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A.A. 2011/2012
Dispense di Elettrotecnica
10 giugno 2012
Indice
i
ii INDICE
v
vi ELENCO DELLE FIGURE
2.12 Mappa del campo elettrico tra due sfere concentriche. . . . . 110
2.13 Conduttori paralleli di diverso potenziale elettrico. . . . . . . 112
2.14 Mappa del campo elettrico e del potenziale nel caso di due
conduttori cilindrici paralleli e indefiniti. . . . . . . . . . . . . 114
2.15 Carica puntiforme nel mezzo dielettrico 1 separato da una
superficie piana dal mezzo dielettrico 2. . . . . . . . . . . . . 115
2.16 Cariche puntiformi per l’analisi del campo elettrico nel mezzo
dielettrico 1. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
2.17 Carica puntiforme per l’analisi del campo elettrico nel mezzo
dielettrico 2. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
2.18 Conduttore in presenza del terreno. . . . . . . . . . . . . . . . 118
2.19 Conduttori paralleli su terreno. . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
2.20 Rete di capacità parziali di una linea trifilare. . . . . . . . . . 122
2.21 Linea bifilare in presenza del terreno. . . . . . . . . . . . . . . 123
2.22 Capacità parziali di una linea bifilare. . . . . . . . . . . . . . 125
2.23 Linea di trasmissione a 2 conduttori su terreno. . . . . . . . . 125
2.24 Rete capacitiva equivalente alla linea a due conduttori su
terreno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
2.25 Calcolo del campo elettrico coulombiano prodotto da due
conduttori sul terreno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
2.26 Campo elettrico prodotto da una linea bifilare sulla superficie
del terreno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
2.27 Campo elettrico prodotto da una linea bifilare ad un’altezza
y = 1.75 m dalla superficie del terreno. . . . . . . . . . . . . . 129
2.28 Circuito RC e tensione di alimentazione E(t). . . . . . . . . . 130
2.29 Tensione e corrente di carica di un condensatore. . . . . . . . 132
2.30 Tensione e corrente di scarica di un condensatore. . . . . . . . 133
2.31 Carica di un condensatore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
2.32 Potenza ed energia assorbita da un condensatore alimentato
da un generatore di corrente continua. . . . . . . . . . . . . . 137
2.33 Condensatore cilindrico a 3 strati. . . . . . . . . . . . . . . . 138
xiii
xiv ELENCO DELLE TABELLE
Prefazione
Giulio Antonini
L’Aquila, 10 giugno 2012
xv
xvi ELENCO DELLE TABELLE
Capitolo 1
Reti in corrente continua
1
2 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
1 q1 q2
F 12 = û12 (1.1.1)
4πε r 2
dove il parametro ε, caratteristico del mezzo in cui il fenomeno elettrico
si manifesta, è detto permittività elettrica e si misura in farad su metro
[F/m]=[C2 /J]. Nel vuoto la permittività è ε0 = 8.8564 · 10−12 F/m. Dunque,
tale forza è diretta lungo la congiungente tra le due cariche, proporzionale al
loro prodotto, inversamente proporzionale al quadrato della distanza che le
separa. Tale forza è repulsiva o attrattiva a seconda che le cariche abbiano
lo stesso segno o segno opposto, come illustrato in Fig. 1.1.
Figura 1.2: Somma vettoriale delle forze di Coulomb agenti su una carica.
1 q∆q
∆F c (P ) = 2 uQP (1.2.1)
4πε rQP
Piuttosto che la forza ∆F c conviene considerare il campo elettrico coulom-
biano definito come:
∆F c (P ) dF c
E c (P ) , lim = (1.2.2)
∆q→0 ∆q dq
che risulta pari a:
q
E c (P ) = 2 uQP (1.2.3)
4πεrQP
Il vettore E c (P ) è indipendente dalla carica esploratrice ∆q; essendo fun-
zione del punto P costituisce un campo vettoriale detto campo elettrico
4 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
Ec
lc t
Ec t2
B
t1
l2
Ec
A l1
Figura 1.5: Integrali di linea del campo elettrico coulombiano lungo due
diverse linee congiungenti gli stessi punto A e B.
i(t)
Se si assume che al tempo t0 sia già passata una carica q(t0 ) attraverso la
superficie S, nella direzione della normale orientata n (Fig. 1.6), la carica
totale al tempo t che è passata attraverso S è:
Z t
q(t) = q(t0 ) + i(τ )dτ (1.4.2)
t0
J = γE (1.5.1)
∂V ∂V ∂V
Ecx = − Ecy = − Ecz = − (1.5.3)
∂x ∂y ∂z
1.5. LEGGE DI OHM 9
Nel caso considerato esiste una sola componente del campo coulombiano,
quella lungo l’asse x e dunque si ha
∂V
Ecx = − Ecy = Ecz = 0 (1.5.4)
∂x
Integrando lungo l’asse x a partire dalla superficie posta all’ascissa x = xA
fino a quella posta in x = xB si ottiene:
B xB xB
∂V
Z Z Z
E c · dl = Ecx dx = El = − dx = VA − VB (1.5.5)
A xA xA ∂x
VA − VB
J =γ (1.5.6)
l
Si può inoltre calcolare l’intensità di corrente totale che attraversa la sezione
trasversale del conduttore:
VA − VB
Z
I= J · ndS = JS = γS (1.5.7)
S l
da cui si ricava:
l ̺l
VA − VB = V = I = I = RI (1.5.8)
γS S
La legge di Ohm V = RI afferma che, a temperatura costante, esiste una
proporzionalità tra la differenza di potenziale agli estremi di un conduttore
filiforme e l’intensità di corrente che attraversa il conduttore stesso.
Il coefficiente di proporzionalità è detto resistenza ohmica del con-
duttore. Si misura in ohm (Ω). E’ possibile anche scrivere la relazione
inversa:
γS
I= (VA − VB ) = G (VA − VB ) = GV (1.5.9)
l
Il coefficiente di proporzionalità è detto conduttanza del conduttore e si
misura in siemens (S). Esistono materiali per i quali non è possibile trovare
una proporzionalità tra d.d.p. e intensità di corrente e per i quali vale
invece un legame più generale del tipo V = f (I) dove f (I) esprime una
dipendenza non lineare da I. In questo caso si parla di resistori non lineari.
La corrispondente resistenza è f (I)/I e, al contrario dei resistori ohmici,
dipende dall’intensità di corrente I. La Fig. 1.8 illustra alcune possibili
caratteristiche volt-amperometriche di resistori lineari e non lineari.
10 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
V V
I I
V V V
I I I
̺(T ) = ̺0 (1 + αT ) (1.5.10)
A I
Generatore
ideale Vg R
di tensione
Vg
Vg
(a) (b)
Ig V
Ig
I
(a) (b)
nodo A
I
verso di misura di I
verso di misura di VAB
VAB
nodo B
I1
I2
I5
I4
I3
Nn
X
±Ik = 0 (1.7.2)
k=1
16 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
Il segno della somma algebrica tiene conto dei versi di misura sui lati che
si toccano nel nodo: ad esempio positivo se entrante, negativo se uscente
(oppure il contrario). Nell’esempio: I1 − I2 + I3 − I4 − I5 = 0.
II Principio di Kirchhoff : la somma algebrica delle tensioni dei
lati appartenenti ad una maglia è uguale a zero. E’ conseguenza della
legge rotE = ∇ × E = 0 valida in regime stazionario (campo elettrico
conservativo).
R1
I1 I2
VR1
VR 2
V g1 R2
VR3 V g2
I3
R3
V g3
Nl
X
±Vk = 0 (1.7.3)
k=1
Vg1
A
B
Vg3
dove il segno meno tiene conto della polarità dei singoli generatori di tensione
rispetto a quella assunta per il generatore equivalente Vg,eq .
18 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
= Ig,eq =I g1 -I g2 +I g3
I g1 Ig2 Ig3
B
dove il segno meno tiene conto della polarità dei singoli generatori di corrente
rispetto a quella assunta per il generatore equivalente Ig,eq .
Casi patologici
Non ha significato fisico il collegamento in parallelo di generatori ideali di
tensione nè il collegamento in serie di generatori ideali di corrente.
I − I1 − I2 = 0 VA − VB = R1 I1 = R2 I2 (1.8.5)
R2 R1
I1 = I I2 = I (1.8.6)
R1 + R2 R1 + R2
1.8.2 Shunt
Se la corrente che percorre un circuito è cosı̀ intensa da non essere toller-
ata da uno strumento di misura (amperometro o galvanometro) si usa il
deviatore di corrente o shunt.
Si genera cosı̀ un percorso ad elevata conducibilità, bassa resistenza, in
parallelo allo strumento di misura che viene cosı̀ attraversato da una corrente
1.8. INTERCONNESSIONE DI RESISTENZE E GENERATORI IDEALI19
R1
I1
I I2
R2
V A -VB
Rs RA /K
IA = I= I
Rs + RA RA /K + RA
1
= I (1.8.7)
K +1
• a cassetta;
• a tastiera.
Vu
Ru
Iu
Rp Rp Rp Rp Rp
Ip I p +I u
n
1 2 k n-1
I
V
Ip = R2
(1.8.10)
nRp + (n − k) k Rup
kRp
Iu = Ip (1.8.11)
Ru
Il partitore di tensione permette di alimentare con una tensione continua Vu
l’utilizzatore avendo a disposizione una tensione di alimentazione V > Vu .
Indichiamo m = Vu /V il rapporto di trasformazione del partitore e con
η il rendimento di trasformazione, uguale al rapporto tra la potenza fornita
all’utilizzatore e quella assorbita dal partitore:
Vu Iu Iu
η= =m (1.8.12)
V (Iu + Ip ) Iu + Ip
Parametri: Rp = 1 Ω, Ru = 2 Ω, V = 1 V , n = 20.
Si evince che, onde mantenere il rendimento di trasformazione entro valori
accettabili da un punto di vista economico, il partitore va utilizzato per
valori di m superiori a 0.85.
% Partitore_tensione.m
clear, clc, close all
Rp=1; Ru=2; n=20; k=[1:n];V=1;
Ip=V./(n*Rp+(n-k).*k*Rp^2/Ru);
Iu=k.*Rp/Ru.*Ip;
Vu=Ru*Iu;
m=Vu./V;
eta=m.*Iu./(Iu+Ip);
figure plot(k,Ip,k,Iu,’--’,’linewidth’,2)
xlabel(’k partitore’)
ylabel(’I [A]’)
legend(’I_p’,’I_u’)
figure
plot(m,eta,’--’,’linewidth’,2)
22 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
0.5
Ip
Iu
0.45
0.4
0.35
0.3
I [A]
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
k partitore
0.9
0.8
0.7
Rendimento del partitore η
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
m
xlabel(’m’)
VAB
RAB = (1.8.13)
I
Figura 1.23: Resistenza equivalente di una rete vista da due suoi nodi.
Nell’esempio si trova:
−1
1 1 1 1 1 1 1
= + + ⇒ RAB = + + (1.8.14)
RAB R1 R2 R3 + R4 R1 R2 R3 + R4
I
Rg
vg
Vg
I
I’
Ig vg
R g*
Rg∗ = Rg (1.10.3)
I I
Rg I’
Rg vg
vg =
Ig=Vg/R g
Vg
Una qualsiasi rete elettrica vista tra una coppia di suoi nodi può essere
considerata un bipolo elettrico.
La relazione che intercorre tra la d.d.p. V e la corrente I prende il nome
di caratteristica del bipolo e può essere tracciata solo dopo aver fissato
le convenzioni di segno (verso di misura) per le suddette grandezze.
Sia V che I sono individuate da un valore (in volt ed in ampere), da una
polarità per la tensione ed un verso per la corrente. Assumiamo di misurare
la tensione V come VAB = VA − VB .
A questo punto sono possibili due scelte per il verso di misura della
corrente che, insieme a quello della tensione, determina la convenzione per
le potenze.
A
I
VAB
A
I
VAB
I I
Rg Rg
V V
Vg Vg
V = V g-RgI V = -V g-RgI
I I
Rg Rg
V V
Vg Vg
V = V g+R gI V = -V g+R gI
Si osservi che la legge di Ohm per una resistenza ohmica R può essere
ottenuta come caso particolare della legge di Ohm generalizzata nel caso
Vg = 0.
I I
R V R V
V = RI V = -RI
Esempio
Per il circuito in Fig. 1.34:
R1 R2
V1 V2
Vg1 Vg2
Vg1 − R1 I − R2 I − Vg2 = 0
V1 = Vg1 − R1 I = 4 V V2 = Vg2 + R2 I = 4 V
e naturalmente coincidono.
La potenza dissipata nelle resistenze per effetto Joule è:
PR1 = R1 I 2 = 4 W PR2 = R2 I 2 = 2 W
Tali potenze sono sempre positive essendo valutate con la C.d.U. e rappre-
sentano le potenze dissipate nelle resistenze.
La potenza associata ai generatori è:
che, come si vedrà, è una verifica del principio di conservazione delle potenze.
1.10. GENERATORE REALE DI CORRENTE 33
Rg
Ru
Vg
2 Vg2
Pu = Ru I = Ru (1.10.6)
(Rg + Ru )2
Il valore di Ru che permette di massimizzare il valore di Pu si ottiene
imponendo ∂Pu /∂Ru = 0 e dunque:
Vg2
Rg + Ru − 2Ru = 0 ⇒ Ru = Rg ⇒ Pu,max = (1.10.8)
4Rg
2
Pu Vg2 4Rg 4Ru Rg 4α
= Ru = 2 = 2 (1.10.9)
Pu,max Rg + Ru Vg2 Rg + 2Ru Rg + Ru2 α + 2α + 1
essendo α = Ru /Rg .
34 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
0.9
0.8
0.7
0.6
Pu/Pmax
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5
α=Ru/Rg
0.9
0.8
0.7
0.6
Rendimento generatore η
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5
α=R /R
u g
% Adattamento.m
clear, clc, close all;
Ru=[0.1:0.3:10];
Rg=2;
Vg=1;
Pmax=Vg^2/(4*Rg);
alpha=Ru./Rg;
Pu_over_Pmax=4*alpha./(alpha.^2+2*alpha+1);
eta=alpha./(alpha+1);
figure
plot(Ru/Rg,Pu_over_Pmax,’linewidth’,2)
xlabel(’\alpha=R_u/R_g’)
ylabel(’P_u/P_max’)
figure
plot(Ru/Rg,eta,’linewidth’,2)
xlabel(’\alpha=R_u/R_g’)
ylabel(’Rendimento generatore \eta’)
36 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
PJ RI 2
p= = = ρJ 2 (1.10.14)
v v
Utilizzando le unità di misura del sistema internazionale (SI) p è
espressa in W/m3 .
Essendo inoltre:
2
PJ,max = pv = ρJmax v (1.10.16)
la (1.10.15) consente di di ottenere:
s
∆tmax
Jmax = (1.10.17)
Rterm ρv
1. Metodo di Tableau
2. Formule di Millmann
4. Teorema di Thevènin
5. Teorema di Tellegen
Nota bene!! Tutti i metodi e teoremi qui elencati possono essere applicati
con le stesse modalità sia a circuiti lineari in corrente continua che in regime
alternativo sinusoidale.
