TOMMASO D'AQUINO
LA SOMMA
TEOLOGICA
TRADUZIONE E COMMENTO
A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI
TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA
VI
L'UOMO: b) PENSIERO
E ORIGINI
(J, qq. 84-102)
tliJ]
L.ABOR
NON
Cl.AMOR
Imprimi potest
Fr. Laurentius lV{ori O. P.
Prior Provincialis S. Marci et Sardioiae
Florentiae die XXJII Aprilis MCMLV
IMPRIMATUR
Paesulis die XXVIII Mai MCMLV
t Antonius Bagnoli Episc.
I
« Nihil est in intellectu, quin prius fuerit in sensu ».
8 '';.~:.::.:~·~~'4y~. ';'.:t.•~
contrapPorre al criticismo dei moderni, facendo leva sulle prin-
. clpall evidenze di ordine soggettivo, si scandalizzano subito
nel constatare che l'Aquinate, prima ancora di trattare della
conoscenza che l'intelletto può avere di se stesso, si ferma ad
analizzare la conoscenza intellettiva delle cose sensibili. Lo
scandalo sta in questo: si pensa e si scrive che S. Tommaso
ha dato al problema gnoseologico un'impostazione metafisica
(cfr. ZAMBONI G., La gnoseologia di S. Tommaso d'Aquino,
Verona, 1934, p. 6).
Lo scandalo cresce a dismisura quando si constata il suo
attaccamento al principio aristotelico : « Nihil est in intellectu,
quin prius fuerit in sensu,,; «non c'è conoscenza intellettiva
che non sia passata attraverso i sensi».
Cominciamo subito a rilevare che non è possibile confondere
il realismo moderato di S. Tommaso col sensismo ; il quale
dà al suddetto principio un valore ben diverso. Il Dottore An-
gelico è così persuaso della spiritualità dell'anima e della in-
telligenza, da sentire il bisogno di giustificare la possibilità
stessa di una conoscenza intellettiva della realtà sensibile e
materiale. L'argomento che lo costringe a ritenere come unica
fonte del pensiero immediato gli oggetti esterni apportati dai
sensi, è la constatazione dello stato di potenzialità radicale in
cui si trova la nostra intelligenza (q. 87, a. 1).
E non si tratta di semplice impostazione metafisica del pro-
blema (atto-potenza), si tratta di una costatazione, di cui
tutti possiamo fare in ogni istantB l'esperienza.
3 - I sensi tuttavia non possono agire direttamente sull' in-
telletto; poichè i dati in~ellettivi non sono formalmente i dati
della sensibilità. Infatti le nostre idee ali' indagine razionale
risultano universali e immateriali. Che cosa dobbiamo con-
cluderne? Siamo costretti a pensare che, oltre alla ben nota fa-
coltà potenziale, la nostra anima deve possedere una facoltà
attiva, capace di trasformare le immagini sensoriali, in altret-
tanti concetti. A meno che non si voglia ricorrere, con S. Ago-
stino, a una illuminazione diretta da parte della divinità, pri-
vando ia creatura dell'autosufficienza in una funzione che
formalmente le appartiene.
Ma è proprio vero che «non c'è conoscenza intellettiva che
non sia passata attraverso i sensi,,? Una volta compreso il
processo di astrazione, non ci sono difficoltà a dedurne che
tutte le nostre conoscenze dirette e immediate passano dalla
porta dei sensi. Iia cosa è ben diversa se parliamo della co-
noscenza riffossa, o logicamente mediata. Infatti, attraverso la
riflessione noi possiamo conoscere, tra l'altro, il soggetto pen-
sante, che naturalmente non può passare attraverso i sensi ;
e merliante il raziocinio possiamo risalire dalle cause seconde
fino a Dio.
INTRODUZIONE 9
II
La plurivalenza intenzionale delle specie.
III
L'origine dell'uomo e i suoi problemi.
1) essenza
~V. v. 1) riguardo la)
mezzo cono-
l 1~)
volume alle nature scitivo (q.8').
2) potenze inferiori: b) procedimen-
l ~
1) nello stato to ( 85)
l
appetitiva. (Vedi Seconda Parte dell'opera)
1) rispetto al-
A) La creazi,one l'anima (q. 90).
L'UOMO stessa dell no- ) d li' { 91)
mo·· ~ a e uomo q. .
2) r i s p e t t o al
corpo ci
B) T ermme. b) della donna (q. ()_).
eco-
ronamento di
essu. (l{. ~)3).
II) Origine:
,
CJ ~tato e cond~-
· 11) qua n t a I- ~
l'anima
0 rispettivamente ali' intelletto {q. 94).
a)
1) grazia e innocenza (q. 95).
z10ne del pn- b) rispettivamente alla volontà l 2) d · · {q. 96) .
mo uomo: t omm10
:21 quanto a I ~ a) per la conservazione dell'individuo (q. 97).
corpo .
DJ Suo luogo e b) per q u e 11.a \ 1l generaz10ne (q. 98).
dimora(q. HY'2). della specie 2) condizione ~ I) quanto al corpo (q. 99).
· della prole Il) quanto all'innocenza (q. 100).
III) quanto alla scienza (q. 101).
AVVERTENZE
ARTICOLO 1
Se l'anima conosca i corpi mediante lintelletto.
SEMBRA che l'anima non conosca i corpi mediante I' 1ntelletto. In-
fatti:
1. Dice S. Agostino: "I corpi uon possono essere percepiti dall' in-
Prtmq Parte, ma anche Ie 114 questioni della I-li e le 189 della li-Il. Evidente-
mente gli autori medioevali non era.no così persi in Dio, da trascurare l'uomo.
Alnu:no al Dottore Angelico h!sogna attribuire un « umanesimo ., Incontestabile.
QUAESTIO 84
Quomodo anima coniuncta intelligat corporalia,
quae sunt infra ipsam
tn octo articulos dtvtsa.
ARTICULUS 1
Utrum anima cognoscat corpora per intellectum.
De Vertt., q. 10, a. 4.
An PRilltuM src PROCFDITun. Videtur quod anima non cognoscat cor-
pora per intellectum. Dicit enim Augustinus, in 2 Soliloq. [c. 4] quod
., corpora intellectu comprehendi non possrn1t; nec aliquod corpo-
telletto; e una realtà corporea non può essere veduta che dai sensi"·
E altrove afferma che la visione intellettuale riguarda oggetti tali,
che per loro natura si trovano nell'anima. Ma questo non avviene
per i corpi. Quindi l'anima non può conoscere i corpi con l' intel-
ligenza.
2. Come sta il senso agli oggetti intelligibili, così sta l'intelletto a
quelli sensibili. Ora l'anima non può in nessun modo conoscere con
i sensi le cose spirituali, che sono intelligibili. Perciò non pv.trà as-
solutamente conoscere con l'intelletto i corpi, che sono cose sensi-
bili.
3. L' intelletto ha per oggetto entità necessarie e invariabili. Invece
i corpi sono tutti mobili e variabili. Dunque l'anima non può cono-
scere i corpi medi.ante l' intelletto.
IN CONTRARIO: La scienza risiede nell'intelletto. Ora, se questa fa-
coltà non conoscesse i corpi, verrebbe negata ogni scienza dei oorpi.
E perirebbero così le scienze naturali, che si occupano dei corpi sog-
getti a mutamento.
RISPONDO: A chiarimento del problema bisogna ricordare che i
primi filosofi, 1 i quali indagarono la natura delle cose, ritenevano
che nel mondo esistessero soltanto i corpi. E poichè vedevano che
tutti i corpi sono sottoposti a mutamento, immaginando che tutte le
cose fossero in continuo mutamento, pensarono che a noi non fosse
possibile avere una qualsiasi certezza sulla verità delle cose. Infatti
non si può conoscere con certezza quello che è in continuo divenire,
perchè si dissolve prilna di essere giudicato dalla mente. In tal senso
Eraclito 2 diceva, come riferisce Aristotele: "non è possibile toccare
due volte la stessa acqua di un fiume che scorre n.
Venne in seguito Platone il quale, per salvare la certezza della
nostra conoscenza intellettiva, ammise, al di fuori di queste cose cor-
poree, un altro genere di e.nti, svincolati dalla materia e dal moto,
che e.gli chiamò specie o idee, partecipando le quali ogni essere con-
creto, singolare e sensibile, acquista la denominazione di uomo, di
cavallo, o di altra cosa del genero. E per questo Platone riteneva
che le scienze, le definizioni e tutto quello che appartiene alle ope-
razioni intellettive, non si riferirebbero ai corpi sensibili, ma a quelle
entità immateriali e separate. L'anima quindi non conosceroobe in-
tellettualmente i concreti es.seri corporei, ma le loro specie separate. 3
Tutta questa teoria si dimostra chiaramente falsa per due motivi.
Primo, perchè si verrebbe ad escludere dalle scienze, sia la cogni-
zione del moto e della materia (cose che formano l'oggetto delle
scienze naturali), sia le dimostrazioni che partono dalla cauisa mo-
trice e da quella materiale; poicthè dette 'specie sono immobili e fan-
materiali. - Se,condo, perchè è ridicolo che per conoscere cose di cui
possiamo avere l'evidenza, mettiamo in campo altre entità, le quali
non possono costituire le loro essenze, avendo un altro modo di es-
sere. Cosicchè, anche conoscendo tali sostanze separate, non po-
tremmo emettere logicament.e dei giudizi sulla realtà sensibile.
reum nisi sensibus videri potest ». Dicit et.iam, 12 Super Gen. a.d litt.
le. 21], quod visi-0 intellect.ualis est eorum quae sunt per essentiam
suam in ani.ma. Huiusm-0di autem non sunt corpora. Ergo anima
per intellectum corpora cognoscere non potest.
2. PRAETEREA, sicut se habet sensus ad intelligibilia, ita se habet
intellectus ad sensibilia. Sed anima per sensum nullo modo potest
cognoscere spiritualia, quae sunt intelligibilia. Ergo nullo modo per
intellectum potest cognoscere corpora, quae sunt sensibilia.
3. PRAETEREA, intellectus est necessariorum et semper e,odem modo
se habentium. Sed corpora omnia sunt mobilia, et non eodem modo
se habentia. Anima ergo per intellectlliill corpora cognoscere non
potesi.
SEo CONTRA EST quod scientia est in intellcctu. Si ergo intellectus
non cognoscit corpora, sequitur quod nulla scientia sit de corpo-
ribus. Et sic peribit scientia naturalis, quae est de corpore mobili.
RESPONDEO DICENDUM, ad evidentiam huius quaestionis, quod primi
philosophi qui de naturis rerum inquisiverunt, piutaverunt nihil esse
in munda praeter corpus. Et quia videbant omnia corpora mobilia
esse, et putabant ea in continuo ftuxu esse, aestimaverunt quod nulla
ccrtitudo de rerum veritate haberi posset a nobis. Quod enim est
in continuo fiuxu, per ccrtitudinem apprehendi ncm potest, quia
prius labitur quam mente diiudicetur: sicut Heraclitus dixit quod
"non est possibile aquam ftuvii currentis bis tangere'" ut recitat
Philosophus in 4 Metaphys. [c. 5; lect. 12].
His autem superveniens Plato, ut posset salvare certam cognitio-
nem veritatis a nobis per intellectum haberi, posuit (cfr. Phaedonis,
c. 49; Timaeo, c. 5] praetcr ista corporalia aliud genus entium a ma-
teria et motu separatum, quod nominabat species sive ideas, per
quarum participationem unumquodque istorum singularium et sen-
sibilium dicitur vel homo vel equus vel aliquid huiusmodi. Sic ergo
dicebat scientias et defìnitiones et quidquid ad actum intellectus per-
tinet, non referri ad ista corpora sensibilia, sed ad illa immaterialia
et separata; ut sic anima non intelliga.t ista corporalia, sed intelligat
horum corporalium species separatas.
Sed hoc dupliciier apparct falsum. Primo qnidem quia, cum illae
species sint imrnateriales et immobiles, excluderetur a scientiis oo-
gnitio motus et materiac (quod est proprium scientiae naturalis),
r't demonstratio per causas moventes et materiales. - Secundo au-
tem, quia derisibile videtur ut, dum rerum quae nobis manifestae
sunt notitiarn quaerimus, aUa entia in medium afferamus, quae non
possunt esse earum substantiae, cum ab eis differant secundum
esse: et sic, illis substantiis separatis cognitis, non propter hoc de
istis sensibilibus indicare possemus.
1 Sono I Presocratici, che sono passati alla storia col nome di "naturalisti »,
attribuito loro da Aristot!lle. - S. Tommaso comincia a trattare delle origini della
rnnos~nza intE>IJettiva, scartando Il si:nsismo. Una vera confutaziomi qui sembra
superfiua, perchè il sensismo ha contro di sè l'universalità e l' immaterialità dei
(lati intelligibili, poste così bene in evidenza daJl' idealismo platonico.
• Eracltto di Efeso, uno dei più grandi filosofi ionici vissuto intorno alla µietà
del secolo V avanti Cristo, fu il primo teorico del dinamismo radicale, in anti-
tt•si con l'ontologismo di Parmenide, suo contemporaneo.
3 S. Tommaso deve tutte queste notizie, e In parte le stesse confutazioni, ad
Aristotele. Cfr. f De Anima, c. 2.
20 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 1
Sembra che Platone abbia in questo deviato dalla verità, pe.rchè
riteneva che la forma dell'oggetto conosciuto dovesse trovarsi nel
conoscente e nell'oggetto allo stC6SO modo, partendo dal presupposto
che qualsiasi cognizione avviene mediante una somiglianza [tra
oggetto e soggetto]. 1 Considerando poi che la forma della cosa cono-
sciuta si trova nell'intelletto in maniera universale, immateriale e
immobile, come risulta (per il principio che la natura dell'opera-
zione è conforme alla natura dell'agente) dall'operazione stessa del-
1' intelletto, il quale intende mediante gli universali e in un modo
che è caratterizzato da una certa necessità, giunse alla conclusione
che le cose conosciute debbano così sussi.st.ere in se medesime, cioè
in maniera immateriale e immobile.
Ora, queste induzioni non sono concludenti. Vediamo infatti che an-
che nella realtà sensibile la stessa forma si trova diversamente nei
vari soggetti. La bianchezza, p. es., in uno è più intensa, nell'altro
è più debole; in un soggetto è congiunta con la dolcezza, nell'altro
i! separata. E così, in modo analogo, la forma sensibile ha un diverso
modo di essere nelle cose che son fuori dell'anima e nei sensi, i quali
ricevono senza materia le forme delle cose sensibili, il colore del-
l'oro, p, e.s., senza l'oro. Allo stesso modo anche l'intelletto riceve
immaterialmente e immobilmente, in conformità appunto del suo
modo di essere, le specie intenzionali dei corpi, che sono materiali
e soggetti al moto. Infatti la cosa ricevuta si trova nel soggetto rice-
vente conforme alla natura del ricevente. 2 - Dobbiamo dunque con-
cludere che l'anima, mediante l'intelletto, conosce i corpi oon una
conoscenza immateriale, universale e necessaria.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le parole di s. Agostino vanno ri-
ferite ai mezzi di cui si serve l'intelletto per conoscere, e non agli
oggetti che conosce. L'anima conosce intellettualmente i corpi non
mediante oorpi, o immagini materiali e corporee; ma mediante im-
magini immateriali. e intellettuali, .che per la loro natura possono tro-
varsi nell'anima.
2. Al dire di S. Agostino, non è giusto affermare che, come i sensi
conoscono soltanto le cose corpore·e·, così l' intelletto conosce solo
quelle spirituali: ne verrebbe che Dio e gli angeli non conoscono
le coHe materiali. La ragione della diversità sta nel fatto, che una
potenza infe·riore non S'i estende al campo proprio di una facoltà
superiore; ma una facoltà superiore può svo.lgere in modo più emi-
nente le funzioni delle potenze inferiori.
3. Ogni moto presuppone qualche cosa d' immo.bile: infatti quando
avviene una mutazione di qualità, rima.ne immutata la sostanza; e
quando cambia la forma sostanziale rimane immutata la materia.
Ma anche nelle cose soggette a mutazione troviamo dei rapporti
immutabili: p. es., sebbene Socrate non stia sempre seduto, pure
è immutabilmente vero che quando egli siede rimane in un dato
luogo. Niente quindi impedisce che si abbia una .scienza immuta-
bile intorno a cose soggette alla mutazione.
'! - VI
22 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 2
ARTICOLO 2
Se l'anima conosca gli esseri corporei mediante la propria essenza. 1
ARTICULUS 2
Utrum anima per essentiam suam corporalia intelligat.
I Sent., d. 3, p. 2, q. 2, a. 1 ; 3, d. 14, a. 1, qc. 2; f Cont. Gent., c. 08 ;
De Verti., q. 8, a. 8.
taftsico di un atr.o, il quale mette una creatura in r·apporto con l' inflnit.a varietà
tielle cose.
~ Lo schema ingenuo dei Presocratici non fu superato integralmente da Pla-
t.one. Que&ti Infatti ebbe soltanto il meI"ito, per altro grandissimo, di aver capito
la natura immateriale deill'atto intellettivo, e quindi dell" intellett.o umano; ma
rimare fermo al principio: il fatto conoscitivo è dovuto all'afflnità radicale e so-
stanziale tra oggett.o e soggetto. Perciò ali' intelletto umano. di cui aveva r1cono-
sr.luto I' immaterialità, Platone si affrettò ad offrire un mondo di idee archetlpe
lmmateriall.
24 LA SOMMA TEOLOGlCA, I, q. 84, a. 2
ARTICOLO 3
Se l'anima conosca tutte le cose per mezzo di idee innate. 1
SEMBRA che l'anima intenda tutte le cose per mezzo di idee innate.
Infatti:
1. Dice S. Gregorio che "l'uomo ha in comune con gli angeli l' in-
telligenza». Ora, gli angeli intendono tutte le cose mediante idee in
essi innate: difatti nel Liber De Causis si legge che "ogni intelli-
genza è piena di forme [intelligibili]"· 2 Dunque l'anima possiede
delle idee innate, con le quali conosce gli esseri corporei.
2. L'anima intellettiva è più nobile della materia prima. Ora, que-
st'ultima è stata creata da Dio sotto quelle forme alle qua.li pur.:i
è in potenza. A maggior ragione dunque è stata creata da Dio ri-
vestita di specie intelligibili l'anima umana. E in tal modo avremo
che l'anima oonosoe le cose materiali, servendosi di specie innate.
3. Nessuno può dare una risposta vera su ciò che non conosce. Ora,
anche un uomo ignorante, privo di scienza a.cquisit.a, risponde con
verità alle singole domande, purchè venga interrogato con metodo,
come narra Platone nel Menane. Perciò un uomo possiede la cono-
scenza delle cose prima d'acquistarne la scienza: cosa impossibile,
ARTICULUS 3
Utrum anima intclligat omnia per species sibi naturaliter inditas.
~ Coni. Gent., c. 83; De l'erit., q. JO, a. 6; q. 11, a. 1; q. 18, a. 7; Q. 19, a. 1;
De A'fltma, a. !G.
"vldemus »), che una qualsiasi induzione non potrebbe infirmare, senza pregiu-
dicare se stessa. Appunto perchè ogni altra cognizione è costretta a misurarsi
sulle prime evidenze della nostra attività conoscitiva.
3 L'Autore non ha creduto opportuno presentare questo motivo e-0me distinw dal
due argomenti già classici dell"aristotelismo contro la teGrla platonica. Esso però
approfondisce la questione sul piano metafisico, assicurando per sempre le basi
della teoria tomistica della conoscenza.
30 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 3-4
ARTICOLO 4
Se le idee derivino nell'anima dalle forme separate. •
1 La grande prova, tentata da Platone a sostegno della sua teoria, cade cosi
lrrepa.ra.bilmente. Se vogliamo, gli elementi IJ-0.'Sitivi di e.563. verranno rielaborati
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 31
formam, sed est in potentia ad formas quas non habet: materia au-
tem caelestium corporum est totaliter completa per formam, ita quod
non est in potentia ad aliam formam, ut supra [q. 66, a. 2] habitum
est. Et similiter intellectus amgeli est perfectus per species intelli-
gibiles secundum suam naturam: intellectus autem humanus est in
potentia ad huiusmodi specie·S.
AD SECUNDUM DICEC\DUM quod mate1ia prima habet esse substan-
tiale per formam, et ideo oportuit quod crearetur sub aliqua forma:
alioquin non esset in actu. Sub una tamen forma existens, est in
potentia ad alias. Intellectus autem non habet esse substantiale per
speciem intelligibilem ; et ideo non est simile.
AD TERTIUM DICENDUM quod ordinata interrogatio procedit ex prin-
cipiis communibus per se notis, ad propria. Per talem autem proces-
sum scientia causatur in anima addiscentis. Unde cum verum re-
spondet de his de quibus secundo interrogatur, hoc non est quia
prius ea noverit; sed quia tunc ea de novo addiscit. Nihil enim
refert utrum ille qui docet, proponendo vel interrogando prrocedat
de principiis communibus ad conclusiones: utrobique enim animus
audieIJtis certificatur de posterioribus per priora.
ARTICULUS 4
Utrum species intelligibiles eflluant in animam
ab aliquibus formis separatis.
De Verit., q. 10, a. 6; q. 11, a. 1; De Anima, a. 15.
mento della questione. - Sul pi.ano metafisico la teoria platonica e le sue deriva-
zioni non giustificano l'unione dell'anima col suo corpo; sul piano pslcolor;ico ha
11 grave inconveniente di urtare contro l'esperienza. S. Tommaso aceenna a que-
st'ultimo prima di chiudere La risposta magistrale, contro la teoria di Avicenna.
i Ai vari sistemi antichi di innatismo bi.SOgnerebbe aggiungere quello persona-
lissimo d'i Antonio Rosmlni, cne cercò Invano di non mettersi in opposizione col
pensiero di S. Tommaso. Egli credette di poter ravvisare l'innatismo dell'" idea
dell'~Nl" nell' intel'.etto agente, oppure nella scienza abituale dei primi prin-
cip!L Ma la dottrina di questo articolo basta da sola a confutare l'affermazione
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 35
~eguente del Rosminl: "Rimane che l'idea dell'es.sere sia innata nell'anima no-
stra; slcchè noi nasciamo colla presenza e colla visione dell'essere possibile, seb-
bene non cl badiamo che assai tardi., (Nuovo Saggio sull'origine delle tdee, Roma,
1!1:J4, II, n. 468, p. 49 s. nota).
2 L'intelletto separato a cui si accenna, causa remota della nostra intellezione,
non è una clelle sostanze separate escogitate dal neoplatonici, ma è Dio stesso
(cCr. /, q. 79, a. 4).
36 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 5
ARTICOLO 5
Se l'anima intellettiva conosca le cose materiali nelle ragioni eterne. 1
ARTICULUS 5
Utrum anima intellectiva cognoscat res materiales
in rationibus aeternis.
Supra, q. 12, a. 2, ad 3; De 'Vclit., q. 8, a. 7, ad 13; q. 10, a. 6, ad fl; a. 8.
vino. E questa sua concezione era ormai universalmente accettata dai filosofi e dai
teologi cristiani. L'Aquinate nell'articolo prende posizione di fronte alla geniale
lntuizione agostiniana, integrandola nel proprio sistema.
3 - VI
38 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 5
separate da esse e senza la materia, come volevano i platonici; i
quali, come riferisce Dionigi, sostenevano che « la vita per se stessa'"
o la «sapienza per se stessa», sono sostanze creatrici.' Perciò S. Ag<J•
stino, invece delle idee platoniche, ammise che nella mente divina
esistono le 11agioni di ogni cosa creata, e che in forza di tali ragioni
1111tti gli esseri ricevono la lOll'o forma, e l'anima nostra conosce tutte
le cose.
Perciò quando si domanda se l'anima umana conosca tutto nelle
ragioni eterne, bisogna ricordare che due sono i sensi in cui si dice
che una cosa è conosciuta in un'altra. Primo, come inclusa in un
oggetto conosciuto; nel modo cioè in cui chi guarda uno specchio
vede in e$O le cose che vi si specchiano. In tal senso l'anima, nello
stato della vita presente, non può vedere le cose nelle ragioni eterne ;
ma questo è il modo in cui sono conosciute tilltte le cose nelle ragioni
eterne dai beati, i quali vedono Dio, e in lui tutte le cose. - Secondo,
si può dire che una cosa è conoseiuta in un'altra in quanto quest'ul-
tima ne è il principio di conoscenza; come se si dicesse che si vede nel
sole quanto si vede per mezzo del sole. In tal senso bisogna dire che
l'anima conosce tutto nelle ragioni eterne, poichè in forza della loro
partecipazione wnosciamo tutte le cose. Infatti la stessa luce intel-
lettuale che è in noi non è altro che un'immagine partecipata. della
luce increata, in cui sono contenute le ragioni eterne. Perciò nei
Salmi si legge: «Molti dicono: chi ci farà vedere il hene? » ; alla
quale domanda così risponde il Salmista: u Qual sigillo è impressa
su noi la luce del tuo volto, o Signore "· Quasi per dire: Tutte le
cose ci sono mostrate mediante il sigillo della luce divina che è
in noi.
Ma siccome per poter avere la cognizione delle cose materiali, ol-
tre la luce intellettuale che è in noi, sono richieste anche le specie
intellettive ricevute dalle cose, non abbiamo la conoscenza delle cose
materiali mediante la sola partecipazione delle ragioni eterne, come
volevano i platonici, i quali pensavano che la sola partecipazione
delle idee bastasse alla conoscenza. Dice in proposito S. Agostino:
" Che forse i filosofi, i quali insegnano con argomenti sicurissimi che
tutte le cose temporali sono fatte secondo le ragioni eterne, hanno
potuto scorgere in queste medesime ragioni, oppure desumere da
esse, quanti siano i generi di animali e quali i semi dei singoli es-
seri? Non raggiunsero forse tali nozioni attraverso l'indagine dei
luoghi e dci tempi?».
Che poi S. Agostino, ne.Jl'affermare che tutte le cose sono cono-
sciute «nelle ragioni eterne>>, o "nella verità incommutabile n, non
ahbia inteso sostenere che queste ragioni sono conosciute diretta-
mente, risulta da quanto scrive egli stesso nel Iihro Octoginta triurn.
quaestionum: "Non ogni anima ragionevole, ma solo quella che è
stata santa e pura'" come è l'anima dei heati, "è idonea a quella
visione >>, cioè alla visione mediante le ragioni eterne. 2
E così sono evidenti le risposte da dare alle difficoltà.
vita e le altre perfezioni simpUctter stmpllces .... fuori di Dio. Se.:onclo, perchè que-
ste forme venivano considerate come creatrici: mentre la creazione spetta unica-
mente a Dio " (in h. a.).
• Con ciò l'Autore non pretende di attribuire senz'altro a S. Agostino la teoria
aristotelica: egli sa di trattare con un platonico. Vuole soltanto sottolineare quel
testi dai quali risulta che il grande Vescovo atTricano ha sentito le lnsufllcienzo
di una teoria, al cui motivi abitualmente si Ispirava, ma di cui non si rose ma.f
schiavo.
40 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 6
ARTICOLO 6
Se la cognizione intellettiva derivi dalle cose sensibili. 1
ARTICULUS 6
Utrum intellectiva cognitio accipiatur a rebus sensibilibus.
De Verit., q. 10, :t. 6; q. 19, a. 1; De Antma, a. 15; Quodlib. 8, q. 2, a. 1;
Compenà. Tneol., cc. 81 es.
' Il Dottore Angelico non sente il bisogno di dichiararsi per quest'ultima spie-
gazione, tanto gli appariva logica e naturale. Se vogliamo, essa presenta una
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 43
Plato vero e contrario posuit intenectum dìfferre a sensu; et in-
tellectum quidem esse virtutem immaterialem organo corporeo non
utentem in suo actu. Et quia incorporeum non potest immutari a cor-
poreo, posuit quod cognitio intellectualis non fit per immutationem
intellectus a sensibilibus, sed per participationem formarum intelli-
gibilium separatarum, ut dictum est [aa. 4, 5]. Sensum et.iam posuit
virtutem quandam per se operantem. Und-0 nec ipse sensus, curn sit
quaedam vis spiritualis, immutatur a sensibilibus: sed organa sen-
suum a sensibilibus immutantur, ex qua immutatione anima quod-
ammodo excitatur ut in se species sensibilium formet. Et hanc opi-
nionem tange.re videtur Augustinus, 12 Super Gen. ad litt. [c. 24],
ubi dici.t quod "corpus non sentit, sed anima per corpus, quo velut
nuntio utitur ad formandum in seipsa quod extrjnsecus nuntiatur "·
Sic igitur secundum Platonis opinionem, neque intellectualis cogni-
tio a sensibili procedit, neque etiarn sensiliilis totaliter a sensibilibus
rebus ; sed sensibilia excitant animam sensibilem ad sentiendum, et
sìmiliter sensus excitant animam intellectivam ad .intelligendum.
Aristoteles autem media via processit. Posuit enim [3 De Anima,
c. 3, lect. 4] cum Platone intellectum differre a scnsu. Sed sensum
posuit propriam operationem non habere sine communicatione oor-
poris; ita quod sentire non sit actus animae tantum, sed coniuncti.
Et similiter posuit de omnibus operatiornibus sensitivae partis. Quia
igìtur non est inconveniens quod sensibilia quae sunt extra animam,
rausent aliquiid in coniunctum, in hoc Aristoteles cum Democrito
concordavit, quod operationes sensitivae partis causentur per im-
pressionem sensibilium in sensum: non per modum deftuxionis, ut
Democritus posuit, sed per quandam operationem. Nam et Democri-
tus omnem actionem fieri posuit per inftuxionem atomorum, ut patet
in 1 De Generat. [c. 8, lect. 21). - Intellectum vero posuit Aristoteles
[3 De Anima, c. 4, lect. 7] habere operationem absque communica-
ti<me corporis. Nihil autem corporeum imp:rimere potest in rem in-
corpoream. Et ideo ad causandam_ intellectualem operationem, se-
cundum Aristotelem, non sufficit sola impressio sensibilium corpo-
rum, sed requiritur aliquid nobilius, quia "agens est honorabilius
patiente >>, ut ipse dicit [ibid., c. 5, lect. 10]. Non tamen ita quod
intellectualis operatio causetur in nobis ex so.Ja impressione aliqua-
rwn rerum superiorum, ut Plato posuit: sed illud superius et nobi-
lius agens quod vocat inteHectum agentem, de quo iam supra [q. 79,
aa. 3, 4] diximus, facit phantasmata a sensibus accepta intelligibilia
in actu, per modum abstra.ctionis cuiusdam.
Secundum hoc ergo, ex parte phantasmatum intellectualis opera-
tio a sensu caus-atur. Scd quia phantasmata non sufficiunt immu-
tare inte!lectum possibilern, sed oportet quod fiant intelligibilia actu
per intellectum agentem ; non potest dici quod sensibilis cognitio sit
tota!is et perfecta causa intellectualis cognitionis, sed magis quod-
ammodo est materia causa.e.
complessità, che potrebbe sembrare, n prima vist.a, una serie di complicazioni:
due generi di potenze oonoscltive, le une sensitive le altre int.ellettive; sdoppia-
mento dell" int1'lletto in due facoltà di;tinte; dipendenrn oggettiva e non formale
del!' int.el!ett-0 dai sensi in tutta la sua attività di percezione e di riflessione. Tutto
questo indispone facilmente dei c.ritici fret.tolosi, i quali hanno il torto di non
ricordare che questa complessità di elementi è stata imposta dall'insufficienza
delle altre spiegazioni. Il sensismo e l'idealismo sono spiegazioni unilaterali fa-
cilmente criticabili. L'aristotelismo n-0n si è fermato a critLcare.
44 LA SOMMA TEOLOG~ 1, «I· 8', aa. 6-7
SOLUZIONE DELLE DlmCOLTl: 1. s.
Aioetlno con quelle parole vuol
far capire che la verità non dobbiamo a&~ttarla totalmente dai
sensi. E difatti s1 richiede il lume del!' intelletto agente per cono-
scere I' Immutabile verità nelle cose mutevoli, e per distinguere la
realtà delle cose dalle immagini di esse.
2. In quel passo S. Agostino non parla della cognizione intellet-
tiva, ma di quella immaginaria. Poichè infatti, se1:'.ondo la teCYI'ia
platonica, I' immaginativa ha un'operazkme che appartiene alla sola
anima, S. Agostino, per dimostrare che i corpi non imprimono le
Joro immagini su quella facoltà, e che è l'anima stessa a far questo,
usò lo stesso argomento che usa Aristotele per provare che l' intel-
letto agente è un'entità separata [dalla materia]; cioè ohe «l'agente
è sempre superiore al paziente ». E non vi è dubbio che, stando a
questa teoria, bisognerebbe ammettere nell'immaginativa, non solo
una potenza passiva, ma anche una potenza attiva. Ma se ammet-
tiamo con Aristotele che l'atto della immaginativa appartiene al oorn-
posto, non troviamo più difficoltà di sorta: un corpo seTuSibile in-
fatti è al di.sopra degli organi sensitivi dell'animale, per il fatto che
rispetto ad essi si trova come un ente in atto di fronte a un ente in
potenza; esattamente come l'oggetto colorato in atto sta alla pupilla,
che è colorata solo potenzialmente. - Si potrebbe anche rispondere
diversamente. Poichè, sebbene la prima alterazione dell'immagina-
tiva provenga dall'azione degli oggetti sensibili, essendo appunto
«la fantasia un moto che ha origine dal senso», come dice Aristo-
tele, tuttavia si trova [ad avere] nell'uomo un'operazione psichica,
la quale, esercitandosi a scomporre e a ricomporre, forma varie
immagini di cose non sempre percepite dai sensi. 1 Ebbene le parole
di S. Agostino potrebbero riferirsi a questa attività.
3. La conoscenza sensitiva non è la causa totale di quella intel-
lettiva. Non fa quindi meraviglia che questa o.Itirepassi la sfera di
quella sensitiva.
ARTICOLO 7
Se lintelletto possa avere lintellezione attuale mediante le specie
intelligibili che già possiede, senza volgersi ai fantasmi.•
SEMBRA che I' intelletto possa avere I' intellezione attuale mediante
le specie intelligibili che già possiede, senza volgersi ai fantasmi.
Infatti:
1. L'intelletto ha l'intellezione attuale mediante la specie inten-
zionale da cui è informato. Ora lintelletto in atto non è che l' in-
tellezione stessa. Perciò per avere lintellezione attuale bastano le
specie intelligibili, senza bisogno di volgersi ai fantasmi.
2. Ha maggiore di.pendenza l'immaginativa dai sensi, che l' intel-
letto dal!' immaginativa. Ora, questa può attualmente immaginare
' Questa funzione non è da attribuirsi alla cogtlatiVll, come pensa il P. J. Wé-
hert (So:.r. FRANC., La pensee humatne, p. 234), e.;sendo una. caratteristica della
tmmaginativa umana. Avicenna, anzi, aveva pensat-0 addirittura di distinguere
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 45
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod per verba illa Augustini datur in-
telligi quod veritas non sit totaliter a sensibus expectanda. Requi-
ritur enim lumen intellectus agentis, per quod immutabiliter verit.a-
tem in rebus mutabilibus cognoscamus, et discernamus ipsas res a
similitudinibus rerum.
AD SECUNDljM DICENDUM quod Augustinus ibi. non loquitur de int.el-
lectuali cognitione, sed de imaginaria. Et quia, secundum Platonis
opinionem, vis imaginaria habet operationem quae est animae so-
lius; eadem ratione usus est Augustinus ad ost.endendum quod cor-
pora non imprimunt suas similitudines in vim imaginariam, sed hoc
facit ipsa anima, qua utitur Aristoteles [loco cit.] ad probandum in-
tellectum agentem esse aliquid separatum, quia scilicet cc agens est
honorabilius patiente ». Et procul dubio oportet, secundum hanc po-
sitionem, in vi imaginativa ponere non solum potentiam passivam,
sed etiam activam. Sed si ponamus, secundum opinionem Aristote-
lis [1 De Anima, c. 1, lect. 2), quod actio virtutis imaginativae sit
coniuncti, nulla sequitur difficultas: quia corpus sensibile est no-
bilius organo animalis, secundum hoc quod comparatur ad ipsurn
ut ens in adu ad ens in potentia, sicut coloratum in actu ad pupil-
lam, quae colorata est in potentia. - Posset tamen dici quod, quam-
vis prima immutatio virtutis imaginariae sit per motum sensibi-
lium, quia "phantasia est motus factus secundum sensum », ut di-
citur in libro 3 De Anima [c. 3, lect. 6]; tamen est quaedam ope-
ratio animae in homine quae dividendo et componendo format di-
versas rerum imagines, etiam quae non sunt a sensibus acceptae.
Et quantum ad hoc possunt. accipi verba Augustini.
AD TERTIUM DICENDUM quod sensitiva cognitio non est tota causa
intellectualis cognitionis. Et ideo non est mirum si intellectualis c0<-
gnitio ultra sensitivam se extendit.
ARTICULUS 7
Utrurn intellectus possit actu intelligere per species intelligibiles
quas penes se habet, non convertendo se ad phantasmata.
Infra, q. 89, a. t; !1 Sent., d. 20, q. 2, a. 2, ad 3; 3, d. 31, q. 2, a . .\;
!1 Cont. Gent., cc. 73, 81 : De Verit., q. 10, a. 2, ad 7: a. 8, ad 1 ; q. 19, a. 1 ;
I Cor., c. 13, lect. 3 ; Dc M em. et rcmtn., Iect. 3.
nell'assenza degli oggetti sensibili. A più forte ragione quindi l' in-
telletto potrà intendere senza volgersi ai fantasmi.
3. Non eeistono fantasmi degli esseri immateriali, poichè l' imma-
ginativa non oltrepassa. i limiti del tempo e dello spazio. Se dunque
il nostro intelletto non potesse avere un'intellezione attuale senza
volgersi ai fa.ntasm.i, ne seguirebbe la sua incapacità a conoseere
qualsiasi oggetto immateriale. E ciò è falso in modo evidente ; poi-
chè noi conosciamo e la verità stessa e Dio e gli Angeli.
IN CONTRARIO: Il Filosofo insegna che cc l'anima niente conosce
senza i fantasmi».
RISPONDO: E impossibile che il nostro intelletto nella vita presente,
in cui è unito a un corpo passibile, possa avere un'intellezione at-
tuale senza volgersi ai fantasmi. Ne abbiamo due prove. Primo, es-
sendo l'intelletto una facoltà inorganica e immateriale, in nessuna
maniera verrebbe impedito nel suo atto dalla menomazione di un
organo corporeo, se per la sua o-perazione non si richied·esse l'atto
di una potenza organica. Ora, potenze organiche sono e i sensi, e
la fantasia, e le altre facoltà della parte sensitiva. E evidente perciò
che l'intelletto per operare richiede l'atto dell'immaginativa e delle
altre facoltà, non solo nell'acquisto di nuove conoscenze, ma anche
nell'uso della scienza acquisita. Vediamo infatti che l'uomo è reso
incapace di intendere le cose conosciute, quando la lesione. di un
organo impedisee o l'operazione dell'immaginativa, come nei pazzi
furiosi, o l'operazione della memoria, crune nei dementi. - Secondo,
ognuno può sperimentare in se stesso questo fatto: quando si sforza
di intendere qualche cosa, si costruisce dei fantasmi a guisa di
esempi, e in essi cerca di riscontrare quello che tenta di capire.
