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are le nostre societ, si disinteressa del luogo e della forma del potere, del legam
e necessario e di fatto sempre postulato fra costruzione individuale e costruzion
e sociale: ci che interessa nelle altre societ la differenza delle soggettivit, una
renza abbastanza radicale - essa sembra sottintendere - malgrado la diversit dei
poteri non ponga alcun problema. La stessa parola potere viene scartata, come se e
sistesse potere solo negli apparati dello Stato; presso gli autori pi caricatura
li sotto questo aspetto, per esempio Baudrillard in "Lo specchio della produzion
e" (12), la reciprocit e lo scambio simbolico rivendicano aggressivamente il pos
t o delle nozioni politiche ed economiche occidentali che gli etnologi etnocentr
ic i, in particolare d'osservanza marxista, avrebbero abbastanza scioccamente ap
pli cato alla descrizione dell'Eden primitivo. Sotto la penna di Baudrillard, la
cat tivit nelle societ praticanti la schiavit prende l'aspetto del libero contratt
o di mutuo sostentamento. Quanto al filone Mauss-Bataille, sfruttato con maggior
sott igliezza da Deleuze, esso offre pepite meno grossolane ma dai riflessi alt
rettan to ingannatori: il debito e la crudelt del marchio primitivo proteggerebbe
ro dall 'influenza totale del "socius" i flussi cifrati, ma non ancora astratti,
del des iderio e delle sue produzioni. Presso i primitivi, il rapporto con il d
esiderio non sarebbe che la trascrizione, immediata e concreta, l'iscrizione, del
desiderio stesso. L'esperienza etnologica non autorizza tali conclusioni. Essa,
infatti, suggerisc e tre ordini di osservazioni che danno vita ad altrettante co
ntro-argomentazioni . Innanzitutto, non affatto legittimo applicare indifferente
mente la denominazio ne di societ primitive a sistemi sociali tanto diversi quanto,
per esempio, le band e dei cacciatori-raccoglitori, le societ lignatiche o le so
ciet di villaggio senza lignaggio. A questo proposito, le analisi dei meta-antrop
ologi sono pi o meno so mmarie, ma esse hanno tutte un principio e una tentazione
in comune: fanno della comparsa dello Stato, della figura del despota, la sola
cesura pertinente della storia e tendono a considerare le societ non statali come
un insieme relativamen te omogeneo. In secondo luogo, l'osservazione attenta de
i sistemi di rappresenta zione e delle pratiche che queste implicano rivela, da
una parte, la stretta con nessione esistente fra rappresentazioni della persona
(come esse risultano dalle teorie locali dell'eredit, dello psichismo, del corpo,
della forza e dell'influe nza) e rappresentazioni sociopolitiche, dall'altra pa
rte rivela il carattere esp licitamente differenziale, implicitamente non uguali
tario e manifestamente costr ittivo della configurazione complessiva in cui ques
te rappresentazioni si artico lano, si coniugano, si precisano e si ordinano l'u
na rispetto all'altra. L'esemp io delle societ lignatiche mostra come a definizio
ni originali della persona corr ispondano solidalmente e logicamente definizioni
originali del potere: il potere si abbatte sempre su individui; e precisamente
esso pu esercitarsi e venire acce ttato solo in quanto deriva dalla medesima logi
ca, nel prolungamento delle defin izioni della persona, dell'interpretazione del
quotidiano e dell'evento, della n osologia, dell'organizzazione della famiglia
e degli altri gruppi sociali, della costruzione concomitante dell'individuo e de
l "socius". Ma questa bella logica, di cui il discorso culturalista rende parzia
lmente conto , non ha nulla d'armonioso se non l'ideologia che esprime o piuttos
to che costit uisce. Si tratta dell'armonia stessa dell'ordine - ordine indiffer
entemente inte llettuale, morale e sociale. Essa individua componenti biologiche
e psichiche, d efinisce linee di ereditariet e regole di eredit, riti e diagnosi,
prescrive e pro scrive: in breve, stabilisce l'insieme del possibile e del pens
abile. E tuttavia , ci che possibile non lo per tutti allo stesso titolo, ci che p
ensabile non lo pe r tutti allo stesso modo; la somma del possibile e del pensab
ile costituisce una sistematica delle differenze sia in modo esplicito, designan
do posti e ruoli (i l lignaggio, la stirpe, il villaggio, il quartiere, il padre
, il figlio, lo zio, il nipote), sia in modo implicito, in quanto, designando qu
esti luoghi rapprese ntativi, essa ne situa al tempo stesso l'altrove e stabilis
ce con ci stesso lo st atuto di coloro che devono tenerne conto senza potersene f
ar carico: tutti color o che non possono riferirsi a essa se non per misurare la
propria debolezza e la propria insignificanza rispetto alle linee di forza e di
senso, tutti coloro ch e essa passa sotto silenzio e invita al silenzio, tutti
coloro che la suddivisio ne temporale delle genealogie e la casualit delle nascit
e successive hanno allont
anato dalle stirpi maggiori e dai fratelli primogeniti, tutti coloro che hanno s
olo un accesso effimero e passivo - per testimoniare o per subire - allo spazio
del potere. Nulla indica che le teorie lignatiche della consustanzialit parziale
delle persone, della solidariet economica, cerimoniale e culturale degli individ
u i o della circolarit dell'alleanza e dell'ereditariet si riferiscano a un'umanit
pi preoccupata dell'uguaglianza della nostra, o pi vicina di quest'ultima a qualch
e fondamentale spontaneit. E' invece con rara minuzia e con notevole sofisticazio
ne che esse creano sistemi di costrizione non ugualitari che producono, al di l d
el la differenza delle concezioni e delle definizioni, forme o piuttosto struttu
re ideologiche (mi riservo di precisare meglio questo termine) identiche a quell
e d i qualsiasi altro tipo di societ e di potere. Infine (e questa sarebbe la ter
za osservazione), non affatto legittimo inferire meccanicamente il vissuto degli
individui dalle definizioni della persona, le re alt dello psichismo e del socia
le dalle rappresentazioni dell'ordine intellettual e o politico. Dedurre il viss
uto individuale concreto dai miti d'origine, dalle cosmogonie, dalle forme ritua
li o dalle teorie antropologiche locali certamente sacrificare a una concezione
strettamente esegetica del simbolismo. Quest'ordine intellettuale non espresso,
o all'occorrenza imposto all'individuo, se non come richiamo all'ordine, allorch
l'evento impone la necessit di un'interpretazione; q uest'ultima tiene conto cont
emporaneamente della configurazione logica complessi va (la somma del possibile
e del pensabile) e della posizione degli individui in causa rispetto a questa co
nfigurazione - al primo posto di questi si trova del resto il maestro dell'inter
pretazione, che sia divino o che sia il capo del lign aggio. Nella misura in cui
in fin dei conti l'evento a richiamare all'ordine (og ni disordine individuale,
per esempio la malattia, rinvierebbe a un disordine so ciale, per esempio l'adu
lterio), la personalit si costruisce proprio in funzione delle costrizioni del si
stema e, per quanto possibile, in previsione o in preven zione dei suoi possibil
i rigori; tuttavia, sempre minacciata dall'essere identif icata con dei personag
gi fissi, definiti e denunciabili (come lo stregone), essa h a il dovere di preven
ire incessantemente la possibile diagnosi, di essere sempre in anticipo di un'es
senza; essa s'identifica dunque meno con le definizioni di quanto non vi si sott
ragga: le resta aperto un campo di libert e di reinterpretaz ione a condizione ch
e non si lasci imprigionare dal discorso degli altri; tuttav ia del tutto eviden
te che questo grado di apertura e di libert e precisamente fun zione della posizi
one dell'individuo nella gerarchia del sistema; la libert nel s istema si offre a
coloro che ne hanno meno bisogno, poich esso costruito per loro , come un surplu
s di potere. Il rapporto con il sistema - il vissuto - varia da un caso all'altr
o e non n in un caso n nell'altro la semplice ripetizione del sist ema; esso non v
i si inscrive completamente attraverso la parola degli altri se n on nella neces
sit retrospettiva della diagnosi della morte - rapporto di senso ch e esprime sol
tanto il rapporto di forza dei viventi. LA MORTE BUONA DA PENSARE. In nessun luo
go la morte , in senso stretto, pensabile. Essa l'impensabile per ec cellenza. Th
omas (13) ricorda il paragone che stabiliscono i Bant a questo propos ito. La mor
te come la luna; chi ne ha mai visto il volto nascosto? Tuttavia, que sto impens
abile buono da pensare: la morte buona da pensare come tutto ci che ess a non . Es
sa buona da pensare innanzitutto in quanto evento. Se la morte, come la nascita
o la malattia, oggetto, nelle societ lignatiche, di inchieste e di inter rogazion
i tanto minuziose, perch l'organizzazione della vita ne dipende, e pi anco ra ne d
ipende il chiarimento dei rapporti di forza che letteralmente costituisco no il
rapporto sociale. La ricerca delle cause non senza conseguenze, ed a causa di qu
este che eventualmente si affrontano, allo stabilirsi di una diagnosi, lig naggi
alleati, membri di uno stesso lignaggio o quartieri di uno stesso villaggi o. L
a sepoltura, i funerali sono preceduti da conciliaboli, da accuse, da spiega zio
ni, da regolamenti di conti che vengono eventualmente presentati come necessa ri
alla tranquillit del defunto, ma che mirano innanzitutto al chiarimento dello sq
uilibrio sociale (rottura di un divieto, adulterio, dissenso, aggressione medi a
nte stregoneria) che deve esser stato la causa della morte, a una ricomposizion
e del passato che dia senso al presente. Nessun evento contingente, la morte lo
ancora meno di ogni altro. La morte prima di tutto un richiamo all'ordine, ma al
l'ordine dei viventi. Essa buona da pensare anche in quanto limite - limite del
l'individuo e limite de l potere. Indubbiamente questo limite pu essere spostato,
differito, aggirato; tu tte le teorie della metempsicosi parziale o totale corr
ispondono a questa possib ilit. Ma anche laddove queste teorie esistono, esse non
si applicano ugualmente a tutti gli individui; sembra piuttosto che le linee de
lla reincarnazione tendano a coincidere con le linee della forza sociale. In un
certo senso la morte fa as soluto l'individuo e l'individuo il limite del potere
. Se il potere vuole sottra rsi alla dimensione individuale (la sua relativizzaz
ione attraverso la morte), p roporzionalmente al suo carattere individuale e assolu
to, esso deve gestire la morte (nel doppio senso del termine: amministrarla) e ol
trepassarla, sempre al di qua o al di l della sua realt. Le teorie dell'ereditarie
t possono confortare questa vi sione delle cose, giacch fanno dell'individuo al po
tere una figura del potere eff imera sempre ricominciata, che il rito allo stess
o tempo costituisce ed esprime. Dalla forma minimale del potere su alcuni alla f
orma assoluta del potere sugli altri, dall'iniziazione alla salita al trono, tut
ti i rituali mettono in scena u n passaggio attraverso la morte che appare come
la condizione essenziale dell'ac cesso al potere. La letteratura antropologica a
bbonda di esempi spettacolari del la messa a morte simbolica degli adolescenti i
niziati, dei responsabili religios i nominati, dei capi o dei sovrani saliti al
potere. La morte in quanto evento e la morte in quanto limite (limite il cui sco
ngiuro t enderebbe a definire il potere come irraggiungibile dall'evento) sono p
ertanto i ncessantemente messe in scena e rappresentate, scomposte, ricomposte,
indagate. La morte, sotto questo aspetto, assume un carattere familiare, talvolt
a parodist ico: il morto maneggiato, scosso, manipolato; la morte mimata, recita
ta, provoca ta. Ma con questo non si vuole dire che tale aspetto familiare disti
ngua irrimed iabilmente le societ altre dalla nostra societ. Certo, si pu contrapporr
e, per esempi o, all'ostentazione funeraria delle societ africane (o una volta de
lle nostre cam pagne) la discrezione consolidata delle nostre agenzie di onoranz
e funebri (14) (voi morite, al resto pensiamo noi); l'essenziale non pu essere qui,
ma piuttosto n el doppio movimento, reperibile in ogni configurazione politica,
che tende, da u na parte, a fare della morte il punto di partenza sociologico (
e retrospettivame nte l'esito storico) di una concatenazione di cause (cos oggi c
i viene insegnato a spiegare il cancro, la cirrosi, gli incidenti della strada o l
e fluttuazioni del la speranza di vita in termini di responsabilit morale e di st
ile di vita) e, dal l'altra, a identificare l'impensabile della morte con l'impe
nsabile del potere ( a persuaderci cos fortemente, per esempio, dell'eternit degli
Stati che la morte d i un capo di Stato in carica ci stupisce ancora per il suo
carattere scandaloso) . La morte non la realt biologica, istituzionale e metafis
ica in rapporto alla qual e certe societ si rivelerebbero essenzialmente diverse
dalle altre. Essa prima di tutto e dappertutto l'occasione e la provocazione, l'
elemento primo e contraddi ttorio di un pensiero del potere che non pu eliminarla
se non al prezzo della sua realt e della sua efficacia. Nessuna societ ha mai pot
uto risparmiarsi una rifles sione sulla morte; questa riflessione, in cui s'incr
ociano senza confondersi la dimensione individuale e la dimensione politica, ess
a stessa, per ogni potere, u na questione vitale. I MARXISTI E L'IDEOLOGIA DEGLI
ALTRI. Qui si tratta, chiaro, di denunciare l'utilizzo fatto dai meta-antropolo
gi di ma teriali etnologici frammentari, falsi o discutibili per stabilire una r
adicale e irriducibile "differenza" tra, da un lato, le societ primitive, che sareb
bero esse nzialmente caratterizzate dall'assenza di repressione psichica e socia
le e, dall 'altro, le societ statuali che si definirebbero per la chiusura progress
iva della f igura individuale su se stessa e il totalitarismo repressivo di un'i
stituzione p olitica irreversibilmente costituita come significante assoluto. Ma
questa denun cia ha senso solo in funzione di un dibattito pi generale centrato
sullo statuto
teorico della nozione di ideologia - dibattito di cui si trova eco all'altra est
remit della gamma teorica, presso coloro che non sono sedotti dall'apatia teorica
d i Lyotard e non rinunciano n a teorizzare la pratica n a dirsi marxisti. Alcuni
pa ssaggi dell'opera di Jacques Rancire ("La leon d'Althusser") (15) hanno avuto i
l m erito di chiarire i termini del dibattito; per Rancire non si tratta certo di
ric ongiungere Deleuze e Nietzsche, la libido e il risentimento; il ricorso all
a "Ge nealogia della morale" (16) ai suoi occhi solo una procedura universitaria
, un u lteriore abbandono alle delizie della speculazione pura, il segno di un'i
mpotenz a a scongiurare i fantasmi della metafisica che molto assillano anche il
pensier o marxista e in particolare il discorso filosofico di Althusser. Ora, se
Rancire ri mprovera ad Althusser di riprodurre un modello di analisi ereditato da
l discorso metafisico sulla societ e da una sociologia borghese di tipo durkheimiano,
precisame nte perch rifiuta la concezione althusseriana di un'ideologia in genera
le, che assi curerebbe, in tutte le formazioni sociali, la coesione dell'insieme
a costo di u n effetto di opacit. Per Althusser, infatti, la diversit radicale del
le societ senz a classi e delle societ di classe non toglie che n le une n le altre
potrebbero sus sistere senza ideologie concepite come sistemi di rappresentazioni. L
a suddivisione in classi aggiungerebbe semplicemente al principio di deformazion
e ineluttabile proprio dell'ideologia in generale un secondo principio di deform
azione specific o a questa divisione, sovradeterminando la funzione del primo e
mirando a stabil ire a vantaggio della classe dominante una rappresentazione mis
tificata e mistif icante del sistema sociale. Il problema delle differenze dunqu
e anche al cuore del dibattito marxista, ma co rrisponde in realt a due questioni
ben distinte: la prima concerne lo statuto del l'ideologia nelle societ di class
e e nelle societ senza classe; la seconda concern e direttamente le classi stesse
e le particolari ideologie di cui sarebbero port atrici. Rancire rimprovera ad A
lthusser di definire il concetto di ideologia nell a sua generalit prima di defin
ire quello di lotta di classe. Per lui la struttura d ella societ sono i "rapporti d
i produzione" che caratterizzano un modo dominante d i produzione, ossia le forme
sociali di appropriazione dei mezzi di produzione che sono delle forme di approp
riazione di classe. Detto altrimenti, per Rancire l'esp ressione ideologie di class
e ha un solo senso, quella di ideologia di societ di clas se ha un senso equivoco e
quella di ideologia della societ in generale o di ideolog ia in generale non ne ha
nessuno, se non (ma questa un'altra storia) il senso pol itico e strategico di u
na costruzione intellettuale tendente a consolidare l'aut orit del comitato centr
ale del Partito comunista francese. Althusser e Rancire si ritroverebbero per d'ac
cordo con i meta-antropologi della l ibido nell'ammettere l'esistenza di una fra
ttura radicale (e reperibile a partir e dal dibattito sul concetto di ideologia)
fra due diversi tipi di societ: per il primo, l'ideologia delle societ di classe
aggiunge un effetto di mistificazione all'effetto di opacit prodotto dall'ideolog
ia in generale, mistificazione present e solo nelle societ di classe (la religion
e sarebbe, da questo punto di vista, la prima forma generale dell'ideologia); per
il secondo, per definizione, non esiste ideologia nelle societ senza classi. Ranc
ire non precisa che cosa intenda per soc iet senza classi, ma la sua analisi del f
eticismo permette di supporre che ne amm etta l'esistenza; la manifestazione-dis
simulazione (il feticismo) dei rapporti d i produzione non significa per lui un'
opacit della struttura sociale in generale: p roprio l'efficacia dell'opposizione di
classe lavoratori/non-lavoratori che contr addistingue tutte le societ di classe.
Cos, per Althusser, l'opacit ideologica delle societ senza classi non rinvia a rap
porti di potere ma a una sorta di minimo vit ale sociologico (la coesione social
e) e per Rancire le societ senza classi sono vo tate alla trasparenza; estesa al d
i l delle societ di classe, l'efficacia della st ruttura (cio dei rapporti di produ
zione) diventa un concetto perfettamente indeter minato - oppure determinato come
il sostituto di una figura tradizionale della m etafisica: genio maligno o astu
zia della ragione. Ecco dunque respinti, assegnati alla metafisica ed estromessi
dal campo della storia - per la pi grande felicit o la pi grande ironia degli esper
ti di primitivit - qualche societ, qualche continen te, qualche millennio. Non si
discuter qui del concetto di classe. Si ricorder semplicemente che un antro pologo
marxista come Pierre-Philippe Rey ha dovuto proporne una ridefinizione pe
ozione sarebbe una particolare forma di repressione. Nel senso pi stretto, privil
egiato da questi autori, il termine repressione designa solamente alcune operaz
i oni che corrispondono all'accezione del senso lato e si distinguono dalla rimoz
io ne in virt del carattere conscio dell'operazione e per il fatto che il contenut
o r epresso diventa semplicemente preconscio e non inconscio (2). Comunemente, impie
ghiamo il termine repressione anche per designare l'azione di un individuo su un s
econdo individuo, l'uno soggetto e l'altro oggetto della repre ssione. In questo
senso, nel significato comune del termine, i genitori reprimon o certe velleit d
ei figli, li educano "contro" certe tendenze. Ancora in questo s enso, il potere
politico reprime con la forza le manifestazioni sovversive, la p olizia reprime
le infrazioni del codice stradale; da questo punto di vista la di stinzione tra
prevenzione e repressione un po' artificiale; la differenza di gra do, non di n
atura; la prima ha senso solo in rapporto alla seconda; una perfetta riuscita de
lla prima implicherebbe l'interiorizzazione generalizzata delle cost rizioni opp
ure un obbligo assoluto della seconda, in ogni caso il regno dell'ord ine. Il ge
ndarme pu piazzarsi prima della sommit di una salita o prima di una svol ta, gioca
re un ruolo dissuasivo, oppure pu appostarsi dopo l'una o l'altra, e gioca re un ru
olo repressivo: in entrambi i casi la saggezza che si ritiene ispiri deriv a dal t
imore o, al di l di questo, dall'amore. La repressione si esercita sugli i ndivid
ui presi uno per uno; quel figlio o quell'allievo a venire punito e che si sa o
si crede oggetto di un'attenzione esclusiva. Le condanne, quando c' giudizi o, do
sano individualmente la repressione, dalla sospensione della pena alla mort e. M
a la repressione non mai fantasiosa, per lo meno non nel suo principio espli cit
o; il figlio ben educato e il figlio martire vengono educati e martirizzati i n
nome di una sistematica dell'educazione, meccanica o sregolata che sia. L'ogge t
to della repressione nel senso comune al tempo stesso individuale e collettivo n
ella misura in cui il giudizio da cui la repressione deriva non mai una pura in
venzione personale; per quanto vittima di una tirannia particolare, l'individuo
sempre vittima di un sistema. Sotto questo aspetto, la repressione nel senso com
une non diversa dalla repressi one in senso analitico. Quest'ultima, nel senso s
tretto citato sopra, corrispond e a un'esclusione fuori dal campo della coscienz
a presente e non al passaggio da un sistema (preconscio-conscio) a un altro (inc
onscio). Laplanche e Pontalis os servano a questo proposito che, dal punto di vi
sta dinamico, [...] le motivazioni morali svolgono nella repressione un ruolo pre
dominante (3). Le motivazioni mora li rimandano con ogni evidenza a un dato socia
le. Fra la repressione in senso an alitico, l'autorepressione e la repressione n
el senso comune non c' dunque soluzi one di continuit: la repressione nel senso co
mune va oltre il suo oggetto occasio nale, l'individuo, poich si esercita in nome
di un sistema contro delle deviazion i; l'autorepressione si esercita in nome d
i un sistema che deborda e ispira lo p sichismo individuale; poich essa prende di
mira delle deviazioni in rapporto alle norme di un sistema interiorizzato, pren
de di mira virtualmente tutti i deviant i. E' il medesimo totalitarismo a ispira
re la legge dei vincitori quando si applica ai vinti, la legge dei dominanti qua
ndo si applica ai dominati. La situazione d i dominazione stabile solo nel momen
to in cui l'ideologia dei vincitori viene ac cettata dai vinti; il ricorso alla
forza rimane, dal punto di vista dei vincitor i, sempre possibile e a volte nece
ssario; ma esso implicitamente presente nella stessa legge del vincitore, costit
utivo, in qualche modo, della sua efficacia e del discorso sempre trattenuto, co
ntenuto ma riconosciuto, che la garantisce. Il fatto che la situazione di domina
zione nata tanto dall'aggressione quanto dalla repressione nel senso comune; le
forze di aggressione si trasformano rapidament e in forze dell'ordine; ma prima
di tutto esse sono forze la cui evidenza e mate rialit non possono essere messe i
n dubbio. I militari usano belle parole per qual ificare le azioni improvvise, risolu
te, brutali, d'urto che devono suscitare sorpr entire lo sfruttamento; parole di semp
almeno di pi d'un secolo, nella nostra tr adizione guerresca; abbastanza vecchio
da aver udito i professionisti dell'ultim a guerra coloniale, l'odierno lettore
degli archivi coloniali, dei rapporti degl i amministratori e degli ufficiali p
u stupirsi nello scoprirvi, paradossalmente, come l'eco di discorsi pi recenti. Un
a volta creato l'urto, una volta che il rapp
orto delle forze viene incontestabilmente stabilito, il nuovo ordine vuole esist
ere con tutta la forza dell'evidenza; pi ancora dell'abitudine, di cui partecipa
e con cui vorrebbe confondersi, esso tende a diventare una seconda natura, inev
i tabile, necessaria e senza passato. Il nuovo ordine, con la sua sola esistenza
, pone anche un problema intellettuale a coloro ai quali imposto e vuole imporsi
; pone un problema che implica l'ordin e antico, per il fatto stesso dell'effica
cia della violenza da cui deriva; tende a fondare la realt della sua vittoria com
e verit naturale. La cannoniera testimon ia una realt di cui il missionario spiega
la verit; per il colonizzatore (sempre p ronto a parlare della sua missione civi
lizzatrice), l'efficacia non sostituisce la legittimit, vi si identifica; e ogni
sforzo di civilizzazione, sforzo tutto somm ato impari, tende a far accettare ques
ta identit ai non-civilizzati. Ma la prova di forza e la sua conclusione tendono da
sole a imporre questa identit; poich il con tatto culturale, per tornare al pudic
o linguaggio dell'antropologia, un contatto impari e una violenza, il nuovo ordi
ne s'impone come ordine morale e come ordin e intellettuale; l'etnocidio sicuram
ente una delle figure repressive della domin azione; probabilmente, gli individu
i e le collettivit dominate non potranno pi sba razzarsi dell'ideologia dei domina
nti; la risposta alle provocazioni della viole nza e dell'ideologia sar con ogni
probabilit segnata essa stessa dal marchio della repressione: una risposta dei vi
nti ed la disfatta ci che essa deve innanzitutto spiegare. Tutti i sincretismi so
no illusioni: reinseriscono i problemi individu ali, moltiplicati e complicati d
all'evidenza di nuove sventure, in una problemat ica sociale che attribuisce ai
nuovi arrivati e alla loro forza, anche per oppor visi, pi di quanto spetti loro
effettivamente. Il missionario parla al tempo stes so dell'uomo e della societ, c
ollegando la felicit del primo ai cambiamenti della seconda: combattendo le crede
nze nella stregoneria (e, per far prima, per essere meglio ascoltato, anche per
tradizione professionale, combattendo gli stregoni stessi, come se questi esiste
ssero ma avessero trovato il loro signore), egli ch iama in causa, insieme all'o
rdine sociale e alla ragione individuale che a esso si appoggia, la ragion d'ess
ere dell'individuo e della societ; il cristianesimo s i presenta come l'insieme d
elle istruzioni d'uso delle forze della dominazione, la Bibbia come il segreto d
el potere bianco. Molti di coloro che, all'invito dei nuovi signori, hanno volto
lo sguardo alla fonte luminosa del nuovo potere, si sono rovinati la vista senz
a perdere la speranza e continuano a cercarsi altri s oli e nuovi dei. NATURA, C
ULTURA. Che si applichi allo psichismo individuale, a gruppi o a popoli, la repr
essione rinvia alle lotte degli uomini fra loro, alle ideologie che producono e
che subi scono, a una storia che non la storia naturale della specie. La storia
