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Esistono in letteratura diversi modelli teorici del funzionamento della mente ciascuno dei quali “fa a pezzi” cioè
riduce la complessità dello studio della cognizione umana studiandone singolarmente alcuni aspetti.
Lo studio dello sviluppo cognitivo, ovvero dei cambiamenti che avvengono nella sua architettura e nel suo
funzionamento nel corso dell’ontogenesi, dispone di diversi modelli teorici che hanno formulato ipotesi
interpretative diverse per descrivere e spiegare in che modo, al variare dell’età, l’individuo codifica, immagazzina e
organizza le informazioni che seleziona dall’ambiente e come si costruisce un patrimonio di conoscenze in forma
astratta.
à ARCHITETTURA DELLA MENTE
Lo sviluppo cognitivo indaga le trasformazioni che avvengono nel corso del tempo nei contenuti di conoscenza e
nei processi cognitivi che permettono di utilizzare tali conoscenze in modo adattivo (modello comportamentismo)
- quali processi e meccanismi cognitivi sono disponibili nelle diverse età?
- il loro funzionamento, si modifica nel corso del tempo?
à FUNZIONAMENTO DELLA MENTE
Le teorie cognitive (classiche) indagano il cambiamento del sistema cognitivo utilizzando descrizioni e spiegazioni
strutturali e funzionali dell’attività cognitiva.
• Teorie strutturali = teorie che utilizzano l’output comportamentale per inferire qual è l’organizzazione,
ovvero la natura, la struttura del sistema cognitivo (l’architettura della mente) nelle diverse età.
• Teorie funzionali = teorie che utilizzano l’output comportamentale per inferire come funziona il sistema
cognitivo nelle diverse età ovvero quali processi vengono utilizzati per elaborare le informazioni.
Nuovi orientamenti
Grazie ai dati ottenuti dagli anni ’90 i contributi teorici si sono arricchiti di nuove ipotesi interpretative che si
caratterizzano per aver incluso nei livelli di spiegazione del cambiamento cognitivo anche lo sviluppo dei substrati
neurali.
Diversamente dai modelli classici, i modelli teorici recenti mettono in evidenza che per poter comprendere come si
modifica l’architettura e il funzionamento della mente umana sia necessario e imprescindibile lo studio della
relazione tra cambiamento cognitivo <-> cambiamento cerebrale.
La ricchezza dei modelli è recuperata in un’unica immagine dai nuovi orientamenti, le neuroscienze cognitive dello
sviluppo (il neurocostruttivismo ne è un esempio). Superano la dicotomia strutturale vs funzionale tipica dei modelli
classici perché fanno un’assunzione semplice: non utilizzano la mente ma il cervello come punto di partenza e di
riferimento.
L’attività cognitiva è il prodotto del cervello che si caratterizza per avere una sua specifica architettura (struttura) e
una specifica modalità di funzionamento (funzione).
Il neurocostruttivismo è la prospettiva teorica di riferimento e indaga lo sviluppo cognitivo nelle sue relazioni con
lo sviluppo del cervello, nel tentativo di colmare la distanza tra questi due livelli di spiegazione dello sviluppo.
1
L’approccio neurocostruttivista, e in generale le neuroscienze cognitive dello sviluppo, vogliono individuare
spiegazioni del cambiamento cognitivo plausibili e coerenti con il livello delle strutture neurali e corporee senza per
questo ridurre tali tipi di spiegazione a processi esclusivamente di natura maturativa.
Neurodiversità: lo sviluppo atipico non è carente di o in ritardo rispetto allo sviluppo tipico ma è diverso perché
segue un percorso evolutivo diverso.
La riscoperta delle radici biologiche della psicologia dello sviluppo ha portato a rivalutare l’approccio costruttivista
alla base della teoria di Piaget.
Quali costrutti teorici sono stati ripresi in chiave moderna dal neurocostruttivismo?
Innanzitutto, il neurocostruttivismo recupera da Piaget l’interesse per lo studio del cambiamento cognitivo come
strumento teorico per esplorare la cognizione umana.
Una delle ragioni per cui la teoria di Piaget è la più conosciuta è che indaga non tanto quando i bambini dimostrano
alcune abilità cognitive ma nell’aver cercato di comprendere come il bambino sviluppa alcune capacità cognitive,
come si costruisce la propria conoscenza del mondo, come si formino le strutture della mente.
Analogamente il neurocostruttivismo vuole analizzare in che modo la mente, e la struttura neurale che la supporta,
il cervello, si trasformano in livelli di integrazione e complessità crescente fino a raggiungere le caratteristiche
proprie del sistema cognitivo degli adulti, ovvero un sistema complesso composto da un insieme di processi
strettamente interconnessi applicati ad ambiti di conoscenza dominio-specifici.
L’alterazione genetica determina alterazioni diffuse e aspecifiche che, solo nel corso dell’ontogenesi, spingono
l’individuo su percorsi volutivi differenti che conducono a esiti fenotipici atipici.
Alterazione genetica
↓
Alterazione sottile in uno o più parametri di base del funzionamento cerebrale (timing di maturazione,
sinaptogenesi, asimmetria emisferica, soglie di attivazione, neurotrasmettitori…)
↓
Percorso evolutivo (ruolo interattivo dell’ambiente)
↓
Esito fenotipico atipico e macroscopico a livello cognitivo, caratterizzato da deficit domino-specifici.
Lo studio della storia naturale dello sviluppo secondo una prospettiva neurocostruttivista consente di individuare
alcuni indicatori precoci di possibile sviluppo atipico. Ricadute applicative dell’approccio neurocostruttivista.
Per esempio disfunzionalità a carico del sistema cognitivo, quindi del sistema attentivo, sistema motorio (embodied
cognition) e sistema comunicativo-linguistico che si manifestano nelle prime fasi dello sviluppo possono dare luogo
ad una neurodiversità che può culminare in disturbi del neurosviluppo.
Esempio del modello di Keehn, Network attentivi atipici e disturbo dello spettro autistico
Keehn riconduce alcuni comportamenti e compromissioni tipiche del bambino autistico come conseguenza di una
compromissione in questo caso della joint attention, dovuta a una shift attention lenta dovuta a compromissione
della capacità di disancoraggio.
2
Che cosa significa studiare lo sviluppo?
Non basta che un teorico studi i bambini per farne un teorico dello sviluppo. Quello che è critico per una teorico
dello sviluppo è che si focalizzi sui cambiamenti che si verificano nel comportamento e nelle attività psicologiche
in funzione del tempo, dalle origini fino all’età adulta e alla vecchiaia (ciclo di vita).
Studiare il cambiamento significa assumere un punto di vista dinamico (non statico).
Il cambiamento non è rappresentato tanto dai bambini, che sono gli strumenti per poter monitorare il cambiamento
perché in loro è massimo, ma è rappresentato dalle curve.
Crescita= dimensione quantitativa del cambiamento. Incremento della massa e della dimensione dell’organismo.
Le curve dello sviluppo sono più complicate rispetto alle altre. Il processo di sviluppo viene inteso come una
sequenza di trasformazioni, anziché semplicemente come incremento. Esempi sono:
• Curve a U
• Curve stadiali
Alcuni aspetti dello sviluppo NON CAMBIANO ma tendono a rimanere costanti nel tempo. Alcuni
caratteristiche temperamentali, alcuni tratti di personalità, processi cognitivi di base, alcune
capacità emotive si manifestano molto precocemente e non si modificano al variare dell’età.
Lo sviluppo è una sequenza di trasformazioni che NON portano necessariamente a un incremento lineare.
Le curve che descrivono lo sviluppo NON sono sempre monotoniche o unidirezionali. Passando allo sviluppo atipico,
ci si rende conto che c’è una traiettoria diversa.
L’attenzione per gli occhi è presente nei bambini autistici ma declina in 2-6 mesi nei bambini che saranno poi
diagnosticati come autistici. Si osserva un deragliamento della traiettoria evolutiva molto precoce.
3
STUDIARE LO SVILUPPO
Per il neurocostruttivismo lo studio di come avvenga il cambiamento del sistema cognitivo richiede di descrivere
(livello descrittivo) e spiegare (livello interpretativo) 3 livelli di indagine:
1. Livello (del cambiamento) cerebrale
2. Livello mentale: il sistema cognitivo nel duplice significato di struttura e funzione
3. Livello comportamentale
+ le loro reciproche interazioni.
Cambiamento mentale <-> cambiamento comportamentale: alcuni esempi sono il gioco simbolico e il disegno
infantile.
12 ottobre – 2° lezione
Piaget postulò che l’individuo costruisce attivamente le proprie strutture cognitive e la propria conoscenza
attraverso un processo di interscambio tra organismo e ambiente.
L’individuo secondo Piaget è attivo e interattivo e si modifica attraverso gli scambi con l’ambiente:
• Attivo perché è egli stesso a produrre il suo sviluppo adattandosi alle richieste che l’ambiente pone
• Interattivo perché trasforma l’ambiente e ne viene contemporaneamente trasformato
Come Piaget, anche il neurocostruttivismo assume che il sistema di conoscenza degli adulti e le strutture cognitive
in cui esse sono organizzate non siano presenti nelle prime fasi dello sviluppo, ma si costruiscano nel corso
dell’ontogenesi attraverso un processo attivo, costruttivo e interattivo con l’ambiente.
In accordo con P, i neurocostruttivisti valorizzano il ruolo proattivo dello sviluppo e sottolineano la natura activity-
dependent del cambiamento cognitivo. Si pone l’enfasi sul processo evolutivo stesso, non più sul prodotto del
processo.
Si sottolinea la natura proattiva dello sviluppo non solo a livello comportamentale e mentale, ma anche a livello
neurale.
4
Questa visione dello sviluppo impone una visione del cambiamento come processo dinamico, regolato dalla logica
dell’interattività e della reciprocità tra cervello-mente-comportamento, e di una continua e reciproca interazone
tra essi e l’ambiente.
A Piaget va riconosciuto il merito di aver dato importanza alle interazioni bidirezionali tra organismo e ambiente.
Secondo il modello teorico strutturalista di P. lo sviluppo cognitivo implica l’emergere di strutture mentali, che il
bambino utilizza per interagire con la realtà, che subiscono una modificazione sostanziale.
Mentre le strutture mentali erano descrivibili sulla base di principi astratti, oggi l’utilizzo di tecniche di
neuroimmagine consente di visualizzare il cambiamento dell’architettura cerebrale rivelando un collegamento
diretto ed empirico tra maturazione della corteccia cerebrale e comparsa di nuove competenze comportamentali e
cognitive.
In linea con quanto ipotizzato da Piaget anche le recenti evidenze delle neuroscienze cognitive dello sviluppo
dimostrano che la maggior parte dei cambiamenti che si osservano durante lo sviluppo ontogenetico, avvengono
non solo grazie a processi maturazionali, ma anche e soprattutto grazie a input provenienti dall’ambiente interno
ed esterno al sistema.
Un riscontro empirico alla natura attiva del processo di sviluppo è offerta oggi dai dati relativi allo sviluppo
neuroanatomico del cervello, che dimostrano che la struttura e la forma finale del sistema neurale provengono
direttamente dal funzionamento del cervello stesso.
Lo studio dello sviluppo neuroanatomico ha messo in luce alcune proprietà del cervello come la plasticità, ossia
l’elevato grado di flessibilità e adattabilità della corteccia cerebrale, reso possibile dalla capacità dei circuiti neurali
di modificare la propria struttura e di riorganizzarsi costantemente in funzione delle mutevoli condizioni ambientali
[Johnson 1997; 2001].
Es. La struttura delle aree per l’elaborazione dei suoni, in particolare cervelletto e area di Broca, ha un volume
maggiore nelle persone che vivono di musica (musicisti) à aumento nei musicisti del volume del cervelletto e
dell’area di Broca.
Inizialmente, nella fase prenatale gli input ai circuiti neurali provengono prevalentemente dall’attività spontanea
generata all’interno del sistema nervoso stesso. Successivamente, nella fase postnatale, le stimolazioni provengono
principalmente dall’ambiente esterno (stimoli sensoriali), attraverso gli organi di senso.
Lo sviluppo cerebrale supporta e conferma che lo sviluppo cognitivo è profondamente influenzato dall’ambiente.
Un altro costrutto Piagetiano che viene recuperato dal neurocostruttivismo è che lo sviluppo è un processo
epigenetico, ovvero un processo di crescente differenziazione e specializzazione dell’organismo, che da luogo
all’emergere di sistemi nuovi sempre più avanzati e complessi.
Come le strutture biologiche complesse, allo stesso modo lo sviluppo della mente/cervello umana procede da
stati di relativa globalità, indifferenziazione e disorganizzazione a stati di progressiva diversificazione,
specializzazione e crescente complessità grazie a continui scambi bidirezionali tra individuo e ambiente.
Il concetto di epigenesi spiega quindi il modo in cui si formano le strutture complesse dei sistemi adulti in termini
di interazione.
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Waddington cercò di illustrare questo concetto attraverso il disegno chiamato “paesaggio epigenetico”: lo sviluppo
ontogenetico è analogo al percorso di una palla che inizialmente si muove indifferentemente in diverse direzioni
senza che ciò influenzi in nessun modo il suo percorso futuro. Man mano che lo sviluppo procede e la palla avanza,
il paesaggio diventa ricco di pendii e valli che rappresentano i possibili percorsi evolutivi che il fenotipi può
intraprendere a seconda delle condizioni ambientali.
Ad esempio, il caso O.O: Ai genitori di un bambino autistico le cui iniziali del nome erano O. O. fu fatto notare la
vuota specularità di queste iniziali, il profondo senso del nulla che emanavano quelle due lettere che «comunque
orientate non davano altro valore che lo zero». Questo era chiaramente il segno di un abisso psicotico di cui i
genitori che avevano scelto il nome del bambino erano in qualche modo responsabili
1) Queste spiegazioni hanno dato luogo a modelli teorici che hanno spiegato la condizione dello spettro autistico
come conseguenza di una distorta relazione madre-bambino, accusando la madre di essere una madre
“frigorifero”. Dal punto di vista evolutivo questa ipotesi è inverosimile oltre che crudele da un punto di vista umano
perché aggiunge al dramma per i genitori di avere un figlio autistico il dramma di dar loro la colpa.
La logica dell’interattività degli effetti dei fattori che determinano il cambiamento obbliga a pensare lo sviluppo
come un processo probabilistico (l’esito dei processi evolutivi dipendono dal modo in cui essi si realizzano e non da
un piano fissato in anticipo).
Nel caso dell’autismo si intende che molto frequentemente le madri di bambini autistici si deprimono, ma è la
conseguenza, non la causa.
GENI « STRUTTURE « FUNZIONI « ESPERIENZA
(muscolari, neurali, scheletriche) (psicologiche, comportamento) (ambiente)
Biomarcatori per l’autismo: è un disturbo che si sviluppa tra il periodo pre-natale e la prima adolescenza, quindi
si possono sviluppare interazioni tra fattori di rischio multipli.
I pochi biomarcatori candidati non sono stati rilevati in tutti i pz autisticià si parla di spettro autistico.
I biomarcatori trovati sono spesso associati con altri disturbi del neurosviluppo (comorbidità).
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Le cause genetiche: numerosi dati supportano l’ipotesi di una concausa genetica della sindrome autistica.
C’è una familiarità genetica:
• prevalenza nei maschi (4:1)
• i gemelli monozigoti hanno una maggiore probabilità (60-80%) dei gemelli dizigoti (20-30%) di manifestare
entrambi un disturbo autistico
• presenza di fratelli con ASD alza il rischio del disturbo da 1:2000 a 1: 20
Studi nei quali sono stati presi in esame i fratelli gemelli dizigoti e monozigoti mostrano che la presenza di tratti
autistici viene spiegata per il 57% da una componente genetica.
Presenza di tratti autistici nella popolazione sana: studi con famiglie con bambini affetti da ASD e studi sulla
distribuzione dei tratti autistici nella popolazione misurate con il questionario Autism-Spectrum Quotient (AQ)
dimostrano che in persone non affette da autismo sono presenti dei comportamenti più moderati, ma
qualitativamente simili alle caratteristiche cliniche utilizzate per la diagnosi di ASD. Tratti autistici subclinici.
Queste evidenze contrastano pienamente con l’ipotesi che l’autismo sia un disturbo valutabile tramite un approccio
discreto presente o non presente ed evidenziano al contrario che l’ASD rappresenti un estremo di una costellazione
di fatti che sono distribuiti in modo continuo nella popolazione.
Un altro concetto ripreso riguarda il ruolo primario dell’azione nello sviluppo delle funzioni cognitive. Secondo P.
e N. cognizione e azione sono mutualmente indipendenti.
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Il punto di partenza dello sviluppo si caratterizza per la presenza di alcuni processi cognitivi di base di natura
attentive e percettiva ma anche per la presenza di un sistema di azioni finalizzate.
Le informazioni a cui il bambino presta attenzione, seleziona ed elabora guidano l’azione ma contemporaneamente
l’azione guida processi attentivi e percettivi.
Il legame tra percezione e azione è stato confermato dall’identificazione di un sistema di neuroni, il sistema di
neuroni specchio, che si attivano sia nel caso in cui l’individuo compie un’azione, sia nelle situazioni in cui osserva
un altro individuo svolgere la medesima azione.
Interessante è lo studio di come il cambiamento del sistema dei neuroni a specchio nello sviluppo possa influenzare
la cognizione à Quadrelli e Turati ipotizzano che l’intervento di specifiche esperienze motorie in particolari
momenti dello sviluppo prenatale e perinatale possano favorire lo sviluppo di capacità cognitive superiori.
Link indiretto tra difetto genetico e outcome cognitivo : l’alterazione genetica determina alterazioni diffuse e
aspecifiche che, solo nel corso dell’ontogenesi, spingono l’individuo su percorsi evolutivi differenti che conducono
a esiti fenotipici atipici.
Alterazione genetica
¯
Alterazione sottile in uno o più parametri di base del funzionamento cerebrale (timing di maturazione,
sinaptogenesi, asimmetria emisferica, soglia di attivazione, neurotrasmettitori, etc)
¯
Percorso evolutivo (ruolo interattivo dell’ambiente)
¯
Esito fenotipico atipico e macroscopico a livello cognitivo, caratterizzato da deficit dominio-specifici
In sintesi, comprendere lo sviluppo è estremamente complesso perché richiede di indagare come e quando
(developmental timing) si modificano i reciproci rapporti tra cervello-comportamento-mente per effetto di processi
maturazionali ed esperienziali.
La classica interpretazione “causa-effetto” nell’emergere delle abilità non è più adeguata, piuttosto si rende
necessaria un’analisi delle interazioni tra le diverse componenti (cervello-mente-comportamento).
Studiare quali fattori rendono possibile il cambiamento obbliga ad assumere un punto di vista interazionista. Lo
sviluppo è il risultato di SEMI (natura) e SUOLI (ambiente, esperienza, cultura)
• Seme = presenza di alcune predisposizioni e vincoli che il bambino possiede precocemente
• Suolo = ruolo che l’ambiente e l’esperienza esercitano a livello cerebrale, comportamentale e mentale
L’emergere di abilità è il frutto di un percorso multi-causale dato da fattori interni esterni ed è volta
all’autoorganizzazione nel tempo del sistema stesso.
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Comprensione di parole a 17 - 18 215 22 398
mesi
Età di comparsa delle prime frasi 20 mesi 14 mesi 24 mesi
Ricaduta applicativa
Studiare lo sviluppo atipico in termini probabilistici significa sviluppare modelli teorici diversi da quelli applicati
all’adulto.
Quali modelli? Quelli nati nell’ambito della Psicologia dello sviluppo, Neuropsicologo dello Sviluppo, della
Psicopatologia dello sviluppo.
IL SEME
Nelle lezioni precedenti abbiamo condiviso una definizione del termine sviluppo e abbiamo messo in evidenza gli
elementi di continuità tra costruttivismo e neurocostruttivismo.
Cercheremo ora di enfatizzare gli elementi di novità che caratterizzano l’approccio neurocostruttivista che
riguardano principalmente il tentativo di conciliare gli aspetti del costruttivismo con i numerosi dati empirici che
testimoniano l’esistenza di predisposizioni precoci che guidano e indirizzano lo sviluppo cognitivo à
La visione tradizionale della cognizione e del suo sviluppo tende a limitarla a processi mentali superiori. Tuttavia i
bambini nella prima infanzia mostrano processi cognitivi di base, capacità psicologiche che difficilmente possono
essere escluse dal dominio cognitivo.
Poiché è durante le prime fasi dello sviluppo che si consolidano le basi per abilità più evolute e complesse diventa
cruciale indagare la prima infanzia secondo un’ottica neurocostruttivista
à il ruolo delle predisposizioni innate a livello cerebrale, comportamentale e mentale in un’ottica interattiva.
Per i primi mesi di vita i bambini sono feti FUORI dall’utero. Lo sviluppo cerebrale è fortemente influenzato
dall’ambiente e dall’esperienza intra e extra-uterina (suolo).
9
Embrione di 2 mesi: lunghezza della testa = 1/2 lunghezza totale
Alla nascita: lunghezza della testa = 1/4 della lunghezza totale
>> La presenza di vincoli cerebrali e computazionali (seme) e gli effetti esercitati dall’ambiente specie-specifico e
individuale (suolo) obbligano a superare una visione modulare della mente, almeno per quanto riguarda le prime
fasi dello sviluppo.
L’informazione proveniente dall’ambiente passa attraverso un sistema di trasduttori sensoriali, che trasformano i
dati nei formati che ciascun sistema di input (modulo) specializzato può elaborare.
Un modulo è definito dalla compresenza di una serie di proprietà, che i processi centrali non condividono:
• Hanno domini
• specifici • Hanno un’architettura neurale fissa e
• Eseguono operazioni obbligate hardwired
• Sono informazionalmente incapsulati • Sono innati e non
• Producono output superficiali
• sono suscettibili di modifica da parte dell’ambiente
ipotizzando per i moduli la presenza di un’architettura neurale fissa e geneticamente determinata, e la non
modificabilità a opera dall’ambiente esterno, di fatto la teoria di Fodor nega la necessità di un vero e proprio
processo di sviluppo, e chiama in causa una concezione dell’epigenesi di tipo unidirezionale e deterministico.
