=T St=2T l’onda. Nel video qui a fianco è possibile visualiz-
Fig. 73.4: Guarda il video you-
zare tale fenomeno. L’aereo ha generato un’onda tu.be/SKlLgbvF1Bw
sonora di pressione tale da condensare il vapore
acqueo presente nell’aria. Lo stesso fenomeno è il motivo dello schiocco di una fru-
sta. I video qui di seguito mostrano molto bene come si forma un’onda d’urto, data
dalla somma di tutte le onde emesse dalla sorgente in momenti differenti.

Fig. 73.3: Nel caso la sorgente si muova più lentamente dell’onda, la lunghezza d’onda percepita dall’osservatore
in quiete è la distanza rappresentata in blu. Essa sarà uguale alla lunghezza d’onda dell’onda emessa dalla sorgente
meno la distanza percorsa dalla sorgente in un periodo dell’onda. La circonferenza rappresenta la posizione del fronte
d’onda dopo un periodo dell’onda. Nella seconda immagine è rappresentata la situazione dopo due periodi quando
sono stati già emessi due fronti d’onda. Fig. 73.5: Guarda il video youtu.be/35goU1SlAXE

e quindi

ν
νo =
1 − VVs


Lo stesso ragionamento lo si può ripetere per l’osservatore dietro la sorgente otte- Fig. 73.6: Guarda il video youtu.be/uHJ4_dW3890
nendo
ν
νo =
1 + VVs


Onde d’urto
Autore: Andrea de Capoa 21 Nov 2017
130 Scheda73. Effetto Doppler

C α = 90◦

Vo · ∆t

V0
sin β =
Vs · ∆t Vs

A B

Fig. 73.7: Nel caso la sorgente si muova più velocemente di quanto non viaggi l’onda, avremo la formazione di
onde d’urto. Lo schema geometrico di questo fenomeno fisico è rappresentato in figura. In rosso lo spostamento
dell’onda in un certo intervallo di tempo ∆t. In blu lo spostamento della sorgente nello stesso intervallo di tempo.
L’angolo in B dipende quindi dal rapporto tra le velocità dell’onda e della sorgente.
Le lenti Scheda 74
Analizzeremo in questa scheda come una lente
sferica si comporta con i raggi luminosi che l’attra-
versano e quindi come crea le conseguenti imma-
gini. Una lente è un oggetto di vetro che, avendo
un indice di rifrazione maggiore di quello dell’a-
ria, devia i raggi luminosi. In questa scheda ci li-
mitiamo per semplicità a trattare delle lenti sferi- Fig. 74.1: Guarda il video you-
tu.be/7BQnCyutdWs
che, cioè di lenti formate da due superfici sferiche
simmetriche rispetto ad un asse centrale detto asse
ottico della lente. Tratteremo inoltre solo lenti sottili, cioè lenti il cui spessore è tanto
piccolo da poter essere considerato trascurabile. Distinguiamo tra due tipi di lenti:
Fig. 74.2: Lenti convergenti.
le lenti convergenti e le lenti divergenti rappresentate nelle figure 74.2 e 74.3.

Una lente si dice convergente quando devia il percorso di un raggio luminoso


• Il secondo è il raggio che passa per il centro della lente e prosegue non deviato.
parallelo all’asse ottico della lente indirizzandolo verso un punto detto fuoco
della lente Nel punto in cui i due raggi si incontrano, li si forma l’immagine. Qualora i raggi
luminosi non si incontrassero, allora si incontrano dalla parte opposta i prolunga-
menti dei raggi luminosi; li dove si incontrano si forma l’immagine.
Una lente si dice divergente quando devia il percorso di un raggio luminoso
parallelo all’asse ottico della lente indirizzandolo come se provenisse da un
punto detto fuoco della lente 74.2 Immagine generata da una lente divergente
Mettendo un oggetto davanti ad una lente, i raggi luminosi che partono da esso,
La distanza del fuoco della lente dal centro della lente è detta distanza focale.
attraversano la lente e generano un’immagine dell’oggetto. Chiamiamo p la distanza
dell’oggetto dalla lente, q la distanza dell’immagine dalla lente ed f la distanza focale
74.1 Immagine generata da una lente convergente della lente.
Per costruire l’immagine di un oggetto generata da una lente dobbiamo seguire
Mettendo un oggetto davanti ad una lente, i raggi luminosi che partono da esso, il percorso di due raggi luminosi che partono dall’oggetto.
attraversano la lente e generano un’immagine dell’oggetto. Chiamiamo p la distanza
• Il primo è il raggio parallelo all’asse ottico, il quale attraverserà la lente e verrà
dell’oggetto dalla lente, q la distanza dell’immagine dalla lente ed f la distanza focale
deviato come se provenisse dal fuoco.
della lente.
Per costruire l’immagine di un oggetto generata da una lente dobbiamo seguire • Il secondo è il raggio che passa per il centro della lente e prosegue non deviato.
il percorso di due raggi luminosi che partono dall’oggetto:
Nel punto in cui il raggio che passa per il centro ed il prolungamento dell’altro
• Il primo è il raggio parallelo all’asse ottico, il quale passerà per il fuoco. raggio si incontrano, li si forma l’immagine.

131
132 Scheda74. Le lenti

F
F

p q

Fig. 74.4: Costruzione dell’immagine di una lente convergente. Con F sono indicati i fuochi della lente, con f la
distanza focale, con p la distanza dell’oggetto dalla lente, con q la distanza dell’immagine dalla lente. In questo caso
Fig. 74.3: Lenti divergenti. l’immagine risulta invertita e reale.

Se adesso osservate l’immagine 74.7 vedrete che i segmenti lungghi h e h0 sono due
74.2.1 La legge dei punti coniugati
cateti di due triangoli rettangoli simili, per cui posso scrivere
La posizione dell’oggetto, del fuoco e dell’immagine sono legate tra loro dalla legge h0 q
dei punti coniugati G=− =−
h p
1 1 1
= + Utilizzando poi la legge dei punti couniugati avremo
f p q
h0 q f
dove f è la distanza focale, p è la distanza dell’oggetto dal centro della lente, e q è la G=− =− =
h p f −p
distanza dell’immagine dal centro della lente.
Il fattore di ingrandimento dipende quindi dalla distanza focale della lente e dal-
la distanza dell’oggetto dalla lente. SE il fattore di ingrandimento viene negativo,
74.2.2 Il fattore di ingrandimento significa che l’immagine viene capovolta.

Abbiamo visto che l’immagine generata da una lente può essere sia più grande che
più piccola. Se indichiamo con h la dimensione dell’oggetto e con h0 la dimensione
dell’immagine, il fattore di ingrandimento è definito come

h0 Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


G=−
h
133 Scheda74. Le lenti

F
F

p h
F
Fig. 74.5: Costruzione dell’immagine di una lente convergente. Con F sono indicati i fuochi della lente, con f la F h’
distanza focale, con p la distanza dell’oggetto dalla lente, con q la distanza dell’immagine dalla lente. L’immagine
risulta dritta e virtuale.
f

p q

Fig. 74.7: Calcolo dell’ingrandimento ottenuto con l’utilizzo di una lente. I due triangoli evidenziati in rosso
sono triangoli simili, in quanto hanno l’angolo al vertice uguale e sono entrambi rettangoli.

F
F
q

p f

Fig. 74.6: Costruzione dell’immagine di una lente divergente. Con F sono indicati i fuochi della lente, con f la
distanza focale, con p la distanza dell’oggetto dalla lente, con q la distanza dell’immagine dalla lente. L’immagine
risulta dritta e virtuale.
L’arcobaleno Scheda 75
75.1 Osservare un arcobaleno 75.2 Il principio di base
Tutti voi avete sicuramente visto un arcobaleno, ma probabilmente pochi di voi lo L’arcobaleno si forma quando la luce del sole attraversa una goccia d’acqua. Co-
hanno guardato. Provate per esempio a leggere le seguenti domande riguardanti me mostrato in fig.75.1, ogni singolo raggio luminoso entra nella goccia d’acqua in
gliarcobaleni, e dite a quante di queste sapete rispondere. accordo con le regole della riflessione e rifrazione della luce; esso si propaga all’in-
terno della stessa, per poi uscirne con un angolo differente rispetto alla direzione di
1. Il rosso si trova all’interno o all’esterno? provenienza.

2. Quanto vale il suo raggio (espresso in gradi)?

i
3. Quanto vale la sua lunghezza?
r φ
4. Quanto vale la sua ampiezza (espressa in gradi)? r δ
r
5. E’ più luminosa la parte interna o esterza dell’arco?

6. In quali momenti della giornata lo possiamo osservare?


r
7. In quale direzione lo possiamo osservare (Nord - Sud - Ovest - Est)?

8. Quanti archi ci sono?


i
(a) Dove si trova il secondo?

(b) Il rosso del secondo arco si trova all’interno o all’esterno?

(c) Quanto vale il raggio del secondo arco? Fig. 75.1: Percorso di un raggio luminoso attraverso una goccia d’acqua.
(d) Quanto vale l’ampiezza del secondo arco?
Indicati con i l’ingolo di incidenza della luce sulla superficie della goccia d’ac-
9. La luce dell’arcobaleno è polarizzata? qua, con r il relativo angolo di rifrazione, e con δ l’ampiezza della deviazione del
raggio luminoso rispetto alla sua direzione di provenienza, tale angolo può essere
10. Qual è la direzione della polarizzazione?
facilmente calcolato e si ottiene

11. La luce è molto o poco polarizzata?


δ = 180 + 2i − 4r

134
135 Scheda75. L’arcobaleno

Tenendo conto che l’indice di rifrazione dell’acqua è circa n = 1, 336, se andia-


mo a calcolare il valore dell’angolo δ in funzione dell’angolo di incidenza i della luce,
scopriamo che l’angolo δ ha un valore minimo di circa δmin ∼ 138◦ , e di conseguenza
l’angolo φ ha un valore massimo di circa φmax ∼ 42◦ . Teniamo anche in considera-
zione che il problema che stiamo analizzando ha simmetria cilindrica; esso è infatti
identico per qualunque rotazione attorno all’asse, parallelo alla direzione della luce
incidente, e che passa attraverso il centro della goccia d’acqua.

Angolo di incidenza Angolo di rifrazione Deviazione del raggio


i r δ
0◦ 0◦ 180, 0◦
10◦ 7, 5◦ 170, 0◦
20◦ 14, 8◦ 160, 8◦
30◦ 22, 0◦ 152, 0◦
40◦ 28, 7◦ 145, 2◦
50◦ 35, 0◦ 140, 0◦
60◦ 40, 4◦ 138, 4◦
70◦ 44, 7◦ 141, 2◦
80◦ 47, 4◦ 150, 4◦
90◦ 48, 4◦ 166, 4◦ Fig. 75.2: La luce che attraversa una goccia d’acqua ritorna indietro all’interno di un cono la cui ampiezza cambia
a seconda del valore dell’indice di rifrazione dell’acqua differente per ogni colore.
Tabella 75.1: Andamento del valore dell’angolo di deviazione della luce, in funzione dell’angolo di incidenza,
quando un raggio luminoso attraversa una goccia d’acqua. E’ stato assunto n = 1, 336 quale indice di rifrazione
dell’acqua. In particolare avremo che

Se immaginiamo adesso un fascio di luce che investe tutta la goccia d’acqua, avre- nrosso = 1, 331 → φmax ∼ 42, 4◦
mo tanti raggi luminosi paralleli che incidono sulla goccia d’acqua con tutti gli angoli
nblu = 1, 343 → φmax ∼ 40, 7◦
di incidenza possibili. Ne segue che la luce che esce dalla goccia d’acqua dopo una ri-
flessione all’interno della stessa, esce tornando indietro verso la fonte di luce, formando All’interno del cono della luce blu ci saranno quindi tutti i colori e di conseguen-
un cono dell’ampiezza di circa 42◦ rispetto all’asse della luce incidente. za vedremo luce bianca; al contrario all’esterno del cono di luce rossa non ci sarà
Andiamo adesso a considerare il fatto che l’indice di rifrazione dell’acqua è diffe- luce. Intuite facilmente che l’arcobaleno lo si vede nella zona compresa tra i due co-
rente a seconda che si tratti di luce rossa o luce blu. Di conseguenza il valore φmax è ni. Bisogna comunque sotolineare che, se andiamo a calcolare l’intensità luminosa
differente per i due colori ed il cono della luce di ritorno ha un’ampiezza differente. della luce di ogni singolo colre, troviamo che la maggiore intensità luminosa si trova
136 Scheda75. L’arcobaleno

proprio sul bordo di tale cono. E’ questo il motivo per cui i colori ci appaiono così
nettamente separati.

Fig. 75.4: Un osservatore, se ha alle spalle il sole all’orizzonte, e di fronte a se un temporale, vede un arcobaleno.
In particolare se guarda ad angoli grandi non vede la luce proveniente dalle goccioline d’acqua, se guarda ad angoli
piccoli vede luce bianca, se guarda ad angoli intorno ai 42◦ vele i colori dell’arcobaleno.

l’arcobaleno scende. Una volta che il sole supera l’inclinazione di 42◦ allora l’arcoba-
Fig. 75.3: Il cono di luce emesso da una singola giccia d’acqua, se proiettato su di uno schermo, darebbe leno necessariamente scompare. L’esatto opposto capita quindi al tramonto: mentre
un’immagine di questo tipo. il sole scende verso l’orizzonte, l’acobaleno sorge dalla parte opposta.

Immaginiamo ora (vedi fig.75.4) che il sole si trovi alle nostre spalle esattamente
al livello dell’orizzonte, e che di fronte a noi ci sia un temporale, o più in generale
75.3 L’arco secondario
una zona d’aria con miliardi di goccioline d’acqua in sospensione. I raggi luminosi,
incontrando le goccioline d’acqua formerebbero i coni di luce precedentemente de-
Se osservate bene l’arcobaleno, vedrete anche un secondo arco, più grande del pri-
scritti nella nostra direzione. Se osserviamo in una direzione a più di 42◦ rispetto
mo, anche se di intensità inferiore. Per spiegare l’esistenza di questo secondo arco
all’asse dei raggi luminosi non arriva luce colorata ai nostri occhi. Se osserviamo in
è sufficiente considerare non il raggio luminoso che all’interno della goccia d’acqua
una direzione a meno di 42◦ rispetto all’asse dei raggi luminosi arriva ai nostri occhi
subisce una riflessione, ma quello che ne subisce due. Ricalcolando quindi gli angoli
luce bianca. Per direzioni intorno ai 42◦ osserviamo luce colorata.
φmax per il colore rosso e per il colore blu, avremo che
Immaginiamo adesso che il sole si sollevi sull’orizzonte; la nostra ombra ci forni-
sce la misura dell’inclinazione dei raggi luminosi. L’asse che passa dai nostri occhi
ed arriva alla punta della nostra ombra rappresenta proprio l’asse centrale dell’ar- nrosso = 1, 331 → φmax ∼ 50, 4◦
cobaleno. I 42◦ di ampiezza dell’arcobaleno di devono sempre calcolare rispetto a
questo asse. Ne segue di conseguenza che quando il sole sorge, dalla parte opposta nblu = 1, 343 → φmax ∼ 53, 5◦
137 Scheda75. L’arcobaleno

Visto che la riflessione avviene ad un angolo che differisce di soli 3◦ dall’angolo


di Brewster, la luce riflessa deve necessariamente essere fortemente polarizzata, e
quindi lo sarà la luce dell’arcobaleno che noi vediamo. Per essere più precisi la luce
dell’arcobaleno è polarizzata al 90% circa. Questo significa che se olete vedere un
arcobaleno non dovete indossare occhiali da sole polarizzati!

75.5 La risposta alle domande


Siamo adesso in grado di rispondere alle prime otto domande presentate all’inizio
del capitolo.

1. Il rosso si trova all’interno o all’esterno? Visto che per osservare la luce rossa devo
sollevare lo squardo di un angolo maggiore rispetto a quello che devo fare per
la luce blu... il rosso si trova all’esterno.
Fig. 75.5: Rispetto alla figura 75.4 adesso il sole si è sollevato sull’orizzonte. I raggi luminosi arrivano inclinati,
e l’asse che passa dai nostri occhi fino alla punta della nostra ombra è proprio l’asse centrale dell’arcobaleno. 2. Quanto vale il suo raggio (espresso in gradi)? Il suo raggio nella parte centrale è di
circa 41◦
Notate che adesso è il rosso a generare un cono di luce più stretto e quindi i 3. Quanto vale la sua lunghezza? La sua lunghezza dipende dalla porzione di arco
colori dell’arcobaleno risultano essere in sequenza invertita rispetto a quella dell’arco che si trova sopra il livello del terreno. Esso è massimo all’inizio del sorgere
primario. del sole ed alla fine del suo tramonto.

4. Quanto vale la sua ampiezza (espressa in gradi)? L’ampiezza dipende dalla dif-
ferenza degli angoli che formano il rosso ed il blu: circa 1, 7◦ . Bisogna però
75.4 Polarizzazione dell’arcobaleno
precisare che il sole non è una sorgente luminosa puntiforme. IL fatto che il
La luce bianca che entra nella gocciolina d’acqua subisce una riflessione all’interno sole abbia una dimensione nel cielo di circa 0, 5◦ fa si che l’arcobaleno risulti
di essa. Di tutta la luce che esce dalla gocciolina, quella che va poi a formare l’arcoba- un po’ più ampio esattamente di una quantità pari alla dimensione angolare
leno è quella che esce con un angolo φmax che abbiamo visto essere (vedi tab.75.1) di del sole nel cielo.
circa 40◦ . L’angolo di Brewster per un raggio luminoso che passa dall’acqua all’aria 5. E’ più luminosa la parte interna o esterza dell’arco? La luce rifratta dalle goccioli-
si calcola nel seguente modo: ne d’acqua è tutta contenuta all’interno del cono delimitato dall’arcobaleno...
quindi la parte interna di esso è molto più luminosa.
naria 1
tan(θbr ) = = 6. In quali momenti della giornata lo possiamo osservare? L’arcobaleno può essere
nacqua 1, 33
osservato solo se il sole si trova a meno di 42◦ sopra l’orizzonte... quindi alla
θbr = 37◦ mattina ed alla sera.
138 Scheda75. L’arcobaleno

7. In quale direzione lo possiamo osservare (Nord - Sud - Ovest - Est)? L’arcobaleno 75.6.2 Diffrazione su gocce d’acqua
può essere osservato solo se si guarda in direzione opposta a quella del sole...
A volte capita di osservare un arcobaleno quando siamo su di un aereoplano e guar-
verso est la sera e verso ovest la mattina
diamo l’ombra dell’aereoplano. Questo fenomeno è dovuto a goccioline d’acqua
8. Quanti archi ci sono? Ci sono due archi: il primario ed il secondario. estremamente fini ed al fenomeno della diffrazione della luce. In questo caso il fe-
(a) Dove si trova il secondo? Il secondo si trova all’esterno del primo. nomeno non è legato alla legge di Snell come nel caso comunemente conosciuto. La
spiegazione di questo fenomeno è però decisamente troppo complessa per gli scopi
(b) Il rosso del secondo arco si trova all’interno o all’esterno? I colori dell’arco
di questo libro. Il raggio di tale arcobaleno dipende dalla dimensione delle goccioline
secondario sono invertiti rispetto a quelli dell’arco primario.
d’acqua; esso è tanto maggiore quanto più piccole sono tali goccioline.
(c) Quanto vale il raggio del secondo arco? Il raggio medio dell’arco secondario
è circa 52◦
(d) Quanto vale l’ampiezza del secondo arco? L’ampiezza dell’arco secondario è
di circa 3◦ a cui bisogna però aggiungere circa 0, 5◦ a causa delle dimen-
sioni non puntiformi del sole.

9. La luce dell’arcobaleno è polarizzata? Si, la luce dell’arcobaleno è polarizzata.

10. Qual è la direzione della polarizzazione? La luce dell’arcobaleno è polarizzata su


di un piano tangente all’arcobaleno stesso.

11. La luce è molto o poco polarizzata? La luce dell’arcobaleno è fortemente polariz-


zata.

75.6 Altri arcobaleni

75.6.1 Rifrazione in cristalli di ghiaccio


Il fenomeno dell’arcobaleno è anche osservabile a causa della rifrazione della luce
nei piccoli cristalli di ghiaccio presenti nell’alta atmosfera. Visto l’indice di rifrazione
del ghiaccio, l’ampiezza di tale arcobaleno è di circa 22◦ . A differenza di quello gene-
rato dalle goccioline d’acqua, per vedere questo arcobaleno bisogna guardare nella
direzione della fonte luminosa. Non si vede facilmente perchè guardando nella dire-
zione del sole l’intensità luminosa è tale da bruciarci la retina e renderci ciechi. Una
soluzione può essere quella di guardare nella direzione della luna, la cui luminosità
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
non è altrettanto rischiosa per la salute dei nostri occhi.
Fibre ottiche Scheda 76
Una fibra ottica è un dispositivo in grado di trasmettere un segnale luminoso al L’angolo γm definisce quindi il massimo valore che può assumere l’angolo di in-
suo interno, lungo il suo asse. Rispetto ai segnali elettrici che viaggiano lungo un filo gresso della luce nella fibra ottica, definendo di conseguenza l’ampiezza del cono
di rame, le fibre ottiche permettono di trasmettere una più elevata quantità di dati di accettazione della luce. L’angolo γm è detto angolo di accettazione e la grandezza
con una minore perdita di potenza. Una fibra ottica è costituita da un nucleo centrale NA = sin γm è detta apertura numerica della fibra.
con indice di rifrazione n1 ed un mantello esterno con indice di rifrazione n2 < n1 .
Il tutto è poi avvolto in un rivestimento protettivo. 76.1.2 Modi di propagazione
Di tutti gli angoli di ingresso accettabili, in realtà solo alcuni valori discreti sono
76.1 Propagazione della luce all’interno della fibra effettivamente possibili. La condizione di propagazione implica infatti che la luce
non esca dalla fibra ottica e che quindi il campo elettrico agli estremi della fibra sia
Il principio di funzionamento di base che permette alla fibra di contenere il raggio identicamente nullo. Questo implica di conseguenza che la propagazione del segnale
luminoso al suo interno è quello della riflessione totale. Ogni volta che il raggio lumi- avvenga solo se perpendicolarmente alla direzione di propagazione si formino onde
noso incide sulla superficie di separazione tra nucleo e mantello, subisce una rifles- stazionare identificate da un numero intero. Indicando con M ∈ N il numero dei
sione totale e rimane quindi all’interno del nucleo. Qualora questo non avvenisse, il modi di propagazione presenti nella fibra, si ricava che
raggio liuminoso si dissiperebbe all’interno del mantello.
π 2 d2 NA2
M=
2λ2
76.1.1 Angolo di accettazione
Nel caso di una fibra ottica monomodale avremo M = 1; in caso contrario avremo
L’angolo di incidenza della luce sul mantello, dipenderà dall’angolo di ingresso della una fibra multimodale.
luce all’interno della fibra ottica. Sappiamo dalla teoria sulla riflessione totale che per
l’angolo limite vale la relazione 76.1.3 Dispersione modale
n2
sin α = (76.1)
n1 A seconda del percorso fatto dalla luce all’interno della fibra ottica, la componente
Al tempo stesso , per il raggio di luce nel punto di ingresso all’interno della fibra della velocità lungo l’asse di propagazione è differente tra i vari raggi luminosi. Due
ottica vale la relazione raggi luminosi che entrano contemporaneamente nella fibra ne possono uscire quin-
π
sin γm = n1 sin( − α) di sfasati di un certo intervallo di tempo. Il massimo sfasamento che si può avere
2
nella quale si è posto l’indice di rifrazione dell’aria naria ∼ 1. Utilizzando la 76.1 avviene quando confrontiamo il raggio luminoso che entra nella fibra con un angolo
otteniamo γ = 0, la cui velocità lungo l’asse della fibra è massima, con il raggio luminoso la cui
π velocità lungo l’asse della fibra è minima in quanto entra nella fibra con un angolo
sin γm = n1 sin( − α)
2 γ = γm pari all’angolo di accettazione della fibra. Le velocità delle due onde lungo
sin γm = n1 cos(α)
p l’asse della fibra saranno
sin γm = n1 1 − sin2 α 
c n2 cn2
Vx,min = V0 sin α =
 · = 2
n1 n1 n1
s
n2
q
sin γm = n1 1 − 22 = n21 − n22 c
n1 Vx,max = V0 =

n1

139
140 Scheda76. Fibre ottiche

Conoscendo la lunghezza L della fibra, possiamo calcolare gli intervalli di tempo Attenuazione per diffusione
necessari a percorrerla

L Ln1 La presenza di impurità di qualunque tipo, purchè di dimensioni paragonabili al-
Tmin =
 = la lunghezza d’onda del segnale luminoso, crea fenomeni di diffusione. A partire
Vx,max c

2 dall’impurità la luce viene diffusa in tutte le direzioni, la maggior parte delle quali
L Ln 1
Tmax = =


Vx,min n2 c non è compatibile con il corretto propagarsi del segnale. Alcuni raggi si perdono nel
mantello; altri tornano indietro a formare un eco. La potenza dissipata per questo
Infine possiamo ricavare il ritardo dell’onda più lenta rispetto a quella con velo-
fenomeno è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda
cità massima

Ln21 Ln1 Ln1 k


∆T = Tmax − Tmin = − = (n1 − n2 ) P =
n2 c c n2 c λ4

Si può osservare che tale ritardo dipende dalla differenza tra gli indici di rifrazione Attenuazione per le curvature della fibra
del nucleo e del mantello. Ecco perchè nella realizzazione di una fibra ottica vengono
scelti materiali i cui indici di rifrazione siano molto simili tra loro. Curvando la fibra ottica, alcuni raggi luminosi non incidono più sul mantello con un
angolo superiore all’angolo limite, e quindi si perdono nel mantello.

76.1.4 Dispersione cromatica


Perdite dovute all’interconnessione di fibre
Sappiamo che l’indice di rifrazione di un materiale dipende dalla lunghezza d’onda
della luce che lo attraversa secondo la legge empirica Quando il segnale luminoso passa da un materiale con indice di rifrazione n0 ad uno
con indice di rifrazione n1 parte della luce viene riflessa. La riflettanza, definita come
B il rapporto tra intensità luminosa riflessa e incidente, vale
n=A+
λ2
 2
con A e B parametri. Se la luce utilizzata nella fibra è monocromatica, questo feno- I1 n1 − n0
r= =
meno non è rilevante; se invece il segnale è policromatico, formato da un insieme di I0 n1 + n0
lunghezze d’onda all’interno di un intervallo ∆λ, avremo che il ritardo temporale tra
il raggio più veloce ed il più lento sarà proporzionale all’intervallo ∆λ. Tale ritardo
è detto ritardo di gruppo. 76.2 Fibre monomodali e multimodali

76.1.5 Fenomeni di attenuazione 76.2.1 Fibre monomodali


Il segnale luminoso, durante il suo propagarsi lungo la fibra, può perdere potenza a Una fibra monomodale è tanto stretta che solo il primo modo di propagazione è
causa di vari fenomeni. Se la perdita di potenza è troppo alta, il segnale non arriva possibile, quello parallelo all’asse della fibra. Esse presentano una bassissima atte-
al fondo della fibra. nuazione del segnaleed una lunga durata nel tempo.
141 Scheda76. Fibre ottiche

76.2.2 Fibre multimodali


In una fibra multimodale, differenti raggi luminosi seguono differenti percorsi che
sono caratterizzati da differenti lunghezze. Avendo l’accorgimento di costruire la fi-
bra con indice di rifrazione del nucleo decrescente dall’asse centrale verso l’esterno,
avremo che i raggi luminosi che percorrono più strada sono anche quelli che si muo-
vono più velocemente, diminuendo in modo sensibile il fenomeno della dispersione
modale.

Autore: Andrea de Capoa 9 Giu 2016


Parte IX

Elettromagnetismo

142
143 Scheda76. Fibre ottiche

Magnetismo: concetti di base

Una carica Q che si Una carica elettrica q


Circuitazione del Flusso del campo
muove dentro un che si muove emette
campo magnetico magnetico
campo magnetico un campo magnetico
subisce una forza
I I
~ B ~ = µ0 i+??
~ · dl ~ =0
~ · dS
B
~ = µ0 q V × ~ur
B Γ Ω
F~ = QV
~ ×B
~ 4π r2
s e
hiu
Moto di una p oc
m
carica in un Campo magne- i ca
Campo magnetico d
campo magnetico Forza subita tico di un filo ee
~ lin
R
generato un filo: dB
da un filo rettilineo infinito
~
~ ×B
F~ = i∆l ~ ~ = µ0 i ∆l × ~ur
B µ0 i
4π r2 B=
2π R

Momento torcente Forza tra due fili Campo magnetico al


su di una spira percorsi da corrente centro di una spira

µ0 i1 i2 µ0 I
m ~
~ = iS F = L B=
2π d 2 R

Magnetizzazione del-
la materia: magneti Campo magnetico
artificiali, ciclo di Magneti naturali di un solenoide
isteresi, ferro-para-
B = µ0 ni
dia-magnetismo
Mappe sull’elettromagnetismo Scheda 77
Campo Elettrico Forza elettrostatica
Carica elettrica
E~ = K Q · ~ur F~ = q · E ~
r2

Legge di conservazione
della carica elettrica
Campo Magnetico
Forza magnetica
~
B~ = µ Q V × ~ur F~ = q · V
~ ×B~
77 4π r2

Onde elettro- Equazioni


magnetiche di Maxwell

circuitazione del circuitazione del


flusso
I del campo elettrico flusso Idel campo magnetico
campo elettrico campo magnetico
I ~ I ~ E ~ = qint
~ · dS ~ · dS
B ~ = 0
~ · d~l = − dΦ(B)S
E ~ · d~l = µi − µ dΦ(E)S
B S  S
Γ dt Γ dt

77

144
145 Scheda77. Mappe sull’elettromagnetismo

Seconda
Corrente elettrica
∆Q legge di Ohm
i = L
∆t R = ρ· Resistenze in parallelo
S
1 1 1
= +
Req R1 R2

Prima legge di Ohm Resistenze in serie


Somma di resistenze
∆V = R · i Req = R1 + R2

Primo principio di Kirchoff


nodi
Circuiti elettrici Ohmici n
X 77
iα = 0
α=1

Condensatori Secondo principio di Kirchoff


Condensatori maglie
piani Q Circuiti RC n 77
S C = X
C =  V ∆Vα = 0
d α=1

Condensatori
Somma di
in parallelo
condensatori
Ceq = C1 + C2

Condensatori in serie
1 1 1
= +
Ceq C1 C2

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017


Forza di Coulomb Scheda 78
78.1 La carica elettrica
Una delle caratteristiche fondamentali della materia è la carica elettrica. Essa può
essere positiva o negativa, ma soprattutto vale la legge di conservazione della carica
elettrica.
Q+ Q−
In un sistema isolato la carica elettrica complessiva è costante

L’unità di misura della carica elettrica è il Coulomb.

78.2 La forza di Coulomb


Fig. 78.1: Campo elettrico di una singola carica positiva (a sinistra) o negativa (a destra).
Tra due cariche elettriche Q1 e Q2 , poste ad una certa distanza r, si genera una forza,
attrattiva tra cariche di segno opposto e repulsiva tra cariche di segno uguale. Tale
forza è detta anche Forza di Coulomb.
78.4 Linee di campo
Q1 · Q2 Le linee di campo, utili per raffigurare un campo, sono linee sempre tangenti al
F =K
r2 vettore campo.
N m2
la costante K = 9 · 109 C2 è detta costante di Coulomb.

78.3 Il campo elettrico


Come tutte le interazioni a distanza, anche la forza di Coulomb avviene tramite
l’emissione di un campo.

~ in ogni punto dello spazio.


Una carica elettrica Q emette un campo elettrico E

Fig. 78.2: Linee di campo per due cariche uguali e di stesso segno e per due cariche opposte e di stesso segno.
~ = K Q ~ur
E
r2
dove r è la distanza del punto in questione dalla carica. Il campo elettrico è
78.4.1 Linee di campo di un dipolo elettrico
una grandezza vettoriale, il cui verso è sempre dalla parte opposta della carica per
cariche positive, e dalla stessa parte rispetto alle cariche negative. Un dipolo elettrico è un sistema costituito da due cariche elettriche di segno opposto
Vale il principio di sovrapposizione, per cui se ci sono più cariche, il campo poste ad una certa distanza. Nel seguente video sono mostrate le linee di campo di
elettrico in un punto è la somma vettoriale dei campi elettrici delle singole cariche. un dipolo elettrico

146
147 Scheda78. Forza di Coulomb

Fig. 78.3: Guarda il video youtu.be/bG9XSY8i_q8

78.5 La forza Elettrostatica


La forza di Coulomb si genera tra due cariche elettrice; la formula, così com’è scritta,
non spiega però il reale meccanismo con il quale tale forza si genera. Abbiamo detto
che ogni carica elettrica emette un campo elettrico; la forza nasce dall’interazione
delle cariche elettriche con il campo elettrico generato da altre cariche. Per cui, dato
un campo elettrico E ~ ed una carica q, la forza che la carica q subisce vale:

F~ = q · E
~

La forza non nasce dall’interazione diretta tra le due cariche, ma tra l’inderazione
diretta tra una carica ed il campo generato da quell’altra.

F~ ~
E
q−

~
E
q+
F~

Fig. 78.4: Forza subita da una carica elettrica a causa del campo elettrico in cui è immersa.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Campo magnetico Scheda 79
79.1 Il campo magnetico 79.2 Campi magnetici e correnti elettriche
Una carica che si muove emette un campo magnetico in ogni punto dello spazio Una corrente elettrica è un movimento di cariche elettriche. Ogni volta che attac-
intorno alla carica. chiamo una batteria ad un filo generiamo una corrente elettrica e quindi un campo
magnetico. Nei video 79.1 e 79.2 si vede bene come un filo percorso da corrente
~ generi un campo magnetico in quanto fa muovere l’ago di una bussola.
~ = µ0 q V × ~ur
B
4π r2

dove B~ è il campo magnetico che la particella di carica q che viaggia alla velocità
~ crea nel punto indicato dal versore ~ur ed alla distanza r dalla carica. Il campo B
V ~è
un vettore risultato di un prodotto vettoriale che coinvolge la velocità della carica...
quindi il campo magnetico prodotto da una carica in moto è sempre perpendicolare
alla velocità della carica. Fig. 79.1: Guarda il video youtu.be/T2k3OMTYHBc
Questo è il concetto di base sulla causa che genera un campo magnetico. Impor-
tante notare come l’andamento del campo in funzione della distanza dalla carica che
lo genera sia ∝ r12 esattamente come avveniva per il campo elettrico.
Visto che una corrente elettrica è in generale definita come la quantità di carica
che attraversa una certa superficie in un certo intervallo di tempo i = ∆q
∆t , se imma-
giniamo di avere un pezzetto di filo di lunghezza ∆l, questa stessa legge può essere
espressa come il campo magnetico generato da una corrente elettrica che percorre un
piccolissimo tratto di lunghezza ∆l Fig. 79.2: Guarda il video youtu.be/IW9HUXIjbyE

Ammettendo che tutte le cariche siano uguali e che viaggino con la stessa velo-
cità, il campo magnetico di tutte le cariche, complessivamente indicate con ∆q, che
contribuiscono a generare la corrente è
 
~ ∆t × ~ur 79.3 Campo magnetico di un filo percorso da corrente
µ ∆q V
~ = 0
B
4π ∆t r2
Un filo percorso da corrente contiene ovviamente delle cariche elettriche che si muo-
da cui vono, e quindi emette un campo magnetico. Tale campo magnetico deve essere in
~ ogni punto perpendicolare al filo, e le linee di campo saranno sempre dei cerchi con-
~ = µ0 i ∆l × ~ur
B
4π r2 centrici con il filo. Il verso del campo magnetico dovrà essere in accordo con la regola
della mano destra.

148
149 Scheda79. Campo magnetico

L’angolo ϕ = π2 − α . Definiamo dϕ l’angolo sotto il quale viene visto il segmento


dl dal punto P . Avremo che
dl · sin α
2 = dϕ
r
sin α = cos ϕ
R
z 1 r=
cosϕ
Il contributo al campo magnetico dovuto al singolo segmento dl sarà quindi

0 µ0 i
1 dB = cos ϕdϕ
−1 4πR
0 0
1 −1 Integrando
x y Z π
µ0 i 2 µ0 i π
B= cos φdϕ = |sin ϕ|−2 π
4πR −π 4πR 2
Fig. 79.3: Linee di campo magnetico di un filo. A seconda che la corrente elettrica scorra nel filo verso l’alto od il 2

basso, le linee di campo saranno orientate in senso orario o antiorario. da cui

µ0 i
79.3.1 La legge di Biot-Savart B=
2π R

... a partire dalla corrente


... a partire dal teorema di Ampére
Calcoliamoci il valore del campo magnetico emesso da un filo, percorso da una cor-
Osserviamo innanzi tutto che per motivi di simmetria il campo deve essere necessa-
rente i, rettilineo e di lunghezza infinita, in un punto P a distanza R dal filo. Per farlo
riamente solo dipendente da R. Se ci calcoliamo la circuitazione del campo magne-
considereremo il filo come una infinita successione di segmenti di filo di lunghezza
tico lungo un percorso intorno al filo, circolare di raggio R e che chiameremo γcr ,
infinitesima d~l. Per i conti seguenti faremo riferimento alla figura 79.4.
otteniamo (in assenza di campi elettrici il cui flusso varia nel tempo)
Il campo magnetico di ognuno di tali segmenti è
I
~ · d~l = µ0 i
B
~ = µ0 d~l × ~ur γcr
dB i
4π r2
da cui, essendo B costante in quanto sempre calcolato a distanza R dal filo, ottenia-
Chiamando α l’angolo tra il segmanto di filo d~l ed il vettore ~r, il valore del campo mo
magnetico sarà B · 2πR = µ0 i

ed infine
µ0 i d~l sin α µ0 i
dB = B=
4π r2 2πR
150 Scheda79. Campo magnetico

79.3.2 Campo magnetico nel centro di una spira circolare


... a partire dalla corrente

Calcoliamoci il valore del campo magnetico emesso da un filo, percorso da una cor-
rente i, circolare di raggio R nel suo centro. Per farlo considereremo il filo come una
infinita successione di segmenti di filo di lunghezza infinitesima d~l.
Il contributo del singolo segmento è

~ = µ0 d~l × ~ur
dB i
4π r2
i
Considerato che r = R = cost è costante, che ~ur ⊥ d~l, e che dϕ = dl
R è l’angolo al
centro della circonferenza sotteso dal segmento dl, avremo che
Z 2π
µ0 i
B= dϕ
4πR 0
P
µ0 i R φ
B=
2R

dl

Fig. 79.4: Schema di ragionamento per ricavare la legge di Biot-Savart.


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
Forza magnetica Scheda 80
80.1 La forza magnetica
Una carica Q che si muove con velocità V~ dentro
un campo magnetico B ~ subisce una forza

F~ = QV
~ ×B
~

Dalla formula risulta evidente che la forza magne-


tica è sempre perpendicolare alla velocità della ca-
rica, e di conseguenza è sempre una forza di tipo Fig. 80.1: Guarda il video you-
centripeto e non fa mai lavoro. Nel video 80.1 si tu.be/7YHwMWcxeX8
vede bene come avvicinando una calamita ad un flusso di elettroni in movimento, ~
V
essi subiscono una forza.

80.1.1 Moto in un campo magnetico uniforme F~m


Come si muove una carica elettrica che entra in un campo magnetico uniforme?
Visto che la forza magnetica è sempre perpendicolare alla velocità della particella,
allora il movimento deve essere un moto circolare uniforme

Fig. 80.2: Moto di una carica elettrica a causa del campo magnetico in cui è immersa.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

151
Magnetismo nella materia Scheda 81
81.1 Calamite

81.1.1 Calamite naturali


Una calamita naturale è un oggetto che genera naturalmente un campo magnetico.
Un campo magnetico è generato dal movimento di una carica; in un magnete le cari-
che che si muovono sono gli elettroni che girano intorno agli atomi. Ogni elettrone,
girando intorno al suo atomo, genera un piccolo campo magnetco. In un oggetto ci
sono miliardi di atomi; se gli elettroni girano tutti orientati nello stesso modo, allora
i campi magnetici che generano tendono a sommarsi tra loro, generando un forte
campo magnetico, quello che la calamita mostra. Se gli elettroni ruotano in modo di-
sordinato, allora il campo magnetico complessivo sarà molto piccolo o nullo, e non
avremo nessuna calamita.

81.1.2 Calamite artificiali


Per creare una calamita partendo da un comune pezzo di ferro è necessario orien-
tare il movimento degli elettroni all’interno dell’oggetto in modo che tutti i piccoli
campi magnetici che essi producono si sommino tra loro. L’unico modo è quello di
immergere l’oggetto in un campo magnetico esterno; ogni singolo elettrone, muo-
vendosi, subisce quindi una forza magnetica. tale forza fa ruotare i singoli elettroni
in modo che si orientino tutti nello stesso modo, ottenendo così una calamita. An-
che togliendo il campo magnetico esterno, l’orientamento degli elettroni rimane e
l’oggetto mantiene le sue proprietà magnetiche.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

152
Modelli atomici Scheda 82
Tutta la materia che ci cinrconda è formata da 118 tipi diversi di atomi. Per molto Forza elettromagnetica
tempo si è pensato che questi fossero gli elementi fondamentali costituenti la ma-
Tra le particelle con carica elettrica agisce la forza elettromagnetica: cariche di segno
teria... adesso sappiamo che hanno invece una struttura interna. In questa scheda
uguale si respingono e cariche di segno opposto si attraggono. Il raggio di azione di
analizziamo nel dettagli tale struttura.
tale forza è infinito. L’intensità di tale forza dipende dal valore delle cariche elettriche
e dal quadrato della loro distanza

82.1 I costituenti dell’atomo F =K


Q1 · Q2
r2
dove K è la costante di Boltzmann, Q1 e Q2 le cariche delle due particelle, r è la
distanza tra le due particelle.

Forza forte

La forza forte agisce tra protoni e neutroni (ma anche tra protoni e protoni, e tra
Fig. 82.1: Guarda il video youtu.be/ICYhoVfB29c neutroni e neutroni) ed è sempre attrattiva. É estremamente più intensa della forza
elettromagnetica, ed ha un raggio di azione estremamente limitato.

82.1.1 Particelle Forza debole

Ogni atomo è costituito da tre tipi di particelle: protoni, neutroni ed elettroni. I protoni Tale forza agisce su protoni e neutroni nel nucleo causando la radioattività di alcuni
hanno carica elettrica positiva Qp = +1, 6 · 10−19 C e massa Mp = 1, 673 · 10−27 kg, i elementi.
neutroni hanno carica elettrica nulla e massa Mp = 1, 675·10−27 kg, infine gli elettroni
hanno carica elettrica negativa Qe = −1, 6 · 10−19 C e massa Me = 9, 1 · 10−31 kg. Più Forza gravitazionale
che imparare a memoria questi numeri è utile rendersi conto di quanto segue.
La forza di gravità agisce tra due masse, e quindi anche tra le particelle dell’atomo.
La carica dell’elettrone è uguale alla carica del protone ma di segno opposto. La
Le masse delle particelle sono però talmente piccole che tale forza è del tutto tra-
massa del protone è simile alla massa del neutrone ed è 1836 volte maggiore della
scurabile; tenerne conto per comprendere le caratteristiche di un atomo sarebbe un
massa dell’elettrone.
errore.

82.1.2 Forze tra le particelle 82.1.3 Un principio fondamentale


Tra le particelle che costituiscono l’atomo agiscono tutte le quattro forze fondamen- Ogni particella del nostro universo ha una doppia natura onda-corpuscolo. Viene
tali presenti in natura: chiamato dualismo onda-corpuscolo è ci dice che, nel nostro caso gli elettroni, hanno

153
154 Scheda82. Modelli atomici

sia il comportamento tipico di una particella, sia il comportamento tipico di un’on- Tanto più sono distanti dal nucleo tanto più la loro energia è grande. Assumiamo
da. Vuol dire che tutti i fenomeni fisici che riguardano le particelle (come per esem- che la loro traiettoria sia circolare; visto che l’elettrone ha un comportamento ondu-
pio gli urti) e tutti quelli che riguardano le onde (come per esempio l’interferenza) latorio, tale onda deve richiudersi perfettamente su se stessa, quindi la circonferenza
riguardano tutte le particelle dell’atomo. Questo avrà una conseguenza diretta sulla dell’orbita deve essere un multiplo intero della lunghezza d’onda. Questo significa
struttura elettronica degli atomi. che solo le orbite della giusta lunghezza sono ammissibili. Di qui il concetto di livel-
lo energetico, per cui tutti gli elettroni sono disposti su ben precisi livelli energetici.
Nel passare da un livello all’altro ogni elettrone cede o riceve energia.
82.2 Struttura dell’atomo Ogni livello energetico possiede un ben determinato numero di orbitali (ce ne so-
no di quattro tipi: s, p, d, f) ed ogni orbitale può contenere al massimo due elettroni.

