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BUDDISMO GIAPPONESE
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
Il quadro storico: un sommario
Il Buddismo venne introdotto in Giappone nel VI secolo, e rapidamente guadagnò consenso tra l'aristocrazia. La religione
diventò un metodo per controllare calamità, curare malattie, mantenere la prosperità della Nazione e servire la causa
dell'aristocrazia. Ma fino al periodo Heian, i giapponesi avevano afferrato solo il guscio della nuova fede.
Nel 710 Nara divenne la prima capitale permanente del Giappone. Negli anni seguenti le famose sei sette di Nara vennero
importate dalla Cina:
– Kusha 九社
– Jōjitsu 情実
– Ritsu 律
– Sanron 三論
– Hossō 法相
– Kegon 華厳
L'importazione di queste sette, cosa nuova per il Giappone, introdusse improvvisamente gli sviluppi di mille anni di
Buddismo in India e in Cina. Sotto il mantello delle sette di Nara, vennero impiantati i semi della futura evoluzione del
Buddismo giapponese:
– Tendai 天台
– Shingon 真言
– Zen 禅
– Jōdo 浄土
Mikkyō dell'Aristocrazia
Nel tentativo di separare chiesa e stato, la sede del governo fu spostata a Kyoto. In questo periodo vennero importate dalla
Cina le sette Tendai e Shingon. La prima, basata sul Sutra del loto, si stabilì sul monte Hiei, e divenne la culla di tutti i
maggiori sviluppi futuri del Buddismo, mentre la seconda, sul monte Koya, divenne un centro di meditazione. Entrambe
queste nuove scuole sostenevano il Mikkyō (Tantrismo), che presto vinse il favore dell'aristocrazia.
Nel periodo Heian grandi templi e santuari riuscirono a evadere le tasse e acquisire enormi possedimenti terrieri, detti
appunto shōen. La base economica della nazione si spostò dal sistema di terre nazionalizzate Ritsuryō agli esentasse Shōen.
Le istituzioni buddiste fecero lo stesso, ma questo aumentò la loro distanza dalla massa e la dipendenza dall'aristocrazia. In
breve tempo gli Shōen cominciarono ad entrare in conflitto tra di loro.
Il primo grande conflitto in cui i bushi mostrarono la propria forza fu quello fra Taira e Minamoto, che mostrò sensibilmente
i primi segni dell'evoluzione del feudalesimo.
Mappō
Era un periodo di generale inquietudine e il clima del Mappō (degenerazione del Dharma) dominava la terra. Anche i templi
buddisti cominciarono a maturare forze armate per proteggersi.
La caduta dell'aristocrazia
Alla conclusione della guerra Genpei con le vittorie di Minamoto no Yoritomo seguì la creazione di un Bakufu (governo della
tenda) a Kamakura. Yoritomo tentò di mettere in amministrazione ogni shōen sotto il controllo di supervisori provinciali.
La creazione del bakufu fu la prima fase del cosiddetto medioevo giapponese, un'era di lotte per il potere tra i samurai, e
*****
Il Buddismo di Kamakura
Nel pensiero Tendai e Shingon, la devozione alla terra Pura era considerata solo un upāya (diversi mezzi per raggiungere la
verità) usato per stimolare gli individui incapaci di compiere discipline più complesse, come la meditazione, ma finché un
individuo non fosse stato capace di intraprendere le pratiche regolari non avrebbe potuto raggiungere l'illuminazione.
Al contrario i movimenti della Terra pura enfatizzavano la singola pratica di cantare il nenbutsu (nome di Amida) come
sentiero di salvezza anche per gli uomini comuni.
Anche la setta di Nichiren sosteneva una singola pratica e che l'Illuminazione fosse ottenibile da tutti cantando il titolo del
Sutra del Loto. Infine i movimenti Zen Sōtō e Rinzai introdussero la meditazione come singola pratica indipendente. Tutti
questi movimenti si rivolgevano prima di tutto alle masse.
Cultura Muromachi
Il secondo stadio del feudalesimo giapponese è rappresentato dal periodo Muromachi. Questo periodo fu caratterizzato da
una rapida crescita economica e sociale e dall'ascesa della classe dei mercanti e dei Daimyō. Anche se il paese sperimentò
una fioritura culturale e del Buddhismo Zen sotto l'influenza Cinese, politicamente fu instabile e la Guerra Ounin segnò la
fine dell'aristocrazia Heian.
Movimenti di Massa
Anche i contadini iniziarono ad avere una nuova coscienza di se stessi e spesso si radunavano sotto le insegne di nuove
forme di Buddismo come la Nuova Terra Pura (Ikkō Ikki) o Nichiren (Hokke Ikki). Il malcontento generale diede inizio alla
terza fase del feudalesimo giapponese che in definitiva portò all'unificazione del paese sotto a Tokugawa.
Le politiche di Tokugawa Ieyasu, continuate dai suoi successori introdussero lo stadio finale del feudalesimo giapponese. I
missionari europei furono espulsi e la nazione venne isolata in uno stretto controllo sociale supportato dal Neo-
confucianesimo. Durante il periodo del medioevo giapponese il Buddismo divenne una vera religione delle masse ed
emersero molti incredibili leader spirituali.
CAPITOLO 2
SETTE DELLA TERRA PURA:
IL CAMMINO DELLA FEDE
Antecedenti al movimento della Terra Pura
Già nel periodo Nara il culto della terra pura esisteva in Giappone ma solo come culto funebre. La situazione cambiò
quando Genshin gettò una base teologica per il nuovo culto descrivendo l'efficacia di cantare il nenbutsu.
L'enfasi del nenbutsu nella setta Tendai precedette la nascita della setta della Terra Pura (Jōdo) e della Nuova Terra Pura
(Jōdō Shinshū), ma vi furono anche altri trend indiretti; ad esempio nello Shingon, anche se considerato solo un modo per i
seguaci meno abili da ottenere la salvezza, il nenbutsu venne incorporato nelle Tre Pratiche Tantriche (fisica, vocale e
mentale).