naturale conosce solamente lunghi periodi che scandiscono l'evoluzione delle spe
cie o gli sconvolgimenti dell'universo terrestre. Con una sorta d'inversione par
adossale, le imprese materialistiche che cercano di fare della storia umana un e
pifenomen o della storia naturale costringono se stesse a ridurre la prima a uno
scontro d i entit, a un combattimento pi o meno manicheo fra principi contradditt
ori e compl ementari; tutto accade come se la riduzione della cultura alla natur
a lasciasse libero il campo a uno spiritualismo mascherato ma forsennato che sos
tituisce ai misteri divini quelli della genetica, cercando alle frontiere dell'i
nesplicato i principi di spiegazione del sociale e del politico. Un'intera corre
nte dell'odi erna letteratura in scienze sociali sembra obbedire, a diverso tito
lo, a un dopp io orientamento: quello del neoevoluzionismo e quello del rifiuto
della dicotomi a natura/cultura - doppio orientamento che corrisponde d'altronde
al rigetto glo bale dello strutturalismo e del marxismo come principi di spiega
zione delle soci et. Seguiamo, nel suo discorso utilmente divulgatore, il cantore
eloquente e sinteti co della moda antropologica, Edgar Morin (4). Il paradigma
perduto quello che de clinava insieme natura e cultura, individuo e societ. L'ese
mpio delle societ anima li, ci ricorda Morin, mostra abbastanza chiaramente come
il sociale non sia iden tificabile con l'umanit. Mentre le formiche, le api, le t
ermiti sono a lungo appa
del rapporto fra codice culturale e codice genetico: ogni ontogenesi individuale
riceve stimoli e inibizioni da parte dell'eredit culturale, ogni cultura intervi
ene per coorganizzare e per controllare l'insieme della personalit. Questa ossession
e del complementarismo finalista spiega forse come l'analisi sci voli o svanisca
al sopraggiungere dei tempi forti del ragionamento. Morin evoca la nascita del
mito biofamiliare, ma non ci dice nulla della sua struttura n dell e sue condizio
ni di efficacia; Deleuze e Guattari si preoccuperanno precisamente della validit
generale del pap-mamma e della sua relazione con le forme sociali di repressione relazione che Morin presenta molto velocemente come di riflesso, d i rimando; al
lo stesso modo si riferisce alla credibilit e alla forza di persuasi one del sett
ore magico-religioso come alla virt soporifera dell'oppio: Qui come al trove, magi
a, mito e rito sono dotati di una tale credibilit, di una tale forza d i convinzi
one nei loro ordini o nei loro divieti, questi sono cos profondamente i ntroietta
ti da rendere accessorie e talvolta anche inutili la repressione o la p unizione
, e il sistema non adopera alcuna coercizione fisica, nessun imprigionam ento (9)
. Complessivamente, il dominio degli adulti maschi sulle donne e sui bamb ini ri
poserebbe sulla forza fisica e su una manipolazione molto machiavellica de ll'opp
io religioso. Senza insistere sulla rapidit del ragionamento che sacralizza un soci
opolitico di c ui ci piacerebbe sapere che cosa sia prima di essere sacro e che f
a della credib ilit la spiegazione della credenza, noteremo che la descrizione de
ll'umanit come o scillante fra l'entit individuale e l'entit sociale ha per interes
se e per scopo q uello di definire la protosociet come quella formazione sociale do
ve la repressione sociale era al minimo: certo, essa era dominata gerarchicament
e da una classe ma schile, ma non subiva n lo sfruttamento di una classe straniera n l
schiavit parassit ria di un potere statuale poliziesco o burocratico (10). L'armo
nia relativa, inso mma, in questa mira tautologica, l'assenza della costrizione:
una societ caratter izzata dalle sue mancanze; i cacciatori-raccoglitori non ave
vano lo Stato; le so ciet statali hanno perso il paradigma iniziale; felice assen
za in un caso, irrime diabile perdita nell'altro, e dall'uno all'altro caso svol
gimento della storia u niversale, poich Morin passa direttamene dall'evocazione d
ei cacciatori-raccoglit ori a quella della citt-Stato dove appaiono contemporanea
mente (e, beninteso, all a fin fine complementarmente) la repressione, la storia
e la coscienza individua le. Non si sa pi, a questo punto, se invidiare o compia
ngere i gruppi etnici isol ati di cacciatori-raccoglitori ancora presenti su que
sta terra; soprattutto non si sa dove situare le societ senza citt e senza Stato c
he non si dedicano alla rac colta; non si sa che cosa rappresentino, nella termi
nologia dell'autore, n la domi nazione n la classe n la protosociet. A dir poco, l'
logia di Edgar Morin non sociologia. Pascal laico, Morin conduce la sua riflessi
one di buon passo e non senza eloquen za verso l'evocazione ultima del mistero o
riginario. (L'apertura, abisso sull'ins ondabile e il nulla, ferita originaria de
l nostro spirito e della nostra vita, a nche la bocca assetata e affamata attrav
erso la quale il nostro spirito e la nos tra vita esprimono i desideri, respiran
o, si abbeverano, mangiano, baciano) (11). Ma per chi non intende cominciare dall
'analisi dell'insondabile, questa rifless ione inconfutabile ha il merito essenz
iale di lasciar apparire sulla sua scia, i ncessantemente allargata, gli scogli
che essa ha superbamente ignorato: il rappo rto individuo/societ, che ci piacereb
be comprendere nella sua forma plurale e con creta di rapporto di gruppo e di cl
asse; il rapporto dell'individuo e della soci et con l'ideologia che ordina il lo
ro rapporto; il rapporto fra dominanti e domin ati cos come si esprime e si svolg
e in particolare nell'ideologia che essi condiv idono. Il nostro problema, infat
ti, non quello di situare in una luce metafisica il rapporto fra l'entit individu
ale e l'entit sociale, un rapporto di equilibrio antagonistico nella scala scelta
da Morin, ma quello di discernere nel codice cu lturale delle societ date tutto
ci che determina anticipatamente l'individuo a non poter pensare la propria perso
na, comprendere la propria vita e governare il pr oprio destino se non ricorrend
o alle categorie dell'ordine stabilito, che sempre gerarchico. E' il gi dato, il
gi presente, l'ideologico (che comprende anche il s ociopolitico) a costituire e
informare l'adesione prima, quella che non viene ma i rimessa in causa. L'astuzia
della ragione di cui bisogna rendere conto (e che an
che un'astuzia della ragione primitiva) quella che costringe l'individuo a non per
cepirsi, a non comprendere le alee della sua vita e a non definire i suoi inter
e ssi se non nelle categorie che fondano e anche interpretano la realt dell'ordin
e sociale in cui si inserisce. Il suo destino individuale non pu esser compreso s
e non nei termini del suo destino sociale - della sua ragione sociale. Si tratta d
i dire il luogo strategico che costituisce il corpo ideologico di una data socie
t; l'astuzia della ragione non che una metafora e la ragione sociale non caduta dal
cielo; corpo di rappresentazioni dove si coniugano tanto l'ordine po litico ed
economico quanto l'ordine individuale, l'ideologia ideologica proprio in quanto
formula in un medesimo discorso le leggi della riproduzione sociale e quelle del
perpetuarsi degli individui; al tempo stesso verit di una gerarchia e verit per t
utti, presentata come verit di tutti, l'ideologia sempre l'ideologia de i dominan
ti, ma anche il discorso, la pratica, il riferimento e la risorsa o il riflesso
dei dominati. Del tutto giustamente, Roland Barthes sottolinea nel "Pia cere del
testo" il carattere contraddittorio dell'espressione ideologia dominante; non esi
ste, infatti, alcuna ideologia dominata: Dalla parte dei 'dominati' non c ' niente
, nessuna ideologia, se non appunto - ed l'ultimo grado dell'alienazione - l'ide
ologia che sono costretti (per simbolizzare, dunque per vivere) a riprend ere da
lla classe che li domina... (12). I dominanti hanno sempre ragione - ragion e soc
iale e individuale. RAGIONE INDIVIDUALE, RAGIONE SOCIALE. Possono essere presi i
n considerazione tre livelli di analisi. La relazione fra ordine familiare e ord
ine sociale in generale, l'inscrizione sistematica della v ita individuale - dal
le origini alla morte - in un codice dal significato e dall e implicazioni socia
li, la disuguaglianza sociale all'interno delle societ posson o essere studiate,
da una parte, nei loro rapporti reciproci, dall'altra nel lor o rapporto con le
diverse forme politiche. Sul primo punto, la letteratura consa crata alle societ
non industriali rara. Partiremmo volentieri da un'osservazione e da un commento
che tuttavia pretendono di essere l'espressione di un imperativ o sovversivo att
uale e interno alla civilt occidentale. Guattari scrive in "Una t omba per Edipo"
: Siamo tutti dei gruppuscoli (13); e Deleuze, nell'introduzione, c ommenta: L'io f
a parte piuttosto di quelle cose che bisogna dissolvere, sotto l'a ssalto congiu
nto delle forze politiche e analitiche. La frase di Guattari 'siamo tutti dei gr
uppuscoli' segna bene la ricerca di una nuova soggettivit, soggettiv it di gruppo,
che non si lascia rinchiudere in un tutto forzatamente pronto a ric ostituire u
n Io, o peggio ancora un Super-io, ma che si estende su pi gruppi nell o stesso t
empo, divisibili, moltiplicabili, comunicanti e sempre revocabili (14). Per color
o che hanno un poco di familiarit con le rappresentazioni caratteristic he delle
societ lignatiche, tale ideale di soggettivit libera ricorda pi o meno que ste ulti
me: legame con i gruppi, addizione di componenti, combinazioni instabili , ident
it gruppuscolare da una parte, ma anche costrizioni correlate a queste defin izioni
di un'identit per mezzo dell'alterit. I confini dell'etnologia e dell'analisi cos
tituiscono una sorta di Capo Horn epi stemologico e bisogna essere grati a Deleu
ze e Guattari per aver affrontato cora ggiosamente, da navigatori solitari, ques
te regioni perturbate. Noi ci accontent eremo qui di segnalarne qualche punto de
gno di nota. Marcuse, in "Eros e civilt", collega la comparsa del senso di colpa
a una forma specifica (propria delle soc iet industriali) di repressione; nella n
ostra societ oliata, dove l'interlocutore ufficiale sempre affabile e privo di re
sponsabilit, l'aggressivit gira a vuoto e s i ritorce contro colui che la sente e
che non pu esprimerla: Colpevole non la repr essione ma l'individuo represso (15).
Rovesciamento notevole, in effetti: ricorda quello che Nietzsche attribuisce al
prete della "Genealogia della morale" (16) dove quest'ultimo rinvia a se stesso
l'uomo del risentimento che cerca altrove p iuttosto che in s la causa del male d
i cui soffre; si vedr pi avanti come questo ca povolgimento dello schema persecuto
rio possa anche caratterizzare il messaggio c ristiano nei confronti della logic
a dei sistemi di lignaggio africani; i giochi e le poste in gioco ideologici si
ritrovano forse, almeno nelle forme, in contes ti sociali e storici diversi.
Marcuse sostiene, come del resto Freud, la tesi dell'esistenza di un Edipo repre
ssivo per definizione in ogni formazione sociale; se si interessa all'origine d
e lla civilt repressiva, egli si interessa anche all'origine della repressione pr
es so l'individuo (ontogenesi), e distingue la repressione addizionale (le restrizi
oni rese necessarie dal dominio sociale) (17) dalla repressione fondamentale, cio d
all e 'modificazioni' degli istinti strettamente necessarie per il perpetuarsi d
ella razza umana nella civilt (18); quale che sia la formazione sociale, c' nell'in
divi duo la presenza di un Super-io che lo obbliga a obbedire ai dettami della r
ealt; il pensiero di questa realt ne anche, notiamolo, in qualche misura il passat
o, po ich la coscienza nasce da una lunga dipendenza nei confronti delle influenze
social i e culturali interiorizzate e integrate dal Super-io, mentre il senso di
colpa nasce dalla trasgressione o dal desiderio di trasgredire, in particolare
nella s ituazione edipica. Quest'analisi della repressione consiste essenzialmen
te in du e commenti che fa il suo autore: da una parte c' un legame essenziale fr
a repress ione individuale e repressione sociale, entrambe dipendenti da uno ste
sso princi pio di realt ([...] nel nostro tentativo di mettere in luce la portata
e i limiti della repressivit che domina nella civilt contemporanea, dobbiamo descr
iverla nei termini dello specifico principio di realt che ha retto le origini e l
o sviluppo di questa civilt. Gli abbiamo dato il nome di principio di prestazione
per dare r ilievo al fatto che, sotto il suo dominio, la societ si stratifica se
condo le pre stazioni economiche competitive dei suoi membri...) (19); dall'altra
parte, forme di organizzazione sociale diverse da quelle della nostra societ e a
ltri principi di realt hanno potuto e possono permettere un migliore sviluppo deg
li individui, una repressione minore. ([...] per un lungo tratto, gli interessi d
el dominio e gli interessi dell'insieme coincidono; l'utilizzazione vantaggiosa
dell'apparato produttivo soddisfa pienamente i bisogni e le facolt degli individu
i) (20). In Deleuze e Guattari (21) si assiste a un tentativo di radicalizzazione
di ques ta distinzione. Essi rifiutano di fare dell'Edipo la repressione fondam
entale. A ffermano, come il Nietzsche della cattiva coscienza, che questa pianta
non cresc e sul terreno selvaggio. Edipo non installato nella macchina territori
ale selvagg ia. Non lo per natura, sembrerebbe, poich le condizioni sociali della
riproduzione non permettono la comparsa di un complesso familiare come microcosmo
espressivo. Deleuze e Guattari non negano che esista una repressione fondamental
e legata all a comparsa del "socius" ma si sforzano, come Marcuse, di specificar
la. Edipo sem pre presente e sempre assente, un'ombra assente i cui spostamenti
segnano tuttav ia le grandi tappe dell'umanit fino al giorno in cui, al termine d
el suo cammino, essa si rivela finalmente per quello che : il segno e lo strument
o della repress ione assoluta; Edipo diventa Edipo il giorno in cui lo Stato div
enta capitalista . Qual il principio di questi spostamenti dell'Edipo? Deleuze e
Guattari provano a rispondere alla domanda gi posta da Reich (Perch gli uomini com
battono per la lo ro servit come se si trattasse della loro salvezza?) (22) e fond
ano il loro proget to di creare una psichiatria risolutamente materialistica sul
la categoria di prod uzione desiderante. La produzione sociale la stessa produzion
e desiderante nelle condizioni determinate dal campo sociale che essa attraversa
. Le macchine sociali costituiscono una metamorfosi della produzione desiderante,
delle macchine deside ranti primordiali; la rappresentazione sempre una rappresent
azione-rimozione dell a produzione desiderante ma in modi diversi secondo i gran
di tipi di formazione sociale considerati. E' a questo punto, d'altronde, che si
manifesta l'evoluzion ismo degli autori e la stretta relazione che essi stabili
scono fra l'istituzione dell'Edipo e la forma sociale, fra il rapporto con il de
siderio e il rapporto c on il potere; secondo loro, esiste infatti un coefficient
e di affinit pi o meno gran de fra le macchine sociali e le macchine desideranti, a
seconda che siano pi o me no vicine le une alle altre e, se esistono veramente r
epressione e rimozione nel le societ primitive, i loro codici canalizzano e control
lano i flussi del desiderio attraverso un sistema della crudelt che pi vicino alle m
acchine desideranti di quan to lo sia il capitalismo. Edipo sempre innanzitutto
il rappresentato spostato del desiderio. Ci che deve esse re rimosso nel caso delle
societ primitive il complesso germinale, la filiazione inte siva. Griaule d a Niet
l'impulso iniziale che permette alla macchina di Deleu ze di funzionare. Griaul
e o piuttosto il mito dogon. Poich se "L'Anti-Edipo" ci r
icorda con un'insistenza forse inutile che alleanza e discendenza devono essere
comprese insieme (dal momento che solo la prima permette alla seconda di estende
rsi e di iscriversi sul corpo pieno della terra), esso trova nel mito l'evocazion
e di uno stato anteriore alla comparsa del "socius" e dell'alleanza. In principi
o , ci insegnano i Dogon tradotti da Griaule, tradotto a sua volta da due etnolo
gi contemporanei (23), era la filiazione intensiva (e la produzione desiderante,
a ggiungono Deleuze e Guattari). In principio era l'indifferenza, lo stato prim
ord iale dove non potevano distinguersi n i sessi n le generazioni; era l'Uno, o p
iutt osto l'Uno-Due originario, "il" o "i" gemelli. Ogo, al termine della sua ri
volta , parte con un pezzo di placenta nel quale cerca di trovare la sorella gem
ella i n formazione. Ma Amma trasforma in terra umida e sanguinante questa place
nta che essa stessa una metamorfosi della madre di Ogo. Il mito autorizza la dis
tinzion e fra stirpe germinale, continua e intensiva, e stirpe somatica, discont
inua ed estensiva. Il figlio il fratello genetico o germinale della madre. Somat
icamente , il figlio non il fratello della madre; non pu dunque sposarla; ci che r
improvera allo zio materno di non averla lui stesso sposata; non perch l'incesto
con la so rella sia un sostituto dell'incesto con la madre, ma perch esso il model
lo intensi vo dell'incesto (24). Lo zio non pu sposare la sorella, non pi di quanto
il nipote possa sposare la madre: in ogni caso, la filiazione germinale intensi
va che deve essere rimossa. La proibizione dell'incesto non implica dunque alcun
a reiezione del nome del padr e; Edipo solo l'immagine trasfigurata e spostata di
quanto realmente proibito; la rimozione prolunga la repressione e le consente di
far presa sul desiderio. La fi gura edipica diventa il rappresentato spostato del f
lusso germinale che il rapprese ntante del desiderio. In effetti Edipo, ci dicono
gli autori dell'"Anti-Edipo", n on ancora questo rappresentato spostato (e non l
o sar mai pi, dal momento che, nel le due tappe successive, occuper posizioni diver
se). Quanto alla ragione della ri mozione della filiazione intensiva, deve esser
e trovata nel terrore che il socius p rimitivo prova nei confronti dei flussi non cod
ificabili. Il "socius" inizia con la differenza, la differenza nominata e i ruoli
attribuiti, con la necessit dell'al leanza; il verbo (la memoria della parola ch
e costituisce l'alleanza) non al pri ncipio del mondo, ma al principio della soc
iet. Deleuze e Guattari possono pertanto ricostituire gli spostamenti dell'Edipo
che corrispondono ad altrettanti cambiamenti nell'evoluzione politica dell'umani
t, ma che hanno tutti in comune il fatto di essere segnati (sotto l'effetto di no
n si sa quale coscienza) dall'ossessione delle origini, la filiazione intensiva,
e d al presentimento della fine, la decodificazione generalizzata, la schizofre
nia l imite del capitalismo. Nella formazione imperiale l'incesto ha cessato di
essere il rappresentato spostato del desiderio per diventare la rappresentazione
rimuov ente stessa (ruolo che svolgeva l'alleanza nella formazione primitiva). E'
in rea lt Luc de Heusch, con le sue analisi dell'incesto reale nei reami interla
custri d ell'Africa orientale, a fornire qui l'argomento: l'incesto, nelle sue f
orme conc rete (matrimonio con la sorella agnatizia) o simboliche (unione con do
nne del cl an della madre considerate come piccole madri), il privilegio del re interdetto agli altri, a tutti gli altri, in qualche modo proposto loro come il
modello del l'impensabile, l'assoluto della proibizione e dell'inversione (per q
uanto il re sia, per definizione, un modello di potenza sessuale e di fecondit, n
le sorellast re n la madre devono mettere al mondo figli dopo la sua salita al po
tere). Con il capitalismo, la cellula edipica arriva al termine della sua migraz
ione e divent a il rappresentante del desiderio stesso. E' perch la famiglia viene
estromessa dal campo del sociale (poich essa non ha pi, come nella societ primitiva
, la stessa es tensione di un campo politico ed economico di cui assicura dirett
amente la ripro duzione) che l'intero campo del sociale pu esercitarsi, ribaltarsi
su di essa e far ne un microcosmo espressivo; le persone private diventano le im
magini delle pers one sociali, costituendo la famiglia un sottoinsieme su cui si e
sercita l'insieme del campo sociale: Edipo la nostra formazione coloniale intima
che corrisponde al la forma della sovranit sociale (25). L'insieme del percorso st
rabiliante compiuto dall'Edipo e da Deleuze caratterizz ato da due elementi esse
nziali: il principio assoluto, l'inizio, quello dove tut to flusso e materia, des
iderio dice Deleuze, ma indubbiamente un desiderio pi vicin
o all'energia che alla vita, allo slancio che alla coscienza; il principio socia
le, successivo, il quale implica il controllo del flusso, un minimo repressivo
d estinato a complicarsi e a ingrandirsi attraverso l'azione di una rimozione pi
pr ofonda e di una repressione pi arbitraria (lo Stato sostituirebbe la sua assiom
ati ca ai codici primitivi ). In un certo senso l'umanit va dal concreto (la codific
azio ne dei flussi sul corpo pieno della terra ancora una reale prossimit allo st
ato p rimordiale, il minimo repressivo necessario all'estensione della discenden
za e a lla designazione dei ruoli, la lava canalizzata ma ancora ardente, l'uno
ancora attaccato all'altro e da esso definito) all'astratto (la macchina moderna
decodi fica i flussi sul corpo pieno del capitale denaro (26); la propriet privata
, la ric chezza, la merce, le classi: tutte realt astratte che consacrano il fall
imento de i codici; alla confluenza dei due flussi - di produttori e di denaro il capita lismo astratto manipola e riterritorializza a pieno ritmo, macchina i
mpazzita ch e ritrova al termine del suo percorso l'ossessione delle origini - q
uella dell'a ssenza dei codici, dei tagli in tutti i sensi, dell'indifferenziazi
one - e che p roduce in serie, con una sorta di vertiginosa fuga in avanti, assi
omi arbitrari che l'aiutano a differire il suo limite assoluto: quello della sch
izofrenia). Tr a questi due stadi, la macchina imperiale, che rimane il modello
e l'ideale di o gni forma statale, conserva le comunit territoriali ma le assembr
a, le surcodific a e si appropria del surplus di lavoro. Ci che ci interessa in q
uesta sede, indipendentemente dalle riletture intelligent i, dalle intuizioni sp
esso inquietanti e dall'estrema abilit di Deleuze e di Guat tari, sono i pochi fr
ammenti etnologici che le sorreggono e l'ambigua antropolog ia che esse autorizz
ano. Poich le societ primitive (intendiamoci: quelle che gli etn ologi studiano anco
ra oggi, anche solo per impietosirsi a causa della loro pross ima scomparsa) esi
stono per farci toccare con mano i residui o le vestigia della macchina per codi
ficare i flussi, della macchina ossessionata e segnata (come t estimoniano i mit
i che ne costituiscono la memoria) dalla filiazione intensiva. Ecco dunque l'etn
ologia (se non gli etnologi) investita di un compito sorprenden te: testimoniare
per tutta l'evoluzione di tutta l'umanit; le origini erano ieri e ieri ancora og
gi, ma accanto. Ancora cos vicini (a qualche migliaio di chilometri ) alle nostre o
rigini, siamo dunque (con lo Stato capitalistico che ci viene pre sentato come l
a fine dell'umanit e il senso ultimo e retrospettivo della storia) cos vicini anch
e alla fine di tutto? L'etnologia esiste solo per testimoniare di una "chance" i
rrimediabilmente perduta, a portata di mano eppure intoccabile e i nvisibile? L'
etnologo, novello Orfeo, non pu volgersi verso ci che ama se non a pr ezzo di farl
o morire una seconda volta? Orfeo troppo preoccupato del suo desider io... L'etn
ologia di Deleuze e Guattari ci propone, con il suo eclettismo sottil e, una vis
ione dell'altro che ci parla soprattutto di noi. Essi hanno indubbiame nte premu
ra di seppellire l'altro, ma solo perch s'interessano soprattutto alla n ostra st
essa fine; sono poco preoccupati di distinguere fra i diversi altri, ma perch ci
vedono ugualmente asserviti all'arbitrio dello stesso Stato; hanno premu ra di f
arla finita con l'altro, insomma, dal momento che si tratta di celebrare la nost
ra propria fine... Deleuze e Guattari: la strana alleanza, nel capitolo Se lvaggi
, barbari, civilizzati, del pessimismo e della militanza. Con qualche infedelt, es
si ricavano nell'"Homme" e in poche altre opere, che hann o tutte in comune di n
on essere mai inintelligenti, la sagoma inquietante e vaga di un'antropologia ch
e essi hanno suscitato da una parte, e sollecitato dall'al tra. Antropologia di
una societ primitiva indifferenziata (anche se, per un istan te, una sorte partic
olare viene assegnata al cacciatore amazzonico, al paranoico d ella boscaglia) che
definita dalla sua globalit, dalla sua omogeneit e che analizz ata a partire dall
e sue rappresentazioni: societ soggetta a un discorso che la es prime e la riflet
te mascherando al tempo stesso la specificit delle sue forme rep ressive. Durante
il viaggio che li conduce dai selvaggi ai civilizzati, Deleuze e Guattar i fiss
ano qualche immagine apparentemente istantanea del paesaggio etnologico. C ome p
er qualsiasi appassionato di foto (e di viaggi), queste istantanee, moltepl ici
e diverse, acquisiranno senso e sapore solo a conclusione del viaggio; ma fo rse
i loro autori ne erano consapevoli al momento stesso dello scatto e hanno as sa
porato in anticipo il futuro momento dello sguardo retrospettivo - ossessionat
- La territorialit.
Questa nozione, precisano gli autori, non deve essere intesa come principio di r
esidenza o di ripartizione geografica. Essi sanno, con Engels, che occorre la c
o mparsa dello Stato perch sia la terra, e non pi il popolo, a essere suddiviso. L
a terra, nella macchina territoriale selvaggia, serve piuttosto come superficie d
'i scrizione; essa stessa indivisibile ma sopra di essa si iscrivono le relazioni co
nne ttive, disgiuntive e congiuntive di ogni segmento con gli altri; la macchina
terr itoriale declina i lignaggi sul corpo pieno della terra (32). Una tale descrizi
one, oltre a fare allusione a un tipo molto particolare di societ (lignatico-segm
entar ia), corrisponde solo molto relativamente alla verit dei fatti; in numerose
socie t segmentarie difficile stabilire una corrispondenza regolare fra l'organi
zzazion e sociale, il ruolo dell'alleanza e della discendenza, e la loro iscrizi
one sull a terra. Ma la nozione di territorialit consente agli autori di introdurre
un'anali si dei rapporti dell'alleanza e della discendenza che corrisponde al c
arattere l etteralmente meccanicistico del loro intento e al connesso evoluzioni
smo in tre tappe (alle tappe Selvaggi, Barbari, Civilizzati corrisponderanno in seguit
o tre corpi pieni: la terra, il despota, il capitale). - L'alleanza, la discendenz
a.
