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UN GIORNO DI QUESTI
-I-
Sei arrivata verso le otto. Tua madre non c'era. Avevi portato con te le chiavi, per fortuna, così sei
Hai attraversato il lungo corridoio e ti sei fermata di fronte alla grande fotografia appesa vicino al
soggiorno. La luminosa immagine di tuo padre in alta uniforme, con i baffi neri lucenti ed il suo
«Ciao papà – hai bisbigliato – sono tornata». Ti è parso che il suo labbro si ammorbidisse in un
debole sorriso, come se avesse capito più di quanto avresti voluto. Anche tu gli hai sorriso, sei
rimasta ferma per un poco, sei andata indietro con la mente, un'eternità, rivedendolo seduto a tavola,
silenzioso, quando ti attendeva per il pranzo al tuo ritorno da scuola. La consapevolezza è salita
dentro di te. “Non l'ho saputo ascoltare, non l'ho ascoltato abbastanza” hai pensato. Eri stata una
bambina presuntuosa e lui avrebbe saputo spiegarti tante cose che non capivi. «Perché non l'ho
domandato a te?» hai bisbigliato piano. Ti sei sentita per un attimo colpevole, prigioniera della tua
arroganza. “Non ho saputo chiederglielo” hai pensato mentre ti allontanavi verso la tua stanza.
Eri distesa sul tuo letto infiocchettato di ragazza e ti eri addormentata, stanca del lento e noioso
viaggio, quando ti ha risvegliata il rumore della serratura che scattava. Hai sentito il passo rigido di
tua madre, quel ritmo netto e scandito che ti aveva sempre confermato come il suo matrimonio con
Sei rimasta ancora un poco immobile sul letto con lo sguardo bloccato sul poster del seducente
attore una volta famoso, ingrigito sul muro di fronte, sospeso là in alto a guardarti da quando eri
adolescente. L'impulso ad andartene al più presto è salito in un istante dentro di te. Il lungo elenco
degli impegni che ti attendevano a Milano è sfilato in fretta nella tua mente. L'affare quasi concluso
con Morandini, quello non poteva attendere. Appena il tempo di sistemare le carte della vendita – ti
sei detta – e poi prendo il primo treno per Milano. Ma, come accadeva spesso, tua madre aveva già
misteriosamente percepito la tua presenza, come una nuvola di elettricità sospesa nell'aria, una
tensione crescente che faceva vibrare i suoi nervi. Hai aspettato di sentire la sua domanda, che
Prima che tu potessi rispondere tua madre si è affacciata alla porta, i suoi occhi hanno percorso
senza fretta il tuo corpo disteso come se volessero registrare freddamente lo stato di un bene che lei
«Sei arrivata da molto?» ha chiesto con il suo solito tono secco e risoluto, senza dilungarsi in inutili
Tu non le hai risposto subito, hai atteso un poco, e in quella breve pausa hai notato qualcosa che non
c'era, una infinitesima ombra di inquietudine nei suoi occhi, la manifestazione di una invisibile
crepa nella sua intangibile sicurezza. È venuta avanti e, come se fosse qualcosa che già si era
prefissa di fare, ha spostato qualche spazzola sullo stipo vicino alla finestra. Nel tremore delle sue
mani avvertivi il debole segnale di una incertezza fino ad allora sconosciuta. Volgendosi verso di te,
tuttavia, il suo viso si era già ricomposto e il suo tono deciso non era diverso dal solito.
«Ti ringrazio di essere venuta così in fretta, nonostante i tuoi impegni» ha detto. «Ora riposati
ancora un poco. Parleremo di tutto più tardi, durante la cena». Ha richiuso la porta con uno
sfuggente sorriso.
La tavola, il servizio di posate buone e i piatti senza un graffio, la tovaglia stirata in modo
impeccabile, era tutto rimasto come era sempre stato, anche se l'artefice principale del ferreo ordine
che regnava nella casa ora non c'era più. Il brigadiere Caputo, con fatica ed impegno, era divenuto
luogotenente e l'impeccabile rispettabilità della sua abitazione, come lui amava dire, doveva essere
Tua madre aveva già disposto sul ripiano un ricco vassoio di scaloppine ai funghi e patate arrosto,
sapeva che le avresti gradite. Ti attendeva seduta in silenzio al suo posto abituale. Quando anche tu
ti sei seduta ha bisbigliato una rapida preghiera e ti ha avvicinato il vassoio perché ti servissi per
prima. La rigidità con cui il suo braccio si è mosso verso la tavola ti ha nuovamente rivelato la
Il silenzio si è di nuovo allargato come una grande macchia bituminosa tra di voi. Hai pensato con
un po' di disagio a come fosse meglio affrontare subito la questione per cui eri venuta, per riuscire
finalmente a scalfire la sua corazza e capire una volta per tutte quello che pensava riguardo alla
«Hai già deciso dove preferirai stabilirti?» hai chiesto con il tuo tono più morbido e noncurante,
cercando di dare alla domanda che già avevi ripetuto mille volte una nuova freschezza innocente.