E anche quando vogliamo spiegare una cosa a un altro, gli pro-
poniamo degli esempi, dai quali egli possa formarsi delle immagini
adatte per capire. '
E la ragione si è che la potenza conoscitiva deve essere propor-
zionata all'oggetto conoscibile. 2 Quindi, per I' intelligenza angelica,
totalmente separata dal corpo, oggetto proporzionato sono le so-
stanze intelligibili separate dalla materia, e mediante queste l'an-
gelo conosce anche le cose materiali. Invece, oggetto proprio- del-
l'intelletto umano unito al corpo S-Ono le quiddità o nature, che
hanno la loro sussistenza nella materia corporea ; e mediante que-
ste quiddità delle cose visibili, l'uomo può salire a una certa co-
noscenza delle oose invisibili. Ora, la nozione stessa di queste na-
ture esige che esse abbiano concreta sussistenza in determinati in-
dividui; e ciò non può verificarsi senza la materia. Così la nozione
della natura della pietra richiede la sussistenza concreta di essa in
questa determinata pietra ; e quella della natura del cavallo richiede
la sussistenza concreta in un dato cavallo, e così via. Non si può
quindi conoscere in maniera completa e vera la natura della pie-
tra, o di qualsia.si altro essere materiale, se non si conosce nella
sua esistenza pa.rticolare e concreta. Ora, noi raggiungiamo il pa.r-
passaggio dall'immagine all'idea non può avvenire per uno sviluppo omogeneo,
ma si richiede l' inter>ento di una facoltà superiore sostanzialmente diversa dat
sensi.
2 Questa consonanza. metaftsi.ca tra oggetto e soggetto immediato non è &empll-
cemente un bel giuoco dialettico, come pot.rebbe sembrare a prima vista. Anche
nel mondo delle scienze positive oggi si comincia a comprendere che il « fenomeno
conoscenza" è condizionato in tutto e per tutto alla struttura del soggetto (cfr.
EDDINGTON A., La filosofia dena sctenza fisica, Bari, 1941). Ma se l'oggetto più im-
mediato della nostra mente non avesse una corrisJ)Ondenza di struttura con la
nostra psiche, la nostra cognizione non potrebbe mai es.sere oggettiva.
48 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, aa. 7-8
ARTICOLO 8
Se l'atto intellettivo del giudizio 1 sia ostacolato
dall'assopimento dei sensi.
SEMBRA che l'atto intellettivo del giudizio non s-ia ostacolato dal-
l'assopimento dei sensi. Infatti:
1. Le cose superiori non dipendono da quelle inforiori. Ora, il giu-
dizio intellettivo è superiore al senso. Dunque tale atto non può
essere ostacolato dall'assopimento dei sensi.
2. Ragionare è un atto del!' intelletto. Ora, i sensi nel sonno sono
assopiti, come insegna Aristotele ; e tuttavia capita talvolta che uno
si metta a ragionare nel sonno. Dunque l'atto intellettivo del giu-
dizio non viene ostacolato dall'assopimento dei sensi.
IN CONTRARIO: Come dice S. Agostino, non si considera peccato
quanto capita nel sonno contro i buoni costumi. Così non sarebbe,
1 Ricordiamo per i non iniziati che, secondo la filosofia scolastica, tre wno le
operazioni della mente: semplice apprensione, giudizio, e razioctnio. La verità
formalmente appartiene al giudizio, ed è per questo che 11 quesito proposto rive·
ste un'importanza particolare. - Tutti concordano sostanzialmente nell'ammettere
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 49
existens. Particulare autem apprehendimus per sensum et imagina-
tionem. Et ideo necesse est ad hoc quod intellectus actu intelligat
suum obiectum proprium, quod convertat se ad phantasmata, ut
speculetur naturam universalem in particulari existentem. - Si au-
t.em proprium obiectum intel!ectus nostri esset forma separata ; vel
si natura.e rerum sensibilium subsisterent non in particularibus, se-
cundum Platonicos; non oporteret quod intellectus noster semper
intelligendo converteret se ad phantasmata.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod species conservatae in intellectu
possibili, in eo existunt habitualiter quando actu non intelligit, si-
cut supra [q. 79, a. 6] dictum est. Unde ad hoc quod intelligamus
in actu, non sufficit ipsa conservatio speeierum ; sed oportet quod
eis utamur secundurn quod convenit rebus quarum sunt species,
quae sunt naturae in particularibus existentes.
AD SECUNDUM DICENDUM quod ·etiam ipsum phantasma est simili-
tudo rei particularis: unde n-0n indiget imaginatio aliqua alia simi-
litudine particularis, sicut indiget intellectus.
Ao TERTIUM IHCENDUM quod incorporea, qu-0rum non sunt phanta-
smata, cognoscuntur a nobis per comparationem ad corpora sensi-
bilia, quorum sunt phantasmata. Sicut veritatem intelligimus ex con-
sideratione rei circa qua.m veritatem specularnur; Deum autem, ut
Dionysius dicit [De Div. Nom., c. 1, lect. 3), cognoscimus ut causam,
et per excessum, et per remotionem; alias etiam incorporeas sub-
stantias, in statu praesentis vitae, .cognoscere non possumus nisi
per rernotionem, vel aliquam comparationem ad corporalia. Et ideo
cum de huiusmodi aliquid intelliginms, necesse habemus converti
ad phantasmata corporum, licet ipsorum non sint phantasmata.
ARTICULUS 8
Utrum iudicium intellectus impediatur per ligamentum sensus.
II-II. q. 154, a. 5 ; s Sent., d. 15, q. 2, a. 3, qc. 2, ad 2 ;
De Verit., q.12, a. 3, ad 1 ss.; q. 28, a. 3, ad 6.
che pe1• la sicurezza del nostro gimllzio bisogna guardarsi dal sonno e da qual-
siasi altro stato di alienaztone de.i sensi. Ma il motivo che fa preferire Io stato di
veglia e di dominio attuale della propria sensibilità, deve essere ben definito; per-
chè si pos.sa risolvere qualsiasi obiezione a favore di una supervalutazione del
subcosciente come fonte e criterio di verità.
50 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 84, a. 8
se l'uomo nel sonno avesse il libero uso della ragione e dell' intelli-
genza. Dunque l'uso della ragione è impedito dall'assopimento dei
sensi.
RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, oggetto proprio e propor-
zionato del nostro intelletto è la natura delle cose sensibili. Ora,
non si può dare un giudizio perfetto di una cooa se non si conosce
tutto quello che la riguarda, e specialmente se si ignora quello che
è il termine e il fine del giudizio. Infatti il Filosofo nota che, "come
l'opera è il fine delle scienze tecniche, così il fine delle scienze na-
turali è principalmente ciò che si vede con i sensi n: il fabbro, cioè,
studia il coltello al solo scopo di produrre questo determinato col-
tello; i:>arimente, il naturalista studia la natura della pietra o del
cavallo al solo SCOI>O di conoscere l'intima struttura delle cose sen-
sibili. Ora, è evidente che il fabbro non avrebbe un perfetto giudizio
[pratico] del ooltello, se ignorasse il lavoro da compiere; così pure
le sci~nze naturali non potrebbero formulare giudizi perfetti sulle
cose uaturali, se ignorassero la realtà sensibile. Ma t1utto ciò che
noi adesso conosciamo intellettualmente, lo conosciamo per analogia
dalle cose sensibili naturali. E dunque i:>er noi impossibile formare
un giudizio intellettivo perfetto, quando sono assopiti i sensi, con
i quali conosciamo la realtà sensibile. '
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebtbene l'intelletto sia superiore
al senso, pure ha una certa dipendenza dai sensi, e i suoi oggetti
immediati e principali hanno origine dal mondo sensibile. Perciò il
giudizio dell'intelletto è necessariamente ostacolato, quando i sensi
oono assopiti.
2. Al dire di Aristotele i sensi rimangono assopiti nei dormienti,
per lo sprigionarsi di certe evaporazioni ed esalazioni. E secondo
l'intensità di queste evaporazioni, i sensi possono essere più o meno
bloccati. Infatti, quando l'afflusso di questi vapori è intenso, restano
assopiti non solo i sensi, ma anche I' immaginativa, al punto che
non si forma nessuna immaginazione o fantasma ; cosa che si ri-
scontra in chi comincia a dormire dopo aver mangiato e bevuto in
abbondanza. Se poi questo afflusso di vapori è più debole, si pre-
sentano i fantasmi, ma difformi e sconnessi, come nei febbricitanti.
E se l'afflusso suddetto è ancora più ridotto, i fantasmi si presen-
tano ordinati, come suole accadere, soprattutto alla fine del sonno,
alle persone sobrie e dotate di forte immaginazione. Se poi l'afflusso
di vapori è minimo, allora non soltanto resta libero l'immaginativa,
ma in parte anche il senso comune; cosicchè talora uno mentre
dorme giudica che quanto vede è un sogno, distinguendo in qualche
modo la realtà dalle apparenze. Però il senso comune in parte ri-
mane assopito; e quindi, sebbene distingua la realtà da certe ap-
parenze, in altre s'inganna. - In conclusione, il giudizio intellettivo
è reso p0ssibile nella misura in cui viene a destarsi il senso e l' im-
maginativa, quindi mai completamente. Tanto è vero che chi ra-
giona nel sonno, quando si desta, si accorge sempre di eS1Sere incorso
in qualche errore. 2
' Il lettore accorto avrll notato, nel su56eguirsi delle otto risposte, la graduale
enucleazione di tutta una teoria della conoocenza intellettual<', nei suoi motivi
fondamentali. L'oggetto primario della nostra intellezione, la realtà corporea, ne
è Il punto di partenza e il punto di arrivo. Si osservi però la differenza tra tomi-
smo e sensismo. S. Tommaso non intende restringere il campo dell'indagine in-
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA 51
per Gen. ad litt. [c. 15) dicit. Hoc autem non esset si homo in dor-
mie.ndo liberum usum rationis et intellectus haberet. Ergo impedi-
tur ra.tionis usus per ligamentum sensus.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut dictum est [a. praec.], proprium
obiectum intellectui nostro proportionatum est natura rei se~ibi
lis. Iudicium autem perfectum de re aliqua dari non potest, nisi
ea omnia quae ad rem pertinent cognoscantur; et praecipue si igno-
retur id quod est terminus et finis iudicii. Dicit autem Philosophus,
in 3 De Caelo [c. 7), quod « sicut finis factivae scientiae est opus, ita
naturalis scientiae finis est quod videtur principaliter secundum
sensum » : faber einim non quaerit cogniUonem cultelli nisi propter
opus, ut operetu.r bune particularem cultellum ; et similiter natu-
ralis non quaerit cognoscere naturam Iapidis et equi, nisi ut sciat.
rationes eorum quae videntur secundum sensum. Manifestum est
autem quod non posset esse perfectum iudicium fabri de cultello,
si op·us ignoraret: et similiter non potest esse perfectum iudicium
scientiae naturalis de reibus naturalibus, si sensibilia ignorentur.
Omnia autem quae in praesenti statu int.elligimus, cognoscuntur a
nobis per comparationem ad res sensibiles naturales. Unde impossi-
bile est quod sit in nobis iudicium int.ellectus perf.ectum, cum liga-
mento sensus, per quem res sensibiles cogno-scimus.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod, quamvis intellectus sit superior
sensu, accipit tamen aliquo modo a sensu, et eius obiecta prima et
principalia in sensibilibus fundantur. Et ideo necesse est quod im-
pediatur iudicium intellectus ex ligamento sensus.
AD SECUNDUM DICENDUM quod sensus ligatur in dormientibus pro-
pter evaporationes quasdam et fumositates resolutas, ut dicitur in
libro De Somn. et Vig. [c. 3, lect. 5). Et ideo secundum dispositio-
nem huiusmodi evaporationum, contingit esse ligamootum sensus
maius vel minus. Quando enim multus fuerit motus vaporum, liga-
tur non solum sensus, sed etiam imaginatio, ita ut nulla appareant
phantasmata; sicut praecipue accidit cum aliquis incipit dormire
post multum cibum et potum. Si vero motus vaporum aliquantulum
fuerit remissior, apparent phantasmat.a, sed distorta et inordinata;
sicut accidit in febricitantibus. Si vero adhuc magis motus sedetur,
apparent phantasmata ordinata; sicut maxime soJ.et contingere in
fine dormitionis, et in hom.inibus sobriis et habentibus fortem ima-
ginationem. Si autem motus vaporum fuerit modicus, non solum
imaginatio r€m.anet libera, sed etiam ipse sensus communis ex parte
solvitur; ita quod homo iudicat interdum in dormiendo ea quae
videt somnia esse, quasi diiudicans inter res et rerum similitudi-
nes. Sed tamen ex aliqua parte remanet sensus communis ligatus;
et ideo, licet aliquas similitudines discernat a rebus, tamen semper
in a.liquibus decipitur. - Sic igitrnr per modum quo sensus solvitur
et imaginatio in dormiendo, liberatur et iudicium intellectus, non
tamen ex toto. Unde illi qui dormiendo syllogizant, cum excitantur,
semper recognoscunt se in aliquo defecisse.
t.cllettuale ai dati della sensibilità, ma insiste solo nell'affermare che ogni nostra
Indagine richiede l'esercizio attivo dei sensi; poichè i dati di questi ultimi spesso
offrono soltanto delle analogie e dei simboli all' intelletto, che spazia al di là del
mondo visibile.
2 Sebhen.e le spiegazioni siano piuttosto ingenue, non sono affatto di.sprezzabill
le esperienze cui si accenna e che rivelano un sottile spirito di osservazione.
QUESTIONE 85
Procedimento e sviluppi dell'intellezione.
ARTICOLO 1
Se il nostro intelletto intenda le cose corporee e materiali
astraendole dai fantasmi. 1
i Da tutti gli articoli della questione 84 traspariva già l'esigenza di una me-
diazione tra il mondo sensibile concreto e il mondo degli intelligibili, che si pre-
QUAESTIO 85
De modo et ordine intelligendi
tn octo arttculos dtvtsa.
ARTICULUS 1
Utrum intellectus noster intelligat res corporeas et materiales
per abstractionem a phantasmatibus.
Supra, q. 12, a. 4; 1 Cont. Gent., c. 77; 2 Metaphys., lect. t.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster non in-
telligat res corporeas et materiales per abstractionem a phantasma-
tibus. Quicumque enim intellectus intelligit rem aliter quam sit, est
falsus. Formae autem rerum materialium non sunt abstra;ctae a
particularibus, quorum similitudines sunt phantasmata. Si ergo in-
telligamus res materiales per abstractionem specierum a phantasma-
tibus, erit falsitas in intellectu nostro.
2. PRAETEREA, res materi.ales sunt res naturales, in quarum defini-
tione cadit materia. Sed nihil potest intelligi sine eo quod cadit in
definitione eiu:s. Ergo res materiales non possunt intelligi sine ma-
teria. Sed materia est individuationis principium. Ergo res mate-
riales non possunt intelligi per abstractionem universalis a par-
ticulari, quod est abstrahere species intelligibiles a phantasma-
tibus.
3. PRAEIEREA, in 3 De Anima [c. 7, lect. 12] dicitur quod phanta-
smata se habent ad animam intellectivam sicut colores ad visum.
Sed visio non fit per abstractionem aliquarum specierum a colori-
bus, sed per hoc quod colores imprimunt in visum. Ergo nec intel-
& - VI
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 1
cosa dai fantasmi, ma perchè i fantasmi producono un'impressione
nell' intelletfo.
4. Come Aristotele dimostra, nell'anima intellettiva si trovano l' in-
telletto possibile e I' intelletto agente. Ora, astrarre le specie intel-
ligibili dai fantasmi non spetta a.Il' intelletto possibile, al quale in-
vece spetta ricevere tali specie già astratte. E neppure sembra che
spetti all'intelletto agente, il quale sta ai fantasmi come la luce ai
colori. E questa non astrae niente dai colori, ma piuttosto si irra-
dia su di essi. Perciò in nessun modo possiamo conoscere astraendo
dai fantasmi.
5. Il Filosofo sostiene che l' u intelletto conosce le specie intelligi-
bili nei fantasmi». Dunque non mediante l'astrazione.
IN CONTRARIO: Scrive Aristotele: u Quanto le cose sonp separabili
dalla mate:ria, tanto hanno rapporto con lintelletto ». E necessario
quindi che le cose materiali siano conosciute in quanto vengono
astratte dalla materia e dalle rappresentazioni materiali, quali sono
i fantasmi.
RISPONDO: Come abbiamo già detto, l'oggetto deve essere propor-
zionato alla facoltà conoscitiva. Ora, abbiamo tre ordini di facoltà
conoscitive. Ci sono delle facoltà conoscitive che sono perfezioni di
organi corporei, vale a dire i sensi. E quindi l'oggetto di qualsiasi
potenza sensitiva è una forma nella sua concreta esistenza materiale
o corporea. E poichè la materia è principio di individuazione, ogni
potenza della parte sensitiva può conoscere soltanto i singolari. -
Esiste poi una facoltà conoscitiva come l' intelletto angelico, la quale
non è perfezione di un organo corporeo, e non è unita in nessun
modo alla materia corporea. 1 Oggetto- quind_i di questa facoltà co-
noscitiva sono le forme che sussistono separate dalla materia. In-
fatti, sebbene gli angeli conoscano anche le cose materiali, tuttavia
le conoscono negli esseri immateriali, e cioè in se stessi o in Dio. -
L' intelletto umano si trova in una condizione intermedia : non è
perfezione di un organo, però è facoltà di un'anima, la quale è
forma [sostanziale] di un corpo, come abbiamo dimostrato. Quindi
è sua proprietà conoscere le forme che hanno una sussistenza indi-
viduale nella materia, ma non in quanto sono in una data ma-
teria. Ora, conoscere ciò che esiste in una data materia, non però
come si trova in quella data materia, significa astrarre la forma
dalla materia individuale, rappresentata da.i fantasmi. Dunque è
necessario concludere che il nostro intelletto conosce le cose mate-
riali mediante l'astrazione dai fantasmi, e che da una siffatta cono-
scenza delle cose materiali possiamo raggiungere una certa cono-
scenza delle cose immateriali. Al contrario gli angeli conoscono le
cose materiali per mezzo di quelle immateriali.
Platone invece, considerando la sola immaterialità dell'intelletto
umano, senza badare alla sua unione col corpo, conclude che le idee
separate sono l'oggetto della nostra intelligenza ; e che noi inten-
diamo non mediante l'astrazione, ma piuttosto col partecip·are le
idee astratte, come abbiamo riferito in precedenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'astrazione può avvenire in due
modi. Primo, mediante un processo di composizione e di scompo-
' Per un flloS<>fo puro l'esistenza dJ. creature splrltu.all è per lo meno un'ipotesi
dlscutlblle. Per l ftl-09011 medioevali, sia crt.sttanl che arabi, l'esistenza delle na-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 5!>
ligeTe contingit per hoc quod aliquid abstrahatur a phantasmatibu.s,
sed per hoc quod phantasmata imprimunt in intellectum.
4. PRAETEREA, ut dicitur in 3 De Anima [c. 5, Iect. 10), in intelle-
ctiva anima sunt duo, scilicet intellectus possibilis, et agens. Sed
abstrahere a phantasmatibus species intelligibiles non pertinet ad
intellectum possibilem, sed recipere species iam abstractas. Sed nec
etiam videtur pertinere ad intellectum agentem, qui se habet ad
phantasmata sicut lumen ad colores, quod non abstrahit aliquid a
coloribus, sed magis eis influit. Ergo nullo modo intelligimus ab-
strahendo a phant.asmatibus.
5. PRAETEREA, Philosophus, in 3 De Anima [c. 7, Iect. 12), dicit quod
" intellectus intelligit species in phantasmatibu.s 11. Non ergo eas ab-
strahendo.
SED CONTRA EST quod dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 8], quod
"sicut res 1mnt separabiles a materia, sic circa intellectum sunt 11.
Ergo oportet quod materialia intelligantuF inquantum a materia
abstrahuntur, et a s.ìmilitudinibus materialibus, quae sunt phanta-
smata. .
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra. [q. 84, a. 7) dictum est.
obiectum cognoscibile proportionatur virtuti cognoscitivae. Est au·
tem triplex gradus cognoscitivae virtutis. Quaedam enim cognosci·
tiva. virtus est actus organi corporalis, scilicet sensus. Et ideo obie.-
ctum cuiuslibet sensitivae potentia.e est forma prout in materia cor·
porali existit. Et quia huiusmodi materia est individuationis prin-
cipium, ideo omnis potentia sensitivae partis est cognoscitiva par-
ticularium tantum. - Quaedam autem virtus cognoscitiva est quae
neque est actus organi corporalis, neque est aliquo modo corporali
materiae coniuncta, sicut intellectus angelicus. Et ideo huius virtu-
tis cognoscitivae obiectum est forma sine materia subsistens : etsi
enim materialia cognoscant, non tamen nisi in immaterialibus ea
intuentur, scilicet ve.I in seipsis vel in Deo. - Intellectus autem hu-
manus medio modo se habet: non enim est actus alicuius organi,
sed tamen est quaedam virtus animae, quae est forma corporis, ut
ex supra [q. 76, a. 1) didis patet. Et ideo proprium eius est cogno-
scere formam in materia quidem corporali individualiter ex.isten-
tem, non tamen prout est in tali materia. Cogno$Cere vero id quod
est in materia individuali, non prout est in tali materia, est ab.
strabere formam a materia individuali, quam repraesentant pha.n-
tasnnata. Et ideo necesse est dicere quod intellectus noster intelligit
materialia abstrahendo a phantasmatibus; et per materia.Ha sic
considerata in immaterialium aliqualem cognitionem devenimus, si-
cut e contra angeli p.er immaterialia materialia cognoscunt.
Plato vero, attendens solum ad immaterialitatem intellectue hu-
mani, non a.utero ad hoc quod est corpori quodammodo unitus, po-
suit obiectum intellectus ideas separatas; et quod intelligimus1 non
quidem abstrahendo, sed ma.gis abstracta participando, ut supra
[q. 8-i, a. 1) dictum est.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod abstrahere oontingit dupliciter.
Uno modo, per modum compositionis et divisionis; sicut cum intel.-
ture angeliche era coosiderata, oltre che un articolo di fede, CODCJ.uslooe logica
di indagini astronomiche e fllosofl~he, capace quindi di generare una certezza
scientifica. lCfr. voi. IV, pp. 148·158. 182, 170-174).
56 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 1
s1z1one, come quando arriviamo a con06Cere che una cosa non è
implicita in un'altra., ovvero che è separata da essa. Secondo, me-
diante la. semplice e assoluta. considerazione dell'intelletto, come
quando intendiamo un oggetto, senza badare ad altro. 1 Ora, astrarre
ovvero separa.re con la mente, nel primo modo, delle cose che· in
realtà non sono divise, non è senza errore. Ma astrarre intellettual-
mente nel secondo modo cose che nella realtà non sono divise, non
implica un errore. E ciò si vede chiaramente nelle cose sensibili.
Infatti se noi apprendiamo o affermi•amo il colore come non ine-
rente al corpo colorato, oppure come realtà separata, avremo l'er-
rore nel pensiero o nella parola. Se invece consideriamo il colore
nelle sue proprietà, senza pensare affatto al pomo colorato, oppure
se esprimiamo a parole quanto abbiamo pensato in siffatto modo,
non avremo errore nè di pensiero, nè di parola. Il pomo infatti non
rientra nell'essenza del colore; perciò niente impedisce di pensare
il colore, senza pensare affatto al pomo. - In modo analogo, i co-
stitutivi dell'essenza specifica di ogni essere corporeo, quale la pie-
tra, l'uomo, il cavallo, si possono ooncepire senza i principli in-
dividuanti, che non rientrano nell'essenza della pietra. E questo
equivale ad astrarre l'universale dal particolare, ovvero la specie
intelligibile dai fantasmi, ossia a concepire l'essenza della specie,
prescindendo dai principii individuali che sono rappresentati dai
fantasmi.•
Perciò quando si dichiara falso l' intelletto, iI quale percepisce
una cosa dive.rsamente da quello che è, è vero qualora il diver-
samente voglia riferirsi all'oggetto conosciuto. Effettivamente I' in-
telletto è in er.rore, quando ritiene che un oggetto ha un modo di
essere diverso da quello che ha realmente. Perciò sarebbe falso
l'intelletto, se nell'astrarre la specie della pietra dalla materia, la
concepisse come realmente separata dalla materia, secondo la teo-
ria di Platone. - L'affermazione invece è falsa, se il di'!rnrsamente
viene riferito al soggetto conoscente. Infatti non c' è errore nel-
l'ammettere che la maniera di intendere del soggetto oonoscitivo
è diversa dalla maniera di esistere del suo oggetto nella realtà:
poichè l'oggetto conosciuto si trova nel conoscente, non nella sua
fisica concretezza, ma in maniera immateriale conforme alla na-
tura dell'intelletto.
2. Alcuni hanno pensato che la sola forma costituisca l'essenza
specifica delle cose naturali, cosicchè la materia non ne farebbe
parte. Se così fosse non si dovrebbe porre la materia nella defini-
zione degli esseri fisici. Bisogna perciò ragionare diversamente, e
distinguere due specie di materia: la materia come entità univer-
sale, e la materia designata o individuale. Materia universale sa--
rebbero le carni e le ossa; materia individuale sarebbero queste
carni e queste ossa. Ora, quando l'intelletto astrae, separa la spe-
cie degli esseri fisici dalla materia sensibile individuale, non già
da quella universale. Astrae, p. es., l'essenza specifica dell'uomo
da queste carni e da queste ossa, le quali non rientrano nell'es-
senza della specie, e sono invece parti integranti del!' individuo,
ligimus aliquid non esse in alio, vel esse separatum ab eo. Alio
modo, per modum simplicis et absolutae considerationis; sicut cum
intelligimus unum, nihil considerando de alio. Abstrahere 1gitur
per intellectum ea quae secundum rem non sunt abstracta, secun-
dum primum modum abstrahendi, non est abs·que falsitate. Sed se-
cundo modo abstrahere per intellectum quae non sunt abstrada se-
cundum rem, non habet falsitatem; ut in sensibilibus manifeste
apparet. Si mim intelligamus vel dicamus colorcm non inesse cor-
pori colorato, vel esse separatum ab eo, ·erit falsitas in opinione
vel in oratione. Si vero consideremus colorem et proprietates eius,
nihil considerantes .de pomo colorato; vel quod sic intelligimus,
etiam voce exprimamus; erit absque falsitate opinionis et orationis.
Pomum enim non est de, ratione coloris ; et ideo nihil prohibet co-
lorem intelligi, nihil . intelligendo de pomo. - Similiter dico quod
ea quae pertinent ad rationem speciei cuiuslibet rei materialis, puta
lapidis aut hominis aut equi, possunt considerari sine principiis in-
dividualibus, quae non sunt de ratione specieL Et hac est abstra-
here universale a particulari, vel .speciem intelligiibilem a phan-
tasmatibus, considerare scilicet naturam speciei absque oonsidera-
tione individualium principiarum, quae per phantasmata repraesen-
tantur.
Cum ergo dicitur quod intellectus est falsus qui intelligit rem
aliter quam sit, verum est si ly aliter referatur ad rem intellectam.
Tunc enim intellectus est falsus, quando intelligit rem esse aliter
quam sit. Unde falsus esset intellectus, si sic abstraheret speciem
lapidis a materia, ut intelligeret eam non esse in materia, ut Plato
posuit. - Non est autem verum quod proponitur, si ly aliter acci-
piatur ex parte intelligentis. Est enim absque falsitate ut alius sit
modus intelligentis in intelligendo, quam modus rei in existendo:
quia intellectum est in intelligente immaterialiter, per modum in-
tellectus ; non autem materialiter, per modum rei materialis.
An SECl!NDUM DlCENDUM quod quidam putaverunt quod species rei
naturalis sit forma solum, et quod materia non sit pars speciei. Sed
secundum hoc, in definitionibus rerum naturalium non poneretur
materia. Et ideo aliter dicendum est, quod materia est duplex, sci-
licet communis, et signata vel individualis: communis quidem, ut
caro et os; individualis autem, ut hae carnes et haec ossa. Intel-
lectus igitur abstrahit speciem rei naturalis a materia sensibili in-
dividuali, non autem a materia sensibili communi. Sicut speciem ho-
minis abstrahit ab his carnibus et his ossibus, quae non sunt de ra-
tione speciei, sed sunt partes individui, ut dicitur in 7 Metaphys.
' Con quest'ultimo rilievo si conclude la descrizione dei tre gradi di astra-
zione, che formano tre ordini di scienze: nel primo abbiamo le scienze naturali,
nel secondo le matematiche, nel terzo la metafisica.
2 L'azione dell' Intelletto agente sul fantasmi si presenta cosi complessa e pro.
hl ematica, da giustificare le controversie sorte tra gli stessi discepoli diell' Aqui-
nate (cfr. CAIETANUS, Summa Tneoi .• I, q, 79, a. 3, IX; q. 85, a. 2, IX; FERRARIENSIS
in 2 Cont. Gent., c. 77, III os.). - Ecc.o r.ome S. Tommaso ha cercato egli stesso
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 59
[c. 10, lect. 10]; et ideo sine eis considerari potest. Sed species ho-
minis non potest abstrahi per intellectum a carnibus et ossibus.
Species autem mathematicae possunt abstrahi per intellectum a
materia sensibili non solum individuali, sed etiam communi; non
tamen a materia intelligibili communi, sed solum individuali. Ma-
teria enim sen.sibilis dicitur materia corporali.s secundum quod sub-
iacet qualitatibus sensibili.bus, sdlicet calido et frigido, duro et
molli, et huiusmodi. , Materia vero intelligibilis dicitur substantia
sccundum quod subiacet quantitati. Manifestum est autem quod
quantitas priu.s inest substantiae quam qualitates sensibiles. Unde
quantitates, ut numeri et dimensiones et figurae, quae sunt termi-
nationes quantitatum, possunt considerari absque qualitatibus sen-
sibilibus, quod est eas abstrahi a materia sensibili: non tamen pos-
sunt ccmsiderari sine intellectu substantiae quantitati subiectae,
quod esset eas abstrahi a materia intelligibili communi. Possunt
tamen considerari sine hac vel illa substantia; quod est eas abstrahi
a mat·eria imtelligibili individuali.
Quaedam vero sunt quae possunt abstrahi etiam a materia intel-
ligibili communi, sicut ens, unum, potentia et actus, et alia huius-
modi, quae etiam ess.e possunt absque omni materia, ut patet in sub-
stantii.s immaterialibus. - Et quia Plato non consideravit quod di-
ctum est, de duplici modo abstractionis, omnia quae diximus ahs-
trahi per intellectum, posuit abstracta esse secundum rem.
An TERTIUM mcENDUM quod colores habent eundem rnodum exi-
stendi prout sunt in materia corporali individuali, sicut et poten-
tia visiva: et ideo possunt imprimere suam similit;udinem in viS'llm.
Sed phantasmata, cum sint similitudines individuorum, et existant
in organis corporeis, non habent eundem modum existendi quem
habet intellectus humanus, ut ex dictis [in corp.] patet: et ideo non
possunt sua virtute imprimere in intellectum possibilem. Sed vir-
tute intellectus agentis rnsultat quaedam similitudo in intellectu
possibili ex conversione intellectus agentis supra phantasmata, quae
quidem est repraesentativa eorum quorum sunt phantasmata, so-
lum quantum ad naturam speciei. Et per bune modum dicitur abs-
trahi species intelligibilis a phantasmatibus: non quod aliqua ea-
dem numero forma, quae prius fuit in phantasmatibus, postmodum
fiat in intellectu possibili, ad modum quo corpus accipitur ab uno
loco et transfertur ad alterum.
An QUARTUM DICENDU:\1 quod phantasmata et illuminantur ab in-
telleetu agente; et iterum ab eis, per virtutem intellectus agentis,
species intelligibiles a}}strahuntur. Illuminantur quidem, quia, sicut
111 definire il suo pensillro: "I corpi fisici, composti come sono di un'unica mate-
ria, imprimono e subisc.ono l 'azi.one reciproca sullo stesso piano. Invece l'anima
intellettiva non può es9!\re In potenza alle immagini di cose esistenti nei fan-
tasmi così come si trovano in essi; ma in quanto tali immagini sono elevabili a
un gTado superiore, eioè In quanto, astratte dalla concretmza della materia, sono
rese attualmente intelligibili. ... Cosicchè la priorità di efficaci.a neIJ'azione non va
lttrilrnit.a ai fantasmi, bensì all'intelletto agente. E per ta:le motivo Aristotele
;crive che questo intelletto sta all'intelletto possibile "come l'art.e sta alla mate-
ria [grezza] ". - Il caso è ana.logo a quello di un occhio, il quale, oltre ad &ssere
Jlafano e pronto a ricevere 1 colori, aveese tanta luce da poter rendere attual-
niente visibili i colori stessi: come certi animali [notturni], che si dice siano ca-
-.aci di illuminare sufficientemente con I loro occhi gli oggetti rispettivi" (2 Coni.
~ent., c. 77).
60 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 1-2
intelligibili, come tutta. la parte sensitiva a~quista maggior vigore
unendosi alla parte intellettiva. Ora., l'intelletto agente astrae le spe-
cie intelligibili dai fantasmi, perchè in forza di tale intelletto pos-
siamo accogliere nel nostro pensiero le nature specifiche delle cose,
lasciando da parte le loro condizioni individuali, e da quelli) specie
viene posto in atto I' intelletto possibile.
5. Il nostro intelletto, pur astraendo le specie intelligibili dai fan-
tasmi, in quanto concepisce la natura delle cose nella sua universa-
l'tè. tuttavia la conosce nei fantasmi, come abbiamo già spiegato.
ARTICOLO 2
Se le specie intelligibili astratte dal fantasmi siano foggetto stesso
della nostra intellezione. 1
ARTICULUS 2
Utrum species intelligibiles a phantasmatibus abstractae, se habeant
ad intellectum nostrum sicut id quod intelligitur.
!I Cont. Gent., c. 75; 4, c. 1t; De Vertt., q. 10, a. 9; De Spiri!. Creat., a. 9, ad 6;
Compend. Theol., c. 85; 3 De Antma, lect. 8.
ARTICOLO 3
Se nella nostra conoscenza intellettiva i primi dati
siano quelli più universali. 1
ARTICULUS 3
Utrum magis universalia sint priora in nostra
cognitione intellectuali.
f P9ster., lect. 4; f Phystc., lcct. 1.
AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod 1nagis univcrsalia non
sint priora in nostra cognitione intellectuali. Quia ea quae sunt
priora et notiora secundum naturam, sunt posteriora et minus nota
secundum nos. Sed universalia sunt priora secundum naturam: quia
« prius est a quo non convertitur subsistendi consequentia 11 [Categ.,
c. 12). Ergo univensalia sunt posteriora in cognitione nostri intel-
lectus.
2. PRAETEREA, composita sunt priora quoad nos quam simplicia.
Sed universalia sunt simpliciora. Ergo sunt posterius nota quoad
nos.
3. PRAEIEREA, Philosophus dicit, in 1 Physic. [c. 1, led. 1] quod
definitum prius cadit in cognitione nostra quam partes definit.ionis.
Sed universaliora sunt partes definitionis minus universalium, si-
cut animai .est pars definitionis hominis. Ergo universalia sunt po-
sterius nota quoad nos.
4. PRAETEREA, per effectus devenimus in causas et principia. Sed
universalia sunt quaedam principia. Ergo universalia sunt posterius
nota quoad nos.
SED CONTRA EST quod dicitur in 1 Physic. [c. 1, lect. 1), quod «ex
universali.bus in singularia oportet devenire ».
RESPONDEO DICENDUM quod in cognitione nostri intellect.us duo opor-
tet considerare. Primo quidem, quod cognitio intellectiva aliquo
modo a sensitiva primordium sumit. Et quia sensus est singula-
rium, intellectus autem universalium; necesse est quod cognitio sin-
gularium, quoad nos, prior sit quam universalium cognitio.
Secundo, oportet considerare quod intellectus noster de potentia
in actum procedit. Omne autem quod procedit de potentia in actum,
prius pervenit ad actum incompletum, qui est medius inter poten-
tiam et actum, quam ad actum perfectum. Actus autem perfectus
ad quem pervenit intellectus, est scientia completa, per quam di-
stincte et determinate re.s cognoscuntur. Actus autem incompletus
eist scientia imperfecta, per quam sciuntur res indistincte sub qua-
dam confusione: quod enim sic cognoscitur, secundum quid cogno-
at filosofi del!' idea chiara [leggi Cartesio e cartesiani]. Credere che tutto è chia-
rezza, o per lo meno non accettare che le conoscenze c-hiare e distinte, è falsare
la natura di questa intelligenza umana, che "passa dalla potenza all'atto", e che
da principio ·· ha una scienza imperfetta, la quale può offrire soltanto una cono-
scenza lndist.lnta e confusa"" (op. cit., p. 246).
68 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 3
5 - VI
iO LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 3
' Se tutti gU studiosi di ftlo'!Ofta avessero tenuto presente questa distinzione, .>i
saN'hhl>ro risparmiate tante polemlcbe e tante incomprensioni nel campo della
gnosoolcgia.
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 71
citur quod "animal universale aut nihil est, aut posterius est"· Sed
secundum Plat.onem, qui posuit univerS'alia subsist.entia, secundum
hanc cc»nsiderationem universale esset prius quam particularia, quae
secundum eum non sunt nisi per participationem universalium sub-
siste11tium, quae dicuntur ideae. - Alio modo pote,st considerari
quantum ad ipsam naturam, scilicet animalitatis vel humanitatis,
prout invenitur in particularibus. Et sic dicendum est quod duplex
est ardo naturae. Unus secundum viam generationis et temporis:
secundum quam viam, ea quae sunt imperfecta et in potentia, sunt
priora. Et hoc modo magis commune est prius secundum naturam:
quod apparet manifeste in generatione hominis et anirnalis; nam
"prius generatur animal quam homo"• ut dicitur in libro 2 De Ge-
nerat. Animai. [c. 3]. Alius est ardo perfectionis, sive intentionis
naturae; sicut actus simpliciter est prius secundum naturam quam
potentia, et perfectum prius quarn imperfectum. Et per hunc mo-
dum, minus commune est prius secundum :òaturam quam magis
commune, ut homo quam animal: naturae enim intentio non sistit
in genemtione animalis, sed intendit generare hominem.
AD SECUNDUM DICENDUM quod universale magis commune compa-
ratur ad minus commune ut totum et ut pars. Ut totum quidem,
secundum quod in magis universali non s.olum continetur in poten-
tia minus universale, sed etiam alia; ut sub animali non solum
homo, sed etiam equus. Ut pars autem, ·secundum quod minus com-
mune continet in sui ratione non solmn magis commune, sed etiam
alia; ut homo non solum animaJ, sed etiam Tationale. Sic igitur
animai consideratum in se, prius est in nostra cognitione quam
homo ; sed homo est prius in nostra cognitione quam quod animal
sit pars rationis eiuis.