Anche in questo caso si fa riferimento a Leach. E' risaputo infatti che Leach ha
criticato la nozione di discendenza o di filiazione complementare (33) proposta
da Meyer Fortes (34). Ma Leach e gli autori dell'"Anti-Edipo" non parlano davve
ro della stessa cosa. Leach, che si sforza di distinguere i tipi di relazione c
h e possono collegare un individuo rispettivamente al gruppo del padre e al grup
po della madre, fa proprio della trasmissione dei poteri mistici ("mystical") una
ca ratteristica del legame di alleanza. Deleuze e Guattari, una volta riconosciu
to il fatto evidente che la discendenza non pu essere estesa se non attraverso l'
all eanza (nel senso di alleanza matrimoniale tra gruppi), si sforzano soprattut
to d i distinguere due tipi di capitale (capitale fisso dalla parte della discen
denza , capitale circolante dalla parte dell'alleanza) e due memorie (memoria bi
ofilia tiva da una parte, memoria di alleanza e di parola dall'altra). Ora, per
Leach, ancora una volta, la relazione pi mistica e allo stesso tempo pi strutturale
(involo ntaria e legata alla natura delle cose) si trova dal lato dell'alleanza. I
noltre, l'incorporazione (dal lato della discendenza) da lui presentata come pos
sibilmen te parziale: il rapporto di discendenza e il rapporto di alleanza possono
dunque i nvestire contemporaneamente una medesima relazione; il secondo non mec
canicament e il mezzo di estensione del primo, ma allo stesso titolo di questo u
n mezzo per comprendere e per qualificare la relazione. Le cose si complicano ul
teriormente per il fatto che gli autori attingono a ling uaggi diversi e opposti
. Vogliono infatti che le necessit dell'alleanza possano e ssere espresse in term
ini di debito e non di scambio, ma allo stesso tempo cerca no di comprendere i r
apporti tra alleanza e discendenza in termini di determinaz ione e di dominio. L
e evoluzioni della macchina nietzschiano-marxista cos costitu ita ci vengono cos d
escritte e tradotte: la produzione registrata nel reticolo del le disgiunzioni fi
liative sul "socius" (35). Ma, affinch le connessioni del lavoro s iano registrate i
n questo reticolo, occorre un legame di alleanza o un connubio d i persone compat
ibile con le disgiunzioni della filiazione (36). Prima traduzione : la parentela d
ominante ma determinata a esserlo da fattori economici e politici (37 ; quest'afferma
zione, indubbiamente attribuita un po' frettolosamente ai marxist i, i quali non
sanzionerebbero la determinazione per mezzo del politico, viene e splicitata in
una nuova formula, che apparir, mi pare, eretica o oscura al tempo stesso sia ai
marxisti sia agli etnologi: la discendenza esprime ci che dominante , l'alleanza
esprime ci che determinante o, meglio, il ritorno del determinante ne l sistema d
eterminato di dominanza (38). In realt, la sola determinazione per Deleuze e Guatt
ari (e questa determinazione pu render conto della diacronia, delle scivolate, de
i riaggiustamenti, ma non del le transizioni n del cambiamento) la macchina stess
a o, meglio, i flussi del desi derio primordiale che i codici sociali, quali che
siano, devono per obiettivo e
per ragion d'essere canalizzare, governare, orientare. Qui si trova forse anche
il senso della critica che essi fanno dell'ideologia sc ambista di Lvi-Strauss, p
er lo meno quando parlano della circolazione delle donne come di un sistema fisic
o, di un qualche cosa che dell'ordine di un flusso di ener gia (39). Per il resto,
e cercando delle argomentazioni in un'antropologia concet tualmente abbastanza p
overa a questo riguardo, essi affermano che un sistema di parentela non una stru
ttura ma una strategia (come se la seconda non avesse biso gno della prima) e te
ndono a identificare la chiusura dei sistemi complessi con la coscienza che di e
ssa sviluppano o meno gli individui. Ci non impedisce loro d i concludere che non
vi sia ragione alcuna per pensare che lo scambio sia l'inco nscio del desiderio
; nessuna ragione in effetti, ma non si vede con quale maggio r fondamento il de
bito sarebbe la coscienza di questo desiderio. Marcare il debi to, dare all'uomo
una memoria, fosse pure con la violenza sadica della mano che marchia e dell'oc
chio che trae godimento, non forse instaurare un sistema del pa ssaggio e della
trasmissione la cui iscrizione non formalmente diversa da quella dello scambio?
Non d'altronde quanto sembra indicare l'utilizzo dei segni (+) e (meno) di Lvi-St
rauss, al quale Deleuze e Guattari rimproverano solo il caratter e metaforico. Che
non vi sia realmente alcuna ideologia scambista nei diversi tipi di societ primi ti
ve - nel senso che lo scambio sarebbe psicologicamente la verit e il fine delle pr
atiche matrimoniali -, che insomma lo scambio non abbia se non una verit statis t
ica e approssimativa, pi che probabile e tutte le strategie matrimoniali di accu
mulazione ne sono un segno abbastanza chiaro; le diverse forme del pegno nelle s
ociet africane mostrano abbastanza chiaramente come il debito sia molto consapev
o lmente e molto esplicitamente la verit e il linguaggio della relazione fra grup
pi o fra individui. Ma n Deleuze e Guattari n gli etnologi che ne traggono ispiraz
io ne accetterebbero di considerare il debito come l'ideologia del cumulo e l'ac
cum ulazione come la verit dei selvaggi. Per loro, il tema del debito semplicemen
te p i adatto di quello dello scambio a esprimere la concezione di una societ in p
erpet uo slittamento, non controllando che per met, e non correggendo che "in ext
remis" , il gioco impreciso dei suoi meccanismi approssimativamente complementar
i. Il d ebito serve curiosamente a meccanizzare e al tempo stesso a psicologizza
re la ra ppresentazione del dinamismo sociale. - La storia.
Le societ primitive hanno certo una loro storia, ma una storia molto meccanicisti
ca, molto meccanica. Per un'ironia che sembrer amara agli antropologi dinamisti, a L
-Strauss che Deleuze e Guattari attribuiscono il riconoscimento del fatto stori
c o nelle societ primitive; questa storia non del resto niente pi che il segno dell
'e vento, pura contingenza. La macchina deleuziana, che sotto questo aspetto non
pu n on ricordare quella di Morin, con le sue complementarit antagonistiche e i su
oi f allimenti, si adatta benissimo a questa storia che , per cos dire, una storia
dell '"equilibrio malgrado tutto". Non stupisce allora che il modello segmentar
io la seduca. - La societ segmentaria. Si fa riferimento, naturalmente, a Evans-P
ritchard e ai Nuer. L'esistenza di un duplice apparato, tribale e di lignaggio (
che oppone i segmenti in quanto unit fil iative genealogiche e i segmenti in quanto
unit territoriali tribali), fornisce un e sempio ideale di macchina: il cos e cos il
motore della diacronia, giacch rende pi c omplessi la circolazione e l'arresto de
i flussi. L'essenziale infatti il meccani smo di fusione/scissione; pi esattament
e, la descrizione di questo sistema meccan ico approssimativo mostra in questa a
pprossimazione il segreto della sua perseve ranza, e l'analisi del suo doppio ap
parato (tribale e di lignaggio) consente di scoprirgli o di infondergli un'anima
; la fondamentale divisione del sistema l'an ima della macchina materiale, che g
li consente di funzionare "contro" l'oggetto delle sue ossessioni. Se il sistema
segmentario viene presentato come rinascente dalle sue rovine, in effetti quest
e continue rinascite sono tanto sussulti cont
ro una doppia minaccia quanto espressioni di una doppia ossessione. Prima ossess
ione: quella del Barbaro Imperiale, o meglio, oppure ugualmente (poich la minacc
i a al tempo stesso interna ed esterna), quella del cambiamento di macchina (o d
i regime); gli organi dei capi sono mantenuti in una relazione d'impotenza con il
g ruppo, essendo tale mantenimento al tempo stesso l'espressione e lo strumento
del l'ossessione. Deleuze e Guattari citano Jeanne Favret che scrive (in "L'Homme
", a prile 1966) che il timore il motore dell'insieme segmentario; ma del timore
dell a scissione che evidentemente parla Jeanne Favret! E' molto significativo
che, s egnalando come in questi sistemi la funzione politica non si eserciti se non
denunc iando la propria impotenza (41), gli autori facciano riferimento nella st
essa not a a Favret e a un articolo di Clastres sulla "chefferie" indiana (42);
sarebbe s tato necessario precisare che il riferimento alla prima valeva per la
segmentari et, mentre il riferimento al secondo valeva per il potere in una socie
t che non ha nulla di segmentario. Resta che, indipendentemente dal fatto di sape
re se press o i Nuer o presso gli Indiani dell'Amazzonia la funzione essenziale
dello sdoppi amento del sistema in un caso, e della "chefferie" nell'altro, sia
quella di den unciare l'impotenza del potere (cosa che io non credo), ci si pu ra
mmaricare che la macchina segmentaria venga presentata come il modello di ogni m
acchina selvag gia, e il modello nuer (con il suo sdoppiamento) come il modello
di ogni macchin a segmentaria. Seconda ossessione: quella dei flussi decodificat
i. Lo scambio, il commercio, l' industria non sono ignorati ma scongiurati affinch i
flussi di scambio e di produzion e non vengano a spezzare i codici a vantaggio d
elle loro quantit astratte o fittiz ie (43). Ci sarebbe molto da dire su questa all
usione fatta da Deleuze e Guattari al modo in cui la differenza trattata da part
e delle societ primitive. Il mercante e il fabbro non si trovano sempre in una situ
azione subordinata e non sono i soli a essere trattati diversamente. La macchina di
lignaggio, per attingere un moment o a questo linguaggio, passa il suo tempo a m
arcare e a coniugare le differenze: tra sessi e tra generazioni, va da s, ma anch
e tra stirpi e tra fratelli; essa p assa anche il suo tempo a trattare in modo s
ottile la differenza: integrando o f acendo schiavi, combinando tutte le forme d
i alleanza e tutte le forme di dipend enza concepibili, indebitando gli uni a va
ntaggio degli altri; la capacit delle s ociet lignatiche di praticare il commercio
senza rinunciare al loro sistema di co dificazione e, meglio, di servirsi del p
rimo per rinforzare il secondo, dimostra ta in modo quanto mai evidente dalle so
ciet africane, in particolare da quelle co stiere. Deleuze e Guattari, che danno
prova di una diabolica prontezza quando si tratta di anticipare le obiezioni e d
i trasformare le contraddizioni in parados si, evocano del resto tutto quanto ne
lle formazioni primitive abbozza gi le formazi oni dispotiche. Si spingono fino ad
ammettere che l'ossessione possa nascere da un ricordo: Non sempre facile sapere
se si tratta di una comunit primitiva che rep rime una tendenza endogena, o che s
i ritrova bene o male dopo una terribile avve ntura esogena (44). Ci si vuole for
se dire che alcune societ sono meno primitive di altre, gi in cammino verso (o di ri
torno da) la Barbarie? E non avremmo forse vogli a di rispondere che vorremmo prop
rio sapere a che punto delle loro ossessioni so no precisamente tutte queste soci
et e che vorremmo proprio sapere se Deleuze e Guat tari parlino metaforicamente o
meno, e chi sono alla fine questi selvaggi i cui presentimenti assomigliano cos t
anto alle avversioni e alle disillusioni di chi l i descrive? L'ossessione dei f
lussi decodificati non diversa dalla prima; si tratta di un'al tra figura del pr
esentimento che sembra decisamente essere l'anima del materiali smo radicale. No
n certo il pi piccolo paradosso dell'evoluzionismo di Deleuze e G uattari quello
di costruire una storia dell'ossessione su di una fisica del desi derio. Ora que
sto paradosso (che raddoppia l'esistenza della coppia antinomica o ssessione/con
tingenza) si regge su principi e comporta conseguenze che non sono privi di effe
tti sul modo di procedere antropologico: implica, da una parte, che le societ non
statali tendono all'uguaglianza, dall'altra che esse rifiutano la storia. Quest
a tendenza e questo rifiuto si esprimerebbero simultaneamente attra verso il rif
iuto del potere. La nozione di plusvalore di codice (la forma primitiva del plusval
ore) che trae ispi razione da Mauss e dal suo spirito della cosa donata rafforza in
oltre l'immagine d
i una societ primitiva dall'economia fredda, senza moneta e mercato, senza relazione
mercantile scambista (45); non che Deleuze e Guattari ignorino l'uso gerarchico
che si fa del plusvalore di codice, ma, attribuendone l'appannaggio alle societ pr
imitive, essi situano queste ultime dalla parte fredda della disuguaglianza, come
f anno per la storia e per l'economia. In effetti, tale freddezza caratterizza u
gu almente queste societ nei confronti della storia: o quest'ultima si apparenta
all e disfunzioni interne che sono, alla fine, il segreto del funzionamento dell
a ma cchina, oppure fa irruzione dall'esterno, ma sempre viene scongiurata e res
pinta (rifiuto del potere, del commercio e della tecnica). - Lo Stato. La minacc
ia endogena (quella che suscita l'ossessione) proviene in realt dall'est erno (da
lla conquista). L'ossessione e la contingenza, ovvero la coppia mostruos a dell'
"Anti-Edipo": [...] la morte del sistema primitivo viene sempre dal di fuo ri, la
storia storia di contingenze e di incontri. [...] Ma questa morte che vie ne da
l di fuori, quella stessa che saliva da dentro (46). I biondi conquistatori di Ni
etzsche arrivano improvvisamente, eppure li si attendeva da sempre. Il prim itiv
o, come la Bella Addormentata nel Bosco nel suo castello, dorme con un occhi o s
olo. Con l'arrivo dei conquistatori una cesura radicale che si instaura. Allo st
esso modo, lo Stato moderno sar radicalmente distinto dallo Stato barbarico. D el
euze e Guattari sfumano per queste contrapposizioni e ci spiegano al contempo i l
carattere radicale delle cesure e la comparsa delle nuove ossessioni, le osses
sioni-ricordo: la formazione selvaggia continua ad assillare la formazione barba
rica e quest'ultima assilla a sua volta lo Stato moderno. Per evocare la prima
o ssessione-ricordo, si fa riferimento a Marx e al modo di produzione asiatico;
lo Stato s'instaura sulla base delle comunit rurali primitive, ma si distingue da
q ueste per due punti essenziali: tutte le filiazioni primitive sono subordinate
all a macchina dispotica, a causa della residenza o territorialit dello Stato; attr
aver so l'abolizione dei debiti, esso subordina a s tutte le alleanze primitive;
lo St ato il creditore infinito che rende eterno il debito. Cos i segni astratti
si sos tituiscono ai segni fisici primitivi: la deterritorializzazione che, attr
averso il gioco della surcodificazione (la discendenza del despota dal dio, l'alle
anza de l popolo con il despota), crea la pseudoterritorialit, poich il corpo pieno
del desp ota si sostituisce a quello della terra. Solo il capitalismo realizzer l
a congiun zione del flusso dei produttori e del flusso di denaro, imponendo al t
empo stess o un'assiomatica dei flussi decodificati e una regolazione di questi f
lussi (47) c he prendono il posto dei codici territoriali e della surcodificazion
e dispotica. La sostituzione dei codici da parte dell'assiomatica la grande cesu
ra storica; anche il grande principio di analisi differenziale delle societ, che
giustifica l 'esistenza dell'antropologia in quanto scienza specifica di societ s
pecifiche e r elativamente identiche a causa di questa specificit condivisa (l'ut
ilizzo della c odificazione, l'ossessione dei flussi decodificati). Di fatto, no
n c' mai stata c he questa cesura che gi traduce nelle sue determinazioni trascend
enti la formazio ne barbarica. Quest'ultima assilla a sua volta lo Stato moderno
come il modello ineguagliabile: la formazione dispotica asiatica [...] costituis
ce sul fondo il s olo taglio per tutta la Storia, poich anche l'assiomatica socia
le moderna non pu f unzionare che resuscitandola come uno dei poli tra cui si ese
rcita il suo propri o taglio (48). Al termine della storia la medesima indifferen
ziazione di partenza ; non c' che un solo Stato, come non c'era che una sola soci
et primitiva; lo stato capitalista e lo stato socialista sono altrettanto dilaniat
i fra il significante dispotico, che adorano, e la figura schizofrenica che li t
rascina, fra il sovracc arico paranoico reazionario e la carica sotterranea, schiz
ofrenica e rivoluziona ria: Democrazia, fascismo o socialismo, quale di queste for
me non assillata dall'U rstaat come modello ineguagliabile? (49) Il terreno cos c
ircoscritto al contempo un terreno che scotta e che inganna. Vi s i oppongono, i
n una maniera spesso implicita ma ogni giorno pi manifesta, una vis ione manichea
dell'evoluzione e un'interpretazione dialettica della storia. Si p ossono citar
e dei nomi, ovviamente, a proposito di ciascuna delle due tendenze, ma ci non sig
nifica che ciascuna di esse sia veramente omogenea n che ogni individ
i genere di responsabili del presente. E' perch hanno in testa l'assiomatica stat
uale che Deleuze e Guattari possono con trapporvi la codificazione primitiva. No
n dunque inutile ritornare brevemente su questa codificazione e osservare perch,
come e per chi funziona. La codificazion e, anche quando si inscrive nella piena
carne o sulla piena terra, forse solo un a modalit dell'assiomatica prodotta da
ogni costruzione sociale. Forse non necess ario camminare a ritroso per analizza
re le societ non statuali, e neppure invocar e gli spiriti per ridare vita alle i
potesi materialistiche. Il desiderio, l'osse ssione, il giudeocristianesimo: dei
misteri per quanto ignoriamo e dei nomi su q uesti misteri - l'oscurantismo? Ca
pitolo 2. I TOTALITARISMI SENZA STATO. Ideologica e rapporti di potere. DOMINIO,
TOTALITARISMO, SIMBOLIZZAZIONE. L'interpretazione teorica in antropologia si d s
empre un quadro di riferimento ne l quale essa cerca d'inscrivere le realt di cui
fa il suo oggetto, una totalit sig nificante alla quale rapporta le sue osservaz
ioni e le sue descrizioni. L'interp retazione culturalista e l'interpretazione s
trutturalista hanno in comune che le loro totalit significanti sono, da un punto
di vista strettamente sociologico, r elativamente parziali: esse si applicano me
no alle societ che alle configurazioni intellettuali e mentali attraverso le qual
i le societ esprimono, contemporaneame nte, la loro originalit e universalit. Sia c
he ricostruiscano stili culturali contra stanti, differenti e irriducibili gli uni
agli altri in un caso, o la logica inc onscia del pensiero selvaggio, dei siste
mi di parentela e dei miti nell'altro, e sse non si occupano n dei rapporti di ef
ficacia all'interno di una data societ n de lla spiegazione storica di una partico
lare configurazione. Altri due tipi di totalit servono di riferimento per la rifl
essione antropologica . La totalit funzionale, che ha orientato l'essenziale dell
a letteratura anglosas sone, permette di non escludere i problemi dell'efficacia
; tutta una generazione di antropologi britannici ha potuto ironizzare sul gusto
esclusivo dell'antropo logia francese ispirata a Griaule per l'osservazione dei
sistemi di pensiero, de lle cosmogonie e cosmologie; lo studio pi sistematico de
ll'ammezzato e dei piani intermedi, per riprendere un'immagine spiritosa di Mary
Douglas, non sfugge nece ssariamente al gioco speculare della riflessione in ce
rchio - giacch l'analisi di ogni singolo livello rischia, da questo punto di vista,
di esprimere soltanto, in un linguaggio specifico, le caratteristiche di qualsi
asi altro livello; comples sivamente, tuttavia, l'ideologia intesa nel discorso
funzionalista come operante a vantaggio dell'ordine sociale: viene ammesso un or
dine di priorit, il quale ri nvia a uno schema interpretativo di tipo durkheimian
o; il sacro rimane l'astuzia del profano e il sociale la totalit in cui si ordina
no e si annullano definitiva mente gli scarti individuali e le aberrazioni socio
logiche. Si conoscono almeno due versioni di totalit riduzioniste, una economicis
tica e l' altra psicoanalitica. La totalit riduzionista che serviva da riferiment
o, a lungo molto contestato, al Freud di "Totem e tab" invade da qualche tempo l'
orizzonte epistemologico dell'antropologia francese. A questo proposito bisogner
ebbe parla re di genetismo; un evento primordiale - in Freud, l'assassinio del pad
re - permet te di pensare tutti gli altri eventi - ci che alcuni chiamano storia
- come altre ttante metamorfosi del primo. Tutta la storia ridondante, espressiv
a, ripetizion e dell'atto originario; in rapporto a questa totalit di partenza (l
'evento unico e fondatore), se ci pu essere spiegazione storica, non potrebbe ess
erci un senso della storia - se non un senso a ritroso, un senso retrospettivo n
ato dalla decr ittazione dell'evento ridondante che ne viene a significare un al
tro. Cos Ren Gira rd pu parlare di unit dei rituali, intendendo con questa espressione
che tutti i rit uali studiati dall'etnologia costituiscono altrettante ripetizi
oni del sacrifici o primordiale attraverso il quale stata istituita, in tutte le
societ, la societ. Che cosa ne oggi, nell'antropologia francese, del ricorso a qu
este differenti to talit? Innanzitutto le diverse tendenze teoriche hanno almeno
un punto in comune:
che esse scoprano nelle attuali figure repressive l'esito d'un infelice percors
o dell'umanit giudaico-cristiana o che, ricorrendo alla teoria classica del feedb
ack, si sforzino di comprendere meglio i modi di produzione non capitalistici p
e r affinare la teoria dei modi di produzione e la comprensione della societ indu
st riale, nostalgiche o progressiste che siano, esse si lanciano tutte " la reche
rch e du temps perdu". Dalla parte di Nietzsche, stranamente alleato su tale que
stione tanto con Freud quanto con un surrogato edulcorato di Rousseau, l'etnolog
ia-pretesto e la meta-a ntropologia pongono la riflessione sociologica sotto il
segno della disillusione - dissolvimento delle illusioni del senso e della stori
a; divise tra l'individu alismo legato al rifiuto dello Stato e il biologismo le
gato a una teoria confusa del desiderio, esse instaurano bene o male una problem
atica della coscienza che tende a sfumare in una teoria della deriva. Con un'alc
himia di cui detengono il segreto, l'etnologia-pretesto e la meta-antropologia t
rasformano la minaccia de l caos che ci promette Girard in speranza e la storia
in "pas de deux" (1), osci llando con una grazia un po' aggressiva fra la nostal
gia e la speranza apocalitt ica. Nostalgia di una societ primitiva (come esse def
iniscono indifferentemente, lo abbiamo visto, gli Indiani dell'Amazzonia o le so
ciet segmentarie africane), n ella quale, ci viene assicurato, l'individuo in qua
nto tale non esiste, nella qu ale le unit non sono mai delle persone (Deleuze-Guatt
ari). Speranza in un rovesciam ento delle concezioni della persona: L'io fa piutt
osto parte di quelle cose che b isogna dissolvere... (Deleuze commentando Guattar
i). Fino a oggi ci si sforzati d i mostrare ci che, nella letteratura antropologi
ca, serviva da giustificazione al la nostalgia che d origine a una tale speranza:
pezzi di miti, elementi di teoria sociale, la descrizione di alcune pratiche is
tituzionali riferite a un insieme supposto indifferenziato, il "socius" primitivo,
ulteriormente definito attraverso le rappresentazioni mitiche che si ritiene pr
oponga di se stesso. Griaule, la f enice dell'etnologia francese, rinasce dalle
sue ceneri - meno rigoroso (poich Gr iaule parlava di una societ) e anche poco soc
iologico -, riducendo l'individuo al la persona e la societ al suo discorso, come
se la societ in quanto tale parlasse, come se l'identificazione dei locutori, de
i portavoce e degli ascoltatori fosse accessoria, come se la parola s'identifica
sse con il linguaggio e il linguaggio con un simbolismo strettamente esegetico.
Dalla parte di Marx, l'influenza di Althusser, considerevole nella corrente antr
opologica, oscilla fra il riduzionismo storicistico o economicistico e la total
i t funzionale: fra determinazione e dominazione. Storia ed etnologia pongono al marx
is mo il seguente problema: come conciliare la determinazione dell'economico con
la molteplicit delle formazioni sociali e delle forme di dominio ideologico che
l'e sperienza ci rivela? La corrente althusseriana suggerisce una soluzione: def
inir e ogni formazione sociale come l'articolazione di diversi modi di produzion
e in s enso lato. Il modo di produzione in senso stretto si definisce attraverso l
a comb inazione delle forze di produzione (oggetto di lavoro e mezzo di lavoro)
e dei r apporti sociali di produzione; esso pu essere individuato e osservato a c
ondizion e di venire ritagliato dalle sovrastrutture che sono ritenute corrispon
dergli. Q uanto alla formazione sociale, essa costituisce la sola realt sociale g
lobale e c oncreta osservabile. Le differenti istanze sovrastrutturali della forma
zione socia le non sono pertanto la risultante meccanica dell'infrastruttura oss
ervabile, be ns la combinazione delle sovrastrutture deducibili rispettivamente d
a ciascuno de i modi di produzione in senso stretto. La totalit concreta della fo
rmazione socia le puntellata dalla realt strutturale e astratta dei modi di produ
zione in senso lato e dalla fantomatica articolazione delle loro sovrastrutture
virtuali. Diffidare delle apparenze: proprio questo sembra essere il presupposto
che il ma rxismo condivide con lo strutturalismo allorch sia l'uno sia l'altro n
e fanno la materia prima della loro analisi, chi per scoprirvi il gioco di una d
eterminazio ne dell'economico, chi per decifrarvi la struttura inconscia di cui
le apparenze non sarebbero che una realizzazione parziale. Come in quelle immagi
ni dove l'in treccio dei rami e delle nuvole disegna e dissimula al tempo stesso
la figura da scoprire (il lupo o il pastore, il gatto o il topo), la complessit
sociale, in d efinitiva, in ultima analisi, non rivelerebbe sotto la sua fronzuta
abbondanza che la traccia di un percorso o l'abbozzo di una struttura. E se l'ap
parenza, invec
e, come la lettera rubata, non si desse che per quello che essa , l dove si trova?
