Sei sulla pagina 1di 120

Gina Lagorio

La spiaggia del lupo







Prima edizione: marzo 1977
Quarta edizione: luglio 1977
Aldo Garzanti Editore, 1977


NOTE DI COPERTINA
Nella linea della tradizione narrativa anglosassone, il romanzo avrebbe potuto
intitolarsi Storia di Angela. questa infatti la storia della formazione di una
coscienza, entro la morsa del nostro tempo; e mentre di solito una protagonista
femminile tende a distrarsi dalla realt, qui Angela, con caparbiet esistenziale, vi
immette tutta se stessa. Senza grandi gesti ma senza rimorsi n regressioni, diviene
ed una creatura vera, autentica, che vive libert e solitudine, amore e sessualit
faccia misteriosa e irresistibile della vita come qualcosa da accettare
religiosamente, e da vivere responsabilmente. I luoghi dove Angela compie la sua
identificazione di donna sono una Liguria sentita come un fondale di fiaba nel mito
di unesperienza poetica molto vicina allautrice e una Milano che i contrasti sociali
fanno lacerata e violenta. Dopo tante eroine evasive, rinunciatarie, gratuite, in
questa insolita giovane donna fedele al proprio corpo damore, femminista nelle
cose anche se non teorizza, molte donne si riconosceranno. E tuttavia La spiaggia
del lupo non si propone come opera a tesi: la felicit della scrittura scarica il
simbolo e vitalizza la parabola nella linearit di una narrazione densa di
accadimenti, di personaggi e di emozioni.
Gina Lagorio, nata in Piemonte e vissuta a lungo in Liguria, abita e lavora a Milano. Ha scritto
saggi di letteratura contemporanea e opere di narrativa. Si segnalano i racconti de Il polline e il
romanzo Approssimato per difetto. Collabora al Ponte e ad altre riviste.


La spiaggia del lupo


Parte prima

1
La bella Angela non era bella. Ma tutti dicevano chera bella, quando parlavano di
lei. Non era un giudizio, era unabitudine, dei ragazzi prima, degli uomini poi; dalle
donne accolto malvolentieri o discusso, poich le donne, in fatto di bellezza
femminile altrui, usano canoni accademici di giudizio che ai maschi non interessano.
Le amiche avevano provato a chiarire quellaggettivo tra loro e con i ragazzi che le
accompagnavano nelle escursioni del sabato pomeriggio. Diceva Elena, nocchiuta
come avviene nellet dei mutamenti fisiologici, ma con lunghe gambe e una faccia
intensa, bucata da occhi tutti neri, senza bianco di cornea: Angela non brutta, ma
di qui a esser bella ci corre! Guardate il naso. A patata, e troppo grande in confronto
agli occhi. Lucidi, non dico di no, ma che razza di colore! E la bocca! Se Angela ti d
un morso, ti porta via una mascella. E Elena era una ragazza gentile, che riceveva
quasi tutte le settimane da padre Florio la medaglietta per il gran numero di fioretti
totalizzato.
La sua amica Anna in quelle occasioni metteva una parola buona in favore delle
bellezze di Angela: era graziosa, diceva, perch se anche non aveva una bella linea,
era piena di curve, troppo accentuate, ma piacevoli: un po cicciona, insomma, ma
con simpatia. I lupetti che accendevano il fuoco alle coccinelle nei bivacchi del
sabato, a questi discorsi tacevano, limitandosi a un rapido scambio di occhiate virili;
appena le ragazze erano fuori tiro, si confidavano con concorde umilt che alla bella
Angela pensavano spesso.
Se ai discorsi delle ragazze assisteva invece una guida, non importa quale le
qualit comuni erano la fioritura di acne, la sproporzione degli arti col busto e
lestemporaneit della barba tagliava corto con unautoritaria censura alla capacit
critica delle donne per non parlare della carit, lobiettivo principale di ogni rapporto
comunitario: Voi coccinelle avete un cervello da coccinelle, perci fareste meglio a
tacere. una questione di prudenza, a parte lamor del prossimo.
Andandosene, fiero della sua responsabile funzione nelle infinite tappe
dellescalation verso la santit, la guida pensava alla bella Angela. Anzi, non ci
pensava: la sentiva, davanti a s, sulla strada della collina a ulivi dove era stato
impiantato il bivacco, la gonnella in movimento sulle natiche sode; e nelle orecchie
gli cantava quella risata larga, della bocca grande, grande s, ma una risata tutta da
godere come un croccante sotto i denti.
Angela non sapeva di questi discorsi, e nemmeno li immaginava perch fuori del
cerchio in cui era occupata a vivere, con unintensit che le impediva di avere
pensieri che non tornassero, dopo unesigua voluta allintorno, a lei che li aveva
pensati.
La radura, dove i ragazzi avevano alzato le tende per la gita settimanale, era
circolare: la delimitavano dei pini marittimi che per la felicit della posizione un
avvallamento nel fianco della montagna non avevano lombrello dei rami provato
dal vento come gli altri lungo la costa. In mezzo alla radura campeggiava la tenda del
curato, don Portius, cos magro e livido che la naturale deformazione del suo nome
era proferita dai ragazzi senza allegria n persuasione: per chiamarlo don porco
bisognava che esagerasse nei castighi, cosa che per la verit non avveniva troppo
spesso: quando accadeva, il livore della pelle di don Portius si palesava esattamente
per quello che era: un livore dellanima per questo mondo di peccatori, rappresentato
ad abundantiam ai suoi occhi dai mascalzoncelli che doveva condurre ai pascoli
celesti.
Il curato aveva fatto issare alla sua destra le tende dei maschi, alla sinistra quelle
delle femmine, com giusto, visto che la scrittura mette da quella parte tutto ci che
destinato allinferno.
Angela entr nellultima radura: aveva raccolto fiori, aveva guardato il mare tra le
scaglie degli ulivi pi in basso, non aveva sentito le voci che la chiamavano al lavoro.
Fu cos che don Portius le assegn per castigo la provvista dellacqua per tutte le
compagne.
Mentre il prete la sgridava, Angela sentiva soltanto con le orecchie, senza afferrare
il senso del rimprovero, n la collera nella voce del prete. Gli sorrise e prese, sempre
sorridendo, i due secchi che egli le porgeva.
La radura era un cerchio perfetto e la bambina vi respirava unaria incantata. Gli
ombrelli dei pini curvi e composti, la terra racchiusa tra i tronchi come unisola
circolare: Angela era entrata in un disegno, che aveva guardato tante volte sulle pareti
di casa, senza afferrarne la concretezza: ora non poteva parlare, se no il disegno le
sarebbe scivolato via dintorno.
La fonte laggi, dopo la curva, alla tua destra. Hai capito? don Portius laveva
presa per un braccio, con uno strattone, e laveva fatta uscire dal cerchio magico.
Angela sent il cuore farle male, e si avvi.
Alla curva, la strada scendeva tra pinastri e ginestre.
Ne sbriciol tra le mani qualche fiore, il profumo dolciastro e acuto la rimise in
amicizia con le cose. Camminava tra le pietre, attenta, lidea degli animali che
strisciano e appaiono improvvisi non labbandonava mai, come un allarme latente
sotto i pensieri e le fantasie. Sent il rumore dellacqua appena le voci del campeggio
cessarono: cera silenzio intorno, solo interrotto dalla gentile cadenza della
fontanella. La strada faceva gomito, cosicch la conca di pietra tra il muschio, il filo
chiaro dellacqua, e luomo, le apparvero allimprovviso.
Angela si ferm, i due secchi diventati di colpo pesanti tra le mani. Luomo aveva
la barba nerissima, occhi chiari e un vestito da soldato. Sedeva accanto alla fontana e
aveva un sacco ai piedi. Ciao, bambina, le disse con unintonazione cantante, che
doveva essere familiare ad Angela, perch era il canto della parlata rivierasca, ma le
suon invece straniera. Ciao, rispose e si mosse verso la fontana. Chinandosi,
sentiva gli occhi delluomo sfiorarle la nuca, la schiena, le gambe. Il secchio era
pesante, e accostandolo a s, lacqua trabocc.
Ti sei bagnata tutta! fece luomo. Aspetta che ti aiuto ad asciugarti.
Trasse dal sacco un grande fazzoletto e si avvicin. No, no, grazie. Poi mi
cambio, quando arrivo. Come vuoi. Dove, arrivi? la voce era sospettosa.
Abbiamo messo il campo qui sotto. Fammi vedere. Luomo le si era avvicinato
ancora una volta e la bambina si mosse appena, per indicargli la direzione
dellaccampamento.
Poi torn rapida alla fontana e aspett che il secondo secchio si riempisse.
Da dove venite? chiese ancora luomo. E perch siete venuti proprio qui, che la
casa pi vicina a tre chilometri? Non lo so; forse perch bello e il campo tutto
tondo. Luomo rise: aveva la bocca grande, e gli mancavano alcuni denti. Angela
guard quei vuoti neri nel sorriso delluomo e pens alla nonna di Cappuccetto
Rosso, e al lupo che laveva mangiata.
Hai paura? la voce delluomo era aspra. Non ti mangio mica! Ma vieni qui, che
ti asciugo!
Le mani nodose e ruvide le toccarono le braccia nude, scesero lungo il busto
tenero, scivolarono sulle gambe, Angela diede un guizzo rapido, fu fuori da quelle
mani che lasciavano una traccia viscida, come quando si tiene sul palmo una lumaca.
Non aveva paura, solo un desiderio acuto di non essere dovera, e che quelluomo
non la toccasse pi.
Sei una bella bambina, disse luomo e tentava di dare un suono dolce alla sua
voce percorsa da vibrazioni sconosciute ad Angela, ma la bambina avvert
lincrinatura e che lo sguardo delluomo non era pi del colore di prima.
Prese un secchio, poi laltro, guardando fissa negli occhi lestraneo che le stava
davanti: luomo era ammutolito, le mani ferme a mezzaria in unidea di abbraccio
rimasta sospesa.
Angela non osava voltarsi per imboccare il sentiero: sapeva, con assoluta certezza,
che quel gesto era disegnato nellaria soltanto a met finch lei lo avesse trattenuto
con gli occhi: fece un passo indietro, poi un altro, lo sguardo nello sguardo
delluomo. Un ghigno, una smorfia come di dolore disciolse i tratti di quel viso, la
barba copr dun tratto tutta la pelle, luomo fu tutto nero, le sillabe che uscirono da
quella maschera sfatta non avevano senso: singhiozzi o versi bestiali: i secchi caddero
di schianto ai piedi delluomo, la strada fu una lunga corsa liberatrice verso il cerchio
di pace tra gli alberi.
Don Portius part, con due guide, al recupero dei secchi; cos disse; in realt era
atterrito al pensiero di quel che avrebbe potuto succedere.
Non trov nessuno alla sorgente: solo una pozza dacqua accanto ai secchi
rovesciati. Angela fu interrogata a lungo: disse solo che aveva avuto paura. Ma che
cosa ti ha fatto? insisteva il prete. Niente, mi guardava, rispondeva la bambina e
non se ne cav altro.
Quella sera don Portius ritenne prudente cantare un inno supplementare alla gloria
di Dio e alla sua misericordia che protegge i pastori incoscienti e le pecore maliziose.
Ma qualche giorno dopo, i carabinieri partirono in battuta nella zona di frontiera,
perch una vecchia era stata violentata e poi strangolata nel suo letto, in una casupola
sperduta.
Angela non Io seppe, sua madre s: a lei la bambina disse mi voleva asciugare, e
le chiese perch luomo si fosse arrabbiato al suo rifiuto. Perch fa piacere asciugare
un panetto di burro come te, le disse la madre, mettendola a letto dopo il bagno
caldo che concludeva tutte le gite in campagna. E Angela rise e si addorment; sogn
che era in mare e larghe ondate la portavano in alto per poi precipitarla in fondi
baratri di schiuma, ma non era immersa nellacqua: una forza sconosciuta la
tratteneva come se una mano poderosa la tenesse sollevata sulla massa marina: il suo
corpo oscillava, alzandosi e precipitando, a fiore dellonda, senza bagnarsi. Una
vertigine paurosa ma esaltante, qualcosa come il brivido che aveva provato sulle
montagne russe, al Luna Park.

2
La casa della bella Angela era piccola, ma aveva di fronte il mare. Il nonno di
Angela era stato pescatore: ora non partiva pi al mattino presto, o la notte, per
buttare reti e palamiti, ma quando il sole era levato li riparava per gli altri, appoggiato
al grande scoglio che aveva dato il nome a quel tratto di litorale: la spiaggia del lupo.
Uno scoglio grande scavato in alto, come una testa su un corpo di bestia accovacciata
ma pronta a scattare: da piccola Angela aveva trovato in quella figura di pietra la
fonte delle sue pi deliziose paure. Di sera, quando accanto a s sentiva il respiro
rauco del nonno, e fuori la voce del mare era tempestosa, Angela pensava al lupo, e si
sforzava di identificarne lululato tra lo scroscio delle onde. Se la mareggiata era
forte, le onde si rompevano sullo scoglio e il lupo si alzava terribile a difendere la
casa dal mostro marino. Angela si rannicchiava nel letto, a volte allungando la mano
se appena il nonno respirava pi piano, e cominciava una delle sue storie paurose che
non poteva raccontare a nessuno, perch quando ci aveva provato, le bambine come
lei erano corse piangendo dalla mamma. II mostro rapiva Angela e la teneva
prigioniera nel suo palazzo di corallo sotto lisola della Gallinara; voleva sposarla
perch comandasse sui pesci e sui gabbiani e sulle barche di tutta la costa, dalla
Caprazoppa ai Balzi rossi, ma la bambina non voleva, e piangeva, chiamava il lupo
che la salvasse e la riportasse a casa; allora il mostro radunava le sue guardie, vestite
di azzurro e con i pennacchi bianchi come quelle di Montecarlo, e le guardie lo
portavano con una sola galoppata della loro fragorosa carrozza fino alla spiaggia. Il
mostro tentava di uccidere il lupo, per impedirgli di correre dalla bambina che
piangeva sola nel palazzo di corallo, ma il lupo, con ululati terribili, resisteva
attaccato con le unghie feroci alla spiaggia.
Nel letto caldo quella lotta l fuori era tremenda, e splendida, come quelle degli
indiani al cinema: a occhi aperti Angela la seguiva per un po, poi allultimo no urlato
dal lupo al livido mostro impotente, gli occhi le si chiudevano. Ed era un sonno
profondo e felice; la mattina la bocca della bella Angela si apriva al giorno e al
sorriso, ma aveva imparato presto che quello che per lei era la gioia non lo era per gli
altri, e cosi le storie che facevano piangere di paura le bambine, davano a lei, nel letto
caldo, unincredibile felicit.
La scuola era stata per Angela una lunga festa, con tanti personaggi a tenerle
compagnia. Il mattino salutava il nonno e Teresa che preparava i pasti e teneva in
ordine la casa mentre la mamma lavorava a Sanremo, poi incamminandosi verso la
scuola raccontava le ultime imprese del lupo alla cartella di tela grigia che sua madre
le aveva comprato nel negozio pi elegante della Promenade des Anglais. Era una
cartella americana che le compagne guardavano con invidia: Angela doveva volerle
molto bene, sempre, altrimenti quegli sguardi acuti, e sottili, tra le ciglia impazienti,
avrebbero spezzato il filo, corroso le cerniere, recato guasti, alla sua Army five: cera
scritto cos e cos bisognava chiamarla per farsi sentire e servire da lei.
Army five era la custode delle ricchezze di Angela.
Aveva due scomparti esterni, per le matite e le gomme, ma le matite erano tenute
dallastuccio che se ne stava tranquillo allinterno con le persone anziane, i libri e i
quaderni: negli scomparti esterni, Angela aveva sistemato gli animali.
Tre minuscoli gabbiani, un coniglio, due pulcini e una volpe grossi come noci,
erano il seguito di Angela quando se ne andava, lungo il mare e sotto le palme, a
scuola.
Li metteva sul banco, quando si era seduta, e cos il discorso della maestra serviva
anche a loro: la volpe era brava a fare i conti, i pulcini coloravano i fogli con la
costanza del loro minuscolo becchettare, i gabbiani con un battito lento delle ali
ricurve segnavano la musica delle poesie pi belle.
La maestra lasciava il suo zoo a Angela, perch era una maestra speciale: era
arrivata nel paese in riva al mare da molto lontano; suonava ogni tanto sullarmonium
del direttore ed erano musiche dolci e parole straniere: aveva detto alle bambine che
parlavano di principesse russe e di streghe padrone di capanne scivolanti su zampe di
galline.
Angela aveva abitato a lungo anche lei in una di quelle capannucce odorose di
pulcino e la baba jaga era stata gentile con lei: laveva raccontato alla maestra nel
quaderno dei temi, e la maestra le aveva detto che la sua favola le somigliava, era
bella come lei. Naturale che le lasciasse le sue bestie ad aiutarla: il giorno che il
direttore gliele fece mettere tutte dentro gli scomparti bui di Army five, Angela non
rispose una parola: senza i gabbiani, e senza la volpe e senza il coniglio, le poesie
erano solo parole, i numeri segni che non si univano, i fiumi acqua fredda che non si
distingueva da quella del mare. Il direttore si era molto arrabbiato, Angela aveva
chiuso gli occhi per non vederlo, e aveva pregato Army five di consolare gli amici
mortificati. Quando aveva riaperto gli occhi Army five rispondeva in inglese e
Angela doveva concentrarsi per capire il direttore non cera pi. Angela aveva
sorriso alla maestra.
Siccome le compagne non avevano laiuto degli animali per fare bene a scuola,
Angela ne aveva portato anche per loro. Dalle sue mani usciva tutto come per magia.
Le bastava poco, della mollica, un osso di seppia, un po di seta, per dare forma alle
sue fantasie che prendevano corpo con felice naturalezza dalle sue mani.