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Punto di partenza dello sviluppo ontogenetico per questo modello è l’architettura modulare della mente. Per i
neurocostruttivisti invece, non nega che la mente dell’adulto sia caratterizzata da alta specializzazione strutturale
e funzionale, ma assume che tale organizzazione venga acquisita nel corso dello sviluppo ontogenetico. La mente
modulare sarebbe il punto di arrivo dello sviluppo cerebrale e cognitivo.
Uno dei concetti basilari è quello di vincolo, inteso non come limite allo sviluppo ma come risorsa imprescindibile
per lo sviluppo. Il vincolo assume una connotazione positiva, ed è visto come una predisposizione aspecifica che
guida e facilita lo sviluppo cerebrale e cognitivo.
• KARMILOFF-SMITH = i vincoli sono predisposizioni innate che VINCOLANO lo sviluppo, lo GUIDANO e le
INDIRIZZANO.
Il ruolo delle predisposizioni innate è quello di assicurare che i circuiti neurali ancora plastici ricevano l’informazione
della quale hanno bisogno per svilupparsi lungo una specifica traiettoria dello sviluppo, che è quella che in genere
osserviamo negli individui a sviluppo tipico.
Il vincolo inoltre non è l’espressione di un carattere genetico (non sono l’espressione di un carattere genetico che
si manifesta a prescindere da ciò che succede nell’ambiente) ma si manifesta solo in relazione ad un’ambiente che
funge da innesco, ed è per questo che senza alcuna stimolazione ambientale, un vincolo non si configura tra il
patrimonio di competenze, ma bensì rimane latente. Le informazioni presenti nell’ambiente attivano le
predisposizioni.
I vincoli quindi guidano lo sviluppo e facilitano l’apprendimento e si possono manifestare a diversi livelli cerebrali e
mentali.
Il cervello è l’unico organo del corpo umano a non subire soltanto incremento nelle dimensioni, diversamente da
altri organi del corpo (cuore, fegato, reni…), non aumenta semplicemente di forma ma subisce anche una vistosa
modificazione nella sua architettura durante un prolungato periodo successivo alla nascita.
Nascere con un cervello solo parzialmente strutturato significa prevedere la presenza di vincoli nell’architettura
neurale e nel timing di maturazione delle diverse aree cerebrali che orientano le modificazioni strutturali e
funzionali alle quali il cervello va incontro nei primi anni di vita à
SVILUPPO COME PROCESSO PROATTIVO o activity - dependent
Un cervello che si modifica continuamente attraverso il suo stesso funzionamento e genera un loop (circuito)
virtuoso nello sviluppo tipico, deficitario nello sviluppo atipico.
I dati delle neuroscienze evolutive suggeriscono che molti cambiamenti nelle strutture cerebrali durante
l’ontogenesi, non sono unicamente il frutto di processi maturazionali, ma avvengono come conseguenza della
stimolazione fornita dagli input ambientali. Quindi il cervello si modifica continuamente attraverso il suo stesso
funzionamento.
La natura proattiva dello sviluppo genera un loop virtuoso tra il bambino e l’ambiente che garantisce che lo sviluppo
venga incanalato lungo alcune direzioni più tipiche rispetto ad altre.
I VINCOLI o PREDISPOSIZIONI INNATE si possono manifestare a diversi livelli. Si possono avere 2 tipi di vincoli dal
punto di vista cerebrale:
1. Vincoli nell’ARCHITETTURA NEURALE e/o nei MECCANISMI COMPUTAZIONALI di cui il cervello dispone
2. Vincoli TEMPORALI nel timing di maturazione di alcune aree cerebrali
L’atipicità dello sviluppo non è data dall’assenza di un vincolo ma dall’atipia di un vincolo. Quali possono essere le
atipie?
Quali VINCOLI nell’ARCHITETTURA NEURALE e/o nei MECCANISMI COMPUTAZIONALI di cui il cervello dispone?
1. caratteristiche di risposta dei neuroni (soglia di attivazione neuronale, sinaptogenesi, neurotrasmettitori)
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2. quantità neurotrasmettitori
3. tipo di connessioni che uniscono popolazioni di neuroni
4. natura delle connessioni tra aree del cervello ( numero di connessioni tra popolazioni di neuroni e
popolazioni di aree cerebrali )
È la forma più frequente e probabile del vincolo. I vincoli nell’architettura neurale svolgono un ruolo fondamentale
nell’emergere della specializzazione strutturale e funzionale del cervello à PROTOCORTECCIA INDIFFERENZIATA:
si sviluppa un cervello altamente strutturato dal punto di vista architettura-funzionale.
18 ott – 3° lezione
Soglie di attivazioni di poco più alte o più basse, così come neurotrasmettitori in quantità diverse, influenzano lo
sviluppo dell’architettura cerebrale che si osserva nel cervello adulto.
Un secondo tipo di vincolo che modula lo sviluppo cerebrale riguarda i VINCOLI TEMPORALI, quali ad esempio
- Timing di maturazione dei due emisferi cerebrali
- Timing nella densità sinaptica delle connesioni tra diversi neuroni o tra diverse aree cerebrali
Poiché regioni diverse del cervello maturano e diventano funzionali in momenti diversi dello sviluppo, variazioni
anche minime nei processi maturazionali possono giocare un ruolo determinante nel processo di specializzazione
delle aree cerebrale.
- Ad esempio, una certa area può essere reclutata per svolgere una particolare funzione e di conseguenza
sviluppare una specializzazione per tale funzione semplicemente perché ha raggiunto un sufficiente livello
di maturazione nel momento è richiesta una determinata abilità.
È il caso della specializzazione dell’emisfero sinistro per il linguaggio.
Vi sono indicazioni del fatto che l’emisfero destro maturi più velocemente del sinistro nel primo anno di vita, e
questo farebbe sì che esso assuma su di sé le funzioni visuo-spaziali che iniziano a svilupparsi alla nascita, lasciando
libero l’emisfero sinistro di specializzarsi per le funzioni linguistiche, che non iniziano a fare la loro apparizione prima
di alcuni mesi dopo la nascita.
Un’atipia nei processi di timing dei due emisferi cerebrali (=processi di maturazione accelerati o decelerati rispetto
alla norma) creano una situazione di atipicità. I vincoli temporali non hanno solo un effetto tra i due emisferi ma
anche all’interno degli emisferi, ovvero si possono osservare network neurali che si specializzano per determinate
informazioni visive (quelle più adattive per la nostra vita).
Ruolo del FUNZIONAMENTO PARZIALE nell’emergere della specializzazione dell’emisfero destro per l’elaborazione
dei volti umani.
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Analogamente, de Schonen ha proposto che la specializzazione dell’emisfero dx per l’elaborazione configurale dei
volti emerga come conseguenza del fatto che l’emisfero dx matura più velocemente nei primi mesi di vita di quello
sx, ed è dunque maggiormente pronto a ricevere gli input provenienti dalla retina.
* Nei primi mesi di vita, la corteccia è inizialmente molto attiva durante la presentazione dei volti in una vasta
area di regioni in entrambi gli emisferi.
* Dopo l’età di 6 mesi la sua attività si localizza sull’emisfero dx, (che si sta specializzando) il che favorisce il
riconoscimento delle caratteristiche configurali anziché discrete delle facce. Permette di riconoscere la
configurazione come un pattern noto (volto).
* Alla fine del primo anno di vita la localizzazione delle facce corrisponde a un’area più ristretta della zona
temporale dx .
* Infine in età scolare la zona temporale dx diventa ancora più localizzata e selettiva corrispondendo all’area
specifica per le facce che si ritrova nell’adulto (Face fusiform area FFA).
È sufficiente ipotizzare dei vincoli cerebrali per spiegare traiettorie evolutive così diverse come quelle che si
sviluppano nello sviluppo tipico e atipico? No. I vincoli non sono gli unici responsabili dell’atipicità.
Un altro tipo di vincolo, collegato al seme, lo si trova a livello funzionale-computazionale.
Vincoli temporali influenzano anche la modificazione della densità sinaptica nelle diverse aree cerebrali. La
modificazione della densità sinaptica è temporalmente caratterizzata da una fase iniziale di sovrapproduzione
sinaptica, durante la quale il cervello del bambino contiene un numero molto maggiore di sinapsi rispetto al cervello
dell’adulto, seguita da una fase regressiva di decadimento o potatura sinaptica (pruning) durante la quale molte
sinapsi vengono eliminate fino a raggiungere il livello di densità tipicamente presente nell’adulto.
Entrambe queste fasi avvengono con una tempistica differente nelle diverse aree della corteccia.
- Per esempio, nella corteccia visiva e nella corteccia uditiva primaria il periodo di massima produzione è
a 3-4 mesi, con un picco a 4 mesi, e la fase di potatura che termina intorno ai 6 anni.
- Nella corteccia prefrontale che è la zona con più prolungato periodo di sviluppo post-natale, la massima
densità viene raggiunta alla fine del 1° anno di vita, e la fase regressiva termina nella media o tarda
adolescente, intorno ai 15 anni.
La principale conseguenza della fase iniziale di sovrapproduzione sinaptica è un forte ampliamento dello spazio
concetto all’esperienza per plasmare lo sviluppo cerebrale. Se da una parte i neuroni sono già blandamente
differenziati tra di loro nel momento in cui formano le diverse aree corticali, il processo di differenziazione prosegue
all’interno di queste regioni fino a portare alla formazione di aree funzionalmente diverse e di minore estensione.
Gli stimoli presenti nell’ambiente contribuiscono quindi al rimodellamento modificando i circuiti neurali.
Il seme
I VINCOLI non si manifestano solo a livello cerebrale (= strutturale), ma possono riguardare anche alcune funzioni
cognitive di base prevalentemente di natura attentiva e percettiva.
13
Tuttavia, ancor prima di saper manipolare simboli o di utilizzare il ragionamento deduttivo, i bambini nella prima infanzia
mostrano capacità psicologiche (diverse ma) che difficilmente possono essere escluse dal dominio cognitivo. Sono
processi cognitivi di base.
ESEMPI DI VINCOLI COGNITIVI: processi cognitivi di base quali l’attenzione, la percezione, la memoria e l’azione ne sono
chiari esempi. Sono questi a cui si pensa come vincoli funzionali.
Durante le prime fasi dello sviluppo si consolidano le basi per abilità cognitive più evolute e complesse manifestate dal
bambino in età pre-scolare e scolare.
• Vincoli attentivi
Karmiloff-Smith utilizza il termine vincolo per riferirsi a una serie di predisposizioni (risorse per) ATTENTIVE innate
(presenti fin dalle prime fasi dello sviluppo) che VINCOLANO lo sviluppo, ossia lo GUIDANO e lo INDIRIZZANO,
orientano e incanalano l’attenzione del bambino verso particolari categorie di input ambientali, garantendo che tali
input possano influenzare e plasmare lo sviluppo cerebrale e cognitivo dell’individuo.
I vincoli attentivi rendono possibile il cambiamento cerebrale e cognitivo, poichè facilitano l’apprendimento
circoscrivendo il tipo di informazione a cui prestare maggiore attenzione.
Esempi di vincoli attentivi sono quelli relativi l volto umano e al movimento biologico e più in generale a informazioni
di natura prevalentemente sociale.
NB. Il vincolo viene inteso non come un limite allo sviluppo ma come una risorsa per lo sviluppo.
I vincoli o predisposizioni innate non si manifestano solo a livello cerebrale. Quali informazioni?
Prevalentemente informazioni di natura «sociale», ovvero informazioni che massimizzano la probabilità̀ di entrare
in relazione con gli altri, facilitando e potenziando l’apprendimento all’interno di questo dominio di conoscenza.
La nostra mente è predisposta per entrare in relazione con altri. Quando ciò non avviene sono nell’ambito della
patologia.
Una predisposizione nota è la PREFERENZA PER IL VOLTO UMANO.
>> Dal punto di vista funzionale, la specializzazione dei processi coinvolti nell’elaborazione e nel riconoscimento
del volto si manifesta attraverso alcuni effetti attentivi e percettivi che sono presenti in misura maggiore nel caso
dei volti rispetto ad altre categorie di stimoli.
La preferenza per il volto non è riconducibile a una struttura specializzata per il riconoscimento della geometria del
volto, quanto piuttosto ad alcuni vincoli aspecifici, derivanti dalle proprietà funzionali del sistema visivo, per dirigere
l’attenzione del bambino su questa categoria di stimoli. Uno dei vincoli è la presenza di una asimmetria alto-basso
nella sensibilità della retina che facilita nei neonati la selezione e l’elaborazione di stimoli che contengono più
informazione nella parte superiore.
14
- Goren, Sarty & Wu: sala parto a 9 minuti dalla nascita. Il
primo stimolo è più trigger rispetto agli altri 3.
- Questo esperimento è stato replicato da Morton &
Johnson, 1991.
- Infine con il paradigma della preferenza visiva da
Valenza. Vengono proiettati due stimoli su due monitor e
si registra dove il bambino orienta l’attenzione, per
quanto tempo e per quante volte. Frequenza e durata
dicono che il primo stimolo è fissato per più tempo e per
più volte rispetto all’altro.
NB: perché si possa parlare di preferenza, è necessario che il bambino abbia guardato almeno una volta entrambi
gli stimoli, ossia che li abbia codificati entrambi.
Il volto non è l’unico stimolo. Altri stimoli sono in grado di catturare l’attenzione del neonato in modo preferenziale:
1. stimoli grandi
2. stimoli strutturati
3. stimoli in movimento
4. stimoli sociali
5. stimoli curvilinei
Tutte queste caratteristiche sono possedute dal volto, che è la somma di
tante preferenze visive.
Nel corso del tempo, il bambino che è catturato dallo stimolo (sociale ad
esempio), modifica le sue modalità esplorative, inizialmente mostrando
attenzione alle cose dove c’è il massimo contrasto visivo. Quando il bambino
scopre che è estremamente rilevante prestare attenzione a occhi e bocca,
presta attenzione a questi stimoli.
A 2 mesi inizia a modulare le sue strategie esplorative verso alcune
informazioni del volto.
MOVIMENTO BIOLOGICO
Un altro pattern estremamente catturante per il bambino è il movimento biologico. Se il movimento ha delle
caratteristiche biomeccaniche biologiche, meglio.
15
• Vincoli computazionali dominio-generali
In aggiunta ai vincoli cerebrali e attentivi, il sistema cognitivo (i.e., seme) dispone fino dalla nascita di meccanismi
di apprendimento che gli consentono di estrarre regolarità dall’ambiente e di dare coerenza percettiva alle
numerosissime informazioni che colpiscono gli organi di senso.
Ricordiamo che il bambino fino alle prime fasi dello sviluppo è un formidabile e attivo esploratore dell’ambiente e
grazie alla presenza di “software preinstallati” elabora, codifica e memorizza le informazioni selezionato attraverso
strategie, molte delle quali utilizzate anche in età adultà.
Alcuni di questi software preinstallati nel seme sono dominio-generali, ovvero sono procedure che possono essere
applicate a qualsiasi tipo di informazione ambientale.
Se la preferenza per il volto è una preferenza intercategoriale (preferisco il volto al volto inverso, preferisco il volto
ad altri tipi di stimolo), la preferenza per un determinato volto è una preferenza intracategoriale indotta
dall’esperienza che presuppone un processo di memoria.
La tecnica che mi permette di osservare questa capacità è la tecnica dell’abituazione.
Lo sviluppo avviene grazie al funzionamento di un complesso di leggi di associazione innate che legano gli stimoli
esterni alle risposte comportamentali del soggetto.
Per esempio, il bambino apprende ad associare la voce o l’odore della propria madre al suo viso, dimostrando
stupore e sorpresa se questa «familiare» associazione viene violata sperimentalmente associando il volto della
madre alla voce di un uomo.
L’apprendimento associativo non è l’unico vincolo computazionale disponibile al bambino per apprendere. I
software non sono solo di natura associativa.
Esistono infatti altri tipi di apprendimento impliciti dominio generali di natura non associativa.
16
Modelli classici: HIP
PROCESSI COGNITIVI DOMINIO- GENERALI CHE FANNO PARTE DELL’ARCHITETTURA INNATA DEL SISTEMA
COGNITIVO
I software dominio-generali che ci permettono di estrarre invarianti dal flusso sono 3:
1. processo di categorizzazione
2. cogliere probabilità di co-occorrenza
3. individuare regole astratte PROCESSI COGNITIVI DOMINIO-
GENERALI CHE FANNO PARTE
DELL’ARCHITETTURA INNATA DEL
SISTEMA COGNITIVO 19 ottobre – 4° lezione
CATEGORIZZARE
COGLIERE PROBABILITA’
DI CO-OCCORENZA Estrarre INVARIANTI
INDIVIDUARE REGOLE
ASTRATTE
Fino dalla nascita il bambino si dimostra capace di estrarre invarianti e di “predire” relazioni tra stimoli che si
presentano con regolarità nell’ambiente. Non si tratta di apprendimenti esplciti, ma che non richiedono
consapevolezza.
L’apprendimento implicito fa parte dell’architettura di base dell’attività cognitiva e consente di anticipare quando
un evento si verificherà e di investire risorse attentive, che sono per natura limitate, per ottimizzare la selezione e
l’elaborazione dell’evento atteso.
Già l’approccio comportamentista aveva dimostrato che l’apprendimento è un processo innato, che consente fin
dalle prime fasi dello sviluppo, l’acquisizione di un comportamento nuovo o la modifica di un comportamento
esistente.
Più recentemente, l’apprendimento associativo viene considerato il risultato di processi cognitivi di acquisizione e
rappresentazione delle conoscenze che consentono di predire relazioni di tipo associativo tra stimoli che si
presentano con regolarità nell’ambiente.
L’apprendimento associativo non è l’unico vincolo computazionale disponibile al bambino per apprendere ma
esistono altri tipi di apprendimento impliciti dominio generali di natura non associativa quali apprendimento di
regolarità statistiche, apprendimento di regole e apprendimento di invarianze percettive o funzionali
(categorizzazione).
A che età il bambino si dimostra capace di riconoscere l’informazione selezionata? Anche il bambino ha una
memoria, ma di tipo implicito e procedurale. Come si misura? Attraverso la tecnica dell’abituazione.
17
1. fase di abituazione: misurazione del decremento nella durata del tempo di fissazione visiva in conseguenza
della ripetuta presentazione di uno stesso stimolo
2. fase test: lo stimolo divenuto familiare viene presentato al bambino insieme ad uno stimolo nuovo, diverso
da quello familiare per una o più caratteristiche.
Stimolo x, si osserva che il bambino all’aumentare delle volte in cui presento lo stimolo x, descresce il tempo di
fissazione che rivolge allo stimolo.
Con una procedura infant-control (stabilita dal bambino), quando il bambino si è abituato, l’algoritmo che informa
che l’abituazione è avvenuta (50% in meno rispetto ai precedenti 3 trial) comunica che il bambino smette di prestare
attenzione allo stimolo quindi l’ha codificato.
Fase test: medesimo stimolo + altro stimolo; la fase test prevede 2 somministrazioni in cui viene bilanciata la
posizione degli stimoli. Lo stimolo al quale il bambino è stato familiarizzato viene guardato per poco tempo mentre
lo stimolo nuovo per fissato per molto tempo (tanto quanto veniva fissato inizialmente lo stimolo familiare durante
le prime prove). Questa differenza se statisticamente significa indica che
- il bambino discrimina i 2 stimoli (pone quantità di attenzione diverse)
- preferisce prestare attenzione allo stimolo nuovo
La preferenza per la novità non è una caratteristica dell’oggetto. È un attributo di colui che ha avuto esperienza.
1 CATEGORIZZAZIONE PERCETTIVA
Gli attributi in base ai quali includere una serie di oggetti nella stessa categoria possono variare in funzione
dell’attributo selezionato.
Molti sostengono che la categorizzazione sia una capacità fondamentale innata in tutti gli organismi che
apprendono, perché, affinchè l’apprendimento sia possibile, l’organismo deve essere in grado di trattare stimoli
diversi come equivalenti.
Inoltre, per poter conferire stabilità e coerenza all’infinita varietà delle percezioni, è necessario raggruppare insieme
oggetti ed eventi che sono sotto certi aspetti simili e rispondere ad essi come fossero equivalenti.
18
Assumere l’esistenza di una capacità innata di categorizzare non significa affermare che l’individuo nasce con una
serie di categorie già formate, ma significa ritenere che egli possiede fin dalla nascita la capacità di individuare le
dimensioni rilevanti sulla base delle quali categorizzare lo stimolo.
Ciò che cambia con lo sviluppo è la natura dell’informazione alla quale il processo può essere applicato, che diviene
sempre più articolata e complessa [Cohen 1998].
Alcune evidenze sperimentali dimostrano che la capacità di formarsi delle categorie percettive è presente fin dalla
nascita, anche se in forma elementare. Infatti il neonato non è solo capace di cogliere alcune costanze percettive
quali costanza della dimensione e costanza della forma, ma riesce anche a percepire l’invarianza di semplici relazioni
spaziali e a raggruppare, sulla base di somiglianze percettive, esemplari diversi di forme visive semplici appartenenti
alla categoria delle figure aperte o alla categoria delle figure chiuse.
à carattere INNATO e CONTINUO della categorizzazione, uno dei principi elementari di organizzazione dell’attività
cognitiva.
Il PARADIGMA SPERIMENTALE DELLA FAMILIARIZZAZIONE è uguale all’abituazione con una differenza: vengono
presentati stimoli percettivamente diversi ma simili.