An TERTIUM DICENDUM quod pars aliqua dupliciter potest cognosci.
Uno modo absolute, secundum quod in se est: et sic nihil prohibet
prius cognoscere partes quam totum, ut lapide.s quam domum. Alio
modo, secundum quod sunt partes huius totius: et sic necess.e est
quod prius cognoscamus totum quam partes ; prius enim cognosci-
mus domum quadam confusa cognitione, quam distinguamu.s sin-
gulas partes eius. Sic igitur dicendum est quod definientia, absolute
considerata, sunt prius nota quam definitum: alioquin non notìfica-
retur definitum per ea. Sed secundum quod sunt parte·S definitionis,
sic sunt posterius nota: prius enim cognoscimus hominem qua.dam
confusa cognitione, quam sciamus distinguere omnia quae sunt de
hominis ratione.
An QUARTUM DICENDUM quod universale, secundum quod accipitur
cum intentione universalitatis est quidem quodammodo principium
cognoscendi, prout intentio universalitatis consequitur modum in-
telligendi qui est per abstractionem. Non a:utem est necesse quod
omne quod est principium c.ognoscendi, sit principium e.ssendi, ut
Plato existimavit: cum quandoque cognoscamus causam per effe-
ctum, et substantiam per accidentia. Unde universale sic acceptum,
secundum sententiam Aristotelis, non est principium essendi, neque
~ Il P. Blanche nota che questa dottrina ha dato origine alla denominazione
dell'astrazione metafisica, detta comunemente ar.trazione totale; sebbene non ri-
s11lt.t che s. Tommaso abbia ma.i usato questa terminologia, e preferisca parlare dJ
<'.hstracrto totws e di abst·ractto formac (ctr. r.rnanges Thom., Parigi, 192i, pr. 247,
!48\.
72 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, aa. 3-4
ARTICOLO 4
Se sia possibile conoscere molte cose simultaneamente.:
ARTICULUS 4
Utrum possimus multa simul intelligere.
Supra, q. 12, a. 10; q. 58, a. 2; i Sent., d. 3, q. 3, a. 4; 6, d. 14, a. 2, qc. 4;
1 cont. Gent., c. 55; De Verit., q. 8, a. 14; De Antma, a. 18, ad 5;
Quoàiib. 7, q. 1, a. 2.
SED CONTRA EST quod dicitur in libro 2 Topic. [c. 10], quod cc intel·
Iigere est unum solum, scire vero multa "·
RESPONDEO DICENDUM quod intellectus quidem potest multa int.elli·
gere per modum nnius, non autem multa per modum multorum:
dico autem per modum nnius vel multorum, per unam ve1 plures
species intelligibiles. Nam modus cuiusque actionis consequitur for.
mam quae est actionis principium. Quaecumque ergo intellectus po-
test intelligere sub una specie, simul intelligere potest: et inde est
quod Deus omnia simul videt, quia omnia videt per unum, quod
est essentia sua. Quaecumque vero intellectus per diversas species
intelligit, non simul intelligit. Et huius ratio est, quia impossibile
est idem subiectum perfici simul pluribus formis unius generis et
diversarum specierum: sicut impossibile e!rt quod idem corpus se-
cundum idem simul coloretur diversis coloribus, vel figuretur di·
versis figuris. Omnes autem species intelligibiles sunt unius generis,
quia sunt perfediones unius intellectivae potentiae; licet res qua·
rum sunt species, sint diversorum generum. ImP-Ossibile est ergo
quod idem intellectus simul perficiatur diversis speciebus intelligi·
bilibus, ad intelligendum diversa in actu.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod intellectus e.st supra tempus quod
est numerus motus corporalium rerum. S.ed ipsa pluralitas specie·
rum intelligibilium causat vicissitudinem quandam intelligibilium
operationum, secundum quam una operatio est prior altera. Et
hanc vicissitudinem Augustinus nominat tempus, cum dicit, 8 Super
Gen. ad litt. [cc. 20, 22], quod cc Deus movet creaturam spiritualem
per tempus ».
AD SECUNDUM DICENDUM quod non solum oppositae formae non
possunt esse simul in eodem subiecto, sed nec quaecumque formae
eiusdem generis, licet non sint oppositae: sicut patet per exem·
plum inductum [in corp.] de coloribus et figuris.
AD TERTIUM DICENDUM quod partes possunt intelligi dupliciter. Uno
modo, sub qu'adam confusione, prout sunt in toto: et sic cognoscun·
tur per unam formam totius, et sic simul cognoscuntur. Alio modo,
cognitione distincta, secundum quod quaelibet cognoscitur per suam
spedem: et sic non simul intelliguntur.
AD QUARTUM DICENDUM quod quando intellectus intelligit differen.
tiam vel compa.rationem unius ad alterum, cognoscit utrumque dif.
ferentium vel comparatorum sub ratione ipsius comparationis vel
differentiae; sicut dictum est [in resp. ad 3] quod cognoscit partes
sub ratione totius.
ARTICOLO 5
Se il nostro intelletto conosca raffrontando e contrapponendo
[i concetti]. 1
ARTICULUS 5
Utrum intellectus noster intelligat componendo et dividendo.
Supra, q. 58, a. 4.
AD QUINTUM SIC PROCEDITUR, Videtur quod intellectus noster non
intelligat componendo et dividendo. Compositio enim et divisio non
est nisi multorum. Sed intellectus non potest simul multa intelli-
gere. Ergo non potest intelligere componendo et dividendo.
2. PRAETEREA, omni compositioni et divisioni adiungitur tempus
praesens, praeteritum vel futurum. Sed intellectus abstrahit a tem-
pore, sicut etiam ab aliis particularibus conditionibus. Ergo intel-
lectus non intelligit componendo et dividendo.
3. PRAETEREA, intellectus intelligit per assimilationem ad res. Sed
compositio et divisio nihil est in rebus: nihil enim invenitur in
rebus nisi res quae signifìcatur per praedicatum et subiectum, quae
est una et eadem si compositio est vera ; homo enim est vere id quod
est animal. Ergo intellectus non componit et dividit.
SED CONTRA, voces significant conceptiones intellectus, ut dicit Phi-
losophus in 1 Perihem. [c. 1, lect. 2). Sed in vocibus est compositio
et divisio; ut patet in propositionibus a.ffirmativis et negativis. Ergo
intellectus componit et dividit.
RESPONDEO DICENDUM quod intelledus humanus necesse habet in-
telligere componendo et dividendo. Cum enim intellectus humanus
exeat de potentia in actum, similitudinem quandam habet cum rebus
generabilibus, quae non statim perfectionem suam habent, sed eam
successive acquirunt. Et similiter intellectus humanus non statim in
prima a.pprehe.nsione capit perfectam rei cognitionem ; sed primo
apprehendit aliquid de ipsa, puta quidditatem ipsius rei, quae est
primum et proprium obiectum intellectus ; et deinde intelligit pro-
prietates et accidentia et habitudines circumstantes rei essentiam.
Et secundum hoc, necesse habet unum apprehensum alii compo-
nere vel dividere ; et ex una compositione vel divisione ad aliam
procedere, quod est ratiocinari.
Intellectus autem angelicus et divinus se habet sicut res incor-
ruptihiles, quae statim a principio habent suam totam perfectio-
nem. Unde intellectus angelicus et divinus statim perfecte totam rei
cognitionem habet. Unde in cognoscendo quidditatem rei, wgnoscit
de re simul quidquid nos cognoscere possumus componendo et di-
videndo et ratiocinando. - Et ideo intellectus humanus cognoscit
posizioni che vengono poi formulati nelle proposizioni affermative o negative, me-
diante le quali ci esprimiamo. - Per chi desiderasse approfondire la questione in-
dichiamo l'opera del P. HOE:"EN, La théorte du jugemenc d'après S. Thomas
d'Aqutn, Roma, 1946.
~ Come si vede, la semplice apprensione non è davvero la sc\.enza, per il Dot.
tore Angelico. Si potrà parlare di scienza quando l'intelletto avrà sviluppato la
sua potenzialità radicale nelle operazi.oni del giudizio e del raziocinio. Soltanto
queste funzioni più complesse possono condurre la mente umana a un• indagine
scientifica e a una perfetta adeguazione con la realtà. - Non deve ingannare
l'affermazione più volte ripetuta che l'intelletto di primo acchito raggiunge la
quiddità delle cose ; perchè la quiddltà è appresa inizialmente nei suoi aspetti
più generici, come si è visto nell'articolo precooente.
78 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 5
ARTICOLO 6
Se l' intelletto possa ingannarsi. 1
' Il problema dell'errore è affrontato a più riprese nella Somma Teologica. Gli
fu già dedicata l'intera cr. 17: e in essa abbia.mo trovato un articolo, che pos-
siamo oonslderare quasi un duplicato del presente: "Utrum falsitas sit tn intel-
lectu "· - S. Tommaso però ha cercato di non ripetersi ; e per tale m-0t1vo ha tra-
lasciato qui di esporre I motivi meno immediati per la soluzi-0ne del quesito. Cfr.
voi. II, pp. 136-140. - Sul problema dell'errore vedi ROLAND-GOSSELIN M. D., "La
théorie thomiste de l'erreur" in Mélanges thomis!es, Parigi, 1934, pp, 253-274.
2 Le parole di S. Agostino possono servire a imjl-Ostare il problema nel suo
aspetto metafisico. Ogni errore, come ogni male, è un non essere. Ma qui si vuol
considerare Il problema da un punto di vista psicologico; e allora l'affermazione
non è del tutto a proposito. - Del resto anche quando si Insiste sul pian-0 metafi-
sico, S. Tommaso non si contenta di presentare l'errore come semplice negazione,
ma vuole che nella definizione stessa non si dimentichi il soggetto: anche l'er-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 81
ARTICULUS 6
Utrum intellectus possit esse falsus.
Supra, q. 17, a. 3; q, 58, a. 5; I Sent., d. 19, q. 5, a. 1, ad 7; I Cont. Gent., c. 59;
s, c. 108; De Verit., q. 1, a. 12; I Periherm., lect. 3; 3 De Anima, lect. 11;
6 :Metuphys., lect. 4; 9, lect. 9.
ARTICOLO 7
Se uno possa intendere una stessa cosa meglio di un altro. 1
1 Il quesito si presta assai bene a precisare altri aspetti della conoscenza Intel-
lettiva, e a prevenire errori di interpretazione cin:a la toor!a aristotelica. L'astra-
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL' INTELLEZIONE 83
ARTICULUS 7
Utrnm unam et eandem rem unus alio melius intelligere possit.
Supra, q. 12, a. 6, ad 1 ; 4 Sent., d. 49, q. 2, a. 4, ad 1 ; De Vertt., q. 2, a. 2, ad 11.
AD SEPTIML'M SIC PROCEDITL'R. Videtur quod unam et and€'1Il rem unus
alio melius intelligere non possit. Dicit enim Augustinus, in libro
Octoginta trium Quaest. [q. 32]: "Quisquis ullam rem aliter quam
est intelligit non eam intelligit. Quare non est dubitandum esse per-
fectam intelligentiam, qua praestantior esse non possit; et ideo non
per infinitum ire quod quaelibet res intelligitur; nec eam posse
alium alio plus intelligere n.
2. PRAETEREA, intellectus intelligendo verus est. Veritas autem, cum
sit aequalitas quaedam intellectus et rei, non recipit magis et mi-
nus: non enim proprie dicitur aliquid magis et minus aequale. Ergo
neque magis et minus aliquid intelligi dicitur.
3. PRAETEREA, intellectus est id quod est formalissimum in homine.
Sed differentia formae causat differentiam speciei. Si igitur unus
homo magis alio intelligit, videtur quod non sint unius speciei.
SED CONTRA EST quod per experimentum inveniuntur aliqui aliis
profundius intelligentes; sicut profundius intelligit qui conclusionem
ARTICOLO 8
Se lintelletto conosca gl' indivisibili prima delle cose divisibili.'
' "A proposito della dlsuguagl!anza delle nostre anime, avvertiva già 11 Gae-
tano, bisogna notare che sono contrari non soltanto quelli che confessRn-0 di dis-
sentire da· S. Tommaso, ma persino alcuni tomisti, fino al punto di sostenere che
non sarebbe Intenzione dJ S. Tommaw ammettere la disuguaglianza sostaJJziale
delle anime umane. Eppure egli apertamente ciò Insegna, sia qui nel corpo del-
l'articolo e nella ooluzione dell'ultima difficoltà, che nel ! Sent., d. 32. Perciò,
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 85
ARTICULUS 8
Utrum intellectus per prius intelligat indivisibile quam divisibile.
Supra, q. 11, a. 2, ad 4; 8 De Anima, lect. 11.
AD OCTAVUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus noster per
prius cognoscat indivisibile quam divisibile. Dicit enim Philoso-
phus, in 1 Physi.c. [c. 1, lect. 1], quod "intelligimus et scimus ex
principiorum et elementorum cognitione n. Sed indivisibilia sunt
6 - VI
86 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 85, a. 8
' E il celebre matematico greco, del sec. III a. c. La sua opera principale, Ele
mentt, in 13 libri, pare fosse una compilazione ricavata da opere più antiche.
PROCEDIMENTO E SVILUPPI DELL'INTELLEZIONE 87
stione 85. Ed è faci1e constatare che essa non ha il oostegno dell'esperienza, e che
™'riva da una concezione astratta e aprioristica del processo intellettivo.
QUESTIONE 86
Gli aspetti della realtà materiale conosciuti
dal nostro intelletto. 1
Passiamo ora a esaminare quali aspetti della realtà materiale
conosca il nostro intelletto.
Sull"argomenio si pongono quattro quesiti: 1. Se conosca i singo-
lari ; 2. Se conosca cose infinite ; 3. Se conosca i contingenti; 4. S&
conosca le cose future.
ARTICOLO 1
Se il nostro intelletto conosca i singolari.~
ARTICULUS 1
Utrum intellectus noster cognoscat singularia.
f Sent., d. 3, q. 3, a. 3, ad 1; 4, d. 50, q. t, a. 3; I Cont. G.ent., c. 65;
De Verit., •1. 2, aa. 5, 6; q. 10, n. 5; De .4ni.ma. a. 20; Quodllb. 7, q. t, a. 3;
12, q. 8; Otmsc. 29, De Princip. Indivtd.; 3 De .4ntma, lcct. s.
ARTICOLO 2
Se il nostro intelletto possa conoscere cose infinite. 2
ARTICULUS 2
Utrum intellectus noster possit cognoscere infinita.
De J'erit., q. 2, a. 9; Compend. Theo!., c. 133.
nesse pre~enw Io scopo cui mira la dimostrazione. :C v;ro infatti che· la divina
essenza abbraccia nella sua infinità i concetti ucleguati di tutti gli infiniti poten-
ziali; e qualche cosa di analogo avviene nell'anima umana di Cristo. l\Ia qui
s. Tommaso intende parlare della conoscenza umana nello stato presente. E al-
wra bisogna sottolineare la duplice funzione che un dato conoscitivo è chiamato
a svolgere nell'intellezione, e cioè la funzione di causn e <Juella di oggetto .. ora,
nessun infinito potenziale può "causare" nel nostro intelletto una nozione ade-
guata deIJa sua infinitezza; pokhè di attuale non ha che una sua parte (cfr. CAIE-
·TANUS, in h. a.).
96 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, aa. 2-3
mitata alla conoscenza delle cose materiali. Perciò, nella vita pre-
sente, noi possiamo conoscere Dio soltanto attraverso le sue crea-
ture materiali. Nella vita futura questa limitazione della nostra in-
telligenza sarà eliminata dalla gloria, e allora p-0tremo vedere Dio
nella sua essenza, senza però comprenderlo appieno.
2. Il nostro intelletto è fatto per conoscere le specie intelligibili
astratte dai fantasmi. Perciò uno non può conoscere nè in maniera
attuale nè in maniera abituale quelle specie dei numeri o delle
figure, che non sono passate dalla immaginativa. Può av.erne sem-
mai una conoscenza generica nei principii generali ; il che equivale
a una conoscenza potenziale e confusa.
3. Se due o più corpi si trovassero nel medesimo spazio, non sa-
rebbe necessario che vi entrassero uno dopo l'altro, e permettessero
così, con questa occupazione successiva, di enumerare distintamente
i vari corpi occupanti. Invece le specie intelligibili entrano nel no-
stro intelletto l'una dopo l'altra: poichè non è possibile intendere
più cose simultaneamente. E perciò necessario che le idee si tro-
vino nel nostro intelletto in numero non infinito ma limitato.
4. Il nostro intelletto ha una conoscenza dell' infinito proporzio-
nata alla infinità che p()Ssiede come potenza. Infatti esso possiede
una capacità in quanto non è limitato dalla materia corporea. Aven-
do inoltre la conoscenza degli universali, astratti dalla materia in-
dividuale, l'intelletto non è limitato a conoscere un individuo de-
terminato, ma di suo si estende a un'infinità di individui.
ARTICOLO 3
Se l'intelletto conosca le cose contingenti. 1
ARTICULUS 3
Utrnm intellectus sit cognoscitivus contingentium.
De Verit., q. 15, a. 2, ad 3; 6 Ethic., lect. 1.
ARTICOLO 4
Se il nostro intelletto conosca le cose future.
ARTICULUS 4
Utrum intellectus noster cognoscat futura.
Supra, q. 5i, a. 3; II-II, q. 95, a. 1; q. 172, a. 1; I Sent .• d. 38, a. 5, ad 2;
f!, d. 7, q. 2, a. 2; s Cont. Genr., c. 154; De Verit., q. 8, a. 12;
De Maio, q. 16, a. 7; Compenà. Tl!eoi., cc. 133, 134; In Isaiam, c. 3.
si tratta dei soli futuri conting.enti, dei quali è intessuta la vita umana, non del
futuro più o meno necesSllrio, legato all'inflm;;o di cause già esistenti e operanti.
Kell'articolo invece il problema non è circoscritto, ma abbraccia il futuro in tutti
I suoi aspetti.
100 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 4
7 - VI
102 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 86, a. 4
' Per la ftsica antica questi lnftussi sarebbero stati molto più este51 ed efileac!
di quanto noi pos.;iamo immaginare. Da essi sarebbero stati determinati I feno-
meni metereologicl, la generazione dBgl! animali, l'alterazione degli elementi, ecc.
CONOSCENZA UMANA DELLA REALTA MATERIALE 103
Non ll"T nulla l'astrologia. era la torma di dlvinazloue più apprezzata presso I
m€dl0cvall.
2 Ancl1e da questo brano risult:t chiaramente che l'astrologia era considerata
dai contemporanei dall'Aqulnat.e ccme la prima fonte dell'arte divinatoria.
QUESTIONE 87
In che modo l'anima intellettiva conosca se stessa,
e quanto in essa si trova. 1
ARTICOLO 1
Se l'anima intellettiva conosca se stessa
mediante la propria essenza. 1
1 Sl passa a considerare ltt conoscenza che noi abbiamo delle rose spirituali.
E si comincia con la questione delfcat.isslma dell'autocoscienza. Il problema è de-
licato, sia per la sua intrinseca difficoltà, &ia per le polemiche suscitate tra gli
stessi studiosi del pensiero tomistico.
QUAESTIO 87
Quomodo anima intellectiva seipsam, et ea
quae sunt in ipsa, cognoscat
tn quatuor arttcuios dtvtsa.
Deinde considerandum est quomodo anima intellectiva cognoscat.
seipsam, et ea quae in se sunt.
Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo: utrum cognoacat seipsam
per suam essentiam. Secundo: quomodo cognoscat habitus in se exi-
stentes. Tertio: quomodo intellectus cognoscat proprium actum.
Quarto: quomodo cognoscat actum voluntatis.
ARTICULUS 1
Utrum anima intellectiva seipsam cognoscat per suam essentiam.
Supra, q. 14, a. 2, ad 3; 1 Cont. Gent., c. 75; S, c. 46; De Vertt., q. 8, a. 6;
q. 10, a. 8; De Antma, a. 16, ad 8; 1 De Anima, lect. 6; 3, lect. 9.
sua presenza. 1 Per avere invece l'altra cognizione della mente non
basta la sua presenza; ma si richiede un'indagine diligente e sot-
tile. Molti infatti ignorano la natura dell'anima, e non pochi hanno
errato in proposito. Per questo S. Agostino, parlando di tale ri-
cerca, scrive: «La mente non cerchi di scorgere se stessa come cosa
assente ; ma cerchi come presente di arrivare a discernere se stessa•>,
cerchi cioè di conoscere la sua differenza dalle altre cose, vale a dire
cerchi di conoscere la propria quiddità o natura.
SoL uzIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La mente conosce se stessa per se
stessa, poichè arriva finalmente alla conoscenza di se medesima,
sebbene ci arrivi mediante il proprio atto: essa stessa è oggetto
di conoscenza, poichè essa stessa è oggetto del suo amore, come
aggiunge S. Agostino medesimo. • Una cosa infatti si può dil'e co-
nosciuta per se stessa per due motivi: o perchè si arriva alla
sua· oognizione senza intermediari, come avviene per i primi prin-
cipii per sè noti ; o perchè non è conoscibile per via indiretta [per
accidens]. Il colore, p. es., direttamente soltanto è visibile, mentre
la sostanza è visibile per via indiretta [per accidens].
2. L'essenza dell'angelo si trova come atto nel genere delle realtà
intellettuali, perciò può essere insieme intelletto conoscente e oggetto
conosciuto. Per questo l'angelo conosce la propria essenza senza in-
termediari. Non cosi l'intelletto umano: il quale, o è totalmente in
potenza rispetto agli oggetti intelligibili, come I' intelletto possibile,
oppure è atto di specie intelligibili astratte dai fantasmi, come è l' in-
telletto agente.
3. L'affermazione del Filosofo è universalmente vera per ogni in-
telletto. Infatti come il senso nell'atto del sentire si identifica con
l'oggetto sensibile, perchè limmagine dell'oggetto sensibile costitui-
sce allora la sua forma d.i senso in atto; c-0sì nell'atto dell'intendere
l'intelletto si identifica col suo -0ggetto, perchè l'immagine inten-
zionale dell'oggetto conosciuto costituisce allora la sua forma di in-
telletto in atto. E poichè l'intelletto umano diviene attuale mediante
l'immagine conoscitiva del suo -0ggetto, dovrà essere conosciuto an-
ch'esso mediante l'immagine che ne costituisce la forma. Perciò,
dire che cc nelle cose prive di materia I' intelletto s'identifica con
l'oggetto conosciuto», ·equivale ad affermare che cc nelle cose attual-
mente conosciute l'intelletto si identifica con l'oggetto conosciuto·»;
poichè un oggetto è conosciuto in maniera attuale per il fatto che
è privo di materia. C' è però da notare una differenza: la natura di
alcuni esseri esclude la materia, come avviene per le sostanze sepa-
rate, che noi chiamiamo angeli, ognuna delle quali è insieme cono-
sciuta e conoscente. Esistono invece altri esseri che non escludono
• Non è <tetto però che anche in questo caso l 'autocosci0nza pos5a pré'Scindere
da. un a.tto Intellettivo )lrev.lo, avente per oggetto una qualsiasi quidctità cori:o-
rea. - Si può parlare Impropriamente di cognizione immediata del soggetto cono-
seente, in quanto que-st'ultlmo viene percepito nella stessa immagine eid·etica, che
serve per la conoscenza di un qualsiasi altro oggetto. - Anche qui è utile ricor-
dare la plurlvalenza delle spocfe inrenzi<mali (cfr. Introd., nn. 6, 7).
" Nelle opere giovanili (De Vertt., q. 10, a. 8; I Sent., d. 3, q. 4, a. 5l l'Aquinate
si era espresso in maniera più condiscendente per la tesi di S. Airnstino. Ma ri-
sulta ben chiaro che i due massimi tllooofl cristiani non concordano sull'argo-
mento. Il platonismo dell'uno esigeva l'autocoscienza immediata dell'anima urna.
na, l'aristotelismo dell'altro richiedeva la negazione di oizni conoscenza anteriore
a un atto Intellettuale definito, esercitato sulla realtà sensibile. Di fronte all'affer-
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 109
cognitionem de mente habendam, non sufficit eius praesentia, sed
requiritur diligens et subtilis inquisitio. Unde et multi naturam ani-
mae ignorant, et multi etiam circa naturam animae e·rraverunt.
Propter quod Augustinus dicit, IO De Trin. [c. 9], de tali inquisitione
mentis: «Non velut absentem se quaerat mens cernere; sed prae-
sentem quaerat discernere>>, id est cognoscere differentiam suam ab
aliis rebus, quod est cognoscere quidditatem et naturam suam.
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod mens seipsam per seipsam novit,
quia tandem in sui ipsius cognitionem pervenit, licet per suum
actum: ipsa enim est quae cognoscitur, quia ipsa seipsam amat, ut
ibidem subditur. Potest enim aliquid dici per se notum dupliciter:
vel quia per nihil aliud in eius notitiam devenitur, sicut dicuntur
prima principia per se nota ; vel quia non sunt cognoscibilia per
accidens, sicut color est per se visibilis, substantia autem per acci-
dens.
An SECUNDUM DICENDUM quod essentia angeli est sicut actus in ge•
nere intelligibilium, et ideo se habet et ut intellectus, et ut intel-
lectum. Unde angelus suam essentiam per seipsum apprehendit. Non
autem intellectus humanus, qui vel est omnino in potentia respectu
intelligibilium, sicut intellect.us possibilis ; vel est actus intelligibi-
lium quae abstrahuntur a phantasmatibus, sicut intellectus agemr.
An TERTiliM DICENDUM quod verbum illud Philosophi universaliter
verum est in omni intellectu. Sicut enim sensus in actu est sensi-
bile, propter similitudinem sensibilis, quae est forma sensus in actu ;
ita intellectus in actu est intellectum in actu, propter similitudinem
rei intellectae, quae est forma intellectus in actu. Et ideo intellectus
humanus, qui fìt in actu per speciem rei intellectae, per eandem spe-
ciem intelligitur, sicut per formam suam. Idem autem est dicere
quod "in bis quae sunt sine materia, idem est intellectus et quod
intelligitur », ac si diceretur quod "in his qua e sunt intellecta in
actu, idem est intellectus et quod intelligitur": per hoc enim ali:
quid est intellectum in actu, quod est sine materia. Sed in hoc est
differentia, quia quorundam essentiae sunt sine materia, sicut sub-
stantiae separatae quas angelos dicimus, quarurn unaquaeque et est
intellecta et est intelligens: sed quaedam res sunt quarum essentiae
ARTICOLO 2
Se il nostro intelletto conosca immediatamente nella loro essenza
gli abiti dell'anima.
ARTICULUS 2
Utrum intellectus noster cognoscat habitus animae
per esseutfam eorum.
11 Sent .. d. 23, q. 1, a. 2; De Ve1ft., q. 10, a. 9; Quodltl'J. 8, q. 2, a. 2.
ARTICOLO 3
Se lintelletto conosca il proprio atto.
ARTICULUS 3
Utrum intellectus cognoscat proprium actum.
Il Sent., d. 23, q. 1, a. 2, ad 3; 2 Cont. Gent., c. 75; De Verte., q. 10, a. 9;
~ De Anima, lect. 6.
2 Gli scolastici p.osterlorl distinguono tre oggetti formali per l' iDtel!igenza
11mana, partendo dalla considerazione che Il nostro intelletto può trovarsi in due
~ondlzioni assai diverse: nello stato di unione col corpo, e nello stato di sepa-
~azlone. Astrattamente c.onsiderat-0 l'intelletto umano ha come oggetto formale
:omu:ne l'ente in quanto ente. Neilo stato di unione col e-0rpo ha come oggetto
'armale proprto la quiddità delle cose materiali, e cioè l'ente corporeo. Nello stato
Il separazione avrà come oggetto formale proprio l'ente in quanto ente, con le
.imitazioni di un'anima, fatta per anim.are un corp-0, e cioè ~r l'unione sostan-
'.i.ale con un organismo.
11& LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, aa. 3-4
ARTICOLO 4
Se lintelletto conosca l'atto della volontà.
t Per la riflessione totale di una potenza sl esige l' immarerialità. Ecco perchè
l'esperienza sicura della rinesslone intellettiva è una prova apodittica della spi-
ritualità df'lla IWstra anima.
• L"espressione di S. Agostino non è soltanto una testimonianza autorevole, ma
vale come argomento di esperienza. - S. Tommaso ha voluto spiegare razional·
AUTOCOSCIENZA DELL'ANIMA 117
Ao TERTIUM DICENDUM quod sensus proprius sentit secundum im-
mutationem materialis organi a sensibili exteriori. Non est autem
possibile quod aliquid materiale imrnutet seipsum ; sed unum im-
mutatur ab alio. Et i<leo actus sensus proprii percipitur per sensum
communem. Sed intellectus non intelligit per materialem immuta-
tionem organi: et ideo non est simile.
ARTICULUS 4
Utrum intellectus intelligat actum voluntatls.
Supra, q. 82, a. 4, ad 1 ; 8 Sent., d. 23, q. 1, a. 2, ad 3.
Ao QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectus non intelligat
actum voluntatis. Nihil enim cognoscitur ab intellectu, nisi sit ali-
quo modo praesens in intellectu. Sed actus voluntatis non est prae-
sens in intellectu: cum sint diversae potentiae. Ergo actus volun-
tatis non cognoscitur ab intellectu.
2. PRAETEREA, actus habet speciem ab obiecto. Sed obiectum volun-
tatis differt ab obiecto intellectus. Ergo et actus voluntatis speciem
habet diversam ab obiecto intellectus. Non ergo cognoscitur ab intel-
lectu.
3. PRAETEREA, Augustinus, in libro 10 Confess. [c. 17], attribuit af-
fectionibus animae quod cognoscuntur "neque per imagines, sicut
corpora; neque per praesentiam, sicut art.es; sed per quasdam no-
tiones "· Non videtur autem quod possint esse aliae notiones rerum
in anima, nisi vel essentiae rerum cognitarum, vel earum similitu-
dines. Ergo impossibile videtur quod intellectus cognoscat affectiones
animae, quae sunt actus voluntatis.
SED co~TRA EST quod Augustinus dicit, 10 De Trin. [c. 11]: "Intel-
ligo me velle ».
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra (q. 59, a. 1] dictum est.
actus voluntatis nihil aliud est quam inclinatio quaedam consequens
formam intellectam, sicut appetitus naturalis est inclinatio conse-
cruens formam naturalem. Inclinatio autem cuiuslibet. rei est in ipsa
re per modum eius. Unde inclinatio naturalis est naturaliter in re
rraturali ; et inclinatio quae est appetitus sensibilis, est sensibiliter
ln sentiente; et similiter inclinatio intelligibilis, quae est actus vo-
untatis, est intelligibiliter in intelligente, sicut in principio et in
Jroprio subiecto. Unde et Philosophus hoc modo loquendi utitur in
1 De Anima [c. 9, lect. 14], quod "voluntas in ratione est"· Quod
mtem intelligibiliter est in aliquo intelligente, consequens est ut ab
~o intelligatur. Unde actus voluntatis intelligitur ab intellectu, et
.nquantum aliquis percipit se velle; et inquantum aliquis cognoscit
1aturam huius actus, et per consequens naturam eius principii, quod
Jst habitus vel potentia.
nente questo fatto che è alla portata di tutti, in un articolo dove la finezza del-
'osservazione psicologica si trasforma In riflesstone metafisica.
• Due sono le maniere in cui possiamo conoscere intellettualmente ratto della
·oiontà: mediante la semplice esperienza volgare. o mediante l' ind<lg"ine sclen·
!fica. Nell'un caso come nell'altro il perfetto paral1elismo esistente tra le varie
pecie di appellti (vedi Dtz. Tom.) assicura il possesso in:telletttvo della volizione.
8 ·VI
118 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 87, a. 4
ARTICOLO 1
Se l'anima umana nella vita presente possa avere la conoscenza
immediata 1 delle sostanze immateriali.
SEMBRA che l'anima umana nello stato della vita presente possa
avere la conoscenza immediata delle sostanze immateriali. Infatti:
1. Scrive S. Agostino: « La mente, come ricava le sue nozioni in-
torno alle cose materiali dai sensi del corpo, cosi le ricava da se
stessa intorno agli esseri incorporei"· Ora questi esseri non sono
altro che le sostanze immateriali. Dunque la mente ha la perce-
zione delle sostanze immateriali.
2. Ogni cosa diviene conosciuta mediante una cosa consimile. Ora
la mente umana è più simile agli esseri immateriali che a quelli
materiali, essendo essa immateriale, come abbiamo dimostrato so-
pra. Se dunque essa percepisce le cose materiali, molto più perce-
pirà quelle immateriali.
3. I sensibili di somma intensità non sono percepibili in grado
sommo da noi, perchè la loro intensità rovina i sensi. Invece I' in-
tensità di ordine intellettivo non rovina l' intelletto, come dice Ari-
stotele. Perciò gli oggetti, che per se stessi sono sommamente intel·
ligibili, sono sommamente intelligibili anche per noi. Inoltre, sic-
come le cose materiali sono intelligibili solo perchè siamo noi a
renderle attualmente intelligibili, astraendole dalla materia, è chiaro
che quelle sostanze che per loro natura sono immateriali sono per
se stesse più intelligibili. Queste perciò ·sono da noi meglio cono-
sciute delle cose materiali.
4. Fa notare il Commentatore che se noi non potessimo conoscere
le sostanze immateriali, cc allora la natura avrebbe agito senza scopo ;
formando degli esseri per se stessi conoscibili, che di fatt-0 non sareb-
1 Abbiamo tradotto con questo aggettivo Il •per seipsru; • del testo latino ; ma
è evidente che si tratta di una immediatezza, quale potrebba essere quella della
semplice apprensione. In sostanza, ci si domanda se l'uomo: nello stato della vita
presente, possa avere specie proprie e adeguate della realtà Immateriale, senza
bisogno di ricorrere al ragionamento e alle analogie tratte dalle cose corporee. -
QUAESTIO 88
Quomodo anima humana cognoscat ea
quae supra se sunt
tn tres articulos divtsa.
ARTICULUS 1
Utrum anima humana, secundum statum vitae praesentis, possit
intelligere substantias immateriales per seipsas.
Il Cont. Gent., c. 60; 3, cc. 42-46; ne Verit., q. 10, a. 11; q. 18, a. 5, ad 7, 8:
De .4.ntma, a. 16; In De Trtn., q. 6, a. 3; Il Metaphys., lcct. t.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima humana, secun-
dum statum vitae praesentis, possit intelligere substantias imma-
teriales per seipsas. Dicit enim Augustinus, in 9 De Trin. [c. 3]:
" Mens ipsa, sicut corporearum rerum notitias per sensus corporis
colligit, sic incorporearum rerum per semetipsam "· Huiusmodi au-
tem sunt substantiae immateriales. Ergo mens substantias imma-
teriales intelligit.
2. PRAETEREA, simile simili cognoscitur. Sed magis assimìlatur mens
humana rebus immaterialibus quam materialibus: cum ipsa mens
sit immaterialis, ut ex supradictis [q. 76, a. 1] patet. Cum ergo
mens nostra intelligat res materiales, multo magis intelligit res im-
materiales.
3. PRAETEREA, quod ea quae sunt secundum se maxime sensibilia,
non maxime sentiantur a nobis, provenit ex hoc quod excellentiae
sensibilium corrumpunt sensum. Sed excellentiae intelligibHium non
corrumpunt intellectum, ut dicitur in 3 De Anima [c. 4, lect. 7]. Ergo
ea quae sunt secundum se maxime intelligibilia, sunt etiam maxime
intelligibilia nobis. Sed cum res materiales non sint intelligibiles
nisi quia facimus eas intelligibiles actu, abstrahendo a materia;
rnanifestum est quod magis sint secundurn se intelligibiles substan-
tiae quae secundum suam naturarn sunt immateriales. Ergo multo
magis intelliguntur a nobis quam res materialcs.
4. PRAETEREA, Commentator dicit, in 2 Metaphys. [comm. 1], quod
si substantiae abstractao non possent intelligi a nobis, « tunc na-
Quello che preoccupa l'Autore non è semplicemenoo la negazione di una tale possi-
bilità, bensl la costruzione di una teoria ragionevole intorno alla conoscenza
umana degli esseri soprasensibili. Ma in questo primo articolo egli si ferma a
confutare le opinioni false o pericolose, specialmente quella averroista. Soltanto
il periodo storico in cui fu scritto può spiegare la completezza e la vivacità pole-
mica dell'articolo, contro la posizione di Averroè e dei sU-Oi seguacJ.
122 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1
tura otiose egisset: quia fecit illud quod est naturaliter in se in-
tellectum, non intellectum ab aliquo ». Sed nihil est QtiOSum sive
frustra in natura. Ergo substantiae immateriales possunt intelligi
a nobis.
5. PRAETEREA, sicut se habct sensus ad sensibilia, ita se habet in-
tellectus ad intelligibilia. Sed visus noster potest videre omnia cor-
pora, sive sint superi-0ra et incorruptibilia, sive sint inferiora et
corruptibilia. Ergo intellectus noster potest intelligere omnes sub-
stantias intelligibiles, et superiores et immateriales.
SED CONTRA EST quod dicitur Sap. 9, 16: "Quae in caelis sunt, quis
investigabit? ». In caelis autem dicuntur huiusmpdi substantiae
esse; secundurn illud M atth. 18, IO: "Angeli eorum in caelis,, etc.
Ergo n-0n possunt substantiae immateriales per investigati.onero hu-
manam cognosci.
RESPONDEO DICENDUM quod secundum opinionem Platonis, substan-
tiae immateriales non solum a nobis intelliguntur, sed etiam sunt
prima a nobis intellecta. Posuit enim Flato formas immateriales
subsistentes, quas ideas vocabat, esse propria obiecta nostri intel-
lectus: et ita primo et per se intelliguntur a nobis. Applicatur ta-
men a.nimae cognitfo rebus materialibus, secundum quod intellectui
permiscetur phantasia et sensus. Unde quanto magis intellectus fue-
rit depuratus, tanto magis percipit immaterialium inteUigiibilem ve-
ritatem.
Sed secundum Aristotelis sententiam, quam magis experimur, in-
tellectus noster, secundum statum praesentis vitae, naturalem re-
spedum habet ad naturas rerum mat.erialium; unde nihil intelligit
nisi convertendo se ad p.hantasmata, ut ex dictis [q. 84, a. 7] patet.
Et sic manifestum est quod substantias immateriales, quae sub sensu
et imaginatione non cadunt, primo et per se, secundum modum co-
gnitionis nobis expertum, intelligere non possumus.