3
Finite le elementari, Angela aveva studiato il latino e lalgebra senza fatica, anche
se gli animali erano diventati vecchi e riposavano ormai a casa sullo scaffale. Ora
Angela non aveva pi bisogno di loro nei compiti in classe: prima di mettersi a
scrivere, chiamava in aiuto altri amici che si portava dentro, e tutto era come prima
facile e felice.
Quando Angela era diventata una coccinella di padre Florio, qualcosa aveva
cominciato a cambiare intorno a lei: pregare, prendere lostia tra le labbra era bello, la
samaritana e Lazzaro, Ges e gli apostoli erano vivi, come il padrone del palazzo di
corallo o il lupo dello scoglio. Ma era diverso parlare a padre Florio, che un giorno le
pose in confessione domande oscure che Angela ascolt senza capire.
Di padre Florio nessuno sapeva let: la sua pancia teneva tirata la tonaca tanto da
far saltare spesso qualcuno dei ventisei bottoni che la chiudevano ed era una pancia
giovane e allegra, ma quando padre Florio parlava dal pulpito delle porte dellinferno
arrotando le parole, diventava vecchio come tutti i predicatori che ricordano Dio
perch la gente ne abbia paura. Era popolare in quel tratto di costa poich invincibile
nei tornei di scopone: si raccontava che gli anticlericali lo avevano sfidato molti anni
prima per togliergli laureola di protetto del Signore e ci avevano rimesso quattrini e
prestigio, cosicch ormai egli si doveva accontentare dinverno di avversari da poco,
che reperiva tra i pescatori costretti allozio; destate le cose andavano meglio con
larrivo di villeggianti ferrati nellarte, come lavvocato Guidi amico di Angela. Nella
canonica unantica villa dei Grimaldi andata in malora e solo in parte ripristinata
padre Florio radunava i ragazzi: gli esercizi spirituali cui li sottoponeva erano
organizzati e scientifici come il suo scopone: le mosse daggancio, le operazioni di
ricupero, le poste e le perdite erano segnate su un quadernone diviso a colonne, il
libro mastro delle anime, su cui il prete addizionava avemarie e fioretti prima di
distribuire medaglie e penitenze. Un ragazzo gli lavava le scale, un altro gli comprava
pane e giornale, un terzo lucidava gli ottoni in chiesa; non accadeva mai a padre
Florio di registrare una settimana del tutto santa: uneventualit non contemplata nel
bilancio finanziario del prete, n in quello spirituale delle anime, cosicch gli bastava
una donna a ore per avere chiesa, tavola e biancheria sempre in ordine.
Quando si decise a interrogare la bella Angela, egli tir fuori la voce rugginosa
delle prediche, se pur col pedale del sottovoce; al silenzio della ragazzina, ripet la
domanda, e ancora non sent niente in risposta; allora la sbirci attraverso le tendine
del confessionale: gli occhi che non incontrarono i suoi perch guardavano oltre lui e
oltre il gabbiotto nero e oltre la chiesa, erano dilatati e chiari: dilatati di stupore,
chiari dinnocenza. Padre Florio tacque di colpo. Le parole balbettate in confessione
dai lupetti, le ammissioni di qualche guida erano dunque qualcosa che riguardava la
bella Angela, ma non veniva da lei: almeno non con malizia. Foemina instrumentum
diaboli; le borbott di recitare un atto di dolore, ma lo interruppe a met con
unassoluzione che sostituiva la carezza che dimprovviso era stato tentato di farle.
Andandosene, la bella Angela si profil davanti ai suoi occhi attraverso la tendina
smossa: lo sguardo del prete la segu, finch il diavolo che padre Florio sapeva
sempre presente in un angolo del confessionale non sghignazz cos forte che il prete
lo sent, e irritato, tronc netto per quel giorno le operazioni di lavaggio delle anime:
Ho da fare, disse alla vecchia che lo rincorreva lagnosa e sinfil in sacrestia. Non
si viveva mai abbastanza per impararle tutte, pensava; quella bambina, ma la risata di
Lucifero gli fece immediatamente correggere la definizione, quella ragazza ha un
fuoco in corpo che brucia chi la incontra: senza bruciarla, tuttavia: ma padre Florio
esperto delle cose umane, aggiunse un prudente per ora in onore di Satana.
Angela cap che cera qualcosa in lei che ignorava e un poco ci pens, ma senza
preoccuparsene. Gli altri scorgevano in lei cose che lei non sapeva; quello che lei
vedeva non era dato agli altri scorgerlo: i conti tornavano, e se ne dimentic.
Ma un mattino si svegli con la camicia sporca. Era domenica, sua madre era in
casa, Angela corse da lei e le cose rientrarono al posto giusto, senza paure n
vergogna. La mamma, avendo tanto patito, usava parole semplici e chiare, consumate
dai giorni, le sole che le erano rimaste dopo il furto di quelle splendenti usate negli
anni in cui Angela non cera, ma cera la giovent e lamore di un uomo che Angela
non poteva ricordare: qualche volta la bambina guardava i quadri che il padre aveva
dipinto prima di sparire in un ospedale tra i monti, ma non sapeva parlare con loro,
erano freddi di colori, con spazi bianchi e senza forme familiari: astratti, diceva la
mamma, e il mondo di Angela era fatto di cose concrete e dei colori che lei gli
aggiungeva di suo.
Qualche volta, nei pomeriggi della domenica e delle feste, o nella breve stagione di
vacanza di sua madre, Angela le chiedeva di parlare del padre: se era estate, la voce
della donna si faceva dolce, e pigra, a seguire i ricordi dorati dalla luce a specchio del
mare; se faceva freddo, il colloquio era accompagnato dalla musica del giradischi che
era il lusso pi grande della casa. I discorsi dellestate avevano suggerito ad Angela
un uomo giovane con una testa da arcangelo, occhi chiari e una bocca piena di parole
sonanti, come arte, gloria e poesia. I discorsi dellinverno avevano assottigliato quella
faccia e spento le parole che avevano incantato la mamma nella sua stagione
damore: larcangelo aveva reclinato la testa su cuscini inzuppati di sudore malato.
Cos Angela non riusciva mai bene a sapere se era col padre che parlava nelle sue
notti di adolescente, quando la luna faceva riverbero sui vetri e la musica che veniva
dalla camera della mamma inondava la casa. Sogni colorati a cerchi sempre pi stretti
labbracciavano insieme al suo letto fino a che i seni gonfiando sotto la camicia le
davano una smania insopportabile e doveva allargare le braccia per ritrovare il
respiro. E non sapeva se era il volto pallido su quelle lenzuola di ospedale a farla
piangere, le sere che la pioggia batteva sul tetto e il lupo di fuori ululava inquieto.

4
Angela ebbe in quel tempo il solo momento di disarmonia da quando era nata. Non
le piaceva sentirsi cos, e si richiuse in s: n giochi, n amiche, e nemmeno libri.
Quieta accanto al nonno che riparava le reti o fumava la pipa, aspettava: che cosa non
sapeva, ma stava ferma perch il formicolio che lievitava nelle sue vene fino a darle
una sensazione di ebbrezza, si pacificasse.
Guardava le navi passare a filo dellorizzonte, o il tramonto variegato di nuvole: il
mondo aveva perduto le sue voci, anche il padrone del palazzo di corallo non cercava
pi le nozze con la bambina della spiaggia, tutto taceva intorno, perch tutto ribolliva
dentro di lei. Divenne scontrosa: cos dicevano i compagni, ed era vero, ma non
poteva far posto agli altri, se le era gi tanto difficile trovare spazio nella propria
pelle.
Elena, Anna e i ragazzi del circolo facevano ancora escursioni e qualche volta si
muovevano goffi al suono dei dischi.
Angela non amava ballare: la persuasero, consent, ma suoni e facce, sudori e
sguardi, tutto le sembr estraneo e brutto. La mano della guida che stringeva la sua
era sgradevole, e cos lalito che le inumidiva una guancia: il disco cess, Angela usc
silenziosa. Unadolescenza come tante, ad Angela erano volati via i sogni, divenute
sbiadite le favole, ma se le amiche le dicevano i loro pensieri, Angela ascoltava una
lingua straniera. Le invidi, ma per attimi brevi: i loro sogni erano immagini lucide,
come di impressioni filmate, un poco enfatiche, e tutte simili tra loro: meglio il
bianco delle tele del padre, o il cinerino del mare, specchi netti in cui riflettere il
pulsare oscuro del sangue, che le sequenze monotone di quei sogni.
Dapprima fu la testa darcangelo del padre che venne a posarsi accanto alla sua per
tenerle compagnia e qualche volta pianse con lei, che smaniava di essere sola e
sinventava una ragione di dolore nel suo stato di orfana. Poi, anche il padre torn tra
le ombre: Angela aveva imparato a leggere i segni che egli le aveva lasciato nelle
tele: cera un discorso in quelle geometrie, una ricerca di ordine, un sogno di
perfezione. Lastratto divenne il segno contratto di molte concretezze tumultuanti,
come la chiarit negli occhi di Angela era la superficie levigata di un mare che
pullulava nel profondo.
Non si poteva pi ormai vedere la bella Angela senza sentirsi, almeno per un
attimo, toccati dalla sua presenza; una sensazione, dentro, come unincisione leggera,
o un respiro fresco sulla testa, Angela passava, gli occhi degli uomini la seguivano,
indugiando sulle morbidezze visibili e intuibili o risentendo nostalgie dimenticate.
Le donne rispondevano, senza volerlo, al sorriso, per pentirsene subito; la bella
Angela passava tra invidia e ammirazione che avvertiva confusamente, senza
pensarci, con la pelle che emanava un profumo pi intenso sotto gli occhi amorosi, o
chiudeva i pori sotto gli sguardi cattivi, ma come nellinfanzia, non gliene importava:
la sua gioia era soltanto sua, e i pensieri degli altri la sfioravano senza turbarla.
Una sera, sent improvviso un bisogno di moto: aveva studiato a lungo,
concentrata: dalle sue mani erano usciti colori e segni, aveva dipinto per lora di arte,
dipanato questioni di estetica per quella di filosofia; ora aveva bisogno di camminare.
Sullabito sciolto la madre glieli suggeriva, per nascondere le sporgenze
aggressive butt svelta il suo montgomery era vivo, come un tempo Army fve
e fu sulla marina, sotto le palme.
Cera ancora un po di luce, e i gabbiani erano fitti, sulla riva.
La bella Angela si avvicin, aperse le braccia, il montgomery le scivol dalle
spalle. Un gabbiano da tenere, palpitante, tra le mani: ne ebbe un desiderio
improvviso e violento, mentre correva sulla sabbia umida, a balzi leggeri, verso gli
animali.
Poi si ferm. Il sole stava scomparendo allorizzonte, una esigua striscia rossa, che
si assottigliava a vista docchio. Per un attimo, il volo dei gabbiani si interruppe:
sfiorando appena il pelo dellacqua, le ali raccolte, i gabbiani si lasciavano cullare.
Angela stava immobile: uno la guard, lei tese appena una mano: grandi ali le
sfiorarono il viso, ebbe il freddo delle piume sul palmo, un giallo lucore di pupilla
come un lampo breve, negli occhi. Lo raccont pi tardi al nonno, che le disse
fantasiosa, sognatrice, e neg potesse essere accaduto. Ma Angela non si offese:
bastava a lei saperlo, che un gabbiano laveva riconosciuta, tra gli esseri vivi, non
estranea al mare e al cielo.

5
Lestate era la stagione che Angela aspettava perch allora sentiva pi naturale la
sua comunione con le cose: professori e compagni erano dispersi, i bagnanti erano
pochi, su quel tratto deserto di costa, e non era necessario conoscerli. Erano di solito
innamorati, o qualche scontroso solitario, con un bagaglio minimo e sempre uguale:
un paio di pinne da subacqueo o un libro. Destate, nella casa sul mare, il tempo era
quello del sole, non vi era obbligo di orari, n sveglie a suonare. La madre tornava dal
lavoro solo la notte del sabato, e anche la donna delle pulizie che aveva a pensione
dei bagnanti, veniva solo qualche pomeriggio alla spiaggia del lupo, ma si fermava
poco: era tutto cos semplice destate, e anche preparare i pasti per s e per il nonno, o
rifare i letti, era per Angela un gioco leggero: le lenzuola sventolate al sole, due colpi
nei cuscini, quattro salti intorno al capezzale e ai fianchi del letto, le camere fresche
di salino erano di nuovo pronte per il sonno compatto del pomeriggio, quando la
spiaggia bruciava e anche i gabbiani sparivano, tra le crepe degli scogli e della roccia
sopra lAurelia.
Era il nonno a preparare al mattino la colazione sul tavolo di cucina: lodore del
caff che arrivava attraverso la porta aperta dal vecchio perch lei si svegliasse, le
dava il buongiorno. E ad acuirgliene il gusto cera la focaccia fresca, con il formaggio
o le cipolle. La Pina la cuoceva in un antico forno a legna e alternava i sapori: nei
giorni pari formaggio, nei giorni dispari cipolla, le focacce richiamavano i turisti
anche di oltre frontiera con una regolarit consacrata persino dai doganieri: luned
mercoled venerd arrivavano i tedeschi, marted gioved e sabato gli inglesi e gli
svedesi.
Al pranzo e alla cena provvedeva Angela, il nonno si preoccupava solo del vino: se
lo andava a comprare, due volte lanno, in certi paesetti dellentroterra che lui sapeva
e non diceva a nessuno. Partiva ogni volta come per unavventura, su un furgoncino a
tre ruote, e non voleva compagnia: Angela lo aiutava a caricare le damigiane, le
terrine con le acciughe sotto sale e una cesta di pesce fresco: erano i regali che il
nonno portava per avere in cambio piccole e grasse olive nere, ghirlande di limoni e
mazzi di rosmarino e di basilico. Qualche volta Angela cucinava allaperto: su un
trespolo che aveva fabbricato il nonno, metteva i carboni a bruciare, poi girava
lentamente gli spiedini con le sardine infilzate, e con le trance di pomodoro e di
peperone, mentre le patate si cuocevano adagio sotto la cenere. Col nonno si beveva a
tavola solo vino: biondo e fresco faceva buono il pane, splendente il pesce, rotondo e
denso il sonno, dopo, nella calura del meriggio. Erano questi pasti, odorosi di terra e
di mare, che le facevano sciapo qualunque altro cibo: se capitava a volte a lei e alla
mamma di essere invitate, nella stagione dei bagni, da qualche villeggiante amico, le
trattorie non le piacevano, la gente le dava noia, i cibi erano o insipidi o cattivi.
Frequentava da sempre la casa del lupo lavvocato Guidi, un amico del padre di
Angela, che aveva aiutato nelle prime mostre: possedeva un antico palazzetto in
paese con consolles dorate, specchi dipinti a ireos gialli e viola, e paralumi tintinnanti
di perline. La sua attivit legale che ufficialmente svolgeva a Milano, era in realt
ridotta a poche carte ingiallite: una causa che aveva egli stesso intentato al Comune
lombardo e vecchie grane di pochi amici. Viaggiava, soprattutto, seguendo lestro che
aveva bizzarro e imprevedibile: quando tornava dalle sue fughe in paesi lontanissimi,
solitamente destate, portava ad Angela e a sua madre regali curiosi come lui,
bastoncini odorosi, maschere da scena, coturni, sete delicatamente dipinte. Parlava
con il gusto che hanno ormai pi soltanto certi anziani professionisti a riposo in
provincia: arrotondava la frase, ricercando non soltanto la parola puntuale e
insostituibile, ma la cadenza musicale del discorso di cui era egli stesso il primo
divertito ascoltatore.
Se i suoi racconti avvenivano in casa, Angela li seguiva attenta, ma non amava
andare a pranzo con lui, perch le portava in trattorie fumose di cui aveva esaltato
prima con dovizia barocca la perizia culinaria e dove tutto sembrava invece ad
Angela odorare di vecchiaia senza scampo. E poi, quando lavvocato aveva finito di
mangiare, se aveva bevuto con moderazione, parlava con la mamma di affari: cera
una causa in corso, con i parenti che Angela non aveva mai visto e che non volevano
riconoscerla. La mamma si era sposata solo quando in sanatorio le avevano detto che
restava al malato poco tempo, due medici avevano fatto da testimoni e cos Angela
aveva avuto in eredit un nome illustre in Lombardia, ma niente altro.
I nonni lombardi avevano altri figli e tanti nipoti: a quella che viveva come una
zingara, in riva al mare, non ritenevano necessario voler bene. Per evitare questo
rischio, non avevano mai voluto incontrarla: la mamma ci aveva provato, ma la porta
di Pavia era sempre rimasta sbarrata. Poi i due vecchi erano morti, forse per il
rimorso che nel sonno li travagliava, di avere usato lultima violenza al figlio che
aveva studiato pittura guadagnandosi da vivere con lavori dimbianchino nelle case
fredde di una citt nebbiosa: se vuoi dipingere, pensaci da solo, gli avevano detto, e
lui ci aveva pensato. Ma il suo sangue filtrato dai lussi di tante generazioni, non
aveva resistito, e la prima mostra era coincisa con lapparizione del primo bacillo di
Kock. Nel testamento che i nonni avevano lasciato, Angela non era nominata e cos la
mamma si era decisa a chiedere aiuto allamico avvocato perch tutelasse i diritti
della bambina: anche per quel povero ragazzo, che non pu riposare l sotto, se sa
sua figlia in pericolo. Angela non capiva quale pericolo la minacciasse, la sua vita
era felice, ma se la mamma lo diceva, qualche terribile oscura cosa doveva esserci a
preoccuparla. Per questo, con lavvocato, si vedevano abbastanza spesso. Quando
questi accendeva il sigaro, dopo la cena, Angela si preparava alla piega che avrebbe
preso la conversazione: perch lavvocato aveva una passione coltivata in segreto
tutta la vita e che egli liberava, se era con amici fidati come la mamma e se aveva
bevuto senza risparmio.
Lavvocato scriveva, da anni, unopera che doveva aver raggiunto ormai un
volume enorme di pagine: una specie di enciclopedia filosofica che ambiva a
inglobare in una sola visione, in unit, diceva lautore, tutte le contraddizioni
esistenziali, le ideologie e le fedi, lOccidente e lOriente. Questopera aveva un titolo
che Angela aspettava con paura, perch quando lavvocato lo scandiva, lei sapeva che
per unora almeno egli non avrebbe tirato il fiato nemmeno per respirare.
LAntropologia dello sbadiglio, cominciava, si arricchita di un altro capitolo:
se vado avanti cos, devo pensare seriamente a trovare un editore entro un due anni al
massimo: la parte cinese finita, quella coreana non che unappendice irrilevante,
se pur sottile di implicazioni etnologiche; i giapponesi sono troppo contaminati ormai
dal consumismo: per trovare un significato autentico nella loro cultura, bisogna
risalire al Medioevo e anche allora letica dei samurai non congeniale alla
comprensione dellarte e della filosofia dello sbadiglio.
La prima parte dellAntropologia a buon punto: non mi restano che gli
esquimesi e gli islandesi: bench dubiti che a quelle temperature lo sbadiglio possa
svilupparsi con lagio, lo slargo, lintensit e il respiro che gli sono necessari per
raggiungere una significazione metafisica. Comunque, non si pu mai dire, perch
ripensandoci, larte pi antica delluomo, il suo nirvana ancestrale, il transfert
paleolitico da cui gli ominidi ebbero la prima coscienza di un <oltre>, di qualcosa di
pi, o di meno a seconda che la scimmia prevalesse o fosse mossa dalla pulsione
allumano il nobile sbadiglio, in una parola, forse viene esercitato da loro negli
igl, o nelle buche scavate nella neve, mentre aspettano in pazienti ore di
contemplazione della bianca superficie gelata, larrivo della foca o del pesce
affiorante. Anzi, per fortuna che ne ho parlato con voi, parlando le idee si
chiariscono, senza dubbio cos: le condizioni di una meditazione lievitante dal
livello preconscio al conscio, sono ideali: il neutro della neve, ma un neutro
luminoso, come una rifrazione di cieli perduti, il silenzio dei ghiacci perpetui, lo stato
di attesa, la veglia e il sonno, istinti assopiti, occhi fissi, mente disponibile a sogni
lucidi: e poi, unaltra idea mi folgora: dimmi, Bianca, ma forse lo sa Angela che
fresca di studi: le foche sbadigliano? S, mi pare di s, quei baffi sui musi conici sono
spesso a corona, come disposti ad aureola: certo, se sbadigliano i cani che appunto
per questo sono le bestie pi vicine alluomo sbadigliano le foche. Chiss che
comunione profonda, intima, persino lacerante, deve avvenire in quel vuoto di suoni,
e di odori e di voci, tra lanimale che spalanca la totalit del suo essere nello sbadiglio
liberatore e benedicente allatto del respirare e del vivere, e luomo che lo osserva, un
attimo prima di ucciderlo. Chiaro che poi, nelligl, quello sbadiglio finisce per
identificarsi, nel ricordo, con la vita stessa che lanimale ha espresso, in una sintesi
simbolica e insieme concreta, un attimo prima di morire.
Lesquimese lo vorr ritentare, per imitazione, nel caldo della capanna, accanto ai
figli e alla donna: aprir la bocca, goffo, fino a far ridere i suoi cuccioli ignari: e a
poco a poco sprofonder nel benessere di quel gesto, nella profondit di quella
dilatazione, dei muscoli prima, poi delle papille della bocca e della lingua, poi dei
canali che vi si aprono sulle vie delle funzioni essenziali del corpo; infine sbadiglier
leggermente, non pi sentendo la trazione muscolare, n laria entrare e uscire dai
polmoni: uno sbadiglio a fior di pelle pi aereo di un fiocco di neve alla stagione del
disgelo. Si allungher sulle pelli di renna e di orso, guarder le pareti affumicate
dallolio di foca bruciato, e sbadiglier ancora, sempre pi lievemente, gli occhi
perduti lontano, oltre la capanna. A ogni nuovo sbadiglio, altri cieli, altri mondi si
apriranno, ed egli accoglier tutto, nella piena rilassatezza del suo corpo animale,
lanima come una nuvola liberata dal vento a correre sulle cose. Allora la moglie non
capir perch egli respinga la sua mano golosa che lo fruga tra i riccioli della pelle di
orso, ma il suo rancore sar silenzioso, gli volger le spalle e star ferma per non
interrompere le sue meditazioni; e se i figli piagnucoleranno, baster loro guardarlo,
per zittire: dallo sbadiglio che si apre in volute lente dal suo viso pacificato, una
quiete quasi celeste indurr tutti al rispetto come ha indotto lui alla pace.
Angela a questo punto sbadigliava.
Lavvocato non coglieva la coincidenza, ma ormai il filo era spezzato: aggiungeva
mentre pagava il conto: Eh s, questa mia opera non ha fondo, come daltro canto
tutte le opere universali: quando credo di aver esaurito largomento, ecco che un altro
giro dorizzonte me lo riapre: questo capitolo degli esquimesi sento che mi verr
bene; almeno per la parte descrittiva: i nessi metafisici sono la conclusione logica alle
premesse e si capisce, sono le pagine pi aride: questo mi preoccupa; oggi nessuno ha
pi voglia di fermarsi a riflettere: e invece, che cosa c di arido in una
considerazione totale del nostro essere, del vivere e del morire e delle mille maniere
per farlo, o per illudersi di farlo?
La bocca di Angela si apriva in un altro sbadiglio, allora lavvocato le dava un
buffetto sulla guancia morbida come unalbicocca e prendeva lamica sotto braccio
mentre si avviava: Dobbiamo andare ora; questa bambina, che tuttaltro che
stupida, gi entrata in una condizione di semi-trance; e io devo assolutamente
appuntarmi subito questa variante esquimese dellarte dello sbadiglio.
La mamma non ribatteva, inutile dare un dispiacere allavvocato contrapponendo
al suo elogio lirico dello sbadiglio la banale considerazione che la ragazza aveva
soltanto sonno: gli sorrideva mentre si avviavano verso casa, lanziano gentiluomo, la
donna ancora bella nella dolcezza delle forme mature, la ragazzina assonnata che gi
vedeva le facce amiche dei suoi fantasmi notturni.

