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Appunti di un viaggio nella culla della civiltà.

di: Luciano Perrone (luglio 2005)

La Siria con tutta l’area mesopotamica e con le civiltà nate tra il Tigri e l’Eufrate è detta “la culla della civiltà”.
Un viaggio in questa zona ci porta lontano nel tempo, a ricordi scolastici di luoghi e avvenimenti mitici.
Calcare questo terreno è già di per sé una grande emozione. Molte cose abbiamo lasciato indietro, ma forse
è giusto così. Come diceva un viaggiatore australiano incontrato a Damasco: “ così abbiamo un motivo per
ritornare”. Mai più avremmo pensato di questi tempi di raggiungere con le nostre forze e con i nostri mezzi
Palmyra la città nel deserto o Petra la città rossa dei Nabatei o il deserto giordano di Wadi Rum, da molti
definito come il più bello al mondo. Oggi il Medio Oriente è attraversato da conflitti reali o minacciati, da
intolleranze e integralismi, ma è anche oggetto di giudizi e condanne sommarie da parte del mondo
occidentale, il nostro mondo, quello stesso mondo che oggi, in preda al panico del terrore, vorrebbe lanciare
una nuova crociata prestando così il fianco proprio a quegli “architetti del terrore” che dice di voler
combattere.
Pensiamo sia assolutamente fuori luogo visitare questi Paesi, come del resto qualsiasi altro, con la
convinzione che il proprio credo religioso o il proprio modo di vivere sia certamente il migliore o ancora
peggio che la propria “civiltà” sia superiore. Da questo viaggio abbiamo appreso molto e soprattutto abbiamo
rafforzato la personale convinzione che il rispetto,la reciproca conoscenza, la tolleranza, la convivenza e il
dialogo siano parametri fondamentali per sviluppare un’idea di pace globale in decisa controtendenza con i
venti di intolleranza e di guerra che spirano oggi.Un viaggio in Medio Oriente non è così impossibile come
sembra nonostante la situazione internazionale non tranquilla. Anzitutto va detto che le notizie che arrivano
a noi dalla stampa e dalla televisione sono nella maggior parte dei casi non molto corrispondenti alla verità
ma piuttosto rispondenti ad una logica di politica internazionale imperiale di alcuni grandi Paesi come gli Usa
e in parte di alcuni Paesi europei. Le notizie che ci arrivano tendono dunque a generare nell’opinione
pubblica paura,diffidenza e odio nei confronti dei popoli del Medio Oriente. Il caso della Siria è emblematico.
Politicamente Siria e Giordania non sono per niente isole felici. Vi sono grossi problemi di diritti e garanzie
democratiche, tuttavia anche da quelle parti cominciano ad intravedersi spiragli che fanno ben sperare per il
futuro; sempre che qualcuno non pensi di esportare i propri modelli anche qui con i risultati che ha prodotto e
sta producendo in Iraq. L’Europa e gli Usa hanno in più occasioni applicato in questa area la politica dei “due
pesi e due misure” e certo questo non è di aiuto alla soluzione dei problemi mediorientali. La fiducia con cui
partirete per un viaggio come questo verrà ripagata dalla cortesia,simpatia e disponibilità di questi popoli che
vi accoglieranno come una persona che, nonostante tutto ,ha dato loro fiducia visitando il Paese in cui
vivono. Noi ovunque siamo andati siamo stati accolti con amicizia, non abbiamo mai,nemmeno per un
momento, sentito ostilità nei nostri confronti. I pochi occidentali conosciuti nel viaggio ci hanno confermato
questo. “Il turismo di conoscenza” forse può dare un contributo affinché escano da un isolamento
internazionale in cui sono stati cacciati loro malgrado. E’ molto importante dunque nell’organizzazione del
viaggio documentarsi e informarsi non fidandosi troppo di ciò che la stampa occidentale ci passa. Internet è
un grande strumento che ci consente una informazione più ampia.

Nota a margine . Al nostro ritorno un amico mi ha chiesto con una certa malizia se c’erano i Centri
Commerciali dove poter comprare da mangiare.Ebbene i centri commerciali nelle grandi città ci sono e uno
di quelli di Damasco, il Town Center, è particolarmente bello. Ma i damasceni quando cercano qualcosa o
devono fare la spesa vanno nel suq o negli innumerevoli negozietti che strabordano di merce e dove si trova
di tutto.Siamo sicuri che la civiltà e la modernità di un popolo si misuri sulla presenza dei Centri
Commerciali?
"Meglio vedere con i propri occhi che con gli occhi altrui."
- detto tuareg –

Sabato 16 luglio ore 15.00 circa – frontiera siriana di Bab Al Hawa (la porta del vento)

Siamo in frontiera, un piccolo sogno si realizza. Appena vedono il nostro camper ci viene incontro un
signore offrendoci i suoi servigi nel disbrigo delle pratiche doganali. Penso di poterne fare a meno. Mi segue
comunque, sa benissimo che avrò bisogno di lui. Al terzo sportello mi chiedono di compilare un modulo per
la tassa diesel. E’ in arabo! E’ il momento di Ahmed che pronto si propone di compilarlo, naturalmente dietro
un piccolo compenso. Mentre attendiamo i timbri sui moduli parliamo della guerra in Iraq, mi dice che lui non
ha niente contro gli americani ma il governo di quel Paese…. “hanno detto che catturato Saddam se ne
sarebbero andati, e invece sono ancora lì e non se ne andranno, loro vogliono il petrolio e il controllo sul
Medio Oriente…” Come si può dar torto ad Ahmed ?

Sabato 16 luglio ore 17.30 circa – Camping Kaddour vicino ad Aleppo

Dopo la prima indicazione del campeggio, non ne troviamo altre e perdiamo la strada. Una famiglia a bordo
di un camioncino di ritorno dal lavoro nei campi ci fa segno di seguirli. Ci accompagnano al campeggio.Si
suona il campanello, il campeggio è recintato da mura. Ci apre una signora e ci fa entrare. In un cortile con
alberi di ulivo, siamo gli unici campeggiatori. Al centro del cortile una grande casa tipo colonica dove la
signora abita con l’anziano padre. Ci invitano a prendere il te’ alla menta. La sera arrivano degli ospiti che la
signora accompagna da noi. Welcome to Syria !