Nel periodo Heian, Kōya propagò il culto della terra pura tra le masse viaggiando per le campagne diffondendo lo Yuyaku
(danzante) nenbutsu. Fino alla fine del periodo Heian anche altri interventi mescolarono al culto, da Amida con altri culti
popolari, poi si passò alla pratica singola. Caratteristica del culto del nenbutsu era l'importanza data al numero dei canti
proporzionale all'impegno religioso.
Ryōnin, il fondatore
Fin da piccolo aveva una bellissima voce, e all'età di 12 anni entrò nel monte Hiei, ma se ne andò perché era troppo poco
tranquillo. Cominciò a praticare il culto melodico dei sutra (bonbō). All'età di 46 anni ebbe un'apparizione di Amida durante
la meditazione, e gli fu rivelata la filosofia dello Yūzu Nenbutsu come via per la salvezza e gli diede un mandala da venerare
durante il canto. In seguito una divinità indiana gli apparve dandogli da insegnare la sua rivelazione a tutti gli esseri. Così
partì per la capitale raccogliendo seguaci tra cui anche l'imperatore. In seguito ad un'altra visione decise di estendere la sua
attività missionaria a tutto il Giappone.
Yūzu denota l'interdipendente, intercomunicabilità relazione tra gli esseri. Per via della natura collegata degli esseri, gli
uomini non sono soli, ma legati alla sofferenza e al destino dell'intera umanità, quindi le azioni di uno hanno effetto su tutti
e viceversa. L'aspetto più importante della pratica era abbandonarsi allo yūzu nenbutsu, che aveva un potere considerato
tariki (他力, salvation by other powers). L'individuo si arrende a questo potere e cantando in gruppo, ogni membro purifica
anche gli altri, e tutti raggiungono l'ōjō, la Terra Pura.
Basi teologiche delle sette della terra Pura e della Nuova Terra Pura
La nascita di queste due sette fu il più significativo sviluppo del credo della terra Pura durante il periodo Kamakura. A
dispetto dell'oscurità delle sue origini, il Buddha Amida (Amitabha) era molto popolare in India e nell0Asia centrale.
Trasmissione
Nelle sette della Terra Pura c'è il problema di stabilire linee di successioni e patriarcali perché Hōnen non si espresse al
riguardo. La setta della Nuova Terra Pura stabilì 7 patriarchi, da Nagarjuna a Vasubandhu e Hōnen.
Nagarjuna e Vasubandhu
A Nagarjuna viene attribuito un ruolo importante nello sviluppo del pensiero della Terra Pura per via dei suoi scritti sulla
“pratica semplice”. Alcuni pensano che questo rappresentasse l'essenza del pensiero di Nagarjuna, anche se ne parlano
considerandoli inferiori.
Vasubandhu, fondatore della scuola Yōgacara, afferma il suo desiderio di raggiungere la Terra Pura con 5 forme di
meditazione su Amida:
– Venerazione fisica
– Canto del nome
– Desiderio determinato di ottenere la Terra Pura
– Concentrazione e visualizzazione della Terra Pura
– Ritorno delle virtù acquisite nelle precedenti pratiche a beneficio degli altri.
In Giappone Genshin è considerato il primo patriarca della Terra Pura, in quanto fu il primo a combinare la meditazione in
stile Tendai con il culto del nenbutsu.
Base Testuale – Il Triplice Sutra
La corrente principale della Filosofia della Terra Pura in Cina e in Giappone è basata sul Triplice Sutra che in realtà è
composto da tre opere diverse.
Daimuryōjukyō - 大無量寿経
Questo Sutra, il principale dei tre, racconta la storia del Bodhisattva Dharmakara che nel suo desiderio di raggiungere
l'illuminazione e creare la più perfetta delle Buddaterre fece 48 voti, divisibili in due parti:
1) Formazione e attributi della Terra Pura
2) Come gli esseri senzienti possono raggiungerla
I voti …. sono il 17 e il 20, che parlano della capacità salvifica di Amida e promettono la salvezza per tutti. Questi diventano
la base della teologia delle Terre Pure.
Viene considerato il testo conclusivo dei tre, descrive la Terra Pura e i suoi abitanti, chiarifica la sua natura spirituale e
sottolinea come raggiungere la terra Pura recitando il nenbutsu.
Le meditazioni esposte in questo Sutra sono forme di riflessione utilizzate per purificare la mente al punto tale da poter
lavare via le passate trasgressioni.
Gli sforzi di presentare l'obiettivo dell'Illuminazione in una forma tangibile per gli iniziati spirituali creò uno dei primi
precedenti teologici per l'evoluzione del concetto di Terra Pura, l'esistenza di un simile perdono felice serviva a indurre a
prendere la virtù.
Mahaparanirvana
La ricerca di sempre maggiore perfezione portò a concetti come i 4 stadi di Arhat, i Tre Mondi e il Mahaparaninvana del
Buddha storico. L'idea del Mahaparanirvana si evolse durante la vita del Buddha storico e serviva per spiegare sia il destino
dell'Illuminato dopo la morte del corpo fisico, sia come riconoscimento del fatto che la perfetta Illuminazione non poteva
essere praticata finché l'individuo fosse rimasto racchiuso nel corpo umano.
Buddhaterre
Allo stesso modo, le teorie dei Tre mondi (Desideri, Forma, Non Forma) fornì stadi di perfezione spirituale verso
l'Illuminazione. Il reame del Desiderio racchiudeva tutti gli stati psicologici più bassi dell'uomo. Al di là c'erano i piani della
meditazione, il regno delle Forme. Al di là di questo, il Reame della Non Forma che consisteva nei 4 stadi finali della
meditazione che conducevano direttamente al Nirvana, al di là dei Tre Mondi. La miriade di Buddhaterre rappresenta la
ricerca infinita dell'uomo di trascendere le proprie umane limitazioni.
Fondazioni Filosofiche
Se i primi filosofi della Terra Pura erano più interessati alla lotta dell'uomo per ottenere l'Illuminazione e alla natura di
questa, i loro successori tesero invece ad interessarsi solo alla soggettività umana.
Amida Nyōrai
La Terra Pura agisce come stimolo tangibile dell'esperienza dell'assoluto e il tempo stesso come obiettivo per il genere
umano. La figura di Amida come Nyōrai (tathagata), colui che è venuto dalla verità, simboleggia la manifestazione della
verità assoluta, dentro e fuori gli uomini. La Terra Pura e Amida sono identici in essere, ma la Terra Pura funge da
obbiettivo, mentre Amida da causa del raggiungimento di questa.
