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Compendio della
Somma Teologica
di S. Tommaso DAquino

Storia dItalia Einaudi

Edizione di riferimento:
Compendio della Somma Teologica, a cura di Sac. Dott.
G. Dal Sasso, Libreria Gregoriana Editrice, Padova
1923

Storia dItalia Einaudi

II

Sommario
Parte prima
Parte seconda
Sez. Prima
Sez. Seconda
Parte terza
Supplementi

1
87
87
154
281
379

Storia dItalia Einaudi

III

PARTE PRIMA

Quest. 1. Scienza sacra rivelata. 1. Una dottrina


rivelata necessaria a ciascun uomo per saper giungere
al suo fine, che Dio, il quale, essendo infinito, supera
la naturale capacit delluomo. Per le cose poi che non
superano la capacit umana, trattandosi di fine supremo,
affinch nessuno sbagli, ma invece le cose di Dio siano
note a tutti, subito e con certezza, una dottrina rivelata
necessaria allumana societ intiera.
2. Questa dottrina rivelata o Teologia scienza, poich
forma un sistema di dottrine derivate da principii certi,
perch da Dio rivelati; come lo la Geometria, che
scienza, perch parte da principii certi:
3. e nella sua moltiplicit ha unit, perch la costituisce tutto e solo ci che rivelato.
4. La Teologia tratta direttamente delle cose divine e,
per riflesso, anche degli atti umani, perci scienza pi
speculativa che pratica.
5. Tale suo oggetto il pi nobile di tutti, essa perci
la scienza pi nobile.
6. Anzi essa non solo scienza, ma sapienza, perch lo
studio delle cose pi alte sapienza.
7. Dio, punto di partenza e di riferimento, il soggetto
della Teologia.
8. La Teologia, che adopera senza discussione le prove
della rivelazione, adopera anche argomenti di ragione.
Essa infatti disputa con quelli che ammettono qualche
cosa in base a ci che ammettono; confuta quelli che
nulla ammettono sciogliendo le loro obiezioni.
9. Luomo ricava le cognizioni intellettuali dalle cose
sensibili, e anche la Scrittura, che contiene la rivelazione,
fa uso di metafore.

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10. Autore della Scrittura Dio, il cui intelletto infinito, perci le frasi della Scrittura hanno pi sensi: il senso letterale e un triplice senso spirituale, cio lallegorico
per la fede, il morale per le opere, lanagogico per la vita
futura.

Quest. 2. Esistenza di Dio. 1. Questa proposizione:


Dio esiste vera, ma non evidente, questaltra: il tutto
pi di una parte vera ed evidente; di questa infatti
conosciamo il valore dei due termini: tutto e parte;
della prima invece si sa cosa sia esistere, ma non si sa
universalmente cosa sia Dio, bench di Dio sia proprio
lesistere: necessario quindi farne la dimostrazione,
2. e la dimostrazione si pu fare da ci che di Dio ci
pi noto, cio dagli effetti di cui causa.
3. Si fa poi la dimostrazione in 5 maniere:
a) evidente nel mondo una continua mutazione;
molte cose sono in moto, ma nessuna si trova in moto
se non vien mossa, perch niente passa da s dal poter
essere qualche cosa allatto dessere quel qualche cosa.
Un ferro freddo che pu diventar caldo non si d il
calore da s, perch allora dovrebbe essere e freddo
per diventar caldo e caldo per darsi il calore. Se tutto
ci che si trova in moto vien mosso, non vale per
retrocedere allinfinito, perch se ogni cosa intermedia
singolarmente zero, zero allinfinito sempre zero.
Bisogna ammettere un Primo Motore non mosso per non
negare il moto intermedio e anche lultimo che evidente
nel mondo.
b) Ci che vediamo termine di una serie di cause
efficienti; nessuna cosa poi causa di se stessa, perch
allora dovrebbe non esistere per ricevere lesistenza e
esistere per darsela. Retrocedere allinfinito con cause
seconde negare la causa prima, ma negare anche le

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cause seconde, perch le cause seconde non ci sono senza


la causa prima.
c) Ci che si forma e poi si dissolve un contingente,
cio esiste quando capita che esista; pu esistere e anche
non esistere, ossia un possibile che una qualche volta
non esiste pi e una volta non esistette ; tutti gli esseri
che vediamo sono dei possibili, dunque una volta nulla
esistette e anche ora nulla esisterebbe se non ci fosse
stato chi non pu non esistere, lEnte necessario.
d) Nelle cose c del bene e ce n pi o meno secondoch pi o meno ne fu loro partecipato da chi la fonte
del Bene; c adunque chi il Bene in se stesso.
e) Le creature prive di ragione hanno un istinto ragionatissimo: ci fu adunque chi cos le conform, cio il
Sommo Intelletto.

Quest. 3. Semplicit di Dio. 1. Dio non corpo, perch:


a) Il corpo muove se mosso Dio Motore Immobile;
b) Il corpo, soggetto a mutazioni Dio Immutabile;
c) Se il corpo meno nobile dello spirito, tanto meno
sar corpo Dio, essere nobilissimo.
2. Materia ci di cui sono fatte le cose: Forma ci
che d lessere proprio a ciascuna cosa.
Orbene: Dio non composto di materia e di forma,
perch, come si disse:
I. non ha materia, non essendo corpo,
II. non ha forma, perch a) una cosa che ha il suo
essere dalla forma, un bene per la forma Dio invece
il Bene in s. b) se una cosa ha il suo essere dalla
forma, ha moto, cio agisce, per la forma Dio invece
Principio del moto; quindi anzich avere forma, per s
forma.
3. Quindi ancora: luomo, che composto di materia
e di forma, ha lumanit, ma non lumanit; Dio che

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non composto di materia e forma, la Divinit; perci


Dio la sua stessa essenza o natura.
4. Anzi in Dio essenza e esistenza lo stesso. Lesistenza quando distinta dallessenza, come nelluomo,
sempre causata, perch nessuno produce se stesso, ma in
Dio nulla vi di causato.
Pi: lesistenza lessenza attuata, perci lessenza
sola possibilit (potenza); lesistenza attuazione e
realt (atto). Ma in Dio non c potenza quindi non c
neppure essenza distinta dallesistenza. Infine, come gi
dicemmo, se luomo ha lumanit, Dio la Divinit.
5. Dio non appartiene a nessun genere, perch il genere
si concepisce prima delle cose che vi si ascrivono. Dio
invece prima di ogni cosa anche secondo lintelletto.
Dio non appartiene a nessuna specie, perch la specie
risulta di genere e differenza specifica quasi di atto e
potenza e questa in Dio non c.
6. In Dio non vi sono accidenti, perch questi completano il soggetto, Dio invece per nulla perfettibile, Dio
puro atto.
7. Dio semplicissimo,
I. non essendo composto, come si disse, n di parti
materiali, n di materia e forma, n di essenza e esistenza,
n di genere e differenza, n di soggetto e accidenti.
II. non potendo essere composto, perch a) sarebbe
posteriore e dipendente dai suoi componenti egli che
lEnte Primo; b) ci dovrebbe essere anche per Dio una
Causa congiungente i componenti, mentre egli Prima
Causa; c) nei composti le parti, relativamente al tutto,
sono in potenza e il tutto maggiore delle parti, invece
Dio puro atto e in Dio tutto Dio.
8. Nessuna cosa pu essere composta di Dio quasi Dio
fosse o lanima del mondo, o la forma o la materia delle
cose, perch formando ununit col mondo cesserebbe
di essere il Primo Ente, diverrebbe mutabile e anche si
degraderebbe, divenendo inferiore al Composto.

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Quest. 4. Dio perfettissimo. 1. Dio perfettissimo,


perch non materia, quindi nulla ha in potenza;
primo principio attivo, quindi primo principio di ogni
perfezione, la fonte di ogni perfezione.
2. Le cose tanto hanno di bene quanto hanno di essere
e sono perfette se hanno il loro essere completo, ma
questo lo hanno da Dio, il quale lo stesso essere; Dio
quindi la stessa perfezione, e le perfezioni delle cose si
trovano in Dio eminentemente;
3. questo tuttavia importa che le cose siano simili a
Dio per analogia, non che siano dello stesso genere o
specie di Dio.

Quest. 5. Cosa sia il Bene. 1. Le cose hanno tanto


di bene, quanto hanno di essere, ma la ragione distingue
il bene dallessere, chiamando bene ci che: ha lessere e
inoltre lappetibilit;
2. Ne segue che per la ragione viene grinza lentit, poi
lappetibilit,
3. ma che, essendo lentit atto e perfezione, ogni ente
perci anche bene, eccetto lente matematico che di
puro intelletto.
4. Il bene, essendo ci che tutti cercano, diviene causa
finale.
Bello importa: forma che desta ammirazione e si
riferisce allintelletto; bene importa: forma che attrae e
si riferisce alla volont;
5. e poich la costituzione di essa forma avviene:
a) quando commisurandosi si attuano i preesistenti
principio materiali o efficienti,
b) nellunione di un dato numero di principi costitutivi, che ne determinano la specie,
c) colla conseguente inclinazione alloperare suo proprio, cos la scrittura dice che Dio dispose ogni cosa in
pondere, numero et mensura.

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6. Il bene in quanto attrae dilettevole, in quanto serve


come mezzo utile, in quanto bene finale si chiama
onesto, o conveniente.

Quest. 6. Dio il Bene. 1. Dio Bene, perch appetibile per tutti, giacch gli effetti tendono ad assimilarsi
alla causa, e di ogni cosa Dio Causa;
2. Dio sommo Bene, perch Causa Prima, quindi
fonte di ogni Bene particolare; e poich nessuna cosa
nel genere di Dio, le perfezioni delle cose vi sono in Dio,
ma in modo eminente.
3. Dio Bene per essenza, perch:
1) avendo lessere per natura ha la pienezza dellessere;
2) essendo immutabile, non si pu pensare che possa
anche migliorare;
3) essendo ultimo fine, non pu esservi Bene maggiore, cui Dio serva di mezzo.
4. Ogni cosa buona di Bont divina, perch bene in
quanto , e come tale ha Dio per suo principio esemplare, effettivo e finale; ogni cosa per ha una bont formale sua propria, distinta da quella di Dio, perch nessuna
cosa ha in s lessere divino.

Quest. 7. Dio infinito. 1. Dio non Materia, che


unendosi a una Forma viene determinata dalla Forma;
non Forma, che unendosi a determinata Materia viene
dalla Materia circoscritta; ma lo stesso Essere per s
sussistente, quindi infinito:
2. gli altri esseri invece, appunto perch composti di
materia e forma, sono finiti. Gli angeli stessi, che sono
solo Forma e non Materia, sono finiti, perch hanno
quella parte di essere che loro fu data da Dio.

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3. Ogni corpo finito a) secondo la essenza, perch


la forma gli delimita la specie e la materia lo determina
come individuo; b) secondo la grandezza, perch ogni
corpo ha una superficie e questa limite.
Questo va detto del corpo naturale, perch il corpo
matematico non esiste se non nella mente di chi lo pensa.
4. Il numero reale, essendo esso la moltitudine misurata dallunit, non infinito; pu per esserlo il numero
matematico, ossia del calcolo.

Quest. 8. Dio in ogni cosa. 1. Dove uno opera,


l ; ma Dio opera in tutte le cose, dunque in tutte le
cose. Come laria si illumina alla presenza del sole, e
resta illuminata finch resta alla presenza del sole, cos
le creature tutte hanno e conservano lessere in quanto
dura in loro linflusso di chi lEssere essenziale.
2. Dio si trova in tutti i luoghi, perch li sostenta tutti
col suo essere, e mentre per le cose una impedisce la
presenza dellaltra, per Iddio la sua presenza che rende
presenti le altre cose.
3. Dio Creatore di tutte le cose = in tutte per
essenza.
Dio impera a tutte le cose = in tutte per potenza.
Dio conosce tutte le cose = in tutte per presenza.
4. Dio in ogni cosa, quindi dappertutto e, siccome
Egli non corpo e perci non ha parti, tutto dappertutto, e questo proprio di Dio solo.

Quest. 9. Dio immutabile. 1. Dio il Primo


Essere, quindi realt, atto, e la potenza, che allatto
posteriore, non entra nellEnte Primo, Dio quindi solo
atto, Atto Puro (3. 4).

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Se in lui non c potenza, nulla pu diventare e cos


mutarsi. Dio quindi Immutabile; questo anche perch
nelle mutazioni parte resta e parte va o si arriva dove
prima non si era, mentre in Dio non ci sono parti e non
c luogo dove gi non sia.
2. Tutte le altre cose sono mutabili: i corpi perch son
corruttibili, e gli spiriti perch possono cessare di esistere
se cos piace a chi li cre.

Quest. 10. Eternit di Dio. 1. Eternit : possesso


della vita simultaneo, perfetto, senza principio e senza fine.
Tempo : Somma di mutazioni computate fra un prima
e un poi.
2. In Dio, immutabile e sempre eguale, non ci sono
mutazioni, non quindi neppure possibile stabilire nella
sua esistenza due punti distinti che servano da prima e
da poi; a Dio quindi non comete il tempo, ma leternit.
Come dappertutto e tutto dappertutto, cos sempre
tutto, sempre eguale,
3. e poich ci appartiene allo stesso essere di Dio,
leternit di essenza esclusiva di Dio; ogni altro essere
non pu avere che uneternit impropria e participata.
4. Se leternit : totalit simultanea e tempo : mutazione con principio e fine, havvi tempo tanto che si possano calcolare le mutazioni senza saperne fissare il principio e la fine, come degli astri; quanto che il principio o il fine sia anche solo possibile come degli spiriti
angelici medesimi.
5. Degli astri, che hanno una mutazione in atto aggiunta allesistenza e degli Angeli, che la hanno in potenza,
proprio levo.

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Quest. 11. Uno solo Dio. 1. Unit il contrario di


divisione. Un essere semplice, cio senza parti, sempre
uno. Un essere che ha parti uno finch non in parti
diviso.
2. Unit anche il contrario di moltitudine, perch il
principio e anche la misura della moltitudine.
3. Se Socrate fosse non un uomo, ma luomo, ci
sarebbe un solo Socrate e un solo uomo, questa cosa che
non propria di Socrate propria di Dio, perch Dio
la sua natura; dunque c un Dio solo.
Inoltre: Dio ha tutte le perfezioni, ma se ci fossero pi
Dei si distinguerebbero fra loro per qualche perfezione
o prerogativa che uno ha e allaltro manca, per cos
nessuno sarebbe perfettissimo, nessuno sarebbe Dio non
pu esservi quindi che un Dio solo.
Infine: Il mondo nel sua ordine ha carattere di unit,
ne quindi creatore e conservatore un Dio solo.
4. Lunit compete allente indiviso; ma Dio in
grado massimo Ente, perch lo stesso essere: e in grado
massimo Indiviso, perch semplicissimo, non ha e non
pu avere parti, dunque lunit compete a Dio in grado
massimo.

Quest. 12. Come conosciamo Dio. 1. Se ogni essere


tanto pi perfetto quanto pi si avvicina al suo principio,
anche per la creatura ragionevole la perfezione dellessere non potr consistere e trovarsi che in chi le principio dellessere, cio in Dio. Orbene, avendo luomo come distintivo di natura lintelletto e essendo Dio intelligibile, perch Ente semplice, (anzi sommamente intelligibile perch in sommo grado Ente e in sommo grado
semplice), luomo sar perfetto quando fisser lintelletto
in Dio; e chi gi perfetto, come sono i Santi, certamente
vede Dio. Ma come?

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2. Allatto di conoscere occorre che ci sia nel soggetto


la facolt conoscitiva e che loggetto, mediante la sua
imagine, a lui sunisca.
Nel caso nostro Dio, mentre ad un tempo il principio
della facolt intellettiva e anche loggetto della visione
intellettiva, non , per lEssere suo Infinito, riducibile
a unimagine. Per lunione quindi dellintelletto a Dio
occorre una conformazione a Dio della nostra facolt
intellettiva, cio il lume di gloria.
3. Collocchio per o colla fantasia non si raggiunge Dio,
perch occhio e fantasia sono materiali e Dio essere
spirituale.
4. Nella cognizione naturale le cose sono conosciute
conformemente alla natura del conoscente: luomo percepisce le nature individuate nella materia e, colla astrazione dellintelletto, le conosce anche in universale; gli
angeli percepiscono le nature non materiali, ma la natura
di Dio al di sopra anche di queste, essendo sussistente
per s, perci di cognizione naturale la conosce Dio solo.
5. e lintelletto creato per conoscerla abbisogna di un
aumento della forza intellettiva, laumento si chiama illuminazione, e Dio il lume, che fa diventare a lui simili,
cio Deiformi.
6. Questo lume di gloria Dio lo d come premio
proporzionato alla Carit di ciascuno, e uno ne avr pi
dellaltro.
7. Dio si comprende quando si conosce perfettamente, cio quanto conoscibile; ma Dio infinito infinitamente conoscibile, mentre lintelletto creato, cui si applica il lume di gloria, finito, dunque Dio gli resta incomprensibile.
8. E per questo nellaltra vita, bench le cose si vedano
in Dio, lintelletto creato non pu conoscere in Dio tutte
le cose, tutto quello cio che Dio fa e pu fare;
9. le cose, vedendosi nellessenza divina, si vedono
nelle loro nature, non nelle loro immagini:

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10. e si vedono tutte contemporaneamente come in un


campo visivo, (pi o meno ampio in proporzione al lume
di gloria), che viene presentato.
11. Quaggi abbiamo un essere spirituale in materia
corporale, a ci si conforma la nostra cognizione; conosciamo cio attraverso la materia; ma conoscere Dio nelle creature non mai vedere lessenza di Dio; dunque in
questa vita nessuno pu vedere Dio.
12. Per attraverso le cose materiali possiamo conoscere che queste sono effetto, che Dio ne la causa, che
questa causa esiste e che ne derivano parecchie relazioni.
13. Alla cognizione nostra concorrono la forza della
mente e le imagini mentali; Dio pu rafforzare luna e
infondere le altre, come avviene nei profeti e cos per
grazia si pu avere una pi alta cognizione delle cose di
Dio.

Quest. 13. Nomi di Dio. 1. Le parole sono segni delle


idee, le idee sono imagini intellettuali delle cose. A Dio,
che conosciamo dalle creature, attribuiamo nomi ricavati
dalle creature, ma essi non esprimono mai lessenza divina, qual in s.
2. I nomi di Dio relativi, come Creatore e i negativi
come Infinito indicano di Dio o relazione o rimozione
di difetto, ma non la sua sostanza; i nomi positivi, come
buono la indicano, per imperfettamente e nel senso,
per esempio, che ci che diciamo bont nelle creature
preesiste in Dio e cos sono nomi sostantivi,
3. e spettano a Dio in senso proprio, eccetto che nel
loro contenuto di modo di essere, il quale resta per le
creature;
4. i varii nomi non sono mai sinonimi, perch sempre
un unico principio semplice bens, ma che risponde alle
diverse perfezioni delle creature e ai molteplici concetti
della nostra mente:

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5. ma, data la infinita Perfezione di Dio, non hanno in


Dio lo stesso significato che nelluomo; rappresentano s
Dio, ma solo in qualche modo; sono perci n equivoci,
n univoci, ma analogici.
7. Dio sopra lordine del Creato; le creature sono
ordinate a Dio, non Dio alle creature, perci relazione
reale c fra le creature e Dio, ma non viceversa; ed
in questo senso che i nomi relativi, come Creatore
appartengono da dopo che c il tempo a Dio, che eterno.
8. Col nome di Dio tutti intendono chi presiede
alluniverso quindi la parola Dio per s rappresenta
unoperazione divina, ma diretta a designare la natura
divina.
9. E poich la natura divina non comunicabile,
cos in senso proprio non comunicabile nemmeno il
nome Dio, e tanto meno sarebbe comunicabile il nome
proprio del vero Dio.
10. Il nome proprio del vero Dio Jehova (colui che ),
perch a) indica che di Dio proprio esistere, cosicch
lesistenza forma la sua essenza; e appunto i nomi propri
devono indicare lessenza, b) il nome che abbraccia il
pi possibile di Dio, cio lessere che infinito; c) perch
col verbo (presente) esclude il passato e il futuro e
designa leternit, che esclusiva di Dio.

Quest. 14. Scienza in Dio. 1. La conoscenza in proporzione della immaterialit. La pianta nulla conosce;
luomo molto; lAngelo molto di pi, Dio, che perfettamente immateriale, ha una scienza perfetta.
2. Luomo pu conoscere; conosce poi in atto, quando
una cosa gli si fa presente colla sua imagine intelligibile:
orbene Dio che, solo, sempre in atto e di intendere e di
esistere, non pu avere che se medesimo, come oggetto
intelligibile di se stesso, adeguato e sempre presente; Dio
perci conosce s in se stesso;

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3. e, perch sempre cos in atto, perfettamente


conoscibile a se stesso perfettamente conoscente; perci
conprende se stesso, cio conosce totalmente tutto s
stesso.
4. E poich cos in Dio: conoscente, conosciuto e
mezzo di conoscere tuttuno, il suo intendere la sua
sostanza stessa.
5. Conoscendosi perfettamente, Dio conosce anche
ci a cui pu estendersi la sua virt, conosce quindi tutte
le cose, essendone la causa.
6. Conoscendosi perfettamente, Dio conosce anche
quanto partecipabile dalle cose, conosce perci in se
stesso ogni cosa con cognizione non generica, ma distinta
e propria;
7. e in se stesso vede anche le cose tutte insieme, mentre
luomo conosce le cose una dopo laltra, con scienza
discursiva.
8. In Dio conoscere, volere, essere tuttuno; si pu
dire quindi che in Dio la conoscenza delle cose causa
delle cose e che le cose esistono in quanto Dio le conosce
e non gi che Dio le conosce perch esistono.
9. Dio sa tutto quello che pu fare lui e anche quello
che possono fare, dire, pensare le creature; e siccome
Dio eterno e per lui tutto presente quello che o
presente, o fu, o sar, si dice che Dio lo vede (scienza di
visione): quello che non presente e neppur fu o sar, ma
resta soltanto possibile, si dice che Dio lo intende (scienza
di semplice intelligenza).
10. E, conoscendo il bene, Dio conosce anche il male,
che o corruzione del bene o mancanza del bene.
11. Bench le essenze delle cose siano universali,
unendosi alla materia formano tante cose particolari e Dio
le conosce tutte; perch le cose hanno da Dio lessenza, e
anche la materia.
12. Conoscendo Dio tutto quello che , e tutto quello che possibile sia da parte di Dio sia da parte delle

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creature, si deve dire che Dio colla stessa scienza di visione vede cose infinite; p. es. i pensieri e gli affetti che
scaturiranno in infinito dagli esseri intelligenti che sono
immortali.
13. A Dio eterno tutto presente. Cos dallalto di un
osservatorio in capo a una via vi si vedono contemporaneamente tutti i passeggieri, i quali invece per chi gi
nella via, a una finestra sono parte passati, parte presenti, parte ancor da venire. Anche ci che sar, ma che non
ha necessit di esistere, cio il futuro contingente, che
legato a cause impedibili, in quanto sar, per Iddio come
presente; inoltre esso conosciuto da Dio infallibilmente,
perch conosciuto nelle sue cause, ed anche in se, mentre per noi solo congetturabile, perch conoscibile solo
nelle cause, e queste sono impedibili.
14. Dio conoscendo la forza di ciascun intelletto,
conosce anche tutto ci che pu essere pensato e detto
da ognuno, conosce gli enunziabili.
15. In Dio la conoscenza delle cose non dipende dalle
cose, essendo essa la sua stessa sostanza, e come questa
immutabile, anche la scienza immutabile in Dio.
16. In Dio essere, conoscere, volere tuttuno,
quindi la conoscenza che Dio ha delle cose si pu dire
la causa delle cose; cos tale scienza di Dio speculativa e
anche pratica, cio operativa.

Quest. 15. Idee in Dio 1. Le cose procedono da Dio


quanto alla forma o essenza e quanto alla materia; Dio
non ha fatto le cose a caso, quindi le forme o essenze
prima che nelle cose cerano nella mente di Dio, cerano
in Dio le idee delle cose.
2. E ce nerano tante quante dovevano essere le cose,
n ci contro la semplicit di Dio, perch esse sono in
Dio in quanto Dio conosce direttamente la sua essenza
per tanti modi participabile dalle creature, e tali idee,

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essendo nella mente di Dio, sono unappartenenza di Dio


e sono con Dio eterne e immutabili.
3. Idea si prende come esemplare, ossia principio
di esecuzione di ci che vien fatto e come ragione, ossia
principio di cognizione di ci che si conosce; cos in Dio
c lidea di ogni cosa, anche di lui stesso, o come esemplare
o come ragione.

Quest. 16. La verit. 1. Verit dice ordine allintelletto. Nel volere la volont che tende alla cosa perci la
Bont nella cosa; nel conoscere invece la cosa che va
allintelletto, dunque la verit propriamente nellintelletto; ma come per la cosa si dice buona anche la volont, cos per lintelletto si dice vera anche la cosa. Verit
nelle cose se corrispondono allidea di chi ne fu lartefice;
verit nellintelletto conoscente, se si conforma alla cosa sconosciuta. Verit quindi conformit fra intelletto
e cosa.
2. Verit nella cosa se conforme alla sua natura;
verit nella cognizione dellintelletto, se si conforma alla cosa; ma la conoscenza della verit appartiene allintelletto che forma il giudizio se cio la cognizione si o no
conforme alla cosa, e qui sta propriamente la verit.
3. Una stessa cosa si dice vera in rapporto allintelletto
e in rapporto allappetito si dice buona: ente, vero, buono
sono lo stesso; 4. ma poich per appetirla bisogna prima
conoscerla, cos prima sta il vero, poi il buono.
5. Se verit : conformit fra intelletto e cosa Dio
somma verit, perch fra il suo intelletto e il suo essere
c non solo conformit, ma identit; Dio prima verit,
perch Il suo intelletto misura delle cose.
6. La verit considerata in ciascuna cosa una sola, ma
relativamente agli intelletti che la conoscono, sono tante
quante gli intelletti;

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7. e, poich cose e intelletti sono creati e non eterni,


resta che verit eterna c in Dio solo.
8. La verit mutabile quando di una cosa lintelletto
si forma diversa opinione, o quando, restando lopinione, inavvertitamente si scambia la cosa; ma ci sar dellintelletto creato, non gi di Dio, cui niente sfugge: in
Lui la verit immutabile.

Quest. 17. Cos la falsit. 1. Come verit cos


falsit ha rapporto collintelletto. Per Iddio falsit non
c nelle cose, perch sono quale Dio le vuole; pu
esserci nelle volont se si allontanano dalla regola di Dio.
Per luomo pu esserci anche nelle cose, o in ci che
rappresentativo del vero, come nelle tragedie, o in ci
che inganna per mezzo dei sensi, come nei fiori artificiali.
2. Nel senso, se non difettoso, non c falsit relativamente al sensibile suo proprio, come il suono per ludito; pu esserci relativamente a un sensibile comune a pi
sensi, come il moto, che si percepisce, pi che nel sensibile proprio, nella sua modificazione pu esserci anche
nel sensibile accidentale, che si percepisce in un sensibile
diverso, come il freddo nel veder caduta la neve.
3. Come locchio non si inganna vedendo la luce, ma
pu ingannarsi circa il colore, cos lintelletto non si inganna conoscendo le cose, ma pu ingannarsi giudicandole, e allora c in lui falsit.
4. Vero e falso sono contrari, come bianco e nero.

Quest. 18. Vita in Dio. 1. Un animale si dice vivo


finch si muove da s. Vita non hanno tutti gli esseri, ma
solo quelli che hanno moto dallintrinseco, cio impulso
a operazioni sia di sviluppo, sia di senso, sia di pensiero.

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2. La vita lattribuiamo a chi ha il moto da s, ma la


parola vita per s designa, pi che il moto, sostanza cui
tale moto compete; talora poi la vita indica le operazioni
della vita, come sentire e intendere.
3. La vita, che sta nel moto, ha i suoi gradi. Le
piante hanno il moto da s soltanto in ordine alla sua
esecuzione: gli animali lo hanno anche in ordine al suo
indirizzo e cio proporzionatamente allo sviluppo dei
loro sensi; chi ha l intelletto ha il moto da s anche in
ordine al fine e sappiamo gi che lintellettualit tanto
maggiore quanto maggiore limmaterialit. Questa Dio
possiede in sommo grado, quindi in sommo grado possiede
anche la vita.
4. Tutte le cose sono in Dio a modo di idee, le idee
sono la stessa sostanza (15. 2), la stessa vita di Dio; si
pu dire quindi che tutte le cose sono vita in Dio.

Quest. 19. Volont in Dio. 1. Relativamente alla perfetta attuazione del proprio essere, tutto ha inclinazione di cercarla, se non la possiede, di acquetarvisi, se la
possiede. Questa inclinazione, che si dice appetito nelle cose prive di cognizione e appetito sensitivo gli animali, negli esseri forniti di intelletto si dice volont. Dio ha
intelletto, quindi anche volont.
2. Le cose Dio le vuole in quanto sono attuazione della
sua bont.
3. Per necessit di natura Dio vuole il suo essere, la sua
bont; le cose invece, che non sono il suo essere e la sua
bont, ma mezzi manifestativi della sua bont, le vuole
come mezzi, cio liberamente, e soltanto supposto che le
voglia, essendo egli immutabile, non pu essere che non
le voglia.
4. Causa delle cose la Volont di Dio libera, non gi
una sua necessit di natura, ossia listinto. Difatti a) Ogni
istinto ragionatissimo, perch disposto da un etto supe-

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riore preesistente; ma Dio Ente Primo, dunque agisce


non per istinto, ma con intelletto e volont. b) Listinto
di natura, che negli esseri finiti porta a un effetto unico
e sempre tale, in Dio, che infinito, porterebbe a effetti
infiniti; il che impossibile (7. 2). c) Gli effetti preesistono nella causa secondo la natura delle cause, ma la natura di Dio intelletto e volont, perci preesistono in Dio
secondo volont e non secondo istinto.
5. Dio nel suo volere non mosso dalle cose, perch
tutto conosce in sua essenza, cos tutto vuole in sua
bont; vuole le cose ordinate al fine e tali sono perch
egli lo vuole, non gi egli ci vuole, perch tali sono.
6. La volont di Dio non una volont particolare, ma
una volont universale; ci che non si compie secondo un
ordine della volont di Dio, si compie secondo laltro; la
volont di Dio quindi si adempie sempre.
7. Altro mutare volont, altro volere una mutazione. Muta volont chi si muta nellessere o nel conoscere,
cos che una cosa, la quale prima non era per lui o da lui
non era conosciuta come un bene, tale poi diviene o come tale vien conosciuta; ma Dio immutabile nellessere
e nel conoscere, quindi anche nella volont.
8. Ad alcune cose Dio ha fissato cause necessarie ineluttabili, a altre cause contingenti defettibili, ma neppure
queste sfuggono lefficacia della volont di Dio, perch
fu Egli che volle la loro contingenza.
9. Il male non si pu volere per s, ma solo in quanto
congiunto con qualche bene. Dio volendo la sua bont
sopra tutto, rigetta il male di colpa che le direttamente
contrario; quanto agli altri mali, volendo Dio le altre cose
in ordine a s, pu volere il male di pena in ordine alla
Giustizia e il male naturale in ordine alla Provvidenza.
10. Il libero arbitrio si ha di ci che non oggetto
del volere necessario o dellistinto. Cos vogliamo essere
felici non di libero arbitrio ma per istinto. E soltanto se

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

stesso che Dio vuole necessariamente, non cos le cose fuori


di lui; resta che queste le voglia di libero arbitrio.
11 12. La manifestazione della volont di Dio, che
metaforicamente detta volont di segno, di 5 sorta:
opera, comanda o consiglia il bene; permette o proibisce
il male.

Quest. 20. Amore in Dio. 1. Il primo moto della


volont lamore, che tende al bene, il quale prima del
male e che tende al bene in comune, che poi suddiviso
in beni particolari. In Dio c volont non inerte, dunque
in Dio c Amore.
2. Ogni cosa in quanto esiste un bene. Amare
voler bene, dunque Dio, volendo lesistenza delle cose,
vuole bene, ama le cose: ma se, quanto a noi, amiamo le
cose perch sono bene; quanto a Dio, le cose sono bene
perch Dio le ama;
3. cos si pu dire che Dio ama una cosa pi dellaltra, perch egli causa nelluna pi di bene che nellaltra;
quantunque come intensit di volere, le ami tutte egualmente;
4. e cos pure si dice che Dio ama di pi le cose migliori
e che pi degli innocenti Dio ama i penitenti, perch in
questi possono sorgere maggiori virt.

Quest. 21. Giustizia e Misericordia, 1. Giustizia


commutativa, che sta nelleguaglianza tra il dare e lavere
non corre tra Dio e noi, perch tutto abbiamo e nulla
diamo. In Dio, che per lordine delluniverso d a ciascun
essere ci che gli proprio, c la giustizia distributiva;
2. e tale Giustizia, che ordine stabilito nelle cose
conforme alla sua sapienza, anche verit, la quale
conformit tra intelletto e cosa.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. A Dio compete, non gi il contristarsi per il male


altrui, ma allontanare il male altrui; gli compete quindi la
misericordia, non come passione, ma come effetto e nel
senso che le perfezioni che Dio d alle cose allontanano
i difetti.
4. In tutte le opere di Dio c giustizia; perch Egli fa
ci che conviene alla sapienza e bont sua, allordine e
alla proporzione delle cose. Anzi labbondanza di sua
bont sorpassa lesigenza dellordine e la proporzione
delle cose, e le cose stesse nessuna preesistente esigenza
hanno verso Dio; dunque colla giustizia c anche la
misericordia che ne il fondamento.

Quest. 22. Provvidenza di Dio. 1. In Dio c


Provvidenza, che parte principale della prudenza ed
assai bene definita da Boezio: la stessa ragione divina
che dispone ogni cosa; infatti nelle cose c esistenza e
ordine al fine e luna e laltra cosa opera di Dio; nel
suo intelletto perci preesisteva il disegno dellordine,
elle cose al fine;
2. e poich la causualit di Dio e anche la sua scienza
si estende a tutti gli enti, a tutto si estende pure la Provvidenza di Dio.
Casi e fortune ci possono essere relativamente a cause
particolari, non relativamente a Dio, causa universale,
che talora permette il male per non impedire un qualche
bene.
3. La Provvidenza si esplica nella disposizione dellordine e nella esecuzione dellordine.
La disposizione, la tratta Dio immediatamente, lesecuzione laffida alle cause seconde, e cos nellabbondanza
di sua bont d a creature dignit di causa.
4. Scopo della Provvidenza nella creazione la Perfezione delluniverso con Enti di ogni grado, e con effetti

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preparati parte da cause necessaria, parte per anche da


cause libere; dunque la provvidenza non fatalit.

Quest 23. La predestinazione. 1. In Dio non solo c


provvidenza, cio il disporre in ordine al fine naturale di
ogni creatur, ma anche il destinare, disponendo gli aiuti proporzionati, le creature razionali a un fine che eccede la proporzione e facolt di natura creata, cio la vita
eterna; in quanto questo disegno preesisteva nellintelletto di Dio si chiama Predestinazione. Non viene rivelata
a nessuno, affinch non ci sia chi fa il negligente e chi si
dispera.
2. La predestinazione, come disposizione dellordine,
appartiene a Dio; come esecuzione appartiene passivamente anche agli uomini colla vocazione alla fede e colla glorificazione.
3. In Dio c anche la Riprovazione, ma questa importa:
a) Dio di Provvidenza generale permette che alcuni per
loro cattiva volont facciano peccati e non obbligato di
impedirli; b) destina loro la pena.
4. Mentre noi scegliamo quelli che amiamo, Dio ama
quelli che sceglie; ama, cio vuol bene, vuole efficacemente il bene, procura il bene, dunque i predestinati da Dio
sono eletti e diletti. Dio in generale vuole che tutti si salvino, in particolare vuole che si salvi chi lo merita.
5. Quanto alla causa della predestinazione: a) da parte
di Dio nulla c sopra la sua volont; b) da parte degli
uomini non ci sono meriti antecedenti alla vocazione alla
fede, perch prima di avere la fede nessuno ha veri meriti
davanti a Dio; quindi, bench in particolare si possa dire
che un primo buon effetto della predestinazione ne tira
un secondo, leffetto totale della predestinazione non ha
altra causa che la bont divina.
6. Si sa che nella disposizione delluniverso (22. 4) gli
effetti sono legati non solo a cause necessarie, ma anche

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

a cause libere; resta dunque per luomo il libero arbitrio,


e leffetto della predestinazione non necessitato; per
Iddio per, essendo alla sua scienza tutto presente e nulla
sfuggendo alla sua volont, leffetto della predestinazione
certo e infallibile;
7. Cosicch Dio sa quanti e quali sono i predestinati,
avendoli preordinati quale elemento principale delluniverso, cos come un ingegnere prefinisce le dimensioni e
anche le mansioni del palazzo che vuol costruire e lo sa
lui solo.
8. Le orazioni dei Santi aiutano la Predestinazione, se
non per la preordinazione di Dio, la quale ab aeterno,
certamente per il suo effetto.

Quest. 24. Il libro della vita. 1. Libro della vita


espressione metaforica presa dal libro di coscrizione di
quelli che sono scelti o per soldati o per consiglieri, e
significa la nozione fissa che ha Dio dei predestinati.
2. Ma come larruolamento dei soldati si fa non perch
si armino, ma perch combattano, cos il libro della vita
importa elezione non alla grazia, ma alla gloria.
3. Rettamente si pu dire che uno viene cancellato
dal libro della vita, quando vien meno alla grazia che lo
condurrebbe alla gloria.

Quest. 25. Onnipotenza. 1. Dio che atto ed esclude


ogni potenza (4. 1), che cio tutto e nulla di pi pu
diventare, nulla ha da acquistare e tutto a dare, egli ha
potenza attiva e non passiva.
2. Lessenza di Dio infinita, perci anche tale potenza attiva di Dio infinita.
3. Questa infinita attiva potenza di Dio si dice onnipotenza, perch ne oggetto ogni possibile, ossia tutte ci

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che pu esser fatto, che cio non sia una contraddizione


come: un bianco tutto nero tutto ci insomma che
pu essere.
4. Che il passato non sia passato Dio non pu farlo,
perch sarebbe come fare che ci che vero sia falso.
5. Quanto a ci che Dio opera nel mondo, non
essendo Egli determinato da necessit di natura e non
esaurendosi nellordine presente la sua sapienza e bont,
potrebbe anche fare cose diverse da quelle che fa.
6. Quindi potrebbe fare cose migliori delle presenti
e che le presenti fossero migliori accidentalmente: p.
e. che gli uomini fossero pi alti; ma farne di migliori
essenzialmente non pu, perch cambierebbero natura;
p. e. se lasino avesse la ragione non sarebbe pi asino.

Quest. 26. Beatitudine di Dio. 1. Beatitudine : bene perfetto di intellettuale natura: Dio perfettissimo e
sommamente intelligente, gli compete perci la beatitudine perfetta;
2. la beatitudine sta nella perfezione, la perfezione
sta nella piena esplicazione della natura e questa sta
nelloperazione, perci la perfezione e la beatitudine di
una natura intellettuale sta nellintendere, che in Dio :
lo stesso suo essere.
3. I beati hanno Dio ber oggetto del loro atto di intendere; perci la beatitudine unica quanto alloggetto, diversa quanto agli atti.
Questa beatitudine contiene eminentemente ogni altra.
Essa infatti porta come oggetto della felicit contemplativa Dio e tutte le cose; della attiva il governo delluniverso; della felicit terrena, quanto ai piaceri: il gaudio
personale e comune; quanto alle ricchezze: la sufficienza
indefettibile; quanto alla potenza: lonnipotenza di Dio;
quanto alla gloria: lammirazione di tutto il creato.

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LA TRINIT
Quest. 27. Le divine persone procedono... 1. La
Scrittura parla di un procedere in Dio. Ario lo prese nel
senso di effetti procedenti da una causa, ma cos il Verbo
sarebbe creatura e non gi Dio; Sabellio lo prese nel senso di diverse operazioni di uno stesso soggetto, ma cos le persone sarebbero una, non tre. Errarono ambedue
perch considerarono quel procedere come unoperazione esteriore. Invece loperazione di Dio si deve considerare alla stregua non delle creature pi basse, ma delle creature pi alte, quali le intellettuali, nelle quali c
una operazione interiore, unazione immanente, ossia rimanente nel soggetto: p. e. il concetto che si forma in
mente (Verbo), che si significa colla voce (Parola). Cos
intende la Fede il procedere delle persone in Dio.
2. Poich il procedere, in somiglianza naturale, di un
vivente da un non vivente congiunto quale principio vitale Generazione, la processione del Verbo (= concetto formato) dal Padre Generazione. Infatti loperazione dellintelletto operazione vitale, perci un Vivente
che procede da un Vivente; gli congiunto, perch non
si tratta di operazione esteriore; procede in somiglianza naturale, perch proprio del concetto dellintelletto
rappresentare loggetto in cui si affissa. E poich Dio conosce se stesso cos che conoscente, conosciuto e mezzo
di conoscere lo stesso Dio (14. 4), cos il Verbo Dio
eguale al Padre.
3. Ma la natura intellettuale ha una, duplice operazione interna: di intelletto e di volont. La processione del
Verbo, per cui la cosa intesa nellintelligente, secondo
loperazione dellintelletto. E come in noi secondo loperazione della volont c una seconda processione, quella
dellamore, che fa s che lamato sia nellamante, cos anche in Dio oltre la processione del Verbo c la processione
dellAmore.

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4. Per la processione della volont importa non


gi riproduzione di simile, ma inclinazione quasi di un
vento che, spirando, spinge e piega, e quindi ci che cos
procede in Dio procede non come Figlio, ma come vento
che spira, spirito.
5. Oltre quella dellintelletto e quella della volont in
Dio non ci sono altre processioni, sono quindi due sole.

Quest. 28. Relazioni in Dio. 1. Ricordiamo che le cose


possono essere in 10 modi generali e cio o come sostanza
o come un che di inerente alla sostanza, e ci in 9 modi
o accidenti, che sono: quantit, qualit, relazione, azione,
passione, tempo, luogo, sito ed abito. Ecco le categorie di
Aristotele.
La relazione pu essere naturale come: Figlio, creatura... e questa reale; pu essere solo nellintelletto di chi
considera la cosa, e questa mentale.
In Dio le relazioni che dipendono dalle processioni, le
quali avvengono nella stessa natura divina, sono naturali,
quindi, sono anche reali.
2. Ci che reale se fuori di Dio creatura, se
appartiene a Dio lo stesso suo essere, quindi in Dio
la relazione reale in s la stessa essenza di Dio; per la
nostra mente un riferirsi al suo opposto.
3. Le relazioni in Dio importano opposizione, lopposizione importa distinzione; la relazione reale e reale
la distinzione.
4. Ogni relazione importa opposizione di 2 termini:
le relazioni in Dio seguono le processioni e queste sono
2, dunque le relazioni reali sono 4: paternit, figliazione,
spirazione e processione per spirazione.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 29. Le persone divine. 1. Essere un individuo,


conviene meglio alla sostanza che agli accidenti, e meglio
ancora alla sostanza razionale che non alle altre, perch
a lei spetta e azione e dominio dellazione: lazione poi
spetta allindividuo, bench la natura ne sia il principio.
Lindividuo che sostanza di natura razionale si chiama
persona;
2. e persona nel genere delle sostanze razionali indica
ci che negli altri generi di sostanza indica: cosa di una
data natura, sussistenza, sostanza, (grec. ipostasi = ci che
sotto gli accidenti),
3. cosicch la parola persona designa lindividuo pi
perfetto di tutta la natura; e poich ogni perfezione delle
cose si deve attribuire a Dio e in misura eminente, cos
anche il nome persona conviene adoperarlo per Dio e in
misura eminente.
4. Se persona indica: Individuo cio distinto e la distinzione in Dio c per lopposizione che consegue la relazione, persona in Dio indica relazione come sussistente;
cos la Paternit divina Dio Padre.
Quest. 30. Le persone divine sono pi di una. 1. In
Dio le relazioni sono pi di una, pi di una sono anche le
persone
2. Tre sono le Persone divine; non mezzo e non pi. Infatti: reale opposizione di relazione (28. 4) c fra la paternit e la figliazione e queste designano a persone: il
Padre e il Figlio. La spirazione e la processione per spirazione sono opposte bens fra esse due, non per con i
termini precedenti, la spirazione perci conviene a ambidue i termini precedenti. Ma la processione per spirazione non pu convenire a nessuno dei 2 termini precedenti: Paternit e Figliazione, perch conseguono la processione per intelletto, mentre la spirazione processione di
volont; essa deve quindi designare una terza persona e
questa lo Spirito Santo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Il numero tre applicato alle persone divine importa


divisione, non materiale, ma formale e va preso come
trascendentale al pari delluno trascendentale; e come
questo vale soltanto negazione di divisione, cos il tre
importa soltanto indivisione di ciascuna delle persone
divine.
4. II nome persona nome comune delle tre persone, come nome comune il nome uomo quando diciamo tre uomini.

Quest. 31. Cautele nelluso dei termini. 1. Trinit


vuol dire che le persone divine sono pi di una e sono
precisamente tre.
2. Quando diciamo che il Figlio diverso dal Padre,
contro Ario intendiamo dire che distinto dal Padre,
non per che sia separato, diviso e differente dal Padre,
e contro Sabellio intendiamo escludere che sia una sola
e unica cosa col Padre o con lui confusa e che Dio sia un
solitario.
3. Parlando di Dio la parola solo possiamo adoperarla non categoricamente = come predicato; p. e. Dio .
solo: ma sincategoricamente = come avverbio; p. e. solo
Dio eterno.
4. e questa frase esclusiva: solo Dio ... la adoperiamo
relativamente alla natura e alla personalit, non. relativamente alla persona. Diciamo: infinito Dio solo, la paternit in Dio una sola, ma non diciamo: solo il Padre
Dio.

Quest. 32. Conoscenza della Trinit. 1. La ragione


umana da s non pu conoscere la Trinit, perch essa da
s conosce Dio in quanto Causa del Mondo, e Dio ne

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Causa in quanto Uno nellEssenza, non in quanto


Trino nelle Persone.
Le triadi concepite da Aristotele, dai Platonici, dal
Trimegisto ecc. non sono la trinit, perch essa consiste
nella Paternit, Figliazione e Processione e questa nel
senso suo proprio i filosofi non la conobbero.
2. Per parlare distintamente delle Persone divine non
solo in concreto, ma anche in astratto abbiano bisogno
di fissare in Dio le nominazioni o nozioni o propriet, ci
poi non fa contro la semplicit di Dio, perch il nostro
intelletto limitato che si rivolge a Dio uno con concetti
molteplici.
3. Abbiamo cos: 5 Nozioni: Innascibilit, paternit,
figliazione, spirazione e processione per spirazione.
4 Relazioni: paternit, figliazione, spirazione e processione;
3 Persone: paternit, figliazione, processione.
4. Finch pero i concetti delle nozioni non sono fissati
per autorit della Chiesa, si pu su questi opinare anche
diversamente.

Quest. 33. La persona del Padre. 1. Al Padre compete


il nome di principio (= ci da cui procede...), perch
da lui procede il Figlio e nei rapporti della Trinit noi
adoperiamo sempre la parola principio usando maggior
distinzione dei greci che adoperano indifferentemente le
parole: causa e principio.
2. Il nome Padre none proprio della Prima Persona,
perch il nome che la distingue dalle altre.
3. Il nome Padre compete alla Prima Persona pi in
quanto principio del Figlio che in quanto principio
delle creature, perci gli compte pi come Persona divina
che come Dio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Il Padre principio; principio importa che da lui


altri proceda e esclude che egli proceda da altri, perci al
Padre proprio essere ingenito.

Quest. 34. La persona del Figlio. 1. Verbo in Dio


nome di persona, non di natura, perch Verbo (= parola)
significa: a) concetto che la mente si forma di una
cosa; b) imaginazione della parola che lo rappresenta; c)
articolazione della voce che lo esprime; in tutti tre i casi
indica un procedente da un principio, quindi in Dio, non
pu essere che nome di persona;
2. e poich Verbo indica processione di intelletto e
chi cos procede si chiama Figlio e la sua processione
detta Generazione, cos Verbo nome proprio del Figlio.
3. Il Verbo in Dio il concetto rappresentativo,
che, con un unico atto, Dio si forma e di se e delle
creature che dipendono dalla sua scienza e potenza; il
Verbo, quindi importa anche relazione alle creature ed
la ragione fattiva della Creazione.

Quest. 35. Della voce: Imagine. 1. In Dio i nomi


relativi a processione sono personali, quindi anche il
nome Imagine in Dio nome di persona, perch in senso
stretto una cosa imagine di unaltra quando da lei
procede in similitudine di specie;
2. e propriamente il nome Imagine non compete alla
Spirito Santo, perch la scrittura non glielo attribuisce
mai; conviene piuttosto al Figlio, al quale, essendo Verbo
(= concetto rappresentativo), conviene naturalmente la
somiglianza col Padre.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 36. La persona dello Spirito Santo. 1. La prima


processione in Dio ha i nomi propri di Figlio, Verbe,
Imagine; la seconda non ha un nome proprio, ma un nome
appropriato Spirito Santo e gli si appropria il nome di
Spirito, perch, come di un vento che spira proprio
spingere e muovere, cos dellamore e proprio spingere
chi ama verso chi amato e la seconda processione
appunto per modo di amore.
2. Le divine persone si distinguono fra di loro per opposizione di relazione determinata da processione (28.
3) se lo Spirito Santo non procedesse anche dal Figlio,
mancherebbe la ragione di distinguerlo dal Figlio, dunque procede anche dal Figlio.
3. Il Figlio ha dal Padre che d lui proceda lo Spirito
Santo, perci il Padre spira lo Spirito Santo mediante
il Figlio e lo Spirito Santo procede dal Padre mediante il
Figlio; ci per non costituisce un ordine di tempo o di
potenza, ma solo un ordine di persone.
4. Il Padre e il Figlio sono una stessa cosa in tutto ci
in cui non sono distinti per opposizione di relazione (28.
3,4), e poich ci che distingue lo Spirito Santo dal Padre
e dal Figlio una stessa e unica relazione, cos Padre e
Figlio, formano un unico principio dello Spirito Santo.

Quest. 37. Nome proprio dello Spirito Santo Amore.


1. In Dio per latto di intendere, che appartiene alla Natura divina, c il Verbo, che nome di persona, perch
esprime la relazione del procedente al suo principio nella prima processione; nella seconda processione per latto di amare si pu dire che chi amato si imprime nellamante e questa relazione non si pu meglio esprimere che colla parola amore: Amore quindi pu essere nome
proprio dello Spirito Santo.
2. Che Padre e Figlio si amino dellAmore dello Spirito
Santo si pu dire, non nel senso che lo Spirito Santo sia

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

il principio dellamore, il quale appartiene alla natura


di Dio, ma nel senso che, amandosi il Padre e il Figlio,
procede la persona dello Spirito Santo, cos come si dice
che lalbero fiorisce di fiori.

Quest. 38. Nome dello Spirito Santo Dono. 1. Dono


importa a) attitudine di una cosa a diventare di altri; b)
appartenenza di tale cosa a chi fa il dono.
Orbene, fra le persone divine qualcuna pu essere di
unaltra in quanto da lei procede e ha origine, e pu
diventare di altri p. es. della creatura ragionevole, che
pu possederla; dunque qualcuna delle divine Persone
Dono.
2. In particolare poi questo nome Dono compete allo
Spirito Santo, perch dono ci che si d come bene;
si d come bene, perch si vuol bene cio si ama, e lo
Spirito Santo appunto Amore.
Quest. 39. Le persone in relazione alla Essenza
1. Poich la relazione, donde la Persona (29.4), non
che la stessa sostanza rispetto ad altri (28. 2), essenza e
persona in Dio lo stesso; e se appunto per questo non c
reale distinzione fra essenza e persona, ci non impedisce
che le Persone siano tre, essendovi tra loro distinzione
reale per lopposizione di relazione (28. 3). Cos resta
una essenza e tre persone.
2. Di Dio parliamo con concetti ricavati dalle cose
create, e come in queste Essenza sarebbe la forma e
Persona sarebbe ogni individuo che ha tale forma e noi
ne parliamo adoperando un aggettivo che la designi, p.
es.: quellatleta ha una forma perfetta, cos in Dio diciamo
che tre Persone sono di una sola Essenza e che una sola
Essenza di tre Persone.
3. Perci i sostantivi, che si riferiscono allEssenza,
vanno in singolare p. es. leterna onnipotenza; gli agget-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

tivi invece, che si riferiscono alle persone vanno in plurale, p. es. tre esistenti coeterni.
4. Secondo il significato della frase, il nome concreto di
natura, p. es. Dio, pu riferirsi talora allessenza, talora
a una persona, talora a tulle tre: p. es. Dio Cre; Dio
Gener; a Dio Gloria.
5. Ma il nome astratto di Natura, p. es. la Divinit, non
si pu prendere in luogo del nome di persona, perch porterebbe a dire: la divinit gener la divinit; e bench gli
aggettivi di persona non si possano attribuire allessenza,
p. es. lessenza generata,
6. tuttavia ci si pu fare coi nomi di persona, perch
lessenza divina eguale per le tre persone quindi si dice:
lUnigenito Dio; Dio tre persone.
7. La Trinit non si pu dimostrare, ma si pu indicare, e poich ci sono pi manifeste le propriet di Natura che quelle di Persona conveniente attribuire qualche propriet di natura a ciascuna persona in particolare,
il che si dice: appropriare.
8. Convenientemente quindi i Padri attribuirono
al Padre

al Figlio

allo Spirito S.

in quanto Dio
esiste:
uno:

leternit

lo splendore

la soavit

lunit

luguaglianza

la concordia

causa:

la Potenza

la Sapienza

la Bont

ha creato i
complementi

dal quale

per il quale

nel quale

Quest. 40. Le persone e le relazioni divine. 1. Le


relazioni in Dio sono le stesse persone, perch sono reali,
quindi esistenti, anzi sono la stessa essenza di Dio, colla
quale pure si identificano le persone. Cos la paternit
il Padre.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Ci che distingue una dallaltra le Persone divine


non si trova nellessenza che identica per tutte tre,
ma si trova nellorigine e nella relazione; anzi pi che
nellorigine, che dice atto, p. es. generazione, tale
distintivo va riposto nella relazione, che importa realt.
3. Che se si dovesse fare astrazione in Dio delle relazioni e delle propriet personali, cesserebbe ogni ragione di
distinguere in Dio tre persone.
4. Ci che designa lordine di origine di una persona
dallaltra si dice atto nozionale, p. es. il Padre genera il
figlio, e gli atti nozionali si hanno in mente prima delle
propriet, perch ne sono la strada.

Quest. 41. Le tre Persone divine e gli atti nozionali.


1. necessario attribuire alle Persone divine gli atti nozionali, perch essi designano lorigine e appunto secondo
lorigine si distinguono le tre divine Persone.
2. Gli atti nozionali si possono dire volontari in quanto
sono in Dio con volont, ma non in quanto siano per
volont e a volont, perch invece ne principio la
natura.
3. Gli atti nozionali importano origine da qualcuno, ne
viene cos che il Figlio non creato, ma ha origine dal
Padre e non in quanto il Padre a Lui fa parte della sua
sostanza, ma in quanto gliela comunica tutta intera.
4. Gli atti nozionali importano in Dio anche la Potenza
che ne il principio, p. es., la potenza di generare nel
Padre.
5. Potenza di generare, se soggetto (Nominativo) si
riferisce alla essenza divina, negli altri casi pu riferirsi
anche alla Paternit e relazione.
6. Ogni atto nozionale non pu avere per termine che
una sola persona, perch una sola procede come Verbo,
una sola come Amore.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 42. Le tre Persone divine sono eguali fra di


loro. 1. Le tre divine persone sono eguali, perch
ciascuna sussiste nella divina essenza numericamente una
e identica.
2. Il Figlio procede dal Padre non per volont del
Padre, ma per la Natura divina, anzi per effetto della
perfezione della natura divina, ed essendo tale perfezione
eterna, ab eterno ci sono Padre, Figlio e cos pure Spirito
Santo.
3. ne segue che nelle Persone divine c un ordine di
principio dorigine: prima c il Padre, poi il Figlio, poi lo
Spirito Santo, ma ci senza priorit; mai fu il Padre senza
il Figlio.
4. Ne segue ancora che, importando la Trinit comunicazione a tre Persone della numericamente una e identica natura divina, il Figlio eguale al Padre nella Grandezza, cio nella Perfezione di Natura;
5. e che essendo nel Figlio lessenza del Padre, il Padre
nel Figlio e il Figlio nel Padre;
6. e che il Figlio ha anche la stessa Potenza del Padre.

Quest. 43. Missione delle Persone divine. 1. La Missione (mandare) non disconviene a Persona divina, perch
significa: origine da altra Persona e insieme nuovo termine o nuovo modo di essere: cos il Figlio che si incarn
si dice mandato dal Padre nel mondo.
2. Relativamente al termine o punto di arrivo, che
fuori di Dio, la Missione del tempo non dellEternit.
3. Missione invisibile di divina persona vale: essere
mandata e essere ricevuta. Questo avviene nella grazia
santificante, per la quale Dio si trova in una creatura
ragionevole oltrech per essenza, presenza e potenza,
anche conosciuto e amato, quindi come in suo tempio.
4. Al Padre che non proviene da nessuna persona, non
spetta missione. Cosicch,

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. se colla grazia santificante si trova nellanima tutta


la Trinit, la missione invisibile resta propria del Figlio e
dello Spirito Santo,
6. e ne sono partecipi tanti quelli che hanno la grazia.
7. Lo Spirito Santo ebbe la missione visibile a indizio
della invisibile nella Pentecoste.
8. Nellincarnazione si pu dire che il Figlio lo ha
mandato lo Spirito Santo, non quale principio della Persona, ma quale principio delleffetto della stessa incarnazione.

Quest. 44. Processione delle creature da Dio. 1. In


Dio essenza ed esistenza lo stesso (3. 4). Egli quindi
lEssere ed da se stesso. Tale uno solo (11. 3. 4);
le altre cose invece non possono che avere un essere, e un
essere partecipato e precisamente da Dio; quindi sono da
Dio.
2. La materia prima, si intenda o grossolanamente o
sottilmente, entra come costitutivo e fa parte delle cose:
tutte le cose sono da Dio, quindi anche la materia prima.
3. Come lartefice d alla materia, che maneggia, una
forma secondo un esemplare che ha in mente o che ha
sottocchio, cos nella sapienza creatrice di Dio ci sono
le forme esemplari delle cose; e queste, quanto alle cose
sono la stessa unica essenza di Dio; Dio quindi il primo
esemplare
4. Dio creando ag per un fine; fine non pu essere
che il bene; ma per Iddio, il quale infinito, non si tratta
di bene da acquistare, ma di bene da comunicare, e la
Bont divina il fine delluniverso.

Quest. 45. In che modo procedono le cose dal primo


principio. 1. Quello che vien fatto, prima non cera se

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

anche luniversalit delle cose (44. 2) proviene da Dio,


prima nessuna cosa cera, niente cera, e creare fare dal
niente.
2. Non solo Dio pu creare; ma fu necessario che
creasse; gli artefici, danno forma a cose che hanno dalla
natura; la natura opera sulla gi formata materia Dio
invece, siccome nulla c se non da Lui, perch ci siano
le cose ha dovuto creare anzitutto la materia.
3. Nelle creature la creazione importa, non gi mutazione, perch vi manca il punto reale di partenza ma relazione reale verso Dio Creatore, come principio del loro
essere.
4. Creare dare a un ente lesistenza; enti reali sono
le sostanze e i composti, di questi, quindi si dice che si
creano; degli accidenti e delle forme va detto invece che
si concreano.
5. Leffetto universalissimo termine esclusivo della
Causa universalissima; lessere effetto universalissimo
perci creare spetta alla causa universalissima, a Dio solo.
6. e spetta a Dio in quanto Dio, dunque creare
proprio di tutta la Trinit; per Dio fa collintelletto ci
che ha nel volere, va detto quindi che il Padre cre il
mondo col Verbo nello Spirito Santo.
7. Le creature irragionevoli rappresentano di Dio la sola Causalit, esse quindi hanno in se solo un vestigio della Trinit, rappresentandola in quanto ognuna ha un essere, una data forma, una data inclinazione. Le creature
poi che constano di intelletto e volont portano in s non
solo il vestgio, ma anche limmagine della Trinit: Padre,
Verbo e Spirito Santo.
8. Siccome nella materia si trovano in potenza tutte le
forme di cui essa suscettibile, cos nelle opere di natura
e arte non si riscontra un vero creare.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 46. Inizio della durata delle creature. 1. Soltanto un Ente necessario e sufficiente che esista ab aeterno, e questo Dio. Il mondo ha avuto una Causa, questa la volont di Dio; ma se si prova che Dio non pu
non volere se stesso (19. 3), non si pu altrettanto provare che necessariamente Dio volesse il mondo eterno, e
concludere che il mondo eterno.
Ci che a questo proposito dice Aristotele non per
dimostrare, ma per fare della dialettica.
2. Che per il mondo abbia cominciato e non sia eterno
lo si sa solo di fede, perch a farne la dimostrazione non si
prestano i due suoi principii: linterno cio le Essenze e
lesterno cio la Causa: infatti le essenze sono universali,
esistono quindi sempre e dappertutto; la causa poi la
volont di Dio, ma di questa soltanto se stesso si pu
provare che Dio vuole necessariamente; in quanto al
resto si sa qualche cosa secondo che Dio lo manifesta,
si sa dunque per fede;
3. e precisamente dalla Scrittura sappiamo che Dio
cre le cose in principio: sia principio delle cose in Dio
cio il Verbo; sia principio delle cose stesse; sia principio
del tempo.

Quest. 47. Distinzione comune delle cose. 1. La moltitudine e distinzione delle cose proviene dallintenzione di
Dio, avendo egli creato il mondo per comunicare la sua
Bont e non potendo questa essere resa sufficientemente
manifesta da una cosa sola.
2. E parimenti procede dalla sapienza di Dio la disuguaglianza delle cose, necessaria alla loro distinzione formale
o di specie, nellambito della quale variano gli individui
per il pi o il meno, che pero non cambia specie.
3. Lordine del mondo gli d unit, e avendo le le cose
tutte ordine e fra se stesse e relativamente a Dio, come c
un solo Dio, c un solo mondo.

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Quest. 48. Distinzione speciale delle cose. 1. Cosa


sia il male si conosce dal suo opposto cio il bene; bene
ci che appetbile in quanto perfeziona lessere di chi lo
cerca; bene quindi entit; il male che il suo opposto,
sar mancanza di bene, mancanza di entit.
2. La disuguaglianza delle cose (47. 2) per la perfezione delluniverso; questa importa che ci siano esseri incorruttibili e anche corruttibili, che non sarebbero per
corruttibili se mai soggiacessero a corruzione o difetto:
questo si avvera colla mancanza di relativo bene, cio col
male; il male adunque per la perfezione delluniverso.
3. La mancanza di relativo bene si trova in qualche
soggetto, che in quanto ha di entit bene, dunque il
male si trova nel bene.
4. Male mancanza di tutto il corrispondente bene,
ma non corruzione dello stesso soggetto in cui si trova il
male, perch allora neppur il male potrebbe esistere.
5. Atto primo lessere, atto secondo loperare; il
male adunque duplice: mancanza di atto primo o di atto
secondo; nelle creature razionali si chiama male di pena
luno, male di colpa laltro.
6. Il male di colpa, che procede dalla nostra volont e
che ci fa cattivi, giacch consiste nel disordine della stessa volont, maggiore del male di pena, che privazione
di qualche cosa, che oggetto della volont.

Quest. 49. La causa del male. 1. Il male ha la sua causa:


non gi causa formale e finale, essendo esso mancanza e
di forma e di ordine al fine, ma bens, causa materiale,
ed il bene che il soggetto del male, e anche causa
efficiente ed quellessere che per accidente lo produce:
quindi causa del male si pu dire il bene.
2. Dio non si pu dire causa del male in quanto la sua
azione sia difettosa, ma solo in quanto dipende da Dio
quella mancanza di relativo bene, donde lineguaglianza

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

delle cose (48. 2), e in quanto viene da Dio il male di


pena per la punizione della colpa.
3. Il male assoluto, totale, principio del male non,
esiste. Infatti a) mentre c il Bene sommo, il Bene per
essenza (6. 2, 3), il male soltanto mancanza relativa
di bene, non c quindi male assoluto; b) il male non
corruzione dello stesso soggetto in cui si trova (48. 4),
perch altrimenti non potrebbe esistere, non c quindi
male totale; c) il male ha origine dal bene, dunque non
principio, ma principiato; quando poi causa lo per
accidente, dunque non Causa Prima, perch la causa
per accidente posteriore alla causa propria.

Quest. 50. Sostanza angelica. 1. Gli angeli sono incorporei, perch dovendo luniverso rappresentare Dio,
necessario che nella scala degli esseri ce ne siano di puramente intellettuali, quindi incorporei,
2. e perci senza materia, perch lintendere operazione del tutto immateriale. Gli angeli quindi non risultano di materia e forma.
3. Essi sono sostanze separate, non pero nel senso
di Platone, cio di esemplari delle cose sensibili: e ve
ne sono in numero straordinario, conviene infatti alla
potenza di Dio che, essendo esseri creati i pi perfetti,
fossero in gran numero.
4. Le cose composte di materia e forma per la forma
appartengono a una stessa specie e per la materia si
distinguono fra loro quali individui; gli angeli invece non
risultano di materia e forma, quindi impossibile che ce
ne siano due di una stessa specie.
5. La corruzione si fa per separazione, la separazione
possibile in un composto, gli angeli non sono composti
nemmeno di materia e forma, essi sono quindi incorruttibili.

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Quest. 51. Gli Angeli e i corpi. 1. Nel genere


delle sostanze intellettuali come c limperfetto, cio
luomo che allanima ha unito il corpo e che si forma la
scienza delle cose sensibili, cos ci deve essere il perfetto
che esclude il corpo: questo perfetto langelo, langelo
quindi non ha corpo.
2. Gli angeli per possono assumere corpo. Infatti la
scrittura parla di Angeli che si sono resi visibili a tutti;
questo fecero assumendo un corpo di aria, la quale per
condensazione pu prendere figura e colore come si vede
nelle nubi.
3. Con un tal corpo gli angeli possono prendere moto,
dare impulso a onde sonore cos da far sentire ogni suono, ma non possono fare opere vitali, come sarebbe mangiare, perch a tal corpo non danno vita.

Quest: 52. Gli Angeli e i luoghi. 1. LAngelo pu


trovarsi in un luogo, ma non nel senso solito; vi si trova in
quanto vi opera qualcosa e cos anzich essere contenuto
nel luogo lo contiene.
2. Langelo non essendo infinito non pu trovarsi
contemporaneamente in due luoghi diversi: pu essere
per molto ampio il luogo in cui esercita la sua virt.
3. Due angeli per non possono trovarsi in uno stesso
punto, perch non possono darsi due cause complete di
una stessa cosa.

Quest. 53. Moto locale degli Angeli. 1. Langelo,


come si trova in un luogo diversamente dai corpi, perch
non ne circoscritto, ma lo abbraccia (52. 1), cos anche
si muove diversamente dai corpi. I corpi si muovono
con continuit di parti, lAngelo invece, come in uno
stesso luogo pu applicare la sua azione e a tratti e con

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

continuit, cos pu muoversi di moto non continuo e


continuo;
2. nel primo caso non passa per mezzo, nel secondo s;
3. e tanto nellun caso come nellaltro lazione viene
applicata in istanti successivi, perci avviene nel tempo.

Quest. 54. Scienza angelica. 1. Nelle creature lazione


della sostanza, ma non la sostanza, perci anche negli
Angeli, che sono creature, lintendere non la sostanza.
Dio solo, in cui tutto perfezione infinita, lintendere
sussistente. Se un angelo fosse lintendere sussistente
non si distinguerebbe da Dio e nemmeno da altri angeli,
mancando nellintendere sussistente, nellatto puro di
intendere, il pi e il meno.
2. Parimenti lintendere degli Angeli, come lazione di
ogni creatura, nella esistenza e non la esistenza. Ci
evidente se si tratta di azione transeunte, perch fuori del soggetto; ed chiaro se si tratta di azione immanente come lintendere, perch importerebbe esistenza
assoluta, infinita, ma questa propria di Dio solo;
3. perci neppure il principio dellintendere, cio la
potenza intellettiva, lessenza dellAngelo.
4. LAngelo sempre in atto di intendere e lo fa per
mezzo di imagini delle cose impressegli da Dio. Ma luomo non da tanto, perci lintelletto nostro agente
quando sta in azione scrutando la verit, nel rendere effettivamente, a forza di astrazioni, intelligibili le nature
delle cose materiali che per s tali non sono; resta poi
possibile finch della verit scrutata si imposessa formandosi il concetto.
5. Agli Angeli che non hanno corpo sono attribuibili
sole quelle potenze dellanima nostra che non hanno
relazione col corpo, cio lintelletto e la volont.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 55. Mezzo della cognizione negli Angeli. 1.


LAngelo non conosce tutto per la sua natura, cio per
mezzo di se stesso, perch dovrebbe avere in se stesso
tutto ci che pu conoscere. Questo invece proprio
di Dio e langelo conosce per immagini mandategli da
Dio, per riflessi di Dio.
2. Cosicch tali imagini sono agli Angeli connaturali
e non potrebbero essi averle dalle cose, perch allora
dovrebbero la loro perfezione alle cose.
3. Dio perfettissimo conosce tutto nella sua essenza
una, semplice, universale. Gli Angeli superiori sono pi
perfetti, pi si assomigliano a Dio e pi conoscono le cose
per le imagini sempre pi universali di esse.

Quest. 56. Conoscenza delle cose immateriali negli


Angeli. 1. LAngelo che non consta di materia, una
forma sussistente; questa forma immateriale, quindi
intelligibile, perci lAngelo conosce se stesso per mezzo
della sua forma sussistente, cio della sua sostanza.
2. Gli altri Angeli e le altre cose lAngelo le conosce
nelle imagini connaturali impresse nel suo intelletto.
3. LAngelo pu conoscere colle forze naturali Dio
in modo migliore degli uomini in quanto cio alla sua
potenza conoscitiva si fa presente la imagine di Dio.
Come per noi si forma limagine di un sasso nellocchio,
cos per lAngelo si rispecchia nella sua natura lessenza
di Dio.

Quest. 57. Conoscenza delle cose materiali negli Angeli. 1. Gli Angeli che sono pi vicini a Dio, pi partecipano di Dio; le cose materiali preesistono in Dio, e,
per partecipazione, anche negli Angeli, e precisamente
secondo lessere degli Angeli, che intellettuale; vi pre-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

esistono perci nelle loro imagini intellettuali, e cos gli


Angeli conoscono le cose materiali.
2. Gli Angeli conoscono le cose particolari, ma non
come lastrologo che nelle leggi universali prevede le
singole ecclissi, sibbene le conoscono in s per imagini
infuse da Dio.
3. Quanto al futuro, esso pu essere conosciuto nelle
sue cause o in se stesso. Nelle sue cause gli Angeli
prevedono il futuro necessario e congetturano meglio
degli uomini il futuro ordinario; ma in se stesso il futuro
noto a Dio solo, che lo conosce nelleternit.
4. Similmente i segreti dellanima gli Angeli possono
conoscerli dagli effetti, mentre in se stessi sono a Dio solo
naturalmente noti.
5. I misteri poi della grazia, che dipendono dalla sola
volont di Dio, gli Angeli non li conoscono se non per
cognizione soprannaturale e beatifica.

Quest. 58. Limiti della scienza angelica. 1. Della cognizione naturale gli Angeli hanno sempre labito, ma
questo non sempre in atto: invece la cognizione beatifica del Verbo in loro sempre in atto.
2. In assieme gli Angeli conoscono luniversalit delle
cose di cognizione beatifica; ma di scienza naturale non
conoscono in assieme le cose di cui hanno infuse imagini
distinte.
3. Gli Angeli conoscono una cosa nellaltra, non una
cosa per mezzo dellaltra; essi quindi hanno scienza intuitiva anzich discursiva.
4. E come non abbisognano di termine medio o di
paragone, per passare dai principi alle conclusioni, cos
non ne abbisognano per affermare o negare il convenire
o no di un predicato ad un soggetto.
5. La scienza angelica quindi non come quella degli
uomini che per istrada pu arrestarsi o deviare, essa va

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

diritta al suo termine e non soggetta a falsit, a meno


che, come nei demoni, la cattiva volont turbi lintelletto.
6. Osserva S. Agostino che i 6 giorni della creazione,
non sono come i nostri, perch il sole che li regola ci
fu soltanto al quarto; giorno perci va inteso cognizione
angelica di sei generi di cose; vespero: gli Angeli hanno
conosciuto le cose nel Verbo; mattino gli Angeli hanno
conosciuto le cose in loro stesse.
7. essenzialmente diverso conoscere le cose in se
stesse vedendole nel Verbo, e vedendole nelle loro imagini agli Angeli connaturali, perci essenzialmente differiscono vespero e mattino.

Quest. 59. Volont angelica. 1. Tutto procede da Dio


ed inclinato al bene: questa inclinazione si distingue in
naturale, sensitiva e intellettuale; lintellettuale si chiama
volont. Gli Angeli hanno intelletto, quindi anche volont.
2. Gli Angeli hanno volont soltanto per il bene,
intelletto anche per il male, perci differiscono in loro
intelletto e volont.
3. Gli Angeli conoscono non un bene particolare cui
siano determinati, ma il bene in generale per giudicare
se poi in particolare una cosa bene o no; ci equivale
a giudizio libero, anche agli Angeli quindi spetta il libero
arbitrio.
4. Negli Angeli non c irascibile e concupiscibile,
perch questi sono parti dellappetito sensitivo.

Quest. 60. Amore negli Angeli. 1. Linclinazione che


consegue la conoscenza intellettuale propria della natura e, in quanto si accompagna a conoscenza intellettuale,
si chiama amore; negli Angeli c dunque lamore.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Tale amore si distingue in naturale, che riguarda


il fine, ed elettivo che riguarda i mezzi, e il naturale
principio dellelettivo anche negli Aneli.
3. Amare voler il bene; questo bene sostanziale
o accidentale: ciascuno ama se stesso volendo e il suo
essere e la sua perfezione, perci anche lAngelo ama se
stesso di amore naturale per naturale inclinazione, e di
amore elettivo quando per elezione si desidera il bene;
4. di amore naturale langelo ama e vuole il bene della
propria natura e quindi anche il bene di chi partecipe
della stessa natura, cos e in questo gli Angeli si amano di
amore naturale; nel resto si amano di amore elettivo.
5. Linclinazione naturale maggiore per ci che
principale, minore per ci che subordinato; cos istintivamente la mano si stende e si espone a un colpo per proteggere il capo. Dio il Bene universale, perci lAngelo di amore naturale anta pi Dio che se stesso, altrimenti
avrebbe un amore perverso, impossibile fondamento alla
grazia.

Quest. 61. Creazione degli Angeli. 1. Solo Iddio esiste


di per se stesso (3. 4), quindi anche gli Angeli, come tutte
le cose, hanno in Dio la causa del loro essere.
2. E, come tutte le cose, furono creati dal niente,
hanno avuto come precedente il niente, perci non sono
ab aeterno;
3. ed essendo lultimo gradino della scala degli esseri
delluniverso furono creati colluniverso e non prima,
4. ed ebbero una sede proporzionata alla loro natura
spirituale; non la terra, ma il cielo.

Quest. 62. Perfezione di grazia e di gloria negli Angeli.


1. Beatitudine naturale (= ultimo grado di Perfezione)

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per una natura intellettuale contemplazione del sommo intelligibile, che Dio: e poich lAngelo a differenza delluomo raggiunge direttamente il suo oggetto,
cos lAngelo la ebbe appena creato. Beatitudine invece
soprannaturale (la visione dellessenza di Dio) sopra la
natura e non appartiene alla natura angelica averla subito;
2. e il rivolgersi a lei per conseguirla non poteva
dipendere che da una mozione di Dio, dalla grazia di Dio;
3. S. Agostino ritiene che tale mozione gli Angeli la
abbiano avuta nella creazione e quindi che siano stati
creati in grazia.
4. E per tale mozione indirizzandosi essi a beatitudine
non dovuta alla natura, convien dire che chi la consegu,
la merit.
5. Come per lintelletto, cos anche per la volont
lAngelo va direttamente al suo oggetto, bast quindi un
atto di amore per conseguire la beatitudine.
6. Ciascun Angelo ebbe grazia e gloria proporzionata
alle forze della natura e ci convenne e alla Sapienza di
Dio e agli stessi Angeli che chi pi forte pi abbia di
mozione, di grazia.
7. E poich natura e grazia stanno fra loro come primo
e secondo, negli Angeli beati non vengono distrutti, ma
restano e cognizione e amore naturale.
8. LAngelo beato vede Dio, Bene essenziale, perci
non pu volere agire se non indirizzandosi, se non mirando a Dio, perci non pu peccare.
9. Se gli Angeli potessero progredire in gloria arriverebbero fino a comprendere Dio; ma Dio infinito,
quindi incomprensibile, quindi non si pu dire che possano progredire.

Quest. 63. Malizia degli Angeli. 1. Peccare, cio venir


meno allatto regolare nelle cose e naturali e artificiali e
morali proprio di ogni creatura. Lartefice che traccia

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

uno schizzo da copiarsi, non sbaglia, ma pu sbagliare


chi deve copiarlo. La volont di Dio regola e non
sbaglia; le volont create che a quella regola devono
conformarsi possono invece sbagliare.
2. Il primo peccato degli Angeli fu di affetto, non ai
beni corporali, ma ai beni spirituali. Laffetto ai beni
spirituali in loro non poteva essere peccaminoso se non
in quanto discordante dalla regola del superiore, il che
superbia e ribellione; tale peccato quindi non poteva
essere che superbia.
3. Vollero gli Angeli essere come Dio, non nel senso di
trasmutarsi in Dio, perch questo non si conseguisce se
non colla distruzione del proprio essere, il che ripugna al
sentimento naturale ma nel senso che o pretesero di diventare come Dio, capaci di creare, o pretesero definitiva la perfezione naturale, o pretesero di conseguire colle
forze naturali, senza la grazia, la beatitudine soprannaturale.
4. Ogni effetto rivolto al suo principio. Gli Angeli
sono effetto di Dio, sono perci di lor natura rivolti a Dio,
che Bene. Ma questa naturale inclinazione al Bene pu
nelle creature intellettuali essere depravata dalla volont.
5. Il peccato degli Angeli fu non del primo istante, ma
posteriore al primo istante della loro creazione, perch
questa, cio il loro essere, termine della operazione
di Dio, che non si pu dire agente difettoso, mentre il
peccato termine della loro malizia.
6. Il diavolo pecc subito dopo il primo istante della
sua creazione, perch lo si ritiene creato in grazia; col
primo atto, se non avesse peccato, avrebbe meritato la
beatitudine.
7. Il peccato degli Angeli fu di superbia, il cui motivo
fu leccellenza, perci ritenibile che il primo degli Angeli
ribelli sia stato lAngelo pi eccellente; ed esso
8. indusse a peccare gli altri, che perci gli furono
assoggettati nella pena;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

9. e poich la inclinazione naturale non fu di peccare e


la natura ordinariamente conseguisce il suo effetto, cos
quelli clic non Peccarono furono in maggior numero.

Quest. 64. La pena dei Demoni. 1. I demoni furono danneggiati nellintelletto, non quanto alla cognizione
naturale, ma quanto alla cognizione di grazia, perdendo
parzialmente quella speculativa dei misteri di Dio e totalmente quella affettiva. Cos la cognizione vespertina.
divenne per loro notturna e lIncarnazione fu cognizione
terrificante.
2. Poich la forza appetitivi si proporziona alla apprensiva e li adesione della volont allapprendimento intellettuale, lintelletto delluomo apprende immobilmente qualche cosa cio i primi principi; lintelletti dellAngelo invece apprende tutto immobilmente e proporzionatamente, quindi, come la volont degli Angeli buoni
ferma nel bene, cos ora la volont dei demoni ostinata
nel male.
3. Dolore corporale certamente non ne risentono i
demoni, ma risentono dolore di volont, cio quellinane
renitenza di volont per cui non vorrebbero certe cose,
p. es. la beatitudine dei Santi.
4. Luogo della pena dei demoni linferno, ma finch ci sono nel mondo uomini da tentare, avendo Dio
disposto che luomo sia aiutato dagli Angeli e combattuto dai demoni, essi si aggirano anche per laere caliginoso
del mondo.

Quest. 65. Creazione delle creature corporali. 1:


Le creature corporali non provengono dal Principio del,
male, ma da Dio, perch anche esse hanno lessere, e
tutto ci che ha lessere viene da Dio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. N, come pensa Origene, da ritenersi che le


creature corporali Dio le fece quando volle punire i i
peccati delle creature spirituali; le fece perch nella loro
variet colla subordinazione delle meno nobili alle: pi
nobili formassero un tutto rappresentante la bont di Dio
e manifestante la sua gloria.
3. Le creature corporee non si possono dire prodotte dagli Angeli, perch anche in esse c lesistenza che effetto universale nelle cose e che perci si deve attribuire
alla sola causa universale, Dio.
4. Platone ammetteva delle forme separate, di uomo,
F di cavallo, di albero, da imprimersi come uno stampo,
unimpronta, per dare lessere specifico alle cose; Avicenna sosteneva che le forme delle cose non sussistono
nelle cose, ma sussistono negli intelletti separati, cio negli Angeli, come sussistono le forme delle cose artificiali nella mente degli artefici. Queste sono opinioni inutili;
perch nella creazione le forme furono create colle cose
e nelle cose e non separatamente, perci anche le forme
sono esclusivamente da Dio.

Quest. 66. Ordine di distinzione nella Creazione. 1. Le


parole della Scrittura: Le tenebre coprivano la terra e
la terra era informe e vuota non indicano che sia esistita
con precedenza di tempo una materia informe, cio la materia prima senza ancora nessuna forma sostanziale, perch questa sarebbe un essere senza essere; la precedenza non pu essere che di natura? detto informe cio quasi deforme, perch al cielo mancava la luce e alla terra,
sommersa nelle acque, mancava ladornamento delle
erbe e delle piante.
2. La materia non unica per i cori celesti e per i corpi
inferiori, altrimenti potrebbero trasmutarsi gli uni negli
altri, il che non avviene.

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3. Fu conveniente che in principio, insieme colla terra


informe, fosse creato un luogo di splendore, quale sede
degli Angeli e inizio della gloria corporale, cio il cielo
empireo (= ardente).
4. Il tempo cominci colla materia informe, perch
col tempo che si misura la sua durata in tale, stato e il
suo passaggio agli stati successivi.

Quest. 67. Distinzione della Creazione. 1. Luce significa: a) ci che fa vedere, b) ci che rende manifesto relativamente Balla vista degli occhi, e a ogni altra evidente cognizione sensitiva e allo stesso intelletto; perci nelle cose spirituali luce nel primo significato si adopera in senso
metaforico; nel secondo si adopera in senso proprio.
2. La luce non corpo, perch se fosse corpo
a) la sua coesistenza cogli altri corpi farebbe contro la
legge dellimpenetrabilit;
b) la rapidit della sua diffusione farebbe contro la
lentezza del moto locale proprio dei corpi;
c) la sua cessazione avverrebbe per corruzione essa si
muterebbe in tenebre, anche queste corpo, e resterebbe
inspiegabile il sorgere della luce allaltro emisfero.
3. La luce, che non corpo, non una pura nostra
sensazione, perch i raggi di luce scaldano e le nostre
senzazioni no; non la forma sostanziale o natura del
sole, perch le forme sostanziali si possono intendere,
ma non vedere; invece una qualit attiva conforme alla
natura del sole e degli altri corpi luminosi.
4. Fu conveniente la creazione della luce al primo
giorno per rimuovere la deformit delle tenebre, affinch
potessero le altre cose manifestarsi.

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Quest. 68. Secondo giorno della Creazione distintiva.


1. Anzitutto ricordisi losservazione di S. Agostino: La
Scrittura, divinamente ispirata, dice sempre il vero, ma
la nostra interpretazione pu essere errata.
Come e perch il Cielo o firmamento sia stato fatto nel
secondo giorno se un composto dei quattro elementi,
come pensa Empedocle, o se un elemento semplice,
come opina Platone, o se un quinto corpo, come giudica Aristotele, inutile ricercare, quando si ritiene con
S. Agostino che i giorni della creazione indicano ordine
di natura pi che di tempo. Del resto Firmamento indicherebbe quella parte di atmosfera in cui si condensano
le nubi;
2. e cos si spiega lesistenza delle acque sopra il firmamento; sono quelle che vengono portate a maggior grado
di evaporazione.
Non giova per sottilizzare tanto, perch ci ricorda S.
Agostino che lautorit della Scrittura supera la capacit
del nostro ingegno.
3. Lopinione di Talete che lacqua sia un corpo infinito, principio digli altri corpi. Ma quando Mos riferisce
la parola di Dio: si faccia il firmamento nel mezzo delle acque anzich acconciarsi a quella opinione, adattava le sue espressioni al rozzo Popolo ebreo, non nominando laria, che per gli ignoranti lo stesso che il vuoto, e
designandola per i dotti col nome di firmamento.
4. Il cielo inteso naturalmente, o nelle sue propriet,
o metaforicamente, uno solo, ma vien distinto in parti,
in virt e generi di visione; perci la Scrittura: nomina
talora il cielo, talora i cieli.
Nel sistema tolemaico i cieli sono 10: il cielo empireo,
il cielo cristallino e, nel cielo sidereo, la sfera delle stelle
fisse e 7 sfere di pianeti.

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Quest. 69. Terzo giorno della Creazione distintiva. 1. La


riunione delle acque e lapparizione della terra la Scrittura
la pone nel terzo giorno. S. Agostino, che considera pi
lordine di natura che di tempo trova conveniente il terzo
giorno, perch la terra vien terza in dignit dopo la luce
e il cielo.
Altri Padri, che ammettono lordine di tempo, trovano congruente il terzo giorno per la terra, perch doveva
precedere la rimozione della deformit in cielo, le tenebre, e della deformit nelle acque, gli abissi!
2. La terra brulla e deserta aveva anche una deformit
visibile da rimuoversi, e la Scrittura dice che ci fu fatto
rivestendosi la terra di erbe e di piante, o per lo meno
ricevendo la virt di produrle, come opina S. Agostino.

Quest. 70. Creazione adornativa. Quarto giorno. 1. Al


periodo di distinzione dei primi tre giorni corrisponde in
simmetria un periodo di ornamento di altri tre giorni; al
quarto giorno perci bene la Scrittura pone che il cielo si
adorna del sole, della luna e delle stelle;
2. e per distogliere il popolo dal culto degli astri bene
la Scrittura espone che essi sono opera di Dio e che sono
fatti per utilit degli uomini.
3. I Platonici ammettevano che gli astri avessero lanima. Invece bisogna dire che non lhanno, perch non ce
n bisogno n per la vita vegetativa, essendo essi incorruttibili; n per la vita sensitiva, non avendo essi contatti
colle cose; n per la vita intellettiva, potendo lintelletto
fare senza corpo; n per il moto, potendo questo essere
impresso e mantenuto da un agente esterno.

Quest. 71. Quinto giorno della Creazione. 1. Come il


giorno dimezzo del primo ciclo di tre giornate della crea-

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zione fu assegnato alla distinzione delle acque col firmamento, cos bene la Scrittura assegna il giorno dimezzo del
secondo ciclo allornato delle acque e del firmamento colla produzione dei pesci e degli uccelli.

Quest. 72. Sesto giorno della Creazione. 1. Similmente lultimo giorno del secondo ciclo, cio il sesto, corrisponde al terzo per lornato della terra, che si popol degli animali terrestri, o che ricevette per lo meno la virt
di produrli, come opina S. Agostino.

Quest. 73. Settimo giorno della Creazione. 1. La


Scrittura dice bene che il Signore nel settimo giorno diede
compimento allopera sua, risultando la perfezione delluniverso dallunit delle parti;
2. ed aggiunge che il Signore si ripos, perch riposo
cessazione del moto, che proprio dei corpi; ma si applica alle cose spirituali come cessazione di opera o come
appagamento di desiderio; luno e laltro convengono a
Dio.
3. Convenientemente poi la Scrittura assegna al settimo giorno la benedizione, che riguarda la moltiplicazione degli esseri e la santificazione, che riguarda il loro riposarsi in Dio.

Quest. 74. Dei 7 giorni insieme. 1. La enumerazione


dei sei giorni della creazione fatta dalla Srittura perfetta
secondo i Pitagorici, che dicono perfetto il tre risultante
dai principio, mezzo e fine, perch narrata la distinzione e lornato del cielo, dellacqua e ella terra; ed perfetta anche secondo S. Agostino, che dice perfetto il tre nel-

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la somma dei suoi componenti: uno, due e tre, che fanno


sei, perch sei sono i giorni della creazione.
2. S. Agostino ritiene che i 7 giorni non siano che un
giorno solo di settemplice rappresentazione dei diversi
generi delle cose fatta alle angeliche intelligenze.
Altri padri invece intendono sei diverse produzioni
propriamente dette. In ogni modo certo che Iddio non
ha bisogno di tempo e si pu ritenere che Iddio cre insieme tutte le cose, ma che esse non si formarono insieme
quanto alla distinzione e allornato, bens a diversi stati
di perfezione indicati dai 6 giorni.
3. La Scrittura nel racconto della Creazione sapiente,
perch fa cenno del Verbo dicendo: In principio, cio in
chi fonte ed archetipo, e fa cenno dello Spirito Santo
parlando dello Spirito di Dio, che si libra sulle acque per
dare vita al mondo.

Quest. 75. Essenza dellanima umana. 1. Ogni anima,


essendo semplice, inestesa, perci non pu essere corpo, di cui propria lestensione. Anima primo principio della vita e la vita ha una duplice manifestazione: cognizione e moto. Antichi filosofi dicevano: ci che non
corpo niente, lanima, esistendo, non pu essere niente, dunque corpo. Errore! Un corpo non pu essere primo principio di vita in quanto corpo, perch allora ogni corpo sarebbe vivo. invece vivo qualche corpo,
p. es. il cuore, quel corpo cio che ha in atto lanima; lanima quindi non corpo, ma latto, lagente di qualche
corpo.
2. Lanima umana qualche cosa in s di indipendente
dal corpo, perch principio della cognizione intellettuale, per cui conosce la natura di tutti i corpi, al che occorre che non sia alcuno di essi, perch in tal caso non conoscerebbe la natura degli altri corpi, come chi ha la bocca
amara non percepisce gli altri sapori. Cosicch altres

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impossibile che la cognizione intellettuale si compia per


mezzo di un organo corporeo.
3. Lanima dei bruti invece non qualche cosa di
indipendente dal corpo, perch la loro cognizione, che
sensitiva, si compie sempre con qualche mutazione del
corpo.
4. Ma lanima non luomo, perch luomo consta
di anima e di corpo, avendo esso anche la cognizione
sensitiva, che non soltanto dellanima. Si pu per
dire che lanima luomo in quanto, essendo lanima il
primo principio della vita, tutto quello che fa luomo a
lei riferibile.
Luomo composto di anima e corpo quali for ma e
materia; questa carne p. es. di me individuo, la carne,
invece, di ogni uomo;
5. ma lanima, anzich essere composta di materia e forma, non pu nemmeno avere materia, perch se ogni anima soltanto forma, tanto pi lo lanima delluomo,
che intellettiva. Essa conosce p. es. la pietra nella sua
ragione formale assoluta di pietra, non nella ragione sensitiva particolare di questa pietra. Se dunque nellanima
ci sono le ragioni formali assolute delle cose, essa che le
contiene deve essere una forma assoluta, non una forma
composta di materia.
6. Ne segue che lanima umana incorruttibile: Essa
qualche cosa di indipendente dal corpo, perci la distruzione del corpo non porta con s necessariamente anche
la distruzione dellanima, come invece avviene degli accidenti e delle forme materiali dei corpi. Se essa fosse
composta di materia e forma, cesserebbe di esistere alla separazione della materia dalla forma. Essa invece
solo forma e per cessare di esistere bisognerebbe, cosa
impossibile, che si separasse da se stessa.
Ne anche segno il desiderio di perennit che natura
ci inspira e non pu essere fallace.

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7. Lanima umana per non della stessa specie dellAngelo. Differiscono di specie, perch hanno operazioni generali differenti.

Quest. 76. Unione dellanima col corpo. 1. Forma sostanziale del corpo umano e lintelletto, principio
delloperazione intellettiva, della vita intellettiva delluomo, anima quindi delluomo. Lintelletto cos, forma, si
unisce immediatamente e intimamente al corpo, materia.
Che la forma sostanziale del corpo umano, (= ci che d
essere, anzi essere specifico alluomo) sia lintelletto, lo
si desume dalla natura umana, essendo per noi lintendere distintivo di specie ed essendo la forma costitutivo di
specie.
2. evidente che di principii della vita intellettiva non
ce n uno solo, che vale per tutti gli uomini, come pensava Averro, perch allora ci sarebbe unazione unica,
una forma sostanziale unica, unesistenza unica, perci
un solo uomo; ma invece i principi intellettivi sono tanti
quanti i corpi umani.
3. Ed anche evidente che, essendo lanima la forma
sostanziale del corpo, ce n una sola per ciascuno e non
tre essenzialmente differenti cio la nutritiva nel fegato,
la concupiscibile nel cuore, la conoscitiva nel cervello, come vorrebbe Platone, perch ciascuno sarebbe allora un
essere triplice, e si potrebbe attendere contemporaneamente alle tre diverse operazioni colla massima intensit,
il che invece non .
4. Inoltre, essendo lanima intellettiva la forma sostanziale, che d cio lessere, anzi lessere specifico al corpo
umano, c essa sola quale forma sostanziale. altre, come
la sensitiva e la vegetativa non se ne devono supporre, perch, come nei numeri il pi contiene i meno, cos lanima intellettiva, essendo di grado superiore, fa quello che
fanno le inferiori e anche qualche cosa di pi.