Tua madre ha guardato per qualche istante il suo piatto, rimestando le patate nel condimento
rimasto sul fondo, poi come una litania ben imparata ha biascicato in fretta : «Da te a Milano no di
sicuro».
Le hai sorriso di nuovo, cercando di rimanere calma e hai risposto accentuando il tuo tono
Lei ti ha fissato con un lampo di malizia ed ha aggiunto: «E tu sai benissimo che la casa non è
Come un abile scacchista, sicura di aver fatto la mossa migliore, ha continuato a fissarti con una
smorfia beffarda attendendo la tua reazione. Ma era un copione che conoscevi benissimo e la
risposta ti è uscita quasi senza pensare: «Piacerebbe anche a me, purtroppo non possiamo fare
Stranamente lei non ha dato peso alla tua obiezione, come aveva fatto al telefono una settimana
prima quando le avevi spiegato ogni cosa. Ti è parsa distratta, come se la sua mente fosse ghermita
improvvisamente da altri pensieri. L'hai vista irrigidirsi ancor più sulla sedia, le sue mani incrociate
Sapeva molto bene che queste parole ti avrebbero ferita. Infatti si è alzata ed è andata verso il
lavandino. Pulendo le grosse prugne mature sotto un forte scroscio d'acqua ti ha voltato le spalle e ti
ha osservata di sottecchi con una luce ironica negli occhi, girando solo un poco la testa senza dir
nulla. Ancora una volta hai notato il suo strano tremore, e ti ha fatto un po' pena quella sua inutile
aria da ribelle. Era come se si fosse conservato solamente il ridicolo guscio esteriore di quello che
lei era stata negli anni belli della sua giovinezza. I jeans sdruciti e i capelli lisci, ormai bianchi e un
po' diradati, con la loro piega antiquata che le dava un'aria da reduce di un passato che ormai non
esisteva più.
“Non debbo entrare nel suo gioco” hai pensato cercando di stirare un poco i lineamenti troppo tesi
del tuo volto. Era quello che ti eri ripetuta infinite volte durante l'interminabile viaggio.
«Se ci fosse ancora qui buonanima di tuo padre tutto questo non accadrebbe» ti ha rinfacciato tua
madre con aria di sfida. Ha aggiunto con una risatina forzata: «Fileresti via con la coda tra le
gambe, come al solito, senza il coraggio di contraddirlo. Sei sempre stata una gran fifona di fronte a
lui».
«Tuo padre – ha ripetuto più volte con posa teatrale – che gran uomo».
Non sei riuscita a trattenere uno scatto nervoso. Il coltello che tenevi ancora in mano è sceso
rumorosamente sul piatto. Con un sottile piacere che ti saliva dentro hai osservato: «Certamente,
Ti sei subito pentita di quello che avevi detto, anche se era assolutamente vero. Ricordavi
benissimo, benché ti costasse fatica ripensarci, le loro litigate interminabili, il modo violento di
rinfacciarsi i reciproci fallimenti, il tono sfottente con cui tuo padre le si rivolgeva. Erano state ben
poche le giornate in cui non ci fosse stato qualche motivo di scontro. Ti ritornavano alla mente le
tue corse a rifugiarti nella tua stanza, serrando con le mani la testa per non sentire le urla che
riempivano la casa, ed i lunghi silenzi di tuo padre per intere giornate, come una ingenua ripicca nei
confronti della moglie Liliana, di cui però a lei non importava nulla.
Hai aspettato nervosamente la sua reazione. Percepivi molto chiaramente il suo bisogno di
attaccarti, di dare sfogo anche soltanto per un momento alla sua solitudine. Ti sembrava di riuscire a
leggere sulle sue labbra tese, prima ancora che le dicesse, le parole cattive che stava preparando.
In fretta si è sforzata di dipingere sul suo viso impallidito un'aria decisa. Hai sentito in pieno la nota
stonata che serpeggiava nella sua voce, quando scuotendo lentamente la testa ha di nuovo cercato le
parole migliori per provocare la tua reazione rabbiosa: «Cara Clara, non me la fai sotto il naso, con
la tua aria da santarellina. Non sono ancora completamente scimunita e so benissimo a che cosa
vuoi arrivare».