Il paradigma sperimentale della familiarizzazione
FASE di Stimolo
FAMILIARIZZAZIONE A1
Stimolo
A2
Stimolo
Nuovo esemplare della
A3 categoria familiare
Esemplare della nuova
categoria
Stimolo Stimolo
FASE TEST A4 B
Se presento un nuovo esemplare di un’altra categoria o uno stimolo simile, entrambi inediti, il bambino sceglie
quello “più nuovo”.
COSTANZE PERCETTIVE = abilità di percepire un oggetto come identico a se stesso indipendentemente dalle
variazioni nell’immagine retinica.
Costanza della dimensione: neonati di 3 giorni di vita discriminano stimoli chiusi e stimoli aperti (Slater e Morison)
Per forme geometriche (aperte vs chiuse), Turati, Simion e Zanon (2003) dimostrano categorizzazione percettiva
in neonati di 3 giorni di vita: il prerequisito della categorizzazione è che il bambino discrimini gli esemplari di una
categoria.
Discrimina relazioni spaziali oltre che di forma.
19
La categorizzazione
Categorizzazione percettiva di
forme geometriche
(aperte vs chiuse)
Categorizzazione di numerosità
Categorizzazione di NUMEROSITÀ
Una nuvola di punti di diverse densità, di diversa grandezza, perimetro e area ma accumunate da una medesima
quantità. Il bambino presta attenzione al nuovo.
20
La CATEGORIZZAZIONE PERCETTIVA è un principio elementare di organizzazione dell’attività cognitiva che nel
corso dello sviluppo aumenta in efficacia come conseguenza del miglioramento delle abilità attentive.
All’aumentare dell’età i bambini diventano sempre più capaci di
1) focalizzare l’attenzione per periodi di tempo più prolungati (attenzione sostenuta)
2) selezionare gli stimoli in modo più sistematico e adattivo (attenzione selettiva)
3) pianificare la ricerca delle informazioni al fine di identificare gli aspetti distintivi che differenziano gli oggetti
e gli eventi (strategie visuo-esplorative)
questo ha un effetto sulle sue categorizzazioni. Se le risorse attentive del bambino non sono così efficaci ed efficienti
perché diverse (nn assenti) anche tutta la realtà percettiva che ne consegue sarà diversa.
La modalità di organizzare la realtà e l’esperienza saranno diverse.
Ciò risulta cruciale per il nostro sistema cognitivo dal momento che gli eventi sono sempre temporalmente definiti,
cioè non si presentano tutti contemporaneamente ma sono distribuiti nel tempo.
La codifica della
Risultati probabilità
esperimento 1 di co-occorrenza permette al sistema cognitivo di associare in modo probabilistico due
eventi che si verificano in successione. 18 partecipanti su 22 hanno
20
discriminato correttamente
15Inizialmente lo SL è stato indagato in studi sullo sviluppo linguistico nella prima infanzia, con rifeirmento alla
la sequenza familiare da
10segmentazione del flusso continuo del discorso parlato da parte di bambini di pochi mesi.
5 quella nuova
018 partecipanti su 22 hanno discriminato correttamente
Successo Insuccesso
la sequenza
Test binomiale, p=familiare
0,001 da quella nuova
Test binomiale, p= 0,001
Il secondo loop è uguale al primo? Solo 1 partecipante su 22 ha compreso appieno il criterio delle coppie.
Veniva chiesto poi il perché erano uguali o diversi.
Risposte Adulti
12
10
Solo 1 partecipante su 8
6
22 ha compreso 4
2
appieno il criterio delle 0
coppie In izio
sequ
enza
a o po
sizio
ne "X
"
sio ne
tota le
crite
rio
io ne
alcun
e co
ppie
Ness
un a
Risp
o sta
uen z ren n s
Fre q Com
p
Com
pre
L’ambiguità degli stimoli viene disambiguata grazie a delle probabilità statistiche di co-occorrenza.
Statistical learning (SL): apprendimento delle relazioni statistiche tra gli elementi di una sequenza.
21
Bambini sono particolarmente abili a cogliere le regolarità statistiche dell’ambiente percettivo (Saffran et al.,
1996)
¯
Per es bambini di 8 mesi familiarizzati a suoni della lingua parlata che seguono una sequenza regolare
(consonante + vocale)
CA SA
¯
Test: I b/ni preferiscono una sequenza che segue la stessa regolarità statistica a sequenze che non rispettano tale
regolarità
LA RO > PRa TO
Riconoscono come più nuova una parola che disattende la regola rispetto a una parola che non esiste ma che segue
la regola ?
Saffran, Aslin e Newport, 1996, vollero capire quali sono i meccanismi innati dell’apprendimento linguistico.
Bambini di 8 mesi furono familiarizzati ad una registrazione della durata di 2 minuti, composta dalla ripetizione di 4
parole trisillabiche prive di senso (bidaku, padoti, golabu, tupiro). La registrazione non includeva nessuna pausa o
informazioni prosodiche, accento o altro che potesse segnalare i confini delle parole.
I bambini potevano basarsi solamente su indici di probabilità transizionale.
......tupirogolabubidakupadotigolabutupiro....
Durante la fase di test, i bambini dimostrano di saper discriminare le parole udite durante la fase di familiarizzazione
da parole formate dalle stesse sillabe ma poste in un ordine nuovo, dimostrando così di saper segmentare un flusso
continuo di sillabe pronunciate da una voce umana, e di riconoscere le parole in esse contenute unicamente sulla
base di probabilità di co-occorrenza.
Altre ricerche hanno indagato la capacità del sistema cognitivo di estrarre probabilità di co-occorrenza attraverso
l’utilizzo di stimoli diversi, differenti modalità sensoriali, differenti età e differenti specie.
Così, come per il processo di categorizzazione, il processo è sempre identico a se stesso ma l’efficacia e il risultato
di questo processo cambiano nel tempo.
22
A 8 mesi gli effetti dello Statistical Learning sono molto più efficaci che alla nascita.
Inizialmente è stato ipotizzato come un meccanismo dominio-specifico per il linguaggio, successivamente gli studi
hanno dimostrato che esiste un meccanismo di apprendimento dominio-generale, può essere applicato a una
vasta gamma di stimoli (efficace sia con stimoli uditivi che visivi) ed è presente a età molto precoci.
25 ottobre – 5° lezione
Capacità di estrarre regole in una sequenza di elementi. Bambini di 7 mesi sono stati abituati a triplette di sillabe
organizzate secondo la regola ABB o ABA. Quindi la regola è una sequenza di suoni dove i due ultimi suoni si
ripetono.
In fase test sono state presentate triplette di sillabe strutturate in base alla regola della fase di abituazione e triplette
organizzate secondo una regola nuova (ABA).
I risultati hanno dimostrato l’abilità dei bambini di 7 mesi di estrarre una regolarità di tipo astratto utilizzando
materiale uditivo linguistico.
23
Questo è vero per i SUONI ma anche per le LETTERE à Apprendimento di relazioni astratte, higher-order, tra gli
elementi di una sequenza
Abaabaabaaba ≠ abbabbabbabb
24
Il bambino è così concentrato a elaborare volti poco familiari che disattendono un’elaborazione olistica che non ha
il tempo di cogliere la regola. Non vuol dire che non funziona il meccanismo di categorizzazione.
SEQUENZE TEMPORALI: in questi esempi la sequenza è spazio-temporale; se le sequenze diventano solo temporali,
ci vuole grande capacità di working memory, per questo questa capacità si rileva intorno all’anno.
La sequenza temporale manipolata dal punto di vista sperimentale; nella vita quotidiana questo stimolo ricorda il
linguaggio (apprendimento di una nuova lingua).
In generale, RL è un meccanismo dominio-generale che a 7 mesi di vita è in grado di operare anche con
stimoli non linguistici, purchè altamente salienti e familiari per i bambini.
RIASSUMENDO
Il sistema cognitivo dispone fino dalla nascita di meccanismi di apprendimento dominio-generali che consentono al
bambino di acquisire molto precocemente comportamenti e conoscenze nuove.
Tali meccanismi includono da un lato l’idea di una parziale programmazione interna (prodotto dell’evoluzione
piuttosto che dello sviluppo), dall’altro presuppongono un’interazione attiva con l’ambiente. Presenti nell’uomo e
non solo; se l’ambiente non dispone di stimoli i software sono latenti.
L’apprendimento non avviene tramite una passiva reazione all’ambiente, SIAMO formidabili e ATTIVI ESPLORATORI.
>> Oltre a vincoli cerebrali, vincoli cognitivi, vincoli computazionali dominio-generali… il seme dimostra di
possedere VINCOLI COMPUTAZIONALI DOMINIO-SPECIFICI, ovvero vincoli che si attivano solo in corrispondenza
di determinati input ambientali.
>> A partire dalle ricerche di Spelke, numerose ricerche hanno dimostrato che il complesso sistema di conoscenze
che l’adulto possiede sulla realtà fisica e sociale che lo circonda non si sviluppa unicamente come conseguenza delle
precoci esperienze percettive-motorie che il bambino fa nel corso della prima infanzia, ma emerge anche a partire
da alcuni principi guida dominio-specifici di cui il bambino dispone già nei primi giorni di vita e che si caratterizzano
per essere
1. Universali, ovvero presenti anche in culture nelle quali non vi è un’istruzione formale
2. Precocemente presenti in molte specie animali
à dati empirici a conferma: risultati di recenti ricerche suggeriscono che alla nascita il bambino possiede non solo
i processi di base necessari per apprendere e generare rappresentazioni del mondo esterno, ma anche principi
guida e rappresentazioni dominio specifiche ereditate per via genetica nel corso dell’evoluzione della specie [Spelke
1990]
25
Questi iniziali nuclei di conoscenza, chiamati core knowledge, sono innati, universali e sono il risultato di un lento
cambiamento filogenetico, cioè di un cambiamento che è avvenuto in una specie nel corso di molte generazioni,
anziché un cambiamento ontogenetico, cioè di un cambiamento evolutivo che ha luogo nella vita di un individuo.
Le 3 linee convergono nel dimostrare l’esistenza di principi guida dominio specifici e conoscenze disponibili alla
mente anche se non presenti nell’ambiente:
1) principi guida sono presenti in molte specie animali (differenti specie come uccelli, roditori, primati
dimostrano abilità di discriminare numerosità).
2) principi guida sono universali: sono presenti anche in culture nelle quali non vi è un’istruzione formale
(differenti culture)
La prova empirica è che lo fanno anche etnie in cui non esiste nemmeno la parola corrispondente ad alcuni
concetti-capacità.
• Lontano popolo dell’Amazonia (Mundukuru): gruppo di francesi va in Amazonia e somministra a
bambini di 6 anni e adulti
• Bambini prescolari USA: in parallelo viene fatto a Boston in USA
• Nozioni di geometria euclidea
(Pica, Lemer, Izard & Dehaene, 2004; Barth, LaMont, Lipton, Dehaene, Kanwhisher & Spelke, 2006)
I bambini Amazzonia hanno una percentuale di risposta corretta al 62%; i bambini statunitensi del 66%.
Negli adulti, gli amazzonici passano al 67%, gli statunitensi passano al 90%: in mezzo c’è stata istruzione
formale.
3) principi guida sono innati: sono presenti molto precocemente nel corso dell’infanzia (psicologia dello
sviluppo)
>> Va sottolineato che il modello di Spelke prevede che l’attività rappresentativa presente nelle prime fasi dello
sviluppo non sia in alcun modo possibile senza una stimolazione ambientale adeguata.
>> È stata dimostrata l’esistenza di 4 sistemi dominio-specifici presenti precocemente ( oggetti, agenti, numero,
spazio ) ciascuno che si caratterizza per possedere un insieme di principi guida che consentono al bambino
• di rappresentare alcune proprietà della realtà fisica
• e di crearsi dalle aspettative diversificate relativamente al comportamento proprio degli oggetti fisici
inanimati rispetto al comportamento che caratterizza gli oggetti animati
I principi guida del core knowledge dello spazio consentono di rappresentarsi le distanze, gli angoli, le relazioni
geometriche tra diverse superfici, così come le relazioni spaziali tra un oggetto e un punto di riferimento.
26
Ogni dominio ha il suo principio guida che consente al bambino di porre ordine alla realtà e mettere in atto
determinati comportamenti con la realtà fisica e di avere altre aspettative e altri comportamenti con la realtà
sociale.
Disporre di software preinstallati consente al bambino di scoprire presto che la realtà sociale è vincolata da regole
e comportamenti diversi da quelli che si hanno con l’oggetto; lui stesso, dovrà mettere in atto dei comportamenti
che siano adattivi alle regole che governano oggetti fisici e alle regole che governano gli oggetti sociali.
Ipotizzare l’esistenza di principi guida dominio specifici significa ipotizzare che le informazioni che entrano nel nostro
sistema non sempre vengono dall’esterno, a volte provengono dall’interno (dal nostro sistema cognitivi).
Input = Le informazioni di cui dispone il sistema cognitivo (e che regolamentano il nostro comportamento) possono
provenire sia dall’ambiente esterno all’individuo, sia dall’ambiente interno, ovvero dal sistema cognitivo stesso.
* Percezione
Integrare le informazioni visive diper
necessarie oggetti parzialmente
percepire occlusi
gli oggetti come unitari: come faccio a capire?
Fase di abituazione Fase Test
Spelke, esperimento replicato di percezione di oggetti parzialmente occlusi: fase di abituazione. Pattern che noi
Kellman & Spelke, 1983; Slater et al., 1990; Johnson & Aslin, 1995, 1996; Johnson & Nanez,
1995; Jusczyk, Johnson, Spelke, & Kennedy, 1999
adulti percepiamo come una barra parzialmente occlusa da un rettangolo bianco; bambini di 4 mesi: in fase test ciò
che vede l’occhio e ciò che potrebbe vedere la mente se funzionasse come quella di un adulto. Il neonato presta
attenzione alle due porzioni di rettangolo, come se la natura ci avesse dotato di questo adattivo principio guida di
completamento percettivo. Ad esempio un presunto predatore che non si vede interamente perché si nasconde
nella foresta, percepisco porzioni che si muovono e hanno la stessa somiglianza di pelle.
>> Bambini di 4 mesi sono in grado di rappresentarsi la porzione di un oggetto parzialmente occlusa da un’occlusore
a condizione che le due parti visibili si muovano in modo sincrono e solidale, come nel caso della barra verticale
nascosta dal rettangolo bianco orizzontale. La capacità di percepire come unitario un oggetto parzialmente occluso
avviene solo in presenza del movimento che fa da innesco al completamento percettivo.
27
Fino a 4 mesi lo stimolo si deve muovere, ma con un movimento diverso; a 3 giorni si muove più veloce, a scatto,
mentre a 2 mesi e 4 mesi è più lento.
Fattori maturazionali
FATTORI MATURAZIONALI
Esperimento 1 Esperimento 2 Esperimento 3
Valenza et al., 2006 Valenza & Bulf , 2007 Valenza & Bulf, 2011
Child Development Developmental Science Developmental Science
Questo trend evolutivo avviene per la maggior parte dei bambini, ma non per tutti. Uno studio di Johnson e coll.
ha messo in evidenza alcune importanti differenze nelle modalità di esplorazione di una barra parzialmente occluso
in soggetti di 3 mesi, evidenziando come i bambini che manifestavano la capacità di completare l’oggetto occluso
prestavano particolarmente attenzione alle due porzioni di barra visibile, mentre quelli che non manifestavano la
capacità di completare l’oggetto prestavano particolare attenzione all’occlusore.
I principi guida sono core-knowledge presenti in tutte le etnie, nella maggior parte dei bambini, in alcuni funzionano
in modo efficace in altri no.
Spelke, i principi consentono al bambino di “fare inferenze, crearsi aspettative sul comportamento degli oggetti”.
1. Principio dell’avere confini: 2 punti giacciono su oggetti distinti solo se non c’è alcun percorso che connette il
primo al secondo
2. Principio della coesione: 2 punti giacciono su uno stesso oggetto solo se c’è un percorso che li collega fatto di
punti
3. Principio della rigidità: gli oggetti non cambiano forma mentre si muovono
4. Principio della continuità: gli oggetti si muovono solo su percorsi continui, non saltano da un punto a un altro
5. Principio della solidità: 2 oggetti non possono occupare lo stesso spazio, quindi un oggetto si muove solo su
un percorso non ostruito da altri oggetti
6. Principio dell’assenza di azione a distanza: gli oggetti non agiscono uno sull’altro a meno che non entrino in
contatto
7. Principio della gravità: gli oggetti cadono in assenza di supporto
8. Principio di inerzia: gli oggetti non cambiano velocità o direzione in modo improvviso e spontaneo
28
Principio di rigidità
= gli oggetti non cambiano forma mentre si muovono. (palla dietro quadrato, poi compare un quadratino giallo, la
palla non è diventato quadratino giallo ma è altro).
La sequenza degli eventi mostrata ai bambini di 5 mesi nell’esperimento condotto da Baillargeon sulla permanenza
dell’oggetto:
La fase test ha un evento possibile e uno impossibile: cambia la forma dell’occlusore che rende possibile
l’aspettativa di non vedere il coniglietto piccolo perché le dimensioni dell’occlusore sono ancora tali da poterlo
nascondere ma impossibile per il coniglietto grande perché si vedrebbero le orecchie.
Bambini di 5 mesi non si sorprendono nella condizione evento possibile, mentre si sorprendono e prestano
maggiore attenzione all’evento impossibile, dimostrando che questa seconda condizione disattende il principio di
rigidità.
Principio di solidità
29
I bambini di 4 mesi
sono sensibili al
principio di solidità
degli oggetti
I bambini di 6 mesi
mostrano sorpresa
quando viene violato
il principio di gravità
26 ottobre - 6° lezione
Il bambino dimostra di rappresentarsi la realtà, ha memoria, e procede attraverso principi creandosi aspettative.
Gli eventi che disattendono le aspettative (es stimolo che trapassa altro stimolo) lo sorprendono, che in termini
empirici vuol dire investire maggiori risorse attentive e guardare di più.
Ciò è vero per il dominio degli oggetti e per i numeri.
La conoscenza numerica
La capacità di formarsi una rappresentazione del NUMERO e quindi di sviluppare abilità numeriche formali quali
l’aritmetica deriva dallo sviluppo del dominio della cognizione numerica che ha un nucleo di conoscenze innate,
il core knowledge della numerosità, che è un patrimonio condiviso da diverse specie animali e dai neonati umani,
consente al bambino:
1. di rappresentarsi la numerosità di un insieme di stimoli,
2. di discriminare insiemi formati da numerosità diverse,
3. di individuare relazioni ordinali tra diverse numerosità,
4. di sommare e sottrarre diverse numerosità
numerosità di un insieme di stimoli: l’unica proprietà di un insieme di elementi è che non cambia quando le
caratteristiche degli elementi variano.
discriminare insiemi formati da numerosità diverse
discriminare insiemi formati da numerosità diverse: non è necessario contare; l’informazione è transmodale.
I bambini vengono familiarizzati per 2 minuti a sequenze di suoni che si alternano per numerosità diverse; vengono
familiarizzati alla sequenza di 12 suoni o a una sequenza di 4 elementi. (Xu & Spelke, 2000)
30
discriminare insiemi formati da numerosità diverse
12 12
4 4
4 12 4 12
La durata è equivalente nelle due situazioni; il bambino viene testato in fase test non più attraverso la modalità
uditiva ma visiva; i bambini familiarizzati alla sequenza 4 prestano maggiore attenzione allo stimolo visivo con
sequenza di 12, mentre quelli familiarizzati alla sequenza 12 presta attenzione allo stimolo visivo con sequenza di
(Izard et al, 2009)
4, quello nuovo.
31
Il modello di Spelke risulta basato su 2 PRINCIPI:
A cosa serve avere i vincoli dominio-rilevanti? A separare il mondo psicologico dal mondo fisico, perché questi due
mondi sono governati da leggi diverse.
Gli oggetti inanimati (oggetti fisici) si muovono solo se c’è un oggetto che entra in contatto mentre gli esseri animati
si muovono in modo autonomo.
Si svilupperanno poi in una teoria della mente, ovvero adattare il La comportamento tenendo conto di desideri,
comprensione teleologica degli eventi
emozioni degli altri e in una teoria fisica sull’ambiente.
ABITUAZIONE
Un seme che a fronte di una immaturità motoria visibile è molto predisposto a svilupparsi lungo una direzione.
Questa direzione è in parte vincolata da un cervello parzialmente strutturato che consente una plasticità neurale,
è in parte vincolato da competenze attentive e percettive che consentono di elaborare in modo privilegiato alcune
informazioni e che facilitano lo sviluppo di alcuni domini a scapito di altri. Infine software dominio generali e dominio
specifici preinstallati lanciano il bambino su potenzialità di costruirsi conoscenze in tempi relativamente brevi e
circoscritti.
>> Il seme inizia il suo percorso evolutivo con delle basi neurali solo parzialmente strutturate che si caratterizzano
per la presenza di vincoli strutturali e temporali a partire dai quali si definirà l’organizzazione strutturale e funzionale
del cervello adulto.
Il seme si caratterizza anche per una serie di vincoli attentivi che facilitano e potenziano lo sviluppo di alcuni domini
di conoscenza ma garantiscono anche che le informazioni alle quali il bambino presta attenzione in modo
privilegiato siano proprio quelle che contribuiscono in maniera rilevante a plasmare lo sviluppo cerebrale.
Infine il seme è disposto ad apprendere grazie alla presenza di software preinstallati nel sistema che possono essere
dominio-generali e dominio-specifici: danno l’idea di una parziale programmazione interna (prodotto
32
dell’evoluzione) ma anche la presenza di informazioni ambientali in assenza delle quali non è possibile attivarne il
funzionamento.
Lo studio dello sviluppo cognitivo richiede un’analisi del ruolo esercitato da ambiente ed esperienza (suolo).
Il ruolo cruciale esercitato dall’esperienza e dall’ambiente nel processo di sviluppo, legato alla possibilità di plasmare
lo sviluppo del cervello e del sistema cognitivo, è stato ampiamente dimostrato dall’approccio comportamentista
(che si è concentrato sulle modalità in cui ambiente influenza comportamento e conoscenza) e trova oggi una forte
rivalutazione nell’ambito delle neuroscienze cognitive dello sviluppo da parte degli approcci connessionista e
neurocostruttivista.