6
Oggi, sulla spiaggia del lupo, nemmeno i gabbiani arrivavano pi: dopo le
mareggiate e lerosione di questi ultimi anni, il piccolo lembo sassoso che rimasto
ridotto a un cumulo di recipienti di plastica: quel che sintravvede dellantica
spiaggia, somiglia alle pietre di certi isolotti vulcanici: nero, viscido, con riflessi
sulfurei sotto il sole. La chiara lucentezza di una volta, i ciottoli che il mare lavava
fino a trasformarli nelle gemme del palazzo di corallo, la seta della sabbia dorata,
tutto stato assorbito, cancellato, annullato da una colata tenace di catrame. La sua
consistenza, col tempo, diventata quella della roccia: sopra, gli uomini della costa
riversano ogni giorno quanto non accolto dai depositi e dai bruciatori; qualche volta
i ragazzi pi poveri, o quelli pi fantasiosi, si aggirano tra i barattoli, le stanghe, le
tavole, le lamiere, i giocattoli e gli arnesi di ogni tipo e uso, per cercare un loro
privato tesoro: forse allora la plastica brilla per essi sotto il sole, come i ciottoli sotto
gli occhi di Angela quando era bambina.
Ma allora, i gabbiani venivano la sera a radere il mare, che era ancora ricco di
pesce e nel cielo intrecciavano voli le rondini: la giornata finiva cos, se il tempo era
sereno; ma non finiva mai nella stessa maniera: erano giornate senza tempo, simili
ma variate da mille piccole cose diverse, cosicch poi era difficile ricordarle, datarle,
fermarle: se Angela ci ripensava, negli anni che seguirono, aveva solo negli occhi il
brillare del mare sotto il sole, o lacqua che si rompe luminosa quando si nuota a
larghe bracciate sotto la luna, risentiva lodore acuto del rosmarino sulle focacce
salate e il fresco sapore del vino, ma tutto si sovrapponeva intrecciandosi in una
girandola colorata di caleidoscopio marino. Oppure ricordava che il giorno pi caldo
dellestate era stato quello in cui aveva nuotato fin oltre il capo di est: un tratto di due
chilometri, tra fondali di colore variato, e sciami di piccoli pesci tra le alghe e le
rocce affioranti: il nonno la seguiva, da lontano, tenendo tra le mani la lenza. O il
giorno della tromba marina: tutto sossopra in un minuto, il capanno scoperchiato,
spaccati i vetri delle finestre, ombrelloni e sedie portati via, di colpo, da una furia
improvvisa: si era affacciata, tutto il mondo volava, colorato, gonne sulla testa, teli di
spugna tesi come tappeti volanti, sedie aperte come ali, una furia, ma anche
unallegria: che era finita in pochi secondi, il tempo sufficiente per vedere il mare
gonfiarsi in un vortice tondo e involuto, poi il franare dellacqua in una fuga ruotante:
questo s, era stato pauroso.
Quella sera, finita la raccolta degli oggetti dispersi, il tetto del capanno sistemato
con quattro assi in croce, il mare placato, Angela diede una voce in casa: il vecchio
stava riparando la poltrona intelaiata su cui passava le sue ore di siesta: Vado fino
alla punta: do unocchiata se il mio costume finito tra gli scogli di l.
Dopo un tratto di sabbia sassosa, un ammasso di pietre addossate alla parete
rocciosa offriva un passaggio, stretto e agibile solo con il mare in bonaccia; con un
po di cautela si poteva allora arrivare via terra a unansa esigua, dove Angela
approdava di solito dalle sue nuotate, quando per il suo bisogno di solitudine anche il
nonno era di troppo.
Era arrivata a met del passaggio, quando si ferm. Qualcosa di chiaro si muoveva
sul viscido dello scoglio; si chin: era un gattino, di pochi giorni; aveva gli occhi
aperti e gli gocciolava sangue da una zampetta. Graffi la mano di Angela con unghie
deboli ma taglienti, e si raccolse tutto, disperato, nel suo tremito e nella sua paura,
guardando Angela a bocca aperta, incapace di miagolare.
Nelle mani della ragazza, tremava come se sotto il pelo non ci fosse un corpo di
ossa, di muscoli e di sangue, ma soltanto un cuore impazzito di terrore. Usciva da
quel corpicino vibrante una sorta di gnaulio, un mii-mii indistinto, simile a delle fusa,
ma di struggimento e di sconforto.
Mim era entrato cos nella casa sulla spiaggia del lupo.
Quando fu sistemato in una scatola da scarpe fasciata di panni di lana, cess di
lamentarsi e a poco a poco il suo cuore si calm.
Aveva anche bevuto un po di latte dalle mani di Angela, leccandolo con la
linguetta ruvida. La zampa ferita gli giaceva accanto, inerte come una cosa morta.
spezzata, disse lindomani il nonno alla nipote, non vivr, piccolo com.
Non dire cos, non voglio! Aiutami, nonno, aiutalo, ti prego!
Angela gridava di rado, e anche le lacrime non erano frequenti sulla sua faccia: se
aveva bisogno di piangere, si nascondeva.
Lascialo tranquillo, mangiare ha mangiato, pu darsi che dorma, quando
torniamo, forse star meglio.
Angela sent la bugia consolatrice nelle parole del vecchio.
Io non vengo: resto qui, con lui.
Tu mi ubbidisci: non ti lascio sola, domenica, e intorno per un chilometro non
c nessuno; sai che tua madre non vuole, e nemmeno io.
E allora portiamo prima il gatto dal veterinario: io non lo abbandono, nonno.
La voce era ferma, il vecchio la guard; la conosceva bene: dolcissima, Angela
poteva diventare una roccia, impenetrabile e inattaccabile, quando aveva deciso.
Cedette. Mim comp il suo primo viaggio nella scatola di cartone tenuta da
Angela, e lasciata scoperta, perch respirasse senza paura.
Il veterinario, che non avrebbe dovuto lavorare nel giorno festivo, ma era un
vecchio saggio che preferiva le bestie agli uomini, accolse Angela e il suo gatto, ma
pretese, per operarlo, che la ragazza se ne andasse.
Andate a fare il vostro dovere, nonno, disse, chiamando il vecchio come tutti in
quel tratto di costa, al gatto di vostra nipote penso io.
Fu cos che Angela non sent n cap niente, del comizio cui il nonno la condusse,
lultimo prima delle votazioni.
Il vecchio era socialista, fin dagli anni della dittatura e qualche volta, ad Angela
bambina che gli chiedeva una favola, aveva raccontato storie vere, Matteotti, Turati,
Mussolini, Rosselli, che il tempo aveva a poco a poco sfocato e sfumato anche per lui
come leggende. Aveva avuto il suo momento di gloria che era ragazzo: il nostromo
della carboniera su cui era imbarcato come mozzo, si era servito di lui per portare a
Turati il saluto dei compagni di Oneglia quando braccato dalla polizia fascista era
sbarcato in Francia dopo un avventuroso viaggio per mare.
Angela ascoltava, sentiva un nome di donna risuonare accanto a quello del maestro
dalla barba bianca e sincantava in pensieri senza tempo, senza vedere davvero
nessuno di quei personaggi, che aveva incontrato pi tardi sui libri di scuola.
Quel giorno, il comizio avrebbe dovuto dare una svolta alla direzione del comune:
il nonno, da un po, quando parlava di politica, non riusciva a mantenere la calma,
parole aspre che Angela non gli conosceva gli uscivano improvvise dalla bocca. Il
nonno sta male, aveva detto alla mamma, il giorno in cui laveva trovato, in piazza,
pallido sotto labbronzatura, con un giornale tra le mani, i titoli grossi e neri:
scandalo, corruzione, nomi noti nel paese. Intorno a lui pescatori e sfaccendati
discutevano furiosamente, voci e facce alterate.
Angela aveva accompagnato a casa il nonno e gli aveva dato da bere; dopo un
lungo e cupo silenzio egli aveva rovesciato su di lei una valanga di parole: la rabbia e
la delusione le facevano pesanti come sassi e rapide come se quei sassi fossero
scagliati da molto lontano.
Scusami, Angela, le aveva detto infine, come vedendola solo in quel momento.
triste veder sporcato tutto quello in cui si creduto. Era uscito dalla stanza e si
era chiuso in camera.
Angela non gli chiese niente, nei mesi che seguirono, e il nonno non ritorn pi
sullargomento fino al giorno in cui le chiese di accompagnarlo al comizio.
Sei della mia razza, e sei innocente. Voglio che tu mi dica se quello che parla ci
crede, in quel che dice.
Angela ascoltava frastornata, nella piazza colma di bandiere, gli inni e le canzoni
trasmessi dagli altoparlanti; frasi incomprensibili si rincorrevano intorno a lei come
puledri intorno allo steccato di un circo: il domatore era in mezzo, la frusta del
microfono tra le mani e gli equilibri pi avanzati lambivano con lalito affannato la
coda dellintegralismo cattolico che balzava ad affiancarsi al socialismo dal volto
umano, austerit e corruzione facevano giravolte intorno al domatore, linflazione
sgusciava sotto la pancia magra della deflazione, speculazione e investimenti si
fronteggiavano, cadeva lo steccato, i puledri non mantenevano nemmeno un ordine
approssimativo nel girotondo: Angela si prov a ubbidire al nonno, tent di capire,
poi non ne ebbe pi nessuna voglia, seppe con tranquilla coscienza che non cera
alcuna necessit di ascoltare. E si abbandon a Mim: quando loratore smise di far
correre i suoi puledri coprendone le groppe logorate dalla corsa troppo lunga con un
enorme tendone che li nascondeva auspicando, Angela volse al nonno i suoi occhi
limpidi e gli disse: Scusami, nonno, ho pensato al gatto.
Hai fatto benissimo: sar un altro governo di merda. Al ritorno, passando
davanti alla chiesa, Angela lo sent scandire parole latine mai udite nelle messe
celebrate da don Florio: De profundis clamavi
Che cos, nonno? Una preghiera?
Ho detto il requiem alla democrazia. morta. Aveva ragione il tuo prete. Sanno
tutto, loro, da sempre. Galera e inferno. Non c altro, non serve altro. Gli uomini
sono animali. Ricordatelo.
Non apr pi bocca fino a casa, ma ormai Angela aveva Mim tra le mani, con la
zampetta sorretta da due stecchi avvolti da una fasciatura. Quando arrivarono, il
gattino ronfava dolcemente sul suo cuore.

7
Il gattino guar presto e divenne lombra della sua guaritrice. Laspettava quando
era a scuola, la seguiva se si muoveva per casa, le stava in grembo nelle ore di studio.
Anche le estati furono arricchite dalla presenza di Mim. Quando Angela faceva il
bagno, laspettava ansioso e teso, la coda come unasta, gli occhi fissi al mare.
Tornare e sentire il suo pelo strusciare in cerchi avvolgenti intorno alle gambe
bagnate, era piacevole come la carezza del sole: Angela ricordava di aver letto che
certi animali dichiarano lamore alla femmina con danze e cerchi via via pi stretti
intorno alloggetto del proprio desiderio; lo diceva a Mim, tenendo chiuso tra le
palme il suo muso bianco; il buon cibo aveva irrobustito il suo corpo di gatto plebeo,
striato di grigio e di bruno: quando prendeva il sole sugli scogli, se il muso era
nascosto dal pelo, Mim non si distingueva dalla roccia.
Mi prendi per la tua gatta, eh? Mi fai la danza dellamore, perch non vada pi in
mare, e resti con te. Sono qui, sta tranquillo; ma un giorno o laltro non ci sarai pi
ad aspettarmi, quando farai la tua danza per unaltra come te, che ti chiamer con una
voce che riconoscerai.
Giocavano sulla sabbia, in lunghe pause calde e pigre.
Sar una gattina tutta bianca, con un pelo di seta No, sar nera come la notte e
forse ti far soffrire. Povero Mim innamorato
Quellestate Angela leggeva i libri dello scaffale del padre, erano quasi tutti poeti
francesi e inglesi, un americano, qualche slavo: sua madre le aveva dato il permesso e
la chiave dopo la maturit, Angela non aveva doveri se non quelli, piacevoli come un
gioco, della casa e delle cure al nonno, leggeva poesia, aveva il mare, quei primi due
mesi di vacanza e di solitudine furono perfetti come unisola indivisa.
I compagni erano dispersi, avevano fatto quasi tutti lautostop per lunghi viaggi in
paesi stranieri, Elena si era fidanzata ed era tutta e solo occupata dalla sua scelta e dai
pensieri del futuro, Anna lavorava gi, segretaria dalbergo.
LUniversit sarebbe venuta, Angela non sapeva ancora bene n come n dove, e
non voleva pensarci; qualche compagno la cerc, qualcuno incontrava in mare,
quando remava al posto del nonno, pi vecchio e pi stanco, ma nessuno dopo
qualche tentativo fallito aveva insistito per rompere il suo isolamento. Era diventata
una donna, che gli uomini guardavano: ma bastava girasse i grandi occhi lucenti, una
lucentezza senza colore definito, perch le parole rientrassero; i ragazzi che lavevano
seguita struggendosi, non erano riusciti a dirle niente di quel che sentivano. La bella
Angela era avvolta nella sua polpa intatta, come un frutto che il sole ha maturato sul
ramo da cui non si vuole staccare.
Sua madre la guardava, nei giorni che anche lei godeva qualche ora di vacanza, e le
si stringeva il cuore. La carezzava, e stupiva ogni volta del velluto che le sfiorava le
dita: braccia, gambe, busto di Angela erano coperti da una peluria cos sottile e
impalpabile che in una pesca era pi avvertibile. Non sei bella, bambina mia, le
disse un giorno, ma chi si innamorer di te, non potr scordarti.
Aveva parlato quasi tra s, e Angela la guard stupita.
Cosa vuoi dire, mamma?
Niente, sciocchezze, pensavo a tuo padre: non ho incontrato n conosciuto un
altro che avesse mani come le sue.
Comerano?
Non belle, anzi piuttosto tozze, con dita robuste, forse era stata la fatica a
ridurgliele cos, ma se ti toccava, passava dai suoi polpastrelli e si comunicava, una
vibrazione, un brivido come quello che d una musica, o un pensiero che ti trapassa il
cuore. Era una pelle come la tua, senza grana, n spessore: e ombrata di seta.
Angela ascoltava, poi si guard: Io invece mi depiler un giorno o laltro. Tu hai
un bel dire, mamma, io mi vedo solo pelosa! Rise e prese la corsa verso il mare.
La schiena di Angela era scavata, come se scolpendola un pollice prepotente
lavesse arcuata apposta per dare rilievo alla gloria dei fianchi; sulle gambe lunghe la
curva delle natiche era continua e netta, un peso che si reggeva compatto, appena
sommovendosi nella corsa, un ondeggiare calmo e quasi solenne. Su questa colonna
di carne il busto era un improvviso cedimento di fragilit. Le spalle di Angela erano
piccole, ma dal collo la linea continuava ininterrotta con curva soavit fino
allattaccatura delle braccia, morbide e sottili: non sintuivano ossa, ma sotto le spalle
le scapole erano delineate invece con una decisione che pareva aver assorbito tutta
quella inesistente o invisibile che era servita per il resto dello scheletro: aguzze, alte,
pronunciate, acquistavano rilievo anche dallinarcatura ampia della spina dorsale: due
scapole simili ad ali rientrate: la madre laveva fatto notare al pediatra, quando
Angela muoveva i primi passi e pi tardi, quando si era smagrita e allungata.
cos, costituzionalmente: non c niente da fare: nuotare nuota, remare rema,
dritta come un fuso, cara signora, cosa le devo dire? Ha scapole alari: non si lamenti,
danni non ne porta, e bella bella lo stesso. Chiss, quando lha fatta, forse ha
guardato troppo gli uccelli
Ci pensava ora, mentre Angela correva in mare e sul filo dellacqua dondolavano i
gabbiani: anche Angela aveva due ali in corpo, contratte, ma quando come ora
allargava le braccia prima di raccoglierle unite sulle testa in un tuffo perfetto, e
tagliava il mare senza increspatura di schiume, la sua figlia le sembrava una creatura
non sua, prima uccello e poi pesce, di quelli che saltano, come i salmoni, e non sai se
appartengono allacqua o al cielo.