82.3 la tavola periodica degli elementi


La tavola periodica raggruppa gli elementi chimici a seconda delle loro proprietà
chimiche. Tali proprietà sono però conseguenza della struttura elettronica dell’ato-
Fig. 82.2: Guarda il video youtu.be/r3SocKj-SXg mo, quindi la tavola periodica di fatto riflette quanto scritto nel paragrafo 82.2.2. In
particolare, le proprietà chimiche dipendono da quanti elettroni ci sono sull’ultimo
livello energetico (quello più esterno), quindi la tavola periodica di fatto mostra la
82.2.1 Il nucleo
configurazione degli elettroni nell’ultima orbita. Nel dettaglio:
Protoni e neutroni sono raggruppati insieme a formare il nucleo dell’atomo. La sua
• Ogni riga rappresenta elementi i cui elettroni estermi occupano un diverso
dimensione è dell’ordine di grandezza di 10−14 metri e contiene quasi tutta la massa
livello energetico; idrogeno ed elio hanno gli elettroni esterni sul primo li-
dell’atomo. I protoni si respingono tra loro, ma la forza forte, molto più intensa,
vello energetico, il carbonio ha il primo livello completo e gli altri elettroni
agendo tra tutte le particelle del nucleo, le tiene insieme. La forza forte, avendo un
riempiono il secondo, l’oro ha gli elettroni esterni nel sesto livello avendo già
raggio di azione ristretto, non riesce però a tenere insieme le particelle del nucleo
completamente riempito i primi cinque livelli energetici.
se ci sono troppi protoni a respingersi (la forza di repulsione tra essi, sebbene più
debole, agisce tra tutti i protoni del nucleo). I neutroni hanno in questo caso un • Tutti gli elementi chimici nella stessa colonna hanno nell’ultimo livello lo stesso
ruolo importante; pur non avendo niente a che fare con la forza elettromagnetica, numero di elettroni e quindi comportamenti chimici simili
tenendo distanziati i protoni indeboliscono la forza di repulsione tra essi.
• L’ordine di riempimento degli orbitali è sempre lo stesso: prima l’s, poi l’f
quando c’è, poi il d quando c’è, poi il p.
82.2.2 Struttura elettronica
Oltre a leggere quanto scritto, guarda anche questo video:
Le leggi della fisica che descrivono il movimento degli elettroni intorno al nucleo
sono di gran lunga troppo complicate per essere descritte in questa scheda; ci limi-
teremo a coglerne solo gli aspetti essenziali. Gli elettroni ruotano intorno al nucleo.
155 Scheda82. Modelli atomici

Fig. 82.3: Guarda il video youtu.be/ZARY-1zECnk

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Elettrizzazione Scheda 83
Elettrizzare un oggetto significa fare in modo che la sua carica elettrica comples- trarrà sempre il lato più vicino dell’oggetto inizialmente neutro, e respingerà sempre,
siva non sia nulla. Gli oggetti in natura sono neutri, in quanto fatti di atomi che ma più debolmente, l’altro lato.
contengono elettroni e protoni in numero uguale. Se però diamo o togliamo ad un Guardate questo video per approfondire l’argomento.
oggetto degli elettroni, esso non sarà più neutro ma avrà carica elettrica. Esistono tre
modi per farlo: per strofinio, per contatto e per induzione.

83.1 Elettrizzazione per strofinio


Prendiamo due oggetti isolanti neutri e strofiniamoli tra loro. L’energia dovuta allo Fig. 83.1: Guarda il video youtu.be/nFtV2tyxsx0
strofinio permette ad alcuni elettroni di saltare da un oggetto all’altro. Dopo questo
passaggio, uno degli oggetti avrà carica positiva in quanto ha perso elettroni; l’altro
oggetto avrà carica negativa in quanto ha ricevuto elettroni. La carica elettrica nei
83.3.1 Deviazione di un getto d’acqua
due oggetti sarà uguale in valore, ma di segno opposto. Se avviciniamo una bacchetta elettricamente carica (ad esempio carica positivamen-
te) ad un getto l’acqua vedremo che il getto viene deviato dal suo percorso.

83.2 Elettrizzazione per contatto


Prendiamo due oggetti di materiale conduttore, uno carico ed uno neutro. Quando i
due oggetti sono messi a contatto gli elettroni liberi dentro di essi sono liberi di spo-
starsi da un oggetto all’altro. Se l’oggetto inizialmente carico era negativo, allora gli
elettroni in eccesso si muovono verso l’oggetto neutro, rendendolo anch’esso carico Fig. 83.2: Guarda il video youtu.be/g9GU3XpiepM
negativamente. Se l’oggetto inizialmente carico era positivo, allora gli elettroni liberi
nell’oggetto neutro, si muoveranno verso l’oggetto positivo rendendolo un po’ me-
no positivo, e rendendo l’oggetto neutro anch’esso positivo. Dopo l’elettrizzazione i
due oggetti avranno la carica elettrica dello stesso segno.

83.3 Elettrizzazione per induzione


Quando avvicino un oggetto carico ad un oggetto neutro, induco nell’oggetto neutro
uno spostamento degli elettroni. Gli elettroni, spostandosi nel materiale, generano in
esso una distribuzione di carica non omogenea. l’oggetto, seppur complessivamente
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
neutro, avrà un lato positivo ed un lato negativo. L’oggetto inizialmente carico at-

156
Effetto Punta Scheda 84
In questa scheda descriviamo l’effetto punta, cioè un fenomeno di elettrizzazione
per cui la densità di carica sulla superficie di un conduttore aumenta al diminuire E1 r1 = E2 r2
del raggio di curvatura di tale superficie. Visto che il campo elettrico sulla superficie
Anche il campo elettrico in prossimità della superficie del conduttore è inversa-
di un conduttore è direttamente proporzionale alla densità di carica, al diminuire del
mente proporzionale al raggio di curvatura della superficie. Il fenomeno si chiama
raggio di curvatura della superficie aumenta anche il campo elettrico in prossimità
effetto punta ed è grazie a questo fenomeno che funzionano i parafulmini! Infatti in
della superficie.
prossimità della punta del parafulmine il campo elettrico è molto intenso e la carica
statica presente in atmosfera si scarica sul parafulmine con grande facilità.
Costruiamoci un modello Immaginiamo di avere due sfere conduttrici cariche di
raggio r1 ed r2 unite da un filo conduttore.

r1
+
+ + r2
+ + + +
+ +
+ + + +
+ +
+ + + +
+ +
+

Nella condizione di equilibrio elettrostatico avremo che i potenziali delle due


sfere saranno uguali
V1 = V2
Sapppamo che il potenziale di una ditribuzione di cariche su di una superficie di
Q
una sfera è V = 4πr , quindi

Q1 Q2
=
4πr1 4πr2
Q Q
Introduciamo la densità superficiale di carica σ = S = 4πr 2 ed avremo

σ1 r1 σ2 r2
=
 
Da questi conti vediamo come le densità di carica sulle due sfere siano inversa-
mente proporzionali ai raggi delle due sfere. Consideriamo adesso il campo elettrico
in prossimità delle due sfere. Sappiamo che esso dipende dalla densità superficiale
Autore: Andrea de Capoa 28 Set 2017
di carica, per cui E = σ e quindi

157
Sulla Circuitazione di un campo vettoriale Scheda 85
L’energia potenziale
85.1 Definizione di circuitazione
L’integrale
Un campo vettoriale F~ si definisce conservativo quando la circuitazione del
Z B
campo lungo un qualunque percorso chiuso Γ è nulla ~ = U (A) − U (B) = −∆U
F~ · dl (85.1)
I A
~ =0
F~ · dl ha le dimensioni di un’energia e la funzione U è detta Energia potenziale.
Γ

Questa semplice definizione ha un’importante conseguenza. Immaginiamo un Il teorema dell’energia cinetica


generico percorso chiuso Γ che da un punto A porti in un punto B lungo un certo L’integrale
tragitto γ1 e poi nuovamente in A lungo un differente tragitto γ2 . Se il campo F~ è
conservativo, allora possiamo scrivere Z B
~
F~ · dl
I
A
~ =0
F~ · dl
Γ è di fatto il lavoro della forza lungo un percorso dal punto A al punto B. Avremo
Z B Z A quindi
~ +
F~ · dl ~ =0
F~ · dl
Aγ1 Bγ2 γ2 B
Z B Z B ~
dV
Z B
1
~
F~ · dl ~ = ~ ~ 2

Z B Z B = m · dl mV · dV = mV =
~ −
F~ · dl ~ =0
F~ · dl A A dt A 2
• γ1 A
(85.2)
Aγ1 Aγ2
Z B Z B 1 1
~ =
F~ · dl ~
F~ · dl = mVB2 − mVA2 = Ec (B) − Ec (A) = ∆Ec
2 2
Aγ1 Aγ2
dove Ec è detta Energia cinetica del corpo. Pertanto il lavoro della forza sul corpo,
Quindi il risultato dell’integrale da A verso B è sempre lo stesso indipendente-
mentre questo si muove dal punto A al punto B, corrisponde ad una variazione
mente dal percorso seguito. Tale risultato deve quindi dipendere soltanto dal punto
dell’energia cinetica del corpo stesso.
di partenza e di arrivo. Il lemma di Poincaré ci dice che deve quindi esistere una
In questi passaggi è stato utilizzato il secondo principio della dinamica F~ = m~a
funzione U (~x) definita in ogni punto dello spazio per cui
ed assunto che dl~ sia effettivamente lo spostamento infinitesimo fatto dal corpo di
Z B massa m sotto l’azione della forza F~ , per cui
~ = U (A) − U (B) = −∆U
F~ · dl
A
~ =V
dl ~ · dt

85.1.1 Un caso particolare: il campo di forze


Abbiamo quindi limitato i nostri conti matematici ai soli percorsi che la parti-
Se il campo di cui stiamo parlando fosse un campo di forze, allora avremo una serie cella effettivamente può percorrere sotto l’azione della forza F~ in base anche alle
di interessanti conseguenze. condizioni iniziali di posizione e velocità.

158
159 Scheda85. Sulla Circuitazione di un campo vettoriale

La legge di conservazione dell’energia che di fatto è la seconda legge di Kirchoff.

Unendo insieme le equazioni 85.1 e 85.2 avremo la legge di conservazione dell’ener- La seconda legge di Kirchoff è solo un caso particolare della legge di Faraday
gia per un corpo immerso in un campo di forze F~ conservativo.

U (A) − U (B) = Ec (B) − Ec (A) La legge di Kirchoff viene violata ogni volta che ci sono flussi di campi magnetici
variabili nel tempo, calcolati attraverso una generica superficie di cui la maglia del
U (A) + Ec (A) = U (B) + Ec (B) circuito ne è il contorno.
Etot (A) = Etot (B)
Un circuito elettrico RLC
Questo ci fa capire che una forza conservativa di fatto trasforma energia potenziale
in energia cinetica, in modo tale che l’energia totale rimanga costante. Prendiamo in considerazione un circuito RLC con una resistenza, un condensatore
ed un’induttanza ed applichiamo la legge di Faraday. Assumiamo che il filo sia
85.1.2 Un caso particolare: il campo elettrico un conduttore ideale con resistenza nulla. La differenza di potenziale ai capi di un
generatore è ∆V0 , ai capi di una resistenza è ∆VR = R · i, ai capi di un condensatore
Una delle quattro equazioni di Maxwell è è ∆VC = Q C . Il campo elettrico all’interno dell’induttanza è ∆VL = 0. Il risultato
I ~ della circuitazione del campo elettrico lungo il percorso chiuso identificato dal filo
E ~ = − dΦ(B)Ω
~ · dl conduttore in accordo con la legge di Faraday deve essere −L dt di
.
Γ dt
i
dove Ω è una generica superficie aperta di cui Γ ne è il contorno, e Φ(B) ~ Ω è il + −
Ri +
flusso del campo magnetico sulla superficie Ω. Questo ci dice che il campo elettrico
NON è conservativo e non esiste alcuna funzione di cui esso ne è il gradiente. Dal Q di
momento che la forza elettrica differisce dal campo elettrico solo per una costante −∆V0 + Ri + + 0 = −L ∆V0 0
C dt
F~ = q E~ ne segue che non esiste alcuna energia potenziale associata al campo di Q
C −
forze di un campo elettrico. Il campo elettrico diventa conservativo solo se il termine − +
legato al flusso del campo magnetico è nullo
L’ultimo termine non è la differenza di potenziale ai capi dell’induttanza, ma è
~ Ω
dΦ(B) il risultato della circuitazione del campo elettrico, che in presenza di flussi di campi
=0
dt magnetici variabili nel tempo, non è nulla.

Un circuito elettrico e la seconda legge di Kirchoff

Per un circuito puramente Ohmico, non abbiamo campi magnetici e quindi, calco-
lando la circuitazione del campo elettrico lungo il circuito, abbiamo
Z
E ~ =0
~ · dl Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
Γ
Induzione Elettromagnetica Scheda 86
Per spiegare il fenomeno dell’induzione elettromagnetica bisogna fare riferimen- da rappresentare una terna sinistrorsa, e che i vettori sono tra loro perpendicolari,
to all’equazione di Maxwell possiamo scrivere
∆V = −vBl
I ~
~ = − dΦ(B)Ω
~ · dl
E
Γ dt (v · ∆t)Bl
Il campo elettrico non è conservativo, per cui la circuitazione del campo non è ∆V = −
∆t
nulla. Prendiamo ad esempio un certo percorso Γ e prendiamo una qualunque su-
B∆S
perficie Ω che abbia Γ come contorno. Se attraverso Ω abbiamo un flusso del campo ∆V = −
∆t
magnetico che cambia nel tempo, allora lungo Γ avremo un campo elettrico indotto
e quindi una forza elettromotrice indotta. ∆ΦS (B)
∆V = −
Pur senza la presenza di alcun generatore, è presente una differenza di potenzia- ∆t
le. Se su tale percorso sono presenti cariche elettriche, avremo come conseguenza
una corrente elettrica. Il segno meno indica che il verso della forza elettromotrice
indotta è tale da generare correnti che a loro volta generano campi magnetici il cui
flusso si deve opporre alla variazione del flusso del campo magnetico iniziale.

86.1 D.d.p indotta dal movimento di un conduttore


Immaginiamo una sbarra conduttrice che si muove con velocità v all’interno di un
campo magnetico costante. Gli elettroni di conduzione presenti nella sbarra subi-
ranno una forza magnetica. Man mano che gli elettroni si accumulano ad una delle
estremità della sbarra e che cariche positive si accumulano all’altra estremità della
sbarra, avremo che gli elettroni risentono anche di un campo elettrico che su di essi
esercita una forza opposta a quella del campo magnetico. Gli elettroni rimarranno
in equilibrio quando
F~e = eE~ = e~v × B
~ = F~m

Moltiplicando scalarmente per il vettore ~l indicante la lunghezza della sbarra, avre-


mo
 
~ · ~l = ~v × B
E ~ · ~l

Consideriamo adesso il prodotto triplo a destra dell’uguale. Esso rappresenta il volu-


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
me con segno individuato dai tre vettori. Dal momento che l’ordine dei vettori è tale

160
Corrente di spostamento Scheda 87
Immaginiamo di avere un percorso chiuso Gamma nello spazio che concatena condensatore piano di capacità1
un filo percorso da una corrente elettrica i. Chiamiamo Ω una qualunque superficie S
C = 0
che abbia Γ come contorno. Supponiamo che in tale regione di spazio dia presente l
Il campo elettrico nel condensatore è infatti
un campo elettrico. La circuitazione del campo magnetico lungo il percorso Γ sarà
Q Q
I ~ E= =
B ~ = µ0 i − µ0 0 dΦ(E)Ω
~ · dl C ·l 0 S
dt
Il flusso del campo elettrico sulla superficie Ω0 è
Questa equazione ci dice che se abbiamo un flusso di campo elettrico che varia
nel tempo, esso ha di fatto le caratteristiche di una corrrente elettrica. Q
Φ(E)Ω0 =
0

87.1 Natura della corrente di spostamento derivando adesso rispetto al tempo e ricordando che i = dQ , abbiamo
dt
Immaginiamo due fili conduttori collegato alle due piastre di un condensatore. Se dΦ(E)Ω0 i
=
della corrente elettrica si muove su uno dei due fili, avremo un accunulo di cari- dt 0
che elettriche su di una piastra del condensatore e di conseguenza un accumulo di da cui
cariche elettriche opposte sull’altra piastra del condensatore. Tra le due piastre del
dΦ(E)Ω0
condensatore avremo quindi un campo elettrico. Prendiamo adesso un percorso Γ i − 0 =0
dt
circolare intorno al filo e consideriamo la superficie Ω piana da esso racchiusa. La
che indicheremo come
circuitazione del campo magnetico lungo Γ sarà
i = is
I
B ~ = µ0 i
~ · dl dove
dΦ(E)Ω0
is = 0
dt
in quanto non c’è nessun campo elettrico intorno al filo. Considerando invece la
In ingresso nel condensatore abbiamo una corrente elettrica; in uscita da esso
superficie Ω0 che ha sempre come contorno Γ ma che attraversa il condensatore, al-
dobbiamo avere una corrente uguale. Dal momento che non possiamo avere un
lora per la circuitazione del campo magnetico avremo che nessuna corrente elettrica
passaggio materiale di cariche elettriche, la corrernte elettrica tra le due piastre è
viene concatenata. Se l’equazione di Ampére-Maxwell non contenesse un termine
rappresentata dalla corrente di spostamento dovuta alla variazione nel tempo del
legato al campo elettrico avremmo l’assurdo si avere due risultati diversi per la cir-
flusso del campo elettrico tra le armature del condensatore.
cuitazione lungo la stessa linea. Per la superficie Ω0 la circuitazione lungo Γ deve
dare I ~
B ~ = µ0 0 dΦ(E)Ω
~ · dl 1 vedi 91.2
dt
Al variare della corrente elettrica nel filo, varia infatti la carica sul condensato-
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
re e varia di conseguenza il campo elettrico nel condensatore. Immaginiamo un

161
Parte X

Elettrotecnica

162
Corrente elettrica Scheda 88
Una corrente elettrica è definita come la quantità di carica che attraversa una certa
superficie in un certo intervallo di tempo

∆Q
i=
∆t

88.1 Corrente in un conduttore


Applicando una differenza di potenziale agli estremi di un conduttore, vedremo
scorrere in esso una corrente elettrica. Nel conduttore gli elettroni della banda di
conduzione, che sono liberi di muoversi all’interno del conduttore passando da un’a-
tomo ad un altro, si muoveranno a formare una corrente elettrica. Immaginiamo un
conduttore cilindrico, come un filo. La quantità di carica che nell’unità di tempo at-
traversa la sezione del filo è quella contenuta nel volume di un cilindro si area di base
S ed altezza ∆l = vm · ∆t dove v è la velocità media degli elettroni nel conduttore.

∆q = n · e · S · vm · ∆t

dove e è la carica dell’elettrone ed n è la densità di elettroni di conduzione all’in-


terno del conduttore. Dividendo per ∆t avremo

i = n · e · S · vm

i
vm =
n·e·S
Per un conduttore di rame n = 8, 4 · 102 8 m13 attraversato da una corrente i = 1 A
e della sezione S = 1 mm2 la velocità media degli elettroni è

m
vm = 7, 4 · 10−5
s

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

163
Leggi di Ohm Scheda 89
89.1 Prima legge di Ohm R1 R2
i
a b
Prendiamo una qualunque resistenza di valore R che colleghi tra loro due punti a e
Fig. 89.2: Le resistenze R1 ed R2 sono in serie. La corrente che passa da R1 passa poi tutta anche da R2 . La
b; la differenza di potenziale ∆Vba = Vb − Va tra quei due punti equivale al prodotto resistenza complessiva risulta essere R12 = R1 + R2
della resistenza per l’intensità di corrente che la attraversa

∆V = R · i 89.2.2 Resistenze in parallelo

Due resistenze si dicono in parallelo quando ai loro estremi c’è la stessa differenza
R
i di potenziale.
a b
+ −
∆V
R1
i1

89.2 Resistenze in serie e in parallelo i


a b
R2
i2

Fig. 89.3: Le resistenze R1 ed R2 sono in parallelo. Le resistenze R1 ed R2 hanno ai loro estremi la stessa
1 1 1
differenza di potenziale ∆V . La resistenza complessiva risulta essere calcolabile con la formula R12
= R1
+ R2
.
La corrente i che entra nel circuito si divide nelle due correnti i1 e i2

Fig. 89.1: Guarda il video youtu.be/6D7Uduf_Vv4 La resistenza complessiva si ottiene con la seguente formula

1 1 1
89.2.1 Resistenze in serie = +
Rtot R1 R2
Due resistenze si dicono in serie quando sono attraversate dalla stessa intensità di
corrente; tutta la corrente che attraversa la prima resistenza attraversa poi la seconda
89.2.3 Resistenze ne in serie ne in parallelo
resistenza
La resistenza complessiva si ottiene sommando le resistenze tra loro Attenzione a non credere che se due resistenze non sono in serie allora sono in pa-
rallelo o viceversa... non è vero. Nel circuito in figura 89.4 le resistenze R1 ed R2 non
Rtot = R1 + R2 sono ne in serie ne in parallelo.

164
165 Scheda89. Leggi di Ohm

R2 potenziale ad un altro, ed in particolare da un’energia potenziale minore verso una


maggiore; chiamando ∆V la differenza di potenziale agli estremi del generatore e
∆q la quantità di carica elettrica che lo attraversa, il generatore fornisce un’energia

R1 R3 ∆E = ∆q · ∆V
a b
Dividendo entrambi i termini per il tempo ∆t avremo
Fig. 89.4: Nel circuito in figura le resistenze R1 ed R2 non sono ne in serie ne in parallelo. La resistenza R2 ∆E ∆q
è infatti in parallelo con l’insieme delle resistenze R1 ed R3 che tra loro sono in serie e che chiameremo R13 = P = = ∆V
∆t ∆t
R1 + R3
P = ∆V · i

89.4.2 Potenza dissipata


Se tra gli estremi di una resistenza abbiamo uan differenza di potenziale ∆V , abbia-
mo visto che la potenza a disposizione della resistenza è P = ∆V · i; ma utilizzando
Fig. 89.5: Guarda il video youtu.be/j67PEauo2Sk la legge di Ohm possiamo scrivere

P = ∆V i = Ri · i
89.3 Seconda legge di Ohm
P = Ri2
Un filo di materiale conduttore ha una sua resistenza. Essa dipende dal materiale,
dalla sezione del filo e dalla sua lunghezza Il meccanismo con cui tale energia viene dissipata è il seguente. Gli elettroni
di conduzione, muovendosi, urtamo gli ioni del reticolo cristallino del conduttore,
l
R=ρ e nell’urto gli trasferiscono dell’energia. Tale energia fa vibrare tali ioni, e questo
S
corrisponde ad un aumento di temperatura.
dove ρ è la conducibilità elettrica del materiale, l la lunghezza del filo ed S la sua
sezione.

89.4 Potenza ed effetto Joule

89.4.1 Potenza generata


In un circuito elettrico l’energia fornita alle cariche elettriche dal generatore viene
successivamente dissipata dalle stesse sotto forma di calore quando attraversano del-
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
le resistenze. Ogni singola carica che attraversa il generatore passa da un valore di
Circuiti elettrici Ohmici Scheda 90
Un circuito elettrico ohmico è formato da uno o più generatori, ognuno dei qua- La stessa cosa la possiamo fare nell’altro ramo del circuito
li introduce tra due punti del circuito una differenza di potenziale ed una serie di
∆V
resistenze, tutti collegati tra loro da dei conduttori. La corrente elettrica si muove- i2 =
R23
rà all’interno di tutto il circuito nel verso che porta dai valori di potenziale più alti
Conoscendo adesso la corrente i2 possiamo calcolarci la differenza di potenziale ∆V2
verso i valori di potenziale più bassi. La legge di Ohm parla però solo di differen-
agli estremi della resistenza R2
ze di potenziale tra due punti. Per poter conoscere i valori dei potenziali in ogni
singolo punto del circuito è necessario fissare un sistema di riferimento, un punto a ∆V2 = R2 · i2
potenziale VT = 0 V olt che chiameremo terra.
Analogalmente possiamo calcolarci la differenza di potenziale ∆V3 agli estremi della
resistenza R3 . Noterete che ∆V = ∆V2 + ∆V3
90.1 Circuiti con un generatore Per conoscere il valore del potenziale nei punti a, b e T , procediamo come segue.
Vediamo adesso come analizzare un circuito elettrico che contenga soltanto un ge- Il potenziale nel punto di terra vale zero per definizione VT = 0 V olt. Seguendo il
neratore ed una serie di resistenze. Prendiamo ad esempio il circuiro in figura 90.1 e ramo del generatore, vediamo che la batteria aumenta il potenziale in modo da farci
chiediamoci quanto valgono le correnti i, i1 e i2 . Per prima cosa ci calcoliamo la resi- scrivere
stenza totale del circuito. La resistenza R1 è in parallelo con l’insieme delle resistenze Va = VT + ∆V
R2 ed R3 che tra loro sono in serie e che chiameremo Seguendo adesso il secondo ramo possiamo scrivere

R23 = R2 + R3 Vb = Va + ∆V2

La resistenza totale Rtot la troveremo quindi con la formula In questo modo abiamo calcolato tutte le variabili del circuito. Ovviamente que-
sto è solo un esempio... provate a ripetere gli stessi procedimenti su circuiti analoghi
1 1 1
= +
Rtot R1 R23
Con la resistenza totale trovo la corrente in uscita dalla batteria 90.2 Circuiti con molti generatori e leggi di Kirchoff
∆V
i= 90.2.1 Struttura del circuito
Rtot
La corrente i si divide in i1 ed i2 e potremo quindi scrivere che Se nello stesso circuito ci sono due o più generatori, per analizzarlo abbiamo bisogno
dei due principi di Kirchoff. Prendiamo per esempio il circuito in figura 90.2 ed
i = i1 + i2 osserviamone la struttura. Esso è composto da tre rami tra di loro uniti in due nodi
denominati a e b. In ogni ramo è segnato il verso della corrente che vi circola. Questa
La differenza di potenziale agli estremi della resistenza R1 è la stessa della batteria,
struttura mi permette di suddividere il circuito in elementi chiamati nodi e maglie. I
quindi possiamo scrivere
∆V nodi sono i punti a e b, cioè i punti in cui tre o più rami si uniscono. Le maglie sono
i1 = percorsi chiusi all’interno del circuito che coinvolgono due o più rami; nel circuito in
R1

166
167 Scheda90. Circuiti elettrici Ohmici

Va b
+

∆V2 R2 R1 R3

− i2
∆V R1 Vb R2
+

i ∆V3 R3 ∆V1 ∆V3


i1 i2

− i1 i3

VT a

Fig. 90.1: La resistenza R1 è in parallelo con l’insieme delle resistenze R2 ed R3 che tra loro sono in serie. Fig. 90.2: Per analizzare questo circuito sono necessari i principi di Kirchoff.

figura 90.2 possiamo individuare tre maglie: quella fatta dai rami 1 e 2, quella fatta zero. Per la maglia formata dai rami 1 e 2 possiamo scrivere
dai rami 2 e 3, quella fatta dai rami 1 e 3.
∆V1 − R1 i1 − R2 i2 = 0

90.2.2 Equazioni di maglie e nodi Per la maglia formata dai rami 2 e 3 possiamo scrivere
Per ogni nodo e per ogni maglia è possibile scrivere la corrispondente equazione.
∆R2 i2 − R3 i3 − ∆V3 = 0
L’equazione dei nodi si ricava affermando che la somma delle correnti in ingresso è
uguale alla somma delle correnti in uscita. Per la maglia formata dai rami 1 e 3 possiamo scrivere
Consideriamo il circuito di esempio in figura 90.2 Per il nodo a avremo
∆V1 − R1 i1 − R3 i3 − ∆V3 = 0
i2 = i1 + i3
Per ottenere queste equazioni si parte da un punto a caso della maglia (per esem-
e per il nodo b avremo pio il punto a) e si percorre la maglia scrivendo tutte le variazioni di potenziale
i1 + i3 = i2 incontrate fino a ritornatre nel punto di partenza.
Noterete che in questo caso le due equazioni coincidono. Nuovamente non tutte queste equazioni sono tra di loro indipendenti, in quanto
L’equazione delle maglie si ricava affermando che la differenza di potenziale tra la terza si ottiene dalla somma delle prime due. Ad ogni modo l’analisi completa
un punto e lo stesso punto raggiunto dopo aver percorso una maglia, deve essere del circuito si otterrà considerando tutte le equazioni tra di loro indipendenti, che in
168 Scheda90. Circuiti elettrici Ohmici

questo caso saranno tre:


(
i2 = i1 + i3
∆V1 − R1 i1 − R2 i2 = 0
∆R2 i2 − R3 i3 − ∆V3 = 0

90.3 Videolezioni
Consiglio anche la visione di questi video

Fig. 90.3: Guarda il video youtu.be/g73iv9oA5i0


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Fig. 90.4: Guarda il video youtu.be/oixDUHYWmpA

Fig. 90.5: Guarda il video youtu.be/Sx0OzrPgpko


Circuiti RC Scheda 91
91.1 Condensatori R

Un condensatore è un dispositivo costituito da due piastre conduttrici separate da


uno strato di isolante. Accumulando carica elettrica Q+ su una delle due piastre, si
accumula carica elettrica di segno opposto Q− sull’altra. Tra le due piastre si genera
quindi un campo elettrico. La differenza di potenziale tra le due piastre dipende- ∆V C
rà dalla geometria del condensatore attraverso un parametro C detto capacità del
condensatore, e dalla quantità di carica accumulata i(t)

Q
∆V =
C

Fig. 91.1: Un circuito RC con in serie un generatore di tensione continua, una resistenza ed un condensatore.
91.2 Condensatore piano
Nelcaso che le due piastre del condensatore siano piane, separate da un dielettrico di i
−R − =0
con costante dielettrica relativa r , di superficie S e distanti tra loro d, avremo che dt C
S di i
C = 0 r =−
d dt RC

di dt
=−
91.3 Carica e scarica di un condensatore i RC

Immaginiamo di avere un circuito formato da un generatore di tensione continua Z i(t)


di 1
Z t

∆V , una resistenza R ed un condensatore C inizialmente scarico, tutti e tre in se- =− dt


i(0) i RC 0
rie. Quando chiudiamo il circuito il condensatore comincia a caricarsi. Indichiamo
Il condendatore è inizialmente scarico per cui nel solo istante iniziale esso non
con Q(t) la carica presente sul condensatore all’istante t. Indichiamo con i(t), o per
influisce sul valore della corrente che dall’equazione del circuito risulra essere
brevità i la corrente che circola nel circuito all’istante t.
Calcolando la circuitazione del campo elettrico, non essendoci campi magnetici ∆V
i(0) =
nella nostra ipotesi, avremo che: R

Q Risolvendo l’integrale avremo quindi


∆V − R · i − =0
C
t
Derivando rispetto al tempo avremo ln i(t) − ln i(0) = −
RC

169
170 Scheda91. Circuiti RC

i(t) t 1
%
ln =−
i(0) RC 0.9

t 0.8
i(t) = i(0)e− RC
0.7

ed infine 0.6

0.5
∆V − t
i(t) = e RC (91.1) 0.4
R
0.3
La quantità τ = RC è detta costante di tempo del circuito e da una stima dei tempi di
0.2
carica e di scarica del condensatore. Osservando l’equazione 91.1 si vede che nel-
0.1
l’istante iniziale comincia a circolare della corrente elettrica come se il condensatore t(τ )

non ci fosse. Man mano che il condensatore si carica, esso mette nel circuito una dif- 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

ferenza di potenziale opposta a quella del generatore, che come conseguenza dinmi-
Fig. 91.2: Un circuito RC con in serie una resistenza ed un condensatore: in rosso la corrente che passa nel
nuisce la corrente che circola nel circuito. Nel circuito smetterà di circolare corrente circuito durante la carica del condensatore; in blu la quantità di carica presente nel condensatore. L’asse dei tempi è
quando il condensatore sarà completamente carico ed avrà quindi immagazzinato indicato in unità della costante di tempo del circuito, τ . L’asse verticale è indicato in percentuale del valore massimo
tutta l’energia possibile. della randezza indicata.

La carica accumulata nel condensatore si troverà


dQ
=
∆V − t
e RC 91.4 Energia immagazzinata in un condensatore
dt R
Calcoliamoci la circuitazione del campo elettrico per il circuito in figura 91.1. Avremo
∆V − t Q
dQ = e RC dt ∆V − Ri − =0
R C
ed integrando
Z Q(t) Z La potenza emessa e dissipata dai vari elementi del circuito sarà
∆V − t
dQ = t e RC dt Q
Q(0) 0 R ∆V i − Ri2 − i=0
C
per cui
t La potenza formita dal generatore viene quindi in parte dissipata dalla resistenza
Q(t) = Q(0) − V Ce− RC
ed in parte accumulata nel condensatore. La potenza accumulata nel condensatore è
Per le condizioni al contorno abbiamo che il condensatore nell’istante iniziale è carico quindi
con Q(0) = V C e quindi dU Q dQ
Pc = =
dt C dt
 t
 Istante dopo istante nel condensatore si accumula quindi un’energia
Q(t) = V C 1 − e− RC
1
In modo del tutto analogo si trova la curva di scarica del condensatore. dU = Pc dt = QdQ
C
171 Scheda91. Circuiti RC

quindi l’energia presente nel condensatore sarà


1 2
U= Q
2C
che possiamo anche scrivere come ∆V C
1
U= C∆V 2
2 i(t)

91.5 Energia del campo elettrico


Fig. 91.3: Un circuito con un generatore di tensione alternata ed un condensatore.
L’energia accumulata nel condensatore può anche essere scritta in funzione del cam-
po elettrico presente
1 Deriviamo rispetto al tempo e poi dividiamo per R otteniamo
U = CE 2 l2
2
V0 ω 1
1 S 1 1 cos (ωt) − i=0
U = 0 E 2 l2 = 0 E 2 · S · l = 0 E 2 · Vol R RC
2 l 2 2
Per cui
La densità di energia del campo elettrico è quindi
i = V0 Cω cos (ωt)
dU 1  π
= 0 E 2 i = V0 Cω sin ωt +
dt 2 2
L’energia racchiusa nel condensatote è quindi racchiusa nel la regione di spazio Questo significa che tensione e corrente risultano sfasati; in particolare la corren-
in cui è presente il campo elettrico da esso generato. te è in anticipo rispetto alla tensione di una fase φ = π2 . Chiamando reattanza la
1
quanrità Xc = ωC avremo

91.6 Condensatori in corrente alternata i=


V0 
sin ωt +
π
Xc 2
Consideriamo adesso un circuito con un condensatore alimentato da un generatore
di tensione alternata di frequenza ω, per cui

∆V (t) = V0 sin ωt

. Ipotizziamo che la resistenza del circuito sia nulla.


L’equazione del circuito è sempre
Q Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
∆V (t) − =0
C
172 Scheda91. Circuiti RC

0.8

0.6

0.4

0.2
t(τ )
50 100 150 200 250 300 350
−0.2

−0.4

−0.6

−0.8

−1

Fig. 91.4: Un circuito capacitivo in corrente alternata. Andamento di tensione e corrente; in blu la tensione
applicata, in rosso la corrente che circola.
Circuiti RL Scheda 92
Tale campo genera un flusso
92.1 Autoinduzione
N2
Φ(B) = µ0 Si
Immaginiamo di dare tensione ad un generico circuito elettrico e di vedere in esso l
circolare della corrente. Questa corrente elettrica genera un campo magnetico che a e quindi abbiamo una differenza di potenziale indotta
sua volta genera un flusso attraverso la superficie che ha il circuito stesso come con-
N 2 di
torno. Dal momento che assumiamo che la forma del circuito elettrico sia costante, ∆V = −µ0 S
l dt
allora il flusso del campo magnetico sarà proporzionale alla corrente elettrica che lo
attraversa. Per cui Confrontando questa equazione con la definizione di induttanza abbiamo

Φ = Li N2
Lsol = µ0 S
l
dove il parametro L è detto autoinduttanza del circuito. L è un parametro definito
positivo, quindi all’aumentare della corrente avremo un flusso che aumenta nel tem-
po. Dal momento che il segno del flusso dipende dall’orientamento della superficie
attraversata dal campo, allora il vettore superficie deve essere destrorso rispetto al 92.3 Carica e scarica di un’induttanza
verso della corrente.
Immaginiamo di avere un circuito formato da un generatore di tensione continua
Il valore dell’induttanza di un circuito elettrico dipende quindi dalla geometria
∆V , una resistenza R ed un’induttanza L tutti e tre in serie. Inizialmente l’inter-
del circuito stesso.
ruttore è aperto e non circola corrente. Quando chiudiamo il circuito l’induttanza
Se la corrente nel circuito varia nel tempo, allora nel circuito ci sarà una differenza
genera una differenza di potenziale indotta che si oppone al generatore. Indichiamo
di potenziale indotta
con i(t), o per brevità i la corrente che circola nel circuito all’istante t.
dΦ(B) di
∆Vi = − = −L
dt dt
R
la quale sarà ovviamente orientata in verso opposto alla tensione che ha generato la
corrente nel circuito.

92.2 Il solenoide ∆V L
Induttanza di un solenoide Per considerare casi reali, il modo più semplice di ave-
re un grande valore di induttanza nel circuito è quello di introdurre nel circuito una i(t)
bobina od un solenoide. Sappiamo infatti che quando in un solenoide (lunghezza l e
numero di spire N ) scorre una corrente i, allora in esso abbiamo un campo magnetico

N
B = µ0 i Fig. 92.1: Un circuito RL con in serie un generatore di tensione continua, una resistenza ed un’induttanza.
l

173
174 Scheda92. Circuiti RL

Carcolando la circuitazione del campo elettrico avremo che la somma di tutte le


differenze di potenziale compresa anche la f.e.m. autoindotta deve essere nulla:

∆V − R · i + ∆Vai = 0 1
%
di
∆V − R · i − L =0 0.9
dt
di 0.8
L = ∆V − R · i
dt
L di
= dt 0.7
R VR − ·i
Integrando avremo
0.6
Z i(t) Z t
L di
V
= dt 0.5
i(0) R R −i 0

Le condizioni al contorno ci dicono che all’istante iniziale la corrente che circola


0.4
nel circuito è nulla i(0) = 0, quindi
   
L V V
− ln − i(t) − ln =t 0.3
R R R
da cui 0.2
V
− ·i(t) −R
R
=eLt
V
R
0.1
R R
1 − i(t) = e− L t t(τ )
V
0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4
V  R

i(t) = · 1 − e− L t
R Fig. 92.2: Un circuito RL con in serie una resistenza, un’induttanza ed un generatore di tensione continua:
La corrente bel circuito parte da un valore nullo per poi crescere fino al valore in rosso la corrente che passa nel circuito durante la carica del condensatore. L’asse dei tempi è indicato in unità
massimo possibile i = VR che si ha quando l’induttanza ha immagazzinato tutta della costante di tempo del circuito, τ . L’asse verticale è indicato in percentuale del valore massimo della grandezza
L indicata.
l’energia possibile. La quantità τ = è chiamata costante di tempo del circuito.
R
Visto che la corrente cresce esponenzialmente, bastano poche unità di τ per poter
considerare l’induttanza completamente carica.
In modo del tutto analogo si trova la curva di scarica dell’induttanza.
175 Scheda92. Circuiti RL

92.4 Energia immagazzinata nell’induttanza 92.5 Induttanze in corrente alternata


Consideriamo sempre il circuito in figura 92.1. L’equazione del circuito è Consideriamo adesso un circuito con un’induttanza alimentata da un generatore di
tensione alternata di frequenza ω, per cui
di
∆V − R · i − L =0
dt ∆V (t) = V0 sin ωt
che moltiplicando per la corrente diventa
. Ipotizziamo che la resistenza del circuito sia nulla.
di
∆V i − R · i2 − Li =0
dt

Il primo termine è la potenza erogata dal generatore. Il secondo termine indica


la potenza dissipata dalla resistenza per effetto Joule. L’ultimo termine indica la
potenza assorbita dall’induttanza ed è il termine che adesso ci interessa. l’energia ∆V L
immagazzinata nell’induttanza in un infinitesimo intervallo di tempo dt sarà
i(t)
di
dU = Li · dt
dt
e quindi l’energia immagazzinata nell’induttanza è
Fig. 92.3: Un circuito con un generatore di tensione alternata ed un’induttanza.
1
U = Li2
2 L’equazione del circuito è sempre

Energia immagazzinata in un solenoide Immaginiamo di avere l’induttanza del di


∆V (t) − L =0
circuito tutta causata dalla presenza di un solenoide. dt

1 N2 2 1 2 N 2l 2 1 2 di
U= µ0 Si = µ Si = B Vol V0 sin ωt = L
2 l 2µ0 0 l2 2µ0 dt

Troviamo quindi che l’energia immagazzinata nel solenoide si trova nel volume V0
in cui è presente il campo magnetico. Questo significa cche la densità di energia del sin(ωt)dt = di
L
campo magnetico è
Soluzione dell’equazione sarà
dU 1 2
= B
dVol 2µ0 V0  π
i(t) = sin ωt −
ωL 2
176 Scheda92. Circuiti RL

0.8

0.6

0.4

0.2
t(τ )
50 100 150 200 250 300 350
−0.2

−0.4

−0.6

−0.8

−1

Fig. 92.4: Un circuito capacitivo in corrente alternata. Andamento di tensione e corrente; in blu la tensione
applicata, in rosso la corrente che circola.

Questo significa che tensione e corrente risultano sfasati; in particolare la corren-


te è in aritardo rispetto alla tensione di una fase φ = π2 . Chiamando reattanza la
1
quanrità Xc = ωC avremo

V0  π
i= sin ωt −
XL 2

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Parte XI

Relatività ristretta

177
178 Scheda92. Circuiti RL

Dilatazione dei tempi

∆t0 = γ∆t

Trasformate Contrazione delle distanze


di Lorentz:
1
 v  ∆x0 = ∆x
γ

 t0 = γ t − 2 x


 c
x0 = γ (x − vt)



 y0 = y Composizione delle velocità


 0
z =z
Principio di costanza della u−v
u0 =
velocità della luce: c = cost 1 − uv
c2

(nel caso unidimensionale)

Invarianza di ∆s2 e
Teoria della simultaneità degli eventi
relatività
∆s2 = ∆x2 − c2 ∆t2

Principio di relatività: le La massa come manifestazione


leggi fisiche sono invarianti di energia confinata
Definizione di
a seguito di un cambio tra massa inerziale: E
sistemi di riferimento inerziali m=
c2
m0
m= r
v2
1−
c2
Relazione tre energia, massa a
riposo ed impulso di una particella

E 2 = m20 c4 + p2 c2
Sistemi di riferimento e punti di vista Scheda 93
93.1 Il punto di vista 8
8
Quando osserviamo un fenomeno effettuiamo delle misure per poterlo descrivere. 7
7
Ogni singolo osservatore che osserva lo stesso fenomeno non lo vedrà accadere nello 6 6
stesso identico modo; molte delle affermazioni che farà sono diverse da quelle che fa- 5 5
ranno gli altri osservatori. Su alcune cose, però, tutti gli osservatori sono d’accordo, e 4
4
di conseguenza quelle cose rappresentano proprietà intrinseche del fenomeno osser- 3
3
vato in quanto non dipendono dall’osservatore. Inoltre le descrizioni delle quantità 2
relatice agli osservatori devono essere consistenti tra loro, cioè ognuno dei due osser- 1 2
vatori deve poter, utilizzando precise regole, sapere in che modo l’altro osservatore 0 1
descriverebbe il fenomeno. Per comprendere meglio queste frasi analizziamo, nei 0
0
paragrafi successivi, due casi particolari sempre riferendoci alla meccanica classica. 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8

4
93.1.1 Nessun luogo è speciale
6
Immaginiamo due osservatori che chiameremo Mr.Red e Mr.Blue. Questi due osser-
vatori stanno osservando due oggetti e vogliono determinarne la distanza tra loro. 8
Per farlo ognuno di loro determina le coordinate degli oggetti sul proprio sistema
di riferimento e poi calcola la distanza. Con riferimento alla figura 93.1 l’osservatore Fig. 93.1: Un segmento di lunghezza 5 visto da due osservatori differenti in posizione differente ed orientati in
modo differente. Le posizioni degli estremi del segmento sono relative ai singoli osservatori, mentre la lunghezza del
Mr.Blue identifica le coordinate degli estremi del segmento e calcola la sua lunghezza
segmento è indipendente dall’osservatore.
scrivendo 
A(1, 1)
⇒ L=6−1=5 variata la distanza tra due punti. Tutto questo è una diretta conseguenza delle regole
B(6, 1)
che utilizziamo per passare da un sistema di riferimento ad un altro. Tali regole, per
L’osservatore Mr.red identifica le coordinate degli estremi del segmento e calcola come sono scritte, implicano necessariamente la conservazione di alcune quantità
la sua lunghezza scrivendo come per esempio la distanza di un segmento. Le regole per passare dal sistema di
riferimento blu a quello rosso sono infatti una traslazione ed una rotazione nel piano.

A(2, 2) p √
⇒ L = (6 − 2)2 + (5 − 2)2 = 25 = 5
B(6, 5)

Per Mr.Red infatti il segmento è l’ipotenusa di un triangolo rettangolo e come tale


viene calcolata.
Come si può constatare, sebbene le singole posizioni siano concetti relativi, il
Autore: Andrea de Capoa 17 Mag 2018
semplice cambio di posizione ed orientamento del sistema di riferimento lascia in-

179
Trasformate di Galileo e principi di Newton Scheda 94
La velocità di un corpo è infatti data dalla derivata della posizione rispetto al
94.1 Le trasformate di Galileo
tempo, mentre l’accelerazione di un corpo è data dalla derivata della velocità rispetto
In meccanica classica, con le trasformate di Galileo noi siamo in grado di osservare al tempo.
un fenomeno passando da un sistema di riferimento ad un altro. Le trasformate Come si può vedere sotto le trasformate di Galileo, entrambi gli osservatori mi-
di Galileo di fatto sono quelle che noi utilizziamo nella nostra realtà quotidiana da sureranno le stesse accelerazioni e di conseguenza le stesse forze. Tutti i sistemi in
quando siamo nati. Immaginiamo due osservatori Mr.Blue e Mr.Red che in un certo cui capita sono detti sistemi inerziali.
istante iniziale t0 = 0 si trovano nello stesso punto, ma uno in quiete e l’altro con
velocità Vr costante rispetto al primo. Entrambi gli osservatori leggono il tempo con
lo stesso orologio. Esse sono scritte come
94.4 La velocità della luce
 Le trasformate di Galileo di fatto rappresentano il cuore del modo con cui noi de-
X = X − V · t
r b b
scriviamo la natura intorno a noi. Esse sono inglobate all’interno della stessa for-
tr = tb
mulazione delle leggi fisiche che governano il nostro universo. Nel momento stesso
che le evidenze sperimentali hanno cominciato a mostrare che la velocità della luce è
costante in ogni sistema di riferimento inerziale, la struttura stessa dello spazio e del
94.2 Il principio di relatività tempo nel modo in cui erano fino a quel punto conosciuti ha cominciato a vacillare.