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5. Il corpo umano, quale , si deve dire convenientemente organizzato, affinch sia sua forma sostanziale lanima intellettiva, perch se essa, come inferiore agli Angeli, deve raccogliere le cognizioni intellettuali dalle cose per mezzo dei sensi, essa per informa un corpo nel
quale diffuso ed fino pi che negli altri animai il senso generale del tatto, che poi in certi organi specializza in
senso di gusto, di olfatto etc.
6. Il corpo per, che dallanima informato, non
ha precedenti disposizioni nemmeno accidentali, perch
lanima ne il primo principio, lanima ne la forma
sostanziale, cosicch prima dellanima non nemmeno
sostanza, non esiste nemmeno.
7. Che se una cosa ununit in quanto esiste e luomo
esiste per la forma sostanziale, che lanima luomo
ununit collanima; e non c quindi bisogno di un
corpo intermedio, gi proprio dellanima prima che essa
si unisca al corpo.
8. E lanima intellettiva, forma sostanziale del corpo,
c in tutto il corpo e in ogni sua parte, perch loperazione
specifica dellintellettualit pu essere esplicata in ogni
parte del corpo, p. es. nel piede, gestendo, e perch se
lanima si diparte il corpo non funziona pi, n nel tutto,
n in alcuna parte; lanima, che semplice, se c in ogni
parte, c tutta in ogni parte ma c di totalit di sostanza,
non di totalit di operazione, perch la potenza visiva p.
es. la esplica negli occhi e non nel naso.

Quest. 77. Potenze dellanima in generale. 1. Le operazioni dellanima e ogni principio di queste operazioni;
cio le potenze e i relativi atti, non sono lanima stessa,
lessenza dellanima. Non lo sono degli Angeli (59. 2),
tanto meno lo sono delluomo. Ed evidente, perch come chi ha sempre lanima sempre vivo, cos chi ha sempre lanima dovrebbe avere in esercizio sempre e tutte le

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operazioni vitali; noi invece abbiamo lanima, ma, quanto alle operazioni vitali, ne abbiamo alcune in esercizio,
altre in potenza.
Lanima adunque ha le potenze che sono principii di
operazione, lanima atto primo ordinata alloperazione,
che atto secondo; ed atto primo del corpo che ha la
vita non in esercizio,. cio in atto secondo; ma soltanto
in potenza.
2. Le potenze dellanima sono parecchie, perch luomo, che si trova ai confini delle creature spirituali e corporali, ha molti atti, cui corrispondono parecchie potenze.
3. Le potenze sono principio degli atti, questi si
diversificano secondo gli oggetti, perci secondo gli alti,
e gli oggetti si diversificano anche le potenze; la potenza
poi passiva se loggetto relativamente a lei principio o
causa, attiva se invece loggetto termine o effetto.
4. In ordine di eccellenza prima vengono le potenze intellettuali; in ordine di origine prima vengono le potenze
sensitive, in ordine poi di percezione la precedenza spetta
alla potenza visiva.
5. La potenza operativa di quel soggetto che ha il
potere di operare, perci il soggetto delle facolt inorganiche lanima sola e il soggetto delle facolt organiche
il corpo unito allanima, cio il composto umano;
6. e appunto perch se il corpo non avesse lanima,
che ne la forma sostanziale, non sarebbe il soggetto
delle facolt organiche, cos anche le facolt organiche
derivano dallanima.
7. Le potenze poi difendono una dallaltra; in ordine di
natura si prima animali e poi uomini, perci lintelletto dipende dal senso: ma in ordine di azione ci che vivifica il senso lanima che intellettiva, perci il senso
dipende dallintelletto.

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8. Quando poi si muore restano attive le potenze


inorganiche e le organiche rimangono soltanto in radice,
in virt.

Quest. 78. Potenze dellanima in particolare. 1. Si


distinguono nellanima:
5 generi di potenze: la vegetativa, considerato loggetto
come corpo unito allanima; la sensitiva, lappetitiva, la
locomotiva, considerato loggetto come corpo sensibile;
lintellettiva, considerato loggetto come ente universale;
3. anime: la vegetativa, la sensitiva, lintellettiva, secondo i tre gradi di superiorit sulla pura natura corporea;
4. modi di vivere: il vegetativo, il sensitivo, il locomotivo, lintellettivo, secondo i gradi dei viventi.
2. La potenza vegetativa ha tre parti: la generativa,
laumentativa, la nutritiva, secondo le 3 finalit del corpo: acquistare lessere, raggiungere il completo sviluppo,
conservarsi.
3. Gli organi sono proporzionati alla potenza e poich
sono 5 gli organi del senso, perci sono pure 5 le parti
della facolt sensitiva.
4. La vita dellanimale perfetto esige apprensione delle
cose anche in loro assenza. Occorre quindi che lanima
snsitiva non solo riceva le imagini delle cose, ma anche
le ritenga e conservi. Occorrono altri organi, distinti
dagli organi esterni. Perch lagnello fugge il lupo? non
perch locchio scorge in lui brutti colori, ma perch un
senso dellanima glielo fa riconoscere come un nemico
naturale. Questi sensi dellanima, o sensi interni, sono 4:
il senso comune, che raccoglie le diverse senzazioni, la
fantasia che le conserva come in uno scrigno, la memoria
che le riconosce come passate, lestimativa che ne giudica
utile o nocivo loggetto.

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Quest. 79. Potenze intellettive. 1. Lintelletto una


potenza dellanima, non la stessa anima, perch luomo
ha potenza di intendere, ma non sempre in atto di intendere, a meno che si voglia dire che tutte le operazioni delluomo, anche. quelle della vita vegetativa, sono
operazioni di intelligenza!

2. Lintelletto una potenza passiva, ossia termine di


operazione e non gi potenza attiva, ossia principio di
operazione. Infatti lintelletto di Dio, Creatore, relativamente alluniverso principio, cio atto; ma lintelletto
umano, che per di pi fra le sostanze intellettuali il pi
discosto da Dio, quanto alle cose e in particolare quanto
allintenderle, termine, in potenza, possibile, per
se una pagina bianca, pronta a ricevere una scrittura, ma
sulla quale niente ancora scritto. Tabula rasa.
3. Lintelletto pero anche agente, perch compie latto di astrarre la natura, lessenza di ogni cosa per conoscerne il genere e la specie; atto che necessario da parte
dellintelletto, non potendosi sostenere con Platone che
esistano le essenze separate, le quali imprimendosi nelle cose formino gli individui, rendendosi cos esse da s
conoscibili al nostro intelletto.
4. Ciascuno sa per esperienza di saper fare astrazioni
delle condizioni particolari di ogni cosa per conoscerne
lessenza, perci lintelletto agente proprio dellanima di
ciascuno, ma poich lanima umana soltanto in parte
intellettiva, cos intellettiva per partecipazione, e per
partecipazione dello stesso intelletto infinito, che Dio.
5. Se dunque lintelletto agente proprio di ciascuna
anima, ce ne sono tanti quante sono le anime e non gi
uno solo di tutti.
6. Allintelletto spetta anche memoria, perch quando
esso si impossessato di unidea, pu ritornarvi su e intanto la conserva e pi tenacemente ancora della memo-

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ria sensitiva; ma solo alla memoria sensitiva spetta il riconoscere una impressione come passata, perch come tale, limpressione legata a circostanze particolari, il che
spetta al senso e non gi allintelletto, che ha per oggetto
luniversale.
7. Tale memoria intellettiva non una potenza distinta dallintelletto non essendovi diversit di oggetto, ma
funzione conservativa dellintelletto che si impossessato delle idee.
8. E nemmeno la ragione una potenza diversa dallintelletto, ma unaltra funzione dellintelletto in ci che si
conosce gradatamente.
9. La ragione inferiore e la superiore non sono due
potenze, ma una stessa cosa, distinta secondo loggetto,
che delluna la sapienza delle cose eterne, dellaltra la
scienza delle cose temporali.
10. Anche lintelligenza, come la ragione, non una
potenza diversa dellintelletto, ma latto, la funzione
dellintelletto.
11. N sono due diverse potenze lintelletto speculativo
e lintelletto pratico, ma una stessa cosa, distinta secondoch delluno proprio lapprendere, dellaltro proprio
lindirizzare allopera ci che fu appreso.
12. Non potenza la sinderesi, ma invece cognizione
abituale dei principi morali.
13. Non potenza la coscienza, ma invece atto di
rapporto di unazione, da farsi, colla legge morale.

Quest. 80. Potenze appetitive. 1. Lappetitiva , una


potenza dellanima. Lanima ha una inclinazione, superiore alla naturale, in conformit alla cognizione superiore di cui essa, in confronto degli animali, capace.
2. E come la conoscenza sensitiva diversa da conoscenza intellettiva, cos linclinazione sensitiva diversa
dalla intellettiva e sono due potenze diverse.

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Quest. 81. La sensualit. 1. Nella conoscenza la


cosa va al soggetto, nellinclinazione il soggetto va alla
cosa; linclinazione determinata da conoscenza sensitiva si
chiama sensualit, o appetito sensitivo.
2. E poich tale inclinazione si determina talora a fuggire ci che nocivo e talora a resistervi, talora a seguire ci che attrae e talora a lottare contro gli impedimenti, perci le potenze della sensualit sono due la concupiscibile e lirascibile,
3. ed obbediscono allintelletto o meglio alla ragione
nellatto interno e alla volont nellatto esterno.

Quest. 82. Della volont. 1. La volont ha inclinazione


naturale, e perci necessaria, al bene in genere, che il
suo fine, e anche a ci che per il fine mezzo unico
e necessario, n per questa violenza. Violenza
moto contrario alla naturale inclinazione e poich questa
inclinazione viene da un principio intrinseco, la violenza
non pu provenire che da un principio intrinseco.
2. Ma per i beni particolari, che non sono quel mezzo
unico necessario al fine, la volont non ha inclinazione
naturale e necessaria, cos come lintelletto, che aderisce
necessariamente ai primi principi, aderisce invece alle
proposizioni, che non hanno necessaria connessione con
essi, soltanto in seguito a dimostrazione.
3. Lintelletto per s potenza pi nobile della volont e ci per ragione delloggetto, perch prima viene
il vero, poi il bene; ma in qualche cosa la volont pi
nobile dellintelletto: p. e. pi amare Dio che conoscerlo.
4. Lintelletto muove la volont in quanto le presenta
loggetto conosciuto come bene, come fine: ma la volont, quale agente principale in ordine al fine universale,
muove tutte le potenze compreso lintelletto, escluse per
le potenze vegetative.

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5. Propriamente nella volont non si distingue, come


nella sensualit, lirascibile e il concupiscibile, perch la
volont, appetito intellettivo, ha per oggetto il bene in
genere, non qualche bene particolare. Per si pu dire
in senso improprio che la speranza p. es., appartiene
allirascibile e la carit al concupiscibile.

Quest. 83. Del libero arbitrio. 1. Se luomo non avesse il libero arbitrio, i precetti e le proibizioni non avrebbero ragione di essere. Ma luomo non come una pietra che cade allingi e non lo sa: non nemmeno come
la pecora che fugge il lupo, perch istintivamente, collestimativa, lo riconosce quale un nemico naturale. Luomo agisce giudicando, non per istinto, ma per confronto
di ragioni, considerando il pro e il contro, e, con giudizio
libero, potendo appigliarsi alluno o allaltro; e nelle cose particolari, come per lintelletto c il liberamente opinabile, cos per la volont c il liberamente operabile.
Luomo quindi ha il libero arbitrio.
2. Il libero arbitrio non unabitudine naturale,
perch questa importerebbe una inclinazione naturale
e necessaria, contraria perci al libero arbitrio; non
nemmeno unabitudine acquisita, perch questa importa uninclinazione molto forte, p. e. dellintemperanza al
bere, mentre invece il libero arbitrio indifferenza nella
scelta: resta quindi che esso una potenza; non poi atto,
perch latto passa, esso resta;
3. e la scelta, che propriet del libero arbitrio,
risulta di cognizione, che esamina e giudica cosa sia
preferibile, e di appetizione che accetta ci che giudi.
cato preferibile e a esso tende, come a qualche cosa, che,
quale mezzo, utile. Lutile bene, il bene oggetto
della volont, il libero arbitrio perci potenza di volont.
4. anzi il libero arbitrio sta alla volont come la ragione sta allintelletto, perch come intelletto lintendere

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semplicemente e ragione intendere con ragionamento,


cosi volont volere semplicemente, libero arbitrio volere con scelta; perci come la ragione non potenza diversa dallintelletto, cos il libero arbitrio non potenza
diversa dalla volont.

Quest. 84. Come lanima nostra conosce le cose corporali. 1. Lintelletto nostro conosce i corpi, tanto vero che esistono la scienza fisica e le scienze naturali. Eraclito negava la scienza o conoscenza certa, dicendola impossibile, stante la mutabilit delle cose.
Platone la asseriva, facendola derivare dalla visione
delle essenze separate.
Invece va ricordato che nella cognizione la cosa spassa
a essere nel soggetto secondo la maniera di essere del
soggetto, e va perci detto che lintelletto conosce le cose
materiali e mobili immaterialmente e immobilmente, tale
essendo la natura dellintelletto.
2. Le cose corporali per lanima nostra non le conosce
per mezzo della sua essenza, perch questo proprio di
Dio solo, la cui essenza contiene immaterialmente tutto,
giacch nella causa preesistono virtualmente gli effetti e
Dio Causa di tutte le cose.
3. non le conosce nemmeno per mezzo di imagini infuse,
perch questo riservato agli Angeli ed essa si trova
come una pagina bianca su cui nulla ancora fu scritto;
tanto vero che un cieco p. es. nulla sa e nulla pu
sapere di colori;
4. le imagini intellettuali delle cose non provengono allanima dalle essenze separate di Platone, le quali partecipate alle cose formano gli individui, partecipate alla mente nostra formano le nostre cognizioni, perch allora non
avremmo pi bisogno dei sensi, come invece abbiamo.

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5. Direttamente nelle ragioni eterne le cose immateriali le conosce lanima beata, noi quaggi le conosciamo indirettamente, attraverso cio le cose sensibili.
6. dalle cose sensibili che proviene la nostra cognizione intellettuale, perch dal senso che proviene alla
fantasia limagine sensibile sulla quale lavora lintelletto
agente;
7. e senza imagine sensibile della fantasia lintelletto
umano quaggi non pu nemmeno ripensare alle cose,
come avviene a chi ha lesioni celebrali. perci che
gli insegnamenti si illustrano con esempi e che lo stesso
matematico lavora colla mente sopra formole e figure
imaginarie.
8. Quando i sensi sonto legati, come avviene nel sonno,
anche il giudizio impedito, non pu essere perfetto,
mancando il termine di confronto, cio la realt esterna;
perci quello che si fa nel sonno non peccato.

Quest. 85. Modo e ordine dellintendere. 1. Lintelletto nostro, che immateriale, conosce immaterialmente;
ma avendo bisogno dei sensi che, essendo materiali, conoscono materialmente, esso conosce immmaterialmente
mediante astrazione dalle immagini sensibili, riservando
cio di esse le nozioni generiche e stabili, trascurando le
particolari e variabili.
2. Ma le imagini intellettuali, ricavate mediante astrazione dalle imagini sensibili, sono il mezzo e non loggetto della nostra cognizione: conosciamo le cose mediante
limagine, come attraverso il cannocchiale si vede la cosa. Che se la nostra conoscenza diretta fosse dellimagine
e non della cosa, allucinati e pazzi avrebbero anche essi
ragione.
3. La cognizione intellettuale per non tosto perfetta:
prima incompleta e generica, poi diviene completa e
specifica; cos come in distanza si vede prima una cosa

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generica, poi si distingue, per esempio, che un uomo,


infine si distingue chi .
4. A ogni atto corrisponde un oggetto e pi cose insieme possono essere oggetto dellintendere se raggruppate in una imagine unica. Dio vede tutte le cose insieme
nella unica sua essenza.
5. Non essendo tosto perfetta la cognizione nostra, abbiamo bisogno di procedere mediante confronti, giudicando affermativamente o negativamente: a differenza dellAngelo, che conosce i paragoni, ma non ha bisogno di
paragoni.
6. E poich lintelletto procede mediante i confronti,
pu venirne deviato ed arrivare al falso; ma per s, e
lo si vede nelle cose semplici, lintelletto non falso
circa il suo proprio oggetto, come la vista non sbaglia
circa la luce, che il sensibile suo proprio mentre pu
sbagliare quanto a un sensibile o comune o accidentale,
scambiando per esempio miele con fiele.
7. Come avviene nei fisici e nei filosofi relativamente
a un esperimento o a un assioma, uno pu conoscere una
stessa cosa pi di un altro, non per la cosa in s, ma per la
forza pi o meno grande dellintelletto che la scruta.
8. Lindivisibile, che anche indiviso, si conosce prima
delle sue possibili divisioni: ma lindivisibile in quanto
negazione di divisione un concetto negativo posteriore
al positivo.

Quest. 86. Ci che lintelletto nostro conosce nelle cose.


1. Lintelletto nostro mediante lastrazione dalle imagini sensibili si forma un concetto generale della cosa e
questo loggetto diretto dellintelletto; pu per anche
conoscere la cosa stessa particolare, riflettendo sulla imagine sensibile di essa.
2. Si pu dire che lintelletto mostro ha infinite cose da
conoscere, perch quante pi ne conosce, tante pi ne ha

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da conoscere; ma non sar mai in atto di conoscere linfinit delle cose, perch conosce una cosa alla volta e la
stessa visione di Dio, che infinito, non la comprensione di Dio.
3. Lintelletto conosce anche le cose contingenti e eventuali in quanto in esse c qualche rapporto di: necessit.
Vero che ci sono le scienze morali e sociali e la scienza non di particolarit, ma di principii e conclusioni
generali.
4. Il futuro legato alle condizioni particolari del
tempo e il particolare oggetto del senso: ma il futuro
legato anche alle sue cause, che sono le ragioni universali
di esso e queste sono oggetto dellintelletto, quindi anche
lintelletto conosce il futuro.

Quest. 87. Come lanima conosce se stessa e ci che ha


in s. 1. Lanima conosce se stessa non per mezzo di
se stessa, ma per mezzo del suo atto, perch lintelletto
nostro potenza conoscitiva, non gi atto conoscente:
quando non in atto solo potenza, quasi latente, ed
soltanto collatto che si fa presente. Cos i corpi che sono
alloscuro sono in potenza a essere visti, ma si vedono
realmente quando vengono illuminati.
2. E similmente gli abiti buoni o cattivi dellanima, che,
in quanto abiti, sono potenza, sono conosciuti dallintelletto non in se stessi, ma dai loro atti.
3. Lintelletto nostro conosce anche se medesimo dal
suo atto, ma con questordine: prima conosce loggetto,
poi latto, poi se stesso.
4. E poich la volont inclinazione dellintelletto,
perci lintelletto pu conoscere anche questa sua inclinazione e con ci latto di volont.

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Quest. 88. Come lanimaconosca le cose che le sono superiori. 1. Lintelletto nostro in questa vita legato al
senso, perci si riferisce direttamente alle cose materiali,
presentategli dal senso, immaterializzandole nella cognizione colla operazione sua; alle sostanze immateriali non
si riferisce direttamente, ma soltanto indirettamente, per
esempio dagli effetti;
2. e quanto a conoscerle non le pu conoscere quali
sono, essendo esse di altra natura;
3. che se lintelletto nostro quaggi non pu conoscere
le sostanze immateriali create, in se stesse, tanto meno
potr conoscere la sostanza immateriale increata, cio Dio.

Quest. 89. Cosa e come conosca lanima separata. 1.


Loperare segue lessere e il modo di operare segue il modo di essere. Lunione che lanima nostra ha col corpo
naturale e quindi di perfezione anche se perci nellintendere legata alle imagini sensibili, perch come agli
intelletti pi tardi sono necessari gli esempi pratici, cosi allanima nostra, che allultimo grado delle sostanze spirituali, per intendere occorrono le imagini sensibili, altrimenti avrebbe una cognizione troppo generica e
confusa. Quando per lanima si separa dal corpo, le compete il modo di intendere che hanno le altre sostanze separate, le quali si riferiscono alle cose intelligibili semplicemente e comprendono a misura dellinflusso che godono
del lume divino.
2. Lanima separata vede se stessa e cos conosce se stessa e cos pare le altre sostanze separale, cio gli altri spiriti;
ma poich degli altri spiriti ne misura la cognizione su se
stessa, perci delle anime separate ha conoscenza perfetta, ma degli Angeli, che le sono superiori, ha conoscenza
imperfetta.
3. La cognizione nelle sostanze separate essendo commisurata allinflusso del lume divino, gli Angeli, che ne

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sono pi vicini, conoscono perfettamente la natura tutta:


le anime dei trapassati, che ne sono pi lontane, hanno
della natura una cognizione generica e confusa;
4. e per la stessa ragione hanno conoscenza anche dei
fatti e delle cose particolari, soltanto per di quelle verso
le quali hanno un precedente legame o di cognizione o
di affetto o di abitudine.
5. La scienza, che un abito non della volont, ma
dellintelletto, rimane nellanima dei trapassati e non sar
nemmeno pi soggetta ad alterazione dipendente da falsit dargomentazione, perch questa dopo morte non
pi possibile non essendoci pi luso dei sensi;
6. e non solo la scienza, ma anche le singole cognizioni restano solo morte, senza per la possibilit delluso
dellimmagine sensibile nel ripensare alle cose;
7. e appunto perch dopo morte lanima ricava le
sue cognizioni dallinflusso del lume divino e non dalle
imagini sensibili, la forza del senso non centra pi, e ci
che si ha a conoscere si conosce sia vicino o sia lontano.
8. Essendo per le anime dei trapassati separate dal
consorzio dei viventi per divina disposizione sono perci
impedite di conoscere ci che avviene nel mondo. Per
grazia per i Santi conoscono ci che quaggi avviene
e tuttavia non se ne rattristano essendo essi beati.

Quest. 90. Produzione del primo uomo quanto allanima. 1. Non si pu dire che lanima sia parte della sostanza di Dio, perch Dio puro atto, lanima invece nostra, che intellettiva, non sempre in atto di intendere,
ma talora soltanto in potenza di intendere; resta perci
che da Dio sia fatta.
2. Lanima sostanza e non accidente; le compete
lesistenza, a questa via la produzione; non pu essere prodotta da preesistente sostanza materiale essendone
superiore; non pu essere prodotta da preesistente so-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

stanza spirituale, perch le sostanze spirituali non si trasmutano una nellaltra; perci deve essere stata prodotta
dal niente e cio creata;
3. e poich creare spetta a Dio solo, deve esser stata
creata immediatamente da Dio;
4. ed essendo parte dellumana natura, ha la sua
perfezione naturale quando unita al corpo e perci
da Dio, il quale ha creato ogni cosa perfetta, fu creata
insieme col corpo.

Quest. 91. Produzione del corpo del primo uomo.


1. Il mondo risulta dalla distinzione e dallornato del
cielo, della terra e delle acque e perci luomo per essere
il microcosmo, o piccolo mondo, doveva essere fatto di
terra e dacqua, cio di loto, contemperato a una speciale
incorruttibilit propria dei corpi celesti.
2. E poich precedentemente non era stato formato
un organismo quale quello delluomo, cosicch per
generazione se ne potesse avere uno simile nella specie,
Dio ha dovuto crearlo immediatamente;
3. e di Dio, ottimo artefice, deve dirsi che lha creato
quale conveniva per lunione con unanima spirituale; 4.
e la Scrittura narra diffusamente la creazione delluomo
per indicare che esso il culmine e il re del creato.

Quest. 92. Creazione della donna. 1. Alluomo


compete, anzi in grado superiore, ci che proprio
degli animali perfetti, cio la generazione attiva e passiva
in sesso distinto: la donna perci doveva essere creata
distintamente dalluomo;
2. e perch luomo fosse effettivamente capo di tutto il
genere umano, convenne che la prima donna creata fosse
ricavata dalluomo;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. e fu di fatto formata con tanta costa di Adamo e


ci fu con significato simbolico, perch doveva essergli
compagna; usc quindi non dal capo, perch non doveva
essere padrona e non dai piedi, perch non doveva essere
serva.
4. Poich la formazione della prima donna non poteva
avvenire altro che fuori dellordine naturale, perci la sua
produzione non pu spettare ad altri che a Dio, autore di
tutte le cose.

Quest. 93. Fine della creazione delluomo. 1. Iddio


causa esemplare di tutto e anche luomo fu creato a sua
somiglianza, anzi provenendo luomo da Dio e essendo a
sua somiglianza, in lui c limagine di Dio, la quale esige
appunto somiglianza con un soggetto e provenienza da
lui;
2. non per qualunque somiglianza importa imagine,
ma soltanto la somiglianza di natura o dellaccidente
proprio della specie, cio la figura. Luomo simile a Dio
non solo in quanto esiste e in quanto vive, ma anche in
quanto intende; questa vera somiglianza, compete alle
creature intellettuali, perci le creature irrazionali non
sono imagini di Dio;
3. e perci ancora gli Angeli, strettamente parlando,
sono imagini di Dio pi delluomo.
4. Luomo sopratutto imagine di Dio quando imita Dio nel grado maggiore e lo imita in grado massimo
quando imita Dio che conosce e ama se stesso. Ogni uomo pu farlo e questa imagine di Creazione: lo fanno
i giusti e questa imagine di Redenzione; lo fanno poi i
beati in modo perfetto e questa imagine di Glorificazione.
5. In Dio c una natura e tre persone secondo le
relazioni di origine (40. 2) e nelluomo c limagine di

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Dio, e quanto alla natura divina e quanto alla trinit delle


persone.
6. Nel creato ci che materiale rappresenta Dio in
qualit di vestigio, come sarebbero le orme del piede
di uno che passato, la cenere rimasta da un incendio,
perch dicono causalit; si pu anche dire che ogni, cosa
ha in se un vestigio della Trinit in quanto ogni cosa
ha un essere, una forma, uninclinazione naturale; ma
rappresentare Dio come imagine spetta esclusivamente alle
creature ragionevoli, perci questo appartiene alluomo
quanto allanima e non quanto al corpo;
7. e spetta allanima sopratutto in quanto ha gli atti di
pensare e di volere, perch allora ha in s un verbo e un
amore;
8. e spetta allanima quando rivolge il pensiero e lamore a Dio perch allora lo imita in grado massimo.
9. Somiglianza e imagine non sono sinonimi; quando
la somiglianza raggiunge la perfezione allora si chiama
imagine e lespressione dellimagine la somiglianza.

Quest. 94. Stato del primo uomo quanto allintelletto.


1. Non si pu dire che il primo uomo vedesse Dio quale ,
a meno che fosse rapito in estasi; perch la visione di Dio
la beatitudine, e chi gode la beatitudine non tale da
rivolgere altrove la volont e quindi peccare. Cosi dei
Santi.
Adamo aveva per di Dio una scienza pi perfetta
della nostra. Le creature sono specchio a Dio e Dio
tanto meglio si vede quanto pi terso lo specchio e
quanto pi sano locchio che dentro vi rimira. Per
Adamo, prima che peccasse, le creature erano specchio
tersissimo e il suo intelletto nel rimirarvi non era per
nulla offuscato.
2. Bench lo stato di peccato non sia lo stato di innocenza, tuttavia tanto nelluno come nellaltro stato ce lu-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

nione naturale dellanima col corpo e la conoscenza dellintelletto per mezzo dei sensi; perci come adesso luomo non pu vedere direttamente gli Angeli, cos non poteva farlo neppure il primo uomo.
3. Dovendo Adamo essere capo di tutto il genere
umano e avendo con ci lonere di istruirlo, bisogna dire
che aveva piena conoscenza delle cose naturali e sufficiente
conoscenza delle cose soprannaturali.
4. Ma bench potesse a lui mancare la cognizione di
qualche cosa, le cognizioni che aveva non potevano essere false, perch in lui le potenze inferiori erano soggette
alle potenze superiori e non poteva perci subire illusioni
di fantasia e allucinazioni di senso.

Quest. 95. Stato del primo uomo quanto alla volont. 1.


Nel primo uomo cera la soggezione del corpo allanima,
delle forze inferiori alla ragione e della ragione a Dio. Ma
questo non era proprio della natura, altrimenti sarebbe
rimasto anche dopo il peccato, perci Adamo lo ebbe
per grazia; dunque fu creato in grazia. Anzi la soggezione
della ragione a Dio importava la soggezione delle forze
inferiori alle superiori e del corpo allanima, sicch la
mancanza di soggezione della ragione a Dio, port lo
scompiglio nelle forze inferiori e nel corpo.
2. Le passioni sono del bene, come il gaudio, e del
male, come il timore. Nel primo uomo cerano le passioni,
ma soltanto del bene e, stante il dominio perfetto della
ragione, non prevenivano il suo giudizio.
3. Nel primo uomo cerano anche tutte le virt. Ma
in atto cerano solo le virt non ripugnanti al suo stato,
come la giustizia e la fede, e le virt ripugnanti al suo
stato, come la penitenza, cerano in abito.
4. Il merito si pu misurare e dalla carit di chi opera
e dalla difficolt che egli incontra: quanto alla carit

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

potevano essere pi meritorie le opere di Adamo; quanto


alla difficolt sono pi meritorie le nostre.

Quest. 96. Dominio delluomo in istato dinnocenza.


1. In istato di innocenza Adamo aveva leffettivo dominio
degli animali, bench ne avesse meno bisogno di quello
che ne abbiamo noi ora;
2. aveva anche il dominio delle altre cose, adoperandole senza impedimento e senza averne nocumento.
3. Per fra gli uomini ci sarebbe stata qualche disuguaglianza e quanto al sesso e quanto allet e quanto al corpo e anche quanto allanima nei riguardi del libero arbitrio,
4. e ci sarebbe stata non servit, ma dipendenza di uno
allaltro, perch, dovendo vivere socialmente, doveva
esserci un regime.

Quest. 97. Delluomo quanto alla sua conservazione.


1. In istato di innocenza luomo era immortale non
per natura, ma per grazia, cio per una virt particolare,
preservatrice della corruzione, concessa allanima;

2. e non era soggetto a patire, cio a subire ci che lo


rimovesse dalla sua naturale disposizione.
3. Ma poich nella naturale disposizione della vita
vegetativa c il nutrirsi, il crescere, il riprodursi, anche
nello stato di innocenza luomo aveva bisogno di cibo.
4. In chi giovane il cibo fa anche crescere: in chi
adulto il cibo conserva, ma in chi vecchio ci il cibo
non lo fa pi; per riparare le perdite della vecchiaia cera
nel paradiso lalbero della vita.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 98. Conservazione della specie. 1. Anche nello


stato dinnocenza cera la Generazione e non era peccato,
perch era necessaria per la moltiplicazione degli uomini
e per la conservazione del genere umano agli individui
che per s non sono perpetui,
2. e sarebbe avvenuta cos come avviene adesso, essendo fin dallora cos conformati gli uomini; non ci si sarebbe per stato nulla di indecente e di libidinoso, dato
lo stato di innocenza.

Quest. 99. Condizione della prole quanto al corpo.


1. Come adesso, cos anche nello stato di innocenza
i bambini non avrebbero avuto tosto la forza per luso
perfetto delle membra per qualunque atto, ma soltanto
per gli atti infantili, perch questa condizione naturale,
stante lacquosit iniziale del cervello; sarebbero per
stati esenti dalle malattie, come pi tardi sarebbero stati
esenti dai difetti senili;
2. e a complemento della natura umana vi sarebbero
stati tanti maschi quante femmine.

Quest. 100. Condizione della prole quanto alla santit.


1. I bambini sarebbero nati nella giustizia originale, essendo allora questa un dono di natura; non sarebbe stata per trasmessa dai genitori, ma sarebbe stata conferita da Dio a ogni nuove soggetto che fosse sorto di natura
umana;
2. tuttavia i bambini non sarebbero stati confermati in
grazia, ma sarebbero rimasti nella possibilit di peccare
come i genitori.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 101. Condizione della prole quanto alla scienza.


1. Anche nello stato di innocenza, nascendo il bambino,
lanima sarebbe stata tabula rasa, pagina bianca, perch
questa condizione naturale, tuttavia allora i bambini
avrebbero senza difficolt appreso e da s e dagli altri;
2. e luso perfetto di ragione lavrebbero avuto quando
il cervello avesse acquistato perfetta solidit.

Quest. 102. Luogo del primo uomo, il Paradiso. 1. Il


Paradiso fu un luogo reale, altrimenti la Scrittura non ne
avrebbe fatto una narrazione storica.
2. Il Paradiso fu luogo conveniente alluomo innocente,
che era per grazia immortale. Infatti alla causa interna
di morte si ovvia col cibo e nel Paradiso cera lalbero
della vita; causa esterna di morte un clima perfido e nel
Paradiso terrestre cera un clima sano e mitissimo.
3. Luomo fu messo nel Paradiso terrestre per custodirlo
e lavorarlo, non con un lavoro faticoso, ma con un lavoro
dilettevole; sarebbe stato uno studio della natura.
4. Luomo non fu creato nel Paradiso, ma vi fu portato, perch come era di grazia il dono dellimmortalit,
cos fu di grazia e non gi naturale il luogo conveniente
allimmortalit.

Quest. 103. Governo delluniverso. 1. Anzich


andare avanti a casaccio il mondo lo vediamo sospinto
al meglio; c dunque una forza che lo sospinge, anzi lo
stesso ordine che vediamo nelluniverso, come in una casa
bene ordinata, ci dice che c chi lo regola. N potrebbe
essere diversamente. Se la Bont divina ha dato lessere
alle cose, alla stessa Bont divina spetta condurle alla loro
perfezione, guidarle al fine e questo governare.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Il mondo tende al bene, perch attratto dal bene


assoluto, dal bene in s. Ma tutto il bene che c nel
mondo bene partecipato, il bene perci cui tende il
mondo un bene fuori del mondo;
3. il bene assoluto, il bene in s, il bene sommo, che
attrae il mondo e cos lo governai uno solo, perci nel
governo del mondo c lunit; questo anche conforme
alla natura delle cose, cui ripugna lo smembramento.
4. Ma se relativamente al fine nel governo del mondo
c un effetto unico, relativamente alla natura che tende a
Dio c un effetto duplice: assomigliare a Dio e nellessere
buona e nel comunicare la bont; relativamente poi ai
mezzi di ci fare leffetto molteplice.
5. Dio il fine di tutte le cosec come ne anche il
Creatore, tutte le cose sotto perci soggette al Governo,
alla Provvidenza divina.
6. Nel Governo delle cose Dio riserva a s il piano universale di regime, ma, quanto alla sua esecuzione, ne fa
barie anche alle cose, appunto perch devono assomigliare a Dio nel comunicare la bont. Dio infatti non deve giudicarsi da meno dei bravi maestri, i quali istruiscono i loro discepoli non solo perch sappiano, ma perch
anchessi siano maestri.
7. Cosicch se qualche cosa sembra sfuggire lordine
della Provvidenza, ci potr essere relativamente a qualche causa particolare, non relativamente allo stesso Dio
che causa prima e universale.
8. E come nessuna cosa pu sottrarsi allordine del
Governo divino, cos nessuna cosa pu a esso ribellarsi,
n lo fa, almeno nello spirito, bench sembri volerlo fare:
infatti in ogni opera c un impulso e un fine; orbene, chi
sospinge il mondo e chi attrae il mondo quale fine, Dio
che governa il mondo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 104. Effetti del governo del mondo. 1. La


cosa deve allartefice la sua formazione, ma non tutto il
suo essere; la statua deve allo scultore il suo essere statua, non il suo essere pietra, e lo scultore conservandola
le conserva il suo essere statua; distruggendola la distrugge come statua, ma non come pietra. La luce partecipata dal sole e laria che viene illuminata dal sole resta illuminata finch resta alla presenza del sole. Cos e pi di
cosi noi, che abbiamo un essere partecipatoo, dobbiamo a
Dio, Essere per se, la nostra conservazione. Per Iddio la
conservazione delle cose una creazione continuata,
2. e come nella produzione delle cose, cos pure
nella conservazione delle cose, Dio si serve anche di cause
seconde.
3. Nessuna cosa fuori di Dio ha unesistenza necessaria e Dio relativamente alle cose libero, perci non si
pu dire che Dio, se volesse, non potrebbe distruggere le
cose;
4. tuttavia si pu dire che nessuna cosa sar ridotta al
niente: Dio infatti ha fissato che le sostanze immateriali,
Angeli, anime, siano incorruttibili; che la materia si muti,
ma non si distrugga. La distruzione potrebbe avvenire
per miracolo, ma sarebbe un miracolo contrario alla
bont di Dio.

Quest. 105. Dio e la mutazione nel creato. 1. Sulla


materia, che potenza passiva, Dio pu agire immediatamente, perch ne lautore, e pu informarla cos che
venga attuata nella costituzione dei corpi;
2. tanto pi quindi Dio pu immediatamente muovere
qualunque corpo.
3. Muovere vuol dire essere principio doperazione e
per gli intelletti muovere vuol dire dare la forza dintendere e anche dare latto di intendere. Dio muove gli intel-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

letti in ambidue i modi, e perch lEnte primo immateriale, e perch in lui preesistono tutte le cose intelligibili;
4. e similmente anche la volont mossa da Dio, sia in
quanto forza di volere, il che uninclinazione, sia come
atto di volere relativamente a un oggetto; ci perch
Dio il Bene universale, verso cui tutto inclina, e perch
in ogni cosa risplende la sua bont.
5. Bench Dio operi negli intelletti, nelle volont e in
ogni agente, non fa per in modo che essi nulla pi facciano, quasi sopprimendo la loro azione; questo sarebbe
contro la natura delle cose. Dio agisce cos che anche le
creature agiscano, perch Dio come Creatore e conservatore d e conserva loro lessere specifico; Dio causa prima, muove le cause seconde; Dio ultimo fine attira tutto
e tutto muove a operare.
6. Dio pu fare qualcosa fuori dellordine da lui stabilito
nelle cose, dellordine cio risultante nelle cause seconde,
perch questo dipende da lui; non pu fare nulla contro
lordine relativo alla causa prima, perch farebbe contro
se stesso;
7. e ci che avviene allinfuori delle cause che ci sono
note, desta la nostra ammirazione e perci si chiama
miracolo; purch per si tratti di ammirazione assoluta, e
non gi di cosa che desta lammirazione di alcuni che ne
ignorano le cause, e non degli altri che le conoscono.
8. I miracoli sono uno pi grande dellaltro sia quanto alla sostanza, del fatto, per esempio lingresso di Ges
Risorto nel Cenacolo; sia quanto al soggetto, sper esempio, un morto che vien risuscitato; sia quanto al modo,
p. es. una guarigione istantanea.

Quest. 106. Azione di una creatura sullaltra. 1. Un


Angelo pu illuminare lintelletto dun altro Angelo, ossia
manifestargli una verit di cui esso ha cognizione;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. ma non pu piegarne la volont, perch ci


riservato a Dio, bene universale, autore della natura
Angelica.
3. Lordine poi delle cause seconde, disposte da Dio
per la diffusione della sua bont, porta non che un Angelo
inferiore fossa illuminare un Angelo superiore;
4. ma che sia lAngelo superiore, che pu illuminare
lAngelo inferiore.

Quest. 107. Colloqui angelici. 1. Un Angelo pu


parlare a un altro Angelo, pu cio manifestargli un suo
concetto e a ci fare basta un atto di volont;
2. e parlare quando ci non sia illuminare, pu anche
un Angelo inferiore con un Angelo superiore;
3. parlare anzi pu lAngelo anche con Dio, o per chiedergli qualche cosa, o per consultarlo o per ammirarne e
lodarne la gloria;
4. e nei colloqui angelici la distanza a loro non fa
ostacolo, perch il luogo e il tempo sono contingenze dei
corpi e gli Angeli sono incorporei;
5. e poich il, parlare determinato da un atto di
volont, il colloquio riservato a chi si vuole, e non
aperto a tutti gli Angeli.

Ouest. 108. Gerarchia e ordini degli Angeli. 1.


Gerarchia significa principato sacro. Bench Dio sia
padrone degli Angeli e degli uomini, tuttavia Angeli e
uomini non costituiscono una stessa gerarchia, essendo
diverso il regime per gli uni e per gli altri; anzi neppure
fra di loro gli Angeli costituiscono terza stessa gerarchia,
ma ne costituiscono tre;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. e come in ogni genere c il grado supremo, il medio


e linfimo, cos in ogni gerarchia ci sono tre ordini secondo
i diversi uffici e atti;
3. in ogni ordine ci sono molli Angeli, ma non sappiamo lufficio di ciascuno;
4. e la distinzione di gerarchie e di ordini si fonda
sulla natura degli Angeli, e va secondo i doni naturali che
ciascuno ha ricevuto per conoscere e amare Dio.
5. Opportunamente la Scrittura distingue gli ordini
angelici secondo i loro uffici e le perfezioni;
6. e, secondo le perfezioni spirituali, S. Dionigi gli
ordini degli Angeli li distingue cos:
I. Gerarchia: Serafini, Cherubini, Troni.
II. : Dominazioni, Virt, Potest.
III. : Principati, Arcangeli, Angeli.
7. Tali ordini resteranno dopo il Giudizio Universale
quanto alla distinzione di natura e di grazia; non resteranno quanto agli uffici da compiersi, che sono relativi
allumanit, di cui compita allora la sorte.
8. Gli uomini, quanto al grado di gloria, possono essere
eguagliati agli Angeli, nei loro diversi ordini.

Quest. 109. Gerarchia dei Demoni. 1. Anche fra i


Demoni ci sono i diversi ordini, fondati sopra i loro doni
naturali;
2. perci anche fra di loro ci sono i superiori e gli
inferiori; ma essere superiore di ribaldi non una felicit,
una miseria.
3. Poich illuminare vale manifestare una verit in
ordine a Dio, non si d fra i demoni; si d per il parlare,
cio il manifestare a un altro il proprio concetto.
4. Gli Angeli buoni hanno impero soffra gli Angeli
cattivi quale partecipazione del supremo dominio di Dio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 110. Gli Angeli presiedono alle creature corporee. 1. La virt intellettuale universale, la virt corporea particolare: luniversale presiede al particolare,
perci gli Angeli presiedono alle creature corporali.
2. Ma la materia corporale con ci non deve dirsi che
obbedisca al cenno degli Angeli, perch ci che avviene
nel mondo procede o immediatamente da Dio o dalle
leggi naturali;
3. tuttavia gli Angeli hanno potere sui corpi quanto al
moto locale.
4. Ci per che fanno gli Angeli non miracolo, perch
anche essi sono forze comprese nellambito delle forze
naturali e il miracolo invece qualche cosa di oltre e
allinfuori della natura.

Quest. 111. Azione degli Angeli sugli uomini. 1. Gli Angeli possono illuminare gli intelletti umani, rivelando loro
cose divine, ma per proponendo la verit sotto imagini
sensibili e cos adattandosi alla natura degli uomini. Ma
luomo, mentre conosce di essere illuminato, non sempre
conosce da chi lo sia.
2. Gli Angeli per non possono piegare le volont
degli uomini, perch ci esclusivo di Dio. Gli Angeli
possono indurre gli uomini colla persuasione e, come
possono fare anche gli uomini, possono muovere bens
la volont, eccitando le passioni, ma non la possono
violentare.
3. Gli Angeli e anche i demoni possono muovere limmaginazione, per esempio nel sonno, possono ridestare,
e combinare le imagini sopite, eccitare gli umori, ed alienare dai sensi.
4. Gli Angeli possono perfino, e lo possono colle forze
loro naturali, impressionare i sensi nostri presentando
un sensibile magari di loro diretta formazione, oppure

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

agendo internamente colleccitare spiriti e umori, cos da


farci avere delle senzazioni.

Quest. 112. Missione degli Angeli. 1. Gli Angeli possono essere mandati a compiere qualche ministero presso
qualcuno o in qualche luogo particolare. ovvio che se
fossero infiniti e se fossero dappertutto non potrebbero
essere mandati in qualche luogo particolare.
2. Tali missioni per vengono affidate agli Angeli
inferiori, detti perci Angeli, che vuol dire annunciatori.
3. Anche durante la missione continua la loro contemplazione di Dio, perch lo vedono immediatamente.
4. Alcune missioni superiori furono affidate ad Angeli
superiori, cio agli Arcangeli, e anche ad altre gerarchie
compete un ministero esterno, non per a tutte.

Quest. 113. Custodia degli Angeli e infestazione dei


Demoni. 1. Fu necessario che gli uomini, volubili nelle
cognizioni e negli affetti, fossero guidati dagli Angeli, che
in ci sono fermi.
2. Ogni uomo custodito dal suo Angelo.
3. Gli Angeli custodiscono gli uomini particolari, gli
Arcangeli ecc., custodiscono le Comunit e le Societ e
reggono la natura.
4. Tutti gli uomini, mentre sono quaggi, hanno il loro
Angelo custode, perch tutti corrono pericolo;
5. e lo hanno fin dalla nascita, perch fin dalla nascita
sono uomini, e dai fanciulli gli Angeli tengono lontani i
demoni.
6. La custodia degli Angeli appartiene alla esecuzione dellordine della Provvidenza divina, e come nellordine della divina Provvidenza c la permissione delle tribolazioni e del peccato, cos allora avviene una specie di

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

abbandono da parte dellAngelo custode, abbandono per


che non totale;
7. e poich anche allora si compie la volont di Dio
negli scopi generali, gli Angeli, che alla volont di Dio
aderiscono, non si contristano, perch la tristezza avviene
da ci che contrario alla volont.
8. Anche fra gli Angeli ci pu essere lotta, ma solo in
quanto sono in contrasto fra loro le cose affidate alle loro
cure ed essi le vogliono tutelare.

Quest. 114. Infestazione dei Demoni. 1. I demoni fanno guerra agli uomini per malizia, sfogando invidia pei loro progressi, ed esercitando la superbia di avere, dei dipendenti nel fare la guerra. Il Signore ci permette a fine di bene e noi sorregge colla sua grazia e collassistenza
degli Angeli.
2. Il diavolo tenta non per provare e al caso aiutare,
ma per nuocere e per indurre nel peccato.
3. Tutti i peccati per non derivano immediatamente
da tentazione del diavolo; alcuni derivano o da cattiva
volont o da corruzione; per indirettamente si devono
tutti alla tentazione di Adamo e di Eva.
4. I diavoli possono anche sedurre gli uomini facendo,
col potere naturale che ancora conservano, opere meravigliose, che per non sono veri miracoli. Cos possono agire sulla fantasia e sui sensi; possono anche plasmare collaria corpi visibili e sensibili di qualunque forma e
figura ed assumendoli farli anche parlare ed agire.
5. Quando il diavolo nella tentazione vinto, si ritira,
almeno per un poco, dalla lotta.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 115. Azioni delle creature corporali. 1. Mentre


la materia prima puramente passiva, i corpi formati
hanno anche attivit specifiche.
2. Nella natura, e il nome preso da ci che nato
e che perci ha la vita, ci sono le ragioni seminali, cio i
principi attivi e passivi.
3. I corpi celesti, come esercitano azione uno sul laltro, cos esercitano azione anche sulla terra e collazione
esercitano anche un influsso.
4. Ma poich linflusso sulla materia, potr essere
esercitato sul senso, non sullintelletto e sulla volont,
che sono potenze spirituali, perci resta intatto il libero
arbitrio;
5. e tanto meno pu linflusso dei corpi celesti essere
esercitato sui demoni, che sono puri spiriti.
6. A ogni modo linflusso dei corpi celesti non importa
azione necessaria n alle volont, cause libere, n alle
cose naturali, perch tale influsso pu facilmente essere
impedito.

Quest. 116. Il Fato. 1. Fato o destino sarebbe la


Provvidenza divina, che ordina le cose al loro fine, ma, sia
pure con questo significato, i Santi evitano di adoperare
tale parola.
2. Poich le cause seconde sono da Dio determinate
a conseguire dati effetti, perci c un destino (= una
destinazione) nelle cose;
3. il quale non invariabile relativamente alle cause
seconde, ma invariabile relativamente alla causa prima;
per di necessit condizionata.
4. Tale destinazione inoltre fissa soltanto nelle cose
dipendenti da cause seconde.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 117. Azione degli uomini. 1. Un uomo pu


istruire lintelletto di un altro uomo, come fa il maestro
col discepolo;
2. ma non pu istruire, cio illuminare un Angelo
perch lAngelo gli superiore; pu per manifestargli
i suoi concetti, ossia parlargli.
3. Luomo non pu colle forze dellanima agire sui
corpi, se non mediante il corpo;
4. perci anche dopo la morte lanima nostra, che una
forma determinata a informare il corpo, non pu agire sui
corpi quanto al moto locale, come possono gli Angeli.

Quest. 118. Derivazione dun uomo da un altro uomo


quanto allanima. 1. Nella generazione, sin dal primo
principio, sempre un vivente che nasce da un vivente;
quindi unanima c nello stesso seme dellorganismo.
2. Ma lanima intellettiva non pu sorgere da esso; ella,
che sussiste anche senza corpo, viene creata da Dio.
3. Le anime non furono create tutte insieme fin dal
principio del mondo, ma vengono create quando vengono infuse nel corpo.

Quest. 119. Propagazione delluomo. 1. Lalimento


serve anzitutto alla conservazione dellindividuo;
2. poi e nel soprappi serve alla conservazione della
specie, nella riproduzione degli uomini.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

PARTE SECONDA

Sez. Prima

Quest. 1. Scopo finale della vita umana. 1. Luomo


padrone della sua volont e dei suoi atti, i quali da lei
procedono, e sono atti umani. Ma oggetto della volont
il bene, questo anzi il fine, per cui si muove la volont;
nei suoi atti quindi luomo ha un fine ed il bene.
2. Le cose irrazionali ignorano lo scopo cui sono,
dirette; luomo lo conosce;
3. e il fine specifica i suoi atti in buoni e cattivi.
4. Luomo in ogni suo atto mosso da uno scopo. E
ci deve essere di tutta la vita uno scopo finale, capace di
appagare del tutto l volont.
5. Questo scopo, se finale, non pu essere che uno;
6. perch scopo finale, luomo vi subordina ogni suo
atto di volont;
7. perch rappresenta la perfezione umana, unico per
tutti;
8. e perch luomo il re del creato, a tale fine resta
coordinato tutto lUniverso.

Quest. 2. Cosa possa essere loggetto finale della Vita.


Questo scopo finale, che forma la beatitudine consiste:
1. non nelle ricchezze, perch non sono ogni bene si
usano consumandole;
2. non negli onori, perch sono fuori di noi; sono
segno della stima che gli altri hanno di noi;
3. non nella fama, perch spesso falsa e facilmente si
perde, mentre la beatitudine non pu essere che un bene
vero e stabile;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. non nella potenza, perch piena di brighe e di


timori;
5. non in qualche bene del corpo, perch il corpo non
tutto, ed subordinato allanima;
6. non nel piacere, che non il bene, ma un effetto del
bene;
7. non in qualche bene dellanima, perch la beatitudine un bene universale oggetto di tutta lanima;
8. non nelluniverso medesimo che finito, e fu creato
da Dio per Iddio; ma in Dio che ogni bene e infinito.

Quest. 3. Cosa sia la beatitudine. 1. Beatitudine


Oggettiva Dio stesso, essa dunque eterna; beatitudine
soggettiva invece il nostro possesso di Dio, e questa
qualche cosa di creato.
2. La beatitudine detta vita, vita eterna, e siccome; la
vita sta nelloperare, cos essa un operare;
3. non per operazione del senso, perch la beatitudine nel senso non c che di ridondanza;
4. ma perch distintivo delluomo lintelletto, essa
sopratutto: operazione dellintelletto, poi anche operazione della volont;
5. e come operazione dellintelletto, propria dellintelletto speculativo, che operazione perfetta, pi che
dellintelletto pratico:
6. non per in quanto lintelletto conosce le scienze
speculative, perch questa una cognizione bassa, che
che ha i suoi principii nel senso:
7. n in quanto vedesse gli Angeli medesimi, perch il
loro essere creato, finito:
8. ma in quanto lintelletto ha la Visione della divina
essenza, che la ragione delluniverso, cosa che non si ha
se non nellaltra vita.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 4. Requisiti della beatitudine. 1. Per la


beatitudine necessario: a) la contentezza, e questa si ha
dallavere raggiunto il bene sommo; risponde alla carit;
2. b) la visione della divina essenza; risponde alla fede;
3. c) la comprensione, non nel senso di chiudere Dio in
se stessi, ma di averlo presente, risponde alla Speranza:
4. la rettitudine della volont evidentemente necessaria sia per conseguire che per godere la beatitudine:
5. la compagnia del corpoo occorre per essere completi
nella natura, ma non per vedere Dio;
6. al corpo poi compete il decoro e la perfezione conveniente.
7. Non sono necessari beai esterni, i quali sono mezzi
al fine in questa vita;
8. e nemmeno la compagnia degli amici, perch basta
Dio.

Quest. 5. Conseguimento della beatitudine. 1. Luomo ha nellintelletto, capace di cognizioni universali, la


fondamentale capacit della visione divina nellaltra vita;
2. in essa, di beatitudine soggettiva, uno pu essere
beato pi che un altro.
3. In questa vita nessuno pu essere beato, perch non
pu evitare ogni male; e cio lignoranza per lintelletto,
le passioni per la volont, le pene per il corpo; ne pu
avere beni capaci di saziarlo.
4. La beatitudine del cielo non si pu perdere, perch
esclude ogni male, quindi anche il timor di perderla.
5. Luomo pu acquistarla, ma solo collaiuto di Dio;
da se non pu acquistarla, perch supera le sue forze naturali;
6. anzi supera ogni natura creata, perci gli Angeli
stessi non potrebbero darla, ma soltanto aiutare nei mezzi
di conseguirla.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

7. Dio potrebbe fare per tutti che la volont rettamente tendesse e tosto conseguisse lultimo fine; invece per
gli adulti vuole non che lo conseguiscano tosto, vuole che
vi arrivino per la via retta, quella delle opere buone e meritorie.
8. Ogni uomo aspira alla beatitudine in quanto un
bene perfetto; ma non tutti la cercano quale , perch
non la sanno distinguere.

Quest. 6. Cosa sia volontario e involontario. 1. Il volontario, cio quello che procede da un principio interno con cognizione del fine, riscontrabile negli atti umani, perch quando nelluomo c la cognizione razionale,
e perci perfetta, del fine, verso cui da s si indirizza;
2. negli animali come anche nei fanciulli c invece imperfetta cognizione del fine: la cognizione del fine perfetta quando lo si conosce come fine, se ne vedono i mezzi, si vede il loro rapporto col fine; allora c deliberazione. Compete a chi ha luso della ragione.
3. Il volontario diretto se c latto interno e anche
lesterno; indiretto se c solo latto interno e latto
esterno consiste in una omissione di chi pu fare, deve
fare e non fa.
4. La volont non si pu violentare quanto agli atti
suoi interni, cio eliciti; ma si possono violentare gli atti
imperati, cio gli atti esterni dipendenti dalla volont: in
questo caso si riscontra linvolontario; perci
5. linvolontario quello che procede da un principio
esterno contro volont.
6. Gli atti dipendenti da timore non sono involontari,
perch procedono egualmente da principio interno con
cognizione del fine; ma siccome se non ci fosse il timore
non si farebbero, sono per se volontari, ma in qualche
cosa, in certa maniera, involontari.

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7. Gli atti dipendenti da concupiscenza sono volontari,


e tanto pi quanto la volont, che tende al bene,
rafforzata dalla concupiscenza di un bene: a meno che
ne sia impedito luso della ragione. Invece
8. gli atti dipendenti da antecedente ignoranza, non
colpevole, sono involontari, perch sono s da principio
interno, non per con cognizione del fine; non cos se
lignoranza o voluta o concomitante.

Quest. 7. Circostanze degli atti umani. 1. Le circostanze sono estrinseche e perci sono accidentali allatto
umano, tuttavia hanno con esso attinenza;
2. esse lo mettono pi o meno in rapporto col fine,
perci meritano speciale considerazione;
3. riguardano latto o per modo di misura: in che
tempo e luogo? o per modo di qualit: in che modo?
o riguardano il fine: perch? o la materia: che cosa? o
lagente principale: chi? o lagente strumentale con quali
mezzi? o leffetto: cosa si ottiene? Sono quindi sette;
4. e di esse le pi importanti sono il che cosa, cio
loggetto dellatto umano, e il perch, cio il fine dellatto
stesso.

Quest. 8. Volont e cose volute. 1. Appetito in Genere


inclinazione al simile o al conveniente. La volont
appetito razionale e tende necessariamente a ci che , o
almeno apparisce bene.
2. La volont, come potenza, si riferisce tanto al fine
che ai mezzi; ma come atto, si riferisce soltanto al fine,
perch i mezzi si vogliono per il fine;
3. perci se latto di volere il fine pu prescindere
dai mezzi, viceversa latto di volere i mezzi, non pu
prescindere dal fine.

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Quest. 9. Moventi della volont. 1. Lintelletto


muove la volont presentandole una cosa non in quanto
vera, ma in quanto bene, presentandola come oggetto
e cos specifica latto della volont; la volont poi mette
in esercizio tutte le potenze.
2. Lappetito sensitivo muove la volont causando una
disposizione per cui ad un arrabbiato, p. es. sembra bene
ci che non sembra a un calmo.
3. La volont, volendo il fine, muuove se stessa a
volere i mezzi: quindi mossa dallintelletto per ragione
delloggetto, mossa da se stessa per ragione del fine.
4. Oltre loggetto c un altro esteriore principio, motore della volont, giacch la volont non sempre in atto
di volere, e per cominciare a volere deve essere mossa da
altro principio esteriore.
5. Questo principio esteriore non sono i corpi celesti,
perch i corpi non hanno azione diretta sullo spirito.
6. Questo principio esteriore invece Dio, che muove
sempre la volont, come ultimo fine, e che talvolta la
muove a qualche atto particolare.

Quest. 10. Come mossa la volont. 1. La volont, che


appetito razionale del bene, viene mossa naturalutente
da ci che bene;
2. ma quanto allesercizio del suo atto non viene mossa
necessariamente dagli oggetti esteriori, essendo libera;
3. n viene necessitata dallappetito sensitivo, a meno
che questo tolga luso di ragione;
4. e nemmeno viene necessitata da Dio, perch Dio la
muove come volont libera.

Quest. 11. Accontentamento della volont. 1. Fruire


(Godere) aderire per amore a una cosa, e lamore parte

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

appetitiva. Perci la beatitudine in quanto visione per


lintelletto, in quanto godimento per la volont.
2. Il fruire, come atto di volont, non compete agli
animali.
3: Poich soltanto dellultimo fine pu appagarsi la
volont, la vera fruizione soltanto dellultimo fine;
4. e il fruire perfetto non pu aversi che nel reale
possesso dellultimo fine.

Quest. 12. Intenzione. 1. Lintenzione propria della


volont, che muove a conseguire il fine.
2. Lintenzione quindi, essendo moto verso il fine, si
riferisce anche ai mezzi e non esclusiva dellultimo fine;
3. pu riferirsi a pi cose, specialmente se una
subordinata allaltra;
4. e poich il fine la ragione di volere i mezzi,
lintenzione del fine e dei mezzi per s un atto solo.
5. Lintenzione dice ordine dei mezzi al fine, di ordine
sono capaci soltanto gli esseri forniti di ragione, perci
vera intenzione non compete gli animali.

Quest. 13. Elezione dei mezzi. 1. Lelezione sostanzialmente atto di volont, perch tendenza a un proposto
bene e si compie in un movimento dellanima al bene; ma
siccome c prima la ragione che propone il bene e la volont detta appetito razionale lelezione formalmente
atto di ragione, materialmente atto di volont.
2. Gli animali hanno istinto, non elezione, la quale e
appetito con discernimento.
3. Lelezione si riferisce noti al fine ultimo, ma ai mezzi
da adoperarsi per conseguirlo,
4. i quali poi sono le cose stesse che noi facciamo,
5. e cose tali che ci siano possibili, perch le impossibili
non possono essere oggetto dellelezione;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. nella scelta dei mezzi non si necessitati alla elezione, perch si pu scegliere lopposto e anche scegliere
nulla.

Quest. 14. Deliberazione. 1. Lelezione o deliberazione della volont preceduta dal consiglio o discussione,
che formalmente appartiene allintelletto.
2. La discussione non si fa del fine, ma soltanto dei
mezzi;
3. anzi si fa soltanto di quei mezzi che sono in nostro
potere;
4. e non si riferisce a tutte le cose, ma soltanto a quelle
che sono discutibili;
5. la discussione procede con ordine risolutivo, cio
analitico,
6. ma non procede allinfinito, perch linfinito
irragiungibile.

Qvest. 15. Consenso. 1. Il consenso, che segue


lelezione, essendo parte appetitiva, della volont.
2. Gli animali non lhanno, perch non hanno intelletto da deliberare e non sono padroni dei loro atti.
3. Il consenso facendo seguito allelezione, , come
lelezione, solo dei mezzi e non del fine;
4. e, bench si dica consenso, non appartiene al senso,
ma appartiene alla parte nostra superiore.

Quest. 16. Uso dei mezzi. 1. Procedere alluso dei


mezzi, un atto distinto, proprio della volont e che segue
lelezione;
2. essendo atto di volont libera, conseguente un atto
della ragione riferente una cosa ad unaltra, non compete
ai bruti;

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3. luso dei mezzi, appunto perch dei mezzi, non si


applica allultimo fine;
4. dopo lelezione che la volont passa alluso dei
mezzi, perci luso non precede, ma segue lelezione, atto
di intelletto; talvolta per diventa un mezzo la stessa
ricerca, dellintelletto per la scelta dei mezzi.

Quest. 17. Atti imperati. 1. Gli atti imperali procedono


dalla ragione, ma supposto latto di volont, in virt della
quale la ragione muove le facolt esterne comandando:
2. procedendo essi dalla ragione, non competono agli
animali;
3. luso dei mezzi non precede, ma segue latto imperato;
4. atto imperato per ed impero della ragione fanno
tuttuno, perch sono uno per laltro.
5. Possono essere imperati anche gli atti di volont,
perch la ragione, come giudica che sia bene volere una
cosa, cos pu anche imperare di volerla.
6. Possono essere imperali gli atti di ragione, perch
si riflette su se stessa e ci sono cose che per s non la
convincono, lasciandola sospesa.
7. Possono essere imperati gli atti dellappetito sensitivo, se dipendono dallanima, come limaginazione; non
per se dipendono dal corpo;
8. ma non possono essere imperati gli atti di vita
vegetativa, perch sono naturali,
9. e non possono essere imperati i movimenti delle
membra che seguono le forze naturali, ma soltanto quelli
che obbediscono alla parte sensitiva o alla ragione.

Quest. 18. Bont e malizia degli atti umani. 1.


Le azioni, come le cose, sono buone in quanto hanno

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

dellessere, sono cattive in quanto mancano di qualche


cosa che ci dovrebbe essere.
Le azioni morali devono essere buone da quattro capi,
che sono: azione in se stessa, e questa bont generica;
2. oggetto, perch loggetto specifica latto; e questa
bont specifica;
3. circostanze, le quali sono accidenti dellatto, e
agli accidenti completano la sostanza: e questa bonta
accidentale,
4. fine, che importa nellatto un ordine di dipendenza,
e questa bont causale.
5. Poich logetto specifica lazione, loggetto buono
rende lazione specificamente diversa dalloggetto cattivo.
6. Anche il fine specifica lazione, perch esso specifica
la volont dellagente e con ci il volontario cio lazione
morale.
7. Per s per la specie morale del fine non fa parte della specie morale delloggetto, ma sono due specie disparate; nel rubare quindi per ubbriacarsi ci sono due malizie
distinte e uno stesso atto.
8. Unazione, pur nella sua specie, pu essere indifferente, n buona, ne cattiva, se, per esempio, il suo oggetto indifferente in rapporto collordine di retta ragione,
come sarebbe levare una paglia.
9. Ciascuna azione per, in quanto intesa e voluta, o
buona o cattiva;
10. anche la circostanza pu diventare differenza specifica di un atto buono o cattivo, se cio riguarda uno speciale ordine di ragione: cos rubare alla Chiesa sacrilegio.
11. La circostanza che aggrava non cambia specie allazione, perch il pi e il meno non cambia specie.

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Quest. 19. Bont e malizia degli atti interni della volont.


1. La volont buona quando ha per oggetto il bene.
2. La bont della volont specificata dalloggetto e
non dalle circostanze che sono accidenti dellatto.
3. La bont della volont dipende dalla ragione, perch
la ragione propone loggetto e se la volont non la segue
disordinata, anzich subordinata.
* La ragione muove la volont colloggetto; la volont
muove la ragione allesercizio dei suoi atti.
4. La bont della volont dipende dalla legge eterna;
che la prima causa rispetto alla ragione, causa seconda.
5. La volont che non segue la ragione, anche se questa
erra, cattiva, perch fa contro la coscienza, la quale la
ragione applicata alle nostre azioni,
6. e invece la volont che segue la ragione buona,
anche se la ragione erra, se lerrore dipende da ignoranza
scusabile; non per se lerrore dipende da ignoranza
vincibile, o da ignoranza affettata, cio voluta.
7. e quanto a ci che fa raggiungere il fine la bont della
volont dipende dallintenzione, perch Dio rimunera
anche la sola intenzione,
Acciocch la volont sia buona occorre che voglia il
bene per il bene: bene poi ci che esclude qualunque
difetto: Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu.
8. Nel male la malizia della volont proporzioata
alla forza della cattiva intenzione: nel bene invece non
sempre cosi: quindi taluno non ha tanto merito quanto
ha intenzione daverne, se il suo atto non ha quel merito.
9. La bont della volont dipende dalla conformit alla
volont divina, che ne la prima misura,
10. per cui deve volere ci che vuole Dio, se non di
volere particolare, almeno di volere universale.

Quest. 20. Bont e malizia degli atti esterni. 1. La


bont delle azioni difende e dalla ragione e dalla volont:

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

dalla ragione se in s esse sono alla retta ragione conformi, dalla volont se questa nella loro esecuzione non ha
scopi cattivi;
2. perci la sola buona volont non pu far buono atto
esterno in s cattivo, ma la cattiva volont pu far cattivo
un atto in s buono;
3. e cos pure un atto pu essere cattivo in s e inoltre
cattivo anche per il fine.
4. Latto esterno non accresce bont o malizia, se non
in quanto nella esecuzione si rinnova e si estende latto
interno di volont.
5. Leffetto di unazione accresce bont o malizia se fu
previsto, perch cos divenne volontario.
6. Uno stesso atto nella sua identit naturale pu essere
buono o cattivo secondo la volont dellagente, ma nella
sua identit morale non pu essere nello stesso tempo
buono o cattivo.

Quest. 21. Conseguenze degli atti buoni o cattivi. 1.


Male termine pi largo di peccato. Male privazione
di bene. Peccato azione non ordinata al fine: ogni atto
umano diretto al fine, perci ogni atto umano o retto o
peccato;
2. latto umano, essendo imputabile alluomo, perch
ne padrone, gli merita lode se buono e biasimo se
cattivo,
3. altrettanto gli merita o premio o pena,
4. e questo anche presso Dio, che lultimo fine e il re
delluniverso.

Quest. 22. Dove risiedano le passioni. 1. Passione,(da


patire) nel senso di subire mutazione di cosa non altra
peggiore, non c nellanima; che semplice e non ha
parti variabili, soltanto le arriva per mezzo del corpo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. La passione c piuttosto nella parte appetitiva per la


quale tendiamo alle cose, che non nella parte apprensiva
per la quale tiriamo a noi le cose,
3. e, poich la passione in senso proprio importa.
mutazione corporale, c nellappetito sensitivo meglio
che nellappetito intellettivo, chiamato volont.

Quest. 23. Distinzioni delle passioni. 1. Lappetito


concupiscibile ha per oggetto il bene e il male semplicemente tale.
Lappetito irascibile ha per oggetto il bene e il male
arduo e difficile.
Si distingue perci specificamente il concupiscibile dallirascibile.
2. Nelle passioni dellirascibile lopposizione, quale c
tra speranza e timore, dipende sia dalloggetto, sia dal
modo di comportarsi relativamente a uno stesso termine; nelle passioni invece del concupiscibile lopposizione,
quale c fra amore e odio, dipende solo dalloggetto.
3. Senza il suo contrario c solo lira per la singolare
sua condizione di essere passione di un male incombente
dal quale non c scampo.
4. Differenti di specie, ma non fra loro contrarie, sono
nel concupiscibile: lamore, il desiderio, il gaudio; lodio,
lavversione e la tristezza: e nellirascibile: la speranza e
laudacia; il timore, la disperazione e lira.

Quest. 24. Bont e malizia delle passioni. 1. Bene o


Male morale c nelle passioni, non in quanto sono moti
dellappetito, ma in quanto dipendono dalla ragione e
sono volontarie.
2. Le passioni, che sono principio di moto di volont,
regolate dalla ragione divengono virt.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. La passione, assecondando la volont, rende latto


umano pi perfetto e perci gli aggiunge moralit.
4. Le passioni sono di specie buona o cattiva non nella
loro entit naturale, ma nella loro entit morale.

Quest. 25. Confronto fra le passioni. 1. Le passioni del


concupiscibile prima sono inizio, poi divenrgono termine
delle passioni dellirascibile, cos per amore si lotta e poi
si gode del conquistato bene.
2. Tra le passioni del concupiscibile prima c lamore,
che del bene, poi c lodio, che del male.
3. Fra le passioni dellirascibile la prima la speranza
che del bene, poi viene il timore che del male.
4. Gaudio e tristezza, speranza e timore sono le
passioni principali e gaudio e tristezza sono le passioni
finali.

Quest. 26. Dellamore. 1. Lamore appartiene allappetito concupiscibile ed triplice: naturale, sensitivo, razionale.
2. Lamore strettamente parlando passione dellappetito sensitivo; in senso largo passione della volont.
3. Amore non lo stesso che dilezione, perch qusta
esclusiva della volont e presuppone una scelta fatta
dalla ragione.
4. Amare voler bene, ma o si vuole bene a s o si
vuole bene ad altri, perci lamore si divide in amore di
concupiscienza e amore di amicizia.

Quest. 27. Cause dellamore. 1. Causa propria dellamore il bene, ossia ci che a ciascuno connaturale e
proporzionato: il male si ama se apparisce bene. Il bello lo stesso che il bene, colla differenza che il possesso

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

del bello sta nella vista o nella cognizione, il possesso del


bene nellunione.
2. Causa prossima dellamore la conoscenza del bene.
Ignoti nulla cupido.
3. Anche la somiglianza causa di amore, perci
ognuno ama il suo simile.
4. Lamore il principio delle altre passioni, che a esso
si possono ridurre, non pu quindi esserne leffetto, se
non accidentalmente.

Quest. 28. Effetti dellamore. 1. Lamore ha per effetto


ununione reale alle cose presenti; ununione di affetto
alle cose apprese come parte di se stesso e questo amore
di concupiscenza, o a quelle apprese come altro se stesso,
e questo amore di amicizia.
2. Effetto di amore la mutua adesione dellanimo
perch lamore fa che lamante sia nellamato.
3. Lestasi affetto di amore; pu esserci per apprensione di bene o anche di male, come nel frenetico, ovvero
per una potente inclinazione.
4. Lo zelo e la gelosia sono effetto di amore, perch
lamore intenso fa ricacciare ci che gli contrario e lo
ostacola.
5. Lamore, avendo per oggetto il bene, per s
conservativo e perfettivo; pu per riuscire lesivo per sua
intensit o per loggetto cattivo.
6. Lamore la causa di tutto ci che fa chi ama: per
il fine che si opera.

Quest. 29. Dellodio. 1. Come il bene causa


dellamore, cos il male causa dellodio.
2. Lodio deriva dallamore, perch lamore che fa
conoscere una cosa come ripugnante a ci che si ama.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Bench sia pi sensibile dellamore, non per


lodio pi forte dellamore, perch sarebbe un effetto
superiore alla causa.
4. Ciascuno naturalmente ama se stesso; nessuno quindi, per s, pu odiare se stesso; ci pu essere accidentalmente, cio per falso giudizio;
5. e neppure si pu, per s, odiare la verit, perch vero
e bene sono lo stesso.
6. Lodio universale non pu esserci nellappetito
sensitivo se non come inclinazione naturale; nella parte
intellettiva invece pu esserci anche come intenzione.

Quest. 30. Del desiderio. 1. La concupiscenza, ossia


il desiderio del piacere, appartiene propriamente lappetito
sensitivo.
2. Il desiderio distinto dallamore e dalla gioia: loggetto presente appaga, ecco la gioia, loggetto assente conforma a s lappetito, ecco lamore; loggetto assente attrae, ecco il desiderio; esso quindi una passione
speciale.
3. C un desiderio naturale, come quello del cibo, che
ci comune cogli animali e si chiama concupiscenza; e
c un desiderio, non cos naturale, che segue cognizione
e si chiama cupidigia.

4. Si pu dire infinito e il desiderio che segue la ragione,


la quale va allinfinito, e il desiderio dellultimo fine che
infinito.

Quest. 31. Del piacere o godimento. 1. Il piacere o godimento, una passione, perch un moto dellappetito
sensitivo proveniente da cognizione sensitiva,

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. essendo quiete dellanimo, per s, non appartiene


al tempo, che sta nel moto e successione; si misura per
anche esso sul tempo, se al tempo soggiace loggetto cui
si aderisce.
3. Differiscono piacere, o godimento, e gaudio, perch
il gaudio proprio delle facolt razionali, agli animali
quindi si attribuisce piacere, ma non gaudio;
4. pu esserci infatti piacere anche nelle facolt razionali, appunto perch c lappetito razionale che si chiama
volont.
5. Il godimento corporale pi sentito e pi veemente, ma maggiore il godimento che si ha da operazioni spirituali, perch pi nobili, pi vaste ed pi intima col
bene posseduto la cognizione dellintelletto, perch esso
penetra ogni cosa, e si riflette anche su se stesso.
6. I piaceri del tatto sono i pi utili, perch servono alla
conservazione; ma quelli della vista sono pi importanti
perch servono allintelletto.
7. Per causa di qualche difetto pu esserci qualche godimento non naturale come quello di mangiare i carboni;
8. ci sono anche piaceri uno allaltro contrari, quelli
cio che vicendevolmente si impediscono.

Quest. 32. Causa del godere. 1. Il godimento


proviene da operazioni, perch la consecuzione di un
bene e la cognizione di tale consecuzione sono una specie
di operazione.
2. A dilettare concorrono il bene, lunione col bene
e la cognizione di questa unione ma in tutto ci c una
misura e perch non sopravvenga la noia occorre variare.
Da ci: variata placent: il variare causa di diletto.
3. La speranza, che fa presente un bene come possibile, e la memoria, che ce lo fa presente col ricordo, sono
causa di godimento.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Anche la tristezza pu essere causa di godimento, in


quanto fa pensare o alla cosa amata o al male sfuggito;
5. lo sono, anche, le altrui azioni, quando procurano
un bene a noi o agli amici nostri;
6. lo sono anche i benefici che facciamo, perch il
bene dellamico come nostro e perch possiamo spere
e compiacerci.
7. Anche la somiglianza, che genera amore, cagiona
goimento.
8. La meraviglia, in quanto fa nascere la speranza di
conoscere ci che fa stupire, causa di godimento; cos,
pure le rarit che ammiriamo ci procurano diletto.

Quest. 33. Effetti del godimento. 1. Il godimento ha


per effetto di allargare, come metaforicamente si dice, la
mente e il cuore.
2. Il godimento, quando di cosa presente, ma non
posseduta, genera sete, ossia desiderio, di se stesso.
3. Il godimento corporale distrae dalluso della ragione,
ne contrario, conturba troppo e lo impedisce; mentre
il godimento spirituale lo accresce.
4. Il godimento fa che pi si attenda alloperazione che
lo produce, impedisce per le altre operazioni.

Quest. 34. Bont e malizia del godimento. 1. Il


godimento non sempre cattivo; se conforme a ragione,
buono;
2. parimenti il godimento non sempre buono, perch
talora buono per qualcuno soltanto, od solo apparentemente e non veramente buono.
3. C poi un godimento che ottimo, ed quella del
sommo bene cio dellultimo fine.

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4. Regola del bene o del male il godimento, non per


quello dellappetito sensitivo, bens quello della volont
che appetito razionale.

Quest. 35. Del dolore e della tristezza. 1. Il dolore


passione dellanima, bench la causa sia nel corpo, perch
per lanima, che lo fa vivere, che il colpo sente il dolore.
2. Il dolore che proviene da apprensione dintelletto o
di imaginazione, propriamente si chiama tristezza;
3. e questa opposta al gaudio, perch opposto a quello
del gaudio ne loggetto;
4. e in generale gaudio e tristezza sono sempre fra loro
contrari perch contrari fra loro sono bene e male che ne
formano loggetto: talora sono soltanto disparati e perci non si escludono a vicenda; cos pu accompagnarsi
al dolore per la morte dellamico il gaudio della contemplazione;
5. a questo gaudio anzi nessun dolore contrario e
soltanto per accidente gli si unisce;
6. per s il desiderio del piacere pi forte della fuga del
dolore, talora per avviene il contrario; perch il bene si
apprezza solo quando perduto e il dolore impedisce
ogni diletto.
7. Il dolore interno pi forte del dolore esterno,
che affligge solo il corpo; vero che talora si incontra
volontariamente il dolore esterno per evitare il dolore
interno.
8. Quattro sono le specie di dolore o tristezza:, misericordia, invidia, ansiet accidia.

Quest. 36. Cause del dolore e della tristezza. 1. Il


dolore causato pi dal male presente che dal bene che
non si ha pi.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Il desiderio possessivo, quando ostacolato, pu


cagionare dolore;
3. parimenti il desiderio unitivo, finch non sodisfatto, causa di dolore, perch tutto ci che contraria linclinazione naturale causa di dolore;
4. perci anche un potere, cui si vorrebbe, ma non pu
resistere, causa di dolore.

Quest. 37. Effetti del dolore e della tristezza. Un grande


dolore sensibile, impedendo lapplicazione dellanima,
impedisce di imparare.
2. Il dolore opprime lanima come fosse un peso.
3. inoltre rende fiacchi nelloperare, finch non diventa
principio di reazione.
4. Il dolore nuoce al corpo pi delle altre passioni,
perch ritarda il giusto battito del cuore: e ancora pi
delle altre pesa, perch il suo oggetto un male presente.

Quest. 38. Rimedi del dolore e della tristezza. 1. ll dolore


si lenisce con qualunque diletto, come fa il riposo per un
corpo affaticato.
2. Il dolore si lenisce col pianto, perch il suo naturale
sfogo, si riversa anche fuori e diminuisce dentro,
3. lenisce il dolore la compassione degli amici, che
diventa un sollievo di amore,
4. lenisce grandemente il dolore lo studio del vero e
sopratutto la celeste contemplazione.
5. Il dolore si lenisce anche col sonno e col bagno,
perch con questi la natura ricondotta al suo stato e
il cuore al suo battito regolare.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 39. Bont e malizia del dolore e della tristezza.


1. Il dolore per s male; ma non , per esempio, male
rattristarsi del male.
2. Quindi onesto il dolore che proviene da rettitudine
di volont e di ragione;
3. anzi utile, quando eccita a fuggire ci che sidetesta.
4. Il dolore del corpo non male sommo, perch male
di pena ed pi grande il male di colpa.

Quest. 40. Speranza e disperazione. 1. La speranza,


come passione, distinta dal desiderio: sia perch questo
ha per oggetto il bene semplicemente, mentre la speranza
ha per oggetto un bene futuro, arduo, possibile; sia
perch il desiderio dellappetito concupiscibile, mentre
la speranza dellirascibile;
2. la speranza, riferendosi al bene, appartiene alla
facolt appetitivi anzich alla facolt apprensiva.
3. Lappetito irascibile c anche negli animali, quindi
anche in loro c la speranza.
4. La speranza di un bene arduo possibile cui ci si
avvicina i la disperazione di un bene arduo impossibile
da cui ci si allontana, sono perci una allaltra contrarie.
5. Lesperienza, rendendoci pi atti e pi esperti,
causa di speranza.
6. Oggetto della speranza un bene futuro, arduo,
possibile: perci hanno molta speranza i giovani, che
hanno pi di futuro e di vitalit e meno di esperienza;
gli ubriachi che nulla considerano e gli stolti che tentano
ogni impresa.
7. La speranza deriva dallamore del bene che si spera,
talvolta per essa causa di amore verso colui nel quale
si spera.
8. La speranza giova allopera, perch non solo non
impedisce, ma invece favorisce la naturale inclinazione.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 41. Del timore. 1. Il timore muove a fuggire


un male futuro, difficile a evitarsi, quindi una passione
dellanima;
2. anzi una passione speciale, perch il suo oggetto,
cio un male futuro difficile a evitarsi, un oggetto
speciale.
3. Il timore non naturale nel senso che appartenga
a tutta la natura, anche alle cose prive di cognizione;
tuttavia c un timore naturale, come quello della morte,
al quale la natura stessa ci inclina.
4. Il timore nellagire delluomo pu diventare ritrosia, rossore e vergogna e nellapprensione delluomo pu
essere stupore, spavento e agonia.

Quest. 42. Oggetto del timore. 1. Il bene oggetto


indiretto del timore, in quanto se ne teme la privazione:
oggetto diretto il male;
2. oggetto del timore pu essere anche un male naturale,
come la morte, quando per sia evitabile;
3. non pu invece propriamente essere oggetto del
timore il peccato, perch in nostro potere di evitarlo;
4. si pu anche aver timore di aver timore, come si pu
dolersi di dolersi.
5. Le cose repentine si temono di pi, perch appaiono
un male maggiore e mancano i pronti rimedi.
Le persone calme e astute, che nascondono lira e il
danno che si teme, cagionano maggior timore di quelle
che mostrano la collera.
6. Le cose poi contro le quali non c rimedio sono
qulle che maggiormente si temono, perch si reputano pi
durature.

Quest. 43. Cause del timore. 1. Il timore deriva


dallamore del bene di cui si teme la privazione, ma il

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

timore pu anche essere causa dellamore, quando chi


teme la punizione osserva i comandi, comincia a sperare
e viene avviato ad amare.
2. Causa del timore o la debolezza nel soggetto, o la
forza delloggetto che pu nuocere.

Quest. 44. Effetti del timore. 1. Il timore, che sta in


una contrazione, stringe il cuore e trattiene il respiro.
2. Il timore rende riflessivi, bench come ogni passione
impedisca di bene riflettere.
3. Il timore fa tremare, perch il timore contrae la
vitalit e le membra esterne si indeboliscono: quindi fa
anche impallidire;
4. toglie anche le forze del corpo e cos impedisce
di operare, ma quanto alle forze dellanima, se non
eccessivo, le sollecita.

Quest. 45. Dellaudacia. 1. Laudacia il contrario


di timore, perch ha lo stesso oggetto, ma si trova al lato
opposto.
2. Laudacia, che sta nellaffrontare un male terribile,
deriva dalla speranza di conseguir un bene.
3. I difetti, per s, non sono causa di audacia; lo possono
per essere quei difetti che escludono il timore, come p.
es. un cuore piccolo, che batte pi forte, e lamor del
vino, che toglie la conoscenza del pericolo.
4. Gli audaci sono pi eccitati in principio che in fine
di un pericolo, perch il loro un moto dellappetito
sensitivo con giudizio avventato. Fanno il contrario
coloro che sono veramente forti.

Quest. 46. Dellira. 1. Lira non passione generale


in quanto sia causa di altre passioni, ma in quanto deriva

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

dal dolore subito e dalla speranza di vendetta, cio dal


concorso di pi cause.
2. Lira vuole la vendetta quale bene, contro il nemico
che si reputa il male; questo il suo oggetto.
5. Lira appartiene non al concupiscibile, ma allirascibile, tanto che dallira esso prende nome.
4. Lira, fa la proporzione fra il male patito e la pena
da infliggersi, questo proprio della ragione, nellira c
quindi sempre un che di ragione;
5. perci alluomo lira pi naturale che la concupiscenza, mentre allanimale pi naturale la concupiscenza che lira.
6. Lodio peggiore dellira, perch lodio vuole il male
come male e lira lo vuole come giusta vendetta,
7. e poich vuole la giusta vendetta di uningiusta
azione, lira riguarda tanto la giustizia quanto lingiustizia;
8. lira poi, secondo i suoi gradi, si distingue in rabbia
e furore.

Quest. 47. Cause dellira. 1. Causa dellira sempre


qualche cosa fatta contro chi si adira;
2. questa si riduce sempre a essere mancanza del
dovuto rispetto.
3. Chi si adira ha per motivo dellira la propria dignit,
ma ha per causa un difetto;
4. labbiezione poi di chi provoca causa di pi facile o
di maggior ira, come avviene, quando il ricco insultato
da un povero.

Quest. 48. Effetti dellira. 1. Lira, col pensiero e la


speranza della vendetta, cagiona diletto.
2. Lira ci che pi di tutto scalda il cuore, perch il
suo un moto di impetuosit e veemenza.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Lira sopra tutte le passioni impedisce luso di ragione, perch pi di tutte turba il cuore e sconvolge lorganismo;
4. e lo sconvolgimento talora tale, che la lingua resta
impedita di parlare e allora lira causa di taciturnit.

Quest. 49. Abiti in generale. 1. Labito, parola che


deriva dal verbo avere, e vale: aversi secondo la propria
natura o secondo il fine, : buona o cattiva qualit.
2. ed una determinata specie della qualit, perch
disposizione del soggetto in ordine alla sua natura e
anche perch disposizione stabile;
3. perch disposizione secondo natura, e natura vuol
dire sostanza considerata come principio delle operazioni; cos abito importa sempre: principio di operazione.
4. Gli abiti sono perfezioni, la perfezione necessaria
essendo il fine stesso dellesistenza, gli abiti quindi sono
necessari.

Quest. 50. Soggetto degli abiti. 1. Il corpo che ha il suo


moto o dalla natura o dallanima, che lo fa vivere, non
propriamente soggetto di abiti che sono disposizioni
a operare; gli possono essere attribuiti come abiti le
sue disposizioni abituali, quali la sanit, impropriamente
per, perch non sono stabili; in un istante si perdono.
2. Prossimi principi di operazione per la natura sono
le potenze, perci gli abiti appartengono alle potenze
dellanima: la grazia tuttavia sola dellanima;
3. alle potenze sensitive per spettano solo in quanto
dipendono dalla ragione.
4. Poich la scienza, la sapienza, lintelligenza sono
operazioni dellintelletto, i relativi abiti sono pure dellintelletto.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. Anche la volont una potenza dellanima e a lei


compete labito della giustizia.
6. Anche gli Angeli hanno nella volont e nellintelletto
gli abiti che bene li dispongono in ordine a Dio.

Quest. 51. Causa degli abiti. 1. Abito naturale


lintelletto dei princip: cio tutti hanno da natura
la disposizione di applicare alle cose apprese dai sensi
principi dellintelletto: cos vedendo una cosa e una sua
parte si applica il principio che il tutto maggiore della
parte.
2. Una potenza spesso eccitata a operare diviene pi
facilmente eccitabile; cos acquista una stabile disposizione a compiere il suo atto; acquista labito della sua
operazione, perci si dice che la ripetizione di un atto ne
induce labito.
3. Un solo atto non basta a generare un abito di virt
nella potenza appetitiva, perch con un solo atto non se
ne vince la resistenza passiva; basta invece nella potenza
conoscitiva, perch lintelletto, capta una volta una cosa,
ne ha tosto la scienza.
4. Quanto agli atti che si riferiscono allultimo fine
la vita eterna che eccede le forze umane, i relativi abiti
non possono essere che infusi da Dio.

Quest. 52. Accrescimento degli abiti. 1. Labito pu


divenire pi intenso o farsi pi rilassato sia in s, sia nella
partecipazione di chi ne il soggetto e cos pu crescere
o diminuire:
2. il crescere per non sta nellaggiungere ancora abito,
ma nel perfezionarsi del soggetto in esso; il crescere poi
della scienza sta nellestendersi delle cognizioni.
3. Ogni atto che sia allaltezza dellintensit del suo
abito lo accresce, se al disotto lo diminuisce.

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Quest. 53. Diminuzione e perdita degli abiti. 1. Labito


si perde o per lesercizio di atti a esso contrari, o per il
venir meno della potenza cui si riferisce; cos colui, cui
vien meno la vista, pu perdere la scienza dello spazio.
2. Labito, come pu crescere, cos pu diminuire;
3. e la diminuzione avviene per la mancanza dellesercizio.

Quest. 54. Distinzione degli abiti. 1. Una stessa potenza


pu avere parecchi oggetti e perci parecchi atti e quindi
ancora parecchi abiti; p. es. lintelletto pu possedere
parecchie scienze.
2. Un abito si distingue specialmente da un altro per
ragione o del suo principio attivo, o della sua natura, o
del suo oggetto;
3. gli abiti poi si distinguono sopratutto in buoni e
cattivi, secondoch inclinano a atti convenienti o sconvenienti alla natura.
4. Un abito non mai un composto di molti altri abiti,
perch ogni abito una forma semplice.

Quest. 55. Virt nella sua essenza. 1. La virt


rende una potenza perfetta; la potenza perfetta se ha
la determinazione al suo atto; la determinazione allatto
un abito, perci la virt un abito;
2. virt umana quella che perfeziona le potenze
proprie delluomo, cio le potenze razionali; essa quindi
non abito entitativo, ma abito operativo;
3. ed abito operativo buono, perch altrimenti nonsarebbe perfezione delle potenze.
4. S. Agostino la definisce bellamente: Buona qualit
dellanimo per cui rettamente si vive, di cui male non si
usa (e che Dio opera in noi, se la virt infusa).

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Quest. 56. Soggetto delle virt. 1. Soggetto delle


virt sono le potenze; perch le virt sono perfezioni delle
potenze;
2. ma una stessa virt non pu trovarsi in diverse
potenze, perch qualit, cio accidente e un accidente
non pu essere in pi soggetti.
3. La virt propria della volont o di una potenza, in
quanto mossa dalla volont; quindi anche dellintelletto,
in quanto mosso da buona volont; cos lintelletto speculativo pu avere la virt della fede e lintelletto pratico
pu avere la prudenza.
4. La virt pu essere anche dellirascibile, e del concupiscibile in quanto obbediscano alla ragione;
5. ma le facolt della conoscenza sensitiva non possono
essere soggetto delle virt, perch le virt morali o intellettuali ed i sensi possono soltanto esser buone disposizioni per lintelligenza;
6. soggetto invece delle virt pu essere la volont, da
cui il concupiscibile e lirascibile dipendono.

Quest. 57. Distinzione delle virt intellettuali. 1. Gli


abiti intellettuali si possono dire virt non in quanto facciano essi operare il bene, perch questo proprio della
volont, ma in quanto procurano la facolt di operare il
bene.
2. Le virt dellintelletto speculativo sono 3: Intelletto
o intuizione dei principi che si rendono evidenti; scienza
o ragionata e piena cognizione dei diversi generi di cose;
sapienza o conoscenza profonda che arriva agli ultimi
perch delle cose.
3. Larte, o giusta norma dellesecuzione di unopera
virt in quanto procura la facolt di ben agire;
4. la prudenza invece o giusta norma delle nostre
azioni virt non in quanto procura tale facolt, ma

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

in quanto esige luso retto delle facolt, perci dieta


dallarte.
5. Il ben vivere sta nel ben operare, il ben operare
sta nella retta elezione, per la retta elezione occorre la
prudenza, perci la prudenza alluomo necessaria;
6. alla prudenza poi si accompagnano: leubulia, la
sinesi e la gnome che fanno essere ponderati, perspicaci
e decisi.

Quest. 58. Distinzione delle virt morali dalle intellettuali. 1. Non tutte le virt sono virt morali; virt morali sono quelle che rettamente inclinando la parte appetitiva regolano i costumi;
2. e bench anchesse abbiano per principio la ragione, tuttavia si distinguono dalle virt intellettuali, perch
alla ragione obbediscono potendovi contraddire.
3. Nelluomo non ci sono altri principi attivi oltre
lintellettivo e lappetitivo; perci sufficiente la divisione
delle virt in intellettuali e morali;
4. divisione non per esclusione, ch anzi non
ci pu essere virt morale senza le virt intellettuali,
dellintelletto, che fa presenti i princip morali, e della
prudenza; che procura la buona scelta;
5. le virt intellettuali invece possono trovarsi senza le
virt morali; per eccettuata la prudenza che in se stessa
retta norma dellagire.

Quest. 59. Le virt morali e le passioni. 1. La virt


morale, che principio di moto dellappetito sensitivo e
buon abito, non passione, che semplicemente moto
dellappetito sensitivo, per se indifferente.
3. la virt morale non incompossibile colla tristezza;
perch chi virtuoso si rattrista di ci che contrari alla
virt.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. La giustizia, che virt morale, regola la volont


che appetito intellettivo, perci non tutte le virt morali
regolano passioni;
5. c quindi una virt morale, cio la giustizia, che
pu trovarsi senza la compagnia delle passioni; che se
qualcuna,. come il gaudio, laccompagna, ci solo per
ridondanza.

Quest. 60. Distinzione delle virt morali tra di loro.