8
Angela andava qualche volta in chiesa, ma senza seguire le regole che le aveva
insegnato padre Florio: riti, messe, comunioni, anno liturgico, non avevano pi un
senso preciso per lei: andava in chiesa quando aveva voglia di ombra, di silenzio, di
una solitudine diversa da quella del cielo e della spiaggia. Sperava sempre che ci
fosse qualcuno a suonare, al vecchio organo: e spesso cera: studenti stranieri che si
preparavano agli esami di conservatorio, musicisti di passaggio per le stagioni di
concerto a Sanremo, a Mentone o al Cervo, e che avevano ottenuto il permesso di
provare lantico organo della chiesa, ricordato in ogni guida non distratta. I voli degli
angeli nella cupola che reggevano ghirlande di fiori e di frutta, le volute delle vesti
dei santi nelle nicchie, la vergine Lucia con gli occhi nel piattino, San Sebastiano col
bel corpo trafitto, erano per Angela immagini familiari, come le sagome delle barche
arenate tra i vicoli quando era inverno e fischiava la tramontana, o come il cemento e
gli ulivi sulle colline. Martirio e miracoli erano parole vuote, per lei, senza un
significato preciso: chi fa quello che crede giusto obbedisce alla sua natura, si
asseconda: per vivere si respira, per essere bisogna seguire quel che si crede. E santa
Lucia era una bella ragazza che aveva preferito perdere gli occhi piuttosto che la luce
che aveva dentro: martire era una parola strana e solenne, e cosi i miracoli che
raccontavano le vecchie donne amiche del nonno, quando lo aiutavano a rammendare
le reti, le sembravano pi falsi delle sue fantasticherie infantili.
Le navi che nella tempesta avevano visto i cavalloni distendersi allapparizione
della Madonna come teli messi al sole ad asciugare, o i cavalloni imbizzarriti che
piegavano il muso a una carezza scesa dallalto, tutto questo era per Angela una delle
facce della vita: non la pi curiosa, n la pi sorprendente. Molte altre cose era tentata
di chiamare miracoli. Il colore delle acque nelle stagioni e nelle mutazioni del giorno,
la nascita e la morte delle famiglie marine tra le grotte degli scogli, le sorti dei
gabbiani, il messaggio damore delle lucciole nelle sere destate, tutto questo mondo
che non finiva di stupirla era il solo miracolo che linduceva qualche volta a entrare
in chiesa per ripensarci in silenzio.
Ci andava specie in primavera e in settembre, nelle settimane in cui il polline dei
fiori e delle erbe volava prepotente nel vento e la pelle di Angela si gonfiava attorno
agli occhi e alle narici, e il raffreddore la tormentava. Allora, la luce era dolorosa e
aveva scoperto che la penombra della chiesa, difesa dai capricci del vento dalle
grandi vetrate chiuse, le calmava laccesso della febbre del fieno. Angela aveva
dapprima seguito le prescrizioni del medico, ma poi quando aveva capito che era
quello il suo modo di rispondere alle sollecitazioni della terra e del cielo, non aveva
pi voluto medicine e si difendeva dagli attacchi rifugiandosi nel fresco delle pareti
domestiche e cercando qualche volta lombra delle navate. Cosi una primavera,
ascolt a lungo Bach, che gi conosceva per i dischi della madre, nelle colonne
sonore alzate dallorgano sotto mani malate e ansiose: le sembravano mani che non
avessero la pazienza di aspettare le note con fiducia, ma le rincorressero con lansia
di non raggiungerle, nelle sequenze e nelle cadenze volute.
Ascoltava quellonda vibrante e angosciata, e partecipava alla ricerca febbrile delle
mani sulla tastiera: quando laccordo finale arriv come un sospiro estremo, di una
pace simile alla morte, anche Angela si rilass sulla panca che laveva accolta, tanto
intenta e protesa al suono da non avere pi peso. Questo era il miracolo: perder peso
con la musica, non la vista o la salute riacquistate nelle parabole. Che erano parabole,
appunto: perch anche lei entrava cieca in chiesa, per certe cose, ma dopo aver
ascoltato la voce dellorgano nella penombra e nellodore dellincenso, acquistava la
vista e vedeva quello che aveva ignorato fino a poco prima.
Di questo si stupiva, non dei miracoli che racconta la gente: quello che sotto le
cose, dentro, e che non si vede se non data la grazia; non le cose che appaiono, ma
le cose come sono per chi le vive, attesa, festa, dolore e meraviglia continua. Un
miracolo che coincide con il respiro, e che si moltiplica, in un giro di cerchi
concentrici e senza fine, perch le cose sono semplici e complesse, una cosa anche
tante altre, e tutto fluisce graduale e continuo, scivola nei minuti e negli anni, e si
muta il nostro occhio che guarda e la nostra mente che capisce.
Angela in chiesa spesso pensava a questo: le pareva, ora che il suo corpo non
cresceva pi, e tutto era compiuto in lei come dalla fioritura si arriva alla maturazione
del frutto, che la meraviglia pi profonda, lincanto pi misterioso, le venisse dal
mutare del suo pensiero, dal vedere le cose come non le aveva mai viste prima o non
del tutto. Il miracolo era in lei che mutava: gli altri non potevano accorgersene, n
partecipare. Se parlava con sua madre, qualche volta aveva sfiorato con lei la verit,
ma comunicarle il suo fiorire allinterno del mondo, nel proprio bozzolo segreto, era
difficile: anche la donna avviata al tramonto, mutava la sua visione delle cose, ma in
altro modo, una visione che perdeva di chiarezza se abbracciava la figlia: faceva velo
fra loro lamore, protettivo e ansioso delluna, schivo dellaltra: il tremore per
Angela, soprattutto, impediva alla madre di sfiorare il mistero del suo divenire.
Cos Angela diventava una creatura che esiste con occhi che vedono, in un mondo
di cui aveva colto prima il senso con una percezione di innocenza animale. Fu il
miracolo della primavera che precedette lestate in cui le accadde di specchiarsi in
unacqua che rifletteva due facce diverse e uguali.

9
La barca aveva i remi appoggiati agli scalmi, ma non cera pericolo di correnti: la
superficie era ferma, altissimo il sole, non un filo daria correva sul mare: nessun
gabbiano, n grida n voci: nella luce bianca e immobile, Angela aveva nuotato fino a
sentirsi senza forze, liquido anche il corpo, occhi e bocca fatti acqua e sale, capelli e
gambe alghe portate dal mare. Galleggiava, supina, e una stanchezza felice la isolava
da tutto, sparita la spiaggia e la casa, un puntino la barca tra le ciglia socchiuse. Un
abbaiare confuso e lontano la riport alla percezione di quel letto dacqua dove il
sonno era una culla prenatale. Si mosse, pens allora, doveva essere tardi, poche
bracciate con forza, la breve fatica di issarsi sulla barca e affondare i remi: la riva
riapparve dietro la punta che nascondeva la spiaggia di casa e quei guaiti erano
adesso pi forti e irritati: tremante e acuto vi si distingueva ogni tanto il richiamo di
Mim.
I remi accelerarono il tempo su quello del cuore, chiam. Non vedeva niente, solo
labbaiare ora rompeva il silenzio, Mim non si sentiva pi.
Lasci la barca senza tirarla a riva, n fermarla come faceva sempre sui listelli di
legno, corse a precipizio dove aveva lasciato il gatto, intontito dal caldo, al riparo
degli scogli.
Una piccola cosa nera e urlante, una bocca dai denti aguzzi, due occhietti rossi su
quattro gambette sbilenche, parve volerle raccontare tutto di un fiato una storia
clamorosa.
Non capiva che cosa volesse da lei quel ridicolo iracondo cagnetto; e Mim non si
vedeva. Lo chiam. Con dolcezza, poi con paura. Dallo scoglio grande, quello delle
sue sieste di lettura, qualcuno spunt: aveva il gatto tra le mani.
Oh Dio! Che cosa successo?
Mim perdeva sangue dal naso, Angela lo raccolse dalle mani del ragazzo al cui
apparire il cane aveva riacquistato fiato e vigore.
Bene non lo so: dormivo un po pi in l, dietro lo scoglio e Car era con me,
sfinito dal caldo: credevo dormisse, gli avevo persino dato della Coca Cola, perch la
piantasse di guardarmi con la lingua fuori. Poi mi ero appisolato. Mi son svegliato a
un casino di urli Son schizzato su, e te li ho trovati, tutti e due, che erano da
vedere: il gatto, tutto coda, dritta come unantenna della radio, Car che gli toreava in
tondo, tutto bocca. Una comica. Titolo: la paura. Lho chiamato, ma Car non ne ha
voluto sapere: aveva deciso di fare leroe. Uno zompo incredibile per le sue gambe, e
lha beccato al naso. Ma come vedi ci ha rimesso le penne, anzi il pelo, anche lui.
Angela ascoltava appena: carezzava Mim, che le tremava tra le braccia come il
giorno che laveva raccolto piccino: sul naso due buchi netti segnavano lassalto dei
denti canini.
Anche il ragazzo carezzava il suo cane, ancora sconvolto dalla propria audacia e
sfinito dallemozione: un graffio gli rigava di rosso il muso.
Vuoi disinfettarlo? chiese Angela. La mia casa quella l.
Si avvi prima che il ragazzo rispondesse. Parlava a Mim, parole che
acquietavano a poco a poco il suo cuore in disordine. La casa era fresca, una rete
sostituiva di giorno la porta, dentro, le spesse pareti la difendevano dal caldo estivo
come dai venti dellinverno. Cera odore di basilico e di limoni: una ciotola colma di
terra e verde di foglie serviva al nonno per preparare il pesto senza uscire di casa, ora
che la calura gli faceva sentire di pi il peso degli anni: sulla porta della cucina un
lungo tralcio brillava dei limoni raccolti nellorto fuori del paese dove il vecchio
passava le sue sere, a innaffiare e curare le piante.
Come si sta bene qui!
Angela si volse: era fermo, sulla soglia, un uomo, non un ragazzo, il corpo giovane
disegnato dalla luce che filtrava tra le maglie della rete, nellombra della stanza. Era
ben costruito, Angela sorrise cos il suo professore di storia dellarte diceva
quando illustrava in classe le diapositive, di un tempio come del discobolo o di una
venere costruito bene e senza unoncia di grasso pi del giusto.
Fai dello sport? chiese, mentre armeggiava nel bagno alla ricerca dellacqua
ossigenata.
Un po. Perch?
Perch sei ben costruito. E rise.
Quando riapparve nel soggiorno la casa non aveva anticamera, si entrava subito
nella grande stanza dove si viveva, si studiava, si mangiava, si leggeva e si ascoltava
la musica lospite aveva una faccia diversa da prima: gli occhi, attenti, non erano
pi chiari; forse non lo erano affatto, Angela lo pens, delusa; erano scuri, di un
marrone deciso. E la piega ironica che aveva sulla bocca, guardandola, gli toglieva
ogni aria di ben costruito: ecco, era uno dei tanti uomini che guardano le donne
come possibili prede.
La larga bocca di Angela si chiuse, diffidente: il momento era passato. Bisognava
dire, spiegare, essere come bisogna, tra le gente che non capisce.
Siediti, ti do qualcosa di fresco, ora chiamo il nonno
Grazie, ma non tincomodare.
Una sfumatura, leggerissima, ma presente, nella voce, disse a Angela che egli
aveva capito il suo chiudersi in difesa. Ne fu contenta:
Tieni stretto il tuo leone, mentre gli passo il cotone sul muso, disse e la risata
nacque ancora, spontanea, a togliere lombra dagli occhi del padrone di Car.
Padrone di Car, come ti chiami?
Vladi.
Un nome curioso: non mica Vladimiro?
Proprio. E se vuoi saperne di pi, pensavano a quello famoso, quando me lhanno
affibbiato.
Un Vladimiro famoso? Meno male che la maturit lho gi data!
Mentre Vladi teneva il cane e gridava Lenin per superare la voce gemebonda della
bestia al contatto del disinfettante: Suppongo che questo coso si chiami cos, perch
un carlino e perch cos piccolo che basta un pezzo di parola per definirlo.
Eh no! Car ha un pedigree di primordine, con antenati illustri Car il
diminutivo di Camera!
Camera? Il gigante di una volta, col naso storto, quello del cineclub?
Proprio lui. Ridevano tutti e due, Angela sulla sedia a dondolo dove si era messa
per medicare le bestie, lui sul divano di fronte, uno slip minimo sui fianchi, nudo e al
suo posto come un signore in visita.
Mim, dove ti sei cacciato? Vieni, stupido, non ti faccio niente, dai!
La voce di Angela arrivava dalla cucina: il gatto si era nascosto sotto la stufa e
rifiutava ogni contatto col mondo.
Ha una paura che se lo mangia. Non riesco a prenderlo. Dammi una mano. E per
piacere tieni il tuo gigante!
Vladi leg Car al tavolo con un guinzaglio sottile, che aveva estratto da un taschino
minuscolo degli slip e si sdrai bocconi accanto ad Angela, che passava sotto la stufa
il manico della scopa.
Afferr Mim al volo, lo porse alla ragazza. Loperazione si ripet, acqua
ossigenata e polvere di penicillina; Car assisteva mortificato alla scena; quando
Angela port via il gatto per deporlo nella sua cuccia, nella camera di lei, trasse un
profondo sospiro, e si addorment. E ora a noi. Hai fame? A dir la verit, s: che
ore sono? Le tre. Hai fatto colazione? No. E tu?
Nemmeno io, ma di l c pronto sul tavolo; il nonno
mangia allora canonica; di questa stagione io mangio quando ne ho voglia. Vieni,
facciamo a met.
Le acciughe crude, in un bagno di limone, erano pronte accanto ai pomodori
tagliati e pronti a essere conditi. Una formaggetta fresca era posata su una foglia di
fico, una brocca piena di ghiaccio che si stava sciogliendo offriva pesche e
albicocche.
Che lusso! Grazie, credo proprio che manger.
Angela stava aprendo il portapane: pos sulla tovaglia una forma che poi affett,
stringendola al petto, con un lungo coltello; dalla madia estrasse una teglia: era la
focaccia con la cipolla:
Ti va la cipolla? Mi spiace, oggi luned: se venivi ieri era al formaggio.
una favola, questa focaccia! Dove la compri? E cos la storia di ieri?
Angela gli raccont della Pina e dei suoi clienti stranieri che si alternavano al
forno, giorni pari e giorni dispari, per gusti diversi; aveva preso una bottiglia dal
frigorifero, di un vinello rosato.
E cos questa bottiglia buffa?
Ora ti faccio vedere.
Sollev il recipiente, diresse verso la sua faccia il lungo bocchino sporgente di lato
e il liquido le zampill dallalto in gola attraverso la bocca aperta ad accoglierlo.
Fammi provare. Sei una cannonata!
Angela gli porse il boccale: Sta attento: bisogna saperci fare, non cos facile
Il vino schizz, allargandosi sul torace di Vladi, ma gliene rimase dentro tanto da
strozzarlo, Vladi cominci a tossire furiosamente. Angela gli batteva la schiena con
una mano, ridendo. Mim miagol, seccato. Gli rispose Car dal soggiorno, con
unoffesa eguale. Non ci si pu fidare di nessuno, nemmeno del padrone pi amabile.
Alla prova dei fatti, il primo venuto ti segrega nelloblio.
Quando Vladi si ricompose, e il pasto continu Vladi beveva in un gotto verde
i due giovani erano amici.
Li trov a chiacchierare fitto il nonno che rientrava dalla sua passeggiata in piazza:
ci andava per vedere i giornali nelle bacheche, da due anni si rifiutava di comprarne,
o di farsi vedere a leggere quelli che arrivavano in casa o di ascoltare il telegiornale.
Da quando aveva chiuso, diceva, la partita con la democrazia, non gli importava pi
di niente: non era vero, il tarlo della passione civile si era soltanto invelenito come
una spina incistita dentro le sue vecchie ossa, ma non voleva dirlo, e la subiva in
silenzio e di nascosto.
Questo Vladi, nonno, gli disse Angela.
Il nonno strinse la mano al giovane, senza parlare n sorridere.
Perch non stai un po qui? chiese Angela, rattristata.
Sono stanco, bambina. Buongiorno!
Sulla porta della sua camera, corresse, senza voltarsi:
Arrivederci!
Mentre si allungava sul letto, borbott tra i denti un foresto ingrugnito.