I1 − I2 − I3 = 0
40 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
R1 R2 R3
Vs1 Vs3
1
I1 I2 I3
Vl1
Vl3
R1 R2 R3
Vl2
Vs1 Vs3
Vl1 = V1 − V0 = V1 = −Vs1 − R1 I1
Vl2 = V1 − V0 = V1 = R2 I2
Vl3 = V1 − V0 = V1 = −Vs3 + R3 I3
In forma matriciale le precedenti equazioni possono essere riscritte come
1 −1 −1 0 I1 0
R1 0 0 1
· I2 = −Vs1
0 −R2 0 1 I3 0
0 0 −R3 1 V1 −Vs3
1.11. TEOREMI E METODI DI SOLUZIONE DELLE RETI ELETTRICHE LINEARI41
La soluzione fornisce:
I1 = −0.6364 A
I2 = −0.4545 A
I3 = −0.1818 A
V1 = −1.3636 V
%Esempio_tableau.m
clear
Vs1=2; Vs3=1;
R1=1; R2=3;, R3=2;
x=mat_tableau\termine_noto;
I1=x(1);
I2=x(2);
I3=x(3);
V1=x(4);
Vl1=V1;
Vl2=V1;
Vl3=V1;
Pl1=Vl1*I1;
Pl2=Vl2*I2;
Pl3=Vl3*I3;
I1 I2 Il
R1 R2 Vl2 Rl Vll
Vl1 …………
Vl1 = VA − V0 = Vs1 − R1 I1
Vl2 = VA − V0 = Vs2 − R2 I2 (1.11.1)
··· = ··· = ···
Vll = VA − V0 = Vsl − Rl Il
e infine
Pl
G1 Vs1 + G2 Vs2 + · · · + Gl Vsl k=1 Gk Vsk
VA = = l
(1.11.6)
G1 + G2 + · · · + Gl
P
k=1 Gk
che rappresenta la media delle tensioni dei generatori ideali pesata con le
conduttanze dei vari lati.
La stessa rete può essere ridisegnata trasformando ogni generatore reale
di tensione nel corrispondente generatore reale di corrente equivalente
A
A
R1 Is1 R 2 Is2
…….
Rl Isl Ise Re
0 0
• Si dice lineare una rete elettrica i cui elementi passivi (resistenze (in
futuro capacità ed induttanze)) sono quantità che non dipendono dalle
grandezze elettriche (tensioni e correnti);
• Ciascuno di tali problemi può essere risolto, oltre che con metodi gen-
erali di analisi delle reti, anche attraverso trasformazioni di equivalenza
(serie, parallelo, triangolo-stella, stella-triangolo).
A
I0
I2
I R0
I R2 I3 R1
R1
R2
I1 Ig0 R0
R3
I g2 R2 I1
V g1
Vg2
V g1
• la resistenza RAB vista dai nodi A e B della rete lineare resa passiva,
cioè dopo aver cortocircuitato tutti i generatori ideali di tensione e
aperto tutti i generatori ideali di corrente.
(VA − VB )0 0
VAB
I= = (1.11.10)
RAB + R RAB + R
48 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
I
A
RAB
VAB R
VAB0
• la resistenza RAB vista dai nodi A e B della rete lineare resa passiva,
cioè dopo aver cortocircuitato tutti i generatori ideali di tensione e
aperto tutti i generatori ideali di corrente.
Il circuito equivalente second Norton della rete lineare attiva diventa quello
rappresentato in Fig. 1.45:
I
A
0
VAB
cc
IAB = (1.11.11)
RAB
Per il circuito in Fig. 1.46 calcolare la corrente che circola nella resistenza
R3 utilizzando:
• il Principio di Sovrapposizione degli Effetti;
• il teorema di Thevènin.
R2
R1 Is2 R3 R4
Vs1
Dati:
• Vs1 = 10 V, Is2 = 3 A
• R1 = 1 Ω, R2 = 3 Ω, R3 = 2.5 Ω, R4 = 2 Ω
Risultato: IR3 = 1.13 A.
R3 R4
Req = R2 +
R3 + R4
Applicando la regola del partitore di corrente si può scrivere:
R1
Ieq = Is2
R1 + Req
1.11. TEOREMI E METODI DI SOLUZIONE DELLE RETI ELETTRICHE LINEARI51
R2
I3'
R1 Is2 R3 R4
Ieq
R1 Is2 Req
R4
I3′ = Ieq = 0.261 A
R3 + R4
Circuito 2
Ora si lascia attivo il generatore di tensione Vs1 e si disattiva il generatore
di corrente 2 aprendolo (Fig. 1.49).
La corrente che circola nel generatore Vs1 è:
Vs1
I1 = R3 R4
R1 + R2 + R3 +R4
R4
I3′′ = I1 = 0.869 A
R3 + R4
52 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
R2
I3'
R1
R3 R4
Vs1
Avendo assunto nei due problemi lo stesso verso di misura per le correnti
I3′ e I3′′ , la corrente totale che attraversa la resistenza R3 è:
R2
R1 Is2 VAB0 R4
Vs1
B
R2
equivalente
Vs1
Ieq = Is1 + Is2 = + Is2
R1
come illustrato in Fig. 1.52. Inoltre, il generatore reale di corrente cosı̀ gen-
R2
R1 Ieq VAB0 R4
R2
I1 A
R1
VAB0 R4
Veq
B
R2
R1 RAB R4
Figura 1.53: Calcolo della resistenza a vuoto vista dai morsetti AB della
rete resa passiva.
I3
A
R3
VAB 0
i Ik j
Vlk =(Vi-V j ) k
[Vl ]T [Il ] = 0
Vs4 R4
R1 ''
E A B
R3
R 1' R2 R5' R 5'''
Is5
Is1
F C D
R1 ''' R 5'
Figura 1.56: Esercizio proposto per l’applicazione del metodo dei nodi.
Vs4 R4
R1''
A B
R3
R1 '
R2 R5' R 5'''
Vs1
C
R1''' R5 ' Vs5
Vs4 R4
A
B
R3 Vs5
R1
R2
R5
Vs1
R5′
′
Is5 =
Is5
R5
Il passo successivo consiste nell’imporre il I Principio di Kirchhoff nei
nodi indipendenti A e B.
′
−Is1 + IR1 + I2 + I3 − IR4 + Is4 = 0
′
−I3 − IR5 + Is5 + IR4 − Is4 = 0
Tenendo conto delle convenzioni assunte in Fig. 1.58, le correnti incognite
possono essere espresse in funzione dei potenziali nodali come:
Vl1 (VC − VA ) VA
IR1 = = =−
R1 R1 R1
1.14. IL METODO DEI NODI 61
Vl4
R4
IR4
Is4 I4
I1 A R3 B I5
Vl1 I3 I
Vl3 R5
R1 R2 Vl2 R5
Vl5
Is1'
IR1 I2 Is5'
I1 C I5
Vl2 (VC − VA ) VA
I2 = = =−
R2 R2 R2
Vl3 VB − VA
I3 = =
R3 R3
Vl4 VA − VB
IR4 = =
R4 R4
Vl5 VB − VC VB
IR5 = = =
R5 R5 R5
Sostituendo nelle equazioni ottenute imponendo il I Principio di Kirchhoff
nei nodi indipendenti, si ottiene:
VA VA VA VB VA VB ′
+ + − + − = −Is1 + Is4
R1 R2 R3 R3 R4 R4
VB VA VB VA VB ′
− + − + = −Is4 + Is5
R3 R3 R4 R4 R5
Le precedenti equazioni possono essere riscritte in forma matriciale come:
VA = 0.807 V, VB = 0.644 V
Dunque si ha:
Pg = PR
Tale risultato fornisce un ulteriore verifica del teorema di Tellegen.
%
clear all
Is1=2; Is5=1; Vs4=1;
R11=2; R12=3; R13=8;
R2=2;
R3=5;
R4=1;
R51=6; R52=2; R53=1;
R6=R52*R53/(R52+R53);
R7=R11+R12+R13;
R8=R6+R51;
Gn=[1/R2+1/R7+1/R3+1/R4 -1/R3-1/R4;
-1/R3-1/R4 1/R3+1/R4+1/R8];
Isn=[Vs4/R4-R11/R7*Is1;
-Vs4/R4+R51/R8*Is5];
Vn=Gn\Isn;
IR3n=(Vn(1)-Vn(2))/R3;
PR3n=R3*IR3n^2;
%
1.14. IL METODO DEI NODI 65
R2 Vs2
A B Is5 C
R5
R7 R6
R1 R3 R4
R8
Vs6
Vs1
D V =0
D
Dati:
Vs1 = 1 V, Vs2 = 3 V, Is5 = 1 A, Vs6 = 2 V,
R1 = 1 Ω, R2 = 5 Ω, R3 = 2 Ω, R4 = 1 Ω
R5 = 3 Ω, R6 = 1 Ω, R7 = 2 Ω, R8 = 3 Ω
[Risp: VA = −0.9887 V, VB = −0.4036 V, VC = −0.6807 V].
Nel caso che nella rete non ci siano lati che risultino generatori ideali di
tensione è possibile costruire per ispezione diretta sia la matrice delle con-
duttanze nodali Gn che il vettore dei termini noti, detto anche delle sorgenti
di corrente nodali Isn .
66 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
• ciascun elemento del vettore Isn è pari alla somma algebrica delle cor-
renti erogate dai generatori ideali di corrente che hanno nel nodo i un
proprio estremo; sono da considerarsi positive quelle entranti nel nodo
i, negative quelle uscenti dal nodo i.
Esercizio_nodi.m
% Esercizio proposto a pag. 65 del libro
% "Appunti di Elettrotecnica", S. Cristina,
% Edizioni Progetto Leonardo, Bologna"
clear
Vg1=8; Vg3=16; Vg4=6; Ig6=2; R1=1; R2=2; R3=2; R4=1; R5=2; R6=1;
Ign=[Ig1+Ig3;-Ig3-Ig4+Ig6;-Ig1+Ig4];
% Potenziali nodali
Vn=Gn\Ign;
% Tensioni di lato
Vl1=Va-Vc;
Vl2=Vl1;
Vl3=Va-Vb;
Vl4=Vb-Vc;
Vl5=Vc;
Vl6=Vb;
% Correnti di lato
I1=(Vg1-Vl1)/R1;
I2=Vl2/R2;
I3=(Vg3-Vl3)/R3;
I4=(Vl4+Vg4)/R4;
I5=Vl5/R5;
I6=-Vb/R6;
% Potenze
68 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
Pg1=Vg1*I1;
Pg3=Vg3*I3;
Pg4=Vg4*I4;
Pg6=Vb*Ig6;
PR1=R1*I1^2;
PR2=R2*I2^2;
PR3=R3*I3^2;
PR4=R4*I4^2;
PR5=R5*I5^2;
PR6=R6*I6^2;
Pg=Pg1+Pg3+Pg4+Pg6;
PR=PR1+PR2+PR3+PR4+PR5+PR6;
1.15. IL METODO DELLE MAGLIE 69
R2
R1
1 2
Vs1 Vs3 R3
R6 R5 Is5
R4
4 3
Figura 1.60: Esercizio proposto per l’applicazione del metodo delle maglie.
Vl2
I2 R2
R1 Vl3
1 2
I6
I1 I3 R4+R 5
Vs1 Vs3 R3
Vl1 I4
Vl6
R6 Vs5
R4
4 Vl4
Vl1 − Vl6 = 0
−Vl2 + Vl3 = 0
Vl6 − Vl2 − Vl4 = 0
Vl1 = Vs1 − R1 I1
Vl2 = R2 I2
Vl3 = Vs3 − R3 I3
Vl4 = Vs5 − (R4 + R5 ) I4
Vl6 = R6 I6
Le correnti di lato possono essere relazionate alle correnti di maglia (le cor-
renti nei lati del co-albero (corde)) attraverso il I Principio di Kirchhoff; nel
72 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
I1 = Im1
I2 = Im2 + Im3
I3 = Im2
I4 = −Im3
I6 = Im1 − Im3
Si trova
Im1 = −0.0521 A
Im2 = 1.1806 A
Im3 = −1.1042 A
I1 = Im1 = −0.0521 A
I2 = Im2 + Im3 = 0.0764 A
I3 = Im2 = 1.1806 A
I4 = −Im3 = 1.1042 A
I6 = Im1 − Im3 = 1.0521 A
1.15. IL METODO DELLE MAGLIE 73
V1 = Vl1 = 1.0521 V
V2 = Vl4 = 0.8229 V
V3 = −R4 I4 = −2.7604 V
clear clc,
close all
Vs5=R5*Is5;
I1=Im(1);
I2=Im(2)+Im(3);
I3=Im(2);
I4=-Im(3);
I6=Im(1)-Im(3);
Vl1=Vs1-R1*I1;
Vl2=R2*I2;
Vl3=Vs3-R3*I3;
Vl4=Vs5-(R4+R5)*I4;
Vl6=R6*I6;
V1=Vl1;
V2=Vl4;
V3=-R4*I4;
IR5=(V2-V3)/R5;
1.15. IL METODO DELLE MAGLIE 75
Pg=Pg1+Pg3+Pg5;
PR=PR1+PR2+PR3+PR4+PR5+PR6;
76 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
l2
Grafo
1 2
l3
l1 l6
l4
4
l2
Albero
1 2
l6
Coalbero
1 2
l3
l1 l4
Figura 1.62: Grafo, albero e co-albero orientati per il circuito di Fig. 1.60.
1.15. IL METODO DELLE MAGLIE 77
l2
1 2
m1
l1 l6
4
l2
1 2
m2
l3
l6
l2
1 2
l6 m3 l4
4
Figura 1.63: Maglie indipendenti per il circuito di Fig. 1.60.
78 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
Nel caso che nella rete non ci siano lati che risultino generatori ideali di cor-
rente è possibile costruire per ispezione diretta sia la matrice delle resistenze
di maglia Rm che il vettore dei termini noti, detto anche delle sorgenti di
tensione di maglia Vsm .
Gli elementi della matrice delle resistenze di maglia Rm sono deter-
minabili in funzione delle resistenze dei vari lati della rete elettrica in esame
secondo le seguenti regole:
• ciascun elemento sulla diagonale principale Rm (i, i), detto auto-resistenza
della maglia i, è uguale alla somma delle resistenze di tutti i lati
appartenenti alla maglia i;
R4 Vs4
Is2
Vs2 Vs6
R1 R2
R3 R5 Is5
Vs1 R6
A
RA
RAB RCA
O
RB RC
B
RBC
C B
RA = RB = RC = RS (1.16.7)
1.16. TRASFORMAZIONE TRIANGOLO-STELLA 81
Mezzo conduttore
Elettrodi semisferici
I E ρI
J(r) = 2
= →E= (1.17.1)
2πr ρ 2πr 2
1.17. DISPERSORE SEMISFERICO 83
dV dV ρI ρI
E(r) = − r̂ → E = − = 2
→ −dV = dr (1.17.2)
dr dr 2πr 2πr 2
Integrando tra r1 e r2 si ottiene:
V2 r2
ρI
Z Z
− dV = dr (1.17.3)
V1 r1 2πr 2
ρI 1 1
V1 − V2 = V = − (1.17.4)
2π r1 r2
Se si calcola il limite della (1.17.4) per r2 → ∞ si ottiene:
ρI
V = (1.17.5)
2πr1
V ρ
Rt = = (1.17.6)
I 2πr1
Parametri: I = 20 A, r1 = 2 m, ρ = 100Ω m.
84 CAPITOLO 1. RETI IN CORRENTE CONTINUA
40
35
30
25
E [V/m]
20
15
10
0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
distanza dal dispersore [m]
80
70
60
50
V [V]
40
30
20
10
0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
distanza dal dispersore [m]
Figura 1.67: Campo elettrico E (in alto) e potenziale V (in basso) generati
nel terreno da un elettrodo semisferico.
Codice Matlab
% Dispersore_semisferico.m
clear, close all, clc;
I=10;
rho=100;
r1=2;
r=[r1:0.5*r1:50*r1];
E=rho*I./(2*pi*r.^2);
1.17. DISPERSORE SEMISFERICO 85
V=rho*I./(2*pi*r);
figure
plot(r,E,’linewidth’,2)
xlabel(’distanza dal dispersore [m]’)
ylabel(’E [V/m]’)
figure plot(r,V,’linewidth’,2);
xlabel(’distanza
dal dispersore[m]’)
ylabel(’V [V]’)
Dispersore cilindrico
Un dispersore semisferico ha elevati costi di realizzazione e di manuten-
zione. Normalmente si preferisce ricorrere a dispersori di forma diversa. Il
dispersore più comune è quello cilindrico. Nel caso di un dispersore cilindri-
87
88 BIBLIOGRAFIA
Capitolo 2
Fenomeni dielettrici e
capacità
2. l’applicazione di una d.d.p. variabile nel tempo tra le piastre del con-
densatore è causa del passaggio di una corrente attraverso il circuito;
tale corrente è detta corrente di spostamento.