Domenica 17 luglio ore 9.00 circa – Souq di Aleppo

Un poliziotto ci accompagna al parcheggio della cittadella,garantendo sulla sicurezza del


posto.Colori,profumi e rumori del souq. Gente che va e che viene, indaffarati nei loro commerci. Due ragazzi
armeni ci fanno visitare il loro negozio di stoffe e tappeti. A lato della grande moschea,di fronte alla Madrasa
Halawiyya una fila di ciechi intona una cantilena che sa di preghiera. Nel Khan di Al Jumruk le stoffe a rotoli
fanno bella mostra fuori dalle botteghe. Nel souq di Al Farayn bambini e anziani cardano la lana, mentre
nelle vie laterali di Al Attarine zafferano, cumino e altre spezie colorano gli angoli scuri del souq. Poco oltre
ci attira il profumo di alloro che emana il famoso sapone di Aleppo. Cubetti marroni,come tanti mattoncini
uno sopra l’altro. Un profumo inebriante. La luce filtra nella zona dei macellai con la carne e le interiora
esposte e un nugolo di mosche che staziona. Un giovane ci avvicina per chiedere se possiamo cambiare le
monete di euro che possiede con banconote oppure banconote da 10 e 20 con un pezzo da cinquanta.
Siamo diffidenti non sappiamo se le sue banconote sono vere o false. Ci fa notare che se noi non ci fidiamo
perché lui dovrebbe fidarsi di noi e della nostra buona fede? Una lezione che ci fa molto riflettere sul nostro
modo di pensare all’occidentale. Gli cambiamo i soldi e ci salutiamo con una stretta di mano e un consiglio
su dove andare a pranzo.

Domenica 17 luglio ore 17.30 circa – Hama

Il cigolio delle Norie, le grandi ruote che prendono acqua dall’Oronte fa da sottofondo ad una rilassante
passeggiata nei giardini. Bambini che corrono, sotto l’occhio vigile dei genitori, fidanzati sulle panchine e
gruppi di ragazze con l’immancabile foulard a coprire il capo. Alla norie di Al Kaylaniyya, un ragazzo fa le
acrobazie salendo sulle pale per tuffarsi nelle fresche acque dell’Oronte in questo caldo pomeriggio d’estate.
All’uscita dei giardini una donna chiede l’elemosina. Non è un fatto usuale in Siria, la dignità di questo popolo
è per noi una delle scoperte più piacevoli.

Lunedì 18 luglio ore 8.00 circa – Krak des Chavaliers

C’è un bel venticello fresco sulla collina del Krak, Qala’at al-Hosn, il castello crociato della mia infanzia,
quello visto sui libri di storia delle scuole medie, quello che ha fatto sognare e immaginare avventure. E’ qui
davanti a me. Chissà quante armate crociate ha ospitato,quanti assedi ha subito prima di soccombere e
quanto sangue ha visto scorrere in nome del Santo Sepolcro.Vicino a noi, due viaggiatori in tenda danno da
mangiare ai loro cavalli; dalla tenda di un fuoristrada escono assonnati altri viaggiatori che si preparano per
la colazione. Sono i nostri unici compagni in questo piccolo fazzoletto di terra usato come campeggio da un
hotel che nel nome certo ricorda la storia del luogo in cui ci troviamo: “Le Table Ronde”, la tavola
rotonda.Dalle tombe di un piccolo cimitero musulmano, osservo le colline circostanti, la pianura e in
lontananza ma ben visibili le montagne del Libano.Su tutto incombe la sagoma ben definita e inquietante del
poderoso Krak des Chevaliers.

Lunedì 18 luglio ore 17.00 circa – sulla strada di Palmyra

Un nastro di asfalto che corre nel bel mezzo del deserto siriano. Qualche tenda nomade e pastori con le loro
greggi di pecore o capre, qualche piccolo avamposto fatto di due case e un caffè dove va in fila indiana a
“svagarsi” un gruppo di ragazzi militari dell’esercito siriano. Per il resto pietre, polvere terra e sabbia. La luce
è accecante e l’orizzonte si perde all’infinito.Incontriamo qualche camion e un paio di auto kuwaitiane. Nei
duecento chilometri che ci separano da Palmyra non troveremo nemmeno un camper, anche in città non ne
troveremo. Arriviamo ad un bivio, entrambe le strade vanno a Palmyra. Quella di destra prosegue poi per
l’Iraq che da qui dista meno di 200 km.Quale sarà la migliore? La nostra piccola cartina non ci aiuta molto.
Alla biforcazione c’è una jeep militare. Chiederemo a loro. Scendo dal camper e subito mi si fa incontro un
soldato graduato, ha un aspetto molto rilassato, camicia sbottonata e ciabatte. Gli altri nella jeep sembrano
dormire o quasi. Salaam alaykum (la pace sia con te!) dico io, Alaykum as-salaam ( e con te sia la pace!) mi
risponde. Gli arabi tengono molto ai saluti e sono molto cerimoniosi. E’ d’obbligo imparare almeno i saluti
nella loro lingua. Per noi è un segno di rispetto nei loro confronti. Gli chiedo la strada per Palmyra. Tadmor !
(Palmyra) ‘ala yasaar, e mi indica la strada a sinistra. Dopo avermi chiesto da dove veniamo, mi stringe
calorosamente la mano, una pacca sulla spalla e la frase magica: Welcome to Syria.

Lunedì 18 luglio ore 19.00 circa – tramonto a Palmyra

Con precisione da manuale arriviamo all’ora del tramonto sul Qala’at Ibn Maan, la fortezza araba che
domina la città e punto privilegiato per assistere al tramonto. La maestosa fortezza si tinge di rosso, qualche
decina di persone celebra il rito. Il suono di un liuto accompagna il sole che oggi andrà a dormire nel deserto
siriano. Palmyra, la meraviglia del deserto, crocevia di civiltà tra Mesopotamia e Arabia e di traffici lungo la
via della Seta; la città dell’indomita Zenobia che osò sfidare la potenza di Roma, è lì sotto di noi al bordo di
una grande oasi, con le sue colonne, i suoi templi e le torri funerarie.E’ sera quando un bel venticello
rinfresca l’aria. Un carosello di auto e carrozze annunciano qualche festa importante, forse un matrimonio.
Nei giardini della piazzetta bimbi con i genitori ci salutano e ci chiedono il nome. E’ del tutto naturale stare lì
seduti tra loro semplicemente a guardare le persone che passano e la vita che scorre. Nasser ci vuole
vendere le solite dieci cartoline.

Martedì 19 luglio ore 8.00 circa – gli scavi

E’ mattino presto quando passeggiamo lungo millenni di storia, dal grande colonnato al campo di
Diocleziano passando per l’arco monumentale,l’agorà, il teatro, il tempio di Nabo e quello dei Canoni. Al
Tetrapilo siamo seduti all’ombra delle colonne quando ci raggiunge un cammelliere che si siede accanto a
noi. Nota lo stemma di Emergency sul mio zainetto.Conosce l’impegno di Emergency contro le guerre e
approva. Ha girato parecchi Paesi europei ed è stato anche in Italia. Ci indica un campo beduino poco fuori
Palmyra, nel deserto, e ci invita per la cena nell’oasi con la sua famiglia.Il tempio di Bel è grandioso, ai
margini del palmeto. Da santuario in onore della divinità di Bel a fortezza araba, bassorilievi e incisioni
testimoniano lo scorrere del tempo.La sera le rovine sono illuminate, la luna fa bella mostra. Un piccolo
scorpione è sul marciapiede. Arriva Nasser con un motorino e stavolta ci propone una rana di legno, non
opponiamo resistenza e va via contento. E’ tardi quando si alza il vento che rinfrescherà un’altra notte a
Palmyra.