10
Lestate era piena, e sarebbe stata feroce, con lossessione della luce e
dellininterrotto calore, se i giovani non avessero ignorato questa faccia per goderne
invece la lunga pigrizia nellimmobilit del tempo bruciato. Car passava le ore a
ventre tirato sul pavimento della camera del padrone, cambiando di mattonella
quando ne aveva assorbito tutto il fresco: si muoveva solo per questo e non mostrava
di gradire nemmeno le necessarie passeggiate igieniche. Tanto pi che avevano tutte
la stessa direzione: e quella parte di costa rocciosa suscitava ricordi spiacevoli nel
carlino, ignorato ormai da Mim che si limitava a controllarlo da lontano con freddo e
definitivo rancore.
Mim non si muoveva pi di casa; acciambellato accanto alla ciotola di basilico,
nel fresco della stanza, rifiutava il cibo, limitandosi a bere il latte che era sempre
pronto per lui in un angolo della cucina, era smagrito e non rispondeva alle carezze di
Angela. Quando lei usciva, la sua coda si muoveva come la bacchetta di un
metronomo, inquieta e irritata, ma la posizione del suo corpo indebolito dal caldo e
dalla delusione non mutava.
Vieni, vieni una volta con me, traditore! Non mi vuoi pi bene? Perch non mi
aspetti mentre nuoto?
Angela si chinava su di lui, ma locchiata del gatto, tra le palpebre semichiuse, la
faceva sentire colpevole: Mim aveva ragione a risponderle come le rispondeva, la
loro comunione era finita, spezzato il rapporto di reciprocit, lei non ne aveva pi
bisogno, e lui consumava labbandono in immobilit e in risentimento.
Nonno, cosha? Perch non mangia? Il nonno rispondeva a mugolii: La sa
lunga, quello l o qualcosa del genere, Angela si oscurava in faccia, un attimo, e
usciva nella luce.
Non vedeva quello che aveva visto sino allora, lamore-gelosia del piccolo orfano
salvato, che aveva confuso lodore del suo petto con quello del ventre materno, n la
confidente festa del nonno nel loro rapporto esclusivo; si allontanava da loro, ogni
giorno un poco, ma non lo sapeva.
Il gatto e il nonno seppero prima di lei quel che lei viveva senza vedere le cose che
aveva sempre visto e vedendone improvvisamente altre cui non aveva mai fatto caso,
che tutti sanno, e che avrebbe dovuto sapere anche lei, pensava, e la sua meraviglia
era grande, ma tanto che non cera posto per il resto: poteva abbracciare il nonno col
cuore stretto per un attimo quella rete fitta di rughe era il segno di una fine non
lontana e dispiacersi per Mim, ma il mondo, la vita, erano altrove, fuori, dove
allimprovviso si accorgeva di scoprire tutto nuovo.
Perch ho visto te, e non gli altri ragazzi che mi hanno parlato?
Forse perch io non sono un ragazzo. Non scherzare, ti prego!
Non scherzo; vero; io ho quasi trentanni, lo sai? S, s, lo so, ma non
questo, che cosa conta? Io sento quello che tu mi dici, lo capisco, a volte mi pare che
non sei tu a parlare, ma io, con la tua voce.
E non ti mai capitato con nessun altro, questo che vuoi dire? Che non mai
stato cos?
Anche questo, e che mi pare di non aver capito mai niente di nessuno, le mie
compagne mi sembravano solo buffe, quando parlavano damore, e pi lontane da me
di un marziano. O dei morti. Dei morti?
Ho parlato, credo, pi con mio padre che non c, qui, intendo, nella vita, che con
chiunque altro. La sua voce stata pi chiara per me che qualsiasi altra voce.
I morti non parlano. Tu, gli davi la tua.
Non vero, non dire cos; se lo dici e ci credi, lo fai morire due volte.
Era scattata di colpo, Vladi la guard, incerto, mentre si tuffava nellacqua con
quella curvatura della schiena breve che la faceva simile a una rondine che sinarca
nel volo. La segu con gli occhi improvvisamente appenati, abbozz un movimento a
raggiungerla, poi ricadde sulla sabbia.
Anche lui vedeva attraverso la stessa lente che schiudeva nuovo il mondo ad
Angela; ed era una magia prepotente e persino dolorosa.
Tu vivi nella luce, non ho mai conosciuto nessuno come te.
Parlava tra le braccia incrociate, bocconi, Angela gli era di nuovo accanto, milioni
di minuscole gocce sul velluto della pelle.
Perch sei triste? Scusami per prima; non sopporto che tu non mi creda.
Per tuo padre, dici? Scusami tu, stata una cattiveria inutile, e stupida. So anchio
che i morti respirano nei vivi. Lo so bene. Ma so anche che il respiro di un morto pu
uccidere un vivo.
Non capisco. Sei diverso.
Un giorno ti racconter una lunga storia. Ma ora no, dammi la tua mano, cos.
Scotti. Stai bene?
S certo, sto benissimo, tanto bene che ho paura.
Angela apr la bocca a chiedere, Vladi gliela chiuse con la sua. Era la prima volta
che la baciava. Fu un bacio che Vladi non avrebbe voluto cos, per lei, n Angela
immaginato. Non cera dolcezza, n vicinanza, n somiglianza. Si chiude con
violenza una porta su qualcosa che non si vuol pi sentire o vedere: nelle labbra
salate di lei Vladi simmerse, cieco, per chiudere alle spalle la stanza che voleva
scordare.
Ma Angela non cap: gli rimase ferma, sul petto, a prolungare la sorpresa di quella
calda aggressione che limmergeva nella terra destate dopo labbraccio fresco del
mare.
Stette quieta un attimo, a occhi chiusi. Questo era. Scost di poco la testa: cos, da
vicino, la pelle di lui era una spiaggia morbida e buia. Vi pos le labbra, leggera. Era
buona. La ribaci ancora, spostando la testa pian piano. I lunghi capelli seguivano le
sue labbra come alghe portate dalla corrente alla riva, percorsero il petto liscio, i
capezzoli duri e cos piccoli da non distinguersi quasi al tatto, rise piano, i suoi erano
gonfi nel bikini che li rivelava interi, con le labbra segu il disegno di quei nodi di
carne che lievitarono appena sotto la pressione, rise ancora, scivol lungo il corpo che
si lasciava scoprire, attento, ogni poro della pelle dischiuso alla scoperta che lei ne
faceva.
Lurna minima e segreta dellombelico, la peluria del ventre, linfoltirsi del pube. Il
sesso di Vladi urgeva sotto di lei, la dolcezza della spiaggia finiva qui, nello scoglio
straniero che ne interrompeva la piatta uniformit. Qualcosa di sconosciuto le faceva
frequente il respiro, e lestate le bruciava sotto la pelle, invito a farsi terra, e saliva,
sudore e umore. Si sollev sul busto, i capelli grondarono le ultime gocce su quel
sesso straniero. Lo carezz muovendo la testa, con le bande umide e sfatte delle sue
trecce, poi, piano, si abbass, il sesso di Vladi le fu, caldissimo, tra i seni. Stette
immobile.
Vladi non aveva detto una parola. Le sue braccia trassero in alto la testa di Angela,
la scost da s, la guard lungamente, non cera pi pena nei suoi occhi, ma una
straziata dolcezza che ancora la stup e per la seconda volta la domanda che voleva
porgli fu chiusa dalla bocca di lui. Ma ora la risposta era quella del suo stesso sangue
e del suo respiro: svaniva in lui e lui si perdeva sulla sua pelle, nelle mucose calde
che lievitavano a quella risposta e fluivano in alto e defluivano in basso, come il
respiro del mare.
Le mani di Vladi erano ferme e dolci, il suo corpo era lo specchio in cui Angela si
scopriva intera per la prima volta. Quando la penetr, il male che la lacer un attimo
le scand il momento di quella scoperta: il loro coincidere, due in uno e ciascuno vivo
nellaltro.
Londa andava e veniva sulla riva, leggera, come il ritmo
del loro vivere a specchio: sal alta, pi alta, un grido, il miracolo, tu, io, amore
mio, amore, ricadde. Alzati, dammi la mano.
Ma Angela non si muoveva. Ecco, il miracolo che aveva intuito, ascoltando la
musica e i poeti. Ma non era nemmeno questo. Era di pi, era troppo, non si poteva
contenere senza sentirsi il cuore scoppiare dentro.
Piangi? Ti prego, vieni in acqua, perdonami, ti ho, ti ho sporcata.
Sporcata tu? Me?
Si guardava il ventre bianco, striscia netta nelloro della pelle levigata dal sole;
guard Vladi, e rise, tra le lacrime:
Ti vedessi, come sei! Sembri Mim quando ha rovesciato il piattino del latte!
Rise anche lui, Angela gli fu accanto, gli pass le braccia attorno al collo, gli parl
senza guardarlo: Non puoi sporcarmi, tu.
La stretta di Vladi, improvvisa e violenta, le fece male. Ma la sua felicit non ne fu
incrinata, un mistero si accompagna sempre al miracolo; bastava a lei viverlo come lo
viveva. Tenendosi per mano entrarono nellacqua. Vladi si ferm, le alz il mento,
guard a lungo quel volto, prese le mani di Angela, le apr, parole si accavallavano
senza voce nella sua faccia tesa: le depose con un bacio nel cavo di quelle mani.

11
Non cera niente in quei giorni che fosse per Angela definito da altro che dal sole e
dalla luna: vedeva Vladi finch cera luce, poi lui rientrava al suo albergo, per
ritornare da lei, sulla spiaggia, insieme a Car, dopo che il nonno si era gi ritirato in
camera, fumata lultima pipa del giorno, nel fresco della sera.
Parlavano di tutto, nelle ore lunghe della notte quando anche la voce del mare
silenzio, ma era un tutto fuori delle concretezze che servono alla gente per raccontare
una storia.
Una mattina il nonno le chiese, brusco, mentre lei faceva colazione:
Che cosa avete sempre da dire? Stanotte avete fatto le due.
Angela lo guard, con gli occhi incerti, intimidita:
Scusami, nonno, credevo dormissi: ti abbiamo disturbato
Lascia stare; non questo che ti ho chiesto. Che diavolo avete da dire, giorno e
notte, notte e giorno, questo vorrei sapere da te. E anche chi questo, il nonno aveva
cambiato tono, e le rughe tra gli occhi erano scure, questo tipo, che ti fa dimenticare
la buona creanza, non hai pi suonato, non leggi un libro, non ti ricordi le
commissioni che tua madre ti ha lasciato da fare: che cosa le dico io, quando arriva?
Che sei tutto il giorno a spasso con questo questo Ulisse uscito dalle acque?
Che bello, nonno, proprio vero! E io sono Nausica!
Angela lo stava abbracciando, e il vecchio si scherm solo un attimo: era cos
limpida la gioia di Angela, e cos chiaro lo sguardo che cercava il suo per fare pace!
Vado a comprare il pane. Ciao.
Sulla porta si volt: E metti giudizio. Hai quasi vent'anni!
Non ancora, nonno. Fino a gennaio ne ho diciannove!
Che cosa dicevano, se lo chiese mentre rigovernava, pi attenta dopo il rimprovero
del vecchio. Pens che avrebbe lavato le mattonelle in cucina, messo dei fiori freschi
in soggiorno e nelle camere e stirato i panni che si erano accumulati nella cesta del
bucato. Tent di ricollegare i fili dei discorsi notturni che avevano indispettito il
nonno: cera la luna, e avevano inseguito i giochi della luce sulle onde, Vladi le aveva
parlato dei mari del Sudamerica, dovera stato a lungo, lei aveva ricordato dei versi
lunari, di un poeta americano che anche lui conosceva e poi poesie francesi e italiane:
Angela ne aveva detto a memoria interi brani e Vladi aveva osservato:
Si direbbe che conosci i poeti di persona, da come li reciti.
Ma io li conosco! E gli voglio bene. Sono parole che mi ripeto spesso, come certe
musiche che ho ascoltato tante volte. Anzi, mi succede di cantare una frase musicale
usando dei versi, o di leggere una poesia come se dentro vi corresse un motivo
musicale: non uno qualunque, ma proprio quello giusto: per la terza di Brahms, per
esempio, non potrei mai ripetermi altro che Baudelaire, per il concerto di
Mendelssohn, Eliot
Che altro avevano detto? Era poco quello che riusciva a ricordare e se provava a
ridirselo, era passato un minuto, non unintera serata.
Le parole nascevano cos, luna dallaltra, come una lucciola accende la sua
risposta al richiamo amoroso della compagna, e non puoi distinguere i messaggi
doro che punteggiano a coppie la notte, perch tutta la notte unininterrotta serie di
domande e di risposte, in un rimbalzo di scatti di luce, in uneco ininterrotta di un
unico bisogno damore.
Pens a quello che avrebbe detto a sua madre: si avvicinava il momento delle ferie
e lidea di rispondere a domande precise la sgoment.
Non so nemmeno come si chiama. Vladi. E poi? Non glielho mai chiesto. Viene
da Milano. poco, per la mamma. Domani gli chieder.
Ma quando il domani arriv non gli chiese niente: cera vento, un ululare rabbioso
che portava via i discorsi e li confondeva col gemito degli alberi piegati sul viale e
con lo schianto delle onde sugli scogli. Car pareva impazzito: correva da Vladi alla
battigia, sempre pi inquieto a ogni nuova ondata che riduceva loro la spiaggia;
bisogn spostare la barca fino al muretto che cingeva lo spiazzo davanti casa,
chiudere gli ombrelloni, ritirare le sedie-sdraio, fissare le imposte in ogni camera. Era
cominciato al mattino presto: alzandosi, Angela aveva trovato il nonno che trafficava
con reti e palamiti, e aveva gi raccolto i panni stesi ad asciugare, bisogner
rilavarne qualcuno, le disse, si sono sporcati, questo sono andato a recuperarlo fin
laggi; il mare era livido e il cielo pesante di nuvole scure.
un temporale coi fiocchi: oggi si balla, aveva detto il vecchio, e Angela ebbe
paura.
Le notti dellinfanzia, quando il lupo difendeva la loro casa dalle rapine del re del
mare erano cosi lontane Allora era bello rannicchiarsi tra le lenzuola inventandosi
pericoli e salvamenti: era stata una paura piena di delizie, un gioco che finiva alla
luce del giorno tra le braccia protettive del nonno. Ora, mentre ascoltava il vecchio
sentenziare quando cominciano i temporali, lestate finita, la stretta al cuore che
le impediva di parlare, mentre lo aiutava ad avvolgere gli ami e a sistemare le reti
nelle ceste, era diversa, le faceva dolere il petto davvero, come se qualcuno glielo
premesse con una mano nemica: una paura che aveva unghie lunghe, e acute, che la
penetravano con dolore.
Arriv Vladi: gli corse incontro lasciando cadere le reti, senza una parola: un volo,
e gli fu tra le braccia, la faccia nascosta nel cavo della spalla.
Coshai? Buongiorno, amore. Cara, cosa c?
Gli occhi che infine lo guardarono erano lucenti; di lacrime e di riso:
Adesso pi niente.
Ma mentre si avviavano verso il vecchio, e Vladi se la teneva accanto, carezzando i
capelli che il vento sollevava, gonfiandoli e tendendoli come una bandiera o
lacerandoli in nastri aggrovigliati, anche a lui la paura aveva fatto groppo dentro.
Il momento si avvicinava: non poteva pi rimandarlo, oggi le parler.
Ma anche lui non parl: stettero vicini a vedere le onde sollevarsi e invadere il
molo e il mare percorso di bianche linee schiumose fino allorizzonte, e poi lo
scroscio della pioggia tra lampi feroci e lunghissimi e tuoni che esplodevano
selvaggi, Car e Mim ai loro piedi, sotto la panca, sulla porta di casa, ignorandosi,
ciascuno chiuso nella propria paura.
Avevano indossato jeans e maglioni dautunno, nei piedi cotti dal sole le unghie
erano di un bianco livido.
Mi sembri un altro, vestito cos, disse Angela, e non cera festa, n malinconia,
nella sua voce: prendeva coscienza, e glielo diceva, che finiva lestate e qualcosa
cambiava.
Era il momento da cogliere per parlare, ma Vladi non le rispose che con un sorriso
e una piccola carezza, la sua consueta, come a dirle senza parole: Eccola qui, la mia
selvaggia, che si allarma al primo segno di una vita da vivere tra la gente, con abiti,
convenienze, regole
Angela aveva ragione ad allarmarsi: quando si salutarono, e la sera svaniva tra
lampi lontani, in un cielo striato di rosso, Vladi le disse che non sarebbe tornato dopo
cena:
Devo telefonare a Milano, e ho della corrispondenza arretrata Ci vedremo
domattina.
Ma la mattina pass e Vladi non si vide, alla spiaggia del lupo. Un freddo vento di
tramontana aveva steso il mare, il mondo brillava pulito sotto laria che aveva aghi
pungenti: fin dal primo mattino le barche avevano preso il largo e ora, nel pieno del
sole, le vele punteggiavano il mare.
Il nonno si dava da fare con le reti, canticchiando, e anche Mim pareva deciso a
rompere il suo isolamento: percorreva rapidi cerchi intorno alle gambe di Angela, le
si strofinava addosso annusandola, come ai tempi del suo amore esclusivo.
Non hai pi paura di Car, allora? Mi raccomando, comportati bene quando
arriver!
Ma Mim aveva altro per la testa: e se Angela non fosse stata da troppo tempo
disattenta, avrebbe capito che cosa significava la danza amorosa con cui la bestia
riprendeva il confidente rapporto con lei.
Prepar la colazione, rigovern, rifece i letti, poi prese un libro e aspett; non
voleva tuffarsi prima dellarrivo di Vladi: il primo tuffo era diventato il loro modo di
cominciare insieme il giorno.
Ma arriv mezzogiorno e Vladi non era ancora apparso.
Giunse invece, di l a poco, il ragazzo dellalbergo di Vladi; la chiam dalla strada:
aveva una lettera tra le mani.
Quando leggerai questa lettera, sar gi a Milano, perdonami, amore mio, questa
fuga, e perdonami tutto quello che non ho avuto il coraggio di dirti e che cerco
malamente di spiegarti ora, che notte, e non riesco a dormire e ho una voglia
disperata di correre da te e parto subito per non farlo
Fu il miagolio insistente di Mim a richiamare lattenzione del nonno. Angela era
supina sulla spiaggia, ma non dormiva: sotto labbronzatura, le vene delle tempie
battevano lente nella pelle illividita, il sangue pareva averla abbandonata, dopo
essersi precipitato con furia cieca contro il cuore. Il nonno la chiamava, le batteva il
viso, la lasci un attimo, le rovesci dellacqua attinta con le mani dal mare; Angela
apr gli occhi, un attimo, un pensiero parve trafiggerla e si guard intorno, con occhi
vuoti: si vide la lettera tra le mani, la chiuse nel pugno, si alz, lentamente, si volse
verso casa.
Angela, bambina, come stai? Come ti senti?
Sto bene, nonno, non niente, passato.
Gli sorrideva, ma come attraverso uno schermo, e il vecchio pens che era
diventata adulta, sotto i suoi occhi, e non se nera accorto: il viso sofferente che lo
guardava di lontano era quello di una donna, non di una bambina.
successo qualcosa a, esit, non aveva mai pronunciato il nome che gli suonava
straniero, a Vladi?
partito.
Partito? Cos, senza salutare?
Ha dovuto farlo. Poi ti dir. Una pausa, ed era gi sulla soglia della sua camera:
Vado a letto, nonno, ho bisogno di dormire. Non darti pena: partito, ma torner.
Io lo aspetto.
Si attaccava alle parole, per non cedere ancora allurto del sangue impaurito; era
tutto semplice, niente poteva cambiare una verit cos indiscutibile: lavrebbe
aspettato.
Si butt sul letto e cadde in un sonno profondo.
Il vecchio si affacci, poco dopo: Angela dormiva, ma non come era abituato a
vederla dagli anni in cui aveva vegliato sul suo sonno, chiusa nel cerchio delle
braccia che stringevano il cuscino; giaceva sul dorso, gambe e braccia allungate, la
bocca dischiusa in un respiro profondo, una ruga dritta scavata tra gli occhi.
Sognava: un bosco buio, dove non riusciva a procedere, perch felci innumerevoli
e tenaci le si aggrappavano alle gambe, trattenendola con tentacoli vischiosi. Ma
doveva andare, afferrare la cosa che le bruciava nel petto, ma che era fuori di lei:
sapeva che era il suo cuore e langoscia le rendeva pi affannoso il cammino: la cosa
era l e faceva male, chiedeva aiuto e la costringeva a farsi forza e continuare. Si
liber dalle felci, corse pazzamente, tese le mani: dalla cosa uno stormo di passeri,
brutti, bagnati, cattivi, si levarono a volo per ricadere in un mucchio di penne e di
becchi che si avventavano luno contro laltro.
Si svegli, con un gemito, ma ricadde quasi subito nel sonno. Ora il cielo era su di
lei, ma non aveva i colori di sempre: era il cielo, ma lo chiudeva larco ampio di una
cupola affrescata di santi. Lei era distesa sul pavimento ai piedi dellaltare: la croce
era nuda: Cristo le era accanto e lei ne sentiva la presenza nellonda di desiderio che
la sollevava: pi alto, pi alto, uno spasimo breve e intenso la contorse. Il corpo
illanguidito precipit ancora nel sonno, unincoscienza compatta e senza fantasmi.
Quando si alz, era il tramonto: il nonno aveva Mim in grembo, la tavola era
apparecchiata. Che ore sono? Ho dormito tanto? Credevo avessi deciso di non
svegliarti pi. Hai fame? Si affaccendava intorno a lei, le versava del vino. Le cose
di sempre, ma non odoravano pi dei baci dellestate: un manto dombra le aveva di
colpo disseccate.
Non riusciva a rispondere, strappava ogni parola dal petto ammaccato come da una
gabbia di pena.
Quando arriva la mamma? domand dopo che la sera cadde tra loro, nel silenzio
in cui ciascuno si nascondeva. Tra due giorni.
Che cosa ha deciso di fare per la mia Universit? Non so, dovevamo parlarne
durante le ferie; io avevo pensato di metterti a pensione da quel mio amico di
Genova, per non farti viaggiare, se proprio hai deciso per architettura.
Che altro vuoi che scelga, visto che non volete mandarmi allAccademia? Ma a
Genova no, non ci vado.
proprio necessario che una donna studi tanto? Non potresti scegliere qualcosa
di pi leggero? Poi insegni e se ti sposi, fai luno e laltro, la moglie e la
professoressa.
Il vecchio era sollevato: capiva che Angela aveva bisogno daiuto, e parlava
contento di farle sapere che gli premeva il suo avvenire, che le voleva bene.
No, nonno, non far linsegnante. E non mi sposer. Ma voglio iscrivermi a
Milano.
A Milano? Sei matta? E le spese? E poi, cos lontana, quando ti vediamo pi?
Non mi hai sempre detto che le rondini se ne vanno, quando viene lora, e che
anchio sarei volata via questautunno? Ti ricordi? Genova o Milano, che differenza
fa? Lavorer, se necessario.
Non dovresti lavorare, se solo quelli l avessero avuto un po di cuore.
Non ricominciare, nonno, per favore; una storia vecchia; finita, morta
E invece non finita affatto. Ho proprio visto laltro ieri in paese lavvocato, che
aspetta tua madre per parlargliene. Vorr raccontarle lultimo capitolo della sua
Antropologia dello sbadiglio: non gli darai credito, spero! Anche la storia della mia
eredit fa sbadigliare: non sarebbe meglio smettere di rimestarla? Intanto non ne esce
altro che noia, e odore di cose cattive, che meglio scordare. Anche per pap.
Supponendo che qualcosa possa fargli ancora male. Tu, Angela, parli cos? Allora
non credi pi! Non lo so, nonno, non so pi a cosa credo. Ma di una cosa sono
sicura: che mio padre, se ci fosse, non vorrebbe vedermi elemosinare da quelli che
lhanno trattato come lhanno trattato.
Che elemosina e elemosina! un tuo diritto. Comodo essere carogne e non
pagare mai. Carogne coi morti e carogne coi vivi.
Basta, nonno, ti prego. Ora poi, non voglio; meno che mai.
Perch proprio ora? Perch perch Vladi loro parente. Nella lettera
Angela aveva saputo tutta insieme la storia lunga che avrebbe dovuto ascoltare da lui
e che si era perduta nelle carezze lente sulla sabbia, nelle chiacchiere svagate sotto la
luna, nei giri pigri dei loro giorni damore. Qualche brandello le era stato raccontato,
ma i nessi non li aveva capiti che con la lettera: con quelle tessere e questa trama
aveva composto il mosaico che adesso spiegava al nonno senza svelargli il cuore del
disegno, quello che gemeva dentro di lei, come un nido violentato.
Il bisnonno di Vladi aveva iniziato la fortuna economica della famiglia, lombarda
come quella del nonno di Angela; a entrambi il denaro era venuto dallindustria dei
filati; dei cinque figli, il quinto, il nonno di Vladi, aveva sdegnato la fabbrica e
impiantato unazienda agricola in Brasile, con scarso successo economico, ma con un
avventuroso gusto della vita: il padre di Vladi era nato in Brasile, dove era cresciuto
libero in compagnia dei ragazzi figli dei rivoluzionari amici di suo padre; quando in
Europa era scoppiata la guerra di Spagna, era partito con loro e solo dopo la caduta
della repubblica aveva lasciato la Spagna per la Francia; era stato giornalista a Parigi,
poi corrispondente dellultimo anno di guerra sul fronte italiano. A Milano aveva
conosciuto, e sposato, una donna lombarda: Vladi era il loro unico figlio, nato da un
amore violento e improvviso come ne fiorivano in quel tempo: la madre si era unita
giovanissima alluomo che aveva il doppio dei suoi anni, durante loccupazione
nazista. Vladi aveva rivolto il primo vagito a un padre cinquantenne.
Ora gli rimasta solo la mamma, a Milano; il padre morto da molti anni.
E in che modo parente dei tuoi nonni? Angela arross: quella che stava per dire
alluomo che le aveva fatto da padre era la sua prima bugia: un loro cugino.
Ah! E dopo una pausa perplessa: Non vedo che cosa centri con la tua causa:
semmai, ti potrebbe aiutare. Non ricominciamo. Buona notte, nonno. Sulla soglia
esit, ritorn indietro a baciarlo, teneramente: era triste ingannarlo, ma non poteva
dirgli che Vladi aveva sposato Lavinia, la figlia di un fratello di suo padre.