Prajnhā e Upāya
Il termine Prajnhā nel Buddhismo si riferisce alla saggezza spirituale di percepire la realtà così com'è. Upaya funge invece
da:
1) Mezzo per compiere l'Illuminazione degli esseri senzienti
2) Metodo pratico impiegato da questi per ottenere l'illuminazione
L'Upāya appare quindi in diverse forme a seconda del livello spirituale dell'ascoltatore.
Nel Buddhismo Māhāyana il raggiungimento della saggezza (prajnhā) p equivalente all'Illuminazione, poiché rivela la natura
vuota degli esseri viventi. Questa consapevolezza giunge a voler aiutare tutti gli esseri ad arrivare a comprendere, ma per
farlo è necessario ricorrere ad upāya.
La teoria trikaya
Dharma kaya
il corpo del dharma o realtà definitiva, libero da desideri e da limitazioni umane. Verità assoluta (Illuminazione)
Sambhogha Kaya
Corpo di piacere e immagine idealizzante del Buddismo
Nirmana Kaya
Corpo di manifestazione che appare in risposta alle necessità del pubblico.
La nozione di bodhisattva fu il risultato di due momenti di pensiero del primo buddhismo. L'idealizzazione del Buddha e lo
sviluppo della devozione popolare. L'idealizzazione del Buddha storico raggiunse un livello tale da disumanizzarlo e farlo
vedere solo in termini della I. Ma la rimozione delle personalità del Budda storico creò un vuoto nelle vite dei laici e dei
monaci che doveva essere colmato e le figure dei mitici Buddha e bodhisattva emersero.
Il termine bodhisattva, ha due connotazioni nel Buddhismo māhāyana:
– Prima si applica a ogni essere senziente sulla strada verso l'Illuminazione (Buddhità)
– Secondariamente a quelli che hanno ottenuto l'illuminazione e lavorano per la salvezza degli altri.
Questo secondo aspetto è più rappresentato nella devozione popolare. Inseparabile dal bodhisattva è il suo voto di salvare
gli altri, lo stesso di Amida.
Hōnen, il fondatore
Perse i genitori da piccolo, furono assassinati. Per scappare si rifugiò in un tempio vicino. A 13 anni entrò nel monte Hiei ma
anche lui non fu contento dell'atmosfera lì e se ne andò. A Nara incontrò per la prima volta il credo della terra pura che è in
contrasto con il nenbutsu del Tendai enfatizzato dal Tariki. A 42 anni si stabilì vicino a Kyoto, dove creò il suo senjū nenbutsu
( pratica singola) e iniziò ad attirare seguaci anche fra l'aristocrazia.
Quando Hōnen completò la sua opera teologica principale, il Senjaku Hongan Nenbutsushū, delineando l'essenza della sua
setta, solo un limitato numero di discepoli poteva copiare questo testo. Dopo la sua morte venne censurato e bruciato.
Anche se nel libro diceva di scegliere la pratica singola del nenbutsu la posizione personale di Honen era ambivalente,
spesso partecipava a riti di ordinazione utilizzando il rito esoterico tantrico in contrasto con la singola pratica che
professava.
Il nenbutsu per rimuovere il peccato
Honen era anche interessato al potere del nenbutsu, recitato continuamente da purificare trasgressioni precedenti in linea
con la tradizione nenbutsu del Tendai, basata sul Jiriki (自力), ma in contrasto col tariki che professava nel Senjaku.
Per la natura rivoluzionaria del movimento di Honen e la sua popolarità tra le masse in un periodo in cui il fervore religioso
era in calo i templi ufficiali tentarono di controllare il movimento o in alternativa di dominarlo. Honen cercò di placare
Shinshō, abate del Tendai, e al tempo stesso ad avanzare una guida di condotta per i suoi discepoli: non disturbare gli altri
movimenti. Dopo un po' il tempio Kōfukuji di Nara cercò di fermare Hōnen con una petizione, poiché avrebbe commesso
sacrilegi. Questo portò al suo esilio, nonostante il favore dell'aristocrazia.
Esilio
Fu esiliato nell'isola dello Shikoku con altri discepoli ma grazie ai suoi appoggi a corte riuscì a essere perdonato, ma gli sforzi
fisici e psicologici lo portarono alla morte all'età di 80 anni.
Alla morte di Honen diversi problemi teologici erano irrisolti, come ad esempio la relazione fra fede, Tariki e la recitazione
del nenbutsu. Visto che quest'ultima sembrava cadere nella categoria del Jiriki. Honen non chiarì come la relazione fra fede
e canto del nenbutsu funzionasse come tariki, né l'esatto momento in cui si ottiene l'illuminazione.
Quindi il nenbutsu diventa un elemento intrecciato con la vita quotidiana. Honen diede inizio al nenbutsu come pratica
singola per ottenere la terra pura. Ma nella sua vita personale praticò anche altri rituali. E la stessa libertà lasciò ai discepoli.
Quando Hōnen era vivo, nacquero dispute su questioni come i meriti della fede versus quelli della pratica. E si
intensificarono dopo la sua morte. Per giunta tutti gli scritti di Hōnen, tranne il Senjakushū andarono distrutti e col tempo le
differenze fra i discepoli si accentuarono fino a che si vennero a formare altre sette.
Tra i discepoli di Hōnen possiamo notare due maggiori linee di pensiero: la prima di conciliazione con l'estabilishment
supportando altre pratiche oltre al nenbutsu, e la seconda di movimento di ulteriore purificazione del senjū nenbutsu.
Sviluppi Successivi
L'anno della morte di Hōnen il Tendai bruciò il Senjakushū per paura della popolarità del jōdo. Delle tante scuole di jōdo che
si svilupparono dopo la usa morte, due sono quelle più importanti: Seizan-ha di Shōkū, che provò di non essere un seguace
del senjū nenbutsu, sfuggendo agli arresti, e la Shinzei-ha, che si stabilì nel nord del Kyūshū e nel Muromachi divenne
popolare fra i samurai. Per la loro tendenza aristocratica, queste sette fallirono nel raggiungere la popolarità del Jōdo
Shinshū, ma riuscirono a trasmettere gli insegnamenti di Hōnen fino a oggi.