I due approcci più moderni fanno una distinzione del termine ambiente. Attualmente si parla di 3 tipi di ambiente:
• Ambiente specie specifico, ambiente e quindi esperienza comune a tutta la specie umana. Predisposizione
suoni linguistici: siamo predisposti come specie umana a sviluppare un linguaggio e ciò si realizza grazie a
predisposizioni che ci fanno prestare attenzioni e suoni linguistici e a un ambiente specie specifico che offre
questa opportunità à SVILUPPO LINGUISTICO
• Ambiente esterno individuale, esperienze diverse tra individuo e individuo (non comune alla specie ma
specifico dell’individuo che nel corso dello sviluppo ha esperienze diverse). Ad esempio può essere esposto
a una specifica lingua che attiva meccanismi dominio-generali di apprendimento che caratterizzano il seme
à consente al bambino L’APPRENDIMENTO LA LINGUA ITALIANA se immerso in ambiente che offre questo
tipo di stimolo o il BILINGUISMO
• Ambiente interno individuale, le nostre conoscenze modulano i nostri comportamenti e i nostri pensieri;
l’esperienza attuale e pregressa diventano un terzo tipo di ambiente à SVILUPPO dei CONCETTI e del
PENSIERO
Durante i primi anni di vita il cervello subisce diverse e importanti modificazioni che ne migliorano
considerevolmente il funzionamento. Il cambiamento è parzialmente strutturato e nelle prime fasi dello sviluppo è
massimamente plastico.
I cambiamenti più importanti che si verificano nella corteccia à avvengono attraverso processi maturazionali e
riguardano
1. La crescita di volume
2. Lo sviluppo di una sostanza lipidica isolante detta mielina, che aumenta la velocità di tramissione degli
impulsi nervoso (rende pià efficiente e rapida la trasmissione di impulsi neurali)
e avvengono attraverso processi esperenziali:
3. Responsabili dell’incremento della densità sinaptica tra neuroni e aree cerebrali
33
Non è solo un processo quantitativo di crescita ma è qualcosa di qualitativo.
In che modo lo sviluppo del cervello e non semplicemente la maturazione cerebrale è influenzata dall’ambiente?
Nascere con un cervello strutturato solo parzialmente significa che ambiente ed esperienza modificano le
connessioni delle diverse aree rendendole sempre più complesse.
L’incremento della densità sinaptica è fortemente influenzato dall’ambiente e dall’esperienza. Il cervello umano
modifica continuamente le connessioni tra diverse aree del cervello e crea nuove connessioni, in risposta agli input
provenienti dall’ambiente esterno
La modificazione della densità sinaptica è caratterizzato da una fase iniziale di sovrapproduzione sinaptica seguita
da una fase regressiva di decadimento sinaptico
• Fase iniziale di SOVRAPPRODUZIONE SINAPTICA:
Nelle prime fasi dello sviluppo il cervello contiene un numero maggiore di sinapsi rispetto al cervello
dell’adulto
• Fase regressiva di DECADIMENTO SINAPTICO o potatura (pruning)
fase regressiva nella quale molto sinapsi vengono eliminate fino a raggiungere il livello di densità che è
tipicamente presente nell’adulto
La sovrapproduzione e il decadimento avvengono in tempi diverse nelle diverse aree della corteccia. Es: corteccia
visiva, uditiva primaria vs corteccia prefrontale
Il processo non avviene in modo uniforme in tutto il cervello ma avviene in periodi di sviluppo diverso. L’ambiente esercita
un effetto sul pruning:
• nei primi mesi nelle aree della corteccia visiva e uditiva primaria (aree che funzoinano bene e sono stimolate
dall’ambiente)
• più tardi si osserva nelle aree prefrontali e frontali
L’esperienza ha un effetto sulla potatura ma ha effetti diversi se si considerano aree cerebrali diverse.
34
1) Nei primi 3 anni di vita il numero di connessioni di alcune specifiche regioni neurali raddoppiano (aree visive e
uditive primarie, ad esempio sviluppa il linguaggio)
2) Verso gli 8 anni il numero di connessione equivale a quelle di un adulto; l’attività di pruning dura anni.
3) Nella pubertà alcune regioni del cervello cominciano a svilupparsi di nuovo per poi tornare nuovamente al
numero di connessioni di un cervello adulto intorno ai 18-20 anni
Andamento a gobba di cammello: le prime fasi dello sviluppo (infanzia e preadolescenza-adolescenza) sono i due
periodi più vulnerabili per uno sviluppo atipico.
Un cervello parzialmente strutturato + ampliamento dello spazio (18-20 anni) concesso all’ambiente e
all’esperienza per plasmare lo sviluppo cerebrale danno luogo a un cervello complesso strutturalmente e
funzionalmente;
â
conseguenze:
• aumento delle capacità integrative del cervello
• aumento delle connessioni funzionali tra diverse aree del cervello.
Un esempio di vincolo
Vincolo nei confronti del volto, bambino è immerso in un ambiente specie-specifico ricco di volti.
Inizialmente la visibilità del volto è immatura quindi il bambino presta attenzione a occhi, bocca, contrasto capelli-
volto à si tratta di una preferenza per gli stimoli che vedo meglio ma anche una preferenza per gli stimoli che
dimostrano una asimmetria alto-basso (più elementi in alto che in basso).
Il livello di maturazione e di funzionalità raggiunto dal sistema visivo alla nascita determina il tipo di informazioni
visive che il bambino è in grado di selezionare e influenza di conseguenza le possibilità di apprendimento di cui il
neonato dispone nell’ambiente visivo.
È stato dimostrato che quando in un compito di preferenza visiva, il volto viene presentato insieme ad un altro volto
disorganizzato, che pur non rispettando la geometria del volto condivide con esso la stessa asimmetria verticale, la
risposta di preferenza manifestata dai neonati e quella manifesta dai bambini di 3 mesi è significativamente diversa.
35
Rispetto a questi tipi di visibilità un neonato al quale
3 mesi dopo, studi longitudinali, quando agli stessi bambini vengono riproposti gli stessi confronti, le cose cambiano.
A 3 MESI, il bambino preferisce il volto canonico
>
Preferisce il volto canonico, ciò che il bambino conosce
>
Preferisce il volto canonico
>
La preferenza inizia a modularizzarsi in un senso, una sintonizzazione percettiva verso determinati tipi di stimolo,
ovvero quelli che con più probabilità rilevo nell’ambiente in cui sono inserita.
Così come il bambino è inizialmente attratto da qualsiasi tipo di suono linguistico, se nel suo contesto specie-
specifico rileva solo determinati fonemi e non altri, lui si sintonizza verso gli stimoli effettivamente presenti
nell’ambiente.
La specializzazione funzionale si osserva quando specifiche aree cerebrali aumentano la selettività con
la quale si attivano per elaborare specifici tipi di informazione.
All’aumentare della specializzazione funzionale del sistema cognitivo corrisponde una progressiva riduzione
dell’estensione del tessuto corticale attivato in risposta a una particolare classi di stimoli, dando luogo a una
crescente localizzazione neurale della risposta al crescere dell’età del bambino.
Secondo il neurocostruttivismo, la specializzazione della corteccia per le funzioni percettive di ordine superiore e
per le funzioni cognitive sarebbe il risultato di un processo di modularizzazione che, a partire da una proto-corteccia
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indifferenziata (prime fasi dello sviluppo) si specializza durante lo sviluppo postnatale come conseguenza delle
interazioni con l’ambiente esterno e gli input. Attraverso tale processo, la relazione tra input e output diventa
sempre più diretta e automatica, e sempre meno influenzata da altri processi cerebrali, dando luogo a una
conoscenza sempre più incapsulata e meno accessibile alle altre porzioni del sistema cognitivo (specializzazione
funzionale).
Parallelamente si osserva un restringimento dell’ampiezza della porzione della corteccia che si attiva in risposta a
una stimolazione, con il risultati che differenti circuiti neurali vengono progressivamente selezionati per eseguire
computazioni dominio specifiche (localizzazione neurale).
Un esempio empirico è lo sviluppo del sistema dominio-specifico deputato all’elaborazione dei volti.
A partire da questi due fattori (i.e., un vincolo attentivo dominio- generale che predispone il neonato a prestare
attenzione ad alcune caratteristiche strutturali del volto + un ambiente specie-specifico ricco di volti), si sviluppa un
(da luogo a un) sistema dominio- specifico deputato all’elaborazione dei volti.
In pochi millisecondi l’adulto riconosce: Genere, Età, Espressione emotiva, Identità dei volti. Funzionalmente è
molto efficace.
Il processo di modularizzazione rende dal punto di vista funzionale la mente iperspecializzata a riconoscere volti.
La specializzazione funzionale riguarda una struttura cognitiva che elabora in modo sempre più selettivo alcuni
tipi di informazioni relativi ad una specifica area di conoscenza.
È stata dimostrata empiricamente dalla capacità di discriminazione dei volti umani. Mentre bambini di 6 mesi
discriminano con la stessa facilità volti umani e volti di scimmia, a 9 mesi tale capacità si osserva solo per i volti
umani. (suoni linguistici universali vs suoni cultura di appartenenza).
Questo effetto, noto come effetto altra specie, è riconducibile proprio al processo di modularizzazione che trova
conferma in analoghi effetti.
La localizzazione neurale è il restringimento dell’ampiezza della porzione di corteccia che si attiva in risposta ad
una determinata stimolazione. Localizzazione area temporale destra che si attiva per volti upright e non per volti
invertiti.
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* Dopo l’età di 6 mesi la sua attività si localizza sull’emisfero dx, il che favorisce il riconoscimento delle
caratteristiche configurali anziché discrete delle facce.
* Alla fine del 1° anno di vita la localizzazione dei volti corrisponde a un’area più ristretta della corteccia
temporale dx
* Infine in età scolare diventa ancora più localizzata e selettiva corrispondendo all’area specifica per le facce che
si ritrova nell’adulto (Face fusiform area FFA), anche se possono ancora essere più estese e localizzate in regioni
in parte diverse.
Scherf e colleghi hanno mostrato brevi filmati di scene naturali contenti volti, edifici, paesaggi in un compito di free
viewing a
- Gruppo di bambini di età tra 5 e 8 anni : benché mostrino attivazione corticale simile in ampiezza a quella
presente in età successive, tale attivazione non è selettiva per i volti dell’area che invece è specializzata
per questa categoria di stimoli negli adulti.
- Adolescenti tra 11 e 14 anni e adulti
Evidenze sovrapponibili provengono anche dagli studi sullo sviluppo del linguaggio: nei bambini al di sotto dei 2
anni l’attivazione in risposta a parole coinvolge una porzione relativamente ampia della corteccia. Solo quando il
vocabolario del bambino raggiunge le 200 parole, indipendentemente dall’età cronologica, si osserva un
restringimento dell’area di attivazione che interessa il lobo temporale sx.
Anche questo dato è in linea con l’ipotesi della modularizzazione. Il fatto che il restringimento dell’attivazione non
avvenga per i bambini alla stessa età suggerisce che non è solo l’esito di un processo maturativo ma, correlando
così tanto con l’esperienza, indica che l’ambiente gioca un ruolo importante nell’emergere della specializzazione
neurale e cognitiva per il linguggio.
Un sistema cognitivo che acquisisce un’architettura modulare tipica del sistema cognitivo adulto nel corso dello
SVILUPPO.
Lo sviluppo è determinante, ma con più probabilità diventa tipico o atipico se il match avviene all’interno di finestre
temporali particolari.
• Periodo sensibile
>> Il concetto di periodo sensibile si riferisce a momenti dello sviluppo durante i quali l’organismo è particolarmente
sensibile a specifiche esperienze, senza di necessità escludere che queste stesse esperienze possano continuare a
esercitare la loro influenza, seppure in misura minore (con esiti ontogenetici diversi), anche in momenti successivi
dell’ontogenesi (dello sviluppo).
Esemplificativi sono i dati provenienti dalle ricerche sugli effetti a lungo termine della deprivazione visiva precoce,
condotti su individui adulti nati con cataratta congenita bilaterale.
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Fattori di rischio per lo sviluppo
Tre domande: l’assenza di esperienza durante specifiche finestra temporali ha un impatto notevole e talvolta
(epigenesi probabilistica) irreversibile sull’organizzazione plastica del cervello:
1. Pensate ad una possibile condizione di rischio per lo sviluppo perché il cervello non è ancora maturo a
ricevere gli stimoli dell’ambiente extra-uterino.
2. Pensate a possibili condizioni di rischio per lo sviluppo perchè il cervello non appropriatamente stimolato
a ricevere stimoli.
à deprivazioni sensoriali visive o acustiche
3. Pensate a possibili condizioni di rischio per lo sviluppo perchè il cervello non appropriatamente stimolato
a ricevere stimoli.
à deprivazioni sociali
8 novembre – 7° lezione
Nascita prematura: il cervello e il bambino vengono catapultati in un ambiente che sottopone il cervello a
informazioni che non è ancora pronto a ricevere à immaturità cerebrale che determina una condizione di rischio.
Si definisce parto pretermine o prematuro un parto il cui travaglio ha luogo tra la 22° settimana e la 37° settimana
completa di gestazione. La durata della maggior parte delle gravidanze è di circa 40 settimane ma circa il 10% dei
parti avviene prima della 37° settimana.
Vengono definiti bambini pretermine o prematuri.
La nascita del pretermine avviene proprio quando il sistema nervoso centrale si sta “organizzando” (momento
dell’ultimo trimestre della gravidanza) ed è quindi in un momento del suo sviluppo particolarmente sensibile e
vulnerabile, ciò influenza il successivo sviluppo.
La nascita prematura interrompe bruscamente il processo gestazionale forzando l’adattamento del neonato ad un
ambiente nei confronti del quale non è pronto:
• Ambiente ipostimolato
o Contatto materno assente
o Limitazioni posturali
o Difficoltà nell’interazione madre-figlio
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Gli psicologi nei reparti di patologia neonatale sono supportivi della madre e supportivi dei follow-up dei bambini,
perché anche quando non hanno deficit neurologici vistosi e anche quando hanno una normale intelligenza,
mostrano nel corso dello sviluppo difficoltà cognitive e comportamentali.
La nascita pretermine è determinata da una serie di cause a carico della madre (patologie a carico della madre che
non riesce a portare a termine la gravidanza) o a carico del bambino stesso.
Una delle cause che interessa molto lo psicologo è lo stress materno l’aumento del livello dell’ormone dello stress,
il cortisolo, influisce negativamente sullo sviluppo embrionale e fetale:
• aumenta la probabilità di aborti spontanei nel primissimo periodo di gestazione senza altre motivazioni
evidenti
• aumenta la probabilità di avere un parto pretermine nell’ultimo trimestre della gravidanza
à un seme vulnerabile inserito in un suolo vulnerabile.
Altri fattori di rischio mettono in evidenza la vulnerabilità tra seme e ambiente specie-specifico: sono quei casi in
cui il cervello pur maturo (bambini a termine) non è appropriatamente predisposto a ricevere stimoli. Non riceve
quegli stimoli nei confronti dei quali il bambino tipico è predispostoà casi di deprivazione sensoriale, acustiche e
visive.
La cataratta, quasi fisiologica dai 70 anni in su, può avvenire in tutte le fasi della vita, inclusa la nascita. La cataratta
congenita bilaterale nelle prime fasi dello sviluppo ha un effetto a cascata sullo sviluppo cognitivo e cerebrale, che
non è lo stesso che si ha ad un'altra età.
I bambini con cataratta congenita bilaterale (PIV) non sono ciechi, sono in grado di rilevare luci, ombre, ma non son
in grado di percepire e discriminare le forme.
In assenza di vistose malformazioni all’occhio, la diagnosi raramente viene fatta prima dei 6 mesi.
Maurer si è chiesta quali siano gli effetti della deprivazione visiva precoce, in particolare rispetto allo stimolo più
frequente nell’ambiente specie-specifico del bambino, il volto umano.
>> L’assenza di esperienze visive precoci, in particolari con gli stimoli a cui il bambino è più frequentemente esposto
e nei confronti dei quali esso è predisposto dalla presenza di vincoli attentivi (volti umani) influenza lo sviluppo della
capacità di riconoscere i volti.
Effetti della deprivazione visiva precoce sullo sviluppo della sensibilità al contrasto (Lewis & Maurer,
2005)
Gli stimoli visivi possono essere scomposti nelle loro componenti spaziali come gli stimoli acustici: le frequenze
spaziali danno luogo alla curva di sensibilità al contrasto, che è una curva che cambia al variare dell’età.
Si osserva che bambini nati con cataratta congenita bilaterale e operati intorno ai 6 mesi sviluppano una sensibilità
al contrasto normale x le ALTE frequenze spaziali: hanno uno sviluppo ritardato ma nella norma rispetto al gruppo
di controllo.
Gli stessi bambini manifestano un deficit permanente nella sensibilità al contrasto per le frequenze spaziali MEDIE
e BASSE.
Quando si spostano le informazioni relative alla curva di sensibilità al contrasto ai volti, manipolando le frequenze
spaziali che ci permettono di discriminare i volti, possiamo creare delle manipolazioni sperimentali per osservare se
i bambini discriminano nel corso dello sviluppo i volti sulla base delle alte frequenze spaziali o delle basse frequenze
spaziali.
Le informazioni feature by feature del volto (informazioni locali del volto come occhi e bocca) sono informazioni
che rientrano nelle alte frequenze spaziali. Se si devono discriminare due volti sulla base della forma della bocca o
della forma dell’occhio, si sta effettuando una discriminazione sulla base delle alte frequenze spaziali:
40
FEATURAL INFORMATION (alte frequenze spaziali)
(colore e forma delle caratteristiche interne)
Le discriminazioni configurali non fanno riferimento all’elemento locale del volto (forma occhio, bocca) ma alle
relazioni spaziali tra gli elementi del volto (distanza naso, occhi, bocca).
Soggetti adulti nati con cataratta bilaterale densa e operati nel corso dei primi 6 mesi di vita ma privati nel periodo
sensibile delle basse frequenze spaziali vengono testati in un compito di discriminazione a scelta forzata, (venivano
presentati due volti e il soggetto deve dire se sono uguali o diversi.
La manipolazione sperimentale degli stimoli è tale che i volti sono diversi per caratteristiche feature (alte frequenze
spaziali) o diversi per caratteristiche configurali (basse frequenze spaziali).
Le prestazioni:
• nessun problema per Gli effetti della deprivazione
la discriminazione visiva
delle caratteristiche precoce
feature (alte frequenze spaziali): l’esperienza
(cataratta
è sovrapponibile ai soggetti di controllo congenita)
• le performance nei compiti
Soggetti di discriminazione
adulti delledensa
nati con cataratta caratteristiche configurali
e bilaterale sono sotto la norma
vs controlli.
Compito di discriminazione a scelta forzata
Le Grand et al., 2001, Nature
Differenza tra prestazione di
ogni paziente e del
corrispondente soggetto di
controllo
La riga
tratteggiata indica
la prestazione
media del gruppo
di controllo
Discriminaz. Locale (alte freq.)
Linea tratteggiata, prestazione media del gruppo di controllo; la maggiore parte ma non tutti sono sotto al gruppo
di controllo. Un soggetto è nella norma e un soggetto sopra la norma (meglio dei controlli) à epigenesi
probabilistica. La cataratta congenita aumenta la probabilità ma non è causa determinante.
Probabile domanda d’esame
Quando vengono correlate le prestazioni con la durata della deprivazione, si osserva che non c’è nessuna
correlazione tra performance al compito di discriminare basse-medie freq spaziali e il momento in cui è avvenuta
41
l’operazione della cataratta. Il periodo sensibile sono i primi 6 mesi (dato utile per i medici: non è necessario operare
a 1 mese ma va fatto entro i primi 6 mesi di vita, dopo è peggio).
L’esperimento in cui manipolo caratteristiche feature e configural, traslo l’esperimento pilota in situazioni reali sono
i volti sono diversi per la direzione dello sguardo, per la lettura delle labbra ecc osservo prestazioni diverse.
Cosa si può concludere? La deprivazione a informazioni visive relate ai volti nei primi 6 mesi di vita rende vulnerabile
a tutte le età la possibilità di discriminare informazioni facciali, questa vulnerabilità ha effetti psicologici importanti.
>> i dati dimostrano che gli effetti della deprivazione precoce sono più durevoli e meno facilmente compensabili
all’interno del dominio del riconoscimento dei volti e che l’avere accesso in una fase molto precoce dello sviluppo
a un input visivo specifico fornito dall’ambiente tipico della specie, quale i volti umani, è condizione necessaria per
lo sviluppo di una normale capacità di discriminazione percettiva all’interno di un dominio specifico (elaborazione
volti).
In quale condizioni l’ambiente specie-specifico può non stimolare appropriatamente il cervello nel periodo
sensibile?
à Deprivazioni sociali
La capacità di prestare attenzione ai suoni linguistici ha un effetto importante. È noto che più la mamma parla al
bambino, più l’ambiente familiare e sociale stimolano il bambino, più il linguaggio del bambino diventa ricco di
parole e le parole sono concetti. Entrare nella scuola elementare con un linguaggio ricco facilita il bambino a scuola.
Un esempio importante di deprivazioni sociali lo abbiamo con il progetto molto conosciuto, progetto Bucharest. Ha
indagato gli effetti della deprivazione sociale negli orfanotrofi rumeni. A seguito delle politiche sociali poste da
Ceausescu, gli orfanotrofi offrono un’occasione drammatica ma unica per studiare gli effetti della deprivazione
sociale.