89
90 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
+Q(t) -Q(t)
E(t)
Js(t)
+
v(t)
D(P, t) = ε(P )E(P, t) = ε(P ) [E c (P, t) + E i (P, t)] ≃ ε(P )E c (P, t) (2.1.3)
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 91
2.1.2 Dielettrici
I dielettrici possono essere classificati in base alle loro caratteristiche di
omogeneità, isotropia, linearità.
• omogenei e non omogenei: la permittività può variare all’interno del
mezzo, al variare dunque del punto P di valutazione;
∇ · D = ̺cl (2.2.2)
1. l’integrale della derivata normale Rdi V (P, t) sul contorno del dominio
esteso a tutto il contorno è nullo: S ∂V /∂ndS = 0;
2. il valore di una funzione armonica V (P, t) in un punto P è pari alla
media dei suoi valori su qualsiasi superficie sferica centrata in P ;
3. i massimi e i minimi di una funzione armonica V sono localizzati sul
contorno del dominio;
4. se una funzione armonica V (P, t) è costante sul contorno, lo è in tutto
il dominio.
Una volta determinato il potenziale elettrico V (P, t), dal gradiente di questo
(2.2.1) si determina il campo coulombiano E c ed il corrispondente vettore
spostamento D.
1
In coordinate cartesiane l’equazione (2.2.3) si scrive come
∂ 2 V (P, t) ∂ 2 V (P, t) ∂ 2 V (P, t) ̺cl
2
+ 2
+ =− (2.2.4)
∂ x ∂ y ∂2z ε
che costituisce un’equazione differenziale alle derivate parziali che lega le derivate parziali
seconde del potenziale elettrico e la densità di carica libera.
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 93
qcl
Il teorema di Gauss stabilisce il legame tra il flusso del vettore sposta- Teorema di Gauss
mento elettrico D = εE attraverso una superficie chiusa Sc e la carica
elettrica (carica libera) contenuta nel volume τ racchiuso da Sc .
Il teorema afferma che il flusso del vettore spostamento elettrico D = εE
attraverso una superficie chiusa Sc è uguale alla carica elettrica racchiusa
nella superficie stessa.
I Z
D(P, t) · nest dS = qcl (t) = ̺cl (P, t) dτ (2.2.7)
Sc τ
e dunque
divD (P, t) = ̺cl (P, t) (2.2.9)
In coordinate cartesiane la (2.2.9) si scrive come:
+Q -Q
E
DS = Q (2.2.11)
Corrente di spostamento
Calcoliamo la corrente di spostamento che attraversa il condensatore piano
(con armature piane e parallele). Assumendo il campo elettrico uniforme
e perpendicolare alla armature in ogni punto interno al condensatore, la
densità di corrente di spostamento in tale struttura può essere espressa come:
dV (t)
iS = JS (t)S = C (2.2.16)
dt
Rigidità dielettrica
Qualunque dielettrico reale perde le sue proprietà isolanti risultando di con-
seguenza sede di corrente di conduzione, allorchè il campo elettrico cui è
sottoposto supera un determinato valore massimo, detto rigidità dielettrica,
caratteristico del dielettrico stesso.
La tabella 2.1 riporta, per i dielettrici più comuni, il valore della permit-
tività dielettrica relativa ed il valore della rigidità dielettrica.
96 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
C1 C2 Cn-1 Cn
+Q -Q +Q -Q +Q -Q +Q -Q
V1 V2 Vn-1 Vn
Cs
+Q -Q
n
!−1
X 1
Cs = (2.2.19)
Ci
i=1
Q1 = C1 V Q 2 = C2 V · · ·
· · · Qn−1 = Cn−1 V Q n = Cn V (2.2.20)
Q = Q1 + Q2 + · · · Qn−1 + Qn (2.2.21)
n
X
Cp = Ci (2.2.22)
i=1
98 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
C1
+Q 1 -Q 1
C2
+Q 2 -Q 2 Cp
+Q -Q
Cn-1
+Q n-1 -Q n-1 V
Cn
+Q n -Q n
V = V1 + V2 + V3 = E1 d1 + E2 d2 + E3 d3 (2.2.23)
1 1 1 1
= + + (2.2.24)
C C1 C2 C3
1
C = d1 d2 d3
(2.2.25)
ε1 S + ε2 S + ε3 S
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 99
Figura 2.5: Condensatore con armature piane e parallele con più dielettrici.
100 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
r P
V=0
O
r0 r0 R
Q’ Q’
(a) (b)
r0
(c)
Q′ = DS ′ = D2πr (2.2.26)
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 101
D Q′
Er = = (2.2.27)
ε 2πεr
Il campo coulombiano ha dunque la sola componente radiale Er che può
essere espressa come:
dV
Er = − (2.2.28)
dr
La differenza di potenziale tra il generico punto a distanza r ed un punto a
distanza R è data dall’espressione:
Z r
Q′ R
V (r) − V (R) = − Er dr = ln (2.2.29)
R 2πε r
Esercizio 2.2.1
V0 r1
r2
V=0
dove S ′ è, come prima, la superficie laterale per unità di lunghezza. Si può
dunque scrivere:
Q′
Er = (2.2.32)
2πεr
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 103
da cui si ottiene:
Q′ 1 r2 1 r3 1 r4
V0 = ln + ln + ln + ··· (2.2.36)
2π ε1 r1 ε2 r2 ε3 r3
Si può cosı̀ calcolare la capacità per unità di lunghezza:
!−1
X 2π
C′ = 1/Ci′ =P (2.2.37)
i i 1/εi ln (ri+1 /ri )
Q′
E c,1 = (2.2.40)
2πε1 r
Q′
E c,2 = (2.2.41)
2πε2 r
r3
r2
r1
Q′ 1
r2 1 r3
Vs = ln + ln (2.2.43)
2π ε1 r1 ε2 r2
Q′ 2π
C′ = = r2 = 249 pF/m (2.2.44)
Vs 1
ε1 ln r1 + ε12 ln rr32
Esercizio 2.2.3
Vs
R0
R3
R1
e3 R2 e1
e2
Q′
Ec,i (r) = (2.2.51)
2πεi r
Q′ R1 Q′ R2 Q′ R3
V (R0 ) = Vs = ln + ln + ln
2πε1 R0 2πε2 R1 2πε3 R2
La capacità per unità di lunghezza è pertanto:
Q′ 2π
C′ = = P3 1 ri
= 151.69 pF/m
Vs i=1 ε ln r
i i−1
Q′ = C ′ Vs = 30.338µC/m
Q′
Ec1,max = = 991.50kV/cm
2πε1 R0
Q′
Ec2,max = = 545.32kV/cm
2πε2 R1
Q′
Ec3,max = = 568.04kV/cm
2πε3 R2
Dunque il campo massimo presente nel primo mezzo è maggiore della sua
rigidità dielettrica Rd1 e pertanto cede dando luogo a perforazione. E’ impor-
tante quindi per un condensatore valutare la massima tensione applicabile
senza che alcuno dei dielettrici perda le sue caratteristiche dielettriche. Si
definisce tensione di scarica del condensatore tale tensione. Ci poniamo
ora il problema di calcolarla.
108 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
Per ogni dielettrico possiamo calcolare una tensione di scarica come quel-
la tensione che realizza nei punti più critici un campo pari alla rigidità
dielettrica:
Q′ C ′ Vsca1 2πε1 R0
Rd1 = = → Vsca1 = Rd1 = 121kV
2πε1 R0 2πε1 R0 C′
Q′ C ′ Vsca2 2πε2 R1
Rd2 = = → Vsca2 = Rd2 = 366.7kV
2πε2 R1 2πε2 R1 C′
Q′ C ′ Vsca3 2πε3 R2
Rd3 = = → Vsca3 = Rd3 = 492.8kV
2πε3 R2 2πε3 R2 C′
La tensione di scarica corrisponde alla minima delle tre tensioni in quanto
corrisponde alla condizione più restrittiva. Dunque, per il condensatore in
esame, si ha:
Vsca = 121kV
E’ confermato che la tensione applicata Vs = 200 kV causa il cedimento del
condensatore (in corrispondenza del raggio minore del primo dielettrico).
Esercizio 2.2.4
Esercizio 2.2.5
Esercizio 2.2.6
V0
r1
r2
V=0
K1
V =− + K2 (2.2.53)
r
in cui le costanti di integrazione si determinano imponendo i valori del poten-
ziale sulla sfera interna, V = V0 , e su quella esterna V = 0. Si ottiene, per
r = r1
K1
V0 = − + K2 (2.2.54)
r1
e per r = r2
K1
0=− + K2 (2.2.55)
r2
da cui si ricava
r1 r2 K1
K1 = V0 K2 = (2.2.56)
r1 − r2 r2
Il potenziale, come funzione della variabile radiale r, ha la seguente espres-
sione:
r1 r2
V = V0 1− (2.2.57)
r1 − r2 r1
Il campo elettrico, come grandezza scalare con segno, vale:
dV V0 r1 r2
E=− = 2 (2.2.58)
dr r (r2 − r1 )
160
140
120
100
E [V/m]
80
60
40
20
0
1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 2.2 2.4 2.6 2.8 3
Raggio [cm]
Figura 2.11: Distribuzione del campo elettrico tra due sfere concentriche.
140
20
0.025
20
0.02 40 120
0.015 60
20
80
0.01 140 10 100
20
40
40
60
00 1 0
20
80
1
0.005
120
0 80
60
101020
−0.005
0
60
40
14
14
0
80
20
120
−0.01 1 60
80 00
40
20
−0.015 60
40
−0.02 40
−0.025 20
20
20
−0.025 −0.02 −0.015 −0.01 −0.005 0 0.005 0.01 0.015 0.02 0.025
Figura 2.12: Mappa del campo elettrico tra due sfere concentriche.
Q r1 r2
C= = 4πε (2.2.62)
V0 (r2 − r1 )
Codice Matlab
% Sfere_concentriche.m
clear,clc,close all
y
P
r2 r1
2r0
2 1 x
d/2 d/2
conduttori.
Il potenziale nel generico punto P dovuto al primo conduttore è calcolato
mediante la relazione (2.2.30):
Q′1 R1
V(1) (P ) = ln (2.2.63)
2πε r1
in cui R1 è la distanza tra il conduttore e un generico punto di riferimento
per il quale si fissa il potenziale nullo, ed r1 la distanza di P dal conduttore 1.
Il potenziale in P dovuto al secondo conduttore ha un’espressione analoga.
Il potenziale risultante è quindi:
Q′1 R1 Q′ R2
V (P ) = V(1) (P ) + V(2) (P ) = ln + 2 ln (2.2.64)
2πε r1 2πε r2
Se risulta Q′1 = −Q′2 = Q′ la relazione (2.2.64) diventa
Q′ R1 R2 Q′ R1 r2
V (P ) = V(1) (P ) + V(2) (P ) = ln − ln = ln
2πε r1 r2 2πε r1 R2
(2.2.65)
Se si sceglie il punto a potenziale nullo sull’asse y di simmetria si ha R1 = R2
e dunque risulta:
Q′ r2
V (P ) = ln (2.2.66)
2πε r1
Il potenziale sul conduttore 1 ha l’espressione:
Q′ d − r0
V01 = ln (2.2.67)
2πε r0
che diventa, per r0 ≪ d:
Q′ d
V01 = ln (2.2.68)
2πε r0
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 113
Q′ r0 Q′ r0
V02 = ln ≃ ln = −V01 (2.2.69)
2πε d − r0 2πε d
Dunque risulta:
Q′ d − r0 Q′ d
V01 − V02 = V0 = ln ≃ ln (2.2.70)
πε r0 πε r0
Q′ πε
C′ = = (2.2.71)
V01 − V02 ln d/r0
27.8
C′ = nF/Km (2.2.72)
ln d/r0
2πε
Q′ = V0 (2.2.73)
ln d/r0
ovvero:
2 2
1 + K2 d
2 2K d
x− +y = (2.2.76)
1 − K2 2 1 − K2 2
che descrive una famiglia di circonferenze con centri sull’asse x e simmetri-
camente disposte rispetto all’asse y.
114 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
Esercizio 2.2.7
−1
−2
−3
−3 −2 −1 0 1 2
Figura 2.14: Mappa del campo elettrico e del potenziale nel caso di due
conduttori cilindrici paralleli e indefiniti.
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 115
P Q
e1
S
e2
P Q
h r
E1(Q’)
e1 a
A
S e1 a
E1(Q)
h r
P’ Q’
Figura 2.16: Cariche puntiformi per l’analisi del campo elettrico nel mezzo
dielettrico 1.
P Q’’
h r
e2
A
S e2 a
E2(Q’’)
Figura 2.17: Carica puntiforme per l’analisi del campo elettrico nel mezzo
dielettrico 2.
Q′′ Kn
En2 = 2
cos α = Q′′ (2.2.82)
4πε2 r ε2
Q′′ Kt ′′
Et2 = sin α = Q (2.2.83)
4πε2 r 2 ε2
Dn2 = ε2 En2 = Kn Q′′ (2.2.84)
Le cariche Q′ e Q′′ devono soddisfare le leggi della rifrazione e cioé devono
essere tali da rendere uguali le componenti tangenziali del campo elettrico E
sulla superficie di separazione Σ dei 2 mezzi e delle componenti normali del
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 117
Q′ = −Q (2.2.89)
′′
Q = 2Q (2.2.90)
Q′ = Q (2.2.91)
′′
Q = 0 (2.2.92)
Cilindro indefinito in Un’altra configurazione di cui è possibile trovare la soluzione in forma ana-
presenza del terreno litica e di grande importanza applicativa è quella rappresentata in Fig. 2.18
costituita da un conduttore di raggio r0 sul terreno. Si assuma che il condut-
Q’
(a)
Q’ 1
r1
P
h
r2
Q’imm 1’
(b)
Q′ r2
V (P ) = ln (2.2.93)
2πε0 r1
Volendo calcolare il potenziale V0 sul conduttore 1 si porti il punto di calcolo
P sulla superficie del conduttore 1. La relazione (2.2.93) diventa
Q′ 2h − r0 Q′ 2h
V0 = ln ≃ ln (2.2.94)
2πε0 r0 2πε0 r0
Il potenziale V nel punto P in funzione di V0 ha la seguente forma
ln (r1 /r2 )
V (P ) = V0 (2.2.95)
ln (r0 /2h)
Q′ 55.6
C′ = = nF/Km (2.2.98)
V0 ln (2h/r0 )
120 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
Q’2
Q’3
Q’1
h2
h1 h3
e0
?
et (a)
Q’2
2
Q’1 3 Q’3
1
h2
h3
h1
e0
?
e0
h1 h3
h2
-Q’1 -Q’3
-Q’2
(b)
V = V1 + V2 + · · · + Vi + · · · + Vn (2.2.99)
Q′i r′
Vi = ln i (2.2.100)
2πε0 ri
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 121
avendo assunto r1′ ≪ 2h1 ed avendo indicato con D12 e D12 ′ rispettivamente
Q′1
V1 a11 a12 · · · a1n
V2
a21 a22 · · · a2n
Q′2
· =
· · · ·
·
(2.2.103)
· · · · · ·
Vn an1 an2 · · · ann Q′n
1 2hi
aii = ln (2.2.104)
2πε0 r0i
D ′
1 ij
aij = ln (2.2.105)
2πε0 Dij
Q′i = Ci1
′ ′
(Vi − V1 ) + Ci2 (Vi − V2 ) + · · · + Cii′ Vi + · · · + Cin
′
(Vi − Vn )
3
X
Cii′ = ′
bij , Cij = −bij per i = 1 · · · 3, j = 1 · · · 3 (2.2.113)
j=1
1
C12’
C23’
2
C11’ C33’
C22’
2 Q’2
D
Q’1
1
D’ h2
h1
h1
D’ h2
-Q’1
D
-Q’2
V1 a11 a12 Q′1
= (2.2.114)
V2 a21 a22 Q′2
Posto
′ ′
D12 = D21 = D , D12 = D21 = D′ (2.2.115)
si ha
1 2h1
a11 = ln
2πε0 r01
1 D′
a12 = a21 = ln (2.2.116)
2πε0 D
1 2h2
a22 = ln
2πε0 r02
L’equazione (2.2.114) può essere risolta rispetto alle incognite Q′1 e Q′2
invertendo la matrice dei coefficienti di potenziale.
