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S.

TOMMASO D'AQUINO

LA SOMMA
TEOLOGICA
TRADUZIONE E COMMENTO
A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI
TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA

VI
L'UOMO: b) PENSIERO
E ORIGINI
(J, qq. 84-102)

tliJ]
L.ABOR
NON
Cl.AMOR

CASA EDITRICE ADRIANO SALANI


Nihil obstat
Fr. Aloysius Ciappi O. P.
Mag. S. Theologiae

Fr. Ludovicus Merlini O. P.


Doct. S. Theologiae

Imprimi potest
Fr. Laurentius lV{ori O. P.
Prior Provincialis S. Marci et Sardioiae
Florentiae die XXJII Aprilis MCMLV

IMPRIMATUR
Paesulis die XXVIII Mai MCMLV
t Antonius Bagnoli Episc.

TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

Stabilimento Grafico A. Salani, MCMLVI - Printed tn ltaly.


L'UOMO: b) PENSIERO
E ORIGINI
(I, qq. 84-102)
L' UOMO : b) PENSIERO
E ORIGINI
(I. qq. 84-102)

INTRODUZTONE E NOTE del P. Tito S. Centi O. P.


INTRODUZIONE

1 - Il volume che presentiamo è a soggetto unico: vi si


parla dell'uomo. Ma l'argomento è così vasto, che ha già for-
nito le questioni più importanti e più numerose al volume
precedente, L'uomo: a) natura e potenze dell'anima. Ad esso
rimandiamo per lintroduzione generale sull'argomento.
Ncilo studio delle facoltà dell'uomo siamo rimasti a mezza
strada; porchè un'indagine approfondita delle potenze esige
l'analisi accurata delle loro funzioni. Anzi, se l'esposizione
non fosse sistematica, ma genetica, questa indagine avrebbe
dovuto precedere. Precisando (dopo le limitazioni del trattato,
così come è stato concepito nella Somma Teologica), diremo
che rimane da studiare il pensiero umano nelle sue manife-
stazioni, e nel valore intrinseco dei suoi atti. Si arriva in tal
modo alla q. 89.
Dal la q. 90 alla q. 102 abbiamo invece una sezione com-
pletamente nuova: vi si parla delle origini dell'uomo, così
comli sono narrate nei primi capitoli della Genesi. E si tratta
di un'indagine in cui prevale linteresse dogmatico; mentre
nella sezione procedente prevale l'interesse filosofico.
Anche per quanto riguarda le fonti del pensiero tomistico si
potrebbe stabilire già a priori che nella prima sezione, e cioè
dalla q. 84 alla q. 89, le citazioni sono quasi tutte di autori
profani ; mentre in quella seguente sono prevalentemente bi-
bliche e patristiche. Ma basta una scorsa sommaria all'indice
onomastico del volume per averne la riprova.

I
« Nihil est in intellectu, quin prius fuerit in sensu ».

2 - Fermiamoci a considerare gli aspetti più discussi del


pensiero tomistico, prima di affrontare la lettura dei testi, per
procedere possibilmente con un orientamento sicuro.
Coloro che sono preoccupati di ricavare una criteriologia da
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contrapPorre al criticismo dei moderni, facendo leva sulle prin-
. clpall evidenze di ordine soggettivo, si scandalizzano subito
nel constatare che l'Aquinate, prima ancora di trattare della
conoscenza che l'intelletto può avere di se stesso, si ferma ad
analizzare la conoscenza intellettiva delle cose sensibili. Lo
scandalo sta in questo: si pensa e si scrive che S. Tommaso
ha dato al problema gnoseologico un'impostazione metafisica
(cfr. ZAMBONI G., La gnoseologia di S. Tommaso d'Aquino,
Verona, 1934, p. 6).
Lo scandalo cresce a dismisura quando si constata il suo
attaccamento al principio aristotelico : « Nihil est in intellectu,
quin prius fuerit in sensu,,; «non c'è conoscenza intellettiva
che non sia passata attraverso i sensi».
Cominciamo subito a rilevare che non è possibile confondere
il realismo moderato di S. Tommaso col sensismo ; il quale
dà al suddetto principio un valore ben diverso. Il Dottore An-
gelico è così persuaso della spiritualità dell'anima e della in-
telligenza, da sentire il bisogno di giustificare la possibilità
stessa di una conoscenza intellettiva della realtà sensibile e
materiale. L'argomento che lo costringe a ritenere come unica
fonte del pensiero immediato gli oggetti esterni apportati dai
sensi, è la constatazione dello stato di potenzialità radicale in
cui si trova la nostra intelligenza (q. 87, a. 1).
E non si tratta di semplice impostazione metafisica del pro-
blema (atto-potenza), si tratta di una costatazione, di cui
tutti possiamo fare in ogni istantB l'esperienza.
3 - I sensi tuttavia non possono agire direttamente sull' in-
telletto; poichè i dati in~ellettivi non sono formalmente i dati
della sensibilità. Infatti le nostre idee ali' indagine razionale
risultano universali e immateriali. Che cosa dobbiamo con-
cluderne? Siamo costretti a pensare che, oltre alla ben nota fa-
coltà potenziale, la nostra anima deve possedere una facoltà
attiva, capace di trasformare le immagini sensoriali, in altret-
tanti concetti. A meno che non si voglia ricorrere, con S. Ago-
stino, a una illuminazione diretta da parte della divinità, pri-
vando ia creatura dell'autosufficienza in una funzione che
formalmente le appartiene.
Ma è proprio vero che «non c'è conoscenza intellettiva che
non sia passata attraverso i sensi,,? Una volta compreso il
processo di astrazione, non ci sono difficoltà a dedurne che
tutte le nostre conoscenze dirette e immediate passano dalla
porta dei sensi. Iia cosa è ben diversa se parliamo della co-
noscenza riffossa, o logicamente mediata. Infatti, attraverso la
riflessione noi possiamo conoscere, tra l'altro, il soggetto pen-
sante, che naturalmente non può passare attraverso i sensi ;
e merliante il raziocinio possiamo risalire dalle cause seconde
fino a Dio.
INTRODUZIONE 9

4 - Quello che rende ostica la gnoseologia tomistica a molti


moderni è la complicazione delle specie intenzionali. Alcuni
non riescono a comprendere perchè sia proprio necessario in-
terporre il diaframma delle rappresentazioni soggettive, tra
l'oggetto e il soggetto. Essi pensano che la conoscenza debba
esaurirsi nella rappresentazione soggettiva: questa è l'oggetto.
L'oggetto trascendente è un noumeno, un preteso dato cono-
scitivo, che non regge a una critica spregiudicata. Io posso
rendere conto delle mie idee e delle mie impressioni; ma è
una pretesa ingenua asserire come stanno le cose nella loro
realtà concreta e inesprimibile, posto che tale realtà esista.
Altri invece, senza accettare integralmente la critica del-
l' idealismo, pensano di arrivare alla realtà nella sua concre-
tezza, attraverso l'elaborazione delle impressioni soggettive; e
specialmente attraverso linduzione e il raziocinio.
Tutte queste critiche partono da un equivoco fondamentale:
i filosofi immanentisti di tutte le osservanze possiedono una
concezione quasi meccanica della conoscenza. Può sembrare un
paradosso, eppure è una semplice constatazione che sorge dal
complesso delle loro critiche. Infatti soltanto chi considera la
rappresentazione soggettiva (di ordine sensitivo o intellettivo,
poco importa) come una ripresa fotografica, può sospettare
che il giuoco si esaurisca nella rappresentazione stessa. Chi
invece considera la specie intenzionale come la parte costi-
tutiva di un atto inimitabile, quale è appunto la conoscenza,
capisce che la rappresentazione è soltanto funzionale in quel-
l'atto. Questo infatti produce per se stesso evidenze immediate
che nessuna elaborazione potrebbe altrimenti giustificare, e
che nessun idealista riesce praticamente a mettere in dubbio.
Questa proprietà delle immagini eicletiche noi la chiamiamo
astrattamente intenzionalità. Ogni atto conoscitivo umano ha
bisogno di una species intentionalis ; che viene denominata
anche specie vicaria, in quanto fa le veci dell'oggetto presso
la facoltà conoscitiva. E un dato soggettivo, perchè funzione
della facoltà medesima; deve però il suo principio formalo
all'oggetto, perchè la facoltà è potenziale rispetto a quanto è
chiamata a conoscere. Nel momento in cui l'atto si produce.
l'immagine svolge immediatamente la sua funzione formale:
presenta l'oggetto. Solo in un secondo tempo, se è spirituale
come l'intelligenza, la facoltà potrà riflettere sul proprio atto
e rivolgere l'attenzione sulla rappresentazione medesima. Per-
ciò nell'atto di intellezione, mediante la specie intenzionale,
avviene una perfetta unione tra oggetto e soggetto. "L' intel-
lett•) in atto è lo stesso intelligibile in atto», dice S. Tommaso.
Chi invece intendesse, come fa il Prof. E. P. Lamanna, che
lintelletto cc s'identifica con le specie intelligibili » (Storia della
Filosofia, Firenze, 1947, p. 774), mostrerebbe di non aver ca-
10 L'UOMO
pito perfettamente il pensiero dell'Aquinate. La specie intel-
ligibile infatti è essenzialmente funzionale, e noi ci accorgiamo
della sua presenza solo in seguito a laboriose indagini filo-
sofiche. Soltanto il filosofo riesce a scorgere il lato soggettivo
delle proprie idee. E questa conoscenza dell'idea in quanto
rappresentazione soggettiva deve portare a un certo relativi-
smo, non allo scetticismo, molto meno poi all'idealismo. -
S. Tommaso per parte sua riconosce l'esistenza di oggetti in-
telligibili per se, che non sono intelligibili immediatamente
quoad nos.
5 - Per il momento ci preme di mettere in evidenza questo
fatto: le specie intenzionali sono per loro natura in funzione
dell'oggetto; cosicchè negare la loro capacità a stabilire l'unione
intima, e intenzionalmente immediata, tra oggetto e soggetto,
significa negare la conoscenza stessa; poichè ogni cognizione
da noi sperimentata produce, merito o demerito che sia, l'evi-
denza di questa oggettività. Chi tenta di mediare l'oggetto in-
telligibile, analizzando o elaborando le rappresentazioni sog-
gettive, è come chi volesse rendersi conto dell'ora esatta, co-
minciando dallo smontare l'orologio.
Se questo vale per una qualsiasi conoscenza, molto più vale
per la conoscenza intellettiva. Perciò, come non è possibile ri-
durre la vita a un complesso di funzioni meccaniche, così non
si può ricostruire o valorizzare l'intellezione, riducendola a
una serie di impressioni o di immagini sensitive. L'atto intel-
lettivo è talmente originale, che bisogna accettarlo così com'è,
cioè senza rinnegare nessuna delle immediate evidenze con le
quali si presenta.
Gli errori di percezione intellettiva, se li analizziamo bene,
non sono dovuti alla prima apprensione, ma alla precipita-
zione con la quale avanziamo dei giudizi sulln cose. E sul
giudizio influiscono tutte le tare fisiche e morali di un indi-
viduo, che non pregiudicano affatto la capacità naturale del-
1' intelligenza a percepire oggettivamente le cose. Non bisogna
poi dimenticare che ci sono delle percezioni complesse, che
implicitamente contengono dei giudizi (cfr. q. 85, a. 6).
Sta il fatto che noi abbiamo una tale fiducia congenita in
questa rettitudine delle facoltà apprensive, da ricorrere ad esse
tutte le volte che il dubbio viene a turbare la nostra mente.
Allora ricorriamo alle evidenze primigenie, e chiediamo al-
l'esperienza immediata o la conferma delle nostre induzioni,
o le analogie più sicure per controllare quanto abbiamo spe-
culato intorno alle verità di ordine superiore.
Perciò non si può dire che la nostra conoscenza intellettiva
si esaurisce nelle cose sensibili ; ma in queste, che sono il suo
oggetto formale, l'intelletto umano trova la base di partenza
e il banco di prova.
INTRODUZIONE 11

II
La plurivalenza intenzionale delle specie.

6 - Un aspetto anche meno noto delle specie intenzionali,


secondo la concezione tomistica, è la loro plurivalenza. Molti
pensano che ogni aspetto della realtà per presentarsi alla
mente umana debba inviare il proprio ritratto: una specie
impressa per ogni cosa, per assicurarne la perfetta intelligibi-
lità. Così essi concepiscono il processo conoscitivo tomistico.
E certo invece che S. Tommaso non è di questa opinione.
L'intenzionalità dell'idea non ha affatto i limiti dell'oggetto
concreto dal quale venne astratta. Essa serve ad estendere .il
dominio conoscitivo di chi pensa, secondo l'intensità dell'atto
vitale in cui si inserisce. Per questo motivo la medesima idea
posta in due diverse intelligenze non raggiunge i medesimi
risultati conoscitivi (cfr. q. 89, a. i). E questo il primo aspetto
della plurivalenza intenzionale delle specie.
Nell'ambito poi di una medesima intelligenza ogni idea ha
un' intenzionalità universale, rispetto agli esseri di una data
specie. Anche questo si dimentica, quando si rimprovera ad
Aristotele e a S. Tommaso di non aver saputo assicurare l' in-
tellezione dei singolari. L'idea astratta non è l'idea platonica,
piovuta da un mondo trascendente: è un'immagine della
realtà concreta, con una forza di rappresentazione che abbrac-
cia tutti gli individui di una specie. La rappresentazione è
necessariamente universale, ma l'intenzionalità di essa rag-
gi unge i soggetti concreti, che vengono rappresentati nella loro
concretezza soltanto nelle facoltà sensitive. Quando io penso
al cane so di non pensare a una realtà astratta, ma concreta ;
appunto perchè la mia idea del cane, per la sua intenziona-
lità originale, raggiunge gli individui nella loro concretezza.
Nell'atto della riflessione posso rilevare l'universalità della mia
idea di cane; ma posso anche rivolgere l'attenzione sul ter-
mine concreto di essa. Ed ecco allora che la mia idea viene a
concretarsi in questo individuo presentato dai sensi.
S. Tommaso applica il termine intentio in campo gnoseo-
logico, sia per indicare l'attenzione della facoltà conoscitiva
(cfr. De Verit., q. ii, a. 3, ad 2; q. i3, a. 3; q. 2i, a. 3, ad 5;
1 Cont. Gent., c. 55), sia per indicare i vari aspetti con i quali
si presenta un oggetto all'atto della conoscenza (cfr. I, q. 78,
a. 3; 1 Sent., d. 19, q. 5, a. i, ad 8; d. 23, q. i, a. 3). - A pen-
sarci bene questa omonimia non disorienta, ma serve a una
integrazione reciproca dei due concetti. Infatti l'attenzione de-
termina esattamente lintenzionalità di ogni dato conoscitivo.
12 L'UOMO

Alle possibilità illimitate della nostra attenzione intellettiva


corrisponde nell'oggetto, in quanto tale, una varietà indefinita
di intentiones o respectus.
7 - Siamo così arrivati a quell'aspetto della plurivalenza in-
tenzionale delle specie, che ci sembra la più interessante e la
più dimenticata. L'idea di una qualsiasi realtà esterna non
serve soltanto a presentare un oggetto, serve anche a porre
in atto la nostra intelligenza. Il soggetto passa così dallo stato
potenziale a quello attuale. Ma questa attualità rende cono-
scibili in atto e le facoltà e il soggetto conoscente. Mentre penso
io so di pensare. - Ma perchè io pensi a me stesso sarà ne-
cessaria una nuova specie intenzionale, diversa da quella che
mi presenta l'oggetto al quale sto pensando?
S. Tommaso risponde negativamente. La sola specie inten-
zionale che occupa l'intelligenza permette di raggiungere, con
le sue molteplici intentiones, e l'idea in quanto idea, cioè l'atto
conoscitivo come tale, e la facoltà che pensa e il soggetto pen-
sante. E vero che la rappresentazione eidetica riguarda il solo
oggetto esterno, ma la sua intenzionalità è molteplice, poichè
essa sola serve per la cognizione del soggetto pensante in tutti
i suoi aspetti. Poichè "non ripugna affatto che un essere con-
creto immateriale sia oggetto diretto di intellezione,, (q. 86, a. i
ad 3). Questa dottrina della plurivalenza intenzionale è la sola
che possa avviare a soluzione due questioni gravissime, sorte
nei tempi moderni intorno alla gnoseologia tomistica; autoco-
scienza dell'anima umana, e cognizione dei singolari.
Infatti la riflessione intellettiva permette al soggetto di pren-
dere coscienza di tali oggetti, in forza di quella pluralità di
intenzioni che lidea possiede. Così, attraverso lidea, si può
percorrere in senso inverso il processo conoscitivo umano, e
allora si scorge l'universale nel suo legame con limmagine
sensibile, causando la complessa percezione del singolare. Si
può riflettere sul soggetto conoscitivo, e si ha l'autocoscienza.
Ma nell'uno · come nell'altro caso non si potrà fare a meno
della specie intenzionale: si tratterà piuttosto di una specie
con funzioni non specificamente cc rappresentative,,. Tanto è
vero che le conoscenze riflesse di cui abbiamo parlato si com-
pletano e si producono in una pluralità di specie espresse.
Per chi non avesse pratica di terminologia scolastica, di-
remo che nell'atto in cui l'attenzione dell'intelligenza si porta
su questa o su quell'altra intenzione, noi esprimiamo mental-
mente altrettanti concetti definiti.
Quando il Dottore Angelico dice che l'anima, le facoltà e gli
atti sono oggetto di cognizione " per suam praesentiam >>, o
"per essentiam suam », intende escludere la specie impressa
propria e distinta ; ma non intende minimamente rinunziare a
una qualsiasi specie. Questo è il senso ovvio di tutti quei testi
INTRODUZIONE 13

che don G. Zamboni raccolse a sostegno della sua tesi, cioè


a favore di una cc conoscenza percettiva intellettuale " indipen-
dente dalle specie intenzionali (cfr. op. cit., pp. ii2-ii9).

III
L'origine dell'uomo e i suoi problemi.

8 - Abbiamo già detto che S. Tommaso parla delle origini


dell'uomo seguendo il racconto della Bibbia. Dobbiamo pre-
cisare che egli esclude dal presente trattato quello che non è
strettamente connesso con la produzione del primo uomo. Egli
perciò non tratta del peccato commesso dai nostri progeni-
tori: si riserva di farlo nella Il-II, qq. 163-165. Rimanda alla
fine di questa I Parte i problemi connessi con la propagazione
del genere umano (I, qq: H8, 119). Tratterà i problemi riguar-
danti il peccato d'origine come tale alla I-II, qq. 8i-83.
Abbiamo già fatto osservare nei volumi precedenti che
S. Tommaso non è preoccupato di stendere dei trattati di-
stinti e definiti, ma di impostare una sintesi teologica. Perciò
se uno pretendesse di scorgere nelle questioni che ci inte-
ressano un trattato De homine, avrebbe lingenua sorpresa di
riscontrarlo mutilo. Le tredici questioni che qui presentiamo
(qq. 90-i02) non sono certo tra le più impegnative per il ge-
nio dell'Aquinate. Pare che egli stesso ne abbia coscienza, per
la maniera piuttosto sommaria di impostare e di risolvere i
problemi. L'unica questione che superi i quattro articoli è
CJuella in cui ha trattato del!' immagine divina nell'uomo
(q. 93). E si spiega; perchè è l'unica in cui il teologo aveva
in mano gli elementi sicuri per una costruzione sistematica.
Per il resto il genio di Tommaso è stato sacrificato da un
complesso di condizioni sfavorevoli : i) Fu costretto a servirsi
di un'esegesi tuttora informe, dcl tutto impari a risolvere i
gravi problemi di ermeneutica, intorno ai quali si è tanto la-
vorato in questi ultimi cento anni. 2) Ebbe dinanzi a sè una
fisiologia ancora più arretrata, che doveva compromettere in
partenza la soluzione di quei problemi in cui essa era impli-
cata. 3) Non erano ancora sorti i problemi sull'origine dei vi-
venti. creati dalle teorie evoluzioniste.
Ciò nonostante la Somma Teologica si legge anche qui con
interesse. Se non altro abbiamo un documento storico di im-
Jlortanza eccezionale ; poichè possiamo vedere da queste pa-
gine come un genio ha saputo lottare contro l'errore, che non
era in condizioni di poter vincere.
P. TITO SANTE GENTI 0. P.
L'UOMO : PENSIERO E ORIGINI

1) essenza
~V. v. 1) riguardo la)
mezzo cono-

l 1~)
volume alle nature scitivo (q.8').
2) potenze inferiori: b) procedimen-

l ~
1) nello stato to ( 85)

!) Natum' I A) Anim" a) della parte


intellettiva
di unione col
corpo :
(
riguardo
se rnede~1-
ma (q. 81 1.
e) ogge1io (q:86).

Il) nello stato 3) riguardo


! B) Corpo [estra-
neo, di per sè,
alla teologia]
3) operazioni
di separa-
zione (q. 89).
alle nature
superiori
(q. 8fl).
b) della parte

l
appetitiva. (Vedi Seconda Parte dell'opera)
1) rispetto al-
A) La creazi,one l'anima (q. 90).
L'UOMO stessa dell no- ) d li' { 91)
mo·· ~ a e uomo q. .
2) r i s p e t t o al
corpo ci
B) T ermme. b) della donna (q. ()_).
eco-
ronamento di
essu. (l{. ~)3).
II) Origine:
,
CJ ~tato e cond~-
· 11) qua n t a I- ~
l'anima
0 rispettivamente ali' intelletto {q. 94).
a)
1) grazia e innocenza (q. 95).
z10ne del pn- b) rispettivamente alla volontà l 2) d · · {q. 96) .
mo uomo: t omm10
:21 quanto a I ~ a) per la conservazione dell'individuo (q. 97).
corpo .
DJ Suo luogo e b) per q u e 11.a \ 1l generaz10ne (q. 98).
dimora(q. HY'2). della specie 2) condizione ~ I) quanto al corpo (q. 99).
· della prole Il) quanto all'innocenza (q. 100).
III) quanto alla scienza (q. 101).
AVVERTENZE

1. Nel testo italiano sono stati eliminati i richiami e le indica-


zioni delle opere citate, perchè figura.no a fronte nel testo latino.
Dove lintelligibilità della frase lo richiedeva è stato inserito qual-
che termine o qualche espressione tra [ ], per facilitare la compren-
sione del testo senza ricorrere a perifrasi.
Nella punteggia.tura si segue ordinariamente il latino, per dare
agio al lettore di controllare la traduzione e di consultare il testo
originale.
I richiami delle note sono tutti nel testo italiano, esse però conti-
nuano anche sotto il testo latino e talvolta. nelle pagine seguenti.
2. Il testo critico latino dcll' Edizione Leonina è riprodotto con
la. più scrupolosa fedeltà. La sola enumerazione degli articoli all' ini-
zio della Quaestio è stata fatta senza capoversi.
Manca però, nella nostra edizione, l'apparato critico. Le sole va-
rianti di un certo interesse vengono prese in considerazione nelle
note.
Le citazioni, o i dati complementari delle citazioni, che l' Ed. Leo-
nina riporta in margine, sono state inserite nel testo tra [ ]. Sol-
tanto i versetti della sacra Scrittura - in corsivo - figurano senza
altri contrassegni.
Le citazioni e i luoghi paralleli sono semplificati con criteri tecnici
moderni.
Le Opere dei SS. Padri sono citate secondo le diciture più comuni:
per non infarcire troppo il testo di elementi estranei, abbiamo tra-
scurato i titoli e lo enumerazioni meno usuali. Dove i richiami sono
vere correzioni del testo della Somma, vengono riportati in nota.
QUESTIONE 84
La conoscenza dell'anima unita al corpo rispetto alle cose
materiali ad essa inferiori.

Passiamo ora a studiare le operazioni dell'anima, spettanti alle


sole potenze intellettive e appetitive; poicihè le altre facoltà non ri-
cadono direttamente nel campo della teologia. Gli atti poi della parte
nppetitiva appartengono alla scienz.a morale: perciò ne tratteremo
nella seconda parte di quest'opera, in crui ci occuperemo di tale
scienza. 1 Ora ci limiteremo alle operazioni della parte intellettiva.
Nell'indagine procederemo in questo modo: primo, vedremo in
quale maniera intende l'anima quando è unita al corpo; secondo,
in quaJ maniera essa intende nello st-0.to di separazione.
La prima indagine sarà diviaa. in tre pa.rti : primo, considereremo
in che modo l'anima conosce gli ea.seri materiali che sono ad essa
inferiori ; secondo, come conosce se stessa o quello cihe è in essa ;
terzo, come oonosce J.e sostanze immateriali ad essa superiori.
Tre sono le considerazioni da farsi intorno alla conoscenza dei
corpi: primo, con qua.Ii mezzi essa li conosca; secondo, 1n crual modo
e con quale ordine; terzo, che cosa conosca in essi.
Sul primo punto si pongono otto quesiti: 1. Se l'anima conosca i
corpi mediante l' intelletto; 2. S.e li conosca intellettualmente me-
diante la propria essenza, 0 servendosi di specie intelligibili ; 3. Po-
sto che intenda con le specie, si domanda se le specie di tutti gli og-
getti intelligiMli siano in essa inlnate; 4. Se queste vengano infuse
in essa da forme immateriali separate; 5. Se l'anima nostra veda
nelle ragioni eterne tutto quello che intende; 6. Se ricavi dai sensi
la conoscenza intellettiva; 7. Se l' iintelletto possa avere l'atto d' in-
tellezione mediante le specie intelligibili che possiede, senza volgersi
ai fantasmi; 8. Se l'atto iittellettivo del giudizio sia ostac·olato dal-
l'assopimento dei sensi. 2

ARTICOLO 1
Se l'anima conosca i corpi mediante lintelletto.

SEMBRA che l'anima non conosca i corpi mediante I' 1ntelletto. In-
fatti:
1. Dice S. Agostino: "I corpi uon possono essere percepiti dall' in-

1 S. Tomm'ISO ha coscienza. di Jedicare all'u-0mo non le sole qq. 75-102 della

Prtmq Parte, ma anche Ie 114 questioni della I-li e le 189 della li-Il. Evidente-
mente gli autori medioevali non era.no così persi in Dio, da trascurare l'uomo.
Alnu:no al Dottore Angelico h!sogna attribuire un « umanesimo ., Incontestabile.
QUAESTIO 84
Quomodo anima coniuncta intelligat corporalia,
quae sunt infra ipsam
tn octo articulos dtvtsa.

Consequenter considerandum est de actibus animae, quantum ad


potentias intellecti vas et appetitivas: ali a e enim anima e potentiae
non pertinent directe ad considerationem theologi. Actus autem ap-
petitivae partis ad considerationem moralis scientiae pertinent: et
ideo in socunda parte huius operis de eis tractabitur, in qua oom~i­
derandwn erit de morali materia. Nunc autem de acUbus intellec-
tivae partis agetur.
In consideratione vero actuum, hoc modo procedemus: primo
no.mque considerandum est quomodo intelligit anima corpori co-
niuncta; secundo, quomodo intelligit a corpore separata [q. 89].
Prima autem consideratio erit tripartita: prim<> namque conside-
rabitur quomodo anima intelligit corporalia, quae sunt infra ipsam ;
secundo, quomodo intelligit seipsam, et ea quae in ipsa sunt [q. 87];
trrtio, quomodo intelligit substantias immateriales, quae sunt supra
ipsam [q. 88].
Circa cognitionem vero corporalium, tria consideranda occurrunt:
primo quidem, per quid ea cognoscit; secund-0, quomodo et quo or-
dine [q. 85]; tertio, quid in eis cognoscit [q. 86].
Circa primum quaeruntur octo. Primo: utrum anima cognoscat
rorpora per intellectum. Secundo : utrum intelligat ea per essentiam
suam, vel per aliquas species. Tertio: si per aliquas species, utrum
spccies omnium intelligibilium sint ei naturaliter innatae. Quarto:
utrum effluant in ipsam ab aliquibus formis immaterialibus separa-
1is. Quinto: utrum anima nostra omnia quae intelligit, videat in
rationibus aeternis. Sexto: utrum cognitionern intelligibilem acqui-
rat a sensu. Septimo: utrum intellectus possit actu intelligere per
species intelligibiles quas penes se habet, non convertendo se ad
phantasmata. Octavo: utrum iudicium intellectus impediatrnr per
impedimentum sensitivarum virtutum.

ARTICULUS 1
Utrum anima cognoscat corpora per intellectum.
De Vertt., q. 10, a. 4.
An PRilltuM src PROCFDITun. Videtur quod anima non cognoscat cor-
pora per intellectum. Dicit enim Augustinus, in 2 Soliloq. [c. 4] quod
., corpora intellectu comprehendi non possrn1t; nec aliquod corpo-

2 L'enumerazione stessa del que~lti e! fa comprendere che slamo d!n.Rnzl a una


clflile questlcnl più importanti per Il slstem:i. filosofico dell'Autore. Essa potrebbe
h\'er<: per tit-010: il punto di partenza del pensiero umano. SI direbbe che la co-
n0se;enza delle cose sen~ibili sia puramente occasionale in questa ricerca, se non
18 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 1

telletto; e una realtà corporea non può essere veduta che dai sensi"·
E altrove afferma che la visione intellettuale riguarda oggetti tali,
che per loro natura si trovano nell'anima. Ma questo non avviene
per i corpi. Quindi l'anima non può conoscere i corpi con l' intel-
ligenza.
2. Come sta il senso agli oggetti intelligibili, così sta l'intelletto a
quelli sensibili. Ora l'anima non può in nessun modo conoscere con
i sensi le cose spirituali, che sono intelligibili. Perciò non pv.trà as-
solutamente conoscere con l'intelletto i corpi, che sono cose sensi-
bili.
3. L' intelletto ha per oggetto entità necessarie e invariabili. Invece
i corpi sono tutti mobili e variabili. Dunque l'anima non può cono-
scere i corpi medi.ante l' intelletto.
IN CONTRARIO: La scienza risiede nell'intelletto. Ora, se questa fa-
coltà non conoscesse i corpi, verrebbe negata ogni scienza dei oorpi.
E perirebbero così le scienze naturali, che si occupano dei corpi sog-
getti a mutamento.
RISPONDO: A chiarimento del problema bisogna ricordare che i
primi filosofi, 1 i quali indagarono la natura delle cose, ritenevano
che nel mondo esistessero soltanto i corpi. E poichè vedevano che
tutti i corpi sono sottoposti a mutamento, immaginando che tutte le
cose fossero in continuo mutamento, pensarono che a noi non fosse
possibile avere una qualsiasi certezza sulla verità delle cose. Infatti
non si può conoscere con certezza quello che è in continuo divenire,
perchè si dissolve prilna di essere giudicato dalla mente. In tal senso
Eraclito 2 diceva, come riferisce Aristotele: "non è possibile toccare
due volte la stessa acqua di un fiume che scorre n.
Venne in seguito Platone il quale, per salvare la certezza della
nostra conoscenza intellettiva, ammise, al di fuori di queste cose cor-
poree, un altro genere di e.nti, svincolati dalla materia e dal moto,
che e.gli chiamò specie o idee, partecipando le quali ogni essere con-
creto, singolare e sensibile, acquista la denominazione di uomo, di
cavallo, o di altra cosa del genero. E per questo Platone riteneva
che le scienze, le definizioni e tutto quello che appartiene alle ope-
razioni intellettive, non si riferirebbero ai corpi sensibili, ma a quelle
entità immateriali e separate. L'anima quindi non conosceroobe in-
tellettualmente i concreti es.seri corporei, ma le loro specie separate. 3
Tutta questa teoria si dimostra chiaramente falsa per due motivi.
Primo, perchè si verrebbe ad escludere dalle scienze, sia la cogni-
zione del moto e della materia (cose che formano l'oggetto delle
scienze naturali), sia le dimostrazioni che partono dalla cauisa mo-
trice e da quella materiale; poicthè dette 'specie sono immobili e fan-
materiali. - Se,condo, perchè è ridicolo che per conoscere cose di cui
possiamo avere l'evidenza, mettiamo in campo altre entità, le quali
non possono costituire le loro essenze, avendo un altro modo di es-
sere. Cosicchè, anche conoscendo tali sostanze separate, non po-
tremmo emettere logicament.e dei giudizi sulla realtà sensibile.

si sapesse che 11 realismo moderato considera il mondo sensibile come l'oggetto


immediato della conoscenza intellettiva. - S. Tommaso, come vedremo, prend.e po.
slzlone contro il sensismo e contro l'innatismo, a favore dell'astrazione aristote-
lica. I quesiti si susseguono in tale ordine, da permettere un'ampia giustificazione
del realismo moderato di fronte alla storia del pensiero ftlosoftco dell'antichità.
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 19

reum nisi sensibus videri potest ». Dicit et.iam, 12 Super Gen. a.d litt.
le. 21], quod visi-0 intellect.ualis est eorum quae sunt per essentiam
suam in ani.ma. Huiusm-0di autem non sunt corpora. Ergo anima
per intellectum corpora cognoscere non potest.
2. PRAETEREA, sicut se habet sensus ad intelligibilia, ita se habet
intellectus ad sensibilia. Sed anima per sensum nullo modo potest
cognoscere spiritualia, quae sunt intelligibilia. Ergo nullo modo per
intellectum potest cognoscere corpora, quae sunt sensibilia.
3. PRAETEREA, intellectus est necessariorum et semper e,odem modo
se habentium. Sed corpora omnia sunt mobilia, et non eodem modo
se habentia. Anima ergo per intellectlliill corpora cognoscere non
potesi.
SEo CONTRA EST quod scientia est in intellcctu. Si ergo intellectus
non cognoscit corpora, sequitur quod nulla scientia sit de corpo-
ribus. Et sic peribit scientia naturalis, quae est de corpore mobili.
RESPONDEO DICENDUM, ad evidentiam huius quaestionis, quod primi
philosophi qui de naturis rerum inquisiverunt, piutaverunt nihil esse
in munda praeter corpus. Et quia videbant omnia corpora mobilia
esse, et putabant ea in continuo ftuxu esse, aestimaverunt quod nulla
ccrtitudo de rerum veritate haberi posset a nobis. Quod enim est
in continuo fiuxu, per ccrtitudinem apprehendi ncm potest, quia
prius labitur quam mente diiudicetur: sicut Heraclitus dixit quod
"non est possibile aquam ftuvii currentis bis tangere'" ut recitat
Philosophus in 4 Metaphys. [c. 5; lect. 12].
His autem superveniens Plato, ut posset salvare certam cognitio-
nem veritatis a nobis per intellectum haberi, posuit (cfr. Phaedonis,
c. 49; Timaeo, c. 5] praetcr ista corporalia aliud genus entium a ma-
teria et motu separatum, quod nominabat species sive ideas, per
quarum participationem unumquodque istorum singularium et sen-
sibilium dicitur vel homo vel equus vel aliquid huiusmodi. Sic ergo
dicebat scientias et defìnitiones et quidquid ad actum intellectus per-
tinet, non referri ad ista corpora sensibilia, sed ad illa immaterialia
et separata; ut sic anima non intelliga.t ista corporalia, sed intelligat
horum corporalium species separatas.
Sed hoc dupliciier apparct falsum. Primo qnidem quia, cum illae
species sint imrnateriales et immobiles, excluderetur a scientiis oo-
gnitio motus et materiac (quod est proprium scientiae naturalis),
r't demonstratio per causas moventes et materiales. - Secundo au-
tem, quia derisibile videtur ut, dum rerum quae nobis manifestae
sunt notitiarn quaerimus, aUa entia in medium afferamus, quae non
possunt esse earum substantiae, cum ab eis differant secundum
esse: et sic, illis substantiis separatis cognitis, non propter hoc de
istis sensibilibus indicare possemus.

1 Sono I Presocratici, che sono passati alla storia col nome di "naturalisti »,
attribuito loro da Aristot!lle. - S. Tommaso comincia a trattare delle origini della
rnnos~nza intE>IJettiva, scartando Il si:nsismo. Una vera confutaziomi qui sembra
superfiua, perchè il sensismo ha contro di sè l'universalità e l' immaterialità dei
(lati intelligibili, poste così bene in evidenza daJl' idealismo platonico.
• Eracltto di Efeso, uno dei più grandi filosofi ionici vissuto intorno alla µietà
del secolo V avanti Cristo, fu il primo teorico del dinamismo radicale, in anti-
tt•si con l'ontologismo di Parmenide, suo contemporaneo.
3 S. Tommaso deve tutte queste notizie, e In parte le stesse confutazioni, ad
Aristotele. Cfr. f De Anima, c. 2.
20 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 1
Sembra che Platone abbia in questo deviato dalla verità, pe.rchè
riteneva che la forma dell'oggetto conosciuto dovesse trovarsi nel
conoscente e nell'oggetto allo stC6SO modo, partendo dal presupposto
che qualsiasi cognizione avviene mediante una somiglianza [tra
oggetto e soggetto]. 1 Considerando poi che la forma della cosa cono-
sciuta si trova nell'intelletto in maniera universale, immateriale e
immobile, come risulta (per il principio che la natura dell'opera-
zione è conforme alla natura dell'agente) dall'operazione stessa del-
1' intelletto, il quale intende mediante gli universali e in un modo
che è caratterizzato da una certa necessità, giunse alla conclusione
che le cose conosciute debbano così sussi.st.ere in se medesime, cioè
in maniera immateriale e immobile.
Ora, queste induzioni non sono concludenti. Vediamo infatti che an-
che nella realtà sensibile la stessa forma si trova diversamente nei
vari soggetti. La bianchezza, p. es., in uno è più intensa, nell'altro
è più debole; in un soggetto è congiunta con la dolcezza, nell'altro
i! separata. E così, in modo analogo, la forma sensibile ha un diverso
modo di essere nelle cose che son fuori dell'anima e nei sensi, i quali
ricevono senza materia le forme delle cose sensibili, il colore del-
l'oro, p, e.s., senza l'oro. Allo stesso modo anche l'intelletto riceve
immaterialmente e immobilmente, in conformità appunto del suo
modo di essere, le specie intenzionali dei corpi, che sono materiali
e soggetti al moto. Infatti la cosa ricevuta si trova nel soggetto rice-
vente conforme alla natura del ricevente. 2 - Dobbiamo dunque con-
cludere che l'anima, mediante l'intelletto, conosce i corpi oon una
conoscenza immateriale, universale e necessaria.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le parole di s. Agostino vanno ri-
ferite ai mezzi di cui si serve l'intelletto per conoscere, e non agli
oggetti che conosce. L'anima conosce intellettualmente i corpi non
mediante oorpi, o immagini materiali e corporee; ma mediante im-
magini immateriali. e intellettuali, .che per la loro natura possono tro-
varsi nell'anima.
2. Al dire di S. Agostino, non è giusto affermare che, come i sensi
conoscono soltanto le cose corpore·e·, così l' intelletto conosce solo
quelle spirituali: ne verrebbe che Dio e gli angeli non conoscono
le coHe materiali. La ragione della diversità sta nel fatto, che una
potenza infe·riore non S'i estende al campo proprio di una facoltà
superiore; ma una facoltà superiore può svo.lgere in modo più emi-
nente le funzioni delle potenze inferiori.
3. Ogni moto presuppone qualche cosa d' immo.bile: infatti quando
avviene una mutazione di qualità, rima.ne immutata la sostanza; e
quando cambia la forma sostanziale rimane immutata la materia.
Ma anche nelle cose soggette a mutazione troviamo dei rapporti
immutabili: p. es., sebbene Socrate non stia sempre seduto, pure
è immutabilmente vero che quando egli siede rimane in un dato
luogo. Niente quindi impedisce che si abbia una .scienza immuta-
bile intorno a cose soggette alla mutazione.

1 S. Tommaso dà troppa lmport.a.nza a un motivo tllosofico, che certo non è


e.straneo alla storia del pensiero greoo (cfr. PLATONE, Timeo, c. 16; AmsrorELE, I De
Antma, c. 2); ma che non semhra davvero determinante per La troria platonica
delle idee. ln mancanza di una solida documentazione positiva, il Dottore Ange-
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 21

Videtur autem in hoc Plato deviasse a veritate, quia, curo aesti-


maret omnem cognitionem per modum alicuius similitudinis esse,
credidit quod forma cogniti ex necessitate sit in cogno&:ente oo
modo quo est in cognito. Consideravit autem quod forma rei intel-
lectae est in intelloctu universaliter et immaterialiter et immobili-
ter: quod ex ipsa operatione intellectus apparet, qui intelligit uni-
versaliter et per modum necessitatis cuiusdam ; modus enim actio-
nis est secundum modum formae agentis. Et ideo existimavit quod
oporteret res intellectas hcx: modo in seipsis subsistere, scilicet im-
materialiter et immobiliter.
Hoc auteim necessa,rium non est. Quia etiam in ipsis se:nsibilibus
videmus quod forma alio modo est in uno sensibilium quam in al-
tero : puta cum in uno est albedo intensior, in alio remissior, et in
uno est albedo cum dulcedine, in alio sine dulcedine. Et per hunc
etiam modum forma sensibilis alio modo est in re qu.ae est extra
animam, et alio modo in sensu, qui suscipit formas sensibi!ium
absque materia, sicut colorem auri sine auro. Et similiter intellectus
species corporum, quae sunt materiales et mobiles, recipit imma-
terialite,r et immobiliter, secundum modum suum: nam receptum
est in recipiente per rnodum recipientis. - Dicendum est ergo quod
anima per intellectum cognoscit corpora cognitione immateriali,
universali et necessaria.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod verbum Augustini est intelligen-
dum quantum ad ea quibus intellectus cognoscit, non autern quan-
tum ad ea guae cognoscit. Cognoscit enim corpora intelligendo, sed
non per corpora, neque per sirnilitudines materiales et corpoil"eas;
sed per specie..:; immateriales et intelligibiles, quae per sui essentiarn
in anima esse possunt.
AD SECUNDUM DICfu'ilDUM quod, sicut Augustinus dicit 22 De Civit.
Dei [c. 29], non est dicendum quod, sicut sensus cognoscit sola cor-
poralia, ita intellectus cognoscit sola spiritualia: quia sequeretur
quod Deus et angeli corporalia non coguoscerent. Huius autem di-
versitatis ratio est, quia inferior virtus non se extendit ad ea guae
sunt superioris virtutis ; sed virtus superior ea quae sunt inferioris
virtutis, excellentiori modo operatur.
AD TERTIUM DICENDUM quod omnis motus supponit aliquid immo-
bile: cum enim transmuti:itio fit secuudHm qualitatem, remanet sub-
stantia imrnobilis; et cum transmutatur forma substantial.is, rema-
11et materia immobilis. Rerum etiam mutabilium sunt immobiles ha-
bitudines: sicut Socrates etsi non semper sedeat, tamen immobiUter
est verum quod, quandocumque sedet, in uno loco manet. Et propter
hoc nihil prohibet de rebus mobilibus immobilem scientiam habere.

lico cercava di aiutarai con la logica. Ma la lettura dei DialooM di Platone lo


avret•be racllmente dissuaso.
2 Abbiam-0 qui il principio basilare per una so!mi-0ne positiva del problema.
E possiblle che una facoltà spirituale conooca le cose materiali, perchè è possibile
la formazione, e quindi la recezione, di una loro immagine intellettuale. All'arti-
colo 6 e ne.Ila questione seguente vedremo come in concreto si compia questo ar-
duo passaggio. - E innegabile che il principio qui enunziato è tavorevole a un certo
relativismo della nostra conoscenza del mondo sensibile ; ma non dobbiamo con·
fondere il relativismo tomista, che riconosce i limiti della percezione umana, col
relativismo moderno, il quale arriva a negare il valore oggettivo delle nozioni
acquisite nell'ambito di quel limiti.

'! - VI
22 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 2

ARTICOLO 2
Se l'anima conosca gli esseri corporei mediante la propria essenza. 1

SEMBRA che l'anima conosca gli esseri corporei mediante la pro-


pria essenza. Infatti:
1. S. Agostino insegna che l'anima «raccoglie e comprende le im-
magini dei corpi formate in se stessa e di se stessa; poichè dà qual-
che cosa della sua sostanza per formarle '" Ora, essa conosce i corpi
per mezzo delle immagini dei carpi. Dunque conosce gli esseri cor-
pO"rei mediante la propria essenza, da essa offerta per formare tali
immagini.
2. Dice il Filosofo che 11 l'anima in un certo sensa è tutte le cose».
Siccome però un oggetto è conosciuto soltanto mediante una cosa
consimile, è chiaro che l'anima conosce gli oggetti materiali me-
diante se stessa.
3. L'anima è superiore alle creature materiali. Ora, gli esseri in-
feriori esistono in modo più eminente in quelli superiori che in se
stessi, come insegna Dionigi. Perciò tutte le ·creature materiali esi-
stono nell'essenza stessa dell'anima in modo più nobile che in se
st.esse. Quindi l'anima può conoscere le creature materiali mediante
la propria essenza.
IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino che «la mente raccoglie le sue
cognizioni sulle cose materiali per mezzo dei sensi corporei ». Ma
l'anima non è oonoscibile per mezzo di questi sensi. Dunque essa
non conosce gli esseri materiali mediante la propria essenza.
RISPONDO: Gli antichi filosofi ritenevano che l'anima conoscesse i
corpi servendosi della propria essenza. Infatti era radicata allora
nell'animo di tutti la convinzione, che «una cosa è conosciuta me-
diante una cosa consimile,,. Inoltre si credeva che la forma della
cosa conosciuta si trovasse nel soggetto conoscente come si trova
nella realtà. I platonici invece giunsero alla conclusione opposta.
Platone infatti, avendo capito che l'anima intellettiva è immateriale,
e che conosce escludendo la materia, pensò che le forme delle cose
conosciute sussi.stessera separate dalla materia. 2 Viceversa i primi
filosofi naturalisti, considerando che le cose conosdute sono corpo-
ree e materiali, avevano affermato che esse devono trovarsi mate-
rialmente anche nell'anima che le conosce. Per poter quindi attri-
buire all'anima la conoscenza universale delle cose, le attribuirono
una natura comrnne a tutte. E siccome la natura dci corpi composti
risulta dai principii elementari, attribuirono all'anima la natura di
questi principii: chi riteneva che il fuoco è il principio constitutivo
di tutte le cose, affermò che l'anima ha la natura del fuoco; lo stesso
avvenne per l'aria e per l'acqua. Empedocle poi, il quale ammetteva
quattro elementi materiali e due motori, affermò che anche l'anima
i Il titolo originario dell'articolo, quale si trova nel prologo della questione, è
più oompleto: "Se [l'anima] conos.ca intellettualmente i corpi mediante la pro-
pria essenza, o servendosi di specie intelligibili"· Cosi è più facile comprendere
Il significato del quesito: si tratta di precis..-ire quale possa essere lo schema me-
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA

ARTICULUS 2
Utrum anima per essentiam suam corporalia intelligat.
I Sent., d. 3, p. 2, q. 2, a. 1 ; 3, d. 14, a. 1, qc. 2; f Cont. Gent., c. 08 ;
De Verti., q. 8, a. 8.

AD SECUNDUJ\f SIC PROCEDITUR. Videtiur quod anima per essentiam


suam corporalia intelligat. Dicit enim Augustinus, 10 De Trin. [c. 5],
quod anima cc imagines corp<>rum convolvit et rapit factas in seme-
tipsa de semetipsa: dat enim eis formandis quiddam substa.ntiae
suae », Sed per similitudines corporum corpora intelligit. Ergo per
cssentiam suam, quam dat formandis talibus similitudinibus, et de
qua eas format, cognoscit corporalia.
~- PRAETEREA, Philosuphus dicit, in 3 De Anima [c. 8, lect. 13), quod
"anima quodammodo est omnia». Cum ergo simile simili cognosca-
tur, videtur quod anima per seipsam corporalia cognosca.t.
3. PRAETEREA, anima est superior co.rporalibus creaturis. Infe.riora
autem sunt in superioribus eminentiori modo quam in seipsis, ut
Dionysius dicit [De Caelest. Hier., c. 12). Ergo omnes creatm:ae cor-
poreae nobiliori modo exist.u.nt in ipsa substantia animae quam in
seipsis. Per suam ergo substantiam potest creaturas corporeas co-
gnoscere.
SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, 9 De Trin. [c. 3), quod "mens
corporearum rerum notitias per sensus corporis colligitu. Ipsa au-
tcm anima non est cognoscibilis per corporis sensus. Non ergo co-
gnoscit corporea pei:r suam su!JJstantiam.
REsPONDEO DICENDUM quod antiqui philosophi posuerunt quod anima
per suam essentiam cognoscit corpora. Hoc enim animis omnium
communiter inditum fuit, quod "s1mHe simili cognoscitur » [cfr.
AmsTOT., 1 Dc Anima, cc. 2, 5). Existimabant autem quod forma co-
gniti sit in cognoscente eo modo quo est in re cognita. E contrario
tamen Platonici po·suerunt. Plato enim, quia perspexit intellectua-
lem animam immaterialem esse et immaterialiter cognoscere, posuit
formas ·rerum cognitarum immaterialiter subsistere. Priores vero
Natura.les, quia considera.ba.nt res cognitas esse corporeas et mate-
riales, posuerunt oportere reis cognitas etiam in anima cognoscente
11iaterialiteir esse. Et ideo, ut animae attribuerent omnium cognitio-
11cm, posuerunt eam habere naturam communem curo. omnibus. Et
quia natura principiatornm ex principiis constituitur, attribuerunt
nnimae naturarn principii: ita quod qui dixit principium omnium
esse ignem, posuit animam esse de natura ignis; et similiter de aere
et aqua. Empedocles autem, qui posuit quatuor elementa materialia
et duo moventia, ex hi.s etiam dixit animam esse constitutam. Et ita,

taftsico di un atr.o, il quale mette una creatura in r·apporto con l' inflnit.a varietà
tielle cose.
~ Lo schema ingenuo dei Presocratici non fu superato integralmente da Pla-
t.one. Que&ti Infatti ebbe soltanto il meI"ito, per altro grandissimo, di aver capito
la natura immateriale deill'atto intellettivo, e quindi dell" intellett.o umano; ma
rimare fermo al principio: il fatto conoscitivo è dovuto all'afflnità radicale e so-
stanziale tra oggett.o e soggetto. Perciò ali' intelletto umano. di cui aveva r1cono-
sr.luto I' immaterialità, Platone si affrettò ad offrire un mondo di idee archetlpe
lmmateriall.
24 LA SOMMA TEOLOGlCA, I, q. 84, a. 2

è composta da essi. In tal modo, ritenendo che le cose esistono ma-


terialmente nell'anima, asserirono che ogni nostra conoscenza è ma-
teriale, non riuscendo a distinguere l'intelletto dai sensi.
Ma questa teoria va rlgettat11. Primo, perchè nel principio mate-
riale di cui essi po.riavano, i corpi derivati esistono solo potemial-
mente. Ora, 111111 essere non è conosciuto per quello che esso è poten-
zialmente, ma soltanto per quello che è in atto, come spiega Aristo-
tele ; tant' è vero che la potr.nza stessa non è conosciuta che per
mezzo dell'atto. E quindi, secondo l'argomentazione di Aristotele,
perchè l'runima possa conoscere tutte le cose, non basta attribuirle
la natura degli elementi, a meno che non abbia già acquisito la na-
tura e la fonna dei sing'IOli effetti, vale a ilire delle ossa, delle carni
e simili. - Secondo, perchè, se una cosa per ooser con06Ciuta dovffiSe
[soltanto] esistere materialmente nel conoscente, non vi sarebbe ra-
gione per negare che abbiano la conoscenza gli esseri materialmente
sussistenti fuori dell'anima: se, p. es., l'anima conosce il fuoco me-
diante il fuoco, ainche il fuoco che è fuori deJl'an.ima dovrebbe co-
noscere il fuoco.
Rimane perciò acquisito che gli oggetti materiali esistono nel co-
noscente, non per la materia, ma piuttosto per la privazione di essa.
E la ragione si è, che l'atto del conoscere si estende al di fuori del
soggetto oonnscente; infatti noi conosciamo anche le cose che sono
fuori di noi. Ora, la materia ha la funzione di limitare la forma a
un determinato essere. E evidente perciò che la conoscenza ha un
carattere opposto a quello della materialità. Gli esseri quindi che
ricevono le forme solo materiaLm.ente sono privi affatto di conoscenza,
quali appw1to sono le piante, come spiega Aristotele. Invece quanto
più immaterialmente un essere possiede I.a forma della cosa cono-
sciuta, tanto più perfetta è la sua cognizione. Quindi lintelletto, il
quale astrae le specie intenzionali non soltanto dalla materia, ma
anche dalle condizioni materiali individuanti, conosce in modo più
perfetto del senso, il quale riceve la forma della cosa conosciuta
senza la materia, ma non senza le condizioni materiali. Così tra i
sensi stessi la vista è dotata di maggiore conoscenza, perchè meno
materiale, come si è già spiegato. Parimente, tra le diverse intelli-
genze tanto più una è perfetta, quanto più è immateriale.
Da tutto ciò risulta che, se vi è un intelletto capace di cono·scere
tutte le cose mediante la propria essenza, questa sua essenza tutte
le deve contenere in se stessa in maniera immateriale; così come gli
antichi ritenevano che l'essenza dell'anima fosse composta dei prin-
cipii elementari di tutte le cose corporee, affinchè le potess.e tutte
conoscere. Ora, è una prerogativa di Dio contenere nella propria
essenza tutte le cose in modo immateriale, in quanto gli effetti de-
vono preesistere virtualmente nella loro causa. Dunque Dio solo co-
nosce tutto mediante la propria essenza; non cosi l'anima umana
e neppure l'angelo. 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In quel passo s. Agostino parla
della visione immaginaria, la quale avviene mediante immagini cor-
poree. Nella formazione di tali immagini lanima mette qualche oosa
1 Nella Summa Contra Gentiles s. Tommaso chiariscB ancora meglio n suo IJ€n-
slero Jn proposito. «Oggetto proprio dell'intelletto è l'ente intell!gibile, che ab-
braccia tutte le specie e le pos.sibili cl1ffe1-enze dell'ente; tutto ciò infatti che esiste
può e.ssere oggetto d'intellezione. Ora, siccome ognJ. conoscenza avviene sotto
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 25
cum res materialiter ilil anima ponerent, posuerunt omnem cogni-
tionem animae materialem eSiSe, non discernentes inter intellectum
et sensum.
Sed haec opinio improbatur. :Arimo quidem, quia in materiali prin-
cipio, de quo loquebantur, non existunt principiata nisi in potentia.
Non autem cognoscitur aliquid secundurn quod est in potentia, sed
solurn secundum quod est actu, ut patet in 9 Metaphys. [c. 9, lect. 10]:
unde nec ipsa potentia cognoscitur nisi per actum. Sic igitur non
sufficeret attribuere animae principiorum naturam ad hoc quod om-
nia cognosceret, nisi inessent ei naturae et formae singulorum ef-
fectuum, puta ossis et carnis et aliorum huiusmo<li ; .ut AristoteJes
contra Ernpedoclem argumentatur in 1 De Anima [c. 5, lect. 12]. -
Secundo quia, si oporteret rem cognitam materialiter in cognoscente
existere, nulla ratio es.set quare res quae materialiter extra animam
subsistunt, cognitione carerent: puta, si anima igne cognoscit ignern,
et ignis etiam qui est extra animam, ignem cognosceret.
Relinquitur ergo quod oportet materialia cognita in cognoscente
existere non materialiter, sed magis imrnaterialiter. Et huius ratio
est, quia actus cognitionis se extendit ad ea quae snnt extra cogno-
scentem: cognoscimus enim etiam ea quae extra nos sunt. Per mate-
riam autem determinatur forma <rei ad aliquid unum. Unde manife-
stum est quod ratio cognitionis ex opposito se habet ad rationem ma-
terialitatis. Et ideo quae non recipiunt formas nisi rnaterialiter, nullo
modo sunt cognoscitiva, sicut plantae; ut dicitur in 2 libro De
Anima [c. 12, lect. 24]. Quanto autem aliquid immaterialius habet
formam rei cognitae, tanto perfectius cognoscit. Unde et intellectus,
qui abstrahit speciem non solum a materia, sed etiam a materiali-
bus conditionibus individuantibus, perfectius cognosdt quam sen-
sus, qui accipit formam rei cognitae sine materia quidem, sed cum
materialibus wnditionibus. Et inter ipsos sensus, visus est magis
cognoscitivus, quia est minus materialis, ut supra [q. 78, a. 3] dictum
est. Et inter ipsos intellectus, tanto quilibet est perfectior, quanto
immaterialior.
Ex his ergo patet quod, si aliquis intellectus est qui per essentiam
suam cognoscit omnia, oportet quod essentia eius habeat in se im-
materialiter omnia; sicut antiqui posuerunt essentiam animae actu
componi ex principiis omnium materialiurn, ut cognoscaret omnia.
Hoc autem est proprium Dei, ut sua essentia sit immaterialiter com-
prehensiva omnium, prout effectus virtute praeexistunt in causa. So-
lus igitur Deus per essentiam suam omnia intelligit; non autem
anima humana, neque etiam angelus.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod August:Lnus ibi loquitur de visione
imaginaria, quae fit per imagines corporum. Quibus imaginibus for-
mandis dat anima aliquid suae substantiae, sicut subiectum datur

forma di somiglianza [o di immag·ine], l'Intelletto non può conoocere totalmente


il proprio oggetto, senza avere in se stesso la somiglianza di tutti gli enti e dl
tutte le loro differenze. E una ta1e somiglianza di tutto l'ente non può essere che
una natura infinita, che non sarà determinata a un genere e a una specie dell'es-
sere, ma sarà l'universale principio di tutto l'essere .... Ogni altra natura invece,
appartenendo a un genere e ad una specie determinata dell'ente, non può essere
la somiglianza universale di tutti gli enti. Rlm.ane dunque che Dio soltanto può
conoscere con la propria essenza tutte le cose» (-' Cont. Gent., c. 98 ; ctr. I, q. 55,
a. 1).
26 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 2-3
della sua sostanza, come offrendo il subietto che sarà rivestito di
quelle date fo.rme. In questo senso essa costruisce tali immagini con
Ja sua sostanza: non già che l'anima., o parte di essa, si trasformi
in modo da diventare questa o quell'immagine; ma nel senso in cui
si usa dire che da un corpo, il quale vfone rivestito dal colore, viene
formata una cosa colorata. Una tale interpretazione risulta dal con-
testo. Infatti S. Agostino aggiunge che l'anima "conserva qu.alche
cosa>>, cioè indipendentemente da quelle immagini, "capace di giu-
dicare liberamente sulla specie di tali immagini» : è quanto egli
chiama "mente» o "intelletto». Dice invece che è "comune a noi
e alle bestie » quella parte che viene rivestita di tali immagini, e cioè
I' immaginativa.
2. Aristotele non affermò che l'anima è composta di tutte le cose,
in maniera attuale, come volevano gli antichi naturalisti, ma disse
che "l'anima è, in certo qual modo, tutte le cose»·, cioè in quanto
è in potenza rispetto a tutte le cose: col senso rispetto a quelle sen-
sibili, con l' intelletto a quelle intelligibili.
3. Ogni creatura ha un essere definito e determinato. Quindi l' es-
senza di una creatura superiore, benchè abbia una somiglianza con
quella inferiore, per il fatto di avere un genere comune, tuttavia
non ha questa somiglianza in modo completo, perchè è detenminata
a una data specie, cui è estranea la specie della creatura inferiore.
Invece l'essenza di Dio è immag;ine perfetta di tutte le cose e di
quanto in esse si trova, essendo egli la causa universale di ogni
essere.

ARTICOLO 3
Se l'anima conosca tutte le cose per mezzo di idee innate. 1

SEMBRA che l'anima intenda tutte le cose per mezzo di idee innate.
Infatti:
1. Dice S. Gregorio che "l'uomo ha in comune con gli angeli l' in-
telligenza». Ora, gli angeli intendono tutte le cose mediante idee in
essi innate: difatti nel Liber De Causis si legge che "ogni intelli-
genza è piena di forme [intelligibili]"· 2 Dunque l'anima possiede
delle idee innate, con le quali conosce gli esseri corporei.
2. L'anima intellettiva è più nobile della materia prima. Ora, que-
st'ultima è stata creata da Dio sotto quelle forme alle qua.li pur.:i
è in potenza. A maggior ragione dunque è stata creata da Dio ri-
vestita di specie intelligibili l'anima umana. E in tal modo avremo
che l'anima oonosoe le cose materiali, servendosi di specie innate.
3. Nessuno può dare una risposta vera su ciò che non conosce. Ora,
anche un uomo ignorante, privo di scienza a.cquisit.a, risponde con
verità alle singole domande, purchè venga interrogato con metodo,
come narra Platone nel Menane. Perciò un uomo possiede la cono-
scenza delle cose prima d'acquistarne la scienza: cosa impossibile,

• L'artioolo prende di mira I' innatismo platonico; ma la critica tomistica è cosi


profonda, da valere sem'altro oontro quals.iasi forma di idealismo.
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 27

ut informetur per aliquam formam. Et sic de seipsa facit huiusmodi


imagines: non quod anima vel aJiquid animae convertatur, ut sit
haec vel illa imago ; sed sicut dicitur de corpore fieri aliquid colo-
ratum, prout informatur colore. Et hic sensus apparet ex his quae
sequuntur. Dicit enim quod « servat aliquid >>, scilicet non formatum
tali imagine, « quod libere de specie talium imaginum iudicet »:
et hoc dicit esse « mentem n vel « intellectum ». Partem autem quae
informatur huiusmodi imaginibus, scilicet imaginativam, dicit esse
"communem nobis et bestiis "·
AD SECt:NDUM DICENDUM quod Aristoteles non posuit animam esse
actu composi.tam ex omnibus, sicut antiqui Naturales; sed dixit
« quodammodo animam esse omnia'" inquantum est in potentia ad
omnia; per sensum quidem ad sensi.bilia, per intellectum vero ad
intelligibilia.
An TERTIUM DICENDUM qu.od quaelibet creatura habet esse finitum
et determinatum. Unde e.ssentia superioris creaturae, etsi haibeat
quandam similitiudinem inferioris creaturae prout communicant in
aliquo goo.ere, non tamen complete habet similitudinem illius, qui.a
determinatur ad aliquam speciem, praeter quam est species inferio-
ris creaturae. Sed essentia Dei est perfecta similitudo omnium quan-
tum ad omnia quae in -rebus iuveniuntur, sicut universale princi-
pium omnium.

ARTICULUS 3
Utrum anima intclligat omnia per species sibi naturaliter inditas.
~ Coni. Gent., c. 83; De l'erit., q. JO, a. 6; q. 11, a. 1; q. 18, a. 7; Q. 19, a. 1;
De A'fltma, a. !G.

AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima intelligat omnia


per species sibi natura.liter indita.s. Dicit enim Gregorius, in Homilia
Ascensionis [homil. 2D in Evang.] quod "homo habet commune cum
angelis intelligere ». Sed angeli intelligunt omnia per formas natu-
raliter inditas: unde in libro De Causis (prop. 10, lect. 10], dicitur
quod « omnis intelligentia est piena formis », Ergo et anima ha.bet
::;pecies rerum naturaliter inditas, qui.bus corporalia intelligit.
2. PRAETEREA, anima intellectiva est nobilior quam materia prima
corporalis. Sed materia prima est creata a. Deo sub formis ad quas
est in potentia. Ergo multo magis anima intellectiva est creata a
Deo sub speciebus intelligibilibus. Et sic anima intelligit corporalia
per species sibi naturaJiter inditas.
3. PRAETEREA, nullus potest ve,rum respondere nisi de eo quod scit.
Sed aliquis etiam idiota, non ha.bens sciemtiam acquisitam, respon-
det verum de singulis, si tamen ordinate interrogetur, ut narratur
in Menone [cc. 15 ss.] Platonis de quodam. Ergo antequam aliquis
acquirat. scientiam, habet rerum cognitionem. Quod non esset nisi

2 II Ltber De Cau.~ts è una racClOlta di aforismi filosofici tratta dalle opere di


Proclo, filosofo neopL~tonico dcl II sec. dopo Cristo.
28 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 3

se l'animo. non avesse delle idee innate. Dunque l'anima intende le


cose materiali mediante tali idee.
IN CONTRARIO: Il Filosofo, parlando dell'intelletto, d.ice che« è come
una tavoletta in cui non c'è scritto niente>>. '
RISPONDO: Essendo la forma principio di operazione, è necessario
che un essere si trovi ad avere verso la forma, principio della sua
operazione, lo stesso rapporto che ha verso quella operazione. Se,
p. es., il tendere verso l'alto proviene dalla levità, è necessario che
quanto si muove solo potenzialmente verso l'alto sia solo potenzial-
mente un corpo lieve ; invece ciò che attualmente si solleva in alto
sarà in atto un corpo lieve. Ora noi riscontriamo 2 che l'uomo talora
rispetto al conoscere è solo in potenza, sia per la conoscenza sensi-
tiva, che per quella intellettiva. E viene posto in atto a partire da
tale p-0tenzialità: sente cioè in forza dell'azione degli oggetti sensi-
bili sui sensi; e intende in forza dell'insegnamento!> dell'induzione.
Bisogna dunque affermare che l'anima conoscitiva è in potenza ari-
cevere, sia le immagini che sono i principii della sensazione, sia le
immagini che sono i principii dell' inteH&ione. Per tale motivo Ari-
stotele sostenne che lintelletto, col quale l'anima formalmente co-
nosce, non possiede idee innate, ma che inizialmente è in potenza
tutte le specie intenzionali.
Potrebbe però accadere che un e·ssere, il quale possiede attual-
mente una forma, non possa agire in forza di essa per un qualsiasi
impedimento: che un corpo Ieg·gero, p. es., possa essere impedito di
oollevarsi in alto. Per tale motivo Platone pensò che lintelletto
umano è per natura ripieno di tutte le specie intelligibili, ma che
l'unione col corpo gl' impedisce di passare all'atto.
Ma una tale p-0sizione non è sostenibile. Pl'imo, perchè, se lanima
ha una nozione naturale di tutte le cose, non sembra possibile che
cada in tanta dimenticanza di questa conoscenza naturale, da igno-
rare persino di possedere una tale conoscenza. Nessuno infatti di-
mentica quello che conosce p-er natura, che il tutto, p. es., è mag-
giore della sua parte, e altre verità del genere. Ma la cosa diviene
anche più insostenibile, se ammettiamo che per l'anima è naturale
essere unita col corpo, come abbiamo già dimostrato. E: assurdo in-
fatti che l'attività naturale di un essere venga totalmente impedita
da ciò che le compete per natura. • - Secondo, la falsità di tale teo-
ria apparisce chiaramente dal fa.tto che, quando abbiamo la man-
canza di un dato senso, viene a mancare la scienza di qruel!e cose
che sono percepite per mezzo di esso; così il cieco nato non può
avere alcuna nozione dci colori. Om, questo non avverreibbe, se nel-
l'anima fossero innati i concetti d.i tutte le cose intelligibili. - Dob-
biamo dunque concludere che l'anima non C·Onosce gli esseri mate-
riali servendosi di idee in essa innate.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È vero che l'uomo ha in comune
con gli angeli l'intelligenza, non raggiunge però l'eminenza del loro
intelletto. Così i corpi inferiori, i quali, al dire di S. Gregorio, hanno
la sola esistenza, sono ben distanti dal modo di esistere dei corpi
superiori. Infatti la materia dei primi non è del tutto attuata dalla
1 E la celeberrima frase di Aristotele, che tutti conoscono abbreviata ruill'espres-
sione latina, tabuia rasa.
2 S. Tommaso parte qui dall'<isperienza, come da un fatto indiscutibile. Pol-
chè si tratta di un 'e-sperienza cosi evidente (non per nulla adopera il termi.Ile
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 29

anima haberet species naturaliter inditas. Intelligit igitur anima res


corporeas per species naturaliter inditas.
SED CONTRA EST quod Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 4, lect. !lJ,
de intellectu loquens, quod est « sicut tabula in qua nihil est
scriptum».
RESPONDEO DICENDUM quod, cum forma sit principiurn actionis, opor-
tet ut eo modo se habeat aliquid ad formam quae est actionis prin-
cipium, quo se habet ad actionem illam: sìcut si moveri sursum est
cx levitate, oportet quod in potentia tantum sursum fertur, esse leve
solum in potentia, quod autem actu sursum fertur, esse leve in actu.
Videmus autem quod homo est quandoque cogno,scens in potentia
tantum, tam secundum sensnm quam secundum intelledum. Et de
tali potentia in actum reducitur, ut sentiat quidern, peir actiones
sensibilium in sensum; ut intelligat autem, per disciplinam aut in-
ventionem. Unde oportet dicere quod anima cognoscitiva sit in po-
tentia tam ad similitudines quae sunt principia sentiendi, quam ad
similitudines quae sunt principia intelligendi. Et propter hoc Ari-
stoteles posuit [ibid.J quod inte11ectus, quo anima intclligit, non ha-
bet aliquas species natnraliter inditas, sed est in principio in po·-
tentia ad huiusmodi species omnes.
Sed quia id quod habet actu formam, interdum non potest agere
secundum formam propter aliquod impedimenturn, sicut leve si im-
pediatur sursum ferri; propter hoc Plato posuit quod intellectus ho-
minis naturaliter est plenus omnibus speciebus intelligibilibus, sed
per unionem corporis irnpeditur ne possit in actum exire.
Sed hoc non videtur convenienter dictum. Primo quidem quia, si
habet anima naturalem notitiam omnium, non videtur esse possi-
bile quod hnius naturalis notitiae tantarn oblivionem capiat, quod
nesciat se huiusmodi scientiam habere: nullus enim homo oblivi-
scitur ea quae naturaliter cognoscit, sicut quod omne totum sit
mains sua parte, et alia huiusmodi. Praecipue autem hoc videtur
inconveniens, si ponatur esse animae naturale corpori uniri, ut su-
pra [q. 76, a. 1] habitum est: inconveniens enim est quod naturalis
operatio alicuius rei totaliter impediatur per id quod est sibi secun-
dum naturam. - Sccundo, manifeste apparet huius positionis falsi-
tas ex hoc quod, deficiente aliquo sensu, deficit scientia eorum, quae
apprehenduntur secundum illum sensum; sicut caecus natus nul-
lam potest habere notitiam de ooloribus. Quod non esset, si animae
essent naturaliter inditae omnium intelligibilium rationes. - Et ideo
dicendum est quod anima non cognoscit corporalia per s-pecies na-
turaliter inditas.
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod homo quidem convenit cum an-
gelis in intelligendo, deficit tamen ab eminentia intellectus eorum:
sicut et corpora inferiora, quae tantum existunt secundum Greg0-
riwm [Ioc. cit. in arg.J, deficiunt ab existentia superiorum corporum.
Nam materia inferiorum corporurn non est completa totaliter per

"vldemus »), che una qualsiasi induzione non potrebbe infirmare, senza pregiu-
dicare se stessa. Appunto perchè ogni altra cognizione è costretta a misurarsi
sulle prime evidenze della nostra attività conoscitiva.
3 L'Autore non ha creduto opportuno presentare questo motivo e-0me distinw dal
due argomenti già classici dell"aristotelismo contro la teGrla platonica. Esso però
approfondisce la questione sul piano metafisico, assicurando per sempre le basi
della teoria tomistica della conoscenza.
30 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 3-4

forma, ma è in potenza rispetto alle forme che non ha; invece la


materia dei oorpi celesti è totalmente attuata dalla forma, di modo
che non è più in potenza ad altre forme, come abbiamo già spiegato.
Parimente, l'intelletto dell'angelo è perfettamente attuato dalle spe-
cie intelligibili, in conformità della sua natura, mentre quello del-
1'uomo è in potenza alle medesime.
2. La materia prima trae l'essere .sostanziale dalla forma; era per-
ciò necessario che fosse creata sotto una data forma, altrimenti non
avrebbe potuto esistere. Tuttavia, mentre sussiste sotto una data
forma è in potenza ad altre forme. L'intelletto invece non riceve
un essere sostanziale dalla specie intelligibile; quindi il caso è di-
verso.
3. L'interrogazione metodica procede dai principii universali per
sè noti, alle conclusioni particolari. Ma con tale procedimento si
causa la scienza nell'anima del discepolo. Perciò, se egli risponde
il vero a queste ultime domande, non è perchè ne aveva una cono-
scenza anteriore, ma perchè ha imparato in quel momento. Infatti
poco importa. che l' insegnante, nel prncedere dai principii comuni
alle conclusioni, usi l'esposizione o l'interrogazione: poichè in am-
bedue i casi l'animo del discepolo arriva alla certezza delle nozioni
posteriori in forza di quelle anteriori. 1

ARTICOLO 4
Se le idee derivino nell'anima dalle forme separate. •

SEMBRA che le idee derivino nell'anima dalle forme separate. In-


fatti:
1. Ogni essere, che abbia per pa.rtecipazione una data qualità, di-
pende da coiui che la possiede per essenza; cosi un oggetto infocato
ha una dipendenza causa.le dal fuoco. Ora, l'anima intellettiva, nel-
l'atto di intendere, viene ad essere partecipe degli oggetti intelligi-
bili; infatti I' intelletto che attualmente pen&a in qualche modo è
l'oggetto pensato. Perciò quello, che di per sè e per essenza è oggetto
attuale d'intellezione, è causa dell'intellezione attuale dell'anima.
Ora, sono essenzialmente oggetto attuale d'intellezione le forme che
sussistono indipendentemente dalla materia. Dunque le specie intel-
ligibili, di cui si serve l'anima per intendere, derivano da qualche
forma separata.
2. Gli oggetti intelligibili stanno all'intelletto, come quelli sensi-
bili ai sensi. Ora, causa delle immagini sensibili che si trovano nei
bensi, e con le quali sentiamo, sono gli oggetti sensibili esistenti fuori
dell'anima. Dunque le immagini intelligibili, con le qiuali intende il
nostro intelletto, sono causate da oggetti intelligibili in atto esistenti
fuori dell'anima. E questi non sono a.ltro che le forme separate dalla
materia. Perciò le specie intelligibili del nostro intelletto derivano
dalle sostanze separate.

1 La grande prova, tentata da Platone a sostegno della sua teoria, cade cosi
lrrepa.ra.bilmente. Se vogliamo, gli elementi IJ-0.'Sitivi di e.563. verranno rielaborati
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 31
formam, sed est in potentia ad formas quas non habet: materia au-
tem caelestium corporum est totaliter completa per formam, ita quod
non est in potentia ad aliam formam, ut supra [q. 66, a. 2] habitum
est. Et similiter intellectus amgeli est perfectus per species intelli-
gibiles secundum suam naturam: intellectus autem humanus est in
potentia ad huiusmodi specie·S.
AD SECUNDUM DICEC\DUM quod mate1ia prima habet esse substan-
tiale per formam, et ideo oportuit quod crearetur sub aliqua forma:
alioquin non esset in actu. Sub una tamen forma existens, est in
potentia ad alias. Intellectus autem non habet esse substantiale per
speciem intelligibilem ; et ideo non est simile.
AD TERTIUM DICENDUM quod ordinata interrogatio procedit ex prin-
cipiis communibus per se notis, ad propria. Per talem autem proces-
sum scientia causatur in anima addiscentis. Unde cum verum re-
spondet de his de quibus secundo interrogatur, hoc non est quia
prius ea noverit; sed quia tunc ea de novo addiscit. Nihil enim
refert utrum ille qui docet, proponendo vel interrogando prrocedat
de principiis communibus ad conclusiones: utrobique enim animus
audieIJtis certificatur de posterioribus per priora.

ARTICULUS 4
Utrum species intelligibiles eflluant in animam
ab aliquibus formis separatis.
De Verit., q. 10, a. 6; q. 11, a. 1; De Anima, a. 15.

AD QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod species intelligibiles ef-


ftuant in animam ab aliquibus formis separatis. Omne enim quod
per participationem est tale, causatur ab eo quod est per essentiam
tale; sicut quod est ignitlUTI reducitur sicut in cau-sam ill1 ignem.
Sed anima intellectiva, secundum quod est actu intelligens, partici-
pat ipsa intelligibilia: intellectus enim in actu, quodammodo est
intellectum in actu. Ergo ea quae secundum se et per essentiarn
suam sunt inte.]]cda in actu, sunt causaB animae intellectivae quod
actu intelligat. Intellecta autem in actu per essentiam suam, sunt
formae sine materia existentes. Species igitur intelligibiles quibus
anima intelligit, causantur a formis aliquibus separatis.
2. PRAETEREA, intelligibilia se habent ad intellectum, sicut sensibi-
lia ad sensum. Sed sensibilia quae sunt in actu extra animan1, sunt
causae specierum sensibilium qua.e sunt in sensu, quibus sentimus.
Ergo species intelligibiles quibus intellectus noster intelligit, cau·san-
tur ab aliquibus actu intelligibilibus extra animam existcntibus.
Huiusmodi autem non sunt nisi fOlrmae a materia .separatae. Formae
igitur intelligibile,g intellectus nostri effluunt ab aliquibus substau-
tiis sep a1·atis.
dal g>en!o dell'Aquinate In una teoria più matura sull'insegnamento (cfr. 1, q. 117,
a. 1; De Verit., q. 11).
2 S. Tommaso usa l'espressione generica "forme separate'" per abbracciare
tutte le sfumature del platonismo. Forme separate sono le idee archetipe di Pla-
tone, come le sostanze separate, o angeliche, degli Arabi.
32 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 4.

3. Tutto ciò che è in potenza. viene posto in atto da un es.sere che


è già in atto. Se quindi il nostro intelletto, inizialmente in potenza,
passa in seguito a.Il' intellezione attuale, è necessario che ciò sia cau-
sato da un'intelligenza sempre in atto. Ma tale intelligenza è un
intelletto separato. Dw1que le specie intelligibili con le quali inten-
diamo dipendono dalle sostanze separate.
IN CONTRARIO: Stando cosi le cose noi non dovremmo aver bisogno
dei sensi per. intendere. Ma che ciò sia falso risulta ben chiarp dal
fatto che chi è privo di un dato senso in nessun modo può conoscerne
gli oggetti relativi.
RISPONDO: Alcuni hanno pensato che le specie intelligibili del no-
stro intelletto derivino dalle forme o sostanze separate. Albbi.amo in
piroposit.o due opinioni. Platone, come già si disse, ammise forme
sussistenti senza materia delle cose .sensibili; p. es., la forma dei-
l'uomo che chiamava u l'uomo per se ·stesso», la forma o lidea del
cavallo che chiamava u il cavallo per se stesso», e cosi via. E rite·
neva che queste forme separate vengono partec.ipate e dall'anima
nostra e dalla materia corporea: dall'anima nostra per la cogni-
zione, e dalla materia per l'esistenza. Sicchè, come la materia di-
venta questa data pietra per il fatto che paJrtecip.a lidea della pietra,
così il nostro intelletto conosce di fatto la pietra perchè partecipa
l'idea deUa pietra. La partecipazione poi del!' idea avverrebbe me-
diante una somiglianza dell'idea stessa in colui che la partecipa, allo
stesso modo che un modello viene partecipato dalla sua copia. Come
dunque riteneva che le forme sensibili e materiali derivassero dalle
idee quali loro imitazioni, così pensava che le nostre specie intelligi-
bili fossero imitazioni delle idee e loro derivazioni. Per tale motivo,
come si è già visto, asseriva che le scienze e le definizioni si riferi-
scono direttamente alle idee.
Siccome però, e Aristotele lo dimostra ampiamente, è contro la
natura stessa delle cose sensibili che le Lo·ro forme sussistano senza
la materia, Avicenna, escludendo questa teoria, pensò che le specie
intelligibili di qualsiasi cosa sensibile non sussistono a sè senza ma-
teria, ma che preesistono spoglie di ogni materialità nelle intelli-
genze separate. Esse cioè sarebbero state pairtecipate dalla prima
intelligenza alla seconda, e così di seguito fino all'ultima intelligenza.
separata che egli chiama intelletto agente; e da questa verreibbero
infuse nelle anime nostre le specie intel.ligÌJbili, e nella materia le
forme delle cose sensibili. Avicenna perciò è d'accordo con Pia.tane
nel ritenere che le noske specie intelligibili derivino dalle forme
separate. Mentre però Platone leTitiene sussistenti per se stesse, Avi-
cenna le colloca nell'intelletto agente. Discordano· ancora in questo:
Avicenna riti.ene che le specie intelligibili non rimangono nel nostro
intelletto quando questo non le pensa, ma che esso è obbligato a
rivolgersi di nuovo ali' intelletto agente per riceverle una seconda
volta. Perciò egli nc:m ammette una scienza innata nell'anima come
fa Platone, il qru.ale ritiene che la partecipazione delle idee rimane
perpetuamente nell'anima.
Ora, stando alla suddetta teoria, non è possibile trovare una ra-
gione ·Sufficiente per giustificare l'unione de.Jl'anima col corpo. ' Non

1 Si pl>teva anche re.spingere la teoria di Avicenna in base al principio: "Ogni


a.s>erzl<0ne gratuita non ha bisogno di essere confutata "· l\Ia il Dottore Angelico
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 33

3. PRAETEREA, omne quod est in potentia, reducit.ur in actum per


id quod est actu. Si ergo intellectus noster, prius in potentia exi-
stens, postmodum actu intelligat, oportet quod hoc causetur ab ali-
quo intellectu qui semper est in actu. Hic autem est intellectus se-
paratus. Ergo ab aliquibus substantiis separatis causantur species
intelligibiles quibus actu intelligimus.
SED CONTRA EST quia secundum hoc sensibus non indigeremus ad
intelligendum. Quod patct esse falsum ex hoc praecipue quod qui ca-
ret uno sensu, nullo modo potest habere scientiam de sensibilibus
illi us sensus.
RESPONDEO DICENDUM quod quidam posuerunt species intelligibiles
nostri intellectus procedere ab aliquibus formis vel substantiis sepa-
ratis. Et hoc dupliciter. Plato enim, sicut dictum est [a. 1], posuit
formas rerum sensibilium per se sine materia subsistentes; sicut
formam hominis, quam nominabat cc per se hominem "• et formam
ve! ideam equi, quam nominabat "per se equum >>, et sic de aliis.
Has ergo formas separatas ponebat participari et ab anima nostra,
et a materia corporali ; ab anima quidem nostra. ad oognoscendum,
a materia vero corporali ad essendum; ut sicut materia corporalis
per hoc quod participat ideam lapidis, fit hic lapis, ita intellectus
noster per hoc quod pa,rticipat ideam lapidis, fit intelligens lapidem.
Participatio autem ideae fit per aliquam similitudinem ipsius ideae
in participante ipsam, per modum quo exemp1ar participatur ab
exemplato. Sicut igitur ponebat formas scnsibiles quae sunt in ma-
teria corporali, effiuere ab ideis sicut quasdam earum similitudines;
ita pouebat species intelligibiles nostri intellectus esse similitudine:s
quasdam idearum ab eis efliuentes. Et propter hoc, ut sup['a [a. 1]
dictum est, scientias et defìnitiones ad ideas referebat.
Sed quia contra rationem rerum sensibiliurn est quod earum
f.ormae subsistant absque materiis, ut Aristoteles multipliciter pro-
Lat (7 Melaph., cc. 14, 15, lect. 14, 15]; ideo AvicPnna, !wc posi-
tione remota, posuit [De Anima, part. V, c. 5; Meta.ph., tract. VIII,
c. 6; tract. IX, cc. 4, 5] omnium rnrum sensibilium intelligibiles spe-
cies, non quiùcm per se subsistere absquc materia, sed praeexistere
immaterialiter in intellcctibus separatis; a quo.rum primo derivan-
1ur huiusmodi spccies in sequemtcrn, et sic de aliis usque ad u.ltimum
intellectum separatum, quem nominat intellectum agentem; a quo,
ut ipse dici!, effluunt species intelligibiles in animas nostras, et
formae sensibiles in materiam corporalem. - Et sic in hoc Avicenna
cum Platone concordat, quod species intelligibiles nostri intellectus
effluunt a quibusdam formis separatis: quas tamen Plato dicit per
se subsistere, Avicenna vero ponit eas in intellige:ntia agente. Dif-
fcrunt etiam quantum a.d hoc, quod Avicenna pooit species intelli-
gibiles non remanere in intellectu nostro postquam desinit actu in-
tclligere; sed indiget ut iterato se convertat ad recipiendum de
novo [cfr. De Anima, part. V, c. 6]. Unde non ponit scientiam animae
Jiaturaliter inditam, sicut Plato, qui ponit participationes idearum
immobiliter in anima permanere.
Sed secundum hanc positionem sufficiens ratio assignari non pos-
sct quare anima nostra corpori uniretur. Non enim potest dici quod

ha un grande rispetto verso i filosofi che lo hanno preceduto, in modo SJl«!iale


verso Platone e Avicenna. Perciò confuta il loro errore mediante un approfondi-
34 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 4

si può dire infatti che l'anima intellettiva si unisce al corpo a van-


taggio del corpo ; p.oichè la forma non è per la materia, nè il motore
per il mobile ; piuttosto è vero il contrario. Il motivo principale per
cui il corpo si dimostra necessaJrio all'anima intellettiva è l'opera-
zione specifica di questa, cioè lintellezione: poichè quanto all'essere
l'anima non dipende dal corpo. Ma se l'anima avesse per natura
l'attitudine a ricevere le idee dall'influsso di sostanze separate, senza
ricavarle dai sensi, non avrebbe bisogno del corpo per intendere ;
e quindi sarebbe inutile la sua unione col corpo.
E non basta replicare che l'anima nostra ha bisogno eg1U.almente
dei sensi per intendere, per il fatto che prende da essi come uno sti-
molo a considerare le oose di cui riceve le specie intelligibili dalle
sostanze. separate. Perchè un tale stimolo è necessario all'anima
solo in quanto essa, al dire dei platonici, è come assopita e sme-
morata in seguito alla sua unione col corpo: cosicchè i sensi giove-
rebbero all'anima intellettiva solo per togliere le difficoltà provenienti
dalla sua unione col corpo. Rimane dunque sempre da chiarire quale
sia la causa dell'unione tra l'anima e il corpo.
E neppur.e giova replicare con Avicenna che i sensi sono necessari
all'anima, perchè questa poo.sa essere stimolata a rivolgersi a.Il' intel-
letto agente da cui riceve le idee. Perchè, se fosse vero che l'anima
è fatta per intendere mediante le idee infuse dall'intelletto agente,
potrebbe anche rivolgersi a questo intelletto, si.a in forza della sua
inclinazione naturale, sia dietro lo stimolo di un altro senso, per
avere le idee di quegli oggetti sensibili di cui w10 non avesse mai
avuto la percezione. Così un cieco nato potrebbe avei!'e la scienza dei
colori: cosa evidentemente falsa. - Dobbiamo dunque concludere che
le idee, mediante le quali l'anima nostra intende, non derivano dalle
forme separate. 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT.4.: 1. Le specie intelligibili partecipate dal
nostro intelletto dipendono, come da causa prima, <la un primo prin-
cipio intelligibile per essenza, cioè da Dio. Ma esse derivano da tale
principio attraverso le forme delle cose sensibili e materiali, dalle
quali ;raccogliamo la nostra scienza, come si esprime Dionigi.
2. Le cose materiali, in forza dell'esistenza che hanno fuori del-
l'anima, possono essere attualmente sensibili, non già attualmente
intelligibili. Non è quindi :uguale il ca.so per il senso e per I' int.el-
letto.
3. Il nostro intelletto possibile passa dalla potenza all'atto in forza
di un essere in atto, cioè de.Jl' intelletto agente, che è una facolt:l
della nostra an~ma, come abbiamo già dimostrato; non già in forza
di un intelletto separato, almeno in qualità di caut'a prossima, ma
tutt'al più di causa remota. 2

mento della questione. - Sul pi.ano metafisico la teoria platonica e le sue deriva-
zioni non giustificano l'unione dell'anima col suo corpo; sul piano pslcolor;ico ha
11 grave inconveniente di urtare contro l'esperienza. S. Tommaso aceenna a que-
st'ultimo prima di chiudere La risposta magistrale, contro la teoria di Avicenna.
i Ai vari sistemi antichi di innatismo bi.SOgnerebbe aggiungere quello persona-
lissimo d'i Antonio Rosmlni, cne cercò Invano di non mettersi in opposizione col
pensiero di S. Tommaso. Egli credette di poter ravvisare l'innatismo dell'" idea
dell'~Nl" nell' intel'.etto agente, oppure nella scienza abituale dei primi prin-
cip!L Ma la dottrina di questo articolo basta da sola a confutare l'affermazione
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 35

anima intellectiva corpori uniatur p:ropter corpus: quia nec forma


est propter materiam, nec motor propter mobile, sed potius e con-
verso. Maxime autem videtur co-rpus esse necessarium animae intel-
lectivae ad eius propriam operationem, quae est intelligere: quia
secundum esse suum a corpore no-n dependet. Si autem anima spe-
cies intelligibiles secundum suam naturam apta nata esset recipere
per inftuentiam aliquorum separatoruJll principiorum tantum, et
non a.cciperot ea.s ex sensibus, non indigeret corpore ad intelligen-
dum: unde frustra corpori uniretur.
Si autcm dicatur quod indiget animg, nostra sensibus ad intelli-
gendum, quibus quo-da.mmodo excitetur a,d consideranda ea quòrum
species iintelligibiles a principiiS' separatis recipit; hoc non videtu.r
sufficere. Quia huiusmodi excitatio non videtur necessaria animae
nisi inquantum est consopita secunduJll Platonicos, quodammodo
et obliviosa propter uni-0nem 'ad corpus: et sic sensus non profice-
rent anima.e intellectivae nisi ad tollelldum impedimentum quod
animae provenit ex corporis unione. Remanet igitlllr quaerendum
quae sit causa unionis animae ad corpllS.
Si autem dicatur, secundum Avicenna.rn (ibid., c. 5), quod sensus
sunt animae necessarii, quia per cos cl<citatur ut convertat se ad
intelligentiam agentem, a qua recipit species; hoc quidem non suf-
ficit. Quia si in natura animae e&t ut intelligat per species ab intel-
ligentia agente efftuxas, sequeretur quod quandoque anima possit
se convertere ad intelligentiam agenteJl'I ex inclinatione suae na-
turae, vel etiam excitata per aliurn sensum, ut convertat se ad in-
telligcntiam agentem ad recipiendum gpecies sensibilium qm:irum
sensum aliquis non habet. Et sic caecus natus posset habere scien-
tiam de coloribus: quod est manifeste fa}sum. - Unde dicendum est
quod species intelligibiles quihus anima nostra intelligit, non effiuunt
a formis separalis.
AD PRJM1.1M EH&O DICENDUM quoù species intelligibiles quas parti-
cipat no-stcr intellectus, reducuntur sicut in primarrn causam in ali-
quod principinm per suam cssentiam intelligibile, sc.ilicet in Deum.
Sed ab ilio principio prncedunt rnediantibns formis rerum sensibi-
liwn et materialium, a quibus scientian1 colligimus, ut Dionysius
dicit [Dc Div. Nom., c. 7, lPct. 2).
AD SECUN1Ju111 DICENDUM quod res mate'f'iales, secundum esse quod
habent extra animam, possuJJt esse sensit>iles actu ; non autem actu
intelligibiles. Unde non est simile de sensu et inte!lectu.
An TERTI UM DICENDUM quod intellectus noster possibilis reducitur
de potentia ad actum per aliquod ens a.ctu, idest per intellectum
agentem, qui est virtus quaedam animae nostrae, ut dictum est
[q. 79, a. 4): non autem per aliquem intellectum separatum, sicut
per causam proximam; sed forte sicut per ca.usam remo-tam.

~eguente del Rosminl: "Rimane che l'idea dell'es.sere sia innata nell'anima no-
stra; slcchè noi nasciamo colla presenza e colla visione dell'essere possibile, seb-
bene non cl badiamo che assai tardi., (Nuovo Saggio sull'origine delle tdee, Roma,
1!1:J4, II, n. 468, p. 49 s. nota).
2 L'intelletto separato a cui si accenna, causa remota della nostra intellezione,
non è una clelle sostanze separate escogitate dal neoplatonici, ma è Dio stesso
(cCr. /, q. 79, a. 4).
36 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 5

ARTICOLO 5
Se l'anima intellettiva conosca le cose materiali nelle ragioni eterne. 1

SEMBRA che l'anima intellettiva non conosca le cose materiali nelle


ragioni eterne. Infatti:
1. Il mezzo nel quale è conosciuta. una cosa deve esoore già esso
stesso maggiormente conosciuto. Ora, l'anima intellettiva dell'uomo,
nello stato della vita presente, non conosce le ragioni eterne, poichè
non conosce neppure Dio, nel quale le ragioni eterne si trovano ;
ma, al dire di Dionigi, si unisce a lui come a uno sconosciuto. Dun-
que l'anima non conosce tutte le cose nelle ragioni eterne.
2. Sta scritto: " Le cose invisibili di Dio, comprendendosi dalle cose
fatte, si rendono visibili"· Ora, le ragioni eterne sono comprese tra
le cose invisibili di Dio. Quindi le ragioni eterne sono conosciute me-
diante le creature materiali, e non viceversa.
3. Le ragioni eterne non sono altro che le idee; spiega infatti
S. Agostino: "Le idee sono le ragioni immutabili delle cose, esistenti
nella mente divina». Ora, se diciamo che l'anima intellettiva cono-
sce tutto nelle ragioni eterne, si ricade nella teoria di Platone, il
quale riteneva che ogni nostra conoscenza promana dalle idee.
IN CONTRARIO: Scrive S. Ago&iino: "Se tutti e due vediamo che è
vero quanto dici tu, e che è vero quanto dico io, di g,razia, dov' è
che Io vediamo? Certamente nè io in te, nè tu in me; ma ambedue
lo vediamo nella stessa immutabile verità, che è al disopra delle
nostre menti"· Ora, la verità immutabile fa parte delle ragioni
eterne. Dunque l'anima intellettiva conosce ogni verità nelle ragioni
eterne.
RISPONDO: Fa osservare S. Agostino: "Se i cosiddetti filosofi hanno
eventualmente insegnato cose vere e conformi alla nostra fede, noi
dobbiamo rivendicairle da essi a nostro vantaggio, come da pos:se~
sori illegittimi. Infatti le dottrine dei pagani contengono superfeta-
zioni fallaci e superstiziose, che ciascuno di noi uscendo dal paga-
nesimo è tenuto a schivare». Per tale motivo S. Agostino, che era
stato formato alle dottrine dei platonici, quando trovava nei loro
scritti delle cose conformi alla fede, le riteneva; mentre sostituiva
con dottrine migliori quanto vi riscontrava di opposto alla nost1ra
fede. Ora, Platone, come si è visto sopra, ammetteva che le forme
delle cose, da lui chiamate idee, sussistono per se .stesse, indipenden-
temente dalla materia ; affermando che il nostro intelletto conosce
tutte le cose mediante la partecipazione di esse. Cosicchè la materia
corporea sarebbe diventata pietra per causa deUa partecipazione
del!' idea-pietra, e il nostiro intelletto avrebbe conosciuto la pietra
mediante la partecipazione della medesima idea. Ora, non sembra
conciliabile con la fede [l'opinione] che le forme delle cose sussistano

1 Dopo di avere scartato le teorie platoniche e neoplatoniche sorte nel pagane-


simo, S. Tommaso si ìrova dinanzi al platonismo agostiniano. S. Agostino aveva
trasferito il mondo delle idee (trasformate in rattones aeternae) nel pensiero di·
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 37

ARTICULUS 5
Utrum anima intellectiva cognoscat res materiales
in rationibus aeternis.
Supra, q. 12, a. 2, ad 3; De 'Vclit., q. 8, a. 7, ad 13; q. 10, a. 6, ad fl; a. 8.

AD Ql'INTUl\I SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima int.ellectiva non


cognoscat res materiales in rationibus aeteimis. Id enim in quo ali-
quid cognoscitiur, ipsum magis et per prius cognoscitur. Sed anima
intellectiva hO!minis, in statu praesentis ·vita.e, non cognoscit ratio-
nes aeternas: quia non cognoscit ipsum Deum, in quo rationes ae-
ternae existunt, sed (( ei sicut ignoto coniungitur >>, ut Dionysius dl-
cit in 1 cap. Mysticae Theologiae. Ergo anima n,on cognoscit omnia
in rationibus aeternis.
2. PRAETEREA, Rom. 1, 20, dicitur quod (( invisibilia Dei per ea quae
facta sunt, conspiciuntur "· Sed inter invisibilia Dei numetrantur
rationes aetemae. Ergo rationes aeternae per creaturas materiales
cognoscuntur, et non e converso.
3. PRAETEREA, rationes aeternae nihil ali ud sunt quam idea.e: dicit
enim Augustinus, in libro Octogint'l. trium Quaest. [q. 46), quod
" ideae sunt rationes stabiles rerum in mente divina existentes "·
Si ergo dicatur quod anima intellectiva oognoscit omnia in rationi-
bus aeternis, redibit opinio Platonis, qui posuit omnem scientiam
ab ideis derivari.
SEo CONTRA EST quod dicit Augustinus, 12 Confess. [c. 25): ((Si ambo
videmus verum esse quod dicis, et ambo videmus verum esse quod
dico, ubi quaeso in videmus? Nec ego utique in te, nec tu in me:
sed ambo in ip&a, quae supra mentes nostras est, incommutabili
veritate "· Veritas autem incomrnutabilis in aeternis rationibus con-
tinetur. Ergo anima intellectiva omnia vera cognoscit in rationibus
aeternis.
RESPONOEO DICENOUM quod, sicut Augustinus dicit in 2 De Doctr.
Christ. [c. -10), « Philosophi qui vocantur, si qua forte vera et fidei
nostrae accomoda dixerunt, ab eis tanquarn ab iniustis possessori-
bus in usum nostrum vindicanda sunt. Habent enim doctrinae gen-
tilium quaedarn simulata et superstitiosa figmenta, quae unusqui-
sque nostrum de societate gentilium exiens, debet evitare». Et ideo
Augustinus, qui doctrinis Platonicorum imbutus fuerat, si qua in-
venit fidei accommoda in eorum dictis, assumpsit; quae vero inve-
nit fidei nostra.e adversa, in melius commutavit. Posuit autem Plato,
sicut supra [a. praec.] dicturn est, formas rerum per se subsistere
a materia separatas, quas ideas vocabat, per quarum participatio-
nem dicebat intellectum nostrum omnia cognoscere; ut sicut mate-
ria corporalis per participationem ideae lapidis fit lapis, ita intel-
lectus noster per participationem eiusdem ideae cognosceret lapi-
dem. Sed quia videtur esse alienum a fide quod forma.e rerum extra
res per se subsistant absque materia, sicut Platonici p-0suemnt, di-

vino. E questa sua concezione era ormai universalmente accettata dai filosofi e dai
teologi cristiani. L'Aquinate nell'articolo prende posizione di fronte alla geniale
lntuizione agostiniana, integrandola nel proprio sistema.

3 - VI
38 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 5
separate da esse e senza la materia, come volevano i platonici; i
quali, come riferisce Dionigi, sostenevano che « la vita per se stessa'"
o la «sapienza per se stessa», sono sostanze creatrici.' Perciò S. Ag<J•
stino, invece delle idee platoniche, ammise che nella mente divina
esistono le 11agioni di ogni cosa creata, e che in forza di tali ragioni
1111tti gli esseri ricevono la lOll'o forma, e l'anima nostra conosce tutte
le cose.
Perciò quando si domanda se l'anima umana conosca tutto nelle
ragioni eterne, bisogna ricordare che due sono i sensi in cui si dice
che una cosa è conosciuta in un'altra. Primo, come inclusa in un
oggetto conosciuto; nel modo cioè in cui chi guarda uno specchio
vede in e$O le cose che vi si specchiano. In tal senso l'anima, nello
stato della vita presente, non può vedere le cose nelle ragioni eterne ;
ma questo è il modo in cui sono conosciute tilltte le cose nelle ragioni
eterne dai beati, i quali vedono Dio, e in lui tutte le cose. - Secondo,
si può dire che una cosa è conoseiuta in un'altra in quanto quest'ul-
tima ne è il principio di conoscenza; come se si dicesse che si vede nel
sole quanto si vede per mezzo del sole. In tal senso bisogna dire che
l'anima conosce tutto nelle ragioni eterne, poichè in forza della loro
partecipazione wnosciamo tutte le cose. Infatti la stessa luce intel-
lettuale che è in noi non è altro che un'immagine partecipata. della
luce increata, in cui sono contenute le ragioni eterne. Perciò nei
Salmi si legge: «Molti dicono: chi ci farà vedere il hene? » ; alla
quale domanda così risponde il Salmista: u Qual sigillo è impressa
su noi la luce del tuo volto, o Signore "· Quasi per dire: Tutte le
cose ci sono mostrate mediante il sigillo della luce divina che è
in noi.
Ma siccome per poter avere la cognizione delle cose materiali, ol-
tre la luce intellettuale che è in noi, sono richieste anche le specie
intellettive ricevute dalle cose, non abbiamo la conoscenza delle cose
materiali mediante la sola partecipazione delle ragioni eterne, come
volevano i platonici, i quali pensavano che la sola partecipazione
delle idee bastasse alla conoscenza. Dice in proposito S. Agostino:
" Che forse i filosofi, i quali insegnano con argomenti sicurissimi che
tutte le cose temporali sono fatte secondo le ragioni eterne, hanno
potuto scorgere in queste medesime ragioni, oppure desumere da
esse, quanti siano i generi di animali e quali i semi dei singoli es-
seri? Non raggiunsero forse tali nozioni attraverso l'indagine dei
luoghi e dci tempi?».
Che poi S. Agostino, ne.Jl'affermare che tutte le cose sono cono-
sciute «nelle ragioni eterne>>, o "nella verità incommutabile n, non
ahbia inteso sostenere che queste ragioni sono conosciute diretta-
mente, risulta da quanto scrive egli stesso nel Iihro Octoginta triurn.
quaestionum: "Non ogni anima ragionevole, ma solo quella che è
stata santa e pura'" come è l'anima dei heati, "è idonea a quella
visione >>, cioè alla visione mediante le ragioni eterne. 2
E così sono evidenti le risposte da dare alle difficoltà.

1 Il Card. Gaeta.no sente qui il dovere di richiamare l'at.tenzione c1el lettore:


"Nota che la sentenzn di Platone è giudicata contra.ria alla fede per due motivi.
Primo, perchè Platone riteneva sussistenti non soltant-0 le assenze delle cose seru;i-
bili, e cioè i·ess~nza del bue, del c<1xallo, del leone, ecc., ma anche la &apienza, la
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 39
ccntes «per se vitam ,, aut cc per se sapientiam n esse quasdam sub-
stantias creatrices, ut Dionysius dicit 11 cap. De Div. Nom. [led. 4];
ideo Augustinus, in libro Octoginta trium Qitaest. [q. 46], posuit loco
harum idearum quas Plato ponebat, rationes omnium creaturarum
in mente divina existere, secundum quas omnia formantur, et secun-
dum quas etiam anima humana omnia cognoscit.
Cum ergo quaeritur utrum anima Immana in rationibus aeternis
omnia cognoscat, dicendum est quod aliquid in aliquo dicitur oo-
gnosci dupliciter. Uno modo, sicut in obiecto cognito; sicut aliquis
videt in speculo ea quorum imagines in speculo resultant. Et hoc
modo anima, in statu praesentis vitae, non potest videre omnia in
rationibus aeternis; sed sic in l!'ationibus aeternis cognoscunt omnia
beati, qui Deum vident et omnia in ipso. - Alio modo dicitur aliquid
cognosci in aliquo sicut in cognitionis principio ; sicut si dica.rrnus
quod in sole videntur ea quae videntur per solem. Et sic necesse est
dicere quod anima humana omnia c-ognoscat in rationibus aeter-
nis, per quar.um participationem omnia cognoscimu.s. Ipsum ooirn
lumen intellectuale quod est in nOlbis, nihil est aliud quam quaedam
participata similitudo luminis increati, in quo continentur ra.tiones
aeternae. Unde in Psalmo 4, 6-7 dicitur: "Multi dicunt, Quis osten-
dit no bis bona? » cui quaestioni Psalmista respondiet, dicens: " Si-
gnatum est supeir nos lumen vultus tui, Domine». Quasi dicat: Per
ipsam sigillationem divini luminis in nobis, omnia nobis demon-
strantur.
Quia tamen praeter lumen inte1Iectuale in nobis, exiguntur sp.ecies
intelligibiles a rebus acceptae, ad scientiam de rebus materialibus
babendam; ideo non per solam participationem rationum a·eterna-
rum de re.bus mat.erialibus notitiam babemus, sicut Platonici po-
suerunt quod sola idearum participatio suffìcit ad scientiam haben-
dam. Unde Augustinus dicit, in 4 De Trin. [c. 16]: "Numquid quia
philosophi documentis certissimis persuadent aeternis rationibus om-
nia temporalia fieri, propterea potuerunt in ipsis rationibus per-
spicere, ve! ex ipsis colligere quot sint animalium genera, quae se-
mina siingulorum? Nonne ista omnia per locorum ac temporum histo-
riam quaesierunt? ».
Quod autem Augustinus non sic intellexerit omnia cognosci cc in ra-
tionibus aeternis >>, ve! "in incommutabili veritate n, quasi ipsae ra-
tiones aeternae videantur, patet per boe quod ipse dicit in libro
Octoginta trium Quaest. [loco cit.], quod "rationalis anima non om-
nis et quaelibet, sed quae sancta et pura fuerit, asseritur illi vi-
sioni n, scilicet ratìonum aeternarum, cc esse idonea n; sicut sunt
animae beatorum.
Et per baec patet re-sponsio ad obiecta.

vita e le altre perfezioni simpUctter stmpllces .... fuori di Dio. Se.:onclo, perchè que-
ste forme venivano considerate come creatrici: mentre la creazione spetta unica-
mente a Dio " (in h. a.).
• Con ciò l'Autore non pretende di attribuire senz'altro a S. Agostino la teoria
aristotelica: egli sa di trattare con un platonico. Vuole soltanto sottolineare quel
testi dai quali risulta che il grande Vescovo atTricano ha sentito le lnsufllcienzo
di una teoria, al cui motivi abitualmente si Ispirava, ma di cui non si rose ma.f
schiavo.
40 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 6

ARTICOLO 6
Se la cognizione intellettiva derivi dalle cose sensibili. 1

SEMBRA che la conoscenza intellettiva non derivi dalle cose sensi-


bili. Infatti:
1. S. Agostino insegna che "non bisogna aspettarsi una sincera
verità dai sensi del corpo"· E lo prova in due modi Primo, dal fatto
che « quant-0 è oggetto dei sensi si trasforma ininterrottamente ; e ciò.
che è instabile non può essere percepito "· Secondo, dal fatto che
«possiamo avere l' impressione delle immagini di tutto ciò che sen-
tiamo mediante il corpo, anche quando le cose sono assenti dai sensi,
p. es., nel sonno o nei momenti di alienazione ; inoltre con i sensi
non sialTIQ capaci di discernere, se effettivamente sentiamo le cose
sensibili, o le loro immagini fallaci. Ora, niente può dirsi percepito,
se non viene distinto da ciò che è falso». Perciò S. Agostino con-
clude che non si deve aspettare la verità dai sensi. Ma la cono-
scenza intellettiva include la percezione della verità. Dunque non
dobbiamo aspettare dai sensi la cogn1zfone intellettiva.
2. S. Agostino scrive: «Non si creda che il corpo possa agire oo.llo
spirito, mettendo lo spirito di fronte all'azione del corpo in condi-
zione di materia: poichè chi agisce è, sotto tutti gli aspetti, supe-
riore a chi subisce l'azione». E conclude che «non il corpo produce
l'immagine del corpo ne.Ilo spirito, ma lo spirito la produce in se
stesso», Dunque la cognizione intellettiva non deriva dalle cose sen-
sibili.
3. Gli effetti non possono oltrepassare la virtù della loro ca.usa.
Ora, la conoscenza intellettiva si estende al di là delle cose sensi-
bili: abbiamo infatti l'intellezione di cose non percepibili dai sensi.
Dunque la cognizione intellettiva non deriva dalle cose sensibili.
IN r.ONTRARJO: Il Filosofo dimostra che i sensi sono il prindpio di
tutta la nostra conoscenza.
RISPONDO: Sulla presente questione tre furono le opinioni dei filo-
sofi. 2 Democrito insegna, come riferisce S. Agostino, e.be «l'unica
causa di ogni nostra conoscenza consiste nel fatto che dai corpi, sui
quali si volge il nostro pensiero, partono le immagini ed entrano
nelle nostre anime». Anche Aristotele ricorda che Democrito spie-
gava la conoscenza "mediante immagini ed emanazioni"· - La ra-
gione di questa teoria sta nel fatto che tanto Democrito, quanto gli
antichi naturalisti ritenevano che l'intelletto non differisse dal
senso, come attesta Aristotele. E siccome il senso viene alterato dal-
l'oggetto sensibile, riteneva.no che 'ògni nostra conoscenza avvenisse
Sl}lO mediante lalterazione prodotta dalle cose sensibili. E Demo-
crito sosteneva che questa alterazione si produce mediante emana-
zioni di immagini.

1 DoPo di aver es.elusa ogni Rltra fonte di conoscenza Intellettuale, si viene ad


esporre, non più In funzione di critica, ma di costruzi-0ne sistematlca, la soluzione
aristotelica: " Ogni nostra conoscenza comincia del sensi "·
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 41

ARTICULUS 6
Utrum intellectiva cognitio accipiatur a rebus sensibilibus.
De Verit., q. 10, :t. 6; q. 19, a. 1; De Antma, a. 15; Quodlib. 8, q. 2, a. 1;
Compenà. Tneol., cc. 81 es.

AD SEXTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectiva cognitio non


accipiatur a rebus sensibilibus. Dicit enim Augustinus, in libro Octo-
ginta trium Quaest. [q. 9], quod. "non est expectanda sinceritas veri-
tatis a corporis sensibus ». Et hoc probat dupliciter. Uno modo, per
hoc quod "omne quod corporeus sensus attingit, sine ulla intermis-
sione te:mporis commutatur: quod autem non ma.net, percipi non
potest ». Alio modo, per hoc quod "omnia quae per corpus sienti-
mus, etiam cum non adsunt sensibus, :i:magi.n.es tamen eorum pati-
mur, ut in somno vel furore; non autem sensibus discernere vale-
mus utrum ipsa sensi:bilia, vel imagines eorum falsas sentiamus.
Nihil autem percipi potest q;uod a falso non discernit.ur ». Et sic con-
cLutdit quod non est expectanda veritas a sensibus. Sed cognitio intel-
lectualis est apprehensiva veritatis. Non ergo cognitio intellectualis
est expectanda a sensibus.
2. PRAETEREA, Augustinus dicit, 12 Su.per Gen. ad litt. [c. 16]: «Non
est. putandum far-ere aliquid corpus in spiritum, tanquam spiritus
corpori facienti materiae vice subdatur: omni enim modo praestan-
tior est qui facit, ea re de qua aliquid facit >>. Unde concludit qrwod
"imaginem corporis non corpus in spiritu, sed ipse spiritus in seipso
facit ». Non ergo intellectualis cognitio a sensibilibus derivatur.
3. PnAETEREA, effectus non se ext.endit ultra virtutem sua.e causae.
Sed intelledualis cognitio se extendit ultra sensibilia: intelligimus
enim quaedam quae sensm pcrcipi non possunt. Intellectualis ergo
cognitio non derivatur a rebus sensibilibus.
SED CONTRA EST quod PhiJ.osophus probat, 1 Metaphys. [c. 1, lect. 1),
et in fine Poster. [2, c. 15, lect. 20], quod principium nostrae cogni-
t.ionis est a sensu.
RESPONDEO DICENDUM quod circa istam quaestionem triplex fuit phi-
losophorum opinio. Democritus enim posuit quod cc nulla est alia
causa cuiuslibet nostrae cognitionis, nisi cum ab his corporibus quae
cogitamus, veniunt atque intrant imagines in animas nostrasn, ut
Augustinus dicit in epistola sua a.d Dioscorum [Epist. 118, c. 4]. Et
Aristoteles etiam dicit, in libro De Somn. et Vigil. [De Divin. per
Somn., c. 2] quod Democritus posuit cognit.ionem fieri «per idola et
deftuxiones ». - Et huius position.is ratio f.uiit, quia tam ipse Democii-
tus quam alii antiqui Naturales non ponebant intellectum differre a
sensu, ut Aristotei.~s dicit in :tbro De Anima [3, c. 3, lect. 4]. Et ideo,
quia sensus immutatur a sensibili, arbitrabantur Ol!J.1'nem nostram
cognitionem fieri per solam immutationem a s-ens·i.bilibus. Quam qui-
dem immutationem Democritus asserebat fieri per imaginum deftu-
xiones.
2 In sostanza, anche negli sviluppi succes.5ivi d.el pensiero filosofico, non si sono
registrate altre soluzioni del problema, radicalmente diverse da quelle già indi·
cate da S. Tommaso: sensismo, idealismo e " astrazionismo o realismo mode-
rato"·
42 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 6

Platone al contrario stabili che lintelletto è distinto doal senso, e


che esso è wia potenza immateriale, ln qua.le nei suoi atti non si
serve di un orge.no co11>oreo. E polchè ciò che è incorporeo non può
essere alt~ato dalle cose corporiee, pensò che la cognizione intellet-
tiva non avviene mediante un'alterazione dell'intelletto dovuta alle
cose sensibili, ma per la pa.rtccipazfone di forme intelligibili sepa-
rate, come abbiamo spiegato. Pensava anzi che anche il senso fosse
una facoltà capace di agire per se stessa. Sicchè il senso, ridotto ad
essere una potenza immateriale, non potrebbe essere trasmutato dalle
cose sensibili ; ma sarebbero alterati soltanto gli organi della sensi-
bilità, e da questa alterazione l'anima sarebbe sollecitata a formare
in se stessa le specie delle cose sensibili. Sembra che a una tale
opinione V()g.lia accennare S. Agostino, quando scrive: <<Non è il
corpo che sente, ma l'anima per mezw del corpo, del quale si serve
come di messaggero, per formare in se stessa quanto le viene an-
nunziato dal di fuori •>. In conclusio:ne, nella teoria platonica la
conoscenza intellettiva non deriva dalla realtà sensibile; anzi nep-
pure quella sensitiva procede totalmente dalle cose sensibili; ma
queste stimolerebbero l'anima sensitiva a sentire, mentr,e i sensi
stimolerebbero l'anima intellettiva a intendere.
Aristotele prese una via intermedia. Ammise con Platone che l' in-
telletto è distinto dal senso. Ma negò che il senoo possa avere la
propria operazione indipendentemente dal corpo ; cosicchè la sensa-
zione non è un atto della sola anima, bensì del composto. E affermò
la stessa cosa di tutte le operazioni della parte sensitiva. Non es-
sendosi trovata nessuna incongruenza ad ammettere che le cose sen-
sibili, esistenti fuori dell'anima, producano un effetto su tutto il
composto [umano], Aristotele venne a concordare con Democrito nel
ritenere che le operazioni della parte sensitiva sono causate dalle
impressioni delle cose sensibili sui sensi ; però non mediante emana-
zioni, come pensava Democrito, ma mediante determinate opera-
zioni. Democrito infatti supponeva che ogni operazione fosse pro-
dotta da spostamenti o emanazioni di atomi, come si rileva da Ari-
stotele. - Questi però riteneva che l' intelletto ha una sua opera-
zione indipendentemente dal corpo. Infatti nessuna realtà corporea
può agire su di un essere incorporeo. Stando perciò ad Aristotele,
non basta l'azione dei corpi sensibili a causare l'intellezione, ma s.i
richiede qualche cosa di più nobile; perchè «l'agente è sempre su-
periore al paziente n, come egli si esprime. Però neppure si dica
che l'operazione intellettiva è in noi causata dal solo influsso di
certi esseri superiori, come voleva Platone: ma l'agente superiore e
più nobile, che Aristotele denomina intelletto agente e di cui ab-
biamo già parlato, mediante l'astrazione rende intelligibili in atto i
fantasmi avuti per mezzo dei sensi.
Perciò rispetto ai fantasmi l'operazione intellettiva è causata dai
sensi. Siccome però i fantasmi non hanno la capacità di agire SIUl-
1' intelletto possibile, ma devono diventare intelligibili in atto in forza
dell'intelletto agente, non si può affermare che la conoscenza sen-
sitiva è la causa totale e perfetta della con0iscenza inteJlettiva ; chè,
anzi, in un certo senso, essa è la materia su cui la causa agisce. 1

' Il Dottore Angelico non sente il bisogno di dichiararsi per quest'ultima spie-
gazione, tanto gli appariva logica e naturale. Se vogliamo, essa presenta una
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 43
Plato vero e contrario posuit intenectum dìfferre a sensu; et in-
tellectum quidem esse virtutem immaterialem organo corporeo non
utentem in suo actu. Et quia incorporeum non potest immutari a cor-
poreo, posuit quod cognitio intellectualis non fit per immutationem
intellectus a sensibilibus, sed per participationem formarum intelli-
gibilium separatarum, ut dictum est [aa. 4, 5]. Sensum et.iam posuit
virtutem quandam per se operantem. Und-0 nec ipse sensus, curn sit
quaedam vis spiritualis, immutatur a sensibilibus: sed organa sen-
suum a sensibilibus immutantur, ex qua immutatione anima quod-
ammodo excitatur ut in se species sensibilium formet. Et hanc opi-
nionem tange.re videtur Augustinus, 12 Super Gen. ad litt. [c. 24],
ubi dici.t quod "corpus non sentit, sed anima per corpus, quo velut
nuntio utitur ad formandum in seipsa quod extrjnsecus nuntiatur "·
Sic igitur secundum Platonis opinionem, neque intellectualis cogni-
tio a sensibili procedit, neque etiarn sensiliilis totaliter a sensibilibus
rebus ; sed sensibilia excitant animam sensibilem ad sentiendum, et
sìmiliter sensus excitant animam intellectivam ad .intelligendum.
Aristoteles autem media via processit. Posuit enim [3 De Anima,
c. 3, lect. 4] cum Platone intellectum differre a scnsu. Sed sensum
posuit propriam operationem non habere sine communicatione oor-
poris; ita quod sentire non sit actus animae tantum, sed coniuncti.
Et similiter posuit de omnibus operatiornibus sensitivae partis. Quia
igìtur non est inconveniens quod sensibilia quae sunt extra animam,
rausent aliquiid in coniunctum, in hoc Aristoteles cum Democrito
concordavit, quod operationes sensitivae partis causentur per im-
pressionem sensibilium in sensum: non per modum deftuxionis, ut
Democritus posuit, sed per quandam operationem. Nam et Democri-
tus omnem actionem fieri posuit per inftuxionem atomorum, ut patet
in 1 De Generat. [c. 8, lect. 21). - Intellectum vero posuit Aristoteles
[3 De Anima, c. 4, lect. 7] habere operationem absque communica-
ti<me corporis. Nihil autem corporeum imp:rimere potest in rem in-
corpoream. Et ideo ad causandam_ intellectualem operationem, se-
cundum Aristotelem, non sufficit sola impressio sensibilium corpo-
rum, sed requiritur aliquid nobilius, quia "agens est honorabilius
patiente >>, ut ipse dicit [ibid., c. 5, lect. 10]. Non tamen ita quod
intellectualis operatio causetur in nobis ex so.Ja impressione aliqua-
rwn rerum superiorum, ut Plato posuit: sed illud superius et nobi-
lius agens quod vocat inteHectum agentem, de quo iam supra [q. 79,
aa. 3, 4] diximus, facit phantasmata a sensibus accepta intelligibilia
in actu, per modum abstra.ctionis cuiusdam.
Secundum hoc ergo, ex parte phantasmatum intellectualis opera-
tio a sensu caus-atur. Scd quia phantasmata non sufficiunt immu-
tare inte!lectum possibilern, sed oportet quod fiant intelligibilia actu
per intellectum agentem ; non potest dici quod sensibilis cognitio sit
tota!is et perfecta causa intellectualis cognitionis, sed magis quod-
ammodo est materia causa.e.
complessità, che potrebbe sembrare, n prima vist.a, una serie di complicazioni:
due generi di potenze oonoscltive, le une sensitive le altre int.ellettive; sdoppia-
mento dell" int1'lletto in due facoltà di;tinte; dipendenrn oggettiva e non formale
del!' int.el!ett-0 dai sensi in tutta la sua attività di percezione e di riflessione. Tutto
questo indispone facilmente dei c.ritici fret.tolosi, i quali hanno il torto di non
ricordare che questa complessità di elementi è stata imposta dall'insufficienza
delle altre spiegazioni. Il sensismo e l'idealismo sono spiegazioni unilaterali fa-
cilmente criticabili. L'aristotelismo n-0n si è fermato a critLcare.
44 LA SOMMA TEOLOG~ 1, «I· 8', aa. 6-7
SOLUZIONE DELLE DlmCOLTl: 1. s.
Aioetlno con quelle parole vuol
far capire che la verità non dobbiamo a&~ttarla totalmente dai
sensi. E difatti s1 richiede il lume del!' intelletto agente per cono-
scere I' Immutabile verità nelle cose mutevoli, e per distinguere la
realtà delle cose dalle immagini di esse.
2. In quel passo S. Agostino non parla della cognizione intellet-
tiva, ma di quella immaginaria. Poichè infatti, se1:'.ondo la teCYI'ia
platonica, I' immaginativa ha un'operazkme che appartiene alla sola
anima, S. Agostino, per dimostrare che i corpi non imprimono le
Joro immagini su quella facoltà, e che è l'anima stessa a far questo,
usò lo stesso argomento che usa Aristotele per provare che l' intel-
letto agente è un'entità separata [dalla materia]; cioè ohe «l'agente
è sempre superiore al paziente ». E non vi è dubbio che, stando a
questa teoria, bisognerebbe ammettere nell'immaginativa, non solo
una potenza passiva, ma anche una potenza attiva. Ma se ammet-
tiamo con Aristotele che l'atto della immaginativa appartiene al oorn-
posto, non troviamo più difficoltà di sorta: un corpo seTuSibile in-
fatti è al di.sopra degli organi sensitivi dell'animale, per il fatto che
rispetto ad essi si trova come un ente in atto di fronte a un ente in
potenza; esattamente come l'oggetto colorato in atto sta alla pupilla,
che è colorata solo potenzialmente. - Si potrebbe anche rispondere
diversamente. Poichè, sebbene la prima alterazione dell'immagina-
tiva provenga dall'azione degli oggetti sensibili, essendo appunto
«la fantasia un moto che ha origine dal senso», come dice Aristo-
tele, tuttavia si trova [ad avere] nell'uomo un'operazione psichica,
la quale, esercitandosi a scomporre e a ricomporre, forma varie
immagini di cose non sempre percepite dai sensi. 1 Ebbene le parole
di S. Agostino potrebbero riferirsi a questa attività.
3. La conoscenza sensitiva non è la causa totale di quella intel-
lettiva. Non fa quindi meraviglia che questa o.Itirepassi la sfera di
quella sensitiva.

ARTICOLO 7
Se lintelletto possa avere lintellezione attuale mediante le specie
intelligibili che già possiede, senza volgersi ai fantasmi.•

SEMBRA che I' intelletto possa avere I' intellezione attuale mediante
le specie intelligibili che già possiede, senza volgersi ai fantasmi.
Infatti:
1. L'intelletto ha l'intellezione attuale mediante la specie inten-
zionale da cui è informato. Ora lintelletto in atto non è che l' in-
tellezione stessa. Perciò per avere lintellezione attuale bastano le
specie intelligibili, senza bisogno di volgersi ai fantasmi.
2. Ha maggiore di.pendenza l'immaginativa dai sensi, che l' intel-
letto dal!' immaginativa. Ora, questa può attualmente immaginare

' Questa funzione non è da attribuirsi alla cogtlatiVll, come pensa il P. J. Wé-
hert (So:.r. FRANC., La pensee humatne, p. 234), e.;sendo una. caratteristica della
tmmaginativa umana. Avicenna, anzi, aveva pensat-0 addirittura di distinguere
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 45
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod per verba illa Augustini datur in-
telligi quod veritas non sit totaliter a sensibus expectanda. Requi-
ritur enim lumen intellectus agentis, per quod immutabiliter verit.a-
tem in rebus mutabilibus cognoscamus, et discernamus ipsas res a
similitudinibus rerum.
AD SECUNDljM DICENDUM quod Augustinus ibi. non loquitur de int.el-
lectuali cognitione, sed de imaginaria. Et quia, secundum Platonis
opinionem, vis imaginaria habet operationem quae est animae so-
lius; eadem ratione usus est Augustinus ad ost.endendum quod cor-
pora non imprimunt suas similitudines in vim imaginariam, sed hoc
facit ipsa anima, qua utitur Aristoteles [loco cit.] ad probandum in-
tellectum agentem esse aliquid separatum, quia scilicet cc agens est
honorabilius patiente ». Et procul dubio oportet, secundum hanc po-
sitionem, in vi imaginativa ponere non solum potentiam passivam,
sed etiam activam. Sed si ponamus, secundum opinionem Aristote-
lis [1 De Anima, c. 1, lect. 2), quod actio virtutis imaginativae sit
coniuncti, nulla sequitur difficultas: quia corpus sensibile est no-
bilius organo animalis, secundum hoc quod comparatur ad ipsurn
ut ens in adu ad ens in potentia, sicut coloratum in actu ad pupil-
lam, quae colorata est in potentia. - Posset tamen dici quod, quam-
vis prima immutatio virtutis imaginariae sit per motum sensibi-
lium, quia "phantasia est motus factus secundum sensum », ut di-
citur in libro 3 De Anima [c. 3, lect. 6]; tamen est quaedam ope-
ratio animae in homine quae dividendo et componendo format di-
versas rerum imagines, etiam quae non sunt a sensibus acceptae.
Et quantum ad hoc possunt. accipi verba Augustini.
AD TERTIUM DICENDUM quod sensitiva cognitio non est tota causa
intellectualis cognitionis. Et ideo non est mirum si intellectualis c0<-
gnitio ultra sensitivam se extendit.

ARTICULUS 7
Utrurn intellectus possit actu intelligere per species intelligibiles
quas penes se habet, non convertendo se ad phantasmata.
Infra, q. 89, a. t; !1 Sent., d. 20, q. 2, a. 2, ad 3; 3, d. 31, q. 2, a . .\;
!1 Cont. Gent., cc. 73, 81 : De Verit., q. 10, a. 2, ad 7: a. 8, ad 1 ; q. 19, a. 1 ;
I Cor., c. 13, lect. 3 ; Dc M em. et rcmtn., Iect. 3.

AD SEPTIMUM SIC PROCEDITUR, Videtur quod intellectus possit actu


intelligere per species intelligibiles quas penes se habet, non conver-
tendo se ad phantasmata. Intellectus enim fit in actu p·er speciem
intelligibilem qua informatur. Sed intellectum esse in actu, est ipsum
intelligere. Ergo species intelligibiles sufficiunt ad hoc quod intel-
lectus actu intelligat, absque hoc quod ad phantasmata se convertat.
2. PRAETEREA, magis dependet imaginatio a sensu, quam intellectus
ab imaginatione. Sed imagtnatio potest imagina.ri actu, absentibus
la fantasia dalla. immaginativa, proprio per questa sua funzione particolare. Di-
stinzione che S. Tommaso crede inveoe superflua, come abbia.mo già vist-0. Cfr.
q 78, a. 4.
2 Il fantasma di cui si parla non è eh<? limmagine intenzionale della fantasia
e delle altre facoltà sensitive interiori.
46 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 7

nell'assenza degli oggetti sensibili. A più forte ragione quindi l' in-
telletto potrà intendere senza volgersi ai fantasmi.
3. Non eeistono fantasmi degli esseri immateriali, poichè l' imma-
ginativa non oltrepassa. i limiti del tempo e dello spazio. Se dunque
il nostro intelletto non potesse avere un'intellezione attuale senza
volgersi ai fa.ntasm.i, ne seguirebbe la sua incapacità a conoseere
qualsiasi oggetto immateriale. E ciò è falso in modo evidente ; poi-
chè noi conosciamo e la verità stessa e Dio e gli Angeli.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna che cc l'anima niente conosce
senza i fantasmi».
RISPONDO: E impossibile che il nostro intelletto nella vita presente,
in cui è unito a un corpo passibile, possa avere un'intellezione at-
tuale senza volgersi ai fantasmi. Ne abbiamo due prove. Primo, es-
sendo l'intelletto una facoltà inorganica e immateriale, in nessuna
maniera verrebbe impedito nel suo atto dalla menomazione di un
organo corporeo, se per la sua o-perazione non si richied·esse l'atto
di una potenza organica. Ora, potenze organiche sono e i sensi, e
la fantasia, e le altre facoltà della parte sensitiva. E evidente perciò
che l'intelletto per operare richiede l'atto dell'immaginativa e delle
altre facoltà, non solo nell'acquisto di nuove conoscenze, ma anche
nell'uso della scienza acquisita. Vediamo infatti che l'uomo è reso
incapace di intendere le cose conosciute, quando la lesione. di un
organo impedisee o l'operazione dell'immaginativa, come nei pazzi
furiosi, o l'operazione della memoria, crune nei dementi. - Secondo,
ognuno può sperimentare in se stesso questo fatto: quando si sforza
di intendere qualche cosa, si costruisce dei fantasmi a guisa di
esempi, e in essi cerca di riscontrare quello che tenta di capire.
E anche quando vogliamo spiegare una cosa a un altro, gli pro-
poniamo degli esempi, dai quali egli possa formarsi delle immagini
adatte per capire. '
E la ragione si è che la potenza conoscitiva deve essere propor-
zionata all'oggetto conoscibile. 2 Quindi, per I' intelligenza angelica,
totalmente separata dal corpo, oggetto proporzionato sono le so-
stanze intelligibili separate dalla materia, e mediante queste l'an-
gelo conosce anche le cose materiali. Invece, oggetto proprio- del-
l'intelletto umano unito al corpo S-Ono le quiddità o nature, che
hanno la loro sussistenza nella materia corporea ; e mediante que-
ste quiddità delle cose visibili, l'uomo può salire a una certa co-
noscenza delle oose invisibili. Ora, la nozione stessa di queste na-
ture esige che esse abbiano concreta sussistenza in determinati in-
dividui; e ciò non può verificarsi senza la materia. Così la nozione
della natura della pietra richiede la sussistenza concreta di essa in
questa determinata pietra ; e quella della natura del cavallo richiede
la sussistenza concreta in un dato cavallo, e così via. Non si può
quindi conoscere in maniera completa e vera la natura della pie-
tra, o di qualsia.si altro essere materiale, se non si conosce nella
sua esistenza pa.rticolare e concreta. Ora, noi raggiungiamo il pa.r-

' L'articolo mlra a completare la teoria aristotelica della conoscenza, di cui


sono state poste le basi, accettando come unica Conte originarla la via dei sensi.
La psicologia sperimentale ha sostanzialmente confermato le induzioni dell'ari-
stotelismo. Molti studiosi moderni non riescono ancora a comprendere la portata
filosofica di certi problemi, ostinandosi a descrtvere l'elaborazione dei dati &ensi-
blli fino alla loro graduale evoluzione in d.at! intdl!glb111 ; senza riflettere che il
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 47
sensibilibus. Ergo multo magis intellectus potest intelligere actu,
non convertendo se ad phantasmata.
3. PRAETEREA, incorporalium non sunt aliqua phantasmata: quia
imaginatio tempus et continuum non transcendit. Si ergo intellectu.s
noster non posset aliquid intelligere in actu nisi converteretur ad
phantasmata, sequeretur quod non po.sset intelligere inoorporeurn
aliquid. Quod patet esse falsum: intelligimus €flim veritatem ipsam,
et Deum et angelos.
SED CONTRA EST quod Philosophus dicit, in 3 De Anima [c. 7, lect. 12],
quod « nihil sine phantasmate intelligit anima"·
RESPONDEO DICENDUM quod impossibile est intellectum nostrum, se-
cundum praesentis vitae statum, quo passibili corpori coniungitur,
aliquid intelligere in actu, nisi convertendo se ad phantasmata. Et
hoc duobus indiciis apparet. Primo quidem quia, curo intellectus sit
vis quaedam non utens corporali organo, nullo modo impediretur
in suo actu per laesionem alicuius corporalis organi, si non requi-
reretur ad eius actum actus alicuiu.s potentiae utentis organo cor-
porali. Utuntur autem organo corporali sensus et imaginatio et aliae
vires pertinentes ad partem sensitivam. Unde manifostum est quod
ad hoc quod intellectus actu intelligat, non solum accipiendo scien-
tiam de novo, sed et.ia.m utendo scientia iam acquisita, requiritur
actus imaginationis et ceterarum virtutum. Videmus enim quod, im-
pedito actu virtutis imaginativae per laesionem organi, ut in phre-
neticis; ·et similiter impedito actu memorativae virtu.tis, ut in Ie-
thargicis ; irnpeditur homo a.b intelligendo in actu etiam ea quonim
scientiam pracaccepit. - Secundo, quia hoc quilibet in seipso expe-
riri potest, quod quando aliquis .conatur aliquid intelligere, format
aliqua phantasmata sibi per modum exemplorum, in quibus quasi
inspiciat quod intelligere studet. Et inde est etiam quod quando
alium volumus facere aliquid intelligere, proponimus ei exempla, ex
quibus sibi phantasmata formare possit ad intelligendum.
Huius autem ratio est, quia potentia cognoscitiva proportionatur
cognoscibili. Unde intellectus angelici, qui est totaliter a co:rpore
separatus, obiectum proprium est ·substantia intelligibilis a corpore
separata; et per huiusmodi intelligibilia materialia cognoscit. Intel-
lectus autem hurnani, qui est coniunctus co:rpori, prop:dum obiectum
est quidditas si ve natura in materia corporali existens; et per huius-
modi naturas visibilium rerum etiam in invisibilium rerum aliqua-
lem cognitionem ascendit. De ratione autem huius naturae est, quod
in aliquo individuo existat, quod non est absque materia corporali:
sicut de rnt.ione naturae lapidis est quod sit in hoc lapide, et de
ratione naturae equi quod sit in hoc equo, et sic de aJiis. Unde na-
tura lapidis, vel cuiuscumque materialis rci, cognosci non potest
complete et vere, nisi secundum quod oognoscitur ut in particulari

passaggio dall'immagine all'idea non può avvenire per uno sviluppo omogeneo,
ma si richiede l' inter>ento di una facoltà superiore sostanzialmente diversa dat
sensi.
2 Questa consonanza. metaftsi.ca tra oggetto e soggetto immediato non è &empll-
cemente un bel giuoco dialettico, come pot.rebbe sembrare a prima vista. Anche
nel mondo delle scienze positive oggi si comincia a comprendere che il « fenomeno
conoscenza" è condizionato in tutto e per tutto alla struttura del soggetto (cfr.
EDDINGTON A., La filosofia dena sctenza fisica, Bari, 1941). Ma se l'oggetto più im-
mediato della nostra mente non avesse una corrisJ)Ondenza di struttura con la
nostra psiche, la nostra cognizione non potrebbe mai es.sere oggettiva.
48 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 7-8

ticolare mediante il senso e 11 immaginativa. Perciò, affinchè l' intel-


letto possa. conoscere il proprio oggetto, è nocessario che si volga
ai fantasmi, e apprenda cosl la natura mùversale sussistente in
ogni essere particolare. - Se invece oggetto proprio del nostro in-
telletto fossero le forme separate, oppure, se le nature delle cose
sensibili avessero una loro sussistenza indipendentemente dagli es-
seri particolari, come volevano i platonici, non sarebbe necessario
che il nostro intelletto, ogni v-0lta che intende, si volgesse sempre
ai fantasmi.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le idee conservate neU' intelletto
possibile, quando non c'è inteilezione attuale, esistono in esso allo
stato di abiti, come abbiamo spiegato. Perciò, la conservazione delle
specie intelligibili non basta per l'intellezione attuale, ma è neces-
sario servirsene nella maniera che si confà alle cose di cui sono le
specie ; le quali cose sono nature aventi la loro sussistenza in esseri
particolari e conc:reti
2. Il fantasma stesso è un'immagine della cosa particolare; per-
ciò l'immaginativa non ha bisogno, come lintelletto, di un'altra
immagine del particolare.
3. Gli esseri immateriali, di cui non si possono avere dei fanta-
smi, sono conosciuti da noi per analogia con i corpi sensibili, di cui
abbiamo i fantasmi. Così noi conosciamo la verità [in astriltt-o] nel
considerare un oggetto qualsiasi di cui investighiamo la verità ; co-
nosciamo Dio quale causa (prima], per via di eminenza e di nega-
zione, come insegna Dionigi : e anche le altre sostanze immateriali,
nella vita presente, non possiamo conoscerle se non per via di nB-
gazioni, o per una certa analogia c-01 mondo dei corpi. Perciò,
anche quando abbiamo una qualche idea. di tali oggetti, che pure
non possono avere fanbasmi che li rappresentino, siamo nella neces-
sità di rivolgerci ai fantasmi dei corpi.

ARTICOLO 8
Se l'atto intellettivo del giudizio 1 sia ostacolato
dall'assopimento dei sensi.

SEMBRA che l'atto intellettivo del giudizio non s-ia ostacolato dal-
l'assopimento dei sensi. Infatti:
1. Le cose superiori non dipendono da quelle inforiori. Ora, il giu-
dizio intellettivo è superiore al senso. Dunque tale atto non può
essere ostacolato dall'assopimento dei sensi.
2. Ragionare è un atto del!' intelletto. Ora, i sensi nel sonno sono
assopiti, come insegna Aristotele ; e tuttavia capita talvolta che uno
si metta a ragionare nel sonno. Dunque l'atto intellettivo del giu-
dizio non viene ostacolato dall'assopimento dei sensi.
IN CONTRARIO: Come dice S. Agostino, non si considera peccato
quanto capita nel sonno contro i buoni costumi. Così non sarebbe,
1 Ricordiamo per i non iniziati che, secondo la filosofia scolastica, tre wno le
operazioni della mente: semplice apprensione, giudizio, e razioctnio. La verità
formalmente appartiene al giudizio, ed è per questo che 11 quesito proposto rive·
ste un'importanza particolare. - Tutti concordano sostanzialmente nell'ammettere
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 49
existens. Particulare autem apprehendimus per sensum et imagina-
tionem. Et ideo necesse est ad hoc quod intellectus actu intelligat
suum obiectum proprium, quod convertat se ad phantasmata, ut
speculetur naturam universalem in particulari existentem. - Si au-
t.em proprium obiectum intel!ectus nostri esset forma separata ; vel
si natura.e rerum sensibilium subsisterent non in particularibus, se-
cundum Platonicos; non oporteret quod intellectus noster semper
intelligendo converteret se ad phantasmata.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod species conservatae in intellectu
possibili, in eo existunt habitualiter quando actu non intelligit, si-
cut supra [q. 79, a. 6] dictum est. Unde ad hoc quod intelligamus
in actu, non sufficit ipsa conservatio speeierum ; sed oportet quod
eis utamur secundurn quod convenit rebus quarum sunt species,
quae sunt naturae in particularibus existentes.
AD SECUNDUM DICENDUM quod ·etiam ipsum phantasma est simili-
tudo rei particularis: unde n-0n indiget imaginatio aliqua alia simi-
litudine particularis, sicut indiget intellectus.
Ao TERTIUM IHCENDUM quod incorporea, qu-0rum non sunt phanta-
smata, cognoscuntur a nobis per comparationem ad corpora sensi-
bilia, quorum sunt phantasmata. Sicut veritatem intelligimus ex con-
sideratione rei circa qua.m veritatem specularnur; Deum autem, ut
Dionysius dicit [De Div. Nom., c. 1, lect. 3), cognoscimus ut causam,
et per excessum, et per remotionem; alias etiam incorporeas sub-
stantias, in statu praesentis vitae, .cognoscere non possumus nisi
per rernotionem, vel aliquam comparationem ad corporalia. Et ideo
cum de huiusmodi aliquid intelliginms, necesse habemus converti
ad phantasmata corporum, licet ipsorum non sint phantasmata.

ARTICULUS 8
Utrum iudicium intellectus impediatur per ligamentum sensus.
II-II. q. 154, a. 5 ; s Sent., d. 15, q. 2, a. 3, qc. 2, ad 2 ;
De Verit., q.12, a. 3, ad 1 ss.; q. 28, a. 3, ad 6.

AD OCTAVUM SIC PROCEDITCR. Videtur quod iudicium intellectus non


impediatur per ligamentum sensus. Superius enim non dependet ab
inferiori. Sed iudicium intellectus est supra sensum. Ergo iudicium
int.ellec1.us non impeditur per ligamentum se.nsus.
2. PRAETEREA, syllogizare est actus intellectus. In somno autem li-
gatur sensus, ut dicitur in libro De Somn. et Vig. [c. 1, led. 2);
contingit tamen quandoque quod aliquis dormiens syllogizat. Ergo
non impeditur iudicium intel1ectus per ligamentum sensus.
SED CONTRA EST quod in dormiendo ea quae contra licitos mores
cont.ingunt, non imputantur ad peccatum; ut Augustinus in 12 Su-

che pe1• la sicurezza del nostro gimllzio bisogna guardarsi dal sonno e da qual-
siasi altro stato di alienaztone de.i sensi. Ma il motivo che fa preferire Io stato di
veglia e di dominio attuale della propria sensibilità, deve essere ben definito; per-
chè si pos.sa risolvere qualsiasi obiezione a favore di una supervalutazione del
subcosciente come fonte e criterio di verità.
50 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 8
se l'uomo nel sonno avesse il libero uso della ragione e dell' intelli-
genza. Dunque l'uso della ragione è impedito dall'assopimento dei
sensi.
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, oggetto proprio e propor-
zionato del nostro intelletto è la natura delle cose sensibili. Ora,
non si può dare un giudizio perfetto di una cooa se non si conosce
tutto quello che la riguarda, e specialmente se si ignora quello che
è il termine e il fine del giudizio. Infatti il Filosofo nota che, "come
l'opera è il fine delle scienze tecniche, così il fine delle scienze na-
turali è principalmente ciò che si vede con i sensi n: il fabbro, cioè,
studia il coltello al solo scopo di produrre questo determinato col-
tello; i:>arimente, il naturalista studia la natura della pietra o del
cavallo al solo SCOI>O di conoscere l'intima struttura delle cose sen-
sibili. Ora, è evidente che il fabbro non avrebbe un perfetto giudizio
[pratico] del ooltello, se ignorasse il lavoro da compiere; così pure
le sci~nze naturali non potrebbero formulare giudizi perfetti sulle
cose uaturali, se ignorassero la realtà sensibile. Ma t1utto ciò che
noi adesso conosciamo intellettualmente, lo conosciamo per analogia
dalle cose sensibili naturali. E dunque i:>er noi impossibile formare
un giudizio intellettivo perfetto, quando sono assopiti i sensi, con
i quali conosciamo la realtà sensibile. '
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebtbene l'intelletto sia superiore
al senso, pure ha una certa dipendenza dai sensi, e i suoi oggetti
immediati e principali hanno origine dal mondo sensibile. Perciò il
giudizio dell'intelletto è necessariamente ostacolato, quando i sensi
oono assopiti.
2. Al dire di Aristotele i sensi rimangono assopiti nei dormienti,
per lo sprigionarsi di certe evaporazioni ed esalazioni. E secondo
l'intensità di queste evaporazioni, i sensi possono essere più o meno
bloccati. Infatti, quando l'afflusso di questi vapori è intenso, restano
assopiti non solo i sensi, ma anche I' immaginativa, al punto che
non si forma nessuna immaginazione o fantasma ; cosa che si ri-
scontra in chi comincia a dormire dopo aver mangiato e bevuto in
abbondanza. Se poi questo afflusso di vapori è più debole, si pre-
sentano i fantasmi, ma difformi e sconnessi, come nei febbricitanti.
E se l'afflusso suddetto è ancora più ridotto, i fantasmi si presen-
tano ordinati, come suole accadere, soprattutto alla fine del sonno,
alle persone sobrie e dotate di forte immaginazione. Se poi l'afflusso
di vapori è minimo, allora non soltanto resta libero l'immaginativa,
ma in parte anche il senso comune; cosicchè talora uno mentre
dorme giudica che quanto vede è un sogno, distinguendo in qualche
modo la realtà dalle apparenze. Però il senso comune in parte ri-
mane assopito; e quindi, sebbene distingua la realtà da certe ap-
parenze, in altre s'inganna. - In conclusione, il giudizio intellettivo
è reso p0ssibile nella misura in cui viene a destarsi il senso e l' im-
maginativa, quindi mai completamente. Tanto è vero che chi ra-
giona nel sonno, quando si desta, si accorge sempre di eS1Sere incorso
in qualche errore. 2
' Il lettore accorto avrll notato, nel su56eguirsi delle otto risposte, la graduale
enucleazione di tutta una teoria della conoocenza intellettual<', nei suoi motivi
fondamentali. L'oggetto primario della nostra intellezione, la realtà corporea, ne
è Il punto di partenza e il punto di arrivo. Si osservi però la differenza tra tomi-
smo e sensismo. S. Tommaso non intende restringere il campo dell'indagine in-
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 51
per Gen. ad litt. [c. 15) dicit. Hoc autem non esset si homo in dor-
mie.ndo liberum usum rationis et intellectus haberet. Ergo impedi-
tur ra.tionis usus per ligamentum sensus.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut dictum est [a. praec.], proprium
obiectum intellectui nostro proportionatum est natura rei se~ibi­
lis. Iudicium autem perfectum de re aliqua dari non potest, nisi
ea omnia quae ad rem pertinent cognoscantur; et praecipue si igno-
retur id quod est terminus et finis iudicii. Dicit autem Philosophus,
in 3 De Caelo [c. 7), quod « sicut finis factivae scientiae est opus, ita
naturalis scientiae finis est quod videtur principaliter secundum
sensum » : faber einim non quaerit cogniUonem cultelli nisi propter
opus, ut operetu.r bune particularem cultellum ; et similiter natu-
ralis non quaerit cognoscere naturam Iapidis et equi, nisi ut sciat.
rationes eorum quae videntur secundum sensum. Manifestum est
autem quod non posset esse perfectum iudicium fabri de cultello,
si op·us ignoraret: et similiter non potest esse perfectum iudicium
scientiae naturalis de reibus naturalibus, si sensibilia ignorentur.
Omnia autem quae in praesenti statu int.elligimus, cognoscuntur a
nobis per comparationem ad res sensibiles naturales. Unde impossi-
bile est quod sit in nobis iudicium int.ellectus perf.ectum, cum liga-
mento sensus, per quem res sensibiles cogno-scimus.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod, quamvis intellectus sit superior
sensu, accipit tamen aliquo modo a sensu, et eius obiecta prima et
principalia in sensibilibus fundantur. Et ideo necesse est quod im-
pediatur iudicium intellectus ex ligamento sensus.
AD SECUNDUM DICENDUM quod sensus ligatur in dormientibus pro-
pter evaporationes quasdam et fumositates resolutas, ut dicitur in
libro De Somn. et Vig. [c. 3, lect. 5). Et ideo secundum dispositio-
nem huiusmodi evaporationum, contingit esse ligamootum sensus
maius vel minus. Quando enim multus fuerit motus vaporum, liga-
tur non solum sensus, sed etiam imaginatio, ita ut nulla appareant
phantasmata; sicut praecipue accidit cum aliquis incipit dormire
post multum cibum et potum. Si vero motus vaporum aliquantulum
fuerit remissior, apparent phantasmat.a, sed distorta et inordinata;
sicut accidit in febricitantibus. Si vero adhuc magis motus sedetur,
apparent phantasmata ordinata; sicut maxime soJ.et contingere in
fine dormitionis, et in hom.inibus sobriis et habentibus fortem ima-
ginationem. Si autem motus vaporum fuerit modicus, non solum
imaginatio r€m.anet libera, sed etiam ipse sensus communis ex parte
solvitur; ita quod homo iudicat interdum in dormiendo ea quae
videt somnia esse, quasi diiudicans inter res et rerum similitudi-
nes. Sed tamen ex aliqua parte remanet sensus communis ligatus;
et ideo, licet aliquas similitudines discernat a rebus, tamen semper
in a.liquibus decipitur. - Sic igitrnr per modum quo sensus solvitur
et imaginatio in dormiendo, liberatur et iudicium intellectus, non
tamen ex toto. Unde illi qui dormiendo syllogizant, cum excitantur,
semper recognoscunt se in aliquo defecisse.

t.cllettuale ai dati della sensibilità, ma insiste solo nell'affermare che ogni nostra
Indagine richiede l'esercizio attivo dei sensi; poichè i dati di questi ultimi spesso
offrono soltanto delle analogie e dei simboli all' intelletto, che spazia al di là del
mondo visibile.
2 Sebhen.e le spiegazioni siano piuttosto ingenue, non sono affatto di.sprezzabill
le esperienze cui si accenna e che rivelano un sottile spirito di osservazione.
QUESTIONE 85
Procedimento e sviluppi dell'intellezione.