Mercoledì 20 luglio ore 8.00 circa – sulla via di Damasco

Una tranquillità irreale regna sulla valle delle tombe. Il silenzio è rotto solo dal rumore del motore di uno
scalcinato pulmino variopinto il cui autista ha deciso di riposarsi qui. E poi la strada, il deserto e perso nel
nulla ad un incrocio con la strada per Baghdad, il “Baghdad Cafè”. Una tenda beduina e una piccola
costruzione dove sorseggiare un te’ mentre due cuccioli di cammello si fanno le fusa.

Mercoledì 20 luglio ore 11.30 circa – i taxisti di Damasco

Un rumore assordante di clacson, auto che intasano le periferie della città. Camion che lasciano dietro di sé
un fumo nero denso, gente indaffarata negli acquisti e carretti stracarichi di merce che attraversano come
niente fosse. E i taxisti che danno saggi della loro “bravura” nel destreggiarsi nel traffico ignorando qualsiasi
regola. Tutto ciò che ci hanno insegnato a scuola guida qui non vale. Si supera a destra e a sinistra, ci si
infila in tutti i buchi, i pedoni non hanno nessun diritto sulla strada anzi rallentano solo la corsa di questi
autentici kamikaze in piccole scatole gialle con i finestrini perennemente abbassati e le frecce che non
esistono. Sono loro i veri padroni delle città siriane, sono una miriade e forse sono proprio loro quelli a cui si
riferisce il Presidente Bush quando parla dei siriani come pericolosi personaggi. Adesso è tutto chiaro, è
certamente così. I taxisti di Damasco sono il nemico numero uno della civiltà occidentale e delle sue regole.
Sono loro quelli contro cui lanciare la prossima crociata del “mondo civilizzato”. E allora vogliamo provare
l’ebbrezza di salirvi a bordo. Ad ogni nostro cenno di irrequietezza il taxista ci tranquillizza mostrandoci i
muscoli e dicendoci di non preoccuparci. Quando lo slalom finisce paghi e salti giù di corsa. Shukran! e
arrivederci a stasera per un’altra folle corsa.

Mercoledì 20 luglio ore 16.00 circa – souq Al Hamidiyya e Moschea degli Omayyadi

La luce filtra appena nella volta metallica che copre il souq Al Hamidiyya, vero corridoio che conduce nel
cuore della città vecchia. Eleganti negozi si intervallano a piccole botteghe artigiane. Gruppi di donne in nero
osservano interessate le vetrine di indumenti intimi e costumi da bagno, ragazze in jeans e donne in abito
lungo chiaro, occhi bellissimi che spuntano dal velo nero. Venditori di acqua richiamano l’attenzione facendo
acrobazie con i bicchieri. Da Beckdach il gelato a blocchi viene lanciato sui banconi, fuori si fa la fila per
aggiudicarsi un cono. Le botteghe di caffè emanano un delizioso profumo, ad ogni angolo si vendono semi di
girasole, noccioline e pistacchi. Tutti sgranocchiano qualcosa, i siriani come i giordani sembrano presi da
una mania collettiva,tutti con il loro sacchettino. Al negozietto che vende oggetti religiosi e l’ultima edizione
del Corano rilegato in pelle non c’è molta gente sono più interessati a collane e braccialetti. La luce diventa
più intensa e illumina ciò che resta della porta del Tempio di Giove, siamo di fronte alla grande e
meravigliosa Moschea degli Omayyadi. Dalla piccola porticina che regola l’ingresso un addetto controlla che
gli abiti siano confacenti al luogo. Per le occidentali è compresa nel prezzo d’ingresso una lunga jalabiyya.
Varcare quella porta significa entrare in 3000 anni di storia. Arabi, Romani, da tempio pagano a tempio
cristiano, poi i musulmani e le distruzioni mongole e i terremoti; ma ciò che resta è di una bellezza
straordinaria. La pietra calcarea bianca del cortile riflette la Cupola del Tesoro e la Cupola degli Orologi. Il
porticato e la sala della preghiera sono ornati da splendenti mosaici bizantini. Bambini corrono e giocano
spensierati nel cortile. All’interno meravigliosi lampadari illuminano la Cupola dell’Aquila e la Tomba di San
Giovanni Battista. Sui tappeti, fedeli in preghiera, bimbi che corrono gruppi di uomini e donne seduti a bere e
persone che riposano e dormono. Una socialità inaspettata, un modo di intendere questo luogo sacro per il
mondo musulmano che non immaginavamo nemmeno e che non trova riscontro nelle grandi moschee che
pure abbiamo visitato altrove.

Mercoledì 20 luglio ore 20.00 circa – Narcisus e An Nafwura

Un ragazzo seduto di fronte alla sua bottega di tappeti ci indica un ristorante dove cenare. E’ a pochi passi
da lì, nei vicoletti della città vecchia in una antica casa damascena. Narcisus questo è il nome. Ingresso
tutto in legno, all’interno tra colonne e tavolini una splendida fontana illuminata al centro del cortile, ai piani
superiori loggiati con altri tavolini e in alto soffitto aperto verso le stelle in questa fresca sera damascena. La
clientela è decisamente varia, dai “giovani ragazzi e ragazze all’occidentale” alle famiglie più “ortodosse”.
Dal nostro tavolino sul loggiato osserviamo lo scorrere della vita sottostante. Entrano 3 donne
completamente vestite di nero,guanti compresi. Dall’abbigliamento sono di religione sciita, nessuno fa una
piega. E’ una situazione normalissima questa varietà di approccio alla religione ed alla sue regole. Sul muro
è appeso un televisore moderno Lcd a schermo piatto che manda in onda filmati di concerti rock e pubblicità
di prodotti di bellezza decisamente occidentali. Le tre donne non sanno dove sedersi, certamente non troppo
vicine alle ragazze scollate e nemmeno al televisore. Si accomodano in un posticino un po’ appartato ma
neanche troppo. Il cameriere si avvicina loro, parlano e fanno cenno di aspettare. Non hanno ancora deciso
dove mettersi. La più grassoccia delle tre e probabilmente la più anziana si alza e con lei le due ragazze.
Hanno finalmente individuato un posto in una saletta separata, il cameriere sembra tirare un sospiro di
sollievo, finalmente possono ordinare la cena.An Nafwura non è molto distante, sul lato destro della
Moschea degli Omayyadi. E’ il caffè più antico di Damasco e ogni sera c’è il cantastorie. A quest’ora è molto
affollato di gente. Si beve tè o caffè, il migliore della città, aromatizzato; il simpatico cameriere ci invita sulla
loggetta d’onore, quella riservata ai damasceni che fumano il narghilé. Di tanto in tanto compare un altro
personaggio che sembra uscito dagli inferi: annerito, baffoni e in mano una scatoletta metallica contenente
carboncini profumati ardenti e una pinza da fucina con cui li prende e posa sui narghilé a richiesta dei
fumatori che ci hanno accolto. Ci fanno spazio,ci danno un loro tavolino e prima di andare via uno di loro
dice: I like Italia. “We like syrian people” la pronta risposta.
Giovedì 21 luglio ore 21.00 circa – La festa