Apparenza e verit, verit dell'apparenza - accecante, forse, a forza di essere ver
a, ma non nascosta, n mascherata, n invertita? Povere astuzie, invero, come quell
e dei sistemi in cui la minaccia di segmentazione non verrebbe scongiurata che d
a ll'uso pi o meno machiavellico di credenze di cui gli stessi uomini sarebbero t
an to le vittime quanto i manipolatori - cos, per l'antropologia britannica, i gi
ova ni, in rapporto alle credenze di stregoneria, sarebbero manipolatori quando
sono lele (ma destinati a una vecchiaia pi ingenua), sarebbero vittime quando son
o ya o o cewa (ma destinati a una pi lucida maturit). Eppure il marxismo si ferma
qua e rimane funzionalista allorch fa della parentela un linguaggio o delle crede
nze n ella stregoneria un'inversione, sacrificando alla smania di far dire a ci c
he si esprime altra cosa rispetto a ci che espresso. Non mancano tuttavia i segni
che dovrebbero trattenere l'etnologo dal sacrificar e alla falsa sottigliezza d
ei rovesciamenti di prospettiva. Uno di essi, forse i l pi evidente, stato battez
zato ancora prima di essere stato studiato, come se fo sse urgente dargli un nom
e per evitare che sia percepito; i riti di inversione o d i ribellione, non appena v
engono chiamati in questo modo, non possono pi venir pres entati che per quello c
he devono essere se non devono significare nulla: l'inver so d'un diritto, una r
idondanza appena paradossale, uno scherzo, una catarsi, un recupero; l'"imagerie
" psicologista o politicista si sbarazza con qualche consi derazione selvaggia d
i una realt che dovrebbe allertare il semplice buon senso. S ollevati e resi obbe
dienti gli schiavi del re per essersi visti accordare, alla sua morte, qualche g
iorno di allegrezza istituzionale? La tensione fra i sessi m essa in sordina, re
sa appena percepibile, mediante lo scambio rituale di qualche verit poco amena e
la parziale inversione del costume? Poich qui la stranezza: ne i riti d'inversion
e non si dice altro che la verit; la verit di coloro che, abitua lmente, la subisc
ono e che, dicendola, continuano a subirla: lo schiavo agni sa e dice che, in te
mpi normali, viene maltrattato, considerato un nulla; sa che mo rir; ma sa anche
(ed il solo a dirlo) che il re morto veramente morto. Cos i giova ni e le donne,
cos i sudditi al momento della salita al trono d'un capo o d'un pr incipe: la mar
ea degli insulti, degli avvertimenti, dei rimproveri non veicola a ltro che veri
t; nessuno ingannato, nessuno s'illude n sul potere n sui potenti, n su gli altri, n
su di s. Questi lampi di lucidit possono almeno illuminarci su un punt o: la domin
azione non passa attraverso un gioco di illusioni. Gli uomini non viv ono alla r
ovescia il rapporto con le loro condizioni di esistenza. Eppur si muove: la societ
funziona (noi conosciamo e riconosciamo come tale questo truismo dopo Lvi-Strauss
) e le persone vanno avanti; Les braves gens! (2) dice l'Imperatore che le guarda
e le manda a morire. E tuttavia essa devia: talvolta la societ sfugge al potere che
la incarnava. Come possono potere e lucidit coesistere all'interno del la domina
zione ideologica, come possono sorgere la rivolta o la rivoluzione malg rado que
sta dominazione? Ma, innanzitutto, di quale dominazione si parla? Nella sua form
a pi elaborata (qu ella che Maurice Godelier le ha dato dopo qualche saggio e qua
lche rimorso), la nozione si applica a una istanza della societ di cui ci viene det
to che funziona al t empo stesso come infrastruttura e come sovrastruttura. La ger
archia dei livelli de ve essere interpretata come una gerarchia di funzioni, non c
ome una gerarchia di istituzioni. Allo stesso tempo, per funzionare come infrast
ruttura, il livello do minante deve occupare il posto dei rapporti di produzione. Ni
ente di strano quindi (ed proprio il caso delle societ primitive, ci dice Godelie
r) che i rapporti di parentela possano funzionare come infrastruttura e far part
e integrante dei rapp orti di produzione. Nella logica di questa interpretazione
Godelier pu rimprovera re a Lvi-Strauss di definire in modo troppo ristretto l'in
frastruttura quando que sti parla del suo primato e rimproverare agli antropolog
i althusseriani di definir e in modo troppo istituzionale e troppo meccanico il si
stema delle istanze. In s non c' niente di scandaloso nel voler conciliare gli inc
onciliabili; indubbia mente proprio questo il solo tipo di volont intellettuale i
ntelligente che si pos sa concepire. Resta per il fatto che la costruzione di God
elier, la quale ispira una giusta consapevolezza delle difficolt e una notevole i
ntuizione del modo in c ui debbano risolversi, pecca per il suo carattere incomp
iuto. Godelier non coere nte con se stesso quando conserva la metafora delle ist
anze verticali (3): qual
i la disarmonia totale e il nipote lavora per lo zio; quanto alle attivit colletti
ve, esse mettono in gioco l'organizzazione in classi di et per il grande luogo d
i pesca del villaggio, il lignaggio per i luoghi di pesca meno importanti. Nessu
n a determinante necessit tecnica pu spiegare la particolare ragione di questo o q
ue l modo di raggruppare le attivit, di questo o quel modo di esercitare il poter
e. Gli Alladiani avrebbero potuto fabbricare il sale nel quadro del lignaggio e
gli Ebri ripartirsi i loro grandi luoghi di pesca fra lignaggi o fra quartieri d'
uno stesso villaggio. Si tratta, del resto, di possibilit che sono state realizza
te in certe epoche e i n determinate circostanze: nel diciannovesimo secolo, con
la crescita della doma nda di olio di palma, i commercianti alladiani hanno ten
denzialmente costituito corti omogenee dal punto di vista del lignaggio; i matri
moni con donne dida patr ilineari portatrici di dote o con le schiave hanno perm
esso di aggirare la regol a di disarmonia rispettandone al tempo stesso il conte
nuto formale. In alcuni vi llaggi ebri le diverse sezioni del grande luogo di pes
ca collettivo erano attribu ite ai quartieri di villaggio invece che alle classi
di et. Queste diverse modali t non impediscono che la dimensione lignatica s'impo
nga, presso tutti, nella defi nizione dei canali di distribuzione e di circolazi
one; ma anche in questo caso c ompaiono differenze che nessuna necessit economica
o sociale ha imposto a priori: presso gli Alladiani, un figlio era tenuto per un
lungo periodo della sua vita a consegnare il prodotto della propria pesca al padr
e, il quale aveva a sua volta de gli obblighi di ridistribuzione nei confronti de
l rappresentante del proprio mat rilignaggio; il raggiungimento dell'et adulta, del
la piena cittadinanza, comportava u n riorientamento delle prestazioni; presso gli
Ebri, la prima fase era limitata a lla prima infanzia. Sotto questo aspetto altr
e soluzioni o una ripartizione inve rsa delle soluzioni adottate da ogni societ s
arebbero state ugualmente concepibil i. Stabilire la somma del pensabile e del p
ossibile per una data societ non signi fica dunque indicare in termini assoluti q
uanto non le possibile sul piano intel lettuale o materiale. Ogni societ sa che i
suoi vicini pensano in modo diverso. Ma, a questo punto, arriviamo alla seconda
somma e alla seconda arbitrariet costi tutive di ogni ideologica. Si tratta, per
una data societ, della totalit dei legam i sintagmatici che essa stabilisce fra i
diversi elementi paradigmatici accertat i al suo interno. Questa totalit si espr
ime in termini di necessit, e questa neces sit si presenta indifferentemente come
individuale e sociale, biologica e psicolo gica, giuridica e metafisica. La somm
a dei sintagmi ammissibili - degli enunciat i formulabili o dei comportamenti pr
aticabili - indubbiamente impossibile da sta bilire in modo esaustivo, ma la sfe
ra del possibile si delinea e s'impone con ma ggior fermezza per ciascun individ
uo proporzionalmente alla sua esperienza intel lettuale e sociale: le diagnosi,
le indagini, i riti, le cerimonie, le incertezz e della vita individuale e colle
ttiva, gli insegnamenti pi o meno istituiti (a pa rtire dagli indovinelli, dai ra
cconti, dalle iniziazioni) circoscrivono con un t ratto sempre pi netto, in ogni
caso, i limiti di quanto enunciabile e possibile. Ci che conta non tanto conoscer
e la somma, per definizione astratta, di ci che pu e sser detto o fatto, quanto il
non ignorare ci che non pu essere n detto n fatto. Prendiamo come esempi di enuncia
ti parziali quelli che presso gli Alladiani rigu ardano le credenze nella strego
neria; un enunciato di questo tipo pu far interven ire un numero rilevante di ele
menti paradigmatici (vedi la figura 1 - qui omessa ). In tutte le lingue della l
aguna, il concetto di stregone (nel senso di "witch", come contrapposto a "sorcier
") viene espresso anteponendo alla parola che signi fica uomo il nome del potere d
i aggressione che si accompagna alla qualit di strego ne. Si dir in alladiano: "aw
a wro", uomo d'"awa"; ci sono altri tipi di poteri ps ichici rispetto a quello a
ttribuito allo stregone, e in particolare il "seke", f orza difensiva che si pre
senta di primo acchito come il suo inverso e che distin gue la persona dell'anti
stregone ("witch-doctor"); l'"awa" ritenuto attaccare un a delle istanze psichic
he della sua vittima, quella che pi prossima al principio vitale e del sangue, "e
e"; esiste un'altra istanza psichica, il "wawi", che rite nuta invece portare il
potere di aggressione o di difesa, stabilire la relazione con gli altri; un enu
nciato sul potere di stregoneria far spesso intervenire la nozione di sangue ("nk
re"), una delle componenti biologiche della persona, essen do questo potere rite
nuto capace di privare di sangue la sua vittima. Il potere
oria della stregoneria informa e mette in scena al di qua delle peripezie della
vita di lignaggio. Ma la concezione della vita che pu derivarne non per questo pa
ssiva o fatalista; se ogni cosa pu sempre essere spiegata, non mai dato nulla. L
' origine della malattia, della morte o, pi in generale, dell'evento, viene rappo
rt ata a una causa esterna e, quando si tratta di eventi infausti, all'azione di
un agente malevolo. La gente dell'entourage, da questo punto di vista, costitui
sce una griglia di interpretazioni alla quale tutti possono far riferimento, se
non sono liberi di usarla a proprio piacimento (5). IDEOLOGICA, SIMBOLISMO E PRA
TICA SOCIALE. A questo punto si possono ricordare alcune precisazioni teoriche g
i menzionate. I l problema del simbolismo si trova all'incrocio di numerose attua
li ricerche di antropologia. In questo campo, la tradizione francese manifesta d
i volta in volt a o un eccesso o una mancanza. La tradizione di Griaule offriva
pi una sociologia dell'anima che una sociologia degli uomini; la pi recente tradiz
ione strutturali sta ha progressivamente costituito un'antropologia dell'intelle
tto e delle confi gurazioni mentali; l'antropologia economica di orientamento ma
rxista pare spesso ingombra, a conclusione dei suoi sforzi per articolare i modi
di produzione, di una sovrastruttura di cui si sbarazza volentieri, facendone s
emplicemente una ra ppresentazione rovesciata dei rapporti sociali reali. Il termi
ne rappresentazione p one dei problemi; con qualche approssimazione si potrebbe di
re che viene general mente impiegato nel senso di Durkheim, dove il sacro la rap
presentazione del pro fano e allo stesso tempo, in qualche modo, la sua astuzia: l
a deviazione per il sa cro fa passare la legge sociale. Dio e la societ sono un tut
t'uno, ma perch si adora Dio che si accettano le regole sociali. Il sacro funzion
a per il profano poich l o traduce. Useremo qui il termine rappresentazione in un a
ltro senso. Ogni organizzazione sim ultaneamente rappresentazione di se stessa (
sia che riguardi la parentela, l'eco nomia o la politica). E' proprio, mi pare,
ci che intende Lvi-Strauss quando, nell '"Introduction l'oeuvre de Marcel Mauss" (
6), definisce la cultura come un insie me di sistemi simbolici, fra i quali anno
vera indifferentemente il linguaggio, l e regole matrimoniali, le relazioni econ
omiche, la scienza, l'arte, la religione . Sennonch, in Lvi-Strauss i simboli cos int
esi rimandano alle strutture inconsce, qu elle strutture dello spirito umano che
sono all'opera in realizzazioni parziali (i miti, le strutture della parentela)
indipendentemente dalla loro localizzazio ne. La domanda che viene posta qui un
po' diversa e pu essere formulata in molti modi: che cos' la struttura di una sim
ile totalit? Che cos' l'efficacia simbolica i n una data societ? Il concetto di ide
ologica o di logica delle rappresentazioni designa la coerenza dei diversi ordin
i di rappresentazioni (nel senso non speculare) in una data soci et. Se appartiene
all'ordine del simbolico o, pi esattamente, a quello della simbo lizzazione, perc
h l'ideologica la condizione e lo strumento di una pratica (d'int erpretazione),
e a questo titolo essa viene utilizzata sempre parzialmente (per l'interpretazio
ne di un determinato evento) e tuttavia sempre in rapporto alla l ogica compless
iva soggiacente alle espressioni simboliche della societ, perch, ins omma, essa no
n ha che un uso diacronico: il senso definitivo dell'interpretazion e non appare
se non al termine di un processo di enunciazione soggetto a ritocch i, a contra
ddizioni e a rielaborazioni, in funzione delle reazioni che provoca d a parte di
coloro che si riferiscono, pur da punti di vista diversi, alla stessa ideologic
a. Nel caso di una malattia, per esempio, la diagnosi fa riferimento a l simboli
smo complessivo della persona e dei poteri ma non ne fa che un uso sett oriale;
pi esattamente, coloro che formulano una diagnosi utilizzano settori dive rsi del
simbolismo complessivo; e queste diverse scelte (evidentemente legate al le ris
pettive posizioni sociali dei diversi locutori) costituiscono ed eventualm ente
esprimono dei conflitti. Se Ego si ammala, pu accusare lo zio materno di att acca
rlo (si parler allora di stregoneria ed Ego sar considerato una vittima); pu an che
essere accusato di aver mancato di rispetto all'erede del padre e di aver pe rt
anto attirato la maledizione di quest'ultimo (sar allora considerato colpevole) ;
pu anche essere accusato di aver attaccato pi duramente di quanto gli fosse cons
linea agnatizia; della maledizione (aeda) si pu dire che si esercita sul figlio d
i un uomo del matrilignaggio (ebiw) in relazione a questioni di residenza o di pr
estazioni di lavoro eccetera. Ma questa teoria ideologica, che in qualche modo
stabilisce una somma di costriz ioni intellettuali, riempita di silenzi che espr
imono costrizioni sociali; pi esa ttamente, l'ideologica metonimica: non esprime
la dipendenza dei giovani se non enunciando la legge degli anziani; parla in mod
o universale, parla a tutti come se parlasse di tutti; si rivolge a tutti, ma in
particolare a coloro di cui non parla e a cui la parola negata. Parla degli anz
iani, cio di coloro che non sono n ecessariamente vecchi ma che molto probabilmen
te lo diventeranno (9): al limite, diventeranno vecchi perch sono anziani potenzi
ali. La longevit si accompagna alla forza che viene ereditata tendenzialmente lun
go la linea agnatizia dei primogen iti. Il primogenito possiede una posizione so
ciale che non lo condanna all'asten sione e al silenzio; tenuto a essere prudent
e, ma sa vedere con chiarezza (la ch iaroveggenza anche un attributo della forza
). L'evento pu rimettere in causa le p retese all'anzianit, ma alcuni individui so
no inscritti nel disegno delle stirpi come anziani infinitamente pi plausibili di
altri. Coloro che sono troppo lontani dalla seniorit ["sniorit"] verticale (l'appa
rtenenza a una stirpe maggiore) o oriz zontale (l'ordine delle nascite) non cost
ituiscono, a prescindere dalla loro et e ffettiva, anziani veramente credibili. E
redit ed ereditariet, leggi sociali e legg i biologiche si sovrappongono per costi
tuire altrettante linee di forza. Le rego le della presa di parola sono incluse
nelle regole sintattiche. Ogni parola comporta un rischio: colui che parla si sc
opre; questo vero anche de lle azioni; ma i rischi non sono uguali; una posizion
e sociale forte consente al la parola e agli atti di esprimersi pi liberamente. U
na buona conoscenza della pr opria posizione rispetto ai diversi mondi che compo
ngono il proprio entourage in senso lato necessaria all'individuo che, novello U
lisse, sa che la forza non es clude l'astuzia, che l'arte di convincere non si i
dentifica con l'eloquenza e ch e l'arte del saper vivere si lega in larga misura
alla capacit di lasciare che le cose maturino. Le costrizioni relative e continu
e che pesano sulla vita individ uale, sullo sfondo, non possono essere comprese
se non all'interno del sistema i nterpretativo in cui funzionano, ma esse non de
finiscono meccanicamente le condo tte da tenere. Nessuno ha da solo l'intero dom
inio, non fosse altro perch nessuno ne ha il completo controllo, della produzione
dei segni (degli eventi, signific anti per definizione). Tutti sanno che atti e
d eventi verranno interpretati seco ndo una logica costrittiva ma non meccanica,
che lascia al tempo il suo ruolo (c ' un tempo dell'evento, un tempo dell'interp
retazione o delle interpretazioni, a volte un tempo della conferma, dell'invalid
azione o dell'aumento della complessi t). L'atto accenna prima di esprimere. Il s
ignificato al passato ma anche al plur ale: alla merc del futuro, dell'evento e d
unque, in parte, degli altri. L'ideolog ica corrisponde a una visione relativame
nte deterministica ma assolutamente esis tenzialista della vita. Di qui la neces
sit pratica di misurare i suoi segni: le sue parole, azioni, ricch ezze. Il gioco
complesso e ponderato dell'ostentazione e della discrezione corri sponde a un o
bbligo di natura (si d sempre a vedere) e a delle strategie pratiche (lasciar ved
ere, lasciar intendere). Nella festa ostentativa (la festa delle ri cchezze ebri,
per esempio), l'individuo ricco mette in mostra, pi che la sua ricch ezza person
ale, quella dei suoi lignaggi di riferimento; in questo modo, egli pa rla discre
tamente della sua ricchezza e aggressivamente della sua influenza soci ale; il d
iscorso (la diagnosi, il consiglio, l'accusa) usa giri di parole (litot i, meton
imie, silenzi): queste pratiche sono tutti tentativi che traggono senso, r etrospe
ttivamente, dalle risposte che sollecitano. Su questo punto non si pu che conveni
re con le osservazioni molto stimolanti che Pierre Bourdieu (10) consacra alle p
ratiche che si definiscono per il fatto che la loro struttura temporale, o vvero
il loro orientamento e il loro ritmo, costitutiva del loro senso; Bourdieu sottol
inea giustamente come sia necessario, affinch il sistema funzioni, che gli agenti
non ignorino gli schemi che organizzano i loro scambi, senza per questo ric onosc
ere completamente la logica esplicitata dal modello meccanico dell'antropolog o. E
ppure, non si pu forse ammettere che lo schema tenda a identificarsi con il m ode
llo nello spirito del virtuoso maestro della sua 'arte di vivere', come dice an
pur sempre meno difficile, agli occhi dei piccoli signori o degli aristocratici
in rovina che gli spillano denaro, che farne l'arbitro delle eleganze. Se nessu
no presta attenzione alla propria prosa (gli viene cos naturale!) perch vuole fare
dei versi. L'Occidente, oggi, non si stanca delle eccentricit dei suoi re-negri o
dei suoi emiri; queste rassicurano, inquietano, affascinano. L'antropologia ideo
logica tende a ricostituire la configurazione del potere e de i poteri in un luo
go e in un momento determinati. Postula anche che configurazio ne e pratica dipe
ndano da strutture omologhe in tutti i tipi di societ; questa om ologia, d'ordine
pratico e sintattico, di per s un oggetto distinto da quello del la storia e del
l'economia, ma vi si integra e ne dipende. L'analisi ideologica p u vertere indif
ferentemente, a differenza dell'analisi strutturalista, sulla real t di una deter
minata societ o sulla realt comparativa di diverse societ; essa deve r iguardare si
multaneamente, a differenza dell'analisi storicistica o economistica , la realt i
ndividuale e la realt sociale. Infine, per essa, contatto e cambiament o sono ogg
etti di analisi antropologica. Il potere non potere, riconosciuto ed e fficace,
se non in quanto riesce ad apparire, pi o meno approssimativamente, come la somma
dei poteri. Non si pu concepire in modo duraturo un potere istituito co ntro uno
dei poteri che dovrebbero costituirlo. Questi poteri, di cui abbiamo ri cordato
la diversit e la convergenza a proposito delle societ lignatiche, concerno no tut
ti i rapporti di senso e d'interpretazione: del s con il s, del s con l'altro , del
s con gli altri e degli uni con gli altri. Quale che sia il grado d'indipen denz
a o d'autonomia istituzionale di questi poteri, la logica delle loro relazio ni
esplicite e implicite a costituire, in senso proprio, la logica del potere st es
so. Questa ideologica sembra strutturarsi secondo tre modalit complementari, tr e
regole sintattiche pratiche. La prima di queste la messa in relazione o sdoppia
mento, attraverso la quale s'i mpone una dialettica dell'interno e dell'esterno
e si esprime la vulnerabilit ape rta dell'individuo; la seconda la metonimia, att
raverso la quale s'impone una di alettica del singolare e del plurale e si espri
me il carattere naturale delle co strizioni gerarchiche; la terza l'inversione,
attraverso la quale s'impone una d ialettica del medesimo e dell'altro e si espr
ime il carattere non individuale de l potere. - Il doppio. L'identit, nelle socie
t lignatiche africane, si definisce sempre in modo relativo: in relazione all'alt
ro (padre, nonno, antenato) che interviene parzialmente nel la costituzione dell
a persona biologica e psichica (in termini di eredit), in rel azione a coloro (pa
renti, alleati, membri della stessa classe d'et) la cui azione o reazione influis
ce non solo sul comportamento della persona ma sulle sue comp onenti (in termini
d'entourage). Sotto questo aspetto, le credenze nella stregon eria rappresentan
o il complesso pi spettacolare; la malattia e la morte vengono s pesso attribuite
all'azione di un altro, il quale, secondo la teoria locale, pu e ssere situato i
n termini sociali rispetto alla vittima. Abbiamo gi insistito, qui e altrove, sul
la costrizione sociale che impone questi tipi di credenza: presso gli abitanti d
elle lagune della Costa d'Avorio, il primo a essere sospettato (i l capo del mat
rilignaggio del morto) anche il solo che pu decidere se il cadavere sar interrogat
o o no. Sono molti gli esempi che esprimono la necessit di distingu ere fra sospe
tto e accusa e che invitano a riconoscere i legami teorici e pratic i esistenti
nelle societ locali fra poteri psichici ("mystical", dice Leach) e po tere politi
co. Le teorie dell'influenza e della forza psichica, dei poteri spiri tuali di a
ggressione di difesa non descrivono i margini del sistema o i marginal i del pot
ere ma il sistema e il potere stesso. Cos, il rapporto del s con il s semp re gi un
rapporto del s con l'altro e il rapporto con l'altro sempre gi un rapporto sociale
inscritto nella configurazione politica. Allo stesso modo, il biologico sempre
gi parte anche dello psichico; la salute del corpo e dello spirito alla m erc d'un
potere esterno; lo psichico fa parte ancora del Sociale, tanto che ogni disordi
ne del primo rimanda a un disordine del secondo; i turbamenti somatici o psichic
i rinviano sempre a una perturbazione dell'ordine sociale dove normalment e si s
ituano le relazioni padre/figli, zio/nipoti, sposo/sposa, le relazioni fra
alleati, fra membri dello stesso lignaggio, co-residenti, membri d'una stessa g
enerazione eccetera. L'identit sempre minacciata non solo nel suo equilibrio o ne
lla sua esistenza, ma nella sua stessa definizione: un "awa wro" (stregone) mor
t o, o pi esattamente il suo "wawi" (questa parte dello psichismo che si sposta in
d oppio su altri per attaccarli o difenderli), pu imbattersi in una donna incinta
e sostituirsi o integrarsi al bambino che essa porta in grembo; i segni scopert
i a lla nascita di un bambino possono rivelare che egli incarna parzialmente un
ante nato scomparso - la stessa regola vale nel caso del figlio maggiore del fig
lio m aggiore di un morto; ma capita che il cambiamento d'identit avvenga durante
la vi ta di un individuo il quale eredita lo "wawi" del fratello o del nonno pr
ima del la loro morte. Come dire che la forza fisica e morale non mai indipenden
te dal potere che l'esp rime o che, in ultima analisi, la vera forza sempre legi
ttima. Una posizione soc iale forte autorizza solo una rivendicazione d'influenz
a e d'autorit che, isolata , diventa sospetta e pu essere messa in discussione e d
enunciata se non poggia su una realt istituzionale: la dipendenza psicologica e l
a sottomissione sociale so no tanto pi irreversibili dato che tendono a corrispon
dere agli stessi tipi di re lazione sociale. Poich i sistemi che permettono di mi
surare forza, influenza e po tere sono essenzialmente schemi d'interpretazione d
ell'evento, l'individuo costa ntemente invitato a rapportare le incognite della
sua esistenza, compresi i fatt i della sua vita biologica pi intima, alla condizi
one della sua situazione e dell e sue relazioni sociali. Misura dell'altro e mis
urata sull'altro, l'identit non s i costituisce se non rischiando di perdersi; ma
essa non si costruisce mai se no n in rapporto allo sguardo e alla posizione de
gli altri: nel loro sguardo si leg gono, s'indovinano o si apprendono l'interpre
tazione di comportamenti dal senso fondamentale e il verdetto che foggia retrosp
ettivamente la verit della persona; quanto alla posizione degli altri, essa defin
isce di rimando le diverse situazio ni di cui l'individuo deve tener conto per d
efinire, insieme alla sua posizione strutturale, la sua identit. Non senza rischi
: il margine d'incertezza che separa la definizione meccanica dell'identit person
ale dalle ipotesi plausibili non si riduce che alla sperimentazione, in funzione
delle lezioni dell'evento, degli at teggiamenti e delle reazioni dell'entourage
; significativo che, in numerose soci et africane, il termine che designa una del
le presunte istanze dell'apparato psic hico connoti la nozione d'ombra aggettata
: un elemento essenziale dell'identit pe rsonale non si manifesta cos se non alla
luce del giorno, nello sguardo degli alt ri; e se scompare, una volta sopraggiun
ta la notte, per unirsi alla battaglia de lle ombre, alla vita notturna in doppio
i cui risultati non si misurano, a lungo t ermine o d'improvviso, se non quando
tornato il giorno. Nella congerie dei sogni , che la prudenza ordina di ricordar
e e interpretare, chi saprebbe distinguere a colpo sicuro la traccia delle aggre
ssioni subte da quella delle aggressioni comp iute o tentate? I fantasmi notturni
aggiungono un dubbio a tutti quelli che l'in dividuo pu avere sul proprio conto
e che, in definitiva, solamente la coscienza e la pratica degli altri dissiperan
no. L'ordalia e l'autopsia cercano di scoprire all'interno del corpo il marchio
(il riflesso interiore o la traccia fisica) rivelatore di una natura e di un'ide
ntit; la letteratura africanistica ricca di informazioni riguardanti poteri ("ker
" pe r gli Alur, "tsav" e "swem" per i Tiv... ) simultaneamente fisici, psichici
e po litici che possono ancorarsi alla carne stessa, nell'intimit viscerale dei
loro d etentori, pur non essendo necessariamente acquisizioni di sempre o per se
mpre. P resso gli abitanti delle lagune ivoriane la capacit di rigettare facilmen
te, di v omitare il veleno della prova ordalica, dimostra meno l'innocenza che l
a forza, ma s'intende che quest'ultima, quand'anche costituisca l'essenziale del
senso e dell'identit della persona, proviene da un altro luogo e va altrove, si
intende a nche che la prestanza e la buona salute diurne e quotidiane sono indiz
io di una vittoria incessantemente riaffermata nel combattimento notturno delle
vite in do ppio; la forza stessa si manifesta incessantemente, il che equivale a
dire che s i manifesta attraverso il rapporto con gli altri e che tale manifest
azione quell a stessa del potere. L'individuo si sa e si sente sempre gi sociale.