Veniamo ora a trattare del procedimento e degli sviluppi dell' in-


tellezione.
Su tale argomento si pongono otto quesiti: 1. Se il nostro intel-
letto conosca astraendo le specie intelligibili dai fantasmi ; 2. Se le
specie intelligibili astratte dai fantasmi siano, per ris~tto all' in-
telligenza, l'oggetto conosciuto, oppure il mezzo di cognizione; 3. Se
naturalmente il nostro intelletto conosca prima gli oggetti più uni-
versali; 4. Se il nostro intelletto possa conoscere simultaneamente
più cose ; 5. Se il nostro intelletto conosca mediante processi di
composizione e di divisione ; 6. Se l' intelletto possa cadere in errore ;
7. Se uno possa intendere la stessa cosa meglio di un altro ; 8. Se
il nostro intelletto conosca prima gl' indivisibili che le cose divisi-
bili.

ARTICOLO 1
Se il nostro intelletto intenda le cose corporee e materiali
astraendole dai fantasmi. 1

SEMBRA che il nostro intelletto non conosca le cose corporee e ma-


teriali astraendole dai fantasmi. Infatti:
1. Un intelletto il quale intenda la realtà diversamente da quello
che essa è, è falso. Ora, le forme delle cose materiali non esistono
nello stato di astrazione dai singolari, le cui immagini rappresenta-
tive sono i fantasmi. Se dunque noi cono,sciamo le cose materiali
astraendo le specie intelligibili dai fantasmi, avremo un errore nel
nostro intdletto.
2. Le cose materiali sono ·entità fisiche, nella cui definizione è in-
clusa la materia. Ora, non può dirsi conosciuta una cosa se si pre-
scinde da ciò che rientra nella sua definizione. Perciò le cose ma-
teriali non possono essere conosciute prescindendo dalla materia.
Ma la materia è principio di individuazione. P,er conseguenza esse
non possono essere conosciute mediante l'astrazione dell'universale
dal particolare, che equivale all'astrazione delle specie intelligibili
dai fantasmi.
3. Aristotele insegna che i fantasmi stanno all'anima intellettiva
come i colori alla vista. Ora, l'atto della visione non avviene me-
diante l'astrazione di qualche specie intenzionale dai colori; ma per
il fatto che i colori producono un'impressione nell'occhio. Anche
l'intellezione dunque non avverrà per il fatto che si astrae qualche

i Da tutti gli articoli della questione 84 traspariva già l'esigenza di una me-
diazione tra il mondo sensibile concreto e il mondo degli intelligibili, che si pre-
QUAESTIO 85
De modo et ordine intelligendi
tn octo arttculos dtvtsa.

Deinde considerandum est de modo et ordine intelligendi.


Et circa hoc quaeruntur octo. Primo: utrum intellectus noster
intelligat abstrahendo species a pha.ntasmatilms. Secundo: utrurn
species intelligibiles abstractae a phantasmatibus, se ha,;beant ad in-
tellectum nostrum ut quod intelligitur, ve-1 sicut id quo intelligitur.
Tertio: utrum intellectus noster naturaliter intelligat prius magis
universale. Quarto: utrum intellectus noster possit multa simul in-
telligere. Quinto: utrum intellectus noster intelligat componendo et
dividendo. Sexto: utrum intellectus possit errare. Septimo: utrum
unus possit eandem rem melius intelligere quam alius. Octavo:
utrum intellectus noster per prius cognoscat indivisibile quam divi-
sibile.

ARTICULUS 1
Utrum intellectus noster intelligat res corporeas et materiales
per abstractionem a phantasmatibus.
Supra, q. 12, a. 4; 1 Cont. Gent., c. 77; 2 Metaphys., lect. t.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster non in-
telligat res corporeas et materiales per abstractionem a phantasma-
tibus. Quicumque enim intellectus intelligit rem aliter quam sit, est
falsus. Formae autem rerum materialium non sunt abstra;ctae a
particularibus, quorum similitudines sunt phantasmata. Si ergo in-
telligamus res materiales per abstractionem specierum a phantasma-
tibus, erit falsitas in intellectu nostro.
2. PRAETEREA, res materi.ales sunt res naturales, in quarum defini-
tione cadit materia. Sed nihil potest intelligi sine eo quod cadit in
definitione eiu:s. Ergo res materiales non possunt intelligi sine ma-
teria. Sed materia est individuationis principium. Ergo res mate-
riales non possunt intelligi per abstractionem universalis a par-
ticulari, quod est abstrahere species intelligibiles a phantasma-
tibus.
3. PRAEIEREA, in 3 De Anima [c. 7, lect. 12] dicitur quod phanta-
smata se habent ad animam intellectivam sicut colores ad visum.
Sed visio non fit per abstractionem aliquarum specierum a colori-
bus, sed per hoc quod colores imprimunt in visum. Ergo nec intel-

sentano come entità spirituali e universali all'analisi razionai.e. Aristotele è ri-


corso alla teoria dell'astrazione; teoria che il Dottore Angelico ha perfezionato
e imposto autorevolmente nel campo della ftlosofla cristiana. - È strano che gli
editori della Leonina non abbiano ricordato nel H. pp. i commentari t.omistic!
delle opere ari&toteliche, specialmente quello sul De Anima. Quest'ultima opera
lnt.aiti viene citata ben quattro volte nel corso dell'esposizione.

& - VI
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 1
cosa dai fantasmi, ma perchè i fantasmi producono un'impressione
nell' intelletfo.
4. Come Aristotele dimostra, nell'anima intellettiva si trovano l' in-
telletto possibile e I' intelletto agente. Ora, astrarre le specie intel-
ligibili dai fantasmi non spetta a.Il' intelletto possibile, al quale in-
vece spetta ricevere tali specie già astratte. E neppure sembra che
spetti all'intelletto agente, il quale sta ai fantasmi come la luce ai
colori. E questa non astrae niente dai colori, ma piuttosto si irra-
dia su di essi. Perciò in nessun modo possiamo conoscere astraendo
dai fantasmi.
5. Il Filosofo sostiene che l' u intelletto conosce le specie intelligi-
bili nei fantasmi». Dunque non mediante l'astrazione.
IN CONTRARIO: Scrive Aristotele: u Quanto le cose sonp separabili
dalla mate:ria, tanto hanno rapporto con lintelletto ». E necessario
quindi che le cose materiali siano conosciute in quanto vengono
astratte dalla materia e dalle rappresentazioni materiali, quali sono
i fantasmi.
RISPONDO: Come abbiamo già detto, l'oggetto deve essere propor-
zionato alla facoltà conoscitiva. Ora, abbiamo tre ordini di facoltà
conoscitive. Ci sono delle facoltà conoscitive che sono perfezioni di
organi corporei, vale a dire i sensi. E quindi l'oggetto di qualsiasi
potenza sensitiva è una forma nella sua concreta esistenza materiale
o corporea. E poichè la materia è principio di individuazione, ogni
potenza della parte sensitiva può conoscere soltanto i singolari. -
Esiste poi una facoltà conoscitiva come l' intelletto angelico, la quale
non è perfezione di un organo corporeo, e non è unita in nessun
modo alla materia corporea. 1 Oggetto- quind_i di questa facoltà co-
noscitiva sono le forme che sussistono separate dalla materia. In-
fatti, sebbene gli angeli conoscano anche le cose materiali, tuttavia
le conoscono negli esseri immateriali, e cioè in se stessi o in Dio. -
L' intelletto umano si trova in una condizione intermedia : non è
perfezione di un organo, però è facoltà di un'anima, la quale è
forma [sostanziale] di un corpo, come abbiamo dimostrato. Quindi
è sua proprietà conoscere le forme che hanno una sussistenza indi-
viduale nella materia, ma non in quanto sono in una data ma-
teria. Ora, conoscere ciò che esiste in una data materia, non però
come si trova in quella data materia, significa astrarre la forma
dalla materia individuale, rappresentata da.i fantasmi. Dunque è
necessario concludere che il nostro intelletto conosce le cose mate-
riali mediante l'astrazione dai fantasmi, e che da una siffatta cono-
scenza delle cose materiali possiamo raggiungere una certa cono-
scenza delle cose immateriali. Al contrario gli angeli conoscono le
cose materiali per mezzo di quelle immateriali.
Platone invece, considerando la sola immaterialità dell'intelletto
umano, senza badare alla sua unione col corpo, conclude che le idee
separate sono l'oggetto della nostra intelligenza ; e che noi inten-
diamo non mediante l'astrazione, ma piuttosto col partecip·are le
idee astratte, come abbiamo riferito in precedenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'astrazione può avvenire in due
modi. Primo, mediante un processo di composizione e di scompo-

' Per un flloS<>fo puro l'esistenza dJ. creature splrltu.all è per lo meno un'ipotesi
dlscutlblle. Per l ftl-09011 medioevali, sia crt.sttanl che arabi, l'esistenza delle na-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 5!>
ligeTe contingit per hoc quod aliquid abstrahatur a phantasmatibu.s,
sed per hoc quod phantasmata imprimunt in intellectum.
4. PRAETEREA, ut dicitur in 3 De Anima [c. 5, Iect. 10), in intelle-
ctiva anima sunt duo, scilicet intellectus possibilis, et agens. Sed
abstrahere a phantasmatibus species intelligibiles non pertinet ad
intellectum possibilem, sed recipere species iam abstractas. Sed nec
etiam videtur pertinere ad intellectum agentem, qui se habet ad
phantasmata sicut lumen ad colores, quod non abstrahit aliquid a
coloribus, sed magis eis influit. Ergo nullo modo intelligimus ab-
strahendo a phant.asmatibus.
5. PRAETEREA, Philosophus, in 3 De Anima [c. 7, Iect. 12), dicit quod
" intellectus intelligit species in phantasmatibu.s 11. Non ergo eas ab-
strahendo.
SED CONTRA EST quod dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 8], quod
"sicut res 1mnt separabiles a materia, sic circa intellectum sunt 11.
Ergo oportet quod materialia intelligantuF inquantum a materia
abstrahuntur, et a s.ìmilitudinibus materialibus, quae sunt phanta-
smata. .
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra. [q. 84, a. 7) dictum est.
obiectum cognoscibile proportionatur virtuti cognoscitivae. Est au·
tem triplex gradus cognoscitivae virtutis. Quaedam enim cognosci·
tiva. virtus est actus organi corporalis, scilicet sensus. Et ideo obie.-
ctum cuiuslibet sensitivae potentia.e est forma prout in materia cor·
porali existit. Et quia huiusmodi materia est individuationis prin-
cipium, ideo omnis potentia sensitivae partis est cognoscitiva par-
ticularium tantum. - Quaedam autem virtus cognoscitiva est quae
neque est actus organi corporalis, neque est aliquo modo corporali
materiae coniuncta, sicut intellectus angelicus. Et ideo huius virtu-
tis cognoscitivae obiectum est forma sine materia subsistens : etsi
enim materialia cognoscant, non tamen nisi in immaterialibus ea
intuentur, scilicet ve.I in seipsis vel in Deo. - Intellectus autem hu-
manus medio modo se habet: non enim est actus alicuius organi,
sed tamen est quaedam virtus animae, quae est forma corporis, ut
ex supra [q. 76, a. 1) didis patet. Et ideo proprium eius est cogno-
scere formam in materia quidem corporali individualiter ex.isten-
tem, non tamen prout est in tali materia. Cogno$Cere vero id quod
est in materia individuali, non prout est in tali materia, est ab.
strabere formam a materia individuali, quam repraesentant pha.n-
tasnnata. Et ideo necesse est dicere quod intellectus noster intelligit
materialia abstrahendo a phantasmatibus; et per materia.Ha sic
considerata in immaterialium aliqualem cognitionem devenimus, si-
cut e contra angeli p.er immaterialia materialia cognoscunt.
Plato vero, attendens solum ad immaterialitatem intellectue hu-
mani, non a.utero ad hoc quod est corpori quodammodo unitus, po-
suit obiectum intellectus ideas separatas; et quod intelligimus1 non
quidem abstrahendo, sed ma.gis abstracta participando, ut supra
[q. 8-i, a. 1) dictum est.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod abstrahere oontingit dupliciter.
Uno modo, per modum compositionis et divisionis; sicut cum intel.-

ture angeliche era coosiderata, oltre che un articolo di fede, CODCJ.uslooe logica
di indagini astronomiche e fllosofl~he, capace quindi di generare una certezza
scientifica. lCfr. voi. IV, pp. 148·158. 182, 170-174).
56 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 1
s1z1one, come quando arriviamo a con06Cere che una cosa non è
implicita in un'altra., ovvero che è separata da essa. Secondo, me-
diante la. semplice e assoluta. considerazione dell'intelletto, come
quando intendiamo un oggetto, senza badare ad altro. 1 Ora, astrarre
ovvero separa.re con la mente, nel primo modo, delle cose che· in
realtà non sono divise, non è senza errore. Ma astrarre intellettual-
mente nel secondo modo cose che nella realtà non sono divise, non
implica un errore. E ciò si vede chiaramente nelle cose sensibili.
Infatti se noi apprendiamo o affermi•amo il colore come non ine-
rente al corpo colorato, oppure come realtà separata, avremo l'er-
rore nel pensiero o nella parola. Se invece consideriamo il colore
nelle sue proprietà, senza pensare affatto al pomo colorato, oppure
se esprimiamo a parole quanto abbiamo pensato in siffatto modo,
non avremo errore nè di pensiero, nè di parola. Il pomo infatti non
rientra nell'essenza del colore; perciò niente impedisce di pensare
il colore, senza pensare affatto al pomo. - In modo analogo, i co-
stitutivi dell'essenza specifica di ogni essere corporeo, quale la pie-
tra, l'uomo, il cavallo, si possono ooncepire senza i principli in-
dividuanti, che non rientrano nell'essenza della pietra. E questo
equivale ad astrarre l'universale dal particolare, ovvero la specie
intelligibile dai fantasmi, ossia a concepire l'essenza della specie,
prescindendo dai principii individuali che sono rappresentati dai
fantasmi.•
Perciò quando si dichiara falso l' intelletto, iI quale percepisce
una cosa dive.rsamente da quello che è, è vero qualora il diver-
samente voglia riferirsi all'oggetto conosciuto. Effettivamente I' in-
telletto è in er.rore, quando ritiene che un oggetto ha un modo di
essere diverso da quello che ha realmente. Perciò sarebbe falso
l'intelletto, se nell'astrarre la specie della pietra dalla materia, la
concepisse come realmente separata dalla materia, secondo la teo-
ria di Platone. - L'affermazione invece è falsa, se il di'!rnrsamente
viene riferito al soggetto conoscente. Infatti non c' è errore nel-
l'ammettere che la maniera di intendere del soggetto oonoscitivo
è diversa dalla maniera di esistere del suo oggetto nella realtà:
poichè l'oggetto conosciuto si trova nel conoscente, non nella sua
fisica concretezza, ma in maniera immateriale conforme alla na-
tura dell'intelletto.
2. Alcuni hanno pensato che la sola forma costituisca l'essenza
specifica delle cose naturali, cosicchè la materia non ne farebbe
parte. Se così fosse non si dovrebbe porre la materia nella defini-
zione degli esseri fisici. Bisogna perciò ragionare diversamente, e
distinguere due specie di materia: la materia come entità univer-
sale, e la materia designata o individuale. Materia universale sa--
rebbero le carni e le ossa; materia individuale sarebbero queste
carni e queste ossa. Ora, quando l'intelletto astrae, separa la spe-
cie degli esseri fisici dalla materia sensibile individuale, non già
da quella universale. Astrae, p. es., l'essenza specifica dell'uomo
da queste carni e da queste ossa, le quali non rientrano nell'es-
senza della specie, e sono invece parti integranti del!' individuo,

1 Gli SCQlastici, seguendo il Gaetano, chiamano formale il primo tipo di astra-


zione, mentre denominano totale il secondo. (Cfr. JOANNES A. S. THOMA, Cursus
philosophtcus thomtsttcus, Torino-Roma, 1930, p. 358). - Ai nostri giorni si discute
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 57

ligimus aliquid non esse in alio, vel esse separatum ab eo. Alio
modo, per modum simplicis et absolutae considerationis; sicut cum
intelligimus unum, nihil considerando de alio. Abstrahere 1gitur
per intellectum ea quae secundum rem non sunt abstracta, secun-
dum primum modum abstrahendi, non est abs·que falsitate. Sed se-
cundo modo abstrahere per intellectum quae non sunt abstrada se-
cundum rem, non habet falsitatem; ut in sensibilibus manifeste
apparet. Si mim intelligamus vel dicamus colorcm non inesse cor-
pori colorato, vel esse separatum ab eo, ·erit falsitas in opinione
vel in oratione. Si vero consideremus colorem et proprietates eius,
nihil considerantes .de pomo colorato; vel quod sic intelligimus,
etiam voce exprimamus; erit absque falsitate opinionis et orationis.
Pomum enim non est de, ratione coloris ; et ideo nihil prohibet co-
lorem intelligi, nihil . intelligendo de pomo. - Similiter dico quod
ea quae pertinent ad rationem speciei cuiuslibet rei materialis, puta
lapidis aut hominis aut equi, possunt considerari sine principiis in-
dividualibus, quae non sunt de ratione specieL Et hac est abstra-
here universale a particulari, vel .speciem intelligiibilem a phan-
tasmatibus, considerare scilicet naturam speciei absque oonsidera-
tione individualium principiarum, quae per phantasmata repraesen-
tantur.
Cum ergo dicitur quod intellectus est falsus qui intelligit rem
aliter quam sit, verum est si ly aliter referatur ad rem intellectam.
Tunc enim intellectus est falsus, quando intelligit rem esse aliter
quam sit. Unde falsus esset intellectus, si sic abstraheret speciem
lapidis a materia, ut intelligeret eam non esse in materia, ut Plato
posuit. - Non est autem verum quod proponitur, si ly aliter acci-
piatur ex parte intelligentis. Est enim absque falsitate ut alius sit
modus intelligentis in intelligendo, quam modus rei in existendo:
quia intellectum est in intelligente immaterialiter, per modum in-
tellectus ; non autem materialiter, per modum rei materialis.
An SECl!NDUM DlCENDUM quod quidam putaverunt quod species rei
naturalis sit forma solum, et quod materia non sit pars speciei. Sed
secundum hoc, in definitionibus rerum naturalium non poneretur
materia. Et ideo aliter dicendum est, quod materia est duplex, sci-
licet communis, et signata vel individualis: communis quidem, ut
caro et os; individualis autem, ut hae carnes et haec ossa. Intel-
lectus igitur abstrahit speciem rei naturalis a materia sensibili in-
dividuali, non autem a materia sensibili communi. Sicut speciem ho-
minis abstrahit ab his carnibus et his ossibus, quae non sunt de ra-
tione speciei, sed sunt partes individui, ut dicitur in 7 Metaphys.

la legittimità di questa interpretazione scolastica (cfr. Rtms L. M., "La philo-


wphie de la nature. Quelques apories >>, in Etudes e Rech., cahier I, Ottawa, 1936,
PJJ. 128-141 ; TH!EL M., "De abstractione '" in Stud. ansclm., 1938, pp. 99-119; GEI·
GER L. B., "Abstraction et séparation d'après S. Thomas "• in R. Se. Pii. Théol.,
1947, pp, 3-40).
• Le cinque difficoltà offrono all'Autore l'occasione di precisare il suo pensiero.
rn questa prima soluzione egli distingue nettamente due tipi di astrazione: l'uno,
:.on riferiniento alle condizioni reali dell'oggetto, si esprime nella seconda opera.
<ione della mente, cioè nel "giudizio" ; l'altro, che si riferisce alle condizioni
;oggettive del dato conoscitivo, è insito in ogni "semplice apprensione"· - Platone
.a confuso i due tipi di astrazione, col risultato logico di escludere la materia
!all'essenza degli esseri corpQrei. S. Tommaso dal canto suo afferma l'astrat-
;ezza delle n-0stre nozioni di " fisica •, di matematica e di metaftsicà. Ma soltant-0
i queste ultime riconosce l'attitudine a trascendere la materia (ad 2).
58 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a.. 1

come insegna Aristotele; cosicchè l'essenza può essere concepita.


senza di esse. Ma non si può astrarre intellettualmente l'uomo dalle
carni e dalle ossa in generale.
Le sole entità matematiche possono essere astratte completamente
dalla materia sensibile, non solo da quella individuale, ma anche
da quella universale. Non però dalla materia intelligibile, almeno
da quella universale., bensi soltanto da quella individuale. Ma-
teria senS'ibile è la materia dei corpi in quanto soggetto delle qua-
lità percepibili dai sensi, come il calore, il freddo, la durezza, la
morbidezza, e simili. Invece viene chiamata materia intelligibile la
sostanza come quanta. Ora è chiaro che la quantità è inerente alla
sast.anza, prima delle qualità sensibili. Perciò i dati quantitativi,
cioè numero, dimensioni e figura, che sono delimitazioni d·ella quan-
tità, si possono concepire senza le qualità sensibili, vale a dire si
possono astrarre dalla materia sensibile. Ma non si' possono conce-
pire pr.escindendo dalla sostanza come quanta ; vale a dire, non si
possono astrarre dalla materia intelligibile universale. Tuttavia i
dati quantitativi si possono concepire senza questa o quella determi-
nata sostanza, che è quanto dire : si possono astrarre dalla materia
intelligibile individuale.
Vi sono però dei dati che si possono astrarre anche da questa ma-
teria universale, p. es., l'ente, l'uno, la potenza, l'atto, e simili, che
possono esistere prescindendo da qualsiasi materia, come avviene
per le sostanze immateriali. ' - Per non aver considerato quanto
abbiamo detto S11Ì due tipi di astrazione, Platone giunse ad am-
mettere l'esistenza reale di quelle astrazioni che abbiamo visto di-
pendere dal nostro intelletto.
3. I colori hanno, nella materia corp-0rea indivic1uale, un'esi-
stenza analoga a quella che ricevono nella potenza visiva; e per
questo possono imprimere la loro immagine nell'occhio. Es.sendo in-
vece i fantasmi immagini di cose concrete e individuali, esistenti
in organi materiali, non hanno lo st8Sso grado di esistenza del-
1' intelletto umano, come abbiamo dimostrato. Perciò non hanno la
diretta capacità di produrre impressioni sul!' intelletto possibile. Ma
in forza dell'intelletto agente, che si volge verso i fantasmi, s.i
forma nell' intellett-0 possibile un'immagine che rappresenta gli og-
getti già riprodotti da quei fantasmi; però li rappresenta soltanto
negli elementi costitutivi della specie. E in tal senso che la specie
intelligibile si dice astratta dai fantasmi: non già che una forma
numericamente identica prima si sia trovata nell'immaginati.va e
poi nell'intelletto possibile; come si trasferirebbe un corpo ria un
luogo a un altro. 2
4. I fantasmi sono prima illuminati dal!' intelletto agente; quindi,
sotto l'azione del medesimo, avviene l'astrazione delle specie intelli-
gibili. C'è in questo un'illuminazione, per il fatto che i fantasmi
ricevono dall'intelletto agente l'attitudine all'astrazione delle specie

' Con quest'ultimo rilievo si conclude la descrizione dei tre gradi di astra-
zione, che formano tre ordini di scienze: nel primo abbiamo le scienze naturali,
nel secondo le matematiche, nel terzo la metafisica.
2 L'azione dell' Intelletto agente sul fantasmi si presenta cosi complessa e pro.
hl ematica, da giustificare le controversie sorte tra gli stessi discepoli diell' Aqui-
nate (cfr. CAIETANUS, Summa Tneoi .• I, q, 79, a. 3, IX; q. 85, a. 2, IX; FERRARIENSIS
in 2 Cont. Gent., c. 77, III os.). - Ecc.o r.ome S. Tommaso ha cercato egli stesso
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 59

[c. 10, lect. 10]; et ideo sine eis considerari potest. Sed species ho-
minis non potest abstrahi per intellectum a carnibus et ossibus.
Species autem mathematicae possunt abstrahi per intellectum a
materia sensibili non solum individuali, sed etiam communi; non
tamen a materia intelligibili communi, sed solum individuali. Ma-
teria enim sen.sibilis dicitur materia corporali.s secundum quod sub-
iacet qualitatibus sensibili.bus, sdlicet calido et frigido, duro et
molli, et huiusmodi. , Materia vero intelligibilis dicitur substantia
sccundum quod subiacet quantitati. Manifestum est autem quod
quantitas priu.s inest substantiae quam qualitates sensibiles. Unde
quantitates, ut numeri et dimensiones et figurae, quae sunt termi-
nationes quantitatum, possunt considerari absque qualitatibus sen-
sibilibus, quod est eas abstrahi a materia sensibili: non tamen pos-
sunt ccmsiderari sine intellectu substantiae quantitati subiectae,
quod esset eas abstrahi a materia intelligibili communi. Possunt
tamen considerari sine hac vel illa substantia; quod est eas abstrahi
a mat·eria imtelligibili individuali.
Quaedam vero sunt quae possunt abstrahi etiam a materia intel-
ligibili communi, sicut ens, unum, potentia et actus, et alia huius-
modi, quae etiam ess.e possunt absque omni materia, ut patet in sub-
stantii.s immaterialibus. - Et quia Plato non consideravit quod di-
ctum est, de duplici modo abstractionis, omnia quae diximus ahs-
trahi per intellectum, posuit abstracta esse secundum rem.
An TERTIUM mcENDUM quod colores habent eundem rnodum exi-
stendi prout sunt in materia corporali individuali, sicut et poten-
tia visiva: et ideo possunt imprimere suam similit;udinem in viS'llm.
Sed phantasmata, cum sint similitudines individuorum, et existant
in organis corporeis, non habent eundem modum existendi quem
habet intellectus humanus, ut ex dictis [in corp.] patet: et ideo non
possunt sua virtute imprimere in intellectum possibilem. Sed vir-
tute intellectus agentis rnsultat quaedam similitudo in intellectu
possibili ex conversione intellectus agentis supra phantasmata, quae
quidem est repraesentativa eorum quorum sunt phantasmata, so-
lum quantum ad naturam speciei. Et per bune modum dicitur abs-
trahi species intelligibilis a phantasmatibus: non quod aliqua ea-
dem numero forma, quae prius fuit in phantasmatibus, postmodum
fiat in intellectu possibili, ad modum quo corpus accipitur ab uno
loco et transfertur ad alterum.
An QUARTUM DICENDU:\1 quod phantasmata et illuminantur ab in-
telleetu agente; et iterum ab eis, per virtutem intellectus agentis,
species intelligibiles a}}strahuntur. Illuminantur quidem, quia, sicut

111 definire il suo pensillro: "I corpi fisici, composti come sono di un'unica mate-
ria, imprimono e subisc.ono l 'azi.one reciproca sullo stesso piano. Invece l'anima
intellettiva non può es9!\re In potenza alle immagini di cose esistenti nei fan-
tasmi così come si trovano in essi; ma in quanto tali immagini sono elevabili a
un gTado superiore, eioè In quanto, astratte dalla concretmza della materia, sono
rese attualmente intelligibili. ... Cosicchè la priorità di efficaci.a neIJ'azione non va
lttrilrnit.a ai fantasmi, bensì all'intelletto agente. E per ta:le motivo Aristotele
;crive che questo intelletto sta all'intelletto possibile "come l'art.e sta alla mate-
ria [grezza] ". - Il caso è ana.logo a quello di un occhio, il quale, oltre ad &ssere
Jlafano e pronto a ricevere 1 colori, aveese tanta luce da poter rendere attual-
niente visibili i colori stessi: come certi animali [notturni], che si dice siano ca-
-.aci di illuminare sufficientemente con I loro occhi gli oggetti rispettivi" (2 Coni.
~ent., c. 77).
60 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 1-2
intelligibili, come tutta. la parte sensitiva a~quista maggior vigore
unendosi alla parte intellettiva. Ora., l'intelletto agente astrae le spe-
cie intelligibili dai fantasmi, perchè in forza di tale intelletto pos-
siamo accogliere nel nostro pensiero le nature specifiche delle cose,
lasciando da parte le loro condizioni individuali, e da quelli) specie
viene posto in atto I' intelletto possibile.
5. Il nostro intelletto, pur astraendo le specie intelligibili dai fan-
tasmi, in quanto concepisce la natura delle cose nella sua universa-
l'tè. tuttavia la conosce nei fantasmi, come abbiamo già spiegato.

ARTICOLO 2
Se le specie intelligibili astratte dal fantasmi siano foggetto stesso
della nostra intellezione. 1

SEMBRA che le specie intelligibili astratte dai fantasmi siano l'og-


getto stesso della nostra intellezione. Infatti:
·1. L'oggetto attualmente conosciuto si trova nel soggetto cono-
scente; poichè l'oggetto attualmente pensato si identifica con I' in-
telletto attualmente pensante. Ma la cosa. conosciuta si trova nel-
1' intelletto pensante solo mediante la specie intenzionale avuta per
astrazione. Dunque tale specie è l'oggetto stesso del nostro atto in-
tellettivo.
2. L'oggetto pensato deve pur trovarsi in un dato soggetto, altri-
menti non esisterebbe affatto. Ora esso non si trova nella realtà esi-
stente fuori dell'anima; perchè questa realtà, essendo materiale, non
può essere oggetto attuale d'intellezione. Dunque rimane che tale
oggetto deve trovarsi nell'intelletto. E quindi esso non si distingue
dalla specie intelligibile.
3. Scrive il Filosofo che "le parole sono i segni delle affezioni del-
l'anima». Ora, le parole significano le oose pensate, poichè noi espri·
miamo con la pa.:riola ciò che abbiamo compreso. Perciò le affezioni

1 Accertata l'esistenza dei mezzi conoscitivi, immagini o eone-etti, sorge il pro-


blema della l-0ro " intenzionalità "· Infatti può sorgere il dubbio che la faC-Oltà C-O·
noscltlva possa trovarsi chiusa in se medesima, e cofltretta a pensa.re il proprio
pensiero, senza rappresentare una realtà esterna e oggettiva, che i filosofi mo-
derni hanno denominat.o trascendente o trascendentale. - L" idealismo di questi
ultimi secoli si è formalizzato In questo prec-0ncetto: il salto verso la trascendenza
sarebbe un P-Ostulat-0 dogmatico, che razionalmente non si giustifica. Il pensiero
uman-0 rimarrebbe perciò prigl-0niero dell' Jdea. e delle impressioni soggettive.
S. Tommaso ha subodorato il pericolo idealista nel formulare il nostro quesito ;
egli però non risponde in pieno e direttamente alle instanze del moderni. L"arti-
colo. non bisogna dimenticarlo, ha direttamente di mira la oonoscenza intellettiva
degli es.seri corporei ; e quindi non parla affatto di quegli intelligibili (sensazioni,
immagini, idee), che sono effettivamente dei dati soggettivi. Inoltre l"Autore della
Somma prende come basi di partenza i presupposti universalmente accettati dagli
studiosi del suo tempo, e che la critica idealista, senza temere il paradosso e il
ridicolo, non ha esitato invece a mettere In discussione. - Per una critica radicale
di un radicale idealismo un buon tomista non può e-0ntentarsl di ripetere le pa-
role del Maes.tro; ma deve Impegnare gli avversari a definire i loro concetti fon-
PROCEDIMEN'l'.0 E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 61

pars sensitiva ex coniunctione ad intellectivam emcitur virtuosior,


ita phantasmata ex virtute intellectus agentis redduntur habilia ut
aib eis intentiones intelligibiles abstrahantur. Abstrahit autem in-
tellectus agens species intelligibiles a phantasmatibus, inquantum
per virtutem intellectus agentis accipere possumus in nostra consi-
deratione naturas specierum sine individualibus conditionibus, se-
cundum quarum simi.Jitudines inteHectus possibilis informatur.
Ao QUINTUM DICENDUM quod intelledus noster et abstrahit species
intelligibiles a phantasmatibus, inquantum considerai naturas r'e-
rum in universali; et tamen intelligit ea.s in phantasmatibus, quia
non pote·st intelligere etiam ea quorum species abstrahit, nisi con-
vertendo se ad phantasmata, ut supra [q. 84, a. 7] dictum est.

ARTICULUS 2
Utrum species intelligibiles a phantasmatibus abstractae, se habeant
ad intellectum nostrum sicut id quod intelligitur.
!I Cont. Gent., c. 75; 4, c. 1t; De Vertt., q. 10, a. 9; De Spiri!. Creat., a. 9, ad 6;
Compend. Theol., c. 85; 3 De Antma, lect. 8.

AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod sp·ecies intelligrbiles a


phantasmatibus abstractae, se habeant ad intellectum nostrum sicut
id quod intelligitur. Intellectum enim in a.ctu est in intelligente:
quia intellectum in actu est ipse intellectus in actu. Sed nihil de re
intellecta est in intellectu actu intelligente, nisi species intelligibilis
abstracta. Ergo huiusmodi species .est ipsum intellectum in actu.
2. PRAETEREA, intellectum in actu oportet in aliquo esse: alioquin
nihil esset. Sed non est in re quae est extra animam: quia, oum
res extra animam sit materialis, nihil quod est in ea, potest esse
intellectum in actu. Relinquitur ergo quod intellectum in actu sit
in intellectu. Et ita nihil est aliud quam species intelligibiliis prae-
dicta.
3. PRAETEREA, Philosophus dicit, in 1 Periherm. [c. 1, lect. 2], quod
cc voces sunt notae earum quae sunt in anima passionum ». Sed vo-
ces significant res intellectas: id enim voce significamus quod intel-

damental! su quel fenomeno indescrivibile e inimitabile che è la wnoscenza. E al-


lora ci accorgiamo che molti filosofi si sono impegnati in un' imJ'.H'esa disperata.
Infatti essi pretendono di risolvere il problema critico in hase a un'evidenza dia-
lettica e scientifica. Ma non si accorgono che ogni nostra evidenza scientifica si
misura sulle evidenze immediate e spontanee, sorte dalla prima esperienza intel-
lettiva. Ebbene una di queste evidenze è la certezza che 1 nostri mezzi conoscitivi,
immagini e concetti, non si esauriscono in una introspezione soggettiva, ma sono
essenzialmente intenzionali. Gli at.ti conoscitivi primordiali ci dànno l'evidenza
assoluta - superiore a tutte le convinzioni che possono nascere dall'esercizio della
dialettica - che noi abbiamo gettato un ponte verso l'esterno. ~ ta!e eviò~nza
non dovesse essere sostanzialmente accettata (e ciò non potrebbe avvenire in forza
di princip!i scientifici, i quali hanno bisog.no di basarsi e di modellarsi sulla me-
desima, ma solo in forza di una opzione arbitraria), non si avrebbe certo il diritto
di formulare delle affermazioni filosofiche: si cadrebbe nello scetticismo, e si do-
vrehhe rinunziare a qualsiasi attività teoretica.
Per un approfondimento del problema critico rimandiamo alle opere seguenti,
e alla bibliografia in esse contenuta: ROLAND-GOSSELJN M. D., Essat d'une Illude
crittque de la connaissance, Paris 1932; JOLIVET R., Le thomtsme et la crttique de
la connatssance, Parigi, 1933; TESTA A., Idealismo e realtsmo, Roma, ts38; VAN
RIEr G., L' épistémologte thomlste, Lovanio, 1946.
62 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 2

dell'anima, e cioè le specie intelligibili, formano l'oggetto dell' intel-


lezione attuale.
IN CONTRARIO: La specie intenzionale intellettiva sta ali' intelletto,
come. la specie sensibile sta al senso. Ora, la specie sensibile non è
ciò che viene percepito, ma il mezzo col quale il senso percepisce.
Dunque la specie intelligibile non è l'oggetto dell'atto intellettivo, ma
il mezzo di cui si serve l' intelletto per conoscere.
RISPONDO: Alcuni • hanno pensato che le nostre potenze conosci-
tive possono oonoscere soltanto le proprie impressioni ; il senso,
P. es., non percepirebbe che le alterazioni del suo organo. In tale
ipotesi I' intelletto non intenderebbe altro che la propria impres-
sione, cioè le specie intenzionali che ha ricevuto. Stando cosi l!l cose,
dette specie sarebbero l'<lggett.o stesso dell'atto intellettivo.
Una tale opinione risulta chiaramente falsa per due motivi. Primo,
perchè l'oggetto della nostra intellezione si identifica con l'oggetto
delle scienze. Se dunque noi conoscessimo soltanto le specie inten-
zionali presenti nell'anima nostra, ne seguirebbe che tutte le scienze
n<>n avrebbero per oggetto le cose reali esistenti fuori dell'anima, ma
soltanto le specie che si trovano in essa. Difatti i platonici, i quali
pensavano che le idee fossero intelligibili in atto, ritenevano che le
scienze avessero per oggetto le idee. Secondo, perchè ne seguirebbe
l'errore di quei filosofi antichi, i quali affermavano che «la verità
è ciò che sembra [ad ognuno]"; e così sarebbero vere anche asser-
zioni contraddittorie.• Infatti se una facoltà non conosce che le p!I"O-
prie impressioni, può dare un giudizio so.Jtanto di queste. Un og-
getto poi sembrerà [in un modo o in un altro] seDondo le disposi-
zioni della potenza conoscitiva. Perciò' la potenza conoscitiva sarà
portata a giudicare sempre il proprio oggetto, cioè le proprie impres-
sioni secondo il loro modo di essere; quindi tutti i suoi giudizi sa-
ranno veri. Se, p. es., il gusto non percepisce che la propria impres-
sione, quando uno di gusto sano giudica che il miele è dolce, darà un
giudizio vero; ma darà un giudizio ugualmente vero un malato dal
gust<l corrotto, che lo giudica amaro; perchè, sia l'uno che l'altro
giudica secondo le disposizioni del pmprio gusto. E così ogni opi-
nione e, in genere, ogni punto di vista, sarebbe ugualmente vero.
E perciò necessario affermare che le specie intelligibili sono il
mezzo di cui l'intelletto si serva per conoscere. Eccone la prova.
Come Aristotele insegna, ci sono due specie di operazioni: -ve ne
sono di quelle che rimangono nell'agente stesso, come il vedere e
l'intendere, e ve ne sono altre che passano su di un oggetto e.sterno,
come riscaldare e segare. Ma sia le une che le altre si esercitano
secondo una data forma. E come la forma, secondo la quale si pro-
duce l'azione transitiva, è un'immagine o s.omiglianza del termine
dell'azione, il calore di ciò che scalda, p. es., è una somiglianza del
calore prodotto, così la forma second·o la quale si produce l'azione
immanente dev·e essere un'immagine o somiglianza dell'oggetto. Dun-
que l'immagine o somiglianza dell'oggetto visibile è il mezzo di cui
si serve la vista per vedere; e la s.omiglianza dell'oggetto intelligi-
bile, vai.e a dire l'idea, è la forma di cui si serve l'intelletto per
intendere.•

• S. Tommaso aveva dinanzi a sè gli errori di Eraclito e di Protagora, secondo


la relazione aristotelica (cfr. 4 Metaph., c. 3, 1ect. 6; 11, cc. 5, 6, lect. 5).
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 63

ligimus. Ergo ipsae passiones animae, scilicet species intelligibiles,


sunt ea quae intelliguntur in actu.
SED CONTRA, species intelligibilis se habet ad intellectum, sicut spe-
c1'2s sensibilis ad sensum. Sed species sensibilis non est illud quod
sentitur, sed magis id quo sensus sentit. Ergo speciel'I intelligibilis
non est quod intelligitur actu, sed id quo intelligit intellectus.
REsPONDEo orcENDuM quod quidam posuerunt quod vires cogno-
scitivae quae sunt in nobis, nihil cog:noscunt nisi proprias passio-
nes; puta quod sensus non sentit nisi passionem sui organi. Et se-
cundum hoc, intellectus nihil intelligit nisi suam pas..5ionem, idest
speciem intelligibilem in se receptam. Et secundum hoc, speeies
huiusmodi est ipsum quod intelligitur.
Sed haec opinio manifeste apparet falsa ex duobus. Primo qui-
dem, quia eadem sunt quae intelligimus, et de quibus -sunt scientiae.
Si igitur ea quae intelligimus essent "solum species quae sunt in
anima, sequeretur quod scientiae omnes non essent de rebus quae
sunt extra animam, sed solum de speciebus intelligibilibus qua'3
sunt in anima; sicut secundum Platonicos omnes scientiae sunt de
ideis, quas ponebant esse intellecta in actu [q. 84, a. 1]. - Secundo,
quia sequeretur error antiquorum dicentium quod « omne quod vi-
detur est verum" [cfr. ARISTOT., 4 Met., c. 5]; et sic quod contra-
dictoriae essent simul verae. Si enim pot.entia non cognoscit nisi
propriam passionem, de ea solum iudicat. Sic autem videtur ali-
quid, secundum quod potentia cog:noscitiva afficitur. Semper ergo
iudicium potentiae cognoscitivae erit de eo quod iudicat, scilicet de
propria passione, secundum quod est; et ita omne iudicium erit
verum. Puta si gustus non sentit nisi propriam pa&Sionem, cum ali-
quis habens sanum gustum iudicat mel esse dulce, vere iudicabit ;
et similiter si ille qui habet gustum infectum, iudicet mel esse ama-
rum, vere iudica.bit: uterque enim iudicat secundum quod gustus
eius afficitur. Et sic sequitur quod omnis opinio aequaliter erit
v.era, et universaliter omnis acceptio.
Et ideo dicendum est quod species intelligibilis se habet ad in-
tellectum ut quo intelligit inte!lectus. Quod sic patet. Cum enim sit
duplex actio, sicut dicitur 9 lrl ctaphys. [c. 8, lect. 8], una quae ma-
net in agente, ut videre et intelligere, altera quae transit in rem
exteriorem, ut calefacere et secare; utraque fit secundum aliquam
formam. Et sicut forma secundum quam provenit actio tendens in
rem exteriorem, est similitudo obiecti actionis, ut calor calefacien-
tis est similitudo calefacti; similiter forma secundum quam pro-
venit actio manens in agente, est similitudo ol>iecti. Unde simili-
tudo rei visibilis est secundum quam visus videt ; et similitudo rei
intellectae, quae est species intelligibilis, est forma secundum quam
intellectus intelligit.

2 Questa è esattamente la posizione di Protagora e di altri sofisti. Vedi cita-


zioni della nota precedente.
a L'argomento può sembrare poco appropriato. perchè !"azione immanente è cosi
diversa da qu€1Ja transitiva. Ma c· è un punto di somiglianza che non va trascu-
rato: lo stato dl potenzialità radicale del soggetto. La no.~tra facoltà intellettlva
inizialmente è solo in potenza, come qualsiasi agente di ordine fisico. Ora, dalla
potenza non si pa.<sa all"atto senza un elemento nuovo attua~: poichè il soggetto
operante ha bisogno della forma (va.le a dire della parte che si contrappone al
subtectum in quanto sulllectum) per attuarsi nell'operazione. E tale forma non
64 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 2

Ma poichè l'intelletto può riflettere su ae stesso, allora, in forza


di questa riflessione, può conoscere la propria intellezione e quindi
l'idea di cui si serve. Perciò questa in u11 secondo tempo è anche
oggetto d'intellezione. Ma oggett.o primario d'intellezione è la realtà
di cui I' idea è un'immagine o somiglianza.
Tutto questo ha una riprova sulla convinzione degli antichi, i quali
rit-enevano che «una cosa si con(}sce mediante una cosa consimile n.
E ciò fino al punto di credere che l'anima conosce la terra esistente
al di fuori, per mezzo della terra in essa contenuta; e così per gli
altri oggetti. Ma se al posto della terra mettiamo l' idea della terra,
secondo la teoria di Aristotele, il quale dioe che "nell'anima non vi
è la pietra, ma l' idea della pietra'" avremo come conseguenza che
l'anima conosce le cose esistenti fmJri di essa mediante dati intelli-
gibili.
SOI.l'ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'oggetto pensato si trova nell' in-
telletto pensante con la sua immagine. E si dice che l'oggetto pen-
sato s'identifica con l'intelletto pensante, appunto perchè l' imma-
gine o somiglianza della co98. pensata diventa allora forma dell' in-
telletto; c'ome l'immagine della cosa sensibile diviene la forma del
senso nell'atto del sentire. Non ne segue perciò che la specie intel-
ligibile sia l'oggetto dell'intellezione attuale, non essendo che una
immagine dell'oggetto.
2. L'espressione, l'oggetto pensa.to, contiene due elementi: l'og-
getto conosciuto e il fatt<J della. sua conoscenza. Così pure, quando
si parla dell'v.n'iversale astratto s'intendono due cose: la natura
stessa della cosa, e l'astrazione o universalità [della medesima]. Or-
bene, la natura che'diviene oggetto di conoscenza, di astrazione o di
universalizzazione, esiste solo nei singolari concreti; mentre l'atto
conoscitivo, l'astrazione o universalizzazione si devono ali' intelletto.
Una cosa simile la riscontriamo nei sensi. Infatti la vista percepisce
il colore del pomo, senza il suo odore. Se allora ci si domanda dove
sia il colore che si vede senza l'odore, è chiaro che non può trovarsi
altro che nel pomo; ma il fatto che il pomo viene percepito senza
l'odore dipende dalla vista, in quanto vi è in essa l' immagin~ del
colore senza quello dell'odore. Analogamente, il concetto di uma-
nità non si trova in concreto che in questo o in quel dato uomo
particolare, ma che l'umanità venga percepita senza le condizioni
individuanti, e eia.è il fatto della sua astrazione, da cui deriva l'uni-
versalità, proviene all'umanità stessa proprio dall'essere pensata da.I-
l' intelletto, nel quale può trovarsi una rappresentazione della natura
della specie, senza quella dei principii individuanti. 1
3. Due sono le operazkmi che si producono nella parte sensitiva.
Una avviene per semplice alterazione: e questa si compie per il solo
fatto che il senso riceve l'impressione dall'oggetto sensibile. L'altra si
compie mediante una produzione, per il fatto cioè che l'immaginativa
si forma la rappresentazione di un oggetto assente, o addirittura.
mai veduto. Ora, nel!' intelligenza queste due operazioni si trovano
riunite. C' è infatti da considerare prima di tutto la recezione del-
1' intelletto possibile, dovuto al fatto che viene attuato dalla specie
intelligibile. Una volta poi cosi attuato, passa a formare la definì-

può di~ndere che dall'oggetto ; proprio perchè il soggetto è in potenza all'opera-


zione. Questa nece&5a.l'ia derivazione della forma dall'oggetto fa si che essa non
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 65

Sed quia intellectus supra seipsum reflectitur, secundum eandem


reflexionem intelligit et suurn intelligere, et speciern qua intelligit.
Et sic species intellectiva secundario est id quod intelligitur. Sed
id quod intelligitur primo, est res c:uius spedes intelligibilis est si-
rnilitudo.
Et hoc etiam patet ex antiquorum opinione, qui pcmebant "simile
sin1ili cognosci n. Ponebant enirn quod anima per terram quae in
ipsa erat, cognnsceret terram quae extra ipsam erat; et sic de aliis.
Si ergo accipiamus speciem terra.e loco terrae, secundum doctrinam
Aristotelis, qui dicit [3 De Anima, c. 8, lect. 13] quod u lapis non
est in anima, sed species lapidis » ; sequetur quod anima per spe-
cies intelligibiloo cognoscat res quae ·sunt extra animam.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod inteJlectum est. in intelligente per
suam similitudinem. Et per hunc modum dicitur quod intellectum
in actu est intellectus in actu, inquantum similitudo rei intellectae
est forma intellectus; sicut ·similitudo rei sensibilis est forma sen-
sus in actu. Unde non sequitur qu<Jd species intelligibilis a.bstracta
sit id qu<Jd actu intelligitur, sed quod sit similitudo eius.
An SECUNDUM DICENDUM qiuod, cum dicitur intellectum in actu,
du<J importantur: scilicet res qua.e intelligitur, 'et hoc quod est ipsum
intelligi. Et similiter cum dicitur universale abstractum, duo intel-
liguntur: scilicet ip.sa natura rei, et abstractio seu universalitas.
Ipsa igitur natura cui accidit vel intelligi vel abstra.bi, vel intentio
universa!Hatis, non est nisi in singularibus; sed hoc ipsum quod
est intelligi vel abstrahi, vel intentio UJ11ivef'Salitatis, est in intellectu.
Et hoc possumus videre per simile in sensu. Visus enim videt co-
lorern pomi sine eius odore. Si ergo quaeratur ubi sit color qui vi-
detur sine odore, manifestum est quod color qui videtur, non est
nisi in pomo ; sed quod sit sine odore perceptus, hoc accidit ei ex
parte visus, inquantum in visu est similitudo coloris et non odoris.
Similiter humanitas qua,e intelligitur, non est nisi in hoc vel in illo
homine: 1sed quod humanitas apprehendatur sine individualibus con-
ditionibus, quod est ipsam abstrahi, ad quod sequitur intentio uni-
versalitatis, accidit humanitati secundum quod percipit.ur ab intel-
lectu, in quo est similitudo naturae speciei, et non individualium
principiorum.
Ao TERTit:M DICENDUM quod in parte sensitiva inv·enitur duplex ope-
ratio. Una secundum solarn immutationem: et sic perficitur opera-
tio sensus per hoc qu<Jd immutatur a sensibili. Alia operatio est
formatio, secundum quod vis imaginativa format sibi aliquod ido-
lurn rei absentis, vel etiam nunquam visae. Et utraque haec operatio
coniungitur in intellectu. Nam primo quidem consideratur passio
intellectus possibilis secundum quod informatur specie intelligibili.
Qua quidem formatus, format secundo vel definitionem ve! di.visio-

pos_«a essere il termine dell'operazione, ma soltanto il mezzo di cui si servirà il


soggetto per operare. Nel caso specifico si tratterà di un'Immagine o di un con-
cetto eh.e serve a presentare la realtà sensibile a un· intelligenza potenziale. fa-
cendola passare dalla potenza all'atto.
• L'affermazlorui energica dell "oggettlvità della nostra conoscenza non fa dimen-
ticare a S. Tommaso gli aspetti soggettivi della medesima; e lo vedremo anche
meglio negli articoli seguenti. D'altra parte, la stes'la possibilità, di distinguere
così chiarament<l i due aspetti del dato conoscitivo, pre&uppon.e la capacità di
percepire la realtà oggettiva.
66 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 2-3

zione, a comporre o a contrapporre tra loro le idee; e tutto ciò viene


espresso dalla parola. I [singoli) termini, quindi, esprimono la de-
finizione; mentre l'enunziato esprime il processo intellettivo di com-
posizione e di contrapposizione. Perciò le paro.le non stanno a indi-
care le specie intelligibili, ma i mezzi che I' intelletto forma in se
stesso, per giudicare le cose esteriori.

ARTICOLO 3
Se nella nostra conoscenza intellettiva i primi dati
siano quelli più universali. 1

SEMBRA che nella nostra conoscenza intellettiva i primi dati non


siano quelli più universali. Infatti:
1. Le entità prime e più note seco-ndo natura sono posteriori e
meno note rispetto a noi. Ora, le entità più universali hanno una
priorità di natura; poichè cc è prima ciò che per esistere non è con-
dizionato ad altro,,_ Dunque i dati più universali non sono primi
nella nostra conoscenza intellettiva.
2. Noi conosciamo gli esseri composti prima di quelli semplici.
Ora, gli esseri più universali sono anche i più semplici. Dunque ri-
spetto a noi essi sono posteriori.
3. Il Filosof9 insegna che il definito è oggetto della nostra cono-
scenza prima che lo siano le parti della definizione. Ora, le nozioni
più universali sono parti nella definizione di oggetti meno univer-
sali; animale, p. es., entra come parte nella definizione di uomo.
Quindi i dati più universali sono posteriori rispetto a noi.
4. Noi siamo costretti a risalire dagli effetti alle cause e ai prin-
cipii. Ora, gli universali sono come altrettanti principii. Essi dun-
que non sono i primi dati rispetto a noi. ·
IN CONTRARIO: Aristotele insegna che " è necessario giungere ai
singolari, partendo dagli universali n.
RISPONDO: Il processo conoscitivo della nostra intelligenza si pre-
senta sotto due aspetti. Primo, bisogna ricordare che la conoscenza
intellettiva deriva in qualche modo da quella sensitiva. E poichè il
senso percepisce i singolari, mentre l'intelletto ha per oggetto gli
universali, ne segue necessariamente che nella nostra conoscenza i
singolari precedono gli universali.
Secondo, si deve tener presente che il nostro intelletto passa dalla
potenza all'atto. Ma ogni ente che procede dalla potenza all'atto,
prima raggiunge l'atto incompleto, che è intermedio tra la potenza
e l'atto, e quindi l'atto perfetto. Ora, l'atto perfetto che l'intelletto
ha di mira è la scienza perfetta, che ci fa conoscere le cose in modo
distinto e determinato. Atto incompleto è la scienza imperfetta che
ci fa conoscere le cose in modo generico e confuso: poichè un oggetto
conosciuto in tal modo, in parte è conosciuto attualmente, e in parte

1 "Questo articolo, scrive il P. Wébert, è forse li più profonrlo che S. Tomma.<i.)


abbia scritto sulla genesi della conoscenza intellettuale. Esso basta a scagionar] o
dall'accusa di essere un dialettico, uno statico il quale non avrebbe nessuna idea
della vita del pens!ero. Di più, egli si oppone anticipatamente, in questo passo,
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 67

nem vel compositionem, quae per vocem significatur. Unde ratio


quam significat nomen, est definitio: et enuntiatio significai com-
positionem et divisio.nem intellectus. Non ergo voces significa.nt ipsas
species intelligibiles; sed ea quae intellectus sibi format ad iudi-
candum de rebus exterioribus.

ARTICULUS 3
Utrum magis universalia sint priora in nostra
cognitione intellectuali.
f P9ster., lect. 4; f Phystc., lcct. 1.
AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod 1nagis univcrsalia non
sint priora in nostra cognitione intellectuali. Quia ea quae sunt
priora et notiora secundum naturam, sunt posteriora et minus nota
secundum nos. Sed universalia sunt priora secundum naturam: quia
« prius est a quo non convertitur subsistendi consequentia 11 [Categ.,
c. 12). Ergo univensalia sunt posteriora in cognitione nostri intel-
lectus.
2. PRAETEREA, composita sunt priora quoad nos quam simplicia.
Sed universalia sunt simpliciora. Ergo sunt posterius nota quoad
nos.
3. PRAEIEREA, Philosophus dicit, in 1 Physic. [c. 1, led. 1] quod
definitum prius cadit in cognitione nostra quam partes definit.ionis.
Sed universaliora sunt partes definitionis minus universalium, si-
cut animai .est pars definitionis hominis. Ergo universalia sunt po-
sterius nota quoad nos.
4. PRAETEREA, per effectus devenimus in causas et principia. Sed
universalia sunt quaedam principia. Ergo universalia sunt posterius
nota quoad nos.
SED CONTRA EST quod dicitur in 1 Physic. [c. 1, lect. 1), quod «ex
universali.bus in singularia oportet devenire ».
RESPONDEO DICENDUM quod in cognitione nostri intellect.us duo opor-
tet considerare. Primo quidem, quod cognitio intellectiva aliquo
modo a sensitiva primordium sumit. Et quia sensus est singula-
rium, intellectus autem universalium; necesse est quod cognitio sin-
gularium, quoad nos, prior sit quam universalium cognitio.
Secundo, oportet considerare quod intellectus noster de potentia
in actum procedit. Omne autem quod procedit de potentia in actum,
prius pervenit ad actum incompletum, qui est medius inter poten-
tiam et actum, quam ad actum perfectum. Actus autem perfectus
ad quem pervenit intellectus, est scientia completa, per quam di-
stincte et determinate re.s cognoscuntur. Actus autem incompletus
eist scientia imperfecta, per quam sciuntur res indistincte sub qua-
dam confusione: quod enim sic cognoscitur, secundum quid cogno-

at filosofi del!' idea chiara [leggi Cartesio e cartesiani]. Credere che tutto è chia-
rezza, o per lo meno non accettare che le conoscenze c-hiare e distinte, è falsare
la natura di questa intelligenza umana, che "passa dalla potenza all'atto", e che
da principio ·· ha una scienza imperfetta, la quale può offrire soltanto una cono-
scenza lndist.lnta e confusa"" (op. cit., p. 246).
68 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 3

potenzialmente. Perciò il Filosofo afferma. che «da principio ab-


biamo evidenza e certezza delle coae più confuse ; in seguito cono-
sciamo distinguendo i principii ~ gli elementi». E chiaro poi che
conoscere un oggetto in cui sono contenute molte ca.se, senza una
conoscenza appropr·iata di ci9.8'Cuna. di esse, è un conoscere in con-
fuso. E in tal modo può essere conosciuto, sia il tutto universale in
cui le parti si trovano potenzialmente, sia il tutto integrale: p0ichè
tanto l'uno che l'altro possono essere conosciuti in confuso, senza
che si conoscano distintamente le lQro parti. Conoscere però distin-
tamente quanto è contenuto in un tutto universale, equivale a co-
noscere una cosa meno universale. Per es., conoscere genericamente
un animale corrisponde a conoscere un animale [soltanto] in quanto
è animale. InvecE;i conoscerlo distintamente equivale a conoscer}() in
quanto è animale ragionevole o irragionevole, ossia a conoscere
l'uomo, o il leone. Al nostro intelletto, dunque, si presenta prima
la conoscenza dell'animale, che quella dell'uomo. E ciò vale per
qualsia.si nozione più universale in confronto con altre meno uni-
versali. 1
Del resto questo medesimo ordine si riscontra anche nel ~nso, poi-
chè anche il senso passa dalla potenza all'atto, come l'intelletto. Con
i sensi infatti noi conosciamo prima i dati più comuni che quelli
meno comuni, sia in ordine aUo spazio che in ordine al tempo. In
ordine allo spazio: difatti guardando qualche cosa che si avvicina,
prima ci si accorge che è un corpo, e poi che è un animale; e
prima ci si accorge che è un animale, e poi che è un uomo ; prima
che è un uomo, e poi che è Socrate o Platone. In ordine al tempo:
infatti il bambino impara prima a distinguere tra l'uomo e le altre
cose, che tra uomo e uomo; perciò Aristo.tele scrive che "i bambini
da principio chiamano babbo tutti gli uomini; in seguito imparano
a fare distinzione tra loro».•
La ragione di ciò è evidente. Chi infatti ha la cognizione indi-
stinta di una cosa, è ancora in potenza a conoscerne il principio di-
stintivo: chi conosce il genere, p. es., è in potenza a conoscere la
differenza specifica. E perciò evidente che la cognizione indistinta si
trova tra la potenza e l'atto.
In conclusione, la conoscenza dei singolari è per l'uomo anteriore
a quella degli universali; precisamente come la conoscenza sensi-
tiva è anteriore a quella intellettiva.. Però, sia per i sensi come per
l'intelletto, la conoscenza dei dati più uniYersali precede quella dei
dati meno universali.
SOL!JZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'universale si può considerare sotto
due aspetti. PrimD, in quanto la natura universale include la rela-
zione di universalità. E siccome questa relazione di universalità, cioè
il fatto che un unico e identico concetto dice ordine a molte cose,
proviene dall'astrazione intellettiva, è necessario che sotto tale
aspetto l'universale &ia un dato posteriore. Perciò dice Aristotele

1 La dottrina, esposta in questo articolo e nell'articolo 8 di quffita medesima


questione, serve a precisare il pensiero tomistico sulla dipendenza obiettiva del-
1' intellett-0 dai ~nsi. SI noti bene che l'intellezione n-0n è da concepirsi come
una graduale elaborazione delle Immagini e delle impressioni subite dalla sensi-
bilità: è un salto nett-0 in un mond-0 nuovo, ci-Oè nel mondo degli universali; è
una conquista del reale attraverw la via dell'astrazi<me. L'astrazione più alta,
e quindi i concetti più universali, non sono per noi delle conquiste difficili e la-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 69

scitur in actu, et quodarnmodo in potentia. Unde Philosophus dicit,


in I Physic. [c. 1, lect. 1], quod "sunt primo nobis manifesta et
certa confusa magis; posterius autem cognoscimus distinguendo di-
stincte principia et elementa ». Manifestum est autem quod cogno-
scere aliquid in quo plura c-0ntinentur, sine hoc quod habeatur pro-
pria notitia uniuscuiusque -eorum quae c-0ntinentur in illo, est co-
gnoscere aliquid sub confusione quadam. Sic autem potest cogno-
sci tam totum universale, in quo partes continentur in potentia,
quam etiam totum integrale: utrumque cnim totum potest cognosci
in quadam oonfusione, sine hoc quod partes distincte cognoscan-
tur. Cognoscere autem distincte id quod continetur in toto univer-
sali, est habere cognitionem de re minus communL Sicut cognoscere
animal indistincte, est cognoscere anima! inquantum est anima! ;
cognoscere autem animal distincte, est cognoscere anima! inquan-
tum est anima! rationale vel irrationale, quod est cognoscere homi-
nem vel leonem. Prius igitur occurrit intellectui nostro cognoscere
animai quam cognoscere hominem: et eadem ratio est si compa-
remus quodcumque magis universale ad minus universale.
Et quia sensus exit de potentia in actum sicut et intellectus, idem
etiam ordo cognitionis apparet in sensu. Nam prius secundum sen-
sum diiudicamus magis commune quam minus commune, et secun-
dum locum et secundum tempus. Secundum 1-0cum quidem, sicut,
cum aliquid videtur a remotis, prius deprehenditur esse corpus,
quarn deprehendatur esse anima!; et prius deprehenditur esse ani-
mai, quarn deprehendatur esse homo; et prius homo, quam Socra-
tes ve! Plato. Secundum tempus autem, quia puer a principio prius
distinguit hominem a non homine, quam distinguat hunc hominem
ab alio homine; et ideo "pueri a principio appellant omnes viros
patres, posterius autem determinant unumquemque », ut dicitur in
I Physic. [c. 1, lect. 1].
Et lrni.us ratio manifesta est. Qui.a qui scit aliquid indistincte,
adhuc est in potentia ut sciat distinctionis principium; sicut qui
scit genus, est in potentia ut sciat differentiam. Et sic patet quod
cognitio indistincta media est inter potentiam et actum.
Est ergo dicendum quod cognitio singularium est prior quoad nos
quam cognitio universalium, sicut cognitio sensitiva quam cogni-
tio intellectiva. Sed tam secundum sensum quam secundum intelle-
ctnm, cognitio magis communis est prior quam cognitio minus com-
mw1is.
AD PRDrnM EnGO DICF.NDUM quod universale dupliciter potest con-
siderari. Uno modo, secundum quod natura universalis considera.-
tur simul curn intentione universalitatis. Et cum intentio universa-
litatis, ut scilicet unum et idem habeat haibitudinem ad multa, pro-
veniat ex abstractione i.ntellectus, oportet quod secundum hunc mo-
dum universale sit posterius. Unde in I De Anima [c. 1, lect. 1) di-

boriose; ma sono 1 dati più Immediati della nostra conoscenza intellettiva. Il


generico tomia il punto di partenza di ogni nostra indagine sclentlftca.
2 Ci sarebbe da domandarsi se effettivamente i due esempi addotti riguardino
proprio la conoscenza sensitiva. Forse sarebbe più esatto parla.re di percezione
Immediata attraverso i sen.>i; perchè il discernimento graduale delle ooso non è
una !unzione specifica dell'occhio, e neppure dei sensi interni, almeno nei casi
indicati. Ma qui S. Tommaso intende portare un esempio, non già imbastire una
prova.

5 - VI
iO LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 3

che «l'animale universale, o è niente, oppure è posteriore». Stantio


invece a Platone, il quale riteneva che gli universali sono sussi-
stenti, l'universale, anche sotto quest'aspetto, sarebbe anteriore ai
singolari; i quali non sarebbero che partecipazioni degli universali
sussistenti, cioè delle idee. - Secondo, si può considerare negli uni-
versali la stessa natura reale, p. es., l'animalità o l'umanità, come
: esistente nei singolari. E allora diciamo che vi è un doppio ordine
di natura. Il primo è l'ordine genetico o cronologico; e tn esso
hanno una priorità gli esseri imperfetti è potenziali. I dati più uni-
versali sono quindi anteriori secondo la natura, stando a questa
considerazione: e ciò risulta chiaramente nella generazione umana
0 in quella degli animali, poichè a detta di Aristotele, «prima è ge-
nerato l'animale, e poi l'uomo"· - Il secondo è l'ordine di perfe-
zione, o di finalità naturale; quello cioè per cui l'atto, assoluta-
mente parlando, è di sua natura prima della potenza, e la perle~
zione è prima di ciò che è imperfetto. In ba.se a tale ordine i dati
meno universali hanno una precedenza su quelli più universiali ;
l'uomo, p. es., ha la precedenza sull'animale; poichè lo scopo cui
tende la natura non è la generazione dell'animale, ma quella del-
l'uomo.'
2. L'universale più esteso può paragonarsi al meno esteso, sia
come tutto, sia come parte. Come tutto, perchè m~ll'universale più
esteso, non solo è contenuto un determinato universale meno esteso,
ma altri ancora; animale, p. es., non è sol~anto l'uomo, ma anche il
cavallo. Come parte, perchè un universale più ristretto include nella
sua nozione non s.oltanto quel determinato universale, ma anche
altri: l'uomo, p. es., non è soltanto animale, ma anche razionale.
La nozione di animale, quindi, considerata in se stessa, precede
quella di uomo nella nostra conoscenza ; noi però conosciamo l'uomo
prima di apprendere che animale fa parte della sua definizicme.
3. Le parti [di un tutto] si possono conoscere in due modi. Primo,
direttamente, prese in se stesse: e niente impedisce di conoscere così
prima le parti che il tutto, le pietre, p. es., prima della casa. Se-
condo, in quanto sono parti di un tutto ; e allora è necessario co-
noscere il tutto prima delle parti ; infatti prima conosciamo con-
fusamente la casa, e poi ne distinguiamo le singole parti. Perciò di-
ciamo che gli elementi della definizione, considerati per se stessi,
sono conosciuti p:rima del definito; altrimenti quest'ultimo non po-
trebbe essere chiarito per mezzo di essi. Ma presi come parti della
definizione vengono conosciuti dopo [il definito]; abbiamo infatti la
nozione confusa dell'uomo, prima di riuscire a distinguere tutti gli
elementi che entrano nella su.a definizione. 2
4. Se l'universale viene considerato in quanto implica la rela-
zione di universalità, allora è in qualche modo principio di cono-
scenza; poichè l'universalità scaturisce dal processo intellettivo, cioè
dall'astrazione. Non è detto però che ogni principio conoscitivo sia
anche un principio ontologico, come pensava Platone; poichè noi
talora conosciamo la causa mediante gli effetti e la sostanza me-
diante gli accidenti. Quindi l'universale preso in questo senso non

' Se tutti gU studiosi di ftlo'!Ofta avessero tenuto presente questa distinzione, .>i
saN'hhl>ro risparmiate tante polemlcbe e tante incomprensioni nel campo della
gnosoolcgia.
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 71

citur quod "animal universale aut nihil est, aut posterius est"· Sed
secundum Plat.onem, qui posuit univerS'alia subsist.entia, secundum
hanc cc»nsiderationem universale esset prius quam particularia, quae
secundum eum non sunt nisi per participationem universalium sub-
siste11tium, quae dicuntur ideae. - Alio modo pote,st considerari
quantum ad ipsam naturam, scilicet animalitatis vel humanitatis,
prout invenitur in particularibus. Et sic dicendum est quod duplex
est ardo naturae. Unus secundum viam generationis et temporis:
secundum quam viam, ea quae sunt imperfecta et in potentia, sunt
priora. Et hoc modo magis commune est prius secundum naturam:
quod apparet manifeste in generatione hominis et anirnalis; nam
"prius generatur animal quam homo"• ut dicitur in libro 2 De Ge-
nerat. Animai. [c. 3]. Alius est ardo perfectionis, sive intentionis
naturae; sicut actus simpliciter est prius secundum naturam quam
potentia, et perfectum prius quarn imperfectum. Et per hunc mo-
dum, minus commune est prius secundum :òaturam quam magis
commune, ut homo quam animal: naturae enim intentio non sistit
in genemtione animalis, sed intendit generare hominem.
AD SECUNDUM DICENDUM quod universale magis commune compa-
ratur ad minus commune ut totum et ut pars. Ut totum quidem,
secundum quod in magis universali non s.olum continetur in poten-
tia minus universale, sed etiam alia; ut sub animali non solum
homo, sed etiam equus. Ut pars autem, ·secundum quod minus com-
mune continet in sui ratione non solmn magis commune, sed etiam
alia; ut homo non solum animaJ, sed etiam Tationale. Sic igitur
animai consideratum in se, prius est in nostra cognitione quam
homo ; sed homo est prius in nostra cognitione quam quod animal
sit pars rationis eiuis.
An TERTIUM DICENDUM quod pars aliqua dupliciter potest cognosci.
Uno modo absolute, secundum quod in se est: et sic nihil prohibet
prius cognoscere partes quam totum, ut lapide.s quam domum. Alio
modo, secundum quod sunt partes huius totius: et sic necess.e est
quod prius cognoscamus totum quam partes ; prius enim cognosci-
mus domum quadam confusa cognitione, quam distinguamu.s sin-
gulas partes eius. Sic igitur dicendum est quod definientia, absolute
considerata, sunt prius nota quam definitum: alioquin non notìfica-
retur definitum per ea. Sed secundum quod sunt parte·S definitionis,
sic sunt posterius nota: prius enim cognoscimus hominem qua.dam
confusa cognitione, quam sciamus distinguere omnia quae sunt de
hominis ratione.
An QUARTUM DICENDUM quod universale, secundum quod accipitur
cum intentione universalitatis est quidem quodammodo principium
cognoscendi, prout intentio universalitatis consequitur modum in-
telligendi qui est per abstractionem. Non a:utem est necesse quod
omne quod est principium c.ognoscendi, sit principium e.ssendi, ut
Plato existimavit: cum quandoque cognoscamus causam per effe-
ctum, et substantiam per accidentia. Unde universale sic acceptum,
secundum sententiam Aristotelis, non est principium essendi, neque
~ Il P. Blanche nota che questa dottrina ha dato origine alla denominazione
dell'astrazione metafisica, detta comunemente ar.trazione totale; sebbene non ri-
s11lt.t che s. Tommaso abbia ma.i usato questa terminologia, e preferisca parlare dJ
<'.hstracrto totws e di abst·ractto formac (ctr. r.rnanges Thom., Parigi, 192i, pr. 247,
!48\.
72 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 3-4

è, secondo il pensiero di Aristotele, nè un principio ont-Ologico nè


una sostanza. - Se inv~ consideriamo la natura stes.sa del genere
e della specie, in quanto si trova nei singolari, allora l'universale
ha, in un certo senso, carattere di principio formale rispetto ad
essi: infatti il singolare si deve alla materia, mentre la natura
della specie si desume dalla forma. La natura del genere però,
confrontata alla natura della specie, ha piuttosto carattere di prin-
ci:pi0 materiale: ' poic.hè la natura del genere si desume da quello
che è l'elemento materiale della cosa; mentre la differenza specifica
si desume da quello che ne è l'elemento formale; l'animalità, p. es.,
si desume dall'elemento sensitivo, la razionalità invece da quello
intellettivo. Da ciò deriva che la natura ha di mira la specie, non
I' individuo, e neppure il genere: poichè la forma è il fine della
generazione, la materia invece ha come fine la forma. Non è poi
necessario che la conoscenza di qualsiasi causa o principio sia po-
steriore rispetto a noi; poichè anche nell'ordine delle cose sensibili
talora possiamo conoscere effetti occulti per mezzo delle loro cause,
mentre altre volte avviene il contrario.

ARTICOLO 4
Se sia possibile conoscere molte cose simultaneamente.:

SEMBRA che sia possibile conoscere molte cose simultaneamente.


Infatti:
1. L'intelletto è al disopra del tempo. Ora, la successione, cioè il
prima e il dopo, è proprio del tempo. Quindi la conoscenza intel-
letti.va non ha un prima e un dopo, ma è tutta simultanea.
2. Niente impedisce che forme diverse, ma non opposte, si trovino
simultaneamente nel medesimo soggetto, come l'odore e il colore in
un pomo. Ma le idee non sono opposte t.ra loro. Perciò niente impe-
disce che un -identico intelletto sia attuato da specie intellettive di-
verse. E quindi potrà conoscere simultaneamente più cose.
3. L'intelletto può intendere simultaneamente un tutto, p. es., un
uomo o una casa. Ora, in ogni tutto· sono contenute molte parti.
Dunque l'intelletto intende simultaneamente molte cose.
4. Non si può conoscere la differenza di una cosa da un'altra, se
simultaneamente non si conoscono entrambi, come dice Aristotele;
e la stessa ragione vale per qualsiasi altra comparazione. Ma il no-
stro intelletto conosce le differenze e le comparazioni reciproche delle
cose. Dunque conosce simultaneamente più cose.
' Materia e forma servono qui come semplici schemi teoretici, non come entità
metafisiche. E chiaro Infatti che gli elementi costitutivi del genere non sono po-
tenziali altro elle relativamente alla specie; ma in sostanza essi ste5&i derivano
dalla forma non meno degli elementi costitutivi della specie. Un uomo, per In-
tendersi, deve la vita e la sensibilità più alla sua forma, cioè a.!l"anima, che alla
materia (cfr. 5 Metaphys .• c. 6, loct 7).
2 Bast?. gettare uno sguardo sui lZ. pp. per accorgel"SI che s. Tommaso ritorna
volentieri su questo argomento, che a prima vi.sta potrebbe sembrare di poca Im-
portanza. Il quesito serve a definire con esattezza il concetto tomistico dell' Intel-
lezione umana, in opposizione a quello agostiniano. Per S. Agostino Il perfeito
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 73
substantia, ut patet in 7 Metaphys. [c. 13, lect. 13]. - Si autem con-
sideremus ipsam naturam generis et speciei prout est in si.ngula- ·
ribus, sic qupdammodo habet rationem principii formalis respectu
singularium: nam singulare est propter materiam, ratio autem spe-
ciei sumitur ex forma. Sed natura generis comparatur ad naturam
speciei magis per modum materialis principii: quia natura generis
sumitur ab eo quod est materiale in re, ratio vero speciei ab eo
quod est formale; sicut ratio animalis a sensitivo, ratio vero ho-
minis ab intellectivo. Et inde est quod ultima naturae intentio est
ad specfom, non autem ad individuum, neque ad genus: quia forma
est finis generationis, materia vero est propter formam, Non autem
oportet quod cuiuslibet causae vel principii cognitio sit posterior
quoad nos: cum quandoque cognoscamus per causas sensibiles, ef-
f.ectus ignotos ; quand-OqUe autem e converso.

ARTICULUS 4
Utrum possimus multa simul intelligere.
Supra, q. 12, a. 10; q. 58, a. 2; i Sent., d. 3, q. 3, a. 4; 6, d. 14, a. 2, qc. 4;
1 cont. Gent., c. 55; De Verit., q. 8, a. 14; De Antma, a. 18, ad 5;
Quoàiib. 7, q. 1, a. 2.

AD QUARTUM SIC PROCEDITUR, Videtur quod possimus multa simul


intelligere. Intellectus enim est supra tempus. Sed prius et poste-
rius ad tempus pertinent. Ergo intellectus non intelligit diversa se-
cundum prius et posterius, sed simul.
2. PRAETEREA, nihil prol1ibet diversas formas non oppositas simul
eidem actu inesse, sicut odorem et colorem pomo. Sed species intel-
ligibiles non sunt oppositae. Ergo nihil prohibet intellectum unum
simul fieri in actu secundum div·ersas species intelligibiles. Et sic
potest multa simul intelligere.
3. PRAETEREA, intellectus simul intelligit aliquod totum, ut homi-
nem vel domum. Sed in quolibet toto continentur multae partes.
Ergo intellectus simul multa intelligit.
4. PRAETEREA, non potest cognosci diffe!\entia unius ad alterum,
nisi simul utrumque apprehendatur, ut dicitur in libro 3 De Anima
[c. 2, Iect. 3]: et eadem ratio est de quacumque alia comparatione.
Sed intellectus nost.er cognoscit differentiam et comparationem unius
ad alterum. Ergo cognoscit multa simul.

possesso intenzionale di un'idea è assicurato dalla sua presenza nell'anima, anche


se per il momento essa è racchiusa nella memoria. L'attenzione dello spirito può
v·olgersi verso le idee in esso racchiuse, come l'occhio di chi contempla una plu-
ralità di oggetti investiti dalla luce del sole (cfr. I Soltloq., c. 8; 7 Confess., c. 10;
1i De Gen. ad Utt., c. 31). Stando a questa concezione agostiniana dell'atto intel-
lettivo. non si saprebbe come negare o come restringere la visione simultanea di
molte idee, e il poseesso attuale di un numero indefinito cli nozioni. Ora questa
possibllità indefinita e anche solo molteplice ha contro di sè l'esperienza. Perciò
S. Tommaso ha accettato senza riserve la tesi aristotelica sull'argomento: «Si h.a
l'intellezione di un 'uni.ca cosa, mentre si ha la scienza di molte"·
74 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 4
IN CONTRARIO: Scrive Aristotele, che u sfha l'intellezione di un'unica
cosa, mentre si ha la. scienza di molte». 1
RISPONDO: L' intelletto può intendere più cose in quanto formano
un'unità, non in quanto formano una pluralità; vale a dire serven-
dosi di une. sola e non di più specie intenzionali. Infatti la portata
di ogni operazione dipende dalla forma, che ne costituisce il prin-
cipio. L' intelletto dunque può intendere simultaneamente tutto quel-
lo che può conoscere con una sola specie intenzionale: Dio, infatti,
può vedere simultaneamente tutte le cose, perchè le vede mediante
quell'unica realtà che è la sua eMenza. Le cose, invece, conosciuta
dal nostro intelletto mediante una pluralità di concetti, non sono
da esso conosciute simultaneamente. E il motivo sta nel fatto che
un identico soggetto non può rivestirsi simultaneamente di più
forme di uno stesso genere e di specie diversa; è impossibile, p. es.,
che il medesimo corpo, sotto lo stesso rapporto sia colorato con
colori div-ersi, o modellato in figure diverse. Ora, tutte le specie in-
telligibili sono di uno stesso genere, essendo tutte perfezioni del-
l'unica potenza intellettiva ; anche se le cose che rappresentano
siano di genere diverso. :E: dunque impossibile che il medesimo in-
telletto sia attuato simultaneamente da una pluralità di specie in-
telligibili, e possa cosi conoscere più cose in maniera attuale. 2
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'intelletto è al disopra di quel
tempo che è la misura del moto delle cose materiali. Ma la stessa
pluralità dei concetti causa una successione nelle operazioni intel-
lettive, per cui una di esse è prima dell'altra. S. Agostino chiama
tempo questa successione, quando scrive che u Dio muove attra-
verso il tempo la creatura spirituale».•
2. Non solo forme opposte, ma neppure quelle di un medesimo
genere, sebbene non opposte, possono trovarsi simultaneamente in
un medesimo soggetto; come risulta dall'esempio addotto dei colori
e delle figure.
3. Le parti possono essere conosciute in due modi. Primo, in con-
fuso, cioè in quanto sono inCluse nel tutto: in tal caso le conosciamo
mediante l'unica forma del tutto; e cosl le possiamo conoscere si-
multaneamente. Secondo, con una conoscenza distinta, in modo che
ciascuna sia conosciuta mediante la propria specie intenzionale ; e
allora le parti non possono essere conosciute simultaneamente.
4. Quando l'intelletto conosce la differenza e la comparazione di
una cosa con un'altra, conosce i due termini sotto l'aspetto di
un'unica comparazione e di un'unica differenza; allo stesso modo
che conosce le parti nel tutto, come abbiamo spiegato.

1 Se teniamo presente qualche brano di S. Ago.stino sull"argo:mento, J)0551.arno


scorgere facilmente quanto diverse fossero le " auctoritates" e quanto opportuni t
chiarimenti di S. Tommaso. "Il ma&'tro di due o di più discipline, quando non
pensa a qlll6Sta o a quell'altra, tuttavia le co-nosoe. Ma possiamo noi d.ire corret-
tamente: questo musico, pur conoscendo la musica., non ne ha lintellezione, per-
chè non ci pensa; polchè adesso ha I' intellezi-0ne della geometria cui sta pen-
sando? Evidentemente que:;t.a sentenza è 3.55Urda" (14 De Trtnit., c. 9). - L'oppo-
sizione è forse meno drammatica di quanto potrebbe sembrare; perchè la cogttatto
d1 S. Agostino sostanzialmente ootncide e.on l' tntelleztone di Aristotele. Ma è an-
cbe vero che la teoria agostiniana sulla memoria, presa in tutto il suo rigore, non
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 75

SED CONTRA EST quod dicitur in libro 2 Topic. [c. 10], quod cc intel·
Iigere est unum solum, scire vero multa "·
RESPONDEO DICENDUM quod intellectus quidem potest multa int.elli·
gere per modum nnius, non autem multa per modum multorum:
dico autem per modum nnius vel multorum, per unam ve1 plures
species intelligibiles. Nam modus cuiusque actionis consequitur for.
mam quae est actionis principium. Quaecumque ergo intellectus po-
test intelligere sub una specie, simul intelligere potest: et inde est
quod Deus omnia simul videt, quia omnia videt per unum, quod
est essentia sua. Quaecumque vero intellectus per diversas species
intelligit, non simul intelligit. Et huius ratio est, quia impossibile
est idem subiectum perfici simul pluribus formis unius generis et
diversarum specierum: sicut impossibile e!rt quod idem corpus se-
cundum idem simul coloretur diversis coloribus, vel figuretur di·
versis figuris. Omnes autem species intelligibiles sunt unius generis,
quia sunt perfediones unius intellectivae potentiae; licet res qua·
rum sunt species, sint diversorum generum. ImP-Ossibile est ergo
quod idem intellectus simul perficiatur diversis speciebus intelligi·
bilibus, ad intelligendum diversa in actu.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod intellectus e.st supra tempus quod
est numerus motus corporalium rerum. S.ed ipsa pluralitas specie·
rum intelligibilium causat vicissitudinem quandam intelligibilium
operationum, secundum quam una operatio est prior altera. Et
hanc vicissitudinem Augustinus nominat tempus, cum dicit, 8 Super
Gen. ad litt. [cc. 20, 22], quod cc Deus movet creaturam spiritualem
per tempus ».
AD SECUNDUM DICENDUM quod non solum oppositae formae non
possunt esse simul in eodem subiecto, sed nec quaecumque formae
eiusdem generis, licet non sint oppositae: sicut patet per exem·
plum inductum [in corp.] de coloribus et figuris.
AD TERTIUM DICENDUM quod partes possunt intelligi dupliciter. Uno
modo, sub qu'adam confusione, prout sunt in toto: et sic cognoscun·
tur per unam formam totius, et sic simul cognoscuntur. Alio modo,
cognitione distincta, secundum quod quaelibet cognoscitur per suam
spedem: et sic non simul intelliguntur.
AD QUARTUM DICENDUM quod quando intellectus intelligit differen.
tiam vel compa.rationem unius ad alterum, cognoscit utrumque dif.
ferentium vel comparatorum sub ratione ipsius comparationis vel
differentiae; sicut dictum est [in resp. ad 3] quod cognoscit partes
sub ratione totius.

poteva giustificare le tangib!l! differenze esistenti tra la sctenza di una COM e la


sua !nt.ellezi-0ne attuale. S. Agostino confessa candidamente il suo imbarazzo a pro.
poslto deU'autoooscienza dell'a.nim'l (cfr. 14 De T1·tntt., c. Sl.
• Ciò non toglie che l'intelletto possa sposta.re con rapidità J.nimif.abile la sua
attenzione da un oggetto a un altro, come ciascuno può sperimentare.
• Il test-0 è scelto a proposito, anche ~e ll cootesto ideologico esìg~ delle ri·
serve; potchè S. Agostino, non.ostante I' impostazione platonica della sua gnosoo-
Iogl.a, non intendE'Va di rlnnet?are l'esperienza, che in questo caso è tutta a favore
di una succe5s.l<>M degli atti conoscitivi. S. Tommaso approfitta della buona oc-
casione per affermare una concordanza. di pensiero che gli era partloolarmente
cara.
i6 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 5

ARTICOLO 5
Se il nostro intelletto conosca raffrontando e contrapponendo
[i concetti]. 1

SEMBRA che il nostro intelletto non conosca raffrontando e con-


trapponendo [i concetti]. Infatti:
1. Raffronto e contrapposizione implicano una pluralità di cose.
Ora, il nostro intelletto non può conoscere più cose simultanea-
mente. Quindi· non può oonoscere per via di raffronto e di con-
trapposizione.
2. In ogni raffronto e contrapposizione [di concetti, cioè in ogni
giudizio], si ha [col verbo] lindicazione del tempo presente, pas-
sato o futuro. Ma I' intelletto prescinde dal tempo, come dalle altre
condizioni individuanti. Dunque l'intelletto non conosce formulando
giudizi affermativi e negativi.
3. L' intelletto conosce adeguandosi alla realtà. Ora, nella realtà
non esistono raffronti e contrapposizioni ; poichè nella realtà esiste
soltanto la cosa indicata dal predicato e dal soggetto, ed è un'unica
e identica cosa, se l'enunziato è vero; l'uomo infatti è esattamente
ciò che è un animale. Dunque l'intelletto non può raffrontare e con-
trapporre [dei concetti].
IN CONTRARIO: Le parole stanno a indicare le operazioni dell' in-
telligenza, come insegna il Filosofo. Ora, con la parola si espri-
mono raffronti e contrapposizioni. Ciò è evidente nelle proposizioni
affermative e negative. Dunque l'intelletto procede per via di raf-
fronti e di contrapposizioni [di concetti].
RISPONDO: E una necessità per I' intelletto umano conoscere me-
diante raffronti e contrapposizioni di concetti. Infatti, dovendo esso
passare dalla potenza all'atto, ha una certa analogia con gli esseri
soggetti alla generazione, i quali acquistano la loro perfezione, non
in modo istantaneo, ma graduale. Così l'intelletto umano non acqui-
sta subito alla prima apprensione una conosçenza perfetta dell'og-
getto ; ma da principio ne percepisce un aspetto, mettiamo la quid-
dità, che è l'oggetto primario e proprio dell'intelligenza, e in se-
guito conosce le proprietà, gli accidenti e le relazioni che rico-
prono la quiddità. Si trova così costretto a raffrontare e a contrap-
porre le varie percezioni, e a passare da un raffronto, o da una
contrapposizione, ad altri raffronti e ad altre contrapposizioni, cioè
a ragionare. 2
Invece l' intelletto divino e quello angeiico si comportano come i
corpi incorruttibili, i quali immediatamente fin da principio pos-
siedono tutta la loro perfezione. Perciò l' intelletto divino e quello
angelico possiedono una conoscenza immediata e perfetta delle cose.
E quindi nel conoscere l'essenza di una cosa, ne apprendono simul-
taneamente tutti gli aspetti, che noi riusciamo a conoscere a forza
di raffronti, di contrapposizioni e di ragionamenti. - In conclu-

1 Il "componendo et dividendo» indica esattamente la funzione che riscontriamo


nel giudizio: affermazione e negazione. Il pensiero umano si esercita in un conti-
nuo succedersi di raffronti e di contrappQslzi-0n1 di concetti: raffronti e contrap-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 77

ARTICULUS 5
Utrum intellectus noster intelligat componendo et dividendo.
Supra, q. 58, a. 4.
AD QUINTUM SIC PROCEDITUR, Videtur quod intellectus noster non
intelligat componendo et dividendo. Compositio enim et divisio non
est nisi multorum. Sed intellectus non potest simul multa intelli-
gere. Ergo non potest intelligere componendo et dividendo.
2. PRAETEREA, omni compositioni et divisioni adiungitur tempus
praesens, praeteritum vel futurum. Sed intellectus abstrahit a tem-
pore, sicut etiam ab aliis particularibus conditionibus. Ergo intel-
lectus non intelligit componendo et dividendo.
3. PRAETEREA, intellectus intelligit per assimilationem ad res. Sed
compositio et divisio nihil est in rebus: nihil enim invenitur in
rebus nisi res quae signifìcatur per praedicatum et subiectum, quae
est una et eadem si compositio est vera ; homo enim est vere id quod
est animal. Ergo intellectus non componit et dividit.
SED CONTRA, voces significant conceptiones intellectus, ut dicit Phi-
losophus in 1 Perihem. [c. 1, lect. 2). Sed in vocibus est compositio
et divisio; ut patet in propositionibus a.ffirmativis et negativis. Ergo
intellectus componit et dividit.
RESPONDEO DICENDUM quod intelledus humanus necesse habet in-
telligere componendo et dividendo. Cum enim intellectus humanus
exeat de potentia in actum, similitudinem quandam habet cum rebus
generabilibus, quae non statim perfectionem suam habent, sed eam
successive acquirunt. Et similiter intellectus humanus non statim in
prima a.pprehe.nsione capit perfectam rei cognitionem ; sed primo
apprehendit aliquid de ipsa, puta quidditatem ipsius rei, quae est
primum et proprium obiectum intellectus ; et deinde intelligit pro-
prietates et accidentia et habitudines circumstantes rei essentiam.
Et secundum hoc, necesse habet unum apprehensum alii compo-
nere vel dividere ; et ex una compositione vel divisione ad aliam
procedere, quod est ratiocinari.
Intellectus autem angelicus et divinus se habet sicut res incor-
ruptihiles, quae statim a principio habent suam totam perfectio-
nem. Unde intellectus angelicus et divinus statim perfecte totam rei
cognitionem habet. Unde in cognoscendo quidditatem rei, wgnoscit
de re simul quidquid nos cognoscere possumus componendo et di-
videndo et ratiocinando. - Et ideo intellectus humanus cognoscit

posizioni che vengono poi formulati nelle proposizioni affermative o negative, me-
diante le quali ci esprimiamo. - Per chi desiderasse approfondire la questione in-
dichiamo l'opera del P. HOE:"EN, La théorte du jugemenc d'après S. Thomas
d'Aqutn, Roma, 1946.
~ Come si vede, la semplice apprensione non è davvero la sc\.enza, per il Dot.
tore Angelico. Si potrà parlare di scienza quando l'intelletto avrà sviluppato la
sua potenzialità radicale nelle operazi.oni del giudizio e del raziocinio. Soltanto
queste funzioni più complesse possono condurre la mente umana a un• indagine
scientifica e a una perfetta adeguazione con la realtà. - Non deve ingannare
l'affermazione più volte ripetuta che l'intelletto di primo acchito raggiunge la
quiddità delle cose ; perchè la quiddltà è appresa inizialmente nei suoi aspetti
più generici, come si è visto nell'articolo precooente.
78 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 5

sione, lintelletto umano conosce rapportando e contrapponendo i


concetti, come pure conosce ragionando. Invece l'intelletto di Dio
e quello degli. angeli conosce certamente queste operazioni, ma senza
raffrontare o contrapporre concetti, e senza ragionamento, cioè me-
diante I' Intuizione della sola quiddità.
SoLUZIONE DELLE DIF~'ICOLTÀ: 1. Il raffronto e la contrapposizione
dei concetti avvengono in ba.se a una differenza o a una somiglianza.
Perciò lintelletto può cono..c;cere più cose nel formulare giudizi af-
fermativi e negativi, come fa quando conosce una differenza o una
somiglianza.
2. V intelletto, pur astraendo il suo oggetto dai fantasmi, non
compie un'intellezione senza volgersi ai fantasmi, oome abbiamo
spiegato. Ebbene, i giudizi affermativi e negativi dell'intelligenza
implicano il tempo in quanto quest'ultima si volge ai fantasmi. 1
3. L'immagine intenzionale delle cose è ricevuta nell'intelligenza
secondo il modo di essere non delle cose ma dell' intelletto. Quindi,
nell'oggetto vi è certamente qualche cosa che corrisponde al raf-
fronto e alla contrapposizione dell'intelligenza, ma questo qualche
cosa non ha nell'intelligenza. lo stesso modo di essere che ha nella
realtà. Infatti l'oggetto proprio dell'intelletto umano è l'essenza delle
cose materiali, sottoposte ai sensi e all'immaginazione. Ora, nelle
cose materiali esistono due composizioni. Innanzi tutto quella di
forma e di materia: e ad essa corrisponde nell' intelligenza il raf-
fronto o composizione, per cui il tutto universale viene predicato di
una su.a parte. Infatti il genere viene desunto dalla mate·ria univer-
sale, la differenza specifica dalla forma, e il singolare dalla materia
individuale. La seconda composizione è quella di accidente e di sog-
getto: e a questa seconda composizione reale corrisponde nell' in-
telletto il raffronto che è implicito nella predicazione di un acci-
dente relativamente al suo soggetto, come quando diciamo: l'uomo
è bia.nco. - Tuttavia il raffronto o composizione dell'intelletto diffe-
risce dalla composizione reale : poichè gli elementi che entrano in
composizione nella realtà sono diversi tra loro, invece la composi-
zione fatta dall'intelletto sta a indicare lidentità dei concetti che
entrano in composizione. L'intelletto infatti non unisce fino al punto
di pensare che l'uomo è la bianchezza, ma afferma che l'uomo è
bianco, cioè che ha la bianchezza : uomo quindi e chi ha la bian-
chezza in concreto si identificano. • Lo stesso si dica deila compo-
sizione di forma e di materia: infatti a.nimale indica un essere che
ha la natura sensitiva, ra.zionale un essere che ha quella intellettiva,
uomo indica l'essere che ha l'una e l'altra natura, Socrate poi un
soggetto che ha tutte queste cose, e in più la materia individuale.
Ora, è proprio questa [sostanziale] identità che permette al nostro
intelletto di unire una cosa con l'altra mediante la predicazione
logica. ·

1 In ogni proposizione il verbo, che ha !unzione di copula o di predicato, porta


un'Indicazione dennita di t.empo (presente, pas..o;ato o futuro). Ebbene, questa In-
dicazione non si riferisce al dato lntelllglb!le come tale, ma al dato concret-0 e
sensibile presente nella fantasia o nella memoria. Non d-Obblamo infatti dimen-
ticare la complessità della nostra attività conoscitiva, in cui si fondono Immagini
e concetti, intelll~enza e sensibilità. • Propriamente parlando, dice S. Tommaso,
non il senso o lIntelletto conoscon-0, ma l'uomo per mezzo del senso e dell' intel-
lett-0 • (De Vertt., q. 2, a. 6, ad 3).
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 79

componendo et dividendo, sicut et ratiocinando. Intellectus autem


divinus et angelicus cognoscunt quidem compositionem et divisio-
nem et ratiocinationem, non componendo et dividendo et ratioci-
nando, sed per intellectum simplicis quidditatis.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod compositio et divisio intellectus se-
cundum quandam differentiam vel comparationem fit. Unde sic in-
tellectus cognoscit multa componendo et dividendo, sicut cogno-
scendo difterentiam vel comparationem rerum.
AD SECUNDUM DICENDUM quod intellectus et abstrahit a phantasma-
tibus ; et tamen non intelligit actu nisi convertendo se ad phanta-
smata, sicut supra [a. 1, et q. 84, a. 7] dictum est. Et ex ea parte
qua se ad phantasmata convertit, compositioni et divisioni intelle-
ctllil adiungitur tempus.
Ao TERTIUM DICENDUM quod similitudo rei redpitur in intellectu
secundum modum intellectus, et non secundum modum rei. Unde
compositioni et divisioni intellectus respondet quidem aliquid ex
parte rei ; tamen non eodem modo se habet in re, sicut in intellectu.
Intellectus enim humani proprium obiectum est quidditas rei mate-
rialis, quae sub sensu et imaginatione cadit. Invenitur autem duplex
compositio in re materiali. Prima quidem, formae ad materiam: et
huic respondet compositio intellectus qua totum universale de sua
parte praedicatur; nam genus sumitur a materia oommuni, diffe-
rentia vero completiva speciei a forma, particulare vero a materia
individuali. Secunda vero compositio est accidentis ad subiectum:
et huic reali compositioni respondet compositio intellectus secundum
qu1am praedicatur accidens de subiecto, ut cum dicitur, homo est
albus. - Tamen differt compositio intellectus a compositione rei:
nam ea quae componuntur in re, sunt diversa; compositio autem
intellectus est signum identitatis eorum quae componuntur. Non enim
intellectus sic componit, ut dicat quod homo est albedo; sed dicit
quod homo est albus, idest habens albedinem: idem autem est sub-
iecto quod est homo, et quod est habens albe<linem. Et simile est de
compositione formae et materiae: nam animal signi:ficat id quod ha-
bet naturam sensitivam, rationale vero quod hahet naturam intel-
lectivam, homo vero qnod habet utrumque, Socrates vero quod habet
omnia haec curo materia individuali; et secundum hanc identit.atis
rationem, intellectus noster unum componit alteri praedicando.

2 Oggetto immedlat-0 dell'intelligenza umana non sono le astrazioni, ma gli


astratti, cioè le cose. Questo va sott-0llneat-0 bene, per rispondere a col-Oro che
11mproverano al tomismo l'incapacità a giustificare razionalmente la C-Onoscenza
intellettl\-a dei .slingolari. Es91 dimentican-0 che il concetto, nato con l'astrazione t-0-.
tale, non perde nulla della sua intenzionalità, cioè della sua attitudine a prffien-
tare l'oggetto nella sua reale e e-0ncreta esistenza: perde soltanto il modo di es-
sere dell'oggetto in quanto immagine rappresentativa, per assumere quello del
soggetto. E ciò è tanto vero, che in un secondo atto questa Intelligenza sviluppa
in manieria esplicita tale intenzionalità dell'idea, affermand-0 1"5istenza o la
n<>n esistenza degli oggetti ad essa pre.sentati. - Ecco le parole s~ di S. Tom·
maso in prop-0sito: "Due sono gli elementi p~nti in un.a cosa, la sua quiddità
e la sua esistenza; e ad es.se corris?)On<lono due operazioni nel!' intelletto. La
prima, che i filosofi denominano formatio, serve ad apprPndere la qulddltà delle
cose, ed è anche chiamata tntelUgenza degli tndtvtsibilt. La seconda afferra l'esi-
stenza delle C-O~e. combinando delle artermazi.oni, poichè l'esistenza di cose com-
poste di materia e forma, dalle quali parte [l'intelligenza umana], si attua me.
diante una composizione di forma e di materia, o di accidente e di sostanza•
(/ Sent., d. 37, q. 1, a. 3).
80 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 6

ARTICOLO 6
Se l' intelletto possa ingannarsi. 1

SEMBRA che I' intelletto possa ingannarsi. Infatti:


1. Scrive il Filoso.fa che "il vero e il falso si trovano nella mente>>.
Ora, la mente non è che I' intelletto, come si è già veduto. Dunque
nell'intelletto può trovarsi l'errore.
2. L'opinare e il ragionare appartengono all'intelletto. Ma in que-
ste due funzioni può verificarsi l'errore. Dunque l'intelletto può in-
gannarsi.
3. Il peccato ha luogo nella parte intellettiva. Ora, il peccato è
connesso con un errore, poichè sta scritto che u sbagliano coloro i
quali fanno il male 11, Dunque nell'intelletto può trovarsi l'errore.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino che (<chi s' inganna non comprende
la cosa su cui s' inganna n. ~ E anche il Filosofo dichiara che "l' in-
telletto è sempre giusto n.
RISPONDO: Il Filosofo stabilisce qui un parallelismo tra l'intelletto
e i sensi. I sensi infatti non s'ingannano circa l'oggetto proprio:
la vista, p. es., non s'inganna sui colori; ma la cosa può accadere
soltanto per accidens, cioè per un impedimento casuale dell'organo.
Cosi il gusto dei febbricitanti giudica amare le cose dolci, perchè la
lingua è impregnata di umori cattivi. Sui sensibili comuni, ossia nel
giudicare della grandezza, della figura, ecc., il senso può ingan-
narsi; come quando giudica, p. es., che il sole ha il diametro di un
pii>de, mentre è più grande della terra. S'inganna anche più facil-
mente intorno ai sensibili per accidens, quando, p. es., giudica che
il fiele sia miele per la somiglianza del colore. • - E la ragione di
ciò è evidente. Infatti ciascuna potenza per se stessa è ordinata al
proprio oggetto. E come tali le potenze hanno sempre un identico
modo di comportnrsi. Perciò una potenza, finchè perdura, non può
fallire il suo giudizio intorno al proprio oggetto.
Ora, l'oggetto proprio dell'intelletto è la quiddità delle cose. E in-
torno alla quiddità delle cose, di suo, l'intelletto non s'inganna.
Può invece ingannarsi sui dati annessi alla quiddità, scambiando
l'uno con l'altro, sia nel giudizio affermativo e negativo, sia nel ra-
zioci11io. Di conseguenza non può errare neppure a proposito di

' Il problema dell'errore è affrontato a più riprese nella Somma Teologica. Gli
fu già dedicata l'intera cr. 17: e in essa abbia.mo trovato un articolo, che pos-
siamo oonslderare quasi un duplicato del presente: "Utrum falsitas sit tn intel-
lectu "· - S. Tommaso però ha cercato di non ripetersi ; e per tale m-0t1vo ha tra-
lasciato qui di esporre I motivi meno immediati per la soluzi-0ne del quesito. Cfr.
voi. II, pp. 136-140. - Sul problema dell'errore vedi ROLAND-GOSSELIN M. D., "La
théorie thomiste de l'erreur" in Mélanges thomis!es, Parigi, 1934, pp, 253-274.
2 Le parole di S. Agostino possono servire a imjl-Ostare il problema nel suo
aspetto metafisico. Ogni errore, come ogni male, è un non essere. Ma qui si vuol
considerare Il problema da un punto di vista psicologico; e allora l'affermazione
non è del tutto a proposito. - Del resto anche quando si Insiste sul pian-0 metafi-
sico, S. Tommaso non si contenta di presentare l'errore come semplice negazione,
ma vuole che nella definizione stessa non si dimentichi il soggetto: anche l'er-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 81

ARTICULUS 6
Utrum intellectus possit esse falsus.
Supra, q. 17, a. 3; q, 58, a. 5; I Sent., d. 19, q. 5, a. 1, ad 7; I Cont. Gent., c. 59;
s, c. 108; De Verit., q. 1, a. 12; I Periherm., lect. 3; 3 De Anima, lect. 11;
6 :Metuphys., lect. 4; 9, lect. 9.

AD SEXTUM SIC PROCEDI'fUR. Videtur quod intellectus possit eSISe


falsus. Dicit enim Philosophus, in 6 Metaphys. [c. 4, lect. 4], quod
« verum et falsum sunt in mente». Mens autem et intellectus idem
sunt, ut supra [q. 79] dictum est. Ergo falsitas est in intellectu.
2. PRAETEREA, opinio et ratiocinatio ad intellectum pertinent. Sed
in utraque istarum invenitur falsitas. Ergo potest esse falsitas in
intellectu.
3. PRAETEREA, peccatum in parte intellectiva est. Sed peccatum
cum falsitate est: " errant » €nim "qui operantur malum >>, ut di-
citur Prov., 14, .2.2. Ergo falsitas potest esse in intellectu.
SED CONTRA EST quod dicit Augustinus, in libro Octoginta triurn
Quaest. [q. 32], quod « omnis qui fallitur, id in quo fallitur non in-
telligit». Et Philosophus dicit, in libro 3 De Anima [c. 10, lect. 15],
quod "intellectus semper est rectus ».
RESPONDEO DICENDUM quod Philosophus, in 3 De Anima [c. 6,
lect. 11], comparat, quantum ad hoc, intellectum sensui. Sensus
enim circa proprium obiectum non dedpitur, sicut visus circa co-
lorem ; nisi forte per accidens, ex impedimento circa organum con-
tingente, sicut cum gustus febrientium dulcia iudicat amara, prop-
ter hoc quod lingua malis humoribus est repl€ta. Circa sensibilia
vero communia decipitur sensus, sicut in diiudicando de magnitu-
dine vel figura; ut cum iudicat solem esse pedalem, qui tamen est
maior terra. Et multo magis decipitur circa sensibilia per accidens;
ut cum iudicat fel esse mel, propter coloris similitudinem. - Et huius
ratio est in evidenti. Quia ad proprium obiectum unaquaeque po-
tentia per se ordinatur, secundum quod ipsa. Quae autem sunt
huiusmodi, semper eodem modo se habent. Unde manente potentia,
non deficit eius iudicium circa proprium obiectum.
Obiectum autem proprium intellectus est quidditas rei. Unde circa
quiddit.atem rei, per se loquendo, intellectus non fallitur. Sed circa
€a quae circumstant rei essentiam vel quidditatem, intellectus po-
test falli, dum unum ordinat ad aliud, vel componendo vel divi-
dendo vel etiam ratiocinando. Et propter hoc etiam circa illas pro-

rore è privazione di essere In un soggetto. Praticamente è la privazione di quelle


nozioni che sono richieste per la formulazione di un giudizio (cfr. !l Cont. Gent.,
c. 76).
• Non si tratta di giudizi emessi dal vari sensi specifici e propri, ma da tutte le
facoltà interiori che concorrono alla percezione. Specialmente nell'ultimo caso è
chiarissimo che il glud.izi-0 sul unsibilt per acctdens (vedi Dtz. Tam.) è una fun-
zl-0ne di ordine Intellettivo. - S. Tommaso n-0n intende negare che I sensi pos.
sano essere occasione di errore per I' intellet!-0. Basterà meditare attentamente
lUes.te sue parole: « Jl senso In rappor!-0 ali' intelletto produce sempre In esso un.a
persuasione vera circa la disposizione propria, non cosi circa la disposizione delle
cose" (De Vertt., q. 1, a. 11; crr. I, q. 17, a. 2, ad 1). Ma qui si tratta di rlaffer-
mare l'attitudine costituzionale del sensi per certe determinate percezioni. Ne-
~ando tale attltud:lne si aprirebbe fatalmente la via allo scetticismo.
82 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 6-7

quelle proposizioni che si conoscono appena conosciuto il valore dei


termini, come nel caso dei primi principii: dai quali poi deriva in-
fallibilità di verità e certezza scientifica. alle stesse conclusioni. -
Tuttavia l'intelletto può ingannarsi, per accidens, su.Ila quiddità,
allorchè sl tratta. di esseri composti ; non già per causa degli or-
ga.ni [come nel caso dei sensi], poichè l'intelletto è una facoltà che
non si serve di organi, ma a causa della composizione che si richiede
per formulare una definizione. La definizione di una cosa infatti è
falsa applicata ad un'altra; la definizione del circolo, p. es., è falsa
per il triangolo. Inoltre la definizione può essere falsa in se mede-
sima, per il fatto che è composta di termini incompatibili, quando,
p. es., si pretende di definire una cosa in questi termini: animale
ragionevole alato. E per questo non possiamo sbagliare trattandosi
di entità semplici, nella cui definizione non può esserci composi-
zione. In tal ca.so possiamo mancare [solo] nel non percepire total-
mente, come si esprime Aristotele.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2, 3. Il Filosofo ammette l'errore
nella mente nell'atto di formulare giudizi affermativi e negativi. -
Lo stesso si dica in risposta alla. seconda dimcoltà, per le funzioni
dell'opinare e del raziocinare; e in risposta alla terza per l'errore
di chi pecca., errore che consiste nell'applicazione di un giudizio al
campo dell'appetibile. - Ma nella semplice intuizione della quiddit.à
delle cose, e di quanto è implicito in essa, l'intelletto non s'inganna
mai. E questo è il senso dei testi riferiti dall'argomento in contrario.

ARTICOLO 7
Se uno possa intendere una stessa cosa meglio di un altro. 1

SEMBRA che uno non possa intendere meglio di un altro la stessa


cosa. Infatti:
1. Dice S. Agostino: << Chi intende una cosa diversamente da quello
che è, non la intende affatto. Perciò esiste senza dubbio un' intelli-
genza perfetta di cui non ce n'è un'altra più occellente; e quindi
non è possibile procedere all'infinito nella conoscenza di una cosa,
come non è possibile che uno la conosca meglio di un altro».
2. L'intelletto nel suo operare è vero. Ora, essendo la verità una
adeguazione o uguaglianza tra l'intelletto e le cose, non comporta
un più e un meno: parlando infatti con proprietà, non si può dire
che una cosa è più o meno uguale. Dunque non si può affermare
che una cosa viene capita di più o di meno.
3. L'intelletto è ciò che vi è di più formale nell'uomo. Ma una dif-
ferenza nella forma causa una differenza di specie. Se dunque un
uomo capisse più di un altro, bisognerebbe concludere che essi non
sono di una medesima specie.
IN CONTRARIO: L'esperienza dimostra che alcuni hanno un' intelle-
zione più profonda di altri; p. es., intende più profondamente chi
è capace di riportare una gata conclusione ai primi principii, o alle

1 Il quesito si presta assai bene a precisare altri aspetti della conoscenza Intel-
lettiva, e a prevenire errori di interpretazione cin:a la toor!a aristotelica. L'astra-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL' INTELLEZIONE 83

positiones errare non potest, quae statim cognoscuntur cognita ter-


minorum quidditate, sicut accidit circa prima principia: ex quibus
etiam accidit infallibilitas veritatis, secundum certitudinem scien-
tiae, circa conclusiones. - Per accidens tamen contingit intellectum
decipi circa quod quid est in rebus compositis ; non ex parte or-
gani, quia intellectus non est virtus utens organo ; sed ex parte
compositionis intervenientis circa definitionem, dum vel deftnitio
unius rei est falsa de alia, sicut definitio circuli de triangulo, vcl
dum aliqua definitio in seipsa est falsa, implicans compositionem
impossibilium, ut si accipiatur hoc ut definitio alicuius rei, animal
ra.tionale alatum. Unde in rebus simplicibus, in quarum deftnitio-
nibus compositio intervenire non potest, non possumus decipi; sed
deficimus in totaliter non attingendo, sicut dicitur in 9 Metaph!JS.
[c. 10, lect. 11].
AD PRIMUM ERGO DICE:NDUM quod falsitatem dicit esse Philosophus
in mente secundum compositionem et divisionem. Et similiter di-
cendum est ad secundum, de opinione et ratiocinatione. Et ad ter-
tium, de erro·re peccantium, qui consistit in applicatione ad appe-
tibile. - Se<l in absoluta consideratione quidditatis rei, et eorum
quae per eam cognoscuntur, intellectus nunquam decipitur. Et sic
loquuntur auctoritates in contrarium inductae.

ARTICULUS 7
Utrnm unam et eandem rem unus alio melius intelligere possit.
Supra, q. 12, a. 6, ad 1 ; 4 Sent., d. 49, q. 2, a. 4, ad 1 ; De Vertt., q. 2, a. 2, ad 11.
AD SEPTIML'M SIC PROCEDITL'R. Videtur quod unam et and€'1Il rem unus
alio melius intelligere non possit. Dicit enim Augustinus, in libro
Octoginta trium Quaest. [q. 32]: "Quisquis ullam rem aliter quam
est intelligit non eam intelligit. Quare non est dubitandum esse per-
fectam intelligentiam, qua praestantior esse non possit; et ideo non
per infinitum ire quod quaelibet res intelligitur; nec eam posse
alium alio plus intelligere n.
2. PRAETEREA, intellectus intelligendo verus est. Veritas autem, cum
sit aequalitas quaedam intellectus et rei, non recipit magis et mi-
nus: non enim proprie dicitur aliquid magis et minus aequale. Ergo
neque magis et minus aliquid intelligi dicitur.
3. PRAETEREA, intellectus est id quod est formalissimum in homine.
Sed differentia formae causat differentiam speciei. Si igitur unus
homo magis alio intelligit, videtur quod non sint unius speciei.
SED CONTRA EST quod per experimentum inveniuntur aliqui aliis
profundius intelligentes; sicut profundius intelligit qui conclusionem

~Ione et trasferisce In un mondo di concetti universalt e di prlnclpl1 assoluti.


Qualcuno potrebbe perciò pensare a una sostanziale parificazione di tutte le Intel-
ligenze umane nell'atto della conoscenza. S. Tommaso respinge un.a spleguione
cosi ingenua, fino al punto di ammettere una sostanziale diversità tra un'anima
e l'altra.
84 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 7-8

cause prime, di uno il quale è capace di ricollegarla soltanto alle


cause prossime.
RISPONDO: Che uno intende una cosa più di un altro si può pren-
dere in due sensi. Primo, applicando l'avverbio più all'intellezione
in rapporto all'oggetto conosciuto. In questo senso non è possibile
che uno intenda la stessa cosa più di un altro; perchè se la cono-
scesse diversamente da come è, vale a dire miglio.re o peggiore, s' in-
gannerebbe, e perciò non la conoscerebbe, come argomenta appunto
S. Agostino. - Secondo, applicando il più all' intellezione in rap-
porto al soggetto conoscente. In tal senso uno può intendere la
stessa cosa meglio di un altro, se ha una maggiore capacità intel-
lettiva; come chi ha una potenza visiva più perfetta, vede meglio
fisicamente le cose.
Lo stesso avviene per l'intelletto, in due maniere. Primo, per
parte dell'intelletto medesimo che può essere più perfetto. Infatti
è evidente che quanto più il corpo è ben disposto, tanto migliore è
l'anima che viene ad faforme:rlo, 1 e ne abbiamo la riprova evi-
dente negli esseri di specie diversa. La ragione si è che l'atto e la
forma sono ricevuti nella materia in base alla recettività della me-
desima. Perciò; siccome tra gli stessi uomini alcuni hanno un corpo
meglio disposto, ricevono un'anima dotata di maggiore capacità in-
tellettiva; per questo Aristotele osserva, che "i soggetti dalla car-
nagione delicata sono meglio dotati di intelligenza"· - Secondo, il
fatto può verificarsi per parte delle facoltà inferiori, che l' intelletto
è costretto a usare per la sua attività. Infatti coloro che hanno
limmaginativa, la cogitativa e la memoria meglio disposte, sono
anche meglio portati ali' intellezione.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2. La soluzione della prima diffi-
coltà è perciò evidente. - Lo stesso vale per la seconda: infatti la
verità dell'intelletto consiste appunto nell'intendere le cose come
sono.
3. Quella differenza di forma, che proviene soltanto dalla diversa
disposizione della materia, non causa una diversità specifica, ma
soltanto numerica; infatti la molteplicità e varietà degl' individui
dipende dalla diversa materia.

ARTICOLO 8
Se lintelletto conosca gl' indivisibili prima delle cose divisibili.'

SEMBRA che il nostro intelletto conosca gl' indivisibili prima delle


cose divisibili. Infatti:
1. Il Filosofo scrive che "noi arriviamo ali' intellezione e alla
scienza dalla conoscenza dei princip.ii e degli elementi». Ora, gli

' "A proposito della dlsuguagl!anza delle nostre anime, avvertiva già 11 Gae-
tano, bisogna notare che sono contrari non soltanto quelli che confessRn-0 di dis-
sentire da· S. Tommaso, ma persino alcuni tomisti, fino al punto di sostenere che
non sarebbe Intenzione dJ S. Tommaw ammettere la disuguaglianza sostaJJziale
delle anime umane. Eppure egli apertamente ciò Insegna, sia qui nel corpo del-
l'articolo e nella ooluzione dell'ultima difficoltà, che nel ! Sent., d. 32. Perciò,
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 85

aliquam potest reduc.ere in prima principia et causas primas, quam


qui potest reducere solum in causas proximas.
RESPONDEO DICENDUM quod aliquem intelligere unam et eandem
rem magis quam alium, potest intelligi dupliciter. Uno modo, sic
quod ly magis determinet actum intelligendi ex parte rei intellectae.
Et sic non potest unus eandem rem magis intelligere quam alius:
quia si intelligeret eam aliter esse quam sit, vel melius vel peius,
falleretur, et non intelligeret, ut arguit Augustinus [loco cit.J. - Alio
modo potest intelligi ut determinet actum intelligendi ex parte intel-
ligentis. Et sic unus alio potest eandem rem melius intelligere, quia
est melioris virtutis in intelligendo; sicut melius videt visione cor-
porali rem aliquam qui est perfectioris virtutis, et in quo virtus
visiva est perfectior.
Hoc autem circa intellectum contingit dupliciter. Uno quidem
modo, ex parte ipsius intellectus, qui est perlectior. Manifestum est
enim quod quanto corpus est melius dispositum, tanto meliorem
sortitur animam: quod manifeste apparet in bis quae sunt secun-
dum speciem diversa. Guius ratio est, quia actus et forma recipitur
in materia secundum materiae capacitatem. Unde cum etiam in ho-
minibus quidam habeant corpus melius dispositum, sortiuntur ani-
mam maioris virtutis in intelligendo: unde dicitur in 2 De Anima
[c. 9, lect. 19] quod «moli es carne bene aptos mente videmus ''· -
Alio modo contingit hoc ex parte inferiorum virtutum, quibus in-
tellectus indiget ad sui operationem: illi enim in quilms virtlIB ima-
ginativa et cogitativa et memorativa est melius disposita, sunt me-
lius dispositi ad intelligendum.
AD PRIMUM ERGO PATET solutio ex dictis. - Et similiter AD SECUN-
DUM: veritas enim intellectus in hoc consistit, quod intelligatur res
esse sicuti est.
AD TERTIUM DICENDUM quod differentia formae quae non provenit
nisi ex diversa dispositione materiae, non facit diversitatem secun-
dum speciem, sed solum secundum numerum ; sunt enim diverso-
rum individuorum diversae formae, secundum materiam diversi-
ficatae.

ARTICULUS 8
Utrum intellectus per prius intelligat indivisibile quam divisibile.
Supra, q. 11, a. 2, ad 4; 8 De Anima, lect. 11.
AD OCTAVUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster per
prius cognoscat indivisibile quam divisibile. Dicit enim Philoso-
phus, in 1 Physi.c. [c. 1, lect. 1], quod "intelligimus et scimus ex
principiorum et elementorum cognitione n. Sed indivisibilia sunt

trascurando costoro come altrettanti ciechi, volgiamo la nostra attenzione alle


argomentaz!<mi degli altri.. .. " (in h. a.).
2 Si getta ora uno sguardo sulla struttura dtalettica del nostri dati oonoscitiv!,
per stabilire quale sia l'ordine col quale si presentano alla nostra Intelligenza nel
loro vari aspetti. Questa Indagine serve anch'effiR a precisare la natura dell' ln-
telletto umano, poichè noi non abbiamo altra via per conoscere le nostre tacoltà
conoscitive, all'Infuori dell'analisi accurata delle loro operazioni.

6 - VI
86 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 8

indivisibili sono i principii e gli elementi delle cose divisibili. Dun-


que gl' indivisibili ci sono noti prima delle cose divisibili.
2. I termini posti nella definizione di una cosa sono conosciuti da
noi in precedenza: poichè la definizione si compone «di dati ante-
riori e più noti», rçime dice Aristotele. Ora, l'indivisibile si pone
nella definizione [del divisibile, come il punto nella definizione] della
linea: infatti Euclidr- 1 insegna che "la linea è una lunghezza senza
larghezza, le cui estremità sono due punti». Così pure troviamo
l'unità nella definizione del numero; infatti "il numero·», come dice
Aristotele>., "è una pluralità misurata dall'unità"· Dunque il nostro
intelletto intende gli indivisibili prima delle cose divisibili.
3. "Le cose si conoscono mediante cose consimili"· Ora, l' indivi-
sibile è più simile all'intelletto che il divisibile, poichè "l' inteUetto
è semplice>>, come Aristotele dimostra. Dunque l'intelletto conoscerà
prima l' indivisibile.
IN f.ONTRARIO: Scrive Aristotele che "I' indiYisibile si rivela come
la privazione"· Ora, la privazione non è conosciuta in maniera im-
mediata. Dunque neppure l'indivisibile.
RISPONDO: Nella vita presente il nostro intelletto ha come oggetto
la quiddità delle cose materiali, che esso astme dai fantasmi, come
abbiamo già spiegato. E poichè siamo certi che l'oggetto primario
e diretto di una facoltà conoscitiva è l'oggetto proprio della mede-
sima, si può arguire in quale ordine l'indivisibile sia conosciuto da
noi, osservando il rapporto che esso ha con la quiddità suddetta.
Come insegna Aristotele, un'entità può essere indivisibile in tre modi.
Primo, come il continuo [di estensione o di tempo], il quale è indi-
visibile perchè indiviso in atto, sebbene sia divisibile in potenza.
E questo indivisibile è conosciuto da noi prima della sua divisione
nelle varie parti ; poichè la conoscenza confusa precede la cognizione
distinta, come abbiamo già notato. - Secondo, indivisibile può dirsi
una cosa considerata nella sua specie, la nozione di uomo, p. es. An-
che in questo caso l'indivisibile è conosciuto prima della. divisione
nelle sue parti ·essenziali, come si è spiegato sopra, e prima che
l'intelletto componga e divida con i suoi giudizi affermativi e nega-
tivi. E la ragione di ciò sta nel fatto che l'intelletto conosce di per
sè queste due Rerie di indivisibili, in qualità di oggetto proprio. -
Terzo, vi è un indivisibile che è del tutto indi.visibile, p. es., il punto
e l'unità, che non sono divisibili, nè in atto, nè in potenza. E un
tale indivisibile da llOi non è conosciuto immediatamente. ma me-
diante la negazione della divisibilità. Di.fatti il punto si definisce
in forma negativa: «ciò che non ha parti" ; così pure il concetto
essenziale dell'unità è di ess,ere "indi.visibile"• come si esprime Ari-
stotele. E questo perchè un indivisibile di tal genere si nntrappone
in qualche modo alla realtà corporea, la qniddità della quale costi-
tuisce l'oggetto primo e immediato dell'intelletto.
Se invece il nostro intelletto conoscesse mediante la partecipa-
zione di realtà indivisibili separate. come vokvano i platonici, ne
verrebbe che questi indivisibili sarebbero i primi oggetti dell' intel-
ligenza: i platonici infatti ritengono che le prime realtà sono an-
che le prime ad essere partedpate. •

' E il celebre matematico greco, del sec. III a. c. La sua opera principale, Ele
mentt, in 13 libri, pare fosse una compilazione ricavata da opere più antiche.
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 87

principia et elementa divisibilium. Ergo per prius sunt nobis nota


indivis.ibìlia quam divisibilia.
2. PRAETEREA, id quod ponitur in definitione alicuius, per prius
cognoscitur a nobis: quia definitio est « ex pri·oribus et notioribus ))'
ut dicitur in 6 Topic. [c. 4j. Sed indivisibile ponitur in definii.ione
divisibilis, sicut punctum in definitione lineae: «linea)) enim, ut
Euclides dicit [Elcment., 1. 1], «est longitudo sine latitudine, cuius
extremitates sunt duo puncta )). Et unitas ponitur in definitione nu-
meri: quia «numerus est multitudo mcnsurata per unum n, ut di-
citur in IO ll,Jefaphys. [c. 6, lect. 8]. Ergo intellectus noster per prius
inteUigit indivisibile quam divisibile.
3. PRAETEREA, <<simile simili cognoscitur ». Sed indivisibile est ma-
gis simile intellectui quam divisibile: quia "intellectus est sim-
plex n, ut dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 7, 9]. Ergo intellectus
noster prius cognoscit indivisibile.
SED CONTRA EST quod dicitur in 3 De Anima [c. 6, lect. 11], quod
«indivisibile monstratur sicut privatio n. Sed privatio per posterius
cognoscitur. Ergo et indivisibile.
RESPONDEO DICENDL'M quod obiectum intellectus nostri, secundum
praesentem statum, est quidditas rei materialis, quam a. phanta-
smatibus abstrahit, ut ex praemissis [a. 1, et q. 84, a. 7] patet. Et
quia id quod est primo et per se cognitum a virtute cognoscitiva,
est proprium eius obiectum, considerari potest quo ordine indivi-
sibile intellig-atur a nobis, ex eius habitudine ad huiusmodi quid-
ditatem. Dicitur autem indivisibile tripliciter, ut dicitur in 3 De
Anima [c. 6, lect. 11]. Uno modo, sicut continuum est indivisibile,
quia est indivisum in actu, licet sit divisibile in potentia. Et huius-
modi indivisibile prius est intellectum a nobis quam eius divisio,
quae est in partes: quia cognitio confusa est prior quam distincta,
ut dictum est [a. 3]. - Alio modo dicitur indivisibile secundum spe-
ciem, sicut ratio hominis est quoddam indivisibile. Et hoc etiam
modo indivisibile est prius intellectum quam divisio eius in partes
rationis, ut supra [ibid.] dictum est: et iterum prius quam intelle-
ctus compona.t et dividat, affirmando ve! negando. Et huius ratio
est, quia huiusmodi duplex indivisibile intellectus s·ecundum se in-
telligit, sicut proprium obiPctum. - Tertio modo dicitur indivisibile
quod est omnino indivisibile, ut punctus et unitas, quae nec actu
nec potentia dividuntur. Et huiusmodi indivisibile per posterins co-
gnoscitur, per privotionem divisibills. UndB punctum privative defi-
nitur, cc punctum est cuius pars non est,,; et similiter ratio unius
est quod sit "indivisibile>>, ut dicitur 10 Metaphys. [c. 1, lect. 11. Et
huius ratio est, quia tale indivisibile habet quandam oppositionem
ad rem corporalem, cuius quidditatem primo et per se intellectus
accipit.
Si autem intellectus noster intelligeret t>er participationem indi-
visibilium separatorum, ut Platonici posuerunt, sequeretur quod in-
divisibile huiusmodi esset primo intellectum: quia secundum Plato-
nicos, priora prius participantur a rebus:.
2 Per enpire tutto il valore del tomismo nel campo della gnoSRologia, sarebbe
m-0It-0 utile prospettare i problemi studiati nella q. 85 ai sistemi filosofici che con-
;lderano S. Tomma<-0 come un 50rpa.<sato. Allora ci ac,corireremmo che cs<;i. se pre-
;entano qualche difficoltà anche nella soluzione tomistica, si rivelano addirittura
nsolublli per altre teorie fllosoftche; poichè le soluzioni tentate da oerti sistemi
88 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 8

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nell'acquisto di una scienza non


sempre i principii e gli elementi vengono ~r primi: poichè noi
spesso partiamo dagli effetti sensibili per giungere alla conoscenza
dei principii e delle cause intelligibili. Ma nella scienza già formata
la cognizione degli effetti dipende sempre da quella dei principii e
degli elementi: infatti al dire del Filosofo, "noi riteniamo di avere
la scienza di una cosa, quando sappiamo ricondurre i vari principii
alle loro cause "·
2. Il punto non è incluso nella definizione della linea in generale:
è chiaro infatti che nella linea infinita e in quella circolare il punto
esiste solo potenzialmente. Ma Euclide vuol definire il segmento di
linea retta: per questo mette nella sua definizione il punto, come
si mette il limite nella definizione di una cosa limitata. - L'unità
poi è la migura del numero: per questo entra nella definizione del
numero misurato. Non entra però nella definizione delle cose divi-
sibili, chè si verifica piuttosto il contrario.
3. La somiglianza, mediante la quale si ha l'intellezione, è la
specie intenzionale dell'oggetto presente nel soggetto. Perciò la prio-
rità di una cosa nella cognizione non dipende dalla sua somiglianza
di natura con la potenza conoscitiva, ma piuttosto dalla sua affi-
nità con l'oggetto [di essa]; altrimenti la viS'!a dovrebbe conoscere
più l'udito che i colori.

urtano contro la più elementare 06perM!lza. - S. T-0mmaso si limita a ricootruire


quale dovrebbe essere la soluzl-0ne platonica dell'ultimo problema della que-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE · 89
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod in accipiendo scientiam, non sem-
per principia et elementa sunt priora: quia quandoque ex effectibus
sensibilibu.5 devenimus in cognitionem principiorum et causarum
intelligibilium. Sed in complemento scientiae, semper scientia ef-
fectuum dependet ex cognitione principiorum et elementorum: quia,
ut ibidem dicit Philosophus, "tunc opinamur nos scire, cum prin-
cipia possumus in causas resolvere n.
AD SECUNDUM DICENDUM quod pw1ctum non ponitur in deflnitione
lineae communiter sumptae: manifestum est enim quod in linea in-
finita, et etiam in circulari, non ~st punctum nisi in potentia. Sed
Euclides definit lineam finitam rectam: et ideo posuit punctum in
definitione lineae, sicut terminum in deftnitione terminati. - Unitas
v·ero est mensura numeri: et ideo ponitur in defìnitione numeri
mensurati. Non autem ponitur in definitione divisibilis, sed magis e
converso.
AD TERTIUM DICENDUM quod similitudo per quam intelligimus, est
species cogniti in cognoscente. Et ideo non secundum similitudinem
nature.e ad potentiam cognoscitivam est aliquid prius cognitum, sed
per convenientiam ad obiectum: alioquin magis visus cognosceret
auditum quam colorem.

stione 85. Ed è faci1e constatare che essa non ha il oostegno dell'esperienza, e che
™'riva da una concezione astratta e aprioristica del processo intellettivo.
QUESTIONE 86
Gli aspetti della realtà materiale conosciuti
dal nostro intelletto. 1
Passiamo ora a esaminare quali aspetti della realtà materiale
conosca il nostro intelletto.
Sull"argomenio si pongono quattro quesiti: 1. Se conosca i singo-
lari ; 2. Se conosca cose infinite ; 3. Se conosca i contingenti; 4. S&
conosca le cose future.

ARTICOLO 1
Se il nostro intelletto conosca i singolari.~

SEMBRA che il nostro intelletto conosca i singolari. Infalti:


1. Chi conosce un'afiermazione, conosce pure i termini che la
compongono. Ora, il nostro intelletto conosce questa affermazione:
Socrate è uomo; poichè spetta a.Il' intelletto formare le proposi-
zioni. Perciò la nostra intelligenza conosce quel singolare che è So-
crate.
2. L'intelletto pratico guida nell'operare. l\Ia le operazioni hanno
per oggetto i singolari. Dunque l' intelletto li conosce.
3. Il nostro intelletto conosce se medesimo. Ora, esso è un singo-
lare, alirimenti non potrebbe aYere operazione alcuna, poichè le ope-
razioni sono proprie dei silJgol<.lfi. Dunque l'intelletto conosce i sin-
golari.
4. Una potenza superiore è capace di quanto può fare una potenza.
inferiore. Ora, il senso co11osce i singolari. A maggior ragione quindi
dov-rà conoscerli l' intr~lletto.
IN Cf!XTR'.kIO: Il Filo~.ofo insegna che "l'universale Yienc cono-
sciuto dalla ragione, il singolare dal senso"· 3
RrsPOI\DO: 11 no.stra intelletto non è in grado di conoscere in modo
d.iretto e immediato il singolare delle cose corporee. Lo deduciamo
dal faito che la radice della singolarità per le cose materiali è la
mo.teria individuale: mentre il nostro intelletto conosce, come ab-
biamo visto, astrn.endo !'a.spetto intelligibile da tale materia. Ma
ciò che si astrae dalla materia individuale è un univcr~ale. Quindi
1 L'Autore non prctenrJe di esaminal'e tutto ciò che I' intellétto umano può co-
noscere nPI mondo ror;io,.eo; ma si fei·rna a considerare quegli aspetti che pre-
sentano una ccrt-~ dH!ìcoltà.
2 Si è spe.sso rirnproverato al to1nismo l' ine.apacità a dare una soluzione sod
disfacente di questo problema (Yecli, p. es .. Roussi:r.or P., L' intcllectuaUsme àe
S Thomas, Parigi, 1936, pp. 9:1-95). L'accusa, a nostro pa!'ere, ha una sola spiega-
zione: si è troppo insistito nel presentare l'astrazione come la fucina degli uni-
versali, trasform;tndola in una prigione del!' intelligenza. Si è accantonato nel
passato l'aspetto plurivalente delle sp€cie intenzionali. Oggi invece i tomisti più
ag·giornati fanno nota.re che le specie intell1gibi.li, cioè I nostri rnncetti un!ver-
QUAESTIO 86
Quid intellectus noster in rebus materialibuf! cognoscat
in quatuor arttculos dtvua.

Deinde considerandum est quid intellectus noster in rebus mate-


rialibus cognoscat.
Et circa hoc quaeruntur quatu()ll'. Primo: utrum cognosca.t singu-
laria. Secundo: utrum cognoscat infinita. Tertio: utrum cognosc.at.
contingentia. Quarto: utrum cognoS'Cat futura ..

ARTICULUS 1
Utrum intellectus noster cognoscat singularia.
f Sent., d. 3, q. 3, a. 3, ad 1; 4, d. 50, q. t, a. 3; I Cont. G.ent., c. 65;
De Verit., •1. 2, aa. 5, 6; q. 10, n. 5; De .4ni.ma. a. 20; Quodllb. 7, q. t, a. 3;
12, q. 8; Otmsc. 29, De Princip. Indivtd.; 3 De .4ntma, lcct. s.

AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster cogno-


scat singularia. Quicumque enim cognoscit compositionem, cogno-
scit. extrema compositionis. Sed intellectus noster cognoscit hanc
oompositio-nem: Socrates est homo ; eius enim est proposdtionem for-
mare. Ergo intellectus noster cognoscit hoc singulare quod est So-
crates.
2. PRAETEREA, intellectus practicus dirigit ad agendum. Sed actus
sunt circa singularia. Ergo cognoscit singularia.
3. PRAETEREA, intellectus nostcr inte!ligit seipsum. Ipse autem est
quoddam singulare: alioquin non haberet aliquem actum ; actus
enim singularium snnt. Ergo intellectus noster cognoscit singulare.
4. PnAETEREA, quidquid potest virtus inferior, potest superior. Sed
sensus cognoscit s.ingulare. Ergo multo magis intellectus.
SED CO>iTRA EST quod dicit Philosophus, in I Phy.~ic. [c. 5, lect. 10],
qund "uninrsale secundum rationem est notum, singulare autem
secundum sensum "·
RESPONDEO DICEKDUM quod singulare in rebus materialibus intel-
lectus noster directe et primo cognoscere non potest. Cuius ratio est,
quia principium singularitatis in rebus materialihus est materia in-
dividualis: inteilectus autem noster, sicut supra [q. 85, a. 1! dic!um
est, intelligit abstrahendo speciem intelligibilem ab huiusmodi ma-

sali, non servono soltanto a presentare la sp~ie astratta di un essere fisico, ma


servono insiemi> a rendere attuale un soggetto r.otenziale (vale a dire l'intelletto
µossihile e, remotamente, l'anima umana), conservanclo tnoltre una relazione vis-
sut.a con i dati della sensihiliià, da cui vennero astratt.e. EhtM'ne, nel mompnto
della riftess!on1) 11uesti aspetti dell'unica specie intenzionale affiorano. Perciò la
realtà singolare e materiale, sebbene non sia oggetto dirett.o dell'intelligenza, lo
diviene in un secondo tempo, ver un atto dl riftessie>ne.
• La risposta di Aristotele·, così come suona, n-0n sarebbe davvero una buona
soluzione del quesit-0. Infatti. nota S. Tommaso, "noi non P-Otremmo conoscere il
rapporto dell'universale col particolare, se non ci fosse un'unica potenza capace di
conoscere J'un-0 e l'altro• (3 De Anima, lect. 8, ed. P!rotta, n. 712).
92 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, aa. 1-2

il nostro intelletto ha una conoscenza diretta soltanto degli univer-


&ali.
E però in grado di conoscere i singolari indirettamente, mediante
una riflessione; poichè, come abbiamo già spiegato, anche dopo aver
astratto le specie intelligibili, non può con esse passare all'atto del-
J' intellezione senza volgersi ai fantasmi, nei quali appunto vede le
idee, come scrive Aristotele. Perciò lintelletto conosce direttamente
l'universale mediante le sue specie intelligibili; e indirettamente i
singolari che sono rappresentati dai fantasmi. - E in tal modo può
formare la proposizione: Socrate è uomo. E così è risolta anche
la prima difficoltà.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 2. La scelta di un'azione concreta da
compiere è, al dire di Aristotele, come la conclusione di un sillo-
gismo, dovuta all'intelletto pratico. Ora, da una proposizione uni-
versale non si può direttamente dedurre una conclusione singolare,
ma bis1Jgna prendere come termine medio una proposizione dai
termini concreti e singolarl Perciò i dati dell'intelletto pratico pos-
sono portaTe ad agire solo mediante una percezione del concreto,
dovuta alla parte sensitiva, come dice Aristotele.
3. Il singolare ncm è intelligibile non pe,rchè ·singolare, ma perchè
materiale; poichè solo I' immaterialità rende le cose oggetto d' in-
tellezione. E quindi, se esiste un singolare immateri3.le, qual' è ap-
punto l'intelletto, niente si oppone alla sua intelligihilità. 1
4. Una potenza superiore è certamente capace di quanto può fare
una potenza inferiore, ma in modo più eminente. Perciò, quello che
è conosciuto dai sensi in modo mate·riale e concreto, vale a dire nella.
conoscenza diretta dei singolari, è conosciuto pure dall'intelletto in
modo immateriale e astratto, vale a dire nella conoscenza degli uni-
versali.

ARTICOLO 2
Se il nostro intelletto possa conoscere cose infinite. 2

SEMBRA che il nostro intelletto possa conoscere cos.e infinite. Infatti:


1. Dio sorpassa tutti gl' infiniti. Ora, il nostro intelletto può co-
noscere Dio, come si è visto. Molto più dunque potrà conoscere tutti
gli altri infiniti.
2. Il n1Jstro intelletto è fatto per conoscere tanto i generi che le
specie. Ma ci sono dei generi che hanno specie infinite, come il nu-
mero, la relazione e la figura. Quindi il nostro intelletto può cono-
scere cose infinite.
3. Se un corpo non impedisse all'altro di occupare il medesimo
spazio, non si potre,bbe escludere la presenza di infiniti corpi in
un sol luogo. Ora, una specie intelligibile non impedisce a un'altra
di trovarsi nel medesimo intelletto; poichè entrambi possono essere

i Nella questione seguente vedremo gli sviluppi di questo principio.


2 Il mondo materiale, tra glt altri suol aspetti, sembra presentare al nostro In-
telletto anche una certa serie di infiniti: numeri, relazioni, figure geometriche,
wmpo .... (Dio, che è un infinito attuale e non potenziale, è qui ricordato solo pe\"
CONOSCENZA UMANA DELLA R.EALTA MATERIALE 93

teria .. Quod autem a materia individuali abstrahitur, est universale.


Unde intellectus noster directe non est cognGscitivus nisi univer-
salium.
Indirecte autem, et quasi per quandam reftexi<mem, potest cogno..
scere singulare: quia, sicut supra [q. 84, a. 7) dictmn est, etiam
postquam species intelligibiles abstraxit, non potes.t secundum eas
actu intelligere nisi convertendo se ad phantasmata, in quibus spe-
cies intelligibiles intelligit, ut dicitur in 3 De Anima [c. 7, lect. 12].
Sic igitur ipsum universale per speciem intelligibilem directe intel-
ligit ; indirecte autem singularia, quorum sunt phantasmata. - Et
hoc modo format hanc propositionem, Socrates est homo. Unde patet
solutio ad primum.
Ao SECUNDUM DICENDUM quod electio particularis operabilis est
quasi conclusio syllogismi intellectus practici, ut dicitur in 7 Ethic.
[c. 3, lect. 3]. Ex universali autem propositione directe non potest
concludi singularis, nisi mediante aliqua singulari propos.itione as-
sumpta. Unde universalis ratio intellectus practici non movet nisi.
mediante particulari apprehensione sensitivae partis, ut dicitur in
3 De Anima [c. 11, lect. 16).
Ao TERTIUM orcENDUM quod singulare non repugnat intelligibilitati
inquantum est singulare, sed inquantum est materiale, quia nihil
intelligitur nisi immaterialiter. Et ideo si sit aliquod singulare im-
materiale, sicut est intellectus, hoc non repugnat intelligibilitati.
Ao QUARTUM DICENDUM quod virtus superior potest illud quod po-
test virtus inferi-or, sed eminentiori modo. Unde id quod cognoscit
sensus materialiter et concrete, quod est cognoscere singulare di-
recte, hoc cognoscit intellectus immaterialiter et abstracte, quod est
cognoscere universale.

ARTICULUS 2
Utrum intellectus noster possit cognoscere infinita.
De J'erit., q. 2, a. 9; Compend. Theo!., c. 133.

An SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster possit


cognoscere infinita. Deus enim excedit omnia infinita. Sed intellectus
noster potest cognoscere Deum, ut supra [q. 12, a. 1) dictum est.
Ergo multo magis potest cognoscere omnia alia infinita.
2. PRAETEREA, intellectus noster natus est cognoscere genera et spe-
cies. Sed quorundam generum sunt infinitae species, sicut numeri,
proportionis et figurae. Ergo inteUectus noster potest cognoscere in-
finita.
3. PRAETEREA, si unum corpus non impediret aliud ab existendo in
uno et eodem loco, nihil prohiberet infinita corpora in uno loco esse.

una necessità di ordine espositiv<>-dldattic-0). Possiamo n.oi raggiungere intellet-


t.ualmenw dell.e realtà cosi Indefinite in tutta la loro estensione? - L'analisi tomi-
stica fa rilevare chiaramente che l'infinito della realtà materiale è soltanto po
tenziale, e ad esso corrisponde I' illimitata potenzialità o virtualità della nostra
Intelligenza. SI potrebbe anche far osservare che si tratta di indefiniti non pro-
priamente reaH e fisici ; ma di Infiniti matematici e Immaginari, la cui Illimi-
tatezza è piuttosto il frutto dii un'astrazione.
94 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 2

conosciute mediante un abito scientifico. Dunque niente impedisce


che il nostro intelle.tto abbia la scienza abituale di oggetti infiniti.
4. Poichè l'intelletto, come abbiamo dimostrato, non è una facoltà
materiale e corporea, deve essere una potenza illimitata. Ma una
potenza illimitata può estendersi a un'infinità di cose. Perciò il
nostro intelletto può conoscere cose infinite.
IN CONTRARIO: Aristotele afferma che "l' infinito, in quanto infi-
nito, è ignoto».
RISPONDO: Le facoltà sono proporzionate al proprio oggetto, e per-
ciò è necessario che lintelletto abbia verso l'infinito lidentico rap-
porto che ha verso di esso l'oggetto suo proprio, cioè la quiddità delle
cose materiali. Ora, nel mondo corporeo non si trova una cosa che
sia infinita in maniera attuale, ma solo in maniera potenziale, in
quanto cioè [nella materia] può esservi un continuo succedersi di
forme, come spiega Aristotele. Perciò anche nel nostro intelletto si
riscontra l'infinito potenziale, in quanto esso riceve un oggetto dopo
l'altro: Infatti l'intelletto non è mai cosi pieno di cognizioni da
non poterne ricevere delle altre.
Però la nostra intelligenza non può conoscere, nè in maniera at-
tuale, nè in maniera abituale, 1 oggetti infiniti. Non in maniera at-
tuale, perchè il nostro intelletto può conoscere simultaneamente in
tal modo soltanto ciò che è conoscibile mediante una gola idea. Ora
un infinito non è rappresentato da un'unica idea; altrimenti sa-
rebbe un tutto unico e un'entità definita e perfetta.• Per questo non
è po;ssibile conoscere che prendendo una parte dopo l'altra, come
si può arguire dalla stessa definizione che ne dà Aristotele: "Infi-
nito è quell'essere a cui, togliendo una quantità, ne resta sempre
dell'altra da prendere n. Cosicchè per conoscere in maniera attuale
un infinito, bisognerebbe enumerare dist.intamente tutte le sue parti:
il che è assurdo.
Per la stessa ragione non possiamo conoscere gli infiniti in ma-
niera abituale. Infatti la conoscenza abituale è causata in noi dalla
conoscenza attuale·; poichè, come dice Aristotele, mediante atti in-
tellettivi, acquistiamo la scienza. Non potremmo quindi avere un
abito conoscitivo di cose infinite che ce ne desse una nozione di-
stinta, se non le avessimo prima considerate tutte con atti succes-
sivi di conoscenza; il che è impossibile. Per conseguenza il nostro
intelletto non può conoscere cose infinite, nè in maniera attuale, nè
in maniera abituale, ma solo potenziale, come abbiamo spiegato.
SOJXZIONE DELLF. DIFFICOLT.~: 1. Come abbiamo già spiegato, Dio è
infinito, perchè è una forma non limitata da una qualsiasi mate-
ria: invece nella realtà materiale una cosa è infinita perchè manca
di una qualsiasi determinazione di forma. E poichè, mentre la forma
è intelligibile per se stessa, la materia priva di forma è inintelligi-
bile, ne segue che l'infinito materiale di suo è inintelligibile. Tutta-
via quel!' infinito che è Dio, pur essendo intelligibile per se stesso,
non è intelligibile per noi, data la limitatezza del nostro intelletto,
il quale nello stat-0 della vita presente ha una capacità naturale li-

1 La conoscenza abituale non è che la cognizione allo stato di abito scientifico,


prima che esso si eserciti- in una operazione. Conoscenza abituale è, p. es., la filo-
sofia nel filowfo che non pensa alla sua materia.
2 Il Gaetano nota che questa ragione potrebbe e&;ere infirmata. se non si te-
CONOSCENZA UMANA DELLA REALTA MATERIALE 95

Sed una species intelligibilis non prohibet aliam ab existendo si-


mul in eodem 1ntellectu: cont.ingit enim multa scire in habitu. Ergo
nihil prohibet intellectum nostrum infinitorum sdentiam habere in
habitu.
4. PRAETEREA, intellectus, cum non sit virtus materiae corporalis,
ut supra [q. 76, a. 1] dictum est, videtur esse potentia infinita. Sed
virtus infinita potest super infinita. Ergo intellectus noster potest co-
gnoscere infinita.
SED CONTRA EST quod dicitur in 1 Physic. [c. 4, lect. 9], quod « infi-
nitum, inquantum est infinitum, est ignotum ».
RESPONDEO DICENDuM quod, cum potentia proportionetur suo obiecto,
oportet hoc modo se habere intellectum ad infinitum, sicut se habet
eius obiectum, quod est quidditas rei materialis. In rebus autem ma-
terialibus non invenitur infinitum in actu, E.ed solum in potentia, se-
cundum quod unurn succedit alteri, ut dicitur in 3 Physic. [c. 6,
lect. 10]. Et ideo in intellectu nostro invenitur infinitum in potentia,
in accipiendo scilicet unum post aliud: quia nunquam intellectus
noster tot intelligit, quin possit plura intelligere.
Actu autem v·el habitu non potest cognoscere infinita intellectus
noster. Actu quidern non, quia intellectus noster non potest simul
actu cognoscere nisi quod per unam speciem cognoscit. Infìnitum
autem non habet unam speciem: alioquin haberet rationem totius et
perfecti. Et ideo non potest intelligi nisi accipiendo partem post par-
tem, ut ex eius definitione patet in 3 Physic. [c. 6, lect. 11]: est enim
infìnitum "cuius quantitatem accipientibus semper est aliquid extra
accipere ». Et sic infìnitum cognosci non posset actu, nisi omnes par-
tes eius numerarentur: quod est impossibile.
Et eadem ratione non possumus intel!igere infinita in habitu. In
nobis enim habitualis oognitio causatur ex actuali consideratione:
intelligendo enim effìcimur scientes, ut dicitur in 2 Ethic. [c. 1,
lect. 1]. Unde non possemus ha.bere habitum infìnitorum secundum
distinctam cognitionem, nisi c-0nsideravissemus omnia infinita, nu-
merando ea secundum cognitionis successionem: quod est impossi-
bile. Et ita nec actu nec habitu int.ellectus noster potest cognoscere
infinita, s.ed in potentia tantum, ut dictum est.
Ao PRE\fl'M ERGO DICENDTE\.f quod, sicut supra [q. 7, a. 1] dictum est,
Deus dicitur infinitus sicut forma quae non est terminata per ali-
quam materiam: in rebus autem materiali bus aliquid dicitur infì-
nitum per privationem formalis terminationis. Et quia forma secun-
dum se nota est, materia autem sine forma ignota, inde est quod
infinitum materiale est secundum se ignotum. Infìnitum autem for-
male, quod est Deus, est secundum se notum; ignotum autem quoad
nos, propter defectum intellectus nostri, qui secundum statum prae-
sentis vitae habet naturalem aptitudinem ad materialia cognoscenda.

nesse pre~enw Io scopo cui mira la dimostrazione. :C v;ro infatti che· la divina
essenza abbraccia nella sua infinità i concetti ucleguati di tutti gli infiniti poten-
ziali; e qualche cosa di analogo avviene nell'anima umana di Cristo. l\Ia qui
s. Tommaso intende parlare della conoscenza umana nello stato presente. E al-
wra bisogna sottolineare la duplice funzione che un dato conoscitivo è chiamato
a svolgere nell'intellezione, e cioè la funzione di causn e <Juella di oggetto .. ora,
nessun infinito potenziale può "causare" nel nostro intelletto una nozione ade-
guata deIJa sua infinitezza; pokhè di attuale non ha che una sua parte (cfr. CAIE-
·TANUS, in h. a.).
96 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, aa. 2-3

mitata alla conoscenza delle cose materiali. Perciò, nella vita pre-
sente, noi possiamo conoscere Dio soltanto attraverso le sue crea-
ture materiali. Nella vita futura questa limitazione della nostra in-
telligenza sarà eliminata dalla gloria, e allora p-0tremo vedere Dio
nella sua essenza, senza però comprenderlo appieno.
2. Il nostro intelletto è fatto per conoscere le specie intelligibili
astratte dai fantasmi. Perciò uno non può conoscere nè in maniera
attuale nè in maniera abituale quelle specie dei numeri o delle
figure, che non sono passate dalla immaginativa. Può av.erne sem-
mai una conoscenza generica nei principii generali ; il che equivale
a una conoscenza potenziale e confusa.
3. Se due o più corpi si trovassero nel medesimo spazio, non sa-
rebbe necessario che vi entrassero uno dopo l'altro, e permettessero
così, con questa occupazione successiva, di enumerare distintamente
i vari corpi occupanti. Invece le specie intelligibili entrano nel no-
stro intelletto l'una dopo l'altra: poichè non è possibile intendere
più cose simultaneamente. E perciò necessario che le idee si tro-
vino nel nostro intelletto in numero non infinito ma limitato.
4. Il nostro intelletto ha una conoscenza dell' infinito proporzio-
nata alla infinità che p()Ssiede come potenza. Infatti esso possiede
una capacità in quanto non è limitato dalla materia corporea. Aven-
do inoltre la conoscenza degli universali, astratti dalla materia in-
dividuale, l'intelletto non è limitato a conoscere un individuo de-
terminato, ma di suo si estende a un'infinità di individui.