Dopo una mattinata in città, ci si riposa in campeggio. E’ arrivata una simpatica coppia australiana in viaggio
da otto mesi, con un mezzo tipo Overland, per deserti ,steppe e montagne. All’ora di cena cominciano a
sentirsi botti e musica che sembrano essere molto vicini al campeggio. Mi armo di telecamera ed esco a
vedere. Seguo la musica e arrivo in una via dove danzatori uomini disposti su due fila con tamburelli e altri
strumenti accolgono gli invitati. Mi viene incontro una persona e mi invita. Cerco di fare resistenza cercando
di far capire che non so ballare, ma il suo scopo non era quello. Passando tra le fila dei danzatori mi
accompagnano in un cortile con lunghi tavoli imbanditi e tantissima gente. Sento gli sguardi concentrati tutti
su di me. Chi sarà mai questo straniero? Mi si avvicina un ragazzo che si presenta e mi dice che quella è la
sua festa, che tutto il quartiere è invitato e ora anch’io sono invitato. Mi offre una piccola tazza di caffè, poi
mi porta ad un tavolo, mi fanno posto e mi portano un piatto di riso con verdure e della carne. Non posso
rifiutare tanta ospitalità. Mi dice che posso fare riprese se voglio, ma mi sembra di invadere la loro privacy e
così riprendo solo i danzatori. Arriva il momento delle presentazioni , prima lo zio,poi il fratello e altri parenti,
tutti che mi stringono la mano e mi abbracciano. Prima di andare via gli lascio un adesivo della Tavola della
pace contro la guerra in Iraq. Il ragazzo è felicissimo, richiama i parenti e alcuni amici per farlo vedere. Poi
mi accompagna all’uscita del cortile e mi dice che domani si sposa e che se voglio posso tornare alla festa
che ci sarà la sera.

Venerdì 22 luglio ore 9.00 – Cristiani e Sciiti

Venerdì è giorno di festa per i musulmani. La città sembra deserta, i negozi chiusi, le pesanti porte dei Khan
sbarrate. Andiamo a Takiyya as-Suleimaniyya nella città nuova. Una moschea e una madrasa le cui stanze
raccolte intorno ad un porticato sono occupate oggi da interessanti negozi di artigiani. A Damasco c’è una
certa presenza di Cristiani, ci sarà pure tra loro qualche commerciante. Troviamo aperte solo poche
botteghe, da un gentilissimo signore acquistiamo belle stoffe.Da Bab Al Jabiye si prende la Sharia Medhat
Pasha un tempo la principale via di Damasco fino a giungere in Sharia Bab Sharqi. La presenza di alcune
chiese greco-ortodosse,armene e cattoliche ci dice che siamo nel quartiere cristiano. Nei negozi immagini
sacre di Cristo e crocefissi, il Corano è sostituito dal Vangelo e dalla Bibbia, i negozi sono aperti. Secondo gli
atti degli Apostoli, Saulo di Tarso fu folgorato sulla via di Damasco, quel che è certo che i cristiani sono qui
fin dal I sec.Una voce ci invita ad entrare nel laboratorio artigianale dove si producono belle scatole
intarsiate.
Oggi abbiamo voglia di camminare e ci portiamo verso lo stupendo palazzo Azem e il suo fresco giardino.
Inevitabilmente finiamo ancora alla Moschea degli Omayyadi e alla piazzetta del Mausoleo di Saladino. C’è
molta animazione in questa parte della città. Molte donne in nero si dirigono velocemente in una stradina
poco oltre il mausoleo. Vanno a Sayyidda Ruqayya, la moschea degli sciiti. Incastrata tra strette vie e
botteghe spunta dapprima la bella cupola bianca a disegni geometrici di questa moschea costruita dagli
iraniani in tempi recenti. Decine e decine di donne totalmente coperte entrano ed escono dalla moschea,
uomini con il classico turbante degli ayatollah affollano le bancarelle di oggetti religiosi, appesi ai fili drappi
neri con versetti del Corano. I negozi del souq nei pressi sono tutti aperti e affollatissimi. Arrivano dall’Iran e
dall’Iraq, sui bus parcheggiati nella vicina strada campeggiano i ritratti di Moqtad Al-Sadr, il leader sciita
irakeno che ha tenuto testa all’esercito americano per giorni asserragliato nella città santa di Naijaf . Arrivano
per rendere omaggio a Ruqayya la figlia del martire Hussein di Kerbala ucciso in battaglia dai califfi sunniti
nel 680. Quasi ci si spintona per entrare nel cortile della moschea su cui si aprono corridoi con specchi e
decorazioni dorate luccicanti. I devoti sono in preghiera, l’atmosfera è molto diversa dalla moschea
Omayyadi. L’aria è pervasa da una sorta di misticismo rotta solo dall’incessante passaggio dei fedeli. Fuori i
commerci continuano, un coloratissimo carretto di frutta e ,sull’angolo, una magnifica pasticceria dove il
simpatico gestore ci regala squisiti dolcetti.

Sabato 23 luglio ore 11.00 circa – La città nera

Lungo l’autostrada che da Damasco corre verso sud, campi coltivati a frutta,meloni,angurie,prugne e
pesche. Ragazzi che vendono in improvvisate capanne il raccolto della giornata. Più avanti contadini chini
sui campi a raccogliere pomodori. Cassette di succosi e saporiti pomodori come non ricordavamo da
tempo.Bosra ash-Sham, una deviazione dalla strada principale. La città nera,costruita con blocchi di basalto
,capitale nabatea dopo Petra e capitale romana della provincia d’Arabia. Sulle strade polverose della
cittadella si calpestano 3300 anni di storia. Resti di templi, colonnati con splendidi capitelli, il mercato
romano, l’hammam Manjak e la moschea di Omar una delle più antiche al mondo. Tra le pietre basaltiche
vagano alcuni bimbi con zufoli di canna; 3 euro due zufoli, ma se insisti te ne danno anche tre. Nella grande
piazza all’inizio dell’area una fortezza araba nasconde la meraviglia di Bosra: il teatro.Passando da bui
cunicoli con la luce che filtra da feritoie e piccole finestre si arriva alle gradinate. Ciò che si presenta e
indimenticabile. Si calcola che potesse contenere almeno 15000 persone. Il sole splende e illumina la scena
che è in marmo chiaro ornata da belle colonne con capitelli corinzi. Ci sono operai che stanno lavorando
sulle gradinate, si chiamano l’un l’altro e questo ci fa capire che l’acustica era davvero ottima. Sul palco una
famigliola prende il te’. Noi usciamo di scena rientrando nel buio delle gallerie.