1. Le virt morali appartengono alla volont, la volont
ha per oggetto il bene appetibile, questo varia secondo
il suo rapporto colla ragione, varie sono quindi anche le
virt e non una sola.
2. Le virt morali che regolano le azioni sono distinte
da quelle che regolano i moti interni di passione, cosicch
chi percuote un altro manca esteriormente di giustizia e
interiormente manca di mansuetudine.
3. Lordine di ragione delle nostre azioni esterne si
commisura da ci che a ciascuno dovuto, c dunque
a regola delle nostre azioni una virt generale, che comprende la religione, la piet, la gratitudine etc. ed la
giustizia;
4. a regola, invece dei moti interni di passioni diverse
ci sono diverse virt; una sola impossibile perch le
diverse passioni appartengono a potenze diverse.
5. Le virt morali si distinguono secondo la materia,
le passioni e gli oggetti e anche secondo le operazioni, e
Aristotele ne numera undici.

Quest. 61. Le virt cardinali. 1. Virt cardinali sono


quelle che contengono la rettitudine dellappetito; questo proprio delle virt morali, fra queste sole quindici
sono virt cardinali;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. le virt morali principali o cardinali sono 4: a regola


della ragione la prudenza, a regola della volont la giustizia, a regola dellappetito concupiscibile la temperanza,
a regola dellirascibile la fortezza.
3. Virt cardinali oltre e pi di queste quattro non ce ne
sono, perch in queste quattro ci sono tutte le principali
ragioni formali di virt;
4. esse diversificano fra di loro secondo la diversit
degli oggetti,
5. secondo poi i diversi atteggiamenti delluomo in
ordine a Dio, ultimo fine, tali virt sono o politiche, o
purificanti, o di animo purificato, od esemplari.

Quest. 62. Le virt teologali. 1. Oltre alle virt morali, che sono proporzionate alla beatitudine naturale, ce
ne sono altre, proporzionate alla beatitudine soprannaturale; esse si chiamano teologali, perch hanno Dio per
oggetto, ed infuse, perch non le abbiamo se non da Dio;
2. e poich loro oggetto Dio, in quanto per eccede
la cognizione della ragione nostra, esse si distinguono
dalle virt intellettuali e morali, il cui principio la
ragione.
3. Le virt teologali, che hanno per oggetto la beatitudine, la quale eccede la naturale capacit umana(perch
ne occhio vide, ne cuor desider.... S. Paolo) sono 3: per
lintelletto la fede; e per la volont: a tendere a Dio la
speranza; a unirsi a Dio, la carit; e questa numerazione
e distinzione perfetta.

4. La fede prima della speranza e della carit, perch


senza conoscere Dio non si pu amarlo; ma la carit
pi eccellente della speranza e della fede perch la loro
perfezione.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 63. Cause delle virt. 1. Da natura abbiamo,


non la virt, ma il principio di operazione, che virt
perfeziona.
2. La virt morale possiamo averla dalla frequenza degli
atti: ma la virt teologica totalmente solamente da Dio,
perci si dice infusa.
3. In proporzione delle virt teologiche vengono in
noi infuse da Dio anche alcune virt morali.
4. Le virt morali acquisite hanno uno scopo umano,
invece le infuse hanno uno scopo soprannaturale, divino;
queste perci sono da quelle distinte.

Quest. 64. Giusto mezzo nelle virt. 1. Virt


conformit colla retta ragione, da questa, che misura,
ci si allontana o per eccesso o per difetto, quindi virt
stare nel giusto mezzo: In medio stat virtus.
2. Questo giusto mezzo della ragione non sta nello
stesso atto della ragione, ma sta nella conformit della
cosa colla retta ragione, ovvero sta nella materia stabilita
dalla retta ragione, che nella giustizia si identifica colla
cosa, e nelle altre virt morali sta nel lanimo nostro.
3. Anche per le virt intellettuali c un giusto mezzo e
sta fra un difetto e un eccesso, cio fra un affermazione
falsa e una negazione falsa.
4. Invece nelle virt teologali il giusto mezzo non
da ricercarsi in Dio, ma nella nostra condizione; manca
quindi chi non spera ci che nelle sue condizioni pu
sperare.

Quest. 66. Connessione fra le virt. 1. Le virt morali


sono perfette quando una non senza laltra, perch
tutte sono radicate nella prudenza, e la prudenza non
perfetta senza le altre virt: sono quindi fra loro legate.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Le virt morali acquisite possono stare senza la


carit; non sono per assolutamente perfette, perch
si chiudono nellambito dellordine naturale; invece le
virt infuse che riguardano lordine soprannaturale non
possono essere senza la carit,
3. e la carit non mai scompagnata dalle virt morali;
esse vengono infuse insieme con lei, affinch luomo sia
perfettamente ordinato al suo ultimo fine.
4. Per s fede e speranza possono trovarsi senza la carit,
perch nella loro origine non dipendono dalla carit; ma
non sono perfette, perch perfetta la virt che indirizza
a opera perfettamente buona, perci non sono vere virt;
5. la carit invece non pu stare senza la fede e la
speranza, perch sono esse che iniziano alla carit.

Quest. 66. Grado delle virt. 1. Diversi sono i gradi


delle virt e cio: nel genere di virt secondo la loro
specie; nella stessa specie secondo i diversi soggetti; nello
stesso soggetto secondo i diversi tempi: la virt quindi
pu essere maggiore o minore.
2. In un medesimo soggetto le virt, che insieme si trovano, sono eguali, perch eguale per tutte il giusto mezzo che una medesima ragione segna; salvo le particolari
inclinazioni o doni di grazia.
3. Come per s lintelletto pi nobile della volont,
cos per s le virt intellettuali sono pi nobili delle virt
morali e di esse la pi grande la sapienza.
4. Ordine di nobilt fra le virt morali : giustizia, che
regola pi da vicino la ragione, fortezza e temperanza:
prima virt morale quindi la giustizia:
2. invece fra le virt intellettuali la prima la sapienza, che ha per oggetto la Causa Altissima, dalla quale si
guarda poi ai sottostanti effetti; essa detta virt architettonica.

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119

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. La pi grande fra le virt teologali la carit, perch


la fede di ci che non si vede, la speranza di ci che
non si ha, la carit di ci che si possiede.

Quest. 67. Durata delle virt dopo la morte. 1.


Nellaltra vita restano le virt morali, in quanto buoni
abiti, ma senza passioni da regolare.
2. Nellaltra vita restano le virt intellettuali, maper le
idee, non per la fantasia.
3. Nellaltra vita la fede, che di ci che non si vede,
cessa, perch allora si vede;
4. cessa la speranza, che di ci che non si ha, perch
allora si ha,
5. e non ne resta di loro nemmeno una parte, perch
sono abiti semplici non divisibili in parti;
6. la carit invece si perfeziona da quello che era in
questa vita e resta anche nellaltra vita.

Quest. 68. I doni dello Spirito Santo. 1. Le virt sono


perch luomo segua leccitamento della ragione; i doni
sono perch luomo segua leccitamento dello Spirito
Santo, si distinguono adunque dalle virt.
2. Ancorch la ragione sia informata dalle virt teologiche, la sua mozione non sufficiente al fine soprannaturale; occorre anche la mozione dello Spirito Santo,
occorrono i doni:
3. come le virt, cos anche i doni sono disposizioni
stabili e perci abiti permanenti dellanima.
4. I doni sono 7, cos convenientemente disposti:
a) Quanto allApprensiva:
Per la ragione speculativa

Lintelletto.

pratica

Il consiglio.

Per il giudizio speculativo

La sapienza.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

pratico

La scienza.

b) Quanto allAppetitiva:
verso le persone

La piet.

contro le cose che spaventano

La fortezza.

le cose che allettano

Il timore di Dio.

5. I doni dello Spirito Santo sono fra loro legati, perch


radicati nella carit;
6. essi dureranno, nella loro essenza, anche nellaltra
vita e saranno perfettissimi.
7. La enumerazione solita dei doni, presa da Isaia, li
dispone secondo lordine di dignit e si trova in accordo
colla elencazione fatta sopra, bench ci non sembri,
perch son da prendersi a gruppi e lordine talora
inverso.
8. Le virt teologali sono superiori ai doni, perch ne
sono la regola, ma i doni sono superiori alle altre virt,
perch essi danno una mozione superiore, cio quella
dello Spirito Santo.

Quest. 69. Le beatitudini. 1. Le beatitudini sono


operazioni delle virt e dei doni, le quali ci avviano alla
beatitudine eterna; sono perci distinte dai doni e dalle
virt;
2. i premi assegnati alle beatitudini sono premi della
vita futura, che cominciano in questa.
3. Le beatitudini sono bellamente ordinate; infatti:
a) esse ritraggono dagli allettamenti di questa vita:
delle ricchezze e degli onori:

Beati i poveri;

dellirascibile:

i miti;

del concupiscibile

i piangenti;

b) esse nella vita attiva col prossimo

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

inclinano alla giustizia:

i famelici;

ritraggono dallavarizia:

i misericordiosi;

c) esse dispongono alla vita contemplativa


colla purezza:

Beati i mondi;

col trattar bene il prossimo:

i pacifici.

4. Parimenti sono in bella corrispondenza enunciati i


premi delle beatitudini, che ritraggono dagli allettamenti
e reggono nella vita attiva e contemplativa, quando si
dice: Beati i poveri. perch di loro il regno dei cieli,
ecc.

Quest. 70. I frutti dello Spirito Santo. 1. I frutti


dello Spirito Santo sono atti, quelli cio che si compiono
secondando la mozione dello Spirito Santo.
2. Essi vanno distinti dalle beatitudini; frutti sono opere virtuose che procurano gaudio spirituale; beatitudini
sono opere perfette che procedono dai doni dello Spirito
Santo;
3. essi sono: carit, gaudio, pace, pazienza, benignit,
bont, longanimit, mansuetudine, fede, modestia, continenza, castit, come dice S. Paolo (Ga1. V: 22 23);
scaturiscono in noi in quanto per la mozione dello Spirito Santo lanima si dispone bene o in se stessa, o riguardo
al prossimo o riguardo ai propri atti:
4. essi ci fanno tendere al cielo e perci possono
dirsi contrari alle opere della carne, che ci fa tendere alle
bassezze della terra.

Quest. 71. Vizi e peccati: 1. Vizio il contrario della


virt, perch contrario alla ragione e ordinato al male.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Distintivo della natura umana la ragione; la virt


conformit alla ragione; il vizio contrariet alla ragione
e quindi anche alla natura.
3. Labito sta fra la potenza e latto ed latto che rende cattivo labito pi che viceversa; perci latto vizioso
peggiore del vizio.
4. Un peccato mortale fa cessare le virt infuse, ma
non le acquisite, perch queste con un solo atto non
sacquistano e nemmeno si perdono.
* Il peccato mortale espelle la carit e con lei la fede e
la speranza in lei radicate; se restano la fede e la speranza,
restano perci informi e quindi non vere virt.
5. Il peccato non consiste sempre in un atto, perch
talvolta il peccato consiste nellomissione di un atto, che
si poteva e si doveva fare.
6. Peccato un atto umano cattivo; cattivo si pu
dire in confronto di una norma e le norme sono due:
la prossima cio la retta ragione; la remota cio la legge
eterna: alla norma poi si fa contro con atti, parole,
desideri.

Quest. 72. Distinzione della specie dei peccati. 1.


Ogni atto viene specificato dal suo oggetto; il peccato
un atto, perci un peccato di specie diversa di un altro
secondo la diversit delloggetto.
2. Loggetto del peccato produce un godimento disordinato e poich tale godimento pu essere o spirituale o
corporale, perci i peccati si distinguono altres in peccati
spirituali e peccati carnali.
3. I peccati si distinguono specificamente, non secondo
la causa efficiente, che eguale per tutti i peccati, essendo
essa la volont, ma secondo la causa finale, perch il fine,
che oggetto della volont, specifica gli atti umani.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Il peccato un atto disordinato; lordine contro cui


va il peccato triplice: Dio, prossimo, s stesso, da ci si
distinguono i peccati contro Dio, il prossimo e se stesso;
5. non si distinguono invece specificamente secondo
il reato che importano, perch questo non precede, ma
consegue il peccato: perci la distinzione dei peccati in
veniali e mortali non una distinzione specifica;
6. e nemmeno, strettamente parlando, una distinzione specifica la distinzione di peccati di omissione e di
commissione, perch lavaro pecca tanto rubando laltrui
guanto non pagando i debiti.
7. La distinzione dei peccati in peccati di pensiero, di
parole e di opere giusta; ma non distinzione di specie,
invece distinzione di grado.
8. I peccati che stanno fra loro come leccesso e il
difetto sono fra loro contrari e perci tanto pi sono
differenti di specie: p. es. lavarizia e la prodigalit.
9. Le circostanze non mutano la specie dei peccati, ci
per purch non ci sia in esse un motivo particolare, che
diventa fine dellatto, perch il fine specifica gli atti e
quindi i peccati.

Quest. 73. Gravit dei peccati. 1. Le virt sono legate


una allaltra, perch sono fra di loro connesse; i peccati
invece non sono fra di loro connessi, perch ce ne sono di
quelli che sono contrari uno allaltro come prodigalit e
avarizia.
2. I peccati sono pi o meno gravi secondo che si
allontanano pi o meno dalla rettitudine della ragione
e perci non sono tutti eguali.
3. La. gravit dei peccati varia secondo loggetto cos
graduato: cose, persone, Dio; essendo le cose per luomo
e luomo per Iddio;
4. varia anche secondo la dignit delle virt cui vanno
contro, perch anche esse prendono specie dalloggetto.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. I peccati di carne sono di maggiore infamia; ma i


peccati di spirito sono pi gravi, perch in questi lincentivo minore.
6. Le cause che diminuiscono luso della ragione e
della volont diminuiscono anche il peccato, perch alle
cause si proporziona leffetto.
7. La circostanza influisce nel peccato e perci lo accresce, talvolta la aggrava soltanto, talvolta lo moltiplica;
talvolta infine lo cambia anche di specie.
8. Il danno che un peccato produce aggrava il peccato,
ed sempre imputabile quando segue per s latto del
peccato o quando essendone un effetto fu previsto ed
inteso.
9. Aggrava il peccato la dignit della persona contro cui
si commette, perch essa in qualche modo oggetto del
peccato;
10. e lo aggrava anche la dignit della persona che
lo commette, perch il peccato pi disdicevole e di
maggiore scandalo.

Quest. 74. Soggetto del peccato 1. Il peccato un atto


umano; principio dellatto umano la volont, perci
soggetto del peccato la volont;
2. ma poich oltre gli atti eliciti della volont ci
sono anche gli atti imperati delle potenze che da lei
dipendono, perci soggetto del peccato non soltanto la
volont,
3. anche la sensualit ossia il moto dellappetito sensitivo, pu dipendere dalla volont, perci anche nella sensualit pu esserci il peccato;
4. allultimo fine per pu assurgere la ragione e
non la sensualit, perci peccato mortale, ossia disordine
relativo allultimo fine, pu esserci nella ragione, ma non
nella sensualit, quale solo appetito sensitivo.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. La ragione pu mancare al suo compito o errando


nella cognizione della verit o non bene regolando gli
atti delle potenze inferiori, perci anche nella ragione, sia
superiore che inferiore, pu esserci il peccato.
6. La ragione deve regolare gli atti esterni e gli atti
interni e manca al suo compito non solo quando ordina i
moti cattivi, ma anche quando non li reprime; in questo
sta la dilettazione morosa, essa perci appartiene alla
ragione.
7. Il consenso allatto non che giudizio finale dellatto; il giudizio finale spetta al superiore, perci il consenso
sta nella ragione superiore.
8. Altra cosa dilettarsi di un nostro pensiero e altra
cosa acconsentire al diletto che sorge in noi per il pensiero di un oggetto cattivo; questa non che consentire
a un atto cattivo e perci, se la materia grave, peccato
mortale.
9. Il consenso spetta alla ragione superiore, il consenso poi pu essere di peccato veniale; nella ragione superiore pu esserci quindi anche peccato soltanto veniale,
10. e poich la ragione superiore nel suo stesso atto
pu essere sorpresa e portata al consenso non con intuizione e anche deliberazione, ma di sola intenzione c senza deliberazione, perci anche il consenso di peccato mortale pu essere peccato soltanto veniale per limperfezione
dellatto.

Quest. 75. Cause del peccato in generale. 1. Il peccato


un atto difettoso, esso perci ha la sua causa come atto,
ed la volont; ed ha la sua causa come difettoso, ed la
mancanza di dovuta rettitudine.
2. La causa interna del peccato prossima cio la ragione e la volont, e remota cio limmaginazione elappetito sensitivo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Causa esterna pel peccato possono essere le cose


mondane, gli uomini, il demonio; ma la causa esterna
indiretta e vale in quanto muove la ragione e lappetito
sensitivo; pu muovere, ma non indurre al peccato.
4. Un peccato pu in vari modi essere causa di un altro
peccato e sopratutto perch dispone ad altri peccati e ne
prepara la materia.

Quest. 76. Cause del peccato in particolare. 1. Lignoranza pu essere causa di peccato quando privazione di
quella scienza che, se ci fosse stata, avrebbe illuminata la
ragione e questa avrebbe diretto diversamente la nostra
azione.
2. peccato non sapere ci che si pu e si deve sapere;
ciascuno poi tenuto a sapere: 1. Le cose di fede 2. Le
cose principali della legge. 3. I doveri particolari del
proprio stato.
3. Solo lignoranza antecedente e invincibile di ci che
si deve sapere pu scusare totalmente il peccato.
4. Quando si pecca per ignoranza, se lignoranza
colpevole il peccato diminuisce, perch diminuisce la
volont di peccare; ma se fu apposta cercata il peccato
cresce.

Quest. 77. Parte dellappetito sensitivo nelle cause del


peccato. 1. Le passioni dellappetito sensitivo non agiscono direttamente sulla volont, perch essa una facolt immateriale dellanima, ma agiscono indirettamente, e ci in due modi, distraendola o impedendo il retto
giudizio della ragione.
2. La volont tende sempre a ci che bene, o che
la ragione le presenta come bene; ma la ragione pu
essere sopraffatta dalla passione, la quale o distrae, o

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

spinge al contrario la ragione, o commuove e conturba


lorganismo, tanto che taluno per ira o amore impazzisce;
3. le passioni cos si possono dire malattie dellanima,
che impediscono le operazioni sue proprie, come la miopia impedisce la vista chiara.
4. Causa del peccato rivolgersi alle cose terrene
contro la norma della ragione, ci si fa per disordinato
amore di se stessi, e questo quindi sempre causa del
peccato;
5. e le cose terrene cui luomo si rivolge contro la norma
della ragione sono i beni che dilettano il concupiscibile o
col contatto: concupiscentia carnis o collapprensione:
concupiscentia oculorum; e quelli che allettano lirascibile
colla mira di cosa ardua: superbia vitae.
6. Un peccato pu essere reso meno grave dalla passione quando essa antecedente e per la sua veemenza diminuisce il libero arbitrio; non cos se la passione conseguente, cio viene di seguito alluso del libero arbitrio.
7. Le passioni quando tolgono luso della ragione,
scusano dal peccato, purch per non siano volontarie,
8. tuttavia il peccato, pur provenendo dalla passione,
mortale se la ragione potendo e dovendo non resiste a
tempo alla passione.

Quest. 78. La malizia come causa del peccato. 1. Il


peccato di malizia certa il peccato conosciuto e voluto
ed di chi pecca per calcolo anzich per ignoranza o
passione.
2. Abitudine ferma e quasi naturale disposizione
della volont al male; quindi chi pecca per labitudine
pecca di malizia certa;
3. talora uno fa un peccato di malizia certa senza
averne labitudine, come pu fare un atto virtuoso senza
averne la virt, perci un peccato di malizia certa indica

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

sempre cattiva inclinazione, ma non indica sempre anche


labitudine cattiva.
4. Chi pecca per abitudine pi reo di chi pecca per
passione, perch ha la volont pi legata al male.

Quest. 79. Cause esterne del peccato. 1. Dio, sommo


bene, non pu essere causa del peccato, che sta nel volere
il male.
2. Luomo nulla fa se non sostenuto da Dio, Causa
Prima; ogni azione umana quindi e delluomo e di Dio;
per il peccato che unazione difettosa, procede da Dio,
in quanto azione; ma il difetto proviene dalluomo. Cos
il zoppicare proviene non dai centri nervosi, ma dalla
gamba corta.
3. Dellaccecamento della mente e dellinduramento
del cuore Dio causa non perch spinge al male, ma perch sottrae la grazia che illumina la mente e ammollisce
il cuore;
4. ed hanno di mira talvolta il ravvedimento del reo e
talvolta la sua dannazione ad altrui esempio.
Quest. 80. Parte del diavolo nelle cause del peccato. 1. Il demonio non per luomo causa diretta e sufficiente di peccato, esso agisce indirettamente sulla volont: 1. Presentando qualche oggetto che eccita il senso.
2. Turbando la ragione con eccitare internamente la fantasia e lappetito sensitivo. 3. Sforzandosi di persuadere la ragione che la cosa proposta bene: causa diretta
del peccato la volont;
2. il diavolo non sempre apparisce visibilmente, perci
istiga al peccato internamente eccitando la volont, la
fantasia e lappetito sensitivo sia nel sonno che nella
veglia;
3. esso per non pu sforzare mai la volont, perch la
ragione, se non ne impedito luso, non legata.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 81. Parte delluomo nelle cause del peccato. 1.


Tutti i posteri di Adamo si possono considerare membra
di un corpo, di cui capo Adamo, e una sola persona con
lui, perch hanno la stessa natura; questa natura aveva in
Adamo la giustizia originale; Adamo col peccato la ha
privata della giustizia e infettata di peccato; non poteva
pi trasmetterla che come tale; tutti i suoi posteri hanno
il peccato originale che si dice peccato di natura.
2. Gli altri peccati di Adamo spettano a lui non come
natura, ma come persona, perci non si trasmettono ai
posteri, come non si trasmettono i meriti.
3. Il peccato si trasmette colla naturale generazione;
4. perci se qualcuno venisse da Dio miracolosamente
formato, non lavrebbe.
5. Il principio attivo dellumana generazione luomo;
perci se avesse peccato solo Eva, il peccato originale non
ci sarebbe.

Quest. 82. Essenza del peccato originale. 1. Il peccato


originale un abito non operativo, ma naturale: una
disposizione disordinata derivante dalla dissoluzione di
quellarmonia che formava la giustizia originale.
2. Il peccato originale uno di numero in ciascun uomo
ed anche uno di specie, perch unica ne la causa, cio
la privazione della giustizia originale.
3. Punto culminante di quellarmonia che formava la
giustizia originale era la soggezione della volont Dio:
perci nel peccato originale lavversione della volont a
Dio la parte formale, il reato; lo scompiglio interno
delle facolt delluomo la parte materiale ed la concupiscenza.
4. Il peccato originale eguale per tutti, perch tutti
sono egualmente figli di Adamo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 83. Soggetto del peccato originale. 1. Il


peccato originale come colpa nellanima soltanto; nelle
sue conseguenze e come pena anche nel corpo.
2. Il peccato originale peccato della natura umana; la
natura umana si ha dalla forma sostanziale che lanima;
lanima forma sostanziale del corpo non per mezzo
delle sue potenze ma per la sua essenza, perci il peccato
originale ha per soggetto lanima nella sua essenza.
3. Il peccato originale, in se stesso, inerisce allessenza
dellanima, ma nella sua inclinazione riguarda le potenze
e poich nellinclinazione ad agire la prima potenza la
volont, perci esso riguarda la volont prima che le altre
potenze,
4. e fra queste ne sono infette maggiormente quelle che,
come la generativa, servono alla trasmissione dellinfetta
natura umana.

Quest. 84. I peccati cause di peccati. 1. Radice di ogni


peccato, come dice S. Paolo, la cupidigia delle ricchezze,
perch le ricchezze giovano a nutrire ed effettuare ogni
desiderio cattivo.
2. Inizio di ogni peccato, come dice lEcclesiastico
la superbia, in quanto un disordinato amore della propria eccellenza; che si persegue specialmente cercando
il maggior acquisto di beni temporali e cos si confonde
collavarizia che di ogni peccato la radice;
3. ma peccati capitali, che cio sono fini della volont
e che quindi come cause finali danno origine ed iniziano
ad altri peccati, non sono soltanto la superbia e lavarizia.
4. Iniziano e dirigono ad altri peccati, ossia sono peccati capitali, oltre la superbia e lavarizia, la lussuria e la
gola con lallettamento dei relativi beni; laccidia collimpressione della fatica pel profitto spirituale; linvidia per
laltrui successo che impedisce la propria eccellenza; lira

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per laltrui prevalenza che eccita alla vendetta; in tutti sono quindi sette.

Quest. 85. Effetti del peccato. 1. Il peccato originale ci


priv dei beni della giustizia originale, il peccato attuale
diminuisce linclinazione alla virt; il peccato per non
ci priva dei costitutivi della natura umana: essa quindi,
minorata, ma non estinta;
2. anzi impossibile che il peccato estingua tutto il
bene dellumana natura, perch, non potendo la colpa gi
stare nella grazia se non rimanesse come soggetto della
colpa la natura umana non potrebbe esistere nemmeno
la colpa; similmente se il peccato estinguesse tutto il
bene di natura umana, farebbe che luomo non sia pi
ragionevole e allora non sarebbe nemmeno pi capace di
peccato.
3. La giustizia originale fortificava le forze dellanima:
intelletto, volont, concupiscibile, irascibile: col peccato
originale ci vennero: ignoranza, malizia, concupiscenza,
fragilit: queste sono le quattro ferite della natura umana;
4. ogni ente, in quanto bene, ha misura, specie ed
ordine: il peccato privazione di bene, perci anche
privazione di misura, specie ed ordine;
5. per la perdita della giustizia originale, vennero la
morte e i dolori, che la giustizia originale allontanava, essi
quindi sono un effetto del peccato originale:
6. luomo composto di corpo e di anima; il corpo
materia corruttibile, lanima spirito immortale; perci
nelle ragioni universali di materia la morte e i dolori sono naturali alluomo, non lo sono nelle ragioni partitolari della forma sostanziale delluomo la quale , per s, incorruttibile; che in fatto la forma supplisse alla materia e
luomo fosse immortale fu dono della giustizia originale.

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Quest. 86. La macchia del peccato. 1. Lanima ha un


doppio candore; il rifulgere del lume naturale di ragione
e il rifulgere del lume divino, attaccandosi essa disordinatamente alle cose, soffre un contatto che la deturpa e,
metaforicamente, la macchia,
2. e finch dura la mancanza di candore dura anche
la macchia, la quale perci resta anche cessato latto di
peccato.

Quest. 87. Reato di pena. 1. Peccando luomo si sottrae


allordine: 1. della propria ragione; 2. della societ di cui
suddito; 3. del regime divino; incorre quindi nella pena
del rimorso, del disonore e della collera di Dio.
2. Per s un peccato non pu essere pena di un peccato,
perch il peccato procede dalla volont e la pena invece
contro la volont; pu per esserlo per accidente, in
quanto cio il peccato sottrae la grazia che rafforzava
lanima e preveniva i peccati.
3. Principio dei tre ordini: individuale, sociale universale, lultimo fine: la sovversione dellordine che intacca perfino il principio dellordine, cio la soggezione
della volont a Dio, disordine irreparabile e fa incorrere
nella pena eterna.
4. Il peccato importa avversione a un bene infinito, per
conversione a beni finiti; deve quindi corrispondere una
pena parte infinita, parte finita; cio ha pena del danno e
quella del senso.
5. La pena eterna dovuta al disordine irreparabile, allavversione cio al bene infinito, la quale rompe la carit, cio lunione con Dio; ma ai peccati il cui disordine non cos grave, cio ai peccati veniali, si deve solo la
pena temporale.
6. Nel peccato si distingue latto che cessa e la macchia che resta, in questa poi c il reato di colpa e il reato di pena; questa dovuta a compenso della divina giu-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

stizia affinch chi troppo assecond la sua volont soffra


qualcosa contro volont; ancorch luomo si ricongiunga a
Dio colla carit, pu rimanere per le ragioni della giustizia
il reato di pena da soddisfare.
7. Le pene non sono tutte punitive, ce ne sono di medicinali e preservative, ma siccome se non ci fosse stato
il peccato originale non ci sarebbero state nemmeno le
pene, perci tutte le pene dipendono dal peccato.
8. Taluno pu portare la pena dei peccati di un altro
quando forma con lui ununica persona; tale pena per
non che soddisfatoria, e non mai medicinale, sono
quindi escluse le pene spirituali che sono sempre medicinali.

Quest. 88. Peccato veniale e peccato mortale. 1. La


sovversione dellordine che arriva fino allultimo fine
per s irreparabile e il peccato mortale; il disordine
invece circa i mezzi, salvo lultimo fine, riparabile e
peccato veniale, questo quindi ben distinto da quello.
2. Il peccato mortale e veniale differiscono di genere
per loggetto, come sarebbe bestemmiare Dio o burlare
il prossimo, ma differiscono anche per lintenzione dellagente; perci un peccato che per oggetto di suo genere mortale, pu essere veniale per imperfezione dellatto
nellagente e viceversa un peccato che per loggetto di
genere veniale pu diventare mortale per una particolare
perfidia della volont.
3. Un peccato di genere veniale se non dispone direttamente al peccato di genere mortale, che specificatamente diverso, vi dispone per indirettamente, sia formando
unabitudine del peccato, sia togliendo il ritegno al peccato mortale:
4. per s, per, un peccato veniale non diventa mai
mortale, perch mortale e veniale, differendo di genere,
differiscono sempre, anche andando allinfinito:

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. altrettanto la circostanza di un peccato veniale, finch resta circostanza di peccato veniale, non pu farlo diventare mortale; pu farlo soltanto quando lo fa diventare di altra specie:
6. il peccato mortale poi non diventa mai veniale per
laggiunta di un peccato veniale, come ci che perfetto non diventa imperfetto per laggiunta di una cosa imperfetta; il peccato mortale pu diventare veniale solo
per limperfezione dellatto, che si verifica quando manca qualche cosa alla perfetta deliberazione della ragione.

Quest. 89. Il peccato veniale in s. 1. Il peccato veniale


macchia, ma in quanto priva solamente del candore che
deriva dagli atti di virt.
3. Un peccato di genere veniale se non dispone direttamente al peccato di genere mortale, che specificatamente diverso, vi dispone per indirettamente, sia formando
unabitudine del peccato, sia togliendo il ritegno al peccato mortale:
4. per s, per, un peccato veniale non diventa mai
mortale, perch mortale e veniale, differendo di genere,
differiscono sempre, anche andando allinfinito:
5. altrettanto la circostanza di un peccato veniale, finch resta circostanza di peccato veniale, non pu farlo diventare mortale; pu farlo soltanto quando lo fa diventare di altra specie:
6. il peccato mortale poi non diventa mai veniale per
laggiunta di un peccato veniale, come ci che perfetto non diventa imperfetto per laggiunta di una cosa imperfetta; il peccato mortale pu diventare veniale solo
per limperfezione dellatto, che si verifica quando manca qualche cosa alla perfetta deliberazione della ragione.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 89. Il peccato veniale in s. 1. Il peccato veniale


macchia, ma in quanto priva solamente del candore che
deriva dagli atti di virt.
2. La S. Scrittura paragona i peccati veniali alla legna, al
fuoco e alla paglia, perch come queste materie bruciano,
cos i peccati veniali si purgano col fuoco delle temporali
tribolazioni.
3. Durante la giustizia originale, essendo perfetta la
soggezione del corpo allanima e del senso alla ragione,
luomo non poteva peccare venialmente.
4. Gli angeli confermati in grazia, non peccano nemmeno venialmente, perch mirano sempre a Dio; i demoni negli atti di loro volont sono sempre guidati dalla loro superbia e peccano sempre mortalmente.
5. Sede del peccato mortale lanima, non la sensualit,
perci i primi moti del senso, senza il consenso della ragione, non sono peccati mortali nemmeno negli infedeli.
6. Quando uno raggiunge luso di ragione, o tosto si
indirizza debitamente al fine ultimo ed mondato dal
peccato originale, o non si indirizza e pecca mortalmente; perci in un adulto non si combina il peccato originale
con un solo peccato veniale.

Quest. 90. Le leggi. 1. Legge (dal verbo legare)


regola e misura degli atti umani: come tale cosa della
ragione; perch della ragione disporre in ordine al fine;
la ragione principio e misura degli atti, come lunit
il principio e la misura del numero.
2. Il fine in ordine al quale proprio della ragione
disporre il fine ultimo, che fine comune di tutti gli
uomini; quindi ha ragione di legge quello che ordinativo
del bene comune.
3. Disporre al fine comune di tutti gli uomini spetta
alla ragione comune di tutti gli uomini, cio alla moltitudine; o spetta alla ragione del principe che fa le veci

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

della moltitudine; e non spetta alla ragione di qualunque


privato.
4. Perch la legge serva da regola o misura agli atti
umani bisogna che questa regola o misura sia applicata,
e lapplicazione si fa colla promulgazione.
La legge adunque va definita cos: ordinamento della
ragione al bene comune, promulgato da colui cui spetta
la cura della societ.

Quest. 91. Leggi diverse. 1. Il mondo che retto


da Dio e disposto in ordine al fine dalla ragione, che
eterna, di Dio, che Padrone delluniverso; c quindi
nel mondo una legge eterna.
2. La disposizione data alle cose dalla Ragione di Dio,
la legge eterna, nelle cose impressa secondo la loro
natura e alluomo partecipata secondo la sua natura
di essere ragionevole, perci conosciuta per il lume
naturale di ragione: cos la legge eterna si fa naturale.
3. La legge naturale d i principii comuni, che vengono applicati da disposizioni particolari della ragione umana e queste prendono il nome di leggi umane.
4. Legge eterna, naturale, umana bastano per lordine
naturale; non bastano per lordine soprannaturale, per
questo ci vuole una legge particolare di Dio, la legge
divina.
5. La legge divina si distingue in Legge Vecchia e Legge
Nuova; una imperfetta, laltra perfetta; una con promesse
di beni sensibili terreni, laltra con promesse di beni
intelligibili celesti; una legge di timore, laltra legge di
amore.
6. C anche la legge del fomite, ed la stessa inclinazione della sensualit, che negli animali semplicemente
legge; in noi piuttosto deviazione della legge fissata per
legge della divina giustizia in pena del peccato.

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Quest. 92. Effetti della legge. 1. Effetto della legge


fare buoni gli uomini, perch proprio della legge
indurre i sudditi alla virt loro propria.
2. Lufficio della legge : comandare gli atti virtuosi e
proibire i viziosi, permettere gli atti indifferenti, inoltre
punire i mancamenti.

Quest. 93. La legge eterna. 1. Come la sapienza


creatrice arte, esemplare, idea delle cose create, cos
lo degli atti la Sapienza governatrice di Dio, che dirige
tutte le cose al debito fine: e la legge eterna si pu dire:
la ragione della divina sapienza direttiva degli atti.
* La ragione in Dio una sola, perch la stessa sua
essenza; ma perch ha per termine molte nature, vi sono
in Dio molte ragioni ideali.
2. La legge eterna in se stessa nota soltanto a Dio e
ai beati; ma per la sua irradiazione nella cognizione della
verit nota a tutti.
3. Essendo la legge eterna esemplare di ogni di direttiva di atti, ogni disposizione umana, ne partecipazione;
quindi la sapienza di Dio dice di s: per me i legislatori
decretano il giusto;
4. alla legge eterna sono soggette tutte le cose create,
siano esse necessarie, siano contingenti; le cose invece di
Dio non sono soggette alla legge eterna, ma sono la stessa
legge eterna.
5. alla legge eterna sono soggette tutte le cose naturali e
contingenti, anche le irrazionali, perch Dio la imprime
in loro come principio dei loro atti;
6. alla legge eterna sono soggette le cose umane in
modo particolare, perch luomo la ha impressa e nelle
sue naturali inclinazioni e nella sua ragione.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 94. La legge naturale. 1. La legge naturale


un abito, non in quanto principio di operazione, ma in
quanto si possiede e si conosce non sempre in atto, ma
sempre in abito.
2. La legge di natura indirizza luomo a ci che gli
conviene come natura materiale, animale, razionale, a ci
quindi che cos bene. Ora, come il primo principio
intellettuale: ci che non pu non essere si fonda
sulla nozione di ente, cos il primo principio morale si
fonda sulla nozione di bene ed : fare il bene, evitare
il male: a esso si riducono tutti gli altri precetti.
3. Agli atti di virt luomo inclinato dalla natura
perci gli atti di virt derivano dalla legge di natura.
4. La legge naturale coi suoi principii generali eguale per tutti; variano piuttosto le pi o meno prossime deduzioni presso i singoli.
5. Alla legge naturale nulla si pu togliere; si pu
per aggiungere qualche cosa utile come applicazione,
qualche applicazione, non pi pratica, sostituirla: cos
solo essa mutabile.
6. La legge naturale pu essere abolita non nei princip,
ma nelle applicazioni, dai cuori umani offuscati dalle
passioni.

Quest. 95. La legge umana. 1. Luomo ha lattitudine


alla virt, ma la perfezione della virt non pu venirgli
che da una disciplina, alla quale per esso non da
s, dordinario, sufficiente; tale disciplina, chi costringe
alla virt col timore della pena, la disciplina delle
leggi, perci le leggi umane sono non solo utili, ma anche
necessarie.
2. La legge umana che sia in disaccordo colla legge
naturale in disaccordo anche colla retta ragione; non
legge, ma corruzione della legge: la legge umana perci
deve derivare dalla legge naturale.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Come ogni cosa retta e misurata se ha forma


proporzionata alla sua regola e misura, cos anche la
legge positiva retta e misurata sulla legge superiore se
onesta, giusta, possibile, conveniente, necessaria e utile,
come dice S. Isidoro.
4. Quelle leggi che derivano dalla legge naturale come
conclusioni di principii costituiscono il diritto delle genti; quelle invece che derivano come determinazioni particolari formano il diritto civile; ci sono inoltre le leggi degli uffici particolari, dei singoli Stati e degli speciali titoli,
secondo la distinzione di S. Isidoro.

Quest. 96. Potere della legge umana. 1. La legge


umana ordinata al bene comune, deve perci avere
carattere di generalit e di stabilit.
2. La legge umana deve essere possibile; perci deve
avere riguardo alla generalit degli uomini e prescrivere
ci che tutti possono fare e proibire soltanto i vizi pi
gravi; se troppo minuziosa: munge, troppo e cava il
sangue, direbbe Salomone.
3. La legge umana pu prescrivere non gli atti di tutte
le virt, ma quegli atti di virt che fanno al bene comune,
allora utile.
4. Le leggi giuste, quando cio il fine il bene comune,
lautore non esorbita nelle sue attribuzioni e gli oneri
per il bene comune sono perequati, obbligano anche in
coscienza in base alla legge eterna,
5. tutti sono soggetti a una legge superiore, ma non
tutti sono soggetti alla stessa legge e soltanto i cattivi ne
sentono il peso.
6. Non la cosa che serva al discorso, ma il discorso che serve alla cosa; lespressione deve interpretarsi secondo la causa che mosse il legislatore a formularla, quando la legge pi dannosa che utile stando alle parole; ci
sarebbe fare epicheia e per s di competenza del supe-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

riore, purch non sia il pericolo improvviso e il ricorso al


superiore impossibile.

Quest. 97. Mutazione delle leggi. 1. La legge umana


ordinamento della ragione, ma la ragione pu talora esigere che allimperfetto si sostituisca qualche cosa di pi
perfetto e che a mutate condizioni si sostituisca qualche
cosa di pi adattato alla comunit; perci si pu mutare:
2. ma poich le mutazioni della legge sono sempre
a scapito della forza della legge, non si deve la legge
mutare senza la vera necessit o almeno senza evidente,
grandissima utilit della comunit.
3. Una legge si pu stabilire non solo con parole, ma
anche con fatti; cio con atti conformi ripetuti, ossia colla
consuetudine, perch il legislatore pu manifestare la sua
volont non solo con parole, ma anche con atti.
4. Il superiore, quando avviene che la legge comune in
qualche caso particolare impedisce un bene maggiore o
produce un danno, pu dispensare nella legge umana, il
che commisurazione della legge comune ai singoli.

Quest. 98. Legge di Mos. 1. La legge di Mos bench


fosse imperfetta, era buona, perch era conforme alla
retta ragione;
2. e, bench fosse imperfetta, proveniva da Dio, e non
dal principio del male, perch era ordinata al suo figlio
Ges Cristo, Signor nostro;
3. fu per data per ministero degli Angeli, perch a Dio
doveva essere riservato di dare immediatamente la legge
perfetta.
4. Doveva essere data al popolo ebreo solamente, perch conveniva che quel popolo, da cui doveva nascere
Cristo, si distinguesse per santit;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. perci alla legge di Mos non erano obbligati tutti gli


uomini, eccetto in ci che essa ha della legge naturale;
6. convenne poi che la legge scritta fosse data soltanto al
tempo di Mos, affinch luomo si convincesse della sua
ignoranza e della sua impotenza.

Quest. 99. Precetti della legge di Mos. 1. La legge di


Mos aveva precetti molteplici e unit di scopo: lamore
di Dio e del prossimo.
2. La legge di Mos conteneva anche precetti morali
per la santificazione del popolo, che si riannodavano ai
dieci comandamenti;
3. conteneva anche precetti cerimoniali, che indirizzano luomo a Dio col debito culto;
4. conteneva inoltre precetti giudiziali, riguardanti:
lamministrazione della giustizia, per mettere gli uomini
in buona relazione fra loro e con Dio.
5. La legge stessa distingue solo i precetti, le cerimonie
e i giudizi; perci le altre disposizioni sono per ladempimento della legge:
6. conteneva poi minacce e promesse di bene temporale
per indurre quegli uomini imperfetti a osservarla.

Quest. 100. I precetti morali della legge di Mos. 1. I


precetti morali della legge di Mos avevano per principio
la legge naturale, perch il bene morale bene di ragione.
2. Essi riguardavano tutti gli atti di virt, perch
proibivano tutti i peccati,
3. ed erano contenuti nel Decalogo o come conclusioni
di principii o come principii di conclusioni.
4. I precetti del Decalogo sono convenientemente distinti da S. Agostino in 3 precetti che riguardano Dio e 7
che riguardano il prossimo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. I dieci comandamenti mettono luomo nella dovuta


relazione con Dio e col prossimo; proibendo ogni offesa di
opera, di parola, di sentimento sia a Dio che ai prossimi e
congiunti e non congiunti: il loro numero quindi giusto:
6. e sono anche disposti nel debito ordine, perch
cominciano da ci che pi grave prescrivendo fedelt,
riverenza e culto a Dio e proscrivendo ogni danno alla
persona, alla roba e allonore del prossimo.
7. La legge di Mos essendo data a un popolo bambino
aveva una sanzione temporale di prosperit e di avversit.
8. Nei dieci comandamenti, poich rappresentano la
precisa intenzione del legislatore, non si pu dispensare;
dispensare si pu solo circa la pratica determinazione di
essi.
9. Compiere il precetto in modo virtuoso, ossia con
scienza con proposito e con costanza, pu la legge esigerlo quando pu punirne la mancanza; la scienza la esigono la legge divina e anche la legge umana; il proposito pu esigerlo solo la legge di Dio che vede il cuore; la
costanza non la esige n legge umana n la legge divina,
perch nessuna pena comminata a chi p. es. onora i
genitori anche se non lo fa per virt.
10. neanche il modo della carit, cio il compiere il precetto per spirito di carit, nonostante il precetto positivo della carit, imposto dalla legge divina, altrimenti chi
non ha la carit peccherebbe pur facendo opere buone.
11. Alla legge appartenevano anche altri precetti morali oltre il decalogo, ordinati alla purezza dellanima; anchessi per erano riducibili al decalogo o come conclusioni o come determinazioni di esso.
12. I precetti morali della Legge Antica non santificavano, ma indicavano la santificazione e a essa disponevano.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 101. Precetti cerimoniali. 1. I precetti cerimoniali


sono determinazioni dei precetti morali che riguardano
Dio; sono perci quelli che spettano al culto di Dio.
2. I precetti cerimoniali della Legge Antica erano
figurativi di Cristo che ci guida al Cielo; ossia erano
ombre dellimmagine che qui abbiamo della vita futura.
3. I precetti cerimoniali dovevano essere molti, perch
avevano il compito di reprimere il male nei cattivi e di
promuovere, il bene nei buoni.
4. Le cerimonie del culto antico riguardavano distintamente i sacrifici del culto; le cose sacre o strumenti del
culto; i sacramenti o mezzi di santificazione; e le osservanze o segni distintivi del popolo eletto.

Quest. 102. Cause dei precetti cerimoniali. 1. I precetti


cerimoniali furono fissati dalla sapienza di Dio, per ci
convien dire che avevano finalit ed erano ragionevoli.
2. Causa finale di tali precetti cerimoniali era che
fossero figurativi del Messia venturo, perci contenevano
un senso mistico, oltre il senso letterale.
3. Le cerimonie dei Sacrifici nel senso letterale avevano
la finalit di indirizzare le menti a Dio e di rimuovere gli
animi dallidolatria; e nel senso figurativo, avevano la finalit di adombrare la volontaria passione e immolazione
del Cristo.
4. Le cerimonie che riguardavano le cose sacre avevano
lo scopo di indurre negli animi il concetto della maest
di Dio perch sia venerato, e di rappresentare qualche
somiglianza del Cristo; perci le cose sacre dovevano
tutte essere speciali.
5. Le cerimonie dei sacramenti, istituiti per la santificazione del popolo e specialmente dei ministri, miravano a
stabilire lo stato del culto, luso di ci che appartiene al
culto e la rimozione di ci che ne impedimento e que-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

sto ottenevano sia nel loro senso letterate, sia nel senso
figurativo del Cristo.
6. Le cerimonie delle osservanze riguardavano tutto il
popolo eletto, ma in modo particolare i sacerdoti, allo
scopo che anche nella convivenza sociale si mostrassero
adoratori del vero Dio e prefigurassero la vita cristiana.

Quest. 103. Durata dei precetti cerimoniali. 1. Anche


prima della legge di Mos cerano cerimonie, quelle per
non erano di istituzione divina promulgata da Mos.
2. Le cerimonie dellAntica Legge purificavano per loro virt dalle immondezze corporali, ma dal peccato purificavano per virt di Cristo, come implicite protestazioni
di fede in Lui.
3. Esse cessarono di aver valore alla morte di Cristo,
con cui la Vecchia Legge cess,
4. tuttavia furono per alcun tempo conservate, come
dopo morte per alcun tempo piamente si conserva un cadavere: ma in s non si possono conservare senza peccato,
perch rappresentando esse il Cristo venturo, darebbero una protestazione di fede non in Cristo gi venuto e
morto per noi, ma in Cristo ancora da venire.

Quest. 104. Legislazione sociale mosaica. 1. I precetti


giudiziali sono determinazioni dei precetti morali che
riguardano il prossimo, e la loro natura che hanno forza
di obbligare non solo per la ragione, ma anche per divina
istituzione.
2. I precetti della legge sociale erano direttamente
ordinati a stabilire la giustizia; indirettamente per erano
figurativi, perch tutto lo stato del popolo Ebreo era
preparazione di Cristo,

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. e perch erano figurativi di Cristo, cessarono di aver


vigore alla venuta di Cristo in ci che avevano di figurativo
del Cristo;
4. essi si distinguevano secondo lordine cui si riferivano
e che riguardava i principi, i cittadini, gli stranieri e i
famigliari.

Quest. 105. Ragionevolezza di tale legislazione.


1. La legislazione sociale mosaica importava un ottimo
ordinamento governativo, perch esso era monarchico
aristocratico democratico: infatti il principe suscitato
da Dio era assistito da 72 seniori e questi venivano eletti
dal popolo fra il popolo.
2. Essa importava un ottimo ordinamento sociale assicurando una saggia amministrazione della giustizia e un
ben regolato regime della propriet terriera. Infatti essa
stabiliva:
a) una primitiva divisione dei terreni per testa;
b) la ricostituzione di quella primitiva divisione ogni
cinquantanni col giubileo;
c) il correttivo alle possibili deviazioni e concentrazioni di patrimonio per diritto ereditario proibendo alle donne ereditiere di contrarre matrimonio fuori trib.
Era provvisto anche per i poveri, perch a loro era concesso di saziarsi sul campo altrui e di spigolarvi e per di
pi era riservato a loro il prodotto di ogni settimo anno. Era provvisto per gli operai, perch si doveva loro
pagare giornalmente la mercede.
3. Essa regolava le relazioni internazionali stabilendo
debiti riguardi coi pellegrini, coi viaggiatori e coi residenti stranieri in tempo di pace e fissava il regime di guerra per cui la guerra doveva essere preceduta dallultimatum e dallofferta di pace; iniziata, doveva essere condotta fortemente colla fiducia in Dio; il timido e chi aveva
forti interessi sarebbe stato un impedimento e si doveva

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

lasciare a casa; della vittoria si doveva fare un uso moderato.


4. Essa infine importava un ottimo ordinamento della
societ domestica sia coniugale che paterna, o padronale,
mirando al rispetto della vita tanto come conservazione
dellindividuo, quanto come conservazione della specie.

Quest. 106. La legge evangelica. 1. Per legge nuova


sintende anzitutto la stessa grazia della Spirito Santo
scritta nei cuori; si intende anche, ma in secondo luogo,
la legge scritta, che alla grazia dispone:
2. nel primo senso rende giusti, nel secondo no, quindi:
lo spirito vivifica, non lo scritto.
3. La legge nuova non conveniva che fosse data fin
dal principio del mondo, perch, essendo legge perfetta,
doveva essere preceduta dalla imperfetta e sopra tutto
occorreva che luomo riconoscesse il suo bisogno della
grazia.
4. La legge nuova e gi perfetta, quindi non attende
altra perfezione e durer tale fino alla fine del mondo.
* Essa opera di Cristo e anche del Padre e dello
Spirito Santo; perci non da aspettarsi il tempo dello
Spirito Santo.

Quest. 107. Confronto fra la legge nuova e la legge


vecchia. 1. La legge nuova, che legge damore e
di perfezione, diversa dalla legge vecchia, che legge
di timore e di preparazione, bench eguale delluna e
dellaltra sia il fine.
2. La legge nuova compie la vecchia, perch compie
quanto la legge vecchia prometteva e ne attua le figure,
dando la Redenzione ed il Cristo, che complet la legge dandone la intelligenza, precisandone i precetti ed aggiungendo i consigli.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. La legge nuova era contenuta nella legge vecchia,


perch vi era in potenza, come lalbero nel seme, essendo
luna la perfezione dellaltra.
4. La legge vecchia era pi pesante per il numero dei
precetti. Ma la legge nuova pi difficile perch riguarda
anche linterno.

Quest. 108. Precetti della legge nuova. 1. Non dovevano mancare nella legge nuova gli atti esterni di sacramenti da riceversi, di virt da praticarsi, per cooperare alla
Grazia di Ges Cristo che opera nel nostro interno.
2. Le disposizioni della legge nuova circa gli atti esterni di uso dei sacramenti e di esercizio di virt sono sufficienti perch a essa non spettava che determinare, comandando o proibendo, i sacramenti e i precetti morali
relativi a quelle che sono naturalmente virt.
3. poi perfetta nella legge nuova linformazione
cristiana della vita interiore; giacch nel discorso della
montagna Ges Cristo, dopo promulgate le beatitudini e
costituita la dignit apostolica, stabilisce luomo quanto
al suo interno in perfetto ordine colle cose, col prossimo,
con Dio.
4. La legge di Ges Cristo liber gli uomini dalla farragine di precetti cerimoniali e giudiziali della Legge di
Mos, perci detta legge di libert, conveniva quindi
che la professione di perfetta virt: castit, povert, obbedienza, fosse proposta e inculcata a modo di consiglio.

Quest. 109. Della grazia. 1. Certamente se Dio


non ci avesse data e non ci conservasse la ragione e non
le movesse allatto, nulla potremmo conoscere; questo
lume naturale basta da se per conoscere verit di ordine
naturale che sono intelligibili per mezzo di cose sensibili.
Per cose, invece, pi alte lintelletto nulla pu senza un

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

lume particolare, per esempio, il lume di fede in questa


vita, il lume di gloria nellaltra.
2. Prima del peccato luomo aveva forza sufficiente
per il bene proporzionato alla sua natura; non per per il
bene di ordine soprannaturale: dopo il peccato come
un ammalato, e non ha forze sufficienti n per il bene
soprannaturale n per tutto il bene naturale e abbisogna
di un doppio aiuto divino: uno sanante, laltro operante,
oltre al movente, necessario sempre.
3. Amare Dio sopra tutte le cose avrebbe luomo potuto
nello stato di natura integra, non ancora cio corrotta
e nemmeno elevata allordine soprannaturale perch
ci era naturale a lui come anche a tutte le cose, che
tendono allultimo fine; abbisognava soltanto della grazia
movente; ma per far ci nello stato di natura corrotta
luomo anzitutto ha bisogno della grazia sanante.
4. Osservare tutti i comandamenti senza la grazia poteva luomo prima del peccato, non pu farlo dopo il peccato senza la grazia sanante; fare peraltro ci per amore
di Dio senza la grazia non lo poteva neppure prima,
5. e neppure la vita eterna egli poteva meritare senza
la grazia; perch essa supera le forze naturali.
6. Stato necessario per disporsi a fare buone opere e
meritare con queste Iddio la grazia santificante: ma per
disporsi ad acquistarla necessaria una grazia di Dio che
ispiri il buon proposito, perch ci che primo muove
la volont il fine, qui il fine supera le forze naturali;
occorre perci una mozione speciale:
7. altrettanto la grazia necessaria per risorgere da un
peccato commesso, e ci tanto pi che Iddio deve ridare
la grazia santificante, raddrizzare la volont e rimettere
la pena eterna, per riparare i danni del peccato.
8. In istato di natura integra luomo poteva evitare i
peccati mortali e veniali per la generale provvidenza di
Dio conservatore; in istato di natura riparata, pu evitare i
peccati mortali e anche ogni singolo peccato veniale, non

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per tutti i veniali; in istato invece di peccato la fragilit


non solo pei veniali, ma anche per mortali cos grande,
che non si pu durare molto tempo senza commetterne,
perch il loro peso trascina.
9. Astenersi dai peccati parte negativa, quanto alla
parte positiva fare cio opere buone e prevenire il male
date la concupiscenza e lignoranza che restano, cosa
per la quale anche i giusti hanno bisogno della grazia
attuale:
10. e una grazia attuale di ordine speciale necessaria al
giusto per essere stabile nella grazia contro il complesso
di tutte le tentazioni ed la perseveranza finale.

Quest. 110. In che consiste la grazia. 1. Quando


Dio, non per lamore per cui ama tutte le cose, ma per
un amore speciale eleva una creatura razionale sopra la
sua condizione a partecipare del bene di Dio, d a lei la
grazia santificante e questa conferisce alluomo uno stato
nuovo.
2. In proporzione di tale elevazione Dio conferisce
anche una abituale inclinazione a conseguire il bene soprannaturale, e questa inclinazione o grazia abituale una
qualit.
3. Questa qualit lume di grazia distinta dalle
virt infuse che sono da quel lume derivate e a questo
lume indirizzate.
4. Appunto perch c prima delle virt, se le virt
appartengono alle potenze, essa appartiene allessenza
dellanima, che delle potenze principio.

Quest. 111. Divisione della grazia. La grazia si distingue in grazia che fa luomo gradito a Dio ed la grazia
santificante, e grazia gratuitamente concessa, e sono i doni che superano la facolt e i meriti della nostra persona

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

e ci fa cooperatori della salute altrui: p. es. il dono dei


miracoli.
2. La volont umana non pu muoversi al bene se non
riceve il moto da Dio: ecco la grazia operante; gi mossa
al bene non pu, comandando alle facolt, compierlo se
Dio non sorregge e la volont e le facolt: ecco la grazia
cooperante.
3. La grazia, per ragione degli effetti, sta con questo
ordine: 1. sana; 2. opera; 3. coopera; 4. d perseveranza; 5. glorifica. Ciascuna sussegue a quella che prima, previene quella che dopo: cos si distingue in preveniente e susseguente.
4. Le grazie gratuitamente concesse ci fanno cooperatori di Dio nella salute del prossimo; per questo compito necessario conoscere intimamente le cose divine, poterle provare, saper bene proporle: le grazie gratuite sono
perci convenientemente ed ordinatamente noverate da S.
Paolo cos: spirito di sapienza, di scienza e di fede; grazia di guarigioni, di portenti, di profezia e di scrutazione
delle coscienze; dono dei linguaggi e dono dei discorsi.
5. La grazia santificante per, che direttamente ci indirizza allultimo fine, supera la grazia gratuita, perch questa ci indirizza solo a ci che preparatorio dellultimo
fine.

Quest. 112. Autore della grazia. 1. La grazia una


qualche partecipazione della natura divina; pu venire
quindi soltanto da chi ha natura divina, da Dio.
2. La grazia abituale che qualit, forma, la quale
non pu sopravvenire che a materia disposta a riceverla,
esige da parte delluomo la disposizione; ma per la grazia
attuale movente non ci pu essere da parte delluomo
disposizione che prevenga lazione di Dio; invece tutto
proviene da Dio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Quando Iddio inizia una azione di grazia, certo


che anche la continua, purch il libero arbitrio delluomo non la contrasti, quindi a chi fa ci che sta in lui Dio
non nega la sua grazia, per il libero arbitrio che la asseconda non pu darsi il merito di pretenderla, perch
sempre azione che supera le esigenze e le facolt naturali
delluomo.
4. Grazia, chi ne ha pi e chi ne ha meno e questa
variet di grazie fu disposta da Dio per bellezza della
Chiesa.
5. Se Dio non lo rivela, nessuno pu sapere con certezza
di avere la grazia, perch essa dipende totalmente ed
esclusivamente da Dio; se ne possono per avere indizi.

Quest. 113. Effetti della grazia. 1. La giustificazione


dellempio importa moto da contrario a contrario e cio
remissione del peccato e acquisto della giustizia; prende
poi nome da questa, perch pi importante.
2. Il peccato reca a Dio offesa; loffesa non viene
rimessa se Dio non ci rid la sua pace, che consiste nel
suo amore: effetto di questo amore la grazia che ci
rende degni della vita eterna, perci non sintende la
remissione della colpa se non collinfusione della grazia.
3. Dio d la giustificazione movendo luomo ad acquistarla; e siccome egli muove tutte le cose secondo la loro
natura, e luomo ha per natura il libero arbitrio, il moto
delluomo sempre di libero arbitrio.
4. Per acquistare la giustificazione lempio si rivolge
colla mente a Dio; questo primo rivolgersi colla mente a
Dio si fa colla fede, quindi per la giustificazione occorre la
fede.
5. Lempio che di libero arbitrio si rivolge a Dio per la
giustificazione, deve altrettanto di libero arbitrio staccarsi
dal peccato colla detestazione e il proposito, perch Dio
e peccato sono termini antitetici.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Questo moto di distacco dal peccato, di odio al


peccato, viene completato dalla remissione della colpa da
parte di Dio, anchessa quindi fa parte della giustificazione
dellempio.
7. La giustificazione nelle sue varie parti avviene in un
solo istante, perch opera della potenza infinita di Dio;
8. tuttavia per ordine naturale la prima cosa la infusione della grazia, perch questa che caccia la colpa e la
pena.
9. Considerato il modo di operare, la Creazione,
che dal nulla, pi grande della giustificazione di un
peccatore; ma questa, per il suo termine che il bene
soprannaturale, maggiore della Creazione, che ha per
termine cose di ordine naturale.
10. Dio solo pu operare la giustificazione di un peccatore, essa quindi pu per questo dirsi un fatto miracoloso; non per tale dal lato della capacit naturale, perch lanima non come un cadavere che non ha capacit naturale di vita; essa ha una naturale capacit della
grazia; infine un fatto solito e non gi straordinario.

Quest. 114. Del merito. 1. Merito, in senso di mercede


dovuta per giustizia, ci pu essere per coloro fra i quali
c eguaglianza; fra Dio e luomo non c eguaglianza,
perci merito presso Dio c solo se Dio ha disposto che
luomo consegua come mercede quello a che egli stesso
lo aiuta.
2. Senza aiuto di grazia luomo non avrebbe potuto
meritare la vita eterna neppure prima del peccato; perch la vita eterna supera le forze naturali e per essa ci
vuole quindi un moto, un impulso superiore; tanto meno quindi dopo il peccato e col peccato.
3. Luomo per la sostanza delle opere buone e per il
libero arbitrio non pu aver merito di giustizia, ma solo
di convenienza per la vita eterna; per per effetto della

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

grazia santificante, che lo eleva alleguaglianza con Dio,


pu aver merito di giustizia. lo Spirito Santo che opera
in lui.
4. Principio di merito pi che le altre virt la carit,
che indirizza a Dio e rende volonterosi.
5. Nessuno pu meritare la prima grazia, quella che
muove luomo alla giustificazione, perch chi ne abbisogna in stato di peccato e non pu meritare; se fosse
giusto e potesse meritarla, pi non avrebbe bisogno della
prima grazia.
6. Ges Cristo come capo della Chiesa pu meritare di
giustizia la prima grazia per gli altri; i giusti invece possono meritarla solo di convenienza, e questo in proporzione
della loro amicizia con Dio.
7. Nessuno pu assicurarsi la conversione dopo un
peccato futuro, perch quel peccato lo priva del merito
di giustizia e diventa un obice al merito di convenienza;
8. si pu invece meritare anche di giustizia laumento
della grazia, che non se non progresso nella via in cui
uno si trova per giungere al fine.
9. La perseveranza finale non effetto della grazia, ma
piuttosto principio e causa della grazia, perci nessuno
pu conseguirla come effetto del suo stato di grazia, Dio
la d gratis a chi la d.
10. Termine del merito la vita eterna: se i beni
temporali giovano alla vita eterna, sono oggetto di merito,
se no, strettamente parlando, no.
Sez. Seconda

Quest. 1. Le Fede. 1. Loggetto della nostra fede la


prima verit, cio Dio; esso loggetto e insieme il motivo
della nostra fede; va detto quindi che della Fede Egli
loggetto e materiale e formale.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Dio, oggetto materiale della nostra fede, un oggetto complesso da parte dei credenti, perch lintelletto nostro pu formularne gli articoli soltanto procedendo con
affermazioni o negazioni, ma non un oggetto complesso
da parte di Dio, perch Dio semplice.
3. Dio loggetto formale della fede, cio il motivo per
cui crediamo; la fede perci non poggia sul falso, perch
Dio, che illumina la nostra fede, non pu farci vedere il
falso.
4. Fede si ha delle cose che non appariscono, perci
oggetto della fede non ci che lintelletto da s intende,
ma ci cui esso si piega per comando della volont;
5. perci una stessa verit non pu essere oggetto e
dellintendimento e della fede nello stesso tempo e per
il medesimo soggetto, pu invece esserlo per soggetti
diversi: quello tuttavia che vien proposto da credere
comunemente non inteso dagli intelletti.
6. Vengono distinte in articoli le verit da credere,
perch, come nel nostro organismo distinguiamo gli arti,
cos, conviene al nostro intelletto che anche nelloggetto
della Fede, il quale per lui complesso, distinguiamo
tanti piccoli arti, o articoli.
7. Lungo il corso dei secoli gli articoli di Fede crebbero
ma non quanto alla sostanza, bens quanto al loro svolgimento e quanto alla professione esplicita dei Fedeli.
8. La Chiesa poi ha distintamente formulato gli articoli
della Fede nella Divinit e della Fede nellumanit di G.
C.,
9. ed ha operato opportunamente riunendoli nel Simbolo.
10. Sul Simbolo per, trattandosi di cosa che riguarda
tutta la Chiesa, ha competenza chi il Capo di tutta la
Chiesa, cio il Papa.

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Quest. 2. LAtto di Fede. 1. Credere pensare


con assenso e precisamente con assenso fermo, altrimenti
sarebbe o dubitare, o sospettare, o opinare.
2. Le espressioni: credo Deum, credo Deo, credo in
Deum, indicano una loggetto materiale, laltra loggetto
formale, la terza loggetto finale della Fede.
3. Se fede si ha di ci cui la mente da s non arriva e se
poi senza fede non si pu piacere a Dio, necessario credere in qualche cosa, che supera la ragione umana. La Fede infatti ci ammaestra in ci che guida alla visione beatifica, la quale di natura superiore alla natura umana.
4. Anzi, parlando in generale, si deve dire che la Fede
necessaria anche in ci, a cui la Ragione potrebbe da s
arrivare, come lesistenza di Dio; perch solo cos tutti,
subito e senza errori arrivano alla cognizione della verit
divina.
5. Le prime cose da credersi, cio gli articoli di Fede,
si devono credere esplicitamente, invece le cose che hanno relazione secondaria colla Fede basta crederle implicitamente.
6. I superiori poi, che devono istruire gli inferiori, devono credere esplicitamente pi cose che non gli inferiori.
7. Dalla venuta di G. C. in poi la fede esplicita dellIncarnazione necessaria a tutti per salvarsi,
8. ed egualmente necessaria la Fede, esplicita della
Trinit, perch collIncarnazione fu resa a tutti manifesta.
9. Credere meritorio, perch un atto libero, che
asseconda la mozione della grazia;
10. la ragione poi accresce il merito se si volge a
illustrare la verit della Fede, ma la diminuisce se essa
che induce lintelletto a credere.

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Quest. 3. Professione della fede. 1. La professione


esterna della Fede atto di Fede, essendo termine della
Fede, cos come la parola termine del pensiero.
2. La professione della Fede necessaria per salvarsi,
essa per , come ogni altro precetto positivo, che obbliga, ma non per ogni momento, sibbene per quelle date
circostanze.

Quest. 4. Virt della Fede. 1. Le parole dellApostolo: Fede sostanza di cose sperate e argomento delle
non parventi , bench non siano una definizione formale della Fede, ricavata cio dal genere prossimo e dalla
differenza specifica, tuttavia ne sono una definizione descrittiva, desunta dal suo oggetto, la visione cio beatifica iniziantesi colla fede, e dal suo effetto, lassenso cio
dellintelletto alle cose non apparenti.
2. La Fede sta, come in suo soggetto, nellintelletto,
perch il credere atto dellintelletto, avendo il credere
per oggetto la verit ed avendo la verit rapporto collintelletto; e la Fede principio del credere.
3. La Carit poi la forma della Fede, giacch la forma
ci che rende perfetto ed la carit che rende perfetta
la Fede, la quale opera per amore:
4. e poich la carit, che la forma della Fede, appartiene alla volont anzich allintelletto cos pu darsi che
la Fede si trovi in un intelletto unito a una volont priva della Carit e della grazia e sia cos una Fede imperfetta, informe, e che riesca poi una Fede formata e perfetta,
quando cio la volont conseguisca la carit, cio la grazia; e pu darsi pure che una Fede prima formata, poi sia
informe.
5. Vera virt soltanto la Fede formata, perch essa
soltanto principio di atti perfetti.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. La Fede, da parte degli uomini che la posseggono,


molteplice, ma da parte di Dio, che ne loggetto,
unica ed eguale per tutti.
7. La Fede per s la prima virt, perch il principio
della vita spirituale e non si pu amare Dio, ultimo Fine,
n sperare in Lui, se non lo si conosce per Fede; accidentalmente per, siccome senza umilt non c Fede, cos si
pu dire che la prima virt lumilt.
8. La Fede ha maggiore certezza della scienza, della
sapienza e dellintelletto, sia da parte della sua causa,
che il Verbo di Dio; sia da parte dellassenso, perch
lassenso della Fede fermo.
5. Chi ha Fede? 1. Gli Angeli e gli uomini furono
creati in grazia e perci ebbero la Fede, che inizio e
preparazione alla visione beatifica.
2. Fede, che assenso dellintelletto sotto limpero della volont, ne hanno anche i demoni, costrettivi dallevidenza dei segni, ma la loro una fede forzata che a loro
dispiace.
3. Chi nega fede anche a un solo articolo della Fede,
degli altri articoli non ha nemmeno la Fede informe,
perch con ci rigetta lo stesso oggetto formale della
Fede, cio lautorit della Chiesa, che procede da Dio;
e perci degli altri articoli leretico pu avere soltanto
unopinione secondo la propria volont.
4. Uno pu avere pi Fede degli altri sia quanto al numero degli articoli, sia quanto alla fermezza dellintelletto e alla prontezza della volont.

Quest. 6. Chi causa la Fede? 1. Dio che infonde


la Fede: Egli causa in noi la Fede quanto alloggetto
materiale, perch Dio che rivela le verit da credersi;
ed Egli causa in noi la Fede anche quanto allassenso
della mente, perch esso proviene dalla volont, mossa

Storia dItalia Einaudi

158

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per dalla grazia, e non gi dal solo libero arbitrio come


pretesero i Pelagiani.
2. La stessa Fede informe dono di Dio, perch anche
essa Fede e, se informe, lo per un difetto; non
intrinseco, ma estrinseco, per la mancanza cio di Carit
della volont.

Quest. 7. Effetti della Fede. 1. Effetto della Fede


il timore; ed in particolare il timore servile effetto
della Fede informe che fa temere la punizione di Dio,
Giudice; il timore figliale effetto della Fede formata
che fa temere la separazione da Dio, Sommo Bene.
2. Effetto della Fede anche la purificazione del cuore,
perch, se impurit mescolanza con cose pi basse, purificazione sar il contrario, e di questa il primo principio
la Fede, la quale ci innalza fino allunione con Dio.

Quest. 8. II dono dellIntelletto. 1. LIntelletto un


dono dello Spirito Santo, perch esso quel lume della
mente per cui si penetra nella considerazione delle cose
soprannaturali, alle quali la forza naturale della mente
non arriva.
2. Il dono dellIntelletto non incompatibile colla Fede,
perch esso si esercita intorno ai misteri, come la Trinit,
non per capirli, ma per ammirarne la consistenza degli
argomenti di fronte alla inanit delle obiezioni; ovvero
si esercita intorno a cose che non sono di fede, ma
hanno ordine alla Fede, come sarebbe una conoscenza
profonda della Scrittura.
3. Il dono dellIntelletto non solo speculativo, ma
anche pratico perch esso si esercita anche in tutto ci
che ha ordine colla Fede e ordine colla Fede lo hanno
anche le buone opere.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Il dono dellIntelletto lo posseggono tutti quelli che


hanno la grazia, perch nessuno pu essere indirizzato
perfettamente al bene soprannaturale senza la considerazione di questo bene e in tale considerazione sta appunto il dono dellintelletto.
5. Il dono dellIntelletto perci non si pu trovare, se
non impropriamente, in chi non ha la grazia santificante,
perch non pu dirsi che uno segue pienamente le mozioni, che lo Spirito Santo gli fa sentire, se ha il cuore
distolto dallultimo fine.
6. Il dono dellIntelletto si distingue dagli altri doni
e perch appartiene alla potenza conoscitiva, anzich
allappetitiva, e perch detta potenza conoscitiva una
funzione speciale, la penetrazione cio della verit della
Fede.
7. Per la visione di Dio occorre e lintelletto e la
mondezza del cuore: allIntelletto quindi corrisponde la
6. beatitudine.
8. E al dono dellIntelletto corrisponde anche la Fede
nei suoi frutti, che sono la certezza in questa vita e il
gaudio nellaltra.

Quest. 9. Il dono della Scienza. 1. La Scienza un dono


dello Spirito Santo, perch, come nelle cose materiali
per lassenso della mente occorre, oltre allintelletto per
capire ci che proposto, anche la scienza per giudicare
se si deve o no prestare lassenso, cos anche nelle cose
soprannaturali occorre, oltre lintelletto, anche la scienza
per discernere le cose che sono da credersi da quelle che
tali non sono.
2. La Scienza vale a formulare un giudizio certo;
giudizio certo quello che si fa in base alle cause, perch
come la causa prima causa delle cause seconde, cos
rettamente si giudica delle cause seconde in base alla
causa prima. Della causa prima, cio Dio, non si pu

Storia dItalia Einaudi

160

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

giudicare che per se stessa, e questa sapienza, ossia


cognizione delle cause altissime: delle cause seconde, cio
delle cose del mondo, si giudica invece rettamente in base
alla causa prima, cio Dio; e questa scienza, distinta
dalla sapienza.
3. La Scienza principalmente speculativa, perch fa
che sappiamo cosa si deve tenere per Fede, ma anche
pratica, perch la Fede ci indirizza nelle opere allultimo
fine.
4. Al dono della Scienza corrisponde la 3. beatitudine: Beati coloro che piangono, perch ci fa conoscere di
quanto inciampo ci sono le cose del mondo nel cammino
spirituale.

Quest. 10. Gli infedeli. 1. Un infedele in peccato se


infedele, perch rigetta la Fede che gli viene predicata;
ma non in peccato se infedele, perch della Fede non
ha mai sentito parlare. La sua piuttosto una disgrazia,
effetto del peccato di Adamo.
2. Come il credere atto dellintelletto, cos la mancanza di fede appartiene allintelletto, come a suo soggetto; ma appartiene anche alla volont, come a causa motiva.
3. Negare la fede il peccato che pi ci allontana da
Dio; per fra i tre peccati: infedelt, disperazione e odio
di Dio, i quali sono i pi gravi di tutti, perch sono
opposti alle virt teologali, il pi pernicioso per noi la
disperazione della salute.
4. Non si pu dire che ogni opera degli infedeli, anche
le elemosine, siano peccati, perch vero bens che linfedelt peccato, il peccato per corruttivo del bene soprannaturale, ma non corruttivo anche di tutto il bene
naturale. Tuttavia tali opere, bench naturalmente buone, non essendo fatte in grazia non sono meritevoli di vita eterna.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. Linfedelt rispetto alla Fede di 3 specie: quella


dei pagani, che resistono alla Fede, che non hanno mai
ricevuta; quella degli ebrei che resistono alla Fede ricevuta e professata, ma solo in figura; quella degli eretici,
che resistono alla Fede ricevuta e professata, ma solo in
parte.
6. Quanto alla pervicacia nel resistere alla Fede, gli
eretici sono pi rei degli ebrei e questi pi dei pagani
e bench, quanto alla verit della Fede, errino i pagani
pi degli ebrei e questi pi degli eretici, assolutamente
parlando linfedelt peggiore quella degli eretici.
7. Le dispute pubbliche con gli infedeli, pu farle
chi fermo nella Fede e le fa a titolo di esercizio o di
apostolato; pecca invece chi, non essendo fermo nella
Fede, la fa per vedere se la Fede vera: parimenti si
possono fare davanti a fedeli che sono dotti e fermi nella
Fede; ma non si devono fare davanti a fedeli che sono
persone semplici e la cui Fede viene messa a repentaglio,
perch gli infedeli e i cattivi approfittano della disputa e
del contradittorio per insidiarla.
8. Chi nega la Fede, se fu battezzato, pu essere
costretto a mantenere le promesse battesimali; invece
contro chi non battezzato non si pu agire se non a
titolo di difesa.
9. Trattare cogli infedeli si pu se non c pericolo di
perversione, purch non si tratti di scomunicati, che si
devono per precetto evitare.
10. Mettere i fedeli sotto la giurisdizione di infedeli non
si pu; per non si pu nemmeno privare un infedele di
una giurisdizione che ha gi, per il fatto che infedele.
11. Il regime umano deve imitare il governo di Dio
che lascia al mondo anche i cattivi, perci il culto degli
infedeli si pu tollerare a titolo di evitare mali maggiori,
o di non impedire beni maggiori o per qualche bene
particolare, come sarebbe la testimonianza che vien data
alla Fede dal culto degli ebrei.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

12. I figli degli infedeli, quando i genitori ne siano


contrari, non si possono battezzare prima delluso della
ragione, e dopo luso di ragione si possono indurre, ma
non costringere al battesimo.

Quest. 11. Leresia. 1. La falsit opposta alla verit;


eretico colui che a suo capriccio propone o segue
leresia opinioni non conformi alla Fede e quindi false;
perci contraria alla Fede ed una specie di infedelt.
2. Leresia contraria alla Fede o direttamente, cio
negli articoli stessi della Fede, o indirettamente, cio nei
presupposti necessari degli articoli di Fede e nelle verit
intimamente connesse colle verit della Fede; p. es.
limmortalit dellanima un presupposto dellarticolo:
Vita eterna.
3. Gli eretici per s non meritano tolleranza civile,
perch falsare la Fede peggio che falsare i documenti
e la moneta: ma la Chiesa per sua misericordia deve
aspettarli e ammonirli una e due volte; non per oltre;
se Ario non fosse stato tanto tollerato, non avrebbe fatto
tanto male.
4. Gli eretici che si convertono si devono sempre ammettere alla penitenza, cos vuole la Carit che ha riguardo principale al bene spirituale del prossimo; ma ai beni
temporali, che la Carit riguarda solo secondariamente,
non si devono sempre e subito riammettere, cos volendo
lordine disciplinare.

Quest. 12. Lapostasia. 1. Luomo si unisce a Dio


collintelletto per la Fede, colla volont per losservanza
della Legge e talvolta col dedicarsi a Dio mediante il
voto. Lapostasia quindi, che allontanarsi da Dio,
triplice, perch si receda da Dio o per ragione della Fede,
e questa infedelt e si dice apostasia di perfidia, o per

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ragione dei Precetti, o per ragione del voto: in questi due


casi c apostasia, ma non infedelt, perch la fede resta.
2. In un regno cristiano se il principe diviene, apostata
non perde perci la giurisdizione sui sudditi, perch
apostasia e giurisdizione non sono cose che si escludono
a vicenda; la Chiesa per pu privarnelo e cos i sudditi
sono sciolti dal giuramento di fedelt.

Quest. 13. La bestemmia. 1. La bestemmia, che


in greco significa maledizione, una derogazione della
bont o perfezione di Dio, che compie chi bestemmia, sia
negando ci che a Dio spetta, sia attribuendogli ci che
a Dio non conviene. La bestemmia pu essere interna od
anche esterna, e questa contraria allesterna professione
della Fede.
2. La bestemmia, derogazione di quella bont divina,
che oggetto della carit, necessariamente peccato
mortale in tutto il suo genere; non ammette perci parvit
di materia.
3. La bestemmia ha in s la gravit della infedelt ed
perci peccato massimo.
4. I dannati, odiano i peccati solamente perch ne sono puniti ma, quanto a Dio, ne detestano la giustizia, perci adesso bestemmiano in cuor loro e dopo la risurrezione
anche colla bocca.

Quest. 14. La bestemmia contro lo Spirito Santo.


1. La bestemmia contro lo Spirito Santo non sta soltanto
nel dire parole contumeliose contro lo Spirito Santo,
ma anche nel peccare con malizia certa, cio volendo
appositamente il male e respingendo ci che distoglie dal
peccato;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. e poich i mezzi che distolgono dal peccato sono


sei, dalla ripulsa di quelli mezzi deriva che sono sei i
peccati contro lo Spirito Santo.
3. Fra i peccati contro lo spirito Santo la impenitenza
finale irremissibile, ed anche irrimediabile, a meno che
intervenga un miracolo della misericordia divina.
4. Il primo peccato di un uomo pu essere di malizia
certa, e quindi contro lo Spirito Santo, non per abito
precedente, perch allora non sarebbe il primo, ma per
speciale istigazione del diavolo.

Quest. 15. Vizi opposti al dono della Scienza e dellIntelletto. 1. La cecit della mente, se proviene, non da
difetto naturale, ma da volontaria avversione alle considerazioni spirituali e da soverchia occupazione delle cose
materiali, peccato.
2. Lebetismo o ottusit del senso spirituale diverso
della cecit della mente, perch proviene da cause diverse
e perch esso importa debolezza della mente nella considerazione delle cose spirituali, mentre la cecit ne la
perfetta privazione: anche lebetismo per peccato se
volontario.
3. Lebetismo proviene dalla gola e la cecit dalla lussuria; per lopposto la castit e lastinenza dispongono in
sommo grado alle operazioni dello spirito, perch rimuovono gli impedimenti dei vizi carnali, gola e lussuria, le
cui soddisfazioni trascinano colla pi grande veemenza.

Quest. 16. Precetti di credere. 1. Precetti di credere


non ce ne potevano essere nella Legge antica, perch non
erano allora da esporre i segreti di fede che furono poi
esposti nel Vangelo; riguardo alla Fede in un Dio solo,
il precetto di credere in Lui non potrebbe essere fatto se
non a chi gi crede in Lui e sarebbe quindi impossibile.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Vengono per convenientemente dati nel Vecchio


Testamento precetti circa la Scienza e lIntelletto, affinch siano questi ricevuti mediante linsegnamento, usati mediante la meditazione e conservati mediante il loro
ricordo.

Quest. 17. La speranza. 1. La speranza una virt.


speranza in quanto ha per oggetto Dio, quale bene
futuro, arduo, possibile collaiuto di Dio stesso, virt,
perch, conformando gli atti nostri alla regola superiore,
cio a Dio, li rende buoni e non si presta a usi cattivi.
2. Oggetto della speranza, siccome essa si appoggia
a Dio dal quale da sperarsi un bene infinito, la
beatitudine eterna. Non sappiamo precisamente in cosa
questa consista, per la concepiamo come bene perfetto.
3. La beatitudine eterna ciascuno la spera per s; ma
per lunione di carit col prossimo atto di virt sperarla
anche per altri.
4. La speranza ha per oggetto Iddio, come Bene,
e il suo aiuto per conseguirlo. Sperare negli uomini,
scambiandoli col sommo Bene, non si pu; in loro si pu
sperare soltanto quali aiuti secondari.
5. La speranza, avendo direttamente per oggetto Dio,
virt teologale.
6. La speranza si distingue dalla Fede e dalla Carit,
perch la Fede ha per oggetto Dio, quale principio di conoscenza della verit; la Carit ha per oggetto Dio, quale
termine di unione dellanima per amore; la speranza invece ha per oggetto Dio, quale principio del bene perfetto in noi.
7. La speranza conferma la Fede, ma non esiste prima
della Fede, che ci fa conoscere Dio in cui si spera.
8. La Carit viene dopo la speranza, ma da sua parte
la perfeziona.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 18. La speranza e il suo soggetto. 1. La


speranza risiede nella volont, che appetito razionale,
perch essa ha per oggetto il bene e il bene si riferisce
non allintelletto, ma alla volont, e ha per oggetto Dio
che non un bene sensibile.
2. La speranza non c pi nei beati, perch Dio non
pi per loro un Bene futuro, ma presente.
3. Speranza non ne hanno i dannati, perch conoscono
il sommo Bene, ma non come a loro possibile; c invece
nelle anime purganti, per le quali Dio futuro s, ma
possibile e ne ritraggono conforto.
4. In noi della Chiesa militante la speranza ha la dote
della certezza, purch proceda da una fede formata, resa
cio perfetta dalla carit.

Quest. 19. Il dono del timore. 1. Dio si pu temere,


non nel senso che Egli sia un male da fuggire, ma nel
senso che da Lui ci pu venire il male di qualche castigo.
2. Il timore si distingue in filiale, iniziale, servile e mondano. Il timore mondano allontana da Dio facendo temere come mali i sacrifici che il servizio di Dio comporta;
avvicinano invece a Dio il timore servile, facendone temere i castighi; il timore filiale, facendone temere loffesa, e il timore iniziale che partecipa del servile e del filiale.
3. Il timore mondano, che proviene dallamore del
mondo in opposizione a Dio, sempre cattivo.
4. Il timore servile invece in s buono, nonostante
la circostanza della servilit che cattiva, perch essa
estrinseca.
5. Il timore filiale ha per oggetto il male di colpa, e
quindi specificamente diverso dal timore servile, che ha
per oggetto il male di pena.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Il timore servile pu stare insieme colla carit quando riguarda la perdita di Dio, ma non quando parte dallesclusivo amore di se stesso.
7. Il timore principio della sapienza, di quella sapienza cio che direttiva della vita secondo le norme della
ragione divina; ma il timore servile ne soltanto dispositivo, il timore filiale ne invece radice.
8. Il timore iniziale perci differisce dal timore filiale
non sostanzialmente, una come da imperfetto a perfetto.
9. Il timore filiale un dono dello Spirito Santo, perch
ci abilita a seguirne le mozioni.
10. Col crescere della carit il timore filiale cresce, il
servile invece diminuisce.
11. Il timore filiale, che si esercita nella riverenza di
Dio, in Paradiso resta ancora, ma non vi resta il timore
servile, perch non c pi da temere la perdita di Dio.
12. Al dono del timore di Dio corrisponde la beatitudine: Beati i poveri di spirito, perch esso induce alla rinunzia degli onori e delle ricchezze.

Quest. 20. La disperazione. 1. La disperazione, derivando dal falso concetto che Dio non voglia perdonare
i peccati, contraria alla virt della speranza e perci
peccato; anzi essa induce a commettere altri peccati ed
perci non solo peccato, ma anche principio dei peccati.
2. La disperazione non dice anche mancanza di fede,
perch la fede appartiene allintelletto e la disperazione
appartiene alla volont, non si escludono quindi a vicenda.
3. La gravit del peccato sta nellavversione a Dio, talch la conversione alle creature, se non importa avversione a Dio, non peccato mortale: la disperazione, essendo
uno dei peccati contrari alle virt teologiche che ci indirizzano a Dio, uno dei pi gravi peccati; anzi essa, ben-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ch linfedelt e lodio di Dio siano in s pi gravi, per


noi la pi perniciosa.
4. Se la speranza si riferisce a un bene arduo e possibile; laccidia, che abbatte lo spirito e fa riputare il bene arduo impossibile, e la lussuria, per cui le cose divine non
si stimano pi un bene e tornano a nausea, danno origine
alla disperazione.

Quest. 21. La presunzione. 1. La presunzione


contraria alla speranza per eccesso. Essa fa pretendere
da Dio il perdono senza la penitenza e la gloria senza i
meriti ed perci contraria a Dio, per il cattivo calcolo
della sua misericordia: essa fa ritenere a noi possibile ci
che supera le nostre forze ed perci contro lo Spirito
Santo, del cui aiuto non fa nessun calcolo.
2. Come si corrispondono verit e bene, cos si corrispondono falsit e male: la presunzione corrisponde a un
falso concetto di Dio, essa quindi e male, peccato; meno
grave per della disperazione, perch di Dio pi proprio perdonare che punire.
3. La presunzione opposta direttamente pi che al
timore alla speranza, perch dello stesso genere.
4. La presunzione nasce dalla vana gloria, in quanto
si fa troppo calcolo delle proprie forze e nasce dalla
superbia in quanto si fa cattivo calcolo della misericordia
di Dio.

Quest. 22. Precetti di speranza e di timore. 1. La speranza la troviamo comandata nella Sacra Scrittura prima
per mezzo di promesse, poi per mezzo di precetti; e ci
doveva essere perch la fede e la speranza sono preamboli della legge senza le quali essa non viene accettata ed
osservata;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. e per la stessa ragione dellosservanza della legge


fu pure fatto precetto del timore filiale, insieme col precetto di amare Dio, e del timore servile insieme con la
comminazione delle pene.

Quest. 23. La Carit. 1. La Carit fra luomo e


Dio, essendo un mutuo amore col volere il bene luno
dellaltro, amicizia.
2. La carit qualche cosa di creato nellanima, perch
il moto dellanima ad amare Dio per se stesso e la potenza di fare atti, che sono soprannaturali, esigono una
inclinazione abituale che non si ha da natura.
3. Se virt seguire la retta ragione, la carit, per cui
si segue e si raggiunge Dio, che la norma suprema della
retta ragione, certamente virt.
4. La carit una virt speciale, perch riguarda Dio
come oggetto speciale, cio come oggetto di beatitudine;
5. mentre per ci sono parecchie specie di amicizia
a seconda dellintento o del vincolo, c una sola specie
di carit, perch la Bont Divina, che il suo termine,
unica.
6. La carit la pi eccellente delle virt, perch
riguarda Dio per se stesso, mentre la Fede e la Speranza
riguardano Dio per qualche cosa che da lui a noi derivi.
7. Se virt vera non c senza ordine allultimo fine,
cio al Bene infinito, senza la carit non pu esserci nessuna vera virt;
8. e poich quindi la carit indirizza le virt allultimo
fine, essa che le fa, che le forma vere virt; essa la
forma delle virt.

Quest. 24. La Carit e il suo soggetto. 1. La carit


risiede nella volont e non nellappetito sensitivo, perch
suo oggetto Dio che Bene, ma non un bene sensibile.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. La carit si risolve nella comunicazione della Beatitudine eterna; questa un bene gratuito e soprannaturale, per il quale non ci sono sufficienti le forze naturali, la carit quindi in noi non c se non viene infusa dallo
Spirito Santo;
3. ed essendo, cos, nulla la nostra capacit naturale
alla carit, lo Spirito Santo la dona a ciascuno secondo che
Egli vuole.
4. La carit pu crescere in noi, e cresce col radicarsi
sempre pi nellanima nostra e collavvicinarsi sempre
pi a Dio mediante laffetto della mente;
5. cresce adunque non per aggiunta di altra carit, ma
per aumento di grado della stessa; cio cresce intensivamente,
6. e ogni atto di carit aumenta direttamente la carit
o almeno dispone allaumento della carit.
7. La carit pu crescere allinfinito, perch partecipazione dello Spirito Santo, che amore infinito; e ne
causa operatrice Dio, la cui potenza infinita.
8. La carit perfetta quando si ama Dio quanto
amabile. Dio amabile infinitamente, noi invece abbiamo forze limitate, perci in questo senso non a noi possibile una carit perfetta. Per noi si pu dare una carit
perfetta in 3 modi: I. avere tutto il cuore sempre attualmente fisso in Dio, e questo non ci possibile se non allaltra vita; II. avere la mente solo occupata in Dio quanto lo concedono le necessit di questa vita, e questo non
comune a tutti i Santi; III. avere il cuore abitualmente
riposto in Dio cos che nulla si voglia che a lui sia contrario, e questo comune a tutti i giusti.
9. La carit di tre gradi: incipiente di chi si allontana dal peccato; profciente di chi si esercita nelle virt;
perfetta di chi tutto unito con Dio.
10. La carit come pu crescere, cos altrettanto pu
diminuire, se non in s direttamente, perch essa o c
o non c, almeno indirettamente, per disposizione cio

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

contraria, indotta o dai peccati veniali o dalla cessazione


degli atti di carit.
11. La carit, una volta posseduta si pu poi perdere,
perch lo stato di carit quaggi in noi mutabile a seconda del libero arbitrio, in quanto non siamo sempre attualmente rivolti a Dio ed allora pu occorrerci qualche
cosa che ci faccia perdere la carit.
12. La carit poi avviene che si perde anche per un
solo atto di peccato mortale. Negli abiti acquisiti un atto
contrario non distrugge labito; ma la carit, essendo un
abito infuso, dipende da Dio, la cui azione di infusione
simile allazione del sole, che cessa di illuminare se si
frappone un ostacolo che la impedisca totalmente: un
atto solo di peccato mortale una rivolta contro Dio e fa
cessare totalmente la carit che unione con Dio.

Quest. 25. Oggetto della Carit. 1. La carit si estende


a Dio e anche al prossimo, essendo lo stesso Dio la ragione
di amare il prossimo; volere cio che il prossimo sia in
Dio.
2. Chi ama il prossimo ama lamore del prossimo; il
prossimo si ama di carit, perci la carit stessa si ama di
amore di carit.
3. Se la carit ha per base la comunicazione delleterna
beatitudine, essa non si estende agli animali, perch non
ne sono capaci; possiamo per amarli per amore di carit
in quanto desideriamo che siano conservati a onore di
Dio e a utilit del prossimo.
4. Fra le cose che amiamo di amore di carit come
appartenenti a Dio ci siamo anche noi, perci dobbiamo
amare anche noi stessi per amore di carit;
5. e di amore di carit dobbiamo amare anche il nostro
corpo, perch esso viene da Dio e dobbiamo usarne in
suo servizio; ci quindi che impedisce questo, come la
colpa, dobbiamo eliminarlo.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Dobbiamo amare di amore di carit anche i peccatori,


non secondo la loro colpa, ma secondo la loro natura,
che capace di eterna beatitudine.
7. I peccatori amano se stessi, ma a differenza dei buoni che amano in s luomo interiore, perch di s stessi stimano cosa principale la natura razionale, i peccatori amano in s la natura sensitiva e corporea, perch questa stimano principale, la stimano falsamente, perci anche amano se stessi falsamente, cio si odiano: Chi ama
liniquit odia lanima sua.
8. necessario per la carit amare anche i nemici; per proprio perch sono nemici, ma perch non si devono
escludere da quellamore per cui amiamo in generale coloro che hanno la stessa nostra natura, e basta che abbiamo lanimo disposto ad amarli anche in particolare qualora si desse un caso di necessit; amarli poi in particolare anche fuori del caso di necessit carit perfetta;
9. per cui parimenti necessario non negare ai nemici
i segni comuni e generali dellamore, quando per es. si
prega per tutti i fedeli: ma non altrettanto necessario
estendere in particolare anche a loro i segni di amore che
riserviamo ai nostri amici.
10. Se la carit ha per base la comunicazione delleterna beatitudine, si devono amare di amore di carit anche
gli angeli che ne sono gi partecipi.
11. I demoni invece, come i peccatori, non si devono
amare secondo la loro colpa, ma si devono amare secondo
la loro natura, desiderando che conservino quanto da
natura hanno per la gloria di Dio.
12. Infine, sulla base della comunicazione della eterna
beatitudine, la carit vuole che nellamare seguiamo questo ordine: a) chi ne il principio, cio Dio: b) chi ne ha
partecipazione diretta, cio gli angeli e gli uomini e perci noi stessi e il prossimo: c) ci cui spetta la partecipazione indiretta, cio il nostro corpo.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 26. Ordine della Carit. 1. Nella carit, che da


Dio, principo della Beatitudine, si estende a tutto ci che
ne partecipe, c, come ci deve essere, un ordine.
2. Perci Dio, che come principio della Beatitudine ne
la parte principale, lo dobbiamo amare pi del prossimo
che ne soltanto nostro compartecipe.
3. Anzi, essendo Dio il Bene comune e il principio
fondamentale della Beatitudine di tutti e quindi anche
nostra, lo dobbiamo amare pi di noi stessi.
4. Secondo la natura spirituale, che la ragione della
partecipazione alla Beatitudine, ciascuno deve amare se
stesso pi del prossimo, perch a quella nessuno pi
prossimo di se stesso; non si devono quindi fare peccati
per liberare gli altri dai peccati;
5. e secondo la stessa natura spirituale, che la
ragione della partecipazione alla Beatitudine, ciascuno
deve amare pi il prossimo quanto alla salute dellanima
che se stesso quanto alla salute del corpo.
6. Nellordine della Beatitudine, di cui Dio il principio, alcuni ci sono pi vicini e alcuni pi lontani; dobbiamo quindi amare alcuni gi degli altri.
7. Nellordine della Beatitudine i termini della propinquit sono due: Dio e noi. Da parte di Dio dobbiamo
amare di pi quelli che a lui sono pi vicini, cio i giusti,
da parte nostra dobbiamo amare di pi quelli che ci sono
pi prossimi, come i genitori e i fratelli; il primo amore di grado proporzionato a santit mutevole; il secondo
amore di intensit proporzionato a un vincolo stabile;
8. anzi questo vincolo stesso va distinto in carnale, civile
e militare e ciascun vincolo ha relazioni e uffici che ne
dipendono e che non si devono scambiare; perci negli
uffici di natura siamo pi doverosi ai genitori, ma negli
uffici civili siamo pi obbligati verso i concittadini e negli
uffici militari verso i commilitoni. Se poi nel vincolo
distinguiamo la stabilit, prevale a tutti il vincolo carnale.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

9. Da parte di Dio, principio universale, ci sono pi


prossimi i genitori e questi si devono amare di pi; ma da
parte di chi ama si deve amare di pi il figlio e perch
quasi parte del padre e per molti altri titoli.
10. Come principio dellorigine naturale prevalente
la parte del padre, da cui si prende nome; perci per s il
padre da amarsi pi della madre, ma come cure e fatiche
prevalente la parte della madre.
11. Se per ragione di principio dellorigine si devono
amare di pi i genitori, tuttavia la moglie si deve amare di
pi per ragione dellunione matrimoniale.
12. Per ragione di origine il benefattore, che principio del bene nel beneficato, si deve amare di pi del beneficato; ma il beneficato che diviene quasi fattura nostra
ha un titolo di maggiore propinquit e per questo lo si
ama di pi.
13. In Paradiso questo ordine della carit resta quanto a
Dio, che si ama sopra ogni cosa come ultimo fine; ma
quanto a noi e al prossimo lordine cambia, perch il
migliore, come pi vicino a Dio, si ama pi di se stessi.