ARTICOLO 3
Se l'intelletto conosca le cose contingenti. 1

SEMBRA che l' intelletto non conosca le cp.se contingenti. Infatti:


1. Scrive Aristotele che I' intelletto, la sapienza e la scienza non
hanno per oggetto le cose contingenti, ma quelle necessarie.
2. Leggiamo nella Fisica di Aristotele che "gli esseri i quali ora
esistono ed ora non esistono sono misurati dal tempo». Ma l' in-
telletto umano fa astrazione dal tempo come dalle altre condizioni
materiali. Essendo dunque proprietà delle cose contingenti di esi-
stere solo per un certo tempo, è chiaro che esse non possono essere
conosciute dall' intelletto.
IN CONTRARIO: Tutte le scienze risiedono nell' intelletto. Ma esistono
delle sdenze che hanno per oggetto le cose contingenti; p. es., le
scienze morali, che trattano degli atti umani, soggetti al libero ar-
bitrio; e anche le scienze naturali, per que.Ua parte che riguarda le
cose generabili e corruttibili. Perciò l' intelletto ha la capacità di
conoscere le cose contingenti.
RISPONDO: Possiamo considerare le cose contingenti sotto due
aspetti. Primo, nella loro contingenza. Secondo, in quanto includono

1 Platone ha avuto il grande merito d1 mettere in evidenza l'aspetto n~a­


rio e assoluto delle nozioni intellettive. Ma è anche vero che la realtà cui esse si
riferisc.ono non è nel mondo delle Idee archetipe, ma nel mondo fisico contingente.
Ora, passiamo noo raggiungere questa realtà nella sua contingenza? Se voglia.mo,
CONOSCENZA UMANA DELLA REALTA MATERIALE 97

Et ideo in praesenti Deum cognoscere non possumus nisi per mate-


riales effectus. In futuro autem tolletur defectus intellectus nostri
per gloriam, et tunc ipsum Deum in sua essentia videre poterimus,
tamen absque comprehensione.
AD SECUNDUM DICENDUM quod intellectus noster natus est cogno-
scere species per abstractionem a phantasmatibus. Et ideo illas spe-
cies numerorum et figurarum quas quis non est imaginatus, non po-
test cognoscere nec actu nec habitu, nisi forte in genere et in prin-
cipiis universalibus; quod est cognoscere in potentia et confuse.
AD TF.RTIUM DICENDUM quod, si duo corpora essent in uno loco, vel
plura, n()n oporteret quod successive subintrarent l<>cum, ut sic per
ipsam subintrationis successionem numerarentur locata. Sed species
intelligibiles ingrediuntur intellectum nostrum successive: quia non
multa simul actu inte!liguntur. Et ideo oportet numeratas, et non
infinitas species esse in intellectu nostro.
AD QUARTUM DICENDUM quod sicut intellectus noster e·st infinitus vir-
tute, ita infinitum cognoscit. Est enim virtus eius infinita, secundum
quod n()n terminatur per materiam corporalem. Et est cognoscitivu<>
universalis, quod est abstractum a materia individuali, et per conse-
quens non finitur ad aliquod individuum, sed, quantum est d~ se, ad
infinita individua se extendit.

ARTICULUS 3
Utrnm intellectus sit cognoscitivus contingentium.
De Verit., q. 15, a. 2, ad 3; 6 Ethic., lect. 1.

An TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus non sit cogno-


scitivus contingentium. Quia, ut dicitur in 6 Ethic. [c. 6, lect. 5],
intellectus et sapientia et scientia non sunt contingentium, sed ne-
cessariorum.
2. PRAETEREA, sicut dicitur in 4 Physic. [c. 12, lect. 20], « ea quae
quandoque sunt et quandoque non sunt, tempore mensurantur "· In-
te!lectus autem a tempore abstrahit, sicut et ab aliis conditionibus
materiae. Curo .igitur proprium contingentium sit quandoque esse et
quandoque non esse, videtur quod contingentia non cognoscantur ab
intellectu.
SED CONTRA, omnis scientia est in intellectu. Sed quaedam scientiae
sunt de C()ntingentibus ; sicut scientiae morales, quae sunt de actibus
humanis subiectis libero arbitrio; et etiam scientiae naturales, quan-
tum ad partem quae tractat de generabilibus et corruptibilibus. Ergo
intellectus est cognoscitivus contingentium.
RESPONDEO DICENDUM quod contingentia dupliciter possunt consi-
derari. Uno modo, secundum quod contingentia sunt. Alio modo,
M ripresenta qui il problema dei singolari, e quindi non deve recare meraviglia
11 ritrovare la medesima conclusione: si ha la conoscenza intellettiva, non di-
retta ma riflessa, della realtà contingente come tal.e. Si noti però che " nessuna
cosa è tanto contingente da non includere qualche aspetto nec~arlo '" Ecco per.
chè si dànno delle vere scienze Intorno a cose contingenti.
98 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, aa. 3-4

un elemento necessario : poichè nessuna cosa è tanto contingente,


da non includere qualche aspetto necessario. Il fatto, p, es., che
Socrate corre di suo è contingente, ma il rapporto tra la corsa e il
moto è necessario. Infatti, se Socrate corre, è necessario che si
muova.
La contingenza però dipende dalla materia; poichè è contingente
quella cosa che è in potenza ad essere e a non essere; e la poten-
zialità è della materia. Invece la. necessità deriva dalla forma ; per-
chè ciò che deriva dalla forma si trova necessariamente in un dato
essere. Inoltre, mentre la materia è principio di individuazione, l'uni-
versale si desume, mediante l'astrazione della forma, dalla materia
concreta e particolare. Ora, abbiamo già dimostrato che l' intelli-
genza ha per oggetto proprio e immediato gli universali ; come i.I
senso ha per oggetto i singolari, i quali sono conosciuti indiretta-
mente anche dall'intelletto, come abbiamo già spiegato. Perciò le
cose contingenti, in quanto contingenti, sono conosciute diretta-
mente dai sensi, e indirettamente dall'intelletto: i dati invece uni-
versali e necessari sono conosciuti [solo) dall'intelletto.
Perciò, se consideriamo l'universalità dei dati scientifici, tutte le
scienze hanno per oggetto il necessario. Se invece si considerano le
cose in se stesse, allora avremo una scienza delle cose necessarie, e
una scienza di quelle contingenti.
In tal modo è evidente la soluzione da dare alle difficoltà.

ARTICOLO 4
Se il nostro intelletto conosca le cose future.

SEMBRA che il nostro intelletto conosca le cose future. Infatti:


1. L'intelletto umano conosce mediante specie intelligibili che pre-
scindono dalle circostanze di tempo e di luogo, e quindi qualsiasi
tempo è indifferente per esse. Ora, l'intelletto può conoscere le cose
presenti. Dunque può conoscere anche quelle future.
2. Quando l'uomo è alienato da.i sensi, può conosrere degli eventi
futuri, come appunto riscontriamo nello stato di sonno e di esalta-
zione. Ora, in questa alienazione dai sensi, l'intelletto ha maggior
vigore. Perciò l'intelletto di suo ha la capacità di conoscere il fu-
turo.
3. La conoscenza intellettiva è superiore a quella di qualsiasi ani-
male. Ora, ci sono degli animali che conoscono alcuni eventi fu-
turi; le cornacchie, p. es., quando gracchiano con insistenza., indi-
cano che la pioggia è vicina. Dunque a maggior ragione può cono-
scere le cose future l' intelligenza umana.
IN co~TRARIO: Leggiamo nella Scrittura: "Grande miseria pesn
sull'uomo, perchè egli ignora il passato, e da nessuno può aver no-
tizie del fu turo n. 1
i La difficoltà di conoscere Il futuro è sottolineata efficacemente da que&to pas.w
dell' Ecclesiaste, che nel testo ebraico è anche più forte: «Grande è l'affilzione del-
l'uomo, perchè egli ignora ciò che accadrà, e chi gli· dirà quando accadrà? "· - llfa
CONOSCENZA UMANA DELLA REALTÀ MATERIALE 99

secundum quod in eis aliquid neressitatis invenitur: nihil enim est


adeo contingens, quin in se aliquid necessarium habeat. Sicut hoc
ipsum quod est Socratem currere, in se quidem contingens est; sed
habitudo cursus ad motum est necessaria: necessarium enim est So-
cratem moveri, si currit.
Est autem unumquodque contingens ex parte materiae: quia con-
tingens est quod potest esse et non esse ; potentia autem pertinet ad
materiam. Necessitas autem consequitur rationem formae: quia ea
quae consequuntur ad formam, .ex necessitate insunt. Materia autem
est individuationis principium: ratio autem universalis accipitur se-
cundum abstractionem formae a materia particulari. Dictum autem
est supra [a. 1] quod per se et directe intellectus est universalium;
sensus autem singularium, quorum etiam indirecte quodammodo est
intellectus, ut supra [ibid.] dictum est. Sic igitur contingentia, prout
sunt contingentia, cognoscuntur directe quidern sensu, indirecte au-
tem ab intellectu: rationes autem universales et necessariae contin-
gentium cognoscuntur per intellectum.
Unde si attendantur raHones universales scibilium, omnes scientia.e
sunt de necessariis. Si autem attendantur ipsae res, sic quaedam
scientia est de necessariis, quaedam vero de contingentibus.
Et per hoc patet solutio ad obiecta.

ARTICULUS 4
Utrum intellectus noster cognoscat futura.
Supra, q. 5i, a. 3; II-II, q. 95, a. 1; q. 172, a. 1; I Sent .• d. 38, a. 5, ad 2;
f!, d. 7, q. 2, a. 2; s Cont. Genr., c. 154; De Verit., q. 8, a. 12;
De Maio, q. 16, a. 7; Compenà. Tl!eoi., cc. 133, 134; In Isaiam, c. 3.

AD Ql:ARTCN[ SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster cogno-


scat futura. Intellectus enim noster cognoscit per species intelligi-
biles, quae abstrahunt ab hic et nunc, et ita se habent indifferenter
ad omne tempus. Sed potesi cognoscere praescntia. Ergo potest co-
gnoscere futura.
2. PRAETEREA, homo quando alienatur a sensibus, aliqua futura co-
gnoscere potest; ut p2tet in dormientilrns et phrene1icis. Sed quando
alienatur a sensibus, magis viget intellectu. Ergo intellectus, quan-
tum est de se, est cognoscitivus fnturorum.
3. PRAETEREA, cognitio intellectiva hominis efficacior est quarn co-
gnitio quaecurnque brutornm animalium. Sed quaedarn animalia
sunt. quae cognoscunt quaedam futura ; sicut corniculae frequenter
crocitantes significant pluYiam mox futuram. Ergo multo magis in-
tellectus humanus potest futura cognoscere.
SEo CO'l\'TRA EST quod dicHur Ecclc. 8, 6-7: "Multa hominis affiictio,
qui ignorat praeterita, et futura nullo potest scire nuntio n.

si tratta dei soli futuri conting.enti, dei quali è intessuta la vita umana, non del
futuro più o meno necesSllrio, legato all'inflm;;o di cause già esistenti e operanti.
Kell'articolo invece il problema non è circoscritto, ma abbraccia il futuro in tutti
I suoi aspetti.
100 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 4

RISPONDO: A proposito della conoscenza del futuro si impongono le


medesime distinzioni fatte per la conoscenza delle cose contingenti.
Infatti le cose future, in quanto legate al tempo, sono dei singolari,
singolari che l'intelletto conosce solo per riflessione, come abbiamo
spiegato più sopra. Invece le ragioni formali delle cose future pos-
sono essere universali, e direttamente intelligibili; e possono essere
cosi oggetto di scienza.
Ma se si parla genericamente della conoscenza del futuro, allora
bisogna ricordare che le cose future si possono conoscere in due
maniere: primo, in se stesse; secondo, nelle loro cause. In se stesse
le oose future non possono essere conosciute che da Dio, per il quale
esse sono presenti, pur restando future in rapporto al succedersi de>-
gli avvenimenti; poichè il suo sguardo eterno si porta simultanea-·
mente su tutto il corso del tempo, come abbiamo spiegato parlando
della scienza di Dio. - Ma se consideriamo le cose future come pree-
sistenti nelle loro cause, allora possono essere conosciute anche da
noi. E se nelle loro cause sono cosi precontenute da derivarne per
nectssità, sono conosciute con certezza scientifica ; è cosi che lastro-
nomo prevede le eclissi future. Se invece sono precontenute nelle
loro cause, in modo da derivare da esse non sempre, ma nella mag-
gioranza dei casi, allora possono essere conosciute con una proba-
bilità più o meno certa, secondo che le cause sono più o meno de-
terminate a produrre l'effetto.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'argomento portato vale per la
cognizione dovuta alle ragioni formali e universali delle cause; dalle
quali ragioni si può ricavare una conOSCBnza del futuro proporzio-
nata ali' intimità dei rapporti tra l'effetto e la causa.
2. Secondo un'opinione sostenuta da S. Agostino, l'anima avrebbe
una capacità divinatoria, per poter conoscere naturalmente il fu-
turo; cosicchè quando si astrae dai sensi e ritorna in qualche modo
in se stessa, viene a partecipare di questa conoscenza delle cose
future. 1 - Siffatta opinione sarebbe rag1onevole, se si potesse am-
mettere che l'anima raggiunge la conoscenza delle cose mediante
la partecipazione delle idee, come ritenevano i platonici: poichè in
tal caso l'anima dovrebbe conoscere in forza della sua natura le
cause universali di tutti gli effetti, pur esoondone impe.dita dal
corpo ; quindi verrebbe a conoscere il futuro tutte le volte che si
astrae dai sensi. Ma siccome questo modo di conoscere non è affatto
connaturale al nostro intelletto, il quale al contrario ricava la sua
conoscenza dai sensi, non è davvero oonforme alla natura dell'anima
conoscere il futuro in forza dell'ali~mazione dai sensi, ma piuttosto
per influsso di cause superiori, spirituali o materiali. Di cause spi-
rituali, quando, p. es., lintelletto umano viene divinamente illu-
minato per il ministero di angeli, e allorchè i fantasmi vengono cosi
ordinati alla conoscenza di cose future; oppure quando lintervento
diabolico, come già si disse, produce un turbamento nella fantasia,
per indicare eventi futuri conosciuti da.i demoni. Ora, l'anima è più
disposta a ricevere tali impressioni delle cause spirituali quando ti
astratta dai sensi ; poichè allora diventa più affine alle sostanze spi-
i La divinazione ha sempre appassionato la curiosità umana. Ai nostri giorni
Si tenta persino di creare una scienza di certe manitest.aziont che si pr€mlmono
divinatorie, nella cosi detta meta.psichica. - Nel medioevo la curiosità poteva dirsi
anche più puerile, e quindi l'Aquinate ha dovuto trattare ampiamente li pro.
CONOSCENZA UMANA DELLA REALTA MATERIALE 101

REsPONDEO DICENDUM quod de cognitione futurorum eodem modo


distinguendum est, sicut de cognitione contingentium. Nam ipsa fu-
tura ut sub tempore cadunt., sunt singularia, quae intellectus huma-
nus non cognoscit nisi per reflexionem, ut supra [a. 1) dictum est.
Rationes autem futurorum possunt esse universales, et intellectu
perceptibiles: et de eis etiam possunt esse scientiae.
Ut tamen communiter de cognitione futurorum loquamur, sden-
dum est quod futura dupliciter cognosci possunt: uno modo, in
se.ipsis; alio modo, in suis causis. In seipsis quidem futura cognosci
non possunt nisi a Deo; cui etiam sunt praesentia dum in ct.rsu
rerum sunt futura, inquantum eius aeternus intuitus simul fertur
supra totum temporis cursum, ut supra [q. 14, a. 13] dictum est
cum de Dei scientia ageretur. - Sed prout sunt in suis causis. co-
gnosci possunt etiam a nobis. Et si quidem in suis causis sint ut
ex quibus ex necessitate proveniant, cognoscuntur per certitudinem
scientiae ; sicut astrologus praecognoscit eclipsim futuram. Si au-
tem sic sint in suis cu.u8.is ut ab eis proveniant ut in pluribus, sic
cognosci posS'Unt per quandam coniecturam vel magis vel minus
certam, secundum quod causae sunt vel magis vel minus inclinatae
ad effectus.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod ratio illa procedit de cognitione
quae fit per rationes universales causarum, ex quibus futura cogno-
sci possunt secundum modum ordinis effectus ad causam.
An SECUNDL'M DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit 12 Confess.
[12 De Gen. ad litt., c. 13], anima habet quandam vim sortis, ut ex
sui natura possit futura cognoscere: et ideo quando retrahitur a co1·-
poreis sensibus, et quodammodo revertitur ad seipsam, fit particeps
notitiae futurorum. - Et haec quidem opinio rationabilis esset, si
poneremus quod anima acciperet cognitionem rerum secundum par-
ticipationem idearum, sicut Platonici posuerunt: quia sic anima ex
sui natura cognosceret univcrsa.les causa.s omnium effectuum, sed
impeditur per corpus; unde quando a oorporis sensibus abstrahitur,
futura cognoscit.
Sed quia iste modus cognoscendi non est connaturalis intellectui
nostro, sed magis ut cognitionem a sensibus arcipiat; ideo non est
secundum naturam animae quod futura cognoscat cum a sensibus
allenatur; sed magis per impressionem aliquarum causarum supe-
riorum spiritu~lium et corporalium. Spiritualium quidem, sicut cum
virtute divina ministerio angelorum intellectus humanus illumina-
tur, et phantasmata ordinantur ad futura aliqua cognoscenda; vel
etiam cum per operationem daemonum fit aliqua commotio in phan-
tasia ad praesignandum aliqua futura qua.e daemones cognoscunt,
ut supra [q. 57, a. 3] dictum est. Huiusmodi autem impressiones spi-
ritualium causarum magis nata est anima humana suscipere cum a
;ensibus alienatur: quia per hoc propinquior fit substantiis spiri-
tualibus, et magis libera ab exterioribus inquietudinibus. - Contin-

>lema, specialm<'nte sotto l'aspetto morale. Non si è I.asciato prendere la mano


J.al suo temperamento positivo, che lo avrebbe facilme.nte portato a negare certi
·enomeni: ha cercato di vagli.are bene 1 fatti, e ha saputo dettare del cr!t,erl di
nudlzio ancora so&tanzialmente validi. Chi vuol conoscere appieno il suo pen-
.iero, può leggere quanto egli ba scritt-0 nella II-Il, e precisamente negll otto arti-
:o1i della q. 95. - Qui egli si limita a considerare 11 problema sotto l'aspetto pslco-
ogico e gnosoologico in maniera piuttosto sommaria.

7 - VI
102 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 4

rituali, ed è più libera dai turbamenti esterni. - La stessa cosa


può yerificarsi per influsso di cause superiori materiali. È evidente
infatti che i corpi superiori influiscono su quelli inferiori. Ora, le
facoltà sensitive sono perfezioni di organi corporei; ne segue che la
fantasia può in qualche modo essere alterata dall'influsso dei corpi
celesti. ' E siccome questi corpi sono la causa di molii eventi futuri,
si producono nell'immaginazione fenomeni indicatori di taluni di
essi. Tali indizi sono percepiti con maggiore facilità di notte da chi
dorme, che di giorno da chi è sveglio. Scrive infatti Aristotele: <<Le
impressioni traS'l1wsse di giorno sono più facili a dissolversi; poi.
chè laria della notte è meno turbata, essendo le notti più tranquille.
Le impressioni allora producono nel corpo delle sensazioni a causa
del sonno, poichè i piccoli turbamenti interni sono meglio percepiti
da chi dorme che da chi veglia. E questi turbamenti producono
quelle immaginazioni dalle quali nasce la previsione del futuro"·
3. Gli animali non hanno al disopra della fantasia una facoltà
coordinatrice dei fantasmi, come invece r hanno gli uomini nella
ragione; perciò l'immaginativa. di questi animali segue totalmente
I' influsso dei corpi celesti. E cosi è più facile conoscere certi eventi
futuri, come la pioggia e fenomeni consimili, dal comportamento
degli animali, che da quello degli uomini, i quali si muovono dietro
il consiglio della ragione. Per questo il Filosofo insegna che u certi
uomini imprudentissimi talvolta sono sommamente previdenti ; poi-
chè la loro intelligenza non è sovraccarica di preoccupazioni; ma,
trovandosi come deserta e vuota di tutto, quando viene mossa si la-
scia condurre seconào il motore n. 2

' Per la ftsica antica questi lnftussi sarebbero stati molto più este51 ed efileac!
di quanto noi pos.;iamo immaginare. Da essi sarebbero stati determinati I feno-
meni metereologicl, la generazione dBgl! animali, l'alterazione degli elementi, ecc.
CONOSCENZA UMANA DELLA REALTA MATERIALE 103

git autem et hoc per imp·ressionem superiorum causarum corpora-


lium. Manifestum est enim quod corpora superiora imprimunt in
corpora inferiora. Unde cum vire.s sensitivae sint actus corporalium
organorum, consequens est quod ex impressione caelesttum corpo-
rum immutetur quodammodo phantasia. Unde cum oaelestia cor-
pora sint causa multorum futurorum, fiunt in imaginatìone aliqua
sìgna quorundam futurorum. Haec autem signa magis percipiuntur
in nocte. et a dormi1entibus, quam de die et a vigilantibus: quìa, ut
dicitur in libro De Somn. tt l'igil. [De Divin. per Somn., c. 2], "quae
de.feruntur dE, die, dissolvu11tur magis; plus est enim sine turbatione
aer noctis, eo quod silentiores sunt noctes. Et in corpore faciunt sen-
sum propt€r somnurn: quia parvi motus interiores magis sentiuntur
a dormientibus quam a vigilantibus. Hi vero motus faciunt phanta-
smata, ex qui.bus praevidi::ntur futura».
AD TERTIUM DICENDUM quod animalia bruta non habent aliquid su-
pra phantasia.rn quod ordinet phantasmata, sicut habent homines
rationem ; et ideo phantasìa brutorum animalium totaliter sequitur
impressionem caelestem. Et ideo ex motibus huiusmodi anìmalium
magis possunt cognosci quaedam futura, ut pluvia et huiusrnocli,
quam ex motibus hominum, qui moventur per consilium Tationis.
Unde Philosophu.s dicit, in libro De Somn. et Vigil. [ibid.], qu.od "qui-
dam imprudentissimi sunt maxime praevidentes: nam intelligentia
horum non est curis affecta, sed tanquam deserta et vacua ab omni-
bus, et mota secundum movens ducitur "·

Non ll"T nulla l'astrologia. era la torma di dlvinazloue più apprezzata presso I
m€dl0cvall.
2 Ancl1e da questo brano risult:t chiaramente che l'astrologia era considerata
dai contemporanei dall'Aqulnat.e ccme la prima fonte dell'arte divinatoria.
QUESTIONE 87
In che modo l'anima intellettiva conosca se stessa,
e quanto in essa si trova. 1

Vediamo in che modo l'anima conosca se stessa e quanto in essa


si trova.
Su tale argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se conosca se
stessa mediante la propria essenza : 2. In che modo oonosca i suoi
abiti; 3. Come l' intelletto conosca il proprio atto; 4. Com~ conosca
l'atto della volontà.

ARTICOLO 1
Se l'anima intellettiva conosca se stessa
mediante la propria essenza. 1

SEMBRA che l'anima intellettiva conosca se stessa mediante la pro-


pria essenza. Infatti:
1. S. Agostino insegna che "la mente conosce se stessa per se
stessa, perchè immateriale"·
2. L'angelo e l'anima concordano nel genere di sostanza intellet.
tiva. Ora, l'angelo conosce se stesso mediante la propria essenza.
Quindi anche l'anima.
3. Come scrive Aristotele, cc nelle cose prive di materia l'intelletto
sl identifica con l'oggetto conosciuto"· Ma la mente umana è priva
di materia, non essendo essa perfezione di un corpo, come si è visto.
Dunque nella mente umana si identificano il soggetto e l'oggetto di
intellezione. Dunque essa conosce se stessa mediante la propria es-
senza.
IN CONTRARIO: Aristotele insegna che ccl' intelletto conosce se stesso
come conosce le altre cose n. Ora, queste le conosce non mediante la
propria essenza, bensì mediante le loro immagini. Perciò non cono-
sce se stesso mediante la propria €Ssenza.
RISPONDO: Ogni cosa, direbbe il Filosofo, è conoscibile in quanto è
in atto, non in quanto è in potenza: ogni cosa infatti partecipa l'es-
sere e la veil'ità, che formano l'oggetto della conoscenza, in propor-
zione della pvopria attualità. Ciò si rileva chiaramente nel mondo
sensibile: la vista infatti non percepisce un oggetto che è potenzial-
mente colorato, ma soltanto ciò che è colorato in maniera attuale.
Ed è altrettanto chiaro che lintelletto, quand(} conosce le cose ma-
teriali, le conosce soltanto per la loro attualità: tanto è vero cht>
non può conoscere la materia prima se non in relazione alla forma,

1 Sl passa a considerare ltt conoscenza che noi abbiamo delle rose spirituali.
E si comincia con la questione delfcat.isslma dell'autocoscienza. Il problema è de-
licato, sia per la sua intrinseca difficoltà, &ia per le polemiche suscitate tra gli
stessi studiosi del pensiero tomistico.
QUAESTIO 87
Quomodo anima intellectiva seipsam, et ea
quae sunt in ipsa, cognoscat
tn quatuor arttcuios dtvtsa.
Deinde considerandum est quomodo anima intellectiva cognoscat.
seipsam, et ea quae in se sunt.
Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo: utrum cognoacat seipsam
per suam essentiam. Secundo: quomodo cognoscat habitus in se exi-
stentes. Tertio: quomodo intellectus cognoscat proprium actum.
Quarto: quomodo cognoscat actum voluntatis.

ARTICULUS 1
Utrum anima intellectiva seipsam cognoscat per suam essentiam.
Supra, q. 14, a. 2, ad 3; 1 Cont. Gent., c. 75; S, c. 46; De Vertt., q. 8, a. 6;
q. 10, a. 8; De Antma, a. 16, ad 8; 1 De Anima, lect. 6; 3, lect. 9.

AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima intellectiva seipsam


cognoscat per suam essentiam. Dicit enim Augustinus, 9 De Trin.
[c. 3], quod « mens seipsam novit per seipsam, quoniam est incor-
porea"·
2. PRAETEREA, angelus et anima humana conveniunt in genere in-
tellectualis substantiae. Sed angelus intelligit seipsum per essentia.m
suam. Ergo et anima humana.
3. PRAETEREA, "in bis quae sunt sine materia, idem est intellectus
et quod intelligiturn, ut dicitur 3 De Anima [c. 4, lect. 9]. Sed mena
humana est s.ine materia: non enim est actus corporis alicuius, ut
supra [q. 76, a. 1] dictum est. Ergo in mente humana est idem intel-
lectus et quod intelligitur. Ergo intelligit se per essentiam suam.
SED CONTRA EST quod dicitur in 3 De Anima, [ibid.], quod « intellectus
intelligit seipsum sicut et alia "· Sed alia non intelligit per essentias
eorum, sed per eorum similitudines. Ergo neque se intelligit per es-
sentiam suam.
RESPONDEO DICENDUM quod unumquodque cognoscibile est secundum
quod est in actu, et non secundum quod est in potentia, ut dicitur
in 9 11-!etaphys. [c. 9, lect. 10]: sic enim aliquid est ens et. veruni,
quod sub cognitione cadit, prout actu est. Et hoc quidem manifeste
apparet in rebus sensibilibus: non enim visus percipit coloratum in
potentia, sed solum coloratum in actu. Et similiter intellectus mani-
festum est quod, inquantum est cognoscitivus rerum materialium,
non cognosCit nisi quod est actu: et inde est quod non cognoscit

2 E il quesito più importante I.li tutta la questione, e intorno ad ess-0 si con-


centrano tutti i prindpii e i motivi principali della gncseologia tomistica, non-
cllè le polemiche alle quali abbiamo accennato nella nota prece<lentc. - O!tre i
Il. pp. indicati dall 'etlizione Leonina, si tengano presenti I brani che segu-0n-0:
Infra, q. 93, a. 7, ad 4; I Sent., rt. 3, q. 4, a. 5; 3 De Antma, lec,t. 9. Per una vi-
sione completa del problema non bisogna dimenticare quell-0 che S. Tommaso dice
a pr-0po5it-0 dell'autocoscienza nelle anime separa.te: infra, q. 89, a. 2 e ll. pp.
106 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 1

come dice Aristotele. Perciò tra le varie sostanze immateriali tro-


viamo che ciascuna ha tanta capacità di essere intelligibile me-
diante la propria essenza, quanta ne possiede in ordine all'essere
attuale in forza della medesima essenza.
Ecco dunque che l'essenza di Dio, atto puro e perfetto, è per se
stessa e totalmente intelligibile in senso assoluto. Perciò Dio conosce
mediante la propria essenza, non soltanto se stesso, ma tutte le
cose. - L'essenza dell'angelo poi, pur facendo parte come atto degli
esseri intellettuali, non è tuttavia un atto puro e perfetto. Perciò
l'intellezione dell'angelo non si completa mediante la sola e.ssenz<J.
propria: infatti, sebbene conosca se stesso mediante la propria es-
senza, non può tuttavia conoscere oon essa tutte le cose, ma conosce le
altre cose mediante le loro spede intenzionali. - L'intelletto umano,
finalmente, fa parte degli esseri intellettuali solo come qualche cosa
di potenziale, cioè come la materia prima fa parte delle cose sensi-
bili: tanto è vero che vien denominato possibile. Perciò, considerato
nella sua essenza, si presenta come un essere intelligibile poten-
ziale. E quindi di suo ha la capacità di con()scere, non di venir co-
nosciuto ; a meno che non diventi attuale. - Non per nulla i plato-
nici ammisero una serie di esseri intelligibili al disopra delle varie
intelligenze: I' intelligenza infatti, secondo questa teoria, dovrebbe
conoscere solo mediante una partecipazione degli intelligibili; e chi
riceve la partecipazione è inferiore a chi la comunica. Se quindi
l' intelletto umano fosse posto in atto da un:a partecipazione delle
forme intelligibili separate, come volevano i platonici, esso conosce-
rebbe se stesso mediante una siffatta partecipazione di cose imma-
teriali. Siccome però nello stato della vita presente è connaturale
al nosfro intelletto volgersi alle cose materiali e sensibili, come ab-
biamo già spiegato, ne segue che esso conosce se stesso in quanto è
posto in atto dalle specie intenzionalf astratte dal mondo sensibile
mediante il lume dell' intelletto agente; e questo lume è insieme atto
degli oggetti intelligibili e, per mezzo di essi, atto dell'intelletto pos-
sibile. Dunque il nostro intelletto non conosce se stesso mediante la
propria essenza, bensi mediante il proprio atto. '
E questo può avvenire in due modi. Primo, come cognizione [sog-
gettiva] particolare; quando Socrate, p, es., o Platone, nel riflettere
sulla propria cognizione, percepiscono di avere un'anima intellet-
tiva. Secondo, come cognizione [oggettiva] universale: quando stu-
diamo la natura della mente umana analizzando l'operazione drl-
1' intelletto. E vero però che il discernimento e l'efficacia di questa
cognizione, con la quale conosciamo la natura dell'anima, ci deriva
-Oal fatto che la luce della nostra intelligenza promana dalla verità
divina, nella quale sono contenute le ragioni di tutte le cose, come
si è visto. Scrive perciò S. Agostino: "Noi percepiamo la verità im-
mutabile, dalla quale passiamo a definire perf.ettamente, per quanto
ci è possibile, non quale sia la mente di ciascun uomo, ma qual~
debba essere secondo le ragioni sempiterne"· - Tra le due maniere
di conoscere e' è però una [grande] differenza Per la prima. basta
la sola presenza della mente, da cui proviene l'atto mediante il quale
conosce se stessa. Perciò si. dice che conosce se stessa in forza della

t Questa è la netta conclusione f'Cnerale drl!'articolo, la quale non può e non


deve essere attenuata dalle pcricopi elle se;;;uono. Queste devono servire soltanto
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 107
materiam primam nisi secundum proportionem ad formam, ut dici-
tur in 1 Physic. [c. 7, lect. 13]. Unde et in substantiìs immateriali-
bus, secundum quod ·unaquaeque earum se habet ad hoc quod sit in
actu per essentiam suam, ita se ha.bet ad hoc quod sit per suam es-
sentiam intelligibilis.
Essentia igitur Dei, quae est actus purus et perfectus, ~t simpli-
citer et perfecte secundum seipsam intelligibilis. Unde Deus per suam
essentiam non solum seipsum, sed etiam omnia intelligit. - Angeli
autem essentia est quidem in genere intelligibilium ut actus, non
tamen ut actus purus neque completus. Unde eius inteUigere non
completur per essentiam suam: etsi enim per essentiam suam se in-
telligat angelus, tamen non omnia potest per essentiam suam cogno-
scere, sed cognoscit alia a se per eorum similitudines. - Intellectus
autem humanus se ha.bet in genere rerum intelligibilium ut ens in
potentia tantum, sicut et materia prima se habet in genere rerum
sensibilium: unde possibilis nominatur. Sic igitur in sua essentia
consideratus, se habet ut potentia intelligens. Unde ex seipso habet
virtutem ut intelligat, non autem ut intelligatur, nisi secundum id
quod fit actii. Sic enim etiam Platonici posmerunt ordinem entium
intelligibilium supra ordinem intellectuum: quia intellectus non in-
telligit nisi per participationem intelligibilis ; participans a.utero est
infra participatum, secundum eos.
Si igitur intellectus humanus fieret actu per participationem
formarum intelligibilium separata.rum, ut Platonici posuerunt, per
huiusmodi participationem rerum incorporea.rum 1ntellectus huma-
nus seipsum intelligeret. Sed quia connaturale est intellectui nostro,
secundum statum praesentis vitae, quod ad materialia et sensibilia
respiciat, sicut supra [q. 84, a. 7) dictum est; consequens est ut sic
seipsum · intelligat intellectus noster, secundum quod fit actu per
species a sensibilibus abstractas per lumen intellectus agentis, quod
est actus ir>sorum intelligibilium, et eis mediantibus intellectus pos-
sibilis. Non ergo per essentiam suam, sed per actum suum se co-
gnoscit intellectus noster.
Et hoc dupliciter. Uno quidem modo, particulariter, secundum
quod Socrates ve! Plato percipit se habere animam intellectivam, ex
hoc quod percipit se intelligere. Alio modo, in universali, secundum
quod naturam humanae mentis ex actu intellectus consideram11s. Sed
verum est quod iudicium et efficacia huius cognitionis per quam na-
turam anima.e cognoscimus, competit nobis secundum derivationem
luminis intellectus nostri a veritate divina, in qua rationes omnium
rerum continentur, sicut supra [q. 84, a. 5) dictum est. Unde et Au-
gustinus dicit, in 9 De Trin. [c. 6]: "Intuemur inviolabilem verita-
tem, ex qua perfecte, quantum possumue, definimus non qualis sit
uniuscuiusque hooninis mens, sed qualis esse sempiternis rati<m.ibus
debeat "· - Est autem differentia inter has duas cognitiones. Nam ad
primam cognitionem de mente habendam, sufficit ipsa mentis prae-
sentia, quae est principium actus ex quo mens percipit seipsam. Et
ideo dicitur se cognoscere per suam praesentiam. Sed ad secundam

di spiegazione, non di critica. Perciò dobbiamo ritenere che il DC>ttore Angelico


ne.~a recisamente una qualsiasi autocoscienza dell'anima a prescindere da un atto
intellettivo. E si noti bene che i principii aristotelici ai quali si appella esigono
:rigorosamente tale conclusione.
108 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 1

sua presenza. 1 Per avere invece l'altra cognizione della mente non
basta la sua presenza; ma si richiede un'indagine diligente e sot-
tile. Molti infatti ignorano la natura dell'anima, e non pochi hanno
errato in proposito. Per questo S. Agostino, parlando di tale ri-
cerca, scrive: «La mente non cerchi di scorgere se stessa come cosa
assente ; ma cerchi come presente di arrivare a discernere se stessa•>,
cerchi cioè di conoscere la sua differenza dalle altre cose, vale a dire
cerchi di conoscere la propria quiddità o natura.
SoL uzIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La mente conosce se stessa per se
stessa, poichè arriva finalmente alla conoscenza di se medesima,
sebbene ci arrivi mediante il proprio atto: essa stessa è oggetto
di conoscenza, poichè essa stessa è oggetto del suo amore, come
aggiunge S. Agostino medesimo. • Una cosa infatti si può dil'e co-
nosciuta per se stessa per due motivi: o perchè si arriva alla
sua· oognizione senza intermediari, come avviene per i primi prin-
cipii per sè noti ; o perchè non è conoscibile per via indiretta [per
accidens]. Il colore, p. es., direttamente soltanto è visibile, mentre
la sostanza è visibile per via indiretta [per accidens].
2. L'essenza dell'angelo si trova come atto nel genere delle realtà
intellettuali, perciò può essere insieme intelletto conoscente e oggetto
conosciuto. Per questo l'angelo conosce la propria essenza senza in-
termediari. Non cosi l'intelletto umano: il quale, o è totalmente in
potenza rispetto agli oggetti intelligibili, come I' intelletto possibile,
oppure è atto di specie intelligibili astratte dai fantasmi, come è l' in-
telletto agente.
3. L'affermazione del Filosofo è universalmente vera per ogni in-
telletto. Infatti come il senso nell'atto del sentire si identifica con
l'oggetto sensibile, perchè limmagine dell'oggetto sensibile costitui-
sce allora la sua forma d.i senso in atto; c-0sì nell'atto dell'intendere
l'intelletto si identifica col suo -0ggetto, perchè l'immagine inten-
zionale dell'oggetto conosciuto costituisce allora la sua forma di in-
telletto in atto. E poichè l'intelletto umano diviene attuale mediante
l'immagine conoscitiva del suo -0ggetto, dovrà essere conosciuto an-
ch'esso mediante l'immagine che ne costituisce la forma. Perciò,
dire che cc nelle cose prive di materia I' intelletto s'identifica con
l'oggetto conosciuto», ·equivale ad affermare che cc nelle cose attual-
mente conosciute l'intelletto si identifica con l'oggetto conosciuto·»;
poichè un oggetto è conosciuto in maniera attuale per il fatto che
è privo di materia. C' è però da notare una differenza: la natura di
alcuni esseri esclude la materia, come avviene per le sostanze sepa-
rate, che noi chiamiamo angeli, ognuna delle quali è insieme cono-
sciuta e conoscente. Esistono invece altri esseri che non escludono

• Non è <tetto però che anche in questo caso l 'autocosci0nza pos5a pré'Scindere
da. un a.tto Intellettivo )lrev.lo, avente per oggetto una qualsiasi quidctità cori:o-
rea. - Si può parlare Impropriamente di cognizione immediata del soggetto cono-
seente, in quanto que-st'ultlmo viene percepito nella stessa immagine eid·etica, che
serve per la conoscenza di un qualsiasi altro oggetto. - Anche qui è utile ricor-
dare la plurlvalenza delle spocfe inrenzi<mali (cfr. Introd., nn. 6, 7).
" Nelle opere giovanili (De Vertt., q. 10, a. 8; I Sent., d. 3, q. 4, a. 5l l'Aquinate
si era espresso in maniera più condiscendente per la tesi di S. Airnstino. Ma ri-
sulta ben chiaro che i due massimi tllooofl cristiani non concordano sull'argo-
mento. Il platonismo dell'uno esigeva l'autocoscienza immediata dell'anima urna.
na, l'aristotelismo dell'altro richiedeva la negazione di oizni conoscenza anteriore
a un atto Intellettuale definito, esercitato sulla realtà sensibile. Di fronte all'affer-
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 109
cognitionem de mente habendam, non sufficit eius praesentia, sed
requiritur diligens et subtilis inquisitio. Unde et multi naturam ani-
mae ignorant, et multi etiam circa naturam animae e·rraverunt.
Propter quod Augustinus dicit, IO De Trin. [c. 9], de tali inquisitione
mentis: «Non velut absentem se quaerat mens cernere; sed prae-
sentem quaerat discernere>>, id est cognoscere differentiam suam ab
aliis rebus, quod est cognoscere quidditatem et naturam suam.
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod mens seipsam per seipsam novit,
quia tandem in sui ipsius cognitionem pervenit, licet per suum
actum: ipsa enim est quae cognoscitur, quia ipsa seipsam amat, ut
ibidem subditur. Potest enim aliquid dici per se notum dupliciter:
vel quia per nihil aliud in eius notitiam devenitur, sicut dicuntur
prima principia per se nota ; vel quia non sunt cognoscibilia per
accidens, sicut color est per se visibilis, substantia autem per acci-
dens.
An SECUNDUM DICENDUM quod essentia angeli est sicut actus in ge•
nere intelligibilium, et ideo se habet et ut intellectus, et ut intel-
lectum. Unde angelus suam essentiam per seipsum apprehendit. Non
autem intellectus humanus, qui vel est omnino in potentia respectu
intelligibilium, sicut intellect.us possibilis ; vel est actus intelligibi-
lium quae abstrahuntur a phantasmatibus, sicut intellectus agemr.
An TERTiliM DICENDUM quod verbum illud Philosophi universaliter
verum est in omni intellectu. Sicut enim sensus in actu est sensi-
bile, propter similitudinem sensibilis, quae est forma sensus in actu ;
ita intellectus in actu est intellectum in actu, propter similitudinem
rei intellectae, quae est forma intellectus in actu. Et ideo intellectus
humanus, qui fìt in actu per speciem rei intellectae, per eandem spe-
ciem intelligitur, sicut per formam suam. Idem autem est dicere
quod "in bis quae sunt sine materia, idem est intellectus et quod
intelligitur », ac si diceretur quod "in his qua e sunt intellecta in
actu, idem est intellectus et quod intelligitur": per hoc enim ali:
quid est intellectum in actu, quod est sine materia. Sed in hoc est
differentia, quia quorundam essentiae sunt sine materia, sicut sub-
stantiae separatae quas angelos dicimus, quarurn unaquaeque et est
intellecta et est intelligens: sed quaedam res sunt quarum essentiae

mazione inequivocabile di S. Agootlno, conne~sa con le ~oculazion.i teologiche sul·


l'immagine di Dio nell'anima, S. Tomma.50 cercò di metwre bene in evidenza
quanto poteva concedere dal suo punto di vista, senza sottolineare troppo quello
che era co&tretto a negare. Un eventuale punto di contatto doveva trovarsi nella
sua dottrina riguardante la memoria intellettiva. Infatti su tale argoment-0 Il
Dottore Angelico si era ribellato all'aristotelismo ufficiale, che non ammetteva
la conservazione nell'intelletto delle specie intelligibili. Ebbene, la conose<lnza
abituale di quelle nozioni poteva offrire un mezzo conciliat.ivo. almeno forma!e,
tra la concezione agostiniana e quella aristotelica. Anche l'anima, prima ancora
di emettere un atto di intellezione, poteva considera:Nòi come un dato conoS<;itivo
posseduto abitualmente da se medesima. "La mente, prima di astrarre dai fan-
tasmi, Ila la nozione abituale di se &tessa, mediante la quale è in grado di perce-
pire la propria esistenza• (De Verit., q. 10, a. 8, ad 1). - l\fa l'equivoco era patente.
Come infatti, l'anima avrebbe potuto prender coscienza di una tale nozione? Un
arist.otellc-0 era costretto a rispondere: Ricorrendo ai fantasmi ! Infatti, una no-
zione c.onserva.ta nella memoria non può essere usata senza il ricorso a tale pro-
cedimento.
s. Tommaso ruella sua maturità pensò meglio di non insistere nell'equivoco, e
nelle opere seguenti negò recisamente la conoscenza abituale e Immediata del-
l'anima (cfr. CENTI T. S., "L'autocoscienza immediata nel pensiero di S. Tom-
maso" In Saptenza, 1950, pp. 220-242).
110 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, aa. 1-2

la materia dalla loro natura, ma soltanto dalle immagini che essi


astraggono. È per questo che il Commentatore arriva a scrivere che
l'affermazione riportata vale soltanto per le sostanze separate ; poi-
chè in esse si applica in una maniera che non si può applicare per
altre intelligenze, come abbiamo spiegato. '

ARTICOLO 2
Se il nostro intelletto conosca immediatamente nella loro essenza
gli abiti dell'anima.

SEMBRA che il nostTO intelletto conosca immediatamente nella loro


essenza gli abiti dell'anima. Infatti:
1. Scrive S. Agostino: "Non si vede la fede nel cuore in cui si
trova, come si vede l'anima di un altro uomo dai movimenti del
corpo; tuttavia essa è ritenuta da una scienza certissima ed è gri-
data dalla coscienza"· Ma la stessa ragione vale per tutti gli abiti
dell'anima. Perciò questi abiti non sono conosciuti mediante i loro
atti, ma per se stessi.
2. Le cose materiali esistenti fuori dell'anima sono conosciute per
il fatto che vengono a trovarsi nell'anima le loro immagini; per
questo si dice che sono conosciute mediante le loro immagini. Ora,
gli abiti dell'anima si trovano già nell'anima con la loro essenza.
Dunque sono conosciuti in questa I.oro essenza.
3. "Ciò che causa in altri una data perfezione, deve possederla
anch'esso e in grado maggiore n. Ora, l'anima conosce le altre cose
in forza dei suoi abiti e delle specie intelligibili. Questi ultimi dun-
que devono essere quanto mai direttamente conosciuti dall'anima.
IN CONTRARIO: Gli abiti sono principii degli atti, come lo sono le
potenze. Ora, secondo Aristotele, " gli atti e le operazioni logica-
mente sono prima delle potenze"· Dunque, per la medesima ra-
gione, sono prima anche degli abiti. Perciò gli abiti, come le po-
tenze, si conoscono per mezw dei loro atti.
RISPONDO: In qualche modo l'abito si trova tra la pura potenza e
l'atto pieno. Ora, abbiamo già spiegato che niente si può conoscere,
se non in quanto è in atto. L'abito perciò, non avendo la pienezza
dell'atto, non ha neppure l'attitudine ad esser conosciuto per se
stesso, ma è necessario che sia conosciuto mediante il suo atto.
E questo è vero, sia nel caso di chi percepisce di avere un abito
per il fatto che compie l'atto proprio di quell'abito, sia nel caso dl
i Nonostante tutte queste precisazioni, non sono mancati studiosi, che ìrnnno
c,reduto di poter attriliuire all'Aquinate una conoscenza sperimentale dell'anima
con esclusione di qnalF,iasi sp~cle intenzion'lle. - Acr,enniamo, per gli italiani,
al tentaf.ivo in sè nobilissimo di don G. Zamboni. il quale pensava addirittura di
riparare a una deficienza del tomismo di stretta osservanza, affermando l'espe-
rienza Immediata dell'atto e•.i-;tenzi"fo, proprio in questa autocoscienza di ordine
Intellettivo. L'originalità di Zamtionl è tutta qui: nella sua concezione dell'atto
esistenziale in rapporto all'autocoscienza. Ecco le sue parole: "Quando si parla
di atto di essere e d.ello sviluppo della dottrina che ne deriva, dobbiamo guar-
darci dall'astrattismo ooncettuallsta. Se lo pensiamo per conl:etti l'atto di essere
non è più lui ; resta un astratto. Per r~glonarvi su, J)€r sentirne le relazioni, biso-
gna tornn.re al conl:etto delì 'es~rlenza immediata degli stati e degli atti, e, in
essi, del!' io ; cioè ali 'atto di essere in esercizio, all'atto di essere in atto attuale. -
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 111
non sunt sine materia, sed solum similitudines ab eis abstractae.
Unde et Commentator dicit, in 3 De Anima [comment. 15], quod pro-
positio inducta non habet veritatem nisi in substantiis separatis: ve-
rificatur enim quodammodo in eis quod non verificatur in aliis, ut
dictum est [ad 2).

ARTICULUS 2
Utrum intellectus noster cognoscat habitus animae
per esseutfam eorum.
11 Sent .. d. 23, q. 1, a. 2; De Ve1ft., q. 10, a. 9; Quodltl'J. 8, q. 2, a. 2.

AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster cogno-


scat habitus anima.e per essentiam eorum. Dicit enim Augustinus,
1.1 De Trin. [c. 1): "Non sic videtur fides in corde in quo est, sicut
anima alterius hominis ex motibus corporis videtur; sed eam tenet
certissima scientia, clamatque conscientia ». Et eadem ratio est de
aliis habitibus animae. Ergo habitus animae non cognoscuntur per
actus, sed per seipsos.
2. PRAETEREA, res materiales, quae sunt extra animam, cognoscun-
tur per hoc quod similitudines earum sunt praesentialiter in anima;
et ideo dicuntur per suas similitudines cognosci. Sed habitus animae
praesentialiter per suam essentiam sunt in anima. Ergo per suam
essentiam cognoscuntur.
3. PRAETEREA, "propter quod unumquodque tale, et illud magis"
[ARIST., I Poster., c. 2, lect. 6]. Sed res aliae cognoscuntur ab anima
propter habitus et species intelligibiles. Ergo ista magis per seipsa
ab anima cogn-0scuntur.
SED CONTRA, habitus sunt principia actuum, skut et potentiae. Sed,
sicut dicitur 2 De A.nima [c. 4, lcct. 6], « priorcs potentiis, sccundum
rationem, actus et operationes sunt ». Ergo eadem ratione sunt prio-
res habitibus. Et ita habitus per actus cognoscuntur, sicut et po-
tentiae.
REsPONDEo DICENDUM quod habitus quodarnmodo est medium inter
potentiam purarn et purum actum. Iam autem dictum est [a. praec.]
quod nihil cognoscitur nisi secundum quod est actu. Sic ergo in-
quantum habitus deficit ab actu perfecto, deficit ab hoc, ut non sit
per seipsum cognoscibilis, sed necesse est quod per actum suurn
cognoscatur: sive dum aliquis percipit se habere habitum, per hoc

Queste espressioni strane rivelano I' inesprimibllit.à a parole o a concetti, di que-


sto intimo fondo della realtà» (La. persona umana, Verona, 1940, p. 67).
Tutte queste elucubrazioni sull'autocoscienza tomisticamente concepita sono del
tutto arbitrarie. Infatti per conoscere l'atto esistenzia~e il tomismo ricorre a ben
altri procedimenti. E non si tratta diel tomismo dei Commerit:ltori, ma di s. Tom-
maso stesso. Ecco in sintesi come si arriva ad apprendere l'atto esistenziale, se-
condo II pensiero dell'Angelico: 1) L'esi8tenza è conosciuta implicitamente nella
semplice apprensione di un qualsiasi ente. (Non bisogna dimenticare che l'esse è
l'elemento formale e attuale dell'ente, che ne permette I' int.elllgibll!tà) ; 2) L'esi-
stere emerge nella riflessione che è 11.lla radice di ogni giudizio; 3) E conosciuto
anch'esso come quiddltà definita e distinta mediante il pro.ces.w di astrazione;
4) Pur essendo anteriore al giudizio esistenziale che diamo di noi stessi, il nostro
concetto di e5istenza acquista una concretezza definita nel momento in cui il sog-
g.etto con-0scitJvo riflette su se stesso; si viene cioè a C-Onoscere l'esistenza di un
individuo razionale e spirituale. - Prima però di affermare: io eststo, devo avere
112 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, aa. 2-3

chi va alla ricerca della natura e della definizione di un abito, par-


tendo dagli atti corrispondenti. La prima di queste cognizioni av-
viene per la presenza stessa dell'abito; poichè per il fatto stesso
che l'abito è presente causa l'atto in cui viene subito percepito. Jn..
vece la seconda conoscenza dell'abito avviene mediante un' inda-
gine accurata, come abbiamo già detto a proposito dell'anima.'
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene la fede non si conosca dai
movimenti esteriori del corpo, tuttavia viene percepita da chi la
possiede per mezzo dell'atto interiore del cuore. L'uomo infatti sa di
aver la fede, solo perchè ha la percezione del suo credere.
2. [Inizialmente] gli abiti si trovano nel nostro intelletto non com.3
oggetto d'intellezione (poichè nella vita presente oggetto del nostro
intelletto è la natura delle cose materiali, come abbiamo già visto) ;
ma come mezzi di cui l'intelletto si serve per conoscere.
3. L'assioma riportato, "ciò che causa in altri una data perfe-
zione, deve possederla anch'esso e in grado :maggiore•>, è vero se si
applica a cose dello stesso ordine, p. es., a uno stesso genere di
causalità; se è vero, mettiamo, che la se.lute è desiderabile per la
vita, la vita sarà più desiderabile di essa. L'assioma invece è falso
se viene applicato a cose di ordine diverso: dall'affermare, p. es.,
che la sanità dipende dalla medicina, non ne viene che la medicina
sia più desiderabile di quella, poichè la sanità è qui posta nell'or-
dine dei fini, mentre la medicina si trova in quello delle cause effi-
cienti. Ebbene, se prendiamo due cose che rientrino direttamente
nell'ordine degli oggetti conoscitivi, allora quella di esse che serva
a far conoscere l'altra avrà una conoscibilità maggiore, come
l'hanno i principii rispetto alle conclusioni. Ma un abito non rien-
tra nell'ordine degli oggetti in quanto abit-0; e quindi le cose pos-
sono essere conosciute mediante un abito, non perchè questo funge
da mezzo conoscitivo, ma perchè serve al soggetto conoscente come
disposizione o come forma nell'atto della conoscenza: perciò l'argo-
mento non regge.

ARTICOLO 3
Se lintelletto conosca il proprio atto.

SEMBRA che lintelletto non conosca il proprio atto. Infatti:


1. Propriamente si conosce ciò che è oggetto di una facoltà co-
noscitiva. Ora, l'atto differisce dall'oggetto. Dunque l'intelletto non
conosce il proprio atto.
2. Tutto ciò che si conosce si conosce mediante un atto. Se dunque
lintelletto conoscesse il proprio atto, dovrebbe conoscerlo mediante
un altro atto ; e questo con un altro ancora. Si avrebbe così un pro-
cesso all'infinito; e cioè un assurdo evidente.
3. L'intelletto sta al proprio atto, come il senso sta al suo. Ora, i
sensi propri non sentono il proprio atto, ma questa percezione ap-
un'idea di ciò che signiflclì essere. Perciò il tomismo rigetta una mediazione spe-
rimentale di questo concetto, polchè essa c.ompromette il valooo della metafisica,
senza giovare alla soluzione del probhima critico.
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 113

quod percipit se producere actum proprium habitus; sive dum ali-


quis inquirit naturam et rationem habitus, ex consideratione actus.
Et prima quidem cognitio habitus fit per ipsam praesentiam habi-
tus: quia ex hoc ipso quod est praesens, actum causat, in quo sta-
tim percipitur. Secunda autem cognitio habitus fit per studiosam in-
quisitionem, sicut supra [ibid.] dictum est de mente.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod, etsi fides non oognoscatur per ex-
teriores corporis motus, percipitur tamen etiam ab eo in quo est,
per interiorem actum cordis. Nullus enim fidem se habere scit, nisi
per hoc quod se credere percipit.
AD sECUNDUM DICENDUM quod habitus sunt praesentes in intellectu
nostro, non sicut obiecta intellectus (quia obiectum intellectus no-
stri, ·secundum statum praesentis vitae, est natura rei materialis,
ut supra [q. 84, a. 7; q. 85, a. 8; q. 86, a. 2] dictum est) ; sed sunt
praesentes in intellectu ut quibus intellectus intelligit.
AD TERTIMU DICENDUM quod, cum dicitur, "Propter quod unum-
quodque, illud magis '" veritatem habet, si intelligatur in his quae
sunt unius ordinis, puta in uno genere causae: puta si dicatur quod
sanitas est propter vitam, sequitur quod vita sti rnagis desiderabilis.
Si autem accipiantur ea quae sunt diversorurn ordinum, non habet
veritatem: ut si dicatur quod sanitas est propter medicinam, non
ideo sequitur quod medicina sit magis desiderabilis, quia sanitas est
in ordine finium, medicina autem in ordine causarum efficientium.
Sic igitur si accipiamus duo, quorum utrumque sit per se in ordine
obiectorum cognitionis; illud propter quod ali ud cognoscitur, erit
rnagis notum, sicut principia conclusionibus. Sed habitus non est de
ordine obiectorum, inquantum est habitus; nec propter habitum ali-
qua cognoscuntur sicut propter obiectum cognitum, se<l sicut propter
dispositionem vel formam qua cogno.sc·ens cognoscit: et ideo ratio
non sequitur.

ARTICULUS 3
Utrum intellectus cognoscat proprium actum.
Il Sent., d. 23, q. 1, a. 2, ad 3; 2 Cont. Gent., c. 75; De Verte., q. 10, a. 9;
~ De Anima, lect. 6.

AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus non cognoscat


proprium actum. Jllud enim proprie cognoscitur, quod est obiectum
cognoscitivae virtutis. Sed actus differt ab obiecto. Ergo intellectus
non cognoscit suum actum.
2. PHAETEREA, quidquid cognoscitur, aliquo actu cognoscitur. Si igi-
tùr intellectus cognoscit actum suum, aliquo actu cognoscit illum ;
et iterum illum actum alio actu. Erit ergo procedere in infinitum:
quod videtur impossibile.
3. PRAETEREA, sicut se habet sensus ad actum suum, ita et intel-
lectus. Sed sen.sus proprius non sentit actum suum, sed hoc pertinet
1 E interessante notare che tutto il dottrinale dell'articolo si appoggia su quello
precedente. Il perfetto parallelismo giova perciò a precisare Il pensiero dell'Autore
ml problema trattato in precedenza.
114 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 3

partiene al senso comune, come insegna Aristotele. Dunque neppure


I' intelletto conosce il proprio atto.
IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: «Io capi&!o di capire"·
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, ogni cosa è conoscibile in
quanto è in atto. Ora, l'ultima perfezione del!' intelletto è la sua.
operazione: poichè questa non è un'operazione [transitiva] che, per
avere un termine estrinseco, viene ad essere campimento di un pro-
dotto o di un'opera, coone la costruzione di un edificio. Essa invece
rimane nell'operante, quale perfezione e atto del medesimo, come
dice Aristotele. Perciò la prima cosa che si conosce intDrno all' in-
telligenza è precisamente la sua intellezione.
Ma in questo le varie intelligenze si trovano in condizioni diverse.
Vi è un intelletto, quello di Dio, il quale si identifica col suo atto
conoscitivo. Perciò in Dio conoscere la propria intellezione e cono-
scere la propria essenza è la stessa cosa: appunto perchè l'essenza
di Dio si id.entifica con lintellezione. - Vi è un altro intelletto,
quello degli angeli, che no.n si identifica con la loro intellezione, come
si è visto, ma ha come primo oggetto la loro essenza. Perciò, seb-
bene per l'angelo non sia logicamente la stessa cosa intendere la
propria intellezione e intendere la propria essenza, tuttavia l'angelo
conosce simultaneamente le due cose con un unico atto. Infatti ca-.
noscere la propria essenza è propriamente perfezione di questa me-
desima essenza; d'altra parte un oggetto si conosce unito alla sua
perfezione mediante un solo atto. - C' è finalmente un altro intel-
letto, quello dell'uomo, il quale non si identifica con la sua intel-
lezione, e il cui oggetto primario non è la pr0<pria essenza, ma
qualche cosa di estrinseco, cioè la natura degli esseri corporei. Per-
ciò questo è l'oggetto che per primo viene conosciuto dall'intelletto
umano; in secondo luogo viene conosciuto l'atto· stesso che serve
per conoscere l'oggetto; e mediante questo atto si arriva a cono-
scere l'intelletto medesimo, che ha la sua perfezione proprio nella
conoscenza. Per tale motivo il Filosofo afferma che gli oggetti sono
conosciuti prima degli atti, e gli atti prima delle potenze. 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Oggetto dell'intelletto, cioè l'ente
o il vero, è un universale, il quale abbraccia anche l'atto d' intelle-
zione. Perciò I' intelletto può conoscere il proprio atto. Ma non come
primo oggetto: perchè nello stato presente il primo oggetto del no-
stro intelletto non è un ente o un vero qualsiasi, ma l'ente e il veTo
visto nelle cose materiali, come abbiamo spiegato. Di qui si passa
alla conoscenza di tutte le altre cose. 2
2. L'intellezione umana non costituisce l'atto e la perfezione <ii
quell'essere materiale che è oggetto d'intellezione: allora soltanto
si potrebbe conoscere con un solo atto la natura dell'essere mate-
riale e la sua intellezione, come appunto si conoscono le cose in-
sieme alla loro perfezione. Perciò l'atto col quale l'intelletto cono-
sce la pietra è diverso da quello con cui conosce di conoscere la
pietra, e cosl di seguito. D'altra parte non c'è difficoltà ad ammet-
tere nell'intelligenza un'infinità potenziale, cpme abbiamo già spie-
gato.
t Vengono indicate cosl chiaramente le rasi di sviluppo della conoscenza ri-
flessa, senza possibilità di equivoci: dall'Intellezione immediata delle nature cor.
poree all'atto intellettivo, dall'atto alla facoltà, dalla facoltà al soggetto pen-
sante.
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 115

ad sensum communem, ut dicitur in libro 3 De Anima [c. 2, lect. 2,


3). Ergo neque intellectus intelligit actum suum. ·
SED CONTR.\ EST quod Augustinus dicit, 10 De Trin. [c. 11): "Intel-
ligo me inteiligere ».
RF.SPONDEO DICENDUM quod, sicut iam [aa. 1, 2] dictum est, unum-
quodque cognoscitur secundum quod est actu. Ultima autem per-
fe.ctio intellectus est eius operatio: non enim est sicut actio tendens
in alterum, quae sit perfedio operati, sicut aedificatio aedificati ;
sed manet in operante ut perfectio et actus eius, ut dicitur in 9 Me-
taphys. [c. 8, lect. 8). Hoc igitur est primum quod de intellectu inteì-
ligitur, scilicet ipsum eius intelligere.
Sed circa hoc diversi intellectus diversimode se habent. Est enim
aliquis intellectus, scilicet divinus, qui est ipsum suum intelHgere.
Et sic in Doo idem est quod intelligat se intelligere, et quod intel-
ligat suam essentiam: quia sua essentia est suum intelligere. - Est
aut.em alius intellectus, scilicet angelicus, qui non est suum intelli-
gere, sicut supra (q. 79, a. 1) dictum est, sed tamen primum obiectum
sui intelligere est eius essentia. Unde etsi aliud sit in angelo, secun-
dum rationem, quod intelligat se intelligere, et quod intelligat suam
essentiam, tamen simul et uno actu utrumque intelligit.: quia hoc
quod est intelligere suam essentiam, est propria perfecti 0 suae es-
sentiae; simul aut.ero et uno actu intelligitur res cum sua perfe-
ctione. - Est autem alius intellectus, scilicet humanus, qui nec est
suum intelligere, nec sui intelligere est obiectum primum ipsa eius
essentia, sed aliquid extrinsecum, scilicet natura materialis rei. Et
ideo id quod primo cognoscitur ab intellectu humano, est huiusmodi
obiectum ; et secundario cognoscitur ipse actus qu-0 cognoscitur obie-
ctum ; et per actum cognoscitur ipse inte.Jlectus, cuius est perfectio
ipsum intelligere. Et ideo Philosophus dicit [2 De Anima, c. 4, lect. 6]
quod obiecta praecognoscuntur actibus, et adus potentiis.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod obiectum intellectus est commune
quoddam, seilicet ens et ve rum,. sub quo comprehenditur etiam ipse
actus intelligendi. Unde intellectus potest suum actum inteiligere.
Sed non primo: quia nec primum obiectum intellectus nostri, secun-
dum praesentem statum, est quodlibet ens et verum ; sed ens et ve-
rum consideratum in rebus materialibus, ut dictum est [q. 84, a. 7);
ex quibus in cognitionem omnium aliorum devenit.
AD sECUNDUM DICENDt:M quod ipsum intelligere humanum non est
actus et perfectio naturae intellectae materialis, ut sic possit uno
actu intelligi natura rei materialis et ipsum intelligere, sicut uno
actu intelligitur res cum sua perfectione. Unde alius est actus quo
intellectus intelligit lapidem, et alius est actus quo intelligit se intel-
ligere lapidem, et sic inde. Nec est inconveniens in intellectu esse
infinitum in pot~mtia, ut supra (q. 86, a. 2) dictum est.

2 Gli scolastici p.osterlorl distinguono tre oggetti formali per l' iDtel!igenza
11mana, partendo dalla considerazione che Il nostro intelletto può trovarsi in due
~ondlzioni assai diverse: nello stato di unione col corpo, e nello stato di sepa-
~azlone. Astrattamente c.onsiderat-0 l'intelletto umano ha come oggetto formale
:omu:ne l'ente in quanto ente. Neilo stato di unione col e-0rpo ha come oggetto
'armale proprto la quiddità delle cose materiali, e cioè l'ente corporeo. Nello stato
Il separazione avrà come oggetto formale proprio l'ente in quanto ente, con le
.imitazioni di un'anima, fatta per anim.are un corp-0, e cioè ~r l'unione sostan-
'.i.ale con un organismo.
11& LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, aa. 3-4

3. I sensi propri hanno la sensazione in quanto subiscono un'al-


terazione nei loro organi materiali da parte degli oggetti esterni.
Infatti non è possibile che una cosa materiale si alteri da se stessa,
ma deve essere alterata da un'altra. Per questo l'atto dei sensi pro-
pri deve essere percepito dal senso comune. Ma I' intelletto non
conosce mediante l'alterazione materiale di un organo: perciò il
paragone non regge. 1

ARTICOLO 4
Se lintelletto conosca l'atto della volontà.

SEMBRA che lintelletto non conosca l'atto della volontà. Infatti:


1. Nessuna cosa è conosciuta dall'intelletto, se in qualche modo
non si trova in esso. Ora, l'atto della volontà non si trova nell' in-
telligenza, trattandosi di potenze diverse. Dunque l'atto della vo-
lontà non è conosciuto dall' intelletto.
2. Gli atti sono specificati dagli oggetti. Ora, l'oggetto della vo-
lomà differisce da quello dell' intellett-0. Quindi anche l'atto della
volontà è di specie diveraa da quello che può essere oggetto del-
1' intelligenza. Dunque non è conosciuto dall'intelletto.
3. Al dire di S. Agostino, i moti dell'anima non sono conosciuti
« nè per mezzo di immagini, come i corpi ; nè per la loro presenza,
come le a:rti; ma per mezzo di certe nozioni"· Ora, non sembra
possibile che nell'anima ci siano altre nozioni oltre le essenze delle
cose conosciute e le loro immagini. Perciò è impossibile che l' in-
wlletto conosca quei moti dell'anima, che sono gli atti della vo-
lontà.
IN CONTRARIO: S. Agvstino afferma: «Io conosco di volere».•
RrsPONDO: Come abbiamo già visto, l'atto della v(}lontà è I' incli-
nazione che accompagna la forma di ordine intellettivo, come l'ap-
petito naturale è linclinazione che accompagna la forma di ordine
naturale. Ora, ogni inclinazione è proporzionata al modo di essere
del soggetto rispettivo. Perciò I' inclinazione fisica si trova fisica-
mente negli esseri fisici; quella che corrisponde all'appetito sensi-
tivo si trova sensibilmente nel soggetto senziente. Parimente, I' in-
clinazione intellettiva, che corrisponde all'atto della volontà, si trova
intellettualmente negli esseri intelligenti, come nel suo principio e
soggetto proprio. Cosi si esprime anche il Filosofo, quando scrive
che "la volontà è nella ragione». Ora, ciò che si trova intellettual-
mente in un sogg-etto intellettuale è logicamente conosciuto da lui.
Dunque l'atto della volontà è conosciuto dall'intelletto, sia perchè
uno percepisce di volere, sia perchè conosce la natura di questo
atto, e per conseguenza la natura dei suoi principii, cioè degli
abiti e della facoltà. •

t Per la riflessione totale di una potenza sl esige l' immarerialità. Ecco perchè
l'esperienza sicura della rinesslone intellettiva è una prova apodittica della spi-
ritualità df'lla IWstra anima.
• L"espressione di S. Agostino non è soltanto una testimonianza autorevole, ma
vale come argomento di esperienza. - S. Tommaso ha voluto spiegare razional·
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 117
Ao TERTIUM DICENDUM quod sensus proprius sentit secundum im-
mutationem materialis organi a sensibili exteriori. Non est autem
possibile quod aliquid materiale imrnutet seipsum ; sed unum im-
mutatur ab alio. Et i<leo actus sensus proprii percipitur per sensum
communem. Sed intellectus non intelligit per materialem immuta-
tionem organi: et ideo non est simile.

ARTICULUS 4
Utrum intellectus intelligat actum voluntatls.
Supra, q. 82, a. 4, ad 1 ; 8 Sent., d. 23, q. 1, a. 2, ad 3.
Ao QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus non intelligat
actum voluntatis. Nihil enim cognoscitur ab intellectu, nisi sit ali-
quo modo praesens in intellectu. Sed actus voluntatis non est prae-
sens in intellectu: cum sint diversae potentiae. Ergo actus volun-
tatis non cognoscitur ab intellectu.
2. PRAETEREA, actus habet speciem ab obiecto. Sed obiectum volun-
tatis differt ab obiecto intellectus. Ergo et actus voluntatis speciem
habet diversam ab obiecto intellectus. Non ergo cognoscitur ab intel-
lectu.
3. PRAETEREA, Augustinus, in libro 10 Confess. [c. 17], attribuit af-
fectionibus animae quod cognoscuntur "neque per imagines, sicut
corpora; neque per praesentiam, sicut art.es; sed per quasdam no-
tiones "· Non videtur autem quod possint esse aliae notiones rerum
in anima, nisi vel essentiae rerum cognitarum, vel earum similitu-
dines. Ergo impossibile videtur quod intellectus cognoscat affectiones
animae, quae sunt actus voluntatis.
SED co~TRA EST quod Augustinus dicit, 10 De Trin. [c. 11]: "Intel-
ligo me velle ».
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra (q. 59, a. 1] dictum est.
actus voluntatis nihil aliud est quam inclinatio quaedam consequens
formam intellectam, sicut appetitus naturalis est inclinatio conse-
cruens formam naturalem. Inclinatio autem cuiuslibet. rei est in ipsa
re per modum eius. Unde inclinatio naturalis est naturaliter in re
rraturali ; et inclinatio quae est appetitus sensibilis, est sensibiliter
ln sentiente; et similiter inclinatio intelligibilis, quae est actus vo-
untatis, est intelligibiliter in intelligente, sicut in principio et in
Jroprio subiecto. Unde et Philosophus hoc modo loquendi utitur in
1 De Anima [c. 9, lect. 14], quod "voluntas in ratione est"· Quod
mtem intelligibiliter est in aliquo intelligente, consequens est ut ab
~o intelligatur. Unde actus voluntatis intelligitur ab intellectu, et
.nquantum aliquis percipit se velle; et inquantum aliquis cognoscit
1aturam huius actus, et per consequens naturam eius principii, quod
Jst habitus vel potentia.
nente questo fatto che è alla portata di tutti, in un articolo dove la finezza del-
'osservazione psicologica si trasforma In riflesstone metafisica.
• Due sono le maniere in cui possiamo conoscere intellettualmente ratto della
·oiontà: mediante la semplice esperienza volgare. o mediante l' ind<lg"ine sclen·
!fica. Nell'un caso come nell'altro il perfetto paral1elismo esistente tra le varie
pecie di appellti (vedi Dtz. Tom.) assicura il possesso in:telletttvo della volizione.

8 ·VI
118 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 4

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'argomento portato sarebbe valido,


se la volontà e l'intelletto fossero non soltanto potenze diverse, ma.
appartenessero anche a soggetti diversi; poichè allora ciò che av-
viene nella volontà sarebbe assente dall'intelletto. Invece, essendo
radicalmente le due facoltà nell'unica sostanza dell'anima, cd e5·-
sendo l'una come la radice dell'altra, ciò che si trova nella volontà,
viene a trovarsi in qualche modo anche nell'intelletto.
2. Il bene e il vero, che sono rispettivamente oggetto della vo-
lontà e del!' intelletto, sono razionalmente due cose distinte, tutta-
via l'una cosa è inclusa nell'altra, come abbiamo già fatto osser-
vare. Il vero infatti è una specie di bene, e il bene è una specie di
vero. Perciò quel che appartiene alla volontà ricade nell'intelletto;
e quello che appartiene all'intelletto può ricadere nell'ambito della
volontà.
3. l moti dell'anima sono presenti nell'intelletto, non soltanto con
la loro immagine, come i corpi, e neppure soltanto con la loro pre-
senza nel soggetto come le arti, 1 ma come un essere derivato si
trova nel suo principio il quale ne possieda la nozione. Perchè
S. Agostino afferma che i moti dell'anima stanno nella memoria
mediante certe nozioni.

1 Leggi: abiti lntellettlvl di scienze speculative o pratiche. Non pos.siamo con-


tentare! di una conoscenza abituale della volizione, ma si richiede una conoscenza
attuale. - Da notarsi che S. Agostino, nel passo intorno al quale è imperniata la
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 119
An PRn.rnM ERGO DICENDUM quod ratio illa procederei, si voluntas et
intellectus, sicut sunt diversae potentiae, ita etiam subiecto differ-
rent: sic enim quod est in volunt.ate, esset absens ab intelloctu. Nunc
autem, cum utrumque radicetur in una substantia animae, et unun1
sit quodammodo principium alterius, consequens est ut quod est in
voluntate, sit etiam quodammodo irn intellectu.
AD SECUNDUM DICENDUM quod bonum et verum, quae sunt obiecta
voluntatis et intellectus, differunt quidem ratione, verumtamen unum
eorum continetur sub alio, ut supra [q. 16, a. 4, ad 1 ; q. 82, a. 4,
ad 1) dictum est: nam verum est quoddam bonum, et bonum est
quoddam verum. Et ideo quae sunt voluntatis cadunt sub intellectu ;
et quae sunt intellectus possunt cadere sub voluntate.
An TERTIUM DICENDUM quod affectus animae non sunt in intellectu
neque per similitudinem tantum, sicut corpora; neque per praesen-
tiam ut in subiecto, sicut artes; sed sicut principiatum in principio,
in quo habetur natio principiati. Et ideo Augustinus dicit affectm1
animae esse in memoria per quasdam notiones.

difficoltà, mostra chiaramente di non es~re soddisfatto del termine nozione, al


quale è stato costretto « ricorrere, per es:irimere il suo pensiero: •Ecce in me-
moriae campis plenis innumerabilium rerum generibus, sive per !magines, sicut
omnium corporum, sive per praesentiam, s!cut artium, sive per nescio quas no-
tiones ve! notatiorn:s, sicut affectiones animi.. .. "·
QUESTIONE 88
Come l'anima conosca le cose ad essa superiori.

Rimane ora da studiare in che modo l'anima. umana conosca le


cose ad essa superiori, cioè le sostanze immate·riali.
Sulla questione si presentano tre quesiti: 1. Se l'anima umana
nella vita presente possa avere la conoscenza immediata delle so-
stanze immateriali che chiamiamo angeli ; 2. Se possa giungere a
tale cognizione mediante la conoscenza delle cose materiali; 3. Se
Dio sia il primo oggetto d.ella. nostra conoscenza.

ARTICOLO 1
Se l'anima umana nella vita presente possa avere la conoscenza
immediata 1 delle sostanze immateriali.

SEMBRA che l'anima umana nello stato della vita presente possa
avere la conoscenza immediata delle sostanze immateriali. Infatti:
1. Scrive S. Agostino: « La mente, come ricava le sue nozioni in-
torno alle cose materiali dai sensi del corpo, cosi le ricava da se
stessa intorno agli esseri incorporei"· Ora questi esseri non sono
altro che le sostanze immateriali. Dunque la mente ha la perce-
zione delle sostanze immateriali.
2. Ogni cosa diviene conosciuta mediante una cosa consimile. Ora
la mente umana è più simile agli esseri immateriali che a quelli
materiali, essendo essa immateriale, come abbiamo dimostrato so-
pra. Se dunque essa percepisce le cose materiali, molto più perce-
pirà quelle immateriali.
3. I sensibili di somma intensità non sono percepibili in grado
sommo da noi, perchè la loro intensità rovina i sensi. Invece I' in-
tensità di ordine intellettivo non rovina l' intelletto, come dice Ari-
stotele. Perciò gli oggetti, che per se stessi sono sommamente intel·
ligibili, sono sommamente intelligibili anche per noi. Inoltre, sic-
come le cose materiali sono intelligibili solo perchè siamo noi a
renderle attualmente intelligibili, astraendole dalla materia, è chiaro
che quelle sostanze che per loro natura sono immateriali sono per
se stesse più intelligibili. Queste perciò ·sono da noi meglio cono-
sciute delle cose materiali.
4. Fa notare il Commentatore che se noi non potessimo conoscere
le sostanze immateriali, cc allora la natura avrebbe agito senza scopo ;
formando degli esseri per se stessi conoscibili, che di fatt-0 non sareb-
1 Abbiamo tradotto con questo aggettivo Il •per seipsru; • del testo latino ; ma
è evidente che si tratta di una immediatezza, quale potrebba essere quella della
semplice apprensione. In sostanza, ci si domanda se l'uomo: nello stato della vita
presente, possa avere specie proprie e adeguate della realtà Immateriale, senza
bisogno di ricorrere al ragionamento e alle analogie tratte dalle cose corporee. -
QUAESTIO 88
Quomodo anima humana cognoscat ea
quae supra se sunt
tn tres articulos divtsa.

Deinde considerandum est quomodo anima humana cognoscat ea


quae supra se sunt, scilicet immateriales substantias.
Et circa hoc quaeruntur tria. Primo: utrum anima humana, se-
cundum statum praesentis vitae, possit intelligere substantia.s im-
materiales quas angelos dicimus, per seipsas. Secundo: utrum pos.
sit ad earum notitiam pervenire per cognitionem rerum materia-
lium. Tertio: utrum Deus sit id quOd primo a nobis cognoscitur.

ARTICULUS 1
Utrum anima humana, secundum statum vitae praesentis, possit
intelligere substantias immateriales per seipsas.
Il Cont. Gent., c. 60; 3, cc. 42-46; ne Verit., q. 10, a. 11; q. 18, a. 5, ad 7, 8:
De .4.ntma, a. 16; In De Trtn., q. 6, a. 3; Il Metaphys., lcct. t.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima humana, secun-
dum statum vitae praesentis, possit intelligere substantias imma-
teriales per seipsas. Dicit enim Augustinus, in 9 De Trin. [c. 3]:
" Mens ipsa, sicut corporearum rerum notitias per sensus corporis
colligit, sic incorporearum rerum per semetipsam "· Huiusmodi au-
tem sunt substantiae immateriales. Ergo mens substantias imma-
teriales intelligit.
2. PRAETEREA, simile simili cognoscitur. Sed magis assimìlatur mens
humana rebus immaterialibus quam materialibus: cum ipsa mens
sit immaterialis, ut ex supradictis [q. 76, a. 1] patet. Cum ergo
mens nostra intelligat res materiales, multo magis intelligit res im-
materiales.
3. PRAETEREA, quod ea quae sunt secundum se maxime sensibilia,
non maxime sentiantur a nobis, provenit ex hoc quod excellentiae
sensibilium corrumpunt sensum. Sed excellentiae intelligibHium non
corrumpunt intellectum, ut dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 7]. Ergo
ea quae sunt secundum se maxime intelligibilia, sunt etiam maxime
intelligibilia nobis. Sed cum res materiales non sint intelligibiles
nisi quia facimus eas intelligibiles actu, abstrahendo a materia;
rnanifestum est quod magis sint secundurn se intelligibiles substan-
tiae quae secundum suam naturarn sunt immateriales. Ergo multo
magis intelliguntur a nobis quam res materialcs.
4. PRAETEREA, Commentator dicit, in 2 Metaphys. [comm. 1], quod
si substantiae abstractao non possent intelligi a nobis, « tunc na-
Quello che preoccupa l'Autore non è semplicemenoo la negazione di una tale possi-
bilità, bensl la costruzione di una teoria ragionevole intorno alla conoscenza
umana degli esseri soprasensibili. Ma in questo primo articolo egli si ferma a
confutare le opinioni false o pericolose, specialmente quella averroista. Soltanto
il periodo storico in cui fu scritto può spiegare la completezza e la vivacità pole-
mica dell'articolo, contro la posizione di Averroè e dei sU-Oi seguacJ.
122 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1

bero conosciuti da ne..ssuno "· Ora, niente in natura è senza scopo.


Dunque le sostanze immateriali poS'Sono essere conosciute da noi.
5. L'intelletto sta agli oggetti intelligibili, come il senso a quelli
sensibili. l\la la nostra vista. può vedere tutti i corpi, tanto quelli
superni e incorruttibili, quanto quelli inferiori e corruttibili. Quindi
il nostro intelletto potrà conoscere tutte le sostanze intellettive, an-
che quelle superiori e immateriali.
IN CONTRARIO: Sta scritto: « Chi scruterà le cose che sono nei
cieli? n. Ora, le sostanze in parola stanno nei cieli, poichè si legge
in S. Matteo: "I loro angeli in cielo .... "· Pe·rciò le sostanze imma-
teriali non si possono conoscere con l' indagine umana.
RISPONDO: Secondo l'opinione di Platone le sostanze immateriali
non soltanto sono conosciute da noi, ma sono il primo oggetto della
nostra conoscenza. Infatti Platone riteneva che le forme immate-
riali sussistenti, che chiamava idee, fos•sero l'oggetto proprio della
nostra intelligenza, e quindi che fossero primieramente e diretta-
mente conosciute da noi. Tuttavia la conoscenza dell'anima sarebbe
rivolta alle cose materiali, perchè lintelletto è unito alla fantasia
e ai sensi. Perciò, quanto più l' intelletto sarà purificato, tanto me-
glio percepirà la verità delle cose immateriali.
Invece secondo il parere di Aristotele, più conforme all'esperienza,
nello stato della vita presente il nostro intelletto ha un rapporto na-
turale all'essenza delle cose materiali, così da non conoscere nulla,
cOine abbiamo visto, senza volgersi ai fantasmi. E perciò evidente
che, atteso il processo conoscitivo da noi sperimentato, non possiamo
noi intendere primieramente e immediatamente le sostanze immate-
riali, estranee al dominio dei sensi e dell'immaginazione.
Ciò nonostante Aven-.oè ritiene che al termine di questa vita
l'uomo possa giungere alla percezione di queste sostanze separate,
in forza della partecipazione e dell'unione nostra con una sostanza
immateriale, chiamata da lui «intelletto agente n, il quale, essendo
appunto una sostanza separata, ha per natura la percezione delle
sostanze separate. Perciò quando la nostra unione con esso sarà così
perfetta da poter conoscere perfettamente per mezzo suo, allora an-
che noi percepiremo le sostanze separate; cosi come ora conosciamo
le cose materiali per l'unione nostra con l'intelletto possibile. - Ed
ecco come egli concepisce la nostra unione con l'intelletto agente.
Siccome la nostra intellezione dipende dall'intelletto agente e dagli
oggetti pensati, e ciò è evidente quando veniamo a conoscere delle
conclusioni in forza di principii già noti, è necessario che I' intel-
letto agente abbia verso le cose pensate lo stesso rapporto, che ha
l'agente principale verso i suoi !rtrumenti, oppure la forma verso
la materia. Infatti sono questii i due modi secondo i quali un'unioa
operazione può essere attribuita a due p.rincipii: o come l'atto del
segare che si attribuisce al falegname e alla sega, agente principale
e strumento : o come il riscaldamento che si attribuisce al calore e
al fuocol forma e soggetto. In un modo o nell'altro l'intelletto agente
sta alle cose pensa.te come la perfezione al soggetto perfettibile, e
come l'atto sta alla potenza. Ora, soggetto perfetto e perfezione sono
entità simultanee in una data cosa ; crune sono simultanei nella pu-
pilla l'oggetto attualmente visibile e la luce. Perciò avr:emo anche
una infusione simultanea nell'intelletto possibile e delle c08e pen-
sate e dell'intelletto agente. E quante più sono le cose pensate che
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 128

tura otiose egisset: quia fecit illud quod est naturaliter in se in-
tellectum, non intellectum ab aliquo ». Sed nihil est QtiOSum sive
frustra in natura. Ergo substantiae immateriales possunt intelligi
a nobis.
5. PRAETEREA, sicut se habct sensus ad sensibilia, ita se habet in-
tellectus ad intelligibilia. Sed visus noster potest videre omnia cor-
pora, sive sint superi-0ra et incorruptibilia, sive sint inferiora et
corruptibilia. Ergo intellectus noster potest intelligere omnes sub-
stantias intelligibiles, et superiores et immateriales.
SED CONTRA EST quod dicitur Sap. 9, 16: "Quae in caelis sunt, quis
investigabit? ». In caelis autem dicuntur huiusmpdi substantiae
esse; secundurn illud M atth. 18, IO: "Angeli eorum in caelis,, etc.
Ergo n-0n possunt substantiae immateriales per investigati.onero hu-
manam cognosci.
RESPONDEO DICENDUM quod secundum opinionem Platonis, substan-
tiae immateriales non solum a nobis intelliguntur, sed etiam sunt
prima a nobis intellecta. Posuit enim Flato formas immateriales
subsistentes, quas ideas vocabat, esse propria obiecta nostri intel-
lectus: et ita primo et per se intelliguntur a nobis. Applicatur ta-
men a.nimae cognitfo rebus materialibus, secundum quod intellectui
permiscetur phantasia et sensus. Unde quanto magis intellectus fue-
rit depuratus, tanto magis percipit immaterialium inteUigiibilem ve-
ritatem.
Sed secundum Aristotelis sententiam, quam magis experimur, in-
tellectus noster, secundum statum praesentis vitae, naturalem re-
spedum habet ad naturas rerum mat.erialium; unde nihil intelligit
nisi convertendo se ad p.hantasmata, ut ex dictis [q. 84, a. 7] patet.
Et sic manifestum est quod substantias immateriales, quae sub sensu
et imaginatione non cadunt, primo et per se, secundum modum co-
gnitionis nobis expertum, intelligere non possumus.
Sed tamen Averroes, in Comment. Tertii De Anima [comm. 36 in
digressionel, ponit quod in fine in hac vita homo pervenire potest
ad hoc quod intelligat suhstantias separatas, per continuationem vel
unionem cuiusdam substantiae separatae nobis, quam vocat "in-
tellectum agentem '" qui quidem, cum sit substantia separata, na-
turaliter substantias separatas intelligit. Unde cum fuerit nobis
perfecte unitus, sic ut per eum perfecte int~lligere possimus, intelli-
giemus et nos substantias separatas; sicut nunc per intellectum pos-
sibilem nobis unitum intelligimus res materiales. - Ponit autem in-
tellectum agent.em sic nobis uniri. Cum enim nos intelligamus per
intellect11m agentem et per intelligibilia speculata, ut patet cum
conclusiones intelligimus per principia intellecta; necesse est quod
intellect11s agens comparetur ad intellecta speculata vel sicut agens
principale ad instrumenta, vel sicut forma ad materiam. His enim
iuobus modis attribuitur actio aliqua duobus principiis: principali
:iuidem agenti et instrumento, sicut sectio artifici et serrae; formae
1utem et subiecto, sicut calefactio calori et igni. Sed utroque modo
lntellectus agens comparabitur ad intelligibilia speculata sicut per-
rectio ad perfectibile, et actus ad potentiam. Simul autem recipitur
in aliquo perfectum et perfectio; sicut. visibile in actu et lumen in
rnpilla. Simul igitur in intellectu possibili recipiuntur intellecta
;peculata et intellectus agens. Et quanto plura intellecta speculata
~ecipimus, tanto magis appropinquamus ad hoc quod intellectus
124 LA 801\fMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1

riceviamo, tanto maggiormente ci avviciniamo alla nostra unfone


perfetta con l'intelletto agente. Cosi, quando avremo conosciuto
tutte le cose pensate, l' intelletto agente sarà perfettamente unito a
noi, e noi potremo conoscere per mezzo di esso tutte le cose, e ma-
teriali e immateriali. E in questo Averroè fa consistere l'ultima fe-
licità dell'uomo. - Non ha importanza per la presente questione de-
cidere se in tale stato di felicità, sia l'intelletto possibile a cono-
scere le sostanze separate mediante l'intelletto agente, come egli
pensa, oppure, cosa che egli rimprovera ad Alessandro [di Afrodi-
sia], se sia l'uomo a eonoscerle per mezzo dell'intelletto agente;
poichè per Alessandro l' intelletto possibile sarebbe corruttibile.
Ora, tutta questa teoria non regge. Primo, perchè sarebbe per noi
impossibile conoscere formalmente con lintelletto agente, se I' in-
telletto fosse una sostanza separata.: poichè ciò che serve all'agente
per agire formalmente è la sua forma e il proprio atto; infatti ogni
causa agente agisce in quanto è in atto. Del resto, lo abbiamo già
dimostrato a proposito dell'intelletto possibile.
Secondo, se, .stando all'opinione suddetta, lintelletto agente fosse
una sostanza. separata, non si unirebbe a noi in maniera sostan-
ziale; ma si w1irebbe solo mediante la sua luce, partecipata alloe va-
rie intelligenze nell'atto del pensare; non già in ordine a tutte le altre
operazioni dell'intelletto agente, così da ricavarne la conoscenza
delle sostanze immateriali. Così, quando vediamo i colori illuminati
dal sole, non avviene una unione sostanziale tra noi e il sole, fino al
punto di poter noi oompiere le azioni del sole; ma a noi si unisce
solo la luce solare per la visione dei colori.
Terzo, pur ammettendo che in tal modo l' intelletto agente si uni-
sca a noi con tutta la sua sostanza, tuttavia questi filosofi non pos-
sono amm.ettere che I' intelletto agente si unisca a noi totalmente in
funzione di uno o di due intelligibili soltanto, ma si unirà in fun-
zione di tutti i nostri oggetti intelligibili. Ora, tutti questi nostri
oggetti d'intellezione [essendo cose sensibili] non raggiungono il va-
lore e il grado dell' intelletto agente, essendo cosa molto più grande
conoscere delle sostanze separate, che tutti gli esseri materiali. Per-
ciò è evidente che, pur conoscendo noi tutte le cose materiali, l' in-
telletto agente non si unirebbe a noi in modo tale da farci cono-
scere anche le sostanze separate. 1
Quarto, è ben difficile che un uomo in questo mondo possa con0-
scere tutte le cose materiali ; cosicchè nessuno, o pochissimi potreb-
bero arrivare alla felicità. Ora, questo urta contro il pensiero di Ari-
stotele, il quale dice che la felicità è "un bene comune, partecipa-
bile da tutti coloro che non sono negati alla virtù>>. - Del resto non
è ragionevole che il fine di tutta una specie sia raggiunto in pochi
casi dagli esseri contenuti irì quella specie.
Quinto, Aristotele dice espressamente, che «la felicità consiste nel-
l'operazione della virtù più perfetta». E dopo aver elencato molte
virtù, conclude affermando che l'ultima felicità, la quale consiste
nella conoscenza dei supremi intelligibili, appartiene alla virtù della
sapienza, da lui considerata la prima delle scienze speculative. Ri-
sulta cosi che per Aristotele l'ultima felicità dell'uomo consiste nella
conoscenza delle sostanze separate, quale si può avere dalle scienze
speculative, non già dalla compartecipazione a un intelletto agente
secondo i sogni di certuni.
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 125

agens perfecte uniatur nobis. Jta quod cum omnia intellecta spe-
culata cognoverimus, intellectus agens perfecte :u11ietur nobis; et
poterimus per eum omnia cognoscere materialia et immaterialia. Et
in hoc ponit ultimam hominis felicitat.em. - Nec refeirt, quantum ad
propositum pertinet, utrum in ilio statu felicitatis inteJlectus pos.si-
bilis intelligat substantias separatas ·per intellectum agentem, ut
ipse sentit: vel, ut ipse imponit Alexandro [De Anima, loc. cit.], in-
tellectus possibilis nunquam intelligat substantias separatas (propter
hoc quod ponit intellectum possibilem corruptibikm), sed homo in-
telligat substantias separatas per intellectum agentem.
Sed praedicta stare non possunt. Primo quidem quia, si intellectus
agens est substantia separata, impossibile e.st quod per tpsam for-
maliter intelligamus: quia id quo formaliter agens agit, est forma
et actus agentis; cum omne agens agat inqiuantum est aetu. Sicut
etiam supra [q. 76, a. 1) dictum est circa intellectum possibilem.
Secundo quia, secundum modum praedicturn, inte.Hectus agens, si
est substantia separata, non uniretur nobis secundum suam sub-
stantiam ; sed solum -lumen eiu.s, secundum quod participatur in
intellectis gpeculativis; et non quantum ad alias acticmes intellectus
agentis, ut possimus per hoc inteHigere substantias immateriales.
Sicut durrn videmus colores illuminatos a sole, non unitur nobis sub-
stantia solis, ut possimus actiones solis agere ; sed solum nobis uni-
tur lumen solis ad visionem colorUil1.
Tertio quia, dato quod sectrndum modum praedictum uniretur no-
bis substantia intellectus agentis, tamen ipsi non ponunt. quod intel-
lectuiS ag,ei1s totaliter uniatur nobis secundum unum intelligibile vel
duo, sed secundum omnia intellecta speculata. Sed omnia intellocta
speculata deficiunt a virtute intellectus agentis: quia multo plut> est
intelligere substantias separatas, quam intelligere omnla mateTia-
lia. Unde manifestum est qu-0d etiam intellectis omnibus materia-
libus, non sic uniretur intellectus agens nobis, ut possemus intelli-
gere per eum substantias separatas.
Quarto, quia intelligere omnia intellecta mate,rrialia vix contingit
alicui in hoc munda; et sic nullus, ve! pauci ad felicitatem perve-
nirent. Quod .est contra Philosophum, in 1 Ethic. [c. 9, lect. 14], qui
dicit quod felicitas .est « quoddam bonum commune, quod potest per-
venire omnibus non orbatis ad virtutem ». - Est etiam contra ratio-
nem quod fìnem alicuius speciei ut in paucioriibus consequantrnr ea
quae continentur sub specie.
Quinto, quia Philosophus dicit expresse, in I Ethic. [c. 10, I.ed. 16],
quod fe!icitas est « operatio secundum perfectam virtutem ». Et enu-
meratis multm virtutibus, in Decimo, concludit [c. 8, lect. 12) quod
felicitas ultima, consistens in cognitione maximorum inte.Jligibilium,
est secundum virtutem ·Sapientiae, quam posuerat in Sexto [c. 7,
lect. 6] esse caput scientiarum speculativarum. Unde patet quod
Aristoteles posuit ultimam felicitatem hominis in cognitione sub-
stantiarum separatarum, qualis potest haberi per scientias specu-
Iativas: et non per continuationem intellectus agentis a quibusdam
confìctam.

' Gl! argomenti che seguono sono da considerarsi come semplici argomenti di
autorità. Ma l'autorità di Aristotele valeva per gli Averroisti più di qualsiasi ra-
gione.
126 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1

Sesto, abbiamo già dimostrato che l'intelletto agente non è una


sostanza separata, ma una facoltà dell'anima, che si estende in ma-
niera attiva a quegli oggetti ai quali si estende in maniera recet-
tiva lintelletto possibile. Infatti Aristotele insegna che lintelletto
pOS'sibile cc è la potenza a diventare tutte le cose», e lintelletto
agente "la potenza a far diventare tutte le cose». Perciò questi due
intelletti, neUo stato della vita presente, si estendono ai soli oggetti
materiali; oggetti che l'intelletto agente rende intelligibili in atto,
e che sono ricevuti nell' intelletto possibile. E quindi attualmente noi
non raggiungiamo la conoscenza diretta delle sostanze immateriali,
nè per mezzo dell'intelletto possibile, nè per mezzo dell'intelletto
agente.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Da quel testo di s. Agostino si po-
trà desumere che in forza di se medesima la nostra mente può co-
noscere quello che arriva a sapere intorno agli esseri incorporei.
E questo è così vero che gli stessi filosofi usano dire che la nostra
cognizione dell'anima è il punto di partenza per conoscere le so-
stanze separate. L'anima infatti dalla conoscenza di se medesima
giunge a quella conoscenza delle sostanze immateriali, che essa può
raggiungere: ma non arriva davvero a conoscerle direttamente e
perfetta.mente, conoscendo se stessa.
2. La somiglianza di natura non è una ragione sufficiente per co-
noscere; altrimenti bisognerebbe dire con Empedocle che l'anima,
per conoscere tutte le cose, deve avere la natura di tutti gli esseri.
Per la conoscenza si richiede che la somiglianza, o immagine, del-
l'oggetto conosciuto venga a trovarsi nel conoscente come una sua
forma. Ora, nello stato della vita preseJilte il nostro intelletto possi-
bile è fatto per ricevere le immagini delle cose materiali, astratte
dai fantasmi: esso perciò conosce gli esseri materiali più delle so-
stanze immateriali.
3. Si esige una certa proporzione tra l'oggetto e la potenza cono-
scitiva, come si esige tra atto e potenza, tra perfezione e perfetti-
bile. Quindi la mancata percezione degli oggetti sensibili troppo in-
tensi non dipende soltanto dal fatto che essi rovinano gli organi
sensitivi, ma anche perchè sono sproporzionati alle facoltà sensi-
tive. Così anche le sostanze immateriali wno sproporzionate, nello
stato deHa vita presente, al nostro intelletto, il quale non è perciò
in grado di percepirle.
4. L'argomento del Commentatore per più di un motivo non regge.
Primo, perchè anche se le sostanze separate non sono conosciute da
noi, non ne viene che non siano conosciute da altre intelligenze: in-
fatti sono conosciute da se medesime, e reciprocamente si conoscono
tra di loro. - Secondo, perchè il fine delle sostanze separate non è
quello di essere conosciute da noi. Ora, si dice senza scopo ciò che
non raggiunge il fine per cui è creato. Quindi, anche ammettendo
che le sostanze spirituali non sono conosciute da noi, non ne segui-
rebbe l'inutilità della loro esistenza.
5. Il senso conosce in maniera identica tanto i corpi superiori che
quelli inferiori, ci<>è per una trasmutazione prodotta nell'organo
dall'oggetto sensibile. Invece non è identico il modo col quale sono
conosciute le sostanze materiali, percepite per via di astrazione, e
le sostanze immateriali, che non pOBsono essere conosciute da noi in
questa maniera, non essendo esse rappresentabili dai fantasmi.
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 127

Sexto, quia supra [q. 79, a. 4] ostensum est quod intellectus agens
non est substantia separata, sed virtus quaedam animae, ad eadem
active se extendens, ad quae se extendit intellectus possi.bilis recep-
tive: qu.ia, ut dicitur in 3 De Anima [c. 5, Iect. 10], intellectus pos-
sibilis est «quo est omnia fieri n, intellectus agens «quo est omnia
facere n. Uterque ergo intellcctus se extendit, secundum staturn prae-
sentis vitae, ad materialia sola ; quae intellectus agens facit intelli-
gibilia actu, et rec.ipiuntur in intellectu possibili. Unde secundum
statum praesentis vitae, neque per intellectum possibilem, neque per
intellectum agentern, possumus intelligere substantias immateriales
secundum seipsas.
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod ex illa auctoritate Augustini haberi
potest quod illud quod mens nostra de cognitione incorporalium re-
rum accipere potest, per seip.sam cognoscere possit. Et hoc· adeo
verum est, ut etiam apud philosophos dicatur quod scientia dé anima
est principiurn quoddam ad cognoscendum substantias separatas.
Per hoc enim quod anima nostra cognoscit seipsam, pertingit ad
cognitionem aliquam habendam de substanttis incorporeis, qualem
earn contingit habere: non quod simpliciter et perfecte eas cogno-
scat, cognoscendo seipsam.
Ao SEceNDUM DICENDUM quod similitudo naturae non est ratio suf-
ficiens ad cognitionem: alioquin oporteret dicere quod Empedocles
dixit, quod anima esset de natura omnium, ad hoc quod omnia co-
gnosceret [cfr. ARIST., I De Anima, c. 2, lect. 4]. Sed requiritur ad
cognoscendum, ut sit similitudo rei cognitae in cogno5eente quasi
quaedam forma ipsius. Intellectus autem noster possibilis, secun-
dum statum praesentis vitae, est natus informari similitudinibm1
rerum materialium a phantasmatibus abstractis: et ideo cognoscit
magis materialia quam substantias immateriales.
Ao TERTIUM DICENDUM quod requiritur aliqua proportio obiecti ad
potentiam cognoscitivam, ut activi ad passivum, et perfectionis ad
perfectibile. Unde quod excellentia sensibilia non capiantur a sensu,
non sola ratio est quia corrumpunt organa sensibilia; sed etiam quia
sunt improportionata potentiis sensitivis. Et hoc modo substantiae
imrnateriales sunt improportionatae intellectui nostro, secundum
praesentem statum, ut non possint ab eo intelligi.
An QUARTU:M DICENDUM quod illa ratio Commentatoris multipliciter
deficit. Primo quidem, quia non sequitur quod, si substantiae sepa-
rata.e non intelliguntur a nobis, non intelligantur ab aliquo intel-
Iectu: intelliguntur enim a seipsis, et a se invicem. - Secundo, quia
non est finis substantiarum separatarum ut intelligantur a nobis.
Illud autem otiose et frustra esse dicitur, quod non consequitur
finem ad quem est. Et sic non sequitur substantias immateriales
esse frustra, etiam si nullo modo intelligerentur a nobis.
An QUINTUM DICENDUM quod eodem modo sensus cognoscit et su-
periora et inferiora corpora, scilicet per immut.ationem organi a sen-
sibili. Non autem eodem modo intelliguntur a nobis substantiae ma-
teriale.s, quae intelliguntur per modum abstractionis ; et substan-
tiae immateriales, quae non possunt sic a nobis intelligi, quia non
sunt earum aliqua phantasmata.
128 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 2

ARTICOLO 2
Se il nostro intelletto possa raggiungere la conoscenza delle sostanze
immateriali, mediante la conoscenza delle cose materiali. 1

SEMBRA che il nostro intelletto possa raggiungere la conoscenza


delle sostanze immateriali, mediante la conoscenza delle cose ma-
teriali. Infatti :
1. Scrive Dionigi che «non è possibile alla mente umana assur-
gere alla contemplazione immateriale delle gerarchie celesti, se non
facendosi condurre per mano dalla realtà materiale"· Resta dunque
stabilito che le cose materiali ci possono oondurre come per mano
alla conoscenza delle sostanze imma.t.erialL
2. La scienza risiede nell'intelletto. Ora, abbiamo scienze e deft.
nizioni intorno alle rostanze immateriali: infatti il Damasceno dà
una definizione dell'angelo; e sempre sugli angeli vengono impar-
tite delle lezioni, tanto nelle discipline teologiche, che in quelle filo-
sofiche. Dunque noi possiamo conoscere le sostanze immateriali.
3. L'anima umana appartiene al genere delle sostanze immate-
riali. Ebbene, essa può essere da noi conosciuta mediante l'atto
col quale si conosce la realtà materiale. Quindi noi potremo cono-
scere anche le altre sostanze immateriali mediante le loro opera-
zioni sulla realtà materiale·.
4. Partendo dagli effetti è impossibile comprendere la causa, solo se
questa sorpassa i suoi effetti all'infinito. Ma quest'ultima prerogativa
appartiene a Dio solo. Perciò le altre sostanz.e immateriali create pos-
sono essere conosciute da noi per mezw delle cose materiali.
IN CONTRARIO: Dionigi insegna che "le entità intelligibili non si
possono apprendere mediante quelle sensibili, nè quelle semplici
mediante quelle composte, nè le cose incorporee con quelle cor-
poree"·
RrsPONOO: Come riferisce Averroè, un certo Avempace 2 pensò che
noi, attraverso la conoscenza delle sostanze materiali possiamo ar-
rivare alla intellezione di quelle immateriali, in base ai soli prin-
cipii della filosofia. Infatti il nostro intelletto, essendo fatto per
astrarre l'essenza delle cose materiali dalla materia, se in tale es-
senza riscontrasse ancora qualche cosa di materiale, potrebbe nuo-
vamente astrarre: e poichè tale processo non può ripetersi ali' in-
finito, arriverà finalmente a un'essenza del tutto depurata dalla ma-
teria. Cioè verrà a conoscere una sostanza immateriale.
L'argomento sarebbe valido se le sostanze immateriali fossero le
forme o le specie di questi esseri materiali, come pensavano i pla-
tonici. Ma scartata questa ipotesi, e stabilito invece che le sostanze

t Dalla oonfutaz!one degli avversar! si pa~a a esporre la teoria « ortodossa •


sulla cognizione delle so~tanze separate. S. Tommaso però è tanto preoocupato di
confutare gli Aralll. da presentare le propr1e conclusi<mi In tono negativo ; con·
cedendo quasi a fatica e gradatamente una cognizione non perfetta di queste na.
ture (rtsponào). «una certa conoscenza" (ad 1), in basE) alla "negazione'" o a
certi loro rapporti col mondo corporeo " (ad 2) ; fln-0 al punto di ammettere che
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 129

ARTICULUS 2
Utrum intellectus noster per cognitionem rerum materialium possit
pervenire ad intelligendum substantias immateriales.
4 Sent., d. 49, q. 2, a. 7, ad 12; ~ cont. Gent., c. 41; De Vertt., q. 18, a. 5, ad 6;
De Antma, a. 16; In De Trtn., q. 6, aa. 3, 4; I Poster., J.ect. 41 ; De Causis, lect. 7.

AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtnr quod intellectus noster per


cognitionem rerum materialium possit pervenire ad intelligendum
substantias immateriales. Dicit enim Dionysius, 1 cap. Cael. Hier.,
quod «non est possibile humanae menti ad immaterialem Ulam sur·
sum excitari caelestium hierarchiarum contemplationem, nisi se-
cund um se materiali manuductione utatur ». Relinquitur ergo quod
per materialia manuduci possumus ad intelligendum substantias im-
materiales.
2. PRAETEREA, scientia est in intellectu. Sed scientiae et definitiones
sunt de substantiis immaterialibus: definit enim Dam.ascenus a.nge-
lum [.2 De Fide Orth., c. 3]; et de angelis aliqua documenta tradun-
tur tam in theologicis quam in philosophicis disciplinis. Ergo sub-
stantiae immateriales intelligi. possunt a nobis.
3. PRAETEREA, anima humana est de genere substantiarum imma-
terialium. Sed ipsa intelligi potest a nobis per actum suum, quo in-
telligit materialia. Ergo et aliae substantiae immateriales intelligi
possunt. a nobis per suos effectus in rebus materialibus.
4. PRAETEREA, illa sola causa per suos effectus comprehendi non po-
test, quae in infinitum distat a suis effectibus. Hoc autem solius Dei
est proprium. Ergo aliae substantiae immateriales creatae intelligi
possunt a nobis per res materiales.
SED CONTR~ EST quod Dionysius dicit, 1 cap. De Div. Nom. [lect. 1],
quod (( sensibilibus i.ntelligibilia, et compositis simplicia, et corpora-
libus incorporalia apprehendi non possunt '"
RESPONDEO DICENDUIII quod, sicut Averroes narrat in 3 De Anima
[comm. 36 in digressione], quidam Avempace nomine, posuit quod
per intellectum substantiarum materialium pervenire possumus, se-
cundum vera philosophiae principia, ad intelligendum substantias
immatex<iales. Cum enim intellectus noster natus sit abstrahere quid-
ditatem rei materialis a materia, si iterum in ma quiddimte sit ali-
quid materiae, poterit iterato abstrahere: et cum hoc in infinitum
non procedat, tandem pervenire poterit ad intelligendum aliquam
quidditatem quae sit omnino si.ne materia. Et hoc est intelligere sub-
stantinm immaterialem.
Quod quidem efficaciter diceretur, si substantiae immateriales es.
sent formae et species horum materialium, ut Platonici posuerunt.
Hoc autem non posito, sed supposito quod substantiae immateria-
"mediante le analogie tratte dalle rose materiali possiamo raggiungere delle n.o-
zionl positive, sia pur generiche e non specifiche, degli angeli " (ad 4\.
2 SI tratta di Aba Bakr, filowfo arabo-spagnolo del secolo XII. Dal tono col
qualf' ne parla, sembra che al tempo di S. Tommaso non fossero ancora note nel
mondo latino le opere di questo grande filosofo islamico. - Le toorie di Avempace
sulla conoscenza delle sostanze immaterialt, attraverso l'unione progressiva con
l'Intelletto agente trascendente, risultano molto affini a quelle averroistiche (cfr.
Enc. c. I., "Avempace »).
130 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, aa. 2-3
immateriali sono di tutt'altra natura che le essenze corporee, allora,
per quanto il nostro intelletto possa astrarre l'essenza delle cose
materiali dalla materia, non arriverà mai a un'entità simile alla
sostanza immateriale. Perciò attraverso le sostanze materiali non
P-Otremo mai perfettamente comprendere le sostanze immateriali.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dalle cose materiali noi possiamo
salire a una certa conoscenza degli esseri immateriali, ma non a una
conoscenza perfetta; poichè non esiste un adeguato termine di pa·
ragone tra le cose materiali e quelle immateriali, e le similitudini
prese talora dal mondo materiale per capire la realtà immateriale
presentano gravissime dissomiglianze, come nota Dionigi.
2. Quando nelle scienze si tratta degli esseri superiori, si procede
soprattutto per via di negazione: Aristotele, p. es., ci dà una no-
zione dei corpi celesti mediante la negazione delle proprietà dei corpi
inferiori. Molto meno dunque potremo noi conoscere le sostanz.e im-
materiali, fino al punto di comprenderne la quiddità: ma la scienza
umana si limita a impartire insegnamenti intorno ad esse, serven-
dosi della negazione, o di certi loro rapporti col mondo corporeo.
3. L'anima umana oonosce se stessa mediante la propria intelle-
zione, che, essendo l'atto specifico di essa, ne dimostra perfetta-
mente la virtù e la natura. Questo atto però, e quant'altro si trova
nelle cose materiali, non può servire a conoscere perfettamente la
virtù e la natura delle sostanze immateriali; poichè tutto questo non
adegua la virtù delle medesime.
4. Le sostanze immateriali create non convengono certamente nel
genere "naturale,, con quelle corporee, poich€ la potenza e la ma-
teria non vi si troV'ano nello stesso modo; convengono invece nel ge-
nere logico, poichè anche le sostanze immateriali sono comprese nel
predicamento di sostanza, non essendo la loro essenza identica al
loro essere. Dio al contrario non ha in comune con le cose mate-
riali nè il genere naturale, nè il genere logico: Dio infatti in nes-
suna maniera è racchiuso in un genere, come fu già dimostrato.
Perciò, mediante le analogie tratte dalle cose materiali, possiamo
raggiungere delle nozioni positive, sia pur generiche e non specifi-
che, sugli angeli; mentve non possiamo averne affatto su Dio. '

ARTICOLO 3
Se Dio sia il primo oggetto conosciuto dalla mente umana. 2

SEMBRA che Dio sia il primo oggetto conosciuto dalla mente umana.
Infatti:
1. Quello in cui sono cono!!eiute tutte le llltre cose, e in forza del
quale giudichiamo di esse, è il primo oggetto della nostra cono-
i con questa espressione S. Tommaso Intende nega.re soltanto la possibilità di
avere su Dio nozioni positive specifiche e generiche, non già di escludere le ana-
log·le di proporz:Lonalità propria tra Dio e le perfezioni delle cose create, che per.
mettono di raggiungere una conoscenza positiva della divinità. Vedere in pro·
posito vol. I, pp. 296-304.
2 Stefano Gilson fa notare l'inconsistenza dell'accusa tante volte ripetuta con.
tro i filosofi cristiani medioevali, di porre Dio come oggetto naturale della nostra
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 131

les sint omnino alterius rationis a quidditatibus materialium rerum;


quantumcumque intellectus noster abstrahat quidditatem rei mate-
rialis a materia, nunquam perveniet ad aliquid simile substantiae
immateriali. Et ideo per substantias materiales non possumus per-
fecte substantias immateriales intelligere.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod ex rebus materialibus ascendere
possumus in aliqualem cognitionem irrnmaterialium rerum, non ta-
men in perfectam: quia non est sufficiens comparatio rerum mate-
rialium ad immateriales, sed similitudines si quae a materialibus
accipiuntur ad immaterialia intelligenda, sunt multum dissimiles,
ut Dionysius dicit, 2 cap. Cael. Hier.
AD SECUNDUM DICENDUM quod de superiori.bus rebus in scientiis
maxime tractatur per viam remotionis: sic enim corpora caelestia
notificai Aristoteles [I De Caelo et Mundo, c. 3, 1-ect. 5, 6, 7] per
negationem proprietatum inferiorum corpo·rum. Unde multo magis
immateriales substantiae a nobis cognosci non possunt, ut earum
quidditates apprehendamus: sed de eis nobis in scientiis documenta
traduntur per viam remotionis, et alicuius habitudinis ad res ma-
teriales.
AD TERTIUM DICENDUM quod anima humana intelligit seipsam per
suum intelligere, quod est actus proprius eius, perfecte demonstrans
virtutem eius et naturam. Sed neque per hoc, neque per alia quae
in rebus materialibus inveniuntur, perfecte cognosci potesi imma-
terialium suhstantiarum virtus et natura: quia huiusmodi non adae-
quant earum virtutes.
AD QUARTUM DICENDUM quod substantiae immateriales creatae in
genere quidem naturali non conveniunt cum substantiis materiali-
bus, quia non est in eis eadem ratio potentiae et materiae : conve-
niunt tamen cum eis in genere logico, quia etiam substantiae im-
materiales sunt in praedicamento substantiae, cum earum quiddi-
tas non sit earum esse. Sed Deus non convenit curn rebus materia-
libus neque secundum genus naturale, neque secundum genus lo-
gicum: quia Deus nullo modo est in genere, ut supra [q. 3, a. 5] di-
ctum est. Unde per similitudines rerum materialium aliquid affir-
mative potest cognosci de angelis secundum rationem communem,
licet nc.n secundum rationem speciei; de Deo autem nullo modo.

ARTICULUS 3
Utrum Deus sit primum quod a mente humana cognoscitur.
Tn De Trin .• q. 1. a. 3.

AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Deus sit primum quod


a mente humana cognoscitur. Illud enim in quo omnia alia cogn-0-
scuntur, et per quod de aliis iudicamus, est primo cognitum a no-
bis ; sicut lux ab oculo, et principia prima ab intellectu. Sed omnia
in luce primae veritatis cognoscimus, et per eam de omnibus iudi-

Intelligenza. •Fare di Dio l'oggetto naturale della nostra conoscenza è, al con-


trario, una delle accure che i filosofi medioevali si lanciano così volentieri l'uno
contro l'altro, precisamente perchè li peccato è cosi grave ai loro occhi, che cia-
scuno si vanta di averne trionfato più completamente del proprio vicino" (GIL-
so:; E., L'esprit dc la phiLosophic médtévale, Parigi, 19H, p. 249). - Tale accusa
132 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 8B, a. 3
scenza; così è la luce per l'occhio, e i primi principii per I' intel-
letto. Ora, noi conosciamo tutte le cose nella luce della prima ve-
rità, e in forza di essa le giudichiamo, come dice esplicitamente
S. Agostino. Dunque Dio è il primo oggetto della nostra cO'Iloscenza.
2. « Chi causa in altri una data perfezione, deve possederla in
grado maggiore"· Ma Dio è causa di ogni nostra cognizione, poi-
chè è "la vera luce che illumina ogni uomo il quale viene in questo
mondo u. Quindi Dio è l'oggetto conosciuto da noi per primo e me-
glio di ogni altra cosa.
3. La prima cosa che si conosce in un'immagine è il modello da
cui dipende. Ora, a detta di S. Agostino, la nostra mente è un' im-
magine di Dio. Perciò Di<> è il primo oggetto che .n<>i percepiamo
nella nostra mente.
IN CONTRARIO: Nel Vangelo si legge: "Nessuno ha mai visto Dio u. 1
RISPONDO: L'intelligenza umana nello stato della vita presente non
può conoscere le sostanze immateriali create, come si è visto; molto
meno, dunque, potrà conoscere l'essenza della sostanza increata.
Quindi, assolutamente parlando, dobbiamo dire che Dio non è il
primo oggetto della nostra conoscenza, e dire piuttosto che arri-
viamo a conoscerlo attraverso le creature, secondo l'espressione del-
l'Apostolo: "Le cose invisibili di Dio, comprendendosi dalle cose
fatte, si rendono visibili ». Il primo oggetto cono·sciuto da noi nello
stato della vita presente è invece la quiddità delle cose materiali,
oggetto [proprio] del nostro intelletto, come più volte abbiamo spie-
gato.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Noi intendiamo e giudichiamo tutte
le cose nella luce della prima verità, in quanto che la luce stessa
della nostra mente, naturale e gratuita, non è che un'impronta
della prima verità, come abbiamo già visto. Siccome però per la
nostra intelligenza questa stessa luce intellettuale non è l'oggetto
conosciuto, ma soltanto il mezzo per C()noscere, molto meno potrà
essere Dio l'oggetto primo percepito dal nostro intelletto.
2. L'aforisma riportato, "chi causa in altri una perfezione deve
possederla in grado maggiore n, vale per cose che rientrano nello
stesso ordine [di causalità), come sopra abbiamo spiegato. Ora, Di.o
causa la conoscenza di tutte le cose, non come primo oggetto di co-
noscenza, ma come prima causa delle nostre capacità conoscitive.
3. Se nell'anima nostra vi fosse un'immagine perfetta di Dio,
come il Figlio è l'immagine perfetta. del Padre, la nostra mente co-
noscerebbe subito Dio. Invece quell'immagine è imperfetta. Quindi
l'argomento non regge.

pub e<;.<;ere Invece rivolta agli ontol<>glstl post-cartesiani ; ma essi sono più lon-
tani dal t-Omismo (per fermarsi a uno dei tanti sistemi &rolastlcl), che da qual-
siasi altro sistema ftlOllOftOO moderno.
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 133

camus; ut dicit Augustinus in libro 12 De Trin. [c. 2], efiìi libro


De l'era Relig. [c. 31). Ergo Deus est id quod primo cognoscitur a
nobis.
2. PR.\ETEREA, "propter quod unumquodque, et illud magis,, [ARIST.,
1 Poster., c. 2, lect. 6]. Sed Deus est causa omnis nostra.e cognitio-
nis : ipse enim est "lux vera, quae illuminat omnem bominem ve-
nientem in bune mundum n, ut dicitur Ioan. 1, 9. Ergo Deus est id
quod primo et maxime est cognitum nobis.
3. PRAETEREA, id quod primo cognoscitur in imagine, est exemplar
quo imago formatur. Sed in mente nostra est Dei ima.go, ut Augu-
stinus dicit [12 De Trin., cc. 4, 7). Ergo id quod primo cognoscitur
in mente nostra est Deus.
SED CONTRA EST quod dicitur foan. 1, 18: "Deum nemo vidit un-
quam ».
REsPONDEO DICENDUM quod, cum intellectus humanus, &ecundum
statum praesentis vitae, non possit intelligere substantias immate-·
riales creatas, ut dictum est (a. 1); multo minus potest intelligere
essentiam &Ubstantiae increatae. Unde simpliciter dicendum est quod
Deus non est primum quod a nobis oognoscitur; sed magis per crea-
turas in Dei cognitionem pervenimus, secundum illud Apostoli ad
Rom. 1, W: "Invisibilla Dei per ea quae facta. sunt, intellecta, con-
spiciuntur "· Primum autem quod intelligitur a nobis secundum sta-
tum praesentis vitae, est quidditas rei materialis, quae est nostri
intellectus obiectum, ut mulroties supra (q. 84, a. 7; q. 85, a. 8;
q. 87, a. 2, ad 2] dictum est.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod in luce primae veritatis omnia in-
telligimus et iudicamus, inquantum ipsum lumen intellectus nostri,
sive naturale sive gratuitum, nibil aliud est quam quaedam Lrn-
pressio veritati.s primae, ut supra [q. 12, a. 2, ad 3; q. 84, a. 5] di-
ctum est. Unde cum ipsum lumen intellectus nostri non se babeat
ad intellectum nostrum sicut quod intclligitur, sed sicut quo intelìi-
gitur; multo minus Deus est id quod primo a nostro intellectu in-
telligitur.
AD SECGNDCM DICENDUM quod (( Propter quod unumquodque, illud
magis n, intelligendum est in bis quae sunt unius ordinis, ut supra
'.q. 87, a. 2, ad 3] dictum est. Propter Deum autem alia cognoscun-
tur, non sicut propter primum cognitum, sed sicut propter primam
~ognoscitivae virtutis causam.
AD TERTIUllf DICENDUM quod, si in anima nostra esset perfecta imago
Dei, sicut Filius est perfecta imago Patris, statim mens nostra in-
.ell igeret Deum. Est autcm imago imperfecta. Unde ratio non se-
ruitur.

• Per ribadire questo asslo1na evangelico. la Chiesa d.ovet.te intervenire nel 1861,
ondannando sette proposizioni tratte dalle opere degli ontologisti (clr. DENZ.,
659 ss.). Il più noto tra i filosofi colpiti era Vincenzo Gioberti.

9 - Yl
QUESTIONE 89
La conoscenza dell'anima separata. 1

Tratteremo ora della conoscenza che ha l'anima separata [dal


corpo).
· Sono otto i quesiti da risolvere: 1. Se l'anima separata dal corpo
possa compiere atti d'intellezione; 2. Se conosca le sostanze sepa-
rate ; 3. Se conosca tutta la realtà fisica; 4. Se conosca i singo-
lari; 5. Se nell'anima rimangano gli abiti di scienza acquistati in
vita; 6. Se l'anima possa servirsi di questi abiti; 7. Se la lontananza
nello spazio impedisca la conoscenza dell'anima separata; 8. Se le
anime separate dai corpi conoscano gli avvenimenti di questo
mondo.

ARTICOLO 1
Se l'anima separata possa avere l'intellezione di qualche cosa.

SEMBRA che l'anima separata non possa avere lintellezione di


nessuna cosa. Infatti:
1. Il Filosofo insegna che "I' intellezione perisce in seguito alla
perdita di un qualche organo interiore». Ora, tutti gli organi inte-
riori dell'uomo periscono con la morte. Dunque perisce anche I' in-
tellezione.
2. L'anima umana, come abbiamo già visto, è impedita nella sua
attività intellettiva dall'inerzia dei sensi, e dalla perturbazione del-
1' immaginativa. Ma si è anche detto che con la morte vengono di-
strutti totalmente e i sensi e l'immaginazione. Dunque l'anima dopo
la morte non ha intellezione alcuna.
3. Se l'anima separata avesse la conoscenza intellettiva, bisogne-
rebbe che conoscesse usando specie intenzionali. Ora, non può ser-
virsi di specie innate, perchè inizialmente essa è "come una tavo-
letta in cui non c'è scritto niente» ; e non può servirsi di specie
direttamente astratte dalle cose, perchè manca degli organi dei
sensi e dell'immaginazione, che sono i mezzi necessari per l'astra-
zione delle specie intenzionali. Neppure sarà in condizione di ricor-
rere alle specie intenzionali astratte in precedenza, perchè allora
l'anima del bambino non potrebbe conoscere niente dopo la morfo.
E neppure potrà servirsi di specie intenzionali, avute per infusione
da Dio; poichè una tale conoscenza non rientrerebbe nell'ordine
naturale di cui discutiamo, ma in quello della grazia. Dunque
l'anima separata dal corpo non può conoscer niente.
IN CONTRARIO: Dice il Filosofo che "se non esiste un'operazione
1 A prima vista la questione potrebre sembrare addirittura &tratosferica. come
certe curiosità degli scrittori medioevali. Ma S. Tommaso non si lascia trasportare
QUAESTIO 89
De cognitione animae separatae
tn octo arttculos divtsa.

Deinde considerandum est de cognitione animae separatae.


Et circa hoc quaeruntur octo. Primo: ubrum anima separata a
corpore possit intelligere. Secundo: utrum intelligat substantias se-
paratas. Tertio: utrum inteJ.ligat Cllffinia naturalia. Quarto: utrum
cognoscat singularia. Quinto: utrum habitus scientiae hic acquisi-
tae remaneat in anima separata. Sexto: utrum possit uti habitu
scientiae hic acquisitae. Septimo: utrum distantia localis impediat
cognitionem animae sepairatae. Octavo: utrum animae separatae a
corporibus cognoscant ea quae hic aguntur.

ARTICULUS 1
Utrum anima separata aliquid intelligere possit.
Il scnt., d. 31, q. 2, a. 4; >, d. 50, q. 1, a. 1; !! Cont. Geni., c. 81;
De Vcrit., q. 19, a. 1; De Anima, a. 15; QuodUIJ. 3, q, 9, a. 1.

AD PRIMUM SIC PROCEDITUR, Videtur quod anima separata nihil


omnino intelligere possit. Dicit enim Philosophus, in 1 De Anima
[c. 4, lect. 10], quod "intelligere corrumpitur, interius quodam cor-
rupto ». Sed omnia interiora hominis corrumpuntur per mortem.
Ergo et ipsum intelligere corrumpitur.
2. PMETERr.A, anima humnna impeditur ab intelligendo per liga-
mentum sensus, et perturbata imaginatione, sicut supra [q. 84,
aa. 7, 8] dictum est. Sed morte totaliter sensus et imaginatio cor-
rumpuntur, ut ex supra [q. 77, a. 8] dictis patet. Ergo anima post
rnortem nihil intelligit.
3. PRAETEREA, si anima separata intelligit, oportet quod per aliquas
species intelligat. Sed non intelligit per species innatas: quia a
principio est cc sicut tabula in qua nihil est scriptum" [ARisT., 3 De
Anima, c. 4, lect. 9]. Neque per species quas abstrnhat a rebus: quia
non habet or-gana sensus et imaginationis, quibus mediantibus spe-
cies intelligibiles abstrahuntur a rebus. Neque etiam pe.r species
prius abstractas, et in anima conservatas: quia sic anima pueri
nihil intelligeret post mortem. Neque etiam per species intelligibiles
divinitus inftuxas: haec enim cognitio non esset naturalis, de qua
nunc agitur, sed gratiae. Ergo anima separata a corpore nihil intel-
ligit.
SED CONTRA EST quod Philosophus dicit, in 1 De Anima [c. 1, lect. 2],

dalla fantasia; e ce ne accorgiamo subito. Egli ha visto le difficoltà di una so-


pravvivenza dello spirito umano, specialmente per la su.a teoria generale della
conoscenza, e non ha voluto ignorarle. Le soluzioni da lui tentate, nella loro in-
trinseca ragionevolezza, sono una riprova a favore del suo sistema filosofico, e
:lelle teorie psicologiche esposte nelle questioni precedenti.
136 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 1

propria dell'anima, non può avvenire che essa si separi». Ora in-
vece avviene che essa si separa dal corpo. Dunque l'anima ha una
sua operazione specifica; e questa sarà principalmente l' intelle-
zione. Perciò l'anima può conoscere intellettualmente nello stato di
separazione- dal corpo.
RISPONDO: La difficoltà della presente questione dipende dal fatto
che l'anima, finchè è unita al corpo, non può intendere nulla senza
volgersi ai fantasmi, come risulta dall'esperienza. Se ciò non dipen-
desse dalla natura dell'anima, ma solo dal fatto accidentale di es-
sere legata al corpo, come pensavano i platonici, tutto si risolve-
rebbe facilmente. Allora, una volta eliminato I' impedimento del
corpo, l'anima ritornerebbe alla sua natura, cioè tornerebbe a per-
cepire gli intelligibili puri, senza bisogno di volgersi ai fantasmi,
come avviene per le altre sostanze separate. Però in questo caso non
sarebbe unita al corpo a vantaggio dell'anima stessa, poichè la sua
intellez.ione sarebbe peggiore nello stato di unione che in quello di
separazione; ma l'unione avverrebbe solo a vantaggio del corpo:
cosa irragionevole, essendo la materia subordinata alla forma, e
non viceversa.' - Ma se ammettiamo che l'anima deve alla propria
natura l'esigenza di conoscere volgendosi ai fantasmi, siccome la
natura dell'anima non muta per la mo~ del corpo, ·sembra logico
che l'anima non possa più conoscer nulla naturalmente, allorchè
non avrà più a disposizione dei fantasmi a cui volgersi.
Per eliminare questa difficoltà bisogna riflettere che ogni cosa
opera soltanto in quanto è in atto; perciò il modo di operare di
ciascuna cosa corrisponde al modo di essere della medesima. Ora,
è diverso il modo di essere dell'anima quando è unita al corpo e
quando ne è separata, sebbene resti identica la sua natura. La sua
unione col cprpo però non è per essa accidentale, poichè l'anima è
unita al corpo in forza della sua natura; così la natura del corpo
leggero non muta quando dal suo luogo naturale passa a un altro
che non gli compete per natura. Perciò, quando l'anima si trova
nel suo stato di unione col corpo, le compete il modo di intendere
mediante la riflessione sui fantasmi delle cose corporee, presenti
negli organi di senso; quando invece sarà separata dal corpo, al-
lora le competerà l' intellezione che si effettua volgendosi alle cose
che sono intelligibili per essenza, come avviene per le altre sostanze
separate. Perciò l'intellezione mediant.e la riflessione sui fantasmi
è naturale per l'anima, come ].o è la sua unione col corpo: mentre
l'esistenza separata dal corpo non è conforme alla sua natura, 2 così
pure non è cosa naturale per l'anima conoscere senza volgersi ai
fantasmi. Quindi l'anima è unita al corpo per avere un'esistenza e
un'operazione conforme alla sua natura.
Ma qui sorge una nuova difficoltà. La natura infatti è sempre or-
dinata al meglio ; ora, è certamente meglio conoscere volgendosi alle
cose essenzialmente intelligibili, che ai fantasmi; Dio quindi avrebbe
dovuto formare la natura dell'anima in maniera da renderle natu-
rale il processo conoscitivo più nobile, s.enza costringerla per que-
sto all'unione col corpo.

1 L'Aquinate ha combattuto la toorla platonjca. non solo rerchè contraria


all'esperlem.a, ma anche per questa sua irragionevole !mpost;izlone dei rapporti
tra anima e corpo. Qui non è soltanto quretione di gnoseologia, ma di metafisica.
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 137

quod «si non est alìqua opeiraUonum animae propria, non cootingit
ipsam separari ». Contingit autem ipsam separari. Ergo habet ali-
quam operationem propriam ; et maxime eam quae est intelligere.
lntelligit ergo sine corpore existens.
RF.SPONDEO DICENDUM quod ista quaestio difficultatean habet ex hoc
quod anima, quandiu est corpori coniuncta, non potest aliquid intel-
ligere nisi convertendo se ad phantasmata, ut per experimentum pa-
tet. Si autem· hoc non est ex natura animae, sed peir accidens hoc
convenit ei ex eo quod corpori alligatur, ·sicut Platonici posuerunt,
de facili quaestio solvi posset. Nam remoto impedimento corporis,
rediret anima ad suam naturam, ut intelligeret intelligibilia simpli-
citer, non convertendo se ad p.hantasmata, sicut est de a.Uis sub-
stantiis separatis. Sed secundum hoc, non esset anima corpori unita
propteir roelius animae, si peius intelligeret corpori unita quam se-
parata; sed hoc esset solum propter melius corporis: quod est irra-
tionabile, curo materia sit propter formam, et non e converso. - Si
autem ponamus quod anima ex sua natura habeat ut intelligat con-
vertendo se ad phantasmata, curo natura animae per mortem cor-
poris non mutetur, videtur quod anima naturaliter nihil possit intel-
ligere, cum non sint ei praesto phantasmata ad quae convertatur.
Et ideo ad hanc difficultaiero tollendam, considerandum est quod,
cum nihil operetur nisi inquanturrn est actu, modus operandi unius-
cuiusque rei sequitur modum essendi ipsius. Habet autem anima
alium modum cssendi cum unitu:r corpori, et cum fuerit a oorpore
separata, manent·e tamen eadem anima.e natura; non ita quod uniri
corpori sit ei accidentale, sed per rationem sua.e natura.e corporì
unitur; sicut nec levis natura mutatur curo est in loco proprio, quod
est ei naturale, et curo est extrra proprium locum, quod est ei prae-
ter naturam. Anima.e igitur secundum illum modum essendi quo
corpori est unita, competit modus intelligendi per conversionem ad
phantasmata corporum, quae in corporeis organis sunt: curo autem
fuerit a corpore separata, competit ei modus intelligendi per con-
versionem ad ea quae sunt intelligihilia simpliciter, sicut et aliis
substantiis separatis. Unde modus intelligendi per conversionem ad
phantasmata est anìmae naturalis, sicut et corpori uniri: sed esse
separatum a corpore est praeter rationem sua.e natura.e, et similiter
intelligere sine conversione ad phantasmata est ei praete;r naturam.
Et ideo ad hoc unitur corpori, ut sit et operetur secundum naturam
suam.
Sed hoc rursus habet dubitationem. Cum enim natura semper
ordinetur ad id quod melius ·est; est autem melior modus intelli-
gendi per conversionem ad intelligibilia simpliciter, quam peir con-
versionem ad phantasmata: debuit sic a Deo institui anima.e natura,
ut modus intelligendi nobilior ei esset naturalis, et non indigeret
corpori propter hoc uniri.

2 L'espressione della Somma Teologica, "prater naturam "• corrisponde a quella


usata nel lihro 4 della Cont1·a Gentiles (c. 79), "contra. naturam "· In qiwst'ulttmo
)aso la frase è più forte anche perchè lo stato anormale dell'anima separata serve
L comprovare razionalmente la risurrezione finale del corpi. "Niente che è c.on-
:rario alla natura può durare In perpetu-0; quindi l'anima non resterà sempre
iivisa dal corpo·· (cfr. Summa Contra Genttles. trad. Puccetti, Torino, 1930, voi. 2,
), 591).
138 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 1

Dobbiamo perciò considerare che, sebbene l' intellezione mediante


gli intelligibili superiori sia più nobile di quella che si può avere
ricorrendo ai fantasmi, tuttavia. quel primo processo intellettivo per
le capacità dell'anima sarebbe risultato meno perfetto. Eccone la
spiegazione. La virtù intellettiva presente nelle sostanze intellettuali
si deve a una partecipazione della luce divina. Questa luce, dunque,
è una e semplice nel primo principio; ma quanto più le creature
intellettuali sono distanti da esso, tanto maggiormente quella luce
s1 suddivide e si diversifica, come accade per le linee che si allon-
tanano dal centro. Avviene così che Dio conosce tutte le cose me-
diante la sua sola essenza; mentre le sostanze intellettuali più alte,
conoscono servendosi di un certo numero di forme intenzionali. Tut-
tavia queste ultime sono meno numerose, più universali e più effi-
caci come rappresentazioni delle cose, a causa della maggiore ca-
pacità intellettiva dci soggetti in cui si trovano. Le forme inten-
zionali poi, che si trovano nelle sostanze intellettive più basse, sono
più numerose, meno universali e meno efficaci come rappresenta-
zioni delle cose, perchè i loro soggetti non raggiungono la virtù
intellettiva delle sostanze superiori. Se dunque le sostanze inferiori
ricevessero delle forme intenzionali in quella universalità in cui
si trovano nelle sostanze superiori, non avendo esse una virtù intel-
leitiva corrispondente, non ne ricaverebbero una conoscenza per-
fetta delle cose, ma soltanto generica e confusa. Il fatto si può
constatare in qualche modo anche negli uomini ; infatti chi ha una
intelligenza modesta non arriva a farsi un'idea chiara delle cose
mediante i concetti più universali avuti da persone meglio dotate,
ma bisogna spiegargli le cose una per una. - Ora, è evidente che
nell'ordine di natura le anime umane sono le sostanze intellettuali
più basse. E ciò era richiesto dalla perfezione dell'universo, affinchè
non mancassero le varie gerarchie degli esseri. Perciò, se le anime
umane fossero state create da Dio per avere un'intellezione come
quella delle sostanze separate, non avrebbero avuto una conoscenza
perfetta, ma confusa e genenca. Quindi, affinchè potessero avere
una conoscenza perfetta e appropriata delle co-se, fu loro data una
struttura naturale fatta per l'unione col corpo, e per ricavare dalle
cose sensibili una conoscenza appropriaia delle medesime ; come ca-
pita alla gente ignorante che ha bisogno di esempi sensibili per
capire una nozione scientifica. '
B evidente perciò che l'anima è unita al corpo a proprio van-
taggio, e per conoscere mediante i fantasmi; tuttavia può e.sistere
separata dal corpo, e avere un processo intellettivo diverso.
SOLl:ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2. Se si analizzano attentamente
le parole del Filosofo, vediamo che esse sono legate all'ipotesi, da
lui fatta in precedenza, secondo la quale l' intellezione sarebbe un
atto del composto [di anima e corpo] come la sensazione. Egli infatti
non aveva ancora dimostrato la differenza tra l'intelletto e il senso.
Si potrebbe anche rispondere che egli parla di quell' intellezion&
che è legata alla riflessione sui fantasmi. - Anche la Seconda d'iffi-
coltà parte da questo tipo di conoscenza.

' I.a soluzione del problema ha posto in luce un aspetto del fatto conoscitivo,
che ordinariamente viene trascurato. Si pensa spesso che la conoscenza somigli
molto a una ripresa fotografica ; e inve<:e non si tratta di impressione, quanto
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 139

Considerandum est igitur quod, etsi intelligere per conversionem


ad superiora sit simpliciter nobilius quam intelligere per conversio-
nem ad phantasmata; tamen ille modus intelligendi, prout erat pos-
sibilis animae, erat imperfectior. Quod sic patet. In omnibus enim
substantiis intellectualibus invenitur virtus. intellectiva per influen-
tiam divini luminis. Quod quidem in primo principio est unum et
simplex ; et quanto magis creaturae intellectuales distant a primo
principio, tanto magis dividitur iJlud lumen et diversificatur, sicut
accidit in lineis a centro egrerlientibus. Et inde est quod Deus per
unam suam essentiam omnia intelligit; superiores autem intelle-
ctualium substantiarum, etsi per plures formas intelligant, tamen
intelligunt per pauciores, et magis universales, et virtuosiores ad
cornprehensionem rerum, propter efficadarn virtutis intellectivae
quaie est in eis ; in inferioribus autem sunt formae plures, et minus
universales, et minus efficaces ad comprehensionem rerum, inquan-
tum deficiunt a virtute intellectiva superiorum. Si ergo inferiores
substantiae haberent formas in illa universalitate in qua habent
superiores, quia non sunt tantae efficaciae in intelligendo, non acci-
perent per eas perfectam cognitionem de rebus, sed in quadam com-
munitat€ et confusione. Qu-0d aliqualiter apparet in hominibus: nam
qui sunt debilioris intellectus, per universales conceptiones magis
intelligentium non accipiunt perfectam cognitionem, nisi eis singula
in speciali explicentur. - Manifestum est autem inter substantias
intellectuales, secundum naturae ordinem, inflmas esse anima.s hu-
manas. Hoc autem perfectio universi exigebat, ut diversi gradus in
rebus essent. Si igitur animae hurnanae sic essent institutae a Deo
ut intelligerent per modum qui competit substantiis separatis, non
haherent cognitionem perfectam, sed confusam in communi. Ad hoc
ergo quod perfectam et propriam cognitionem de rebus habere pos-
sent, sic naturaliter sunt institutae ut corporibus uniantur, et sic
ab ipsis rebus sensibilibus propriam de eis cognitionem accipiant ;
sicut homines rudes ad scientiam induci non possunt nisi per sensi-
bilia exempla.
Sic ergo patet quod propter melius animae est ut corpori uniatur,
et intelligat per conversionem ad phantasmata; et tamen esse p-0test
separata, et alium modum inte1Iigendi habere.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod, si diligenter verba Philosophi di-
scutiantur, Philooophus hoc dixit ex quadam suppositione prius [loco
cit. in arg.] facta, scilicet quod intelligere sit quidam motus coniun-
cti, sicut et sentire: nondum ·enirn differentiam ost.enderat inter in-
tellectum et sensum.
Vel potest dici quod loquitur de illo modo intelligendi qui est per
conversionem ad phantasmata. - De quo etiam procedit secunda
ratio.

p!nttosto di percezione. Quello che più conta non è l'Immagine, l'jmpressione o


l'Idea; polchè questi sono soltanto mezzi nell'operazione conoscitiva. Quello che
1>onrattutto bi,;,,gna consider<lre è l'utilizzazione di questi mezzi da parte di quel-
l'atto vitale e indescrivibile, che permette al e-0noscente il po~o Intenzionale
dell'oggetto. Questo atto sarà pi1) o meno Intenso, più o meno profondo, a seconda
della natura del conoscente. SI comprende allora come possa non giovare a un' ID·
telligenza più modesta l'immagine eldetlca universalissima di cui si serve un' ln-
telligenz:t superiore; come non possono giovare a un ignorante le formule alge-
briche di un matematico.
140 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 1-2

3. L'anima separata non intende servendosi di specie intenzionali


innate, nè di specie avute per astrazione diretta, e neppure di quelle
sole che conserva, come la diffi.coltà vorrebbe far credere ; ma ser-
vendosi di quelle che le vengono infuse e comunicate dalla luce di-
vina, di cui l'anima diventa partecipe, come le altre sostanze sepa-
rate, sebbene in grado inferiore. Cosicchè appena cessa di mirare
verso il mondo corporeo, subito si volge verso le realtà superiori.
Tuttavia non si dica che la sua conoscenza non è naturale, perchè
da Dio dipende l'infusione non soltanto della luce di grazia, ma
anche della luce [intellettiva] naturale.

ARTICOLO 2
Se l'anima separata conosca le sostanze separate. 1

SEMBRA che l'anima· separata non conosca le sostanze separate.