Sabato 23 luglio ore 16.00 circa – frontiera giordana

“ Welcome in the Hashemite Kingdom of Jordan”, recita l’enorme cartello che segna la frontiera sirio-
giordana. I ritratti di Hafez Al Assad e figlio sono sostituiti da quelli di Re Hussein e figlio. I padri defunti che
lasciano ai figli in eredità il Paese.Due ragazzi francesi con un piccolo WV Transporter sono gli unici europei
che vediamo, sono in giro da quattro mesi. Per il resto potenti e moderni fuoristrada giordani, kuwaitiani e
sauditi. Uomini in tuniche di un bianco accecante, senza una piega, in testa la keffiah bianco-rossa giordana
o solo bianca tipica saudita. Tutti diligentemente in fila ad aspettare i timbri sui passaporti. Mi mandano da
un ufficio all’altro per timbrare i documenti di importazione del mezzo, la cosa un po’ mi spazientisce e lo
faccio presente. Un saudita approva e dice che non in tutti i paesi della zona è così. Sarà poi vero?
L’esperienza delle tre frontiere che abbiamo passato mi dice il contrario. Alla fine tutto si risolve con un
caloroso “Welcome to Jordan” da parte dei militari addetti all’ultimo controllo.

Sabato 23 luglio ore 18.00 circa – Il festival di Jerash

Non ci speravamo, ma il caso ha voluto che capitassimo a Jerash, l’antica Gerasa, proprio nel periodo
dell’annuale Festival della Cultura e delle Arti. Cornice del festival, tutta l’area archeologica. La polizia
turistica ci fa parcheggiare proprio di fronte alla loro sede, nei posti riservati agli invitati speciali e ai
diplomatici, quello sarà anche il nostro posto per la notte.L’occasione per visitare gli scavi di notte è unica,
illuminati dalla luna piena e dalle luci soffuse il cardo maximus con le sue decine di colonne si colora di un
ocra intenso. Nel tempio di Artemide stasera c’è uno spettacolo per bambini a sostegno di un progetto di
aiuto ai bimbi palestinesi, nel teatro sud e nel teatro nord due concerti e nella splendida piazza Ovale
sovrastata dal tempio di Zeus si esibiscono danzatori del Tirolo austriaco con tanto di calzoncini di
pelle,saltelli e gorgheggi. Il pubblico pare apprezzare e ritmicamente batte le mani. Assistiamo nel piccolo
teatro nord ad un concerto di uno strepitoso gruppo rock pakistano. Il teatro è pieno,sventolano bandiere e
luci multicolori illuminano la scena. Tutta l’area archeologica sembra rivivere, è popolata,è vissuta come era
al tempo delle città della Decapoli, provincia romana di Siria al centro di intensi scambi commerciali.La
nuova Jerash sembra un piccolo presepe con le case addossate l’una all’altra e tenui luci. Nel frattempo
nella piazza Ovale un gruppo tradizionale giordano ha preso il posto dei danzatori tirolesi. Tra le colonne
gruppi di ragazzi improvvisano danze.

Domenica 24 luglio ore 9.00 circa – King’s Highway

Al Tariq as-Sultani, “La strada del Sultano” è il nome arabo della Strada dei Re. Migliaia di pellegrini cristiani
diretti al Monte Nebo e altrettanti fedeli musulmani diretti alla Mecca sono passati di qui. Un lungo nastro di
asfalto che attraversa il Paese quasi da parte a parte, fatto di tortuosi saliscendi in un paesaggio arido e
selvaggio. Il traffico è inesistente, si viaggia in un paesaggio lunare punteggiato qua e là da qualche tenda
beduina. Il silenzio è quasi irreale, il sole implacabile e non c’è riparo alcuno. I luoghi più importanti della
Giordania sono ai suoi lati.Madaba, la città dei mosaici. Sparsi tra il parco archeologico, la Chiesa degli
Apostoli e la Chiesa di San Giorgio e nella chiesa del Monte Nebo non molto distante, si possono osservare
splendidi mosaici. Il più noto e forse quello più suggestivo per quel che rappresenta è nella Chiesa di San
Giorgio: la cartina della Palestina del 560 d.c . Non è di facile comprensione ma alcuni luoghi e riferimenti si
riescono a cogliere.Pochi chilometri per salire al Monte Nebo dove si dice che Mosè vide la terra promessa.
Da qui in effetti la visuale è splendida e se non fosse per la foschia …. Guardando oltre la foschia ci coglie
un senso di tristezza . Un pannello indica la direzione dei luoghi. Sotto di noi la valle del Giordano e oltre
Israele e i territori palestinesi occupati, la Cisgiordania, Gerusalemme, Ramallah. Luoghi che evocano ricordi
biblici e più recenti ricordi di guerre e sopraffazioni,di sofferenza di un popolo che non vede riconosciuti i
propri diritti ad avere una patria, a poter vivere dignitosamente.Si è alzato un bel venticello che fa muovere
gli ulivi, riprendiamo la nostra strada fino a Kerak antica roccaforte crociata con un bel castello in posizione
dominante la valle fino al Mar Morto.Facciamo “visita” all’ospedale italiano. Il personale è arabo. Ci viene
incontro una suora comboniana, ci presentano un medico. L’ospedale è organizzatissimo ed
efficentissimo,ha una farmacia interna che dispensa le medicine che ci servono dopo la visita di un medico.
E’ sera, siamo davanti l’ingresso del castello, un cameriere del vicino hotel ci rassicura sulla tranquillità del
posto. Silenzio assoluto,rotto solo dal fischiare del vento.
Lunedì 25 luglio ore 16.00 circa – Petra

Quando la strada passa da Wadi Musa e comincia scendere, sotto di noi si vedono le rocce rosse di Petra,
l’antica città dei Nabatei, per noi un sogno che si realizza. Ci fermiamo ad ammirare un poco increduli il
paesaggio, poi giù veloci verso il Visitor’s Centre. Qui ci informano della possibilità di visitare Petra by Night,
cosa possibile solo due giorni la settimana. Anche in questo caso la fortuna ci assiste e capitiamo nel giorno
giusto. Il gentile impiegato prende la prenotazione per la serata e ci consiglia di lasciare il camper nel
parcheggio adiacente ottimo anche per la notte. Mentre riposiamo, un ragazzo che vende bibite fresche da
un piccolo furgone si avvicina e chiede di vedere il camper, poi saputo che siamo italiani ci chiede se
abbiamo il cd di “Bella Ciao”. Incredibile ! in Giordania conoscono la canzone partigiana. Ci torna in mente
che anche in Egitto era successa la stessa cosa e questo contribuisce ad aumentare il mistero. Il ragazzo di
cui non ricordo il nome, accenna qualche strofa per dimostrare che la conosce veramente. Dopo essersi
allontanato si ripresenta con due tazze di tè: “ Benvenuti a Petra! “ ripagandoci forse della fiducia che due
viaggiatori solitari hanno mostrato recandosi a visitare il suo Paese e della tanta strada fatta.