La filosofia della Terra pura capace di catutrare le masse, e in grado di diventare la forma di buddhismo maggiorei n
giappone.
Shinran, il fondatore
Nacque vicino a Kyoto e prestò andò sul monte Hiei, dove divenne un monaco nenbutsante. A 29 anni si unì ad Honen.
La rivelazione del principe Shōtoku
Prima di lasciare Tendai, Shinran si ritirò 100 giorni, per decidere su cosa fare in futuro, in un tempio che si credeva fosse
stato fondato dal principe Shōtoku. Il 95° giorno gli comparve Kannon in sogno nei panni di Shōtoku e gli parlò. Alcuni
credono che questa visione lo abbia spinto a unirsi ad Honen. Ma forse questa rivelazione gli promise che se peri l karma
passato avesse dovuto sposato, Kannon sotto forma di bella ragazza lo avrebbe seguito.
Matrimonio
Poco dopo Shinran si sposò ed ebbe un figlio, creando quindi una successione di sangue, caratteristica peculiare della nuova
terra pura. Non era anormale per i monaci sposarsi in segreto, ma per la prima volta lo fece un fondatore.
L'unione ad Hōnen
Shinran si unì ad Honen nel 1201 e non si sa come mai venne scelto tra discepoli salvati soltanto nella persecuzione del
1207. Dopo questo esilio i due non si incontrarono mai più.
Esilio a Echigo
L'esperienza dell'esilio fu traumatica per lui, perse fiducia in se e cominciò a chiamarsi gotoku (stupida testa pelata), ma
anche durante l'esilio continuò a predicare il nenbutsu.
Shinran fu ordinato con Honen, ma decise di non tornare alla capitale. Poco dopo trasferitosi nel Kanto fece voto di recitare
il triplice sutra 1000 volte per la salvezza degli esseri viventi, ma dopo poco realizzà ancora che una singola recitazione del
nenbutsu era sufficiente, ed era presuntuoso pensare di salvare gli altri quando la fede stessa era un dono di amida.
Nenbutsu dōjō
Il metodo di diffusione dell'insegnamento di Shinran costituiva nello stabilire un luogo di incontro in una casa privata
modificata, chiamata Nenbutsu dōjō. Attorno a questo centro, si formavano congregazioni assumenti nomi geografici. Il
nenbutsu dōjō e le sue congregazioni erano in netto contrasto coi templi ufficiali, e offrivano una continua sfida
all'estabilishment. Però sorsero anche problemi relativi ad essi; i leader dei dōjō tendevano a essere autoritari, e spesso
avevano anche idee radicalmente diverse da Shinran. Per di più Shinran era tornato a Kyoto, dove cercava di guidare i suoi
discepoli per lettera.
Zenran
Shinran mandò il figlio Zenran nel Kanto per cercare di risolvere la situazione, ma questo una volta arrivato cominciò creare
il proprio movimento. Shinran fu costretto a denunciarlo e disconoscerlo. Pochi anni dopo morì di malattia all'età di 90
anni.
La fede e il nenbutsu
Nella teologia della Nuova Terra Pura, la fede assume il ruolo principale di mezzo per ottenere il Reame della Purificazione,
mentre nel primo Buddhismo la fede è l'accettazione o il credo dei tre tesori (Buddha, Dharma, Sangha) e nella legge di
causa e effetto.
La teologia della Nuova Terra Pura è orientata a coloro che hanno già raggiunto la consapevolezza di sé (autocoscienza),
coloro che si sono sforzati ma hanno fallito nel raggiungere la perfezione religiosa. Dopo 20 anni di sforzi religiosi sul monte
Hiei, Shinran capì di non essere più vicino all'illuminazione del laico che cerca a tentativi negli attaccamenti terreni la
ricchezza o la gloria. La teologia della terra pura si pone verso la vita in modo da stimolare una profonda riflessione
interiore. Una distaccata riflessione sulle esperienze passate è sufficiente per comprendere i piaceri nascosti dentro le
cosiddette pratiche religiose. All'umanità Shinran offrì speranza attraverso la sua comprensione della fede come dono di
Amida e non come prodotto degli sforzi derivanti dall'ego.
Secondo il Daimuryōjukyō tre qualità della mente sono necessarie per raggiungere le Terre Pure:
– Sincerità
– Fede
– Aspirazione all'illuminazione
Nel culto della Nuova Terra Pura queste qualità appartengono ad Amida e riflettono la sua unica mente. Il possesso di
queste qualità è dato da Amida col nome di nenbutsu, che serve per adempiere alle condizioni per raggiungere le Terre
Pure. Honen pensava che le tre qualità arrivassero recitando il nenbutsu, Shinran invece le ritiene necessarie per recitarlo
correttamente, senza le qualità sarebbe Jiriki. Poi l'individuo diventa consapevole della sua condizione disperata e si affida
ad Amida, e entrambe le cose sono frutto del Tariki (何それ?)
L'individuo che ha ricevuto i benefici del Tariki e delle tre qualità agisce in accordo col Dharma, tutte le sue azioni sono
rivolte a cercare di condurre gli altri alla sua realizzazione e al momento della morte accede alla Terra Pura.
L'atteggiamento di Shinran nei confronti degli dei nativi e del clero popolare
Conformemente all'idea di Tariki non si può accettare la devozione agli dei nativi o ad altri Buddha/Bodhisattva, poiché
sarebbe considerato Jiriki e un ostacolo per la fede perfetta (la mente di Amida). Tuttavia questo non implica che la
devozione al rispetto ad altri dei non possa essere inclusa nel credo Tariki. Se i seguaci del nenbutsu erano spesso accusati
di disinteresse verso gli dei nativi è solo perché di queste accuse si servivano i politici per eliminare gli avversari.
Shinran morì lasciando una figlia e un nipote, ma si crearono problemi di successione poiché non si poteva far diventare
erede una donna. La questione si risolse con il suo pronipote che divenne successore ufficiale dopo aver studiato sotto il
figlio di Zenran, al figlio che lui aveva disconosciuto. Kakumyo, il pronipote, fece sviluppare l'ordine facendolo avvenire alle
classiche sette, facendo del mausoleo di Shinran un tempo, lo Honganji.