Infatti:
1. E più perfetta l'anima. quando è unita al corpo, che quando
ne è s~parata; poichè l'anima è per essenza una parte della natura
umana; e ogni parte è perfetta quando sta nel suo tutto. Ma l'anima
umana quando è unita al corpo non conosce le sostanze separate,
come abbiamo visto. Molto meno, dunque, le conoscerà nello stato
di separazione dal corpo,
2. Ogni oggetto viene conosciuto, o in forza della sua presenza., o
in forza di una sua specie intenzionale. Ora., le sostanze separate
non possono essere conosciute dall'anima, nè con la loro presenza,
perchè soltanto Dio penetra così nell'anima; nè per mezzo di specie
intenzionali ricavate per astrazione dagli angeli, essendo gli angeli
più semplici dell'anima. In nessun modo dunque l'anima separata
può conoscere le sostanze separate.
3. Alcuni fHosofi hanno pensato che l'ultima beatitudine dell'uomo
consista nella conoscenza delle sostanze separate. Se, quindi, l'anima
nello stato di separazione potesse conoscere tali sostanze, raggiun-
gerebbe la beatitudine per il solo fatto che si separa dal corpo. Il
che è inammissibile.
IN CONIBARIO: Le anime separate conoscono le altre anime sepa-
rate; infatti il ricco posto nell'inferno vide Lazzaro e Abramo.•
Dunque esse vedono anche i demoni e gli angeli.
RISPONDO: S. Agostino insegna che "la nostra mente ricava da
se medesima la scienza delle cose spirituali n, cioè dalla conoscenza
di se medesima, come abbiamo visto. Partendo- perciò dalla cono·
scenza che l'anima separata ha di se stessa, possiamo desumere
in che modo conosce le altre sostanze separate. Ora, si è detto che
l'anima, fino a che è unita al corpo, esplica la sua attività intellet-
tiva volgendosi ai fantasmi. Per conseguenza essa è in grado di

1 " Sostanze separate " sono propriamente gli angeli. !Ifa qui si parla in genere '
della conoscibilità degli spiriti creati, a cominciare dall'anima stessa nello statù
di separazione dal suo corpo.
2 La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro fa le spese di una buona
metà degli argomenti in contrario che troveremo nella questione. E facile com-
prenderne il perchà. In essa si descrivono gli atti con05Citiv1 di un 'anima sepa-
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 141

An TERTIUM DICENDUM quod anima separata non intelligit per spe-


cies innatas; nec per species quas tunc abstrahit; nec solum per
species conservatas, ut obiectio probat: sed per species ex influentia
divini Iuminis participatas, quarum anima fit particeps sicut et aliae
substantiae separatae, quamvis inferiori modo. Unde tam cito ces-
sante conversione ad corpus, ad superiora convertitur. Nec tamen
propter hoc cognitio non est naturalis: quia Deus est auctor non
solwn influentiae gratuiti luminis, sed etiam naturalis.

ARTICULUS 2
Utrum anima separata intelligat substantias separatas.
3 Cont. Gent., c. 45; De Anima, a. 17; Quodltb. 3, q. 9, a. 1.

AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima separata non in-


telligat substantias separata.s. Perf:ectior enim est anima corpori
coniuncta, quam a corp-0re separata: cum anima sit natiUraliter
pars humanae naturae; quaelibet autem pars perfectior est in suo
toto. Sed anima coniuncta corpori non intelligit substantias separa-
tas, ut supra [q. 88, a. 1~ habitum est. Ergo multo minua cum fue-
rit a corpore separata.
2. PRAETEREA, omne quod cognoscitur, vel cognoscitur per sui prae-
sent.iam, vel per suam speciem. Sed substantiae separata.e non pos-
sunt cognosci ab anima per suam praooentiam: quia nihil illabitur
animae nisi solus Deus. Neque etiam per aliquas species quas anima
ab angelo abstrahere possit: quia angelus simplicior est quam
anima. Ergo nullo modo anima separata potest cognoscere substan-
tias separatas.
3. PRAETEREA, quidam philosophi posuerunt in cognitione separa-
tarum substantiarum consistere ultimam hominis felicitatem. Si
ergo anima separata potest intelligere substantias separatas, ex sola
sua separatione consequitur felicitatem. Quod e.st inconveniens.
SED CONTRA EST quod animae separatae cognoscunt alias animas
separatas; sicut dives in inferno positus vidit Lazarum et Abraham,
Luc. 16, 23. Ergo vident etiam et daemones et angelos animae sepa-
ratae.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut Augu.stinus dicit in 9 De Trin.
[c. 3): « l\.iens nostra cognitionem rerum inoorporearum per seipsarn
accipit >>, idest cognoscendo seipsam, sicut ~upra [q. 88, a. 1, ad 1]
iictum est. Per hoc ergo quod anima separata cognosdt seipsam,
1ccipere possumus qualiter cognoscit alias substantias separatas. Di-
~tum est autem [a. praec. ; q. 84, a. 7] quod quandiu anima corpori

•ata, la quale Il-OD è stata elevata alla cognizione soprannaturale per mezzo del
umen gloriae, che appartiene ai beati. Gli atti con0&citivi dei trapassati che si
rovano in Paradiso non interessano, quando vog!i11mo indagare sulla condizione
iaturale della intelligenza umana nello stato di separazione. - Va tenuto presente
:he per molti esegeti, antichi specialmente, 11 racconto evangelico non sarebbe
empllcemente una parabola, ma una narrazione storica. Di qui il suo valore di
>rova toologica. D'altra parte è bene non dimenticare che l'argomento tn contra-
·to di suo non è un argomento che l'Autore considera valido senza riserva alcuna.
142 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 2-3
conoscere se medesima solo in quanto ha un'intellezione attuale
medi.ante una specie intellettiva astratta dai fantasmi: ed è così che
conosce se stessa mediante il suo atto, come abbiamo spiegato. Ma
una volta separata dal corpo l'anima non conoscerà più volgendosi
ai fantasmi, bensi volgendosi a quelle entità che sono intelligibili
per se gtessr., e quindi conoscerà se stessa in se stessa. ' - Ora è
comune a tutte le sostanze separate «conoscere conforme alla loro
natura, tanto ciò che è al disopra di esse, quanto ciò che è al di-
sotto" ; infatti una cosa è conosciuta p.erchè viene a trovarsi nel
conoscente; d'altra parte ciò che è ricevuto segue le condizioni del
soggetto ricevente. Ora, la condizione di natura dell'anima sepa-
rata è inferiore a quella delle nature angeliche, mentre è conforme
a quella delle altre anime separate. Perciò l'anima ha una conoscenza
perfetta delle anime separate, degli angeli inveèe lha imperfetta e
difettosa, fermandoci sempre alla sola conoscenza naturaJe. Per la
conos..:.euza invece nello stato di gloria è diverso.
SOLUZIONE llEJ.LE DIFFICOLTl: 1. L'anima nello stato di separazione
è certamente più imperfetta, se si considera che i suoi legami col
corpo sono naturali; però sotto un certo aspetto ha una maggiore
libertà di intellezione, perchè il peso e le occupazioni del corpo
impediscono una intellezione perfettamente pura.
2. L'anima separata conosce gli angeli per mezzo di specie inten-
zionali infuse in essa da Dio. Queste tuttavia non arrivano a una
perfetta rappresentazione di essi, perchè la natura dell'anima è in-
feriore a quella dell'angelo.
3. L'ultima felicità dell'uomo non consiste nella conoscenza delle
sostanze separate, quali che siano, ma di Dio solianto, il quale non
può esser veduto che nell'ordine della grazia. Così pure è una grande
felicità, anche se non l'ultima, conoscerE" le altre sostanze sepa-
rate, se però si tratta di una conoscenza. perfetta. Ma abbiamo visto
ora che l'anima separata non può conoscerle perfettamente con la
sua cognizione naturale.

ARTICOLO 3
Se l'anima separata conosca tutta la realtà fisica.

SEMBRA che l'anima separata conosca tutta la realtà fisica. In-


fatti:
1. Nelle sostanze separate si trovano le ragioni di tutte le cose
fisiche. Ma le anime separate conoscono tali sostanze. Dunque esse
conoscouo tutta la realtà fisica.
2. Chi conosce gli intelligibili più alti, a maggior ragione cono-
scerà gli intelligibili meno elevati. Ora l'anima nello stato di sepa-
razione conosce le sostanze separate, che sono gli intelligibili più
elevati. Dunque a maggior ragione potrà conoscere tutti gli esseri
fisici che sono intelligibili meno alti.
1 I tomisti si sono preoccupati di precisare che in questo caso l'anima non ha
bi.sogno di una spocie impressa, distinta. da se medesima ; perchè ogni forma di
ordine intellettuale, che sia su.ssistente, è per ciò st~sso autocosdente (cfr. I, q. é6,
a. l ; De Verit., q. 8, a. 6 ; 1 Cont. Gent., c. 98, ecc.). E vero che l" intelletto non
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 143

est unita, intelligit convertendo se ad phantasmata. Et ideo nec


seipsam potest intelligere nisi inquantum fit actu intelligens per
speciem a phantasmatibus abstractam: sic enim per actum suum
intelligit seipsam, ut supra [q. 87, a. 1] dictum est. Sed cum fuerit
&. corpore separata, intelliget non conveTtendo se ad phantasmata,
sed ad ea quae sunt secundum se intelligibilia : unde seipsarn per
seipsam intelliget. - Est autem commune omni substantiae sepa-
ratae quod "intelligat id quod est supra se, et id quod est infra se,
per modum suae substantiae" [De Causis, prop. 8, lect. 8]: sic enim
intelligitur aliquid secundum quod est in intelligente; est autem
aliquid in altero per modum eius in quo est. Modus autem substan-
tiae animae separatae est infra modiu.m substantiae angelicae, sed
est conformis modo aliarum animarum separatarum. Et ideo de
aliis animabus separatis perfectam eognitionern habet; de angelis
autem imperfectam et deficientem, loquendo de cognitione naturali
animae separatae. De cognitione autem gloriae est alia ratio.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod anima separata est quidem im-
perfectior, si consideretur natura qua communicat cum natura cor-
poris: sed tamen quodammodo est liberior ad intelligendum, in-
quantum per gravedinem et oecupationem corporis a puritate intel-
ligentiae impeditur.
AD SECUNDUM DICENDUM quod anima separata intelligit angelos per
similitudines divinitus impressas. Quae tamen defi.ciunt a perfecta
repraesentatione eorum, propter hoc quod animae natura est infe-
rior quam angeli.
AD TERTit:M DICENDUM quod in cognitione substantiarum separata-
rum non quarumoumque, consistit ultima hominis felicitas, sed so-
lius Dei, qui non potest videri nisi per gratiam. In cognitione vero
aliarum- substantiarum separatarum est magna felicitas, etsi non
ultima, si tamen perfecte intelligantur. Sed anima separata natu-
rali cognitione non perfecte eas intelligit, ut dictum est [in corp.].

ARTICULUS 3
Utrum anima separata omnia naturalia cognoscat.
De Antma, a. 18.

AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima separata omnia


na.turalia cognoscat. In substa.ntiis enim separatis sunt rationes om-
nium rerum na.turalium. Sed animae separatae cognoscunt su!J.stan-
tias separatas. Ergo cognoscunt omnia na.turalia.
2. PRAETEREA, qui intelligit magis intelligibile, multo magis potest
intelligere minus intelligibile. Sed anima separata intelligit sub-
sta.ntias sepa.ratas, quae sunt maxima intelligibilium. Ergo multo
magis potest intelligere omnia natura.Ha, quae sunt minus intelli-
gibilia.
è l'anima stes.sa, però è da notarsi che in una natura attualmente intelligibile,
l'intelletto non risulta facoltà in potenza, ma in atto, attuata cioè dalla stessn.
natura intel!lgibile in cui è radicata, "magisque intimius formatus illa quam
qnacumque intentionali ~pecie" (CAJETANUs, in I, q. 56, a. 1, n. IX). In sostanza,
uello stato di separazione l'anima si trova nella condizione di un angelo.
144 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 3-4

IN CONTRARIO: La conoscenza naturale è più forte nei demoni che


nelle anime separate. Ora, i demoni non conoscono tutta la realtà
fisica ; ma apprendono molte cose mediante una lunga esperienza,
come afferma S. Isidoro. Quindi neppure le anime separate cono-
scono tutta la realtà fisica.
2. Inoltre: se l'anima, appena separata dal corpo, conoscesse tutte
le cose del mondo fisico, sarebbe inutile 1-0 studio degli uomini per
l'acquisto delle scienze naturali. Ma ciò è irragionevole. Dunque
l'anima separata non può conoscere tutta la realtà fisica.
RISPONDO: Abbiamo già detto che nello stato di separazione l'anima
conosce come gli angeli, per mezzo di specie intenzionali dovut.e al-
i' infusione della luce divin,a. Siccome però la natura dell'anima è
inferiore a quella dell'angelo, al quale un tal modo di conoscere
è connaturale, l'anima separata per mezzo di quelle specie non rag-
giunge una conoscenza perfetta delle cose, ma una cognizione piut-
tosto generica e confusa. ' In forza, quindi, di tali specie intenzio-
nali, l'anima separata sta alla conoscenza imperfetta e confusa della
realtà fisica, come gli angeli in forza delle medesime stanno alla
conoscenza perfetta. Ora, gli angeli per mezzo di queUe specie pos-
siedono una conoscenza perfetta di tutti gli esseri fisici ; poichè, al
dire di S. Agostino, tutto ciò che Dio crea nella sua realtà fisica,
Io crea pure nelle intelligenze angeliche. Perciò le anime separate
avranno una conoscenza, non certa e appropriata, ma generica e
confusa, di tutta la realtà fisica.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Neppure gli angeli conoscono tutta
la realtà fisica mediante la loro natura, ma si servono di un certo
numero di specie intenzionali, come fu già dimostrato. Perciò dal
fatto che l'anima conosce in qualche modo le sostanze separate, non
ne segue che conosca tutti gli esseri del mondo fisico.
2. Come l'anima separata non conosce perfettarnoente le sostanze
separate, così non conosce perfettamente neppure tutte le cose na-
turali, ma le conosce in confuso, come abbiamo spiegato.
3. S. Isidoro parla della cognizione delle cose future, che nè gli
angeli nè i demoni, nè le anime separate possono conoscere diretta.-
mente, ma soltanto nelle loro cause, o mediante una rivelazione di·
vina. Noi invece parliamo qui della conoscenza degli esseri fisici.
4. La conoscenza che acquistiamo quaggiù con lo studio è appro-
priata e perfetta; quella dell'aldilà invece è confusa. Non ne viene
perciò che l'applicazione allo studio sia inutile.

ARTICOLO 4
Se l'anima separata conosca i singolari. 2

SEMBRA che l'anima separata non conosca i singolari. Infatti:


1. Come si è visto, nell'anima separata non rimane altra potenza
conoscitiva che l'intelletto. Ora, l'intelletto non può conoscere i sin-

' Il principio risolutivo è quello elaborat-0 con tanta maestria nell'artic-010


prim-0 della questione, che deve essere pereiò considerat-0 un elemento chiave della
gnoseologia tomistica.
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 145
SED CONTRA, in daemonibus magis viget naturalis cognitio quam in
anima separata. Sed daemones non omnia naturalia cognoscunt;
sed multa addiscunt per longi temporis experientiam, ut Isidorus
dicit [.f Sententiarum, c. 10]. Ergo neque animae separatae omnia
naturalia cognoscunt.
PRAETEREA, si anima statim cum est separata, omnia naturalia co-
gnosceret, frustra homines studerent ad rerum scientiam capessen-
dam. Hoc autem est inconveniens. Non ergo anima separata omnia
naturalia cognoscit.
RESPONDEO DICENDUJ\t quod, sicut supra [a. 1, ad 3] dictum est,
anima separata intelligit per species quas recipit ex influentia di-
vini Iuminis, sicut et angeli: sed tamen, quia natura animae est
infra naturam angeli, cui iste modus cognoscendi est connaturalis,
anima separata per huiusmodi species non accipit perfectam rerum
cognitionem, sed quasi in communi et confusam. Sicut igitur se ha-
bent angeli ad perfectam cognitionem rerum naturalium per huius-
modi species, ita animae separatae ad imperfectam et confusam. An-
geli autem per huiusmodi species cognoscunt cognitione perfecta
omnia naturalia: quia omnia quae Deus fecit in propriis naturis,
fedt in intelligentia angelica, ut dicit Augustinus, 2 Super Gen. ad
litt. [c. 8). Unde et animae separata.e de omnibus naturalibus cogni-
tionem ha.bent, non certam et propriam, sed comrnUJlern et con-
fusam.
An PRBfUM ERGO DICENDUM quod nec ipse angelus per suam sub-
stantiam cognoscit omnia naturalia, sed per species quasdarn, ut
supTa [q. 55, a. 1; q. 87, a. 1] dictum est. Et ideo non propter hoc
sequitur quod anima cognoscat omnia naturalia, quia cognoscit quo-
quo modo substantiam separatam.
AD SECUNDUM DICENDUM quod, sicut anima separata non perfecte
intelligit substantias separatas, ita nec omnia natura.Jia perfecte
cognoscit, sed sub quadam confusione, ut dictum est [in corp.].
An TERTll!M DICENDUM quod Isidorus Ioquitur de cognitione futu-
rorum ; quae nec angeli nec daemones nec animae separata.e cogno-
scunt, nisi vel in suis causis, vel per revelationem divinam. Nos au-
tem loquimur de cogniti-One naturalium.
An QllARTUM DICENDUM quod cognitio quae acquiritur hic pe,r stu-
dium, est propria et perfecta; illa autem est confusa. Unde non se-
quitur quod studium addiscendi sit frustra.

ARTICULUS 4
Utrum anima separata cognoscat singularia.
4 Sent., d. 50, q. 1, a. 3; De Verti., q. 1!l, a. 2; De Anima, a. 20.

AD QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima separata non co-


gnoscat singularia. Nulla enim pot€ntia cognoscitiva remanet in
anima separata nisi intellectus, ut ex supra [q. 77, a. 8] dictis patet.

2 Se vogliamo, l"artioolo non è che un 'appendice del precedente. Anche qui in-
tatti si parla della con-O$cenza del mondo fisico; ma la realtà materiale, nella sua
::oncretezza, presenta difficoltà partioolarisslme per chi, come S. Tommaso, con-
146 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 4

golari, secondo una tesi dimostrata in precedenza. Dunque l'anima


separata non conosce i singolari.
2. E più determinata la conoscenza, la quale ha per oggetto i sin-
golari, che quella avente per oggetto delle cose universali. Ma
l'anima separata non può conoscere in maniera determinata nep-
pure le spede degli esseri fisici. Molto meno dunque può conoscere
i singolari.
3. Se conoscesse i singolari senza servirsi dei sensi, per questo
d-0vrebbe conoscerli tutti. Ora, è certo che tutti non li conosce.
Dunque non ne conosce alcuno.
IN CONTRARIO: Leggiamo in S. Luca che il ricco posto nel!' inferno
diceva: "Ho cinque fratelli».
R1SPO!'IDO: Le anime separate conoscono dei singolari, ma non
tutti. Anzi, neppure tutti quelli del presente. Per comprendere ciò
bisogna considerare che l'intelletto può conoscere in due modi.
Primo, mediante l'astrazione dai fantasmi: e si è già visto che
quP,sto modo non pennette ali' intelletto di conoscere direttamente,
ma solo indirettamente, i singolari. Secondo, mediante un' infu-
sione di specie intenzionali da parte di Dio: e questo mod-0 dà al-
i' intelletto la facoltà di conoscere i singolari. Infatti, come Dio co-
nosce tutti gli universali e tutti i singolari nella propria essenza,
la quale è appunto causa di tutti i principii delle cose universali e
di quelle singolari, come abbiamo già spiegato, così le sostanze se-
parate posson-0 conoscere i singolari mediante specie intenzionali,
che sono immagini partecipate dell'essenza divina. 1
Vi è però questa differenza tra gli angeli e le anime: gli angeli dalle
specie suddette ricavano una conoscenza perfetta e appropriata delle
cose, le anime separate invece ne ricavano una. conoscenza confusa.
Perciò gli angeli per il vigore della loro intelligenza sono in grado
di conoscere, servendosi di tali idee, non soltanto la natura specifica.
delle cose, ma anche i singolari contenuti nelle varie specie. Invece
le anime separate, servendosi delle idee infuse, possono conoscer2
soltanto quei singolari, in rapporto ai quali hanno una certa deter-
minazione ; e questa può dipendere, o da una conoscenza prece-
dente, o da una disposizione affettiva, o da un rapporto naturale,
o da una disposizione divina. Infatti tutto quello che viene ricevuto
in un soggetto assume in esso una determinazione, conforme al
modo di essere del ricevente. 2
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'intelletto non può cono.s.cere i
singolari mediante il proasso di astrazione. Ma, come si è visto,
non è questo il modo di conoB<!ere dell'anima separata.
2. La cognizione de.ll'anima separata viene ristretta a. quelle spe-
cie e a quegli individui, vel'So i quali essa ha determinati rap-
porti, come abbiamo S!piegato sopra.
3. L'anima separata non ha uguali rapporti verso tutti i singo-
lari, ma verso alcuni ha dei rapporti che non ha con altri. Perciò
non è indifferente a conoscere tutti i singolari.

cede all'intelletto una cognizione soltanto rlftessa delle cose sensibili. Queste dif-
ficoltà vengono pl'€s.entate senza sottintesi· all' inizio dell'articolo, e giustificano
una trattazione a parte del problema.
' Le anime separate vengono perciò a trovarsi in una condlzl<me analoga a
quella naturale degli angeli, come è facile riscontrare da quanto fu detto sopra
nel voi. rv, q. 55, a. 2; q. 57, a. 2.
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 147

Sed intellectus non est cognoscitivus singularium, ut supra [q. 86,


a. 1] habitum est. Ergo anima separata singularia non cognoscit.
2. PRAETEREA, magis est determ.inat.a cognitio qua cognoscitur ali-
quid in singulari, quam illa qua cognoscitur aliquid in universali.
Sed anima separata non habet determinatam cognitionem de spe-
ciebus rerum naturalium. Multo igitU>r minus cognoscit singuJaria.
3. PRAETEREA, si cognoscit singularia, .et non per sensum, pari ra-
tione omnia singularia cognosceret. Sed non cognoscit omnia sin-
gularia. Ergo nulla cognoscit.
SEo co:-iTRA EST quod dives in inferno positus dixit: " Habeo quin-
que fratres », ut habetur Luc. 16, 28.
REsPONDEO DICENDUM quod animae separatae aliqua singularia co-
gnoscunt, sed non omnia, etiam quae sunt praesentia. Ad cuius evi-
dentiam, considerandum est quod duplex est modus intelligendi.
Unus per abstractionem a phantasmatibus: et secundurrn istum mo-
dum singuJaria per intellectum cognosci non possunt directe, sed
indirecte, sicut supra [q. 86, a. 1] dictum est. Alius modus intelli-
gendi est per influentiam specierum a Deo: et per istum modum
intellectus potest singularia cognoscere. Sicut enim ipse Deus per
suam essentiam, inquantum est causa universalium et individua-
lium principiorum, cognoscit. omnia et universalia et singularia, ut
supra [q. 14, a 11; q. 57, a. 2] dictum est; ita substantiae separatae
per species, quae sunt quaedam participatae similitudines illius di-
vinae essentiae, possunt singularia cognoscere.
In hoc tamen est diff.erentia inter angelos et animas separatas,
quia angeli per huiusmodi species habent perfectam et propriam
cognitionem de rebus, animae vero separatae confusam. Unde an-
geli, propter efficaciam sui int.ellectus per huiusmodi specie;; non
solum naturas rerum in speciali cognoscere possunt, sed etiam sin-
gularia sub speciebus contenta. Animae vero separatae non possunt
cognoscere per huiusmodi species nisi solum singularia illa ad qua.e
quodammodo determi11antur, vel per prae·cedentem cognitionem, vel
per aliqu,am affectioncm, vel per natura!em habitudinem, vel per di-
vinam ordinationem: quia omne quod recipitur in aliquo, deterrni-
natur in eo secundum modum recipientis.
AD PRIMlJM ERGO DICENDt-M quod intellectus per viam abstractionis
non est cognoscitivus singularium. Sic autem anima separata non
intelligit, sed sicut dictum est [in corp.].
AD SECt:NOTJM DICENDT::i11 quod ad illarurrn rerum species vel indi-
vidua cognitio animae separatae determinatur, ad quae anima se-
parata habet aliquam determinatam habitudinem, sicut dictum est
[ibid.].
AD TERTIUM DICENDUM quod anima separata non se habet aequali-
ter ad omnia singularia, sed ad quaedam habet aliquam habitudi-
nem quam non habet ad alia. Et ideo non est aequalis ratio ut
omnia singularia cognoscat.

' La conclusione va accolta col più grande risp.e,tto, anche se non poo~iamo
impegnarci in una difesa apodittica della sua validità, per l'intrinseca difficoltà
della materia. E quanto di meglio si possa rispondere alla curiosità. di chi è preoc-
cupato <!elle condizioni di vita dei trapassati. A questa conclusione si riallaccia
quella dell'a. 8.
148 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 5

ARTICOLO 5
Se nell'anima separata rimangano gli abiti scientifici
acquistati in vita.

SEMBRA che nell'anima separata non rimangano gli abiti scienti-


fici acquistati in vita. Infatti:
1. Scrive l'Apostolo: «La scienza perirà"·
2. In questo mondo ci sono uomini di minore bontà che superano
nella scienza altri più buoni, i quali ne sono privi. Allora, se l'abito
della scienza restasse nell'anima anche dopo morte, ne verrebbe che
alcuni meno buoni, nella vita futura, sarebbero superiori ad altri
più buoni. E questo nòn è ammissibile.
3. Le anime separate avranno la scienza delle cose dall'infusione
del lume divino. Se, dunque, la scienza acquistata quaggiù rima-
nesse nell'anima. separata, ne seguirebbe la presenza di due forme
della stessa specie nel medesimo soggetto. Il che è impossibile.
4. Il Fifosofo osserva che "l'abito è una qualità difficilmente mu-
tabile; ma la scienza talvolta perisce, o per malattia, o per altre
cause del genere"· Ora, non esiste in questa vita una mutazione
cosi forte come quella che si verifica con la morte. E perciò evidente
che l'abito della scienza viene distrutto.
IN CONTRARIO: Scrive S. Girolamo in una lettera a Paolino: "Im-
pariamo sulla terra quella scienza che conserveremo in cielo"·
RISPONDO: Alcuni 1 hanno pensato che gli abiti scientifici non ri-
siedono nell'intelletto, ma nelle facoltà sensitive, e cioè nell' imma-
ginativa, nella cogitativa e nella memoria, e che lintelletto possi-
bile non sia in grado di conservare le sue specie intenzionali Ora,
se questa teoria fosse vera, ne verrebbe che, alla distruzione del
corpo, seguirebbe la distruzione degli abiti scientifici acquistati in
vita.
Siccome però la scienza ha sede nel!' intelletto, il quale, al dire
di Aristotele, è «il luogo delle idee'" bisogna concludere che gli
abiti scientifici in parte risiedono nelle suddette facoltà sensitive,
in parte nel!' intelletto medesimo. E ciò si può rilevare dagli atti
stessi con i quali si acquistano gli abiti scientifici: infatti, come
insegna Aristotele, cc gli abiti sono simili agli atti con i quali si
acquistano"· Ora, gli atti intellettivi, con i quali si acquista la
scienza nella vita presente, avvengono per il volgersi che fa l' intel-
letto verso i fantasmi, pres.enti nelle suddette facoltà sensitive. E da
questi atti deriva all'intelletto possibile una certa abilità a pensare
mediante le specie così ricevute; e alle suddette facoltà inferiori
deriva una certa attitudine a far sl che l'intelletto, volgendosi ad
esse, possa considerare gli oggetti intelligibili con maggiore facilità. •
Ora, poichè gli atti intellettivi si producono principalmente e for-
malmente nel!' intelletto stesso, mentre vengono a trovarsi solo ma-
i Essi ·sono ~tali espressamente n-0minati alla q. 79, a. 6. Si tratta di Avicenna
e dei suoi seguaci, che attrilmirono ad AMstotele stesso, non senza motivo, la ne-
gazione della memoria intellettiva (cfr. voi. V, pp. 321-328).
LA CòNOSCltNZA DÈLL'ANIMA SEPARATA 149

ARTICULUS 5
Utrum habitus scientiae hic acquisitae remaneat
in anima separata.
1-11, q. 67, a. 2; 4 Sent., d. 50, q. 1, a. 2; Quodltb. 12, q. 9, a. 1 :
I Cor., c. 13, lect. 3.
AD QUINTUM SIC PRCCEDIT!JR. Videtur quod habitus scientiae hic
acquisitae non remaneat in anima separata. Dicit enim Apostolus
I ad Cor. 13, 8: "Scientia destruetur ».
2. PRAETEREA, quidam minus boni in hoc mundo scientia pollent,
aliis magis bonis carentibus scientia. Si ergo habitus scientiae per-
maneret etiam post mortem in anima, sequeretur quod aliqui minus
boni etiam in futuro statu essent potiores aliquibus magis bonis.
Quod videtur inconveniens.
3. PRAETEREA, animae separatae habebunt scientiam per intluen-
tiam divini luminis. Si igitur scientia hic acquisita in anima sepa-
rata remaneat, seq:uetur quod duae erunt formae unius sipeciei in
eodem subiecto. Quod est impossibile.
4. PRAETEREA, Philosophus dicit, in libro Praedicament. [c. 6), quod
u habitus est qualitas difficile mobili.s ; sed ab aegritudine, vel ab
aliquo huiusmodi, quandoque corrumpitur scie.ntia». Sed nulla est
ita fortis immutatio in hac vita, sicut immutatio quae est per mor-
tem. Erg.o videtur quod habitus scientiae per mortem c-0rrumpatur.
SED CONTRA EST quod Hieronymus dicit, in Epistola ad Paulinum
[Epist. 53): « Discamus in terris, quorum scientia nobis perseveret
in caelo ».
RESPONDEO DICENDUM quod quidam posuerunt habitum scientiae
non esse in ipso intellectu, sed in viribus sensitivis, scilicet imagi-
nativa, cogitativa et memorativa; et quod species intelligibilcs non
conservantur in intellectu possibili. Et si haec opinio vera esset, se-
queretur quod, dest.ructo corpore, totaliter habitus scientiae hic ac-
quisitae destrueretur.
Sed quia scientia est in intellectu, qui ,est « locus specierum », ut
dicitur in 3 De Anim.a [c. 4, lect. 7); oportet quod habitus scientiae
hic acquisitae partim sit in praedictis viribus sensitivis, et partim
in ipso intellectu. Et hoc potest considerari ex ipsis actibus ex qui-
bus habitus scientiae acquiritur: nam «habitus sunt similes acti-
bus ex quibus acquiruntur '" ut dicitur in 2 Et/iic. [c. 1, led. 1]. Actus
autem intellectus ex quibus in praesenti vita scientia acquiritur,
sunt per conversionem intellectus ad phantasmata, quae sunt in
praedictis viribus sensitivis. Unde per tales actus et ipsi intellectui
possibili acquiritur facultas quaedam ad considerandum per spe-
cies suscept.as; et in praedictis inferioribus viribus acquiritur quae-
dam habilitas ut facilius per conversionem ad ipsas intellectus pos-
sit intelligibilia speculari. Sed sicut actus intellectus principaliter
quidern et formaliter est in ipso intellectu, materialiter autem et
~ La fisiologia moderna ha confermato pienamente questa dottrina e queste os-
>erva:zlonl relative agli abiti. « ùià a priort dobbiamo ammettere nel fenomeno
~islr.ologlco dell"a. e dell"abitudtne una diretta, intrinseca wmpart.eclpazione stru.
mentale dell'orga.ni:smo fi&ic-0, in particolare del sistema nervooo. E, infatti, la fi·

10 - VI
150 LA SOM'.\fA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 5

terialmente e sotto forma di predisposiziani nelle facaltà inferiori,


lo stesso si dovrà dire a proposito degli abiti.
Perciò quegli elementi degli abiti di scienza, che risiedono nelle
facoltà inferiori, non rimangono nell'anima separata; mentre do-
vranno necessariamente rimanere quelli che hanno sede nell' intel-
letto. Infatti, come insegna Aristotele, sono due i modi in cui può
perire una forma: primo, direttamente, quando cioè viene distrutta
dal suo contrario, come il caldo dal freddo. Secondo, indirettamente,
cioè in seguito alla distruzione del soggetto in cui si trova. Ora, è
evidente che la scienza presente nell' intelletto umano non può pe-
rire in seguito alla distruzione del suo soggetto, poichè l'intelletto
è incorruttibile, come abbiamo già dimostrato. Parimente, le specie
intelligibili presenti nell'intelletto possibile non possono essere di-
strutte da un loro contrario: poichè un dato intenzionale di ordine
intellettivo non ha contrari; e questo specialmente se consideriamo
la semplice apprensione con la quale si percepisce la quiddità delle
oose. Se invece consideri.amo le operazioni con le quali la mente for-
mula giudizi affermativi e negativi, oppure imbastisce ragiona-
menti, allora si verifica una contrarietà nell' intelletto, in quanto
in una pre>posizione o in un argomento la falsità si presenta come
il contrario della verità. In questo caso può succedere che la scienza
sia distrutta dal suo contrario, cioè quando uno è sviato dalla
scienza della verità per colpa di un ragionamento sbagliato. Per
questo il Filosofo stabilisce che sono due le maniere con le quali
la scienza può essere direttamente distrutta : cioè la dimenticanza,
che dipende dalle facoltà mnemoniche, e l'errore, che dipende da
un ragionamento sbagliata. Ma questo non può avvenire nell'anima
separata. Dunque bisogna concludere che gli abiti scientifici, per
quanto risiedono nell'intelletto, rimangono nell'anima separata.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nel passo citato l'Apostolo parla
degli atti e non degli abiti di ordine conoscitivo. 1 Difatti come di-
mostrazione aggiunge: «Ora io conosco parzialmente"·
2. Uno meno buono può avere benissimo una statura fisica supe-
riore a quella di uno più buono; cosi pure niente proibisce che uuo
meno buono abbia nella vita futura degli abiti conoscitivi, di cui
un altro più buono è sprovvisto. Ma questo è niente in pa-ragone
delle altre prerogative che i migliori possiederanno.
3. Le due scienze in parola hanno caratteri essenzialmente di-
versi. Quindi non ne segue nessuna incongruenza. 2
4. L'argomento è valido per quegli elementi dell'abito scientifico,
che dipendono dalle facoltà sensitive.

slologla e la chimica cl tanno vedere la realtà di tale correlazione psico-somatica,


dimostrandoci l'esistenza di particolari zone corticali e sottocorticali In cui e
fX\SSlbile Joc.alinare il mt<:canbmo senso-motorio di molti " atti simbolici " istin-
tivi o non istintivi, ma automatizzatisi in tor-La di una continua ripetizione ....
Po~iamo quindi ammettere che ogni forma di allenamento abitudinario, dai più
bassi organici a quell! più elevati nel campo delle nostre attività d'ordine psico-
logico, sia sempre un fenomeno di natura mista, tlsio-psicologtco, come ci dlmo-
5tra l'osservazione del loro modificarsi o addirittura perdersi in rapporto a dan-
neggiamento organico o funzionale del sistema nervoso (intos.sicazione, stanchezza,
ecc.) o in rapr>orto a partieolarl ~tati passionali negativi deoll' individuo (dolore,
disperazione, paura, ecc.)" (k'nc. C. I., voi. I, p. 89).
i QueM.a semplice oS6er'Vazlone serve a completare la dottrina dell'artioow.
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 151

dispositive in inferioribus viribus, idem etiam dicendum est de ha-


bitu.
Quantum ergo ad id quod aliquis praesentis scientiae habet in in-
ferioribus viribus, non remanebit in anima separata: sed quantum
ad id quod habet in ipso intellectu, necesse est ut remaneat. Quia,
ut dicitur in libro De Longitudine et Brevitate Vitae [c. 2], dupli-
citer corrumpitu:r aliqua forma: uno modo, per se, quando corrum-
pitur a suo contrario, ut calidum a frigido ; alio modo, per acci-
dens, scilicet per corruptionem subiecti. Manifestum est autem quod
per corruptionem subiecti, scientia quae est in intellectu hurnano,
corrumpi non potest: curn intellectus sit incorruptibilis, ut supra
[q. 79, a. 2, ad 2; cfr. q. 75, a. 6] ostensum est. Similiter etiam nee
per contrarium corrumpi po.saunt species intelligibiles quae sunt in
intellectu possibili: quia intentioni intelligibili nihil est contrariurn;
et praecipue quantum ad simpliceril intelligentiam, qua intelligitur
quod quid est. Sed quantum ad operationern qua intellectus cornponit
et dividit, vel et.iam ratiocinatur, sic invenitur contrarietas in intel-
lectu, secundum quod falsum in propositione vel in argumentatione
est contrarium ve,ro. Et hoc modo interdum scientia corrumpitur
per contrariurn, dum scilicet aliquis per falsam argumentationem
abducitur a scientia veritatis. Et ideo Philosophus, in libro prae-
dicto [loco cit.], ponit duos modos quibus scientia per se corrum-
pitur: scilicet obli.vionem, ex parte rnemorativae, et deceptionem,
ex parte argumentationis falsae. Sed hoc non habet locum in anima
separata. Unde dicendurn est quod habitus scientiae, secundum quod
est in intellectu, manet in anima separatia.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod Apostolus non loquitur ibi de
scientia quantum ad habiturn, sed quantum ad cognitionis actum.
Unde ad huius probationem inducit [loco cit. v. 12]: "Nunc co-
gnosco ex parte».
AD SEClJNDUM DICENDUM quod, sicut secundum staturam corporis
aliquis minus bonus erit maior aliquo magis bono; ita nihil prohi-
bet aliquem minus bonum habere aliquem scientiae habitum i.n fu-
turo, quem non habet aliquis magis bonus. Sed tamen hoc quasi
nullius momenti est in comparatione ad alias praerogativas quas
meliores hahebunt.
ALI TERTIUM DICENDUM quod utraque scientia non est unius ratio-
nis. Unde nullum inconveniens sequitur.
AD QUARTUM DICENDUM quod ratio illa p:rocedit de corruptione scien-
tiae quantum ad id quod habet ex parte sensitivarum viriurn.

L'abito di scienza, cosi come è p.osseduto attualmente, perchè po$a e50rc!tars!,


r·ichiede la riflessione sui fantasmi, come abbiamo già notat-0 (cfr. q, 84, a. 7).
Questo esercizio caratteristico della nostra scienza nello stat-0 pr~nte non potrà
certo perdurare dopo la morte. Perciò son-0 pienamente giustificate le parole del-
l'Apostolo: " La ocienza perirà "· - Ma S. Tommaso si riservava di trattare a parte
l'argomento nell'articolo che segue.
2 Il Card. Gaetano entra qui in polemica con GiDvanni Duns Scoto, il quale
trova contraddittoria l'ammissione di due scienze, infusa e acquisita, circa il me-
desimo oggetto (In 4 Sent., d. 45, q. 2). Il Gaetano spiega: " Scoto pensa che la
specie inlus:i. rappresentativa della pietra abbia la pietra per oggetto adeguato,
come la specie acquisita della pietra. Noi invece diciamo che l'oggetto adeguato
della specw infusa è qualche cosa di più universale, che abbracr,ia la pietra e
molte altre cose: perciò si tratta di nozioni di ordine diverso" (In h. a.).
152 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. (;

ARTICOLO 6
Se gli atti della scienza acquistata in questo mondo
rimangano nell'anima separata.

SEMBRA che nell'anima separata non rimangano gli atti della


scienza acquistata in questo mondo. Infatti:
1. Dice il Filosofo che dopo la dissoluzione del corpo l'anima "nè
ricorda, nè ama"· Ora, ricordare significa ripensare le cose che uno
aveva conosciuto in precedenza. Dunque l'anima separata non può
avere l'atto deUa scienza acquistata in vita.
2. Le specie intelligibili non saranno più efficaci nell'anima sepa-
rata che nell'anima unita al corpo. Ebbene, noi ora non possiamo
intendere per mezzo di tali specie senza volgerci ai fantasmi, come
abbiamo già dimostrato. Perciò non potrà farlo neppure l'anima
separata. E quindi ~ non potrà compiere l'atto intellettivo, me-
diante le specie intelligibili acquistate in vita.
3. Il Filosofo insegna che <<gli abiti rendono gli atti [rispettivii
simili agli atti con i quali si acquistano"· Ora, in questa vita noi
acquistiamo gli abiti scientifici con gli atti del!' intelletto che si volge
ai fantasmi. Quindi tali abiti non possono rendere i loro atti diversi
da quelli. D'altra parte atti del genere non sono possibili all'anima
separata. Perciò l'anima separata non potrà esercitare nessun atto
della scienza acquistata quaggiù.
IN CONTRARIO: Al ricco caduto nell'inforno Abramo risponde: « Ri-
cordati che tu riceves.ti la tua parte di beni durante la vita.n.
RISPONDO: Nell'atto si devono considerare due aspetti: la sua spe-
cie e il suo modo di prodursi. La spede si desume dall'oggetto al
raggiungiment-0 del quale tende l'atto della potenza conoscitiva, me-
diante la specie intenzionale che è una rappresentazione dell'og-
getto; il modo invece dipende dalla. virtù dell'agente. Così, che uno
veda una pietra deriva dal fatto che l'immagine della pietra è nel
i;:uo occhio; mentre il vederla in modo nitido dipende dalla forza
visiva dell'occhio. - Ebbene, una volta dimostrato che neE'anirna
separata rimangono le specie intelligibili, e, posto che lo stato di
tale anima non è identico a quello attuale, ne vien~ di conseguenza
che l'anima separata è in grado di ripensare le cose conosciute in
precedenza, servendosi dei concetti a.cquistti,ti quaggiù; non è però
in grado di farlo nella stessa maniera, doè volgendosi a.i fantasmi.
ma nella maniera che si conviene a un'anima separata. E quindi
l'atto della. scienza acquistata quaggiù rimane nell'anima separata,
ma. il modo non è identico. 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Filosofo oarla di reminiscenza,
avendo di mira quegli elementi della memo!·ia che s.i devono alla
parte sensitiva, non già a quegli elc>menti che fanno attribuire la
memoria all'intelletto, seconào le spiegazioni date.
2. Il modo diverso di conoscere non proviene dalla diversa effica-

• Il P. L. ,Tans5e~s alla conclusi-0ne de~l'articolo fa seguire questo co::-ollar~o:


"Secondo la dottrina esvosta ndla soluzione 4 dell'articolo 3, le anime separate,
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 153

ARTICULUS 6
Utrum actus scientiae hic acquisitae
maneat in anima separata.
3 Scnt., d. 31, q. 2, a. 4; &, d. 50, q. 1, a. 2.

AD SEXTU'.\f SIC PROCZD!TUR. Videtur quod actus scientiae hic acqui-


sitae non maneat in anima separata. Dicit enim Philosophus, in
-I De Anima [c. 4, lect. 10], quod corrupto corpore, anima cc neque
reminiscitur neque aìnat "· Soo considerare ca qua.e prius aliquis
novit, est reminisci. Ergo anima separata non potest habere actum
scientiae quam hic acquisivit.
2. PRAETEREA, species intelligibiles non erunt potentio·res in anima
separata quam sint in anima corpori unita. Sed per species intelli-
gibiles non possumus modo intelligere, nisi convertendo nos super
phantaS'ffiata, sicut supra [q. 84, a. 7] habitum est. Ergo nec anima
separata hoc p.oterit. Et ita nullo modo per species intelligibiles hic
acquisitas anima separata intelligere poterit.
3. PnAETF.Rt:A, Philosophus dicit, in 2 Ethic. [c. 1, led. 1], quod "ha-
bitus similes actus reddunt actibus per quos acquiruntur ». Sed ha-
bitus scientiae hic acquiritur per actus intellectus convertentis sie
supra phantasmata. Ergo non potest alios actus reddere. Sed iales
actus non competunt animae separatae. Ergo anima separata non
habebit alìquem actum scientiar. hk acquisitae.
SED CONTRA EST quod Luc. 16, 25 didtur ad divitem in inferno posi-
tum: « Recordare quia recepist.i bona in vita tua"·
RESPONDEO DICENDUM quod in actu est duo cons,iderare: sdlicet spe-
ciem actus, et modum ipsius. Et species quidem actus consideratur
ex obiecto in quod actus cognoscitivae virtutis dirigitur per speciem,
quae est ohiecti similitudo: sed modus actus pensatur ex virtute
agentis. Sicut quod aliquis videat lapidem, contingit ex specie la-
pidis quae est in oculo: sed qu-0d acute videat, contingit ex virtute
visiva oculi. - Cum igitur species intelligi.biles maneant in anima
separata, sicut dictnm est [a. p1·aec.]; status autem animae sepa-
ratae non sit idem &icut modo est: sequitur quod secundum species
intelligibiles hic acqtLisitas, anima separata inte!ligere possit quae
prius intellexit; non tamen eodem modo, scilicet per conversionem
ad phantasmata, sed per modum c0>nvenientem animae separatae.
Et ita manet quidem in anima separata acius scientiae hic acqui-
sitae, sed non secundum eundem modum.
AD PRIMCM ERGO DICENDUM quod Philosoplrns loquitur de remini-
scentia, secundum quod memoria pertinet ad partem sensitivam:
non aut.em secundum quod memoria esit quodammodo in intellectu,
ut dictum est [q. 79, a. 6].
AD SECl'NDUM DICElNDUM quod dive,T'Sus modus ir.telligendi non pro-

in forza delle specie loro infuse, hanilD una conosrenza soltanto confusa degli es-
5eri fisici. NJente perciò impedisce che l'anima separata si serva. da una parte
delle predette specie per avere un panDrama più ampio e sintetico, dall'altra
degli abiti sc!,)ntifiei acquisiti in vita per ragglung>ere una cunoseenza più nitida
fino ai singolari .. (JANSSENS L., 1'ractat'.LS De Homtne, P. I, Roma, 1918, p. 582).
154 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 6-7

eia delle specie intelligibili, ma dallo stato diverso dell'anima nel


compiere l'atto intellettivo.
3. Gli atti con i quali l'abito ai acquista sono simili agli atti cau-
sati dagli abiti quanto alla specie dell'atto, non quanto al modo di
prodursi. Infatti operare cose giuste, ma non nel modo [connatu-
rale a chi èJ giusto, cioè con letizia, causa l'abito della giustizia
politica, 1 mediante la quale operiamo poi con letizia.

ARTICOLO 7
Se la lontananza impedisca la cognizione dell'anima separata.

SEMBR-A che la lontananza impedisca la cognizione dell'anima se-


parata. Infatti:
1. Scrive S. Agostino che 11 le anime dei morti si trovano in un
luogo, dove non possono sapere quello che accade qui tra noi n.
Sanno invece quello che accade presso di loro. Perciò la distanza
impedisce la conoscenza dell'anima separata.
2. S. Agostino nel De Divinatione Daemonum afferma che «i de-
moni possono annunziare cose a noi ignote, per la celerità dei loro
movimenti n. Ora, l'agilità nel muoversi non servirebbe a niente, se
la lontananza non impedisse al demonio di conoscere. A maggio-r
ragione, dunque, la distanza impedirà la cognizione dell'anima se-
parata, che per natura è imferiore al demonio.
3. Chi è lontano nello spazio è come chi è lontano nel tempo. Ora,
la lontananza nel tempo impedisce la co-gnizione all'anima sepa-
rata: questa infatti non conosce il futuro. Perciò anche la lontananza
nello spazio impedisce all'anima separata di conoscere.
IN CONTRARIO: Leggiamo nel Vangelo che il ricco epulone "mentre
era nei tormenti, alzando gli occhi, vide da lungi Abramo n. Dunque
la lontananza non impedisce la cognizione dell'anima separata.
RISPONDO: Akuni ritenevano che l'anima separata conoscesse i
singolari astraendoli dalla realtà sensibile. Se ciò fosse vero, si po-
trebbe asserire che la distanza locale impedisce la conoscenza del-
1' anima separata: infatti allora bisognerebbe, o che le cose sensi-
bili agissero sull'anima separata, o che que.sta agisse sulle cose sen-
sibili; e nell'uno come nell'altro caso si richiederebbe una distanza
determinata. - Ma u11a simile ipotesi è insostenibile; perchè l'astra-
zione delle immagini dalle c•ose sensibili viene fatta attraverso i sensi
[esterni] e le altre potenze sensitive, che in maniera attuale non ri-
mangono nell'anima separata. Questa invece conosce i singolari per
un'infusione di idee da parte del lume divino, il quale è indifferente
alla vicinanza e alla lontananza. Perciò la lontananza in nessun
modo può impedire la cognizione dell'anima separata.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quando s. Ag.ostino scrive che le
anime dei morti dal luogo- dove wno non possono conoscere le cose
nostre, non vuole far credere che la lontananza sia la ragione di
tale ignoranza. Ci può essere invece un altro motivo, come vedremo.

t La giustizia politica non è che la giustizi.a leqale, ordinata al bene comune;


che a sua volt'\ e la giustizia generate, ovvero giustizia stc et stmpliciter. Veò.remo
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 155

venit ex diversa yirtute specierum, sed ex diverso statu animae in-


telligentis.
AD TERTIUM DICENDUM quod actus per quos acquiritur habitus, sunt
similes actibus quos habitus causant, quantum ad speciem actus:
non aute.m quantum ad modum ag.endi. Nam o·perari iusta, sed non
iuste, idest delectabiliter, causat habitum iustitiae politicae, per
quem d~lcctabiliter opernmur.

ARTICULUS 7
Utrum distantia localis impediat cognitionem auimae separatae.
4 Sent., d. 50, q. t, a. 4.
AD SEPTIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod distantia localis im-
pediat cognitionem animae separatae. Dicit enim Augustinus, in
libro De Cura pro Mortuis agenda [c. 13] quod "animae mortuorum
ibi sunt, ubi ea quae hic fiunt scire non poseunt ». Sciunt autem
ea quae apud eos aguntur. Ergo distantia localis impedit cognitio-
nem animae separatae.
2. PRAETEREA, Augustinus dicit, in libro De Divinatione Daemonum
[c. 3], quod "daemones, propter celeritatem motus, aiiqua nobis
ignota denuntiant ». Sed agilitas motus ad hoc nihil faceret, si di-
stantia localis cognitionem daemonis non impediret. Multo igitur
magis distantia localis impedit cognitionem animae separatae, quae
est inferior secundum naturam quam daemon.
3. PRAETEREA, sicut distat aliquis secundum locum, ita secundum
tempus. Sed distantia temparis impedit cognitionem animae sepa-
ratae: non enim cognoscunt futura. Ergo videtur quod etiam di-
stantia secundum locum animae separatae cognitionem impediat.
SEn CONTRA EST quod dicitur Luc. 16, 23, quod dives, "cum esset
in tormentis, elevans oculos suos, vidit Abraham a long<., >>. Ergo
distantia localis non impedit animae separatae cognitionem.
HESPONDEO nrcENDUM quod quidam posuerunt qucrd anima sepa-
rata cognosceret singularia abstrahendo a sensibilibus. Quod si es-
set verum, posset dici quod distantia localis impediret animae se-
paratae cognitionem: requireretur enim quod ve! sensibilia agerent
in animam separatam, ve! anima separata in sensibilia; et quan-
tum ad utrumque, requireretur distantia determinata. - Sed prae-
dicta positio est impossibilis: quia abstra.ctio specierum a sensibi-
libus fìt mediantibus sensibus et aliis potentiis sensitivis, quae in
anima separata actu non manent. Intelligit autem anima separata
singularia per influxum specierum ex divino lumine, quod quidem
lumen aequaliter se habet ad propinquum et distans. Unde distantia
localis nullo modo impedit animae separata.e cognitionem.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod Augustinus non dicit quod propter
hoc quod ibi sunt animae mortuorum, ea quae hic sunt vid.ere non
possunt, ut localis distantia huius ignorantiae call..9a esse credatur:
3ed hoc potest propter aliquid aliud contingere, ut infra [a. s.] di-
cetur.

a suo tempo come S. Tommaso giustifica queste denominazioni (II-li, q. 58,


aa. 5-7).
156 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 7-8

2. Nel passo riportato S. Agostino parla secondo l'opinione di chi


riteneva che i demoni fossero uniti per natura a dei corpi: e se-
condo tale opinione essi avrebbero dovuto avere anche le potenze
sensitive, la cui funzione esige una distanza determinata. Egli ac-
cenna espressamente a questa opinione nel medesimo li.bro ; benchè
sembri parlarne più a titolo di citazione che di asserzione, come
risulta da quanto scrive nel De Civitate Dei. -
3. Le cose future, che sono lontane nel tempo, non sono enti in
atto. Quindi non sono conoscibili in se stesse; perchè nella misura
che un essere manca di entità, manca di conoscibilità. Invece le cose
lontane nello spazio sono enti in atto, e quindi sono per se stesse
conoscibili. Perciò la lontananza nello spazio e la lontananza nel
tempo non sono sullo stesso piano.

ARTICOLO 8
Se le anime separate conoscano gli avvenimenti di questo mondo.

SEMBRA che le anime separate conoscano gli avvenimenti di que-


sto mondo. Infatti:
1. Se non le conoscessero non se ne curerebbero. Invece esse se
ne preoccupa:no; poic.hè leggiamo nel Vangelo queste parole [del
ricco epulone]: «Ho cinque fratelli .... per avvertirli di queste cose,
affinchè non abbiano anch'essi a venire in questo luogo di tor-
menti». Dunque le anime separate conoscono quello che accade
tra noi.
2. Spesso i morti appariscono ai vivi, nel sonno o nella veglia,
e li avvisano di quanto avviene quaggiù ; come Samuele che apparve
a Saul. La cosa non sarebbe possibile, se essi i1on conoscessero i
fatti nostri. Dunque i morti conoscono quello che accade in questo
mondo.
3. Le anime separate certamente conosco-no le cose che accadono
presso di loro. Ora, se non conoscessero ciò che accade presso di
noi, la loro carenza di cognizione dovrebbe essere attribuita alla
lontananza. Ma questo l'abbiamo escluso nell'articolo precedente.
IN CONTRARIO: Sta scritto: « Che i suoi figli siano onorati ovvN'O
inonorati, egli [il defunto] lo ignora n.'
RISPONDO: Se si considera la conoscenza nat>nrale, di cui ora par-
liamo, bisogna dire che le anime dei morti ignorano quello che av-
viene in questo mondo. E possiamo ricavarne la pll'ova dalle cose
già dette. Infatti l'anima separata conosce i singolari per il fatto
che in qualche modo è in relazione con E:ssi, sia per le tracce di
cognizioni o volizioni antecedenti, sia per una disposizione divina.
Ora, le anime dei morti, per disposizione divina e per il loro modo
di essere, sono segregate dal consorzio dei viventi e aggregate a
• Più che da questo passo del libro di Giobbe, il problema è sorto dalle parole
imbarazzanti di S. Agostino, a proposito dell'apparente d!sintere&Samento di que!la
Santa elle fu sua madre nel propri riguardi (cfr_ S. AUGUSTINUS, De cura pro
mol'tuis agenda, c. 13). - Se è una esagerazione quella di negare che le anime dei
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 157

An !;ECUNDUM DICENDUM quod Augustinus ibi loquitur ·secundum


opinionerp illam qua aliqui posuerunt quod daemones habent cor-
pora naturaliter sibi unita: secundum quam positionem, etiam po-
tentias sensitivas habere possunt, ad quarum cognitionem requiri-
tur determinata distantia. Et hanc opinionem etiam in eodem libro
[cc. 3 ss.] Augustinus expresse tangit: licet eam magis recitando
quam asserendo tangere videatur, ut patet per ea quae dicit 21 libro
De Ci"N. Dei [c. 10].
AD TERTlUM DICENDUM quod futura, quae distant secundum tem-
pus, non sunt entia in actu. Unde in se.ipsis non sunt cognoscibilia:
quia sicut deficit aliquid ab entitate, ita deficit a cognoscibilitate.
Sed ea quae sunt d.i.stantia secundum locum, snnt entia in actu, et
secundum se cognoscibilia. Unde non est eadem ratio de distantia
locali, et de distantia temporis.

ARTICULUS 8
Utrum animae separatae cognoscant ea quae hic aguntur.
II-II, q. 83, a. 4, ad 2; ~ Sent., d. 45. q. 3, a. 1, ad 1, 2; d. 50, q, 1, a . .\, ad 1;
De Verit., q. 8, a. 2, ad 12; q. 9, a. 6, ad 5; De Antma, a. ~o. ad 3.
An OCTAVUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod animae separatae cogno-
scant ea quae hic aguntur. Nisi enim ea cognoscerent, de eis curam
non haberent. Sed habent curam de bis quae hic aguntur; secun-
dum illud Luc. 16, 28: « Habeo quinque fratres, ut testificetur illis,
ne et ipsi veniant in hunc locum tormentorum "· Ergo animae se-
paratae cognoocunt ea quae hic aguntur.
2. PRAETEREA, frequenter mortui vivis apparent, vel dormientibus
vel vigilantibus, et eos admonent de iis quae hic aguntur; sicut
Samuel apparuit Sauli, ut habetur f Reg. 2-8, fl ss. Sed hoc non
esset si. ea quae hic sunt non cogno.scerent. Ergo ea quae hic agun-
tur cognoscunt.
3. PRAETEREA, animae separatae cognoscunt ea quae apud eas agun-
tur. Si ergo quae apud nos aguntur non cognoscerent, impediretur
earum cognitio per localem distantiam. Quod supra [a. praec.] ne-
gatum est.
SED CONTRA EST quod dicitur Io-b. 14, 21: « Sive fuerint filii cius
nobiles, sive ignobiles, non intelliget ».
REsPONDEO DICENDUM quod, secundum naturalem cognitionem, de
qua nunc hic agitur, animae mortuorum nesciunt quae hic agun-
tur. Et huius ratio ex dictis [a. 4] accipi potest. Quia anima sepa-
rata cognoscit singularia per hoc quod quodammodo determinata est
ad i!la, ve! per vestigium alicuius praecedentis cognitionis seu affe-
ctionis, ve! per ordinationem divinam. Animae autem mortuorum, se-
cundum ordinationem divinam, et secundum modum essendi, segre-
gatae sunt a conversatione viventium, et coniunctae conversationi

beati abbiano la conoscenza di quanto avviene in questo mondo, è una cosa ri-
dicola i•retendere, come fa lo spiritismo contemporaneo, che le anime dei tra-
passati abbiano una specie di onniscienza sugli eventi umani, sia per il presente,
c-0me per Il futuro. I massimi Dottori della Chiesa S-Ono nettamente contrari a
questa credulità puerile, che mescola gli interessi terreni con le realtà più sublimi,
11 mondo dell'animalità più triviale col regno degli spiriti disincarnati.
158 LA SOMMA TEOLOGICA, I, -q. 89, a. 8

quello delle sostanze spirituali separate dal corpo. Quindi ignorano


le vicende di quaggiù. - Questa è la ragione che ne dà S. Grego-
rio: «I morti non sanno come si svolge la vita di coloro che vivono
corporalmente dopo di essi ; perchè la vita dello spirito è lontana
dalla vita della carne ; e come gli esseri corporei e quelli incorpo-
rei differiscono nel genere, cosi sono distinti per la conoscenza».
Sembra che anche S. Agostino accenni a questo quando dice che
«le anime dei morti non si mescolano alle vicende de.i vive111ti ».
Riguardo però alle anime dei beati non c' è accordo tra S. Gre-
g·orio e S. Agostino. Infatti S. Gregorio continua nel passo citato:
"Non bisogna però pensare lo stesso delle anime sante, poichè, ve-
dendo esse intimamente la chiarezza di Dio onnipotente, non si può
credere assolutamente che rimanga fuori qualche cosa ignorato da
esse"· - Invece S. Agostino afferma espressamente che ''i morti,
anche se santi, non sanno quello che fanno i vivi ed i loro figli"·
E questa affernlazione è riportata dalla Glossa a proposito di quel
passo di Isaia: "Abramo non ci conobbe». E lo conferma col fatto
che egli non veniva più consolato nella tristezza da sua madre,
come quando ella era in vita; nè riteneva possibile che fosse diven-
tata più crudele in una vita più felice. Ricorda ancora in proposito
che il Signore promise al re Giosia di farlo morire prima di vedere
i mali imminenti al suo popolo. - Però S. Agostino parla in forma
dubitativa; difatti aveva premesso la frase: «ciascuno prenda come
vuole quello che dico». Invece S. Gregorio asserisce, come è evidente
da quell'espressione: "non si può credere assolutamente.... "·
Sembra più giusto riteneire con S. Gregorio che_ le anime dei santi,
ammessi alla visione di Dio, conoscano tutti gli avvenimenti attuali
di questo mondo. 1 Esse infatti sono equiparate agli angeli: riguardo
ai quali anche S. Agostino afferma che non ignorano quello che av-
viene presso i vivi. Però, siccome esse hamno un'adesione perfettis-
sima alla giustizia divina, non ·si rattristano per le vicende dei vivi,
e non vi partecipano, se non nei casi in cui lo esigono le disposi-
zioni di quella divina giustizia.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le anime dei morti pO'Ssono curare
le cose dei vivi, pur ignorr.ndone le condizioni. Anche noi infatti
abbiamo cura dei morti, procurando loro dei suffragi, senza cono--
scerne la condizione. - Del resto i defunti possono conoscere i fatti
dei vivi indirettamente, sia per mezw delle anime che giungono ad
essi da questo mondo, sia per mezzo degli angeli o dei demoni ; sia
ancora "per una rivelazione dello spirito di Dio>>, come dice S. Ago..
stino.
2. Le apparizioni dei morti, quaJunque esse siano, possono avve-
nire, o per il fatto che una speciale disposizione di Dio vuo·le l' in-
tervento di certe anime nelle vicende dei vivi, e la cosa si deve allora
annoverare tra i miracoli di Dio; oppure queste apparizioni si de-
vono ali' iniziativa degli angeli buoni o cattivi, anche ali' insaputa
dci morti. Del resto S. Agostino fa notare che la stessa cosa capita
anche ai vivi, i quali, senza saperlo, possono apparire nel sonno ad
altri vivi. 2 - Perciò sul fatto del Profeta Samuele possiamo affer-
mare che egli apparve per una rivelazione divina, come dice l' Ec-

I "La devozione dei fedeli propende di più oonza confronti, a favore di S. Gre.
gorio Magno. E con es.sa sembra concordare, pur appartenendo a un altro genere
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 159
spiritualium substantiarum quae sunt a corpore separatae. Unde
ea quae apud nos aguntur ignorant. - Et hanc rationem assignat
Gregorius in /2 Moralium. [c. 21), dict.'ns: « Mortui vita in carne
viventium post eos, qualiter disp<matur, nesciunt: quia vita spiri-
tus longe est a vita carnis ; et sicut corporea atque incorporea di-
versa sunt genere, ita sunt distincta cognit.ione ». Et hoc etiam Au-
gustinus videtur tangere in libro De Cura pro Mortuis agenda
[cc. 13, 16), dicens quod cc animae mortuorum rebus viventium non
intersunt ».
Sed quantum ad animas beatorum, videtur esse differentia inter
Gregorium et Augustinum. Nam Gregorius ibidem subdit: "Quod
tamen de animabus sanctis sentiendum non est: qula quae intus
omnipotentis Dei claritatam vident, nullo modo creden<lum est quo<l
sit foris aliquid quod ignorent ». - Augustinus vero, in libro De
Cura pro Mortuis agenda [c. 13], expres..,"'e dicit quod "nesciunt mor-
tui, etiam sancti, quid agant vivi et eorum filii >>, ut habetur in
glossa (interlin.], super illud, "Abraham nescivit nos n, Isaiae 63, 16.
Quod quidem confirmat per hoc quod a matre sua non visitabatur,
nec in tristitiis consolabatur, sicut quando vivebat; nec est proba-
bile ut sit facta vita feliciore crudelior. Et per hoc quod Dominus
promisit losiae regi quod prius moreretur, ne vider€t mala quae
erant populo superventura, ut habetur 4 Rea. 22, 20. - Sed Augu-
stinus hoc dubitando dicit: unde praemittit, "ut volet, accipiat quis-
que quod dicam ». Gregorius autem assertive: quod patet per hoc
quod dicit, cc nullo modo credendum est"·
l\fagis tamen videtur, secundum sententiam Gregorii, quod animae
sanctorum Deum videntes, omnia pra.esentia quae hic aguntur co-
gn0scant. Sunt enim angelis aequales: de quibus etiam Augustinus
asserit [lib. cit., c. 15) quod ea qua.e apud vivos aguntur non igno-
rant. Sed quia sanctorum a.nimae sunt perfectissime iustitiae di-
vinae coniunctae, nec tristantur, nec rebus viv.entium se ingerunt,
nisi :::.ecundum quod iustitiae divinae dispositio exigit.
AD PRIJ\1UM ERGO DICENDUM quod animae mortuorum possunt ha-
bere curaro de re.bus viventium, etian1 si ignorent eorum statum;
sicut nos curaro habemus de mortuis, eis suffragia irnpendendo,
quamvis eorum statum ignoremus. - Possunt etiam facta viventium
non per seipsos cognoscere, sed ve! per animas eorum qui bine ad
eos accedunt; ve! per angelos seu daemones; ve! etia.m cc Spiritu
Dei revelante n, sicut Augustinus in eodem libro [ibid.J didt.
AD SECUNDTJM DICENDUM quod hoc quod mortui viventibus appa-
rent qualitercumque, vel contingit per specialern Dei dispensatio-
nem, ut anirnae rnortuorum rebus viventium intersint: et est inter
divina miracula computandum. Vel huiusmodi apparitiones fiunt per
operationes angelorum bonorum vel malorum, etiam ignorantibus
n10rtuis: sicut etiam vivi ignorantes aliis viventibus apparent in
somnis, ut Augustinus dicit in libro praedicto [c. 10). - Unde et de
Samuele dici potest quod ipse apparuit per revelationem divinam;
secundum hoc quod dicitur Eccl'i. 46, 23, quod cc dormivit, et notum
di cose, Il culto dei santi; ai quali, e in modo particolare alla B. Vergine l\far!a,
racc.omandiamo tutt.e le nostre cose, nell'intima persuasione che essi non igno-
rano le umane vicende" (JA~SSENS L., op. cit., p. 584).
2 In queste parole cosi sobrie e cosi sagge bisogna trovare la spiE"gazione de.gli
~tessi fatti medianici, quando essi superano le prop0rzion1 dei roo.oment naturali.
160 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 8

clesiastico: <<Dopo la sua morte profetò e annunziò al re la sua


fine"· Oppure, rifiutando l'autorità dell'Ecclesiastico, per il fatto
che gli Ebrei non mettono quel libro tra le Scritture canoniche, si
può pensare che quella apparizione fu dovuta a un interve,nto dia-
bolico.'
3. L'ignoranza di cui si parla non proviene dalla lontananza, ma
dalla ragione indicata nell'articolo.

' L' Ecclesiasttco è uno dei cosi detti libri deuteNJCanonici. Come si comprende
anche dall'accenno di S. Tommaso, fino a tutto il Medioevo questi libri del Vec-
LA CONOSCENZA DELL'ANI!\iA SEPARATA 161

fecit regi fìnem vitae suae "· Vel illa apparitio fuit pro.curata per
daemones: si tamen Ecclesiastici auctoritas non recipiatur, propter
hoc quod inter canonicas scripturas apud Hebra.eos non habetur.
An TERTIUM DICENDUM quod ignorantia huiusmodi non oont.ingit ex
locali distantia, sed propter causam praedictam [in corp.].

chio Testament-0 furono oggetto di controversia. Non tutti ne ammettevano la di-


vina Ispirazione, e quindi li e..<eludevano dal Canone. La questione venne definita
nel Concilio di Trento [ 1545-156:1], li quale diede l'elenco completo dei libri Ispi-
rati, includendovi I' Ecclesiastlco, e gli altri libri in discussifrne (ctr. DENZ., 784).
QUESTIONE 90
Creazione dell'uomo: creazione dell'anima.'

Passiamo ora a studiare la creazione dell'uomo. Su tale argo-


mento quattro sono i punti da considerare: primo, la cl'eazione del-
l'uomo in se stesso ; secondo: il termine di questa creazione; terzo:
Io stato o condizione del primo uomo; quarto: il luogo in cui fu
posto.
Tre spno gli a.spetti della creazione che vanno esaminati: primo,
le creazione dell'uomo rispetto all'anima; seoondo, la creazione del
corpo dell'uomo; terzo, la creazione della donna.
Sul primo di questi tre argomenti si pongono quattro quesiti:
1. Se l'anima. sia stata prodotta, o se faccia parte della sostanza
stessa. di Dio ; 2. Supposto che sia stata prodotta, si domanda se
sia stata creata; 3. Se sia stata prodotta per mezzo di angeli ; 4. Se
sia stata prodotta prima del corpo. s

ARTICOLO 1
Se l'anima sia stata prodotta, o se faccia parte
della sostanza stessa di Dio.

SEMBRA che l'anima non sia stata prodotta, ma che faccia parte
della sostanza stessa di Dio. Infatti:
1. Sta scritto: "Formò dunque il Signore Dio l'uomo dal fango
della terra, gli alitò in faccia lo spirito della vita, e l'uomo divenne
anima vivente•». Ora, chi alita emette qualche cosa di se stesso.
Quindi l'anima, in forza della quale l'uomo vive, fa parte della
sostanza divina.
2. L'anima è pura forma, come si è visto. Ma la forma è atto.
Perciò l'anima è atto puro: e questo è un attributo divino. Dunque
l'anima fa parte della sostanza divina.
3. Quelle entità che esistono ·e non differiscono in niente tra loro,
sono identiche. Ora, Dio e l'anima esistono e non differiscono in
niente; poich€ altrimenti dovrebbero avere elementi diffe.renziali, e
in tal caso cesserebbero di essere entità semplici. Dunque Dio e
l'anima umana sono la stessa cosa.
IN CONTRARIO: S. Agostino nel De origine ariimae elenca alcune
teorie, che chiama "grandemente e apertamente perverse e contra-
rie alla fede cattolica» ; e la prima di esse è quella di coloro i quali

I Pas.siamo cosi alla seconda parte del trattato. - t.:no sguardo sommario allo
schema d.a noi riJJrodotto a p. H JJOne subito in evidenza lo sviluppo logico del
pensiero, per l'ordine stesso delle questioni. Dallo studio della natw·a dell'uomo
si paMa a <1uello riguardante le sue ort(lini. Da buon medioevale e da scolastico
JJerfetto S. Tommaso non parla pr0priamente di origini, ma di produzione, met-
tendo cosi l'accento sulla causa efficiente estrinseca. Noi nel tradurre usiamo par-
lare di creazione, percilè in questo caso si tratta della prima produzione del·
QUAESTIO 90
De prima hominis productione quantum ad animam
In quatuor arttculos àivtsa.

Post praemissa considerandum est de prima hominis productione.


Et circa hoc consideranda sunt quatuo.r: primo considerandum est
de productione ipsius hominis; secundo, de fine productionis [q. 93];
tertio, de statu et conditi-One hominis primo producti [q. 94]; quarto,
de loco eius [q. 102]. ·
Circa productionem autem consideranda sunt tria: primo, de pro-
ductione hominis quantum ad animam ; secundo, quantum ad cor-
pus viri [q. 91); tertio, quantum ad productionem mulieris [q. 92].
Circa primum quaeruntur quatuor. Primo: utrum anima humana
sit aliquid factum, vel sit de substantia ipsius Dei. Secundo: sup-
posito quod sit facta, utrum sit creata. Tertio: utrum sit facta me-
diantibus angelis. Quarto: utrum sit facta ante corpus.

ARTICULUS 1
Utrum anima sit facta, vel sit de substantia Dei.
f Seni., d. 17, q. 1, a. 1; f Cont. Gent., c. 85; Compena. Theol., c. 94.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima non sit facta, sed
sit de substantia Dei. Dicitur enim Gen. 2, 7: « Formavit Deus ho-
minem de limo terrae, et inspiravit in faciem eius spiraculum vitae,
et factus est homo in animam vi:ventem ». Sed ille qui spirat, ali-
quid a se emittit. Ergo anima qua homo vivit, est aliquid de sub-
stantia Dei. ·
2. PRAETEREA, sicut supra [q. 75, a. 5) habitum est, anima est forma
simplex. Sed forma est actus. Ergo anima est actus purus: quod
est solius Dei. Ergo anima est de substantia Dei.
3. PRAETEREA, quaecumqu·e sunt, et nullo modo differunt, sunt idem.
Sed Deus et mens sunt, et nullo modo differunt: quia oporteret quod
aliquibus diffel'entiis differrent, et sic essent composita. Ergo Deus
et mens humana idem sunt.
SEn CONTRA EST quod Angustinus, in libro 3 De origine Animae
[c. 15), enumerat quaedam quae dicit esse « multum aperteque per-

l'uomo; ma il Dottore Angelico usa il termine creare In senso tecnico, ci-0è nel
significato di produzione dal nulla. - Nel piccolo prologo vedian1-0 che da bu-0n
aristotelico S. Tommaso articola il soggetto di indagine secondo le quattro cause:
1) la creazione dell'uomo in se ~tessa [causalità efficiente] ; 2) il termine finale
intrinseco di tale creazione, che è limmagine [causalità formale]; 3) Io stato o
condizione dell'u-0mo cosi creato, il suo destin-0 immediato [causalità finale]; 4) il
luogo dove l'uomo tu posto alla sua origine [causalità materiale].
• Dall'enunciazione dei quesiti si comprende bene che qui non si tratta della
creazione delle anime individuali !grave questione che logicamente viene riman-
data al trattato seguente, q. 118), ma della creazione della sola anima del primo
uomo.
164 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, a. 1

insegnavano che cc Dio non ha prodotto l'anima dal niente, ma da se


med·esimon. 1
RISPONDO: Dire che l'anima fa parte della sostanza di Dio implica
una manifesta assU1rdità. L'anima. umana infatti, come abbiamo vi-
sto, spesso ha I' intellezione s-010 in potenza; riceve poi, sotto un
certo aspetto, la conoscenza dalle cose, e possiede un complesso di
facoltà: ora, tutte queste cose sono estranee alla natura di Dio, il
quale è atto puro, non riceve niente da nessuno, e non ha in sè
composizione alcuna, come fu già dimostrato a suo tempo.
Siffatto errore sembra che derivi da due preconcetti degli antichi
[filosofi]. 2 Infatti, i primi che cominciall"ono a studiare la natura
delle cose, non riuseendo a trascendere il campo dell'immagina-
zione, ritenevano che la sola realtà fosse quella corporea. Di.cevano
perciò che Dio stesro sarebbe stato un corpo, cxmcepito come ele-
mento primordiale degli altri corpi. E siccome pensavano che l'anima
avesse la natura di quel corpo ritenuto da essi primordiale, ne se-
guiva logicamente che l'anima doveva essere di natura divina. In
base a questo preconcetto anche i Manichei credevano che Dio fosse
una specie di luce materiale, e che una particella di questa luce,
unita a un corpo, fosse l'anima umana. - In un secondo tempo al-
cuni arrivarono a concepire una realtà immateriale, non però di-
stinta dal corpo, ma quale forma di un corpo. 3 In tal senso Var-
rone disse che cc Dio è l'anima che governa il mondo col moto e
con la ragione>>, come riferisce S. Agostino. Alcuni p.erciò pensa-
rono che l'anima dell'uomo fosse una parte di quell'anima univer-
sale, come l'uomo è una parte dell'universo.• E questo perchè non
riuscivano a distinguere con la ragione i gradi delle sostanze spi-
rituali, se non in base alle distinzioni dei corpi. - Ora, tutte que-
ste concezioni sono inammissibili, come abbiamo dimostrato. Quindi
è falw in maniera evidente che l'anima faccia parte della sostanza
di Dio.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La parola alitare [o espirare] non
va presa in senso materiale: dire infatti che Dio espira equivale a
dire che Dio crea lo spirito.• Del resto anche l'uomo che material-
mente espira non emette qualche cosa della sua sostanza, ma qual-
che cosa di estrinseco.
2. Sebbene l'anima sia per essenza una forma semplice, tuttavia
non si identifica col suo essere, essendo anch'essa un ·ente p.er par-
tecipazione, come si è già dimostrato. Perciò non è atto puro,
come Dio.
3. Parlando in senso proprio, le cose differenti sono tali in forza
di qualche elemento differenziale determinato: pe-rciò si parla di
differenza dove esiste anche una somiglianza. Quindi le cose dif-
ferenti dovranno in qualche modo essere composte; poichè in forza
di un dato elemento differiscono tra loro, e per un altro concor-
dano. Cosicchè, sebbene tutte le cose differenti siano diverse, non

1 Ne.ssun.a meravig!ia quindi che la Chiesa abbia cond2.nnato ripetutamente


queste pericolose infiltrazioni di panteismo. " Se qualcuno avrà detto o creduto
che l'anima umana è parte ovvero sostanza di Dio, sia scomunicat<i "· Così :1 C<in·
cilio di Toledo dell"anno 400 (cfr. DENZ., 31). Il Concilio Dracarense del 561 con-
dannò Manichei e Priscillianis.U per· lo stess~ motivo (cfr. DENZ., 235; vedi anche
tbtd., 348).
2 E forse un errore storico risc<intrare nel manicheismo o nel priscillìanismo le
CREAZIONE DELL'ANIMA 165

versa, et fidei catholicae ad versa» ; inte.r quae primum est, quod qui-
dam dixerunt "Deum animam non de nihilo, sed de seips-0 fecisse ».
RESPONDEO DICENDUM quod dicere animam esse de su.bstantia Dei,
manifestam improbabilitatem continet. Ut enim ex dictis [q. 77, a. 2;
q. 79, a. 2; q. 84, a. 6] patet, anima humana est quandoque intelli-
gens in potentia, et scientiam quodammodo a rebus acquirit, et habet
diversas potentias: quae omnia aliena sunt a Dei natur.a, qui est
actus purus, et nihil ab alio accipiens, et nnllam in se diversitatem
habens, ut supra [q. 3, aa. 1, 7; q. 9, a. 1] proba.turo est.
Sed hic error principium habuisse videtur ex duabus positionibus
antiqnorum. Primi enim qui naturas rerum c<>nsiderare incoepe-
runt, imaginationem transcendere non valent.es, nihil pra.eter cor-
pora esse posuerunt. Et ideo Deurrn dicebant e-sse quoddam corpus,
quod aliorum corporum iudicabant esse principium. Et quia animam
ponebant esse de natura illius corporis quod dicebant esse princi-
pium, ut dicitur in 1 De Anima [c. 2, lect. 5], per consequens seque-
batur quod anima esset de natura Dei. Iuxta quam positionem
etiam Manichaei, Deum esse quandam lucem corpoream existiman-
te.s, quandam pa1rtem illius lucis anirnam esse posuerunt corpori
alligat.am. - Secundo vero processum fuit ad hoc, quod aliqui ali-
quid inc-0rp9reum esse apprehenderunt, non tamen a c<>rpore sepa-
ratum, sed corporis formam. Unde et Varro dixit quod "Deus est
a.nima mundum motu et ratione gubernans,, ; ut Augustinus narrat,
7 De Civ. Dei [I. 4, c. 31). Sic igitur illius totalis animae partem ali-
qui posuerunt animam hominis, sicut homo est pars totius mundi ;
non valentes intellectu pertingere ad distinguendos spiritualium su:b-
stantiarum gradus, nisi secundum distinctiones corporum. - Haec
autem omnia sunt impossibilia, ut supra [q. 3, aa. 1, 8; q. 50, a. 2,
ad 4; q. 75, a. 1] probatum est. Unde manifeste falsum est animam
esse de substantia Dei.
AD PRIMUM ERGO DICENDU:lf quod inspirare non est accipiendum
corporaliter: sed idem est Deum inspirare, quod spiritum fa.cere.
Qu·amvis et homo corporaliter spirans non emittat aliquid de sua
substantia, sed de natura extranea.
An SECUl\DUM DICENDUM quod anima, et.si sit forma simplex secun-
dum suam esse:ntiam, non tamen est suum esse, sed est ens per
participationem; ut ex supra [q. 75, a. 5, ad 4] dictis patet. Et ideo
non est actus purus, sicut Deus.
AD TERT!LM DICENDUM quod dif{erens, proprie acceptum, aliquo dif-
fert: unde ibi quaeritur differentia, ubi est convenientia. Et propter
hoc oportet differentia esse composita quodammodo: cum in aliquo
differant, et in aliquo conveniant. Sed secundum hoc, Hcet omne
tesi dei filosofi pre5ocratic1. E un fatto però che tutti i sistemi panteistici hanno
!Wi motivi comuni, ed è principalmente a questo elle voleva accennare S. Tom-
maso. E come prima fonte dell'errore panteista viene indicata giustamente la in-
capacità "a trascendere il campo della immaginazione"·
• Si potrebbero ravvisare 1 lineamenti di non pochi st.oici o neoplatonici in que-
sti accenni.
• Erano questi gli errori ben noti degli gnostici e del neoplatonici più recenti.
• La narrazione biblica. del!a creazione dell ·uomo, per il suo carattere popo-
lare, aoveva essere nevessarlamente antropomorfica. Ma clli volesse prenderla ma-
terialmente cosi come rnona, si troverebbe nella necessità di attribuire a Dio un
corpo con gli organj relati vi. E siccome una tale concezione è assurda, deve ron-
siderarsi assurda anche la sudàetta esegesi materiale e panteistica (cfr. CEUP-
PENS F., Quaestiones selectae ex htstorta prtmaeva, 'l'ol"in.o-Roma, 1948, pp. 99, 100).

11 - VI
166 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 1-2

è detto, come insegna Aristotele, che tutte le cose diverse sono diffe-
renti. Infatti le cose semplici sono diverse per se stesse, e non
differiscono davvero in forza di elementi componenti differenziali.
L'uomo e l'asino, p. es., hanno le loro differenze nei due termini
di razionale e irrazionale; ma questi due concetti non differiscono
per ulteriori differenze.

ARTICOLO 2
Se l'anima sia venuta all'esistenza per creazione. 1

SEMBRA che l'anima non ·sia venuta all'esistenza per creazione.


Infatti:
1. Ciò che ha in sè qualche cosa di materiale viene tratto dalla
materia. Ora, l'anima ha qualche cosa di materiale, non essendo
atto puro. Quindi l'anima è stata tratta dalla materia. Dunque non
è stata creata.
2. L'atto di una determi.pata materia è sempre t:ratto dalla po-
tenza della materia: infatti, essendo la materia la potenza all'atto
rispettivo, ogni att.o dovrà esistere potenzialmente nella materia
stessa. Ora, l'anima è l'atto della materia del nostro corpo, come
risulta dalla sua definizione. Dunque l'anima viene tratta dalla po-
tenza della materia.
3. L'anima è una forma. Se l'anima, dunque, fosse prodotta per
creazione, anche le alt:re forme dovrebbero esserlo ugualmente. E al-
lora nessuna forma verrebbe all'esistenza per generazione. Il che è
inammissi,bile.
IN CONTRARIO: Sta scritto: cc Dio creò l'uomo a sua immagine n.
Ora, l'uomo è immagine di Dio quanto all'anima. Dunque l'anima
è venuta all'esistenza per creazione.
RISPONDO: L'anima ragionevole può esser prodotta solo per crea-
l(:ione; cosa che non si verifica per I.e altre forme. Ed eccone la ra-
gione:• essendo il processo produttivo la via che porta all'esistenza,
a una cosa dovrà attribuirsi il divenire nel modo stesso che le si
attribuisce l'eS'sere. Ora, si dice prop.riamente esiste·re ciò che pos-
siede l'esistenza in modo da sussistere in se medesimo: cosicchè le
sole sostanze si dicono propriamente e veramente enti. L'accidente
invece non possiede l'essere, ma serve ad essere, ed è chiamato
ente in questo senso; la bianchezza, p. es., s.i dice ente perchè per
mezzo di essa alcune cose sono bianche. Per questo motivo Aristo-
tele scrive che l'accidente è "più cosa dell'ente che ente"· Questa
è pure la condizione di tutte le altre forme non sussistenti. Perciò
il divenire non compete in senso proprio a nessuna forma non sus-
sistente ; ma sd dice che tali forme son prodotte in quanto vengono
prodotti i rispettivi composti sussistenti. - Ora, l'anima ragionevole
è una forma sussistente, come abbiamo dimostrato. Quindi le com-

1 Anche la conclusione di questo articolo è materia di fede cleftnlta. Cosi infatti


leggiamo nel simholo di fede Indirizzato dal papa s. Leone IX nel 1053 al vescovo
CREAZIONE DELL'ANIMA 167
differens sit diversum, non tamen omne diversum est differens; ut
dicitm- in 10 Metaphys. [c. 3, lect. 4]. Nam simplicia diversa sunt
seipsis: non autem differunt aliquibus differentiis, ex quibus com-
ponantur. Sicut homo et asinus differunt rationali et irrationali dif-
ferentia, de quibus non est dicere quod ulterius aliis diff.erentiis
differant.

ARTICULUS 2
Utrum anima sit producta in esse per creationem.
Infra, q. 118, a. 2 ; 1 Sent., d. 1, q. 1, a. ' ; f Cont. Gent., c. 87;
De Vertt., q. Z"I, a. 3, ad 9; De Pot., q. 3, a. 9; De Sptrtt. Creat., a. 2, ad 8;
Quodlib. 9, q. 5, a. 1; Compend. Theoi., c. 93; Op\l6C, 28, De Fato, c. 5;
37, De Quatuor Oppos., c. '·

AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima non sit producta


in esse per creationem. Quod enim in se habet aliquid materiale,
fit ex materia. Sed anima habet in se aliquid materiale: cum non -
sit actus purus. Ergo anima est facta ex materia. Non ergo est
creata.
2. PRAETEREA, omnis actus materiae alicuius videtur educi de po-
tentia materiae: cum enim materia sit in potentia ad actum, actus
quilibet praeexistit in materia in potentia. Sed anima est actus ma-
teriae corporalis, ut ex eius definitione [cfr. AR1sT., 2 De Anima,
c. 1, lect. 1] apparet. Ergo anima educitur de potentia materiae.
3. PRAETEREA, anima est forma quaedam. Si igitur anima fit per
creationem, pari ratione omnes aliae formae. Et sic nulla forma
exibit in esse per generatione:m. Quod est inconveniens.
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 1, 27: " Creavit Deus hominem
ad imaginem suam ». Est autem homo ad imaginem Dei secundum
animam. Ergo anima exivit in esse per creationem.
RESPONDEO DICENDUM quod anima rationalis non potest fieri nisi
per cre:ationem: quod non est verum de aliis formis. Cuius ratio
est quia, cum fieri sit via ad esse, hoc modo alieni competit fieri,
sicut ei competit esse. Illud autem proprie dicitur esse, quo<l ipsum
habet esse, quasi in suo esse subsistens : unde solae substantiae pro-
prie et vere dicuntur entia. Accidens vero non habet esse, sed eo
aliquid est, et hac ratione ens dicitur; sicut albedo dicitur ens, quia
ea aliquid est album. Et propter hoc dicitur in 7 Metaphys. [c. 1,
lect. 1], quod accidens dicitur " magis entis quam ens ". Et eadem
ratio est de omnibus aliis forrnis non subsistentib.us. Et ideo nulli
formae non subsistenti proprie competit fieri, sed dicuntur fieri per
hoc quod composita sui:Jsistentia fiunt. - Anima autem rationalis est

di Antiochia: " Io credo .... che l'anima mm è una porzione di Dio, ma che è stata
creata dal nulla" (DENZ., 3~8).
• Nella Contra GentHes (l. 2, c. 87) gli a.rgomenti s.ono molteplici. Confron-
tando però i due testi, vediamo affiorare in questa breve pericope tutti i motivi di
quelle argomentazioni, ad eccezione di uno &ilo p.iuttosto singolare. «Il fine di
una cosa deve corrispondere al suo principio, poichè un essere è perfetto quando
si congiunge al suo principio.... Ora l'anima umana raggiunge il fine e la perfe-
zione quando trascende con la conoscenza e l'amore tutto 11 creato, per giungere
alla prima causa che è Dio. Dunque a lui essa deve il principio della sua ori-
gine•.
168 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 2-3

pete in senso proprio, tanto l'essere, quanto il divenire. E siccome


non può derivare da una materia preesistente, nè corPQrea, perchè
sarebbe allora di natura corporea, nè spiritual.e, perchè in taJ caso
le sostanze spirituali si trasmuterebbero le une nelle altre, è neces-
sario concludere che viene prodotta solo per creazione.
SoLUZIONE DET.LE DIFFICOLTÀ: 1. Nell'anima l'elemento materiale è
l'essenza semplice della medesima, mentre l'elemento formale è l'esi-
stenza partecipata: e questa accompagna necessariamente l'essenza
dell'anima, perchè l'esistenza è essenzialmente annessa alla forma
- Si avrebbe la stessa conseguenza anche se si rit<messe, come pen-
savano alcuni,' che l'anima è materia spirituale. Infatti una tale
materia non dovrebbe essere in potenza ad altre forme, come ora
avviene per la materia dei corpi celesti; altrimenti l'anima sarebbe
corruttibile. Pe.rciò in nessun modo l'anima può essere prodotta da
una materia preesistente.
2. Dire che l'atto vien tratto dalla potenza della materia, significa
soltanoo che un essere, il quale era prima in potenza, in seguito di-
viene attuale. Ora, siccome l'essere dell'anima intellettiva non di-
pende dalla materia oorporea, ma è sussistente e oltrepassa la vir-
tualità della materia, come abbiamo già spiegato., per questo l'anima
non può esser tratta dalla potenza della materia.
3. Abbiamo già spiegato che il caso dell'anima intellettiva è di-
verso da quello delle altre forme.

ARTICOLO 3
Se l'anima intellettiva sia prodotta immediatamente da Dio. 2

SEMBRA che l'anima intellettiva non sia prodotta immediatamente


da Dio, ma per mezzo degli angeli. Infatti:
1. Nel mondo degli spiriti vige più ordine che in quello dei empi.
Ora i corpi inferiori sono prodotti da quelli superiori, come afferm;:i
Dionigi. Perciò anche gli spiriti inferiori, quali sono appunto le
anime umane, son prodotti dagli spiriti superiori, che ·sono gli an-
geli.
2. Nelle cose principio e fine si corrispondono: infatti principio
e fine di tutti gli es.seri è Dio. Perciò il modo di promanare delle
cose dal loro principio deve corrispondere al loro modo di tendere
verso il fine. Ora, Dionigi insegna che "gli esseri infimi sono indi-
rizzati [al fine] per mezzo dei primi"· Perciò gli esseri inferiori an-
che l'esistenza la ricevono per tramite dei primi; e cioè le anime
per mezzo degli angeli.
3. "E perfetto ciò che può produrre un essere consimile», come
dice Aristotele. Ora, le sostanze spirituali sono molto p·iù perfette
di quelle materiali. E siccome i corpi producono esseri della loro
medesima specie, molto più gli angeli saranno in grado di produrre

1 Abbiamo già visto nei volùml precedenti, che fautori di questa dottrina al
tempo dell'Aquinate erano non pochi Maestri parigini, primo fra tutti S. Bona·
ventura (c!r. S. BONAVENTURA, In 2 Sent., d. 17, a. 1, (I. 2).
CREAZIONE DELL'ANIMA 169

forma subsistens, ut supra [q. 75, a. 2] ha.bitum est. Unde sibi pr0-
prie competit esse et fieri. Et quia non potest fieri ex materia praeia-
cente, neque corporali, quia sic esset naturae corporeae; neque spi-
rituali, qui a sic substantiae spirituales in invic€rn transmutarentur:
necesse est dicere quod non fiat nisi per creationem.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod in anima est sicut materiale ipsa
simplex essentia, formale autem in ipsa ,est esse participatum: quod
quidem cx necessitate simul est cum essentia animae, quia esse per
se consequitur ad formam. - Et eadem ratio .esset, si poneretur com-
posita ex quadam materia spirituali, ut quidam dicunt. Quia illa
materia non est in potentia ad aliam formam, sicut nec materia
caelestis corporis: alio.quin anima esset corruptibilis. Unde nullo
modo anima potest fieri ex materia praeiacente.
An sr.cuNDlJM DICENDUM quod actum extrahi de potentia materiae,
nihil aliud est quam aliquid fieri actu, quod prius erat in potentia.
Sed quia anima rationalis non habet e.<ise suum de.pendens a mate-
ria corporali, sed habet esse subsistens, et excedit capacitatem ma-
teria.e corporalis, ut supra [q. 75, a. 2] dicturn est; propterea non
educitur de potentia mat.eriae.
AD TERTIUM DICENDUM quod non est simile de anima rationali, et
de aliis formis, ut dictum est [in corp.].

ARTICULUS 3
Utrum anima rationalis sit producta a Deo immediate.
f Scnt., d. 18, q. 2, a. 2; Quodlill. 3, q. 3, a. 1 ; Opusc. 15, De Anaelts, c. 10;
Dc Causts, lect.. 3, 5.

AD TERTIUM SIC PROCEDITCR. Videtur quod anima ra.Uonalis non sit


producta a Deo immediate, sed mediant.ibus angelis. Maior enim
orda est in spiritualibus quam in corporalibus. Sed corpora infe-
riora producuntur per corpora superiora, ut Dionysius dicit, 4 cap.
De Dlv. Nom. [Iect. 3]. Ergo ,et inferiores spiritus, qui sunt animae
rationales, producuntur per spiritus superiores, qui sunt angeli.
2. PRAETEREA, finis rerum respondet principio: Deus enim est prin-
cipium et finis rerum. Ergo et exitus rerum a principio respondet
reductioni rerum in finem. Sed "infima reducuntur per prima n, ut
Dionysius dicit [Eccles. llier., c. 5]. Ergo et infima procedunt in
esse per prima, scilicet animae per angelos.
3. PRAETEREA, « perfedum est quod po test sibi simile facere >1, ut
dicitur in 4 Meteor. [c. 3, lect. 4]. Sed spirituales soostantiae sunt
multo magis perfectae quam corporales. Cum ergo corpora faciant
sibi similia secundum speciem, multo magis angeli poterunt facere

" Ai luoghi paralleli indicati nel testo latino bisogna aggiungere tutti quelli
dell'a. 2. Infatti per S. Tommaso la creazione è una prerogativa divina. Egli ha
voluto insistere con un nuovo articolo sull'argDmento, per combattere l'emanazio-
nismo neoplatonico, che minacciava cli invadere ancora una volta l'occidente at-
traverso le dottrine dei filosofi arabi.
170 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 3-4
qualche cosa di inferiore alla loro natura specifica, qual' è l'anima
umana.
IN CONTRARIO: La Genest assicura, che u Dio stesso alitò sulla fac-
cia dell'uomo Io spirito di vita"·
RrsPoNDO: Pensarono alcuni 1 che gli angeli, operando per dele-
gazione divina, producono le anime umane. Ma questo è assoluta-
mente impossibile e contrario alla fede. Infatti abbiamo visto che
l'anima umana non può essere prodotta che per creazione. Ora, Dio
solo può creare. Infatti è prerogativa del solo primo agente ope-
rare senza presupposto alcuno: invece la causa seconda presupppne
sempre qualche cosa dovuta al primo agente, come abbiamo già di-
mostrato. Ma chi produce un effetto presupponendo qualche cosa
compie una trasmutazione ; mentre soltanto Dio può compiere una
creazione. E poichè l'anima intellettiva non può derivare per tra-
smutazione da una qualsiasi materia, non potrà essere prodotta che
immediatamente da Dio.
E ciò risolve chiaramente 1e difficoltà. Infatti la causalità sui
corpi consimili o inferiori, e l' influsso dei corpi superiori sugli in-
feriori, avviene sempre mediante qualche trasmutazione.

ARTICOLO 4.
Se l'anima umana sia stata creata prima del corpo. 2

SEMBRA che l'anima umana sia stata creata prima del corpo. In-
fatti:
1. L'opera della cwazione ha preceduto quella della distinzione e
dell'abbellimento, come si è visto. Ora, l'anima ha ricevuto l'es-
s·ere per creazione; il corpo invece fu prodotto al termine dell'opera
di abbellimento. Dunque l'anima umana è stata creata prima del
corpo.
2. L'anima int.ellettiva è più vicina agli angeli che alle bestie.
Ebbene, gli angeli furono creati prima dei corpi, oppure subito da
princip1o assieme alla materia; invece il cOII'po dell'uomo 1u for-
mato il sesto giorno, quando furono prodotte anche le bestie. Dun-
que lanima umana fu creata prima del corpo.
3. Principio e fine si corrispondono. Ora, l'anima in fine rimane
dopo il corpo. Dunque in principio fu creata prima del corpo.
IN CONTRARIO: L'atto proprio si attua nella rispettiva potenza. Es-
sendo dunque l'anima l'atto proprio del corpo, dovette essere pro-
dotta nel corpo.
RISPONDO: Origene ammdse che, non S"Olo l'anima del primo uomo,
ma quelle di tutti gli uomini, sono state create, insieme con gli an-
geli, prima dei corpi: perchè riteneva che tutte le sostanze spiri-
tuali, tanto le anime che gli angeli, fossero uguali per condizione
di natura, e differenti solo a motivo dei loro meriti. E per tale
1 S. Tommaso ha presente l'emanazionismo di Avicenna, come risulta dal suo
opuscolo De Substanttts separatts, cc. 10, 11 ; ma anche tn s. Agostino egli può
aver trovato accenni ad errori consimili (cfr. Auo., De haeresibus, n. 59).
2 L'articolo prende lo spunto dalle arditissime teorie di Qrigene e di S. Ago-
CREAZIONE DELL'ANIMA 171

aliquid infra se secundum speciem naturae, scilicet animam ratio-


nalem.
SED CONTRA EST quod dicitur Gen., 2, 7, quod Deus ipse « inspiravit
in fa.ciem hominis spiraculum vitae».
RESPONDEO DICENDUM quod quidam posuerunt quod angeli, secun-
d um quod operantur in virtute Dei, causant animas rationales. Sed
hoc est omnino impossibile, et a fide alienum. Ostensum est enim
[a. praec.) quod anima :rationalis non potest }>roduci nisi per crea-
tionem. Solus aut-em Deus p.otest creare. Quia solius primi agentis
est agere, nullo praesupposito: cum semper agens secundum prae-
supponat aliquid a primo agente, ut supra (q. 65, a. 3) habitum est.
Quod autem agit aliquid ex aliquo praesupposito, agit transmu-
tando. Et ideo nullum aliud agens agit nisi transmuta.ndo; sed so-
lus Deus agit creando. Et quia anima rationalis non potest produci
per transrnutationem alicuius materiae, ideo non pot!*>t produci nisi
a Deo immediate.
Et per hoc patet solutio ad obiecta. Nam quod corpora causant
vel sibi similia ve! inferiora, et quod superiora reducunt inferiora,
totum hoc provenit per quandam transmutationem.

ARTICULUS 4
Utrum anima humana fuerit producta ante corpus.
Infra, q. 91, a. 4, ad 3, 5; q. 118, a. 3; I Sent., d. 17, q. 2, a. 2;
f Cont. Gcnt., cc. 83, 84 ; De Poi., q. 3, a. 10.

A.o QUARTUM SIC PROCEDITUR, Videtur quod anima humana fuerit


producta ante corpus. Opus enim creationis praecesS'it opus distin-
ctionis eit ornatus, ut supra [q. 66, a. 1 ;· q. 70, a. 1) habitum est.
Sed anima producta est in esse per creationem; corpus autem factum
est in fine ornatus. Ergo anima hominis producta est ante corpus.
2. PRAETEREA, anima rationalis magis c-0nvenit curo angelis quam
cnm anirnalibus brutis. Sed angeli creati fuerunt ante corpora, ve!
statim a principio curo corporali materia; corpus autem hominis
formatum est sexto die, quando et bruta animalia sunt producta.
Ergo anima hominis fuit creata ante corpus.
3. PRAETEREA, finis proportionatur principio. Sed anima in fine re-
manet post corpus. Ergo et in principio fuit creata ante corpus.
SEo CONTRA Esr quod actus proprius fit in potentia propria. Cum
ergo anima sit proprius actus corporis, anima producta est in cor-
pore.
RESPONDEO DICENDUM quod Origenes posuit [I Peri Archon, cc. 6 ss.]
non solum animam primi hominis, sed animas omnium hominum
ante corpora simul cum angelis creatas; propter hoc quod credi-
dit omnes spirituales substantias, tam animas quam angielos, aequa-
stino. Quelle del primo, condivise in seguito da Prlscilliano, sono state espressa-
mente condannate dalla Chiesa (crr. D~NZ., 303) ; quelle del secondo, presentate
con la modestia e la prudenza di un Santo, mettono in imbarazzo i suoi discepoli.
S. Tommaso cerca di interpretare le parole del grande maestro nel senS<> più or-
tod-0550, e indica persino la vi.a che logicamente dovrebbe tenere un agostiniano
ad oltram.a. Ma alla luce del suo pensl'3rO filosofico queste teorie si mostrano
"assolutamente insostenibil1 "· Tuttavia è da ammirarsi la finezza con la quale
ha avanzato una cosi grave riserva, facendola dipendere da due condizionali.
172 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, a. 4

motivo alcune di esse, come le anime degli uomini e quelle dei corpi
celesti, sarebbero state legate ai corpi, altre invece sarebbero rima-
ste nella loro purezza, secondo le varie gerarchie. Abbiamo già con-
futato una tale opinione: perciò per il momento non ne parliamo.
Anche S. Agostino dice che l'anima del primo uomo fu creata con
gli angeli prima del corpo, ma pt!r un'altra ragiane. Egli cioè ri-
tiene che nell'opera dei sei giorni il corpo dell'uomo non fu prodotto
nella sua realtà attuale, ma nelle ragioni seminali; il che non può
dirsi dell'anima, paichè essa non fu prodotta da una materia preesj-
stente, corporale o spirituale, e neppure poteva essere causata dalla
virtù di una creatura. Sembrava perciò plausibile che fosse stata.
creata insieme agli angeli, nell'opera dei sei giorni, nel tempo in
cui furono create tutte le cose ; in seguito poi si sarebbe piegata
per volontà propria a governare un corpo. - Però egli non dice
questo a modo di asserzione, come mostrano le sue stesse parole :
"A meno che non si apponga l'autorità della Scrittura, o l'esigenza
della verità, si può credere che l'uomo sia stato creato nel sesto
giorno, nel senso che la ragione seminale del corpo umano fu creata
negli elementi del mondo, e che. l'anima fu creata essa stessa di-
rettamente"· 1
Una tale opinione si potrebbe tollerare nella teoria di ce>loro, i
quali ritengono che l'anima possiede per se stessa una specie e una
natura completa, e che ,essa non si è unita al corpo come forma
di esso, ma solo come guida. Ma se l'anima è unita al corpo come
sua forma, e se è essenzialmente parte della natura umana, una
tale opinkme è assolutamente ins<>Stenibile. Infatti è evidente che
Dio costituì gli esseri prime>rdiali nello stato perfetto della loro
natura, come richiedeva la specie di ciascuno di essi. Ora, l'anima,
essendo parte d·ella natura umana, non ha la sua perfezione natu-
rale che nell'unione col corpo. Quindi non sarebbe stata ragione-
vole la. sua creazione senza il corpo.
A voler sostenere l'opinione di S. Agostino sui giorni della crea-
zione, si potrebbe dire che l'anima umana ebbe una certa priorità
sull'opera dei sei giorni, se ci fermiamo a considerare il genere,
cioè al fatto che l'anima è sinùle agli angeli per la sua natura in-
tellettiva; ma direttamente essa fu creata insieme al corpo. - Stando
invece agli altri Santi [Dottori], ·tanto l'anima che il corpo del primo
uomo furono prodotti nell'opera dei sed giorni.•
SOLl'ZIONE DEI.LE DIFFICOLTÀ: 1. Se la natura dell'anima formasse
una specie indipendente da richiedere una creazione a parte, allora
l'argomento porterebbe a concludere che all'inizio l'anima fu creata
da sola. Ma siccome l'anima è essenzialmente forma del corpo, non
doveva essere c~eata separatamente, bensì nel corpo.
2. Analoga è la risposta alla seconda difficoltà. Infatti, se l'anima.
per se stessa appartene,sse a una specie, avrebbe la massima affi-
nità con gli angeli. Essendo invece for:ma del corpo, appartiene come
causa formale al genere degli animali.
3. Che l'anima rimanga dopo il corpo dipende da quella de.fl.cienza
del corpo che è la morte. Ma una tale deficienza non doveva veri-
ficarsi quando in principio l'anima. fu creata.

i Vari furono i motivi che spinsero S. Agostino Yerso una test cosi strana. I mo-
tivi prlnclpall e dichiarati sono connessi con le dilllcoltà esegetiche dei prtmJ ca-
CREAZIONE DELL'ANIMA 173

les esse secundum suae naturae conditionem, sed solum merito di-
stare; sic ut quaedam earum corporibus alligarentur, quae sunt
animae hominum vel caelestium corporum ; quaiedam vero in sui
puritate, secundum diversos ordines, remanerent. De qua opinione
supra [q. 47, a. 2] iam diximus: et ideo relinquatur ad praesens.
Augustinus vero, in 7 Super Gen. ad litt. [cc. 24-28), dicit quod
anima primi hominis ante corpus cum angelis est creata, propter
aliam rationem. Quia scilicet ponit quod corpus hominis in illis ope-
ribus sex dierum non fuit productum in adu, sed solum secundum
causales rationes: quod non potest de anima dici ; quia nec ex ali-
qua materia corporali aut spirituali praeexistente facta fuit, nec ex
aliqua virtute creata produci potuit. Et ideo videtur quod ipsamet
anima in operibus sex dierum, in quibus omnia facta fuerunt, simul
cum angelis fuerit creata; et quod postmodum propria voluntate
inclinata fuit ad corpus administrandum. - Sed hoc non dicit asse-
rendo, ut eius verba demonstrant [loco cit., c. 24]. Dicit enim: u Cre--
datur, si nulla Scripturrurum auctoritas seu veritatis ratio conti adi-
cit, hominem ita factum sexto die, ut corporis quidem humani ratio
causalis in elementis mundi, anima vero iam ipsa crearetur "·
Posset autem hoc utique tolerari secundum eos qui ponunt quod
anima habet per se speciem et naturam completam, et quod non
unitur corpori ut forma, sed solum ad ipsum administrandum. Si
autem anima unitur corpori ut forma, et est naturaliter pars hu-
manae naturae, hoc omnino esse non potest. Manifestum est enim
quod Deus prtmas res institu:it in perfecto statu suae naturae, se-
cunrtum quod uniuscuiusque rei species exigebat. Anima autem,
cum sit pars humanae naturae, non habet natura1em perfectionem
nisi secundum quod est corpori unita. Unde non fuisset conveniens
animam sine corpore creari.
Sustinendo ergo opinionem Augustini de operibus sex dierum, dici
poterit quod anima humana praecessit in operibus sex dierum se-
cundum quandam similitudinem generis, prout convenit cum ange-
lis in intellectuali natura; ipsa vero fuit creata simul cum corpora.
- Secundum alios vero Sanctos, tam anima quam corpus primi ho·
minis in operibus sex dierum sunt producta.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod, si natura animae haberet inte-
gram speciem, ita quod secundum se crearetur, ratio illa procede-
ret., ut per se in principio crearetur. Sed quia naturaliter est forma
corporis, non fuit seorsum creanda, sed debuit creari in corpora.
Et similiter est dicendum AD SECUNDUM. Nam anima si per se spe-
ciem haberet, magis conveniret cum angelis. Sed inquantum est
forma corporis, pertinet ad genus animalium, ut formale princi-
pium.
AD TERTIUM DICENDUM quod animam Temanere post corpus, accidit
per defectum corporis, qui est mors. Qui quidem defectus in prin-
cipio creationis animae, esse non debuit.

pltoli della GeMst (cfr. 7 $uper Gen; aa tm. c. 28). Queut non d.tchiaratl sono In-
vece connessi col suo p.latonl.smo.
• Queste divergenze furono ampia.mente illustrate da S. Tommaso stesso alla
q. 66, a. 1 (ctr. voi. V, pp. 44 ss.).
QUESTIONE 91
L'origine del corpo del primo uomo. 1

Passiamo a studiare la produzione del corpo del primo uomo.


Sull'argomento quattro sono le cose da considerare: 1. La mate-
ria con la quale venne formato; 2. La causa che lo produsse; 3. La
disposizione che ricevette nella sua produzione; 4. Il procedimento
o l'ordine della produzione stessa.

ARTICOLO 1
Se il corpo del primo uomo sia stato formato col fango della terra.
SEMBRA che il corpo del primo uomo non sia stato formato col
fango della terra. Infatti :
1. Maggiore è la potenza che si richiede per fare una cosa dal
nulla, che da un'altra cosa: poichè il nulla è più distante dall'atto
di un ente in potenza. Ma essendo l'uomo la più nobile delle crea-
ture inferiori, era conveniente che la virtù di Dio risaltasse nella
maniera più evidente nella produzione del oorpo umano. Quindi
questo non dovette essere formato dal fango della terra, ma dal
nulla.
2. Sono più nobili i corpi celesti che quelli terrestri. Ma la nobiltà
suprema spetta al corpo umano, perchè attuato dalla forma più
nobile, che è l'anima intellettiva. Perciò esso non doveva essere
formato con un corpo terrestre, ma piuttosto con qualche corpo
celeste.
3. Il fuoco e l'aria sono corpi più nobili della terra e dell'acqua,
come risulta dalla loro sottilità. Essendo dunque il corpo umano
il più nobile dei corpi, doveva essere fatto di fuoco e d'aria, piut-
tosto che di fango.
4. Il corpo umano risulta composto dei quattro elementi. Perciò
non è vero che sia stato formato col fango della terra, ma COil tutti
gli elementi. 2
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Dio formò l'uomo dal fango della
terra».•
RISPONDO: Dio, essendo egli perfetto, ha comunicato alle sue opere
una perfezione proporzionata al loro grado; perciò troviamo nella

1 Sull"aJ>gomento I teologi e i filosofi cristiani sono oggi impegnati seriamente


a difendere o a spiegare la narrazione biblica, di fronte alle teorie evoluzioniste. -
S. Tommaso Ignora Questi problemi, limitandosi a giustific~'lre razionalmente il
racconto della Genesi. Non è detto però che nei suoi insegnamenti non si possano
trovare dei prtnclp!i eternamenie validi, che permettono di orientarsi in mezzo
alle più o meno seducenti teorie antropologiche dei nostri giorni.
2 E Interessante vedere come anche ai tempi dell"Autore la Scienza, che allora
si chiamava Aristotele, avesse delle difficoltà cosi serie contro la narrazione bl-
t>l!ca, che per noi sono davvero divertenti. E vien fatto di pensare che forse do-
mani si riderà con non minore gusto sulle teorie trasf<>rmiste, che alcuni studiosi
cattolici hanno preso a conf.lderare oome tesi scientifiche inoppugnabili.
QUAESTIO 91
De productione corporis primi hominis
tn quatuor arttculos dtvtsa.

Deinde considerandum est de productione corporis primi hominis.


Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo: de materia ex qua pro-
ductum est. Secundo: de auctore a quo productum est. Tertio: de
dispositione quae ei per productionem est attributa. Quarto: de modo
et ordine productionìs ipsius.

ARTICULUS 1
Utrum corpus primi hominis sit factum de limo terrae.

AD PRIMUM: SIC PROCEDITUR. Videtur quod corpus primi hominis


non sit factum de limo terrae. Maioris enim virtutis est facere ali-
quid ex nihilo, quam ex aliquo: quia plus distat ab actu non ens,
quam ens in potentia. Sed cum homo ·Sit dignissima creaturarum
inferiorum, decuit ut virtus Dei rnaxime ostenderetur in productione
corporis eius. Ergo non debuit fieri ex limo terrae, sed ex nihilo.
2. PRAETEREA, corpora caelestia sunt nobìliora terrenis. Sed corpus
humanum habet maximam nobilitatem: cum perficiatur a nobilis-
sima forma, quae est anima. rationalis. Ergo non debuit fieri de
corpore terrestri, sed magis de corpore caelesti.
3. PRAETEREA, ignis et aer sunt nobiliora corpora quam terra et
aqua: quod ex eorum subtilitate apparet. Cum igitur corpus huma-
num sit dignissimum, magis debuit fieri ex igne et ex aere quam
ex limo terrae.
1. PRAETEREA, corpus humanum est compositum ex quatuor ele-
mentis. Non ergo est factum ex limo terrae, sed ex omnibus ele-
mentis.
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2, 7: u Formavit Deus hominem
de limo terrae >•.
RESPONDEO DICENDUM quod, cum Deus perfectus sit, operibus suis
perfectionem dedit secundum eorum modum ; secundum illum Deut.

3 A part.e l'antropomorfismo evidente, la Chiesa continua a in.segnare che "il


srnso storico lett.erale • dei primi capitoli della Genesi non può essere messo in
dubbio, " dove 5i tratta di fatti che toccano i fondamenti della religione crisWma:
come.... la speciale creazione dell'uomo, la formazione della donna dal primo
uomo, ecc. "· Cosi la risposta della Commis5ione Biblica del 1909 {cfr. DENZ., 2123).
- Si deve naturalmente tener conto dell'intento dell'Autore sacro, dell'indole let-
teraria del suo scritto, della &ua mentalità .orientale, e dei costumi letterari del
suo ambiente, come ha precisato s. S. Pio XII nella sua Enciclica Divino amante
Spirttu (cfr. A. A. S., 1943, pp. 313-317). Ma "dichiarare a priori che le narrazioni
non contengono della storia nel senso moderno della parola, lascerebbe facilmente
intendere che non ne contengono affatto. mentre esse riferiscono In un llnguagglo
semplice e figurato, adatto alle intelligenze di una umanità meno sviluppata, le
verità fondamentall presupposte dall'economia della redenzione, e nello stesso
tempo la descrizione popoL'lre delle origini del genere urna.no e del popolo eletto•
(Ep. della Commissione Biblica del 194S, in A. A. S., p. 47; cfr. PIO P. XII, Enc.
Rumant generis, in A. A. S., 1950, pp. 576, 577).
176 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, a. 1
Scrittura: «Le opere di Dio sono perfette». Egli dunque è perfetto
in senso assoluto, per il fatto che « precontiene in sè tutte le cose n,
non alla maniera delle cose composte, ma « nella semplicità e nel-
l'unità u, oome si esprime Dionigi, nel modo cioè in cui effetti di-
versi possono preesistere nell'unica essenza della loro causa. - Questa
perfezione è comunicata anche agli angeli, in questo senso che tutte
le cose, prodotte da Dio in natura, sono presenti, sia pure con una
pluralità di specie intenzionali, nella loro conoscenza. - All'uomo
invece questa perfezione è comunicata in un grado inferiore. Egli
infatti non possiede per conoscenza innata la nozione di tutto l'uni-
verso creato; è però composto in qualche modo di tutte le cooe;
poichè dal genere delle sostanze spirituali ritrae in sè l'anima in-
tellettiva ; è affine ai corpi celesti con la sua equidistanza dai con-
trari, mediante l'equilibrio sommo della sua complessione; ed è
affine ai quattro elementi, possedendoli nella. propria. sostanza.. Ma
in questo complesso predominano, in ordine dinamico, gli elementi
superiori, cioè il fuoco e l'aria; poichè la vita consiste specialmente
nel calore, ossia nel fuoco, e nell'umidità, vale a dire nell'aria. In
lui predomino.no invece in ordine quantitativo gli elementi inferiori:
infatti, se gli elementi inferiori, dotati di minore virtù, non preva.
lessero quantitativamente nell'uomo, non si potrebbe avere equili-
brio nella loro combinazione. Ecco perchè si dice che il corpo del-
l'uomo fu formato col fango della terra; poichè la terra mescolata
con l'acqua è chiamata fango. - Si dice poi che l'uomo è «un micro-
cosmo'" 1 perchè in un certo senso si trovano in lui tutte le crea-
ture dell'universo. %
SoLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La potenza creatrice di Dio si ma-
nifestò nel corpo dell'uomo per il fatto che la materia di esso fu
prodotta per creazione. Ma era necessa.rio che il corpo dell'uomo
fosse formato con la materia dei quattro elementi, affinchè l'uomo
avesse una certa affinità con i corpi inferiori, costituendo egli come
un intermediario tra le sostanze spirituali e quelle materiali.
2. Assolutamente parlando, un corpo celeste è più nobile di un
co·rpo terrestre,• esso tuttavia è meno adatto per le funzioni del-
!' anima umana. Infatti questa in qualche modo raccoglie dai sensi
la conoscenza della verità; e gli organi di senso ncn si possono
formare di materia celeste, percbè impassibile. - Così pure è falsa
l'asserzione di chi ritiene che un certo quantitativo materiale della
quinta essenza entri nella composizione del corpo umano, suppo-
nendo che l'anima sia. unita al corpo mediante un coefficiente di
luce. Prima di tutto è falso che la luce sia un corpo. Secondaria-
mente po\ è impossibile che un quantitativo della quinta essenza si
stacchi da un corpo celeste, o che si mescoli ai quattro elementi,
data l'impassibilità dei corpi celesti. Perciò questi entrano in con-
tatto con i corpi misti, soltanto mediante l'influsso della loro virtù.
3. Se il fuoco e l'aria, che sono gli elementi più attivi, abbondas-
sero anche quantitativamente nella composizione del corpo umano,
trarrebbero totalmente a sè anche gli altri elementi, e non si po-
trebbe raggiungere l'equilibrio necessario per assicurare al composto
umano la bontà d.el tatto, che è il fondamento degli altri sensi. In-
1 I.' espressione è di Aristotele: cfr. 8 Pllysic., c. 2.
• s. Tommaso ha chiesto soc.éOTSo alla !Cienza del suo tempa per descrivere la
L'ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 177
32, 4: «Dei perfecta sunt opera)). Ipse autem simpliciter perfectus
est, ex hoc quod "omnia in se praehabet », non per modum com-
positionis, sed "simpliciter et unite))' ut Dionysius dicit [De Div.
Nom., c. 5, lect. 3), eo modo quo diversi effectus praeexistunt in
causa, secundum unam eius essentiam. - Ista autem perfectio ad
angelos quidem derivatur, secundum quod omnia sunt in eorum
cognitione quae sunt a Deo in natura producta, per formas diver-
sas. - Ad hominem vero derivatur inferiori modo huismodi per-
fectio. Non enim in sua cogniHone naturali habet omnium natura-
lium notitiam; sed est ex rebus omnibus quodammodo compooitus,
dum de genere spiritualium substantiarum habet in se animam ra-
tionalem, de similitudine vero caelestium corporum habet elonga-
tionem a contrariis per maximam aequalitatem complexionis, ele-
rnenta vero secundum subs1antiam. Ita tamen quod superiora ele-
menta praedorninantur in eo secundum virtutem, sdlicet ignis et
aer: quia vita praecipue consistit in ealido, quod est ignis, et hu-
rnido, quod est aeris. Interiora vero elernenta abundant in eo secun-
dum substantiarn: aliter enim non posset esse mixtionis aequalitas,
nisi interiora elementa, quae sunt minoris virtutis, secundum quan-
titatem in homine abundarent. Et ideo dicitur corpus hominis de
limo terrae formatum: quia limus dicitur terra aquae permixta. -
Et propter hoc homo dicitur "minor mundus », quia omnes creatu-
rae mundi quodammodo inveniuntur in eo.
An PRIMUM F.RGo DICENDUM quod virtus Dei creantis manifestata
est in corpore hominis, dum eius materia est per creationem pro-
ducta. Oportuit autem ut ex materia quatuor elementorum fieret cor-
pus humanum, ut homo haberet convenientiam cum inferioribus cor-
poribus, quasi medium quoddam existens inter spirituales et cor-
porales substantias.
An SECuNDUM DICENDUM quod, quamvis corpus caeleste sit simpli-
citer nobilius terrestri corpore, tamen quantum ad actus animae
rationalis, est minus conveniens. Nam anima rationalis accipit no-
titiam veritatis quodammodo per sensus; quorum organa formari
non possnnt ex corpore caelesti, cum sit impas.si-bile. - Nec est verum
quod quidam dicunt aliquid de quinta essentia materialiter ad com-
positionem humani corporis advenire, ponentes animam uniri cor-
pori mediante quadam luce. Primo enim, falsum est quod dicunt,
lucem esse corpus. Secundo vero, impossibile est aliquid de quinta
essentia vel a corpore caelesti dividi, ve1 elementis permisceri, prop-
ter caelestis corporis impassibilitatem. Unde non venit in composi-
tionem mixtorum corporum, nisi secundum suae virtutis effectum.
An TERTIUM DICENDUM quod, si ignis et aer, quae sunt maioriis vir-
tutis in agendo, etiam secundum quantitatem in compositione hu-
mani corporis abundarent, omnino ad se traherent alia, et non pos-
set fieri aequalitas commixtionis, quae est necessaria in composi-
ti-eme hominis ad bonitatem sensus tadus, qui est fundamentum sen-
suum aliorum. Oportet enim organum cuiuslibet sensus non habere

parte materiale di questo microcosmo. Oggi le scienze positive ci poS&Ono offrire


b{'n altri sussidi, per ammirare questa meraviglia dell"universo cl1e è !"organismo
umano.
a I naturalisti antichi erano persuasi che I corpi celesti fossero di una materla
particolaPe, incorruttibile, che chiamavano •quinta essenza"· per distinguerla dai
quattro elementi.
178 I.A SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, aa. 1-2
fatti è necessario che l'organo di ciascun senso non contenga già in
sè, attualmente, quei contrari che esso è ordinato a percepire ; ma
che li abbia solo allo stato potenziale. Quindi, o sarà assoluta-
mente privo di tutto un genere di contrari, come la pupilla è priva
del colore per poter percepire tutti i colori: cosa impossibile per
l'organo di tatto, che è composto di quegli elementi dei quali per-
cepisce le qualità; oppure l'organo sarà un dato intermedio tra i
contrari, come deve avvenire per il tatto: infatti l'intermedio è in
qualche modo in potenza rispetto agli estremi.
4. Nel fango della terra è indicata e la terra e l'acqua, la quale
appunto conglutina le parti della terra. La Scrittura non fa men-
zione degli altri elementi, sia perchè si trovano in minore quantità
nel corpo umano, come abbiamo spiegato, sia perchè la Scrittura,
destinata a un popolo ignorante, non ricorda nell'opera della crea-
zione universale il fuoco e l'aria, che sfuggono alla percezione sen-
sibile dei semplici.

ARTICOLO 2
Se U corpo umano sia stato prodotto immediatamente da Dio. 1

SEMBRA che il corpo umano non sia stato prodotto immediatamente


da Dio. Infatti:
1. S. Agostino insegna che Dio dispone degli esseri corporei per
mezzo delle creature angeliche. Ora, il corpo umano fu formato
di materia corporea, come abbiamo dimostrato. Esso quindi do-

1 Nel medioevo il problema presentava delle difficoltà che cl fanno sorridere.


Il pensiero cristiano aveva allora dinanzi le pratese del neoplatonismo arabo, che
voleva attrlbulre la produzione del corpo umano alle so-stanze separate, ossia agli
angeli. Ogll'I Invece si llefi5a di attribuire l'origine del nostro organismo a un pro-
cesso evolutivo, eh& avrebbe come punto di partenza gli animali bruti. - S. Tom-
maso, da un punto dl vista schiettamente ftlosotlco, respinge la possibilità del-
1' lmervent.o ùl una causa seconda nella prima r1roùuzione dell'organismo umano.
Il suo r:igionamt>nlo l! hnpo5tato sulla legge delle proporzioni tra causa ed effetto.
Non è possihile attribuire la produzione del ·corpo umano a creature spirituali,
perchè sono J!Ure torme, mentre il prodotto in questione è un composto di forma
e di materia, l'e~~ere del quale non si concepisce neppure fuori della materia.
Nou è possibile attribuire tale produzione a un composto di materia e !orma che
non sia 1'1101110, perchè C10n cl saret1be proporzione tra generante e generato.
Non c'è Il minimo dubbio che le due prove vogliono essere apodittiche; e lo
sono di fatto, perché altrimenti verrebbe posto in discussione, o 11 principio di
causalità, o la su11eriorità specifica e sostanziale dell'uomo sulle bestie, come
fanno tranf]ui!Jamente I trasformisti. - J..e teorie evoluzioniste trovano un'efficace
confutazlone nel campo stesso delle scienze posltive: !) Va tenuto presente che
la teoria evoluzionista è nata nel!' ignoranza completa delle leggi che regolano
l'origine della vita e la propagazione delle specie {Lamarck e Darwin ammette-
vano ancora la generazione sPontanea, e non conoscevano affatto le leggi di Men-
del). 2) Le prove strettamente sperimentali invocate dal creatori dell'evoluzioni-
smo, cioè quelle tratte dalla sistematica e dalla embriologia, sono ormai consi-
derate del tutto inconcludenti, e persino •controproducenti " dai più qualifica.ti
naturalisti moderni. 3) Le prove tratte dalla paleontologia dimostrano soltanto che
nel mondo c' è stata l'estinzione di determinate specie di viventi, e non pochi fe-
nomeni di adattamento nelle specie che esistono tuttora.· Anche la specie umana,
come risulta dai resti di epoche antichissime, ha subito alterazioni considerevoli.
Ma finora nessun tossile rinvenuto può considerarsi una prova positiva che sia esi-
stito un anello di congiunzione tra l'animale bruto e l'homo saptens. 4) Non è
L'ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 179

in actu contraria quorum sensus est perceptivus, sed in potentia


tantum. Vel ita quod omnino careat toto genere contrari-0rum, sicut
pupilla caret colore, ut sit in potentia ad omnes colores: quod in
organo tactus non erat possibile, cum sit compositum ex elementis,
quorum qualitates percipit tactus. Vel ita qu-0d organum sit medium
inter contraria, ut necesse est in tactu accidere: medium enim est
quodammodo in potentia ad extrema.
AD QUARTUM DICENDUM quod in limo terrae est terra, et aqua con.
glutinans partes terrae. De aliis autem elementis Scriptura mentio-
nem non fecit, tum quia minus abundant secundum quantitatem in
corpore hominis, ut dictum est [in corp.]; tum etiam quia. in tota
rerum productione, de igne et aere, quae sensu non percipiunt.ur a
rudibus, mentionem non feeit Scriptura, quae rudi populo trade-
batur.

ARTICULUS 2
Utrum corpus humanum sit immediate a Deo productum.
Infra, q. 92, a. 4.

AD SECIJNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod corpus humanum non


sit immediate a Deo productum. Dicit enim Augustinus, in 3 De
Trin. [c. 4), quod corporalia disponuntur a Deo per angelicam crea-
turam. Sed corpus humanum forma.tum fuit ex materia corporali,

escluso che resti umani, attestanti l'esistenza. di uomini nello stato attuale di strut-
tura, siano anche più antichi di quelll elle ordinariamente vengono classificati
come più vicini alle specie inferiori. Niente perciò impedisce di pensare elle certe
variazioni siano fenomeni degenerativi piuttosto che evolutivi. 5) La molteplicità
delle temie evoluzioniste, con la reciproca incompossibilìtà, dimostra la precarietà
dei dati positivi sul quali esse si fondano. 6) È un fatto certo che alcune specie,
conosciute dalle più remote età geologiche, non hanno subito nessuna evoluzione.
A ragione perciò S. S. Pio XII pot.eva afferm;ue il 30 novembre 1941: "Le molte-
plici ricerche sia della paleontologia che della biologia e della morfologia su altri
p1·01Jlenn riguardanti le origini dell'uomo non hanno finora apportato nulla di
positivamente chiaro e certo'" (A. A. S., 1\!41, p. 506).
Nonostante questo molti pensatori cattolici si sono posta la domanda, se esiste
la possibilità di una soluzione evoluzionista dell'origine umana, ammettendo però
l' intervento di Dio per quanto riguarda l'anima spirituale. A questo proposito
troviamo in sostanza tre opinioni. Cl sono degli studiosi, i quali negano la possi-
bilità fisica, pur ammettendo la possibilitil metafisica [cfr. ZACCHI A., L'uomo,
vol. Il, Roma, 1946, p, 98). Altri invece negano persino questa. posslbilitil (cfr. RUF-
FINI E., La teoria della evoluzione secondo la scienza e la fede, Roma, 1948,
ip. 175 ss.). E e' è clii è favorevole a un evoluzionismo finalistico-teistico (cfr. l\IAR-
cozz1 V., Evolwiane o creazione?, Milano !DliR, pp. 20J ss.). Questi ultimi devono
1J€rò faticare non poco, per convincere gli evoluzionisti radicali elle l'evoluzioni-
smo da essi prcspettato è una vera teoria trasformista. Infatti l'intervento di Dio,
invocato all'ultimo momento, ha qui del miracoloso; e ha tutta l'aria di essere
un espediente per togliersi d'imbarazzo. A conti fatti, Dio, nel caso, dovrebbe ope-
rare una transustanziazione; perchè un corpo di animale irragionevole è sostan-
zialmente diverso da un corpo umano, anche se per la figura esterna avesse rag-
giunto una forte somiglianza. Ci sembra quindi più ragionevole impugnare il prin-
cipio tuosofico del tra&formlsmo, e non accettare per principio le teorie da esso
cterivate nel campo delle scienze positive. I fatti possono e debbono essere studiati
senza timore alcuno; ma la loro interpretazione ·non d.eve essel'e imPoStata secondo
uno schema ormai antiquato, e ligio a preconcetti inaccettabili.
180 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. !)1, a. 2

vette essere prodotto per mezzo degli angeli, e non immediatamente


da Dio.
2. Ciò che puù essere prodotto da una virtù creata non è neces-
sario che sia fatto immediatamente da Dio. Ora, il corpo umano
può essere prodotto dalla virtù creata dei corpi celesti. Vediamo
infatti che certi animali sono generati dalla putrefazione, per la
potenza attiva degli astri; Albumasar 1 poi afferma che non si ha
generazione umana nelle regioni troppo calde o troppo fredde, ma
solo in quelle temperate. Non era perciò necessario che il corpo
umano venisse formato immediatamente da Dio.
3. Tutto quello che vien tratto da.Ila materia corporea deriva da
una trasmutazione della materia. Ora, ogni trasmutazione corpo-
rea è causata da quel moto dei corpi celesti, che è il primo fra
tutti i moti. Essendo dunque il corpo umano prodotto dalla materia
corporea, è evidente che i corpi celesti devono aver cooperato alla
sua formaziO'lle.
4. Dice S. Agostino che nell'opera dei sei giorni il corpo umano
fu prodotto soltanto net suoi principii causali, inseriti da Dio nel
m{Jndo corporeo·; e che in seguito venne formato in mani.era at-
tuale. Ora, le cose che preesistono nei corpi secondo le ragioni semi-
nali possono e&Ser p.rodotte dalla virtù di determinati esSBri cor-
porei. Dunque il corpo umano fu prodotto da una virtù creata e
non immediatamente da Dio.
IN CONTR~RIO: Sta scritto: cc Dio creò l'uomo dalla terra n.
RISPONDO: La prima formazione del corpo umano non poteva de-
rivare da una virtù creata, ma doveva derivare immediatamente da
Dio. Ci furono però alcuni i quali ritenevano che le forme materiali
provenissero da qualche forma immateriale. Ma il FHosofo confuta
siffatta teoria, osservando che il divenire propriamente non è da at-
tribuirsi a!l<; forme, bensì ai composti, come abbiamo già spiegato.
E siccome la causa agente deve essere simile agli effetti prodotti,
non è ammissibile che una forma pura, priva di materia, produca
una forma che ha la sua esistenza nella materia, e che diviene
attuale solo per il fatto che lo diviene il composto. Perciò la causa
di una forma che ha la sua esistenza nella materia deve essere ri-
cercata in una forma esistente nella materia; cosicchè un composto
sarà generato da un altro composto. Dio però, sebbene sia del tutto
immateriale, tuttavia è il solo che possa con la sua virtù produrre
per creazione la materia. E quindi appartiene a lui soltanto pro-
durre la forma nella materia, senza l'aiuto di una precedente forma
materiale. :E queStta la ragione per cui gli angeli non possono pro-
durre nei corpi una mutazione di forma, senza servirsi di germi
determinati, come si esprime S. Agostino. - Ma siccome [ali' inizio]
non vi era mai stata la formazione di un corpo umano, il quale
potesse, con la sua virtù e per via di generazione, formarne un altro
di specie simile, era necessario che il corpo del primo uomo fosse
formato immediatamente da Dio.•

i Abu-Ma'shar, celehre naturalista e astronomo arabo,· morto nell" 885.


• Sehbene S. Tommaso neghi cosi recisamente la capacità d.l una creatura, fosse
pure l'angelo più sublime, a produrre come causa seconda il corpo umano, qual-
cuno ha pensato di valersi della sua autoMtà per sostenere il trasformismo, sia
pure arldome3ticato. Si è fatto ricorso al seguente brano della Summa Contra Gen-
L'ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 181
ut dictu.m est [a. praec.]. Ergo debuit produci mediantibus angelis,
et non immediate a Deo.
2. PRAETEREA, quod fieri potest virtute creata, non est necessariuro
quod immediate producatur a Deo. Sed corpus humanum produci
potest per virtutem creatam caelestis oorpori.s: nam et quaedam ani-
malia ex putrefactione generantur per virtutem activam corporis
caelestis ; et Albumasar dicit quod in locis in quibus nimis abundat
calor aut frigus, homines non generantur, sed in locis temperatis
tantum. Ergo non oportuit quod immediate corpus humanum for-
maretur a Deo.
3. PRAETEREA, nihil fìt ex materia corporali nisi per aNquam mate-
riae transmute.tionem. Sed omnis tl"ansmutatio corporalis causatur
ex motu caeJestis corporis, qui est primus motuum. Curo igitur
corpus humanum sit productum ex materia corporali, videtur quod
ad eiius formationem aliquid operatum fuerit corpus caeleste.
4. PRAETREA, Augustinus dicit, 7 Super Gen. ad Wt. [c. 24], quod
homo factus est secundum corpus, in operibus sex dierum, secun-
dum causales rationes quas Deus inseruit creaturae corporali; post-
modum vero fuit formatum in acttL Sed quod praeexistit in corpo-
rali creatura secnndum ca.usaJes rationes, per aliquam virtutem
corpoream produci potest. Ergo corpus humanum productum est
aliqua virtute creata, et non immediate a Deo.
SED CONTRA EST quod didtu.r Ecdi. 17, 1: u Deus de terra creavit
hominem».
RESPONDEO DICENDUM quod prima formatio huma.ni corporis non
potuit essie per aliquam virtutem creatam, sed immediate a Deo.
Posuerunt siquidem aliqui formas quae sunt in materia corporali,
a quibusdam fo.rmis immatr;rialibus derivari. Sed hanc opinionem
repellit Philosophus, in 7 M ~taphys. [cc. 8, 9, lect. 7, 8], per hoc quod
formis non competit per se fieri, sed composito, ut supra [q. 45,
a. 8; q. 65, a. 4; q. 90, a. 2] expositum est ; et quia oportet agens
esse simile facto, non convenit quod forma pura, quae est sine ma-
teria, pro<lucat formam quae es.t in materia, qua.e non fit nisi per
hoc quod compositum fit. Et ideo oportet quod forma quae est in
materia, sit causa formae quae est in materia, secundum quod com-
positum a composito generat~1lf. Deus autem, quamvis omnino sit
immaterialis, tamen solus est qui sua virtute rnateriam producere
potest creando. Unde ipsius solius est formam producere in mate-
ria absque adminiculo praecedentis formae materialis. Et propter
hoc, angeli non possunt trans.mutare corpora ad forrnam aliquam,
nisi adhibitis serninibus quibusdam, ut Augustinus dicit in 3 De
Trin. [cc. 8, 9]. - Quia igitur corpus humanum nunquam formatum
fuerat, cuius virtute per viam generationi.s aliud simile in specie
forrnaretur, necesse fuit quod prirmum corpus hominis immediate
formaretur a Deo.

tiles: "E neceosario che la tendenia della materia verso la forma si volga, come
al 5UO ultimo fine nelJ'ordJine della ge!lerazione, verso l'atto ultimo e più perfetto
che essa possa conseguire. Infatti, per cominciare, la materia pMma è in potenza
alla forma degli elementi ; e, sott-0 Ja forma degli elementi, a quella del misto: co-
sicchè gli elementi sono la materia del corpo misto. C-Onsiderata poi ootto la forma
del misto, è in p-0tenza all'anima vegetativa: difatti un corpo di questo genere ha
come suo atto un'anima. Ora, l'anima vegetativa è in potenza alla sensitiva, e la
sensitiva ali' intellettiva. E que<.t-0 lo dimostrano le varie fasi della generazi-One:

12 - VI
182 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, aa. 2-3

SOU.JZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. E vero che gli angeli prestano a


Dio il loro ministero in ciò che riguarda i corpi ; Dio però compie
nel mondo corporeo certi effetti, che non sono assolutamente pos-
sibili agli angeli, come risuscitare i morti e ridare la vista ai cie-
chi. Ora, in forza di questa sua onnipotenza, Dio formò il corpo
del primo uomo dal fungo della terra. - È possibile però che gli
angeli abbiano prestato qualche ministero anche nella formazione
del corpo del primo uomo, analogo a quello che essi compiranno
nella resurrezione finale col raccogliere le ceneri.
2. Gli animali perfetti, generati da un seme, rnm possono essere
generati per virtù dei corpi celesti, come fantasticava Avicenna,
sebbene quella virtù possa cooperare ana loro generazione natu-
rale, secondo quell'espressione del Filosofo: «l'uomo, nonchè 'il
sole, genera l'uomo dalla materia». Ecco perchè si esige la zona
temperata, per la generazione dell'uomo e degli altri animali per-
fetti. - Basta invece la virtù dei corpi celesti, per procurare la ge-
nerazione di certi animali imperfetti da una materia adatta; è
C'hia.ro infatti che richiede di più la produzione di un essere per-
fetto che quella di un essere imperfetto.
3. Il moto dei cieli è causa delle trasmutazioni naturali, non già
di quelle che sorpassano l'ordine naturale, e sono dovute alla sola
potenza divina, come risuscitare i morti e ridare la vista ai ciechi.
La formazione dell'uomo dal fango della terra è un fatto di questo
genere.
4. Due sono i modi secondo i quali una creatura può considerarsi
preesistente nei suoi principii causali. Primo, in rapporio sia alla
potenza attiva che a quella passiva: in maniera cioè che la sua
attitudine ad essere prodotta non dipenda solo dal preesistere della
materia, ma anche dalla preesistenza di una creatura capace di
produrla. Secondo, in rapporto alla sola potenza passiva: per il
fatto cioè che Dio ha la capacità di produ.rla da una m1'teria pree-
sistente. E questa per S. Agostino sarebbe stata la preesistenza del
corpo dell'uomo nel creato, secondo i principii causali. 1

ARTICOLO 3
Se al corpo dell'uomo sia stata data una disposizione conveniente.

SEMBRA che al corpo dell'uomo non sia st:ita data una disposi-
zione conveniente. Infatti:
1. Essendo l'uomo l'animale più nobile, il suo corpo doveva avere
la migliore disposizione per quelle operazioni che sono proprie del-

Infatti nella g>enM"azione da principio troviamo che il feto vive la viia della pianta,
dopo quella dell'animale, e finalmente Quella de;r·uomo .... "· (S Cont. Gent., c. 2-2).
come dice tiene il Card. Rnilìni, "addurre quel test-0 a conferma, anclle solo in-
diretta, della teoria evoluzioriistic...'l, è lo st.c:sw che travisarne il senso '' (op. cit.,
p. 168). Difatti in esso i! Dott{)re Ang·cJico non vuole assolutamente pnrlare ài po-
tenza attiva, cioè à-i effettiva capacità dcli.a materia a prodursi in quegli atti suc-
cesf>iV·i ; ma di pura potenza passwa. " In appm"Cnza, os...<erva con finezza 11 Card.
Ruffini, nulla è più favorevole all'evoluzionismo del principio scolastic-0, formae
educuntur e potentia matertae, ma in realtà nulla vi è di più oontra.ri-0" (U1tà.,
p, 169).
L' ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 183
AD 'PRIMUM ERG-O DICENDUM quod, etsi angeli aliquod ministerium
Deo exhibeant in his quae circa corpora operatur; aliqua tamen
Deus in creatura corporea facit, quae nullo modo angeli facere pos-
sunt; sicut quod suscitat mortuos, et illuminat caecos. Secundum
quam virtutem etiam corpus primi hominis de limo terrae forma-
vit. - Potuit tamen fieri ut aiiquod ministerium in formatione cor-
poris primi hominis angeli exhiberent; sicut exhibebunt in ultima
resurrectione, pulveres colligendo.
AD SF.CUNDUM DICENDUM quod animalia perfecta, quae generantur
ex semine, non possunt generari per solam virtutem caelestis cor-
poris, ut Avicenna fingit; licet ad eorum generationem natura.lem
cooperetur virtus caelestis corporis, prout Philosophus dicit, in
2 Physic. [c. 2, lect. 4), quod u homo generat hominem ex materia,
et sol"· Et exinde est quod exigitur locus temperatus ad genera-
tionem hominum et alionnn animaJium perfectorum. - Sufficit au-
tem virtus caelestium corporum ad generandum quaedam animaJia
imperfectiora ex materia disposita: manifestum est enim quod plura
requiruntur ad productionem rei perfedae, quam ad p.roductionem
rei imperfectae.
AD TERTIUM DICENDUM quod motus caeli est causa transmutationum
naturalium: non tamen transmutationum quae fìunt praeter naturae
ordinem, et sola virt.ute divina, sicut quod mortui resuscitantur,
quod caeci illuminantur. Quibus est simile quod homo ex limo
terrae formatur.
AD QUARTtJM DICENffCM quod secundum rationes causales in crea-
turis dicitur aliquid praeexistere dupliciter. Uno modo, secundum
potentiam activam et passivam: ut non solum ex materia praeexi-
stenti fieri possit, sed etiam ut aliqua praeexistens creatura hoc fa-
cere possit. Alio modo, secundum potentiam passivam tantum: ut
scilicet de materia praeexistenti fieri possit a Deo. Et hoc modo,
secundum Augustinum, corpus hominis praeextitit in operibus p.ro-
duct.is secundum causales rationes.

ARTICULUS 3
Utrum corpus hominis habuerit convenientern dispositionem.
11-11, q. 16>, a. 2, ad 1; De Malo, q. 5, a. 5; De Antma, a. S.