Per descrivere la natura noi utilizziamo delle leggi fisiche formulate in modo tale da
essere invarianti sotto l’azione dei cambiamenti di sistema di riferimento. In altre pa-
role vogliamo che valga il principio di relatività, e cioè che tutti gli osservatori, indi-
pendentemente dalla posizione, dall’orientamento e dalla velocità relativa costanti,
formulino le leggi fondamentali della fisica nello stesso modo.

94.3 I principi di Newton


I tre principi della dinamica sono leggi fondamentali della natura invarianti sotto
l’azione delle trasformate di Galileo. Infatti i tre principi parlano dei valori misurati
delle forze per sistemi di riferimento inerziali passando dal concetto di accelerazione.
Se noi prendiamo le trasformate di Galileo e deriviamo due volte rispetto al tempo
otteniamo: 
Xr = Xb − Vb · t


Vr = Vb − Vb

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

ar = ab

180
Relatività ristretta Scheda 95
La durata del fenomeno che asi vuole misurare è definita come l’intervallo di tem-
95.1 Postulati di partenza
po trascorso tra due eventi: la partenza dalla prima astronave dell’impulso luminoso
La teoria della relatività ristretta si basa su due principi fondamentali: e il ritorno alla stessa astronave di tale impulso luminoso.
Vediamo adesso cosa misura l’osservatore sull’astronave. Egli vede l’impulso
1. il principio di relatività ristretta: Le leggi fisiche hanno la stessa formulazione in luminoso partire dalla sua nave, e percorrere il tragitto di andata e ritorno verso la
tutti i sistemi di riferimento inerziali seconda nave. Egli afferma che la durata dell’evento è

2. il principio di costanza della velocità della luce: la luce ha sempre la stessa velocità 2d
∆t = (95.1)
in tutti i sistemi di riferimento inerziali c
L’osservatore sull’astronave può inoltre calcolare quanto dura lo stesso fenome-
Nei paragrafi successivi vedremo quali siano le dirette conseguenze dell’applica- no per l’osservatore sull’asteroide, in moto rispetto alle due astronavi. Per il secondo
zione di questi due principi. Indicheremo con c la velocità della luce, con v la velocità osservatore l’impulso luminoso, mentre si muove tra le due astronavi, contempora-
relativa dei due sistemi di riferimento in questione, β la quantità neamente si muove in avanti insieme alle due astronavi. Il percorso fatto dalla luce
v è adesso sicuramente più lungo, ma sappiamo anche la luce lo percorre sempre alla
β= stessa velocità c.
c
La durata del fenomeno risulterà quindi:
e γ la quantità
1 r
1
γ=r 2 d2 + v 2 ∆t02
v2 0 4
1− 2 ∆t = (95.2)
c c
Eseguendo alcuni passaggi
r
0 4d2 v 2 02
95.2 Dilatazione dei tempi ∆t = + ∆t
c2 c2
v2
Immaginiamo due astronavi nello spazio che si muovono con velocità v rispetto ad ∆t02 = ∆t2 + 2 ∆t02
c
un asteroide vicino1 . le due astronavi si muovono parallelamente e in linea retta  2

v
mantenendo, stando una sopra all’altra, una distanza d tra loro. Sulla prima astro- ∆t02 1 − 2 = ∆t2
c
nave uno strumento emette un impulso luminoso verso la seconda astronave; sulla
1
seconda astronave uno specchio riflette l’impulso luminoso e lo rimanda verso la ∆t02 =   ∆t2
v2
prima astronave. Due osservatori misurano la durata del fenomeno; uno si trova 1− 2
c
dentro l’astronave che emette il segnale; l’altro si trova sull’asteroide. Entrambi gli
1
osservatori misurano la durata del fenomeno. ∆t0 = r ∆t
v2
1 Visitate il sito https://www.geogebra.org/m/tSaxFJkm 1− 2
c

181
182 Scheda95. Relatività ristretta

∆t0 = γ∆t (95.3) il che significa che la distanza tra i due punti misurata dalla persona ferma rispetto
L’intervallo di tempo ∆t è definito tempo proprio in quanto è stato misurato nel a tali punti è maggiore, di un fattore γ, della stessa distanza misurata dalla persona
sistema di riferimento in cui i due eventi misurati avvengono nel punto in cui si in movimento rispetto ai due punti. Questo fenomeno è comunemente chiamato
trova l’osservatore. il secondo osservatore, che si trova sull’asteroide e che vede le contrazione delle distanze.
astronavi in movimento, misura un intervallo di tempo più lungo di un fattore γ che
sappiamo essere sempre maggiore di 1. Questo fenomeno è comunemente chiamato 95.3.2 Utilizzando le trasformate di Lorentz
dilatazione dei tempi. Immaginiamo di misurare la lunghezza di un’asticella che vediamo ferma; per far-
lo misuriamo la posizione di ognuno dei vertici dell’asticella nello stesso istante ed
95.3 Contrazione delle distanze otteniamo A(x1 , t1 ) = (0, 0) e B(x2 , t2 ) = (L, 0) ottenendo per l’asticella la lunghezza

AB = x2 − x1 = L
95.3.1 Un primo modo di derivare il fenomeno
Consideriamo adesso il caso in cui si voglia misurare la distanza tra due punti A e B. Utilizzando adesso le trasformate di Lorentz, i due eventi misura della posizione di
Consideriamo un osservatore O che vede i due punti dello spazio fermi rispetto a lui, A e misura della posizione di B vengono visti da un osservatore in movimento come
v
ed un secondo osservatore O0 che O vede muoversi a velocità v dal punto A al punto A0 (x01 , t01 ) = (0, 0) e B 0 (x02 , t02 ) = (γL, γ 2 L). La lunghezza del segmento deve pe-
c
B. Quando l’osservatore O0 raggiunge il punto A, aziona il suo cronometro; quando rò essere misurata misurando le posizioni dei due estremi dell’asticella nello stesso
raggiunge il punto B ferma il suo cronometro. La misura della distanza tra A e B istante. Se le due misure erano simultanee per il primo osservatore, quelle stesse
verrà eseguita attraverso una misura del tempo trascorso tra due eventi: il raggiun- misure non lo sono per il secondo osservatore.
gimento del punto A ed il raggiungimento del punto B da parte dell’osservatore O0 . Per avere la misura dell’asticella scriviamo

Per questa persona l’intervallo di tempo misurato tra i due eventi è il tempo proprio, L0 = ∆x0 = x0 − x0 = γ (∆x + v∆t)
2
cioè è l’intervallo di tempo che passa tra due eventi che vengono visti accadere nello 1
∆t0 = t02 − t01 = γ ∆t + v ∆x

stesso luogo. La distanza da lui misurata sarà c2

∆S 0 = v · ∆t0 Noi vogliamo che l’osservatore in moto misuri le posizioni degli estremi dell’a-
sticella nello stesso istante, quindi ∆t0 = 0 da cui
Allo stesso modo, un secondo osservatore fermo rispetto ai due punti A e B misurerà
v
una distanza ∆t = − ∆x
c2
∆S = v · ∆t
e quindi
ed utilizzando le trasformate di Lorentz v2
 
0 0 L
L = ∆x = γ L − 2 L = γ 2
∆t ∆S c γ
∆S 0 = v · =
γ γ L
L0 =
Per cui γ
∆S = γ∆S 0 Per l’osservatore in moto l’asticella appare più corta.
183 Scheda95. Relatività ristretta

ne in figura 95.53 per la persona che corre i due fotoni viaggiano alla stessa velocità,
95.4 Trasformate di Galileo e Lorentz
esattamente come per la persona che non corre. Questo avviene grazie alla rotazione
Appare oramai chiaro che la misura sia dei tempi che delle distanze è qualcosa pro- dell’asse spaziale, sul quale sono rappresentati tutti gli eventi tra loro contempora-
fondamente legato al sistema di riferimento in cui ci troviamo. Per capire meglio ciò nei. E’ importante notare che in questo modo, mantenendo cioè costante la velocità
di cui stiamo parlando è utile analizzare in dettaglio la differenza tra le trasforma- della luce, necessariamente eventi simultanei per un certo osservatore non sono più
zioni di Galileo, unilizzate nella meccanica classica, e le trasformazioni di Lorentz simultanei per un differente osservatore. Osservando infatti le linee degli eventi si-
per la meccanica relativistica. Immaginiamo di rappresentare su di un diagramma multanei per l’osservatore che non corre, esse intersecano il moto dei due fotoni in
spazio-tempo il sistema di riferimento di una persona che corre. Nello stesso dia- due istanti che non sono simultanei per l’osservatore che corre.
gramma rappresentiamo anche il moto relativo di una persona che non sta correndo
ed il moto relativo di due fotoni che si muovono, ovviamente alla velocità della luce,
in avanti ed indietro rispetto all’osservatore.
95.5 Da Galileo a Lorentz
Il modo classico di passare da un sistema di riferimento ad un’altro è quello di utiliz-
95.4.1 Trasformate di Galileo zare le trasformate di Galileo mostrate dalle equazioni 95.4 per un sistema in moto
rispetto ad un’altro con velocità v lungo l’asse x
In figura 95.42 viene mostrato il diagramma spazio-tempo del moto di tre corpi, una 
0
persona e due fotoni, nel sistema di riferimento di una persona che corre ad una ce- t = t



ta velocità. Come potete vedere, applicando le trasformazioni di Galileo, otteniamo x0 = x − vt

una traslazione orizzontale dell’asse spaziale. Le linee diagonali, la cui inclinazione (95.4)

y0 = y
rappresenta la velocità dei corpi, ovviamente si inclinano a causa della trasforma-


 0

z =z
zione. In nessun modo è possibile inclinare gli assi cartesiani e mescolare tra loro
le coordinate spaziali e quelle temporali. Notiamo inoltre che, sotto l’effetto della Queste di fatto rappresentano una traslazione dell’origine degli assi lungo l’asse
trasformazione, le distanze non vengono mai cambiate. Il problema dell’utilizzo di del movimento. In ogni istante l’osservatore in moto vedrà gli eventi accadere in
queste trasformazioni è che i due fotoni risultano avere velocità differenti... cosa in punti diversi dello spazio, ma verrà sempre preservato l’istante in cui essi accadono
contrasto con gli esperimenti. e la distanza spaziale tra loro. Queste trasformazioni violano il principio di costanza
della velocità della luce, quindi non sono corrette.
95.4.2 Trasformate di Lorentz Appare infatti chiaro che la misura di intervalli di tempo e di lunghezze è in realtà
profondamente influenzata dal movimento. Questo è direttamente causato dal fatto
Le trasformazioni di Lorentz agiscono in modo profondamente differente rispetto che la velocità della luce è costante in tutti i sistemi di riferimento. Il modo corretto
alle trasformazioni di Galileo. Esse prevedono una rotazione nello spaziotempo che per passare da un sistema di riferimento ad un altro è quindi quello di utilizzare le
mescola tra loro le coordinate spaziali e temporali. Come si può vedere dall’immagi- trasformate di Lorentz che rispettano il primo principio su cui si basa la teoria della
2 Visitate
il sito https://www.geogebra.org/m/p5f26rJC per vedere l’animazione che meglio permette 3 Visitate il sito https://www.geogebra.org/m/r3wngaDq per vedere l’animazione che meglio
di comprendere il fenomeno permette di comprendere il fenomeno
184 Scheda95. Relatività ristretta

relatività. Tali trasformate erano già state scritte prima del lavoro di Einstain, ma fu differenti A(x0a ; t0a ) e B(x0b ; t0b ) avremo che
lui che ne comprese il profondo significato.
2 2 2
∆s0 = ∆x0 − c2 ∆t0 =
Le trasformate di Lorentz, indicate dalle equazioni 95.5, per passare da un siste- 2 2
= (x0a − x0b ) − c2 (t0a − t0b ) =
ma di riferimento inerziale ad un altro che si muove con velocità v lungo l’asse x, 2
= [γ (xa − vta ) − γ (xb − vtb )] − c2 γ ta − cv2 xa − γ tb − cv2 xb
  2
=
sono: 2 2 2 2
 v
2
= γ [(xa − xb ) − v (ta − tb )] − γ c (ta − tb ) − c2 (xa − xb ) =
2 2
= γ 2 [∆x − v∆t] − γ 2 c2 ∆t − cv2 ∆x h=

  v  2
i
= γ 2 ∆x2 − 2v∆x∆t + v 2 ∆t2 − γ 2 c2 ∆t2 − 2 cv2 ∆x∆t + vc4 ∆x2 =
 
 t0 = γ t − 2 x


 c h 2
i
= γ 2 ∆x2 − 2v∆x∆t + v 2 ∆t2 − γ 2 c2 ∆t2 − 2v∆x∆t + vc2 ∆x2 =
x0 = γ (x − vt)
  
(95.5) h 2
i


 y0 = y = γ 2 ∆x2 + v 2 ∆t2 − c2 ∆t2 − vc2 ∆x2 =
 h    i

 0 2 2
z =z = γ 2 1 − vc2 ∆x2 − c2 1 − vc2 ∆t2 =
 2

= γ 2 1 − vc2 ∆x2 − c2 ∆t2 =


= ∆x2 − c2 ∆t2 =
Come potete vedere i valori dei tempi e delle posizioni in un sistema di riferimen- = ∆s2
to dipendono sia dai tempi che dalle posizioni nell’altro sistema di riferimento. Dati
due eventi, osservatori differenti misureranno sia intervalli di tempo che distanze La distanza spaziotemporale è invariante per tutti gli osservatori. Possiamo ades-
spaziali differenti. so distinguere tre casi:

• Se tale distanza è positiva, essa è definita di tipo spazio; nemmeno ciò che
viaggia alla velocità della luce può passare dall’evento A all’evento B per-
chè la loro distanza nello spazio è maggiore del percorso che può fare la luce
nell’intervallo di tempo tra i due eventi.
95.5.1 Invarianza della distanza spaziotemporale
• Se la distanza è nulla, allora è definita di tipo luce; solo ciò che viaggia alla
Dati due eventi A(xa ; ta ) e B(xb ; tb ) che per un certo osservatore accadono in due velocità della luce può collegare i due eventi.
generici punti dello spazio ed in due generici istanti nel tempo, la quantità
• Se la distanza è negativa allora è definita di tipo tempo; anche oggetti dotati di
massa (e che quindi viaggiano a velocità inferiori a quelle della luce) possono
s2 = ∆x2 − c2 ∆t2 collegare i due eventi.

Nel primo caso i due eventi non sono causalmente connessi; questo significa che
risulta invariante sotto l’azione delle trasformate di Lorentz. Infatti se consideriamo nessuno dei due eventi potrà mai essere la causa di quell’altro. Osservatori diversi
un secondo osservatore che vede gli stessi due eventi in punti differenti ed in istanti potranno vedere i due eventi accadere in un ordine temporale differente, senza che
185 Scheda95. Relatività ristretta

venga violato il principio di causa ed effetto. Nel secondo e terzo caso i due even- Con questa equazione è possibile calcolarsi la velocità con cui l’oggetto viene
ti sono causalmente connessi e le trasformazioni di Lorentz preserveranno l’ordine visto muoversi dall’osservatore O0 .4
temporale degli eventi in modo da non violare il principio di causa ed effetto.
Questo discorso ci fa comprendere che la velocità della luce è in realtà qualco-
sa di molto più profondo legato alla struttura dello spazio-tempo; essa è infatti la
95.7 Massa relativistica
velocità della causalità, cioè la massima velocità a cui le infomazioni posso viaggia- Il primo postulato della relatività impone che tutte le leggi fisiche abbiano la stes-
re attraverso lo spazio per connettere differenti eventi in un rapporto di relazione sa formulazione per tutti gli osservatori inerziali. Se consideriamo per esempio la
causa-effetto. Possiamo quindi descrivere la nostra realtà come un insieme di eventi seconda legge della dinamica nella formulazione di Newton, l’equazione
ognuno dei quali accade in un certo punto dello spazio ed in un certo istante nel
tempo, che, sebbene differenti per i vari osservatori, rimangono comunque tali da F~ = m · ~a
preservare le loro relazioni causali.
significa che un diverso osservatore inerziale, misurando una diversa forza, una
diversa massa e una diversa accelerazione, deve comunque poter scrivere
95.6 Legge di composizione delle velocità
F~ 0 = m0 · a~0
Dalle trasformate di Lorentz possiamo ricavarci la legge di composizione delle ve-
locità. Consideriamo due osservatori, il primo O in quiete ed il secondo O0 in moto , senza essere costretto a cambiare la formulazione della legge fisica.
rispetto al primo con velocità v. Immaginiamo un oggetto che si muove rispetto ad La legge in esempio è però invariante solo per le trasformazioni di Galileo, che di
O con una velocità u. Ci chiediamo a quale velocità u0 si muove l’oggetto rispetto ad fatto non coinvolgono ne la massa dei corpi ne la loro accelerazione, ma non per le
O0 . Limitiamoci per semplicità al caso unidimensionale. trasformazioni di Lorentz. Per risolvere questo problema, e rendere tale formula in-
Partendo dalle trasformate di Lorentz e differenziando avremo: variante sotto le trasformate di Lorentz, la soluzione è quella di ridefinire la quantità
di moto di un corpo come
dt0 = γ dt − v dx
  
p~ = m~v = m0 γ~v (95.6)
c2
dx0 = γ (dx − vdt) 4 Immaginiamo a titolo di esempio che O0 e l’oggetto in questione si muovano, visti da O, uno contro
l’altro con velocità v = 0, 1c e u = −0.1c. Otterremo che
La velocità u0 si otterrà dividendo la seconda equazione con la prima (−0, 1c − 0, 1c)
u0 =  2
 = −0, 19802c
1 + 0,01c
dx0 (dx − vdt) c2
u0 = = v 
dt0 dt − 2 dx Significa che O0 vede l’oggetto venirgli addosso ad una velocità che è un po’ meno della somma
c Galileiana delle due velocità.
Se poi supponiamo che l’oggetto sia un fotone che si dirige verso O0 e che quindi viaggi a velocità
Dividendo sopra e sotto per dt u = −c, avremo che
(−c − v)
u0 =   = −c
(u − v) 1 + vc
u0 =  vu  c2
1− 2 il che dimostra che il fotone viene visto viaggiare alla stessa velocità anche da parte di O0 .
c
186 Scheda95. Relatività ristretta

e successivamente riscrivere il secondo principio della dinamica come Z B Z B


2
~ L = m0 v dγ + m0 γ~v d~v
∆p
F~ = A A
∆t Adesso, utilizzando la formula che definisce γ:
La quantità m0 è la massa invariante del corpo, detta anche massa a riposo, quella  
2 1 2
cioè misurata nel sistema di riferimento in cui è in quiete5 . v =c 1− 2
γ
da cui
95.7.1 I principi della dinamica 1
v dv = c2 dγ
γ3
Per quanto riguarda i tre principi della dinamica, il primo ed il secondo verranno
avremo che
riscritti in un’unica formula in termini di variazione dell’impulso nel tempo, mentre
il terzo viene sostituito con la legge di conservazione dell’impulso. Z B 
1
 Z B
1
L = m0 c2 1− dγ + m0 c2 dγ
 A γ2 A γ2


 F~ = 0 ⇔ p~ = cost
d~p

F~ = (95.7) L = m0 c2 (γB − γA )

 dt
Per il teorema dell’energia cinetica il lavoro di una forza esterna corrisponde alla

∆~ p=0
variazione di energia cinetica del corpo, per cui
95.7.2 Energia cinetica relativistica L = m0 γB c2 − m0 γA c2 = ∆Ec
Per il teorema dell’energia cinetica avremo che il lavoro per portare un corpo dal
Consideriamo il caso di un oggetto inizialmente fermo; avremo che vA = 0 allora
punto A al punto B è:
γA = 1.
Z B Z B
d~
p ~
Z B ~
dS
L= F~ · dS
~= · dS = p·
d~ Ec = m0 c2 (γ − 1)
A A dt A dt
Z B Z B Questa è l’espressione per l’energia cinetica di un corpo; quando il corpo è fermo
L= d(γm0~v ) · ~v = m0 d(γ~v ) · ~v la sua energia cinetica è nulla esattamente come nel caso classico, ma l’espressione
A A
di questa grandezza differisce dal caso classico.
5 In molti testi potreste leggere che la ridefinizione della quantità di moto avviene tramite la definizione

della massa relativistica


m0
m= r = γm0 95.7.3 Energia totale relativistica
v2
1− 2
c Abbiamo visto dai conti precedenti che l’energia cinetica di una particella risulta
In realtà questo modo di insegnare l’argomento, sebbene formalmente non scorretto, porta a generare una
essere pari alla differenza tra due termini, il primo identificabile con l’energia totale
confusione di fondo sul concetto di massa. Si potrebbe infatti pensare che un oggetto in moto, avendo
una massa relativistica maggiore, possa anche generare un campo gravitazionale maggiore, il che è falso. della particella in movimento, il secondo identificabile con l’energia della particella
L’unico concetto di massa che ha un reale significato è quello di massa a riposo. a riposo.
187 Scheda95. Relatività ristretta


L’energia totale associata ad una certa particella con massa a riposo m0 sarà 2 2 2 c2 c2 − v 2
E −p c = m20 1
quindi c2 (c2 − v 2 )
E = mc2 (95.8) E 2 − p2 c2 = m20 c4
Questa equazione ci dice che la massa di una particella e la sua energia sono due Da cui abbiamo l’equazione 95.9.
quantità equivalenti. Questa equazione mette in relazione, per ogni particella, la sua energia ed il suo
impulso. E’ di particolare interesse applicare tale equazione alla luce che ha massa a
La massa è il modo in cui si manifesta l’energia localizzata in una certa regione
riposo nulla. Questa equazione ci dice che la luce ha comunque impulso in quanto
di spazio.
ha energia. Dal momento che la luce ha impulso, fenomeni come la riflessione della
luce implicano una variazione dell’impulso nel tempo e quindi una forza. La luce
Se in una certa regione di spazio è localizzata dell’energia, allora noi percepiamo la
che si riflette su di uno specchio o che viene assorbita da un corpo nero, esercita su
presenza di tale energia come massa. In generale questo è vero non solo nel caso
di esso una forza.
dell’energia cinetica, ma per qualunque forma di energia.

95.7.4 Relazione tra energia ed impulso


Con semplici passaggi, dividendo tra loro l’equazione 95.6 e 95.8, e riutilizzando la
definizione di γ si ottiene la relazione

E 2 = p2 c2 + m20 c4 (95.9)

Infatti 
p2 = m2 γ 2 v 2
0

E 2 = m2 γ 2 c4
0

2
da cui, moltiplicando la prima per c , si ottiene

p2 c2 = m2 γ 2 v 2 c2
0

E 2 = m2 γ 2 c4
0

e quindi, sottraendo la prima dalla seconda, abbiamo

E 2 − p2 c2 = m20 γ 2 c2 c2 − v 2


2

2 2 2 2c c2 − v 2
E − p c = m0 2 Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
1 − vc2
188 Scheda95. Relatività ristretta

Fig. 95.2: Nel sistema di riferimento dell’asteroide la luce percorre un percorso molto più lungo che nel precedente
caso.

Fig. 95.1: Nel sistema di riferimento dell’astronave la luce percorre due volte la distanza tra le due astronavi.
Fig. 95.3: La distanza tra due punti viene misurata misurando quanto tempo impiega una persona a muoversi
dal punto A al punto B conoscendo la sua velocità.
189 Scheda95. Relatività ristretta

Fig. 95.4: Diagramma spaziotempo utilizzando le trasformazioni di Galileo

Fig. 95.5: Diagramma spaziotempo utilizzando le trasformazioni di Lorentz


The Photon Box Scheda 96
La scatola di fotoni è un ottimo esempio per comprendere la natura della massa La massa è la proprietà mostrata dall’energia quando viene confinata
e del tempo. Cos’è la massa? da dove nasce lo scorrere del tempo?

96.1.2 La scatola ha esperienza del tempo


96.1 Cos’è la scatola di fotoni Immaginiamo la più semplice scatola di fotoni immaginabile, costituita da un unico
Immaginiamo una scatola cubica fatta di pareti immaginarie, con all’interno un certo fotone che si muove perpendicolarmente tra due pareti della scatola. Questa parti-
numero di fotoni che si muovono confinati al suo interno. Possiamo fare le seguenti colare scatola è di fatto un orologio, in quanto il movimento del fotone è un moto
affermazioni: periodico. Un ticchettio dell’orologio corrisponde al tempo che impiega il fotone ad
urtare due volte la stessa parete della scatola. Di fatto la scatola è un orologio; misu-
• All’interno della scatola è sicuramente contenuta dell’energia, in quanto ogni ra il tempo ed ha quindi esperienza del tempo, sebbene nessuno dei suoi costituenti
singolo fotone ha energia; abbia esperienza del tempo. Infatti i fotoni non hanno massa e quindi per loro il
• Nessuno degli oggetti presenti all’interno della scatola ha massa; tempo è fermo.

• Ogni volta che un fotone raggiunge una delle pareti viene respinto e quindi 96.1.3 La nascita della massa e del tempo
esercita sulla parete una forza; se la scatola è in quiete allora la somma di tutte
le forze dovute alle interazioni dei fotoni con le pareti è nulla. La massa non è una caratteristica intrinseca della materia, quanto una proprietà che
emerge nel momento in cui confiniamo dell’energia in un luogo definito. Tale confi-
• visto che i fotoni viaggiano esattamente alla velocità della luce, essi non hanno namento avviene attraverso continue interazioni che vincolano i costituenti a rima-
esperienza dello scorrere del tempo. nere confinati, ed è il flusso causale di tali interazioni che definisce lo scorrere del
tempo.
96.1.1 La scatola ha massa
Immaginiamo di esercitare sulla scatola in quiete una forza F~ verso destra. Nel mo- 96.2 Il corrispondente della scatola di fotoni nella realtà
mento in cui la scatola si muove, i fotoni che interagiscono con la parete di sinistra
eserciteranno su di essa una pressione maggiore, mentre i fotoni che interagiscono Consideriamo un singolo neutrone formato da tre quarks: essi sono descritti dal
con la parete di destra eserciteranno su di essa una pressione minore. La differenza modello standard come tre particelle senza massa che acquistano massa interagendo
di pressione corrisponde ad una forza F~ 0 opposta ad F~ che rappresenta quindi una con il campo di Higgs. Interagendo poi tra loro attraverso l’interazione forte, essi
resistenza esercitata dalla scatola alla nostra azione iniziale. Di fatto noi interpretia- sono confinati all’interno di una regione di spazio molto piccola che di conseguenza
mo tale resistenza come massa. La scatola ha quindi una massa anche se tutti i suoi acquista massa... la massa del neutrone! I singoli quarks sono l’equivalente dei fotoni
costituenti non hanno massa, ne’ le pareti stesse della scatola. L’atto di aver confina- della scatola, il neutrone è la scatola. Il neutrone ha massa a causa dell’energia di
to l’energia dei fotoni all’interno della scatola ha dato alla scatola stessa una massa, interazione tra i singoli quarks e di conseguenza il neutrone ha esperienza del tempo,
calcolabile con l’equazione tanto che decade.
E
m= 2
c

190
191 Scheda96. The Photon Box

Autore: Andrea de Capoa 27 Apr 2018


Parte XII

Meccanica quantistica

192
Radiazione di corpo nero Scheda 97
97.1 Cosa vuol dire nero?
Noi vediamo un oggetto solo quando la luce lo illumina e la luce da esso diffusa
arriva ai nostri occhi. Se un oggetto assorbe tutte le frequanze luminose tranne il
rosso, allora diciamo che quell’oggetto è di colore rosso, in quanto la luce che arriva
ai nostri occhi è rossa. Se un oggetto diffonde tutte le frequanze luminose, allora noi
diciamo che quell’oggetto è bianco.
Un oggetto è nero quando assorbe tutta la radiazione luminosa incidente su
di essoa .
a L’esempioche ho fatto parla di luce visibile solo per utilizzare concetti comunemente noti
nella vita quotidiana, ma il concetto deve essere in realtà inteso come esteso all’intero spettro
elettromagnetico.

97.2 Emissione di corpo nero

97.2.1 Spettro della radiazione


Consideriamo un corpo nero ad una determinata temperatura costante. Se esso as- Fig. 97.1: L’andamento delle curve di Planck per il corpo nero. In ascissa la lunghezza d’onda, in ordinata
sorbe radiazione luminosa, deve necessariamente riemettere la stessa quantità di l’intensità della radiazione.
energia per poter mantenere la temperatura costante. L’emissione di energia avviene
tramite emissione di radiazione elettromagnetica secondo uno spettro di lunghezze
con σ detta costante di Stefan-Boltzmann
d’onda di equazione ben determinato.
2hc2 1 2K 4 π 5
R(λ, T ) = hc σ=
λ5 e λKT −1 15c2 h3

97.2.2 Legge di Stefan-Boltzmann 97.2.3 Legge di Wien


La potenza totale emessa dal corpo nero è proporzionale alla quarta potenza della
Se adesso guardiamo per quale valore di lunghezza d’onda avviene la massima
temperatura. Tanto più il corpo è caldo, tanta più energia emette, ogni secondo, sotto
emissione di energia avremo che
forma di radiazione elettromagnetica.

P = σT 4 T λmax = b

193
194 Scheda97. Radiazione di corpo nero

con b detta costante dello spostamento di Wien

b = 2.8977685(51) · 10−3 mK

97.3 La spiegazione del fenomeno


La teoria classica dell’elettromagnetismo non è in grado di dare una spiegazione alla
radiazione di corpo nero. Come si vede in figura 97.1, la curva corrrispondente al-
la previsione classica è completamente differente dalla spiegazione, in accordo con
i dati sperimentali, data da Plank. Per ottenere il corretto spettro della radiazione,
Max Plank ipotizzò che la radiazione elettromagnetica potesse essere emessa ed as-
sorbita dal corpo nero, unicamente in quanti di energia il cui valore era dipendente
dalla frequenza della radiazione
E = hν

dove E è l’energia del singolo quanto di radiazione, ν è la sua frequenza e h è la


costante di Plank
h = 6, 62606957(29) · 10−34 J · s

Autore: Andrea de Capoa 17 Mag 2016


Effetto fotoelettrico Scheda 98
98.1 Il fenomeno 98.2 Considerazioni sul fenomeno
Mandando un’onda elettromagnetica contro un materiale (tipicamente un metallo), La spiegazione di questo fenomeno è possibile solo attraverso l’ipotesi dell’esisten-
è possibile estrarre da esso un elettrone. L’energia dell’elettrone emesso dipenderà za del fotone, la particella associata alla radiazione elettromegnetica di energia di-
dal tipo di materiale e dalla frequenza della radiazione elettromagnetica incidente. pendente dalla frequenza. Nell’ipotesi classica di un’onda elettromagnetica non
La luce è fatta di particelle chiamate fotoni; l’energia del singolo fotone è quantizzata, tale fenomeno non sarebbe spiegabile.

Eγ = hν

come ipotizzato da Max Plank nella spiegazione dello spettro di radiazione del corpo
nero. Detta ψ l’energia di legame dell’elettrone all’interno del materiale, l’energia
cinetica dell’elettrone emesso sarà

Ecin = hν − ψ

Questa formula ci dice che l’energia dell’elettrone emesso non dipende dall’intensità
dell’onda elettromagnetica incidente; se la frequenza dell’onda incidente non è tale
per cui il singolo fotone sia in grado di estrarre l’elettrone, allora tale elettrone non
può essere estratto, indipendentemente dalla quantità totale di energia incidente.
Ogni elettrone può assorbile un singolo fotone; se quel singolo fotone ha sufficien-
te energia, allora l’elettrone viene estratto, altrimenti no. Aumentando l’intensità
dell’onda elettromagnetica, si aumenta ilnumero di fotoni incidenti sul metallo, non
l’energia del singolo fotone che è invece determinata dalla sola frequenza dell’onda. Fig. 98.1: L’energia cinetica dell’elettrone emesso da una lamina di zinco in funzione della frequenza dlla luce
incidente. Per frequenze al di sotto di un certa frequenza di soglia, l’elettrone non viene emesso.
Se adesso scriviamo l’energia di legame dell’elettrone nella forma

ψ = hν0

definiamo la frequenza di soglia ν0 olytre la quale una radiazione luminosa è in


grado di estrarre un elettrone da un determinato materiale. L’energia cinetica dell’e-
lettrone emesso risulta quindi

Ecin = h (ν − ν0 )
Autore: Andrea de Capoa 26 Mag 2016

195
Modelli Atomici Scheda 99
verificò che tali raggi erano costituiti sempre dalle stesse particelle, identificate con
99.1 Modello atomico di Democrito
l’elettrone, indipendentemente dal metallo da cui venivano estratte. Thomson ne
La prima ipotesi dell’esistenza degli atomi fu formulata dedusse che tali particelle dovevano essere quindi costituenti di base degli atomi di
da Democrito nell’antica Grecia semplicemente immagi- qualunque sostanza.
nando un oggetto indivisibile. La stessa parola a-tomo si-
gnifica non-divisibile. Tale modello era più che altro un’i-
potesi e non la conseguenza di una ricerca scientifica, in 99.3 Modello atomico di Rutherford
quanto a quei tempi non esistevano le capacità tecniche
L’esperimento di Rutherford ha permesso di capire
per fare una tale ricerca. Dovranno passare molti secoli
Fig. 99.1: Un atomo nel che la quasi totalità della massa dell’atomo è conte-
modello di Democrito
prima che le conoscenze tecnologiche possano essere ta-
nuta in un volume estremamente piccolo al centro
li da indagare sulla struttura della materia a dimensioni
del volume occupato dall’atomo. Il modello atomi-
dell’ordine di grandezza del nanometro.
co proposto da Rutherford descrive l’atomo in ana-
logia ad un piccolo sistema planetario nel quale gli
elettroni negativi ruotano intorno ad un nucleo cen-
99.2 Modello atomico di Thomson
trale positivo. Le dimensioni del diametro di tale
nucleo sono state stimate essere minori di circa un Fig. 99.3: Un atomo nel modello di
99.2.1 Struttura Rutherford
fattore 104 .
Il modello atomico di Thomson descrive l’atomo co-
me una sfera carica positivamente con all’interno un
99.3.1 Esperimento di Rutherford
certo numero di elettroni carichi negativamente. Que-
sto tipo di modello è stato definito modello a panet- La scoperta dell’esistenza di un nucleo all’interno dell’atomo che contiene quasi tut-
tone in analogia con un panettone nel quale l’uvetta ta la massa dell’atomo stesso ed ha un diametro diecimila volte minore di quello
all’interno rappresenta gli elettroni nell’atomo. Tut- dell’atomo, è stata ottenuta con l’esperimento di Rutherford.
ta la massa dell’atomo è uniformemente distribui- Ruterford mandò delle particelle α contro una sottile lamina d’oro. Tali particel-
Fig. 99.2: Un atomo nel modello
ta sul volume occupato; questo ha come conseguen- le , formate da due protoni e due neutroni, hanno un diametro diecimila volte più
di Thomson
za che la densità dell’atomo sia relativamente bassa. piccolo di quello di un atomo ed una massa pari a quella dell’atomo di elio. Cosa ci
Esperimenti successivi dimostreranno che questa previsione del modello è falsa. si aspettava di vedere? Credendo che l’atomo fosse una sfera tutta piena di materia,
la sua densità risultava molto bassa; visto che le particelle alpha sono molto piccole
e molto dense lo avrebbero attraversato in linea retta senza essere deviate (un po’
99.2.2 Formulazione del modello
come sparare un proiettile di fucile contro un cuscino di piume). Quello che però
Thomson fornulò il suo modello studiando i raggi catodici, flussi di particelle cariche accadde è che alcune particelle venivano deviate, mentre altre addirittura tornavano
estratte da metalli sottoposti all’azione di forti differenze di potenziale. Thomson indietro. L’unica spiegazione possibile è che la massa dell’atomo non sia uniforme-

196
197 Scheda99. Modelli Atomici

mente distribuita al suo interno, ma concentrata in un nucleo molto piccolo al suo • Un elettrone che orbita intorno ad un nucleo sta ovviamente subendo un’ac-
interno. celerazione centripeta. Ne consegue che deve emettere energia sotto forma di
Vi consiglio di guardare i seguenti video per capire meglio ed approfondire l’ar- radiazione elettromagnetica detta radiazione di sincrotrone. La conseguente per-
gomento. dita di energia porterebbe l’elettrone su orbite con raggi sempre minori, fino a
collassare sul nucleo. Il fatto stesso che la materia come la conosciamo è stabile,
implica che gli atomi di cui è costituita siano stabili.

• Un elettrone che cambia il livello orbitale su cui orbita, emette energia sotto
forma di onde elettromagnetiche. Nel modello di Rutherford ogni possibile or-
bita ed ogni possibile livellpo energetico sono ammessi, e di conseguenza gli
Fig. 99.4: Guarda il video youtu.be/5pZj0u_XMbc elettroni sono in grado di assorbire ed emettere radiazione di ogni possibile fre-
quenza. Gli spettri di emissione ed assorbimento degli atomi, invece, mostrano
chiaramente che la luce è assorbita ed emessa con spettri a righe, ad indicare
che solo ed unicamente fotoni di fissata energia possono essere assorbiti od
emessi.

Fig. 99.5: Guarda il video youtu.be/s4rTK3MkmE8

Fig. 99.6: Guarda il video youtu.be/jaqujJOFsRA

99.3.2 Problematiche aperte


In un tale modello atomico rimangono però aperte due problematiche: la prima ri-
guardo alla stabilità degli atomi stessi, la seconda relativa agli spettri di assorbimento
ed emissione degli atomi. Vediamole adesso nel dettaglio tali problematiche. Esse
verranno poi superate con il modello atomico di Bohr.
198 Scheda99. Modelli Atomici

99.4 Modello atomico di Bohr


Il modello atomico di Bohr introduce nel modello
dell’atomo il concetto di dualismo onda-corpuscolo,
in particolare introducendo la quantizzazione del
momento angolare dell’elettrone su di orbite circo-
lari centrate nel nucleo. Questo dava spiegazione
sia della stabilità degli atomi, sia degli spettri di
emissione ed assorbimento degli stessi, superando i
problemi ancora irrisolti dal modello di Rutherford.
Fig. 99.7: Un atomo nel modello di
Per una trattazione più approfondita vedi la
Bohr
scheda 100

Autore: Andrea de Capoa 17 Giu 2017


Modello atomico di Bohr Scheda 100
2. L’elettrone dovremme essere in grado di assorbire ed emettere radiazione elet-
100.1 Mappa della scheda
tromagnetica di qualunque frequenza. Dal momento che il raggio dell’orbi-
Utilizza questa mappa per studiare questa scheda. I contenuti spiegati nelle varie ta dell’elettrone nel modello di Rutherford può assumere qualunque valore
sezioni sono qui organizzati allo scopo di rendere più agevole lo studio. in modo continuo, allora esso può avere qualunque valore di energia e quin-
di, nel passare da un’orbita ad un’altra può assorbire ed emettere radiazione
Quantizzazione del
Orbite circolari elettromegnetica di qualunque energia.
momento angolare
Entrambe queste previsioni risultano false. E’ ovvio che le orbite degli elettroni non
collassano sui nuclei, perchè altrimenti la materia come la conosciamo non esiste-
rebbe. E’ ovvio dall’analisi degli spettri di emissione ed assorbimento degli atomi
Modello atomico di Bohr
che gli elettroni all’interno degli atomi possono scambiare energia soltanto in modo
discreto.

Calcolo del
raggio dell’orbita 100.3 L’idea di base
Il modello atomico di Bohr
Calcolo dell’energia 1. ipotizza che gli elettroni occupino orbite circolari intorno al nucleo
dell’orbita 2. introduce il dualismo onda-corpuscolo associando ad un elettrone di
impulso p~ una lunghezza d’onda λ = hp

Spiegazione degli Spiegazione della


Dal momento che l’elettrone ha un comportamento ondulatorio, allora per evi-
spettri atomici stabilità degli atomi
tare che l’elettrone faccia interferenza distruttiva con se stesso è necessario che, lun-
go l’orbita, l’onda dell’elettrone si richiuda perfettamente su se stessa. Nella figura
100.1 è mostrato graficamente il significato di tale relazione. Matematicmente questo
100.2 Problematiche sul modello di Rutherford comporta che
Il modello atomico di Rutherford, sebbene sia stato un passo in avanti significativo
2πr = nλ con n∈N (100.1)
rispetto al modello di Thomson, presenta due problemi non trascurabili.
1. L’elettrone dovrebbe collassare sul nucleo. L’elettrone che ruota intorno al
nucleo è una carica accelerata e come tale emette radiazione di sincrotrone. Sostituendo la lunghezza d’onda associata all’elettrone in questa relazione otte-
Perdendo energia, la sua orbita deve avvicinarsi sempre più al nucleo fino a niamo
h h
collassare su di esso. 2πr = n cioè 2πr = n
p mV

199
200 Scheda100. Modello atomico di Bohr

gi. Cominciamo con l’affermare che, essendo l’orbita circolare, la forza centripeta
necessaria è data dalla forza di Coulomb tra l’elettrone ed il nucleo

e− V2 Ze2
n=5 m =K 2
rn rn
da cui

n 2 ~2 KZe2
=
mrn3 rn2
P+
n 2 ~2 n2 ~2
e− rn = =
KZme2 KZme2
Il raggio dell’orbita è quindi quantizzato secondo il numero quantico n ∈ N
Analogalmente anche l’energia dell’elettrone risulta quantizzata. L’energia del-
l’elettrone è data dalla somma della sua energia cinetica e dell’energia potenziale
n=6 elettrostatica. Per cui
1 Ze2
En = mV 2 − K
2 rn
n 2 ~2 Ze2
En = 2
−K
2mrn rn
Sostituendo il valore del raggio dell’orbita avremo
Fig. 100.1: In nero due orbite ammesse nel modello di Bohr nei casi con n = 5 ed n = 6; in rosso un’orbita n2 ~2 4π 2 K 2 Z 2 m2 e4 Ze2 KZme2
intermedia non ammessa. En = − K
8mπ 2 n4 ~4 n 2 ~2

da cui K 2 Z 2 me4 Z 2 e4 K 2 m
nh n~ En = −
V = = 2n2 ~2 n2 ~2
2πmr mr
o analogalmente K 2 Z 2 me4 1
nh En = − · 2
mV r == n~ 2~2 n

Quest’ultima relazione mostra in modo esplicito, per orbite circolari, come l’equa-
zione 100.1 implichi la quantizzazione del momento angolare dell’elettrone.
Avendo assunto che le orbite degli elettroni siano circolari, e considerando un
elettrone che ruota intorno ad un nucleo con numero atomico Z, il raggio dell’or-
Autore: Andrea de Capoa 17 Mag 2016
bita dell’elettrone, corrispondente all’intero n, sarà ottenibile con i seguenti passag-
Introduzione alla fisica moderna Scheda 101
Un percorso che dalla Grecia di duemila anni fa ci porta alla scoperta della strut- Un secondo passo importante fu fatto da Democrito, il
tura di base di cui è fatta tutta la materia del nostro universo. quale ipotizzò che tutta la materia fosse fatta da elemen-
ti costituenti indivisibili, che chiamò atomi. Più che una
ricerca scientifica, quella di democrito fu un’ipotesi che a
101.1 Poche semplici domande quei tempi non c’era modo di verificare sperimentalmente.
Quest’idea rimase comunque valida per molti secoli; gli al-
• Come mai il vapore aqueo, l’acqua del mare ed il ghiaccio hanno proprietà
chimisti prima ed i chimici successivamente, studiarono le Fig. 101.2: Democrito
tanto differenti? in fondo sono tutti e tre fatti di sola acqua!
caratteristiche dei vari elementi chimici e dei loro composti, identificando in essi gli
• Come mai i diamanti di un anello e la grafite della mina di una matita han- atomi di democrito.
no proprietà tanto differenti se sono fatte tutte e due dello stesso elemento, il
carbonio?

• Cos’è il fuoco?

• Perchè nel mondo vediamo che esistono centinaia di migliaia di sostanze dif-
ferenti?

• Perchè attraverso l’aria posso muovermi ma non posso attraversare un muro?

Tutte queste sono domande la cui risposta può essere data solo se studiamo com’è
fatta la materia nei suoi costituenti di base. Studiando le particelle elementari di cui
è fatta tutta la materia, e studiando il modo con cui esse interagiscono, possiamo
capire il comportamento della materia intorno a noi.

101.2 Empedocle e Democrito


Il primo tentativo di spiegare in modo semplice la moltitu-
dine di sistanze presenti in natura fu fatto da Empedocle
ai tempi della Grecia antica. Egli identificò nei quattro ele-
menti acqua, acqua, terra e fuoco gli elementi costituenti
Fig. 101.1: Empedocle di ogni cosa. Non era un’idea tanto assurda, visto che ha
identificato proprio quattro degli stati in cui si può trovare la materia: liquido, gas, Fig. 101.3: I quattro elementi
solido e plasma.

201
202 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

gallio e ed il germanio; ma permise anche di prevederne


101.3 Newton
le proprietà chimiche prima ancora della loro scoperta.
Fu Isaac Newton che per primo formalizzò i princi-
La tavola periodica rappresentava gli elementi chimici rappresentando in colon-
pi della dinamica e con la formulazione della legge di
na gli elementi con proprietà chimiche analoghe; percorrendo le colonne dall’alto
gravitazione universale
verso il basso si ottenevano elementi sempre più massivi e sempre più instabili. Con-
M ·m tando inoltre gli elementi sulla proma riga essi sono 2 = 2 · 1; sulla seconda e sulla
F =G terza sono 8 = 2 · (1 + 3); sulla quarta e sulla quinta sono 18 = 2 · (1 + 3 + 5); sulla
r2
sesta e sulla settima sono 32 = 2 · (1 + 3 + 5 + 7).
diede una descrizione per quel tempo molto accurata del-
la forza di gravità. La forza di gravità che fa cadere gli Il fatto che gli elementi fossero organizzabili in una struttura ordinata che rispec-
oggetti sulla Terra non era, in linea di principio la stessa chiava analogie nelle caratteristiche chimiche e fisiche e ricorrenze matimatiche ben
Fig. 101.4: Newton forza che fa muovere i pianeti intorno al Sole. Newton definite, fece supporre che doveva esserci una qualche struttura interna che desse
per primo dimostrò invece il contrario ed unificò la de- ragione di tali analogie.
scrizione della forza di gravità sulla Terra con la descrizione della forza di attrazione
tra corpi celesti, riportando entrambe alla stessa natura: la forza gravitazionale.
Ulteriori progressi nella descrizione della forza grafitazionale saranno poi fatti
con Albert Einstain e la sua teroia della relatività generale.