- La metonimia.
reale degli individui (accade che un fratello minore si dimostri per esempio mol
to pi adatto del maggiore alla gestione del lignaggio), questo scarto potr essere
ridotto cambiando la posizione sociale degli individui interessati, non per mez
z o di un colpo di forza giuridica ma attraverso la sottomissione all'ordine del
p otere. E' evidente che questa logica delle cose lascia uno spazio alle strate
gie della pratica; ma questa evidenza non contraddice affatto quella della poten
zia le identificazione fra ordine delle cose, ordine intellettuale e ordine soci
ale. Essa rammenta piuttosto l'istituzione della guerra tra fratelli nemici e l'
indi fferenza mostrata dai reami dell'Africa orientale verso la persona del sovr
ano, per poco che sia riaffermata l'identit del potere. Se il discorso sull'eredi
t e sulla successione non parla che dei punti forti del sistema, quantomeno esso
si applica a tutti; l'universalit del suo disegno, la no n esclusione sul piano t
eorico degli individui (la maggioranza) situati a lato d elle linee di forza son
o ci che determina la sua efficacia. Pi precisamente, la pr atica di coloro che no
n ereditano nulla e che non succedono ad alcuno si definis ce nel silenzio del d
iscorso che parla della gestione dei beni e delle persone; l'universalit teorica
del diritto all'eredit o alla successione afferma implicitam ente l'universalit de
l dovere di sottomissione; se la teoria del diritto prescriv e la pratica del do
vere, parlando solo dei luoghi (o degli individui) in cui for za e senso si conc
entrano e rispetto ai quali devono situarsi (o agire) tutti gl i altri. L'eredit,
inoltre, non si legittima se non attraverso il suo rapporto fo ndamentale con l
'ereditariet, e tutte le teorie della trasmissione delle influenz e, buone o catt
ive che siano, parlano al singolare-plurale: il potere di difesa, si dir, si tras
mette di padre in figlio presso gli abitanti delle lagune, oppure di nonno in ni
pote; ma per essere pi precisi occorre distinguere la linea cos def inita relativi
zzando al tempo stesso il rigore della trasmissione: la linea di t rasmissione n
on passa che per gli anziani (padre, figlio primogenito del padre, figlio primog
enito del primogenito del padre...) ma questo ordine di trasmission e non che vi
rtuale, preferenziale; l'evento, la constatazione di un'insufficienz a invitano
a reinterpretare una situazione di cui la teoria riuscir sempre a rend er conto,
poich interpretare la sua prima funzione e poich le catene sintagmatiche dell'inte
rpretazione correggono l'effetto paradossale di questo o quell'element o rispett
o alla concatenazione inizialmente prevista, cambiando anche alcuni ele menti me
ssi in relazione con esso. In termini di forza, tutti i rovesciamenti d' interpr
etazione sono possibili; e questo vale anche per le forze di aggressione (trasme
sse per via uterina). Ma comunque sia, la linea di forza sempre distinta. E' par
ticolarmente degno di nota che presso gli Ashanti la pratica del matrimoni o con
la cugina incrociata patrilineare caratterizzi le famiglie principesche, l e qu
ali cercano di riprodurre nella persona del nipote (primogenito) la formula psic
hica completa del nonno paterno, con tutti i poteri che gli sono associati e , p
i ancora, con tutta l'ambiguit che corrisponde a questo accumulo. La teoria del po
tere vuole che poteri distinti e qualificati (quelli della linea agnatizia e que
lli della linea uterina) s'intersechino negli uomini che esercitano il potere potere al contempo inqualificabile e indenunciabile. Parlare di poteri parlar e
del potere; praticare il matrimonio con la cugina incrociata patrilineare crea r
e le condizioni della discendenza unica e cumulativa del potere; descrivere i p
ercorsi rispettivi di ciascun principio spirituale esprimere l'efficacia del lor
o accumulo, il carattere inqualificabile del potere. Parlare dell'ereditariet pa
r lare dell'eredit; parlare degli stregoni parlare dei lignaggi; ma anche: produr
re una diagnosi su una malattia intervenire nella politica lignatica o di villag
gi o, particolarmente in materia di gestione di beni o di organizzazione del lav
oro ; interrogare un cadavere chiamare in causa l'organizzazione politica del li
gnag gio. L'ideologica descrive la semplicit lineare delle cause per indicare la
compl essit cumulativa degli effetti. E' il discorso sulle cause che invita a viv
ere l' evento come effetto; in questo senso l'ideologica gi metonimica e la meton
imia in quanto affermazione della causa per parlare dell'effetto non che l'equiv
alente quantitativo dello sdoppiamento o della concezione persecutoria del male te
stimoni ata dalla pratica di lignaggio: l'ambiguit e la forza del potere rimandan
o alle r ispettive singolarit dei diversi poteri. L'ideologica metonimica in un alt
ro senso, pi ampio o pi approssimativo, ma abbastan
del villaggio negli altri casi) a un consiglio di anziani che rappresenta l'auto
rit dei lignaggi; il campo d'intervento di questo potere interessa alcune delle
r elazioni al tempo stesso interne al villaggio e fra i lignaggi; l'autonomia de
ll 'istituzione politica molto ridotta; l'organizzazione lignatica garantisce l'
int era funzione politica senza l'intervento di un'istituzione specifica; che ta
nto le relazioni di discendenza quanto quelle di alleanza definiscono l'essenzia
le d el campo sociale; le classi d'et intervengono in situazioni rituali determin
ate ( in particolare il matrimonio, la sepoltura, i funerali) al fianco di uno d
ei par tner coinvolti in termini di discendenza o di alleanza; l'individuo si in
scrive progressivamente nel campo sociale e politico in funzione di dimensioni p
ersonal i di cui la sua educazione e il suo entourage lo invitano a decifrare le
caratte ristiche e gli effetti sulle reazioni del suo corpo e sulle incertezze
della sua vita psichica e biologica. All'altro capo del mondo della laguna, pres
so gli Ebri orientali e gli Ati, l'isti tuzione di classi d'et gioca un ruolo molto
pi importante. Tuttavia, nessun sistem a di trasformazioni che metta in rapporto
di reciproco equilibrio l'organizzazio ne in classi d'et e l'organizzazione in l
ignaggi potrebbe render conto della strut tura di questa nuova configurazione: pi l
a classe d'et esercita un ruolo politico i stituzionalizzato, pi si accentua la ge
rarchia fra i lignaggi; il principio ligna tico e il principio delle generazioni n
on si bilanciano: si rinforzano a vicenda. Le classi d'et sono divise in sottocla
ssi. Nella configurazione politica ati il po tere politico appartiene effettivame
nte, per un certo periodo, a una data classe d'et e, pi esattamente, a una sottocl
asse maggiore, ma da una parte la "chefferie " stessa non pu essere ricoperta che
dal rappresentante del matrilignaggio dal ba stone d'oro con il quale essa si i
dentifica, dall'altra parte la gerarchia inter na alla classe d'et riguarda il pr
imato delle linee agnatiche maggiori: l'et socia le a servire da principio per il
raggruppamento degli individui - et sociale o et relativa che situa, gli uni risp
etto agli altri, tutti gli abitanti del villaggi o in termini di discendenza agn
atizia e tutti i fratelli agnatizi in termini di et reale. I figli maggiori appar
tengono necessariamente alla classe d'et alterna r ispetto a quella del padre, i
fratelli di uno stesso padre non potendo appartene re alla medesima sottoclasse
d'et, di modo che i figli minori si ripartiscono, al l'interno della stessa class
e d'et, in sottoclassi diverse da quella del fratello maggiore e, all'occorrenza,
nella classe d'et che non pi alterna rispetto a quell a del padre. Il capo di una
classe d'et necessariamente il capo della sottoclasse maggiore e il capo del vil
laggio necessariamente il capo della classe d'et al po tere. Cos, la persona del c
apo si colloca nel punto d'incontro di una linea agnat izia maggiore e della lin
ea uterina maggiore del lignaggio che detiene la "cheff erie". Tutte le regole d
i reclutamento delle classi d'et, tutte le regole di eser cizio del potere del vi
llaggio, l'intera, minuziosa organizzazione dei sistemi l ineari (basati sull'et
reale) e ciclici (basati sull'et sociale) descritti in part icolare da Denise Pau
lme (12) possono essere ricondotti a un principio di organi zzazione sistematica
dell'accumulo di poteri. Tutti passano per le classi d'et; c iascuno afferma la
sua solidariet con i suoi promotori; tutti conoscono le stesse prove e superano l
e stesse tappe. Ma questo linguaggio condiviso e queste prati che comuni assegna
no a ciascuno il proprio posto e mantengono stabile il potere. - L'inversione. "
Inversione, perversione". Mai i riti sembrano indicare qualcosa con tanta insist
enza come quando danno l'i mpressione che i ruoli s'invertano; contro il sussegu
irsi dei giorni, al di l del la soglia che separa il profano dal sacro, i signifi
cati immediati, le pratiche ammesse, gli atteggiamenti appropriati di colpo s'in
vertono: lo scambio punto pe r punto dei segni fasti e nefasti, della destra e d
ella sinistra, del maschile e del femminile, dell'autorit e della dipendenza pare
costituire, al di l delle pra tiche, un modo di dire le cui modalit ci sorprendon
o e di cui ci sfugge l'oggetto . I funzionalisti hanno cercato di definire quest
o oggetto, gli strutturalisti d i comprendere queste modalit; e bisogna proprio a
mmettere che gli uni e gli altri ci lasciano insoddisfatti. Fra i primi, alcuni
ritengono che i riti di travesti
e mina, le donne di Avlekete, "Avlekete si"; la regione mina-ge, nel sudest del
Togo, tuttora il luogo di una organizzazione religiosa rigorosa e al contempo sp
ettacolare. Bench, indubbiamente, non siano contemporanee n abbiano la stessa ori
g ine, l'organizzazione in patrilignaggi ("k[c]ta") (15 bis) e l'organizzazione
in conventi si sovrappongono oggi - e senza dubbio da lunga data - in modo siste
ma tico. Molti lignaggi hanno un convento consacrato a uno o a pi "vodu", un luog
o d i culto e di formazione riservato, nel paese mina, all'educazione delle raga
zze o per lo meno di alcune ragazze del lignaggio o di figlie di donne del ligna
ggio . Le sacerdotesse di Avlekete sono scelte in base alle stesse condizioni (u
na ma lattia il segno della loro elezione e appartengono a un lignaggio particol
are), ma il loro ruolo interessa l'insieme della comunit del villaggio. In confro
nto ag li altri "vodu", Avlekete di per s e per molti aspetti un "trickster", una
divini t paradossale; potente ma buffone, rappresenta innanzitutto, insieme alle
istituz ioni che gli sono collegate, la presa in giro del culto, in un certo se
nso l'inv ersione dell'inversione. Tutti i conventi si presentano, materialmente
, come alt rettante soglie al di l delle quali le pratiche si specificano, quando
non s'inve rtono: i fedeli devono camminare a piedi nudi, a torso nudo; i gesti
che normalm ente vengono compiuti con la mano destra sono compiuti con la sinis
tra; tutti i "vodu", insomma, hanno proprie esigenze e interdizioni. Con Avleket
e proibito pr oibire; il solo divieto che pesa sulle sacerdotesse di Avlekete qu
ella di rispet tare i divieti. Esse non hanno alcun divieto proprio. Tuttavia so
no tenute a non rispettare gli usi degli altri, pena il rischio di ammalarsi, al
pari di quelli che trasgredisc ono i loro divieti. Cos, quando nella boscaglia,
ai crocicchi, s'imbattono in un sacrificio offerto a qualche divinit, esse devono
appropriarsene, se pu essere anc ora consumato, oppure disperderlo colpendolo se
tte volte con il piede se stato o fferto da troppo tempo. Nella vita di tutti i
giorni, esse assumono un comportam ento maschile, e pi ancora che maschile, provo
catorio; partecipano alle riunioni degli uomini, che allietano con le loro spiri
tosaggini e i loro interventi inopp ortuni; parlano a voce alta e forte. Possono
, di diritto, intervenire in qualsia si cerimonia. Le loro danze sono all'insegn
a del travestimento sessuale: coperte di vestiti maschili, esse maneggiano con v
igore, ritmo, insistenza e precisione evidenti simboli fallici. Un tempo (dato c
he su questo punto, come per buona parte del rituale agni, l'oss ervazione si ri
duce alla raccolta delle testimonianze orali), le donne di Avleke te - la cui az
ione originale anche perch concerne l'intero villaggio - avevano du e attivit prin
cipali: regolarmente (una volta ogni sette mesi lunari) esse si fac evano carico
di ripulire e purificare il villaggio - "du me grado": riparare, ri pristinare
("grado) in ("me") il villaggio ("du"), oppure "du me pl[c]p[c]": spa zzare nel
villaggio -, una purificazione intesa simultaneamente in senso stretto e in sens
o figurato. In caso di epidemia, e in particolare in caso di vaiolo, e rano inca
ricate dai rappresentanti di tutti i conventi di portare offerte sacrif icali al
"vodu" responsabile; ma queste offerte erano anche provocazioni: si tra ttava d
i offrire al dio del vaiolo gli alimenti che gli erano proibiti, di modo che que
sti, deluso, prendesse la fuga, portando con s l'epidemia di cui era al co ntempo
simbolo, ricettacolo e rimedio. Ancora una volta, identit dei contrari ed evocaz
ione della causa per esprimere gli effetti definiscono un rituale apparent ement
e irrispettoso, un'astuzia simbolica, la cui sola spiegazione pare trovarsi nell
a situazione limite, la crisi della societ e del potere. L'interregno e l'epidemi
a hanno infatti in comune che mettono in discussione dir ettamente il potere; il
vuoto di potere di per s abbastanza temibile, per non par lare della morte del r
e; ma in diverse societ questo divieto riguarda anche la mo rte del capo o di cer
ti notabili, e per un certo periodo pu persino corrispondere a una pura e semplic
e dissimulazione. I disordini simbolici che accompagnano qu este morti si associ
ano talvolta a disordini reali; la guerra di successione pu e ssere una vera e pr
opria istituzione. Quanto all'epidemia, essa rappresenta una minaccia di estinzi
one demografica e costituisce da sola una negazione del poter e; una parte della
societ rischia di non poterle sfuggire se non attraverso la fu ga e la dispersio
ne che consacrano il crollo o, almeno, il rovesciamento del pot ere istituito. C
he cosa rappresenta lo scambio dei ruoli politici e sessuali di
ad assicurare l'interim del signore della pioggia. Cos si afferma, insieme alla c
omplementarit dei due poteri (che del resto in altri villaggi vengono assunti da
lla stessa persona), la possibile permutazione delle persone. Il lamutyiri non u
n capo villaggio, non ha alcun mezzo di costrizione; l'autorit politica in senso
stretto appartiene piuttosto all'insieme dei pi vecchi del villaggio; resta per i
l fatto che il lamutyiri un personaggio di avanguardia, il quale per funzione va
incontro all'evento; la configurazione complessiva del potere associa nel consi
g lio di villaggio i decani dei lignaggi al lamutyiri, il quale consulta gli ind
ov ini, identifica i mali, le colpe e i rimedi, organizza i grandi rituali e con
voc a i consigli di villaggio. Quest'autorit indiretta, delegata e provocatrice l
o po ne anche nella posizione di potenziale capro espiatorio (proprio come i re
di Es iodo e di Omero studiati da Vernant); per funzione, egli si sottomette all
a sanz ione dell'evento. Questo carattere aperto e rischioso dell'incarico spieg
a ed es ige la passivit del personaggio; quanto alla sua ambiguit (Tyiri, sei tu il
capo il mucchio di immondizie -, quello che raccoglie e prende tutto su di s...),
essa deriva piuttosto dall'ambivalenza che caratterizza l'esistenza storica: co
me il capo politico, il signore della pioggia condannato a vedersi confermato, s
ostenu to e riconosciuto dall'ordine naturale. Presso i Mossi dell'Alto-Volta, i
l canto d'investitura del Moro-Naba, effettivo sovrano di un vero e proprio ream
e, espr ime sotto la parvenza d'una stessa ambiguit, e in termini identici, una s
tessa "o uverture" sulla storia e una stessa dipendenza dall'evento: "Tu sei un
escremento, tu sei un mucchio d'immondizia, tu vieni per ucciderci, tu vieni per
salvarci" (16). Franoise Hritier, da cui prendiamo in prestito la descrizione e l
'analisi del ruol o del lamutyiri (17), sottolinea tutti gli aspetti involontari
e passivi del suo incarico. Tali aspetti riguardano la nomina del titolare dell
a funzione: Il bamb ino viene immobilizzato, rivestito delle vesti-insegne della
sua carica, la sua testa viene rasata per la prima volta e i suoi capelli conser
vati (come lo saran no durante tutta la sua vita, per essere sepolti insieme a l
ui); di traverso sul le sue gambe viene distesa la bambina, appartenente al lign
aggio del tudana e sc elta da quest'ultimo secondo le stesse modalit, che sar la s
ua sposa legittima e c he condivide con lui la responsabilit della venuta della p
ioggia.... Ma tali aspet ti riguardano anche tutta l'esistenza del lamutyiri, il
quale non mai padrone dei propri movimenti, non pu lasciare il suo villaggio, non h
a diritto di correre e d eve persino camminare con precauzione; come il re agni,
non pu percuotere il suolo o camminare a piedi nudi, non pu danzare con i giovani s
uoi coetanei n mostrarsi a capo scoperto, non pu lavarsi prima della notte o lasci
arsi tagliare i capelli p i di una volta all'anno. Il potere, nelle sue diverse m
odalit, posto sotto il doppio segno, essenziale ed esistenziale, della vita e del
la morte. La morte il suo diritto ultimo e anche c i da cui protegge gli altri con la sua azione sugli dei, sulla natura e sui nem ici. Essa anche, in modo pi s
ottile, una delle sue componenti: bisogna che il pot ere sia come morto, per lo
meno che colui che lo incarna sia gi passato attravers o la prova della morte, pe
rch l'esercizio del potere non sia pi toccato dalla mort alit dell'individuo. I rit
uali moltiplicano le varianti simboliche intorno al tem a della morte: dal punto
di vista del potere, la persona tanto buona da pensare qu anto lo sono i miti. Ma
questi esercizi di stile e di pensiero non sono privi di effetti pratici: essi
stabiliscono al contempo la materialit e la trascendenza d el potere; lo fanno va
lere come si fanno valere l'evidenza e il peso delle cose, con tutta la brutalit
del reale che non deve n spiegazioni n giustificazioni; allo stesso tempo, essi fa
nno di chi esercita il potere il simbolo di quest'ultimo, relativizzando fino al
limite estremo (quello, largamente attestato, della messa a morte del capo) l'i
mportanza della sua identit personale. In questo senso, i t emi del cinismo ideol
ogico, della passivit del potere e del carattere non individ uale del potere pers
onale sono strettamente correlati.
"Il cinismo ideologico". L'insediamento di un capo Yao, cos come viene descritto
e analizzato da Gluckman, manifesta vistosamente questa correlazione; il futuro
capo prima di tutto ogget to di un insegnamento intensivo da parte degli Anziani,
insegnamento realista che gli espone i pericoli della funzione e le insidie dell
a vita di villaggio. La cr uda realt dei rapporti di forza viene espressa, insiem
e alla pesante passivit del potere, dai riti che seguono questo primo insegnament
o: il futuro capo viene pre so a pugni e gettato a terra dal capo di un villaggi
o vicino; muore ritualmente; lo si veste come un cadavere, lo si cosparge di far
ina e si attende il momento della sua risurrezione. Quest'ultima seguita da un per
iodo di reclusione in cui un nuovo insegnamento viene impartito al pretendente. Al
la fine, gli viene data da c onsumare della carne umana (la letteratura etnologi
ca non si pronuncia sul carat tere simbolico o reale di questa carne): se la vom
ita, egli afferma il suo carat tere fausto e forte. Anche in questo caso il disc
orso ufficiale non nasconde nulla della realt dei rap porti di forza; allo stesso
tempo la pratica del potere, aggravata dal peso mort o e dal silenzio del capo
o del re, sfida l'ordine delle cose con qualche parola e con qualche gesto singo
lari, con una serie di trasgressioni che, come quelle delle sacerdotesse di Avle
kete, possono passare per specifiche del suo carattere transindividuale. La prov
ocazione (la perversione) delle regole abituali un alt ro aspetto della passivit
del potere, strettamente legato alla persona stessa del re o del capo che chiama
ta a relativizzare da s il carattere assoluto delle cost rizioni che impone alla
vita sociale, come per esprimerne simultaneamente l'arbi trariet e la necessit; la
logica perversa del potere indica che i contrari non pos sono identificarsi che
in se stessi, non per gli stessi: le differenze si trovan o sempre dalla parte
della cultura e pi precisamente da quella del sociale; ma al lo stesso tempo esse
devono avere l'evidenza del naturale, la pesantezza del rea le. Indubbiamente,
questo il senso delle situazioni limite in cui possono essere dette le altre ver
it, quelle verit-sfida che sono proprie del potere: il re duro, odiato dai suoi su
dditi, dai suoi alleati, gli uomini sfruttano le donne, il di o la causa del mal
e - sfide, ma non rivendicazioni, sfide all'iniziativa di un p otere che le assu
me, le proclama e le manipola con rude franchezza. Il potere no n reclama l'amor
e; perci viene caratterizzato in alcuni rituali dai simboli usual i dell'obbrobri
o, del disgusto e dell'impurit. Nelle monarchie dell'Africa orient ale, il re si
presenta come il trasgressore per eccellenza; Ren Girard ha perfett amente ragion
e quando dice che la pratica dell'incesto regale deve esser messa i n relazione
con le altre trasgressioni: consumo di cibi proibiti, atti di violen za, bagni d
i sangue, utilizzo di droghe malefiche (come nella cerimonia dell'Inc wala dello
Swaziland, dove il compimento dei riti di trasgressione-provocazione ritenuto f
ortificare il "silwane" del re). Queste trasgressioni si ritrovano dap pertutto
(bisogna ripetere che non caratterizzano solo il potere regale), ma non possono
venire interpretate n come puro gioco simbolico n come segno d'impotenza. Esse non
sono un puro gioco simbolico; la concezione del gioco simbolico corrisp ondereb
be al punto di vista di Ren Girard, secondo cui la dualit dei ruoli assunti dal re
africano pu essere ricondotta alla coppia di opposti sacrificato/sacrific atore.
Nell'Incwala il re apparirebbe in definitiva come il maestro di un gioco che co
nsiste essenzialmente nel ripetere il sacrificio originario: quello che ha insta
urato l'ordine sociale e posto l'esistenza delle differenze. L'ordine deri vato
originariamente dalla violenza, e le trasgressioni del re sarebbero tutti p rete
sti simbolici per aggredirlo simbolicamente allo scopo, in definitiva, di sa cri
ficarlo e sostituirlo - giacch l'ordine riappare con la metamorfosi del sacrif ic
ato in sacrificatore: Ogni re africano un nuovo Edipo, che deve rappresentare d i
nuovo il suo stesso mito dall'inizio alla fine, perch il pensiero rituale vede i
n questa rappresentazione il modo di perpetuare e rinnovare un ordine culturale
sempre minacciato dalla disgregazione (18). Dal re si esigerebbe insomma che com
pisse ritualmente quanto ha miticamente compiuto una prima volta. Il tema dell'i
ncesto regale, analizzato da Luc de Heusch, non giocherebbe da questo punto di
v ista che un ruolo secondario, atto semplicemente a rafforzare l'efficacia del
sa crificio - anche se, in alcuni contesti di naufragio rituale, l'incesto ha po
tut o sopravvivere mentre s'inabissava, insieme al sacrificio, il ricordo dell'e
vent
Presso gli abitanti delle lagune della Costa d'Avorio, quando un padre d al figli
o una schiava o una straniera patrilineare portatrice di dote, egli assicura in
teoria la trasmissione simultanea dei principi agnatizi e uterini di cui il det
e ntore alla persona del proprio nipote agnatizio; ottiene questo risultato (che
i n una societ disarmonica corrisponde a vantaggi cumulativi dal punto di vista
del l'organizzazione della produzione e dell'eredit) per mezzo di una specie d'in
cest o simbolico: suo nipote in un certo senso anche il nipote uterino (la schia
va o la straniera non avendo pi un'identit lignatica) e il figlio (dato che ha acq
uista to o dotato egli stesso la madre, la quale chiama pertanto il suo acquiren
te padr e). Questi, del resto, pu ancora eliminare una mediazione e sposare lui ste
sso la schiava o la straniera acquistata (vedi la figura 3 - qui omessa). Le ori
gini del figlio di una schiava sono per connotate in modo peggiorativo nei matril
ignaggi, per i quali, se le donne non servono che a situare gli uni in rap porto
agli altri gli uomini e i loro status, delle virt specifiche si legano nond imen
o alla trasmissione uterina pura. Molti conflitti d'interpretazione sono cos so rti
dalle possibilit offerte ai trafficanti della costa attraverso l'estensione d el
commercio con l'Europa. Un risultato praticamente identico e teoricamente meno
attaccabile ottenuto attr averso il matrimonio preferenziale con la cugina incro
ciata patrilineare nella m isura in cui esso permette di restringere lo scambio
matrimoniale a due lignaggi e di concentrare completamente sulla persona del nip
ote agnatizio le virt e i pr incipi trasmessi dal nonno lungo due linee (vedi la
figura 4 - qui omessa). Ques to matrimonio, che tende alla costituzione di una l
inea di discendenza forte e in tensa, significativamente prescrittivo ma limitato
alle famiglie principesche nel la societ ashanti. Troviamo una rottura ancora pi r
adicale nei reami dell'Est africano: si sa che il principe che accede al potere
deve sposare la sorella agnatizia (una delle figl ie di una delle concubine del
padre), ma non deve darle figli. La regina-madre e la regina-sorella-sposa si tr
ovano cos, per il tempo di un regno, integrate nell a configurazione del potere;
ma nessun vincolo d'alleanza si costituisce e neppu re si profila. La madre e la
sorella-sposa del re defunto scompaiono con lui. La perennit della discendenza a
gnatizia va di pari passo con una relativa indiffere nza nei confronti dell'iden
tit del re: la guerra dei fratelli nemici, alla morte del re regnante, se tende a
d assimilare il potere alla forza (sottomettendolo de liberatamente alla sanzion
e dell'evento), definisce anche i limiti della legitti mit, che non sono quelli d
egli individui ma quelli della discendenza agnatizia. G li uomini che prendono i
l potere non sono mai i figli della sposa del padre; cia scuno condanna alla cas
tit e alla sterilit la madre e la sua sorella-sposa. La sol a stirpe a riprodursi
e a poter essere identificata quella degli uomini: lo scon tro dei fratelli nemi
ci non mette tanto in risalto il valore degli individui, qu anto il primato dell
'identit filiativa legata alla discendenza senza alleanza (ve di la figura 5 - qu
i omessa). Il problema dell'incesto simbolico o reale non ci interessa in questa
sede se no n per il posto che occupa nella teoria e nella pratica del potere, s
otto forme d iverse che hanno in comune di relativizzare la nozione di identit in
dividuale qua ndo essa deve essere applicata alla persona del capo. Colui che co
manda gli uomi ni o che interviene in modo decisivo negli eventi che essi affron
tano si protegg e in qualche modo dall'immensit dei suoi compiti fondando la sua
identit su quella di un'entit pi ampia rispetto all'individuo. Come l'Uomo-Dio dei
cristiani, egli tende, al limite, a riprodurre la persona del suo creatore. Non
nasce veramente. E' gi nato da sempre. Similmente, egli non muore. Ed indubbiamen
te questa l'origine della tendenza a r ammentarci che gi morto da sempre. La nomi
na, l'intronizzazione, l'iniziazione pa ssano attraverso un'immagine della morte
che esprime meno la nascita a un nuovo stato, meno un rinnovamento e una risurr
ezione di quanto non costituisca una pro va il cui esito non viene scoperto che
nelle sorti della vita futura. Al di qua della nascita (alcuni riti, per esempio
quelli d'iniziazione senufo, mettono in scena un nuovo parto) o, lo stesso, al
di l della morte, colui che avanza provoca e si espone. Il colmo della provocazio
ne raggiunto con la morte volontaria del Maestro dell'Arpione presso i Dinka (19
). Il rituale agni ci propone due temi in
trecciati: quello del potere subto e della morte negata (rituale del re), quello
del potere recitato e della morte provocata (rituale del figlio di schiavi); ma
i due rituali sono inseparabili e il rituale del re esso stesso una provocazione
; ognuno sa, malgrado il silenzio ufficiale, che il re morto come ogni altro uo
m o e che il tema della morte negata non , al di l della particolare sorte degli i
nd ividui, che la risposta estrema o l'estrema provocazione del potere: la morte
, i n se stessa, una sfida incessante alla credibilit del potere e all'efficacia
del rito. Allo stesso modo, la morte volontaria dei Maestri dell'Arpione provoca
pi i l futuro di quanto non neghi la morte - giacch tale provocazione non caratte
rizza pi il solo individuo, ma anche la stessa istituzione: Le loro morti devono e
ssere o devono apparire intenzionali, e devono rappresentare l'occasione per una
form a di solennit pubblica. [...] La morte decisa liberamente, bench riconosciut
a come morte, li dispensa in questo caso dall'ammettere la morte involontaria ch
e tocc a agli uomini comuni e alle bestie (20). Mary Douglas, che cita queste rig
he di L ienhardt (21), indica a giusto titolo che l'analisi del rito sfocia nel
problema della sua efficacia. Sennonch, decisamente influenzata da Durkheim, essa
distingue tra l'efficacia mat eriale del rito (la sanzione mediante l'evento) e
l'efficacia propriamente simbo lica (legata all'atto rituale stesso e alla pres
a di coscienza che l'intera soci et realizzerebbe da s in questa occasione). Si ri
trova in questa distinzione una t endenza ricorrente in antropologia: pensare il
rito e l'istituzione, da una part e, per quanto esprimono e, dall'altra, per qu
anto realizzano; a volte accade che questa distinzione, operante all'interno di
uno stesso campo, lo suddivida e si a pplichi allo stesso tempo alle funzioni che le
suddivisioni adempiono agli occhi d egli osservati e all'interesse che esse pre
sentano per l'osservatore; cos la reli gione viene talvolta contrapposta alla mag
ia come l'espressione all'efficacia, e questo in un duplice senso: attraverso la
religione le societ locali si rapprese nterebbero l'ordinamento del mondo e dell
a societ, attraverso la magia i membri d i queste societ riterrebbero di poter agi
re gli uni sugli altri e anche sulla nat ura. Dal punto di vista dell'osservator
e, la religione consentirebbe una buona c onoscenza delle strutture empiriche de
lla societ, mentre la magia consentirebbe d i comprendere le sue tensioni interne
, i suoi conflitti, le sue zone d'ombra. In Mary Douglas la distinzione assume u
na venatura di giudizio in parte morale e i n parte estetica; per lei la preoccu
pazione utilitaristica ha qualche cosa di vo lgare e di interessato a cui non si
pu ridurre il senso del rito; il vecchio Maes tro dell'Arpione che d il segnale p
er essere ucciso non ha nulla dell'esuberanza d i un san Francesco d'Assisi che s
i avvoltola tutto nudo nella sporcizia e fa buo na accoglienza a sorella Morte.