Q′1 b11 b12 V1
= (2.2.117)
Q′2 b21 b22 V2
124 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
′
C11 = b11 + b12
′ ′
C12 = C21 = −b21 (2.2.118)
′
C22 = b22 + b21
′ ′ 2πε0
C11 = C22 = C0′ =
ln [(2h/r0 ) Γ]
′ ′ ′ 2πε0 ln Γ
C12 = C21 = Cm =
ln [(2h/r0 ) Γ] ln [(2h/r0 ) /Γ]
in cui:
h i1
Γ = 1 + (2h/D)2
2
(2.2.121)
Esercizio 2.2.8
1
C12’
2
C11’
C22’
r0
1 2
C p,12
C p,10 C p,20
1 3
(x1,y1) Q 1’ (x3,y3) Q 3’
y
e0
? e0 x
Q′i (y − yi )
Ei,y (x, y) = h i i = 1···4
2πε0 (x − x )2 + (y − y )2
i i
Se, nel caso considerato, si calcola il campo elettrico sul terreno, nell’in-
tervallo −10 ≤ x ≤ 10, y = 0 si ottengono gli andamenti del campo elettrico
128 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
3
Ex
Ey
−1
−2
−3
−10 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 10
x [m]
Figura 2.26: Campo elettrico prodotto da una linea bifilare sulla superficie
del terreno.
riportati in Fig. 2.26. Come era da aspettarsi il campo elettrico ha una sola
componente ortogonale al terreno poichè si è assunto che la permettività del
terreno εt sia molto maggiore di quella dell’aria ε0 . Se si ripete il calcolo ad
un’altezza y = 1.75 m si ottiene la distribuzione di campo illustrata in Fig.
2.27.
2.2. FENOMENI DIELETTRICI 129
6
Ex
Ey
2
Campo elettrico [V/m]
−2
−4
−6
−10 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 10
x [m]
R i(t)
vR(t)
+
C vC(t)
E(t)
-
0.8
Voltage [V]
0.6
0.4
0.2
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
Time [s] −9
x 10
dove
dvC (t)
vR (t) = Ri(t); i(t) = C (2.3.2)
dt
dvC (t)
+ vC E(t) = RC (2.3.3)
dt
che rappresenta un’equazione differenziale ordinaria del primo ordine. In
generale le condizioni iniziali per questo circuito sono rappresentate dalla
tensione iniziale sul condensatore, vC (0) = V0 . L’integrale generale del-
l’equazioni (2.3.3) è dato dalla somma dell’integrale generale dell’omoge-
nea associata e di un integrale particolare dell’equazione non omogenea;
quest’ultimo, si verifica immediatamente essere pari a E.
t
vC (t) = (V0 − E) e−t/RC (2.3.7)
r
vC (t) = E (2.3.8)
el −t/RC
vC (t) = V0 e (2.3.9)
ef
vC (t) = E 1 − e−t/RC (2.3.10)
Osservazione: se V0 ≡ E la soluzione transitoria è assente; se V0 = 0
manca il termine di evoluzione libera ed esiste solo la risposta forzata.
La corrente nel circuito è:
dvc (t) (E − V0 ) −t/RC
i(t) = C = e (2.3.11)
dt R
1
τ=0.1ns
0.8
Voltage [V]
0.6
0.4
0.2
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
Time [s] −9
x 10
0.1
0.09
0.08
0.07
0.06
Current [A]
0.05
0.04
0.03
0.02
0.01
τ=0.1ns
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
Time [s] x 10
−9
0.8
Voltage [V]
0.6
0.4
0.2
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
Time [s] −9
x 10
0
−0.01
−0.02
−0.03
−0.04
Current [A]
−0.05
−0.06
−0.07
−0.08
−0.09
−0.1
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
Time [s] x 10
−9
Programma Matlab
% Analisi_transitoria_RC.m
clear, clc, close all
figure plot(time,E,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’Voltage [V]’)
axis([0 time(end) 0 1.1])
vc_t=(V0-E).*exp(-time/(R*C)); vc_r=E;
vc=vc_t+vc_r; i=E/R.*exp(-time/(R*C));
figure plot(time,vc,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’Voltage [V]’)
axis([0 time(end) 0 1.1])
figure plot(time,i,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’Current [A]’)
%axis([0 time(end) 0 1.1])
vc_t=(V0-E).*exp(-time/(R*C)); vc_r=E;
vc=vc_t+vc_r;
i=-(V0-E)/R.*exp(-time/(R*C));
figure plot(time,vc,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’Voltage [V]’)
axis([0 time(end) 0 1.1])
figure plot(time,i,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’Current[A]’)
%axis([0 time(end) 0 1.1])
136 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
-q
q(t) I
v(t) = = t (2.3.17)
C C
La potenza istantanea erogata dal generatore ideale di corrente e assorbita
dal condensatore è:
I2
p(t) = v(t)I = t (2.3.18)
C
In questo caso la potenza cresce linearmente nel tempo, come illustrato
in Fig. 2.32. L’energia fornita dal generatore al condensatore nell’intervallo
di tempo 0 − t è:
Z t Z t 2
I I 2 t2 1 q(t)2 1
W (t) = p(τ )dτ = τ dτ = = = Cv(t)2 (2.3.19)
0 0 C C 2 2 C 2
2.3. ANALISI TRANSITORIA DI UN CIRCUITO RC 137
V0
r2 r1 e1
r3 e2
r4 e3
V=0
% Condensatore_cilindrico.m
% Analisi di condensatori cilindrici a 3 strati
clear;
% Rigidità dielettriche
r1=1e-3; r2=2e-3; r3=3e-3; r4=5e-3; eps0=8.854e-12; eps1=5.5*eps0;
eps2=5*eps0; eps3=3.2*eps0; rd1=600e5; rd2=1000e5; rd3=1400e5;
c1=2*pi*eps1/log(r2/r1); c2=2*pi*eps2/log(r3/r2);
c3=2*pi*eps3/log(r4/r3);
ceq=1/(1/c1+1/c2+1/c3);
vs1=rd1*2*pi*eps1*r1/ceq; vs2=rd2*2*pi*eps2*r2/ceq;
vs3=rd3*2*pi*eps3*r3/ceq;
vscarica=min([vs1,vs2,vs3]);
2.3. ANALISI TRANSITORIA DI UN CIRCUITO RC 139
e1s=ceq*min([vs1,vs2,vs3])/(2*pi*eps1*r1);
e2s=ceq*min([vs1,vs2,vs3])/(2*pi*eps2*r2);
e3s=ceq*min([vs1,vs2,vs3])/(2*pi*eps3*r3);
qtot=ceq*v;
140 CAPITOLO 2. FENOMENI DIELETTRICI E CAPACITÀ
d Dx
Q -Q
1 Q2 1 Q2
1 2 1 1
W2 − W1 = − = Q − (2.3.21)
2 C2 2 C1 2 C2 C1
1 2 d + ∆x d 1 ∆x
= Q − = Q2 (2.3.22)
2 εS εS 2 εS
1 Q2
Fi = −Fe = − (2.3.24)
2 εS
Ha spesso interesse determinare la cosiddetta pressione elettrostatica, espres-
sa come forza associata al campo elettrico per unità di superficie:
F 1 V2 1
p= = C = εE 2 (2.3.25)
S 2 Sd 2
Bibliografia
141
142 BIBLIOGRAFIA
Capitolo 3
I fenomeni magnetici
3.1 Introduzione
Le prime osservazioni dei fenomeni magnetici riguardano:
a) i magneti permanenti;
143
144 CAPITOLO 3. I FENOMENI MAGNETICI
I
H(P, t) · tdl = i(t) (3.1.3)
lc
Perchè non ci siano ambiguità i(t) deve assumere un unico valore per qualsi-
asi superficie S che abbia lc come orlo. Pertanto il campo di corrente deve es-
sere conservativo del flusso e dunque solenoidale in una regione a connessione
superficiale semplice: divJ (P, t) = 0. La legge di Ampere vale sicuramente
in condizione magnetostatica, ma anche in condizione quasi-magnetostatica
(densità di corrente di spostamento trascurabile).
Per il teorema di Stokes si ottiene:
i1 i2 i3 i5
i4
lc S
t
H
I n
X
H · tdl = ±ik (t) (±N i(t) caso particolare di N spire) (3.1.7)
lc k=1
H3
i1
i3 H1
r1 uj3
r3 uj1
r2 P uj2
i2
H2
divB = ∇ · B = 0 (3.1.11)
r H
t R
x n
nt
H H
i(t)
Avvolgimento toroidale
L’avvolgimento percorso dalla corrente i(t) è costituito da N spire, dis-
tribuite uniformemente su un anello toroidale di raggio R. Si ipotizzi che
la permeabilità magnetica del materiale che costituisce il toroide sia molto
maggiore di quella del vuoto, µ ≫ µ0 , e che il raggio interno r del toroide
sia piccolo rispetto alla distanza R tra la linea mediana e il centro (r ≪ R).
A causa dell’elevata permeabilità magnetica si può pertanto ritenere che le
148 CAPITOLO 3. I FENOMENI MAGNETICI
N i(t) N i(t)
H= = (3.1.13)
2πR l
dϕc (t) d
Z
elc (t) = − =− B (P, t) · ndS (3.1.15)
dt dt S(t)
B(P, t)
n S(t)
lc
t
Figura 3.5: Calcolo del flusso concatenato con la superficie S.
Be(P, t)
Bi(P,t) n
Ei(P,t)
t
Be Be
t Bi
Bi
iindotta t
iindotta
vF=dj/dt
vF=dj/dt
Figura 3.7: Illustrazione delle sorgenti di tensione indotta dalla legge di Faraday-
Neumann e le correnti indotte in una spira per la legge di Lenz.
Be Be
vF vF
vF=dj/dt vF=dj/dt
Figura 3.8: Generazione di una tensione indotta vF alle estremità di una spira
interrotta in un punto.
H=0
H
r1
?
r2
r1
r2
Si ipotizzi che le correnti siano laminari, cioè scorrano solo sulla superficie
dei conduttori. Applicando la legge della circuitazione a cerchi coassiali con
le superfici cilindriche si ottiene che, per raggi inferiori a r1 , nessuna corrente
è concatenata e il campo è nullo; tra r1 e r2 è concatenata la corrente i1
e il campo vale H = i1 /(2πr); per raggi maggiori di r2 la corrente totale
concatenata è i = i1 − i2 = 0 ed il campo è ancora nullo.
3.2. RELAZIONE COSTITUTIVA DEI MEZZI MAGNETICI 153
B
Bg
Hg H
m=B/H
Materiali ferromagnetici
• Tipologie di materiali ferromagnetici isteretici:
I materiali ferromagnetici dolci possono avere cicli cosı̀ stretti da poter essere
considerati solo non lineari, ma non-isteretici. Possono essere considerati
lineari se BM << Bg .
Nel secondo e quarto quadrante B ed H hanno segno (verso) discorde
e quindi i campi vettoriali hanno verso opposto e µ < 0. I parametri che
caratterizzano questo tratto del ciclo di isteresi sono:
• la magnetizzazione residua massima Br : valore di B per H = 0 dopo
che il materiale è stato magnetizzato;
1.5
0.5
B [T]
−0.5
−1
−1.5
−2
−2000 −1500 −1000 −500 0 500 1000 1500 2000
H [A/m]
0.014
µ
ass
µ
inc
µ
diff
0.012
0.01
0.008
µ [H/m]
0.006
0.004
0.002
0
−2000 −1500 −1000 −500 0 500 1000 1500 2000
H [A/m]
µr,max Bg Br Hc Tc
Materiali dolci
Ferro puro 2 · 105 2.16 1.2 4 770
Ferro-Silicio 4% 7 · 103 2.14 0.8 40 -
Permalloy (Ni-Fe 22%) 5 · 104 1.08 0.6 4 -
Materiali duri
Acciaio al tungesteno - - 1.05 5.6 · 103 -
Alnico 5 (lega Fe-Al-Ni-Co) - - 1.25 50 · 103 -
3.2. RELAZIONE COSTITUTIVA DEI MEZZI MAGNETICI 157
P SnB
B
B
x t=n
A H
SnA Sn(x)
corrente i(t) che circola in un conduttore avvolto con N spire sul toroide che
realizza la canalizzazione del flusso stesso.
S
n
t H
lc
x
i(t) nt
N
dove lc è una linea chiusa che si sviluppa all’interno del tubo di flusso e che
si concatena con tutte le N spire.
Si assuma che in tutti i punti della linea lc il campo di induzione B sia ori-
entato come il versore tangente alla linea stessa e dunque la (3.3.2) diventa:
B(t)
I I I
B(t)
H(t) · tdl = · tdl = dl (3.3.3)
lc lc µ lc µ
Il flusso ϕ(t) non varia lungo lc essendo la linea interna ad un tubo di flusso
e dunque risulta:
dl
I I
H(t) · tdl = ϕ(t) = N i(t) (3.3.5)
lc lc Sµ
162 CAPITOLO 3. I FENOMENI MAGNETICI
dl
I
Rc = (3.3.6)
lc Sµ
LAB
RAB = (3.3.10)
Sµ
Circuiti magnetici
Si è detto che i materiali ferromagnetici, per la loro elevata permeabilità
magnetica, garantiscono un’ottima canalizzazione delle linee del campo B,
cosı̀ come accade per il campo di corrente di conduzione nei materiali con-
duttori a causa della loro elevata conducibilità. La geometria del campo
vettoriale di induzione, e dei suoi tubi di flusso, è in generale complessa.
Può essere caratterizzata da molteplici tronchi di tubi di flusso interconnessi
in vario modo.
Uno dei problemi fondamentali delle macchine elettriche è la determinazione
del flusso di induzione prodotto in un nucleo ferromagnetico, di assegnate
dimensioni geometriche e caratteristiche fisiche, dalla corrente che circola
entro un conduttore avvolto attorno al nucleo con un numero N di spire.
Per realizzare il confinamento del campo di induzione B, si è detto, si uti-
lizzano materiali ferromagnetici che possono presentare valori molto elevati
di permeabilità. In questo modo il nucleo può essere considerato con buona
approssimazione un tubo di flusso e si può ritenere costante il valore del
flusso di induzione in ogni sezione del circuito magnetico.
In analogia con le reti elettriche si può parlare di reti magnetiche come di
strutture di materiale ferromagnetico che, nei riguardi delle linee di flusso di
B, presentano una geometria caratterizzabile con un certo numero di nodi
e di maglie.
i2(t)
i1(t) N2
N1
n
X
±ϕi (t) = 0 (3.3.13)
i=1
dove n è il numero dei tronchi di tubo di flusso che escono dalla superficie
Sc , ciascuno caratterizzato da un flusso ϕi (t).
Convenzione sull’orientamento dei flussi. Nell’esempio di Fig. 3.16 si scrive
−ϕ1 (t) − ϕ2 (t) − ϕ3 (t) = 0.