AD TERTITJM src PROCF.DITliR. Videtur quod corpus hominis non ha-


buerit convenientem dispositionem. Cum enim homo sit nobilissi-
mum animalium, corpus hominis debuit esse dispositum optime ad
ea quae sunt propria animalis, scilicet ad sensum et motum. Sed
i La spiegazione di S. Tommaso certamente corrisponde assai meglio al pensiero
di S. Agostino che quella tentata dai trasformisti cristiani. - " La dottrina agosti-
niana <I.elle ragioni seminali, scrive Gilson, ha una funzione oompletamente di-
versa da quella che talora si pensa di attribuirle. Lungi dall'essere invocate per
giustificare l'apparizione di qualche cosa di nuovo, come potrebbe essere una evo-
luzione creatrice, esse servono a provare che quanto sembra esser nuovo effettiva-
mente non lo è, e che, malgrado le apparenze, rimane vera l'atrerm.azione che Dio
creavi! omnta stmu.l. Per questo, invece di condurre all'Ipotesi di un qualsiasi
trasformismo, le ragioni semlnali sono costantemente invocate da. Agostino per
render ragione della fissità delle spe.cle ,, (GILSON E., Introductton à l' étucte de
S. Augustt11, Parigi, 1929, p. 263).
184 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, a. 3

l'animale, cioè per la sensibilità e per il moto. Ora, vi sono degli


animali che hanno una sensibilità più raffinata, e un moto più ve-
loce dell'uomo: i cani, p. es., hanno un odorato più fine, e gli
uccelli una maggiore velocità. Dunque il corpo umano non ha le
disposizioni più convenienti.
2. E perfetto quell'essere che non manca di niente. Ma al corpo
umano mancano più cose che a quello degli altri animali, i quali,
a. differenza dell'uomo, possiedono per loro protezione rivestimenti
e armi naturali. Perciò il corpo dell'uomo ha una disposizione molto
imperfetta.
3. L'uomo è più distante dalle piante che dagli animali. Ora, le
piante hanno una disposizione verticale, mentre gli animali l'hanno
orizzontale. Quindi l'uomo non doveva avere una posizione verti-
cale.
IN CONTRARIO: Sta scritto: cc Dio fece l'u-0mo retto"·
RISPONDO: Tutti gli esseri della natura sono st~ti prodotti dal-
l'arte divina; quindi, in qualche modo, sono le opere di Dio. Ora,
ogni artefice tende a conferire alla sua opera la migliore disposi-
zione, non in senso assoluto, ma in rapporto al fine voluto. E se una
tale disposizione comporta qualche difetto, egli non se ne cura. Così
l'artigiano che fabbrica una sega per segare, perchè sia adatta a
segare, la fa di ferro; e non pensa a farla di vetro, che pure è una
materia più bella, perchè la bellezza sarebbe un impedimento per
raggiungere lo scopo. - Analogamente Dio conferi ad ogni essere
naturale, non in senso assoluto, ma in rapporto al suo fine, la di-
sposizione migliore. Ed è quello che dice il Filosofo: cc L'essere in
tal modo è cosa più degna, non in senso assoluto, ma in ordine alla
natura di ogni cosa n.
Ora, scopo immediato del corpo umano sono l'anima intellettiva
e le sue operazioni; la materia infatti è per la forma, e gli stru-
menti sono per le operazioni della causa agente.. Dico dunque che
in vista di tale forma e di siffatte operazioni, Dio diede al corpo
umano la disposizione migliore. E se nel corpo umano si riscon-
trano dei difetti, si osservi che quei difetti sono connessi con la ma-
teria richiesta al raggiungimento di quell'equilibrio fisico, neces-
sario all'anima e alle sue operazioni.'
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il tatto, che è il fondamento degli
altri sensi, è più perfetto nell'uomo che in qualsiasi altvo animale:
e per questo era necessario che l'uomo, fra tutti gli altri animali,
possedesse una. complessione temperatissima. L'uomo del resto su-
pera tutti gli altri animali per le potenze sensitive interiori, come
si è visto. - La sua inferiorità per alcuni sensi esterni è dovuta
alla necessità [di assicurare certe funz.ioni]. L'uomo, p. es., ha l'ol-
fatto meno perfetto di ogni altro animale. E difatti era necessario
che l'uomo, più di tutti gli altri animali, avesse, rispetto al corpo,
il cervello più voluminoso: sia perchè vi si svolgessero con più agio
le operazioni delle facoltà sensitive interiori, necessarie, come si è
detto, alle attività intellettuali; sia perchè la frigidità del cerebro
temperasse il calore del cu°'re, necessariamente abbondante nel-
l'uomo per assicurare il portamento eretto. Ora, la voluminosità del

1 L'articolo serve a completare il quadro che l'Autore possedeva sulla strùttura


dell'essere umano. Se vogliamo qui nel Rispondo egli rimane nel generico; rua la
L'ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 185

quaedam animalia inveniuntur acutioris sensus quam homo, et ve-


locioris motus ; sicut canes melius odorant, et aves velocius moven-
t ur. Ergo corpus hominis non est convenienter dispositum.
2. PRAETEREA, perfectum est cui nihil deest. Sed · plura desunt hu.
mano corpori quam corporibus aliorum animalium, quae habent te.
gumenta et arma naturalia ad sui protectionem, quae homini de-
sunt. Ergo corpus humanum est imperfectissime dispGsitum.
3. PRAETEREA, homo plus distat a plantiS' quam ab animalibus bru-
tis. Sed plantae habent staturam rectam ; animalia autem bruta
pronam. Ergo homo non debuit habere staturam rectam.
SED CONTRA EST quod dicitur Eccle. 7, 30: « Deus fecit hominem
rectum "· ·
REsPONDEO DICENDUM quod omnes res naturales productae sunt ab
arte divina: unde sunt quodammodo artificiata ipsius Dei. Quilibet
autcm artifex intendit suo operi dispositionem optimam inducere,
non simpliciter, S'ed per comparationem ad finem. Et si talis dispo-
sitio habet secum adiunctum aliquem defectum, artifex non curat.
Sicut artifex qui facit serram ad secandum, facit eam ex ferro, ut
sit idonea ad secandum; nec curat eam facere ex vitro, quae est
pukhrior materia, quia talis pulchritudo esset impedimentum finis.
- Sic igitur Deus unicuique rei naturali dedit optimam dispositio-
nem, non quidem simpliciter, sed secundum ordinem ad proprium
finem. Et hoc est quod Philosophus dicit, in 2 Physic. [c. 7, lect. 11]:
"Et quia dignius est sic, non tamen simpliciter, sed ad uniuscuius-
que substantiam ».
Finis autem proximus humani corporis est anima rationalis et
operationes ipsius: materia enim est propter formam, et inS'tru-
menta propter actiones agentis. Dico ergo quod Deus instituit cor-
pus humanum in optima dispositione secundum convenientiam ad
talem formam et ad tales operationes. Et si aliquis defectus in di-
spositione humani corporis esse videtur, considerandum est quod
talis defectus sequitur ex necessitate materiae, ad ea quae requi-
runtur in corpore ut sit debita proportio ipsius ad animam et ad
animae operationes.
An PRnfuM ERGO DICENDTJM quod tactus, qui est fundamentum alio-
rum sensuum, est perfectior in homine quam in aliquo alio ani-
mali: et propter hoc oportuit quod homo haberet temperatissimam
complexionem inter omnia animaEa. Praecedit etiam homo omnia
alia animalia, quantum ad vires sensitivas interiores; sicut ex su-
pra [q. 78, a. 4] dictis apparet. - Ex quadam autem necessitate con-
tingit quod, quantum ad aliquos exteriores sensus, homo ab aliis
animalibus defìciat. Sicut homo, inter omnia animalia, hahet pessi-
mum olfactum. Necessarium enim fuit quod homo, inter omnia ani-
malia, respectu sui corporis haberet maximum cerebrum: tum ut
liberiuS' in eo perficerentur operationes interiorum virium sensiti-
varum, quae sunt necessarie ad int.ellectus operationem, ut supra
[q. 84, a. 7] dictum est; tum etiam ut frigiditas cerebri temperaret
calorem cordis, quem necesse est in homine abundare, ad hoc quod
homo sit rectae staturae. Magnitudo autem cerebri, propter eius

saggezza che regola questi motivi li rende eternam"lnte validi, nonostante il nau-
fragio di certe loro applicazioni particolari, tentate nella soluzione aelle attrt-
col!à.
186 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, a. 3

cerebro, a causa della sua umidità, è di ostacolo all'olfatto che ri-


chiede l'asciutto. - Parimente, se si domanda perchè certi animali
hanno la vista più acuta e l'udito più fine, si può rispondere che
il perfetto equilibrio della sua comp1essione impedisce nell'uomo
l'eccellenza di questi sensi. La medesima ragione vale a spiegare
come mai certi animali sono più veloci dell'uomo, il cui equilibrio
di complessione è di ostacolo a una velocità troppo accentuata.
2. Le corna e gli artigli, che sono le armi di certi animali, come
pure lo spessore della pelle e l'abbondanza dei peli e delle piume
che li proteggono, dimostrano una prevalenza dell'elemento terra,
che è in contrasto con l'equilibrio e la delicatezza della comples-
sione umana. Perciò tali cose non si addicono all'uomo. In com-
penso l'uomo possiede la ragione e le mani, con le quali può prov-
vedersi di armi, di vesti e di tutte le cose necessarie alla vita in
una infinità di modi. Tanto è vero che la mano è chiamata da
Aristotele «l'organo degli organi'" Era del resto tanto più propor-
zionata alla creatura ragionevole, capace di concetti infiniti, l'at-
titudine a procurarsi un numero infinito di strumenti.
3. Era conveniente, pe.r quattro motivi, che l'uomo avesse un por-
tamento eretto. Primo, perché all'uomo sono stati dati i sensi, non
soltanto per procurarsi il necessario alla vita, come agli altri ani-
mali, ma anche clirettamente per conoscere. Difatti, mentre gli ani-
mali gustano i dati sensibili solo in .ordine agli alimenti e ai pia-
ceri sensuali, l'uomo soltanto gusta la bellezza medesima delle cose
sensibili per se stesse. E siccome i sensi in modo particolare sono
localizzati sulla faccia, gli altri animali hanno la faccia rivolta
alla terra come per cercare il cibo e provvedersi del vitto; l'uomo
invece ha la faccia sollevata, perchè con i sensi possa conoscere
liberamente da ogni parte, specialmente con la vista, che è il senso
più acuto e più universale, le cose sensibili, tanto celesti che terre-
stri, e raccogliere così da tutte le verità di ordine intellettivo. 1 - Se-
condo, perchè le facoltà interiori siano più libere nelle loro opera-
zioni ; poichè il cervello, in cui esse si svolgono, non è compresso,
ma elevato su tutte le parti del corpo. - Terzo, perchè se l'uomo
avesse una posizione orizzontale, dovrebbe adoprare le mani come
piedi anteriori. E quindi verrebbe a cessare l'attitudine delle mani
a compiere tante opere diverse. - Quarto, perchè se l'uomo avesse
una posizione orizzontale e usasse le mani come piedi anteriori,
dovrebbe afferrare il cibo con la bocca. In tal caso dovrebbe avere,
come gli altri animali la bocca bislunga, le labbra dure e massicce
e dura anche la lingua, per evitare lesioni da parte di oggetti este-
riori. Ora, una siffatta disposizione impedirebbe totalmente la lo-
quela, che è l'opera propria della ragione.
L'uomo però, pur avendo un portamento eretto, è distante al mas-
simo dalle piante. L'uomo infatti ha la sua parte superiore, cioè
il capo, rivolta verso la parte superiore del mondo, e ha la sua
parte inferiore rivolta verso la parte inferiore del mondo: ha quindi
la disposizione più ordinata rispetto all'universo. Le piante invece
hanno la loro parte più importante rivolta verso la parte più bassa
del mondo (poichè le radici corrispondono alla bocca), mentre la

' Questo primo motivo è fondrummtale, ed è infinitamente più ragionevole una


tale spiegazione di quella escogitata da certi cultori moderni di antropologia ; J
L' ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 187

humiditatem, est impedimentum 0lfactus, qui requirit siccitatem. -


Et similiter potest assignari ratio quare quaedam animalia sunt acu-
tioris visus et subtilioris auditus quam homo, propter impedimen-
tum horum sensuum quod necesse est consequi in homine ex per-
feda complexionis aequalitate. Et eadcm etiam ratio est assignanda
de hoc quod quaedam animalia sunt homine velociora, cui excel-
lentiae velocitatis repugnat aequalitas humanae complexionis.
An SECL'NDUM DICENDUM quoo cornua et ungulae, quae sunt quo-
rundam animalium arma, et spissitudo corii, et multitudo pilorum
aut plumarum, quae sunt tegumenta animalium, attestantur abun-
dantiae. terrestris elementi; quae repugnat aequalitati et teneritu-
dini complexionis humanae. Et ideo haec homini non competebant.
Sed loco horum habet rationem et manus, quibus potest parare sibi
arma et tegumenta et alia vitae necessaria, infinitis modis. Unde et
manus, in 3 De A.nima [c. 8, lect. 13], dicitur cc organum organo-
rum "· Et hoc etiam magis competebat rationali naturae, quae est
infinitarum conceptionum, ut haberet facultatem infinita instru-
menta sibi parandi.
An TERTIUM DICENDUM quod habere staturam rectam conveniens
fuit homini propter quatuor. Primo quidem, quia sensus sunt dati
homini non solum ad vitae necessaria procuranda, sicut aliis ani-
malibus ; sed etiam ad cognoscendum. Unde, cum cetera animalia
non delectentur in sensibilibus nisi per ordinem ad cibos et vene-
rea, solus homo delectatur in ipsa pulchritudine sensibilium secun-
dum seipsam. Et ideo, quia sensus praecipue vigent in facie, alia
animalia habent faciem pronam ad terrarn, quasi ad cibum quae-
rendum et providendum sibi de victu: homo vero habet faciem
erectam, ut per sensus, et praecipue per visum, qui est subtilior
et plures differentias rerum ostendit, libere possit ex omni parte
sensibilia cognoscere, et caelestia et terrena, ut ex omnibus intelli-
gibilem coUigat veritatem. - Secundo, ut interiores vires Iiberius
suas operationes habeant, dum cerebrum, in quo quodammodo per-
fìciuntur, non est depressurn, sed super omnes partes corporis ele-
vatum. - Tertio, quia oporteret quod, si homo haberet pronarn sta-
turarn, uteretur manibus loco anteriorum pedum. Et sic utilitas
manuum ad diversa opera perficienda cessaret. - Quarto, quia, si
haberet pronam staturarn, et uteretur manibus loco anteriorurn pe-
dum, oporteret quod cibum ca.peret ore. Et ita haberet os oblon-
gum, et labia dura et grossa, et linguam etiam duram, ne ab exte-
rioribus laederetur, sicut patet in aliis animalibus. Et talis disposi-
tio ornnino impediret locutionem, quae est propriurn opus rationis.
Et tamen homo staturam rectam habens, maxirne distat a plan-
tis. Nam homo habet superius sui, idest caput, versus superius
mundi, et inforius sui versus inferius mundi: et ideo est optime
dispositus secundum dispositio·nem totius. Plantae vero ha.bent su-
perius sui versus inferius mundi (nam radices sunt ori proportio-

quali spiegano il portamento eretto assunto dall'uomo con la crisi delle foreste ....
Venuti a mancare gli alberi su cui arrampicarsi, quei poveri quadrumani sareb-
bero stati costretti a scorrazzare per la campagna, e a sperimentare cosi un'an-
datura più razionale (cfr. G. SERGI, "Uomo'" tn Enc. lt., voi. 34, p. 750•). - Fa pena
assi.'>tere alla degradazione di tanti scienziati, che, avendo perduto di vista il prin-
cipio formale e teloologico, credono di costruire ancora delle teorie ragionevoli
sulla genesi dell'.essere umano e della sua struttura morfologica.
188 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, aa. 3-4

parte meno importante è rivolta verso l'alto. Gli animali poi hanno
una disposizione intermedia: poichè la parte superiore di essi è
quella con cui prendono l'alimento, mentre l'inferiore è quella con
cui elimino.no il superfluo.

ARTICOLO 4
Se nella Scrittura sia descritta convenientemente
la produzione del corpo umano. 1

SEMBRA che la produzione del corpo umano non sia descritta con-
venientemente nella Scrittura. Infatti:
1. Il corpo umano, come tutte le opere dei sei giorni, è stato fatto
da Dio. Ora, per le altre opere nella Scrittura si legge: «Disse
Dio: Sia fatto; e fu fatto"· Doveva quindi usare la stessa espres-
sione parlando della formazione dell'uomo.
2. Il corpo umano fu fatto imrnedfatamente da Dio, come abbiamo
visto sopra. Allora non sta bene la frase: "Facciamo l'uomo"·
3. Forma del corpo umano è l'anima, che è lo spirito di vita.
Perciò dopo le parole: «Dio formò l'uomo dal fango della terra»,
non ha senso aggiungere: « Gli alitò in faccia lo spirito di vita"·
4. L'anima, cioè lo spirito di vita, è in tutto il corpo, ma prin-
cipalmente nel cuore. Dunque la Scrittura non doveva dire che "gli
alitò lo spirito di vita in faccia"·
5. Il sesso ma.schile e quello femminile appartengono al corpo,
l'immagine di Dio invece appartiene all'anima. Ora, secondo S. Ago-
stino, l'anima fu creata prima del corpo. Perciò, dopo di aver detto:
"lo fece a sua immagine,,, non si doveva aggiungere: «li creò
maschio e femmina"·
IN CONTRARIO sta l'autorità della Scrittura.
SOLl:ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice s. Agostino, l'uomo non
eccelle sulle altre creature per il fatto di essere stato creato imme-
diatamente da Dio, a differenza delle altre cose, poichè sta scritto:
"i cieli sonp opera delle tue mani» ; e altrove: «le sue mani hanno
fondato la terra asciutta" ; ma perchè l'uomo fu creato ad imma-
gine di Dio. Tuttavia per la creazione dell'uomo la Scrittura usa
delle espressioni particolari, per indicare che tutto il resto fu creato
per l'uomo. Infatti noi siamo soliti a mettere più impegno e dili-
genza nel compiere le opere che maggiormente ci premono.
2. Non si creda che Dio abbia rivolto agli angeli le parole:
"facciamo l'uomo'" come alcuni 2 hanno falsamente interpretato.
L'espressione invece vuole indicare la pluralità delle Persone di-
vine, la cui immagine si ritrova meglio espressa nell'uomo.•
3. Alcuni spiegano nel senso che Dio prima avrebbe dato forma
al corpo dell'uomo, e in un secondo tempo avrebbe infuso l'anima.

' Si nota facilmente l'anomalia formale di questo articolo: manca il Rispondo.


In tutta la Somma questa anomalia è un caso più unico che raro. - L'Autore si
limita a ribattere, punto per punto, le diffic-0ltà principali che allora si prospet-
tavano, contro la narrazione biblica nella sua struttura logico-letteraria.
• S. Tommaso ha trovato un accenno a questa opinione nell'opera di l'IETRO LO?i!·
BARDO, 1 Sent., d. 16, c. ~.
L' OR1GINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 189

nales), inferius autem sui versus superius mundi. Animalia vero


bruta medio modo: nam superius animalis est pars qua accipit ali-
mentum, inferius autem est pars qua emittit superfluum.

ARTICULUS 4
Utrum convenienter corporis humani productio
in Scriptura describatur.
Supra, q, 72, a. un., ad 1, 3, 4 .

. AD QUARTUM sic PROCT:DITUR. Videtur quod inconvenienter corporis


humani productio in Scriptura describatur [Gen. 1, 26-27; 2, 7]. Si-
cut enim corpus humanum est factum a Deo, ita et alia opera sex
dierum. Sed in aliis operibus dicitur: « D.ixit Deus, Fiat, et factum
est». Ergo similiter dici debuit de hominis productione.
2. PRAETEREA, corpus humanum a Deo immediate est factum, ut
supra [a. 2] dictum est. Ergo inconvenienter dicitur: "Faciamus
hominem».
3. PRAETEREA, forma Immani corporis est ipsa anima, quae est spi-
raculum vitae. Inconvenienter ergo, postquam dixerat: "Formavit
Deus hominem de limo terrae '" subiunxit: " et inspiravit in faciem
4lius spiraculum vitae ».
4. PRAETEREA, anima, q.uae est spiraculum vitae, est in toto cor-
pore, et princi.paliter in corde. Non ergo debuit dJcere, quod "in-
spiravit in fac.iem eius spiraculum vitae».
5. PRAETEREA, sexus masculinus et femininus pertinent ad corpus,
imago vero Dei ad animam. Sed anima, secundum Augustinum [7 De
Gen. ad litt., cc. 24, 28], fuit !acta ante corpus. Inconvenienter ergo
cum dixisset: "Ad imaginem suam fecit illum », addidit: cc mascu-
lum et feminam creavit eos "·
IN CONTRAIHU:lt est auctoritas Scripturae.
RESPONDEO DICENDUll-I AD PRL\IUM quod, sicut Augustinus dicit in
6 Super Gcn. ad litt. [c. 12], non in hoc praeeminet homo aliis rebus,
~uod Deus ipse fecit hominem, quasi alia ipse non fecerit; cum
scriptum sit Ps. 101, 26: "Opera manuum tuarum sunt caeli n, et
alibi Ps. 94, 5: « Aridam fundaverunt manus eius n: sed in hoc quod
ad imaginem Dei factus est homo. Utitur tamen Scriptura in pro-
ductione hominis speciali modo loquendi, ad ostendendum quod alia
propter hominem facta sunt. Ea enim quae principaliter intendi-
mus, cum maiori deliberatione et studio consuevimus facere.
AD SECUNDUM DICENDUM quod non est intelligendum Deum ange-
lis dixisse, "Faciamus hominem,, ; ut quidam perverse intellexe-
runt. Sed hoc dicitur ad significandum plu.ralitatem divinarum Per-
sonarnm, quarum imago expressius invenitur in homine.
An TERTffM DICEKDUM quod quidam intellexerunt corpus hominis
prius tempore formatum, et postmodum Deum formato iam cor-
• L'interpretazione è comune a molti SS. Padri (S. Ireneo. S. Ilario, S. Basi-
lio, S. Epifanio, S. Giovanni Crisostomo, S. Girolamo, S. Agostino, ecc.) ; essa però
non va intesa nel senso che qui si tratti di una esplicita rivelazione del mistero
trinitario. S. Tommaso stesso infatti altrove afferma espress~mente che "il mistero
<,lella. trinità fu rivelato nel tempo della i>razia dallo stesso Figlio di Dio "·
190 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, a. 4

- Ma supporre che Dio abbia .fatto il corpo senza l'anima, o l'anima


senza il corpo, non è conciliabile con la perfezione dovuta alla
prima origine delle cose: poichè sia l'uno che laltra sono parti
della natura umana. E la cosa è anoor meno accettabile per il
co-rpo: poichè esso dipende dall'anima e non viceversa.
Perciò altri, volendo escludere tali incongruenze, ritengono che
le parole, "Dio formò l'uomo», si riferiscono alla produzione del
corpo insieme con l'anima; mentre la frase: «gli alitò in faccia lo
spirito di vita», starebbe a indicare l'infusione dello Spirito Santo,
come quando il Signore alitò sugli Apostoli dicendo: " Ricevete lo
Spirito Santo». - Ora, questa interpretazione, al dire di S. Ago-
stino, è esclusa dalle parole della Scrittura. Infatti, dopo la frase
riportata, aggiunge: "E l'uomo divenne anima vivente» ; le quali
parole sono riferite dall'Apostolo non alla vita spirituale, ma alla
vita animale. -
Per conseguenza il termine "spirito di vita,, sta a indicare l'ani-
ma; perciò la frase: "Gli alitò in faccia lo spirito di vita», è come
una spiegazione di quanto aveva già detto; l'anima infatti è la
forma del corpo.
4. Si dice che Dio alitò lo spirito di vita sulla faccia dell'uomo,
perchè le funzioni della vita si palesano maggiormente sulla faccia,
a causa dei sensi che vi risiedono.
5. Secondo S. Agostino, le opere dei sei giorni furono compiute
tutte assieme. Perciò egli non ammette che l'anima del primo uomo,
creata insieme agli angeli, sia stata creata prima del sesto giorno ;
ma ritiene che nel sesto giorno l'anima del primo uomo sia stata
creata nella sua attualità, e il corpo umano secondo le ragioni
seminali. - Gli altri Dottori, invece, ritengono che tanto l'anima
che il corpo dell'uomo furono creati il sesto giorno nella loro attua-
lità.
L' ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 191

pori animam infudisse. - Sed contra rationem perfectionis primae


institutionis rerum est, quod Deus vel corpus sine anima, vel ani-
mam sine corpore fecerit: cum utrumque sit pars humanae na-
turae. Et hoc etiam est magis inconveniens de corpore, quod depen-
det ex anima, et non e converso. ·
Et ideo ad hoc excludendum, quidam posuerunt quod, cum dici-
tur, "Formavit Deus hominem n, intelligitur productio corporis si-
mul cum anima; quod autem additur, cc et inspiravit in faciem eius
spiraculum vitae>>, intelligitur de Spiritu Sanctu ; sicut et Dominus
insufflavit in Apostolos, dicens, cc Accipitl:l Spiritum Sanctum »,
Ioan. 20, .2.2. - Sed haec expositio, ut dicit Augustinus in libro 18 De
Civ. Dei [c. 24], excluditur per verba Scripturae. Nam subditur ad
praedicta: " Et factus est homo in animam viventem » : quod Apo-
stolus, I ad Cor. 15, 45, non ad vitam spiritualem, sed ad vitam ani-
malem refert.
Per spiraculum ergo vitae intelligitur anima: ut sic quod dici-
tur, "Inspiravit in faciem eius spiraculum vitae n, sit quasi expo-
sitio eius quod praemiserat; nam anima est corporis forma.
AD QUARTUM DICENDUM quod, quia operationes vitae magis mani-
festantur in facie hominis, propter sensus ibi existentes ; ideo dicit
in faciem hominis inspiratum esse spiraculum vitae.
AD QUINTUM DICENDUM quod, secundum Augustinum [4 De Gen.
ad litt., cc. 33, 34], omnia opera sex dierum simul sunt facta. Unde
animam primi hominis, quam ponit simul factam cum angelis, non
ponit factam ante sextum diem; sed in ipso sexto die ponit esse
factam et animam primi hominis in actu, et corpus eius secundum
rationes causales. - Alii vero Doctores ponunt et animam et corpus
hominis factum sexto die in actu.
QUESTIONE 92
L'origine della donna. 1

Passiamo a c-0nsiderare l'origine della donna.


Sull'argomento si presentano quattro quesiti: 1. Se c'era biS-Ogno
di produrre la donna all'origine del mondo; 2. Se bisognava darle
origine dall'uomo; 3. Se precisamente dalla costola dell,'uomo; 4. Se
essa fu formata immediatamente da Dio. •

ARTICOLO 1
Se c'era bisogno di produrre la donna nella prima costituzione
del mondo.
SEMBRA che non ci fosse bisogno di produrre la donna nella prima
costituzione del mondo. Infatti:
1. Dice il Filosofo che "la femmina è un maschio mancato n. •
Ora, nella prima costituzione del mondo non doveva esserci niente
di mancato e di difettoso. Perciò la donna non doveva essere creata
allora.
2. La sudditanza e l'inferiorità son ccnseguenze del peccato: in-
fatti dopo il peccato fu detto alla donna: " Tu starai sotto la pote-
stà dell'uomo» ; e S. Gregorio spiega: "Senza il peccato siamo tutti
uguali». Ora invece, la donna è dotata per natura di minore forza
e dignità dell'uomo; poichè, a detta di S. Agostino, "il soggetto
che agisce è più nobile di quello che riceve ». • Dunque la donna
non doveva esser formata nella prima origine del mondo avanti il
peccato.
3. E doveroso eliminare le occasioni dcl peccato. Ma Dio cono-
sceva già che la donna sarebbe stata occas.ione di peccato per
l'uomo. Perciò non doveva crearla.•
i Prima di ogni altra considerazione ò necessario tener presente il testo della
Genesi: Disse ancora il Sig-nore Dio: Non è bene che l'uo1no sia solo; faccia1no-
I(
11

gli un aiuto simile a lui". Formati che ebbe il Signore Dio dall" terra tutti i vola·
tili del cielo, li condusse ad Adamo, acciò v.eclessc c-0me chiarnarli. ... l\Ia per
Act<imo non si trovava un aiut.o simile a lui. :Mandò dunque il Signore Dio ad
Adamo un sonno profond-0; ed essendosi egli addormentat-0, gli tobc una delle
coste, e ne riempi il luogo con dell<:t C<:trne. E con la costa che aveva tolta ad
Adamo, formò il Signore Dio un.a donna, e gliela presentò. E disse Adamo: "Ecco,
questo è un osso delle mie oss~t. e carne della mia carne; questa sarà chiamata
virago, pcrchè è stata tratta dall'uomo. Per,,iò l'uomo la.scerà il padre e la ma-
dre, e si stringerà alla sua moglie, e saranno due in un corp·} solo""· (Gen.,
2, 18-24).
• Quello che più interessa negli articoli qui enunciati non ò l'e,;egesi: sono piut.
tosto i principi! genei"ali e i motivi fllo:;ofìci e teologid ai quali l'Autore si ispira.
Dobbiamo onestamente rlconosc.ere che S. Tommaso non aveva In mano gli ele.
menti positivi necessari, per risolvere in maniera del tutto soddistacente I quesiti
proposti. Le nozioni fisiologiche e biologiche attinte ad Arist-0tele erano rudimen-
tali ed empiriche, e spes.so inquinate. Intatti certe nozioni erano state elaborate
con procecllmenti a priori, sui quali facevan-0 sentire tutto il loro peso i pregiu-
dizi del paganesimo classlc.o contro la donna.
3 Ecco U primo grave pregiudizio aristot.elico, dal quale gli ~;:.olasticl non hanno
QUAESTIO 92
De productione mulieris
tn quatuor arttcutos dtvtsa.

Deinde considerandum est de productione mulieris.


Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo: utrum in illa rerum
productione debuerit muHer produci. Secundo: utrum del:merit fieri
de viro. Tertio: utrum de costa viri. Quarto: utrum facta fuerit
immediate a Deo.

ARTICULUS 1
Utrum mulier debuerit produci in prima rerum productione.

AD PP.IMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod mulier non debuit pro-


duci in prima rerum productione. Dicit enim Philooophu.rs, in libro
2 De Genera.t. Animai. [c. 3), quod «!emina est mas occasionatus "·
Sed nihil occasionatum et deficiens debuit ess.e in prima rerum insti-
tutione. Ergo in illa prima rerum institutione mulier producenda
non fuit.
2. PRAETEREA, subioctio et minoratio ex peccato est subsecuta: nam,
ad muliererrn dictum est post peccatum, Gen. 3, 16: " Sub viri po-
testate eris"; et Grego.rius dicit [21 J!oral., c. 10; De Regula past.,
P. 2, c. 6) quod, "ubi non delinquimus, omnes pares sumus ». Sed
mulier naturoliter est minoris virtutis et dignitatis quam vir: « sem-
per,, enim "honorabilius est agens pat.iente >>, ut dicit Augustinus
12 Super Gen. ad litt. [c. 16, lect. 10). Ergo non debuit mulier pro"
duci in prima rerum productione ante peccatum.
3. PRAETEREA, occasiones peccatorum sunt amputandae. Sed Deus
praescivit quod mulier esset futura viro in occaSiionem peccati. Ergo
non debuit mulierem producere.
saputo pienam0nte guardarsi. Il concetto che la donna è nn "mas occastonatus '"
riaffiora spesso nella questione, e cornpr-0mette In partenza la soluzione dei pro-
l>lemi vosti in discus.>i.one. - Per non e.o;_OJ.>re ingiusti versio i tieologi medioevali bi:
sogna ricordarsi che ai loro tempi Aristotele era il naturalista per antonom.asia.
' Le parole sono di S. Agost.ino, ma la. loro apµlicazione al confronto tra l'uomo
e la donna come principio filosofico-biologi.oo risale anch'essa ad Aristowle (cfr.
I De gcner. animattum, c. Hl). - Abbia•no qui un secondo pregiudizio, non memo
grave del precedente. Sappiamo infatti dalla biologia moderna che nella genera-
zione l'ovulo della donna è una vera cellula, come lo spermatozoo che viene a fe-
condarlo. 1\1.a da tutto il compksso delle nozioni scientifiche moderne risulta chia-
ramente elle La parte principaJ.e nella generazione non spetta al maschio bensì alla
femmina. Anche a prescindere dal <lati scientifici, vediamo bene c.he mentre per
l'uomo la generazione è poco più di un episodio, per la donna è tutta una vita.
Perciò il dualismo aristotelico actio-passio non può assolutamente applicarsi come
è stato fatto per il passato in CJUe>.la materia. - Del resto la funzione preminente
della donna nella generazione umana era già stata posta in evidenza dalla Genest
stessa, là dove spif,ga il nome di Eva, imposto da Adamo alla sua compagna:
" Adamo mise alla mogli.i sua il nome di Eva, essendo ella la madre di tutti i
viventi" (Gen., 3, ~O).
5 Si noti bene che S. Tommaso ha compreso di avere dinanzi a sè dei pregiudizi
da oombatterc, in questi motivi che son serviti a .imuastire le difficoltà. Anci1e se
194 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 92, a. 1
IN CONTRARIO: Sta scritto: «Non è bene che l'uomo sia solo; fac-
ciamogli un aiuto simile a lui''·
RISPONDO: Era necessario che in aiuto dell'uomo, come dice la
Scrittura, fosse creata la donna: e questo, non perchè gli fosse d1
aiuto in qualche altra funzfone, come dissero alcuni, ' poichè per
qualsiasi altra funzione l'uomo può es.9ere aiutato meglio da un al-
tro uomo che dalla donna,• ma per cooperare alla generazione. Vi
sono infatti dei viventi, che non hanno in se stessi la virtù attiva
di generare, ma sono generati da un agente di specie diversa; e
sono quei vegetali e quegli animali, che, privi di seme, vengono
generati, in una materia adatta, dalla sola virtù attiva dei corpi
celesti. • - Altri invece possiedono unitamente la virtù attiva e quella
passiva della generazione, e S-Ono le piante che nascono dal seme.
Infatti nelle piante non c'è funzione vitale più nobile della genera-
zione: perciò è giusto che la virtù attiva della generazione si trovi
in esse sempre nnita a quella passiva. - Invece negli animali per-
fetti la virtù attiva della generazione è riservata al sesso maschile,
e la virtù passiva al se880 femminile. E siccome gli animali hanno
delle funzioni vitali più nobili della generazione, negli animali su-
periori il sesso maschile non è sempre unito a quello femminile, ma
solo nel momento del coito ; come per indicare che il maschio e la
femmina raggiungono nel coito quella unità che nella pianta è per-
petua per la fusione dell'elemento maschile con quello femminile,
sebbene nelle varie specie prevalga ora l'uno ora l'altro. - L'uomo
poi è ordinato a una funzione vitale ancora più nobile, cioè all' in-
tellezione. A maggior ragione dunque si imponeva per lui la distin-
zione delle due virtù, mediante la produzione separata dell'uomo e
della donna, i quali tuttavia si sarebbero uniti nell'atto della gene-
razione. Per quest-0, dopo la creazione della donna, la Scrittura ag-
giunge: «Saranno due in una sola carne n.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Rispetto a1la natura particolare la
femmina è un essere difettoso e manchevole. Infatti la virtù attiva
racchiusa nel seme del maschio tende a produrre un essere perfetto,
simile a sè, di sesso maschile. Il fatto che ne derivi una femmina
può dipendere dalla debolezza della virtù attiva, o da una indispo-
sizione della materia, o da una trasmutazione causata dal di fuori,
p. es., dai vènti australi che sono umidi, come dice il Filosofo. Ri-
spetto invece alla natura nella sua universalità, la femmina non è
un essere mancato, ma è espressamente voluto in ordine alla gene-
razione. Ora, l'ordinamento della natura nella sua universalità di-
pende da Dio, il quale è l'autore universale della natura. Perciò n81
creare la natura egli produsse non solo il maschio, ma anche la
femmina.

la sua dir~ della donna non è stata del tutt-0 soddisfacente, bioogn:!. rioonoseere
che egli ha reagito in dl!esa della sostanziale uguagliRnza dei due sessi, procla·
mata dal cristianesimo.
' Pare che tra questi autori inn-0mln.ati, redarguiti già da S. Agostino (cfr. 9 De
Gen. ad lttt., c. 3; 14 De Ctvtt. Det, c. 21), si dobbano annoverare quei SS. Padri
che aborrivano l' !dea della generazLone sessuale nell-0 stato <li innocenza. Essi in-
tatti dovettero giustificare e.on altri motivi la creazione della donna.
2 &l si tiene d'occhio la nota precedente, la frase suona assai meno dura per
la donna. E evidente Infatti che Il Dottore Angelico ha qui la soh preoccupazione
di mettere in luce la funzione specifica del sesso lemminile nell'ordine generale
dell'un!veroo, oontro gli ingiustificati pudori di qualche esegeta. Ora, ali' infuori
L'ORIGINE DELLA DONNA 195

SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2, 18: "Non est bonum hominem
esse solum; faciamus et adiutorium simile sibi "·
REsPONDEO DICENDUM quod necessarium fuit feminam fieri, sicut
Scriptura dicit, in adiutorium viri: non quidem in adiutorium ali-
cuius alterius operis, ut quidam dixerunt, cum ad quodlibet aliud
opus convenientius iuvari possit vir per alium virum quam per mu-
lierern; sed in adiutorium generationis. Quod manifestius videri po-
test., si in viventibus modus generationis consideretur. Sunt enim
quaedam viventia, quae in seipsis non habent virtutem activam ge-
nerationis, sed ab agente alterius speciei generantur; sicut plantae
et animalia quae generantur sine semine ex materia convenienti per
virtutem activam caelestium corporum. - Quaedam ver-0 habent vir-
tutem generationis activam et pa.ssivam coniunctam ; sicut accidit
in plantis quae generantur ex semine. Non enim est in plantis ali-
quod nobilius opus vitae quam generatio: unde convenienter omni
tempore in eis virtuti passivae coniungitur virtus activa generatio-
nis. - Animalibus vero perfectis cornpetit virtus activa generationis
secundum sexum masculinum, virtus vero passiva secundum sexum
femininnrn Et quia est a!iquod opus vitae nobilius in anirnalibus
quam generatio, ad quod eorum vita principaliter ordinatur; ideo
non omni tempore sexus masculinus feminino coniungitur in ani-
malibus perfectis, sed solum tempore coitus; ut imaginemur per
coitum sic fieri unum ex mare et femina, sicut in pianta omni tem-
pere coniunguntur vis masculina et feminina, etsi in qui.busdam
plus abundet una harum, in quibusdam plus altera. - Homo autem
adhuc ordinatur ad no.bilius opus vitae, quod est intelligere. Et ideo
adhuc in homine debuit esse maiori ratione distinctio utriusque vir-
tutis, ut seorsum produceretur femina a mare, et tamen carnaliter
coniungernntur in unum ad generationis opus. Et ideo statim post
formationem mulieris, dicitur Gen. 2, 24: " Evunt duo in carne
unan.
All PRIMUM ERGO D!CENDUM qu-0d per respectum ad naturam parti-
cularem, femina est aliquid deficiens et occasionatum. Quia virtus
activa quae est in semine maris, intendit producere sibi simile per-
fectum, secundum masculinum sexum: sed quod femina generetur,
hoc est propter virtutis activae debilitatem, vel propter aliquam
materiae indispositionem, vel etiarn propter aliquam transmutatio-
nem ab extrinseco, puta a ventis australibus, qui sunt humidi, ut
dicitur in libro 4 De Generat. Animal. [c. 2]. Sed per comparati.onem
ad naturam universalem, femina non est aliquid occasionatum, sed
est de intentione naturae ad opus generaU.onis ordinata. Intentio
autem naturae universalis dependet ex Deo, qui est universalis au-
ctor natu:cae. Et ideo instituendo naturam, non solum marem, sect
etiam feminam produxit.
della generazione è vano cercare un motivo che renda davvero necessaria la crea-
zione della donna. Forse si può rimprovevare all'Aquinate di aver usato un'espres-
sione troppo forte con quel comparativo: "convenientius "· Ma non è da esclu-
dersi che per un autore medioevale si tratti di un comparativo assoluto; e allora
la frase avrebbe questo senso del tutto "ortodosso": " .... P-Oichè pe.r qualsiasi al-
tra funzione l'uomo può essere aiutato benissimo da un altro uomo, piuttosto che
dalla donna "· In questo mùdo l"Autore sarebbe più coerent.e con se stesso; poichè
nell'articolo seguente egli riconosce che nelh società domestica "l'uomo e la donna
hanno !unzioni dlstint.e "• a prescind.ere dalla generazi-0ne.
3 Come tutt.i gli antichi. S. Tommaso ammetteva la generazione s·pontanea.
196 LA SOMI\IA TEOLOGICA, I, q. 92, aa. 1-2

2. Ci sono due specie di sudditanza. La prima, servile, è quella


per cui chi è a capo si serve dei sottoposti per il proprio interesse:
e tale dipendenza sopravvenne dopo il peccato. Ma vi è una seconda
sudditanza, economica o politica, in forza della quale chi è a capo
si serve dei sottoposti per il loro interesse e per il loro bene. Una
tale sudditanza ci sarebbe stata anche prima del peccato ; poichè
senza il governo dei più saggi, sarebbe mancato il bene dell'ordine
nella società umana. E in questa sudditanza la donna è naturalmente
soggetta all'uomo; perchè l'uomo ha per natura un più vigoroso di-
scernimento di ragione. - Del resto lo stato di innocenza non esclude
la disuguaglianza tra gli uomini, come vedremo in seguito.
3. Se Dio avesse sottratto dal mondo tutto quello che ha dato al-
l'uomo occasione di peccato, l'universo sarebbe rimasto privo della
sua perfezione. Ora, non si doveva sopprimere il bene universale,
per evitare un male particolare ; specialmente se consideriamo che
Dio è tanto potente, da indirizzare al bene qualsiasi male. i

ARTICOLO 2
Se era bene che la donna fosse tratta dall'uomo.

NON SEMBRA bene che la donna fosse tratta dall'uomo. Infatti:


1. II sesso è comune all'uomo e agli altri animali. Ma negli altri
animali le femmine non furono tratte dai maschi. Perciò questo
non doveva succedere neppure per l'uomo.
2. Identica è la materia per esseri della medesima specie. Ora, il
maschio e la femmina appartengono alla medesima specie. Se dun-
que l'uomo fu formato col fango della terra, anche la donna doveva
essere tratta dal fango, non già dall'uomo.
3. La donna fu creata come aiuto dell'uomo nella generazione. Ma
la troppa affinità rende le persone incapaci a questo compito; di·
fatti la Scrittura proibisce il matrimonio tra persone imparentate
tra loro. Perciò la donna ncm doveva ec,,sere tratta dall'uomo.
IN CONTRARIO: Sta ·scritto: " Creò da lui », cioè dall'uomo, " un
aiuto consimile», cioè la donna.
RISPONDO: Era giusto che nella prima costituzione delle cose la
donna fosse formata dall'uomo, a differenza di quanto fu fatto per
gli altri ani.mali. Primo, perchè da ciò risultasse una particolare
dignità per il primo uomo, il quale, a somiglianza di Dio, doveva
essere il principio di tutta la sua specie, come Dio è il principio di
tutto l'universo. Per questo S. Paolo afferma che Dio "fece da un
solo tutta la progenie umana"· 2
Secondo, affinchè l'uomo, sapendo che la donna è uscita da lui,
l'amasse di più e le fosse unito indissolubilmente. Perciò sta scritto:
"Essa è stata tratta dall'uomo; per questo l'uomo lascerà il padre
e la madre, e si stringerà alla sua moglie'" • E qu.esto era necessario
in modo specialissimo per la specie umana, in cui il maschio e la

t La risposta è veramente d<;gna dell'Aquinate, e del suo sano ottimismo.


• Il rost-0 paolino è anche più appropriato contro le varie teorie poligeniste, che
L'ORIGINE DELLA DONNA 197
AD SECUNDUM DICENDUM quod duplex est subiectio. Una servilis, se-
cundum quam praesidens utitur subiecto ad sui ipsius utilitatem:
et talis subiectio introducta est post peccatum. Est autem alia sub-
iectio oeconomica vel civilis, secundum quam praesidens utitur sub-
iectis ad eorum utilitaiem et bunum. Et ista subiecto fuis~t etiam
ante peccatum: defuisset enirn bonum ordinis in humana multitu-
dine, si quidam per alio.s sapientiores gubernati non fuissent. Et
sic ex tali subiectione naturaliter femina subiecta est viro: quia
11aturaliter in hornine magis ahulldat discretio rationis. - Nec inae-
qualita.s hominum excluditur per innocentiae statum, ut infra [q. 96,
a. 3] dicetur.
AD TERTIUM DICENDUM quod, si omnia ex quibus homo sumpsit oc-
casionem peccandi, Deus subtraxisset a mundo, remanS'isset uni-
versum imperfectum. Nec debuit bonum commune tolli, ut vitaretur
particulare malum: praesertim cum Deus sit adeo potens, ut quod-
libet malum possit ordinare in bonum.

ARTICULUS 2
Utrum mulier debuerit fieri ex viro.
f Seni., d. 18, a. 1, arg. S. c. 1. 2; resp. ad t.
AD SF.CUNDUM SIC PROCEDITUR. Vidctur quod mulier non debuit fieri
ex viro. Sexus enim communis est homini et aliis animalibus. Sed
in aliis animalibus feminae non sunt factae ex maribus. Ergo nec
in homine fieri debuit.
2. PRAETEREA, eorum quae sunt eiusdem speciei, eadem est mate-
ria. Sed mas et femina sunt eiusdem speciei. Cum igitur vir fuerit
factus ex limo terrae, ex e0<lem debuit fieri femina, et. non ex viro.
3. PRAETEREA, mulieir facta est in adiutorium viro ad generatiQ~
nem. Sed nimia propinquitas reddit personam ad hoc ineptam: unde
personae propinquae a matrimonio excluduntur, ut patet Lei;. 18,
6 ss. Ergo mulier non debuit fieri ex viro.
SED CONTRA EST quod dicitur E cdi., 17, 5: "Creavit ex ipso n, scili-
cet viro, "adiutorium sibi simile"• idest mulierem.
RESPONDEO DICENDUM quod convenicns fuit mulierem, in prima re-
rum institutione, ex viro formari, magis quam in aliis animalibus.
Primo quidem, ut in hoc quaeda:m dignitas primo homini servare-
tur, ut, secundum Dei similitudinem, esset ipse principium totius
suae sp-eciei, sicut Deus est principium totius universi. Unde et Pau-
lus dicit, Act. 17, 26, quod Deu.s "fecit ex uno omne genus ho-
minum n.
Secundo, ut vir rnagis diligeret rnulierem, et ei inseparabilius in-
haereret, dum cognosceret eam ex se esse productam. Unde dicitur
Gen. 2, 23-24: "De viro smnpta est: quamobrem relinquet homo pa-
trem et matrem, et adhaerebit uxori suae ». Et hoc maxime neces-

ai nostri giorni invadono il campo della paleontologia, accrescendo in molti fon-


datlssime riserve sulla serietà di una scienza, che dovrebbe essere positiva.
a La fra...<.e fu riferita. e commcnt.ata dal Signore a proposi.to del divorzio:
• .... Perciò essi non sono più du<', ma una sola carne. Non divida dunque l'uomo
quello che Dio Ila congiunto" (Mal., rn, 5, 6).

13 - VI
198 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 92, aa. 2-3

femmina devono convivere per tutta la vita, cosa che non avviene
negli altri animali.
Terzo, perchè, a detta del Filosofo, il maschio e la femmina si
uniscono nella specie umana non solo per la necessità di generare,
come negli altri animali, ma anche per la vita domestica, nella
quale l'uomo e la donna hanno funzioni distinte, e in cui l'uomo è
capo della donna. Perciò questa fu giustamente tratta dall'uomo.
come dal suo principio.
Quarto, per una ragione mistica: cioè perchè il fat.t.o stava a rap-
presentare come la Chiesa trae la sua origine da Cristo. 1 Perciò
l'Apostolo scrive: cc E grande questo sacramento: lo dico riferen-
domi a Cristo e alla Chiesa •>.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT.\: 1. Cosi è chiara la risposta alla prima
difficoltà.
2. La materia è quell'elemento col quale si fa una cosa. Ora, la
natura creata ha un principio determinato, ed essendo determinata
a produrre una cosa particolare, ha pure un processo determinato ;
perciò essa da una data materia produce effetti di una specie deter-
minata. Ma la virtù divina, che è infinita, può produrre cose speci-
ficamente identiche da qualsiasi materia, e quindi l'uomo dal fango
della terra, e la donna dall'uomo.
3. Dalla generazione naturale si viene a contrarre un'affinità che
impedisce il matrimonio. Ma la donna non fu originata dall'uomo
per via di generazione naturale, bensi per sola virtù divina; cosiC··
chè Eva non può chiamarsi figlia di Adamo. Quindi largomento non
regge.

ARTICOLO 3
Se era conveniente che la donna fosse formata
dalla costola dell'uomo. 2

SEMBRA poco conveniente che la donna fosse formata dalla costola


dell'uomo. Infatti:
1. La costola dell'uomo era molto più piccola del corpo della donna.
Ora, dal meno non si può fare il più, senza altre aggiunte ; nel qual
caso si dovrebbe dire o che la donna fu formata da quell'aggiunta
piuttosto che da quella costola; oppure ciò avvenne per rarefazione,
poichè, come dice S. Agostino, "non è possibile che un corpo cre-
sca senza rarefarsi>>. Ora, il oorpo della donna non è più rarefatto
di quello dell'uomo, almeno in quella proporzione che ha la costola
rispetto al corpo di Eva. Perciò Eva non fu formata con la costola
di Adamo.
2. Nelle prime opere della creazione non p{ltcva esserci niente di
superfluo. Perciò la costola di Adamo rientrava r,el!a perfezione del
suo corpo. E quindi, sottraendola, questo rimaneva imperfetto. Ma
ciò è inammissibile.
3. Non si poteva togliere una costola dall'uomo senza dolore. Ma
il dolore non doveva esistere prima del peccato. Dunque non si do-
veva togliere una costola dall'uomo per formare la donna.
1 SI tratta della reiebre analogia tra l'origine di Eva dalla costa di Adamo
dormiente, e l'origine della Chiesa dal costato di Cristo dorm'.ente il sonno di morte
L'ORIGINE DELLA DONNA 199
sarium fuit in specie humana, in qua mas et femina commanent
per totam vitam: quod non oontingit in aliis animalibus.
Tertio quia, ut Philosophus dicit in 8 Ethic. [c. 12, lect. 12], mas
et femina coniunguntur in hominibus mm solum propter necessi-
tatem generationis, ut in aliis animalibus; sed etiam propter do-
mesticam vitam, in qua sunt alia opera viri et feminae, et in qua
vir est caput mulieris. Unde convenienter ex viro formata est fe-
mina, sicut ex suo principio.
Quarto est ratio sacramentalis; figuratur enim per hoc quod Ec-
clesia a Christo swnit principium. Unde Apostolus dicit, ad Ephes.
5, 32: " Sacramentum hoc magnum est: ego autem dico in Christo
et in Ecclesia ».
Et per hoc patet responsio AD PRIMUM.
AD SECUNDUM DICENDUM quod materia est ex qua aliquid ftt. Natura
autem creata habet determinatum principium ; et, cum sit deter-
minata ad unum, etiam habet determinatum processum: unde ex
determinata materia producit aliquid in determinata specie. Sed
virtus divina, cum sit infinita, potest idem secunduni speciem ex
quacumque materia facere; sicut virum ex limo terrae, et mulierem
ex viro.
AD TERTIUM DICENDUM quod ex naturali generatione contrahitur
quaedam propinquitas quae matrimonium impedit. Sed mulier non
est producta a viro per naturalem generationem, sed sola virtute
divina: unde Eva non dicitur filia Adae. Et propter hoc, ratio non
sequitur.

ARTICULUS 3
Utrum mulier dcbuerit formari de costa viri.
f sent., d. 18, q. 1, a. 1 ; 1 Cor., c. 7, Iect. 1.
AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod mulier non debuerit for-
mari de costa viri. Costa enim viri fuit multo minor quam corpus
mulieris. Sed ex minori non potest fieri maius, nisi vel per addi-
tionem: quod si fuisset, magis ex illo addito mulier formata dice-
retur quam de costa; - vel etiam per rarcfactionem, quia, ut dicit
Augustinus, 10 Super Gen. a-d litt. [c. 26], «non est possibile ut ali-
quod corpus crescat, nisi rarescr.t '" N-0n autem invenitur corpus
mulieris rarius quam viri, ad minus in ea proportione quam habet
costa ad corpus Evae. Ergo Eva non fuit formata de costa Adae.
2. PRAETEHEA, in operibus primo creatis non fuit aliquid super-
ftuum. Costa ergo Adae fuit de perfectione corporis eius. Ergo, ea
subtracta, remansit imperfectum. Quod videtnr inconveniens.
3. PRAETEREA, costa non potesi separari ab homine sine dolore.
Sed .dolor non fuit ante peccatum. Ergo cesta non debuit separari
a viro, ut ex ea mulier formaretur.
sulla croce. Questa ragione mistica è cosi comune a tutta la tradizione cristiana.
che il Concilio di Vienne [1311-1312] la volle espressamente ricordare nella Costi-
tuzione dogmatica De summa Trtnttate et de (!de catholtca (cfr. DE.!'IZ., 480).
2 Questione elegante 1.ier I teologi del passiato. - L'ebraico $iila, che I LXX
tradussero con nJ.eved, e la Volgata con costa, altrove nel Vecchio Testamento ha Jl
significato generico di lato o (tanco (cfr. CEUPPENS, op. cit., p. 122).
200 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 92, a.a. 3-4

IN CONTRARIO: Sta scritto: « Con la costola che aveva tolto ad


Adamo, formò il Signore Dio una donna"·
RISPONDO: Era conveniente che la donna fosse formata con la co-
stola dell'uomo. Primo, per indicare che tra l'uomo e la donna deve
esserci un vincolo di amore. D'altra parte la donna "non deve do-
minare sull'uomo'" e per questo non fu formata dalla testa. Nè
deve essere disprezzata dall'uomo come una schiava ; perciò non fu
formata dai piedi. - Secondo, per una ragione mistica: perchè dal
costato di Cristo dormiente sulla croce dovevano scaturire i sacra-
menti, sangue e acqua, con i quali sarebbe stata edificata la Chiesa.
SOLUZIONE DEUE DIFFICOLTÀ: 1. Alcuni ritengono che il corpo della.
donna fu formato per un aumento di massa, senza l'aggiunta di
altra materia ; e allo stesso modo spiegano la moltiplicazione dei
cinque pani fatta dal Signore. ' - Ma questa spiegazione è assolu-
tamente insostenibile. Infatti un tale aumento avviene, o per una
trasmutazione sostanziale della materia stessa, o per una trasmuta-
zione delle sue dimensioni. Non è possibile l'aumento per una tra-
smutazione sostanziale, sia perchè la materia considerata in se stessa
è addirittura in trasmutabile, avendo essa. una esistenza solo poten-
ziale, ed essendo un semplice sostrato, sia perchè l'estensione e la
quantità sono fuori dell'essenza della materia. Perciò non si può
spiegare in altro modo l'aumento di un corpo, salvando, senza
aggiunte, lidentità della materia, che ammettendo l'aumento delle
sue dimensioni. Ma l'aumento di volume di una stessa materia, in-
segna il Filosofo, non è altro che una rarefazione. Dire perciò che la
materia aumenta senza rarefarsi è ammettere ccse contraddittorie,
equiva.le cioè ad ammettere la definizione senza il definito.
Ora, siccome in tali accrescimenti non risulta nessuna rareifaz.ione,
bisogna ammettere un'aggiunta di materia, o per creazione, oppure,
cosa più probabile, per trasmutazione. Difatti S. Agostino scrive che
" Cristo sfamò con cinque pani cinquemila uomini, come produce
con pochi grani l'abbondanza delle messi" ; ora, questo avviene me-
diante l'assimilazione delle sostanze [del terreno]. - Tuttavia si deve
affermare che sfamò la turba con cinque pani e che formò la donna
con la costola di Adamo, perchè l'aggiunta fu fatta sulla materia
preesistente della costola e dei pani.
2. Quella costola apparteneva alla perfezione di Adamo quale ca-
postipite della specie: cioè come il seme, il quale, pur facendo parte
della perfezione d·el generante, si libera mediante un'operazione natu-
rale cui è annesso un piacere. A maggior ragione la virtù divina potè
formare il corpo della donna dalla costola dell'uomo senza dolore.
Così è risolta anche la terza difficoltà.

ARTICOLO 4
Se la donna fu formata immediatamente da Dio.•
SE'>iBRA che la d-oirna non sia stata formata immediatamente da
Dio. Infatti:
1. Nessun individuo che trae la sua origine da un ess.e.re della me-
1 Cosi Ugo di S. Vittore (De Sacmmcnlis, I. I, P. VI, c. 36) e Pietro Lombardo
(! Sent., d. 18, c. 4).
L'ORIGINE DELLA DONNA 201

SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2, 22: "Aedifìcavit Donùnus Derus
costam quam tuJerat de Adam, in mu!i.erem "·
RESPONDEO DICENDUM quod conveniens fuit mulierem forrnari de
costa viri. Primo quidem, ad significandum quod inter virum et
rnulierern debet esse socialis coniunctio. Neque enim mulier debet
" dominari in virurn » [1 Tim. 2, 12]: et Ldeo non est formata de ca-
pite. Neque debet a viro despici, tanquam serviliter subiecta: et ideo
non est formata de pedibus. - Secundo, propter sacramentum: quia
de latere Christi dormientis in crurce fluxerunt sacramenta, id.est
sanguis et aqua, quibus est Ecclesia instituta.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod quidam dicunt per multiplicatio-
nem materiae absque alterius additione, formatum fuisse corpus
mulieris; ad modum quo Dominus quinque panes multiplicavit. -
Sed hoc est omnino impossibile. Multiplicatio enim pra.edicta aut
acc.idit secundum transmutationem substantiae ipsius materiae; aut
secundum transmutationem dirnensionum ehIB. Non autem sooun-
dum transmutationem substantiae ipsius materi·ae: tum quia mate-
ria in se considerata, est omnino intransmutabilis, utpote existens
in potentia, et ha.bens solum rationem subiect.i ; tum etiam quia rnul-
titUJdo et magnitudo sunt praeter essentiam ipsius materiae. Et ideo
nullo modo potest multiplicatio rnateriae intelligi, eadern mate.ria
manente n.b.sque additione, nisi per hoc quod maiores dirnensiones
accipiat. Hoc autem est rarefieri, scilicet rnateriam eand.ern accipere
maiores dirnensiones, ut Philosophus dicit in 4 Physic. [c. 9, Iect. 14].
Dicere ergo rnateriam multiplicari absque rarefactione, est ponere
contradictoria simul, scilicet definitionem abs.que definito.
Unde, cum non appareat rarefactio in talibus multiplicationibus,
necesse est poneire additionem materiae, vel per creationern ; ve!,
quod probabilius est, per conversionem. Unde Augustinus dicit, Su-
per Ioan. [tract. 24], quod «hoc modo Christus ·ex quinque panibus
satiavit quinque millia hominurn, quomodo ex paucis granis produ-
cit mult.itudinern segetum ,, ; quod fit per conversionem alimenti. -
Dicitur ta.men ve! ex quinque panibus turba.s pavisse, vel ex costa
mulierem formasse, quia. additio facta e,st ad materiam praeexisten-
tem costae vel panum.
AD SECUNDUM DICENDU:M quod coista illa fuit de perfectione Adae,
non prout erat individuum quoddam, sed prout erat prindpiurn
speciei: sicut sernen est de perfectione generantis, quod operatione
natura.Ii cum delectatione resolvitur. Unde multo magis vi.rtute di-
vina corpus muJi.eris potuit de costa viri formari absque dolore.
Et per hoc patet solutio AD TERTJUM.

ARTICULUS 4
Utrum mulier fuerit immediate formata a Deo.
AD QUARTUM SIC PROCEDITlJR. Videtur quod rnulier non fuerit im-
mediate formata a Dea. Nullum enim individuum ex simili secun-
dum speciem productum, fit immediate a Dea. Sed mulier facta est
2 Il racconto bihllc-0 è tale da escluclere lintervento di qualsiasi causa soconda
nella formazione della donna. Per quanto riguarda l'ev.oluzionism-0 teistico dob·
202 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 92, a. 4

desima specie viene prodotto immediatamente da Dio. Ma la donna


trae origine dall'uomo, che è della sua stessa specie. Perciò non fu
prodotta immediatamente da Dio.
2. Dice S. Agostino che le cose corporee sono amministrate da Dio
per mezzo degli angeli. Ora il corpo della donna fu f'(}rmato di ma-
teria corporea. Dunque non fu prodotto da Dio immediatamente,
ma per mezzo degli angeli.
3. Gli esseri, che hanno avuto una preesistenza in altre creature
secondo le ragioni seminali, non sono stati prodotti immediata-
mente da Dio, ma in virtù di qualche creatura. Ora, a detta di
S. Agostino, il corpo della donna fu prodotto nel primo abbozzo del
creat-0 secondo le ragioni seminali. Dunque la donna non fu prodotta
immediatamente da Dio.
IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: « Soltanto Dio, da cui trae sus-
sistenza tutta la natura, potè formare o edificare una costola da
farne una donna».
RISPONDO:. La generazione naturale richiede per ogni specie una
materia determinata, come si è visto. Ora, la materia, dalla quale
l'uomo ha la sua origine naturale, è il seme umano dell'uomo e della
donna. Perciò gli individui della specie umana non possono essere
generati naturalmente da un'altra qualsiasi materia. E quindi Dio
soltanto, cre·atore della natura, può dare l'esistenza alle cose fuori
del corso della natura. Dunque solo Dio ha potuto formare l'uomo
dal fango della terra, e la donna dalla costola dell'uomo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'argomento addotto è valido,
quando un individuo è generato da un altro della medesima specie
per generazione naturale.
2. Come S. Ag0stino confessa, noi non sappiamo se gli angeli
abbiano prestato a Dio un qualche ministero nella formazione della
donna; tuttavia è ugualmente certo che nè il corpo dell'uomo dalla
terra, nè il corpo della donna dalla costola dell'uomo furono for-
mati per mezzo degli angeli.
3. Come si esprime S. Agostino nel medesimo libro, « la fase pri-
mordiale del creato non esigeva che la donna fosse fatta assoluta-
mente in quel mod0, ma solo che potesse esser fatta in quella ma-
niera"· Quindi il corpo .della donna preesisteva, in forza delle ra-
gioni seminali, nel primo abbozzo del creato, non secondo la potenza
attiva, ma solo secondo quella passiva, e cioè in rapporto alla po-
tenza attiva del Creatore. 1

biamo aggiungere che esso viene particolarmente contraddetto dalla r:dta distin-
zione che l'Agiografo stabilisce tra l' "aiuto simile a >è''. cercato da!l'uomo, e
tutti gli animali. Soltanto dopo la cYeazlone della donna l'uomo esce in quelh
L'ORIGINE DELLA DONNA 203
de viro, qui est eiusdem speciei cum ipsa. Ergo non est facta im-
mediate a Deo.
2. PRAETEREA, Augustinus dicit, 3 De Trin. [c. 4), quod corporalia
dispensantur a Deo per angelos. Sed wrpus mulieris ex materia
corporali est formatum. Ergo est factum per ministerium angelo-
rum, et non immediate a Deo.
3. PRAETEREA, ea quae praeextiterunt in creaturis secundum ratio··
nes causales, producuntur virtute alicuius creaturae, et non imme-
diate a Deo. Sed secundum causales rationes corpus mulieris in pri-
mis operibus productum fuit, ut Augustinns dicit 9 Super Gen. ad
lift. [c. 15). Ergo non fuit producta mulier immediate a Deo.
SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, in eodem libro [ibid.]:
«Formare vel aedificare costam ut mulier es.set, non potuit nisi
Deus, a quo universà natura subsistit "·
RESPONDEO DICENDl!M quod, sicut supra [a. 2, ad 2] dictum est,
unuscuiusque speciei generatio naturalis est ex determinata mate-
ria. Materia autem ex qua naturaliter generatur homo, est semen
humanum viri vel feminae. Unde ex alia quacumque materia indi-
viduum humanae speciei generari non potest naturaliter. Solus au-
tem Deus, qui est naturae institutor, potest praeter naturae ordi-
nem res in esse prnducere. Et ideo solus Deus potuit vel virum de
limo terrae, vel mulierem de costa viri formare.
AD PRil\IUM ERGO DICENDl_'M quod ratio illa procedit, quando in-
dividuum generatur ex simili secundurn speciem, generatione natu-
rali.
AD SECCNDUM DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit 9 Super Gen.
ad litt. [loco cit.), an ministerium angeli exhibuerint Deo in forma-
tione mulieris, nescimus: certum tamen est quod, sicut corpus viri
de limo non fuit formatum per angelos, ita nec corpus mulieris de
costa viri.
Ao TERTIUM DICF:NDUM quod, sicut Augustinus in eodem libro dicit
[c. 18]: «Non habuit prima rerum conditio ut femina omnino sic
fìeret; sed tantum hoc habuit, ut sic fieri posset "· Et ideo secundum
causales rationes praeextìtit corpus mulieris in primis operibus, non
srcundum potentiam activam, sed secundum potentiam passivam
tantum, in ordine ad potentiam activam Creatoris.

esclamazione: "Ecc.o, questo è un osso delle mie ossa, e carne della mia carne;
questa sarà chiamata virago, perché è stata trattn dall'uom-0 [vir],, (Grn. 2, r.i).
È ben dilfìr,ile salvare la sostan711 di queste parole, che parlan.o di una deri-
vazione immediata della donna llall'uomo, secondo una qualsiasi tcmla evoluzio-
nista.
i È la s-0lita spiegazione tomistica, che esclude ogni appiglio per la teoria del-
l'evoluzione (vedi sopra, p, 183, n. 1).
QUESTIONE 93
Fine e coronamento della creazione dell'uomo.
Consideriamo ora il fine o coronamento della creazione dell'uomo,
in quanto si dice che egli è stato fatto "a immagine e somiglianza
di Dio n. 1
Su tale questione si pongono nove quesiti: 1. Se vi sia nell'uomo
l' immagine di Dio; 2. Se l' immagine di Dio si trovi nelle creature
irragionevoli; 3. Se l'immagine di Dio si trovi più nell'angelo che
nell'uomo; 4. Se limmagine di Dio si trovi in tutti gli uomini; 5. Se
limmagine di Dio esistente nell'uomo si riferisca all'essenza di-
vina, a tutte le Persone divine, oppure a una sola di esse; 6. Se
l'immagine di Dio si trovi nell'uomo solo in rapporto all'anima;
7. Se r immagine di Dio si trovi nell'uomo in rapporto alle potenze,
agii abiti, o agli atti ; 8. Se in rapporto a tutti gli oggetti; 9. Dif-
ferenza tra imma.gine e somiglianza.

ARTICOLO 1
Se vi sia nell'uomo I' immagine di Dio.

SnfBRA che nell'uomo non vi sia l'immagine di Dio. Infatti:


1. In Isaia si legge: cc A chi dunque lo rassomigliereste Dio?
E quale immagine gli darete?».
2. L'essere immagine di Dio è una prerogativa del Primogenito,
del quale l'Apostolo afferma: "Egli è l'immagine dell'invisibile
Iddio, il primogenito di ogni creazione n. Perciò l'immagine di Dio
non si t!'ova nell'uomo.
3. S. Ilario insegna che ccl' immagine è la specie indifferenziata
della cosa che rappresenta n; e ancora: ccl' immagine è la somi-
glianza compl·eta e senza differenze di una cosa, fatta per ugua-
gliarne un'altra n. Ora, non si dà una spede indifferenziata [e co-
mune] tra Dio e l'U{Jmo; e neppure può esserci uguaglianza. Quindi
non ci può essere nell'uomo l'immagine di Dio.

1 E pe.r tutti evidente che l'uomo è la più nobile delle creature visibili e corpo-
ree ; e verso di esso tendeva l'opera della e.reazione del mondo visibile, come a
suo fine intrinseco. :\Ia il fine intrinseco d.el creato, cioè la perfezione delle crea-
ture, non è che un vestigio, un'immagine e una partecipazione della bontà di Di.o
(cfr. I, q. H, a. 4). Viene e.o.sì a coincidere il fine intrinseco col fine estrinsec.o del
creato, che è la gloria accidentale di Dio.
Ma tra tutte le creature visit.ili soltanto l'uomo può rendere formalmente glo-
ria a Dio, perchè egli solo, dotato di int.el!ett-0 e di volontà, può conosoere e amare
Il suo Cr€atore ; cosicchè il mondo non avrebbe raggiunto pienamente il suo fine,
se non fosse stato cr€ato l'uomo. Esiste quindi nella creatura umana un.a parteci-
pazione e.osi abbondante della perfezione divina, e un'impressione cosi marcata
dell'essere rllvino, da meritare una d€nomlnazione speciale. Lit sacra Sc.rittura
parla di immagine e di somiglianza. E i teologi, dietro le orme di S. Agostino,
QUAESTIO 93
De fine sive termino productionis hominis
In novem arttculos divisa..

Deinde considerandum est dc fine sive termine> productionis homi-


nis, prout dicitur factus " ad imaginem et similitudinem Dei"·
Et circa hoc quaeruntur novem. Primo: utrum in homine sit
imag-0 Dei. Semmdo: utrum imago Dei sit in irrationalibus creaturis.
Tertio: utrum imago Dei sit magis in angelo quam in homine.
Quarto: utrum imago Dei sit in omni homine. Quinto: utrum in
lwmine .sit imago Dei per comparationem ad essentiam, vel ad Per-
sonas divinas omnes, aut unam earum. Sexto: utrum imago Dei in-
veniatur in homine solum secundum mentem. Septimo: utrum imago
Dei sit in homine secundum potentìas, aut secundum habitus, aut
actus. Octavo: utrum per comparationem ad omnia obiecta. Nono:
de differentia imaginis et similitudinis.

ARTICULUS 1
Utrum imago Dei sit in homine.
Supra, q. 35, a. 2, ad 3; q. 4~, a. 7; 4 Coni. Gent., c. 26; ! Sent., d. 16, expos. lltt.:
I Cor., c. 11, lect. 2.

AD PRH1U:.\1 SIC PROCEDITlJR. Videtur quod imago Dei non sit in ho-
mine. Dicitur enirn Isaiae 40, 18: "Cui similem fefecistis Deum; aut
quam imaginem ponetis ei? '"
2. PRAETEflE.1, esse Dei imaginem est proprium Primogeniti, de quo
dicit Apostolus, ad Colos. 1, 15: "Qui est imago Dei invisibilis, pri-
mogenitus omnis creaturae '" Non ergo in homine invenitur Dei
imago.
3. PRAETEREA, Hilarius dicit, in libro De Sy11od. [1 can. Syn. Ancyr.],
quod "imago est eius rei ad quam imaginatur, species indifferens" ;
et itemm dicit [ibid.] quod "imago est rei ad rem coaequandam in-
discreta et unita similitudo '" Sed non est species indifferens Dei et
hominis; nec potest esse aequalitas hominis ad Dcum. Ergo in ho-
mine non potest esse imago Dei.

hanno cercato di precisare questi concetti, 5eoondo le linee fonda;nentali del loro
sistema. - Per c~pire hene S. Tommaso, nella questione presPnte, bisogna seguire
il movimento del suo pensiero attraverso la successione ù·C'i nove quesiti che la
compongono, senza dimenticare 11 filo conduttore: si vuole riscontrare I' imma-
gine di Dio nella creatura vjsihile più sublime, nell'atto In cui essa raggiunge
l'apice della sua pe1·fezione, rendendo formalmente gloria a Dio. Cosi Dvremo
compreso qual' è per l'Aquinate "il fine e il coronamento" della creazione del-
l'uomo. - L'ordine naturale e quello soprannaturale sono qui contemplati sotto
un profilo unico, in cui la distinzione sembra quasi scomparsa. Vediamo infatti
che l'ordine della natura esige In qualche modo quello de.Ila grazia. L'anima
umana è stata costruita per il possesso abitual·e e attuale di Dio, nella fede e nella
carità, durante la vita presente, nella lurn di gloria, pe" la vita €t-6rnn. Le fon-
damenta, ~rciò, cJell'orrtine soprannaturale sono le stesse facoltà naturali del-
206 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 1

IN CONTRARIO: Sta scritto: «Facciamo l'uomo a nostra immagint


e somiglianza». '
RISPONDO: Come fa osservare S. Agostino, «dove c' è immagine vi
è senz'altro somiglianza; d-0ve però c'è somiglianza non per que-
sto c'è senz'altro immagine». Da ciò rileviamo che la somiglianza
fa parte della nozione di immagine, e che quest'ultima aggiunge
qualche cosa alla nozione di somiglianza, cioè la dipendenza da
un altro; infatti immagine deriva dall'atto di imitare. Perciò un
uovo, per quanto possa C·S·sere simile e uguale a un altro uovo, n()n
si potrà chiamare immagine di esso, appunto perchè non ne costi-
tuisce una riproduzione. - Il concetto di immagine invece non in·
elude l'uguaglianza; poichè, come si esprime S. Agostino, «dove
e' è immagine non vi è senz'altro uguaglianza». E ciò è evidentr
per l'immagine di una persona riflessa dallo specchio. Però [l'ugua-
glianza] si richiede nel!' immagine perfetta: poichè nell'immagine
perfetta non deve mancare niente di quant<> appartiene al proto-
tipo da essa riprodotto.
Ora, è chiaro che nell'uomo vi è una somiglianza con Dio, dipen-
dente da lui come da suo esemplare: ma non è una somiglianza
di uguaglianza, perchè l'esemplare supera all'infinito la copia. Per-
ciò si dovrà dire che nell'uomo vi è un'immagine di Dio, non già
perfetta, bensì imperfetta. Questo vuole indicare la Scrittura quando
dice che l'uomo è fatto "a immagine di Dio" ; pQìchè la preposi-
zione a indica l'approssimazione di una cosa, che è però distante.
SOLT'ZIONE DELLE DIFFICOLT.:\: 1. Il Profeta parla delle immagini ma-
teriali fabbricate dall'uomo; perciò usa l'<espressione: «Quale im-
magine gli darete?"· Invece nell'uomo Dio ha dato a se stesso
un'immagine spirituale.
2. «Il Primogenito di ogni creazione» è l'immagine perfetta di
Dio, che adegua perfettamente quello di cui è immagine ; perciò di
lui si dice che è Imma1.1ine, non già a immagine. Invece l'uomo per
la somiglianza è chiamato immagine, ma per l'imperfezione di
questa sua somiglianza sì dice che è a immagine. Ora, poichè la
somiglianza perfetta con Dio esige identità di natura, l' immagine
di Dio viene a trovarsi nel Figlio suo Primogenito come l'immagine
del re nel suo figlio legittimo; mentre nell'uomo essa si trova come
in una natura estranea, cioè come l'immagine del re si trova in una
moneta d'argento, per usare l'espressione di S. Agostino.
3. L'uno non è che l'ente indiviso e quindi la specie indifferen-
ziata non è altro che la specie unica. Ora, a una cosa si può attri-
buire l'unità, non solo secondo il numero, la specie, o il genere, ma
anche secondo una certa analogia e propo·rzìone, e questa è l'unità
o comunanza esistente tra la creatura e Dio. Le parole poi: « fatta
per uguagliarne un'altra"• si riferiscono a.Il' immagine perfetta.

l'anima. La distinzione del due ordini rimane; ma la distinzione non deve far
pensare a un'accettabile separabilità delle due cose. L'uomo che non ha la grazia
è un essere abortivo, un edificio in rovina, perché lasciato In tronco e in abban-
dono. L'uomo elle non ha ancora raggiunt-0 la gloria è una pianta tuttora in
g·erme, clrn attende la primavera.
' Ci sono degli eseg·eti, anche cattolici, i quali pensano che sia indicato 1n que-
sta espressione &0!tanto la supremazia e il dominio che l'uomo esercita sugli altri
animali. L'uomo sarebbe dett.o "a immagine e somiglianza,, di Dio, ~rchè è
come una piccola divinità nel mondo visibile: a lui infatti sono sottoposte tutte
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 207
SEn co:-nRA EST quod dicitur Gen. 1, 20: "Fac.iamus hominem ad
imaginem et similitudinem nostram ».
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit in libro Octoginta
trium Qua.est. [q. 74], « ubi est imago, continuo est. et similitudo;
sed ubi est similitudo, non continuo est imago'" Ex quo patet quod
similitudo est de ratione irna.ginis, et quod imago aliquid addit su-
pra rationem similitudinis, scilicet quod sit ex alio expressum: imago
enim dicitur ex eo quod agitur ad imitationem alterius. Unde ovum,
quantumcumque sit alteri ovo simile et aequale, quia tamen non
est expressum ex ilio, non dicitur imago eius. - Aequalitas autem
non est de ratione imaginis: quia, ut Augustinus ibidem dicit, "ubi
est imago, non continuo est aequalitas » ; ut patet in imagine ali-
cuius in speculo relucente. Est tiamen de ratione perfectae imagi-
nis: nam in perfecta imagine non deest aliquid imagini, quod insit
illi de quo expressa est.
Manifestum est autem quod in homine invenitur aliqua Dei simi-
litudo, quae deducitur a Deo sicut ab exemplari: non tamen est si-
militudo secundum aequalitatem, quia in infinitum excedit exem-
plar hoc tale exemplatum. Et ideo in homine dicitur esse imago Dei,
non tamen perfecta, sed imperfecta. Et hoc significat Scriptura, cum
dicit hominem factum "ad imaginem Dei" : praepositio enim ad ac-
cessum queudam signifìcat, qui competit rei distanti.
An PRIMUM ERGO DICENDU:\1 quod propheta loquitur de corporalibus
imaginibus ab homine fabricatis: et ideo signanter dicit: "Quam
imaginem ponetis ei? ». Sed Deus ipse sibi in homine posuit spiri-
tualem imaginem.
Ao SECUNDUM DICENDUM quod "Primogenitus omnis creaturae » est
imago Dei perfecta, perfecte implens illud cuius imago est: et ideo
dicitur Imago, et nunquam a.d imaginem. Homo vero et propter si-
militudinern dicitur imago; et propter imperfectionem similitudinis,
dicitur ad irnaginern. Et quia similitudo perfecta Dei non potest esse
nisi in identitate naturae, imago Dei est in Filio suo primogenito
sicut imago regis in filio sibi connaturali; in ÌlQmine autem sicut
in aliena natura, sicut imago regis in nummo argenteo; ut patEot
per Augustinum in libro De Decern Chordis [Serm. 9, c. 8].
Ao TEHTIUM DICENDUM quod, cum unum sit ens indivisum, eo modo
dicitur species indifferens, quo una. Unum autem dicitur aliquid non
solum numero aut specie aut genere, sed etiam secundum analogiarn
vel proportionem quandam: et sic est unitas vel convenientia crea-
turae ad Deum. Quod autem dicit "rei ad rem coaequandam "• per-
tinet. ad rationem perfectae imaginis.

le creature della terra. - E sempre però r;iù comune l'opinione di c.oloro, che ve-
dono descritta in quella e·spressione, n-0n la supe.riorità funzionale dell'uomo, ma
la sua superiorità essenziale. Quindi l'uomo è detto " a immagine e somiglianza"
di Dio, perché dotato di intelletto e di volontà (cfr. CEUPPENS, op. cit., pp. 33-37).
- E inaccettabile invece l'opinione di colOO'o, che credono di scorgere in questa
" immagine e somiglianza" un resi.duo di conoezioni antrop-0morfiche della divi-
nità. Infatti l'antrovomorfismo delle espressioni ha soltan.to una funzione didat-
tica, wtt-0lin<>ata con gratitudine da S. Agostino. "Ora mentre costoro [i semplici)
trovano un sost~no alla loi:o debolezza in questa manie.ra dt esprimersi terra
terra, quasi creaturelle piccine in grembo alla madre, sorge in esse per loro sa-
lute l'edificio della fede, per cui credono con certezza che tutte [le cose] furono
create da Dio " (AUGUSTINJ, 12 Confess., c. 37).
208 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 2

ARTICOLO 2
Se limmagine di Dio si trovi anche nelle creature irragionevoli. 1

SE!\IBRA che l'immagine di Dio si trovi anche nelle creature ir-


ragionevoli. Infatti:
1. Dice Dionigi: "Gli effetti portano immagini contingenti deHe
loro cause». Ora Dio è causa non soltanto delle creature ragione-
voli, ma anche di quelle i.rragionevoli. Perciò anche in queste si
trova l'immagine di Dio.
2. Quanto più la somiglianza di una cosa è marcata, tanto più si
avvicina alla nozione di immagine. Ma Dionigi scrive che il raggio
del sole ha la somiglianza più marcata con la bontà divina. Dun-
que il sole è ad immagine di Dio.
3. Quanto più un essere è perfetto nella bontà, tanto più è simile
a Dio. Ora, l'universo intero è più perfetto nella bontà che l'uomo;
poichè, sebbene le cose singolarmente siano buone, tutte insieme
vengono denominate "molto buone». Perciò non solo l'uomo, ma
tutto l'universo è a immagine di Dio.
4. Boezio parla di Dio cosi: "Egli è colui che sostiene il mondo
con la mente, e lo plasma a sua immagine». Per conseguenza non
la sola creatura ragionevole, ma tutto il mondo è immagine di Dio.
IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: "L'eccellenza dell'uomo consiste
nel fatto che Dio lo ha creato a sua immagine, dandogli un'anima
intellettiva, che Io mette ai disopra delle bestie». Dunque gli esseri
che mancano d'intelligenza non sono a immagine di Dio.
RISPONDO: Per una vera immagine non basta una somiglianza
qualsiasi, anche se c'è dipendenza da altri. Infatti, se la somiglianza
si limita al ge1rnrc o a un comune accidente, non si potrà dire per
questo che una cosa è a immagine di un'altra. 2 Così non potremo
dire che il verme, originato dalla carne dell'uomo, sia un'immagine
dell'uomo perchè simile a lui nel genere [di animale]; e neppure si
potrà affermare che una cosa, la quale riceve il [colore] bianco a so-
miglianza di un'altra, ne sia l'immagine, essendo il bianco un ac-
cidente comune a molte specie. Quindi per avere un'immagine si ri-
chiede, o comunanza secondo la specie, ed è il caso dell'immagine
del re esistente nel suo figliuolo ; o per lo meno la comunanza se-
condo qualche accidente proprio della specie, in modo particolare
secondo la figura, ed è il caso dell'immagine di un uomo riprodotta
nel bronzo. Per questo motivo S. Ilario usa quell'espressione: « L' im-
magine è una specie indifferenziata».
È poi evidente che la somiglianza nella specie va considerata se-
condo l'ultima differenza.• Ora, i vari esseri hanno con Dio una
prima somiglianza genericissima in quanto esistono·; una seconda
in quanto vivono ; una terza in quanto pensano o intendono. E que-

1 Si procede gradualmente ne1ll'esposizione. Dopo aver definito la n-0zione gene.


rica di tmmagtne, si passa qui a esaminare quale debba essere la somiglianza di
una c:reatura con Dio, perchè si possa applicare il termine indicat-0.
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 209

ARTICULUS 2
Utrum imago Dei inveniatur in irrationalibus creaturis.
Supra, q. 15, a. 7; I Sent., cl. :i, q. 3; ~. d. 16, a. 2; Il, cl. 10, q. 2, a. 2, qc. 2;
4 Cont. Gent., c. 26; De Verti., q. 10, a. 1, aù ;; ; De Pot., q. 9, a. 9.
AD SEClJNDiJM SIC PROCEDITUR. Vidctur quod imago Dci inveniatur
in irrationalibus creaturis. Dicit enim Dionysius, in libro De Div.
1\'om. [c. 2, lect. 4]: u Habent causata causarum suarum contingen-
tes imagines ». Sed Deus est causa non solum ratipnalium creatu-
rarum, sed etiam irrationalium. Ergo imago Dei invenitur in irra-
tionalibus craturis.
2. PRAETEREA, quanto est expressior similitudo in aliquo, tanto ma-
gis accedit ad rationem imaginis. SOO. Dionysius dicit, 4 cap. De Div.
Nom. [Iect. 3], quod radius solaris maxime habet similitudinem di-
vinae bonitatis. Ergo est ad imaginem Dei.
3. PRAETEREA, quanto aliquid est magis pe>rfectum in bonitate, tanto
magis est Deo simile. Sed totum universum est perfectius in boni-
tate quam homo: quia etsi bona sint singola, tamen simul omnia
dicuntur « valde buona», Gen. 1, 31. Ergo totum universum est ad
imaginem Dei, et non solum homo .
.'f. PRAETEREA, Bo·etius, in libro 3 De Consol. [metr. 9], dicit de Deo:
"Mundum mente gerens, similique in imagine formans ». Ergo totus
mundus est ad imaginem Dei, et non solum rationalis creatura.
SED CONTRA EST quod dicit Augustinus, 6 Super Gen. ad litt. [c. 12]:
" Hoc excellit in homine, quia Deus ad imaginem suam hominem
fccit, propter hoc quod dedit ei mentem intelledua1em, qua prae-
stat pecoribus », Ea ergo quae non habent intellectum, non sunt ad
imaginern Dei.
RESPONDEO DICENDU:M quod non quaelibet similitudo, etiarn si sit
exprcssa ex altero, sufficit ad rationem imaginis. Si enim similitudo
sit secundum genus tantum, vel secundum aliquod accidens com-
mune, non propter hoc dicetur aliquid es,se ad imaginem alterius:
non enim posset dici quod vermis qui oritur ex homine, sit imago
horninis propter similitudinem generis; neque iterum potest dici
quod, si aliquid fìat album ad similitudinem alterius, qnod propter
hoc sit ad eius imaginem, quia album est accidens commune plu-
ribus speciebus. Requiritur autem ad rationem imaginis quod sit
~imilitudo secundmn speciem, sicut imago regis ost in iìlio suo: vel
ad minus secundum aliquod accidcns proprium speciei, et praecipue
secundum iìguram, sicut hominis imago dicitur esse in cupro. UndA
signanter Hilarius dicit [ f1e Syn., super 1 can. Syn, Ancyr.] quod
"imago est species indifferens n.
Manifestum est autem quod similitudo speciei attenditur secun-
dum ultimam differentiam. Assimilantur autem aliqua Deo, primo
quidem, et maxime communiter, inquantum sunt; secundo vero, in-
quantum vivunt; tertio vero, inquantum sapiunt vel intelligunt.
" In questi casi i toologi usano parlare di vesttgio (vedi infra, a. 6).
3 Il ragionamento non porta a concludere che • l'ultill"..a differenza" di Dio è
I' intellezione attuale; ma soltanto che non esiste grado di esistenza superiore ali.a
vita intellettiva.
210 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, aa. 2-3

sti ultimi, al dire di S. Agostino, « hanno con Dio una somiglianza


tanto stretta, da essere la più vicina concessa alle creature >>. Dun-
que è chiaro che, parlando propriamente, le sole creature intellet-
tuali sono a immagine di Dio.
Sou:zw~E DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ogni ente imperfetto è una parte-
cipazione di quello perfetto. Perciò anche gli esseri che non raggiun-
gono il grado perfetto di immagine, ne partecipano parzialmente,
in quanto hanno una certa somiglianza con Dio. Per questo motivo
Dionigi scrive che gli esseri causati portano «immagini contin-
genti» delle loro cause, cioè immagini non in senso a;ssoluto, ma
soltanto relativo.
2. Dionigi paragona il raggio di sole alla bontà divina quanto alla
causalità, non quanto alla dignità di natura, come si richiede per
una vera immagine.
3. L'universo, per estensione e universalità, è un bene più per-
fetto della creatura intellettiva. Ma in intensità e in profondità la
somiglianza con la perfezione divina è più marcata neUa creatura
intellettiva, che è capace di possedere il sommo bene. ' - Si potrebbe
anche rispondere che la parte qui non si contrappone al tutto, ma
a un'altra parte. Perciò, quando si afferma che la sola creatura
intellettiva è fatta ad immagine di Dio, non si esclude che l'uni-
verso, in qualche sua parte, sia pure ad immagine di Dio ; ma si
escludono solo le altre sue parti.
4. Boezio usa il termine immagine, in quanto sta a indicare la
somiglianza del manufatto col modello esistente nella mente del suo
artefice: in tal senso ogni creatura è un'immagine delle idee arche-
tipe esistenti nella mente divina. Noi però non parliamo ora del-
1' immagine in tal senso: ma parliamo di quella somiglianza che
è fondata sulla natura; e cioè della somiglianza che hanno tutte
le cose col primo ente, in quanto sono enti ; con la prima vita, in
quanto sono viventi; con la somma sapienza, in quanto sono intel-
ligenti.

ARTICOLO 3
Se l'angelo più dell'uomo sia a immagine di Dio.

SEMDRA che l'angelo non sia a immagine di Dio più dell'uomo.


Infatti:
1. S. Agostino afferma che Dio non ha dato a nessun'altra crea-
tura, fuorchè all'uomo, di essere a sua immagine. Dunque non è
vero che l'angelo sia a immagine di Dio più dell'uomo.
2. Al dire di S. Agostino, cc l'uomo è talmente a immagine di Dio,
che è stato formato da Dio stesso, senza intervento di nessuna crea-
tura. Perciò nessun'altra c-0sa è a lui così affine>>. Ora, una crea-
t.ura viene detta a immagine di Dio, in quanto è affine a Dio. Dun-
que l'angelo non è a inunagine di Dio più dell'uomo.

1 Questa peric.ope soitolinea eftlcac.emente la c.onc<'zione cristiana della dignità


dell'uomo rispetto all'universo. - Abbiamo qui, ridotta in formula concisa ed
esatta, la base teorie.a dell'« umanesimo" cristiano, argomento che appass.iona
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 211

Quae, ut Augustinus dicit in libro Octoginta trium Quaest. [q. 51],


" ita sunt Deo similitudine proxima, ut in creaturis nihil sit pro-
pinquius "· Sic ergo patet quod solae intellectuales creaturae·, pro-
prie loquendo, sunt ad imaginem Dei.
An PRll\rnM ERGO DICENDUM quod omne imperfectum est quaedam
participatio perfecti. Et ideo etiam ea quae deficiunt a ratione ima-
ginis, inquantum tamen aliqualem Dei similitudinem habent, parti-
cipant aliquid de rntione imagi.Jiis. Et ideo Dionysius dicit quod cau-
sata habent causarum "contingentes irnagines n, idest quantum con-
tingit ea haberc, et nGn simpliciter.
An SECUNDUM DICENDUM quod Dionysius assimilat radium solarem
divinae bonitati quantum ad causalitatem; non secundum dignita-
tem naturae, quae requiritur ad rationem imaginis.
AD TERTIUM DICENDTJM quod universum est perfectius in bonitate
quam int.~Jlectualis creatura, extensive et diffusive. Sed intensive et
wllective similitudo divinae perfectionis magis invenitur in intel-
lectuali creatura, quae est capax summi boni. - Vel dicendum quod
pars non dividitur contra totum, sed contra aliam partem. Unde cum
dicitur quod sola natura intellectualis est ad imagincm Dei, non
excluditur quin universum, secundum aliquam sui pa.rtem, sit ad
imaginem Dei; sed exduduntur aliae partes universi.
An QUARTUM nrc&"<DUM quod imago accipitur a Boeti<> secundum
rationem similitudinis qua artificiatum imitatur speciem artis quae
est in mente artificis: sic autem quaelibet creatura est imago ratio-
nis exemplaris quam habet in mente divina. Sic autem non loqui-
mur nunc de imagine: sed secundum quod attenditur secundum
similitudinem in natura; prout scilicet primo enti assimilantur om-
nia, inquantum sunt entia; et primae vitae inquantum sunt viven-
tia; et summae sapientiae, inquantum sunt intelligentia.

ARTICULUS 3
Utrurn angelus sit magis ad imaginem Dei quam homo.
I Seni., d. 3, q. 3, aù 4; 2, d. !G, a. 3; S, d. 2, q. 1, a. 1, qc. 2,; In l'salm. 8.

AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod angelus non sit rnagis ad


imaginem Dei quam homo. Dicit enim Augustinus, in sermone De
Imagine [serro. 43, c. 2], quod Ueus nulli alii creaturae dedit quod
sit ad imaginem suam, nisi homini. Non ergo verum est quoo angè-
lus magis dicatur ad imaginem Dei quam homo.
2. PRAETEREA, secundum Augustinum, in libro Octoginta triurn
Qua.est. [q. 51], "Homo ita est ad imaginem Dei, ut, nulla. interposita
creatura, formetur a Deo. Et ideo nihil est illi coniunctius ». Sed
imago Dei dicitur aliqua creatura, inquantum Deo coniungitur.
Ergo angelus non est magis ad imaginem Dei quam homo.

vivamente I.a cultura moderna. Per un.a visione panoramica del problema secondo
il pensiero cattolico e tomistico vedi: P. R. SPIAZZI O. P., Il Cristianesimo perfe-
zione dell'uomo, Alba, 1953.
212 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 3

3. La creatura. è detta immagine di Dio in quanto possiede una


natura intellettiva. Ma la natura intellettiva non ammette gradi di
intensità maggiore o minore, perchè non è un accidente, ma è una
sostanza. Quindi l'angelo non supera l'uom(} nell'essere a immagine
di Dio.
IN CONT!lARIO: Scrive S. Gregorio che «l'angelo è chiamato segna-
colo di somiglianza, per insinuare che in lui la somiglianza dell' im-
magine divina è più marcata». '
RrsPONDO: In due modi possia.m(} parlare dell'immagine di Dio.
Primo, in rapporto a ciò che costituisce il primo fondamento del-
1' immagine, vale a dire in rapporto alla natura intellettiva. E sotto
questo aspetto l' immagine di Dio si trova più negli angeli che negli
uomini, avendo essi una natura intellettiva più perletta, come ri-
sulta dal trattato precedente. - Secondo, possiamo considerare l' im-
magine di Dio nell'uomo sotto qualche aspetto secondario ; cioè in
quanto si riscontra nell'uomo una certa imitazione di Dio: troviamo,
p. es., che l'uomo proviene dall'uomo come Dio da Dio; ovvero che
l'anima. umana. è tutta in tutto il corpo, e tutta in ogni sua pa.rte,
come appunto è Dio in rapporto al mondo. Sotto questi aspetti e
altri consimili limmagine di Dio si trova più neH'uomo che nel-
l'angelo. - Si noti però che non è questo l'aspetto proprio ed essen-
ziale dell'immagine di Dio nell'uomo, ma esso preooppone quella
prima imitazione, che è fondata sulla natura intellettiva; altrimenti
anche gli animali bruti sarebbero a immagine di Dio. Ora, siccome
in rapporto alla natura intellettiva l'angelo è a immagine di Dio
più dell'uomo, bisogna affermare che, assolutamente parlando, l'an-
gelo ha una superiorità nell'essere a immagine di Dio; l'uomo in-
vece ha una superiorità soltanto in senso relativo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. s. Agostino non esclude gli angeli
dal partecipare l' immagine di Dio, ma le creature inferiori prive di
intelligenza. •
2. Come si dice che il fuoco è per la sua specie il più sottile dei
corpi, sebbene un dato fuoco sia più S"Ottile di un altro, così, consi-
derando il genere della natura intellettiva, si può dire che niente è
bnto affine a Dio quanto la mente umana: difatti S. Agostino aveva
già detto poco prima che «gli esseri dotati di discernimento hanno
con lui una somiglianza tanto stretta, da essere la più vicina con-
cessa alle creature». Perciò quel testo non esclude affatto che l'an-
gelo sia in grado maggiore a immagine di Dio.
3. Quando si dice che «la natura non ammette gradi di intensità
maggiore o minore», non si esclude che una data specie di nature
possa essere più perfetta di un'altra, ma che un medesimo indivi-
duo possa partecipare la sua specie ora di più, ora d.i meno. Anzi,
neppure individui diversi possono partecipare in tal modo la [unica]
specie della loro essenza o sostanza.

1 Si direbbe che l'articolo è imperniato su questa affermazione di S. Gregorio


che l'Autore plenamenw condivide. Ma se osserviamo meglio, ci accorgiamo ché
S. Tommaso cerca ancora di p1-eclsare il suo concetto di immagine, mostrandone
le più svariate applicazioni.
L' I:-.1MAGINE DI DIO NELL'UOMO 213

3. PRAETEREA, creatura dicitur ad imaginem Dei, inquuntum est


intellectualis naturae. Sed intellectualis natura non intendltur nec
remittitur: non enim est de genere accidentis, cum sit in genere sub-
stantiae. Ergo angelus non est magis ad imaginem Dei quam hGmo.
SED CONTRA EST quod dicit Gregorius, in quadam Homilia [hornil. 34
in Evang.], quGd "angelus dicitur signaculum similitudinis, quia in
eo similitudo divinae imaginis magis insinuatur expressa "·
RESPONDEO DICENDUM quod de imagine Dei lo.qui dupliciter possu-
mus. rno modo, quantum ad id in quo primo consideratur ratio
imaginis, quod est intellectualis natura. Et sic imagG Dei est magis
in angelis quam sit in hominibus: quia intellectualis natura per-
fectior est in eis, ut ex supra [q. 58, a. 3; q. 75, a. 7, ad 3; q. 79, a. 8]
dictis patet. - Secundo potest considerari imago Dei in homine, quan-
tum ad id in quo secundario consideratur: prout scilicet in homine
invenitur quaedam Dei imitatio, inquantum scilicet homo est de ho-
mine, sicut Deus de Deo; et inquantum anima hominis est tota in
toto corpore eius, et iterum tota in qualibet parte ipsius, sicut Deus
se habet a.d mundun1. Et secundum haec et similia, magis invenitur
Dei imago in homine quam in angelo. - Sed quantum ad hoc non
attenditur per se ratio divinae imaginis in homine, nisi praesuppo-
sita prima imitatione, quae est secundum intellectualem naturam:
alioquin etiam animalia bruta essent ad imaginem Dei. Et ideo, cum
quantum ad intellectualem naturam angelus sit magis ad imaginem
Dei quam homo, simpliciter concedendum est angelum rnagis esse
ad imaginern Dei; hominem autem secundum quid.
AD PRIMFM F.nGo DICENDU"-f quod Augustinus excludit a Dei imagine
alias inferiores creaturas intellectu carentes, non autem angelos.
AD sF.Ct:NDUM DICENDUM quod, sicut ignis dicitur esse subtilissimum
corporum secundum suam speciem, cum tamen unus ignis sit alio
subtilior; ita dicitur quod nihil est coniunctius Dea quam mens
humana, secundum genus intellectualis naturae ; quia, sicut ipso
supra [loco cit. in arg.] praemiserat, "quao sapiunt, ita sunt illi
similitudine proxima, ut in creaturis nihil sit propinquius "· Unde
per hoc non excluditur qnin angelus sit magis ad Dei imaginem.
AD TERTIUM DICENDUM quod, cum dicitur quod "substantia non re-
cipit magis et minus,, [ARIST., Categ., c. 3], non intelligitur quod
una species su.bstantiae non sit perfectior quarn alia: sed quoo unum
et idem individuum non participet suam speciern quandoque magis,
quandoque minus. Nec etiam a divers.is individuis participatur spe-
cies substantiae secundum magis et minus.

2 Ecco come S. Donanntura, fedells&imo interprete di S. Agostino, conclude a


questo propo•ito: " Sicut esse rationale ve! 1ntelleduale non est praprlum homini
simpliciter, quia convenit in hoc cum angelo, sed est proprium respectu rerum
corporalium ; sic esse imaglnem proprie convenit homini respectu brutorum, non
tamen respectu ange!orum, !mmo comunit.er convenit llominibus et angelis • In
1 Sent. d. 16, a. 1, q. 3. ·

U - VI
214 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 4

ARTICOLO 4
Se I' immagine di Dio si trovi in ogni singolo uomo.

SEMBRA che I' immagine di Dio non si trovi in ogni singolo uomo.
Infatti:
1. L'Apostolo scrive che «l'uomo è immagine di Dio, la donna
invece è immagine dell'uomo"· E poichè la donna è un individuo
della specie umana, non ogni individuo è immagine di Dio.
2. Dice pure l'Apostolo: "quelli che Dio ha preconosciuti li ha
anche predestinati a essere conformi all'immagine di suo Figlio"·
Ma non tutti gli uomini sono predestinati. Dunque non tutti hanno
la conformità dell' immagine.
3. La somiglianza è l'elemento essenziale dell'immagine, come
aJ:>biamo già detto. Ora, l'uomo col peccato diviene dissimile da Dio.
Perciò perde l' immagine di Dio.
IN CONTRARIO: Sta scritto: «L'uomo passa come un'immagine"· 1
RISPONDO: Eseendo l'uomo a immagine di Dio pe:r la sua natura
intellettiva, egli raggiungerà il grado massimo in questa sua somi-
glianza, nell'atto in cui la natura intellettiva può massimamente
imitare Dio. Ora la natura intellettiva imita Dio al ma.ssimo grado
nell'intellezione e nell'amore che Dio ha per se medesimo. Perciò
I' immagine di Dio nell'uomo si può considerare sotto tre aspetti.
Primo, in quanto l'uomo ha un'attitudine naturale a conoscere e
ad amare Dio: B questa attitudine consiste nella natura stessa della
mente, che è comune a tutti gli uomini. Secondo, in quanto l'uomo
conosce e ama Dio in maniera attuale o abituale, però non in modo
perfetto: e questa è l' immagine dovuta alla conformità della gra-
zia. Terzo, in quanto l'uDmo conosce e ama Dio in maniera attuale
e perfetta: e questa è l'immagine secondo la somiglianza della glo-
ria. Perciò, commentando il versetto del Salmo: cc E sfata impressa
in noi la luce del tuo volto, o Signore '" la Glossa distingue tre im-
magini: e cioè di creazione, di nuova creazione, e di somiglianza. 2 -
Concludendo, la prima immagine si trova in tutti gli uomini, la
seconda nei soli giusti, la terza soltanto nei beati.
SOLliZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tanto nell'uomo che nella donna
si trova l'immagine di Dio, quanto all'elemento principale che c0-
stituisce l'immagine, cioè quant.o alla natura intellettiva. Perciò la
Genes_i, dopo aver detto che "lo creò a immagine di Dio n, sog-
giunge: «Li creò maschio e femmina n ; e dice li al plurale, come
osserva S. Agostino, perchè non si pensass.e che i due sessi siano
stati uniti in un solo individuo. - Se però consideriamo certi aspetti
secondari, allora l'immagine di Dio che è nell'uomo non è nella
donna; l'uomo, p. es., è principio e fine della donna, come Dio è

1 A prima vista non si comprende come tale espreS&Lone pos.<;.'l servire quale
argomento tn contrario 11€1 presente articolo. Infatti essa non è che un lament-0
sulla J)revità della vita: •SI, come un'ombra passa l'uomo, e per di più vana-
mente s'agita .... "· - !Ifa S. Tommaso aveva sott"oe<::hio il commento di S. Ago5tlno,
il quale si serviva di una versione latina ben diversa dalla Volgata, e che poteva
dare appiglio alla strana Jnterpretazi-0ne che !"argomento tomistico ouppone. Ecco
V IMMAGINE DI DIO NELt.' UOMO 215

ARTICULUS 4
Utrum imago Dei inveniatur in quolibet homine.
I Sent., d. 3, expos. p.art. 2 litt. ; De Poi., q. 9, a. 9.

An QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod imago Dei non invenia-


tur in quolibet homine. Dicit enim Apostolus, I ad Cor. 11, 7, quod
"vir est imago Dei, mulier autem est imago viri». Cum ergo mu-
Jier sit individuum humana.e speciei, non cuilibet individuo conve-
nit esse imaginem Dei.
2. PRAETEREA, Apostolus dicit, Rom. 8, 29, quod illos "quos Deus
praescivit conformes fieri imagini Filii sui, hos praedistinavit "· Sed
non omnes homines praedestinatd sunt. Ergo non omnes homines
habent conformitatem imaginis.
3. PRAETEREA, &imilitudo est de ratione i:maginis, ut supra. [a. 1]
dictum est. Sed per peccatum fit homo Deo dissimili.s. Ergo amittit
Dei imaginem.
SEn CONTRA EST quod dicitur in Psalmo 38, 7: "Veruntamen in ima-
gine pertransit homo'"
RESPONDEO DICENDUM quod, cum homo secundum intellectualem na-
turam ad imaginem Dei esse dicatur, secundum hoc est maxime ad
imaginem Dei, secundum quod intellectuaiis natura Deum maxime
imitari potest. Imitatur autem intellectualis natura maxime Deum
quantum ad h-0c, quod Deus sejpsum intelligit et amal Unde imago
Dei tripliciter potest considerari in homine. Uno quidem modo, se-
cundum quod homo habet aptitudinem naturalem ad intelligendum
et amandum Deum: et haec aptitudo consistit in ipsa natura men-
tis, quae e.<;t communis omnibus hominibus. Alio modo, secundum
quod homo actu vel habitu Deum cognoscit et amat, sed tamen im-
perfecte: et haec est imago per conformitatem gratiae. Tertio modo,
secundum quod homo Deum actu cognoscit et amat perfecte: et sic
attenditur imago secundum similitudinem gloriae. Unde super illud
Psalmi 'i, 7, "Signatum est super nos lumen vultus tui, Domine'"
Glossa [ordin.] distinguit triplicem imaginem: scilicet creationis, re-
crcationis et similitu-dinis. - Prima ergo imago invenitur in omnibus
hominibus; secunda in iustis tantum; tertia vero so·lum in beatis.
Ao PRIMUM ERGO DICENDFl\I quod tam in viro quam in muliere in-
venitur Dei imago quantum ad id in quo principaliter ratio ima-
ginis consistit, scilicet quantum ad intellectualem naturam. Unde
Gen. 1, 27, oum dixisset, "ad irnaginem Dei creavit illum '" scilicet
hominem, subdidit: "masculum et feminam creavit eos n: et dixit
pluraliter eos, ut Augustinus dicit [3 De Gen. ad litt., c. 22], ne in-
telligatur in uno individuo uterque sexus fuisse coniunctus. - Sed
quantum ad aliquid secundario imago Dei invenitur in viro, secun-
dum quod non invenitur in muliere: nam vir est principium mu-
l'intraducibile passo agostiniano: "Quamquam tn imauine ambulat homo. In qua
.magine, nisi illius qui dixit: Faciamus hominem ad lmaginem et similltudinem
1ostram? ... Ideo enim quamquam, quia magnum aliquid imago haec n (Ennar-
·llttones tn Psa!mos, ps. XXXVIII, n. 11 ; cfr. 14 De Trinit., c. 4).
2 SJ tratta della Glossa 01'dinaria (cfr. ML, 3, p. 92) e della Glossa di Pietro
_ombardo (l\fL, 113, p. 88).
216 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, aa. 4-5

principio e fine di tutta la creazione. Perciò l'Apostolo, dopo aver


detto che u l'uomo è immagine e gloria di Dio, la donna invece è
gloria dell'uomo», mostra la ragione delle sue parole, continuando:
u poichè non viene l'uomo dalla donna, ma la donna dall'uomo; nè
fu fatto l'uomo per la donna, ma la donna per l'uomo'" '
2, 3. Le argomentazioni valgono per quell' immagine che è fon-
data sulla conformità della grazia e della gloria.

ARTICOLO 5
Se nell'uomo vi sia I' immagine di Dio secondo la trinità
delle Persone. 2

SEMBRA che nell'uomo non vi sia l'immagine di Dio secondo la


trinità delle Persone divine. Infatti:
1. S. Agostino, nel De Fide ad Petrum, 3 scrive: "E essenzial-
mente unica la divinità della santa trinità; come pure l'immagine
secondo la quale fu creato l'uomo'" E S. Ilario afferma ch11 "l'uomo
è fatto secondo l'immagine comune della trinità"· Vi è dunque nel-
l'uomo l'immagine di Dio secondo l'ess.enza, non secondo la trinità
delle Persone.
2. Nel libro De ccclesiasticis dogmatibus 4 sta scritto che nell'uomo
l'immagine di Dio è in rapporto all'eternità. Per il Darna.Eceno poi
l'espressione che u l'uomo è ad immagine di Dio vuole indicare che
egli è dotato di intelligenza, di libero arbitrio e di autonomia"·
Anche S. Gregorio Nisseno 5 dichiara che la Scrittura, quando dice
che l'uomo è fatto a immagine di Dio, " è come se dicesse che la
natura umana è stata fatta partecipe di ogni bene, po.ichè la pie-
nezza di ogni bene è la divinità"· Ora tutte queste cose non si rife-
riscono alla distinzione delle Persone, ma piuttosto all'unità dell'es-
senza. Vi è dunque nell'uomo l'immagine di Dio, non secondo la
Trinità delle Persone, ma secondo l'unità dell'essenza.
3. L'immagine porta alla cono·scenza del suo modello. Se quindi
nell'uomo vi fosse l'immagine di Dio secondo la trinità delle Per-
sone, avendo l'uomo la capacità di conoscere se stesso con la ra-
gione naturale, ne verrebbe che egli con la sua conoscenza naturale
potrebbe conoscere la trinità delle Persone divine; cosa falsa, come
già si è visto.
4. Il nome di Immagine non appartiene a tutte e tre le Persone,
ma soltanto al Figlio; dice infatti S. Agostino: "il solo Figlio è
immagine del Padre"· Ora, se nell'uomo l'immagine di Dio si ri-
ferisse alle Persone, non vi sarebbe in esso l'immagine di tutta la
Trinità, ma del solo Figlio.

1 In questa Interpretazione delle parole di S. P:wlo non e' è niente di off0n5lvo


e di deprimente per la donna; purcllè non s.i vog~ia dimenticare che il compito
ùi quest'ultima è più modest-0, sta nell'ordine della natura (dove essa non ha
forse mai raggiunto la potenza del genio), che in quello della Grazia (dove le i'
negato ogni compito gerarchico). - "Oggi stesso"• scrive il Rosle.r "le parole dl
S. Paol-0 non potrebbero esporsi meglio di cosi, e questa è la ragione per cui le
false teorie di emancipazione cercano di mettere da parte t.anto Paolo che Tom-
ma.so" (Wi~LER A., Le condtztoni della donna nell'umana convtvenw, trad. Man-
nucci, Torino, 1915, p. 29•).
L' Il\fMAGINE DI DIO NELL'UOMO 217
Jieris et fìnis, sicut Deus est principium et finis totius creaturae.
Unde cum Apostolus dixisset quod "vir imago et gloria est Dei,
mulier autem est gloria viri,, ; ostcndit quare hoc dixerit, subdens
[vv. 8, 9]; « Non enim vir est ex muli ere, sed mulier ex viro ; et vir
non est creatus propier mulierem, sed mulier prnpter virum "·
AD SECUNDUM et TERTilJM DICENDVM quod illae rationes proceduni
de imagine quae est secundum confor:mit.atem gratiae et gloriae.

ARTICULUS 5
Utrum in homine sit imago Dei quantum
ad trinitatem Personarum.
a. seq. ; Dc Vertt., q. 10, a. 3.
AD QUI~TF!\I SIC PROCEDITUR. Videtur quod in homine non sit imago
Dei quantum ad Trinitatem divinanim Personarum. Dicit enirn Au-
gustinus, in libro De Fide ad Petrum [c. 1]: «Una est sanctae Tri-
nitatis essentialiter divinitas, et imago ad quam factus est homo"·
Et Hilarius, in 5 De Trin. [n. 8], dicit quod "homo fìt ad com-
munem Trinitatis imaginem "· Est ergo in homine imago Dei quan-
tum ad essentiam, et non quantum ad Trinitatem Pcrsonarum.
2. PRAETEREA, in libro De Eccles. Doymat. [c. 55] dicitur quod imago
Dei attcnditur in homine secundum acternitatem. Damascenus etiam
dicit [2 De Fide Orth., c. 12] quod "hominem esse ad imaginem Dei,
signifìcat intellectuale, et arbitrio liberum, et per potestativum "·
Gregorius etiam Nyssenus dicit [De Hominis Opificio, c. 16] quod,
cum Scriptura dixit hominem factum ad imaginem Dei, « aequale
est ac si diceret humanam naturam omnis borri factam esse parti-
cipem; bonitatis cnim plenitudo divinitas est». Haec autem omnia
non pertinent ad distinctionem Personarum, sed magis ad essentiaP
unitatem. Ergo in homine est imago Dei, non secundum Trinit.atem
Personarum, sed secundum essentiae unitatem.
;1. PRAETEREA, imago ducit in cognitionem eius cuius est imago. Si
igitur in homine est imago Dei secundum Trinitatem Personarum,
cum homo per naturalcm rationem seipsum cognoscere possit, se-
queretur quod per naturalem cogniUonem posset homo cognoscere
Trinitatem divinarum Personarum. Quod est falsum, ut supra [q. 32.
a. 1] ostensum est.
4. PRAETEREA, nomen Tmaginis non cuilibet trium Personarum cou-
venit, sed soli Filio: dicit enim Augustinus, in 6 De Trin. [c. 2], quotl
"solus Filius est imago Patris "· Si igitur in homine attenderetur
Dei imago secundum Personam, non esset in homine imago totius
Trinitatis, sed Filii tantum.

2 E sentenza comune doei Padri elle l'uomo sia stato creato a immagine della
SS. Trinit.'\.
• L'opera citata non è di S. Agostino, ma di S. Fulgenzio di Ruspe.
• Opu&colo com1,osto da Gennadio di Marsiglia [t 494). Cfr. CAYRE F., Patrologta
~ storia della Teologia, Roma, 1938, voi. II, p. 239.
• II Liber de h?minis opif!cio, elle J•iù volte viene qui c,il.at-0 dall'Aquinate, fu
:critto da S. Gregorio Nisseno intorno al 379. E un'eccel!ente integrazione del-
l' Esemeron di suo fratello S. Basilio. Infatti quest'ultimo non aveva trovato il
;e:mpo per trattare del sesto giorno (I.ella creazione.
218 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 5

IN CONTRARIO: S. Ilario arguisce la pluralità delle Persone divine,


dal fatto che la Scrittura dichiara l'uomo creato a immagine di Dio.
RISPONDO: La distinzione delle Persone divine è data solo dall'ori-
gine, p meglio dalla relazione di -0rigine, come abbiamo spiegato
sopra. ' Ora, il processo di origine non è uguale per tutti gli esseri,
ma è conforme alla natura di ciascuno; infatti in un modo si pro-
ducono gli esseri animati e in un altro quelli inanimati; in una
maniera nascono gli animali e in un'altra le piante. È evidente
quindi che la distinzione delle Persone si verifica secondo il modo
che è conforme alla natura divina. Perciò essere a immagine di Dio,
secondo l'imitazione della natura divina, non esclude la possibilità
di esserlo anche secondo la trinità delle Persone; anzi l'una ca.sa è
implicita nell'altra. - Bisogna perciò ammettere che nell'uomo vi è
l'immagine di Dio, e secondo la natura divina, e secondo la trinità
delle Persone; poichè in Dio stesso esiste una sola natura in tre
Persone. 2
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2. Abbiamo così risolto le prime
due difficoltà.
3. L'argomento addotto avrebbe valore, se l'immagine di Dio nel-
l'uomo rappresentasse perfettamente Dio. Ora, come dice S. Ago-
stino, vi è una differenza enorme fra la trinità che è in noi e la
Trinità divina. Perciò si fa notare in quel medesimo libro: " Quella
trinità che è in noi, più che crederla, noi la vediamo ; invece, che
Dio sia Trinità, lo crediamo, ma non lo vediamo"·
4. Alcuni hanno affermato che nell'uomo si trova ooltanto I' im-
magine del Figlio. Ma l'affermazione viene riprovata da S. Ago-
stino. Primo, perchè essendo il Figlio simile al Padre per egualità
di essenza, è necessario che l'uomo, fatto a somiglianza del Figlio,
sia anche fatto a somiglianza del Padre. Secondo, perchè se l'uomo
fosse fatto soltanto a immagine del Figlio, il Padre non avrebbe
detto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza», ma
a tua immagine.
Perciò la frase: «Lo fece a immagine di Dio», non si deve inten-
dere nel senso che il Padre abbia fatto l'uomo soltanto a immagine
del Figlio di Dio, come interpretarono alcuni: ma si deve intendere
nel senso che Dio Trinità fece l'uomo a immagine sua, cioè di tutta
la Trinità.
La frase poi: «Dio fece l'uomo a sua immagine», si può inten-
dere in due modi. Primo, nel senso che la prep·osizione [latina] ad
indichi il termine dell'azione, come se dicesse: cc Facciamo l'uomo
in modo tale, che in esso vi sia l'immagine». Secondo, nel senso
che la preposizione ad voglia indicare la causa esemplare, come
per es., nelle parole: «Codesto libro è fatto su [ad] quell'origi-
nale».• E allora l'immagine di Dio è la stessa essenza divina, chia-
mata impropriamente immagine, in quanto immagine sta per esem-
plare. Secondo altri invece l'essenza divina sarebbe denominata im-
magine, perchè è in essa che una Persona imita l'altra.

1 Solo tenendo d'oochio Il trattato sulla Trinità, possiamo ben comprendere la


portata dei quesiti e delle soluzioni che qui vengono proposti.
2 Il Concilio di Toledo (XI) del 675 cosi si t>sprime: " Noi dunque, come non
conlondiamo queIIe tre persone di un'unica e inseparabile natura, cosi le affer-
miamo inseparabili. Difatti la .stessa Trinità si è degnata di mostrarci questa
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 219
SED CONTRA EST quod Hilarius, in 4 Dc Trin. [nn. 18, 19], per hoc
quod homo dicitur ad imaginem Dei factus, ostendit pluralitatem
divinarum Personarum.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [q. 40, a. 2] habitum est,
distinctio divinarum Personarum non est nisi secundum originem,
vel potius secundum relationes originis. Non autem est idem modus
originis in omnibus, sed modus originis uniuscuiusque est secundum
convenientiam suae naturae: aliter enim producuntur animata, ali-
ter inanimata ; aliter animalia, atque aliter plantae. Unde rnanife-
stum est quod distinctio divinarum Personarum est secundum quod
divinae naturae convenit. Unde esse ad imaginem Dei secundum
imitati.onem divinae naturae, non cxcludit hoc qu-0d est esse ad ima-
ginem Dei secundum repraesentationem trium Personarum; sed ma-
gis unum ad alterum sequitur. - Sic igitur dicendum est in homine
esse imaginem Dei et quantum ad naturam divinam, et quantum
ad Trinitatem Personarum: nam et in ipso Deo in tribus Personis
una existit natura.
Et per hoc patet responsio ad DUO PRIMA.
AD TERTIUM DICENDUM qu-0d ratio illa procederet, si imag-0 Dei es-
sei in homine perfecte repraesentans Deum. Sed, sicut A,ugustinus
dicit in 15 De Trin. [cc. 20, 23], maxima est diffcrentia huius trini-
tatis quae est in nobis, ad Trinitatem divinam. Et idoo, ut ipse ibi-
dem [c. 6] dicit, "trinitatem quae in nobis est, videmus potius quam
credimus: Deum vero esse Trinitatem, credimus potius quam vi-
demus n.
AD QUARTUM DICENDUM quod quidam dixerunt in homine esse SO·
lum imaginern Filii. Sed hoc improbat Augustinus, in 12 De Trin.
[c. 6]. Primo quidem, per hoc quod, cum secundum aequalitatem
essentiae Filius sit Patri simìlis, necesse est, si homo sit factus ad
similitudinem Filii, quod sit factus ad similitudinem Patris. - Se-
cundo qui a, si homo esset factus solum ad imaginem Filii, non di-
ceret Pater: "Faciamus hominem ad imaginerr. et similitudinern
nostram » sed tuam.
Cum ergo dicitur Gen. 1, 27, "Ad imaginem Dei fecit illum », non
est intelligendum quod Pater fecerit hominem solum ad imaginern
Filii, qui est Deus, ut quidam exposuerunt: sed intelligendum est
quod Deus Trinitas fecit hominem ad imaginem suam, idest totius
Trinitatis.
Cum autem dicitur [ibid.] quod "Deus fecit hominem ad imagi.
nem suam >>, dupliciter potest intclligi. Uno modo, qu-0d haec prae-
positio ad designet terminum factionis: ut sit sensus, "Faciamus
hominem taliter, ut sit in eo imago "· - Alio modo, haec praepositio
acl potest designare causam exemplarem; sicut cum dicitur, "Iste
liber est factus ad illum ». Et sic imago Dei est ipsa essentia di-
vina, quae abusive imago dicitur, secundum quod imago ponitur
pro exemplari. Ve!, secundum quod quidam dicunt, divina essentia
dicitur imago, quia secundum eam una Persona aliam imitatur.

verità in maniera evidente, fino al punto che gli stessi nomi con i quali ci ha
fatto e-0noscere le slngole IJ€rsone, rendono l'una inintelligibile senza l'altra ,.
(DENZ., 281).
a Naturalmente queste sottigliezrn filologiche non hann-0 senso in italiano.
220 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 6

ARTICOLO 6
Se limmagine di Dio si trovi nell'uomo soltanto in rapporto
all'anima intellettiva. 1

NON SEMBRA che nell'uomo si trovi l'immagine di Dio soltanto in


rapporto all'anima intellettiva. Infatti:
1. Dice l'Apostolo che "l'uomo è limmagine di Dio». Ma l'uomo
non è soltanto anima. Quindi l'immagine di Dio non deve ridursi
alla sola anima.
2. Sta scritto: "Dio creò l'uomo a sua immagine, lo creò a im-
magine di Dio, li creò maschio e femmina"· Ora la distinzione tra
maschio e femmina riguarda il corpo. Perciò l'immagine di Dio
nell'uomo riguarda anche il corpo, e non soltanto l'anima.
3. Pare che l'immagine riguardi specialmente la figura. Ma la
figura è un o.spetto del corpo. Quindi l'immagine di Dio nell'uomo
deve riguardare anche il corpo, e non solamente l'anima.
4. Secondo S. Agostino, si trovano in noi tre specie di visioni:
corporale, spirituale o immaginaria, e intellettiva. Se dunque per
la visione intellettiva, che appartiene all'anima, vi è in noi una
certa trinità in forza della quale siamo immagine di Dio, dovremo
ammetterla anche per le altre specie di visione.
IN CONTRARIO: Scrive l'Apostolo: "Rinnovatevi nello spirito della
vostra mente e rivestitevi dell'uomo nuovo»; da ciò si rileva che
la nostra rinnovazione, che si attua col rivestire l'uomo nuovo, ap-
partiene alla mente. Altrove poi così si esprime: " .... rivestendo
l'uomo nuovo che si rinnovella nella conoscenza di Dio secondo
l'immagine del suo creatore"; attribuisce quindi all'immagine di
Dio quel rinnovamento, che si fa col rivestirsi dell'uomo nuovo. Dun-
que l'essere a immagine di Dio riguarda soltanto la mente.
R1sP0Nno: Si è già visto che in ogni creatura si trova una qualche
somiglianza con Dio, ma soltanto nella creatura ragionevole essa
si trnva come immagine, mentre nelle altre vi si trova come vesti-
gio. Ora, la creatura ragionevole supera le altre creature per l' in-
telletto o mente. Quindi è chiaro che nella stessa creatura ragio-
nevole si trova limmagine di Dio, soltanto in rapporto alla mente.
In rapporto invece alle altre sue parti, vi sarà soltanto la somi-
glianza di vestigio, come avviene per tutti gli altri esseri ai quali
wmiglia con le parti suddette.
E facile comprendere la ragione di questo fatto, se consideriamo
il diverso modo di rappresentare del vestigio e dell'immagine. In-
fatti l'immagine rappresenta una cosa con una somiglianza di spe-
cie come si è visto. Invece il vestigio rappresenta come può rappre-
sentare un effetto ; il quale non può rappresentare la sua causa in
modo da raggiungere la somiglianza d.i specie con essa. Infatti si
chiamano vestigia le impronte lasciate sul terreno dagli animali ;
cosi pure si dice che la cenere è un vestigio del fuoco, e la desola-
zione di un territorio un vestigio dell'esercito nemico.

i L'articolo 13 costituisce, con l'articolo 8, il nucleo vitale di tutta la questione 03.


Infatti ln essi l'i\utore raccoglie e applica i motivi elaborati in precedenza, e st
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 221

ARTICULUS 6
Utrurn imago Dei sit in homine solum secundum mentern.
Supra, q. 3, a. t. ad 2; q. 45, a. 7; I sent., d. 3, q. 3; 4 Cont. Gcnt., c. 26.

AD SEXTl'M SIC PROCEDITUH. Videtur quod imago Dei non sit in ho-
mine solum secundum mentem. Dicit enim Apostolus, 1 ad Cor.
11, 7, quod "vir est imago Dei». Sed vir non est solum mens. Ergo
imago Dei non attenditur solum secundum mentem.
2. PRAETEREA, Gen. 1, 27 dicitur: "Creavit Deus hominem ad ima-
ginem suam, ad imaginem Dei creavit illum, masculum et feminam
creavit eos '" Sed distinctio masculi et feminae est secundum corpus.
Ergo etiam secundum corpus attenditur Dei imago in homine, et
non secundum mentem tantum.
3. PRAETEHEA, imago praecipue videtur attendi s~undum figuram.
Sed figura ad corpus pertinet. Ergo imago Dei attenditur in homine
etiam secundum corpus, et non secundum mentem tantum.
4. PRAETEREA, secundum Augustinum, 12 Super Gen. ad litt. [cc. 7,
24], triplex visio invenitur in nobis: scilicet corporalis, spiritualis
sive imaginaria, et intellectualis. Si ergo secundum visionem intel-
lectualem, quae ad mentem pertinet, est aliqua trinitas in nobis,
secundum quam sumus ad imaginem Dei ; pari ratione et in aliis
visionibus. ·
SED CONTRA EST quod Apostolus dicit, ad Eph. 4, 23-24: « Renova-
mini spirit.u mentis vestrae, et induite novum hominem »: ex quq_
datur intelligi quod renovatio nostra, quae fit secundum novi hom:l-
nis indumentum, ad mentem pertinet. Sed ad Col. 3, IO dicit: "In-
duentes novum hominem, qui renovatur in agnitionem Dei, secun-
dum imaginem eius qui creavit eum": ubi renovationem quae est
secundum novi hominis indumentum, attribuit imagini Dei. Esse
ergo ad imaginem Dei pertinet solum ad mentem.
l\ESPONr>EO DICENDUM quod, cum in omnibus creaturis sit aliqualis
Dei sirnilitudo, in sola creatura rationali invenitur similitudo Dd
per modum imaginis, ut supra [a. 2] dictum est: in aliis autem
creaturis per modum ves.tigii. Id autem in quo creatura rationalis
excedit alias creaturas, est intellectus sive mens. Unde relinquitur
quod nec in ipsa rationali creatura invenitur Dei imago, nisi secun-
dum mentem. In aliis vero partibus, si quas habet rationalis crea-
tura, invenitur similitudo vestigii ; sicut et in ceteris rebus quibus
secundum partes huiusmodi assimilatur.
Cuius ratio manifeste cognosci potest, si attendatur modus quo
repraesentat vestigium, et quo repraesentat imago. Imago enim re-
praesentat secundum similitudinem speciei, ut dictum est [ibid.J. ,
Vestigium autem repraesentat per modum effectus qui sic reprae-
sentat suam causam, quod tamen ad speciei similitudinem non per-
tingit: impressiones enim quae ex motu animalium relinquuntur,
dicuntur vestigia; et similiter cinis dicitur vestigium ignis; et de-
solatio terrae, vestigium hostilis exercitus.

rievocano le pagine più sublimt del trattato sulla ss. Trinità (eh'. vol. III,
!J\l· 38-M).
222 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 6

Ora, tra le cre·ature ragionevoli e le altre creature possiamo sta-


bilire tale differenza, sia in rapporto alla somiglianza delle creature
con la natura divina, sia in rapporto alla loro somiglianza con la
Trinità increata. Per quanto riguarda la somiglianza con la natura
divina, le creature ragionevoli arrivano in qualche modo a una imi-
tazione secondo la. specie, in quanto imitano Di·o non solo nell'es-
sere e nel vivere, ma anche nell'intendere, come abbiamo visto. In-
vece le altre creature non intendono, sebbene trasparisca in esse un
vestigio dell'intelletto creatore, se consideriamo il loro ordinamento.
- Parimente, siccome la Trinità increata fonda le sue int.erne di-
stinzioni sulla processione del Verbo dal Padre che lo esprime, e
sulla processione dell'Amore da ambedue, come dicemmo, si può
affermare che nella creatura ragionevole esiste un'immagine della
Trinità increata per una somiglianza specifica; poichè in tale crea-
tura si trova una emanazione del verbo mentale da parte dell' in-
telletto, ed una emanazione dell'amore da parte della volontà. Nelle
altre creature invece non si riscontra nè il principio del verbo men-
tale, nè il verbo, nè l'amore: vi si trova soltanto un vestigio, il
quale indica la loro esistenza nella causa che le ha prodotte. Poi-
chè il fatto stesso che la creatura ha una sostanza variabile e finita
prova la sua derivazione da un principio; la sua specie poi indica
il verbo o l' idea di chi l' ha fatta, come la forma della casa sta a
indicare il concetto dell'artefice; l'ordine infine, che dirige la crea-
tura al bene, palesa l'amore di chi l'ha prodotta, come la funzione
di un edificio rivela la volontà dell'artefice.
Perciò nell'uomo, in rapporto alla mente, c' è una somiglianza
di immagine con Dio; c'è invece una somiglianza di vestigio, in
rapporto alle altre sue parti. '
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che l'uomo è immagine di
Dio, non perchè egli sia essenzialmente un'immagine, ma perchè
sulla sua mente è impressa l'immagine di Dio; come si dice che la
moneta è l'immagine di Cesare, perchè porta limmagine di Ce-
sare. Non è quindi necessario che limmagine di Dio si trovi in
ogni pa11e dell'uomo.
2. Come riferisce S. Agostino, alcuni ammisero nell'uomo l' im-
magine della Trinità, non rispetto a ciascun individuo, ma a più
individni [della specie umana), affermando che "l'uomo fa pensare
alla Persona del Padre; fa pensare a quella del Figlio ciò che de-
riva dall'uomo per generazione; e così dicono che la donna fa pen-
sare alla terza persona, cioè allo Spirito Santo, poichè essa è deri-
vata dall'uomo, in maniera però da non essere figlio o figlia di
lui"· - La quale teoria appare assurda a prima vista. Primo, per-
chè lo Spirito Santo verrebbe ad essere principio del Figlio, come
la donna è principio della prole che nasce dall'uomo. Secondo, per-
chè ciascun uomo non sarebbe fatto che a immagine di una sola
Persona. Terzo, perchè, in questa ipotesi, la Scrittura avrebbe do-
vuto parlare dell'immagine di Dio nell'uomo soltanto dopo la pro-
duzione della prole. 2

' Abbiamo qui l'esposizione limpida, e sostanzialmente completa, della teoria


tomistica circa il vestigio e l'immagine. - Naturalmente ci si serve di elementi
già elaborati negli articoli che precedono, e si sente ancora il bisogno di preci-
sare in quanti modi !"anima intellettiva possa dirsi a immagine di Dio.
2 Questa dottrina tra abbastanza diffusa tra i Padri greci, qua.ndo s. Agostino
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 223
Potest ergo huiusmodi differentia attendi inter creaturas rationa-
les et alias creaturas, et quantum ad hoc quod in creaturis reprae-
sentatur sirnilitudo divinae naturae, et quantum ad hoc quod in ei:>
repraesentatur similitudo Trinitatis increatae. Nam quantum ad si-
mi!itudinem divinae natura.e pertinet, creaturae rationales videntur
quodammodo ad repraesentationem speciei pertingere, inquantum
imitantur Deum non solum in hoc quod est et vivit, sed etiam in
hoc quod intelligit, ut supra [ibid.] dictum est. Aliae vero creaturae
non intelligunt ; sed apparet in eis quoddam vestigium intellectus
producentis, si earum dispositio consideretur. - Similiter, cum in-
creata Trinitas distinguatur secundum processionem Verbi a di-
cente, et Amoris ab utroque, ut supra [q. 28 a. 3) habitum est; in
creatura rationali, in qua invenitur proce,ssio verbi secund.um intel-
lectum, et processio amoris secundum voluntatem, potest dici imago
Trinitatis increatae per quandam repraesentationem spech~i. In aliis
autem creaturis non invenitur principium vef!bi, et verbum, et amor;
sed apparet in eis quoddam vestiginm quod haec inveniantur in
causa producente. Nam hoc ipsum quod creatura habet substan-
tiam rnodificatam et finitam, demonstrat quod sit a quodam prin-
cipio ; species vero eius demonstrat verbum facientis, sicut forma
domus demonstrat conceptionem artificis; ordo vero demonstrat amo-
rem producentis, quo effectus ordinatur ad bonum; sicut usus aedi-
ficii demonstrat artificis voluntatem.
Sic igitur in homine invenitur Dei similitudo per modum imagi-
nis secundum mentem; sed secundum alias partes eius, per modum
vestigi i.
An PRJJ\fUi\I ERGO DICENDUM quod homo dicitur imago Dei, non quia
ipse essentialiter sit imago, sed quia in eo est Dei imago imp;ressa
secundum mentem; sicut de.narius dicitur imago Caesaris, inquan-
tum habet Caesaris imaginem. Unde non oportet quod secundum
quamlibet partem hominis accipia.tur Dei imago.
AD SECIJNDUM DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit 12 De Trin.
[c. 5] quidam imaginem Trinitatis in homine posuerunt, non secuu-
dum unum individuam, sed secundum pLura.; dicentes quod « vir
Patris personam intimat; Fili.i vero persom.m, quod de viro ita
prncessit ut de illo nasceretur; atque ita tertiam personam, velut
Spiriturn Sanctum, dicunt esse mulierem, quae ita de viro proces-
sit ut non ipsa esset filius aut filia. - Quod prima facie absurdurn
videtur. Primo quidem, quia sequeretur quod Spiritus Sanctus es-
set principium Filii, sicut mulier est principium prolis quae nasci-
tur de viro. Secundo, quia unus homo non esset nisi ad imaginem
unius Personae. Tertio, quia secundum hoc Scriptura de imagine
Dei in homine mentionem facere non debuisset, nisi producta iarn
prole.

prese a confutarla. Tanto S. Gregorio Nisseno che S. Giovanni Crisostomo si ap.


pellano a Metodio d( Olimpo [t 311]. - La teoria ha trovato favore in alcuni teologi
moderni, nonostante la netta opposizione di S. Agostino e di S. Tommaso (cfr.
RiisLER A., op. cit., pp, 518-522). - Prima di criticare la posizione intransigente di
S. Tommaso è necessario ricordare i termini della questione. Il Dottore Angelico
non vuole escludere un vestigio della Trinità nella famiglia umana ideale, tende
solo a escludere l'immagine nel senso preciso e tecnico che egli dà alla parola.
Ed Ila ragione di pensare cosi, perchè, nonostante tutte le combinazioni tentate,
le due processioni trinitarie (cioè quella del Figlio e dello Spirito Santo) non tro-
vano una perfetta analogia nel rapporti di origine esi&tentl tra i membri dj una
224 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 6

Bisogna allora concludere che la Scrittura aggiunge alle parole :


"Io creò ad immagine di Dio"• l'espressione: <di creò maschio e
femmina"• non perchè l'immagine di Dio si riferisce alla distin-
zione dei sessi, ma perchè quell'immagine è comune ai due ::;essi,
riferendosi essa alla mente, in cui non c'è distinzione di sesso. Per-
ciò l'Apostolo, dopo aver detto: "secondo l'immagine di colui che
Io creò», continua: "Dove non esiste maschio o femmina».
3. Sebbene l'immagine di Dio nell'uomo non sia da concepirsi se-
condo la figura materiale, tuttavia "si ritiene a buon diritto che
il corpo dell'uomo sia fatto a immagine e somiglianza di Dio, a
differenza dei corpi degli altri animali, perchè non fu piegato verso
il basso, ma fatto in modo da essere quanto mai adatto per contem-
plare il cielo "• come scrive S. Agostino. Ciò non significa che nel
corpo umano vi sia l'immagine di Dio, ma che la figura stessa di
questo corpo esprime, come vestigio, l' immagine di Dio impressa
nell'anima.
4. Tanto nella visione corporale che in quella immaginaria si ri-
scontra una certa trinità, come osserva S. Agostino. Infatti nella
visione corporale vi è anzitutto la specie del corpo esterno ; in se-
condo luogo l'atto visivo che si compie mediante l'impressione del-
!' immagine di detta specie sull'organo visivo; in terzo luogo inter-
viene l'atto della volontà che applica la vista a rimirare e a tratte-
nerla sull'oggetto veduto. - Parimente nella visione immaginaria
troviamo prima di tutto la specie conservata nella memoria.; quindi
l'atto stRssio della. visione immaginaria, che si produce per il fatto
che lo sguar9.o dell'anima, cioè la stessa immaginativa, viene a
rivestire la forma della specie suddetta; e finalmente interviene la
volontà che unisce la prima col secondo. - Però l'una e l'altra di
queste trinità non raggiungono la dignità di immagine dh-'ina. In-
fatti la specie dei corpi esterni è flsicamente fuori dell'anima; la
specie poi che si trova nella memoria, sebbene non sia fuori del-
l'anima, è però qualche e.osa di avventizio; viene così a mancare in
ambedue i casi l'analogia con la cormaturalità e con la coeternità
delle Persone divine. La visione corporale poi non procede unica-
mente dalla specie del corpo esterno, ma anche dal senso di chi
vede; così pure la visione immaginaria non procede esclusivamente
dalla specie [sensibile] c·onservata nella memoria, ma anche dal-
1' immaginativa. Manca perci0 l'analogia con la processione del Fi-
glio dal solo Padre. Finalmente l'intenzione della volontà, che con-
giunge i due termini suddetti, non procede da essi, sia nella visione
corporale che in quella spirituale; e quindi non è rappresentata con-
venientemente la processione dello Spirito Santo dal Padre e- dal
Figlio.

famiglia. Inoltre, e questo è anche più grave, nei rapporti reciproci dei membri
di una famiglia non c'è processione nell'unità, come avviene al contrario nel-
l'analogia psicologica così cara a S. Agostino e a S. Tommaso. Finalmente in que-
sta società, come in qualsiasi altra società naturale, i rapporti non sono esclusi-
vamente nell'ordine spirituale, ma piuttosto in quello materiale: tanto è vero che
la famiglia umana è in tutto simile a quella di certi animali. - Concludendo, i
massimi Dottori della Chiesa latina hanno esage.rato nella loro critica, esi-
gendo dai Greci una precisione di terminologia (distinzione tra immagine e ve-
stigio) che esulava dalle loro preoccupazioni. l\Ia neppure sono da el~iarsi cerU
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO

Et iùe-0 dicendum est quod Scriptum, postquam dixerat, <•ad ima-


ginem Dei creavit i!Lum '" addidit, "ma.s.culum et feminam creavit
eos '" non ut imago Dei secundum distinctiones sexuum attendan-
tur; sed q;uia imago Dei utrique sexui est cornmuni.s, cum sit secun-
dum mentem, in qua non est distinctio sexuum. Unde Apostolus, ad
Col. 3, postquam dixerat, 10, "secundum imaginem eius qui creavit
illum n, subdit: « Ubi non est masculus et femina •>.
AD TERTIUM DICENDUM qnod, quamvis imago Dei in homine non ac-
cipiatnr secundum figuram corpoream, tamen "corpus hominis,
quia solum inter terrenorum animalium corpora non pronum in al-
vum prostratum est, sed tale est ut ad contemplandum caelum sit
aptius, magis in hoc ad imagin.em et similitudinem Dei, quam ce-
tera corpora animalium, factum iure videri potest" ; ut Augustinus
dic.it in libro Octoginta trium Quaest. (q. 51). Quod tamen non est
sic intelligendum, quasi in corpore hominis sit imago Dei: sed qui a
ip6a figura humani corporis rep·raesentat imaginem Dei in anima,
per mod'Um vest.igii.
AD QUARTllM DICE'NDUM quod tam in visione corpo·rali quam in vi-
sione imaginaria invenitur quaedam trinitas, ut Augustìnus dicit
in libro 11 De Trin., [cc. 2 ss.]. In visione enim corporali est quidem
primo specie.s exterioris corporis; secundo· vero ipsa visio, quae fit
pe;r impressionem cuiusdam similitudinis pr.aed.ict:ae speciei in vi-
sum; tertio est ibi intentio voluntatis applicans visum ad viden-
dum, et eum in re visa detinens. - Similiter etiam in visione ima-
ginaria invenitur primo quidem species in memoria re-servata; se-
cundo ipsa imaginaria visio, quae provenit ex hoc quoù acies ani-
mae, idest ipsa vis imaginaria, informatur secundum praedictam
spedern; tertio vero invenitur intentio volunt.atis coniungcns utrurn-
que. - Sed utraque trinitas deficit a T'atione divina.e imaginis. Nam
ipsa species extcrioris corporis est extra naturam animae: species
autem quae est in memoria, etsi non sit extra animam, est tarnen
adventitia anirnfle: et ita utrobique deficit repraesentatio connatu-
ralitatis et coaetcrnitatis divinarum Personarum. Visio vero corpo-
ralis· non procedit tantum a specie exterioris corporis, sed simul curn
hoc a sensu videntis.: et similiter visio imaginaria non solum pro--
cedit a specie quae in memoria conseirvatu.r, sed etiam a virlute
imaginativa: et ita per hoc non repra.esentatur convenienter pro-
ce8sio Filii a solo Patre. Intentio vero voluntatis, quae coniungit
duo praedict.a, non ex eis proccdit, neque in visione corporea neque
in spirituali: unde non convenienteir reipraes.cntatur proccssio Spi-
ritus Sancti a Patre· et Filio.

teologi moderni, elle <1inienticario il vrrlore di u;1a nomenclatura ormai consacrata


da tanti secoli di speculazione toologica.
Ci wno dcp;li studiosi cattolici moderni, quRli p. e5., ,J. Donoco rortés (Saggio
sul Ca.ttolicesimo, il li11crali.imo e iL socialismo, Folie-no, 1852, !. 2, c. 2) e J\Ions. A. ne
C:it;ergue' (/ doveri dell'uomo verso la donna, :'.\lonza, 191:;, p. 12), che riscontrano
1·immagine della SS. Trinità n€lla famiglia non sullo schema dei Padri g~i. ma
su uno scllema forse più logico. Ada.mo rappresenteNbbe il Padre, Eva il Fl-
1;·Jiu-0lo, e la prole lo Sr>irit.o Sant.o. !\!a anche in questa combinazione l'analogia è
sempre trop110 imperfetta, e quindi non si può parlare di immagine in senso rigo.
roso. Del resto non ~i c!eve na&:.ondere il grave inconveniente che il nu-0vo schema
presenta: esso contr:uldtco apertamc>nte· ali' indicazione esplicit.'.t del libri santi, i
quali I•N'sent.ano come generazione la prima prooessione, non già la seconda.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 7

ARTICOLO 7
Se l'immagine di Dio nell'anima si fondi sugli atti. 1

SEMBRA che l'immagine di Dio nell'anima non si fondi sugli atti.


Infatti:
1. Dice S. Agostino che l'uomo è stato creato a immagine di Dio,
«per il fatto che noi ·esistiamo, sappiamo di esistere, e amiamo di
esistere e di conoscere'" Ora, l'esistere non indica un atto. Perciò
I' immagine di Dio nell'anima non si desume dagli atti.
2. S. Agostino attribuisce l'immagine di Dio nell'anima a queste
tre cose: mente, notizia e amore. La mente però non sta a indicare
un atto, ma piuttosto una potenza, o addirittura l'essenza dell'anima
intellettiva. Dunque l'immagine di Dio non si fonda sulle opera-
zioni.
3. S. Agostino riferisce l'immagine della Trinità ne.Il' anima aJla
memoria, all'intelligenza e alla volontà. Ma queste non sono che
"facoltà'" come spiega il Maestro [delle Sentenze]. Per consegu.enza
l'immagine non si riferisce agli atti, ma alle potenze.
4. L'immagine della Trinità è stabile nell'anima; invece gli atti
non sono stabili. Perciò l'immagine di Dio nell'anima non è fon·
data sugli atti.
IN co~TRARIO: S. Agostino riconosce una trinità nelle parti infe-
riori dell'anima in rapporto alla visione attuale, tanto sensibile che
immaginaria. Perciò anche la trinità che si riscontra nella mente,
e in forza della quale l'uomo è a immagine di Dio, deve riferirsi
all'atto della visione.
RISPONDO: La nozione di immagine, come si è visto, richiede una
qualche imitazione secondo la specie. Se si deve perciò ammettere
un'immagine della Trinità nell'anima, è necessario che essa prin-
cipalmente si riferisca a quell'aspetto, che più si avvicina, per
quanto è possibile, a rappresentare la specie delle Persone divine.
Ora, le Persone divine si distinguono in forza delle due processioni
del Verbo dal Padre che lo esprime, e dell'Amore che unisce en-
trambi. Ma nell'anima nostra "non può esserci un verbo [mentale]
senza il pensiero in atto>>, come dice S. Agostino. Quindi I' imma-
gine della Trinità si riscontra nella nostra mente in maniera pri-
maria e principale in rapporto all'atto, in quanto cioè, partendo
dalla nozione di cui siamo in possesso, formiamo pensando il verbo
mentale, e da questo prorompiamo nell'amore. - Siccome però gli
abiti e le potenze sono i principii [immediati] degli atti, e siccome,
d'altra parte, ogni effetto si trova virtu·almente nel suo principio,
è possibile riscontrare I' immagine creata della Trinità, in maniera
secondaria e subordinata, anche nelle potenze, e soprattutto negli
abiti, in quanto in essi si trovano virtualmente gli atti.
SOLUZIONE DEI.LE DIFFICOLTÀ: 1. Il nostro essere è immagine di Dio
in quello che sorpassa gli altri animali; ora il nostro essere ha una

1 Qui S. Tommaso tende a restringere ancora l'applicazione della nozione di


immagine. Infatti la creatuI"a non si trova sempre nella medesima disposizione ri
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO

ARTICULUS 7
Utrum imago Dei inveniatur in anima secundum actus.
De Verti., q. 10, a. 3.
AD SEPTIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod imago Dei non invenia-
tur in anima secundum actus. Dicit enim Augustinus, H De Civ.
Dei [c. 26], quod homo factus est ad imaginern Dei, « secundum quod
sumus, et nos esse novimus, et id esse ac nosse diligimus ». Sed
esse non significat actum. Ergo imago Dei non attenditur in anima
secundum actus.
2. PRAETEREA, Augustinus, in 9 De Trin. [c. 12), assignat imaginem
Dei in anima secundum haec tria, quae sunt mens, notitia et amor.
Mens autem non significat actum; sed magis potentiam, vel etiam
essentiam intellectivae animae. Ergo imago Dei non attenditur se-
cundum actus. ·
3. PRAETEREA, Augustinus, IO De Trin. [c. 12), assignat imaginem
Trinitatis in anima secundum memoriam, intelligentiam et volun-
tatem. Sed haec tria sunt « vires natura.les animae », ut Magister
dicit, 3 ùistinctione I libri Sent. Ergo imago attenditur secundum
potentias, et non secundum actus.
4. PRAETEREA, imag 0 Trinitatis semper manet in anima. Sed actus
non semper manet. Ergo imago Dei non attenditur in anima secun-
dum actus.
Sw CONTRA EST quod Augustinus, 11 De Trin. [cc. 2 ss.J, assignat
trinitatem in inferiori.bus animae partibus secundum actualem vi-
sionem sensibilem €t imaginariam. Ergo et trinitas quae est in
mente, secundum quam homo est ad imaginem Dei, debet attendi
secundum actualem visionem.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [a. 2J dictum est, ad ratio-
nem imaginis petrinet aliqualis repraesentatio speci€i. Si ergo imago
Trinitatis divinae debet accipi in anima, oportet quod secundum
illud principaliter attendatur, quod maxime accedit, prout possibile
est, ad repraesentandum speciem divinarum Personarum. Divinae
autem Personae distinguuntur secundum processionern Verbi a di-
cente, et Amoris connectentis utrumque. Verbum autem in anima
nostra "sine actuali cogitatione esse non potest >>, ut Augustinus
dicit 14 De Trin. [c. 7]. Et ideo primo et principaliter attenditur
imago Trinitatis in mente secundum actus, prout scilicet ex notitia
quam habemus, cogitando interius verbum formamus, et. ex hoc in
amorem prorumpimus. - Sed quia principia actuum sunt habitus
et. pctentiae ; unumquodque autem virtualiter est in suo principio:
s·ecundario, et quasi ex consequenti, imago Trinitatis potest attendi
in anima secundum potentias, et praecipue secundum habitus, prout
in eis scilicet actus virtualiter existunt.
AD PRIMUM ERGO DTCENOli1\f quod esse nostrum ad imaginem Dei
pertinet •. quod est nobis proprium supra alia animalia; quod qui-
spetto alle perfezioni di cui è capace: talora è in nno stato di potenzialità, e
quindi di sola perfettibilità, rispetto all'atto. L'ultima perfezione è certo nell'at-
tualità piena. Quindi l' imruagin.i della Trinità in senso rigorosissimo deve ap-
plicarsi all'anima nel momento In cui ~nsa ed ama.
228 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 7

tale superiorità per il fatto che possediamo la mente. Perciò questa


trinità .è identica all'altra di S. Agostino, che consiste nella mente,
nella conoscenza e nell'amore.
2. S. Agostino riscontra questa trinità anzitutto nella mente. La
mente però, sebbene sotto un aspetto conosca tutta se stessa, pure
sotto un altro aspetto, cioè in quanto è (specificamente] dLstinta
dalle cose, ignora se stessa e va in cerca di se stessa, come egli di-
mostra in seguito; questi allora, partendo dal presupposto che la no-
tizia non arriva ad abbracciare tutta la mente, considera nell'anima
tre proprietà, che nessuno ignora di possedere, cioè la memoria,
l'intelligenza e la volontà; e preferisce designare in queste tre cose
I' immagine della Trinità, come per indicare che la prima desi-
gnazione era in qualche modn inadeguata.
3. Come S. Agostino osserva, si dice che noi conosdamo e che
vogliamo, o che amiamo una data cosa, sia quando pensiamo ad
essa, come quando non ci pensiamo. Quando non ci pensiamo, l'og-
getto appartiene alla sola memoria; la quale, per S. Agostino, non
è altro che il possesso abituale della conoscenza e dell'amore. "Ma
poichè », come egli dice, "non può esserci verbo mentale senza che
si pensi (appunto perchè noi pensiamo tutto quello che diciamo,
anche se lo diciamo soltanto con quella parola interiore, che· non
appartiene alla lingua di nessun popolo), l'immagine suddetta si
riscontra principalmente in queste tre cose: memoria, intelligenza
e volontà. E chiamo intelligenza il mezzo di cui ci serviamo per
conoscere quando pensiamo; e chiamo volontà, amore o dilezione
quanto serve a unire questa prole oon chi l'ha generata"· Di qui
si rileva che egli pone l'immagine della Trinità divina più nel pen-
siero e nel volere attuale, che in quello abituale della memoria; seb-
bene si trovi in qualche modo l'immagine della Trinità nell'anima
anche per tale ·riguardo, come egli fa osservare. E: chiaro quindi che
la memoria, I' intelligenza e la volontà non sono tre facoltà, come
l"i legge nel libro delle Sentenze. •
4. Qualcuno potrebbe rispondere, con S. Agostino, che "la mente
sempre pensa a se stessa, sempre si conosce e sempre si aman. Al-
cuni intendono queste parole nel senso che l'anima possiede stabil-
mente una conoscenza e un amore attuale di se stessa. :vla tale
interpretazione però è esclusa da ciò che segue: cc (l'anima] non
sempre si pensa separata da quelle cose che sono distinte da lei n.
Rileviamo perciò che l'anima conosce e ama sempre se stessa, non
in modo attuale, ma abituale. 2 Si potrebbe anche dire che essa,
nel percepire il proprio atto, conosce se medesima tutte le volte che
conosce qualche cosa. Ma poichè il suo intelletto non è sempre in
atto, e lo vediamo bene nei dormienti, bisognerà interpretare S. Ago-
stino in questo senso: sebbene le operazioni non siano sempre at-
tuali in se stesse, pure rimangono sempre nei loro principii, e cioè
nelle potenze e negli abiti. Perciò egli scrive: cc Se l'anima ragio-
nevole fu creata a irrunagine di Dio, per la sua capadtà di conoscere
e di vedere Dio mediante la ragione e lintelletto, ci fu in essa questa
immagine fin dal principio, dal momento che cominciò ad esistere"·

' E ben difficile contest1tre l' int€rpretaz!one di Pietro Lombardo, da un punto


di vista schiettamente esegetico. Infattj S. Agostino considera le tre cose sempre
sullo stesso piano.
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 229
dem esse c0mpetit nobis inquantum mentem habemus. Et ideo ea-
dem est haec trinitas cum illa quam Augustinus ponit in 9 De Trin.
(c. 12) quae consistit in mente, notitia et amore.
AD SECL"NDUM DICENDUM quod Augustinus hanc trinitatem primo
adinvenit in mente. Sed quia mens, etsi se totam quodammodo co-
gnoscat, etiam quodammodo se ignorat, prout scilicet est ab aliis
distincta; et sic etiam se quaerit, ut Augustinus consequenter probat
in IO De Trin. [cc. 4, 8]: ideo, quasi notitia non totaliter menti coae-
quetur, accipit in anima tria quaedam propria mentis, scilicet me-
moriam, intelligentiam et voluntatem, quae nullus ignorat se ha-
bere [ibid. c. 10], et in istis tribus potius imaginern Trinitatis assi-
gnat, quasi prima assignatio sit quodamrnodo deficiens.
AD TERTITJM DICENDUM quod, sicut Augustinus probat 14 De Trin.
[c. 7), intelligere dicimur et velle seu amare aliqua, et quando de
his cogitamus, et quando de his non cogitamus. Sed quando sine
cogitatione sunt, ad solam memoriam pertinent; quae nihil est aliud,
secundum ip·sum, quam habitualis retentio notitiae et amoris. « Sed
quia n, ut ipse dicit [loco cit.], "verbum ibi esse sine cogitatione
non potest (cogitamus enim omne quod dicimus etiam ilio interiori
verbo quod ad nullius gentis pertinet linguam), in tribus potius illis
imago ista cognoscitur, memoria scilicet, intelligentia et voluntate.
Hanc autem nunc dico intelligentiam, qua intelligimus cogitantes;
et eam voluniatem sive amorem vel dilectionem, quae istam prolem
parentemque coniungit ». Ex quo patet quod imaginem divinae Tri-
nitatis potius ponit in intelligentia et voluntate acttlali, quam S"ecun-
dum quod sunt in habituali retentione memoriae: ·licet etiam quan-
tum ad hoc, aliquo modo sit imago Trinitatis in anima, ut ibidem
dicitur. Et sic patet quod memoria, intelligentia et voluntas non
sunt tres vires, ut in Sententiis dicitur.
Ao QTJARTUM DICENDUM quod aliquis respondere posset per hoc quod
Augustinus dicit 14 De Trin. [c. 6), quod « mens semper sui memi-
nit, semper se intelligit et amat "· Quod quidam sic intelligunt,
quasi animae adsit actualis intelligentia et amor sui ipsius. Sed
hunc intellectum excludit per hoc quod subdit [ibid.], quod «non
semper se cogitat discretam ab his quae non sunt quod ipsa "· Et
sic patet quod anima semper intelligit et amat se, non actualiter,
sed habitualiter. Quamvis etiam dici possit quod, percipiendo actum
suum, seipsam intelligit quandocumque aliquid intelligit. Sed quia
non semper est actu intelligens, ut patet in dormiente, ideo oportet
ùicere quod actus, etsi non semper maneant in seipsis, manent ta-
men semper in suis principiis, scilicet potentiis et habitibus. Undo
Augustinus dicit, 14 De Trin. [c. 4): "Si secundum hoc !acta est ad
imaginem Dei anima rationalis, quod uti ratione atque intellectu ad
intelligendum et conspiciendum Deum potest, ab initio quo esse coe-
pit, fuit in ea Dei imago».