La setta Jishū
A differenza del nenbutsu a pratica singola ispirato da Hōnen, la setta Jishū so avvicina di più al nenbutsu esoterico Shingon,
condividendo anche un'affinità con gli dei nativi.
Ippen, il fondatore
Nato nel 1239, secondo figlio di una potente famiglia di samurai, a 14 anni entra a studiare Jōdo presso la Seizan-ha. Alla
morte del padre tornò a casa per sostenere gli affari di famiglia ma sorse una disputa per l'eredità e lui se ne andò in
pellegrinaggio per 3 anni su un monte vicino a praticare il nenbutsu.
Decise di visitare il santuario di Kumano e per la strada incontrò un monaco che rifiutò la sua tavoletta del nenbutsu
sostenendo di non avere abbastanza fede in Amida. Fu allora che il gongen (la manifestazione di Amida) gli rivelò che
l'illuminazione di Amida determinava l'ōjō dell'individuo, e quindi la fede e la purezza sono immateriali e tutto quello che gli
serviva fare era continuare con il fusan (distribuzione di tavolette per il nenbutsu). Assunse allora il nome di Ippen e fece
del fusan e dello yugyō (viaggiare per le campagne) la pratica principale del suo movimento. Iniziò anche l'odoru nenbutsu.
La fondazione teologica della setta Jishū deriva in primo luogo dal periodo di studi del Jōdo Seizan-ha e secondariamente
dall'interesse di Ippen per il Tantrismo Shingon. L'influenza Shingon è visibile nel fatto che credeva ce una volta che
l'individuo privo di rancore omaggia Amida e recita l nenbutsu, l'Illuminazione non è più sé stesso, ma diventa la mente
stessa di Amida. Credeva inoltre che con il proprio corpo fisico si potesse diventare Amida.
Grazie alla sua rivelazione maturò la convinzione che a prescindere dalla fede che si possiede o non si possiede, l'ojo
sarebbe stato ottenuto cantando il nenbutsu grazie al Tariki di Amida. Ippen era molto severo riguardo l'osservanza della
povertà, del celibato e del distacco. Nonostante la sua setta basata su una rivelazione considerava importante anche il
Triplice sutra.
Fondazione della setta Jishū
Ippen, non avendo intenzione di creare una setta chiamò il suo gruppo Jishū. Il nome “ji” (時) significava che i suoi seguaci
non trascuravano mai il canto del nenbutsu, qualsiasi cosa stessero facendo (anche dormendo). I suoi seguaci in gruppo di
una ventina di persone praticavano costantemente yugyō e fusan, era una vita dura.
Dopo la morte di Ippen furono assegnati vari nomi al movimento, finché non si decise per Jishū in epoca Muromachi.
Poiché era impossibile per i membri più vecchi continuare con quella vita di privazioni, Shinkyō, il poi vicino a Ippen dei
discepoli, nonché suo successore, istituì la pratica del ritiro nei templi, chiamati dokujū (独住, vivere da soli). Dopo di lui il
movimento finì per dividersi a causa dei soliti problemi di successione fino a dividersi in 12 scuole e le attività promosse da
Ippen furono gradualmente rimpiazzate da Templi corrotti e il movimento declinò rapidamente.
CAPITOLO 3
NICHIREN-SHUU:
I SEGUACI DEL LOTO
Un altro movimento a pratica singola del periodo Kamakura che credeva nel recitare il nome del Sutra del Loto.
Nichiren, il fondatore
Nichiren è unico tra i fondatori del Buddhismo giapponese perché tutti i maggiori avvenimenti della sua vita sono stati
scritti e interpretati da lui stesso, che si convinse per via di questo di essere l'incarnazione del Bodhisattva Jōgyō, con la
missione di proteggere il Sutra del Loto e il Giappone. Fiero delle sue origini, nacque figlio di un pescatore nei pressi del
santuario di Ise. A 12 anni si chiese come mai l'Imperatore (Go-Toba) fosse in disgrazia (esiliato) e quale fosse la vera natura
del Buddhismo, poiché credeva potesse esserci una sola vera setta e un solo vero sutra. A 11 anni andò a studiare presso il
monte Kiyosumi, dove entrò in contatto con Tendai e Shingon, poi andò a Kamakura dove studiò Buddhismo Zen e della
terra pura.
A 20 anni tornò al Kiyosumi dera, e scrisse un piccolo saggio in cui considerava la dottrina esoterica Shingon superiore a
quella essoterica del Loto, opinione che in futuro avrebbe cambiato radicalmente. Credeva nella possibilità di ottenere la
Buddhità con questo corpo e attacca anche i seguaci della Terra Pura, dichiarando il Sutra del Loto come il più vicino alla
verità.
Decide di continuare gli studi presso il monte Hiei, e nella sua ricerca del “vero” Buddhismo escluse a priori tutte le sette
non basate su un Sutra, come lo Zen e la Terra Pura.
Si convinse che la setta che cercava era la Tendai, e che il Sutra del Loto era l'unica salvezza per l'uomo. Decise anche di
dover ripristinare la setta Tendai.
Quando Nichiren lasciò il monte Hiei, aveva capito che le disgrazie al Giappone e alla famiglia Reale erano dovute al fatto
che il Giappone non seguiva il Loto, ma insegnamenti eretici.
Tornò al Kiyosumi per convertire il suo vecchio maestro e per cercare discepoli. Il suo metodo di conversione (shakubuku 折
伏) si basava su un linguaggio emotivo e interpenetrante che usava deliberatamente come arma per scioccare gli avversari.
Un nobile locale, Tōjō Kagenobu, seguace del nenbutsu, fu reso furibondo dalle sue parole, e tentò di tendergli
un'imboscata. Tuttavia Nichiren riuscì a salvarsi, perché il suo vecchio maestro lo avvertì in tempo. Il fatto lo stimolò a
proseguire con i suoi metodi, e anzi, si compiacque di essere il più grande uomo del Giappone, per il fatto di essere il più
odiato. I primi a convertirsi furono i suoi genitori.