101.4 Mendeleev
Lo studio della chimica e delle differenti reazioni chimiche che potevano avvenire tra
differenti composti, ha permesso di sviluppare l’idea di Democrito, ed identificare
poco più di 100 differenti elementi chimici.
Attraverso la loro combinazione potevano essere
spiegate le caratteristiche di tutte le sostanze chimiche
conosciute.
Fu Mendeleev che nel 1869 propose di rappresenta-
re tutti gli elementi chimici in uno schema ordinato che
adesso chiamiamo tavola periodica degli elementi. La rap-
presentazione di tutti gli elementi conosciuti in tale sche-
Fig. 101.6: Tavola periodica
ma non solo permise di prevedere la scoperta di tre ele-
menti chimici al tempo sconosciuti, quali lo scandio, il
Fig. 101.5: Mendeleev
203 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

101.5 Rutherford
L’esperimento di Ruterford per la prima volta dimostrò l’e-
sistenza di una struttura interna agli atomi. Utilizzando
particelle α, le cui dimensioni sono diecimila volte mino-
ri di quelle degli atomi, potè indagare la struttura interna
degli atomi. Nonostante il nome dato da Democrito, l’ato-
mo non era più indivisibile, ma aveva una struttura interna.
Con le informazioni di Rutherford e le informazioni sui de-
cadimenti radioattivi, fu breve il passo per arrivare a com-
Fig. 101.7: Rutherford prendere che la totalità degli elementi chimici è spiegabile
utilizzando unicamente tre paticelle: protoni, neutroni ed elettroni. A questo punto
tutta la materia era descritta da queste tre particelle e da due forze: la forza di gravità
e l’elettromagnetismo.

101.6 Nuove particelle


La capacità di costruire le prime camere a nebbia permise la possibilità di osservare
i raggi cosmici e questo fu il primo passo che portò alla scoperta del positrone, del
muone e di molte altre particelle. Queste particelle lasciavano una traccia all’interno
del rivelatore; dall’analisi di quella traccia era possibile risalire ai valori di carica
elettrica e di massa, e quindi all’identificazione della particella. Fig. 101.8: La scoperta del positrone, la prima particella di antimateria osservata.
Non solo sempre nuove particelle venicano scoperte, ma si osservavano anche i
loro decadimenti. Le particelle ad un certo punto della loro vita, decadono lasciando
il posto ad altre particelle.
La scoperta di nuove particelle, dei loro decadimenti, dell’antimateria, e di tut- cinetica data alle particelle iniziali, secondo l’equazione E = mc2 . La conseguenza
ta una serie di fenomeni legati alle particelle, ha portato i ficisi ad approfondire la dell’utilizzo degli acceleratori è stata la scoperta di letteralmente centinaia di nuove
ricerca tramite la costruzione degli acceleratori di particelle. prima dell’era degli ac- particelle, anch’esse soggette a regole ed analogie esattamente come succedeva per
celeratori, la fonte primaria di particelle erano i raggi cosmici. All’aumentare delle gli elementi chimici.
energie richieste, i raggi cosmici sono sempre più rari, ed era quindi necessario poter
produrre le particelle in modo controllato nei laboratori. Lo scopo degli accelerato- Risultava quindi evidente che un nuovo livello di semplificazione doveva essere
ri era quello di produrre nuove particelle, creandone la massa a partire dall’energia raggiunto.
204 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

menti mostrarono come la luce si comportasse, a seconda dei vari casi, a volte come
un’onda ed a volte come una particella. Questa fu una delle scoperte che portarono
alla formulazione della meccanica quantistica, nella quale le particelle erano descritte
da funzioni di probabilità di misurare, se osservate, determinate caratteristiche.
Allo stesso modo, come la luce, che è ovviamente un fenomeno ondulatorio, mo-
stra comprtamenti di particella, analogalmente le particelle mostrano comportamen-
ti di onda. Fu il fisico Louis de Broglie che associò ad ogni particella una lunghezza
d’onda legata all’impulso della particella ed alla costante di Plank
h
λ=
p

101.8 l’ipotesi dei quark


Nel 1964 Murray Gell-Mann e George Zweig ipotizzarono che tut-
Fig. 101.9: La scoperta della particella Ω− te le particelle potessero essere descritte come combinazioni di tre
sole particelle fondamentali che chiamarono quark. All’aumenta-
re delle energie degli acceleratori, si disponeva quindi di particelle
101.7 Il dualismo onda-corpuscolo di lunghezza d’onda sempre minore e quindi in grado di indagare
Fig. 101.12: la struttura interna dei protoni, analogalmente a quanto fece Ru-
Un protone
Nei primi anni del novecendo lo stu- therford con gli atomi. Gli esperimenti evidenziarono all’interno
dio della radiazione di corpo nero da del protone una struttura composta da tre particelle. Le tre particelle sono estre-
parte di Heisemberg, lo studio del- mamente legate tra loro, tanto che per separale l’energia necessaria sarebbe tale da
l’effetto Compton da parte del fisico creare nuova materia prima ancora che le particelle si separino.
A. H. Compton, e lo studio dell’ef-
fetto fotoelettrico da parte di Albert
101.9 Le forze come scambio di particelle
Einstain, furono la base della mec-
canica quantistica, la quale descrive- La scoperta della natura corpuscolare della luce ed il collegamento della luce con
va i fenomeni naturali in un modo l’elettromagnetismo apre le porte alla formulazione di una descrizione dell’elettro-
completamente differente da quanto magnetismo come una interazione che avviene a causa dello scambio di un fotone
precedentemente fatto fino ad allora tra due cariche elettriche. L’idea che un’interazione sia di fatto lo scambio di una
Fig. 101.10: La radiazione di corpo nero con la meccanica Newtoniana. particella, si ripropone anche per le altre interazione fondametali. La forza elettro-
In particolare questi tre esperi- magnetica è descritta dallo scambio di un fotone; l’interazione debole, causa dei de-
205 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

la cui individuazione, nel 2012, ha permesso di avere la prima verifica sperimentale


della teoria di Higgs.

1st 2nd rd 3 generation Goldstone outside


standard matter unstable matter force carriers bosons standard model

2.3 MeV 2/3 1.28 GeV 2/3 173.2 GeV 2/3


charge 125.1 GeV

R/

R/

R/
G

G
/B

/B

/B
u c

strong nuclear force (color)


colors

t mass
H

(+6 anti-quarks)
6 quarks
up charm top spin Higgs
1/2 1/2 1/2 0

4.8 MeV −1/3 95 MeV −1/3 4.7 GeV −1/3

R/

R/

R/

co

electromagnetic force (charge)


G

lo
g

/B

/B

/B

r
d s
strange
b gluon
down 1/2 1/2 bottom 1/2 1

weak nuclear force (weak isospin)


511 keV −1 105.7 MeV −1 1.777 GeV −1

e µ τ γ

gravitational force (mass)


(+6 anti-leptons)
6 leptons
electron 1/2
muon 1/2
tau 1/2
photon 1

< 2 eV < 190 keV < 18.2 MeV 80.4 GeV ±1 91.2 GeV

Fig. 101.13: un’interazione tra particelle consiste in uno scambio di un bosone νe νµ ντ W± Z


e neutrino 1/2
µ neutrino 1/2
τ neutrino 1/2 1 1
graviton

12 fermions 5 bosons
cadimenti, è mediata dai bosoni W ± e Z0 ; l’interazione forte è mediata da particelle (+12 anti-fermions) (+1 opposite charge W )
increasing mass →
chiamate gluoni. Queste particelle, insieme a quelle costituenti della materia, entrano
in un’unica teoria delle particelle chiamata Modello standard. Fig. 101.15: Il modello Standard con il bosone di Higgs.

101.10 Il modello standard e il bosone di Higgs

Tutta la materia e tre delle quattro interazioni fondamentali


sono spiegate da sedici particelle. Quello che ancora non ve-
niva spiegato era la massa delle singole particelle. Il modello
standard descrive infatti tutte le particelle come puntiformi
senza coinvolgere la loro massa.
Fig. 101.14: Peter Per descrivere anche la massa delle particelle, Peter Higgs
Higgs nel 1964 avanzò l’ipotesi dell’esistenza di un campo scalare
che pervade tutto l’universo e con il quale le particelle interagiscono. La differente
massa delle varie particelle sarebbe la conseguenza di come queste interagiscono con
il campo di Higgs. Come per tutti i campi, al campo di Higgs corrisponde un bosone
206 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

101.11 Sviluppi futuri 101.12 Le GUT


Nel modello standard manca la descrizione quantistica dell’interazione gravitazio-
nale. Il motivo è che rispetto alle tre precedenti, l’interazione gravitazionale è estre-
Se adesso guardiamo la struttura dello sche- mamente debole e mal si concilia con le precedenti. Inoltre, l’attuale descrizione
ma del modello standard, troviamo del- della forza di gravità, data dalla teoria della relatività generale di Einstain, non pre-
le analogie con quanto già succedeva nella vede alcun tipo di quantizzazione. Probabilmente la descrizione quantistica della
tavola periodica. forza di gravità avviene ad energie ancora troppo grandi per i nostri acceleratori e
non possiamo ancora esplorare tale fenomeno.
Muovendosi dall’alto verso il basso nel-
lo schema del modello standard otteniamo
particelle dalle differenti caratteristiche; me-
tre muovendosi in orizzontale sullo schema
le particelle hanno caratteristiche simili (co-
me per esempio la carica elettrica o il numero
barionico). Muovendoci in orizzontale, inol-
tre, il modello standard prevede particelle
sempre più massive e sempre più instabili.

Fig. 101.16: Struttura della materia, dai


Nella tavola periodica questo avveniva in
composti, agli atomi, alle particelle, ai quark,
alle stringhe. modo simile, per cui muovendosi in orizzon-
tale sullo schema si avevano colonne di ele-
menti chimici con propriètà chimiche analo-
ghe, mentre muovendosi sullo schema dal-
l’alto verso il basso si ottenevano elementi sempre più massivi e sempre più Fig. 101.17: Il modello GUT di grande unificazione
instabili.

Per questo motivo molti fisici avanzano l’ipotesi che esista un nuovo livello di 101.13 L’oscillazione dei neutrini
semplificazione che descriva tutte le particelle del modello standard utilizzando un
numero minore di elementi. Di qui l’ipotesi dell’esistenza di particelle fondamentali Di tutte le particelle del modello standard i neutrini giocano un ruolo particolarmen-
dette prioni o teorie delle stringhe che descrivono ogni particella come divers stati di te importante. Sono particelle che interagiscono molto poco con la materia, basti
oscilazione di oggetti chiamati stringhe. Tutte queste sono belle idee, ma non esiste pensare che la stragrande maggioranza di loro attraversa in mostro pianeta senza
ancora alcuna indicazione sperimentale della loro veridicità. minimamente interagire con esso. Non conosciamo il valore della loro massa, in
207 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

quanto questa è tanto piccola da essere paragonabile agli errori di misura dei nostri
101.14 Nascita ed evoluzione dell’universo
strumenti. Sappiamo però che essi hanno una massa in quanto si è visto che essi
cambiano sapore quando viaggiano per lunghe distanze.

In un fascio composto intera-


mente da neutrini del muone νµ do-
po un certo periodo di tempo è pos-
sibile trovare neutrini ντ della parti-
cella τ . Per vedere questo i ricercato-
Fig. 101.18: Il decadimento del pione ri del CERN hanno prodotto fasci di
muoni utilizzando il decadimento di
pioni. Il fascio di neutrini è stato prodotto in modo tale da essere diretto esattamente
verso i laboratori INFN del Gran-Sasso dove è stato possibile rilevarli. Al Gran-Sasso
hanno osservato diverso neutrini ντ all’interno del fascio di neutrini νµ provenienti
dal CERN.

Fig. 101.20: Storia dell’universo: da wikipedia: Una rappresentazione grafica dell’espansione dell’univer-
so, in cui due dimensioni spaziali non sono rappresentate. Le sezioni circolari della figura rappresentano
le configurazioni spaziali in ogni istante del tempo cosmologico. La variazione di curvatura rappresenta
l’accelerazione dell’espansione, iniziata a metà dell’espansione e tuttora in corso. L’epoca inflazionaria è
contraddistinta dalla rapidissima espansione della dimensione spaziale sulla sinistra. La rappresentazio-
ne della radiazione cosmica di fondo come una superficie, e non come un cerchio, è un aspetto grafico
privo di significato fisico. Analogamente in questo diagramma le stelle dovrebbero essere rappresentate
come linee e non come punti.

Lo studio delle particelle elementari ci ha permesso di comprendere i meccani-


smi di funzionamento delle stelle, dalla loro fomazione ed evoluzione fino alla loro
Fig. 101.19: Il percorso dei neutrini dal CERN al Gran Sasso morte; gli stessi principi ci hanno permesso di avere un modello dell’evoluzione del-
l’universo dai primi istanti di vita fino ai giorni nostri. L’osservazione delle galassie
lontane ha infatti permesso di determinare che tutte le galassie si stanno all’ntanando
208 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

da noi con una velocità proporzionale alla loro distanza da noi. Questo fatto è stato a perdersi nello spazio. In modo analogo per il nostro universo, la presenza di mas-
interpretato come un’espansione dell’universo stesso, piuttosto che un movimento sa determina la presenza di energia potenziale gravitazionale e quindi la tendenza
delle galassie all’interno dell’universo. Questa espansione, ripercorsa indietro nel a rallentare l’espandsione; la presenza di energia cinetica determina invece la ten-
tempo, ci porta ad una contrazione dell’universo fino alle dimensioni di un punto denza ad aumentare il ritmo dell’espansione. Per determinare il futuro del nostro
singolare. nel fare questo percorso al contrario nel tempo, le conoscenze ottenute universo è determinante sapere quanta massa e quanta energia ci siano dentro di
in laboratorio ci hanno permesso di comprendere ciò che accadde in passato fino al esso.
tempo t = 10−32 s. Ciò che accadde prima è ancora fuori dalla nostra portata.

101.15 La materia oscura


Lo studio della rotazione delle stelle intorno alle galassie è concettualmente piutto-
sto semplice. Il movimento delle stelle intorno al nucleo della galassia è un moto
circolare la cui forza centripeta è data dall’attrazione gravitazionale tra le stelle della
galassia stessa.

Fig. 101.21: Mappa della radiazione cosmica di fondo.

Ciò che accadrà invece nel futuro è molto più incerto. L’universo potrebbe espan-
dersi all’infinito raffreddandosi sempre di più; potrebbe invece espandersi asintoti-
camente stabilizzandosi verso un determinato valore del suo volume, o riprendere a
contrarsi verso una sorta di BigBang al contrario. Un fatto cruciale per determinare
quale sarà l’evoluzione del nostro universo, è determinare quanta massa e quanta
energia siano presenti. In un’analogia con il lancio di un satellite intorno alla Ter-
ra, se l’energia potenziale gravitazionale del satellite predomina sull’energia cinetica
dello stesso, allora il satellite è destinato a ricadere sulla superficie. Se l’energia ci-
netica è superiore all’energia potenziale gravitazionale, allora il satellite è destinato Fig. 101.22: velocità di rotazione delle stelle intorno alla galassia M33.
209 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

Osservando quindi la luce proveniente dalle stelle è quindi possibile conoscere


la loro posizione e la loro velocità, ed è quindi possibile predire il loro movimento
intorno al centro della galassia. I dati sperimentali però sono in netta contraddizione
con le previsioni teoriche. Dai dati risulta evidente che c’è molta più massa presente
nella galassia di quanta siamo effettivamente di grado di vedere. Si stima che la ma-
teria visibile nel nostro universo è poi solo il 5% del totale. Il restante viene chiamato
materia oscura. Determinare la natura della materia oscura, oltre che farci progredire
nella conoscenza del nostro universo , può darci informazioni sull’evoluzione futura
dello stesso, nonchè aprire nuove finestre sulle leggi di fisica fondamentali.
Il CERN Scheda 102
Una breve descrizione dell’acceleratore più grande del mondo

102.1 Un concetto basilare


Una delle formule più famose della storia della fisica è

E = mc2

che stabilisce un semplice principio: l’equivalenza tra massa ed energia.

102.2 Perchè accelerare le particelle?


Molte delle particelle che studiamo nel modello standard hanno masse molto gran- Fig. 102.1: Schema di accelerazione lineare
di. Per poterle creare e di conseguenza studiere, dovremo partire da energie molto
grandi. Per questo motivo prendiamo delle particelle e gli forniamo energia cinetica.
102.4 Come avvengono le collisioni?
Per avere un numero di collisini sufficiente a generare un numero significativo di
102.3 Come accelero una particella? eventi, è necessario far collidere un numero molto alto di particelle.
In un esperimento a bersaglio fisso le particelle sono raggruppate in fascio che
L’accelerazione di una particella avviene in quanto essa viene immersa in un campo
va ad incidere contro un bersaglio fisso. Molta dell’energia è racchiusa nel centro
elettrico.
di massa e non può essere utilizzata nell’esperimento. In un esperimento di tipo
Negli acceleratori lineari è sufficiente questo, ma per raggiungere energie sempre collider, due fasci vengono fatti scontrare uno contro l’altro; l’energia del centro di
più alte avrei bisogno di acceleratori sempre più lunghi. Il passaggio agli acceleratori massa è nulla e tutta l’energia può essere utilizzata per creare nuova materia.
circolari permette di accelerare le particelle ad ogni loro giro; è sufficiente vincolarli
a muoversi su di un percorso circolare immergendoli in un campo magnetico.
L’accelerazione di un fascio di particelle è però complicata dal fatto che le parti- 102.5 Cosa misuro quando rilevo una particella?
celle non hanno tutte la stessa identica velocità, e mentre le accelerano non rimen-
gono necessariamente insieme. Ecco perchè all’interno del fascio particelle diverse Rivelare una particella che vive pochi miliardesi mi secondo e poi decade, significa
devono essere accelerate in modo differente per poter rimanere impacchettate nel rivelare i prodotti del suo decadimento. Dall’analisi dei prodotti possiamo capire le
fascio. caratteristiche della particella iniziale.

210
211 Scheda102. Il CERN

102.6 L’analisi dei dati


L’analisi dei dati consiste principalmente nel verificare l’esistenza di un picco nel
numero di eventi che presentano un determinato schema nel numero e nel tipo di
particelle del decadimento.

Fig. 102.2: Schema del rivelatore CMS

102.5.1 Prima fase: tracking


La prima fase della rivelazione delle particelle consiste nel sapere con precisione la
loro carica elettrica e il loro impulso. Il modo di ottenere queste informazioni è quello
di osservare il percorso che queste particelle fanno immerse in un campo magnetico.

102.5.2 Seconda fase: I calorimetri


Diversi stadi di calorimetri misurano infine l’energia totale delle particelle. Alcuni
Fig. 102.3: Analisi del numero di eventi che presentano un decadimento in µ+ µ−
calorimetri sono specifici per i protoni; altri per gli adroni carichi o neutri; altri per
gli elettroni; altri per i fotoni. A seconda di quale rivelatore registra l’energia della
particella ho quindi anche informazione su quale sia la particella.

Fig. 102.4: Decadimento di un tauone


212 Scheda102. Il CERN

Fig. 102.5: Traccia di un decadimento che ha generato due muoni


213 Scheda102. Il CERN

Fig. 102.6: La creazione del bosone di Higgs, a seconda del tipo di decadimento analizzato.
Parte XIII

Laboratorio

214
Mappe sull’attività di laboratorio Scheda 103
Propagazione
Tipologie Errori di Propagazione gaussiana
di errori misura degli errori 2
P  ∂y 2 2
σy = i ∂x i
σxi

statistici assoluti
Somma di
Tecniche di misura grandezze
relativi
sistematici Ea Ea+ = Ea1 + Ea2
Er = M is

Prodotto di
Misure cumulate Misure ripetute grandezze
T = Tnn T = Tmedio Er· = Er1 + Er2
Ea = Ea−nn
Ea = Tmax −T
2
min

Autore: Andrea de Capoa 6 Apr 2017

215
Errori di misura Scheda 104
Vedi anche il video:
23, 2 mm < d < 23, 3 mm

d = 23, 25 mm ± 0, 05 mm (104.2)

Cos’è cambiato? Utilizzando uno strumento molto migliore, è stato possibile ese-
Fig. 104.1: Guarda il video youtu.be/x15bIfYlhys guire la misura con un livello di incertezza assoluta molto minore. Se con il righello
potevo solo guardare i millimetri e non potevo dire nulla al di sotto del millimetro,
con il calibro posso fare affermazioni anche al livello del ventesimo di millimetro.
La misura precedente non è sbagliata, semplicemente è più incerta: le due misure,
104.1 Il valore della misura e l’errore assoluto infatti, sebbene diano valori differenti, sono in realtà in perfetto accordo.
Prendiamo un righello e misuriamo il
diametro di una moneta da 1 euro. Co- 104.1.1 Cifre significative
me potete vedere in figura 104.2, si può
In tutte le misure precedenti sono state scritte un numero di cifre dopo la virgola
solo affermare che il diametro d vale un
in base al valore dell’errore assoluto sulla misura. Se l’errore assoluto riguardava la
numero compreso tra 23 mm e 24 mm,
prima cifra dopo la virgola, allora la misura è stata scritta con una sola cifra dopo la
visto che il bordo della moneta è po-
virgola. Se l’errore assoluto riguardasse la terza cifra dopo la virgola, allora la misura
sto tra le due stanghette corrispondenti
deve essere scritta con tre cifre dopo la virgola anche se queste cifre sono degli zeri.
a tali misure.
Per cui sono corrette le seguenti misure:

23 mm < d < 24 mm L = 8, 34 m ± 0, 02 m
Utilizzando un semplice righello noi
L = 8, 345 m ± 0, 002 m
non possiamo dire nulla di più preciso.
Il risultato finale della nostra misura sarà Fig. 104.2: Misura del diametro di una moneta L = 8, 3450 m ± 0, 0002 m
utilizzando un righello.
In questo modo soltanto l’ultima cifra dopo la virgola è incerta, mentre tutte le
d = 23, 5 mm ± 0, 5 mm (104.1)
altre sono esatte. Scrivendo ogni misura in questo modo possiamo introdurre il con-
La grandezza 23, 5 mm è il valore della misura; la grandezza 0, 5 mm è detta errore cetto di cifre significative. Il numero di cifre significative in una misura è pari al
assoluto sulla misura. Entrambe hanno la loro unità di misura. numero di cifre del numero con esclusione degli zeri che si trovano davanti alla pri-
Se adesso ripetiamo la stessa misura utilizzando uno strumendo migliore, come ma cifra non nulla. Le seguenti misure hanno rispettivamente tre, quattro e cinque
per esempio un calibro ventesimale, il valore della misura del diametro della stessa cifre significative. Ovviamente se cambiassimo unità di misura non cambierebbe il
moneta risulta essere numero di cifre significative della misura.

216
217 Scheda104. Errori di misura

quanto il suono dell’impatto del sasso impiega un certo tempo ad arrivare al nostro
M = 8, 34 kg ± 0, 02 kg orecchio.

M = 8, 340 kg ± 0, 002 kg
Errore accidentale
M = 0, 083450 kg ± 0, 000002 kg
In un processo di misura, anche ammettendo di aver corretto tutti gli errori sistema-
tici, esistono tutta una serie di fattori che non sono sotto il nostro diretto controllo.
104.1.2 Errori di misura Se immaginiamo di misurare la durata del rosso ad un semaforo con un cronometro,
Se prima abbiamo visto che ad ogni misura va associata un’incertezza a seconda scopriremo che, ripetendo la misura molte volte, non otteniamo sempre lo stesso va-
di come è fatto lo strumento di misura, introduciamo adesso altri due fattori che lore, ma otteniamo invece misure che oscillano tra un minimo ed un massimo che
influiscono in modo molto significativo sul risultato della misura. Essi sono detti distano tra loro qualche decimo di secondo. Perchè? Scegliendo un cronometro con
errore statistico ed errore sistematico. una sensibilità di un centesimo di secondo, ed ammettendo che il circuito elettronico
che regola la temporizzazione del semaforo abbia anch’esso incertezze dell’ordine
Errore sistematico del centesimo di secondo, la fonte di un tale errore deve essere cercata nel metodo di
misura. Quando facciamo partire il cronometro e quando lo fermiamo noi introdu-
L’errore sistematico è un errore dovuto alla qualità degli stumenti utilizzati o al me-
ciamo un errore dovuto alla prontezza dei nostri riflessi; nell’azionare il cronometro,
todo di misura seguito. Generalmente questo tipo di errore è sempre per eccesso o
a volte lo facciamo troppo presto, a volte troppo tardi, quindi ogni volta otteniamo
per difetto. Immaginate di pesarvi su di una bilancia che inizialmente non ha la lan-
valori differenti, sbagliati per eccesso o per difetto, anche misurando sempre la stessa
cetta che punta bene sullo zero, ma, senza che voi siate saliti, segna un kilogrammo;
cosa. Per questo motivo il tipo di errore che facciamo lo chiamiamo errore accidentale.
risulta evidente che chiunque salga su quella bilancia misura la sua massa ottenendo
Per sua natura l’errore statistico è meno problematico dell’errore sistematico, sebbe-
un valore di un kilogrammo più grande del valore corretto. Analogalmente se utiliz-
ne esso non possa essere cancellato o corretto, è però più facilmente riconoscibile e
zate un righello senza preoccuparvi di far coincidere lo zero con l’inizio del segmento
può essere facilmente ridotto, anche se non può mai essere cancellato.
da misurare, otterrete nuovamente un valore non corretto. Se misurate un intervallo
di tempo con un cronometro che ritarda, otterrete un valore inferiore rispetto al va-
104.1.3 Misure ripetute
lore corretto. Per loro natura tali errori sono in linea di principio riconoscibili ed è
possibile correggerli; in tal caso non creano problemi alla misura. Spesso però non Stabilito che ripetendo tante volte la stessa misura ci si aspetta di ottenere sempre
è facile individuare la presenza di un errore sistematico, richiando quindi di non risultati leggermente differenti, in accordo con quanto indicato dall’errore assoluto,
cancellarlo ed ottenere misure non corrette. Errori sistematici possono essere anche cosa possiamo affermare riguardo al risultato della misura dopo un certo numero di
dovuti al metodo di misura utilizzato. Immaginiamo di misurare la profondità di un prove effettuate? Per rispodendere a questa domanda cominciamo col considerare
pozzo misurando in quanto tempo un sasso, lasciato cadere nel pozzo, raggiunge il che è ragionevole pensare che gli errori accidentali capitino con eguale probabilità
fondo dello stesso. Per farlo faremo partire il cronometro quando lasciamo cadere sia per difetto che per eccesso. Ci si aspetta quindi che due o più errori accidentali,
il sasso, e fermiamo il cronometro quando sentiamo il rumore del sasso che tocca il sommati tra loro, tenderanno statisticamente a cancellarsi.
fondo. L’intervallo di tempo che intendevamo misurare è quello che impiega il sasso La questione si risolve quindi affermando che il valore della misura corrisponde
a cadere; quello che effettivamente abbiamo misurato è però un po’ più lungo, in al valor medio delle misure effettuate. Per cui, su un numero n di misure xi avremo
218 Scheda104. Errori di misura

0, 5 mm
x1 + x2 + x3 + ... + xn Erd = ' 0, 0213 = 2, 13%
Xm = 23, 5 mm
n da cui si vede facilmente che la misura più precisa è quella del diametro della mo-
In questo modo gli errori accidentali tenderanno a cancellarsi tra loro permetten- neta. Non importa se le due misure siano una di massa e l’altra di lunghezza: i due
domi di trovare il valore cercato. errori relativi sono omogenei e possono essere confrontati.
Dobbiamo adesso stimare quale sia l’errore assoluto da assegnare alla misura così
ricavata. Una prima stima la si può ottenere valutando la differenza tra la maggiore 104.1.5 Valutazione dell’errore su misure indirette
e la minore delle misure effettuate per cui
Immaginiamo di avere un oggetto di forma rettangolare e di misurare con un righel-
xmax − xmin lo la base e l’altezza di quel rettangolo. Immaginiamo che le due misure siano le
Ea =
2 seguenti:
h = 150 cm ± 3 cm; Er = 2%
104.1.4 Precisione ed errore relativo
b = 200 cm ± 6 cm; Er = 3%
Definiamo la precisione della misura utilizzando l’errore relativo della misura, defi-
Il semiperimetro del rettangolo si calcola sommando le due misure e sommando
nito come il rapporto tra l’errore assoluto ed il valore della misura.
gli errori assoluti sulle misure.
Ea p = 350 cm ± 9 cm
Er =
M isura
che nel caso delle misure 104.1 e 104.2 diventa L’errore assoluto sulla somma o sulla differenza di misure è pari alla somma
degli errori assoluti sulla misura.
0, 5 mm
Er1 = ' 0, 0213 = 2, 13%
23, 5 mm Il perimetro del rettangolo si calcola moltiplicando per 2 il valore del semiperi-
0, 05 mm metro
Er2 = ' 0, 00215 = 0, 215%
23, 25 mm 2p = 700 cm ± 18 cm
da cui risulta evidente che la seconda misura è molto più precisa. Notate che L’errore assoluto sul prodotto di un numero per una misura è pari al prodotto
l’errore relativo non ha una unità di misura, quindi è possibile confrontare la preci- di tale numero per l’errore assoluto sulla misura.
sione di misure fatte su grandezze fisiche non omogenee. Per esempio se scriviamole
seguenti due misure L’area del rettangolo si calcola moltiplicando le due misure e sommando gli errori
M = 1, 3 kg ± 0, 1 kg relativi sulle misure. Ovviamente è necessario calcolare prima l’errore relativo e poi
quello assoluto.
d = 23, 5 mm ± 0, 5 mm
A = 30000 cm2 ± 1500 cm2 ; Er = 5%
calcolandone gli errori relativi avremo
L’errore relativo sul prodotto o sulla divisione di misure è pari alla somma
0, 1 kg degli errori relativi sulle misure.
ErM = ' 0, 077 = 7, 7%
1, 3 kg
219 Scheda104. Errori di misura

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016


Distribuzione Gaussiana Scheda 105
Cosa succede se facciamo tante misure ripetute della stessa grandezza fisica? Si- T n◦ T n◦ T n◦
curamente non otterremo mai lo stesso valore; possiamo comunque chiederci se i 3,0 0 4,0 144 5,0 151
valori che otteniamo saranno molto vicini al valore corretto della misura, oppure pos- 3,1 0 4,1 244 5,1 65
siamo chiederci quanto sia probabile ottenere un valore distante dal valore corretto 3,2 0 4,2 357 5,2 39
pur avendo eseguito bene l’esperimento. Per rispondere a queste domande dob- 3,3 0 4,3 468 5,3 8
biamo innanzi tutto mettere su di un grafico i risultati di uno stesso esperimento 3,4 0 4,4 498 5,4 3
eseguito un numero molto alto di volte. In questa scheda mostriamo i risultati di un 3,5 0 4,5 556 5,5 0
esperimento nel quale abbiamo misurato il valore del periodo di oscillazione di un 3,6 2 4,6 534 5,6 0
pendolo un numero molto alto di volte. 3,7 18 4,7 420 5,7 0
3,8 35 4,8 350 5,8 0
3,9 87 4,9 219 5,9 0
105.1 La distribuzione Gaussiana
Tabella 105.1: Dati sperimentali raccolti in classi dell’ampiezza di 0, 1 s. Per ogni valore riportato dal crono-
metro, nella seconda colonna della tabella viene riportato il numero di volte che tale valore è stato visto comparire
Immaginiamo di eseguire un numero molto alto di volte la misura del tempo di oscil- sul cronometro. In totale sono state fatte 4213 misure. La media delle misure viene Tmed = 4, 5 s; la varianza delle
lazione di un pendolo. Come sappiamo non otteremo sempre lo stesso valore; nella misure vale σT = 0, 3 s
tabella 105.1 sono riportati i valori ottenuti misurando il periodo di oscillazione dello
stesso pendolo per 4213 volte. Come potete osservare la maggior parte delle volte il
valore ottenuto si avvicina molto alla media, e solo poche volte si ottengono valori
molto diversi dal valore media. Possiamo dire che tanto più un valore è distante dal
105.2 Il risultato della singola misura
valore atteso, tanto meno è probabile che tale valore venga ottenuto in una misura.
Chiediamoci: se noi eseguissimo un’altra misura, quale valore ci attendiamo che
Se mostriamo i dati su di un grafico, dove sulle ascisse mettiamo il valore misurato
venga? Sicuramente potrebbe venire un qualunque valore, ma sarà più probabile
e sulle ordinate il numero di volte che tale valore è stato ottenuto, vediamo che il
che venga un valore vicino al valore medio, e sarà meno probabile che venga un
disegno che otteniamo ha una forma a campana che ha una funzione matematica ben
valore distante dal valore medio.
precisa ed è chiamata gaussiana. La curva gaussiana è definita da due parametri: il
Data la curva gaussiana che è stata ottenuta a seguito dei dati dell’esperimen-
valore medio e la varianza. Il valore medio altro non è se non la media di tutti i dati
to, avremo che il valore della misura ed il corrispondente errore assoluto dovranno
sperimentali ottenuti; la varianza è un parametro legato a quanto la curva si allarga e
essere scritti nel seguente modo:
quindi a quanto i dati risultano lontani dal valore medio. Per la gaussiana di questo
esperimento avremo che
T = 4, 5 s ± 0, 3 s
Tmed = 4, 5 s
che considerando le caratteristiche della curva gaussiana significa: ho il 68, 3% di
σT = 0, 3 s probabilità che la prossima misura venga compresa tra un minimo di 4, 2 s ed un massimo di
4, 8 s

220
221 Scheda105. Distribuzione Gaussiana

Se non sono soddisfatto della mia affermazione e voglio dire qualcosa di più
sicuro anche se meno preciso allora posso raddoppiare l’errore assoluto e dire
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
T = 4, 5 s ± 0, 6 s

che considerando le caratteristiche della curva gaussiana significa: ho il 95, 5% di


probabilità che la prossima misura venga compresa tra un minimo di 3, 9 s ed un massimo di
5, 1 s
600 n
Se non sono soddisfatto della mia affermazione e voglio dire qualcosa di ancora
più sicuro anche se molto meno preciso allora posso triplicare l’errore assoluto e dire

T = 4, 5 s ± 0, 9 s
500
che considerando le caratteristiche della curva gaussiana significa: ho il 99, 7% di
probabilità che la prossima misura venga compresa tra un minimo di 3, 6 s ed un massimo di
5, 4 s Anche in quest’ultimo caso ci sarà comunque la possibilità per quanto piccola, 400
che la prossima misura venga al di fuori dell’intervallo atteso.

105.3 Il risultato delle misure ripetute 300

Il discorso fatto fin’ora riguarda il risultato ottenuto ripentendo una singola misura.
Le considerazioni fatte e le previsioni scritte riguardno quindi cosa succederebbe se
ripetessimo la singola misura. Se però vogliamo rispondere alla domanda: "quanto 200
vale il periodo di oscillazione di quel pendolo?" allora ci stiamo riferendo al valore della
media di quelle misure. Il nostro set di dati contiene 4213 misure; è intuitivo imma-
ginare che un secondo set di 4213 dati, sebbene i dati possano essere molto differenti, 100
produrrà comunque un valor medio estremamente vicino a quello precedente.

Se il risultato di una singola misura di T ha incertezza σT allora il risultato del


T
calcolo della media T di N misure ha incertezza σT = √σTN
3.5 4 4.5 5 5.5 6
0,3 s
Nel nostro esempio σT = √4213=0,0046 s
cioè circa 65 volte minore. Fig. 105.1: Rappresentazione dei dati sperimentali: essi si distribuiscono con la forma di una gaussiana.
Il vantaggio nel ripetere tante volte una misura consiste quindi nel diminuire
l’incertezza sulla media di tutte le singole misure.
Realizzazione di un’esperienza di laboratorio Scheda 106
Verificare una teoria 106.1 Considerazioni preliminari
Scopo dell’esperienza Descrivere un fenomeno Un’esperimento di qualunque genere, per avere valore, deve essere ripetibile. Deve
cioè poter essere eseguito nello stesso identico modo da altre persone in modo che
Eseguire una misura esse possano confermare la validità del metodo e delle conclusioni.

106.2 Scopo dell’esperienza


Formule e concetti relativi
alla singola misura La corretta e precisa definizione dello scopo dell’esperienza è il punto centrale del-
l’esperienza stessa. Ogni singola azione svolta durante l’esperimento deve essere
Contesto teorico finalizzata alla realizzazione dello scopo. Quelle che saranno le conclusioni dell’e-
sperienza dovranno essere perfettamente attinenti a quanto dichiarato nello scopo.
Previsione teorica dei risultati Tipicamente gli scopi di un’esperienza possono essere tre:

Descrizione dei materiali • misura di una certa grandezza fisica

• verifica di una determinata previsione teorica


Descrizione
• descrizione di un fenomeno
degli strumenti
Se misuriamo una grandezza fisica semplicemente otterremo il suon valore con
Descrizione della la relativa incertezza; se verifichiamo una legge, confronteremo che una certa previ-
procedura sperimentale sione teorica sia in accordo con il risultato di una misura; infine se descriviamo un
fenomeno fisico allora indichiamo l’andamento del valore di una grandezza fisica al
variare di un’altra.
Analisi dei dati

Valutazione degli
106.3 Fisica dell’esperienza
errori sistematici Prima di procedere con le misure, è necessario inquadrare il contesto teorico all’in-
terno del quale tale misura si svolge. Si parlerà quindi dei concetti e delle formule
Conclusioni che hanno a che fare con la misura che si vuole effettuare. Qualora lo scopo dell’espe-
rienza sia la verifica sperimentale di una certa legge, allora sarà necessario svolgere
tutti i calcoli necessari per predirre il risultato della misura prima che questa venga
effettuata.

222
223 Scheda106. Realizzazione di un’esperienza di laboratorio

l’errore di misura tramite opportuna propagazione degli errori1 . Nel caso di misure
106.4 Descrizione del materiale utilizzato
ripetute, non sarà necessario ripetere tutti i conti per ogni singola misura, ma è pos-
Ogni singolo oggetto, sia un materiale o uno strumento di misura, deve essere indi- sibile effettuare i conti una sola volta per un set di misure e poi utilizzare un foglio
cato e descritto all’interno dell’esperienza nel seguente modo: di calcolo elettronico.

1. di ogni materiale deve essere indicata la quantità, indicando il metodo di mi-


sura e le relative incertezze sperimentali 106.7 Conclusioni
2. di ogni stumento di misura utilizzato, indicare portata e precisione dello stru- Le conclusioni dell’esperienza altro non sono che la certificazione che il risultato
mento. finale dell’analisi dei dati conferma lo scopo dell’esperienza dichiarato inizialmente.

106.5 Realizzazione dell’esperienza


Ogni singola azione svolta deve essere documentata; chi legge la relazione dell’espe-
rienza deve poter eseguire gli stessi vostri gesti per verificarne la correttezza. Ogni
misura effettuata deve essere accompagnata dall’incertezza sperimentale (consiglio
di indicare sia errore assoluto che relativo). Qualora ci siano misure ripetute, esse
dovranno essere indicate all’interno di un’opportuna tabella.
In particolare dovrà essere posta attenzione a spiegare il motivo di tutti quegli
accorgimenti studiati per ottenere misure con un’incertezza sperimentale statisti-
ca minima, e quali sono stati studiati per minimizzare od evitare eventuali errori
sistematici.
Effettuate le misure necessarie per la realizzazione dell’esperienza, dovranno es-
sere valutate tutte le possibili fonti di errori sistematici e verificato, anche solo con
una stima di ordini di grandezza, che la loro portata sia trascurabile rispetto agli
errori di misura ottenuti sulle grandezze misurate.

106.6 Analisi dei dati 1 A seconda del livello di conoscenze matematiche di chi svolge l’esperienza la gestione degli errori

potrà essere fatta con tecniche matematiche più o meno evolute.


Con l’analisi dei dati si intende l’esecuzione di tutti quei conti necessari per arriva-
re, partendo dalle misure effettuate, all’ottenimento dello scopo dell’esperienza. Di
Autore: Andrea de Capoa 12 Maggio 2016
ogni grandezza fisica calcolata a partire dalle misure effettuate, è importante stimare
Relazione di laboratorio Scheda 107
In questa scheda vi spiego come realizzare una relazione di laboratorio. Qualun-
107.5 Dati sperimentali
que relazione facciate, è opportuno seguire questo schema, che potrete adattare alla
specifica esperienza fatta, ma che non potrete stravolgere nelle sue linee essenziali. I dati sperimentali raccolti dovranno sempre essere elencati all’interno di una tabella.
La relazione è realizzata da una certa sequenza di punti fissi che dovranno essere svi- Ogni colonna della tabella deve indicare una grandezza fisica che avete misurato.
luppati nel giusto ordine. Tali punti sono costituiti dalle sezioni indicate di seguito e ogni volta che ripetete una stessa misura dovete indicarlòa in una nuova riga della
spiegate una ad una. tabella.

107.1 Scopo dell’esperienza 107.6 Analisi dei adti sperimentali


Con i dati sperimentali si fanno dei conti per verificare lo scopo dell’esperienza. I
Per prima cosa bisogna identificare lo scopo che ci siamo prefissati di raggiunge-
conti vanno chiaramente indicati e, per i conti ripetuti più volte, i risultati vanno
re. Questo è molto importante, in quanto ogni singola azione fatta dovrà essere
indicati in una tabella.
finalizzata al raggiungimento dello scopo dell’esperienza

107.7 Conclusioni
107.2 La fisica dell’esperienza
Eseguita l’analisi dei dati sperimentali, siete pronti per indicare le conclusioni, che
In questa sezione bisogna enunciare, in modo sintetico, quali concetti teorici ver- dovranno ovviamente essere perfettamente attinenti a quanto avete scritto nello sco-
ranno utilizzati per lo svolgimento dell’esperienza. Se ci sono dei conti teorici da po dell’esperienza.
svolgere, questo è il punto giusto per indicarli.

107.3 Materiale utilizzato


In questa sezione bisogna elencare la totalità del materiale utilizzato, facendo parti-
colare attenzione ad evidenziare quali strumenti di misura sono stati usati, indican-
do, per ognuno di esso, portata e sensibilità dello strumento.

107.4 Procedimento
In questa sezione dovete descrivere con precisione la sequenza delle azioni svolte,
Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
permettendo così a chiunque di poterla ripetere.

224
Parte XIV

Esercizi svolti

225
Esercizi di Base Scheda 108
Quanto è grande la cavità che ci deve essere all’interno del cubo di piombo?
108.1 Operazioni con gli scalari
[I0020] [2 4 ] Un oggetto è fatto da due cubi di lato L = 80 mm di legni
g g
[I0001] [1 22 ] Esegui le somme indicate qui di seguito, scegliendo a tuo piaci- differenti, rispettivamente di densità ρ1 = 0, 7 cm 3 e ρ2 = 0, 5 cm3 . I due cubi sono

mento l’unità di misura del risultato tra le due già presenti. attaccati per una delle facce. Indica su di un opportuno sistema di riferimento dove
si trova il baricentro dell’oggetto.
• 4 hm + 300 m = • 2 m3 + 40 dm3 = • 3 min + 2 sec =

• 3 hm + 5 cm = • 45 l + 50 dl = 108.2 Eseguire una misura


• 3 h + 5 sec =
• 3 m + 18 mm = • 45 l + 50 cl =
[I0010] [1 1 ] Misurate con un righello lo spessore di una moneta da 1 euro
2
• 9 km + 10 hm = 2
• 8 dl + 2 cl = • 36 km m
h + 30 s = [I0012] [2 5 ] Hai misurato con un righello il diametro di base e l’altezza di
un cilindro ottenendo d = 20 mm ± 1 mm e h = 50 mm ± 1 mm. Quanto vale il
• 9 m2 + 200 cm2 = • 7 kg + 400 g = kg
• 25 m g
3 + 12 cm3 = volume? Quanto vale l’errore assoluto sul volume? [I0012a] [2 5 ] Hai misurato
• 9 m2 + 5 dm2 = • 3 kg + 3 hg = con un righello i tre spigoli di un parallelepipedo, ottenendo a = 20 mm ± 1 mm,
• 2 kg·m g·cm
s2 + 5 s2 = b = 40 mm ± 1 mm, e h = 10 mm ± 1 mm. Quanto vale il volume? Quanto valgono
• 12 km3 + 78 hm3 = • 3 g + 55 mg =
gli errori assoluto e relativo sul volume? [I0014] [2 6 ] Hai misurato con
• 8 m3 + 15 cm3 = • 3 h + 5 min = • 8 kg·m
s + 5 g·km
h = un righello la base e l’altezza di un rettangolo ottenendo b = 10, 0 cm ± 0, 1 cm e
h = 5, 0 cm ± 0, 1 cm. Indicando in modo corretto gli errori di misura, calcola l’area
[I0003] [1 4 ] In un bicchiere vengono versati un volume VH2 O = 50 cm3 di ed il perimetro del rettangolo. [I0015] [2 7 ] Un cilindro graduato contiene un
kg
acqua ed un volume Vo = 50 cm3 di olio. L’acqua ha una densità ρH2 O = 1 dm 3 e volume Vi = 250 cm3 ± 1 cm3 di acqua. Dopo averci immerso un oggetto di massa
g
l’olio ha una densità ρo = 0, 8 cm3 . Quanto volume di liquido si trova nel bicchiere? m = 1, 12 kg ± 0, 01 kg, il cilindro segna un volume Vf = 375 cm3 ± 1 cm3 . Calcola
Quanta massa di liquido si trova nel bicchiere? [I0004] [1 2 ] Un oggetto di volume e densità dell’oggetto.
cui non conosciamo il materiale, occupa un volume V = 8, 75 dm3 ed ha la stessa [I0016] [1 2 ] Se stai misurando il periodo T di un pendolo utilizzando un cro-
massa di un blocco di ferro che occupa un volume VF e = 3 dm3 . Calcola la massa nometro (portata P = 10 h; precisione E = 0, 01 s) azionato dalla tua mano, quanto
kg
e la densità del materiale. La densità del ferro è ρF e = 7, 874 dm 3. [I0005] [1 vale l’errore di misura che fai sulla singola misurazione? Come puoi fare, facendo
3
2 ] Un cilindro graduato contiene un volume Vi = 250 cm di acqua. Dopo averci solo una misura, a migliorare la precisione della misura fino a Ea = 0, 02 s
kg
immerso un oggetto di rame di densità ρogg = 8, 92 dm 3 , il cilindro segna un volume [I0019] [1 2 ] Un libro di 500 pagine, misurato con un righello, è spesso
3
Vf = 375 cm . Calcola volume e massa dell’oggetto. [I0006] [1 2 ] Tre libri sono h = 3, 5 cm ± 0, 1 cm. Quanto è spessa ogni singola pagina? Calcola l’errore as-
posizionati uno sull’altro. I libri hanno rispettivamente massa m1 = 1 hg, m2 = 2 hg, soluto e relativo sulla misura della singola pagina. [Lab0001] [2 5 ] Ti tro-
m3 = 3 hg ed hanno tutti lo stesso spessore d = 3 cm. A che altezza si trova il vi su Marte. Hai misurato con un righello la lunghezza di un pendolo ottenendo
baricentro del sistema? L = 98, 5 cm ± 0.5 cm. Hai poi misurato cinque volte il periodo di oscillazione del
[I0017] [2 3 ] Due cubi di lato l = 10 cm, uno di argento (di densità ρAg = pendolo ottenendo i valori indicati in tabella. Quanto vale l’accelerazione di gravità
kg kg
10, 5 dm 3 ) e l’altro di piombo (di densità ρP b = 11, 3 dm3 ), hanno la stessa massa. di Marte?