Quest. 27. Lamore, atto principale della Carit. 1.


Della carit, che virt e perci principio di azione, pi
proprio amare che essere amato.
2. Lamore, in quanto atto di carit, include anche
la benevolenza, ma questa soltanto atto della volont
che vuole il bene del prossimo, mentre lamore importa
anche lunione di affetto colla persona amata.
3. Dio lultimo fine di tutte le cose, la Bont in
se stessa; tutte le cose quindi le amiamo per Dio e Dio
lo amiamo in s: che se talvolta si ama Dio per qualche
beneficio, questo diventa poi disposizione ad amarlo per
se stesso.
4. Dio possiamo amarlo anche in questa vita immediatamente, perch se la nostra cognizione ci arriva media-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

tamente, non cos lamore, il quale comincia l dove la


nostra cognizione arriva,
5. Luomo pu amare Dio totalmente nel senso di
amarlo con tutto il cuore, ma non nel senso di amare Dio
quanto amabile.
6. Nellamare Dio non si deve avere una misura, un
termine: diceva S. Bernardo La causa di amare Dio
Dio stesso, e la misura amarlo senza misura, perch Dio
infinito.
7. Amare lamico certamente amare una cosa migliore del nemico; ma amare il nemico pi meritorio, perch
cosa pi difficile e lo sforzo che si fa dimostra maggiore amore di Dio, per amore del quale dobbiamo amare
amici e nemici;
8. ed pi meritorio amare il prossimo per amor di
Dio, che non amare Dio senza amare il prossimo, perch
sarebbe un amore monco.

Quest. 28. Il gaudio. 28. Effetto della carit il


gaudio spirituale, che si ha dalla presenza in noi del Bene
amato, cio dalla inabitazione di Dio in noi per la grazia
santificante, frutto della carit.
2. Questo gaudio accidentalmente pu essere unito alla
tristezza, derivante dal vedere che il Bene divino non
da tutti partecipato;
3. e questo stesso gaudio non pu essere completo se non
nellaltra vita, perch l solo nulla pi resta a desiderare
ed il gaudio quindi pieno.
4. Il gaudio non una virt distinta dalla carit, ma
un effetto della carit.

Quest. 29. La pace. 1. Pace non lo stesso che


concordia. La pace anche concordia, ma la concordia

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

non anche pace: la concordia la possono avere anche i


cattivi, ma per i cattivi non si d pace.
2. Ogni cosa tende alla pace, perch ogni cosa tende
al suo fine, per quietarvisi superando gli ostacoli che impediscono lordine naturale, e la pace appunto: quiete
nellordine.
3. La pace con Dio e cogli uomini effetto della carit,
la quale pure si estende a Dio e agli uomini.
4. La pace un atto, un effetto della carit, ma non
una virt diversa dalla carit, soggetta a un precetto
speciale.

Quest. 30. La misericordia. 1. Motivo proprio della


misericordia il male e specialmente quel male che
sofferto immeritatamente: la misericordia infatti : della
miseria altrui cordiale compassione; e non vi poi miseria
pi grande che ricevere male facendo bene.
2. il male che causa la miseria e suscita la misericordia; il male poi sta sempre in qualche difetto, perci la
ragione della misericordia sempre qualche cosa che viene
a mancare al prossimo, cui lanimo prende parte, e che si
teme possa a noi stessi venire a mancare.
3. La misericordia virt quando un moto dellanimo
regolato dalla retta ragione.
4. Supplire alle indigenze e difetti del prossimo pi
che amarlo, perci la misericordia superiore alla carit, ma questo relativamente al prossimo; perch relativamente a Dio nulla supera la carit che a Lui ci unisce.

Quest. 31. La beneficenza. 1. Fare del bene al prossimo effetto del voler bene, cio dellamare e perci la
beneficenza comunemente atto di carit: talvolta per
il fare del bene ai prossimo ha una ragione speciale ed
allora diventa una speciale virt.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Come la carit cos anche la beneficenza si deve


estendere a tutti, almeno come disposizione di animo e
purch altre ragioni non si oppongano.
3. La beneficenza atto di carit, perci ha lordine
stesso della carit, a meno che intervenga un caso di
necessit.
4. La beneficenza atto di carit, non una virt
diversa dalla carit.

Quest. 32. Lelemosina. 1. Dellelemosina il motivo


la misericordia; questa effetto della carit perci
lelemosina atto di carit.
2. Le elemosine si distinguono come le opere di misericordia: ci sono quindi elemosine corporali ed elemosine spirituali a seconda dei bisogni corporali interni ed
esterni e dei bisogni spirituali di intelletto e di volont
del prossimo.
3. Evidentemente le elemosine spirituali sono superiori
alle corporali; ma talvolta le corporali sono urgenti ed
allora prevalgono alle spirituali.
4. Anche le elemosine corporali per il loro motivo, che
Dio, e per il loro fine, che lanima, hanno un frutto
spirituale.
5. Fare lelemosina un atto di virt che la stessa retta
ragione comanda quando il prossimo si trova in caso di bisogno e daltronde ci che al prossimo necessario a noi
invece non necessario, ma superfluo; che se la necessit
estrema, lobbligo si fa grave e riguarda non solo il superfluo, ma anche il necessario. Dice S. Ambrogio: Pasci
chi muore di fame; se non lo pasci, lo uccidi;
6. e, fuori di questo caso, di ci che non superfluo, ma
necessario, non c obbligo di fare elemosina, a meno che
intervengano ragioni superiori del bene comune della
Religione e della Patria.

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7. Il maltolto si deve, non dare in elemosina, ma restituire; il frutto ricavato da ingiusti maneggi non si pu ritenere, ma si deve dare in elemosina; il lucro invece di
azioni turpi, ma non ingiuste, si pu ritenere e se si d ad
altri libera e vera elemosina. In caso di necessit estrema tutto diventa di propriet comune e ciascuno a tale indigente pu somministrare anche laltrui, che gi appartiene, come al possessore, cos anche a tale indigente.
8. Chi sotto laltrui potest non pu fare elemosina se
non secondo lordine del padrone o dando del proprio.
9. Lelemosina deve seguire lordine della carit; quindi
i nostri prossimi pi stretti hanno maggiore diritto alla
nostra elemosina, eccettuati i casi di persona pi santa,
pi utile alla societ e di maggiore indigenza.
10. Abbondare nellelemosina cosa lodevole; per
meglio farla a pi indigenti anzich con uno abbondare
cos che ne abbia anche oltre il necessario.

Quest. 33. La correzione fraterna. 1. La correzione fraterna per rimuovere il peccato, come male di chi pecca,
unelemosina spirituale dovuta come atto di carit; e la
correzione fraterna per rimedio al peccato, che di danno agli altri e di nocumento comune, dovuta come atto
di giustizia.
2. La correzione fraterna non oggetto di un precetto
negativo, che obbliga sempre, perch proibisce cose intrinsecamente cattive; ma oggetto di un precetto positivo, che comanda un atto di virt, a tempo e luogo, per
un dato fine; la correzione fraterna ha per fine lemendazione del fratello; essa quindi di precetto quando
necessaria a quel fine.
3. Alla correzione fraterna, che atto di carit, sono
tenuti tutti; alla correzione fraterna che atto di giustizia
sono tenuti i superiori;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. perci agli inferiori relativamente ai superiori non


spetta la correzione fraterna, che atto di giustizia, ma
solo quella che atto di carit e anche questa deve essere
fatta colla debita umilt.
5. Anche chi peccatore tenuto alla correzione fraterna, purch per essa non riesca unirrisione, uno scandalo o un capriccio di vanit.
6. Se per la correzione fraterna il prossimo avesse a diventare peggiore, si deve smettere quella che atto di carit, perch andrebbe contro il fine, cio lemendazione
del prossimo; ma non si deve omettere quella che atto
di giustizia, perch la esige il bene comune minacciato da
chi pecca.
7. Prima di denunziare il prossimo necessario fare la
correzione fraterna, per impedire che esso peggiori, se si
tratta di peccati che sono occulti e di nocumento privato,
ma se sono di nocumento generale o sono peccati pubblici, ci non pi necessario.
8. Anzi, la correzione che deve precedere la pubblica
denuncia, prima di arrivare a questo estremo, deve ricorrere al mezzo di far intervenire qualche altra persona.

Quest. 34. Lodio. 1. Dio pu essere conosciuto o


in s o nei suoi effetti; in s non che Bont e non pu
che essere amato; ma nei suoi effetti, siccome ce ne sono
di quelli che ripugnano alle volont disordinate, quali i
castighi del peccato, pu essere preso in odio da taluno.
2. Lodio di Dio, siccome rappresenta la totale ed
esplicita avversione a Lui, il pi gran peccato.
3. Quanto la carit bene, altrettanto lodio male.
Il prossimo si deve amare in Dio e perci nella natura
e nella grazia, non nella malizia e nel peccato: quindi
odiare il peccato nel fratello non peccato, ma peccato
odiare il fratello.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Quanto allaffetto di chi pecca, il pi grave peccato


contro il prossimo lodio; ma quanto al danno del prossimo i peccati esterni sono pi gravi.
5. Lodio non uno dei peccati capitali, perch questi
sono principio di altri peccati, lodio invece non principio di eversione della virt, ma termine di arrivo;
6. ognuno fugge la tristezza e cerca le soddisfazioni,
da queste deriva lamore, dalla tristezza lodio e linvidia,
che precisamente tristezza del bene altrui, genera lodio.

Quest. 35. Laccidia. 1. Laccidia, che tristezza del


bene divino e spirituale, del quale invece la carit gode,
peccato;
2. ed uno speciale peccato in quanto formalmente
contraria alla carit;
3. ed in quanto formalmente contraria alla carit,
anche peccato mortale; purch sia accidia perfetta.
4. Anzi, non solo peccato, ma anche peccato
capitale, perch essa tristezza e gli uomini fanno molte
cose cos per la tristezza come per il piacere.

Quest. 36. Linvidia. 1. Linvidia rattristarsi del bene


altrui, non in quanto se ne teme un danno, ma in quanto
lo si considera un nostro danno, perch diminutivo della
nostra gloria o eccellenza.
2. Linvidia peccato quando rattristarsi perch il
prossimo spicca nel bene, perch ci contro lamore
del prossimo; non peccato se il motivo di rattristarsi
perch ne indegno o perch si teme che ne abusi contro
di noi; se poi il motivo non gi che il prossimo ha quel
bene, ma che noi ne siamo privi, allora non c invidia,
ma c emulazione.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Linvidia contraria alla carit, perci peccato di


genere mortale; purch per sia nellanima e non nei moti
del senso;
4. anzi essa peccato capitale, perch principio di
altri peccati, quali la mormorazione e lodio.

Quest. 37. La discordia. 1. La discordia contraria alla concordia, che lunione dei cuori voluta dalla carit;
la discordia, se dissentire deliberatamente da ci che
evidentemente il bene di Dio o il bene del prossimo,
peccato mortale, a meno che si tratti dei primi moti dellanimo; dissentire in qualche opinione, che non sia errore
pertinace contro la fede, non peccato mortale, perch la
concordia unione dei cuori e non delle opinioni.
2. La discordia, per cui ciascuno tiene troppo a s
stesso, figlia della superbia e della vanagloria.

Quest. 38. Le contese. 1. La discordia importa contrariet nelle volont, e la contesa importa contrariet nelle parole. La contesa, se impugnazione della verit con
modi disordinati, peccato mortale; se impugnazione
della falsit senza troppa acredine, cosa lodevole; se
impugnazione della falsit con troppa acredine, peccato veniale.
2. Come la discordia, cos anche la contesa, per cui non
si vuole stare al di sotto degli altri, figlia della superbia.

Quest. 39. Lo scisma. 1. Lo scisma scissura degli


animi, contraria allunione della carit, che unisce tutta
la Chiesa nellunit dello Spirito, unit considerata in
ordine al suo capo che Cristo, di cui il Papa Vicario.
Lo scisma perci un peccato speciale, proprio di coloro
che negano soggezione al Sommo Pontefice.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Linfedelt, che peccato contro Dio stesso, pi


grave dello scisma; ma uno scismatico pu peccare pi
gravemente di un infedele per ragione della sua pertinacia o del pericolo degli altri.
3. La potest sacramentale, o dellordine, fissa, perci
gli scismatici non la perdono, ma per restano proibiti di
adoperarla; la potest invece di giurisdizione mobile e di
questa sono privati;
4. e poich gli scismatici peccano contro la Chiesa,
giusto che la Chiesa li colpisca colla pena dello scomunica.

Quest. 40. La guerra. 1. Perch una guerra sia giusta


occorrono tre cose: I. lautorit del principe, cui spetta
la tutela dello Stato; II. la giusta causa, cio unoffesa o
un danno cui non si vuol dare riparazione; III. la retta
intenzione, in chi la fa, di mirare al bene e di evitare il
male; e non sono rette intenzioni, secondo S. Agostino,
la voglia di nuocere, la crudelt nella vendetta, la libidine
di dominio e linsaziabilit dellanimo.
2. Il fare la guerra affatto sconveniente agli Ordinati
per le inquietudini che cagiona e perch ad essi, che trattano il Sangue di Cristo, compete non uccidere e versar
laltrui sangue, ma essere pronti a versare il proprio. Per
cui stabilito che siano irregolari coloro che anche senza
colpa versano sangue.
3. Gli stratagemmi che consistono nel dire bugie e nel
mancare alla fede data sono illeciti; ma gli stratagemmi di
finte e di diversivi per occultare al nemico gli obbiettivi
e i piani sono leciti.
4. Losservanza delle feste non impedisce ci che ordinato alla salute anche corporale, perci se necessario,
lecito combattere anche in giorno di festa.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 41. Le risse. 1. La rissa, contrariet non a


parole, ma a fatti, una guerra privata e perci illecita,
a meno che si tratti della legittima difesa fatta colla debita
moderazione.
2. La rissa figlia dellira, la quale voglia di vendetta,
pi che dellodio, il quale molina piuttosto in segreto.

Quest. 42. La sedizione. 1. La sedizione, opponendosi a


un bene speciale, cio allunit e alla pace della moltitudine, un peccato speciale.
2. La sedizione, che si oppone alla giustizia e al bene
comune, un peccato di genere grave e pi grave della
rissa, che cosa privata.

Quest. 43. Lo scandalo. 1. Lo scandalo, che significa


inciampo, nel cammino spirituale si definisce: un detto o
un fatto meno retto che occasione di rovina.
2. Lo scandalo, sia attivo che passivo, cio sia dato
che ricevuto, sempre peccato; talora per c lo scandalo
attivo senza il passivo; e talora invece lo scandalo passivo
senza lattivo, quando alcuno si scandalizza di cose che
altri fa bene.
3. Lo scandalo, che mira a uno speciale danno del
prossimo, cio a trarlo al peccato, e che contro la
correzione fraterna, un peccato speciale.
4. Lo scandalo attivo peccato mortale quando dato
con un peccato mortale, quando mira comunque a far
peccare mortalmente e quando si segue ogni capriccio
con disprezzo della salute del prossimo.
5. Negli uomini perfetti non pu esserci scandalo passivo, perch sono fermi nel bene;
6. e nemmeno pu esserci scandalo attivo, perch
sempre agiscono a norma della retta ragione, eccettuata
qualche piccolezza dovuta allumana fragilit.

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7. Se dalla verit deriva scandalo passivo, meglio permettere lo scandalo che lasciare la verit; dice S. Gregorio;
perci le cose necessarie alla salute non si devono lasciare per timore dello scandalo e nemmeno quelle che alla
salute non sono necessarie, se lo scandalo dovuto alla
malizia altrui, come era quella dei Farisei; si deve invece,
in queste, evitare o prevenire lo scandalo dei pusilli.
8. Le cose temporali si devono lasciare per timore dello
scandalo soltanto se sono cose di propriet nostra e se
si tratta dello scandalo dei pusilli che in nessuna altra
maniera si pu prevenire o impedire.

Quest. 44. Precetti di carit. 1. Della carit, che


dovuta per il fine della vita spirituale, cio lunione con
Dio, era necessario fare un precetto.
2. Anzi erano necessari due precetti di carit, uno dellamore di Dio, laltro dellamore del prossimo, essendoci persone corte che non capiscono da s che nel primo
contenuto anche il secondo.
3. Due precetti poi sono sufficienti, perch contemplano il fine e ci che ha ordine al fine, nel che sta tutto il
bene che oggetto della carit;
4. e siccome il fine, a cui tutto il resto ordinato,
Dio, era da comandarsi di amarlo con tutto il cuore;
5. anzi a maggiore esplicazione fu detto: con tutta la
mente, con tutto il cuore, con tutta lanima, con tutte le
forze, uomo cio e interiore ed esteriore.
6. Il precetto dellamor di Dio si pu compiere in questa vita sufficientemente s, ma imperfettamente; perfettamente si compie solo in Paradiso.
7. Era anche conveniente il precetto di amare il prossimo come se stesso, cio santamente, giustamente e veracemente.
8. Lordine della carit appartiene alla stessa virt e
perci anche esso viene comandato.

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Quest. 45. Il dono della sapienza. 1. La sapienza,


che conosce la causa suprema non di qualche genere, ma
universale, cio Dio, e giudica secondo la verit divina,
un dono dello Spirito Santo, perch luomo non pu
conseguirlo da s, ma soltanto averlo dallo Spirito Santo.
2. Il dono della sapienza ha origine dalla carit, che
propria della volont, ma essa proprio dellintelletto.
3. La sapienza non soltanto speculativa, ma anche
pratica, perch giudica e dirige a norma di Dio i nostri
atti.
4. La sapienza un dono che deriva da una certa
connaturalit con Dio, dallunione con Lui ed figlia
della carit, perci se per il peccato cessano la carit e
lunione con Dio, cessa anche il dotto della sapienza.
5. Tutti quelli che hanno la grazia hanno anche il dono
della sapienza, almeno per propria istruzione e direzione;
ma un dono pi alto per istruzione e direzione anche
degli altri non lo hanno tutti.
6. Al dono della sapienza corrisponde la 7 beatitudine:
Beati i pacifici , perch la pace, che tranquillit
nellordine, premio della sapienza.

Quest. 16. La stupidezza. 1. Alla sapienza si oppone


la stupidezza, che di chi non si commuove neppure per
ci che fa stupire, e che consiste nellottusit del cuore
e del senso: si oppone pure la fatuit, che consiste nella
privazione totale di senso spirituale.
2. La stupidezza naturale non peccato; ma la stupidezza spirituale, cagionata dallamore del mondo, simile nelle cose spirituali a una infezione del palato per cui
non si sentono pi i gusti delicati, peccato;
3. e quellamore del mondo sta sopratutto nella lussuria, per cui la stupidezza figlia della lussuria.

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Quest. 47. La prudenza. 1. La prudenza virt


conoscitiva, perch previsione del futuro.
2. Essa appartiene alla ragione pratica, anzich alla
speculativa, perch retta norma delle azioni.
3. Ed conoscitiva non solo dei principi generali, ma
anche delle applicazioni particolari.
4. La prudenza virt intellettuale e morale, perch
aggiunge la considerazione del bene alla applicazione del
bene;
5. anzi una virt speciale, perch ha uno specifico
oggetto formale; si distingue dalle altre virt intellettuali,
perch suo oggetto sono le contingenze dellagire; e si distingue dalle morali, perch essa intellettuale e morale
insieme.
6. Alla prudenza appartiene, non gi fissare il fine alle
virt morali, ma disporre in ordine al fine, perch il fine
le virt morali lo presuppongono.
7. Appartiene alla prudenza fissare il giusto mezzo alle
virt morali, perch cos si conformano alla retta ragione.
8. Dei tre atti della ragione pratica, che sono discutere
i mezzi, decidere di loro e dettare norma, quello che
proprio della prudenza il terzo, cio dettare norma,
perch cos si ordinano i mezzi al fine.
9. La sollecitudine appartiene alla prudenza, perch
cura di eseguire presto ci che frutto di uno studio
lento.
10. Il bene privato parte del bene pubblico; perci
la prudenza si estende anche al regime dello Stato, cio al
bene pubblico, come a suo tutto.
11. La prudenza politica, domestica e monastica differiscono fra di loro specificatamente, perch ciascuna ha un
oggetto formale diverso, cio il bene della societ, della
famiglia e dellindividuo privato.
12. La prudenza c, non soltanto nei principi, ma
anche nei sudditi, che stanno al principe come gli operai
allarchitetto.

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13. C una triplice prudenza: I. la falsa, che propria


dei peccatori; II. la imperfetta, che comune ai buoni e ai
cattivi; III. la vera, che, propria dei giusti.
14. Tutti quelli che hanno la grazia hanno anche la
virt della prudenza, perch tutte le virt sono unite nella
carit.
15. La prudenza virt intellettuale, perci di essa
dalla natura abbiamo i soli principii, e lo sviluppo si ha
dallo studio e dallesperienza.
16. La dimenticanza relativa alle cognizioni e la
prudenza sta nel dettare norme; non sono perci fra
loro cos opposte, che la dimenticanza faccia perdere la
prudenza.

Quest. 48. Parti della prudenza. 1. Le parti sono di tre


specie: integrali, come il tetto nella casa; soggettive, come
il bue e il leone nel genere animale; potenziali, come
la potenza vegetativa nellanima. Nelle virt adunque
ci sono le parti integrali, che concorrono alla perfezione
dellatto; le parti soggettive, che sono le diverse specie
della virt; le parti potenziali, che sono relative agli atti
secondari della virt principale.

Quest. 49. Parti integrali della prudenza. Sono parti


integrali della prudenza:
1. la memoria, che d la esperienza, per cui si accerta
ci che nella maggior parte delle cose c di vero;
2. lintelletto o buona estimativa dei principii, da cui la
ragione deduce la retta norma delle azioni;
3. la docilit, per cui si profitta degli insegnamenti,
che vengono dallesperienza dei saggi;
4. la solerzia, per cui ciascuno si industria di formarsi
da s il retto concetto del da farsi;
5. la ragionevolezza, per cui si riesce ben consigliati;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. la previdenza, per cui si considerano le eventualit


future per raggiungere il buon esito;
7. la circospezione, per cui si coordinano i mezzi al fine
col debito riguardo alle loro circostanze;
8. la cautela, per prevenire gli impedimenti.

Quest. 50. Parti soggettive della prudenza. Sono


parti soggettive della prudenza, oltre alla monastica per
il regime dellindividuo privato:
1. la regnativa, perch per ben regnare occorre la
prudenza, ed una prudenza tutta speciale e perfetta;
2. la politica, perch il cittadino abbisogna di questa
prudenza per ben condursi nellobbedienza alle leggi in
ordine al bene pubblico;
3. la domestica, perch per ben reggere la famiglia,
che sta fra lindividuo e lo Stato, occorre questa speciale
prudenza;
4. la militare, perch ci sono anche le forze avverse,
cui bisogna resistere; ed occorre questa prudenza per
guardarsi dalle minacce e difendersi dagli assai nemici.

Quest. 51. Parti potenziali della prudenza. Sono parti


potenziali della prudenza:
1. la eubulia, che significa ponderazione, ed una
virt, perch rende retti gli atti,
2. ed distinta dalla prudenza, perch avvia alla
prudenza, la quale sta nel fissare le leggi pi che nel
discuterle;
3. la sinesi, che significa buon senso, perch oltre la
eubulia, che bene consiglia, occorre anche la sinesi, che
fa comprendere i principii comuni in ordine al da farsi,
per avviarsi allatto di prudenza perfetta;
4. la gnome, che significa criterio, discernimento,
perch oltre al buonsenso nei casi soliti, alla perfezione

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

della prudenza occorre anche il criterio, il discernimento


nei casi particolari.

Quest. 52. Il dono del Consiglio. 1. I doni dello


Spirito Santo sono disposizioni per cui lanima si presta
alle mozioni dello Spirito Santo; durante la ponderazione
lo Spirito Santo agisce per modo di consiglio, cui lanima
si presta; il Consiglio perci dono dello Spirito Santo;
2. e poich la ponderazione parte potenziale della
prudenza, il dono del Consiglio corrisponde alla prudenza,
che esso aiuta e perfeziona.
3. Il dono del Consiglio resta in Paradiso, dove Dio
continua ai beati la cognizione di ci che sanno, e li illumina in ci che non sanno relativamente alla rettitudine
delle azioni.
4. Il dono del Consiglio riguarda ci che utile al fine,
perci al dono del Consiglio corrisponde la 5 Beatitudine,
cio: Beati i misericordiosi che hanno piet, perch la
piet utile a tutto.

Quest. 53. Vizi contrari alla prudenza. 1. Limprudenza,


se mancanza della dovuta prudenza, peccato di negligenza; se vera imprudenza, contraria alla prudenza,
come sarebbe disprezzare ogni ponderazione, peccato
contro la prudenza ed peccato mortale se trascuranza
delle regole divine;
2. ed peccato speciale perch opposta alla prudenza
che una virt speciale.
Sono poi vizi che appartengono allimprudenza:
3. la precipitazione, che contraria alla ponderazione
ed propria di chi si lascia trasportare dagli impeti della
volont o della passione;
4. la inconsideratezza, che contraria al buonsenso e al
criterio ed propria di chi trascura e disprezza i principii

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

generali e le circostanze particolari, da cui sorge il retto


giudizio.
5. la incostanza, che contraria alla fermezza di proposito ed propria di chi muta le norme precettive nelle
quali si risolve la prudenza.
6. E poich nulla pi assorbe anima quanto la lussuria,
perci questi vizi provengono dalla lussuria.

Quest. 54. La negligenza. 1. La negligenza un peccato speciale, perch mancanza della dovuta sollecitudine, la quale un atto speciale della ragione;
2. anzi la sollecitudine retta appartiene alla prudenza,
perci la negligenza che mancanza di rettitudine,
contraria alla prudenza.
3. La negligenza poi se relativa alle cose che sono
di necessit della salute eterna o se dipendente dal
disprezzo, in questi due casi, peccato mortale.

Quest. 55. Vizi della prudenza. 1. La prudenza della


carne, che fa consistere lultimo fine nei beni carnali,
manifestamente peccato;
2. e se totalmente fa consistere il fine della vita nei beni carnali, peccato mortale perch totale avversione a
Dio; altrimenti no; anzi aver cura del mangiare per conservare la salute non nemmeno prudenza della carne.
3. Lastuzia, cio lo studio dei mezzi per raggiungere
il proprio fine per le vie della falsit e della simulazione,
anche essa un vizio, che lopposto della prudenza, la
quale invece retta norma delle azioni.
4. Linganno appartiene allastuzia; lastuzia in opera
sia con parole sia con fatti.
5. La frode appartiene allastuzia, lastuzia in opera
mediante soltanto parole.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. La sollecitudine delle cose temporali diversa dalla


prudenza, ed illecita quando quelle si cercano come
ultimo fine; quando vi si mette uno studio eccessivo,
che soffoca ogni cura dello spirito; e quando infine vi si
unisce il timore esagerato, e contrario alla Provvidenza,
che, cio, altrimenti mancherebbe il necessario alla vita.
7. La sollecitudine del futuro deve aversi a tempo debito
e non si deve anticipare; cos di primavera giusta la
sollecitudine della potatura delle viti, ma sarebbe sciocca
in quel tempo la sollecitudine della vendemmia.
8. Questi vizi, che assomigliano alla prudenza, sono
contro luso retto della ragione, che appartiene sopratutto alla giustizia, ed hanno origine dallavarizia, che in
sommo grado alla giustizia si oppone.

Quest. 56. Precetti di prudenza. 1. Nel decalogo non


occorreva un precetto particolare sulla prudenza, perch
a costituire la prudenza, che direttiva di atti virtuosi,
concorre tutto il decalogo.
2. Ci sono, vero, nel vecchio Testamento precetti proibitivi delle forme di simulata prudenza, quali linganno e la frode, ma ci sono pi nei riguardi della giustizia, cui si oppongono, che nei riguardi della prudenza,
cui somigliano.

Quest. 57. Il diritto. 1. Mentre le altre virt


dirigono luomo in ordine a se stesso, la giustizia lo
dirige in ordine agli altri in ci che loro si deve; si dice
aggiustare, porre ci che adegua, e ci che adegua forma
eguaglianza, perci la giustizia importa eguaglianza; e
poich mirando a questo scopo luomo ben diretto in
ordine agli altri, perci la giustizia, che a ci mira, ha per
oggetto il diritto, latinamente jus.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Una cosa pu essere adeguata, cio commisurata,


alluomo o per natura della cosa, o per un patto posto, cio
per una convenzione sia privata che pubblica: il diritto
quindi si distingue in naturale e positivo.
3. Il diritto naturale comprende ci che per natura
commisurato ad altri, e pu esserlo o assolutamente,
come la relazione tra un padre e il suo figlio, che deve
nutrire, o non assolutamente, come la relazione fra un
padrone e il suo campo, nella quale non il campo che
esige di essere del tal padrone, ma il padrone che per la
coltura e luso esige di possedere il tal campo. Il diritto
naturale poi si distingue dal diritto delle genti, perch
quello comune anche agli animali, questo proprio
solo degli uomini.
4. Diritto ci che commisurato ad altri: ma
questo altri pu essere o estraneo o non estraneo e il non
estraneo pu essere o il servo o il figlio, perci il diritto si
sottodistingue in paterno e dominativo.

Quest. 58. La giustizia. 1. La virt che abito operativo, importa atti volontari, fermi e stabili; la giustizia
ha per oggetto il jus o diritto, cio quello che commisurato ad altri, perci la giustizia come virt viene definita:
Perpetua e costante volont di attribuire a ciascuno il suo
diritto.
2. Una cosa non si dice, se non metaforicamente,
eguale a se stessa, perci la giustizia, che importa leguaglianza, importa insieme relazione ad altri, e relazione a
se stesso pu importarla soltanto metaforicamente.
3. Ci che rende buoni gli atti e chi li compie virt;
la giustizia fa rette, e perci rende buone, le operazioni
delluomo, perci la giustizia virt.
4. La giustizia appartiene alla volont e non gi allintelletto, i cui atti sono conoscitivi e non operativi, e nem-

Storia dItalia Einaudi

193

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

meno allappetito sensitivo perch questo non sa considerare la commisurazione di una cosa ad altri.
5. La giustizia si pu dire una virt generale, perch
essa dirige gli atti di tutte le virt al bene generale o
comune; e poich tale il compito della legge, perci
tale giustizia generale si dice legale;
6. la giustizia generale una speciale virt se ha per
oggetto particolare il bene generale, si identifica colle
altre virt se le coordina al bene generale.
7. Ma oltre alla giustizia generale, che dirige gli uomini in ordine al bene comune, c anche la giustizia particolare, che dirige gli uomini nelle relazioni fra singoli.
8. E poich le relazioni esteriori fra singoli stanno in
cose e in parole, perci materia della giustizia particolare
sono le cose e le parole;
9. e poich invece relativamente alle passioni interne
gli uomini non stanno in immediata relazione fra loro,
perci le passioni interne non sono materia della giustizia
particolare.
10. Se la materia della giustizia particolare sono le
parole e le cose esteriori, il giusto mezzo di questo virt sta
nel giusto mezzo delle cose stesse in relazione alle persone,
11. e perci latto proprio della giustizia sta nel rendere alle persone le cose che dalla demarcazione del giusto mezzo restano loro proporzionate; atto di giustizia
rendere a ciascuno il suo.
12. La giustizia, che regola la volont in ordine al bene
degli altri, la pi utile delle virt, essa quindi la pi
grande delle virt morali.

Quest. 59. La ingiustizia. 1. La ingiustizia si oppone


alla giustizia; la giustizia una virt speciale, perci
lingiustizia un vizio speciale.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Chi commette uningiustizia con precisa intenzione


e determinazione ingiusto, non lo invece chi la commette senza intenzione o agendo sotto limpulso dellira.
3. Per s, si agisce di volont e si patisce contro
volont; perci si pu soltanto commettere lingiustizia
volendola e soffrirla non volendola; ma accidentalmente si
pu anche commettere lingiustizia non volendola, come
quando non lo si sa, e patirla volendola, come quando si
paga pi di quanto si deve.
4. Ci che contro la carit, che la vita dellanima,
peccato mortale; nuocere al prossimo contro la carit
e nuocere al prossimo fare cosa ingiusta; quindi il fare
cosa ingiusta un peccato di genere mortale.

Quest. 60. Giudicare. 1. Il giudizio la determinazione di ci che giusto, perci giudicare atto di giustizia
e il giudice la giustizia animata. Cos Aristotele.
2. Il giudizio in tanto lecito in quanto atto di giustizia e perch sia tale occorre che non sia fatto n contro
giustizia, n da chi non ha autorit, n con insufficienti
motivi.
3. Il sospetto proviene o da eguale difetto, o da cattivo
affetto, o da troppa esperienza; in ogni modo sempre
vizio e tanto pi grande quanto pi avanzato il sospetto;
in questo vi sono tre gradi: I. da lievi indizi si comincia
a dubitare, e questo peccato veniale, di tentazione
umana; II. da lievi indizi si giudica come cosa certa uno
cattivo e questo in cosa grave peccato mortale; III.
un giudice per solo sospetto pronuncia una condanna e
questa diretta ingiustizia ed peccato mortale.
4. Quando gli indizi sono dubbi, per non essere ingiusti col prossimo, dobbiamo interpretarli in bene e non
ritenere cattivo nessuno senza prove. Nullus malus nisi
probetur.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. Le leggi insegnano il diritto naturale e contengono il


diritto positivo, perci la sentenza, che determinazione
del giusto, deve essere conforme alla legge scritta.
6. Una sentenza ha forza di legge perch interpretazione della legge; ed alla stessa autorit spetta fare e interpretare la legge, perci come una legge cos anche una
sentenza non ha valore se emanata da chi non ha autorit.

Quest. 61. Parti della giustizia. 1. Nelle relazioni di


giustizia si pu considerare lordine o delle parti fra di
loro o del tutto colle parti, e cio o delle persone particolari o delle comunit coi singoli e con ci la giustizia si
distingue in commutativa e distributiva.
2. Il giusto mezzo nella giustizia commutativa va preso
matematicamente, cosicch a chi presta dieci si deve
dieci; nella distributiva invece va preso geometricamente,
cosicch uno per essere rimunerato il doppio degli altri
deve valere o prestare il triplo di loro.
3. Bench alla giustizia commutativa e distributiva
servano le stesse cose, tuttavia esse riguardano azioni
diverse, perch la commutativa direttiva degli scambi,
mentre la distributiva direttiva delle ripartizioni, hanno
perci materia diversa.
4. Nella giustizia commutativa la proporzione di cosa
a cosa e in tal maniera si devono corrispondere loffesa e la
pena, perch sia giusta, ed altrettanto la prestazione e la
privazione, lopera e la mercede, lazione e la ricompensa
e a servire a questo furono introdotte le monete. Ma nella
giustizia distributiva la proporzione invece geometrica
e perci il corrispettivo diverso.

Quest. 62. La restituzione. 1. Restituire significa


ristabilire uno nel possesso o nel dominio di ci che

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

suo; in ci si guarda alleguaglianza di cosa a cosa, che


propria della giustizia commutativa; perci restituire
atto della giustizia commutativa.
2. Come di necessit della salute conservare la giustizia, cos di necessit della salute restituire il maltolto,
o in proprio, o in equivalente se il proprio impossibile,
come nel caso di mutilazione.
3. Dopo un furto necessario e sufficiente restituire
semplicemente ci che daltri; ma se si aggiunge anche
una sentenza del giudice, che condanna a una pena,
allora bisogna scontare anche questa pena.
4. Ciascuno obbligato a restituire ci di cui priv
un altro; se la privazione di ci che questi realmente
aveva, deve seguirsi la proporzione di eguaglianza; ma se
la privazione di ci che esso non aveva ancora ed era
soltanto in via di ottenere, non si obbligati al tutto, ma
soltanto a un compenso proporzionato alla condizione
delle persone e degli affari.
5. Leguaglianza che la giustizia importa vuole che
chi ha meno di quanto gli appartiene abbia il completo
perci la restituzione, per se, da farsi a colui cui fu tolto,
a meno che non ci siano cause che vogliono altrimenti.
6. Nella restituzione bisogna distinguere la cosa altrui
presa e lazione di prenderla: quanto alla cosa, deve restituirla chi la prese finch in sua mano; quanto allazione
di prenderla se fu in danno altrui, come nel furto, o in
vantaggio proprio, come nel prestito, si tenuti alla restituzione della cosa ancorch non la si abbia pi in mano;
ma se non fu n in danno altrui n in proprio vantaggio,
come nel deposito, allora non si tenuti n per la cosa
presa n per lazione di prenderla.
7. Alla restituzione sono tenuti non solo coloro che
presero la roba altrui, ma anche coloro che vi concorsero
direttamente o indirettamente sia con azione positiva che
negativa; e fra essi chi in qualunque modo causa effica-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ce del furto obbligato alla restituzione, anche indipendentemente dallobbligo altrui.


8. Come il prendere cos il ritenere la roba altrui
costituisce in istato di peccato, che si deve fuggire; perci
la restituzione si deve fare subito, per quanto possibile.

Quest. 63. Preferenza di persone. 1. Le preferenze


di persona sono peccato, perch sono contro la giustizia
distributiva; per esse infatti si d a uno non perch la
cosa gli dovuta, ma perch egli la tal persona;
2. e usare preferenze nelle cose spirituali di Chiesa
peccato pi grave, perch esse hanno valore pi del cose
temporali.
3. Tale peccato pu esserci anche negli atti di ossequio
e di riverenza, quando si fanno solo in vista delle altrui
ricchezze, mentre per s onorare fare testimonianza
dellaltrui virt.
4. I riguardi personali e le preferenze sono peccato anche
in una sentenza del giudice, perch impediscono che essa
sia atto di giustizia.

Quest. 64. Lomicidio. 1. Nellordine naturale le cose


imperfette sono a uso delle pi perfette, sono quindi subordinate le piante agli animali e questi alluomo. Perci,
il comandamento: non ammazzare, riguarda luomo.
2. Come le cose inferiori sono subordinate alle superiori, cos la parte subordinata al tutto e come per la salute del corpo talora si amputa un membro malato, cos uno scellerato, che pericoloso alla societ, pu anche
essere ucciso;
3. ma questo riservato a colui cui spetta la tutela della societ; non possono quindi i privati uccidere i malfattori;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. a coloro poi che hanno gli ordini sacri ci assolutamente proibito perch devono rivestirsi della mansuetudine di Ges Cristo.
5. Il suicidio proibito I. perch contro la natura, che
inclina alla propria conservazione, e alla carit, per cui
ciascuno deve amare se stesso; II. perch unoffesa alla
societ, cui si appartiene; III. perch la vita un dono
affidato da Dio, ma sempre soggetto al suo potere e il
suicidio ne usurpazione.
Perci esso non lecito n per voler andar tosto in Paradiso; n per sottrarsi a una morte terribile o a dispiaceri gravissimi; n per punirsi di qualche peccato e nemmeno per impedire di essere oggetto dellaltrui peccato,
perch non dobbiamo fare un peccato noi per impedire che ne commettano gli altri. Certe morti di Santi sono da ascriversi allispirazione di Dio, padrone assoluto
della vita umana.
6. Per chi innocente non si verifica il caso dello
scellerato nocivo alla societ, perci non mai lecito
uccidere un innocente.
Se noi siamo solo depositari della vita, Dio ne padrone e il sacrificio di Isacco era lecito per il comando di
Dio.
7. Uccidere per difendersi non peccato; perch la difesa importa due effetti cio la conservazione propria, cui
si mira, e la uccisione altrui che ne segue senza volerla.
Ci per purch si usi la moderazione dellincolpevole
tutela propria.
8. Se caso ci che succede oltre la nostra intenzione,
chi per caso uccide uno non reo di omicidio a meno che
ne sia reo in causa, per non aver cio usata la dovuta
diligenza o per aver atteso a cose per tale pericolo illecite.

Quest. 65. La mutilazione. 1. Mutilare pu quellautorit pubblica che pu anche uccidere, ma non pu farlo

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

un privato, neanche se colui che viene mutilato contento, a meno che si tratti di un membro guasto che bisogna
amputare per la salute del corpo.
2. A titolo di correzione e di disciplina i genitori possono, non uccidere e nemmeno mutilare, ma battere i fgliuoli soggetti alla loro potest; per con moderazione.
3. Infine privare del moto e delluso delle membra coi
ceppi e col carcere lecito secondo lordine della giustizia
a titolo di pena o di prevenzione; agli altri illecita
qualunque forma di detenzione.
4. Tali peccati poi a parit di condizione sono pi gravi
se si commettono verso persone che hanno congiunti,
perch a questi si estende lingiuria e il danno.

Quest. 66. Furto e rapina. 1. naturale alluomo il


possesso delle cose fuori di lui, non certo quanto alla loro
natura, che soggetta esclusivamente al potere di Dio,
ma ben certo quanto al loro uso per la sua utilit;
2. e per ragione di questa utilit lecita la propriet
privata delle cose quanto alla produzione e destinazione
dei frutti; questo necessario alla vita umana per tre
ragioni: I. ciascuno sollecito di procurare ci che deve
servire a lui solo pi di ci che deve servire a tutti; II.
c pi ordine se a ciascuno assegnata la propria cura;
III. Tanto pi lo Stato pacifico quanto pi ciascuno
contento del suo stato; ma non lecita la propriet
privata delle cose quanto al loro uso, quando questa sia
collesclusione assoluta degli altri; perch luso si deve
comunicarlo facilmente agli altri secondo le necessit.
La comunione dei beni di diritto naturale nel senso
che il diritto naturale non assegna i privati possessi;
questi dipendono da convenzione umana, per cui se la
propriet privata non viene dal diritto naturale, non gli
nemmeno contraria ed un portato della ragione umana;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

il diritto civile poi regola luso e la trasmissione della


propriet.
3. Furto prendere ci che altri possiede come suo, di
nascosto.
4. La rapina prendere ci che daltri, colla violenza, aggiunge quindi al furto la violenza ed perci un
peccato di specie diversa dal furto.
5. Il furto contro la giustizia ed ha anche dellinganno o della frode, perci ogni furto peccato.
Le cose trovate, se esse prima non furono di nessuno o
furono abbandonate, sono di chi le trova.
6. Ci che contro la carit, che la vita dellanima,
peccato; il furto contrario alla carit, perch nuoce al
prossimo tanto che se gli uomini si rubassero di continuo
a vicenda sparirebbe la stessa convivenza sociale; perci
il furto peccato mortale.
Dal peccato mortale scusa la parvit della materia,
perch il poco riputato quasi niente.
7. Il diritto umano non pu derogare al diritto naturale
e divino. Nellordine naturale per divina provvidenza
le cose inferiori sono ordinate a sovvenire alle necessit
umane. Perci la propriet privata, che procede da diritto
umano, non pu impedire che con tali cose si sovvenga
a una umana necessit. Perci quello che sovrabbonda
si deve di diritto naturale agli indigenti; resta libera la
distribuzione, perch questi sovrabbondano. Che se la
necessit evidente ed urgente, ciascuno pu soccorrere
se stesso con ci che altri ha e questo non furto, n
rapina.
8. La rapina furto con coazione. La coazione
spetta al principe secondo lordine di giustizia, cosicch
esercitata contro i malfattori e i nemici non sarebbe pi
rapina: ma ai privati la coazione sempre illecita.
9. La rapina pi grave del furto, perch oltre il danno
alle cose, involge anche ingiuria alle persone.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 67. Ingiustizia nel Giudice. Un giudice non pu


dare sentenza su chi non gli in qualche modo soggetto,
perch la sentenza una legge particolare e la legge non
pu farla se non chi ha autorit sui suoi sudditi.
2. Il giudice, fungendo da autorit pubblica, deve giudicare secondo quanto gli risulta esercitando, nella discussione della causa, lautorit pubblica di cui investito,
ancorch a lui, come persona privata, fosse noto il contrario.
3. Il giudice non pu condannate per un delitto se
manca laccusatore, perch egli interprete della giustizia
e la giustizia importa relazione ad altri; egli quindi non
pu giudicare se non fra due.
4. Il giudice soltanto giudica fra laccusatore e il reo e
giudica, non di propria, ma di pubblica autorit. Spetta
perci a chi investito della pubblica autorit, spetta
cio solo al principe, condonare la pena se laccusatore
consente.

Quest. 68. Laccusa. 1. Mentre la denuncia (33: 6,


7) tende alla correzione del fratello, laccusa tende alla
punizione del reo. Le pene di quaggi non sono lultima
retribuzione, ma servono di medicina o del reo o della
societ. Perci chi conosce un delitto che di pregiudizio
della societ deve farne laccusa, purch possa provarlo.
2. convenientemente stabilito che laccusa sia formulata per iscritto, perch cos le cose si fissano e si precisano e danno modo al giudice di procedere con certezza.
3. Laccusa ordinata al bene pubblico, ma questo
non si deve promuovere ingiustamente; ci avverrebbe
o calunniando laccusato o impedendone la punizione
colla frode; o desistendo dallaccusa; perci ingiusta
la calunnia, la prevaricazione e la tergiversazione.
4. Se la giustizia eguaglianza, giusto che laccusatore, il quale non pu provare laccusa, sia punito con quella

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

pena con cui egli voleva fosse punito il prossimo; questa


la pena del taglione.

Quest. 69. Ingiustizia nel reo. 1. Laccusato non pu


senza peccato mortale negare la verit per salvarsi dalla
condanna, perch atto di giustizia prestarsi nellordine
giuridico allazione del giudice; ma se questi procede non
giuridicamente, pu appellarsi e non rispondere, o in
qualche modo sottrarsi.
2. Dire il falso diverso dal tacere il vero: non si
sempre obbligati a dire il vero, ma si sempre obbligati
a non dire il falso; nel tacere il vero altre sono le vie
della prudenza, come far uso di risposte evasive, e queste
sono lecite; altre sono le vie dellastuzia, come difendersi
calunniosamente, e queste sono proibite.
3. Pu uno appellare quando confida nella giustizia
della sua causa, ma non pu appellare quando mira a
differire lapplicazione della giustizia, perch sarebbe
eluderla e difendersi calunniosamente.
4. Un condannato a morte se la condanna giusta non
pu resistere alla forza pubblica, perch ne seguirebbe
una guerra da parte sua ingiusta; ma se la condanna
ingiusta pu resistere come si trattasse di assassini,
purch per non ci sia scandalo da evitare.

Quest. 70. Ingiustizia nel teste. 1. Chi giuridicamente citato dal suo superiore come testimone tenuto a
comparire quando i fatti si possono provare o sono notori; altrimenti no; e se chi lo cita non il suo superiore
obbligato a comparire solo quando si tratta di liberare il
prossimo da una condanna.
2. Nei fatti umani possibile soltanto una certezza
morale che si ottiene per testimonianza della moltitudine; la moltitudine risulta di almeno tre: principio, cor-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

po e fine; perci la prova di due testi, che collaccusatore


fanno tre, necessaria e sufficiente;
3. questa testimonianza, che non di certezza assoluta ma soltanto di probabilit, inefficace e pu essere respinta quando involge una probabilit in contrario per la
condizione del teste dipendente o da infamia da inimicizia e quindi con colpa; o da insufficiente uso di ragione,
o da consanguinit o da stato e quindi anche senza colpa.
4. La falsa testimonianza sempre peccato mortale,
perch uno spergiuro, uningiustizia e una falsit.

Quest. 71. Ingiustizia negli Avvocati. 1. Patrocinare


le cause dei poveri una delle opere di misericordia e
a queste si tenuti del superfluo: a patrocinare poi la
causa di un dato povero tenuto un avvocato solo quando
si verifica il caso di estrema necessit cui non si pu
altrimenti sovvenire.
2. Lufficio di avvocato vietato a taluni, come i
sordomuti, per ragioni di impotenza, e ad altri, come i
monaci, per ragioni di decoro.
3. Difendere una causa ingiusta cooperare allingiustizia, e se un avvocato scientemente lo fa, non solo pecca,
ma anche tenuto alla restituzione.
4. Lavvocato, fuori dei casi di obbligo, vende il suo
patrocinio e perci lecitamente prende quel denaro, che
gli compete come giusta ricompensa.

Quest. 72. Le ingiurie. 1. La contumelia sta nel


disonorare uno principalmente colle parole rendendo noto
in faccia di lui e di altri ci che contro il suo onore;
2. essa peccato mortale se c proprio intenzione
di disonorarlo, perch togliere lonore per lo meno
quanto togliere la roba altrui.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Per la virt della pazienza dobbiamo avere lanimo disposto a tollerare le offese; ma talvolta dobbiamo
respingerle o per correzione delloffensore o per tutela
della nostra dignit e autorit.
4. La contumelia si pu dire figlia dellira, perch il suo
fine coincide col fine dellira, che la vendetta.

Quest. 73. La detrazione. 1. La detrazione sta nel


disonorare uno colle parole di nascosto; essa assomiglia
al furto, come la contumelia assomiglia alla rapina, e
se questa derogazione dellonore, essa denigrazione
della fama;
2. ed essendo la fama la pi preziosa delle cose
temporali, togliere scientemente la fama per s peccato
mortale, che importa anche lobbligo della restituzione.
3. La detrazione per non il pi grave peccato contro
il prossimo, perch la fama, che si lede colla detrazione,
uno dei beni esterni delluomo, mentre i beni interni
dellanima e del corpo sono pi preziosi.
4. Chi ascolta una mormorazione e non la impedisce per
la ragione che gli piace, reo dello stesso peccato, perch
partecipe; ma se non gli piace e omette di impedirla
solo per negligenza o per riguardo, di solito, pecca solo
venialmente.

Quest. 74. La mormorazione. 1. La mormorazione


eguale nella materia e nella forma alla detrazione, ma
ne differisce nello scopo, perch il mormoratore mira a
separare le amicizie,
2. e poich lamicizia un bene maggiore della fama,
perch la buona fama mezzo alle amicizie, perci la
mormorazione un peccato pi grave della detrazione.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 75. La derisione. 1. La derisione si distingue


dagli altri vizi di lingua, perch ha uno scopo distinto,
quello cio di fare arrossire chi vien deriso.
2. La derisione, che deprime non la fama di uno, ma
la sua stessa persona, tanto pi grave quanto pi
onorabile tale persona; secondo quindi le circostanze del
difetto e della persona che si deride pu essere peccato
mortale.

Quest. 76. Le maledizioni. 1. illecito maledire


collanimo di maledire cio desiderando o imprecando un
male al prossimo; questo per diverso dallesecrare un
delitto, dal prenunciare un giusto castigo e dal desiderare
un correttivo del male.
2. Maledire alle creature irrazionali in quanto sono
creature di Dio bestemmia; maledirle invece in se stesse
una cosa oziosa e sciocca.
3. Maledire con animo di maledire augurando un male
grave peccato mortale se non lo scusa la leggerezza o
limpeto di passione.
4. La maledizione meno grave della detrazione, perch questa ha per oggetto il male di colpa e quella ha per
oggetto il male di pena.

Quest. 77. Frodi nelle compra-vendite. Vendere pi caro usando frode inganno e danno, perci peccato. Anche se non c frode, nelle compra-vendite, introdotte
affinch gli uomini si giovino a vicenda nella eguaglianza delle cose determinata dalla moneta, vendere a maggior prezzo o comperare a minor prezzo contro la eguaglianza, perci ingiusto ed illecito. C ragione di vendere a pi caro prezzo se la cessione per chi vende anche una privazione, perch allora ha un doppio titolo;
non cos se per chi vende non c privazione, ma solo

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

chi compra ha un giovamento, perch chi vende non ha


doppio titolo.
Il giusto prezzo non appuntino determinato, ma si
computa fra un po pi e un po meno.
2. Quando la cosa non della stessa specie, ma vien
cambiata; ovvero la misura non giusta, ma mancante;
ovvero la qualit non quella dovuta, ma scadente, la
vendita illecita, perch c difetto.
3. Essendo illecito dare occasione di pericolo o di
danno, non si pu vendere una merce viziata, a meno che
si manifesti il vizio se esso occulto, e si riduca il prezzo
quando il vizio palese.
4. Il negoziare, bench non sia lodevole, perch ha per
scopo solamente il lucro di cui facilmente luomo insaziabile, tuttavia non illecito quando il lucro moderato
e ordinato a un fine onesto, come il sostentamento della
famiglia.

Quest. 78. Mutuo ed usura. 1. Usura farsi pagare


luso di una cosa; essa illecita quando luso si identifica
col consumo, come sarebbe del vino, perch non ha
ragione o titolo di essere; non invece illecita quando
luso non si identifica col consumo, come sarebbe di una
casa. Nel denaro che si presta per le necessit della vita
luso si identifica col consumo, per esso quindi lusura
illecita.
2. Ma se per tali prestiti illecita lusura, sia in denaro
che in equivalente, come dovuta per patto espresso o
tacito, non per illecito ricevere qualche spontaneo segno
di gratitudine ed esigere maggiore benevolenza ed amore,
che non sono equivalenti di denaro.
Chi presta pu, per es. pattuire un compenso per il
disagio e il danno che gli cagionano la privazione di ci
che presta.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Nulla pu essere pattuito per il pericolo del capitale; nel


prestito di cosa, in cui coincide colluso il consumo, il
dominio non resta in chi la presta, altrimenti il consumo
per conto suo: perit domino; il dominio trasferito in
chi la riceve e questi assume in s il pericolo della perdita
del capitale. Fare societ poi non trasferire il dominio;
non c quindi mutuo, di cui illecita lusura.
3. Poich nelle cose in cui non si distingue luso dal
consumo non c giuridico usufrutto, perci chi ha in
prestito di tali cose non tenuto che a restituire il capitale,
ancorch ne abbia ricavati dei frutti, perch questi sono
dovuti alla sua ingegnosit; non cos delle cose, come un
campo, in cui c giuridico usufrutto.
4. Farsi concedere un prestito a interesse illecito,
perch sarebbe indurre uno al peccato; lecito per
adattarsi alla necessit di accettarlo da chi non presta
denaro se non a interesse, perch non fare il male, ma
subirlo.

Quest. 79. Parti integrali della giustizia. 1. Sono


parti integrali della giustizia, che concorrono cio alla
perfezione dellatto, levitare il male e fare il bene, presi
non nel senso generale, ma nel senso che per bene si
intende ci che al prossimo dovuto e per male si intende
ci che al prossimo di danno.
2. La trasgressione uno speciale peccato, perch in
s involge il disprezzo dello speciale precetto contro cui
va e anche perch la trasgressione contro i precetti
negativi, mentre la omissione contro i precetti positivi,
3. e anche la omissione, che si oppone, non al bene
dovuto generalmente, ma al bene dovuto al prossimo
come oggetto della giustizia, uno speciale peccato.
4. Per s la trasgressione, che contro i precetti
negativi, pi grave dellomissione, che contro i precetti
positivi, perch anche quelli sono pi gravi di questi.

Storia dItalia Einaudi

208

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 80. Sue parti potenziali. 1. Le parti potenziali


della giustizia sono le parti che riguardano gli atti secondari della virt e in qualche cosa con lei convengono e
in qualche cosa non convengono; e poich la giustizia ha
per oggetto ci che ad altri dovuto, bisogna considerare
laltri come Dio, i genitori etc; e bisogna anche considerare l dovuto, cio il debito che pu essere legale o
morale e questo o di necessit di essere o di necessit di
bene essere, sono perci parti potenziali della giustizia: la
Religione, la Piet, losservanza ecc.

Quest. 81. La Religione. 1. La Religione tanto


nel senso di rielezione, propugnato da Cicerone, quanto
nel senso di rilegamento, propugnato da S. Agostino,
importa ordine di relazione esclusivamente a Dio.
2. La Religione porta a dare a Dio lonore che a Lui
dovuto; rendere a uno ci che gli dovuto un atto
buono; la Religione quindi che ne principio virt.
3. La Religione ha un oggetto unico, quindi una virt
unica;
4. inoltre essa una virt speciale, perch ha un
oggetto speciale, cio lonore dovuto a Dio, che un
onore tutto speciale;
5. e poich loggetto della Religione lonore dovuto a
Dio, Dio il fine, ma non loggetto di questa virt, perci
essa non virt teologica;
6. e poich ancora la Religione fra le virt morali
quella che pi va vicino a Dio, perci essa la pi
eccellente di quelle.
7. La Religione sta non solo negli atti interni, ma
anche negli atti esterni, perch questi sono subordinati
agli interni, come il corpo subordinato allanima.
8. Religione e santit, (che grecamente significa niente terra e latinamente mondezza) bench siano essenzialmente la stessa cosa, tuttavia santit dice piuttosto appli-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

cazione della mente a Dio e Religione dice invece esercizio del culto a Dio dovuto, quindi c ragione di distinguerle.

Quest. 82. La devozione. 1. La devozione, che


una volont di fare con prontezza ci che appartiene al
servizio di Dio, un atto speciale della volont,
2. ed un atto di religione, perch il servizio di Dio
spetta alla religione.
3. Della devozione la causa estrinseca e principale
Dio, ma da parte nostra la causa intrinseca la meditazione, perch lintelletto che apre la via alla volont, mostrandoci la bont divina e la miseria nostra;
4. e i suoi effetti sono: diletto per la considerazione
della divina bont; tristezza unita a speranza per la considerazione delle miserie nostre.

Quest. 83. Lorazione. 1. Lorazione (etimologicamente orale ragione ) atto della ragione pratica, che dispone
in ordine a chi superiore, cui conviene non comandare, ma domandare e perci va definita domanda a Dio di
cose convenienti.
2. Come non vero che gli eventi umani non siano governati dalla Provvidenza divina o che dipendano da una
legge di necessit, cos non neppure vero che i decreti della Provvidenza si mutino; ci nonostante lorazione
necessaria per ottenere ci che Dio ha disposto che si
compia per mezzo delle orazioni.
3. Lorazione un atto di religione, perch collorazione ci professiamo bisognosi di Dio, onoriamo cos Dio e
lonorare Dio Religione.
4. Lorazione si presenta a uno o perch da lui sia
esaudita o perch da lui sia patrocinata; nel primo mo-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

do si deve pregare solamente Dio, nel secondo modo si


possono pregare anche i Santi.
5. Bench Socrate pensasse che a Dio si deve domandare beni indeterminatamente, siccome ce ne sono di
quelli, come gli onori, che riescono a male, cos conviene
chiedere determinatamente i beni che giovano per questa
vita e per laltra, come insegn Ges col Pater noster;
6. i beni quindi temporali si devono chiedere non come
fine a se stessi, ma come mezzi alla beatitudine, cio in
quanto servono organicamente agli atti di virt.
7. Dobbiamo chiedere ci che dobbiamo desiderare
e siccome dobbiamo desiderare non solo il bene nostro,
ma anche quello del prossimo, cos dobbiamo pregare anche per il prossimo, anzi la preghiera della carit fraterna
pi grata a Dio;
8. e siccome la carit vuole che amiamo anche i
nemici, cos vuole che preghiamo anche per i nemici, se
non in particolare, fuori del caso di necessit, almeno non
escludendoli alle nostre preghiere.
9. Lorazione domenicale orazione perfetta, perch in
quella non solo si chiedono tutte le cose che possiamo
rettamente desiderare, ma anche collordine con cui le
dobbiamo desiderare; infatti si comincia col fine del
nostro desiderio, cio Dio, e seguono prima le cose che
a quello ci conducono, poi le cose che da quello ci
allontanano.
10. Se lorazione atto della ragione pratica, il pregare
non spetta agli animali irragionevoli;
11. e se lorazione atto di carit, i Santi, che sono
in Paradiso e hanno una carit pi perfetta, tanto pi
pregano per chi ne ha bisogno, cio per noi, e le loro
orazioni sono tanto pi efficaci quanto a Dio essi sono
pi vicini.
12. lorazione comune non pu che essere vocale, tale perci lorazione dei ministri della Chiesa: lorazione
invece singolare non necessario che sia vocale; per

Storia dItalia Einaudi

211

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

conveniente che lo sia: I. per incitare la divozione interna; II. per pagare a Dio il debito dovuto anche dal corpo; III. perch una naturale ridondanza dallanima al
corpo.
13. Lorazione ha tre effetti e cio di merito, di
esaudimento e di pascolo della mente: per i primi
sufficiente lattenzione di prima intenzione cio virtuale,
ma per il terzo necessaria lattenzione attuale, essa poi
pu essere rivolta o alle parole, o al senso, o a Dio.
14. Lorazione deve essere continua nella sua causa,
che la carit, ma in se stessa deve durare quanto serve,
senza tedio, a eccitare il fervore interno.
15. Lorazione non soltanto causa di consolazione
spirituale, ma anche meritoria per la carit che ne la
radice ed efficace per la grazia di Dio, il quale vuole che
lo preghiamo mentre non ci esorterebbe a chiedere se
Egli non volesse dare. Ed sempre esaudito chi chiede
per s cose necessarie alla salute con piet e perseveranza.
16. I peccatori che pregano come peccatori, cio secondo desideri di peccato, meritano di essere puniti anzich di essere esauditi; ma se la loro orazione proviene
da desiderio naturalmente buono, Dio li ascolta non per
giustizia, perch non hanno merito, ma per sua misericordia.
17. Le parti dellorazione, come si vede negli Ormus,
sono 4: lorazione nellelevazione della mente a Dio, il
ringraziamento dei benefici passati, il voto o desiderio
relativo ai benefici futuri, e la supplica fatta per Dominum
nostrum J. C.

Quest. 84. Culto esterno di latria. 1. Ladorazione


atto di Religione, perch con essa si presta onore a Dio.
2. Dobbiamo a Dio onore corpo ed anima, perci ladorazione esterna ed interna e luna allaltra subordinata:

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. ed un determinato luogo per esercitarla, se non necessario per ladorazione interna, certo per conveniente per ladorazione esterna.

Quest. 85. Il sacrificio. 1. Offrire sacrificio a Dio


di diritto naturale; lo hanno praticato tutti i popoli
in ogni et e la ragione naturale insegna che luomo ha
una naturale dipendenza da un essere superiore e che il
naturale modo di manifestarla sono i segni sensibili.
2. Il sacrificio esterno segno del sacrificio interno,
del sacrificio cio dellanima che si offre a chi suo
principio di creazione e suo fine di beatificazione. Ma
tale solo Dio; dunque il sacrificio si deve offrire solo a
Dio.
3. Offrire sacrificio un atto che fatto oggetto di
speciale lode nella S. Scrittura, perci esso un atto
speciale di virt e precisamente di religione.
4. Essendo il sacrificio di diritto naturale, tutti vi
sono obbligati; va per distinto il sacrificio interno, al
quale sono obbligati tutti, e il sacrificio esterno, il quale
incombe a coloro che vivono sotto la Legge, la quale
talora lo comanda e talora lo consiglia.

Quest. 86. Offerte e primizie. 1. I fedeli sono tenuti


alle offerte, non per la Legge dellAntico Testamento, ma
o per una convenzione fatta colla Chiesa, o per un voto
emesso, o per le necessit della Chiesa, o in forza della
consuetudine.
2. Le offerte vanno fatte al Sacerdote, che mediatore
fra Dio e il popolo, affinch servano per i ministri della
Chiesa, per il culto della Chiesa e per i poveri della
Chiesa.
3. Nella Legge del Nuovo Testamento non c pi la
distinzione fra creature monde ed immonde, ma tutto

Storia dItalia Einaudi

213

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

mondo per merito di G. C. perci si pu di ogni cosa fare


offerta a Dio, purch per sia di buon possesso.
4. I fedeli, come sono tenuti alle offerte, cos sono
tenuti alle primizie secondo la consuetudine della regione
e della Chiesa.

Quest. 87. Le decime. 1. Nel Vecchio Testamento


le decime erano dovute per il sostentamento dei ministri
della Chiesa: questa ragione naturale sussiste anche ora,
perci anche ora le decime sono dovute; e poich nel
Nuovo Testamento lautorit risiede nella Chiesa, cos
ora spetta alla Chiesa stabilire con equit e benignit la
parte che si deve intendere per decima.
2. La radice del debito sta in questo che chi semina
le cose spirituali ha diritto di mietere nelle temporali, le
quali sono tutte date da Dio, perci il dovere di pagare le
decime si estende a tutte le cose temporali.
3. Chi semina le cose spirituali il Sacerdote, a lui
quindi si deve pagare la decima; essa per una cosa
temporale, perci pu passare anche ai laici.
4. Il dovere di pagare le decime si estende a tutti i
fedeli che possedono di proprio, perci anche quelli dello
stato clericale, che possedono di proprio, devono pagare
le decime.

Quest. 88. Il voto. 1. Il voto una promessa fatta a Dio;


Dio legge anche il pensiero, perci la promessa pu essergli fatta anche col solo pensiero: ma la promessa procede da un proposito e il proposito procede da volont deliberata, perci a formare il voto sono necessarie tre
cose: deliberazione proposito e promessa.
2. Il voto una promessa che si fa Dio, deve perci
essere di cosa, non che gli sia contraria come il peccato,
ma che gli sia grata come un atto di virt; deve essere

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

di cosa possibile e alla quale non si sia gi tenuti per


necessit di salute, ma che meglio conduce alla salvezza
dellanima e perci il voto si dice promessa di un bene
migliore.
3. Se ogni promessa un debito, tanto pi lo una
promessa fatta a Dio; perci ogni voto obbliga;
4. e poich ci che si vota, pi che ad utilit di Dio
torna ad utilit nostra, perci conveniente fare voti.
5. Il voto disporre qualche cosa in onore di Dio,
perci il voto un atto di religione.
6. pi lodevole e meritorio fare qualche cosa per voto,
che senza voto, perch col voto ogni atto diventa un atto
di culto, ne segue una maggior soggezione a Dio e la
volont resta fissata nel bene.
7. Il voto nel ricevere gli ordini sacri e nella professione
religiosa viene reso solenne per una benedizione spirituale o per una consacrazione di istituzione apostolica.
8. Se il voto promessa di cosa possibile, deve essere
di cosa che non soggetta allaltrui potest, perci i
dipendenti non possono fare voti senza il consenso dei
superiori.
9. I fanciulli non possono obbligarsi a farsi religiosi, e
perch non hanno la capacit della relativa deliberazione
e perch sono soggetti alla potest dei genitori, e questa
tale che anche se ne avessero la relativa capacit, il loro
voto pu essere annullato dai genitori.
10. Il voto importa una legge particolare, ma alla legge
particolare prevale la legge generale, che pu modificare
la legge particolare in tutto o in parte; conci il voto viene
o dispensato o commutato.
11. Uno non pu restare monaco e contemporaneamente essere dispensato dal voto di povert e di castit nemmeno per autorit del Sommo Pontefice, perch
monaco vuol dire solo.
12. Il voto promessa fatta a Dio di qualche cosa che
a Dio sia grata; ma chi giudica in persona di Dio ci che

Storia dItalia Einaudi

215

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

pi o meno grato il Superiore ecclesiastico; perci


alla dispensa o commutazione del voto occorre lautorit
del Superiore ecclestico.

Quest. 89. Il giuramento. 1. Un fatto non si prova colle ragioni, ci vogliono testimonianze; ma la testimonianza umana non d la certezza, occorre quindi ricorrere alla testimonianza divina; questo ricorso si chiama giuramento, che pu essere assertorio o promissorio. Giurare
quindi chiamare Dio in testimonio di ci che si asserisce
o si promette;
2. e giurare una cosa buona e perci lecita, purch
non se ne usi male, cio senza necessit e senza la debita
cautela;
3. perci il giuramento deve essere fatto con verit,
con giudizio e con giustizia;
4. il giuramento allora importa una professione della
superiorit assoluta, della sapienza e della indefettibile
verit di Dio; un onorare Dio; un atto di religione.
5. Il giuramento che rimedia il difetto della testimonianza umana come una medicina, perci al giuramento, come alle medicine, si deve ricorrere non sempre, ma
quando ce n necessit.
S. Si pu giurare anche per le creature, non in se stesse,
ma in quanto in loro evidente la verit divina, come il
Santo Vangelo.
7. Il giuramento di una fede data o di un impegno preso obbliga, purch sia fatto con giudizio e con giustizia;
8. mancare al giuramento irriverenza, mancare al
voto infedelt e anche irriverenza, perci mancare al
voto pi grave che mancare al giuramento.
9. Come per il voto, cos per il giuramento, al particolare prevale il generale, che modifica in tutto o in parte il
particolare, perci anche nel giuramento si pu dispensare.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

10. Essendo il giuramento un atto solenne in onore


di Dio a conferma di quanto si dice, sono esclusi dal
giurare i fanciulli, che non ne hanno sufficiente capacit;
gli spergiuri, la cui parola non ha pi credito, e i sacerdoti,
la cui parola deve essere di per s autorevole.

Quest. 90. Lo scongiuro. 1. Si possono scongiurare


gli uomini o esigendo qualche cosa in nome di Dio da
chi ci suddito, o da chi non ci suddito semplicemente
domandandola.
2. Si possono scongiurare i demoni, ma a fine di cacciarli da noi in nome di Dio come nostri nemici, non gi
per invocarli che ci aiutino o ci insegnino.
3. Scongiurare le creature irragionevoli, che non capiscono, vano; per siccome sono mosse da Dio e anche
possono essere mosse ai nostri danni dal diavolo, cos
lecito scongiurarle, intendendo di invocare prodigi da
Dio come intendono i Santi, o intendendo di ricacciare
i danni del diavolo, come intende la Chiesa negli esorcismi.

Quest. 91. Nominare Dio. 1. Dio merita di essere lodato, non per come facciamo cogli uomini, che lodiamo o
per incoraggiarli o per eccitare altri ad imitarli; Dio lo lodiamo per eccitare noi stessi a maggiormente venerarlo;
lo facciamo quindi non in suo, ma in nostro profitto;
2. e a tale scopo fu assai opportuno introdurre il canto
delle divine lodi, perch esso assai adatto per eccitare
in noi gli affetti.

Quest. 92. La superstizione. 1. La superstizione un


vizio opposto alla religione per un eccesso o di termine o

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

di modo in quanto si presta culto divino anche a chi non


Dio, o lo si presta a Dio, ma in modo che non si deve:
2. la ragione del modo costituisce una specie di idolatria; la ragione del termine, ne costituisce tre secondo il
diverso fine; difatti il culto si presta o per onorare Dio,
o per ottenerne i lumi, o per ottenerne gli aiuti, quindi il culto rivolto, anzich a Dio, alle creature diventa o
idolatria, o divinazione, o osservanza.

Quest. 93. Superstizione specifica. 1. La superstizione


una menzogna nel culto divino; una discordanza cio
fra il segno e la cosa significata: questa discordanza poi
pu esserci o per parte della cosa, come sarebbe il culto
ebraico, che di attesa del Messia, ora che il Messia gi
venuto; o per parte della persona, che, esercitando il culto
in nome della Chiesa, facesse contro le disposizioni della
Chiesa.
2. Relativamente a Dio che infinito, niente sovrabbondante: ma relativamente alle cose ci pu essere del superfluo nel culto quando esse non servono al culto interno, ovvero sono contro le disposizioni e le consuetudini.

Quest. 94. Lidolatria. 1. Lidolatria un eccesso di


religione quanto al termine, perch culto divino che
prestarono gli antichi o a imagini o a quelle creature di
cui le imagini erano, sia perch le stimassero Dei, sia
perch ritenessero tutto il mondo una divinit di cui Dio
lanima; sia perch riputassero che al sommo Dio si
annodasse una lunga catena di esseri superiori: perci
lidolatria una specie di superstizione.
2. Il sacrificio spetta a Dio solo, e non gi anche a
creature, che per quanto eccellenti sono a Dio inferiori; il
sacrificio poi una cosa esterna bens, ma sempre segno
del culto interno, e non si pu tollerare come semplice

Storia dItalia Einaudi

218

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

materialit di consuetudine; perci il sacrificio offerto a


chi non Dio, cio lidolatria, sempre peccato;
3. e poich lidolatria in s sconvolge tutto lordine
della religione, perci lidolatria il pi grave peccato;
per in chi lo commette, che pu averne pi o meno
coscienza, pu non essere il peccato pi grave.
4. Dellidolatria causa dispositiva furono gli uomini i
quali o hanno troppo amato e venerato qualcuno; o troppo si dilettarono di rappresentazioni espressive; o troppo trascurarono di conoscere Dio: ma causa consumativa dellidolatria furono i demoni che cercavano di farsi
adorare dagli ignoranti dando responsi e operando cose
mirabili.

Quest. 95. La divinazione. 1. Luomo pu predire


uneclissi e congetturare una tempesta, ma non pu con
certezza predire ci che far un altro uomo, perch questo un futuro libero, noto a noi solo dopo il fatto, a Dio
invece da tutta leternit. Divinazione invece la pretesa di sapere, senza che ci sia rivelato, ci che appartiene
esclusivamente alla scienza divina;
2. e poich in tale pretesa o si ricorre ai demoni
onorandoli o i demoni stessi si ingeriscono e vogliono
essere onorati, perci la divinazione una specie della
superstizione.
3. I generi di divinazione sono tre: I. invocazione
espressa dei demoni, che danno le risposte; a) con apparizioni che possono essere o di prestigi, cio di luci e di
suoni, o di sogno, o di morti; b) con responsi di oracoli;
c) con figurazioni nelle cose inanimate terrestri, acquee,
aeree, ignee e aruspicali; II. invocazione non espressa dei
demoni nelle pratiche degli astrologi, degli auguri, degli
auspici, degli indovini e dei negromanti, fatte per conoscere il futuro; III. invocazione non espressa dei demoni
nei giuochi di sortilegio fatti o coi dadi, o colle paglie, o

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

colle carte o con altri oggetti e studiati per conoscere cose


occulte.
4. La divinazione collespressa invocazione del diavolo
illecita, e perch un patteggiare col diavolo, che
nemico di Dio e perch un trattare con chi ha per
ultima mira la nostra perdizione, ancorch le sue prime
risposte non siano contrarie alla verit.
5. Lastrologia vana, perch pretende di conoscere
gli eventi futuri fortuiti i quali non hanno cause fisse,
o gli eventi futuri umani, i quali hanno cause libere;
perci anche illecita: non invece illecito, bens utile,
lo studio dellastronomia e della metereologia, anche se
si tratta di formulare congetture di carattere generale
dipendentemente dallinflusso fisico degli astri.
6. Dai sogni che hanno una causa naturale, per es. la
fantasia, lorganismo, latmosfera, non si pu trarre una
conoscenza certa del futuro, certe coincidenze sono affatto casuali; per non illecito trarne congetture; dei sogni mandati da Dio per ministero degli angeli si pu giovarsi per la conoscenza del futuro; ma dei sogni ottenuti con fatto diabolico illusorio servirsi per la conoscenza
del futuro che Dio solo pu conoscere, ed anche illecito.
7. Altrettanto nelle altre specie di divinazione consistenti nelle pratiche degli auguri, degli indovini ecc. voler estendere la propria scienza oltre lordine naturale
e provvidenziale degli eventi illusorio e superstizioso e
perci illecito.
8. Si distinguono le sorti in divisorie o delle parti,
consultorie o degli atti, e divinatorie o del futuro.
Nel tirare le sorti: I. si pu avere lanimo di rimettersi
alla fortuna in quelle divisorie, e questo sempre vanit;
II. si pu avere lanimo di rimettersi agli astri od agli
spiriti in quelle consultorie, e questa superstizione; III.
si pu avere lanimo di rimettersi a Dio, unico padrone
delluniverso, e questo non illecito, purch non lo si

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

faccia nelle elezioni ecclesiastiche, perch proibito e lo


si faccia non con mire di umane passioni; ma colla debita
riverenza e quando c necessit.

Quest. 96. Vana osservanza. 1. Le osservanze dellarte notoria, cio le pratiche della sedicente arte di acquistare il sapere, sono illecite, perch superstiziose, sono, vane, perch inefficaci. Fissare certe figure e pronunziare
parole magiche non sono segni di istituzione divina, come i sacramenti, per lacquisto della scienza; non possono quindi esserlo che per patto diabolico; ma infondere la scienza, in modo da conoscerla senza il precedente studio, pu Dio, ma non il diavolo, che pu dare solo
qualche suggerimento particolare; perci sarebbero tentavi vani.
2. Le osservanze o pratiche per ottenere modificazioni
nei corpi, come la sanit in un malato, sono lecite se
quegli effetti possono essere naturali; se invece quegli
effetti non possono essere naturali, bisogna pensare che
quelle pratiche non ne sono le cause e sono invece segni
di un patto col demonio, perci sono illecite.
3. Le osservanze o pratiche relative alle fortune o alle
disgrazie, se non sono segni dati da Dio, resta che siano
segni di cooperazione della vanit umana e della malizia
diabolica e perci illeciti.
4. Appeso al collo si pu portare, non invocazioni del
diavolo; non parole ignote con sensi illeciti, o parole
note con sensi falsi; bens qualche detto divino, purch
non sia mescolato con segni vani e purch la fiducia sia
riposta non nel modo di scriverlo e di portarlo, ma nella
assistenza divina.

Quest. 97. Tentazione di Dio. 1. Tentare vuol dire


fare esperimento della scienza, potenza e volont altrui,

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

e quando uno trascura quello che pu fare per evitare


i pericoli e solo si rimette allaiuto di Dio, tenta Dio,
almeno interpretativamente, perch il suo fare non ha
altra necessit e altro scopo che di provare la potenza,
la sapienza e la bont di Dio.
2. Tentare Dio peccato, perch non si mette a prova
se non si dubita e tentare Dio quindi proviene da fede
dubbia. Non invece peccato se lo si fa non per se stessi
ma per gli altri e per glorificare cos Dio e la fede.
3. Tentare Dio unirriverenza a Dio, tuttaltro
che onorare Dio, perci peccato contro la virt della
religione.
4. Poich per lerrore pi grave del dubbio; la
superstizione, che professione di errore, un peccato
pi grave della tentazione di Dio, che solo professione
di dubbio.

Quest. 98. Lo spergiuro. 1. Il fine del giuramento


confermare la verit; ma se il giuramento fatto con
falsit, questa rende vano il fine del giuramento, che
quindi, non pi giuramento, ma spergiuro.
2. Lo spergiuro viene a dire che Dio o non conosce la
verit o testifica la falsit, il che una irriverenza a Dio,
perci lo spergiuro peccato contro la religione;
3. ed non solo irriverenza, ma anche disprezzo di
Dio; e poich tutto ci che disprezzo di Dio peccato
mortale, perci lo spergiuro sempre, anche nelle cose
piccole, peccato mortale.
4. Chi esige un giuramento che prevede sar falso, se
un privato pecca, perch coopera al male anzi lo vuole;
se il giudice non pecca, perch vuole semplicemente
lordine giuridico.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 99. Il Sacrilegio. 1. Sacro ci che


destinato al culto di Dio e che diviene cos qualche cosa
di divino, cui si deve riverenza che si riferisce poi a Dio.
Lirriverenza perci alle cose sacre ingiuria fatta a Dio
ed sacrilegio.
2. Il sacrilegio, che lesione o violazione di cosa sacra,
ha la sua speciale deformit, di essere cio lopposto della
religione, che una virt speciale, quindi un peccato
speciale.
3. Ci che sacro e che oggetto del sacrilegio si
distingue in persone, luoghi, e cose sacre; ci sono quindi
tre specie di sacrilegio, cio personale, locale e reale, e
ne cresce la gravit quanto pi grande la santit di ci
contro cui si pecca.
4. Le pene hanno carattere di medicina, perci se non
basta la scomunica, contro i sacrileghi sono da adoperarsi
anche le penalit temporali.

Quest. 100. La simonia. 1. Le cose spirituali sono


materia di contratti; I. perch nessun compenso terreno
sufficiente; II. perch i prelati ne sono dispensatori e
non padroni; III. perch in origine sono gratuito dono di
Dio: perci chi vuol farne contratto fa irriverenza a Dio e
alle cose divine e commette un peccato di irreligiosit, che
da Simon Mago ha nome di Simonia.
2. Le cose pi spirituali sono i sacramenti, che producono la grazia spirituale, cui non c oro che si possa equiparare; perci non si pu ricevere denaro o cosa equivalente in corrispettivo dei sacramenti: non per simonia offrire alcunch per il sostentamento dei ministri dei
sacramenti;
3. Altrettanto per gli altri atti del ministero ecclesiastico che hanno effetti spirituali va detto che non si possono contrattare, ma che si pu ricevere quello che secondo le consuetudini approvate dalla Chiesa viene of-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ferto per il sostentamento dei ministri del Signore, anzi, compiti quegli atti, le offerte si possono domandare ed
esigere.
4. Le cose annesse alle spirituali possono esservi annesse con dipendenza dalle cose spirituali, come un beneficio, e possono esservi annesse perch preordinate alle spirituali, come un calice; delle prime ogni contratto simonia, delle seconde no, purch si prescinda dal carattere
sacro che hanno.
5. Per le cose spirituali proibito ricevere denaro e ci
che al denaro equivalente, e poich il prestare servizi e
limpiegare tempo in preghiera rappresentano unutilit,
che si pu stimare a denaro, perci sono proibiti, come il
denaro, cos anche i servizi e le preghiere che, in fatto di
simonia, si chiamano dono di ossequio e dono di lingua.
6. Oltrech ad altre pene spirituali i simoniaci sono
soggetti alla privazione di ci che frutto di simonia da
parte e dei venditori e dei compratori e dei mediatori,
perch non si pu tenere ci che fu acquistato contro la
volont del Padrone, cio di Dio che disse: come avete
ricevuto cos date gratis.

Quest. 101. La piet. 1. Luomo doveroso ad altri secondo la loro eccellenza e secondo i benefici ricevuti; cos luomo ha doveri prima verso Dio, poi verso i genitori,
poi verso la patria. Coi genitori si intendono tutti i consanguinei; colla patria si intendono i cittadini. Onorare
Dio religione, onorare Genitori e Patria piet.
2. Il dovere di piet, per s, sta nellonorare; ma
accidentalmente sta anche nel prestare soccorso.
3. La piet ha un oggetto speciale, cio il culto dei
parenti e della patria, perci una speciale virt.
4. Religione e piet sono virt ambedue, perci non
si escludono a vicenda quasi opposte fra loro come virt
e vizio, si devono quindi ambedue praticare nei debiti

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

limiti; per cui se la piet non impedisce la religione,


si devono compiere anche i doveri di piet; non cos
se la piet impedisce la religione, perch non si deve
abbandonare Dio per gli uomini: non si deve lasciare di
convertirsi per non fare dispiacere ai genitori.

Quest. 102. Losservanza. 1. Losservanza una speciale virt che fa parte della piet e consiste nel prestare
culto e onore alle persone costituite in dignit, le quali ci
sono principio nel governo come Dio ci principio nella
creazione e i genitori ci sono principio nella nascita.
2. Il culto e lonore loro dovuto per leccellenza del
loro stato e per lufficio che esercitano.
3. La piet per, come virt, supera losservanza, perch
essa dovuta ai genitori e consanguinei che sono persone
a noi maggiormente congiunte.

Quest. 103. La riverenza. 1. Onorare testificare leccellenza altrui. Leccellenza di Dio per Iddio si pu testificarla col cuore, ma per gli uomini bisogna testificarla
con segni esterni, perci lonorare consiste in segni esterni e corporali.
2. Leccellenza altrui che si testifica collonorare pu
anche avere nessun rapporto con chi onora, e averlo sono
con altri, ma si tratta sempre di eccellenza che implica
superiorit, perci lonore dovuto a chi superiore.
3. Altra la riverenza che si deve agli uomini e altra
la riverenza che si deve a Dio, che ha dominio plenario
e principale su tutte le cose; a Dio si deve una riverenza
superiore, gli si deve cio il culto di latria, relativamente
agli altri padroni si deve riverenza, grecamente, dulia.
4. Questa dulia o riverenza dovuta dai servi ai padroni,
linfima forma di culto.

Storia dItalia Einaudi

225

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 104. Lobbedienza. 1. Deve avvenire nelle cose umane quello che avviene nelle cose naturali, che cio
le inferiori sono mosse dalle superiori. Muovere colla ragione e colla volont comandare, cui corrisponde lobbedire, quindi di diritto anche naturale che gli inferiori
obbediscano ai superiori;
2. e lobbedienza, perch ha questo speciale obbietto,
una virt speciale.
3. Le virt morali, radicate nella carit, hanno il
loro pregio in questo che ci fanno rinunciare a tutto,
piuttosto che perdere lunione con Dio; lobbedienza ci
fa rinunciare al massimo dei beni umani cio alla volont
che supera gli altri beni sia interni dello spirito e del corpo
che esterni delle cose, perci lobbedienza la pi grande
delle virt morali.
4. Se obbedire corrispondere da parte di chi inferiore alla mozione di chi superiore alla mozione di
Dio, che motore primo e universale devono corrispondere tutte le cose; perci a Dio si deve, di diritto naturale,
obbedire in tutto da parte di tutti.
5. Se una cosa inferiore non risponde alla mozione
della cosa superiore, ci avviene o per lintervento di una
forza maggiore o perch manca il contatto. Altrettanto
linferiore non tenuto a obbedire al superiore se c di
mezzo un precetto superiore di Dio, o se il superiore comanda in ci su cui non ha giurisdizione; come sarebbe
per i genitori la scelta dello stato dei figliuoli.
6. La fede cristiana ha per fine di sostenere lordinamento giuridico e non di sopprimerlo; e poich esso vuole
che gli inferiori obbediscano ai superiori, perci i fedeli
non sono dispensati dallobbedire alle potest secolari solo
perch sono cristiani.

Quest. 105. La disobbedienza. 1. La disobbedienza


contraria alla carit che mira ai buoi rapporti con Dio

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

e con gli uomini: ci che contrario alla carit per s


peccato mortale; quindi la disobbedienza in s peccato
mortale.
2. Ma poich disprezzare la persona di chi comanda
ancor peggio che disprezzarne i comandi, perci ci sono
peccati pi gravi della disobbedienza.

Quest. 106. La gratitudine. 1. Si deve ai benefattori la gratitudine per qualche beneficio particolare ricevuto; la gratitudine perci ha un motivo particolare ed
una speciale virt, distinta dalla religione, dalla piet e
dallosservanza.
2. Linnocente deve a Dio pi gratitudine del penitente
se si guarda alla quantit della grazia ricevuta ma un
penitente deve a Dio pi gratitudine dellinnocente se
si guarda alla gratuit del dono fatto da Dio, che diede
grazia quando si doveva pena.
3. Allordine universale in cui Dio, motore immobile, il principio e anche il fine di tutte le cose, deve conformarsi lordine particolare del beneficio, che deve sotto qualche forma ritornare al benefattore e precisamente sotto la forma di ringraziamento e, al caso, anche di
soccorso.
Anche al servo si deve gratitudine se fa pi del suo
dovere.
4. Un beneficio non si deve ricambiare subito e chi lo
facesse mostra di avere lanimo del debitore anzich del
riconoscente.
5. Nel ricambiare un beneficio bisogna prendere la
misura dalleffetto, se si tratta di un debito legale, dovuto
per giustizia, come il mutuo, o di un debito di quelle
amicizie che hanno per motivo linteresse; bisogna invece
prendere la misura dallaffetto, se si tratta di un debito
morale originato da amicizia vera o da generosit.

Storia dItalia Einaudi

227

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. La gratitudine poi importa che nel ricambiare si dia


anche pi del ricevuto, perch altrimenti pagamento di
debito anzich ricambio riconoscente.

Quest. 107. Lingratitudine. 1. La gratitudine


un debito della onest che virt esige; lingratitudine
quindi contro la virt ed perci peccato.
2. La gratitudine una virt speciale ed ha tre gradi:
riconoscere il beneficio, ringraziare, ricambiare; lingratitudine, che opposta alla gratitudine, perci peccato
speciale ed ha anchessa tre gradi: rendere male per bene,
disprezzare il beneficio, riputarlo unoffesa;
3. cotesta sarebbe ingratitudine perfetta ed in s sarebbe peccato mortale, lingratitudine invece imperfetta, cio
non ricambiare, non ringraziare, non riconoscere il beneficio soltanto omissione di ci che si deve per liberalit e
sarebbe soltanto peccato veniale.
4. Chi ingrato merita la punizione di non ricevere pi
benefici; ma il benefattore deve mirare e rendere grato
chi ingrato e conviene perci che ripeta il beneficio a
questo scopo.

Quest. 108. Le punizioni. 1. Nelle punizioni bisogna


guardare allanimo di chi punisce; se questi intende soltanto di vendicarsi, peccato; se invece ha per scopo lemendazione del colpevole o la tranquillit pubblica, non
peccato.
Se pecca la moltitudine, non si devono punire tutti,
ma solo i capi.
2. Il punire nei debiti limiti secondare e perfezionare
la naturale inclinazione di prevenire e di rimuovere ci
che nuoce, perci una virt speciale;
3. il punire tuttavia lecito e virtuoso quando mira
a tenere in freno i cattivi, il che si ottiene col sottrarre

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

a coloro che non sono amanti della virt le cose che


amano ed hanno care ancor pi di ci che si procurano
peccando e queste cose sono p. es. la vita, gli averi, la
libert ecc. cio colle pene consuete.
4. Le pene come pene spettano solo a chi reo, a chi
cio pecca volontariamente; cogli altri si possono talora
adoperare come medicine; per come non si cava locchio per guarire il calcagno, cos non si devono sottrarre
i beni spirituali a medicina di qualche difetto temporale.

Quest. 109. La veracit. 1. La verit loggetto della


veracit; dire il vero un buon atto: la veracit fa dire il
vero, essa quindi un buon abito, ossia una virt;
2. e poich la veracit fa che luomo disponga il suo
esterno cio i fatti e le parole in ordine alla verit e tutto
questo ha una bont speciale, perci la veracit una
virt speciale.
3. La veracit fa che soddisfiamo al debito morale,
che ci viene dallonest, di manifestare agli altri il vero,
perci essa parte della giustizia.
4. La veracit ha questa particolarit che fa che ci
tratteniamo quando parliamo di noi e diciamo meno di
quello che in noi c di bene; per, se questo dire meno
arriva alla negazione di ci che in noi c, allora non pi
virt, perch falsit.

Quest. 110. La bugia. 1. La veracit consiste nel


disporre le nostre manifestazioni in ordine alla verit;
quando invece si dispongono in ordine alla falsit, la
volont pu avere di mira o la falsit o anche il suo
effetto, cio ingannare; se si dice il falso, se c, la volont
di dirlo e se c lintenzione di ingannare, c la falsit
materiale, formale ed effettiva; orbene la bugia consiste

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

nella falsit formale e pi precisamente nella volont di


dire il falso; perci la bugia opposta alla veracit;
2. la gravit poi della bugia va desunta dallintenzione
di chi la dice e che pu avere di mira o il danno altrui,
o un vantaggio, almeno negativo, ossia la rimozione di
un nocumento, o un divertimento; e con ci la bugia si
distingue in dannosa, officiosa e giocosa.
3. Essendo naturalmente le parole segno di ci che
si ha in mente, indirizzarle a scopo contrario contro
natura, perci ogni bugia peccato;
4. per, siccome la bugia giocosa e officiosa non sono
contro la carit, esse non sono peccato mortale.