Con un sorriso leggero hai cercato di mantenere un'aria scherzosa, domandando tranquilla: «A che
Calandosi ancor più nella parte che aveva cominciato a recitare, lei non ti ha risposto subito, come
se volesse far crescere il pathos dell'attesa su una immaginaria scena teatrale. Si è affaccendata
intorno al lavabo prendendo e posando piatti e posate con una posa offesa. Tu hai continuato ad
aspettare senza fretta. Immaginavi benissimo quello che sarebbe successo, quello che lei avrebbe
Quando le è parso di aver atteso abbastanza, si è voltata di scatto e ti ha domandato con aria
innocente: «Clara, perché ti sei disturbata a venire, nonostante i tuoi tremendi impegni di manager
di grande successo? Potevi startene a casa, avrei pensato io a ogni cosa, facendoti arrivare per posta
tutta la documentazione necessaria». Aggiungendo poi con un tono secco e marcato, come se
fossero solo quelle le parole che veramente contavano: «Sì, avresti potuto benissimo startene a casa
tua».
Sei scattata: «Allora dimmelo chiaramente che non mi vuoi più vedere!».
Lei con una vocina dolce e accomodante da cui trapelava con sforzo tutta la sua debolezza e buona
volontà ha immediatamente ribattuto: «Ma no, che ti viene da pensare, Clara, come puoi anche solo
immaginarlo?». Concludendo poi con un bisbiglio quasi inudibile: «Io mi accontento, non ho
bisogno di nulla, ti lascio fare...». Ha caricato ciò che stava per dire con una lunga pausa, poi ha
gettato con noncuranza un'ultima osservazione, sapendo bene che ti avrebbe ferita: «... e poi tu
adesso devi pensare a sposarti. Capisco che questo è il tuo solo pensiero».
Sapeva benissimo che la tua storia con Cesare era finita da non molto, dopo due anni di convivenza.
«Mamma, dovresti ricordare che te lo avevo detto, che con Cesare è finita» hai replicato cercando di
mantenere la calma.
«Davvero mi spiace» ha commentato lei marcando di acredine le ultime parole. «Lo vedi? Non
riesci a far durare niente! Guarda un po', anche con Cesare è andata storta, come con altri dieci
prima di lui!».
Tu l'hai guardata con un po' di malinconia. Possibile? Perché tua madre doveva insistere su questo?
Quando lei, come se non fosse ancora completamente paga, ha aggiunto dopo un poco, con una
voce debole, come se parlasse solo con se stessa: «E pensare che stavate quasi per sposarvi», non
«Ma che cosa vuoi da me?» hai urlato muovendoti verso la porta. «Con te è inutile parlare!».
Con uno sguardo imbarazzato lei ti ha fermata afferrandoti un braccio. «Ma dove vuoi andare?» ti
ha chiesto con una voce più vera, senza più astio. «Fermati. Parliamo».
Si è avvicinata con il suo passo rigido allo scaffale nell'angolo ed è tornata verso la tavola con una
«Ho preparato anche questa, immaginando che ti avrebbe fatto piacere» ha detto ponendotela di
Sconcertata dai suoi sbalzi di umore, non sei riuscita a trattenere uno spontaneo sorriso.
«Grazie, mamma».
«Ti ricordi le feste di compleanno, che belle? Cucinavo dolci in quantità per decine di persone» ha
«Certamente, non ho dimenticato nulla» ti sei sentita rispondere con una gioia sincera.
Tua madre ha continuato a guardarsi intorno incerta, come se proprio l'evocazione di quei ricordi
luminosi risvegliasse i pensieri inquieti che poco prima l'avevano agitata. Hai visto riemergere per
un istante la sua aria smarrita, quella di chi cerca una risposta dentro di sé e non riesce a trovarla.
Concentrata come se quella fosse per lei un'impresa, con lo sguardo fisso sul piatto ha continuato
Senza un apparente motivo si è fermata ed è rimasta con la forchetta a mezz'aria, ti ha fissata con i
suoi limpidi occhi azzurri e con uno strano tono rassegnato ha detto lentamente con una voce che
non le avevi mai sentito: «Sai Clara, mi accorgo che è sempre più difficile ricordare. Perché anche i
ricordi non restano sempre uguali, cambiano poco per volta mano a mano che cambiamo noi».