226
227 Scheda108. Esercizi di Base

T1 3,23 s 3,22 s 3,22 s 3,23 s 3,24 s [I0009] [1 1 ] Scomponi i seguenti vettori lungo le direzioni indicate

[Lab0002] [1 3 ] Hai misurato con un cronometro la durata dell’oscillazione di


un pendolo ottenendo i seguenti risultati: T0 = 12, 4 s, T1 = 12, 3 s, T2 = 12, 3 s,
T3 = 12, 6 s, T4 = 12, 6 s, T5 = 12, 2 s, T6 = 12, 4 s. Quanto vale il periodo di oscil-
lazione di quel pendolo? Quanto vale l’errore assoluto sulla misura? Quanto vale
l’errore relativo sulla misura? [Lab0003] [2 3 ] Vogliamo misurare la velo-
cità di un’auto che viaggia a circa V = 10 m s con un errore relativo Er−V = 2%.
Per farlo cronometriamo in quanto tempo tale auto percorre una distanza ∆S =
20, 0 m ± 0, 1 m. Quale incertezza assoluta deve avere il cronometro che dovremo [I0011] [2 2 ] Disegna, e calcolane il valore, il vettore F~3 che annulla la somma
utilizzare? [Lab0004] [1 1 ] Su di una bilancia vengono messi tre oggetti la dei vettori F~1 e F~2 di valore rispettivamente F1 = 1, 5 kN e F2 = 800 N posti perpen-
cui massa risulta: m1 = 54 kg,m2 = 22, 8 kg e 2, 48 kg. Scrivi la misura della massa dicolari tra loro. [I0018] [1 2 ] Una barca attraversa un fiume muovendosi in
complessiva di tali oggetti indicando l’errore di misura. diagonale con velocità V = 10 m s . La barca si muove quindi contemporaneamente
lungo la direzione del fiume con velocità Vx = 8 m s e lungo la direzione tra le due

108.3 Operazioni con i vettori sponde. Con quale velocità si sta avvicinando alla sponda opposta? Disegna tale
vettore.
[I0002] [1 2 ] Dati due vettori ~a e ~b rispettivamente di moduli a = 12 e b = 16, [I0021] [2 2 ] Dati due vettori ~a e ~b, determinare i loro moduli sapendo che la
disegnateli in modo tale che la loro somma sia un vettore ~c il cui modulo valga c = 28. loro somma massima vale 35 e la loro somma minima vale 5.
Ripetete l’esercizio in modo tale che c = 4; c ∼ 10; c = 20; c ∼ 24. [I0007] [1 2 ]
Esegui le operazioni indicate con i vettori ~a e ~b:

~b ~b
~b

~a ~a ~a
~c = ~a + ~b ~c = 2~a − ~b ~c = 3~a − 2~b
[I0008] [1 2 ] Disegna il vettore che annulla i due vettori disegnati qui di seguito

~b
~b
~b

~a ~a ~a
Esercizi di Cinematica Scheda 109
(b) Un oggetto viene fatto cadere dal tetto di una casa partendo da fermo. Se
109.1 Grandezze cinematiche
arriva a terra dopo un tempo ∆t = 3 s, quanto è alta la casa?
[C0013] [1 1 ] Se mi muovo in avanti di ∆S1 = 600 m, e poi a destra di ∆S2 = [h = 44, 1 m]
800 m, quanti metri ho percorso? Di quanti metri mi sono spostato rispetto al punto (c) Un oggetto viene fatto cadere dentro un pozzo partendo da fermo. Se
di partenza? Disegna i due spostamenti e lo spostamento totale. arriva al fondo del pozzo dopo un tempo ∆t = 4 s, quanto è profondo il
[C0013a] [1 1 ] Se mi muovo verso nord di ∆S1 = 600 m, e poi verso est pozzo?
di ∆S2 = 300 m, ed infine verso sud di ∆S3 = 200 m, quanti metri ho percor- [h = 78, 4 m]
so? Di quanti metri mi sono spostato rispetto al punto di partenza? Disegna i tre
spostamenti e lo spostamento totale. 3. Moto circolare uniforme

(a) Un oggetto ruota con una frequenza ν = 4 Hz lungo un percorso circolare


109.2 Esercizi banali di raggio r = 2 m. Quale accelerazione centripeta subisce?
[ac = 1263, 3 sm2 ]
[C0015ban] [0 9 ] Esercizi banali di Cinematica:
(b) Un oggetto si muove di moto circolare uniforme con velocità V = 50 m s

1. Moto rettilineo uniforme lungo un percorso circolare di raggio r = 2 m. Con quale velocità angolare
ω si sta muovendo? Quanto tempo impiega a fare un giro?
(a) Quanto spazio percorre in un tempo ∆t = 70 s un oggetto che si muove [ω = 25 rad
s ; ∆t = 0, 25 s]
con velocità costante V = 80 m
s ? (c) Un pilota di Formula1 subisce in curva accelerazioni laterali di circa 4g.
[∆S = 5600 m]
Se sta facendo curve ad una velocità V = 150 Kmh , quanto vale il raggio
(b) Quanto spazio percorre in un tempo ∆t = 70 s un oggetto che si muove della curva?
con velocità costante V = 80 Km
h ? [r = 44, 3 m]
[∆S = 1555, 6 m]
(c) Quanto tempo impiega un pallone da calcio ad arrivare in porta se calciato
ad una velocità V = 25 m s da una distanza ∆S = 30 m? Ipotizziamo che il 109.3 Sistemi di riferimento
pallone viaggi sempre alla stessa velocità lungo il suo tragitto.
[∆t = 1, 2 s] [C0019] [1 1 ] Un ascensore con dentro una persona comincia la sua corsa in
salita partendo con accelerazione a = 2 sm2 . Quanto vale l’accelerazione complessiva
2. Moto uniformemente accelerato
subita dalla persona?
(a) Quanto spazio percorre in un tempo di ∆t = 5 s un oggetto che si muove [atot = 11, 8 sm2 ]
con un’accelerazione costante a = 2 sm2 e che parte con una velocità iniziale [C0020] [1 1 ] Se in macchina eseguo una frenata con accelerazione a = 6 sm2 ,
Vi = 5 m
s nella stassa direzione e nello stesso verso dell’accelerazione? quanto vale e verso dove e diretta l’accelerazione totale che subisco?
[∆S = 50 m] [at = 11, 5 sm2 ; in diagonale verso il basso.]

228
229 Scheda109. Esercizi di Cinematica

[C0040] [1 1 ] Una persona si trova su di un ascensore. Se l’ascensore si distanza tra il pallone ed il portiere è ∆S2 = 8 m. Chi arriva prima a prendere il
muove con un’accelerazione a = 2 sm2 verso l’alto, quale accelerazione complessiva pallone?
percepisce la persona? [C0007] [1 3 ] Una persona percorre un tragitto lungo ∆Sa = 100 m in un
[C0041] [1 1 ] Una persona si trova su di un ascensore. Se l’ascensore si tempo ∆ta = 20 s; successivamente si ferma per un intervallo di tempo ∆tb = 10 s
muove con un’accelerazione a = 2 sm2 verso il basso, quale accelerazione complessiva e successivamente un tragitto ∆Sc = 50 m in un tempo ∆tc = 25 s. A quale velocità
percepisce la persona? media ha viaggiato nel primo tratto ∆Sa ? A quale velocità media ha viaggiato nel
[C0047] [2 3 ] Due automobili si muovono perpendicolarmente tra loro par- secondo tratto ∆Sc ? A quale velocità media ha viaggiato complessivamente?
tendo dalla stessa posizione con velocità costanti rispettivamente Va = 12 m
s e Vb = [C0012] [1 2 ] Due automobili stanno percorrendo a velocità costante due
m
16 s Quanto distano tra loro dopo un tempo ∆t = 5 s? strade che si incrociano. La prima automobile dista dall’incrocio ∆S1 = 600 m e
[C0051] [2 2 ] Un pendolo su di un ascensore fermo oscilla con un periodo sta viaggiando ad una velocità V1 = 30 m
s . La seconda automobile dista dall’incrocio
T0 = 1 s. Quanto vale il periodo di oscillazione mentre l’ascensore
r sale con accelera- ∆S2 = 800 m. A quale velocità deve viaggiare la seconda macchina affinchè si scontri
l con la prima?
zione a = 1, 2 sm2 ? [Un pendolo semplice ha periodo T = 2π , dove l è la lunghezza del
g [C0018] [1 5 ] Un’auto da corsa alla fine di una gara dista dal traguardo
pendolo e g l’accelerazione che muove il pendolo]
∆S1t = 600 m e viaggia a velocità costante V1 = 80 m s ; una seconda auto dista dal
traguardo ∆S2t = 500 m e viaggia a velocità costante V2 = 50 m s . Chi vince la gara?
Dopo quanto tempo l’auto più veloce sorpassa quella più lenta? Quando l’auto che
109.4 Moto rettilineo uniforme
vince taglia il traguardo, a che distanza dal traguardo si trova l’auto che perde?
[∆t1 = 7, 5 s;∆t2 = 10 s;Vince la prima auto; ∆tsorp = 3, 33 s; d = 125 m]
[C0001] [1 3 ] Un’automobile viaggia alla velocità costante V1 = 120 km h per un
tempo ∆t1 = 2 h; successivamente si ferma per un tempo ∆t = 1 h, ed infine riparte [C0021] [1 3 ] Una moto si muove con velocità costante V1 = 72 km h inseguen-

viaggiando alla velocità costante V2 = 90 km do un’auto che si muove con velocità costante V2 = 54 km . Sappiamo che in un certo
h per un tempo ∆t2 = 4 h. A quale h

velocità media ha viaggiato l’automobile? istante iniziale l’auto ha ∆t = 10 min di vantaggio sulla moto. Quanti metri di di-
[C0002] [2 1 ] Un’automobile viaggia alla velocità costante V1 = 120 km stanza ci sono tra l’auto e la moto all’istante iniziale? Dopo quanto tempo la moto
h e
km
deve superare un camion che viaggia alla velocità costante V2 = 90 h . Sapendo che raggiunge l’auto?
il camion è lungo l2 = 11 m e che la macchina è lunga l1 = 4 m, quanto tempo dura [C0022] [1 1 ] Due lepri si rincorrono rispettivamente alla velocità costante
il sorpasso? V1 = 5 m m
s e V2 = 3 s , e distano inizialmente ∆S = 12 m. Dopo quanto tempo il più

[C0005] [1 2 ] Un atleta sta correndo una gara sulla distanza L = 10000 m veloce raggiunge il più lento?
viaggiando a velocità costante V = 5 m [C0022a] [1 1 ] Due lepri, distanti tra loro ∆S = 12 m, corrono una verso
s Se ha già corso per un tempo ∆t = 8 min
quanto gli manca al traguardo? l’altra con velocità costanti V1 = 5 m m
s e V2 = 3 s . Dopo quanto tempo si scontrano?

[C0006] [2 3 ] In una partita di calcio un attaccante si dirige verso il portiere [C0024] [1 4 ] Giorgio percorre ∆S1 = 7 hm e successivamente si muove
m
avversario con velocità costante V1 = 6 m per un tempo ∆t1 = 3 min viaggiando alla velocità V1 = 4 . Marco percorre una
s ; il pallone si trova tra i due giocatori e si s
muove verso il portiere con velocità Vp = 2 m distanza ∆S2 = 0, 6 M iglia e successivamente si muove per un tempo ∆t2 = 0, 1 h
s ; il portiere si muove verso il pallone m
m
alla velocità V2 = 5 s . La distanza tra l’attaccante ed il pallone è ∆S1 = 4 m; la viaggiando alla velocità V2 = 2 . Chi ha percorso più strada?
s
230 Scheda109. Esercizi di Cinematica

[C0027] [1 2 ] Un atleta corre una gara alla velocità costante V = 4 m


s . Sapendo [C0052] [3 2 ] Un oggetto percorre quattro quinti di un tragitto alla velocità
m
che al traguardo manca ∆S2 = 3800 m, e che la gara è iniziata da ∆t = 5 min, quanti V = 10 e l’ultimo quinto del tragitto a metà di quella velocità. Quale velocità
s
metri è lunga tutta la gara? media ha tenuto?
[C0028] [1 3 ] Su di un campo da calcio rettangolare di dimensioni l = 100 m
e h = 70 m, Marco e Luigi si muovono da un vertice del rettangolo a quello opposto.
Marco si muove lungo il perimetro, mentre Luigi si muove lungo la diagonale del 109.5 Moto uniformemente accelerato
campo. Sapendo che Marco corre alla velocità VM = 6 m s e che Luigi corre più lento
m
alla velocità VL = 5 s , chi arriva prima? [C0004] [2 5 ] Una automobile, partendo da ferma, percorre un tratto di strada
[C0030] [1 3 ] Una bicicletta viaggia per un tempo ∆t1 = 2 h alla velocità ∆S1 muovendosi per un tempo ∆t1 = 10 s con un’accelerazione a = 1, 2 sm2 . Suc-
V1 = 20 km km cessivamente percorre un tratto di strada ∆S2 con velocità costante per un tempo
h e successivamente per un tempo ∆t2 = 3 h alla velocità V2 = 30 h .
Quale velocità media ha tenuto? ∆t2 = 30 s. Quanto è lungo il tratto di strada complessivamente percorso dalla
[C0031] [1 4 ] Un ciclista affronta una salita lunga ∆S1 = 10 km ad una ve- macchina? A quale velocità media ha viaggiato la macchina?
locità media Vm1 = 10 m [C0009] [2 2 ] Un oggetto si trova ad una certa altezza e viene sparato verso
s e la successiva discesa lunga ∆S2 = 30 km in un tempo
∆t2 = 40 min. In quanto tempo ha percorso il tratto in salita? Quale velocità media l’alto con una velocità iniziale Vi = 4 m
s . Sapendo che arriverà a terra dopo un tempo
ha tenuto in discesa? Quale sull’intero percorso? ∆t = 2 sec, quanto si trovava in alto?
[∆ts = 1000 s; Vmd = 12, 5 m m
s ; Vmd = 11, 76 s .]
[C0011] [2 4 ] Un’auto ha velocità Vi = 108 km h e comincia a rallentare fino
km
[C0032] [1 1 ] Dopo quanto tempo si scontrano due auto, entrambe che alla velocità Vf = 72 h . La frenata dura ∆t = 4 sec. Calcola l’accelerazione subita
viaggiano una contro l’altra alla velocità costante V = 80 km dall’auto e indicane il verso. Quanta strada ha fatto l’auto durante la frenata?
h , se distano tra loro
∆S = 2 km? [C0016] [2 4 ] Due oggetti vengono lanciati uno verso il basso e l’altro verso
[C0033] [1 3 ] Un ciclista affronta una salita lunga ∆S1 = 21 km ad una ve- l’alto, entrambi con una velocità iniziale Vi = 5 m
s . Se entrambi arrivano a terra dopo
locità media Vm1 = 7 m un tempo ∆t = 4 s, quanto si trovavano in alto?
s e la successiva discesa lunga ∆S2 = 30 km ad una velocità
m
media Vm2 = 15 s . In quanto tempo ha percorso il tratto in salita? In quanto tempo [ha = 98, 4 m; hb = 58, 4 m]
ha percorso il tratto in discesa? Quale velocità media ha tenuto sull’intero percorso? [C0017] [2 3 ] Un pallone viene lanciato verso l’alto con una velocità iniziale
[∆t1 = 3000 s; ∆t2 = 2000 s; Vm = 10, 2 m s .]
Vi = 10 m
s . Dopo quanto tempo non si è spostato?
[C0035] [1 1 ] Un atleta corre una gara lunga ∆Stot = 10000 m alla velocità [∆t = 2, 04 s]
V =4m s . Sapendo che al traguardo manca ∆S2 = 4000 m, da quanto tempo la gara
[C0025] [2 4 ] Un oggetto viene lanciato verso l’alto da un’altezza hi = 30 m
è iniziata? con una velocità iniziale Vi = 5 m
s . Dopo quanto tempo arriva a terra?

[C0038] [2 3 ] Un treno sta percorrendo a velocità costante V = 160 km [∆t = 3 s]


h la
linea ferroviaria Torino-Milano. All’istante ti = 900 s il treno si trova a Si = 50 km [C0026] [1 2 ] Un oggetto viene lasciato cadere, partendo da fermo, in un
dal punto di riferimento. Scrivi la legge oraria del moto. Dove si troverà il treno pozzo, e ne tocca il fondo dopo un tempo ∆t = 2 s. Quanto è profondo il pozzo?
all’istante t1 = 1800 s ? Dove si troverà quando sarà trascorso in tempo ∆t = 1, 5 h [C0036] [2 4 ] Un’automobile sta viaggiando alla velocità Vi = 36 km h e co-
m
dopo l’istante t1 ? mincia a frenare con accelerazione costante a = 0.5 s2 . Dopo quanto tempo si ferma?
231 Scheda109. Esercizi di Cinematica

Quanto spazio ha percorso da quando ha cominciato a frenare?


109.7 Moto parabolico
[∆t = 20 s; ∆S = 100 m.]
[C0034] [2 3 ] Un fucile spara un proiettile orizzontalmente con velocità Vix = [C0003] [2 3 ] Un fucile spara orizzontalmente un proiettile con velocità inizia-
200 m s ; il bersaglio si trova 2 cm sotto la linea di tiro e viene colpito nel centro. Quanto le Vix = 800 m s contro un bersaglio posto alla distanza ∆Sx = 400 m. A quanti
si trova distante il bersaglio? centimetri sotto la linea di tiro viene colpito il bersaglio?
[∆Sx = 12, 78 m] [C0008] [2 3 ] Un fucile spara orizzontalmente un proiettile alla velocità ini-
[C0037] [1 2 ] Un oggetto si sta inizialmente muovendo alla velocità Vi = ziale Vix = 800 m s contro un bersaglio alla distanza ∆Sx = 160 m. Di quanti cen-
10 s . Esso subisce un’accelerazione costante a = 2 sm2 nella stessa direzione della
m
timetri sotto la linea di tiro la pallottola colpirà il bersaglio? (Si trascuri l’effetto
velocità ma con verso opposto, per un tempo ∆t = 3 s. Quale sarà la sua velocità dell’attrito con l’aria)
finale? [C0008a] [2 3 ] Un fucile spara un proiettile orizzontalmente con velocità
[C0037a] [1 2 ] Un oggetto si sta inizialmente muovendo alla velocità Vi = Vix = 800 m s ; il bersaglio viene colpito ∆Sy = 19, 6 cm sotto la linea di tiro. Quanto
10 m m si trova distante il bersaglio? (Si trascuri l’effetto dell’attrito con l’aria)
s . Esso subisce un’accelerazione costante a = 2 s2 nella stessa direzione della
velocità e con lo stesso verso, per un tempo ∆t = 3 s. Quale sarà la sua velocità [C0010] [2 4 ] Un tennista durante il servizio colpisce orizzontalmente la pal-
finale? lina all’altezza hi = 2 m imprimendole una velocità iniziale Vix = 30 m s . Sapendo

[C0045] [2 4 ] Un’automobile esce da un parcheggio partendo da ferma con che la rete nel punto più alto è alta hr = 1, 07 m e che tale rete si trova alla distanza
una accelerazione costante. Contemporaneamente un camion le si sta avvicinando, ∆Sx = 11, 89 m dalla riga di fondo, calcola a quanti centimetri da terra la pallina
e si trova Sic = 30 m dietro di lei viaggiando alla velocità Vc = 20 m passa sopra la rete.
s . Con quale
accelerazione deve muoversi l’auto per non essere tamponata dal camion? [C0014] [2 3 ] Un cannone spara orizzontalmente un proiettile da una posta-
zione rialzata, con una velocità iniziale orizzontale V~ix = 200 m . Dopo un tempo
s
∆t = 2 s colpisce il suo bersaglio. Quanto distante si trova il bersaglio in linea oriz-
zontale? Quanto più in basso rispetto all’altezza del cannone?
109.6 Moto circolare [∆Sx = 800 m; ∆Sy = 19, 6 m]
[C0034] [2 3 ] Un fucile spara un proiettile orizzontalmente con velocità Vix =
[C0050] [3 3 ] Un’auto di massa m = 700 kg sta percorrendo una curva di rag- 200 m s ; il bersaglio si trova 2 cm sotto la linea di tiro e viene colpito nel centro. Quanto
gio r = 20 m alla velocità iniziale Vi = 6 ms . Mentre percorre la curva accelera co- si trova distante il bersaglio?
stantemente in modo da arrivare dopo un tempo ∆t = 4 s alla velocità Vf = 10 m s [C0039] [2 2 ] Un cannone spara un proiettile con una velocità iniziale Vi =
continuando sulla stessa curva. Quanto vale l’accelerazione complessiva che subisce 500 m m
s ; nel punto di massima altezza il proiettile ha velocità Vf = 300 s . Quanto
l’auto nell’istante finale? vale il modulo della variazione di velocità? Quanto tempo ha impiegato il proiettile
m
[C0053] [2 2 ] Per costruire una base sul suolo di Marte (gm = 3, 711 2 ), i fisici a raggiungere il punto di massima altezza?
s
della NASA hanno pensato ad una stazione circolare rotante attorno ad un asse di [C0042] [2 3 ] Un cannone spara un proiettile con una velocità iniziale Vi =
rotazione verticale. Quale accelerazione centrifuga è necessaria affinché all’interno 500 m m
s ; nel punto di massima altezza il proiettile ha velocità Vh = 300 s . Quanto vale
della stazione si percepisca un’accelerazione di gravità pari a quella della Terra? il modulo della velocità Vf del proiettile al momento dell’impatto al suolo? Quanto
232 Scheda109. Esercizi di Cinematica

vale il modulo della variazione di velocità? Quanto tempo ha impiegato il proiettile [C0029a] [1 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico spazio-
a raggiungere il punto di impatto al suolo? tempo. Indica: la massima distanza dal punto di partenza, il numero di ore comples-
[C0043] [2 3 ] Un cannone spara orizzontalmente un proiettile con una velo- sivo in cui è stato fermo, la velocità media complessiva, la velocità massima.
cità iniziale Vix = 100 m
s . Quanto vale il modulo della velocità Vf del proiettile dopo 8 S(km)
un tempo ∆t = 15 s?
6
[C0046] [2 4 ] Un proiettile viene lanciato dal tetto di un palazzo, con una 4
velocità iniziale Vi = 15 m s inclinata verso l’alto rispetto all’orizzontale di un angolo 2
α = 30◦ , verso un palazzo di uguale altezza distante ∆Sx = 40 m. Quanti metri sotto t(h)
al tetto viene colpito il secondo palazzo? 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
km
[C0048] [3 4 ] Un automobilista sta viaggiando alla velocità Vi = 90 Ad h .
[C0029b] [1 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico spazio-
un certo punto si accorge di un ostacolo sulla strada alla distanza d = 140 m. A
tempo. Indica: la massima distanza dal punto di partenza, il numero di ore comples-
causa dei tempi di reazione, comincia a frenare dopo un tempo ∆t1 = 0, 2 s. Da
sivo in cui è stato fermo, la velocità media complessiva, la velocità massima.
quando comincia a frenare impiega un tempo ∆t2 = 10 s prima di fermarsi. Colpirà
l’ostacolo? 8 S(km)
[C0049] [3 4 ] Dalla terrazza di un palazzo, alta Si1 = 40 m da terra, viene 6
lanciato un oggetto verso il basso con velocità iniziale Vi1 = 5 m
s . Contemporanea- 4
mente viene lanciato da terra un secondo oggetto con velocità iniziale verso l’alto 2
t(h)
pari a Vi2 = 15 m
s . A quale altezza da terra si scontrano?
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

[C0044a] [2 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico velocità-


109.8 Lettura di grafici del moto tempo. Indica: la velocità massima, il numero di ore in cui l’oggetto ha velocità
costante, l’accelerazione massima, la distanza percorsa, la velocità media.
[C0029] [1 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico spazio-tempo.
Indica: la massima distanza dal punto di partenza, il numero di ore complessivo in 8 V ( km
h )

cui è stato fermo, la velocità media complessiva, la velocità massima. 6


4
8 S(km) 2
t(h)
6
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
4
2 [C0044b] [2 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico velocità-
t(h)
tempo. Indica: la velocità massima, il numero di ore in cui l’oggetto ha velocità
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 costante, l’accelerazione massima, la distanza percorsa, la velocità media.
233 Scheda109. Esercizi di Cinematica

8 V ( km
h )
6
4
2
t(h)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
Esercizi di Dinamica Scheda 110
(d) Una macchina di massa m = 800 kg sta facendo una curva di raggio r =
110.1 Teoria ed esercizi banali
20 m ad una velocità V = 50 m
s . Quale forza centrifuga spinge l’auto verso
[D0024] [1 7 ] Domande di teoria di dinamica l’esterno della curva?
[Fc = 10000 N ]
1. Principi della dinamica (e) Una moto da corsa di massa m = 100 kg viaggia alla velocità V = 70 Kmh
lungo una curva di raggio r = 50 m. Quanto vale la forza centripeta che
(a) Se vedo un oggetto che si muove sempre con la stessa velocità ~v , quale
subisce la moto?
forza agisce su di lui?
[Fc = 756, 17 N ]
(b) Se vedo un oggetto che cambia la sua velocità ~v , quale ne è stata la causa?
2. Calcolo di Momenti di una forza
(c) Se spingo un oggetto con una forza F~ , quale forza subisco?
(a) Una forza F = 500 N viene applicata ad una distanza r = 2 m da un punto
(d) Guardando un oggetto, da cosa capisco se sta subendo una forza oppure fisso e formante un angolo α = 90◦ con la retta che unisce il punto fisso
no? ed il punto di applicazione della forza. Quanto vale il momento di quella
(e) Se su di un oggetto non agisce alcuna forza, posso dire che è sicuramente forza?
fermo? [M = 1000 N m]
(f) Se un oggetto è fermo, posso dire che su di lui agisce una forza totale (b) Una forza F = 100 N viene applicata ad una distanza r = 3 m da un punto
nulla? fisso e formante un angolo α = 30◦ con la retta che unisce il punto fisso
ed il punto di applicazione della forza. Quanto vale il momento di quella
(g) Se su di un oggetto agisce una forza totale nulla, posso dire che è fermo?
forza?
[D0017ban] [1 18 ] Esercizi banali di Dinamica: [M = 150 N m]
(c) Una forza F = 50 N viene applicata ad una distanza r = 3 m da un punto
1. Calcolo di forze fisso e formante un angolo α = 180◦ con la retta che unisce il punto fisso
ed il punto di applicazione della forza. Quanto vale il momento di quella
(a) Quanto vale la forza di gravità che agisce su di una macchina di massa
forza?
m = 800 kg?
[M = 0 N m]
[Fg = 7840 N ]
(d) Ad un pendolo con asta, senza massa, di lunghezza l = 30 cm è appeso un
(b) Quanto vale la forza di Archimede che agisce su di un oggetto di densità oggetto di massa m = 10 kg. Il pendolo è inclinato di un angolo α = 45◦
g 3
ρ = 0, 7 cm 3 e di volume V = 5 cm completamente immerso nell’acqua? rispetto alla verticale. Quanto vale il momento della forza di gravità che
[FArch = 0, 049 N ] agisce sull’oggetto?
(c) Se una molla esercita una forza F = 100 N e la vedo accorciarsi di ∆l = [M = 20, 8 N m]
2 cm, quanto vale la costante elastica di quella molla? (e) Immaginate una sbarra orizzontale senza peso con un perno nel suo cen-
N
[k = 50 cm ] tro. La sbarra è libera di ruotare intorno al suo centro. Applicate sul lato

234
235 Scheda110. Esercizi di Dinamica

destro della sbarra una forza F1 = 300 N verso il basso ad una distanza 2. Calcola la massima forza di attrito statico che può agire sull’oggetto.
b1 = 10 cm dal perno. Applicate ora una seconda forza F2 = 60 N verso il
basso sul lato sinistro della sbarra ad una distanza b2 = 30 cm dal perno. 3. Quanto vale la forza che fa cominciare a muovere l’oggetto?
Applicate ora una terza forza F3 = 10 N verso il basso sul lato destro del-
4. Quale forza totale subisce l’oggetto mentre si muove?
la sbarra ad una distanza b3 = 40 cm dal perno. Indica quanto valgono e
in quale verso fanno ruotare: il momento della forza F1 , il momento del- 5. Quanto vale la forza di attrito dinamico sull’oggetto
la forza F2 , il momento della forza F3 , il momento totale applicato sulla
sbarra. 6. Quanto vale il coefficiente di attrito dinamico tra il piano e l’oggetto?
[M1−o = 30 N m; M2−a = 18 N m; M3−o = 4 N m; Mtot−o = 16 N m.]
[D0002] [1 4 ] Quale percentuale del volume di una statuetta di legno di
(f) Su di una sbarra verticale, che come punto fisso la sua estremità inferio- g
densità ρ = 0, 7 cm 3 rimane immersa nell’acqua quando galleggia?
re, viene applicata orizzontalmente una forza F1 = 10 N verso destra ad
[D0006] [2 3 ] Una slitta di massa m1 = 0, 12 kg scivola senza attrito su un
un’altezza h1 = 2 m. Una seconda forza orizzontale F2 = 30 N viene ap-
piano orizzontale tirato da un filo di massa trascurabile che, passando attraverso
plicata verso sinistra ad un’altezza h2 = 70 cm. Quanto vale il momento
una carrucola, è a sua volta attaccato ad un peso di massa m2 = 0, 02 kg. Tale peso
della prima forza? Quanto vale il momento della seconda forza? Quanto
viene tirato verso il basso dalla forza di gravità. Con quale accelerazione si muove il
vale il momento totale applicato alla sbarra?
sistema?
[M1−o = 20 N m; M2−a = 21 N m; Mtot−a = 1 N m]
[D0014] [1 1 ] Se un oggetto di volume V = 9 cm3 galleggia sull’acqua im-
merso per i 23 del suo volume, quanto vale la forza di Archimende che agisce su di
kg
lui? [ρacqua = 1 dm 3]

110.2 Baricentro [D0019] [1 2 ] Quanto vale la forza di gravità che agisce su di un oggetto di
kg 3
ferro (ρF e = 7, 874 dm 3 ) di volume V = 5 dm ?

[D0010] [1 2 ] Tre cubi omogenei di lato l = 10 cm e di massa m1 = 9 kg, m2 = [Fg = 386, 22 N ]


5 kg, m3 = 2 kg, sono posti nell’ordine uno sopra all’altro. A quale altezza si trova il [D0020] [1 3 ] Un oggetto di massa m = 100 kg e volume V = 5 dm3 si trova
baricentro del sistema? sul fondo di una piscina piena di acqua (ρacqua = 1 dm kg
3 ). Quanto vale la densità del-

l’oggetto? Quanto valgono la forza di gravità e la forza di Archimede che agiscono


sull’oggetto? Se sollevo l’oggetto con una forza F2 = 2000 N , con quale forza totale
110.3 Forze l’oggetto si muove?
kg
[ρogg = 20 dm 3 ; Fg = 980 N ; FArc = 49 N ; Ftot = 1069 N ;]
[D0001] [2 6 ] Un blocco di massa m = 20 kg fermo su un piano orizzontale con
coefficiente di attrito statico µstatico = 3 viene spinto verso destra. Esso comincia [D0021] [1 6 ] Una statua d’oro (m = 19, 3 kg ; V = 1 dm3 ) viene lanciata in
kg
a muoversi sotto l’azione di una forza F con un’accelerazione totale atot = 5 sm2 . mare (ρH2 O −mare = 1, 02 dm 3 ). Calcola la densità dell’oro. Calcola la forza di gravità,

Quanto vale il coefficiente di attrito dinamico tra il piano orizzontale e l’oggetto? di Archimede e totale che agiscono sulla statua. Se attacco alla statua un pallone di
massa mp = 1, 7 kg e volume Vp = 40 dm3 , quanto vale la forza totale sulla statua?
kg
1. Calcola la forza di gravità che agisce sull’oggetto. [ρAu = 19, 3 dm 3 ; Fg = 189, 1 N ; FA = 10 N ; P = 179, 1 N ; F = 204, 1 N ↑]
236 Scheda110. Esercizi di Dinamica

[D0022] [1 2 ] Un oggetto di massa m = 500 g si muove di moto circolare spinto partendo da fermo da una forza F = 100 N strisciando su di un piano con
uniforme di raggio r = 20 cm ad una velocità V = 4 m s attaccato ad una molla di coefficiente di attrito dinamico µd = 0, 1 . Successivamente F~ si annulla.
N
costante elastica k = 10 cm . Quanto vale la forza centrifuga che tira la molla? Di
conseguenza, di quanto si è allungata la molla? 1. Quanto valgono la forza di gravità e di attrito che agiscono sull’oggetto?
[Fc = 40 N ; ∆l = 4 cm]
2. Quanto valgono la forza totale che spinge l’oggetto e la sua accelerazione?
[D0038] [1 1 ] Un oggetto del peso di Fp = 40 N si sposta su di un piano
orizzontale con coefficiente di attrito dinamico µd = 0, 02, sotto l’azione di una forza 3. Quanto spazio avrà percorso e a quale velocità sta viaggiando alla fine dell’in-
F = 20 N nella direzione del moto. Qual è la forza totale che agisce su di esso? tervallo di tempo?
[D0039] [1 1 ] Un oggetto di massa m = 2 kg si sposta su di un piano oriz-
zontale con coefficiente di attrito dinamico µd = 0, 2, sotto l’azione di una forza 4. Con quale accelerazione si muove quando F~ si annulla, e dopo quanto tempo
F = 20 N nella direzione del moto. Qual è la forza totale che agisce su di esso? si ferma?
[D0042] [2 2 ] Sapendo che la massa di Marte vale M = 6, 39 · 1023 kg ed il
[CD0002] [1 3 ] In un giorno di sole, un’automobile sta percorrendo una curva
suo raggio vale R = 3390 km, calcola il valore dell’accelerazione di gravità di Marte.
di raggio r = 48 m. Sapendo che il coefficiente di attrito tra la gomma e l’asfalto
Come cambierebbe tale accelerazione se avessimo un pianeta "X" di raggio doppio e
asciutto vale µ = 0, 6, a quale velocità massima può viaggiare senza uscire di strada?
con il doppio della massa?
In caso di pioggia, il coefficiente di attrito scende fino al valore µ = 0, 4; a quale
[D0044] [3 4 ] In quale punto, sulla linea tra la Terra e la Luna, deve essere velocità deve scendere l’autista per rimanere in strada?
messo un satellite affinchè subisca a causa dei due corpi celesti una forza di gravità
[CD0003] [2 4 ] Un ciclista con la sua bicicletta ha una massa complessiva m =
complessiva nulla?
60 kg e nel rettilineo (nel quale la bicicletta è in posizione verticale) il suo baricento
[D0051] [3 4 ] Una navicella spaziale di forma cilindrica con altezza h = 10 m si trova ad un’altezza h = 100 cm da terra. Il ciclista affronta poi una curva ad una
e massa m2 = 500 kg è in orbita intorno alla Terra. La base inferiore si trova ad velocità V = 10 m ◦
s inclinato di un angolo di α = 30 rispetto alla verticale. Quanto
una distanza d = 408 km dal centro della Terra (di raggio RT = 6371 km e massa vale il momento della forza di gravità che tende a far cadere la bicicletta? Quanto
MT = 5, 97219 · 102 4 kg). Quanto pesa un oggetto di massa m1 = 1 kg su tale base? vale il momento della forza centrifuga che mantiene in equilibrio il ciclista? Quanto
[D0055] [2 4 ] Un oggetto di massa m = 2 kg F~ vale il raggio della curva che sta facendo?
viene trascinato su di un piano con coefficiente di attrito [ Mf g = 294 N m; Mf c = −294 N m; r = 17, 7 m]
dinamico µ = 0.2 da una forza F = 5 N inclinata di un α [CD0004] [1 2 ] Un ragazzo fa roteare un mazzo di chiavi con una frequenza
angolo α = 30◦ verso l’alto rispetto all’orizzontale. Con ν = 4 Hz; il raggio del cerchio percorso dalle chiavi è lungo r = 0, 2 m, a quale
quale accelerazione si muove l’oggetto? velocità angolare ruotano le chiavi? Se le chiavi hanno una massa m = 0, 1 kg, quanto
[ID0001] [1 3 ] A due chiodi messi alla stessa altezza viene legata una corda. vale la forza che mette in tensione il cordino?
Al centro della corda viene appeso un oggetto. La corda assume quindi una forma a [ω = 25, 13 rad
s ; F = 12, 6 N ]
V. Sulla corda c’è una tensione T = 1700 N ; La componente orizzontale di tale forza [CD0005] [2 2 ] Caronte, satellite di Plutone, ruota intorno ad esso con un’or-
vale Tx = 1500 N . Quanto vale la massa dell’oggetto? bita circolare di raggio r = 19571 km in un tempo T = 6, 3872 giorni. Quanto vale la
[CD0001] [2 7 ] Per un tempo ∆t = 4 s, un oggetto di massa m = 20 kg viene massa di Plutone?
237 Scheda110. Esercizi di Dinamica

[CD0006] [2 2 ] Immaginate di scavare un tunnel che attraversi tutto il pianeta quanto valgono la distanza b3 e la reazione vincolare Rv del perno affinché la sbarra
Terra passando per il suo centro. Ipotizziamo che la Terra sia una sfera perfetta ed possa rimanere ferma.
omogenea. Se lasciamo cadere un oggetto nel tunnel, di che tipo di moto si muoverà? [D0008] [1 3 ] Un vaso di massa trascurabile contenente V = 15 dm3 di acqua
[CD0007] [2 2 ] Un satellite artificiale viaggia su di un’orbita circolare ad kg
di mare (ρ = 1, 03 dm 3 ) è appeso al soffitto con una molla di costante elastica k =

un’altezza h = 500 km dalla superficie terrestre. Determinare la velocità ed il periodo N


100 m . Di quanto si allunga la molla?
del’orbita. [D0009] [2 4 ] Due persone stanno sollevando una trave di forma irregolare,
[CD0008] [2 2 ] Sapendo che un satellite orbita intorno ad un pianeta ad una di massa m = 50 kg e lunga l = 2 m tenendola per i suoi estremi. Il baricentro della
distanza R, con periodo T = 150 giorni, quanto vale il periodo di rotazione di un trave si trova a d = 70 cm da uno degli estremi della trave stessa. Quanto valgono le
satellite che ruota intorno allo stesso pianeta ad una distanza R2 = 4 R? forze fatte dalle due persone?
[CD0009] [3 2 ] Un sistema binario di stelle è formato da due stelle di massa [D0012] [2 5 ] Una sbarra di ferro lunga l = 2 m il cui baricentro si trova a
M1 = 2 Ms ed M2 = 8 Ms . Sapendo che la massa del nostro Sole è Ms = 2 · 1030 kg d = 50 cm da uno degli estremi, viene appoggiata su due molle poste agli estremi
e che le due stelle mantengono tra loro una distanza costante d = 2 · 1010 m, quanto della sbarra, le quali si schiacceranno della stessa quantità ∆l = 6 cm. Sapendo che
vale il periodo di rotazione del sistema? la prima molla ha costante elastica k1 = 1000 cm N
, quanto vale la costante elastica
[CD0010] [2 2 ] Sapendo che Venere orbita intorno al Sole ad una distanza dell’altra molla e quanto vale la massa della sbarra?
R = 1, 08 · 1011 m, con periodo T = 0, 615 anni, quanto vale la massa del Sole? [D0013] [1 3 ] Un cubo di ferro di densità ρF e = 7874 m kg
3 , e di lato l = 20 cm
kg
si trova sul fondo di una piscina piena di acqua di densità ρH2 O = 1000 m 3 . Qual è la

minima forza necessaria per sollevarlo dal fondo della piscina?