Il progetto BEIP correlato dal professore Nelson (Harvard) rappresenta il processo più sistematico, tuttora in corso,
ad indagare gli effetti della deprivazione sociale precoce e dell’affido a lungo termine in diversi domini dello sviluppo
cognitivo e socio-affettivo, sia a livello comportamentale, sia a livello neuronale, documentando soprattutto se ci
sono per entrambe le esperienze (deprivazione e recupero) dei periodi sensibili specifici entro i quali l’intervento è
più efficace.
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A partire dagli anni ’50 del secondo scorso, Harry Harlow condusse una serie di studi longitudinali sul modello
animale (rhesus macaque) con l’obiettivo principale di esplorare gli effetti immediati e a lungo termine della
separazione dalla madre, e quindi del ruolo dell’attaccamento nello sviluppo socio-affettivo e cognitivo dell’infante.
Mamme che erogavano latte e mamme che erogavano calore: la scimmia si abbracciava alla mamma che erogava
calore in momenti di stress.
I bambini degli orfanotrofi di Bucarest mangiavano 3 volte al giorno ma erano soli; sviluppano comportamenti
atipici.
Questa atipicità nel comportamento e nella cognizione viene mantenuta sia nella scimmia sia negli umani per un
prolungato periodo di tempo, anche dopo l’inserimento.
>> Diverso invece è l’effetto dell’ambiente individuale che è invece responsabile dei processi di apprendimento che
portano a esiti diversi in ogni individuo. I processi experience-dependent hanno la funzione di ottimizzare
l’adattamento del singolo a quelle caratteristiche dell’ambiente che contraddistinguono la sua specifica realtà
individuale e che costituiscono uno degli elementi su cui si fondano le differenze individuali. Essi coincidono con
l’apprendimento e a livello cerebrale sono associati alla generazione di nuove connessioni sinaptiche.
Esempio della ricerca di Quinn su bambini di 3 e 4 mesi: preferenza per i volti femminili o maschili in funzione del
genere del caregiver primario del bambino. Possibile risultato di un processo di apprendimento percettivo che ha
portato i bambini ad avere un alto livello di expertise nella rappresentazione categoriale di volti femminili o maschili.
Quindi l’ambiente specie-specifico sviluppa determinate abilità in modo universale (linguaggio, capacità di
elaborare volti…), gli effetti dell’ambiente individuale hanno invece un ruolo massiccio sui meccanismi di
apprendimento e portano ad esiti diversi ogni individuo.
>> Un esempio dei diversi effetti dei due tipi di ambiente è nello sviluppo linguistico: i semi di tutte le lingue sono
precocemente esposti a suoni linguistici e si comportano come linguisti universali, ovvero sono in grado di
discriminare, almeno fino ai 6 mesi, i contrasti fonetici di tutte le lingue. Tra i 10 e i 12 mesi perdono questa capacità
se non per la lingua della cultura di appartenenza, dimostrando di sintonizzarsi progressivamente sulle informazioni
alle quali sono più frequentemente esposti.
In che modo l’ambiente individuale determina il cambiamento? attraverso due modi (hanno effetti sul
comportamento dei bambini anche molto piccoli)
• presenza di stimoli
• presenza di rinforzi
43
CAMBIAMENTO COMPORTAMENTALE
ô
CAMBIAMENTO MENTALE (conoscenze)
Esperimenti di Rovee-Collier: legava con un nastrino la gamba di un bambino alla giostrina, a un certo punto scopre
che muovendo la gamba fa girare la giostra.
A partire dai 2 mesi il bambino apprende la relazione tra un suo specifico comportamento (muovere la gamba in un
certo modo) e il rinforzo visivo (movimento del mobile).
Il bambino apprende un nuovo comportamento che ha un effetto sull’ambiente. Questo effetto si generalizza anche
dopo tanti mesi quando quella stessa situazione sperimentale viene riproposta con una giostrina diversa. Quel
comportamento diventa patrimonio del suo repertorio comportamentale.
Altro esempio di Siqueland e De Lucia, 1969: manipolazione sperimentale in cui il bambino deve modificare il ritmo
di suzione per mettere a fuoco l’immagine. Se vuole vedere l’immagine a fuoco il bambino deve ciucciare più piano,
il rinforzo di tipo sociale di vedere l’immagine a fuoco fa si che il bambino modifichi il suo comportamento.
Bambini di 1-3 mesi apprendono a modificare la pressione con la quale succhiano al fine di ottenere un rinforzo
visivo (la messa a fuoco di una immagine).
Una situazione che ricorda questa è quando piange, scopre che il pianto scatenato dalla fame ha un effetto
sull’ambiente e tanto più è responsiva la mamma tanto più scoprirà che quello strumento è adattivo per far arrivare
la mamma.
Situazione di rischio in cui la mamma non sorride di ricambio al bambino: i bambini delle madri depresse
comunicano pochissime emozioni; l’ambiente ha privato di rinforzi non inducendo il bambino a mantenere
determinati comportamenti. Determina nel bambino un vissuto emozionale negativo.
9 novembre – 8° lezione
(Video)
L’ambiente ha un impatto importante sul vissuto emozionale del bambino.
Esperienze diverse, in semi diversi, possono dare luogo a traiettorie di sviluppo diverso. La sovraeccitazione che si
osserva durante un’interazione vis-a-vis in un bambino tipico determina gioia, interesse e lo porta a reiterare questo
comportamento, non solo con il caregiver ma anche con altre persone; lo stesso comportamento, su un bambino
ad alto rischio di autismo, provoca una sovraeccitazione che crea disagio e ha una conseguenza nel suo
comportamento: eviterà questa interazione sia con il caregiver che con altri.
Gli effetti dei rinforzi e dei vissuti emozionali che questi rinforzi determinano sono variabili di cui tenere conto.
L’esperienza emotiva e conoscitiva che ottengo dal comportamento farà parte del patrimonio comportamentale ed
emozionale.
Chiede all’esame
>> Nel corso del 1° anno di vita gli effetti dell’ambiente individuale indeboliscono quelli dell’ambiente specie-
specifico dando origine a un fenomeno noto in letteratura come sintonizzazione percettiva (perceptual
narrowing).
La progressiva sintonizzazione si realizza attraverso un decremento nella capacità di discriminare gli stimoli dei quali
si ha una ridotta esperienza.
44
Ne consegue quindi che l’esperienza con determinate informazioni ambientali diventa necessaria per mantenere e
rafforzare determinate abilità cognitive.
Perceptual narrowing è un altro modo di vedere il processo di modularizzazione; mentre questo ha un effetto che
dipende dall’ambiente specie-specifico, la sintonizzazione percettiva è il risultato degli effetti dell’ambiente
individuale. Se tutti ci specializziamo nell’elaborare velocemente i volti, la nostra esperienza individuale rende noi
abili nell’elaborare volti caucasici (perché questi sono i volti che con più frequenza osserviamo nell’ambiente
individuale) e la nostra capacità di discriminare volti asiatici è meno efficiente. La meno efficienza è dovuta al
costrutto della sintonizzazione percettiva che determina che l’esperienza con determinate informazioni ambientali
diventano necessarie per mantenere o rafforzare determinate abilità.
Rappresentazione del processo di specializzazione delle capacità di riconoscimento dei volti umani, da livello più
ampio e meno specializzato (sinistra), in cui i volti sono differenziati dagli oggetti, a un livello più raffinato (destra),
in cui processi specializzati consentono un efficiente e veloce riconoscimento dei volti umani.
Così come il processo di modularizzazione (che si realizza attraverso una specializzazione funzionale e una
localizzazione neurale) porta a un imbuto, ad un automatismo del comportamento. Questo imbuto viene modulato
dall’esperienza del singolo.
Sono abile a elaborare i volti ma abilissimo a elaborare quelli che vedo con più frequenza. Questa abilità, che nelle
prime fasi sono dominio-generali, hanno diverse componenti, e in funzione del fatto che i volti umani sono più
presenti nell’ambiente individuale danno luogo a una sintonizzazione percettiva.
Il bambino è più abile a discriminare volti di donne perché le persone che si prendono cura dei bambini sono donne.
L’effetto è inverso nei bambini israeliani dove i bambini vengono allevati da figure maschili.
C’è un age effect: in un nido i neonati sembrano tutti uguali, le mamme sono preoccupate in ospedale di non
riconoscere il proprio bambino, eppure le infermiere nelle nursery sono brave a riconoscere i vari neonati.
È interessante osservare che l’effetto dell’ambiente è anche un effetto culturale. I giapponesi hanno una modalità
di espressione delle emozioni facciali molto ridotta rispetto agli italiani;
à differenza tra emoticon che utilizzano giapponesi e americani; l’emoticon testimonia che l’espressione emotiva
dell’emozione della gioia è diversa nelle due culture.
Durante l’infanzia, l’esperienza percettiva è in grado di modulare anche le strategie di esplorazione visiva delle
espressioni emotive facciali.
A 7 mesi di vita, i bambini giapponesi e inglesi sono in grado di differenziare un’espressione di paura da
un’espressione di felicità.
45
Tuttavia, questa capacità discriminativa fa leva su strategie di esplorazione visiva distinte nei due gruppi culturali,
cosicché i bambini giapponesi concentrano le loro fissazioni visive in maggior misura in direzione degli occhi, mentre
i bambini inglesi guardano sia gli occhi che la bocca.
Il compito era un compito di discriminazione, abituazione, fase test, stimolo familiare, stimolo nuovo, la
manipolazione sono espressioni emotive di gioia e paura ma questa capacità viene monitorata attraverso eye-
tracker. Il compito viene assolto da entrambe le culture ma le modalità per discriminare i volti sono diverse. L’output
è diverso, ho due mappe diverse.
Di conseguenza, già a questa età i bambini utilizzano le strategie tipiche della nicchia culturale in cui sono cresciuti
(Geangu, Ichikawa, Lao, Kanazawa, Yamaguchi, Caldara, Turati, 2016).
Questo succede in parte anche nei bambini autistici. I bambini discriminano prevalentemente sulla base della bocca,
che è l’elemento su cui si concentra maggiormente l’attenzione del bambino ad alto rischio autistico per familiarità
genetica.
Le informazioni relative agli stimoli sono diverse per cultura o diverse per natura (autismo).
Gli effetti diversi così precoci hanno un effetto a cascata su abilità cognitive ed emotive di più alto livello nel corso
dello sviluppo. Il gate da cui partono le traiettorie sono precocemente diverse per differenze minime, lievi, diffuse,
ma che nel corso del tempo danno luogo a fenotipi diversi.
L’apprendimento associativo tipico dei modelli connessionisti/comportamentisti non è l’unica modalità disponibile
al sistema cognitivo per apprendere: esistono infatti molti altri tipi di apprendimento non associativo.
L’apprendimento non avviene sempre e unicamente come conseguenza di meccanismi associativi ma avviene
anche attraverso l’osservazione di bambini e adulti.
Un aspetto importante di natura non associativa nel corso dello sviluppo è infatti l’imitazione: i bambini replicano il
comportamento degli adulti, lo imitano.
Sono i rinforzi vicari, i rinforzi che vedono avere un effetto sugli altri anche se non sono rinforzi che direttamente
modulano il comportamento del bambino.
Es. la maestra loda il bambino, il bambino rinforzato dalla lode della maestra reitererà il suo comportamento ma
l’effetto di questo rinforzo vicario è su tutta la classe.
Ancora più efficaci sono i rinforzi negativi (sgridare).
L’apprendimento per imitazione avviene attraverso l’osservazione, per osservare il bambino ha bisogno di
competenze cognitive di base
• deve prestare attenzione al modello
• trattenere in memoria il comportamento del modello
• recuperare dalla memoria il comportamento anche in assenza del modello (Piaget parlava di imitazione
differita)
L’imitazione è un comportamento estremamente complesso alla cui base ci sono abilità cognitive di base di natura
attentiva e mnestica.
Una delle disfunzionalità importanti dello spettro autistico è che questi bambini non imitano come imitano i bambini
a sviluppo tipico. Non imita comportamenti complessi come quelli che il bambino deve fare, che sono modelli
comportamentali degli altri.
L’idea che l’imitazione sia una componente fondamentale dello sviluppo cognitivo e non solo del bambino è
dimostrato anche da dati neurologici che testimoniano come il nostro cervello nel corso dell’evoluzione si sia
evoluto di dare uguale rilevanza a quello che si fa e quello che si osserva.
Lo studio della relazione comportamento-cognizione trova oggi un valido supporto empirico nella scoperta dei
neuroni a specchio, un particolare tipo di neuroni, scoperti originariamente nella corteccia motoria di scimmie, che
si attivano sia quando la scimmia compie un atto motorio sia quando OSSERVA un atto motorio.
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Scimmia di Rizzolati, attiva le aree motorie quando si procura la nocciolina ma anche quando vede qualcun altro
afferrare la nocciolina.
La ricerca sui neuroni specchio dimostra come lo stato finale del network neurone a specchio è il risultato di un
processo evolutivo (i bambini non nascono con neuroni a specchio ma si sviluppa nel corso del tempo grazie
all’esperienza con l’ambiente).
Questo è vero in termini neurali ma anche in termini di sintonizzazione emotiva.
Gli effetti dell’ambiente sul cervello si possono indagare non solo attraverso tecniche di neuroimmagine ma anche
attraverso il metodo della simulazione.
I modelli connessionisti cercano di mettere in relazione l’architettura fisica del cervello con l’architettura funzionale
dell’attività cognitiva.
L’attività del cervello è prodotta da un numero elevato di neuroni che funzionano simultaneamente, e che inviano
segnali di facilitazione o di inibizione ad altri neuroni attraverso migliaia di collegamenti sinaptici.
Le RETI NEURALI riproducono per approssimazione, semplificandola, la struttura e le proprietà del sistema nervoso.
È un metodo che si fa attraverso il pc che simula la complessità cerebrale semplificandola per approssimazione
attraverso reti neurali che mantengono l’architettura tipica del cervello (neuroni, aree di neuroni, connessioni).
Simula anche l’architettura funzionale del sistema nervoso attraverso network che lanciano segnali, scavalcano
soglie e si propagano in modo parallelo attraverso la rete.
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4. simulazione del cambiamento
La rete apprende (come apprendono i bambini) ad estrarre delle regolarità presenti nell’ambiente per cui le
informazioni ambientali che co-occorrono con maggior frequenza hanno una più alta probabilità di essere rafforzate.
Al contrario le connessioni tra unità che raramente si attivano assieme risultano indebolite.
Rafforzano le connessioni all’interno della struttura o la rete modifica la propria struttura in rapporto ai rinforzi che
riceve dall’ambiente.
Le reti modificano i loro pesi come conseguenza dei propri errori e dei rinforzi ambientali
L’algoritmo più frequentemente utilizzato nelle simulazioni connessioniste è quello della RETRO-PROPAGAZIONE
(back-propagation).
BACK-PROPAGATION: lo sperimentatore da l’output che si aspetta dalla rete e la rete modifica il proprio output per
renderlo sempre più simile al feedback ricevuto dallo sperimentatore.
Reintroducendo sotto forma di input un feedback relativo all’output prodotto dalla rete, i pesi delle connessioni
vengono “aggiustati”, in modo tale che specifiche combinazioni di input risulteranno associate a un output e
saranno discriminate da altre combinazioni di input à APPRENDIMENTO GUIDATO DALL’ERRORE.
>> L’emergere di conoscenze e comportamenti nuovi durante lo sviluppo ontogenetico non è riconducibile
unicamente agli effetti dell’interazione tra vincoli e ambiente ma può esser mediata anche dal sistema cognitivo
stesso. Le informazioni di cui dispone il sistema cognitivo possono provenire oltre che dall’ambiente esterno anche
da un ambiente interno all’individuo, ovvero dal sistema cognitivo stesso >>
Esso è la terza variabile che si deve tenere in considerazione quando si vuole comprendere come avviene il
cambiamento e perché in alcune condizioni questo cambiamento segue traiettorie tipiche e in altre condizioni no.
Nel considerare la terza variabile si passa dai modelli S-R ai modelli S-O-R (stimolo, organismo, risposta): il nostro
comportamento, il nostro cervello, le nostre conoscenze non sono modulate solo da quello che c’è fuori da noi ma
anche da quello che è presente nel nostro sistema cognitivo.
In che modo le nostre pregresse conoscenze incidono sul nostro comportamento e pensiero.
Associazionismo Stimolo-Risposta
(approccio comportamentista + connessionista)
Associazionismo Risposta-Rinforzo
(approccio comportamentista + connessionista) AMBIENTE INDIVIDUALE
Apprendimenti non associativi ESTERNO
(approccio cognitivista)
Imitazione
(approccio socio-cognitivo)
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• Memoria e Formati rappresentazionali
(approccio cognitivista) Ambiente individuale interno
• Processo di esplicitazione
(neurocostruttivismo)
in che modo il nostro sistema cognitivo si modifica diventando un sistema in grado non soltanto di selezionare
codificare informazioni ma anche di manipolarle rendendole esplicite?
>> Secondo Karmiloff-Smith ciò che caratterizza il sistema cognitivo umano e lo rende unico rispetto a quelli di
altre specie animali, non riguarda tanto la capacità di selezionare, elaborare e codificare le informazioni ambientali
quanto piuttosto la capacità di rielaborare e manipolare il risultato delle trasformazioni di ciò che è stato selezionato
e codificato, ovvero le rappresentazioni, al fine di renderle sempre più esplicite, flessibili e e accessibili alla
coscienza.
Le rappresentazioni interne sono oggetto di manipolazione cognitiva e ciò consente alla mente umana di
elaborare ben oltre il proprio ambiente (esterno), dimostrandosi così capace di creatività.
Karmiloff-Smith ipotizza 2 processi che indirizzano lo sviluppo cognitivo lungo 2 direzioni opposte e complementari:
Il nocciolo dello sviluppo consiste nel passaggio dall’informazione implicita, presente in un’efficiente capacità
procedurale, alla conoscenza resa progressivamente più esplicita e manipolabile (dal saper fare al sapere come
fare)
Sono due meccanismi che vanno in direzioni un po’ opposte, uno ci iperspecializza e l’altro ci rende ipercreativi e
flessibili.
Come si sviluppa il processo di esplicitazione? L’unità di misura, il processo base, è avere delle rappresentazioni
(avere dei ricordi, un pregresso che riaffiora alla mente e diventa attualità).
>> La capacità di rappresentare mentalmente degli eventi del mondo è una conquista fondamentale dello sviluppo
cognitivo.
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Rappresentare (re-ad presentare) significa rendere di nuovo presente e riferito al sistema cognitivo indica il il
risultato delle trasformazioni che il sistema cognitivo opera sull’informazione ambientale che è stata selezionata e
codificata.
>> I risultati di ricerche recenti suggeriscono che alla nascita il bambino possiede i processi di base necessari per
apprendere e generare rappresentazioni del mondo esterno (software preinstallati dominio-generali) à tecnica
dell’abituazione con stimoli visivi e uditivi: quando abituo il bambino e presento in fase di test lo stimolo familiare
lo riconosce.
Questa abilità ( formarsi rappresentazioni ) è presente anche prima della nascita: a 12 ore dalla nascita i bambini
preferiscono ascoltare un nastro della voce della madre piuttosto che quella di un estraneo, dimostrando di saper
riconoscere una esperienza pregressa rispetto ad una nuova (melodia – ambiente intrauterino, De Casper e Fifer).
Più di recente è stato suggerito che alla nascita il bambino possiede non solo i processi di base necessari per
apprendere e generare rappresentazioni del mondo esterno MA anche principi guida e rappresentazioni dominio
specifiche ereditate per via genetica nel corso dell’evoluzione della specie. >>
Secondo Spelke, il sistema di conoscenze che l’adulto possiede sulla realtà fisica e sociale che lo circonda emerge a
partire da alcuni principi dominio specifici di cui il bambino dispone già nei primi gionri di vista. Questi iniziali nuclei
di conoscenza, chiamati core knowledge sono innati, universali e sono il risultato di un lento cambiamento
filogenetico.
Il bambino per dimostrare di avere il principio guida della stabilità deve rappresentarsi nella mente il blocco.
>> in un articolo del 2003 Spelke si chiede che cosa rende il nostro sistema cognitivo così intellettivamente brillante.
La risposta prevede 2 modi attraverso i quali l’esperienza e l’apprendimento possono modificare gli iniziali nuclei di
conoscenza:
- un primo ruolo dell’esperienza è arricchire e ampliare i nuclei di conoscenza iniziali
- il secondo modo è combinare nuclei di conoscenza di diversi domini attraverso il linguaggio
ad esempio l’apprendimento della capacità di contare = acquisizione della conoscenza dell’esatta corrispondenza
parola-numero, permette l’integrazione, intorno ai 2-3 anni, di due rappresentazioni derivanti da core knowledge
distinti, quello dell’oggetto e quello della numerosità.
Questi due sistemi consentono al bambino in età preverbale di rappresentare sia singoli oggetti sia insiemi, ma
queste due rappresentazioni rimangono separate e distinte impedendo al bambino di rappresentare insiemi di
oggetti. La capacità di rappresentare insiemi di oggetti è fondamentale per il conteggio (si deve integrare la
rappresentazione dell’oggetto con quella dell’insieme. Quando un bambino di 2-3 anni sviluppa la capacità di
abbinare correttamente un termine linguistico alla quantità corrispondente, lo fa assemblando in un nuovo formato
rappresentazioni già presenti nei nuclei di conoscenza infantili.
Esperienza e apprendimento interagiscono arricchendoli e integrandoli.
Se quindi già alla nascita il bambino è capace di rappresentare la realtà la domanda da porsi non è a che eta’ il
bambino si dimostra capace di rappresentare la realta’ ma è: qual è la natura delle prime rappresentazioni? esistono
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diversi formati rappresentazionali? quali formati rappresentazionali sono disponibili nelle diverse fasi dello
sviluppo?
I bambini piccoli non ricordano (memoria di rievocazione) di aver visto o sentito qualcosa finchè non lo vedono o lo
sentono di nuovo (memoria di riconoscimento). Nella memoria di riconoscimento l’informazione riconosciuta funge
da indizio (cue) per il ricordo facilitandolo.