Ha taciuto, come se cercasse altre parole più precise, e dopo qualche istante il suo viso si è
illuminato come per una improvvisa rivelazione: «Sì, è così allora, ogni rimpianto è un po' una
menzogna».
Tu non hai capito bene perché lo stesse dicendo, ma le hai chiesto affettuosamente: «Mamma, hai
bisogno di qualcosa?».
Con un soprassalto ha osservato lentamente la stanza, come se non riconoscesse il luogo in cui si
trovava. Il suo sguardo si è rasserenato poco a poco, poi ha scosso la testa come a voler confermare
qualcosa dentro di sé. Si è voltata dalla tua parte e ti ha chiesto con una improvvisa gentilezza: «Mi
accompagneresti a Roma?».
L'incongruenza di questa domanda ti ha divertita. “La testa degli anziani è un mistero – hai pensato
Sorridendo le hai chiesto con il tono di chi non ci crede: «Per fare che cosa?».
«Ti spiegherò tutto domani» ti ha risposto con voce calma. Ha sfiorato la tua mano appoggiata sulla
Da tanto tempo non dormivi così bene. Ti ha svegliata il rintocco delle campane attraverso la
finestra aperta, come quando eri bambina. “È domenica” hai pensato. “A Milano non si sentono
quasi più le campane. Troppi rumori. Qui, invece, suonano forte, senza la paura di disturbare la
gente alle sette del mattino”. Per qualche minuto sei rimasta ancora sotto le coperte, poi ti sei alzata
stiracchiandoti appagata.
«Buon giorno, mamma, sei già di sotto?» hai urlato verso il corridoio, mentre ti allacciavi il
tailleur estivo comprato da poco, sicura che lei fosse già alzata da un pezzo. Era sempre stato un suo
Non hai sentito risposta. Hai infilato i tuoi mocassini colorati e ti sei incamminata verso le scale,
ripetendo due o tre volte il tuo saluto, ma un piccolo seme di stupore, ancora inavvertito, ha
intanto iniziato a crescere dentro di te. C'era qualcosa di strano nella casa, troppo silenzio, quel tipo
inquietante di silenzio che avvertiamo istintivamente quando entrando in una casa non c'è nessuno.
Ti sei affacciata in cucina, continuando a chiamarla. Lei non c'era. Sul divano del soggiorno, una
sagoma immobile accartocciata su se stessa ha attirato la tua attenzione. Liliana, riversa all'indietro
Hai urlato e ti sei precipitata verso di lei; sollevandole la testa ti sei guardata intorno, come se
cercassi lì vicino, da qualche parte, la risposta al quadro assurdo che avevi di fronte.
L'autoambulanza è arrivata rapidamente, poco dopo che l'avevi chiamata, hai sentito la sirena che si
avvicinava lungo la strada e ti sei affacciata. Gli infermieri sono saliti in fretta e, come se
conoscessero benissimo ciò che andava fatto, hanno preso in mano la situazione. Tutto si è svolto in
un attimo. Mentre spingevano fuori la lettiga uno dei due ti ha urlato: «Ci raggiunga al più presto in
alla porta. Solo in quel momento ti sei accorta che non ti avevano chiesto quasi nulla, solo il nome
della donna esanime, come se sapessero perfettamente che tu non avresti potuto esser loro d'aiuto.
«Ieri sera stava benissimo – hai detto piano con poca convinzione, come se questo bastasse a
rincuorarti – era solamente un poco tesa e nervosa». Schiacciata dall'angoscia per ciò che stava
accadendo, ti sei seduta e ti sei sforzata di riordinare almeno un poco le tue idee, di riprendere il
«Ma che cosa sto aspettando? Debbo andare subito!» hai urlato ad alta voce come se parlassi ad un
altro.
Ti sei precipitata a raccogliere le vecchie cartelle cliniche e i documenti che potevano servire,
Quindici minuti dopo eri di fronte all'ospedale e quasi senza accorgertene ti sei ritrovata davanti ad
un'ampia vetrata. Dall'altra parte, nella luce soffusa della sala di rianimazione, c'era tua madre
distesa in un letto, circondata dagli schermi luminosi e lampeggianti. Era immobile e riuscivi a
scorgere a malapena il profilo del suo viso apparentemente disteso. Hai continuato a fissarla a
lungo, senza accorgerti del tempo che passava. Un passo leggero alle tue spalle ti ha fatta voltare.
Hai visto un giovane in camice bianco che ti si è avvicinato con passo deciso. Hai notato i suoi
capelli biondi e ben curati, la corta barba a punta simile a quella di un moschettiere di Dumas e le
sue occhiaie profonde che accentuavano la sua espressione affaticata, come di chi non ha dormito.