110.4 Equilibrio
[D0015] [1 1 ] Un ciclista di massa m = 60 kg corre in pianura alla velocità
[D0003] [2 3 ] Un oggetto si muove su di un piano orizzontale con velocità co- costante V = 35 kmh . Se le forze d’attrito con l’aria hanno un valore Fa = 500 N ,

stante, sotto l’azione di una forza F = 100 N . Se il coefficiente di attrito tra il piano e quanto vale la forza in avanti che il ciclista fa spingendo sui pedali? Spiegane il
l’oggetto vale µd = 1, 5 quanto vale la massa dell’oggetto? perchè. Quanto vale l’accelerazione con la quale si muove la bicicletta?
[D0004] [2 2 ] Un oggetto di ferro di massa m = 2 kg è appeso ad una molla di [D0016] [2 4 ] Una sbarra orizzontale di massa trascurabile è inchiodata nel
N
costante elastica k = 10 cm e contemporaneamente viene tirato verso il basso da una suo centro. Due forze di intensità F1 = F2 = 20 N vengono applicate alla sbarra
calamita che esercita una forza magnetica Fm = 50 N . Visto che l’oggetto è fermo, di verso il basso rispettivamente alla distanza b1 = 20 cm a sinistra e b2 = 30 cm a
quanto si è allungata la molla? destra del centro. Dove devo applicare una forza F3 = 2 N veso il basso in modo
[D0005] [1 2 ] Un oggetto di massa m = 2 kg è appeso ad una molla di da ottenere equilibrio rotazionale? Quanto vale e verso dove è diretta la reazione
N
costante elastica k = 10 cm . Di quanto si allunga la molla? vincolare del chiodo?
[D0007] [2 4 ] Una sbarra orizzontale è libera di ruotare intorno ad un perno [D0018] [2 1 ] A quale velocità minima deve andare una motocicletta per fare
centrale. Essa è sottoposta all’azione di tre forze: una forza F1 = 30 N verso il basso il giro della morte su di una pista circolare di raggio r = 10 m?
posta ad una distanza b1 = 30 cm dal perno sul suo lato sinistro, una forza F2 = 10 N [V = 9, 9 ms ]
verso il basso posta ad una distanza b2 = 30 cm dal perno sul suo lato destro, ed una [D0023] [1 2 ] Una carrucola sta sorreggendo un oggetto di massa m = 6 kg.
forza F3 = 40 N verso il basso posta ad una distanza b3 sul suo lato destro. Calcola L’oggetto è attaccato all’asse centrale della carrucola ed entrambi i capi della corda
238 Scheda110. Esercizi di Dinamica

intorno alla carrucla vengono tirati verso l’alto. Quanto vale la tensione sul filo che basso da una forza F1 = 100 N posta ad una distanza b1 = 30 cm dal perno e da una
tiene la carrucola? forza F2 = 200 N posta ad una distanza c = 40 cm dalla prima forza. Calcola la forza
[T = 29, 4 N ] F3 da applicare al fondo della trave per equilibrarla e non farla ruotare.
[D0025] [1 4 ] Un palloncino è legato con una molla di costante elastica k = [D0031] [1 4 ] In una giostra dei seggiolini tenuti da una catena si muovono
N
5 cm al fondo di una piscina e quindi tenuto fermo sotto l’acqua. Sapendo che il suo di moto circolare uniforme in orizzontale con frequenza ν = 0, 25 Hz descrivendo
volume è V = 1 dm3 e che la sua massa è m = 400 g, di quanto si allunga la molla? un cerchio di raggio r = 3 m. Una persona seduta nel seggiolino ha una massa
[D0026] [2 6 ] Una sbarra orizzontale è realizzata unendo quattro cubi di lato m = 70 kg. Quanta forza deve fare la catena per sorreggere quel seggiolino?
l = 10 cm e di masse rispettivamente m1 = 1 kg, m2 = 2 kg,m3 = 3 kg,m4 = 4 kg. [D0032] [2 4 ] Immaginate di tenere in mano un sasso di massa m = 1 kg
La sbarra è sorretta da due fili attaccati nel centro del primo e del quarto oggetto. mentre tenete l’avambraccio fermo in posizione orizzontale. Il sasso si trova ad una
Calcola il baricentro della sbarra e le forze F1 ed F2 che devono fare i due fili affinchè distanza b1 = 30 cm dal gomito. Il muscolo bicipite, che esprime una forza verso
la sbarra stia ferma. l’alto, è attaccato all’avambraccio ad una distanza b2 = 5 cm dal gomito. Quanto
[D0027] [1 2 ] Una sbarra orizzontale è tenuta ferma da un chiodo nel suo vale la forza di gravità sul sasso? Quanto vale la forza che deve fare il muscolo per
centro. Sula lato sinistro, ad una distanza b1 = 18 cm viene applicata una forza sorreggere il sasso? Quale forza agisce sul gomito?
F1 = 30 N verso il basso. Sul lato destro, ad una distanza b2 = 12 cm viene applicata [ Fg = 9, 8 N ; F2 = 58, 8 N ; Rv = 49 N . ]
una forza F2 verso il basso. Quanto vale la forza F2 per tenere ferma la sbarra?
[D0033] [1 2 ] Faccio più fatica a sorreggere un oggetto di ferro di densità
[D0028] [2 4 ] Una trave di legno di massa m = 2 kg e di lunghezza l = 1 m kg
ρF e = 7874 m 3
3 e volume VF e = 2 dm o ad allungare una molla di costante elastica

è sorretta ai bordi da due persone. Sulla trave si trova un ogetto di massa m2 = 1 kg N


k = 30 cm dalla lunghezza li = 10 cm alla lunghezza lf = 15 cm?
ad una distanza b1 = 20 cm dal bordo sinistro della trave. Quanto valgono le forze
[D0034] [2 2 ] Ad una macchina di Atwood sono appese due masse m1 = 2 kg
che fanno le due persone?
ed m2 = 5 kg. Con quale accelerazione si muove il sistema?
[F1 = 11, 76 N ; F2 = 17, 64 N ]
[D0035] [1 4 ] Se vuoi mantenere un sasso sott’acqua senza che tocchi il fon-
[D0029] [2 4 ] Una trave orizzontale di massa m = 10 kg e lunga l = 200 cm è
do, devi fare una forza verso l’alto o verso il basso? Disegna le forze sull’oggetto e
libera di ruotare attorno ad un perno fisso posto nella sua estremità sinistra. La trave
motiva la tua risposta. Immagina adesso di fare la stessa cosa con un pallone di pla-
viene tirata verso il basso da una forza F1 = 100 N posta ad una distanza b1 = 30 cm
stica, devi fare una forza verso l’alto o verso il basso? Disegna le forze sull’oggetto e
dal perno. Una forza F2 viene poi applicata al fondo della trave per equilibrarla e
motiva la tua risposta.
non farla ruotare. La reazione vincolare del perno fisso tiene la trave in equilibrio
N
traslazionale. Quanto valgono e verso dove sono diretti i momenti della forza F1 [D0036] [1 1 ] Ad una molla di costante elastica k = 50 m viene appeso un
e della forza di gravità? Quanto deve valere e in quale verso deve essere diretto il oggetto di massa m = 4 kg. Di quanto si allunga la molla?
momento della forza F2 ? Calcola la forza F2 ed il valore della reazione vincolare. [∆l = 0, 784 m]
[M1−or = 3000 N cm; Mg−or = 9800 N cm; M2−an = 12800 N cm; F2 = 64 N verso [D0037] [1 2 ] Su di una macchina sale una persona di massa m = 80 kg.
l’alto; Rv = 132 N verso l’alto.] Di quanto si abbassa la macchina se le quattro molle su cui poggia hanno costante
N
[D0030] [2 3 ] Una trave orizzontale lunga l = 2 m è libera di ruotare attorno elastica k = 100 cm ?
ad un perno fisso posto nella sua estremità sinistra. La trave viene tirata verso il [∆l = 1, 96 cm]
239 Scheda110. Esercizi di Dinamica

[D0040] [1 2 ] Un pendolo di massa m = 300 g viene tirato in orizzontale da di un piano inclinato inclinato di θ = 30◦ rispet-
una forza F = 6 N . Quanto vale la tensione del filo che sorregge il peso? to all’orizzontale. Il sistema inizialmente è fermo.
[D0041] [3 3 ] Un pendolo di massa m = 700 g e di lunghezza L = 2 m viene L’oggetto è appoggiato ad una molla di costan-
N
tirato in orizzontale da una forza F = 8 N . Quanto vale la tensione del filo che te elastica k = 5 cm , parallela al piano inclinato.
sorregge il peso? Di quanto si solleva il peso? Di quanto si allunga la molla quando si lascia il
[D0043] [1 4 ] Una sfera rotola su di un piano inclinato, senza strisciare e con carrello libeo di muoversi?
velocità costante. Sapendo che la reazione vincolare del piano vale Rv = 17 N e che
le forze di attrito valgono Fa = 9, 8 N , calcolate la massa della sfera ed il coefficiente
di attrito del piano. 110.5 Principi della dinamica
[D0045] [1 2 ] Un’automobile di massa m = 800 kg si appoggia su quattro
N
ammortizzatori di costante elastica k = 100 cm . Di quanto vengono compressi tali [D0052] [2 2 ] Un ascensore si muove verso l’alto con accelerazione a = 2 sm2 .
ammortizzatori a causa del peso dell’automobile? Una persona di massa m = 70 kg si trova al suo interno in piedi sopra una bilancia.
[∆l = 19, 6 cm] Qunto peso segna la bilancia?
[D0046] [2 3 ] A due molle identiche, montate in serie, di massa m = 0, 2 kg [D0053] [3 4 ] In una gara automobilistica un’auto affronta una curva para-
N
e costante elastica K = 2 cm è appeso un oggetto di massa M = 1 kg. Di quanto si bolica di raggio r = 40 m, inclinata di α = 15◦ rispetto all’orizzontale. Sapendo che
allungano complessivamente le due molle? il coefficiente di attrito delle ruote sull’asfalto è µ = 0, 6, quale velocità massima può
[D0047] [1 3 ] Una macchina di massa m = 800 kg sta facendo una curva tenere l’auto senza perdere aderenza con la strada?
di raggio r = 20 m su asfalto bagnato e con le gomme lisce. Tra l’asfalto e le ruote [D0054] [2 3 ] Un oggetto di massa m = 2 kg striscia su di un piano orizzon-
il coefficiente di attrito è µ = 0, 2. Quanto vale la forza di gravità che agisce sulla tale con coefficiente di attrito dinamico µd = 2 spinto da una forza F = 50 N . Con
macchina? Quanto vale l’attrito dell’auto sull’asfalto? A quale velocità massima può quale accelerazione si sta muovendo??
andare la macchina per non uscire di strada? [D0056] [2 3 ] Un oggetto di mas-
[Fg = 7840 N ; Fa = 1568 N ; Vmax = 6, 261 m s ] sa M = 20 kg striscia senza attrito su di
[D0048] [2 4 ] Un oggetto di massa m = 2 kg si trova fermo su di un piano un piano orizzontale. L’oggetto è tirato da
inclinato senza attrito, inclinato di θ = 30◦ rispetto all’orizzontale, bloccato tramite una corda inestensibile che, tramite una car-
N
un cavo inestensibile ad una molla di costante elastica k = 5 cm . Di quanto si allunga rucola mobile, sorregge un peso di massa
la molla? m = 10 kg. Con quale accelerazione si sta
[D0049] [3 5 ] Un oggetto di massa m = 2 kg si trova fermo su di un piano muovendo il sistema?
inclinato. Il piano ha un coefficiente di attrito statico µs = 0, 1 ed è inclinato di [D0057] [2 4 ] Un oggetto di massa
θ = 30◦ rispetto all’orizzontale. L’oggetto è bloccato tramite un cavo inestensibile ad M = 20 kg striscia su di un piano orizzontale
N
una molla di costante elastica k = 5 cm . Di quanto si allunga la molla? con coefficiente di attrito µ = 0, 05. L’oggetto
[D0050] [2 2 ] Un oggetto di massa m = è tirato da una corda inestensibile che, trami-
2 kg si trova su di un carrello posizionato fermo su te una carrucola mobile, sorregge un peso di
240 Scheda110. Esercizi di Dinamica

massa m = 10 kg. Con quale accelerazione si Un satellite ruota intorno alla Terra di moto circolare uniforme.
sta muovendo il sistema?
[D0059] [2 3 ] Due oggetti di massa m1 = 20 kg ed m2 = 30 kg, sono legati A Il suo vettore velocità è costante B Il moto non è un moto accelerato
C La sua accelerazione è un vettore D La sua accelerazione è in modulo
da un filo inestensibile e liberi di scivolare su di un piano orizzontale senza attrito.
E costante
Il modulo della sua velocità varia costante
Uno dei due viene tirato orizzontalmete da una forza F = 100 N e di conseguenza
nel tempo
trascina l’altro. Con quale accelerazione si muove il sistema?
[D0060] [2 4 ] tre oggetti di massa m1 = 20 kg ed m2 = 30 kg ed m3 = 50 kg,
sono legati da un filo inestensibile e liberi di scivolare su di un piano orizzontale 110.6 Legge di gravitazione
senza attrito. Quello più avanti viene tirato orizzontalmete da una forza F = 100 N
[D0065] [2 3 ] A quale velocità deve essere lanciato un satellite artificiale di massa
e di conseguenza trascina gli altri. Con quale accelerazione si muove il sistema?
m = 100 kg per uscire dall’orbita terrestre?
[D0058] [3 4 ] Una navicella spaziale di massa m1 = 4000 kg deve recuperare
un satellite artificiale di massa m2 = 2000 kg. Per farlo lo aggancia con una fune di
lunghezza L = 60 m e tira la fune con una forza F = 4 N . Il satellite è fermo rispetto
alla navicella. Dopo quanto tempo la navicella recupera il satellite?
[D0062] [3 4 ] Due blocchi di mas-
sa M = 2 kg ed m = 1 kg, sono posti come
F~
mostrato in figura, liberi di scivolare sen-
za attrito su di un piano orizzontale spinti
dalla forza F~ . Tra i due blocchi c’è in vece
attrito ed il coefficiente di attrito statico vale µs = 2. Quanto deve valere la minima
forza F~ affinchè il blocco più piccolo non cada?
[D0063] [2 3 ] Un blocco di massa m = 10 kg scivola senza attrito su di un pia-
no inclinato di un angolo θ = 30◦ ed è spinto contro il piano da una forza orizzontale
F = 100 N . Con quale accelerazione si muove il blocco?
[D0064] [1 1 ]

Se la forza totale che agisce su di un oggetto è nulla allora esso

A è sicuramente fermo B si muove in modo casuale

C decelera fino a fermarsi D accelera in modo costante

E ha velocità costante
Esercizi sulle leggi di conservazione Scheda 111
111.1 Energia
[L0001] [1 3 ] Un oggetto di massa m = 50 kg viaggia ad una velocità Vi = 10 m s .
Ad un certo punto viene spinto da una forza F = 100 N per una distanza ∆S = 24 m
nella stessa direzione e nello stesso verso del movimento.

1. Quanto lavoro ha fatto la forza? Quel lavoro è negativo o positivo?

2. Quanta energia cinetica ha l’oggetto all’inizio e dopo l’azione della forza?


[L0007] [1 7 ] Un proiettile di massa m = 15 g viene sparato da un fucile
3. A quale velocità finale viaggia l’oggetto? in diagonale verso l’alto posizionato al livello del suolo. Al momento dello sparo
riceve una spinta F = 100 N per un tragitto ∆S = 60 cm pari alla lunghezza della
[L0002] [1 2 ] Se lascio cadere un oggetto inizialmente fermo da un’altezza
canna del fucile. Quando arriva nel punto di massima altezza ha ancora una velocità
hi = 8 m, con quale velocità arriverà a terra?
Vf = 20 ms . trascuriamo gli effetti dell’attrito con l’aria.
[L0003] [1 2 ] Se lascio cadere un oggetto di massa m = 1 kg inizialmente
fermo da un’altezza hi = 8 m, e arriva a terra con una velocità Vf = 10 m s ; quanta 1. Quanto lavoro ha ricevuto il proiettile al momento dello sparo?
energia si è dissipata sotto forma di calore a causa dell’attrito con l’aria?
[L0004] [1 1 ] Un oggetto di massa m = 500 kg si sta muovendo su di un 2. Trascura la variazione di energia potenziale dovuta al percorso della pallotto-
piano orizzontale con velocità iniziale Vi = 10 m la all’interno del fucile; quanta energia cinetica ha il proiettile in uscita dalla
s . Gradualmente rallenta a causa
m
delle forze di attrito fino alla velocità Vf = 4 s . Quanta energia è stata dispersa canna del fucile?
sotto forma di calore?
3. Quanta energia cinetica ha il proiettile nel punto di massima altezza?
[L0005] [1 2 ] Un oggetto si sta muovendo in salita su di un piano inclinato
con attrito, con una velocità iniziale Vi = 10 m
s . Gradualmente rallenta fino a fermar- 4. Quanta energia potenziale gravitazionale ha il proiettile nel punto di massima
si. Sapendo che l’oggetto si è sollevato, rispetto all’altezza iniziale, fino all’altezza altezza?
hf = 3 m e che il calore generato dalle forze di attrito è stato Q = 2 J, quanto vale la
5. A quale altezza è arrivato il proiettile?
massa dell’oggetto?
[L0006] [1 4 ] Un blocco di pietra di massa m = 40 kg scivola lungo una [L0008] [1 4 ] Un oggetto di massa m = 5 kg ha inizialmente un’energia poten-
discesa partendo con una velocità iniziale Vi = 5 m s . All’inizio si trovava all’altezza ziale gravitazionale Ui = 100 J e sta cadendo con una velocità Vi = 10 ms . Cadendo a
hi = 10 m per poi scendere fino all’altezza hf = 2 m. terra, cioè fino ad un’altezza hf = 0 m, l’oggetto ha colpito e compresso una molla,
N
1. Calcola le energie cinetica e potenziale gravitazionale iniziali del blocco. inizialmente a riposo, di costante elastica k = 200 cm . Quando la molla raggiunge la
sua massima compressione l’oggetto è nuovamente fermo.
2. Quanta energia cinetica finale avrebbe il blocco se non ci fosse attrito?
1. A quale altezza si trova inizialmente l’oggetto?
3. Se l’energia cinetica finale del blocco fosse metà di quella iniziale, quanta ener-
gia si è persa a causa delle forze d’attrito? 2. Quanta energia cinetica ha l’oggetto inizialmente?

241
242 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

3. Quanta energia potenziale gravitazionale ha l’oggetto quando arriva a terra? 3. Quanto consuma una lampadina di potenza P = 150 W tenuta accesa per un
tempo ∆t = 2 h?
4. Quanta energia potenziale elastica ha la molla inizialmente?
[∆E = 300 J]
5. Quanta energia cinetica ha l’oggetto alla fine del suo movimento?
4. Per quanto tempo deve funzionare un motore di potenza P = 2000 W per poter
6. Quanta energia potenziale elastica ha immagazzinato la molla nel momento di fornire un’energia ∆E = 500 J?
massima compressione? [∆t = 0, 25 s]

7. Di quanto si è compressa la molla? [L0015] [1 5 ] Un pallone di massa m = 0, 4 kg si trova ad una altezza hi = 1 m


da terra e viene calciato verticalmente verso l’alto alla velocità Vi = 15 m
s .
[L0009] [1 2 ] Un motore di potenza P = 2 kW solleva un oggetto di massa
m = 500 kg da un’altezza hi = 2 m fino ad un’altezza hf = 32 m. Quanto tempo ci 1. Quanta energia cinetica e quanta energia potenziale gravitazionale ha il pallo-
impiega? ne all’inizio?
[L0010] [1 2 ] Un tuffatore salta dalla piattaforma alta hi = 10metri. Con 2. Qanto vale l’energia totale che ha quel pallone?
quale velocità l’atleta entra in acqua?
[Vf = 14 m 3. Quanta energia cinetica e quanta energia potenziale gravitazionale ha il pallo-
s ]
[L0011] [1 2 ] In quanto tempo un motore di potenza P = 30 W può sollevare ne nel punto di massima altezza?
un oggetto di massa m = 4 kg di un’altezza ∆h = 5 m? 4. A quale altezza arriva il pallone?
[∆t = 6, 53 s]
[L0012] [1 2 ] Quale altezza raggiunge un oggetto lanciato da terra vertical- 5. Se il pallone avesse avuto una massa doppia a quale altezza sarebbe arrivato?
mente verso l’alto con una velocità iniziale V0 = 25 m s ? .
[hf = 31, 9 m] [Eci = 45 J; Ui = 3, 9 J; Etot = 48, 9 J; Ecf = 0 J; Uf = 48, 9 J; hf = 12, 5 m; Alla
[L0013] [1 3 ] Un’automobile di massa m = 1000 kg rallenta in uno spazio stessa altezza.]
∆S = 50 m dalla velocità Vi = 20 m m
s fino alla velocità Vf = 10 s . Quanto valgono [L0016] [1 2 ] Un proiettile viene sparato in aria con la velocità iniziale Vi =
le energie cinetiche iniziale e finale dell’automobile? Quanto lavoro hanno fatto le 100 ms . Trascurando l’effetto dell’aria, a quale altezza arriverebbe il proiettile?
forze d’attrito? Quanto valgono le forze d’attrito? [hf = 510 m]
[L0014] [1 4 ] Esercizi banali: [L0017] [1 2 ] Un pendolo formato da un filo di lunghezza l = 1 m ed una
massa legata al fondo, viene inclinato in modo da sollevare la massa di ∆h = 10 cm,
1. Quanto lavoro viene fatto su di un oggetto che si é spostato di ∆S = 50 m
e viene tenuto inizialmente fermo. Con quale velocità il pendolo viaggerà quando la
rallentato da una forza d’attrito F = 100 N ?
massa avrà raggiunto la sua minima altezza?
[L = −5000 J]
[L0018] [1 2 ] Di quanto viene compressa una molla di costante elastica k =
N
2. Quanto lavoro compie la forza centripeta che fa muovere un oggetto di moto 100 m se a comprimerla è un oggetto di massa m = 49 kg lanciato orizzontalmente
circolare uniforme? alla velocità Vi = 10 m
s ?
[L = 0 J] [∆l = 7 cm]
243 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

[L0019] [1 3 ] Su di una catapulta viene posizionata una pietra di massa m = [L0022] [1 4 ] Un proiettile di massa m = 15 g viene sparato da un fucile in
N
30 kg, comprimendo di ∆l = 50 cm una molla di costante elastica k = 6000 m . diagonale verso l’alto posizionato al livello del suolo. Al momento dello sparo ri-
ceve una spinta F = 100 N per un tragitto ∆S = 60 cm pari alla lunghezza della
1. Quanta energia potenziale elastica è immagazzinata nella molla?
canna del fucile. Quando arriva nel punto di massima altezza ha ancora una velocità
2. Con quanta energia cinetica la pietra viene lanciata? Vf = 20 m s . Quanto lavoro ha ricevuto il proiettile al momento dello sparo? Trascura
la variazione di energia potenziale dovuta al percorso della pallottola all’interno del
3. A quale velocità viaggia la pietra nel momento in cui viene lanciata? fucile; quanta energia cinetica ha il proiettile in uscita dalla canna del fucile? Quanta
energia cinetica ha il proiettile nel punto di massima altezza? Quanta energia po-
.
tenziale gravitazionale ha il proiettile nel punto di massima altezza, se trascuriamo
[V = 750 J; Eci = 750 J; Vi = 7, 07 m
s .] l’attrito con l’aria? A quale altezza è arrivato il proiettile?
[L0020] [1 4 ] Un oggetto di massa m = 5 kg ha inizialmente un’energia poten-
[L = 60 J; Eci = 60 J; Ecf = 3 J; Uf = 57 J; hf = 388 m]
ziale gravitazionale Ui = 100 J e sta cadendo con una velocità Vi = 10 ms . Cadendo a [L0023] [1 3 ] Un corpo di massa m = 2 kg, sulla cima di una collina, viag-
terra, cioè fino ad un’altezza hf = 0 m, l’oggetto ha colpito e compresso una molla,
gia con velocità iniziale Vi = 10 m s ed ha un’energia potenziale gravitazionale Ui =
N
inizialmente a riposo, di costante elastica k = 200 cm . Quando la molla raggiunge la
1000 J. Frenato dalle forze d’attrito, arriva in fondo alla collina ad altezza hf = 0 m
sua massima compressione l’oggetto è nuovamente fermo.
con una velocità finale Vf = 20 m s . Di quante volte è aumentata l’energia cinetica

1. A quale altezza si trova inizialmente l’oggetto? (raddoppiata, triplicata, quadruplicata)? Quanta energia si è trasformata in calore?
[L0024] [3 5 ] Ad una molla, di lunghezza a riposo L0 = 20 cm e costante
2. Quanta energia cinetica ha l’oggetto inizialmente? N
elastica k = 10 m , viene appeso un oggetto di massa m = 100 g. Dalla posizione di
equilibrio raggiunta, l’oggetto viene sollevato di ∆x = +5 cm. Lasciato libero, fino a
3. Quanta energia potenziale gravitazionale ha l’oggetto quando arriva a terra?
quale altezza minima si abbassa?
4. Quanta energia potenziale elastica ha la molla inizialmente? [L0025] [1 4 ] Un oggetto cade da una certa altezza. Trascuriamo l’effetto
dell’aria. Rispondi alle seguenti domande:
5. Quanta energia cinetica ha l’oggetto alla fine del suo movimento?
• Come variano l’energia potenziale gravitazionale e l’energia cinetica dell’og-
6. Quanta energia potenziale elastica ha immagazzinato la molla nel momento di getto? Come varia l’energia totale dell’oggetto?
massima compressione?
Consideriamo adesso il caso della presenza dell’aria.
7. Di quanto si è compressa la molla? • In che modo la forza di attrito interviene sulle trasformazioni energetiche del
fenomeno in questione? Vale ancora la legge di conservazione dell’energia
.
totale?
[hi = 2, 04 m; Eci = 250 J; Uf = 0 J; Vi = 0 J; Eci = 0 J; Vel−f = 350 J; ∆l =
3, 5 cm.] [L0026] [1 4 ] Un elastico inizialmente fermo, di massa m = 40 g e costante
N
[L0021] [1 2 ] Quanta energia devo dare ad un oggetto di massa m = 2 kg che elastica k = 5 cm , si trova all’altezza hi = 2 m e viene lanciato verso l’alto. L’energia
si muove con velocità Vi = 10 m
s per fargli raddoppiare la velocità? necessaria è data dall’elastico stesso essendo stato allungato di ∆l = 10 cm.
244 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

1. Quanta energia potenziale elastica è immagazzinata nell’elastico?


111.2 Quantità di moto
2. Quanta energia cinetica avrà l’elastico nel punto di massima altezza?
[P0001] [1 2 ] Un oggetto che ha massa m1 = 50 kg viaggia ad una velocità V1 =
3. Calcola l’energia potenziale gravitazionale e l’altezza che avrà l’elastico nel 11 ms . Ad un certo punto urta contro un oggetto di massa m2 = 100 kg che viaggia
punto di massima altezza? nel verso opposto ad una velocità V2 = 1 m s . Nell’urto di due oggetti rimangono
attaccati. A quale velocità finale si muove il blocco?
.
[V = 2, 5 J; Ecf = 0 J; U = 3, 284 J; hf = 8, 38 m.]
[L0027] [1 2 ] Un atleta di salto con l’asta durante la sua corsa viaggia ad 111.3 Momento angolare
una velocità Vi = 9 m s , quanto salterebbe in alto se riuscisse a convertire tutta la sua
energia cinetica in energia potenziale gravitazionale? [LL0001] [2 2 ] Sul bordo di una piattaforma girevole con momento di inerzia I =
[hf = 4, 13 m] 100 kgm2 e raggio r = 2 m, si trova una persona mi massa M = 60 kg. Inizialmente
[L0028] [1 2 ] Un oggetto di massa m = 4 kg si muove senza attrito su di un entrambe sono ferme. Calcola la velocità angolare con la quale la piattaforma ruota,
piano orizzontale con la velocità V = 5 m s . Ad un certo punto l’oggetto incontra una quando la persona cammina lungo il bordo della piattaforma con una velocità V =
molla comprimendola di ∆l = 0, 2 m. Quanto vale la costante elastica della molla? 2ms .
N
[k = 2500 m ]
[L0029] [2 3 ] Un oggetto di massa m = 2 kg viene lasciato cadere da una certa
altezza. Arrivato a terra, penetra nel terreno per un tratto d = 0, 5 m. Assumendo 111.4 Complessivi
che le forze di attrito con il terreno abbiano un valore medio Fa = 500 N , da quale
altezza è caduto l’oggetto? [CDL0001] [1 3 ] Un’auto viaggia a velocità costante per un tratto di strada ∆S =
[L0031] [1 2 ] Un blocco di cemento di massa m = 500 kg è tenuto da una 600 m, spinta da una forza costante F = 500 N per un tempo ∆t = 20 s. Come
gru ad un’altezza hi = 10 m e poi appoggiato dentro un pozzo ad una profondi- potresti spiegare perché l’auto viaggia a velocità costante? Quanto vale la potenza
tà hf = −5 m sotto il livello del terreno. Di quanto è variata l’energia potenziale espressa dal motore in quell’intervallo di tempo?
gravitazionale dell’oggetto a causa del suo spostamento? [CDL0002] [2 2 ] Un’auto di massa m = 800 kg, partendo da ferma, viene
[L0032] [2 2 ] Ad una macchina di Atwood senta attrito sono appesi due spinta da una forza costante F = 500 kN per un tempo ∆t = 3 s. Quanto vale la
corpi di massa m1 = 2 kg e m2 = 3 kg. Il corpo più leggero è inizialmente fermo potenza espressa dal motore?
appoggiato a terra, mentre quello più pesante si trova a h = 2 m da terra. Con quale [DL0001] [2 3 ] Un corpo striscia con velocità iniziale Vi = 20 m s su di un
velocità il più pesante toccherà terra? piano con coefficiente di attrito µd = 0.5. Quale velocità avrà dopo aver percorso
[CL0001] [2 3 ] Un proiettile viene sparato verso l’alto con una velocità ini- ∆S = 30 m.

ziale Vi = 50 m s inclinata di α = 30 rispetto all’orizzontale. A quale altezza arriva? [DL0002] [2 5 ] Disegna lo schema di un sistema di sollevamento a carrucola
[DL0004] [4 3 ] Un oggetto è posto sulla cima di una superficie semisferica. mobile per sollevare un peso di massa m = 10 kg. Indica il valore della forza F~ che
Esso comincia a scivolare senza attrito lungo tale superficie. In quale punto esso si devi esercitare sull’estremità del cavo e lo spostamento ∆S dell’estremità del cavo,
stacca dalla suprficie? sapendo che la massa si solleva di ∆h = 20 cm.
245 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

[DL0003] [3 5 ] Un pendolo di massa m = 900 g e lunghezza L = 1 m viene


tirato in orizzontale da una forza F = 10 N . Quanto vale la tensione del filo che
sorregge il peso? Di quanto si solleva il peso? Quanta energia viene fornita al peso
per sollevarlo?
[DL0004] [4 3 ] Un oggetto è posto sulla cima di una superficie semisferica.
Esso comincia a scivolare senza attrito lungo tale superficie. In quale punto esso si
stacca dalla suprficie?
[DL0005] [3 4 ] Un pendolo di massa m = 300 g e lunghezza L = 1 m viene
spostato dalla posizione di equilibrio di un angolo θi = 45◦ . Quando è lasciato libero
di oscillare, partendo da fermo, quale tensione esercita la corda quando il peso si
trova ad un angolo θf = 30◦ dalla posizione di equilibrio?
[DL0011] [3 3 ] Un pendolo semplice è realizzato con una corda di lunghezza
L = 2 m con all’estremità una massa m = 2 kg. Tale pendolo sta oscillando attaccato
ad un chiodo all’altezza hc = 3 m. Il massimo valore dell’altezza raggiunta dal pen-
dolo è hi = 1, 4 m. Sapendo che la corda può sopportare al massimo una tensione
Tmax = 30 N , il pendolo si romperà?
[DL0012] [1 4 ] Un’auto di massa m = 500 kg rallenta dalla velocità Vi =
252 km km
h fino alla velocità Vf = 108 h in uno spazio ∆S = 100 m. Quanta energia
cinetica ha l’auto prima e dopo la frenata? Quanto lavoro ha fatto la forza d’attrito
delle ruote con l’asfalto? Calcola la forza e l’accelerazione d’attrito.
[Eci = 1225 kJ; Ecf = 225 kJ; L = −1000 kJ; Fa = 10 N ; a = 0, 02 sm2 ]
[LP0001] [3 4 ] Un oggetto di massa m1 = 50 kg viaggia ad una velocità
V1 = 11 m s lungo un piano inclinato senza attrito. Inizialmente l’oggetto si trova
all’altezza hi = 5 m da terra. Alla fine del piano inclinato si sposta in orizzontale
fino a quando urta contro un oggetto di massa m2 = 100 kg inizialmente fermo.
Nell’ urto di due oggetti rimangono attaccati. Con quale velocità viaggeranno dopo
l’urto?
Esercizi di Fluidodinamica Scheda 112
foro, di dimensione trascurabile rispetto alla superficie della base del contenitore.
112.1 Legge di conservazione della portata
Con quale velocità l’acqua esce dal foro?
[F0002] [1 2 ] In un tubo di sezione S1 = 10 cm2 scorre dell’acqua con veloci- [Vf = 2, 21 m
s ]
tà V1 = 3 m s . Questo tubo ha una strozzatura nel centro, di sezione S2 = 4 cm .
2
[F0014] [2 2 ] Nella conduttura di una centrale idroelettrica, realizzata con
Quanto vale la portata del tubo? Quanto vale la velocità con cui l’acqua scorre nella un tubo di sezione costante, scorre l’acqua che produrrà poi corrente elettrica. Se la
strozzatura? superficie del lago si trova alla quota h1 = 1500 m s.l.m. ed il fondo della conduttura
[F0003] [1 2 ] Il letto di un canale di irrigazione è profondo h1 = 2 m e largo si trova ∆h = 200 m più in basso, con quale pressione l’acqua esce dalla conduttura?
l1 = 10 m, e l’acqua al suo interno scorre con una velocità V1 = 0, 2 m
s ; se in un certo [CF0001] [3 5 ] Un contenitore cilindrico è riempito di liquido fino ad un’al-
tratto la profondità e la larghezza del canale si dimezzano, a quale velocità scorrerà tezza H = 50 cm. Ah un’altezza h = 25 cm è praticato un foro piccolo rispetto alla
l’acqua in questo secondo tratto? Quanto vale la portata del canale? sezione del cilindro. A quale distanza dal cilindro cade il liquido?
[CF0002] [3 4 ] Un contenitore pieno di acqua è appoggiato su di un piatto
112.2 Principio di Bernoulli rotante di raggio r = 0, 5 m. Il piatto rotante viene messo in rotazione con frequenza
ν = 1 Hz. Quale pressione si misura ad una profondità h = −30 cm sotto il livello
[F0001] [2 3 ] In un tubo orizzontale di sezione S1 = 10 cm2 scorre dell’acqua dell’acqua?
ad una velocità V1 = 8 m s con una pressione P1 = 150000 P a. Ad un certo punto la
sezione del tubo aumenta fino al valore S2 = 16 cm2 . Quanto valgono la velocità e la
pressione dell’acqua nella parte larga del tubo?
112.3 Legge di Stevin
[F0004] [2 2 ] Un vaso cilindrico di sezione S1 = 10 cm2 contiene dell’acqua
fino ad un certo livello. Nel vaso viene applicato un foro di sezione S2 = 1 mm2
kg
ad un’altezza ∆h = 40 cm inferiore al livello dell’acqua. Con quale velocità V2 esce [F0006] [3 2 ] Un tubo a forma di U contiene acqua ( ρH2 O = 1000 m 3 ) nella
kg
l’acqua dal foro? sezione di sinistra e olio ( ρolio = 800 m 3 ) nella sezione di destra. I liquidi sono
[F0005] [2 3 ] Un tubo orizzontale di sezione S1 = 10 cm2 è percorso da acqua fermi. Sapendo che la colonna di olio ha un’altezza ∆h = 20 cm, di quanti centimetri
alla pressione P1 = 150000 P a che si muove alla velocità V1 = 8 m la colonnina di olio si trova più in alto della colonnina di acqua?
s . All’altra estremità
del tubo la pressione vale P2 = 169500 P a. Con quale velocità l’acqua esce dal tubo? [F0009] [1 3 ] Un subacqueo si trova immerso nelle acque ferme di un lago
Quale sezione ha il tubo in uscita? alla profondità h1 = −20 m rispetto al livello del mare. La pressione atmosferica vale
[F0008] [2 3 ] Un tubo orizzontale in cui scorre acqua ( ρH2 O = 1000 m kg
3 ), ha
Patm = 100000 P a. A quale pressione si trova? A quale profondità deve arrivare per
2
una sezione iniziale S1 = 100 cm . Successivamente il tubo si stringe diventando di raddoppiare la pressione a cui si trova?
sezione S2 = 60 cm2 . La pressione nel tratto iniziale del tubo vale P1 = 400000 P a, [F0010] [2 4 ] In un cilindro verticale versiamo mercurio, acqua e olio. La
mentre nella sezione più stretta vale P2 = 300000 P a. Quanto valgono le due velocità colonna di mercurio è alta LHg = 5 cm; la colonna d’acqua è alta LH2 O = 20 cm
dell’acqua nei due tratti del tubo? e la colonna d’olio è alta Lolio = 15 cm. La pressione atmosferica vale Patm =
[F0012] [2 4 ] Un contenitore cilindrico viene riempito d’acqua fino all’altezza 100000 P a. Trovate la pressione sul fondo della colonna di liquido. Le densità dei
kg kg kg
hi = 30 cm dal fondo. All’altezza hf = 5 cm dal fondo viene praticato un piccolo liquidi utilizzati sono: ρolio = 800 m 3 ; ρH O = 1000 m3 ; ρHg = 13579 m3 .
2

246
247 Scheda112. Esercizi di Fluidodinamica

[F0011] [1 1 ] Sapendo che un sottomarino in immersione sta subendo una


pressione P = 280000 P a, a quale profonditá si trova rispetto alla superficie?
[h = −17, 33 m]
[F0013] [1 2 ] Un medico misura la pressione sanguigna ad un paziente altro
H = 180 cm mentre è sdraiato su di un lettino, ed ottiene Pcuore = 115 mmHg.
Quando il paziente si alza in piedi, il suo cuore si trova all’altezza hc = 1, 5 m da
kg
terra. La densità del sangue è ρs = 1060 3 . Quanto vale la pressione del sangue
m
all’altezza del cervello del paziente?
[DF0001] [2 2 ] Su di un bicchiere interamente riempito di acqua, profondo
h = 4, 5 cm e di sezione S = 20 cm2 , viene appoggiato un disco di plastica di massa
m = 3 g. Il bicchiere viene poi capovolto e si vede che il disco non cade. Con quanta
forza il disco viene schiacciato contro il bicchiere?

112.4 Principio di Pascal


[F0007] [1 2 ] Le due sezioni di un torchio idraulico valgono rispettivamente S1 =
50 cm2 ed S2 = 5 cm2 . Sapendo che sulla sezione maggiore viene appoggiato un
peso di massa m = 50 kg, quale forza devo fare sulla seconda sezione per mantenere
l’equilibrio?
Esercizi di Calorimetria Scheda 113
(a) Che massa ha un oggetto di rame se dandogli un calore ∆Q = 1000 J la
113.1 Domande di teoria
sua temperatura aumenta di ∆T = 20 K?
[Q0020] [1 4 ] [m = 131, 6 g]

1. Cos’è il calore? Cos’è la temperatura di un oggetto? (b) Quanta energia mi serve per innalzare la temperatura di un oggetto di
ferro di ∆T = 50 K sapendo che ha una massa m = 10 kg e che si trova ad
2. Come varia la temperatura di un corpo durante una transizione di fase? una temperatura Ti = 300 K?
[∆Q = 2200 J]
3. Cosa succede alle molecole di una sostanza durante una transizione di fase?
(c) Quanta energia mi serve per innalzare la temperatura di un oggetto di
4. Cosa può succedere ad una sostanza solida se le forniamo calore?
ferro fino alla temperatura Tf = 350 K sapendo che ha una massa m =
[Q0022] [1 4 ] 10 kg e che si trova ad una temperatura Ti = 300 K?
[∆Q = 2200 J]
1. Cosa succede se mettiamo due corpi, con temperatura differente, a contatto tra
loro? Perchè? 2. Capacità termica

2. Le molecole di un oggetto possono rimanere ferme? (a) Un oggetto di ferro di massa m1 = 2 kg alla temperatura iniziale T1i =
300 K viene messo a contatto con un oggetto di rame di massa m2 = 3 kg
3. Se fornisco energia ad un corpo e lo vedo fondere, come è stata utilizzata
alla temperatura iniziale T2i = 320 K. Qual’è la capacità termica dei due
quell’energia?
oggetti?
4. Esiste un limite inferiore alla temperatura che può avere un oggetto? Quale? J J
[CF e = 880 K ;CCu = 1140 K .]

[Q0035] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande: 3. Temperatura di equilibrio


1. Cosa indica la temperatura di un oggetto?
(a) Quale temperatura raggiungono un oggetto di argento di mAg = 0, 1 kg
2. Perchè esiste un limite inferiore alla temperatura? alla temperatura iniziale Ti,Ag = 350 K ed un oggetto d’oro di mAu =
0, 2 kg alla temperatura iniziale Ti,Au = 400 K messi a contatto?
3. Un bicchiere d’acqua si trova alla temperatura T = 30 ◦ C: cosa posso dire sulla [Teq = 376, 2 K]
temperatura di una singola molecola d’acqua di quel bicchiere?
(b) Un oggetto di ferro di massa m1 = 2 kg alla temperatura iniziale T1i =
300 K viene messo a contatto con un oggetto di rame di massa m2 = 3 kg
alla temperatura iniziale T2i = 320 K. Quale temperatura di equilibrio
113.2 Esercizi banali
raggiungeranno i due oggetti?
[Q0015] [1 17 ] Esercizi banali di: [Teq = 311, 3 K.]

1. Riscaldamento 4. Transizioni di fase

248
249 Scheda113. Esercizi di Calorimetria

(a) Quanta energia serve per far fondere una massa m = 20 kg di ghiaccio 6. Trasmissione del calore
alla temperatura di fusione?
[∆Q = 6700 kJ] (a) Una finestra rettangolare di vetro spesso l = 3 mm è larga b = 0, 5 m e alta
h = 1, 2 m. Se dentro casa c’è una temperatura Tin = 26◦ C e fuori una
(b) Quanta energia serve per far fondere una massa m = 10 kg di rame alla
temperatura Tout = 12◦ C, quanta energia passa attraverso quella finestra
temperatura di fusione? W
ogni ora? La conducibilità termica del vetro è ρ = 1 K·m .
[∆Q = 2058 kJ]
[∆Q = 30240 kJ]
(c) Quanta energia serve per far bollire una massa m = 5 kg di acqua alla
temperatura di ebollizione?
[∆Q = 11360 kJ]
(d) Quanta energia devo dare ad una massa m = 50 kg di oro che si trovano 113.3 Riscaldamento
alla temperatura T = 3129 K per farle compiere la transizione di fase?
[∆Q = 84850 kJ] [Q0001] [2 3 ] Quanta energia mi serve per innalzare la temperatura di un oggetto
di ferro di ∆T = 50 K sapendo che ha una massa m = 10 kg e che si trova ad una
5. Dilatazione termica temperatura Ti = 300 K? Se la temperatura iniziale fosse stata Ti = 1800 K sarebbe
servita più energia? [rispondi indicando anche il perchè] [Q0002] [1 2 ] Quale
(a) Di quanto si allunga una sbarra d’oro della lunghezza iniziale li = 10 cm potenza ha un fornelletto che sta scaldando una massa m = 5 kg di acqua da un
se aumentiamo la sua temperatura di ∆T = 20 K? tempo ∆t = 60 s facendone aumentare la temperatura di ∆T = 50 K, sapendo che
[∆l = 2, 8 · 10−5 m] quell’acqua si trovava inizialmente alla temperatura Ti = 20◦ C? [Q0013] [1 1 ]
(b) Di quanto si accorcia una sbarra d’oro della lunghezza iniziale li = 10 cm Un oggetto di materiale sconosciuto e di massa m1 = 5 kg alla temperatura iniziale
se diminuiamo la sua temperatura di ∆T = 10 K? Ti1 = 350 K viene messo a contatto con un oggetto dello stesso materiale e di massa
[∆l = −1, 4 · 10−5 m] m2 = 30 kg alla temperatura iniziale Ti2 = 300 K. Quale temperatura di equilibrio
raggiungeranno i due oggetti?
(c) Di quanto si allunga una sbarra di rame di lunghezza iniziale li = 30 cm
[Teq = 307, 14 K]
se aumentiamo la sua temperatura di ∆T = 30 K?
[Q0016] [2 2 ] Un fornelletto di potenza P = 1000 W sta scaldando una massa
[∆l = 1, 53 · 10−4 m]
m = 5 kg di acqua facendone aumentare la temperatura di ∆T = 45 K. Quanto
(d) Di quanto devo scaldare una sbarra di rame di lunghezza iniziale li = tempo ci impiega?
20 m per allungarla di ∆l = 1, 7 mm? [Q0021] [1 2 ] Due oggetti dello stesso materiale, di massa m1 = 5 kg ed
[∆T = 0, 5 K] m2 = 15 kg, e con temperature T1 = 300 ◦ C e T2 = 500 ◦ C, vengono messi a contatto.
(e) Di quanto può aumentare la temperatura di una sbarra di ferro di lun- Senza fare calcoli, cosa puoi dire della temperatura che raggiungeranno? Perchè?
ghezza iniziale li = 10 m se non voglio che la sua lunghezza aumenti di [Q0021a] [1 2 ] Due oggetti dello stesso materiale, di massa m1 = 5 kg ed
più di 1 millimetro? m2 = 15 kg, e di temperatura T1 = 500 ◦ C e T2 = 300 ◦ C, sono messi a contatto.
[∆T = 8, 33 K] Senza fare calcoli, cosa puoi dire della temperatura che raggiungeranno?
250 Scheda113. Esercizi di Calorimetria

[Q0023] [1 2 ] Un oggetto di ferro alla temperatura iniziale Ti1 = 350 K viene


113.5 Dilatazione termica
messo a contatto con un oggetto di rame alla temperatura iniziale Ti2 = 300 K. Quale
temperatura di equilibrio raggiungeranno i due oggetti, sapendo che hanno la stessa
[Q0004] [1 2 ] Due sbarre di eguale lunghezza li = 3 m, una di ferro e l’altra
massa? [LQ0001] [2 3 ] Un corpo ferro di massa m = 20 kg si trova in una
di alluminio, vengono scaldate di ∆T = 50 K. Ammettendo che nessuna delle due
piccola piscina, fermo ed immerso nell’acqua, all’altezza dal fondo hi = 50 cm. Nella
raggiunga il punto di fusione, di quanto una risulterà più lunga dell’altra?
piscina ci sono m2 = 50 kg di acqua. La piscina è termicamente isolata dal mondo
[Q0008] [3 2 ] Di quanto devo scaldare una sbarra di alluminio di lunghez-
esterno. Ad un certo punto l’oggetto comincia a cadere verso il fondo della piscina
za iniziale lAl−i = 2000 mm ed una sbarra di ferro di lunghezza iniziale lF e−i =
fino a fermarsi sul fondo. Di quanto si scalda l’acqua della piscina?
2001 mm affinchè raggiungano la stessa lunghezza?
[LQ0002] [2 2 ] Un corpo di ferro ha massa m = 20 kg e temperatura iniziale
[∆T = 38, 5 K] [Q0024] [2 3 ] Un termometro a mercurio è costituito da una
Ti = 400 K. Esso striscia, fino a fermarsi, su di un piano orizzontale, con una velocità
piccola ampolla che contiene mercurio. Da tale ampolla esce un tubicino di sezione
iniziale Vi = 4 m
s . Ammettendo che tutto il calore prodotto sia utilizzato per scaldare
S = 0, 2 mm2 . La quantità totale di mercurio nel termometro è m = 30 g. Inizial-
il corpo, di quanto aumenta la sua temperatura?
mente il termometro si trova a Ti = 20 ◦ C. Il coefficiente di dilatazione termica
volumetrico del mercurio è δ = 0, 18 · 10−3 K
1
. Di quanti millimetri sale il livello del
113.4 Transizioni di fase mercurio nel tubicino se in una giornata calda siamo a Tf = 35 ◦ C