Quest. 111. Simulazione e ipocrisia. 1. Le nostre


manifestazioni non sono soltanto di parole ma anche di
fatti; e se queste sono contrarie alla verit, sono bugie; la
manifestazione consistente in fatti contraria alla verit si
chiama simulazione; la simulazione perci bugia e come
la bugia peccato.
2. Lipocrisia propria di chi internamente cattivo
ed esternamente si manifesta buono; essa perci una
simulazione, bench non ogni simulazione, sia ipocrisia;
3. in quanto poi una simulazione, lipocrisia direttamente si oppone alla veracit e indirettamente si oppone
ad altre virt, secondo cio i fini e i mezzi suoi particolari.
4. Lipocrisia di colui che non cura affatto la santit,
ma ogni cura invece mette soltanto nellapparire santo,
peccato mortale; fuori di questi estremi lipocrisia
peccato mortale o veniale secondo che , s o no, contro
la carit.

Quest. 112. Lostentazione. 1. La jattanza o ostentazione c quando uno si vanta non solo pi di quanto sti-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

mato, ma anche pi di quanto esso : e allora contraria


alla veracit.
2. Lostentazione poi peccato mortale quando si
arriva ad appropriarsi la gloria di Dio o ad offendere
con disprezzi la carit del prossimo; altrimenti peccato
veniale, purch non costituisca un grave atto di superbia,
o di inganno.

Quest. 113. La ironia. 1. La ironia ed irrisione di se


stesso quando non semplice reticenza, ma negazione
dei meriti che si hanno e attribuzione di demeriti che non
si hanno, contraria alla veracit e perci peccato;
2. per lirrisione di se stesso ordinariamente meno
grave della ostentazione, perch questa procede da sentimenti pi bassi.

Quest. 114. La cortesia. 1. La cortesia, per cui ci


comportiamo bene col prossimo nel comune conversare
sia colle parole che cogli atti, ci dispone a un particolare
bene, perci essa una speciale virt;
2. essa fa che rendiamo al prossimo quello che un
debito di convenienza, quindi la cortesia parte della
giustizia;

Quest. 115. Ladulazione. 1. Mentre la cortesia fa che


evitiamo di contristare il prossimo, ladulazione fa che
nel comune conversare cerchiamo di troppo piacergli e
sovente collintenzione di conseguire qualche vantaggio,
il troppo, cio leccesso peccato, perci ladulazione
peccato.
2. Ladulazione quando fatta o per esaltare un
peccato, o per sorprendere la buona fede o per eccitare

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

al peccato contraria alla carit ed allora anche peccato


mortale, altrimenti no.

Quest. 116. Il litigio. 1. Il litigio contrario alla carit


se procede da avversione verso il prossimo che parla;
invece contrario allamicizia se procede da mancanza di
cortesia.
2. Il litigio che difetto di amicizia in s peggiore
delladulazione, che ne un eccesso, perch meglio
abbondare che essere mancanti.

Quest. 117. La liberalit. 1. La liberalit consiste nel


far buon uso dei nostri beni, mentre potremmo farne un
uso cattivo, perci virt.
2. La liberalit sta nel dare con larghezza, perci materia propria della liberalit il denaro o i suoi equivalenti;
3. e poich gli atti si specificano dai loro oggetti, latto
proprio della liberalit il buon uso del denaro;
4. e poich luso del denaro sta nel darlo via, anzich
nellacquistarlo, perch questo sarebbe produzione pi
che uso del denaro, e poich ancora la emissione del
denaro tanto pi grandiosa quanto pi esso va lungi
da noi, perci alla liberalit appartiene pi dare il denaro
ad altri che spenderlo per noi.
5. La liberalit ha attinenza colla giustizia, perch
come la giustizia ha per oggetto gli averi, per termine gli
altri.
6. La liberalit, che ci regola nei beni esterni, inferiore per alle altre virt, che bene ci regolano nei beni
interni.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 118. Lavarizia. 1. I beni esterni hanno


loro ragione nellessere utili per le necessit della vita;
ma in tutto ci deve essere la debita misura: lavarizia
un eccesso nel procurarsi e nel conservarsi questi beni,
perci lavarizia vizio, peccato;
2. e lavarizia nel senso che un disordinato amore al
denaro uno speciale peccato.
3. Lavarizia contraria alla giustizia quando il troppo
amore alle ricchezze fa che si prenda o che si tenga ci
che daltri, invece contraria alla liberalit quando il
troppo amore ai denari fa che si trattengano anzich darli
via.
4. Lavarizia contraria alla giustizia un peccato di
genere mortale; lavarizia invece contraria alla liberalit,
finch non lede la carit, peccato veniale.
5. Lavarizia, bench sia turpe, non il pi grave
peccato, perch si riferisce allinfimo dei beni umani, cio
al bene esterno e corporale, che sono le ricchezze.
6. Lavarizia un peccato di spirito, perch la sua
soddisfazione sta nella considerazione dei propri averi,
mentre i peccati carnali consistono nelle soddisfazioni
carnali, perci un peccato distinto.
7. A seconda del fine che si propone luomo opera
molte cose o buone o cattive, e per il denaro, che un
fine pravo, molte cose cattive, perci lavarizia, che
amore al denaro, principio di tanti peccati, un peccato
capitale.
8. 1. Lavarizia un eccesso nellacquisto e nella conservazione delle ricchezze; perci da lei nascono: tradimenti, frodi, inganni, spergiuro, inquietudine, violenza e
durezza di cuore.

Quest. 119. La prodigalit. 1. La prodigalit contraria allavarizia, perch ne leccesso e il difetto opposto
nelluso del denaro: laprodigalit eccede nel darlo via ed

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

mancante nellacquistarlo e conservarlo; lavarizia invece mancante nel darlo via ed eccede nellacquistarlo e
conservarlo.
2. La prodigalit quindi essendo lestremo opposto
dellavarizia non mantiene neppur essa il giusto mezzo
nelluso del denaro e perci peccato.
3. per un peccato non pi grave, ma meno grave
dellavarizia e perch alla virt della liberalit, che sta
nel dare largamente, pi vicina la prodigalit, eccesso,
che non lavarizia, negazione; e perch il prodigo utile
a molti e lavaro a nessuno; e perch invecchiando la
prodigalit si sana e lavarizia si peggiora.

Quest. 120. Lepicheia. 1. Lepicheia o equit una


virt, perch causa di atti buoni in quanto ci guida
a praticare la legge scritta secondo che esige e il senso
della giustizia e la pubblica utilit; per essa, ad esempio,
neghiamo di restituire la spada che uno ci ha affidata se
ce la domanda mentre sulle furie.
2. Lepicheia o equit parte della giustizia in qualit
di regola superiore degli atti umani.

Quest. 121. La piet. 1. La piet, che fa che


prestiamo a Dio il debito culto ed onore per ispirazione
dello Spirito Santo, un dono dello Spirito Santo.
2. Al dono della piet corrisponde la 2. beatitudine:
Beati i miti, perch la mansuetudine toglie gli impedimenti agli atti di piet.

Quest. 122. Precetti di giustizia. 1. Se per la


giustizia dobbiamo a ciascuno il suo, tutti i precetti del
decalogo, che stabiliscono cosa dobbiamo in particolare
a ciascuno, appartengono alla giustzia.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Come primo precetto del Decalogo fu convenientemente messo quello che riguarda Dio ultimo fine, perch
esso il fondamento della vita religiosa e ne rimuove i
principali ostacoli.
3. Come secondo precetto del Decalogo fu convenientemente messo quello che riguarda luso del santo nome
di Dio, perch dopo il precetto che rimuove gli ostacoli alla religiosit deve venire quello che della religiosit
impedisce le deviazioni,
4. e come terzo precetto del Decalogo fu convenientemente messo quello che riguarda il culto di Dio, perch
rimossi gli ostacoli e le deviazioni della religiosit, luomo deve con opera positiva fondarsi nella Religione mediante lesercizio del culto.
5. Come quarto precetto del Decalogo fu convenientemente messo quello che riguarda i genitori, perch cos si
passa dallonore dovuto a Dio, come principio universale
di tutti noi, allonore dovuto ai genitori, come principio
particolare di ciascuno di noi.
6. Gli altri sei precetti del Decalogo furono convenientemente disposti, come lo sono, dopo i primi quattro, perch cos dopo lonore di Dio e dei genitori viene specificato e graduato ogni debito che abbiamo col prossimo
per distinte e particolari ragioni.

Quest. 123. La fortezza. 1. Virt ci che rende


luomo buono, cio conforme alla retta ragione; questo
avviene in tre modi: I. la ragione viene rettificata, e questo
compito delle virt intellettuali; II. la ragione rettificata
viene applicata alle cose umane, e questo compito della
giustizia; III. si rimuovono gli impedimenti di una retta
applicazione di essa ragione derivanti o da attrattive, e
questo compito della temperanza, o da difficolt, e
questo invece compito della fortezza e anche la fortezza
perci una virt.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. C una fortezza generale, e questa condizione


di ogni virt, ma c anche una fortezza speciale, che sta
nellaffrontare i pericoli e nel sopportare le fatiche, e
questa una virt speciale.
3. La fortezza si esercita quando il timore ci ritrae
dalle difficolt o quando laudacia ci porterebbe agli
eccessi, la fortezza perci si dice repressiva del timore e
moderativa dellaudacia.
4. La fortezza sostiene la volont del bene di fronte
ai mali corporali fino al pi grande di essi; il pi grande
dei mali corporali la morte, perci la fortezza contro il
timore dei pericoli della vita.
5. La fortezza pi propriamente quella che si prostra
nella battaglia, perch allora di fronte alla morte imminente la fortezza sostiene la volont del bene comune da
difendersi colla guerra: per la fortezza anche degli altri pericoli di morte.
6. La fortezza sta pi nel reprimere il timore che nel
moderare laudacia, perch quella cosa pi difficile
di questa; perci latto principale della fortezza non
aggredire, ma stare fermi nei pericoli.
7. Fine prossimo di chi forte un atto di fortezza,
ma fine remoto la beatitudine, cio Dio.
8. Nellesercizio della fortezza c il diletto spirituale dellatto compiuto, ma c anche la molestia corporale della vita compromessa, questa di solito impedisce la
percezione del diletto dellanima, ma la fortezza impedisce che la ragione resti assorbita dalla molestia corporale.
9. La virt della fortezza propria sopratutto dei casi
repentini, non nel senso che li sceglie di preferenza,
perch essi non si scelgono ma capitano, bens nel senso
che vi tiene lanimo preparato.
10. Chi forte nel compire un atto di fortezza fa uso
della passione dellira, che di sua natura non n buona,

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

n cattiva, ma come virtuoso fa uso di unira moderata e


non gi di unira sregolata.
11. Se virt cardinali sono quelle che fanno operare
bene fermamente, questo proprio sopratutto della fortezza, essa, quindi una virt cardinale;
12. essa tuttavia non la maggior delle virt cardinali, perch la prima quella che costitutiva del bene razionale cio la prudenza; poi segue quella che del bene
produttiva, cio la giustizia, infine vengono quelle che
del bene sono conservative, cio la fortezza e la temperanza, e fra queste due la precedenza spetta alla fortezza,
perch nulla allontana dal bene pi del pericolo di morte
e di fronte a questo ci sostiene la fortezza.

Quest. 124. Il martirio. Il martirio, per cui uno sta


fermo nella verit e nella giustizia contro limpeto dei
persecutori, un atto di virt,
2. ed evidentemente un atto della virt della fortezza,
perch questa che rende fermi nel bene anche di fronte
al pericolo di morte.
3. Il martirio il pi grande atto di virt, se non
secondo la fortezza, che non la pi grande delle virt,
certo per secondo la carit, che ne il motivo, essendo
esso il segno del pi grande amore.
4. Il martirio testimonianza della fede, che delle
cose invisibili, col disprezzo di tutte le presenti cose
visibili, e della stessa vita che ne la pi grande; perci il
martirio perfetto quando importa la morte per Cristo.
5. Il martirio testimonianza alla verit di Cristo, e
poich tutte le virt, in quanto si riferiscono a Dio, sono
una implicita protestazione della fede, perci non la sola
fede, ma tutte le virt possono essere causa di martirio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 125. La timidezza. 1. Il timore disordinato,


quello cio che fa fuggire ci che si deve tollerare per
proseguire nel bene, peccato; ma non peccato il timore
ordinato, quello cio che fa fuggire ci che la stessa
ragione dice di fuggire.
2. Timore ce n in ogni vizio, cos lavaro teme
sempre di perdere il suo denaro, ma il timore principale
quello del pericolo di morte; questo opposto alla virt
della fortezza ed un vizio che si chiama ignavia.
3. Il timore disordinato se soltanto nella sensibilit
non pi che peccato veniale, ma se accompagnato
da deliberata volont di fuggire la morte o qualunque
altro male a costo di commettere una trasgressione o
omissione grave peccato mortale.
4. Il timore disordinato, che per non sconvolge luso
della ragione, non scusa dal peccato, ma tuttavia lo rende
meno volontario.

Quest. 126. La temerit. 1. La temerit, o disprezzo


della propria vita, pu derivare da scarso amore di se
stesso, da superbia dellanimo o da stolidezza, e in ogni
caso un vizio.
2. Alla fortezza, che repressiva del timore e moderativa dellaudacia, si oppone tanto la timidezza, che un
eccesso di timore, quanto la temerit, che assenza totale
di timore.

Quest. 127. Laudacia. 1. Laudacia, passione naturale dellappetito irascibile, quando non regolata dalla
ragione, ed o con mancanza o con eccesso di moderazione, diventa un vizio;
2. ordinariamente poi laudacia viziosa laudacia
eccessiva e come tale opposta alla fortezza in quanto,
come la temerit, mancanza del debito timore.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 128. Parti della fortezza. 1. Le parti integrali


della fortezza, quelle cio che ne rendono latto perfetto,
sono 4: fiducia, magnificenza, pazienza e perseveranza; la
fiducia e la magnificenza dispongono lanimo ad iniziare
latto; la pazienza e la perseveranza sostengono lanimo a
proseguirlo.

Quest. 129. La magnanimit. 1. La magnanimit,


come dice il nome, mira a cose grandi; fra le cose esterne
delluomo la pi grande lonore; quindi la magnanimit
mira sopratutto agli onori;
2. anzi il nome stesso indica che mira, non agli onori
comuni, ma ai grandi onori, come a qualche cosa di
buono e di difficile, per cui occorre maggiore virt;
3. ed precisamente una virt la magnanimit, perch
essa relativamente agli onori pone nellanimo la giusta
misura di ragione.
Il magnanimo non precipitoso, perch mira a cose
che, in quanto grandi, sono poche ed esigono grande
attenzione.
Il magnanimo non superbo; perch come non si
innalza negli onori, non stimandoli superiori a s, cos
cerca di rendersene degno secondo i doni ricevuti da
Dio.
4. La magnanimit una virt speciale, perch ha una
materia speciale, cio gli onori, per, siccome lonore
premio di ogni virt, cos la magnanimit anche una
virt generale.
5. La magnanimit ha attinenza colla fortezza, perch,
come la fortezza rende fermi di fronte al pericolo della
vita, cos la magnanimit rende fermi di fronte ai massimi
beni da sperare e da conseguire.
6. Colla magnanimit poi ha attinenza la fiducia, la
quale forza della speranza, derivata da qualche con-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

siderazione, che d grande opinione del bene da conseguirsi;


7. ed ha attinenza anche la sicurezza, che importa quiete danimo, perch sebbene in quanto caccia il timore essa appartenga alla fortezza, tuttavia in quanto tiene lungi
il disperare ha attinenza colla magnanimit.
8. I beni di fortuna molto conferiscono alla magnanimit, perch essa tende agli onori grandi; a questi non si
pu arrivare se non operando qualche cosa digrande e di
far questo danno facolt, colle forze e le amicizie, i beni
di fortuna.

Quest. 130. La presunzione. 1. La presunzione, come


indica il nome, assumersi e tentare ci che supera le
proprie forze; essa quindi contro lordine naturale delle
cose, vizio e peccato.
2. La presunzione contraria alla magnanimit essendone un eccesso.

Quest. 131. Lambizione. 1. Ci che merita onore


una qualche eccellenza, e questa, se si ha, viene da Dio
ed data a bene del prossimo; lambizione invece, che
aspira allonore o non meritandolo, o non riferendolo a
Dio, o riducendolo esclusivamente a proprio vantaggio,
un disordinato desiderio di onore, e perci peccato.
2. Anche lambizione, come la presunzione, si oppone
alla magnanimit per eccesso.

Quest. 132. La vanagloria. 1. Gloria, che vuol


dire chiarezza, importa manifestazione di qualche cosa di
decoroso, sia spirituale che corporale, collapprovazione
comune; ma desiderare gloria o da cosa che non merita, o
presso persone di scarso giudizio o a scapito della gloria

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

di Dio e del bene del prossimo vanagloria, cio desiderio


di una gloria inutile e vuota; difetto e peccato.
2. Siccome la gloria effetto dellonore e questo
oggetto della magnanimit, cos la vanagloria si oppone
alla magnanimit.
3. La vanagloria, quando non contraria allamore
di Dio n quanto alloggetto della vanagloria, n quanto
allintenzione di chi la desidera, non peccato mortale,
ma peccato veniale.
4. La gloria, molto affine alleccellenza che tutti massimamente desiderano, cosa anchessa molto appetibile; da questo desiderio derivano molti vizi, esso quindi
un vizio capitale;
5. e i vizi, figli della vanagloria sono: la disobbedienza,
lostentazione, lipocrisia, le contese, la pertinacia, la discordia e lo spirito di novit, secondoch alla manifestazione della propria eccellenza si mira con parole, o con
fatti, direttamente o indirettamente.

Quest. 133. La pusillanimit. 1. Quello che contrario allinclinazione naturale contrario alla legge naturale, e c in tutti linclinazione di fare ci che commisurato alle proprie forze; a questa, come contraria la presunzione per eccesso, cos contraria lapusillanimit per
difetto; anchessa quindi vizio, peccato.
2. Il pi o il meno non cambia specie, perci lamagnanimit e la pusillanimit sono della stessa specie e la
pusillanimit lopposto della magnanimit.

Quest. 134. La magnificenza. 1. La magnificenza in


Dio virt, nelluomo ne una partecipazione, perci
anche nelluomo la magnificenza virt.
2. Magnificenza vale fare cose grandi; il fare strettamente verbo transitivo che ha un oggetto esteriore e in

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

questo senso la magnificenza una virt speciale: se invece il verbo fare si prende nel senso generico di qualunque azione, sia interna che esterna, allora la magnificenza
una virt generale.
3. La magnificenza mira a grandi opere per le quali
ci vogliono grandi spese, perci la materia della magnificenza sono le grandi spese; ma insieme ne sono materia
anche il denaro e lamore stesso al denaro per regolarlo
cos che non impedisca le grandi spese.
4. La magnificenza ha attinenza colla fortezza, perch,
come la fortezza cos anche la magnificenza tende a qualche cosa di arduo e di difficile.

Quest. 135. La grettezza. 1. Mentre la magnificenza


ha per materia le grandi spese, la grettezza ha per materia
le spese piccole, ma poich chi poco spende molto spende,
cos chi gretto non tiene la giusta proporzione fra le
spese e lopera e la grettezza quindi un vizio.
2. Poich al piccolo si oppone il grande, perci alla
grettezza si oppone lo spreco, ambidue distanti dal giusto
mezzo.

Quest. 136. La pazienza. 1. La tristezza un


impedimento a fare il bene secondo ragione; la pazienza
rimuove limpedimento della tristezza e fa proseguire la
via del bene, perci la pazienza virt.
2. La pazienza non la pi grande virt, perch, in
confronto delle altre virt che costituiscono luomo nel
bene, essa impeditiva di ci che ritrae dal bene, ma
in ultimo grado, ed in questo che essa rende perfetta
lopera della virt.
3. La pazienza, come virt non si pu avere senza
aiuto della grazia celeste perch, mentre lanima aborrisce
naturalmente dai dolori, essere tuttavia disposti a tutti i

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

dolori pur di non perdere il bene della grazia non pu


essere che effetto della carit.
4. La pazienza regge lanimo a sopportare i malanni;
il massimo di questi la morte ed a questo regge lanimo
la fortezza, la pazienza quindi parte della fortezza.
5. La pazienza conviene colla longanimit nel senso che
la pazienza tolleranza di un male, la longanimit per
conviene di pi colla magnificenza nel senso che questa
mira di un bene lontano.

Quest. 137. La perseveranza. 1. La virt ha per oggetto il bene difficile; dove c una speciale ragione del
bene o del difficile ci vuole una speciale virt; nellattendere lungamente a qualche cosa di difficile c una speciale difficolt; la perseveranza reggelanimo a questo, la
perseveranza quindi virt ed speciale virt.
2. La perseveranza regge lanimo alle cose difficili; la
pi difficile di queste la morte, alla quale regge lanimo
la fortezza, la perseveranza quindi parte della fortezza.
3. La costanza parte della perseveranza, perch tendono ambedue allo stesso fine cio alla fermezza nel bene; ma differiscono fra di loro in quanto la perseveranza
rende fermi contro la difficolt di attendervi lungamente,
la costanza invece rende fermi contro le difficolt esterne.
4. La perseveranza quale virt ha bisogno del dono della grazia santificante, come tutte le virt infuse; c poi la
perseveranza finale, cio latto di perseverare nel bene fino alla morte, e questa ha bisogno non solo della grazia
santificante, ma anche di una grazia speciale, perch la sola grazia santificante non sufficiente a rendere immobile nel bene il libero arbitrio che per s volubile.

Quest. 138. Vizi della fortezza 1. Molle e cedevole


ci che non resiste ma rientra e si ritira a ogni tocco;

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mollezza quindi o cedevolezza il facile recesso dal bene


per qualunque difficolt: essa contraria alla perseveranza, che fermezza nel bene con lunga tolleranza di cose
difficili e laboriose.
2. La pertinacia, ossia tenacia in tutto e tenacia imprudente per la persistenza nella propria opinione pi di
quanto ragionevole, si trova allestremo opposto della
cedevolezza, ed anche contro la perseveranza, che tiene
il giusto mezzo di ragione.

Quest. 139. Il dono della fortezza. 1. Se lavirt della fortezza rende fermi nelloperare il bene e nel sopportare il male, la mozione dello Spirito Santofa che luomo giunga al fine di ogni opera buona cominciata sfuggendo a tutti i pericoli imminenti, cosa che eccede le forze della natura umana; e questo un dono dello Spirito
Santo, cio il dono della fortezza, che consiste in una speciale fiducia infusa nellanimo escludente ogni contrario
timore.
2. Al dono della fortezza corrisponde la 4. beatitudine,
perch se la fortezza si mostra nelle cose ardue, una
delle cose pi ardue non solo compiere le opere della
giustizia, ma averne un insaziabile desiderio, cio la fame
e la sete.

Quest. 140. Precetti di fortezza. 1. Fu conveniente


che nella Sacra Scrittura Dio desse precetti di fortezza,
perch tendono al fine degli altri precetti, cio allunione
dellanima con Dio;
2. e fu conveniente che i precetti fossero non soltanto
relativi alla fortezza, ma anche alle virt secondarie che
sono parte della fortezza affinch siamo bene istruiti a
vivere rettamente.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 141. La temperanza. 1. Virt ci che inclina


luomo al bene e bene ci che conforme alla ragione;
la temperanza inclina luomo a temperarsi, a moderarsi,
a contenersi conforme alla ragione, la temperanza quindi
virt;
2. anzi, presa nel senso che frena lappetito in quelle
cose che pi delle altre allettano luomo, una speciale
virt, perch ha una speciale materia.
3. Il bene di ragione avversato da due moti dellappetito sensitivo, uno che persegue i beni sensibili e corporali, laltro che rifugge dai mali sensibili e corporali; il
primo ripugna alla ragione, perch nel perseguire i beni
sensibili, i quali per s sono naturali e non contrari alla
ragione, lo fa senza moderazione; il secondo ripugna alla ragione, perch fuggendo dai mali corporali, che sono
uniti al bene di ragione, si fugge dal bene stesso: e come
il secondo regolato dalla fortezza, moderatrice fra il timore e laudacia, cos il primo regolato dalla temperanza, moderatrice fra la concupiscenza dei diletti e la tristezza
della loro mancanza;
4. e come la fortezza regge lanimo di fronte ai mali pi grandi, cos la temperanza contiene lanimo nei diletti pi grandi; i diletti sono tanto maggiori quanto pi
naturali sono le operazioni da cui derivano; le operazioni pi naturali sono quelle dellistinto della conservazione dellindividuo e della specie e perci la temperanza
relativa ai piaceri del gusto e del tatto, che ne conseguono.
5. La temperanza direttamente relativa al diletto derivante dalluso di ci che necessario alla conservazione; in questo prevalente il gusto, perci la temperanza
pi propriamente del gusto.
6. Bene ci che conforme alla ragione e di questa
proprio disporre dei mezzi in ordine del fine; perci
la regola della temperanza va presa secondo la necessit
della vita, per cui dei piaceri si deve far uso tanto, quanto
la necessit di questa vita lo esige.

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7. La temperanza una virt cardinale, perch la


moderazione, che la regola comune delle virt, ha lode
particolare nella temperanza di quei diletti per i quali,
venendo essi da operazioni che sono le pi naturali e da
oggetti che sono i pi necessari alla vita, pi difficile
lastensione e il freno.
8. Come il bene pubblico da anteporsi al privato,
cos le virt che hanno attinenza col bene pubblico,
quale la giustizia, sono da anteporsi a quelle che hanno
attinenza col bene privato, quale la temperanza; essa
quindi non la virt pi grande.

Quest. 142. Vizi contrari. 1. Fu la natura che un il diletto alle operazioni necessarie alla vita; ci poich contro lordine naturale vizioso, perci come non si deve
cercare, cos non si deve il diletto fuggire oltre quanto
necessario alla salute umana e alla conservazione della natura; e nel fuggirlo sta la insensibilit, che perci
difetto, vizio.
2. Lintemperanza un vizio bambinesco, non perch
sia proprio dei bambini, ma perch della loro indole,
cio poco ascolta la ragione, diventa presto incorreggibile ed ha bisogno di castigo.
3. Lintemperanza ha dei punti di contatto colla ignavia, questa ha per oggetto il pericolo di morte, quella invece i piaceri della vita, ma mentre lignavo turbato nella ragione, lintemperante pi sollecitato, perci latto
volontario maggiore nellintemperanza ed essa un peccato maggiore dellignavia;
4. lintemperanza poi, essendo il vizio che pi ripugna
alla dignit umana, perch ha per oggetto i diletti che
abbiamo comuni coi bruti e perch il lume di ragione,
che lo splendore della virt, poco o nulla vi ha parte,
ci che vi ha di meno degno di onore, il vizio pi
obbrobrioso.

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Quest. 143. Parti della temperanza. 1. Della temperanza sono parti integrali, necessarie cio alla perfezione
dellatto: la verecondia e lonest; sono parti soggettive,
ossia specie: lastinenza, la sobriet, la castit e la pudicizia; sono parti potenziali, ossia virt relative agli atti secondari: la continenza, lumilt e la mansuetudine per gli
atti dellanimo, e la modestia per gli atti del corpo.

Quest. 144. La verecondia. 1. La verecondia ossia vergogna di un atto turpe, essendo conseguenza di unazione cattiva, non propriamente virt, che una perfezione; essa piuttosto un sentimento lodevole; per ordinariamente e in largo senso si prende come virt, che facendo temere lobbrobrio ritrae dal male;
2. la verecondia quindi, che timore della turpitudine,
direttamente riguarda il vituperio, che la turpitudine
penale, e indirettamente riguarda il vizio, cui il vituperio
dovuto.
3. Ci vergogniamo pi davanti ai congiunti, che agli
stranieri, perch reputiamo di pi il giudizio dei congiunti, e perch la loro testimonianza ci quasi sempre
addosso, mentre quella degli stranieri fuggitiva.
4. Non temono vergogna gli scellerati che ne hanno
perduto il sentimento e di nulla pi ritengono si debba
vergognarsi, e nemmeno la temono i vecchi ed i virtuosi,
che la ritengono non pi possibile per loro e facilmente
evitabile.

Quest. 145. Lonest. 1. Onest stato di onore,


lonore si deve alla virt, perci onest equivale a virt.
2. Onesto lo stesso che decoroso, cio bello, ma bello
di bellezza spirituale, che consiste in questo chelagire e
il conversare delluomo sia proporzionato alla chiarezza
spirituale della ragione.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Onesto, dilettevole e utile soggettivamente sono lo


stesso, cos la virt decorosa, oggetto di compiacenza
ed utile alla felicit; ma nel significato differiscono,
perch onesto ci che splende di bellezza spirituale;
dilettevole ci che appaga il desiderio, utile ci che
serve ad uno scopo; e se tutto ci che onesto e utile
anche dilettevole, non tutto che dilettevole anche
onesto o utile.
4. Lonest parte integrale della temperanza, perch
se la temperanza trattiene dalle cose turpi, lonest importa bellezza spirituale che lopposto del turpe.

Quest. 146. Lastinenza. 1. Lastinenza, o sottrazione


di cibo, per s indifferente; ma se regolata dalla
ragione, allora virt;
2. ed virt speciale, perch trattiene luomo dallimpeto speciale di passione verso i piaceri della gola.

Quest. 147. Il digiuno. 1. Il digiuno, regolato dalla


ragione pel conseguimento di un triplice bene, e cio: I. a
reprimere la concupiscenza, II. ad elevare la mente, III.
a far penitenza dei peccati, un atto di virt;
2. ed atto della virt dellastinenza, perch esso
riguarda i cibi, relativamente ai quali lastinenza che
ci regola.
3. Il digiuno in quanto corrisponde al conseguimento
del suo triplice bene di diritto naturale e ciascuno vi
tenuto quanto gli necessario per conseguirli; ma la sua
determinazione pratica di diritto positivo e spetta alla
Chiesa;
4. e ad esso sano tenuti tutti, eccetto coloro che ne
hanno uno speciale impedimento; il legislatore infatti
guarda alla moltitudine e alla generalit, ma non intende

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

di obbligare chi ragionevolmente impedito di osservare


il precetto.
5. Fu poi convenientemente fissato il digiuno per quei
tempi nei quali c una ragione particolare di purgare i
peccati e di elevare la mente a Dio, come il tempo di
quaresima, delle tempora e delle vigilie;
6. ed ragionevole la legge dellunica cogestione, perch cos e si soddisfa alla natura e si frena la concupiscenza.
fissato il numero delle comestioni, ma non la quantit del cibo.
I liquidi sono permessi, perch servono pi alla digestione che alla nutrizione.
7. Affinch poi davvero si ottenga che mentre si soddisfa la natura si freni la concupiscenza, lora dellunica
cogestione fu fissata quando la digestione precedente
da parecchio tempo completa; in memoria poi dellora
in cui spir Ges fu stabilita lora nona;
8. e a chi digiuna, per lo scopo stesso del digiuno
fu giustamente interdetto luso delle carni, delle uova e
dei latticini, perch questi sopratutto sono deliziosi e
provocanti il senso.

Quest. 148. La gola. 1. Essendo la gola un appetito di


mangiare e bere, ma disordinato, cio contrario allordine della ragione, la gola evidentemente un peccato.
2. La gola poi un peccato mortale, quando fare cedere
dallultimo fine, ossia fa riporre lultimo fine nei piaceri
del ventre; altrimenti peccato veniale.
3. Bench la gola sia occasione di tanti peccati, essa
tuttavia non il pi grande peccato, perch sono maggiori
per es. i peccati che sono contro Dio.
4. Le diverse specie della gola furono distinte secondo
le sue condizioni contenute nel verso:

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Praepropere, laute, nimis, ardenter, studiose e che


riguardano la sostanza, la qualit, la quantit dei cibi il
tempo e il modo di mangiare.
5. Essendo i piaceri della gola una cosa molto appetibile, per raggiungere la quale si commettono molti peccati, perci la gola un peccato capitale.
6. Sono figlie della gola: la scipitezza, la scurrilit,
limmondezza, la loquacit, e lottusit di mente; vizi altri
dellanima, altri del corpo.

Quest. 149. La sobriet. 1. La sobriet, in quanto


virt, ha per oggetto ci in cui c la ragione del bene e
del difficile; e poich sobriet significa giusta misura, essa
si esercita dove difficile osservarla, cio nelle bevande
inebrianti, in cui luso misurato molto giova e leccesso
molto nuoce: la sobriet quindi riguarda sopratutto il
bere, quel bere cio che per i suoi fumi turba la mente;
2. e poich il bere inebriante, che colla sua fumosit
turba il cervello, uno speciale impedimento al bene
della ragione, la sobriet, che mira ad impedirlo, una
speciale virt.
3. Il vino non illecito, per s, ma pu diventare
illecito per accidens quando chi lo beve o debole di
stomaco, o legato da un voto, o eccede nella misura,
o d scandalo.
4. A misura poi del pericolo del vino e della condizione delle persone si richiede una maggiore sobriet dai
giovani, di per s ardenti; dalle donne, troppo deboli; dai
vecchi, perch mai venga a loro meno lassennatezza; dai
prelati, per la gravit dei loro uffici.

Quest. 150. Lubbriachezza. 1. Lubbriachezza,


come stato di chi per il troppo vino ha perduto lusodella
ragione, una penalit della colpa; lubbriachezza invece

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

come atto di chi per disordinata voglia e uso di vino


cade in quello stato un peccato, a meno ci avvenga
inopinatamente, perch il vino era troppo forte; ed
peccato di gola.
2. Chi sa e che il vino potente e che pu restare
ubbriacato e vuole restare ubbriacato commette peccato
mortale, perch si priva delluso della ragione, e si compromette a fare il male.
3. Lubbriachezza non il pi grande peccato, perch i
peccati per es. che sono contro Dio sono pi gravi.
4. Lubbriachezza quanto meno fu volontaria tanto pi
scusa dai peccati che in essa si commettono, ma li aggrava
se fu volontaria e appositamente procurata.

Quest. 151. La castit. 1. Castit significa castigata


concupiscenza, la quale ha bisogno di essere frenata come
un fanciullo, ed evidentemente virt.
2. In tal senso di castigata concupiscenza e presa metaforicamente come freno di qualunque piacere ossia di
ogni unione dellanima con ci che non Dio, una virt generale; ma nel senso suo proprio virt speciale, perch freno speciale della concupiscenza relativamente ai
piaceri impuri;
3. ed distinta dalla temperanza, che riguarda i cibi, perch questa regola gli atti relativi alla conservazione dellindividuo e quella regola gli atti relativi alla conservazione della specie.
4. La pudicizia, che ha nome dal pudore o vergogna,
ha per oggetto ci di cui ci vergogniamo e sono gli atti in
cui si manifestano quei piaceri impuri che sono invece
partita della castit; perci la pudicizia distinta dalla
castit e ne parte.

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Quest. 152. La verginit. 1. Verginit vale verdeggiante


et, immune dallarsura prodotta dalla concupiscenza: la
verginit formale e completa sta nel proposito di astenersi
sempre dai piaceri impuri; mentre la perdita impura, che
di essi causa, ha relazione soltanto materiale collatto
morale, e la violazione del fiore o sigillo verginale ha
collatto morale relazione soltanto accidentale.
2. La verginit non illecita perch non viziosa,
invece lodevole perch utile al bene supremo delluomo,
che la contemplazione della verit; e come conforme
a ragione astenersi da qualche cosa esterna per la salute
del corpo cos conforme a ragione astenersi da qualche
cosa del corpo per la salute dellanima.
3. Il proposito di astenersi sempre da qualunque
piacere carnale, in cui consiste la verginit distinto dal
proposito, in cui consiste la castit, di astenersi cio dai
disordini in tali piaceri, perci la verginit una virt
speciale, distinta dalla castit e di tanto ad essa superiore
di quanto la magnificenza supera la liberalit.
4. Se il matrimonio ha per oggetto un bene di carattere corporale, cio la prole, e la verginit invece ha per oggetto un bene di carattere spirituale, cio la contemplazione della verit, certo che la verginit migliore del
matrimonio con castit coniugale, comelanima migliore
del corpo.
5. Nel genere della castit la verginit la pi grande
virt; non per essa la gi grande di tutte le virt; ma
lo la carit, che consiste in quellunione con Dio, cui la
stessa verginit serve.

Quest. 153. La lussuria. 1. Lussurioso vale dissoluto


nei piaceri, e poich sono sopratutto i piaceri impuri
quelli che portano la dissoluzione nellanima, perci la
lussuria sopratutto il vizio dei piaceri impuri.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Come un bene la conservazione dellindividuo,


cos un bene la conservazione della specie, perci luso
dei piaceri carnali, in quanto si accorda con questo fine
secondo lordine della ragione, pu essere senza peccato;
3. data per limportanza di tale fine qualunque cosa
sia contro lordine della ragione vizio e peccato;
4. e poich il piacere carnale, che oggetto della lussuria, ha molta attrattiva e per esso gli uomini commettono molti peccati, perci la lussuria un peccato capitale.
5. Poich poi nella lussuria le potenze inferiori lottano potentemente contro le potenze superiori, quando le
potenze inferiori vincono, le superiori, cio la ragione e
la volont, restano molto scompigliate e ne seguono, come figlie della lussuria: la cecit della mente, linconsideratezza, la precipitazione e lincostanza nel giudizio della
mente; lamore di se stesso, lodio di Dio, lamore della
vita presente e lorrore della futura nellavolont.

Quest. 154. Parti della lussuria. 1. Secondo loggetto


dellatto impuro le specie della lussuria sono 6: fornicazione, adulterio, incesto, stupro, ratto e peccato contro
natura.
2. La fornicazione in s rappresenta una vita umana,
quella della prole, messa in pericolo quanto alleducazione, per il cui bisogno gli stessi animali si accoppiano e
fanno nido; quel pericolo poi un grave nocumento alla
sicurezza della vita umana; la fornicazione quindi ha in
s una gravit naturale. La Sacra Scrittura poi la qualifica un peccato che fa perdere il Paradiso, cio un peccato
mortale.
3. Anzi essendo un peccato che nuoce non allindividuo, ma alla specie, un peccato molto grave; bench sia
inferiore per gravit ai peccati che sono p. es. contro
Dio.

Storia dItalia Einaudi

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4. Quando lo si fa senza malizia e per costume del


luogo, abbracciarsi e darsi un bacio non peccato; ma se
invece lo si fa per il piacere della lussuria, allora peccato
mortale.
5. Un disordine che avvenga mentre si dorme, mancando allora luso della ragione, non peccato, purch non si
sia colpevoli in causa, e la causa pu essere interna, cio
il corpo e la mente, ed esterna, cio ildiavolo.
6. Lo stupro, essendo fornicazione con chi vergine ed
ancora sotto la tutela del padre, un peccato distinto,
che aggiunge alla malizia della fornicazione e il danno
fatto alla persona vergine e lingiuria fatta a chi ne
padre.
7. Il ratto, consistendo nel rapire una persona a scopo
di lussuria, un peccato speciale perch aggiunge alla
malizia della lussuria la violenza fatta alla persona.
8. Ladulterio, cio peccato di lussuria di persona unita in matrimonio con unaltra, per questo un peccato
che alla malizia della lussuria aggiunge lingiustizia verso il coniuge tradito e il danno verso la propria e laltrui
prole, al cui bene delleducazione sinuoce.
9. Lincesto, ossia peccato fra congiunti, un peccato
distinto, che aggiunge alla malizia della lussuria lirriverenza a propri congiunti e alle domestiche pareti.
10. Il sacrilegio, ossia peccato di persona consacrata
a Dio, aggiunge alla malizia della lussuria la lesione del
carattere sacro, ed perci un peccato speciale.
11. Il peccato contro natura non solo ripugna alla retta
ragione, ma anche contro lordine di natura, perci
un atto distinto,
12. ed insieme il pi grave dei peccati contro la purit.

Quest. 155. La continenza. 1. La continenza perfetta,


cio astinenza da qualunque piacere carnale, lo stesso

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

che verginit; la continenza invece, che freno della


veemenza dei desideri cattivi, virt in senso largo;
2. ed precisamente freno dei desideri di atti impuri,
ha quindi per oggetto i piaceri del tatto.
3. Essa poi bens freno dellappetito concupiscibile,
ma, come virt, propria della volont.
4. La continenza perfetta la stessa temperanza, la
continenza invece, che virt in largo senso, fa parte
della temperanza.

Quest. 156. Lincontinenza. 1. Degli animali nonsi


dice che abbiano n continenza, ne incontinenza; sene
parla invece solo delluomo che ha lanima ragionevole,
lincontinenza perci cosa dellanima e il corpo colle sue
passioni ne soltanto loccasione.
2. Lincontinenza, o mancanza di freno, nei piaceri
impuri peccato doppio, cio recesso dalla retta ragione
e immersione nelle cose turpi; nei desideri di onori, di
ricchezze e simili peccato semplice, cio recesso dalla
retta norma della ragione; nel desiderio di cose nobili
invece non peccato, ma virt.
3. In confronto dellintemperanza, lincontinenza
meno grave, perch consiste nella mancanza di freno in
qualche momento di passione, mentre lintemperanza
una inclinazione abitualmente cattiva.
4. In confronto invece dellira, come passione, lincontinenza turpe peggiore dellincontinenza dira, perch
un disordine pi grave contro la ragione; ma, come effetti, quelli dellira sono pi gravi perch nuocciono al
prossimo.

Quest. 157. Clemenza e mansuetudine. 1. Clemenza e


mansuetudine, bench gli effetti siano eguali, non sono lo

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255

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

stesso, perch la clemenza propria dei superiori soltanto,


la mansuetudine invece propria di tutti;
2. ambedue tuttavia sono virt, perch frenano lira a
norma della retta ragione;
3. e fanno parte della temperanza, di cui proprio il
frenare le passioni.
4. Bench siano inferiori alle virt teologali, tuttavia
hanno uneccellenza particolare, perch la mansuetudine
frena lira, che altrimenti impedisce di giudicare liberamente la verit, e la clemenza avvicina alla carit, che la
pi grande delle virt.

Quest. 158. Liracondia. 1. Lira una delle passioni; queste sono cattive quando fanno contro la ragione,
perch si volgono a un cattivo oggetto ovvero nel modo
eccedono o mancano: lira quindi, se contro la retta ragione, cattiva, se invece conforme alla retta ragione,
buona;
2. perci lira, se desiderio che si faccia quella vendetta che di ragione diventa zelo ed lodevole, purch
il moto dira non sia esagerato; se invece desiderio di
una vendetta ingiusta, o immeritata, cio, od esagerata,
allora lira cattiva, vizio;
3. ed peccato mortale lira, che desiderio di vendetta
ingiusta, perch contro la giustizia e la carit, a meno
che si tratti di piccola cosa; il moto invece troppo acceso
dellira in s peccato veniale, a meno che trascenda tanto
da rompere la carit verso Dio e verso il prossimo.
4. Lira, che desiderio di vendetta cio di punizione
per il bene, per questo lato meno grave dellodio e
dellinvidia, ma quanto al suo moto che di scatti pronti
e violenti la vince sugli altri peccati.
5. Gli iracondi sono o acuti, che pungono per ogni
piccola cosa; o amari, che si legano le offese ad un dito;
o difficili, che non la perdonano pi.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Per la vendetta, a cui si tanto propensi, e per gli


scatti di collera, di cui si tanto facili, si commettono
tanti peccati; dallira quindi derivano tanti vizi ed essa
un peccato capitale,
7. e sono figlie dellira, secondoch essa o nel cuore,
o sulla bocca, o negli atti: le risse, la bile, le offese, gli
schiamazzi, lindignazione e la bestemmia.
8. Dal mancare poi di ira, anche quando la retta
ragione vuole che ci si agiti, deriva il vizio opposto allira,
che si chiama apatia.

Quest. 159. La crudelt. 1. La crudelt, che cruda


ed aspra, si oppone alla mansuetudine, che invece lene
e dolce.
2. La crudelt differisce dalla ferocia quanto la malizia
umana differisce dalla bestialit.

Quest. 160. La modestia. 1. A freno delle concupiscenze carnali di gola e di lussuria, che sono le pi difficili a frenarsi, c la temperanza; a moderare invece le altre concupiscenze c la modestia, virt che fa parte della
temperanza;
2. essa ha per oggetto non soltanto le azioni esteriori,
ma anche gli atti interni, ed umilt quando moderale
spinte a primeggiare, studiosit quando modera la curiosit di sapere, decoro quando modera gli atti sia seri
che scherzevoli, ed eutrapelia quando modera il divertimento del giuoco.

Quest. 161. Lumilt. 1. Relativamente ad un bene


arduo necessaria una duplice virt, una che ecciti e una
che impedisca alleccitazione di riuscire eccessiva; alla
magnanimit quindi, che eccita, occorre il contrappeso

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

di una virt, che sia freno allanimo, affinch non tenda


smodatamente a cose alte; tale virt lumilt.
2. Questo freno viene dal conoscere ci che sproporzionato alle proprie forze; cosicch la cognizione dei
propri difetti per lumilt la regola direttiva e lumilt
consiste nello stesso freno dellappetito.
3. Di quanto c in noi, quello che bene viene da Dio,
quello che difetto viene da noi stessi; perciciascuno,
mettendosi a confronto col prossimo e quanto al bene
che ha da Dio e quanto al male che ha da se stesso, deve
essere prono allumilt generalmente con tutti.
4. Lumilt, che freno dellanimo, parte della
temperanza.
5. Lumilt la pi grande delle virt; per dopo le
virt teologali; dopo le virt intellettuali che informano
la stessa ragione ordinatrice e dopo la giustizia, che costituisce lordine universale, essendo lumilt un particolare
ordinamento della ragione.
6. S. Benedetto enumera 12 gradi di umilt, dei quali il
primo : mostrare sempre umilt di cuore e di corpo, e
lultimo : temere Iddio e ricordarsi dogni suo precetto; e cos dallinfima manifestazione di umilt si arriva
al fondamento, che il timor di Dio.

Quest. 162. La superbia. 1. Superbia vale sopra ci


che si pretendere , essa contro la retta ragione, la
quale vuole che la volont di ciascuno tenda a ci che gli
proporzionato, perci peccato;
2. ed un peccato speciale in quanto consiste in tale
disordinato desiderio della propria eccellenza; in quanto
poi questo disordinato desiderio si riversa negli altri
peccati, per cui o gli altri peccati servono alla superbia
o per la superbia si disprezzano i comandamenti di Dio,
la superbia diventa un peccato generale.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Oggetto della superbia qualche cosa di arduo,


e larduo loggetto proprio dellappetito irascibile; la
superbia quindi si trova nellirascibile, preso in senso
stretto, se si tratta di cose sensibili, preso in senso largo,
se si tratta di cose spirituali.
4. Quattro sono le specie della superbia: I. credersi
autori del proprio bene; II. i doni del cielo riputarli
dovuti ai propri meriti; III. vantarsi di ci che non si ha;
IV. disprezzare gli altri per essere singolari in ci che si
ha. Cos S. Gregorio Magno.
5. Se lumilt soggezione anzitutto a Dio, la superbia, che le contraria, ribellione anzitutto a Dio; nel distacco da Dio sta la morte dellanima, perci la superbia
un peccato di genere mortale, sorgente dal ricusare soggezione a Dio e alla sua legge; veniale soltanto se non
ci sono questi estremi o se latto volontario imperfetto.
6. La superbia anzi il pi grande dei peccati, se non
per il suo oggetto, certo per per la ribellione aDio che
essa rappresenta.
7. E poich la ribellione a Dio porta per conseguenza
il trasgredirne i precetti, perci la superbia il primo
peccato e il principio degli altri;
8. la superbia quindi, come peccato speciale, un peccato capitale, fonte di altri peccati i e inoltre come peccato generale, per la sua influenza su tutti gli altri peccati,
la regina dei peccati, come la chiama SanGregorio.

Quest. 163. Il peccato del primo uomo. 1. Il peccato


del primo uomo, dato il suo stato di innocenza, non
poteva essere di concupiscenza della carne dalla quale
era immune; resta perci che sia stato di desiderio di un
bene spirituale a lui sproporzionato, il che superbia;
perci il primo peccato fu di superbia;
2. e il bene spirituale sproporzionato cui tese Adamo fu
la somiglianza con Dio; non la somiglianza diseguaglian-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

za, perch impossibile ed egli non era cos sciocco da


non capirlo, ma la somiglianza di imitazione, la quale di
tre specie: di natura, di cognizione, e di operazione; quella
di natura Adamo laveva gi; quella di cognizione lavevano gli Angeli e non luomo; quella di operazione non
lavevano n gli angeli, n luomo: Lucifero pecc aspirando allimitazione di operazione; Adamo pecc aspirando allimitazione di cognizione per fissarsi da s la regola del bene e del male e passare poi alla somiglianza di
operazione.
3. Il peccato di Adamo fu il gi grave di tutti, se non
nella sua specie, perch la bestemmia per es. pi
grave, certo per nelle circostanze della persona elle lo
commise, data la perfezione del suo stato.
4. Il peccato di Adamo fu pi grave del peccato di Eva,
se si guarda alla persona di chi pecc, perch Adamo era
uomo e pi forte di Eva; ma se si guarda al peccato stesso
di superbia, il peccato di Eva fu maggiore, perch essa
credette al serpente e indusse al peccato anche Adamo,
il quale pecc per essere a lei compiacente: perci Eva fu
punita pi gravemente di Adamo.

Quest. 164. Pene del primo peccato. 1. Quando per


una colpa si privati di un dono che si aveva ricevuto,
la privazione di quel dono diventa la pena della colpa.
Adamo aveva ricevuto la immunit dalla morte e dai difetti corporali come privilegio dello stato di innocenza;
e cio alla sua dipendenza a Dio corrispondeva in lui la
dipendenza perfetta delle potenze inferiori alle superiori
e del corpo allanima spirituale in una specie di assorbimento: a questo successe il dissolvimento e la ribellione,
in corrispondenza alla sua ribellione a Dio; ne seguirono
per conseguenza la morte e i dolori, pene del peccato.
La morte naturale al corpo per la condizione della
materia, che scomponibile; ma anche una pena a

Storia dItalia Einaudi

260

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

cagione della perdita di quel dono, che preservava dalla


morte.
2. La Scrittura determina esattamente le pene che derivarono in Adamo ed Eva dalla privazione di quel dono
che avrebbe conservato lintegrit della natura umana. Il
luogo competente al loro stato, cio il Paradiso terrestre,
non fu pi quello e ne seguirono in loro tali impedimenti
da non poterlo pi riacquistare; furono inflitte a ciascuno pene di corpo secondo conveniva alloro sesso; e furono inflitte pene di anima, consistenti sopratutto nella vergogna e nel rimpianto della colpa passata e nello spettro
continuo della morte futura.

Quest. 165. La tentazione dei progenitori. 1. Anche


della natura umana proprio che le altre nature le siano
o di aiuto o di ostacolo; nessuna sconvenienza al quindi se
Dio permise che gli angeli cattivi tentassero Adamo come
fece che gli angeli buoni lo aiutassero; mentre poi egli
aveva, per grazia speciale, che nulla potesse nuocergli
contro volont.
2. Luomo ha una doppia natura: intellettiva, sensitiva; e nella prima tentazione fu tentato in ambedue; nella intellettiva per il desiderio della somiglianza con Dio e
nella sensitiva per mezzo e di un pomo, di un serpente e
di una donna.

Quest. 166. La studiosit. 1. Lo studio applicazione


della mente a una cosa, e si effettua nella cognizione
della cosa, alla quale poi segue luso della cognizione; ma
siccome le virt si specificano dal loro oggetto principale,
perci la studiosit relativa alla cognizione e non al suo
uso.
2. Essa modera il desiderio di cognizione e poich
moderare i desideri oggetto della temperanza, perci la

Storia dItalia Einaudi

261

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

studiosit, che sta fra la negligenza e la curiosit, fa parte


della temperanza.

Quest. 167. La curiosit. 1. La cognizione della verit


in s buona, ed accidentalmente cattiva quando uno
se ne insuperbisce o se ne serve per peccare: altrettanto
il desiderio del sapere pu essere buono, ma pu essere
anche cattivo o per il fine cui tende, cio o insuperbirne
o servirsene a peccare; o per un disordine che ha in s,
che si verifica; I. quando distoglie da uno studio pi
necessario; II. quando fa rivolgersi a chi non si deve;
III. quando si studia la natura per obliarne lautore; IV.
quando per voler studiare cose superiori nonsi imparano
che errori. In tali cose il desiderio di sapere curiosit
viziosa.
2. La cognizione sensitiva necessaria per provvedere alle necessit della vita, ed via alla cognizione intellettiva ed allora buona; ma la curiosit dei sensi che distrae dallo studio o che porta al male, come sarebbero
i pensieri cattivi dal guardare cose pericolose, o le mormorazioni dallosservare sottilmente i fatti altrui; una
curiosit peccaminosa.

Quest. 168. La modestia esterna. 1. Le membra


sono mosse dallanima, il loro moto quindi regolabile
dalla ragione; e quando il moto delle membra regolato
in ordine al decoro della persona e dellambiente in cui
si trova, allora c la virt della modestia esterna.
2. Come il corpo ha bisogno di riposo, cos lanimo
ha bisogno di sollievo, altrimenti larco troppo teso si
spezza. Ma il sollievo si deve cercare non nelle cose turpi
e non con jattura della propria dignit o prestigio, ma
sempre in modo conveniente alle circostanze di tempo,
luogo e persone; in ci sta leutrapelia.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Nel giuoco pu esserci sregolatezza o dello stesso


giuoco, che pu essere o contro la purit o contro la
carit, ed peccato mortale; o delle circostanze di tempo,
luogo e persona, ed allora di solito peccatoveniale.
4. Come contro ragione leccesso, cos contro
ragione e peccaminoso il difetto nel giuoco e consistein
quella che si dice musoneria e selvatichezza.

Quest. 169. Modestia nel vestire. 1. Circa il vestire


c una virt, che consiste nellevitare tutto ci che vi di
vizioso; questo poi pu trovarsi e nella foggia del vestire
contraria ai costumi umani; e nel vestito troppo lussuoso
che pu avere senso o di libidine o di pompa, o di troppa
delicatezza o di troppa ricercatezza; e anche nel vestito
troppo trasandato quando lo o per poltroneria o per
ambizione nascosta;
2. quanto poi alle donne c da aggiungere che il loro
abbigliamento provoca gli uomini alla lascivia; perci se
si tratta di una donna che ha da piacere al marito non
peccato; ma se si tratta di chi non ha da piacere a
nessuno peccato ed anche peccato mortale se c lo
scopo perfido di provocare laltrui concupiscenza; non
cos se lo si fa per leggerezza e vanit.

Quest. 170. Precetti di temperanza. 1. Poich scopo


dei Comandamenti ottenere la carit di Dio e del prossimo, era conveniente fissare precetti di temperanza specialmente in ci che pi contraria quello scopo, furono
perci dati il 6 e il 9 comandamento,
2. e per lo stesso scopo fu anche conveniente che fossero aggiunti precetti delle virt connesse con la temperanza per impedire lira, per cui si offende il prossimo, e la
superbia, per cui si nega il debito onore ai genitori.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 171. Profezia. 1. Profezia significa visione di cose remote e la visione appartiene alla cognizione, perci la
profezia consiste primieramente nella cognizione; secondariamente consiste nella locuzione, cio nella manifestazione delle visioni, e in terzo luogo consiste anche nel fare
miracoli a conferma della verit di ci che si profetizza.
2. Per la visione necessario il lume, lume intellettuale se la visione intellettuale; lume poi intellettuale superiore se la visione intellettuale supera la capacit naturale; tale la profezia per luomo. Il lume intellettuale pu
essere o permanente, come la luce del sole, o transeunte,
come la luce nellaere; ma nei profeti esso non permanente, perch non sempre sono in grado di profetare; resta quindi che la Profezia un atto transeunte e non un
abito permanente:
3. essendo per esso un lume divino, la visione profetica si estende a tutte le cose, come la luce corporale si
estende a tutti i colori; e tale visione essendo di cose remote, non solo di ci che supera lintelligenza comune e di ci che di fatto a nessuno noto bench lo possa essere, ma anche si estende a ci che a nessuno pu essere noto se non a Dio, quali sono i futuri eventi umani, e
questa propriamente profezia.
4. Conosciuto perfettamente un principio in tutta
la sua forza, si conosce anche tutto ci cui si estende;
conosciuto invece imperfettamente, si conosce soltanto
ci in cui esso si fa rilevare; il principio di tutto ci che
profetabile la verit divina, ma questa i profeti non la
vedono in se stessa, perci i profeti conoscono soltanto ci
che loro viene rivelato.
5. La mente del profeta viene istruita o per mezzo di
unespressa rivelazione o per un istinto che essa inconsciamente subisce; nel primo caso il profeta sa distinguere ci che viene dallo spirito di profezia da ci che viene
dal suo; nel secondo caso no.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. La profezia partecipazione della verit divina; alla


verit divina la falsit impossibile, impossibile quindi
la falsit anche alla profezia.
Non si avver qualche profezia condizionata, come
quella di Ninive, perch non si avver la condizione.

Quest. 172. La profezia nelle sue cause. 1. La profezia


visione delle cose remote in se stesse e non gi previsione
di eventi futuri nelle loro cause; questa possibile agli
uomini perch naturale, ma quella no, perch pu aversi
soltanto per rivelazione divina in quanto preconoscere i
futuri in se stessi proprio esclusivamente dellintelletto
divino.
2. Di tale rivelazione la Scrittura ci dice che sono
ministri gli Angeli, i quali possono illuminare lintelletto
umano.
. Dipendendo la vera profezia esclusivamente da rivelazione divina, non c predisposizione naturale a essa; e Dio nel fare rivelazioni pu infondere la necessaria
disposizione e anche crearne il soggetto.
4. Non si esige nemmeno come predisposizione la
santit; perch essa propria della volont, mentre la
profezia propria dellintelletto: pu per la malvagit
essere impedimento al dono della profezia.
5. La profezia propriamente detta, essendo visione
degli eventi umani futuri in se stessi, di cosa che
propria esclusivamente dellintelletto divino, non pu
perci aversi dal diavolo, il quale quindi, per quanto sia
di acuto intelletto, non pu fare che profeti falsi;
6. i quali per, dato lacume dellintelletto diabolico,
possono insieme alle falsit intoppare a dire qualche cosa
di vero.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 173. Mezzi della cognizione profetica. 1.


Poich la visione della divina essenza riservata allaltra
vita, e la divina essenza semplice e non si pu quindi
distinguere in lei loggetto della beatitudine pei santi e
lo specchio delleternit per i profeti; i profeti non videro
la divina essenza, n, quello che videro, lo videro nella
divina essenza, bens in qualche similitudine o specchio
della divina essenza.
2. La visione profetica si compie talora per influenza del lume divino sulle nozioni gi possedute, talvolta
collinfusione di nozioni nuove, e talvolta con una nuova
disposizione delle nozioni vecchie;
3. e non avviene sempre con estasi, o astrazione dai sensi, anzi quando si compie a mezzo di qualche rappresentazione sensibile, come il roveto di Mos, necessario si
compia senza lastrazione dei sensi.
4. E poich i profeti, in confronto dello Spirito Santo che li muove, sono strumenti deficienti, perci non occorre che capiscano quanto dicono: cos avvenne per es. di
Caifa.

Quest. 174. Divisione della Profezia. 1. La profezia


di 3 specie: di minaccia, di prescienza, di predestinazione;
perch o commina delle pene, o annuncia ci che Dio
prevede che sar fatto dagli uomini; o predice ci che ha
destinato di fare Dio stesso.
2. La profezia, che visione di una verit soprannaturale, pu essere o visione diretta della verit, o visione a
mezzo di imagini della verit: ma quella superiore a questa, perch pi si avvicina alla visione beatifica e perch
mostra nel profeta una maggiore altezza di mente.
3. Nella visione poi a mezzo di imagini della verit, secondo la forma dellimagine si distinguono i gradi di profezia; essi sono: sogno, visione durante la veglia; audizione
di parole; apparizione di simboli; apparizione del perso-

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

naggio che parla, in sembianza angelica; apparizione dello stesso in sembianzadivina.


4. Mos fu il pi grande profeta e quanto alla visione
intellettuale, perch, come S. Paolo, vide apertamente la
verit, e quanto alla visione a mezzo di imagine, perch
aveva lapparizione del personaggio che parlava, in sembianza divina, e quanto infine alla manifestazione e alla confermazione delle profezie; per Davide per es. annunci di Dio pi verit di Mos.
5. Se la profezia visione di verit remota, essa non ha
luogo nei beati, che hanno la verit presente.
6. Quanto al progresso della profezia esso non fu in
tutto conforme allo svolgersi dei tempi, perch se quanto
alla profezia per la fede in Dio il suo graduale sviluppo
segnato dal tempo dei patriarchi, di Mos e di Cristo;
e se quanto alla profezia per la fede nellIncarnazione il
suo graduale sviluppo cresce a misura che il mistero si
avvicina e si compie; invece quanto alla profezia per la
regola delloperare essa pi o meno grande a seconda
dei bisogni dei tempi.

Quest. 175. Il rapimento. 1. Il rapimento, che dice


violenza, cio forza dallestrinseco, significa astrazione
della mente: ne pu essere causa uninfermit, che fa
perdere i sensi; ne possono essere causa i demoni e ne
pu essere causa anche la virt divina e questo il vero
rapimento per cui taluno viene elevato dallo spirito divino
a cose soprannaturali con astrazione dai sensi.
2. Il rapimento, che ha per termine la visione della verit, appartiene per s alla facolt conoscitiva, talvolta per, avendo una causa affettiva, pu appartenere alla facolt appetitiva; in paradiso poi di ambedue le facolt.
Lestasi effetto dellamor di Dio; il rapimento per
aggiunge allestasi, uscita di s, il concetto di una specie
di violenza operata dalla spirito divino.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. S. Paolo nel suo rapimento da ritenersi che abbia


veduto lessenza divina medesima, perch si trov nel
cielo dei beati, che ne hanno la visione beatifica,
4. e nel suo rapimento S. Paolo fu alienato dai sensi,
perch se le stesse nostre cognizioni intellettuali sono
operazioni di astrazione dai sensi, la visione altissima
dellessenza divina non pu essere senza lastrazione dai
sensi.
5. Alla visione per di S. Paolo non era necessario che
lanima si separasse anche dal corpo, perch bastava che
lintelletto di S. Paolo astraesse dalle imagini sensibili
della fantasia e da ogni percezione sensibile.
6. S. Paolo per, mentre sapeva di essere nel terzo cielo, non sapeva se la sua anima fosse separata o no dal corpo; anche noi quando sogniamo conosciamo chiaramente il sogno, ma non badiamo a sapere se doriamo o siamo
desti.

Quest. 176. Il dono delle lingue. I. Gli Apostoli,


che dovevano evangelizzare i diversi popoli della terra,
ricevettero nella Pentecoste il dono di tutte le lingue e
perch ne avevano bisogno e perch, come la confusione
delle lingue fu segno dellallontanamento del mondo da
Dio, cos il dono delle lingue doveva essere segno del
riavvicinamento del mondo a Dio.
2. Il dono per della profezia supera il dono delle lingue,
perch pi eccellente, pi nobile e pi utile alla Chiesa.

Quest. 177. Il dono del discorso. 1. Oltre al


dono delle lingue gli Apostoli ricevettero dallo Spirito
Santo il dono del discorso, perch avevano bisogno non
soltanto di conoscere le lingue, ma anche di saper parlare
efficacemente per convincere, commuovere e convertire.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Il dono del discorso in loro ha supplito la mancanza


dello studio della Retorica.
2. Al dono del discorso, della scienza e della sapienza
possono partecipare anche le donne, ma soltanto per i
discorsi famigliari e privati e non per i discorsi pubblici
in Chiesa, poich questi sono di spettanza dei Prelati.

Quest. 178. Il dono dei miracoli. 1. Poich per luomo


naturale riconoscere le verit intellettuali per mezzo di
sensibili effetti, lo Spirito Santo, per provvedere sufficientemente alla Chiesa aggiunse al dono delle lingue e al dono del discorso anche il dono dei miracoli, i quali sono effetti soprannaturali che inducono luomo alla cognizione
soprannaturale delle verit da credersi.
2. Cose mirabili possono operarle anche i demoni, ma
veri miracoli pu operarli Dio solo; di essi Dio si serve
e per dimostrare la santit di un uomo e per dimostrare
la santit della fede che egli predica e in questo secondo
caso un miracolo pu essere fatto anche se la persona che
predica la fede o invoca Iddio non santa.

Quest. 179. Vita attiva e vita contemplativa. 1. Lintelletto, che la caratteristica delluomo, si distingue in speculativo, la cui cognizione ha per fine la stessa contemplazione della verit, e pratico la cui cognizione ha per fine lagire; perci ci sono due vite: la contemplativa e lattiva;
2. e poich la vera vita umana ha principio dallintelletto, questa divisione sufficiente.

Quest. 180. La vita contemplativa. 1. La vita contemplativa consiste principalmente nella contemplazione della verit, non per esclusivamente in questo; anzi, poich

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

lintelletto principio della volont, dal possesso della


verit da parte dellintelletto ne deriva alla volont compiacenza ed amore;
2. e le virt morali, bench non siano costitutive
della vita contemplativa, ne sono per dispositive, perch
frenano le passioni che altrimenti impedirebbero la vita
contemplativa;
3. inoltre, bench la vita contemplativa consista nellatto della contemplazione della verit, a questo si devono premettere altri atti, come lascoltare, il leggere, il
pregare, il meditare ecc.;
4. essa infine consiste primieramente nella contemplazione di Dio, ma secondariamente anche nella contemplazione dei divini effetti, perch dalle cose visibili che
conosciamo le cose invisibili di Dio.
5. La contemplazione di Dio, tuttavia, nella presente
vita e durando luso dei sensi, non arriva alla visione
della stessa essenza divina; ci pu avvenire soltanto in
un rapimento, quale fu quello di S. Paolo.
6. La contemplazione perfetta si compie o raccogliendo nella sola contemplazione della verit tutte le operazioni dellanima, o elevandosi dalle cose sensibili esteriori alle cose intellettuali, o lavorando di raziocinio in base a lumi celesti: vi sono cos tre moti distinti dellanima e
cio il circolare, il retto e lobliquo.
7. La vita contemplativa, sia perch consiste nella pi
alta operazione umana, sia perch ha la radice nel divino
amore, la vita pi gioconda.
8. La vita contemplativa diuturna non solo perch
il suo oggetto inesauribile, ma anche perch in noi
si compie nella parte incorruttibile, che lintelletto, e
senza fatica del corpo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 181. La vita attiva. 1. Gli atti delle virt


morali appartengono tutti alla vita attiva, perch essa ha
per iscopo lagire.
2. Anche la prudenza appartiene alla vita attiva, perch
essa retta norma dellagire.
3. Linsegnamento, in quanto opera del maestroe
concorso dello scolaro, appartiene alla vita attiva; ma
nello scolaro appartiene alla vita contemplativa quando
in lui diventa fissarsi nella contemplazione della verit e
compiacersene.
4. Il Paradiso consiste nella visione beatifica, che vita
contemplativa, cesser quindi in Paradiso la vita attiva.

Quest. 182. Confronto fra le due vite. 1. Le


necessit della vita presente esigono maggiormente la
vita attiva, ci per non toglie che la vita contemplativa
sia la migliore.
2. Ed anche pi meritoria della vita attiva la vita contemplativa, perch essa si riferisce direttamente allamore di Dio, il quale pi eccellente dellamore del prossimo, cui si riferisce direttamente la vita attiva; a meno che
succeda che taluno si dedichi alla vita attiva per sovrabbondanza del divino amore.
3. La vita attiva, in quanto occupata nelle azioni
esteriori, di impedimento alla vita contemplativa; ma
invece di giovamento ad essa in quanto modera le interne
passioni dellanima che impediscono la contemplazione.
4. Per natura sarebbe prima la vita contemplativa, perch essa diventa motivo della vita attiva, ma in ordine di
tempo prima la vita attiva, perch essa diventa dispositiva della vita contemplativa.

Quest. 183. Uffici e stati degli uomini. 1. Stato significa condizione stabile, questa risulta non dalle ricchezze o

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

dalle dignit, che sono mutevoli, ma dallessere uno padrone di s o meno; stato quindi riguarda direttamente la
libert e la servit, sia nelle cose civili che nelle spirituali.
2. Nella Chiesa c diversit di stati e di uffici, e ci per
la sua perfezione, la quale risulta dalla variet nellordine;
per la sua necessit, essendo varie le sue funzioni; infine
per il suo decoro, essendovi tutto ingradazione.
3. La diversit poi degli uffici si distingue dai relativi
atti, perch se la perfezione porta la differenza degli stati, uno pi perfetto degli altri; la necessit porta la differenza degli uffici, che importano diversi ordini di azioni;
mentre il decoro importa diversi gradi, essendoch anche
in uno stesso stato od ufficio ci sono gli uni superiori agli
altri.
4. Spiritualmente ci sono due stati: uno di servit al
peccato o alla giustizia, e uno di libert o dal peccato o
dalla giustizia: il peccato contrario alla natura umana,
perci naturale alluomo lo stato di libert dal peccato
che diviene tosto stato di servit della giustizia e come in
ogni cosa c il principio, il mezzo e il fine, cos nello stato
di servit della giustizia si pu essere incipienti, proficienti
e perfetti.

Quest. 184. Lo stato di perfezione. 1. La perfezione


cristiana si deve sempre guardare sotto il punto di vista
della carit, che il vincolo della perfezione.
2. Amare Dio quanto esso amabile e amare Dio colle
forze tutte sempre e solo in atto di amarlo ci impossibile
nella presente vita; ma ci possibile amareDio escludendo
sempre tutto quello che ripugna allamor di Dio e in questo
sta la perfezione possibile nella presente vita.
3. La perfezione, che riposta essenzialmente nella carit, consiste primieramente nellosservanza dei precetti, i
quali hanno per fine la carit e la rimozione di ci che
contrario alla carit; nella pratica dei consigli, che hanno

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per fine la rimozione di certi impedimenti dellatto di carit che per non sono contrari alla carit, come loccuparsi di affari, consiste solo secondariamente.
4. La perfezione per, o stato interno, non coincide
collo stato di perfezione, o professione di vita di perfezione, perch c chi manca al suo dovere e c chi fa pi
di quello che deve; ci sono dei religiosi cattivi e ci possono essere dei semplici fedeli ottimi, ci sono adunque dei
perfetti che non sono nello stato di perfezione e viceversa.
5. Nello stato di perfezione si trovano i religiosi per
voto e i vescovi per ufficio, perch gli uni per la solennit
del voto, gli altri per la consacrazione episcopale sono
obbligati alla perfezione.
6. Coloro che sono insigniti dellordine del diaconato o
del presbiterato non sono costituiti con ci nello stato di
perfezione, perch in loro lordine dice soltanto facolt di
compiere atti sacri e la cura danime non li lega totalmente, giacch possono lasciarla, e ci anche senza permesso
del Vescovo se si fanno religiosi. Costituisce invece nello stato di perfezione lEpiscopato, perch i vescovi sono
legati alla cura cos, che senza il consenso del Papa non
possono lasciarla.
7. Lo stato poi episcopale superiore allo stato religioso, perch agire pi che soffrire e lo stato episcopale
prevalentemente di agire, mentre quello religioso di
soffrire.
8. I sacerdoti secolari, che hanno cura danime, in
confronto dei religiosi, che hanno gli ordini sacri ma non
hanno cura danime, sono inferiori quanto allo stato di
vita, che non stato di perfezione; ma sono superiori
quanto alla cura danime, perch pi difficile vivere
bene in cura danime che vivere bene in religione.

Quest. 185. Episcopato. 1. Desiderare lepiscopato per


lufficio, che di pascere il gregge di Cristo e di essere

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

utile al prossimo, cosa buona per chi si sente in forze;


ma desiderare lepiscopato per la riverenza, lonore e lopulenza che ne consegue ambizione e cupidigia; desiderarlo poi per la eccellenza del grado presunzione.
2. Ma se lepiscopato anzich desiderarlo viene imposto non si pu rifiutarlo, perch sarebbe contro la carit
del prossimo e contro lobbedienza dovuta al superiore.
3. Chi elegge allepiscopato deve eleggere il migliore, e
cio non semplicemente il pi santo, ma chi il pi atto
al governo della Chiesa da affidargli; chi poi viene eletto
non deve stimarsi il pi degno, deve per sapersi non
indegno.
4. Lo stato di perfezione episcopale consiste nellattendere alla salute del prossimo per amor di Dio, e chi ne
insignito vi obbligato finch utile alla Chiesa e non
pu lasciarlo, nemmeno per farsi religioso, senza il consenso del Papa e senza legittima causa; questa pu trovarsi in lui, per qualche difetto, cio, sopravveniente o di
anima o di corpo e pu trovarsi anche nel gregge che a
lui non corrisponde;
5. e quando la salute del gregge esige la presenza corporale del Pastore e del Vescovo, esso non pu abbandonarlo nemmeno per il pericolo della vita, a meno che possa
sufficientemente provvedere altrimenti.
6. I Vescovi non sono proibiti di possedere qualche cosa
di proprio, giacch non sono legati n dallufficio che a
ci non si estende, n dal voto di povert, che non hanno
emesso.
7. I redditi della Chiesa sono per i poveri, per il
culto e pei ministri, e quindi al vescovo ne spetta solo
una parte; se lamministrazione distinta, il vescovo,
che esige anche ci che non gli spetta, pecca contro la
giustizia, ma di quello che gli spetta pu far uso come
fosse suo; se lamministrazione non distinta ed a
lui affidata, nella ripartizione, non pu attribuirsi una

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

parte eccessiva, perch allora non il dispensatore fedele


richiesto da S. Paolo.
8. Quando un religioso viene fatto vescovo deve conservare delle sue regole ci che non impedisce lufficio Pontificale il che potrebbe essere del silenzio, delle veglie,
dei digiuni, dellorario e resta obbligato a ci che serve
alla custodia della perfezione, come la castit, la povert
e labito, che il segno della professione di vita perfetta.

Quest. 186. Lo stato religioso. 1. Lo stato religioso


stato di perfezione, perch religiosi si dicono quelli
che totalmente si dedicano al servizio di Diocome in
olocausto e nellattendere totalmente a Dio consiste la
perfezione.
2. La perfezione consiste essenzialmente nella carit;
consequenzialmente nelle opere virtuose, e strumentalmente negli esercizi di perfezione. Chi si fa religioso si
obbliga non ad avere gi la perfezione, ma ad acquistarla, perci tenuto a tendere alla carit perfetta, ad avere lanimo di manifestarla cogli atti di virt, e a praticare quegli esercizi di perfezione che sono fissati dalla regola che ha professata; non per obbligato agli esercizi
di altre regole.
3. Per giungere alla carit perfetta bisogna avere il
cuore totalmente distaccato dalle cose mondane, perci
alla perfezione del religioso necessario il voto di povert.
4. Anche lunione coniugale impedisce al cuore di darsi totalmente al servizio di Dio, tanto pi che vi si aggiungono le brighe della famiglia, perci alla perfezione del
religioso necessario anche il voto di castit.
5. La perfezione consiste sopratutto nellimitazione di
Cristo; di Cristo fu lodata sopratutto lobbedienza, perci alla perfezione del religioso necessaria lobbedienza.
6. I religiosi appartengono allo stato di perfezione; lo
stato di perfezione lo costituisce per i vescovi la consa-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

crazione episcopale, per i religiosi lobbligazione assunta solennemente, cio con voto; perci la povert, la castit e lobbedienza, che sono necessarie alla perfezione,
devono essere assunte con voto;
7. e poich per questi tre voti il religioso liberato
da ogni sollecitudine temporale, che gli impedirebbe di
attendere alla perfezione, e inoltre esso fa sacrificio a Dio
di quanto gli pu appartenere perch gli offre ogni bene
esterno, col voto di povert e, dei beni interni, quello
che sarebbe suo possesso del corpo col voto di castit e,
col voto di obbedienza, quello che sarebbe suo possesso
dellanima, perci in quei tre voti consiste la perfezione
del religioso.
8. Di quei tre voti poi il pi importante il voto di
obbedienza, perch con quello si fa sacrificio a Dio della
volont, che il bene nostro pi intimo e pi nobile, e
perch la volont principio di tutta la vitareligiosa.
9. La professione religiosa riguarda principalmente i
tre voti, perci i voti importano obbligazione grave; non
cos il resto della regola, la sua trasgressione quindi non
peccato mortale, a meno che vi si unisca il disprezzo
dellautorit.
10. Un peccato pi grave in un religioso che in un
secolare e ci per il voto che esso ne pu avere, poi
per lo stato di perfezione che professa, e infine per lo
scandalo che ne deriva. Se per il peccato per fragilit
o ignoranza, nel religioso riesce pi facilmente riparabile
che nel secolare.

Quest. 187. Competenza dei religiosi. 1. Lo stato religioso non rende illecito ai religiosi il predicare, confessare, insegnare ecc., ma nemmeno ne conferisce loro la
facolt; questa a loro viene conferita dagli ordini sacri e
dallautorizzazione della competente autorit.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Come dello stato clericale, cos pure dello


stato religioso che non si possono trattare affari per amore
di denaro, ma si pu soltanto, per amor del prossimo,
fare opera di amministrazione e di direzione colla debita
moderazione e collautorizzazione dei superiori.
3. I religiosi, che non lo hanno per regola, non sono
obbligati al lavoro, pi di quanto lo siano i secolari, perci,
come essi, vi sono tenuti per procurarsi il vitto, per
fuggire lozio, per frenare la concupiscenza dellaltrui e
per poter fare elemosina; per lavoro poi si intende il
lavoro manuale e qualunque altra onestaoccupazione.
4. Ad ognuno lecito vivere, anzich di lavoro, di
ci che proprio in quanto o lo si ha o se ne ha il
diritto; anche ai religiosi perci lecito vivere, non di
lavoro, ma di elemosine, che divengono loro proprie in
quanto o sono date dai benefattori o sono loro donate dal
prossimo; sono poi loro dovute le elemosine quando essi
non hanno sufficientemente da vivere, sono ammalati o
non sono in grado lavorare, ovvero quando esse sono la
corresponsione di altre prestazioni; non per lecito far
uso delle elemosine dei benefattori se non si corrisponde
alle loro intenzioni e se si vuol vivere oziosamente.
5. Quanto al mendicare esso pu essere considerato o
come esercizio di umilt o come modo di acquisto; come
esercizio di umilt sempre lecito ai religiosi il mendicare; ma come modo di acquisto il mendicare loro lecito
per le loro necessit o per qualche impresa utile; non
lecito invece il mendicare se si fa per cupidigia di denaro
o per vivere oziosamente.
6. Quanto al vestire luso di vesti vili loro lecito per
penitenza e per disprezzo della pompa, ma non lecito
neanche a loro luso di tali vesti se per avarizia, per
poltroneria o per ambizione nascosta.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 188. Differenza di religiosi. Tutti i religiosi


si danno al servizio di Dio, ma diversi sono i modi di
servirlo, perch diverse sono le opere di carit e diversi
gli esercizi di piet, perci diverse sono anche le religioni
nella Chiesa.
2. Poich alla perfezione della carit appartiene lamore di Dio, che principio della vita contemplativa, ed
anche lamore del prossimo, che principio della vita attiva, perci oltre ai religiosi della vita contemplativa ci devono essere anche religiosi di vita attiva.
3. E poich a sovvenzione del prossimo pu essere
anche indirizzato lufficio dei soldati, non solo a pro
dei privati, ma anche a pro della repubblica cristiana,
perci conveniente anche listituzione di ordini religiosi
militari.
4. E poich il bene del prossimo sta sopratutto nel bene dellanima e questo si procura specialmente predicando e confessando, perci convenientissima listituzione
di ordini religiosi a questo scopo.
5. E poich allutile esercizio del predicare e del confessare necessario lo studio, perci conveniente anche listituzione di ordini religiosi che attendono agli studi, tanto pi che lo studio giova altres alla vita contemplativa e promovendola e impedendone gli errori.
6. Nel confrontare gli ordini religiosi fra di loro bisogna guardare prima al fine cui tendono, poi agli esercizi
che praticano. Per s quindi il primo posto spetta agli ordini di vita contemplativa; ma c un genere di vita attiva, cio lo studio, che suppone la pienezza della vita contemplativa, questo adunque prevale su tutti, anche perch prepara allinsegnamento e alla predicazione, cose
che sono le pi vicine allo stato di perfezione dei vescovi, che superiore allo stato di perfezione dei religiosi.
7. La perfezione consiste essenzialmente nella carit; e nella povert consiste solo strumentalmente, cio
in quanto serve a rimuovere quellimpedimento alla ca-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

rit che sono le ricchezze, per le quali c sollecitudine,


amore, e vanagloria; la sollecitudine, per, quando limitata alle cose necessarie alla vita, impedisce poco lamor di Dio; quanto invece allamore e alla vanagloria per
le ricchezze bisogna considerare che sono massimi se le
ricchezze sono proprie; minimi se le ricchezze sono comuni; perci il possedere in comune non impedisce la perfezione religiosa, purch non ecceda le necessit dellordine secondo il suo fine; cos gli ordini ospitalieri hanno
bisogno di maggiori mezzi che gli ordini contemplativi.
8. Negli ordini contemplativi la vita monastica odi solitudine, migliore della cenobitica o di comunit; purch per ci sia la debita preparazione o della grazia divina o dellesercizio delle virt, che si affina vivendo in
comunit.

Quest. 189. Del farsi religiosi. 1. Il farsi religioso utile


a chi virtuoso per crescere nella virt, e a chi peccatore
per diventare virtuoso;
2. ed anche utile fare il voto di farsi religiosi, perch
col voto la cosa diventa pi meritoria e la volont si fissa
nel proposito.
3. Chi poi ha fatto un tale voto, ed il voto valido,
obbligato a farsi religioso, perch se si devono eseguire
i contratti fatti cogli uomini, tanto pi si deve stare ai
contratti fatti con Dio;
4. ed obbligato anche a rimanere in religione per
sempre, se tale fu la sua intenzione quando fece il voto; o
altrimenti a rimanervi per tutto il tempo che vot; e se a
ci non ha pensato quando fece il voto deve rimanere in
religione almeno fino allanno diprova.
5. Quanto ai fanciulli prima dei 14 anni o il loro
voto non valido per mancanza di debita capacit, o
irritabile dai genitori, sotto il cui potere si trovano
per tale riguardo fino ai 14 anni. poi disposizione

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

della Chiesa che una professione religiosa non abbia


comunque valore se emessa prima dei 14 anni.
6. A cagione della piet verso i genitori lingresso in
religione deve sospendersi soltanto nel caso che i genitori
si trovino in tale necessit da avere assoluto bisogno del
figliuolo, perch non hanno altri che possa e che debba
aiutarli.
7. I sacerdoti in cura danime possono abbandonare
la cura, anche senza il consenso del superiore, per farsi
religiosi, perch lo stato religioso stato di perfezione e
quello di cura non lo .
8. lecito anche passare da un ordine religioso ad
un altro o per zelo di una religione pi perfetta, o per
il disagio di una rilassata disciplina, o per debolezza di
costituzione; nel primo caso basta chiedere il permesso;
nel secondo occorre ottenerlo, nel terzo necessaria una
dispensa.
9. meritorio, non costringere, ma consigliare altri a
farsi religioso, purch gli si parli con prudenza e sincerit.
10. Chi poi vuol farsi religioso, se certo della sua vocazione, non abbisogna di consigliarsi con alcuno; a meno
che possa avere qualche impedimento; abbisogna soltanto di informazioni circa la religione che gli conviene e il
modo di entrarvi.

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PARTE TERZA

Quest. 1. Convenienza dellIncarnazione. 1. Conveniente per una cosa ci che le compete secondo la sua
natura; cos conviene il ragionare alluomo, che ragionevole. Dio il bene; il bene diffusivo di se stesso; gli
compete quindi comunicarsi agli altri; lIncarnazione
il modo sommo di comunicazione del Sommo bene alla
creatura, dunque fu conveniente per Iddio lIncarnazione,
anzi fu convenientissima, perch cos con cose visibili si
resero evidenti gli invisibili attributi di Dio.
2. Lincarnazione fu altres necessaria, non di necessit assoluta, perch Iddio poteva in altri modi rimediare
al peccato di Adamo, ma bens di necessit relativa, perch fu il miglior modo di fare ci colleffetto di promuovere il bene delluomo, perfezionandone la speranza, la
carit, il retto operare e la partecipazione della divinit,
e colleffetto anche di rimuoverne il male, cio la pretesa
del diavolo di farsi adorare, la dimenticanza della nostra
dignit, la nostra presunzione, la nostra superbia; sopratutto poi eralunico modo di liberare dal peccato luomo
dandone a Dio la condegna soddisfazione, che luomo per
s non poteva e Dio per s non doveva dare.
3. Se luomo non avesse peccato, Dio non si sarebbe incarnato, perch la Scrittura ci parla sempre dellIncarnazione come rimedio del peccato. Questo tuttavia non
per limitare la potenza di Dio, perch Dio se avesse voluto avrebbe potuto incarnarsi ugualmente.
4. LIncarnazione per cancellare tutti i peccati, ma
principalmente per cancellare il peccato originale il quale
il pi grande, almeno estensivamente, perch si estende
a tutti gliuomini.
5. Non fu per conveniente che Dio si incarnasse al
principio del mondo, perch cos luomo ebbe modo di

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

umiliarsi della sua superbia: si comp per la dignit del


Verbo la pienezza dei tempi; e fu prevenuto il rattiepidirsi della fede per un mistero da troppo tempo compiuto.
6. Non fu per nemmeno conveniente che lIncarnazione fosse differita alla fine del mondo, perch la gloria
dellIncarnazione, che cresce nel tempo per arrivare alla
perfezione alla fine del mondo, non avrebbe avuto modo di crescere e di essere perfetta; poi perch superata la
pienezza dei tempi, si sarebbe spenta gradualmente nel
mondo la cognizione e la venerazione di Dio e anche lonest del costume; infine perch doveva essere pi manifesta la potenza di Dio che salva per la fede del Messia
venturo, ma anche per la fede nel Messia gi venuto.

Quest. 2. Modo dellunione del Verbo incarnato. 1. Natura, principio di operazioni proprie, significa lessenza di
una cosa risultante da due elementi, uno come genere, laltro come differenza specifica. Quando per di due cose
si forma una cosa nuova, talora si uniscono, restando tali e quali, due elementi in s perfetti, ma allora la cosa
che ne risulta non nuova che per la forma esterna, cos pietre accatastate formano una muraglia; orbene lunione del Verbo alla natura umana non pu essere tale,
perch sarebbe ununione accidentale, senza vera unit,
e artificiale. Talora invece i due elementi in s perfetti,
che si uniscono, si trasmutano uno nellaltro e si forma
una combinazione; ma nemmeno tale pu essere lunione del Verbo, perch la natura divina immutabile, poi
nella combinazione il risultante specificamente diverso dai componenti, infine fra i componenti ci deve essere
propinquit mentre fra la natura divina e la natura umana la distanza enorme. Talora infine due elementi, in
s imperfetti, si uniscono per completarsi a vicenda, cos corpo e anima formano la natura umana: ma neanche

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

tale poteva essere lunione col Verbo, perch in lui sono


perfette e la natura divina e la natura umana; poi la natura divina non pu essere parte o forma di una natura corporea, quale lumana; infine Ges Cristo non sarebbe
pi stato e di natura divina e di natura umana. Resta cos
totalmente escluso che dallUnione del Verbo alla natura
umana risultasse una nuova natura e fosse cos ununione
di natura.
2. LUnione del Verbo fu invece ununione nella persona. Mentre natura significa lessenza di una specie, persona significa un individuo di quella specie; per luomo
sono cose fra loro realmente distinte natura e persona,
perch la persona possiede la natura, ma non la natura, cos di Socrate si dice che ha lumanit, ma non lumanit; non cos invece di Dio, perch (P. I. q. 3 art. 3)
di Dio si dice che la divinit e non gi che ha la divinit, e anche del Verbo, che Dio, si dice che la Divinit:
se poi sempre quello, che diviene proprio di una persona, sia che appartenga alla sua natura, sia che non vi appartenga, si dice che si unisce nella persona, deve perci
dirsi che lUnione del Verbo allumana natura fu ununione nella persona del Verbo, tanto pi che essendo escluso che possa essere unione in natura, non resta altro che
sia unione in persona.
3. Ipostasi, o soggetto, lo stesso che persona, con questa sola differenza che la parola persona, essendo propria
di un soggetto di natura intellettuale, ne mette in evidenza la dignit ed perci nome di dignit. Non si pu
quindi asserire che lUnione del Verbo allumana natura
fu fatta nella persona e non nellipostasi, perch cos si distingue realmente ci che non da realmente distinguersi e, facendo cos due di ci che uno, lUnione sarebbe
non intima, ma soltanto esterna, per conferire, cio, autorit e, peggio ancora, distinguendo in Ges Cristo lipostasi del Verbo e la Persona, non si pu pi attribuire
al Verbo, ma si deve attribuire ad altri ci che proprio

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

delluomo cio la nascita, la passione e la morte; e questo


fu lerrore di Nestorio.
4. La persona del Verbo dopo lIncarnazione in
s semplice; ma secondo il modo di sussistere, siccome
sussiste e nella natura divina e nella natura umana, cos
si dice composta di due nature.
5. Ges Cristo uomo della stessa specie degli altri
uomini e perci come in ogni altro uomo si uniscono lanima come forma e il corpo come materia per costituire
la natura umana, cos anche in Ges Cristo ci fu lanima
che si unita al corpo.
Mentre per negli altri uomini anima e corpo unendosi formano una persona umana, in Cristo lanima e il
corpo non formarono una persona umana, perch si unirono in una persona superiore, cio nella Persona divina
del Verbo.
6. Lunione del Verbo, che non in natura e quindi non essenziale, non perci ununione accidentale,
perch unione in persona, ossia unione ipostatica con
unit di persona in due nature. Err quindi Nestorio, il
quale, distinguendo in Ges Cristo la Persona Figlio di
Dio e la Persona Figlio delluomo, ammetteva ununione
di inabitazione, di affetto e di operazione con comunicazione di dignit e di nome e queste sono tutte unioni non
ipostatiche, ma accidentali; peggio poi di Nestorio errarono altri i quali volendo rispettarelunit della persona
supposero in Cristo aroma e corpo fra loro separati e da
Cristo assunti come unindumento, e questa ununione
ancora pi accidentale.
7. Lunione della natura umana alla divina qualche
cosa di creato, perch avvenne nel tempo, e tutto quello
che non eterno, ma avviene nel tempo, creato; non
per Dio che si mutato, ma la natura umana che si
mutata rispetto a Dio, giacch la relazione (P. I. q. 13
art. 6) che ne sorge a Dio esterna.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

8. Lunione propriamente non assunzione; lunione


della natura divina ed umana consiste in una relazione fra
la natura divina ed umana secondoch convengono nella
Persona di Cristo; tale relazione dipende da una mutazione e la mutazione consiste in una azione fatta da una parte e subita dallaltra; lunione importa la relazione, lassunzione importa lazione, perci la natura umana si dice
unita ed assunta; ma la natura divina si dice unita e non
gi assunta.
9. Lunione ipostatica considerata da parte di colui
in cui essa avviene la maggiore delle unioni, non
per la maggiore delle unioni considerata da parte delle
nature unite, perch vi restano distinte e fra loro sono
infinitamentedistanti.
10. Lunione delle due nature in Cristo si dice fatta
per grazia, sia perch viene dalla volont di Dio di dare
gratuitamente, sia perch un dono gratuito al quale la
natura umana non aveva precedenti meriti;
11. meriti, infatti, precedenti non ce ne furono da parte
di Ges Cristo, che, come Ges Cristo non preesisteva
allIncarnazione e merito di giustizia non ne aveva altri,
perch lo stesso meritare di giustizia effetto della grazia
e il principio della grazia per lappunto lIncarnazione.
I Santi dellAntico Testamento avevano merito non di
giustizia, ma solo di convenienza.
12. La grazia di Ges Cristo, sia la grazia dellunione,
sia la grazia abituale si pu dire naturale a Ges Cristo,
ma non come proveniente in lui dai principii che costituiscono la natura umana, ma come causata nella natura
umana dalla natura divina e posseduta fin dalla nascita,
ossia dal primo istante dellesistenza.

Quest. 3. Modo dellunione da parte della Persona assumente. 1. Assumere la natura umana compete non alla
natura divina, ma a Persona divina, perch lassunzione

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

azione e le azioni sono delle persone; per di pi lunione


della natura divina allumana fu fatta, come si disse, non
in natura, ma in Persona divina.
2. Per, siccome il principio dellassunzione la
natura divina, per virt della quale essa si comp, perci,
bench proprissimamente si debba dire che una persona
assunse lumana natura, secondariamente si pu anche
dire che la natura divina si incarnata assumendo la
natura umana.
3. Lintelletto umano, non pu conoscere Dio infinito
con una sola idea, pu soltanto conoscerlo con idee
molteplici e divise, e come pu conoscere la bont di
Dio indipendentemente dalla Paternit divina, cos pu
conoscere lassunzione della natura umana da parte di Dio,
senza pensare alla persona in cui si compie.
4. Nellassunzione della natura umana distinguiamo il
principio e il termine dellazione; come principio lazione
procede dalla virt divina che comune alle tre divine
persone, ma, come termine, lunione, che in persona
divina, non pu convenire che a una persona, cio al
Verbo, perci lIncarnazione opera della Trinit e si
compi nella persona del Figlio.
5. Veramente, siccome la ragione della personalit
eguale per le tre divine persone, lIncarnazione poteva
compirsi tanto nella Persona del Padre, che del Figlio, che
dello Spirito Santo, perch la potenza divina, che il principio dellIncarnazione, comune alle tre divine persone
e le era quindi indifferente unire la natura umana a una
o allaltra persona;
6. anzi se le tre divine persone tutte tre sussistono
in una unica natura divina, possono altrettanto tutte e
tre sussistere in una unica natura umana, perch se la
natura umana assunta costituisse anche persona, allora
s pi persone non potrebbero assumere un unico e
medesimo uomo in unicit di persona, ma essa invece

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

non costituisce persona e niente quindi impedisce che


lIncarnazione si potesse compiere anche in gi persone;
7. per di pi, la persona divina che assume la natura
umana, essendo di potenza infinita, non pu essere limitata dalla natura umana assunta e coartata cos da essere
impedita di assumere anche una seconda natura umana;
8. fu per convenientissimo che lIncarnazione si compisse nella Persona del Verbo, perch con ci il Verbo fu il
concetto del sommo artefice, tanto nella creazione, quanto nella riparazione della natura umana; il Verbo, che
il concetto della sapienza eterna, come fu principio cos divenne anche il perfezionamento della sapienza umana; gli uomini divennero figli adottivi di Dio per mezzo
di chi ne era figlio naturale e il Verbo della vera sapienza ricondusse a Dio luomo che se ne era allontanato per
disordinato amore di scienza.