Ti ha squadrata per qualche istante prima di parlare, come se dovesse metterti a fuoco attraverso la
«Lei è una parente della signora Liliana Revelli che abbiamo ricoverato?» ti ha chiesto con una
voce appena sussurrata, quasi che temesse di disturbare chi si trovava immerso tra le
«Sono la figlia, Clara Caputo. Ho portato con me tutta la documentazione. È accaduto così in fretta
che non ho avuto il tempo di consegnarla agli infermieri del pronto intervento».
«Non ha importanza» ti ha risposto l'altro con tono sbrigativo afferrando le cartelline con
un'occhiata distratta, aggiungendo subito, un po' bruscamente, come se volesse arrivare in fretta al
punto essenziale di ciò che era venuto a comunicare: «Abbiamo pochi dubbi. Si è trattato
Ha atteso per qualche istante la tua reazione. Tu non hai detto nulla. Con aria imbarazzata, come
accorgendosi solo in quel momento del proprio tono troppo brusco ha cercato di spiegare: «Tutti i
lo hai fissato con uno sguardo ebete, come se quelle parole ti fossero state dette in una lingua
sconosciuta. Scuotendo la testa dispiaciuto, ha concluso quasi senza guardarti: «Abbiamo già
Si è allontanato senza aggiungere nulla, come se fosse sicuro di aver esaurito il suo compito e ti ha
lasciata lì, bloccata di fronte al vetro attraverso cui intravvedevi a fatica la sagoma immobile di tua
madre.
A poco è servito rivolgerti a qualche infermiere che passava trafelato lungo il corridoio. Ti hanno
tutti liquidata con poche gentili parole: «Attenda qui. La verranno a chiamare».
L'ansia, come una pianta maligna, è rapidamente cresciuta dentro di te. Ti sei sentita assolutamente
sola, una solitudine che non avevi mai provato così intensamente. Ti sei guardata attorno: altri,
come te, attendevano immobili e con un triste sguardo spento, seduti lungo la parete. Le loro
espressioni stanche ti hanno fatto capire che la calma e la pazienza erano le sole virtù indispensabili
in quel luogo. Ti sei seduta anche tu, stringendo tra le mani la piccola borsa che avevi portato con
te. Con un gesto automatico hai afferrato il tuo cellulare, ma ti sei subito bloccata. Quel semplice
gesto, ripetuto automaticamente, è bastato a lacerare il velo che da anni ricopriva la vita di te e di
tua madre. Si è fatta palpabile la precisa sensazione della vostra totale solitudine, voi due, così
orgogliosamente isolate, senza legami, senza nessuno a cui telefonare per condividere almeno un
È stato come se, attraverso quel gesto banale ripetuto infinite volte, ti fossi vista improvvisamente
dall'esterno, come realmente eri. Ti è sfuggito un debole singulto: la Clara smarrita ed incerta,
seduta in quella grossa stanza semibuia ha osservato con occhi scettici la Clara di Milano, quella dei
successi quasi quotidiani nella prestigiosa multinazionale. A Milano il telefono non taceva mai,
bisognava muoversi velocemente, decidere in un secondo ciò che era meglio fare. Ed ora, invece,
come in uno specchio beffardo, vedevi quella che forse era la tua vera realtà, la tua impotenza.
Negli ospedali il tempo si addensa, quasi si immobilizza, forma una massa opaca in cui il prima e il
dopo si confondono. Poi, sorprendentemente, all'improvviso il tempo accelera, qualcosa accade. Hai
riflettuto a lungo su questo strano paradosso. Tenevi gli occhi bassi, potevi sembrare quasi
addormentata. Le ore sono trascorse lente e inesorabili senza che accadesse nulla. Ogni tanto,
dall'altra parte del vetro, coglievi il movimento trafelato di medici ed infermieri tra i letti distanti.
Nella sala d'attesa entravano ed uscivano persone tutte uguali, tutte con la medesima aria
rassegnata. Ti sentivi estranea, inerte come un minerale, ed I tuoi occhi seguivano senza pensieri la
Hai chiuso gli occhi, come se fossi assente, per dimenticarti dell'incubo che stavi vivendo. In quella
luce sempre uguale il tempo ha cessato di esistere, è diventato un unico enorme istante di infinita
attesa. Fino a quando non hai percepito istintivamente che qualcosa stava per accadere, hai
rialzato di scatto la testa e di fronte a te c'era lo stesso giovane medico che ti aveva parlato. Hai
guardato automaticamente l'orologio e ti sei stupita che fosse ancora lì, in servizio dopo tante ore.