[Q0007] [1 1 ] Un blocco di ferro solido di massa m = 50 kg si trova alla tem-


peratura di fusione. Quanto calore devo fornire se voglio fondere una percentuale
p = 10% del blocco di ferro?
113.6 Conducibilità termica
[Q0027] [1 2 ] Le temperature di fusione e di ebollizione del ferro sono:
[Q0025] [1 2 ] Una stufa elettrica mantiene in una stanza una temperatura Tint =
Tf us = 1808 K; Teb = 3023 K. Le seguenti sostanze sono solide, liquide o gassose?
24 ◦ C, mentre all’esterno la temperatura è Text = 4 ◦ C. Il calore si disperde attraverso
• 10 kg di ferro a T = 1600 K; 20 kg di ferro a T = 1890 ◦ C una finestra di vetro (ρvetro = 1 m·KW
) rettangolare (b = 1, 5 m e h = 1, 8 m) spessa
e
l = 3 mm. Il costo dell’energia è C = 0, 18 kW h ; quanto costa riscaldare la stanza
• 20 kg di ferro a T = 1600 ◦ C; 10 kg di ferro a T = 3023 K
per un tempo ∆t = 3 h? [Q0033] [3 3 ] Un muro è costituito da due strati: il
[Q0028] [1 3 ] Rispondi alle seguenti domande. W
primo di intonaco (ρint = 0, 8 mK ) spesso Lint = 3 cm; il secondo di mattone forato
W
(ρint = 0, 4 mK ) spesso Lint = 10 cm. Sapendo che la temperatura sul lato interno
1. Perché l’alchool etilico bolle alla temperatura di circa Teb−1 = 80◦ C mentre
del muro è Tint = 25 ◦ C, e sul lato esterno Text = 15 ◦ C, trovate la temperatura
l’acqua bolle alla temperatura di Teb−2 = 100◦ C
sulla superficie di separazione tra il mattone ed intonaco. [Q0034] [3 4 ] Un
2. Se prendo una certa massa di ferro alla temperatura T = 1600 K, è solida, muro è costituito da tre strati: il primo di intonaco (ρint = 0, 8 mK W
) spesso Lint =
liquida, gassosa o plasma? Spiega perchè. W
3 cm; il secondo di mattone forato (ρint = 0, 4 mK ) spesso Lint = 10 cm; il terzo
W
di legno forato (ρint = 0, 2 mK ) spesso Lint = 5 cm. Sapendo che la temperatura
3. L’acqua alla temperatura T = 327 K è solida, liquida, gassosa o plasma? Spiega
sul lato interno del muro è Tint = 25 ◦ C, e sul lato esterno Text = 15 ◦ C, trovate la
perchè.
temperatura sulla superficie di separazione tra il mattone e legno.
251 Scheda113. Esercizi di Calorimetria

[Q0026] [2 3 ] Fornendo ∆Q = 3000 kJ an un oggetto di piombo alla tempe-


113.7 Complessivo
ratura iniziale Ti = 280 K, riesco a portarlo alla temperatura di fusione e fonderlo
interamente. Quanta massa di piombo liquido mi trovo alla temperatura di fusione?
[Q0003] [2 2 ] Quanta energia serve per innalzare la temperatura di m = 10 kg
[Q0028] [1 3 ] Rispondi alle seguenti domande.
di acqua dal valore iniziale Ti = 80 ◦ C fino al valore finale Tf = 130 ◦ C? [Q0005]
[2 3 ] Una sbarra di ferro di massa m = 15 kg, lunga li = 3 m alla temperatura 1. Perché l’alchool etilico bolle alla temperatura di circa Teb−1 = 80◦ C mentre
Ti = 1600 K viene immersa in una vasca riempita con una massa mH2 O = 100 kg l’acqua bolle alla temperatura di Teb−2 = 100◦ C
d’acqua alla temperatura TH2 O = 300 K. Di quanto si accorcia la sbarra?
2. Se prendo una certa massa di ferro alla temperatura T = 1600 K, è solida,
[Q0006] [3 4 ] Ad un oggetto di ferro di massa m = 2kg, alla temperatura
liquida, gassosa o plasma? Spiega perchè.
iniziale Ti = 600 K vengono forniti ∆Qtot = 2000 kJ di calore. Quanti kilogrammi
di ferro riesco a fare fondere? 3. L’acqua alla temperatura T = 327 K è solida, liquida, gassosa o plasma? Spiega
[Q0009] [2 2 ] Quanta energia mi serve per portare una massa m = 5 kg di perchè.
ferro dalla temperatura Ti = 2000 ◦ C alla temperatura Tf = 4000 ◦ C?
[Q0029] [2 3 ] Ad un oggetto di ferro di massa m = 5 kg, ed alla temperatura
[∆Q = 35710 kJ] [Q0010] [2 2 ] Quanta energia mi serve per portare una massa
T = 300 K, fornisco una quantità di calore ∆Q = 4400 J. Di quanto aumenta il
m = 5 kg di acqua dalla temperatura Ti = 20 ◦ C alla temperatura Tf = 130 ◦ C?
suo volume? [Q0030] [3 4 ] In un contenitore termicamente isolato sono pre-
[∆Q = 13662300 J] [Q0011] [2 2 ] Quanta energia serve per far allungare di
senti una massa mg = 500 g di ghiaccio alla temperatura Tig = 0◦ C ed una massa
∆l = 0, 1 mm una sbarra di alluminio di lunghezza li = 200 cm e massa m = 0, 5 kg?
mv = 600 g di vapore acqueo alla temperatura Tiv = 100◦ C. Calcola la tempera-
[∆Q = 900 J] [Q0012] [1 2 ] In quanto tempo un forno della potenza P = 500 W
tura di equilibrio del sistema e quanto vapore rimane. [Q0031] [3 4 ] Una
può far aumentare di ∆T = 20 K la temperatura di una massa m = 20 kg di acqua?
sbarra di ferro di massa m = 3 kg alla temperatura Ti−f erro = 800 K viene fatta raf-
[∆t = 3348, 8 s] [Q0014] [2 1 ] Posso scaldare una sbarra di ferro della lunghezza
freddare per immersione in una vasca d’acqua alla temperatura Ti−acqua = 300 K.
li = 50 cm e che si trova alla temperatura Ti = 350 K per farla allungare fino alla
Quale quantità minima di acqua devo usare per raffreddare il ferro senza che l’acqua
lunghezza lf = 50, 1 cm?
cominci a bollire?
[Q0017] [3 2 ] Ad una sbarra di ferro di massa m = 50 kg alla temperatu-
[Q0032] [3 3 ] In un contenitore termicamente isolato sono presenti una massa
ra Ti = 1500 K forniamo ∆Q = 12000 kJ di energia. Quanti kilogrammi di ferro
mg = 500 g di ghiaccio alla temperatura Tig = 0◦ C ed una massa mv = 600 g di
riusciamo a far fondere?
vapore acqueo alla temperatura Tiv = 100◦ C. Calcola la temperatura di equilibrio
[Q0018] [3 2 ] Un pezzo di ferro di massa m = 5 kg alla temperatura Ti = del sistema e quanto vapore rimane.
1600 K viene immerso in un volume V = 2 litri di acqua liquida alla temperatura di
ebollizione. Quanta massa di acqua diventerà vapore?
[m = 1, 19 kg] [Q0019] [2 2 ] Una sbarra di ferro di massa m = 15 kg, lunga
li = 2 m alla temperatura Ti = 1600 K viene immersa in una vasca riempita con
mH2 O = 100 kg d’acqua alla temperatura TH2 O = 300 K. Di quanto si accorcia la
sbarra?
[∆l = 0, 031 m]
Esercizi di Termodinamica Scheda 114
9. In un gas, durante una trasformazione isocora, al diminuire della tempera-
114.1 I Gas
tura: X) il gas fa lavoro; Y) il riceve lavoro; Z) il gas diminuisce la sue energia
[T0001] [2 2 ] Se un certo quantitativo di gas che si trova alla temperatura T1 = interna; W) la press.
380 K compie una trasformazione isobara passando da un volume V1 = 10 cm3 ad 10. In un gas, durante una trasformazione ciclica: X) il volume aumenta; Y) il vo-
un volume V2 = 20 cm3 , quale temperatura ha raggiunto? [T0002] [1 14 ] lume diminuisce; Z) il volume rimane invariato; W) il volume può aumentare
e diminuire per ritornare al valore iniziale.
1. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansione
isobara? X) dal suo interno; Y) dall’esterno; Z) dal lavoro che compie; W) la 11. Un ciclo di carnot è composto da: X) due isoterme e due isocore; Y) due isocore
produce. e due adiabatiche; Z) due isoterme e due adiabatiche; W) quattro isoterme.

2. In un gas, durante una trasformazione isocora, al diminuire della tempe- 12. Una trasformazione ciclica è una trasformazione in cui: X) il gas si muove di
ratura: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il volume rimane moto circolare uniforme; Y) il gas non scambia calore con l’esterno; Z) gli stati
invariato; W) il volume puó aumentare quanto diminuire. iniziale e finale della trasformazione coincidono; W) Gli stati iniziale e finale
della trasformazione cambiano ciclicamente.
3. C’è scambio di calore durante una compressione adiabatica? X) si; Y) no; Z)
forse; W) a volte. 13. Il rendimeno di un qualunque ciclo termodinamico è dato dal: X) lavoro fatto
fratto calore assorbito; Y) lavoro fatto più calore assorbito; Z) lavoro fatto meno
4. Il gas cede calore durante una compressione isobara? X) si; Y) no; Z) forse; calore assorbito; W) solo lavoro fatto.
W) a volte.
14. In un gas, durante una trasformazione isobara, al diminuire della tempera-
5. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansione tura: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il volume non varia;
adiabatica? X) dal suo interno; Y) dall’esterno; Z) dal lavoro che compie; W) la W) il volume sia aumenta che diminuire.
produce. [T0003] [1 12 ]

6. Di un gas, durante una trasformazione adiabatica, cambia: X) solo il volume; 1. Il rendimeno di un qualunque ciclo termodinamico è: X) minore o uguale a
Y) solo la temperatura; Z) solo la pressione; W) Sia il volume che temperatura 1; Y) maggiore o uguale a 1; Z) uguale a 1; W) nessuna delle precedenti.
che pressione.
2. La legge dei gas perfetti: X) non contiene il volume del gas; Y) non contiene la
7. In un gas, durante una trasformazione isoterma, al diminuire della pres- temperatura del gas; Z) non contiene l’energia interna del gas; W) non contiene
sione: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il volume rimane la pressione del gas.
invariato; W) il volume può aumentare quanto diminuire. 3. Di un gas, durante una trasformazione isocora, non cambia: X) il volume; Y)
la temperatura; Z) la pressione; W) l’energia interna.
8. In un gas, durante una trasformazione adiabatica, al diminuire della pres-
sione: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il voume rimane 4. Di un gas, durante una trasformazione isoterma, non cambia: X) la tempera-
invariato; W) il volume può aumentare quanto diminuire. tura; Y) il volume; Z) la pressione; W) l’energia interna.

252
253 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

5. Di un gas, durante una trasformazione isobara, non cambia: X) il volume; Y) 7. Quando un gas riceve del lavoro dall’esterno?
la temperatura; Z) la pressione; W) l’energia interna.
8. Disegna un ciclo di Carnot, indicandone le trasformazioni e i flussi di energia
6. Il rendimeno di un ciclo di Carnot: X) è sempre maggiore di 1; Y) dipende durante ogni trasformazione.
solo dalla temperatura finale del gas; Z) dipende dalle temperature a cui viene
scambiato il calore; W) dipende solo dalla temperatura iniziale del gas. 9. C’è scambio di calore durante una espansione isoterma? Quel calore entra nel
gas o esce?
7. Il calore scambiato ad alta temperatura, rispetto a quello scambiato a bassa
temperatura è: X) più pregiato; Y) meno pregiato; Z) egualmente pregiato; W) 10. Come cambia la temperatura di un gas durante una compressione adiabatica?
dipende dai casi. e durante un’espansione adiabatica?

8. Per aumentare la tempratura di un gas è sufficiente: X) comprimerlo; Y) farlo 11. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansione
espandere; Z) aumentarne la pressione; W) aumentarne l’energia interna. adiabatica?
9. Per aumentare l’energia interna di un gas è sufficiente: X) comprimerlo; Y)
12. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansione
fargli compiere una trasformazione isocora; Z) farlo espandere; W) fargli com-
isoterma?
piere una espansione isobara.
13. In una trasf. isocora: δL =?∆U =? Se il gas cede calore, da dove prende
10. Un gas compie sicuramente del lavoro se: X) viene compresso; Y) si espande;
quell’energia? Che conseguenza ha questo sulla temperatura?
Z) si scalda; W) nessuna delle precedenti.

11. C’è scambio di calore durante una compressione isoterma? X) si; Y) no; Z) 14. In una trasf. isoterma: ∆U =?δL =? Da dove viene presa l’energia per com-
forse; W) a volte. piere lavoro?

[T0004] [1 18 ] 15. In una trasf. adiabatica: δQ =?∆U =? Da dove viene presa l’energia per
compiere lavoro?
1. Da quale variabile di stato dipende l’energia interna di un gas?

2. In quali modi posso fornire energia ad un gas? 16. Cos’è il rendimento di un ciclo? Quanto vale per il ciclo di Carnot? Disegna il
diagramma che descrive il flusso di calore da una sorgente ad alta temperatura
3. Come varia l’energia interna di un gas durante una trasformazione isoterma? ad una a bassa temperatura durante un ciclo termodinamico. Modifica quel
Perchè? diagramma per descrivere un ciclo frigorifero.
4. Durante una espansione il gas compie o riceve lavoro? e durante una compres-
17. Il calore scambiato ad alta temperatura è più o meno pregiato di quello scam-
sione?
biato a bassa temperatura? Perchè?
5. Quanto calore scambia un gas durante una trasformazione adiabatica?
18. Cosa rappresenta la superficie dell’area delimitata da una trasformazione cicli-
6. Quando un gas fa lavoro verso l’esterno? ca in un diagramma Pressione-Volume?
254 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

[T0005] [1 2 ] Un gas compie un ciclo termodinamico formato da due iso- [T0010] [1 2 ] Un ciclo di Carnot assorbe δQass = 1000 J alla temperatura
bare e due isocore. Il ciclo comincia con un’espansione isobara che parte dallo stato T1 = 1000 K e cede calore alla temperatura T2 = 400 K. Quanto lavoro viene pro-
A(3 m3 ; 8 atm); successivamente abbiamo un raffreddamento isocoro; la compressio- dotto?
ne isobara inizia invece dallo stato B(5 m3 ; 3 atm); infine un riscaldamento isocoro. [δL = 600 J]
Quanto lavoro ha fatto il ciclo? [T0011] [1 6 ] Un gas subisce una trasformazione termodinamica. Le variabi-
[T0006] [1 5 ] Un ciclo termodinamico assorbe calore δQass ad alta tempera- li coinvolte in tale trasformazione sono sei: la variazione di pressione, la variazione
tura, cede calore δQced a bassa temperatura, e cede lavoro δL. Il tutto è fatto con un di volume, la variazione di temperatura, la variazione di energia interna, il lavo-
certo rendimento η. Esegui i seguenti esercizi: ro scambiato, il calore scambiato. Sapendo se sono positive, negative o nulle due
di queste, trova se sono positive, negative o nulle tutte le altre. le varie coppie di
1. Sapendo che δQass = 5000 J e che δQced = 3500 J, quanto valgono δL ed η?
informazioni da cui devi partire sono elencate qui sotto.
2. Sapendo che δQass = 5000 J e che δL = 2000 J, quanto valgono δQced ed η?
1. Riscaldamento isobaro
3. Sapendo che δL = 5000 J e che η = 0, 4, quanto valgono δQass e δQced ?
2. Riscaldamento isocoro
[T0007] [2 2 ] Durante una trasformazione isocora, un gas alla pressione
iniziale Pi = 25000 P a passa da una temperatura Ti = 380 K ad una temperatura 3. Riscaldamento adiabatico
Tf = 450 K; quale pressione Pf ha raggiunto?
[T0012] [1 6 ] Un gas subisce una trasformazione termodinamica. Le variabi-
[Pf = 29605 P a] [T0008] [2 2 ] Durante una trasformazione isoterma, un gas
li coinvolte in tale trasformazione sono sei: la variazione di pressione, la variazione
alla pressione iniziale Pi = 25000 P a passa da un volume Vi = 10 cm3 ad un volume
di volume, la variazione di temperatura, la variazione di energia interna, il lavo-
Vf = 20 cm3 ; quale pressione Pf ha raggiunto?
ro scambiato, il calore scambiato. Sapendo se sono positive, negative o nulle due
[Pf = 12500 P a]
di queste, trova se sono positive, negative o nulle tutte le altre. le varie coppie di
[T0009ban] [1 5 ] Esercizi banali:
informazioni da cui devi partire sono elencate qui sotto.
1. Quanto lavoro fa un gas a pressione P = 5000 P a in una espansione isobara
passando da un volume Vi = 50 m3 ad un volume Vf = 66 m3 ? 1. Espansione isobara
[L = 80 kJ] 2. Espansione isoterma
2. Una macchina termica funziona seguendo un ciclo di Carnot tra una tempera- 3. Espansione adiabatica
tura T1 = 500◦ K ed una inferiore T2 = 300◦ K. Quanto vale il rendimento della
macchina? [T0013] [1 4 ]
[η = 20%]
1. In quanti e quali modi un gas può scambiare energia con il mondo esterno?
3. Un gas, espandendosi, produce un lavoro δL = 500 J assorbendo contempora-
2. Cos’è una trasformazione ciclica?
neamenre una quantitá di calore δQ = 300 J. Di quanto é variata la sua energia
interna? 3. Cosa succede, dal punto di vista energetico, durante una trasformazione cicli-
[∆U = −200 J] ca?
255 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

4. Perchè la società umana ha bisogno delle trasformazioni cicliche? [T0017] [1 3 ] Domande di teoria

5. Cosa posso dire sul valore del rendimento di una trasformazione ciclica? 1. Del gas compresso esce molto velocemente da una bomboletta e si espande. Che
tipo di trasformazione termodinamica subisce tale gas? Perché?
[T0014] [1 4 ] Domande di teoria

1. In quanti e quali modi un gas può scambiare energia con l’esterno? 2. Del gas viene compresso molto lentamente dentro una bomboletta. Che tipo di
trasformazione termodinamica subisce tale gas? Perché?
2. A cosa serve una trasformazione ciclica?
3. Un ciclo termodinamico cede una quantità di calore ∆Qced = 500 J a bassa
3. Perchè la società umana ne ha bisogno? temperatura, e produce ∆L = 200 J di lavoro. Quanto vale il rendimento del
4. Elenca le strategie utili a risolvere i problemi energetici dell’umanità. ciclo? Quanto calore viene assorbito ad alta temperatura?

5. Quali variabili descrivono lo stato fisico di un gas? Quale formula le lega tra [T0018] [2 5 ] Un ciclo termodinamico assorbe calore δQass ad alta temperatura,
loro? cede calore δQced a bassa temperatura, e cede lavoro δL. Il tutto è fatto con un certo
rendimento η. Esegui i seguenti esercizi:
[T0015] [1 3 ] Domande di teoria
1. Sapendo che δQass = 5000 J e che η = 0, 2, quanto valgono δL e δQced ?
1. Se scaldo una pentola chiusa con un coperchio, che tipo di trasformazione sta
facendo il gas all’interno? Perchè? 2. Sapendo che δL = 4000 J e che δQced = 6000 J, quanto valgono δQass ed η?

2. Un subacqueo si immerge in apnea scendendo di ∆h = −30 m. Che tipo di 3. Sapendo che δQced = 8000 J e che η = 0, 2, quanto valgono δQass e δL?
trasformazione fa l’aria nei suoi polmoni? Percè?
[T0019] [2 2 ] Quant’è la minima quantità di lavoro che bisogna utilizzare, con
3. Un ciclo termodinamico assorbe una quantità di calore ∆Qass = 500 J ad alta un ciclo di Carnot, per sottrarre δQ = 180 J da un gas alla temperatura Tb = −3◦ C
temperatura, e produce lavoro con un rendimento η = 20 %. Quanto lavoro ha e spostarlo in un ambiente alla temperatura Ta = 27◦ C. [T0020] [2 4 ] Una
prodotto? Quanto calore cede a bassa temperatura? g
massa m = 560 g di azoto gassoso (P M = 28 mole ) si trova alla temperatura iniziale
Ti = 270 K. Essa è contenuta in un cilindro metallico di sezione S = 1000 cm2 e di
[T0016] [1 3 ] Domande di teoria
altezza h = 1 m. A quale pressione si trova il gas? Se la temperatura aumenta di
1. Una nebulosa nello spazio si comprime a causa della forza di gravità. Che tipo ∆T = 30 ◦ C, a quale pressione arriva il gas? [T0021] [3 3 ] Un contenitore è se-
di trasformazione termodinamica fa? Perché? parato da una sottile paratia in due volumi uguali nei quali sono contenuti due gas,
rispettivamente alla pressione PiA = 1, 5 · 105 P a e PiB = 3, 3 · 105 P a. Assumendo
2. Un frigorifero raffredda l’aria al suo interno. Che tipo di trasformazione ter-
che il contenitore sia mantenuto a temperatura costante e che i due gas siano in equi-
modinamica subisce tale aria? Perché?
librio termico con il contenitore, quale pressione si avrà all’interno del contenitore
3. Un ciclo termodinamico assorbe una quantità di calore ∆Qass = 500 J ad alta dopo la rimozione della paratia di separazione? [T0022] [3 4 ] Un contenitore
temperatura, e produce ∆L = 200 J di lavoro. Quanto vale il rendimento del è separato da una sottile paratia in due volumi uguali nei quali sono contenuti due
ciclo? Quanto calore viene ceduto a bassa temperatura? gas, rispettivamente ossigeno O2 alla pressione PiA = 1, 4 · 105 P a e idrogeno H2
256 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

alla pressione PiB = 2, 8 · 105 P a. Assumendo che il contenitore sia mantenuto alla 5 ] Disegna un ciclo termodinamico formato da due adiabatiche, una isobara ed
temperatura costante T = 200 ◦ C e che i due gas siano in quilibrio termico con il con- un’isocora. Indica per ogni trasformazione se gli scambi di calore e di lavoro sono
tenitore, quale pressione si avrà all’interno del contenitore dopo la rimosione della in uscita od in ingresso nel gas. Indica per ogni trasformazione se l’energia interna
paratia di separazione? Quale pressione si avrà poi dopo che un dispositivo elettrico del gas aumenta o diminuisce. [T0026c] [2 6 ] Disegna un ciclo termodinamico
fa scoccare una scintilla attraverso la miscela di idrogeno e ossigeno? [T0023] [4 formato da due adiabatiche e due isocore. Indica per ogni trasformazione se gli
4 ] Un gas monoatomico (γ = 53 ) fa una trasformazione dallo stato scambi di calore e di lavoro sono in uscita od in ingresso nel gas. Indica per ogni
trasformazione se l’energia interna del gas aumenta o diminuisce. [T0027] [2
{TA = 300 K; PA = 100000 P a; VA = 3 m3 } 2 ] Alla partenza di un viaggio, quando la temperatura è Ti = 15◦ , le ruote di
un’auto sono gonfiate alla pressione Pi = 2 atm. Dopo molti kilometri le ruote si
allo stato
sono scaldate fino alla temperatura Tf = 45◦ . Quale pressione hanno raggiunto?
{TB = 400 K; PB = 200000 P a; VB = 2 m3 }
[T0028] [2 3 ] Un frigorifero ha una porta di superficie S = 1, 5 m2 . Inizialmente
Calcolate la variazione di entropia. [T0025] [1 4 ] Rispondi alle seguenti spento e aperto, l’aria al suo interno ha una temperatura Ti = 22◦ . Una volta in
domande: funzione l’aria al suo interno raggiunge la temperatura Tf = 4◦ . Con quale forza la
porta viene schiacciata conto il frigorigero e tenuta chiusa? [T0028] [3 3 ] Un
1. In quale direzione si muove naturalmente il calore? In che modo possiamo
contenitore cilindrico di superficie di base S = 10 cm2 contiene una mole di gas alla
invertire tale direzione?
pressione Pi = 2 · 105 P a ed alla temperatura Ti = 300 K. Il cilindro è chiuso da un
N
2. Indica quali relazioni valgono, tra le variabili energetiche dei gas, durante le pistone tenuto in posizione da una molla di costante elastica k = 100 mm . Di quanto
trasformazioni: espansione adiabatica, riscaldamento isocoro e compressione si solleva il pistone se scaldiamo il gas fino alla temperatura Tf = 400 K? [DT0001]
isoterma. Scrivile ed enunciane il significato. [1 5 ] Un contenitore cilindrico è chiuso in verticale da un pistone mobile di
massa m = 1 kg e di superficie S = 1 dm3 . All’inizio il contenitore è alto hi =
3. Perchè un gas ideale esercita sempre una certa pressione sulle pareti del conte- 3 dm. Nel contenitore è presente un gas perfetto alla temperatuta T = 27◦ C. Quante
nitore che lo racchiude? molecole ci sono nel gas? Se sul pistone appoggiamo un peso di massa M = 19 kg,
mantenendo costante la temperatura del gas, quanto risulterà alto il contenitore alla
4. Lo pneumatico di un’automobile, una volta gonfiato fino ad un certo livello,
fine? [DT0002] [1 2 ] Un contenitore cilindrico è chiuso in verticale da un
non aumenta più il suo volume. Perchè immettendo altra aria al suo interno
pistone mobile di massa m = 10 kg e di superficie S = 2 dm2 . Il contenitore è alto
aumenta la pressione?
h = 4 dm. Nel contenitore è presente un gas perfetto alla temperatuta T = 27◦ C.
[T0026] [2 5 ] Disegna un ciclo termodinamico formato da due isoterme e due Quante molecole ci sono nel gas? [FT0001] [2 3 ] Un subacqueo con capacità
isocore. Indica per ogni trasformazione se gli scambi di calore e di lavoro sono in polmonare Vi = 5 dm3 sta per andare a hf = −30 m di profondità sul livello del
uscita od in ingresso nel gas. Indica per ogni trasformazione se l’energia interna del mare. Quanti litri d’aria si troverà nei polmoni a quella profondità? [LT0001]
gas aumenta o diminuisce. [T0026a] [2 5 ] Disegna un ciclo termodinamico [2 5 ] Una macchina termica funziona con un ciclo di Carnot tra le temperature
formato da due isoterme e due adiabatiche. Indica per ogni trasformazione se gli Tb = 20◦ C e Ta = 600◦ C. Tale macchina brucia una massa m = 100 g di benzina
J
scambi di calore e di lavoro sono in uscita od in ingresso nel gas. Indica per ogni dal potere calorifico C = 43, 6 · 106 kg , per sollevare un peso M = 10 kg. Di quanto
trasformazione se l’energia interna del gas aumenta o diminuisce. [T0026b] [2
257 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

si riesce a sollevare tale peso? [QT0001] [2 4 ] In un contenitore di ferro


chiuso, di massa mF e = 1 kg, ci sono maria = 3 kg di aria. La temperatura iniziale
del ferro è Ti−F e = 10 ◦ C, e quella dell’aria è Ti−aria = 30 ◦ C. Il calore specifico
J
dell’aria a volume costante è cs−aria = 0, 72 kgK . Calcola il rapporto tra le pressioni
P
finale ed iniziale x = Pfi al raggiungimento dell’equilibrio termico. [QT0002]
[3 5 ] Una centrale elettrica di potenza P = 500 M W funziona con un ciclo
termodinamico di rendimento η = 0, 35. Per raffreddarla viene utilizzato un piccolo
fiume dal quale si preleva una portata d’acqua C = 5 · 104 kg s . Di quanto si scalda
quell’acqua? [QT0003] [2 3 ] Una macchina termica di rendimento η = 0, 2
viene utilizzata come frigorifero per raffreddare una massa m = 2 kg di acqua dalla
temperatura iniziale Ti = 20 ◦ C alla temperatura finale Tf = 4 ◦ C. Quanto lavoro
impiega? [QT0004] [2 3 ] Una macchina termica di rendimento η = 0, 2
viene utilizzata come frigorifero per raffreddare una massa m = 2 kg di acqua dalla
temperatura iniziale Ti = 20 ◦ C alla temperatura finale Tf = −18 ◦ C. Quanto lavoro
impiega? [QT0005] [3 5 ] Una macchina termica di rendimento η = 0, 2
e potenza P = 100 W viene utilizzata come frigorifero per raffreddare una massa
m = 2 kg di acqua dalla temperatura iniziale Ti = 20 ◦ C alla temperatura finale
Tf = 4 ◦ C. Quanto tempo ci impiega? [QT0006] [3 4 ] Una macchina termica
di rendimento η = 0, 2 e potenza P = 100 W viene utilizzata come frigorifero per
raffreddare una massa m = 2 kg di acqua dalla temperatura iniziale Ti = 20 ◦ C alla
temperatura finale Tf = −18 ◦ C. Quanto tempo ci impiega?
Esercizi sui fenomeni ondulatori Scheda 115
2. Che differenza c’è tra riflessione e diffusione?
115.1 Teoria
3. In quale istante avviene la riflessione di un’onda?
[O0011] [1 4 ]
4. Nel fenomeno della riflessione, perchè non cambia la velocità dell’onda?
1. Cos’è un’onda?
[O0028] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande:
2. Indica la differenza tra onde trasversali ed onde longitudinali

3. Indica la differenza tra onde meccaniche ed onde elettromagnetiche 1. Quali fenomeni fisici sono legati al funzionamento di lenti e specchi?

4. Disegna un’onda ed indicane tutte le variabili che la descrivono 2. Come si forma un’onda stazionaria?

[O0019] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande: 3. Per quale motivo se una persona si sta allontanando da noi, sentiamo la sua
voce di un volume minore?
1. Quali differenze ed analogie ci sono tra la luce visibile, i gaggi X con cui fai una
lastra e le onde radio per le telecomunicazioni? 4. In che modo cambia il suono di una sirena se tale sirena si sta avvicinando od
allontanando da noi? Per quale motivo?
2. Perchè d’estate preferisco indossare vestiti bianchi e non neri?

3. Come mai d’estate in generale le temperature sono alte, mentre d’inverso in


generale le temperature sono basse? 115.2 Oscillazioni
4. Qual’è la principale differenza tra la luce diffusa da un muro e la luce riflessa [O0025] [4 5 ] In un tubo a forma di "U" aperto da entrambi i lati è presente
da uno specchio? dell’acqua. Inizialmente la differenza di livello dell’acqua nei due bracci del tubo è
∆hi = 10 cm. Il tubo è pieno di acqua per una lunghezza L = 1 m. Inizialmente
[O0020] [1 3 ] Rispondi alle seguenti domande.
l’acqua è ferma. Calcolate la frequenza con cui il livello dell’acqua comincerà ad
1. Indica quale grandezza fisica dell’onda determina: il colore della luce visibile; oscillare all’interno del tubo.
la luminosità della luce visibile; il volume di un suono; la tonalità del suono?

2. Con un puntatore laser indico un punto su di un muro. Tutti nella stanza ve- 115.3 Riflessione e rifrazione
dono quel punto. Sto parlando di un fenomeno di riflessione o di diffusione?
Perchè? [O0003] [1 1 ] L’eco di un forte urlo viene percepito dalla persona che ha urlato
dopo un intervallo di tempo ∆t = 0, 2 s. Sapendo che il suono in aria viaggia alla
3. Descrivi un fenomeno fisico in cui sia presente l’effetto Doppler. velocità Vs = 344 ms , quanto è distante la parete sulla quale il suono si è riflesso?

[O0027] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande: [O0012] [1 1 ] Un raggio di luce passa dall’aria all’acqua con un angolo di
incidenza i = 45◦ . L’indice di rifrazione dell’aria è naria = 1, 0003, mentre quello
1. Come determini la direzione del raggio riflesso in una riflessione? dell’acqua è nH2 O = 1, 33. Con quale angolo di rifrazione il raggio entra nell’acqua?

258
259 Scheda115. Esercizi sui fenomeni ondulatori

[O0029] [1 1 ] Una nave manda un impulso sonar verso il basso per misurare
115.5 Propagazione
la profondità del fondale. L’impulso torna alla nave dopo un tempo ∆t = 1, 2 s.
Sapendo che il suono in acqua viaggia alla velocità Vs = 1400 m
s , quanto è profondo
il fondale? [O0004] [1 1 ] Un suono emesso da un altoparlante viene percepito da una per-
sona ad una distanza r1 = 20 m con un’intensità I1 = 120 mJ2 s . con quale intensità
verrà invece percepito da una persona alla distanza r2 = 30 m?
115.4 Interferenza e risonanza [O0006] [1 1 ] Un suono emesso da un altoparlante viene percepito da Andrea
ad una distanza rA = 20 m con un’intensità IA = 120 mJ2 s . Marco si trova alla distan-
[O0005] [1 2 ] Quanto vale la terza frequenza di risonanza su di una corda, fissata za d = 5 m da Andrea, sulla line tra Andrea e l’altoparlante. Con quale intensità il
ai due estremi, lunga l = 6 m, sulla quale le onde viaggiano alla velocità V = 50 m
s ? suono verrà percepito da Marco?
Disegna l’onda sulla corda.
[O0007] [1 1 ] Un suono emesso da un altoparlante viene percepito da Andrea
[O0010] [1 2 ] Calcola la velocità di un’onda su una corda fissata ai due estre-
ad una distanza rA = 20 m con un’intensità IA = 120 mJ2 s . Dietro ad Andrea il suono
mi e lunga l = 12 m, sapendo che la quinta frequenza di risonanza è ν5 = 9 Hz?
prosegue ed incontra un muro alla distanza d = 40 m dalla sorgente, riflettendosi
Disegna l’onda sulla corda.
su di esso e raggiungendo nuovamente Andrea. Con quale intensità Andrea sente il
[O0017] [2 2 ] Un’asticella lunga l = 150 cm, oscilla con un’estremo fisso l’al-
suono riflesso?
tro libero. La velocità di un’onda nell’asticella è V = 24 m
s . Calcola la terza frequenza
di risonanza dell’asticella. [O0015] [1 2 ] Un raggio di luce verde (ν = 6 · 1014 Hz) attraversa perpen-
[O0031] [2 2 ] In figura è mostrato lo spettro di frequenze (con le frequenze dicolarmente una lastra di vetro con indice di rifrazione n = 1, 4. Sapendo che la
indicate su scala logaritmica) di un suono prodotto da aria che passa in un tubo aper- lastra di vetro è spessa d = 3 mm, quante oscillazioni compie il raggio luminoso
to ad entrambe le estremità. Le due linee evidenziate corrispondono alle frequenze nell’attraversare tale lastra?
ν1 = 829 Hz e ν2 = 2088 Hz. Sapendo che il suono viaggia ib aria alla velocità
[O0018] [1 2 ] Sapendo che gli indici di rifrazione di aria e acqua sono rispetti-
V = 340 m s , quanto è lungo il tubo? vamente na = 1, 00029 e nH2 O = 1, 33 calcola lo spessore di aria che un raggio di luce
deve attraversare per impiegare lo stesso tempo che impiegherebbe ad attraversare
uno spessore ∆LH2 O = 20 cm.

[O0026] [1 1 ] Una lampadina ad incandescenza di potenza P = 100 W emette


luce in maniera isotropa. Se viene posta al centro di una stanza cubica di lato L =
7 m. Quanta energia arriverà in un tempo ∆t = 10 min sul soffitto della stanza?

[O0032] [2 2 ] Un’ambulanza dista da una persona r1 = 200 m e si muove


verso di essa a velocità costante V = 15 m s . Sapendo che l’intensità sonora percepita
W
è I1 = 0, 5 m2 , quale intensità sonora verrà percepita dopo un tempo ∆t = 4 s?
260 Scheda115. Esercizi sui fenomeni ondulatori

2. In una fibra ottica monomodale un segnale viene attenuato man mano che si
115.6 Ottica geometrica
propaga lungo la fibra stessa. Quale di questi fattori NON determina un’atte-
[O0001] [1 1 ] Calcola l’angolo limite per riflessione totale per un raggio lu- nuazione del segnale?
minoso che passa dall’acqua all’aria. Gli indici di rifrazione di acqua e aria sono (a) La presenza di impurità all’interno della fibra
rispettivamente nH2 O = 1.33 e naria ∼ 1
(b) La presenza di curve nel percorso della fibra
[O0002] [1 3 ] Costruisci l’immagine di un oggetto generata da una lente
sferica convergente, sia nel caso che l’oggetto si trovi tra la lente ed il fuoco, sia nel (c) La presenza di interconnessioni tra fibre
caso che si trovi oltre il fuoco. (d) La scelta dei valori degli indici di rifrazione del nucleo e del mantello della
[O0008] [1 2 ] Un oggetto è posto ad una distanza da una lente sferica con- fibra
vergente tale per cui l’immagine generata risulta di dimensioni doppie rispetto al-
3. Un raggio luminoso passa da un materiale con indice di rifrazione n1 = 1, 41
l’oggetto. Sapendo che la distanza focale della lente vale f = 30 cm, a quale distanza
verso un materiale con indice di rifrazione n2 . Affinchè possa esserci riflessione
dalla lente si trova l’oggetto?
totale quali delle seguenti affermazioni è vera?
[O0009] [1 2 ] Un oggetto è posto di fronte ad una lente convergente ad una
distanza p = 20 cm. La distanza focale della lente è f = 15 cm. A quale distanza (a) n2 sia minore di n1
dalla lente si forma l’immagine? Quanto vale il fattore di ingrandimento? (b) n2 sia maggiore di n1
[O0016] [1 1 ] Costruisci l’immagine di un oggetto generata da una lente
(c) n2 sia uguale a n1
sferica divergente. Indica se l’immagine è dritta e se è reale.
(d) n2 può assumere qualunque valore.

4. Riguardo ai fenomeni della fluorescenza e della fosforescenza, indica quale


115.7 Ottica applicata delle seguenti affermazioni è FALSA:

[O0021] [1 6 ] Rispondi alle seguenti domande. (a) Il fenomeno della fluorescenza non ha la stessa durata del fenomeno della
fosforescenza
1. Immaginiamo di irradiare la superficie di un metallo con un fascio di luce mo- (b) Entrambi i fenomeni iniziano con il salto energetico di un elettrone da un
nocromatica. L’energia dei singoli fotoni è E = 5, 0 · 10−19 J. Il lavoro di livello energetico inferiore ad uno superiore.
estrazione è Ψ = 3, 6 · 10−19 J. Quale delle seguenti affermazioni è vera?
(c) A differenza della fluorescenza, il fenomeno della fosforescenza coinvolge
anche le cariche elettriche del nucleo dell’atomo.
(a) Dal metallo non escono elettroni
(d) In entrambi i fenomeni la radiazione luminosa emessa ha energia inferiore
(b) Dal metallo escono elettroni con energia cinetica nulla
della radiazione eccitante iniziale
(c) Dal metallo escono elettroni con energia cinetica Ec = 1, 4 · 10−19 J
[O0024] [2 10 ] Una fibra ottica immersa in aria ha le seguenti caratteristiche:
−19
(d) Dal metallo escono elettroni con energia cinetica Ec = 6, 4 · 10 J diametro del nucleo dc = 50 µm, indice di rifrazione del nucleo n1 = 1, 527, diametro
261 Scheda115. Esercizi sui fenomeni ondulatori

del mantello dm = 125 µm, indice di rifrazione del mantello n2 = 1, 517. Nella fibra
si propagano segnali luminosi di lunghezza d’onda λ = 1300 nm. Determinare il
numero dei modi di propagazione ed il cono di accettazione. Indicare in modo sin-
tetico perchè la presenza di più modi di propagazione determina una attenuazione
del segnale e come dovrebbe essere modificata la fibra per renderla monomodale.

115.8 Effetto fotoelettrico


[O0022] [2 4 ] Da una lastra di zinco irradiata con luce ultravioletta, vengo-
no estratti degli elettroni. Il lavoro di estrazione degli elettroni dallo zinco è L =
6, 84 · 10−19 J. Calcolare il valore della frequenza di soglia della radiazione inciden-
te. Calcolare inoltre la velocità degli elettroni estratti da una radiazione incidente di
lunghezza d’onda λ = 271 nm

115.9 Atomo di Bohr


[O0023] [1 5 ] Dopo aver brevemente illustrato le caratteristiche del model-
lo atomico di Bohr, calcolare la frequenza della radiazione emessa da un atomo
corrispondente alla terza riga della serie di Balmer.
Esercizi di Elettromagnetismo Scheda 116
q+
116.1 Elettromagnetismo
[E0001] [2 3 ] Due sfere con carica elettrica C = 10 µC sono poste alla distanza
d = 30 cm. Calcolare la forza con la quale le sfere si respingono quando sono in q+ q+
quiete e quando si muovono parallelamente con velocità costante V = 90000 km q−
s .
−9
[E0003] [1 2 ] Due protoni si trovano alla distanza d = 2 · 10 m; tra loro si trova
un elettrone posto alla distanza r1 = 8 · 10−10 m. Quanto vale la forza complessiva
q+
che agisce sull’elettrone?
[E0003a] [1 2 ] Un protone ed un nucleo di elio si trovano alla distanza d = Fig. 116.1: Figura esercizio E0008
2 · 10−9 m; tra loro si trova un elettrone posto alla distanza r1 = 8 · 10−10 m dal
protone. Quanto vale la forza complessiva che agisce sull’elettrone?
[1 2 ] Un elettrone si muove con un’energia E = 3000 eV perpendicolarmente al
[E0005] [2 3 ] Quattro cariche elettriche si trovano ai vertici di un quadrato di
campo magnetico terrestre B = 50 µT . Quanto vale la forza magnetica che subisce?
lato l = 2 m. tre di queste valgono Q+ = +8 µC ed una Q− = −8 µC. Quanto vale
[E0018] [2 3 ] Sono dati quattro lunghi fili conduttori A, B, C e D percorsi da
il campo elettrico nel centro del quadrato? Quanto vale la forza che agirebbe su di
una corrente i = 10 A e disposti tra loro parallelamente; essi sono perpendicolari
una carica q = 2 µC posta nel centro del quadrato? [E0007] [1 2 ] Disegna sul
~ uniforme verso destra ed uno magnetico uniforme ad un piano (per esempio quello del tuo foglio). I quattro fili intersecano il piano
tuo foglio un campo elettrico E
~ verticale entrante nel foglio. Disegna adesso un elettrone che si muove parallelo in quattro punti disposti ai vertici di un quadrato di lato l = 5 m, come mostrato in
B
figura. Le correnti di A e B escono dalla superficie, quelle dei fili C e D entrano nella
al vostro foglio e verso l’alto. A quale velocità deve andare affichè si muova con
superficie. Calcolare il campo magnetico prodotto dai quattro fili nel punto centrale
velocità costante? [E0008] [1 2 ] Quattro cariche elettriche identiche, tutte
del quadrato.
positive del valure q = 4 µC si muovono sul tuo foglio, come mostrato in figura,
lungo un percorso circolare di raggio r = 10 cm e con velocità V = 10 ms . Quanto vale A B
e dove è diretto il campo magnetico che generano nel centro della spira? Quanto vale
la forza magnetica che subisce una carica negativa che entra perpendicolarmente al
tuo foglio?
[E0009] [1 4 ] Due cariche elettriche Q1 = 4µC e Q2 = −4µC si trovano su
di una linea orizzontale alla disanza d = 2 m. Sulla stessa linea, ad altri due metri
dalla carica negativa, una carica di prova q3 = −2µC. Quanto vale il campo elettrico
totale sulla carica q3 ? Quanto vale la forza che subisce la carica q3 . D C
[E0011] [1 1 ] Tre sfere conduttrici identiche hanno carica elettrica rispetti-
vamente Q1 = 12 µC e Q2 = Q3 = 0. La prima sfera sarà messa a contatto con la [E0019] [3 5 ] Sono dati quattro lunghi fili conduttori A, B, C e D percorsi
seconda e poi da essa separata. La seconda spera sarà infine messa a contatto con da una corrente i = 10 A e disposti tra loro parallelamente; essi sono perpendicolari
la terza e poi separata. Quale sarà la carica elettrica della terza sfera? [E0012] ad un piano (per esempio quello del tuo foglio). I quattro fili intersecano il piano

262
263 Scheda116. Esercizi di Elettromagnetismo

in quattro punti disposti ai vertici di un quadrato di lato l = 5 m, come mostrato in Q Q


figura. Le correnti di A e B escono dalla superficie, quelle dei fili C e D entrano nella
superficie. Calcolare il campo magnetico prodotto dai quattro fili nel punto medio Fig. 116.2: Figura esercizio DE0010
del segmento CD.
[DE0022] [3 4 ] Due sfere di massa m = 15 g, elettrizate con la stessa carica
A B
Q, sono appese con due fili entrambi lunghi l = 20 cm. nella condizione di equilibrio
tali fili formano un angolo θ = 60◦ . Quanto vale la carica elettrica sulle due sfere?