Quest. 4. Modo dellunione da parte della natura assunta. 1. Fra le nature create la pi atta a essere assunta da
Dio la natura umana; essa infatti, essendo intellettuale e potendo perci conoscere il Verbo, era pi degna di
ogni altra natura inferiore, che sempre irrazionale; essa,
avendo il peccato originale da riparare, era pi bisognosa
della natura Angelica, in cui non c un peccato di natura
e di origine, ma un peccato personale e irrimediabile.
Si tratta per di unattitudine negativa e non gi positiva; non si intende poi con ci di limitare la potenza di
Dio.
2. Il Figlio di Dio assunse non persona umana, ma
natura umana individuata nella Persona del Figlio di Dio,
perch se si preintende la persona nella natura umana
assunta, dopo lassunzione questa persona o si corruppe
e non rest pi assunta, o si conserv ed allora sono due
persone in Cristo, il che lerrore di Nestorio.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. La Persona divina assunse natura umana, ma a


non un uomo, perch un uomo significa un individuo
di natura umana, cio una persona umana, e saremmo
ancora nellerrore di Nestorio.
Nella frase si fece uomo, uomo il termine dellassunzione; nella frase invece: assunse un uomo, uomo si preintende allassunzione come individuo, anzi persona e questo errore nestoriano.
4. Il Figlio di Dio assunse la natura umana concreta in
se stessa e non gi la natura umana astratta, e cio: a) non
secondo la intenderebbe Platone, ossia unidea esistente in
se stessa, perch ci contradditorio in quanto la natura umana, che materiale, avrebbe esistenza reale in modo immateriale; b) non come esistente nella mente divina, perch sarebbe idea divina, scienza divina, natura divina; c) non come esistente nella mente delluomo, perch
sarebbe fittizia e non reale.
5. Il Figlio di Dio assunse le natura umana in concreto,
ma non quella che concreta nei singoli uomini, perch
se cos fosse, resterebbero soppressi i singoli uomini e
Cristo non sarebbe pi primogenito fra molti fratelli, ma
tutti sarebbero in lui ed eguali. Era conveniente che
come una sola persona si incarn, cos fosse assunta la
natura umana in una sola anima e in un solo corpo che si
unirono nella Persona del Verbo.
6. Dio prefer assumere la natura umana per generazione da Adamo, anzich per altre vie, perch cos la soddisfazione la diede chi pecc; fu elevata la dignit delluomo e si mostr la potenza particolare di Dio che elev in
dignit chi era caduto ed aveva prima bisogno di essere
rialzato.

Quest. 5. Modo di unione relativamente allanima eal


corpo. 1. Ges ha assunto un corpo non imaginario,
ma vero, perch: a) se doveva assumere lumana natura,

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

questa ha un corpo non imaginario, ma vero; b) se il corpo assunto fosse stato imaginario, non sarebbe realmente morto; c) non conveniva che fosse una finzione ogni
opera che veniva compita da chi verit;
2. anzi questo corpo fu terreno, cio di carne e ossa,
perch tale il corpo proprio della natura umana; inoltre con un corpo celeste, che impassibile, non avrebbe
potuto patire; ed infine con un corpo celeste, fatto comparire come terreno, Ges avrebbe ingannato gli uomini,
egli che verit.
3. Ges ha assunto non solo corpo, ma anche anima
umana, perch la natura umana costituita di corpo e di
anima ed err Apollinare insegnando che lanima stata sostituita dal Verbo; infatti la Scrittura parla espressamente dellanima di Ges e gli attribuisce fame, sete, tristezza, indignazione, stupore, sonno, che sono propri dellanima umana ed impossibili al Verbo divino; inoltre se
non avesse assunto lanima, non lavrebbe guarita ed era
proprio lanima che aveva bisogno della redenzione; infine il corpo di Ges Cristo senza lanima non sarebbe stato un corpo umano, perch lanima la forma sostanziale del corpo ed per essa che il corpo nostro di uomo
e non di animale.
4. Lanima umana poi di Ges Cristo aveva la sua propria mente, ed errano gli Apollinaristi insegnando che in
Ges Cristo, se non lanima umana almeno lintelletto
dellanima stato sostituito dal Verbo; infatti, lo stupore
che la Scrittura attribuisce a Cristo possibile allintelletto umano, ma non al Verbo; poi lanima che fu assunta, perch aveva bisogno di redenzione, lanima peccabile, lanima quindi che ha la mente, perch non c peccato se non c mente che lo avverta; infine senza lintelletto il corpo, pur animato, assunto da Cristo non sarebbe stato un corpo umano, perch per lintelletto che il
nostro corpo si distingue da quello di un animale.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 6. Ordine nellassunzione dellanima e del corpo.


1. Distinguiamo ordine di tempo da ordine di natura.
Secondo lordine di tempo non ci fu precedenza, ma secondo lordine di natura Ges Cristo assunse il corpo mediante lanima, perch essendo lanima la forma sostanziale
del corpo, per esso che il corpo si forma e si sviluppa, inoltre ci esigeva anche lordine di dignit, perch
lanima pi nobile del corpo;
2. e per lo stesso ordine di dignit da dirsi che Ges
Cristo assunse lanima mediante lintelletto, perch lintelletto la pi nobile delle altre potenze dellanima, ed
quella che al Verbo pi si avvicina, perch conoscente;
3. e come le anime nostre vengono create nellatto che
vengono infuse nel corpo, cos fu dellanima di Cristo e lopinione di Origene, il quale riteneva che tutte le anime,
anche quella di Cristo, fossero state tutte insieme create
fin da principio, se erronea per tutti, lo doppiamente per Ges Cristo, perch lanima di Ges Cristo preesistendo sarebbe stata persona ecos si ricade nellerrore di
Nestorio, ovvero per salvarsi da tale errore bisogna pensare che allatto dellunione essa fu sostituita da unaltra
e cess ed un altro errore.
4. Siccome poi il corpo, non corpo di natura umana
se in lui non viene infusa lanima razionale, cos Ges
Cristo non assunse il corpo prima che non fosse animato
dallanima razionale.
5. Ripetiamo che non si parla di ordine di tempo, ma
di ordine di natura: in questo ordine come il corpo per
lanima e il corpo e lanima sono per il tutto, cos Ges
Cristo assunse il corpo mediante lanima ed assunse il
corpo e lanima mediante il tutto.
6. Che Ges Cristo abbia assunto la natura umana mediante la grazia non si pu dire, sia che si intenda la grazia dellunione, perch essa si identifica collIncarnazione; sia che si intenda la grazia santificante, perch essa,

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

come effetto, posteriore allIncarnazione: si pu per


dire che lUnione fu fatta per Grazia, se si intende la volont generosa di Dio che ne la causa efficiente.

Quest. 7. La grazia di Cristo come uomo. 1. Che


in Ges Cristo ci sia stata la grazia santificante lo si deve
ritenere e perch lanima sua era unita al Verbo, cio a
Dio che ne la fonte, e perch la sua anima nobilissima
era a Dio elevata, e perch era costituito mediatore fra
Dio e gli uomini.
2. La grazia riguarda lanima, le virt riguardano le
potenze dellanima; in Ges Cristo adunque, come ci fu
la grazia per lanima, cos ci furono le virt per le potenze
dellanima fuorch la fede e la speranza:
3. la fede di ci che non si vede: Ges Cristo
invece fin dal primo istante della sua esistenza videDio
per essenza, dunque in Ges Cristo non ebbe luogo la
fede;
4. similmente la speranza teologica di conseguire
la visione beatifica; ma Ges Cristo vedendo Iddio per
essenza, fin dal primo istante della sua esistenza ebbe la
visione beatifica, perci in Lui non ebbe luogo la speranza
teologica, se non delle cose accessorie, per es. della gloria
e della immortalit del suo corpo.
5. In Ges Cristo ci furono i doni dello Spirito Santo,
perch essi sono perfezioni delle potenze dellanima, che
le rendono docili alle mozioni dello SpiritoSanto; Ges
era pieno di Spirito Santo, in lui quindi necessariamente
ci furono anche i doni:
6. e anche il dono del timor di Dio ci fu in Ges
Cristo, non per temerne male o di colpa o di pena, ma
per temerne la maest con affetto riverenziale.
7. Essendo Ges Cristo il primo e principale Dottore
della fede ci furono in lui tutti i doni di grazia, che poi si

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ripeterono ripartiti negli apostoli, i quali ebbero il dono


delle lingue, dei miracoli ecc.
8. Ges Cristo, avendo quaggi la visione beatifica,
era insieme comprensore e viatore; conosceva le cose
lontane e remote e le comunicava e cos era Profeta.
9. In Ges Cristo vi fu la pienezza della grazia, perch
fin dal primo istante della sua esistenza era vicinissimo a
Dio, principio della grazia, essendo a Dio unito; perch
doveva essere il principio della grazia per tutti noi; infine
perch la sua grazia si estende a tutti gli effetti della
grazia, quali sono i doni, le virt e simili.
10. La vera pienezza della grazia propria ed esclusiva
di Ges Cristo, perch egli la ebbe nella massima eccellenza e nella massima estensione degli effetti che le spettano; la pienezza di grazia, invece, ad altri attribuita, non
riguarda la grazia in se, ma solo la capacit di chi la possiede ed importa che uno, secondo la sua condizione, abbia pienamente la grazia.
11. In Cristo la grazia dellunione, di essere cio unito alla Persona del Verbo, infinita quanto infinito il
Verbo, che Dio; la grazia invece abituale se si considera
lanima di Cristo che limitata si devedire limitata, mentre se si considera in se stessa anchessa infinita sia in
quanto essa contiene in s tutto quanto pu dirsi grazia,
sia in quanto data senza misura.
12. Cosicch la grazia in Cristo non poteva crescere n
per parte di Cristo, perch fin dal primo istante fu unito alla persona divina del Verbo ed ebbe la visione beatifica; n per parte della grazia, perch gli fu partecipata quanto essa allumana natura partecipabile: poteva
invece crescere Cristo nella grazia e ci secondo gli effetti
della grazia, cio facendo opere sempre pi sapienti.
l3. In Cristo la grazia dellunione c prima della Grazia
Santificante, ma ci non in ordine di tempo, bens in
ordine di natura, infatti anzitutto principio dellUnione
il Verbo, che la seconda Persona divina, mentre

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

principio della Grazia abituale lo Spirito Santo, che la


terza persona divina; poi la grazia abituale, che causata
dalla presenza di Dio in noi, in Cristo causata dalla
presenza della persona del Verbo; infine la grazia che ha
ordine allazione, affinch sia con merito, presuppone la
persona cui spetti lazione.

Quest. 8. Grazia di Cristo come Capo della Chiesa. 1.


Ges Cristo il capo del corpo mistico della Chiesa, perch
da lui derivano alla Chiesa, come in un corpo umano dal
capo, a) lordine, perch Ges la parte eccelsa della
Chiesa; b) la perfezione, perch in Ges la Grazia c con
pienezza; c) la forza di agire, perch la grazia da lui a
noi partecipata.
2. Cristo capo della Chiesa relativamente alle anime,
e questo in modo principale, e lo anche relativamente
ai corpi, e questo in modo secondario, in quanto per lui
essi divengono, ora, strumenti di giustizia, poi, termini
di gloria.
3. Ges Cristo, in quanto capo di un corpo mistico,
non , come avviene nel corpo naturale, capo delle membra che al momento a lui stanno unite, ma capo di coloro che gli sono uniti e in atto e in potenza e perci capo
di tutti gli uomini, perch tutti possono avere la salute in
Lui.
4. Corpo si dice una moltitudine ordinata con atti ed
uffici distinti: poich la Chiesa moltitudine ordinata
alla gloria di Dio, anche gli Angeli vi appartengono e
perci Cristo essendo Capo della Chiesa capo anche degli
Angeli.
5. Essendovi in Ges Cristo la pienezza della grazia,
anche perch doveva esserne il principio per tutti noi, in
Lui la grazia santificante personale la stessa grazia santificante di capo della Chiesa per la santificazione altrui.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Essere capo della Chiesa quanto allinteriore influsso


della grazia proprio di Ges Cristo solamente; ma essere
capo della Chiesa quanto allesterno governo, questo
comune anche di altri, con questa differenza che mentre
Cristo capo immortale e universale e governa di propria
virt e autorit, gli altri sono capi temporali o locali, e
facienti le sue veci.
7. Il diavolo, quanto al governo esterno, capo di tutti
i malvagi, perch li tira al suo fine, che la rivolta a Dio;
8. anche lAnticristo si pu dire capo di tutti i malvagi;
lo gi quanto alla perfezione, perch la sua malizia
superiore a tutte, e se non lo ancora quanto al tempo e
allinflusso, perch esso verr alla fine dei tempi, tuttavia
si pu dire il capo egualmente, perch il diavolo, o altri
che lo procedette e lo proceder, nonne sono che la
figura.

Quest. 9. La scienza di Cristo. 1. Oltre alla scienza divina bisogna ammettere in Ges Cristo anche una scienza
creata, perch egli ha assunta intieramente lumana natura cio corpo e anche anima e questanima perfetta,
perci, non col sapere in potenza, ma col sapere in atto;
per di pi Cristo avrebbe avuto inutilmente lanima intellettiva se non ne avesse fatto uso; infine se ogni anima
umana possiede una scienza creata, quella cio dei primi
principi, non la si pu negare a Cristo.
2. A Ges, che aveva quaggi la visione beatifica,
competeva la scienza dei beati, tanto pi che egli doveva
esserne le causa per i fedeli e la causa sempre superiore
agli effetti.
3. La scienza creata, che bisogna ammettere in Cristo,
perch assunse una natura umana perfetta, (collanima
quindi perfetta e collintelletto possibile in atto, fornito
cio delle specie intelligibili che sono le sue forme completive), importa in Ges Cristo una scienza infusa, come

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

la ebbero gli Angeli, per la quale conosce le cose nella loro natura mediante specie intelligibili proporzionate alla
mente umana.
4. Come c in ogni uomo, anche in Cristo, che uomo
perfetto, ci fu oltre allintelletto possibile, che si fa padrone delle cognizioni, anche lintelletto agente, che lavora
per ricavarle dalle cose; e si deve altres ritenere che non
ci fu inutilmente; perci ci fu in Cristo anche una scienza acquisita, ricavata cio dalle cose per mezzo dellintelletto agente: ci fu adunque in Cristo la scienza acquisita connaturale agli uomini; la scienza infusa connaturale
agli Angeli; la scienza beata connaturale a Dio.

Quest. 10. La scienza beata di Cristo. 1. Lanima di


Cristo vide il Verbo, cui era unita, e con ci conobbe
Dio nella sua essenza; ma non lo conobbe quanto
conoscibile, perch mentre Dio infinito, lanima di
Cristo finita e linfinito non pu essere compreso dal
finito, perci lanima di Cristo conobbe lessenza divina,
ma non la comprese.
2. Nel Verbo quindi Cristo conobbe tutto ci che vi
di reale pel presente, pel passato e pel futuro, sia di fatti,
che di detti, che di pensieri, perch ci spetta alla sua
dignit specialmente di giudice del mondo; non conobbe
per tutto ci che vi di possibile dipendentemente dalla
potenza, non degli uomini, ma di Dio, perch allora
avrebbe compreso la potenza divina e con ci la essenza
divina.
3. Lanima di Cristo, che conobbe tutto ci che vi
di reale in ogni tempo, non conobbe con ci linfinito in
atto, perch tali realt non costituiscono talinfinito; conobbe per linfinito in potenza ossia lindefinito, perch
conobbe linfinit di cose possibili dipendentemente dalla potenza delle creature, con una scienza, non di visione,
ma come di intelligenza semplice.

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4. La visione della essenza divina compete ai beati


secondo il lume di gloria loro partecipato, cio secondo
la loro vicinanza al Verbo, ma lanima di Cristo essendo
unita al Verbo, la pi vicina a Lui, perci lanima
di Cristo vede lessenza divina pi chiaramente di tutti i
beati.

Quest. 11. La scienza infusa di Cristo. 1. Lanima


di Cristo colla scienza infusa ebbe cognizione di ogni cosa,
perch era conveniente che fosse attuata ogni sua capacit, che cio, fosse ridotta in atto ogni sua potenza passiva sia naturale, in dipendenza cio da agenti naturali, che
obedienziale, in dipendenza cio dalla causa prima: colla scienza infusa quindi Cristo conobbe e tutto ci che
umano intelletto pu conoscere e tutto ci che pu essere a uomo da Dio rivelato.
2. Apparteneva quaggi Cristo non solo ai poveri
viatori, ma anche ai beati comprensori, cui compete non
essere soggetti al proprio corpo, Egli perci poteva far
uso della scienza infusa senza bisogno di imagini sensibili
della fantasia.
3. Scienza discorsiva quella che passa dal noto allignoto, scienza collativa quella che mette a confronto due termini, per es. causa ed effetti, per conoscerne
la relazione; la scienza infusa di Cristo fu discursiva e collativa quanto alluso e a pro degli altri, ma non quanto
allacquisto, perch gli venne dallalto.
4. La scienza infusa di Cristo fu superiore a quella degli
Angeli e per la moltitudine delle cognizioni e per la loro
certezza, perch ci era dovuto al lume spirituale della
grazia dato allanima di Cristo, superiore a quello degli
Angeli; essa per fu inferiore a quella degli Angeli quanto
al modo di conoscere, perch questo si conforma alla
natura dellanima umana, che inferiore a quella degli

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Angeli, i quali non fanno uso di sensi, di fantasia, di


ragionamento.
5. La scienza infusa di Cristo era quale si conveniva allanima umana che Egli aveva assunto e cio non sempre
in atto, non in sola potenza, ma in abito, giacch anche
per noi la scienza un abito mentale;
6. ed appunto per ci, come in noi ci sono tanti abiti
di scienza quanti sono i generi di scibile, cos in Cristo la
scienza infusa fu distinta secondo i diversi abiti di scienza.

Quest. 12. La scienza acquisita di Cristo. 1. Come la


scienza infusa attuava completamente in Cristo lintelletto possibile, quello cio che pu farsi, conoscendo, tutto,
cos la scienza acquisita in Cristo doveva attuare completamente lintelletto agente, quello cio per lazione del
quale lintelletto possibile pu farsi, conoscendo, tutto;
perci Cristo di scienza acquisita conobbe ogni cosa.
2. Crebbe poi Cristo come in et cos anche nella scienza acquisita, sia accrescendola mediante lazione dellintelletto agente, che dalle imagini della fantasia ricavava
sempre nuove intellezioni, sia manifestandola con ragionamenti sempre pi sottili e con opere sempre pi sapienti.
3. Ges non impar niente dagli altri, perch ci non
conveniva a Lui che era stato costituito da Dio capo della
Chiesa e anche di tutti gli uomini.
4. Neppure dagli Angeli Cristo ricevette alcun insegnamento, perch la scienza infusa e la scienza acquisita erano in se stesse perfette e daltronde il ministero degli angeli per la scienza acquisita, proveniente dalle imagini
sensibili, superfluo e per la scienza infusa, proveniente
dal Verbo, non era necessario.

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Quest. 13. Potenza dellanima di Cristo. 1. La


potenza attiva di qualunque conforme alla sua natura:
lanima di Cristo parte della natura umana, che non
infinita, perci era impossibile allanima di Cristo una
potenza infinita.
2. Lanima di Cristo secondo la natura e potenza sua
propria poteva ci che pu unanima, cio virificare e
dirigere il corpo; ma se essa si considera come strumento
del Verbo, le si deve attribuire sulle cose la potenza di
tutti i miracoli ordinabili al fine dellIncarnazione, che
quello di instaurare ogni cosa in terra ed in cielo;
3. e anche sul proprio corpo lanima di Cristo aveva un
potere miracoloso immutativo, non come anima umana
semplicemente, ma come strumento del Verbo;
4. a ogni modo lanima di Cristo pot ci che volle,
perch dove non bastarono le sue forze naturali agiva
come strumento del Verbo.

Quest. 14. Miserie del corpo assunte da Cristo. 1.


Mentre lanima assunta da Cristo doveva essere perfetta,
il corpo invece doveva essere assunto colle sue naturali
miserie, perch cos Cristo dava alla divina giustizia la
dovuta soddisfazione, ai nemici della fede la prova della
realt dellIncarnazione e a noi lesempio della pazienza.
2. Il corpo di Cristo sub la necessit naturale dei dolori
e della morte e sub anche la violenza dei carnefici, perch
dai chiodi non poteva non essere forato, ma non sub
violenza la volont, la quale, mentre di moto naturale
rifuggiva dalla morte, di moto deliberato laccettava.
3. Le miserie naturali del corpo Cristo non le contrasse
per debito di peccato, ma per volere suo, perch Egli assunse la natura umana quale era nello stato dinnocenza e
perci, come lassunse senza il peccato, poteva assumerla
anche senza le miserie che ne seguirono;

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4. e poich venne per soddisfare al peccato della natura umana, al quale fine era in Lui necessaria la perfezione della scienza e della grazia, doveva assumere quelle miserie corporali che sono comuni alla natura umana e
che tuttavia non impediscono la perfezione della scienza
e della grazia; tali sono la fame, la sete, il sonno; non doveva per assumere certe miserie particolari che dipendono o da difetti gentilizi, come sarebbe il malcaduco, o
da disordini personali, come sarebbe lindigestione.

Quest. 15. Miserie dellanima assunte da Cristo. 1. Cristo non assunse nessuna miseria di peccato, perch il peccato non avrebbe giovato, come giovarono le miserie del
corpo, ai tre fini dellIncarnazione, che sono soddisfare
per noi, mostrare la verit della natura umana ed esserci
di esempio, anzi sarebbe stato loro contrario.
2. Cristo possedeva nel modo pi perfetto la graziae
tutte le virt le quali rendono il corpo soggetto allaragione, in Lui perci non ci fu il fomite della concupiscenza, cio linclinazione dellappetito sensitivo a ci che
contro ragione.
3. Come la virt esclude il fomite, cos la scienza
esclude lignoranza: in Cristo oltre alla grazia e alle virt
ci fu anche la pienezza della scienza, in Lui quindi non
ebbe alcun luogo lignoranza.
4. Lanima di Cristo, formando una unit sostanziale
col corpo, pativa dei dolori del corpo; ci furono anche in
Lui, come in noi, le passioni animali, intesenel senso di
affezioni dellappetito sensitivo, in modo per ben diverso
da noi, perch 1. in lui non inclinarono mai a oggetti
illeciti; 2. non prevennero mai il giudizio della ragione;
3. tanto meno poi la travolsero, come in noi invece
purtroppo succede.
5. In Cristo ci fu il dolore sensibile, alla verit infatti del
dolore sensibile occorre la lesione e il sensodella lesione e

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

in Cristo lanima aveva tutte le potenze naturali e il corpo


poteva essere leso.
6. Il dolore si ha per una lesione percepita daltatto, la
tristezza invece si ha per un male percepito internamente dallimaginazione e dalla ragione; nellanima di Cristo
perci come ci fu vero dolore, ci fu anche vera tristezza,
nonostante la visione beatifica di cui godeva, perch questa per divina dispensazione era contenuta nella mente.
7. La tristezza si differenzia dal timore solo in quanto
la tristezza deriva dallapprendere un male come presente, il timore invece deriva dallapprenderlo quale futuro;
in Cristo come ci fu vera tristezza cos ci fu vero timore;
non ci fu per paura, che trepidazione per un evento
futuro senza sapersene dare ragione.
8. In Cristo ebbe luogo anche la meraviglia, che si ha
per le cose nuove ed insolite, ma questa solo per la sua
scienza sperimentale, perch alla sua scienza beata ed
infusa nulla poteva riuscire nuovo.
9. Dalla tristezza per uningiuria fatta a s o ad altri
deriva il desiderio di riparazione e ne sorge lira, passione composta di tristezza e di desiderio di vendetta: in
Cristo, come pot esserci la tristezza, pot esserci lira, ma
lira senza peccato, perch in lui le passioni non prevennero mai, n travolsero la ragione: quellira che si chiama
zelo o santo sdegno.
10. Cristo quaggi era comprensore, perch godeva
della visione beatifica; ma questa per dispensazione divina era contenuta nella mente, gli restava per da conseguire la beatitudine quanto al resto, cio nellanima passibile e nel corpo passibile e mortale, perci era insieme
anche aviatore.

Quest. 16. Conseguenti dellunione ipostatica. 1. Dio


uomo verit, perch Cristo vero Dio e vero uomo,
perci i due termini, soggetto e predicato, sono veri, ed

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

inoltre il secondo si pu attribuire al primo, perch uomo


si pu giustamente dire di ciascuno che abbia lumana
natura, e Dio si pu dire di ciascuna delle tre divine
persone.
2. Supposta la verit della natura divina e della natura umana e lunione delle due nature nellunica persona
del Verbo, come si dice: Dio uomo, si pu anche dire: e
un uomo Dio, perch colla parola uomo si designa una
persona e questa pu essere o una persona semplicemente umana, o la persona dal Verbo che ha assunto in s la
natura umana;
3. che se dicendo: quelluomo che si chiama Ges,
si designa la persona del Verbo che lo stesso Dio, padrone dellUniverso, non si pu dire che Ges uno uomo del Signore, ma si deve dire che lo stesso Signore,
altrimenti si nestoriani: altrettanto per la natura umana non si pu dire divina, ma deificata, e questo non per
mutazione, ma per unione alla naturadivina.
4. Si pu dire: il Dio della gloria fu crocifisso e il
figlio delluomo onnipotente, perch essendo in Cristo
una stessa la Persona che ha due nature, la quale viene
designata tanto col nome Dio, quanto col nome uomo,
ed essendo che i predicati e le azioni si attribuiscono alla
persona, ne consegue la comunicazione delle propriet
idiomi di ciascuna natura sia alla parola Dio, sia alla
parola uomo, che designano la persona del Verbo; bene
inteso per che predicati ed azioni si riferiscono, come a
loro principio, alla relativa natura.
5. Che se una stessa la Persona, non per una
stessa, ma sono due le nature, e perci la comunicazione
degli idiomi si pu fare coi nomi concreti, come Cristo,
che designano la persona, ma non si pu fare coi nomi
astratti, come la divinit, che designano la natura.
6. Dio si fatto uomo verit, perch, se Dio
uomo, non da tutta leternit, ma nel tempo ha assunta
lumana natura e ci che comincia nel tempo si dice fatto;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

7. invece: un uomo si fatto Dio falsit, sesi


intende che, divenendo un Dio, questo Dio abbia allora
cominciato a essere Dio, perch Iddio eterno; falsit
anche se si intende che uno, gi persona umana, sia
diventato Dio o sia stato assunto da Dio, perch in Ges
Cristo la persona sempre unica e divina; invece verit
se si intende che avvenne che un uomo sia Dio.
8. Cristo creatura, detto cos semplicemente, parlare secondo lerrore degli ariani e perci non si pu dire;
se invece si aggiunge questa determinazione secondo la
natura umana allora si pu dire; si pu poi omettere tale determinazione quando attribuendo a Cristo ci che
proprio della natura umana non si pu sospettare che si
intenda detto di lui come persona divina; cos si pu dire:
Cristo nacque, Cristo pat, Cristo mor.
9. Avrebbe detto una falsit chi, indicando Cristo,
avesse detto: questuomo ha cominciato ad esistere, perch la sua indicazione avrebbe designato direttamente la
persona di Cristo, la quale divina ed eterna: nelcaso, per
non parlare secondo gli ariani, bisognerebbe aggiungere
ancora la determinazione: secondo la natura umana .
10. Cristo, secondoch uomo, creatura verit
o falsit secondo che si intende; se colla parola uomo si
intende o in qualunque maniera si designa la persona,
falsit, perch la persona divina; se invece, come di
solito, colla parola uomo si intende designare la natura
umana, allora verit.
11. Cristo, secondo che uomo, Dio falsit se
colla parola uomo si intende di designare non la persona,
ma la natura umana di Cristo e poich di solito si intende
cos quella una frase che non da non adoperarsi.
12. Cristo, secondo che uomo, persona falsit
se si intende che lumana natura in Cristo sia anche
persona; verit solo se colla parola uomo si intende di
designare non la natura umana, ma la persona di Cristo;
ovvero intendendo di designare la natura umana si vuol

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

dire che essa compete a una persona e cio alla Persona


del Verbo.

Quest. 17. Unit di esistenza in Cristo. 1. InDio


si identificano Persona e natura, essenza ed esistenza,
si pu quindi attribuire a una Persona la divinit tanto
in concreto quanto in astratto e dire, p. es. che il
Figlio Dio ed la Divinit; la natura umana invece
non si identifica colla persona, per cui se si pu dire
che Cristo uomo non si pu dire che Cristo
lumanit; cosicch possiamo dire che Cristo ha due
nature, ma non possiamo dire che Cristo due nature;
e poich ancora le due nature in concreto sussistono
nellunica Persona divina, dobbiamo dire che Cristo
uno solo e non gi due e che in Cristo vi un solo essere e
non gi lunione di due esseri.
2. Lesistenza appartiene alla natura e alla persona; la
persona riguarda chi ha lesistenza, la natura riguarda
ci per cui si ha lesistenza: Cristo non ha unito a
s una preesistente persona umana, ma ha assunto la
natura umana nella sua persona divina, la quale cos ebbe
lesistenza non solo secondo la natura divina, ma anche
secondo la natura umana; ci import in lui soltanto una
nuova forma di relazione colla natura umana; ma, quanto
allesistenza, come in Cristo uno solo chi ha lessere
e c un solo essere personale, cos c in Lui una sola
esistenza.

Quest. 18. Le volont in Cristo. 1. La natura umana


assunta da Cristo era perfetta, aveva perci la volont che
ne una naturale facolt, assumendo poi lumana natura
Cristo non sub nessuna diminuzione nella natura divina,

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

cui pure compete la volont, perciin Cristo ci sono due


volont, una divina e laltra umana;
2. e poich alla perfezione dellumana natura, assunta
da Cristo, appartiene anche lappetito sensitivo, perci
ci fu in Cristo anche questo moto del senso, il quale,
guidato dalla ragione, partecipa della volont.
3. Come in ciascun uomo c una sola volont, cos
anche in Cristo, come uomo, c una sola volont, la quale
per come in tutti, al fine tende necessariamente e ai
mezzi tende liberamente, e perci, ha dueatti: uno di
volont naturale, laltro di volont deliberativa.
4. La volont deliberativa si attua colla scelta; la quale
scelta latto proprio del libero arbitrio: in Cristo c
volont deliberativa con scelta, in lui quindi c il libero
arbitrio.
5. Cristo di moto della volont naturale dellappetito sensitivo, che partecipa della volont, pot non volere
la passione e la morte che Dio invece voleva, ma di moto della volont deliberativa li volle come mezzi della Redenzione e perci ebbe sempre la volont a Dio conforme.
6. Che poi il moto della volont naturale e dellappetito sensitivo in Cristo, come avvenne nella Passione, potesse non volere ci che volle di volont deliberativa, non
importa in lui contrariet di volont, perch la contrariet ci sarebbe stata qualora avesse voluta e anche non voluta la stessa cosa per lo stesso motivo, ma il motivo invece era diverso; inoltre in Cristo la volont naturale e lappetito sensitivo erano soggetti alla volont deliberativa, e
questa come anche la volont divina non erano impedite
dalla volont naturale e dallappetito sensitivo.

Quest. 19. Le operazioni in Cristo. 1. In Cristo


come cerano due volont cos cerano due operazioni,
perch in Lui agiscono, in comunione una collaltra, la
natura divina e la natura umana; la natura umana poi

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

serve da istrumento alla natura divina e, come la scure


partecipa al moto del legnaiuolo per fare uno sgabello
e conserva la propria azione che quella di tagliare, cos
in Cristo la natura umana partecipa delloperazione della
natura divina e conserva lazione sua propria, altrimenti
bisognerebbe dire o che la natura umana assunta da Lui
era imperfetta o che si confusa colla natura divina.
2. Come in ogni uomo c una sola operazione veramente umana, quella cio che procede dalla volont con
cognizione intellettuale, cos, anche in Cristo, nel quale
c una sola natura umana, c di conformit una sola operazione umana: e ci in modo speciale, in Lui, perch
mentre negli altri uomini ci sono operazioni, come quelle della vita vegetativa, che non dipendono dalla volont,
in Cristo invece anche le operazioni naturali e corporali
dipendono dalla volont, perch espressamente volute.
3. Cristo colle azioni umane merit per se stesso quello
che non aveva ancora conseguito, cio la gloria del corpo
nella Risurrezione, lAscensione al Cielo esimili, perch
era pi nobile che ci Egli avesse per merito e la Scrittura
glielo attribuisce per lobbedienza.
4. La grazia poi Cristo lebbe non solo come uomo
particolare, ma anche come capo del suo corpo mistico,
che sono gli uomini, perci il suo merito si estende anche
agli altri, che sono membri del suo corpo mistico.

Quest. 20. Soggezione di Cristo al Padre. 1. La natura


umana dipende da Dio, 1. perch Dio il principio di
quanto in lei c di buono, 2. perch, come ogni cosa,
cos anchessa soggetta alla divina disposizione e 3.
perch soggetta alla divina legge quanto alla volont;
Cristo aveva la natura umana, anchEgli quindi era cos
soggetto a Dio e questa triplice soggezione Egli a Dio
profess.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. E poich Cristo nellunit di Persona ha due nature,


perci secondo la natura divina padrone di se stesso e
secondo la natura umana servo di se stesso.

Quest. 21. Lorazione di Cristo. 1. In Cristo ci sono


due volont, la divina e la umana e poich la volont
umana non pu ci che vuole, ma alluopo ha bisogno
del soccorso della potenza divina, perci a Cristo come
uomo compete pregare.
2. Lorazione per tutti atto dellintelletto e non atto
del senso, tale quindi fu anche per Cristo; per si dice
pregare secondo il senso quando collorazione si presenta
a Dio qualche cosa che riguarda lappetito sensitivo; e
anche Cristo nella Passione preg cos per insegnarci e che
egli aveva assunto veramente la natura umana, e che
lecito cos pregare il Signore e che in ogni modo bisogna
rassegnarsi alla divina volont.
3. A Cristo poi convenne pregare per se stesso non solo
secondo lappetito sensitivo, ma anche secondo la volont
deliberata per insegnarci che il Padre suo lautore di
ogni bene e per darci lesempio della preghiera.
4. Cristo fu sempre esaudito nelle Preghiere che furono
di volont vera ossia deliberata, perch allora non volle
se non ci che sapeva essere volere di Dio; non lo fu
invece nelle preghiere fatte secondo il desiderio naturale
e lappetito sensitivo; queste per sono preghiere pi di
velleit che di volont.

Quest. 22. Il Sacerdozio di Cristo. 1. Ufficio del


Sacerdote, cos chiamato perch tratta le cose sacre, di
essere mediatore fra Dio e il popolo, offrendo a Dio le
preghiere e dando al popolo le grazie divine. Cristo ha
ricondotto il mondo riconciliato a Dio, ha dato al mondo

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

i doni celesti, Egli perci mediatore fra Dio e gli uomini


e gli compete il nome di Sacerdote.

2. per Cristo che agli uomini fu condonato il peccato,


donata la gloria e conferita la perfezione della gloria e
poich questi sono gli scopi del sacrificio, che perci si
distingue in sacrificio per il peccato, in ostia pacifica ed
in olocausto, perci Cristo non soltanto sacerdote, ma
anche ostia perfetta.
3. A mondare perfettamente il peccato occorre la
cancellazione e della macchia di colpa e del reato di pena,
per cui occorre linfusione della grazia e la soddisfazione
di ogni debito: Ges Cristo ci rese giusti colla grazia e
port il peso nei nostri peccati, il suo sacerdozio perci
ebbe per effetto lespiazione perfetta dei peccati.
4. Cristo essendo mediatore fra Dio e gli uomini al di
sopra degli uomini e perci, come il sole illuminagli altri
ma non se stesso, cos Ges col suo sacerdozio santifica gli
altri, ma non ha bisogno di santificare se stesso.
5. Il Sacerdozio di Cristo eterno, non per quarto
alloblazione del sacrificio, bens quanto ai frutti del
sacrificio che si perpetuano in cielo.
6. Il sacerdozio di Mechisedech era figura del sacerdozio della Legge e questo era figura del sacerdozio di Cristo, perci Cristo sacerdote secondo lordine di Mechisedech; di tanto per pi eccellente di quanto la realt
supera la figura.

Quest. 23. Adozione di Cristo. 1. Adottare uno significa ammetterlo alla partecipazione della propria eredit: in quanto Dio per sua bont ammette gli uomini alleredit della beatitudine rettamente si dice che li adotta, e
questa adozione superiore alla adozione umana, perch

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

gli uomini, adottano chi degno, Dio invece colla grazia


rende degno chi adotta;
2. e poich tale adozione relativa alle creature, comune a tutte tre le Divine Persone, perci adottareluomo in figlio di Dio spetta a tutta la Trinit.
3. Lessere adottato in figlio di Dio riservato alle
creature intellettuali, perch ladozione ci assomiglia al
Verbo, che Figlio naturale del Padre e procede dal
Padre per loperazione dellintelletto; ma poich il Verbo
unito al Padre, ladozione resta per di pi riservata a chi
unito a Dio mediante la grazia.
4. Ges Cristo anche come uomo sempre Persona
divina e come tale figlio naturale di Dio e perci in nessuna maniera si pu chiamare Cristo figlio di Dio adottivo.

Quest. 24. La predestinazione di Cristo. I. LIncarnazione, cio lunione delle due nature in Cristo, bench si
sia compita nel tempo, fu per preordinata da tutta leternit; perci Cristo si pu chiamare predestinato.
2. Tale predestinazione sia nel decreto sia nel compimento relativa alla natura umana: quindi non errore il dire: Cristo in quanto uomo fu predestinato Figlio di
Dio.
3. La predestinazione di Cristo lesemplare della predestinazione nostra, non gi quanto allatto di Dio predestinante che non precedette latto della predestinazione
nostra, ma certo bens, quanto alleffetto e quanto al termine di essa, perch per lui che noi siamo predestinati
alladozione di figli di Dio e ne abbiamo la grazia;
4. e perci nello stesso senso, cio se non quanto allatto bens quanto al termine, si pu dire che la predestinazione di Cristo fu la causa della predestinazione nostra.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 25. Adorazione di Cristo. I. Lonore termina


sempre alla persona, tantoch anche quando si onora
qualche parte di una persona nella parte si onora il tutto
ed ancorch ci siano diverse ragioni di prestare onore,
uno solo lonore che si presta a quellunica persona che
si onora per molte cause: orbene in Cristo la persona
unica, bench due siano le nature, perci si deve adorare
Ges con un unico e medesimo culto di latria, sia nella
natura divina, sia nella natura umana;
2. perci lumanit di Cristo, intesa come una appartenenza della Persona divina del Verbo, si deve adorare con
culto di latria; che se si intendesse di onorare lumanit
di Cristo, come umanit, per la sua perfezione, allora le
si deve culto di dulia;
3. anzi anche alle imagini di Cristo si deve culto di latria, quando si intende di onorarle con culto strettamente relativo, cio come Cristo e non come segno;
4. la Santa Croce poi si deve adorarla con cullo di latria
anche per il contatto che ebbe colle membra di Cristo e
per il prezioso Sangue di cui fu cosparsa.
5. Il culto di latria si deve solo a Cristo; alle creature,
come creature, si deve culto di dulia, purch siano delle
creature razionali, che sole sono per s capaci di onore;
alla Vergine quindi, che creatura, si deve non culto di
latria, ma culto, anzi speciale culto di dulia ossia culto di
iperdulia.
6. Se dei nostri antenati ci sono cari i vestiti perch loro appartenevano, i corpi, che a loro appartenevano pi
strettamente, ci devono essere anche pi cari; ragionevolmente perci onoriamo le reliquie dei Santi, i quali sono
membra di Cristo, figli di Dio, nostri amici e nostri intercessori; tanto pi che le onora lo stesso Dio, il quale per
loro mezzo opera di continuo miracoli.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 26. Cristo Mediatore. 1. Mediatore colui che


unisce gli estremi; fu Cristo che colla morte riconcili gli
uomini a Dio; Cristo quindi il perfetto Mediatore fra Dio
e gli uomini.
2. Il mediatore si trova fra i due estremi, cio al disopra delluno e al disotto dellaltro e li unisce comunicando allinferiore ci che proprio del superiore; Cristo
per non al di sotto di Dio ma Dio e non comunica
ci che di altri superiore a s, ma ci che anche a Lui
proprio, perci lufficio di mediatore a Cristo compete
non come Dio, ma come uomo.

Quest. 27. Santit della Vergine. 1. La Chiesanon


celebra la festa se non di qualche santo; nella Chiesa si
celebra la festa della Nativit di Maria, dunque Maria
nacque colla santit.
2. La Vergine non poteva essere santificata prima della
sua animazione, perch la grazia un dono dellanima:
doveva poi anchessa venire santificata, perch Cristo
Redentore di tutti, doveva quindi esserlo anche di Lei.
3. Per fomite si intende la disordinata concupiscenza
dellappetito sensitivo, disordinata, cio, perch contraria alla ragione: nella Vergine santa il fomite dapprima rimase nella sua essenza, ma fu come legato nei suoi effetti e fu soppresso poi quando divenne Madre del Redentore, quasi a riverbero della immunit dal peccato propria
di Cristo.
4. La santificazione conseguita dalla Vergine import
che essa non commise alcun peccato, n mortale n veniale, perch era preannunciata: Tota pulchra.
5. Inoltre per la Divina Maternit trovandosi la Vergine vicina a Cristo, principio della grazia, pi degli stessi Angeli da Lui consegu la pienezza di ogni grazia, come
signific lAngelo chiamandola: Gratia Plena.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Dalla Scrittura sappiamo che prima della nascita furono santificati anche Geremia e il Battista i quali prefigurarono Cristo, luno nella Passione e laltro nel Battesimo.

Quest. 28. Verginit della Madonna. 1. La Scrittura


dice che la Madonna fu vergine prima del parto, e ci
fu conveniente per la dignit del Padre, del Figlio che
Verbo del Padre, e dellumanit di Cristo, venuto per
distruggere il peccato e per fare rinascere gli uomini alla
grazia.
Ecco Vergine una concepir.... dice Isaia.
2. La Scrittura aggiunge che la Madonna fu Vergine
nel parto, e ci fu conveniente per la dignit del Verbo di
Dio che da lui nasceva; per lo scopo della Incarnazione,
che doveva essere quello di togliere la corruzione e per
lonore della madre che Cristo nascendo doveva conservare. E Vergine una partorir.
3. La Scrittura insegna che la Madonna fu Vergine dopo il parto; pensare il contrario derogare alla perfezione di Cristo, che essendo unigenito come Dio doveva essere unigenito anche come uomo; ed fare ingiuria alla dignit dello Spirito Santo, alla santit della Madonna e alla modestia di S. Giuseppe. Questa porta chiusa
rester.
4. Le virt sono pi lodevoli se sono legate con voto;
deve perci ritenersi come consono alla santit della
Madonna, cui convenne per tante ragioni la verginit,
che Essa vi si leg con voto quando si leg in matrimonio
con S. Giuseppe.

Quest. 29. Sposalizio della Madonna. 1. Fu conveniente che Cristo nascesse da una Vergine sposata: I. per la le-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

gittimit della nascita, per la genealogia e per la tutela di


Cristo; II. per la buona fama e perlappoggio terreno della Vergine; III. per la conferma della nostra fede, il buon
esempio della prudenza elonore dello stato di verginit
e di matrimonio.
2. Il matrimonio della Vergine con S. Giuseppe fu
perfetto quanto alla forma, cio nel consenso dellunione
coniugale e fu anche perfetto quanto a quegli effetti
che verso una prole divina rimanevano possibili, cio
leducazione.

Quest. 30. LAnnunciazione della Vergine. 1. Lannuncio del Mistero da compiersi che lAngelo diede alla
Vergine era doveroso per lordine naturale delle cose; per
la testimonianza del mistero che la Vergine doveva a noi;
per lossequio della volont che Ella avrebbe prestato a
Dio; e per la indicazione del matrimonio spirituale tra il
figlio di Dio e lumana natura che Ella avrebbe data.
2. Era doveroso che lannuncio del mistero fosse dato
a Maria da un angelo, che ministro di Dio, perch
bisognava trattare con una Vergine.
3. Era doveroso che lAngelo, il quale veniva ad annunciare la visibile Incarnazione di un Dio invisibile, prendesse forata visibile, perch cosi la Vergine fu pi cerziorata della cosa.
4. Nellannunciazione lAngelo segu un ordine conveniente, perch prima richiam lattenzione della Vergine,
poi le annunci il mistero da compiersi, infine la indusse
al consenso.

Quest. 31. Formazione del corpo del Salvatore.


1. Essendosi Cristo incarnato per purificare la natura

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

umana dal peccato di Adamo era conveniente che Egli si


formasse il corpo con materia derivata da Adamo.
2. Cristo, che doveva compiere le promesse fatte ad
Abramo e a Davide, doveva discendere per generazione da
loro.
3. Gli Evangelisti ci danno di Cristo la genealogia
completa, perch uno ci d la genealogia naturale e laltro
ci d la genealogia legale; uno ci mostra la discendenza
da Davide per mezzo di Giuseppe, laltro ce la mostra
per mezzo di Maria.
4. Bench il Figlio di Dio avesse potuto formarsi
il corpo con qualunque materia, convenne tuttavia che
Egli nascesse di donna, perch cos fu nobilitata lumana
natura e cos pure la verit dellIncarnazione fu meglio
stabilita.
5. Essendo Cristo nato di donna, ma di donna vergine,
la sua generazione fu simile a quella degli altri uomini,
ma fu anche distinta, e perci il suo corpo fu formato dal
sangue, ma dal sangue purissimo della Vergine.
6. E poich il sangue ossa e carne non in atto, ma in
potenza, Cristo non prese dalla Vergine per il suo corpo
alcunch di ci che apparteneva ai genitori ed antenati
della Vergine e quindi nessuna parte speciale e designata
di Adamo pot arrivare sino a Lui.
7. Perci in Cristo nulla deriv da Adamo che fosse
stato nei suoi antenati soggetto a peccato; che se nei suoi
antenati la natura umana derivata da Adamo era stata
soggetta a peccato, ci fu perch erano essi soggetti al
peccato.
8. Similmente si pu dire che Abramo non pag decima
a Melchisedech anche per Cristo suo discendente, perch
Cristo aveva da ricevere decima, ma non dapagarne.

Quest. 32. Concepimento di Cristo. 1. Il principio


attivo del concepimento di Cristo, cio la causa efficiente

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

dellIncarnazione stata tutta la Trinit, ma si attribuisce


allo Spirito Santo, perch lIncarnazione opera di amore
e di santificazione.
2. Perci Cristo si dice concepito di Spirito Santo; lo
Spirito Santo ha col Figlio di Dio relazione di consostanzialit e anche relazione di causa efficiente delsuo corpo
e ambedue le relazioni si esprimono colla frase di Spirito
Santo.
3. Con tutto ci lo Spirito Santo non si pu dire Padre
di Cristo, come uomo, e nemmeno si pu dire Cristo
figlio della Trinit, perch ha nome di filiazione ci
che procede in simiglianza di natura e ci non fu di
Cristo come uomo relativamente allo Spirito Santo e alla
Trinit.
4. La Vergine, essendo essa stata scelta come madre,
per somministrare cio la materia del corpo di Cristo, ed
essendo la materia distinta dalla forma, cui spetta ogni
principio attivo, nel concepimento di Cristo fu principio
esclusivamente passivo e in nulla fu principio attivo.

Quest. 33. Modo ed ordine del concepimento di Cristo.


1. La formazione perfetta del corpo di Cristo dal sangue
della Vergine avvenne nello stesso istante del suo concepimento, bench soltanto in seguito sia cresciuto fino alla debita grandezza, ci poi era dovuto allinfinito potere della causa efficiente, cio dello Spirito Santo cos pure ci era anche richiesto dallunione ipostatica, cio dallunione di due nature in una sola persona;
2. e poich Cristo assunse il corpo mediante lanima,
perci nel primo istante della concezione il corpo non fu
soltanto formato, ma anche animato.
3. Mentre diciamo che Dio si fece uomo, non diciamo
che un uomo si fece Dio e perci il corpo di Cristo
nello stesso istante del concepimento fu formato e anche

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

assunto dal Verbo e in nessuna maniera preesistette a tale


assunzione.
4. Il concepimento di Cristo si deve dire miracoloso perch il principio attivo, secondo il quale si soliti parlare
delle cose, nel concepimento di Cristo soprannaturale.

Quest. 34. Perfezione della prole di Maria. 1. La


prole di Maria era stata preannunciata santa, perci se nel
primo astante del concepimento era animata, ebbe anche
quei doni dellanima nei quali consiste la pienezza della
grazia.
2. Cristo nellistante medesimo del suo concepimento
fu perfetto ed animato perci ebbe insieme anche luso
del libero arbitrio;
3. e poich nello stesso istante fu anche santificato,
la sua fu una santificazione con moto di libero arbitrio, e
perci meritoria, cosicch Cristo nel primo istante del suo
concepimento merit;
4. e poich la grazia che Cristo consegu e consegu
subito fu grazia senza misura e perci comprendente
anche la grazia di beato comprensore, perci Cristo fu
compensore ed ebbe la visione beatifica nello stesso istante
del suo concepimento.

Quest. 35. Nascita di Cristo. 1. Chi nasce una


persona, ma la nascita ha per termine il conseguimento
della natura, perci la nascita si dice via alla natura.
2. Se perci la natura il termine della nascita, a
Cristo, nel quale ci sono due nature, si devono attribuire
due nativit: una eterna e una temporale;
3. e la Vergine, avendo prestato a Cristo tutto ci che
presta una madre, veramente Madre di Cristo.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Essere concepito e nascere va attribuito non alla


natura in astratto, ma alla persona in concreto; in Cristo
la persona unica ed divina, Cristo Dio, e perci la
Vergine se Madre di Cristo Madre di Dio.
5. In Cristo come ci sono due nativit, leterna e la
temporale, cos ci sono due filiazioni, ma di ambedue uno
solo il soggetto, perci riferendosi alla persona bisogna
ammettere una sola filiazione, leterna; riferendosi invece
alle nature, se ne devono ammettere due.
6. Essendo la Madonna rimasta Vergine anche nel
parto diedealla luce il Salvatore Ges senza nessun dolore
e colla grande gioia che sia nato al mondo lUomo-Dio
Redentore.
7. Cristo volle nascere a Betlemme, perch di Betlemme era Davidde, dalla cui stirpe Egli discendeva; e perch Betlemme vuol dire Casa di pane ed Egli era il
pane vivo disceso dal cielo, come disse di s nel Vangelo.
8. Cristo si deve dire nato nel tempo pi opportuno,
perch fu quello che Egli, padrone del tempo, scelse
secondo i disegni della sua sapienza; e nacque quando
regnava la pace, il popolo ebreo aspettava il Messia e il
mondo abbisognava del Redentore.

Quest. 36. Manifestazione di Ges. 1. La nascita


di Ges non doveva essere manifesta a tutti, perch altrimenti sarebbe stata impedita lopera della Redenzione e
sarebbe stato diminuito il merito della Fede;
2. ma affinch poi essa fosse proficua doveva essere
manifesta ad alcuni e precisamente a testimoni preordinati, come fu altres della sua Risurrezione;
3. e quei testimoni preordinati furono convenientemente scelti, perch ce ne furono di ogni condizione cio: i
pastori e i magi, Simeone ed Anna; ossia poveri e ricchi,
ignoranti e sapienti, uomini e donne, giusti e peccatori;

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. e convenne che Cristo si rendesse manifesto per


loro mezzo e non gi per se stesso per cominciare cos
la propagazione di quella Fede, in cui sta la salute.
5. A quei testimoni preordinati la manifestazione di
Cristo doveva effettuarsi per mezzo di segni a loro familiari, e questi furono lispirazione dello Spirito Santo per i
giusti; gli Angeli per i pastori che erano dei Giudei soliti
agli annunci angelici; e la stella per i magi, i quali erano
dediti alla contemplazione degli astri e dovevano ricevere lannuncio di un fatto non terreno, ma celeste.
6. Nella manifestazione della nascita di Cristo fu
seguito anche il debito ordine, perch allora fu fatta prima
ai pastori, poi ai magi e infine ai giusti nel tempio, come
pi tardi doveva farsi prima agli Apostoli e discepoli, poi
ai gentili ed infine alla nazione giudaicatutta.
7. La stella che apparve ai magi deve ritenersi non una
stella comune ma una stella miracolosa, perch segu una
via nuova, ebbe una apparizione improvvisa e risplendeva di notte e anche di giorno.
8. da ritenersi che i Magi, i quali sono le primizie dei
gentili, siano venuti ad adorare Cristo seguendo lispirazione dello Spirito Santo.

Quest. 37. Ges Bambino e le osservanze legali.


1. Cristo sub la circoncisione per mostrare che aveva
un corpo vero; per approvarne il rito; per provare la
sua discendenza da Abramo; per non riuscire inviso ai
Giudei; per darci esempio di obbedienza alla legge e per
liberare i credenti dallonere che essa portava.
2. A Cristo fu convenientemente imposto il nonne di
Ges, che significa Salvatore, perch Egli era venuto per
salvare gli uomini dalla morte del peccato; nome che
lAngelo aveva preannunciato a Maria e a Giuseppe.
3. La Legge di Mos prescriveva che tutti i neonati fossero presentati al tempio e prescriveva inoltre che il pri-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

mo figliuolo che nascesse fosse offerto a Dio e riscattato;


avendo Cristo voluto nascere al tempo della Legge convenientemente si sottopose allosservanza di quei due precetti;
4. e come Egli volle sottoporsi allosservanza della
Legge, bench non ne fosse soggetto, perch era il Padrone e non il suddito, cos volle che anche la sua Vergine Madre si sottoponesse alla Legge della Purificazione,
bench non ne avesse bisogno.

Quest. 38. Il Battesimo di S. Giovanni. 1. Il battesimo di Giovanni fu opportuno, perch diede occasione al
battesimo e alla manifestazione di Cristo e perch assuefaceva gli uomini al battesimo di Cristo e colla penitenza
ne li rendeva degni.
2. Nel battesimo di Giovanni va distinta listituzione che era divina, cio ispirata dallo Spirito Santo,
dalleffetto, che era umano, perch era una esterna, bench simbolica, abluzione;
3. perci il battesimo di Giovanni non conferiva la
grazia, ma disponeva alla grazia in quanto preparava alla
fede, assuefaceva al battesimo di Cristo e induceva alla
penitenza per riceverlo con frutto.
4. Altri oltre a Cristo dovevano ricevere il battesimo di
Giovanni, perch se solo Cristo lavesse ricevuto, sarebbe ad alcuni apparso migliore del battesimo di Cristo e
perch erano gli altri che avevano bisogno di essere preparati al battesimo di Cristo;
5. ed appunto perch il battesimo di Giovanni preparava gli uomini al battesimo di Cristo non occorreva
che cessasse quando Cristo cominci a battezzare, tanto pi
che la cessazione avrebbe potuto sembrare effetto di gelosia, e poi i discepoli del Battista si sarebbero tanto pi
adontati che Cristo battezzasse.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Essendo stato il Battesimo di Giovanni non in


aqua et Spiritu Sancto, ma in aqua soltanto, occorreva che
tutti quelli che lo avevano ricevuto, per avere la grazia,
ricevessero poi totalmente il battesimo di Ges Cristo.

Quest. 39. Il Battesimo di Ges. 1. Ges volle ricevere


il battesimo non per essere santificato dalle acque ma per
santificare le acque; per santificare non in se stesso, ma
negli altri la natura umana da lui assunta; e per darci
esempio di sottomissione a ci che egli aveva disposto
non per s ma per gli altri.
2. Cristo ricevette il battesimo di Giovanni per approvarlo e per santificare il battesimo; ma non ricevette il
battesimo suo, perch nonne aveva bisogno.
3. Cristo ricevette il battesimo allinizio del suo ministero pubblico per apparire idoneo a insegnare e a predicare e per mostrare che il battesimo rende luomo perfetto,
come era Lui a quellet.
4. Cristo ricevette il battesimo nel Giordano, perch
fosse significato che il Giordano per quel battesimo apr
ladito al regno di Dio, come una volta il Giordano apr
ladito al regno della terra promessa.
5. Quando Cristo si battezz, i cieli si aprirono per
mostrarci che il battesimo di una virt celeste ed la
chiave del regno dei cieli.
6. Quando Cristo si battezz lo Spirito Santo discese sopra di Lui in forma di colomba per mostrare che tutti coloro che ci battezzano ricevono lo Spirito Santo, purch
si battezzino con semplicit di cuore, come simboleggiato dalla colomba.
7. La colomba che apparve si pu ritenere una colomba vera, miracolosamente formata, perch le finzioni mal
si addicono al figlio di Dio, che la stessa verit.
8. Il battesimo ricevuto da Ges lesemplare del battesimo nostro, che viene dato nella virt e nellinvocazio-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ne della Trinit, perci a completare lesemplare quando


Cristo si battezz si fece anche udire la voce del Padre.

Quest. 40. Cristo e il suo modo di trattare cogli uomini.


1. Cristo era venuto al mondo a manifestare la verit,
a liberare gli uomini dal peccato e ad aprirci laccesso a
Dio; a questi tre fini conform il suo vivere; visse quindi
non solitario ma in mezzo agli uomini.
2. Convivendo cogli uomini si conform anche alloro
modo di vivere ed anzich una vita austera nel mangiare
e nel bere segu il modo di vivere che comune a tutti gli
stati di vita.
3. Scelse anzi il genere di vita pi comune, che la
vita povera e cos, senza beni da amministrare Egli era
pi libero di dedicarsi a predicare e conduceva una vita,
cui fu degna corona la morte di croce; inoltre la sua
predicazione appariva evidentemente disinteressata e lo
stato di povert veniva in Lui esaltato.
4. Cristo conform la sua vita anche ai precetti della
Legge e con ci la approv, la compi in se stesso, ponendovi cos termine, e prevenne le maligne accuse dei
Giudei.

Quest. 41. Tentazione di Cristo. 1. Cristo volle essere


tentato per mostrarci che nessuno, per quanto giusto,
esente da tentazioni, per insegnarci il modo di vincerle e
per eccitarci alla confidenza.
2. Cristo volle essere tentato nel deserto per indicarci che quanto pi cerchiamo la solitudine per il raccoglimento dello Spirito Santo, tanto pi siamo tentati.
3. Cristo volle che la sua tentazione venisse dopo il digiuno per insegnarci che il digiuno ottimo apparecchio
alla tentazione e che anche chi digiuna soggetto alla

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

tentazione, e precisamente a tentazioni che riguardano


lo stesso suo digiuno.
4. Cristo volle che la sua tentazione seguisse con quellordine e in quel modo per insegnarci che la tentazione
comincia dal poco e sale al molto, comincia da cose che
sembrano esigenze naturali, progredisce colla superbia
ed arriva fino al disprezzo di Dio.

Quest. 42. Insegnamenti di Cristo. 1. Cristo acquist


il dominio di tutti i popoli colla sua Passione, perci
prima di essa la sua predicazione si limit ai Giudei anche
perch a loro era stato il Messia promesso; a loro doveva
risultare evidente la sua venuta da Dio e a loro doveva
essere sottratto ogni pretesto di non entrare nella Chiesa.
2. Lo scandalo che mostrarono gli Scribi e Farisei era
uno scandalo di malizia per impedire la salute del popolo,
giustamente quindi Cristo lo sprezz ed affront.
3. Linsegnamento di Cristo fu pubblico e non occulto, perch Egli non era geloso della sua scienza, n aveva
dottrine furtive da insegnare; Egli insegnava sempre alle turbe o anche ai soli Apostoli, ma in comune e se talora fece uso di parabole, fu perch esseri vestivano bellamente i misteri spirituali.
4. Cristo insegn a voce e nulla scrisse e ci convenne alla sua eccellenza di maestro che imprime gli insegnamenti nellanima e non nella carta e ci convenne anche alleccellenza della sua dottrina, che non pu essere
ristretta e chiusa nei libri.

Quest. 43. I miracoli di Cristo in genere. 1. I


miracoli confermano la verit di ci che uno insegna e
manifestano la presenza di Dio in Lui; luna e laltra cosa

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

doveva essere nota agli uomini relativamente a Cristo, era


quindi convenientissimo che Egli operasse Miracoli.
2. I veri miracoli possono essere fatti soltanto per
virt divina, perch Dio solo pu mutare lordine della
natura; Cristo fece veri miracoli; Egli perci oper per
virt divina.
3. I miracoli di Cristo avevano lo scopo di confermare
la verit che insegnava e perci convenne che aspettasse
a farli quando cominci ad insegnare; doveva poi cominciare ad insegnare quando fosse giunto allet perfetta,
cos si spiega perch cominci a fare miracoli alle nozze di
Cana.
4. I miracoli di Cristo dimostrarono scientemente la
sua divinit, e perch erano opere che trascendevano
lumano potere, perch li operava in suo nome e cio
di sua autorit, e perch Egli stesso li citava come prova
della sua divinit.

Quest. 44. I miracoli di Cristo in specie. 1. Fu conveniente che Cristo operasse miracoli sugli esseri spirituali, cio sui demoni, col cacciarli, perch questi miracoli,
che erano diretti contro il diavolo, che il nemico della
Fede, riuscivano i pi validi argomenti della Fede.
2. Fu conveniente che Egli operasse miracoli anche sui
corpi celesti come quando alla sua morte il sole si oscur,
perch cos mostr che il suo potere si estendeva anche
al cielo.
3. Fu convenientissimo che Cristo operasse miracoli
sugli uomini, ridonando ai malati la salute, perch cos si
mostr loro universale e spirituale salvatore.
4. Fu altres conveniente che Cristo operasse miracoli
sulle creature irrazionali, con prodigi di ogni genere, per
mostrare che tutte le cose sono a Lui soggette ed aiutare
cos la fede degli uomini.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 45. La trasfigurazione di Cristo. 1. Opportunamente Cristo si trasfigur e si mostr ai discepoli nello
splendore della sua gloria, per insegnare che essa il fine
della tribolazione.
2. Lo splendore della trasfigurazione era uno splendore
essenziale a Cristo, perch derivato dallinterna gloria
dellanima sua beata e della sua divinit; Egli per per
un volere suo particolare lo contenne sempre dentro di
s fin dalla nascita; fu perci esso anche uno splendore
fuggevole e non una qualit permanente del corpo.
3. Ges volle che presenziassero alla sua trasfigurazione Mos ed Elia e gli Apostoli prediletti, perch ne fossero testimoni gli uni quali rappresentanti degli uomini anteriori a Cristo, gli altri quali rappresentanti degli uomini
a Lui posteriori.
4. La nostra adozione a figli di Dio comincia col
Battesimo e si compie colla gloria del Paradiso; perci
come si fece udire nel Battesimo di Ges la voce del
Padre, cos fu conveniente che essa si facesse udire altres
nella trasfigurazione, per indicare che la nostra adozione
perfetta.

Quest. 46. La Passione di Cristo. 1. Per la Redenzione del genere umano era necessario che Cristo subisse la
Passione e la Morte; ma ci non di necessit assoluta, perch Iddio poteva provvedere altrimenti, e neppure di necessit estrinseca, perch nessuno poteva costringervelo,
nessuno essendo a Dio superiore, bens di necessit relativa al fine da conseguire, che per noi era la liberazione
dalla morte, per Cristo era lesaltazione nella gloria e per
Iddio era ladempimento delle promesse.
2. Quindi, assolutamente parlando, la Redenzione
umana era possibile a Dio con qualunque altro mezzo, allinfuori della Passione di Cristo; invece parlando relativamente alla prescienza e ai decreti divini la Redenzione

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

umana non era possibile a Dio con nessun altro mezzo, allinfuori della Passione di Cristo.
3. La Passione poi di Cristo riusc il modo pi conveniente dellumana Redenzione, perch cos luomo conobbe quanto Dio lo ama; Cristo ci diede lesempio di
ogni virt e ci acquist non solo liberazione, ma anche
grazia e gloria; noi impariamo ad essere solleciti di conservarci immuni dal peccato e lumana natura, vinta dal
diavolo, ebbe sul diavolo la rivincita e riacquist il suo
prestigio.
4. Fu poi convenientissimo che la morte di Cristo fosse
morte di croce, perch con essa ci fu dato esempio e ci fu
infuso coraggio ad incontrare qualunque morte; perch
come da un albero ci venne la rovina, cos da un albero
ci venne la Redenzione; perch Cristo sospeso in aria
purific anche laria piena di demoni, sollevato da terra
ci invit al cielo, rivolto ai quattro angoli del mondo tutti
chiam alla salute e della Croce di sua passione fece la
Cattedra della sua dottrina; infine perch il legno della
Croce corrispose a molte figure del Vecchio Testamento
nelle quali il legno strumento di salute, come nellarca
di No e nellarca dellalleanza.
5. Si pu dire che Cristo soffr tutti i dolori nel senso che soffr ogni genere di dolore: da parte degli uomini concorsero alla sua Passione Giudei e Gentili, uomini
e donne, dignitari e popolo, estranei e familiari; da parte della sua persona Egli soffr nellamicizia per labbandono dei suoi, nella gloria per le ingiurie, nella fama per
le calunnie, nella roba per la spogliazione delle vesti, nellanima per la tristezza, il tedio, il timore, e nel corpo per
le ferite e la flagellazione; da parte delle sue membra Egli
soffr nel capo coronato di spine, nel viso schiaffeggiato,
nelle mani e nei piedi trapassati dai chiodi, e in tutto il
corpo sottoposto alla flagellazione; da parte dei sensi Egli
soffr nel tatto per le spine, i chiodi e i flagelli, nel gusto
per il fiele e laceto; nellolfatto per i cadaveri del Cal-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

vario, che era luogo di supplizio, nelludito per lo schiamazzo degli spettatori e nella vista per il dolore di Maria
e di Giovanni che stavano a pie della Croce.
6. I dolori della Passione di Cristo eccedono ogni altro
dolore per 4 ragioni: I. per le loro cause: il dolore sensibile fu causato in Lui da lesioni acerbissime e generali;
dolorosissima fu la sua morte in croce, perch le mani e
i piedi nel centro della loro sensibilit furono trapassati
da chiodi e straziati dal peso del corpo; lunghissimo fu il
suo tormento a differenza di chi decapitato, che muore
subito: il dolore interno fu causato dai peccati di tutto il
mondo, dalla perdizione del popolo eletto e dal naturale
orrore alla morte; II. per la sensibilit di Cristo: Ges, figlio di Maria, era delicatissimo di corpo e di animo; III.
per il dolore in s: ogni dolore sofferto da Cristo fu senza
mitigazione o conforto; IV. per il dolore considerato in relazione al fine: Ges sofferse volontariamente e volonterosamente per la salvezza di tutto il mondo e la grandezza di questo fine importava una grandezza proporzionata
di dolore.
7. Nei dolori della Passione pativa tutta lanima di
Cristo, perch lanima, che forma sostanziale del corpo,
quanto allessenza c tutta in tutto il corpo etutta in tutte
le parti del corpo; non cos quanto alle potenze, ma le
singole potenze inferiori, che nellanima erano radicate,
partecipavano ai dolori delle altre; non pativa invece in
Cristo la ragione superiore, perch essa era fissa in Dio:
8. e perci anche lanima di Cristo, che quanto allessenza cera tutta anche nella ragione superiore, godeva
colla ragione superiore, mentre pativa nel corpo, n ci
contradditorio, perch diverso era il motivo del godere
e del patire.
9. Il tento della Passione fu scelto da Dio sapientissimo,
si deve dire adunque il pi opportuno, e tale davvero
fu, perch la morte di Cristo, Agnello senza macchia,

Storia dItalia Einaudi

325

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

coincidette col tempo Pasquale, e collora del sacrificio


vespertino ed avvenne nellet perfetta di Cristo.
10. Anche il luogo della morte di Cristo si deve dire
opportunamente scelto dalla divina sapienza e tale fu
perch Gerusalemme era il centro del mondo di allora
e si riteneva che nel monte Calvario fosse seppellito
Adamo, da cui deriv la perdizione del mondo.
11. Fu pure sapiente disposizione di Dio che Cristo
fosse crocifisso fra due ladroni, perch cos fin dalla Croce
apparve Giudice degli uomini.
12. La Passione e morte di Cristo si pu attribuire alla
Persona divina di Ges Cristo, non per alla sua natura
divina, perch la natura divina impassibile eimmortale.

Quest. 47. Causa efficiente della Passione di Cristo.


1. Non Cristo uccise se stesso, ma lo uccisero gli altri; si
pu per dire volontaria la sua morte in quanto non la
imped, pur potendo impedirla.
2. Ges Cristo si sottopose per obbedienza alla morte di
Croce e cos offr a Dio il sacrificio pi gradito, quello
cio della volont; san la disobbedienza di Adamo;
diede a noi esempio di quella obbedienza, che la virt
necessaria per vincere;
3. il Padre poi ha dato il Figlio alla Passione e alla morte
colleterna preordinazione della sua volont, collispirazione data al Figlio di voler patire e collazione negativa
di non sottrarlo alle mani dei Giudei.
4. Come la Redenzione doveva avere corso prima coi
Giudei e poi coi Gentili, cos convenne che la Passione di
Cristo fosse iniziata dai Giudei e terminata dai Gentili.
5. I maggiori responsabili della morte di Cristo sapevano che Egli era il Messia, ma ignoravano, bench di ignoranza affettata, che Egli fosse Figlio di Dio; il Popolo poi
non sapeva bene nemmeno che Egli fosse il Messia;

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326

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. il peccato dei primi, perci, fu gravissimo e per


genere di peccato e per la malizia della volont; meno
grave fu il peccato dei secondi e pi scusabili furono i
Gentili.

Quest. 48. Come merit la Passione di Cristo. 1. La


Passione di Cristo ha causata la nostra salute meritandola,
perch Egli era capo della Chiesa e i meriti del capo
appartengono anche al suo corpo mistico.
2. Cristo colla Passione ha causata la nostra salute soddisfacendo per noi, anzi la soddisfazione da Lui prestata
alla divina giustizia fu superiore al debito di tutti i peccati del mondo e ci per la immensit della carit di Cristo nel patire, per la dignit infinita della sua persona e
anche per luniversalit dei dolori da Lui sofferti.
3. Essendo il Sacrificio unopera in onore di Dio per
placarlo, la Passione di Cristo per la nostra salute ebbe
anche il pregio del sacrificio; fu poi sacrificio accettissimo,
perch proveniente da somma carit; fu sacrificio vero
perch corrisponde alle molte e varie figure della Legge;
fu sacrificio sommo, perch tale risulta se si considera a
chi, da chi, per chi e che cosa in esso viene offerto.
4. Per causa di Adamo luomo era soggetto alla schiavit del diavolo per il peccato ed era soggetto alla Giustizia di Dio per le pene dovute al peccato; Ges Cristo soddisfacendo per noi ha come pagato il prezzo della nostra liberazione da quei due vincoli, e ci ha con ci
redenti vale a dire ricomperati;
5. e poich il prezzo della Redenzione fu il sangue
versato da Cristo, la Redenzione va attribuita al Figlio,
che ha assunta lumana natura, bench la causa prima ne
sia tutta la Trinit.
6. Anzi la Passione di Cristo si pu dire causa efficiente
della nostra Redenzione, bench sia causa efficiente strumentale e non principale.

Storia dItalia Einaudi

327

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 49. Effetti della Passione di Cristo. 1. La passione di Cristo ci ha liberato dai peccati in tre modi: I.
provocandoci alla carit che ridona la grazia; II. pagando il prezzo della nostra schiavit del peccato; III. espellendo il peccato per virt divina di cui la Passione era
strumento.
2. La Passione di Cristo ci ha sciolti dal potere del diavolo, perch per essa il peccato ci fu rimesso, noi siamo
stati riconciliati con Dio e il diavolo rovinse stesso per
eccesso di malizia, esso infatti procur la morte di Cristo
che doveva essere la nostra Redenzione.
3. La Passione di Cristo ci ha liberati dalla pena dovuta
ai peccati sia direttamente, soddisfacendo cio per noi, sia
anche indirettamente, perch ne toglie cio la radice che
il peccato, dal quale essa cilibera.
4. La Passione di Cristo ci ha riconciliati con Dio per
due motivi: I. perch ha rimosso il peccato che ci fa
nemici di Dio; II. perch ha avuto pregio di sacrificio,
il cui effetto di placare Dio.
5. La Passione di Cristo ci ha aperte le porte del Cielo,
perch ci ha liberati dalla colpa e dalla pena del peccato
che ce le tenevano chiuse.
6. Cristo colla Passione merit la sua esaltazione; giustizia vuole che quanto pi uno viene ingiustamente depresso tanto pi sia poi esaltato; nella Passione la dignit di Cristo fu oltremodo depressa: incontr la morte cui
non era soggetto, il suo corpo fu posto in un sepolcro e
lanima and ai luoghi inferni, Egli sostenne ogni ignominia e fu anche dato in potere dei nemici; gli spett quindi passare dalla morte alla Risurrezione gloriosa, dal sepolcro e dal limbo al Cielo nellAscensione, dal disprezzo degli uomini al consesso con Dio alla destra del Padre
e dallessere in potere altrui allavere il potere su tutti,
per esercitarlo nel Giudizio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 50. Morte di Cristo 1. Fu opportuno che Cristo


morisse, perch: I. la morte la pena del peccato ed Egli
ha fatto suoi i nostri peccati; II. Nella morte mostr la
verit della natura umana; III. Colla morte ci ha liberati
dal timore della morte; IV. morendo corporalmente per
il peccato ci insegna a morire spiritualmente al peccato;
V. morendo e poi risorgendoci infonde speranza nella
risurrezione.
2. Nella morte di Cristo la divinit non si separ dal suo
corpo, perch la divinit era unita al corpo di Cristo per
la grazia di unione e ci che si ha per grazia si perde solo
per la colpa; ma a Ges non imputabile nessuna colpa,
Egli quindi conserv sempre la grazia di unione;
3. per la stessa ragione nella morte la divinit non si separ nemmeno dallanima di Cristo, il che deve maggiormente dirsi per la ragione che Cristo nellIncarnazione
assunse il corpo mediante lanima.
4. Uomo non chi non ha il corpo animato; nella morte
di Cristo, che fu vera morte, lanima si separ dal corpo,
Cristo perci nei tre giorni della morte non aveva un
corpo animato e perci non era pi uomo e soltanto si
poteva dire un uomo morto.
5. Il corpo di Cristo, vivo e morto, fu sempre numericamente quello stesso, cio quellunico e medesimo corpo che, vivo e anche morto, era ipostaticamente unito alla Persona del Verbo; non fu per totalmente lo stesso,
perch il corpo vivo ha lanima che qualche cosa di essenziale per lui, e il corpo morto non lha.
6. La morte di Cristo in fieri la stessa Passione
ed ha lo stesso merito della Passione; invece la morte
di Cristo in facto, ossia la separazione dellanima dal
corpo, non merit la nostra Redenzione, perch alla
morte sua Cristo, Dio e uomo, non esisteva pi in
essa per il corpo, bench separato dallanima, era unito
alla divinit, e perci di efficienza strumentale ci valse

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

la liberazione dalla morte dellanima per la grazia e dalla


morte del corpo per la Risurrezione.

Quest. 51. Sepoltura di Cristo. 1. Fu conveniente


che Cristo vestisse sepolto, perch con ci fu provatala
verit della sua morte; colla susseguente risurrezione ha
in noi attenuato lorrore del sepolcro; col suo celarsi al
mondo ci ha insegnato che chi muore al peccato si sottrae
ai rumori del mondo.
2. Parimenti fu opportuno il modo con cui venne sepolto, perch divenne argomento della verit della morte e
della Risurrezione di Cristo e a noi ha segnalato lesempio della piet di coloro che alla sepoltura si prestarono.
3. Il corpo di Cristo non doveva nel sepolcro andare soggetto alla dissoluzione e ridursi in polvere, perch la sua
morte non era dovuta a infermit della natura assunta,
ma a volontaria assunzione della morte.
4. Ges Cristo rimase morto due notti e un giorno e
ci ha un senso mistico: le due notti sono le due morti,
quella dellanima e quella del corpo, da cui liber noi, la
morte sua invece era il giorno.

Quest. 52. La discesa allinferno. 1. Fu opportuna


la discesa di Ges allinferno, perch, come assoggettandosi alla morte liber noi dalla morte, cos discendendo
allinferno liber noi dallinferno; inoltre conveniva che,
dopo di aver vinto il diavolo, gli strappasse di mano la
preda; infine conveniva che, come aveva mostrata la sua
potenza in terra, la mostrasse anche allinferno.
2. Colla sua anima Cristo discese solo allinferno dei
giusti, cio al Limbo, ma colla sua azione discese anche
allinferno dei dannati per rinfacciarli della incredulit e

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

malizia loro e discese allinferno delle anime purganti per


consolarle.
3. Nella morte di Cristo lanima si separ dal corpo,
ma n luna n laltro si separ dalla persona di Cristo che
persona divina e perci Cristo come persona fu allora
tutto nel sepolcro, tutto allinferno e tutto dappertutto.
4. La Scrittura sembra insinuarci che lanima di Cristo
sia rimasta nel Limbo per tutto il tempo che il corpo rimase
nel sepolcro.
5. Cristo discendendo al Limbo liber i Santi Padri, che
ivi stavano chiusi, perch essi vi erano per il peccato di
Adamo, la cui pena fu la morte corporale e lesclusione
dalla gloria del cielo, e Ges colla sua morte ha liberato
il mondo dalla colpa e dalla pena del peccato originale.
6. Ma poich il frutto della sua morte era applicabile
soltanto a quelli che erano a Lui uniti di fede e di carit,
delle quali i dannati mancavano, perci la discesa di Ges
allinferno non port la liberazione ai dannati.
7. Gli stessi bambini morti col peccato originale, se non
erano a Cristo uniti di Fede e di Carit, non potevano
essere liberati alla sua discesa allinferno.
8. Quanto poi alle anime del Purgatorio, siccome la
Passione di Cristo doveva valere allora quanto vale oggi,
si deve ritenere che alla discesa di Ges allinferno furono liberate quelle che erano pronte per la loro liberazione.

Quest. 53. La Risurrezione di Cristo. 1. Era necessaria


la Risurrezione di Cristo per lesaltazione della Giustizia
divina, per listruzione della nostra fede, per lerezione
della nostra speranza; per linformazione della nostra
condotta e per il compimento della nostra salvezza.
2. Fu conveniente che Cristo risorgesse il terzo giorno,
perch Egli doveva restare nel sepolcro solo quanto era
necessario per confermare la verit della sua morte e per

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

questo bastavano le due notti e il giorno compreso; il


terzo giorno poi aveva il senso mistico della terza et del
mondo, che cominciava colla Risurrezione di Cristo.
3. La vera Risurrezione sta nel risorgere dalla morte
per non mai pi morire in seguito; in questa maniera
Cristo fu il primo a risorgere e le risurrezioni di altri prima
di Lui furono risurrezioni imperfette.
4. Cristo fu causa della sua Risurrezione, perch risuscit se stesso per virt della divinit che, essendo alla
morte rimasta unita allanima e al corpo, riun nel terzo
giorno lanima al corpo; per virt invece dellumanit ci
non era possibile; essa aveva bisogno di essere risuscitata
da Dio.

Quest. 54. Qualit di Cristo risorto. 1. Il risorgere


proprio di ci che cade: il corpo di Cristo, che cadde per
la morte ed ebbe lanima separata, fu quello che ritorn
in vita per la risurrezione ed ebbe lanima riunita; e come
prima della morte esso era un corpo vero, cos dopo la
risurrezione fu un corpo vero;
2. nella Risurrezione quindi il corpo di Cristo fuun
corpo della stessa natura, bench di diversa gloria; perci
riebbe quella carne, quel sangue, quelle ossa, quella pelle
di prima, altrimenti non sarebbe stata verarisurrezione.
3. Il corpo di Cristo risorse glorioso, perch, se risorgono gloriosi i giusti, tanto pi doveva essere gloriosa la
risurrezione di Cristo, che ne lesemplare; inoltre Cristo merit la gloria della Risurrezione collignominia della Passione; infine era stata disposizione della sua volont che la gloria della sua anima, beata fin dal concepimento, non ridondasse nel corpo per non impedire il mistero della Passione; compto questo quella disposizione
cessava.
4. Fu poi conveniente che il corpo di Ges risorgesse colle cicatrici, perch esse erano per Ges un segno di glo-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ria, per gli Apostoli un argomento della sua risurrezione, per il Padre un segnacolo del suo merito, per i fedeli lemblema della sua misericordia e peri dannati la voce
della sua giustizia.

Quest. 55. Manifestazione della Risurrezione. 1. La


Risurrezione non doveva essere resa manifesta a tutti, ma
soltanto ai testimoni preordinati da Dio, per cui, essendo
una verit superiore, cio rivelata, fu manifestata a coloro
che dovevano poi predicarla.
2. Non era poi necessario che i testimoni preordinati da
Dio, cio gli Apostoli, ne fossero spettatori, perch per
loro era impossibile vedere lanima di Cristo rientrare
nel corpo; ci invece era possibile per gli Angeli, e
fu disposto che gli Angeli ne dessero lannuncio agli
uomini.
3. Per rendere certi gli Apostoli della risurrezione e della gloria di Cristo bast che Egli a loro pi volte apparisse, non fu per necessario che convivesse di continuo con
loro come prima, anzi ci non convenne, affinch si persuadessero che il suo nuovo stato non era pi quello di
prima.
4. Essendo la Risurrezione una cosa divina doveva
essere manifestata nello stesso modo con cui vengono
rivelate le verit divine e cio secondo le disposizioni di
animo delle persone; perci ai ben disposti apparve nelle
sue sembianze e ai tiepidi nella fede, come i discepoli di
Emmaus, apparve nelle sembianze di un altro.
5. Dovendo Ges provare, con argomenti, agli Apostoli
la verit della sua Risurrezione, lo fece anzitutto collautorit della Scrittura, che il fondamento della Fede, e
poi con segni evidenti della sua vera risurrezione, affinch il loro cuore per lautorit della Scrittura fosse preparato a crederla e per i segni evidenti diventasse poi fervente a predicarla; i ragionamenti erano inutili perch o

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

non erano capiti se cominciavano con verit superiori, o


non potevano concludere alla verit della Risurrezione,
che una verit superiore, se cominciavano con verit
comuni.
6. Gli argomenti poi adoperati da Cristo erano sufficienti a dimostrare la verit della sua Risurrezione, perch largomento di autorit era ineccepibile, consistendo
nella testimonianza degli Angeli e della Scrittura, e largomento di fatto era irrefragabile sia da parte del corpo
che egli mostr essere vero corpo, corpo umano e quello
stesso di prima, sia da parte dellanima di cui rese manifeste le tre facolt cio la vegetativa, la sensitiva e lintellettiva; mostr anche la gloria della risurrezione entrando nel cenacolo a porte chiuse.

Quest. 56. A chi si deve la Risurrezione. 1. Il Verbo


di Dio, che causa della vivificazione nostra, oper per
prima la Risurrezione del corpo che gli era naturalmente
unito e perci pi vicino, perch la risurrezione di Cristo
doveva essere la causa della risurrezione dei nostri corpi,
causa efficiente, non principale, ma strumentale, e causa
esemplare:
2. ed non solo causa efficiente ed esemplare della risurrezione dei corpi, ma anche delle anime nostre, affinch come i corpi vi sono per lanima, cos le anime vivano
per la grazia.

Quest. 57. Ascensione di Cristo. 1. Colla Risurrezione


Cristo inizi una vita incorruttibile e immortale; a essa
spettava un luogo proporzionato, che non poteva essere
la terra, convenne quindi che Ges dopo la risurrezione
ascendesse al cielo; con ci per se fu sottratta ai fedeli

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

la presenza della sua umanit, non fu loro sottratta la


presenza della sua divinit.
2. Ascendere al cielo lasciando la terra poteva Ges
Cristo come uomo, ma non come Dio, che dappertutto;
ma ascendere dalla terra al cielo poteva Ges Cristo
per virt divina, e non per virt umana; nellAscensione
quindi la nuova condizione della natura umana e la
causalit efficiente della natura divina.
3. Vi ascese per Ges Cristo per virt sua propria precisamente prima per virt divina e poi per virt dellanima glorificata dallunione del Verbo, non per per virt
naturale dellanima umana.
4. Cristo ascese nella parte pi eccelsa del cielo, perch
il suo corpo il corpo pi glorioso di tutti, quello che
pi da vicino partecipa della divinit.
5. Anzi, poich il corpo di Cristo, se per la condizione
naturale inferiore alle sostanze angeliche, per a loro
superiore per la dignit dellunione ipostatica, in cielo
sal anche al di sopra degli Angeli.
6. Lascensione di Cristo causa per noi di salvezza, per
essa infatti lanima nostra attirata in cielo, e Cristo ce
ne aperse la porta, vi entr come il Sommo Sacerdote nel
Sancta Sanctorum e di l ci manda i suoi doni divini.

Quest. 58. Cristo alla destra del Padre. 1. La parola


sedere significa riposare e anche fare da Giudice; a
Cristo conviene in ambidue questi sensi sedere alla destra
del Padre, perch col Padre beato e col Padre regna su
in cielo.
2. come Dio che Cristo siede alla destra del Padre,
perch ci significa avere la stessa gloria, la stessa potest
del Padre e la frase alla destra non indica distinzione di
potesti, di beatitudine e di gloria, ma soltanto distinzione
della Persona del Figlio dalla Persona del Padre.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Cristo siede alla destra del Padre anche come uomo,


ma ci gli compete essenzialmente non in quanto uomo, ma in quanto Dio; gli compete per la grazia di unione, non per per ragione dellumana natura, ma per ragione della divina persona cui ipostaticamente unita la
natura umana; gli compete anche per la grazia abituale,
che in Cristo abbondante pi che in tutte le altre creature, e che perci la costituisce in beatitudine e potere
superiore a tutte le altre creature. Quindi Cristo siede alla destra del Padre anche come uomo, non perch uomo,
sibbene perch persona divina anche nella natura umana; ovvero siede anche come uomo e in quanto uomo, ma
ci per la graziaabituale.
4. Se Cristo quindi siede alla destra del Padre, eguale
al Padre nella divinit; perch poi possiede la grazia in
grado superiore a tutte le altre creature, sedere alla destra
del Padre cosa esclusiva di Cristo.

Quest. 59. Potere giudiziario di Cristo. 1. Allesercizio


del potere giudiziario occorrono tre cose: autorit, rettitudine e sapienza; la sapienza poi quella che d forma
al giudizio, il quale viene chiamato legge della sapienza:
essendo Cristo la sapienza eterna, la verit che dal Padre
procede e il Messo del Padre in terra, a Cristo spetta in
modo particolare il potere giudiziario.
2. Il potere giudiziario compete a Cristo come uomo,
perch Egli il capo di tutta la Chiesa; tale poterepoi
gli conviene, 1. perch Egli fra Dio e gli uomini,
essendo lUomo-Dio; 2. perch Egli sar un giorno la
Risurrezione di tutti; 3. perch tutti, anche i cattivi,
dovendo averlo per Giudice, devono poterlo vedere.
3. Come la gloria del corpo, cos anche il potere
giudiziario compete a Cristo, perch Persona divina;
perch ha dignit di capo; perch possiede la pienezza
della grazia; ma anche perch lo merit colla Passione.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Tutte le cose del mondo sotto soggette al potere giudiziario di Cristo non solo come Dio, ma anche come
uomo, perch per lunione ipostatica lanima sua piena
della verit del Verbo; perch ci Egli merit colla morte; perch tutte le cose sono ordinate al fine della eterna
salute per il quale si fa il Giudizio.
5. Dopo il Giudizio del tempo presente resta a farsi il
Giudizio finale, ci perch di ogni cosa mutabile non
si pu formare un giudizio perfetto, se non quando
totalmente compita, e come le azioni vanno considerate
in s e negli effetti, cos la vita delluomo, bench colla
morte finisca il suo tempo, tuttavia resta nella memoria,
nei figli, nei suoi effetti, nella tomba e nelle cose che
formavano loggetto degli affetti; e di queste cose non
si pu fare completo giudizio se non quando il mondo
totalmente finisce.
6. Anche gli Angeli sono soggetti al potere giudiziario
di Cristo non solo come Dio, ma anche come uomo,
perch la natura umana assunta dal Verbo a Dio pi
vicina degli Angeli; perch Cristo per la Passione fu
esaltato sopra gli Angeli; e perch gli Angeli hanno una
missione relativamente agli uomini dei quali Cristo il
capo; Cristo poi giudice degli Angeli quanto alle loro
opere, quanto ai loro doni accidentali e anche quanto
allessenziale premio degli Angeli buoni e allessenziale
pena degli Angeli cattivi, giudicati gi in principio dal
Verbo.

Quest. 60. I Sacramenti. 1. Come per analogia diciamo


sano non solo luomo, ma anche la medicina o la dieta
che tale lo fanno, cos diciamo sacramento non solo ci
che ha in s una santit, ma anche ci che ha ordine alla
santit, quali la causa e il segno, e precisamente nel senso
di segno adoperiamo ora la parola Sacramento.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Se adunque Sacramento significa Sacro Segno,


segno per disposto per gli uomini affinch da una cosa
nota apprendano una cosa ignota, Sacramento ogni
segno di cosa sacra per la santificazione degli uomini.
3. Nella santificazione degli uomini si deve considerare la causa, che la Passione di Cristo, la forma che
la grazia e il fine che la eterna beatitudine, perci ogni
Sacramento un segno triplice, cio rememorativo, dimostrativo e prenunziativo.
4. Essendo naturale alluomo conoscere le cose intelligibili per mezzo delle cose sensibili, il Sacramento, segno
per gli uomini di cose spirituali oggetto dellintelligenza,
doveva essere ed un segno sensibile.
5. I Sacramenti non sono soltanto atti di culto, lala
cui istituzione pu competere agli uomini, ma sonoanche
mezzi per santificare gli uomini, la cui istituzione compete solamente a Dio, perci i Sacramenti consistono in cose
determinate per divina istituzione;
6. alle cose poi dovevano unirsi anche delle parole nella
istituzione dei Sacramenti, e ci per tre ordini di ragione:
I. perch devono conformarsi al Verbo, che ne la
causa e che lEterna Parola del Padre; II. perch devono
conformarsi alluomo, di cui sono medicina spirituale, e
che consta di anima e di corpo cio di forma e di materia;
III. perch devono conformarsi alla loro natura, che di
essere segno sacramentale e che non riesce tale se non
quando alla materia si uniscono le parole come forma,
altrimenti il segno resta indeterminato, infatti un bagno
di acqua, per es. pu servire tanto per lavarsi che per
refrigerarsi.
7. E poich le parole nel Sacramento sono la forma,
la quale sempre principio di determinazione, se nei
Sacramenti dovevano essere determinate le cose, tanto
pi dovevano essere determinate le parole;
8. a queste parole poi, che sono la forma dei Sacramenti, nulla si pu aggiungere e nulla si pu togliere quan-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

do colla mutazione che si introduce si mira a cosadiversa


da quella che intende la Chiesa, ovvero si altera il senso
sostanziale.

Quest. 61. Necessit dei Sacramenti. 1. Alla salvezza


dellanima i Sacramenti sono necessari, perch con essi
luomo viene istruito per mezzo di cose sensibili; viene
umiliato, conoscendosi soggetto alle cose corporali e
viene preservato da azioni cattive con esercizi salutari.
2. Nello stato di innocenza luomo non abbisognava
di Sacramenti, perch essi sono medicina del peccato ed
allora non cerano peccati da guarire.
3. Poich nessuno pu essere santificato dopo il peccato se non per mezzo di Cristo, fu necessario che anche prima della sua venuta ci fossero segni di protestazione della fede nel Messia venturo, e perci anche prima
di Cristo dovevano essere istituiti Sacramenti;
4. e per la stessa ragione dovevano esserci Sacramenti
dopo Cristo, quali segni di protestazione della fede nel
Messia venuto.

Quest. 62. Effetto principale dei Sacramenti. 1. I


sacramenti sono causa efficiente della grazia, non certo
causa principale, perch questa Dio, bens per causa
strumentale.
2. La grazia fa partecipi di una qualche somiglianza
dellessenza divina; come poi dallessenza dellanima derivano le potenze, cos dallessenza della grazia derivano
alle potenze dellanima alcune perfezioni che si dicono
doni e virt; e poich i Sacramenti sono ordinati a effetti
speciali nella vita cristiana, perci la grazia sacramentale
importa sopra lei grazia comune uno speciale aiuto divino
a conseguire il fine del Sacramento.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. I Sacramenti della nuova Legge contengono la grazia,


perch ne sono causa efficiente, bench strumentale; ed
appunto perch ne sono causa istrumentale la contengono in modo transitorio e incompleto e non gi come causa univoca e con forma propria e permanente della grazia, infatti essi ne sono strumento egli strumenti agiscono solo quando sono adoperati ed agiscono secondo linflusso dellagente principale.
4. Del resto come ogni strumento ha anche unazione
propria, proporzionata alla sua natura, cos pure i Sacramenti hanno unazione propria strumentale, che si esplica
quando si compie lazione dellagente principale e perci
non da dirsi che i Sacramenti abbiano soltanto unazione concomitante.
5. Relativamente allagente principale lo strumento
pu essere separato, come il bastone, ovvero congiunto, come la mano; orbene, relativamente a Dio, causa
principale della grazia, i Sacramenti sono strumento separato, invece la Passione di Cristo lo strumento congiunto, perch leffetto della Passione che mediante il Sacramento viene trasmesso allanimanostra.
6. Per il che i Sacramenti della Legge vecchia non potevano trasmettere la grazia, perch di questa causa efficiente, meritoria e soddisfattoria la Passione di Cristo e
allora questa non si era ancora compiuta, perci potevano soltanto procurare la grazia per mezzo della Fede che
essi significavano.