Ma entrambi sfiorano gli stessi misteri. [...] S e taluni sono tentati di consid
erare il rituale come una lampada magica che bast a strofinare per ottenere beni
e un potere illimitato, il rituale mostra loro l' altro lato della medaglia. Se
la gerarchia dei valori era bassamente materialist ica, eccola scalzata, in man
iera drammatica, dal paradosso e dalla contraddizion e (22). E' evidente che, in
queste righe, Mary Douglas costruisce da sola l'opini one che poi si diverte a d
emolire; l'aspettativa che nasce dal rito non ha nient e di basso; quanto alla g
erarchia dei valori, non c' pi senso a chiamarla materiali stica di quanto ce ne sar
ebbe a decretarla spiritualistica; questo linguaggio un po ' banale significa semp
licemente che i riti dinka e il prete dinka sono altretta nto degni d'interesse
e di stima dei "nostri" riti e dei "nostri" mistici. E ne siamo profondamente co
nvinti. Ma la dignit del rito non in nulla inficiata dalla sua finalit prospettiva
. - Il rito come scommessa. C' di pi: questa finalit prospettiva inseparabile dai t
emi trattati dal rito, insep arabile anche dalla sua struttura cerimoniale. Che
inverta o che provochi, che s fidi o che supplichi, il rito fa una scommessa fon
damentale, impegna celebrante e celebrato nella logica irreversibile dell'evento
il cui esito non conosce al m assimo che un'alternativa: la vita o la morte. Po
ich ha il controllo della sua mo rte, il Maestro dell'Arpione insegna ai Dinka qu
alche cosa sul suo potere (deve trattenere l'ultimo respiro affinch il suo spirit
o si trasmetta intatto al succes
sore), qualche cosa sulla loro comunit (sono tutti radunati attorno a lui; Girard
insiste sull'importanza dell'unanimit che presiede a ogni sacrificio rituale di
questo tipo), qualche cosa, insomma, "sul" potere (che supera di gran lunga tutt
e le provocazioni e tutte le "mises" concepibili). Ma questo significato interame
n te rivolto al futuro che lo avverer: l'aspettativa che il rituale instaura rivo
lt a alla persona del successore, alla fortuna della comunit e, per dirla tutta,
all 'efficacia del rito. Di pi: il tempo del rito sottoposto alla logica della to
tali t lineare; ogni tappa del tempo cerimoniale costituisce in quanto tale un gi
udizi o retrospettivo sulle tappe precedenti. La carica di Ayiwe (23), presso gl
i Ibo di Asaba, era una carica essenziale; i suoi diversi altari assicuravano la
prote zione dei cittadini di Asaba (all'occorrenza la loro sopravvivenza quando
veniva no feriti), allontanavano le minacce della guerra o, eventualmente, gara
ntivano la vittoria. Se il detentore dell'ufficio moriva mentre era in carica, s
i suppon eva che avesse infranto uno dei numerosi divieti associati a quest'ulti
ma: la su a spoglia veniva allora gettata nel bosco dell'abominio, e l'infamia che
si legava al suo nome ricadeva sulla sua famiglia per diverse generazioni. In q
uesto modo il rito stesso a recare incessantemente la prova della sua fondatezza
e della q ualit del suo responsabile. La logica dell'evento inscritta nel ritual
e stesso. I riti in generale, e in particolare i riti detti d'inversione, sono d
unque a lo ro volta costituiti nel tempo; non possono essere colti e compresi se
non attrav erso questa apertura sul futuro, questa attesa della risposta e dell
a verit retro spettiva che caratterizzano le pratiche ideologiche. La litote, l'a
llusione, il sottinteso, l'insieme delle astuzie simboliche, la cui ingenuit perv
ersa pu di pri mo acchito sorprendere, si accumulano nelle pratiche d'inversione
che costituisc ono, in qualche modo, un caso limite. Non c' soluzione di continui
t fra pratiche t anto diverse e poste tanto differenziate come non piangere la mo
rte di un gemell o, affidare il proprio bambino a una famiglia estranea, o dare
a un "vodu" i cib i che gli sono proibiti. Tutte queste pratiche sono al contemp
o una risposta all 'evento e, letteralmente, una provocazione nei confronti del
futuro; insieme all 'importanza della posta cresce il ruolo dell'ostentazione ri
tuale; il potere min acciato dall'epidemia o dalla morte ritualizza spalle al mur
o, lascia dire (e in q ualche modo proclama esso stesso) l'arbitrariet del potere
divino e del potere po litico: nel rito d'inversione si manifesta l'altra verit d
ei rapporti sociali, il volto nascosto del potere s'illumina e tuttavia questa r
ivelazione non che un i nvito alla smentita dell'evento. Nel momento stesso in c
ui il potere esprime la sua passivit ed eventualmente la mette in scena, nel mome
nto stesso in cui il tit olare della carica esprime la sua non responsabilit (rif
iutando il titolo che lo opprime), quando la sua stessa individualit si nasconde
dietro le magie della dis cendenza, tutto il sistema del potere si appella contr
o questa modestia e si sot topone alla sanzione di un evento che ha talvolta anc
he la speranza di controlla re o di creare, e il mezzo per farlo: la morte del f
also re agni sanziona logica mente l'intronizzazione del vero re - e, di qui, l'
immortalit del re. L'ideologica, nel complesso, tende all'interpretazione o alla
prevenzione di div erse categorie di eventi. Le strutture ideologiche che abbiam
o appena elencato e analizzato prescrivono l'attuazione intellettuale e sociale
di queste pratiche; esse si combinano in differenti pratiche istituzionalizzate
che dipendono tutte da una sintassi comune, per quanto poi il carattere degli ev
enti che rispettiva mente controllano conferisca loro forme, ritmi e modalit di f
unzionamento diversi . Nella figura 6 (qui omessa) sono rappresentate schematica
mente le diverse cate gorie di eventi che individui, gruppi o la societ nel suo i
nsieme potrebbero dove r interpretare, prevenire o modificare. L'evento in quest
ione pu essere unico o r icorrente, imprevedibile o prevedibile. Ma le combinazio
ni consentite da questa duplice distinzione si complicano per il fatto che un me
desimo evento pu venire c onsiderato come unico o ricorrente a seconda che lo si
consideri dal punto di vi sta di un individuo o di un gruppo determinati oppure
dal punto di vista dell'in sieme della societ. Va da s che una tappa iniziatica o
una malattia ben precisa, che costituiscono un evento unico per un gruppo e per
un individuo, sono dal punto di vista della so ciet eventi ricorrenti; prova di q
uesta ricorrenza sono le costanti del rituale e l'esistenza di una eziologia spe
cifica. Va da s che, se la morte di ogni individ
) nel quale questi consiglia agli ivoriani di aderire alla chiesa metodista wesl
eyana; tuttavia, nel 1928 Salomon Dagri e Jona Ahui, l'attuale papa dello harrism
o ortodosso, ottengono da Harris risposte che negano validit alle dichiarazioni d
e l pastore Benot. L'atteggiamento delle autorit amministrative francesi stato tan
to incerto e ambiguo nei confronti dello harrismo quanto lo era stato nei confro
nt i del suo fondatore. Harris era stato considerato al tempo stesso pericoloso
e u tile. Pericoloso, perch si circondava di cattivi spiriti anglofoni, impiegati
di imprese commerciali giunti da territori assoggettati all'altra potenza colon
iale . Utile, nella misura in cui faceva bruciare i feticci, istintivamente e so
ttilm ente percepiti dai colonizzatori come i loro nemici pi tenaci, utile anche
nella misura in cui, rimandando i suoi fedeli indifferentemente all'una o all'al
tra de lle chiese cristiane, identificava l'adesione alla liberazione e prendeva
atto d ella fine della prova di forza. Dopo aver differito le scadenze, la chie
sa harrista, con l'indipendenza, dovette riconoscere che i tempi erano maturi. E
ssa celebra oggi con entusiasmo la polit ica di sviluppo del presidente Houphout
Boigny. In un certo senso, avrebbe potuto costituire una specie di kimbanghismo
ivoriano. All'inizio ha fatto reclute fra i piccoli "lettrs" (26), per riprendere
un'espressione locale; stata molto vicin a allo R.D.A. (27); inoltre i suoi rap
porti con il cristianesimo sono, come si v isto, molto stretti. Ma, su questo te
rreno, essa ha subto la concorrenza degli st essi protestanti, malgrado il cattol
icesimo apparisse progressivamente nella pol itica della Costa d'Avorio come la
religione del potere. Di modo che, oggigiorno , lo harrismo, diffuso nella met me
ridionale del paese, soprattutto la religione degli emarginati e dei poveri. Di
conseguenza, pare esserci talvolta un contrasto e quasi una contraddizione fr a
la richiesta degli adepti dello harrismo o di coloro che, pur non essendo harr i
sti, si rivolgono ai suoi profeti, e il messaggio ufficiale della chiesa. La ch
iesa harrista non una sola; oggigiorno parecchi profeti pretendono di essere i l
egittimi rappresentanti dello harrismo. Tutti hanno in comune (con il pi importa
n te fra loro, Atcho, autorit laica dello harrismo ortodosso rappresentato da Jon
a Ahui) di glorificare l'azione governativa e di non profetizzare che il present
e. I discorsi ufficiali, le circolari, i sermoni riprendono temi di attualit (lo
sv iluppo, le lottizzazioni, la felicit dell'uomo ivoriano e la profonda saggezza d
el capo di Stato). Lo stile spesso parodistico, le formule stereotipate. Le rive
ndi cazioni immediate (la creazione di una strada, il riconoscimento ufficiale d
elle doti terapeutiche del profeta) sono espresse nella lingua ufficiale, il fra
nces e, e nei termini che sembrano adatti: quegli stessi che il Potere utilizza
per p romettere. Quanto al Potere, esso esita a rispondere favorevolmente alle r
ichieste dei rapp resentanti della religione locale. Certo, il ministro senza po
rtafoglio assiste alla festa annuale del profeta-guaritore Atcho, a Bregbo; il p
rofeta insignito d ell'Ordine nazionale; certo, in principio, si convenuto che u
na cattedrale harri sta dovrebbe figurare a Abidjan a fianco dei nuovi edifici r
eligiosi cattolici e protestanti. Tuttavia, questa cattedrale non mai stata real
izzata (nemmeno le a ltre, del resto), e Bregbo non mai stata riconosciuta come
complemento ufficiale dell'ospedale psichiatrico di Bingerville. Lo harrismo uff
iciale celebra l'avve nto di tempi nuovi, ma gli individui che si rivolgono ai p
rofeti e ai guaritori vogliono comprendere questi tempi nuovi e conoscere la cau
sa delle sventure che li opprimono: sventure di sempre (malattia, sfortuna, mort
e) e sventure moderne (disoccupazione, insuccessi scolastici, rivalit professiona
li). Agli occhi dei no n-harristi, gli harristi rimangono i detentori delle forz
e antiche. Lo schema pe rsecutorio (che invita l'individuo a cercare sempre altr
ove da s la causa delle p roprie eventuali sventure) all'opera nella richiesta ri
volta al profeta Atcho, p roprio come era ed ancora all'opera nell'interrogazion
e del cadavere o nell'accu sa di stregoneria. Il profeta proclama la virt dell'at
tuale felicit, ma quelli che fanno ricorso a lui gli chiedono di spiegare le nuov
e sventure (le quali, del r esto, non comportano la scomparsa delle altre). Cos,
c' sempre dalla parte dello h arrismo, delle sue istituzioni e dei suoi personagg
i una potenzialit sovversiva i ndipendente dalle sue posizioni ufficiali e legata
alla situazione di coloro che ricorrono a esso.
avia, che la storia non potrebbe interamente dipendere dall'attualit e che esiste
un confine fra le metamorfosi storiche di un'istituzione, le quali rivelano pro
gressivamente la sua complessit e le sue potenzialit, e le ricostruzioni arbitrar
i e che modellano il passato sulle esigenze del presente. In ogni caso, l'esigen
za del senso passa attraverso un pensiero del passato. All'estremo limite dittat
or iale di questa esigenza la macchina di Orwell, che cancella o ricompone il pa
ssa to secondo la richiesta del potere. La chiesa non ignora nulla circa la nece
ssit di riscritture. Passato il tempo del la conquista, dei feticci bruciati e de
i battesimi di massa, arriva il tempo del la riflessione, del recupero ideologic
o, dell'elaborazione della storia. In tutt a la letteratura religiosa consacrata
all'etnologia si trovano due affermazioni complementari: innanzitutto, le crede
nze indigene sono interessanti; esse non so no n assurde n irragionevoli; i pagani
credono in Dio; il politeismo solo un'appar enza. Con maggiore o minore abilit e
fortuna, si arriva a scoprire nel dio degli altri tratti che non lo discostano
troppo dal dio cristiano; la letteratura prot estante inglese dedicata agli Asha
nti condisce il "kra" (una delle istanze psich iche dell'individuo) in tutte le
salse, traducendolo con anima o con angelo custode. Seconda affermazione, che comple
mentare alla precedente e ne relativizza la por tata: a un certo punto, il pensi
ero indigeno ha subto una deviazione che lo ha po rtato al feticismo, una specie
di peccato originale supplementare; occorre dunqu e separare il grano dal loglio
, astrarre dal guazzabuglio indigeno gli elementi compatibili con l'idea di un D
io unico e immateriale, e imporre ai nuovi catecum eni un'altra storia. La Bibbi
a, che sia letta o meno, il simbolo del nuovo inizio. Bisogna ripartire da zero,
anche a costo di bruciare le tappe. In materia di religione, ontogenesi e filog
enesi s'identificano. La sorte dell'umanit e quella di ciascun individuo sono leg
ate. Ogni conversione implica, dovrebbe implicare, un cambiamento di sto ria. Si
tratta proprio, anche in questo caso, di rifare una memoria, che elimini quella
vecchia. L'imposizione di un nuovo passato si esprime nel costituirsi di una nu
ova territorialit, di uno spazio (la chiesa o il tempio, la diocesi, Roma) e di u
n tempo (il calendario, le festivit comuni, un percorso individuale - il b attesi
mo, la comunione). La chiesa , da questo punto di vista, rivoluzionaria piu ttost
o che evoluzionista; essa crea in modo rivoluzionario le condizioni di una nuova
memoria che, una volta compiuta la rivoluzione (cadute in un giorno le pot enze
che incutevano timore), torna a essere tradizione e costrizione, verit di og ni
eternit. Occorre sempre un passato di ricambio per fare il cambiamento. Ci son o
sempre vecchi conti da regolare, persino con Confucio. L'esempio ivoriano ci pro
pone delle societ lignatiche inscritte nello spazio (ter ritorio tribale, terreno
del villaggio, terra del lignaggio) e nel tempo (catene genealogiche dove si le
ggono, insieme al gioco delle alleanze, la trasmissione delle eredit, la circolaz
ione delle forze ereditarie, il senso delle reincarnazio ni); esso ci propone al
tempo stesso una visione senza sfumature dell'aggression e occidentale e della d
eterritorializzazione legata all'apparato dello Stato: fisi camente, territorio e
terreno si cancellano per lasciar posto alle grandi tenute necessarie all'esten
sione delle culture industriali; le sigle misteriose dietro alle quali si profil
ano, senza veramente nascondersi, il potere statale e i cap itali stranieri segn
ano il nuovo spazio che non viene pi misurato con il metro de lle frontiere etnic
he o di villaggio. Parallelamente, e ormai in atto da molto t empo, aumenta l'er
osione delle strutture lignatiche, delle rappresentazioni che vi corrispondono e
delle logiche individuali che da esse traevano la loro ragion d'essere. Colpito
fisicamente, il lignaggio si sfilaccia, non s'aggrappa pi alla terra che gli vie
ne sottratta, non coniuga pi tanto facilmente, tanto logicament e, l'alleanza con
gli altri lignaggi; il potere amministrativo e il potere relig ioso (comprese l
e forme sincretiche che non possono svilupparsi lontano dal pote re politico) pe
sano nello stesso senso delle costrizioni materiali (esodo in cit t, disoccupazio
ne, scolarit irregolare) e tendono a creare un individuo solitario affrancato dai
vincoli di solidariet del lignaggio: vietare l'interrogazione del cadavere, denu
nciare o trasformare le credenze nella stregoneria, dimenticare o far dimenticar
e le costrizioni dell'inscrizione genealogica non significa passar e al setaccio
l'intatta profondit del sistema, distruggerne, con un solo gesto, l
a logica e la natura. I tempi nuovi sono giunti, proclama lo harrismo; siamo com
partecipi del peccato originale, ricorda la Bibbia. L'uomo ivoriano, che sia pr
o letario o imprenditore, un uomo solo, suggeriscono i messaggi ufficiali, i reg
ol amenti dei concorsi di reclutamento, il catasto, i procacciatori d'impiego e
la violenza anonima degli edifici di Abidjan. L'ivoriano senza passato. Evocando
questi cambiamenti di tempo, constatiamo la cancellatura delle inscrizio ni e il
gioco apparentemente disordinato delle riterritorializzazioni. Non per ques to ci
siamo avvicinati alle analisi dell'"Anti-Edipo". A dire il vero, ce ne dif feren
ziamo su tre punti che conviene, per concludere, riprendere e approfondire. In p
rimo luogo, l'assiomatica non il privilegio della societ statuale e si pu, pe r es
empio, parlare con rigore di assiomatica di lignaggio. L'opposizione codice/ ass
iomatica non pertinente. In secondo luogo, la struttura simbolica - e la sua eff
icacia repressiva - identica in tutti i tipi di societ. Insomma, la filiazione in
tensiva pu rientrare nel campo di un'analisi diversa da quella dell'"Anti-Edip o"
: lungi dall'essere l'ossessione scongiurata dagli spostamenti dell'Edipo, ess a
pu apparire come l'espressione e la pratica del potere, e non (oppure non solam
ente) come l'evoluzione dell'indifferenziazione originaria ma come l'esigenza li
mite di un potere che per farsi accettare e comprendere (per comprendersi esso
s tesso) deve imporsi come naturale, al limite (e al di l) del senso comune e del
s enso "tout court". - Al di l del senso: la necessit. Le ingiunzioni delle socie
t lignatiche sono arbitrarie. A qualche chilometro di d istanza, nel mosaico lagu
nare, esse cambiano senso, senza che nessuno ne tragga motivo di stupore. Un All
adiano matrilineare e attento alle minacce del suo matr ilignaggio sa che un Did
a, invece, pu temere tutto dal proprio patrilignaggio. Le strategie matrimoniali
e i calcoli economici tengono conto delle molteplici pos sibilit offerte dalla co
mbinazione dei diversi assiomi. Sposare una donna dida al fine di trattare suo f
iglio come un nipote senza permettergli di dimenticare i suoi doveri filiali, da
re al proprio figlio una sposa schiava al fine di attribu irsi a un tempo i diri
tti dello zio e quelli del nonno sulla sua progenie, combi nare, coniugare, mani
polare: questo virtuosismo non possibile se non a partire d a dati discordi, opp
osti e molteplici. Indipendentemente da queste combinazioni, la logica lignatica
di una determinata societ propone una quantit considerevole ( ma niente affatto i
llimitata) di assiomi che combinano a loro volta gli elementi paradigmatici forn
iti dalle rappresentazioni della persona, della malattia, del la stregoneria, de
ll'ordine sociale eccetera. Ritroviamo a questo punto la nozio ne di ideologica
come logica sintagmatica. Ci che conta che la natura di un event o e la posizione
di colui che prende la parola possono invalidare o modificare u na diagnosi o u
n'affermazione che erano state in un primo tempo accettate, e che la riserva di
proposizioni formulabili (non tutte lo sono) abbastanza ricca e v ariegata da co
nsentire tutte le inversioni di formulazione. La posizione di Ego in una costell
azione lignatica gli impone costrizioni e definizioni, ma nessuna costrizione me
ccanica, nessuna definizione automatica. Nulla sicuro, tutto possi bile (giacch i
l limite di questa libert consiste, come nel capitalismo, nella costri zione comple
ssiva del sistema e nella sua gerarchia globale). Gli assiomi hanno sempre un so
ggetto e un oggetto universali; l'assiomatica di l ignaggio, come tutte le ideol
ogie, parla al singolare/plurale. L'etnologo che si accontenta di raccogliere qu
anto gli informatori gli dicono sulle regole di all eanza, di eredit e di success
ione rischia seriamente di comporre un quadro abbast anza distante dalla realt, m
a il discorso che raccoglie non necessariamente ingan natore; per lo meno, non n
ecessariamente destinato a suo uso esclusivo e non lo inganna pi di quanto non in
ganni gli altri, coloro ai quali pi specificamente dest inato. L'individuo si con
cepisce come uomo e concepisce la sua societ come umanit: le regole della sua soci
et si presentano come analitiche o come normative; parla no dell'ereditariet o del
l'eredit, del corpo individuale o del corpo sociale (la d istinzione fra descrizi
one e norma sarebbe estremamente relativa, dal momento ch e quest'ultima traduce
esigenze che sono le stesse dell'essere e dell'esistenza) ; in questo stesso mo
do esse l'aiutano, lo spingono a non definirsi se non come
Oggi, come sempre, per i governanti, ma anche per i governati, si tratta di salv
are la coppia senso/societ; forse significativo, da questo punto di vista, che l
a filosofia, riflessione sull'essenza dell'uomo, faccia posto o assegni un posto
alle scienze umane, riflessione sulla societ. Comunemente si ritiene l'idea di i
n dividuo una creazione occidentale (come se le teorie della persona in quanto c
on divisione e in quanto eredit nelle societ non occidentali comportassero l'assen
za di un vissuto individuale, di interessi e di strategie individuali); ma quest
'id ea non mai stata tanto elaborata quanto nel diciottesimo secolo, al momento
dell a rinascita della filosofia politica, della riaffermazione dell'idea nazion
ale e del corpo sociale. E' che si tratta di relativizzare questo concetto nel m
oment o stesso in cui lo si riafferma; come se esso non fosse stato utilizzato s
e non per ricavarne i principi (libert, uguaglianza) che, in fin dei conti, confe
riscon o senso al "socius" che lo limita. L'aspetto pi puro dell'individualit dal
lato de lla felicit e della fusione con la natura: a esso il diciottesimo secolo
d forma e promette il suo paradiso perduto, la sua isola solitaria; l'individuo p
olitico il cittadino, colui che deve ammettere la necessit logica di un contratto
sociale e l'esistenza di un potere statale che n le rivoluzioni o le restaurazio
ni, n i c olpi di Stato o le destituzioni metteranno in discussione. L'individuo,
una crea zione dell'Occidente? Mai nella storia folle tanto docili e immense av
ranno subto la legge dell'uniforme e del massacro con tanta rassegnazione o entus
iasmo come dal giorno in cui venne diffusa la parola d'ordine di libert individua
le. Parola d'ordine, in effetti. Poich ateo, poich trae il suo senso dalla storia,
lo Stato moderno, intensit assoluta del potere impersonale, gioca con un virtuos
ismo ampli ficato il gioco dell'illusione individuale, del singolare-plurale nel
quale hann o sempre dato ottima prova i poteri politici, fossero anche quelli d
i lignaggio. Non sorprende che i vendicatori di Laio vogliano, con la morte di E
dipo, quella dell'Io e del Super-io. Nessun potere trover da ridire. L'individuo
e il potere r imangono antinomici. Non si pu dar senso all'uno senza toglierlo al
l'altro. Oppur e bisogna destreggiarsi, distribuire, dosare, come fanno gli indo
vini, i chiarov eggenti, i capi di lignaggio o come fanno, altrettanto bene, qui
e ora, i teoric i liberali dell'illusione individuale. Capitolo 3. L'ILLUSIONE
INDIVIDUALE. Liberalismo e repressione. Per ogni sistema sociale, il pericolo l'
individuo, la radicalit della rivendicazi one individuale, l'originalit irriducibi
le. La stessa ideologia contrattuale amme tte, al limite del suo sforzo teorico
di accomodamento con l'esigenza individual e, che la libert di ciascuno finisce d
ove comincia quella degli altri; punto cont rattuale che non definisce confini,
punto di confine che non impone costrizioni. L'INDIVIDUO, L'ISTITUZIONE. L'istit
uzione vive di ruoli e di status, di personaggi di cui l'abito definisce in larg
a misura il valore e quasi l'identit; essa impone a coloro che ne fanno pa rte co
strizioni formali pi forti e pi numerose di quelle subite dagli altri membri della
societ. Queste costrizioni valgono come definizioni e l'opinione comune se ne fa
qualche idea in modo caricaturale, rappresentandosi il carattere e persin o il
fisico del colonnello, del maresciallo, del gesuita e del seminarista. L'es erci
to, la chiesa: al loro interno, l'individuo rappresenta l'antagonista irridu cib
ile e necessario. Essi non possono impedire all'individuo di esistere (non po ss
ono impedirsi di esistere) ma possono giocare sulle modalit e sulle definizioni d
ella sua esistenza; questi alti luoghi istituzionali sono per eccellenza i luo g
hi in cui l'esistenza precede l'essenza: datemi dei bambini, ne far dei soldati.