3.3. MODELLI CIRCUITALI PER I FENOMENI MAGNETICI 165
Sc
i1(t) i3(t)
?3 (t)
?1 (t )
i2(t)
? 2 (t )
N2i2(t) v2
R2 N2i2(t)
+ ?2 -
i2 |+
?2 -
?-1 +
N1i1(t)
+|
?3
N1i1(t) ?3 R3 v3
?1 v1 R1
-
+ ?4 R4 i3
- + i1
?4 +
i4
v4
S
n
t H
lc
x
i(t) nt
N
i(t) i(t)
e lc (t) L v F (t) L
C.d.G. C.d.U.
S
n
t H
lc
x
i(t) nt
N
i2(t)=0
N2
i1(t)
N1
?t11 (t ) ?t 21(t)
i2(t)
i1(t)=0
N2
N1
?t12 (t) ?t 22 (t )
In presenza delle due correnti i1 (t) e i2 (t) i due tratti di tubo di flusso
delimitati dai due avvolgimenti sono interessati dai flussi ϕt1 (t) e ϕt2 (t) dati
da:
ϕt1 (t) = ϕt11 (t) + ϕt12 (t) (3.3.20)
ϕt2 (t) = ϕt21 (t) + ϕt22 (t) (3.3.21)
B1 B2
i1 i2 lc2
t lc1 t
N 2 ϕt22 (t) N2
ϕc22 (t) N2 ϕt22 (t)
L2 = = = 2 = 2 (3.3.23)
i2 (t) i1 (t)=0
i2 (t) N2 i2 (t) R22
i2(t)=0
i1(t)
N2
N1
?t11 (t )
?t 21(t)
i2(t)
i1(t)=0
N2
N1
?t12 (t) ?t 22 (t )
Figura 3.24: Flussi proprio e mutui generati da due circuiti induttori mutuamente
accoppiati.
i1(t) i2(t)
v1(t) L1 M L2 v2(t)
• k = ±1 → accoppiamento perfetto;
da cui si deduce che se i flussi concatenati sono uguali a due a due ϕt11 = ϕt21
e ϕt22 = ϕt12 l’accoppiamento è perfetto e risulta |k| = 1. Si può avere
accoppiamento perfetto anche se non è verificata l’uguaglianza a due a due
dei flussi, è sufficiente che sia pari a uno il secondo membro della (3.3.40).
Oltre ai flussi concatenati possono essere considerati anche i flussi di
dispersione espressi come differenza tra i flussi proprio e mutuo di ogni
avvolgimento
ϕd1 = ϕt11 − ϕt21 ϕd2 = ϕt22 − ϕt12 (3.3.41)
Si possono cosı̀ definire i coefficienti di dispersione σ1 e σ2 espressi da:
ϕd1 ϕt21 M N1
σ1 , =1− =1− (3.3.42)
ϕt11 ϕt11 N2 L1
ϕd2 ϕt12 M N2
σ2 , =1− =1− (3.3.43)
ϕt22 ϕt22 N1 L2
da cui si deduce che risulta anche:
k2 = (1 − σ1 ) (1 − σ2 ) (3.3.44)
Dunque nel caso di flussi uguali a due a due sono nulli anche i due flussi
dispersi.
Con riferimento ai flussi di dispersione ϕd1 e ϕd2 si definiscono le indut-
tanze di dispersione:
N1 ϕd1 N2 ϕd2
Ld1 = = σ1 L 1 Ld2 = = σ2 L 2 (3.3.45)
i1 i2
3.3. MODELLI CIRCUITALI PER I FENOMENI MAGNETICI 175
Nel caso di accoppiamento perfetto (ϕt11 = ϕt21 e ϕt22 = ϕt12 ) risulta anche
N1 N2
L1 = M L2 = M (3.3.46)
N2 N1
176 CAPITOLO 3. I FENOMENI MAGNETICI
Esercizio 3.3.9
a b
A
N1 d1 d2 c
N2
C D
Soluzione
La rete elettrica equivalente per il calcolo di L1 è illustrata in Fig. 3.27.
Nel calcolo del coefficiente di autoinduzione dell’avvolgimento 1 è necessario
alimentare solo tale avvolgimento. Per comodità si ipotizza che la corrente I1
sia costante nel tempo ed entrante nel morsetto A. Essendo il sistema lineare
il risultato non dipenderà da tale scelta. Di seguito vengono riportati i valori
delle riluttanze associate ai vari tronchi di tubo di flusso. L’orientamento
del generatore di tensione di valore N1 I1 è deciso con la regola della mano
3.3. MODELLI CIRCUITALI PER I FENOMENI MAGNETICI 177
Ra Rb
Rc Rcd 1 R cd 2
N1 I1 Rd 1
Rd 2
Ra Rb
destra.
N2 ϕ22 N2
L2 = = 2
I2 R2
3.3. MODELLI CIRCUITALI PER I FENOMENI MAGNETICI 179
Ra Rb
Rcd 1 Rcd 2
Rc
Rd 1
Rd 2
Ra N2 I 2 Rb
L1 = 13.060 µH
L2 = 21.704 µH
M21 = 8.869 µH
Esercizio 3.3.10
lc
i(t)
N t b
Esempio Matlab
Si riporta di seguito il codice Matlab che consente di calcolare la carat-
teristica (F mm − ϕ) di un elettromagnete (spessore del traferro t = 5
cm).
%
% Problema_inverso_elettromagnete.m
%
% Ricava la curva flusso-forza magneto-motrice per risolvere
% il problema inverso
clear; clc close all format long;
mu0=4*pi*1e-7;
% Valori di B al traferro
b_traferro=linspace(min(b),0.97*max(b),2*length(b));
h_traferro=b_traferro/mu0;
% Coefficiente di stipamento
k=0.95;
S_1=k*S_tr;
%
b1=b_traferro*S_tr/S_1;
l12=l1+l2;
fmm=l_tr*h_traferro+l12*h1;
phi_traferro=b_traferro*S_tr*1e-4;
%ho convertito i cm^2 in m^2 e ho calcolato il flusso
phi0=interp1(fmm,phi_traferro,fmm0);
figure
plot(h,b,h1,b1,’linewidth’,2);
grid;
xlabel(’H [A/m]’);
ylabel(’B [T]’);
figure
plot(fmm,phi_traferro,’linewidth’,2);
grid;
xlabel(’Fmm [Aspire]’);
ylabel(’\Phi [Wb]’);
%
3.3. MODELLI CIRCUITALI PER I FENOMENI MAGNETICI 183
1.8
1.6
B [T]
1.4
1.2
0.8
0 50 100 150 200 250 300
H [A/m]
−4
x 10
12
11
10
9
φ [Wb]
4
3 4 5 6 7 8 9 10
fmm [Asp] 4
x 10
Esercizio 3.3.11
N1 N2 N3 b
a a
Soluzione
Il circuito magnetico per il calcolo di L1 è illustrato in Fig. 3.33. Nel
calcolo del coefficiente di auto induttanza dell’avvolgimento 1 è necessario
alimentare solo tale avvolgimento. Per comodità si ipotizza che la corrente
I1 sia costante nel tempo ed entrante nel morsetto in alto. Essendo il sistema
lineare i coefficienti di auto e mutua induttanza non dipenderanno da tale
scelta.
Il corrispondente circuito elettrico equivalente è illustrato in Fig. 3.34.
Di seguito vengono riportati i valori delle riluttanze associate ai vari tronchi
di tubo di flusso. L’orientamento del generatore di tensione di valore N1 I1
è deciso con la regola della mano destra in base al verso della corrente I1
3.3. MODELLI CIRCUITALI PER I FENOMENI MAGNETICI 185
I1
N1 b
a a
2a + b
R1 = = 60479 H−1 (3.3.47)
µS
b
R2 = = 15915 H−1
µS
R3 = R1 = 60479 H−1
Dalla teoria delle reti è immediato calcolare il flusso magnetico che interessa
la prima colonna.
N1 I1
ϕ11 = = 1.36 · 10−3 Tm2
R1 + R2 · R3 /(R2 + R3 )
R3
ϕ21 = ϕ11 = 1.083 · 10−3 Tm2
(R2 + R3 )
R2
ϕ31 = ϕ11 = 0.285 · 10−3 Tm2
(R2 + R3 )
N1 ϕ11
L1 = = 0.137 H
I1
N2 ϕ21
M21 = = 0.216 H
I1
N3 ϕ31
M31 = = 0.072 H
I1
I2
N2 b
a a
scrivere:
N2 I2
ϕ22 = = 4.33 · 10−3 Tm2
R2 + R1 · R3 /(R1 + R3 )
R3
ϕ12 = ϕ22 = 2.16 · 10−3 Tm2
(R1 + R3 )
R1
ϕ32 = ϕ22 = 2.16 · 10−3 Tm2
(R1 + R3 )
E’ dunque ora possibile calcolare il coefficiente di auto induttanza dell’avvol-
gimento 2 e quelli mutui dell’avvolgimento 2 con gli avvolgimenti 1 e 3. Per
la reciprocità del sistema deve risultare M12 = M21 , M23 = M32 .
N2 ϕ22
L2 = = 0.86 H
I2
N1 ϕ12
M12 = = 0.216 H
I2
N3 ϕ32
M32 = = 0.541 H
I2
Per il calcolo dei coefficienti di auto e mutua induttanza dell’avvolgimento
3 si può procedere facendo riferimento al circuito magnetico di Fig. 3.37,
dove si è assunto un verso arbitrario della corrente I3 , e a quello elettrico
equivalente di Fig. 3.38.
Procedendo come prima, si può scrivere:
N3 I3
ϕ33 = = 6.842 · 10−3 Tm2
R3 + R1 · R2 /(R1 + R2 )
R2
ϕ13 = ϕ33 = 1.425 · 10−3 Tm2
(R1 + R2 )
R1
ϕ23 = ϕ33 = 5.416 · 10−3 Tm2
(R1 + R2 )
188 CAPITOLO 3. I FENOMENI MAGNETICI
I3
N3 b
a a
N3 ϕ33
L3 = = 0.855 H
I3
N1 ϕ13
M13 = = 0.072 H
I3
N2 ϕ23
M23 = = 0.541 H
I3
3.3. MODELLI CIRCUITALI PER I FENOMENI MAGNETICI 189
Si riporta di seguito il listato del codice Matlab che analizza il circuito sia
con il metodo delle maglie che con il metodo dei nodi:
% Es_circ_magn_22_7_2009.m
clear all
close all
clc
mu0=4*pi*1e-7;
mu=5000*mu0;
a=7e-2;
b=5e-2;
S=5e-4;
N1=100; N2=200; N3=250;
% Correnti (arbitrarie)
I1=1; I2=1; I3=2;
R1=(2*a+b)/(mu*S);
R2=(b)/(mu*S);
R3=R1;
L1=N1*phi11/I1;
M21=N2*phi21/I1;
M31=N3*phi31/I1;
L2=N2*phi22/I2;
M12=N1*phi12/I2;
M32=N3*phi32/I2;
L3=N3*phi33/I3;
M13=N1*phi13/I3;
M23=N2*phi23/I3;
193
194 BIBLIOGRAFIA
Capitolo 4
Reti in regime alternativo
sinusoidale
195
196 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
• φ è la fase iniziale
2π
• ω = 2πf = T è la pulsazione.
Im
b P
Y
O a
Re
Figura 4.1: Vettore rappresentativo (fasore) di una grandezza sinusoidale nel piano
complesso (di Gauss).
dove y1 (t) e y2 (t) sono due funzioni sinusoidali aventi la stessa frequenza.
dy(t) d π
= [YM sin (ωt + φ)] = ωYM cos (ωt + φ) = ωYM sin ωt + φ +
dt dt 2
(4.1.13)
La derivata è anche essa una funzione sinusoidale.
E’ possibile associare anche ad essa un numero complesso (fasore).
YM YM π
Z Z
y(t)dt = YM sin (ωt + φ) dt = − cos (ωt + φ) = sin ωt + φ −
ω ω 2
(4.1.15)
L’integrale indefinito è anche esso una funzione sinusoidale.
E’ possibile associare anche a questa funzione un numero complesso (fasore).
Y j(φ−π/2) 1 Y Y
Y −1 = e = −j Y ejφ = −j = (4.1.16)
ω ω ω jω
A Bipolo B
i(t)
v(t)
i(t)
+
ΦI > ΦV
Figura 4.5: Fasori nel piano complesso. Sinistra: caso della corrente sfasata in
ritardo rispetto alla tensione; destra: caso della corrente sfasata in anticipo rispetto
alla tensione.
|I q | = I| sin(φV − φI )| (4.2.8)
a) P > 0 (−π/2 < φV − φI < π/2) ⇒ potenza attiva assorbita dal bipolo
b) P < 0 (π/2 < φV − φI < 3π/2) ⇒ potenza attiva erogata dal bipolo
In realtà il segno della potenza reattiva è solo indice del comportamento reat-
tivo del bipolo, come si vedrà nel seguito. In effetti il bipolo è interessato da
entrambe le correnti; il suo dimensionamento e quello del sistema di alimen-
tazione va condotto considerando la corrente totale (corrente che interessa
l’utilizzatore e i conduttori di alimentazione) e la tensione di alimentazione
del bipolo.
Si definisce pertanto la potenza apparente come: Potenza apparente
p
Pa = P 2 + Q2 = V I [VA] (volt-ampere ) (4.2.20)
204 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
i R (t) R IR R
VR
IR
+ +
v R (t) VR
Si ipotizzi
√ nota la tensione imposta dal generatore di tensione e pari a
vR (t) = 2VR sin (ωt + φR ) cui corrisponde il fasore V R = VR ejφR . Per il II
Principio di Kirchhoff applicato alla maglia costituita dal generatore vR (t)
e dalla resistenza R si può scrivere:
√
vR (t) = 2VR sin (ωt + φR ) = RiR (t) (4.3.1)
V R = RI R I R = V R /R (4.3.2)
1.5
0.5
v (t) [V]
0
R
−0.5
−1
−1.5
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08
Time [s]
0.9
0.8
0.7
0.6
pR [W]
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08
Time [s]
Figura 4.7: Tensione vR (t) ai capi della resistenza R (in alto) e potenza istantanea
pR (t) in essa dissipata (in basso).
iL (t) L ZL
IL VL
+ + IL
v L (t) VL
pL (t) = vL (t)iL (t) = VL IL cos (φVL − φIL ) − VL IL cos (2ωt + φVL + φIL )
= −VL IL cos (2ωt + φVL + φIL )
π
= −VL IL cos 2ωt + 2φVL − (4.3.8)
2
Infatti, in questo caso, risulta φVL − φIL = π/2 e, dunque, φIL = φVL − π/2.
4.3. POTENZE NEI BIPOLI ELEMENTARI 207
1.5
0.5
v (t) [V]
0
L
−0.5
−1
−1.5
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08
Time [s]
4000
3000
2000
1000
p [W]
0
L
−1000
−2000
−3000
−4000
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08
Time [s]
Figura 4.9: Tensione vL (t) ai capi dell’induttanza L (in alto) e potenza istantanea
pL (t) (in basso).
C ZC
iC (t) IC
IC VC
+ +
vC (t) VC
pC (t) = vC (t)iC (t) = V IC cos (φVC − φIC ) − VC IC cos (2ωt + φVC + φIC )
π
= −VC IC cos (2ωt + φVC + φIC ) = −VC IC cos 2ωt + 2φVC +
2
(4.3.12)
perchè, in questo caso, risulta φVC −φIC = −π/2 e, dunque, φIC = φVC +π/2.
4.3. POTENZE NEI BIPOLI ELEMENTARI 209
1.5
0.5
v (t) [V]
0
C
−0.5
−1
−1.5
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08
Time [s]
−7
x 10
4
1
p [W]
0
C
−1
−2
−3
−4
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08
Time [s]
Figura 4.11: Tensione vC (t) ai capi del condensatore (in alto) e potenza istantanea
pC (t) (in basso).