Quest. 63. Il carattere. 1. I Sacramenti sono ordinati


a due fini, sono cio di rimedio al peccato e di perfezione allanima in ordine al divin culto; e poich luso porta
che chi viene deputato a un ufficio ne riceva un contrassegno, il quale per i soldati veniva stampato con caratteri sul corpo, perci anche i cristiani venendo deputati per effetto dei Sacramenti a uffici spirituali ne ricevo-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

no il contrassegno, cio un segno spirituale che si chiama


carattere.
2. Essendo un segno spirituale una cosa dellanima;
nellanima distinguiamo la passione, labito e la potenza:
il carattere per non pu essere passione, perch questa
presto passa; non pu essere abito, perch questo una
disposizione stabile o al bene o al male, mentre del
carattere si pu servirsi ora per il bene, ora per il male;
resta quindi che il carattere sia potenza cio un potere
spirituale.
3. Per il carattere i fedeli vengono deputati a dare o
a ricevere ci che riguarda il culto di Dio; vengono cos
configurati al sacerdozio di Cristo e perci il carattere
un segno di Cristo.
4. Il culto divino, cui i fedeli vengono deputati per
il carattere, consiste in atti, gli atti provengono dalle
potenze, perci nelle potenze dellanima che si imprime
il carattere.
5. Il carattere indelebile sia perch partecipazione
al sacerdozio di Cristo che sacerdozio eterno; sia perch si imprime nelle potenze spirituali dellanima, che
sono incorruttibili.
6. I Sacramenti che abilitano luomo a qualche ulteriore potere di dare o di ricevere in ordine al culto divino sono il battesimo, che la porta dei Sacramenti, la
cresima, che del battesimo la confermazione e lordine,
che rende ministri del culto; perci Sacramenti che imprimono il carattere sono soltanto il Battesimo, la Cresima e
lOrdine Sacro.

Quest. 64. La causalit nei Sacramenti. 1. Loperazione interna della santificazione non pu competere che
a Dio, se si considera lagente principale; ma se si considera lagente strumentale pu competere anche agli uomini

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quali ministri, perch il ministro non che lo strumento


in mano di Dio.
2. E poich lo strumento deriva il suo effetto dallagente principale, e questi non pu essere che Dio, si deve conchiudere che Dio solo pu istituire i Sacramenti.
3. Cristo medesimo aveva il potere di operare leffetto
interno dei Sacramenti, cio la santificazione, non come
uomo, ma come Dio, perch quel potere un potere divino e il potere divino Cristo lo aveva non come uomo, ma
come Dio; esso, come uomo, aveva per la sua Passione e
Morte soltanto un potere strumentale, di strumento per
congiunto, come sarebbe la mano, e perci di eccellenza e non soltanto di strumento separato, come sarebbe il
bastone che si tiene in mano.
4. Perci Cristo tale potere di autorit, proprio dellessenza divina, non poteva comunicarlo, come non pu comunicare la essenza divina; poteva per comunicare ad
altri il potere strumentale di eccellenza, in modo che potessero istituire Sacramenti, e produrne leffetto, cio la
grazia, senza far uso di essi; ci perch il potere di eccellenza competeva a Lui come uomo; poteva, ma non lo
fece.
5. Poich i ministri nei Sacramenti hanno una azione soltanto strumentale, non viene impedito leffetto del
Sacramento ancorch il ministro sia cattivo, perch anche
un medico pu ridonare la salute bench abbia malato il
suo corpo, strumento della sua anima nellesercizio della
scienza medica.
6. I ministri per devono conformarsi a Dio, e perci
se uno funge da ministro della Chiesa ed amministra i
Sacramenti in stato di peccato commette peccato.
Amministrare il battesimo in caso di necessit non
fungere da ministro della Chiesa, ma sovvenire allaltrui
necessit.
7. La virt santificatrice dei Sacramenti derivata dalla Passione che Cristo sub come uomo, a Lui quindi nel

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

suo Sacerdozio possono conformarsi gli uomini, ma non


possono conformarsi gli Angeli che sono puri spiriti, perci gli Angeli non sono ministri dei Sacramenti. Dio per
non ha legata lazione sua santificatrice esclusivamente ai
Sacramenti; pu santificare anche fuori di quelli e farne
nunzi gli Angeli.
8. Nei Sacramenti occorre lintenzione, della quale le
parole sono la manifestazione, perch cos solo leffetto
sacramentale determinato, altrimenti ambiguo; cos
per es. il bagno, per s, pu servire tanto per pulizia che
per refrigerio;
9. non occorre invece la fede nel ministro del Sacramento, perch la sua unazione soltanto strumentale e perci, come non importa che sia buono o cattivo, cos non
importa che abbia fede o no.
10. Altrettanto non occorre che il ministro abbia retta
intenzione nel conferire il Sacramento, purch per lintenzione perversa non intacchi la stessa azione sacramentale per annullarla (come sarebbe battezzare per scherzare), ma si riferisca solo a effetti conseguenti il Sacramento, come sarebbe il consacrare onde servirsi del Sacramento nelle stregonerie.

Quest. 65. Numero dei Sacramenti 1. I Sacramenti sono ordinati a 2 fini: a rimedio cio del peccato e a perfezione dellanima nella vita spirituale. Quanto alla vita
spirituale essa si conforma alla vita corporale: come nella
vita corporale luomo nel riguardo individuale nasce, cresce, si nutrisce e, se ammalato, guarisce e anche si libera da tutti i residui della malattia, e nel riguardo sociale,
si abilita al governo degli altri e divien atto alla naturale
propagazione della specie, cos e di conformit nella vita spirituale ci sono prima i cinque sacramenti di ordine
individuale: Battesimo, Cresima, Eucarestia, Penitenza e
Olio Santo, poi gli altri due, cio Ordine Sacro e Matri-

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monio, di ordine sociale. Quanto al peccato pu esserci


bisogno di rimedio o nella mancanza della vita spirituale, o nella debolezza dellanimo, o nella sua fragilit, o
in una recente caduta, o nei residui delle cadute e questo
diordine individuale; ovvero nella dissoluzione della moltitudine, o nella sua quotidiana deficienza e questo nellordine sociale; a tutto ci sono ordinati rispettivamente
prima i primi cinque Sacramenti, poi gli altri due. Perci
sette sono i Sacramenti della Chiesa.
2. Da ci poi apparisce chiaramente non soltanto che
il loro numero sette, ma anche che la loro disposizione
ordinata e razionale.
3. Il massimo dei Sacramenti lEucarestia; 1. perch
esso contiene lautore stesso dei Sacramenti; 2. perch
a esso hanno ordine i Sacramenti tutti, ed esso ne il
centro; 3. perch in esso quasi si completano gli altri
Sacramenti; cos per es. dopo lOrdine Sacro si riceve la
Comunione.
4. Una cosa pu essere necessaria, quale mezzo senza
di cui non si pu conseguire il fine e questa si dice
necessit di mezzo; ovvero necessaria quale mezzo utile
o prescritto per meglio conseguire il fine e questa si
dice necessit di precetto. Necessari di necessit di mezzo
sono soltanto: il Battesimo per tutti, la Penitenza per
chi ha peccati attuali e lOrdine per la Chiesa; gli altri
Sacramenti sono necessari di necessit di precetto.

Quest. 66. Il Battesimo. 1. Il Battesimo come segno


consiste nellabluzione; come cosa significata consiste
nella santificazione; come cosa significata e segno insieme
consiste nel carattere.
2. Il Battesimo fu istituito prima della Passione, cio nel
Battesimo di Cristo, ma la sua necessit fu promulgata
dopo la Risurrezione.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Per istituzione divina la materia propria del Battesimo lacqua, ed essa convenientemente significala nostra rigenerazione e anche il nostro con seppellimento in
Cristo.
4. Qualunque acqua poi, per quanto artificialmente o
naturalmente tramutata, purch per conservi la sua specie
di acqua, serve al Battesimo.
5. Le parole: io ti battezzo nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo, giustamente costituiscono la
forma del Battesimo, perch con esse si esprime la Causa
Principale del Battesimo, cio la Trinit e anche la causa
strumentale, cio chi lamministra.
6. Il Battesimo ha valore dalla istituzione di Cristo,
Cristo lha istituito colla forma: io ti battezzo nel nome
della Trinit, perci qualunque forma diversa, anche la
forma: io ti battezzo nel nome di Cristo: non serve al
Battesimo.
7. Luso invece dellacqua sta nellabluzione e perci
in qualunque modo labluzione si effettui, sia per infusione, sia per aspersione, sia per immersione, serve al Battesimo e non di esclusiva necessit limmersione.
8. Al Battesimo assolutamente necessaria labluzione dellacqua; quanto invece al modo di compiere labluzione non vi altrettanta necessit, quindi una abluzione necessaria per la validit del Sacramento e labluzione trina non di necessit, ma di prescrizione dellautorit
della Chiesa.
9. Il Battesimo non si pu ripetere, I. perch esso la
rigenerazione spirituale e come si nasce una sol volta alla
vita del corpo, cos una sol volta si rinasce alla vita dello
spirito; II. perch esso configurazione nostra alla morte
di Cristo, e Cristo mor una volta sola; III. perch esso
direttamente istituito per cancellare il peccato originale e
questo si contrae una volta sola; IV. perch esso imprime
il carattere e questo un segno che una volta impresso
nellanima vi resta per sempre, perch indelebile.

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10. Il rito della Chiesa nel battezzare contiene, oltre a


ci che di necessit, anche cose che sono di solennit
e queste vi furono introdotte opportunamente, perch
conciliano rispetto al Sacramento; sono di istruzione e di
edificazione ai fedeli; e accrescono la grazia sacramentale
al battezzato col tenerne lontano il diavolo mediante gli
esorcismi.
11. Il Battesimo ha efficacia dalla Passione di Cristo
e pi remotamente dalla virt dello Spirito Santo, perci non solo c il Battesimo di acqua che ci configura alla Passione di Cristo, ma c anche il Battesimo disangue
che ci conforma alla morte di Cristo e c pure il Battesimo di desiderio per cui il nostro cuore direttamente
sotto lazione e la virt dello Spirito Santo; il Battesimo
quindi di tre specie;
12. e il Battesimo pi grande il Battesimo di sangue,
perch in quello converge larghissimamente lefficacia
della Passione di Cristo e la virt dello Spirito Santo, che
danno valore al Battesimo.

Quest. 67. Ministri del Battesimo. 1. Al Diacono non


appartiene per s lufficio di battezzare, perch lufficio del
Diacono, come dice il suo nome, ufficio di inserviente.
2. Il Sacerdote invece, al quale spetta consecrare il corpo di Cristo, che il Sacramento dellecclesiastica unit, ha lufficio di battezzare per rendere gli altri partecipi
dellecclesiastica unit.
3. Siccome per il Sacramento del Battesimo il pi
necessario di tutti, affinch nessuno possa restarne privo,
la misericordia divina ha disposto che ne sia materia una
cosa comune, cio lacqua, e che ne possa essere ministro
anche uno non ordinato, quando c il caso di necessit.
4. E poich il ministro principale sempre Cristo e
in Cristo non c distinzione fra uomo e donna, in caso

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di necessit pu battezzare anche una donna, quando non


sia possibile o conveniente il ministero di un uomo.
5. Ed appunto perch il ministro principale del Battesimo Cristo e nel caso di necessit qualunque uomo
pu battezzare, anche uno non battezzato pu battezzare.
6. Se due battezzassero contemporaneamente una stessa
persona senza mutare le parole e senza deformare colla
propria intenzione lintenzione della Chiesa si avrebbe
una unica azione e con ci un unico Battesimo, come
prescrive lApostolo; ma sarebbe unazione disordinata.
7. Come i bambini appena nati abbisognano della
nutrice, cos quelli che rinascono per il Battesimo hanno
bisogno del Padrino, che faccia loro da nutrice nella vita
spirituale.
8. Il Padrino per non obbligato a prestare listruzione
cristiana a chi ha tenuto al sacro fonte, senon nel caso che
non gli sia altrimenti prestata.

Quest. 68. I battezzandi. 1. Nessuno pu salvarsi se


non in Cristo e nessuno pu diventare membro di Cristo
se non per mezzo del Battesimo, tutti quindi sono tenuti
a ricevere il Battesimo;
2. e nessuno pu salvarsi senza Battesimo, per bisogna distinguere il Battesimo reale e il desiderio del Battesimo; un adulto che privo delluno e dellaltro non
pu salvarsi, perch non incorporato a Cristo n sacramentalmente, n mentalmente; ma chi ha il desiderio del
Battesimo e muore senza potersi battezzare pu salvarsi,
perch allora il Battesimo di desiderio supplisce il Battesimo di acqua.
3. Il Battesimo non si deve differire coi bambini, perch
lunico mezzo di provvedere alleterna loro salute; cogli adulti poi, nei quali il Battesimo di desiderio pu supplire il Battesimo di acqua, parrebbe che si dovesse differire il Battesimo per la garanzia della Chiesa, per la loro

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istruzione e per il rispetto al Sacramento; ma non conviene farlo se sono sufficientemente apparecchiati per prevenire qualunque pericolo di morte.
4. Quanto ai peccatori, se uno si dice peccatore per i
suoi trascorsi, gli si deve dare il Battesimo che appunto
istituito per mondarvelo; se invece uno si dice peccatore per lattuale volont pervicace nel male non gli si pu
dare il Battesimo, perch tale volont cattivagli impedisce di unirsi a Cristo, perci il Battesimo sarebbe amministrato invano e anche sarebbe un rito irrisorio, perch
labluzione esterna non potrebbe indicare labluzione interna dellanima.
5. Chi viene battezzato viene conseppellito nella morte di Cristo, che ha soddisfatto per i peccati di tutto il
mondo, a chi si battezza quindi non si deve imporre nessuna penitenza.
6. La Confessione dei peccati va distinta in confessione interna che si fa a Dio, e in confessione esterna, che si
fa al Sacerdote, e questa necessaria pel Sacramento della Penitenza; ma siccome chi non ha ricevuto il Battesimo non pu ricevere il Sacramento della Penitenza, perci questa confessione esterna per chi ha da battezzarsi non
solo non necessaria, ma non nemmeno possibile, quale parte integrante della Penitenza; per lui quindi sufficiente la confessione generale contenuta nelle rinunzie
del Battesimo.
7. Poich pel Battesimo si muore alla vita di peccato
per iniziare la vita nuova della grazia, al che occorre, in
chi ha luso della ragione, un atto positivo di volont,
perci occorre nel battezzando lintenzione di ricevere il
Battesimo, che della vita nuova della grazia il principio.
8. Nel Battesimo per ricevere la grazia necessaria
la Fede, perch essa via alla giustificazione, invece
per ricevere il carattere non necessaria la Fede n
nel battezzando, n nel battezzante, perch leffetto del
Sacramento dipende, non da loro, ma da Dio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

9. Si devono battezzare anche i bambini, perch il Battesimo cancella il peccato originale e il peccato originale
lo hanno anche i bambini.
10. Tuttavia i bambini degli infedeli, se non hanno ancora raggiunto luso della ragione, non si possono battezzare contro la volont dei genitori, perch la natura li ha
affidati alle loro cure e perci si farebbe contro il diritto
naturale; se invece hanno raggiunto luso della ragione, si
possono indurre ed ammettere al Battesimo, perch nelle
cose dellanima sono gi padroni di s.
11. I bambini che sono ancora nel grembo materno
non si possono battezzare, se non possono in qualche
modo ricevere labluzione.
Non si deve uccidere la madre per battezzare il fanciullo, se invece la madre gi morta si pu operare per
battezzare il fanciullo.
12. I pazzi e gli scemi, che tali sono fin dalla nascita, sono nella condizione dei bambini e perci, come i bambini, si devono battezzare; quelli invece che tali divennero
dopo luso della ragione non si possono battezzare se prima o nei lucidi intervalli non ebbero volont di ricevere
il Battesimo.

Quest. 69. Effetti del Battesimo. 1. Per il Battesimo


luomo muore alla vita vecchia del peccato e comincia
la vita della grazia, perci il Battesimo cancella tutti i
precedenti peccati, che costituiscono la vitavecchia.
2. Per il Battesimo si incorporati a Cristo e si fatti
partecipi della sua Passione che soddisfece peri peccati
di tutto il mondo, perci il Battesimo libera da ogni reato
di pena dovuta ai peccati.
3. Il Battesimo ha anche la virt di liberarci dalle
penalit della vita presente, questo per esso non lo opera
se non per i giusti nella risurrezione dei morti: ci perch
anche Cristo, cui si incorporati per il Battesimo, le

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ha sopportate nella presente vita; esse poi servono di


spirituale esercizio e fanno si che il Battesimo si cerchi
non per linteresse terreno, ma per la vitaeterna.
4. Il Battesimo che ci incorpora a Cristo ci rende
membri di Cristo, e perci, come dal capo alle membra,
cos da Cristo a noi vien derivata col Battesimo la pienezza
della grazia e delle virt.
5. Di tutto ci poi la Scrittura vuole che qualcosa sia
messo in evidenza e precisamente che si incorporati a
Cristo; che lintelletto viene illuminato dalla sua verit; e
che la volont viene fecondata di bene dalla grazia.
6. Anche i bambini per il Battesimo divengono membra di Cristo, perci anche i bambini conseguiscono la grazia e le virt, bisogna per distinguere fra atto e abito: essi hanno la grazia e le virt in abito; ma quanto allatto
ne sono impediti per limpedimento del corpo, come del
resto avviene anche in chi di noi dorme.
7. Il Battesimo cancella ogni reato di colpa e di pena,
esso perci apre la porta del regno dei cieli.
8. Nel Battesimo leffetto di rigenerazione eguale per
tutti; leffetto della grazia che sta nella carit, per gli
adulti si proporziona al loro fervore; leffetto infine dei
doni particolari si proporziona solo al volere della divina
Provvidenza.
9. Poich nei battezzandi adulti occorre la volont di
ricevere il Battesimo, uno che finge la volont di ricevere
il Battesimo, come sarebbe o se non crede, o se disprezza
il Sacramento, o se cambia il rito, o se lo compie senza
devozione, uno che non ha la vera volont e non ne
riceve perci leffetto della grazia;
10. questo effetto per soltanto tenuto sospeso dalla
finzione della volont; rimosso limpedimento per mezzo
della penitenza il Battesimo conseguisce il suo effetto.

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Quest. 70. La circoncisione. 1. Nel Battesimo c


una specie di professione della fede; una medesima la
fede nostra e quella dei patriarchi e per loro cera una
specie di protestazione della fede nella circoncisione; la
circoncisione perci fu figura e preparazione del Battesimo.
2. Opportunamente la circoncisione, che protestazione di fede e aggregazione ai fedeli, fu istituita da Dio con
Abramo, perch Abramo per primo fu da Dio segregato
dagli infedeli;
3. ed anche il rito della circoncisione, quale era, fu opportunamente istituito, perch fu dato ad Abramo, da cui
doveva nascere il Messia, e stabilito in rimedio del peccato originale, che si trasmette colla naturalegenerazione.
4. Anche nella circoncisione veniva conferita la grazia
per tutti gli effetti di essa, con questa differenza per, che
il Battesimo la conferisce per virt sua come strumento
della Passione di Cristo gi compita, invece la circoncisione conferiva la grazia in virt della Fede nella Passione di Cristo da compiersi; maggiore quindi la grazia
del Battesimo come la realt maggiore della speranza;
inoltre il Battesimo imprime il carattere e la circoncisione
non lo imprimeva.
Gli adulti poi venivano liberati dai reati di colpa, ma
non da ogni reato di pena.

Quest. 71. Rito precedente latto del Battesimo. 1. Nel


Battesimo c una specie di professione della Fede, per
fare la quale, per, necessario essere istruiti nella fede;
ecco quindi perch il primo atto del rito del Battesimo
costituito dal Catechismo;
2. e vengon dopo subito gli esorcismi per cacciare
gli impedimenti al Battesimo e sopratutto il diavolo che
tiene luomo in sua potest; seguono poi e la benedizione
per impedire il ritorno al diavolo e le altre cerimonie per

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

far accettare e approvare la dottrina della fede e infine


lunzione per rendere atti a combattere il diavolo.
3. Gli esorcismi non sono semplici segni, ma sono cerimonie efficaci, che rimuovono gli impedimenti intrinseci
ed estrinseci posti dal diavolo.
4. Poich il ministro del Battesimo il Sacerdote,
spetta al Sacerdote il rito del Catechismo e degli esorcismi.

. 72. La Confermazione. 1. La Confermazione


per rendere perfetti cristiani, cio per dare perfezione in
quella vita spirituale, di cui il Battesimo rigenerazione;
la Confermazione quindi ha uno speciale effetto di grazia
e perci uno speciale Sacramento.
2. Conveniente materia di questo Sacramento il Crisma, perch composto di olio e di balsamo e significa
cos i due effetti di questo Sacramento cio la pienezza
dello Spirito Santo e il buon odore di Cristo, cio delle
virt.
3. Non essendo lolio una di quelle materie che Cristo
santific col farne Egli uso, e che sono lacqua del Battesimo e il pane dellEucarestia, il Crisma deve essere prima
benedetto da chi il ministro ordinario della Cresima; e
questo va pur detto dellOlio Santo.
4. Le parole: Io li segno col segno della Croce, e
ti confermo col Crisma della salute nel nome ecc., sono
conveniente forma della Cresima, perch, come deve fare
la forma, determinano il Sacramento nella sua specie
in quanto nominano la Trinit, quale causa della piena
forza spirituale; designano leffetto del Sacramento, cio
la forza, dicendo: ti confermo; ed esprimono lufficio a
cui elevano, quasi dando le insegne del soldato, col dire:
ti segno.
5. Il carattere una spirituale potest; come nel
Battesimo si riceve il potere della vita spirituale, cos
nella Cresima si riceve il potere della pugna spirituale e

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perci come il Battesimo imprime il carattere, cos anche


la Cresima imprime il carattere.
6. Come non si pu diventare perfetti uomini se prima
non si nasce, cos non si pu diventare perfetti cristiani se
prima non si cristiani, perci il carattere della Cresima
presuppone il carattere del Battesimo ese non si ha il
Battesimo non si pu ricevere la Cresima.
7. Il Sacramento della Cresima conferisce lo Spirito
Santo a fortezza; il conferimento poi dello Spirito Santo
nullaltro se non la grazia santificante e perci la Cresima conferisce la grazia santificante.
8. Come intenzione della natura che ognuno che nasce divenga uomo perfetto, cos e pi di cos intenzione di Dio che ognuno che nasce spiritualmente divenga
anche spiritualmente perfetto, perci il Sacramento della
Cresima per tutti.
9. La Cresima conferisce la forza per la pugna spirituale; convenientemente perci questo Sacramento si conferisce in fronte, sia perch il cristiano come soldato deve portare la sua insegna manifesta, cio in fronte, sia per
tenere lontano la vergogna e il timore, che fanno schivare
la pugna, e che si manifestano in fronte.
10. Come il neonato ha bisogno della nutrice, cos il
soldato novello ha bisogno dellistruttore, perci come
occorre il padrino nel Battesimo, cos anche per la Cresima occorre il padrino.
11. Poich dare la perfezione ad unopera spetta al
supremo artefice, perci rendere perfetti cristiani spetta
a quelli che hanno la somma potest nella Chiesa; ecco
perch riservato ai Vescovi conferire il Sacramento della
Cresima.
12. Il rito della cresima stabilito dalla Chiesa che
governata dallo Spirito Santo, esso quindi deve ritenersi
conveniente.

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Quest. 73. LEucarestia. 1. Come nella vita corporale oltre al nascere e al crescere occorre il quotidiano
alimento, cos nella vita spirituale oltre al Battesimo e la
Cresima occorre un Sacramento che sia alimento spirituale; tale lEucarestia, essa quindi un Sacramento.
2. In questo Sacramento due sono le specie, cio il
pane ed il vino, luno per cibo, laltro per bevanda, ma
poich colluno e collaltro si forma un unico e completo
alimento, perci nellEucarestia sono date le specie sacramentali; ma uno solo il Sacramento, perch uno si dice
anche ci che completo nella sua unit e perfezione.
3. NellEucarestia la cosa significata lunione al corpo mistico di Cristo, fuori della quale non c salute, ma
come nel Battesimo leffetto del Sacramento si pu conseguire anche col desiderio del Battesimo, quando il Battesimo non possibile, cos nellEucarestia leffetto del
Sacramento si pu conseguire anche col suo desiderio;
mentre per senza il Battesimo la vita spirituale non
nemmeno iniziata, senza lEucarestia, invece, pu essere gi iniziata e anche resa perfetta; perci lEucarestia
bens necessaria quanto il Battesimo da parte della cosa significata, ma non necessaria quanto il Battesimo da
parte del Sacramento ossia del segno.
4. LEucarestia, che in s significa buona grazia , in
commemorazione del passato si chiama sacrificio; in riguardo del presente si chiama comunione, e in significazione del futuro si chiama viatico; e questi diversi nomi le
convengono tutti.
5. Sapientemente listituzione dellEucarestia fu fatta
nellultima Cena: 1. perch era il migliore ricordo che
Cristo potesse dare ai suoi apostoli lasciandoli; 2. perch
era la pi parlante memoria della sua prossima Passione,
fuori della quale non c salute; 3. perch fu la miglior
maniera di rendere caro e venerato questo Sacramento
istituendolo negli ultimi momenti passati cogli Apostoli.

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6. Molte furono nella Vecchia Legge le figure dellEucarestia, a cominciare da Melchisedecco; ma la principale
figura dellEucarestia fu lAgnello Pasquale, perch anche
Ges, innocentissimo come lAgnello, fu come lAgnello
immolato ed il suo sangue fu la salvezza del suo popolo.

Quest. 74. Materia dellEucarestia. 1. La materia dellEucarestia il pane e il vino, perch pane e vino adoper Ges Cristo nellistituirla e furono convenientemente scelti, perch in riguardo nostro il pane e il vino formano lalimento comune degli uomini; nei riguardi della
Passione di Cristo rappresentano la separazione del sangue dal corpo avvenuta in Lui alla morte; e nei riguardi
della Chiesa mostrano che in essa, i diversi fedeli formano ununit come il pane il risultato di diversi grani di
frumento e il vino si forma coi molti acini di uva.
2. Bench sia determinata la materia dellEucaristia,
non ne per fissata la quantit; questa deve essere regolata dalla partecipazione allEucaristia che ne faranno
i fedeli, perch fine di questo Sacramento ne luso da
parte dei fedeli.
3. Il pane per, quale materia di questo Sacramento,
deve essere di frumento e non di altri cereali; Cristo
infatti: 1. consecr in pane di frumento; 2. alludendo
alla sua morte, di cui lEucaristia commemorazione, si
paragon a grano di frumento cadente in terra; 3. voleva
indicare con tale pane, che il pi nutritivo, leffetto di
questo Sacramento.
4. Quanto alla sostanza tanto vale il pane lievitato che
il pane azimo; il rito latino tiene il pane azimo, perch
Cristo istitu lEucaristia nel primo giorno degli azimi;
meglio esso si conf a divenire il corpo di Cristo, dal
quale fu lungi ogni corruzione; meglio essosi conf anche
ai fedeli, perch esprime la sincerit di cui devono essere
adorni nel parteciparne.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. Parimenti soltanto il vino di vite materia propria


di questo Sacramento, perch in vino di viteche Cristo
consacr; esso poi bene esprime leffetto di questo Sacramento, che la spirituale letizia.
6. Per grave precetto della Chiesa bisogna unire al vino
da consacrare un po di acqua, non solo perch cos fece
Cristo nellistituzione dellEucaristia, ma anche perch
ci meglio riferibile alla morte di Cristo nella quale usc
dal suo cuore acqua e sangue e anche perch significa
lunione del popolo a Cristo nellEucaristia;
7. questi per sono effetti del Sacramento, ma non costituiscono lessenza del Sacramento, perci lacqua necessaria alla liceit della consecrazione, ma non necessaria alla validit del Sacramento.
8. Che se dunque la materia strettamente necessaria
alla validit del Sacramento il vino, lacqua che vi si deve
unire deve essere poca per non alterare la natura del vino.

Quest. 75. La transustanziazione. 1. Che nellEucaristia ci sia il vero corpo e sangue di Cristo non si pu percepire per mezzo dei sensi e nemmeno per mezzo dellintelletto, ma lo si sa per fede, in base allautorevolissima
testimonianza di Dio. Che poi nellEucaristia Cristo ci
sia veramente cosa sommamente opportuna, perch 1.
se i sacrifici della Legge antica contenevano Cristo in figura, il sacrificio perfetto della Legge nuova doveva contenerlo in realt; 2. se Cristo per stare cogli uomini si
incarnato, ritornando al cielo, non doveva privarli della
sua presenza corporale; 3. se fede credere ci che non
si vede, la perfezione della fede cristiana esigeva che le
fosse occultata non solo la divinit, ma anche lumanit
di Cristo.
Perci dire che Cristo nellEucaristia non c veramente, ma c per es. in figura o in simbolo, errore.

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2. Cristo non pu farsi presente nellEucaristia lasciando il cielo, perci la sua presenza non pu effettuarsi che colla mutazione del pane e del vino in Cristo che
in cielo; che se poi il pane ed il vino si mutano in Cristo, dopo la consacrazione nellEucaristia non c pi la sostanza di pane e di vino, e questo precisamente ci che
importano e le parole della consacrazione, e il senso dei
fedeli e il rito della Chiesa.
3. Che se adunque la conclusione che la sostanza del
Pane e del Vino alla consacrazione si muta nella sostanza
di Ges Cristo, non si pu parlare di annichilazione del
pane e del vino o della loro risoluzione nelle materie
originarie loro, perch mutazione non annichilazione
e nemmeno risoluzione nei componenti;
4. tale mutazione o conversione della sostanza del pane e del vino in Ges Cristo non una mutazione naturale operata da agenti naturali, perch questi possono soltanto indurre una nuova forma nelle cose, ma non possono mutarne tutta lentit; essa invece una mutazione
soprannaturale, operata da Dio, la cui potenza infinita e
che perci pu mutare le cose anche in tutta la loro entit; questo passaggio di sostanza chiamato con nome
proprio transustanziazione.
5. Per, come i sensi ci dicono, restano dopo la transustanziazione gli accidenti, ossia le apparenze del pane e
del vino; ci anzi fu sapientemente disposto perch altrimenti 1. noi avremmo orrore di mangiare carne umana e
di bere umano sangue; 2. gli infedeli ci irriderebbero; 3.
la nostra fede non avrebbe merito.
6. Ma bench restino gli accidenti o apparenze sensibili del pane e del vino, non ne resta per la forma sostanziale, perch la forma insieme colla materia costituisce la
sostanza, e tutta la sostanza di pane e di vino si converte
nella sostanza di Ges Cristo: che se avvenisse la conversione soltanto della materia del pane e non della forma,

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questa diverrebbe una forma separata, cio un angelo, il


che inconcepibile.
7. La transustanziazione istantanea, sia perch il pane non suscettibile di preparazione alla sua tramutazione, sia perch Cristo nella sua presenza reale non vi va
gradatamente crescendo, ma sopratutto perch vi opera
linfinita potenza di Dio.
8. Dire: dal pane si forma il corpo di Ges Cristo
non falso, nel senso per che la particella dal indica il
punto di partenza come quando si dice che dal niente Dio
cre il mondo; e anche nel senso che il pane la materia
dellEucaristia, come quando si dice che dallaria umida
si forma lacqua, perch qualche cosa del pane resta e
cio, non il soggetto ola materia come nelle mutazioni
naturali, ma gli accidenti; ma falso nel senso che il
pane ha naturale ordine al corpo di Cristo e quindi non
si pu dire senzaltro che: il pane pu diventare il corpo
di Cristo o che: col pane si forma il corpo di Cristo,
perch queste frasi designano la causa consostanziale, e
si adoperano per le mutazioni naturali, perci dovendole
usare bisogna dichiararne il senso.

Quest. 76. In qual modo Cristo nellEucaristia. 1.


Tutto Cristo si trova nellEucaristia, perch per le parole
della consecrazione vi si trovano il suo corpo e il suo
sangue e, per naturale concomitanza, anche lanima e la
divinit, che in Cristo ora sono realmente uniti al suo
corpo e al suo sangue.
Le dimensioni del pane appartengono alla quantit e
questa un accidente, perci queste non si convertono
in Cristo, ma restano del pane; invece tutta la sostanza
del pane si converte in tutta la sostanza di Cristo, perci
dove prima cera sostanza di pane, sia in grande che
piccola quantit, si trova tutta la sostanza di Ges Cristo,
ossia tutto Ges Cristo.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Parimenti Cristo si trova tutto sotto ciascuna specie


consacrata, con questa distinzione per che perle parole
della consecrazione sotto gli accidenti del pane si trova
direttamente il corpo di Ges Cristo; e il sangue, lanima
e la divinit vi si trovano per concomitanza; e, similmente,
sotto le specie del vino direttamente si trova il sangue di
Cristo e il resto vi per concomitanza. Che se si fosse
consacrato durante la morte di Ges Cristo il corpo non
avrebbe avuto per naturale concomitanza il sangue, n il
sangue avrebbe avuto il corpo, perch realmente allora
quella concomitanza non cera.
3. E se Cristo si trova tutto sotto ciascuna specie
consacrata, per effetto della reale concomitanza vi si
trova anche con la sua quantit dimensiva, non per per
modo di dimensioni, ma per modo di sostanza; e poich
tutto Cristo si trova l dove prima cera sostanza, anche
in minima quantit, di pane, perci Cristo si trova tutto
in tutte le parti dellOstia anche prima che se ne facciano
frammenti;
4. e tutta la quantit dimensiva di Cristo si trova nellEucarestia; ci per non direttamente, cio per le parole della Consacrazione, che hanno per termine solo la sostanza di Cristo, ma per concomitanza, perch la sostanza di Cristo non si divide dalla sua quantit dimensiva, e
nemmeno dagli altri accidenti.
5. Cristo per non si trova nellEucarestia localmente, perch sarebbe luogo troppo piccolo; prima della
consacrazione il luogo occupava la sostanza delpane mediante le sue dimensioni, dopo la consacrazione occupa il
luogo la sostanza di Cristo bens, ma mediante dimensioni altrui, cio del pane; Cristo non vi localmente, vale a
dire non vi circoscritto.
6. Poich Cristo nellEucarestia come in Cielo, per
s vi si trova perci immobilmente, perch immobilmente si trova in Cielo e quindi per s vi incorruttibilmente;
solo pu dirsi che si muove di moto locale al muoversi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

delle specie, e quindi anche che cessa di essere nellEucarestia al cessare delle specie.
7. Il corpo di Cristo, come nellEucarestia, nessun occhio lo pu vedere, nemmeno un occhio glorificato; infatti nellEucarestia le specie proprie di Cristo non vi si trovano direttamente, ma vi si trovano per mezzo della sostanza di Cristo, perci non potrebbero colpirei sensi altro che per mezzo di tal sostanza, la quale dai sensi non
percepibile; tale sostanza percepibile dallintelletto,
quindi, non visibile, ma intelligibile; siccome per Cristo
nellEucarestia vi si trova soprannaturalmente, in s essa intelligibile agli intelletti soprannaturali, di Dio cio
e dei beati; ma a noi essa intelligibile soltanto per fede; come pure per fede intelligibile ai demoni, indotti
dallevidenza deisegni.
8. Le apparizioni miracolose, per le quali nellEucarestia appariscono goccie di sangue, carne viva, il Bambino ecc. o avvengono solo nei sensi di chi vede in quanto Dio li modifica, e questo sembra doversi dire quando
appariscono ad uno s e ad altri no; ovvero possono essere apparizioni reali nel Sacramento, come sembra doversi dire quando a tutti egualmente e per lungo tempo
appariscono: non per da dirsi che quelle siano le sembianze proprie di Cristo: e neppure si devono dire finzioni, ma miracoli: la figura o il colore soltanto che si muta; ma finch restano le precedenti dimensioni, che sono il fondamento degli altri accidenti, rimane ladorabile
corpo di Cristo.

Quest. 77. Le specie sacramentali. 1. NellEucarestia


gli accidenti del pane e del vino, ossia le apparenze sensibili, non possono avere per soggetto la sostanza del pane e del vino perch essa nellEucarestia non c pi; non
possono avere per soggetto la sostanza di Cristo, perch
non possono essere apparenze di un corpo umano; non

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

possono passare a un altro soggetto, per es. laria, sia


perch essi non migrano, ma conservano il loro posto
che non quello dellaria, sia perch laria non suscettiva delle apparenze del pane e del vino e conservando
le apparenze proprie non pu assumere le apparenze altrui; per conseguenza restano senza soggetto, in quanto
Dio, causa prima onnipotente, supplisce alla sostanza del
pane e del vino, causa seconda della loro esistenza.
2. E cos la quantit, che il primo degli accidenti, diventa il soggetto degli altri, il che si deve asserire 1. perch tale apparisce ai sensi: il colore, per es. apparisce
nelle dimensioni del pane e del vino; 2. perch la prima
disposizione della materia sempre la quantit dimensiva; 3. perch il soggetto deve essere principio di individuazione e la quantit elemento costitutivo del principio di individuazione. Che poi possano gli altri accidenti
essere soggetto della quantit affatto inconcepibile.
3. Le specie del pane e del vino, che restano nellEucarestia, continuano ad agire sui sensi e sui corpi come prima
della transustanziazione, perch se Iddio colla sua onnipotenza le conserva nel loro essere di accidenti, naturalmente al loro essere va dietro loperare: conservano quindi, come prima, loperare loro proprio tutti gli accidenti,
cio la quantit, la qualit, lazione, la passione, la relazione, il luogo, il tempo e il sito;
4. inoltre, come prima della consacrazione potevano
corrompersi, cos possono corrompersi dopo la consacrazione, sia per se stessi, collalterazione per es., del colore, del
sapore, della quantit ecc. sia accidentalmente, ossia per
ragione del soggetto, cio pane e vino, con cui, e non gi
con Cristo, ha relazione il loro essere di accidenti; per cui
tutto quello che agendo sul pane e sul vino poteva farli
corrompere prima della consacrazione, pu anche dopo
la consacrazione: di conseguenza, siccome nellEucarestia la sostanza di Cristo succede alla sostanza di pane e
di vino, se dalla corruzione degli accidenti si rileva che

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

alla sostanza di pane e di vino sarebbe succeduta unaltra sostanza diversa dal pane, non pu esservi pi la sostanza di Cristo, che succede solo alla sostanza del pane
ed allora cessata la presenza reale.
5. Le specie eucaristiche, come sono corruttibili, cos
sono anche tali che possono generare per es. cenere,
polvere ecc., come avrebbe potuto fare la sostanza del
pane e del vino prima della consacrazione; poi certo
che tali cose non provengono dal corpo di Cristo, perch
Cristo incorruttibile, in Lui quindi non si avvera che la
corruzione di una cosa porta la generazione di unaltra cosa
e viceversa; per non moltiplicare senza necessit miracoli
convien dire che tali cose provengono dalla capacit
della quantit, soggetto degli altri accidenti, di diventare
anche il soggetto delle forme susseguenti, cosa che
propria della materia, e questo non un nuovo miracolo,
ma una conseguenza del miracolo precedente.
6. Con ci spiegabilissimo che le specie sacramentali
possono anche nutrire, perch come possono convertirsi
in cenere, cos possono convertirsi in corpo umano.
7. Che poi le specie sacramentali si frangano reale
e senza difficolt, perch soggetto della frattura delle
specie la quantit difensiva, che nellEucarestia resta
del pane e del vino; non si frange per Cristo, perch
come incorruttibile anche infrangibile.
8. Parimenti, come poteva essere mescolato qualche liquore al vino prima della consacrazione, pu esserlo anche dopo: diversi sono poi gli effetti; se ci che si mescola in tanta quantit, che ne risulta una terza cosa in cui
non sono conservate le specie del vino consacrato, cessa
anche la presenza reale; altrettanto si dica se si aggiunge
eguale vino ma in tale quantit che non sia pi lo stesso
di numero il vino della consacrazione; se invece la quantit che vi si mescola cos piccola che la mescolanza si
limita a una parte, cessa la presenza reale in questa parte,
ma non nellealtre.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 78. Forma dellEucaristia. 1. Mentregli altri Sacramenti si compiono nelluso della materia, lEucaristia
si compie nella consacrazione della materia e mentre negli altri Sacramenti la consacrazione della materia consiste in una benedizione, nellEucaristia consiste in una
miracolosa conversione, che Dio solo pu operare; negli
altri Sacramenti la forma deve essere relativa alluso della
materia, per es. io ti battezzo, nellEucaristia invece deve essere relativa alla consacrazione della materia, perci
sono forma dellEucarestia le parole: questo il mio corpo;
questo il mio sangue, queste poi il Sacerdote le pronuncia in persona di Cristo e non gi in persona di ministro,
come quando dice: io ti battezzo.
2. Le parole della consacrazione del pane: questo il
mio corpo esprimono lattuale effetto della transustanziazione, perci ne sono la forma conveniente: tanto pi
che, terminando lattuale effetto della transustanziazione al corpo di Cristo, ci da cui comincia la transustanziazione, cio il pane, che poi resta solo negli accidenti,
viene designato col solo pronome: questo.
3. Conveniente forma della consacrazione del vino sono
invece le parole: questo il calice del mio sangue colle
altre che seguono: del nuovo ed eterno testamento..., le
quali pure appartengono alla forma della consacrazione
del vino, perch sono determinazione del predicato il
mio sangue; e mentre le parole: questo il calice del mio
sangue designano la conversione del vino in sangue, le
altre che seguono designano gli effetti del Sangue versato
nella Passione.
4. Essendo lEucaristia il Sacramento pi degno, bisogna ammettere che le parole della forma di questo Sacramento, che il Sacerdote pronuncia in persona di Cristo,
contengano una virt creata, effettiva della transustanziazione, sempre per istumentale.
5. Le parole della consacrazione hanno virt fattiva e
non valore significativo; fanno la cosa e non la presup-

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pongono, ed operano istantaneamente e non successivamente, si prendono perci secondo lultimo istante del
loro proferimento; allora significano: quello che contenuto sotto queste specie e che prima era pane, il corpo di Cristo; il soggetto non vi determinato con un nome, ma vi resta indeterminato con un pronome, perci le
forme della consecrazione sono locuzioni verissime.
6. Le parole della consecrazione del pane conseguiscono
subito il loro effetto ed falso che aspettino ad avverarsi quando pronunciata anche la forma della consecrazione del vino; perch il verbo adoperato: questo il
mio corpo, di tempo presente e non di tempo futuro e
perci si avvera subito.

Quest. 79. Effetti dellEucaristia. I. LEucaristia


per la vita spirituale del mondo, essa perci conferisce la
grazia, come ovvio da chi considera: 1. che lEucaristia
contiene Cristo, il quale autore della grazia; 2. che
la rinnovazione della Passione di Cristo, la quale diede
al mondo la grazia; 3. che data a modo di cibo e di
bevanda per laumento della vita spirituale che consiste
nella grazia; 4. che ha per effetto lunione nostra con
Cristo la quale unione di carit e perci di grazia;
2. per queste stesse ragioni poi lEucaristia, oltrealla
grazia, ha per effetto anche il conseguimento della gloria,
perch ce ne apersero la porta Cristo e la sua Passione
e ce ne danno un saggio anticipato e il cibo spirituale e
lunione con Cristo che nellEucaristia sicontengono.
3. LEucaristia, che contiene Cristo, autore della grazia, in s ha il potere di rimettere anche il peccato mortale; ma in relazione a chi la riceve, se questi ha un peccato mortale e ne ha coscienza, lEucaristia non lo cancella,
ma lo aggrava, perch essendo lEucaristia cibo spirituale, non pu di lei cibarsi se non chi spiritualmente vivo;
se invece ha un peccato mortale e non ne ha coscienza,

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

lEucaristia divotamente ricevuta lo cancella per effetto


della carit.
4. I peccati veniali vengono tutti indistintamente rimessi dallEucaristia, prima perch essi sono debolezze dellanima causati dalla concupiscenza e lEucaristia ilcibo
che ristora le forze dellanima; poi perch lEucaristia ha
per effetto di eccitarci ad atti di carit, e questi rimettono
i peccati veniali.
5. Quanto poi alla pena del peccato lEucaristia, come
Sacramento, ha direttamente per effetto di nutrire lanima e non di rimettere la pena dei peccati; indirettamente
per ha anche questo effetto proporzionatamente al fervore di carit che eccita in noi; come Sacrificio invece,
ha valore soddisfattorio, in favore dellofferente e con riguardo pi allaffetto che alla quantit delloblazione.
6. Il peccato morte dellanima: la morte pu avvenire o per dissoluzione interna o per esterna violenza; orbene lEucaristia ci preserva da tali forme di morte dellanima, perch essa come cibo corrobora la vita spirituale e come segno della Passione di Cristo arma terribile
contro i demoni; lEucaristia quindi preserva dai peccati.
7. LEucaristia a chi la riceve giova sia come sacramento che come sacrificio; che se come Sacramento giova solo a chi la riceve, come sacrificio giova anche aglialtri,
perch per tutti morto Cristo.
8. Leffetto del Sacramento viene in parte impedito dai
peccati veniali, non passati, ma presenti, che ingombrano
la mente, perch impediscono la percezione di tutta la
dolcezza che c nel cibo spirituale dellEucaristia.

Quest. 80, La Comunione. 1. Poich talora il frutto dellEucaristia viene impedito e si riceve allora in modo imperfetto, bisogna distinguere il modo imperfetto e il
modo perfetto di ricevere lEucaristia e il primo si dir sa-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

cramentale, cio del solo Sacramento, il secondo spirituale, cio anche delleffetto spirituale.
Si distingue anche la Comunione spirituale, che il
desiderio di ricevere lEucaristia, dalla ComunioneSacramentale, che il ricevere realmente lEucaristia.
2. Cristo nellEucaristia sotto le specie di pane e di
vino, mentre in cielo sotto le sembianze sue proprie;
perci lEucaristia cibo esclusivo degli uomini, invece
Cristo in cielo cibo degli angeli sotto le specie sue
proprie.
3. Sacramentalmente, senza leffetto spirituale, lEucaristia pu riceverla anche il peccatore, perch la presenza
reale di Ges nellEucaristia, finch durano le specie, c
sempre e per tutti.
4. LEucaristia significa anche il corpo mistico di Cristo, cio lunione dei fedeli, e ricevere lEucaristia significa professarsi uniti a Cristo per fede resa perfetta dalla grazia; perci chi riceve lEucaristia in peccato mortale
commette una falsit e fa perci un sacrilegio.
5. I peccati contro la divinit di Cristo sono in s
pi gravi dei peccati contro lumanit di Cristo; ma in
chi li commette questi possono essere pi gravi di quelli;
perci leresia e la bestemmia in s sono pi gravi di
una Comunione sacrilega, ma la Comunione sacrilega
il gi grave peccato se si commette concerta scienza e con
disprezzo del Sacramento.
6. Ai peccatori certi e notori e della cui penitenza non
si pu avere presunzione, se si accostano a ricevere la
Comunione, il sacerdote deve rifiutarla; non pu invece
rifiutarla se quelli che si accostano cogli altri a ricevere la
Comunione sono peccatori occulti.
7. Dopo una perdita notturna, dipenda essa da cause
o per nulla colpevoli, o venialmente colpevoli o mortalmente colpevoli, decoroso e opportuno astenersi dalla Comunione, qualora il bisogno spirituale non consigli
altrimenti.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

8. Laver precedentemente presi cibi o bevande non impedisce la Comunione per se stesso, come fa il peccato mortale, ma impedisce la Comunione per precetto della Chiesa, che fu stabilito per significare che Cristo deve entrare per primo nel nostro cuore ed essere il fondamento del nostro vivere e che gli si deve tanto rispetto da sottrarlo a ogni pericolo di vomito: la Chiesa per
esclude i casi degli infermi.
Per digiuno si intende il digitino naturale, dalla mezza
notte, di tutto, anche in minima parte, che si prenda
come cibo, come bevanda o medicina; le reliquie invece
del cibo che si trovano nella bocca e che si deglutiscono
non come cibo, ma come saliva non rompono questo
digiuno.
9. A chi non ha mai raggiunto luso della ragione non
si deve dare la Comunione; a chi laveva e lo ha perduto,
ma prima di perderlo ha avuto divozione dellEucaristia,
in articolo di morte si deve dare la Comunione, se lo
stomaco la pu tenere.
10. La Comunione capace di apportare una utilit
quotidiana a chi la riceve e chi la riceve pu avere ogni
giorno le disposizioni per ricavare dalla Comunione una
quotidiana utilit, perci la Comunione quotidiana non
ha impedimenti n per parte del Sacramento, n per
parte di chi si comunica.
Vari in proposito la disciplina della Chiesa, ma fu
sempre lodato laccostarsi spesso alla Comunione.
11. Astenersi invece totalmente dalla Comunione illecito, perch tutti sono tenuti per comando di Cristo alla Comunione almeno spirituale, cio al desiderio di fare
la Comunione, e questo desiderio sarebbe un desiderio
menzognero se quando si pu non la si facesse; la Chiesa
poi ha determinato il tempo di soddisfare al divino precetto.
12. Il Sacramento dellEucaristia esige primieramente
e per s di essere assunto sotto tutte due le specie, per-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ch sotto le due specie esso perfetto e perci il sacerdote che consacra deve anche completare il sacrificio assumendo tutte due le specie; secondariamente e in ordine ai fedeli esso esige di essere ricevuto con decoro e devozione e appunto per provvedere al decoro e alla devozione fu introdotto luso di comunicare il popolo soltanto
sotto le specie del pane e non sotto le specie del vino.

Quest. 81. Luso dellEucaristia in Cristo. 1. Nella


cena Cristo prima di comunicare gli Apostoli comunic se
stesso, perch era suo uso prima dare lesempio e poi
insegnare.
Come potevano le specie sacramentali essere nelle sue
mani, cos potevano essere nella sua bocca.
2. Ges comunic anche Giuda, perch volendo esserci
perfetto esempio di giustizia non volle rendere manifesto
il peccato occulto di Giuda negandogli la comunione.
3. Cristo diede agli Apostoli il corpo che aveva allora,
cio corpo passibile, tuttavia come Egli, visibile, si trovava
nel Sacramento in modo invisibile, cos Egli, passibile, si
trovava sotto le specie in modo impassibile.
4. Se si fosse consacrato al tempo della morte di Cristo
ci sarebbe stato nellEucaristia Cristo morto, perch in sostanza il corpo di Cristo lo stesso nelle apparenze sue
proprie e in questo Sacramento, diverso invece quanto
al modo, ossia quanto alla relazione dimensiva coi corpi
circostanti; Cristo nelle apparenze sue proprie tale relazione la ha mediante le dimensioni sue, nel Sacramento
invece la ha mediante le dimensioni delle specie del pane
e del vino, per cui essere crocefisso poteva nelle sue sembianze, non poteva esserlo sotto le specie sacramentali.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 82. Ministro dellEucaristia. 1. LEucaristia


un Sacramento di tanta dignit che si consacra in persona di Cristo; questo potere viene concesso al Sacerdote quando viene ordinato, perci solo del Sacerdote proprio consacrare.
2. Come gli Apostoli hanno cenato con Cristo cenante, cos i Sacerdoti appena ordinati celebrano insieme col
Vescovo ordinante, perci possono pi Sacerdoti consacrare insieme una sola e medesima Ostia.
3. Distribuire la Comunione appartiene al Sacerdote,
1. perch anche nella Cena Cristo che ha consacrato fu
quello che ha distribuito la comunione; 2. perch il
Sacerdote il mediatore fra Dio e gli uomini; 3. perch
una cosa cos Sacra conviene che sia toccata solo da mani
sacre.
4. Il Sacerdote che consacra deve anche assumere lEucaristia, perch lEucaristia non solo Sacramento, ma
anche sacrificio e chi offre sacrificio deve partecipare del
sacrificio.
5. Il Sacerdote non consacra in persona propria, ma
in persona di Cristo, e non cessa di essere Sacerdote di
Cristo quando un Sacerdote cattivo, quindi anche un
Sacerdote cattivo validamente consacra.
6. Nella Messa bisogna distinguere la parte principale, cio il Sacramento e la parte secondaria, cio le preghiere per i vivi e per i morti; come Sacramento tanto vale
la Messa del Sacerdote buono, quanto quella del Sacerdote
cattivo, perch ambidue consacrano; come preghiere bisogna distinguere nel Sacerdote il Ministro della Chiesa
e la persona privata del Sacerdote; le preghiere del Ministro della Chiesa sono fruttuose pel merito della Chiesa; le preghiere del Sacerdote come persona privata sono
invece pi o meno fruttuose secondo la sua santit.
7. Anche i Sacerdoti eretici, scismatici e scomunicati
consacrano validamente, perch la consacrazione dellEu-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

caristia dipende dal potere dellOrdine, che essi non hanno perduto.
8. Nemmeno per la degradazione un Sacerdote perde
il potere dellOrdine, perci anche un Sacerdote degradato, se consacra, consacra validamente.
9. Tutti costoro per, bench consacrino validamente,
consacrano illecitamente, perch lesercizio dellOrdine
loro proibito, quindi non lecito ricevere i Sacramenti
da loro, n ascoltare la loro Messa, perch con ci si
complici del loro peccato.
10. Un Sacerdote non pu senza peccato far sempre a
meno di celebrare la Messa, perch ciascuno deve far uso
delle grazie ricevute e il sacrare una grande grazia.

Quest. 83. Il rito dellEucaristia. 1. NellEucaristia


Cristo si offre in sacrificio come sulla Croce, e ci non
solo perch lEucaristia un mistero rappresentativo del
sacrificio della Croce, ma anche perch ce ne partecipa i
frutti facendo a noi lapplicazione dei meriti di Cristo;
2. noi abbiamo ogni giorno bisogno di tali meriti e
perci la Chiesa ha disposto che ogni giorno si celebri e
poich la Passione di Cristo avvenne dopo lora di terza,
perci la Messa solenne si celebra di regola nel tempo
corrispondente, cio sul mezzogiorno.
3. Lapparato per la celebrazione della Messa deve essere relativo sia alla Passione del Signore, di cui la Messa
rappresentazione, sia anche alla dignit del Signore che
realmente presente nellEucaristia; per questo riguardo hanno ragione di essere le Chiese sontuose, gli altari
consacrati, i vasi sacri preziosi e le suppellettili monde.
4. Il Sacramento dellEucaristia comprende tuttoil mistero della nostra Redenzione, per questa ragione viene
celebrato con pi solennit degli altri Sacramenti, ed
bene disposto nelle sue parti, che sono: I. la preparazione
consistente nella lode a Dio, nellespressione della pre-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

sente nostra miseria, del ricordo delleterna gloria, nella


preghiera e nellistruzione del popolo: II. la celebrazione del mistero, distinta in oblazione colla lode del popolo
e lofferta del Sacerdote; in consacrazione preceduta dal
Sanctus e dal Memento dei vivi e seguita da protesta della nostra indegnit e memento dei morti; in assunzione
del Sacramento cui il popolo viene preparato colla orazione domenicale e con orazioni speciali: III. il ringraziamento con canto di esultanza e preghiere del Sacerdote.
5. NellEucaristia oltre alla rappresentazione della
Passione di Cristo c anche un riferimento al corpo mistico di Ges Cristo e al devoto uso del Sacramento; nella Messa quindi le azioni e le parole furono tutte sapientemente disposte in ordine a questi tre fini.
Cos il lavabo per la riverenza dovuta al Sacramento;
le croci per rappresentare la Passione di Cristo; le cinque
volte che il Sacerdote si volge al popolo ricordano le
cinque apparizioni di Ges risorto; le sette volte che il
Sacerdote saluta il popolo designano i sette doni dello
Spirito Santo.
6. Bench le prescrizioni liturgiche siano molte e minuziose, non sono per impossibili a osservarsi e si ovvia sufficientemente ai difetti in cui si pu incorrere celebrando la S. Messa prevenendoli colla diligenza, correggendoli colla solerzia o rimediandoli colla penitenza.
Le rubriche stesse, messe in principio del Messale,
prevedono tutti i possibili difetti in cui si pu incorrere
celebrando la Messa e indicano il modo di comportarsi.

Quest. 84. La Penitenza. 1. La Penitenza un Sacramento, perch anchessa consiste in una cosa santa ordinata alla santificazione; tale infatti latto del penitente che detesta i suoi peccati e latto del Sacerdote che lo
assolve, nei quali atti consiste la Penitenza.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. La materia della Penitenza sono gli atti sensibili del


penitente, cio il dolore, laccusa e la soddisfazione; ma
la materia di questi atti sono i peccati che il peccatore
detesta, perci i peccati sono la materia remota della
Penitenza.
3. Leffetto della Penitenza, che la rimozione dei
peccati, viene benissimo espresso colle parole Io ti assolvo perci queste parole sono la forma del Sacramento
della Penitenza.
4. Il Sacramento della Penitenza istituito per rimettere i peccati e non per implorare grazie particolari e distinte; perci in questo Sacramento non si richiede limposizione delle mani.
5. Per conseguire leterna salute necessaria la rimozione del peccato; e i peccati commessi dopo il Battesimo non si rimuovono se non mediante la Penitenza, perci la Penitenza necessaria di necessit di Salute per chi
ha peccato dopo il Battesimo;
6. e in questo senso la Penitenza la seconda tavola
di salvezza, perch come a chi passa il mare necessario o conservare intera la navicella o aggrapparsi a una
tavola se la navicella si sfascia, cos a noi necessario o
conservare lintegrit della grazia dataci dal Battesimo, o
aggrapparci alla tavola di salvezza dellaPenitenza.
7. Il Sacramento della Penitenza fu realmente e convenientemente istituito nel Nuovo Testamento: infatti quanto alla materia, bench essa, come negli altri Sacramenti, preesista in natura, perch naturale alluomo detestare il male fatto, viene tuttavia da Ges Cristo la determinazione degli atti del penitente come materia della Penitenza, viene pure da Cristo la determinazione dellufficio dei Ministri, e ci quanto alla forma; lefficacia poi
del Sacramento della Penitenza ha origine dalla passione
di Ges Cristo e ha inizio dopo la suarisurrezione.
8. La Penitenza dei peccati commessi deve durare tutta
la vita nel senso che non si pu mai aver piacere di

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

averli commessi, deve perci durare per tutta la vita la


penitenza interna, non per la penitenza esterna.
9. La stessa penitenza interna poi, che deve durare
per tutta la vita, deve essere continua come abito, non
per come atto, perci basta che non si faccia un atto
contrario, ma non occorre che si attenda di continuo
adatti di penitenza.
10. Il Sacramento della Penitenza si pu ricevere ripetutamente, avendo cos disposto la misericordia di Dio,
perch anche la carit pur una volta avuta si pu perdere per un peccato, e nessun peccato poi cos grande da
superare in grandezza la misericordia di Dio.

Quest. 85. La penitenza come virt. 1. Pentirsi


significa dolersi di ci che si fatto; tale dolore poi se
nella parte sensitiva una passione; se invece nella
volont dipendente da retta ragione allora una virt o
un atto di virt; ed di questa che qui sitratta.
2. La penitenza in quanto indirizzata a distruggere
il peccato, quale offesa di Dio, una virt cheha uno
speciale oggetto, perci una virt speciale.
3. La riparazione delloffesa, che si compie e cessando
dalloffendere e prestando la dovuta riparazione, di
spettanza della virt della giustizia, perci la penitenza
parte della giustizia, non per della stretta giustizia che
corre fra eguali, ma della giustizia largamente presa.
4. La penitenza poi, in quanto virt, parte della giustizia, appartiene alla volont, perch la stessa giustizia
ferma e costante volont di dare a ciascuno il suo.
5. La penitenza, come abito, infusa da Dio senza
nostro concorso; come atto invece essa il concorso della
nostra volont allazione di Dio, che ci tocca il cuore e
desta in noi la fede; comincia in noi col timore servile dei
castighi e diventa prima speranza del perdono, poi amore

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

e dispiacere del peccato in se stesso e infine diventa


timore filiale, o vera penitenza.
6. La Penitenza quindi non la prima virt nemmeno
in ordine di tempo, perch la precedono la fede, la
speranza e la carit; pu dirsi la prima soltanto nel senso
che da lei ha inizio la giustificazione del peccatore.

Quest. 86. Effetti della Penitenza. 1. Un peccato


diventa irremissibile quando o non si pu pentirsene,
ovvero il pentirsene non vale; ma i viventi non hanno
la volont fissa nel male, come i demoni, lhanno invece
ancora flessibile come al male cos al bene, perci dei
peccati essi possono sempre pentirsi; essendo poi infinita
e la misericordia di Dio e lefficacia della Passione di
Cristo il pentirsi dei peccati vale sempre a ottenerne il
perdono: ogni peccato quindi pu essere cancellato colla
Penitenza;
2. ed altrettanto per contro nessun peccato remissibile
senza la penitenza, presa come virt; perch colla grazia
Dio si rende grato luomo, cosa che non si pu supporre
se luomo, che per il peccato si reso avverso a Dio per
volgersi alle creature, non volge le spalle alle creature
per rivolgersi a Dio: quanto invece alla Penitenza, presa
come Sacramento, i peccati sono remissibili anche senza
di quello, perch Dio, che in esso assolve dai peccati per
mezzo del Ministro, pu assolvere anche direttamente
senza di lui.
3. Non pu peraltro essere rimesso un peccato s e un
peccato no, perch la grazia incompossibile anche con
un solo peccato mortale e la penitenza, che lasciare
quanto offesa di Dio, non pu esserci di un peccato
s e di un peccato no.
4. Nel peccato mortale in corrispondenza al reato di
colpa, che doppio e cio avversione a Dio e conversione
a beni caduchi, c un doppio reato di pena, cio: I. quello

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

di pena eterna, per la perdita delleterno bene e questo


viene rimesso colla penitenza e colla grazia; II. quello di
pena temporale in relazione ai beni caduchi, e questo per
la giustizia ha bisogno di qualche espiazione.
5. Dopo la penitenza e la remissione dei peccati possono rimanere delle disposizioni e inclinazioni cattive determinate dai precedenti atti di peccato; restano adunque
le reliquie dei peccati.
6. La penitenza, quale virt, cio gli atti del penitente, bench valga ad ottenere il perdono da Dio direttamente, cio anche fuori del Sacramento della Penitenza, tuttavia ordinata come materia del Sacramento della Penitenza, in cui il potere delle chiavi funge da forma,
che, come in ogni Sacramento, la parte determinante
della materia: perci la Penitenza cancella i peccati come
virt, ma pi principalmente come Sacramento.

Quest. 87. La remissione dei peccati veniali. 1. Anche


i peccati veniali sono una separazione da Dio, bench
parziale soltanto; anche questa deve essere riparata e
la riparazione se si pu fare colla penitenza, cio con
un dispiacere del fatto, non si pu invece fare come
evidente, senza qualche, almeno implicito, dispiacere del
fatto; perci nemmeno i peccati veniali possono essere
rimessi senza la penitenza per lo menovirtuale.
2. Ma poich i peccati veniali non tolgono la grazia,
non necessario ricorrere ai mezzi che sono necessari allinfusione della grazia per chi lha perduta; sufficiente un solo moto della carit e della grazia per cancellarli;
che se avviene linfusione della grazia in un adulto, siccome essa non si compie senza un moto libero di carit, perci ogni infusione di grazia in lui porta con s la
cancellazione dei veniali.
3. Se adunque per la remissione dei veniali non necessaria linfusione della grazia, ma basta un moto di gra-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

zia o di fervore per cui essi o esplicitamente o implicitamente dispiacciono, essi vengono cancellati non solo coi
Sacramenti, ma anche con altri atti, che ne importano lesplicita detestazione, come il Confiteor e il Pater noster e
anche con atti che non importano la detestazione implicita, come sono gli atti di devozione e le benedizioni che
con devozione si ricevono.
4. Ma poich la grazia che opera la remissione di
tutte le colpe, non si pu avere la remissione dei peccati
veniali e rimanere col peccato mortale, che esclude la
grazia;

Quest. 88. Dei peccati gi rimessi. 1. Quando si


torna a peccare i peccati gi perdonati non ritornano in
se stessi, ma torna col nuovo peccato mortale ci che a
tutti i peccati mortali comune cio lavversione a Dio e
il conseguente reato di pena eterna.
2. Si pu poi dire che essi ritornano come reato di ingratitudine virtualmente contenuta nel peccato seguente, perch si agisce in opposizione al beneficio gi ricevuto della remissione dei peccati e tale ingratitudine si
riscontra particolarmente nellodio fraterno, nellapostasia, nel disprezzo della Confessione e nel rimpianto di
essersi confessati.
3. Non si pu per dire che per un nuovo peccato lingratitudine ritorna cos grande come sarebbe la somma
dei peccati gi perdonati, perch lingratitudine si proporziona non solo al beneficio ricevuto, ma anche alle
condizioni danimo di chi ne reo, si deve invece dire
che il nuovo peccato pi grave in proporzione del numero e della gravit dei peccati gi perdonati.
4. Tale peccato poi di ingratitudine contenuto in un
nuovo peccato non sempre un peccato speciale, lo
soltanto quando ce n lintenzione esplicita.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 89. Il ricupero delle virt. 1. Le virt ritornano


colla Penitenza, perch esse scaturiscono dalla grazia e
col tornare della grazia tornano anche le virt.
2. Lultima disposizione allinfusione della grazia il
moto del libero arbitrio, perci secondo che questo
pi o meno intenso, le virt ritornano in grado maggiore,
eguale o minore di prima.
3. Colla Penitenza luomo riacquista la pristina dignit
davanti a Dio, perch torna a essere suo figlio; non riacquista la pristina innocenza, perch questa una volta
per sempre perduta; le dignit ecclesiastiche poi non le
riacquista se si impediti dalle disposizioni canoniche in
quanto o la Penitenza non fatta, o fu negligentemente
fatta, o c ammessa lirregolarit, o c la ragione dello
scandalo da riparare.
4. Le opere vive, cio le opere buone fatte in istato di
grazia, diventano opere mortificate per un peccato mortale,
perch cessano dalla loro funzione vitale di condurre alla
vita eterna, in quanto il peccato mortale ne sospende
leffetto;
5. ma queste stesse opere mortificate, riviviscono, cio
ritornano vive, quando si rimuove per mezzo della Penitenza limpedimento che ne teneva sospeso leffetto, cio
il peccato mortale.
6. Invece le opere morte, cio le opere buone fatte in
istato di peccato e perci prive della vita spirituale, non
riviviscono, perch non possibile sostituire il principio
di vita al principio di morte in opere che appartengono
al passato e che nella loro identit numerica non si riassumono.

Quest. 90. Le parti della Penitenza. 1. Parti si chiamano quelle in cui il tutto si divide ed esse sono proprie della materia; nella Penitenza gli atti del penitente costituiscono la quasi materia del Sacramento e poich sono di-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

versi gli atti che occorrono alla perfezione della Penitenza, come la contrizione, la confessione e la soddisfazione,
perci si devono assegnare le Parti alla Penitenza.
2. Le parti essenziali del Sacramento della Penitenza
sono la materia e la forma, le parti quantitative invece
sono le parti della materia e queste nel Sacramento della Penitenza sono tre, cio la contrizione, la confessione
e la soddisfazione, perch la Penitenza non consiste in
una giustizia vendicativa, ma in una riconciliazione amichevole e perci occorre I. avere volont di riconciliazione, ecco la contrizione; II. rimettersi al giudizio del rappresentante di Dio, ecco la confessione; III. prestare il
compenso stabilito, ecco la soddisfazione;
3. e poich nessuna di queste tre parti lintera Penitenza, ma tutte e tre occorrono per costituirla integralmente, perci esse sono le parti integrali della Penitenza.
4. La Penitenza poi come virt si distingue in Penitenza prima del Battesimo, Penitenza dei peccati mortali e Penitenza dei veniali; perch una ha per scopola nuova vita dello spirito; laltra ha per scopo la riforma della vita
corrotta e la terza ha per iscopo una vita pi perfetta.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

SUPPLEMENTI

Quest. 1. La contrizione. 1. In senso proprio


si dice trito un corpo duro, che cedendo totalmente
al suo stato di durezza, si riduce in minutissimi pezzi;
in senso figurato si dice contrito un cuore che recede
totalmente dalla sua durezza spirituale, la quale lo aveva
reso ribelle a Dio. Contrizione quindi dolore dei peccati
col proposito di confessarli e di farne la penitenza e queste
parole sono la vera definizione della contrizione, perch
le convengono e come virt e come parte del Sacramento
in relazione alle altre parti.
2. Come il gonfiarsi nella propria volont cattiva
male, cos il contrirsi della propria volont cattiva bene,
perch moto contrario e perci la contrizione atto di
virt.
3. Lattrizione non pu diventare contrizione, perch
il principio ne diverso; infatti il principio della attribuzione il timore servile, mentre il principio della contrizione il timore filiale.
Il dolore sensibile non appartiene alla essenza della
contrizione, ma ne pu essere effetto.

Quest. 2. Oggetto della contrizione. 1. Se il cuore si


dice contrito, in quanto recede dalla sua durezza spirituale nel male, la contrizione non si ha delle pene che si
incontrano, di queste si pu avere dolore, ma non contrizione;
2. Altrettanto si pu avere dolore del peccato originale,
ma non contrizione, perch in quello non ci siamo cacciati di nostra volont.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. Ogni peccato nostro attuale rappresenta una durezza spirituale del cuore, perci il cuore, per essere contrito
cos da cancellare il peccato, deve essere contrito di ogni
peccato attuale.
La contrizione generale di tutto ci che offesa di Dio
vale anche per i peccati dimenticati e per i peccati veniali.
4. La prudenza, che muove tutte le virt, quanto
ai peccati passati determina la contrizione e quanto ai
peccati futuri determina la precauzione, ma dei peccati
futuri non pu esserci contrizione, che solo riguarda il
passato.
5. Pu diventare contrito quello stesso cuore che prima era duro; ma il cuore duro di un altro non pu identificarsi col cuore contrito nostro, perci degli altrui peccati pu esserci detestazione, ma non pu esserci contrizione.
6. Come ci confessiamo di ciascun peccato, cos di ciascun peccato dobbiamo contrirci; per, siccome il fine della confessione unico per tutti i peccati, cio lacquisto
della grazia, cos sufficiente la contrizione generale di
tutti.

Quest. 3. Quantit della contrizione. 1. Quanto


maggiore il male, tanto maggiore deve esserne il dolore,
ma la colpa il male pi grande, perci la contrizione,
che dolore della colpa, il dolore pi grande. Ci per
quanto al dolore spirituale che sta nella volont; non cos
invece del dolore sensibile, perch la parte sensitiva
mossa con pi veemenza dalle cose che le sono proprie,
cio dalle cose sensibili, che non dalla ridondanza in lei
delle forze spirituali.
2. La contrizione, come dolore nella volont, non pu
mai essere troppo grande, perch si riferisce al peccato,
che offesa di Dio; ma in quanto dolore sensibile

Storia dItalia Einaudi

380

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per ridondanza della volont, pu essere eccessiva se va


contro alla conservazione dello stesso soggetto.
3. Dei peccati ci pentiamo, perch sono offesa di Dio,
e poich un peccato maggiore offesa di Dio di un altro,
perci di un peccato bisogna pentirsi di pi che di un altro.

Quest. 4. Il tempo di pentirsi. 1. Come uno che viaggia


detesta sempre ci che gli occorse in qualche momento
e che gli fu causa di ritardo nellarrivo; cos per tutta
la vita dobbiamo essere contriti del peccato, che fu un
tempo irremisibilmente perduto nel nostro viaggio per
leternit, il quale deve essere una corsa verso Dio.
2. In fatto di contrizione, quale dolore della volont,
come non pu esserci eccesso nellintensit, cos non pu
esserci eccesso nellestensione; perci conviene pentirsi
sempre dei peccati, in modo per da non impedire le altre
virt: invece in fatto di contrizione, quale dolore nella
parte sensibile per ridondanza dalla volont, pu esserci
eccesso come nellintensit, cos nella durata.
3. Dopo la presente vita non pu esserci contrizione,
perch essa importa tre cose: dolore, carit e merito; il
primo manca ai beati, la seconda manca ai dannati, e la
terza manca alle anime purganti.

Quest. 5. Effetti della contrizione. 1. Come il disordinato amore del cuore produce il peccato, cos il dolore proveniente da ordinato amore di carit lo distrugge,
quindi ci che rimette il peccato la contrizione; lo rimette come causa strumentale quale parte del Sacramento, lo
rimette come causa materiale qualeatto di virt.
2. La contrizione pu importare una carit cos intensa da meritare lassoluzione di ogni reato di colpa e anche
di pena; inoltre per ridondanza nella parte sensitiva pu

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

causare un tale dolore sensibile, che gi una pena, da


essere accettato da Dio come sufficiente per la cancellazione di ogni colpa e di ogni pena.
3. Ogni dolore poi, per quanto piccolo, se vera
contrizione sempre sufficiente per cancellare qualunque
peccato.

Quest. 6. Confessione e sua necessit. 1. Il peccato


non viene rimesso se non per mezzo di un Sacramento
della Chiesa ricevuto in atto o almeno in desiderio; e con
ci uno si sottomette al potere della Chiesa; ma poich
la Chiesa non pu applicare il rimedio se non conosce il
male e questo si ottiene colla Confessione del peccatore,
perci la Confessione, per chi pecc, necessaria.
2. I Sacramenti non sono di diritto naturale, ma di diritto divino soprannaturale; perci anche la Confessione
necessaria, non di diritto naturale, ma di diritto soprannaturale divino.
3. Per diritto divino sono obbligati a confessarsi tutti quelli che hanno peccato mortalmente; per precetto ecclesiastico sono invece tenuti a confessarsi tutti, anche perch cos il pastore conosce le sue pecorelle. La Confessione non solo per la remissione dei peccati, ma anche
per la direzione spirituale.
4. La Confessione si fa per manifestare la coscienza
al confessore, ma invece di manifestarla la occulta tanto
chi non confessa i peccati commessi, quanto chi confessa
peccati non commessi; anche questi perci commette
cosa illecita.
5. Il precetto della Confessione urge per accidente,
quando si deve ricevere un altro Sacramento, per il quale
occorre essere in grazia di Dio; urge invece per s quando
la dilazione, come avviene pel Battesimo, osi basa su
ragioni peccaminose, o si connette col pericolo di morire
senza Confessione.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. La Confessione per chi ha peccato mortalmente


necessaria di precetto divino e non ecclesiastico, perci
nemmeno il Papa pu dispensarlo dalla Confessione.

Quest. 7. Essenza della Confessione. 1. Confessione


quella per cui si manifesta il male nascosto perla speranza del perdono. Questa definizione di S. Agostino
la pi completa, perch contempla tutte le circostanze essenziali dellatto e i suoi effetti.
2. La Confessione che ha per condizione fondamentale
la verit un esercizio della sincerit e perci un atto di
virt.
3. E poich tale Confessione mira allo stesso scopo cui
mira la virt della penitenza, cio alla cancellazione del
peccato, perci un atto della virt della penitenza; mentre la confessione di un reo in giudizio atto di giustizia
e la confessione dei benefici ricevuti atto digratitudine.

Quest. 8. Il ministro della Confessione. 1. La


Confessione necessario farla a un Sacerdote, perch solo
il Sacerdote, che ha potere sul corpo reale e sul corpo
mistico di Ges Cristo, pu distribuire la grazia.
2. La Confessione sacramentale si pu fare solo al
Sacerdote; farla ad un laico sarebbe solo esercizio di
umilt;
3. e tale atto di umilt potrebbe, come un sacramentale, cancellare i peccati veniali.
4. Lassoluzione che il Sacerdote impartisce non soltanto esercizio dellOrdine, ma anche della giurisdizione, perci la Confessione i fedeli devono farla ai propri
Sacerdoti, cio a coloro che hanno giurisdizione sopra di
loro.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

5. Un Sacerdote pu essere impedito dallascoltare le


confessioni dei fedeli o perch gli manca la giurisdizione
o perch gliene fu sospeso lesercizio; pu quindi ascoltare la Confessione di qualunque fedele se gli viene, nel primo caso, partecipata la giurisdizione che gli manca; e se
viene evitata la sospensione nel secondo caso.
6. La Chiesa ha limitata la giurisdizione dei Sacerdoti
per ragioni di disciplina; ma la necessit non ha legge,
perci quando c il caso di necessit per il pericolo di
morte quella limitazione disciplinare della Chiesa cessa
e ogni Sacerdote pu assolvere.
7. La pena temporale che si impone non viene sempre
proporzionata ai peccati, cos che per un peccato maggiore si imponga una pena maggiore, perch la pena deve
essere vendicativa e medicinale, ad un tempo; la proporzione perfetta c nel purgatorio.

Quest. 9. Qualit della Confessione. 1. La Confessione


come atto di virt, non pu essere informe, cio scompagnata dalla grazia, altrimenti non meritoria: invece come parte del Sacramento, che precede lassoluzione del Sacerdote, pu essere informe, cio finta; ma chi la fa non ne
riceve il frutto se non rimedia alla finzione.
2. Come il malato, se vuole guarire, deve manifestare
tutto il suo male al medico, perch se ne manifesta solo
una parte il rimedio non pu essere adeguato, cos il
peccatore deve manifestare tutti i suoi mali; s enon lo
fa non si pu dire che si confessa, ma che finge di
confessarsi.
3. La Confessione, come parte del Sacramento, ha
il suo determinato atto in unione agli altri ed latto
ordinario di manifestare le proprie colpe, cio dirle di
propria bocca; perci confessarsi per mezzo di un altro
o per mezzo di uno scritto, pu essere una sostituzione
consentita solo quando ce n una necessit.

Storia dItalia Einaudi

384

S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Una Confessione fatta a perfezione risponde a molte


condizioni, le pi importanti sono che sia integra, semplice, umile, discreta e fedele, vocale, mesta, pura e pronta
ad obbedire.

Quest. 10. Effetti della Confessione. 1. La Confessione libera dalla morte del peccato, perch nel presente ordine la contrizione efficace soltanto col voto della Confessione; la Confessione attuale quindi completava della contrizione e collassoluzione del Sacerdote infonderebbe la grazia ove la contrizione precedente non fosse
stata sufficiente.
2. La Confessione non solo libera dalla pena eterna, ma
anche diminuisce la pena temporale; perch essa stessa
una pena per il rossore che importa;
3. e con ci stesso la Confessione apre la porta del
Paradiso; perch sono i reati di colpa e di pena, che essa
cancella, quelli che ne impediscono lingresso.
4. La Confessione d la speranza delleterna salute,
perch in essa il fedele si sottopone al potere delle chiavi,
cui riservato applicare i meriti di Cristo.
5. Per i peccati commessi, ai quali si estesa la contrizione, sufficiente a cancellarli la Confessione generale,
anche se ce ne sono di dimenticati, perch il potere delle
chiavi agisce su tutto, se il penitente non vi mette ostacolo.

Quest. 11. Il sigillo della Confessione. 1. In qualunque


caso il Sacerdote deve tener nascosti i peccati conosciuti
sotto sigillo sacramentale, perch egli li sa come ministro
di Dio e perci deve tenerli celati come li tiene celati Dio,
che mai li rivela.

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Sotto il sigillo cadono direttamente tutti i peccati,


e indirettamente tutte le cose che potrebbero rendere
manifesto il peccatore, perci anche altre cose oltre i
peccati vengono sotto il sigillo.
3. Per s al Sacerdote che spetta come il potere delle
chiavi, ossia di assolvere, cos il dovere del sigillo, cio
di tacere; accidentalmente per pu esserci anche altri
che, ascoltando, partecipe delluso delle chiavi fatto
dal Sacerdote e perci deve essere partecipe anche del
dovere del sigillo.
4. Pu il Sacerdote col permesso del penitente palesare
ad altri un suo peccato conosciuto sotto sigillo, perch il
permesso del penitente fa che il confessore sappia anche
come uomo e di scienza comunicabile ci che prima
sapeva di scienza incomunicabile, come Dio.
Tale permesso per, fuori del penitente, nessun altro
pu darlo, nemmeno il Papa.
5. Il sigillo riguarda tutte e sole quelle cose che si
vengono a sapere in Confessione e la cui rivelazione riesce
di gravame al penitente; ma se quelle cose il confessore
le conosce anche allinfuori della Confessione, e perci
di scienza comunicabile, pu per s parlarne; per per
timore dello scandalo e per rispetto al Sacramento deve
farlo soltanto in caso di necessit e in modo da far capire
che ne parla, ma non come di cose sapute in confessione.

Quest. 12. La Soddisfazione. 1. La virt formalmente


sta nel giusto mezzo; la soddisfazione un giusto mezzo
fra il diritto di Dio e il dovere delluomo, perci la
soddisfazione formalmente un atto di virt;
2. e poich quale mezzo mira a quelleguaglianza
tra cosa e cosa, che compito della giustizia, perci
la soddisfazione un atto della virt della giustizia epi
precisamente della giustizia vendicativa, perch questa
quella che riguarda unoffesa precedente.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. La soddisfazione importa due cose: compenso per


il passato e precauzione per il futuro; perci la bella
definizione di S. Anselmo: la soddisfazione pagare
a Dio il dovuto onore si completa con quella di S.
Agostino: togliere le cause del peccato.

Quest. 13. La Soddisfazione possibile. 1. Soddisfazione deriva da satisfacere, che significa fare abbastanza;
soddisfare a Dio quanto Dio merita alluomo impossibile; gli invece possibile soddisfare quanto pu, e poich la forma di giustizia da parte delluomo conservata,
perci questo sufficiente.
2. Soddisfare per un altro come compenso del passato
non proibito, anzi cosa che davanti a Dio ha grande
merito di carit; ma in quanto la soddisfazione di
rimedio per i peccati futuri non possibile che valga la
penitenza fatta da uno per un altro.

Quest. 14. Qualit della Soddisfazione. 1. Non


si pu dare soddisfazione di un peccato s e di un altro
no, perch ogni peccato mortale toglie la grazia e perci
basta anche un solo peccato mortale, di cui non si voglia
dare soddisfazione, per impedire la riconciliazione con
Dio.
2. Poich le opere imposte per la soddisfazione non
riescono a Dio accette se lamicizia pi non dura, ma
stata rotta con un nuovo peccato, perci della soddisfazione non si pu essere sicuri se non la si presta in istato di
grazia.
3. Se quindi sono necessarie per la soddisfazione
opere fatte in istato di grazia, le opere fatte in istato
di peccato sono opere morte che non rivivono e perci

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

non potrebbero cominciare ad avere valore nemmeno


quando si riacquista la grazia.
4. Merito si chiama quellazione per cui giusto dare qualcosa a chi la fa, e quel qualcosa sarebbe il dovuto,
ossia il debito; si distingue poi il debito di giustizia o de
condigno, che si riferisce a chi ha da ricevere il qualcosa,
e il debito di convenienza o de congruo, che si riferisce
a chi ha da dare il qualcosa: nelle nostre opere di soddisfazione ci che offriamo a Dio gi di Dio, non resta quindi altro che lamore con cui le facciamo che possa a loro dare valore di merito; ma se manca lamore di
Dio, e con ci la grazia di Dio, le opere buone non possono avere, per chi le fa, merito di giustizia; possono avere soltanto merito di convenienza e giovare o per conseguire benefizi temporali, o per disporsi alla grazia o per
assuefarsi alla virt in questa vita;
5. per laltra vita poi non valgono certo a liberare dalla
pena infernale gi meritata; valgono a prevenire una pena
maggiore e a diminuire o a differire le penetemporali.

Quest. 15. Opere di Soddisfazione. 1. Il compenso a


Dio dovuto non si pu prestare che con una privazione
nostra; perci la soddisfazione deve consistere in unopera
che non solo sia buona e sia in onore di Dio, ma anche
che sia penale o di penitenza.
2. I flagelli della presente vita possono essere opere soddisfattorie nostre se o ce li assumiamo o li accettiamo da
Dio, perch allora solo, divenuti di nostra propriet, sono una privazione nostra, altrimenti restano solo castighi
di Dio.
3. Se la soddisfazione consiste in privazioni nostre,
di nostro abbiamo lanima, il corpo e i beni di fortuna,
perci le privazioni relative saranno orazione, digiuno ed
elemosina e queste sono vere opere soddisfattorie, perch
hanno valore di compenso del passato e di precauzione

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per lavvenire, in quanto ci dispongono bene verso Dio,


verso il prossimo e verso noi stessi.

Quest. 16. Il Penitente. 1. Linfusione della grazia


porta con s tutte le virt e quindi anche la virt della
penitenza, ma in coloro che conservano linnocenza battesimale non c materia di penitenza cio peccati, in loro quindi la penitenza non c come atto, ma solo come
abito, giacch anchessi possono peccare.
2. Nei Santi invece che sono gi in gloria la penitenza
resta, ma solo come atto di gratitudine per la misericordia di Dio; e che in loro la gratitudine resti certo, perch le virt cardinali restano anche in Paradiso e la penitenza parte della giustizia, che una virt cardinale.
3. Gli Angeli non sono suscettibili di penitenza, come
virt, perch questa ordinata al fine di conseguire la
misericordia di Dio e questo solo possibile agli uomini
che sono su questa terra; nei demoni e nei dannati c
solo la penitenza come passione, cio come detestazione
del loro male, perch ci naturale a tutti.

Quest. 17. Il potere delle chiavi. 1. Potere delle chiavi


il potere di aprire le porte del Paradiso che il peccato
ci chiude; tal potere appartiene alla Trinit per lautorit
sua; appartiene a Cristo per il merito della sua Passione,
ed appartiene anche alla Chiesa, che usc dal costato di
Cristo, e perci anche ai ministri della Chiesa che sono
dispensatori dei Sacramenti, nei quali riposta lefficacia
della Passione.
2. Un potere si definisce dai suoi atti, gli atti del
potere delle chiavi sono di chiudere e di aprire, che si
esercitava dagli Ebrei legando o sciogliendo lo spago del
catenaccio, perci rettamente si definisce quel potere

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

per cui lecclesiastico giudice riceve i degni e respinge gli


indegni dal regno;
3. e si dice il potere delle chiavi anzich della chiave,
perch sono due gli atti che competono allufficio di
ecclesiastico giudice, cio il giudizio dellidoneit alla
grazia di chi si presenta al giudizio, e la sentenza di
assoluzione; sono dunque due chiavi anzich una.

Quest. 18. Effetto delle chiavi. 1. Il potere delle chiavi


non si limita alla remissione della pena, ma si estende alla
remissione della colpa, perch altrimenti non ci sarebbe
ragione che occorrano le disposizioni interne dellanimo
da parte di chi riceve il Sacramento.
2. Il potere delle chiavi nel Sacramento della Penitenza opera anche la remissione della pena temporale; non di
tutta, perch luomo colla Penitenza si dice non rigenerato, ma sanato e, per di pi, restano le cicatrici o i residui del morbo spirituale; certo per di una parte almeno, perch altrimenti non ci sarebbe ragione di imporre
una pena temporale.
3. Il potere delle chiavi, essendo un potere razionale,
non soltanto potere di sciogliere, ma anche potere di fare lopposto, cio di legare; quanto al reato di colpa direttamente scioglie, cio assolve, e solo indirettamente lega,
cio nega lassoluzione e lascia nella colpa; quanto alla
pena, direttamente lega, cio impone la soddisfazione e
indirettamente scioglie, cio libera dalla pena temporale.
4. Il Sacerdote per non pu sciogliere e legare a capriccio, perch nelluso del potere delle chiavi egli ministro e strumento di Dio, che il principale agente nei
Sacramenti, perci deve farne uso secondo lordine divino; lordine poi divino che le medicine siano appropriate anche quanto alla dose allammalato; perci anche
la soddisfazione non deve imporsi cos grande da spaventare il penitente e allontanarlo dal Sacramento.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 19. Ministri del potere delle chiavi. 1. I


Sacramenti del Vecchio Testamento non conferivano la
grazia, ma soltanto la figuravano, perci i Sacerdoti del
vecchio Testamento non avevano il potere delle chiavi.
2. In Cristo c il potere delle chiavi, ma in modo superiore al nostro, perch in noi c il potere di strumento, come compete ai Sacramenti, in Cristo c il potere di
agente, come compete allautore dei Sacramenti. Il potere delle chiavi si chiama di strumento in noi; di eccellenza
in Cristo; di autorit nella Trinit.
3. Il potere delle chiavi di ordine e di giurisdizione;
il potere di ordine si riferisce direttamente al Cielo ed
esclusivo dei Sacerdoti; il potere di giurisdizione si
riferisce direttamente alla Chiesa anticamera del Cielo,
e si esercita colle scomuniche e relative assoluzioni e
questo pu esserci anche in chi non ancora Sacerdote.
4. Luomo nelluso delle chiavi non agisce per se
stesso, ma agisce come strumento, perch non comunica
la grazia sua, ma quella di Cristo, perci per quanta
santit uno abbia se non sacerdote per essa sola non ha
luso delle chiavi;
5. e per la stessa ragione che il Sacerdote non comunica
la grazia sua, ma quella di Cristo, perch non agente per
s, ma solo strumento, per quanto egli sia privo di grazia,
cio per quanto sia cattivo non viene privato delluso delle
chiavi.
6. Invece negli eretici, scismatici, scomunicati, sospesi
e degradati il potere delle chiavi resta come potere di
ordine, ma ne viene sospeso luso, perch sono privati del
potere di giurisdizione.

Quest. 20. Soggetti al potere delle chiavi. 1. Come


in Cielo fra gli Angeli, cos anche in terra nella Chiesa
c una gerarchia e con ci c uno che ha giurisdizione
universale e sotto di lui altri che hanno giurisdizioni

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

particolari e poich per luso delle chiavi occorre oltre al


potere di ordine anche il potere di giurisdizione, perci
le chiavi non si possono usare se non con coloro sui quali
si ha giurisdizione.
2. Col proprio suddito per un Sacerdote non pu far
sempre uso delle chiavi, perch ci sono dei casi in cui la
sua giurisdizione limitata e perci deve rimettere il suo
suddito al superiore.
3. Per s il potere delle chiavi si estende a tutti ed per
ragione di gerarchia che un Sacerdote ha la giurisdizione
limitata dal suo superiore; ma se il superiore gliela allarga
fino a se stesso, allora il Sacerdote pu far uso delle chiavi
anche col suo stesso superiore.

Quest. 21. La scomunica. 1. La scomunica importa


diverse penalit, cio la privazione di comunicare coi
fedeli nella convivenza sociale, nella partecipazione dei
Sacramenti e nelle preghiere comuni, le conviene quindi
la solita definizione: La scomunica separazione dalla
comunione della Chiesa, dal frutto di questa comunione e
dalle generali Preghiere.
2. Come fa Iddio coi peccatori, che manda castighi per
indurli a penitenza e che gli abbandona a se stessi perch riconoscano la loro insufficienza, altrettanto deve fare la Chiesa coi peccatori ostinati scomunicandoli, cio separandoli dai fedeli, affinch siano umiliati e si pentano.
3. La scomunica unesclusione dal regno, dal quale
vanno esclusi gli indegni; indegni ne sono quelli che
perdono la grazia col peccato mortale; il peccato mortale
pu esserci anche in un danno grave recato al prossimo,
anche per tal danno quindi uno pu essere scomunicato;
ma, essendo la scomunica una pena gravissima, bisogna
riservarla come misura estrema, cio dopo esperiti gli
altri mezzi.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. Una scomunica se ingiusta per il fatto che il


superiore nellinfliggerla pecca di odio o di ira valida
egualmente; ma se ingiusta o perch non c la dovuta
causa o perch non si seguono le formalit strettamente
richieste, allora la scomunica invalida e nulla.

Quest. 22. Scomunicanti e scomunicati. 1. Non chiunque Sacerdote, ma soltanto i Vescovi e i Prelati maggiori possono scomunicare, perch essi soltanto hanno giurisdizione nel foro esterno della Chiesa,
2. ed appunto perch la scomunica un atto di giurisdizione esterna e di questa sono capaci anche coloro
che non sono ancora Sacerdoti, perci, anche un non Sacerdote pu scomunicare.
3. Ma scomunicare non pu uno, il quale sia scomunicato, perch la scomunica lo priva della giurisdizione; e
nemmeno pu farlo uno che dalla giurisdizione sia sospeso.
4. Poich poi la giurisdizione si esercita sugli inferiori,
perci uno non pu scomunicare n se stesso, n un eguale,
n un superiore.
5. La scomunica non si pu dare se non in base a un
peccato mortale; ma il peccato mortale c nei singoli e
non in una comunit; perci saggiamente la Chiesa ha
disposto che non si possono scomunicare le comunit.
6. Contro uno che gi scomunicato si pu rinnovare la
scomunica e se ne possono lanciare anche altre per altre
cause, queste poi diventano tanti vincoli diversi.

Quest. 23. Condotta cogli scomunicati. 1. La


scomunica a titolo di medicina per la resipiscenza del
reo, perci anche con uno, che si deve evitare per effetto
di una scomunica, lecito trattare quando sia per ridurlo

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

a penitenza ed lecito trattare anche per servirlo nelle


necessit della vita secondo il dovere naturale che ne
hanno quelli di casa;
2. Seguire le parti di uno che scomunicato, e cio
separato dalla Chiesa, separarsi dalla Chiesa, perci che
la Chiesa colpisca di scomunica anche quelli che, fuori
dei casi previsti, comunicano con uno scomunicato, non
illogico;
3. e non si pu negare che essi commettano anche
peccato mortale, se c in loro o partecipazione al delitto,
o comunicazione in cose sacre o disprezzo della Chiesa.