La natura implicita e procedurale dei primi formati rappresentazionali è riconducibile alla descrizione che Piaget ha
fatto dello sviluppo della permanenza dell’oggetto.
15 novembre -9° lezione
Assunto centrale:
la mente umana tende a trasformare continuamente le proprie rappresentazioni al fine di renderle sempre più
flessibili, manipolabili ed esplicite (accessibili alla coscienza).
Il modo tipicamente umano di sviluppare la conoscenza consiste nel trasformare l’informazione già immagazzinata
(per via innata o acquisita) RIDESCRIVENDO LE RAPPRESENTAZIONI, ossia rappresentando in un NUOVO FORMATO
ciò che le rappresentazioni esistenti già codificano.
Quello che il bambino non ha è una memoria di rievocazione. Il bambino riconosce le cose ma non le rievoca.
Quindi le memorie implicite sono memorie di riconoscimento e sono quelle che caratterizzano le prime fasi dello
sviluppo. Sono anche memorie procedurali. Le informazioni sono cioè conservate a livello comportamentale. Il
bambino sa fare delle cose ma non ha la consapevolezza di saperle fare.
Gli adulti sanno che quando un oggetto non è visibile, perché ad esempio è nascosto, l’oggetto nascosto continua
ad esistere e a mantenere le sue proprietà fisiche. Secondo Piaget, tale consapevolezza chiamata “permanenza
dell’oggetto” viene costruita dal bambino nel corso dei primi 2 anni di vita.
Per stabilire quando i bambini cominciano a capire che gli oggetti continuano ad esistere anche quando non sono
percepiti, Piaget nascondeva un oggetto con il quale il bambino sta giocando e poi osservava se e quali
comportamenti il bambino metteva in atto per recuperare l’oggetto nascosto. Egli ha poi interpretato l’assenza di
ricerca del giocattolo da parte del bambino come dimostrazione della mancanza di capacità rappresentativa.
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Fino a 8 mesi di vita il bambino metteva in atto comportamenti di ricerca solo se l’oggetto era parzialmente visibile.
Altrimenti il bambino non metteva in atto nessuna strategia di ricerca dell’oggetto: il bambino non ha idea che sotto
quel panno ci sia quell’oggetto.
Intorno ai 12 mesi il bambino ricercava l’oggetto anche in assenza di indici percettivi che segnalassero la sua
presenza.
Tuttavia anche se ciò potrebbe far pensare ad una rappresentazione consapevole dell’oggetto, per Piaget ciò che
fa il bambino non è una rappresentazione simbolica. A Piaget non è sufficiente dire che il bambino risolve il compito
della permanenza dell’oggetto per dire che egli ha una rappresentazione simbolica di questo.
IV sottostadio (8-12 mesi): il bambino ricerca l’oggetto anche quando è completamente nascosto, in assenza di
indici percettivi che segnalino la sua presenza MA non sa cercare l’oggetto se questo viene nascosto in un nuovo
nascondiglio. Verrà dimostrato con ERRORE A NON B: il bambino continua a cercare l’oggetto nel luogo dove lo
aveva ritrovato in precedenza, anche quando l’oggetto è stato nascosto nel nuovo nascondiglio davanti ai suoi occhi.
Questa abitudine procedurale rivela che l’oggetto non esiste in sé ( bambino non ha la rappresentazione
dell’oggetto come un’entità che ha un’esistenza a prescindere dal bambino ) ma fa parte dell’esperienza stessa del
ritrovamento, per Piaget dimostra che il bambino percepisce l’oggetto come estensione della propria azione. Il
bambino ha appreso una procedura efficiente per far riapparire gli oggetti scomparsi à ha la rappresentazione di
una procedura per recuperare gli oggetti.
Anziché avere conservato una rappresentazione mentale dell’oggetto, i bambini si formano una rappresentazione
procedurale di ciò che devono fare quando un oggetto scompare. Una rappresentazione implicita e procedurale.
Solo quando intorno ai 24 mesi l’oggetto diventa una entità indipendente sia dalle informazioni percettive che dalle
azioni che il bambino compie su di esso, il bambino dispone di una rappresentazione simbolica (nella terminologia
del modello Piagetiano), o esplicita, come i modelli più recenti tendono a definirla.
Diversamente dalle rappresentazioni implicite e procedurali, le rappresentazioni esplicite consentono al bambino
di disporre di un sistema di conoscenze molto flessibile, che gli permette di formulare aspettative e generare
inferenze, di costruire ipotesi e concetti per manipolare e trasformare la realtà esterna.
Es. E’ il bambino che sta al nido tranquillo perché si è creato un’aspettativa simbolica che dopo un po’ qualcuno
verrà a prenderlo. Queste conoscenze sono organizzate in script (es. la mamma verrà dopo che ho mangiato, non
prima). Ciò è possibile a 24 mesi.
E’ un bambino che sa fare il gioco simbolico. Il bambino che ha una rappresentazione implicita, posto di fronte a
due assi di legno metterà in atto un comportamento ludico molto primivo (es batterà un legno sull’altro, lancerà gli
oggetti..); mentre il bambino che ha una capacità cognitiva rappresentazionale di un formato diverso potrà mettere
i due pezzi di legno e giocare come se fossero aerei, il bambino interpreta la realtà sulla base di un pensiero interno,
non sulla base delle caratteristiche percettive dei due legnetti. Es scopa che diventa un cavallino.
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Una mente che trasforma continuamente le proprie rappresentazioni al fine di renderle sempre più flessibili e
manipolabili, accessibili alla coscienza. Ridescrivendo ciò che il bambino ha immagazzinato in forma innata o per via
acquisita, ridescrivendo le rappresentazioni in formati.
L’iter evolutivo è quindi da formati impliciti a formati espliciti, da formati procedurali a formati semantici.
Quando il bambino dispone di rappresentazioni esplicite e semantiche fa un gran salto, perché inizia a disporre di
concetti.
Alcune definizioni:
• Un concetto è la rappresentazione mentale dell’insieme di entità diverse, raggruppate in base ad una
somiglianza o ad una proprietà comune
• Riducono la complessità del mondo a dimensioni cognitivamente maneggevoli, consentendone così la
comprensione
• Hanno una funzione adattiva perché consentendo di attribuire una identità categoriale agli oggetti che
incontriamo, consentono di «scegliere» il comportamento più adeguato nei confronti di tali oggetti
Un processo simile che mette insieme categorie diverse è la categorizzazione: utilizza formati rappresentazionali
diversi ma massimizza somiglianze e minimizza differenze.
Due identità diverse, due oggetti diversià ma stessa azione (bere) = categorizzazione
Cosa ci permette di condividere significati semantici? Cosa facilita lo sviluppo dei concetti? Un processo cognitivo
di COSTRUZIONE DI SIMBOLIà lo sviluppo del LINGUAGGIO.
A 2 anni bambino inizia ad avere rappresentazioni esplicite ed usa funzioni cognitive tra le più simboliche: funzione
cognitiva di costruzione di simboli che facilita la nascita dei concetti.
La tendenza dei bambini nel fare errori di sovra e sotto-estensione dei significati delle parole suggerisce che stanno
formulando ipotesi su ciò che le parole significano. I feedback del contesto sociale consentono al bambino di
modificare gradualmente le sue ipotesi e di renderle uguali a quelle dell’adulto.
La mamma dice: guarda che bel cagnolino (prima definito cane). Ed il bambino inizia a fare una serie di ipotesi. Si
chiede cosa sia il cagnolino (tazza, piattino della tazza.. ecc).
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Definizione di linguaggio
Imparare a parlare è un processo di costruzione di simboli condivisi. Processo cognitivo simbolico e condiviso. Vuol
dire che se noi ci mettiamo d’accordo e sviluppiamo solo noi un linguaggio segreto.
Il LINGUAGGIO UMANO è un codice REFERENZIALE, ARBITRARIO e GENERATIVO che lo distingue da altri sistemi di
comunicazione non umani. Acquisire una lingua significa apprendere un sistema di comunicazione composto da un
numero finito di unità minime e da un insieme finito di regole che organizzano la combinazione di tali unità per
permettere di generare un numero infinito di significati. Quindi per ‘lingua’ si intende la forma specifica che questo
sistema di comunicazione assume nelle diverse comunità. In altre parole, acquisire una lingua vuol dire acquisire un
codice convenzionale e condiviso per una determinata comunità, necessario per trasmettere informazioni.
Lo sviluppo è sociale. Il linguaggio è un processo generativo, arbitrario, referenziale, simbolico ma è adattivo solo
se condiviso. Il bambino fa un grande sforzo interpretativo e referenziale per costruirsi il linguaggio. Il bambino che
si sta costruendo il suo linguaggio fa un sacco di errori, ma sono errori SMART. Il linguaggio atipico è rigido, il
bambino autistico che ripetete una frase all’infinito per se stesso, non la sta comunicando a nessuno. Come il
linguaggio di un pappagallo.
Il linguaggio simbolico nasce quando il bambino capisce che ha acquisito un simbolo che è condiviso dal suo
contesto sociale
Linguaggio simbolico: un mezzo comunicativo compreso e condiviso intersoggettivamente da entrambi i punti di
vista dell’interazione.
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16 novembre - 10° lezione
Disporre di concetti significa inserire nelle nostre conoscenze una componente molto alta dal punto di vista
cognitivo (perché simbolica, referenziale, generativa – che consente molta flessibilità) e allo stesso tempo condivisa.
Il linguaggio non è adattivo se non condiviso.
Il bambino quindi si forma dei concetti. L’espressione linguistica gli consente di demarcare a un livello semantico
domini di conoscenza che aveva già a livello implicito, ad esempio gli oggetti e le quantità. Il linguaggio gli permette
di denominare cose che prima possedeva a livello implicito.
*Siccome le rappresentazioni sono dentro la testa, è una domanda difficile a cui rispondere. Nessuna tecnica di
neuroimmagine i permetterebbe di dare una risposta.
Il connessionismo è un approccio computazionale e simulativo per lo studio dello sviluppo cognitivo che utilizza le
conoscenze sull’organizzazione e sul funzionamento del cervello per descrivere i meccanismi sottostanti ai
fenomeni psicologici attraverso il metodo della simulazione
La struttura e il funzionamento delle reti neurali hanno importanti conseguenze circa la natura della
rappresentazione e il suo sviluppo.
• I modelli connessionisti contestano l’ipotesi COGNITIVISTA che la mente sia un sistema che manipola
simboli, ovvero che l’elaborazione dell’informazione porti alla costruzione di una rappresentazione
simbolica dei dati.
• I modelli CONNESSIONISTI ipotizzano che ciascuna unità della rete elabora un frammento di informazione
molto più piccolo di un simbolo à si tratta di un SUBSIMBOLO che acquista significato solo se viene
combinato con i frammenti elaborati dalle altre unità.
La soluzione innovativa dei modelli connessionisti è quindi di pensare alle nostre rappresentazioni non in termini
simbolici. Le rappresentazioni interne alla rete infatti non vengono immagazzinate all’interno di specifiche unità ma
sotto forma di CONFIGURAZIONI di CONNESSIONI tra unità attivate in paralleloà questo tipo di rappresentazione
viene chiamata RAPPRESENTAZIONE DISTRIBUITA e implica il coinvolgimento di diverse unità neurali.
La rappresentazione distribuita è il risultato della codifica in parallelo di porzioni di informazioni che vengono via
via integrate in modo sempre più complesso dando luogo a configurazioni di connessioni tra unità.
Le nostre memorie sono network neurali, le nostre rappresentazioni sono configurazioni di connessioni, la nostra
rappresentazione è distribuita. La novità è quella di smettere di pensare come i modelli cognitivisti che i nostri
ricordi siano “simboli”. L’errore era utilizzare la metafora del computer.
Le nostre rappresentazioni sono un network neurale che si basa sulla nozione che le nostre rappresentazioni sono
connessioni di informazioni, di sub-simboli.
La natura combinatoria della rappresentazione distribuita corrisponde in modo convincente alle modalità utilizzate
dalle aree della corteccia visiva per il riconoscimento degli oggetti: il riconoscimento di oggetti non dipende
dall’attività specifica di neuroni ma piuttosto dal comportamento aggregato di grandi gruppi di cellule neurali.
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Le aree associative primarie visive, di fronte a questi due stimoli, non hanno neuroni specializzati nei quadrati blu o
nei triangoli grigi. Ci sono neuroni sensibili a informazioni verticali, oblique, orizzontali, al colore. Quindi, la
rappresentazione del quadrato è un network neurale che presuppone l’info triangolo, l’info quadrato, e colore, e
da luogo ad un network.
La natura integrativa e combinatoria delle rappresentazioni distribuite presenta alcuni vantaggi preclusi alla
rappresentazione simbolica tipica dei modelli cognitivisti:
1. ciascuna unità di elaborazione (ciascun neurone o area corticale) può essere coinvolto nella formazione
di diverse rappresentazioni; network neurali che possono attivarsi ed essere parte di diversi network:
esempio la rappresentazione distribuita coinvolge aree cerebrali coinvolte sia ad esperienze percettive
ma anche aree coinvolte alle esperienze emotive; possono manifestare anche proprietà binarie e
categoriali.
2. rappresentazione distribuita può attivarsi anche in presenza di informazioni incomplete o parziali.
3. l danneggiamento o la rimozione di alcune unità della rete non impediscono un’attivazione parziale della
rappresentazione distribuita. Anche se la mia rete neurale è privata di alcune unità di elaborazione non gli
premette di avere delle elaborazioni, saranno solo diverse da un bambino che ha adatte unità di
elaborazione.
ALCUNI ESEMPI 2
La rappresentazione distribuita, non la simbolica, può attivarsi anche in presenza di informazioni incomplete o
parziali.
A noi sfuggono i refusi, perché bibliteca lo leggiamo già biblioteca. E nessuno di noi esita a riconoscere questi due
oggetti come ombrello e elefante. Il network di questi oggetti si attiva anche senza informazioni, e questo è il
massimo esempio di flessibilità del sistema cognitivo.
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Questa peculiarità si ha anche quando la carenza di una informazione non è nell’ambiente ma è nel sistema stesso
(punto 3—danneggiamento, rimozione, assenza o vulnerabilità di alcune unità della rete).
Come si modificano le rappresentazioni? Nel tempo, grazie a processi epigenetici, le nostre rappresentazioni
subiscono delle modificazioni.
Cosa modella le rappresentazioni interne? Il suolo, l’esperienza. (se madre a scuola è sempre stata bene avrà un
bel ricordo di essa, ma se al figlio cadrà il tetto in testa e rischierà di morire, la sua rappresentazione della scuola
cambierà tantissimo).
Man mano che il bambino si crea rappresentazioni della realtà, le sue rappresentazioni dovranno essere organizzate
in RETI DI RETI. Alludo alle capacità integrative del cervello, devo fare reti di reti. E la capacità integrativa non ce
l’ho nelle aree es visive primarie, ma nelle aree associative, che sviluppano dopo.
>> Un fattore soggetto a cambiamento evolutivo è la quantità di rappresentazioni che con lo sviluppo e l’esperienza
aumentano. Ciò obbliga il sistema cognitivo a organizzare l’informazione di cui dispone.
Le prime rappresentazioni implicite e procedurali di oggetti o eventi sono organizzate in schemi che includono
prevalentemente aspetti di natura episodica e contestuale, ossia aspetti legati a episodi specifici che hanno
caratterizzato l’esperienza con un determinato oggetto o evento.
È stato osservato che eventi che si verificano frequentemente secondo uno schema spazio-temporale costante
sono più facili da ricordare per bambini dai 16 ai 20 mesi (tra il 1° e il 2° anno) rispetto ad eventi poco frequenti e
caratterizzati da un’organizzazione spazio-temporale più variabile.
Le rappresentazioni degli eventi più frequenti sono memorizzate nella “memoria procedurale” in un formato
caratteristico, denominato SCRIPT.
Questo script diventa un’esperienza (es, madre che ingozza come un tacchino il bambino affamato). Gli script sono
rappresentazioni concrete degli eventi, in quanto fortemente connotate da attributi contestuali e procedurali, e
differiscono dalle rappresentazioni concettuali e categoriali degli oggetti che li classificano in base alle loro proprietà̀
intrinseche.
Gli script consentono al bambino di anticipare e prevedere gli eventi.
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Incremento della conoscenza di base
A 2 anni di vita il bambino dispone prevalentemente di ricordi episodici costituiti da rappresentazioni che riguardano
sequenze di azioni. Proprio perché i ricordi sono episodici, alcuni comportamenti sono più facili da ricordare rispetto
ad altri. Per esempio: un bambino di due anni sa usare il video registratore, perché richiedere l’apprendimento di
una sequenza procedurale che facilita una mente che utilizza una rappresentazione sequenziale di script, perché si
tratta di uno script procedurale.
Gli eventi collegati da relazioni causali (per esempio, accendere un video registratore, inserire una video-cassetta
premere il tasto play per poterla vedere) sono più facili che eventi relati da relazioni arbitrarie (per esempio, vestirsi,
in cui è possibile indossare i vari capi, calzini, maglietta, pantaloni secondo un ordine variabile).
>> Con lo sviluppo e l’esperienza il bambino si forma delle rappresentazioni dell’ambiente che includono sia aspetti
di natura episodica e contestuale (ossia legati a episodi specifici che hanno caratterizzato l’esperienza con un
determinato oggetto o evento) sia aspetti concettuali (rappresentazioni condivisibili) basati sulle caratteristiche
percettive e dinamico-funzionali degli oggetti.
I concetti sono molto meno dipendenti dal contesto in cui sono stati acquisiti e per questo consentono una
condivisione e uno scambio dei significati tra gli individui non possibile ai formati rappresentazionali impliciti.
Questo ci da l’idea di qualcosa che evolve nel tempo e che ci siano dei momenti nello sviluppo in cui il bambino può
disporre di un determinato script contestuale e al contempo di un concetto (es. appena bambino riceve le scarpette
da uscite si aspetta di vedere la sua macchinetta che appartiene alla categoria di oggetti che si muovono e si chiama
macchina).
Che cosa si modifica nel corso dello sviluppo? Lo stesso iter osservato a livello di singola rappresentazione lo
ritroviamo a livello di conoscenza, di insieme di rappresentazioni. L’organizzazione di insiemi di rappresentazioni
segue un processo di decontestualizzazione (decontestualizzare vuol dire maneggiare le info a un livello più elevato)
da episodiche e contestuali a reticoli semantici, a teorie, a teorie esplicite (metaconoscenza). È un processo
epigenetico.
>> Le rappresentazioni concettuali si organizzano in forme sempre più complesso con un numero crescente di
relazioni tra i concetti. Quando la relazione tra i diversi concetti è elebata, essa si organizza in un reticolo semantico,
composto dai concetti e le loro relazioni.
Il reticolo semantico
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soprattutto da una quantità di connessioni che mi consentono di mettere in atto una serie di nodi concettuali.
Quando i nostri reticoli semantici sono ricchi di connessioni, le inferenze e i ragionamenti diventano facilitati.
>> Diverse ricerche hanno dimostrano l’esistenza di importanti differenze tra esperti e non esperti
nell’organizzazione della rete rappresentazionale, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Il reticolo
semantico degli esperti contiene un numero maggiore di concetti, di proprietà associate ai concetti e di connessioni
tra concetti e tra proprietà.
Disporre di un ricco reticolo semantico facilita il recupero dell’informazione dalla memoria semantica, e quindi
l’informazione diventa sempre più esplicita e disponibile per ulteriori trasformazioni e inferenze.
I bambini piccoli si trovano prevalentemente nella prima condizione, perché è tutto nuovo e senza significato. Se lo
devono formare. Poi iniziano ad abbozzare dei reticoli. Dopo di che integrerà mettendo in relazione e i ricordi e le
conoscenze diventano qualitativamente diverse.
L’esperienza e non necessariamente l’età (anche se correlano) rende il bambino esperto in alcuni domini di
conoscenza piuttosto che in altri facilita il ricordo.
La conoscenza aiuta il ricordo perché facilita le inferenze, facilitando, come un paleontologo, la ricostruzione dei
propri ricordi (ragionamento):
La costruzione di teorie
Quando i bambini hanno accesso cosciente ai loro pensieri possono iniziare a sviluppare modi più efficaci per
selezionare ed elaborare le informazioni. Questo inevitabilmente li guiderà all’acquisizione di ulteriore conoscenza
(elaborazione top-down vs bottom-up).
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>> La trasformazione dei formati rappresentazionali + la loro organizzazione consente al sistema cognitivo del
bambino di generare, valutare, e cambiare le proprie conoscenze sul mondo fisico e sociale e di crearsi delle teorie,
ovvero conoscenze molto astratte e condivise da più domini di conoscenza attraverso le quali è possibile inferire
relazioni causali non osservabili che sottostanno ai fenomeni osservabili.
La conoscenza così acquisita si organizza in gerarchie concettuali in cui le relazioni fra i concetti sono specificate e
ciò permette le costruzioni di teorie.
Disporre di una teoria significa comprendere un insieme di concetti e di legami tra essi per spiegare e predire eventi
(i.e. teoria della mente).
Avere una teoria della mente è un processo epigenetico.
Come ci creiamo delle teorie? Karmiloff Smith formula delle ipotesi.
• Inizialmente il bambino si concentra unicamente sulle informazioni che provengono dall’ambiente esterno.
Questa fase culmina con il raggiungimento della padronanza comportamentale che è mediato da
rappresentazioni implicite, che possono essere descritte come procedure finalizzate ad analizzare i dati e
rispondere agli input ambientali, specificate in forma sequenziali. Sono isolate, ossia non posso essere
collegate con altre rappresentazioni dello stesso dominio o di diversi.
• Successivamente l’attenzione del bambino si sposta alle rappresentazioni interne, il bambino inizia a
riflettere e manipolare le conoscenze che possiede. Benchè questa fase coincida con una modificazione
nel formato delle rappresentazioni che stanno raggiungendo un livello maggiore di esplicitazione, a livello
comportamentale essa coincide con un calo di efficienza nella prestazione che genera una curva a U.
questo calo è provocato dalla noncuranza per i dati e per la retroazione proveniente dall’ambiente esterno.