Ti ha fissata con uno sguardo triste, come se ti stesse osservando già da un pezzo. Ha indicato il
vetro e ha detto in fretta: «Purtroppo, signora Caputo, la situazione di sua madre resta grave,
manterremo ancora la prognosi riservata. Ho pensato giusto venirglielo a dire. La nostra diagnosi
« È cosciente?» hai chiesto senza pensarci, accorgendoti subito dell'assurdità della tua domanda.
«Purtroppo ancora no» ha risposto scuotendo la testa un poco dispiaciuto. Notando la rapida
contrazione ansiosa del tuo viso, ha subito aggiunto: «Il decorso in questi casi è imprevedibile».
Dopo qualche secondo ha precisato, come se volesse tranquillizzarti almeno un poco: «Non
possiamo sbilanciarci. Potrebbe tornare in sé tra un'ora come tra un anno. Purtroppo non lo
possiamo sapere...».
“O forse mai” hai pensato tu come una logica prosecuzione di ciò che lui aveva detto.
Forse la tua tristezza lo ha colpito, non so, ma con una voce diversa ti ha chiesto: «Se vuole può
Ti sei irrigidita per un attimo. Non ti aspettavi che te lo chiedesse. Lui si è incamminato verso una
Quando sei arrivata accanto al letto la tua angoscia è cresciuta. «Sembra già morta» ti è sfuggito di
dire a voce abbastanza alta. Il giovane medico ti era ancora accanto, ti ha sentita. Con affetto ha
stretto il tuo braccio, come colpito dal senso di abbandono che traluceva intensamente intorno a te.
Tu allora hai fissato il volto immobile di Liliana, la rigida postura del suo corpo inerte e le parole
terribili che avevi detto poco prima le hai sussurrate di nuovo come un verdetto o uno scongiuro:
«Sembra già morta». Ti sei piegata un poco verso di lei e hai provato a parlarle, ma ti è uscita
solamente una pesante catena di domande senza risposta: «Che cosa dovrei dirti, mamma, che
ancora non ti ho detto? Mi ascolteresti? Perché non siamo mai riuscite a capirci? Che cosa hai
Si è affacciata dentro di te una assurda fiducia, che si svegliasse proprio in quel preciso momento,
che puntasse contro di te il suo sguardo severo e ti parlasse con il vecchio tono duro e perentorio,
proprio quello che qualche volta te la aveva fatta odiare quando eri piccola. L'illusione di un'ombra
sul suo viso ti ha dato per un istante l'impossibile certezza che stesse per accadere.
Hai preferito tacere e hai continuato a guardarla in silenzio. Non molto tempo dopo il giovane
medico è tornato e senza il bisogno di altre parole hai capito che dovevi andartene.
Con un gesto spontaneo, uscendo dalla sala ti sei incamminata verso il posto che avevi occupato,
ma lui, posando lievemente una mano sulla tua spalla, ti ha indicato l'uscita del reparto.
«Meglio che vada, signora. Si riposi un poco. Restare qui non servirebbe più a nulla. Qualunque
cosa dovesse accadere, la avviseremo». Con uno sbrigativo cenno di saluto si è subito allontanato.
Hai fatto senza pensare ciò che lui ti aveva suggerito. Eri ormai priva di volontà, portata dalla
corrente. Ti sei ritrovata come una sonnambula di nuovo nello spazioso soggiorno di tua madre
dove tutto era iniziato. Era ormai sera e la luce radente del tramonto batteva attraverso la stretta
Sei rimasta a lungo immobile di fronte al divano e ti è parso che nella deformazione della stoffa si
intravedesse ancora la sagoma di tua madre. Solo in quel momento è emersa nella sua terribile
chiarezza la domanda che avevi sfiorato mille volte senza mai pensarla sino in fondo: perché lo
aveva fatto?.
Hai allora mosso avanti e indietro nella tua memoria le immagini di ciò che era accaduto dopo il tuo
arrivo e hai rivisto infinite volte la vostra aspra discussione, la tua e la sua cattiveria che trapelavano
dalle parole che vi eravate dette. «Possibile?» ti sei domandata con angoscia. «Possibile che siano
state le mie parole dette quasi senza pensare a spingerla a questo gesto senza ritorno?». E allora di
nuovo hai ripetuto come se lei ancora lei ti potesse sentire: «Mamma, perché lo hai fatto? Perché?».