2 Abbiamo già visto ln preccdonza (q. fn, a. 1) che cosa PClilSl S. Tommaso a
proposito di questa cc:gnizione dell'anima "per se stessa"· - Si noti bene che qui
la conoscenza "abituale" non viene concessa, se non in quanto dipende dall'atti-
vità conoscitiva già in rre<:cd!lnza esercitata. E ben diverso il e.a.so dl una cono-
scenza abituale, Indipendente da ogni altra operazione intellettiva. Sul problema
dell"autocoscie!lza veLU Intl'od. nn. 3, 4, 7.

15 - VT
230 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 8

ARTICOLO 8
Se limmagine della Trinità divina si trovi nell'anima
solo in rapporto a quell'oggetto che è Dio.

SEMBRA che l'immagine della Trinità divina non si trovi nell'anima


solo in rapporto a quell'oggetto che è Dio. Infatti:
1. L'immagine della Trinità, come si è visto, viene ad essere nel-
l'anima, per il fatto che c'è tn noi il verbo mentaie pramanante da
un soggetto che lo esprime, e l'amore che promana da entrambi. Ma
ciò avviene per un oggetto qualsiasi. Quindi l' immagine della Tri-
nità si trova nella nostra mente in rapporto a qualsiasi oggetto.
2. Dice S. Agostino: "Quando cerchiamo una trinità nell'anima,
la cerchiamo in tutta l'anima, senza di,stinguere l'attività della ra-
gione in l'flJ>porto alle cose temporali dalla contemplazione delle cose
eterne n, Dunque l'immagine della Trinità si tro·va nell'anima an-
che in rapporto agli oggetti temporali.
3. La conoscenza e l'amore di Dio dipendono da un dono della
grazia. Ma se limmagine della Trinità si trova nell'anima in rap-
porto alla memoria, all' intdlezione e al buon volere, o all'amore
che noi abbiamo verso Dio, l'immagine di Dio si trova nell'anima
non per natura, ma per grazia. Perciò non sarà comune a tutti.
4. J santi che sono nella patria [celest.e] sono re.si co-nformi in
sommo grado all'immagine di Dio mediante la visione della glo-
ria; perciò sta scritto: "Noi tutti ci trasformiamo nella stessa im-
magine, di gloria in glori-a'" Ora, con la visione di gloria si cono-
scono [anche] le ,cose temporali. Dunque l'immagine di Dio si ri-
scontra in noi anche in rapporto alle cose temporali.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino: 1 cc L'immagine di Dio è nella
mente, non per il fatto che questa ricorda, conosce ed ama se stessa,
ma perchè può ancora ricordare, conoscere e amare Dio, dal quale
fu creata'" Dunque meno che mai l'immagine di Dio sarà riscon-
trabile nella mente in ra.pporto ad altri oggetti.
RISPONDO: Come abbiamo già visto, l'immagine esige una somi-
glianza, che giunge in qualche modo a rappresentare la specie. Bi-
sogna perciò riscontrare l'immagine della Trinità divina nell'anima
sotto un aspetto che rappresenti le Persone divine secondo la s:pe-
cie, per quanto è possibile alla creatura. Ora abbiamo già vi.sto che
le Persone divine si distinguono tra loro per la processione del
Verbo dal Padre che lo espTime, e dell'Amore da entrambi. Ma il
Verbo di Dio nasce da Dio secondo la conoscenza che Dio ha di
se stesso, e l'Amore procede da Dio secondo l'amore che Dio porta
a se medesimo. D'altra parte è noto che la diversità degli oggetti
rende diversa la specie del verbo e dell'amore; infatti nel cuore
dell'uomo i concetti di pietra e di cavallo non oono della medesima

1 Viene qui indicata la fome r>rineòpale di tutta la ques'ione 83: il libro XIV
d~l De Trtntlate di S. Agostino. Se112a tener pres~nte quel lllno, è storicamente
inesplicabile il pensiero di S. Tom111aso a r,roposito dal!' immagine divina nel·
l'anima umana. A sua Yolta in esso il Vesc.ovo di Ippona ha tentato la sintesi del
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 231

ARTICULUS 8
Utrum imago divinae Trinitatis sit in anima solum per comparationem
ad obiectum quod est Deus.
I Sent., d. 3, q. 4, a. 4; De Veni., q. 10, a. 7.
Ao OCT.\VUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod imago divinae Trinitatis
sit in anima non solum per comparationem ad obiectum quod est
Deus. Imago enim divinae Trinitatis invenitur in anima, sicut dictum
est [aa. G, 7], secundum quod verbum in nobis procedit a dicente, et
amor ab utroque. Sed hoc invenitur in nobis secundum quodcum-
que obiectum. Ergo secundum quodcumque obiectum invenitur in
mente nostra imago divinae Trinitatis.
2. PR.~ETEREA, Augustinus dicit, in 12 De Trin. [c. 4), quod "cum
quaerimus in anima trinitatem, in tota quaerimus, non separantes
actionem rationalem in temporalibus a contemplatione aeternorum ».
Ergo etiam secundum temporalia obiecta invenitur imago Trinitatis
in anima.
3. PR\ETEREA, quod Deum intelligamus et amemus, convenit nobis
secundum gratiae donum. Si igitur secundum memoriam, intelligen-
tiam et voluntatem seu dilectionem Dei, attendatur imago Trinitatis
in anima, non erit imago Dei in homine secundum nat.uram, sed se-
cundum gratiam. Et sic non erit omnibus communis.
.1,. PRAETEREA, sancti qui sunt in patria, maxime conformantur ima-
gini Dei secundum gloriae visioncm: unde dicitur, 2 ad Cor. 3, 18:
"In eandem imaginem transformamur, a claritate in claritatem ».
Sed secundum visionem gloriae temporalia cognoscuntur. Ergo etiam
per comparat.ionem ad temporalia, Dei imago attenditur in nobis.
SED CONTRA EST quod Augustinus dicìt, U De Trin. [c. 12], quod
"non propterea est Dei imago in mente, quia sui meminit, et intel-
ligit et diligit se: sed quia potest etiam meminisse, intclligere et
amare Deum, a quo facta est"· Multo igitur minus secundum alia
obiecta attenditur imago Dei in mente.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [aa. 2, 7] dictum est, imago
importat similitudinem utcumque pertingentem ad speciei reprae-
sentationem. Unde oportet quod imago divinae Trinitatis attcndatur
in anima secundum aliquid quod repracsentat divinas Personas re-
praesentatione speciei, sicut est possibile creaturae. Distinguuntur
autem divinae Personae, ut dictum est [aa. 6, 7], secundum proces-
sionem Verbi a dicente, et Amoris ab utroque. Verbum autem Dei
nascitur de Deo secundum notitiam sui ipsius, et Amor procedit a
DeD secundum quod seipsum amat. Manifestum est autem quod di-
versitas obiectorum diversificat speciem verbi et amoris: non enim

pensiero umano e cristiano sulla dignità e sulla perfezione dell'uomo. Si tratta


di una sintesi origin<ile che S. Tommaso ha tenuto d'occhio in ogni pericope, C-O-
sic.ché il confronto dei due testi è 11uant.o mai istruttivo. In questo caso almeno il
Dottore Angellco non si mostr•t affatto pre,xcupato rti costruire una nuova sin-
tesi : modesta mente egli cerca di assicurare stabilità alla costruzione agosti-
niana, eliminando l{l apparenti contraddizioni, e scartando i motivi filosofici fil_
trati dal platonismo.
23"2 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 8

specie, e neppure è specificamente identico l'amore per essi. Quindi


limmagine divina si riscontra nell'uomo in rapporto al verbo men-
tale che nasce dalla nozione di Dio, e in rapporto all'amore che ne
deriva. Perciò l'immagine di Dio è pre_sente nell'anima in quanto
questa ha Dio per oggetto, oppure in quanto ha le disposizioni per
averlo. 1
Però la mente si porta in due modi verso l'oggetto: direttamente
& immediatamente; oppure indirettamente e mediatamente, come
quando vediamo l'immagine di un uomo nello specchio. Per questo
dice S. Agostino che «la mente si ricorda di se stessa., si conosce e
si ama: se riusciamo a veder questo, noi vediamo una trinità ; non
è ancora Dio, ma. è già un'immagine di Dio». Questo avviene, non
perchè la mente ha per oggetto se stessa, ma perchè in tal modo
può portarsi a Dio, come si rileva dal testo riportato [nell'argo-
mento in contrario].
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Per salvare il concetto di imma-
gine non basta che ci sia la derivazione di una cosa, ma. bisogna
anche considerare ciò che procede e da chi procede; si richiede
cioè un verbo [o concetto] di Dio procedente dalla notizia di Dio.
2. In tutta l'anima si trova una certa trinità; non si creda però
che, oltre le operazioni riguardanti le cose temporali e la contem-
plazione di quelle eterne, «si debba cercare un terzo elemento in
cui riscontrare questa trinità», come S. Agostino stesso si esprime.
Ma "sebbene si possa. trovare una certa altra trinità» in quella
parte della. ragione che ha di mira le cose del tempo, "tuttavia non
vi si può trovare l'immagine di Dio» ; poichè una siffatta nozione
delle cose temporali è avventizia e non essenziale per l'anima. Gli
stessi abiti, con cui sono conosciute le cose nel tempo, non sono
sempre permanenti ; ma talvolta sono realmente presenti, e qualche
V()lta rimangono solo nella memoria, dopo di essere stati presPnt.i.
Ciò è evidente per la fede, che al presente noi possediamo soltanto
come cosa del tempo; mentre nello stato della beatitudine futura
non vi sarà la fede, ma la sola memoria della fede.
3. La conoscenza e l'amore di Dio che sono m~ritori dipendono
esclusivamente dalla grazia. Esiste però anche una conoscenza e
un amore naturale di Dio, come al:>biamo già visto. Ed è naturale
anche la capacità che ha la mente di servirsi della ragione per co-
noscere Dio; e in forza di ciò, abbiamo dettD, l'immagine di Dio
rimane in perpetuo nell'anin1a: "tanto nel caso che l'immagine di
Dio sia talmente imbrattata" e coperta «da essere quasi annul-
lata'" come in coloro che non hanno l'uso di ragione; cc quanto nel
caso che si presenti oscura e deforme>>, come nei peccatori; "quanto,
finalmente, nel caso che sia luminosa e bella'" come nei giusti.
4. Nella visione della gloria le cose temporali saranno vedute in
Dio stesso ; ecco perchè la visione di queste cose temporali entra a.
far parte dell'immagine di Dio. Perciò S. Agostino afferma che "la
mente vedrà, come oosa immutabile, tutto ciò che vedrà in quella
natura., cui aderirà nella beatitudine'" Infatti nel Verbo increato
si trovano le idee archetipe di tutte le creature.

1 La nozione è ridotta C06l alla sti.a applicazione più ristretta e più rlgorosa:
abbiamo nel creato la vera immagine di Dio nell'atto In cui la creatura ragione-
vole esprime Dio nel suo pensier.o e nel suo volere. f.: questa la partecipazione più
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 233
idem est specie in corde hominis verbum conceptum de lapide et da
equo, nec idem specie amor. Attcnditur igitur divina imago in ho-
mine secundum verbum conceptum de Dei notitia, et amorem exinde
derivatum. Et sic imago Dei attenditur in anima secundum quod
fertur, vel nata est ferri in Deum.
Fertur autem in aliquid mens dupliciter: uno modo, directe et
immediate; alio modo, indirecte et mediate, sicut cum aliquis, vi-
dendo imaginem hominis in speculo, dicitur ferri in ipsum homi·
nem. Et ideo Augustinus dicit, in 14 De 1'rin. [c. 8), quod "mens
meminit sui, intelligit se, et diligit se: hoc si cernimus, cernimus
trinitatem; nondum quidem Deum, sed iam imaginem Dei 11. Sed ho~
est, non quia fertur mens in seipsam absolute, sed prout per hoc
ulterius potest ferri in Deum ; ut patet per auctoritatem supra [in
arg. S. c.] inductam.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod ad rationem imaginis, non solum
oportet attendere quod aliquid procedat. ab aliquo ; sed etiam quid
a quo procedat, scilicet quod verbum Dei procedit a notitia de Deo.
AD SECUNDUM DICENDUM quod in tota quidem anima invenitur ali-
qua trinitas, non quidem ita quod praeter actionem temporalium et
contemplationem aeternorum, « quaeratur aliquod tertium quo tri-
nitas impleatur, prout ibidem [loco cit. in arg.J subditur. Sed in illa
parte rationis quae derivatur a parte temporalium, "etsi trinitas
inveniri possit, non tamen imago Dei potest inveniri >>, ut postea [in
eod. cap.] dicitur: quia huiusrnodi temporalium notitia adventitia
est animae. Et habitus etiam ipsi quibus temporalia cognoscuntur,
non semper adS1.1llt; sed quandoque quidem praescntialiter adsunt,
quandoque autem secundum memoriam tantum, etiam postquam
adesse incipiunt. Sicut patet de fide, quae temporaliter nobis adve-
nit in praesenti: in statu autem futurae beatitudinis iam non erit
fides, sed memoria fidei.
An TERTIUM DICENDUM quod meritoria Dei cognitio et dilectio nou
est nisi per gratiam. Est tamen aliqua Dei cognitio et dilectio natu-
ralis, ut supra (q. 12, a. 12; q. 56, a. 3; q. 60, a. 5] habitum est.
Et hoc etiam ipsum naturale est, quod mens ad intelligendum Deum
ratione uti potest, secundum quod imaginem Dei semper diximus
[a. praec. ad 4] permanere in mente: "sive haec imago Dei ita sit
obsoleta>>, quasi oburnbrata, « ut pene nulla S'it », ut in his qui non
ba.bent usum rationis; "sive sit obscura atque deformis », ut in pec-
catoribus; "sive sit clara et pulchra », ut in iustis, sicut Augusti-
nus dicit, 14 De Trin. (c. 4].
AD QUARTUM DICENDUM quod secundum visionem gloria·e, tempo-
ralia videbuntur in ipso Deo; et ideo huiusmodi temporalium vis io
ad Dei imaginem pertinebit. Et hoc est quod Augustinus dicit, 14 De
Trin. [c. 14], quod "in illa natura cui mens feliciter adhaerebit, im-
mutabile videbit omne quod viderit ». Nam et in ipso Verbo increato
sunt rationes omnium creaturarum.

sublime della perfetlone divina, ed è il termin-0 verso il quale mil'ava il Creatore


nella c-0stituzione dell'universo. - Le precisazioni che segu-0no nella soluzione delle
difficoltà e nell'ultimo artico'.o servono a ricordare che in questa accezione del·
l'immagine dobbiamo sempre distinguere tre gradi: il primo è costituito dalla
ima110 creationis; il fecondo dalla imaglJ recreat.fonts, ossia della Grazia; il terzo
dall'imago stmilitudints, cioè c:Lella Glorta. Di ciò l'Autore ha parlato all'arti-
colo 4.
234 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 9

ARTICOLO 9
Se sia conveniente distinguere la somiglianza dall' immagine. 1

SEMBRA che non sia conveniente distinguere la somiglianza dal-


l'immagine. Infatti:
1. Non è logico distinguere il genere dalla specie. Ora la somi-
glianza sta alla immagine, come il genere alla specie; poichè, come
dice S. Agostino: "dove c'è immagine, si trova senz'altro la somi-
glianza, ma non viceversa n. Quindi non è gfosto distinguere la
somiglianza dall'immagine.
2. L'immagine si desume non solo in ordine alla rappresenta-
zione delle Persone, ma anche dell'essenza divina; ora I' immorta-
lità e l'indivisibilità fanno parte di questa rappresentazione. Non
è dunque giusto dire che "la somiglianza consiste nell'essenza, che
è immortale e indivisibile; mentre l'immagine consiste nelle altre
sue proprietà n. • · ·
3. C'è nell'uomo una triplice immagine di Dio, e cioè secondo la
natura, la grazia e la gloria, come abbiamo già spiegato. Ma I' in-
nocenza e la giustizia sono proprie della grazia. Perciò non è esatto
affermare che "l'immagine si desume dalla memoria, dall' intelli-
genza e dalla volontà ; e che la somiglianza invece si desume dalla
innocenza e dalla giustizia"·
4. La conoscenza della verità spetta ali' intelletto, l'amore della
virtù alla volontà; le quali cose sono due aspetti dell'immagine.
Dunque non si può dire che "l'immagine si fonda sulla conoscenza
della verità; la somiglianza sull'amore della virtù'"
IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: «C'è chi pensa che non siano
state usate inutilmente le due parole immagine e somiglianza; poi-
chè, se si fosse trattato di una cosa sola, sarebbe bastata una sola
espressione '"
RrRPONJio: La somiglianza implica una certa unità. Infatti la s·o-
migliauza risulta da una comunanza di qualità. Ora, l'uno, essendo
un trascendentale, conviene a tutti gli enti e può attribuir~i a cia-
scuno di essi, come il bene e il vero. D'altra parte la bontà può
attribuirsi a una data cosa, sia come presupposto, sia come coro-
namento, qualora stia a indicare una perfezione di essa ; lo stesso
vale della somiglianza in rapporto all'immagine. C'è una bontà,
p. es., che è anteriore alla nozione di uomo, in quanto l'uomo è un
bene particolare; e c'è una bontà che è posteriore all'uomo stesso,
in quanto diciamo che un uomo è buono in una maniera speciale,
per la perfezione della sua virtù. In modo analogo, la somiglianza
si può considerare come anteriore all'immagine, essendo qualche
cosa di più generico dell'immagine, come abbiamo visto sopra, e
si può considerare come posteriore, se sta a indicare una certa per-
1 L'articolo ha il valore di un'appendice a sfondo filologico e bibliografico.
L'Autore intende giustificare d€finizloni ed assiomi già in uso nel c.amPo della teo-
logia, e che derivavano dall'espressione IJiblica: " Facciamo l'uomo a nostra im-
magine e somiglianza•. :'.'laturalme.nte le spiegazioni tentate sono in funzione della
teoria già elaborata e applicata negli articoli precedenti.
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 235

ARTICULUS 9
Utrum simiUtudo ab imagine convenienter distinguatur.
f Sent., d. 16, a. 4.
AD KONUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod sirnilitudo ab imagìne non
convenienter distinguatur. Genus enim non convenienter distingm-
tur a specie. Sed similitudo comparatur ad imaginem, ut genus ad
speciem: quia c1 ubi est imago, ibi est continuo similitudo, sed non
convertitur H, ut dicitur in libro Octo'(Jinta trium Quaest. [q. 74). Ergo
inconvenienter similitudo ab imagine distinguitur.
2. PRAETEREA, ratio imaginis attenditur non solum secundum re-
praesentationem divinarum Personarum, sed etiam secundum re-
praesentationem divinae essentiae: ad quam repraesentationem per-
tinet immortalitas et indivisibilitas. Non ergo convenienter dicitur
[2 Sent., d. 16) qu-0d « similitudo est in essentia, quia est immorta-
lis et indivisibilis; imago aut.em in aliis "·
3. PRAETEREA, imago Dei in homine est triplex, scilicet naturae,
gratiae et gloriae, ut supra [a. 4) habitum est. Sed innocentia et
iustitia ad gratiam pertinent. Inconvenienter ergo dicitur [2 Sent.,
loco cit.] quod re imago accipitur secundum rnemoriam, intelligen-
tiam et voluntatem ; similitudo autem secundum innocentiam et iu-
stitiam n.
4. PRAETF.REA, cognitio veritatis ad intelligentiam pertinet, amor
autem virtutis ad voluntatem, quae sunt duae partes imaginis. Non
ergo convenienter dicitur [ibid.] quod cc imago sit in cognitione ve-
ritatis, similitudo in dilectione virtutis ».
SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, in libro Octoginta trium
Quaest. [q. 51]: "Sunt qui non frustra intelligunt duo dieta esse ad
imaginem et similitudinem; cum, si una res esset, unum nomen
sufficere potuis.set ".
RESPONDEO DICENDUM quod similitudo quaedam unitas est: unum
enim in qualitate sirnilitudinem causat, ut dicitur in 5 Metaphys.
[c. 15, lect. 17). Unum autem, cum sit de trascendent.ibus, et com-
mune est omnibus, et ad singula potest aptari ; sicut et bonum et
verum. Unde, sicut bonum alicui rei particulari pote.st comparari
ut praeambulum ad ipsam, et ut subsequens, prout designat aliquam
perfectionem ipsius; ita etiam est de comparatione similitudinis ad
imaginem. Est enim bonum praeambulum ad hominem, secundum
quod homo est quoddam particulare bonum : et rursus bonum sub-
sequitur ad hominem, inquantum aliquem hominem specialiter di-
cimus esse bonum, propter perfectionem virtutis. Et similiter simi-
litudo consideratur ut praeambulum ad imaginem, inquantum est.
communius quam imago, ut supra [a. 1) dictum est: oonsideratur
etiam ut subsequens ad imaginem, inquantum significat quandam
imaginis perfectionem ; dicimus enim imaginem alicuius esse simi-

2 Le ultime tre difficoltà hanno p.er oggetto espressioni ed assiomi contenuti nel
Libro deUe Sentenze di Pietro Lombardo (cfr. ! Sent., d. 16, c. 3). s. Tommaso se
n'è occupato, perchè quel libro era <tllora il manuale scolastico per tutte le !a-
coltà di teologia.
236 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 9

fez.ione dell'immagine. Infatti noi diciamo che l'immagine di uno


è somigliante o no all'originale, secondo che lo rappresenta perfet-
tamente o imperfettamente.
Perciò si può distinguere la somiglianza dall'immagine in due
maniere. Primo, in quanto ne è un presupposto, ed ha un'estensione
maggiore. Per questo lato la somiglianza è desunta dagli aspetti
più generici che presentano le proprietà della natura intellettiva,
dalle quali propriamente si desume limmagine. In questo senso
parla S. Agostino quando dice che «lo spirito», cio.è la mente, «fu
creato a immagine di Dio, e di ciò nessuno dubita; qualcuno invece
vorrebbe che le altre proprietà dell'uomo», cioè tutto quello che
rientra nelle facoltà inferiori dell'anima, compreso lo stesso corpo,
"fossero state create a somiglianza di Dio». Nello stesso senso
troviamo, nel suo libro De quantitate animae, che la somiglianza
di Dio nell'anima è fondata nella sua incorruttibilità: infatti cor-
ruttibile e incorruttibile costituiscono due suddivisioni dell'ente.
Secondo, la somigli-anza può essere considerata come perfetta
espressione dell' immagine. E in questo senso il Damasceno scrive:
"limmagine include l'intelligenza e la libertà di arbitrio: la so-
miglianza invece include conformità nella virtù, per quanto è pos-
sibile all'uomo». - Ed ha il medesimo significato dire che la somi-
glianza riguarda l'amore della virtù, poichè non c'è virtù senza
l'amore di qu.esta.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ; 1. La somiglianza non si distingue
dall'immagine come nozione generica di somiglianza (così conside-
rata, infatti, è inclusa nella nozione stessa di immagine), ma si di-
stingue, o perchè non raggiunge la natura di immagine, o perchè è
perfetta espressione dell'immagine.
2. L'essenza dell'anima rientra nell'immagine per il fatto che
rappresenta l'essenza divina, mediante le proprietà caratteristiche
della natura intellettiva, non già mediante gli attributi che accom-
pagnano l'ente nella sua universalità, come la semplicità e l' indis-
solubilità.
3. Per natura anche certe virtù possono entrare nell'anima, al-
meno in germe; e rispetto ad esse si potrebbe già parlare di so-
miglianza. D'altra parte niente impedisce che una cosa si chiami
immagine in un senso, e somigHanza in un altro..
4. L'amore del verbo [mentale], e cioè la notfaia amata, è un ele-
mento dell'immagine, invece l'amore della virtù, come la virtù me-
desima, è un elemento della somiglianza. 1

1 Lo studio µiù ampio cui ha dato origine la questione presente l'imane tuttora
quello t.ant-0 tliscusso del P. GIRD~IL A. O. P., La structure de l' ame et l'cspé-
rience mystique, 2 voi., Parigi, 1927. Il P. Gardeil ebbe il merito di inàagare le
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 237
lem vel non similem ei cuius est imago, inquantum perfecte vel im-
perfecte repraesentat ipsum.
Sic ergo similitudo potest ab imagine distingui dupliciter. Uno
modo, prout est praeambula ad ipsam, et in pluribus existens. Et
sic similitudo attenditur secundum ea quae sunt communiora pro-
prietatibus naturae intellectualis, secundum quas proprie attenditur
imago. Et secundum hoe dicitu.r in libro Octoginta trium Quaest.
[q. fi1], quod "spiritus n, idest mens, «ad imaginem Dei, nullo du-
bitante, factus est: cetera autem hominis >>, scilicet quae pertinent
ad inferiores partes animae, vel etiam ad ipsum corpus, "ad simi-
litudinem facta esse aliquid volunt ». Secundum hoc etiam in libro
De Quantitate Animae [c. 2] dicitur quod similitudo Dei attenditur
in anima, inquantum est incorruptibilis: nam corruptibile et in-
corruptibile sunt differentiae entis communis.
Alio modo potesi considerari similitudo, secundum quod significat
imaginis expressionem et perfecti-0nem. Et secundum hoc Damasce-
nus dicit [2 De Fide Orth., c. 12) quod «id quod est secundum ima-
ginem, intellectuale significat, et arbitrio liberum per se potestati-
vum: quod autem secundum similitudinem, virtutis, secundum qu-Od
homini possibile est inesse, similitudinem ». Et ad idem refortur
quod similitudo dicitur ad diledionem virtutis pertinere: non enim
est. virtus sine dil~tione virtutis.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod similitud<> non distinguitur ab
imagine secundum communem rationem similitudinis (sic enim in-
cluditur in ratione ipsius imaginis): sed secundum quod aliqua si-
militudo deficit a ratione imaginis, vel etiam est imaginis perfe-
ctiva.
AD SECUNDUM DICENDUM quod essentia animae pertinet ad imagi-
nem, prout repraesentat divinam essentiam secundum ea quae sm1t
propria intellectualis naturae: non autem secundum conditiones con-
sequentes ens in communi, ut est esse simplicem et indissolubilem.
AD TERTIUM DICENDUM quod etiam virtutes quaedam naturaliter in-
sunt animae, ad minus secundum quaedam earum semina: et se-
cundum has p-OSset attendi similitudo naturalis. Quamvis non sit
inconveniens ut id quod secundurn assignation0Ill unam dicitur
imago, secundum aliam dicatur similitudo.
AD QUARTUM DICENDt1111 quod dilectio verbi, quod est amata notitia,
pertinet ad rationem imaginis: sed dilectio virtutis pertinet ad simi-
litudinem, sicut et virtus.

profondità dello spirito umano, seguendo Il pen.siero dei due massimi pensatori
cristiani, S. Agostino e S. Tommaw; ed ebbe il torto di scorgere una troppo :iccen-
tuata concordanza.
QUESTIONE 94
Stato e condizione del primo uomo quanto ali' intelletto.

Veniamo ora a studiare lo stato o condizione del primo uomo.


Primo, quanto all'anima; secondo, quanto al corpo. Sul primo punto
si presentano due questioni: primo, condizione dell'uomo quanto
aU' intelletto; secondo, condizione del medesimo quanto alla volontà.
Sul primo argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se il primo
uomo vedeva Dio per essenza; 2. 8e poteva vedere le sostanze sepa-
rate; 3. Se possedeva la scienza di tutte le cose; 4. Se poteva er-
rare o essere ingannato. 1

ARTICOLO 1
Se il primo uomo abbia visto l'essenza di Dio.

SEMBRA che il primo uomo abbia visto l'essenza di Dio. Infatti:


1. La beatitudine dell'uomo consiste nella visione della divina es-
senza. Ora, come dice il Damasceno, il primo uomo, cc vivendo nel
Paradiso terrestre, godeva vit.a beata e ricca di ogni bene"· Anche
S. Agostino afferma: cc Se i primi uomini avessero avuto quei sen-
timenti che noi ora abbiamo, in che modo avrebbero potuto essere
beati in quel luogo di indicibile felicità, che è il Paradiso?"· Quindi
il primo uomo nel Paradiso terrestre deve aver visto Dio per es-
senza.
2. Scrive S. Agostino che cc al primo uomo nulla mancava di ciò
che la buona volontà può conseguire n. Ma la buona volontà non
può conquistare cosa migliore della visione beatifica. Perciò l'uomo
vedeva Dio per essenza.
3. Nella visione di Dio per essenza, Dio si vede senza intermediari
e senza enigmi. Ora, secondo il Maestro delle Sentenze, l'uomo nello
stato di innocenza "vedeva Dio senza termini intermedi n, così pure
lo vedeva senza enigmi, poichè l'enigma, come osserva S. Agostino,
include oscurità, la quale invece subentrò col peccato. L'uomo, dun-
que, nel suo stato primitivo vedeva Dio per essenza.
IN CONTRARIO: L'Apostolo scrive: cc Non è prima l'elemento spiri-
tuale, bensì l'animale». Ora, il vedere Dio per essenza è cosa som-
mamente spirituale. Dunque il primo uomo, nello stato primitivo
della sua vita animale, non vedeva Dio per essenza.
RISPONDO: Considerando la condizione ordinaria della vita del

' Nel descrivere la felicità del primo uomo i SS. Padri si abbandonano facil·
m&nte alle iperboli, senza preoccuparsi di precisare Il significato di certe espres-
sioni. Ma in un'opera sistematica, come vo1eva essere la Somma Teoiogtca, le pa-
QUAESTIO 94.
De statu et conditione primi hominis quantum
ad intellectum
tn quatuar arttculos dlV!sa.

Deinde considerandum est <le statu vel conditione primi hominis.


Et primo, quantum ad animam; secundo, quantum ad corpus [q. 97].
Circa primum consideranda sunt duo: primo, de conditione homi-
uis quantum ad intellectum ; secundo, de conditione hominis quan-
tum ad voluntatem [q. 95).
Circa primum quaeruntur quatuor. Primo: utrum primus homo
viderit Deum per essentiam. Secundo: utrum videre potuerit sub-
stantias separatas, idest angelos. Tertio: utrum habuerit omnium
sdentiam. Quart-0: utrum potuerit errare vel decipi.

ARTICULUS 1
Utrum primus homo per essentiam Deum viderit.
! Seni., d. 23, q. 2, a. 1 ; De vertt., q. 18, aa. 1, 2.
AD PRJMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod primus homo per essen·
tiam Deum viderit. Beatitudo enim hominis in visione divinae es-
sentiae consist.it. Sed primus homo, "in Paradiso conversans, bea-
tam et omnium divitem habuit vitam >>, ut Damascenus dicit in
2 libro [De Fi!le Orth., c. 11]. Et Augustinus dicit, in 14 De Civ.
Dei [c. 10]: "Si homines habebant affectus suos quales nunc ha.be-
mus, quomodo erant beati in illo inenarrabilis beatitudinis loco,
idest Paradiso?». Ergo primus homo in Paradiso vidit Deum per
essentiam.
2. PR\ETEREA, Augustinus dicit, 14 De Civ. Dei [ibid.], quod "primo
homini non aberat quidquam quod bona voluntas adipisceretur ».
Sed nihil melius bona voluntas adipisci potest quam divinae essen-
tiae visionem. Ergo homo per essentiam Deum videLat.
3. PnAETEREA, visio Dei per essentiam est qua videtur Deus sine
medio et sine aenigmate. Sed homo in sta tu innocentiae "vidit Deum
sin e medio n; ut Magister dicit in 1 distinctione 4 libri Sent. Vidit
etiam sine aenigmate: quia aenigma obscuritatem importat, ut Au-
gustinus dicit, 15 De Trin. [c. 9]; obscuritas autem introducta est
per peccatum. Ergo homo in primo statu vidit Dcum per essentiam.
SED CCNTRA EST quod Aposto·lus dicit, 1 ad Cor. 15, 4G, quod "non
prius quod spirituale est, sed quod animale». Sed maxime spiri-
tuale est videre Deum per essentiam. Ergo primus homo, in primo
statu animalis vitae, Deum per essentiam non vidit.
RESPONDEO DICENDUM quod primus homo Deum per essentiam non
role devono e&sere misurate, per non trascendere quei limiti che le teorie generali
del &isterna consentono. Ecco il criterio e la preoccupazione che dominano que-
sto gruppo di questioni, le quali si fermano a descrivere la condizione del primo
uomo nello stato di innocenza.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 1

primo uomo, dobbiamo dire che egli non poteva vedere Dio per
essenza, se non forse durante quel rapimento, in cui «Dio mandò
un sonno profondo ad Adamo n. 1 Ed eccone la ragione. L'essenza
divina si identifica con la beatitudine, quindi l'intelletto di chi la
contempla sta a Dio, come l'uomo alla felicità. Ora, è evidente che
nessun uomo può con la sua volontà rinunziare alla beatitudine ;
pcrchè l'uomo, naturalmente e nece&sariamente, ricerca la felicità
e fugge l'infelicità. Nessuno quindi, che vegga Dio per essenza, può
allontanarsi volontariamente da Dio, cioè peccare. Perciò tutti co-
loro che vedono Dio per essenza, sono così oonfermati nell'amore di
Dio, da non p,oter più peccare. - Ma siccome Adamo peccò, è chiaro
che non vedeva Dio per essenza.
Tuttavia conosceva Dio in un modo più elevato del nostro; cosic-
chè la sua cognizione era, per così dire, intermedia tra quella dello
stato attuale e quella della patria [celeste), in cui si vedrà l'essenza
di Dio. Per averne la dimostrazione, 2 si deve· considerare che la vi-
sione di Dio per essenza si contraddistingue dalla visione di Dio me-
diante le creature. Ora, quanto più una creatura è perfetta e simile a
Dio, tanto più serve alla visione di Dio; come l'uomo si vede più per-
fettamente in quello specchio, in cui meglio risulta la sua immagine.
E perciò evidente che negJ.i effetti intelligibili si vede Dio molto più
perfettamente che in quelli sensibili e corpo.rei. Ma nello stato pre-
sente, l'uomo trova ostacolo alla considerazione piena e luminosa de-
gli effetti intelligibili nelle cose sensibili, perchè, distratto dalle cose
sensibili, si occupa eccessivamente di esse. La Scrittura invece affer-
ma: "Dio fece l'uomo retto n. E la rettitudine dell'uomo creato da Dio
consisteva nel fatto, che le creature inferiori erano subordinate alle
creature superiori, e le superiori non erano ostacolate dalle inferiori.
Quindi il primo uomo non trovava impedimento nelle cose esteriori
alla contemplazione chiara e continua degli effetti intelligibili, da lui
percepiti p·er l'irradiazione della prima verità, mediante la cogni-
zione sia naturale che gratuita. " Perciò S. Agostino scrive: "E pos-
sibile che in principio Dio parlasse ai primi uomini, così come. parla
agli angeli, illuminando le loro menti con la stessa incommutabile
verità, senza tuttavia comunicar loro quel grado di partecipazione
dell'essenza divina, di cui sono capaci gli angeli"· In conclusione,
mediante codesti. effetti intelligibili, il primo uomo conosceva Dio in
modo più chiaro di noi.
SoLt:ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uomo nel Paradiso terrestre era
beato, ma non di quella perfetta beatitudine, nella quale doveva es-
sere trasferito, e che consiste nella visione dell'essenza divina; con-
duceva però "in una certa misura una vita beata'" come dice
S. Agostino, in quanto godeva di una certa integrità e perfezione
naturale.
2. La buona volontà è la volontà ordinata. Ora, la volontà del
primo uomo non sarebbe stata ordinata, se, trovandosi nello stato
di merito, avesse preteso quello che invece gli era promesso come
premio.
3. Il mezzo conoscitivo può essere di due specie. Il primo è qual-

' Alcuni SS. Padri, tra i quali troviamo S. Agostino e S. Giovanni Crisostomo,
ritengono che si sia trattato di un sonno estatico, in cui Dio avrebbe fatto all'uomo
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 241
vidit, secundum communem statum illius vitae ; nisi forte dicatur
quod viderit eum in raptu, quando « Deus immisit soporem in
Adam '" ut dicitur Gcn. 2, 21. Et huius ratio est quia, cum divina
essentia sit ipsa beatitudo, hoc modo se habet intellectus videntis
divinam essentiam ad Deum, sicut se habet quilibet homo ad beati-
tudinem. Manifestum est autem quod nullus homo pote.st per volun-
tatem a beatitudine averti: natural iter enim, et ex necessitate, homo
vult beatitudinem, et fugit miseria.m. Unde nullus videns Deum per
essentiam, potest voluntate averti a Deo, quod est peccare. Et prop-
ter hoc, omnes videntes Deum per essentiam, sic in a.more Dei sta-
biliuntur, quod in aeternum peccare non possunt. - Cum ergo Adam
peccaverit, manifestum est quod Deum per essentiam non videba.t.
Cognoscebat tamen Deum quadam altiori cognitione quam nos co-
gnoscamus: et sic quodammodo eius cognitio media erat inter co-
gnitionem praesentis status, et cognitionem patriae, qua Deus per
essentiam videtur. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod
visio Dei per essentiam dividitur contra visionem Dei per creatu-
ram. Quanto autem aliqua creatura est altior et Deo similior, tanto
per eam Deus clarius videtur: sicut homo perfectius videtur per
speculum in ql1o expressius imago eius resultat. Et sic patet quod
multo eminentius videtur Deus per intelligibiles effectus, quam per
sensibiles et corporeos. A e-0nsideratione autem piena et lucida in-
telligibilium effectuum impeditur homo in statu praesenti, per hoc
quod distrahitur a sensibilibus, et circa ea occupatur. Sed, sicut di-
citur Eccle. 7, 30: « Deus fecit hominem rectum n. Haec autem fuit
rectitudo hominis divinitus instituti, ut inferiora superioribus sub-
derentur, et superiora ab inferioribus non impedirentur. Unde homo
primus non impediebatur per res exteriores a clara et firma contem-
platione intelligibilium effectuum, quos ex irradiatione primae ve-
ritatis percipiebat, sive naturali cognitione sive gratuita. Unde dicit
Augustinus, in 11 Super Gen. ad lilt. [c. 33], quod "fortassis Deus
primis hominibus antea loquebatur, sicut cum angelis Ioquitur, ipsa
incommutabili veritate illustrans mentes eorum; etsi non tanta par-
ticipatione divinae essentiae, quantam capiunt angeli». Sic igitur
per huiusmodi intelligibiles effectus Dei, Deum clarius cognoscebat
quam modo cognoscamus.
AD PRIMTJ!II ERGO DICENDUM quod homo in Paradiso beatus fuit,
non illa perfecta beatitudine in quam transferendus crat, quac in
divinae essentiae visione consistit: habebat tamen "bea tam vitam
secundum quendam modum n, ut Augustinus dicit 11 Super Gen.
ad liti. [c. 18], inquantum habebat integritatcm et perfectionem
quandam naturalem.
Ao sECl'NDTCM DICENDTJM quod bona voluntas est ordinata voluntas.
Non autem fuisset primi hominis ordinata voluntas, si in statu me-
riti habere voluisset quod ei promittebatur pro praemio.
AD TERTIUM DICENDUM quod duplex est medium. Quoddam, in quo

delle rivelazioni. Es.si tondano la loro oprn10ne sul testo del LXX. Questi !n-
fatt.I traducono La pal'<lla ebraica indicante il sonno con lxarnaw (cfr. CEUPPENS,
cp. cit., v. 121).
2 Si tratta di un.a "dimostrazione"• o • evidentia '" quale si può raggiungere
in una question-0 di tal genere.
J Vale a dire wprannaturale, e quindi concessa all'uomo per grazia.
242 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, aa. 1-2

che cosa che viene percepito assieme all'oggetto; co"ne quando <:i
vede un uomo mediante lo specchio e insieme lo specchio. Il secondo
è qualche cosa, la cui cognizione ci porta a conoscere una verità
ignota, come, p, es., il medio dimostrativo. Ora, Dio era veduto
senza quest'ultimo mezzo ; non però senza il primo. Infatti il primo
uomo non aveva bisogno di giungere alla conoscenza di Dio me-
diante una dimostrazione, desunta dagli effetti, come dobbiamo far
noi; ma immediatamente conosceva Dio negli effetti, specialmente
in quelli intelligibili, secondD le sue capacità.
Parimente, si deve notare che l'oscurità, inclusa nella parola
enigma, si può prendere in due sensi. Primo, in quanto ogni crea-
tura paragonata ali' immensità della chiarezza divina è qualcosa
di oscuro ; e in tal senso Adamo vedeva Dio in enigmà, perchè lo
vedeva negli effetti creati. Secondo, si può intendere dell'oscurità
derivata dal peccato, che, legando l'uomo alle cose sensibili, gli im-
pedisce la meditazione delle realtà intelligibili; e in tal senso il
primo uomo non vedeva Dio in enigma.

ARTICOLO 2
Se Adamo nello stato di innocenza vedeva le essenze angeliche.

SEMBRA che Adamo, nello stato di innocenza, abbia veduto le es-


senze angeliche. Infatti:
1. Insegna S. Gregorio: «L'uomo nel Paradiso terrestre era abi-
tuato a godere della parala di Dio e a comunioare con gli angeli
beati, per la mondezza del cuore e per la sublimità della visione ».
2. Nello stato presente l'anima non può conoscere le sostanze im-
materiali, perchè è unita a un corpo corruttibile, il quale "aggrava
l'anima», come dice la Scrittura. Ed è per questo che l'anima se-
parata [dal corpo) può w•dere le sostanze separate, come già fu di-
mostrato. Ma l'anima del primo uomo non era gravata dal eorpo,
perchè questo non era corruttibile. Perciò poteva vedere le sostanze
separate.
3. Una sostanza scp:irata cor,osce le a.ltre conoscendo se stessa,
come leggiamo nel Liber De Causis. Ma l'anima del primo uomo
conosceva se stessa. Dunque conosceva le sostanze separate.
IN CONTRARIO: L'anima di Adamo ebbe, la stessa natura delle nostre
anime. Ora, le nostre anime attualmente non possono conoscere gli
angeli. Perciò non lo poteva conoscere neppure l'anima del primo
uomo.
RISPONDO: Lo stato dell'anima umana si può considerare sotto
due aspetti. Primo, nei suoi due modi di esistenza naturale; e sotto
questo punto di vista lo stato dell'anima separata si distingue da
quello dell'anima unita al corpo. Seeondo, considerandone l' inte-
grità e la corruzione, a prescindere dal modo di esistenza natu-
rale; e in tal senso lo stato di innocenza si distingue dallo stato
de.Il'uomo dopo il peccato. Infatti l'anima dell'uomo nello stato di
innocenza era ordinata a informare e governare il corpo, come
adesso; perciò sta scritto che il primo uomo fu creato "anima vi-
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 243
simul videtur quod per medium videri dicitur; sicut cum homo vi-
detur per speculum, et simul videtur cum ipso speculo. Aliud me-
dium est, per cuius notitiam in aliquid ignotum devenimus; sicut
est medium demonstrationis. Et sine tali medio Deus videbatur: non
tamen sine primo medio. Non enim oportebat primum hominem
pervenire in Dei cognitionem per demonstrationem sumptam ab ali-
quo effectu, sicut nobis est necessarium; sed simul in effectilms,
praecipue intelligibilibus, suo modo Deum cognoscebat.
Similiter etiam est considerandum quod obscuritas quae impor-
tatur in nomine aenigmatis, dupliciter potest accipi. Uno modo, se-
cundum quod quaelibet creatura est quoddam obscururn, si corn-
paretur ad irnrnensitatem divinae claritatis: et sic Adam videbat
Deum in aenigmate, quia videbat Deum per effectum creatum. Alio
modo potest accipi obscuritas quae consecuta est ex peccato, prout
scilicet imp!.'ditur homo a consideratione intelligibilium per o;;ensi-
bilium occupationem: et secundum hoc, non vidit Deum in aeni-
gmate.

ARTICULUS 2
Utrum Adam in statu innocentiae angelos per essentiam viderit.
De Verti., q. 18, a. 5.
AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Aùam in statu inno-
centiae angelos per essentiam viderit. Dicit. enim Gregorius, in
4 Dialog. [c. 1]: "In Paradiso quippe assueverat homo verbis Dei
perfrui, beatorum angelorum spiritibus cordis rnunditia et celsitu-
dine visionis interesse».
2. PRAETEREA, anima in statu praesenti impeditur a cognitione sub-
stantiarum separatarum, ex hoc quod est unita corpori corrupti-
bili, quod cc aggravat animam », ut dicitur Sap. 9, 15. Unde et anima
separata substuntias scparatas videre potest, ut supra [q. 89, a. 2]
dictum est. Sed anima primi hominis non aggravabaiur a corpore:
cum non esset oorruptibile. Ergo- poterat videre substantias sepa-
ratas.
3. PRAETEREA, una substantia separata cogno.scit aliam cognoscendo
seipsarn, ut dicitur in libro De Causis [prop. 13]. Se.cl anima primi
hominis- cognoscebat seipsam. Ergo cognoscebat substantias sepa-
ratas.
SED CONTRA, anima Adae fuit. eiusdem naturae cum animabus no-
stris. Sed animae nostrae non possunt nunc intelligere substantias
separatas. Ergo nec anima primi hominis potu.it.
RESPONDEO DICENDTJM quod status animae hominis distingui potest
dupliciter. Uno modo, secundum diversum modum naturalis esse:
et hoc modo distinguitur status animae separatae, a statu animae
coniunctae oorpori. Alio modo distinguitur status animae secundum
integritatBm et corruptionem, servato eodem modo essendi secun-
dum naturam: et sic status innocentiae distinguitur a statu homi-
nis post peccatum. Anima enim hominis in statu innocentiae erat
corpori perficiendo et gubernando accommodata, sicut et nunc:
unde dicitur primus homo factus fuisse "in animam viventem n
244 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 2

vente "• vale a dire capace di dare al corpo una vita, cioè la vita
animale. L'uomo però possedeva questa integrità di vita, perchè,
come si è visto, il corpo era del tutto soggetto all'anima, e non ne
impediva le operazioni. Ora, risulta da quanto si è già detto che
l'anima, essendo ordinata a governare e a perfezionare il corpo
nella vita animale, deve conoscere v<>lgendosi ai fantasmi. Perciò
anche l'anima del primo uomo doveva conoscere in questo modo.
In questa conoscenza si può distinguere nell'anima un moto, che
ha tre gradi, come Dionigi insegna. Nel primo "l'anima dalle cose
esterne si raccoglie in se stessa» ; nel secondo essa sale fino a cc con-
giungersi alle potenze superiori sussistenti'" cioè agli angeli ; nel
terzo cc è come condotta per mano fino al bene supremo'" cioè a
Dio. 1 - Nel primo moto intellettivo che va dalle oose esterne allo
spirito, si raggiunge la perfetta con<>scenza dell'anima. Infatti, come
si è già dimostrato, l'operazione intellettiva deJl'anima ha un rap-
porto naturale agli oggetti esterni, e, mediante la loro conoscenza, si
arriva a conoscere perfettamente la propria operazione intellettiva,
pokhè l'atto si conosce mediante l'oggetto. Da questa operazione in-
tellettiva si può finalmente giungere a una conoscenza perfetta del-
1' intelletto umano, come una facoltà si conosce mediante il proprio
atto. - Nel secondo processo mentale invoce non si raggiunge una
conoscenza perfetta. Infatti l'angelo, come abbiamo visto, non co-
nosce volg-endosi ai fantasmi, ma in modo molto più eminente; per-
ciò la riflessione intellettiva, con la. quale !':mima conosce se stessa,
non ci consente un'adeguata conoscenza dell'angelo. - Molto meno
termina ad una perfetta cognizione il terzo processo intellettivo;
poichè gli stessi angeli, conoo;cendo se stessi, non possono arrivare
alla conoscenza della sostanza divina, a causa appunto della sua
trascendenza.
Perciò l'anima del primo uomo non poteva vedere gli angeJi per
essenza. Tuttavia li conosceva meglìo di noi, perchè la sua perce-
zione degli intelligibili spirituali era più certa e continua della
nostra. E a motivo di questa superiorità S. Gregorio afferma che il
primo uomo «aveva società con gli spiriti angelici"·
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT.~: 1. Così è risolta anche la prima diffi-
coltà.
2. L'anima del primo uomo era incapace di conoscere le sostanze
separate non per il gravame del corpo, rea perchè il suo oggetto
connaturale era sproporzionato alla nobiltà delle sostanze separate.
Invece noi ne siamo incapaci per ambedue i motivi.
3. L'anima del primo uomo non poteva giungere alla conoscenza
perfetta delle sostanze separate mediante 1'autocoscienza, come ab-
biamo dimostrato; poichè, anche tra le sostanze se.parate, l'una
conosce l'altra basandosi sulla conoscenza che ha di se stessa.•

1 Lo Pseudo-Areopagita distingue tre specie di movimenti nelle intelligenze


create: il moto circolRre. jl mo~o retto, e quello obliquo (cfr. De Dtv. Nom., c. ~.
lect. 7). I tre gmdi che hanno attirato !"attenzione di S. Tommaso so110 quelli del
moto circolare.
• Il Card. A. M. Lépicier compendia il dottrinale dell'articolo nel seguente co-
rollario: " Concludendo, noi siamo impari alla cognizione quldditatlva degli an-
g;il! per due motivi, il prlm<> dei quali è per &e il secondo per acctdens. Motivo
essenziale: l'<>ggetto connaturale rtella nostra anima nella vita present-e è al di-
sotto delle s05tanze separate. Motivo accidentale: in noi il corpo è di aggravio
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 245
[Gen. 2, 7], idest corpori vitam dantem, scilicet anirnalem. Sed huius
vitae integritatem habebat, inquantum corpus erat totaliter animae
subditwn, in nullo ipsam impediens, ut supra [a. praec.] dictum
est. Manifestum est autem ex praemissis [q. 84, a. 7; q. 85, a. 1;
q. 89, a. 1] quod ex hoc quod anima est accomrnodata ad corpo.ris
gubernationem et perlectionem secundum animalem vitarn, compe-
tit animae nostrae talis modus intelligendi, qu.i est per conversionem
ad phantasmata. Unde et hic modus intelligendi etiam animae primi
hominis cornpetebat.
Secundum autem hunc modum intelligendi, motus quidam inve-
nitur in anima, ut Dionysius dicit 4 ca.p. De D'iv. Nom., secundum
tres gradus. Quorum primus est, secundum quod « a rebus exterio-
ribus congregatur anima ad seipsam" ; s.ecundus autcm est, prout
anima ascendit ad hoc quod "uniatur virtutibus superioribus uni-
tis "• scilicet angelis; tertius autem gradus est, secundum quod ul-
terius "manuducitur ad bonum quod est supra omnia», scilicet
Deum. - Secundum igitur primum processum animae, qui est a
rebus exterioribus ad seipsarn, perficitur animae cognit1io. Quia sci-
licet intellectualis operatio animae naturalem ordinem habet ad ea
quae sunt extra, ut supra [q. 87, a. 3) dictum est: et ita per eorum
cognitionem perfecte cognosci potest nostra inteUectualis operatio,
sicut actus per obiectum. Et per ipsam intellectualem operationem
perfecte potest cognosci humanus intellectus, sicut potentia per pro-
prium actum. - Sed in secundo processu non invenitur perfecta co-
gnitio. Quia, curo angelus non intelligat per conversionem ad phan-
tasmata, sed longe eminentiori modo, ut supra [q. 55, a. 2) dictum
est; praedictus modus cognoscendi, quo anima cognoscit selpsam,
non sufficient~r ducit in angeli cognitionem. - Multo autem minus
tertius processus ad perfectarn notitiam terminaturr: quia etiam i psi
angeli, per hoc quod cognoscunt seipsos, non possunt pertingere ad
cognitionem divinae substantiae, propter eius excessum.
Sic igitur anima primi hominis non poterat videre angelos per
essentiam. Sed tamen excellentiorem modum cognitiçmis habebat de
eis, quam nos habeamus: quia eius cognitio erat rnagis certa et fixa
circa interiora intelligibilia, quam cognitio nostra. Et propter tan-
tam eminentiam dicit Gregorius (lpco cit. in arg. 1] quod "intererat
angelorum spiritibus "·
Unde patet solutfo AD PRIMUM.
Ao SECUNDUM DICENDUM quod hoc quod anima primi hominis defi-
ciebat ab intellectu substantiarum separatarum, non erat ex aggra-
vatione corporis; sed ex hoc quod obiectum ei connaturale erat de-
ficiens ab excellentia substantiarum scparatarum. Nos autem defici-
mus propter utrumque.
Ao TERrI'L'M DICENDUM quocl anima primi hominis non poterat per
cognitionem sui ipsius pertingere ad cognoscendas substantias se-
paratas, ut supra [in corp.] dktum est: quia etiam unaquaeque
substantia separata cognoscit aliam per modum sui ipsius.
per ranim.a. InvC'ce nello stato d' inncce.m.a l'uomo era impari ~la cognizione
quldditatlva delle sostanz.e separate s.oltanto per il primo motivo. Di qui I.a bella
espre~slone di S. Gregorio: " Nel Paradiso terrestre 1·uomo aveva la gioia di
asooHa:re abitualmente la parola di Dio, e di familiarizzare con gli spiriti celesti
per la purezza del cuore e per la sublimità della visione intellettiva" » (UPI·
C!ER A. l\f., Tractatus de prima hom!nis formationq, Parigi, 1910),

16 - VI
246 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 3

ARTICOLO 3
Se il primo uomo possedesse la conoscenza di tutte le cose.

SEMBRA che il primo uomo non avesse la conoscenza di tutte le


cose. Infatti:
1. Se avesse avuto una tale scienza, l'avrebbe avuta o mediante
idee acquisite, o mediante idee innate, o mediante quelle infuse.
Non è possibile che l'avesse mediante le idee acquisite; poichè, come
Aristotele dimostra, una siffatta cognizione nasce dall'esperienza, e
il primo uomo non poteva avere allora esperienza di tutte le cose.
Parimente, non è possibile che l'avesse mediante le idee innate, poi·
chè la natura era identica alla nostra, e l'anima nostra è «come
una tavoletta su cui non c'è scritto niente>>. Se poi l'avesse avuta
per mezzo di idee infuse, allora la sua scienza delle cose non sarebbe
stata dello stesso ordine della nostra, che è desunta dalle cose.
2. NegU. individui della stessa specie c'è un identico modo di rag.
giungere la perfezione. Ora, gli altri uomini non hanno subito da
principio la cognizione di tutte le cose, ma l'acquistano gradata-
mente nella misura ad essi naturale. Perciò neppure Adamo appena
creato ebbe la cognizione di tutte le cose.
3. La vita terrena viene concessa all'uomo, affinchè l'anima vi
progredisca in conoscenza e in merito; a tal fine appunto l'anima
è unit<a al corpo. Ora, l'uomo nello stato primitivo avrebbe progre-
dito nel merito. Quindi avrebbe dovuto progredire anche nella co-
noscenza delle cose. Perciò non poteva già possedere la scienza di
tutte le cose.
IN CONTRARIO: Leggiamo che Adamo impose il nome a ciascun ani-
male. Ora, i nomi devono corrispondere alla natura delle cose.
Quindi egli conosceva la natura di tutti gli animali; e, per ana-
logia, doveva possedere la scienza di tutte le altre cose. 1
R1sPONDO: In ordine di natura ciò che è perfetto precede I' imper-
fetto, allo stesso modo che l'atto precede la potenza; infatti le cose
potenziali non vengono portate all'atto che da qualche cosa prnesi-
stente in atto. E siccome fin da principio Dio stabilì che le crea-
ture non solo esistessero per se stesse, ma che fossero anche prin-
cipii di altre cose; perciò le produsse in quello stato di perfezione,
necessario per renderle principii di altri esseri. • Ora, un uomo può
essere principio di un altro, non solo perchè lo può generare, ma
anche perchè lo può istruire e guidare. Per conseguenza, come il
primo uomo fu creato fisicamente perfetto da poter subito generare,
così fu creato spiritualmente perfetto da poter subito istruire e go-
vernare gli altri. 3
Ma l'istruzione non è possibile senza la scienza. Quindi il primo

i A questo punto un buon teologo moderno non può fare a meno di trattare 11
problema rtell'origlne dell'umano linguaggio. Ma gli antichi non sentivano questa
preoccupazione. E del resto non avrebbero avuto i mezzi indispensabili per impo-
stare de!J.e questioni così ardue, da spaventare anche i più esperti ed eruditi filo-
loghi dei nostri tempi.
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 247

ARTICULUS 3
Utrum primus homo habuerit scientiam omnium.
t Sent., d. 23, q. 2, a. 2; De vertt., q. 18, a. 4.
AD TERTIUM SIC PROCEDITVR. Videtur quod primus homo non habue-
rit scientiam -0mnium. Aut enim habuit talem scientiam per species
acquisitas, aut per specics connaturales, aut per species infusas.
Non autem per species acquisitas: huiusmodi enim cognitio ab ex-
perientia causatur, ut dicitur in I Metaph11s. [c. 1, lect. 1); ipse au-
tem non tunc fuerat omnia expertus. Similiter etiarn nec per species
connaturales: quia erat eiusdem naturae nobiscum ; anima autem
nostra est « sicut tabula in qua nihil est scriptum », ut dicitur in
3 De Anima [c. 4, lect. 9]. Si autem peir species infusas, ergo scien-
tia eius quam habebat de rebus, non erat eiusdem rationis cum
scientia nostra, quam a rebus acquirimus.
2. PRAETEREA, in omnibus individuis eiusdem speciei est idem ffi{)-
dus consequendi perfectionem. Sed alii homines non statim in sui
principio habent omnium scientiam, sed eam per temporis succes-
sionem acquirunt secundum suum modum. Ergo nec Adam, statim
formatus, habuit omnium scientiam.
3. PRAETEREA, status praesentis vitae homini conceditur ut in eo
proficiat anima et quantum ad cognit.ionem, et quantum ad meri-
tum ; propter hoc enim anima c-0rpoori videt11r esse unita. Sed homo
in statu ilio profecisset quantum ad meritum. Ergo etiam profecis-
set quantum ad cognitionem rerum. Non ergo habuit omnium re-
rum scientiam.
SED CONTRA EST quod ipse imposuit nomina animalibus, ut dicitur
Gcn. 2, 20. Nomina autem debent naturis rerum congruere. Ergo
Adam scivit nat.uras omnium animalium: et pari ratione, habuit
omnium aliorum scieniiam.
RESPONDEO DICENDUM quod naturali ordine perfectum praecedit
impcrfectum, sicut et actus potentiarn: quia ea quae sunt in poten-
tia, non reducuntur ad actum nisi pe1 aliquod ens actu. Et quia
res primitus a Deo institutae sunt, non solum ut in scipsis esseni,
sed etiam ut essent aliorum principia; ideo productae sunt in statu
perfec1.o, in quo possent esse principia aliorum. Homo aute.m potest
esse principium altcrius non solum peor generatio-nem corporalem,
sed etiam per instructionem et gubernationem. Et ideo, sicut primus
homo institutus est in statu perfccto quantum aid corpus, ut statim
posset generare ; ita etiam institutus est in statu perfecto quantum
ad animarn, ut statim posset alios instruere et gubernare.
Non potesi autem aliquis instruere., nisi habeat scientiam. Et ideo

• Queste considerazioni non sono certo favorevoli al trasformismo; esse anzi


lo contraddicono In pieno. E si noti bene che questa non è una riflessione occ;i-
slonale: si tratta di un motivo lnsiste-nte su cui S. Tommaso ritorna volentieri.
a Questa opinione è comune ai SS. Padri e ai teologi. Tuttavia cl fu qualche
isolato il quale ritenne che Adamo fosse stato creato in età infantile. Cosi pensa-
mno, p. es .. S. Teoftlo di Antiochia [t 185, circa], Procopio di Gaza [465-528), e
Nemesio di Emesa., aut.ore del De natura hominis tante volte citato in questo trat-
tato della Somma Teologica.
248 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, aa. 3-4

uomo fu così creato da Dio, da possedere la scienza di tutto quello


che l'uomo può naturalmente imparare. Vale a dire tutte le cono-
scenze racchiuse virtualmente nei primi principii per 5è noti, cioè
tutto quello che gli uomini possono conoscere naturalmente. - Ora,
per governare la propria vita e l'altrui si richiede non soltanto la
conoscenza delle verità naturali, ma anche di quelle che trascen-
dono l'ordine della natura, poichè la vita dell'uomo è ordinata ad
un fine soprannaturale ; come del resto il retto governo della nostra
vita suppone la conoscenza delle verità di fede. Perciò il primo
uomo ebbe nelle verità soprannaturali tanto lume, quanto se ne ri-
chiedeva per dirigere la sua vita in quello stato.
Non conobbe invece quelle verità, che trascendono le capacità
umane e non sono necessarie alla vita, quali sono i pensieri degli
uomini, i futuri contingenti e certi dati singolari, p. es., quanti
granelli di sabbia si trovino nel fiume, e cose del genere.
SoLlJZJONE DEI.LE DIFFICOLTÀ: 1. Il primo uomo ebbe la scienza di
tutte le cose, mediante le idee infuse da Dio. Tuttavia tale scienza
non era specificamente diversa dalla nostra, come gli occhi che
Cristo ridonò al cieco nato non erano specificamente diversi, da
quelli che la natura poteva produrre.
2. Adamo era il primo uomo, perciò gli spettavano delle perfe-
zioni non dovute ai suoi discendenti, come abbiamo spiegato s-opra.
3. Nella scienza delle cos·e naturali, Adamo avrebbe progredito
non oon l'acquisto di nuove nozioni, ma per un 11uovo modo di
conoscerle; poichè in seguito avrebbe conosciuto per esperienza
quanto già conosceva intellettualmente. ' Rispetto poi alle conoscenze
soprannaturali, ci sarebbe stato anche un aumento di nozioni, me-
diante rivelazioni successive ; così c 0me gli angeli progrediscono per
nuove illuminazioni. - Del resto il progresso nel merito non corri-
sponde a quello nella scienza; perchè un uomo- non è mai principio
del merito per un altro, mentre può esserlo della scienza.

ARTICOLO 4
Se l'uomo nello stato primitivo poteva essere ingannato. 2

SEMBRA che l'uomo nello stato primitivo potesse essere ingannato.


Infatti:
1. L'Apostolo insegna: u Fu la donna a lasciarsi ingannare, e però
cadde in trasgressi-0ne ».
2. Secondo il Maestro delle Sentenze, "la donna non si spaventò
alle parole del serpente, perchè pensò che avesse ricevuto da Dio
I' incarico di parlare». Ora, ciò era falso. Quindi la donna fu in-
gannata prima del peccato.
3. E: naturale che quanto più una cosa è lontana, tanto più pic-
cola si veda. Ma la natura dell'-0cchio non fu minorata dal peccato.

1 s. Tom!Tla!lQ riafferma wsl la dottrina comune del SS. Padri. - La fede però
non è affatto pregiudicata dalle prudenti riserve, che I continui sviluppi delle
scienze naturali sembrano consigliare. Il S€ntiment-O cMst.iano condanna soltanto
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 249
primus homo sic institutus est a Deo, ut haberet omnium scientiam
in cruibus homo natus est instrui. Et haec sunt omnia illa quae vi:r-
tualiter existunt in primis p1incipiis per se notis, quaecumque sci-
licet naturaliter homines cognoscere possunt. - Ad gubernationem
autem vitae propriae et aliorum, non solum requiritur cognitio eo-
rum quae naturaliter sciri possunt, sed etiam cognitio eorum quae
naturalem cognitionem excedunt; eo quod vita hominis ordinatur
ad quendam finem supernaturalern; ..sicut nobis, ad gubernationem
vitae nostrae, neces,sarium est .cognoscere quae fidei sunt. Unde et
de his supernaturalibus tantam cognitionem primus homo accepit,
quanta erat necessaria ad gubernationem vitae hurnanae secundum
statum illum.
Alia vero, quae nec naturali horninis studio cognosci possunt, nec
sunt necessaria ad gubernationem vitae humanae, primus homo non
cognovit; sicut sunt cogitationes hominum, futura contingentia, et
quaedarn singularia, puta quot lapilli iaceant in ftumine, et alia
huiu&modi.
AD PRIMUM ERGO DICENDFM quod primus homo habuit sdentiam
omnium per species a Dco infusas. Nec tamen scientia illa fuit alte-
rius rationis a scientia no-stra: sicut nec oculi quos caeco nato Chri-
stus ·dedit, fuerunt alterius rationis ab oculis quos natura produxit.
AD SECUNDUM DICENDUM quod Adarn debebat aliquid habere per-
fectionis, inquantum erat primus homo, quod ceteris hominibus non
competit; ut ex dictis [in corp.] patet.
AD TErtTIUM DICENDUM quod Adam in scientia naturaUum scibilium
non profecisset quantum ad numerum sdtorum, sed quantum ad
modum sciendi: quia quae sciebat intellectualiter, scivisset post-
modum per experimentum. Quantum vero ad gupernaturalia cognita,
profecisset etiam quantum ad numerum, per novas revelationes;
sicut et angeli proficiunt per novas illuminationcs. - Nec tamen est
simile de profcctu meriti, et scientiae: quia unus homo non est al-
teri principimn merendi, sicut est sciendi.

ARTICULUS 4
Utrum homo in primo statu decipi potuisset.
! Sent., d. 23, q. 9, a. 3; Dc Vcrit., q, 18, a. a.
li.D QTJARTUM SIC PROCEDITUR. Vidctur quod homo in primo statu
decipi potuisset. Dicit enim Apostolus, 1 ad Tim. 2, 14, quod "mu-
lier seducta in praevaricatione fuit "·
2. PRAETEREA, Magister dicit, 21 dist. 2 Sent., quod "ideo mulier
non horruit serpentem loquentem, quia ofiìcium loquendi eum acce-
pisse a Deo putavit "· Sed hoc falsum erat. Ergo r:rnlier decepta fuit
ante peccatum.
3. PH.\ETEREA, naturale est quod quanto aliquid remotius videtur,
tanto minus videtur. Sed natura oculi non est contracta per pec-
la pretesa dell'evoluzionismo, di far derivare la vita umana dalLa più cruda bar.
barie, non chi discute sui limiti iniziali del sapere.
• Al li. pp. citati dalla Leonina possia..'llo aggiungere: supra, q, 85, a. 6. Infat.tl
il dottrinale qui esposto serve a integrare quanto là si dice a proposito dell'errore
nell'intelligenza umana.
250 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 4

Perciò lo stesso fenomeno si verificava nello stato di innocenza.


E cosi l'uomo si sarebbe ingannato sulla grandezza degli oggetti
veduti, come accade ora.
4. S. Agostino 9crive che u nel sonno l'anima scambia le imma-
gini con le cose"· Ora, l'uomo nello stato di innocenza avrebbe
mangiato, e per conseguenza avrebbe dormito e sognato. Dunque si
sarebbe ingannato, scambiando le immagini con le cose.
5. Tl primo uomo avrebbe ignorato i pensieri degli altri uomini
e i futuri contingenti, come si è detto sopra. Perciò se uno avesse
detto il falso su tali cose, egli sarebbe stato ingannato.
IN CONTRARIO: S. Agostino insegna: u Prendere per vere le cose
false non proviene dalla natura del primo uomo appena creato, ma
dalla pena, conseguente alla condanna>>.
RISPONDO: Alcuni ritengono che col termine inganno si posaono
intendere due cose: una qualsiasi supposizione, in forza della quale
uno aderisce al falso, come fosse vero, senza l'assenso del credere ;
oppure questo fermo atto del credere. Perciò se ci riferiamo alle
cose conosciute da Adamo prima del peccato, l'uomo non avrebbe
potuto ingannarsi in nessuno dei due modi. Se invece ci riferiamo
alle cose da lui ignorate, prendendo in senso largo la parola in-
ganno, in quanto indica una qu.alsiasi supposizione che non include
l'assenso del credere, l'uomo avrebbe potuto ingannarsi. E cosl di-
cono, perchè ritenere il falso in tale materia non è nocivo all'uomo,
come non è colpevole negare un assenso inconsiderato.
Ma tale opinione è inconciliabile con l'integrità dello stato primi-
tivo; poichè in esso, come dice S. Agostino, cc perdurava un'asten-
sione tranquilla dal peccato, che impediva assolutamente qualsiasi
male n. Ora, è evidente che, come il vero è il bene dell'intelletto,
così il falS'O è il suo male, secondo l'espressione di Aristotele. Non
poteva quindi succedere che, perdurando l'innocenza, l'intelletto
dell'uomo aderisse a un errore quasi fosse cosa vera. Come infatti
nelle membra del primo uomo mancava. qualche perfezione, p. es.,
la tra.sluminosità, ma non per questo vi potevano essere dei di-
fetti; così al suo intelletto poteva mancare qualche cognizione, ma
senza l'accettazione del falso.
Ciò si deduce anche dalla rettitudine dello stato primitivo, in
forza della quale, finchè l'anima fosse rimasta ~nggetta a Dio, le
potenze inferiori dell'uomo sarebbero state sott ste alle potenze
superiori, e queste non sarebbero state ostacolate dalle prime. Ora,
dalle cose già spiegate risulta che l'intelletto è sempre ne.I vero,
quando si volge al suo oggetto proprio. Quindi di suo non si inganna
mai; gli capita invece di ingannarsi sempre a causa delle facoltà in-
feriori, come la fantasia e simili. Vediamo infatti che la facoltà na-
turale di giudizio non si lascia mai ingannare dalle immaginazioni
quando non è vincolata, ma solo quando è impedita, come avviene
nel sonno. E perciò evidente che la rettitudine dello stato primitivo
non ammetteva inganno alcuno ne!l' intelletto. 1
1 Tutte le debolezze della nostra sensibilità, ossia del nostro o·rganismo, sono
infatti una conseguenza del peccato. - l\la qui, a prima vista, pare che s. Tom-
ma,s.o sia in contraddizione con se stesso. "Non sembra vero, scrive Il Gaetano,
che l'intelletto sia ingannato sempre c!a qualche oosa di inferiore. Poichè I" Intel-
letto nel giudizio e nel raziocinio ha direttamente per oggetto il vero e il falso;
e in questi suoi atti non sempre è vero, come si disse [alla q. 17, a. 3; e all.a q. 85,
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 251
catum. Ergo hoc idem in statu innocentiae contigisset. Fuisset ergo
homo deceptus circa quantitatem rei visae, sicut et modo.
4. PRAETEREA, Augustinus dicit, 12 Super Gen. ad litt. [c. 2], quod
in somno adhaeret anima similitudini tanquam ipsi rei. Sed homo
in statu innocentiae comedisset, et per consequens dormivisset et
somniasset. Ergo deceptus tuisset, adhaerendo similitudinibus tan-
quam rebus.
5. PRAETEREA, primus homo nescivisset cogitationes hominum et
futura contingentia, ut dictum est [a. praec.]. Si igitur aliquis su-
per his sibi falsum diceret, deceptus fuisset.
SED CONTRA EST quod Augustinus dicit [3 De Lib. Arb., c. 18]: u Ap-
probare vera pro falsis, non est natura inst.ituti hominis, sed poena
damnati "·
REsPONDEO DICENDUM quod quidam dixerunt quod in nomine de-
ceptionis duo possunt intelligi: scilicet qualiscumque existimatio
levis, qua aliquis adhaeret fa1so tanquam vero, sine assensu credu-
litatis ; et iterum firma credulitas. Quantum ergo ad ea quorum
scientiam Adam habebat, neutro istorum modorum homo decipi po-
terat ante peccatum. Sed quantum ad ea quorum scientiam non
habebat, decipi poterat large accepta deceptione pro existimatione
qualicumque sine assensu credulitatis. Quod ideo dicunt, quia exi-
stimare falsum in talibus, non est noxium homini ; et ex quo temeTe
assensus non adhibetur, non est culpabile.
Sed haec positio non convenit integritati primi statu-s: quia, ut
Augustinus dicit 14 De Civit. Dei [c. 10], in ilio statu « erat devi-
tatio tranquilla peccati, qua manente, nullum malum omnino esse
poterat ». Manifestum est autem quod, sicut verum est bonum intel-
lectus, ita falsum est malum eius, ut dicitur in 6 Ethic. [c. 2]. Unde
non poterat esse quod, innocentia manente, intellectus hominis ali-
cui falso acquiesceret quasi vero. Sicut enim in membris corporis
primi h-0minis erat quidem carentia perfectioniS' alicuius, puta cla-
ritatis, non tamen aliquod malum inesse poternt; ita in intellectu
poterat esse carentia notitiae alicuius, nulla tamen poterat ibi esse
existimatio fal.si.
Quod eti3Jm ex ipsa rectitudine primi status apparet, secundum
quam, quandiu anima maneret Deo subdita, tandiu in homine in-
feriora superioribus subderentur, nec superiora per inferiora im-
pedirentur. Manifestum est autem ex praemissis [q. 17, a. 3; q. 85,
a. 6] quod intellectus circa proprium obiectum semper verus est.
Unde ex seipso nunquam decipitur: sed omnis deceptio accidit in
intellectu ex aliquo inferiori, puta phantasia ve! aliquo huiusmodi.
Unde videmus quod, quando naturale iudicatorium non est liga-
tum, non decipimur per huiusmodi apparitiones: sed solum quando
ligatur, ut patet in dormientibus. Unde manifestum est quod recti-
tudo primi status non compatiebatur aliquam deceptionem circa
intellectum.

a. 6]. Dunque talora I" intelletto è falso di suo, e non per colpa della fantasia o
di altre potenze del genere. - Rispondo brevemente che qui non ritengo parlarsi
della potenza intellettiva in moclo assoluto, ma in quanto ha la funzione specifica
dell'intellezione [cfr. q. 79, a. 8]. Ora, l" intelletto oome tale ha per oggetto una
quiddltà semplice, intorno alla quale è sempre vero. E poichè in ordine al pro-
prio oggetto è sempre vero, è logico che di suo sia sempre vero .... !Ifa essendo ess<J
vero di suo, e possedendo in proprio la chiave di ogni giudizio (poichè principio
252 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 4

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene la seduzione della donna


abbia preceduto l'azione esterna del peccato, tuttavia tenne dietro
al peccato interno di superbia. Dice infatti S. Agostino: «La donna
non avrebbe creduto alle parole del serpente, se nella sua anima
non avesse già sentito l'amore del proprio potere ed una certa pre-
sunzione orgogliosa di se stessa n.
2. La donna pensò che il serpente compisse questo ufficio di par-
lare, non per natura, ma per un intervento soprannaturale. - Si
noti però che non è necessario accettare l'autorità del Maestro delle
Sentenze su tale argomento.
3. Anche se ai sensi o alla fantasia del primo uomo una cosa
fosse stata presentata in maniera diversa dalla sua realtà, non sa-
rebbe stato tratto in errore; perchè egli poteva con la ragione giu-
dicare secondo verità.
4. L'uomo non è responsalbile di quello che avviene nel sonno,
poichè non ha allora l'uso della ragione, che è l'atto specifico del-
l'uomo.
5. Se uno avesse detto il falso sui futuri contingenti o sui segreti
del cuore all'uomo nello stato di innocenza, questi non gli avrebbe
creduto sulla parola, ma avrebbe pensato che la cosa era possibile ;
e questo non significa accettare la falsità.
Oppure si può pensare che egli sarebbe stato soccorso da Dio, per
non sbagliare su cose che non cono-sceva. - Nè vale replicare, come
fanno alcuni, che nella tentazione non ebbe siffatto aiuto per evitare
l'errore, sebbene ne avesse proprio allora il massimo bisngno. In-
fatti in questo caso il peccato era già compiuto nel suo spirito, ed
egli non aveva fatto ricorso all'aiuto divino.

~I ogni affermazione e termine di ogni raziocinio è la quiddità). è n~rio che


J.< eventuale falsità derivi da altre e-0se. Ebbene, ogni altra e-0sa. e cioè le ooora-
zioni del giudizio e del raziocinio. la fa.ntasia, ecc., oono sempre dei ùaH inferiori.
l'erciò ogni inganno dipende da <:ualche e-0sa di inte.riore" (CAIET.ews, in h. a.,
un. III, IV).
La spiegazione dcl Gaetano è innegabilmente sottile e ingetlnosa; pensiamo
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 253

AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod illa seductio mulitfils, etsi prae-


cesserit peccatum operis, subsecuta tamen est peccatum intemae
elationis. Dicit enim Augustinus, 11 Super Gen. ad litt. [c. 30], quod
cc mulier verbis serpentis non crederet, nisi iam inesset menti eius
amor propriae potestatis, et quaedam de se superba praesumptiou.
AD SECUNDUM DICENDUM quod mulier putavit serpentem hoc acce-
pisse loquendi offìcium, non per naturam, sed aliqua supernatu-
rali ope•ratione. - Quamvis non sit necessarium auctoritatem Magi-
stri Sententiarum sequi in hac parte.
AD TERTIUM DICENDUM quod, si aliquid repraesentatum fuisset S'en-
sui vel phantasiae primi hominis aliter quam sit in rerum natura,
non tamen deciperetur: quia per rationem veritatem diiudicaret.
AD QUARTUM DicENDUM quod id quod accidit in somno, non impu-
ta tur homini: quia non habet usum rationis, qui est proprius ho-
mini.s actus.
AD QUINTUM DICENDUM quod alicui dicenti falsum de contingent.i-
bus futuris vel cogitationibus coroium, homo in statu innocentiae
non credidisset ita esse, sed credidisset quod hoc esset possibile: et
hoc non esset existimare falsum.
Vel potest dici quod divinitus ei subventum fuisset, ne dedpere-
tur in bis quorum scientiam non habebat. - Nec est instantia, quam
quidam afferunt, quod in tentatione non fuit ei subventum ne deci-
peretur, licet tunc maxime indigeret. Quia iam praecesserat pecca-
tum in animo, et ad divinum auxilium recursum non ha:buit.

però che sia più conforme al pensiero di S. Tommaso una spiegazione molto più
semplice. Blso~na partire dal fatto che l'Intelletto umano ha come suo oggetto
proprio la quidclità delle cose sensibili, vista però nei fantasmi (cfr. q, 8.\, a. 7).
Quando ! fantasmi non presentassero all'intelligenza una rappresentazione svisata
delle cose, per le cattive disposizioni del soggetto, la cognizione riflessa che si
esplica nel giudizio e nel raziocinio non pot.rebbe mai condurre lontano dalla ve-
rità. Era quef,t.a la felice condizione dei nostri progenitori. - Giustamente perciò
il P. Roland-Go0>elin ha insistito su quella percezione soggettiva complessa, che
egli r.hi::una "collatio ''. per impostare la teoria dell'errore in S. Tommaso (cfr.
op. cit., pp. 261 ss.).
QUESTIONE 95
Cose concernenti la volontà del primo uomo,
cioè la grazia e I' innocenza. 1

Dobbiamo ora interessarci di ciò che riguarda la volontà del primo


uomo. In proposito si presentano due argomenti: primo, la grazia
e l'innocenza del primo uomo; secondo, l'esercizio dell'innocenza
rispetto al dominio sugli altri esseri.
Sul primo argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se il primo
uomo sia ·stato creato in grazia; 2. Se nello stato di innocenza avesse
le passioni dell'anima; 3. Se era dotato di tutte le virtù; 4. Se le
sue azioni possedevano uguale efficacia di meritare, come le nostre.

ARTICOLO 1
Se il primo uomo sia stato creato in grazia. 2

SEMBRA che il primo uomo non sia stato creato in grazia. Infatti:
1. L'Apostolo così distingue Adamo da Cristo: « Il primo Adamo
fu fatto anima vivente; l'ultimo è spirito vivificante"· Ora, lo spi-
rito diviene vivificante mediante la grazia. Dunque soltanto Cristo
ebbe il privilegio di essere creato in grazia.
2. S. Agostino scrive che cc Adamo non possedeva lo Spirito Santo».
Ora, chi ha la grazia possiede lo Spirito Santo. Perciò Adamo non
fu creato in grazia.
3. Altrove S. Agostino fa osservare che «Dio volle disporre la vita
degli Angeli e degli uomini in maniera da mostrare prima quello che
in essi poteva il libero arbitrio, e in seguito quello che poteva il be-
neficio della sua grazia, e il giudizio della sua giustizia». Quindi
egli dapprima creò l'uomo e l'angelo nella sola naturale libertà di
arbitrio, e in seguito c·onferì loro la grazia.
4. Il Maestro delle Sentenze afferma che «nella creazione fu dato
all'uomo un aiuto sufficiente per non cadere, ma non per progre-
dire"· Ora, chiunque ha la grazia, può progredire mediante il me-
rito. Perciò il p·rimo uomo non fu creato in grazia.
5. Perchè si possa ricevere la grazia, è necessario il consenso da
parte di chi la riceve: poichè allora si compie una specie di matri-
monio spirituale tra Dio e l'anima. Ma il consenso alla grazia sup-
pone che uno già esista. Dunque il primo uomo non fu creato in
grazia.

1 Per dare alla questione un titolo moderno, si dovrebbe tradurre cosi: •Il
primo uomo In rapporto alla vita morale"·
• Problema in tutto analogo a quello già incontrato nel trattato degli angeli,
q. 62, a. 3 (vedi vol. III, pp. 356-360). Analoga è anche la soluzione; ma le ragioni
QUAESTIO 95
De his quae attinent ad voluntatern primi horninis,
gratia scilicet et iustitia
tn quatuur arttculos dtvtsa.

Deinde considerandum est de his quae pertinent ad voluntatem


primi hominis. Et circa hoc consideranda sunt duo: primo quidem,
de gratia et iustitia p•rirni hominis ; secundo, de usu iustitiae quan-
tum ad dorniniurn super alia [q. 96).
Circa prirnurn quaeruntur quatuor. Primo: utrum primus homo
creatus fuerit in gratia. Secundo: utrurn in statu innocentiae ha-
buerit anirnae passiones. Tertio: utrum habuit virtutes omnes.
Quarto: utrum ope;ra eius fuissent aeque efficacia ad merendum,
sicut modo sunt.

ARTICULUS 1
Utrom primus homo fuerit creatus in gratia.
1 Sent., d. 20, q. 2, a. 3; d. 29, a. 2: De Malo, q. 4, a. 2, ad 22.

AD PRlMUM SIC PROCÉDITUR. Videtur quod primus homo non fuerit


creatus in gratia. Apostolus enim, I Cor. 15, 45, distinguens Adam
a Christo. dicit: "Factus est primus Adam in animarn viventem ;
novissimus autem in spiriturn vivificantem "· Sed vivificatio spiri-
tus est per gratiam. Ergo hoc est proprium Christi, quod fuerit
factus in gratia.
2. PRAETEREA, Augustinus dicit., in libro De Quaestionibus Veteris
et No,,;i Testamenti [q. 123], quod "Adam non habuit Spiritum San-
ctum n. Sed quicumque habet gratiam, habet Spiritum Sanctum.
Ergo Adam non fuit creatus in gratia.
3. PRAETEREA, Augustinus dicit, in libro De Correptione et Gratia
[c. 10], quod « Deus sic ordinavit angelorum et hominum vitam, ut
prim; in eis ostenderet quid posset eorum liberum arbitrium, deinde
quid posset suae gratiae beneficium, iustitiaeque iuclicium n. Primo
ergo condidit hominem et angelum in sola naturali arbitrii liber-
tate, et postmodum eis gratiam contulit.
4. PRAETEREA, Magister dicit, in 24 distinctione libri 2 Sent., quod
"homini in creatione datum est auxilium per quod stare poterat, sed
non poterat pro:flcere n. Quicumque autem habet gratiam, potest
proficere per meritum. Ergo primus homo non fuit creatus in gratia.
5. PRAETEREA, ad hoc quod aliquis accipiat gratiam, requiritur
consensus ex parte recipientis: cum per hoc perficiatur matrimo-
nium quoddam spirituale inter Deum et animam. Sed consensus in
gratiam esse non potest nisi prius existentis. Ergo homo non acce-
pit gratiam in primo instanti suae creationis.

portate sono ben diverse. Cosicchè l'argomento tn contrario, che fa appello alla
semplice analogia, non sembra che persuadesse molto S. Tommaso.
256 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, a. 1

6. E più distante la natura dalla grazia, che la grazia dalla glo-


ria, la quale non è altro che un coronamento della grazia. Ora, nel
l'uomo la grazia ho. preceduto la gloria. A maggior ragione, dunque,
la no.tura dovette precedere la grazia.
IN CONTRARIO: L'uomo e l'angelo si trovano nelle medesime condi-
zioni in rapporto alla grazia. Ma l'angelo fu creato in grazia; poi-
chl', al dire di S. Agostino, "Dio simultanea.mente produceva in essi
la natura ed elargiva la grazia"· Pe-r conseguenza anche l'uomo
fu creato in grazia.
RISPONDO: Alcuni ritengono che il primo uomo, pur non essendo
stato creato in grazia, ne ebbe il conferimento prima del peccato. 1
Invece, nume.rosi testi di Santi [Dottori] attribuiscono la grazia al-
l'uomo neUo stato di innocenza. 2 Anzi, come altri pensano, • I' in-
tegrità stessa di quello stato primitivo, nel quale Dio aveva c·reato
l'uomo, conforme al detto della Scrittura: cc Dio fece l'uomo retto n,
esigeva che questi fosse creato in grazia. Questa integrità infatti
consisteva nolla subordinazione della ragione a Dio, delle facoltà
inferiori alla ragione, e del corpo all'anima. La prima di queste
subordinazioni era causa della seconda e della terza; fino a che, in-
fatti, la ragione fos5e rima.sta subordinata a Dio, anche le facoltà
inferiori sarebbero rimaste sottoposte ad esS'a., come fa osservare
S. Agostino. Ora, è evidente che la subordinazione del corpo al-
l'anima e delle facoltà inferiori alla ragione non era dovuta alla
natura; altrimenti sarebbe rimasta anche dopo il peccato, poichè
le doti naturali sono rimaste anche net demoni dopo il peccato, come
afferma Dionigi. :E: chiaro quindi che anche la prima subordinazione,
cioè la subordinazione della ragione a Dio, non dipendeva esclusi-
vamente dalla natura, ma dal dono soprannaturale della grazia.
Infatti è impossibile che l'effetto sia superiore alla causa. Perciò
S. Agostino scrive che, «appena compiuta la trasgressione del pre-
cetto, venuta loro a mancare la grazia, si vergognarono della nudità
del loro corpo; sentirono infatti il moto della loro carne disobbe-
diente, quale castigo proporzionato alla loro disobbedienza n. Da
ciò si comprende che, se l'obbedienza della carne allo spirito venne
a mancare con la sottrazione della grazia, le facoltà inferiori erano
soggette in forza della grazia presente nell'anima.
SOLt:ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'Apostolo usa quell'espressione per
indicare che a un corpo spirituale è contrapposto un corpo animale ;
infatti la vita spirituale del corpo ha avuto inizio in Cristo, il quale
è "il primogenito di tra i morti'" come la vita del corpo animale
ebbe inizio con Adamo. Perciò dalle parole dell'Apostolo non si può
dedurre che Adamo non sia stato spirituale quanto all'anima, ma
che non fu spi'rituale quanto al corpo.
2. Come dice S. Agostino nello stesso libro, non si nega che Io Spi-
rito Santo sia -stato presente in qualche modo in Adamo, come negli
altri giusti; ma "non era in lui, come ora è nei fedeli>>, i quali
sono ammessi al possesso dell'eredità eterna subito dopo la morte.
3. Da quel passo di S. Agostino non si deve concludere che l'an-
gelo e l'uomo siano stati creati nella [sola] naturale libertà di arbi-
1 Era l'opinione di non pochi teologi contemporanei dell'Autore: Guglidmo
d'Auxerre, Alessandro di Hales, S. Bonaventura, ecc. (Cfr_ liORS ,J_ B., La Justice
primtttve et le péché origtnel d'après S. Tlwmas, Le Saulchoir, Kain, 1922, p. 61).
LA GRAZIA E L' INNOCENZA

6. PRAETEREA, natura plus distat a gratia quam gratia a gloria,


quae nihil est aliud quam gratia consummata. Sed in homine gra-
tia praecessit gloriam. Ergo multo magis natura praecessit gra-
tiam.
SED CONTRA, hom-0 et angelus aequaliter ordinantur ad gratiam.
Sed angelus est creat.us in grati a: dicit enim Augustinus, 12 De Civ.
Dei [c. 9), quod cc Deus simul erat in eis condens naturam et largiens
gratiam >>. Ergo et homo creatus fuit in gratia.
RESPONDEO DICENDUM quod quidam dicunt quod primus homo non
fuit quidem creatus in gratia, sed tamen postmodum gratia fuit sibi
collata antequam peccasset: plurimae enim Sanctorum auctorita-
tes attestantur hominem in statu innocentiae gratiam habuisse. -
Sed quod etiam fuerit conditus in gratia, ut alii dicunt, videtur re-
quirere ipsa rectitudo primi status, in qua. Deus hominem fecit, se-
cundum illud Eccle. 7, 30: e< Deus fe.cit hominem rectum )), Erat
enim haec rectitudo secundum hoc, quod ratio subdebatur Doo, ra-
tioni vero inferiores vires, et animae corpus. Prima autem subiectio
erat causa et secundae et tertiae: quandiu enim ratio manebat Deo
subiecta, inferiora ei subdebantur, ut Augustirms dic.it [13 De Civ.
Dei, c. 13). Manifestum est autem quod illa sub1ectio corporis ad ani-
marn, et inferiorum viriurn ad rationem, non erat naturalis: alioquin
post p·eccatum mansisset, crnn etiam in daemonibus data naturalia
post peccatum permanseirint, ut Di(}nysius dicit cap. 4 De Div. Nom.
[lect. 19ì. Unde manifestum est quod et illa prima subiectio, qua ratio
Deo subdebatur, non era solum secundum naturam, sed secundum
supernaturale donum graUae: non enim potest esse quod effectuis sit
potior quam causa. Unde Augustinus dicit, 13 De Civ. Dei [e. 13] quod
« posteaquam praecepti facta transgre.ssio est, confestim, gratia de-
serente divina, de eorporum suorum nudi tate confusi sunt: sense-
runt enim motum inobedientis carnis suae, tanquam reciprocam
poenam inobedientiae suae "· Ex quo datur intelligi, si deserente
gratia soluta est obedientia carnis ad animam, quod per gratiam
in anima existentem inferiora ei subdebantur.
AD PRIMUM ERGO DICENDFl\f quod Apostolus illa verba inducit ad
ostendum esse corpus spirituale, si est corpus animale: quia vita
spiritualis corporis incoepit in Christo, qui est cc primogenitus ex
rnortuis » [Col. 1, 18], sicut vita corporis animalis incoepit in Adam.
Non ergio ex verbis Apostoli habetur quod Adam non fuit spiritua-
lis secundum animam; sed quod non fuit spiritualis secundum
corpus.
AD SECUNDUM DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit in eodem loco,
non negatur quin aliquo modo fuerit in Adam Spiritus Sanctus,
sicut et in aliis iustis: sed quod cc non sic fuerit in eo, sicut mmc
est in fidelibus >>, qui admittuntur ad perceptionem haereditatis
aeternae statim post mortem.
An TERTIUM DICENDUM quod ex illa auctoritate Augustini non habe-
tur quod angelus ve! h-0mo prius fuerit creatus in naturali libertate
2 Nel tradurre questo periodo abbiamo sE>~uìto non il testo dell' Ed. Leonina, ma
quei!o clella Piana, di cui abbiamo adot.tato anche la rrnnt.eggiatura. Intatti per
I~ logica del discorso è preferibile IeggeI'e: " Plurima.e autem .... '" piuttosto che:
•• plurimae enim .... ».
3 Prima di essere propugnata e incposfa da S. Tommaso, questa sentenza era
stata validamente difesa dal Pre])-OSitino e da S. Alberto !\lagno.
258 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, aa. 1-2

trio, prima di ricevere la grazia; ma che Dio volle mostrare queilo


che poteva in essi il libero arbitrio prima di essere confermati in
grazia, e ciò che in seguito loro apportò la grazia confermante.
4. Il Maestro [delle Sentenze] parla secondo l'opinione di coloro, i
quali ammettevano che l'uomo non fu creato in grazia, ma solo
nello stato di natura. - Si potrebbe anche dire che, S€bbene l'uomo
sia stato creato in grazia, tuttavia la capacità di merito non gli de-
rivò dalla creazione della sua natura, ma dal sopraggiungere della
grazia.
5. Siccome il moto della volontà è istantaneo, niente impedisce
che il primo uomo abbia consentito alla grazia anche nel primo
istante della -sua creazione.
6. Noi meritiamo la gloria operando nello stato di grazia, mentre
non poS'Siamo meritare la grazia con un atto di ordine naturale.
Perciò l'argomento non regge.

ARTICOLO 2
Se nel primo uomo vi erano le passioni 1 dell'anima.

SEMBRA che nel primo uomo non vi fossero le passioni dell'anima.


Infatti:
1. Avviene proprio per le passioni dell'anima, che "la carne ha
desideri contrari allo spirito"· Ma questo non avveniva nello stato
di iunocenza. Perciò in tale stato non vi erano le passioni del-
l'anima.
2. L'anima in Adamo era più nobile del corpo. Eppure il corpo
di lui era impassibile. Anche l'anima, dunque, era priva di passioni.
3. Le passioni dell'anima sono represse dalle virtù morali. Ora,
in Adamo vi erano le virtù morali in grado perfett-0. Quindi le pas-
sioni erano in lui totalmente soppresse.
IN CONTRARIO: S. Agostino afferma che esisteva in essi [nei proge-
nitori] "un amore imperturbabile verso Dio, e alcune altre passioni
dell'anima.
RISPONDO: Le passioni dell'anima risiedono nell'appetito sensitivo,
avente per oggetto il bene e il male. Difatti alcune passioni del-
l'anima riguardano il bene, come l'amore e la gioia.; altre il male,
come il timore e il dolore. E siccome in quello stato primitivo non
c'era nessun male presente o incombente, e non mancava nessun
bene che allora potesse essere desiderato da una volontà retta,
come spiega S. Agostino, ne segue che Adamo non aveva le pas-
sioni riguardanti il male, quali il timore, il dolore e simili ; così
pure egli mancava di quelle passioni che riguardano il bene ancora
assente, ma prossimo a conseguirsi, p. es., la bramosia ardente. 2 In-
vece nello stato di innocenza non mancavano le passioni compati-
bili col bene già presente, come la gioia e l'amore; e neppure quelle
che riguardano un bene futuro da conseguirsi a suo tempo-, quali

' Sui vari significati di questo termine vedi Dtz Tom.


• Il Card. Gaetano spiega: " Se fossero captiate delle cose sensibilmente sgra-
LA GRAZIA E L'INNOCENZA 259

arbitrii, quam habuisset gratiam: sed quod prius ostendit quid in


eis posset liberum arbitrium ante confirmationem, et quid postmo-
dum consecuti sunt per auxilium gratiae confìrmantis.
AD QUARTUM DICENDUM quod Magister loquitur secundum opinio-
nem illorum qui posuerunt hominem non esse creatum in gratia,
sed in naturalibus tantum. - Vel potest dici quod, etsi homo fuerit
oreatus in gratia, non tamen habuit ex creatione naturae quod pos-
set proficere per meritum, sed ex superadditione gratiae.
AD QUINTUM DICENDUM quod, cum motus voluntatis non sit conti-
nuus, nihil prohibet etiam in primo instanti suae creationis primum
hominem gratiae consensisse.
Ao SEXTUM DICENDUM quod gloria.m meremur per actum gratiae,
non autem gratiam per actum naturae. Unde non est similis ratio.

ARTICULUS 2
Utrum in primo homine fuerint animae passiones.
a. seq., ad 2; De Vertt., q. 26, a. 8.
AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod in primo homine non
fuerint animae passiones. Secundum enim passiones animae contin-
git quod "caro concupiscit adversus spiritum » [Gal. 5, 17]. Sed hoc
non erat in statu innocentiae. Ergo in statu innocentiae non erant
anirnae passiones.
2. PRAETEREA, anima Adae erat nobilior quam corpus. Sed corpus
Adae fuit impassibile. Ergo nec in anima eius fuerunt passiones.
3. PRAETEREA, per virtutem moralem comprimuntur animae pas-
siones. Sed in Adam fuit virtus moralis perfecta. Ergo totaliter pas-
siones excludebantur ab eo.
SF.D CONTRA EST qu-0d dicit Augustinus, 14 De Civ. Dei [c. 10], qu-0d
erat in eis "amor imperturbatus in Deum >>, et quaedam aliae ani-
mae pnssiones.
REsPONDEO DICEI\DUM quod passiones animae sunt in appetitu sen-
suali, cuius obiectum est bonurn et malum. Unde omnium passio-
num animae quaedam ordinantur ad bonum, ut amor et gaudium ;
quaedam ad malum, ut timor et dolor. Et quia in primo statu nul-
lum malum aderat nec imminebat; nec aliquod bonum aberat, quod
cuperet bona voluntas pro tempore illo habendum, ut patet p.er Au-
gustinum 14 De Civ. Dei [loco cit.]: omnes illae· passiones quae re-
spiciunt malum, in Adam non erant, ut timor et dolor et huiusmodi;
similiter nec illae passiones quae respiciunt bonum non habitum et
nunc habendum, ut cupiditas aestuans. Illae vero pa-ssi-0nes quae
possunt esse boni pra~sentis, ut gaudium et amor; vel quae sunt
futuri boni ut suo tempore habendi, ut desiderium et spes non affii-

devoli o eccessive, l'attenzione dei sensi non si sarebbe fissata su di esse; e quindi
non ne sarebbe derivato nessun dispiacere. Infatti quello stato avrebbe avuto
l'immunità d'ai dispiaceri, dal dolore, e dalla paura: co&iccllè, se fossero capi-
tate delle cose paurose, non si sarebbero spaventati, e non si sarebbero rattri&tati
all'apparire di eventi doloro&i .. {in h. a.).
260 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, aa. 2-3

sono il desiderio e la speranza che non affliggono. La cosa però av-


veniva in modo diverso che al presente. In noi infatti l'appetito sen-
sitivo, nel quale risiedono le passioni, non è totalmente sottoposto
alla ragione ; cosicchè le nostre passi(mi talora prevengono e osta-
colano il giudizio della ragione, mentre altre volte lo seguono, per-
chè l'appetito sensitivo obbedisce ancora in qualche modo alla ra-
gione. Ma nello stato di innocenza l'appetito inferiore era totalmente
sottoposto alla ragione ; cosicchè allora vi erano soltanto le pas-
sioni, che tengono dietro al giudizio della ragione.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La carne ha desideri contrari allo
spirito, per il fatto che [ora] le passioni si oppongono alla ragione;
ma ciò non avveniva nello stato di innocenza.
2. Nello stato di innocenza il corpo umano era impassibile rispetto
a quelle passioni, che tendono a eliminare le disposizioni naturali,
come vedremo. Analogamente l'anima era impassibile rispetto a
quelle passioni, che sono di ostacolo alla ragione.
3. La perfetta virtù morale non elimina del tutto le passioni, ma
le tiene in ordine. Dice infatti Aristotele, che « è proprio dell'uomo
temperante desiderare come si conviene e ciò che si conviene"·

ARTICOLO 3
Se Adamo fosse dotato di tutte le virtù.

SEMBRA che Adamo non fosse dotato di tutte le virtù. Infatti:


1. Ci sono delle virtù che sono ordinate a frenare la smoderatezza
delle passioni ; così la temperanza frena la concupiscenza smodata,
la fortezza frena lo smodato timore. Ora, nello stato di innocenza
non esisteva smoderatezza di passioni. Perciò non esistevano nep-
pure le suddette virtù.
2. Ci sono delle virtù che riguardano Je passioni aventi per og-
getto il male; così la mansuetudine riguarda l'ira, e la fortezza il
timore. Ma tali passioni mancavano nello stato di innocenza, come
si è visto. Dunque mancavano anche le virtù corrispondenti.
3. La penitenza è una virtù che riguarda un peccato commesso
in precedenza. E anche la misericordia è una virtù avente per og-
getto la miseria. Ora, nello stato di innocenza non c'era nè peccato
nè miseria. Quindi non c'erano neppure tali virtù.
4. La perseveranza è una virtù. Essa però mancava ad Adamo,
come lo dimostrò il suo peccato. Dunque egli non possedeva tutte
le virtù.
5. Anche la fede è una virtù. Ma essa pure mancava nello stato
di innocenza; poichè la fede implica una conoscenza oscura, che
sembra inconciliabile con la perfezione dello stato primitivo.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino: " Il principe dei vizi sconfisse
Adamo, formato dal fango della terra ad immagine di Dio, armato
di pudicizia, regolato per la temperanza, splendente di nobiltà"·
RISPONDO: L'uomo nello stato di innocenza aveva in qualche modo
tutte le virtù. La cosa si può dedurre da quanto abbiamo detto.
Infatti abbiamo visto sopra che la perfezione dello stato primitivo
LA GRAZIA EL' INNOCENZA 261

gens; fuerunt in sta tu innocentiae. Aliter tamen quam in nobis.


Nam in nobis appetitus sensualis, in quo sunt passiones, non tota-
Iiter subest rationi: unde passiones qu.andoque sunt in nobis prae-
"·enientes iudicium rationis, et impedientes; quandoque vero ex iudi-
cio rationis consequentes, prout sensualis appetitus aliqualiter ra-
tioni obedit. In statu vero innocentiae inferior appetitus erat rationi
iotaliter subiectus: unde non erant in eo passiones animae, nisi ex
rationis iudicio consequentes.
Ao PRI!lrnM ERGO DICENDUM quod caro concupiscit adversus spiri-
tum, per hoc quod passiones rationi repugnant: quod in statu in-
nocentiae non erat.
Ao SECUNDUM DICENDlJM quod corpus humanum in statu innocen-
tiae erat impassibile quantum ad passiones quae removent disposi-
tionern naturalem, ut infra [q. 97, a. 2] dicetur. Et similiter anima
fuit impassibilis quantum ad passiones quae impediunt rationem.
AD TERTIUM DICENDUM quod perfecta virtus moralis non totaliter
tollit passiones, sed ordinat eas: «temperati enim est concupiscere
sicut oportet, et quae oportet n, ut dicitur in 3 Ethic. [c. 12, lect. 22].

ARTICULUS 3
Utrum Adam habuerit omnes virtutes.
f Seni., d. 29, a. 3.
AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Adam non habuerit om-
nes virtutes. Quaedam enim virtutes ordinantur ad refraenandam
immoderantiarn passionum ; sicut per temperantiam refraenatur im-
morlerata concupiscentia, et per fortitudinem immoderatus timor.
Sed immoderantia passionum non erat in statu innocentiae. Ergo
nec dictae virtutes.
2. PRAETEREA, quaedam virtutes sunt circa passiones respicientes
malum ; ut mansuetudo circa iras, et fortitudo circa t.imores. Sed
tales passioneS' non erant. in statu innocentiae, ut dictum est [a.
praec.]. Ergo nec huiusmodi virtutes.
3. PRAETEREA, poenitentia est quaedam virtus respiciens peccatum
prius commissum. Misericordia etiarn est quaedam virtus respiciens
miseriam. Sed in statu innocentiae non erat peccatum nec miseria.
Ergo neque huiusmodi virtutes.
4. PRAETEREA, perseverantia est quaedam virtus. Seù hanc Adarn
non habuit ; ut sequens peccatum ostendit. Ergo non habuit omnes
virtutes.
5. PRAETEREA, fides quaedam virtus est. Sed haec in statu innocen-
tiae non fuit: importat enim aenigmaticam cognitionem, quae per-
fectioni primi status repugnare videtur.
SED CONTRA EST quod Augustinus. dicit, in quadam Homilia [Serm.
contra Iudaeos, Paganos et Arianos, c. 2]: « Princeps vitiorum de-
vicit Adam de limo terrae ad imaginem Dei factum, p.udicitia arma-
tum, temperantia compositum, claritate splendidum >>.
REsPONDEO DICENDUM: quod homo in statu innocentiae aliqualiter
habuit omnes virtutes. Et hoc ex dictis potest esse manifestum. Di-

17 - VI
262 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, a. 3

era tale, da implicare la subordinazione della ragione a Dio, e delle


potenze inferiori alla ragione. Ora, le virtù non sono altro che per-
fezioni, le quali ordinano la ragione a Dio, e dispongono le potenze
inferiori secondo la regola della ragione, come vedremo meglio
quando tratteremo delle virtù.' Perciò la perfezione dello stato pri-
mitivo esigeva che l'uomo possedesse in qualche modo tutte le virtù.
Dobbiamo tuttavia osservare che tra le virtù ve ne sono alcune,
che nel loro concetto non includono nessuna imperfezi<me, come la
carità e la giustizia. Tali virtù esistevano pienamente nello stato
di innocenza, sia come abiti che come atti. - Altre invece implicano
nel loro concetto un'imperfezione, o nell'atto, o nella materia. Qua-
lora tale loro imperfezione non ripugni alla perfezione dello stato
primitivo; esse potevano coesistervi; cosi la fede, avente per ogg~tto
le cose non viste, e la speranza, che è di cose non possedute. In-
fatti la perfezione dello stato primitivo non si estendeva fino a dare
la visione di Dio per essenza, e il possesso di Dio col godimento del-
1'ultima beatitudine; perciò in tale stato la fede e la speranza pote-
vano trovarsi, sia come abiti, che come atti. - Se inve.ce l' imperfe-
zione implicita nel concetto di una data virtù ripugna alla perfe-
zione dello stato primitivo, tale virtù poteva esservi come abito, n~n
come atto: la cosa è evidente per la penitenza, che è il dolore per
un peccato commesso, e per la misericordia, che è un dolore per
l'altrui miseria; poichè sia il dolore, che la c.olpa e la miseria, con-
trastano con la perfezione dello stato primitivo. Perciò tali virtù si
trovavano nel primo uomo come abito, non carne atto, essendo egli
disposto in modo tale che, se ci fosse stato un peccato in prece-
denza, se ne sarebbe addolorato ; e se avesse veduto una miseria in
altri, l'avrebbe soccorsa per quanto era in lui In tal senso il Filo-
sofo dice che "la verecondia'" la quale riguarda azioni turpi, «si
trova nell'uomo virtuoso solo sotto condizione; essendo egli così
ben disposto, che si vergognerebbe, se commettesse qualche cosa di
turpe"·
SOLUZIONE DEI.LE DIFFICOLTÀ: 1. Non è essenziale per la temperanza
e per Ja fortezza tenere a freno gli eccessi delle passioni, ma ciò si
deve al fatto che nel soggetto in cui sono si trovano tali eccessi. Ma
l'essenziale di queste virtù è di regolare le passioni. 2
2. Passioni, come il timore e il dolore, che hanno per oggetto il
male del soggetto medesimo in cui si trovano, sono incompatibili con
la perfezi,one dello stato primitivo. Le passioni invece che riguar-
dano il male di altri, non presentano tale incompatibilità; infatti
l'uomo nello stato primitivo poteva odiare la malizia dei demoni,
come poteva amare la bontà di Dio. Di conseguenza le virtù mode-
ratrici di tali passioni potevano trovarsi [nell'uomo] nello stato pri-
mitivo, sia come abiti che come atti. - Le altre virtù invece, che
moderano le passioni riguardanti il male del soggetto [in cui si tro-
vano], qualora non abbiano altro oggetto che queste passioni, non
potevano trovarsi nello stato primitivo in forma di atti, ma sol-
tanto di abit.i, come si è detto della penitenza e della misericordia.
Vi sono però delle virtù, l!l quali hanno per oggetto non soltanto

' S. Tommaso si r!serva di dedicare alle virtt'l, direttamente o indirettamente,


la parte più \•oluminosa della So:mma, suddivisa in Prima pars Secunttae partis
(I-li), e Sectmda pars Secundae partis (li-II). In tutto 1536 articoli.
LA GRAZIA E L' INNOCENZA 263

ctum est enim supra [a. 1] quod talis erat rectitudo primi status,
quod ratio erat Deo subiecta, inferiores autem vires rationi. Virtu-
tes autem nihil aliud sunt quam perfectiones quaedam, quibus ratio
ordinatur in Deum, et inferiores vires disponuntur secundum regu-
lam rationis; ut magis patebit cum de virtutibus agetur. Unde re-
ctitudo primi status exigebat ut homo aliqualiter omnes virtutes
haberet.
Sed considerandum est quod virtutum quaedam sunt, quae de sui
ra1.ione nullam imperfectionem important, ut caritas et iustitia. Et
huiusmodi virtutes fuerunt in statu innocentiae simp!iciter, et quan-
tum ad habitum et quantum ad actum. - Quaedam vero sunt, quae
de sui ratione imperfectionem important, vel ex parte actus vel ex
parte materiae. Et si huiusmodi imperfectio non repugnat perfe-
ctioni primi status, nihilominus huiusmodi virtutes poterant esse in
primo statu ; sicut fides, quae est eorum quae non videntur, et spes,
quae est eorum quae non habentur. Perfecti-0 enim primi status non
se extendebat ad hoc, ut videret Deum per essentiam, et ut haberet
eum cum fruitione finalìs beatitudinis: unde fides et spes esse pote-
rant in primo statu, et quantum ad habitum et quantum ad actum.
- Si vero imperfectio qu.ae est de ratione virtutis alicuius, repugnat
perfectioni primi status, poterat huiusmodi virtus ibi esse secundum
habitum, sed non secundum actum: ut patet de poenitentia, quae
est dolor de peccato commisso, et de misericordia, quae est dolor de
miseria aliena; perfectioni enim primi status repugnat tam dolor,
quam culpa et miseria. Unde huiusmodi virtutes erant in primo ho-
mine secundum habitum, sed non secundum actum: erat enim pri-
mus homo sic dispositus, ut si peccatum praecessisset, doleret; et
similiter si miseriam in alio videret, eam pro posse repelleret. Sicut
Philosophus dicit, in 4 Ethic. [c. 9, lect. 17], quod « verecundia n,
quae est de turpi facto, "contingit studioso solum sub conditione:
est enim sic dispositus, quod verecundaretur si turpe aliquid com-
mitteret n.
AD PRI'.\iUM ERGO DICENDUM quod accidit temperantiae et fortitudini
quod superalmndantiam passionum repellat, inquantum invenit pas·
siones superabundantes in subiecto. Sed per se convenit huiusmodi
virtutibus passiones moderari.
An SECUNDUM DICENDUM quod illae passiones ad malum ordinatae,
repugnant perfectioni primi status, quae habent respectum ad ma-
lum in ipso qui afficitur passione, ut timor et dolor. Sed passiones
quae respiciunt malum in alt.ero, non repugnant perfectioni primi
status: poterai enim homo in primo sta tu habere odio malitiam
daemonum, sicut et diligere bonitatem Dei. Unde et virtutes quae
circa tales passiones essent., possent esse in primo statu, et quan·
tum ad habitum et quantum ad actum. - Quae vero sunt circa pas-
siones respicientes malum in eodem subiectp, si circa huiusmodi
solas passiones sunt, non poterant esse in primo statu secundum
actum, sed solum secundum habitum ; sicut de poenitentia et mise-
ricordia dictum est [in coirp.]. Sed sunt quaedam virtutes quae non
sunt circa has passiones solum, sed etiam circa alias ; sicut tempe-

2 E in Adamo dette virtù si trovarono soltanto in questo senso, fino a che con-
servò l' innceenza.
264 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, aa. 3-4

queste, ma anche altre passioni; la temperanza, p. es., non solo ha


per oggetto la tristezza, ma anche il piacere; così pure la fortezza,
non solo ha per oggetto il timore, ma anche l'audacia e la speranza.
Perciò nello stato primitivo poteva esserci l'atto della temperanza,
in quanto questa ha la funzione. di moderare i piaceri; e poteva
esserci la fortezza come moderatrice dell'audacia e della speranza;
ma non in quanto esse moderano la tristezza e il timore.
3. La soluzione è implicita in quello che abbiamo detto.
4. La perseveranza si preude in due sensi. Primo, in quanto è una
virtù: e cosl significa quell'abito in forza del quale uno è deciso a
perseverare nel bene. E in tal senso Adamo ebbe la perseveranza. -
Secondo, in quanto è unà circostanza della virtù ; e allora significa
continuità nella virtù, senza interruzioni. In tal sensD Adamo non
ebbe la perseveranza.
5. La soluzione risulta dalle cose già dette.

ARTICOLO 4
Se le opere del primo uomo avessero minore efficacia
di meritare che le nostre. 1

SEMBRA che le opere del primo uomo avessero minore efficacia di


meritare che le nostre. Infatti:
1. La grazia viene concessa dalla misericordia di Dio, la quale
soccorre secondo il bisogno. Ora, noi abhiùmo più bisogno deUa gra-
zia che il primo uomo nello stato di innocenza. Dunque a noi viene
concessa la grazia in maggiore abbondanza. E siccome essa è la ra·
dice del merito le nostre oppre sono più efficaci nel meritare.
2. Per meritare si richiedono de,i contrasti e delle difficoltà. Poi-
chè sta scritto: «Non riceve la corona se non chi ha cori1.battuto
secondo le regole"· E il Filosofo afferma, che "la virtù ha per og-
getto le cose difficili E: b1JOne "· Ma adesso abbiamo maggiori contra-
sti e difficoltà. Dunque si ha un'efficacia maggiore nel meritare.
3. Il Mae.stro [delle Sentenze] afferma, cihe «l'uomo non avrebbe
meritato se avesse resistito alla tentazione; invece ora chi resiste
alla tentazione merita"· Dunque le nostre opere hanno maggiore
efficacia di meritare adesso, che nello stato primitivo.
IN CONTRARIO: Se ciò fosse vero, l'uomo sarebbe venuto a tl'ovarsi
in migliori condizioni dopo il peccato. 2
RISPONDO: La quantità del merito si può valutare da àue punti
di vista. Primo, dalla sua ·radice di carità e di grazia. E una tale
quantità di merito corrisponde al premio essenziale, che consiste
nel godimento di Dio; poiché chi compie un'opera con maggiore
carità, godrà Dio più perfettamente. - Secondo, il merito si può
misurare dal valore [intrinseco) dell'opera. E questo è di due spe-
cie: assoluto e relativo. Infatti la vedova che mise due spiccioli nel
gazofilacio, compi un'opera minore, per il suo valore assoluto, di
quella compiuta da coloro che ci misero delle grosse somme; ma se
1 SI tratta di una questione elegante, che mette però in evidenza 1 motivi pro-
fondi di una sintesi teologica.
LA GRAZIA E L'INNOCENZA 205

rantia, quae non solu:m est circa tristitias, sed etiam circa delecta-
ti-0nes; et fortitudo, quae non solum est circa timores, sed etiam
circa audaciarrn et spem. Unde poterat esse in primo statu actus
t.empemntiac, sccundum quod est moderativa delectationum ; et si-
militer fortitudo, secundurn quod est moderativa audacia.e sive spei:
non autcm secundum quod mo<lerantur tristitiam et timorem.
An TERTJUM patet solutio ex his quae dieta sunt [in corp.].
AD QUARTUM DICENDUM quod pcrscverantia dupliciter sumitur. Uno
modo, prout est q.uaedam virtus: et ~,ic significat quendam habitum,
quo quis eligit perseverare in bono. Et sic Adam perseverantiam
habuit. - Alio modo, prout est circumstantia virt.utiis: et sic signi-
ficat continuationem quandam virtutis absque interruptione. Et hoc
modo Adam perseverantiam non habuit.
An Ql'lNTUM patet responsio per ea quae dieta sunt [in corp.].

ARTICULUS 4
Utrum opera primi hominis fuerint minus efficacia
ad merendum quam opera nostra.
!! Sent., d. 23, a. <I.

AD QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quo<l opera primi hominis


fuerint minus etncacia ad mercndum quam opera nostra. Gratia
enim ex Dei misericordia datur, quae magis indigentibus subvenit
magis. Sed noo indigemus magis gratia quam primus homo in statu
innocentiae. Ergo copiosius infunditur nobis gratia. Quae cum sit
radix meriti, opera nostra effìcaciora ad merendum redduntur.
2. PRAETEnEA, ad meritum reqrniritur pugna quaedam et difficul-
tas. Dicitur enim 2 ad Tim. 2, 5: "Non coronabitur nisi qui legi-
time certaverit "· Et Philosophus dicit, in 2 Elhic. [c. 3, lect. 3], quod
" virtus est circa difficile et bonum ». Sed nunc est maior pugna et
àifficultas. Ergo et maior efficacia ad merendum.
3. PRAETEREA, Magister dicit, 24 distinctione 2 libri Sent., quod
"homo non meruisset, tentationi resistendo; nunc autem meretur
qui tent.atio,ni resistit ». Ergo efficaciora sunt opera nostra ad me-
rendum q;ua.m in primo statu.
SED CONTRA EST quia secundum hoc, homo esset melioris conditio-
nis post peccatum.
RESPONDEO DICENDUM quod quantitas meriti ex duobus potest pen-
sari. Uno modo, ex radice caritatis et gratiae. Et talis quantitas me-
riti re.spondet p·raemio cssentiali, quod consistit in Dei fruitione: qui
enim ex maiori caritate aliquid facit, perfectius Deo fruetur. - Alio
modo pensari potest quantitas meriti ex quant.itate operis. Quae qui-
d cm est duplex: scilicet absoluta, et proportionalis. Vidua enim quae
misit duo aera minuta in gazophylacium, minus opus fecit quanti-
tate absoluta, quam illi qui magna munera posuerunt: 5,ed quanti-
tate prnportionali vidua plus fecit, secundum sententiam Domini,

• Il merito infatti wstituisce il valore eterno dell'agire umano, e incide per


sempre sulla felicità dell'uomo.
266 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, a. 4

badiamo al valore relativo, allora la vedova compì, come dice il Si-


gnore, un'opera più grande, poichè il suo dono superava le sue pos-
sibilità. Però l'una e l'altra di queste ultime valutazioni corrispon-
dono al premio accidentale, che è il godimento di un bene creato.
Dobbiamo quindi concludere che se consideriamo la quantità del
merito in rapporto alla grazia le opere dell'uomo avrebbero avuto
maggiore efficacia dì meritare nello stato di innocenza, che dopo il
peccato; infatti la grazia sarebbe stata allora più copiosa, non tro-
vando ostacoli nella natura umana. Lo stesso si dica in rapporto
al valore assoluto delle opere; poichè il primo uomo avrebbe com-
piuto opere più grandi, avendo egli una virtù superiore. In rapport0
invece al loro valore rel_ativo, troviamo maggiore fonte di merito
dopo il peccato, data la fragilità dell'uomo; poichè una piccola op-era
supera maggiormente le forze di chi la compie con difficoltà, di
quanto un'opera grande possa superare le forze di chi la compie
senza difficoltà. '
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dopo il peccato l'uomo necessita
della grazia per un numero maggiore di cose, che prima del pec-
cato, ma non ne ha un bisogno più grande. Infatti prima del pec-
cato aveva bisogno della grazia per conseguire la vita eterna; e
questa è la principale necessità di ricevere la grazia. Oltl'e a qursto,
l'uomo dopo la caduta ne ha b.isogno anche per la remissione dei
peccati, e a sostegno della sua fragilità.
2. Le difficoltà e i contrasti rientrano nella quantità del merito
che si misura secondo il valore relativo dell'opera, come si è
detto. Essi sono anche un indice della prontezza di una volontà, la
quale si sforza di fare quello che le riman:e difficile; e la prontezza
dì volontà è dovuta al vigore della carità. Tuttavia può avvenire che
uno compia con tale prontezza di volontà una cosa facile, come un
altro ne compie una difficile, perchè è preparato a compiere anche
quello che gli resterebbe difficile. Però le difficoltà attuali, essendo
dovute a una pena, oltre tutto hanno un valore satisfattorio rispetto
al peccato.
3. Il primo uomo non avrebhe meritato resistendo alla tentazione,
secondo l'opinione di coloro, i quali ritengono che egli non posse-
deva la grazia; come non è meritoria adesso tale resistenza per chi
non è in gnizia. C'è però questa differenza, che nello stato primi-
tivo mancava una spinta interiore verso il male, come al presente;
quindi l'uomo poteva allora resistere più validamente dì ora alla
tentazione, senza la grazia.

' I teologi più recenti trovarono da precisars qualche cosa in questa conclu-
sione. Ec{A) come le loro riserve sl trovano compe.ndiate nella vecchia edizione J\Ia-
rietti: « S. Tommaso qui insegna che erano più efficaci nel meritarB le Gpere del·
LA GRAZIA E L' INNOCENZA 267
quia magis eius facultatem superabat. Utraque tamen · quantitas
meriti respondet praemio accidentali; quod est gaudium de bono
creato.
Sic igitur dicendum quod efficaciora fuissent hominis opera ad
merendum in statu innocentiae quam post peccatum, si attendatur
quantitas meriti ex parte gratiae; quae tunc copiosior fuissent, nullo
obstaculo in natura humana invento. Similiter etiam, si considere-
tur absoluta quantitas operis: quia, cum homo esset maioris virtu-
tis, maiora opera fecisset. Sed si consideretur quantitas pmportio-
nalis, maior invenitur ratio meriti post peccatum, propter hominis
imbecillitatem: magis enim excedit parvum opus potestatem eius
qui cum diffi{!ultate operatur illud, quam opus magnum potestatem
eius qui sine difficultate operatur.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod homo post peccatum ad plura in-
diget gratia quam ante peccatum, sed non magis. Quia homo, etiam
ante peccatum, indigebat gratia ad vitam aeternam c<msequ·endam,
quae est principalis necessitas gratiae. Sed homo post peccatum, su-
per hoc, indiget gratia etiam ad peccati remissionem, et infirmitatis
sustentationem.
AD SECUNDUM DICENDUM quod difficultas et pugna pertinent ad quan-
titatem meriti, secundum quantitatem operis proportionalem, ut di-
ctum est [in corp.]. Et est signum promptitudinis voluntatis, quae
conatur ad id quod est sibi difficile: promptitudo autem voluntatis
causatur ex magnitudine caritatis. Et tamen potest contingere quod
aliquis ita prompta voluntate faciat opus aliquod facile, sicut alius
difficile, quia paratus esset facere etiam quod sibi esset difficile. Dif-
ficultas tamen actualis, inquantum est poenalis, habet etiam quod sit
satisfactoria pro peccato.
An TERTIUM DICENDUM quod resistere tentati<mi primo homini non
fuisset meritorium, secundum opinionem ponentium qu-Od gratiam
non haberet; sicut nec modo est rneritorium non habenti gratiam.
Sed in hoc est differentia, quia in primo statu nihil erat interius im-
pellens ad malum, sicut modo est: unde magis tunc poterat homo
resistere tentationi sine gratia, quam modo.

l'uomo nello stat-0 di innocenza. che dovo il peccato; ma questa dottrina non deve
essere intesa nel senso che ùopo il pecc~to nessuno abbia meritato maggiormenk,
in quello che costituisce il premio essenziale, di quanto non si potesse meritare
nello stato di innocenza. Infatti S. Tommaso stesso afferma: "Niente Impedisce
che dopo il peccato la natura umana sia stata innalz:tta a qualche cosa di più
alto" (Ili, q. 1, a. 3, ad 3). E altrove: "Non c'è difficoltà ad ammettere che alcuni
dopo il peccato arrivino a conseg-uire una graziit molto superiore a quella avuta
da altri nello stato primitivo" (2 Sent., d. 29, a. 3). E la cosa è evlrlente per la
Vergine Santissima, ed è probabile per gli apostoli e per altri martiri particolar-
mente eccellenti nella santità"· - Ma è chiaro che qUi S. Tommaso si limita a
considerare la questione in generale, prescindendo dal casi particolari.
QUESTIONE 96
II dominio dell'uomo nello stato di innocenza. 1

Passiamo ora a considerare quale fosse il dominio dell'uomo nello


stato di innocenza.
Su tale argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se l'uomo nello
stato di innocenza aveva il dominio sugli animali ; 2. Se aveva un
dominio su tutte le creature; 3. Se nello stato di innocenza tutti
gli uomini sarebbero stati uguali; 4. Se in quello stato un uomo
avrebbe dominato sugli altri uomini.

ARTICOLO 1
Se Adamo nello stato di innocenza aveva il dominio sugli animali.

SEMBRA che Adamo nello stato di innocenza non avesse il dominio


sugli animali. Infatti:
1. Afferma S. Agostino che gli animali furono. condotti ad Adamo,
perchè imponesse loro il nome, dagli angeli. Ora, questo intervento
degli angeli non sarebbe stato necessario, se l'uomo avesse avuto
direttamente il dominio sugli animali. Egli dunque non aveva nello
stato di innocenza il dominio sugli altri animali.
2. Non è conveniente unire sotto un dominio unico esseri in di·
scordia tra loro. Ma noi vediamo che molti animali sono in di-
scordia, come la pecora e il lupo. Perciò tutti gli animali non pote-
vano essere sottoposti all'unica signoria dell'uomo.
3. S. Girolamo 2 scrive che "Dio conferì all'uomo il dominio su-
gli animali, benchè prima del peccato non ne ave~se bisogno; per-
chè sapeva già che di essi si sarebbe servito dopo la caduta '" Quindi
bisogna ammettere por lo meno che l'esercizio del dominio sugli ani-
mali non si addiceva. all'uomo prima del peccato.
4. Caratteristica del padrone è comandare. Ora, non si può co-
mandare che a un essere ragionevole. Perciò l'uomo non aveva il
dominio sugli animali irragionevoli.
IN CONTRAmo: A proposito dell'uomo sta scritto: " Presieda ai pesci
del mare e ai volatili del cielo e alle bestie di tutta la terra"· 3
RISPONDO: Come abbiamo già detto, l'insubordinazione all'uomo
di tutto ciò che avrebbe dovuto essergli soggetto fu un castigo, con-

1 La questione è più interessante di quanto potrebbe sembrare a prima vista.


Infatti in essa trovia.mo indic&ti alcuni dei motivi fond«.ment11li che permettono
a S. Tommaso la distinzione tra diritto naturale e dtrttto aelte genti, e cioè tra
I diritti derivanti dalla struttura medesima dell'esoore umano, e i diritt.i irnposti
dalle circostanze In cui di fatto !"uomo si è trovato a -çivere. (Vedere in proposito
LOTTIN O., Le drott nature! cltez S. Tlwmas d' Aquin et ses prédécesseurs, Bruges,
1931). - Speciale interesse prcrenta quello che il Dottore Angelico insegna a pro-
posito del diritt.o di proprietà. A questo riguardo si può facilmente osservare che
egli considera l'essere umano come padrone nato dell'universo visibile. II suo
QUAESTIO 96
De dominio quod homini in stato innocentiae competebat .
tn quatuor arttculos divtsa.

Deinde considerandum est de dominio quod cornpetebat homini in


statu innocentiae.
Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo: utrum homo in statu
innocentiae animalibus dominaretur. Secundo: utrum dominaretur
omni creaturae. Tertio: utrum in statu innocentiae omnes homines
fuissent aequales. Quarto: utrum in illo statu homo homin:ilms do-
minaretur.

ARTICULUS 1
Utrurn Adam in statu innocentiae anirnalibus dominaretur.
!! Sent., d. 44, q. 1, a. 3.

AD PRL\IUM SIC PROCEDlTUR. Videtur quod Adarn in statu innocen-


tiae animalibus non dominabatur. Dicit enim Augustinus, 9 Super
Gen. ad litt. [c. 14], quod ministerio angelorum anirnalia sunt ad-
ducta ad Adam, ut eis nomina imponeret Non autern fuisset ibi
necessarium angelorum ministerium, si homo per seipsum animali-
bus dominabatur. Non ergo in statu innocentiae habuit dominium
homo super alia animalia.
2. PnAETF.REA, ea quae ad invicem discordant, non recte sub uno
dominio congregantur. Sed multa animalia naturaliter ad invicem
discordant, sicut ovis et lupus. Ergo omnia animalia sub hominis
dominio non continebantur.
3. PR\ETEREA, Hieronymus dicit quod « hornini ante peccaturn non
indigenti, Deus animalium dominationem dedit: praesciebat enim
hominern adminiculo animaliurn adiuvandurn fore post Iapsum "·
Ergo ad minus usus dominii super animalia non competebat ho-
mini ante peccatum.
,1:. PRAETEREA, proprium domini esse videtur praecipcre. Sed prae-
ceptum non recte fertur nisi ad habentern rationem. Ergo homo non
habebat dominium super animalia irrationalia.
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 1, 26, de homine: « Praesit pisci-
bus maris, et volatilibus caeli, et bestii.s terrae ».
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [q. 95, a. 1] dictum est,
inobedientia ad hominem eorum quae ei debent esse. S'Ubiecta, su.L-

dominio potrà esercitarsi in maniera più o meno esl.€sa, s.e<:ondo la diversità de-
gli stati e delle condizioni; ma nessuno deve negare all'uomo il diritto di disporre
delle creature inferiori alla propria utilità. - NeUo stato di innocenza questo do-
minio era esercitato nella maniera ideale, cioè in modo che nessun uomo potesse
limit.are ragionev-0lnE·nte il diritto dell'altro uomo in tutta la sua universalità.
2 In S. Girolamo non si trova il passo citat-0 ; qualche cos.a di simile si trova
neila Glossa ord. di S. Beda.
• Non abbiamo qui solt.anto la conferma del domini<J dell'uomo sugli animali,
270 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, a. 1

seguente alla sua disobbedienza verso Dio. Perciò l'uomo, nello stato
di innocenza e prima del peccato, non trovava ribellione alcuna
negli esseri che per natura dovevano essergli sottoposti. Ora, tutti
gli animali sono naturalmente sottop-OSti all'uomo, come si rileva
da tre considerazioni. Primo, dallo stesso ordine genetico delle cose.
Infatti, come nella genesi delle cose naturali noi riscontriamo un
certo ordine, che procede dall'imperfetto al p·erfetto (infatti la ma-
teria è ordinata alla forma, e la forma meno perfetta e quella più
perfetta), così avviene anche nell'uso delle cose naturali, e cioè gli
esseri inferiori servono a quelli superiori; infatti le piante sfrut-
tano la terra per nutrirsi ; gli animali si nutrono di piante ; e gli
uomini si nutrono sia di piante che di animali. :E: quindi nell'or-
dine della natura che l'uomo abbia il dominio sugli animali. Per-
ciò dice il filosofo che la caccia degli animali selvatici è giusta e
naturale; poichè con essa l'uomo rivendica quello che per natura
gli appartiene.
Secondo, ciò si rileva anche dall'ordine della divina provvidenza,
la quale governa sempre gli esseri inferiori mediante quelli supe-
riori. E siccome l'uomo, essendo stato· creato a immagine di Dio,
è superiofle agli altri animali, è logico che gli altri animali siano
sottoposti al suo dominio.
Terzo, la medesima conclusione appare evidente dal confronto
tra le proprietà dell'uomo e quelle degli altri animali. In questi
ultimi infatti si riscontra, fondata sul loro istinto naturale, una
part.ecipazione della prudenza in ordine ad alcuni atti particolari;
mentre nell'uomo si riscontra la. prudenza nella sua universalità, in
quanto è retta norma di tutto il nostro operare. Ora, tutto ciò che
è per partecipazione dipende da ciò che è in assoluto e per essenza. 1
Dunque è evidente la subordinazione all'uomo degli altri animali. 2
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il potere superi.ore può compiere
sui sottoposti molte cose, che non sono possibili a un potere più
basso. Ora, l'angelo è per natura superiore all'uomo. Perciò la virtù
degli angeli poteva compiere sugli animali degli effetti, che trascen-
dono le capacità dell'uomo, come, p. es., radunare immediatamente
tutti gli animali.
2. Secondo alcuni, quegli animali, che ora sono feroci e uccidono
gli altri animali, sarebbero stati in quello stato mansueti non sol-
tanto verso l'uomo, ma anche verso gli altri animali. - Ma questa
opinione è del tutto irragionevnle. Infatti la natura degli animali
non subì tali trasformazioni per il peccato dell'uomo, da ridurre
quelli, che ora sono portati dalla loro natura a cibarsi delle carni
degli altri animali, come il le.one e il falco, a vivere di erbe. Così
la Glossa di S. Beda non afferma che gli alberi e le erbe erano dati
in cibo a tutti gli animali e a tutti gli uccelli, ma solo ad alcuni di
essi. Sarebbe dunqu·e esistita una naturale discordia tra alcuni
animali. - Ma questo non li avrebbe sottratti al dominio dell'uomo;
come adesso non sono sottratti al dominio di Dio, dalla cui prov-

ma indirettamente si parla di un dominio su tutti gli esseri inferiori ; poichè gli


animali 5ono i più nobili tra quelli.
1 Que6t'ultima ragione è più profonda di quanto non sembri. La prudenza, e.be
detta la rettla norma nel disporre degli atti e delle cose al raggiungirnento del
IL DOMINIO DELL'UOMO 271

secuta est in poenam eius, eo quod ipse fuit inobedi,ens Deo. Et ideo
in statu innocentiae, ante inobedientiam praedictam, nihil ei repu-
gnabat quod naturaliter deberet ei esse subiectum. Omnia autem
anima.lia sunt homini naturaliter subiecta. Quod apparet ex tribus.
Primo quidem, ex ipso naturae processu. Sicut enim in generatione
rerum intelligitur quidam ordo quo proceditur d·e imperfecto ad per-
fectum (nam materia est pr-0pter formam, et forma imperfectior
propter perfectiorem), ita etiam est in usu rerum naturalium: nam
imperfectiora cedunt in usmn perfectormn; plantae enim utuntur
terra ad sui nutrimentum, animalia vero plantis, et homines pla.n-
tis et animalibus. Unde naturaliter homo dominatur animalibus. Et,
propter hoc Philosophus dicit, in I Politic. [c. 3, lect. 6), quod ve-
natio sylvestrium animalium est iusta et natura.lis, quia per eam
homo vindicat ·sibi quod est naturaliter suum.
Secundo apparet hoc ex ordine divinae providentiae, quae semper
inferiora per superiora gubernat. Unde, cum homo sit supra cetera
animalia, utpote ad imaginem Dei factus, conv.enienter eius guber-
nationi alia animalia subduntur.
Tertio npparet idem ex prnprietate hominis, et aliorum anima-
liurn. In aliis enim animalibus invenitur, secundum aestimationem
naturalem, quaedam participatio prudentia.e ad aliquos particula-
res actus: in homine autem invenitur universalis prudentia, quae
est ratio omnium agibilium. Omne autem quod est. per participatio-
nem, subditur ei quod cs.t per essentiam et universaliter. Unde patet
quod naturalis est subiectio aliorum animalium ad hominem.
AD PRIMliM ERGO DICENDUM quod in subiectos multa potest facere
superior potestas, quae non potest facere inferior. Angelus auwm
est naturaliter superi.or homine. Unde aliquis effectus poterat fieri
circa animalia virtute angelica, qui non poterat fieri potestate hu-
mana; scilicet quod statim omnia animalia congregarentur.
AD SECUNDliM DICENDUM quod quidam d.icunt quod animalia quae
nunc sunt ferocia et occiclunt alia animalia, in sta.tu ilio fuissent
mansueta non solum circa hominem, sed etiam circa alia anima-
lia. - Sed hoc est omnino irrationabile. Non enim per peccatum ho-
minis natura animalium est mutata, ut quibus nunc naturale est
comedere aJi.orum anirnalium carnes, tunc vixissent. de herbis, sicut
leones et falcones. Nec Glossa Bedae dicit, Gen. 1, 30, quod Ugna et
herbae datae sunt omnibus animalibus et avibus in cibum, sed qui-
busdam. Fuisset ergo naturalis discordia inter quaedam animalia.
- Nec tamen prtopter hoc subtraherentur dominio hominis; sicu:t

fine, è per eccellenza la virtù di chi esercita il domini-O: il suo atto principale
è il "pracclpere '" Ora, gli animali non sfuggono al comando dell'uomo, poichè
essi stessi dispongano, per I fini spociflci della vita animale, di quei medesimi
mezzi e di quegli accorgimenti che rie;itrano univer:>almente nel potere del-
l'uomo.
~ Secondo il pensiero cristlano, illustrato efficacemente neJl'artivolo, l'uomo non
si è sollevato al disopra delle bestie in una dura lotta per la vita; ma egli ha
per natura il dominio su tutti gli ess.eri visibili. Anche nello stato di decadenza
in cui noi ci troviamo, possiamo constatare l'avveramento di quella benedizione
impartita da Dio a Noè e alla sua dlsc<?ndcnza dopo il diluvio: " .... Abbiano ti-
more e tremore di voi tutti gli animali della terra, e tutti i volatili dell'aria.
Tutti gli e.>S€rl che si muovono sulla terra, al pari di tutti i pesci del mare, sono
rimessi In mano vostra; tutto quello che si muove e vive sarà vostro cibo .... •
(Gen., 9, 1, S).
272 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, aa. 1-2

videnza dipendono tutte le condizioni suddette. L'uomo sarebbe stato


esecutore di questa provvidenza, come lo vediamo attualmente ri-
spetto agli animali domestici; infatti l'uomo ciba con le galline i
falchi addomesticati.
3. Nello stato di innocenza gli uomini non avrebbero avuto biso-
gno degli animali per le necessità del corpo: non per ricoprirsi,
poichè, sebbene nudi, non sentivano roswre, ess·endo immuni da
ogni moto di concupiscenza disordinata; non per cibarsi, poichè
mangiavano i frutti del Paradiso terresh'e; e neppure per viag-
giare, data la robustezza del loro corpo. Ne abbisognavano però per
ricavare una conoscenza sperimentale della loro natura. E di ciò
abbiamo un indizio nel fatto che Dio condusse a lui tutti gli ani-
mali, perchè desse loro un nome che ne indicasse la natura.
4. Gli altri animali hanno una partecipazione della prudenza e
della ragione [umana], in forza del loro istinto naturale, il quale
fa sì che le gru, p. es., seguano la loro guida, e le api obbedi-
scano al loro re. 1 In modo analogo tutti gli animali avrebbero
prestato spontaneamente una certa obbedienza all'uomo, come fanno
anche ora certi animali domestici.

ARTICOLO 2
Se l'uomo aveva un dominio su tutte le altre creature.

Sr.:1rnRA che l'uomo non avesse un dominio su tutte le creature.


Infatti:
1. L'angelo ha per natura un potere superiore all'uomo. Ora,
S. Agostino afferma che "la materia dei corpi non avrebbe obbe-
dito sull'istante neppure agli angeli santi"· :Molto meno, dunque,
gli esseri fatti di materia avre'bbero obbedito all'uomo nello stato dì
innocenza.
2. Nelle piante non si riscontrano altre potenze dell'anima che la
nutritiva, con le facoltà di crescita e di riproduziDne. ì\Ia queste fa-
coltà non sono ordinate a obbedire alla ragione; come è evident2
persino nell'uomo- stesso. Quindi, poichè l'uomo esercita un domi
nio in forza della ragione, non sembra che nello stato di innocenza
egli avesse un dominio sulle piante.
3. Chi ha il dominio di una cosa può mutarla. Ora, l'uomo- non
ha il potere di mutare il corso dei corpi celesti, essendo questa una
prerogativa di Dio, come insegna Dionigi. Dunque non aveva un
dominio su di essi.
IN CONTRARIO: Leggiamo nella Scrittura a proposito dell'uomo:
"Presieda a tutte le creature"· 2
RISPONDO: Nell'uomo si trovano in un certo senso tutte le cose;
perciò egli ha un dominio sulle cose esterne analogo a quello con
cui domina le cose che trova in se stesso. Ora, nell'uomo si pos-
sono riscontrare quattro cose: la ragione, che lo rende simile agli
angeli; le facoltà sensitive, che gli dànno un'affinità con gli ani-

1 Agli antichi era noto soltanto tl l"!'gime monarchico delle api, n.on già lo svol
gimento della vita nell'alveare. - Vii'gilio, cl1e ha raccolto nelle Georgiche quanto
IL DOMINIO DELL'UOMO 273
nec nunc propter hoc subtrahuntur dominio Dei, cuius providentia
hoc totum dispensatur. Et hu.ius providentiae homo executor fuis-
set, ut etiam nunc apparet in animalibus domesticis: ministrantur
enim falconibus domesticis per homines gallinae in cibum.
An TERTIUM DICENDUM quod homines in statu innocentiae non in-
digebant animalibus ad necessitatem corporalem : neque ad tegu-
mentum, quia nudi erant, et non erubescebant, nullo instante inor-
dinatae concupiscentiae motu; neque ad cibum, quia lignis Para-
disi vescebantur; neque ad vchiculum, propter corporis robur. In-
digebant tamen cis ad experimentalem c-0gnitionem sumendam dc
naturis eorum. Quod significatum est per hoc, quod Deus ad curo
animaU.a adduxit, ut eis nomina imponeret [Gen. 2, 19], quae eorum
naturas designant.
An QUARTUM DICENDUM quod alia animalia habent quandam parti-
cipationem naturalem prudentiae et rationis secundum aestimatio-
nem naturalem; ex qua contingit quod grues sequuntur ducem, et
apes obediunt regi. Et sic tunc omnia animalia per seipsa homini
obedivissent, sicut nunc quaedam domestica ei obediunt.

ARTICULUS 2
Utrum homo habuissct dominium super omnes alias creaturas.

An SECL'NDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod homo non habuisset do-


minium super omnes alias creaturas. Angelus enim naturaliter est
mai-Oris potcs.tatis quam homo. Scd, sicut dicit Augustinus 3 De Trin.
[c. 8], "materia corporalis non obedivisset ad nutum etiam sanctis
angelis ». Ergo multo minus homini in sta tu innocentiae.
2. PR.\ETEREA, in plantis non sunt de viribus animae nisi nutritiva
et augmentativa et generativa. Hac autem non sunt natae obedire
rationi; ut in uno et eodem homine apparet. Ergo, cum dominium
competat homini secundum rationem, videtur quod plantis homo in
statu innocentiae non dominaretur.
3. PR.\ETETIEA, quicumque dominatur alicui rei, potest illam rem
mutare. Sed homo n-0n potuisset mutare cursum carlestium corpo-
rum: hoc enim S'Olius D2i est, ut Dionysius dicit in Epistola ad Po-
lyca.rpum [Epist. 7]. Ergo non dominabatur eis.
SEn CONTRA EST quod dicit.ur Gen. 1, 26, de homine : "Praesit uni-
versae creaturae "·
RESPONDEO DICENDUM quod in homine quodammodo sunt omnia: et
ideo secundum modum quo dominatur his quae in seipso sunt, se-
cundum bune modum competit ei dominari aliis. Est autem in ho-
mine quatuor considerare: scilicet rationem, secundum quam con-
venit cum angclis; vires sensitivas, secundum quas convenit curn
cli me~llo sapevano i naturalisti dell'antichità, consiglia di impedire col taglio
delle a~i il volo nuziale .... del re, credendo che si trattasse di un volo di guerra.
e .... Tu regibus aJas
eripe •.
(Geor., I. 4. 105. 106).
2 Il testo della Volgata (in pieno accordo con l'cbraioo e con i LXX) non ha
creatura e, ma terme; .e quindi il brano ha un signiftcato differonte: " .... e pre-
274 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, aa. 2-3

mali ; le facoità fisiologiche, che lo accomunano alle piante ; e final-


mente il corpo, in forza del quale è affine alle cose inanimate. Ma
la ragione occupa nell'uomo non un posto di sudditanza, bensì di
comando. Perciò nello stato primitivo, l'uomo non aveva un domi-
nio sugli angeli; e la frase «su ogni creatura», va riferita alle
creature "che non son fatte ad immagine di Dio». - Invece sulle
facoltà sensitive, quali l'irascibile e il concupiscibile, che in parte
obbediscono alla ragione, l'anima esercita un dominio mediante i
suoi comandi. Dunque nello stato di innocenza l'uomo dominava
con i suoi comandi sugli altri animali. - Riguardo poi alle facoltà
fisiologiche e al corpo stesso, l'uomo esercita un dominio non· gia
mediante i suoi comandi, ma servendosi di essi. Perciò nello stato
di innocenza l'uomo dominava sulle piante e sugli esseri inanimati,
non perchè aveva il potere di comandarli e di mutarli, ma perchè
poteva servirsene senza trovare ostacoli.
Cosi risultano evidenti le risposte alle difficoltà.