116.2 Elettrotecnica
[E0002] [2 7 ] Un circuito elettrico è formato da due resistenze R2 = 6 Ω ed
D M C R3 = 12 Ω in parallelo, messe in serie con altre due resistenze R1 = 6 Ω ed R4 = 2 Ω.
il circuito è alimentato da un generatore ∆V = 24 V olt. Calcola le differenze di
[E0020] [3 3 ] Un lungo filo orizzontale trasporta una corrente i = 60 A. Un potenziale agli estremi di ogni resistenza e la corrente elettrica che le attraversa
kg
secondo filo costituito di rame (densità ρ = 8930 m 3 ), avente il diametro d = 3, 00 mm
R1
e percorso da una corrente, è mantenuto sospeso in equilibrio sotto il primo filo. Se i i1
due fili si trovano a una distanza di h = 5, 0 cm, determina il verso di circolazione e
l’intensità della corrente che percorre il secondo filo affinchè esso rimanga in sospen-
sione sotto il primo filo. [E0021] [3 3 ] Un solenoide indefinito è costituito di 800
∆V R2 R3
spire per metro di lunghezza e ha un diametro d = 20, 0 cm. All’interno del solenoide
un protone si muove di moto spiraliforme con velocità di modulo V = 2, 00 · 105 m s
i2 i3
e direzione inclinata di un angolo α = 30◦ rispetto all’asse del solenoide. Calcola la
minima intensità di corrente che deve circolare nel solenoide se si vuole che il pro- i4
R4
tone lo percorra senza mai urtare le sue pareti. [CE0001] [2 2 ] Quanto vale
il raggio della traiettoria circolare di un elettrone che entra perpendicolarmente in Fig. 116.3: Figura esercizio E0002
un campo magnetico B = 10−6 T alla velocità V = 90000 m s ? [CE0002] [2 2
] Quanto vale la velocità con cui si muove un elettrone all’interno di un atomo di [E0004] [2 5 ] Un circuito elettrico, alimentato da un generatore ∆V = 24 V olt,
idrogeno? è formato dalle resistenze R1 = 6 Ω in serie con il parallelo tra R2 = 8 Ω ed R3 = 4 Ω.
[DE0010] [1 1 ] Due cariche elettriche uguali, con eguale carica elettrica e Calcola la corrente elettrica che attraversa ogni resistenza ed i potenziali nei punti
massa, di carica Q = 4µC si trovano alla disanza d = 2 m. Quale massa devono ave- A, B e T [E0006] [2 15 ] Dato il circuito elettrico in figura, determinarne il fun-
re affinchè l’attrazione gravitazionale tra loro equilibri la repulsione elettrostatica? zionamento per ogni configurazione degli interruttori. Le resistenze hanno valore
2 2
[K = 9 · 109 NCm2 ; G = 6, 67 · 10−11 Nkgm2 ] R0 = 36 Ω, R1 = 12 Ω, R2 = 6 Ω, R3 = 18 Ω; ∆V = 240 V . [A seconda di come so-
264 Scheda116. Esercizi di Elettromagnetismo

− ∆V3 + − ∆V2 + t0 t2
VA
VB i2
R3 R2 +

t1
i1 VA R0 ∆V2 R2
R1 i0
∆V
VT i − i2
∆V R1 VB
+
i1
Fig. 116.4: Figura esercizio E0004
i ∆V3 R3

no messi gli interruttori dovere calcolare le correnti elettriche in tutti i rami, ed i valori del

potenziale nei punti A e B.]
[E0010] [1 2 ] Un impianto elettrico è alimentato da una tensione ∆V = 220 V . VT

Per rispettare il contratto di fornitura, l’alimentazione viene staccata quando nel cir-
cuito entra una corrente maggiore di Imax = 15 A. Se nella casa sono accesi una Fig. 116.5: Esercizio: E0006
lavatrice di potenza Plav = 1, 5 kW , due stufe elettriche di potenza Ps = 700 W
ed un televisore di potenza Pt = 200 W , quante lampadine da Pl = 30 W possono lampadina accesa un tempo ∆t = 4 h ? Quanta carica elettrica ha attraversato la
ancora accendere? resistenza in questo intervallo di tempo?
[E0013] [1 4 ] Una lampadina di resistenza R1 = 48 Ω è montata in serie con
una seconda resistenza R2 . Il circuito è alimentato con una batteria ∆V = 12 V olt. R
i
Quanto deve valere R2 affinchè la potenza dissipata dalla lampadina sia P1 = 2 W ?
VA VB
[E0014] [1 4 ] Una lampadina da 24 V ; 6 W è collegata ad una batteria con dei
cavi elettrici di rame di resistività ρ = 0, 17 · 10−7 Ωm e di sezione S = 0, 1 mm2 . Il Fig. 116.6: Figura esercizio E0016
circuito è alimentato con una batteria ∆V = 24 V olt. Quanto deve essere lungo il
filo affinche la potenza dissipata dalla lampadina sia P = 5 W ? [E0015] [1 3 [E0017] [2 6 ] Nel circuito in figura R0 = 4 kΩ, R1 = 3 kΩ, R2 = 4 kΩ, R3 =
] Due lampadine identiche R = 120 Ω sono alimentate da un generatore di tensione 2 kΩ, ∆V = 12 V , VT = 0 V . Calcola la resistenza totale Rtot , la corrente i in uscita
∆V = 12 V . Calcola la corrente che le attraversa nel caso siano montate in serie dal generatore, il valore di tensione VA nel punto A. Verificato che VA = 4 V , calcola
e nel caso siano montate in parallelo. In quale caso le lampadine risulteranno più poi le correnti i1 e i2 nei due rami senza il generatore, e il valore di tensione VB nel
luminose? [E0016] [1 3 ] Nel ramo di circuito in figura, viene montata una punto B.
lampadina di resistenza R = 6 Ω; le tensioni sui due morsetti sono VA = 28 V e
[EQ0001] [2 2 ] Un riscaldatore elettrico è fatto da resistenza R = 10 Ω ali-
e
VB = 4 V . Il costo dell’energia è C = 0, 18 . Quanto spendo per tenere la mentata da una differenza di potenziale costante ∆V = 24 V olt. Se immersa in una
kW h
265 Scheda116. Esercizi di Elettromagnetismo

R0 R2
VA i2 VB

∆V R1 R3

i i1
VT

massa m = 2 kg di acqua, in quanto tempo la scalda di ∆T = 20 K? [Comincia con il


calcolare quanta energia deve essere data all’acqua e a disegnare il circuito del riscaldatore.]
Esercizi di Relativita Scheda 117
4 Introducendo la massa relativistica di un corpo si arriva a formulare una
117.1 Domande di Teoria
delle più famose leggi fisiche mai enunciate. Enunciala e spiegane il si-
1. [R0001] [2 15 ] gnificato.
4 Introducendo la massa relativistica di un corpo si arriva a formulare una
(a) Quali sono i due principi su cui si fonda la teoria della relatività ristretta
relazione tra energia e impulso di una particella. Enuncia e ricava tale
e in che modo essi determinano tale teoria?
legge.
(b) Sappiamo che con le trasformate di Lorentz la luce ha sempre la stessa
2 Posso utilizzate la teoria della relatività per passare dal mio sistema di
velocità in tutti i sistemi di riferimento. Mostra a partire dalle trasformate
riferimento ad uno in accelerazione ridpetto al mio? Giustifica la risposta
di Lorentz tale affermazione.
2 Cosa si intende per intervallo di tempo proprio tra due eventi?
(c) Oltre alla velocità della luce, quale grandezza fisica è invariante sotto
l’azione delle trasformate di Lorentz? 1 Perchè un atomo di idrogeno ha meno massa di un protone ed un elettro-
ne separati?
(d) Ridefinendo la massa, si è arrivati a comprenderne la vera natura. Qual è
tale natura e come si è arrivati a comprenderla? 1 Perchè un protone ha più massa della somma della massa dei singoli
quark?
(e) Cosa si intende per dilatazione dei tempi e contrazione delle distanze?
1 In quale sistema di riferimento la massa di una particella assume valore
2. [R0002] [2 49 ]
minimo?
4 Su quali principi fondamentali si fonda la teoria della relatività ristretta? 2 Nel sistema di riferimento della stazione, un treno in movimento lungo
In che modo essi determinano la teoria? L = 83 m viene colpito simultaneamente da due fulmini ai suoi due estre-
4 L’esperimento del treno colpito da due fulmini: in cosa consiste e quale mi. Quanto vale la distanza spazio-temporale s tra i due eventi nel sistema
fenomeno vuole spiegare? di riferimento dei passeggeri del treno? Giustifica la risposta.

4 Dimostra l’invarianza della distanza spazio-temporale tra due eventi sot- 2 Un muone, vive mediamente a riposo un tempo di circa τ = 2, 2 µs Quan-
to l’azione delle trasformate di Lorentz ta strada percorre quel muone, nel sistema di riferimento del laboratorio,
sapendo che viaggia alla velocità v = 0, 99 c?
4 Le trasformate di Lorentz non preservano necessariamente la sequenza
temporale degli eventi. Approfondisci questo concetto in relazione alla 2 Quanto vale l’energia cinetica di un muone (m0 = 105, 66 Mc2ev che viaggia
distanza spazio-temporale tra quei due eventi. alla velocità v = 0, 9c?

4 Spiega, ricavandone l’equazione, il fenomeno della dilatazione dei tempi.


4 Spiega, ricavandone l’equazione, il fenomeno della contrazione delle di-
117.2 Risposte
stanze.
4 Dopo aver ricavato la legge di composizione delle velocità, dimostra che
le trasformate di Lorentz mantengono invariata la velocità della luce.

266
Esercizi di Meccanica quantistica Scheda 118
12. Nell’esperimento delle due fessure si vede che gli elettroni che attraversano la
118.1 Domande base di Teoria
coppia di fessure formano sullo schermo di rivelazione una figura di interfe-
[H0001] [2 19 ] Rispondi alle seguenti domande. renza. Esattamente quali sono le due cose che hanno interferito tra loro?

1. Cos’è un corpo nero? 13. In quale modo la meccanica quantistica descrive un sistema fisico?

2. Nomina alcuni fenomeni fisici che hanno condotto alla quantizzazione delle 14. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso uno
onde elettromagnetiche schermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Cosa posso affer-
mare sullo stato fisico della particella, riguardo alla fessura che ha attraversato?
3. Quale idea innovativa è stata introdotta da Max Plank per spiegare lo spettro
di radiazione di corpo nero? 15. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso uno
schermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Se misuro la po-
4. Cosa accomuna la descrizione della radiazione di corpo nero e dell’effetto fo- sizione della particella per sapere da quale fessura effettivamente passa, cosa
toelettrico? succede allo stato fisico della particella?

5. Nell’effetto fotoelettrico troviamo l’equazione E = hν − φ. Indica il significato 16. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L. Il fatto che
di ognuno dei quattro termini presenti. la particella abbia attraversato la fessura è una misura della sua posizione?

6. Ipotizziamo di far incidere un’onda elettromagnetica di determinata intensità 17. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L, ed immagi-
e frequenza, sulla superficie di un metallo, e di non vedere alcun elettrone in nate di stringere tale fessura. cosa succede alla componente dell’impulso lungo
uscita dal metallo. Cosa devo fare, e perchè, al fine di riuscire ad estrarre un tale fessura?
elettrone dal metallo?
18. In meccanica quantistica si parla di sovrapposizione di stati. E’ corretto afferma-
7. Descrivi sinteticamente quali problematiche presenta il modello atomico di re che se uno stato fisico è rappresentato dalla sovrapposizione dello stato A e
Rutherford. dello stato B, con funzione d’onda φ = φA + φB allora significa che noi non
sappiamo in quale stato si trova il sistema, e solo dopo aver fatto una misu-
8. Quale idea di base permette di spiegare gli spettri a righe di emissione e assor-
ra possiamo sapere in quale dei due stati si trovava effettivamente il sistema
bimento degli atomi?
prima della misura?
9. Come si giustifica il fatto che, ipotizzando orbite circolari, il raggio dell’orbita
19. Cosa afferma il principio di indeterminazione di Heisemberg?
di un elettrone intorno al nucleo è proporzionale a n2 con n ∈ N?

10. Quale semplice equazione mostra un legame tra il comportamento corpusco-


lare ed ondulatorio di una particella?

11. Perchè nell’esperimento delle due fessure misurare da quale fessura passa l’e-
lettrone fa sparire la figura di interferenza sullo schermo?

267
268 Scheda118. Esercizi di Meccanica quantistica

11. Perchè nell’esperimento delle due fessure misurare da quale fessura passa l’e-
118.2 Risposte
lettrone fa sparire la figura di interferenza sullo schermo?
Problema di: Meccanica quantistica - H0001
12. Nell’esperimento delle due fessure si vede che gli elettroni che attraversano la
coppia di fessure formano sullo schermo di rivelazione una figura di interfe-
Testo [H0001] [2 19 ] Rispondi alle seguenti domande.
renza. Esattamente quali sono le due cose che hanno interferito tra loro?
1. Cos’è un corpo nero?
13. In quale modo la meccanica quantistica descrive un sistema fisico?
2. Nomina alcuni fenomeni fisici che hanno condotto alla quantizzazione delle 14. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso uno
onde elettromagnetiche schermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Cosa posso affer-
mare sullo stato fisico della particella, riguardo alla fessura che ha attraversato?
3. Quale idea innovativa è stata introdotta da Max Plank per spiegare lo spettro
di radiazione di corpo nero? 15. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso uno
schermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Se misuro la po-
4. Cosa accomuna la descrizione della radiazione di corpo nero e dell’effetto fo-
sizione della particella per sapere da quale fessura effettivamente passa, cosa
toelettrico?
succede allo stato fisico della particella?
5. Nell’effetto fotoelettrico troviamo l’equazione E = hν − φ. Indica il significato
16. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L. Il fatto che
di ognuno dei quattro termini presenti.
la particella abbia attraversato la fessura è una misura della sua posizione?
6. Ipotizziamo di far incidere un’onda elettromagnetica di determinata intensità
17. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L, ed immagi-
e frequenza, sulla superficie di un metallo, e di non vedere alcun elettrone in
nate di stringere tale fessura. cosa succede alla componente dell’impulso lungo
uscita dal metallo. Cosa devo fare, e perchè, al fine di riuscire ad estrarre un
tale fessura?
elettrone dal metallo?
18. In meccanica quantistica si parla di sovrapposizione di stati. E’ corretto afferma-
7. Descrivi sinteticamente quali problematiche presenta il modello atomico di
re che se uno stato fisico è rappresentato dalla sovrapposizione dello stato A e
Rutherford.
dello stato B, con funzione d’onda φ = φA + φB allora significa che noi non
8. Quale idea di base permette di spiegare gli spettri a righe di emissione e assor- sappiamo in quale stato si trova il sistema, e solo dopo aver fatto una misu-
bimento degli atomi? ra possiamo sapere in quale dei due stati si trovava effettivamente il sistema
prima della misura?
9. Come si giustifica il fatto che, ipotizzando orbite circolari, il raggio dell’orbita
19. Cosa afferma il principio di indeterminazione di Heisemberg?
di un elettrone intorno al nucleo è proporzionale a n2 con n ∈ N?

10. Quale semplice equazione mostra un legame tra il comportamento corpusco- Spiegazione Queste sono domande di teoria... l’unico modo per rispondere cor-
lare ed ondulatorio di una particella? rettamente è aver studiato.
269 Scheda118. Esercizi di Meccanica quantistica

Svolgimento mente questo non accade in quanto la materia, per come la conosciamo,
esiste.
1. Definisco corpo nero un qualunque sistema fisico in grado di assorbire ogni
radiazione elettromagnetica incidente. (b) Potendo, nel modello di Rutherford, assumere valori di energia in modo
continuo, l’elettrone può assorbire ed emettere radiazione elettromagne-
2. Lo spettro di emissione del corpo nero, l’effetto fotoelettrico e l’effetto Comp- tica di qualunque energia. L’analisi degli spettri di emissione ed assorbi-
ton mento mostrano invece che la radiazione viene assorbita ed emessa in va-
lori discreti. Ogni elemento assorbe ed emette fotoni solo in determinate
3. L’idea di Plank consiste nell’ipotizzare che la radiazione elettromagnetica scam-
frequenze.
bi energia solo in quantità discrete in funzione della frequenza della radiazione.
L’energia dei singoli pacchetti energetici è data da E = hν 8. Gli spettri di emissione ed assorbimento a righe sono giustificati dal fatto che
gli elettroni in un atomo si trovano su livelli energetici discreti e ben determina-
4. La descrizione della radiazione di corpo nero e dell’effetto fotoelettrico sono
ti. Gli elettroni emettono/assorbono energia passando da un’orbita ad un’altra
accomunate dal descrivere l’energia del fotone come E = hν
e quindi da un’energia ben determinata ad un’altra. L’energia della radiazio-
5. Nell’equazione ne emessa/assorbita è pari alla differenza di energia tra le orbite dell’elettrone
E = hν − φ prima e dopo l’assorbimento/emissione della radiazione.

E rappresenta l’energia cinetica dell’elettrone emesso, h è la costante di plank, 9. Il raggio dell’orbita è quantizzato in quanto l’elettrone può trovarsi solo su
ν è la frequenza della radiazione incidente, φ è l’energia di estrazione dell’elet- orbite la cui circonferenza sia pari ad un numero intero di volte la lunghezza
trone dal metallo. d’onda1
2πrn = nλ
6. Se non vedo elettroni estratti dalla superficie del metallo significa che l’energia
dei singoli fotoni legati alla radiazione elettromagnetica non è sufficientemente con n ∈ N
elevata. Aumentare l’intensità dell’onda non risolve il problema in quanto si- 10. Ad ogni particella è associabile una lunghezza d’onda λ, detta lunghezza d’on-
gnificherebbe aumentare il numero di fotoni. Ciò che bisogna fare è aumentare da di De Broglie, dipendente dall’impulso p della particella
la frequenza della radiazione in modo che aumenti l’energia del singolo fotone
h
E = hν λ=
p
7. Nel modello atomico di Rutherford gli elettroni ruotano intorno ad un nucleo
11. Nell’esperimento delle due fessure, la figura di interferenza si forma grazie alla
centrale e non ci sono vincoli sull’energia, e di conseguenza sul raggio del-
presenza contemporanea di due stati fisici, ognuno dei quali rappresentante
l’orbita, che tale elettrone può avere. Le problematiche di tale modello sono
l’eletrone che passa in una determinata fessura, che interferiscono tra loro. Nel
principalmente due:
misurare in quale fessura passa l’elettrone, noi lo facciamo transire in uno stato
(a) L’elettrone intorno al nucleo si muove di moto accelerato e quindi deve fisico in cui è presente solo uno dei due stati, quindi non è più possibile alcun
emettere radiazione di sincrotrone; l’elettrone perderebbe in tal caso ener- fenomeno di interferenza.
gia e diminuirebbe il raggio dell’orbita fino a collassare sul nucleo. Ovvia- 1 Qui la domanda va completata indicando tutti i passaggi matematici utilizzati.
270 Scheda118. Esercizi di Meccanica quantistica

12. Nell’esperimento delle due fessure gli elettroni coinvolti si trovano in uno stato 17. Far passare una particella attraverso una fessura equivale a misurarne la po-
fisico di sovrapposizione dello stato di elettrone che attraversa la prima fessura sizione con una certa incertezza proporzionale alla larghezza della fessura.
e dello stato di elettrone che attraversa la seconda fessura. I due stati sono Stringendo la fessura, diminuisce l’incertezza sulla misura della posizione, e
contemporaneamente presenti e possono interferire tra loro. di conseguenza, per il principio di indeterminazione di Heisemberg, aumenta
l’incertezza sulla misura contemporanea della componente dell’impulso lungo
13. In meccanica quantistica un sistema fisico è descritto da una funzione d’on-
il piano della fessura.
da. Eseguendo una misura su tale stato fisico, con la funzione d’onda pos-
siamo ricavare la probabilità di ottenere per tale misura un determinato risul- 18. No, quanto affermato nella domanda non è corretto. Per come è posta la do-
tato. L’evoluzione nel tempo di tale stato fisico è descritta dall’equazione di manda, infatti, sembra che la particella si trovi sempre o nello stato A o nello
Schrodinger applicata alla funzione d’onda di tale stato fisico. stato B, e sembra che il concetto di sovrapposizione sia legato alla nostra igno-
14. Non avendo eseguito alcuna misura di posizione, la particella si trova in uno ranza (non-conoscenza) sull’effettivo stato della particella. In realtà se uno sta-
stato fisico dato dalla sovrapposizione di quattro differenti stati fisici, ognuno to fisico è descritto dalla sovrapposizione di due stati, entrambi gli stati sono ef-
che descrive la particella che passa da una determinata fessura. Indichiamo fettivamente contemporaneamente presenti in determivate proporzioni; è solo
con a, b, c, d le quattro fessure. Assumendo che la probabilità di passare da a seguito di una nostra misura che lo stato transisce verso uno solo dei due stati
ogni fessura sia equivalente, la funzione d’onda della particella sarà che prima si sovrapponevano, con probabilità che dipende dalle proporzioni
con cui sono presenti i due stati.
1 1 1 1
ψ= ψa + ψb + ψc + ψd
2 2 2 2 19. Il principio di indeterminazione di Heisemberg afferma che esistono coppie di
15. Prima della misura lo stato fisico della particella è la sovrapposizione di quattro grandezze fisiche tali per cui non è possibile misurarle contemporaneamente
stati, ognuno che descrive la particella passante per una determinata fessura con arbitraria precisione. Se per esempio consideriamo la posizione e l’impulso
1 1 1 1 di una particella, il prodotto delle loro incertezze di misura sarà sempre
ψ= ψa + ψb + ψc + ψd
2 2 2 2
h
Misurare la posizione della particella fa transire lo stato fisico in uno degli stati ∆x∆p ≥

che descrivono la particella che passa da una determinata fessura. Ipotizzando
che il risultato della misura sia che la particella è passata dalla fessura a, la
funzione d’onda della particella sarà ora

ψ = ψa

16. Se affermo che in un certo istante una particella ha attraversato una determina-
ta fessura, di fatto sto dicendo che sapevo dove si trovava, quindi di fatto ho ef-
fettuato una misura della sua posizione. Visto che la fessura ha una lunghezza
L, allora la misura presenta un’incertezza sulla posizione pari a
L Autore: Andrea de Capoa 27 Mag 2016
∆x =
2
Esercizi non risolti Scheda 119
La soluzione e spiegazione dei seguenti esercizi verrà scritta al più presto.
[DP0001] [2 4 ] Un pattinatore di massa M = 80 kg è in piedi sul ghiaccio e
lancia orizzontalmente una pietra di massa m = 2 kg con velocità iniziale Vi = 10 m s .
Di quanto si sposterà se il coefficiente di attrito dinamico tra i pattini ed il ghiaccio è
µd = 0.02 ?
[LP0001] Un oggetto di massa m1 = 2 kg, che si muove con una velocità V1 = 4 m s ,
urta orizzontalmente con un secondo oggetto di massa m2 = 5 kg fermo appeso ad
un cavo. Nel caso di urto anelastico, di quanto si solleva il sistema dopo l’urto?
[LP0002] Un oggetto di massa m1 = 2 kg, che si muove con una velocità V1 = 4 m s ,
urta orizzontalmente con un secondo oggetto di massa m2 = 5 kg fermo appeso ad
un cavo. Nel caso di urto elastico, di quanto si solleva il sistema dopo l’urto?
[O0030] [2 2 ] Nell’immagi-
ne è raffigurato un aereoplano che
supera la barriera del suono. Si ve-
de chiaramente il cono di vapore ac-
queo condensato corrispondente al-
la superficie dell’onda d’uro. Cal-
cola la velocità dell’aereo sapendo
che il cono dell’onda d’urto ha un
angolo al vertice α = 120◦ .
[CL0001] [2 3 ] Un proiettile

viene sparato verso l’alto con una velocità iniziale Vi = 50 m s inclinata di α = 30
rispetto all’orizzontale. A quale altezza arriva?

271
Parte XV

Matematica per la fisica

272
Matematica per la fisica Scheda 120
Moltiplicando per la stessa quantità sia a destra che a sinistra di un’equazione,
120.1 Introduzione
l’equazione rimane vera.
La matematica è la lingua con la quale si parla di fisica, ed è quindi molto importan-
te. In questa scheda mi limito ad approfondire solo alcuni semplici aspetti utili per
affrontare lo studio della fisica di base, senza pretendere di essere rigorosissimi nelle
120.3 Esempi di formule inverse
affermazioni.. Secondo principio della dinamica

F =m·a
120.2 Equazioni di primo grado
Voglio trovare m, quindi divido per a
Ogni formula di fisica è di fatto un’equazione. Nella maggior parte dei casi saran-
no equazioni di primo grado, che si risolvono semplicementre trovando quella che F m·a
=
spesso chiamiamo formula inversa. Per trovare la formula inversa di una data for- a a
mula bisogna isolare la variabile che si vuole trovare e per farlo soltanto due tipi di F
=m
azioni possono essere svolte: sottrarre o sommare, oppure moltiplicare o dividere. a
Consiglio di capire e provare a ripetere gli esempi riportati nella sezione 120.3 Oppure, se voglio trovare a divido per m

F m·a
=
120.2.1 Sottrarre o sommare m m
F
Se =a
m
a=b
Legge di conservazione dell’energia
allora anche
a+c=b+c 1 1
mVi2 + mghi = mVf2 + mghf
2 2
Sommando la stessa quantità sia a destra che a sinistra di un’equazione, l’equa-
Voglio trovare hi , per cui prima sottraggo da ambo i membri
zione rimane vera.
1 1 1 1
mVi2 + mghi − mVi2 = mVf2 + mghf − mVi2
120.2.2 Moltiplicare o dividere 2 2 2 2
1 1
Se mghi = mVf2 + mghf − mVi2
2 2
a=b ed ora divido ambo i membri
allora anche 1 2
+ mghf − 21 mVi2
mghi 2 mVf
a·c=b·c =
mg mg

273
274 Scheda120. Matematica per la fisica

e semplificamdo ottengo raggi-vettore definiti dall’angolo che formano con la verticale. Il raggio-vettore ver-
1 2
2 Vf + ghf − 12 Vi2 ticale verso l’alto rappresenta un angolo di zero gradi. Gli angoli si contano crescenti
hi =
g in senso orario1 .
Se invece voglio trovare Vi allora Come vedete in figura, la lunghezza dei segmanti colorati indica il valore di
1 1 seno, coseno, tangente e cotangente dell’angolo α: sen(α), cos(α), tg(α), ctg(α).
mVi2 + mghi −mghi = mVf2 + mghf −mghi
2 2 Conseguenza della definizione è che
1 1
mVi2 = mVf2 + mghf − mghi −1 < sen(α) < 1
2 2
e successivamente divido ambo i membri
−1 < cos(α) < 1
1 2 1 2
2 mVi 2 mVf + mghf − mghi sen2 (α) + cos2 (α) = 1
1 = 1
2m 2m
La tangente dell’angolo è definita come
1 2
2 mVf + mghf − mghi
Vi2 = 1 sen(α)
2m tg(α) =
s cos(α)
1 2
2 mVf + mghf − mghi
Vi = 1 La cotangente dell’angolo è definita come
2m
cos(α)
Legge di conservazione della portata ctg(α) =
sen(α)
Si Vi = Sf Vf

Per trovare Vi divido ambo i membri


Si Vi Sf Vf
=
Si Si
Sf Vf
Vi =
Si

120.4 Funzioni trigonometriche


1 La circonferenza così definita viene utilizzata in topografia... leggermente diversa, ma senza
120.5 La circonferenza trigonometrica cambiarne il significato, quella usata negli altri campi scientifici.

Le funzioni trigonometriche sono definite a partire dalla circonferenza trigonome-


Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016
trica. La circonferenza trigonometrica ha raggio r = 1. Su di essa indichiamo dei
275 Scheda120. Matematica per la fisica

tg(α)

ctg(α)
sin(α)

cos(α)
α

Fig. 120.1: la circonferenza trigonometrica con indicate le funzioni trigonometriche.


276 Scheda120. Matematica per la fisica

Indice

1 Introduzione all’opera 2 7 Grandezze fisiche derivate 19


1.1 La nascita di questo progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 7.1 Superficie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.2 La struttura a schede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 7.2 Volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.3 La struttura di una scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 7.3 Densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.4 Lo stato dell’arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
8 Le leggi fisiche 20
2 Mappa delle schede 4 8.1 Capire una legge fisica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

9 Il metodo scientifico 21
I Introduzione alla fisica 11 9.1 Le parole di Feynmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
9.2 Il metodo scientifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3 Perchè la Fisica 12
10 I vettori 22
4 Mappe sulle grandezze fisiche 13
10.1 Cos’è un vettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
5 Gli scalari 14 10.2 Operazioni con i vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
5.1 Cos’è uno scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 10.2.1 Somma di vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
5.2 Prefissi per le unità di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 10.2.2 Prodotto di uno scalare per un vettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
5.3 Conversioni di unità di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 10.2.3 Scomposizione di un vettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
5.4 Capire gli scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 10.2.4 Prodotto scalare di due vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
10.2.5 Prodotto vettoriale di due vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
6 Il Sistema internazionale di misura 16
6.1 Con poco costruisci tutto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 11 I versori 25
6.2 Intervallo di tempo: la durata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 11.1 Cos’è un versore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
6.3 Lunghezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 11.2 Versori su di un piano cartesiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
6.4 Massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
6.4.1 La ridefinizione del kilogrammo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
6.5 La Temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
II Cinematica 27
6.5.1 Le differenti scale di temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 12 Mappe di cinematica 28
6.6 Ampère . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
6.7 La quantità di sostanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 13 Sistemi di riferimento 29
6.8 L’intensità luminosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 13.1 Punto di riferimento e assi cartesiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
6.9 altre grandezze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 13.2 Sistemi di riferimento e movimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
6.9.1 L’angolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 13.3 Videolezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
277 Scheda120. Matematica per la fisica

14 Grandezze cinematiche 31 20 Moto circolare uniforme 42


14.1 Posizione e Spostamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 20.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
14.1.1 Spostamento e distanza percorsa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 20.2 La velocità angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
14.2 Intervallo di tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
21 Moto armonico 43
14.3 Velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
21.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
14.3.1 Velocità media e istantanea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
14.4 Accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
14.4.1 Capire l’accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 III Dinamica 44
14.4.2 Accelerazione centripeta su un percorso circolare . . . . . . . . . . . . 32
22 Mappe di dinamica 45
15 Moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato 33
23 La distribuzione di massa 48
15.1 Moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
23.1 Il baricentro di un corpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
15.2 Moto uniformemente accelerato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
23.2 Il momento di inerzia di un corpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
15.2.1 La caduta dei gravi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
23.2.1 Momenti di inerzia di figure geometriche note . . . . . . . . . . . . . . 49
16 Grafici spazio-tempo 35
24 I tre principi della dinamica 51
16.1 Sugli assi cartesiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
24.1 Primo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
16.2 Lettura del movimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
24.1.1 Equilibrio traslazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
16.3 Lettura della velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
24.2 Secondo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
16.4 Grafici di esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
24.3 Terzo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

17 Grafici velocità-tempo 37
25 Pressione 53
17.1 Sugli assi cartesiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 25.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
17.2 Lettura del movimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 25.2 Video di esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
17.3 Lettura dell’accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
17.4 Grafici di esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 26 Forza di gravità e forza di Archimede 54
26.1 Forza di gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
18 Moto parabolico 39 26.2 Forza di Archimede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
18.1 Moto parabolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 26.2.1 Il problema del galleggiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
18.1.1 Moto di un proiettile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
27 Forza elastica 56
19 Moti periodici e orologi 41 27.1 L’aggettivo elastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
19.1 Moto periodico e misura del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 27.2 Le molle e la legge di Hooke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
19.2 La misura del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 27.2.1 Campo di elasticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
19.3 Orologi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 27.3 Modulo di Young . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
278 Scheda120. Matematica per la fisica

28 Forza d’attrito 57 IV Leggi di conservazione 69


28.1 Forza d’attrito radente statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
28.2 Forza d’attrito radente dinamico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 36 Quantità di moto 70
28.3 Forza d’attrito volvente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 36.1 La quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
28.4 Forza d’attrito viscoso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 36.1.1 Forza e quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
36.2 Conservazione della quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
29 Forza peso 59
29.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 37 Mappe sull’energia 71
29.2 Un oggetto su di un tavolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
38 Energia e Lavoro 72
29.3 Un oggetto immerso nell’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
38.1 Energia cinetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
29.4 Un oggetto in un sistema accelerato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
38.2 Energia cinetica rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
29.4.1 Un oggetto che ruota . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
38.3 Energia interna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
29.4.2 La caduta libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
38.4 Il Lavoro di una forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
30 Moto su di un piano inclinato 61 38.4.1 Il teorema dell’energia cinetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
30.1 Una prima considerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 38.5 La Potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
30.2 Il piano inclinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
39 Forze conservative ed Energia Potenziale 74
30.3 Il moto sul piano inclinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
39.1 Forze conservative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
30.4 Il piano inclinato in presenza di attrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
39.1.1 L’Energia potenziale gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
31 Legge di gravitazione universale 63 39.1.2 L’energia potenziale elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
31.1 La forza di gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 39.1.3 Altre forme di energia potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
31.1.1 L’accelerazione di gravità di un pianeta . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
40 Legge di conservazione dell’energia totale 76
31.2 Energia potenziale gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
40.1 Le parole di Feynmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
32 Il moto di un pianeta 64 40.2 Legge di conservazione dell’energia totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
32.1 Le basi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 40.3 Trasformazione dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
32.2 Energia e momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
41 Macchine semplici 78
33 Momento di una forza 66 41.1 Il piano inclinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
33.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 41.2 La leva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
33.2 Equilibrio rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 41.3 La carrucola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
41.4 Il torchio idraulico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
34 Reazioni vincolari 67
34.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 42 Teoria degli urti 80
42.1 Gli urti completamente anelastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
35 Momento Angolare 68 42.2 Gli urti elastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
35.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 42.2.1 Casi particolari di urti elastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
279 Scheda120. Matematica per la fisica

V Fluidodinamica 82 52 Transizioni di fase 95

43 Mappe di fluidodinamica 83
53 Conduzione termica 96
44 Il principio di Pascal 84 53.1 La teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
44.1 Il principio di Pascal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 53.2 La sensazione di caldo e freddo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
44.1.1 Il torchio idraulico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 53.3 Un semplice esperimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

45 La conservazione della portata 85


45.1 Portata di un tubo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
VII Termodinamica 97
45.2 Portata per fluidi incomprimibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

46 Il principio di Bernoulli 86 54 Mappe di termodinamica 98


46.1 L’equazione di Bernoulli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
46.1.1 La legge di Stevin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 55 Primo principio della termodinamica 99
46.1.2 Il tubo di Venturi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 55.1 Videolezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
55.2 L’energia interna di un gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
VI Calorimetria 88 55.3 Principio zero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
55.4 Il lavoro fatto da un gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
47 Mappe di calorimetria 89
55.5 Il primo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
48 Stati della materia 90
48.1 Stati della materia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 56 Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche 101
48.2 Cambiamenti di stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 56.1 La legge dei gas perfetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

49 La Temperatura 91 56.2 Lo stato di un gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101


49.1 Le scale di temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 56.3 Trasformazioni termodinamiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
49.1.1 I gradi centigradi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 56.3.1 Isocore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
49.1.2 I gradi Kelvin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 56.3.2 Isobare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
49.1.3 conversioni di temperature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
56.3.3 Isoterme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
50 Riscaldamento 92 56.3.4 Adiabatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
50.1 Calore e temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92 56.3.5 Come ragionare con i gas perfetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
50.2 Scambi di calore ed equilibrio termico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
57 Distribuzione Maxwell Boltzmann 105
51 Dilatazione termica 93
51.1 Dilatazione lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 57.1 Il concetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
51.2 Dilatazione superficiale e volumetrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 57.2 La distribuzione delle velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
280 Scheda120. Matematica per la fisica

58 Il ciclo di Carnot 106 67 Riflessione e Rifrazione 119


58.1 Trasformazioni cicliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 67.1 Riflessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
58.2 Il ciclo di Carnot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 67.2 Rifrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
58.3 Il rendimento di un ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 67.2.1 Riflessione totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
58.4 Secondo principio della termodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 67.3 Videolezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
58.4.1 La qualità dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107
58.5 Cicli frigoriferi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 68 Interferenza 121
68.1 Il fenomeno dell’interferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
59 Il ciclo Otto 109 68.2 Onde stazionarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
59.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
68.2.1 Onde stazionarie su corde bloccate agli estremi . . . . . . . . . . . . . 121
68.3 Il fenomeno dei battimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
60 Il ciclo diesel 110
60.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110
69 Diffrazione 124

61 Il ciclo di Stirling 111 69.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124


61.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111
70 Risonanza 125
62 Il ciclo rettangolare 112 70.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
62.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
71 Diffusione 126
63 Entropia 113 71.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
63.1 Definizione di entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113
63.2 Irreversibilità di una trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 72 Dispersione 127
72.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

VIII Onde 114 73 Effetto Doppler 128


73.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
64 Mappe sui fenomeni ondulatori 115
73.2 Se l’osservatore è in moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
65 Onde e fenomeni ondulatori 116 73.2.1 Se la sorgente è in moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
65.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
74 Le lenti 131
65.1.1 Onde meccaniche ed elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
74.1 Immagine generata da una lente convergente . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
65.1.2 Onde trasversali e longitudinali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
74.2 Immagine generata da una lente divergente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
65.1.3 Variabili dell’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
74.2.1 La legge dei punti coniugati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132
66 Intensità di un’onda 118 74.2.2 Il fattore di ingrandimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132
281 Scheda120. Matematica per la fisica

75 L’arcobaleno 134 79.3 Campo magnetico di un filo percorso da corrente . . . . . . . . . . . . . . . . 148


75.1 Osservare un arcobaleno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 79.3.1 La legge di Biot-Savart . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149
75.2 Il principio di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 79.3.2 Campo magnetico nel centro di una spira circolare . . . . . . . . . . . 150
75.3 L’arco secondario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
80 Forza magnetica 151
75.4 Polarizzazione dell’arcobaleno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
80.1 La forza magnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151
75.5 La risposta alle domande . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
80.1.1 Moto in un campo magnetico uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151
75.6 Altri arcobaleni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138
75.6.1 Rifrazione in cristalli di ghiaccio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 81 Magnetismo nella materia 152
75.6.2 Diffrazione su gocce d’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 81.1 Calamite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152
81.1.1 Calamite naturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152
76 Fibre ottiche 139
81.1.2 Calamite artificiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152
76.1 Propagazione della luce all’interno della fibra . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139
76.1.1 Angolo di accettazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 82 Modelli atomici 153
76.1.2 Modi di propagazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 82.1 I costituenti dell’atomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
76.1.3 Dispersione modale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 82.1.1 Particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
76.1.4 Dispersione cromatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140 82.1.2 Forze tra le particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
76.1.5 Fenomeni di attenuazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140 82.1.3 Un principio fondamentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
76.2 Fibre monomodali e multimodali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140 82.2 Struttura dell’atomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154
76.2.1 Fibre monomodali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140 82.2.1 Il nucleo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154
76.2.2 Fibre multimodali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 82.2.2 Struttura elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154
82.3 la tavola periodica degli elementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154

IX Elettromagnetismo 142 83 Elettrizzazione 156


83.1 Elettrizzazione per strofinio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156
77 Mappe sull’elettromagnetismo 144
83.2 Elettrizzazione per contatto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156
78 Forza di Coulomb 146 83.3 Elettrizzazione per induzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156
78.1 La carica elettrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146 83.3.1 Deviazione di un getto d’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156
78.2 La forza di Coulomb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
84 Effetto Punta 157
78.3 Il campo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
78.4 Linee di campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146 85 Sulla Circuitazione di un campo vettoriale 158
78.4.1 Linee di campo di un dipolo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146 85.1 Definizione di circuitazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158
78.5 La forza Elettrostatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 85.1.1 Un caso particolare: il campo di forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158
85.1.2 Un caso particolare: il campo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
79 Campo magnetico 148
79.1 Il campo magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148 86 Induzione Elettromagnetica 160
79.2 Campi magnetici e correnti elettriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148 86.1 D.d.p indotta dal movimento di un conduttore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160
282 Scheda120. Matematica per la fisica

87 Corrente di spostamento 161 92 Circuiti RL 173


87.1 Natura della corrente di spostamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161 92.1 Autoinduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173
92.2 Il solenoide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173
92.3 Carica e scarica di un’induttanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173
X Elettrotecnica 162 92.4 Energia immagazzinata nell’induttanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
92.5 Induttanze in corrente alternata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
88 Corrente elettrica 163
88.1 Corrente in un conduttore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163
XI Relatività ristretta 177
89 Leggi di Ohm 164
93 Sistemi di riferimento e punti di vista 179
89.1 Prima legge di Ohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164
93.1 Il punto di vista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
89.2 Resistenze in serie e in parallelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 93.1.1 Nessun luogo è speciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
89.2.1 Resistenze in serie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164
89.2.2 Resistenze in parallelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 94 Trasformate di Galileo e principi di Newton 180
89.2.3 Resistenze ne in serie ne in parallelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 94.1 Le trasformate di Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180
94.2 Il principio di relatività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180
89.3 Seconda legge di Ohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
94.3 I principi di Newton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180
89.4 Potenza ed effetto Joule . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
94.4 La velocità della luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180
89.4.1 Potenza generata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
89.4.2 Potenza dissipata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165 95 Relatività ristretta 181
95.1 Postulati di partenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181
90 Circuiti elettrici Ohmici 166 95.2 Dilatazione dei tempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181
90.1 Circuiti con un generatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 95.3 Contrazione delle distanze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182
90.2 Circuiti con molti generatori e leggi di Kirchoff . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 95.3.1 Un primo modo di derivare il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . 182
90.2.1 Struttura del circuito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 95.3.2 Utilizzando le trasformate di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182
95.4 Trasformate di Galileo e Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183
90.2.2 Equazioni di maglie e nodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
95.4.1 Trasformate di Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183
90.3 Videolezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
95.4.2 Trasformate di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183
95.5 Da Galileo a Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183
91 Circuiti RC 169
95.5.1 Invarianza della distanza spaziotemporale . . . . . . . . . . . . . . . . 184
91.1 Condensatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169
95.6 Legge di composizione delle velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185
91.2 Condensatore piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169
95.7 Massa relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185
91.3 Carica e scarica di un condensatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169 95.7.1 I principi della dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186
91.4 Energia immagazzinata in un condensatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170 95.7.2 Energia cinetica relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186
91.5 Energia del campo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 95.7.3 Energia totale relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186
91.6 Condensatori in corrente alternata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 95.7.4 Relazione tra energia ed impulso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
283 Scheda120. Matematica per la fisica

96 The Photon Box 190 101Introduzione alla fisica moderna 201


96.1 Cos’è la scatola di fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190 101.1Poche semplici domande . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201
96.1.1 La scatola ha massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190 101.2Empedocle e Democrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201
96.1.2 La scatola ha esperienza del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190 101.3Newton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202
96.1.3 La nascita della massa e del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190 101.4Mendeleev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202
96.2 Il corrispondente della scatola di fotoni nella realtà . . . . . . . . . . . . . . . 190 101.5Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203
101.6Nuove particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203
101.7Il dualismo onda-corpuscolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204
XII Meccanica quantistica 192 101.8l’ipotesi dei quark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204
101.9Le forze come scambio di particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204
97 Radiazione di corpo nero 193
101.10Il modello standard e il bosone di Higgs . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205
97.1 Cosa vuol dire nero? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193
101.11Sviluppi futuri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206
97.2 Emissione di corpo nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193
101.12Le GUT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206
97.2.1 Spettro della radiazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 101.13L’oscillazione dei neutrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206
97.2.2 Legge di Stefan-Boltzmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 101.14Nascita ed evoluzione dell’universo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207
97.2.3 Legge di Wien . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 101.15La materia oscura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208
97.3 La spiegazione del fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194
102Il CERN 210
98 Effetto fotoelettrico 195 102.1Un concetto basilare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210
98.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195 102.2Perchè accelerare le particelle? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210
98.2 Considerazioni sul fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195 102.3Come accelero una particella? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210
102.4Come avvengono le collisioni? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210
99 Modelli Atomici 196 102.5Cosa misuro quando rilevo una particella? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210
99.1 Modello atomico di Democrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196 102.5.1 Prima fase: tracking . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211
99.2 Modello atomico di Thomson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196 102.5.2 Seconda fase: I calorimetri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211
99.2.1 Struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196 102.6L’analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211
99.2.2 Formulazione del modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196
99.3 Modello atomico di Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196
99.3.1 Esperimento di Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196
XIII Laboratorio 214
99.3.2 Problematiche aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 103Mappe sull’attività di laboratorio 215
99.4 Modello atomico di Bohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198
104Errori di misura 216
100Modello atomico di Bohr 199 104.1Il valore della misura e l’errore assoluto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216
100.1Mappa della scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 104.1.1 Cifre significative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216
100.2Problematiche sul modello di Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 104.1.2 Errori di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217
100.3L’idea di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 104.1.3 Misure ripetute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217
284 Scheda120. Matematica per la fisica

104.1.4 Precisione ed errore relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218 109.3Sistemi di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228


104.1.5 Valutazione dell’errore su misure indirette . . . . . . . . . . . . . . . . 218 109.4Moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229
109.5Moto uniformemente accelerato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 230
105Distribuzione Gaussiana 220
109.6Moto circolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231
105.1La distribuzione Gaussiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220
109.7Moto parabolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231
105.2Il risultato della singola misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220
109.8Lettura di grafici del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232
105.3Il risultato delle misure ripetute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221
110Esercizi di Dinamica 234
106Realizzazione di un’esperienza di laboratorio 222
110.1Teoria ed esercizi banali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 234
106.1Considerazioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222
110.2Baricentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235
106.2Scopo dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222
106.3Fisica dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222 110.3Forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235

106.4Descrizione del materiale utilizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 110.4Equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237


106.5Realizzazione dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 110.5Principi della dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239
106.6Analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 110.6Legge di gravitazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240
106.7Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223
111Esercizi sulle leggi di conservazione 241
107Relazione di laboratorio 224 111.1Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241
107.1Scopo dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 111.2Quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244
107.2La fisica dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 111.3Momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244
107.3Materiale utilizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 111.4Complessivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244
107.4Procedimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224
107.5Dati sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 112Esercizi di Fluidodinamica 246
107.6Analisi dei adti sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 112.1Legge di conservazione della portata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246
107.7Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 112.2Principio di Bernoulli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246
112.3Legge di Stevin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246
112.4Principio di Pascal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247
XIV Esercizi svolti 225
113Esercizi di Calorimetria 248
108Esercizi di Base 226
113.1Domande di teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 248
108.1Operazioni con gli scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226
113.2Esercizi banali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 248
108.2Eseguire una misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226
113.3Riscaldamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249
108.3Operazioni con i vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227
113.4Transizioni di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250
109Esercizi di Cinematica 228 113.5Dilatazione termica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250
109.1Grandezze cinematiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228 113.6Conducibilità termica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250
109.2Esercizi banali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228 113.7Complessivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 251
285 Scheda120. Matematica per la fisica

114Esercizi di Termodinamica 252 117.2Risposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266


114.1I Gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252
118Esercizi di Meccanica quantistica 267
115Esercizi sui fenomeni ondulatori 258 118.1Domande base di Teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267
115.1Teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258
118.2Risposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268
115.2Oscillazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258
115.3Riflessione e rifrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258 119Esercizi non risolti 271
115.4Interferenza e risonanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259
115.5Propagazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259
115.6Ottica geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260 XV Matematica per la fisica 272
115.7Ottica applicata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260
115.8Effetto fotoelettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 120Matematica per la fisica 273
115.9Atomo di Bohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 120.1Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273
120.2Equazioni di primo grado . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273
116Esercizi di Elettromagnetismo 262 120.2.1 Sottrarre o sommare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273
116.1Elettromagnetismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262
120.2.2 Moltiplicare o dividere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273
116.2Elettrotecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263
120.3Esempi di formule inverse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273
117Esercizi di Relativita 266 120.4Funzioni trigonometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274
117.1Domande di Teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266 120.5La circonferenza trigonometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274

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