Eri ancora immobile al centro della sala, paralizzata nel gorgo di un angoscioso senso di vuoto,
Hai avuto appena il tempo di chiedere al citofono: «Chi è?». La voce imperiosa di qualcuno poco
abituato ad aspettare ti ha ordinato con tono deciso: «Carabinieri. La prego di aprire. Le dobbiamo
parlare».
Sono entrati quasi senza salutare. Erano due, piuttosto robusti nella corporatura, hanno subito
iniziato. Il più anziano ha buttato una rapida occhiata al ritratto di tuo padre e la sua faccia si è
«Ma quello è Franco, accidenti!» ha esclamato sorpreso e ti ha guardata, forse per la prima volta,
Il loro atteggiamento sospettoso è rapidamente mutato. Hai notato involontariamente divertita come
«Mi dispiace» ha detto il più anziano. E l'altro con un filo di imbarazzo ha aggiunto: «Ci scusi, ma
quando accadono episodi come questo dobbiamo subito inter...» Si è immediatamente corretto: «...
Hai scosso la testa. «Purtroppo posso aiutarvi ben poco. Io in quel momento dormivo». Hai notato
come rapidamente il più giovane dei due ha aperto l'incartamento che aveva in mano e lo ha
«Ed è accaduto qualcosa in precedenza, non so, una lite?» ha chiesto quello che aveva riconosciuto
tuo padre.
Tu hai riflettuto qualche secondo. Era il caso di raccontare per filo e per segno il vostro isterico
diverbio, complicarsi la vita con mille spiegazioni che rischiavano di ingrandire come una
Hai preferito lasciar perdere. «Niente che si possa definire tale, le solite discussioni, non diverse dal
solito».
«Già già, lo so bene, in famiglia è difficile che non si discuta molto. Ne so qualcosa anch'io» ha
commentato il più anziano con un sorriso, marcando ironicamente le sue parole. Si è guardato di
nuovo intorno, quasi che non sapesse bene che cosa fare.
L'altro ha dato un'occhiata all'incartamento che aveva davanti e ha commentato ad alta voce con
attenzione: «Il referto medico riporta come causa del coma profondo l'avvenuto avvelenamento da
farmaci. Possiamo verificare?». Si è volto verso il collega che un poco imbarazzato ha chiesto: «Mi
perdoni Clara, ma questa è la procedura. Per favore, può indicarci dove vengono tenute le medicine
qui in casa?».
Li hai accompagnati in bagno e, senza esserne ben sicura, hai indicato l'armadietto appeso in un
angolo. Le numerose scatole, buste e barattoli accatastati disordinatamente sui due piccoli ripiani
«Paroxetina, Fluoxetina, Sertralina, Zaeplon, Lorazepam. La signora Liliana era ben fornita» hai
«Non si preoccupi, maresciallo, sto annotando tutto» ha risposto l'altro continuando a scrivere.
Hanno aperto qualche scatola a caso. Alcuni dei contenitori erano vuoti.
«Probabilmente questo spiega tutto» ha osservato il Maresciallo con un sospiro come se questo
«Ma davvero lei non aveva notato niente?» ti ha chiesto con un un rapido lampo di sospetto nel suo
sguardo.
«Sono arrivata solo ieri» hai obiettato mantenendo la tua aria tranquilla. «E qui ad Altano torno
soltanto due o tre volte all'anno. Mi spiace, non potrei esservi molto utile».
Lui ha fatto ampi segni di assenso, come se questa sommaria spiegazione bastasse.
«Già già, lei è la figlia che vive a Milano. Ora ricordo che Carlo me ne aveva parlato. Che dice
Appuntato, per adesso potrebbe bastare? Quello che è successo lo abbiamo accertato» ha detto con
«Per favore, firmi qui». Ti ha indicato con grande gentilezza un punto del foglio. «Noi per ora
abbiamo finito». Quasi che dovesse giustificare la velocità con cui tutto si era svolto, ha aggiunto
con un poco di commozione mentre si avviava verso la porta: «Conoscevo bene suo papà. Un uomo
«Le faremo sapere. Probabilmente in seguito ci sarà bisogno che venga da noi, alla tenenza in Via
Giustino. Tanti auguri per sua madre. Buonasera» ha aggiunto l'Appuntato muovendosi
tanto buttavi un'occhiata ansiosa al display acceso come se questo bastasse a farlo parlare. Il tempo
Hai cercato velocemente il numero del pronto soccorso e hai chiesto se c'erano novità. La voce che
ti ha risposto non era quella del medico che avevi conosciuto. Appena ti sei presentata, hai
percepito istintivamente una nota imbarazzata nel tono freddo e preciso con cui, dopo un breve
Il tempo è scivolato via ancora più lentamente, poi un'altra voce ha finalmente risposto: «Pronto?