Esempi
2. Si associ ora il fasore alla corrente sinusoidale i(t) = 3 cos (ωt + π/3) A
Se si è deciso di associare i fasori alle funzioni sinusoidali, cioè si è
assunta la funzione sinusoidale come funzione di riferimento, in questo
caso è necessario prima trasformare la funzione cosinusoidale in fun-
zione sinusoidale
i(t) = 3 cos (ωt + π/3) A = 3 sin (ωt + π/3 + π/2) A = 3 sin (ωt + 5π/6) A
Il fasore associato è
3
I = √ ej5π/6 A = −1.8371 + j1.0607 A
2
v(t) = 4 sin (−ωt + π/3) V = 4 sin (π − (−ωt + π/3)) V = 4 sin (ωt + 2/3π) V
Il fasore associato è
4
V = √ ej2/3π V
2
4.3. POTENZE NEI BIPOLI ELEMENTARI 211
Dunque il fasore è
V 4
I= =√ ejπ/6 A
jωL 2ωL
Il fasore associato è
3
V C = √ ejπ/3
2
Il fasore associato alla corrente che attraversa il condensatore è dunque
3 3ωC
I C = jωCV C = ωCV C ejπ/2 = ωC √ ejπ/3+jπ/2 = √ ej5/6π A
2 2
Esempio Matlab
% Bipoli_puri.m
clear, clc, close all
f=50; omega=2*pi*f;
time=linspace(0,4/f,1000);
V=1;
vR=sqrt(2)*V*sin(omega*time);
Vf=V;
% Resistenza
R=2; G=1/R;
IR=Vf/R;
pR=G*V^2-G*V^2*cos(2*omega*time);
figure
plot(time,vR,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’v_R(t) [V]’)
figure
plot(time,pR,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’p_R [W]’)
% Induttanza
L=1e-6;
ZL=j*omega*L;
phiV=pi/3;
vL=sqrt(2)*V*sin(omega*time+phiV);
VL=V*exp(j*phiV);
IL=VL/(ZL);
pL=-abs(VL)*abs(IL)*sin(2*omega*time+2*phiV-pi/2);
figure
plot(time,vL,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’v_L(t) [V]’)
figure
plot(time,pL,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
214 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
ylabel(’p_L [W]’)
% Capacità
C=1e-9;
ZC=1/(j*omega*C);
phiV=pi/3;
vC=sqrt(2)*V*sin(omega*time+phiV);
VC=V*exp(j*phiV);
IC=VC/(ZC);
pC=-abs(VC)*abs(IC)*sin(2*omega*time+2*phiV+pi/2);
figure
plot(time,vC,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’v_C(t) [V]’)
figure
plot(time,pC,’linewidth’,2)
xlabel(’Time [s]’)
ylabel(’p_C [W]’)
4.3. POTENZE NEI BIPOLI ELEMENTARI 215
Esercizio 4.3.12
|V | = 5 V
|I| = 4.47 A
φV = −0.9273 rad
φI = −2.0344 rad
V=3-4*j;
I=-2-4*j;
P=abs(V)*abs(I)*cos(angle(V)-angle(I));
Q=abs(V)*abs(I)*sin(angle(V)-angle(I));
Pa=sqrt(P^2+Q^2);
%
Esercizio 4.3.13
Soluzione
Il modulo e l’argomento del fasore della tensione V sono:
|V | = 6.403 V
φV = −0.896 rad
Sapendo che
% % Esercizio1_6_7_2009.m
clear
V=4-j*5;
P=3; Q=2;
phi=atan(Q/P);
cosphi=cos(phi);
Im=P/(abs(V)*cosphi);
Ip=angle(V)-phi;
I=Im*exp(j*Ip); %
218 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
i(t) R L C I R ZL ZC
vR (t) v L( t) vC (t) VR VL VC
+ +
v(t) V
Si ipotizzi
√ nota la d.d.p. imposta dal generatore di tensione e pari a
v(t) = 2V sin (ωt + φV ) cui corrisponde il fasore V = V ejφV . Applicando
il II Principio di Kirchhoff alla maglia si ottiene:
e la fase
X
φI = φV /Z = φV − φZ = φV − arctan (4.3.27)
R
1
Si osservi che la reattanza del circuito RLC, X = ωL − ωC , ha un segno
che dipende dai valori di L, C e della pulsazione ω.
Si definisce pulsazione di risonanza quel valore di pulsazione che annulla la
reattanza del circuito RLC.
1
ωR = √ (4.3.28)
LC
cui corrisponde la frequenza di risonanza fR = ωR /2π. In Fig. 4.13 è
riportata l’ampiezza della corrente I e dell’impedenza Z nel circuito RLC
serie al variare della frequenza.
Il circuito ha prevalentemente comportamento capacitivo a frequenze inferi-
ori rispetto a ωR , di tipo induttivo a frequenze superiori a ωR .
Ad una data frequenza f e pulsazione ω il circuito ha natura ohmico-
induttiva se ωL − 1/ωC > 0, ohmico-capacitiva se risulta ωL − 1/ωC <
0.
0.1
0.09
0.08
0.07
0.06
|I| [A]
0.05
0.04
0.03
0.02
0.01
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4
Frequency [Hz] 8
x 10
300
250 R
X
L
200
X
C
150 |Z|
100
[Ω]
50
−50
−100
−150
−200
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4
Frequency [Hz] 8
x 10
% RLC_fasori.m
clear, clc, close all;
omega_R=1/sqrt(L*C);
f_R=omega_R/(2*pi);
VG=1;
Z=R+j*omega*L+1./(j*omega*C);
I=VG./Z;
figure
plot(f,abs(I),’linewidth’,2)
xlabel(’Frequency [Hz]’)
ylabel(’|I| [A]’)
figure
%semilogx(f,R_vett,f,XL,’r--’,f,XC,’-.’,f,abs(Z),’r.-’,’linewidth’,2)
plot(f,R_vett,f,XL,’r--’,f,XC,’-.’,f,abs(Z),’b--’,’linewidth’,2)
xlabel(’Frequency [Hz]’)
ylabel(’[\Omega]’)
legend(’R’,’X_L’,’X_C’,’|Z|’)
4.3. POTENZE NEI BIPOLI ELEMENTARI 223
Esercizio 4.3.14
R L C
i(t)
+
v(t)
%
% Esercizio_RLC_11_9_2009
close all
clc
V=2/sqrt(2)*exp(j*pi/3);
w=2*pi*f;
Z=R+j*(w*L-1/(w*C));
I=V/Z;
wr=1/sqrt(L*C);
Zmin=R;
Imax=V/R;
freq=linspace(1e5,50e6,100);
w=2*pi*freq;
Z=R+j*(w*L-1./(w*C));
I=V./Z;
figure
loglog(w,abs(I),’linewidth’,2)
xlabel(’Pulsazione [rad/s]’)
ylabel(’Corrente [A]’)
%
4.3. POTENZE NEI BIPOLI ELEMENTARI 225
n
X
Z eq = Zk (4.3.29)
k=1
n n
1 X 1 X
= ⇒ Y eq = Yk (4.3.30)
Z eq Zk
k=1 k=1
A B C A B C
ZA ZB ZC Z CA ZAB ZBC
Z AB Z CA
ZA = (4.3.31a)
Z AB + Z CA + Z BC
Z AB Z BC
ZB = (4.3.31b)
Z AB + Z CA + Z BC
Z CA Z BC
ZC = (4.3.31c)
Z AB + Z CA + Z BC
226 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
I1 I2 Il
Z1 Z2 Zl
V l1 Vl2 V ll
+ + +
Vs1 V s2 V sl
Formula di Millmann
Pl
Y 1 V s1 + Y 2 V s2 + · · · + Y l V sl k=1 Y k V sk
VA = = l
(4.3.36)
Y 1 + Y 2 + ··· + Y l
P
k=1 Y k
4.4. TEOREMA DI TELLEGEN IN REGIME SINUSOIDALE 227
A I
Rete RLC
lineare attiva Z V
(V A − V B )0 V 0AB
I= = (4.5.1)
Z AB + Z Z AB + Z
A I
Z AB
VAB
Z
+
V0AB
B
Figura 4.17: Circuito semplificato a valle dell’applicazione del teorema di
Thevenin.
A I
Esercizio 4.5.15
Rg L Rg L
+ +
v g(t) R Vg R
Soluzione
La pulsazione è:
ω = 2πf = 314 rad/s
• Z Rg = Rg = 1 Ω
• ZR = R = 2 Ω
Z = Z Rg + Z R + Z L = 3.0000 + 0.0031j
• Qg = QL
Vg=2/sqrt(2)*exp(j*pi/3);
232 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
freq=50; w=2*pi*freq;
Z=Rg+R+j*w*L;
I=Vg/Z;
XL=w*L;
Pg=abs(Vg)*abs(I)*cos(angle(Vg)-angle(I)); %C.d.G.
Qg=abs(Vg)*abs(I)*sin(angle(Vg)-angle(I)); %C.d.G.
PRg=Rg*abs(I)^2; %C.d.U.
PR=R*abs(I)^2; %C.d.U.
QL=XL*abs(I)^2; %C.d.U.
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE233
Esercizio 4.5.16
R3
R1
L2 C3 ig3(t)
+
vg1(t)
2
I g3 = √ e−j∗π/4 = 1 − j A
2
2 j∗5π/6
V g1 = √ e = −1.2247 + j0.7071 V
2
Z R1 = R1 = 1 Ω
Z R3 = R3 = 1 Ω
Z L2 = jωL2 = j3.1415 mΩ
Z C3 = 1/(jωC3 ) = −j1.06 · 106 Ω
Il circuito può essere ridisegnato come in Fig. 4.21 dove si è operata una
trasformazione di equivalenza, si sono introdotti i versi di misura di tensioni
e correnti di lato e si è indicato il nodo assunto come riferimento. Imponendo
234 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
I1 A I3 R3
I2
R1 1/(jwC 3)
Vl1 V l3
jwL 2 Vl2
+
V g1 Vg3
+
I1 − I2 − I3 = 0
V l1 = V g1 − Z 1 I 1 = V A − 0
V l2 = Z L2 I 2 = V A − 0
V l3 = V g3 − (Z 3 + Z C3 ) I 3 = 0 − V A
I 1 = −1.2194 + j0.7141 A
I 2 = −2.2194 + j1.7141 A
I 3 = 1.0000 − j1.0000 A
V A = −0.0054 − j0.0070 V
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE235
PV g1 + PV g3 = PR1 + PR3 ∼
= 3.9967 W
QV g1 + QV g3 = QL2 + QC3 ∼
= −2.1221 · 106 Var
%
%Esercizio_AC_Tableau.m
% 1/4/2008
%
clean clear
Vg1=sqrt(2)*exp(j*pi*5/6);
Ig3=sqrt(2)*exp(-j*pi/4);
R1=1; R3=1;
L2=10*1e-6;
C3=3*1e-9;
freq=50;
w=2*pi*freq;
% Metodo di Tableau
Vg3=ZC3*Ig3;
236 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
B=[0;Vg1;0;Vg3];
PVg1=abs(Vg1)*abs(I1)*cos(angle(Vg1)-angle(I1)); %C.d.G.
QVg1=abs(Vg1)*abs(I1)*sin(angle(Vg1)-angle(I1)); %C.d.G.
PVg3=abs(Vg3)*abs(I3)*cos(angle(Vg3)-angle(I3)); %C.d.G.
QVg3=abs(Vg3)*abs(I3)*sin(angle(Vg3)-angle(I3)); %C.d.G.
PR1=R1*abs(I1)^2; %C.d.U.
PR3=R3*abs(I3)^2; %C.d.U.
QL2=w*L2*abs(I2)^2; %C.d.U.
QC3=-1/(w*C3)*abs(I3)^2; %C.d.U.
Pg=PVg1+PVg3;
Qg=QVg1+QVg3;
Pu=PR1+PR3; Qu=QL2+QC3;
% Teorema di Boucherot
% Pg=Pu
% Qg=Qu
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE237
Nel caso di reti prive di generatori ideali di tensione la matrice delle ammet-
tenze nodali Y n ed il vettore delle sorgenti di corrente di nodo I sn possono
essere costruiti per ispezione diretta della rete come visto nel Capitolo 1.
Il metodo delle maglie richiede dunque la soluzione del sistema: Il metodo delle maglie in
regime alternativo sinu-
[Z m ] · [I m ] = [V sm ] (4.5.4) soidale
Analogamente al metodo dei nodi, nel caso di reti prive di generatori ideali di
corrente la matrice delle impedenze di maglia Z m ed il vettore delle sorgenti
di tensione di maglia V sm possono essere costruiti per ispezione diretta della
rete come visto nel Capitolo 1.
[Y n ] · [V n ] = [I sn ]
Nel caso che nella rete non ci siano lati che risultino generatori ideali di
tensione è possibile costruire per ispezione diretta sia la matrice delle con-
duttanze nodali Y n che il vettore dei termini noti, detto anche delle sorgenti
di corrente nodali I sn .
Gli elementi della matrice delle ammettenze nodali Y n sono determinabili
in funzione delle ammettenze dei vari lati della rete elettrica in esame sec-
ondo le seguenti regole:
• ciascun elemento sulla diagonale principale Y n (i, i), detto auto-ammettenza
del nodo i, è uguale alla somma delle ammettenze di tutti i lati collegati
al nodo i;
238 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
ig2 (t)
R2 L4
L6
L7
+ +
v g1 (t) vg5 (t)
R4
C7 R3 C3
R1 R5
Figura 4.22: Esempio di applicazione del metodo dei nodi in regime alternativo
sinusoidale.
Dati:
vg1 (t) = 4 sin(ωt − π/5) V, R1 = 2 Ω, ig2 (t) = −2 cos(ωt + π/3) A,
R2 = 4 Ω, R3 = 5 Ω, C3 = 4 µF, R4 = 3 Ω, L4 = 0.5 mH, R5 =
2 Ω, vg5 (t) = 3 cos(ωt + π/3) V, L6 = 1 mH, C7 = 2 µF, L7 = 2 mH,
f = 1 MHz.
Utilizzando il metodo dei nodi determinare:
• la pulsazione ω;
Ig2
I2
IR2
1
I7 R2 L4
I6 L6 2 IL4
L7 3
I3
I1 I4 I5
IR3 IC3 IR4 IR5
IR1 R4
C7 R3 C3 Ig1 R5
R1 Ig5
2. Z 2 = R2 = 4 Ω
1 1
3. Z 3 = R3 jωC 3
/ R3 + jωC3 = 3.16 · 10−4 − j 3.97 · 10−2 Ω
5. Z 5 = R5 = 2 Ω
[Y n ] [V n ] = [I sn ]
dove
1/Z 2 + 1/Z 3 + 1/Z 6 + 1/Z 7 −1/Z 6 −1/Z 2
[Y n ] = −1/Z 6 1/Z 6 + 1/Z 1 + 1/Z 4 −1/Z 4
−1/Z 2 −1/Z 4 1/Z 2 + 1/Z 4 + 1/Z 5
−I g2
[I sn ] = I g1
I g2 + I g5
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE243
R3
• I C3 = I 3 R3 +1/(jωC3)
= 0.557 + j 1.032 A
• I R4 = I 4 R4jωL
+jωL4 = −0.227 − j0.295 A
4
R4
• I L4 = I 4 R4 +jωL 4
= (−2.82 + j 2.16) · 10−4 A
1. Pg1 = |V g1 | · |I 1 | cos φVg1 − φI1 = −1.054 W
2. Pg2 = |V n1 − V n3 | · |I g2 | cos φVn1 −Vn3 − φIg2 = −1.365 W
3. Pg5 = |V g5 | · |I 5 | cos φVg5 − φI5 = −3.272 W
1. PR1 = R1 |I 1 |2 = 0.278 W
2. PR2 = R2 |I R2 |2 = 0.235 W
4. PR4 = R4 |I R4 |2 = 0.417 W
5. PR5 = R5 |I 5 |2 = 4.760 W
Il segno con cui i vari contributi sono sommati è sempre lo stesso dato che,
in questo caso, si è assunta la convenzione degli utilizzatori in tutti i lati.