Il bambino è concentrato sull’analisi delle proprie rappresentazioni interne ed elabora teorie, le teorie in
atto, a partire dalle regolarità più significative nei dati immagazzinati, e ignora o inventa dati per garantire
la coerenza delle teorie.
• Con il procedere del processo di ridescrizione, la conoscenza viene ridescritta in un formato esplicito e
astratto, simile a quello linguistico e adatto a essere comunicato in forma verbale, si ricrea uno stato di
equilibrio tra le rappresentazioni interne e i dati esterni. Le prestazioni comportamentali tornano efficienti
e le teorie che il bambino si è costruito diventano più ampie ed esplicitabili.
Ipotizza il bambino costruttore come uno scienziato che procede attraverso degli esperimenti, formula delle ipotesi,
le verifica e il successo o l’insuccesso della sua esperienza lo porta a maturare delle teorie. E per formalizzare
empiricamente questo percorso di costruzione di teorie, K parla di nuovo di PROCESSO DI ESPLICITAZIONE: dalle
rappresentazioni alle conoscenze alla teoria che diventa poi metaconoscenza.
Quindi quando le controevidenze continuano ad aumentare, i bambini riformulano (ridescrivono) una nuova teoria
à processo di esplicitazione presuppone da un lato una capacità innata a selezionare le informazioni e ad
interpretarle all’interno di una teoria, e dall’altro, una tendenza a interpretare le informazioni ridescritte
all’interno di costrutti teorici estesi + (prendendo in considerazione) grazie ad un marcato contributo
dell’esperienza che attraverso prove a favore o contro contribuisce a specificare la teoria.
60
Il modello della Ridescrizione Rappresentazionale (1992)
Il processo di RIDESCRIZIONE RAPPRESENTAZIONALE (cioè il processo che trasforma le informazioni implicite (nella
mente- conoscenza induttiva) in conoscenze esplicite (per la mente- teorie esplicite) è
CONTINUO
ciò che cambia è il FORMATO DELLE RAPPRESENTAZIONI e la loro ORGANIZZAZIONE ossia il modo in cui la
conoscenza viene rappresentata nel cervello/mente
à Enfasi sulla continuità tra le prime forme dell’attività cognitiva (che si basa prevalentemente su una conoscenza
induttiva) e le forme più evolute del pensiero.
Questi processi evolutivi valgono per lo sviluppo tipico e per lo sviluppo atipico. Spesso le basi da cui partono e le
esperienze che maturano nel corso del tempo li portano a formulare modelli teorici diversi, adattivi o disadattivi.
Il processo RR avviene attraverso tre fasi ricorrenti che si ripetono più volte all’interno dello stesso dominio. E’ un
modello a FASI (dominio- generale):
• LIVELLO I - Rappresentazioni implicita e procedurale, padronanza comportamentale conoscenza induttiva
• LIVELLO E1 - Rappresentazioni esplicite, teorie in atto, conoscenza deduttiva non ancora esplicitabile
verbalmente;
• LIVELLO E2/E3 - le teorie diventano più ampie ed esplicitabili verbalmente
Un esempio empirico
Esperimento condotto da Karmiloff-Smith [1984], che consente di vedere come ragiona un gruppo di bambini di
età compresa tra i 4 e i 9 anni
Veniva loro chiesto di appoggiare dei blocchetti su un supporto metallico in modo da farli stare in equilibrio e creare
delle torri quanto più alti possibili.
Il materiale disponibile ai bambini per creare le torri erano 3 tipi di blocchetti:
1) blocchetti rettangolari, simmetrici sia dal punto di vista percettivo che da quello fisico, poiché il peso era
distribuito simmetricamente rispetto al centro geometrico
2) simmetrici solo dal punto di vista percettivo, poiché una delle due estremità era stata appesantita
inserendo del piombo
3) asimmetrici sia dal punto di vista percettivo che da quello fisico, piombo all’esterno e ben visibile
Si immagina che i tre tipi di blocchetti corrispondano a 3 tipi di informazioni diverse, alcune visibili, altre inferibili,
che danno luogo per risolvere il problema a dei ragionamenti e a dei comportamenti diversi. Si osserva una curva a
U.
• I bambini di 4 anni fanno delle torri alte, usano tutti i blocchetti ma il loro comportamenti hanno delle
peculiarità.
• I bambini di 6 anni hanno un crollo delle performance, usano solo i blocchetti del primo gruppo e ignorano
gli altri;
• I bambini di 9 anni fanno torri elevate, usano tutti i blocchetti, ma il loro comportamento è molto diverso
dai bambini di 4 anni.
Il calo nell’efficienza della prestazione come conseguenza
Le prestazioni dei bambini di 4 anni sono sovrapponibili a quelledeldei
della esplicitazione bambini
formato di 9 anni, mentre le prestazioni dei
rappresentazionale
bambini di 6 anni sono molto più scadenti, in quanto a questa età vengono compiuti molti più errori.
le prestazioni dei
bambini di 4 anni sono
Accuratezza (%)
sovrapponibili a quelle
dei bambini di 9 anni,
mentre le prestazioni dei
bambini di 6 anni sono
molto più scadenti, in
quanto a questa età
4 anni 6 anni 9 anni
vengono compiuti molti
Il calo nell’efficienza della prestazione come conseguenza della esplicitazione
più del formato rappresentazionale.
errori.
4 anni: risolvono il compito utilizzando una procedura basata sulla retroazione propriocettiva: prendono ogni
blocchetto e lo fanno scorrere sul sostegno fino a quando avvertono che esso tende a cadere, e a questo punto lo
spostano avanti e indietro fino a quando rimane in equilibrio
• Utilizzano esclusivamente informazioni provenienti da dati osservabili
• Ogni singolo blocchetto è immagazzinato in modo indipendente e trattato come un problema nuovo (per
prove di errori mettono i blocchetti in equilibrio)
• Il comportamento è guidato da rappresentazioni di livello 1 (padronanza comportamentale_ il loro
comportamento è efficace) à per risolvere il problema è sufficiente una rappresentazione implicita e
procedurale, la loro conoscenza è induttiva
6 anni: risolvono il compito utilizzando una teoria in atto: iniziano ponendo il blocchetto sul supporto lungo l’asse
di simmetria e falliscono in tutti i casi in cui i blocchetti non hanno peso equamente distribuito.
• ignorano l’informazione proveniente dall’ambiente (danno priorità alla loro conoscenza)
• si attengono rigorosamente alla teoria del centro geometrico che si sono costruiti a partire da regolarità
significative riscontrate nell’ambiente (molti oggetti comuni stanno effettivamente in equilibrio rispetto al
centro geometrico)
il comportamento di questi bambini è mediato da una teoria in atto non ancora verbalizzabile, che essi hanno creato
a partire dalle regolarità che hanno riscontrato nei dati immagazzinati, ossia il fatto che la maggior parte dei
blocchetti sono simmetrici e stanno in equilibrio rispetto al loro centro geometrico. Questa teoria li porta ad
ignorare i controesempi e le informazioni di ritorno negative provenienti dall’ambiente.
una conoscenza deduttiva non ancora esplicitabile verbalmente (non dicono non uso gli altri blocchetti perché sono
asimmetrici ma dicono non li uso perché sono stanco). Un crollo nella loro performance comportamentale (curva a
U) ma un incremento dal punto di vista rappresentazionale e cognitivo. Le loro conoscenze si stanno
decontestualizzando dai dati disponibili nell’ambiente, e come i laureandi, danno molto più peso alle loro
conoscenze che ai dati dell’ambiente che li disattendono.
FASE 2: La noncuranza per le caratteristiche dell’ambiente esterno può portare a errori e a un calo di efficienza nel
comportamento. Perché alla fine i bambini abbandonano la teoria del centro geometrico? Le ripetute
esperienze con fatti che disattendono le teorie li obbliga a riformulare la teoria stessa. Dalla teoria del centro
geometrico alla teoria della leva, che obbliga a considerare il baricentro degli oggetti ma anche i pesi e le distanze
(3 tipi di informazioni, li mette in relazione tra loro).
I bambini di 9 anni riescono a mettere in equilibrio tuti i gruppi di blocchetti, utilizzando anch’essi in parte la
retroazione propriocettiva. Tuttavia essi possiedono una conoscenza esplicita del centro geometrico e della legge
della leva, che sono in grado di verbalizzare per spiegare allo sperimentatore il comportamento dei diversi gruppi
di blocchetti.
Non sono ancora in grado di esplicitare la teoria della leva con una formula fisica (per avere questa esplicitazione
deve avere istruzione formalizzata…).
Innanzitutto per l’accumularsi di anomalie che richiedono una spiegazione e non possono conciliarsi con la teoria
originaria
• risolvono il compito elaborando una nuova teoria comprensiva che include tutti i dati (la legge della leva)
• La conoscenza del centro geometrico, ridescritta nella legge della leva, è così esplicita da poter essere
verbalizzata (anche se non con una formula fisica)
62
• E’ chiaro che c’è ancora molto da imparare !!! La legge della leva deve essere formalizzata passando dal
piano qualitativo a quello quantitativo, attraverso una formula che prevede il prodotto tra lunghezza e peso
(equilibrio = pxq)
22 novembre –11° lezione
LO SVILUPPO ATIPICO
>> Comprendere i meccanismi che guidano lo sviluppo tipico è fondamentale per capire cosa accade quando lo
sviluppo segue una traiettoria atipica, per promuovere lo sviluppo attraverso percorsi di supporto al bambino e alla
genitorialità, per prevenire possibili disagi e per intervenire precocemente e tempestivamente nel momento in cui
il disturbo emerge.
I primi anni di vita costituiscono un’opportunità unica per favorire percorsi di sviluppo quanto più tipici, infatti tanto
più precocemente si agisce, tanto più l’azione sarà al tempo stesso efficace e poco invasiva.
Il processo di modularizzazione e il processo di esplicitazione. Questi due processi sono il punto di partenza. Si vanno
a vedere quali sono le implicazioni del neurocostruttivismo per lo studio, la promozione e l’intervento nei disordini
dello sviluppo. Si fa attraverso un confronto con l’approccio neuropsicologico classico.
L’idea di un link diretto tra danno neurale e disfunzionalità a carico di uno specifico dominio è supportata
empiricamente dalla classica PROVA DELLA DOPPIA DISSOCIAZIONE
• L’assunto si fonda sull’ipotesi: la mente adulta è costituita da diversi moduli, la lesione di uno specifico
modulo causa un deficit nei compiti cognitivi in cui quel modulo è implicato, e solo in quelli
• Prova empirica: una doppia dissociazione si verifica quando, sottoponendo due pazienti (o due gruppi di
pazienti ) alle stesse due prove, un paziente ha una buona prestazione in una prova e una prestazione
deficitaria nell’altra, mentre l’altro paziente ha un profilo prestazionale del tutto opposto. Dimostra la
specializzazione funzionale cerebrale nell’adulto.
(ad es afasici vs prosopoagnosici osservo che l’agnosico ha performance deficitarie nel test linguistico ma è
preservata la sua capacità di riconoscere le facce e viceversa, il prosopoagnosico cade nel test di riconoscimento
dei volti e supera i test linguistici)
L’approccio neuropsicologico classico applicava questa chiave di lettura anche ai disturbi del neurosviluppo:
alterazione genetica à alterazione del processo di maturazione à danneggiamento di moduli cognitivi innati
localizzati in specifiche aree del cervello à deficit cognitivi selettivi a carico di uno specifico dominio
63
questa dissociazione tra domini preservati e domini compromessi sottintende una visione unidirezionale
dello sviluppo che si basa su processi di epigenesi predeterminata. Questa prospettiva presuppone un legame
statico, diretto ed unidirezionale tra difetto genetico ed esito del processo di sviluppo).
Non si può ipotizzare un’alterazione a carico dei geni e un deficit cognitivo, non posso immaginare che la mente dei
bambini abbia dei domini danneggiati e dei domini preservati perché non si è ancora modularizzata.
Un TEORICO DOMINIO-SPECIFICO à ipotizza che il cervello del bambino sia equipaggiato con network A
predisposto a elaborare info di tipo A e un network B predisposto a elaborare info di tipo B; immagina che quando
il network A è deficitario a causa di una lesione genetica, avrà un effetto solo sull’elaborazione di info di tipo A
mentre lascerà gli altri domini intatti e preservati.
>> Il concetto di epigenesi probabilistica viene applicato allo sviluppo atipico: uno studio ad esempio dimostra che
l’effetto dell’allattamento al seno sulla risposta a stimoli sociali (espressioni emotive facciali) è mediato da una
variazione genetica.
Inoltre, alcune variazioni genetiche, invece che fattori di rischio, vengono considerate come fattore di plasticità,
rendendo l’individuo che ne è portatore maggiormente suscettibile al contesto ambientale, che determina la
direzione della traiettoria di sviluppo. Recenti studi suggeriscono che gli individui “più vulnerabili” se esposti a
contesti di rischio siano anche coloro che traggono il maggior vantaggio se cresciuti in ambienti positivi: sono
maggiormente sensibili, più plastici, nel bene e nel male, all’influenza dell’ambiente.
- Sviluppo atipico: le proprietà strutturali e funzionali atipiche che si accompagnano alle sindromi evolutive
costituiscono il risultato del processo plastico attraverso il quale il cervello e il sistema cognitivo si
organizzano intorno ad una iniziale vulnerabilità del sistema.
È un capovolgimento teorico che non intacca quanto affermato per gli adulti (il neurocostruttivismo condivide la
spiegazione neuropsicologia per gli adulti) ma non la trasla alla spiegazione dei disordini evolutivi.
Se invece l’alterazione genetica determina una traiettoria evolutiva atipica, questa inizia un percorso evolutivo
atipico che è comunque un percorso, si tratta di un processo: un bambino che nasce con alterazione genetica per
la dislessia evolutiva si sviluppa nel tempo e in questo sviluppo io posso intervenire perché lo sviluppo è la chiave
per comprendere i disordini dello sviluppo evolutivo.
Non una relazione diretta tra disfunzionalità neuronale e deficit cognitivo ma una RELAZIONE INDIRETTA tra
difetto genetico ed outcome cognitivo. L’alterazione genetica determina alterazioni diffuse e aspecifiche che,
solo nel corso dell’ontogenesi, spingono l’individuo su percorsi evolutivi differenti che conducono a esiti fenotipici
atipici.
L’alterazione genetica determina una atipia (alterazione sottile) aspecifica e diffusa a livello di uno o più parametri
di base del funzionamento cerebrale (es. soglie di attivazione un po più alte o basse, quantità di neurotrasmettori…).
64
L’approccio neurocostruttivista applicato ai disordini dello sviluppo
Nel corso dello sviluppo ontogenetico, queste sottili e generali anomalie possono assumere un’apparenza dominio
specifica, essendo maggiormente evidenti in taluni domini di conoscenza. Questo indirizza l’individuo verso un
percorso evolutivo che lo porta solo alla fine ad un esito fenotipico atipico e macroscopico a livello cognitivo,
caratterizzato da deficit dominio-specifici
Le funzioni cognitive apparentemente preservate difficilmente possono essere totalmente intatte (poiché non
si sono sviluppate in isolamento). La dinamica atipica del processo epigenetico coinvolge tutto il sistema cognitivo
ma diventa macroscopico in alcuni aspetti della cognizione piuttosto che altri.
Lo sviluppo ATIPICO non è carente di o in ritardo rispetto allo sviluppo tipico, ma è DIVERSO perché segue un
percorso evolutivo diverso.
>> Studio su Science, viene descritto un difetto genetico fa sì che, da 8 generazioni in una famiglia del Costa Rica, i
bambini abbiano una altissima probabilità̀ (1 bambino su 2) di soffrire di ipoacusia attorno ai 10 anni e divenire poi
sordi profondi a circa 30 anni. Apparentemente quindi si potrebbe pensare che il difetto genetico determini un
disturbo dominio specifico, che interessa la sola modalità uditiva.
In realtà, la sottile mutazione genetica che caratterizza il DNA di questi bambini provoca una variazione nella codifica
di una proteina, l’actina, che contribuisce a determinare il grado di rigidità di tutte le cellule del corpo.
Siccome le cellule ciliate dell’organo di Corti, alla base del funzionamento del nostro sistema uditivo, hanno una
peculiarità nella loro forma, ovvero sono cellule ciliate che si flettono quando vengono colpite dalle onde sonore,
questa loro peculiarità fa si che siano particolarmente sensibili a questa modificazione generalizzata della rigidità
cellulare e manifestano dunque in misura più ampia e marcata le conseguenze di un difetto dominio-generale.
La disfunzionalità non è specifica, la relazione tra alterazione genetica ed outcome cognitivo (es. sensoriale ) non è
diretta, non c’è il gene dei sordi, c’è il gene che modula una proteina che ha un effetto massivamente disfunzionale
sulle cellule ciliate ma su tutto il corpo in generale.
Per questo il neurocostr. Ritiene che anche le funzioni cognitive apparentemente preservate difficilmente possono
essere totalmente intatte.
>> Una variazione minima nell’assemblaggio di una proteina, che svolge un’azione generalizzata in tutte le cellule
del corpo, assume un aspetto APPARENTEMENTE dominio specifico, per effetto delle peculiarità strutturali delle
cellule che costituiscono il sistema uditivo umano.
Proviamo a dare una spiegazione neuropsicologica classica e una spiegazione neurocostruttivistica agli stessi dati.
65
Lo sviluppo della conoscenza numerica
Lo sviluppo della conoscenza numerica disfunzionale nella DISCALCULIA EVOLUTIVA, che è l’esito di un processo
epigenetico.
La discalculia evolutiva è un disturbo specifico dell'apprendimento (DSA):
• si può definire come un disturbo delle abilità numeriche e aritmetiche
• si manifesta in bambini a sviluppo tipico, di intelligenza normale e che non hanno subito danni neurologici
(QI nella norma)
• può presentarsi associata a dislessia e ad altri disturbi dell'apprendimento, ma non ne è l'effetto (il bambino
dislessico spesso ha difficoltà in matematica perché nn legge il testo)
Il dominio disfunzionale è quello relativo ai numero per cui i bambini discalculici manifestano frequentemente
queste difficoltà:
1. difficoltà nell'identificare i numeri e nello scriverli, in particolare se sono lunghi con molte cifre
2. difficoltà nel riconoscere le unità che compongono un numero (fanno fatica a concettualizzare, processo
di esplicitazione, delle unità, delle decine, migliaia…non mettono in colonna…)
3. difficoltà nell'identificare i rapporti fra le cifre all'interno di un numero
4. difficoltà nel saper scrivere numeri sotto dettatura
5. difficoltà nel numerare in senso progressivo ascendente e discendente
6. difficoltà nello svolgimento delle quattro operazioni matematiche
7. difficoltà nell'imparare il significato dei segni (più, meno, per e diviso)
8. difficoltà ad analizzare e riconoscere i dati che permettono la soluzione di un problema
9. difficoltà nell'apprendere le regole dei calcoli (prestito, riporto, incolonnamento, ecc.)
Queste difficoltà non sono legate a un difetto genetico ma sono l’esito di un lungo processo di modulazione ed
esplicitazione.
Qual è l’origine evolutiva di queste abilità? Che cosa nel corso dello sviluppo ha portato a questo esito?
L’abilità di usare i numeri è una delle più complesse abilità possedute dall’uomo. Comprendere come la mente
umana si rappresenta e opera sui numeri è un utile strumento per capire come funziona il sistema cognitivo umano.
Di conseguenza, numerosi studi si sono orientati a studiare l’origine e lo sviluppo della conoscenza numerica.
Negli ADULTI queste capacità (cogliere la numerosità di un insieme percepito) si basano su processi di
QUANTIFICAZIONE. Ce ne sono 3:
1. Conteggio: è il processo di quantificazione che implica abilità rappresentazionali simboliche esplicite
(linguaggio)
2. Estimation: è un processo preverbale implicito meno accurato usato nello stimare le grandi numerosità;
permette una stima grandi numerosità
3. Subitizing: è un processo percettivo e attentivo preverbale implicito che permette la codifica immediata
e accurata di piccole numerosità (fino a 3-4 elementi, non superiori a 4)
Questi tre processi possono essere ricondotti a qualcosa, hanno radici in qualche sistema? Nella CORE KNOWLEDGE
della numerosità e dell’oggetto.
INFANTI
MODELLI – quantificazione pre-verbale
il sistema cognitivo dispone fin dai primi mesi di vita di due sistemi di rappresentazione delle quantità numeriche:
66
• OBJECT FILE SYSTEM: un sistema innato di rappresentazione dell’oggetto basato su principi spazio-
temporali che regolano il dominio degli oggetti – la numerosità viene rappresentata implicitamente; fa un
confronto diretto nella memoria a breve termine tra un elemento e un altro elemento (corrispondenza 1
a 1 nel magazzino di MBT).
Consente di rappresentare in modo preciso piccole quantità, fino a un massimo di 3-4 unità; utilizza
variabile continue e deriva dal core knowledge degli oggetti.
limiti: piccoli numeri di oggetti alla volta (n<4)
• ANALOG MAGNITUDE SYSTEM: un sistema innato di rappresentazione della numerosità implicato nella
rappresentazione di grandi insiemi.
Consente al bambino di rappresentare e discriminare grandi numerosità e deriva dal core knowledge della
numerosità. Consente al bambino di ordinare poco medio tanto, di estrarre regolarità di insiemi di punti.
Questa capacità non viene fatta nella WM con un confronto uno a uno ma viene fatto attraverso un
rapporto numerico, si basa su rapporti. Un rapporto 1:2 è molto più facile (più facile discriminare 8 da 16
che 8 da 12). Più è grande l’effect size, la differenza tra i due insiemi che devo discriminare, e la grandezza
la discrimino tramite un rapporto, più è facile la discriminazione.