La vocazione, la chiamata proveniente da un altro luogo, significa anche questo s
uperamento dell'individuo nella sua realizzazione istituzionale; l'ideale di ogn
i corporativismo (l'ordine dei medici, da noi, difficilmente si rassegna a vederl
o indebolirsi senza poter trovare un rimedio) respingere l'individuale in un'ori
g ine che gi e anche un altrove (la vocazione) al fine di realizzarlo in un ruolo
(
eda la sua esistenza; l'ordine inverso non pu essere che maschile; non stupisce c
he la protesta pi radicale sia, di rimando, una protesta sessista: la repression
e individuale ancorata al rapporto dei sessi. Ancora pi evidente che l'esigenza d
i una concezione libera un'esigenza profondamente individuale. Ci non significa c
h e i problemi delle donne non siano anche problemi politici, n che tutte le donn
e abbiano gli stessi problemi; ma i problemi di tutte le donne derivano senza ec
ce zione dal fatto che a esse non dato di essere individui allo stesso titolo de
gli uomini. Nessuna protesta di gruppi era mai stata tanto appropriata al propri
o o ggetto quanto quella dell'M.L.F. (3); in quanto tale e, paradossalmente, per
i s uoi aspetti pi sessisti, che essa supera l'esigenza femminista radicalizzand
o la rivendicazione individuale. Indubbiamente, si potrebbe dire altrettanto - s
enza per questo esaurire il fenomeno - delle rivendicazioni autonomiste. Un'altr
a questione sapere se il gruppo, da solo, non ricominci la societ - perden do qui
ndi una parte della sua individualit critica a vantaggio del suo totalitarism o. Un
regime un po' rigido gli conviene pi di un regime troppo liberale: ingrandi rsi
sarebbe la sua tentazione peggiore, la sua peggior debolezza, ed indubbiamen te
l'istinto di sopravvivenza politica - ovvero, pi giustamente, l'esigenza di ri fl
essione critica - che lo spinge a un'incessante segmentazione. Un partito di p o
rtata nazionale mal si adatta al gioco delle tendenze, ma libera di tanto in tant
o piccoli raggruppamenti che entrano nel gioco indefinito delle fissioni, delle
scissioni e delle ricomposizioni. Il carattere negativo della critica, l'assenza
di proposte, sono questioni comun emente sollevate dai sostenitori dell'ordine
quando parlano a coloro che lo cont estano o, piuttosto, di coloro che lo contes
tano. Il linguaggio della responsabi lit, in compenso - quello dei partiti o dei
sindacati -, parler di volont di dialog o o almeno di confronto, di proposte o alm
eno di controproposte. Questo linguagg io si rivolge al contempo al Potere, all'
interlocutore in rapporto al quale occo rre situarsi, e alla massa (o alle masse:
questa messa al plurale di un termine ge nerale ha paradossalmente l'effetto di
sfumarlo, di individualizzarlo e di nobil itarlo, come se rivolgersi alle masse
popolari fosse rivolgersi a ciascuno di co loro che costituiscono la massa). Nel
la misura in cui questo linguaggio suscetti bile di essere recepito e accolto da
lla massa, esso stabilisce con l'interlocuto re ufficiale, il Potere, una sorta
di connivenza, un altro dialogo (quello vero) al di qua e al di l del linguaggio.
Beninteso, ci che dico conta soprattutto per quel che viene inteso dal nostro pu
bblico comune. I grandi dialoghi politici (co mpresi i grandi scontri) contano p
er i loro sottintesi - sottintesi che non pogg iano sul tenore del discorso, ma
sul suo pubblico. Un ministro degli Interni non farebbe proprio l'anticomunismo p
rimario e logoro in una conversazione privata, m a in una conversazione di questo
tipo egli ammetterebbe forse che conta innanzit utto l'interesse della question
e esposta pubblicamente. Perci, su questo piano ch e gli verr risposto; anche i di
rigenti del P.C. parlano di anticomunismo primario , quasi riconoscessero la pos
sibilit di un comunismo secondario o superiore. Sapp iamo bene che non lo ammetto
no - lo si vede chiaramente in occasione di altri di battiti - ma il discorso es
plicito deve sempre essere rivolto al terzo termine, a quella maggioranza che se
mpre silenziosa in queste occasioni, a cui bisogna fa r percepire, sperare di fa
r percepire, la non credibilit del discorso dell'avvers ario rispetto ai propri c
riteri di credibilit: come discutere seriamente con un P otere tanto incoerente?
A quali miserie si ridotto! Eccetera. Questo scarto fra il linguaggio politico e
il linguaggio pubblico abbastanza riv elatore. Fra tendenze politiche la discus
sione argomentata (sar facile per la pro paganda avversaria presentarla come spec
iosa, sofisticata, distante dalle realt); n el dibattito pubblico le differenze ven
gono meno: le coalizioni maggioritarie al potere concordano nel dirsi unanimi; q
uando rivelano un punto di disaccordo per ch il loro dibattito interno gi molto av
anzato. La sinistra usa a sua volta, quand o occorre, questo linguaggio unanimis
ta, e non fa eccezione per l'estrema sinist ra che, in tempo di elezioni, parla
indifferentemente con la voce di Krivine o d i Laguillier (4), prima di ritornar
e ai suoi veri dibattiti. L'individuo - la te ndenza - riconosciuto nel dibattit
o professionale, tecnico, specialistico. Ma co n la massa (le masse non organizz
ate) si viene rinviati all'individuo gregario. Questo sarebbe il momento per int
rodurre la questione se la vera distinzione fra
destra e sinistra non passi per una diversa definizione del ruolo del partito, d
el programma e dell'educazione. Certo che l'indifferenziazione viscerale e greg
aria serve il Potere, quale che sia, e tutte le sue forme istituzionali. Ma anch
e certo che essa serve in primo luogo il capitalismo. Oggi di buon gusto non ev
o care le differenze fra le democrazie popolari dell'Est e le societ liberali del
l' Ovest se non in termini tecnici: capitalismo di Stato in un caso, capitalismo
pr ivato nell'altro, dove la relativit della distinzione dipende dalla forte pre
senz a nel mercato mondiale e da un espansionismo certo nel primo caso, dal ruol
o dir igenziale e spesso dirigistico dello Stato nel secondo. Non sacrificheremo
qui c he il tempo di una parentesi al punto di vista di Sirius, alla tentazione
di una scorciatoia storico-sociologica (che consente ad alcuni di mettere sullo
stesso piano capitalismo europeo e capitalismo americano, socialismo e capitali
smo, o ancora bande di cacciatori-raccoglitori indiane e lignaggi africani): dal
punto di vista della libert individuale, e in nome del primato delle libert reali
sulle libert formali, il potere di sinistra in quanto tale tende indubbiamente a
una su reducazione, a un'integrazione ragionata, iperragionata, in un sistema d
i costri zione logica, di verit storica (e in questo senso totalitario); in nome
del prima to delle libert formali, il potere di destra tende a una sottoeducazion
e, all'int egrazione con dolcezza, che va da s, in un sistema di necessit evidenti
e naturali ; il socialismo, indubbiamente, differisce la scadenza rivoluzionari
a totale e l a riconciliazione delle libert; ma il capitalismo che riafferma ince
ssantemente e suggerisce indefinitamente che tutto va gi per il meglio nel miglio
re dei mondi possibili, identificando il necessario e il possibile, il minimo e
il massimo, i l desiderio e la legge; in questo senso, oggi come ieri, la natura
a destra. ISITTUZIONE, FUNZIONE, DOMINAZIONE. Ritroviamo a questo punto l'ogget
to di questo saggio, che di analisi sociologica e non di proposizione politica per quanto questa distinzione sia possibile e sostenibile: suggerire che l'effi
cacia ideologica e le strutture di repressione simbolica (nella misura in cui qu
esto termine connota simultaneamente quelli d'i ntegrazione individuale e d'inte
grazione sociale) siano omologhe in tutte le for me sociali , in parte, ritornare
a Durkheim, analizzare l'ideologia come una cost rizione strutturale indifferen
ziata, non farne n il prodotto n la posta della lott a di classe, grossomodo cader
e sotto il colpo delle critiche che Rancire rivolge ad Althusser (5); anche oppor
si ad alcune analisi dell'attuale antropologia gene rale (molto generale!) le qu
ali, rimproverando al marxismo, da una parte, di cre dere al senso della storia,
dall'altra di proiettare sulle societ primitive le cate gorie che gli servono per
analizzare la nostra societ capitalistica, non sono poi da meno nel fare di quest
e societ (che si guardano bene dal descrivere e dal loc alizzare) l'immagine inve
rtita della nostra, il ricettacolo privilegiato di un a rmamentario simbolico su
scettibile di aiutarle a scongiurare la comparsa della le gge (Baudrillard) (6). R
itorneremo in seguito all'allegrezza teorica che permette di coniugare il simbol
o e l'ossessione per rifiutare il senso alla storia. Rest a il fatto che, per qu
anto le produzioni della meta-antropologia contemporanea s iano rigorose e docum
entate in modo disuguale, esse hanno in comune (7), in nome della differenza irr
iducibile, la tendenza a contrapporre un tipo di societ a un altro, e pi esattamen
te una categoria ideologica a un'altra, il codice all'assio matica (Deleuze) o i
l simbolo al segno (Baudrillard). Noi cerchiamo qui di rifiu tare tutte le contr
apposizioni che sono appena state ricordate; se la logica ide ologica sistematic
a, le costruzioni (comprese le costruzioni nel senso grammatic ale del termine)
ideologiche possono al contempo dipendere da strutture omologhe e costituire del
le pratiche antagoniste, essere al contempo strutturate e struttur anti; possono anc
he essere passibili dello stesso tipo di analisi, quali che sian o le forme di s
ociet, dal momento che costituiscono queste forme e che hanno in c omune, attrave
rso la molteplicit delle loro differenti realizzazioni formali, il fatto di dire,
imporre e istituire l'integrazione differenziale degli individui nel corpo soci
ale - il che implica anche un modo di dire e di istituire l'indivi duo. Non si t
ratta allora di analizzare le "funzioni" dell'ideologia (funzioni d 'integrazion
e eccetera); non c' l'ideologia "e" le sue funzioni, la societ "e" l'i
altri, si ritiene pensino gli imprevidenti a cui viene ricordato come, al contra
rio, siano parti in causa negli incidenti degli altri. Questa colpevolizzazione
intensa ed estesa, le moralit parziali e vigorose che tali debolezze suscitano in m
olti (i quali denunciano le imprudenze o l'incapacit degli altri e li giudicano
i n base alla loro condotta) (20) non interessano al Potere fino al momento in cui
, come dicono quelli che ne hanno diverse, ciascuno ha la sua macchina. Poich la ma
cc hina, questo sogno di evasione individuale, di libert individuale, si generaliz
za, essa deve essere luogo e materia di repressione; nulla di quanto individuale
pu e ssere estraneo al Potere, e la condotta automobilistica un'espressione dell'
inti mit individuale; essa tradisce il nervosismo o traduce il sangue freddo, si
fa me no sicura di s con l'et; prolungamento del corpo (maschile, il pi delle volte
), la guida uno stato d'animo. Facile quindi immergerla nei simboli repressivi;
la mac china simbolica della prevenzione-repressione stradale coi suoi segni imp
erativi si rivolge a tutti e interpella ciascuno. Gli agenti in moto che Cocteau
aveva trasformato in angeli della morte spuntano d'un tratto nei retrovisori; i
l fluss o delle macchine rallenta, si dispone in file, si mette in ordine; ognun
o, quind i, teme di essere quello che un gesto imperativo sta per sottrarre dal
flusso e che sa (malgrado, a volte, i dinieghi, le spiegazioni, le proteste educ
ate) di a vere torto, che sa come una mancanza recente e gi quasi dimenticata, me
ssa da par te, lo incalzi da dietro, lo sorpassi e lo blocchi nella sua individu
alit una vol ta tanto riconosciuta, ma riconosciuta colpevole. Fermato, pu liberar
si per un mo mento della cintura che lo fissa al suo posto e nel suo ruolo (sicu
rezza obbliga toria, tant' vero che n la sua salute n la sua vita gli appartengono:
esse ci costa no abbastanza care), ma non se ne libera che per soffiare in un p
alloncino, per esprimere con un sospiro il suo grado di alcolizzazione e di colp
a. Respiro e sp irito ancora confusi sono l'oggetto di un giudizio di Dio, da cu
i l'individuo us cir discolpato solo se i rivelatori che gli insegnano a conoscer
si non cambiano c olore. Tutte le sostanze che penetrano nel corpo si prestano a
l trattamento ideologico - tutto ci che si ingoia o si fuma, s'insinua, si mescol
a al sangue e al respiro o rode i polmoni, il fegato, le viscere: le analisi deg
li escrementi e delle sec rezioni, le analisi del sangue e le radiografie rivela
no strane presenze interne , e il male cresce nel corpo come il frutto di una mo
struosa fecondazione. Masch ile o femminile che sia, il corpo si lascia penetrar
e e invadere. Che una nota d i biasimo si leghi al consumo di certe sostanze (e
le conseguenze supposte nefas te della loro assunzione bastano alla formulazione
di questo biasimo): l'evidenz a della sofferenza far il resto - il resto, cio l'i
dentificazione del male fisico e del male morale. Tuttavia (per quanto riguarda,
per esempio, l'alcol e il taba cco), da una parte questa sofferenza pu essere qu
ella degli altri, dall'altra gli inviti al consumo sono molteplici. Per colui ch
e beve senza danno, l'apprension e sostituisce la sofferenza (mantenuta a volte
dalla fitta fuggevole in un punto a sinistra, a destra, un po' pi in basso, o dal
la palpazione disincantata di un dottore che ne ha viste ben altre) e la commise
razione sostituisce la colpa (for te del sostegno di una pubblicit che invita "an
che" a bere: chi beve, beve con ra gionevolezza e in ogni caso meno di un altro
che, invece, un incosciente). Cos si delinea lo spazio angusto in cui prova a inf
ilarsi con un po' di vergogna l'ind ividuo stretto fra prescrizione e proscrizio
ne, malato di desiderio - malato di un desiderio di cui gli viene detto a suffic
ienza che non ne conosce se non le m etamorfosi estreme (beve per dimenticare),
un desiderio che non riesce a definir e e rifiuta di qualificare, come sempre. E
' cos che si sviluppano le provocazioni-repressioni della societ liberale; gli sn
obismi non nascono se non con lo snobismo inverso e contrario; la crescita dello
snobismo gastronomico si accompagna all'ossessione della linea. Il vecchio cogn
ac un simbolo di virilit, ma solo la purezza delle acque minerali garantisce que
s ta propriet interna il cui pensiero apparenta Evian a Lourdes e la cui ossessio
ne conforta le grandi equazioni nosologico-repressive: pulizia = purezza, malatt
ia = male. Il cuore dell'uomo pieno di immondizia, scrive Pascal. Vittel, Contre
x, Perrier rincarano la dose: tutto il corpo dell'uomo pieno di immondizia, di t
os sine che lo invadono, lo appesantiscono, lo bloccano. La pubblicit per le acqu
e m inerali accosta, in disegni approssimativi o fotografie ritoccate, l'uomo ch
e fa
bene pip, con un getto la cui parabola esprime un'arrogante virilit, a colui che n
ulla pu e il cui volto esprime con sufficiente chiarezza come sia roso dalla sti
zza e dall'angoscia. Queste immagini toccano abbastanza da vicino l'intimit biolo
gica ed evocano malattie abbastanza frequenti e dolorosamente reali, mortali, a
f finch la loro subdola efficacia sia fuori di dubbio: su parecchi tavoli di bevi
to ri di vino, una bottiglia d'acqua minerale non iniziata, o appena iniziata, s
con giura l'angoscia, simbolo feticcio di una societ dei consumi contrari. Consum
i al plurale, dato che l'opposizione non fra consumo e astensione bens fra consum
o vo lgare e consumo di lusso: consumare meno consumare meglio o pi caro. L'acqua
mine rale pi cara del vino da tavola, il pane dietetico pi caro della "baguette", i
prodo tti scremati pi cari degli altri, le sigarette senza nicotina pi care delle
Gauloi ses. Queste differenze non sono prive di effetti. E' chiaro che il binom
io prescrizione/proscrizione, il "double bind" (21) di cui parlano i sociologi,
non nasce dal complotto deliberato di qualche volont sogget tiva: il monopolio Re
nault, il ministro degli Interni, il monopolio dei tabacchi , Gault et Millau ec
cetera. Ma questi nomi sono anche il simbolo di un sistema d i segni e di costri
zioni; designano altrettanti portavoce di un'ideologia di fun zionamento (indivi
duale e sociale) le cui configurazioni contano tanto quanto i temi; i temi hanno
in comune il fatto di toccare l'intimit biologica dell'uomo e dunque di concerne
re specificamente ogni singolo individuo, giacch trattano del c onsumatore in gen
erale, del consumatore al singolare/plurale; le configurazioni hanno in comune l
a loro polarit. Nella nostra societ senza obbligo religioso le co ntraddizioni ind
ividuali, che sono tutte delle figure del rapporto con gli altri (l'un-l'altro,
interno-esterno, piacere-sofferenza, vita-morte, desiderio-altro desiderio), son
o sufficienti, come nelle societ lignatiche, all'elaborazione e a ll'efficacia de
lla costrizione sociale. SAS O LA PERFEZIONE PER ADDIZIONE. L'eroe della lettera
tura di massa, cio dei romanzi di spionaggio, ha la caratteri stica di cancellare
le contraddizioni. Superindividuo, raggiunge la perfezione p er addizione. Prod
otto del consumo eccessivo (SAS, OSS 117 fanno tirature record e ravvicinate, e
ogni copia letta da molti), il superuomo del consumo l'eroe di tutti i consumi,
uomo dell'accumulo, non della contraddizione. SAS viene sempre dipinto in modo r
ealistico; principe e agente segreto ma non per questo meno uo mo: le sue armi,
le sue bibite, i suoi itinerari e le sue attivit sessuali costit uiscono l'oggett
o di descrizioni tecniche e minuziose; nessun dettaglio delle su e avventure inv
erosimile; l'inverosimiglianza, non immediatamente percepibile, n on nasce che d
all'accumulo incessante di performance incompatibili o contradditt orie; nell'im
mediato questo accumulo si presenta come il culmine della virilit, d el coraggio,
dell'intelligenza. SAS un essere naturale; la sua spigliatezza non acquisita, l
ui di razza; tuttavia la sua naturalezza deriva anche da un accumulo di saperi;
padroneggia tutte le tecniche; la sua cultura non si limita alla con oscenza del
la sua panoplia professionale; spara con il fucile, con la pistola, c on il bazo
oka, guida macchine, aerei, elicotteri, ma parla anche diverse lingue, conosce i
l cuore dell'uomo e conosce i retroscena della politica mondiale. In l ui sovran
naturale e sovraculturale si confondono. Sfugge alle costrizioni fisiol ogiche;
certo non privo di debolezze - bisogna che rimanga umano; gli capita di farsi in
trappolare, di perdere una battaglia, di soffrire, di farsele suonare e fa rsi rovi
nare; ma recupera all'istante e ritrova, con il suo dinamismo, la sua presta nza in
tatta e senza macchia. Fa l'amore per umanit, all'occasione, e non senza co ndisc
endenza, non avendo mai incontrato donna che non anneghi subito nei rifless i do
rati del suo sguardo chiaro; non si pu negare che abbia solo l'imbarazzo dell a s
celta; non conosce affatto l'imbarazzo e non sceglie che il suo momento; sedu ce
tutte le donne - per tenerezza, per sadismo, per caso - ma generalmente padro n
e del suo desiderio si sa anche astenere, a costo di far soffrire quelle che so
gnano di essere appagate da lui, che si offrono a volte per spiarlo o per tradir
lo ma il cui piacere, certo, non inganna. Almeno in via generale, da qualche te
m po SAS diventato forse pi passivo e al tempo stesso pi sensibile alle grazie fem
mi nili, anche esotiche; nei suoi ultimi romanzi subisce pi con sorpresa che con
con
senso libert che qualche anno fa non avrebbe tollerato. Ne subisce pi di quante no
n se ne prenda. Ma ci non va visto come un effetto dell'et: SAS immortale e non i
n vecchia; egli segue l'attualit, da Cuba al Libano, dallo Zaire al Cile, ma sono
g i pi di dieci anni che si mantiene all'apice della maturit conquistatrice (quara
nt' anni...). Semplicemente, segue la moda cos come l'attualit; diventato, anche l
ui, un consumatore di erotismo, un "amateur" di esibizionismo, di colpi di frust
a e fellazioni. Anche in questo campo tenuto a essere esemplare e a non vivere d
i im maginazione. Tutti questi episodi gli passano sopra senza lasciargli un seg
no. S enza memoria n fatica, egli si ritrova nuovo al principio di ogni capitolo.