Sed tamen Averroes, in Comment. Tertii De Anima [comm. 36 in
digressionel, ponit quod in fine in hac vita homo pervenire potest
ad hoc quod intelligat suhstantias separatas, per continuationem vel
unionem cuiusdam substantiae separatae nobis, quam vocat "in-
tellectum agentem '" qui quidem, cum sit substantia separata, na-
turaliter substantias separatas intelligit. Unde cum fuerit nobis
perfecte unitus, sic ut per eum perfecte int~lligere possimus, intelli-
giemus et nos substantias separatas; sicut nunc per intellectum pos-
sibilem nobis unitum intelligimus res materiales. - Ponit autem in-
tellectum agent.em sic nobis uniri. Cum enim nos intelligamus per
intellect11m agentem et per intelligibilia speculata, ut patet cum
conclusiones intelligimus per principia intellecta; necesse est quod
intellect11s agens comparetur ad intellecta speculata vel sicut agens
principale ad instrumenta, vel sicut forma ad materiam. His enim
iuobus modis attribuitur actio aliqua duobus principiis: principali
:iuidem agenti et instrumento, sicut sectio artifici et serrae; formae
1utem et subiecto, sicut calefactio calori et igni. Sed utroque modo
lntellectus agens comparabitur ad intelligibilia speculata sicut per-
rectio ad perfectibile, et actus ad potentiam. Simul autem recipitur
in aliquo perfectum et perfectio; sicut. visibile in actu et lumen in
rnpilla. Simul igitur in intellectu possibili recipiuntur intellecta
;peculata et intellectus agens. Et quanto plura intellecta speculata
~ecipimus, tanto magis appropinquamus ad hoc quod intellectus
124 LA 801\fMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1
agens perfecte uniatur nobis. Jta quod cum omnia intellecta spe-
culata cognoverimus, intellectus agens perfecte :u11ietur nobis; et
poterimus per eum omnia cognoscere materialia et immaterialia. Et
in hoc ponit ultimam hominis felicitat.em. - Nec refeirt, quantum ad
propositum pertinet, utrum in ilio statu felicitatis inteJlectus pos.si-
bilis intelligat substantias separatas ·per intellectum agentem, ut
ipse sentit: vel, ut ipse imponit Alexandro [De Anima, loc. cit.], in-
tellectus possibilis nunquam intelligat substantias separatas (propter
hoc quod ponit intellectum possibilem corruptibikm), sed homo in-
telligat substantias separatas per intellectum agentem.
Sed praedicta stare non possunt. Primo quidem quia, si intellectus
agens est substantia separata, impossibile e.st quod per tpsam for-
maliter intelligamus: quia id quo formaliter agens agit, est forma
et actus agentis; cum omne agens agat inqiuantum est aetu. Sicut
etiam supra [q. 76, a. 1) dictum est circa intellectum possibilem.
Secundo quia, secundum modum praedicturn, inte.Hectus agens, si
est substantia separata, non uniretur nobis secundum suam sub-
stantiam ; sed solum -lumen eiu.s, secundum quod participatur in
intellectis gpeculativis; et non quantum ad alias acticmes intellectus
agentis, ut possimus per hoc inteHigere substantias immateriales.
Sicut durrn videmus colores illuminatos a sole, non unitur nobis sub-
stantia solis, ut possimus actiones solis agere ; sed solum nobis uni-
tur lumen solis ad visionem colorUil1.
Tertio quia, dato quod sectrndum modum praedictum uniretur no-
bis substantia intellectus agentis, tamen ipsi non ponunt. quod intel-
lectuiS ag,ei1s totaliter uniatur nobis secundum unum intelligibile vel
duo, sed secundum omnia intellecta speculata. Sed omnia intellocta
speculata deficiunt a virtute intellectus agentis: quia multo plut> est
intelligere substantias separatas, quam intelligere omnla mateTia-
lia. Unde manifestum est qu-0d etiam intellectis omnibus materia-
libus, non sic uniretur intellectus agens nobis, ut possemus intelli-
gere per eum substantias separatas.
Quarto, quia intelligere omnia intellecta mate,rrialia vix contingit
alicui in hoc munda; et sic nullus, ve! pauci ad felicitatem perve-
nirent. Quod .est contra Philosophum, in 1 Ethic. [c. 9, lect. 14], qui
dicit quod felicitas .est « quoddam bonum commune, quod potest per-
venire omnibus non orbatis ad virtutem ». - Est etiam contra ratio-
nem quod fìnem alicuius speciei ut in paucioriibus consequantrnr ea
quae continentur sub specie.
Quinto, quia Philosophus dicit expresse, in I Ethic. [c. 10, I.ed. 16],
quod fe!icitas est « operatio secundum perfectam virtutem ». Et enu-
meratis multm virtutibus, in Decimo, concludit [c. 8, lect. 12) quod
felicitas ultima, consistens in cognitione maximorum inte.Jligibilium,
est secundum virtutem ·Sapientiae, quam posuerat in Sexto [c. 7,
lect. 6] esse caput scientiarum speculativarum. Unde patet quod
Aristoteles posuit ultimam felicitatem hominis in cognitione sub-
stantiarum separatarum, qualis potest haberi per scientias specu-
Iativas: et non per continuationem intellectus agentis a quibusdam
confìctam.
' Gl! argomenti che seguono sono da considerarsi come semplici argomenti di
autorità. Ma l'autorità di Aristotele valeva per gli Averroisti più di qualsiasi ra-
gione.
126 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 1
Sexto, quia supra [q. 79, a. 4] ostensum est quod intellectus agens
non est substantia separata, sed virtus quaedam animae, ad eadem
active se extendens, ad quae se extendit intellectus possi.bilis recep-
tive: qu.ia, ut dicitur in 3 De Anima [c. 5, Iect. 10], intellectus pos-
sibilis est «quo est omnia fieri n, intellectus agens «quo est omnia
facere n. Uterque ergo intellcctus se extendit, secundum staturn prae-
sentis vitae, ad materialia sola ; quae intellectus agens facit intelli-
gibilia actu, et rec.ipiuntur in intellectu possibili. Unde secundum
statum praesentis vitae, neque per intellectum possibilem, neque per
intellectum agentern, possumus intelligere substantias immateriales
secundum seipsas.
An PRIMUM ERGO DICENDUM quod ex illa auctoritate Augustini haberi
potest quod illud quod mens nostra de cognitione incorporalium re-
rum accipere potest, per seip.sam cognoscere possit. Et hoc· adeo
verum est, ut etiam apud philosophos dicatur quod scientia dé anima
est principiurn quoddam ad cognoscendum substantias separatas.
Per hoc enim quod anima nostra cognoscit seipsam, pertingit ad
cognitionem aliquam habendam de substanttis incorporeis, qualem
earn contingit habere: non quod simpliciter et perfecte eas cogno-
scat, cognoscendo seipsam.
Ao SEceNDUM DICENDUM quod similitudo naturae non est ratio suf-
ficiens ad cognitionem: alioquin oporteret dicere quod Empedocles
dixit, quod anima esset de natura omnium, ad hoc quod omnia co-
gnosceret [cfr. ARIST., I De Anima, c. 2, lect. 4]. Sed requiritur ad
cognoscendum, ut sit similitudo rei cognitae in cogno5eente quasi
quaedam forma ipsius. Intellectus autem noster possibilis, secun-
dum statum praesentis vitae, est natus informari similitudinibm1
rerum materialium a phantasmatibus abstractis: et ideo cognoscit
magis materialia quam substantias immateriales.
Ao TERTIUM DICENDUM quod requiritur aliqua proportio obiecti ad
potentiam cognoscitivam, ut activi ad passivum, et perfectionis ad
perfectibile. Unde quod excellentia sensibilia non capiantur a sensu,
non sola ratio est quia corrumpunt organa sensibilia; sed etiam quia
sunt improportionata potentiis sensitivis. Et hoc modo substantiae
imrnateriales sunt improportionatae intellectui nostro, secundum
praesentem statum, ut non possint ab eo intelligi.
An QUARTU:M DICENDUM quod illa ratio Commentatoris multipliciter
deficit. Primo quidem, quia non sequitur quod, si substantiae sepa-
rata.e non intelliguntur a nobis, non intelligantur ab aliquo intel-
Iectu: intelliguntur enim a seipsis, et a se invicem. - Secundo, quia
non est finis substantiarum separatarum ut intelligantur a nobis.
Illud autem otiose et frustra esse dicitur, quod non consequitur
finem ad quem est. Et sic non sequitur substantias immateriales
esse frustra, etiam si nullo modo intelligerentur a nobis.
An QUINTUM DICENDUM quod eodem modo sensus cognoscit et su-
periora et inferiora corpora, scilicet per immut.ationem organi a sen-
sibili. Non autem eodem modo intelliguntur a nobis substantiae ma-
teriale.s, quae intelliguntur per modum abstractionis ; et substan-
tiae immateriales, quae non possunt sic a nobis intelligi, quia non
sunt earum aliqua phantasmata.
128 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 88, a. 2
ARTICOLO 2
Se il nostro intelletto possa raggiungere la conoscenza delle sostanze
immateriali, mediante la conoscenza delle cose materiali. 1
ARTICULUS 2
Utrum intellectus noster per cognitionem rerum materialium possit
pervenire ad intelligendum substantias immateriales.
4 Sent., d. 49, q. 2, a. 7, ad 12; ~ cont. Gent., c. 41; De Vertt., q. 18, a. 5, ad 6;
De Antma, a. 16; In De Trtn., q. 6, aa. 3, 4; I Poster., J.ect. 41 ; De Causis, lect. 7.
ARTICOLO 3
Se Dio sia il primo oggetto conosciuto dalla mente umana. 2
SEMBRA che Dio sia il primo oggetto conosciuto dalla mente umana.
Infatti:
1. Quello in cui sono cono!!eiute tutte le llltre cose, e in forza del
quale giudichiamo di esse, è il primo oggetto della nostra cono-
i con questa espressione S. Tommaso Intende nega.re soltanto la possibilità di
avere su Dio nozioni positive specifiche e generiche, non già di escludere le ana-
log·le di proporz:Lonalità propria tra Dio e le perfezioni delle cose create, che per.
mettono di raggiungere una conoscenza positiva della divinità. Vedere in pro·
posito vol. I, pp. 296-304.
2 Stefano Gilson fa notare l'inconsistenza dell'accusa tante volte ripetuta con.
tro i filosofi cristiani medioevali, di porre Dio come oggetto naturale della nostra
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 131
ARTICULUS 3
Utrum Deus sit primum quod a mente humana cognoscitur.
Tn De Trin .• q. 1. a. 3.
pub e<;.<;ere Invece rivolta agli ontol<>glstl post-cartesiani ; ma essi sono più lon-
tani dal t-Omismo (per fermarsi a uno dei tanti sistemi &rolastlcl), che da qual-
siasi altro sistema ftlOllOftOO moderno.
CONOSCENZA DELLE COSE SUPERIORI 133
• Per ribadire questo asslo1na evangelico. la Chiesa d.ovet.te intervenire nel 1861,
ondannando sette proposizioni tratte dalle opere degli ontologisti (clr. DENZ.,
659 ss.). Il più noto tra i filosofi colpiti era Vincenzo Gioberti.
9 - Yl
QUESTIONE 89
La conoscenza dell'anima separata. 1
ARTICOLO 1
Se l'anima separata possa avere l'intellezione di qualche cosa.
ARTICULUS 1
Utrum anima separata aliquid intelligere possit.
Il scnt., d. 31, q. 2, a. 4; >, d. 50, q. 1, a. 1; !! Cont. Geni., c. 81;
De Vcrit., q. 19, a. 1; De Anima, a. 15; QuodUIJ. 3, q, 9, a. 1.
propria dell'anima, non può avvenire che essa si separi». Ora in-
vece avviene che essa si separa dal corpo. Dunque l'anima ha una
sua operazione specifica; e questa sarà principalmente l' intelle-
zione. Perciò l'anima può conoscere intellettualmente nello stato di
separazione- dal corpo.
RISPONDO: La difficoltà della presente questione dipende dal fatto
che l'anima, finchè è unita al corpo, non può intendere nulla senza
volgersi ai fantasmi, come risulta dall'esperienza. Se ciò non dipen-
desse dalla natura dell'anima, ma solo dal fatto accidentale di es-
sere legata al corpo, come pensavano i platonici, tutto si risolve-
rebbe facilmente. Allora, una volta eliminato I' impedimento del
corpo, l'anima ritornerebbe alla sua natura, cioè tornerebbe a per-
cepire gli intelligibili puri, senza bisogno di volgersi ai fantasmi,
come avviene per le altre sostanze separate. Però in questo caso non
sarebbe unita al corpo a vantaggio dell'anima stessa, poichè la sua
intellez.ione sarebbe peggiore nello stato di unione che in quello di
separazione; ma l'unione avverrebbe solo a vantaggio del corpo:
cosa irragionevole, essendo la materia subordinata alla forma, e
non viceversa.' - Ma se ammettiamo che l'anima deve alla propria
natura l'esigenza di conoscere volgendosi ai fantasmi, siccome la
natura dell'anima non muta per la mo~ del corpo, ·sembra logico
che l'anima non possa più conoscer nulla naturalmente, allorchè
non avrà più a disposizione dei fantasmi a cui volgersi.
Per eliminare questa difficoltà bisogna riflettere che ogni cosa
opera soltanto in quanto è in atto; perciò il modo di operare di
ciascuna cosa corrisponde al modo di essere della medesima. Ora,
è diverso il modo di essere dell'anima quando è unita al corpo e
quando ne è separata, sebbene resti identica la sua natura. La sua
unione col cprpo però non è per essa accidentale, poichè l'anima è
unita al corpo in forza della sua natura; così la natura del corpo
leggero non muta quando dal suo luogo naturale passa a un altro
che non gli compete per natura. Perciò, quando l'anima si trova
nel suo stato di unione col corpo, le compete il modo di intendere
mediante la riflessione sui fantasmi delle cose corporee, presenti
negli organi di senso; quando invece sarà separata dal corpo, al-
lora le competerà l' intellezione che si effettua volgendosi alle cose
che sono intelligibili per essenza, come avviene per le altre sostanze
separate. Perciò l'intellezione mediant.e la riflessione sui fantasmi
è naturale per l'anima, come ].o è la sua unione col corpo: mentre
l'esistenza separata dal corpo non è conforme alla sua natura, 2 così
pure non è cosa naturale per l'anima conoscere senza volgersi ai
fantasmi. Quindi l'anima è unita al corpo per avere un'esistenza e
un'operazione conforme alla sua natura.
Ma qui sorge una nuova difficoltà. La natura infatti è sempre or-
dinata al meglio ; ora, è certamente meglio conoscere volgendosi alle
cose essenzialmente intelligibili, che ai fantasmi; Dio quindi avrebbe
dovuto formare la natura dell'anima in maniera da renderle natu-
rale il processo conoscitivo più nobile, s.enza costringerla per que-
sto all'unione col corpo.
quod «si non est alìqua opeiraUonum animae propria, non cootingit
ipsam separari ». Contingit autem ipsam separari. Ergo habet ali-
quam operationem propriam ; et maxime eam quae est intelligere.
lntelligit ergo sine corpore existens.
RF.SPONDEO DICENDUM quod ista quaestio difficultatean habet ex hoc
quod anima, quandiu est corpori coniuncta, non potest aliquid intel-
ligere nisi convertendo se ad phantasmata, ut per experimentum pa-
tet. Si autem· hoc non est ex natura animae, sed peir accidens hoc
convenit ei ex eo quod corpori alligatur, ·sicut Platonici posuerunt,
de facili quaestio solvi posset. Nam remoto impedimento corporis,
rediret anima ad suam naturam, ut intelligeret intelligibilia simpli-
citer, non convertendo se ad p.hantasmata, sicut est de a.Uis sub-
stantiis separatis. Sed secundum hoc, non esset anima corpori unita
propteir roelius animae, si peius intelligeret corpori unita quam se-
parata; sed hoc esset solum propter melius corporis: quod est irra-
tionabile, curo materia sit propter formam, et non e converso. - Si
autem ponamus quod anima ex sua natura habeat ut intelligat con-
vertendo se ad phantasmata, curo natura animae per mortem cor-
poris non mutetur, videtur quod anima naturaliter nihil possit intel-
ligere, cum non sint ei praesto phantasmata ad quae convertatur.
Et ideo ad hanc difficultaiero tollendam, considerandum est quod,
cum nihil operetur nisi inquanturrn est actu, modus operandi unius-
cuiusque rei sequitur modum essendi ipsius. Habet autem anima
alium modum cssendi cum unitu:r corpori, et cum fuerit a oorpore
separata, manent·e tamen eadem anima.e natura; non ita quod uniri
corpori sit ei accidentale, sed per rationem sua.e natura.e corporì
unitur; sicut nec levis natura mutatur curo est in loco proprio, quod
est ei naturale, et curo est extrra proprium locum, quod est ei prae-
ter naturam. Anima.e igitur secundum illum modum essendi quo
corpori est unita, competit modus intelligendi per conversionem ad
phantasmata corporum, quae in corporeis organis sunt: curo autem
fuerit a corpore separata, competit ei modus intelligendi per con-
versionem ad ea quae sunt intelligihilia simpliciter, sicut et aliis
substantiis separatis. Unde modus intelligendi per conversionem ad
phantasmata est anìmae naturalis, sicut et corpori uniri: sed esse
separatum a corpore est praeter rationem sua.e natura.e, et similiter
intelligere sine conversione ad phantasmata est ei praete;r naturam.
Et ideo ad hoc unitur corpori, ut sit et operetur secundum naturam
suam.
Sed hoc rursus habet dubitationem. Cum enim natura semper
ordinetur ad id quod melius ·est; est autem melior modus intelli-
gendi per conversionem ad intelligibilia simpliciter, quam peir con-
versionem ad phantasmata: debuit sic a Deo institui anima.e natura,
ut modus intelligendi nobilior ei esset naturalis, et non indigeret
corpori propter hoc uniri.
' I.a soluzione del problema ha posto in luce un aspetto del fatto conoscitivo,
che ordinariamente viene trascurato. Si pensa spesso che la conoscenza somigli
molto a una ripresa fotografica ; e inve<:e non si tratta di impressione, quanto
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 139
ARTICOLO 2
Se l'anima separata conosca le sostanze separate. 1
1 " Sostanze separate " sono propriamente gli angeli. !Ifa qui si parla in genere '
della conoscibilità degli spiriti creati, a cominciare dall'anima stessa nello statù
di separazione dal suo corpo.
2 La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro fa le spese di una buona
metà degli argomenti in contrario che troveremo nella questione. E facile com-
prenderne il perchà. In essa si descrivono gli atti con05Citiv1 di un 'anima sepa-
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 141
ARTICULUS 2
Utrum anima separata intelligat substantias separatas.
3 Cont. Gent., c. 45; De Anima, a. 17; Quodltb. 3, q. 9, a. 1.
•ata, la quale Il-OD è stata elevata alla cognizione soprannaturale per mezzo del
umen gloriae, che appartiene ai beati. Gli atti con0&citivi dei trapassati che si
rovano in Paradiso non interessano, quando vog!i11mo indagare sulla condizione
iaturale della intelligenza umana nello stato di separazione. - Va tenuto presente
:he per molti esegeti, antichi specialmente, 11 racconto evangelico non sarebbe
empllcemente una parabola, ma una narrazione storica. Di qui il suo valore di
>rova toologica. D'altra parte è bene non dimenticare che l'argomento tn contra-
·to di suo non è un argomento che l'Autore considera valido senza riserva alcuna.
142 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 2-3
conoscere se medesima solo in quanto ha un'intellezione attuale
medi.ante una specie intellettiva astratta dai fantasmi: ed è così che
conosce se stessa mediante il suo atto, come abbiamo spiegato. Ma
una volta separata dal corpo l'anima non conoscerà più volgendosi
ai fantasmi, bensi volgendosi a quelle entità che sono intelligibili
per se gtessr., e quindi conoscerà se stessa in se stessa. ' - Ora è
comune a tutte le sostanze separate «conoscere conforme alla loro
natura, tanto ciò che è al disopra di esse, quanto ciò che è al di-
sotto" ; infatti una cosa è conosciuta p.erchè viene a trovarsi nel
conoscente; d'altra parte ciò che è ricevuto segue le condizioni del
soggetto ricevente. Ora, la condizione di natura dell'anima sepa-
rata è inferiore a quella delle nature angeliche, mentre è conforme
a quella delle altre anime separate. Perciò l'anima ha una conoscenza
perfetta delle anime separate, degli angeli inveèe lha imperfetta e
difettosa, fermandoci sempre alla sola conoscenza naturaJe. Per la
conos..:.euza invece nello stato di gloria è diverso.
SOLUZIONE llEJ.LE DIFFICOLTl: 1. L'anima nello stato di separazione
è certamente più imperfetta, se si considera che i suoi legami col
corpo sono naturali; però sotto un certo aspetto ha una maggiore
libertà di intellezione, perchè il peso e le occupazioni del corpo
impediscono una intellezione perfettamente pura.
2. L'anima separata conosce gli angeli per mezzo di specie inten-
zionali infuse in essa da Dio. Queste tuttavia non arrivano a una
perfetta rappresentazione di essi, perchè la natura dell'anima è in-
feriore a quella dell'angelo.
3. L'ultima felicità dell'uomo non consiste nella conoscenza delle
sostanze separate, quali che siano, ma di Dio solianto, il quale non
può esser veduto che nell'ordine della grazia. Così pure è una grande
felicità, anche se non l'ultima, conoscerE" le altre sostanze sepa-
rate, se però si tratta di una conoscenza. perfetta. Ma abbiamo visto
ora che l'anima separata non può conoscerle perfettamente con la
sua cognizione naturale.
ARTICOLO 3
Se l'anima separata conosca tutta la realtà fisica.
ARTICULUS 3
Utrum anima separata omnia naturalia cognoscat.
De Antma, a. 18.
ARTICOLO 4
Se l'anima separata conosca i singolari. 2
ARTICULUS 4
Utrum anima separata cognoscat singularia.
4 Sent., d. 50, q. 1, a. 3; De Verti., q. 1!l, a. 2; De Anima, a. 20.
2 Se vogliamo, l"artioolo non è che un 'appendice del precedente. Anche qui in-
tatti si parla della con-O$cenza del mondo fisico; ma la realtà materiale, nella sua
::oncretezza, presenta difficoltà partioolarisslme per chi, come S. Tommaso, con-
146 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 4
cede all'intelletto una cognizione soltanto rlftessa delle cose sensibili. Queste dif-
ficoltà vengono pl'€s.entate senza sottintesi· all' inizio dell'articolo, e giustificano
una trattazione a parte del problema.
' Le anime separate vengono perciò a trovarsi in una condlzl<me analoga a
quella naturale degli angeli, come è facile riscontrare da quanto fu detto sopra
nel voi. rv, q. 55, a. 2; q. 57, a. 2.
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 147
' La conclusione va accolta col più grande risp.e,tto, anche se non poo~iamo
impegnarci in una difesa apodittica della sua validità, per l'intrinseca difficoltà
della materia. E quanto di meglio si possa rispondere alla curiosità. di chi è preoc-
cupato <!elle condizioni di vita dei trapassati. A questa conclusione si riallaccia
quella dell'a. 8.
148 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 5
ARTICOLO 5
Se nell'anima separata rimangano gli abiti scientifici
acquistati in vita.
ARTICULUS 5
Utrum habitus scientiae hic acquisitae remaneat
in anima separata.
1-11, q. 67, a. 2; 4 Sent., d. 50, q. 1, a. 2; Quodltb. 12, q. 9, a. 1 :
I Cor., c. 13, lect. 3.
AD QUINTUM SIC PRCCEDIT!JR. Videtur quod habitus scientiae hic
acquisitae non remaneat in anima separata. Dicit enim Apostolus
I ad Cor. 13, 8: "Scientia destruetur ».
2. PRAETEREA, quidam minus boni in hoc mundo scientia pollent,
aliis magis bonis carentibus scientia. Si ergo habitus scientiae per-
maneret etiam post mortem in anima, sequeretur quod aliqui minus
boni etiam in futuro statu essent potiores aliquibus magis bonis.
Quod videtur inconveniens.
3. PRAETEREA, animae separatae habebunt scientiam per intluen-
tiam divini luminis. Si igitur scientia hic acquisita in anima sepa-
rata remaneat, seq:uetur quod duae erunt formae unius sipeciei in
eodem subiecto. Quod est impossibile.
4. PRAETEREA, Philosophus dicit, in libro Praedicament. [c. 6), quod
u habitus est qualitas difficile mobili.s ; sed ab aegritudine, vel ab
aliquo huiusmodi, quandoque corrumpitur scie.ntia». Sed nulla est
ita fortis immutatio in hac vita, sicut immutatio quae est per mor-
tem. Erg.o videtur quod habitus scientiae per mortem c-0rrumpatur.
SED CONTRA EST quod Hieronymus dicit, in Epistola ad Paulinum
[Epist. 53): « Discamus in terris, quorum scientia nobis perseveret
in caelo ».
RESPONDEO DICENDUM quod quidam posuerunt habitum scientiae
non esse in ipso intellectu, sed in viribus sensitivis, scilicet imagi-
nativa, cogitativa et memorativa; et quod species intelligibilcs non
conservantur in intellectu possibili. Et si haec opinio vera esset, se-
queretur quod, dest.ructo corpore, totaliter habitus scientiae hic ac-
quisitae destrueretur.
Sed quia scientia est in intellectu, qui ,est « locus specierum », ut
dicitur in 3 De Anim.a [c. 4, lect. 7); oportet quod habitus scientiae
hic acquisitae partim sit in praedictis viribus sensitivis, et partim
in ipso intellectu. Et hoc potest considerari ex ipsis actibus ex qui-
bus habitus scientiae acquiritur: nam «habitus sunt similes acti-
bus ex quibus acquiruntur '" ut dicitur in 2 Et/iic. [c. 1, led. 1]. Actus
autem intellectus ex quibus in praesenti vita scientia acquiritur,
sunt per conversionem intellectus ad phantasmata, quae sunt in
praedictis viribus sensitivis. Unde per tales actus et ipsi intellectui
possibili acquiritur facultas quaedam ad considerandum per spe-
cies suscept.as; et in praedictis inferioribus viribus acquiritur quae-
dam habilitas ut facilius per conversionem ad ipsas intellectus pos-
sit intelligibilia speculari. Sed sicut actus intellectus principaliter
quidern et formaliter est in ipso intellectu, materialiter autem et
~ La fisiologia moderna ha confermato pienamente questa dottrina e queste os-
>erva:zlonl relative agli abiti. « ùià a priort dobbiamo ammettere nel fenomeno
~islr.ologlco dell"a. e dell"abitudtne una diretta, intrinseca wmpart.eclpazione stru.
mentale dell'orga.ni:smo fi&ic-0, in particolare del sistema nervooo. E, infatti, la fi·
10 - VI
150 LA SOM'.\fA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 5
ARTICOLO 6
Se gli atti della scienza acquistata in questo mondo
rimangano nell'anima separata.
ARTICULUS 6
Utrum actus scientiae hic acquisitae
maneat in anima separata.
3 Scnt., d. 31, q. 2, a. 4; &, d. 50, q. 1, a. 2.
in forza delle specie loro infuse, hanilD una conosrenza soltanto confusa degli es-
5eri fisici. NJente perciò impedisce che l'anima separata si serva. da una parte
delle predette specie per avere un panDrama più ampio e sintetico, dall'altra
degli abiti sc!,)ntifiei acquisiti in vita per ragglung>ere una cunoseenza più nitida
fino ai singolari .. (JANSSENS L., 1'ractat'.LS De Homtne, P. I, Roma, 1918, p. 582).
154 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, aa. 6-7
ARTICOLO 7
Se la lontananza impedisca la cognizione dell'anima separata.
ARTICULUS 7
Utrum distantia localis impediat cognitionem auimae separatae.
4 Sent., d. 50, q. t, a. 4.
AD SEPTIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod distantia localis im-
pediat cognitionem animae separatae. Dicit enim Augustinus, in
libro De Cura pro Mortuis agenda [c. 13] quod "animae mortuorum
ibi sunt, ubi ea quae hic fiunt scire non poseunt ». Sciunt autem
ea quae apud eos aguntur. Ergo distantia localis impedit cognitio-
nem animae separatae.
2. PRAETEREA, Augustinus dicit, in libro De Divinatione Daemonum
[c. 3], quod "daemones, propter celeritatem motus, aiiqua nobis
ignota denuntiant ». Sed agilitas motus ad hoc nihil faceret, si di-
stantia localis cognitionem daemonis non impediret. Multo igitur
magis distantia localis impedit cognitionem animae separatae, quae
est inferior secundum naturam quam daemon.
3. PRAETEREA, sicut distat aliquis secundum locum, ita secundum
tempus. Sed distantia temparis impedit cognitionem animae sepa-
ratae: non enim cognoscunt futura. Ergo videtur quod etiam di-
stantia secundum locum animae separatae cognitionem impediat.
SEn CONTRA EST quod dicitur Luc. 16, 23, quod dives, "cum esset
in tormentis, elevans oculos suos, vidit Abraham a long<., >>. Ergo
distantia localis non impedit animae separatae cognitionem.
HESPONDEO nrcENDUM quod quidam posuerunt qucrd anima sepa-
rata cognosceret singularia abstrahendo a sensibilibus. Quod si es-
set verum, posset dici quod distantia localis impediret animae se-
paratae cognitionem: requireretur enim quod ve! sensibilia agerent
in animam separatam, ve! anima separata in sensibilia; et quan-
tum ad utrumque, requireretur distantia determinata. - Sed prae-
dicta positio est impossibilis: quia abstra.ctio specierum a sensibi-
libus fìt mediantibus sensibus et aliis potentiis sensitivis, quae in
anima separata actu non manent. Intelligit autem anima separata
singularia per influxum specierum ex divino lumine, quod quidem
lumen aequaliter se habet ad propinquum et distans. Unde distantia
localis nullo modo impedit animae separata.e cognitionem.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod Augustinus non dicit quod propter
hoc quod ibi sunt animae mortuorum, ea quae hic sunt vid.ere non
possunt, ut localis distantia huius ignorantiae call..9a esse credatur:
3ed hoc potest propter aliquid aliud contingere, ut infra [a. s.] di-
cetur.
ARTICOLO 8
Se le anime separate conoscano gli avvenimenti di questo mondo.
ARTICULUS 8
Utrum animae separatae cognoscant ea quae hic aguntur.
II-II, q. 83, a. 4, ad 2; ~ Sent., d. 45. q. 3, a. 1, ad 1, 2; d. 50, q, 1, a . .\, ad 1;
De Verit., q. 8, a. 2, ad 12; q. 9, a. 6, ad 5; De Antma, a. ~o. ad 3.
An OCTAVUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod animae separatae cogno-
scant ea quae hic aguntur. Nisi enim ea cognoscerent, de eis curam
non haberent. Sed habent curam de bis quae hic aguntur; secun-
dum illud Luc. 16, 28: « Habeo quinque fratres, ut testificetur illis,
ne et ipsi veniant in hunc locum tormentorum "· Ergo animae se-
paratae cognoocunt ea quae hic aguntur.
2. PRAETEREA, frequenter mortui vivis apparent, vel dormientibus
vel vigilantibus, et eos admonent de iis quae hic aguntur; sicut
Samuel apparuit Sauli, ut habetur f Reg. 2-8, fl ss. Sed hoc non
esset si. ea quae hic sunt non cogno.scerent. Ergo ea quae hic agun-
tur cognoscunt.
3. PRAETEREA, animae separatae cognoscunt ea quae apud eas agun-
tur. Si ergo quae apud nos aguntur non cognoscerent, impediretur
earum cognitio per localem distantiam. Quod supra [a. praec.] ne-
gatum est.
SED CONTRA EST quod dicitur Io-b. 14, 21: « Sive fuerint filii cius
nobiles, sive ignobiles, non intelliget ».
REsPONDEO DICENDUM quod, secundum naturalem cognitionem, de
qua nunc hic agitur, animae mortuorum nesciunt quae hic agun-
tur. Et huius ratio ex dictis [a. 4] accipi potest. Quia anima sepa-
rata cognoscit singularia per hoc quod quodammodo determinata est
ad i!la, ve! per vestigium alicuius praecedentis cognitionis seu affe-
ctionis, ve! per ordinationem divinam. Animae autem mortuorum, se-
cundum ordinationem divinam, et secundum modum essendi, segre-
gatae sunt a conversatione viventium, et coniunctae conversationi
beati abbiano la conoscenza di quanto avviene in questo mondo, è una cosa ri-
dicola i•retendere, come fa lo spiritismo contemporaneo, che le anime dei tra-
passati abbiano una specie di onniscienza sugli eventi umani, sia per il presente,
c-0me per Il futuro. I massimi Dottori della Chiesa S-Ono nettamente contrari a
questa credulità puerile, che mescola gli interessi terreni con le realtà più sublimi,
11 mondo dell'animalità più triviale col regno degli spiriti disincarnati.
158 LA SOMMA TEOLOGICA, I, -q. 89, a. 8
I "La devozione dei fedeli propende di più oonza confronti, a favore di S. Gre.
gorio Magno. E con es.sa sembra concordare, pur appartenendo a un altro genere
LA CONOSCENZA DELL'ANIMA SEPARATA 159
spiritualium substantiarum quae sunt a corpore separatae. Unde
ea quae apud nos aguntur ignorant. - Et hanc rationem assignat
Gregorius in /2 Moralium. [c. 21), dict.'ns: « Mortui vita in carne
viventium post eos, qualiter disp<matur, nesciunt: quia vita spiri-
tus longe est a vita carnis ; et sicut corporea atque incorporea di-
versa sunt genere, ita sunt distincta cognit.ione ». Et hoc etiam Au-
gustinus videtur tangere in libro De Cura pro Mortuis agenda
[cc. 13, 16), dicens quod cc animae mortuorum rebus viventium non
intersunt ».
Sed quantum ad animas beatorum, videtur esse differentia inter
Gregorium et Augustinum. Nam Gregorius ibidem subdit: "Quod
tamen de animabus sanctis sentiendum non est: qula quae intus
omnipotentis Dei claritatam vident, nullo modo creden<lum est quo<l
sit foris aliquid quod ignorent ». - Augustinus vero, in libro De
Cura pro Mortuis agenda [c. 13], expres..,"'e dicit quod "nesciunt mor-
tui, etiam sancti, quid agant vivi et eorum filii >>, ut habetur in
glossa (interlin.], super illud, "Abraham nescivit nos n, Isaiae 63, 16.
Quod quidem confirmat per hoc quod a matre sua non visitabatur,
nec in tristitiis consolabatur, sicut quando vivebat; nec est proba-
bile ut sit facta vita feliciore crudelior. Et per hoc quod Dominus
promisit losiae regi quod prius moreretur, ne vider€t mala quae
erant populo superventura, ut habetur 4 Rea. 22, 20. - Sed Augu-
stinus hoc dubitando dicit: unde praemittit, "ut volet, accipiat quis-
que quod dicam ». Gregorius autem assertive: quod patet per hoc
quod dicit, cc nullo modo credendum est"·
l\fagis tamen videtur, secundum sententiam Gregorii, quod animae
sanctorum Deum videntes, omnia pra.esentia quae hic aguntur co-
gn0scant. Sunt enim angelis aequales: de quibus etiam Augustinus
asserit [lib. cit., c. 15) quod ea qua.e apud vivos aguntur non igno-
rant. Sed quia sanctorum a.nimae sunt perfectissime iustitiae di-
vinae coniunctae, nec tristantur, nec rebus viv.entium se ingerunt,
nisi :::.ecundum quod iustitiae divinae dispositio exigit.
AD PRIJ\1UM ERGO DICENDUM quod animae mortuorum possunt ha-
bere curaro de re.bus viventium, etian1 si ignorent eorum statum;
sicut nos curaro habemus de mortuis, eis suffragia irnpendendo,
quamvis eorum statum ignoremus. - Possunt etiam facta viventium
non per seipsos cognoscere, sed ve! per animas eorum qui bine ad
eos accedunt; ve! per angelos seu daemones; ve! etia.m cc Spiritu
Dei revelante n, sicut Augustinus in eodem libro [ibid.J didt.
AD SECUNDTJM DICENDUM quod hoc quod mortui viventibus appa-
rent qualitercumque, vel contingit per specialern Dei dispensatio-
nem, ut anirnae rnortuorum rebus viventium intersint: et est inter
divina miracula computandum. Vel huiusmodi apparitiones fiunt per
operationes angelorum bonorum vel malorum, etiam ignorantibus
n10rtuis: sicut etiam vivi ignorantes aliis viventibus apparent in
somnis, ut Augustinus dicit in libro praedicto [c. 10). - Unde et de
Samuele dici potest quod ipse apparuit per revelationem divinam;
secundum hoc quod dicitur Eccl'i. 46, 23, quod cc dormivit, et notum
di cose, Il culto dei santi; ai quali, e in modo particolare alla B. Vergine l\far!a,
racc.omandiamo tutt.e le nostre cose, nell'intima persuasione che essi non igno-
rano le umane vicende" (JA~SSENS L., op. cit., p. 584).
2 In queste parole cosi sobrie e cosi sagge bisogna trovare la spiE"gazione de.gli
~tessi fatti medianici, quando essi superano le prop0rzion1 dei roo.oment naturali.
160 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 89, a. 8
' L' Ecclesiasttco è uno dei cosi detti libri deuteNJCanonici. Come si comprende
anche dall'accenno di S. Tommaso, fino a tutto il Medioevo questi libri del Vec-
LA CONOSCENZA DELL'ANI!\iA SEPARATA 161
fecit regi fìnem vitae suae "· Vel illa apparitio fuit pro.curata per
daemones: si tamen Ecclesiastici auctoritas non recipiatur, propter
hoc quod inter canonicas scripturas apud Hebra.eos non habetur.
An TERTIUM DICENDUM quod ignorantia huiusmodi non oont.ingit ex
locali distantia, sed propter causam praedictam [in corp.].
ARTICOLO 1
Se l'anima sia stata prodotta, o se faccia parte
della sostanza stessa di Dio.
SEMBRA che l'anima non sia stata prodotta, ma che faccia parte
della sostanza stessa di Dio. Infatti:
1. Sta scritto: "Formò dunque il Signore Dio l'uomo dal fango
della terra, gli alitò in faccia lo spirito della vita, e l'uomo divenne
anima vivente•». Ora, chi alita emette qualche cosa di se stesso.
Quindi l'anima, in forza della quale l'uomo vive, fa parte della
sostanza divina.
2. L'anima è pura forma, come si è visto. Ma la forma è atto.
Perciò l'anima è atto puro: e questo è un attributo divino. Dunque
l'anima fa parte della sostanza divina.
3. Quelle entità che esistono ·e non differiscono in niente tra loro,
sono identiche. Ora, Dio e l'anima esistono e non differiscono in
niente; poich€ altrimenti dovrebbero avere elementi diffe.renziali, e
in tal caso cesserebbero di essere entità semplici. Dunque Dio e
l'anima umana sono la stessa cosa.
IN CONTRARIO: S. Agostino nel De origine ariimae elenca alcune
teorie, che chiama "grandemente e apertamente perverse e contra-
rie alla fede cattolica» ; e la prima di esse è quella di coloro i quali
I Pas.siamo cosi alla seconda parte del trattato. - t.:no sguardo sommario allo
schema d.a noi riJJrodotto a p. H JJOne subito in evidenza lo sviluppo logico del
pensiero, per l'ordine stesso delle questioni. Dallo studio della natw·a dell'uomo
si paMa a <1uello riguardante le sue ort(lini. Da buon medioevale e da scolastico
JJerfetto S. Tommaso non parla pr0priamente di origini, ma di produzione, met-
tendo cosi l'accento sulla causa efficiente estrinseca. Noi nel tradurre usiamo par-
lare di creazione, percilè in questo caso si tratta della prima produzione del·
QUAESTIO 90
De prima hominis productione quantum ad animam
In quatuor arttculos àivtsa.