Quest. 24. Assoluzione dalla scomunica. 1. Un


sacerdote pu assolvere dalla scomunica il suo penitente,
quando ne abbia le dovute facolt.
2. La scomunica una pena, ma non una colpa, perci mentre i peccati non si contraggono che per volont
e contro volont non vengono rimessi, invece la scomunica, come si contrae contro volont, cos contro volont
pu essere rimessa;
3. e si pu essere assolti da una scomunica senza essere
assolti dalle altre, appunto perch le scomuniche sono
pene e non hanno connessione fra loro come le colpe,
cio i peccati.

Quest. 25. LIndulgenza. 1. La penitenza rimette la


pena eterna e parte della pena temporale, e della pena
temporale che resta si pu ottenere la remissione mediante
le indulgenze, che valgono anche davanti a Dio, perch
sono lapplicazione dei meriti sovrabbondanti di Cristo e
di Santi, che sono meriti comuni di tutta la Chiesa, la cui
distribuzione appartiene a chi della Chiesa ha il governo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Le indulgenze valgono tanto quanto dicono, semprech per chi le concede ne ha lautorit, chi le riceve in
istato di grazia e la causa di concederle la piet, che comprende lonore di Dio e lutilit del prossimo: la giustizia di Dio non ne scapita, perch si tratta solo di questo,
che la pena sofferta da uno viene computata a vantaggio
di un altro.
3. Si possono concedere indulgenze anche per aiuti temporali e prestazioni materiali, se queste vengono disposte
ed adoperate per uno scopo spirituale, perch allora non
sono pi cose semplicemente materiali.

Quest. 26. Chi pu concedere Indulgenze. 1. Soltanto


il Vescovo ha giurisdizione piena nel foro esterno della
Chiesa, nel qual foro avviene il compenso dei meriti degli
uni colle pene temporali dovute da altri; perci i Vescovi
possono concedere indulgenze, e non possono concederle
i parroci,
2. e poich la concessione delle indulgenze esercizio
della potest di giurisdizione, anzich di ordine, perci
anche chi non ancora Sacerdote pu concedere indulgenze se ha la dovuta giurisdizione.
3. Il governo di tutta la Chiesa, e perci lintera amministrazione del suo tesoro di meriti, spetta al Papa; i Vescovi invece che sono chiamati a parte della sua pastorale
sollecitudine, possono concedere indulgenze solo quanto
loro consentito dal Papa di concederne.
4. Il concedere indulgenze atto di giurisdizione e
questa non si perde, come la grazia, per un peccato,
perci sono valide le indulgenze concesse anche da chi
in peccato mortale.

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Quest. 27. Chi lucra le Indulgenze. 1. A chi


in istato di peccato mortale non si possono applicare le
indulgenze, perch non si pu rimettere la pena se non
prima rimessa la colpa; gli si possono per applicare i
meriti della Chiesa, i quali dispongono alla grazia.
2. Le indulgenze valgono anche per i religiosi, perch
essi non sono da meno dei fedeli.
3. Chi non compie le opere prescritte non pu lucrare le
indulgenze, perch esse sono concesse sotto condizione
di fare tali opere.
4. Le indulgenze pu lucrarle anche chi le concede,
perch altrimenti sarebbe in condizione peggiore degli
altri.

Quest. 28. La penitenza pubblica. 1. La medicina


deve essere appropriata al male; perci a qualche peccato
pubblico e di molto scandalo pu essere appropriata la
penitenza pubblica.
2. La penitenza solenne si assomiglia allespulsione
di Adamo dal Paradiso terrestre, perci come egli nefu
scacciato una volta sola, cos la penitenza solenne non si
deve ripetere, anche perch altrimenti perderebbe la sua
importanza.
3. La penitenza solenne, che era pubblica e con un
rito che ricordava lespulsione di Adamo dal Paradiso
terrestre, non si imponeva a chi aveva gli Ordini Sacri,
perch ci sarebbe stato maggiore scandalo; invece la
penitenza pubblica, ma non solenne, si poteva imporre
anche a loro come agli altri e si poteva imporre anche a
loro come agli altri e si poteva ripetere.

Quest. 29. LEstrema Unzione. 1. I Sacramenti si distinguono dai Sacramentali per il loro effetto, che di

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guarire dal peccato e non soltanto di disporre a quelleffetto come fanno i Sacramentali; leffetto dellEstrema
Unzione, come dichiara S. Giacomo, di guarire dal peccato, essa quindi un Sacramento enon gi un Sacramentale.
2. Come il Battesimo un Sacramento solo, pur
risultando di tre infusioni o immersioni, cos lEstrema
Unzione un Sacramento solo, bench risulti di diverse
unzioni perch tutte concorrono a significare e causare
una cosa sola, cio la grazia; e questa unit di perfezione,
secondo la quale anche una casa una, pur risultando di
parecchie parti.
3. Bench lEstrema Unzione non sia uno dei Sacramenti promulgati da Cristo, tuttavia fu da Cristo stesso,
come tutti gli altri, istituito, perch soltanto da istituzione divina possono i Sacramenti derivare la loro efficacia
di conferire la grazia.
4. La medicina spirituale, che si adopera come ultima,
deve essere perfetta e lenitiva; lolio, che lenitivo, penetrativo e diffusivo era attissimo a significarla, era la convenientissima materia di questo Sacramento; deve poi essere olio di oliva, perch il vero olio, come dice il nome
quello di oliva.
5. Lolio non fu, come furono invece lacqua per il
Battesimo e il pane e il vino per lEucarestia, santificato
dalluso diretto di Cristo, perci bisogna benedirlo prima
di adoperarlo, anche perch a ridonare la salute corporale
non valgono le sue naturali propriet;
6. e deve essere consecrato dal Vescovo, perch lefficacia sacramentale gli deriva da Cristo e deve a lui discendere con ordine e quindi per via gerarchica, cio dal
Vescovo, anzich dai Sacerdoti.
7. Anche lEstrema Unzione ha la sua forma, ossia le
parole che determinano fra i molti sensi, cui la materia
si presta, quello che il proprio di questo segno sensibile ed efficace della grazia; ci non solo perch cosi di

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

tutti i Sacramenti, ma anche perch S. Giacomo espressamente ne parla.


8. La forma per dellEstrema Unzione, anzich essere
indicativa, deprecativa, perch pi appropriata a un
Sacramento che si conferisce a chi in fine di vita e il
cui effetto non sempre dipende dal giudizio e volont
del ministro.
9. Di conseguenza le parole: Per questa santa unzione
ecc., le quali designano il Sacramento, la misericordia di
Dio che in esso opera, e la remissione dei peccati, che
ne sono leffetto, sono la forma conveniente di questo
Sacramento.

Quest. 30. Leffetto dellEstrema Unzione. 1. LEstrema Unzione un Sacramento istituito come medicina spirituale; la medicina si d a chi ammalato, ma non
a chi morto, perci lEstrema Unzione non si d a chi
spiritualmente morto per il peccato originale o mortale,
ma si d a chi spiritualmente ammalato, cio affetto di
quella debolezza spirituale, che reliquia e conseguenza
del peccato originale o mortale; ma poich il vigore spirituale, che essa dona, non che la grazia, la quale esclude
il peccato, perci leffetto dellEstrema Unzione la remissione dei peccati quanto alle loro reliquie o conseguenze: ed anche la remissione del peccato, che ne causa,
se per caso c.
2. Come il Battesimo lava lanima e anche il corpo,
cos lEstrema Unzione sana lanima e sana anche il corpo,
se questo effetto secondario in armonia colleffetto
principale.
3. LEstrema Unzione non imprime il carattere, perch
per essa, luomo non viene deputato a uffici spirituali.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 31. Ministro dellEstrema Unzione. 1. Ministri


dei Sacramenti sono solo i Sacerdoti, fatta eccezione
del Battesimo per la sua necessit: lEstrema Unzione
non di tanta necessit; perci i laici non possono mai
amministrare lEstrema Unzione;
2. nemmeno il Diacono pu amministrarla, perchS.
Giacomo parla espressamente dei Sacerdoti;
3. non per riservata ai soli Vescovi, perch ai
Vescovi sono riservati quei Sacramenti che costituiscono
chi li riceve in uno stato superiore; e lEstrema Unzione
non ha questo effetto.

Quest. 32. A chi si deve dare lEstrema Unzione. 1.


LEstrema Unzione non si deve dare ai sani, ma solo agli
ammalati, perch di questi parla S. Giacomo;
2. non si pu per amministrare per qualunque infermit, ma solo per quelle infermit che conducono
allestremo della vita, perch appunto da ci si chiama
Estrema Unzione;
3. poich alleffetto di questo Sacramento molto conferisce la divozione di chi lo riceve, non lo si deve dare ai
pazzi e ai furiosi, a meno che abbiano dei lucidi intervalli;
4. per la stessa ragione non lo si deve dare nemmeno ai
bambini.
5. Lunzione non si deve estendere a tutto il corpo, perch nemmeno le medicine si applicano a tutto il corpo,
ma solo alla sola parte malata, e lEstrema Unzione a
titolo di medicina.
6. In noi i principii di peccare sono quelli stessi
del nostro agire e sono il principio conoscitivo, come
dirigente, il principio appetitivo, come imperante e il
principio locomotivo, come eseguente: perci a titolo di
medicina spirituale si fanno le unzioni ai sensi, nei piedi
ed ai reni;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

7. e si devoto fare, come meglio si pu, anche ai


mutilati, perch se sono privi di un membro non sono
per privi del relativo principio di agire.

Quest. 33. Olio Santo iterato. 1. LEstrema Unzione


non ha un effetto perpetuo, perch si pu di nuovo
perdere la salute sia dellanima che del corpo; perci
lEstrema Unzione si pu iterare;
2. e lo si pu fare anche nella stessa malattia se si
rinnova lo stato di gravit, perch il Sacramento non
riguarda la malattia, ma lo stato grave di una malattia.

Quest. 34. LOrdine. 1. Nella Chiesa doveva essere


riprodotta la bellezza dellUniverso in cui Dio trasmette per gradi la sua influenza fino agli estremi; perci Iddio stabil nella Chiesa un Ordine per cui alcuni amministrassero agli altri i Sacramenti e fossero cos quasi cooperatori di Dio.
2. Le parole segnacolo di spirituale potere sono una
definizione giusta dellOrdine come Sacramento, perch
ne esprime la natura di segno e leffetto proprio.
3. LOrdine poi un Sacramento, perch consiste in
segni visibili e in una consacrazione spirituale.
4. La Forma dellOrdine imperativa: Ricevete Fate, ed conveniente che sia cos, perch la Sacra Ordinazione non che una trasmissione o partecipazione di
poteri.
5. Come gli altri Sacramenti hanno la loro materia,
cos ha la sua materia anche lOrdine; essa deve significare
i poteri che vengono partecipati e perci quella che
nelluso di tali poteri si adopera.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 35. Effetto dellOrdine. 1. LOrdine un


Sacramento e poich i Sacramenti conferiscono la grazia
santificante, anche lOrdine conferisce la grazia per lo speciale scopo di amministrare degnamente i Sacramenti.
2. Il carattere un segno distintivo; in ciascuno degli
Ordini viene conferita una distinzione per cui si viene
stabiliti in un gradino sempre pi alto, perci ciascuno
degli Ordini imprime il carattere.
3. Il carattere dellOrdine per presuppone il carattere
del Battesimo, perch il Battesimo la porta dei Sacramenti e chi non ha il Battesimo non suscettibile di altri
Sacramenti:
4. che se il Battesimo rende suscettibili di ricevere gli
altri Sacramenti, ne viene che il carattere del Sacramento
della Cresima non si preesige di necessit per il Sacramento dellOrdine, per della massima convenienza averlo,
perch esso che fa perfetti cristiani;
5. ed altrettanto per la stessa ragione non si preesige
di necessit il carattere degli Ordini inferiori per ricevere
gli Ordini superiori; la Chiesa per vuole che ci sia,
affinch tutto proceda ordinatamente.

Quest. 36. Qualit degli ordinandi. 1. Chi riceve un


Ordine viene anche costituito nel suo grado quasi guida
agli altri nelle cose divine, ma a fare da guida deve avere attitudine, ossia deve avere la debita preparazione spirituale che consiste nella santit e perci ragionevolmente
la Chiesa la richiede nellordinando;
2. ciascuno poi deve anche essere istruito in ci a cui
si estende lufficio cui viene deputato, perci nellordinando si esige anche la scienza relativa allesercizio del suo
Ordine.
3. Il ministro non conferisce la grazia, ma amministrai
Sacramenti che conferiscono la grazia, perci una santit
anche spiccata non , n conferisce nessun Ordine, tanto

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

pi che la santit si pu perdere e invece lOrdine Sacro


no, perch imprime il carattere.
4. Il servo fedele messo a capo della famiglia per
dare le cose divine secondo la capacit di ciascuno , dice
S. Luca, perci pecca chi conferisce lOrdine Sacro a chi
non ne capace per lindegnit della vita.
5. Le cose sante devono essere trattate santamente,
perci non pu essere immune da peccato chi esercita
lOrdine amministrando i Sacramenti in stato di peccato
mortale.

Quest. 37. I singoli Ordini. 1. Diversi sono gli uffici


nella Chiesa e perci diversi sono gli Ordini e con ci I.
viene esaltata anche nella Chiesa quella sapienza di Dio
che ha disposto lunit nella variet dellUniverso; II.
provvisto con molti aiuti alla insufficienza di un ministro
solo; III. aperta una via di progresso nella perfezione.
2. Il Sacramento dellOrdine istituito in ordine alla Eucaristia, relativamente alla quale ci sono sette uffici e perci sette sono gli Ordini; ci sono quindi: il Sacerdote che la consacra; il Diacono che lo assiste nel distribuirla; il Suddiacono che ne prepara la materia nei vasi
sacri; lAccolito che ministra le ampolle collacqua e il vino; lEsorcista che caccia il demonio che turba i comunicandi; il Lettore che dispone lanimo dei comunicandi e
lOstiario che caccia dalla Chiesa gli indegni:
3. ciascuno di essi un Ordine Sacro, perch Sacramento, ma in senso stretto si dice che ha gli Ordini Sacri soltanto chi insignito di uno dei tre Ordini maggiori, cio Suddiaconato, Diaconato e Presbiterato, perch
questi importano unufficio relativo a cosa consacrata;
4. con tale distinzione poi non solo sono assegnati i
singoli atti caratteristici e principali di ciascun Ordine, ma
viene fissata anche la gradazione degli Ordini a seconda

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

che importano unazione pi o meno prossima allEucaristia.


5. Latto proprio del Sacerdote di consacrare; perci
egli viene abilitato a questo atto e con ci istituito nel
sacerdozio, quando gliene viene data la facolt; questa
facolt gli viene comunicata quando il Vescovo gli porge
la materia del sacrificio, cio il calice col vino e la patena
collOstia dicendo: Ricevi il potere di consacrare; quindi
allora che si imprime il carattere sacerdotale.

Quest. 38. Lordinante. 1. La potest del Vescovo, relativamente a quella dei ministri inferiori, come una potest politica, che prospetta il bene comune, fissa le norme agli inferiori determinandone gli uffici e negli uffici li
istituisce; perci come a lui riservato il cresimare, cos
al Vescovo riservato di conferire gli Ordini Sacri.
2. I Vescovi eretici e scomunicati conferiscono validamente gli Ordini Sacri, perch non si pu perdere la Consacrazione una volta ricevuta e quindi nemmeno il potere che essa conferisce; ma il Sacramento dellOrdine da
loro amministrato non conferisce agli ordinati la grazia,
perch lo ricevono disobbedendo alla Chiesa.

Quest. 39. Impedimenti allOrdine Sacro. 1. Ogni


Ordine forma un gradino di preminenza; la donna invece
ha uno stato naturale di soggezione e questo d ragione
al precetto apostolico che alle donne non siano conferiti gli
Ordini Sacri.
2. I bambini, come ricevono validamente il Battesimo
e la Cresima, per conto del Sacramento possono ricevere
validamente anche gli Ordini Sacri, pur essendo impediti di esercitarli dalla mancanza delluso di ragione; infatti i Sacramenti che imprimono il carattere, cio Batte-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

simo, Cresima e Ordine, conferiscono una potest spirituale, che valida e si presume sempre accettata quando
non espressamente rifiutata; per conto invece della convenienza della cosa e del precetto della Chiesa gli Ordini
maggiori non si possono conferire che a una debita et.
3. Anche gli schiavi si trovano in uno stato di soggezione che in contrasto colla stato di preminenza che
conferiscono gli Ordini Sacri; perci anche agli schiavi
proibito di conferire gli Ordini Sacri;
4. e altres a chi reo di omicidio proibito di conferire
gli Ordini Sacri, perch lomicidio in opposizione con
quella pace di cui simbolo lEucaristia,
5. e ai figli illegittimi pure proibito di conferire gli
Ordini Sacri, perch unorigine disonorata non si concilia
colla dignit di ministro della Chiesa.
6. Infine ai mutilati proibito conferire gli Ordini Sacri
se la mutilazione li rende deformi, o ne impedisce lesercizio, perch sono moralmente o materialmente inetti.

Quest. 40. Annessi dellOrdine Sacro. 1. Servirea


Dio regnare, perci i ministri del Signore devono portare
la tonsura, che ha la figura di corona; la rasura poi dei
cappelli, in cui essa consiste, indica che a loro non si
addicono le vanit del mondo.
2. La tonsura per non un Ordine, perch non conferisce nessun potere spirituale, piuttosto una preparazione agli Ordini Sacri.
3. La tonsura poi importa una rinunzia non reale ma di
affetto alle cose temporali, perch non il possesso delle
cose temporali che ostacola il servizio di Dio, ma la loro
soverchia sollecitudine.
4. Il Sacerdote quanto al suo atto principale, che
di consacrare il corpo reale di Ges Cristo, ha pieno il
potere di Ordine; quanto invece al suo atto secondario
che di reggere il corpo mistico di Ges Cristo, cio

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

i fedeli, ha invece un potere di giurisdizione limitato,


perch dipendente dallautorit vescovile.
5. Se quindi il Sacramento dellOrdine tutto relativo
allEucaristia e nel sacerdozio esso completo, lEpiscopato, che nulla di pi conferisce relativamente allEucaristia, non un Ordine; lo si pu per chiamare Ordine
in quanto importa un ufficio speciale di carattere gerarchico relativamente al corpo mistico di Ges Cristo, cio
la Chiesa.
6. Poich poi tutta la Chiesa forma un unico corpo,
occorre un potere reggitivo universale al disopra del potere dei Vescovi, che reggono le Chiese particolari e questo il potere del Papa: chi non lo riconosce scismatico,
che scinde cio lunit della Chiesa.
7. Opportunamente furono istituite le vesti sacre come distintivo dei singoli uffici in cui ciascuno degli Ordini istituisce quelli che sono i Ministri della Chiesa ed
esse significano le attitudini generali e anche speciali che
in loro si richiedono a cominciare dallAmitto, comune a
tutti i ministri, fino al Pallio, proprio solo degli Arcivescovi.

Quest. 41. Il Matrimonio ufficio di natura. 1. Il Matrimonio diritto naturale nel senso che linclinazione viene dalla natura e si completa col libero arbitrio: linclinazione poi naturale tende al fine principale del Matrimonio che il bene della prole consistente non solo nella procreazione, ma anche nelleducazione completa della prole; e tende anche al fine secondario del Matrimonio, che il mutuo aiuto dei coniugi conseguibile colla
coabitazione.
2. Ma poich tale inclinazione naturale mira al bene
della moltitudine e non dei singoli, perci i singoli non
sono obbligati al Matrimonio, anzi per il bene della moltitudine utile che alcuni si astengano dal matrimonio;

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

ed il filosofo Teofrasto dimostra che ai sapienti non convengono le nozze.


3. Latto del Matrimonio, che mira alla procreazione
della prole, la quale il fine inteso dellinclinazione
naturale, sempre lecito ed precetto dellApostolo il
rendersi il debito coniugale.
4. Anzi, poich rendere il debito atto di giustizia e
mirare al fine della natura rendere omaggio a Dio che
ne lautore, perci latto del Matrimonio non soltanto
lecito, ma anche meritorio.

Quest. 42. Il Matrimonio Sacramento. 1. Il Matrimonio un segno sacro che conferisce santit, perci
un Sacramento, e Sacramento lo chiama espressamente la
Scrittura.
2. La procreazione della prole era necessaria anche
prima che Adamo peccasse e il matrimonio per la procreazione della prole; perci il Matrimonio fu istituito,
come ufficio di natura, prima del peccato; come rimedio
al peccato, dopo il peccato e come Sacramento fu istituito da Ges Cristo; a regolare le altre utilit che dal Matrimonio derivano interviene la legge civile e conci esso
ha anche un ufficio di civilt.
3. Il Matrimonio un Sacramento, perci conferisce
la grazia e conferisce la grazia di compiere santamente i
doveri matrimoniali.
4. Ciascuna cosa ha la sua primaria perfezione nellessere ed ha la sua secondaria perfezione nelloperare; perci anche il Matrimonio pu essere perfetto nel suo essere
ancorch non ne segua luso.

Quest. 43. Gli sponsali. 1. Gli sponsali non sono Matrimonio, ma promessa di futuro Matrimonio; tale promes-

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sa pu essere assoluta o condizionata ed sempre obbligatoria, purch la condizione non sia contraria agli stessi
fini del Matrimonio.
2. Luomo pu ritenersi capace di sponsali alla fine
del primo settennio, ma soltanto alla fine del secondo
settennio pu ritenersi capace di contrarre Matrimonio,
perch allora pu non solo apprendere dagli altri, ma
anche da se stesso comprendere ci che riguarda la sua
persona; ci invece che riguarda le cose a lui esterne pu
da s comprenderle solo alla fine del terzo settennio e
perci solo a 21 anni si ottimi.
3. Lobbligazione degli sponsali cessa se uno dei due si
fa religioso o direttamente contrae Matrimonio con altra
persona; fuori di questi casi bisogna al caso ricorrere al
Giudice ecclesiastico.

Quest. 44. Definizione dei Matrimonio. 1. Il Matrimonio ununione, perch ad un unico e medesimo scopo tendono marito e moglie, cio alla procreazione ed
educazione della prole e al vicendevole aiuto.
2. Il Matrimonio che dalla sua essenza si chiama unione coniugale e dalla sua causa vien chiamato sposalizio, si
chiama Matrimonio per gli oneri particolari che alla madre incombono quanto alla procreazione e alla educazione della prole.
3. La definizione del Matrimonio: Unione maritale
di un uomo e di una donna fra persone legittime con
metodo comune ed unico di vita una definizione
appropriata, perch dichiara lessenza del Matrimonio,
che unione; i soggetti del Matrimonio, che sono un
uomo e una donna; e il valore di tale unione, che
indissolubile.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 45. Il consenso nel Matrimonio. 1. In ogni Sacramento c unoperazione materiale, come labluzione
nel Battesimo, che significa loperazione spirituale; perci anche nel Matrimonio c una operazione spirituale,
in quanto Sacramento, significata, in quanto ufficio
di natura e di civile consorzio, da una operazione materiale e questa il mutuo consenso, che la causa efficiente
del Matrimonio.
2. Il mutuo consenso deve essere espresso verbalmente
in tutti i contratti e deve esserlo anche nel Matrimonio e
diviene cos il segno sensibile del Sacramento;
3. e tale mutuo consenso deve essere espresso con
parole di tempo presente, perch se espresso con parole
di tempo futuro solo promessa di Matrimonio e cio:
sponsali.
4. Il consenso per espresso verbalmente con parole
di tempo presente non produce il Matrimonio se manca
il consenso interno, perch allora non c intenzione di
contrarre Matrimonio, ma intenzione di scherzare o di
ingannare.
5. Il consenso espresso verbalmente con parole di
tempo presente, ma clandestinamente, cio senza la solennit di rito, per se valido quando e dove tali solennit non sono prescritte sotto pena di nullit.

Quest. 46. Consenso giurato. 1. Il consenso espresso


con parole non di tempo presente, ma di tempo futuro,
produce non il Matrimonio, ma gli sponsali ed anche se
vi si aggiunge il giuramento non produce matrimonio, ma
solo sponsali giurati.
2. E anche se invece del giuramento a un tale consenso
si aggiunge latto coniugale esso non ancora produce
Matrimonio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 47. Consenso estorto o condizionato. 1. Anche


nel Matrimonio pu darsi che la volont di uno sia forzata
ed il consenso sia estorto, perch ci pu avvenire in ogni
contratto a cagione del timore incusso.
2. Tale coazione pu subirla anche un uomo forte
quando costretto a subire un male minore per timore
di un male maggiore;
3. ma una coazione cos forte da forzare anche la volont di un uomo forte non pu produrre un contratto
perpetuo, perci non pu valere nemmeno per il Matrimonio, il cui vincolo perpetuo.
4. E poich il Matrimonio relazione fra due termini,
se manca un termine la relazione non sussiste nemmeno
per laltro termine; una perci non pu essere sposa
di uno se questo non suo marito; non si d quindi
matrimonio che zoppichi e se il consenso da una parte
forzato, nullo anche per laltra parte che lo forza.
5. Il consenso condizionato produce il Matrimonio se
la condizione di cosa presente e non contraria ai fini
del Matrimonio, o di cosa futura ma certa perch gi
presente nelle cause; non produce invece Matrimonio,
ma solo sponsali se di cosa futura e incerta.
6. Nessuno pu essere comandato di contrarre matrimonio nemmeno dal proprio padre, perch il Matrimonio
quasi uno stato di servit, e non si pu sottoporvi una
persona libera.

Quest. 48. Oggetto del consenso. 1. Il consenso valido pel Matrimonio riguarda solo implicitamente latto
coniugale ed esplicitamente esso riguarda il vicendevole
dominio di se stessi che i coniugi luno allaltro si concedono, perch in questo e non in quello sta lessenza del
Matrimonio.
2. Il consenso valido produce Matrimonio anche se fu
causato da fini disonesti da raggiungersi con un Matri-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

monio onesto, perch essi sono posteriori al Matrimonio


ed il precedente che rende cattivo il susseguente, non il
susseguente che rende cattivo ilprecedente.

Quest. 49. Beni del Matrimonio. I. Bisogna convenire


che il Matrimonio porta con se dei beni, altrimenti non ci
sarebbe ragione di dire che il Matrimonio rende lecito
ci che fuori del Matrimonio non lecito.
2. I beni che il Matrimonio porta con se sono: la
prole, cui il Matrimonio mira; la fedelt coniugale che
esso esige; e il Sacramento che esso , per la grazia che
conferisce.
3. Di questi tre beni il pi degno di tutti il Sacramento,
perch di ordine soprannaturale; se invece quei tre beni
si considerano nellordine naturale ed essenziale primo
la prole; secondo la fedelt; terzo il Sacramento,
perch apparteniamo prima alla natura e alla grazia poi;
4. e latto coniugale, che fuori del Matrimonio un
grave disordine, viene dai tre beni predetti giustificato in
se stesso, in modo da essere per se stesso un atto buono,
anzi santo;
5. perci se tale atto mira alla prole ovvero alla fedelt,
che i coniugi si devono, senza peccato di qualunque
gemere, altrimenti no.
6. Non per peccato mortale quando in tale atto
si cerca solo la soddisfazione, sempre per nei limiti del
Matrimonio.

Quest. 50. Impedimenti matrimoniali. 1. Gli impedimenti matrimoniali sono parecchi e convenientemente
stabiliti: ci sono infatti gli impedimenti che riguardano
la solennit del Matrimonio, cos come di altri Sacramenti, e questi lo rendono illecito, ma non invalido si di-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

cono impedienti; ci sono poi gli impedimenti che riguardano lessenza stessa del Matrimonio o da parte del contratto o da parte dei contraenti e questi lo rendono non
solo illecito, ma anche invalido e si chiamano dirimenti.

Quest. 51. Lerrore. 1. Causa efficiente del Matrimonio il consenso della volont; un atto della volont presuppone un atto dellintelletto e un difetto in questo porta un difetto anche in quello; lerrore impedisce
latto dellintelletto e quindi impedisce anche latto della volont e perci di diritto naturale lerrore invalida il
Matrimonio;
2. non per qualunque errore invalida il Matrimonio,
ma soltanto lerrore circa ci che in s o equivalentemente essenziale nel Matrimonio, e cio lerrore o della persona o della sua capacit giuridica a contrarre; ci,
perch il Matrimonio unione di due persone ed vicendevole dominio che i coniugi si concedono ai fini del
Matrimonio.

Quest. 52. Stato di schiavit. 1. Lo stato di schiavit


impedisce ladempimento dei doveri coniugali, perci lo
stato di schiavit ignorato dal consorte libero, e quindi
di condizione superiore, rende invalido il Matrimonio.
2. Uno schiavo per pu contrarre Matrimonio indipendentemente dalla volont del suo padrone, perch fa uso
di un diritto naturale, che non pu essere sopraffatto da
nessun diritto civile.
3. E poich uno schiavo pu prendere moglie anche
contro la volont del padrone, perci altrettanto un uomo libero pu darsi in servit contro la volont della moglie, perch con ci non compromette i doveri coniugali,
e si ha cos la schiavit susseguente il Matrimonio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. La condizione servile riguarda il corpo; questo i figli


lo hanno dalla madre, perci i figli seguono in questo la
condizione della madre; le dignit invece riguardano la
personalit e questa fa capo il padre, perci nelle dignit
i figli seguono la sorte del padre.

Quest. 53. Ordine Sacro e Voto. 1. Uno non pu


pi disporre di una cosa quando ne ha trasferito in altri
il dominio; ma la promessa di una cosa non trasferisce
il dominio di quella cosa; il voto semplice semplice
promessa di osservare nel corpo continenza in onore
di Dio, perci dopo un voto semplice uno resta ancora
padrone del suo corpo e se, contraendo Matrimonio ne
cede al coniuge il dominio, la cessione valida bench
illecita, perci il voto semplice, per s, impedimento
impediente e non dirimente;
2. col voto solenne invece, annesso alla solenne professione religiosa, si trasferisce in Dio il dominio del proprio corpo mediante una specie di Matrimonio spirituale, perci dopo il voto solenne non se ne ha pi il dominio, non si pu pi cederlo ad altri col Matrimonio ed il
voto solenne impedimento dirimente.
3. Per chi ha gli Ordini Sacri e deve trattare le cose
Sacre la castit non solo decorosa, ma doverosa e
nella Chiesa Latina gli ordini maggiori, sia per se stessi
sia anche per il voto di castit, che vi annesso, sono un
impedimento matrimoniale, che impedisce di contrarre
Matrimonio a chi non lha contratto e proibisce luso del
Matrimonio a chi lavesse prima contratto;
4. dopo il Matrimonio si possono ricevere gli Ordini
Sacri se la moglie defunta o se, viva, acconsente allo
stato di castit del marito; infatti se lecito, dopo il
Matrimonio, darsi in servit di un uomo, ancora pi
lecito darsi al servizio di Dio.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 54. 1. La consanguinit il vincolo dei discendenti, da uno stesso stipite, contratto per naturale propagazione: questa completa definizione della consanguinit, perch nel suo genere di vincolo viene differenziata,
quale specie, da chi ne soggetto e da ci che ne causa.
2. La consanguinit, che vicinanza naturale fondata
sulla nascita, va distinta in gradi che si dicono di linea
retta, se si tratta dei discendenti o ascendenti, e di linea
traversale, se si tratta di collaterali; il computo legale dei
gradi diverso dal computo canonico, perch il legale
conta le generazioni da tutte due le parti fino allo stipite
comune; invece il canonico le conta da una parte sola.
3. Il bene della prole, che il primo cui mira il Matrimonio, ostacolato dalla consanguinit, perci la consanguinit e un impedimento di diritto naturale; infatti
lordine naturale e lonest domestica sarebbero sovvertiti se per esempio una figlia, che naturalmente soggetta al padre come i fratelli, potesse diventare uguale al padre e padrona; e se laffetto fraterno potesse scambiarsi
collaffetto coniugale.
4. Come fece gi Mos per gli Ebrei, cos fa ora per
i fedeli la Chiesa, ammaestrata dallo Spirito Santo; essa
fissa i gradi di consanguinit che sono impedimento del
Matrimonio, fermandosi precisamente a quei gradi che
ordinariamente non rendono difficili le combinazioni di
Matrimonio e che pi che un vincolo di parentela non
rappresentano oramai che un vincolo di amicizia.

Quest. 55. Affinit. 1. Poich marito e moglie nellatto coniugale formano tuttuno, perci ciascun coniuge diventa attinente ai consanguinei dellaltro e questa
attinenza, che sorge dal Matrimonio, si chiama affinit.
2. Laffinit causata dalla consanguinit, e come la
consanguinit perpetua e non cessa colla morte di chi
ne fu la radice, cos laffinit una volta contratta continua

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

a sussistere anche dopo la morte del coniuge che ne fu il


principio.
3. Quella commistione che si verifica nellatto coniugale e che causa dellaffinit si verifica anche nella fornicazione, perci anche questa per s produce affinit che
i Canoni talora contemplano.
4. Dagli sponsali invece, che non sono Matrimonio,
ma preparazione al matrimonio, non deriva affinit, ma
soltanto ci che si dice pubblica onest.
5. Per laffinit che un marito contrae coi consanguinei della moglie si ferma in lui e non si trasmette ai consanguinei di lui e altrettanto avviene per la moglie, perch Canone giuridico che laffinit non produce affinit.
6. Laffinit precedentemente contratta un impedimento dirimente del Matrimonio; ma non ne spezza il
vincolo se viene contratta dopo il Matrimonio.
7. Laffinit non ha gradi di per se stessa, ma poich
causata dalla consanguinit riceve i suoi gradi dalla
consanguinit;
8. e perci anche si estende per tanti gradi quanti sono
i gradi della consanguinit (se la Chiesa cos dispone).
9. Un Matrimonio contratto fra i gradi proibiti di
consanguinit o di affinit invalido, e per s va soggetto
alla separazione;
10. a tale separazione da procedersi quando ne viene
presentata accusa al Giudice ecclesiastico:
11. e laccusa si deve provare coi testimoni.

Quest. 56. Cognizione spirituale. 1. Il cristiano


membro della Societ e anche della Chiesa e come per
la generazione corporale, che lo fa membro della Societ, contrae un vincolo di cognazione naturale, che un
impedimento matrimoniale, cos pure per la rigenerazione spirituale, che lo fa membro della Chiesa, contrae un

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

vincolo di cognazione spirituale, che di impedimento al


Matrimonio.
2. La spirituale rigenerazione comincia col Battesimo
e si fa perfetta colla Cresima, perci la cognazione spirituale si pu contrarre solo col Battesimo e colla Cresima;
3. nella rigenerazione spirituale chi la riceve diventa
figliuolo di Dio e della Chiesa; perci si contrae cognazione spirituale col Ministro, il quale fa le veci di Dio, e coi
padrini, i quali fanno le veci della Chiesa.
4. La cognazione spirituale per s viene comunicata da
un coniuge allaltro;
5. ed altrettanto passa per s dai genitori ai figliuoli
carnali, perci le vecchie regole canoniche ne facevano
un impedimento matrimoniale.

Quest. 57. Cognazione legale. 1. Adozione assunzione di una persona estranea in figlio, in cui il diritto positivo supplisce alla mancanza di generazione naturale colla
generazione legale e conseguente cognazione legale.
2. Le stesse leggi civili di solito fissano la cognazione
legale quale impedimento matrimoniale e a esse si conformano le leggi della Chiesa.
3. La cognazione legale si approssima alla cognazione
naturale pi della cognazione spirituale; se pers quindi questa viene comunicata ad altri, pi facilmente pu
estendersi ad altri la cognizione legale, per es. ai discendenti delladottato in linea retta e, in forma di affinit,
alla moglie delladottato.

Quest. 58. Impedimenti vari. 1. Lincapacit allatto coniugale, quale si richiede pel primo bene del Matrimonio, che la prole, se un difetto naturale inguaribile

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

e perpetuo rende impossibile il Matrimonio ed perci


nullo il Matrimonio contratto con tale impedimento;
2. ed nullo il Matrimonio anche se tale incapacit inguaribile e perpetua dipendente da maleficio e stregoneria, pu essere quindi incapacit relativa non a tutte le
persone, ma ad una s, ad altra no.
3. Anche la pazzia antecedente il Matrimonio rende il
Matrimonio invalido, purch non sia stato contratto in
un lucido intervallo.
4. Le leggi Canoniche vecchie considerano come
impedimento del Matrimonio anche quella affinit che
deriva da illecite; commercio carnale coi congiunti di chi
gi, o sta per essere il coniuge.
5. Spetta alla legge positiva la determinazione dellet nella quale i contraenti sono dichiarati capaci di deliberazione sufficiente per il Matrimonio; perci anche la
mancanza di et da considerarsi come impedimento dirimente il Matrimonio.

Quest. 59. 1. La prole, che il primo bene del


Matrimonio, per il culto di Dio; la disparit di culto fra
un fedele e un infedele impedisce tale effetto, essa perci
un impedimento del Matrimonio.
2. Il Matrimonio ha per naturale scopo non soltantola generazione della prole, che pu aversi anche fuori del
Matrimonio, ma bene ancora leducazione della prole fino al suo sviluppo perfetto; questo sviluppo perfetto pu
essere o solo di natura o anche di grazia; bench questo,
cio di grazia, sia esclusivo dei fedeli cristiani, quello invece, cio di natura, comune ai fedeli e anche agli infedeli, perci anche tra gli infedeli c il Matrimonio, per
solo come ufficio di natura.
3. Quindi se di due coniugi infedeli uno si converte, il
vincolo coniugale con ci non si spezza; anzi il convertito
non solo pu rimanere unito al coniuge infedele, ma fa

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

bene a rimanervi per la speranza di convertirlo; che se


invece tale speranza non c, ma c invece il pericolo
contrario, allora, come dice S. Paolo, non tenuto a
rimanergli unito;
4. infatti se per restare fedele al suo coniuge c pericolo che egli divenga infedele a Dio, non pu essere tenuto
a una simile obbligazione, tanto pi che per la rigenerazione del Battesimo morto alla vita precedente e conci
anche al precedente vincolo che lo legava al coniuge;
5. e, liberato cos dal precedente vincolo, pu unirsi in
matrimonio con altri;
6. Fuori per di tale caso il Matrimonio quanto al
vincolo non si scioglie pi; si pu invece sciogliere quanto
alla convivenza nei casi di infedelt spirituale o materiale,
cio di apostasia o di adulterio; per altri vizi invece
non da ammettersi nemmeno lo scioglimento della
convivenza, potendo bastare un castigo temporaneo.

Quest. 60. Coniugicidio. 1. Chi coglie il coniuge


in peccato pu ricorrere alla giustizia umana per farlo
condannare alla pena anche se questa pena di morte;
ma non pu farsi giustizia da s uccidendo il coniuge
infedele: ed anche se ci fossero delle leggi civili che
lo consentono, per la Chiesa invece c sempre colpa
davanti a Dio e alla Chiesa stessa.
2. Chi invece procura la morte del coniuge allo scopo di sposare unaltra persona non pu sposarla e giustamente luxoricidio o coniugicidio un impedimento del
Matrimonio, altrimenti il delitto sarebbe lecitamente utile.

Quest. 61. Voti solenni. 1. Chi si unito in Matrimonio non pu darsi a Dio senza il consenso del coniuge,

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

perch non pu liberamente disporre di ci che non gli


appartiene, perch dovuto al coniuge,
2. a meno che il Matrimonio non sia ancora perfetto,
sia cio contratto bens ma non ancora consumato collatto matrimoniale, perch allora ancora libero di farsi
religioso, ed in tal caso il Matrimonio si scioglie come per
morte;
3. e che per es. una donna, il cui marito, dopo
il Matrimonio contratto, ma non consumato, si fatto
religioso, possa sposare un altro evidente, perch non
si pu obbligare lei alla continenza per il marito che si
fatto religioso.

Quest. 62. Infedelt del Matrimonio. 1. Nelle convenzioni uno non resta obbligato a tener fede allimpegno se
la comparte vi manca; perci un marito pu allontanare
da s la moglie infedele, eccettoch linfedelt non le sia
importabile a colpa o che vi abbia colpa lo stesso marito.
2. Tale allontanamento della moglie infedele consentito dal Vangelo a scopo di correzione, perci non pi
necessario se la correzione gi si verificata, invece doveroso se la moglie incorreggibile, altrimenti il marito
sembra connivente.
3. Nel caso di infedelt della moglie il marito pu
procedere di propria autorit per la separazione di letto,
ma per la separazione di letto e di tetto deve invocare il
giudizio della Chiesa in causa propria.
4. Marito e moglie in tali casi vanno giudicati alla
pari, perch ladulterio proibito tanto alluno quanto
allaltro coniuge, per se in quanto riguarda la mancanza
alla fedelt coniugale il delitto uguale, in quanto invece
riguarda il primo bene del Matrimonio, che la prole, il
delitto della moglie maggiore.
5. Nessun fatto per sopravveniente al Matrimonio,
neppure ladulterio, pu sciogliere il vincolo matrimo-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

niale e perci finch il coniuge infedele vivo laltro non


pu passare ad altre nozze.
6. Il marito come pu fare a meno di allontanare da
s la moglie infedele s, ma pentita, cos pu poi in qualunque tempo richiamarla; non deve per richiamarla se
pertinace nel suo peccato.

Quest. 63. Le seconde nozze. 1. Il vincolo matrimoniale dura fino alla morte; colla morte di uno dei coniugi
cessa, e perci il coniuge superstite pu sempre contrarre
nuove nozze;
2. ed anche le nuove nozze sono Sacramento, perch
anche in esse c la materia e la forma del Sacramento,
cio le persone dei contraenti e il consenso.

Quest. 64. Annessi al Matrimonio. 1. Il Matrimonio


ha anche lo scopo di essere di rimedio alla concupiscenza
ed insieme esso radicalmente ufficio di natura, di quella natura, secondo il cui ordine di quanto appartiene alla
potenza nutritiva non si d alla conservazione della specie se non di ci che sopravvanza alla conservazione dellindividuo; perci i coniugi sono sempre tenuti vicendevolmente al debito coniugale con ordine alla prole e salva
prima lincolumit della persona;
2. Il rimedio viene dato dal medico anche se il malato
non lo chiede; altrettanto perci il marito deve prestarsi
al debito coniugale anche se la domanda della moglie
solo interpretativa.
3. Lincolumit della prole correrebbe pericolo nei
giorni delle purge mensili, perci allora latto matrimoniale rimane proibito come era nella Legge di Mos.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

4. La moglie per, dovendo obbedire al marito, anche


in tale circostanza pu, dietro richiesta, prestarsi senza
peccato al debito coniugale.
5. Marito e moglie si dicono coniugi, perci nel Matrimonio sono eguali, nel senso per che ciascuno egualmente tenuto ai doveri ed oneri del Matrimonio, ma luomo da uomo e la donna da donna.
6. I coniugi si hanno vicendevolmente ceduto il dominio di se stessi, perci nessun dei due pu pi disporre di s, nemmeno per consacrarsi a Dio, senza il consenso
dellaltro.
7. Nei giorni che sono consacrati a Dio e allanima chiedere il debito coniugale non pu essere senza peccato;
8. questo peccato per non peccato mortale, perch
la circostanza di tempo circostanza aggravante e non
circostanza mutante specie del peccato.
9. Che se non senza peccato chiedere il debito
coniugale in giorno sacro, per senza alcun peccato
renderlo, perch cos parla S. Paolo.
10. Siccome per la celebrazione delle nozze porta
molta dissipazione di spirito, essa doveva essere proibita
nei tempi in cui i fedeli sono invitati ad elevare lo spirito.

Quest. 65. Poligamia. 1. Legge naturale quel concetto naturale che guida luomo a operare convenientemente in ordine al fine che compete a lui e come animale e come ragionevole; ci che fa contro tale fine si dice
contrario alla legge naturale; il fine pu essere primario o
secondario e ci che contrario al fine pu o totalmente
impedirlo o soltanto renderlo difficile; ci quindi che impedisce il fine primario proibito dai primi precetti di
natura; quello invece che impedisce il fine secondario o
rende difficile il fine primario proibito dai secondi precetti di natura. Nel Matrimonio per tutti il fine primario la prole e il secondario la fedelt coniugale; per i

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

cristiani poi c un terzo fine in quanto Sacramento: la


pluralit delle mogli per tutti contraria al fine secondario del Matrimonio, bench non sia contraria al fine primario, essendoch non impedisce la procreazione e leducazione dei figli: per i fedeli poi essa contraria al terzo fine, perch se il Matrimonio simbolo dellunione di
Cristo alla Chiesa, c un solo Cristo e una sola Chiesa.
2. Essendo la prole il fine primario del Matrimonio
per questo fine poteva essere sacrificato il fine secondario
del Matrimonio quando era necessaria la moltiplicazione
della prole, come al tempo dei Patriarchi; per la legge
dellunica moglie di diritto divino e perci occorreva
che la dispensa da tale legge venisse da Dio.
3. Lunione invece con una donna colla quale non si
uniti in Matrimonio, ma che solo concubina, servendo
non al fine primario del Matrimonio ma alla passione
cattiva, contro la legge naturale;
4. tale peccato poi non solo perch un disordine grave, ma anche per lautorit della Scrittura peccatomortale;
5. il disordine di tale peccato consiste nellessere
contrario ai primi precetti di natura, che non ammettono
mai dispensa; perci le concubine dei Patriarchi, di cui
parla la Scrittura non erano vere concubine, ma piuttosto
mogli di secondo grado.

Quest. 66. Bigamia. 1. Il Matrimonio comeSacramento simbolo dellunione di Cristo colla Chiesa e poich
c un solo Cristo e una sola Chiesa, per essere perfetto
deve essere Matrimonio di uno solo con una sola; la bigamia invece contraria a questo, perciessa una imperfezione ed importa irregolarit allOrdine Sacro.
2. La bigamia sia di diritto che di fatto, sia successiva
sia contemporanea, ovvero sia anche similitudinaria,

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

sempre imperfezione, perci anche chi ha due mogli una


di diritto e una di fatto incorre nellirregolarit.
3. Anzi limperfezione ci sarebbe anche se uno contrae
Matrimonio con una che ha gi perduta la verginit,
perci anche in tal caso si incorre nella irregolarit.
4. Lirregolarit poi non si evita neppure ricevendo il
Battesimo, perch il Battesimo toglie le colpe, ma non il
vincolo coniugale da cui deriva lirregolarit.
5. Lirregolarit per non di diritto naturale, ma di
diritto positivo e perci la Chiesa pu dispensare.

Quest. 67. Il libello del ripudio. 1. Il Matrimonio


mira, come a fine inteso dalla natura, alleducazione della prole non per poco tempo, ma per tutta la vita, tanto che i figli sono naturali eredi dei genitori: la prole appartiene egualmente al padre e alla madre, la prole quindi richiede che padre e madre siano sempre uniti, perci
lindissolubilit del Matrimonio di diritto naturale.
2. Come il corso naturale delle cose pu mutare o per
lincontro di unaltra causa naturale o per lintervento di
una causa soprannaturale, cos i precetti della legge naturale possono essere sospesi o per la prevalenza di precetti
di maggior grado o per la dispensa data da Dio, come pu
essersi verificato nel precetto dellinseparabilit del Matrimonio, che sembra non appartenere al fine primario
della natura.
3. Al tempo della legge di Mos il mandar via la moglie
non sembra sia stato reso lecito, ma piuttosto legalmente
tollerato per evitare maggiori mali;
4. e conseguentemente non sembra sia stato lecito a
una donna ripudiata sposare un altro uomo, ma piuttosto
legalmente tollerato, cio non punito secondo la legge;
5. non poteva per il marito ripigliare la moglie ripudiata, e ci era prescritto affinch ponderasse bene il fatto.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

6. Il libello di ripudio era permesso per evitare luxoricidio cagionato dallodio, perci la causa del ripudio
era lodio, ma questo stesso odio doveva avere le sue cause, che furono poi tanto disputate;
7. queste cause per nel libello del ripudio non venivano
specificate, ma soltanto accennate in genere, per evitare le
discussioni in merito.

Quest. 68. Prole illegittima. 1. Illegittimo ci che


contro lordine della legge; i figli che nascono fuori del
vero Matrimonio nascono contro lordine della legge di
natura; essi quindi sono figli illegittimi.
2. Si subisce danno sia quando si privati di ci che
era dovuto, sia quando non si consegue ci che si poteva
conseguire: i figli illegittimi non subiscono danno nella
prima maniera, ma lo subiscono nella seconda maniera,
perch sarebbe stato diversamente di loro se fossero nati
legittimi; ed appartiene alla Chiesa fare opera perch a
loro sia provvisto.
3. I danni che incontrano i figli illegittimi sono fissati
non per legge naturale, ma per legge positiva, perci
dalla legge positiva tali danni possono anche essere tolti
mediante la legittimazione.

Quest. 69. Luogo delle anime dopo la morte. 1. Gli


spiriti non dipendono nel loro essere dai corpi, ciononostante Dio ha disposto che le cose corporali siano governate da sostanze spirituali e da ci ne deriv loro un legame ed anche una certa gradazione, perch le cose pi
nobili furono assegnate a spiriti pi degni; in questa maniera si dice che anche gli spiriti hanno il loro luogo: il
luogo pi eccelso, che chiamiamo Cielo, lo assegniamo
a Dio e diciamo che anche i Santi sono in Cielo, perch

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

hanno conseguita la perfetta partecipazione della divinit: alle anime belle convengono luoghi luminosi, luoghi
tenebrosi alle animenere.
2. Come i corpi vanno o in alto o in basso secondo
la loro tendenza se non sono trattenuti, cos le anime,
sciolte dal legame del corpo, vanno direttamente o alla
pena o ai premio meritato se qualche reato di pena
temporale non le trattiene in Purgatorio.
3. Non possono le anime lasciare il Paradiso o lInferno
nel senso di mutare lo stato di premio o di pena, e
neppure nel senso di lasciare il loro stato di segregazione
dalla conversazione coi viventi, perch costoro, legati
come sono ai sensi, non possono direttamente trattare
cogli spiriti; possono per gli spiriti per disposizione
della Provvidenza farsi sentire e farsi vedere ai vivi o per
ammonirli o per pregarli; questo per, essendo alcunch
di miracoloso, possibile alle anime dei giusti quando lo
vogliono; alle anime dei dannati invece possibile solo
quando Dio lo permette.
4. La pace dopo la morte non si ha che per la fede
in Cristo; il primo ad averla fu Abramo, perci lespressione: nel seno di Abramo , significa stato di pace dopo
morte; ma poich prima dellAscensione di Ges al Cielo quello era uno stato di privazione della gloria, si chiamava anche margine o limbo dellInferno: ora per non
si equivalgono pi seno di Abramo e Limbo.
5. Limbo non lo stesso che Inferno, perch dal
Limbo sono usciti i Patriarchi e dallInferno non usc mai
nessuno: perci, bench quanto a luogo possano essere
lo stesso, in quanto il Limbo il margine dellInferno,
tuttavia non sono lo stesso quanto alla quantit della
pena che vi si soffre:
6. per la stessa ragione il Limbo dei Padri diverso dal
Limbo dei fanciulli, bench il luogo possa essere eguale,
perch i Patriarchi vi stavano colla speranza della gloria,
che non hanno invece i bambini morti senza Battesimo.

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7. I ricettacoli delle anime non sono altro che gli stati


delle anime, questi sono cinque e perci si distinguono
cinque ricettacoli dopo la morte: Paradiso, Purgatorio,
Inferno, Limbo dei Patriarchi e Limbo dei fanciulli.

Quest. 70. Sensibilit dellanima separata. 1. Le potenze sensitive sono proprie del corpo congiunto allanima,
perci morto il corpo esse restano nellanima soltanto in
radice, cio come nel principio loro proprio perch nellanima resta lefficacia di attuare di nuovo queste potenze se di nuovo al corpo essa si unisce.
2. A maggior ragione gli atti e le operazioni delle Potenze sensitive non restano nellanima separata dal corpo
se non in radice e radice remota.
3. Come sono tormentati dal fuoco materiale dellInferno i demoni, che sono spiriti puri, cos tanto pi possono essere tormentate dal fuoco le anime, che sono forma
sostanziale dei corpi; e non basta dire che i demoni sono tormentati dal fuoco in quanto lo vedono e in quanto
lo temono, perch non lo temerebbero nemmeno, se sapessero che a loro, che sono spiriti, esso non pu nuocere: esso strumento della giustizia vendicatrice di Dio e
lo strumento trasmette sempre il potere dellagente principale; pu anche essere deputato come luogo degli spiriti e coartarne cos la libert; in tal modo ha anche un
potere naturale di punizione.

Quest. 71. Suffragi dei morti. 1. Le opere che facciamo


valgono o come merito, che si basa sulla giustizia di Dio,
o come orazione, che si basa sulla divina misericordia:
quaggi le buone opere di uno non possono valere come
merito e acquistare la grazia e la gloria per un altro;
possono per valergli come orazione; per chi poi ha

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

assicurata la sua salute eterna le altrui opere possono


valere non solo come orazione ma anche come merito
per effetto della carit, che si attua nella Comunione dei
Santi,
2. e poich la carit abbraccia non solo i vivi ma anche
i morti, che colla carit uscirono da questa vita, perci le
opere buone dei vivi valgono da se stesse anche per i morti;
e tanto pi valgono se sono indirizzate a loro suffragio.
3. Nei suffragi prestati dai peccatori bisogna distinguere
il merito dellopera e il merito della persona; e nella persona bisogna distinguere il rappresentante dal rappresentato; ai defunti giova sempre il merito dellopera, p. es.
la S. Messa; giova anche il merito della persona rappresentata, p. es. la Chiesa nei suoi ministri; non giova invece il merito del rappresentante, perch, se questi un
peccatore, non ne ha.
4. Il suffragio giova anche a chi lo fa, perch, come
opera buona fatta in stato di grazia, sempre meritevole
di vita eterna; per come opera espiatoria giova solo
allanima alla quale si presta il suffragio.
5. Nonostante lerrore di Origene, che anche inseguito
fu da altri, bench mitigato e modificato, riprodotto,
pi sicuro dire che i suffragi non giovano alle anime dei
dannati; tanto vero che nella Chiesa per loro non si
prega, perch allora tanto varrebbe pregare anche per i
demoni.
6. I suffragi valgono invece per le anime del Purgatorio,
perch esse sono in istato di salvezza, abbisognano di essi
e ci sono unite nella Comunione dei Santi;
7. non valgono per lo contrario per i fanciulli che sono
nel Limbo, perch essi non sono in istato di salvezza;
8. e non valgono nemmeno per i Santi del Paradiso,
perch essi non ne hanno bisogno.
9. I suffragi dei vivi giovano ai defunti in quanto ci
sono uniti nella carit e in quanto lintenzione si rivolge
a loro; perci giovano le opere della carit e prima di

Storia dItalia Einaudi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

tutte lEucarestia, che il vincolo della cristiana carit,


poi lelemosina che frutto della carit; giovano infine
le preghiere in quanto rappresentano lintenzione dei vivi
rivolta ai defunti.
10. Le indulgenze direttamente si applicano a chi fa le
opere ingiunte; ma queste i defunti non possono compierle, perci ai defunti le indulgenze non si applicano
direttamente; possono per essere a loro applicate indirettamente, se lo concede chi dispensa le indulgenze; non
per in potere del superiore ecclesiastico liberare dal
Purgatorio le anime, perch sono fuori della suagiurisdizione.
11. Le pompe funebri, che sono un ufficio di umanit e un conforto per i superstiti, non giovano per s n ai
morti n ai vivi; accidentalmente per giovano anche spiritualmente ai vivi e ai morti; ai vivi in quanto fanno pensare alla morte e sono una professione di fede nella risurrezione; ai morti in quanto richiamano la loro memoria e
sono spesso un mezzo od una forma di fareelemosina.
12. I suffragi in quanto provengono dalla carit giovano a tutte le anime del Purgatorio, che tutte ci sono unite nella carit; ma in quanto provengono dallintenzione
di chi li fa giovano soltanto allanima a cui sono indirizzati, come qua in terra il denaro che si paga per il debito di una persona viene conteggiato in favore di quella
persona e non delle altre.
13. Bench nella letizia della carit tutti in Purgatorio godano dei suffragi che si fanno per tutti come se si
facessero per uno solo; tuttavia, avendo il suffragio una
efficacia limitata, i suffragi che si fanno per tutte le anime del Purgatorio non giovano a ciascuna di loro tanto
quanto se fossero fatti per una solo;
14. e poich i suffragi, secondo lintenzione di chi
li fa, giovano a quelle anime cui sono indirizzati e non
alle altre, perci alle anime del Purgatorio giovano pi

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

i suffragi speciali uniti ai suffragi comuni, che non i soli


suffragi comuni.

Quest. 72. Invocazione dei Santi. 1. Nellessenza di


Dio si pu conoscere tutto; tuttavia i Santi, bench vedano lessenza divina, non possono in essa conoscere tutto, perch vedono bens Dio, ma non lo comprendono;
per siccome la loro beatitudine importa che conoscano
tutto ci che a tale beatitudine si riferisce, cos in Dio i
Santi conoscono la devozione, i voti e le preghiere che noi
loro indirizziamo.
2. Il retto ordine importa che noi, che siamo lontani
da Dio e a Lui pellegriniamo, siamo a Lui avvicinati
da chi gli pi vicino e a Lui siamo condotti da chi
gi nella Patria celeste: dobbiamo quindi rivolgerci
allintercessione dei Santi: che se ci raccomandiamo alle
preghiere delle persone sante che sono ancora quaggi,
tanto pi dobbiamo farlo colle persone sante che sono
lass.
3. Le Preghiere dei Santi in nostro favore sono sempre
esaudite, perch essi non vogliono se non ci che vuole il
Signore e la volont di Dio sempre si compie: pu esserci
per da parte nostra qualche difetto che impedisce il
frutto delle loro orazioni.

Quest. 73. Segni precursori del Giudizio. 1. La venuta


del Signore per il Giudizio deve essere preceduta da particolari segni, spettanti alla dignit della sua potest giudiziaria per indurre gli uomini al rispetto e alla soggezione;
quali per essi siano non si pu facilmente saperlo.
2. Allavvicinarsi del Giudizio pu darsi che il sole, la
luna e le stelle per divina virt siano private della loro
luce e cos si oscurino per atterrire gli uomini diallora.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

3. La Scrittura dice che le virt dei cieli o colonne del


Cielo si scuoteranno; ci si pu intendere sia di tutti gli
spiriti celesti, che resteranno meravigliati della novit che
succeder; sia di quel Coro degli Angeli, che si chiamano
Virt e che presiedono al giro degli astri, ai quali allora
sottrarranno la loro assistenza.

Quest. 74. Il fuoco della conflagrazione finale. 1.


LApocalisse annunzia che ci saranno cieli nuovi e terra
nuova; questo rinnovamento importa una purgazione ed
invero dovendo servire alla gloria dei beati necessario
che vi siano eliminati quegli elementi di imperfezione e
di peccato che ora vi sono.
2. Tale purgazione S. Pietro annunzia che avverr
per mezzo del fuoco; e a ci il fuoco bene si presta,
perch esso ha naturale capacit di sprigionare luce e non
ammette in s elementi contrari, ma tutto a s riduce;
3. tale fuoco poi per la purgazione del mondo niente impedisce che sia fuoco come il nostro, perch come al
tempo del diluvio il mondo fu purgato con acqua comune, cos convien dire che nella purgazione finale il mondo sar purgato con fuoco comune.
4. Nei cieli superiori non c nessuna disposizione
contraria alla gloria, essi quindi non hanno bisogno della
purgazione e non saranno dal fuoco toccati.
5. Gli elementi di cui risulta il mondo resteranno nella
loro sostanza e perci conserveranno anche le qualit loro
proprie; ma dalle disposizioni tendenti alla corruzione
saranno purgati, perch a ci tende la purgazione del
mondo.
6. Saranno poi purgati tutti e soli gli elementi che
subirono linfezione del peccato e cio tutti e soli quelli
che si trovano entro latmosfera che circonda la terra.
7. Il fuoco della finale conflagrazione preceder il Giudizio, perch al Giudizio i Santi si presenteranno col cor-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

po glorioso, per il quale il mondo deve essere gi preparato e discosto colla purgazione: ma quanto allazione di ravvolgere i cattivi esso continuer anche dopo il
Giudizio.
8. Il fuoco della conflagrazione finale agir e di naturale virt e come strumento della giustizia di Dio; di naturale virt agir tanto sui buoni che sui cattivi, che allora
vi saranno, ma come strumento della divina giustizia tormenter i cattivi, via non nuocer ai buoni, come avvenne
dei tre fanciulli nella fornace;
9. quel fuoco poi, mentre involgendo i reprobi li travolger allInferno, trasporter i giusti nelle alte regioni
della gloria insieme cogli elementi nobili.

Quest. 75. La Risurrezione finale. 1. Fine ultimo delluomo e sua perfezione finale la beatitudine; luomo
non vi arriva in questa vita, e neanche vi arriverebbe nellaltra vita se non risorgesse il corpo, perch n il corpo
proviene dal principio del male, per doverlo eliminare,
n luomo consiste soltanto nellanima; perci la risurrezione dei corpi bisogna ammetterla;
2. e poich gli uomini sono tutti della stessa naturale
ragioni che valgono per uno valgono per tutti, bisogna
quindi ammettere la risurrezione generale di tutti.
3. Ciononostante la Risurrezione sar un a cosa miracolosa e non una cosa naturale, perch nessun principio
attivo della risurrezione c nella natura e nessuna disposizione; infatti una prima privazione ha piuttosto ordine
naturale di progresso a altre privazioni, anzich di regresso; tuttavia la risurrezione si pu dire naturale nel senso
che luomo vi ha una naturale inclinazione e tendenza.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 76. Causa operante la Risurrezione. 1. Cristo,


mediatore fra Dio e gli uomini, ci ha liberati dalla morte,
a Lui si deve quindi la nostra risurrezione; anzitutto
Egli ne causa come Dio, poi ne causa quasi univoca
come Dio-uomo; la sua Risurrezione poi causa, non
solo esemplare, ma anche strumentale, della risurrezione
nostra.
2. Il suono di tromba chiama allAssemblea, desta alla
battaglia e invita alla festa, e la voce, il comando di Cristo
sar la tromba che suoner alla nostra Risurrezione.
3. Come ora nel Governo del Mondo Iddio si serve del
ministero degli Angeli, cos nella Risurrezione universale
Iddio si varr del ministero degli Angeli, per la raccolta
degli elementi materiali; invece la riunione dellanima al
corpo sar opera immediata di Dio, come ora opera immediata di Dio la creazione dellanima e la sua immissione nel corpo.

Quest. 77. Tempo e modo della Risurrezione. 1. Giobbe dice che la Risurrezione non avverr prima della conflagrazione finale e ci conviene perch dovendosi risorgere in stato incorruttibile la Risurrezione deve essere differita alla fine del mondo.
Cristo doveva risorgere prima, perch esso primizia
dei risorgenti e pu risorgere prima chi ne ha speciale
privilegio.
2. Come a ciascuno tenuto occulto il tempo della
sua morte, cos tenuta occulta al mondo la sua fine ed
il tempo della Risurrezione universale; il Signore ha detto
che non lo sanno nemmeno gli Angeli; tantomeno quindi
possono conoscerlo gli uomini ed effettivamente tutte le
previsioni fatte finora sbagliarono tutte.
3. Neppure lora della Risurrezione si pu sapere con
certezza, tuttavia non improbabile che essa avvenga sul
fare del mattino, perch in tale ora si comp la Risurre-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

zione di Cristo, la quale lesemplare della Risurrezione


nostra.
4. La Risurrezione, essendo opera dellinfinita potenza
di Dio, si compir in un istante.

Quest. 78. Da che cosa si risorger. 1. Tutti risorgeranno da morte, infatti: se da Cristo abbiamo tutti la
Risurrezione, da Adamo abbiamo ereditato tutti la morte; perci tutti dovranno morire per poi risorgere; per di
pi se la Risurrezione universale e non c Risurrezione se non si cade prima colla morte, anche la morte sar
universale; infine impossibile che nella conflagrazione
finale alcuno resti vivo.
2. Per tale conflagrazione, che si compir col fuoco,
tutto si ridurr in cenere e tutti perci risorgeremo dalla
cenere, avverandosi cos il detto di Dio in pulverem reverteris.
3. Le ceneri poi colle quali si ricostituir il corpo di
ciascuno, non hanno nessuna inclinazione naturale verso
lanima che al corpo si riunir, perch non disposizione
naturale, ma disposizione divina che dalle ceneri risorga
il corpo umano.

Quest. 79. Identit di chi risorge. 1. Risurrezione non


si pu dire quando lanima non riabbia il medesimo corpo di prima, perch risorgere vuol dire levarsi in piedi di
nuovo ed di colui che cade il levarsi di nuovo in piedi;
altrimenti non si direbbe Risurrezione, ma assunzione di
un nuovo corpo; gli errori in proposito derivano sopratutto dal non considerare lanima come forma sostanziale
e come principio dellessere e della vita del corpo.
2. Chi risorge numericamente il medesimo uomo di
prima; infatti la Risurrezione si deve ammettere, perch

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

altrimenti luomo non ottiene la sua perfezione finale n


consegue il suo ultimo fine; qualora invece non sia lo
stesso e identico uomo di prima chi risorge, ma un altro,
la Risurrezione inutile allultimo fine, alla perfezione,
cio, finale: in questo poi Giobbe nella Scrittura ci
maestro infallibile.
3. Se le cose artificiali, nelle quali la materialit prevale
pi che nelle naturali, si dicono rifatte e tornate quelle
di prima, ancorch le parti materiali non ritornino allo
stesso sito, tanto pi facilmente saranno quelli di prima
i corpi dei risorgenti ancorch i resti e le ceneri del
corpo non ricostituiscano la parte cui appartenevano
prima: questo per quanto alla necessit della cosa,
perch quanto alla convenienza certo conviene che le
parti, almeno le essenziali, ritornino al posto di prima.

Quest. 80. Integrit dei risorgenti. 1. La Risurrezione


avviene non per opera della natura, che pu essere difettosa, ma per opera divina, che perfetta; perci il corpo
di chi risorge corrisponder perfettamente allanima, che
ne la forma e il fine, e avr tutte le sue membra interamente;
2. risorgeranno anche i capelli e le unghie, perch anchessi appartengono alla perfezione umana, almeno di
secondo ordine; sono infatti a protezione delle membra,
che appartengono alla perfezione umana di primo ordine;
3. e poich tutto ci che appartiene allintegrit dellumana natura torner in chi risorge, col corpo risorgeranno anche i suoi umori, quelli si intende che appartengono
alla costituzione del corpo.
4. Ci che veramente appartiene alla costituzione dellumana natura tutto ci che informato dellanima ragionevole, ed precisamente per lanima ragionevole che

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

il corpo ordinato alla risurrezione, perci risorger del


corpo tutto quello che informato dallanima ragionevole;
5. Per non risorger tutto ci che fu materialmente
parte delle membra umane, perch deve risorgere tutto
ci che appartiene veramente alla costituzione dellumana natura ed relativo alla specie umana, considerata
nella sua quantit, figura, sito e ordine delle parti; invece la totalit della materia, che ci fu in un uomo dal
principio alla fine della vita, eccede la quantit dovuta
alla specie.

Quest. 81. Qualit dei risorgenti. 1. Dio far risorgere


la natura umana senza difetti come senza difetti Dio la
cre; perci tutti risorgeranno nellet della perfezione,
che quella di Cristo, la cui Risurrezione lesemplare
della nostra; di tale et risorger tanto chi mor vecchio,
quanto chi mor bambino.
2. La quantit naturale in ciascuno di noi relativa
non solo alla natura di uomo, ma anche alla natura di
individuo e poich nella risurrezione non sar variatala
natura di ciascun individuo, perci non risorgeranno tutti
della medesima statura, perch qui non eguale la quantit
naturale di ciascuno; tutti per risorgeranno colla statura
che a ciascuno spettava, escluso ogni difetto, nellet
della perfezione;
3. inoltre, appunto perch non sar variata la natura di
ciascun individuo, ognuno risorger nel suo sesso, il che
per non sar motivo di rossore, perch nellaltra vita la
concupiscenza totalmente morta;
4. infine, essendo ordinata la Risurrezione alla perfezione dellumana natura, tutto ci che relativo non a
perfezioni, ma a difetti della natura umana, quali sono le
azioni della vita animale, non risorger e percinon ci sar nellaltra vita n il mangiare, n il bere, n il generare
ecc.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 82. Impassibilit dei Beati. 1. Dopo la


Risurrezione nei Beati il corpo totalmente sottratto alle
influenze esterne nocive e resta totalmente dominato
dallanima spirituale, perci il corpo non soggetto a
mutazioni contrarie alla disposizione sua naturale e cio
impassibile.
2. Limpassibilit negativa, o esclusione dai dolori,
sar eguale in tutti i Beati, ma limpassibilit positiva, cio
il dominio dellanima sul corpo varier, perch esso deriva
dalla visione beatifica e a essa quindi si proporziona.
3. Limpassibilit per non esclude dai corpi gloriosi la
sensibilit fisica, altrimenti la vita dei Beati in Paradiso
sarebbe allora quasi un sonno, che si dice mezza vita, il
che contrasta colla perfezione che a tale vita compete: sar per diverso dal presente il modo di sentire, perch allora i sensi riceveranno ogni impressione secondo il loro
essere spirituale, cio con mutazione spirituale anzich
materiale; la mutazione spirituale paragonabile allocchio, che vede il rosso ma non diventa rosso; la mutazione materiale invece paragonabile alla mano che sente
caldo e anche divien calda.
4. Nei Beati dopo la Risurrezione, saranno in azione
tutti i sensi e non gi alcuni soltanto, perch cos esige
la perfezione dovuta a tale stato la quale va riposta nelle
potenze sensitive e nel loro atto insieme, pi che nelle
potenze sensitive solamente.

Quest. 83. Sottigliezza dei corpi dei Beati. 1. Sottile si


dice ci che penetra; la sottigliezza si attribuisce ai corpi
nei quali predomina non la materia, ma la forma; nei corpi dei Beati dopo la Risurrezione la forma prevarr totalmente sulla materia, per il completo dominio dellanima,
a loro quindi spetta la sottigliezza, chela Scrittura indica
chiamandoli corpi spirituali.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. Se gli stessi Angeli non si possono distinguere numericamente tra loro se non perch sono in luoghi diversi, tanto meno si potranno distinguere fra loro due o pi
Beati dopo la Risurrezione se non perch si troveranno
in luoghi distinti, e perci non potr darsi che un corpo
glorioso si trovi in uno stesso luogo con unc orpo non glorioso per la sola ragione della sua sottigliezza; potr per
darsi per divina potenza che si trovi in uno stesso luogo
insieme con un altro corpo e ci a perfezione di gloria;
3. non infatti impossibile che per miracolo due
corpi si trovino in uno stesso luogo, perch tutte le
cose dipendono e dalle loro cause prossime e soprattutto
da Dio, causa prima di tutte, e Dio, causa prima, pu
conservare in essere le cose anche cessando lazione delle
cause seconde; e come pu conservare laccidente, anche
scomparso il suo soggetto, cos pu fare che un corpo
resti distinto dallaltro, bench quanto al sito la materia
delluno non sia distinta dalla materia dellaltro;
4. per divina potenza potrebbe pure darsi che un corpo
glorioso si trovi nello stesso luogo con un altro corpo
glorioso, ma questo non avverr mai, perch il debito
ordine, che in Paradiso regna, vuole che ciascuno abbia
il suo luogo distinto e che uno non impedisca laltro;
5. anzi la sottigliezza non rimuover nemmeno la necessit che ciascun corpo glorioso occupi quello spazio che
gli proporzionato, perch la sottigliezza non diminuisce
le dimensioni del corpo glorioso, non essendo essa n rarefazione, n condensazione, ma solo penetrabilit;
6. la sottigliezza infine non render il corpo glorioso impalpabile, perch, come fu di Cristo risorto, cos sar dei
corpi gloriosi, saranno cio tangibili ma non pertransibili; essi per, non per la sottigliezza, ma per virt soprannaturale, possono quando vogliono rendersi impalpabili.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 84. Agilit dei corpi gloriosi. 1. Per il totale


dominio che esercita sul corpo glorioso lanima, la quale ne
non soltanto la forma sostanziale, ma anche il motore,
il corpo pronto e spedito ad obbedire allanima in tutti
i suoi moti e in ci sta la dote dellagilit;
2. di questa dote i Beati faranno uso certamente almeno
quando saliranno al cielo, come fece Cristo, e potranno
poi farne uso a loro volont per visitare le opere di Dio,
n cesser allora la visione beatifica di Dio per loro,
perch lo avranno sempre presente;
3. il loro moto esiger un, bench impercettibile, tempo,
perch il loro corpo non diventa mai spirito cessando
di essere corpo e devono sempre attraversare lo spazio;
il loro moto quindi non sar assolutamente istantaneo,
perch se ci fosse si troverebbero in due o pi luoghi
insieme, il che contradditorio.

Quest. 85. Chiarezza dei corpi gloriosi. 1. La scrittura


ci dice che i corpi gloriosi avranno anche splendore e in ci
consiste la dote della chiarezza, dovuta dalla ridondanza
della gloria dellanima sul corpo, e perci maggiore o
minore secondo del Beato;
2. e poich la luce naturalmente colpisce locchio
e locchio naturalmente riceve limpressione della luce,
perci per la stessa chiarezza, senza che occorra un miracolo di Dio, lo splendore del corpo glorioso sar naturalmente visto anche da occhio non glorioso;
3. per per il totale dominio dellanima sul corpo
dipender dalla volont del Beato essere visto o non visto,
mostrarsi o non mostrarsi a chi non Beato.

Quest. 86. I corpi dei dannati. 1. I dannati risorgeranno deformi, ma non mutilati o difettosi per quei di-

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

fetti che dipendono da debolezza di principii di natura,


perch la risurrezione sar anche per loro ricostituzione
della natura umana in forma perfetta:
2. e poich il tempo presente, che consuma ogni
cosa, sar allora passato, perci anche i corpi dei dannati
saranno incorruttibili e sottostaranno eternamente alla
giustizia di Dio,
3. ci perch lincorruttibilit non importa impassibilit; infatti se cesser la cosidetta passione di natura, non
cesser la passione di anima, colla quale patiranno i sensi.

Quest. 87. Cognizione dei propri meriti al Giudizio.


1. Al Giudizio la coscienza di ciascuno gli render
testimonianza, perch per divina virt sar richiamato
alla memoria di ciascuno ogni suo fatto e in ci consiste
il libro della vita;
2. e poich allora necessario che anche la giustizia di
Dio apparisca evidentemente a ciascuno, cos a ciascuno
saranno noti anche i meriti e i demeriti degli altri e ciascuno ne conoscer il premio o la pena;
3. e bench ci non possa avvenire in un istante,
perch p. es. i dannati non hanno lintelletto cos elevato
da vedere tutto nel Verbo, come hanno i Beati, tuttavia
ci per lonnipotenza di Dio avverr in brevissimo tempo.

Quest. 88. Tempo e luogo del Giudizio. 1. Dopo la Risurrezione deve esserci certamente un Giudizio Universale, in cui apparisca in tutto la Giustizia di Dio: il Giudizio particolare corrisponde allopera di Dio nel Governo
del mondo: il Giudizio universale occorre alla completa e finale sistemazione del mondo e quale compimento
dellopera iniziata da Dio nella Creazione del mondo.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

2. per da ritenere che la locuzione del Giudizio universale sar una locuzione mentale anzich orale, perch
questa esigerebbe troppo tempo.
3. La fine del mondo non dovuta a cause create, cos
come a cause create non dovuto il principio del mondo;
perci come la cognizione del principio del mondo fu
riservata a Dio, che lo cre quando volle, cos sar della
fine del mondo e per noi il tempo del Giudizio finale
ignoto.
4. Quanto al come si far e si raduner il Giudizio
poco si pu sapere; si pu ritenere che si far nella valle
di Giosafat, che vuol dire valle del Giudizio di Dio.

Quest. 89. Giudici e Giudicati. 1. Giudicare significa


accusare, approvare la sentenza, sedere a fianco del Giudice, ma pi propriamente significa pronunciare sentenza; pronunciarla di propria autorit appartiene a Dio solo, comunicarla solennemente a chi spetta sar ufficio degli uomini giusti:
2. e sar premio di coloro che si fecero poveri per Cristo,
affinch coloro che a tutto rinunciarono per Cristo siano
messi a parte di ci che di pi grande vi in Cristo.
3. Il giudicare riservato a Cristo, Figlio di Uomo;
potranno perci partecipare alla sua dignit di Giudice,
chi partecipe dellumana natura, gli Angeli quindi non
dovranno giudicare.
4. Ai diavoli spetta lesecuzione della sentenza sui
dannati, perch giusto che chi si sottomise al diavolo
col peccato gli sia sottomesso nella pena, mentre invece
gli Angeli ministreranno ai buoni i lumi divini.
5. La potest giudiziaria spetta a Cristo per la sua
umiliazione nella Passione: allora Egli pat per tutti, tutti
quindi gli compariranno al Giudizio.
6. Il Giudizio importa due cose: discussione dei meriti e sentenza di premio o di pena; i buoni compariranno a

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Giudizio per la sentenza di premio; quanto invece alla discussione dei meriti, essa non si far per coloro che hanno minimi demeriti; si far invece per coloro che hanno meriti mescolati con demeriti, ma finir con sentenza
assolutoria;
7. i cattivi compariranno al Giudizio per la sentenza
di pena; quanto invece alla discussione dei meriti essa si
far solo per coloro che ebbero la fede, che la radice
del merito.
8. Gli Angeli non subiranno un giudizio diretto, ma soltanto un giudizio indiretto, relativo cio allopera da loro prestata agli uomini, che accrescer la gioia degli Angeli buoni e accrescerli, la pena dei demoni, avendo essi colla loro istigazione accresciuta la comune catastrofe
infernale.

Quest. 90. La venuta del Giudice. 1. Il potere di giudicare dovuto a Cristo come Figlio di uomo, perch fu
colla sua Passione che Cristo acquist il dominio sullUniverso; perci Cristo comparir al Giudizio nellumana
natura.
2. E poich il giudicare atto di autorit e di gloria,
perci apparir in forma gloriosa.
3. Lessenza della Beatitudine sta nella visione di Dio;
la Beatitudine poi gaudio, perci la Divinit non si
pu vedere senza gaudio; gli empi quindi al Giudizio
vedranno i segni evidenti della Divinit di Ges Cristo,
ma non ne vedranno la Divinit, altrimenti sarebbero
beati.

Quest. 91. Il mondo dopo il Giudizio. 1. Il mondo fu


creato da Dio come abitazione degli uomini; labitazione
deve convenire a chi labita; dopo il Giudizio luomo

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

sar glorificato, perci anche il mondo, sua abitazione


avr la sua innovazione, mediante laggiunta di una tal
perfezione di gloria per cui meglio rispecchi la maest di
Dio.
2. Tutto il mondo e anche gli astri del cielo furono
creati per luomo, ma quando luomo sar glorificato non
avr pi bisogno di quegli influssi e moti degli astri che
ora alimentano quaggi lo sviluppo della vita, quei moti
degli astri perci allora cesseranno.
3. Linnovazione che il mondo avr dopo il Giudizio
ha per iscopo di rendere quasi sensibile Dio agli uomini,
al che serve il maggiore splendore che il mondo avr
e, poich lo splendore degli astri sta nella luce, alla
innovazione del mondo gli astri avranno chiarezza e luce.
Le tenebre allora saranno ridotte al centro della terra,
che perci luogo conveniente per i dannati.
4. Alla innovazione del mondo avranno maggior chiarezza e luce gli astri del cielo, e per riflesso anche i corpi della terra; non tutti per egualmente, ma ciascuno secondo la sua attitudine.
5. Ma di piante e di animali allora non ci sar pi
bisogno, perch essi furono creati per conservare la vita
delluomo, e luomo allora sar incorruttibile.

Quest. 92. La visione beatifica. 1. Se la Beatitudine,


che lultimo fine delluomo, consiste nella visione beatifica, bisogna dire che lintelletto umano pu vedere Iddio nella sua essenza, cio pu vedere Dio quale , nonostante linsuperabile distanza che c fra lintelletto nostro e la divina essenza; in modo che lessenza divina, la
quale atto puro, informi di s lanima del beato ed avvenga una specie di unione come c in noi fra lanima
spirituale, che la forma, e il corpo, che la materia.
2. I beati per non vedranno Dio dopo la Risurrezione
cogli occhi corporali, perch questi percepiscono soltanto

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

colori e dimensioni, che in Dio non vi sono; degli occhi


corporali i beati potranno servirsi per vedere le bellezze
del mondo innovato annuncianti Dio, e per vedere lumanit di Cristo; cos Dio sarebbe per locchio un sensibile per accidens, ma non pu mai essere un sensibile per
s.
3. Per i Santi, pur vedendo Dio, non vedono anche
tutto ci che vede Dio, il quale conosce tutte lerealt colla
scienza di visione e conosce tutti i possibili colla scienza di
semplice intelligenza: i beati non possono conoscere tutti
i possibili, perch a ci occorre un intelletto uguagliante
la infinita potenza di Dio, mentre il loro intelletto resta
sempre un intelletto finito; non conoscono tutte le realt,
bench vedano Dio, perch conoscere la causa non vuol
dire conoscerne tutti gli effetti: la scienza dei beati varia
perci secondo il loro lume di gloria con cui vedono la
divina essenza.

Quest. 93. Beatitudine e mansioni dei Santi. 1.


La beatitudine dei Santi sar maggiore dopo il Giudizio,
perch collanima riunita al corpo glorificato sar pi
perfetta la loro natura e con ci pi perfetta anche la loro
operazione; con ci per sar maggiore estensivamente,
non sar invece maggiore intensivamente.
2. Mansione significa posto raggiunto in cui si rimane,
perci le mansioni dei Santi sono i modi coi quali raggiunsero mediante il moto di volont lultimo fine; tali modi sono diversi, secondoch vi arrivano pi o meno vicino, diverse quindi sono in cielo le mansioni ossia i
gradi di beatitudine.
3. Le mansioni sono diverse secondoch sono diversi
i gradi della carit, la quale quaggi la ragione del
merito, principio remoto della beatitudine; e in cielo la
ragione della visione beatifica, principio prossimo della
beatitudine.

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S. Tommaso DAquino - Compendio della Somma Teologica

Quest. 94. Relazione dei Santi coi dannati. 1. Ai


Santi bisogna riconoscere tutto ci che conferisce alla
loro beatitudine; a questa conferisce la conoscenza del
suo opposto, per essere della beatitudine maggiormente
lieti e grati a Dio; perci i beati conoscono le pene dei
dannati;
2. i beati per non ne sentono compassione, n nel senso di partecipazione alla pena, perch sono beati, e neppure nel senso della misericordia, che cerca di allontanarne i mali, perch ci oramai impossibile e sarebbe una
misericordia inutile;
3. ma i beati neppure godranno di tali pene inquanto
i dannati ne soffrono; ne godranno, invece in quanto in
esse si mostra la giustizia di Dio e in quanto da quelle essi
furono scampati.

Quest. 95. Dote dei beati. 1. Il Paradiso una specie


di matrimonio spirituale dellanima con Cristo, perci
come nei matrimoni terreni la sposa viene fornita di dote
e di ornamenti, cos, per lingresso in Paradiso, lanima,
come indica la Scrittura, viene dal Padre fornita di dote e
di ornamenti spirituali.
2. Poich la Beatitudine unoperazione e la dote invece un possesso, la dote si deve fare piuttosto consistere
in disposizioni e qualit ordinate alla stessa Beatitudine.
3. A Cristo non compete avere tale dote, n averla in
tale senso, perch lunione in Lui della natura umana
alla natura divina non un matrimonio spirituale, ma
ununione ipostatica; con ci per non si nega che Cristo
possegga in grado eccellente ci che nei Santi forma la
dote.
4. Spose di Cristo diventano in Paradiso le anime dei
fedeli che appartengono alla Chiesa, vera sposa di Cristo,
ma gli Angeli non appartengono alla Chiesa, a loro perci
non compete lo sposalizio con Cristo e non compete a

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loro la dote del Padre; nulla tuttavia impedisce che si


possano a loro attribuire metaforicamente almeno quelle
prerogative che formano la dote dei beati.
5. La dote dellanima beata consiste in tre doni: cio
vedere Dio, conoscerlo come bene presente e sapere che
tal bene presente da noi posseduto; ci corrisponde alle
tre virt teologali fede, speranza e carit.

Quest. 96. Le aureole. 1. In Paradiso il premio essenzialmente consiste nellunione perfetta dellanima con
Dio posseduto e amato; questo premio detto metaforicamente corona aurea: laureola, invece, diminutivo,
qualcosa di inferiore e accidentale, derivato o sopraggiunto; perci si chiama aureola sia la gloria del corpo
derivata dalla gloria dellanima, sia il gaudio delle proprie opere buone in cui si vede la propria vittoria, che
si aggiunge al gaudio di possedere Dio e cos laureola
distinta dalla corona aurea.
2. Dallaureola differisce il frutto, che consiste nel
gaudio che proviene dalla stessa disposizione danimo
del beato per un maggior grado di spiritualit conseguita
dallavere approfittato della parola di Dio: tanto poi esso
ne differisce che il frutto viene dalla Scrittura attribuito
a tali ai quali non si attribuisce laureola.
3. Il frutto spetta pi alla continenza che alle altre
virt, perch essa, liberando luomo dalla soggezione
della carne, lo introduce nella vita spirituale,
4. e proporzionatamente alla misura di spiritualit che
la continenza procura ci sono tre frutti, menzionati dal
Vangelo cio il trentesimo, dovuto alla continenza coniugale; il sessantesimo, dovuto alla continenza vedovile e il
centesimo, dovuto alla continenza verginale.
5. La verginit poi, per ragione della particolare vittoria sopra la carne, che essa rappresenta, importa anche
laureola, poich per la verginit virt in quanto vo-

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lont di perpetua integrit di mente e di corpo, perci


tale aureola compete a coloro che ebbero il proposito di
conservare perpetuamente la verginit.
6. Se dovuta laureola alla verginit, che perfetta
vittoria interna, si deve laureola anche alla perfetta vittoria esterna, che quella dei martiri; ed perfetta la vittoria dei martiri, perch essi affrontano la stessa morte che
il maggiore dei mali esterni, e la affrontano per Cristo,
cio per la causa pi bella che ci sia; bene dice S. Agostino: Fa martire non la pena, ma la causa .
Se causa del martirio non si dice la Fede, ma si dice
Cristo, tutte le virt, non politiche, ma infuse, che hanno
per fine Cristo sono causa di martirio.
7. E poich una perfetta vittoria anche quella che
riportano i Dottori cacciando il diavolo da s e dagli
altri colla predicazione e colla dottrina, perci anche ai
Dottori si deve laureola, come la si deve ai vergini e ai
martiri per la vittoria riportata sulla carne e sulmondo.
8. A Cristo, che la ragione principale e piena di ogni
vittoria, non si deve laureola, che soltanto partecipazione di vittoria; e questo si dice non per negargli un pregio, ma per affermarlo superiore allaureola, che voce
diminutiva.
9. Agli Angeli non si deve aureola, perch essa corrisponde a una vittoria riportata con di mezzo il corpo e
gli Angeli non hanno corpo.
10. Laureola lhanno anche adesso i Santi del Paradiso; essa consiste in gaudio e merito che sono propri dellanima, al corpo quindi non dovuta aureola se non come
ridondanza dello splendore dellanima.
11. Tre sono le battaglie che incombono ad ogni
uomo: contro la carne, contro il mondo e contro il
diavolo; tre le vittorie privilegiate che se ne possono
quindi riportare; tre i privilegi ad aureole corrispondenti,
cio laureola dei vergini, dei martiri e dei dottori.

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12. Assolutamente parlando, laureola dei martiri


la pi eccellente, perch la loro battaglia la pi aspra;
ma in un certo senso superiore laureola dei vergini,
perch la loro battaglia pi lunga, pi pericolosa, pi
stringente.
13. Il premio si proporziona al merito, questo pu
essere maggiore o minore; maggiore o minore perci pu
essere anche il premio accidentale cio laureola, uno
quindi pu avere unaureola gi fulgida dellaltro.

Quest. 97. Pena dei dannati. 1. I dannati non avranno


soltanto pena del fuoco, ma anche da altri elementi, perch il fuoco finale che purgher il mondo elever al cielo gli elementi nobili a gloria dei beati e travolger allinferno gli elementi ignobili a pena dei dannati.
2. Il verme dei dannati sar un verme spirituale, cio il
rimorso, ma non sar un verme materiale, perch il fuoco
finale non lascier pi nessun animale o pianta.
3. Il pianto dei dannati non sar pianto corporale, come
versamento di lagrime, perch ci sarebbe contrario allincorruttibilit che ai dannati spetta; sar invece pianto
corporale come commozione e turbamento.
4. I dannati si troveranno immersi in tenebre corporali,
e soltanto nella penombra avranno la vista afflittiva di ci
che li tormenter, perch cos compete ai dannati.
5. Il fuoco dei dannati sar corporale, perch dovendo tormentare i corpi dopo la Risurrezione deve essere
fuoco corporeo per essere pena adattata ai corpi.
Bench per esso sia materiale come il nostro, per
certe sue particolari propriet non come il nostro;
6. ma tali sue propriet per cui differisce dal nostro,
quali quelle di non consumare e di non consumarsi, non
fanno s che il fuoco dellinferno non sia della stessa specie
del nostro, perch il fuoco sempre fuoco nonostante la
diversit delle materie cui appiccato.

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7. In che parte del mondo sia situato linferno, dice S.


Agostino, non credo lo sappia alcuno, se lo Spirito Santo
non glielo rivela ; tuttavia, secondo le espressioni della
Scrittura, da ritenersi che sia sotterra; tanto pi che
cos indica il nome inferno, cio parte inferiore a noi, e
che quello il sito conveniente ai dannati, come il cielo
il luogo conveniente ai beati.

Quest. 98. Volont e intelletto dei dannati. 1. Nonostante che nei dannati resti linclinazione naturale al bene, di cui autore Dio, tuttavia la volont loro propria
contraria a Dio, che lultimo fine e il sommo bene e anche quando vogliono qualche bene lo vogliono per fine
cattivo, perci la volont dei dannati sempre cattiva;
2. quindi i dannati non si pentono del male che hanno
fatto per se stesso; ma si pentono per la pena che ne
devono portare;
3. e di volont deliberativa non possono desiderare di
esistere, cio di assolutamente non essere, perch ci non
rappresenta nessun bene, rappresenta invece la totale
privazione di ogni bene; possono per desiderare di non
essere cos male, perch la privazione del male importa
un qualche bene.
4. Come i beati per la carit perfetta godono del bene
di tutti, cos i dannati per lodio consumato si contristano
del bene altrui e vorrebbero che anche i buoni fossero
allinferno.
5. Dio, nonostante che sia la bont per essenza, i
dannati lo odiano, perch non lo conoscono in s, ma lo
conoscono negli effetti della sua Giustizia, che alla loro
volont ripugna.
6. Questa cattiva volont per in loro non pi n
colpa, n demerito, perch se il merito in ordine a altre
cose, essi nulla pi hanno da sperare e nulla di pi da
temere.

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7. Ai dannati compete tutto ci che converge alla loro miseria affinch sia perfetta, perci compete ai dannati luso delle cognizioni che in questo mondo avevano per
rattristarsene, considerando il male fatto e il beneperduto.
8. Di Dio, in quanto fonte dogni bont, non penseranno i dannati, perch tale pensiero di conforto; invece penseranno di Dio in quanto nella punizione risentono
gli effetti della sua giustizia.
9. I dannati prima del Giudizio potranno vedere che
i beati sono in gloria e ne saranno punti di invidia; dopo
il Giudizio saranno privati di ogni vista dei beati, ma ne
saranno tormentati lo stesso, cio della loro memoria.

Quest. 99. Misericordia e Giustizia di Dio nei dannati.


1. Chi pecca mortalmente contro Dio, che infinito, merita una pena infinita e questa deve scontarsi collinferno
eterno: difatti nelle pene si distingue lacerbit e la durata; alla colpa poi vien proporzionata la loro acerbit, ma
non la durata; quindi che un adulterio, che pur si compie in un momento, non si punisce colla pena di un sol
momento nemmeno per legge umana; la durata della pena si proporziona invece alla disposizione danimo di chi
pecca e come il traditore della patria si reso per sempre
indegno della sua citt, cos chi offende Dio si rende per
sempre indegno del suo consorzio; e chi sprezza la vita
eterna meritala morte eterna.
2. Che le pene dellinferno, sia degli uomini, che dei
demoni, abbiano fine per divina misericordia un errore
di Origene, contrario alla Scrittura e alla Giustizia stessa
di Dio, perch se hanno termine le pene dei dannati,
dovrebbe altrettanto finire anche il gaudio dei beati.
3. La misericordia di Dio non impedir che anche gli
uomini, oltre ai demoni, siano in eterno puniti, perch gli

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uni e gli altri sono per sempre ostinati nel male e non
possono essere perdonati.
4. Non terminer per la divina misericordia, neppure
la pena di quei dannati che furono cristiani, perch anche
essi come gli altri dannati non hanno tenuto la via della salute, bench labbiano conosciuta; anzi per questo
sono pi rei degli altri,
5. e anche i cristiani, che fanno opere di misericordia
saranno ciononostante eternamente puniti, se moriranno
in istato di peccato, perch senza la grazia nulla giova per
meritare la vita eterna.

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