12
Padre Florio avrebbe detto che dietro lincontro di Angela con Vladi cera la divina
provvidenza che la riportava alla famiglia paterna e che soltanto il peccato ne aveva
scomposto il disegno. Strumento del demonio, Angela ne aveva turbato larmonia.
A letto indugiava in questi pensieri, la notte era lunghissima, il mare aveva una
voce sottile, un mormorio percettibile solo quando toccava le pietre della riva, la
bonaccia aveva chiamato tutti gli uomini alla pesca, il silenzio era assoluto, il mondo
taceva intorno a lei mentre rifaceva a brandelli, a sussulti, a singhiozzi trattenuti a
fatica e che tumultuavano nel sangue, la vicenda della sua estate.
Vladi le aveva detto che si era fermato su quel tratto di costa per caso, ma forse,
senza rendersene conto, perch il nome gli era familiare avendolo udito in casa, dai
parenti di Lavinia diceva Lavinia, non mia moglie. Sapeva la vecchia storia del
padre di Angela, il pittore maledetto e transfuga, ignorava lesistenza di una figlia che
viveva dove lui era approdato. Passava in macchina sullautostrada, aveva letto il
cartello di uscita e aveva girato a secco, nemmeno il tempo di mettere la freccia
dindicazione. Poi, arrivato in paese, aveva perlustrato il litorale: il mare era pulito
quel giorno, anche lungo lAurelia, e si era fermato in un albergo; nei primi giorni
aveva seguito la costa sotto il promontorio roccioso, a nuoto e a piedi o con un
gommone che si era comprato per portarsi dietro Car.
Chiss se anche Car e Mim rientravano nel disegno della provvidenza: fu il solo
pensiero cui Angela sorrise in quella notte tribolata. Quando le persiane
cominciarono a disegnarsi nel primo albore, si alz pian piano, non reggeva pi al
silenzio che lavvolgeva come una coperta soffocante: era sudata, aveva bisogno di
togliersi lo sporco che la notte le aveva accumulato addosso. Ma non voleva che il
nonno si allarmasse: si alzava sempre presto, ma il suo passo strascicato non si era
ancora sentito per casa.
Scivol a piedi nudi fuori di camera, il costume da bagno era appeso dietro la
porta, unimmersione nel lino fresco del mare, prima che il sole lo colorasse, le
avrebbe fatto bene.
La porta non era chiusa a chiave; la scost con cautela, perch non cigolasse. La
spiaggia del lupo aveva il colore della luna, era bianca e fredda, grigio il mare; solo
una linea dorata ad oriente annunciava lavvicinarsi del giorno.
Era il suo mondo, e non lo riconosceva. Deserto, senza voci, n senso, e anche il
giorno sarebbe sorto ad aggiungersi alla catena dei giorni, senza voci n senso.
Correre, gridare, cantare, la musica, il nonno, le compagne, la scuola, pens, tutte, in
un attimo, le maniere possibili di sfuggire a quella voglia di lasciarsi scivolare
dovera, lungo il muro di casa, svuotata di pensieri, e di sangue, a guardare il vuoto
del mondo che rifletteva indifferente il suo vuoto. Era langoscia, forse, di cui aveva
letto nei libri con una malinconia dolce, senza una partecipazione vera, come si
guarda nelle tele il martirio dei santi, ma senza provarne orrore o intuirne la
sofferenza. Non era nemmeno lassenza di Vladi n sapere che luomo che amava
dicendoselo una trafittura acutissima le fece sentire fisicamente il cuore nel petto
era andato via, e aveva legami che lescludevano dalla sua vita. Non era questo, era la
scoperta che il mondo taceva, che il cielo taceva, che il mare taceva, che laria era
attorno a lei come a tutto, un alone mortuario, un sudario sinistro: ecco, pens,
questa lattesa della morte.
Non avrebbe fatto il bagno, il richiamo del mare aveva un solo possibile senso: che
vi si abbandonasse, senza movimento, lasciandosi inghiottire, i capelli come alghe, le
bolle dalla bocca, a picco tra i pesci, finch le correnti lavessero riportata dolcemente
alla porta di casa Pens al nonno, non si poteva, non doveva per lui, per sua madre,
qualcuno aveva detto che male aumentare il dolore degli altri, un filosofo o un
poeta, anche questo contava cos poco ormai: vuoto e niente tutto, libri, quadri, mare;
nel niente, le facce di quelli che le avevano insegnato ad amare il deserto: forse era
stato tutto un miraggio, quello in cui era vissuta sino allora, un miraggio di inganni
strazianti di dolcezza, e colorato di magie.
Scivol lungo il muro, come tante volte aveva visto fare ai vecchi la sera, abbass
la testa per posarla sulle ginocchia: a occhi chiusi, nel suo cerchio ristretto, sarebbe
stato pi facile opporsi allimpulso di morte che le faceva guardare la superficie
marina come a un sudario di pace.
Ai suoi piedi scopr improvvisa la cosa nera: era piccola, attorta, forse per gli
ultimi guizzi prima della morte, ma Angela non cap, non le serviva del resto capire:
rifiutava tutto quello che striscia e a stento aveva ammesso nel suo mondo le lucertole
e i gechi: li guardava ma non aveva mai potuto toccarne nessuno.
Era in casa, urlando, e nellangoscia aveva battuto la testa contro la porta, il nonno
apparve correndo dalla sua camera, Angela gli fece un cenno balbettando, il vecchio
usc.
Ma un orbettino! E morto anche. Sei proprio da picchiare, a momenti mi fai
restar secco dallo spavento: pazienza avessi visto un leone, o un serpente a sonagli
la solita caccia di Mim. Chiss dove si andato a nascondere quel bastardo. Mim,
Mim! Si aggirava intorno parlando per calmare Angela: I gatti cercano di catturare
tutto quello che si muove. Quante volte ne ho trovato, di orbettini come questo, e
anche topi, e uccellini: sono sempre riuscito a non farteli vedere. Mi alzavo e li
trovavo appena fuori della porta. Mim gioca, perch giovane, e porta a casa quello
che caccia, per farci vedere quant bravo.
Angela aveva sentito solo le prime parole del nonno: mentre parlava, questi aveva
raccolto la serpicina con laiuto di un giornale e si allontanava verso il bidone della
spazzatura con il pacchetto in mano.
Non piacciono nemmeno a me, gli animali che strisciano, disse mentre tornava,
per giustificarsi delluso del giornale: in realt voleva impedire che qualche animale,
razzolando tra i rifiuti come qualche volta succedeva, riproponesse ad Angela la vista
del rettile.
Angela era ancora sulla sedia dove si era lasciata cadere dopo lurlo, ma il nonno si
accorse che stava scivolando: balz accanto a lei e la sostenne. Cerea, le narici
violacee, gelida, Angela era svenuta.
Il vecchio era ancora abbastanza forte da reggerla tra le braccia e deporla sul letto
come quando era bambina: le si affann intorno, con schiaffetti e parole affettuose;
Angela riemerse lentamente, bevve un sorso di whisky, a poco a poco il colore torn
sulle sue guance e gli sorrise.
Carezz il nonno, come sono stupida! gir la faccia verso il muro e scusami,
nonno, sto bene, non preoccuparti, ora dormo un po.
Chiamo il medico, questa storia non mi piace, due spaventi in una settimana sono
troppi, anche per uno come me.
Il medico no! Ti prego, non chiamarlo! Si era rizzata sul letto supplicando, il
vecchio insisteva, Angela cominci a piangere.
Lo vedi, cosa sei diventata? Una piaga, una lagna, una donnetta come tutte, altro
che il mio mozzo! Tentava di scherzare, ma gli tremava la voce e non sapeva dove
fermare gli occhi inquieti. Ora Angela lo pregava di non chiamare il medico
tenendosi stretta a lui, la faccia nascosta sulla sua spalla.
Maledetto lui e chi lha mandato! Il vecchio aveva parlato senza rendersene
conto. Angela si scost, lo guard, improvvisamente rigida, le lacrime come cristalli
fermi in fondo agli occhi: Chi, lui?
Lo sai meglio di me, fece lui, brusco e incattivito di colpo.
Vattene, vattene via, anche tu non mi vuoi pi bene, nessuno me ne vuole.
Gridava, apparve Mim e Angela gli url dietro che se ne tornasse a caccia, che
stesse lontano da lei, il gatto scapp, il nonno bestemmi come nelle sue ore peggiori
e usci sbattendo la porta e imprecando ancora: Maledetto maledetto cento volte
dov!
Cos non vide Angela che vomitava: non aveva fatto nemmeno a tempo ad arrivare
in bagno: quando and a ripulirsi,
lo specchio le rimand una faccia che non riconobbe: le ombre viola sotto gli occhi
le prendevano mezzo volto come le nuvole in un cielo dove la luce si spenta, aveva
i capelli sudati e appiccicati alle tempie, era brutta.
Vladi non mi vuole pi. Sono orribile.
Si coltiv la mortificazione mentre si trascinava a letto e dopo, quando ci rimase
per lintero pomeriggio, finch una voglia di mangiare acutissima la fece alzare:
addentava il pane, senza cercare altro, pazza di fame; il nonno la sorprese cos, il
volto gli si schiar, che ganasce, compagna! rise e Angela ricambi, con un sorriso
da bambina sgridata.
Solo quando la nausea si ripet il mattino dopo, alzandosi, e ancora la sera la
casa profumava delle cozze che il vecchio preparava per cena un pensiero la
trafisse. Ricordava cose che aveva ascoltato distratta, nei negozi, in strada, dalle
compagne: che cosa avevano detto? Pens, cerc un calendario, era cos difficile
inserire delle date nel tempo senza confini che aveva appena vissuto: non le riusciva
di stabilire con certezza niente, ma ebbe paura. Non era cambiato niente, in lei: o
forse s, gli occhi non erano gli stessi, ma era langoscia che aveva dentro a cambiarli,
si disse, il ventre era morbido e liscio, e quella era la piccola curva dolce che Vladi
aveva paragonato a quelle dei dipinti famosi, le dolcezze di Venere arrossiva ora,
mentre ricordava, ritrovando un pudore e delle difese che non aveva avuto mai
giacendogli accanto. Laureola dei capezzoli le apparve larga, sgradevole, di un
bruno violaceo che le fece distogliere gli occhi infastidita. Si pass le mani sui seni:
erano duri, tesi, se
li guard, stranita: quel pensiero la trafisse di nuovo, ma non era pi un pensiero,
era una certezza: era cos, sicuramente: si portava dentro il figlio di Vladi.

13
Era fin troppo facile muoverle rimproveri di una necessit logica indiscutibile: non
poteva non accadere, come sei stata cos sprovveduta, sapevi quello che successo a
Y, o la storia di X; in un fitto intrecciarsi di domande e di risposte, mentre fingeva di
riposare, Angela dava conto di quello che le era accaduto e le stava accadendo, a una
serie di persone immaginarie.
Lo stereo rovesciava la musica che era pi cara a sua madre: lultima domenica
laveva preparato, un disco sopra laltro, come un viatico prima della ripresa del
lavoro, ma era venuto a portarla via di casa lavvocato Guidi, avevano fatto tardi e
ora Angela, senza spostarsi dal divano su cui si era sdraiata, esaminava, su uno
sfondo di note, imponendosi una calma pi faticosa di qualunque disagio fisico,
limmediato passato e il presente che urgeva.
Era un lucido strazio rivivere cos, con la musica che pareva rispondere alla sua
disperata volont di giustificazione, attimi nati per celebrare soltanto una festa vitale;
era vero, laveva vissuta senza un pensiero che non fosse il godimento pieno di quella
gioia, ci si era immersa come in una favola, senza ombre di prima o di poi, e a Vladi
che aveva tentato di sapere, di parlare con lei, aveva opposto la sua fanciullesca
fiducia, un silenzio caparbio che forse era stato capito come riserbo, un pudore di
parole che non poteva significare, nel tempo in cui vivevano, una cos assoluta
mancanza di conoscenza e di difesa.
Vladi doveva aver pensato che anche Angela, come tutte le ragazze della sua et,
vivesse liberamente la sua esperienza
amorosa perch vi si era a tempo preparata. Le bruciava la vergogna di quella sua
stupida fede, che niente di male avrebbe potuto venirle da una gioia perfetta; si agit
sul divano, accese una sigaretta, ma il fumo non era pi un piacere e una distrazione:
la realt misteriosa del suo corpo mutato si faceva sentire anche cos.
Vladi non poteva essere accusato di niente, solo lei aveva agito come agiscono gli
inconsapevoli, quelli che la legge condanna anche se si difendono invocandone
lignoranza. Era un pensiero insopportabile e Angela si disse che era soprattutto il suo
orgoglio a soffrire: non le faceva paura accettare quello che stava accadendo in lei,
ma si torceva allidea delle inevitabili domande, degli stupori giustissimi, delle
meraviglie del buonsenso: che cosa poteva rispondere? Che aveva cancellato tutto
quello che non era la sua festa e la sua furia damore, che si era scordata, che aveva
ignorato il peso delle cose per volarci sopra, impazzita e innocente come una rondine
la prima sera di primavera?
La verit profonda di questo modo di essere che tutti avrebbero giudicato insensato
le appariva, a tratti, pur nel dolore della vergogna, in una schiarita improvvisa: per un
attimo la sua stagione innamorata le si disegn come un lungo viale di esili pioppi
che accompagnavano la sua perduta corsa verso la gioia con uno stormire leggero di
musiche che solo lei poteva udire.
la mia solitudine che mi castiga, pens, non aver parlato mai con nessuno; il
mio silenzio stato superbia, e anche ora soprattutto di questo patisco, di dover
spiegare, giustificare
Il dolore pesava in lei e intorno a lei, come una presenza visibile: la stanza non era
pi quella, ingombra comera, fin negli angoli pi nascosti, da quel dolore.
Angela si mise bocconi, per non vederla pi: eccola, la sua stanza di bambina,
occupata dalla vergogna che la costringeva a nascondere la faccia e da tante, tante
voci, sussurri, minacce, derisioni. Si distinguevano in quel coro disordinato i sibili del
disprezzo e le grida delle accuse: la bella Angela, che schiudeva le poesie pi segrete
in chiari pensieri, Angela tranquilla e senza sorprese, appartata e misteriosa, eccola,
arresa e incapace di rispondere. Le voci salirono, si fusero in una sola crudele risata:
si strinse le mani alle orecchie, corse fuori.
Non poteva, non avrebbe resistito allassedio, bisognava scappare, nascondersi
ma dove?
Il mare era l, paesaggio domestico; pens con unaggiunta di dolore, a sua madre,
al nonno.
Fu tentata ancora di mettere fine a tutta la storia, alla sua storia, nellabbraccio
complice del mare. Ma non si mosse; era solo un suggerimento della paura, non era la
sua verit: il lungo viale misterioso della sua corsa alla vita viveva ancora, nel segreto
dellanima, e se anche nessuno poteva immaginarlo nella successione programmata
delle cause e degli effetti che guidano i pi, era una promessa per domani, non
soltanto un sogno perduto. Gli altri potevano ignorarlo, non lei. Non Io avrebbe
tradito arrendendosi.
Rientr in casa: la tentazione era stata breve, e la lasciava pi sola con le cose da
affrontare. Gli altri chi erano? Solo i suoi contavano, a loro doveva rispondere, di
loro avere piet, non vergogna: avrebbe deciso da s, e glielo avrebbe comunicato:
era facile fare quello che si vuole, laveva sempre saputo, pi difficile essere quello
che si vorrebbe.
E di una cosa era certa: non soffriva per quello che era accaduto, e di cui non si
pentiva, pens per un attimo vorresti non averlo vissuto? e si rispose di no, non
avrebbe sconsacrato il tempio di tenerezza che aveva alzato con cupole doro in un
cielo puro.
Desider il fresco della chiesa per pregare.
Non si chiese chi, n come: non pregava mai parole, n sollecitava presenze:
scendeva, con dolcezza e con pena, nel profondo di s, quando sentiva come ora il
bisogno di raccogliersi.
Da mesi non era entrata in chiesa. Pens che lindomani sarebbe andata in paese, si
sarebbe seduta sulla panca pi vicina allaltare e avrebbe lasciato che si
allontanassero i pensieri meschini, le puerili superbie, i presuntuosi rifiuti. Poi,
avrebbe preso la corriera e sarebbe andata a trovare zia Rachele. A qualcuno
bisognava parlasse per tracciare le strade da seguire in futuro, e zia Rachele era la
sola persona che avrebbe potuto ascoltarla senza stupirsi.