Lei è la figlia di Liliana Revelli?». Hai sentito che cercava le parole più adatte: «La stavamo proprio
ora per chiamare. Purtroppo debbo darle con rincrescimento una pessima notizia: sua madre è
rapido e quasi inspiegabile. Non abbiamo potuto fare nulla, mi spiace. Venga, se può appena
Hai fissato il telefono come se potesse dirti con una risata: «Tranquilla, Clara, non è successo
“La mamma è morta”: ti sei sforzata di mettere a fuoco la consapevolezza di ciò che era accaduto,
come se continuasse a sfuggirti qualcosa nella concatenazione dei passaggi di quella storia insensata
che ti stava soffocando. Hai percepito distintamente dentro di te qualcosa che si rompeva, i
frammenti giganteschi del tuo passato sono precipitati rovinosamente al fondo del tuo essere, laggiù
Sei crollata sulla poltrona ed hai pianto a lungo. Improvvisamente nel vuoto doloroso della stanza si
è sentito un suono.
«Bip!»
Il familiare segnale dei messaggi in arrivo ha spezzato il silenzio glaciale che ti bloccava e ti ha
fatta trasalire. Hai guardato intorno, cercando di capire da dove proveniva. Sulla piccola libreria in
fondo alla stanza, hai notato, era come se il vecchio cellulare di tua madre, con la sua assurda
Ti sei precipitata in avanti senza pensare e lo hai afferrato con un sospiro affannoso, quasi che ci
fosse al suo interno un talismano da cui avresti potuto finalmente ottenere un aiuto.
Lo hai continuato a fissare per almeno un minuto, immobile, attendendo che qualche altra parola
venisse aggiunta subito dopo e ti chiarisse tutto. Ma sullo schermo ha continuato a stagliarsi con
Hai subito cercato chi lo avesse inviato. In alto sul display c'era un nome che non conoscevi e che
Attilio
Hai allora controllato. Le chiamate in arrivo, durante la giornata, erano state molte, tutte provenienti
Non sei riuscita a trattenere una risata isterica, spezzata. Che cosa avresti dovuto scrivere in
risposta? Che tua madre, mentre lui attendeva tranquillamente la sua telefonata, era impegnata a
morire?
Stavi per scagliare con rabbia il vecchio cellulare contro il muro, ed ecco di nuovo quel segnale di
avviso a richiamare la tua attenzione. È stato come se qualcuno avesse fermato con forza la tua
mano. Un lampo ha attraversato la tua mente: forse quella poteva essere una strada per capire, per
dare un senso all'incubo che stavi vivendo, valeva la pena di provare a percorrerla. Ti sei bloccata e
Posso parlarti?
È stato come se lo avessi davanti, lo vedevi, Attilio, quello sconosciuto, era lì di fronte a te e
Hai fissato a lungo nervosamente la nuda parete, senza sapere bene che cosa fare. Ti è venuta
spontanea la soluzione più automatica: provare a telefonare a quel numero da cui il messaggio era
stato inviato, spiegare tutto. Ma spiegare che cosa, adesso che Liliana, colei a cui Attilio si stava
rivolgendo, non c'era più? Dire semplicemente che la mamma era morta poco prima? E a chi
dopotutto? Chi era Attilio e perché si rivolgeva a tua madre in un tono così confidenziale? Che
incredibile coincidenza!
In un attimo l'intrico di queste considerazioni ha ruotato nella tua mente. Ti sei bloccata mentre già
stavi per premere il tasto della chiamata. Senza più pensarci, senza saper bene che cosa volevi, hai
scritto tu, come se fossi tua madre, come se fosse lei, come se fossero le sue dita a battere
rapidamente:
Non ora
Non hai dovuto attendere molto, è arrivata quasi subito la sua risposta:
Ma allora ci sei! Sia lodato Dio. Perché non vuoi più parlarmi? Sei ancora arrabbiata?
Per un istante sei stata afferrata dall'incertezza. “Che cosa sto facendo?” ti sei chiesta con uno scatto
ansioso. Ma hai sentito subito che questa era la cosa giusta. Era la sola traccia che avevi, dovevi
seguirla. Era come se avessi afferrato il capo di una fune tesa. Se lo avessi lasciato avresti perso
tutto. Sapevi che dovevi andare avanti, in qualunque modo. Dovevi riuscire a scoprire la verità.
Tu lo sai
A presto.