Esilio a Izu
Nichiren, sapendo che i reggenti Hōjō seguivano lo Zen, evitò di attaccare anche questo movimento. Il suo avvertimento
venne però ignorato dal governo, ma i seguaci del nenbutsu lo attaccarono. Sopravvissuto, tornò a Kamakura, ma i seguaci
del nenbutsu chiesero al governo di condannarlo per calunnia. Fu esiliato a Izu, ma colui che lo denunciò morì l'anno dopo:
Nichiren lo interpretò come una punizione divina. Vide una cometa nel cielo, e la interpretò come un cattivo presagio. In
visita dal suo vecchio maestro venne attaccato da Tōjō Kagenobu, ma riuscì a salvarsi per miracolo, nonostante qualche
ferita.
Nel 1268 i Mongoli chiesero al Giappone di diventare tributario, ma il governo rifiutò, preparandosi quindi a un'invasione.
Nichiren si rivolse al governo facendo notare che egli stesso aveva già previsto questa invasione, e avanzò nuovamente le
solite richieste dottrinali. Nel 1271 a causa dei problemi di siccità, Nichiren guadagnò ancora più popolarità.
Scoperto in possesso di armi per distruggere le altre sette Buddhiste, e a causa delle sue criticità allo Zen, viste come un
attacco ai reggenti stessi, fu costretto nuovamente all'esilio, ma con il piano segreto di eseguirlo durante il cammino. A
causa di un cambio d'idea improvviso dell'esecutore, riuscì a sopravvivere, e questo fatto accentuò in lui la convinzione di
essere parte di una missione divina. A Sado venne mandato in un piccolo tempio abbandonato, ed ebbe difficoltà a
resistere al freddo inverno. Fece il suo famoso voto “Sarò la colonna del Giappone, i suoi occhi e la sua mano”. Si avverò
anche la sua profezia sui disordini politici in caso di non adempienza nel sutra del Loto.
Il Daimandara 大曼荼羅
A Sado creò un grande mandala, immagine principale sul suo movimento, dove lui stava accanto a Sākyamuni.
Il ritorno a Kamakura
Nel 1274 fu perdonato, e tornò a Kamakura, dove fu sommerso da richieste di praticare rituali per il bene della nazione.
Nichiren predisse che un'invasione sarebbe ritornata entro l'anno e solo lui poteva salvare il Paese. Di nuovo non lo
ascoltarono. Continuando a non essere ascoltato, decise di ritirarsi sul monte Minobu.
Le invasioni mongole
Arrivò così la prima invasione mongola, ma un tifone distrusse ,metà delle loro imbarcazioni, costringendoli alla ritirata.
Nichiren lo interpretò come un avvertimento al Giappone, e pensava che alla successiva invasione avrebbero distrutto il
Paese. Tuttavia tornò un altro tifone (ma consultare le previsioni del tempo sti mongoli???) distrusse ancora (xD) la flotta e
mentre i preti delle altre sette che avevano partecipato ai rituali si prendevano il merito, Nichiren troppo malato e stanco
per controbattere, rimase a guardare. Morì l'anno dopo.
L'aspetto unico della filosofia di Nichiren era la credenza che la salvezza fosse ottenibile solo cantando il sacro titolo
(Daimoku, 題目) del Sutra del Loto. La sua applicazione del canto era basata sul pensiero Tendai. Si basava anche nella
teoria dell'illuminazione originale, se l'uomo non fosse stato originariamente Illuminato, non avrebbe avuto speranza di
raggiungerla nuovamente.
La prima metà del Sutra viene chiamata Shakumon (折文, sezione della manifestazione) e parla della manifestazione storica
del Buddha. La seconda metà, Honmon (本文, sezione dell'origine), parla dell'eterno Sākyamuni. Nichiren abbandonò la
manifestazione nella forma del Buddha storico e affidò la sua fede all'Assoluto ed Eterno Sākyamuni.
Possiamo qui notare il suo Nazionalismo, che però rimase limitato nell'aspirazione di creare uno Stato Buddhista.
Nichiren vedeva il destino del singolo legato a quello della società, quindi il male e la sofferenza della società potevano
essere ridotti dal singolo, e viceversa. Quando ogni individuo diventa illuminato, la società stessa diventa il corpo del
Buddha Originale. Sotto questo aspetto la filosofia di Nichiren ricorda i movimenti Ji e Yūzu nenbutsu di influenza Tendai.
Abbiamo già visto che Nichiren si rifiutò categoricamente di accettare ogni forma di verità diversa dalla sua. I suoi bersagli
preferiti erano i preti che godevano di maggiore popolarità.
Nichiren identificò i Kami con il Giappone stesso, e fu consapevole dell'importanza che questi avevano sulle masse.
Considerava ogni divinità dello Shintō come una manifestazione dell'eterno Sākyamuni e credeva anche che le divinità
fossero obbligate a proteggere i seguaci del Loto e punire i loro nemici. Ma Nichiren ebbe difficoltà nel mantenere un buon
rapporto con i sostenitori shintoisti. Alla sua morte, molti discepoli credettero che i Kami avessero abbandonato il Giappone
e molti, come con il Jōdo Shinshū, confusero la purezza della pratica con l'intolleranza verso le divinità shintoiste. Un
compromesso fu trovato alla sua morte nel culto di 30 Kami protettori, che facevano turno giornaliero a protezione del
Dharma.
Il movimento si divise tra i seguaci alla sua morte e dopo la guerra Ounin l'enorme popolarità della sua dottrina nella
capitale coincise con l'organizzazione di gruppi di protezione dei mercanti sotto il suo stendardo: questo periodo fu
chiamato l'era dello Hokke Ikki (法華一揆, ribellione del loto). Gli Hokke si scontrarono con gli Ikkō Ikki dei contadini che si
diffusero nelle province, gli Hokke Iikki rimasero confinati nell'area di Kyoto con lo scopo di proteggere la fede in Nichiren e
le prosperità della città.
CAPITOLO 4
禅 ZEN: LA VIA
DELLA MEDITAZIONE
Cronologicamente lo Zen è l'ultimo dei nuovi movimenti dell'epoca Kamakura. L'arrivo dello Zen in Giappone creò un
rinnovato interesse per la Cina. Vi furono due maggiori tradizioni Zen.