Martedì 26 luglio ore 7.30 circa – Petra

"Petra è il più bel luogo della terra. Non per le sue rovine […], ma per i colori delle sue rocce, tutte rosse e nere con
strisce verdi e azzurre, quasi dei piccoli corrugamenti, […] e per le forme delle sue pietre e guglie, e per la sua
fantastica gola, in cui scorre l'acqua sorgiva e che […] è larga appena quanto basta per far passare un cammello […].
Ne ho letto una serie infinita di descrizioni, ma queste non riescono assolutamente a darne un'idea […] e sono sicuro
che nemmeno io sono capace di farlo. Quindi tu non saprai mai che cosa sia Petra in realtà, a meno che non ci venga
di persona".
Thomas Edward Lawrence

Alle sette e trenta siamo di fronte all’ingresso del sito. La serata precedente abbiamo percorso il siq fino al
Tesoro al lume delle candele disseminate lungo il percorso in una atmosfera magica al suono del flauto.
Stamattina l’azzurro del cielo e i raggi del sole illuminano la prima tomba nabatea dei quattro obelischi,poi si
scende nella stretta gola As-Siq. Indiana Jones ne “L’ultima crociata” la percorse a cavallo, noi a piedi.
Siamo tra i primi visitatori della giornata e questo consente di gustare al meglio il sito. Il siq è una stretta
feritoia dovuta ai movimenti tettonici che hanno creato la spaccatura e all’azione dell’acqua che ne ha
levigato le pareti. La luce passa appena e le rocce assumono colorazioni diverse, sembrano quasi dipinte a
pennello da un qualche bizzarro artista. Venature rosse, bianche e grigio-azzurre, i Nabatei pensarono poi a
scolpirvi figure e piccoli altari. Circa un chilometro e mezzo, si sente lo scalpitio di un cavallo, stiamo
arrivando al Tesoro. Ad ogni curva ci si attende la magica apparizione, finalmente dalla stretta apertura si
compone il luogo per cui Petra è conosciuta in tutto il mondo: Il Tesoro, Al-Khazneh lo chiamano da queste
parti, un monumento funebre Reale di stupefacente bellezza scavato nella roccia di arenaria. Alle diverse
ore del giorno assume tonalità di rosso diverse. Per metà illuminato dal sole ci appare in tutta la sua
maestosità con le bellissime colonne a sorreggere il timpano triangolare e le figure scolpite laterali. Restiamo
non poco ad ammirare questa bellezza, poi riprendiamo il cammino, Petra non finisce qui.Un lungo sentiero
sale a sinistra fino all’altare sacrificale. Alcuni ragazzini si offrono di portarci su con il mulo, altri ci
propongono braccialetti con disegni beduini. La salita è abbastanza faticosa anche se per fortuna e ancora
in ombra. In alto all’altare la visuale è splendida e spazia sulla vallata sottostante verso il Qasr al-Bint e i
resti romani di fronte fino allo Jebel Haroun (il monte Aronne mt. 1350) , luogo dove sarebbe sepolto Aronne
fratello di Mosè. Chiediamo informazioni ad una giovane beduina che vende scatolette decorate, ci indica il
sentiero che scende verso il Wadi Farsa ( la valle delle farfalle). La bellezza e la particolarità del luogo non si
può descrivere se non con il rischio di cadere nel banale o ripetere i soliti aggettivi. Aveva ragione
Lawrence.Vicino alla Tomba del Soldato,facciamo la conoscenza di una bambina che vende pietre colorate.
Ci accompagna per un pezzo fino alla sua tenda dove l’attende il fratellino e la mamma. Attraversiamo il
Wadi Farasa sotto un forte sole per giungere finalmente al Qasr al-Bint , tempio pagano del 30 a.C., per un
meritato riposo. Il nostro percorso continua verso est in direzione del Monastero. Salita molto faticosa con
circa 900 gradini, lungo il sentiero donne beduine vendono collane e braccialetti, i muli scendono a rotta di
collo con cesti sulla groppa. Il Monastero ( Al-Deir) è molto simile al Tesoro come struttura, ma più grande e
imponente, per certi versi anche più scenografico, in posizione splendida circondato da montagne e rocce.
Un provvidenziale localino ci offre riparo dal sole. Poco oltre salendo a sinistra ci si porta ad un punto
panoramico a picco sulle rocce. In lontananza il Wadi Araba e il Mar Morto, a sinistra il Monte Aronne. Fa da
sottofondo il suono di un oud (liuto) che si diffonde in questo magico luogo. Torniamo a valle passando per il
Colonnato Romano e le meravigliose Tombe Reali , in mezzo ai cammelli scorazzano turisti di gruppi
organizzati, ripassiamo davanti al Tesoro che contempliamo in religioso silenzio come a fissare
indelebilmente nella nostra memoria questo incantevole luogo del mondo. All’uscita del siq sono le 19.00,
tolte le soste e la pausa per il pranzo, abbiamo camminato dieci ore nelle meraviglie di Petra.
Mercoledì 27 luglio ore 15.00 circa – Nel deserto di Wadi Rum sulle tracce di Lawrence d’Arabia

Il caldo si fa sentire, il termometro esterno del camper segna 39 gradi. Siamo al bivio per lo Wadi Rum il
mitico deserto che molte vicende ha legato al nome di Lawrence d’Arabia e al califfo Feisal che da qui
guidarono la rivolta araba contro gli ottomani. Una lunga strada diritta si perde all’orizzonte, il vento solleva
la sabbia rossa che invade la strada, accanto la vecchia ferrovia. Un posto di blocco ci avvisa che siamo
giunti nella Riserva Naturale del Wadi Rum. I poliziotti ci fanno segno di proseguire verso il centro visitatori in
direzione del villaggio di Rum. La strada passa accanto ai “sette pilastri della saggezza” una formazione
rocciosa che ha ispirato il libro di memorie scritto proprio da Lawrence. E’ imponente così come lo sono le
grandi rocce che si vedono all’orizzonte. Rosse e levigate dal vento che le ha modellate in strane forme.
Tutto intorno il nulla.