ARTICULUS 1
Utrum anima sit facta, vel sit de substantia Dei.
f Seni., d. 17, q. 1, a. 1; f Cont. Gent., c. 85; Compena. Theol., c. 94.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima non sit facta, sed
sit de substantia Dei. Dicitur enim Gen. 2, 7: « Formavit Deus ho-
minem de limo terrae, et inspiravit in faciem eius spiraculum vitae,
et factus est homo in animam vi:ventem ». Sed ille qui spirat, ali-
quid a se emittit. Ergo anima qua homo vivit, est aliquid de sub-
stantia Dei. ·
2. PRAETEREA, sicut supra [q. 75, a. 5) habitum est, anima est forma
simplex. Sed forma est actus. Ergo anima est actus purus: quod
est solius Dei. Ergo anima est de substantia Dei.
3. PRAETEREA, quaecumqu·e sunt, et nullo modo differunt, sunt idem.
Sed Deus et mens sunt, et nullo modo differunt: quia oporteret quod
aliquibus diffel'entiis differrent, et sic essent composita. Ergo Deus
et mens humana idem sunt.
SEn CONTRA EST quod Angustinus, in libro 3 De origine Animae
[c. 15), enumerat quaedam quae dicit esse « multum aperteque per-
l'uomo; ma il Dottore Angelico usa il termine creare In senso tecnico, ci-0è nel
significato di produzione dal nulla. - Nel piccolo prologo vedian1-0 che da bu-0n
aristotelico S. Tommaso articola il soggetto di indagine secondo le quattro cause:
1) la creazione dell'uomo in se ~tessa [causalità efficiente] ; 2) il termine finale
intrinseco di tale creazione, che è limmagine [causalità formale]; 3) Io stato o
condizione dell'u-0mo cosi creato, il suo destin-0 immediato [causalità finale]; 4) il
luogo dove l'uomo tu posto alla sua origine [causalità materiale].
• Dall'enunciazione dei quesiti si comprende bene che qui non si tratta della
creazione delle anime individuali !grave questione che logicamente viene riman-
data al trattato seguente, q. 118), ma della creazione della sola anima del primo
uomo.
164 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, a. 1
versa, et fidei catholicae ad versa» ; inte.r quae primum est, quod qui-
dam dixerunt "Deum animam non de nihilo, sed de seips-0 fecisse ».
RESPONDEO DICENDUM quod dicere animam esse de su.bstantia Dei,
manifestam improbabilitatem continet. Ut enim ex dictis [q. 77, a. 2;
q. 79, a. 2; q. 84, a. 6] patet, anima humana est quandoque intelli-
gens in potentia, et scientiam quodammodo a rebus acquirit, et habet
diversas potentias: quae omnia aliena sunt a Dei natur.a, qui est
actus purus, et nihil ab alio accipiens, et nnllam in se diversitatem
habens, ut supra [q. 3, aa. 1, 7; q. 9, a. 1] proba.turo est.
Sed hic error principium habuisse videtur ex duabus positionibus
antiqnorum. Primi enim qui naturas rerum c<>nsiderare incoepe-
runt, imaginationem transcendere non valent.es, nihil pra.eter cor-
pora esse posuerunt. Et ideo Deurrn dicebant e-sse quoddam corpus,
quod aliorum corporum iudicabant esse principium. Et quia animam
ponebant esse de natura illius corporis quod dicebant esse princi-
pium, ut dicitur in 1 De Anima [c. 2, lect. 5], per consequens seque-
batur quod anima esset de natura Dei. Iuxta quam positionem
etiam Manichaei, Deum esse quandam lucem corpoream existiman-
te.s, quandam pa1rtem illius lucis anirnam esse posuerunt corpori
alligat.am. - Secundo vero processum fuit ad hoc, quod aliqui ali-
quid inc-0rp9reum esse apprehenderunt, non tamen a c<>rpore sepa-
ratum, sed corporis formam. Unde et Varro dixit quod "Deus est
a.nima mundum motu et ratione gubernans,, ; ut Augustinus narrat,
7 De Civ. Dei [I. 4, c. 31). Sic igitur illius totalis animae partem ali-
qui posuerunt animam hominis, sicut homo est pars totius mundi ;
non valentes intellectu pertingere ad distinguendos spiritualium su:b-
stantiarum gradus, nisi secundum distinctiones corporum. - Haec
autem omnia sunt impossibilia, ut supra [q. 3, aa. 1, 8; q. 50, a. 2,
ad 4; q. 75, a. 1] probatum est. Unde manifeste falsum est animam
esse de substantia Dei.
AD PRIMUM ERGO DICENDU:lf quod inspirare non est accipiendum
corporaliter: sed idem est Deum inspirare, quod spiritum fa.cere.
Qu·amvis et homo corporaliter spirans non emittat aliquid de sua
substantia, sed de natura extranea.
An SECUl\DUM DICENDUM quod anima, et.si sit forma simplex secun-
dum suam esse:ntiam, non tamen est suum esse, sed est ens per
participationem; ut ex supra [q. 75, a. 5, ad 4] dictis patet. Et ideo
non est actus purus, sicut Deus.
AD TERT!LM DICENDUM quod dif{erens, proprie acceptum, aliquo dif-
fert: unde ibi quaeritur differentia, ubi est convenientia. Et propter
hoc oportet differentia esse composita quodammodo: cum in aliquo
differant, et in aliquo conveniant. Sed secundum hoc, Hcet omne
tesi dei filosofi pre5ocratic1. E un fatto però che tutti i sistemi panteistici hanno
!Wi motivi comuni, ed è principalmente a questo elle voleva accennare S. Tom-
maso. E come prima fonte dell'errore panteista viene indicata giustamente la in-
capacità "a trascendere il campo della immaginazione"·
• Si potrebbero ravvisare 1 lineamenti di non pochi st.oici o neoplatonici in que-
sti accenni.
• Erano questi gli errori ben noti degli gnostici e del neoplatonici più recenti.
• La narrazione biblica. del!a creazione dell ·uomo, per il suo carattere popo-
lare, aoveva essere nevessarlamente antropomorfica. Ma clli volesse prenderla ma-
terialmente cosi come rnona, si troverebbe nella necessità di attribuire a Dio un
corpo con gli organj relati vi. E siccome una tale concezione è assurda, deve ron-
siderarsi assurda anche la sudàetta esegesi materiale e panteistica (cfr. CEUP-
PENS F., Quaestiones selectae ex htstorta prtmaeva, 'l'ol"in.o-Roma, 1948, pp. 99, 100).
11 - VI
166 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 1-2
è detto, come insegna Aristotele, che tutte le cose diverse sono diffe-
renti. Infatti le cose semplici sono diverse per se stesse, e non
differiscono davvero in forza di elementi componenti differenziali.
L'uomo e l'asino, p. es., hanno le loro differenze nei due termini
di razionale e irrazionale; ma questi due concetti non differiscono
per ulteriori differenze.
ARTICOLO 2
Se l'anima sia venuta all'esistenza per creazione. 1
ARTICULUS 2
Utrum anima sit producta in esse per creationem.
Infra, q. 118, a. 2 ; 1 Sent., d. 1, q. 1, a. ' ; f Cont. Gent., c. 87;
De Vertt., q. Z"I, a. 3, ad 9; De Pot., q. 3, a. 9; De Sptrtt. Creat., a. 2, ad 8;
Quodlib. 9, q. 5, a. 1; Compend. Theoi., c. 93; Op\l6C, 28, De Fato, c. 5;
37, De Quatuor Oppos., c. '·
di Antiochia: " Io credo .... che l'anima mm è una porzione di Dio, ma che è stata
creata dal nulla" (DENZ., 3~8).
• Nella Contra GentHes (l. 2, c. 87) gli a.rgomenti s.ono molteplici. Confron-
tando però i due testi, vediamo affiorare in questa breve pericope tutti i motivi di
quelle argomentazioni, ad eccezione di uno &ilo p.iuttosto singolare. «Il fine di
una cosa deve corrispondere al suo principio, poichè un essere è perfetto quando
si congiunge al suo principio.... Ora l'anima umana raggiunge il fine e la perfe-
zione quando trascende con la conoscenza e l'amore tutto 11 creato, per giungere
alla prima causa che è Dio. Dunque a lui essa deve il principio della sua ori-
gine•.
168 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 2-3
ARTICOLO 3
Se l'anima intellettiva sia prodotta immediatamente da Dio. 2
1 Abbiamo già visto nei volùml precedenti, che fautori di questa dottrina al
tempo dell'Aquinate erano non pochi Maestri parigini, primo fra tutti S. Bona·
ventura (c!r. S. BONAVENTURA, In 2 Sent., d. 17, a. 1, (I. 2).
CREAZIONE DELL'ANIMA 169
forma subsistens, ut supra [q. 75, a. 2] ha.bitum est. Unde sibi pr0-
prie competit esse et fieri. Et quia non potest fieri ex materia praeia-
cente, neque corporali, quia sic esset naturae corporeae; neque spi-
rituali, qui a sic substantiae spirituales in invic€rn transmutarentur:
necesse est dicere quod non fiat nisi per creationem.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod in anima est sicut materiale ipsa
simplex essentia, formale autem in ipsa ,est esse participatum: quod
quidem cx necessitate simul est cum essentia animae, quia esse per
se consequitur ad formam. - Et eadem ratio .esset, si poneretur com-
posita ex quadam materia spirituali, ut quidam dicunt. Quia illa
materia non est in potentia ad aliam formam, sicut nec materia
caelestis corporis: alio.quin anima esset corruptibilis. Unde nullo
modo anima potest fieri ex materia praeiacente.
An sr.cuNDlJM DICENDUM quod actum extrahi de potentia materiae,
nihil aliud est quam aliquid fieri actu, quod prius erat in potentia.
Sed quia anima rationalis non habet e.<ise suum de.pendens a mate-
ria corporali, sed habet esse subsistens, et excedit capacitatem ma-
teria.e corporalis, ut supra [q. 75, a. 2] dicturn est; propterea non
educitur de potentia mat.eriae.
AD TERTIUM DICENDUM quod non est simile de anima rationali, et
de aliis formis, ut dictum est [in corp.].
ARTICULUS 3
Utrum anima rationalis sit producta a Deo immediate.
f Scnt., d. 18, q. 2, a. 2; Quodlill. 3, q. 3, a. 1 ; Opusc. 15, De Anaelts, c. 10;
Dc Causts, lect.. 3, 5.
" Ai luoghi paralleli indicati nel testo latino bisogna aggiungere tutti quelli
dell'a. 2. Infatti per S. Tommaso la creazione è una prerogativa divina. Egli ha
voluto insistere con un nuovo articolo sull'argDmento, per combattere l'emanazio-
nismo neoplatonico, che minacciava cli invadere ancora una volta l'occidente at-
traverso le dottrine dei filosofi arabi.
170 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 90, aa. 3-4
qualche cosa di inferiore alla loro natura specifica, qual' è l'anima
umana.
IN CONTRARIO: La Genest assicura, che u Dio stesso alitò sulla fac-
cia dell'uomo Io spirito di vita"·
RrsPoNDO: Pensarono alcuni 1 che gli angeli, operando per dele-
gazione divina, producono le anime umane. Ma questo è assoluta-
mente impossibile e contrario alla fede. Infatti abbiamo visto che
l'anima umana non può essere prodotta che per creazione. Ora, Dio
solo può creare. Infatti è prerogativa del solo primo agente ope-
rare senza presupposto alcuno: invece la causa seconda presupppne
sempre qualche cosa dovuta al primo agente, come abbiamo già di-
mostrato. Ma chi produce un effetto presupponendo qualche cosa
compie una trasmutazione ; mentre soltanto Dio può compiere una
creazione. E poichè l'anima intellettiva non può derivare per tra-
smutazione da una qualsiasi materia, non potrà essere prodotta che
immediatamente da Dio.
E ciò risolve chiaramente 1e difficoltà. Infatti la causalità sui
corpi consimili o inferiori, e l' influsso dei corpi superiori sugli in-
feriori, avviene sempre mediante qualche trasmutazione.
ARTICOLO 4.
Se l'anima umana sia stata creata prima del corpo. 2
SEMBRA che l'anima umana sia stata creata prima del corpo. In-
fatti:
1. L'opera della cwazione ha preceduto quella della distinzione e
dell'abbellimento, come si è visto. Ora, l'anima ha ricevuto l'es-
s·ere per creazione; il corpo invece fu prodotto al termine dell'opera
di abbellimento. Dunque l'anima umana è stata creata prima del
corpo.
2. L'anima int.ellettiva è più vicina agli angeli che alle bestie.
Ebbene, gli angeli furono creati prima dei corpi, oppure subito da
princip1o assieme alla materia; invece il cOII'po dell'uomo 1u for-
mato il sesto giorno, quando furono prodotte anche le bestie. Dun-
que lanima umana fu creata prima del corpo.
3. Principio e fine si corrispondono. Ora, l'anima in fine rimane
dopo il corpo. Dunque in principio fu creata prima del corpo.
IN CONTRARIO: L'atto proprio si attua nella rispettiva potenza. Es-
sendo dunque l'anima l'atto proprio del corpo, dovette essere pro-
dotta nel corpo.
RISPONDO: Origene ammdse che, non S"Olo l'anima del primo uomo,
ma quelle di tutti gli uomini, sono state create, insieme con gli an-
geli, prima dei corpi: perchè riteneva che tutte le sostanze spiri-
tuali, tanto le anime che gli angeli, fossero uguali per condizione
di natura, e differenti solo a motivo dei loro meriti. E per tale
1 S. Tommaso ha presente l'emanazionismo di Avicenna, come risulta dal suo
opuscolo De Substanttts separatts, cc. 10, 11 ; ma anche tn s. Agostino egli può
aver trovato accenni ad errori consimili (cfr. Auo., De haeresibus, n. 59).
2 L'articolo prende lo spunto dalle arditissime teorie di Qrigene e di S. Ago-
CREAZIONE DELL'ANIMA 171
ARTICULUS 4
Utrum anima humana fuerit producta ante corpus.
Infra, q. 91, a. 4, ad 3, 5; q. 118, a. 3; I Sent., d. 17, q. 2, a. 2;
f Cont. Gcnt., cc. 83, 84 ; De Poi., q. 3, a. 10.
motivo alcune di esse, come le anime degli uomini e quelle dei corpi
celesti, sarebbero state legate ai corpi, altre invece sarebbero rima-
ste nella loro purezza, secondo le varie gerarchie. Abbiamo già con-
futato una tale opinione: perciò per il momento non ne parliamo.
Anche S. Agostino dice che l'anima del primo uomo fu creata con
gli angeli prima del corpo, ma pt!r un'altra ragiane. Egli cioè ri-
tiene che nell'opera dei sei giorni il corpo dell'uomo non fu prodotto
nella sua realtà attuale, ma nelle ragioni seminali; il che non può
dirsi dell'anima, paichè essa non fu prodotta da una materia preesj-
stente, corporale o spirituale, e neppure poteva essere causata dalla
virtù di una creatura. Sembrava perciò plausibile che fosse stata.
creata insieme agli angeli, nell'opera dei sei giorni, nel tempo in
cui furono create tutte le cose ; in seguito poi si sarebbe piegata
per volontà propria a governare un corpo. - Però egli non dice
questo a modo di asserzione, come mostrano le sue stesse parole :
"A meno che non si apponga l'autorità della Scrittura, o l'esigenza
della verità, si può credere che l'uomo sia stato creato nel sesto
giorno, nel senso che la ragione seminale del corpo umano fu creata
negli elementi del mondo, e che. l'anima fu creata essa stessa di-
rettamente"· 1
Una tale opinione si potrebbe tollerare nella teoria di ce>loro, i
quali ritengono che l'anima possiede per se stessa una specie e una
natura completa, e che ,essa non si è unita al corpo come forma
di esso, ma solo come guida. Ma se l'anima è unita al corpo come
sua forma, e se è essenzialmente parte della natura umana, una
tale opinkme è assolutamente ins<>Stenibile. Infatti è evidente che
Dio costituì gli esseri prime>rdiali nello stato perfetto della loro
natura, come richiedeva la specie di ciascuno di essi. Ora, l'anima,
essendo parte d·ella natura umana, non ha la sua perfezione natu-
rale che nell'unione col corpo. Quindi non sarebbe stata ragione-
vole la. sua creazione senza il corpo.
A voler sostenere l'opinione di S. Agostino sui giorni della crea-
zione, si potrebbe dire che l'anima umana ebbe una certa priorità
sull'opera dei sei giorni, se ci fermiamo a considerare il genere,
cioè al fatto che l'anima è sinùle agli angeli per la sua natura in-
tellettiva; ma direttamente essa fu creata insieme al corpo. - Stando
invece agli altri Santi [Dottori], ·tanto l'anima che il corpo del primo
uomo furono prodotti nell'opera dei sed giorni.•
SOLl'ZIONE DEI.LE DIFFICOLTÀ: 1. Se la natura dell'anima formasse
una specie indipendente da richiedere una creazione a parte, allora
l'argomento porterebbe a concludere che all'inizio l'anima fu creata
da sola. Ma siccome l'anima è essenzialmente forma del corpo, non
doveva essere c~eata separatamente, bensì nel corpo.
2. Analoga è la risposta alla seconda difficoltà. Infatti, se l'anima.
per se stessa appartene,sse a una specie, avrebbe la massima affi-
nità con gli angeli. Essendo invece for:ma del corpo, appartiene come
causa formale al genere degli animali.
3. Che l'anima rimanga dopo il corpo dipende da quella de.fl.cienza
del corpo che è la morte. Ma una tale deficienza non doveva veri-
ficarsi quando in principio l'anima. fu creata.
i Vari furono i motivi che spinsero S. Agostino Yerso una test cosi strana. I mo-
tivi prlnclpall e dichiarati sono connessi con le dilllcoltà esegetiche dei prtmJ ca-
CREAZIONE DELL'ANIMA 173
les esse secundum suae naturae conditionem, sed solum merito di-
stare; sic ut quaedam earum corporibus alligarentur, quae sunt
animae hominum vel caelestium corporum ; quaiedam vero in sui
puritate, secundum diversos ordines, remanerent. De qua opinione
supra [q. 47, a. 2] iam diximus: et ideo relinquatur ad praesens.
Augustinus vero, in 7 Super Gen. ad litt. [cc. 24-28), dicit quod
anima primi hominis ante corpus cum angelis est creata, propter
aliam rationem. Quia scilicet ponit quod corpus hominis in illis ope-
ribus sex dierum non fuit productum in adu, sed solum secundum
causales rationes: quod non potest de anima dici ; quia nec ex ali-
qua materia corporali aut spirituali praeexistente facta fuit, nec ex
aliqua virtute creata produci potuit. Et ideo videtur quod ipsamet
anima in operibus sex dierum, in quibus omnia facta fuerunt, simul
cum angelis fuerit creata; et quod postmodum propria voluntate
inclinata fuit ad corpus administrandum. - Sed hoc non dicit asse-
rendo, ut eius verba demonstrant [loco cit., c. 24]. Dicit enim: u Cre--
datur, si nulla Scripturrurum auctoritas seu veritatis ratio conti adi-
cit, hominem ita factum sexto die, ut corporis quidem humani ratio
causalis in elementis mundi, anima vero iam ipsa crearetur "·
Posset autem hoc utique tolerari secundum eos qui ponunt quod
anima habet per se speciem et naturam completam, et quod non
unitur corpori ut forma, sed solum ad ipsum administrandum. Si
autem anima unitur corpori ut forma, et est naturaliter pars hu-
manae naturae, hoc omnino esse non potest. Manifestum est enim
quod Deus prtmas res institu:it in perfecto statu suae naturae, se-
cunrtum quod uniuscuiusque rei species exigebat. Anima autem,
cum sit pars humanae naturae, non habet natura1em perfectionem
nisi secundum quod est corpori unita. Unde non fuisset conveniens
animam sine corpore creari.
Sustinendo ergo opinionem Augustini de operibus sex dierum, dici
poterit quod anima humana praecessit in operibus sex dierum se-
cundum quandam similitudinem generis, prout convenit cum ange-
lis in intellectuali natura; ipsa vero fuit creata simul cum corpora.
- Secundum alios vero Sanctos, tam anima quam corpus primi ho·
minis in operibus sex dierum sunt producta.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod, si natura animae haberet inte-
gram speciem, ita quod secundum se crearetur, ratio illa procede-
ret., ut per se in principio crearetur. Sed quia naturaliter est forma
corporis, non fuit seorsum creanda, sed debuit creari in corpora.
Et similiter est dicendum AD SECUNDUM. Nam anima si per se spe-
ciem haberet, magis conveniret cum angelis. Sed inquantum est
forma corporis, pertinet ad genus animalium, ut formale princi-
pium.
AD TERTIUM DICENDUM quod animam Temanere post corpus, accidit
per defectum corporis, qui est mors. Qui quidem defectus in prin-
cipio creationis animae, esse non debuit.
pltoli della GeMst (cfr. 7 $uper Gen; aa tm. c. 28). Queut non d.tchiaratl sono In-
vece connessi col suo p.latonl.smo.
• Queste divergenze furono ampia.mente illustrate da S. Tommaso stesso alla
q. 66, a. 1 (ctr. voi. V, pp. 44 ss.).
QUESTIONE 91
L'origine del corpo del primo uomo. 1
ARTICOLO 1
Se il corpo del primo uomo sia stato formato col fango della terra.
SEMBRA che il corpo del primo uomo non sia stato formato col
fango della terra. Infatti :
1. Maggiore è la potenza che si richiede per fare una cosa dal
nulla, che da un'altra cosa: poichè il nulla è più distante dall'atto
di un ente in potenza. Ma essendo l'uomo la più nobile delle crea-
ture inferiori, era conveniente che la virtù di Dio risaltasse nella
maniera più evidente nella produzione del oorpo umano. Quindi
questo non dovette essere formato dal fango della terra, ma dal
nulla.
2. Sono più nobili i corpi celesti che quelli terrestri. Ma la nobiltà
suprema spetta al corpo umano, perchè attuato dalla forma più
nobile, che è l'anima intellettiva. Perciò esso non doveva essere
formato con un corpo terrestre, ma piuttosto con qualche corpo
celeste.
3. Il fuoco e l'aria sono corpi più nobili della terra e dell'acqua,
come risulta dalla loro sottilità. Essendo dunque il corpo umano
il più nobile dei corpi, doveva essere fatto di fuoco e d'aria, piut-
tosto che di fango.
4. Il corpo umano risulta composto dei quattro elementi. Perciò
non è vero che sia stato formato col fango della terra, ma COil tutti
gli elementi. 2
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Dio formò l'uomo dal fango della
terra».•
RISPONDO: Dio, essendo egli perfetto, ha comunicato alle sue opere
una perfezione proporzionata al loro grado; perciò troviamo nella
ARTICULUS 1
Utrum corpus primi hominis sit factum de limo terrae.
ARTICOLO 2
Se U corpo umano sia stato prodotto immediatamente da Dio. 1
ARTICULUS 2
Utrum corpus humanum sit immediate a Deo productum.
Infra, q. 92, a. 4.
escluso che resti umani, attestanti l'esistenza. di uomini nello stato attuale di strut-
tura, siano anche più antichi di quelll elle ordinariamente vengono classificati
come più vicini alle specie inferiori. Niente perciò impedisce di pensare elle certe
variazioni siano fenomeni degenerativi piuttosto che evolutivi. 5) La molteplicità
delle temie evoluzioniste, con la reciproca incompossibilìtà, dimostra la precarietà
dei dati positivi sul quali esse si fondano. 6) È un fatto certo che alcune specie,
conosciute dalle più remote età geologiche, non hanno subito nessuna evoluzione.
A ragione perciò S. S. Pio XII pot.eva afferm;ue il 30 novembre 1941: "Le molte-
plici ricerche sia della paleontologia che della biologia e della morfologia su altri
p1·01Jlenn riguardanti le origini dell'uomo non hanno finora apportato nulla di
positivamente chiaro e certo'" (A. A. S., 1\!41, p. 506).
Nonostante questo molti pensatori cattolici si sono posta la domanda, se esiste
la possibilità di una soluzione evoluzionista dell'origine umana, ammettendo però
l' intervento di Dio per quanto riguarda l'anima spirituale. A questo proposito
troviamo in sostanza tre opinioni. Cl sono degli studiosi, i quali negano la possi-
bilità fisica, pur ammettendo la possibilitil metafisica [cfr. ZACCHI A., L'uomo,
vol. Il, Roma, 1946, p, 98). Altri invece negano persino questa. posslbilitil (cfr. RUF-
FINI E., La teoria della evoluzione secondo la scienza e la fede, Roma, 1948,
ip. 175 ss.). E e' è clii è favorevole a un evoluzionismo finalistico-teistico (cfr. l\IAR-
cozz1 V., Evolwiane o creazione?, Milano !DliR, pp. 20J ss.). Questi ultimi devono
1J€rò faticare non poco, per convincere gli evoluzionisti radicali elle l'evoluzioni-
smo da essi prcspettato è una vera teoria trasformista. Infatti l'intervento di Dio,
invocato all'ultimo momento, ha qui del miracoloso; e ha tutta l'aria di essere
un espediente per togliersi d'imbarazzo. A conti fatti, Dio, nel caso, dovrebbe ope-
rare una transustanziazione; perchè un corpo di animale irragionevole è sostan-
zialmente diverso da un corpo umano, anche se per la figura esterna avesse rag-
giunto una forte somiglianza. Ci sembra quindi più ragionevole impugnare il prin-
cipio tuosofico del tra&formlsmo, e non accettare per principio le teorie da esso
cterivate nel campo delle scienze positive. I fatti possono e debbono essere studiati
senza timore alcuno; ma la loro interpretazione ·non d.eve essel'e imPoStata secondo
uno schema ormai antiquato, e ligio a preconcetti inaccettabili.
180 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. !)1, a. 2
tiles: "E neceosario che la tendenia della materia verso la forma si volga, come
al 5UO ultimo fine nelJ'ordJine della ge!lerazione, verso l'atto ultimo e più perfetto
che essa possa conseguire. Infatti, per cominciare, la materia pMma è in potenza
alla forma degli elementi ; e, sott-0 Ja forma degli elementi, a quella del misto: co-
sicchè gli elementi sono la materia del corpo misto. C-Onsiderata poi ootto la forma
del misto, è in p-0tenza all'anima vegetativa: difatti un corpo di questo genere ha
come suo atto un'anima. Ora, l'anima vegetativa è in potenza alla sensitiva, e la
sensitiva ali' intellettiva. E que<.t-0 lo dimostrano le varie fasi della generazi-One:
12 - VI
182 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, aa. 2-3
ARTICOLO 3
Se al corpo dell'uomo sia stata data una disposizione conveniente.
SEMBRA che al corpo dell'uomo non sia st:ita data una disposi-
zione conveniente. Infatti:
1. Essendo l'uomo l'animale più nobile, il suo corpo doveva avere
la migliore disposizione per quelle operazioni che sono proprie del-
Infatti nella g>enM"azione da principio troviamo che il feto vive la viia della pianta,
dopo quella dell'animale, e finalmente Quella de;r·uomo .... "· (S Cont. Gent., c. 2-2).
come dice tiene il Card. Rnilìni, "addurre quel test-0 a conferma, anclle solo in-
diretta, della teoria evoluzioriistic...'l, è lo st.c:sw che travisarne il senso '' (op. cit.,
p. 168). Difatti in esso i! Dott{)re Ang·cJico non vuole assolutamente pnrlare ài po-
tenza attiva, cioè à-i effettiva capacità dcli.a materia a prodursi in quegli atti suc-
cesf>iV·i ; ma di pura potenza passwa. " In appm"Cnza, os...<erva con finezza 11 Card.
Ruffini, nulla è più favorevole all'evoluzionismo del principio scolastic-0, formae
educuntur e potentia matertae, ma in realtà nulla vi è di più oontra.ri-0" (U1tà.,
p, 169).
L' ORIGINE DEL CORPO DEL PRIMO UOMO 183
AD 'PRIMUM ERG-O DICENDUM quod, etsi angeli aliquod ministerium
Deo exhibeant in his quae circa corpora operatur; aliqua tamen
Deus in creatura corporea facit, quae nullo modo angeli facere pos-
sunt; sicut quod suscitat mortuos, et illuminat caecos. Secundum
quam virtutem etiam corpus primi hominis de limo terrae forma-
vit. - Potuit tamen fieri ut aiiquod ministerium in formatione cor-
poris primi hominis angeli exhiberent; sicut exhibebunt in ultima
resurrectione, pulveres colligendo.
AD SF.CUNDUM DICENDUM quod animalia perfecta, quae generantur
ex semine, non possunt generari per solam virtutem caelestis cor-
poris, ut Avicenna fingit; licet ad eorum generationem natura.lem
cooperetur virtus caelestis corporis, prout Philosophus dicit, in
2 Physic. [c. 2, lect. 4), quod u homo generat hominem ex materia,
et sol"· Et exinde est quod exigitur locus temperatus ad genera-
tionem hominum et alionnn animaJium perfectorum. - Sufficit au-
tem virtus caelestium corporum ad generandum quaedam animaJia
imperfectiora ex materia disposita: manifestum est enim quod plura
requiruntur ad productionem rei perfedae, quam ad p.roductionem
rei imperfectae.
AD TERTIUM DICENDUM quod motus caeli est causa transmutationum
naturalium: non tamen transmutationum quae fìunt praeter naturae
ordinem, et sola virt.ute divina, sicut quod mortui resuscitantur,
quod caeci illuminantur. Quibus est simile quod homo ex limo
terrae formatur.
AD QUARTtJM DICENffCM quod secundum rationes causales in crea-
turis dicitur aliquid praeexistere dupliciter. Uno modo, secundum
potentiam activam et passivam: ut non solum ex materia praeexi-
stenti fieri possit, sed etiam ut aliqua praeexistens creatura hoc fa-
cere possit. Alio modo, secundum potentiam passivam tantum: ut
scilicet de materia praeexistenti fieri possit a Deo. Et hoc modo,
secundum Augustinum, corpus hominis praeextitit in operibus p.ro-
duct.is secundum causales rationes.
ARTICULUS 3
Utrum corpus hominis habuerit convenientern dispositionem.
11-11, q. 16>, a. 2, ad 1; De Malo, q. 5, a. 5; De Antma, a. S.
saggezza che regola questi motivi li rende eternam"lnte validi, nonostante il nau-
fragio di certe loro applicazioni particolari, tentate nella soluzione aelle attrt-
col!à.
186 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, a. 3
quali spiegano il portamento eretto assunto dall'uomo con la crisi delle foreste ....
Venuti a mancare gli alberi su cui arrampicarsi, quei poveri quadrumani sareb-
bero stati costretti a scorrazzare per la campagna, e a sperimentare cosi un'an-
datura più razionale (cfr. G. SERGI, "Uomo'" tn Enc. lt., voi. 34, p. 750•). - Fa pena
assi.'>tere alla degradazione di tanti scienziati, che, avendo perduto di vista il prin-
cipio formale e teloologico, credono di costruire ancora delle teorie ragionevoli
sulla genesi dell'.essere umano e della sua struttura morfologica.
188 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 91, aa. 3-4
parte meno importante è rivolta verso l'alto. Gli animali poi hanno
una disposizione intermedia: poichè la parte superiore di essi è
quella con cui prendono l'alimento, mentre l'inferiore è quella con
cui elimino.no il superfluo.
ARTICOLO 4
Se nella Scrittura sia descritta convenientemente
la produzione del corpo umano. 1
SEMBRA che la produzione del corpo umano non sia descritta con-
venientemente nella Scrittura. Infatti:
1. Il corpo umano, come tutte le opere dei sei giorni, è stato fatto
da Dio. Ora, per le altre opere nella Scrittura si legge: «Disse
Dio: Sia fatto; e fu fatto"· Doveva quindi usare la stessa espres-
sione parlando della formazione dell'uomo.
2. Il corpo umano fu fatto imrnedfatamente da Dio, come abbiamo
visto sopra. Allora non sta bene la frase: "Facciamo l'uomo"·
3. Forma del corpo umano è l'anima, che è lo spirito di vita.
Perciò dopo le parole: «Dio formò l'uomo dal fango della terra»,
non ha senso aggiungere: « Gli alitò in faccia lo spirito di vita"·
4. L'anima, cioè lo spirito di vita, è in tutto il corpo, ma prin-
cipalmente nel cuore. Dunque la Scrittura non doveva dire che "gli
alitò lo spirito di vita in faccia"·
5. Il sesso ma.schile e quello femminile appartengono al corpo,
l'immagine di Dio invece appartiene all'anima. Ora, secondo S. Ago-
stino, l'anima fu creata prima del corpo. Perciò, dopo di aver detto:
"lo fece a sua immagine,,, non si doveva aggiungere: «li creò
maschio e femmina"·
IN CONTRARIO sta l'autorità della Scrittura.
SOLl:ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice s. Agostino, l'uomo non
eccelle sulle altre creature per il fatto di essere stato creato imme-
diatamente da Dio, a differenza delle altre cose, poichè sta scritto:
"i cieli sonp opera delle tue mani» ; e altrove: «le sue mani hanno
fondato la terra asciutta" ; ma perchè l'uomo fu creato ad imma-
gine di Dio. Tuttavia per la creazione dell'uomo la Scrittura usa
delle espressioni particolari, per indicare che tutto il resto fu creato
per l'uomo. Infatti noi siamo soliti a mettere più impegno e dili-
genza nel compiere le opere che maggiormente ci premono.
2. Non si creda che Dio abbia rivolto agli angeli le parole:
"facciamo l'uomo'" come alcuni 2 hanno falsamente interpretato.
L'espressione invece vuole indicare la pluralità delle Persone di-
vine, la cui immagine si ritrova meglio espressa nell'uomo.•
3. Alcuni spiegano nel senso che Dio prima avrebbe dato forma
al corpo dell'uomo, e in un secondo tempo avrebbe infuso l'anima.
ARTICULUS 4
Utrum convenienter corporis humani productio
in Scriptura describatur.
Supra, q, 72, a. un., ad 1, 3, 4 .
ARTICOLO 1
Se c'era bisogno di produrre la donna nella prima costituzione
del mondo.
SEMBRA che non ci fosse bisogno di produrre la donna nella prima
costituzione del mondo. Infatti:
1. Dice il Filosofo che "la femmina è un maschio mancato n. •
Ora, nella prima costituzione del mondo non doveva esserci niente
di mancato e di difettoso. Perciò la donna non doveva essere creata
allora.
2. La sudditanza e l'inferiorità son ccnseguenze del peccato: in-
fatti dopo il peccato fu detto alla donna: " Tu starai sotto la pote-
stà dell'uomo» ; e S. Gregorio spiega: "Senza il peccato siamo tutti
uguali». Ora invece, la donna è dotata per natura di minore forza
e dignità dell'uomo; poichè, a detta di S. Agostino, "il soggetto
che agisce è più nobile di quello che riceve ». • Dunque la donna
non doveva esser formata nella prima origine del mondo avanti il
peccato.
3. E doveroso eliminare le occasioni dcl peccato. Ma Dio cono-
sceva già che la donna sarebbe stata occas.ione di peccato per
l'uomo. Perciò non doveva crearla.•
i Prima di ogni altra considerazione ò necessario tener presente il testo della
Genesi: Disse ancora il Sig-nore Dio: Non è bene che l'uo1no sia solo; faccia1no-
I(
11
gli un aiuto simile a lui". Formati che ebbe il Signore Dio dall" terra tutti i vola·
tili del cielo, li condusse ad Adamo, acciò v.eclessc c-0me chiarnarli. ... l\Ia per
Act<imo non si trovava un aiut.o simile a lui. :Mandò dunque il Signore Dio ad
Adamo un sonno profond-0; ed essendosi egli addormentat-0, gli tobc una delle
coste, e ne riempi il luogo con dell<:t C<:trne. E con la costa che aveva tolta ad
Adamo, formò il Signore Dio un.a donna, e gliela presentò. E disse Adamo: "Ecco,
questo è un osso delle mie oss~t. e carne della mia carne; questa sarà chiamata
virago, pcrchè è stata tratta dall'uomo. Per,,iò l'uomo la.scerà il padre e la ma-
dre, e si stringerà alla sua moglie, e saranno due in un corp·} solo""· (Gen.,
2, 18-24).
• Quello che più interessa negli articoli qui enunciati non ò l'e,;egesi: sono piut.
tosto i principi! genei"ali e i motivi fllo:;ofìci e teologid ai quali l'Autore si ispira.
Dobbiamo onestamente rlconosc.ere che S. Tommaso non aveva In mano gli ele.
menti positivi necessari, per risolvere in maniera del tutto soddistacente I quesiti
proposti. Le nozioni fisiologiche e biologiche attinte ad Arist-0tele erano rudimen-
tali ed empiriche, e spes.so inquinate. Intatti certe nozioni erano state elaborate
con procecllmenti a priori, sui quali facevan-0 sentire tutto il loro peso i pregiu-
dizi del paganesimo classlc.o contro la donna.
3 Ecco U primo grave pregiudizio aristot.elico, dal quale gli ~;:.olasticl non hanno
QUAESTIO 92
De productione mulieris
tn quatuor arttcutos dtvtsa.
ARTICULUS 1
Utrum mulier debuerit produci in prima rerum productione.
la sua dir~ della donna non è stata del tutt-0 soddisfacente, bioogn:!. rioonoseere
che egli ha reagito in dl!esa della sostanziale uguagliRnza dei due sessi, procla·
mata dal cristianesimo.
' Pare che tra questi autori inn-0mln.ati, redarguiti già da S. Agostino (cfr. 9 De
Gen. ad lttt., c. 3; 14 De Ctvtt. Det, c. 21), si dobbano annoverare quei SS. Padri
che aborrivano l' !dea della generazLone sessuale nell-0 stato <li innocenza. Essi in-
tatti dovettero giustificare e.on altri motivi la creazione della donna.