Eisai tentò di usare il Tantrismo come piattaforma su cui cercare di introdurre lo zen. La sua prima conoscenza dello Zen la
ebbe da un incontro fortuito con un interprete cinese e pensò che nell'epoca del mappo il vero Dharma potesse essere
riscoperto in Cina. A 28 anni andò in Cina e dopo aver osservato la popolarità dello Zen decise di studiare la tradizione Zen
del Tendai sul monte Hiei. Dopo altri 10 anni andò nel Kyūshū e poi ancora in Cina. Da qui voleva andare in India, ma gli fu
impedito. In Cina Eisai realizzò l'importanza dei precetti che stanno alla base della vita del monaco Zen. Dopo 4 anni in Cina
tornò in Giappone dove costruì il primo tempio Zen e nel suo tempio stabilì una rigida osservanza del vinaya. Fu lui ad
introdurre il te in Giappone.
Eisai non era il primo a rinnovare l'interesse per lo Zen durante il periodo Kamakura, ma i movimenti Zen venivano attaccati
dall'estabilishment, così capì che non avrebbe potuto creare a Kyoto la sua nuova setta e ritornò nel Kyūshū. Alla fine gli fu
consentito di introdurre lo Zen a Kyoto, ma fu costretto ad insegnare, oltre allo Zen, anche l'esoterismo Shingon e la
meditazione Tendai (questa commistione si chiama Enmitsuzenkei 延三禅敬) e non il puro Zen che aveva imparato in Cina.
Nel 1206 gli fu dato l'incarico di restaurare il Todaiji, che rappresentava il centro della vede nazionale. Come ricompensa,
Eisai chiese di essere nominato Gran Maestro (大師, Daishi), ma non gli fu concesso, perché si trattava di un'onorificenza
postuma. La sua richiesta fu probabilmente dovuta al fatto che voleva più notorietà, ma per propagare lo Zen, non per sé.
Anche se Eisai viene considerato il fondatore dello Zen Giapponese, i suoi insegnamenti sono considerati impuri per via
della tradizione Enmitsuzenkei, in cui aveva dovuto presentare per via dei suoi interessi nell'esoterismo.
Anche se lo Zen non è una forma di Buddhimo esoterico condivide alcune caratteristiche del tantrismo nel modo di
trasmettere gli insegnamenti ed entrambi considerano tutte le forme di Illuminazione equivalenti all'Illuminazione Originale
di Sākyamuni.
Le origini dello Zen risalgono alla traduzione indiana dello Yoga. La credenza che l'autocontrollo e la meditazione
conducessero alla pace dell'Illuminazione si trova nei più vecchi testi buddhisti.
L'obiettivo dello Zen è di incontrare la natura fondamentale intrinseca dell'Illuminazione che esiste in ogni essere senziente,
chiamata kenshō (検証 scoprire la vera natura) o satori. La maggiore differenza tra l'approccio dello Zen e quello delle altre
sette è la consapevolezza dei pericoli inerenti l'utilizzo del linguaggio umano, quindi cercarono di trasmettere l'esperienza
dell'Illuminazione non verbalmente, poiché l'unico modo per raggiungere l'Illuminazione è risvegliare la propria natura
interiore. Turre le sette Buddhiste si servono di upāya (metodo pratico per illuminarsi), scrittura, fede in Buddha,
meditazione, pratica e vinaya (comportamento del bravo monaco)... Ma tutto ciò serve solo come guida perché alla fine
l'individuo deve creare il risveglio dentro di sé. Ed è per questo che a livello di verità ultima Jiriki e Tariki coincidono.
La trasmissione Zen diventa un'esperienza soggettiva condivisa da maestro e allievo ed espressa attraverso risposte assurde
e profonde domande intellettuali. Anche il metodo Zen può essere considerato upāya, ma i monaci non miravano a
risvegliare la natura di Buddha mettendo la ragione di fronte alla contraddizione di non essere capaci di trovare un senso.
L'obiettivo dello Zen non era semplicemente far naufragare la ragione, ma trovare l'uomo ideale.
La capacità dell'Illuminato di ritornare alla vita di tutti i giorni è stata riconosciuta come inseparabile funzione
dell'Illuminazione fin dai tempi di Nagarjuna, l'ideale era seguire l'esempio del Buddha storico. Nello Zen il maestro deve
giudicare lo stato mentale del discepolo (ossia se si trova nelle giuste condizioni), ma spesso i maestri per trarne vantaggio
imbrogliavano, considerando molti discepoli illuminati quando di fatto non lo erano.
I Kōan 公案
I registri Zen più che alla storia si interessavano a mettere per iscritto i dialoghi tra maestro e allievo. Alcune di queste
collezioni di dialoghi presero il nome di Kōan, e consistevano in indovinelli laconici con risposte logicamente assurde.
Inizialmente il termine Kōan significava “documenti pubblici”. Nello Zen diventarono modo di mettere alla prova la
comprensione degli insegnamenti dell'individuo, poiché si credeva che i Kōan esprimessero l'essenza dell'illuminazione del
Buddha. Col tempo però gli spontanei e realistici dialoghi vennero ridotti a forme per l'educazione o a sofismi intellettuali.
Lo scopo dei Kōan nel Rinzai Zen è di spronare le riflessioni interiori dell'individuo. Il primo passo per l'iniziato spirituale
deve consistere nello studio intellettuale, nella riflessione e il desiderio di trascendere sé stesso. Nelle mani di un maestro
queste qualità possono essere sviluppate in kenshō.
Il Kōan nelle sette Rinzai è un upāya usato come catalizzatore per il primo passo nella consapevolezza interiore
dell'Illuminazione. Venne usato inoltre per impedire la crescita dell'intellettualismo e allo stesso tempo per impedire
all'individuo di essere immerso nel quietismo.
Funzionava in una duplice maniera:
1) Permetteva all'intelletto di vedere i propri limite o lo faceva naufragare
2) Permetteva di toccare la maturità della coscienza Zen.
Non si può risolvere il Kōan con la ragione, ma esso è capace di produrre una realizzazione interiore che anni di studio non
possono eguagliare.
Gradualmente dopo la morte di Eisai, lo Zen crebbe in popolarità e cominciò a crescere anche lo Zen puro. Nacquero templi
fondati da monaci giapponesi che avevano studiato in Cina e templi fondati da monaci cinesi. Così si ebbe anche il sistema
del gozan jissetsu (五山十節), una sorta di ranking dei templi.