14
Rachele era una coetanea del nonno, che aveva voluto essere chiamata zia da
Angela, quando la bambina era arrivata orfana alla casa sulla spiaggia: viveva sola
ormai da molti anni in fama di bisbetica e di eccentrica, una fama che a lei andava
benissimo perch le consentiva di non ubbidire che a s.
Riceveva le scolaresche una volta lanno quando si celebrava la festa degli alberi e
il sindaco teneva il rituale discorso ecologico-politico sulla degradazione
dellambiente e sulleccezione costituita alla stessa dal parco nazionale che la
previdenza del comune aveva istituito. Un parco di venti ettari dove la vita poteva
continuare a svilupparsi secondo leggi biologiche eterne: inquinamento e
sovrappopolazione non turbavano lo spazio di cui zia Rachele era regina. I suoi unici
sudditi erano due uomini e una donna, padre, madre e figlio, questultimo
mongoloide, ma abile in alcuni lavoretti che eseguiva con scrupolosa precisione, i
quali si occupavano della casa, dei lavori di giardinaggio e delle comunicazioni tra il
parco e il paese.
Il comune aveva tentato di espropriare zia Rachele, ma lei non aveva risposto alle
lettere del sindaco n alle ingiunzioni del messo comunale. Quella terra, a ridosso
delle montagne che lavevano fatta luogo di contrabbando privilegiato con la Francia
per secoli, era della sua famiglia da molte generazioni, e la famiglia, in verit, non ci
aveva mai speculato, per pigrizia pi che per virt: disboscamento, sostegni, puntelli
in cemento per impedire le frane avrebbero reso qualunque costruzione faticosa e
costosissima; quando rientravano dalle varie parti del mondo ne avevano discusso i
membri della famiglia, ma solo per riempire le sere destate.
questo uno dei luoghi dItalia dove lemigrazione una regola considerata senza
astio e senza lacrime fin dai tempi in cui i saraceni battevano il mare: ancora in anni
vicini a noi si trasferivano in Francia osti, camerieri, croupiers e muratori e anche
oggi le famiglie borghesi continuano a fornire comandanti e ammiragli ai quadri della
marina. E come nelle epoche antiche, si ritorna a casa, quando let chiama al riposo,
per abituarsi a poco a poco a rientrare nella terra, nei piccoli cimiteri aggrappati alla
roccia, fra i cipressi corrosi dal salino.
Fu cos che dopo i gran parlari delle sere destate, negli anni successivi alla
seconda guerra mondiale, quando le paghe degli ufficiali erano pi scarse, e nasceva
la speculazione edilizia, superato il momento difficile anche politicamente zia
Rachele era restia a parlarne, ma qualcuno dei suoi fratelli era sparito, per non pi
tornare, in Brasile o in Venezuela era rimasta solo lei, vedova senza nipoti e senza
eredi conosciuti, con la famiglia dei custodi.
La terza volta che si vide arrivare il messo con lingiunzione del sindaco che
ordinava lo sgombero della casa per ragioni di pubblica necessit, zia Rachele
indoss labito di seta viola che riservava alle occasioni di festa, apr il cofanetto dei
gioielli, infil nelle dita lunghissime e sottili brillanti e smeraldi, con una spilla ferm
la scollatura che i seni non tendevano pi e, cosparso il sedile di cuscini di piuma, si
iss sulla jeep che costituiva il mezzo di comunicazione tra il parco e il resto del
mondo.
In comune, ordin a Geppo, e non aggiunse altro. Geppo, che la serviva da
quando era nato, tent di dissuaderla, timidamente facendole osservare che il sindaco
riceveva su appuntamento e che personalmente avrebbe preferito portarla da unaltra
parte: Geppo era un uomo mite e la sola idea di entrare in comune superando lo
sbarramento dei funzionari e delle guardie civiche, gli bloccava la lingua e le gambe.
Zia Rachele apr la bocca per fargli notare che aveva preso male una curva e non lo
degn di risposta.
Davanti al palazzo comunale, Geppo si ferm, meglio tent di fermarsi, suona,
cretino, suona e va avanti, gli url la vecchia, la gente ferma sul passo si spost, le
guardie prese di sorpresa non reagirono, zia Rachele scese, eretta, dalla jeep
posteggiata in cortile accanto alla berlina del sindaco. Tu resta qui, ordin a Geppo
e si diresse, appoggiandosi al suo bastoncino di radica dal pomo dargento, verso lo
scalone che le si schiudeva davanti. Non ebbe bisogno di chiedere dove fosse
lufficio del sindaco: qualcuno laveva riconosciuta e gli aveva telefonato dalla
portineria. Alla sommit della scala il sindaco, un giovane comunista battagliero e
polemico, laspettava, perplesso: quando ebbe di fronte la vecchia signora, sinchin
sulla mano che lei gli porgeva.
Sparirono nellufficio e nessuno seppe mai che cosa si dissero: i giornali non ne
fecero cenno, zia Rachele ordin, nel ritorno, a Geppo di fermarsi, ma ora gli parlava
con buona grazia, senza strapazzarlo neppure quando sbagli la marca di champagne
che gli aveva fatto comprare, poi si fece portare dal corniciaio cui affid una carta
ingiallita e scritta a mano che aveva estratto dalla borsa. Era la carta con cui
Napoleone nominava Andrea Ranieri, primo a portare il titolo di conte nella famiglia
di Rachele, signore delle terre e delle coste. Lultimo amministratore di quel tratto
di territorio ligure si era inchinato a lei come ci si inchina alla storia. Tra Napoleone e
Marx aveva avuto la meglio Napoleone: tre mesi dopo la visita della vecchia signora,
nellelenco delle delibere della giunta, pass larticolo che definiva la casa di Rachele
edificio adibito alla conservazione del parco nazionale.
Nel salotto dove Rachele riceveva gli scarsi visitatori, il decreto napoleonico si
poteva ammirare sulla parete dietro la sua poltrona: fu lunica precauzione che la
padrona di casa prese nei confronti delle possibili mutazioni politiche: il sindaco che
avesse voluto rimangiarsi la parola avrebbe dovuto prima venire a casa sua a leggersi
la carta che le dava il diritto di non muoversi. Lo disse al nonno di Angela, nei tempi
che il vecchio era angustiato dai cedimenti della democrazia ed era andato a sfogarsi
con lamica:
In quanto a me, mi smuover di qui solo il Padre eterno. Angela guardava il
decreto, di cui aveva sentito tante volte parlare in casa, e sorrideva alla vecchia
signora, che era parte anche lei, come il parco e come lo scoglio del lupo, della magia
della sua infanzia.
Zia Rachele era seduta in una poltrona dallo schienale alto, di un velluto verde
cupo, inserito in una cornice di legno lavorata a volute: alla sua sinistra un tavolino a
tre gambe era occupato da un paio di occhiali, da una bottiglia di cristallo piena a
met di whisky, da due bicchieri dello stesso cristallo, da un portacenere, un
sacchetto di cuoio gonfio di un tabacco dallaroma delicato, una pipa di radica e un
campanello dargento.
Dunque, Angela, la faccia di Rachele si era ammorbidita, gli occhi che da
qualche momento fissavano la ragazza perduta in pensieri non decifrabili, erano
attenti.
Zia Rachele aveva, negli anni, ascoltato Angela parlare, quando il nonno la
conduceva da lei, senza interromperla mai: le piaceva quel suo mondo esclusivo,
come lo era in tuttaltra maniera il suo: le favole che le sue coetanee non
apprezzavano, Angela le aveva qualche volta raccontate a zia Rachele. E questa, di
tanto in tanto, aveva mandato Geppo a prendere la bambina perch le facesse
compagnia.
Angela ebbe una contrazione dolorosa nel viso: lo nascose tra le mani e balbett,
quasi senza rendersene conto: finita la favola, zia Rachele
La donna, che aveva allungato una mano per carezzarle la testa, ebbe uno scatto, si
sollev Angela aveva bisogno di aiuto, non di commozione e forzando la voce
alla normalit, le rispose:
Allora parla. Raccontami come. Ti ascolto. Angela sent che non aveva
sbagliato: con Rachele gli spazi si potevano colmare in un attimo, non occorreva
stabilire i
tempi e le cause, fornire ragioni, i ponti che zia Rachele usava per unire i pensieri
assomigliavano ai suoi: con lei poteva rendere testimonianza di s senza vergogna.
Parl a lungo, senza nascondere niente, neppure i legami che per strade tanto
lontane lavevano attraverso Vladi ricongiunta alla storia di suo padre.
Zia Rachele laveva ascoltata in silenzio; quando Angela le disse, alla fine:
Aspetto un bambino, si mosse sulla poltrona, prepar la pipa e prima di accenderla
chiese ad Angela se aveva sete.
Sorseggiarono un whisky senza parlare, poi Rachele suon il campanello, a Geppo
che accorse disse di aggiungere un piatto in tavola per Angela:
Stasera resti qui: ora telefono a tuo nonno. Domattina vedremo.
Zia Rachele si alz, pose una mano sul braccio di Angela che le si era avvicinata:
Una donna incinta deve camminare molto, spero non ti faccia venire in mente di
cambiare abitudini, andiamo al roccolo, lora giusta per apprezzarlo.
Angela sorrise, sollevata, mentre si avviavano: era tentata di dire la sua gratitudine
alla vecchia donna per non averle rimproverato niente, n chiesto pi di quanto aveva
voluto raccontarle, ma tacque. La decisione di raggiungere il roccolo era la spia
dellemozione cui Rachele aveva ceduto ascoltando: da mesi non ci andava, la
passeggiata era lunga per le sue gambe che ormai reggevano male alla fatica; ma zia
Rachele aveva bisogno di scaricare in qualche maniera i pensieri, i ricordi e gli affetti
che il racconto di Angela aveva scatenato dentro di lei.
Si avviarono in silenzio; ogni tanto lanziana signora si fermava a raddrizzare un
tralcio della vite americana che delimitava il viale attraverso cui si usciva allo
scoperto, nel grande prato che scendeva in lieve declivio verso lo sprone della collina
su cui si alzava la cupola verde del roccolo. Giunsero al fico dallombrello fitto sotto
cui in giovent Rachele aveva fatto merenda e ballato con i fratelli e gli amici.
Qualche volta la vecchia signora aveva raccontato episodi di quel tempo alla
bambina che sapeva ascoltarla senza turbare il corso delle sue memorie e cos Angela
sapeva di lei tante cose che nessuno ricordava pi allinfuori della vecchia signora
rimasta a custodirle nei luoghi dove le aveva vissute.
Ora avrebbe voluto chiederle di quando anche lei aveva aspettato un figlio, ma
sapeva che non laveva mai stretto tra le braccia: Rachele laveva perduto dopo un
viaggio in mare; il marito laveva legata allalbero maestro durante una tempesta
allora la cosa non era eccezionale e nel paesetto pugliese dove la nave era stata in
avaria due mesi, Rachele aveva partorito prima del tempo un bambino morto.
Non bisogna mai rifiutare la vita, zia Rachele parve rispondere ai suoi pensieri.
Io, quando fui a casa, di ritorno da Bari, non volli pi vedere nessuno. Odiavo anche
lui. Gli facevo colpa di quel che era successo. E invece non era vero: io, avevo voluto
seguirlo, le navigazioni allora duravano mesi, e io la voce le si indur pativo di
gelosia. Facevo colpa a mia madre di non avermi impedito di partire. Ai miei fratelli
di avermi insegnato la confidenza col mare. Ma a lui soprattutto, di cercarmi ancora,
dopo quel che era successo. Quel bambino morto era ancora dentro di me. Mi sentivo
la bara di quel bambino. Capita che si diventi isteriche, dopo; anche alle donne forti
pu capitare. E cos, a poco a poco, non siamo stati pi capaci di parlare fra noi; se si
avvicinava, qualcosa di cattivo mi impediva di aprirgli le braccia Se ne and, i
ritorni divennero sempre pi radi, poi scomparve del tutto Sarebbe stato tutto
diverso, se avessi avuto un altro figlio. Forse ora questa casa risuonerebbe di voci
vere, e la gente non direbbe che ci abitano i fantasmi.
Vengono qui, dicono, la notte del sabato e accendono fiammelle per le loro
cerimonie
Erano giunte al roccolo. Sullo sprone che si disegnava contro il cielo e il mare, una
prua naturale scolpita nel fianco della collina, una ventina di carpini piantati a cerchi
concentrici formava un edificio vegetale di forma conica perfetta che le chiome
chiudevano in tondo come una cupola. Era un punto ideale per la caccia di passo e a
quel fine era stato ideato dai fratelli di Rachele.
Le luci che la gente vede sono le pile dei cacciatori di contrabbando: qualcuno
lho fatto beccare, un tempo; ora, con la storia del parco, le leggi sono severe e
nessuno si azzarda pi. Ma la gente ormai si affezionata ai fantasmi e seguita a
parlarne.
Si sedettero ai piedi di un albero, nel cerchio esterno: cos, non avevano davanti
che lazzurro del mare e del cielo; la strada che passava sotto, era nascosta dalla
sporgenza dello sprone.
Non una voce rompeva la pace della sera, anche i gabbiani erano silenziosi o
troppo lontani perch si udisse il loro verso.
Si sta bene qui, disse Angela ed ebbe voglia di piangere, ma piano, un pianto che
portasse via le paure che lavevano ingombrata.
Pos la testa sulle ginocchia e lasci che le lacrime scorressero, silenziose.
Tieni, zia Rachele le porgeva il suo fazzoletto, e dammi una mano ad alzarmi:
le mie ossa scricchiolano, resistono, ma non mi ubbidiscono pi, umiliante la
vecchiaia, figlia mia.
Angela laiut a sollevarsi, la strinse a s per un attimo pi lungo del necessario e
fu la sua maniera di ringraziarla.
Il giorno dopo, Angela comunic a casa le sue decisioni: si sarebbe iscritta
allAccademia di Brera, avrebbe dipinto come il padre. Aveva rinunciato, in passato,
per obbedienza, e consentito a studiare architettura, ma ormai, rotti gli argini dei
divieti familiari dopo lincontro con Vladi, anche gli altri veti minori non avevano pi
senso. Chiese alla madre di accompagnarla a Milano per cercare con lei una
sistemazione conveniente: sperava di trovare il momento giusto, durante il viaggio,
per dirle la ragione pi importante del suo allontanarsi da casa.
Ma a Milano, non c Vladimiro? Lui, pu aiutarti a cercar casa.
Angela tacque: era difficile, pi di quanto avesse pensato nei cento monologhi in
cui aveva affrontato largomento.
Respir fondo, alz gli occhi su sua madre, le disse, dun fiato:
Aspetto un figlio.
La mano della donna si mosse, stacc il contatto dello stereo, nel silenzio la sua
faccia, irrigidita, parve un grido trattenuto.
Angela si accorgeva ora come gli anni lavessero segnata, guardava le rughe
leggere intorno agli occhi, i contorni delle guance appesantiti, le ombre scure che
incavavano le orbite.
Sua madre taceva, certo lottava per non cedere alla tentazione di aggredirla, di
urlarle la sua delusione; Angela pens che aveva speso troppe delle sue energie a
controllarsi, con suo padre malato prima, col nonno poi, per illuderli che la sua vita
non era troppo faticosa, e anche con lei, per farla crescere in semplicit e senza paure.
Di slancio labbracci: Perdonami, mamma, ma parla, dimmi quello che hai
voglia di dirmi, grida, ma non fare cos, ti prego
La madre la guard, ferma: Che diritto ne ho, proprio io? Una pausa, poi londa
che aveva trattenuto a fatica, la travolse e parl concitata: Ma tu sapevi, tutti sanno
oggi, ti avevo spiegato, ti avevo raccomandato, solo questo Il resto caso, fatalit
disgraziata, un altro giro di vite da subire, da quella gente Questo poteva esserti
risparmiato, e risparmiato a me
Aveva il respiro affannoso, e Angela le accomod un cuscino dietro la schiena:
Questo non conta, mamma. Non sta a noi giudicare; tante cose ci sfuggono, forse
questa invece semplicissima, da spiegare: il nome del nostro paese risuonato tante
volte, in casa loro, nelle lettere di Guidi.
Ora la madre inseguiva un altro pensiero. Chiese, secca: Vi sposate? No, non si
pu. gi sposato?
S.
Cadde il silenzio, breve: fu ancora la madre a romperlo: Ma allora partiamo
subito. Non pi un problema, ormai
Nessun problema, mamma: dovevo dirtelo, ora lo sai, ma la cosa riguarda solo
me. Io mi occuper di mio figlio. Io e suo padre.
Vuoi dire che non farai niente? No.
La mattina successiva la madre ritorn allattacco, parl di inutile sfida, di
ostinazione, di ignoranza; Angela non replicava, ma la sua tensione era evidente, non
era disposta a cedere, e nemmeno a discutere.
Avrebbe telefonato a Vladimiro, meglio allontanarsi subito, lasciare che in casa
potessero calmarsi e parlare in libert. La ferm sua madre, mentre usciva: Dove stai
andando? Rispose, a caso: In chiesa.
Allora cos. per questo che non vuoi. Hai ancora paura dellinferno e di tutte
le frottole che ti ha raccontato padre Florio. Colpa mia, colpa mia, che ti ci ho
mandato Angela la interruppe, fredda:
Basta, mamma, basta cos. Padre Florio non centra, e non ci devi entrare
nemmeno tu. Il figlio mio, lo tengo, e lo tengo non perch abbia paura dellinferno,
o per timore di Dio o per quello che ti inventi tu Esitava, cercava le parole: Lo
voglio perch non posso fare diversamente, non posso, capisci? Con la testa, coi
visceri, con lanima Non discuto, accaduto, cos, e cos deve essere.
La donna ammutol, portava i segni dellinsonnia sulla faccia ingrigita.
Angela la strinse a s:
Cerca di perdonarmi, mamma, tu mi hai allevato cos: non posso, io, mettermi
contro il corso naturale delle cose. Sarebbe una violenza, non sarei capace di
sopportarla. Lo so, sar tutto diverso, dopo, la favola avrebbe potuto durare ancora un
po invece finisce cos, ma ce la far. Si stacc da lei, sorrise, voleva persuaderla:
Ho accumulato una tale provvista di energia! Sar forte per due. Vedrai, non aver
paura per me: io lo so, sar un bellissimo, felice bambino.
Quando arriv alla stazione centrale di Milano, cera Vladi ad aspettarla. Angela
non aveva pi voluto che sua madre laccompagnasse: la sua vita, dora in poi, era
soltanto sua.