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE245
%
% Es1_nodi_AC.m
clear
clc
close all
format long e
Vg1=4/sqrt(2)*exp(-j*pi/5-j*pi/2);
Ig2=-2/sqrt(2)*exp(j*pi/3);
Vg5=3/sqrt(2)*exp(j*pi/3);
%
R1=2;
R2=4;
R3=5; C3=4e-6;
R4=3; L4=0.5e-3;
R5=2;
L6=1e-3;
C7=2e-6; L7=2e-3;
f=1e6; w=2*pi*f;
Ig1=Vg1/R1;
Ig5=Vg5/R5;
Z1=R1;
Z2=R2;
Z3=R3/(j*w*C3)/(R3+1/(j*w*C3));
Z4=R4*j*w*L4/(R4+j*w*L4);
Z5=R5;
Z6=j*w*L6;
Z7=j*w*L7+1/(j*w*C7);
Vn=Y\Isn;
I1=-Ig1+IR1;
I2=Ig2+IR2;
I5=-Ig5+IR5;
IR3=I3*(1/(j*w*C3))/(R3+1/(j*w*C3));
IC3=I3*(R3)/(R3+1/(j*w*C3));
IR4=I4*(j*w*L4)/(R4+j*w*L4);
IL4=I4*(R4)/(R4+j*w*L4);
Pg2=abs(V1-V3)*abs(Ig2)*cos(angle(V1-V3)-angle(Ig2));
Qg2=abs(V1-V3)*abs(Ig2)*sin(angle(V1-V3)-angle(Ig2));
Pg5=abs(Vg5)*abs(I5)*cos(angle(Vg5)-angle(I5));
Qg5=abs(Vg5)*abs(I5)*sin(angle(Vg5)-angle(I5));
PR1=R1*abs(I1)^2;
PR2=R2*abs(IR2)^2;
PR3=R3*abs(IR3)^2;
PR4=R4*abs(IR4)^2;
PR5=R5*abs(I5)^2;
QC3=-1/(w*C3)*abs(IC3)^2;
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE247
QL4=w*L4*abs(IL4)^2;
QL6=w*L6*abs(I6)^2;
QL7=w*L7*abs(I7)^2;
QC7=-1/(w*C7)*abs(I7)^2;
P=Pg1+Pg2+Pg5+PR1+PR2+PR3+PR4+PR5;
Q=Qg1+Qg2+Qg5+QL4+QL6+QL7+QC3+QC7;
Q
248 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
Esercizio 4.5.17
R3
C2
ig3 (t)
L5 R5
i g1 (t) R1
L2
vg4 (t)
R4
+
Dati: ig1 (t) = −3 sin(ωt + π/5) A, ig3 (t) = −2 cos(−ωt − π/3) A, vg4 (t) =
2 sin(ωt − π/3) V, R1 = 2 Ω, C2 = 1 nF, L2 = 1 µH, R3 = 2 Ω, R4 = 3 Ω,
L5 = 10 µH R5 = 3 Ω, con f = 50 Hz.
%
% Esercizio2_25_6_09.m
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE249
clear
close all
Ig1=-3/sqrt(2)*exp(j*pi/5);
Ig3=-2/sqrt(2)*exp(j*5*pi/6);
Vg4=2/sqrt(2)*exp(-j*pi/3);
R1=2;
C2=1e-9;
L2=1e-6;
R3=2;
R4=3;
L5=10e-6;
R5=3;
f=50;
w=2*pi*f;
Ig4=Vg4/R4;
Z1=R1;
Z2=j*w*L2 + 1/(j*w*C2);
Z3=R3;
Z4=R4;
Z5=(j*w*L5*R5)/(j*w*L5+R5);
Yn=[1/Z1+1/Z2+1/Z3 -1/Z3 0;
-1/Z3 1/Z5+1/Z3 -1/Z5;
0 -1/Z5 1/Z4+1/Z5];
Isn = [Ig1-Ig3; Ig3; Ig4];
Vn= Yn \ Isn;
Vl1=Vn(1);
Vl2=Vn(1);
Vl3=Vn(2)-Vn(1);
Vl4=Vn(3);
Vl5=Vn(2)-Vn(3);
IR1= Vl1/Z1;
I1=Ig1-IR1;
I2= Vl2/Z2;
IR3= Vl3/Z3;
I3=Ig3-IR3;
250 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
IR4= Vl4/Z4;
I4=Ig4-IR4;
I5 = Vl5/Z5;
Pl1=abs(Vl1)*abs(Ig1)*cos(angle(Vl1)-angle(Ig1));
Ql1=abs(Vl1)*abs(Ig1)*sin(angle(Vl1)-angle(Ig1));
Pl2=abs(Vl2)*abs(I2)*cos(angle(Vl2)-angle(I2));
Ql2=abs(Vl2)*abs(I2)*sin(angle(Vl2)-angle(I2));
Pl3=abs(Vl3)*abs(Ig3)*cos(angle(Vl3)-angle(Ig3));
Ql3=abs(Vl3)*abs(Ig3)*sin(angle(Vl3)-angle(Ig3));
Pl4=abs(Vl4)*abs(Ig4)*cos(angle(Vl4)-angle(Ig4));
Ql4=abs(Vl4)*abs(Ig4)*sin(angle(Vl4)-angle(Ig4));
Pl5=abs(Vl5)*abs(I5)*cos(angle(Vl5)-angle(I5));
Ql5=abs(Vl5)*abs(I5)*sin(angle(Vl5)-angle(I5));
PR1=R1*abs(IR1)^2;
PR3=R3*abs(IR3)^2;
PR4=R4*abs(IR4)^2;
Ptot=Pl1-Pl2+Pl3+Pl4-Pl5-PR1-PR3-PR4
Qtot=Ql1-Ql2+Ql3+Ql4-Ql5
%
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE251
R2
1 2
R4
L1 R3 C4
ig1 (t)
L3
R1 L4
vg3 (t)
+
Figura 4.25: Esempio di applicazione del metodo delle maglie in regime alternativo
sinusoidale.
Dati: √
ig1 (t) = 2 · 10 sin(ωt + π/5) A, R1 = 1 Ω, L
√1 = 3 mH
R2 = 10 Ω, R3 = 3 Ω, L3 = 5 mH, vg3 (t) = 2·3 cos(ωt) V, R4 = 4 Ω, L4 =
3 mH, C4 = 3 mF, f = 50 Hz.
Determinare:
• la pulsazione ω;
• tutte le impedenze;
Soluzione
La pulsazione è:
ω = 2πf ∼
= 314 rad/s
Come primo passo associamo i fasori alle sorgenti di corrente e di tensione
prendendo come riferimento delle fasi la funzione sinusoidale:
I g1 = 10ejπ/5
√ √
vg3 (t) = 2 · 3 cos(ωt) = 23 sin(ωt + π/2)
e dunque il fasore corrispondente è
V g3 3ejπ/2 = 3j V
V g1 = I g1 (R1 + jωL1 )
Le impedenze sono:
Z 1 = R1 + jωL1 , Z 2 = R2
Z 3 = R3 + jωL3
R4 /(jωC4 )
Z 4 = jωL4 +
R4 + 1/(jωC4 )
Il circuito trasformato è illustrato nella figura seguente insieme ai versi di
misura assunti per le correnti e le tensioni di lato.
Osservazioni:
Vl2
R2
I2 2 I4
1
I R4 I C4
L1
R3 R4 C4
V l1
Vl3 I3
I m1 I m2
R1 L3 Vl4
I1 L4
Vg1 Vg3
I4
+ +
0
I 1 = −I m1 = 0.308 + j1.158 A
I 2 = I m1 = −0.308 − j1.158 A
I 3 = I m1 − I m2 = 0.282 + j0.698 A
I 4 = I m2 = −0.591 − j1.857 A
Le correnti in R4 e C4 possono essere calcolate con la regola del partitore di
corrente:
I R1 = I L1 = I 1 − I g1 = −7.7814 − j4.7189 A
V l1 = V 1 = Z 1 I 1 − V g1 = −3.336 − j12.048 V
V l3 = V l4 = V 2 = Z 3 I 3 − V g3 = −0.248 − j0.459 V
V l2 = V 1 − V 2 = −3.0880 − j11.5890 V
Si procede infine al calcolo delle potenze, specificando anche la convenzione
che si adottata e che deve essere utilizzata per interpretare i risultati.
Potenze erogate dai generatori, nel circuito di partenza:
PR4 = R4 |I R4 |2 = 1 W C.d.U.
QL1 = ωL1 |I L1 |2 = 78.01 Var C.d.U.
QL3 = ωL3 |I 3 |2 = 0.89 Var C.d.U.
QC4 = −1/(ωC4 )|I C4 |2 = −3.76 Var C.d.U.
QL4 = ωL4 |I 4 |2 = 3.58 Var C.d.U.
Bilancio delle potenze
Si riporta di seguito il listato del codice Matlab che analizza il circuito sia
con il metodo delle maglie che con il metodo dei nodi:
% Es1_maglie_ac.m
clear all
close all
clc
w=314;
Ig1=10*exp(j*pi/5);
Vg3=3*exp(j*pi/2);
R1=1; L1=3e-3;
R2=10;
R3=3; L3=5e-3;
R4=4; L4=3e-3; C4=3e-3;
Z1=R1+j*w*L1;
Z2=R2;
Z3=R3+j*w*L3;
Z4=j*w*L4+R4*1/(j*w*C4)/(R4+1/(j*w*C4));
% Correnti di lato
Il1=-Im(1);
Il2=Im(1);
Il3=Im(1)-Im(2);
Il4=Im(2);
IC4=Il4*R4/(R4+1/(j*w*C4));
IR4=Il4*1/(j*w*C4)/(R4+1/(j*w*C4));
4.5. TEOREMA DI THEVENIN E DI NORTON IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE257
% Potenziali nodali
V1=Z1*Il1-Vg1;
V2=Z3*Il3-Vg3;
V22=Z4*Il4;
IRL1=V1/Z1;
Pg3=abs(Vg3)*abs(Il3)*cos(angle(Il3)-angle(Vg3)); % C.d.G.
Qg3=abs(Vg3)*abs(Il3)*sin(angle(Vg3)-angle(Il3)); % C.d.G.
IR2=(Vn(1)-Vn(2))/R2;
258 CAPITOLO 4. RETI IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
259
260 BIBLIOGRAFIA
Capitolo 5
Sistemi trifase in regime
alternativo sinusoidale
2π
α= (5.1.1)
n
π
e1 (t) = E1M sin ωt +
2
π 2π
e2 (t) = E2M sin ωt + −
2 n
π 4π
e3 (t) = E3M sin ωt + − (5.1.2)
2 n
.. ..
. = .
π 2(n − 1)π
en (t) = EnM sin ωt + −
2 n
261
262CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
E 1 = E1 ejπ/2
E 2 = E2 ej(π/2−2π/n)
E 3 = E3 ej(π/2−4π/n) (5.1.3)
.. .
. = ..
E n = En ej(π/2−2(n−1)π/n)
con E1 = E2 = E3 = · · · = En = E√1M
2
.
La somma degli n fasori costituenti il sistema polifase è sempre uguale
a zero.
E1 E1
120 o 120 o
0 0
E3 E2 E2 E3
(a) (b)
E1
60 o
E6 E2
0
E5 E3
E4
(c)
Nella Fig. 5.1 sono riportati due sistemi trifase simmetrici di tensioni rapp-
resentati nel piano di Gauss. In tale caso lo sfasamento tra i fasori è di 2π/3
radianti.
Nel caso del sistema trifase simmetrico di tensioni di sequenza di-
retta, Fig. 5.1a, i fasori corrispondenti alle tre tensioni sinusoidali iso-
5.1. SISTEMI POLIFASE 263
s1 ZL I1 1
s2 ZL I2
2
s3 ZL I3 3
Es1 Es2 Es3
Z3 Z2 Z1
ZL
c c'
ZL
b b'
ZL
a a'
E1
I1
I3
0 E2
E3 I2
E1
I1 =
2Z L + Z
E2 E1
I2 = = e−j2π/3 = I 1 e−j2π/3 (5.1.7)
2Z L + Z 2Z L + Z
E3 E1
I3 = = e−j4π/3 = I 1 e−j4π/3
2Z L + Z 2Z L + Z
s1 ZL I1 1
s2 ZL I2 2
s3 ZL I3 3
Es1 Es2 Es3
Z3 Z2 Z1
I0 Z0 V1
V3 V2
0 0'
può scrivere:
E s1 = (Z 1 + Z L ) I 1 + Z 0 I 0 = (Z 1 + Z L ) I 1 + V 0′ 0
E s2 = (Z 2 + Z L ) I 2 + Z 0 I 0 = (Z 2 + Z L ) I 2 + V 0′ 0 (5.1.8)
E s3 = (Z 3 + Z L ) I 3 + Z 0 I 0 = (Z 3 + Z L ) I 3 + V 0′ 0
E s1 + E s2 + E s3 = (Z + Z L ) (I 1 + I 2 + I 3 ) + 3Z 0 I 0 (5.1.10)
(Z + Z L ) (I 1 + I 2 + I 3 ) + 3Z 0 I 0 → (3Z 0 + Z L + Z) I 0 = 0 (5.1.11)
I0 = 0 (5.1.12)
E s1 = (Z 1 + Z L ) I 1 = (Z + Z L ) I 1
E s2 = (Z 2 + Z L ) I 2 = (Z + Z L ) I 2 (5.1.13)
E s3 = (Z 3 + Z L ) I 3 = (Z + Z L ) I 3
266CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
s1 ZL I1 1
Es1 V1 Z1
0 0'
V 1 = Z 1 I 1 = ZI 1
V 2 = Z 2 I 2 = ZI 2 = V 1 e−j2π/3 (5.1.15)
−j4π/3
V 3 = Z 3 I 3 = ZI 3 = V 1 e
p/6
V 12 = V 1 − V 2 V 23 = V 2 − V 3 V 31 = V 3 − V 1 (5.1.16)
da cui discende un’utile relazione che lega i moduli dei fasori delle tensioni
concatenate e di quelle stellate:
√
|V mn | = 3|V m | (5.1.18)
E’ bene sottolineare che tale relazione vale solo nel caso di un sistema trifase
simmetrico nelle tensioni di alimentazione ed equilibrato nei carichi.
268CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
s1 ZL I1 1
s2 ZL I2 V 31
2 V12
s3 ZL I3 3
Es1 Es2 Es3 V23
Z3 Z2 Z1
V3 V2 V1
0 0'
Y 3i=1 E si
P
V 0′ = =0 (5.1.20)
3Y
5.1. SISTEMI POLIFASE 269
s1 ZL I1 1
s2 ZL I2 2
s3 ZL I3 3
Es1 Es2 Es3
Z3 Z2 Z1
I0 Z0 V1
V3 V2
0 0'
V 1 = Z 1I 1 V 2 = Z 2I 2 V 3 = Z3I 3 (5.1.23)
P = P1 + P2 + P3 (5.1.25)
= |V 1 | · |I 1 | cos (φV1 − φI1 ) + |V 2 | · |I 2 | cos (φV2 − φI2 ) + |V 3 | · |I 3 | cos (φV3 − φI3 )
Q = Q1 + Q2 + Q3 (5.1.26)
= |V 1 | · |I 1 | sin (φV1 − φI1 ) + |V 2 | · |I 2 | sin (φV2 − φI2 ) + |V 3 | · |I 3 | sin (φV3 − φI3 )
Pg − PL − P − P0 = 0 (5.1.33)
Qg − QL − Q − Q0 = 0 (5.1.34)
Es1
Es3 Vs31
V smn
E sm = √ e−jπ/6 (m, n = 1, 2, 3) (5.1.35)
3
s1 I1 1
ZL
s2 I2 2
s3 ZL I3 3
Es1 Es2 Es3
ZL
Z3 Z2 Z1
V3 V2 V1
0 0'
le seguenti relazioni:
V s12 −jπ/6
E s1 = √ e (5.1.36a)
3
V s23 −jπ/6
E s2 = √ e (5.1.36b)
3
V s31 −jπ/6
E s3 = √ e (5.1.36c)
3
s1 ZL I1 1
Es1 V1 Z
0 0'
V 12 = V 1 − V 2 V 23 = V 2 − V 3 V 31 = V 3 − V 1 (5.1.37)
I 1 = J 12 − J 31 I 2 = J 23 − J 12 I 3 = J 31 − J 23 (5.1.40)
Vs12 Vs31
Vs23
s1 s2 s3
Figura 5.12: Sistema trifase simmetrico nelle tensioni ed equilibrato nelle correnti.
s1 ZL I1 1
I 1S I1T
Es1 V1 Zs Z eT
0 0'
Figura 5.13: Circuito monofase equivalente del sistema trifase in Fig. 5.12.
Si osservi che il centro stella virtuale generato dalla trasformazione del secon-
do carico trifase nel passaggio dal collegamento a triangolo al collegamento
a stella si trova allo stesso potenziale del centro stella, reale, del primo cari-
co trifase e che entrambi si trovano allo stesso potenziale del centro stella
276CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
Z Te ZS
I S1 = I1 I T1 = I1 (5.1.44)
Z S + Z Te Z S + Z Te
V 1 = Z S I S1 = Z Te I T1 (5.1.45)
|I T |
|I S1 | = |I S2 | = |I S3 | = |I S | |J 12 | = |J 23 | = |J 31 | = √
3
φI S = φI S − 2/3π, φI S = φI S − 4/3π
2 1 3 1
Utenza
polifase
i 1(t)
1
i 2(t)
2
v1 (t)
i n-1 (t)
v2 (t) n-1
i n(t)
vn-1 (t) n
vn (t)
√
i1 (t) = 2I sin (ωt + φI ) (5.2.3a)
√
2π
i2 (t) = 2I sin ωt + φI − (5.2.3b)
3
√
4π
i3 (t) = 2I sin ωt + φI − (5.2.3c)
3
Utenza
trifase
i 1(t)
1
i 2(t)
2
v1 (t) i3(t)
3
v2 (t)
v3 (t)
V3
0 V1
V2
√
• Potenza attiva P = 3EI cos (φV − φI ) = 3V I cos (φV − φI ) [W]
√
• Potenza reattiva Q = 3EI sin (φV − φI ) = 3V I sin (φV − φI ) [VAr]
√
• Potenza apparente Pa = 3EI = 3V I [VA]
Esercizio 5.2.18
Si consideri il circuito illustrato nella seguente figura.
ZL
ZL
+ + + ZL
Z1 Z2 Z3
Eg3 Eg2 Eg1
0 0’
V 1 = Z 1 I 1 = 192 − j3.38 V
V 2 = V 1 e−j2π/3 = −99.3 − j165.3 V
V 3 = V 1 e−j4π/3 = −93.5 + j168.7
PL = 3Re (Z L ) |I 1 |2 = 1.11 kW
QL = 3Im (Z L ) |I 1 |2 = 1.11 kVAR
Pg = PL + Pc = 10.04 kW
Qg = QL + Qc = 7.81 kVAR
Essendo il sistema a tre fili, è immediato verificare che, anche nel caso
squilibrato, risulta:
I1 + I2 + I3 = 0
Le tensioni di fase del carico sono:
V 1 = Z 1I 1 = 0 V
V 2 = Z 2 I 2 = −234.91 − j157.2 V
V 3 = Z 3 I 3 = −229.04 + j176.87 V
PL = Re (Z L ) |I 1 |2 + |I 2 |2 + |I 3 |2 = 3.79 kW
QL = Im (Z L ) |I 1 |2 + |I 2 |2 + |I 3 |2 = 3.79 kVAR
% Esercizio_sistemi_trifase.m
clear, close all, clc
format long
w=314;
%%
% Caso equilibrato
% Correnti
I1=Eg1/(ZL+Z1); I2=I1*exp(-j*2/3*pi); I3=I1*exp(-j*4/3*pi);
% Potenze
Pc=3*abs(V1)*abs(I1)*cos(angle(V1)-angle(I1));
Qc=3*abs(V1)*abs(I1)*sin(angle(V1)-angle(I1));
PL=3*real(ZL)*abs(I1)^2; QL=3*imag(ZL)*abs(I1)^2;
Pg=3*abs(Eg1)*abs(I1)*cos(angle(Eg1)-angle(I1));
Qg=3*abs(Eg1)*abs(I1)*sin(angle(Eg1)-angle(I1));
Pg-Pc-PL
Qg-Qc-QL
%%
% Caso squilibrato
Z1=0; Y0=0; Ztot1=Z1+ZL; Ztot2=Z2+ZL; Ztot3=Z3+ZL;
284CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
V0=(Eg1/Ztot1+Eg2/Ztot2+Eg3/Ztot3)/(Y0+1/Ztot1+1/Ztot2+1/Ztot3);
Pc1=abs(V1)*abs(I1)*cos(angle(V1)-angle(I1));
Pc2=abs(V2)*abs(I2)*cos(angle(V2)-angle(I2));
Pc3=abs(V3)*abs(I3)*cos(angle(V3)-angle(I3));
Qc1=abs(V1)*abs(I1)*sin(angle(V1)-angle(I1));
Qc2=abs(V2)*abs(I2)*sin(angle(V2)-angle(I2));
Qc3=abs(V3)*abs(I3)*sin(angle(V3)-angle(I3));
Pc=Pc1+Pc2+Pc3;
Qc=Qc1+Qc2+Qc3;
PL=real(ZL)*(abs(I1)^2+abs(I2)^2+abs(I3)^2);
QL=imag(ZL)*(abs(I1)^2+abs(I2)^2+abs(I3)^2);
Pg1=abs(Eg1)*abs(I1)*cos(angle(Eg1)-angle(I1));
Pg2=abs(Eg2)*abs(I2)*cos(angle(Eg2)-angle(I2));
Pg3=abs(Eg3)*abs(I3)*cos(angle(Eg3)-angle(I3));
Qg1=abs(Eg1)*abs(I1)*sin(angle(Eg1)-angle(I1));
Qg2=abs(Eg2)*abs(I2)*sin(angle(Eg2)-angle(I2));
Qg3=abs(Eg3)*abs(I3)*sin(angle(Eg3)-angle(I3));
Pg=Pg1+Pg2+Pg3; Qg=Qg1+Qg2+Qg3;
Pg-Pc-PL
Qg-Qc-QL
%
5.3. CADUTA DI TENSIONE LUNGO UNA LINEA 285
I
Z L =rL+jxL
Ep Ea ZC
Ep = E a + Z LI (5.3.2)
Ea<Ep
Ep
A B
O Ea C
∆V √ IL
∆V % = · 100 = 3 (r cos φ + x sin φ) · 100 (5.3.8)
Vn Vn
E’ immediato verificare che la caduta di tensione percentuale è la stessa sia
se è calcolata in termini di tensioni concatenate che stellate.
Moltiplicando√ e dividendo per Vn e ritenendo che la tensione concatenata
sul carico Va = 3Ea sia poco diversa da quella nominale Va ∼ = Vn si ottiene:
∆V (RL P + XL Q)
∆V % = · 100 ∼= · 100 (5.3.9)
Vn Vn2
√ √
dove RL = rL, XL = xL, P = 3Va I cos φ e Q = 3Va I sin φ sono rispet-
tivamente la potenza attiva e reattiva fornite al carico. Dalla precedente
espressione si evince che, a parità di potenza attiva assorbita dal carico, au-
mentando la potenza reattiva, ossia al ridursi del fattore di potenza del cari-
co, si ha un corrispondente aumento della caduta di tensione lungo la linea.
5.3. CADUTA DI TENSIONE LUNGO UNA LINEA 287
Ea>Ep
I
Z L =rL+jxL
Ep Ea ZC
che circola nella linea, per assegnati valori della potenza attiva richiesta dal
carico e della sua tensione di alimentazione.
L’aumento del valore efficace della corrente comporta inoltre:
• maggiori perdite per effetto Joule con conseguente aumento del costo
di esercizio dell’intero sistema;
I’ I IC
Z L =rL+jxL
Ep Ea ZC C
I C = jωCE a (5.3.11)
Nell’ipotesi che la tensione sul carico sia rimasta immutata dopo l’inseri-
mento del banco di condensatori, la corrente totale che scorre nella linea
è:
I′ = I + IC (5.3.12)
cui corrisponde il seguente diagramma fasoriale:
L’effetto del rifasamento cioè dell’inserimento del banco di condensatori in
parallelo al carico è quello di ridurre l’intensità della corrente che scorre in
linea con le seguenti conseguenze:
5.3. CADUTA DI TENSIONE LUNGO UNA LINEA 289
IC=jwCEa
Ea
P (tan φ − tan φ′ )
→ C= (5.3.15)
ωEa2
In effetti il rifasamento di un carico trifase offre la possibilità di collegare
le capacità del banco a stella o a triangolo, come illustrato nella seguente
figura:
290CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
P (tan φ − tan φ′ )
C∆ = (5.3.17)
3ωV 2
Dalle precedenti relazioni si deduce che C⋋ = 3C∆ .
Per rifasamenti in bassa tensione si privilegia in genere il collegamento a
triangolo perchè garantisce le capacità inferiori; in media ed alta tensione
si ricorre al collegamento a stella perchè consente di adottare mezzi dielet-
trici con proprietà meno buone, e pertanto meno costosi, rispetto a quelli
necessari nel caso di interconnessione a triangolo.
Esercizio 5.3.19
condensatori è:
P (tan φ)
C= = 3.42 mF
ωEa2
Nel secondo caso, essendo cos φ′ = 0.9, si ha φ′ = 0.451 rad, tan φ′ = 0.4843
e, dunque, la capacità del banco di condensatori è:
P (tan φ − tan φ′ )
C= = 2.463 mF
ωEa2
Esercizio 5.3.20
P3 = Pa3 cos φ3 = 36 kW
Q3 = Pa3 sin φ3 = 17.43 kVAr
PT = P1 + P2 + P3 + P4 = 111.82 kW
QT = Q1 + Q2 + Q3 + Q4 = 63.43 kVAr
cui corrisponde
QT
tan φ = = 0.5672, cos φ = 0.869
PT
292CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
P (tan φ − tan φ′ )
C(0.9) = = 0.605 mF
ωEa2
P (tan φ)
C(1) = = 4.2 mF
ωEa2
Esercizio 5.3.21
Soluzione Si assuma come riferimento delle fasi quello della tensione stel-
lata sul carico che pertanto può essere scritta come
V
E = √ = 11547 V
3
Il modulo della corrente assorbita dal carico è
P
I=√ = 144.3 A
3V cos φ
Lo sfasamento tra il fasore della tensione stellata e quello della corrente di
fase corrispondente può essere calcolato come
I = IejφI = 144.3e−j0.6435 A
PJ = 3rLI 2 = 225 kW
(rLP ′ + xLQ′ )
∆Va′ % = · 100 = 5.92%
V2
Di seguito viene riportato il listato Matlab che risolve l’esercizio preceden-
temente illustrato.
294CAPITOLO 5. SISTEMI TRIFASE IN REGIME ALTERNATIVO SINUSOIDALE
%
clear
Cs=Qcm/(w*Vn^2); Ct=Cs/3;
Esercizio 5.3.22
C1 C2
l
TR1 TR2 Ec
E 22 = 220 V (5.3.18)
Zeq 12 ZL Z eq 21
I 11 I 12 I21 I 22
E 11 E 12 E 21 E 22
k1 k2
Si osservi che la potenza apparente del carico risulta inferiore a quella nom-
inale del trasformatore TR2, Pac < Pn2 che risulta pertanto ben dimension-
ato.
Per il calcolo dei parametri dei trasformatori si può procedere come
illustrato nel seguito.
2
vcc1 % Vn12
Zeq12 = = 0.09 Ω
100 Pn1
2
Pcu1 % Vn12
Req12 = = 0.027 Ω
100 Pn1
q
Xeq12 = 2
Zeq12 2
− Req12 = 0.085 Ω
Z eq12 = Req12 + jXeq12 = 0.027 + j0.085 Ω
2
vcc2 % Vn21
Zeq21 = = 11.25 Ω
100 Pn2
2
Pcu2 % Vn21
Req21 = = 3.93 Ω
100 Pn2
q
Xeq21 = 2
Zeq21 2
− Req21 = 10.53 Ω
Z eq21 = Req21 + jXeq21 = 3.93 + j10.53 Ω
Può essere utile calcolare la caduta di tensione percentuale riferita alla ten-
sione nominale della sezione del sistema trifase presa in considerazione. In
questo caso, essendo la caduta di tensione stata calcolata nella sezione di
media tensione, la tensione nominale da considerarsi risulta:
Vn 15000
En = √ = √ = 8660 V
3 3
La caduta di tensione percentuale è pertanto:
|∆E|
∆v% = · 100 = 4.987
En
La caduta di tensione può essere calcolata anche attraverso la formula ap-
prossimata (5.3.9). A questo scopo è necessario calcolare la resistenza e la
reattanza totali, includendo anche le impedenze dei due trasformatori:
(Rtot Pc + Xtot Qc )
∆ṽ% ∼
= · 100 = 4.384
Vn2
tan ϕ = 0.9234
tan ϕ′ = 0.4260
|QBC | |QBC |
Cs = 2
= = 6.11 mF
3ω|E22 | ω|V22 |2
5.3. CADUTA DI TENSIONE LUNGO UNA LINEA 299
%
% Esercizio_linea_con_senza_rif.m
clear clean
% Parametri trasformatori
Zeq12=vcc1p/100*Vn12^2/Pn1; Req12=Pcu1p/100*Vn12^2/Pn1;
Xeq12=sqrt(Zeq12^2-Req12^2); Zeq12=Req12+j*Xeq12;
Zeq21=vcc2p/100*Vn21^2/Pn2; Req21=Pcu2p/100*Vn21^2/Pn2;
Xeq21=sqrt(Zeq21^2-Req21^2); Zeq21=Req21+j*Xeq21;
DE=Ztot*IL; Dvp=abs(DE)/En*100;
% Rifasamento
cosfi=cos(-atan(Qc/Pc)); cosfi_new=0.92; tanfi=tan(acos(cosfi));
tanfi_new=tan(acos(cosfi_new)); Qbc=Pc*(tanfi-tanfi_new);
Cstella=Qbc/(w*V22^2); Ctriangolo=Qbc/(3*w*V22^2);
% A rifasamento avvenuto
Qc_new=Qc-Qbc;
Ic_stella=j*w*Cstella*E22; Ic_new=Ic+Ic_stella;
IL_new=Ic_new/k2;
DE_new=Ztot*IL_new; Dvp_new=abs(DE_new)/En*100;
Dvp_appr_new=(Rtot*Pc+Xtot*Qc_new)/VnL^2*100;
Esercizio 5.3.23
L1 L2
C1 C2
IP IC2
ZL1 ZL2
IC1
E C1 = E C2 + Z L2 I C2
I P = I C1 + I C2
E P = E C1 + Z L1 I P
Z C1 = RC1 + jXC1
PC1 = 3RC1 |I C1 |2
QC1 = 3XC1 |I C1 |2
305
Indice analitico
equazione di Laplace, 92
equazione di Poisson, 92
306
Bibliografia
307
308 BIBLIOGRAFIA