2 &l si tiene d'occhio la nota precedente, la frase suona assai meno dura per
la donna. E evidente Infatti che Il Dottore Angelico ha qui la soh preoccupazione
di mettere in luce la funzione specifica del sesso lemminile nell'ordine generale
dell'un!veroo, oontro gli ingiustificati pudori di qualche esegeta. Ora, ali' infuori
L'ORIGINE DELLA DONNA 195
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2, 18: "Non est bonum hominem
esse solum; faciamus et adiutorium simile sibi "·
REsPONDEO DICENDUM quod necessarium fuit feminam fieri, sicut
Scriptura dicit, in adiutorium viri: non quidem in adiutorium ali-
cuius alterius operis, ut quidam dixerunt, cum ad quodlibet aliud
opus convenientius iuvari possit vir per alium virum quam per mu-
lierern; sed in adiutorium generationis. Quod manifestius videri po-
test., si in viventibus modus generationis consideretur. Sunt enim
quaedam viventia, quae in seipsis non habent virtutem activam ge-
nerationis, sed ab agente alterius speciei generantur; sicut plantae
et animalia quae generantur sine semine ex materia convenienti per
virtutem activam caelestium corporum. - Quaedam ver-0 habent vir-
tutem generationis activam et pa.ssivam coniunctam ; sicut accidit
in plantis quae generantur ex semine. Non enim est in plantis ali-
quod nobilius opus vitae quam generatio: unde convenienter omni
tempore in eis virtuti passivae coniungitur virtus activa generatio-
nis. - Animalibus vero perfectis cornpetit virtus activa generationis
secundum sexum masculinum, virtus vero passiva secundum sexum
femininnrn Et quia est a!iquod opus vitae nobilius in anirnalibus
quam generatio, ad quod eorum vita principaliter ordinatur; ideo
non omni tempore sexus masculinus feminino coniungitur in ani-
malibus perfectis, sed solum tempore coitus; ut imaginemur per
coitum sic fieri unum ex mare et femina, sicut in pianta omni tem-
pere coniunguntur vis masculina et feminina, etsi in qui.busdam
plus abundet una harum, in quibusdam plus altera. - Homo autem
adhuc ordinatur ad no.bilius opus vitae, quod est intelligere. Et ideo
adhuc in homine debuit esse maiori ratione distinctio utriusque vir-
tutis, ut seorsum produceretur femina a mare, et tamen carnaliter
coniungernntur in unum ad generationis opus. Et ideo statim post
formationem mulieris, dicitur Gen. 2, 24: " Evunt duo in carne
unan.
All PRIMUM ERGO D!CENDUM qu-0d per respectum ad naturam parti-
cularem, femina est aliquid deficiens et occasionatum. Quia virtus
activa quae est in semine maris, intendit producere sibi simile per-
fectum, secundum masculinum sexum: sed quod femina generetur,
hoc est propter virtutis activae debilitatem, vel propter aliquam
materiae indispositionem, vel etiarn propter aliquam transmutatio-
nem ab extrinseco, puta a ventis australibus, qui sunt humidi, ut
dicitur in libro 4 De Generat. Animal. [c. 2]. Sed per comparati.onem
ad naturam universalem, femina non est aliquid occasionatum, sed
est de intentione naturae ad opus generaU.onis ordinata. Intentio
autem naturae universalis dependet ex Deo, qui est universalis au-
ctor natu:cae. Et ideo instituendo naturam, non solum marem, sect
etiam feminam produxit.
della generazione è vano cercare un motivo che renda davvero necessaria la crea-
zione della donna. Forse si può rimprovevare all'Aquinate di aver usato un'espres-
sione troppo forte con quel comparativo: "convenientius "· Ma non è da esclu-
dersi che per un autore medioevale si tratti di un comparativo assoluto; e allora
la frase avrebbe questo senso del tutto "ortodosso": " .... P-Oichè pe.r qualsiasi al-
tra funzione l'uomo può essere aiutato benissimo da un altro uomo, piuttosto che
dalla donna "· In questo mùdo l"Autore sarebbe più coerent.e con se stesso; poichè
nell'articolo seguente egli riconosce che nelh società domestica "l'uomo e la donna
hanno !unzioni dlstint.e "• a prescind.ere dalla generazi-0ne.
3 Come tutt.i gli antichi. S. Tommaso ammetteva la generazione s·pontanea.
196 LA SOMI\IA TEOLOGICA, I, q. 92, aa. 1-2
ARTICOLO 2
Se era bene che la donna fosse tratta dall'uomo.
ARTICULUS 2
Utrum mulier debuerit fieri ex viro.
f Seni., d. 18, a. 1, arg. S. c. 1. 2; resp. ad t.
AD SF.CUNDUM SIC PROCEDITUR. Vidctur quod mulier non debuit fieri
ex viro. Sexus enim communis est homini et aliis animalibus. Sed
in aliis animalibus feminae non sunt factae ex maribus. Ergo nec
in homine fieri debuit.
2. PRAETEREA, eorum quae sunt eiusdem speciei, eadem est mate-
ria. Sed mas et femina sunt eiusdem speciei. Cum igitur vir fuerit
factus ex limo terrae, ex e0<lem debuit fieri femina, et. non ex viro.
3. PRAETEREA, mulieir facta est in adiutorium viro ad generatiQ~
nem. Sed nimia propinquitas reddit personam ad hoc ineptam: unde
personae propinquae a matrimonio excluduntur, ut patet Lei;. 18,
6 ss. Ergo mulier non debuit fieri ex viro.
SED CONTRA EST quod dicitur E cdi., 17, 5: "Creavit ex ipso n, scili-
cet viro, "adiutorium sibi simile"• idest mulierem.
RESPONDEO DICENDUM quod convenicns fuit mulierem, in prima re-
rum institutione, ex viro formari, magis quam in aliis animalibus.
Primo quidem, ut in hoc quaeda:m dignitas primo homini servare-
tur, ut, secundum Dei similitudinem, esset ipse principium totius
suae sp-eciei, sicut Deus est principium totius universi. Unde et Pau-
lus dicit, Act. 17, 26, quod Deu.s "fecit ex uno omne genus ho-
minum n.
Secundo, ut vir rnagis diligeret rnulierem, et ei inseparabilius in-
haereret, dum cognosceret eam ex se esse productam. Unde dicitur
Gen. 2, 23-24: "De viro smnpta est: quamobrem relinquet homo pa-
trem et matrem, et adhaerebit uxori suae ». Et hoc maxime neces-
13 - VI
198 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 92, aa. 2-3
femmina devono convivere per tutta la vita, cosa che non avviene
negli altri animali.
Terzo, perchè, a detta del Filosofo, il maschio e la femmina si
uniscono nella specie umana non solo per la necessità di generare,
come negli altri animali, ma anche per la vita domestica, nella
quale l'uomo e la donna hanno funzioni distinte, e in cui l'uomo è
capo della donna. Perciò questa fu giustamente tratta dall'uomo.
come dal suo principio.
Quarto, per una ragione mistica: cioè perchè il fat.t.o stava a rap-
presentare come la Chiesa trae la sua origine da Cristo. 1 Perciò
l'Apostolo scrive: cc E grande questo sacramento: lo dico riferen-
domi a Cristo e alla Chiesa •>.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT.\: 1. Cosi è chiara la risposta alla prima
difficoltà.
2. La materia è quell'elemento col quale si fa una cosa. Ora, la
natura creata ha un principio determinato, ed essendo determinata
a produrre una cosa particolare, ha pure un processo determinato ;
perciò essa da una data materia produce effetti di una specie deter-
minata. Ma la virtù divina, che è infinita, può produrre cose speci-
ficamente identiche da qualsiasi materia, e quindi l'uomo dal fango
della terra, e la donna dall'uomo.
3. Dalla generazione naturale si viene a contrarre un'affinità che
impedisce il matrimonio. Ma la donna non fu originata dall'uomo
per via di generazione naturale, bensi per sola virtù divina; cosiC··
chè Eva non può chiamarsi figlia di Adamo. Quindi largomento non
regge.
ARTICOLO 3
Se era conveniente che la donna fosse formata
dalla costola dell'uomo. 2
ARTICULUS 3
Utrum mulier dcbuerit formari de costa viri.
f sent., d. 18, q. 1, a. 1 ; 1 Cor., c. 7, Iect. 1.
AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod mulier non debuerit for-
mari de costa viri. Costa enim viri fuit multo minor quam corpus
mulieris. Sed ex minori non potest fieri maius, nisi vel per addi-
tionem: quod si fuisset, magis ex illo addito mulier formata dice-
retur quam de costa; - vel etiam per rarcfactionem, quia, ut dicit
Augustinus, 10 Super Gen. a-d litt. [c. 26], «non est possibile ut ali-
quod corpus crescat, nisi rarescr.t '" N-0n autem invenitur corpus
mulieris rarius quam viri, ad minus in ea proportione quam habet
costa ad corpus Evae. Ergo Eva non fuit formata de costa Adae.
2. PRAETEHEA, in operibus primo creatis non fuit aliquid super-
ftuum. Costa ergo Adae fuit de perfectione corporis eius. Ergo, ea
subtracta, remansit imperfectum. Quod videtnr inconveniens.
3. PRAETEREA, costa non potesi separari ab homine sine dolore.
Sed .dolor non fuit ante peccatum. Ergo cesta non debuit separari
a viro, ut ex ea mulier formaretur.
sulla croce. Questa ragione mistica è cosi comune a tutta la tradizione cristiana.
che il Concilio di Vienne [1311-1312] la volle espressamente ricordare nella Costi-
tuzione dogmatica De summa Trtnttate et de (!de catholtca (cfr. DE.!'IZ., 480).
2 Questione elegante 1.ier I teologi del passiato. - L'ebraico $iila, che I LXX
tradussero con nJ.eved, e la Volgata con costa, altrove nel Vecchio Testamento ha Jl
significato generico di lato o (tanco (cfr. CEUPPENS, op. cit., p. 122).
200 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 92, a.a. 3-4
ARTICOLO 4
Se la donna fu formata immediatamente da Dio.•
SE'>iBRA che la d-oirna non sia stata formata immediatamente da
Dio. Infatti:
1. Nessun individuo che trae la sua origine da un ess.e.re della me-
1 Cosi Ugo di S. Vittore (De Sacmmcnlis, I. I, P. VI, c. 36) e Pietro Lombardo
(! Sent., d. 18, c. 4).
L'ORIGINE DELLA DONNA 201
SED CONTRA EST quod dicitur Gen. 2, 22: "Aedifìcavit Donùnus Derus
costam quam tuJerat de Adam, in mu!i.erem "·
RESPONDEO DICENDUM quod conveniens fuit mulierem forrnari de
costa viri. Primo quidem, ad significandum quod inter virum et
rnulierern debet esse socialis coniunctio. Neque enim mulier debet
" dominari in virurn » [1 Tim. 2, 12]: et Ldeo non est formata de ca-
pite. Neque debet a viro despici, tanquam serviliter subiecta: et ideo
non est formata de pedibus. - Secundo, propter sacramentum: quia
de latere Christi dormientis in crurce fluxerunt sacramenta, id.est
sanguis et aqua, quibus est Ecclesia instituta.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod quidam dicunt per multiplicatio-
nem materiae absque alterius additione, formatum fuisse corpus
mulieris; ad modum quo Dominus quinque panes multiplicavit. -
Sed hoc est omnino impossibile. Multiplicatio enim pra.edicta aut
acc.idit secundum transmutationem substantiae ipsius materiae; aut
secundum transmutationem dirnensionum ehIB. Non autem sooun-
dum transmutationem substantiae ipsius materi·ae: tum quia mate-
ria in se considerata, est omnino intransmutabilis, utpote existens
in potentia, et ha.bens solum rationem subiect.i ; tum etiam quia rnul-
titUJdo et magnitudo sunt praeter essentiam ipsius materiae. Et ideo
nullo modo potest multiplicatio rnateriae intelligi, eadern mate.ria
manente n.b.sque additione, nisi per hoc quod maiores dirnensiones
accipiat. Hoc autem est rarefieri, scilicet rnateriam eand.ern accipere
maiores dirnensiones, ut Philosophus dicit in 4 Physic. [c. 9, Iect. 14].
Dicere ergo rnateriam multiplicari absque rarefactione, est ponere
contradictoria simul, scilicet definitionem abs.que definito.
Unde, cum non appareat rarefactio in talibus multiplicationibus,
necesse est poneire additionem materiae, vel per creationern ; ve!,
quod probabilius est, per conversionem. Unde Augustinus dicit, Su-
per Ioan. [tract. 24], quod «hoc modo Christus ·ex quinque panibus
satiavit quinque millia hominurn, quomodo ex paucis granis produ-
cit mult.itudinern segetum ,, ; quod fit per conversionem alimenti. -
Dicitur ta.men ve! ex quinque panibus turba.s pavisse, vel ex costa
mulierem formasse, quia. additio facta e,st ad materiam praeexisten-
tem costae vel panum.
AD SECUNDUM DICENDU:M quod coista illa fuit de perfectione Adae,
non prout erat individuum quoddam, sed prout erat prindpiurn
speciei: sicut sernen est de perfectione generantis, quod operatione
natura.Ii cum delectatione resolvitur. Unde multo magis vi.rtute di-
vina corpus muJi.eris potuit de costa viri formari absque dolore.
Et per hoc patet solutio AD TERTJUM.
ARTICULUS 4
Utrum mulier fuerit immediate formata a Deo.
AD QUARTUM SIC PROCEDITlJR. Videtur quod rnulier non fuerit im-
mediate formata a Dea. Nullum enim individuum ex simili secun-
dum speciem productum, fit immediate a Dea. Sed mulier facta est
2 Il racconto bihllc-0 è tale da escluclere lintervento di qualsiasi causa soconda
nella formazione della donna. Per quanto riguarda l'ev.oluzionism-0 teistico dob·
202 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 92, a. 4
biamo aggiungere che esso viene particolarmente contraddetto dalla r:dta distin-
zione che l'Agiografo stabilisce tra l' "aiuto simile a >è''. cercato da!l'uomo, e
tutti gli animali. Soltanto dopo la cYeazlone della donna l'uomo esce in quelh
L'ORIGINE DELLA DONNA 203
de viro, qui est eiusdem speciei cum ipsa. Ergo non est facta im-
mediate a Deo.
2. PRAETEREA, Augustinus dicit, 3 De Trin. [c. 4), quod corporalia
dispensantur a Deo per angelos. Sed wrpus mulieris ex materia
corporali est formatum. Ergo est factum per ministerium angelo-
rum, et non immediate a Deo.
3. PRAETEREA, ea quae praeextiterunt in creaturis secundum ratio··
nes causales, producuntur virtute alicuius creaturae, et non imme-
diate a Deo. Sed secundum causales rationes corpus mulieris in pri-
mis operibus productum fuit, ut Augustinns dicit 9 Super Gen. ad
lift. [c. 15). Ergo non fuit producta mulier immediate a Deo.
SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, in eodem libro [ibid.]:
«Formare vel aedificare costam ut mulier es.set, non potuit nisi
Deus, a quo universà natura subsistit "·
RESPONDEO DICENDl!M quod, sicut supra [a. 2, ad 2] dictum est,
unuscuiusque speciei generatio naturalis est ex determinata mate-
ria. Materia autem ex qua naturaliter generatur homo, est semen
humanum viri vel feminae. Unde ex alia quacumque materia indi-
viduum humanae speciei generari non potest naturaliter. Solus au-
tem Deus, qui est naturae institutor, potest praeter naturae ordi-
nem res in esse prnducere. Et ideo solus Deus potuit vel virum de
limo terrae, vel mulierem de costa viri formare.
AD PRil\IUM ERGO DICENDl_'M quod ratio illa procedit, quando in-
dividuum generatur ex simili secundurn speciem, generatione natu-
rali.
AD SECCNDUM DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit 9 Super Gen.
ad litt. [loco cit.), an ministerium angeli exhibuerint Deo in forma-
tione mulieris, nescimus: certum tamen est quod, sicut corpus viri
de limo non fuit formatum per angelos, ita nec corpus mulieris de
costa viri.
Ao TERTIUM DICF:NDUM quod, sicut Augustinus in eodem libro dicit
[c. 18]: «Non habuit prima rerum conditio ut femina omnino sic
fìeret; sed tantum hoc habuit, ut sic fieri posset "· Et ideo secundum
causales rationes praeextìtit corpus mulieris in primis operibus, non
srcundum potentiam activam, sed secundum potentiam passivam
tantum, in ordine ad potentiam activam Creatoris.
esclamazione: "Ecc.o, questo è un osso delle mie ossa, e carne della mia carne;
questa sarà chiamata virago, perché è stata trattn dall'uom-0 [vir],, (Grn. 2, r.i).
È ben dilfìr,ile salvare la sostan711 di queste parole, che parlan.o di una deri-
vazione immediata della donna llall'uomo, secondo una qualsiasi tcmla evoluzio-
nista.
i È la s-0lita spiegazione tomistica, che esclude ogni appiglio per la teoria del-
l'evoluzione (vedi sopra, p, 183, n. 1).
QUESTIONE 93
Fine e coronamento della creazione dell'uomo.
Consideriamo ora il fine o coronamento della creazione dell'uomo,
in quanto si dice che egli è stato fatto "a immagine e somiglianza
di Dio n. 1
Su tale questione si pongono nove quesiti: 1. Se vi sia nell'uomo
l' immagine di Dio; 2. Se l' immagine di Dio si trovi nelle creature
irragionevoli; 3. Se l'immagine di Dio si trovi più nell'angelo che
nell'uomo; 4. Se limmagine di Dio si trovi in tutti gli uomini; 5. Se
limmagine di Dio esistente nell'uomo si riferisca all'essenza di-
vina, a tutte le Persone divine, oppure a una sola di esse; 6. Se
l'immagine di Dio si trovi nell'uomo solo in rapporto all'anima;
7. Se r immagine di Dio si trovi nell'uomo in rapporto alle potenze,
agii abiti, o agli atti ; 8. Se in rapporto a tutti gli oggetti; 9. Dif-
ferenza tra imma.gine e somiglianza.
ARTICOLO 1
Se vi sia nell'uomo I' immagine di Dio.
1 E pe.r tutti evidente che l'uomo è la più nobile delle creature visibili e corpo-
ree ; e verso di esso tendeva l'opera della e.reazione del mondo visibile, come a
suo fine intrinseco. :\Ia il fine intrinseco d.el creato, cioè la perfezione delle crea-
ture, non è che un vestigio, un'immagine e una partecipazione della bontà di Di.o
(cfr. I, q. H, a. 4). Viene e.o.sì a coincidere il fine intrinseco col fine estrinsec.o del
creato, che è la gloria accidentale di Dio.
Ma tra tutte le creature visit.ili soltanto l'uomo può rendere formalmente glo-
ria a Dio, perchè egli solo, dotato di int.el!ett-0 e di volontà, può conosoere e amare
Il suo Cr€atore ; cosicchè il mondo non avrebbe raggiunto pienamente il suo fine,
se non fosse stato cr€ato l'uomo. Esiste quindi nella creatura umana un.a parteci-
pazione e.osi abbondante della perfezione divina, e un'impressione cosi marcata
dell'essere rllvino, da meritare una d€nomlnazione speciale. Lit sacra Sc.rittura
parla di immagine e di somiglianza. E i teologi, dietro le orme di S. Agostino,
QUAESTIO 93
De fine sive termino productionis hominis
In novem arttculos divisa..
ARTICULUS 1
Utrum imago Dei sit in homine.
Supra, q. 35, a. 2, ad 3; q. 4~, a. 7; 4 Coni. Gent., c. 26; ! Sent., d. 16, expos. lltt.:
I Cor., c. 11, lect. 2.
AD PRH1U:.\1 SIC PROCEDITlJR. Videtur quod imago Dei non sit in ho-
mine. Dicitur enirn Isaiae 40, 18: "Cui similem fefecistis Deum; aut
quam imaginem ponetis ei? '"
2. PRAETEflE.1, esse Dei imaginem est proprium Primogeniti, de quo
dicit Apostolus, ad Colos. 1, 15: "Qui est imago Dei invisibilis, pri-
mogenitus omnis creaturae '" Non ergo in homine invenitur Dei
imago.
3. PRAETEREA, Hilarius dicit, in libro De Sy11od. [1 can. Syn. Ancyr.],
quod "imago est eius rei ad quam imaginatur, species indifferens" ;
et itemm dicit [ibid.] quod "imago est rei ad rem coaequandam in-
discreta et unita similitudo '" Sed non est species indifferens Dei et
hominis; nec potest esse aequalitas hominis ad Dcum. Ergo in ho-
mine non potest esse imago Dei.
hanno cercato di precisare questi concetti, 5eoondo le linee fonda;nentali del loro
sistema. - Per c~pire hene S. Tommaso, nella questione presPnte, bisogna seguire
il movimento del suo pensiero attraverso la successione ù·C'i nove quesiti che la
compongono, senza dimenticare 11 filo conduttore: si vuole riscontrare I' imma-
gine di Dio nella creatura vjsihile più sublime, nell'atto In cui essa raggiunge
l'apice della sua pe1·fezione, rendendo formalmente gloria a Dio. Cosi Dvremo
compreso qual' è per l'Aquinate "il fine e il coronamento" della creazione del-
l'uomo. - L'ordine naturale e quello soprannaturale sono qui contemplati sotto
un profilo unico, in cui la distinzione sembra quasi scomparsa. Vediamo infatti
che l'ordine della natura esige In qualche modo quello de.Ila grazia. L'anima
umana è stata costruita per il possesso abitual·e e attuale di Dio, nella fede e nella
carità, durante la vita presente, nella lurn di gloria, pe" la vita €t-6rnn. Le fon-
damenta, ~rciò, cJell'orrtine soprannaturale sono le stesse facoltà naturali del-
206 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 1
l'anima. La distinzione del due ordini rimane; ma la distinzione non deve far
pensare a un'accettabile separabilità delle due cose. L'uomo che non ha la grazia
è un essere abortivo, un edificio in rovina, perché lasciato In tronco e in abban-
dono. L'uomo elle non ha ancora raggiunt-0 la gloria è una pianta tuttora in
g·erme, clrn attende la primavera.
' Ci sono degli eseg·eti, anche cattolici, i quali pensano che sia indicato 1n que-
sta espressione &0!tanto la supremazia e il dominio che l'uomo esercita sugli altri
animali. L'uomo sarebbe dett.o "a immagine e somiglianza,, di Dio, ~rchè è
come una piccola divinità nel mondo visibile: a lui infatti sono sottoposte tutte
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 207
SEn co:-nRA EST quod dicitur Gen. 1, 20: "Fac.iamus hominem ad
imaginem et similitudinem nostram ».
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit in libro Octoginta
trium Qua.est. [q. 74], « ubi est imago, continuo est. et similitudo;
sed ubi est similitudo, non continuo est imago'" Ex quo patet quod
similitudo est de ratione irna.ginis, et quod imago aliquid addit su-
pra rationem similitudinis, scilicet quod sit ex alio expressum: imago
enim dicitur ex eo quod agitur ad imitationem alterius. Unde ovum,
quantumcumque sit alteri ovo simile et aequale, quia tamen non
est expressum ex ilio, non dicitur imago eius. - Aequalitas autem
non est de ratione imaginis: quia, ut Augustinus ibidem dicit, "ubi
est imago, non continuo est aequalitas » ; ut patet in imagine ali-
cuius in speculo relucente. Est tiamen de ratione perfectae imagi-
nis: nam in perfecta imagine non deest aliquid imagini, quod insit
illi de quo expressa est.
Manifestum est autem quod in homine invenitur aliqua Dei simi-
litudo, quae deducitur a Deo sicut ab exemplari: non tamen est si-
militudo secundum aequalitatem, quia in infinitum excedit exem-
plar hoc tale exemplatum. Et ideo in homine dicitur esse imago Dei,
non tamen perfecta, sed imperfecta. Et hoc significat Scriptura, cum
dicit hominem factum "ad imaginem Dei" : praepositio enim ad ac-
cessum queudam signifìcat, qui competit rei distanti.
An PRIMUM ERGO DICENDU:\1 quod propheta loquitur de corporalibus
imaginibus ab homine fabricatis: et ideo signanter dicit: "Quam
imaginem ponetis ei? ». Sed Deus ipse sibi in homine posuit spiri-
tualem imaginem.
Ao SECUNDUM DICENDUM quod "Primogenitus omnis creaturae » est
imago Dei perfecta, perfecte implens illud cuius imago est: et ideo
dicitur Imago, et nunquam a.d imaginem. Homo vero et propter si-
militudinern dicitur imago; et propter imperfectionem similitudinis,
dicitur ad irnaginern. Et quia similitudo perfecta Dei non potest esse
nisi in identitate naturae, imago Dei est in Filio suo primogenito
sicut imago regis in filio sibi connaturali; in ÌlQmine autem sicut
in aliena natura, sicut imago regis in nummo argenteo; ut patEot
per Augustinum in libro De Decern Chordis [Serm. 9, c. 8].
Ao TEHTIUM DICENDUM quod, cum unum sit ens indivisum, eo modo
dicitur species indifferens, quo una. Unum autem dicitur aliquid non
solum numero aut specie aut genere, sed etiam secundum analogiarn
vel proportionem quandam: et sic est unitas vel convenientia crea-
turae ad Deum. Quod autem dicit "rei ad rem coaequandam "• per-
tinet. ad rationem perfectae imaginis.
le creature della terra. - E sempre però r;iù comune l'opinione di c.oloro, che ve-
dono descritta in quella e·spressione, n-0n la supe.riorità funzionale dell'uomo, ma
la sua superiorità essenziale. Quindi l'uomo è detto " a immagine e somiglianza"
di Dio, perché dotato di intelletto e di volontà (cfr. CEUPPENS, op. cit., pp. 33-37).
- E inaccettabile invece l'opinione di colOO'o, che credono di scorgere in questa
" immagine e somiglianza" un resi.duo di conoezioni antrop-0morfiche della divi-
nità. Infatti l'antrovomorfismo delle espressioni ha soltan.to una funzione didat-
tica, wtt-0lin<>ata con gratitudine da S. Agostino. "Ora mentre costoro [i semplici)
trovano un sost~no alla loi:o debolezza in questa manie.ra dt esprimersi terra
terra, quasi creaturelle piccine in grembo alla madre, sorge in esse per loro sa-
lute l'edificio della fede, per cui credono con certezza che tutte [le cose] furono
create da Dio " (AUGUSTINJ, 12 Confess., c. 37).
208 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 2
ARTICOLO 2
Se limmagine di Dio si trovi anche nelle creature irragionevoli. 1
ARTICULUS 2
Utrum imago Dei inveniatur in irrationalibus creaturis.
Supra, q. 15, a. 7; I Sent., cl. :i, q. 3; ~. d. 16, a. 2; Il, cl. 10, q. 2, a. 2, qc. 2;
4 Cont. Gent., c. 26; De Verti., q. 10, a. 1, aù ;; ; De Pot., q. 9, a. 9.
AD SEClJNDiJM SIC PROCEDITUR. Vidctur quod imago Dci inveniatur
in irrationalibus creaturis. Dicit enim Dionysius, in libro De Div.
1\'om. [c. 2, lect. 4]: u Habent causata causarum suarum contingen-
tes imagines ». Sed Deus est causa non solum ratipnalium creatu-
rarum, sed etiam irrationalium. Ergo imago Dei invenitur in irra-
tionalibus craturis.
2. PRAETEREA, quanto est expressior similitudo in aliquo, tanto ma-
gis accedit ad rationem imaginis. SOO. Dionysius dicit, 4 cap. De Div.
Nom. [Iect. 3], quod radius solaris maxime habet similitudinem di-
vinae bonitatis. Ergo est ad imaginem Dei.
3. PRAETEREA, quanto aliquid est magis pe>rfectum in bonitate, tanto
magis est Deo simile. Sed totum universum est perfectius in boni-
tate quam homo: quia etsi bona sint singola, tamen simul omnia
dicuntur « valde buona», Gen. 1, 31. Ergo totum universum est ad
imaginem Dei, et non solum homo .
.'f. PRAETEREA, Bo·etius, in libro 3 De Consol. [metr. 9], dicit de Deo:
"Mundum mente gerens, similique in imagine formans ». Ergo totus
mundus est ad imaginem Dei, et non solum rationalis creatura.
SED CONTRA EST quod dicit Augustinus, 6 Super Gen. ad litt. [c. 12]:
" Hoc excellit in homine, quia Deus ad imaginem suam hominem
fccit, propter hoc quod dedit ei mentem intelledua1em, qua prae-
stat pecoribus », Ea ergo quae non habent intellectum, non sunt ad
imaginern Dei.
RESPONDEO DICENDU:M quod non quaelibet similitudo, etiarn si sit
exprcssa ex altero, sufficit ad rationem imaginis. Si enim similitudo
sit secundum genus tantum, vel secundum aliquod accidens com-
mune, non propter hoc dicetur aliquid es,se ad imaginem alterius:
non enim posset dici quod vermis qui oritur ex homine, sit imago
horninis propter similitudinem generis; neque iterum potest dici
quod, si aliquid fìat album ad similitudinem alterius, qnod propter
hoc sit ad eius imaginem, quia album est accidens commune plu-
ribus speciebus. Requiritur autem ad rationem imaginis quod sit
~imilitudo secundmn speciem, sicut imago regis ost in iìlio suo: vel
ad minus secundum aliquod accidcns proprium speciei, et praecipue
secundum iìguram, sicut hominis imago dicitur esse in cupro. UndA
signanter Hilarius dicit [ f1e Syn., super 1 can. Syn, Ancyr.] quod
"imago est species indifferens n.
Manifestum est autem quod similitudo speciei attenditur secun-
dum ultimam differentiam. Assimilantur autem aliqua Deo, primo
quidem, et maxime communiter, inquantum sunt; secundo vero, in-
quantum vivunt; tertio vero, inquantum sapiunt vel intelligunt.
" In questi casi i toologi usano parlare di vesttgio (vedi infra, a. 6).
3 Il ragionamento non porta a concludere che • l'ultill"..a differenza" di Dio è
I' intellezione attuale; ma soltanto che non esiste grado di esistenza superiore ali.a
vita intellettiva.
210 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, aa. 2-3
ARTICOLO 3
Se l'angelo più dell'uomo sia a immagine di Dio.
ARTICULUS 3
Utrurn angelus sit magis ad imaginem Dei quam homo.
I Seni., d. 3, q. 3, aù 4; 2, d. !G, a. 3; S, d. 2, q. 1, a. 1, qc. 2,; In l'salm. 8.
vivamente I.a cultura moderna. Per un.a visione panoramica del problema secondo
il pensiero cattolico e tomistico vedi: P. R. SPIAZZI O. P., Il Cristianesimo perfe-
zione dell'uomo, Alba, 1953.
212 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 3
U - VI
214 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 4
ARTICOLO 4
Se I' immagine di Dio si trovi in ogni singolo uomo.
SEMBRA che I' immagine di Dio non si trovi in ogni singolo uomo.
Infatti:
1. L'Apostolo scrive che «l'uomo è immagine di Dio, la donna
invece è immagine dell'uomo"· E poichè la donna è un individuo
della specie umana, non ogni individuo è immagine di Dio.
2. Dice pure l'Apostolo: "quelli che Dio ha preconosciuti li ha
anche predestinati a essere conformi all'immagine di suo Figlio"·
Ma non tutti gli uomini sono predestinati. Dunque non tutti hanno
la conformità dell' immagine.
3. La somiglianza è l'elemento essenziale dell'immagine, come
aJ:>biamo già detto. Ora, l'uomo col peccato diviene dissimile da Dio.
Perciò perde l' immagine di Dio.
IN CONTRARIO: Sta scritto: «L'uomo passa come un'immagine"· 1
RISPONDO: Eseendo l'uomo a immagine di Dio pe:r la sua natura
intellettiva, egli raggiungerà il grado massimo in questa sua somi-
glianza, nell'atto in cui la natura intellettiva può massimamente
imitare Dio. Ora la natura intellettiva imita Dio al ma.ssimo grado
nell'intellezione e nell'amore che Dio ha per se medesimo. Perciò
I' immagine di Dio nell'uomo si può considerare sotto tre aspetti.
Primo, in quanto l'uomo ha un'attitudine naturale a conoscere e
ad amare Dio: B questa attitudine consiste nella natura stessa della
mente, che è comune a tutti gli uomini. Secondo, in quanto l'uomo
conosce e ama Dio in maniera attuale o abituale, però non in modo
perfetto: e questa è l' immagine dovuta alla conformità della gra-
zia. Terzo, in quanto l'uDmo conosce e ama Dio in maniera attuale
e perfetta: e questa è l'immagine secondo la somiglianza della glo-
ria. Perciò, commentando il versetto del Salmo: cc E sfata impressa
in noi la luce del tuo volto, o Signore '" la Glossa distingue tre im-
magini: e cioè di creazione, di nuova creazione, e di somiglianza. 2 -
Concludendo, la prima immagine si trova in tutti gli uomini, la
seconda nei soli giusti, la terza soltanto nei beati.
SOLliZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tanto nell'uomo che nella donna
si trova l'immagine di Dio, quanto all'elemento principale che c0-
stituisce l'immagine, cioè quant.o alla natura intellettiva. Perciò la
Genes_i, dopo aver detto che "lo creò a immagine di Dio n, sog-
giunge: «Li creò maschio e femmina n ; e dice li al plurale, come
osserva S. Agostino, perchè non si pensass.e che i due sessi siano
stati uniti in un solo individuo. - Se però consideriamo certi aspetti
secondari, allora l'immagine di Dio che è nell'uomo non è nella
donna; l'uomo, p. es., è principio e fine della donna, come Dio è
1 A prima vista non si comprende come tale espreS&Lone pos.<;.'l servire quale
argomento tn contrario 11€1 presente articolo. Infatti essa non è che un lament-0
sulla J)revità della vita: •SI, come un'ombra passa l'uomo, e per di più vana-
mente s'agita .... "· - !Ifa S. Tommaso aveva sott"oe<::hio il commento di S. Ago5tlno,
il quale si serviva di una versione latina ben diversa dalla Volgata, e che poteva
dare appiglio alla strana Jnterpretazi-0ne che !"argomento tomistico ouppone. Ecco
V IMMAGINE DI DIO NELt.' UOMO 215
ARTICULUS 4
Utrum imago Dei inveniatur in quolibet homine.
I Sent., d. 3, expos. p.art. 2 litt. ; De Poi., q. 9, a. 9.
ARTICOLO 5
Se nell'uomo vi sia I' immagine di Dio secondo la trinità
delle Persone. 2
ARTICULUS 5
Utrum in homine sit imago Dei quantum
ad trinitatem Personarum.
a. seq. ; Dc Vertt., q. 10, a. 3.
AD QUI~TF!\I SIC PROCEDITUR. Videtur quod in homine non sit imago
Dei quantum ad Trinitatem divinanim Personarum. Dicit enirn Au-
gustinus, in libro De Fide ad Petrum [c. 1]: «Una est sanctae Tri-
nitatis essentialiter divinitas, et imago ad quam factus est homo"·
Et Hilarius, in 5 De Trin. [n. 8], dicit quod "homo fìt ad com-
munem Trinitatis imaginem "· Est ergo in homine imago Dei quan-
tum ad essentiam, et non quantum ad Trinitatem Pcrsonarum.
2. PRAETEREA, in libro De Eccles. Doymat. [c. 55] dicitur quod imago
Dei attcnditur in homine secundum acternitatem. Damascenus etiam
dicit [2 De Fide Orth., c. 12] quod "hominem esse ad imaginem Dei,
signifìcat intellectuale, et arbitrio liberum, et per potestativum "·
Gregorius etiam Nyssenus dicit [De Hominis Opificio, c. 16] quod,
cum Scriptura dixit hominem factum ad imaginem Dei, « aequale
est ac si diceret humanam naturam omnis borri factam esse parti-
cipem; bonitatis cnim plenitudo divinitas est». Haec autem omnia
non pertinent ad distinctionem Personarum, sed magis ad essentiaP
unitatem. Ergo in homine est imago Dei, non secundum Trinit.atem
Personarum, sed secundum essentiae unitatem.
;1. PRAETEREA, imago ducit in cognitionem eius cuius est imago. Si
igitur in homine est imago Dei secundum Trinitatem Personarum,
cum homo per naturalcm rationem seipsum cognoscere possit, se-
queretur quod per naturalem cogniUonem posset homo cognoscere
Trinitatem divinarum Personarum. Quod est falsum, ut supra [q. 32.
a. 1] ostensum est.
4. PRAETEREA, nomen Tmaginis non cuilibet trium Personarum cou-
venit, sed soli Filio: dicit enim Augustinus, in 6 De Trin. [c. 2], quotl
"solus Filius est imago Patris "· Si igitur in homine attenderetur
Dei imago secundum Personam, non esset in homine imago totius
Trinitatis, sed Filii tantum.
2 E sentenza comune doei Padri elle l'uomo sia stato creato a immagine della
SS. Trinit.'\.
• L'opera citata non è di S. Agostino, ma di S. Fulgenzio di Ruspe.
• Opu&colo com1,osto da Gennadio di Marsiglia [t 494). Cfr. CAYRE F., Patrologta
~ storia della Teologia, Roma, 1938, voi. II, p. 239.
• II Liber de h?minis opif!cio, elle J•iù volte viene qui c,il.at-0 dall'Aquinate, fu
:critto da S. Gregorio Nisseno intorno al 379. E un'eccel!ente integrazione del-
l' Esemeron di suo fratello S. Basilio. Infatti quest'ultimo non aveva trovato il
;e:mpo per trattare del sesto giorno (I.ella creazione.
218 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 5
verità in maniera evidente, fino al punto che gli stessi nomi con i quali ci ha
fatto e-0noscere le slngole IJ€rsone, rendono l'una inintelligibile senza l'altra ,.
(DENZ., 281).
a Naturalmente queste sottigliezrn filologiche non hann-0 senso in italiano.
220 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 6
ARTICOLO 6
Se limmagine di Dio si trovi nell'uomo soltanto in rapporto
all'anima intellettiva. 1
ARTICULUS 6
Utrurn imago Dei sit in homine solum secundum mentern.
Supra, q. 3, a. t. ad 2; q. 45, a. 7; I sent., d. 3, q. 3; 4 Cont. Gcnt., c. 26.
AD SEXTl'M SIC PROCEDITUH. Videtur quod imago Dei non sit in ho-
mine solum secundum mentem. Dicit enim Apostolus, 1 ad Cor.
11, 7, quod "vir est imago Dei». Sed vir non est solum mens. Ergo
imago Dei non attenditur solum secundum mentem.
2. PRAETEREA, Gen. 1, 27 dicitur: "Creavit Deus hominem ad ima-
ginem suam, ad imaginem Dei creavit illum, masculum et feminam
creavit eos '" Sed distinctio masculi et feminae est secundum corpus.
Ergo etiam secundum corpus attenditur Dei imago in homine, et
non secundum mentem tantum.
3. PRAETEHEA, imago praecipue videtur attendi s~undum figuram.
Sed figura ad corpus pertinet. Ergo imago Dei attenditur in homine
etiam secundum corpus, et non secundum mentem tantum.
4. PRAETEREA, secundum Augustinum, 12 Super Gen. ad litt. [cc. 7,
24], triplex visio invenitur in nobis: scilicet corporalis, spiritualis
sive imaginaria, et intellectualis. Si ergo secundum visionem intel-
lectualem, quae ad mentem pertinet, est aliqua trinitas in nobis,
secundum quam sumus ad imaginem Dei ; pari ratione et in aliis
visionibus. ·
SED CONTRA EST quod Apostolus dicit, ad Eph. 4, 23-24: « Renova-
mini spirit.u mentis vestrae, et induite novum hominem »: ex quq_
datur intelligi quod renovatio nostra, quae fit secundum novi hom:l-
nis indumentum, ad mentem pertinet. Sed ad Col. 3, IO dicit: "In-
duentes novum hominem, qui renovatur in agnitionem Dei, secun-
dum imaginem eius qui creavit eum": ubi renovationem quae est
secundum novi hominis indumentum, attribuit imagini Dei. Esse
ergo ad imaginem Dei pertinet solum ad mentem.
l\ESPONr>EO DICENDUM quod, cum in omnibus creaturis sit aliqualis
Dei sirnilitudo, in sola creatura rationali invenitur similitudo Dd
per modum imaginis, ut supra [a. 2] dictum est: in aliis autem
creaturis per modum ves.tigii. Id autem in quo creatura rationalis
excedit alias creaturas, est intellectus sive mens. Unde relinquitur
quod nec in ipsa rationali creatura invenitur Dei imago, nisi secun-
dum mentem. In aliis vero partibus, si quas habet rationalis crea-
tura, invenitur similitudo vestigii ; sicut et in ceteris rebus quibus
secundum partes huiusmodi assimilatur.