La scuola Zen di Dōgen divenne la seconda più grande scuola buddhista in Giappone.
Dōgen, il fondatore
Sua madre morì quando lui era piccolo e a 12 anni abbandonò la vita aristocratica per andare sul monte Hiei per chiedere
consiglio riguardo all'unirsi al movimento Tendai, ma imparò presto che ai monaci presenti sul monte Hiei interessava solo il
successo terreno e, chiedendosi perché i cardinali del passato si fossero sforzati così tanto, invece di pensare come loro che
l'uomo fosse già Illuminato e non servisse fare altro, lasciò il monte Hiei. Conobbe Eisai, e divenne discepolo del suo
discepolo Myōren. Con lui andò anche in Cina, ma lì non trovò il vero spirito Zen che stava cercando.
Nel 1227 dopo aver studiato in Cina tornò in Giappone dicendo di essere tornato a mani vuote. Scrisse il primo capitolo del
suo Shōbōgenzō, spiegando in 18 articoli perché lo zen fosse adatto al Giappone.
Nel 1223 fu invitato ad insegnare Zen nel Gokuraku-ji, e qui organizzò tre edifici principali:
1) Sala del monaco, per vivere e meditare (zazen, 座禅)
2) Sala del Dharma, per i monaci eminenti e per predicare
3) Sala del Buddha, per i rituali
Il suo movimento continuava a guadagnare popolarità, ma quando il suo maestro dalla Cina gli consigliò di ritirarsi nella
foresta con pochi discepoli, lo fece. Rifiutò il mappō e concentrò i suoi sforzi sui monaci, ripudiando l'idea che anche i loro
potessero salvarsi. Cominciò a credere che solo il suo Dharma rappresentasse la Verità Assoluta. L'unica via (upāya) per
l'illuminazione era lo zazen.
Anche se definiva la pratica (gyōji, 行事) equivalente alla meditazione (zazen), riteneva anche che la pratica comprendesse
ogni azione della vita, basandosi sul concetto di Illuminazione Originale. La pratica continuava anche dopo l'Illuminazione
ed era una forma di gratitudine verso la realtà.
Anche de Dōgen riconobbe i benefici del Kōan, non gli garantì uguaglianza con la preghiera singola della meditazione da
seduti. Tuttavia intitolò il primo capitolo dello Shōbōgenzō: “Genjō Kōan” (manifestazione e raggiungimento della verità).
Dicendo che la realtà non può essere separata dalle azioni e dall'esperienza dell0individuo, intendeva che se ci fermiamo e
ci rifiutiamo di agire finché non capiamo la natura della vita appassiremo per atrofia. Non bisogna cercare un obiettivo
trascendente per essere Illuminati, perché l'illuminazione consiste nel vivere in sé.
Dōgen cercò di distruggere l'idea che la natura del Buddha esistesse eternamente come entità. Lui credeva che le
montagne, gli alberi, l'acqua e tutte le manifestazioni della Realtà, inclusi gli esseri umani fossero la natura del Buddha.
Quindi il Buddha è sì eterno, ma un'eterna impermanenza che consiste nella costante ascesa e caduta di esseri transitori.
La mente è il Buddha
La mente che insegue l'illuminazione è equivalente alla Buddhità. Le funzioni della mente che vive in maniera autentica
(cercando la via) diventano la mente del Buddha. Quindi la mente non può essere separata dal corpo più di quanto la
pratica possa essere separata dal raggiungimento.,
La nozione di Genjō Kōan era un'altra espressione del funzionamento dinamico della legge dell'Origine Interdipendente,
secondo cui gli esseri sono “rise and fall” secondo condizioni collegate.
Nello Shōbōgenzō dedica un capitolo a “l'esistenza è tempo”, in cui classifica il tempo in sei categorie:
1) L'identità propria di Esistenza e Tempo
Nel Buddhismo il tempo non è un concetto vuoto, ma collegato con l'esistenza, poiché ha senso solo se
considerato in relazione a qualcosa: un appuntamento, il sole che tramonta, fine di una lezione, ecc...
2) Tempo specifico
Ogni momento è catturato e isolato nell'infinita continuità del tempo. L'uomo isola momenti, gli assegna un nome
e su questo costruisce i giorni, le settimane... Dōgen vide che in ogni momento ci sono infiniti avvenimenti in
infiniti esseri.
3) Tempo fondamentale
Se il susseguirsi di momenti fosse l'unico tempo, il Nirvana sarebbe uno di questi, mentre la realtà trascende il
mondo fenomenico scorrendo come un tempo fondamentale a sé.
4) Principio della continuità del tempo
5) Presente assoluto
6) Tempo applicato o tempo nella pratica
Il tempo non può esistere senza la pratica (gyōji), e ogni momento di pratica forma una totalità in sé. Bisogna
vivere ogni momento per quello che è. Quindi è sbagliato dire che la vita conduce alla morte, perché la nascita in
sé è un momento unico.
Anche se la filosofia di Dōgen era molto astratta e orientata a coloro che cercano la verità religiosa piuttosto che ai laici, il
movimento Zen riscosse moltissimo successo.
Fondazione della setta Sōtō
Dopo la morte di Dōgen scoppiarono dispute che divisero l'ordine che aveva di per se una base poco solida, perché
composto anche da altri gruppi che si erano affiliati. La disputa era tra conservatori, che volevano mantenere le tradizioni di
Dōgen, e i progressisti, che volevano trasformarlo in un movimento di massa.
Così chiamato perché responsabile dell'evoluzione del Sōtō in un movimento di massa. Studiò sotto molti maestri Zen e
assimilò altri insegnamenti nella dottrina del Sōtō. Con le sue potenti capacità entrò in contatto con il popolo, facendo
funerali, sermoni, insegnamenti, preghiere e rituali esoterici popolari per i benefici terreni. Proprio su questo terreno batté
le altre sette che invece non si preoccupavano del problema della masse. I preti Sōtō aiutarono nei lavori sociali di
costruzione, agricoltura, medicina eccetera... L'ordine Sōtō si riunificò in seguito nel periodo Muromachi.