Distribuisce la morte come l'amore: senza piacere n compiacimento, ma generosame
n te. Esplode in ogni istante (pioggia di sperma, di pallottole, di colpi) ma al
r iparo dalle conseguenze. Non uccide se non costretto. In queste occasioni pro
va un profondo disgusto per ci che fa, che piuttosto un disgusto per coloro che u
cci de. La morte degli altri deriva da una necessit che a volte favorisce senza p
er q uesto confondersi con essa, ma i morti stessi - vili, delatori, traditori,
sadic i - sono ignobili e brutti: l'orrore dei cadaveri esprime il fetore delle
anime; e quei morti, spesso, sono di colore o, peggio ancora, meticci - meticci,
sangu e misti immischiati in ci che non li riguarda e che vogliono, tuttavia, cr
edersi parte in causa. SAS razzista, di un razzismo che trasuda a ogni pagina ma
non ma i oggetto di teorizzazione, che sembra scaturire in modo naturale dalla
triste c onstatazione delle evidenze; diciamo che SAS meno razzista del suo auto
re, Nettu no di questo oceano di sesso e di sangue dove naviga la fragile barche
tta della libert che minaccia a ogni momento di finire nelle mani viscide di liba
nesi libid inosi, di neri bestiali, di asiatici viziosi, di uomini panciuti dal
sorriso cru dele, sensuale e scaltro, ma trasudante angoscia quando la paura fa
stralunare i l loro sguardo sfuggente, quando, precedendo di una frazione di sec
ondo la pallo ttola precisa della sua pistola ultrapiatta, li trapassa lo sguard
o d'acciaio di Sua Altezza Serenissima. Allietano questa fauna, riposo del guerr
iero, fantasma del lettore, esca eterna della spia, a momenti tanto cieca quanto
Guignol davan ti al gendarme, delle donne, tutte le donne, ammirevoli creature,
sensuali per d efinizione, animali per natura, sopraffatte dagli eventi, domina
te da un corpo ( corpo splendido, sodo, provocante) con cui credono di poter gio
care fino al mome nto in cui restano vittime delle sue esigenze (corpo insaziabi
le, affamato, bruc iante) o dei colpi a volte mortali, sempre gravi, della forza
maschile (corpo an sante, slogato, abbattuto, deformato-ripugnante). L'umanit es
otica non che il sottoprodotto dell'umanit; la femminilit non che il sot toprodott
o della mascolinit. Fascismi esotici e comunismi esotici hanno in comune la loro
essenziale mancanza di seriet: essi abbozzano in politica una pretesa di efficaci
a occidentale tanto ridicola quanto la pretesa pi fondamentale della sot to-umani
t esotica di umanit "tout court" e di bellezza, in confronto allo splendor e senza
pari del grande sogno biondo nordico. Alcuni abbozzi pi riusciti (SAS ha sempre
il suo cubano, il suo libanese e anche il suo negro) non attenuano in nulla il maniche
ismo complessivo; allo stesso modo, alcune donne raggiungono talvolta la grandez
za virile. In questa giungla vischiosa, che gli ispira necessariamente pi disgust
o e indifferenza che odio, SAS, temibile felino, s'aggira silenzioso e at tento,
senza curarsi delle erbe che calpesta, dello spavento che sparge, della p reda
che abbatte. Cerca la sua vera preda, la quale pu farsi cacciatore. Angelo s term
inatore, Ponzio Pilato del grilletto, san Michele Karateka, uccide senza spo rca
rsi le mani, senza mettere altra attenzione che quella tecnica, fino al giorn o
in cui si scontra con altri grandi rappresentanti della lotta dei valori che, pu
re loro, hanno seguito la pista. Certamente la lotta politica; SAS un agente d e
lla CIA, ma i grandi agenti segreti dell'Est e dell'Ovest hanno in comune la lo
ro calma autorit, la forza fredda e la determinazione. Si conoscono e si stimano,
individuano e apprezzano da conoscitori le tracce delle loro rispettive imprese
. Neppure la spia sovietica uccide volentieri, essa possiede la stessa eleganza
felina e raffinata che fa il fascino di SAS - l'eleganza prodotto di cultura, m
a che esprime una superiorit di natura, quell'eleganza che d la stirpe: fra di lor
o si stabilisce, se non una simpatia, almeno la complicit delle grandi fiere. Di
questo mondo senza Dio, questi eroi sono i santi laici e senza fede; il solo dio
a essere evocato (il Vecchio, il Padrone a capo dell'organizzazione) colleri
co e cinico come un dio omerico; il solo vero dio la necessit, l'ineluttabile iro
nia che impone la vita agli uomini, la societ all'individuo e l'Occidente al mon
d o. Ma la ragione di queste insensatezze non si discute. SAS non offre ai suoi
le ttori lo spettacolo debilitante della minima crisi di coscienza; se gli succe
de di preferire i suoi avversari ai suoi alleati, fa in modo di aiutare i primi
sen za tradire i secondi. Le sue occasionali qualit - un'ombra subito fugata di s
tanc hezza, un pizzico di scetticismo, la sensibilit alla bellezza d'un viso, al
fasci no d'un bambino, alla crudelt della vita - lo distinguono sottilmente dai s
uoi om ologhi e rivali, pi meccanicamente duri, pi rigidamente convinti della bont
della l oro causa, pi settari e meno morali. Cos, la causa senza ragione per la qu
ale si b atte appare progressivamente giustificata: ha l'evidenza di fatto di un
a realt na turale e l'esistenza di diritto del male minore; ha per se stessa ques
ta parvenz a di distanza e di humour che mostra il suo agente speciale, il quale
ne relativ izza la fondatezza ma al tempo stesso la addobba con le grazie insid
iose dell'in telligenza. Mai tanto brutale quanto potrebbero far credere le sue
funzioni, mai tanto debole come potrebbero far credere le situazioni d'impotenza
in cui a vol te si trova, SAS un seduttore; non mai quello che si crede; quando
la sua masche ra cade, lui non rivela che un'altra maschera; come i dottori, sa
che meglio nas condere la verit a coloro che non la possono sopportare e mente p
arecchio a color o che ama un poco; ma nulla, nel suo gioco, assomiglia allo scr
upolo o all'indec isione. Nemmeno le incertezze della pratica lo sottopongono al
la prova della con traddizione. Beve e fa a pugni, fuma e corre, mangia e nuota;
il suo corpo glori oso a immagine del suo spirito, che non conosce n la fede n il
dubbio. Come non de siderare questa invulnerabilit? Ma come immaginarla? Immagin
e deludente di una pe rfezione irraggiungibile, Malko, Coplan, Bonnisseur de la
Bath ignorano in modo cos provocatorio le leggi della gravit biologica e sociale,
disprezzano in modo co s superbo il binomio prescrizione/proscrizione (obbediscon
o sempre ma si concedon o tutto) che ne ricordano e ne esprimono in ogni istante
la necessit per tutti gl i altri. I loro autori, del resto, aspirano a loro volt
a allo humour e invitano a sognare allegramente i fantasmi che essi destano. LOG
ICA LIGNATICA E LOGICA DELLA SOCIETA' DEI CONSUMI. Questo uno-due repressivo, ch
e scongiura e conforta l'eroe della letteratura a u so popolare, Baudrillard l'h
a descritto nella "Societ dei consumi", dove, gettand o le premesse della sua cri
tica dell'economia politica del segno, analizza alcun i temi del codice repressi
vo liberale. Ma gi la lettura della "Societ dei consumi" ispirava un senso misto d
i piacere, di interesse e di fastidio di cui la letter atura meta-antropologica
doveva, di l a poco, aiutare a precisare le ragioni. Bau drillard evoca, per esem
pio, il tema dell'automobile e della circolazione, e deg li imperativi contraddi
ttori a esso attribuiti ([...] promozione senza limiti del consumo individuale, a
ppelli disperati alla responsabilit collettiva e alla mora lit sociale, obblighi s
empre pi pesanti...) (22). Egli collega questo contrasto al fatto che il consumato
re gi, poich consuma, all'apice della responsabilit sociale: non gli si pu chiedere
un'altra forma di responsabilit senza creare una contraddiz ione. Questa contradd
izione verrebbe d'altronde percepita in quanto tale dal con sumatore, almeno in
modo confuso: I milioni di consumatori, in virt di una qualche parte del loro subc
osciente sociale, hanno una specie di intuizione pratica di questo nuovo stato d
el lavoratore alienato, essi quindi traducono spontaneamente come mistificazione
l'appello alla solidariet pubblica, e la loro tenace resiste nza su questo piano
non fa che tradurre un riflesso di difesa "politica" (23). L' automobile , in eff
etti, uno di quei settori autonomi, parcellizzati, dove la repre ssione pu funziona
re per il Potere con tanta pi efficacia da presentarsi immediata mente come apoli
tica. La contestazione del consumatore (e per esempio i segnali che si fanno gli
automobilisti con i fari, come tante strizzatine d'occhio compl ici, per avvisa
re della presenza della polizia lungo la strada) si disperde, si smorza e perde
vigore, per quanto lui accetti la separazione di generi che gli v iene imposta:
io sono un oppositore, ma vado troppo veloce. E se vero che l'ecce sso di veloci
t non deriva da una guida rivoluzionaria, anche vero che la repressi one polizies
ca sulla strada rappresenta, prolunga o precede una repressione pi pr
ofonda. E un po' ci che sottolinea Baudrillard quando nota: Non sommergendo gli in
dividui sotto il comfort, la soddisfazione, lo standing che il consumo smorza la
virulen za sociale (ci legato alla teoria ingenua dei bisogni e non pu rinviare c
he all'as surda speranza di rendere le persone pi misere per vederle ribellarsi),
piuttosto "addestrandoli alla disciplina inconscia di un codice" [...] (24). Ma
questo cod ice, non forse esattamente quello di ogni sistema sociale, il codice
del potere, del sapere e della parola, l'ideologia? Baudrillard stesso stabilisc
e il parall elo fra i rituali gerarchici o religiosi delle societ primitive e il co
nsumo che pu s ostituirsi da solo a tutte le ideologie e, alla lunga, assumere da
solo l'integr azione di tutta una societ (25). Questo parallelo, affrettato e freq
uente nella "S ociet dei consumi", deve metterci in allerta. E' degno di nota che
i paragoni con le societ primitive vengano cos spontanei a un autore che intende
evocare i carat teri specifici della societ dei consumi, salvo non menzionare l'e
conomia delle so ciet primitive, come alcuni meta-antropologi contemporanei, se n
on a partire dall 'unico articolo di Marshall Sahlins scritto in francese, dove
quest'ultimo si az zardava a qualificare i cacciatori-raccoglitori, condannati d
al loro stile di vi ta al consumo immediato, come prima societ dell'abbondanza (26)
. Non si possono pre ndere le societ primitive come esempio di una cosa e al temp
o stesso del suo cont rario, postulare contemporaneamente a loro riguardo la fun
zione integrativa dei riti e la trasparenza dei rapporti sociali: affermare che
il consumo una forma i deologica specifica non equivale ad affermare che esso co
stituisce un'ideologia del potere strutturalmente e funzionalmente diversa dalle
altre: anzi, il contra rio. Del resto, l'individualit di sintesi, il cui sviluppo,
per non dire la genesi, vien e legato da Baudrillard all'azione della pubblicit,
non pu non evocare qualcosa di gi noto, di gi incontrato. L'astuzia della pubblici
t, ci dice Baudrillard, consist e nel fatto che essa non si rivolge mai all'uomo
solo, ma all'uomo nella sua rela zione differenziale: [...] essa convoca sempre i v
icini, il gruppo, l'intera socie t gerarchizzata nel processo di lettura e di int
erpretazione, nel processo di sfr uttamento da essa instaurato (27). Ma arrivare
a ognuno in funzione degli altri, identificare assimilando, non forse il process
o stesso di ogni ideologia? Baudri llard commenta una formula pubblicitaria super
riflessa: Personalizzate voi stessi i l vostro appartenere a voi stessi! (28): per
lui, la persona, in quanto mito della tradizione occidentale, appena stata spazzata
via dal nostro universo funzionale ( 29). Si prova a ricostituire questo essere,
perduto a causa della forza dei segn i, con la logica delle differenze moltepli
ci ma non infinite degli oggetti di co nsumo: si personalizza la macchina, il co
lore o il taglio dei capelli eccetera; ricostituendo a partire da questi diversi
elementi un'individualit sintetica e ar tificiale. Ma non forse normale che la p
ubblicit ci presenti come dato il risulta to a cui mirano tutte le ideologie? Ind
ividui che sono cos simili da dover rivend icare la loro identit (anche se sono co
s diversi da credere alla loro somiglianza) . Anche il membro del lignaggio si de
finisce mediante la somma delle costrizioni poste dall'entourage. Bisogna allora
pensare che l'ideologia del consumo agisca in senso contrario al cristianesimo
quando esso erode le articolazioni della so ciet lignatica? Il cristianesimo canc
ella le differenze legate all'inscrizione de ll'individuo nel tempo e nello spaz
io; deterritorializza. Ma queste stesse differe nze si trovano in relazione sistem
atica: l'una si definisce per mezzo dell'altra ; il registro delle differenze no
n illimitato e le strategie sociali contribuisc ono a creare situazioni: se l'in
dividuo del lignaggio quello che , perch "dov'", al l'incrocio delle linee di sangu
e e di forza, dell'alleanza e della discendenza, dell'ereditariet e dell'eredit. L
'ideologia lignatica intrattiene con l'individuo un rapporto paragonabile a quello
che l'ideologia del consumo intrattiene con l'in dividualit di sintesi; il "bric
olage" sintetico parte del suo discorso esplicito. Inoltre, n l'anonimato del con
sumatore n quello del soggetto (30) di lignaggio (cos come lo ritraggono le teorie g
enerali e "a priori", indifferenziate, dell'eredit ariet, della malattia o della
morte) stanno a significare l'indifferenziazione de lle situazioni. Da nessuna p
arte le teorie della persona parlano degli individui reali pi di quanto parlino d
ei rapporti di forza sociali di cui esse sono un ele mento.
della realt sociologica, nonch quelli della pi pura libert individuale: ciascuno pu s
comparire; questa cancellazione non n un'analisi n un programma. Rousseau, lui, qu
alsiasi cosa si dica, si guardato dal proiettare sui selvaggi (ch e egli non ident
ifica con il primo stato di natura) il suo desiderio di fuga, il suo rifiuto del
presente, i suoi sogni di fusione e di effusione. Le societ che gli etnologi stu
diano non offrono l'esempio di una individualit spezzettata o con divisa, di una
maggior prossimit a qualche intensit prima. Che siano diverse, evid ente. Che sian
o altre, una menzogna. Ogni individuo vive la sua storia con quella degli altri
e muore solo. Il Potere per sopravvivere a questa contraddizione cerca di farne
la sua materia. La stor ia di questi tentativi, di queste logiche, la storia del
Potere: la storia. NOTE. INTRODUZIONE. Nota 1. "Tierc": gioco pubblico di scomme
sse settimanali basato sul pronostico de i primi tre classificati in una corsa.
Nota 2. Merlin-Plage: luogo di villeggiatura in Vandea, sulla costa atlantica. N
ota 3. Il gallo e il cardo sono, rispettivamente, emblemi della Francia e della
Scozia, e in questo senso sono stati utilizzati nel mondo sportivo. Nota 4. Vert
s: squadra di calcio del Paris Saint-Germain. Nota 5. Parc de Princes: stadio di
Parigi. Nota 6. E. Durkheim, "Forme elementari della vita religiosa", trad. it.
Edizioni di Comunit, Milano 1963, p. 7. Nota 7. [...] dans leur savoir-faire et d
ans leur savoir-dire, au sens fort du te rme: dans leur savoir-vivre. Nota 8. Jeu
du repoussoir et du faire-valoir: letteralmente, gioco del respingere e del valori
zzare. Nota 9. Con questa espressione s'intendono quei filosofi la cui riflession
e si c ostruisce in parte a partire dai materiali forniti dall'antropologia soci
ale; pr esso alcuni etnologi questa riflessione filosofica sembra dominare la de
scrizion e stessa delle societ studiate: all'occasione, chiamer l'etnologia che ne
risulta e tnologia-pretesto. La meta-antropologia e l'etnologia-pretesto sono com
plici (ogg ettivamente e soggettivamente): possiamo dire indifferentemente che l
a prima pog gia sulla seconda o che la seconda scritta sotto dettatura della pri
ma. [N.d.A.] Nota 10. In "Hrodote", I, primo semestre 1976, passim. [N.d.A.] Nota
11. G. Deleuze, E. Guattari, "L'anti-Edipo: capitalismo e schizofrenia", tr ad.
it. Einaudi, Torino 1975. Nota 12. J. Baudrillard, "Lo specchio della produzion
e", trad. it. Multhipla, Mi lano 1979. Nota 13. L. V. Thomas, R. Luneau, "La ter
re africaine et sa religion", Larousse, Paris 1975, passim. [N.d.A.] Nota 14. "T
hanatopraticiens": letteralmente, gli esperti della morte. Nota 15. J. Rancire, "La
leon d'Althusser", Gallimard, Paris 1974, passim. Nota 16. E Nietzsche, "Genealo
gia della morale", trad. it. Adelphi, Milano 1988. CAPITOLO 1. Nota 1. Laio: nel
la mitologia greca, re di Tebe e padre di Edipo. Edipo uccise i l padre e spos la
madre ignorando chi fossero veramente. Nota 2. J. Laplanche, J.-B. Pontalis, "E
nciclopedia della psicoanalisi", trad. i t. Laterza, Roma-Bari 1973, p. 537. [N.
d.A.] Nota 3. Ibidem, p. 538. Nota 4. E. Morin, "Il paradigma perduto: che cos' l
a natura umana?", trad. it. Fe ltrinelli, Milano 2001. [N.d.A.] Nota 5. "Caid":
in Nord Africa, funzionario musulmano che riunisce gli attributi di giudice, amm
inistratore e capo della polizia. Nota 6. E. Morin, op. cit., p. 41. Nota 7. Ibi
dem, p. 165.
Nota 8. Maschile. [N.d.A.] Nota 9. E. Morin, op. cit., p. 165. Nota 10. Ibidem,
p. 170. Nota 11. Ibidem, p. 210. Nota 12. R. Barthes, "Il piacere del testo", tr
ad. it. Einaudi, Torino 1975, p. 32. [N.d.A.] Nota 13. E Guattari, "Una tomba pe
r Edipo. Psicoanalisi e metodo politico", trad . it. Giorgio Bertani Editore, Ve
rona 1974, p. 329. [N.d.A.] Nota 14. Ibidem, p. 11. Nota 15. H. Marcuse, "Eros e
civilt", trad. it. Einaudi, Torino 1964, p. 89 [N.d. A.] Nota 16. E Nietzsche, "
Genealogia della morale", trad. it. Adelphi, Milano 1988. Nota 17. H. Marcuse, o
p. cit., p. 65. Nota 18. Ibidem. Nota 19. Ibidem, p. 73. Nota 20. Ibidem, p. 74.
Nota 21. G. Deleuze, E Guattari, "L'anti-Edipo: capitalismo e schizofrenia", tr
a d. it. Einaudi, Torino 1975. [N.d.A.] Nota 22. Ibidem, p. 32. Nota 23. A. Adle
r, M. Cartry, La transgression et sa drision, in "L'Homme", luglio 1971. [N.d.A.] N
ota 24. G. Deleuze, F. Guattari, op. cit., p. 177. Nota 25. Ibidem, p. 302. Nota
26. Ibidem, p. 298. Nota 27. Ibidem, p. 158. Nota 28. E. R. Leach, "Nuove vie d
ell'antropologia", trad.it. il Saggiatore, Mil ano 1973. [N.d.A.] Nota 29. R. M.
Du Gard, "I Thibault", trad. it. C.D.E., Milano 1965. Nota 30. Boulogne-Billanc
ourt: cittadina situata alla periferia di Parigi. Nota 31. G. Deleuze, F. Guatta
ri, op. cit., p. 299. Nota 32. Ibidem, p. 161. Nota 33. Filiazione complementare
: Nozione elaborata da Fortes per mettere in luc e che ogni individuo appartenent
e a un gruppo di discendenza unilineare gode di ampie reti di relazioni interper
sonali con la linea di discendenza alla quale eg li non appartiene (in U. Fabiett
i, F. Remotti, "Dizionario di antropologia", Zani chelli, Bologna 1997, p. 306).
Nota 34. E.R. Leach, op. cit., capitoli 1 e 5. Nota 35. G. Deleuze, E Guattari,
op. cit., p. 163. Nota 36. Ibidem. Nota 37. Ibidem. Nota 38. Ibidem. Nota 39. I
bidem, p. 175. Nota 40. Ibidem, p. 170. Nota 41. Ibidem, p. 168. Nota 42. "Cheff
erie": in Africa, unit territoriale sulla quale si esercita l'auto rit di un capo
tradizionale. Corrisponde all'inglese "chiefdom"; in italiano potr emmo tradurre
con potentato. Nota 43. G. Deleuze, F. Guattari, op. cit., p. 170. Nota 44. Ibide
m, p. 220. Nota 45. Ibidem, p.p. 166-167. Nota 46. Ibidem, p. 219. Nota 47. Ibid
em, p. 298. Nota 48. Ibidem, p. 297. Nota 49. Ibidem. Nota 50. A. Adler, A. Zemp
lni, "Le bton de l'aveugle", Hermann, Paris 1972. [N.d.A .] CAPITOLO 2. Nota 1. "P
as de deux": passo a due, balletto.
Nota 2. Les braves gens, usava dire Napoleone. Potremmo tradurre: Avanti!, All'attacc
o, miei prodi!. Nota 3. Quest'osservazione si riferisce ai testi pubblicati fino
a "Antropologia e marxismo", trad. it. Editori Riuniti, Roma 1977. [N.d.A.] Not
a 4. Discendenza doppia (o bilineare): [...] s'intende un sistema di parentela fo
ndato sia su gruppi di discendenza matrilineare sia su quelli di discendenza pat
rilineare: ogni individuo appartiene ai due gruppi di discendenza unilineari, ma
terno e paterno, simultaneamente, bench persegua scopi differenti relativament e
ai diversi ruoli esplicati dai due gruppi (in U. Fabietti, F. Remotti, "Diziona r
io di antropologia", Zanichelli, Bologna 1997, p. 240). Nota 5. Per maggiori det
tagli su questo punto, vedi M. Aug, "Thorie des pouvoirs e t idologie", Hermann, Pa
ris 1975. [N.d.A.] Nota 6. M. Mauss, "Sociologie et anthropologie", Presses univ
ersitaires de Franc e, Paris 1968. Nota 7. E. R. Leach, "Nuove vie dell'antropol
ogia", trad. it. il Saggiatore, Mil ano 1973. Nota 8. Per una critica del simbol
ismo cos concepito vedi D. Sperber, "Per una te oria del simbolismo", trad. it. E
inaudi, Torino 1981. [N.d.A.] Nota 9. Le nozioni di giovane e anziano si riferisc
ono a 'et sociali', senza rifer imento stretto all'et biologica degli individui (in
U. Fabietti, "Storia dell'antr opologia", Zanichelli, Bologna 2001, p. 222). No
ta 10. P. Bourdieu, "Per una teoria della pratica", trad. it. Raffaello Cortin a
, Milano 2003. [N.d.A.]. Nota 11. M. Jourdain il protagonista della commedia di
Molire "Le Bourgeois Genti lhomme". Rappresenta il classico "parvenu" con aspiraz
ioni nobiliari. Nota 12. D. Paulme, "Classes et associations d'ge en Afrique de l
'Ouest", Plon, P aris 1972. [N.d.A.] Nota 13. M. Gluckman, "Custom and Conflict
in Africa", Blackwell, Oxford 1955; I d., "Order and Rebellion in Tribal Africa"
, Free Press, New York 1963. [N.d.A.] Nota 14. E. Norbeck, African rituals of con
flict, in "American Anthropologist", 65 , 1963, p.p. 1254-1279. [N.d.A.] Nota 15.
C.-H. Perrot, Be di Murua: un rituel d'inversion sociale dans le royaume agni de
l'Indni, in "Cahiers d'Etudes Africaines", 7, 27, 1967. [N.d.A.] [Nota 15. Nella v
ersione originale la [c] una "c" rovesciata] Nota 16. Citato da R. Girard in "La
violenza e al sacro" (trad. it. Adelphi, Mil ano 1980, p. 154) e tratto dal fil
m di J. Rouch e D. Zahan, "Moro-Naba"; citato anche da L. Makarius, Du roi magiqu
e au roi divin, in "Annales", 1970, p. 685. [N. d.A.] Nota 17. F. Hritier, La paix
et la pluie, in "L'Homme", 13, 3, 1973. [N.d.A.] Nota 18. R. Girard, op. cit., p.
153. [N.d.A.] Nota 19. I Maestri dell'Arpione sono un clan sacerdotale ereditar
io dinka. Nota 20. M. Douglas, "Purezza e pericolo", trad. it. il Mulino, Bologn
a 1993, p. 119. [N.d.A.] Nota 21. R.G. Lienhardt, "Divinity and Experience", Cla
rendon Press, Oxford 1961 . [N.d.A.] Nota 22. M. Douglas, op. cit., p. 270. Nota
23. Vedi M.-F. Obi, tesi di dottorato, Universit de Paris Sorbonne, 1976. [N .d.
A.] Nota 24. J.-P, Dozon, Les mouvements politico-religieux. Syncrtismes, messiani
smes , no-traditionalismes, in M. Aug (a cura di), "La Construction du monde", Masp
ero, Paris 1974. [N.d.A.] Nota 25. Sullo harrismo e sul personaggio di Atcho, ve
di l'opera collettiva C. P iault (a cura di), "Prophtisme et thrapeutique", Herman
n, Paris 1975. [N.d.A.] Nota 26. "Lettrs": letterati. Nota 27. R.D.A.: Rassemblem
ent Dmocratique Africain, partito africano fondato nel 1947. Nota 28. "D-pens": gio
co di parole. "Depens" significa speso, ma il termine francese composto dal prefiss
o "de" e da "pens", che significa pensato. Nota 29. Il divieto universale dell'ince
sto precisa, di norma, che le persone co nsiderate come genitori e figli o frate
lli e sorelle, anche solo nominalmente, n
on possano avere rapporti sessuali e ancora meno sposarsi. In alcuni casi molto
noti, quali l'antico Egitto, il Per precolombiano, e anche diversi reami dell'Afr
ica, del sudest asiatico e della Polinesia, l'incesto veniva definito molto men
o rigorosamente che altrove. Tuttavia, anche in questi casi, il divieto esisteva
, poich l'incesto consentito era limitato a una minoranza, la classe dirigente (e
c cetto, forse, nell'antico Egitto, dove potrebbe essere stato pi diffuso); d'alt
ra parte, non si poteva sposare una qualsiasi parente stretta, ma solo la sorell
as tra, oppure, in caso di matrimonio consentito con una vera sorella, solo la m
agg iore, giacch quello con la minore era ritenuto incestuoso (C. Lvi-Strauss, La fa
mill e, in "Annales de l'Universit d'Abidjan", serie F, tomo 3, 1971). [N.d.A.] No
ta 30. A. Malraux, "La condizione umana", trad. it. Bompiani, Milano 1997. CAPIT
OLO 3. Nota 1. Ma cantavamo: Cattolico e bretone sempre al posto dell'abituale e fr
ancese sempre. Questo ufficialmente, per iniziativa della gerarchia; indubbiament
e essa sperava pi nel popolo bretone che nell'altro, poich pi puro, meno misto, pi p
rossimo alle inscrizioni originarie, esso rivelava pi facilmente il luogo e la mo
lla del la seconda deviazione - come i Bant di padre Tempels. [N.d.A.] Nota 2. Yv
es Boisset, 1973 [N.d.A.]. Si tratta di uno dei primi film francesi ad aver affr
ontato il tema della guerra d'Algeria. E' la storia di tre giovani sol dati di l
eva che finiscono in un battaglione disciplinare. Sono ribelli, e il lo ro coman
dante deve addestrarli per formare un'unit scelta. Presi nell'ingranaggio della g
uerra, della tortura e delle morti, questi refrattari diventeranno, loro malgrad
o, degli assassini. Nota 3. M.L.F. la sigla del Mouvement de libration des femmes
. Nota 4. Krivine e Laguillier sono i due leader trotzkisti della lista di estre
ma sinistra francese. Nota 5. J. Rancire, "La leon d'Althusser", Gallimard, Paris
1974. [N.d.A.] Nota 6. J. Baudrillard, "Lo specchio della produzione", trad. it.
Multhipla, Mil ano 1979, p. 58. [N.d.A.] Nota 7. Con l'eccezione (se ne chiamer
fuori lui stesso) di J.-F. Lyotard, la cui constatazione serena (Non ci sono soci
et primitive) dovrebbe mettere a disagio i n eoculturalisti. Vedi J.-F. Lyotard, "
Economia libidinale", trad. it. Colportage, Firenze 1978. [N.d.A.] Nota 8. J. Ba
udrillard, op. cit., p. 72. Nota 9. Ibidem, p. 66. Nota 10. Ibidem, p. 67. Nota
11. M. Godelier, "Antropologia e marxismo", trad. it. Editori Riuniti, Roma 1977
. [N.d.A.] Nota 12. J. Baudrillard, op. cit., p. 67. Nota 13. Ibidem, p. 68. Not
a 14. Indubbiamente non vero il contrario. [N.d.A.] Nota 15. Si tratta del prota
gonista della serie di romanzi di spionaggio scritti da Gerard de Villiers. Il p
rincipe austriaco Malko Linge, in codice SAS (Sua Al tezza Serenissima), un agen
te segreto della CIA che accetta pericolose missioni internazionali per potersi
permettere la ristrutturazione dell'antico castello d i famiglia. Nota 16. E' il
protagonista di un'altra serie di romanzi di spionaggio, scritti da Jean Bruce.
D'origine francese e nobiliare, Hubert Bonnisseur de la Bath, in codice O.S.S.
117, un agente segreto dell'Office of Strategic Service, e success ivamente dell
a CIA. Nota 17. E' il linguaggio degli oroscopi e di Madame Soleil. Ogni mattina
le sta zioni periferiche (che sono al centro dell'informazione) chiariscono, pe
r un gio rno, i misteri e le promesse dei segni zodiacali. Ma in questa predizio
ne segno dopo segno tutto si svolge come se gli altri, la maggioranza, tutti col
oro che c ondizionano la storia del portatore del segno, non avessero segno. La
metonimia corrisponde cos simultaneamente a una negazione e a una promozione dell
'altro - s emplice entourage o strumento del destino. [N.d.A.] Nota 18. Meno mor
ti, pi invalidi. [N.d.A.]
Nota 19. Recentemente, grazie ad alcune iniziative individuali, sono stati maggi
ormente pubblicizzati. Le risposte ideologiche, che verranno, saranno interessa
n ti da interpretare. [N.d.A.] Nota 20. Gioco di parole. "Conduite" significa al
tempo stesso condotta e guida. Nota 21. "Double bind": doppio vincolo, indica un dile
mma. Nota 22. J. Baudrillard, "La societ dei consumi: i suoi miti e le sue strutt
ure", trad. it. il Mulino, Bologna 1976, p. 108. [N.d.A.] Nota 23. Ibidem, p. 10
8. Nota 24. Ibidem, p.p. 124-125. Nota 25. Ibidem, p. 125. Nota 26. Dopo di allo
ra apparsa, presso Gallimard ("Age de pierre, ge d'abondance ", 1976), la traduzi
one di "Stone Age Economics", la cui prefazione meta-antropol ogica (di Pierre Cla
stres) un modello di voracit recuperatrice [N.d.A.]. Vedi M. S ahlins, "L'economi
a dell'et della pietra: scarsit e abbondanza nelle societ primiti ve", trad. it. Bo
mpiani, Milano 1980. Nota 27. J. Baudrillard, "La societ dei consumi: i suoi miti
e le sue strutture", cit., p. 78. Nota 28. Ibidem, p. 114. Nota 29. Ibidem, p.
115. Nota 30. Gioco di parole. "Sujet" significa al tempo stesso suddito e soggetto.
Nota 31. J. Baudrillard, "La societ dei consumi: i suoi miti e le sue strutture"
, cit., p. 292. Nota 32. Ibidem, p. 268. Nota 33. Il gioco delle vesti a cui si
dedicano gli ecclesiastici da qualche ann o costituisce a questo proposito un no
tevole esempio di inversione-seduzione. [N .d.A.] Nota 34. "Cadre suprieur": gioc
o di parole. Aug parla di un alto dirigente ma allu de allo stesso tempo a un pun
to di vista diverso, pi elevato. Nota 35. Non significativo che Baudrillard abbia
bisogno della nozione di "mana" per descrivere la logica del consumo? [N.d.A.].
J. Baudrillard, "La societ dei c onsumi: i suoi miti e le sue strutture", cit.,
p.p. 70-71. Nota 1. J.-J. Rousseau, "Discorso sull'origine e i fondamenti della
disuguaglian za", trad. it. Laterza, Roma-Bari 1997. Nota 2. J.-J. Rousseau, "Il
contratto sociale", trad. it. Laterza, Roma-Bari 199 7.