Cuius ratio manifeste cognosci potest, si attendatur modus quo
repraesentat vestigium, et quo repraesentat imago. Imago enim re-
praesentat secundum similitudinem speciei, ut dictum est [ibid.J. ,
Vestigium autem repraesentat per modum effectus qui sic reprae-
sentat suam causam, quod tamen ad speciei similitudinem non per-
tingit: impressiones enim quae ex motu animalium relinquuntur,
dicuntur vestigia; et similiter cinis dicitur vestigium ignis; et de-
solatio terrae, vestigium hostilis exercitus.
rievocano le pagine più sublimt del trattato sulla ss. Trinità (eh'. vol. III,
!J\l· 38-M).
222 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 6
famiglia. Inoltre, e questo è anche più grave, nei rapporti reciproci dei membri
di una famiglia non c'è processione nell'unità, come avviene al contrario nel-
l'analogia psicologica così cara a S. Agostino e a S. Tommaso. Finalmente in que-
sta società, come in qualsiasi altra società naturale, i rapporti non sono esclusi-
vamente nell'ordine spirituale, ma piuttosto in quello materiale: tanto è vero che
la famiglia umana è in tutto simile a quella di certi animali. - Concludendo, i
massimi Dottori della Chiesa latina hanno esage.rato nella loro critica, esi-
gendo dai Greci una precisione di terminologia (distinzione tra immagine e ve-
stigio) che esulava dalle loro preoccupazioni. l\Ia neppure sono da el~iarsi cerU
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO
ARTICOLO 7
Se l'immagine di Dio nell'anima si fondi sugli atti. 1
ARTICULUS 7
Utrum imago Dei inveniatur in anima secundum actus.
De Verti., q. 10, a. 3.
AD SEPTIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod imago Dei non invenia-
tur in anima secundum actus. Dicit enim Augustinus, H De Civ.
Dei [c. 26], quod homo factus est ad imaginern Dei, « secundum quod
sumus, et nos esse novimus, et id esse ac nosse diligimus ». Sed
esse non significat actum. Ergo imago Dei non attenditur in anima
secundum actus.
2. PRAETEREA, Augustinus, in 9 De Trin. [c. 12), assignat imaginem
Dei in anima secundum haec tria, quae sunt mens, notitia et amor.
Mens autem non significat actum; sed magis potentiam, vel etiam
essentiam intellectivae animae. Ergo imago Dei non attenditur se-
cundum actus. ·
3. PRAETEREA, Augustinus, IO De Trin. [c. 12), assignat imaginem
Trinitatis in anima secundum memoriam, intelligentiam et volun-
tatem. Sed haec tria sunt « vires natura.les animae », ut Magister
dicit, 3 ùistinctione I libri Sent. Ergo imago attenditur secundum
potentias, et non secundum actus.
4. PRAETEREA, imag 0 Trinitatis semper manet in anima. Sed actus
non semper manet. Ergo imago Dei non attenditur in anima secun-
dum actus.
Sw CONTRA EST quod Augustinus, 11 De Trin. [cc. 2 ss.J, assignat
trinitatem in inferiori.bus animae partibus secundum actualem vi-
sionem sensibilem €t imaginariam. Ergo et trinitas quae est in
mente, secundum quam homo est ad imaginem Dei, debet attendi
secundum actualem visionem.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [a. 2J dictum est, ad ratio-
nem imaginis petrinet aliqualis repraesentatio speci€i. Si ergo imago
Trinitatis divinae debet accipi in anima, oportet quod secundum
illud principaliter attendatur, quod maxime accedit, prout possibile
est, ad repraesentandum speciem divinarum Personarum. Divinae
autem Personae distinguuntur secundum processionern Verbi a di-
cente, et Amoris connectentis utrumque. Verbum autem in anima
nostra "sine actuali cogitatione esse non potest >>, ut Augustinus
dicit 14 De Trin. [c. 7]. Et ideo primo et principaliter attenditur
imago Trinitatis in mente secundum actus, prout scilicet ex notitia
quam habemus, cogitando interius verbum formamus, et. ex hoc in
amorem prorumpimus. - Sed quia principia actuum sunt habitus
et. pctentiae ; unumquodque autem virtualiter est in suo principio:
s·ecundario, et quasi ex consequenti, imago Trinitatis potest attendi
in anima secundum potentias, et praecipue secundum habitus, prout
in eis scilicet actus virtualiter existunt.
AD PRIMUM ERGO DTCENOli1\f quod esse nostrum ad imaginem Dei
pertinet •. quod est nobis proprium supra alia animalia; quod qui-
spetto alle perfezioni di cui è capace: talora è in nno stato di potenzialità, e
quindi di sola perfettibilità, rispetto all'atto. L'ultima perfezione è certo nell'at-
tualità piena. Quindi l' imruagin.i della Trinità in senso rigorosissimo deve ap-
plicarsi all'anima nel momento In cui ~nsa ed ama.
228 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 7
2 Abbiamo già visto ln preccdonza (q. fn, a. 1) che cosa PClilSl S. Tommaso a
proposito di questa cc:gnizione dell'anima "per se stessa"· - Si noti bene che qui
la conoscenza "abituale" non viene concessa, se non in quanto dipende dall'atti-
vità conoscitiva già in rre<:cd!lnza esercitata. E ben diverso il e.a.so dl una cono-
scenza abituale, Indipendente da ogni altra operazione intellettiva. Sul problema
dell"autocoscie!lza veLU Intl'od. nn. 3, 4, 7.
15 - VT
230 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 8
ARTICOLO 8
Se limmagine della Trinità divina si trovi nell'anima
solo in rapporto a quell'oggetto che è Dio.
1 Viene qui indicata la fome r>rineòpale di tutta la ques'ione 83: il libro XIV
d~l De Trtntlate di S. Agostino. Se112a tener pres~nte quel lllno, è storicamente
inesplicabile il pensiero di S. Tom111aso a r,roposito dal!' immagine divina nel·
l'anima umana. A sua Yolta in esso il Vesc.ovo di Ippona ha tentato la sintesi del
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 231
ARTICULUS 8
Utrum imago divinae Trinitatis sit in anima solum per comparationem
ad obiectum quod est Deus.
I Sent., d. 3, q. 4, a. 4; De Veni., q. 10, a. 7.
Ao OCT.\VUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod imago divinae Trinitatis
sit in anima non solum per comparationem ad obiectum quod est
Deus. Imago enim divinae Trinitatis invenitur in anima, sicut dictum
est [aa. G, 7], secundum quod verbum in nobis procedit a dicente, et
amor ab utroque. Sed hoc invenitur in nobis secundum quodcum-
que obiectum. Ergo secundum quodcumque obiectum invenitur in
mente nostra imago divinae Trinitatis.
2. PR.~ETEREA, Augustinus dicit, in 12 De Trin. [c. 4), quod "cum
quaerimus in anima trinitatem, in tota quaerimus, non separantes
actionem rationalem in temporalibus a contemplatione aeternorum ».
Ergo etiam secundum temporalia obiecta invenitur imago Trinitatis
in anima.
3. PR\ETEREA, quod Deum intelligamus et amemus, convenit nobis
secundum gratiae donum. Si igitur secundum memoriam, intelligen-
tiam et voluntatem seu dilectionem Dei, attendatur imago Trinitatis
in anima, non erit imago Dei in homine secundum nat.uram, sed se-
cundum gratiam. Et sic non erit omnibus communis.
.1,. PRAETEREA, sancti qui sunt in patria, maxime conformantur ima-
gini Dei secundum gloriae visioncm: unde dicitur, 2 ad Cor. 3, 18:
"In eandem imaginem transformamur, a claritate in claritatem ».
Sed secundum visionem gloriae temporalia cognoscuntur. Ergo etiam
per comparat.ionem ad temporalia, Dei imago attenditur in nobis.
SED CONTRA EST quod Augustinus dicìt, U De Trin. [c. 12], quod
"non propterea est Dei imago in mente, quia sui meminit, et intel-
ligit et diligit se: sed quia potest etiam meminisse, intclligere et
amare Deum, a quo facta est"· Multo igitur minus secundum alia
obiecta attenditur imago Dei in mente.
RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [aa. 2, 7] dictum est, imago
importat similitudinem utcumque pertingentem ad speciei reprae-
sentationem. Unde oportet quod imago divinae Trinitatis attcndatur
in anima secundum aliquid quod repracsentat divinas Personas re-
praesentatione speciei, sicut est possibile creaturae. Distinguuntur
autem divinae Personae, ut dictum est [aa. 6, 7], secundum proces-
sionem Verbi a dicente, et Amoris ab utroque. Verbum autem Dei
nascitur de Deo secundum notitiam sui ipsius, et Amor procedit a
DeD secundum quod seipsum amat. Manifestum est autem quod di-
versitas obiectorum diversificat speciem verbi et amoris: non enim
1 La nozione è ridotta C06l alla sti.a applicazione più ristretta e più rlgorosa:
abbiamo nel creato la vera immagine di Dio nell'atto In cui la creatura ragione-
vole esprime Dio nel suo pensier.o e nel suo volere. f.: questa la partecipazione più
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 233
idem est specie in corde hominis verbum conceptum de lapide et da
equo, nec idem specie amor. Attcnditur igitur divina imago in ho-
mine secundum verbum conceptum de Dei notitia, et amorem exinde
derivatum. Et sic imago Dei attenditur in anima secundum quod
fertur, vel nata est ferri in Deum.
Fertur autem in aliquid mens dupliciter: uno modo, directe et
immediate; alio modo, indirecte et mediate, sicut cum aliquis, vi-
dendo imaginem hominis in speculo, dicitur ferri in ipsum homi·
nem. Et ideo Augustinus dicit, in 14 De 1'rin. [c. 8), quod "mens
meminit sui, intelligit se, et diligit se: hoc si cernimus, cernimus
trinitatem; nondum quidem Deum, sed iam imaginem Dei 11. Sed ho~
est, non quia fertur mens in seipsam absolute, sed prout per hoc
ulterius potest ferri in Deum ; ut patet per auctoritatem supra [in
arg. S. c.] inductam.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod ad rationem imaginis, non solum
oportet attendere quod aliquid procedat. ab aliquo ; sed etiam quid
a quo procedat, scilicet quod verbum Dei procedit a notitia de Deo.
AD SECUNDUM DICENDUM quod in tota quidem anima invenitur ali-
qua trinitas, non quidem ita quod praeter actionem temporalium et
contemplationem aeternorum, « quaeratur aliquod tertium quo tri-
nitas impleatur, prout ibidem [loco cit. in arg.J subditur. Sed in illa
parte rationis quae derivatur a parte temporalium, "etsi trinitas
inveniri possit, non tamen imago Dei potest inveniri >>, ut postea [in
eod. cap.] dicitur: quia huiusrnodi temporalium notitia adventitia
est animae. Et habitus etiam ipsi quibus temporalia cognoscuntur,
non semper adS1.1llt; sed quandoque quidem praescntialiter adsunt,
quandoque autem secundum memoriam tantum, etiam postquam
adesse incipiunt. Sicut patet de fide, quae temporaliter nobis adve-
nit in praesenti: in statu autem futurae beatitudinis iam non erit
fides, sed memoria fidei.
An TERTIUM DICENDUM quod meritoria Dei cognitio et dilectio nou
est nisi per gratiam. Est tamen aliqua Dei cognitio et dilectio natu-
ralis, ut supra (q. 12, a. 12; q. 56, a. 3; q. 60, a. 5] habitum est.
Et hoc etiam ipsum naturale est, quod mens ad intelligendum Deum
ratione uti potest, secundum quod imaginem Dei semper diximus
[a. praec. ad 4] permanere in mente: "sive haec imago Dei ita sit
obsoleta>>, quasi oburnbrata, « ut pene nulla S'it », ut in his qui non
ba.bent usum rationis; "sive sit obscura atque deformis », ut in pec-
catoribus; "sive sit clara et pulchra », ut in iustis, sicut Augusti-
nus dicit, 14 De Trin. (c. 4].
AD QUARTUM DICENDUM quod secundum visionem gloria·e, tempo-
ralia videbuntur in ipso Deo; et ideo huiusmodi temporalium vis io
ad Dei imaginem pertinebit. Et hoc est quod Augustinus dicit, 14 De
Trin. [c. 14], quod "in illa natura cui mens feliciter adhaerebit, im-
mutabile videbit omne quod viderit ». Nam et in ipso Verbo increato
sunt rationes omnium creaturarum.
ARTICOLO 9
Se sia conveniente distinguere la somiglianza dall' immagine. 1
ARTICULUS 9
Utrum simiUtudo ab imagine convenienter distinguatur.
f Sent., d. 16, a. 4.
AD KONUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod sirnilitudo ab imagìne non
convenienter distinguatur. Genus enim non convenienter distingm-
tur a specie. Sed similitudo comparatur ad imaginem, ut genus ad
speciem: quia c1 ubi est imago, ibi est continuo similitudo, sed non
convertitur H, ut dicitur in libro Octo'(Jinta trium Quaest. [q. 74). Ergo
inconvenienter similitudo ab imagine distinguitur.
2. PRAETEREA, ratio imaginis attenditur non solum secundum re-
praesentationem divinarum Personarum, sed etiam secundum re-
praesentationem divinae essentiae: ad quam repraesentationem per-
tinet immortalitas et indivisibilitas. Non ergo convenienter dicitur
[2 Sent., d. 16) qu-0d « similitudo est in essentia, quia est immorta-
lis et indivisibilis; imago aut.em in aliis "·
3. PRAETEREA, imago Dei in homine est triplex, scilicet naturae,
gratiae et gloriae, ut supra [a. 4) habitum est. Sed innocentia et
iustitia ad gratiam pertinent. Inconvenienter ergo dicitur [2 Sent.,
loco cit.] quod re imago accipitur secundum rnemoriam, intelligen-
tiam et voluntatem ; similitudo autem secundum innocentiam et iu-
stitiam n.
4. PRAETF.REA, cognitio veritatis ad intelligentiam pertinet, amor
autem virtutis ad voluntatem, quae sunt duae partes imaginis. Non
ergo convenienter dicitur [ibid.] quod cc imago sit in cognitione ve-
ritatis, similitudo in dilectione virtutis ».
SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, in libro Octoginta trium
Quaest. [q. 51]: "Sunt qui non frustra intelligunt duo dieta esse ad
imaginem et similitudinem; cum, si una res esset, unum nomen
sufficere potuis.set ".
RESPONDEO DICENDUM quod similitudo quaedam unitas est: unum
enim in qualitate sirnilitudinem causat, ut dicitur in 5 Metaphys.
[c. 15, lect. 17). Unum autem, cum sit de trascendent.ibus, et com-
mune est omnibus, et ad singula potest aptari ; sicut et bonum et
verum. Unde, sicut bonum alicui rei particulari pote.st comparari
ut praeambulum ad ipsam, et ut subsequens, prout designat aliquam
perfectionem ipsius; ita etiam est de comparatione similitudinis ad
imaginem. Est enim bonum praeambulum ad hominem, secundum
quod homo est quoddam particulare bonum : et rursus bonum sub-
sequitur ad hominem, inquantum aliquem hominem specialiter di-
cimus esse bonum, propter perfectionem virtutis. Et similiter simi-
litudo consideratur ut praeambulum ad imaginem, inquantum est.
communius quam imago, ut supra [a. 1) dictum est: oonsideratur
etiam ut subsequens ad imaginem, inquantum significat quandam
imaginis perfectionem ; dicimus enim imaginem alicuius esse simi-
2 Le ultime tre difficoltà hanno p.er oggetto espressioni ed assiomi contenuti nel
Libro deUe Sentenze di Pietro Lombardo (cfr. ! Sent., d. 16, c. 3). s. Tommaso se
n'è occupato, perchè quel libro era <tllora il manuale scolastico per tutte le !a-
coltà di teologia.
236 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 93, a. 9
1 Lo studio µiù ampio cui ha dato origine la questione presente l'imane tuttora
quello t.ant-0 tliscusso del P. GIRD~IL A. O. P., La structure de l' ame et l'cspé-
rience mystique, 2 voi., Parigi, 1927. Il P. Gardeil ebbe il merito di inàagare le
L'IMMAGINE DI DIO NELL'UOMO 237
lem vel non similem ei cuius est imago, inquantum perfecte vel im-
perfecte repraesentat ipsum.
Sic ergo similitudo potest ab imagine distingui dupliciter. Uno
modo, prout est praeambula ad ipsam, et in pluribus existens. Et
sic similitudo attenditur secundum ea quae sunt communiora pro-
prietatibus naturae intellectualis, secundum quas proprie attenditur
imago. Et secundum hoe dicitu.r in libro Octoginta trium Quaest.
[q. fi1], quod "spiritus n, idest mens, «ad imaginem Dei, nullo du-
bitante, factus est: cetera autem hominis >>, scilicet quae pertinent
ad inferiores partes animae, vel etiam ad ipsum corpus, "ad simi-
litudinem facta esse aliquid volunt ». Secundum hoc etiam in libro
De Quantitate Animae [c. 2] dicitur quod similitudo Dei attenditur
in anima, inquantum est incorruptibilis: nam corruptibile et in-
corruptibile sunt differentiae entis communis.
Alio modo potesi considerari similitudo, secundum quod significat
imaginis expressionem et perfecti-0nem. Et secundum hoc Damasce-
nus dicit [2 De Fide Orth., c. 12) quod «id quod est secundum ima-
ginem, intellectuale significat, et arbitrio liberum per se potestati-
vum: quod autem secundum similitudinem, virtutis, secundum qu-Od
homini possibile est inesse, similitudinem ». Et ad idem refortur
quod similitudo dicitur ad diledionem virtutis pertinere: non enim
est. virtus sine dil~tione virtutis.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod similitud<> non distinguitur ab
imagine secundum communem rationem similitudinis (sic enim in-
cluditur in ratione ipsius imaginis): sed secundum quod aliqua si-
militudo deficit a ratione imaginis, vel etiam est imaginis perfe-
ctiva.
AD SECUNDUM DICENDUM quod essentia animae pertinet ad imagi-
nem, prout repraesentat divinam essentiam secundum ea quae sm1t
propria intellectualis naturae: non autem secundum conditiones con-
sequentes ens in communi, ut est esse simplicem et indissolubilem.
AD TERTIUM DICENDUM quod etiam virtutes quaedam naturaliter in-
sunt animae, ad minus secundum quaedam earum semina: et se-
cundum has p-OSset attendi similitudo naturalis. Quamvis non sit
inconveniens ut id quod secundurn assignation0Ill unam dicitur
imago, secundum aliam dicatur similitudo.
AD QUARTUM DICENDt1111 quod dilectio verbi, quod est amata notitia,
pertinet ad rationem imaginis: sed dilectio virtutis pertinet ad simi-
litudinem, sicut et virtus.
profondità dello spirito umano, seguendo Il pen.siero dei due massimi pensatori
cristiani, S. Agostino e S. Tommaw; ed ebbe il torto di scorgere una troppo :iccen-
tuata concordanza.
QUESTIONE 94
Stato e condizione del primo uomo quanto ali' intelletto.
ARTICOLO 1
Se il primo uomo abbia visto l'essenza di Dio.
' Nel descrivere la felicità del primo uomo i SS. Padri si abbandonano facil·
m&nte alle iperboli, senza preoccuparsi di precisare Il significato di certe espres-
sioni. Ma in un'opera sistematica, come vo1eva essere la Somma Teoiogtca, le pa-
QUAESTIO 94.
De statu et conditione primi hominis quantum
ad intellectum
tn quatuar arttculos dlV!sa.
ARTICULUS 1
Utrum primus homo per essentiam Deum viderit.
! Seni., d. 23, q. 2, a. 1 ; De vertt., q. 18, aa. 1, 2.
AD PRJMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod primus homo per essen·
tiam Deum viderit. Beatitudo enim hominis in visione divinae es-
sentiae consist.it. Sed primus homo, "in Paradiso conversans, bea-
tam et omnium divitem habuit vitam >>, ut Damascenus dicit in
2 libro [De Fi!le Orth., c. 11]. Et Augustinus dicit, in 14 De Civ.
Dei [c. 10]: "Si homines habebant affectus suos quales nunc ha.be-
mus, quomodo erant beati in illo inenarrabilis beatitudinis loco,
idest Paradiso?». Ergo primus homo in Paradiso vidit Deum per
essentiam.
2. PR\ETEREA, Augustinus dicit, 14 De Civ. Dei [ibid.], quod "primo
homini non aberat quidquam quod bona voluntas adipisceretur ».
Sed nihil melius bona voluntas adipisci potest quam divinae essen-
tiae visionem. Ergo homo per essentiam Deum videLat.
3. PnAETEREA, visio Dei per essentiam est qua videtur Deus sine
medio et sine aenigmate. Sed homo in sta tu innocentiae "vidit Deum
sin e medio n; ut Magister dicit in 1 distinctione 4 libri Sent. Vidit
etiam sine aenigmate: quia aenigma obscuritatem importat, ut Au-
gustinus dicit, 15 De Trin. [c. 9]; obscuritas autem introducta est
per peccatum. Ergo homo in primo statu vidit Dcum per essentiam.
SED CCNTRA EST quod Aposto·lus dicit, 1 ad Cor. 15, 4G, quod "non
prius quod spirituale est, sed quod animale». Sed maxime spiri-
tuale est videre Deum per essentiam. Ergo primus homo, in primo
statu animalis vitae, Deum per essentiam non vidit.
RESPONDEO DICENDUM quod primus homo Deum per essentiam non
role devono e&sere misurate, per non trascendere quei limiti che le teorie generali
del &isterna consentono. Ecco il criterio e la preoccupazione che dominano que-
sto gruppo di questioni, le quali si fermano a descrivere la condizione del primo
uomo nello stato di innocenza.
LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 1
primo uomo, dobbiamo dire che egli non poteva vedere Dio per
essenza, se non forse durante quel rapimento, in cui «Dio mandò
un sonno profondo ad Adamo n. 1 Ed eccone la ragione. L'essenza
divina si identifica con la beatitudine, quindi l'intelletto di chi la
contempla sta a Dio, come l'uomo alla felicità. Ora, è evidente che
nessun uomo può con la sua volontà rinunziare alla beatitudine ;
pcrchè l'uomo, naturalmente e nece&sariamente, ricerca la felicità
e fugge l'infelicità. Nessuno quindi, che vegga Dio per essenza, può
allontanarsi volontariamente da Dio, cioè peccare. Perciò tutti co-
loro che vedono Dio per essenza, sono così oonfermati nell'amore di
Dio, da non p,oter più peccare. - Ma siccome Adamo peccò, è chiaro
che non vedeva Dio per essenza.
Tuttavia conosceva Dio in un modo più elevato del nostro; cosic-
chè la sua cognizione era, per così dire, intermedia tra quella dello
stato attuale e quella della patria [celeste), in cui si vedrà l'essenza
di Dio. Per averne la dimostrazione, 2 si deve· considerare che la vi-
sione di Dio per essenza si contraddistingue dalla visione di Dio me-
diante le creature. Ora, quanto più una creatura è perfetta e simile a
Dio, tanto più serve alla visione di Dio; come l'uomo si vede più per-
fettamente in quello specchio, in cui meglio risulta la sua immagine.
E perciò evidente che negJ.i effetti intelligibili si vede Dio molto più
perfettamente che in quelli sensibili e corpo.rei. Ma nello stato pre-
sente, l'uomo trova ostacolo alla considerazione piena e luminosa de-
gli effetti intelligibili nelle cose sensibili, perchè, distratto dalle cose
sensibili, si occupa eccessivamente di esse. La Scrittura invece affer-
ma: "Dio fece l'uomo retto n. E la rettitudine dell'uomo creato da Dio
consisteva nel fatto, che le creature inferiori erano subordinate alle
creature superiori, e le superiori non erano ostacolate dalle inferiori.
Quindi il primo uomo non trovava impedimento nelle cose esteriori
alla contemplazione chiara e continua degli effetti intelligibili, da lui
percepiti p·er l'irradiazione della prima verità, mediante la cogni-
zione sia naturale che gratuita. " Perciò S. Agostino scrive: "E pos-
sibile che in principio Dio parlasse ai primi uomini, così come. parla
agli angeli, illuminando le loro menti con la stessa incommutabile
verità, senza tuttavia comunicar loro quel grado di partecipazione
dell'essenza divina, di cui sono capaci gli angeli"· In conclusione,
mediante codesti. effetti intelligibili, il primo uomo conosceva Dio in
modo più chiaro di noi.
SoLt:ZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uomo nel Paradiso terrestre era
beato, ma non di quella perfetta beatitudine, nella quale doveva es-
sere trasferito, e che consiste nella visione dell'essenza divina; con-
duceva però "in una certa misura una vita beata'" come dice
S. Agostino, in quanto godeva di una certa integrità e perfezione
naturale.
2. La buona volontà è la volontà ordinata. Ora, la volontà del
primo uomo non sarebbe stata ordinata, se, trovandosi nello stato
di merito, avesse preteso quello che invece gli era promesso come
premio.
3. Il mezzo conoscitivo può essere di due specie. Il primo è qual-
' Alcuni SS. Padri, tra i quali troviamo S. Agostino e S. Giovanni Crisostomo,
ritengono che si sia trattato di un sonno estatico, in cui Dio avrebbe fatto all'uomo
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 241
vidit, secundum communem statum illius vitae ; nisi forte dicatur
quod viderit eum in raptu, quando « Deus immisit soporem in
Adam '" ut dicitur Gcn. 2, 21. Et huius ratio est quia, cum divina
essentia sit ipsa beatitudo, hoc modo se habet intellectus videntis
divinam essentiam ad Deum, sicut se habet quilibet homo ad beati-
tudinem. Manifestum est autem quod nullus homo pote.st per volun-
tatem a beatitudine averti: natural iter enim, et ex necessitate, homo
vult beatitudinem, et fugit miseria.m. Unde nullus videns Deum per
essentiam, potest voluntate averti a Deo, quod est peccare. Et prop-
ter hoc, omnes videntes Deum per essentiam, sic in a.more Dei sta-
biliuntur, quod in aeternum peccare non possunt. - Cum ergo Adam
peccaverit, manifestum est quod Deum per essentiam non videba.t.
Cognoscebat tamen Deum quadam altiori cognitione quam nos co-
gnoscamus: et sic quodammodo eius cognitio media erat inter co-
gnitionem praesentis status, et cognitionem patriae, qua Deus per
essentiam videtur. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod
visio Dei per essentiam dividitur contra visionem Dei per creatu-
ram. Quanto autem aliqua creatura est altior et Deo similior, tanto
per eam Deus clarius videtur: sicut homo perfectius videtur per
speculum in ql1o expressius imago eius resultat. Et sic patet quod
multo eminentius videtur Deus per intelligibiles effectus, quam per
sensibiles et corporeos. A e-0nsideratione autem piena et lucida in-
telligibilium effectuum impeditur homo in statu praesenti, per hoc
quod distrahitur a sensibilibus, et circa ea occupatur. Sed, sicut di-
citur Eccle. 7, 30: « Deus fecit hominem rectum n. Haec autem fuit
rectitudo hominis divinitus instituti, ut inferiora superioribus sub-
derentur, et superiora ab inferioribus non impedirentur. Unde homo
primus non impediebatur per res exteriores a clara et firma contem-
platione intelligibilium effectuum, quos ex irradiatione primae ve-
ritatis percipiebat, sive naturali cognitione sive gratuita. Unde dicit
Augustinus, in 11 Super Gen. ad lilt. [c. 33], quod "fortassis Deus
primis hominibus antea loquebatur, sicut cum angelis Ioquitur, ipsa
incommutabili veritate illustrans mentes eorum; etsi non tanta par-
ticipatione divinae essentiae, quantam capiunt angeli». Sic igitur
per huiusmodi intelligibiles effectus Dei, Deum clarius cognoscebat
quam modo cognoscamus.
AD PRIMTJ!II ERGO DICENDUM quod homo in Paradiso beatus fuit,
non illa perfecta beatitudine in quam transferendus crat, quac in
divinae essentiae visione consistit: habebat tamen "bea tam vitam
secundum quendam modum n, ut Augustinus dicit 11 Super Gen.
ad liti. [c. 18], inquantum habebat integritatcm et perfectionem
quandam naturalem.
Ao sECl'NDTCM DICENDTJM quod bona voluntas est ordinata voluntas.
Non autem fuisset primi hominis ordinata voluntas, si in statu me-
riti habere voluisset quod ei promittebatur pro praemio.
AD TERTIUM DICENDUM quod duplex est medium. Quoddam, in quo
delle rivelazioni. Es.si tondano la loro oprn10ne sul testo del LXX. Questi !n-
fatt.I traducono La pal'<lla ebraica indicante il sonno con lxarnaw (cfr. CEUPPENS,
cp. cit., v. 121).
2 Si tratta di un.a "dimostrazione"• o • evidentia '" quale si può raggiungere
in una question-0 di tal genere.
J Vale a dire wprannaturale, e quindi concessa all'uomo per grazia.
242 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, aa. 1-2
che cosa che viene percepito assieme all'oggetto; co"ne quando <:i
vede un uomo mediante lo specchio e insieme lo specchio. Il secondo
è qualche cosa, la cui cognizione ci porta a conoscere una verità
ignota, come, p, es., il medio dimostrativo. Ora, Dio era veduto
senza quest'ultimo mezzo ; non però senza il primo. Infatti il primo
uomo non aveva bisogno di giungere alla conoscenza di Dio me-
diante una dimostrazione, desunta dagli effetti, come dobbiamo far
noi; ma immediatamente conosceva Dio negli effetti, specialmente
in quelli intelligibili, secondD le sue capacità.
Parimente, si deve notare che l'oscurità, inclusa nella parola
enigma, si può prendere in due sensi. Primo, in quanto ogni crea-
tura paragonata ali' immensità della chiarezza divina è qualcosa
di oscuro ; e in tal senso Adamo vedeva Dio in enigmà, perchè lo
vedeva negli effetti creati. Secondo, si può intendere dell'oscurità
derivata dal peccato, che, legando l'uomo alle cose sensibili, gli im-
pedisce la meditazione delle realtà intelligibili; e in tal senso il
primo uomo non vedeva Dio in enigma.
ARTICOLO 2
Se Adamo nello stato di innocenza vedeva le essenze angeliche.
ARTICULUS 2
Utrum Adam in statu innocentiae angelos per essentiam viderit.
De Verti., q. 18, a. 5.
AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Aùam in statu inno-
centiae angelos per essentiam viderit. Dicit. enim Gregorius, in
4 Dialog. [c. 1]: "In Paradiso quippe assueverat homo verbis Dei
perfrui, beatorum angelorum spiritibus cordis rnunditia et celsitu-
dine visionis interesse».
2. PRAETEREA, anima in statu praesenti impeditur a cognitione sub-
stantiarum separatarum, ex hoc quod est unita corpori corrupti-
bili, quod cc aggravat animam », ut dicitur Sap. 9, 15. Unde et anima
separata substuntias scparatas videre potest, ut supra [q. 89, a. 2]
dictum est. Sed anima primi hominis non aggravabaiur a corpore:
cum non esset oorruptibile. Ergo- poterat videre substantias sepa-
ratas.
3. PRAETEREA, una substantia separata cogno.scit aliam cognoscendo
seipsarn, ut dicitur in libro De Causis [prop. 13]. Se.cl anima primi
hominis- cognoscebat seipsam. Ergo cognoscebat substantias sepa-
ratas.
SED CONTRA, anima Adae fuit. eiusdem naturae cum animabus no-
stris. Sed animae nostrae non possunt nunc intelligere substantias
separatas. Ergo nec anima primi hominis potu.it.
RESPONDEO DICENDTJM quod status animae hominis distingui potest
dupliciter. Uno modo, secundum diversum modum naturalis esse:
et hoc modo distinguitur status animae separatae, a statu animae
coniunctae oorpori. Alio modo distinguitur status animae secundum
integritatBm et corruptionem, servato eodem modo essendi secun-
dum naturam: et sic status innocentiae distinguitur a statu homi-
nis post peccatum. Anima enim hominis in statu innocentiae erat
corpori perficiendo et gubernando accommodata, sicut et nunc:
unde dicitur primus homo factus fuisse "in animam viventem n
244 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 2
vente "• vale a dire capace di dare al corpo una vita, cioè la vita
animale. L'uomo però possedeva questa integrità di vita, perchè,
come si è visto, il corpo era del tutto soggetto all'anima, e non ne
impediva le operazioni. Ora, risulta da quanto si è già detto che
l'anima, essendo ordinata a governare e a perfezionare il corpo
nella vita animale, deve conoscere v<>lgendosi ai fantasmi. Perciò
anche l'anima del primo uomo doveva conoscere in questo modo.
In questa conoscenza si può distinguere nell'anima un moto, che
ha tre gradi, come Dionigi insegna. Nel primo "l'anima dalle cose
esterne si raccoglie in se stessa» ; nel secondo essa sale fino a cc con-
giungersi alle potenze superiori sussistenti'" cioè agli angeli ; nel
terzo cc è come condotta per mano fino al bene supremo'" cioè a
Dio. 1 - Nel primo moto intellettivo che va dalle oose esterne allo
spirito, si raggiunge la perfetta con<>scenza dell'anima. Infatti, come
si è già dimostrato, l'operazione intellettiva deJl'anima ha un rap-
porto naturale agli oggetti esterni, e, mediante la loro conoscenza, si
arriva a conoscere perfettamente la propria operazione intellettiva,
pokhè l'atto si conosce mediante l'oggetto. Da questa operazione in-
tellettiva si può finalmente giungere a una conoscenza perfetta del-
1' intelletto umano, come una facoltà si conosce mediante il proprio
atto. - Nel secondo processo mentale invoce non si raggiunge una
conoscenza perfetta. Infatti l'angelo, come abbiamo visto, non co-
nosce volg-endosi ai fantasmi, ma in modo molto più eminente; per-
ciò la riflessione intellettiva, con la. quale !':mima conosce se stessa,
non ci consente un'adeguata conoscenza dell'angelo. - Molto meno
termina ad una perfetta cognizione il terzo processo intellettivo;
poichè gli stessi angeli, conoo;cendo se stessi, non possono arrivare
alla conoscenza della sostanza divina, a causa appunto della sua
trascendenza.
Perciò l'anima del primo uomo non poteva vedere gli angeJi per
essenza. Tuttavia li conosceva meglìo di noi, perchè la sua perce-
zione degli intelligibili spirituali era più certa e continua della
nostra. E a motivo di questa superiorità S. Gregorio afferma che il
primo uomo «aveva società con gli spiriti angelici"·
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT.~: 1. Così è risolta anche la prima diffi-
coltà.
2. L'anima del primo uomo era incapace di conoscere le sostanze
separate non per il gravame del corpo, rea perchè il suo oggetto
connaturale era sproporzionato alla nobiltà delle sostanze separate.
Invece noi ne siamo incapaci per ambedue i motivi.
3. L'anima del primo uomo non poteva giungere alla conoscenza
perfetta delle sostanze separate mediante 1'autocoscienza, come ab-
biamo dimostrato; poichè, anche tra le sostanze se.parate, l'una
conosce l'altra basandosi sulla conoscenza che ha di se stessa.•
16 - VI
246 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 3
ARTICOLO 3
Se il primo uomo possedesse la conoscenza di tutte le cose.
i A questo punto un buon teologo moderno non può fare a meno di trattare 11
problema rtell'origlne dell'umano linguaggio. Ma gli antichi non sentivano questa
preoccupazione. E del resto non avrebbero avuto i mezzi indispensabili per impo-
stare de!J.e questioni così ardue, da spaventare anche i più esperti ed eruditi filo-
loghi dei nostri tempi.
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 247
ARTICULUS 3
Utrum primus homo habuerit scientiam omnium.
t Sent., d. 23, q. 2, a. 2; De vertt., q. 18, a. 4.
AD TERTIUM SIC PROCEDITVR. Videtur quod primus homo non habue-
rit scientiam -0mnium. Aut enim habuit talem scientiam per species
acquisitas, aut per specics connaturales, aut per species infusas.
Non autem per species acquisitas: huiusmodi enim cognitio ab ex-
perientia causatur, ut dicitur in I Metaph11s. [c. 1, lect. 1); ipse au-
tem non tunc fuerat omnia expertus. Similiter etiarn nec per species
connaturales: quia erat eiusdem naturae nobiscum ; anima autem
nostra est « sicut tabula in qua nihil est scriptum », ut dicitur in
3 De Anima [c. 4, lect. 9]. Si autem peir species infusas, ergo scien-
tia eius quam habebat de rebus, non erat eiusdem rationis cum
scientia nostra, quam a rebus acquirimus.
2. PRAETEREA, in omnibus individuis eiusdem speciei est idem ffi{)-
dus consequendi perfectionem. Sed alii homines non statim in sui
principio habent omnium scientiam, sed eam per temporis succes-
sionem acquirunt secundum suum modum. Ergo nec Adam, statim
formatus, habuit omnium scientiam.
3. PRAETEREA, status praesentis vitae homini conceditur ut in eo
proficiat anima et quantum ad cognit.ionem, et quantum ad meri-
tum ; propter hoc enim anima c-0rpoori videt11r esse unita. Sed homo
in statu ilio profecisset quantum ad meritum. Ergo etiam profecis-
set quantum ad cognitionem rerum. Non ergo habuit omnium re-
rum scientiam.
SED CONTRA EST quod ipse imposuit nomina animalibus, ut dicitur
Gcn. 2, 20. Nomina autem debent naturis rerum congruere. Ergo
Adam scivit nat.uras omnium animalium: et pari ratione, habuit
omnium aliorum scieniiam.
RESPONDEO DICENDUM quod naturali ordine perfectum praecedit
impcrfectum, sicut et actus potentiarn: quia ea quae sunt in poten-
tia, non reducuntur ad actum nisi pe1 aliquod ens actu. Et quia
res primitus a Deo institutae sunt, non solum ut in scipsis esseni,
sed etiam ut essent aliorum principia; ideo productae sunt in statu
perfec1.o, in quo possent esse principia aliorum. Homo aute.m potest
esse principium altcrius non solum peor generatio-nem corporalem,
sed etiam per instructionem et gubernationem. Et ideo, sicut primus
homo institutus est in statu perfccto quantum aid corpus, ut statim
posset generare ; ita etiam institutus est in statu perfecto quantum
ad animarn, ut statim posset alios instruere et gubernare.