ARTICOLO 3
Se gli uomini nello stato di innocenza sarebbero stati tutti uguali. 1

SEMBRA che nello stato di innocenza gli uomini sarebbero stati


tutti uguali. Infatti :
1. Dice S. Gregorio che "se non pecchiamo siamo tutti uguali».
Ora, nello stato di innocenza non esisteva reato alcuno. Perciò
erano tutti uguali.
2. La somiglianza e l'uguaglianza s.ono motivi di amore scambie-
vole, secondo laffermazione della Scrittura: "Ogni animale ama
il suo simile, così anche ogni uomo il suo vicino». Ma nello stato
di innoc~nza abbondava fra gli uomini l'amore, che è il vincolo
della pace. Perciò tutti gli uomini allora sarebbero stati uguali.
3. Eliminata la causa, si elimina anche l'effetto. Ora, cause del-
l'attuale dhmguaglianza tra gli uomini sembrano essere, da parte
di Dio, il fatto che a motivo dei meriti alcuni sono premiati e altri
puniti ; da parte della natura, il fatto che a motivo· di certe infer-
mità naturali alcuni nascono deboli e difettosi, mentre altri nascono
forti e perfetti. Tutte cose che non potevano avvenire nello stato
di innocenza.
IN CONTRARIO: Sta scritto: " Le cose che sono da Dio, s.ono bene
ordinate"· 2 Oro, sembra che l'ordine debba consistere sop·rattutto
nella disuguaglianza; infatti S. Agostino scrive: "L'ordine è una
disposizione di cose uguali e diverse, che assegna il suo posto a
ciascuna"· Dunque, nello stato primitivo, che doveva essere ordi-
natissimo, non sarebbe mancata la disuguaglianza.
RISPONDO: Bisogna riconoscere che nello stato primitivo ci sareb-
bero state .delle disuguaglianze, almeno per il sesso, non essendo

sieda ai pesci dd mare ed al volatili del ci&o e alle bestie di tutta la terra"
(Gen., 1, 16).
1 A prima vista l'uguaglianza assoluta si pre..."€nta come un ideA!c, e quindi
viene spontaneo attribuirla agli uomini, nello stato di felicità in cui furono creati.
Eppure anche allora e.erte disuguaglianze non potevano mancare, ed era bene
che non ma.ne.assero. L'articolo le fa rilevare con chiarezza.
IL DOMINIO DELL'UOMO 275
animalibus; vi·res naturales, secundum quas convenit cum plantis;
et ipsum corpus, secundum quod convenit cum rebus inanimatis.
Ratio autem in homine habet locum dominantis, et non subiecti
dominio. Unde homo angeli·s non dominabatur in primo statu: et
quod dicitur «omni creaturae n, intelligitur "quae non est ad ima-
ginem Dei>>. - Viribus autem sensitivis, sicut irascibili et concupi-
scibili, quae aliqualiter obediunt rationi, dominatur anima impe-
rando. Unde et. in statu innocentiae animalibus aliis per imperium
dominabatur. - Viribus autcm naturalibus, et ipsi corpori, homo
dominaiur non quidem imperando, sed utendo. Et sic etiam homo
in statu innocentiae dominabatur plantis et rebus inanimatis, non
per imperium vel immutationem, sed a.bsque impedimento utendo
eorum auxilio.
Et per hoc patet responsio ad Olbiecta.

ARTICULUS 3
Utrum homines in statu innoeentiae fuissent aequales.

AD TERTIUJ\f SIC PROCEDITUR. Videtur quod homines in statu innocen-


tiae omnes fuissent aequales. Dicit enim Gregorius [.21 Moral. c. 10]
quod, « ubi non delinquimus, omnes pares sumus "· Sed in sta tu in-
nocentiae non erat delictum. Ergo omnes erant pares.
2. PRAETEREA, similitudo et aequalitas est ratio mutuae dilectio-
nis; secundum illud Eccli. 13, 19: "Omne animai diligit sibi si-
mile, sic et omnis homo proximum sibi '" In illo autem statu inter
homines abundabat dilectio, quae est vinculum pacis. Ergo omnes
fuissent pares in statu innocentiae.
3. PRAETEREA, cessante causa, cessat effectus. Sed causa inaequa-
litatis inter homines videtur nunc esse, ex parte quidem Dei, quod
quosdam pro meritis praemiat, quosdam vero punit: ex parte vero
naturae, quia propter naturae defectum quidam nascuntur debiles
et orbati, quidam autem fortes et perfecti. Quae in primo statu non
fuissent.
SED CONTRA EST quod dicitur Rom. 13, 1: cc Quae a Deo sunt, ordi-
nata sunt "· Ordo autem maxime videtur in disparitate consistere:
dicit enim Augustinus 19 De Ci'U. Dei [c. 13]: « Ordo est parium di-
spariumque rerum sua cuique loca tribuens dis.positio '" Ergo in
primo statu, qui decentissimus fuisset, disparitas inveniretur.
RESPONDEO DICENDUM quod necesse est dicere aliquam disparita-
t.em in primo statu fuisse, ad minus quantum ad sexum: quia sine
2 Cosi il testo nell'interpretazione e nella punteggiatura dell'Aquinate. Invece
sPcondo una punteggiatura più corretta il significato è ben diverso: "quae autem
sunt (potestates], a Dro ordinatae sunt "· Qui S. Paolo non parla genericament.i
delle creature di Dio, ma dei poteri legittimi. " Ogni persona, egLj dice, sia sotto-
posta alle autorità sup;>riori; perché non v· è potestà se non da Dio, e quelle che
sono, son da Dio ordinate " (Rom., 13, 1). - Abbia.mo già notato più volte che negli
argomenti in contrario S. Tommaso non va molto per il sottile. Tutto può essere
utile per avallare una tesi perfettamente contraria a quella sostenuta nella prima
serie di difficoltà. L'argomento è solo un espediente didatt.lco. Qui però si tratta
di un vero eITore, che riscontriamo anche nel commenw tomistico alle Epistole
paoline.
276 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, aa. 3-4

possibile la generazione senza la diversità di sesso. - Lo stesso si


dica dell'età: poichè gli uni sarebbero nati dagli altri, non essendo
sterili nei loro accoppiamenti.
Ci sarebbe stata una diversità anche nell-e anime, sia per la .san-
tità, che per la scienza. L'uomo infatti è mosso ad operarn non da
una qualche nece-Ssità, ma da1 libero arbitrio; e da ciò deriva la
possibilità di applicare l'animo di più o di meno nel fare, nel vo~
!ere o nel conoscere. Perciò alcuni avrebbero p·rogredito più di altri
nella santità e nella scienza. 1
Poteva esservi una disuguaglianza anche riguardo al corpo. In-
fatti il corpo umano non era del tutto esente da.Ile leggi di natura,
sì da non essere più o meno agevolato e aiutato dagli agenti esterni;
poichè anche i primi uomini avrebbero sostentato la loro vita col
cibo. Niente perciò proibisce di pensa:re che alcuni, a differenza di
altri, sarebbero nati più robusti, più alti e più belli, e di migliore
complessione, a oausa della div·ersità del clima e la diversa posi-
zione degli astri. Tuttavia nei meno dotati non ci sarebbe stato. nè
difetto, nè colpa, cos-ì nell'anima cc:xme nel corpo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Con quelle parole s. Gregorio in-
tende di escludere la disuguaglianza dovuta al peccato, dal quale
deriva come castigo che alcuni sono costretti a stare sottoposti ad
altri.•
2. L'uguaglianza è causa della conformità nell'amore reciproco.
Tuttavia tra persone non uguali ci può essere un amore più grande
che tra uguali, anche se tale amore non trova un'uguale corrispon-
denza. Infatti il padre di suo ama il tiglio più che il fratello non
ami il fratello, sebbene il figlio non ami il padre con la stessa in~
tensdtà.
3. Da parte di Dio poteva s.Uissistere una causa di disuguaglianza,
non in virtù di una punizione e di un premio, ma in vLsta di un'e1e-
vazione più o meno sublime, affinchè nel mondo umano risplendesse
maggiormente la bellezza dell'o~dine. Anche da parte della natura
pote·va risultare una disuguaglianza, nel modo indicato, senza alcun
di.fotto di natura.

ARTICOLO 4
Se nel!o stato di innocenza l'uomo avrebbe avuto un dominio
sugli altri uomini. 3

SEMBRA che nello stato di innocenza l'uomo non avreblbe avuto


un dominio sugli altri uornfoi. Infatti:
1. Dice S. Agostino: «Dio volle che l'uomo ragionevole, fatt-0 a

1 In forza del libero arbitrio l'u0mo è p€r natura l'artefice del suo destino,
quale cooperatore volontario di Dio medesimo (vedi so!. 3).
2 Per S. Tommaso la schiavitù non è un ratto naturale per certi uomini, come
(l€nsava Aristotele, ma è sempre uno stato di coazione: "La schiavitù è impedi-
mento [massimo] al huon uso del dominio [cni l'uomo per natura ha diritto]; e
per questo gli uomini naturalmente vi si ribe!lano " (1-11, q. 2, a. 4, ad 3). - Tut-
tavia l'Aquinate ha creduto suo do,ere giustificare fino all'estremo limtt.e il pen-
sier-0 del irrande filosofo greco, ammettendo, per una tristo& necessità dlerivata dal
IL DOMINIO DELL'UOMO 277
diversitate sexus, generatio non fuisset. - Similiter etiam quantum
ad aetatem: sic enim quidam ex aliis nascebantur; nec illi qui ml-
scebantur, steriles erant.
Sed et s.ecundum animam diversitas fuisset, et quantum ad iusti-
tiam et quantum ad scientiam. Non enim ex necessitate homo ope-
rabatur, sed per Iiherum arbitrium ; ex quo homo habet. quod pos-
s:lt magis et minus animum applicare ad aliquid faciendum ve.I vo-
1endum ve! cognoscendum. Unde quidam magis profecissent in iu-
stitia et scientia quam alii.
Ex parte etiam corporis, poterai esse disparitas. Non enim erat
exemptum corpus humanum totaliter a legibus naturae, quin ex
exterioribus agentibus aliquod commodum aut auxilium recipeiret
magis et minus: cum etiam et cibis eorum vita sustentaretur. Et
sic nihil prohibet dicere quin secundum diversam dispositionem
aeris et diversum siturn stellarum, aliqui rolbustiores corpore gene-
rarentur quam alii, et maiores et pulchriores et melius comple-
xionati. Ita tarnen quod in illis qui excederentur, nullus esset de-
fectus sive peccatum, sive circa animam sive circa corpus.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod Gregorius per verba illa intendit
excludere disparitatem quae est secundum differentiam iustitiae et
peccati; ex qua contingit quod aliqui poenaliter sunt sub aliis coer-
cendi.
AD SECUNDUM DICENDUM quod aequalitas est causa quod dilectio
mutua sit aequalis. Sed t.amen intier inaequales potest esse maior
dilectio quam inter aequales, licet non aequaliter utrinque respon-
deat. Pater enim plus diligit filium naturalifor, quam frater fra-
trem ; licet filius non tantundem diligat patrem, sicut ab eo d.ili-
gitur.
AD TERTIUM DICENDUM quod causa disparitatis poterat esse et ex
parte Dei, non quidem ut punirei quosdam et. quosdam praemia-
rct; sed ut quosdam plus, quosdam minus sublimaret, ut pulchri-
tudo ordinis magis in hominibus reluceret. Et etiam ex parte na-
turae poterat disparitas causari secundum prnedictum (in corp.j
rnodum, absque aliquo defectu naturae.

ARTICULUS 4
Utrum homo in statu innocentiae homini dominabatur.
Supra, q, 92, a. 1, ad 2; f Sent., d. 4.\, q. 1, a. 3.

An QUARTU?.f src PROCEDITUR. Videtur quod homo in statu innocen-


tiae homini non dorninabatur. Dicit enirn Augustinus, 19 De Civ.
Dei [c. 15]: "Hominem rationalem, ad irnaginem suarn factum, non

peccato originale, che alcuni uomini naturalmente siano fatti per soggiacere in
tutto alla volontà di altri (cfr. I-Il, q. 94, a. 5, ad 3; li-li, q. fi7, a. 3, ad 2). l'Ila nel
suo pensiero questi servi non sono più gli schiavi del mondo pagano, privati dei
più elementari diritti, bensì i servi della gleba, ai quali egli riwnooce il diritto
di disv-0rrc d.1 sè entro certi limiti, e cioè relativamente alla scelta dello stato
(li-Il, q. 104, a. 5). D'altra parte egli sostiene che Essi dovevano <>s.sere governati
non tanto per l'utilità del padrone, quanto per Il loro stesso bene.
• Prima di procedere alla lettura dell'articolo, è beno prendere atto della nota
precedente.

18 - VI
278 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, a. 4

sua immagine, non dominasse che sugli esseri irragionevoli ; non


l'uomo sull'uomo, ma l'uomo sugli animali n.
2. Nello stato di innocenza non potevano esserci le condizioni
dovute come pena del peccato. Ora, la subordinazione di un uomo
all'altro fu una pena conseguente al peccato; fu detto infatti alla
donna dopo il peècato: "Tu sarai sotto la potestà del marito'"
Perciò nello stato di innocenza nessun uomo era sottoposto all'altro.
3. La sottomissione si oppone alla libertà. Ma la libertà è uno
dei beni principali, che non potevano mancare nello stato di inno·-
cenza, quando "non mancava niente di tutto quello, che una vo-
lontà retta avrebbe potuto deside.rare >>, come si esprime S. Ago-
stino. Quindi nello stato di innocenza nessun uomo esercitava un
dominio sugli altri uomini.
IN CONTRARIO: La condizione degli uomini nello stato di innocenza
non era superiore a quella degli angeli. Ma tra gli angeli ve ne
sono alcuni che hanno un dominio sugli altri; anzi c' è persino un
ordine detto delle Dominazioni. 1 Dunque il dominio di un uomo sul-
!' altro non pregiudica la nobiltà dello stato di innocenza.
RISPONDO: Il termine dominio si può prendere in due sensi. Primo,
come contrapposto di schiavitù: e in tal senso si dice dominus [ossia
padrone] colqi che tiene altri sotto di sè come schiavi. Secondo, nel
significato più comune che si riferisce a una sudditanza qualsiasi :
e in tal senso si può chiamare dominus anche chi ha l'ufficio di
governare e di dirigere delle persone libere. Prendendo dunque il
termine nel primo significato, allora nessun uomo nello stato di in-
nocenza avrebbe dominato su altri uomini ; stando invece al secondo
significato, un uomo avrebbe potuto avere il dominio sugli altri.
E la ragione sta in q11esto, che mentre "chi è libero è causa di
se stesso», 2 come si esprime il Filosofo, lo schiavo viene subordinato
ad altri. Perciò uno viene dominato come servo, quando viene subor-
dinato all'altrui utilità. E siccome ciascuno desidera il proprio bene,
e per conseguenza si rattrista per dover cedere ad altri quel bene
che dovrebbe esse·re suo, un tale dominio non è senza pena per i sot-
toposti. E quindi nello stato di innocenza non ci sarebbe stata questa
specie di dominio di un uomo sugli altri uomini.
Invece uno è sottoposto al dominio di un altro come persona li-
bera, quando quest'ultimo lo indirizza al bene di chi è governato.
oppure al bene comune. E tale dominio di un uomo sull'altro si
sarebbe verificato anche nello stato di innocenza, per due motivi.
Primo, perchè l'uomo è per natura un animale socievole: quindi gli
uomini nello stato di innocenza avrebbero vissuto in società. Ma non
può esserci vita sociale in una mpltitudine senza il comando di uno,
il quale abbia di mira il bene comune; poichè di suo una pluralità
di persone ha di mira una pluralità di scopi, mentre un individuò
mira ad uno scopo unico. Perciò il Filosofo insegna, che in ogni
pluralità di cose dirette a un fine, se ne trova sempre una che ha
la funzione direttiva e principale. - Secondo, ammesso che un uomo
avesse avuto sugli altri una preminenza ne.I sapere o nella santità,
sarebbe stato poco conveniente che non adoperasse queste sue doti

1 Nel volurn.e seguente S. Tommaso tratterà a lungo di tale argomento (cfr. I,


q. 108). -
2 Nella vecchia edizione Ma.rletti troviamo questa ottima nota: « II greco lnxa
IL DOMINIO DELL'UOMO 279
voluit Deus ms1 irrat.ionabilibus dominari ; non hominem homini,
sed hooninem pecori 11.
2. PRAETEREA, illud quod est introductum in poenam peccati, non
fuisset in statu innocentiae. Sed hominem subesse homini, intro-
ductum est in poenam peccati : dictum est enim mulieri post pec-
catum, u Suib potestiate viri eris », ut dicitur Gen. 3, 16. Ergo in
statu innocentiae non erat homo homini subiectus.
3. PRAETEREA, subiectio libertati opponitur. Sed libertas est unum
de praecipuis bonis, quod in sta.tu innocentia.e non defuisset, quando
« nihil aberat quod bona. voluntas cupere posset 11, ut Augustinus
dicit 14 De Civ. Dei [c. 10). Ergo homo homini in statu innocentiae
non domina.batur.
SEn CONTRA, conditio hominum in statu innocentiae non erat di-
gnior quam conditio angelorum. Sed inter angelos quidam alii:;;
dominantur: unde et unus ordo Dominationum vocatur. Ergo non
est contra dignitatem status innocentia,,e, quod home> homini domi-
naretur.
RESPONDEO DICENDUM quod dominium accipitur duplicite'l'. Uno
modo, secundum quod opponitur servituti: et sic dominus dicitur
cui aliquis subditur ut servus. Alio modo accipitur dominium, seoun-
dum quod communiter refertur ad subiectum qualitercumque: et sic
etiam me qui habet officium grubernandi et dirigendi liberos, domi-
nus dici potest. Primo e.rge> modo accepto dominio, in sta.tu innocen-
tiae homo homini non dominaretu~·: sed secundo modo accepto do-
minio, in statu innocentiae homo homini dom.inari potuisset.
Cuius ratio est, quia servus in hoc differt a libero, quod « liber
est causa sui», ut dicitur in principio Metaphys. [c. 2, led. 3); ser-
vus autem ordinatur ad alium. Tunc ergo aliquis dpminatur alicui
ut servo, quando eum cui dominatur ad propriam utilitatem sui,
scilicet dominantis, refert. Et quia unicuique est appetibile pro-
prium bonum, et per consequens contrista.bile est unicuique quod
illud bonum quod deberet esse suum, cedat alt.ed tantum; ideo tale
dominium non potest esse sine poena subiectorum. Propter quod, in
statu innocentiae non fuisset tale dominium hominis ad hominem.
Tunc vero dominatur aliquis alteri ut libero, quando dirigit ipsum
ad proprium bonum eius qui dirigitur, vel ad bonum commune. Et
tale dominium hominis ad hominem in statu innocenU.ae fuisset,
propter duo. Primo quidem, quia homo naturaliter est a.nimal so-
ciale: unde homines in sta.tu innocentiae socialiter vixissent. Socia-
lis autem vita multorum esse non posset, nisi aliquis praesideret,
qui ad bonum commune intenderet: multi enim per se intendunt
ad multa, unus vero ad unum. Et ideo Philosophus dicit, in prin-
cipio Politic. [c. 2, lect. 3), quod quandocumque multa ordinantur
ad unum, semper invenitur unum ut principale et dirigens. - Se-
cundo quia, si unus homo ha'buisset super alium supereminentiam
s'Cientiae et iustitiae, inconveniens fuisset nisi hoc exequeretur in
•brov va piuttosto tradotto come ablativo, nel senso del latino g1·atta sut, vale a
dire pe.r il proprio vantaggio soltanto e non per il vantaggio altrui, come Io
;;chiavo. Tuttavia s.t può anche prendere per un nominativo, nel senso del latino
~ausa sut, vale a dire movendosi di proprio arbiWio, come causa e principio
iella propria deliberazione e volizione, non già come lo schiavo, il quale vien.e
mosso dal comando e dall'iniziativa del padrone. Ma i due significati in sostanza
>l equivalgono "·
280 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, a. 4

in vantaggio degli altri, conforme al passo della Scrittura: «Ognuno


di voi ponga al servizio degli altri il dono ricovuto ». Perciò S. Ago-
stino dice che «i giusti comandano non per ambizione di dominio,
ma per il dovere di prendere a cuore [il bene altrui]; poichè cc que·
sto è l'ordine prescritto dalla natura, e così Dio ha creato l'uomo». '
Sono così risolte tutte le difficoltà, che sono imbastite sul primo
signiflcato del termine dominio.

' Sullo ~fondo dell'ideale umano concepito dal cristianesimo non e' è l' indivi-
dualismo o l'an:ircllia, come si riscontra nelle ideologie socialiste dei tempi mo-
derni. e· è lnvere l'aspù·azlone a una società organizzata, in cui ciascuno assolve
IL DOMINIO DELL'UOMO 281
utilitatem aliorum; secundum q.u-0d dicitur 1 Petr. 4, 10: "Unus-
quisque gratiam quam accepit, in alterutrum illam administra.n:-
tes "· Unde Augustinus dicit, 19 De Civ. Dei [cc. H, 15], quod "iusti
non dominandi cupiditate impeTant, sed officio consulondi: hoc na-
turalis ordo praescribit, ita Deus hominem condidit».
Et per Jwc patet responsio ad omnia obiecta, quae procEdunt de
primo modo dominii.

un suo compito specllìco, senza Invidiare coloro che si trovano in una concllzione
naturale di preminenza. Infatti que5ta preminenza si risolve in un servizio a fa·
vore del propri simili.
QUESTIONE 97
La conservazione dell'individuo nello stato
primitivo dell'uomo.

Passiamo ora a trattare di quanto riguarda il corpo nello stato


primitivo dell'uomo. Primo, rispetto alla conservazione dell' indi-
viduo; secondo, rispetto alla conservazione della specie.
Sul primo argomento si pongono quatt:ro quesiti: 1. Se l'uomo
nello stato di innocenza era immortale ; 2. Se era impassibile ; 3. Se
abbisognava del cibo; 4. Se conseguiva l'immortalità mediante l'al-
bero della vita.

ARTICOLO 1
Se l'uomo nello stato di innocenza era immortale.

SEMBRA che l'uomo nello stato di innocenza non fosse immortale.


Infatti:
1. Il termine mortale entra nella definizfone dell'uomo. Ora, se si
toglie la definizione, scompare anche il definito. Perciò se l'uomo
esisteva non poteva essere immortale.
2. "Corruttibile e incorruttibile differiscono nel genere», come in-
segna Aristotele. Ma tra cose di genere diverso non può verificarsi
il passaggio dell'una all'altra. Quindi, se il primo uomo fosse stato
incorruttibile, l'uomo non potrebbe ora essere corruttibile.
3. Se l'uomo nello stato di innocenza era immortalo, lo era o per
natura o per grazia. Ma mm lo era per natura: poichè, essendo
rimasta la natura identica nella specie, anche ora sarebbe immor-
tale. E non lo era neppure per grazia: poichè il primo uomo, come
sappiamo dalla Scrittura, Dio cc lo trasse fuori dal suo peccato», me-
diante il ricupero della grazia con la penitenza; quindi avrebbe ri-
cuperato anche l'immortalità; cosa evidentemente falsa. Dunque
nello stato di innocenza l'uomo non era immortale.
4. L'immortalità viene promessa all'uomo come premio, conforme
a quel passo della Scrittura: cc Non vi sarà più la morte >i. Ora,
l'uomo non fu creato nello stato di premio, ma in condizione di
meritarlo. Perciò nello stato di innocenza l'uomo non era immor-
tale.
IN CONTRARIO: Sta scritto: « Col peccato entrò la morte nel mond0< ».
Dunque nello stato di innocenza l'uomo era immortale. '
RrsPONDO: Una cosa può essere incorruttibile in tre maniere.
1 E dottrina definita che la morte è entrata. nel mondo a causa del peccato
(cfr. Rom., 5, I!/). Ecco il testo del Concilio Cartaginese tenutosi nel 418 sotto la
ùirezione di S. Agostino, e approvato dal papa Zosimo: " Chiunque avrà detto che
QUAESTIO 97
De bis quae pertinent ad statum primi hominis
quantum ad individui conservationem
tn quatuO'I' articulos dtvtsa.

Deinde considerandum est de his quae pertinent ad statum primi


hominis secundum corpus. Et primo, quantum ad conservationem
individui; secundo, quantum ad conservationem specie! [q. 98].
Circa primum quaeruntur quatuor. Primo: utrum homo in sta tu
innocentiae esset immortalis. Secundo: utrum esset impassibilis.
Tertio: utrum indigeret cibis. Quarto: utrum per lignum vitae iin-
mortalitatem consequeretur.

ARTICULUS 1
Utrum homo in statu innocentiae esset immortalis.
Supra, q. 76, a. 5, ad 1; f Sent., d. 19, aa. 2, 4; 4, d. 44, q. 3, a. 1, qc. 2;
De Vertt., q. 24, a. 9; De Malo, q. 5, a. 5; Compend. Theol., c. 152;
ad Rom., c. 5, Iect. 3.

AD PRIIl-IUM: SIC PROCEDITUR. Videtur quod homo in statu innocen-


tiae non erat immortalis. Mortale enim ponitur in definitione homi-
nis. Sed remota definitione, aufertur definitum. Ergo si homo erat,
non poterat esse .immortalis.
2. PRAETEREA, cc corruptibile et incorruptibile genere differunt », ut
dicitur in 10 11.-Jetaphys. [c. 10, lect. 12). Sed eorum quae differunt
genere, non est transrnutatio in invicem. Si ergo· primus homo fuit
incorruptibilis, non posset homo in statu isto esse corruptibilis.
3. PRAETF.REA, si homo in statu innocentiae fuit immortalis, aut hoc
habuit per naturam, aut per gratiarn. Sed non per naturam: quia,
cum natura eadem maneat secundum speciem, nunc quoque esset
immortalis. Similiter nec per gratiam : quia primus homo gratiam
per poenitentiam recuperavit, secundum illud Sa.p. 10, 2: Ed.uxit
u illum a delicto suo>>, ergo immortalitatem recuperasset ; quod pa-
tet esse falsum. Non ergo homo erat immortalis in statu innocentiae.
4. PRAETEREA, immortalitas promittitur homini in pra.emium; se-
cundum illud Apoc. 21, 4: u Mors utra non erit "· Sed homo non
fuit conditus in statu praemii, sed ut praemium mereretur. Ergo
homo in statu innocentiae non fuit immortalis.
SED CONTRA EST quod dicitur ad Rom. 5, 12, quod u per peccatum
intravit mors in mundum ». Ergo ante peccatum homo erat immor-
talis.
RESPONDEO DICENDUM quod aliquid potest dici incorruptibile tripli-

il primo uomo, Adamo, fu creato mortale, dl modo che eg·!i nel suo corpo avrebbe
subito la morte, sia che avesse peccato, sia che non avesse peccato, e cioè che sa-
rebbe uscito dal corpo non in pena del peccato, ma per necessità di natura, si'l
scomunicato» (DENZ., 101). La stessa dottrina venne riaffermata nel II Cooclllo di
Orange e nel concilio Trld.entin., (cfr. DENZ., 175, 788, 793).
284 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 97, aa. 1-2

Primo, a motivo della materia: e cioè, o perchè immateriale, ed


è il caso degli angeli, oppure perchè ha una materia che è in po-
tenza a una sola forma, come i corpi celesti. Un essere in queste
condizioni è incorruttibile per natura. - Secondo, I' incorruttibilità
può dipendere dalla forma: e capita quando una cosa corruttibile
per natura acquista tali disposizioni, per cui viene totalmente im-
munizzata dalla corruzione. Un tale essere è incorruttibile per glo-
ria: ed è quanto afferma S. Agostino là dove scrive che " Dio con-
ferì all'anima una natura così potente, da far rifluire sul corpo,
dalla propria felicità, la pienezza della salute, cioè il vigore del-
l'incorruttibilità "· - Terzo, una cosa può essere incorruttibile hl
forza della causa efficiente. E questo è il modo in cui l'uomo sa.
rebbe stato incorruttibile e immortale nello stato di innocenza. Scrive
infatti S. Agostino: « Dio fece l'uomo in modo che potesse godere
l'immortalità, fino a che non avesse peccato; cosicchè egli stesso
doveva essere l'artefice della sua vita, o della sua morte"· Il suo
corpo quindi non era indissolubile in forza di un suo intrinseco
vigore di immortalità; ma vi era nell'anima una virtù conferita
da Dio in maniera soprannaturale, con la quale l'anima poteva pre-
servare il corpo immune da ogni corruzione, finchè essa fosse rima-
sta sottoposta a Dio. E la cosa era ragionevole. Infatti, come l'anima
trascende i limiti della materia corporea, così era conveniente che
le fosse conferita inizialmente, per cooservare il corpo, una virtù che
trascendeva le capacità naturali della materia corporea.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2. Le prime due difficoltà varreb-
bero, se si trattasse di un essere incorruttibile e immortale per
natura.
3. La virtù che preservava il corpo dalla corruzione non era na-
turale per l'anima umana, ma era un dono di grazia. E sebbene
l'uomo ricuperasse la grazia, tale recupero fu sufficiente a rimet-
tere il peccato e a meritare la gloria, non già a riottenere I' immor-
talità perduta. Una tale opera era riservata a Cristo, il quale, come
vedremo, doveva sublimare gli stessi difetti della natura.
4. L' immortalità della gloria, che ci è promessa in premio, dif-
ferisce dall'immortalità conferita all'uomo nello stato di innocenza.

ARTICOLO 2
Se l'uomo nello stato di innocenza era passibile. 1

SEMBRA che l'uomo nello stato di innocenza fosse passibile. In-


fatti:
1. "Sentire è una specie di passività"· Ora, all'uomo nello stato
di innocenza non sarebbe mancata la sensibilità. Dunque era pas-
sibile.
2. Anche il sonno è una specie di passività. Ma l'uomo nello stato

1 La c.onclusione positiva dell'artiMlo è dottrina r-0mune del Padri e del teo-


logi, autorevolmente Insegnata dal Catechismo dcl Concilio dt Trento: "Dio co-
stitul l'uomo, che era stato dotato di un corpo tratto dal tango della terra, in
LA CONSERVAZIONE DELL'INDIVIDUO 285
citer. Uno modo, ex parte mate·riae: eo scilicet quod vel non hàbet
materiam, sicut angelus; vel habet materiam quae non est in po-
tenti a nisi ad unam formam, sicut corpus caeleste. Et hoc dicitur
secundum naturam incorruptibile. - Alio modo dicitur aliquid in-
corruptibile ex parte formae: quia scilice.t rei corruptibili per na-
turam, inhaeret aliqua dispositio per quam totaliter a corruptione
prohibetur. Et hoc dicitur incorruptibile secundum gloriam: quia,
ut dicit Augustinus in Epistola ad Dioscorum [Epist. 118, c. 3), "tam
potenti natura Deus fecit animam, ut ex eius beatitudine redundet
in corpus plenitudo sanitatis, idest incorruptionis vigor ». - Tertio
modo dicitur aliquid incorruptibile ex parte causae efficientis. Et
hoc modo homo in statu innocentiae fuisset incorruptibilis et im-
mortalis. Quia, ut Augustinus dicit in libro De Qu.aest. Vet. et Nov.
Test. [q. 19), « Deus hominem fecit, qui quandiu non peccaret, im-
mortalitate vigeret, ut ipse sibi auctor esset aut ad vitam aut ad
mortem '" Non enim corpus eius erat indissolubile per aliquem im-
mortalitatis vigorem in eo existentem ; sed inerat animae vis quae-
dam supeTnaturaliter divinitus data, per quam poterat corpus ab
omni corruptione praeservare, quandiu ipsa Deo subiecta rnansisset.
Quod rationabiliter factum est. Quia enim anima rationalis excedit
proportionem corporalis materiae, ut supra [q. 76, a. 1) dictum est;
conveniens fuit ut in principio ei virtus daretur, per quam corpus
conservare posset supra na.turam corporalis materiae.
AD PRIMUM ERGO et SECUNDUM DICENDUM quod rationes illae proce-
dunt de incorruptibili et immortalì per naturam.
AD TERTIUM DICENDUM quod vis illa praeservandi corpus a corrup-
tione, non erat animae humanae naturalis, s.ed per donum gratiae.
Et quamvis gratiam recuperaverit ad Temissionem culpae et meri-
tum gloriae, non tamen ad amissae imm-0rtalitatis effedum. Hoc
enim reservabatur Christo, per quem naturae de.fectus in melius rc-
parandus erat, ut infra [III, q. 14, a. 4, ad 1) dicetur.
AD QUARTUM DICENDUM quod differt immortalitas gloriae, qua.e pro-
mittitur in praemium, ab immortalitate quae fuit homini collata in
statu innocentiae.

ARTICULUS 2
Utrum homo in statu innocentiae fuisset passibilis.
t Sent., d. 10, a. 3; 4, d. 44, q. 2, a. 1, qc. 4, ad 1.
An SECL'ND(jM SIC PROCEDITCR. Videtur quod homo in statu innocen-
tiae fui-sset passibilis. "Sentire" enim "est pati quoddam » [AmsT.,
2 De Anima, c. 11, lect. 23). Sed homo in statu innocentiae fuisset
sensibilis. Ergo fuisset passibilis.
2. PRAETEREA, somnus pa,ssio quaedam est. Sed homo in statu inno-

tal maniera, da renderlo immortale e imp?..osibile, non g1a m forza della sua
natura, ma pe.r un dono divino" (P. I, a. 2, n. 19). - Non ci fermiamo a spiegare
il terminepa.~sibile, perchè l'Autore stesso si è incaricato di far1o in maniera
esauriente nel rispondo.
286 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 97, aa. 2-3

di innocenza avrebbe dormito ; leggiamo infatti che " Dio mandò un


sonno profondo ad Adamo». Perciò doveva essere passibile.
3. Nello stesso passo la Scrittura aggiunge: "gli tolse una delle
coste». Dunque l'uomo sarebbe stato passibile fino a subire l'ampu-
tazione di una delle sue parti.
4. II corpo dell'uomo era morbido. Ora, un corpo morbido è na-
turalmente passivo di fronte a un corpo duro. Quindi se il corpo
del primo uomo si fosse scontrato con un corpo duro, avrebbe pa-
tito una contusione. Dunque il primo uomo era passibile.
È VERO IL CONTRARIO: perchè se fosse stato passibile sarebbe stato
anche corruttibile ; poichè «la passività intensificata porta alla di-
struzione della sostanza.,,,
RrsPONDO: Passione si usa in due diversi significati. Primo, in
senso proprio; e allora si dice che una cosa subisce una passione,
quando viene tolta dalla sua disposizione naturale. La passione in-
fatti è un èffetto dell'azione: e in natura i contrari agiscono e pati-
scono reciprocamente, poichè l'uno tende a modificare le disposizioni
naturali dell'altro. - Secondo, comunemente sta a indicare qualsiasi
mutazione, anche se serve alla perfezione naturale di un essere;
cosicchè l'intellezione e la sensazione sono «un certo patire».
Stando a questo secondo significato, l'uomo nello stato di inno-
cenza era passibile, e pativa tanto nell'anima che nel corpo. Invece
se ci riferiamo al primo significato del termine, l'uomo era impas-
sibile sia nell'anima che nel corpo, così come era immortale; po-
teva. infatti impedire ogni patimento, allo stesso modo che la morte,
se si fosse conservato immune dal peccato.
SOLl'ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1, 2. È evidente così la soluz.ione delle
prime due difficoltà. Infatti il sentire e il dormire non tolgono la di-
sposizione naturale, ma sono ordina.ti al bene della natura.
3. Come abbiamo notato sopra, quella costola si trovava in Adamo,
in quanto questi era il principio del genere umano; come nell'uomo,
quale principio della generazione, si trova attualmente lo sperma.
Perciò, come l'emissione dello sperma avviene senza una disposi-
zione contraria alla disposizione naturale dell'uomo, così dobbiamo
pensare dell'amputazione di quella costola.
4. Nello stato di innocenza il corpo dell'uomo poteva essere pre-
servato dalle lesioni dei corpi duri, in parte con la ragione, capace di
evitare le cose nocive; in parte con l'aiuto deUa provvidenza divina,
che avrebbe impedito qualsiasi scontro improvviso, da cui avrebbe
potuto ricevere un danno.

ARTICOLO 3
Se l'uomo nello stato di innocenza aveva bisogno di cibo. 1

SEMBRA che nello stato di innocenza l'u0mo non avesse bisogno


di cibo. Infatti :
1. Il cibo è necessario all'uomo per riparare le perdite. Ora, pare
1 Dinanzi a un quesiw così spa&soso e curioso si scorge ugu:ilmente, e forse me.
glio che altrove, lo spirito positivo e realistico di S. Tommaso. Egli non fantastica
LA CONSERVAZIONE DELL'INDIVIDUO 287

centiae dormivisset; secundum illud Gen. 2, 21: « Immisit Deus so-


porem in Adam ». Ergo fuisset passibilis.
3. PRAETEREA, ibidem subditur quod "tulit unam de costis eius >>.
Ergo fuisset passibilis etiam per abscissionem partis.
4. PRAETEREA, corpus bominis molle fuit. Sed molle naturaliter pas-
sivum est a duro. Ergo si corpori primi hominis obvium fuisset ali-
quod corpus durum, ab eo passum fuisset. Et sic primus homo
fuit passibilis. -
SED CONTRA EST quia, si fuit passibilis, fuit etiam corruptibilis:
quia "passio, magis facta, abiicit a substantia » [ARIST., 6 Topic.,
c. 6).
REsPONDEO DJCENDUM quod passio dupliciter dicitur. Uno modo,
proprie: et sic patì dicitur quod a sua naturali dispositione remo-
vetur. Passio enim est effectus actionis: in rebus autem naturali-
bus contraria agunt et patiuntur ad invicem, quorum unum remo-
vet alterum a sua naturali dispositione. - Alio modo, dicitur passio
communiter, secundum quamcumque mutationem, etiam si perti-
neat ad perfectionem naturae; sicut intelligere vel sentire dicitur
« pati quoddam » [ARIST., 3 De Anima, c. 4, lect. 7].
Hoc igitur secundo modo, homo in statu innocentiae passibilis
erat, et patiebatur, et secundum animam et secundum corpus. Primo
autem modo dieta passione, erat impassibilis et secundum animam
et secundum corpus, sicut et immortalis: poterat enim passionem
prohibe-re, sicut et mortem, si absque peccato perstitissct.
Et per hoc patet responsio ad DUO PRIMA. Nam sentire et dormire
non removent hominem a naturali dispositione, sed ad bouum na-
turae ordinantur.
AD TERTIUM DICENDUM quod, sicut supra [q. 92, a. 3, ad 2) dictum
est, costa illa fuit in Adam, inquantum erat principium humani
generis; sicut semen est in homine, inquanturn est principium per
generationem. Sicut igitur decisio seminis non est cum passione
quae- removeat hominem a naturali dispositione, ita etiam est di-
cendum de separatione illius costae.
An QUARTUM DICENDuM quod corpus hominis in statu innocentiae
poterat praeservari ne pateretur laesionem ab aliquo duro, partim
quidem per propriam rationem, per qua.m poterat nociva. vita.re;
partim etiam per divinam providentiam, quae sic ipsum tuebatur,
ut nihil ei occurreret ex improviso, a quo laederetur.

ARTICULUS 3
Utrurn homo in statu innocentiae indigebat cibis.
f Seni., d. 19, a. 2, ad 2, 3; 4 Cont. Gent., c. 83; De Malo, q. 5, a. 5, ad s;
Compend. Theol., c. 156.

AD U:RTJUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod homo in statu innocen-


tiae non indigebat cibis. Cibus enim necessarius est homini ad re-
staurationem deperditi. Sed in corpore Adae, ut videtur, nulla fie-
mal, non si formalizza, e non trova motivo di scandalo in nessuno degl! aspetti
della realtà.
288 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 97, a. 3

che nel corpo di Adamo non ci fossero perdite di sorta, essendo in-
corruttibile. Perciò egli non aveva bisogno di mangiare.
2. II cibo è necessario per nutrirsi. Ma non c'è nutrizione s.enza
una vera passione. Ora, essendo il corpo dell'uomo impassibile, non
si vede come potesse aver bisogno di ciho.
3. Il cibo è necessario a noi per la conservazione della vita. Ma
Adamo poteva conservare la vita in altra maniera; poichè se non
avesse peccato, non moriva. Dunque egli non aveva bisogno di man-
giare.
4. Alla nutrizione segue l'eliminazione del superfluo, che è un atto
indecoroso per la nobiltà dello stato primitivo. Quindi sembra che
l'uomo nello stato primitivo non dovesse mangiare.
IN CONTRARIO: Sta scritto : " Mangiate di qualunque albero del
Paradiso».
RISPONDO: Nello stato di innocenza l'uomo aveva una vita ani-
male, che abbisognava di alimento; mentre dopo la resurrezione
avrà una vita spirituale, senza questa necessità. Per averne l'evi-
denza, si deve considerare che l'anima razionale è insieme anima
e spirito. E anima in rapporto a ciò che ha di comune con le altre
anime, vale a dire in quanto dà vita al corpo; perciò sta scritto:
«Fu creato l'uomo oome anima vivente li, cioè come anima che dà
vita al corpo. L'anima razionale è invece spirito in rapporto allt~
sue proprietà esclusive, non comuni agli altri animali, e cioè in
quanto possiede le facoltà intellettive e immateriali.
Ora, nello stato primitivo l'anima razionale comunicava al corpo
ciò che le appartiene in quanto anima; perciò il corpo umano fu
detto giustamente animale, proprio perchè aveva ricevuto la vita
dall'anima. D'altra parte il primo principio vitale degli esseri infe-
riori, come dice Aristotele, è l'anima vegetativa, le cui funzioni
sono la nutrizione, la generazione e la crescita. Perciò tali funzioni
dovevano trovarsi nell'uomo nello stato primitivo. - Invece nella
vita futura, dopo la resurrezione, l'anima trasfonderà al corpo in
qualche modo le proprietà sue in quanto spirito : cioè I' immorta-
lità in tutti, limpassibilità, la gloria e la potenza nei soli buoni, i
cui corpi saranno denominati spirituali. Perciò dopo la. resurre-
zione gli uomini non avranno bisogno di cibarsi, mentre ne ave-
vano bisogno neUo stato di innocenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Scrive s. Agostino: ((Come era
possibile che un corpo immortale fosse sostentato dal cibo? Perchè
un essere immortale non ha bisogno nè di cibo, nè di bevanda».
Ma abbiamo già notato, che l' immortalità dello sfato primitivo de-
rivava da una virtù soprannaturale p.resente nell'anima., e non da
una disposizione fisica. del corpo. Perciò l'azione del calore poteva
causare nel corpo la perdita di una certa quantità dell'elemento
umido; cosicchè si rendeva necessaria la nutrizione, per impedire
che esso si esaurisse del tutto.
2. Nella nutrizione si ha una vera passione o alterazione, ma ne-
gli alimenti, i qua.li si trasformano nella sostanza di chi si nutre.
Perciò non è lecito concludere che il corpo dell'uomo era passibile,
ma che era passibile il cibo assimilato. Per quanto una tale passi-
vità fosse ordinata alla perfezione della natura.
3. Se l'uomo non si fosse sostentato col cibo, avrebbe peccato,
come peccò mangiando il cibo proibito. Infatti gli era stato ordi-
LA CONSERVAZIONE DELL'INDIVIDUO 1$9
bat deperdiiio: quia incorruptibile erat. Ergo non erat ei clbus ne•
cessarius.
2. PnAETEREA, cibus est necessarius ad nutriendum. Sed nutritio
non est sine passione. Cum ergo corpus hominis esset impassibile,
non erat ei cibus necessarius, ut videtur.
3. PRAETEREA, cibus dicitur esse nobis necessarius ad vitae conser-
vationem. Sed Adam aliter vitam poterat conservare: qui a si non
peccaret, non moreretur. Erg,o cibus non erat ei necessarius.
4. PRAETEREA, ad sumptionem cibi sequitur emissio superfluitatum,
quae habent quandam turpitudinem non convenientem dignitati
primi status. Ergo videtur quod homo in primo statu cibis non ute-
retur.
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2, 16: "De omni ligno quod est
in Paradiso >>, comedetis.
RESPONDEO DICENDUM quod homo in statu innocentiae ha:buit vitam
animalem cibis indigentem ; post resurrectionem vero habebit vitam
spiritualem cibis non indigentem. Ad cuius evidentiam, consideran-
dum est quod anima rationalis et anima est et spiritus. Dicitur au-
tem esse anima secundum illud quod est sibi commune et aliis ani-
mabus, quod est vitam corpori dare: un de dicitur Gen. 2, 7: "Fac-
tus est homo in animam viventem », idest vitam corpori dantem.
Sed spiritus dicitur secundum illud quod est proprium sibi et non
aliis animabus, quod sci!icet habeat virtutem intellectivam imma-
terialem.
In primo igitur statu anima rationalis communicabat corpori id
quod competit ei inquantum est anima: et ideo corpus illud dice-
batur animale, inquantum scilicet habebat vitn.m ab anima. Primum
autem principium vitae in istis inferioribus, ut dicitur in libro .2 De
Anima [c. 4, lect. 7; 3, c. 9, lect. 14], est anima vegetabilis, cuius
opera sunt alimento uti et generare et augeri. Et ideo haec opera
homini in primo statu competebant. - In ultimo vero statu post
resurrectionem, anima communicabit quodammodo corpori ea quae
sunt sibi propria inquantum est spiritus: immortalitatem quidem,
quantum ad ornnr,s ; impassibilitatem vero et gloriam et virtutem,
quantum ad bonos, quorum corpora spiritualia dicentur. Unde post
resurrectionern homines cibis non indigebunt: sed in statu inno~en­
tiae eis indigehant.
AD PIU;IUTM ERGO DICENDUM quod, sicut dicit Augustinus in libro
De Q·uaest. Vet. et Nov. Test. [q. 19]: "Quomodo immortale corpus
habebat, quod cibo sustentabatur? immortale enim non eget esca
neque potu ». Dictum est enim supra [a. 1] quod immortalitas primi
status erat secundum vim quandam supernaturalem in anima resi.-
dentem ; non autem secundum aliquam dispositionem corpori inhae-
rentem. Unde per actionem caloris aliquid de humido illius corporis
poterai deperdi; et ne totaliter consumeretur, necesse iirat per as-
sumptionem cibi homini subvenirì.
An SECUNDUM DICENDUM quod in nutritione est quaedam passio et
a.lterat.io, scilicet ex parte alimenti, quod convert.itur in substantiam
eius quod alitur. Unde ex hoc non potest concludi quod corpus ho-
minis fuerit passibile, sed quod cibus assumptus erat passibilis.
Quamvis etiam talis passio esset ad perfectionem naturae.
An TERTIUM DICENDUM quod, si homo sibi non subveniret de cibo,
peccaret ; sicut peccavit sumendo vetitum cibum. Simul enim sibi
290 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 97, aa. 3-4

nato contemporaneamente di astenersi dall'albero della scienza del


bene e del male, e di cibarsi di ogni altro albero del Paradiso. 1
4. Alcuni ritengono che l'uomo nello stato di innocenza avrebbe
preso solo il cibo strettamente necessario; perciò non ci sarebbe
stata eliminazione del superfluo. - Ma non sembra ragionevole che
nel cibo ingerito dovesse mancare del tutto qualsiasi materia fe-
cale, non fatta per trasmutarsi in nutrimento dell'uomo. Perciò do-
veva esserci l'eliminazione dei rifiuti. Dio però avrebbe provveduto
a togliere a quell'atto ogni aspetto indecoroso.

ARTICOLO 4
Se l'uomo nello stato di innocenza avrebbe conseguito
limmortalità mediante l'albero della vita. 2

SEMBRA che l'albero della vita non potesse essere causa dell' im-
mortalità. Infatti:
1. Nessuna cosa può nell'agire superare la propria specie; poi-
chè l'effetto non può essere supe.riore alla causa. Ora, l'albero della
vita era corruttibile: altrimenti non avrebbe potuto servire come
cibo; poichè il nutrimento si trasforma nella sostanza di chi lo
ingerisce, come abbiamo detto. Dunque l'albevo della vita non po-
teva dare l'incorruttibilità o immortalità.
2. Gli effetti .causati dalla virtù delle piante e delle altre cose
naturali sono naturali. Perciò se l'albero della vita avesse causato
l'immortalità, questa sarebbe stata di ordine naturale.
3. Il racconto della Genesi sembra affine alle favole degli antichi,
messe in ridicolo da Aric;totele, i quali dicevano che gli dèi erano
diventati immortali, mangiando certi cibi.
IN CONTRARIO: 1. Sta scritto: "Che egli [Adamo] non abbia a sten-
dere la mano, e prendere anche dall'albero della vita, e mangiare,
e vivere in eterno».
2. Inoltre, S. Agostino commenta: "L'uso dell'albero della vita
impediva la corruzione del oorpo ; cosicchè anche dopo il peccato
sarebbe potuto rimanere incorruttibile, se gli fosse stato concesso
di mangiare di quell'albero"·
RISPONDO: L'albero della vita era causa dell'immortalità, ma non
in senso assoluto. Per esserne persuasi, bisogna considerare che
l'uomo nello stato primitivo, per conservare la vita, aveva due ri-
medi, contrapposti a due deficienze. La prima deficienza consiste
nella perdita dell'elemento umido sotto l'azione del calore natu-
1 La ritorsione dell'argon1ento è sorprendente. e forse non mane<1 una punta
di umorismo In questo gin-OCO magistrale di dialettica ad homtnem.
2 Nel passato sono stati scritti fiumi di incì1ioswo intorno all'alb2ro della vita,
per discutere che cosa mai fosse; oggi si scrive ancora, e forse di più, per rife-
rire le opinioni dei Padri e dei teologi. - Per capire il testo di S. Tommaso dob-
biamo osservare che noi oggi ci troviamo in condizioni ben diverse per giudicare
di tali argomenjj. Gli antichi pensavano che il Paradiso terrestre esistesse ancora,
come località ben deftnHa, sul nostro pianeta ; e quindi credevano che esistesse .
tuttora l'albero della vita coli le sue virtù prodigiose. Noi invece abbiamo potuto
riscontrare che quel paradiso non esiste più: esistette solo da principio in fun-
zione dell'uomo creato Mllo stato di innocenza. Siamo perciò costretti a pensare
LA CONSERVAZIONE DELL'INDIVIDUO 291
praeceptwn fuit [Gen. 2, 16-17] ut a ligno scientiae boni et mali ab-
stineret, et ut de omni alio ligno Paradisi vesceretur.
AD QUARTUM DICENDUM quod quidam dicunt quod homo in statu
innocentiae non assumpsisset de cibo nisi quantum fuisset ei neces-
sarium: unde n-0n fuisset ibi superfluitatum emissio. - Sed hoc irra-
tionabile videtur, quod in cibo assumpto non esset aliqua faec.ulen-
tia, quae non esset apta ut conveirteretur in hominis nutrimentum.
Unde oportebat superfluitates emitti. Tamen fuisset divinitus provi-
sum ut nulla ex hoc indecentia esset.

ARTICULUS 4
Utrum homo in statu innocentiae per lignum vitae
immortalitatem consecutus fuisset.
f Sent., d. 19, a. ~; De Maio, q. 5, a. 5, ad s, 9.
AD QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod lignum vitae non pote-
rat esse causa immortalitatis. Nihil enim potest agere ultra suam
"'peciem: effectus enim non excedit causam. Sed lignum vitae erat
corruptibile : alioquin non potuisset in nutrimentum assumi, quia
alimentum convertitur in substantiam nutriti, ut dictum est [a.
praec. ad 2). Ergo lignum vitae incorruptibilitatem seu immortali·
tatem conferre non poterat.
2. PRAETEREA, effectus qui causantur a virtutibus plantarum et alfa.
rum naturalium rerum, sunt naturales. Si ergo lignum vitae im-
mortalitatem causasset, fuisset illa immortalitas naturalis.
3. PRAETEREA, hoc videtur redire in fabulas antiquorum, qui dixe-
runt quod dii qui comedebant de quodam cibo, facti sunt immor-
tales: quos irridet PhHosophus in 3 M etaphys. [c. 4, lect. 11].
SEn CONTRA EST quod dicitur Gen. 3, 22: "Ne forte mittat manum
suam et sumat de ligno vitae, et comedat et vivat in aeternum ».
PRAETEREA, Augustinus, in libro De Quaest. Vet. et Nov. Test. [q. 19],
dicit: "Gustus arboris vitae corruptionem corporis inhibebat: deni-
que etiam post peccatum potuit insolubilis manere, si permissum
esset illi edere de arbore vitae».
RESPONDEO DICENDUM quod lignum vitae quodammo-do immO'rtali-
tatem causabat, non autem simpliciter. Ad cuius evidentiam, consi-
derandum est quod duo remedia ad conservationem vitae habeJJat
homo in primo statu, contra duos defectus. Primus enim defectus
est deperditio humidi per actionem caloris naturalis, qui est animae
che anche l'albero della vita abbia cessato di esistere ùopo il peccato. Per tale
motivo slamo portati a considerare la virtù ùi detto albero come qualche cosa di
prodlgloso, e a dare più peso al suo valore simbolico, che alla sua realtà.
Già nei primi secoli del cristiant>simo Origene pensò che l'albero della vita
fosse soltanto un simbolo, e così inclinano a credere non pochi moderni. Ma i
teologi più seri ritengono che si tratti di un vero albero, con valore simbolico
evidente, prodotto da Dio con la funzione prodigiosa di conservare indefinita·
mente la vita degli esseri umani.
S. Tommaso ha cercato di spiegare la funzione dell'albero della vita applicando
le nozioni di tisiologia e di biologia a sua disposizione. Ma in ciò la sua esposi·
zlone non rappresenta niente di costruttivo e di serio per noi. Dove invece egli
fa delle rltlessioni generali sulla condizione di immortalità propria del primo
uomo, il suo pensi.ero interessa ancora e i teologi e gli esegeti (cfr. CEUPPENS,
op. clt., p. 10~).
292 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 97, a. 4

raie, necessario strumento dell'anima. L'uomo -rimediava a tale de-


ficienza cibandosi degli altri alberi del Paradiso, come facciamo
anche noi mediante i cibi che prendiamo.
Il secondo difetto sta nel fatto, notato anche dal Filosofo, che una
sostanza, la quale viene generata da una materia estranea mediante
l'aggregazione a un corpo umido preesistente, debilita la virtù attiva
della specie; aggiungendo, p. es., l'acqua al vino, dapprima l'acqua
prende il sapore del vino, ma via via che se ne aggiunge, diminui-
sce la forza del vino e finalmente il v:ino diventa acquoso. In modo
analogo vediamo che da principio la virtù attiva della specie è così
forte, da assimilare non solo l'alimento necessario a riparare le per-
dite, ma anche quello che serve alla crescita. In seguito invece l'ali-
mento assimilato non è più sufficiente per la crescita, ma basta
appena a riparare le perdite. Finalmente nella vecchiaia non basta
neppure a questi>; perciò si ha un decadimento fino alla dissolu-
zione del corpo. - Precisamente contro tale deficienza l'uomo veniva
immunizzato dall'albero della vita, che possedeva la capacità di rin-
vigorire la virtù della specie contro la debilitazione causata dal!' as-
similazione di sostanze estranee. Perciò S. Agostino afferma che
«l'uomo aveva il cibo per sfamarsi, la bevanda per dissetarsi, e
l'albero della vita per non essere disfatto dalla vecchiaia». E al-
trove dichiara che "l'albero della vita era come una medicina, che
impediva la dissoluzione dell'uomo». ·
Però l'albero della vita non causava l'immortalità in senso asso-
luto. Infatti la virtù stessa, esistente nell'anima per conservare il
corpo, non era causata dall'albero della vita; e neppure poteva
comunicare al corp0 tale disposizione all' immortalità, da preser-
varlo per sempre. E questo perchè evidentemente la virtù di ogni
corpo è limitata. Quindi la virtù dell'albero della vita non poteva
giungere a dare al corpo la capacità di durare per un tempo inde-
finito, ma solo per un temno limitato. È evidente infatti che la du-
rata degli effetti dipende dall'efficacia di una data virtù. Ora, es-
sendo limitata la virtù dell'albero della vita, se una sola volta se
ne mangiava il frutto, questo poteva preservare dalla corruzione
fino a un dato tempo; trascorso il quale, l'uomo sarebbe passato
alla vita beata, oppure avrebbe avuto novamente bisogno di man-
giare dell'albero della vita.
SOLl'ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: Restano così sciolti gli argomenti ini-
ziali. Infatti le prime difficoltà portano a concludere che l'albero
della vita non causava l' incorrutt.ibilità in senso assoluto. 1 Le altre
invece dovrebbero concludere che le causava solo con l'impedire la
corruzione, nel modo che abbiamo spiegato.

1 Infatti l" immortalità derivava dir-C'ttamente da un dono gratuito di Dio, come


è ~tato detto chiaramente' a p. 2s1,: "Vi era nell'anima una virtù conferita d.a
LA CONSERVAZIONE DELL'INDIVIDUO 293

instrumentum. Et contra hunc defectum subveniebatur homini per


esum aliorum lignorum Paradisi, sicut et nunc subvenitur nobis
per cibos quos sumimuS'.
Secundus autem defectus est quia, ut Philosophus dicit 1 De Ge-
nerat. [c. 5, lect. 17), illud quod generatur ex aliquo extraneo,
adiunctum ei quod prius erat hurnido praeexistenti, imminuit vir-
tutem activam speciei: sicut aqua adiuncta vino, primo quidem con-
vertitur in saporem vini, sed secuudum quod magis et magis addi-
tur, diminuit vini fortitudinem, et tandem vinum fit aquosum. Sic
igitur videmus quod in principio virtus activa speciei est adeo fo.rtis,
quod potest converteTe de alimento non solum quod sufficit ad re-
staurationem deperditi. sed etiam quod sufficit ad augmentum. Post-
modum. vero quod aggeneratur non sufficit ad augmentum, sed so-
lum ad restaurationem deperditi. Tandem vero, in statu senectutis,
nec ad hoc sufficit: unde sequitur decrementum, et finaliter natu·
ralis dissolutio corporis. - Et contra hunc defectum subveniebatur
homini per Iignum vitae: habebat enim virtutem fortificandi virtu-
tcm speciei contra debilitatem provenientem ex admixtione extranei.
Unde Augustinus dicit, in 14 De Civ. Dei [c. 26), quod « cibus ade-
rat homini ne esuriret, potus ne sitiret, et lignurn vitae ne senectus
eum dissolveret ». Et in libro De Qua.est. Vet. et Nov. Test. [ubi su-
pra], dicit quod «vitae arbor medicinae modo corruptionem homi-
num prohibebat ».
Non tamen simpliciter immortalitatem causabat. Quia neque vir-
tus quae inerat animae ad conservandum corpus, causabatur ex
ligno vitae: neque etiam poterat immortalitatis dispositionem cor-
pori praestare, ut nunquam dissolvi posset. Quod ex hoc patet, quia
virtus cuiuscumque corporis est finita. Unde non poterat virtus ligni
vitae ad hoc se extendere ut daret corpori virtutem durandi tempore
infinito, sed usque ad determinatum tempus. Manifestum est enim
quod, quanto aliqua virtus est maior, tanto imprimit durabiliorem
effectum. Unde cum virtus ligni vitae esset finita, semel sumptum
praeservabat a corruptione usque ad determinatum tempus; quo
finito, vel homo translatus fuisset ad spiritualem vitam, vel indi-
guisset iterum sumere de ligno vitae.
Et per hoc patet responsio ab obiecta. Nam primae rationes con-
cludunt quod non causabat incorruptibilitatem simp1iciter. Aliae
vero concludunt quod causabat incorruptibilitatem impediendo cor-
ruptionem, secundum modum praedictum [in corp.].

Dio in maniera soprannaturale, con la qual-0 l'anima poteva preservare 11 corpo


immune da ogni corruzi-0ne, fincllè essa rosse rimasta sot.topos"'1 a Dio•.

rn - vr
QUESTIONE 98
A proposito della conservazione della specie.

Trattiamo ora di quelle cose che hanno attinenza con la conserva-


zione della specie. E cioè: primo, della generazione; secondo, della
condizione della prole generata.
Sul primo argomento si pongono due quesiti : 1. Se nello stato
di innocenza vi sarebbe stata la generazione ; 2. Se la generazione
sarebbe avvenuta mediante il coito. '

ARTICOLO 1
Se nello stato di innocenza vi sarebbe stata la generazione.

SEMBRA che nello stato di innocenza non vi sarebbe stata la gene-


razione. Infatti:
1. Dice Aristotele che "la corruzione è contraria alla genera-
zione ». Ora i contrari riguardano un medesimo soggetto. Ma nello
stato di innocenza non vi sarebbe stata la corruzione. Dunque nep-
pure la generazione.
2. Scopo della generazione è di conservare come specie quegli es-
seri che non è possibile conservare come individui. E difatti non
si riscontra generazione in quegli individui che durano in perpe-
tuo. Ora, l'uomo nello stato di innocenza sarebbe vissuto perpetua-
mente scmza morire. Perciò in quello stato non vi sarebbe stata ge-
nerazione.
3. Gli uomini con la generazione si moltiplicano. Ma se si molti-
plicano i padroni, si devono necessariamente dividere i possessi,
per evitare confusioni nel dom.inio. Ora, siccome l'uomo fu creato
padrone degli animali, la moltiplicazione del genere umano me-
diante la generazione avrebbe portato alla divisione dei possessi.
E ciò è contro il diritto naturale, secondo il quale tutte le cose sono
comuni, come afferma S. Isidoro. Dunque nello stato di innocenza
non ci sarebbe stata la generazione.
IN CONTRARIO: Sta scritto : « Crescete, moltiplicatevi e riempite la
terra». Ma siffatta moltiplicazione non poteva verificarsi senza ge-
nerazione, poichè all' inizio ne erano stati creati soltanto due. Per-
ciò nello stato primitivo ci sarebbe stata la generazione.
RISPONDO: Nello stato di innocenza per moltiplicare il genere
umano ci sarebbe stata la generazione; altrimenti sarebbe 1>tato
davvero necessario il peccato dell'uomo, dal quale sarebbe derivato
un bene si grande. Dobbiamo dunque tenere presente che l'uomo,

1 A noi può sembrare strano che S. Tommaso si sia posto certe domande. Ma
dobbiamo ricordarci che queste pagine sono state scritte intorno al 12Cli, quando
gli errori dei Catari non erano ancora scomparsi, e di recente erano state con-
QUAESTIO 98
De pertinentibus ad conservationem speciei
tn duos arttculos llivtsa.

Deinde consideranùum est de bis quo.e pertinent ad conservatio-


nem speciei. Et primo, de ipsa gcnerat.ione; secundo, dc conditione
prolis genitae [q. 99].
Circa primum quaeruntur duo. Primo: utrum in statu innocen-
tiae fuisset generatio. Secundo: utrum fuisset generatio per coitum.

ARTICULUS 1
Utrum in statu innocentiae fuisset generatio.
f Sent., d. 20, q. 1, a. 1.
An PilIMUM src PROCEDlTl'R. Viùetur quod in statu innocentiae non
fuisset generatio. "Generationi,, enim "corruptio est contraria n,
ut dicitur in 5 Physic. [c. 5, lect. 8]. Contraria autem sunt circa
idem. In statu autem innocentiae non fuisset corruptio. Ergo neque
generatio.
2. PRAETEREA, generatio ordinatur ad hoc quod conservetur in spe-
cie quod secundum individuum conservari non potest: unde et in
illis individuis quae in perpetuum durant, generatio non iuvenitur.
Sad in statu innocentiae homo in perJJetuum absque morte vixisset.
Ergo in statu innocentiae generatio, non fuisset.
3. PRAETEREA, per generationem homines multiplicantur. Sed rnul-
tiplicatis dominis, nece55e est fieri possessionum divisionem, ad evi-
tandam confusionem dorninii. Ergo, curn homo sit institutus domi-
nus animalium, facta multiplicatione humani generis per genera-
tionem, secuta fuisset divisio dominii. Quod videtur esse contra-
rium iuri naturali, secundum quod omnia sunt communia, ut lsi-
dorus clicit [5 Rt1mwl., c. 4]. Non ergo fuisset generatio in s.tatu
innocentiae.
SED CONTRA EST quod dicitur Gcn. 1, 28: "Crescite et multiplica-
mini, et replete terram '" J-Iuiusmodi autem rnultiplicatio absque nova
genernlione fieri non potuisset: cum duo tantum fuerint primitus
instituti. Ergo in primo statu generatio fuisset.
RESPONDEO DICENDUM qupd in statu innocentiae fuisset generatio ad
rnultiplicationem humani generis: alioquin peccatum hominis fuis-
set valde necessariurn, ex quo tantum bonum co·nsecuturn est. Est
ergo considerandum quod homo, secundum suam naturam, est con-

dannate le dottrine di Amalarlco di ne.ncs (1215). I primi consid.eravano le nozze


come una sozzura, e il secondo aveva insegnat-0 che gli uomini nel Paradiso ter-
restre si S<l1'€bbero propagati come si moltiplicano gli ang.eli. ... D'altra p.arte que-
sti errori erano già stati dlvtùgati da eresie più antiche, e troveranno fautori an-
che dopo la morte dell'Aquinate tra i celebri Begu.ardi (cfr. JANSSENS L., Tractatus
de homine, Roma, 1918, P. II, pp. 266, 267).
296 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 98, aa. 1-2

per la sua natura, è come un anello intermedio tra le creature cor-


ruttibili e quelle incorruttibili: poichè la sua anima è essenzialmente
incorruttibile, e il corpo essenzialmente corruttibile. Si consideri poi
che l'intento della natura mira alle creature corruttibili e a quelle
incorruttibili in due modi diversi. Infatti la natura ha direttameute
di mira gli esseri perenni e incorruttibili, quelli invece che esistono
per un certo tempo non sono voluti dalla natura direttamente, ma
in ordine ad altri: diversamente lintento della natura verrebbe
frustrato, quando essi vengono a cessare. Ebbene, siccome nel mondo
degli esseri corruttibili di perenne e di invariabile non vi è che la
specie, il bene della specie, la cui conservazione è assicurata dalla
generazione naturale, rientra direttamente nell'intenzione della na-
tura. Le sostanze incorruttibili invece hanno una durata perenne,
non solo come specie, ma anche come individui; perciò gli indivi-
dui stessi rientrano direttamente nell'intenzione della natura.
Di conseguenza, per quanto riguarda il corpo, nell'uomo deve
esserci la generazione, essendo esso di natura sua corruttibile. Per
quanto invece riguarda l'anima, che è incorruttibile, si deve con-
cludere che nell'uomo la molteplicità degli individui è voluta diret.
tamente dalla natura, o meglio dall'autore della natura, il quale
soltanto può creare le anime umane. Perciò egli stabili, anche nello
stato di innocenza, la generazione nel genere umano, affinchè que-
sto si moltiplicasse. '
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT1: 1. Nello stato di innocenza il corpo
umano di suo era corruttibile; ma l'anima aveva la facoltà di pre-
servarlo dalla corruzione. Per questo non si deve negare all'uomo
la generazione, dovuta agli esseri corruttibili.
2. La generazione, pur non essendo ordinata nello stato di inno-
cenza alla conservazione della specie, sarebbe stata ordinata alla
moltiplicazione degli individui.
3. Nello s~ato presente il moltiplicarsi dei padroni porta alla ne-
cessità di dividere i possessi, poichè la C•omunanza dei beni è occa-
sione di discordia, come fa osservare il Filosofo. Ma nello stato di
innocenza i voleri degli uomini sarebbero stati così bene armoniz-
zati, da usare in comune dei beni loro concessi secondo il bisogno di
ciascuno, senza pericolo di discordia. Del resto tale sistema si usa
anche ora presso non pochi uomini virtuosi. 2

ARTICOLO 2
Se nello stato di innocenza la generazione sarebbe avvenuta
mediante il coito.

SEMBRA che nello stato di innocenza la generazione non sarebbe


avvenuta mediante il coU.o. Infatti:
1. Dice il Damasceno che il primo uomo stava nel Paradiso ter-

1 I principil di soluzione a prima vista sembrano piuttosto naturalistici; e


viene <;pontanea qualche riserva, per l'accenno ai corpi celesti, creduti incorrut-
tibili nell'antichità e nel m.ectioevo. Ma a pensarci bene. l'articolo si re.gge sul
concetto c.rist.i:rno dell'uomo, che S. Tommaso ha definito come composto di due
parli sosta.nziali: corpo e anima. La corruttibilità del primo esige la generazione
CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 297
stitutus quasi medium quoddam inter creaturas corruptibi!es et in-
corruptibiles: nam anima eius est naturaliter incorruptibilis, cor-
pus vero naturaliter corruptibile. Est autcm considerandum quod
alio modo intentio naturae fertur ad corruptibiles, et incorruptibi-
les creaturas. Id enim per se videtur esse de inte11tione naturae, c::uod
est semper et perpetuum. Quod autem est solum secundum aliquod
tempus, non videtur esse principaliter de intentioone naturae, sed
quasi ad ali ud ordinatum: alioquin, eo corrupto, naturae intentio
cassaretur. Quia igitur in rebus corruptibilibus nihil est perpetuum
et semper manens nisi species, bonum speciei est de principali in-
tentione naturae, ad cuius conservationem naturalis generatio ordi-
natur. Substantiae vero incorruptibiles manent scmper non solum
secundum speciem, sed etiam secundum individua: et ideo etiam
ipsa individua sunt de principali intentione naturae.
Sic igitur homini ex parte corporis, quod corruptibile est secun-
dum naturam suam, competit generatio. Ex parte vero anirnae,
quae incorruptibilis est, cornpetit ei quod multitudo individuorum
sit per se intenta a natura, vel potius a naturae Audore, qui solus
est humanarum animarum creator. Et ideo, ad multiplicationem hu-
mani generis, generationem in humano genere statuit, etiam in statu
innocentiaè.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod corpus hominis in statu inrnJcen-
tiae, quantum erat de se, corruptibile erat, sed potuit praeservari a
corruptione per animam. Et ideo non fuit homini subtrahenda ge-
neratio, quae debetur corruptibilibus rebus.
AD SECVNDUM DICENDUM quod generatio in statu innocentiae, etsi
non fuisset propter conservationem speciei, fuisset tamen propter
multiplicationem individuorum.
AD TERTIUM DICENDUM quod in statu isto, multiplicatis dominis,
necesse est fieri divisionem possessionum, quia communitas posses-
sionis est occasio discordiae, ut Philosophus dicit in 2 Politic. [c. 2,
lect. 4]. Sed in statu innocentiae fuissent voluntates hominum sic
ordinatae, quod absque omni periculo discordiae communiter usi
fuissent, secundum quod unicuique eorum competeret, rebus quae
eorum dominio subdebantur: cum hoc etiam modo apud multos
bonos viros observetur.

ARTICULUS 2
Utrum in statu innocentiae fuisset generatio per coitum.
!! Sent., d. 20. q. 1, a. 2.

AD SECUNDUM SJC PROCEDITUR. Videtur quod in sta.tu innocentiae


non fuisset generatio per coitum. Quia, ut Damascenus dicit [2 De
Fide Orth., c. 11), primus homo erat in Paradiso terrestri "sicut

perchè la natura possa assicurare la conservazione della specie. L' incorruttibilita


,. la nobiltà. della seconda impone la molteplicità degli individui umani, n-0n <'Ome
elemento funzionale, ma come base strutturale, direttamente voluta dal Creatore.
2 L" indivlsione dei beni, e cioè il comunismo economico, è un ideale umano.
Ma nelle c-0ndizioni attuali es.so è un'utopia pericolosa; PBrchè è un sistema ina-
298 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 98, a. 2

restre 1c come un angelo». Ora, nello stato della resurrezione futura,


quando gli uomini saranno simili agli angeli, u nè prenderanno
moglie, nè andranno a marito». Dunque nel Paradiso non ci sa-
rebbe stata la generazione mediante il ooito.
2. I primi uomini furono formati in età perfetta. Se dunque ci
fosse stata in essi, prima del peccato, la generazione mediante il
coito, si sarebbero uniti carnalmente anche nel Paradiso. E questo
è falso, come risulta dalla Scrittura.
3. Nella congiunzione carnale l'uomo diviene al massimo grado
simile alle bestie, per la violenza del piacere; perciò viene lodata
la continenza, mediante la quale gli uomini si astengono da siffatti
piaceri. Ora, è stato il peccato a rendere l'uomo simile alle bestie,
secondo le parole del Salmo: "L'uomo essendo stato posto in onore
non ebbe discernimento; si mise al pari dei giumenti irragionevoli,
ed è divenuto simile ad essi». Dunque prima del peccato non si
sarebbe avuta la congiunzione carnale fra l'uomo e la donna.
4. Nello stato di innocenza non vi sarebbe stata corruzione di
sorta. Ma il coito corrompe l'integrità ve:r:ginale. Dunque nello stato
di innocenza non ci sarebbe stato il coito.
IN CONTRARIO: 1. Prima del peccato, come dice la Genesi, Dio creò
l'uomo maschio e femmina. Ora, non vi è niente di inutile nelle
opere di Dio, quindi anche se l'uomo no.n avesse peccato, ci sarebbe
stato il coito, al quale è ordinata la distinzione dei ses8i.
2. Inoltre, dice la Scrittura che la donna fu creata per aiuto del-
1'uomo. Ma non si può trattare che della generazione, la quale si
compie mediante la copula: perchè, per qualunque altro scopo,
l'uomo poteva essere aiutato meglio da un altro uomo che dalla
donna. 1 Perciò anche nello stato di innocenza ci sarebbe stata la
generazione mediante il coito.
RISPONDO: Alcuni antichi Dottori, considerando la turpitudine
della concupiscenza che attualmente si riscontra nel coito, pensa-
rono che nello stato di innocenza non ci sarebbe stata la genera-
zione mediante la copula. In questo senso S. Gregorio Nisseno, nel
suo libro Sull'uomo, insegna. che il genere umano nel Paradiso [ter-
restre] si sarebbe moltiplicato in maniera diversa, come furpno mol-
tiplicati gli angeli, cioè senza copula, per opera della virtù divina. 2
Dice ancora che Dio fece il maschio e la femmina prima del pec-
cato, in vista di quel modo di generare che ci sarebbe stato dopo il
loro peccato, che egli prevedeva.
Ma questa opinione non è ragionevole. Infatti le· attribuzioni di
ordine naturale non sono state nè sottratte, nè conferite all'uomo
a motivo del peccato. Ora, è evidente che, secondo la vita. animale

datto per una umanità moralmente decaduta. Stando cosi le cose, vale a dire:
dato lo scatenamento delle passioni e degli egoismi, è giusto, per un diritto na-
turale derivato, che ciascuno abbia il possesso esclusivo di certi beni. - Il cristia·
nesimo può frenare queste passioni e questi cgoLsmi in coloro che volontariamente
cooperano con la grazia divina. E in una oocietà di ferventi cristiani si può attuare
la comunanza dei beni. Cosi fecero i cristiani della prima ora in Gerusalemme,
e cosi fanno in sostanza tutte le comunità religiose che praticano i consigli evan-
gelici. Ma non è questo un programma adeguato per una massa di cittadini, dove
l'eg-0ismo non potrebbe essere frenato che dali'estern-0. cioè dal potere civile. In
tal caso il freno sarebbe del tutto inadeguato al suo c-0mpito, data la moltitudine
dei sudditi tentati di insubordinazione e di indisciplina, e 1a costante aspirazion·e
CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 299
angelus quidam ». Sed in futuro resurrectionis statu, quando erunt
homines angelis simile·s, "neque nubent neque nubentur », ut dici-
tur Matth. 22, 30. Ergo neque in -Paradiso fuisset generatio per
coitum.
2. PRAETEREA, primi homines in perfecta aetate conditi fuenmt. Si
igitur in eis ante peccatum generatio fuisset per coitum, fuissent
etiam in Paradiso carnaliter couiuncti. Quod patet esse falsum, se-
cundum Scripturam [Gen. 4, I].
3. PRAETEREA, in coniunctione carnali mrudme efficitur homo simi-
lis bestiis, propter vehementiam delectationis: unde etiam continen-
t.ia laudatur, per quam haminos ab huiusmodi delectationibus a.bs-
tinent. Sed bestiis homo comparatur propter peccatum secundum
illud Psalmi 48, 21: u Homo cum in honore esset, non intellexit,
comparatus est iumentis insipientibus, et similis factus est illis ».
Ergo ante peccatum non fuisset maris et feminae carnalis con-
iunctio.
4. PRAETEREA, in statu innacentiae nulla fuisset corruptio. Sed per
ooitum corrumpitur integritas virginalis. Ergo coitus in statu in-
nocentiae non fuisset.
SED CONTRA EST quod Deus ante peccatum masculum et feminam
fecit, ut dicitur Gen. 1, 27 et 2, 22. Nihil autem est frustra in operibus
Dei. Ergo etiam si homo non peccasset, fuisset coitus, ad quem di-
stinctio sexuum ordinatur.
PRAETEREA, Gen. 2, 18-20 dicitur mulier esse facta in adiutorium
viri. Sed non ad aliud nisi ad generationem quae fit per coitum:
quia ad quodlibet aliud opus, convenientius adiuvari posset vir per
virum quam per feminam. Ergo et.iam in statu innocentiae fuisset
generatio per coitum.
RESPONDEO DICENDUM quod quidam antiquorum Doctarum, consi-
derantes concupiscentiae foeditatem quae invenitur in coitu in isto
statu, posuerunt quod in statu innocentiae non fuisset generatio per
coitum. Unde Gregorius Nyssenus dicit in libro quem fecit De Ho-
mine [De Hominis Opificio, c. 17], quod in Paradiso aliter fuisset
multiplica.tum genus humanum, sicut multiplicati sunt angeli, abs-
que concubitu, per operationem divinae virtutis. Et dicit [ibid.]
quod Deus ante peccatum fecit masculum et feminam, respiciens ad
modum generationis qui futurus erat post peccatum, cuius Deus
praescius erat.
Sed hoc non dicitur rationabiliter. Ea enim quae sunt naturalia
homini, neq:ue subtrahuntur ncque dantur homini pe·r peccatum.
Manifostum est autem quod homini, secundwn animalem vitam,

deglj ambiziosi e degli egoisti ai po5ti di controllo e di comando. Si arriverebbe


così fatalmente a un travestimento degli egoismi nella carriera politica e nel-
l'esercizio del potere della classe dirigente, costretta a esercitare una sospettosa
tiranni.a, camuffata di umanitarismo.
• Questa famosa espre.s;.lone, che noi abbiamo già letto alla q. 92, a. 1. è qui
riferita alla lettera in un argomento tn contrarto. Cosi diviene sempre più pro-
b1ematico sapere in che sen..<o e fino n elle punto es.sa rispecchia il pensiero del-
l'Autore.
2 come abbiamo già notato, questa opinione era stata condivisa da molti Padri,
e cioè da S. Giovanni Crisostomo, da S. Giovanni Damasceno e persino da S. Ago-
stino, che in seguito la ritrattò (clr. I Retract., cc. 10, 13. 19; !I, c. 22). II motivo
venne ripreso da Amalarico di Benes [t 1207], noto specialmente {Hlr il 5\1.0 pan-
teismo.
300 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 98, a. 2

posseduta anche prima del peccato, come abbiamo già visto, era
naturale per l'uomQ generare mediante la copula, allo stesso modo
che per gli altri animali perfetti. Ne abbiamo la riprova negli or-
gani naturali, destinati a tale funzione. Nè si dica quindi che prima
del peccato essi non sarebbero stati usati, come gli altri organi na-
turali.
Al presente si devono perciò considerare nel coito due cose. La
prima è un dato naturale, e cioè l'unione del maschio e della fem-
mina fo Qrdine alla generazione. Perchè in ogni generazione si ri-
chiede una virtù attiva ed una virtù passiva. E dove c' è distin-
zione di sesso, la virtù attiva risiede nel maschio, quella passiva
nella femmina; quindi l'ordine della natura esige che i due si uni-
scano nel coito per generare. - Il secondo a.<1pett-0 da considerare è
una certa deformità della concupiscenza smoderata. Questa sarebbe
mancata nello stato di innocenza, quando le forze inferiori sottosta-
vano totalmente alla ragione. In questo senso S. Agostino dice:
u Lungi da noi il sospetto che non si potesse generare la prole,
senza il disordine della libidine. Ma quelle membra si sarebbero
mosse a un cenno della volontà, come le altre, senza il divampare
dello stimolo libidinoso, con tranquillità di animo e di corpo ».
SOLVZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nel Paradiso terrestre l'uomo sa-
rebbe stato come un angelo rispetto alla mente spirituale, ma quanto
al corpo avrebbe avuto una vita animale. Invece dQpO· la resurre-
zione finale l'uomo sarà simile all'angelo, divenendo spirituale nel-
l'anima e nel corpo. Perciò il confronto non regge.
2. Come spiega S. Agostino, i progenitori non avrebbero avuto la
c-0pula nel Paradiso terrestre, perchè, poco dopo la formazione
della donna, ne furono espulsi per il peccato; oppure perchè atten-
devano l'ordine dall'alto, che ne determinasse il tempo, poichè da
Dio ne avevano ricevuto un crun.ando generico.
3. Le bestie [sono tali perchè] mancano di ragione. E l'uomo di-
viene bestiale nel coito in quanto diviene incapace a moderare con
la ragione il piacere dell'atto, e il bollore della concupiscenza. Ma
nello stato di innocenza non c'era nulla che sfuggisse al freno
della ragione; non che fosse minore il piacere dei sensi, come di-
cono alcuni (poichè sarebbe stato tanto maggiore il diletto sensi-
bile, quanto più pura era la natura e più sensibile il corpo) ; ma
perchè il concupiscibile non si sarebbe gettato così disordinata-
mente su tale piacere, essendo regolato dalla ragione. Alla quale
ragione non spetta rendere minore il piacere dei sensi, ma impe-
dire che la facoltà del concupiscibile aderisca sfrenatamente al pia-
cere; e sfrenatamente qui significa oltre i limiti della ragione. Cosi
l'uomo sobrio nel cibarsi moderatamente non ha un piacere minore
dell'uomo goloso; ma il suo appetito concupiscibile si abbandona
meno a tale piacere. Questo è il senso delle parole di S. Agostino,
che non vogliono escludere dallo stato di innocenza l' intensità del
piacere, ma l'ardore della libidine e il turbamento dell'anima. ' -
Perciò nello stato di innocenza non sarebbe stata lodevole la con-
tinenza, che ora invece è lodata, 2 non perchè esclude Ia fecondità,

1 S. Tommaso ha insistito più a lungo nella soluzione. perchè aveva di mira la


dottrina contraria del suo contemporaneo e amico S. Bonaventura. - Per l"opi-
nione di quest"ultimo, vedi In 2 Sent., d. 20, a. 1, q. 3.
CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 301

quam etiam ante peccatum habebat, ut supra [q. 97, a. 3] dictum


est, naturale est generare per coitum, sicut et ceteris animalibus
perfectis. Et hoc declarant naturalìa membra ad bune usum depu-
tata. Et ideo non est dicendum quod usus horum membrorum natu-
ralium non fuisset ante peccatum, sicut et ceterorum membrorum.
Sunt ingitur in coitu duo consideranda, secundum praesentem
statum. Unum quod naturae est, scilicet ooniunctio maris et femi-
nae ad generandum. In omni enim generatione requiritur virtus
activa et passiva. Unde, cum in omnibus in quibus est distinctio se-
xuum, virtus activa sit in mare, virtus vero passiva in femina;
naturae ordo exigit ut ad generaindum conveniant pe.r coitum mas
et femina. - Aliud autem quod considerari potest, est quaedam de-
formitas immoderatae concupiscentiae. Quae in statu innocentiae
non fuisset, quando inferiores vires omnino rationi subdebantur.
Unde Augustinus dicit, in 14- De Civ. Dei [c. 26]: « Absit ut suspi-
cemur non potuisse prolem seri sine libidinis mOII'bo. Sed eo volun-
tatis nutu moverentur illa membra quo cetera, et sine ardore et
illecebroso stimulo, cum tranquillitate animi et corporis ».
AD PRJMUM ERGO DICENDUM quod homo in Paradiso fuisset sicut
angelus per spiritualem mentem, cum tamen haberet vitam anima-
Iem quantum ad corpm.. Sed post resurrectionem erit homo similis
angelo, spiritualis effectus et secundum animam et secundum cor-
pus. Unde non est similis ratio.
AD SECLJND!'M DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit 9 Super Gen.
ad lift. [c. 4j, ideo primi parentes in Paradiso non coierunt, quia,
formata muliere, post modicum propter peccatum de Paradiso eiecti
sunt: vel quia expectabatur divina auctoritas ad determinatum tem-
pus commixtionis, a qua acceperunt universale mandatum.
A!J TERTIUM mcENDUM quod bestiae .~arent ratione. Unde secundum
hoc homo in coitu bestiali~ efficitur, quod delcctationem C()itus et
fervorern concupis~entiaE ratione :noderari non potest. Sed in statu
innocentiae nihil lrniusmodi fuissct quod ratione non moderaretur:
non quia esset minor delectatio secundum sensum, ut quidarn di-
cunt (fuisset enim tanto maior delectatio sensibilis, quanto esset
purior natura, et corpus magis sensibile) ; sed quia vis concupisci-
bilis non ita inordinate se effudisset super huiusmodi delectatione,
regulata per rationem, ad quam non pertinct ut sit minor delectatio
in sensu, sed ut vis concupiscibilis non immoderate delectationi in-
haereat; et dico immoderate, praeter mensuram rationis. Sicut so-
brius in cibo moderate assumpto non minorem habet delectationem
quam gulosus; sed minus eius concupiscibilis super huiusmodi de-
Iectatione requiescit. Et hoc sonant verba Augustini, quae a statu
innocentiae non excludunt magnitudinem delectationis, sed ardo-
rem libidinis et inquietudinem animi. - Et ideo continentia in statu
innocentiae non fuisset laudabilis, quae in tcmpore isto laudatur

2 "Ciò non toglie, scrive il Card. Lép!cier, che anche in quello stato ci potesse
essere la verginità, sia come virtù, sia come voto. Infatti, €ssendo elemento for-
male e completivo della verginità il proposito di conservare l'integrità per atten-
dere più liberamente alle cose di Dio, l'uomo avrebbe potuto rinunziare in per-
petuo al piacere venereo, $e Dio lo avesse ordina.to, non solo per fare a lui
sacrificio di quel piacere, ma anche per aderire più perfettamente a lui, con
l'anima libera da tali occupazioni" (op. clt., p. 250).
302 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 98, a. 2

ma perchè elimina la libidine disordinata. Allora però ci sarebbe


stata la fecondità senza la libidine.
.i,, Come dice S. Ago&iino, in quello stato «il marito si sarebbe
unito alla moglie S·enza comprometterne l'integrità. Infatti il germe
virile poteva allora introdursi nell'utero della donna, rimanendo
intatto il setto verginale, allo stesso modo che ora resta intatta tale
integrità, nonostante il flusso delle mestruazioni dall'utero della
vergine. Come infatti l'impulso della maturità, non il gemito del
dolore, avrebbe aperto le viscere della donna per il parto; così l'uso
volontario, non l'appetito libidinoso, avrebbe ~ongiunto le due na-
ture per l'atto del C·oncepimento "·
CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 303

non propter defectum f.ecu:riditatis, sed propter remotionem inordi-


natae libidinis. Tunc autem fuisset fecunditas absque libidine.
An QUARTUM DICENDUM quod, sicut Augustiuus dicit /4 De Civ. Dei
[c. 26], in illo statu <e nulla corruptione integritati5 infunderetur gre-
mio maritus uxoris. Ita enim potuit utero coniugis, salva integri-
tate feminei genitalis, vi"rile serrien immitti, sicut nunc potest, ea.-
dem integritate salva, ex utero virginis fluxus mcnstrui cruoris
emitti. Ut enim ad pariendum non doloris gemitiu.s, sed maturita-
tis impulsus feminea viscera relaxnret; sic nd concipicndum non
libidinis appetitus, sed voluntarius usus naturam utramque coniun-
geret ».
QUESTIONE 99
I.e condizioni fisiche della prole che sarebbe stata generata.

Dobbiamo ora studiare le condizioni della prole che sarebbe stata


generata. Primo, quanto al corpo; secondo, quanto alla bontà mo-
rale; terzo, quanto alla scienza.
Sul primo argomento si pongono due quesiti: 1. Se nello stato di
innocenza i bambini appena nati avrebbero avuto una vigoria fisica
perfetta ; 2. Se tutti sarebbero nati di sesso maschile.

ARTICOLO 1
Se nello stato di innocenza i bambini appena nati avrebbero avuto
perfetta vigoria nell'uso delle membra.

SEMBRA che nello stato di innocenza i bambini appena nati avreb-


bero avuto perfetta vigoria nell'uso delle membra. Infatti:
1. Dice S. Agostino che «l'attuale infermità del corpo u, che si
scorge nei bambini, cc corrisponde all'infermità dell'anima"· Ora,
nello stato di innocenza mancava qualsiasi infermità di anima.
Quindi nei bambini sarebbe mancata anche tale infermità di corpo.
2. Vi sono degli animali che, appena nati, hanno vigoria suffi-
ciente per l'uso delle membra. Ma l'uomo è più nobile degli altri
animali. Dunque è tanto più naturale che, appena nato, l'uomo
possieda la virtù di muovere le sue membra. E la privazione di essa
non è che un castigo dovuto al peccato.
3. Non poter conseguire una cosa piacevole che ci si presenta,
reca afflizione. Ma se si ammette che i bambini non avrebbero
avuto la capacità di muovere le loro membra, sarebbe accaduto
spesso di non poter raggiungere delle cose piacevoli loro propo-
ste. Quindi ci sarebbe stata in essi una pena; il che è inammissibile
prima del peccato. Perciò nello stato di innocenza non sarebbe man-
cata ai bambini la facoltà di muovere le loro membra.
4. Le infermità della vecchiaia corrispondono a quelle della pueri-
zia. Ora, nello stato di innocenza non ci sarebbero stati gli acciac-
chi della vecchiaia. Dunque neppure le infermità dell'infanzia.
IN CONTRARIO: Ogni cosa che deriva per generazione è inizialmente
imperfetta. Ma nello stato di innocenza i bambini sarebbero venuti
all'esistenza per generazione. Dunque all'inizio essi sarebbero stati
imperfetti nelle proporzioni e nella vigoria del corpo.
RISPONDO: Soltanto alle verità che trascendono la nostra natura
è necessario aderire con la fede, e dobbiamo all'autorità [del ri-
velatore] ciò che crediamo. Di conseguenza, in tutte le altre asser-
zioni dobbiamo partire dalla natura delle cose, purchè non si tratti
di verità soprannaturali trasmesse con l'autorità di Dio. Ora, è evi-
dente che rientra nell'ordine della natura, perchè corrisponde ai
primordi della natura umana, che i bambini appena nati non ab-
biano forza sufficiente a muover!') le loro membra. La natura infatti
QUAESTIO 99
De conditione prolis generandae quantum ad corpus
tn duos arttculos dtvtsa.

Deinde considerandum est de conditione prolis generandae. Et


primo, quantum ad corpus; secondo, quantum ad iustitiam [q. 100);
tertio, quantum ad scientiam [q. 101).
Circa primum quaeruntur duo. Primo: utrum in sta tu innocen-
tiae pueri mox geniti ha.buissent perfectam virtutem corpoream. Se-
cundo : utrum omnes fuissent nati in sexu masculino.

ARTICULUS 1
Utrum pueri in statu innocentiae, mox nati, virtutem perfectam
habuissent ad motum membro.rum.
!l Sent., d. 20, q. 2, a. 1 ; De Verti., q. 18, a. s.

An PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod pueri in statu innocen-


tiae, mox nati, virtutem perfectam habuissent ad motum membro-
rum. Dicit enim August.inus, in libro I De Bapt. Parvul. [c. 38), quod
" infirmitati ment.is congruit haec inftrmitas corporis "• quae scili-
cet in pueris apparet. Sed .in statu innocentiae nulla fuisset infirmi-
tas mentis. Ergo neque talis infirmitas corppris fuisset in parvulis.
2. PRAETEREA, quaedam animalia statim cum nascuntur, habent
virtutem sufficientem ad usum membrorum. Sed homo est nobilior
aliis animalibus. Ergo multo magis est naturale homini quod statim
natus virtutem habeat ad usum membrorum. Et ita videtur esse
poena ex peccato consequens.
3. PRAETEREA, non posse consequi delectabile propositum, afftictio-
nem inducit. Sed si pùeri non habuissent virtutem ad movendum
membra, frequenter accidisset quod non possent consequi aliquod
delectabile eis propositum. Ergo fuisset in eis afflictio; quae non
poterat es;;e ante peccatum. Non ergo in statu innocentiae defuisset
pueris virtus ad moven.dum membra.
4. PHAETEREA, defectus senectutis videtur correspondere defectui
pueritiae. Sed in statu innocentiae non fuisset defectus senectutis.
Ergo neque etiam defectus pueritiae.
SF.D CONTRA EST quod omne gene.ratum prius est imperfectum quam
perficiatur. Sed pueri in statu innocentiae fuissent per generatio-
nem producti. Ergo a principio imperfecti fuissent et quantitate et
virtute corporis.
REsPONDEO' DICENDUM quod ea quae sunt supra naturam, sola fide
tenemus; quod autem credimus, auctoritati debemus. Unde in om-
nibus asserendis sequi debemus naturam rerum, praeter ea quae
auctoritate divina traduntur, quae sunt supra naturam. Manifestum
est autem naturale hoc esse, utpote et principiis humanae naturae
competens, quod pueri mox nati non ha.beant sufficientem virtutem
ad movendum membra. Quia homo naturaliter habet cerebrtim
maius in quantitate, secundum proportionem sui corporis, quam
cetera animalia. Unde naturale est quod, propter maximam humi-
306 LA SOMMA TEOLOGICA,.!, q. 99, aa. 1-2

ha dato all'uomo un cervello che, in rapporto al suo corpo, ha una


mole superiore a quella deglì altri animali. Quindi è cosa naturale
che, nei bambini, i muscoli, i quali sono gli strumenti diretti del
m-0to, non siano idonei a muovere le membra, data la preponde-
rante umidità del loro cervello. - D'altra parte nessun cattolico du-
bita che la virtù divina possa far sì che i bambini appena nati ab-
biano la perfetta capacità di muovere le membra.
Ora, l'autorità della Scrittura assicura che "Di,o fece l'uomo
retto" e questa rettitudine, come spiega S. Agostino, consiste nella
perfetta subordinazione del corpo all'anima. Perciò, come nello stato
primitivo le membra umane non potevano opporre nessuna resi-
stenza alla volontà bene ordinata dell'uomo, così non potevano ri-
manere inerti. La volontà dell'uomo poi è bene ordinata, quando
tende agli atti, che a lui si addicono. Ora, all'uomo non si addi-
cono i medesimi atti in tutte le età. Perciò dobbiamo concludere
che i bambini appena nati non avrebbero avuto la vigoria necessa-
ria a muovere le membra per qualunque azione, ma solo per quelle
che si addicono all' infanzia, come poppare e .simili.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. s. Agostino parla di quella infer-
mità, che ora si riscontra nei bambini anche rispetto agli atti pro-
pri dell'infanzia, come si rileva dalle parole del contesto: «pur
avendo vicine le mammelle, essi nella fame sono più capaci di pian-
gere che di poppare>>.
2. Il fatto che certi animali appena nati hanno l'uso delle mem-
bra non dipenda dalla loro nobiltà, poichè altri animali più perfetti
ne sono privi; la cosa dipende dalla siccità del loro cervello, e dal
fatto che le loro azioni specifiche sono così imperfette, da richie-
dere una virtù minima.
3. La soluzione scaturisce da quanto si è detto. Si può anche ag-
giungere che essi non avrebbero desiderato cosa alcuna, che non
fosse conveniente al loro stato.
4. Nello stato di inr.·ocenza l'uomo sarebbe stato soggetto alla ge-
nerazione, ma non alla corruzione. Quindi potevano esserci in lui
le infermità dell'infanzia connesse con la generazione, non quelle
senili, che precedono il disfacimento.

ARTICOLO 2
Se nello stato primitivo sarebbero nate anche le donne.

SEMBRA che nello stato primitivo non sarebbero nate anche le


donne. Infatti:
1. Sec{)ndo il Filosofo "la donna è un maschio mancato'" come
cosa estranea all'intenzione della natura. 1 Ora, in quello stato non
sarebbe accadut-0 nie.nte di innaturale nella generazione umana.
Dunque non vi sarebbero state nascite di donne.
2. La causa agente tende a produrre un effetto a se stesso c011S'i-
mile; a meno che non sia impedita, o da una deficienza di virtù, o
da una indisposizione della materia, come è il caso del focherello
1 L'articolo deve la sua origine a questo assioma aristotelico. Ripetiamo ancora
una volta che Aristotele per gli studiosi del dm~eento non era uno dei tanti natu-
CONDIZIONI FISICHE DELLA PROLE 307
ditatem cerebri in pueris, nervi, qui S'Unt instrumenta motus, non
sunt idonei ad movendum membra. - Ex alia vero parte nulli catho-
lico dubium est quin divina virtute fieri possit, ut pueri mox nati
perfectam virtutem habeant ad motum membrorum.
Constat autem per auctoritatem Scripturae [Eccle. 7, 30], quod
"Deus fecit hominem roctum,,: et haec rect.itudo consistii, ut Augu-
stinus dicit [13 De Civ. Dei, c. 13), in p-e1iecta subiectione corporis ad
animam. Sicut ergo in primo statn non poterat essse in membris ho-
minis aliquid quod repugnarct ordinatae hominis volnntati, ita mem-
bra hominis deficere non potcrant humanae voluntati. Voluntas au-
tem hominis ordinata est quae tendit in actus sibi convenientes. Non
sunt autem iidem actus convenientes homini secundum quamlibet
aetatem. Dicendum est ergo quod pueri mox nati non haibuissent s.u1-
ficientem virtutem ad movendum membra ad quoslibet actus; sed
ad actus pueritia!' convenientes, puta ad sugendum ubera, et ad
alia huiusmodi.
AD PRDfUM ERGO DICENDUM quod Augustinus loquitur de ista infir-
mitate quae nunc in pueris apparet etiam quantum ad actus eorum
pueritiae convenientes; ut patet per ea quae praemittit [loco cit. in
arg.), quod, "iuxta se iacentibus ma.mmis, magis possunt esurientes
ftere quam sugere "·
AD SECUNDL'M DICENDUM quod hoc quod quaedam animalia statim
nata habent usum mem.brorum, non est ex c:orum nobilitate, cum
quaedam animalia perfectiora hoc non habeant: sed hoc eis contin-
git ex siccitate cerebri, et quia actus p.roprii talium anirnalium sunt
imperfecti, ad quos etiam parva virtus sufficere potest.
An TERTIUM patet soiutio per ea quae dieta sunt in corpore. - Vel
potest dici qu-0d nihil appetivissent, nisi ordinata voluntate conve-
nisset res secundum statum suum.
AD QUARTUM nrcENoi;M quod homo in statu innocentiae generatus
fuisset, sed non fuisset corruptus. Et ideo in statu illo potuissent
esse aliqui defectus puerilcs, qui consequuntur generationem; non
autem dcfectus seniles, qui ordinantur ad corruptionem.

ARTICULUS 2
Utrum in primo statu ferninae natae fuissent.
i Scnt .• d. 20. q. 2, a. 1. ad 1, 2.
An SECUNDUl\lf SIC PROCEDITl'R. Videtur quod in primo statu feminae
natae non fuissent. Dicit enim Philosophus, in libro 2 De Generat.
Animai. [c. 3), quod "femina est mas occasionatus n, quasi praeter
intentionem natura.e provcniens. Sed in statu illo nihil evenisset in-
naturale in hominis geineratione. Ergo feminae natae non fuissent.
2. PRAETEREA, ornne agens generat sibi simile, nisi impediatur vel
propter defectum virtutis, veJ propter indispositionem mater:iae, SI-
cut parvus ignis non pDtest comburere ligna viridia. In generatione
rallsti antlclli. ma il naturalista p.er antonomasia. E un tale prestigio era addi-
rittura fanatismo nella corrente averroista, che rapµresentava allora 11 pensiero
laico o anticlericale.
308 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 99, a. 2

incapace di bruciare la legna verde. Ora, nella generazione la virtù


attiva risiede nel maschio. E siccome nello stato di innocenza non
vi sarebbe stata nessuna deficienza di virtù nel maschio, e nessuna
indisposizione di materia nella femmina, è evidente che sarebbero
nati tutti maschi.
3. Nello stato di innocenza la generazione era ordinata a molti-
plicare gli uomini. Ma questa moltiplicazione poteva essere assicu-
rata sufficientemente dal primo uomo e dalla prima donna; dato
che essi dovevano vivere perpetuamente. Non era quindi necessario
che in tale stato nascessero le donne.
IN CONT:<ARIO: La natura avrebbe proceduto neJI'opera della gene-
razione, nella maniera stabilita da Dio. Ora, per la natura umana
Dio aveva stabilito che avvenisse mediante il maschio e la fem-
mina, come dice la Scrittura. Perciò anche allora ci sarebbe stata
la generazione di maschi e di femmine.
RISPONDO: Nello stato di innocenza non sarebbe mancato niente
di quanto spetta al completamento della natura umana. Come, dun-
que, i diversi gradi degli esseri rientrano nella perfezione dell'uni-
verso, così la diversità dei sessi rientra nella perfezione della na-
tura umana: Perciò sia l'uno che l'altro sesso sarebbero stati gene-
rati nello stato di innocenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTA: 1. La femmina viene detta ((un ma-
schio mancato», perchè è estranea all'intenzione di una natura
particolare [cioè del maschio], ma non è estranea all'intenzione della
natura universale, come abbiamo già spiegato.
2. La generazione della femmina non dipende solo da una defi-
cienza di virtù attiva, o da una indisposizione della materia, come
vuole l'obbiezione. Poichè talora è causata da qualche contingenza
estrinseca; il Filosofo, p. es., asserisce che "il vento di tramontana
giova alla generazione dei maschi; quello australe alla generazione
delle femmine'" Altre volte può dipendere da un'apprensione del-
l'anima, che facilmente si fa .sentire sul corpo. Questo poteva capi-
tare specialmente nello stato di innocenza, quando il corpo era
maggimmente soggetto all'anima; cosicchè la distinzione di sesso
nella pr.ole sarebbe avvenuta SflCOndo la volontà del generante.
3. La prole generata avrebbe avuto una vita animale, e que.s1:a
esige la facoltà di generare come quella di nutrirsi. Era perdò ne-
cessario che non solo i progenitori, ma tutti generassero. Da ciò si
rileva che sarebbero state ge.nerate tante femmine, quanti maschi.
CONDIZIONI FISICHE DELLA PROLE 309

autem vis activa est in mare. Cum igitur in statu innocentiae nul-
lus fuisset defectus virtutis ex parte maris, nec indispositio mate..
riae ex parte feminae, videtur quod semper masculi nati fuissent.
3. PRAETEREA, in statu innocentiae generatio ad multiplicationem
hominum ordinabatur. Sed sufficienter homines multiplicari potuis-
sent per primum hominem et per primam feminam, ex quo in per-
petuum victuri erant. Ergo non fuit necessarium quod in statu in-
nocentiae feminae nascerentur.
SEo CONTRA EST quod sic natura processisset in generando, sicut
eam Deus instituit. Sed Dcus instituit marern et feminam in natura
humana, ut dicitur Gcn. 1, 27 et 2, .22. Ergo etiam in statu ilio fuis-
sent mares et feminae generati.
REsPONDEO DICENDUM quod nihil eorum quae ad ce>mplementum
humanae naturae pertinent, in statu innocentiae defuisset. Sicut
autem ad perfectionem universi pertinent diversi gradus rerum, ita
etiam diversitas sexus est ad perfectionem humanae naturae. Et
ideo in statu innocentiae uterque sexus per generationem productus
fuisset.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod femina dicitur (( mas occasiona-
tus "• quia est praeter intentionem naturae particularis: non autem
praeter intentionem naturae universalis, ut supra [q. 92, a. 1, ad 1]
dictum est.
AD SECUNDUM DICENDUM quod generatio feminae non solum contin-
git ex defectu virtutis activae vel indispositione materiae, ut obiectio
tangit. Sed quandoque quidem ex aliquo accidenti extrinseco ; sicut
Philosophus dicit, in libro De AnimaUbus [6 De Animal. Histor.,
c. 19], quod "ventus septentrionalis coadiuvat ad generationem ma-
sculorum, australis vero ad generationem feminarum "· Quandoque
etiam ex conceptione animae, ad quam de facili immutatur corpus.
Et praecipue in statu innoce.ntiae hoc esse poterat, quando corpus
magis erat animae subiectum ; ut scilicet secundum voluntatem ge-
nerantis, distingueretur sexus in prole.
AD TERTIUM DICENDUM quod proles fuisset genita vivens vita ani-
mali, ad quam ·Sicut pertinet alimento uti, sic etiam generare. Unde
conveniebat quod onmes generarent, et non solum primi parentes.
Ad quod consequens videtur quod tot fuissent generata!) feminae,
quot et mares.
QUESTIONE iOO
Condizioni morali della prole. 1

Passiamo ora a considerare quali sarebbero state le condizioni


morali della prole.
Due oono i quesiti da proporsi: 1. Se gli uomini sarebbero nati in
stato di giustizia; 2. Se sarebbero nati confermati nella giustizia.

ARTICOLO 1
Se· gli uomini sarebbero nati in stato di giustizia [originale]. 2

SEMBRA che allora gli uomini non sarebbero nati in stato di giu-
stizia [originale]. Infatti:
1. Ugo di S. Vittore scrive: "Il primo uomo, prima del peccato,
certamente avrebbe generato i figli senza peccato, senza però tra-
smettere l'eredità della giustizia paterna'"
2. Come l'Apostolo insegna, la giustizia dipende dalla grazia. Ora,
la grazia non si trasmette, chè altrimenti sarebbe di ordine natu-
rale, ma viene infusa direttamente da Dio. Dunquii i bambini non
sarebbero nati nello stato di giustizia.
3. La giustizia ha sede nell'anima. Ora, l'anima non de.riva per
generazione, perciò neppure la giustizia sarebbe stata trasmessa di
padre in figlio.
IN CONTRARIO: S. Anselmo ,scriYe che, "se l'uomo non avesse pec-
cato, i figli da lui generati avrebbero ricevuto la giustizia, insieme
all'anima ragionevole'"•
RISPONDO: Per legge di natura l'uomo genera un essere, a sè con-
simile nella specie. Quindi in tutti gli accidenti, derivati dalla na-
tura della specie, è necessafi.o che i figli si assomiglino ai loro
genitori, a meno che non vi sia un difetto nell'operazione della na-
tura; difetto che era impossibile nello stato di innocenza. Per quanto
invece riguarda gli accidenti individuali, non è necessario che i figli
si rassomiglino ai genitori. - Ora, la giustizia originale, in cui fu
creato il primo uomo, era un « accidens" appartenente alla natura
della specie, non come c-0sa prodotta dai principii essenziali della
specie, ma come un dono, elargito da Dio a tutta la natura. E que-
sto è evidente, poichè gli opposti appartengono a un unico genere:
-0ra, il peccato originale, che si contrappone a tale giustizia, è de-
nominato peccato di natura; ed è per questo che si tra.smette di

1 Abhlamo tradotto con una ~rta libertà, perchè una traduzione rigorosamente
letterale sarebbe stata quasi incomprensibile.
2 Lo stato dt gtustizia, o di innocenza, sostanzialmente corrisponde allo stato dt
QUAESTIO 100
De conditione prolis generandae quantum ad iustitiam
tn duos a1'ttculos divtsa ..

Deinde consideranùum est de conditione prolis generandae quan-


tum ad iustitiam.
Et circa hoc quaeruntur duo. Primo: utrum homines fuissent
nati cum iustitia. Secundo: utrum nascerentur in iustitia confir-
mati.

ARTICULUS 1
Utrum homines fuissent nati cum iustitia.
1-11, q. 81, a. 2; ! Sent., d. 20, q. 2, a. 3; De Ve1'it., q. 18, a. 7;
De Malo, q. 4, a. 8.

AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod homines non fuissent cum


iustitia nati. Dicit enim Hugo de Sancto Victore [1 De Sacram.,
p. 6, c. 24] quod « primus homo ante peccatum generaret quidem
filios sine peccato, sed non paternae iustitiae haeredes >>.
2. PRAETEREA, iustitia est per gratiam, ut Apostolus dicit ad Rom.
5, 16-21. Sed gratia non transfunditur, quia sic esset naturalis; sed
a solo Deo infunditur. Ergo pueri cum iustitia nati non fuissent.
3. PRAETEREA, iustitia in anima est. Sed anima non est ex traduce.
Ergo nec iustitia traducta fuissct a parentibus in filios.
SED CONTRA EST quod Anselmus dicit, in libro De Conceptu Virg.
[c. 10), quod "simul cum ra.tionalem haberent animam, iusti essent
quos generaret homo, si non peccaret '"
RESPONDFO DICENDU\1 quod naturaliter homo generat sibi simile
secundum speciem. Unde quaecumque accidentia consequuntur na-
turam speciei, in his necesse est quod filii parentibus similentur,
nisi sit error in operatione naturae, qui in statu innocentiae non
fuisset. In accidentibus autem individualibns non est necesse quod
fìlii parentibus similentur. - Iustitia autem originalis, in qua pri-
mus homo conditus fuit, fuit accidens naturac spcciei, non quasi ex
principiis speciei causatum, sed sicut quoddam domum divinitus
datum toti naturae. Et hoc apparet, quia apposita sunt unius gene-
ris: peccatum autem originale, quod opponitur illi iustitiae, dicitur
esse peccatum naturae; unde traducitur a parente in post eros. Et

aiazia. Abbiamo rispettato l'antica nomenclatura, p.erchè e' è una sfumatura di


significato che è bene salvare, e perchè assai difficile sarebbe stata la sostituzione
e.on un altro termine nei vari contesti.
• Oggi possiamo citare un'autorità molto superiore a quella di S. Anselmo.
Infatti il Concilio Trident_ino così si esprime: " Se qualcuno asserisce che la pre-
varicazione di Adamo ha danneggiato lui solo e non anche la sua prole, e che la
santità e la giustizia ricevute da Di.o e da lui perdute, furono perdute da lui per
w solt.'lnto e non p.er noi.. .. sLa scomuni.cato" (DENZ., 789). E evid·ente d.'ll contest.o
che il Concllio rit.eneva trasmissibile fino a noi la giustizia originale, qualora non
fosse intervenut-0 il peccato.
312 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 100, aa. 1-2

padre in figlio. E per tale motivo i figli sarebbero stati simili ai


loro genitori nella giustizia originl.!.]e.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'affermazione di u go [di s. Vit-
tore] va riferita non all'abito della giustizia, ma alle opere com-
piute.
2. Dicono alcuni che i bambini allora non sarebbero nati con la
giustizia gratuita, principio del merito, ma con la sola giustizia ori-
ginale. 1 Siccome però il fondamento della giustizia originale, in cui
fu creato l'uomo, sta nella subordinazione soprannaturale della ra-
gione a Dio, e questa si ottiene con la grazia santificante, come si
è visto, è necessario affermare che, se i bambini fossero nati nella
giustizia originale, sarebbero nati anche in grazia. Del resto anche
il primo uomo, come abbiamo detto, fu creato in grazia. Nè per que-
sto la grazia sarebbe stata naturale; poichè non sarebbe stata tra-
smessa per virtù del seme, ma data all'uomo non appena infusa
l'anima razionale. In modo analogo, appena il corpo è disposto,
viene infusa da Dio l'anima ragionevole, che tuttavia non deriva
per generazione.
3. Cosi è risolta anche la terza difficoltà.

ARTICOLO 2
Se nello stato di innocenza i bambini sarebbero nati confermati
nella giustizia. 2

SEMBRA che nello stato di innocenza i bambini sarebbero nati con-


fermati nella giustizia." Infatti:
1. S. Gregorio, commentando quel passo di Gi-0bbe: "Nel mio
sonno io riposerei''. scrive: "Se nessuna corruzione di peccato
avesse guastato il primo padre, egli non avrebbe genera.to dei figli
di perdizione ; ma da lui sarebbero nati so.Jtanto gli eletti che ora
devono essere salvati dal Redentore'" Perciò sarebbero nati tutti
confermati nella giustizia.
2. Scrive S. Anselmo: «Se i nostri progenitori fossero vissuti in
maniera da evitare il peccato quando fu!'ono tentati, sarebbero stati
confermali con tutta la loro discendenza, così da non poter più pec-
care'" Quindi i bambini sarebbero nati confermati nella giustizia.
3. Il bene è più forte del male. Ora, dal peccato del primo uomo
è de1ivaia, per tutti quelli che provengono da lui, la necessità di
peccare. Dunque, se il primo uomo avesse perseverato nella giusti-
zia, sarebbe derivata nei posteri la necessità di osservure la giu-
stizia.
4. L'angelo che aderì a Dio, mentre gli altri cadevano in peccato,
fu subito confermato nella giustizia da non poter più peccare. Pa-
rimente, se l'uomo avesse resistito alla tentazione, sarebbe stato
anch'egli confermato. Ma avrebbe generato gli altri nelle condizioni

1 Era e questa l'opinione di A].ess;indro di ILall'S (cfr. Summa Thcol., ra, IIi,
nn. 499, ~oo).
2 In a.ltri termini: ci si domanda se nello stato ùi innocenza ciascun uomo
CONDIZIONI MORALI DELLA PROLE 313

propter hoc etiam fìlii parentibus assimilati fui.ssent quantum ad


originalem iustitiam.
AD PlUMU\I ERGO DICENDUM quod verbum Hugonis est intelligendum
non quantum ad habitum iustitiae, sed quantum ad executionem
actus.
AD SECUNDUM DICENDUM quod quidam dicunt quod pucri 11011 fuis-
sent nati cum iustitia gratuita, quae est merendi principium, sed
cum iustitia originali. Sed cum radix originalis iustitiae, in cuius
rectituùine factus est homo, consistat in sn!Jicctionc supcrnaturali
rationis ad Deum, quae est per gratiam gratum facicntcm, ut supra
[q. 95, a.. 1] dictum est ; necesse est dicere quod, si pueri nati fuis-
sent in originali iustitia, quod etiam nati fuissent cum gratia; sicut
et de primo homine supra [ibid.] diximus quod fuit cum gratia con-
ditus. Non tamen fuisset propter hoc gratia. naturalis: quia non
fuisset transfusa per virtutem scminis, sed fuissct collata homini sta-
tim cum habuisset animam rationalem. Sicut enim statim cum cor-
pus est dispositum, infunditur a Deo anima rationalis, quae tamen
non est ex traduce.
Unde patet solutio ad tertium.

ARTICULUS 2
Utrum pueri in statu innocentiae nati fuissent
in iustitia confìrnrnti.
1 Scnt., d. 20, q. 2, a. 3, aù :i, 7; De Malo, q. 5, a. 4, ad 8:
QuodlW. 5, q. 5, a. 1.

AD S:lCUNDL'M SIC PROCEDITUR. Videtur quod pueri in statu inno-


centiae nati fuissent in iustitia confirmati. Dicit enim Gregorius,
4 MoraUum [c. 31], super illud [lob. 3, 13], cc Somno rneo requiesce-
rern etc. : Si parentem primum nulla putredo peccati corrumperet,
nequaquam ex se filios gehennae generaret; sed hi qui nunc per Re-
demptorem salvandi sunt, soli ab illo electi nascerentur ». Ergo na-
scerentur omnes in iustitia confìrmati.
2. PRAETEREA, Anselmus dicit, in libro I Cur Deus homo [c. 18],
quod cc si primi parentes sic vixissent ut tentati non peccassent, ita
confirmarentur cum omni propagine sua, ut ultra peccare non pos-
sent ». Ergo pueri nascerentur in iuslitia coniìrmaii.
3. PRAETEREA, bonum est potentius quam malum. Sed propter pec-
cat um primi hominis consecuta est necessitas peccandi in his qui
nascuntur ex eo. Ergo si primus homo in iustitia perstitisset, deri-
Yaretur ad posteros necessitas observandi iustitiam.
4. Pn\ETERE.\, angelus adhaerens Dea aliis peccantibus, statim est
in iuslitia confirmatus, ut ulterius pe.ccare non po-sset. Ergo simi-
liter et homo, si tentationi restìtisset, confirmatus fuisset. Sed qua-

avrebbe subito la sua prova morale, oltre quella cui fu sottoposto Adamo, qualora
cc-stui non aves'e peccato. Il pensiero dei SS. P:idri in proposito non è ben pr&i-
sn.to. Di qui l'origine del quesito.
• Questa fu l'opinione del tutto singolare di S. AnS<'lmo d'Aosta, che trovò la
netta opIJ-Osizlone degli scolaslic! e dei toolcgi successivi. S. Tommaso cercherà
di scusarlo, dan<lo alle parole di lui un senso dubitativo che però non sembrano
avere.
314 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 100, a. 2

in cui egli si trovava. Perciò anche i suoi figli sarebbero nati con-
fermati nella giustizia.
IN CONTRARIO : Dice S. Agostino : cc Il genere umano sarebbe tanto
felice, se nè essi, cioè i progenitori, avessero commesso il peccato
che si sarebbe trasmesso nei posteri ; nè altri della loro stirpe
avesse commesso un'iniquità, meritevole di dannazione», Da ciò
si rileva che anche se i progenitori non avessero peccato, qualcuno
dei loro discendenti avrebbero potuto comn1ettere l' iniquità. Quindi
non sarebbero nati confermati nella giustizia.
RISPONDO: Non è possibile che i bambini nello stato di innocenza
potessero nascere confermati nella giustizia. È chiaro infatti che i
bambini alla loro nascita non avrebbero avuto una perfezione mag-
giore di quella, che avevano i loro genitori quando li generavano.
Ora, i genitori, fìnchè era possibile generare, non sarebbero stati
confermati nella giustizia. Infatti la creatura ragionevole è confer-
mata nella giustizia quando è resa beata dalla visione aperta di Dio.
Allora essa non può di.staccarsene, e.ssendo Dio l'essenza stessa della
bontà, che nessuno può rifiutare ; poichè tutto si desidera e si ama
in quanto bene. Questo vale secondo la legge comnne ; poichè per
un privilegio speciale può essere altrimenti, come crediamo della
Vergine Madre di Dio. 1 Appena Adamo però fosse giunto alla beati-
tudine, che consiste nella visione di Dio per essenza, sarebbe diven-
tato spirituale non solo nell'anima, ma anche nel corpo; e sarebbe
cessata la vita animale, che sola comporta la generazione. È perciò
evidente che i bambini non sarnbbero nati confermati nella giu.
stizia.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT.\: 1. Se Adamo non avesse peccato, non
avrebbe generato figli di perdizione, nel senso che essi non avreb-
bero contratto da lui il peccato originale, causa della geenna. Tut-
tavia sareibbero potuti divenire ugualmente figli della geenna pec-
cando con il loro libero arbitrio. Oppure, se non fossero divenuti
figli della geenna col peccato, ciò non sarebbe dipeso dall'eissere
confermati nella giustizia, ma dalla provvidenza divina, che li
avrebbe conservati immuni dal peccato.
2. S. Anselmo non dice questo sotto forma di asserzione, ma di
opinione. Ciò risulta dal modo stesso di esprimersi: " Sembra che,
se fossevo vissuti, ecc. "·
3. La ragione addotta non ha valore, sebbene S. Anselmo mostri
di esserne rima.sto colpito, come apparisce dalle s.ue parole. Infatti
i discendenti del primo uomo non contraggono, per il peccato, la
necessità di peccare, al punto di non poter ritornare sulle vie del
bene; ma ciò si verifica soltanto nei dannati. 2 Perciò neppure
[Adamo] avrebbe trasmesso ai suoi discendenti la necessità di non
peccare assolutamente mai: cosa che si verifica solo nei beati.
.1.• Non è uguale il caso pe; l'uomo e per l'angelo. L'uomo infatti
possiede un libero arbitrio, soggetto a mutazione prima e dopo la
scelta: non così l'angelo, come abbiamo già visto trattando degli
angeli.

i La confermazione in grazia della B. Vergine Maria deve concepirsi come


un'assistenza provvidt'nziale continua, che escludt'va ogni peccato (cfr. III, q. 27,
a. 4). Il Concilio Tridt'ntino cosi Ila confermato l'opinione dei teologi e il senti·
mento dei fedeli: « Si quis hominem semel iustificatum dixerit posse In tota vita
CONDIZIONI MORALI DELLA PROLE 315
Iis ipse fuit, tales alios generasset. Ergo et eius fllii confirmati in
iustitia nascerentur.
SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, 14 De Civ. Dei [c. 10): 11 Tam
felix universa esset lmmana societas si nec illi u, scilicet primi pa-
rentes, « malum quod in posteros traiicerent, nec quisquam ex stirpe
eorum iniquitatern committeret, quae damnatlonem recipcrct u. Ex
quo datur intelligi quod, etiam si primi homines non peccassent,
aliqui ex eorum stirpe potuissent iniquitatem commit.terc. Non ergo
nascerentur in iustitia confirmati.
RESPONDEO DICENDUM quod non videtur possibile quod pueri in
statu innocentiae nascerentur in iustitia conflrmati. Manifestum est
enim quod pueri in sua. nativitate non habuissent plus perfectionis
quam eorum parentes in statu generationis. Parentes autem, quan-
diu generassent, non fuissent confirmati in iustitia. Ex hoc enim
creatura rationalis in iustitia confirmatur, quod efficitur beata per
apertam Dei visionem, cui viso non potest non inhaerere, cum ipse
sit ipsa essentia bonitatis, a qua nullus potest averti, cum nihil de-
sideretur et ametur nisi sub ratione boni. Et hoc dico secundum le-
gem communem: quia ex aliquo privilegio speciali secus accidere
potest, sicut creditur de Virgine Matre Dei. Quam cito autern Adam
ad illam beatitudinem pervenisset quod Deum per essentiam vide-
Tet, efficeretur spiritualis et mente et corpore, et animalis vita ces-
saret, in qua sofa generationis usus fuissct. Unde manifestum est
quc>d parvuli non nascerentur in institia confirmati.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod, si Adam non peccasset, non gene-
raret ex se filios gehennae, ita scilicet quod ab ipso peecatum con-
traherent, quod est causa gehennae. Possent tamen fieri filii gehen-
nae per liberum arbitrium peccando. Vel, si filii gehennae non fie-
Tcnt per peccatum, hoc non esset propter hoc, quia essent in iusti-
tia confirmati ; sed prc>pter divinam providentiam, per quam a pec-
cato conservarentur immunes.
Ao sr.cuNDUM DICENDUM quod Anselmus hoc non dicit asserendo,
sed opinando. Quod patet ex ipso modo loquendi, cum dicit: "Vide-
tur quod, si vixissent etc. ».
AD TERTILM DICENDUM quod ratio ista non est efficax, quamvis p er 0

eam Anselmus motus fuisse videatur, ut ex eius verbis [loco in arg.


2 cit.] apparet. Non enim sic per peccatum primi parentis eius po-
steri necessitateun peccandi incurrunt, ut ad iustitiam redire non
possint: quod est tantum in damnatis. Unde nec ita necessitatem
non peccandi transmislsset ad posteiros, quod onmino peccare non
possent: quod est tantum in beatis.
An QTJARTUM DICENDUM quod non est simile de homine et angel-0.
Nam homo habet liberum arbitrium vertibile et ante eleetionem et
post: non autem angelus, sicut supra [q. 61, a. 2) dictum est, eum
de angelis ageretur.

peccata omnia, etiam venialia, vitare, nisi ex speciali Del privilegio, qu~madmo­
dum de B. Virgine tenet Ecclesia, an:i.thema sit" (DENZ., 833).
~ L'osservazione non vale soltanto contro la strana opinione di S. Anselmo: ,-are
assai di più con.tro gli errori del luteranesimo.
QUESTIONE :!.Oi
Condizioni della prole rispetto alla scienza.

Trattiamo finalmente delle condizioni della prole rispetto alla


scienza.
Su tale argomento si pongono due quesiti: 1. Se i bambini sa-
rebbero nati perfetti nella scienza; 2. Se appena nati avrebbero
avuto il perfetto uso di ragione.

ARTICOLO 1
Se nello stato di innocenza i bambini sarebbero nati perfetti
nel sapere.

SE:V:GRA che nello stato di innocenza i bambini sarebbero nati per-


fetti nel sapere. Infatti:
1. Quale era Adamo, tali dovevano essere i figli da lui generati.
Ora, Adamo era perfett.o nella scienza, come abbiamo già visto. Dm1-
que i figli sarebbero nati da lui perfetti nel sapere.
2. L'ignoranza è causata dal peccato, come dice S. Beda. 1 Ma
l'ignoranza non è che la privazione della scienza. Quindi, prima
del peccato, i bambini appena nati avrebbero posseduto ogni scienza.
3. I bambini appena nati avrebbero posseduto la giustizia. Ma per
la giustizia ci vuole la conoscenza che dirige nell'agire. Perciò
avrebbero posseduto anche la scienza.
IN CONTRARIO: La nostra anima è per natura, secondo l'es<pressione
di Aristotele, come cc una tavoletta levigata in cui non c'è scritto
niente"· Ma la natura dell'anima sarebbe st'.tta identica ora come
allora. Dunque le anime dei bambini inizialmente sarebbero state
prive di scienza.
RrsPO!':Do: Come abbiamo già ricord~to, soltanto nelle cose clrn
sorpassano la natura si deve esclusivamente credere all'autorità
[di Dio rivelante]; ma se questa autorità manca, dobbiamo seguire
l'ordine della natura. Ora, per l'uomo è natu.ra.Ie raggiungere la
scienza per mezzo dei sensi, come si è visto; l'anima infatti si uni-
sce al corpo, perchè ne ha bisogno per esercitare la sua operazione
specifica; ciò che non avverrebbe, se l'uomo inizialmente avesse
una scienza non acquisita mediante le facoltà sensitive. Perciò si
deve concludere che nello stato di innocenza i bambini non sareib-
bero nati perfetti nel sapere; ma che l'avrebbero acquistato col
tempo senza difficoltà, per via di indagine e di insegnamento.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La perfezione nella scienza era un
accidente individuale per il nostro progenitore, e cioè in quanto
personalmente era stato costituito padre e maestro di tutto il genere
1 Si tratta di quel celebre passo attribuito a S. Berla il Venerabile [673-735]. che
descrive le conseguenze del peccato originale nelle quattro piaghe de!l' tgnoranza,
QUAESTIO iOi
De conditione prolis generandae quantum ad scientiarn
in duos articttlos divisa.

Deinde considerandum est de conditione prolis generandae quan-


tum ad scientiam.
Et circa hoc quaeruntur duo. Primo: utrum pueri nascerentur in
scientia perfecti. Secundo: utrum statim post nativit.atem habuis-
sent perfectum usum rationis.

ARTICULUS 1
Utrum in statu innocentiae pueri nati fuissent in scientia perfecti.
2 Smt .• d. 23, q. 2, a. 2; De Vertt., q. 18, a. 7.
An PRIMUM sic PROCEDlTUR. Videtur quod in statu innocentiae pueri
nati fuissent in scientia perfecti. Qualis enim fuit Adam, tales filios
generasset. Sed Adam fuit. in scientia perfectus, ut supra (q. 94, a. 3)
dictum est. Ergo filii nascerentur ab eo in scientia perfecti.
2. PRAETEREA, ignorantia ex peccato causatur, ut Beda dicit. Sed
ignorantia est privatio scientiae. Ergo ante peccatum pueri mox
nati omnem scientiam halrnissent.
3. PRAETEREA, pueri mox nati iustitiam habuissent. Sed ad iusti-
tiam requiritur scientia, quae dirigit in agendis. Ergo etiam scien-
tiam habuissent.
SED CONTRA EST quod anima nostra per naturum est "sicut tabula
rasa in qua nihil est scriptum n, ut dicitu·r in 3 De Anima [c. 4,
lect. 9]. Sed eadem animae natura est modo, quae tunc fuisset. Ergo
animae puerorum in principio scientia caruissent.
REsPONDEO DICENDUJ\1 quod, sicut supra (q. 99, a. 1) dictum est, de
his quae snnt snpra naturam, soli auctoritati creditur: unde ubi
auctoritas deficit, sequi debemus naturae conditioncm. Es:t autern
naturale homini ut scientiarn per sensus acquirat, sicut supra [q. 55,
a. 2; q. 81, a. 7] dictum est: et ideo anima unitur corpori, qu.ia in-
diget eo ad suam propriam operationem ; quod non esset, si statim
a principio scientiam haberet non acquisitam per sensitivas virtu-
tes. Et ideo dicendum est quod pueri in statu innocentiae non na-
scerentur perfecti in scientia; sed eam in processu temporis absque
difficultate acquisivissent inveniendo vel addiscendo.
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod esse perfectum in scientia fuit in-
dividuale accidens primi parentis, inquantum scilicet ipse institue-
batur ut pater et instrnctor totius humani generis. Et ideo quantum
della mali:ia, dell' tnfermità e della conciwiscema. (Si veda In proposito quanto
scrive S. Tommaso stesso nella I-II, q. 85, a. 3). A proposito di quel testo gli cdi
tori canadesi della Som.ma seri vono: " Finora non si è trovato l'autore di quel
fa1:-ioso testo, attribuito a Deda, sulle quattro piag-lle de!Ia natura, tra le quali
e' è l'ignoranza. Si possono forse ri&:0nt.rare in DEDA, In Lite., !. 3, super 10, so;
Glossa oràin., super Luc., 10, so" (SUMMA CANAD., I, p. 608).
318 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 101, aa. 1-2

umano. Quindi egli non avrebbe generato figli simili a sè sotto tale
aspetto, ma simili solo quanto agli accidenti di natura e di grazia
comuni a tutta la specie.
2. L'ignoranza è la privazione della scienza in un soggetto fatto
per possederla in un dato tempo. Questo non poteva capitare a dei
bambini appena nati: poichè essi avrebbero avuto una scienza pro-
porzionata alla loro età. Cosicchè in essi non ci sarebbe stata igno-
ranza, ma semplice nescienza 1 di un certo numero cli cognizioni. E la
nescienza è rummessa da Dionigi persino negli Angeli santi.
3. I bambini avrebbero posseduto una cognizione sufficiente per
dirigersi nelle opere di giustizia, nelle quali gli uomini sono diretti
dai principii universali del diritto; e l'avrebbem posseduta in grado
molto superiore a quello che naturalmente noi ora possediamo : lo
stesso si dica a proposito degli altri principii universali.

ARTICOLO 2
Se appena nati i bambini avrebbero avuto
il perfetto uso di ragione.

SEMBRA che nello stato di innocenza appena nati i bambini avreb-


bero avuto il perfetto uso di ragione. Infatti:
1. Attualmente i bambini non hanno il perfetto uso di ragione,
perchè l'anima è aggravata dal corpo. Questo allora non accadeva,
poichè la Scrittura afferma: «Il corpo corruttibile appesantisce l'ani-
ma». Quindi, prima del peccato e della corruzione che ne seguì,
i neonati avrebbero avuto il perfetto uso di ragione.
2. Vi sono degli animali che, appena nati, hanno l'uso del loro
istinto naturale, come l'agnello che subito fugge il lupo. A maggior
ragione, nello stato di innocenza, gli uomini appena nati avrebbero
posseduto il perfetto uso di ragione.
IN CONTRAIUO: La natura, in tutti gli esseri soggetti a generazione,
procede dall'imperfetto al perfetto. Dunque i bambini non avreb-
bero avuto subito da principio il perfetto uso di ragione.
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, l'uso della ragione dipende
in qualche modo dall'esercizio delle facoltà sensitive; cosicchè, se i
sensi sono legati e impedite le facoltà sensitive interne, l'uomo non
ha il perfetto uso deUa ragione, come è evidente nello stato di sonn<J
e di follia. Ora, le potenze sensitive non sono altro che facoltà spe-
ciali degli organi corporei; e quindi se questi vengono impediti,
vengono nece·ssariamente impedite le loro operazioni, e per conse-
guenza l'uso della ra.gione. Nei bambini queste facoltà sono impe-
dite dalla troppa umidità del cerveUo. Perciò essi non hanno il per-
fetto uso della ragione, come non hanno quello delle altre membra.
E quindi nello stato di innoc.enza i bambini non avrebbero avuto il
perfetto uso della ragione, che avrebbero raggiunto nell'età per-
fetta. Tuttavia l'avrebbero avuto in grado più perfetto che al pre-
sente, in ordine alle cose proporzionate al loro stato, come abbiamo
visto sopra parlando dell'uso delle membra.
1 Con una terminologia r><>co .seolastira, giustamente C. nanzoli att.Mbuisce agli
soolastici tre specie dl «ignoranza": l' tgnorantta negauva o stmpttcis negatto-
CONDIZIONI DELLA PROLE RISPEITO ALLA SCIENZA 319

ad hoc, non generabat filios similes sibi; sed solum quantum ad


accidentia naturalia vel gratuita totius naturae.
AD SECUNDUM DICENDUM quod ignorantia est privatio scientiae quae
debet haberi pro tempore illo. Quod in pueris mox natis non fuis-
set: habu.issent enim scientiam quae eis competebat secundum tem-
pus illud. Unde ignorantia in eis non fuis.sent, sed nescientia re-
spectu aliquorum. Quam etiam Dionysius ponit in angelis sanctis,
in 7 Cael. llier.
AD TERTIUM DICENDUM quod pueri habuissent sufficientem scien-
tiam ad dirigendum eos in operibus iustitiae in quibus homines di-
riguntur per universalia principia iuris; quam multo plenius tunc
habuissent quam nunc naturaliter habemus: ~t similiter aliorum
unìversalium princìpiorum.

ARTICULUS 2
Utrum pueri mox nati habuissent perfectum usum rationis.
t Sent., d. 20, q. 2, a. 2 ; De Vcrtt., q. 18, a. 8.
AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod pueri in statu inn0-
centiae mox nati habuissent perfectum usum rationis. Nunc enìm
pueri pedectum usum rationìs non habent propter hoc, quod anima
per corpus aggravatur. Hoc autem tunc non erat: quia, ut dicitur
Sap. 9, 15: «Corpus quod corrumpìtur, aggravat anima '1 ». Ergo
ante peccatum et corruptionem a peccato subsecutam, pueri mox
nati perfectum usum rationis habuìssent.
2. PRAETEREA, quaedam alìa animalìa mox nata habent naturalis
industriae usum, sicut agnus statim fug.it lupum. Multo ergo magis
homines in statu innocentiae mox nat.i habuissent usum perfectum
rationis.
SED CONTRA EST quod natura procedit ab imperfecto ad perfectum
in omnibus generatis. Ergo pueri non statim a principio habui&-
sent perfectum usum rationis.
RESPONDEO DICENDlJM quod, sicut ex supra [q. 84, a. 7] dictis patet,
usus rationis dependet quodamrnodo ex usn viriurn sensitivarum:
unde ligato sensu, et irnpeditis interioribus vìribus sensitivis, homo
perfectum usum rationis non habet, ut patet in dormientibus et
phreneticis. Vires autem sensitivae sunt virtutes quaedam corpora-
lium organorum: et ideo, impeditis earum organis, necesse est quod
earum actus impediantur, et per consequens rationis usus. In pue-
ris aubm est ìrnpedimentum harum virium, propter nimiam humi-
ditatem cerebri. Et ideo in eis non est pcrfe-ctus usus rationis, sicut
nec aliorum membrorum. Et ideo pueri in statu innocentiae non ha-
buissent perfectum usum rationis, sicut habituri erant in perfecta
aetate. Habuissent tamen perfectiorem quam nunc, quantum ad ea
quae ad eos pertinebant quantum ad statum illum; sicut et de usu
mernbrorum superius [q. 00, a. 1] est dictum.

nis, I' ignorantta privativa o privati<mis, e I' ignoranlia pravae àtspositionts


(C. RANZOLI, Dtztona1io dt scienze (i!oso(!clle, Milano, 1926, p. 4g9), La ncsctcnza è
la e.osi detta ignorantta negativa.
320 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 101, a. 2

SOLUZIONE DELLE DIFFTCOLTÀ: 1. Il gravame che viene attribuito alla


corruzione del corpo consiste in un impedimento dell'uso della ra-
gione, che non risparmia l'uomo in qualsiasi età.
2. Anche gli altri animali non possiedono subito da principio l'uso
perfetto del!' istinto naturale, come lo raggiungono in seguito. Ve-
diamo infatti che gli uccelli insegnano a volare ai loro piccoli; e
fatti simili si risc·ontranp negli altri generi di animali. Nell'uomo
però vi è un impedimento speciale, causato dalla preponderanza
dell'umidità nel cerebro, come si è già visto.
CONDIZIONI DELLA PROLE RISPETTO ALLA SCIENZA 321

AD PRIMUM ERGO DICF~-..ouM quod aggravatio addìtur ex corruptione


corporis in hoc, quod usus rationis impeditur quantum ad ea etiam
quae pertinent ad hominem secundum quamcumque aetatem.
An SECUNDUM DICENDUM quod etiam alia anirnalia non habent ita
perfectum usum inclustriae naturalis strrtim a principio, sicut po-
stea. Quod ex hoc patet, quod aves docent volare pullos suos: et si-
milia in aliis generibus animalium inveniuntur. Et tamen in homine
est speciale impedimentum propter abunclantiam humiditatis cere-
bri, ut supra [ibid.] dictum est.
QUESTIONE i02
II paradiso terrestre, dimora dell'uomo. 1

Passiamo a considerare il luogo dove l'uomo si trovava, cioè il


Paradiso terrestre.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se il Paradiso ter-
restre sia un luogo materiale; 2. Se sia un luogo conveniente come
dimora dell'uomo; 3. A quale scopo l'uomo fu posto nel Paradiso;
4. Se egli doveva esser creato nel Paradiso.

ARTICOLO 1
Se il Paradiso 2 sia un luogo materiale.

SEMBRA che il Paradiso non sia un luogo materiale. Infatti:


l. Afft'rma S. Beda che "il Paradiso giunge sino alla sfera della
luna"· • Ora, nessun luogo terrestre può essere così alto; sia per-
chè una tale altezza contrasta con la natura della terra, sia perchè
sotto l'orbita lunare vi è la regione del fuoco, il quale consume-
rebbe la terra. Perciò il Paradiso non è un luogo materiale.
2. La Genesi ricorda quattro fiumi, che nascono dal Paradiso.
Ma i fiumi di cui si parla, hanno in altro luogo la loro ben nota
origine, come rileviamo anche dal Filospfo. Dunque il Paradiso non
P. un luogo materiale.
3. Vi sono alcuni, che hanno esplorato attentamente tutti i lu.oghi
della terra abitabile, e tuttavia non fanno menzione del Paradiso
terrestre. Perciò questo non è un luogo materiale.
4. Racconta la Scrittura che nel Paradiso c'è l'albero della vita.
Ora, questo albero è qualche cosa di spirituale; poichè è detto nei
Proverbi che la sapienza cc è l'albero della vita per quelli che la
comprendono '" Quindi anche il Paradiso terrestre non deve essere
un luogo materiale, ma spirituale.
5. Se il Paradiso fosse un luogo materiale, bisognerebbe che fos-
sero materiali anche i suoi alberi. Ma ciò non sembra possibile ;
poichè gli alberi materiali furono creati il terzo giorno, mentre la
Genesi narra che gli alberi del Paradiso furono piantati dopo l'opera
dei sei giorni. Perciò il Paradiso non è un luogo materiale.

i Ecco il testo biblico sul quale sono imbastite le riflessioni che segu-0no: "Ora
il Signore sin da principio aveva piantato un paradiso di delizia ; ivi pose l'uomo
d.a lui formato. Produsse il Sign-0re Dio dalla terra ogni albero bello a vedersi
e buono a mangiarsi ; inoltre, l'albero della vita nel mezzo del pa.radiso, e l'al-
bero della scienza del bene e del male. E dal lu-0go di delizia usciva ad irrigare
il paradl90 un fiume, che diPoi si divide in quattro rami. Il primo ha nome Fison ;
è quello che circonda l'intera terra di Hevilat donde si cava l'oro, e l'oro di
quella terra è ottimo .... Il fiume secondo ha nome Geon; è quello che gira att-0rno
a tutta la regione d' Etiopia. Il nome poi del terzo fiume è Tigri, che si dirama
QUAESTIO 102
De loco hominis, qui est paradisus
tn quatuOT arttcutos dtvtsa.

Deinde considerandum est de loco horninis, qui est Paradisus.


Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo: utrum Paradisus sit
locus corporeus. Secundo: utrurn sit conveniens locus habitationis
hurnanae. Tertio: ad quid homo in Paradiso positus fuit. Quarto:
utrum in Paradiso debuit fieri.

ARTICULUS 1
Utrum Paradisus sit Iocus corporeus.
1 Sent., d. 17, q. 3, a. 2.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Paradisus non sit locus
corporeus. Dicit enim Beda [in Glossa super Gen. 2, 8] quod «Para-
disus pertingit usque ad lunarem circulum )), Sed nullus locus ter-
renus talis esse potest: tum quia contra naturam terrae esset quod
tantum elevaretur; tum etiam quia sub globo lunari est regio ignis,
qui terrarn oonsurneJ'let. Non est ergo Paradisus locus corporeus.
2. PRAETEREA, Scriptura commemorat quatuor ftumina in Paradiso
oriri, ut patet Gen. 2, IO ss. Illa autem ftumina quae ibi nominan-
tur, alibi habent manifestas origines; ut patet etiam per Philoso-
phum in libro 1 Meteor. [c. 13, lect. 16]. Ergo Paradisus non est
locus corporeu.s.
3. PRAETEREA, aliqui diligentissime inquisierunt omnia loca terrae
habitabilis, qui tarnen nullam menUonem faciunt de loro Paradisi.
Ergo non videtur esse locus corpo.reus.
4. PRAETEREA, in Paradiso describitur [Gen. 2, 9] lignurn vitae esse.
Sed lignum vitae est aliquid spirituale: dicitur enim Prov. 3, 18,
de sapientia, quod "est lignum vitae bis qui apprnhendunt eam )),
Ergo et Paradisus non est locus corporeus, sed spiritualis.
5. PRAETEREA, si Paradisus est locus corporalis, oportet quod et li-
gna Paradisi sint corporalia. Sed hoc non videtur: cum corporalia
ligna sint product.a tertio die; de !)lantatione autem lignorum para-
disi legitur Gen. 2, 8-9, post opera sex dierum. Ergo Paradisus non
est locus corporeus.

verso gli Assiri. Il quarto fiume poi è I' Eufrate. Il Signore Dio adunque prese
l'uomo, e lo collocò nel paradiso, aceiò lo lavorasse e lo custodisse» (Gen .• 2, 8-15).
2 Il paradtsum della Volgata è una traslitterazione dal greco :ra12ci6,.~o•, che a
sua volta è traslitterazione dal per&iano pairi-daeza. Con quest.a voce 1 Per-
siani designavano il recinto di un parco, e i giardini reali. I LXX se ne servirono
per tradurre l'ebraico gan. che sta a indicare piuttosto un campo coltivato, dove
crescono frumento, legumi, alberi; ma talora sta a indica.re un giardino del!-
zioso (CEUPPENS, op. cit., p. 101).
• Vien fatto di pensare alla montagna del Purgatorio, escogitata dalla fantasia
di Dante dietro queste sollecitazioni.
324 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 102, a. 1

IN CONTRAHIO: Scrive S. Agostino: " Sono tre le sentenze correnti


sul Paradiso: la prima vu-0le che il Paradiso terrestre sia esclusi-
vamente materiale; la seconda che sia soltanto spirituale; 1 la terza
vede nel Paradiso l'uno e l'altro aspetto; e questa è la sentenza
che a me piace"·
RISPONDO: Come dice S. Agostino, "nessuno proibisca di dire
quello che si può convenientemente asserire in senso spirituale del
Paradiso; purchè si creda fermamente la verità fedelissima di que-
sta storia, verità comprovata dalla narrazione di determinati avve-
nimenti». Infatti le cose affe.rrnate dalla Scrittura sul Paradiso ter-
restre vengono presentate sotto forma di narrazione storica; ora,
in siffatti racconti della Scrittura bisogna sempre tenere come base
la verità storica, e poi costruirvi sopra le interpretazioni spirituali.
Ebbene, il Paradiso, come dice S. Isidoro, è "un luogo posto nelle
regioni dell'Oriente, 2 e il .suo nome greoo significa giardino». -
E giusto collocare la sua ubicazione in Oriente. Poichè è da cre-
dere che sia stato preparato nel luogo più nobile della terra. Ed
eS'Sendo l'Oriente la parte destra del cielo, come scrive il Filosofo,
ed essendo la destra sempre più nobile della sinistra, era conve-
niente che il Paradiso terrestre fosse collocato da Dio nella parte
orientale. •
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'affermazione di s. Beda non cor-
risponde a verità, se si prende come suona. Si può tuttavia inter-
pretare nel senso che il Paradiso terrestre si eleva fino alla sfera
lunare, non per altezza di dislocazione, ma per una certa analogia;
poichè, al dire di Isidoro, cc vi si trova un'atmosfera sempre tem-
perata». E in tal modo ha una somiglianza con i corpi celesti, che
non hanno contrarietà di elementi. E si accenna in particolare al-
l'orbita lunare piuttosto che alle altre, perchè questa è l'ultimo dei
corpi celesti verso di noi; inoltre la luna è, fra tutti i wrpi celesti,
il più affine alla terra; tanto è vero che vi si trovano delle ombre,
che la rendono simile ai corpi opachi.
Alcuni spiegano che il Paradiso terre·stre sarebbe giunto fino al-
l'orbita lunare, nel senso che arrivava fino alla zona intermedia
dell'atmosfera, in cui hanno origine le piogge, i vènti e fenomeni
affini: e questo perchè tali fenomeni vengono attribuiti special-
mente al!' influsso della luna. - Ma in tale ipotesi quel luogo non
sarebbe adatto come dimora degli uomini, sia per la massima in-
temperie elle vi regna, sia perchè non è adatto alla complessione
umana, come lo è invece l'atmosfera inferiore, più vicina alla terra.
2. Sewndo S. Agostino, "bisogna credere che la dislocazione del
Paradiso sia molto distante dalla conoscenza degli uomini, e che i
fiumi, di cui si dicono note le wrgenti, siano sprofondati sotto
terra, e dopo aver percorso vastissime regioni, siano affiorati in

1 Già Filone, ebreo alessandrin-0 del s-ec. I, aveva dato un'interpretazione alle-
gorica del racc-0nto della Genesi relativo al Paradiso terrestre. Origene fece al-
trettanto; e non mancano autori moderni che si Eono messi per questa medesima
via, impre.ssionati dalle molteplici difllc.oltà che il racconto presenta. Quello che
più complica le cose è la difficoltà di stabilire quale fosw il testo biblico nella
sua stesura iniziale, per quanto riguarda i nomi propri.
2 La dislocazione "in oriente" ò indicata espressamente dal testo ebraiC-O il
quale, con ogni verisimiglianza, deve avere questo senso: " Il Signore Dio i:;iantò
un giardino in Eden, ad oriente" {cfr. CEUPPENS, op. cit., pp. 101-103).
IL PARADISO TERRESTRE, DIMORA DELL'UOMO 325

SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, 8 Super Gen. ad litt. [c. 1]:
"Tres sunt de Paradiso generales sententiae: una eorum qui tan·
tummodo corporaliter Paradisum intelligi volunt ; alia eorum qui
spiritualiter tantum; tertia eorum qui utroque modo Paradisum ac-
cipiunt, quam mihi fo.teor piacere sententiam ».
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit 13 De Civ. Dei
[c. 21], « quae commode dici possunt de intelligendo spiritualiter Pa-
radiso, nemine prohibcnte dicantur; dum tamen et illius historiae
fidelissima ve.ritas rerum gestarum narratione commendata creda-
tur "· Ea enim quae de Paradiso in Seriptura dicuntur, per modum
narrationis historicae proponuntur: in omnibus autem quae sic
Scriptura tradit, est pro fu.ndamento tenenda veritas historiae, et
desuper spirituales expositiones fabricandae. Est ergo Paradisus,
ut Jsidorus dicit in libro 14 Etymol. [c. 3], « locus in Orientis par-
tibus constitutus, cuius vocabulum a gra.eco in fatinum vertitur
Hortus ». - Convenienter autem in parte orientali dicitur situs.
Quia credendum est quod in nobilissimo loco totius terrae sit con-
stitutus. Cum autem Oriens sit dext.era caeli, ut patet per Philoso-
phum in 2 De Caelo [c. 2, lect. 3]; dextera autem est nobilior quam
sinistra; conveniens fuit ut in orientali parte Paradisus terrenus
institueretur a Deo.
An PRIMUM F.RGO DrCENDUM quod Bedac vcrbum non est verum, si
secundum sensum manifestum intelligatur. Pot€st tamen exponi
quod usque ad locum lunaris globi ascendit, non secundum S'itus
eminentiam, sed secundum similitudinem: quia est ibi "perpetua
aeris temperies '" ut Isidorus dicit [loco cit. in corp.], et in hoc
assimilatur corporibus caclestibus, quae sunt absque contrarietate.
l\fagis tamen fit mentio de lunari globo quam de aliis sphaeris,
quia lunaris globu.s est terminus caelestium corporum versus nos;
et luna etiam est magis terrae affinis inter omnia corpora ca.ele-
stia ; unde et quasdam tenebras nebulosas habet, quasi acced13ns ad
opacita tem.
Quidam autcm dicunt quod Paradisus pertingebat usque ad luna-
rem globum, idest usque ad medium aeris. interstitium, in quo gene-
rantur pluvia€ et venti et huiusmodi: quia dorninium super huius-
modi evaporationes maxime attribuitur lunae. - Sed secundum hoc,
locus ille non esset conveniens habitationi humanac: tum quia ibi est
maxima intemperies; tum quia non est contemperatus complexioni
humana.e, sicut aer inferior magis terrae vicinus.
An sr:cuNDUl\I DJCEKDFM quod, sicut Augustinus dicit 8 Super Gen.
ad liti. [c. 7), « credendum est, quoniam locus Paradisi a cognitione
hominum est rem-0t.issimus, flumina, quorum fontes noti esse dicun-
tur, alicubi isse sub terras, et post tractus prolixarum regionum,
3 Quf';,te ultime riftess!oni sono per noi divm1.enti anzichenò. Ma non possiamo
ridere là d.ove S. Tom:naso riafferma la necessità di non negare il valore storico
d! quelle narrazioni, che la Scrittura presonta come racccntl storici. Anche gli
esegeti moderni riconoscono che la descrizione dcl Paradiso terrestre vuole indi·
care un.a regione gC()gr.afic.amente definita. In questo anzi essi sono generalmente
più concreti degli antichi. Infatti essi trovano nel!<> parc1e della Genest l'ubic.a..
zi-0ne di un territorio ben conosciuto nell'antichità, e che viene a essere localiz-
zato tra le sorgenti dei grandi fiumi ricordati.
Gli antichi invece partivano dal presupJ)Dsto che il ParadiS-O terrestre doveva
essere ancora in efficienza come luogo di delizie e di immortalità, e quindi doveva
trovarsi in una regione vietata e .tnaccesslb!le.