“Hamra si apriva alla nostra sinistra. Era un villaggio di forse cento case (…). Percorremmo un sentiero fiancheggiato
da muri e da alberi, che passava sulla cima di un terrapieno e facemmo inginocchiare i cammelli davanti alla porta del
cortile di una casa lunga e bassa.”Da: I sette pilastri della saggezza di T.E. Lawrence

Il villaggio di Hamra forse corrisponde al villaggio di Rum. Poche anime,beduini della tribù degli
Huweitat,qualche casa squadrata e la Rest House che da ospitalità a camperisti e campeggiatori sotto la
massicciata del Jebel Rum (mt. 1750). Un avamposto nel deserto. Oltre le case sotto una grande tenda
beduina gli autisti delle jeep discutono bevendo te’ in attesa di partire per le escursioni. Da qui e dal centro
visitatori si può partire alla scoperta delle bellezze del Wadi Rum. La jeep percorre piste passando tra rocce
e canyon, ben presto si perdono i punti di riferimento e sembra di viaggiare in un grande labirinto.In certi
momenti si affonda nella sabbia e ci vogliono alcuni tentativi per superare insidiose dune. Le Toyota che
percorrono queste piste non sono certo moderne e viene da chiedersi come facciano ad essere in esercizio,
le ruote sono piuttosto liscie e la carrozzeria …… beh! meglio lasciar perdere. Solo la maestria degli autisti
consente di arrivare alla meta. La luce verso il tramonto rende tutto meraviglioso, il rosso delle rocce fa un
tutt’uno con la sabbia e le pietre nere. Dall’alto dell’arco di Burdah lo spettacolo è grandioso. Di tanto in tanto
spunta qualche accampamento e sulle rocce disegni nabatei scolpiti. Scene di caccia e di vita di secoli fa. A
Umm Fruth il silenzio del deserto è rotto solo dal crepitio dei rami secchi che bruciano,un ragazzo ha acceso
il fuoco e mette il te’ a bollire. La jeep sale a fatica su una collinetta sassosa. Il sole va a dormire e tutto si
colora di rosso fuoco.Poche luci nel villaggio e un cielo con miliardi di stelle: la nostra notte nel Wadi Rum.

Giovedì 28 luglio ore 9.00 circa – Ancora Wadi Rum e poi…. Aqaba

Il sole è già abbastanza forte quando ci mettiamo in movimento a piedi, coperti e con scorta d’acqua per una
breve escursione verso la sorgente di Lawrence. Seguiamo le tracce lasciate dalla jeep, aggiriamo una
montagna, in vista di alcune tende beduine arriviamo ad una cisterna d’acqua. Alcune donne e bambini
conducono il loro gregge di pecore e capre . Noi ci riposiamo all’ombra dell’unico albero. Le donne fermano il
gregge. Quando noi lasciamo l’ombra dell’albero, loro arrivano. Non hanno voluto disturbare il nostro riposo.
Un anziano beduino sta facendo scorta di acqua, ci dice che arriva dall’alto, dalla sorgente di Lawrence. Nei
pressi incisioni rupestri e scritture della tribù saudita dei Thamud. Di fronte il massiccio del Jebel Khazali. Per
esplorare il confine nord della riserva ci serviamo del nostro camper. Seguendo la vecchia ferrovia ci
spingiamo oltre il villaggio di Al-Munayshir. Una montagna di dune di sabbia fa da contrasto ad una zona
intensamente coltivata. Oltre non si va, ci vuole ancora la jeep, ma Aqaba ci attende. Un tuffo nel Mar
Rosso, facendo attenzione ai ricci molto spinosi. La guardia marina ci informa del danno che si produce
all’ecosistema staccando il corallo e ci assicura che tutta l’area in cui siamo è libera e che possiamo
campeggiare senza problemi a cinque metri dalla spiaggia. Ibrahim è il custode egiziano, alza la sbarra e ci
riserva un ottimo posto. Siamo al Marina Aqaba, a 10 km. dall’Arabia Saudita. Il termometro segna 47 gradi
e c’è un vento caldo che ti scioglie. Il golfo è molto stretto, l’Egitto è a portata di mano e Israele ancora più
vicino. I palazzoni di Elat sono il proseguimento degli hotel di Aqaba. Il tramonto è da cartolina mentre
davanti a noi con passo felpato ma deciso sul bagnasciuga corrono due cammelli.La sera tre giovani
giordani ci invitano in spiaggia davanti ad un fuoco a consumare una tazza di te’.

Venerdì 29 luglio ore 8.00 circa – Lungo il confine israeliano fino al Mar Morto

La strada che segue il confine israeliano è molto poco trafficata. Poco oltre Aqaba non vi sono più abitazioni
e centri abitati. Dune e sassi, un paesaggio desertico e desolato. Di tanto in tanto ai lati spuntano torrette di
osservazione, a sinistra gli israeliani e a destra i giordani. Diversi i posti di blocco dove i giovani militari
giordani sembrano fare esercizio di inglese. Da dove venite? Dove siete diretti? Passaporti ! Ah! Italiani,
…… e via a snocciolare un elenco di calciatori da Del Piero a Vieri. Qualcuno più intraprendente mi chiede di
che squadra sono prima di alzare la sbarra fino al prossimo posto di blocco. Ce ne sono almeno sette fino al
Mar Morto. Si incrociano strade sterrate che vanno al di là del Wadi Arab, secco in questa stagione. Divieto
di transito e di fotografare, di là c’è Israele. Le fabbriche di potassio di Safi ci annunciano il Mar Morto. Le
sue rive sono bianche grazie all’elevata concentrazione salina. Siamo a circa 400 mt. sotto il livello del mare
e la temperatura esterna raggiunge i 45 gradi. L’insieme è un po’ deludente, le poche spiagge sono tutte
privatizzate, si paga l’accesso e tutti i servizi. Il mare è un poco mosso ed è difficile fare il bagno. Una
sostanza oleosa che una volta fuori si trasforma in sale ricopre il corpo, se ti capita di bere ti lascia un
sapore sgradevolissimo. Ad ogni modo è una tappa obbligata in un viaggio da queste parti e anche noi non
ci sottraiamo. Il tramonto cui si assiste ci ripaga di queste piccole delusioni.