Non potesi autem aliquis instruere., nisi habeat scientiam. Et ideo
ARTICOLO 4
Se l'uomo nello stato primitivo poteva essere ingannato. 2
1 s. Tom!Tla!lQ riafferma wsl la dottrina comune del SS. Padri. - La fede però
non è affatto pregiudicata dalle prudenti riserve, che I continui sviluppi delle
scienze naturali sembrano consigliare. Il S€ntiment-O cMst.iano condanna soltanto
LA SCIENZA DEL PRIMO UOMO 249
primus homo sic institutus est a Deo, ut haberet omnium scientiam
in cruibus homo natus est instrui. Et haec sunt omnia illa quae vi:r-
tualiter existunt in primis p1incipiis per se notis, quaecumque sci-
licet naturaliter homines cognoscere possunt. - Ad gubernationem
autem vitae propriae et aliorum, non solum requiritur cognitio eo-
rum quae naturaliter sciri possunt, sed etiam cognitio eorum quae
naturalem cognitionem excedunt; eo quod vita hominis ordinatur
ad quendam finem supernaturalern; ..sicut nobis, ad gubernationem
vitae nostrae, neces,sarium est .cognoscere quae fidei sunt. Unde et
de his supernaturalibus tantam cognitionem primus homo accepit,
quanta erat necessaria ad gubernationem vitae hurnanae secundum
statum illum.
Alia vero, quae nec naturali horninis studio cognosci possunt, nec
sunt necessaria ad gubernationem vitae humanae, primus homo non
cognovit; sicut sunt cogitationes hominum, futura contingentia, et
quaedarn singularia, puta quot lapilli iaceant in ftumine, et alia
huiu&modi.
AD PRIMUM ERGO DICENDFM quod primus homo habuit sdentiam
omnium per species a Dco infusas. Nec tamen scientia illa fuit alte-
rius rationis a scientia no-stra: sicut nec oculi quos caeco nato Chri-
stus ·dedit, fuerunt alterius rationis ab oculis quos natura produxit.
AD SECUNDUM DICENDUM quod Adarn debebat aliquid habere per-
fectionis, inquantum erat primus homo, quod ceteris hominibus non
competit; ut ex dictis [in corp.] patet.
AD TErtTIUM DICENDUM quod Adam in scientia naturaUum scibilium
non profecisset quantum ad numerum sdtorum, sed quantum ad
modum sciendi: quia quae sciebat intellectualiter, scivisset post-
modum per experimentum. Quantum vero ad gupernaturalia cognita,
profecisset etiam quantum ad numerum, per novas revelationes;
sicut et angeli proficiunt per novas illuminationcs. - Nec tamen est
simile de profcctu meriti, et scientiae: quia unus homo non est al-
teri principimn merendi, sicut est sciendi.
ARTICULUS 4
Utrum homo in primo statu decipi potuisset.
! Sent., d. 23, q. 9, a. 3; Dc Vcrit., q, 18, a. a.
li.D QTJARTUM SIC PROCEDITUR. Vidctur quod homo in primo statu
decipi potuisset. Dicit enim Apostolus, 1 ad Tim. 2, 14, quod "mu-
lier seducta in praevaricatione fuit "·
2. PRAETEREA, Magister dicit, 21 dist. 2 Sent., quod "ideo mulier
non horruit serpentem loquentem, quia ofiìcium loquendi eum acce-
pisse a Deo putavit "· Sed hoc falsum erat. Ergo r:rnlier decepta fuit
ante peccatum.
3. PH.\ETEREA, naturale est quod quanto aliquid remotius videtur,
tanto minus videtur. Sed natura oculi non est contracta per pec-
la pretesa dell'evoluzionismo, di far derivare la vita umana dalLa più cruda bar.
barie, non chi discute sui limiti iniziali del sapere.
• Al li. pp. citati dalla Leonina possia..'llo aggiungere: supra, q, 85, a. 6. Infat.tl
il dottrinale qui esposto serve a integrare quanto là si dice a proposito dell'errore
nell'intelligenza umana.
250 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 4
a. 6]. Dunque talora I" intelletto è falso di suo, e non per colpa della fantasia o
di altre potenze del genere. - Rispondo brevemente che qui non ritengo parlarsi
della potenza intellettiva in moclo assoluto, ma in quanto ha la funzione specifica
dell'intellezione [cfr. q. 79, a. 8]. Ora, l" intelletto oome tale ha per oggetto una
quiddltà semplice, intorno alla quale è sempre vero. E poichè in ordine al pro-
prio oggetto è sempre vero, è logico che di suo sia sempre vero .... !Ifa essendo ess<J
vero di suo, e possedendo in proprio la chiave di ogni giudizio (poichè principio
252 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 94, a. 4
però che sia più conforme al pensiero di S. Tommaso una spiegazione molto più
semplice. Blso~na partire dal fatto che l'Intelletto umano ha come suo oggetto
proprio la quidclità delle cose sensibili, vista però nei fantasmi (cfr. q, 8.\, a. 7).
Quando ! fantasmi non presentassero all'intelligenza una rappresentazione svisata
delle cose, per le cattive disposizioni del soggetto, la cognizione riflessa che si
esplica nel giudizio e nel raziocinio non pot.rebbe mai condurre lontano dalla ve-
rità. Era quef,t.a la felice condizione dei nostri progenitori. - Giustamente perciò
il P. Roland-Go0>elin ha insistito su quella percezione soggettiva complessa, che
egli r.hi::una "collatio ''. per impostare la teoria dell'errore in S. Tommaso (cfr.
op. cit., pp. 261 ss.).
QUESTIONE 95
Cose concernenti la volontà del primo uomo,
cioè la grazia e I' innocenza. 1
ARTICOLO 1
Se il primo uomo sia stato creato in grazia. 2
SEMBRA che il primo uomo non sia stato creato in grazia. Infatti:
1. L'Apostolo così distingue Adamo da Cristo: « Il primo Adamo
fu fatto anima vivente; l'ultimo è spirito vivificante"· Ora, lo spi-
rito diviene vivificante mediante la grazia. Dunque soltanto Cristo
ebbe il privilegio di essere creato in grazia.
2. S. Agostino scrive che cc Adamo non possedeva lo Spirito Santo».
Ora, chi ha la grazia possiede lo Spirito Santo. Perciò Adamo non
fu creato in grazia.
3. Altrove S. Agostino fa osservare che «Dio volle disporre la vita
degli Angeli e degli uomini in maniera da mostrare prima quello che
in essi poteva il libero arbitrio, e in seguito quello che poteva il be-
neficio della sua grazia, e il giudizio della sua giustizia». Quindi
egli dapprima creò l'uomo e l'angelo nella sola naturale libertà di
arbitrio, e in seguito c·onferì loro la grazia.
4. Il Maestro delle Sentenze afferma che «nella creazione fu dato
all'uomo un aiuto sufficiente per non cadere, ma non per progre-
dire"· Ora, chiunque ha la grazia, può progredire mediante il me-
rito. Perciò il p·rimo uomo non fu creato in grazia.
5. Perchè si possa ricevere la grazia, è necessario il consenso da
parte di chi la riceve: poichè allora si compie una specie di matri-
monio spirituale tra Dio e l'anima. Ma il consenso alla grazia sup-
pone che uno già esista. Dunque il primo uomo non fu creato in
grazia.
1 Per dare alla questione un titolo moderno, si dovrebbe tradurre cosi: •Il
primo uomo In rapporto alla vita morale"·
• Problema in tutto analogo a quello già incontrato nel trattato degli angeli,
q. 62, a. 3 (vedi vol. III, pp. 356-360). Analoga è anche la soluzione; ma le ragioni
QUAESTIO 95
De his quae attinent ad voluntatern primi horninis,
gratia scilicet et iustitia
tn quatuur arttculos dtvtsa.
ARTICULUS 1
Utrom primus homo fuerit creatus in gratia.
1 Sent., d. 20, q. 2, a. 3; d. 29, a. 2: De Malo, q. 4, a. 2, ad 22.
portate sono ben diverse. Cosicchè l'argomento tn contrario, che fa appello alla
semplice analogia, non sembra che persuadesse molto S. Tommaso.
256 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, a. 1
ARTICOLO 2
Se nel primo uomo vi erano le passioni 1 dell'anima.
ARTICULUS 2
Utrum in primo homine fuerint animae passiones.
a. seq., ad 2; De Vertt., q. 26, a. 8.
AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod in primo homine non
fuerint animae passiones. Secundum enim passiones animae contin-
git quod "caro concupiscit adversus spiritum » [Gal. 5, 17]. Sed hoc
non erat in statu innocentiae. Ergo in statu innocentiae non erant
anirnae passiones.
2. PRAETEREA, anima Adae erat nobilior quam corpus. Sed corpus
Adae fuit impassibile. Ergo nec in anima eius fuerunt passiones.
3. PRAETEREA, per virtutem moralem comprimuntur animae pas-
siones. Sed in Adam fuit virtus moralis perfecta. Ergo totaliter pas-
siones excludebantur ab eo.
SF.D CONTRA EST qu-0d dicit Augustinus, 14 De Civ. Dei [c. 10], qu-0d
erat in eis "amor imperturbatus in Deum >>, et quaedam aliae ani-
mae pnssiones.
REsPONDEO DICEI\DUM quod passiones animae sunt in appetitu sen-
suali, cuius obiectum est bonurn et malum. Unde omnium passio-
num animae quaedam ordinantur ad bonum, ut amor et gaudium ;
quaedam ad malum, ut timor et dolor. Et quia in primo statu nul-
lum malum aderat nec imminebat; nec aliquod bonum aberat, quod
cuperet bona voluntas pro tempore illo habendum, ut patet p.er Au-
gustinum 14 De Civ. Dei [loco cit.]: omnes illae· passiones quae re-
spiciunt malum, in Adam non erant, ut timor et dolor et huiusmodi;
similiter nec illae passiones quae respiciunt bonum non habitum et
nunc habendum, ut cupiditas aestuans. Illae vero pa-ssi-0nes quae
possunt esse boni pra~sentis, ut gaudium et amor; vel quae sunt
futuri boni ut suo tempore habendi, ut desiderium et spes non affii-
devoli o eccessive, l'attenzione dei sensi non si sarebbe fissata su di esse; e quindi
non ne sarebbe derivato nessun dispiacere. Infatti quello stato avrebbe avuto
l'immunità d'ai dispiaceri, dal dolore, e dalla paura: co&iccllè, se fossero capi-
tate delle cose paurose, non si sarebbero spaventati, e non si sarebbero rattri&tati
all'apparire di eventi doloro&i .. {in h. a.).
260 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, aa. 2-3
ARTICOLO 3
Se Adamo fosse dotato di tutte le virtù.
ARTICULUS 3
Utrum Adam habuerit omnes virtutes.
f Seni., d. 29, a. 3.
AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Adam non habuerit om-
nes virtutes. Quaedam enim virtutes ordinantur ad refraenandam
immoderantiarn passionum ; sicut per temperantiam refraenatur im-
morlerata concupiscentia, et per fortitudinem immoderatus timor.
Sed immoderantia passionum non erat in statu innocentiae. Ergo
nec dictae virtutes.
2. PRAETEREA, quaedam virtutes sunt circa passiones respicientes
malum ; ut mansuetudo circa iras, et fortitudo circa t.imores. Sed
tales passioneS' non erant. in statu innocentiae, ut dictum est [a.
praec.]. Ergo nec huiusmodi virtutes.
3. PRAETEREA, poenitentia est quaedam virtus respiciens peccatum
prius commissum. Misericordia etiarn est quaedam virtus respiciens
miseriam. Sed in statu innocentiae non erat peccatum nec miseria.
Ergo neque huiusmodi virtutes.
4. PRAETEREA, perseverantia est quaedam virtus. Seù hanc Adarn
non habuit ; ut sequens peccatum ostendit. Ergo non habuit omnes
virtutes.
5. PRAETEREA, fides quaedam virtus est. Sed haec in statu innocen-
tiae non fuit: importat enim aenigmaticam cognitionem, quae per-
fectioni primi status repugnare videtur.
SED CONTRA EST quod Augustinus. dicit, in quadam Homilia [Serm.
contra Iudaeos, Paganos et Arianos, c. 2]: « Princeps vitiorum de-
vicit Adam de limo terrae ad imaginem Dei factum, p.udicitia arma-
tum, temperantia compositum, claritate splendidum >>.
REsPONDEO DICENDUM: quod homo in statu innocentiae aliqualiter
habuit omnes virtutes. Et hoc ex dictis potest esse manifestum. Di-
17 - VI
262 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, a. 3
ctum est enim supra [a. 1] quod talis erat rectitudo primi status,
quod ratio erat Deo subiecta, inferiores autem vires rationi. Virtu-
tes autem nihil aliud sunt quam perfectiones quaedam, quibus ratio
ordinatur in Deum, et inferiores vires disponuntur secundum regu-
lam rationis; ut magis patebit cum de virtutibus agetur. Unde re-
ctitudo primi status exigebat ut homo aliqualiter omnes virtutes
haberet.
Sed considerandum est quod virtutum quaedam sunt, quae de sui
ra1.ione nullam imperfectionem important, ut caritas et iustitia. Et
huiusmodi virtutes fuerunt in statu innocentiae simp!iciter, et quan-
tum ad habitum et quantum ad actum. - Quaedam vero sunt, quae
de sui ratione imperfectionem important, vel ex parte actus vel ex
parte materiae. Et si huiusmodi imperfectio non repugnat perfe-
ctioni primi status, nihilominus huiusmodi virtutes poterant esse in
primo statu ; sicut fides, quae est eorum quae non videntur, et spes,
quae est eorum quae non habentur. Perfecti-0 enim primi status non
se extendebat ad hoc, ut videret Deum per essentiam, et ut haberet
eum cum fruitione finalìs beatitudinis: unde fides et spes esse pote-
rant in primo statu, et quantum ad habitum et quantum ad actum.
- Si vero imperfectio qu.ae est de ratione virtutis alicuius, repugnat
perfectioni primi status, poterat huiusmodi virtus ibi esse secundum
habitum, sed non secundum actum: ut patet de poenitentia, quae
est dolor de peccato commisso, et de misericordia, quae est dolor de
miseria aliena; perfectioni enim primi status repugnat tam dolor,
quam culpa et miseria. Unde huiusmodi virtutes erant in primo ho-
mine secundum habitum, sed non secundum actum: erat enim pri-
mus homo sic dispositus, ut si peccatum praecessisset, doleret; et
similiter si miseriam in alio videret, eam pro posse repelleret. Sicut
Philosophus dicit, in 4 Ethic. [c. 9, lect. 17], quod « verecundia n,
quae est de turpi facto, "contingit studioso solum sub conditione:
est enim sic dispositus, quod verecundaretur si turpe aliquid com-
mitteret n.
AD PRI'.\iUM ERGO DICENDUM quod accidit temperantiae et fortitudini
quod superalmndantiam passionum repellat, inquantum invenit pas·
siones superabundantes in subiecto. Sed per se convenit huiusmodi
virtutibus passiones moderari.
An SECUNDUM DICENDUM quod illae passiones ad malum ordinatae,
repugnant perfectioni primi status, quae habent respectum ad ma-
lum in ipso qui afficitur passione, ut timor et dolor. Sed passiones
quae respiciunt malum in alt.ero, non repugnant perfectioni primi
status: poterai enim homo in primo sta tu habere odio malitiam
daemonum, sicut et diligere bonitatem Dei. Unde et virtutes quae
circa tales passiones essent., possent esse in primo statu, et quan·
tum ad habitum et quantum ad actum. - Quae vero sunt circa pas-
siones respicientes malum in eodem subiectp, si circa huiusmodi
solas passiones sunt, non poterant esse in primo statu secundum
actum, sed solum secundum habitum ; sicut de poenitentia et mise-
ricordia dictum est [in coirp.]. Sed sunt quaedam virtutes quae non
sunt circa has passiones solum, sed etiam circa alias ; sicut tempe-
2 E in Adamo dette virtù si trovarono soltanto in questo senso, fino a che con-
servò l' innceenza.
264 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 95, aa. 3-4
ARTICOLO 4
Se le opere del primo uomo avessero minore efficacia
di meritare che le nostre. 1
rantia, quae non solu:m est circa tristitias, sed etiam circa delecta-
ti-0nes; et fortitudo, quae non solum est circa timores, sed etiam
circa audaciarrn et spem. Unde poterat esse in primo statu actus
t.empemntiac, sccundum quod est moderativa delectationum ; et si-
militer fortitudo, secundurn quod est moderativa audacia.e sive spei:
non autcm secundum quod mo<lerantur tristitiam et timorem.
An TERTJUM patet solutio ex his quae dieta sunt [in corp.].
AD QUARTUM DICENDUM quod pcrscverantia dupliciter sumitur. Uno
modo, prout est q.uaedam virtus: et ~,ic significat quendam habitum,
quo quis eligit perseverare in bono. Et sic Adam perseverantiam
habuit. - Alio modo, prout est circumstantia virt.utiis: et sic signi-
ficat continuationem quandam virtutis absque interruptione. Et hoc
modo Adam perseverantiam non habuit.
An Ql'lNTUM patet responsio per ea quae dieta sunt [in corp.].
ARTICULUS 4
Utrum opera primi hominis fuerint minus efficacia
ad merendum quam opera nostra.
!! Sent., d. 23, a. <I.
' I teologi più recenti trovarono da precisars qualche cosa in questa conclu-
sione. Ec{A) come le loro riserve sl trovano compe.ndiate nella vecchia edizione J\Ia-
rietti: « S. Tommaso qui insegna che erano più efficaci nel meritarB le Gpere del·
LA GRAZIA E L' INNOCENZA 267
quia magis eius facultatem superabat. Utraque tamen · quantitas
meriti respondet praemio accidentali; quod est gaudium de bono
creato.
Sic igitur dicendum quod efficaciora fuissent hominis opera ad
merendum in statu innocentiae quam post peccatum, si attendatur
quantitas meriti ex parte gratiae; quae tunc copiosior fuissent, nullo
obstaculo in natura humana invento. Similiter etiam, si considere-
tur absoluta quantitas operis: quia, cum homo esset maioris virtu-
tis, maiora opera fecisset. Sed si consideretur quantitas pmportio-
nalis, maior invenitur ratio meriti post peccatum, propter hominis
imbecillitatem: magis enim excedit parvum opus potestatem eius
qui cum diffi{!ultate operatur illud, quam opus magnum potestatem
eius qui sine difficultate operatur.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod homo post peccatum ad plura in-
diget gratia quam ante peccatum, sed non magis. Quia homo, etiam
ante peccatum, indigebat gratia ad vitam aeternam c<msequ·endam,
quae est principalis necessitas gratiae. Sed homo post peccatum, su-
per hoc, indiget gratia etiam ad peccati remissionem, et infirmitatis
sustentationem.
AD SECUNDUM DICENDUM quod difficultas et pugna pertinent ad quan-
titatem meriti, secundum quantitatem operis proportionalem, ut di-
ctum est [in corp.]. Et est signum promptitudinis voluntatis, quae
conatur ad id quod est sibi difficile: promptitudo autem voluntatis
causatur ex magnitudine caritatis. Et tamen potest contingere quod
aliquis ita prompta voluntate faciat opus aliquod facile, sicut alius
difficile, quia paratus esset facere etiam quod sibi esset difficile. Dif-
ficultas tamen actualis, inquantum est poenalis, habet etiam quod sit
satisfactoria pro peccato.
An TERTIUM DICENDUM quod resistere tentati<mi primo homini non
fuisset meritorium, secundum opinionem ponentium qu-Od gratiam
non haberet; sicut nec modo est rneritorium non habenti gratiam.
Sed in hoc est differentia, quia in primo statu nihil erat interius im-
pellens ad malum, sicut modo est: unde magis tunc poterat homo
resistere tentationi sine gratia, quam modo.
l'uomo nello stat-0 di innocenza. che dovo il peccato; ma questa dottrina non deve
essere intesa nel senso che ùopo il pecc~to nessuno abbia meritato maggiormenk,
in quello che costituisce il premio essenziale, di quanto non si potesse meritare
nello stato di innocenza. Infatti S. Tommaso stesso afferma: "Niente Impedisce
che dopo il peccato la natura umana sia stata innalz:tta a qualche cosa di più
alto" (Ili, q. 1, a. 3, ad 3). E altrove: "Non c'è difficoltà ad ammettere che alcuni
dopo il peccato arrivino a conseg-uire una graziit molto superiore a quella avuta
da altri nello stato primitivo" (2 Sent., d. 29, a. 3). E la cosa è evlrlente per la
Vergine Santissima, ed è probabile per gli apostoli e per altri martiri particolar-
mente eccellenti nella santità"· - Ma è chiaro che qUi S. Tommaso si limita a
considerare la questione in generale, prescindendo dal casi particolari.
QUESTIONE 96
II dominio dell'uomo nello stato di innocenza. 1
ARTICOLO 1
Se Adamo nello stato di innocenza aveva il dominio sugli animali.
ARTICULUS 1
Utrurn Adam in statu innocentiae anirnalibus dominaretur.
!! Sent., d. 44, q. 1, a. 3.
dominio potrà esercitarsi in maniera più o meno esl.€sa, s.e<:ondo la diversità de-
gli stati e delle condizioni; ma nessuno deve negare all'uomo il diritto di disporre
delle creature inferiori alla propria utilità. - NeUo stato di innocenza questo do-
minio era esercitato nella maniera ideale, cioè in modo che nessun uomo potesse
limit.are ragionev-0lnE·nte il diritto dell'altro uomo in tutta la sua universalità.
2 In S. Girolamo non si trova il passo citat-0 ; qualche cos.a di simile si trova
neila Glossa ord. di S. Beda.
• Non abbiamo qui solt.anto la conferma del domini<J dell'uomo sugli animali,
270 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, a. 1
seguente alla sua disobbedienza verso Dio. Perciò l'uomo, nello stato
di innocenza e prima del peccato, non trovava ribellione alcuna
negli esseri che per natura dovevano essergli sottoposti. Ora, tutti
gli animali sono naturalmente sottop-OSti all'uomo, come si rileva
da tre considerazioni. Primo, dallo stesso ordine genetico delle cose.
Infatti, come nella genesi delle cose naturali noi riscontriamo un
certo ordine, che procede dall'imperfetto al p·erfetto (infatti la ma-
teria è ordinata alla forma, e la forma meno perfetta e quella più
perfetta), così avviene anche nell'uso delle cose naturali, e cioè gli
esseri inferiori servono a quelli superiori; infatti le piante sfrut-
tano la terra per nutrirsi ; gli animali si nutrono di piante ; e gli
uomini si nutrono sia di piante che di animali. :E: quindi nell'or-
dine della natura che l'uomo abbia il dominio sugli animali. Per-
ciò dice il filosofo che la caccia degli animali selvatici è giusta e
naturale; poichè con essa l'uomo rivendica quello che per natura
gli appartiene.
Secondo, ciò si rileva anche dall'ordine della divina provvidenza,
la quale governa sempre gli esseri inferiori mediante quelli supe-
riori. E siccome l'uomo, essendo stato· creato a immagine di Dio,
è superiofle agli altri animali, è logico che gli altri animali siano
sottoposti al suo dominio.
Terzo, la medesima conclusione appare evidente dal confronto
tra le proprietà dell'uomo e quelle degli altri animali. In questi
ultimi infatti si riscontra, fondata sul loro istinto naturale, una
part.ecipazione della prudenza in ordine ad alcuni atti particolari;
mentre nell'uomo si riscontra la. prudenza nella sua universalità, in
quanto è retta norma di tutto il nostro operare. Ora, tutto ciò che
è per partecipazione dipende da ciò che è in assoluto e per essenza. 1
Dunque è evidente la subordinazione all'uomo degli altri animali. 2
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il potere superi.ore può compiere
sui sottoposti molte cose, che non sono possibili a un potere più
basso. Ora, l'angelo è per natura superiore all'uomo. Perciò la virtù
degli angeli poteva compiere sugli animali degli effetti, che trascen-
dono le capacità dell'uomo, come, p. es., radunare immediatamente
tutti gli animali.
2. Secondo alcuni, quegli animali, che ora sono feroci e uccidono
gli altri animali, sarebbero stati in quello stato mansueti non sol-
tanto verso l'uomo, ma anche verso gli altri animali. - Ma questa
opinione è del tutto irragionevnle. Infatti la natura degli animali
non subì tali trasformazioni per il peccato dell'uomo, da ridurre
quelli, che ora sono portati dalla loro natura a cibarsi delle carni
degli altri animali, come il le.one e il falco, a vivere di erbe. Così
la Glossa di S. Beda non afferma che gli alberi e le erbe erano dati
in cibo a tutti gli animali e a tutti gli uccelli, ma solo ad alcuni di
essi. Sarebbe dunqu·e esistita una naturale discordia tra alcuni
animali. - Ma questo non li avrebbe sottratti al dominio dell'uomo;
come adesso non sono sottratti al dominio di Dio, dalla cui prov-
secuta est in poenam eius, eo quod ipse fuit inobedi,ens Deo. Et ideo
in statu innocentiae, ante inobedientiam praedictam, nihil ei repu-
gnabat quod naturaliter deberet ei esse subiectum. Omnia autem
anima.lia sunt homini naturaliter subiecta. Quod apparet ex tribus.
Primo quidem, ex ipso naturae processu. Sicut enim in generatione
rerum intelligitur quidam ordo quo proceditur d·e imperfecto ad per-
fectum (nam materia est pr-0pter formam, et forma imperfectior
propter perfectiorem), ita etiam est in usu rerum naturalium: nam
imperfectiora cedunt in usmn perfectormn; plantae enim utuntur
terra ad sui nutrimentum, animalia vero plantis, et homines pla.n-
tis et animalibus. Unde naturaliter homo dominatur animalibus. Et,
propter hoc Philosophus dicit, in I Politic. [c. 3, lect. 6), quod ve-
natio sylvestrium animalium est iusta et natura.lis, quia per eam
homo vindicat ·sibi quod est naturaliter suum.
Secundo apparet hoc ex ordine divinae providentiae, quae semper
inferiora per superiora gubernat. Unde, cum homo sit supra cetera
animalia, utpote ad imaginem Dei factus, conv.enienter eius guber-
nationi alia animalia subduntur.
Tertio npparet idem ex prnprietate hominis, et aliorum anima-
liurn. In aliis enim animalibus invenitur, secundum aestimationem
naturalem, quaedam participatio prudentia.e ad aliquos particula-
res actus: in homine autem invenitur universalis prudentia, quae
est ratio omnium agibilium. Omne autem quod est. per participatio-
nem, subditur ei quod cs.t per essentiam et universaliter. Unde patet
quod naturalis est subiectio aliorum animalium ad hominem.
AD PRIMliM ERGO DICENDUM quod in subiectos multa potest facere
superior potestas, quae non potest facere inferior. Angelus auwm
est naturaliter superi.or homine. Unde aliquis effectus poterat fieri
circa animalia virtute angelica, qui non poterat fieri potestate hu-
mana; scilicet quod statim omnia animalia congregarentur.
AD SECUNDliM DICENDUM quod quidam d.icunt quod animalia quae
nunc sunt ferocia et occiclunt alia animalia, in sta.tu ilio fuissent
mansueta non solum circa hominem, sed etiam circa alia anima-
lia. - Sed hoc est omnino irrationabile. Non enim per peccatum ho-
minis natura animalium est mutata, ut quibus nunc naturale est
comedere aJi.orum anirnalium carnes, tunc vixissent. de herbis, sicut
leones et falcones. Nec Glossa Bedae dicit, Gen. 1, 30, quod Ugna et
herbae datae sunt omnibus animalibus et avibus in cibum, sed qui-
busdam. Fuisset ergo naturalis discordia inter quaedam animalia.
- Nec tamen prtopter hoc subtraherentur dominio hominis; sicu:t
fine, è per eccellenza la virtù di chi esercita il domini-O: il suo atto principale
è il "pracclpere '" Ora, gli animali non sfuggono al comando dell'uomo, poichè
essi stessi dispongano, per I fini spociflci della vita animale, di quei medesimi
mezzi e di quegli accorgimenti che rie;itrano univer:>almente nel potere del-
l'uomo.
~ Secondo il pensiero cristlano, illustrato efficacemente neJl'artivolo, l'uomo non
si è sollevato al disopra delle bestie in una dura lotta per la vita; ma egli ha
per natura il dominio su tutti gli ess.eri visibili. Anche nello stato di decadenza
in cui noi ci troviamo, possiamo constatare l'avveramento di quella benedizione
impartita da Dio a Noè e alla sua dlsc<?ndcnza dopo il diluvio: " .... Abbiano ti-
more e tremore di voi tutti gli animali della terra, e tutti i volatili dell'aria.
Tutti gli e.>S€rl che si muovono sulla terra, al pari di tutti i pesci del mare, sono
rimessi In mano vostra; tutto quello che si muove e vive sarà vostro cibo .... •
(Gen., 9, 1, S).
272 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, aa. 1-2
ARTICOLO 2
Se l'uomo aveva un dominio su tutte le altre creature.
1 Agli antichi era noto soltanto tl l"!'gime monarchico delle api, n.on già lo svol
gimento della vita nell'alveare. - Vii'gilio, cl1e ha raccolto nelle Georgiche quanto
IL DOMINIO DELL'UOMO 273
nec nunc propter hoc subtrahuntur dominio Dei, cuius providentia
hoc totum dispensatur. Et hu.ius providentiae homo executor fuis-
set, ut etiam nunc apparet in animalibus domesticis: ministrantur
enim falconibus domesticis per homines gallinae in cibum.
An TERTIUM DICENDUM quod homines in statu innocentiae non in-
digebant animalibus ad necessitatem corporalem : neque ad tegu-
mentum, quia nudi erant, et non erubescebant, nullo instante inor-
dinatae concupiscentiae motu; neque ad cibum, quia lignis Para-
disi vescebantur; neque ad vchiculum, propter corporis robur. In-
digebant tamen cis ad experimentalem c-0gnitionem sumendam dc
naturis eorum. Quod significatum est per hoc, quod Deus ad curo
animaU.a adduxit, ut eis nomina imponeret [Gen. 2, 19], quae eorum
naturas designant.
An QUARTUM DICENDUM quod alia animalia habent quandam parti-
cipationem naturalem prudentiae et rationis secundum aestimatio-
nem naturalem; ex qua contingit quod grues sequuntur ducem, et
apes obediunt regi. Et sic tunc omnia animalia per seipsa homini
obedivissent, sicut nunc quaedam domestica ei obediunt.
ARTICULUS 2
Utrum homo habuissct dominium super omnes alias creaturas.
ARTICOLO 3
Se gli uomini nello stato di innocenza sarebbero stati tutti uguali. 1
sieda ai pesci dd mare ed al volatili del ci&o e alle bestie di tutta la terra"
(Gen., 1, 16).
1 A prima vista l'uguaglianza assoluta si pre..."€nta come un ideA!c, e quindi
viene spontaneo attribuirla agli uomini, nello stato di felicità in cui furono creati.
Eppure anche allora e.erte disuguaglianze non potevano mancare, ed era bene
che non ma.ne.assero. L'articolo le fa rilevare con chiarezza.
IL DOMINIO DELL'UOMO 275
animalibus; vi·res naturales, secundum quas convenit cum plantis;
et ipsum corpus, secundum quod convenit cum rebus inanimatis.
Ratio autem in homine habet locum dominantis, et non subiecti
dominio. Unde homo angeli·s non dominabatur in primo statu: et
quod dicitur «omni creaturae n, intelligitur "quae non est ad ima-
ginem Dei>>. - Viribus autem sensitivis, sicut irascibili et concupi-
scibili, quae aliqualiter obediunt rationi, dominatur anima impe-
rando. Unde et. in statu innocentiae animalibus aliis per imperium
dominabatur. - Viribus autcm naturalibus, et ipsi corpori, homo
dominaiur non quidem imperando, sed utendo. Et sic etiam homo
in statu innocentiae dominabatur plantis et rebus inanimatis, non
per imperium vel immutationem, sed a.bsque impedimento utendo
eorum auxilio.
Et per hoc patet responsio ad Olbiecta.
ARTICULUS 3
Utrum homines in statu innoeentiae fuissent aequales.
ARTICOLO 4
Se nel!o stato di innocenza l'uomo avrebbe avuto un dominio
sugli altri uomini. 3
1 In forza del libero arbitrio l'u0mo è p€r natura l'artefice del suo destino,
quale cooperatore volontario di Dio medesimo (vedi so!. 3).
2 Per S. Tommaso la schiavitù non è un ratto naturale per certi uomini, come
(l€nsava Aristotele, ma è sempre uno stato di coazione: "La schiavitù è impedi-
mento [massimo] al huon uso del dominio [cni l'uomo per natura ha diritto]; e
per questo gli uomini naturalmente vi si ribe!lano " (1-11, q. 2, a. 4, ad 3). - Tut-
tavia l'Aquinate ha creduto suo do,ere giustificare fino all'estremo limtt.e il pen-
sier-0 del irrande filosofo greco, ammettendo, per una tristo& necessità dlerivata dal
IL DOMINIO DELL'UOMO 277
diversitate sexus, generatio non fuisset. - Similiter etiam quantum
ad aetatem: sic enim quidam ex aliis nascebantur; nec illi qui ml-
scebantur, steriles erant.
Sed et s.ecundum animam diversitas fuisset, et quantum ad iusti-
tiam et quantum ad scientiam. Non enim ex necessitate homo ope-
rabatur, sed per Iiherum arbitrium ; ex quo homo habet. quod pos-
s:lt magis et minus animum applicare ad aliquid faciendum ve.I vo-
1endum ve! cognoscendum. Unde quidam magis profecissent in iu-
stitia et scientia quam alii.
Ex parte etiam corporis, poterai esse disparitas. Non enim erat
exemptum corpus humanum totaliter a legibus naturae, quin ex
exterioribus agentibus aliquod commodum aut auxilium recipeiret
magis et minus: cum etiam et cibis eorum vita sustentaretur. Et
sic nihil prohibet dicere quin secundum diversam dispositionem
aeris et diversum siturn stellarum, aliqui rolbustiores corpore gene-
rarentur quam alii, et maiores et pulchriores et melius comple-
xionati. Ita tarnen quod in illis qui excederentur, nullus esset de-
fectus sive peccatum, sive circa animam sive circa corpus.
AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod Gregorius per verba illa intendit
excludere disparitatem quae est secundum differentiam iustitiae et
peccati; ex qua contingit quod aliqui poenaliter sunt sub aliis coer-
cendi.
AD SECUNDUM DICENDUM quod aequalitas est causa quod dilectio
mutua sit aequalis. Sed t.amen intier inaequales potest esse maior
dilectio quam inter aequales, licet non aequaliter utrinque respon-
deat. Pater enim plus diligit filium naturalifor, quam frater fra-
trem ; licet filius non tantundem diligat patrem, sicut ab eo d.ili-
gitur.
AD TERTIUM DICENDUM quod causa disparitatis poterat esse et ex
parte Dei, non quidem ut punirei quosdam et. quosdam praemia-
rct; sed ut quosdam plus, quosdam minus sublimaret, ut pulchri-
tudo ordinis magis in hominibus reluceret. Et etiam ex parte na-
turae poterat disparitas causari secundum prnedictum (in corp.j
rnodum, absque aliquo defectu naturae.
ARTICULUS 4
Utrum homo in statu innocentiae homini dominabatur.
Supra, q, 92, a. 1, ad 2; f Sent., d. 4.\, q. 1, a. 3.
peccato originale, che alcuni uomini naturalmente siano fatti per soggiacere in
tutto alla volontà di altri (cfr. I-Il, q. 94, a. 5, ad 3; li-li, q. fi7, a. 3, ad 2). l'Ila nel
suo pensiero questi servi non sono più gli schiavi del mondo pagano, privati dei
più elementari diritti, bensì i servi della gleba, ai quali egli riwnooce il diritto
di disv-0rrc d.1 sè entro certi limiti, e cioè relativamente alla scelta dello stato
(li-Il, q. 104, a. 5). D'altra parte egli sostiene che Essi dovevano <>s.sere governati
non tanto per l'utilità del padrone, quanto per Il loro stesso bene.
• Prima di procedere alla lettura dell'articolo, è beno prendere atto della nota
precedente.
18 - VI
278 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 96, a. 4
' Sullo ~fondo dell'ideale umano concepito dal cristianesimo non e' è l' indivi-
dualismo o l'an:ircllia, come si riscontra nelle ideologie socialiste dei tempi mo-
derni. e· è lnvere l'aspù·azlone a una società organizzata, in cui ciascuno assolve
IL DOMINIO DELL'UOMO 281
utilitatem aliorum; secundum q.u-0d dicitur 1 Petr. 4, 10: "Unus-
quisque gratiam quam accepit, in alterutrum illam administra.n:-
tes "· Unde Augustinus dicit, 19 De Civ. Dei [cc. H, 15], quod "iusti
non dominandi cupiditate impeTant, sed officio consulondi: hoc na-
turalis ordo praescribit, ita Deus hominem condidit».
Et per Jwc patet responsio ad omnia obiecta, quae procEdunt de
primo modo dominii.
un suo compito specllìco, senza Invidiare coloro che si trovano in una concllzione
naturale di preminenza. Infatti que5ta preminenza si risolve in un servizio a fa·
vore del propri simili.
QUESTIONE 97
La conservazione dell'individuo nello stato
primitivo dell'uomo.
ARTICOLO 1
Se l'uomo nello stato di innocenza era immortale.
ARTICULUS 1
Utrum homo in statu innocentiae esset immortalis.
Supra, q. 76, a. 5, ad 1; f Sent., d. 19, aa. 2, 4; 4, d. 44, q. 3, a. 1, qc. 2;
De Vertt., q. 24, a. 9; De Malo, q. 5, a. 5; Compend. Theol., c. 152;
ad Rom., c. 5, Iect. 3.
il primo uomo, Adamo, fu creato mortale, dl modo che eg·!i nel suo corpo avrebbe
subito la morte, sia che avesse peccato, sia che non avesse peccato, e cioè che sa-
rebbe uscito dal corpo non in pena del peccato, ma per necessità di natura, si'l
scomunicato» (DENZ., 101). La stessa dottrina venne riaffermata nel II Cooclllo di
Orange e nel concilio Trld.entin., (cfr. DENZ., 175, 788, 793).
284 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 97, aa. 1-2
ARTICOLO 2
Se l'uomo nello stato di innocenza era passibile. 1
ARTICULUS 2
Utrum homo in statu innocentiae fuisset passibilis.
t Sent., d. 10, a. 3; 4, d. 44, q. 2, a. 1, qc. 4, ad 1.
An SECL'ND(jM SIC PROCEDITCR. Videtur quod homo in statu innocen-
tiae fui-sset passibilis. "Sentire" enim "est pati quoddam » [AmsT.,
2 De Anima, c. 11, lect. 23). Sed homo in statu innocentiae fuisset
sensibilis. Ergo fuisset passibilis.
2. PRAETEREA, somnus pa,ssio quaedam est. Sed homo in statu inno-
tal maniera, da renderlo immortale e imp?..osibile, non g1a m forza della sua
natura, ma pe.r un dono divino" (P. I, a. 2, n. 19). - Non ci fermiamo a spiegare
il terminepa.~sibile, perchè l'Autore stesso si è incaricato di far1o in maniera
esauriente nel rispondo.
286 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 97, aa. 2-3