Questi due sistemi consentono al bambino in età preverbale di rappresentare sia singoli oggetti sia insiemi, ma
queste due rappresentazioni rimangono separate e distinte impedendo al bambino di rappresentare insiemi di
oggetti. La capacità di rappresentare insiemi di oggetti è fondamentale per il conteggio (si deve integrare la
rappresentazione dell’oggetto con quella dell’insieme. Quando un bambino di 2-3 anni sviluppa la capacità di
abbinare correttamente un termine linguistico alla quantità corrispondente, lo fa assemblando in un nuovo formato
rappresentazioni già presenti nei nuclei di conoscenza infantili.
Esperienza e apprendimento interagiscono arricchiendoli e integrandoli.
67
L’effect size si modifica nel corso del tempo: la riduzione
dell’effect size all’umentare dell’età suggerisce che la
rappresentazione della grandezza migliora all’aumentare dell’età
e tende a diventare una rappresentazione sempre più
apprezzabile.
Differenze quantitative e qualitative nella quantità dell’effect
size possono predire dirsordini di alto livello nell’elaborazione dei
numeri (Piazza et al. 2010).
(parte da core knowledge, che da luogo a due sistemi diversi che diventano poi sempre più efficienti fino a diventare
processi di subitizing ed estimation che conosciamo negli adulti).
Bambini/adulti sia con Sindrome di Down che con Sindrome di William manifestano difficoltà ad operare con i
numeri (bassi punteggi ai test matematici) se confrontati con bambini a sviluppo tipico anche se le persone con
Sindrome di Down manifestano prestazioni significativamente migliori rispetto ai William.
Quali fattori determinano queste difficoltà? Si tratta di una disfunzione dell’obiect file system o dell’analog
magnitude system? ...o c’è dell’altro?
Karmiloff-Smith testa con i classici test discriminazione di grandi vs piccole numerosità in TD, WS e DS.
Scopre che la capacità dei bambino con sindrome di Williams di discriminare insiemi di elementi di piccola
numerosità, ad esempio quando devo discriminare 3 da 2, non differisce dai bambini con sviluppo tipico (match
mental age per QI o cronological age) ed è superiore a quella dei bambini con sindrome di Down, che non si
riescono.
Agli stessi soggetti fa un compito di discriminazione di grandi numerosità: osserva che oltre ai bambini tipici anche
i bambini con sindrome di Down ci riescono, mentre per le grandi numerosità i bambini con sindrome di William
non riescono e hanno prestazioni peggiori di entrambi gli altri gruppi.
68
* Infanti con SINDROME DI DOWN discriminano le grandi quantità ma non discriminano le piccole quantità
* Infanti con SINDROME DI WILLIAM discriminano le piccole quantità, ma non discriminano le grandi quantità
Spiegate questo dato secondo l’approccio neuropsicologico classico vs l’approccio neurocostruttivista (esame)
Karmiloff-Smith: per i bambini con sindrome di William una o più deiezioni dei 28 geni che caratterizzano questa
sindrome contribuisce a un deficit dominio-specifico nella discriminazione di grandi numerosità lasciando intatto il
sistema deputato alle piccole numerosità.
Per i bambini con sindrome di Down uno o più geni extra sul cromosoma 21 contribuiscono a un deficit dominio-
specifico nel sistema deputato alla discriminazione delle piccole numerosità, risparmiando allo stesso tempo il
sistema delle grande numerosità.
69
K.S è ironica.
23 novembre – 12° lezione
** Un esempio di disfunzionalità nella modulazione del fuoco attentivo si osserva nel dominio dela cognizione
numerica manifestata dai bambini con sindrome di Williams
KS è convinta che ci sia dell’altro. Quando testa i bambini testa con l’eye-tracker ha un’ipotesi a monte molto forte,
ovvero che l’atipia non colpisca un sistema dominio-specifico ma un processo cognitivo di base che ha un effetto
macroscopico sul dominio specifico in questione.
Attraverso l’analisi dei movimenti oculari valuta le capacità visuo-esplorative dei bambini nei confronti delle nuvole
di punti: osserva che ci sono diversità nel fuoco attentivo. Le difficoltà sarebbero riconducibili a deficit nei
meccanismi di modulazione del fuoco attentivo, che inducono i bambini con WS a soffermarsi nell’esplorazione
visiva di un ristretto numero di elementi anziché su tutti gli elementi dell’insieme. Questa peculiarità nelle modalità
visuo-esploative impedisce loro di cogliere la numerosità di un vasto insieme di elementi, mentre non compromette
la capacità di differenziare insiemi composti da pochi elementi.
Karmiloff-Sith riconduce le performance comportamentali dei due gruppi di bambini atipici a due diverse
disfunzionalità attentive.
Sia la sindrome di Down che la sindrome di William manifestano atipie nel sistema attentivo:
• Nella sindrome di William: difficoltà nell’orientamento e focalizzazione dell’attenzione, difficoltà nel
meccanismo di attention shifting and orienting (il bambino si focalizza su una parte minore)
• Nella sindrome di Down: difficoltà nel sistema di allerta e vigilanza, ovvero il sistema responsabile del
raggiungimento e del mantenimento delle risorse attentive utilizzate nella selezione e codifica delle
informazioni (sustained attention).
Questi bambini non hanno capacità di attenzione sostenuta per poter operare quel confronto all’interno
della memoria a breve termine oggetto per oggetto. Nella memoria di lavoro devo fare un confronto 1 a 1
e per farlo devo avere risorse attentive e mnestiche sufficienti per poter fare questo tipo di discriminazione.
I due gruppi di bambini mostrano atipie in processi cognitivi di base di natura attentiva diversa: nel primo caso il
sistema non ha sufficiente risorse attentive per selezionare e codificare le informazioni che richiedono un’analisi
oggetto a oggetto, nell’altro caso una disfunzionalità nel meccanismo di shifting dell’attenzione, di focalizzazione
dell’attenzione che consente al sistema di rilevare un numero di punti minore di quello necessario per poter
discriminare il compito correttamente.
70
L’idea che la disfunzionalità sia a carico del sistema attentivo è stata ripresa da Bates (2004). Alla classica metafora
del cervello paragonato ad un coltellino svizzero contrappone la metafora del collo della giraffa.
La giraffa ha un organo specializzato che le permette di mangiare le foglie dai rami più alti di un albero; ciò è stato
possibile grazie a dei cambiamenti che hanno reso questo collo adattivo all’ambiente.
Tuttavia questo animale utilizza anche il suo collo per scopi meno specialistici come ad esempio girare la testa,
mandare giù il cibo… abilità che possono essere valutati molto prima che la giraffa mangi le foglie più alte degli
alberi. Il collo della giraffa è specializzato ma non le impedisce di fare altro.
Dalla metafora del collo di giraffa si passa alla metafora dell’iceberg: tutte le funzioni cognitive di alto livello
(linguaggio, sintassi, calcolo, pragmatica, teoria della mente…) sono tutte ABILITÀ DI ALTO LIVELLO (high level)
• visibili
• alteramente specializzate
• culturamente apprese
ma queste sono la punta dell’iceberg. Sotto ci sono LOW-LEVEL ABILITIES (abilità di livello BASE):
• non visibili (si ritrovano in laboratorio, con degli strumenti…)
• non specializzate
• non apprese
Il neurocostruttivismo è interessato a studiare la parte dell’iceberg non visibile. Lo fa sia nelle abilità classicamente
danneggiate (conoscenze numeriche nelle sindromi di down e william) ma anche nelle capacità preservate.
La sindrome di Williams è una malattia genetica rara con incidenza di circa 1:20.000 senza differenze significative
tra maschi e femmine. È causata dalla microdelezione di alcuni geni situati nel braccio lungo del cromosoma 7. Si
caratterizza per:
Profilo clinico:
• facies tipica
• problemi a cuore e reni, dovuti a restringimento delle arterie
• anomalie muscolo-scheletriche
• ritardo nella crescita
• Iperacusia (paura e fastidio per suoni di forte intensità ad esempio fuochi artificiali, tuoni, elettrodomestici)
• Ipercalcemia (aumentato contenuto di calcio nel sangue)
Capacità “risparmiate”:
• abilità sintattiche
• elaborazione dei volti
• abilità sociali
Confronto tra abilità pittoriche e visuo-spaziale e abilità linguistiche di un soggetto adulto con WS al quale è stato
chiesto di disegnare e descrivere verbalmente un elefante: donna di 18 anni affetta da WS
71
• Nessuna corrispondenza con il • Descrizione fluente
mondo reale • Ricchezza di dettagli
• Alterazione relazioni spaziali • Strutturazione sintattica
• Pianificazione disorganizzata coerente e corretta
Se si testa l’elaborazione dei volti (risparmiata in questi pazienti) tramite BENTON FACIAL RECOGNITION TEST:
test di discriminazione dei volti, standardizzato, che valuta le abilità di riconoscimento di facce senza coinvolgimento
della memoria. Al paziente è richiesto di trovare la faccia target tra un set di 6 facce alternative esposte
simultaneamente. Viene fatta vedere una faccia e ci sono 6 possibili facce e il soggetto deve riconoscere la faccia
tra le 6 immagini target.
Le performance dei pazienti con sindrome di Williams sono paragonabili al gruppo di controllo.
• Un dominio intatto preservato?
• Uno sviluppo normale per questo tipo di abilità?
Assumendo l’applicazione di un modello neuropsicologico statico tipico dell’adulto ai disordini dello sviluppo ignora
la storia ontogenetica dell’organismo e le radici dello sviluppo che sono spesso critiche per comprendere la
traiettoria dinamica che porta a uno stato finale socio-cognitivo.
Poi testa i WS in un test di riconoscimento dei volti. Sono volti particolari perché sono manipolati per le
caratteristiche configurali (la relazione spaziale tra gli elementi interni del volto) o per le caratteristiche locali (naso,
occhi, bocca) quindi una discriminazione avviene per caratteristiche feature by feature.
72
I processi percettivi coinvolti nel riconoscimento di volti nella
Sindrome di Williams
Riconoscimento di volti che elaborazione configurale
differiscono nella distanza (sensibilità alle relazioni
tra gli elementi di 2°ordine)
= *
* Ridotta sensibilità all’informazione di secondo ordine nei soggetti con WS (adulti, CA media 30 anni)
L’86% di accuratezza nei WS e 85% nel gruppo di controllo: hanno performance sovrapponibili quando manipolo i
volti elemento per elemento (caratteristiche locali, feature).
Ma quando manipolo i volti per le caratteristiche configurali quello che osservo è un drop out (crollo – 51%) della
performance nei soggetti con sindrome di William (51% quindi sparano a caso) ma non nei soggetti di controllo
(tipici).
Una ridotta sensibilità all’informazione di secondo ordine nei soggetti con sindrome di William (soggetti di circa 30
anni).
* A livello cognitivo: prestazioni nella norma in compiti di riconoscimento nei quali sono disponibili informazioni
featural ma non quando sono disponibili solo informazioni configural
ò
* Il riconoscimento nel Benton Test avviene tramite processi feature by feature (e non configurali come nei
controlli)
ò
* Le prestazioni nella norma nel Test di Benton riflettono l’utilizzo di processi percettivi atipici
La stessa cosa viene fatta con bambini con sindrome di Williams (WS) in età scolare, bambini di controllo matchati
per età, e con infanti (sotto l’anno). Vengono utilizzati degli smile.
Da dispensa: studio su bambini a sviluppo tipico, bambini con sindrome di Williams e bambini con sindrome di Down
appaiati per età cronologica e mentale.
In alto manipolate le caratteristiche locali (occhio rombo o cerchio), sotto sono manipolate le caratteristiche
configurali.
• Gli infanti a sviluppo tipico discriminano e hanno performance ottimali quando presento stimoli in cui
vengono manipolate le ücaratteristiche configurali e sono i peggiori quando presento stimoli in cui
vengono manipolate û caratteristiche feature by feature;
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• I bambini con sindrome di William sono bravissimi quando gli viene chiesto di discriminare gli smile con ü
caratteristiche feature diverse ma assolutamente inaccurati quando devono discriminare stimoli dove la
manipolazione è û configurale. (bias di elaborazione percettiva locale a scapito di caratteristiche globali)
• Sindrome di down sono a metà strada: fanno fatica a discriminare i volti in entrambe le condizioni
La prestazione nella norma nel test di Benton riflette l’utilizzo di processi percettivi atipici. Discrimina in modo
diverso e questa diversità ha una storia evolutiva che posso ricostruire (negli infanti, in bambini di età scolare e in
età adulta).
>> Recenti studi hanno dimostrato che la dissociazione tra abilità preservate e abilità compromesse tipica
dell’approccio neuropsicologico è solo apparente. Ad esempio, se è vero che la capacità di elaborare i volti sulla
base di processi analitici non differisce nei bambini con sindrome di Williams rispetto ad un gruppo di controllo con
sviluppo tipico, si riscontrano significative difficoltà dei bambini con sindrome di Williams nella capacità di elaborare
i volti attraverso processi configurali.
A livello funzionale, l’apparente tipicità riscontrata nelle abilità di riconoscimento dei volti cela una atipicità nei
processi alla base di tale riconoscimento che si fonda in maggior misura su strategie analitiche.
A livello neurale, il corrispettivo di queste peculiarità nel funzionamento cognitivo dei pz Williams si riflette
nell’assenza di localizzazione e specializzazione nell’attivazione corticale in risposta alla presentazione di volti
umani, a dimostrazione che il processo di modularizzazione è deficitario in questi pazienti.
…
Il processo di modularizzazione per i domini dei volti è deficitario negli adulti con sindrome di Williams
Se l’elaborazione dei volti è atipica anche il processo di modularizzazione per i volti che caratterizza lo sviluppo
tipico dovrebbe essere diverso nella sindrome di Williams.
1 >> Infatti, si osserva che adulti con sindrome di Williams mostrano risposte neurofisiologiche simili per stimoli
sociali (volti) e non sociali (automobili).
Ciò significa che non si è verificato quel progressivo restringimento nei circuiti cerebrali responsabili della
percezione e riconoscimento dei volti: gli stimoli sociali e non sociali vengono elaborati in maniera analoga (assenza
di specializzazione).
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2 >> Inoltre, nel gruppo di controllo, l’elaborazione dei volti avviene in prevalenza nell’emisfero destro. Al contrario
i pazienti con sindrome di William mostrano una equivalente attivazione dell’emisfero destro e sinistro in risposta
ai volti (i.e., assenza di localizzazione).
L’aspetto più neurale del processo di modularizzazione, che è la localizzazione, qua non si osserva.
Il processo di modularizzazione per i domini dei volti è deficitario negli adulti con Williams
>> La mancanza di specializzazione e localizzazione nella percezione e riconoscimento dei volti nei pazienti con
sindrome di Williams indica che, nonostante la massiva esperienza con questa categoria di stimoli, in questa
popolazione clinica stenta ad emergere, nel corso dello sviluppo, un modulo per l’elaborazione specializzata dei
volti.
>> A partire da questi dati si ritiene che il profilo cognitivo-comportamentale dei bambini con sindrome di Williams
possa essere ricondotto ad un deficit aspecifico trasversale e generalizzato nei meccanismi attentive di base.
Le vulnerabilità genetiche mettono in atto delle atipie diffuse sul comportamento che hanno degli effetti
sull’ambiente e sull’interazione che da questo ambiente deriva.
Non elaborare le caratteristiche configurali dei volti è disfunzionale per riconoscere le emozioni e per attribuirgli un
significato.
>> Manca Williams, competenze sociali pag 42: è scorretto ipotizzare l’esistenza di competenze sociali e linguistiche
adeguate. Il modulo linguistico non è intatto, sebbene sia maggiormente adeguato rispetto ad altre aree di
funzionamento.
In sum, the application of the static adult neuropsychological model to developmental disorders ignores the
ontogenetic history of the organism, and the roots of development are often critical for understanding the dynamic
trajectory that leads to the sociocognitive end state.
Se studiare i disordini dello sviluppo secondo una prospettiva evolutiva significa focalizzarsi sulla storia ontogenetica
che porta a mettere in evidenza il disturbo e a focalizzarsi sulle radici dello sviluppo è chiaro che il l’approccio
neurocostruttivista allo sviluppo atipico porta con sé una serie di implicazioni
• per la ricerca,
• metodologie di studio
• strategie di intervento
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LE IMPLICAZIONI PER LA RICERCA
1 Individuare precocemente possibili traiettorie di sviluppo atipico: innanzitutto va posta maggiore
attenzione alla prima infanzia.
Piuttosto che concentrarsi sullo studio dei diversi disturbi esclusivamente quando questi sono emersi in maniera
evidente, quando una diagnosi è stata formulata, in età scolare o nell’adolescenza, è importante comprendere
come questi disturbi emergano nel corso dello sviluppo, dunque prima che raggiungano una fase conclamata à It
is easier to build strong children than to repair broken men
Dare importanza alla prevenzione e alla promozione dello sviluppo piuttosto che intervento e cura.
2 Monitorare tutti i domini dello sviluppo, anche quelli apparantemente preservati: in secondo luogo è
importante indagare possibili difficoltà che co-occorrono con le specifiche problematiche del bambino, poiché
deficit in apparenza dominio-specifici sono riconducibili a difficoltà di base trasversali alle aree dello sviluppo e sono
associati a deficit in aree di competenze diverse à monitorare tutti i domini, anche quelli apparentemente
preservati.
L’intervento precoce nei primi 3 anni di vita è stato dimostrato essere più
efficace rispetto ad interventi più tardivi (Doyle, Harmon, Heckman,
Tremblay, 2009).
Approccio neurocostruttivista
A very different strategy arises if the researcher considers the initial state of the cortex to be composed of many
interconnected parts, and that initially brain regions are not yet domain specific but ‘domain relevant’, i.e. have
certain neuronal and neurochemical properties that are somewhat more suitable for processing certain kinds of
inputs over others.
1) Studio dei precursori dei disordini cognitivi nell’infanzia, per individuare eventuali sottili deficit che
diventano via via più visibili con l’età quando il bambino processa stimoli via via più complessi
3 Monitorare i processi di sviluppo: poiché un determinato fenotipo atipico si costruisce nel corso
dell’epigenesi è importante seguire longitudinalmente la traiettoria di sviluppo delle diverse competenze.
Per monitorare il decorso di una traiettoria evolutiva fino dai primi mesi di vita, non è sufficiente valutare la
presenza/assenza di alcune abilità in un determinato momento dello sviluppo (i.e., cammina non cammina, parla
non parla ecc.).
E’ importante prendere in considerazione le traiettorie di sviluppo NEL TEMPO, anche perché è stato dimostrato
come aree di funzionamento che si sono dimostrate relativamente funzionali in un certo momento dello sviluppo
(ad esempio nell’età scolare o nell’adolescenza) non si collocano necessariamente allo stesso livello di
funzionamento in altre epoche dello sviluppo (ad esempio nella prima infanzia).
Questo aspetto introduce un concetto importante: i bambini a rischio a sviluppo atipico comunque si adattano
all’ambiente, sviluppano.
Si possono osservare differenze microscopiche o macroscopiche. Le differenze diventano sensate solo se confronto
traiettorie, non se confronto età. Se la variabile temporale diventa fondamentale per questo tipo di ricerca, diventa
fondamentale soprattutto in determinati periodi di tempo, i periodi sensibili.
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4 Confrontare più sindromi: confronto non solo tra sviluppo atipico vs tipico, ma anche tra le diverse traiettorie
atipiche per comprendere come traiettorie di sviluppo diverse determino diversi fenotipi.
L’atipicità da luogo ad una moltitudine di fenotipi atipici. Diversamente dall’impostazione neuropsicologica classica
che va alla ricerca di dissociazioni, il neurocostruttivista evolutivo va alla ricerca di associazioni: ipotizza che alcuni
indicatori precoci, cioè che alcune atipie generali, globali, del sistema possano essere comuni a molte sindromi dello
sviluppo (es. William e ASD).
5 Riconsiderare la nozione di ritardo e devianza (differenza tra esordio tardivo, ritardo nel ritmo di
acquisizione, esordio tardivo e ritardo nel ritmo di acquisizione)
Monitoro la prima infanzia, individuo degli indicatori, li seguo nel tempo, pongo attenzione ai periodi sensibili
(periodi in cui è molto più probabile che la traiettoria evolutive deragli).
SOLO DISPENSE
Nonostante l’apertura e la chiusura dei periodi critici sia determinata da fattori legati alla maturazione, alcune
tipologie di esperienze possono accellerare o ritardare l’apertura o chiusura di un periodo critico.
- Quando l’apertura si verifica prima del dovuto, il bambino può non essere pronto a ricevere le stimolazioni
che l’ambiente gli fornisce: precociuos critical period (bambini pretermine)
- Delayed critical period: non c’è quantità di esperienza sufficiente a determinare l’apertura di un periodo
critico (ritardo linguistico nei figli di madri depresse)
- Ambienti stimolati/svantaggiati possono estendere/ridurre la finestra di apertura: extended/narrowed
critical period
- Rimozione dei freni inibitori cellulari attraverso interventi genetici, farmacologici o comportamentali può
riaprire un periodo critico: reopened critical period
7 Identificare fattori di rischio e di protezione, fattori che migliorano o peggiorano la traiettoria di sviluppo.
fattori di rischio sono biologici, psico-sociali e socio-demografici, non operano in maniera isolata. Per i fattori di
protezione, si possono individuare anche quelli comuni a più disturbi dello sviluppo che hanno ripercussini positive
su un ampio raggio di circostanze atipiche.
2 Indagare le relazioni bidirezionali che si verificano a più livelli: come nello sviluppo tipico, anche nello
sviluppo atipico i cambiamenti si verificano a molteplici livelli che si influenzano reciprocamente attraverso
interazioni bidirezionali e occorre indagare 1. Livello genetico, 2. Livello neurale, 3. Livello cognitivo, 4.
Comportamento e 5. Ambiente.
RIPRESA
3 Utilizzare molteplici metodi di indagine