Sabato 30 luglio ore 8.00 circa – Pella e Umm Qays

Ci svegliamo a Pella nel cortile del Country Side Hotel. Ieri sera siamo arrivati qui tardi. Non è stato facile
raggiungere Pella, a causa del buio abbiamo sbagliato strada, le indicazioni certo non erano molto frequenti
e alcune deviazioni per lavori in corso hanno dato il tocco finale. La serata è trascorsa nel giardino della
casa del giovane gestore dell’hotel e di sua sorella che ci ha intrattenuto davanti ad un piatto di riso con
brodo di agnello e insalata fresca. Gli scavi dell’antica città non sono di quelli che lasciano un grande ricordo.
Tornati lungo la valle del Giordano ad Ash Shuna prendiamo la strada sbagliata ritrovandoci ad un posto di
blocco di frontiera. Poi la strada inizia a salire con bellissime viste sulla valle del Giordano,il lago di Galilea e
le alture del Golan su cui un tempo recente si sono fronteggiati carri armati israeliani e siriani.In alto Umm
Qays, l’antica Gadara , stupendo esempio di antico villaggio ottomano e città romana. Limoni e melograni tra
gli antichi cortili, un bellissimo piccolo museo e un panorama mozzafiato. Per noi uno dei luoghi più belli
della Giordania.La frontiera di Ramtha che ci riporterà in Siria non è lontana, le pratiche doganali sono
abbastanza veloci, controllati tutti i timbri, eccoci di nuovo in Siria. Goodbye! È scritto sul cartello quando,
dopo sette intensi giorni,lasciamo la Giordania.

Domenica 31 luglio ore 10.00 circa – Convivenza e dialogo Cristiani-Musulmani

Nel campeggio di Damasco abbiamo incontrato due coppie di camperisti italiani diretti in Giordania. Sono i
primi che vediamo da quando siamo partiti. Noi andiamo a nord, a Maalula. Una piramide di case colorate,
cinque chiese cristiane e un moschea. I più anziani parlano ancora l’aramaico, la lingua di Cristo e oggi il
governo siriano cerca di tutelare e non disperdere questo importante patrimonio. Nel monastero di San
Sergio,cristiano ortodosso, una giovane ragazza ci recita il Padre Nostro in aramaico. Suggestiva la chiesa
di Santa Tecla incastonata all’imbocco di una stretta gola. In questo paesino a maggioranza cristiana regna
una assoluta tranquillità, le due piazzette dei monasteri sono animate da pellegrini,turisti e viaggiatori che
arrivano con minibus in gita giornaliera da Damasco.Andate a Mar Musa? ci chiede un signore siriano – Si,
Mar Musa ! Sorride contento e ci affida due ragazzi con zaino in spalla che cercano un passaggio per questa
località semisperduta nel deserto siriano a soli 40 chilometri da lì. Italiani! il caso ha voluto che fossero
italiani.
Chiediamo ripetutamente indicazioni per la strada che non è molto segnalata, quando all’altezza di An-Nabk
lasciamo la statale, ci si addentra nel deserto. Le abitazioni spariscono, il paesaggio si colora di giallo alla
luce del tardo pomeriggio, il nastro d’asfalto nero emerge. Un bivio, un cartello semiarruginito da cui si
intravede la scritta Mar Musa, a sinistra! Frenata e svolta. Non c’è pericolo,la strada non è per niente
frequentata. Dietro una collina, in cima ci appare una fortezza che si perde tra le rocce dello stesso colore.
E’ il monastero di Mar Musa, Deir Mar Musa El-Habaschi (Monastero di San Mosè l’Abissino).

“Dal ‘91 siamo qui a tempo pieno. È nata una piccola comunità consacrata all’amicizia seria e profonda con i
musulmani e con la Umma dell’Islam. E l’amicizia ti cambia dentro; ti rimpasta nella relazione sociale, culturale e
spirituale. …..Siamo uomini e donne di diverse chiese e diversi paesi. Sperimentiamo e patiamo la ricchezza della
diversità, l’ascesi del dialogo, l’estasi dell’armonia.”

SOTTO LA TENDA DI ABRAMO di Paolo Dall’Oglio – www.deirmarmusa.org

Una lunga gradinata lo raggiunge. Luogo di pace sperduto e solitario. Gestito da una comunità fondata sul
dialogo tra cristiani e musulmani, sulla preghiera,sul lavoro e l’ospitalità. Al suo interno una stupenda
antichissima chiesetta affrescata e un balcone coperto con una tenda, la tenda di Abramo, con vista sulla
valle. Qui gli ospiti vengono accolti.

“ Fin dal tempo del Profeta Muhammad, il monastero nel deserto ha svolto una funzione socio spirituale nota,
apprezzata e rispettata nel mondo musulmano. Noi abbiamo voluto riscoprire tale funzione d’ospitalità e riproporla in
modo più esplicito e cosciente. La tenda dell’accoglienza è diventata un luogo simbolico di incontro con la popolazione
della regione”SOTTO LA TENDA DI ABRAMO di Paolo Dall’Oglio – www.deirmarmusa.org
Ci viene incontro Huda che ci offre del te’, ci invita a restare per la sera e per la notte. Padre Paolo Dall’Oglio
non c’è, è andato a celebrare un matrimonio ad An-Nabk.I ragazzi resteranno per tornare domani a
Damasco cercando un altro passaggio, Inshallah! Noi dopo esserci riposati e rilassati decidiamo di
scendere.
In fondo ai gradini due giovani viaggiatori ci chiedono com’è di sopra. Tranquillità e pace ! Uno dei rimpianti
del nostro viaggio è non essere rimasti.

Lunedì 1 Agosto ore 8.30 circa – Gli ultimi scavi

Ai piedi dello Jebel Ansariyya si estende la grande pianura coltivata di Al Ghab. E’ l’orto della Siria. Verdure
e frutta vengono in massima parte da qui, e da qui passa la strada per Apamea o Afamèa o Afhamia. Non è
facile trovarla grazie ai diversi modi di pronuncia e di scrittura. Quando vi giungiamo siamo sopra una collina
su cui svettano alte colonne. E’ Apamea città romana, per importanza seconda solo a Palmyra. Il lungo
cardo conduce alla porta di Antiochia (Bab Antakia). Le colonne sono in granito grigio e contrastano con il
cielo azzurro intenso. L’area archeologica è molto vasta, la ricostruzione non permette di identificare bene le
case,le terme o l’agorà ma il tutto è in un ambiente molto suggestivo. Venditori di improbabili statuette
originali ti avvicinano. Gruppi di turisti si trascinano sotto il sole implacabile fermandosi ogni tanto all’ombra
delle colonne, lavoranti ripuliscono i ruderi dall’erba spontanea.La porta di Antiochia ci indica la direzione
della Turchia. Anche San Simeone , Qala’at t Samaan, è in quella direzione. A ovest di Aleppo verso
Antakia. Su una collina ventosa tra gli ulivi, gli stupendi resti della basilica con al centro ciò che resta della
colonna su cui, la leggenda racconta, stava seduto e predicava Simeone lo stilita,ridotta ad un moncherino
dai fedeli che ne hanno asportato i pezzi nel corso dei secoli. Il sito è notevole, dalla bastionata guardiamo a
valle verso la Turchia. Stasera saremo ad Antakia, da lì inizieremo il lento ritorno. San Simeone è la degna
conclusione di un emozionante e ricco viaggio nella culla della civiltà in questo angolo del tormentato Medio
Oriente.

Diritti riservati all’autore. Per contatti luciano.perrone@sconfinamenti.it

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