21 - VI
326 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 102, aa. 1-2

altri luoghi. E chi non sa che molte correnti d'acqua si compor-


tano in questa maniera ? '" '
3. La località di questo Paradiso è tagliata fuori dalle nostre di-
more, o dalle montagne, o dai ma:ri, o da qualche regione info-
cata che non si può traversare. È per questo che i geografi non la
ricordano.
4. L'albero della vita è un albero materiale, chiamato così per-
chè il suo frutto aveva la virtù di conservare la vita, come ab-
biamo già detto. Tuttavia aveva un significato spirituale, come lo
aveva la pietra del deserto, che era una cosa materiale, e tuttavia
simboleggiava Cristo.
Parimente, l'albero della scienza del bene e del male era un vero
albero, denominato in quel modo in vista di quanto sareb-be acca-
duto: e ciò perchè dopo di averne mangiato il frutto l'uomo doveva
imparare, siperimentando la punizione, la differenza tra il bene del-
l'ob-bedienza e il male della disobbedienza. Tuttavia poteva anche
simboleggiare il lib-ero arbitrio, come alcuni ritengono.
5. Secondo S. Agostino nel terzo gi,orno le piante non sarebbero
state create in atto, ma nelle loro ragioni seminali; però, dopo
l'opera dei sei giorni, sarebbero state prodotte nella loro attualità
sia le piante del Paradiso che le altre. - Stando invece agli altri
Santi DoUori, tutte le piante furono prodotte nella loro attualità
perfetta il terzo giorno, compresi gli alberi del Paradiso: quindi il
racconto della piantagione di questi alberi dopo le opere dei sei
giorni, si deve intendere come una ricapitolazione del racconto.
Infatti la nostra ver.sione dice: «Il Signore Iddio aveva piantato un
Paradiso di delizie fin dal principio ».

ARTICOLO 2
Se il Paradiso fosse un luogo adatto come dimora dell'uomo. 2

SEMBRA che il Paradiso non fosse un luogo adatto come dimora


dell'uomo. Infatti:
1. L'uomo e l'a11gelo sono ordinati alla beatitudine nella stessa
mrrniera. Ora l'angelo venne posto fin da principio ad abitare il
luogo dei beati, che è il cielo empireo. Anche l'uomo dunque doveva
avere costà la sua dimora.
2. Se all'uomo spetta un luogo determinato, gli spdta, o a mo-
tivo dell'anima, o a motivo del corpo. Ora, a motiYo dell'anima
l'uomo non dovrebbe avere altro luogo che il cieìo, il quale sembra
proprio il luogo naturale dell'anima, essendo istintivo in tutti il
desiderio del cielo. A motivo del corpo, invece, all'uomo non è do-
vuto un luogo diverso da quello degli altri animali. Quindi in nes-
sun modo il Paradiso terrestre poteva essere un luogo adatto come
dimora dell'uomo.

1 Gli c-;:egetl moderni cercano di risolrnre la dillìcoltà in ben altra maniera.


Per Io Pi.ù si mira a rintracciare nei fiumi Phison e Gehon dki corsi d'arqua che
hanno le loro sorgenti non troppo lontane da quelle del Tigri e clell' Eufrate
(c!r. CEUPPENS, op. cit., pp, 113, 114).
IL PARADISO TERRESTRE, DIMORA DELL'UOMO 327
locis aliis erupisse. Nam hoc solere nonnullas aquas facere, quis
ignorai?».
AD TERTIUM DICENDUM quod locus ille seclusus est !lo nostra habi-
tatione aliquibus impedimentis veJ. montium, vel marium, vel ali-
cuius aestuosae regionis, quae pertransiri non potest. Et ideo scrip-
tores locorum de hoc loco mentionem non fecerunt.
AD QUARTUM DICENDUM quod lignum vitae est quaedam materialis
arbor, sic dieta quia eius fructus ha.bebat virtutem conscrvandi vi-
tam, ut supra [q. 97, a. 4] dictum est. Et tumen aliquid signifìcabat
spiritualiter: sicut et petra in deserto fuit aliquod materiale, et
tamen significavit Christum.
Similiter etiam lignum scientiae boni et mali materialis arbor
fuit, sic nominata propter eventum futurum: quia post eius esum
homo, per experimentum poenae, didic.it quid interesset inter obe-
dientiae bonum et inobedientiae malum. Et tamen spiritualiter po-
tuit significaDe liberum arbitrium, ut quidam dicunt.
AD QTJINTUM DICENDUM quod, secundum Augus.Unum [5 De Gen.
ad litt., c. 4; 8, c. 3], tertio die productae sunt plantae ncm in
actu, sed secundum quasdam rationes seminales: sed post opera
sex dierum productae 1sunt plantae tam Paradisi quam aliae in actu.
- Secundum alios vero Sanctos, oportet dicere quod omnes plantae
producta.e sunt in actu tertio die, et etiam ligna Paradisi: sed quod
dicitur de plantatione lignorum Paradisi post opera sex dierum,
intelligitur per recapitulationem esse dictum. Unde littera nostra
habet [v. 8]: « Plantaverat Dominus Deus Paradisum voluptatis a
principio».

ARTICULUS 2
Utrum Paradisus fuerit locus conveniens habitationi humanae.
j Sent., d. 29, a. 5; Compend. Theol., c. 187.
An SECt.:NDUM SIC PHOCEDITUR. Videtur quod Paradisus non fuerit
locus conveniens habitationi humanae. Homo enim et angelus simi-
liter ad beatitudinem ordinantur. Sed angelus statim a principio
factus est habitator loci beatorum, scilicet caeli empyrei. Ergo etiam
ibi debuit institui habitatio hominis.
2. PRAETEREA, si locus a!iquis debetur homini, aut debdur ei ra-
tione animae, aut ratione corporis. Si ratione animae, debetur ei
pro loco caelum, qui videtur esse locus naturalis animae, cum om-
nibus ineitus sit appetitus caeli. Ratione autem corporis, non debe-
tur ei alius locus quam a!iis animalibus. Ergi Paradisus nullo modo
fuit locus conveniillls habitationi humanae.

2 Per quanto saggio egli fosse, S. Tommaso non poteva sfuggirE del tutto a
quella passione per il meraviglioso che agitava i suoi contemP-Oranei, i quali vi-
vevano in un mondo per tre quarti ancora inesplorato. C'erano troppe voci incon-
t1·01labili, troppe induzioni pseudo-scientifiche in circolazione, perchè un uomo
potesse orientarsi con sicurezza e con prudenza in problemi cosi ardui, al quali
d'altra parte non si sapeva rinunziare. Modesta.mente il Dottore Angellw si è li-
mitato a raccogliere le indicazioni più ragionevoli della scienza e della tradi-
zione.
328 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 102, a. 2

3. Un luogo, che non contiene le cose che deve contenere non ha


ragione di essere. Ma dopo il peccato il Paradiso terrestre non è
più il luogo della dimora umana. Dunque, se esso è un luogo adatto
per questa dimora, sembra che Dio l'abbia creato inutilmente.
4. Avendo l'uomo una complessione temperata, gli conviene una
località che sia temperata. Tale non è il luogo del Paradiso terre-
stre; poichè si dice che sia posto sotto la linea equinoziale; e que-
sta è una zona caldissima, per il fatto che due volte all'anno il sole
passa a piombo sulle teste di cokiro che vi abitano. Perciò il Para-
diso terrestre non è una dimora adatta per l'uomo.
IN CONTRARIO: Il Damasceno scrive che il Paradiso terrestre «è
una regione divina, e degna dimora di colui che era a immagine
di Dio"·
RISPONDO: Come abbiamo già detto, l'uomo era incorruttibile ed
immortale, non perchè il suo corpo possedeva la disposizione a.Il' in-
corruttibilità, ma perchè vi era nell'anima una virtù, che prese.r-
vava il corpo dalla corruzione. Ora, il corpo umano può corrom-
persi per cause intrinseche o estrinseche. Si corrompe intrinseca-
mente per l'esaurirsi dell'elemento umido e per la vecchiaia, come
si è visto sopra: e l'uomo primitivo poteva rimediarvi mediante il
cibo. Ma tra gli agenti che lo guastano dall'esterno sembra che i
principali siano i rigori del clima: e a tale opera di disgregazione
si ripara specialmente col clima temperato. Nel Paradiso terrestre
si riscontravano le due condizioni ; poichè, al dire del Damasceno,
esso è un luogo « rifulgente di aria temperata, sottìlissima e puris-
sima, ornato di alberi sempre fiorenti'" Perciò è evidente che il
Paradiso terrestre è un luogo adatto come dimora dell'uomo nel
suo stato primitivo di immortalità.
SoLt.:ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il cielo empireo l è insieme il più
alto luogo nello spazio materiale, ed è immune da qualsiasi muta-
mento. A motivo della prima condizione, quindi, è adatto alla na-
tura angelica, per la ragione indicata da S. Agostino con quelle
parole: "Dio regge la creatura materiale per mezzo di quella spi-
rituale» ; è giusto infatti che la natura spirituale sia posta al di-
sopra di tutto il mondo materiale, come per governarlo. Per la se-
conda condizione p-0-i è adatto allo stato di beatitudine, che è fon-
dato su una stabilità somma. - Per questi motivi il luogo della
beatitudine si addiceva bene all'angelo, in forza della sua natura;
e difatti vi fu creato. Ma esso non si addiceva all'uomo, sempre
avuto riguardo alla sua natura, perchè l'uomo non presiede e non
governa tutto il mondo materiale: gli spetta soltanto in forza della
beatitudine. Perciò l'uomo non fu posto da principio nel cielo em-
pireo, ma doveva esservi trasportato neUo stato dell'ultima beati-
tudine.
2. E ridicolo affermare che le anime o le altre sostanze spirituali
hanno un loro luogo naturale; 2 ma viene assegnato un luogo parti-
colare a una creatura incorporea per una certa congruenza. Il Pa-
radiso terrestre, dunque, era un luogo conveniente per l'uomo, avuto
riguardo tanto all'anima che al corpo, per il fatto che nell'anima
vi era una virtù atta a preservare il corpo umano dalla corruzione.
' N€1 trattato sngli angeli abbiamo già visto quali fossero le Idee di S. Tom-
maso e dei contemporanei su tahl argomento (cfr. voi. IV, pp. 346 ss.).
IL PARADISO TERRESTRE, DIMORA DELL'UOMO 329

3. PRAETEREA, frustra est locus in quo nullum locatum continetur.


Sed post peccatum Paradisus non est Iocus habitationis humanae.
Ergo, si est locus habitationi humanae congruus, in vanum videtur
a Deo institutus fuisse.
4. PRAETEREA, homini, cum sit temperatae complexionis, congruus
est locus temperatus. Sed locus Paradisi non est locus ternperatus:
dicitur enim esse su.b aequinoctiali circulo, qui locus videtur oose
calidissimus, cum bis in anno sol pertranseat super summitatem
capitum eorum qui ibi habitant. Ergo Paradisus non est Iocus con-
gruus habitationi humanae.
SED CONTRA EST quod Damascenus dicit [2 De Fide Orth., c. 11] de
Paradiso, quod est «divina regio, et digna eius qui secundum ima-
ginem Dei erat, conversatio ».
RESPONDEO DIC:ENDUM quod, sicut supra [q. 97, a. 1] dictum est,
homo sic erat incorruptibilis et immortalis, non quia corpus eius
dispo-sitionem incorruptibilitatis haberet, sed quia inerat animae vis
quaedam ad praeservandum corpus a corruptione. Corrumpi autem
potest corpus humanum et ab interiori et ab exteriori. Ab interiori
quidem corrumpitur per consumptionem humidi, et per senectutem,
ut supra [ibid., a. 4] dictum est: cui corruptioni occurrere poterat
primus ho-mo per esum ciborum. Inter ea vero qua.e exterius cor-
rumpunt, praecipuum videtur esse distemperatus aer: unde buie
corruptioni maxime occurritur per temperiem aeris. In Paradiso
aut.ero utrumque invenitur, quia, ut Damascenus dicit [loco cit.], est
Iocus «temperato et tenuissimo et purissimo aere circumfu!gens,
plant.is se.mper ftoridis comatus », Unde manifestum est quod Para-
disus est locus conveniens habitationi humanae, secundum primae
immortalitatis statum.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod caelum empyreum est supremum
corporalium locorum, et est extra omnem mutabilitatem. Et quan-
tum ad primum hormn, est locus congruus naturae angelicae: quia,
sicut Augustinus dicit in .'J De Trin. [c. 4], "Deus regit creaturam
corporalem per spiritualem ,, ; unde conveniens est quod spiritualis
natura sit supra omnem corporalem constituta, sicut ei praesidens.
Quantum autem ad secundum, convenit statuì beat.itudinis, qui est
fìrmatus in summa sta.bilitate. - Sic igitur locus beatitudinis con-
gruit angelo secundum naturum suam: unde ibi creatus est. Non
autem congruit homini secundum suam naturam, cum non praesi-
deat toti corporali creaturae per modum gubernationis: sed com-
petit ei solum ratione beatitudinis. Unde non est positus a principio
in caelo ·empyreo; sed illuc transferendus erat in statu fìnalis bea-
titudinis.
AD SECUNDUM DICENDUM quod ridiculum est dicere quod animae,
aut alicui spirituali substantia€, sit aliquis locus naturalis: sed per
congruentiam quandam aliquis specialis locus creaturae incorpo-
rali attribuitur. Paradisus ergo terrestris erat locus congruens ho-
mini et quantum ad animam et quantum ad corpus, inquantum sci-
lfoet in anima erat vis praeservandi corpus humanum a corruptione.

' Secondo il pensiero di Aristotele e della sua scuola, ogni c.orpo avrebbe avuto
il suo luogo naturale: ciò era p<!r essi dimostrato dalla sovrappo&izlone o dalle
tendenze dei quattl'o elementi: teITa, acqua, a.ria, fuoco.
330 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 102, aa. 2-3

Cosa che non si trovava negli altri animali. Perciò, come si esprime
il Damasceno, " nel Paradiso non vi erano animali irragionevoli» ;
sebbene per una. disposizione divina quivi siano stati condotti ·ad
Adamo gli animali, ed il serpente vi sia entrato per opera del dia-
volo.
3. Quel luogo non è inutile, dal momento che npn serve come di-
mora dell'uomo dopo il peccato ; allo stesso modo che non fu con-
ferita inutilmente all'uomo una certa immortalità, che pure non
doveva conserva.re. Ciò infatti manifesta la benignità di Dio verso
l'uomo, e quello che l'uomo ha perduto col peccato. - Da notars-i
però che, secondo alcuni, anche ora il Paradiso terrestre sarebbe
abitato da Enoch ed Elia. 1
4. Coloro che pongono il Paradisp sulla linea dell'equatore pen-
sano che su quella linea la regione sia temperatissima a causa del-
l'uguaglianza fra il giorno e la notte in tutto l'anno, sia perchè il
sole non si allontana mai troppo, cosi da causare un eccesso di
freddo, sia perchè non vi è, come essi dicono, eccesso di caldo;
poichè il sole, pur passando a piombo sulla testa degli abitanti,
rimane in tale posizione per poco tempo. - Aristotele però di-
chiara espressamente che quella zona è inabitabile per il calore.
E la cosa sembra più probabile; paichè le regioni più vicine al sole,
in cui tuttavia il spie non passa mai a piombo, i:ono già caldissime
per la sola vicinanza del sole. - Comunque stiano le cose, dobbiamo
ritenere che il Paradiso terrestre è situato in un luogo temperatis-
simo, o all'equatore o altrove.

ARTICOLO 3
Se l'uomo fu posto nel Paradiso terrestre
per lavorarlo e custodirlo.

SEMBRA che l'uomo non fosse posto nel Paradiso terrestre per la-
vorarlo e custodirlo. Infatti:
1. Nel Paradiso terrestre e nello stato di innocenza non doveva
esserci ciò che fu introdotto come pena del peccato. Perciò l'uomo
non fu posto nel Paradiso perchè lo coltivass.e.
2. Non c'è bisogno di custodia dove non si temono invasori vio-
lenti. Ma nel Paradiso non c'era da temere invasori violenti. Quindi
non era necessario custodirlo.
3. Se l'uom-0 fu posto nel Paradiso terrestre per lavorarlo e per
custodirlo, sembra seguirne che l'uomo sia stato creato per il Pa-
radiso e non viceversa; il che è falso. Dunque l'uomo non fu posto
nel Paradiso per coltivarlo e per custodirlo.
IN CONTRARIO: Dice la Scrittura: «Il Signore Dio adunque prese
l'uomo e lo collocò nel Paradiso di delizia, per lavorarlo e per cu-
stodirlo"·
RISPONDO: Come dice S. Agostino, questo passo della Scritiura si
può intendere in due modi. Primo, nel senso che Dio pose l'uoma
nel Pa.radiso, affinchè lo stesso Dio lavorasse e custodisse l'uomo;

1 L"a~cenno fa pensare alle divagazioni 1etterarle degli apocrifi e alle leggende


medioevali, ricamate intorno a due passi della sacra Scrittura, che dascrivono il
IL PARADISO TERRESTRE, DIMORA DELL'UOMO 331

Quod non competebat aliis animalibus. Et ideo, ut Damascenus diclt


[loco cit.J, "in Paradiso nullum irrationalium habitabat 11: licet ex
quadam dispensatione animaJia fuerint illuc divinitus adducta ad
Adam, et serpens illuc accesserit per operationem diaboli.
An TERTIUM DICENDUM quod 11001 propter hoc locus est frustra, quia
non e$l ibi hominum habitatio post peccatum: sicut etiam non fru-
stra fuit homini attributa immortalitas quaedam, quam conservatu-
rns non e.rat. Par huiusmodi enim ostenditur benignitus Dei ad homi-
nem, et quid homo peccando amiserit. - Quamvis, ut dicitur, nunc
Enoch et Elias in illo Paradiso ha.bitent.
Ao QUARTUM DICENDUM quod illi qui dicunt Paradisum esse sub
circulo aequinoctiali, opinantur &\Ù) circulo illo es.se loc.um tem-
peratissimum, propter aequaiitatem dierum et noctium omni tem-
pore; et quia sol nunquam multum ab eis elongatur, u.t &t apud
eos superabundantia frigoris; nec iterum est apud eos, ut dicunt,
superabundantia caloris, quia etsi sol pertranseat super eorum ca-
pita, non tamen diu moratur ibi in hac dispositione. - Aristoteles
tamen, in libro 2 Meteor. [c. 5, lect. 10], expresse dicit quod regio
illa est inhabitabilis propter aestum. Quod videtuT probabilius:
quia terrae per quas nunquam sol pertransit in directum capitis,
sunt intemperatae in calore propter solam vicinitatem solis. - Quid-
quid autem de hoc sit, credendum esit Para.disum loco temperatis-
simo constitutum esse, vel 1sub aequinoctiali ve! alibi.

ARTICULUS 3
Utrum homo sit positus in Paradiso ut oPeraretur
et custodiret illurn.

AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod homo non sit positus in


Paradiso ut operaretur et custodiret illum. Quod enim introductum
est in poenam peccati, non fuisset in Paradiso in statu innocentiae.
Sed agricultura introducta est in poenam peccati, ut dicitur Gen.
3, 1ì ss. Ergo homo non fuit positus in Paradiso ut operaretur ipsum.
2. PRAETEHEA, custodia non est necessaria, ubi non timetur violen-
tus invasor. Sed in Paradiso nullu.s timebatur violentus invasar.
Ergo non erat necessarium ut Paradisum custodiret.
3. PRAETEREA, si homo positus est in Paradiso ut operaretur et cu-
stodiret ip.sum, videtur sequi quod homo factus sit propter Para-
disum, et non e converso: quod videtur esse fa.lsum. Ergo homo non
est positus in Paradiso un op.eraretur et custodiret illum.
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2, 15: "Tulit Dominus Deus ho-
minern, et posuit illum in Paradiso voluptatis, ut operaretur et cu-
stodiret illum "·
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit 8 Super Gen. ad
litt. [c. 10], verbum istud Genesis dupliciter potest intelligi. Uno
modo sic, quod Deus posuit hominem in Paradiso, ut ipse Deus

transito preternaturale di questi due santi dell'Antico Testamento (Gen., 5, 24,


4· Re, 2, 1-13).
332 LA SOM:VIA TEOLOGICA, I, q. 102, aa. 3-4

lo lavorasse, cioè, dandogli la giustificazione; poichè se l'azione di-


vina abbandona l'uomo, questi subito si ottenebra, come fa l'aria
quando cessa l' influsso della luce; e lo custodisse da ogni corru-
zione e da ogni male.
Secondo, si può intendere nel senso che l'uomo doveva lavorare e
custodire il Paradiso. Quel lavoro tuttavia non sarebbe stato gra-
voso, come lo è dopo il peccato ; ma giocondo, poichè permetteva
di sperimentare le forze della natura. Anche la custodia non aveva
per oggetto gli invasori: suo scopo era che l'uomo custodisse per
sè il Paradiso, evitando di perderlo col peccato. Il Paradiso era per-
ciò ordinato al bene dell'uomo, e non viceversa.
Sono perciò evidenti. le risposte alle difficoltà.

ARTICOLO 4
Se l'uomo fu creato nel Paradiso terrestre.

SEMBRA che l'uomo sia stato creato nel Paradiso terrestre. Infatti:
1. L'angelo fu creato nel luogo della sua dimora, cioè nel cielo
empireo. Ora, il Paradiso terrestre era il luogo adatto alla dimora
dell'uomo, prima del peccato. Dunque l'uomo doveva essere creato
nel Paradiso terrestre.
2. Gli animali sono conservati nella sede della loro origine: i pe-
sci nell'acqua, i quadrupedi sulla terra, in cui furono prodotti.
Ora, l'uomo sarebbe stato conservato nel Paradiso, come si è detto.
Perciò doveva essere creato nel Paradiso.
3. La donna fu creata nel Paradiso terrestre. Ma l'uomo è più
nobile della donna. Dunque a maggior ragione l'uomo doveva essere
creato nel Paradiso terrestre.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Dio prese l'uomo e lo collocò nel Pa-
radiso».
R[SPONDO: Il Paradiso terrestre era un luogo indicato come di-
mora dell'uomo, per la oondizione di incorruttibilità dello stato pri-
mitivo. Ora, questa incorruttibilità non spettava all'uomo in forza
della sua natura, ma per un dono soprannaturale di Dio. Perciò,
affinchè un tale privilegio venisse attribuito non alla natura umana,
ma alla grazia di Dio, Dio creò l'uomo fuori del Paradiso terrestre,
e poi ve lo collocò, perchè vi abitasse per tutto il tempo della sua
vita animale, con la prospettiva di essere poi trasferito in ciclo,
quando avesse raggiunto la vita spirituale.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il cielo empireo è un luogo conve-
niente per gli angeli, anche rispetto alla loro natura; per questo vi
furono creati.
2. Lo stesso dicasi per la seconda difficoltà. Quei luoghi infatti
convengono agli animali in forza della loro natura.
3. La donna fu creata nel Paradiso terrestre non per la sua no-
biltà, ma per la nobiltà del principio dal quale veniva formato il
suo corpo. Del resto anche i figli sarebbero nati nel Paradiso ter-
restre, nel quale i genitori erano stati collocati in precedenza.
IL PARADISO TERRESTRE, DIMORA DELL'UOMO 333
operaretur et custodiret hominem: opera.retur, inquam, iustificando
ipsum, cuius operatio si ab homine cesset, continuo obtenebratur,
sicut aer obtenebra.tur si cesset influentia. luminis; ut cu,stodiret
vero ab omni corruptione et malo.
Alio modo potest intelligi, ut homo operaretur et custodiret Para-
disum. Nec t.amen illa operatio esset laboriosa, sicut post peccatum:
sed fuiooet iucunda, propter experientiam virtutis natura.e. Custo-
dia etiam illa non esset contra invasores: sed esset ad hoc quod
homo S'ibi Paradisum custodiret, ne ipsum peccando amitteret. Et.
hoc totum in bonum h-0minis cede-bat: et sic Paradisus ordinatur
ad b-Onum hominis, et non e converso.
Et per hoc patet responsio ad obiecta.

ARTICULUS 4
Utrum homo factus fuerit in Paradiso.

AD QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod homo factus fuerit in


Paradiso. Angelus enim in loco sua.e habitationis ereatus fuit, sci-
licet in caelo empyreo. Sed Paradisus fuit locus congruus habita-
tioni humanae ante peccatum. Ergo videtur quod in Paradiso homo
debuit fieri.
2. PRAETEREA, alia animalia conservantur in loco su.a.e generatio-
nis; sicut pisces in aquis, et animalia gressibilia in terra, unde pro-
ducta sunt. Homo autem conservatus fuisset in Paradis<>, ut dictum
est (q. 97, a. 4]. Ergo in Paradiso fieri debuit.
3. PRAETEREA, mulier in Paradiso fa.et.a fuit. Sed vir dignior est
muliere. Ergo multo magis vir debuit fieri in Paradiso.
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2; 15: "Tulit Deus homincm, et
posuit eum in Paradiso».
RESPONDEO DICENDUM quod Paradisus fuit Iocus congruus habita-
tioni humanae, quantum ad incorruptionem primi status. Incor-
ruptio autem illa non erat hominis secundum naturam, sed ex su-
pernaturali Dei dono. Ut ergo hoc gratiae Dei imputaretur, non hu-
rnanae natura.e, Deus hominem extra Paradisum fecit, et postea
ipsum in Paradiso posuit, ut habitaret ibi toto tcmpore animalis
vitae, postmodurn, cum spiritualem vitam adeptus e,gset, transferen-
1us in caeium.
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod caelum empyreum est l-0cus con-
:1;ruus angelis etiam quantum ad eorum naturam: et ideo ibi sunt
~reati.
Et similiter dicendum AD SECUNDUM. Loca enim illa congruunt ani-
nalibus secundum suam naturam.
AD TERTIUM DICENDUM quod mulier facta fuit in Paradiso non
nopter dignitatem suam, sed propter dignitatem principii ex quo
:orpus eius formabatur. Quia similiter et filii in Paradiso fuissent
iati, in quo parentes iam erant positi.
NOTA BIBLIOGRAFICA

Oltre ai Commentatori classici e alle opere generali, indicate nella


Bìbiiografia Tomistica (Introd. Gen., pp. 411 ss.), possiamo sugge-
rire ai nostri lettori italiani le pubblicazioni seguenti:
FABRO C., Percezione e pensiero. Milano, 1941.
FARGES A., Il cervello, l'anima e le facoltà. Siena, 1897.
- L'oggettività della percezione dei sensi esterni. Siena, 1903.
GARDEIL A., O. P., La structure dc l' dme et l'expérience rnystique.
Parigi, 1927.
KOPPERS ,V., L'uomo 11rimitivo e il suo mondo. Milano, 1953.
LA PIRA G., Il valore della Persona umana. Firenze, 1955.
LEONARDI P., L'evoluzione l1iologica e l'origine dell'uomo. Bre-
scia, 1945.
MARCOZZI V., S. J., Evoluzione o Creazione? Milano, 19.18.
RUFFINI E., La teoria dell'evoluzione secondo la scienza e la fede.
Roma, 1948.
ZACCHI A., O. P., L'uomo. Roma, 1921.
ABBREVIAZIONI

a) Libri della Sacra Scrittura.

Ab. = Abacuc profeta Giona = Giona profeta


Abd. = Abdia profeta Gio.5. =Giosuè
A IJ. = Aggeo profeta Giov. = Varigelo di S. Giovanni
Arn. = Amos profeta 1· Giov. = 1" Lettera di S. Giovanni
Ap. = Apocalissi di S. Gio- 2' Giov. = 2· Lettera di s. Giovanni
vanni. s· Giov. = :.l' Lettera di S. Giovanni
Atll = Atti degli Apostoli Giuda = Lettera di S. Giuda
Rar. = Ilaruc profeta Giud. = tìiwlici
Canl. = Cantico dei Cantici Giudit. =Giuditta
Col. = Lettera di S. Paolo ai ls. = Isaia profeta
Colossesi Lam. = Lamentazioni di Gere·
1' Cor. = 1' Lettera di S. Paolo ai mia
Corinti T.ev. = Levitico
fi' Cor. = 2" J.ettera di S. Paolo ai Luca =Vangelo di S. Lnca
Corinti 1' Macc. :-:: 1" Libro dei l\foccabei
Dan. = Daniele profeta 2' Macc. e= 2' Libro dei Maccabei
Deui. = Deuteronomio Mal. =Malachia profeta
Elir. = Lettera di S. Paolo agli !\Iarco =Vangelo di S. Marco
Ebrei J\fat. =Vangelo di S. Matteo
E ccl e. = Ecclesiaste l\fic. = !\fictwa profeta
E ccli. = Ecclesiastico Nah. = Nahnm profeta
Et. = Lettera di S. Paolo agli Nrh. = Ncemia (Nehemia)
Efesini Nmn. = Numeri
Es. = Esodo Os. = Os2a profeta
Esd. = Esdra 1° Par. e::: l' L'tro cltci Paralipomeni
Est. =Ester 2° Par. = 2" Liliro dei Paralipomeni
Ez. = Ezechiele profeta 1' Piet. e::: 1' Lettera di S. Pietro
Fil. = Lettera di S. Paolo ai 2' Pi et. = 2' Lettera di S. Pietro
Filippesi Prov. :::: ProYerbi ·
Fil cm. = Lettera di S. Paolo a Fi- I° Re = 1° Libro dei Re (Volg.
lemone 3° ne)
Gal. = Lettera di S. Paolo ai 2° Re = 2° Libro dei Re (Volg.
Gala ti 4° Re)
Gen. =Genesi Rom. =Lettera di S. Paolo ai
Ger. =Geremia profeta Roma.ni
Ciac. = Lettera Cattolica di san Rut = Libro di Rut
Giacomo Sal. =Salmo
Giob. = Il libro di Giobbe 1'Sam. = 1° Libro di Samuela
Gioe. = Gioele profeta (Volg. 1° Re)
338 ABBREVIAZIONI

2"Sam. =2· Libro di Samuele I' Tim. = l' Lettera di S. Paolo a


(Volg. 2' Re) Timoteo
Sap. =Sapienza ~'Tim. =2' Lettera di S. Paolo a
Sof. = Sofonia profeta Timoteo
1· Tes. = 1" Lettera di S. Paolo ai Tit. =Lettera di S. Paolo a
Tessalonicesi Tito
li' Tes. = 2• Lettera di S. Paolo al Tob. =Tobia
Tessalonicesi Zac. =Zaccaria profeta

b) Opere di S. Tommaso maggiormente citate.

(ad) Rom., I Cor., etc. =


In Epistolas S. Pauli Commentarium
Cat. Aur. = Catena Aurea super IV Evangelia
Comm. =
Commentarium
1 (2, 3, 4) Cont. Gent. =
Summa Contra Gentiles, Libro 10 (20, 3°, 4°)
Compend. Theol. =
Compendium Theologiae
Contra retrahent. ab. ingr. =
Contra retrahentes ab ingressu in Ileligio·
Rclig. nem
Contra errores Graec. =
Contra errores Graecorum
Contra impugn. Relig. =
Contra irnpugnantes Dei cultum et religio·
nem
Zie Aetern. l\lund. = De aeternitate mundi contra murmurantes
De Anima = Comm. in Lil!ros De anima· vel = Qu. di·
sp. De anima
De Causis = Expositio super librum De Causis
De Cael. et Mund. = De Caelo et Mundo.
De Div. Nom. = Expositio super Dionysium De Divinis No-
minibus
De ente et ess. = De ente et essentia
De hebdom. = Expositio super Boetinm De hebdomadibus
De Malo = Quaestio disputata De Malo
De Perf. Vitae Spiri!. = De Perfectione Vitae Spiritualis
De Pot. = De Potentia
De Regim. Princ. = De Regirnine Principum
De Spirit. Creat. = De Spiritualibus Creaturis
De Trinit. = Expositio super Boetium De Trinitate
De Unitale Inteli. = De Unitate Intellectus
De un. V erbi = De unione Verbi Incarnati
De Veru. = De Veritate
De l'irt. = De Virtutibus in communi
Ethic. = Comm. in X Lib. Ethicorum Aristotelis
in Isaiam = Expositio super Isaiam
in Ierem. = Ieremiam
in Ioann. Ioannem
tn lob = Iob
in Matth. = Mattheum
in Psalm. = Psalmos
in Thren. = Threnos
Metaphys. = Comm. in libros Metaphysicorum
Metereol. = Metereologlcorum
Periherm. = Perihermeneias
Physic. = Physicorum
Po lit. = Politicorum
ABBREVIAZIONI 339
Post. Analyt. = Comm. in libros Posteriorum Analytico-
rum
Qu. (Qq.} disp. = Quaestio (Quaestiones) disputata (ae)
Quodl. = Quaestio de quodlibet
I ('!, s, 4) Sent. = lu Primum (Sccunr.lum, Tertium, Quar-
tum) Librum Sententiarum
S. Teol. = Somma Teolo;;ica
I, q ... , a... , ad .... = Parte I, questione ... , ar-
ticolo ... , soluzione ....
I-Il, q ... , a ... , ad .... = Prima Secundae, cioè
sezione I della Secon-
da Parte, ecc.
Il-II, q ... , a. .. , ad .... • Secunàa Secundae, ecc .
lll, = Parte Ili, ecc.
S11ppl. = Supplemento della Par-
te III, ecc.

e) Opere generali.

C.I.C. = Codex Juris Canonici.


DENZ. = DENZINGER - BANNWART - UMBERG, Enchiridion Sym-
bolorum, defì.nitiorwm, ecc.
D.T.C. = VACANT - Dictionnaire de Théo-
MANGENOT .. A:\!ANN,
lagie Catholique. Paris, 1903 ss.
Ench. Patr = Ror;l!r ne JouRNE.L, Enchiridion Patristicum.
Enc. C. 1. = Enciclopedia Cattolica Italiana, Città del Vaticano,
191~9 ss.
Enr. It. = Enciclopedia Italiana, Milano, 1929 ss.
MG = MIGNE, Cursus Patrologiae, serie,s Graeca.
ML ,, Latin~

d) Bibliografia tomistica.

Ang. = Anqelicum, Roma.


Bibl. Tam. = Bibliografia Tomistica nella Introduzione generale.
Bul. Thom. = l1vllc1.in Thomiste, Parigi.
C. Tam. = La Ciencia Tomista, Salamancr..
D. Thom. (F.) = Divus Tlwmas, Friburgo.
D. Thom. (P.) = Di1>us Thornas, Piacenza.
DEUT. THOM. = Die Deutsche Thomas A usgabe. (Edizione tedesco-
Iatina della Somma con note e Commenti a cura
dei PP. Domenicani e Benedettini, Salisburgo, Pu·
stet, 1934 ss.l.
Diz. Tam. = Dizionario dei termini tecnici tomistici. (Annesso
alla nostra Introduzione generale).
Introd. Gen. = Il nostro volume di Introduzione aenerale a tutta la
Somma.
Introd. = La rispettiva introduzione di ogni trattato.
R. Se. Ph. Théol. = Re1•ue des Sciences Philosophiques et Théoloaiques,
Parigi.
Rev. Thom. = Revue Thomiste, St. Maximin, Var.
340 ABBREVIAZIONI
SOM. FIL\NC. = La Somme Théologique. E.iition de la nevue des
Jeunes (Testo latino con traduzione francese, note
e appendici a cura dei PP. Domenicani, sotto la
direzione del P. M. Gillet, Parigi).
SUMA ESPAN. = Suma Teologica de S. T. de Aq., Traducci6n y an·
notaciones por una comisi6n de PP. Dominicos.
Madrid, 1947 ss. ·
SUMMA CANAD. = s. THOMAE DE AQUINO, Summa Theo!ogioe, cura et
studio Instituti Studiorum Medievalium Ottavien-
sis (Canada), 194! ss.
Tab. Aur. = Tahula Aurea Petri :i Bergomo.

e) Altre abbreviazioni.

a. = articolo n. =numero
aa. =articoli nn. =numeri
arv. = argomento o difficoltll Op use. = Opusculum
c. ::::: capitolo ii. =pagina
cc. = capitoli pp. =pagine
eone. = Concilio 7:i. es. = per esempio
cfr. = confronta prec. = precedente
in corp. ==in corpore articuli Prol. = Prologus
d. =
di.sti11ctio r1rop. = provosilio
ebr. =
ebraico q. = quaeslio
fr. = frammento qc. = quaesti11ncula
ibid. = ibidem s. =seguente
in h. a. = in hunc articulum (cioè ss. -= seguenti
nel commento a que- s. c. = Argumentum a Sed con-
sto articolo) tra•
l. =libro V. =versetto
ler:t.. =lectio vv. =versetti
letl. =letteralmente l'ola. =Versione latina Volgata
li. pp. = luoghi paralleli tomistici LXX. =Versione billlica. greca
della dci Settanta
INDICE DOTTRINALE

N. B. - I numeri romani indicano i volumi, quelll arabi le pagine: i


numeri tondi per il testo, i corsivi per le note, 1 tondi seguiti da una fnl
per l'uno e per le altre. I numeri arabi non preceduti da indicazione del
volume si riferiscono a quello immediatamente sopra indicato.

A
ABBELU:MENTO (Ornatus). A. e l'aria nella Scrittura: V 90 s.,
perfezione: V 110. 126 s. - Le acque sopra il firma-
L'opera di a. ne·i giorni della mento: V 84-88 - il raduno del-
creazione [qq. 70-74]: V 108-160. le a.: V 96-102, Vedi Mare -
Triplice a. del creato: V 46 s., formazione e abbellimento del-
108, 112, 124, 146, 148, 154, 156. le a.: 108 s., 124-128, 146s., 158.
ABISSO: V 46, 47, 83, 90, 98, 109. AGENTE. «Ogni agente agisce in
ABITO. Principio d'operazione: V quanto è in atto»: VI 124, v.
394 - a. e libero arbitrio: V 392- Atto - cd'a. è più nobile del pa-
396 - cognizione degli a. : VI ziente » : V 310, 312, 322, 380;
110-112 - permanenza degli a. VI 42, 44, 19'2, 193 - la causa a.
dopo la morte: VI 148-154 - a. simile agli effetti: VI 180 - mi-
e immagine di Dio nell'uomo: sura dell'a.: V 36.
VI 226-229. Il primo a. agisce senza pre-
ACCIDENTE. Forma accidentale. In supposti: VI 170, vedi Dio.
generale: l'accidente è un atto: ALBERO della vita: VI 290-294, 306.
V 48 - gli a. nascono e peri- ALTERAZIONE: V 46.
scono co.J composto: V 198, 242 s., AMORE. A. e uguaglianza: VI 276
280 - l'a. denomina il pro- - l'a. di Dio vale più della sua
prio soggetto: V 260, 270 - è conoscenza: V 378, 379.
posteriore alla sostanza in or- ANGELO. Creatura spiritual.e, So-
dine di tempo e di ragione: V stanza immateriale, Sostanza
242 - manifesta la sostanza: separata, Forma semplice.
260 - causalità molteplice del Natura: sostanza o intelli-
soggetto rispetto agli acciden- genza separata secondo gli ara-
ti: 274 - l'a. non può fare da bi: VI 32, 120-126 - differisce
soggetto di altri a. : V 278. nella specie dall'anima: V
L'a. predicamentale e l'a. 202 s., 334 ; VI 172.
predicabile in rapporto alla so- Creazione: V 148; VI 170-172
stanza: V 258 n. - Mosè passa forse sotto silen-
Gli a. nell'unione dell'anima zio la creazione degli a. : V 72 s.
col corpo: V 242 s. - i dati acci- - creazione e conoscenza degli
dent:ali non influiscono sulla a. secondo S. Agostino : V 150,
distinzione delle potenze : V 158; VI 144, 176.
344. L'a. conooce per infusione di
ACQUA. Sta a indicare anche specie: V 238 ; VI 106, 144, 176

2~ • VI
342 INDICE DOTTRINALE

-1' intelletto dell'a. è s.empre in VI 136-140, 172, 242, 244 - indi-


atto: V 310s.; VI 106, 108 - co- viduazione e molteplicità delle
nosce senza discorso : V 334. a. : V 216-224, 322 - pluralità
L'immagine divina nell'a.: delle a. : V 118, 224-228, 230-236
VI 210-213. - l' a. motore del corpo secondo
Ministero degli a. riguardo ai i platonici: V 210, 211, 232; VI
corpi: VI 182, 202, 2'70 - a. e 136 - non è immersa nella ma-
creazione del mondo visibile: V teria: V 212, 214 - dà l'essere
34-44 - si uniscono ai corpi in senso assoluto: V 232 - è
come motori: V 244. unita al corpo immediatamen-
Confrontato con l'u.omo: V te: V 242-248 - è tutta in ogni
202 s., 238, 334; VI 28 s., 210-213 parte: 248-252. Vedi Corpo.
- agli a. è equiparaia l'anima Diversità sostanziale tra le
dei beati: VI 158. a. : VI 83, 84 n.
Conoscenza umana degli a. : Le potenze dell'a. [qq. 77-83]
VI 120-126 - mediante la cono- V 254-401; in generale [q. 77].
scenza delle cose materiali: VI L'a. non si identifica con le sue
128-130. potenze: V 254-260; VI 164 -
ANIMA. Mente. Intelletto. pluralità delle potenze dell'a.:
L'a. nella teologia: V 165, V 260-268 - l' a. è il soggetto
172 s., 176, v. Uomo. unico delle potenze spirituali:
La natura dell'a.: si manife- V 270s., 274, 280 - e principio
sta nelle operazioni: V 118 - di tutte: V 274, 276, 280 - nello
definizione aristotelica dell'a.: stato di se'P.aT'azione dal corpo
234 n, 256. conserva attualmente le sole
La natura dell'a. [q. 75]. Non potenze spirituali : V 280.
è un corpo: V 176-180 - ma il Vedi Potenza, Intelletto, Sen-
primo principio di vita: V 178 so, Appetito, Sensualità, Vo-
- come forma di un corpo ap- lontà, Libero arbitrio.
partiene al genere animale: VI Le operazioni dell'a. [qq, 84-
172 - è sussistente ovvero spi- 89]: VI 16-152. A. e corp·o nelle
rituale: V 166, 168, 180-186 - operazioni umane: V 118, 228 ;
non così le anime dei bruti : V VI 136.
186-188 - l'a. non è l'uomo: V Conoscenza dcll'a. unita a.l
188-192; VI 1ì2 - non è compo- co1·po rispetto alle cose mate-
sta di materia e forma: V 182- riali ad essa inferiori [q. 8i).
196 - ma di atto e potenza: V L'a. conosce intellettualmente i
194-196 n - è incorruttibile: V corpi: VI 16-20 - non mediante
196-201, 217 - l'a. razionale è la propria essenza: VI 22-26 -
anima e spirito: V 288 - non è nè mediante idee innate: 26-30
di specie angelica: V 202-20~ ; - o infuse: 30-38 - ma sempre
VI 170-172- occupa il grado più mediante idee astratte dai fan-
basso tra le sostanze intellet- tasmi : 40-48, 244 - riceve la co-
tuali: V 238-320 ; VI 106, 138 - noscenza delle cose: 20, 28, 40-
è detta intellettiva perchè par- 44, 161, 244, v. Intelletto, In-
tecipa. la virtù intellettuale: V tellezione, Conoscenza.
318 - ha l' intellezione solo in In che modo l'a. intelletth;a
potenza: VI 164 - ha due modi conosca se stessa e quanto in
di esistenza naturale, unita e essa si trova [q. 87]. Non cono-
separata dal corpo: VI 242 - sce se stessa nella propria es-
non costituisce specie da sola: senza: VI 106-109, 228, 229 -
V 204; VI 172. ma per primo conosce l'atto:
L'unione tra l' a. e il corpo 112-114 - e se stessa nel proprio
[q. 76]. L'a. è unita non a van- atto: 104-110, 140s., 228, 244 -
taggio del corpo: V 118, 238 - è così negli atti conosce gli abiti:
forma del corpo: 206-216, 244; 110-112 - conosce intellettual-
INDICE DOTTRINALE 343

mente l'atto della volontà: 116- Esistenza e creazione: pree-


118. sistenza degli a. nelle opere
Come i' a. conosca, le cose ad della creazione : V 138 s. - crea-
essa superiori [q. 88]. Nella vita ti nell'opera del sesto giorno:
presente non conosce immedia- V 130-135, 152 - creati perfetti:
tamente le sostanze immateria- V 116 - classificazioni: 124-128,
li: VI 120-126 - le conosce per 132 - hanno un istinto perfetti-
analogia dalle cMe materiali: bile: VI 320, v. Istinto, Estima-
128-132. tiva, Senso, Appetito, Passione.
L'anima separata. Ha attitu- Raffronti: affinità e differen-
dine a riunirsi aJ corpo : V ze degli a. con l'uomo: V 186-
216 n - è segregata dai viventi: 188, 200, 334, 364, 390 - loro sot-
VI 156s. tomi&>ione all'uomo: VI 268-
La conoscenza dell'a. sepa- 274.
rata [q. 89]. La conoscenza del- Corpo a. e coTpo spirituale:
le a. separate, generica e con- VI 288.
fusa, avviene mediante infu- ANIMAZIONE dei cieli: V 11, 116-
sione di intelligibili superiori: 122.
VI 136-140, 154 - l'a. sep. cono- APPETITO. Le potenze appetitive
sce naturalmente se stessa in in generale [q. 80]: V 352-357.
se medesima: 142 n, 143 - ha Genere di potenze dell'a.: V
una conoscenza perfetta delle 282-288, 352-354 - distinzione tra
altre anime: 142 - imperfetta a. naturale e a. psichico : V 351.
degli angeli: 142 - non è impe- - quest'ultimo si distingue in a.
dita dalla lontananza: 154-156 sensitivo e. a. intellettivo: 356 -
- diversità di conoscenza tra le che seguono rispettivo.mente la
a. sep.: 150-160. conoscenza sensitiva e intellet-
Creazione dell'a. [q. 90]. L'a. tiva: 308. A. sensitivo: v. Sen-
non è emanazhme della sostan- sualità, Irascibile, Concupisci-
za divina: VI 162-166 - può es- bile. A. intellettivo: v. Volontà,
sere prodotta solo per creazio- Libero arbitrio.
ne: 166-168 - immediata da L'a. sensitivo è sottomesso
Dio: 168-170 - insieme col cor- solo in parte alla ragione : V
po: 170-172. 366, 390, v. Passione.
Immagine della Trinità nel- APPRENSIONE. Semplice a. : VI 48,
l'a. 226-230, 232, v. Uomo, Im- 76, 77.
magine, Trinità. ARIA. Implicitamente ricordata
Stato e condizione del primo nell'opera dei sei giorni: V 90,
uomo quanto all'a. [qq. 94-96): 92, 126s., 148; VI 178, v. Ele-
VI 238-280. mento.
ANIMALE. Come genere: nozione ASTRAZIO:'\E. Nozione: VI 54 - pro-
generica di a. : VI 70, 72, 78 - prietà del!' intelletta umano:
denominazione essenziale del- VI 24, 42, 52-66 - è fatta attra-
l'uomo: V 228 - al genere a. verso i sensi: VI 154 - dal!' in-
appartiene l'anima umana: VI telletto agente: V 314, 320, 322;
172 - a. ragionevole e irragio" VI 42 s., 64, 146, 154 - impossi-
nevale : V 21H: bilità dell'a. peT l'anima sepa-
Come speC'ie: unità sostan- rata: VI 154.
ziale dell'a. : V 226 - alla vita Oggettività della conoscenza
dell'a. perfetta si richiedono i e a. : VI 5&-66.
sensi interni: V 300 - l'a. nou Due modi di a., formale e ta-
ha un'anima sussistente: V 186 tale: 54-56, 57 - tre gradi di a. :
- generazione spontanea degli 57, 58, 59.
a. imperfetti: V 126 n, 127 - gli Asnu. Corpi celesti, Corpi lumi-
a. nella previsione dei feno- nosi, Luminari, Cielo.
meni naturali: VI 102. Nel pensiero degli antichi: V
INDICE DOTTRINALE

lOss., 102s. - l'astronomia nel A. puro: V 194, 1D6, 260, 310;


pensiero di S. Tommaso: V VI 162, 164, v. Dio.
11, 112 - nella Sacra Scrittura L' a. rispetto alla potenza. A.
V 16, 112 - la materia degli a. e potenza supreme divisioni
dietinta da quella dei quattro dell'ente: V 256 - anteriore e
elementi: V 52 s., v. Quinta E.>- posteriore alla potenza: V 266,
senza. 378 s. ; VI 70, 246 - a. e potenza
L'influsso degli a.: V 70, 380; appartengono allo stesso gene-
VI 102, 103 - nella generazione re: V 256 - l' a. è ricevuto dalla
degli animali: VI 182 - comu- miate'l'ia secondo la capacità di
nicano con i corpi inferivri me- essa: VI 84 - l'a. rispetto alla
diante la luce: V 74. conoscenza della potenza : VI
C<>ntroveirsia sull'animazione 24, 104, 110, 114 - l'eduzione
degli a.: V 116-122. dell'a. dalla potenza: VI 168.
Creazione degli a. : V 19, 108- A. umano. Principio dell'a. è
116, 148. la potenza e labito: V 394, VI
In rapporto al mondo degli 110, 226, v. Operazione.
Angeli e al mondo materiale: A. primo e la materia prima:
V 40, 42, v. Cielo. V 194, 195, v. Dio, Materia.
A1TO. In generale: l'a. primo e Composizione di a. e potenza
l'a. secondo: V 234, 256 n - l'a. nell'anima: V 194-196.
è specificato dall'oggetto: V A. di essere. Sua priorità: V
264; VI 152 - funzione specifi- 242 - Percezione dell'a. di es-
cativa dell'a.: V 178, 264, 266 - sere: VI 110 s.
derivazione di ogni a. dall'a. AVVENIMENTI di questo mondo e
primo: V 194, 196 - dall'a. in- conoscenza delle anime sepa-
completo all'a. perfetto: VI 613. rate: VI 156 ss.

B
BAMBINO. I .b. nello stato di inno- - beatitudine e beni particola-
nocenza rispetto alla perfezio- ri: V 374.
ne delle membra: VI 304-308 ·- BENE. Bontà. Il b. come tale è
rispetto alla giustizia: VI 312- oggetto dell'appetito: V 396 -
314 - rispetto alla scienza: VI il b. è nelle cose: V 378 - b. e
316-318 - e all'uso di ragione: vero si implicano a vicenda: V
VI 318-320, v. Prole. 344; VI 118, 234. - B. partico-
BEATI. Hanno dimora propria nel lari in rapporto alla beatitu-
cielo empireo: V 56 ss. ; VI 328, dine: V 3ì4.
332 - tra i b. gli uomini equipa- Difficoltà di fare il b. : V 390.
rati agli Angeli: VI 158. - Le BENEDIZIONE. B. e· santificazione
anime dei b. conoscono gli av- del settimo giorno: V 132, 142-
venimenti di questo mondo : VI 144 - la b. di Dio conferisce il
158. potere di moltiplicarsi: V 132.
BEATITUDINE. Felicità. Si identifi- BO'.'ITÀ. La b. divina fine del mon-
ca con Dio : V 374 ; VI 142, 240, do visibile: V 30 s., 144 - la h.
314 - l'uomo la desidera natu- delle cose materiali è parziale:
ralmente: V 372 n, 374, 392, 394. V 28.

e
CALORE. CauS'a strumentale nelle CAOS: V 44, 74.
operazioni della vita vegeta- CAUSA. Confronti tra c. efficiente
tiva: V 284, 290; VI 176. finale e materiale: V 40, 276 -
INDICE DOTTRINALE 345
c. finale e c. agente nel moto: VI 24 - nella c. è necessaria la
V 380, v. Fine. proporzione tra oggetto e cono·
Somiglianza necessaria tra c. scente: VI 126 - doppio modo
ed effetto: VI 180. di c. nna cosa in nn'altra: VI
C. prima: V 14, v. Dio. 38.
CHIESA. Simbolicamente rappre- Conoscenza divina: v. Dio ;
sentata nella formazione di conoscenza angelica.: v. A n·
Eva: VI 198 n, 200. gelo.
Crno nello stato di innocenza: Conoscenza umana: comin-
VI 286-290, 328. cia dai dati più comuni e uni·
CIELO. Accezioni varie del termi- versali: VI 66-72, 86.
ne: V92s., 146, 156-158-indica Conoscenza intellettiva. Tri-
per S. Agostino gli Angeli : V plice processo conoscitivo: VI
72s. - pluralità dei c.: V 92-!H 244.
- c. empireo e sua creazione: Conoscenza dell'anima unita
V 56-60, v. Empireo. al corpo rispetto alle cose ma-
Creazione del c. o firmamen- teriali [qq. 84-86]: VI 16-102.
to : V 80-84, 148 - formazione - la c. intellettiva dei oorpi:
del c. : V 110, 112 - c. e dispo- VI 16-21 - avviene mediante
sizione delle acque: V 8i-88. specie intelligibili: VI 22-38 - la
Nel c. vi è un doppio movi- c. di più cose in unica specie
mento: V 76. intelligibile: VI 94 - deriva
COGITATIVA. Uno dei sensi interni sempre dai sensi ovvero dai
dell'uomo: V 302, 364, 401; VI fantasmi: VI 40-1-8, 66, 106.
44, v. Estimativa. - c. abituale e c. attuale: VI
COMPIMENTO, delle opere di Dio: 94, v. Scienza - la c. intellettiva
V 136-140. dei singolari: VI 92 - degli in-
Co::v1Pos1zrnNE. :E esclusa dall' ani- d.e.finiti: VI 92-96 - dei contin-
ma: V 192-196- la c. nell' intel- genti: VI 9G-D8 - del futuro: VI
lezione umana: VI 76-79, v. 98-102.
Giudizio. Conoscenza dell'anima sepa-
COMPOSTO. Il c. fa parte della spe- rata [q. 89]. L'esercizio della c.
cie: V 204, 230 - il c. causa intellettiva nelle anime sepa-
agente e finale nelle t'rasmuta- rate: VI 134-140 - loro c. delle
zioni dei corpi: V 40 - il c. so,stanze separate: VI 140-142 -
umano: V 188-192, v. Uomo. del mondo fisico: VI 142-144 -
La sensazione atto del c.: dei singolari: VI 144-147 - la c.
VI 42. abituale rimane: VI 148-154 - la
COMUNISMO: VI 296 n-299. c. delle anime impedita dalla
CoNcuPrscrn1LE. Fa.coltà, con distanza di tempo non da quel-
l' iras.cibile, del!' appetito sensi- la di luogo: VI 151-156 - la c.
tivo: V 359-362, 401 - non della delle cose del mondo: VI 156-
volontà: V 384-386 - sua dipen- 160.
denza dalla ragione: V 364-368. V. Intelletto, IntelTezione.
CONFERMAZIONE nel bene: VI 314 n. Conoscenza sensitiva: v. Sen-
CONOSCENZA. Conoscere, Scienza. so, Sensazione.
In generale: avviene per una CONSERVAZIONE. La c. dell' indivi-
somiglianza: V 178, 180 n, 222 duo nello stato di innocenza
- mediante la specie intenzio- [q. 97]: VI 282-292 - c. della
nale: V 180 n, 220, 222 - azione specie umana [qq. 98-101]: VI
immane'llte: V 62, 114, 212, 358 294-320.
- identità tra oggetto soggetto V. Cibo, Generaz'ione, Scien-
nella c. : VI 108 s. - è propor- za, Innocenza, Grazia.
zionata all'immaterialità: V CoNTATIO materiale e virtuale: V
308, 314 ; VI 20, 24, 34, 108 - si 120, 180.
estende fuori del conoscente: CONTINGE!'!TE. Niente è cosi c. da
346 INDICE DOTTRINALE

non includere qualche a.spetto 170-172, v. Uomo - fu formah


necessario: VI 98 - il c. nella da Dio dal fango della terra:
conoscenza intellettiva: VI 96- VI 174-182, 188-190.
98, v. · Singolare - c. e libertà Inaccettabili teorie moderrn
umana: V 390, v. Libero a.rbi- sull'origine del c. umano: VJ
trio. 174, 178 s., v. Evoluzionismo.
CONTRARIO. i c. si contrappongono CORRUZIONE. Decomposizione. Cor-
come perfetto e imperfetto: V rispondenza tra generazione E
202s. c.: V 134.
CORPO. Creatura corporale. Crea- COSCIENZA, La c. non è una fa.
tura materiale. coltà ma un atto dell'anima:
Ogni c. possiede natura de- V 346-349 - neceS:saria alla co-
terminata: V 182; VI 54 ss. - è gnizione perfetta: VI 48 ss.
sensi:bile ma non intelligibile CosA. Ogni c. ha due perfezioni:
in atto: VI 31 - al c. soltanto V 136 s., v. Realtà, Ente, Es-
appartiene il moto in senso pro- sere.
prio: V 140 - il c. non è divisi- Cose spirituali: v. Intelletto,
bile all'infinito - la generazio- Anima, Angelo.
ne di un c. implica la corru- Cose materiali: v. Corpo.
zione di un altro : V 134. Come si possano intendere
Un c. è vivente in quanto meglio le identiche c.: VI 82 s.
tale c.: V 178. - cognizione umana delle c.
Creazione della creatura cor- immateriali attrnverso quelle
porale [qq. 65-74}: V 26-171. materiali: VI 128-130.
I c. creati immediatamente da Cos:Mo: v. Universo. Terra, Cielo.
Dio: V 34-42 - per quattro fini: COSMOGONIA. c. antiche e c. bi-
V 114. blica : V 12 ss., 80-83.
I c. nella cognizione umana COSMOLOGIA. c. di s. Tommaso:
[qq. 84-88): VI 16-86, v. Senso, V 7 ss., 12 - c. antica: V 9 ss.
Intelletto, Conoscenza, Intelle· CosToLA dell'uomo e formazione
zione, Fantasia. della donna: VI 198-200.
L'anima non è un c.: V 176- CREATURA. Somiglianza delle c.
180 - non è un c. la luce corpo- con Dio: VI 208-210 - anche le
rea: V 66-68. c. corporali hanno un vestigio
CORPO CELESTE: V. Astri, Empireo, della divinità: VI 220-222, v.
Cielo. C01·po.
CORPO UMANO. Parte sostanzfale Creatura ragionevole: vedi
dell'uomo: V 190s. - S. Tom- Uomo, Angelo.
maso ne parla solo per i suoi Le c. di suo non ci allonta-
rapporti con l'anima: V 165, nano da Dio: V 28 s. - c. e do-
176. minio dell'uomo: VI 272-274.
C. animale e c. spirituale: CREAZIONE. Nel racconto biblico:
VI 288. V 7 ss., 22 s. - c. e trasmuta-
L'unione tra l'anima e il c. zione VI 170 - la c. spetta a Dio
[q. 76): V 206-252; VI 136-140. soltanto: V 34, 36 n, 37; VI
C. e anima nelle operazioni 170.
dell'uomo: V 118, 272: VI 136- - c. dei corpi [q. 651: V 26-42.
14-0 - il c. necessario all'anima - c. e distinzione [q. 66): V
per l'intellezione: VI 34, 136- 44-62, 110, 148.
140. - c. dell'anima umana: VI
Disposizione e nobiltà del c. 162-172 - c. e grazia: VI 254.
umano: VI 184-188, 224 - difetti 258 - c. delle piante: V 102-lo.1
della materia: VI 184. - c. dezli astri: V 108-114.
Origine del c. del primo c. dell'uomo: [q. 90-102]: VI
uomo [q. 91): VI 174-190. Fu 162-332, v. Uomo.
creato insieme all'anima: VI CRESCITA. Facoltà di c. propria
INDICE DOTTRINALE 347
della vita vegetativa: V 290, Adamo: VI 198 n, 200 - imma-
401. gine perfetta di Dio: VI 206 -
:n1sro. C. e la Chiesa simboleg- il trionfo di C. sul peccato e
giati nell'origine di Eva da sulla morte: VI 284, v. Verbo.

D
IIAVOLO. Non ha creato il mon- genza umana: V 317, 318-322;
do: V 28 - nè l'ha ordinato, VI 34, 35, 138, 140 - D. causa
come dicono gli Albigesi : V 40 prima dell'atto libero: V 390s.
- non fu creato cattivo: V 78. Drnrrro. D. naturale e d. delle
1IFFERENZA. D. e diversità: VI genti : VI 268 - d. di proprietà:
164 s. - l'ultima d. è la più no- VI 268 s., 296 n, 297 ss.
bile: V 204 - la d. specifica nel- DISCEPOLO e teoria dell'insegna-
l'ordine della oonoscenza: VI mento: V 221 n ; VI 30, 46, v.
~- Maestro.
IMORA. D. del primo uomo: VI DISCERNIMENTO. D. della realtà
326-330, v. Paradiso terrestre. dalle apparenze : VI 44, 50.
IO. Sue peirfezioni: VI 164 - atto DISPOSIZIONE. D. e unione del-
puro: V 194, 196, 260, 310; VI }' anima col corp0>: V 242 s. - d.
162, 164 - in D. soltanto l'ope- ottima del corpo· umano: VI
razione si identifica con l'esse- 182-188.
re e con l'essenza: V 308, 310s. DISTANZA. Lontananza. D. locale
- l' intelletto di D. è atto puro: e cognizione dell'anima sepa-
V 310.s. - D. tutto conosce e rata: VI 154-156 - lontananza
precontiene nella propria cs- di luogo e 1. di spazio: VI 156.
;enza: VI 24, 25, 74, 106, 138, DISTINZIONE. D. nella creazione
l46, 176 - conosce il futuro delle creature corporee: V 44-
~ome il presente: VI 100. 106, 110, 146-148, 152, 156 - d.
D. solo creatore: VI 170 - delle potenze dell'anima: V
:reatore del mondo : V 14 ss. - 262-266, 282-288, 330 s. - d. tra
~ dei viventi: V 15 - creatore irascibile e concupi.scibile: V
lei mondo visibile: V 26-42 - 360-300, 384-386.
ofo capace di produl"I"e la ma- DrvE:'.llIRE. D. ed esse<re attribuiti
eria: VI 180 - creatore imme- allo stesso modo: VI 166, 180 -
.iato del corpo umano: VI 178- non spetta alla forma ma al
82 - e dell'anima umana: VI composto: V 40; VI 180 - osta-
64, 168-170- D. può fare molte colo· alla conoscenza: VI 18.
ltre creature oltre quelle già DIVERSITÀ. D. e differenza: VI
rodotte nei sei giorni: V 138 - 164 s.
'. creatore della donna: VI 202 DIVINAZIONE: VI 100-103.
il riposo di D.: V H0-14.f. Dcnvrrnro. Duplice valore del ter-
D. nella cognizione umana: mine: VI 278 - d. politico e non
I 130-132 - nella cognizione dispotico della ragione sull'ap-
:;I primo uomo: VI 238-242 - petito sensitivo: V 366s., 390;
. non ha in comune il genere VI 274.
m le cose: VI 130 n - cono- Dominio dell'uomo nello sta-
ibile da noi solo per analo- to di innocenza [q. 96]: VI 268-
a, per via di eminenza e di 280.
igazione: VI 48, 94 s. - l'amo- II d. di un uomo sull'altro:
di D. vale più della sua co- VI 276 n-280, v. Reginie.
>scenza: V 378, 379 - in D. DONNA. Femmina. D. "maschio
nsiste la beatitudine: V mancato»>: VI 192 n, -193, 194.
4s.; VI 314. - aiuto della d. : VI 194 n, 195,
Causalità di D. sull' intelli- 198 - sua passività: VI 192, 19.'1
348 INDICE DOTTRINALE

- sua parità sostanziale con tuzione dell'universo: VI 192-


l'uomo: VI 216 n - la d. è a 196 - motivi per la formazione
immagine di Dio: VI 214 s. - della donna dall'uomo: VI
creata nel paradiso terrestre: HJ6 s., 200 - la d. formata im-
VI 332. mediatamente da Dio: VI 200-
L'origine della d. [q. 92): VI 202.
19'2-202. Nascita di d. nello stato di
Necessità della d. nella costi- innocenza: VI 306-308.

E
EFFEITO. Proporzione necessaria porto al conseguimento del
tra causa ed e. : VI 180. fine : V 260 s.
EFFICACIA dell'operare umano in - l'e. oggetto proprio dell' in-
rapporto al merito: VI 264-266. telletto: VI 114, 115 - gli e. im-
EtEMENTO. Gli e. nella cosmolo- materiali conoscibili da noi per
gia antica : V 10 ss., 214 n, analogia con i corpi: VI 48.
236 n, 237 - nella cosmologia ERRORE. Inganno, Falsità. Con-
mosaica: V 48 s., 126; VI 178 - trario della scienza: VI 150 -
la materia elementare e quella capita sempre a causa delle fa-
dei corpi celesti: V 52 s., 82, 86, coltà inferiori: VI 250 n, 251 ss.
118, 198, 199, v. Materia. - sua possibilità nel!' intel-
E. nella generazione e oorru- letto umano: VI 80..82, 250 n,
zione: V 234, 236 n - gli e. e il 251 ss.
luogo naturale: VI 328, 329 - - nello stato primitivo: VI
gli e. nel corpo umano: VI 176- 248-253.
178. ESISTENZA. Essere, Atiualità. Tra
La teoria degli e. nella ge- tutt: gli atti l'e. ha priorità as-
rarchia dei sensi : V 294, 295 ; soluta: V 242 - e. e unità: V
VI 176s. ~o. 223, 226, 246 - derivazione
ELEZIONE, V. Scelta. dell'e. dalla forma: V 274 n;
EMPIREO: V 56-60, 94 - tutto con- VI 168, 170 - l'e. non è della
tiene: V 62; VI 328 - luogo de- forma o della materia ma del
gli angeli e dei be,ati: VI 328, composto: V 4.0.
332. E. e divenire attribuita allo
ENTE. Essere, Cosa. L'e. creato è stesso modo : VI 166.
l'immagine dell'essere divino e Iu Dio soltanto l'e. si iden-
della sua bontà: V 32 - somi- tifica con l'operare: V 308.
glianza dei vari e. con Di'o: VI Corrispondenza tra e. e ope-
208, 210 - ogni e. possiede l'uni- rare: V 188, 208, 260 s. ; VI 136.
tà come possiede l'essere: V ESPERIENZA: V 88 - l'e. dell'astra-
220, 223, 226, 246. zione: V 320; VI 28 n, 46 -
L'e. sostanza e l'e. accidente: e. del meccanismo psicologi.co
VI 166- l'e. sostanziale è un in- delle passioni: V 364, 366 - l'e.
divisibile: V 236, v. Sostanza, nello stato di innocenza: VI
Accidente. 2i8, 272.
Tutti gli enti di una mede- ESSENZA. Quiddità, Natura, Ra-
sima specie hanno in comune aione. In Dio soltanto l'e. si
certe operazioni : V 324 - gli e. identifica con l'operare: V 308,
passibili e mobili si distinguo- - Dio solo contiene tutte le cose
no dai rispettivi principii e mo- nella propria e. : VI 24, 25, v.
tori: V 356 - ogni e. agisce in Dio.
quanto è in atto : V 208. E. divina e immagine di Dio
- perfezione degli e. in rap- nell'uomo: VI 316-318 - e. di-
INDICE DOTTRINALE 349
vina e cognizione del primo E. motore unico dell'appetito
uomo: VI, 238-242. sensitivo: V 362, 364.
Cose riguardanti l'e. dell'ani- ETERNITÀ. Si paragona al tempo
ma [qq. 75-76) : V 176-252. come l' immobilità alla mobi-
- e. dell'anima e facoltà: V lità: V 334 - tutte le creature
254-260, 276s., v. Anima. in qualche modo ne partecipa-
Le essenze delle cose sensi- no: V 28.
bili oggetto del!' intelletto: VI EVOLUZIONISMO. Evoluzione, Tra-
76-79. sformismo. E. moderno e crea-
:snMATIVA. Uno dei sensi inter- zione: V 8 ss., 174 - sua infon-
ni: V 184, 298 ss. - atta a per- datezza: V 14, 104ss., 126s.;
cepire oggetti che non trasmu- VI 178 ss. - E. presuppone
tano i sensi: V 362 - l'e. nel- l'eternità deila materia: V 37.
l'uomo è cogitativa: V 302, 364, - il trasformismo mitigato:
v. Cogitativa. V 15, 104 ss. ; VI 178-182.

F
Al\fIGLIA.Vestigio della Trinità c1p10 dell'essere: V 218, 232,
nella f. umana: VI 222 n-225. 246; VI 166-168 - è di per sè
t\NTASIA.Fantasma, Immagina- intelligi:bile : VI 94 - è il ter-
tiva. Uno dei sensi interni: V mine ultim<> del pr<>eess<> gene-
185, 300, 40{, . rativo : V 256 - è il fine della
- l' immaginativa nel sogno: generazione: VI 72 - incompa-
VI 50 - la f. negli animali e nel- tibili più forme in un medesi-
l'uomo: V 102; mo soggetto: VI 74 - controver-
- la fantasia sottoposta alla sia sulla pluralità delle f. so-
ragione: V 368; VI 102; stanziali : V 225, 226, 228, 230-
- necessità dei f. per la cono- 236 - la f. più perfetta abbrac-
scenza. intellettiva: VI 44-48, 60, cia virtualmente le f. inferio-
136, 138, 140, 142, 146, 148 - essi ri: V 244 - perfezione della f. :
però non costituiscono la forma V 212.
intenzionale dell'intelletto: V F. e specie: V 212, 230; VI
220; VI 60-66 - è l'astrazione 72·
che rende intelligibili i f. : VI ..'. rapporti tra f. e materia:
42, 52-66. V 52, 238 ; VI 34, 72, 180, 248 -
:oE. F. e ragione naturale nelle differenze tra f. sostanziale e f.
conclusioni teologiche: VI 30~, accidentale: V 232, 272 s. - nes-
316. suna f. sostanziale è oggetto dei
NE. Causa finale. Il f. è ante- sensi: V 70 - derivaziDne delle
riore alla causa agente: V f. sostanziali e accidentali nel-
266 n - è causa del moto : V 380 la materia: V 46, 152 - f. e com-
- è e-ssenziale il f. proprio ad posto: V 198 ; VI 180 - la f. del
Jgni essere: V 200. corpo wnano: V 206, 252.
- f. della creazione degli - le f. dei corpi celesti e quel-
:i,stri: V 112-116; le dei corpi elementari: V 120;
- il f. non è oggetto di scelta: VI 28s.;
V 372. - la composizione di materia
RMAMENTO. È solido è diafano: e f. esclusa dall'anima: V 192-
v 60 - sua creazione e descri- 196, 202 s., 214, 215.
~ione: V 80-84, 148, 156 s. - f. e F. sussistenti: le f. sussi-
livisione delle acque: V 48-92, stenti sono incorruttibili: V 198
16 s. - differiscono tutte nella spe-
RMA. In generale: la f. è prin- cie: V 202 - f. separate e intel-
350 INDICE DOTTRINALE

lezione umana: VI 30-35, v. F. della materia: V 44-50, 98-


Idee platoniche, Angelo. 107 - f. dei cieli mediante la
F. e operazione: V 208, 222; luce: V 74s., 82 - la f. della
VI 28, 34, 62, 63 s. - f. e inclina- donna: VI 198-200 - degli e.s-
zione naturale: V 352-354 - f. seri spirituali: V 74, 76 s.
dell'oggetto e sua presenza nel Come la f. è indicata nella
conoscente: VI 20, 22-26, v. Co- Scrittura: V 40, 72-78.
noscenza, Intellezione. Fuoco. Non espressamente nomi-
Le f. dei corpi causate da Dio nato da Mosè: V 148.
e non dagli angeli : V 38-42. FUTl'RO. Il f. nella cognizione
FORMA CORPOREITATIS: V 52, 53, 54. umana: VI 98-103, v. Divina-
FORMAZIONE. Valore del termine: zione - nella cognizione delle
V 77 s. - la f. dipende dall'idea anime separat~: VI 156 - nella
e dal Verbo: V 154 - segue lo scienza del primo uomo: VI
stato informe: V 62, 74, 76. 248.

G
GENERATIVA. Facoltà organica; V - i g. della creazione in ge-
288-291, 401. nerale: V 146-161 - confronti
GENERAZIONE. In generale: la g. in e corrispondenze dei vari g. : V
Aristotele e in altri filosofi: V 124, 130, 146-152;
52 s. - la g. richiede per ogni - il primo g. : V 64-79 - il se-
specie materia determinata: VI condo: 80-95 - il terzo : 96-107 -
198, 202 - g. e corruzione in il quarto: 108-123 - il quinto:
rapporto all'essere: V 138, 124-129 - il sesto: 130-135 - il
232 s., 236 - rispondenza tra g. settimo: 136-145.
e corruzione : V 134 - differenze GIUDIZIO. Procedimento caratte-
tra g. e alterazione: V 46, ristico dell' intelletto umano:
232s.; VI 76-78 - afferma l'esistenza
- la g. ricade nel governo delle cose: VI 79 - il g. è im-
delle creature: V 144; pedito dall'assopimento dei
- la g. spontanea in S. Tom- sensi: VI 48-50.
maso: V 126 s., 131: n; VI 194, GIUSTIZIA. Innocenza. G. origi-
195. nale: VI 310-312, v. Innocenza.
La g. è dovuta all'uomo in - La confermazione nella g. :
quanto corruttibile· e in quanto 312-314 n, v. Gra;;ia.
incormttibile: VI 296, v. Mol- GOVERNO del mondo : V 224.
tiplicazione. GR\ZIA. Radice del merito: VI
- la g, nello stato d'inno- 264 s., 312 - la g. in rapporto
cenza: VI 294-302. alla natura e alla beatitudine:
GENERE. Le differenze di un g. V 138 - l'ordine di natura e di
sono tra loro contrarie: V 202 g.: VI 205 s.
- il g. nell'ordine della cono- G. e giustizia: 310 n-311, v.
scenza: VI 68 - i cinque g. del- Giustizia.
le potenze dell'anima: V 282- Grazia e innocenza del primo
288. uomo [q. 95): VI 254-267, 310-
GroRNo. Nella Bibbia: V 13, 17, 314.
19 n, 76, 146-152. 160 - g. della GusTO. Uno dei sensi esterni: V
creazione [qq. 65-74): V 26-161: ~2-298.
INDICE DOTTRINALE

H
oc ALIQUID. Doppio significato
dell'espressione: V 184.

I
'EA. Specie intenzionale, FCYrma. te sugli a.biti e sulle potenze:
intelligibile. VI~s;
La tooria. platonica delle i.: - i. e vestigio : 220, 222.
VI 18 s., 26-30, 36 s., 54, 62; IMMATERIALITA. I. e conoscenza:
- le i. non derivano da forme V 308, 314 ; VI 20, 24, 34, 108,
separate ma da Dio: VI 30-35. v. Spiritualità.
Funzione delle i. : VI 9-13, IMMORTALITÀ. I. dell'anima: V
138 n, 139 - lintellezione uma- 172, 196-201, 208 - spiritualità e
na attraverso le i. : VI 22-26 - i.: V 181.
l'astrazione delle i. dai fanta- - assicurata all'uomo nello
smi: VI 52-66, 138-140 - l'uso stato di innocenza: V 240 n ;
delle i. mediante il ricorso ai VI 284 s. - mediante l'albero
fantasmi: VI 44-48 - universa- della vita: VI 290-294 - per una
lità delle i. : VI 8 - esse nou virtù comunicata all'anima:
sono l'oggetto stesso dell' intel- VI 292, 328, 332.
letto: VI 60-66 - la successione IMMUTABILITÀ di Dio e della crea-
delle i. nel!' intelletto: VI 9G. tura: V 28.
V. Intelletto, Intellezione, Co- IMPASSIBILITÀ umana neUo stato
rwscenza, Intenzionalità. d'innocenza: VI 284s.
EALISMO: V 170, 223; VI 9, 26 - INCARNAZIONE. Principio dell'or-
ma confutazione: VI 60-66. dine della grazia: V 138 - sua
JLATRIA. Suo- pericolo evitato preesistenza nella creazione
1ella descrizione mosaica della dell'uomo: V 140.
;reazione: V 74, 114. INCOTIRUTIIBILITÀ. Immaterialità,
WMINAZIONE dei fantasmi : VI lrnrnortalità. I, dell'intelletto:
i8, 59, 60, v. Intelletto agente. V 196-201, 312; VI 150 - triplice
"MAGINE. In generale: i. e cono- modo di i. : VI 282 s.
>cenza: V 180 n, 222, 286; VI INDIVIDUAZIONE. L' i. deriva dalla
~o. 62, 6J., 78, 88, 110, 320; materia: V 194; VI 24, 72, 90,
- i. e somiglianza: VI 206, v. Materia.
'34, 236. INorvrn rn. I. e specie : V 190.
L'immagine di Dio nell'uomo La conser-uazione rlell' i. nell1J
q. 93): VI 204-236. stato d'innocenza [q_ 97]: VI
- la nozione di i. : VI 20-f ss., 282-292, v. Sinaolare.
~06, 208, 212 n, 226 - l' i. per- INDIVISIB!LE. Tre specie di i.: VI
etta è nel Figlio: VI 206 - l' i. 96 s. - cognizione degli i. VI 79,
livina propria della creatura 8{-88.
ntellettiva: VI 208-2/.1 - nella, INFINITO_ lndefìnito. I. attuale e
ua parte spirituale: 220, 224 - i. potenziale: VI 92-96 - i. e oo-
ia secondo la natura che se- noscem:a umana: VI 92-96.
ondo le persone divine: VI INNATISMO. Negato l' i. delle idee
18. nell'uomo: VI 26-40, 34 n, 38,
- 'tre gradi di perfezione nel- v. Idea.
i. : VI 214, 232, 23-1 ; INNOCENZA. Stato d' i. ·e passioni:
- 1' i. di Dio nell'anima si 258-260 - stato d' i. e virtù: VI
mda principalmente sugli 260-264 - lo stato d' i. in rap-
tti : VI 226 s. - seconda.riamen- porto al· merito: 264-266 - al
352 INDICE DOTTRINALE

dominio: 268-280 - alla genera- Condizioni. L' i. umano è solo


zione: 294-302 - all' infanzia: potenzialmente intelligibile: VI
304-306 - al sesso: 306-308. 106s. - è cc tabula rasa": V
Grazia e i. del primo uomo 312 n, 313 - è distinto dall' in-
[q. 95]: VI 254-267 - e -della sua tellezi-0ne come potenza dal
prole [q. 100]: 310-314, v. Giit- proprio atto: V 340 s. - in che
stizia originale, Grazia. modo conosca il proprio atto:
INTELIEITO. Principio intellettivo, VI 112-116 - nello sfato d' in-
Potenza intelletliva, Intelligen- nocenza: VI 2:J8-252, v. Cono-
za, Mente. scenza.
In generale: partecipazione Ordine e procedimento della
della luce increata: VI, 38 - conoscenza intellettiva [q. 85):
immateriale: V 182-186; VI 20, v. Intellezione.
54 - ha la capacità di riflettere Distinzioni reali e fittizie: di-
su se stesso: VI 64 - percepisce stinzione tra i. agente e i. pos-
l'essere in assoluto: V 200. sibile': V 330 s., 342 - necessità
L' i. dei principii: V 338, 348. di porre l' i agente: VI 42 -
L' i. degli uomini, degli an- l' i. agente in Aristotele, negli
geli e di Dio: VI 54, 76-78, 106, Arabi e in S. Tommaso: V 170-
114; v. Uomo, Angelo, Dio. - 172; VI 32, 122-126 -1' i. si iden-
L' i. degli angeli può intendere tifica con la ragione: V 332-33·i
più cose simultaneamente: V - con la memoria intellettiva:
150; VI 70-74. 330-332; VI 228 - identità tra i.
Unione del principio i. col speculativo e i. pratico: V 342-
corpo [q. 76]: V 206-252, v. 345
Anima. Atti dell' i. secondo il Dama-
Le poten"c intellettive [q. 79]: sceno: V 342 - gradi di intelli-
V 306-350. genza tra i vari uomini: VI
L' i. presuppone le potenze 82-84.
sensitive: V 222, 276, 382; VI 8, Po~.sibilità di errore nell' i. :
40-51, SO, 92 - è "S'eparato n per VI 80-82, v. Errore.
Aristotele: V 170-172, 214, 322 - - l'assenso intellettivo: V
non agisce mediante un orga- 374.
no: V 184, 220, 280; VI 82 - la Appetito inteUettivo: v. Vo-
fatica intellettiva dovuta alle lontà.
facoltà sensitive: V 188 - l' i. - mozione reciproca tra i. e
conosce per astrazione dai sen- volontà: V 380-383 - confronto
sibili: VI 52-60, 78. tra i. e volontà: V 380-383.
Oggetto dell' i. Gli aspetti INTELLEZIONE. Intendere. Atto im-
della realtà ma.feriale cono- manente: V 212 - operazione
sciuti dal nostro i. (q. 86): VI dell'uomo in quanto uomo: V
90-102. L' i. umano non ha per 212, 213.
oggetto i fantasmi: V 220 ; VI - distinta dagli altri atti del-
42 s., 58, 59, 60, 78 - ma gli uni- 1' i.: V 340 - i. e· scienza: VI
versali: VI 98 - le essenze delle 73, 74.
cose sensibili : V 16-21, 70, 224 ; L' i. dell'anima separata [q.
VI 78, 80, 82, 86, 114, 115 - la 89): VI 134-160.
natura delle qualità sensibili: - I' i. non si esercita median-
V 292 - conosce il p'roprio atto: te il corpo: V 118, 182-185, 212
VI 112-116 - e quello della vo-- - accompagnata dal fantasma
lontà: VI 116-118 - non conosce è proprio dell'anima unita al
gli infiniti: VI 92-96 - conosce corpo: V 200, 210, 220-222, 320 ;
i singolari solo per riflessione: VI 136-140.
VI 90-02, 100 - conosce a suo Requisiti per I' i. : V 320- sua
modo i contingenti: VI 96-98 - concretezza e singolarità: V
e le cose future: 98-102. 218-224, 328 - ciascuno speri-
INDICE DOTTRINALE 853
menta di essere personalmente - i. e spiritualità: VI 294 s.
lui a intendere: V 171, 210 n. - i. e cognizione del singolare:
Procedimento e sviluppi del- VI 13, 90s.
l'intellezione [q. 85]: VI 52-89. INTENZIONE, Significato del ter-
- nell' i. umana i primi dati mine : V 342 - i. e attenzione :
sono quelli più universali : VI VI 11.
66-72, 86 - l'oggetto proprio del- IRASCIBILE. Suddivisione dell' ap-
1' i. umana: VI 1H, 115, v. In- petito sensitivo: V 359-362, 401
telletto - l' i. simultanea di più - e non della volontà: V 384-
cose : VI 72-75, 94. 386.
V. Intenzionalità, Idea. - 'sottomissione dell' i. alla
INTENZIONALITÀ. I. delle idee : VI ragione: V 364-368, v. Appe-
60-66, 79, 138 n, 139 - pluriva- tito.
lenza intenzionale delle specie : ISTINTO: 270, 272, S20, v. Estima-
VI 11-13, 72-75, 94, 138 n, 139. tiva.

L
LIBERO ARBITRIO. Libertà. Creazione della I. nel primo
Il libe1·0 arbitrio [q. 83]: V giorno: V 19 s., 72-78, 112, 148.
388-400. Uso e significato del Influsso della I. sulla visio-
termine : V 394-396 - atto pro- ne : V 310 n - la I. Iion entra
prio del libero arbitrio è la nell'unione dell'anima col cor-
scelta: V 396-400 - s'identifica po: V 246.
con la vol<>ntà: V 398 s. Ln. 1. spirituale ò l. in senso
L'uomo possiede il 1. a. per- proprio: V 64 s., 152; VI 38 - la
chè ragionevole : V 390 ss. - la l, intellettuale deriva dalla I.
libertà umana non esclude la increata: VI 38, 106, 132.
causalità di Dio: V 300 s. LUNA: V 108-116 - l'orbita lunare
LOCOMOZIONE. Facoltà di I. : V 248. e il paradiso terrestre : VI 324.
282 n, 284 s.J.. 356, 357. · LUOGO. Locale, Spazio. Il I. natu-
LucE. Lume. J:<; una qualità: V rale degli elementi: VI 328, 329.
68-72 - non è un corpo: V 66, - distanza locale e cognizio-
67, 68, 246; VI 176 - abbelli- ne dell'anima separata: v, Di-
mento del creato: V 46 s., 110, stanza;
124 - ha l'aria come soggetto: - I, dove l'uomo fu posto [q.
V 90, 310 n. 102]: v. Dimora.

M
MAESTRO. l\·1. e teoria dell' inse- VI 267 - in rapporto al peccato :
gnamento: V 224 n ; VI 30 - uf- VI 314 n.
ficio di m. nello stato d'inno- MATERIA. Dice ordine alla forma:
cenza: VI 316 s. V 52 s. ; VI 72 - priva di forma
MANICHEI: V 26 S. e inintelliggihile: VI 94, 104 -
MANO. «Strumento degli stru- principio d'individuazione: V
menti ,, : V 240, 241 ; VI 186. 194 ; VI 24, 72, 90;
l\1ARE. Sua creazione e denomina- - unità di m. per tutti i cor-
zione: V 96-102 - suo abbelli- pi: V 50-54, 110, v. Elemento,
mento: V 110. Quinta Essenza.
MARIA SS. In rapporto al merito: Creazione e distinzione della
m.: V 44-50 - solo Dio può MODUS DICENDI per se e per acci-
creare la m. : VI 180 - creazione dens: V 229.
della m. e cielo empireo: V 56- MOLTIPLICAZIONE. La m. degli es-
60 - m. e tempo nella crea- seri appartiene al governo del-
zione: V 60s.; le creature: V 132, 144 - la m.
- m. e produzione del primo degli uomini: V 132 - la m.
uom<>: VI 174-178 - esclusione delle anime mediante i corpi:
della m. dall'anima: V 192-196, V 216-224, v . .4.nima.
198; VI 166 s. La moltiplicazione dei pani:
La m. non è soggetta al cen- VI 200.
no delle creature: V 38 ; MORTE. Le facoltà umane dopo la
- le c<>se materiali oggetto m.: V 278-280, v. Anima sepa-
delle sc1enze naturali: VI 18 - rata.
e della conoscenza delle anime MoTO. Movimento, Mozione. In
separate: VI 142 s. generale: passaggio dalla po-
V. Corpo, Natura corporea. tenza all'atto : V 178 - m. in
MATERIALISMO: V 170. senso proprio e in senso impro-
MEMORIA. Uno dei sensi interni : prio : V 140, 258 s. - nessun m.
V 300s., 401. locale è istantaneo: V 66 -
M. intellettiva : V 324-329 ; VI l'immobile principio e termine
109 - sua identità con I' intel- del m. : V 334 - il m. continuo
letto : V 330-332 ; VI 228 - m. rimane imperfetto prima della
sensitiva e m. intellettiva nella qui.ete : V 138, 33"\. - per il m.
conservazione degli abiti cono- basta il contatto virtuale.
scitivi: VI 148 n-154. l\loto dei cieli e trasmuta-
MENTE:- v. Anima, Intelletto. zione naturale: VI 182.
MERITO. La auantità del m. : VI Duplice facoltà di moto: V
264-266 - uguaglianza necessa- 188 - mozione reciproca tra in-
ria tra m. e T'etribuzion.e: V 32, telletto e volontà: V 380-383 -
34s. - il m. nello stato d'inno- t:re gradi del m. int~llettivo se-
cenza: VI 264-267. condo Dionigi: VI 244.
Mooo. Dipende dalla virtù della Moto e conoscenza: V 18,
gente: VI 152. 20. .

N
NASCITA. Nell<> stato di innocen- potenze dedva dalla loro rrela-
za: VI 316-320, v. Generazione, zione all'oggetto: V 378; VI ,rn
Prole. - n. delle specie e operazio11e:
NATURA. La n. è sempre ordinata V 324, v. Operazione - n. uma-
al meglio: VI 136 - non è mai na e suo studio in teologia: V
manchevole in ciò che è neces- 176, v. Uomo.
sari.o: V 300 - muove sempre a V. Essenza, Specie.
un determinato termine: V 120 NECESSARIO. Necessità. Tre tipi di
- suo compimento nell'ordine n.: V 370s. - la necessità de-
dell'universo: V 138. riva dalla forma: VI 98 - qual-
Doppio ordine di natura, cosa di n. è incluso in ogni con-
genetko e di perfe.zione: VI tingente: VI 98.
70. Assenso necessario dell' intel-
La n. dei corpi conoscibile letto: V 37 4 - la volontà e i suoi
solo nei singolari : VI 46, 60, oggetti : n. : V 370-376.
64, v. Singolare - la n. delle NUTRITIVA: V 290, 401.
INDICE DOTTRINALE 355

o
OGGEITO. Proporzione tra potenza V 140 - in essa si distingue la
e o. : VI 46, 94 - gli o. formali specie dal modo di prodursi:
specificano gli atti e le poten- VI 152 - ostacoli estrins€ci al-
ze: V 262-266, 284, 330 s., 344, l'o.: VI 28. .
378; VI 152, 244 - o. e natura O. e soggetto: tre modi di at-
della conoscenza: V 186; VI 20. tribuire l'o. a un soggetto: V
21, 56, 244; 210 - due sono i modi di attri-
- l'o. proprio è il primo co- buire l'unica operazione a due
nosciuto: VI 86, 244 - o. pro- principii : VI 122 - unione ne-
prio e proporzionato dell' intel- cessax1a tra l'operante e l'og-
letto umano : VI 46, 50, 78, 82, getto d'o.: V 286 - rapporto tra
86, 94 - le idee non sono l'o. o. e potenza: V 308.
stesso d'intellezione: VI 60-66, Dl$tinzioni: le o. transitive e
v. Idea, Intellezione. immanenti: VI 62, 114, 212, 358
O. conoscitivo e immagine di- - distinzione tra o. vitali e non
vina nell'uomo: VI 230-233. vitali: V 284 - triplice modo di
OLFATIO: V 292ss., 401. agire : V 390.
OPERA. O. di creazione [q. 65): O. umana: duplice o. nel
v. Creazione - di distinzione senso e nell'intelletto: VI 6.1 s.
[qq. 6&-69]: v. Distinzione - di -1' jntelletto conosce la propri-a
abbeUimento [qq. 70-74]: v. Ab- o. : VI 112-116 - interferenzu
bellimento. delle o. nell'uomo: V 228 - la
Le o. del primo uomo in rap- scelta di un' o. du compiere: VI
porto al merito: VI 264-.267, v. 92, v. Scelta.
Merito. ORDINE. O. di natura e o. di gra-
OPERAZIONE. Azione, Atto, Agfre, zia: VI W5 s. - esistono tre spe-
Opeta.re. In generale: In Dio cie di o. tra le facoltà del-
soltanto l'o. si identifica con 1' anima: V 266-269, v. Potenze.
l'essere e con l'essenza: V 318 O. della conoscenza [q. 85):
- l'o. cumpete al soggetto in v. Conoscenza.
forza di un principio formal- ORGANO. Fa.coltà organiche: V
mente inerente: V 208, 320 - 270, 272 - non gli o. per le po-
ogni o. segue la natura del- tenze ma viceversa: V 292.
l'op.erante: V 184, 208, 222; VI L'intelletto agisce senza un
20, 74 - la forma è principio <>. corporeo: V 184, 187, 252,
d'o.: V 208; VI 28, 62, 63 s. -- 270, 272; VI 82 - di.pendenza
la specie si mostra presente nel- dell'intelletto dagli o. dei sen-
l'o. : V 250 - corrispondenza tra si: VI 46.
l'eSJSere e l'o.: V 184, 188, 208, ORIGINE. Il processo di o. è con-
258, 260 s.: VI 136 - l'o. com- forme alla natura di ciascun
pete solo all'ente in atto: V essere: VI 218 - o. di una po-
184 - è in qualche modo il fine tenza dall'altra : V 276 s. - o.
di ogni essere: V 114, 118, 138 - dell'uomo e problemi annessi:
ogni o. si qualifica come moto: VI 13.

p
>ARADISOterrestre. 324 - anche per gli esegeti mo-
Il Paradiso terrestre dimora derni: VI 325, 326 - adattissimo
dell'uomo [q. 102). come dimora dell'uomo: VI 328
E un luogo materiale: VI - temperatissimo : VI 330 - che
INDICE DOTTRINALE
l'uomo doveva custodire: VI sitiva e p. intellettiva: V 185 -
332 - in esso egli fu collocato e p. del singola.re: VI 12, 90 s. -
non creato : VI 332. le p. intellettive S10no prive di
PAROLA. P. int<iriore e p. esterna: cc:mtrarietà : V 198 - indagini
V 342 - Ie p. indicano non le moderne sulla p.: V 183.
specie ma le definizioni : VI 66 PERFEZIONE. Perfetto. Il perfetto
- origine del linguaggio: VI precede l'imperfetto come l'at-
246. to la potenza: VI 246 - ogni
PARTE. Uso del termine: V 338 - cosa h<a due perfezioni, statica
le p. sono ordinate al tutto : V e dinamica: V 136 s. - la prima
32 - le p. in ordine alla cono- è causa della seconda: V 138.
scenza: VI 74 - le p. nella defi- P. e partecipazione: VI 210 -
nizione dell'unità: VI 86. p. e passività: V 310;
· Le p. del corpo e la presenza - la p. ultima dell'universo
dell'anima: V 248-252 - le p. è la beatitudine dei Santi: V
della vegetativa: V 288 s. 138;
PARTECIPAZIONE. P. delle specie o - la p. dei bambini nello stato
forme secondo Platone e gli d'innocenza: VI 31&-320.
Arabi: V 38s.; VI 32s., 36s., PERSONA. Valore della p. umana:
42, 70, 86, 106 - p. all'attivo e V 169s. - le P. Divine e l' im-
al passivo: V 196 - ogni imper- magine di Dip nell'uomo: V
fetto è p. del perfetto: VI 210 156; VI 21&-218.
- ciò che è per p. dipende da PESCE. I p. nell'opera del quinto
ciò che è per essenza: VI 270. giorno: V 110, 124-128, 132.
P. della intelligenza nel- PIANTA. Le p. hanno vita imper-
l'uomo: V 318-322 ; VI 38, 106. fettissima: V 132 - la creazione
PASSIONE. Passibilità, Passhità. delle p. : V 102-106 - le p. fu-
Valore del termine: VI 286 - rono create allo stato perfetto:
descrizione breve delle p. : VI V 116.
358 - rapporto tra p. dell'ira- POTENZA. Potenzialità. P. e atto
scibile e del concupisciliile: V supreme divisioni dell'ente: V
362 - lo,ro sottomissione alla ra- 256 - p. e atto sono del mede-
gione: V 366 s., 390 ; VI 260, simo geneTe: V 256, 265 - due
262s., 298-302- le p. dell'anima i possibili rapporti tra p. e
nel primo uomo: VI 258-260. atto: V 310 - per passa.re dalla
Passività e impassibilità nel- p. all'atto si richiede un ente
lo stato d' innocenza: VI 28.1- in atto·: V 314; VI 246 - la p.
286; è conoscibile mediante I 'a tt.o:
- p. dell'intelletto: V 210; VI 24.
VI 286. POTENZA. Facoltà. P. e facoltà,
PATIRE. Ha tre significati: V 310. valore dei termini: V 392, 393,
PAZIENTE. L'agente è superiore al 394 - le p. sono i principii pros-
p.: V 310, 312, 322, 380; VI 42, simi delle operazioni: V 300,
44, 192, 193, v. Pa.ssione. 308, 394 - ogni p. ha naturale
PECCATO. Colpa. Le occasioni di appetito al proprio oggetto: V
P. e l'ordine dell'universo: VI 354 - le p. si distinguono se-
196 n; condo le ragioni formali degli
- impossibile per chi vede oggetti : V 46, 94, 282-266, 330 s.,
l'ess·enza di Dio: VI 240, 314 - 344·
escluso dalla B. Vergine Ma- - 'localizzazione delle p. : V
ria: VI 314 n. 252 - non le p. sono per gli or-
P. originale e tentazione: V gani ma viceversa: V 292;
360 - possibilità di peccare nel- - rapporto tra p. e opera-
lo stato d' innooe,nza: VI 312- zione : V 308, v. Opera.zione -
314. le p. sono conoscibili attraverso
PERCEZIONE. Apprensione. P. sen- le loro operazioni: VI 7 ;
INDICE DOTTRINALE 357
- rapporto tra p. inferiod e PREDICAMF..NTO. P. e predicabili:
superiori: VI 20 - dipendenza V 258, 259, 260.
dell' intelletto dalle p. sensiti- PREESISTENZA. P. materiale e vir-
ve : VI 48-50. tuale: V 138. ·
Le p. dell'anima in generale PRINCIPIO intellettivo: v. Anima.
[q. 77]: VI 254-281. PRODUZIONE del corpo umano: Vl
Le p, vegetative e sensitive 178-182.
[q. 78]: V 282-304, v. Senso. PROLE. Le condizioni fisiche della
Le p. intellettive [q. 79]: v. P. nello stato d'innocenza [q.
Intelletto. 9'J]: VI 304-308, v. Bambino.
Le p. appetitive [qq. 80-83J: Condizioni mo-rali della p.
v. Appetito. Volontà, Sensua.- nello stato d'innocenza (q. 100]
lità. VI 310-8#5.
Le p. e l'immagine divina Condizioni della p. rispetto
nell'uomo: V 226-228. alla scienza [q. 101J: VI 316-
PREDICABILE. P. e predic:amenti: 320.
V 258, 259, 260. PSICOLOGIA SPERIMENTALE: V 174.

Q
)UALITÀ. Le q. passibili: V 264, VI 58 - il tutto e la parte quan-
2fi5 - le q. sensibili in rapporto titativa: V 250s. - aumento
alla quantità e alla sostanza: delle q. e della materia: VI
VI 58 - la natura delle q. sen- 200.
sibili è oggetto non dei sensi QUIDDITÀ. V. Essenza, Natura.
ma dell' intelletto: V 292. Oggetto primario dell' inteI!ct-
La luce corporea è una q. : to: VI 76, 79.
V 68-72, v. Luce. QUINTA ESSENZA. Materia dei cor-
~TJANTITÀ. La q. è inerente alla pi celesti: V 52 s., 82, 199 - non
sostanza prima delle qualità: entra nella unione dell'anima
VI 58 - q. e co-rporeità: V 244 ; col corpo: V 216.

R
lAGIONE. Causa, Definizione, Es- V 302, 364, v. Cogitativa - r.
senza., Idea. - Le r. eterne nel- superiore e r. inferiore: V 33'io-
!' intellezione umana: VI 36-39. 310.
~AGIONE. Intelletto. S'identifica RAZIOCINJO: VI 48.
con l'intelletto: V 332-334 - REALTÀ. Gl.i a.~petti deUa realtà
rende l'u-0mo simile agli ange- materiale conosciuti dal nostro
li: VI 272 - p-0tere della r. sulla intelletto [q. 86]: VI 90-102, v.
sensibilità in genere: V 368 - Ente.
l'uso della r. dipende dai S'<msi REGIME. Politico e dispotico: V
interni: VI 4-4-48, 48-52, 318 ; 366, v. Sudditanza.
- aominio della r. sulle pas- RE:IIINISCENZA. Facoltà dell'ani-
sioni: V 3M-368; VI 258-260, ma umana: V 298-305.
262. 298-302. V. Anima, Pas- RESURREZIONE. La r. dei morti:
sione - suo potere di confron- V 216 n - r. e ministero degli
tare più cose: V 376; angeli : VI 182.
- r. particolare e r. univer- RrPoso. Quiete. La quiete si op-
sale: V 364 - r. pura e r. p'I"a- pone al moto : V 140, 142 - il
tica: 342 s. - la r. particolare: r. di Dio: V 140-144.

23 - VI
358 INDICE DOTTRINALE

s
SANTIFICAZIONE. La s. pe:r qual- .intellettiva dei s. : [q. 84], VI 10-
siasi cosa consiste massima- 50 - ostacolo alla comprensione
mente nel trovare riposo in delle cose intelligibili : VI 240.
Dio: V 144 - s. e benedizione S. propri, per aocidens e co-
del settimo giorno: V 142-145. m uni : V 292 n, 296.
SCELTA. Elezione. Atto proprio del SENSO. Sensitivo. In generale: ge-
libero arbitrio: V 396-400 - la nern di potenze dell'anima: V
s. non ha per oggetto il fiine 282-288 - richiede il corpo : V
ma i mezzi: V 372 - è parago- 190 - rende l'uomo affine a.gli
nabile alla conclusione di un animali : V 272 s. - i s. del-
sillogismo dialettico : VI 92. l'uomo e quelli degli altri ani-
SCHIAVITÙ. Nel pensiero di San mali : VI 184 ss., 270, 272.
Tommaso: VI 276 n-277, 278- Oggetto e capacità: i s. co-
280. noscono solo il particolare : V
ScIENZA. In generale: la s. per- 200; VI 92, 98, v. Singolare -
fetta è il fine deU' intelletto: VI non percepiscono le forme S'O-
66 - s. e intellezione attuale: stanziali : V 70 - non conoscono
VI 73, 74 n - le s. hanno per la natura delle qualità sensi-
oggetto il necessario : VI 98. bili V 292 - rnm hanno capacità
Procedimenti nell'acquisto di confrcmtare : V 376 - il s.
della s.: VI 88 - l'acquisto del- proprio è incapace di riflettere
la s. non è reminiscenza: VI 30 su se stesso: VI 112, 116.
- l'uso di detta s. : VI 52 - le- Distinzioni e specie: i cinque
game trra s. e sensibilità: VI s. esterni : V 292-298, 401 - i
28, 50 - i contrari della s. : VI quattro s. interni: V 298-304,
318. 401 - l'appetito s.: V 354-356,
Le s. naturali, il loro ogget- 401, v. Appetito, Sensualità;
to: VI 18 - ·estranee agli agio- - s. e intelletto, distinzione :
grafi: V 16; V 186 s. - differenze tra s. e in-
- la s. degli angeli e la crea- telletto : V 222, 276 ; VI 40-44,
zione: V 150, 158, v. Angelo; 80 - dipendenza dell'intelletto
- la s. del primo uomo: VI dal s. : VI 8, 316, 318 - dal s.
246-248 - e della S'lla prole nello l'anima acquista la conoscenza
stato d'innocenza [q. 101]: VI degli intellit,ribili: VI 40-44 -
314-320, v. UCYmo; l'assopimento dei s. impedisce
- permanenza dopo morte la cognizione intellettiva: VI
della s. acquisita: VI 148-150, 48-51.
v. Anima separata. SENSO. Significato. S. letterale e
SCRITTURA. Le espressioni della s. allegorico nell'esegesi bibli-
S. nella narrazione dell'opera ca: V 17ss., 150.
dei sei giorni: V 90, 130 n, 131, SENSO COMUNE. Uno dei sensi in-
132 n, 133, 146-160 - e della crea- terni : V 184, 298-304, 401 - il
zio!lle dell'uomo: VI 188-190 - s. c. nel SCJ.gno : VI 50.
interpretazione della S. nei pri- SENSUALITÀ. Appetito sensitivo
mi capitoli della Genesi: V 7-23 [q. 81]: V 358-368 - significato
- saggi tomistici d' interpreta- del termine: V 358-360 - genere
zione: V 80. di appetito 360 s., 401 - abbrac-
SENSAZIONE. Atto del composto: . eia l' irascibile e il cCJ.ncupisci-
VI 42, v. Conoscenza, Senso. bile: V 360-362.
SEJNSIBILI. Oggetto proprio e pro- SEsso. Nello stato d'innocenza:
porzionato del nostro intellet- VI 274, 296, 302, 308 - negli ani-
to: VI 50, 78, 80 - conoscenza mali superiori: VI 194.
INDICE DOTTRINALE 359
SILLOGISMO: V 390. SPECIE. In generale: la natura
SINDERESI. Abito dell'intelletto e della s. si deve alla forma: V
non potenza distinta: V 346- 212; VI 72 - la s. e la defini-
350. zione: V 190 - s. e individuo:
SINGOLARE. Costituito tale dalla V 190 - s. e parti: V 240 - s. e
materia: V 194 ; VI 24, 72, 90, operazione: V 250; VI 152 - la
v. Individuazione - i s. come natura ha di mira la s. : VI 72
tali sono oggetto dei sensi: V - sostanza s., ordine e vestigio
326-328; VI 46 s., 92, 98, 100 - i trinitario: VI 222 - fissità della
s. nell'ordine della conoscenza: s.: VI 183. .
VI 66- 72 - la conoscenza umana Specie umana: non l'anima
dei s. : 12, 90-92, 100 - rifles- ma il .composto fa parte della
sione dell'intelletto sui fanta- s.: V 204 - l'anima non è di
smi per conoscere i s. : VI 46 s. specie angelica: V 202-204;
- i s. concreti oggetto dell' in- - la conservazione della spe-
telletto : V 328, 32!) - cogniz1one cie nello stato d'innocenza:
dei s. nelle anime separate: VI [qq. 98-102).
144-146. SPECIE INTENZIONALE. Funzione
SOGGETTO. Il s. causa finale, effi- della s. i.: VI 9, 11-13 - unicità
ciente e materiale degli acci- della s. i nell'intellezione: VI
denti: V 274 - incompatibilità 74 - astrazione delle s. mate-
di più forme in un s.: VI 74. matiche : VI 58, v. I dea.
SOGNO: VI 50, 51. SPIRITISMO: V 245; VI 157, 159 s.
SOLE: V 68, 114, 118 - ha come SPIRITI VITALI: V 246-248.
forma propria, ma accidentale, SPIRITO. Spirituale. S. e luce: V
la luce: V 70, 72, 74 - il s. e le 64 s. - lo "spirito del Signore» :
piante: V 108, 112 - il s. genera V 50, 158 n, 159 - le sostanze
l'uomo: V 182. s.: v. Dio, Angelo, Anima.
SO;\'!IGLIANZA. S. e con(}SCenza: V SPIRITUALITÀ. s. e intenzionalità :
180 n, 222 ; VI 20, 62, 78, 88, 126 V 294 s. - s. dell'anima umana:
- s. tra. creature: VI 26 - la s. V 172, 180-186.
di Dio nell'uomo [q. 93]: VI STAGIONI. Indicate dagli astri: V
204-236- immagine es.: VI 206, 112-116.
234-236, v. Immagine. STATO. S. informe della materia:
SOSTANZA. Sostanziale. Estensio- V 44 ss., 62, v. Materia - s. pre-
ne del predicamento s. : VI 130 sente e oggetto formale della
- la s. in rapporto alla quantità conoscenza: VI 114, U5, v. Co-
e alle qualità sensibili: VI 58 - noscenza, Intelletto.
le forme s. ci sono ignote: V S. e condizione del primo
260 - le forme s. e quelle acci- uomo [qq. 94-101]: VI 238-320.
dentali : V 272 s. ; VI 70. STRUMENTO: V 218 s.
Sostanze separate: v. Angelo. Sl'DDITANZA servile e politica: VI
SPAZIO. E tra le entità perma- 196, v. Regime.
nenti: V 62 - incompatibilità di SL'SSISTENZA e spiritualità: V 181,
più corpi in uno spazio: V 66. 182.

T
TATTO. Senso esterno: V 294 ss., sura del prima e del poi nel
401 - unico nel genere, molte- moto " : V 62 - sua unica realtà
plice nella specie: V 296 - fon- attuale è l'istante: V 62 ;
damento degli altri sensi: VI - creazione· del tempo: V 60 s.
176s., 184. - l'ordine di t. nella creazione:
TEMPO. Non è altro che « la mi- V 44-50, 98-102.
360 INDICE DOTTRINALE

L'intelletto al disopra del t. : TRASFORMISMO : V. Evoluzionismo.


VI 74. TR4.SMUTAZIONE e creazione: VI
TENEBRE. Hanno crune soggetto 170.
l'a,ria: V 90 - indicano lo stato La T. nell'opera di crea-
TRINIT.4..
informe dell'universo creato: zione e formazione: V 156s. -
V 48, 58, 74, 98. suo vestigio in tutte le creatu-
TENTAZIONE. Allegoria della t. i.n re: VI 222 - la T. nella crea-
S. Agostino: V 358, 359, 360. zione dell'uomo: VI 188, 189 -
TERRA. Sta al cielo come il centro la T. e l' imma.gine divina nel-
alla circonferenza: V 94 - sta l'uomo: VI 216-219, 226s., 230-
a indicare i quattro elementi: 233 - immagine della T. nel-
V 156 ; VI 178 - sue condizioni 1' emanazione del verbo menta-
nel primo giorno della croozio- le e dell'amore: VI 222, 226,
ne: V 44-50, 72s., 152 - sua 230-233. .
elffiersione dalle acque : V 96- Turro il t. e le parti: V 32 - tre
102, 152 - la " formazione » del- specie di t.: V 250s. - t. uni-
la terra: V 96-106, 110, 146-148, versale e t. integrale: VI 68, 70
152, 157. - il t. e la parte in ordine alla
TRASCENDENTALI: VI 234. conoscenza: VI 74.

u
UCCELLI_ Nell'opeTa del quinto degli u.: V 222; VI 52-66, 66-72,
giorno: V 124-128. 90.
UDITO. Senso esterno: V 294, 401. UNIVERSO. Ordinato a Dio: V 32
UGUAGLIANZA. u_ tra gli uomini, - la sua « formazione n dipende
utopia: VI 274 n - nello stato dal Verbo: V 154 - la perfe-
d'innocenza: VI 274-277. zione dell'u. richiedeva il com-
UNITÀ. Unicità, Unione. In gene- posto umano: VI 138, 204 ss. -
rale: u. equivale a indissolubi- l'u. in intensità non più per-
lità: VI 86 - l' u. di una co·sa fetto della creatura intelletti-
deriva dalla forma: V 246 - u. va: VI 210 n - duplice perfe-
ed essere: V 220, 223, 226, 246; zione dell'u.: V 138.
VI 206 - u. e pluralità rispetto UoMo. Creatura ragionevole. La
alla conoscenza: VI 74 n, 86. natura dell'u. [qq. 75-89] - è un
U. della m. per tutti i corpi: microcosmo: V 165; VI 176 n,
V 50-54 - l'u. del mondo dimo- 272-274 - essere composto di
stra l'esistenza di Dio: V 28 - spirito e corpo: V 176, 262 n;
controversia sull'u. dell' intel- VI 294 s. - supera le altre crea-
letto: V 170 sis.. 216-224, 322 s. ture per l'intelletto: VI 220 -
Unione dell'anima col corpo in che modo è considerat-0 dalla
[q. 76]. Il pri:n,cipio intellettivo teologia: V 176 - anello tra gli
è forma del c. umano : V 206- ess·eri corruttiibili e inconutti-
216 - moltiplicato. secondo il nu- bili: VI 294 s. - sua unità es-
mero dei COrPi: V 216-224 - uni- senziale: V 169s., 226 s. - è un
co per ciascun uomo: V 224- animale socievole: VI 278-280 -
236 - modalità di tale unione: è dotato di libero arbitrio: V
V 236-252 - l'u. è a vantaggio 388-392 - è fatto per la felicità:
dell'anima: VI 34. V 262, 392 - è ordinato· a Dio:
UNIVERSALE. Gli u. sono SUSISisten- V 32 - nell'u. il grado più per-
ti secondo Platone: VI 70 - due fetto della vita: V 132 ; VI 212,
aspetti degli u.: VI 68 - l'u. e 213.
la oognizione umana: VI 66-72, Le sue operaziooi [qq. 84-89]
90-92 - l'astrazione fondamento - l'u. può conoscere la natura
INDICE DOTTRINALE 861
di tutti i corpi: V 182 - conosce L'u. fu creato in grazia: VI
mediante il raziocinio: V 334 - 254-258 - col perfetto dominio
è in potenza aJla conoscenza: delle passioni: VI 258-260 - or-
VI 28 n - è per lui naturale nato di ogni virtù : VI 260-264 -
raggiungere la sdenza me- le sue operazioni più efficaci so-
diante i sensi: VI 46, 316. stanzialmente delle nostre nel
Le potenze dell'u.: V 254-401, merita~e: VI 266 n, 267.
v. Potenze; Il dominio dell'u. nello stato
- l'anima dell'u.: v. Anima.. d'innocenza [q. 96].
La prima <Yrigine dell'u. [qq. Dominio interiore e dGminio
90-102] - Creazione dell' anirna esterno : VI 272 - dominio sugli
[q. 90]; v. Anima - creazione animali : VI 268-272, 274 - e
del oorpo [q. 91]; vedi Corpo sulle altre creature: VI 270,
umano. 272-274 - dominio e disugua-
Fine e coronamento della glianze tra u. : VI 274-276, 276-
creazione dell'uomo [q. 93]. 281.
- nell'u. vi è un'immagine di La conservazione deWindivi-
Dio: VI 204-207 - in quanto duo nello stato primitivo del-
creatura intellettuale : VI 208- l'u. [q. 97].
213, 220-224 - secondo la natura Adamo era immortale per
divina e la Trinità delle Per- virtù soprannaturale comuni-
sone: VI 218 - che può avere cata all'anima: VI 284, 292,
tre gradi: VI 214. 328, 332 - e mediante l'albero
Stato e condizione del primo della vita: VI 290-294 - suo bi-
u.: V 134; [qq. 94-101]- quanto sogno di cib<>: 288 ss.
all'intelletto [q. 94]: VI 238-252 Conservazione ·rlr•lla specie u.
- creato in perfetta età e scien- [q. 98]: VI 294-302.
za: VI 246, 247 - sua scienza Derivazione della donna dal-
infusa da Dio: VI 248 - vedeva l'u.: VI 196-200 - gli u. hanno
Dio negli effetti intelligibili: speciali motivi di moltiplicar-
238-242 - non conosceva per es- si: V 132; VI 296 - la geneiro-
senza gli angeli: VI 242-244 - zione umana nello stato d' in-
possedeva la scienza di quantG nocenza: 29-1-296, v. Genera-
l'uomo può impara,re: VI 246- zione.
248 - e un'adeguata nozione Il paradiso terrestre dimom
delle verità di fede: VI 248 - deU'u. [q. 102]: VI 322-332, V.
ignorava però il futuro: VI 248 Paradiso.
- non era soggetto al!' errore : Uso. L'u. delle parole e loro ori-
VI 248-25.1. gine: V G4 - u. della scienza
Cose concernenti la volontà acquisita nell'anima separata:
del primo u., cioè la grazia e VI 152-154.
l'innocenza [q. 95]. UTILE: V 396.

V
VEGETATIVA. Genere delle potenze 126, 150, 154, 156, 158 - V. e for-
dell'anima: V 384 - abbraccia mazione degli angeli: V 74, 150.
tre specie di facoltà: V 388-390, VERO. Il v. e il bene si implicano
401. a vicenda: V 344; VI 234 - il
VERBO. V. mentale,: funzione del v. e il falso sono nella mente:
v. nel giudizio: VI 78 n. V 378.
- V. di Dio: parallelismo tra VESTIGIO e immagine di Dio: VI
il V. di Dio e il v. mentale: VI 220, 222.
222 - il V. di Dio nella prima VIRTÙ. Descrizione sommaria del-
formazione delle creature: V le v. : V 262 - il possesso delle
INDICE DOTTRINALE

v. nello stato d'innocenza: VI VOLONTÀ. Volere, Volizione, Appe-


260-264, v. Potenza. tito intellettivo.
VISTA. Senso esterno: V 292-296, Facoltà inorganica immate-
401 - funzi01I1a senza mutazione riale: V 220, 252, 280 - s' iden-
fisica dell'organo: V 294. tifica col libero arbitrio: V SBS-
VITA. La v. si manifesta nella co- 400 - non esiste nella v. distin-
noscenza e nel movimento: V zione tra ira.scibile e concupi-
178 - quattm forme di v. : V scibile: V 384 s. - suo potere
284, 286, 401 - la v. degli a. per- politico o dispotico sulle fa-
f et.ti esige i sensi interni : V 300 coltà inferiori: V 366 - vuole
- la vita dell'uomo è il grado per necessità la beatitudine: V
più perfetto della v. : V 132, 236 372, 374s., - la volontà non ade-
- le piante hanno v. imperfet. risce necessariamente a Dio
tissima: V 132. che nella visione beatifica: V
Le operazi~i vitali: V 284, 374s.
v. Operazione ; V. e inteiletto: potenza sim-
- albero della v. : v. Albero. pliciter minore dell'intelletto:
VIVENTI. Origine divina dei V. : V 376-380 - reciproca. mozione
V 15, 124-128, 130-134. con l' intelletto: V 380-382 - co-
VISIONE. Etimologia e uso del ter- noscenza intellettiva. dell'atto
mine: V 64 - teoria delle v. : della v.: VI 116-118.
V 20 s. - la v. beatifica.: V 374 s.; Condizione del primo uomo
VI 240, 314 - l' immagine di Dio rispetto alle cose riguardanti
nella v. corpO'rale immagina- Ca v. [q. 95]: v. Grazia, Inno-
rla: VI 224. cenza, Uomo.
INDICE ONOMASTICO

N. B. - I numeri in corsivo si riferiscono .alle note; i numeri tra paren-


tesi indicano rispettivamente il libro e il capitolo, oppure il capitolo e 11
versetto, secondo le diverse divisioni delle opere a cui si riferiscono. I nu-
meri seguiti da una [nJ valgono insieme per il testo e per le note.
AGOSTINO (S) : - (4, 16): 39 - (6, 2): 217 -
Ad Dioscorum (Ep. 118, 3) : 285 (9, 3) : 23, 105, 121, 141 - (9,
- (118, 4) : 41. 6): 107 - (9, 12): 227, 229 -
Confessionum (7, 10): 72 s. - (10, 4) : 229 - (10, 5): 23, 25 s.
(10, 17): 117 - (12): 101 - (12, - (10, 8): 229 - (10, 9): 109
25): 37. - (10, 10) : 229 - (10, 11) : 115,
De Baptismo Par'Uulorum (1, 116, 117 - (10, 12): 227 - (11,
38): 305. 2 ss.): 225, 227 - (12, 2): 133
De Civitate Dei (4, 31): 165 - - (12, 4) : 133, 231 - (12, 5) : 223
(11, 26) : 227 - (12, 9) : 257 - - (12, 6) : 219 - (12, 7): 133 -
(13, 13): 257, 307 - (13, 21): (13, 1): 111 - (14) : 230 -
325 - (13, 24) : 191 - (14, 10) : (14, 4): 215, 229, 233 - (14, 6) :
239, 251, 279, 315 - (14, 21): 229 - (14, 7): 227, 229 - (14, 8):
194 - (14, 26) : 293, 301, 303 - 233 - (14, 12) : 231 - (14, 14) :
(19, 13): 275 - (19, 14): 281 - 233 - (15, 6) : 219 - (15, 9) :
(19, 15): 277, 281 - (21, 10): 239 - (15, 20) : 219 - (15, 23) :
157 - (22, 29) : 21. 219.
De Correptione et Gratia (c. De Vera Religione (c. 31): 133.
10): 255. Liber 83 Quaestionum (q. 9):
De Cura pro Mortuis agenda 41 - (q, 32) : 81, 83, 85 -
(c. 10): 159 - (c. 13): 155, (q. 46): 37, 39 - (q, 51): 211,
156 n, 159 - (c. 15): 159 - 225, 235, 237 - (q. 74): 207,
(c. 16) : 159. 235.
De Decem Chordis (serm. 9, 8) : Retracta.tiones (1, 10, 13, 19):
207. 299 - (2, 22) : 299.
De Divinatione Daemonum (c. Sermo contra Judeos, Paganos
3) : 155, 157. et .4.rianos (c. 2): 261.
De Doctrina Christiana (2, 40): Soliioqnia (1, 8) : 72 s. - (2, 4) :
37. 17.
De Haeresibus (n. 59): 170. Super Genesim ad Li.tteram
De Imagine (serm. 43, 2): 211. (2, 8) : 145 - (3, 22) : 215 -
De Libero Arbitrio (3, 18): 251. (4, 33, 34) : 191 - (5, 4) : 327
De Origine Animae (3, 15): 163. - (6, 12) : 189, 209 - (7, 24-
De Quaestionibus Veteris et 28) : 173 Il, 181, 189 - (8, 1) :
Novi Testamenti (q. 19): 285, 325 - (8, 3) : 327 - (8, 7) :
289, 291 - (q. 123): 255. 325 - (8, 10) : 331 - (8, 20,
De Quantitate Animae (c. 2): 22) : 75 - (9, 3) : 194 - (9, 4) :
237. 301 - (9, 14): 269 - (9, 15):
De Trinitate (3, 4) : 179, 203, 329 203 - (.9, 18): 203 - (10, 26):
- (3, 8): 181, 273 - (3, 9) : 181 199 - (11, 18) : 241 - (11,
364 INDICE ONOMASTICO

30) : 253 - (11 33) : 241 - Metaphysica (1, 1): 41, 247 -
(12, 2) : 251 - (12, 7) : 221 - (1, 2): 279 - (3, 4): 291 - (4,
(12, 13) : 101 - (12, 15) : 49 s. 3): 62, 63 - (4, 5): 19, 63 -
- (12, 16): 41, 193 - (12, 24): (5, 6): 72 - (5, 15): 235 - (6,
19, 43, 221 - (12, 31): 73. 4) : 81 - (7, 1) : 167 - (7, 8) :
Super Joannem (tract. 24): 201. 181 - (7, 9): 181 - (7, 10):
passim 8, 20, 36, 38, 44, 74, 57 s. - (7, 13): 73 - (7, 14, 15):
108 s., 118, 126, 154, 170 s., 33 - (9, 8) : 63, 115 - (9, 9) :
172 n, 182, 183, 189, 193 n, 212, 25, 105 - (9, 10): 83 - (10, 1):
223 s., 228, 240, 282. 87 - (10, 3) : 167 - (10, 6) : 87
ALBERTO MAGNO (S.) 257. - (10, 10): 283 - (11, 5): 62 s.
ALBUMASAR 180 Il. - (11, 6): 62 s.
ALESSANDRO DI HALEs 256, 312. Metereologica (1, 13): 323 -
AMALARICO DI BEiNA 295, 299. (2, 5): 331 - (4, 3): 169.
ANSELMO D'AOSTA (S.) 311 n., Peri Haermeneias (1, 1) : 61,
313 n., 315 n. 77.
ARISTOTELE (Il Filosofo) : Physica (1, 1): 67, 69, 85 - (1,
Analytica Posteriora (1, 2): 4): 95 - (1, 5): 91 n - (1, 7) :
111, 133 - (2, 15): 41. 107 - (2, 2) : 183 - (2, 7) : 185
Categoriae (De Praedicamen- - (3, 6): 95 - (4, 9): 201 -
tis) (c. 3): 213 - (c. 6): 149. (4, 12): 97 - (5, 5): 295 - (8,
De .4nima (1, 1): 45, 69, 135 - 2): 176.
(1, 2): 19, 23, 127, 165 - (1, 4): Politica (1, 2) : 279 - (1, 3): 271
135, 139, 153 - (1, 5): 23, 25 - - (2, 2) : 297.
(2, 1): 167 - (2, 4) : 111, 115, Topica (2, 10): 75 - (6, 4): 87 -
289 - (2, 9) : 85 - (2, 11) : 285 (6, 6): 287.
- (2, 12) : 25 - (3, 2) : 73, 115 - passim 19, 26, 29, 40, 46, 59, 82,
(3, 3) : 41, 43, 45 - (3, 4) : 107, 108, 109, 122, 138, 148,
28 n, 29, 43, 55, 87, 105, 121, 152, 174, 192 s., 276, 329.
135, 149, 247, 287, 317 - (3, 5): AVEMPACE 129 n.
43, 55, 127 - (3, 6) : 81, 87 - AVERROÈ (il Commentato11e) 111,
(3, 7): 47, 53 n, 55, 93 - (3, 8): 121 n, 123, 125, 126, 128.
23, 65, 187 - (3, 9): 117, 289 - AVICENNA 32 n, 33 n, 34, 25, 44,
(3, 10): 81 - (3, 11): 93. 148, 170, 182.
De Animalibus Historia.e (6,
19): 309. BASILIO (S.) 189, 217.
De Caelo et Mundo (1, ~) : 131 BEDA (S.) il Venerabile 269, 271,
- - (2, 2) : 325 - (3, 7) : 51. 316 n, 317 n, 322 s.
De Divinatione per Somnium BLANCHE F. 71.
(c. 2): 41, 103. BOEZIO 209 S.
De Generatione Animalium (1, BONAVEKTCRA (S.) 168, 213, 256,
19) : 193 - (2, 3) : 71, 193, 306 n 300.
- (4, 2): 195. CARTESIO e CARTESIANI 67, 132.
De Generatione et Corruptione CATARI 294.
(1, 5): 293 - (1, 8): 43. CAYRÉ F. 217.
De Longitudine et Brevitate CENTI T. S. 109.
Vitae (c. 2) : 151. CEUPPENS F. 165, 199, 206 s.,
De Somno et Vigilia (c. 1): 49 240 s., 291, 323 s.,326.
- (c. 3) : 51. CONCILII:
Ethica ad Nicomacum (1, 9): Bracarense 164 - Cartaginese
125 - (1, 10) : 125 - (2, 1) : 95, 282 - Orange 283 - Toledo
149, 153 - (2, 3) : 265 - (3, 12) : 164, 218 - Trento 161, 283 s.,
261 - (1, 9): 263 - (6, 2): 251 311, 314 s. - Vienne 199.
- (6, 6) : 97 - (6, 7) : 125 -
(7, 3): 93 - (8, 12): 199 - (10, DARWIN 178.
8): 125. DE GIBERGUES A. 225.
INDICE ONOMASTICO

DEMOCRITO 4.Q S. HOENEN p I 77.


DENZINGER-BANNWART/33, 161, /64,
167, 171, 175, 199, 218 s., 283, ILARIO (S.) 189, 205, 209, 217, 219.
311, 314 s. IRENEO (S.) 189.
DIONIGI Areopagita: ISIDORO (S.) 145, 295, 325.
De Caelesti Hierarchia (c. 1):
129 - (c. 2): 131 - (c. 7): 319 JANSSENS L. 152 s., 158 s., 295.
- (c. 12): 23. JOLIVET R. 61,
De Divinis Nominibus (c. 1):
49, 129 - (c. 2): 209 - (c. 4): KoPPERS w.335.
169, 209, 245, 257 - (c. 5) : 177 RORS J. B. 256.
- (c. 7): 35 - (c. 11): 39.
De Ecclesiaistica Hierarchia LAMANNA E. P. 9.
(c. 5): 169. LAMARCK 178.
Epist()la ad Polycarpum (7) : LA PIRA G. 335.
273. . LEONARDI P. 335.
Mystica Theologia. (c. 1): 37. LEONE IX (S.) 166.
passim 210. LÉPICIER A. l\ll. 244 s., 301.
DONOSO CORTÉS J. 225. LOTI'IN O. 268.
LUTERANESIMO 315.
EDDINGTON A. 47.
EMPEOOCLE 22, 25, 126. MANICHEI 164 Il.
Enciclopedia Italiana 149 s., 187. MARCOZZI V. 179, 335.
EPIFANIO (S.) 189. MENDEL 178.
ERACLITO 19 n, 6.2 S, METODIO d'Olimpo (S.) 223.
EUCLIDE 86 n, 88.
NATURALISTI 19 Il, 22, 26, 40, 50.
NEMESIO di Emesa 247.
FABRO C. 335.
FARGES A. 335. ONTOLOGISTI 133.
FERRARIENSIS 58. 0RIGENE 170, 171, 291, 324.
FILONE 324.
FULGENZIO (S.) di Ruspe 217 n. PANTEISTI 165.
PARMENIDE 19.
GAETANO (Card. Tommaso de Vio) PIETRO LOMBARDO 188, 200, 227,
56, 58, 84, 94 s., 143, 250 ss., 228 n, 235 n, 239, 249, 255, 250,
258 s. 265.
GARDEIL A. 335. Pro XII 175, 179.
GEIGER L. B. 57, PLATONE e Platonici 19 n, 20 n,
GENNADIO di Marsiglia 217 n. 23 n, 26, 27 n, 29 n, 80 s., 33 n,
GILSON S. 130 s., 183. 35 n, 36 n, 38 n, 42, 44, 48, 54,
GIOBERTI V. 133. 56, 57, 58, &2, 68, 70, 75, 86,
GIOVANNI CRISOSTOMO (S.) 189, 223, 96, 100, 106, 108, 122, 128,
.240, 299. 136 n, 165, 169, 178, 231.
GIOVANNI DAMASCENO (S.) 129, 217, PREPOSITINO 257.
237, 239, 297, 299, 329, 331. PRESOCRATICI vedi Naturalisti.
GIOVANNI da s.
Tommaso 56. PRISCILLIANO e PrisciUianisti 164,
GIROLAMO (S.) 149, 189, 269 n. 171.
Glosse 158, 215 n, 269 n, 270. PROCLO 27.
GNOSTICI 165. PROCOPIO di Gaza 247.
GREGORIO Magno (S.) 27, 29, 158, PROTAGORA 62 s.
159, 193, 212 n, 243, 245 n,
275, 313. RANZOLI C. 318 S.
GREGORIO Nisseno (S.) 217 n, 223, RÉGIS L. M. 57.
299. ROLAND-GOSSELIN M. D. 61, 80,
GUGLIELMO d'Auxerre .256. 253.
366 INDICE ONOMASTICO

RosLER A. 216, 223.


ROUSSELOT P. 90.
RUFFINI E. 179, 182, 335. Nuovo Testamento.
Mat. (18, 10): 123 - (22, 30):
SACRA SCRITTURA : 299.
Luca (16, 23) : 141, 155 - (16,
25): 153 - (16, 28): 147, 157.
Vecchio Testa.mento. Giov. (1, 9) : 133 - (1, 18) : 133
- (20, 22) : 191.
Gen. (1, 26) : 189, 207, 269, 273 n Atti (17, 26) : 197.
- (1, 27): 167, 189, 215, 219, Rom. '1, 20): 37, 133 - (5, 12):
221, 299, 309 - (1, 28): 295 - 282 n - (5, 16-21) : 311 - (8,
(1, 30): 271 - (1, 31): 209 - 29; : 215 - (13, 1) : 275 Il.
(2, 7): 163, 171, 175, 189, 1a Cor. (11, 7) : 215, 221 - (11,
245, 289 - (2, 8-9) : 323 - (2, 8-9) : 217 - (13, 8) : 149 - (13,
8-15): 322 s. - (2, 10 ss.): 323 12) : 151 - (15, 45) : 191, 255 -
- (2, 15) : 331, 333 - (2, 16) : (15, 46) : 239.
289, 291 - (2, 17): 291 - (2, 2a Cor. (3, 18) : 231.
18) : 195 - (2, 18-20) : 299 - Gal. (5, 17) : 259.
(2, 18-24) : 192 (2~ 19) : 273 - Ef. (4, 23-24): 2'21 - (5, 32) : 199.
2, 20); 247 - (2, 21;: 241, 287 - Col. (1, 15) : 205 - (3, 10) : 221,
(2, 22) : 201, 299, 309 - (2, 225.
~) : 197 - (2, 24) : 195, 197 -
(3 16): 193, 279 - (3, 17 ss.): r Tim. (2, 12) : 201 - (2, 14) :
331 - (3, 20) ; 193 - (3, 22) ; 291 249.
2a Tim. (2, 5) : 265.
- (4, 1): 299 - (5, 24): 330 s. - Ap. (21, 4): 283.
(9, 2-3) : 271.
Lev. (18, 6 ss.): 197. SERGI G. 187.
Deut. (32, 4): 175 s. SOCRATE 20, 68, 100.
1° Re (28, 11 ss.): 157.
4° Re (2, 1-13) : 330 s. TEOFILO di Antiochia (S.) 247.
Giob. (3, 13): 313 - (14, 21): 157. TESTA A. 61.
Sal. (4, 6): 39 - (4, 7): 39, 215 - THIEL M. 57.
(38, 7): 215 - (48, 21): 299 -
(9i, 5) : 189 - (101, 26) : 189. UGO di S. Vittore 200, 311 s.
Prov. (3, 18) : 323 - (14, 22) : 81. VAN RIET G. 61.
Eccle. (7, 30): 185, 241, 257, 307 VARRONE 164.
- (8 6-7) : 98 n. VIRGILIO 272 s.
Sap. (9, 15) : 243, 319 - (9, 16) :
123 - (10, 2) : 283. \VÉBERT J. 4-7, 66.
Eccli. 160 n - (13, 19) : 275 -
(17, 1): 181 - (17, 5): 197 - ZACCHI A. 179, 335.
(46, 23): 159. ZAMBONI G. 8, 13, 110 s.
Is. (40, 18): 205 - (63, 16): 159. ZOSIMO (S.) 282 s.
INDICE GENERALE

P&IJ.

INTRODUZIONE 7
I. " Nihil est in intellectu, quin prius fuerit in sensu » 7
II. La plurivalenza intenzionale delle specie . 11
III. L'origine dell'uomo e i suoi problemi 13
l.' UOMO: PENSIERO E ORIGINI 14
AVVERTENZE • 15
Questione 84. - La conoscenza dell'anima unita al corpo rispetto
alle cose materiali ad essa inferiori. . 16
Articolo 1. Se l'anima conosca i corpi mediante l' intelleito . 16
Articolo 2. Se l'anima conosca gli esseri corporei mediante la pro-
pria essenza 22
Articolo 3. Se l'anima conosca tutte le cose per mezzo di idee
innate . 26
Articolo 4. Se le idee derivino nell'anima dalle torme separate . 30
Articolo 5. Se l'anima intellettiva conosca le cose materiali nelle
ragioni eterne 36
Articolo 6. Se la cognizione intellettiva derivi dalle cose sensibili 40
Articolo 7. Se l'intelletto possa avere l'intellezione attuale me-
diante le specie intelligitJili che già possiede, senza volgersi ai
fantasmi 44
Articolo 8. Se l'atto intellett.ivo del giudizio sia ostacolato dall'as-
sopimento dei sensi . 48
Questione 85. - Procedimento e sviluppi dell'intellezione . 52
Articolo 1. Se il nostro intelletto intenda le cose corporee e mate-
riali astraendole dai fantasmi 52
Articolo 2. Se le specie intelligibili astratte dai fantasmi siano l'og-
getto stesso della nostra intellezione . 60
Articolo 3. Se nella. nostra conoscenza intellettiva i primi dati
siano quelli più uni versali 66
Articolo 4. Se sia possibile conoscere molte cose simultaneamente 72
Articolo 5. Se il nostro intelletto conosca raffrontando e contrap-
ponendo [; concetti] . 76
Articolo 6. Se l'intelletto po'irn ingannarsi . 80
Articolo 7. Se uno possa intendere una ste;;sa cosa meglio di un
altro 82
Articolo 8. Se l'intelletto conosca gl' indivisibili prima delle cosii
divisibili 84
368 INDICE GENERALE

PAG.
Questione 86. - Gli aspetti uella realtà materiale conosciuti dal no-
stro intelletto 90
Articolo 1. Se il nostro intelletto conosca i singolari . . 90
Articolo 2. Se il nostro intelletto possa conoscere cose infinite 92
Articolo 3. Se l'intelletto conosca le cose contingenti . 96
Articolo 4. Se il nostro intelletto conosca le cose future . 98
Questione 81. - In che modo l'anima intellettiva conosca se stessa,
e quanto in essa si trova 104
Articolo 1. Se l'anima intellettiva conosca se stessa mediante la
propria essenza . . . 104
Articolo 2. Se il nostro intelletto conosca immediatamente nella
loro essenza gli abiti dell'anima . . 110
Articolo 3. Se l' intelletto conosca il proprio atto 112
Articolo 4. Se l'intelletto conosca l'atto della volontà 116
Questione 88. - Come l'anima conosca le cose ad essa superiori 120
Articolo 1 .. Se l'anima umana. nella "ita presente possa avere la
conoscenza immediata Llelle sostanze immateriali . . . 120
Articolo 2. Se il nostro intelletto possa raggiungere la conoscenza
delle sostanze immateriali, mediante la conoscenza delle cose
materiali 128
Articolo 3. Se Dio sia il primo oggetto conosciuto dalla mente
umana . 130
Questione 89. - La conoscenza dell'anima separata 134
Articolo 1. Se l'anima separata possa avere l'intellezione di qual·
che cosa 134
Articolo 2. Se l'anima separata conosca le sostanze separate. 140
Articolo 3. Se l'anima separata conosca tutta la realtà fisica. 142
Articolo 4. Se l'anima separata conosca i singolari . . 144
Articolo 5. Se nell'anima separata rimangano gli abiti scientifici
acquistati in vita 148
Articolo 6. Se gli atti della scienza acquistata in questo mondo ri-
mangano nell'anima separata 152
Articolo 7. Se la lontananza impedisca la cognizione dell'anima
separata 154
Articolo 8. Se le anime separate conoscano gli avvenimenti di que-
sto mondo . 156
Questione 90. - Creazione dell'uomo: creazione dell'anima 162
Articolo 1. Se l'anima sia stata prodotta, o se faccia parte della
sostanza stessa di Dio 162
Articolo 2. Se l'anima sia venuta all'esistenza per creazione . 166
Articolo 3. Se l'anima intellettha sia prodotta immediatamente
da Dio . . 168
Articolo 4. Se l'anima umana sia stata creata prima del corpo 170
Questione !H. - L'origine del corpo del primo uomo 174
Articolo 1. Se il eorpo del primo uomo sia stato formato col fango
della terra . 174
Articolo 2. Se il corpo umano sia stato prodotto immediatamente
~D~. m
INDICE GENERALE
l'AQ,
Articolo 3. Se al corpo dell'uomo sia stata data una dl1po1l1lone
conveniente . . . . . • • • , , • 182
Articolo 4. Se nella Scrittura sia descritta convenlentement.e la
produzione del corpo umano . 188
Questione n. - L'origine della donna 192
Articolo 1. Se c'era bisogno di produrre la donna nella prima co-
stituzione del mondo . . 192
Articolo 2. Se era bene che la donna fosse tratta dall'uomo . . 196
Articolo 3. Se era conveniente c:he la donna fosse formata dalla
costola dell'uomo . . . 198
Articolo 4. Se la donna fu formata immediatamente da Dio . 200
Questione 93. - Fine e coronamento della creazione dell'uomo . 204
Articolo 1. Se vi sia nell'uomo limmagine di Dio . 204
Articolo 2. Se limmagine di Dio si trovi anche nelle creature ir-
ragionevoli . . 208
Articolo 3. Se l'angelo più dell'uomo sia a immagine di Dio . 210
Articolo 4. Se limmagine di Dio si trovi in ogni singolo uomo . 214
Arti.colo 5. Se nell'uomo vi sia I' immagine di Dio secondo la tri-
nità delle Persone 216
Articolo 6. Se l'immagine di Dio si trovi nell'uomo soltanto in
rapporto all'anima intellettiva . 220
Articolo 7. Se limmagine di Dio nell'anima si fondi sugli atti . 226
Articoio 8. Se limmagine della Trinità divina si trovi nell'anima
solo in rapporto a quell'oggetto che è Dio. 230
Articolo 9. Se sia conveniente distinguere la somiglianza dall' im·
magine. 234

Questione 94. - Stato e condizione del primo uomo quanto all' in-
telletto . 238
Articolo 1. Se il primo uomo allbia visto l'essenza di Dio 238
Articolo 2. Se Adamo nello stato di innocenza vedeva le essenze
angeliche . . 242
Articolo 3. Se il primo uomo possedesse la conoscenza di tutte le
cose . . . . . . 246
Articolo 4. Se l'uomo nello stato primitivo poteva essere ingan-
nato 248

Questione 95. - Cose concernenti la volontà del primo uomo, cioè la


grazia e l'innocenza 254
Articolo 1. Se il primo uomo sia stato creato in grazia . 254
Articolo 2. Se nel primo uomo vi erano le passioni dell'anima 258
Articolo 3. Se Adamo fosse dotato di tutte le virtù . 260
Articolo 4. Se le opere del primo uomo avessero minore efficacia
di meritare che le nostre 264
Que.~tione96. - Il dominio dell'uomo nello stato di innocenza . 268
Articolo 1. Se Adamo nello stato di innocenza aveva il dominio
sugli animali . 268
Articolo 2. Se l'uomo aveva un dominio su tutte le altre creature 272
Articolo 3. Se gli uomini nello stato di innocenza sarebbero stati
tutti uguali . 274
370 INDICE GENERALE
l'AG.
Articolo 4. Se nello stato di innocenza l'uomo avrebbe avuto un
dominio sugli altri uomini . 276

Questione 91. - La conservazione dell'individuo nello stato primi-


tivo dell'uomo 282
Articolo 1. Se .l'uomo ne!l.o stato di innocenza era immortale 28?.
Articolo 2. Se l'uomo nello stato di innocenza era passibile . 284
Articolo 3. Se l'uomo nello stato di innocenza aveva bisogno di
cibo . . . 286
Articolo 4. Se l'uomo nello stato di innocenza avrebbe conseguito
l' immortalità mediante l'albero della vita 290
Questione 98. - A proposito della conservazione della specie . 294
Articolo f. Se nello i:.tato di innocenza vi sarebbe stata la genera-
zione 294
Articolo 2. Se nello stato di innocenza la generazione sarebbe av-
venuta mediante il coito . 296

Questione 99. - Le condizioni fisiche della prole che sarebbe stata


generata 304
Articolo 1. Se nello stato di innocenza i bambini appena nati
avrebbero avuto perfetta vigoria nell'uso delle membra 304
Articolo 2. Se nello stato primitivo sarebbero nate anche le donne 306
Questione 100. - Condizioni morali della prole 310
Articolo 1. Se gli uomini sarebbero nati in staio di giustizia [ori-
gina! e] . 310
Articolo 2. Se nello stato di innocenza i bambini sarebbero nati
confermati nella giustizia 312
Questione 101. - Condizioni della prole rispetto alla scienza 316
Articolo 1. Se nello stato di innocenza i bambini sarebbero nati
perfetti nel sap3re 316
Articolo 2. Se appena nati i bambini avrebbero avuto il perfetto
uso di ragione . 318
Questione 102. - Il paradiso terrestre, dimora dell'uomo 322
Articolo 1. Se il Paradiso sia un luogo naturale 322
Articolo 2. Se il Paradiso fosse un luogo adatto come dimora del-
l'uomo . . 326
Articolo 3. Se l'uomo fu posto nel Paradiso terresire per lavorarlo
e custodirlo 330
Articolo 4. Se l'uomo fu creato nel Paradiso terrestre 332
NOTA BIBLIOGRAFICA 335
ABBREVIAZIONI 337
INDICE DOTTRINALE. 341
INDICE ONOMASTICO 36.'l

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