Parte seconda

1
Pi tardi Angela raccont a zia Rachele che visse quei primi mesi a Milano come
un fantasma: era nel presente, ma respirava con il passato e con i giorni a venire.
Proprio perch si sentiva cos fuori della propria aria, scriveva a casa letterine
tranquille, diligenti nella cronaca e attente a non trasmettere il disagio che
lopprimeva: con Rachele invece si concedeva il lusso della verit, imparando con
tristezza, come le scrisse, che la verit pu non essere una regola di vita, ma anzi
una grazia rara, da guardarsi persino con sospetto.
Pativa il primo approccio con la citt, con un mondo diverso, con ritmi e tempi
sconosciuti.
Aveva scelto lalloggio a Brera: una camera con uso di cucina in casa di una
vedova, che arrotondava cos la pensione del defunto marito, un conduttore delle
ferrovie. La casa era modesta ma confortevole e si affacciava su una stradina riparata
dal grande traffico, uno di quei capillari che la citt aveva escluso dalla sua
circolazione primaria e in cui scorreva un sangue povero di novit tecniche ed
economiche, e proprio per questo aveva unaria domestica per Angela.
Unaria di paese, e di altri tempi, accentuata dalle insegne scolorite e dai modesti e
ormai eccentrici mestieri artigianali che ancora vi si esercitavano dentro i cortili
racchiusi tra le case. Angela aveva sentito Milano, nei primi tempi, come aveva
immaginato nei sogni infantili il palazzo di cristallo del mostro marino che laveva
rapita. Ne odiava i suoni e le luci, il gioco dei semafori, la plastica e il neon sparsi
dappertutto, il caldo afoso della metropolitana, lo sferragliare dei treni e dei bus, la
cupa vibrazione degli aerei sopra le nuvole, la lacerazione delle sirene. Soltanto
quando entrava nel cortile del palazzo di Brera, tirava il fiato e sentiva di respirare
giusto: il pensiero del padre le era dentro, in quei primi mesi, acuto e continuo, come
era acuta e continua in lei la presenza di Vladi e del bambino; girava per Brera, sotto i
portici solenni, nel fresco delle sale, e sentiva, fisicamente, respirare suo padre dentro
il respiro lieve che portava nel ventre.
Aveva momenti di pace, soltanto cos, ed era una pace perfetta, malgrado il ricordo
degli occhi sgomenti di sua madre e malgrado langoscia di un presente che non
capiva e da cui si difendeva rimuovendo da s Milano citt. Rifiutava ogni occasione
di visite in altri quartieri, la sua casa era Brera e la finestra che guardava la facciata
scrostata di San Carpoforo, le pareti annerite e i muri lebbrosi delle case, il fondo
sovente fangoso della piazzetta da cui sporgeva qualche lastra di una pavimentazione
che risaliva allepoca del Fascio. Ma era appena visibile, nello spazio esiguo lasciato
dalle bancarelle degli ambulanti e dalle cataste degli hippies, mucchi informi di
giubbotti di pelo di capra, di vestiti di garza greca e di seta indiana, di ciondoli e
collane di cuoio e di ferro, di borse e cappelli per un ininterrotto carnevale. Ai lati dei
bar e dei ristoranti, erano sempre accosciati per terra studenti girovaghi, pittori
ambulanti, attori improvvisati. Si recitava spesso sotto il balcone di Angela, e ad
alzare il tono della recita era di solito la droga.
Qualche volta le camionette della polizia portavano un fracasso improvviso seguito
da un silenzio ostile: Angela sentiva di qualcuno che era morto per una dose
eccessiva e guardava la gente giovane che viveva unesistenza tanto diversa dalla sua,
come aveva guardato in unaltra stagione i compagni e le amiche: li vedeva, provava
tenerezza e piet se erano belli e infelici, rideva se la recita che avveniva intorno ai
fuochi era ricca di allegria, ma non provava n tentazione di unirsi a loro, n
ripugnanza: erano unaltra gente, unaltra razza, in mezzo a cui passava, senza che un
solo gesto o una parola la toccassero. Angela era diventata pi bella, in quei primi
mesi, una rosa che si schiude la grana della pelle, miele la curva dei seni e dei fianchi.
Qualcuno dei ragazzi le sorrideva; uno, con la faccia grigia e gli occhi allucinati, la
segu barcollando, la mano tesa, come chi tenta di afferrare una bolla di sapone,
Angela proseguiva e arrivava a scuola o a casa, come se avesse camminato sulla
spiaggia, sola sotto il cielo.
Laiutava, nel suo rifiuto delle cose presenti che le sfuggivano, la lunga
applicazione sulle tele e sui fogli. Il disegno divenne lo strumento della sua difesa:
considerava gli oggetti, tratto per tratto, con attenzione ossessiva, li riproduceva, e
non inventava mai nulla, n un colore n una linea, come se la muovesse un affanno
di realt che poteva soddisfare solo con la fedelt pi minuziosa. Passava ore al
tavolo di lavoro e quando consegnava un foglio al professore, ogni volta lo stupiva
per la diligenza esasperata e la totale assenza di partecipazione personale. Un giorno
egli le disse che non poteva crederci: la giovane donna che lo guardava con occhi di
celeste innocenza ma che era seguita dagli sguardi di molti quando si avvicinava alla
cattedra, non poteva essere tanto controllata da non lasciarsi sfuggire mai un grido o
un sospiro, una linea o un colore segnati di sangue o di anima.
Sei brava, figliola, era vecchio e non immemore delle sue primavere, anche
troppo: vedi, perch ti sei perduta qui a ripetere ogni venatura del legno e ogni
sfumatura delle foglie? E guarda qui, intorno a una faccia i capelli fanno massa, si
sfumano nellonda che li esprime, sono volume, e tono: tu invece usi il microscopio,
non gli occhi!
Angela ascoltava, un sorriso imbarazzato appena disegnato sulle labbra, e non
rispose.
Non ti lasci andare proprio mai, ragazza mia? le chiese un altro giorno, e allung
la mano in una carezza che non le sfior la guancia: laveva fermato il dolore che
aveva visto oscurare di colpo gli occhi di Angela.
Era vero: Angela si difendeva dallangoscia concentrandosi sulle cose, ma senza
abbandonarsi mai. Vladi non laveva pi toccata: lei non aveva voluto. Percorreva
strade, compiva gesti, sognando di vivere nel sogno di unaltra. Non vedeva niente al
di l delloggetto che guardava: delle cose e dei luoghi riteneva solo gli odori: Se
dovessi ritrovare le strade di allora, potrei farlo: a occhi bendati, risentendo gli odori:
dei cibi, delle botteghe, delle cornici, delle case, ma non conservo n immagini n
ricordi. Cos scrisse pi tardi a Rachele, e in verit tra Angela e il presente cera un
muro, che le impediva di comunicare. Non aveva potuto con sua madre, non poteva
con i nuovi compagni: un muro di cristallo, compatto e durissimo, crudele, oltre il
quale cera la verit e il bene. Ma non poteva arrivarci, langoscia era questo, di
essere separata da chi viveva tra le cose, dentro, non fuori, come lei.
Aspettava Vladi, ogni giorno, come la sola salvezza: gli correva incontro, di volo,
se lo vedeva apparire di lontano, ma sempre si fermava, rigida, a un passo dalle sue
braccia: la festa che le fioriva sulla faccia al suono della sua voce o alla sua
apparizione in fondo alla strada o sul portone di casa, si dissolveva, rapida: quel muro
le si levava ancora davanti, Angela abbassava la testa, qualche volta pianse, senza
parole.
Vladi non capiva, cercava spiegazioni, prospettava programmi di vita, pregava che
lo ascoltasse almeno una volta come laveva ascoltato prima. Lafferrava per le
braccia, Angela sgusciava via, ombrosa e selvatica, un animale in difesa.
Riacquistava la verginit nel senso antico, dei pensieri e del sangue, risentendo in s
le legioni di donne umiliate che lavevano preceduta: unimmagine le tornava,
costante, di s china sul corpo nudo di Vladi e la vergogna era insopportabile. Non
poteva spiegare questo, n dirlo: lo pativa, insieme al resto, allindifferenza della citt
straniera, alle facce stravolte dei drogati, allimpossibilit di progetti definiti per il
bambino che il sogno della sua carne aveva generato. Tre mesi passarono cos. Ora,
quando si toglieva il loden, una curva tesa nellabito denunciava lo stato di Angela: la
padrona di casa le chiese spiegazioni senza perifrasi: lei aveva affittato a una persona
sola. Angela non fu capace di rispondere e abbass la testa. La reazione dellanziana
donna fu rapida: pass dallindignazione a una filza di domande, tutte senza risposta,
circa il responsabile; concluse che doveva trattarsi, con una ragazza cos, di un
farabutto e arriv infine alladozione della madre e del bambino. Lei sapeva, lei
conosceva, cliniche, levatrici, medici, analisi, una tonnellata di sapienza ginecologica
si rovesci su Angela, lasciandola sgomenta, ma tranquillizzata almeno su qualche
aspetto pratico del suo immediato futuro.
Lo disse a Vladi, la sera, mentre cenavano insieme in una delle trattorie del
quartiere che piacevano a lei, con la loro aria paesana che le ricordava il passato, e le
chiacchiere dellavvocato con sua madre.
Io, devo pensarci, non la tua padrona, fu la reazione risentita di lui.
Ma il bambino mio, la voce di Angela era quieta, non unombra n
unincrespatura nei suoni che parevano uscire non da lei, ma dal fantasma che a lei si
era sostituito.
anche il mio; e ora basta, Angela, parliamoci chiaro una volta per tutte.
Vladi si era alzato, infil del denaro nelle mani del cameriere, trascinava la ragazza
con s buttandole il mantello sulle spalle, senza consentirle di fermarsi.
Sali, le apr la portiera della macchina; mentre Angela cercava una posizione
meno scomoda sul sedile troppo basso per le sue nuove dimensioni, Vladi parl
ancora:
S, ho capito, cambier macchina: prender una berlina. Poi, dopo una pausa:
Che ci stia anche una cesta e il passeggino, quando lo porteremo a prendere il sole in
campagna.
Le aveva preso una mano, la sua voce non era ferma, Angela fu, in quella
macchina soffocante, improvvisamente nellaria e nel sole, guard Vladi che si
chinava su di lei, e lo vide, di nuovo, la prima volta dopo la sua partenza dalla
spiaggia del lupo.
Scendi, cara, siamo arrivati.
Arrivati, dove?
A casa nostra.
Un palazzotto seicentesco era stato restaurato da poco, ad un centinaio di metri
dalla casa di Angela: era bianco e verdino, un gelato di crema e pistacchio,
ridacchiavano i compagni di Brera, ma ad Angela piaceva, perch, oltrepassato il
portone, un cortile circolare si apriva intorno a un pozzetto coperto dal capelvenere e
ringhiere panciute correvano intorno alle scale: unaria di altri tempi, e di altri paesi,
simile a un angolo della Spagna che Angela conosceva solo nei libri e che avrebbe
amato vedere. Sei contenta?
Ma come faremo? E Lavinia? Non ora, non parliamone ora, ti prego. La
casa era piccola, ma aveva i soffitti alti, e un bagno piastrellato di antiche ceramiche
di Vietri: una moquette azzurra copriva il pavimento, due mobili antichi arredavano il
soggiorno, tra bianche poltrone disarticolate prenderanno la tua forma,
sprofonderanno mentre tu lieviterai un armadio a muro e un letto la camera il
posto per la culla qui: ti va?
La casa finiva l, ma era bellissima.
Lo disse a Vladi, mentre le mani di lui la liberavano degli indumenti, lentamente:
era nuda, la pelle rosea tesa sul gonfiore del ventre, Angela nascose la faccia sotto un
braccio piegato. Sent Vladi che le baciava il ventre, lo guard, il sangue giovane fu
di nuovo libero, riprendeva a cantare.
come se stessimo insieme la prima volta; forse, anzi, cos e lo sai anche tu, le
disse Vladi, pi tardi, mentre riposavano luno accanto allaltra.
la prima volta che so di essere a Milano con te E ora parliamo, finalmente,
di noi. Angela era raggomitolata accanto a lui, i lunghi capelli umidi di sudore,
lamore era stato fortissimo e dolce, lento e profondo, e aveva incrinato il cristallo del
muro che la separava dal mondo.
Che nome metteremo sulla porta? chiese. Il tuo, per ora. Non ci conviene
rischiare finch il bambino non nato, e finch non ho il divorzio. Ma ci vorranno
cinque anni!
Ma noi staremo insieme, e aspetteremo insieme che passino. Baster che tu mi
voglia bene di nuovo, e non ti chiuda pi come in questi mesi orribili. E la mia
padrona?
Fa come vuoi. Avere qualcuno che ti guardi quando io non posso essere con te,
sarebbe meglio, e mi farebbe comodo perch starei pi tranquillo; io pensavo di
venire qui quando siamo liberi tutti e due, ma che tu continui ad abitare dalla tua
vedova scaltra.
Aveva usato apposta un tono leggero, e subito sent lallarme vibrare nella voce di
lei:
Quando, saremo liberi tutti e due? Ogni volta che potr. Far tutto il possibile,
lo sai. Ma perch non le dici tutto, subito, e non vieni a stare con me?
Vladi le aveva parlato di Lavinia come dellamica della sua adolescenza: si erano
sposati, conoscendosi come due fratelli si conoscono e si amano. Ma non cera stato
amore tra loro, non era nato, come avevano sperato entrambi: o almeno non in lui.
Nel frattempo gli interessi delle due famiglie avevano stretto grovigli complicati: una
separazione significava anche conti in banca, avvocati, notai.
Non capisco. Io ho solo paura di lei, che non voglia: non pu accettare, ti vuol
bene da tanto tempo, lotter, pianger; come vorrei sparire, ti prego, non farmela
vedere mai!
Singhiozzava, la realt era questa, il male che faceva agli altri, le loro lacrime, di
sua madre, di Lavinia, la ruga dritta di Vladi tra le sopracciglia, il mondo cambiato.
Cosa centra il voler bene? Te, amo, non lei; tutto il tempo che ho passato con lei
non paga un minuto del mio amore per te. Non il tempo che conta, tu me lo hai
insegnato, quando non cera orologio a darcene la misura. S, ho voluto bene a
Lavinia, per anni, per anni le ho parlato di me, dei miei problemi, e lei mi ha ascoltato
come il migliore degli amici. Ma non questo che voglio oggi per me: il tempo che
conta il nostro. il solo che accetto.
Era cos, anche per lei, ma la verit dellestate era ferma,
compiuta in se stessa, non aveva altra eco che quella delle loro voci; questa,
risuonava su una cavit ignota, di un passato che non le apparteneva e di un futuro
che le sfuggiva; il suono che saliva da quel buio era confuso, leco si rifrangeva
intorno in un interrogativo sospeso.
Devo andare: la signora si allarma se faccio tardi ed tardissimo!
Prese la chiave dalle mani di Vladi, sul portone di casa ricambi il bacio della
buonanotte, corse per le scale, fu sola nella sua camera di ragazza spaesata, si butt
sul letto e cadde in uno dei suoi sonni profondi, compatti come il rifiuto che
opponeva al presente.
Fu la prima volta che sogn le case: ne visitava molte, una serie, ininterrottamente:
una dietro laltra, e nessuna andava bene: porte, scale, pianerottoli, camere, vedeva
tutto, lo valutava, e sempre mancava qualcosa e non poteva concludere la trattativa,
scendeva le scale sconfitta e ripigliava la strada verso altre case.
Si svegli col corpo ammaccato, le gambe stanche come dopo una lunga
camminata.
Nel bagno, gli occhi che la guardavano erano senza luce: e lalone violaceo li
faceva remoti, e tristi, come una barca abbandonata in un vicolo, un cane smarrito,
una rondine ferita.

2
Il sogno era ricorrente: cambiava la scena, ma lazione e il motivo rappresentati
erano sempre gli stessi, la casa, lei, e il disagio che provava dovendola mostrare alla
gente.
La casa non era, di solito, particolarmente brutta o strana: ci si poteva abitare,
trovarvi riparo, viverci, ma non era, dicevano, funzionale. Non obbediva alle
regole comuni, o se vi ubbidiva nella struttura generale, vi disobbediva vistosamente
in qualche particolare.
Le stanze, per esempio, erano disposte in sequenza, senza il sostegno di alcun
corridoio, chi voleva accedere allultima, doveva percorrerle tutte, ed erano tante,
sette, otto, venti, attraversarle disturbava lintimit di altri abitanti della casa, e questo
creava un acuto disagio, uninquietudine fatta di preoccupazione, di volont di ridurre
i passi a un posarsi di piume, il respiro a unidea, il corpo alla trasparenza e
allinconsistenza dellaria. Nel sogno, si sentiva spiegare a degli ospiti senza volto,
che avessero pazienza, che li avrebbe sistemati nellultima camera, perch nessuno li
disturbasse; qualcuno le poneva allora una domanda che la precipitava nellangoscia:
E per andare in bagno come facciamo?
Cominciava lincubo della risoluzione di questo problema: progettava
agitandosi, sudando, faticando un bagnetto di servizio da ricavare in un anfratto
del muro, ma non riusciva a inserirvi le condutture per la presenza di crepe antiche,
allora spostava la sua attenzione sempre pi affannata a un armadio a muro a tre ante:
il vater nella prima, il bid nella seconda, il lavabo nella terza, ma non rimaneva
spazio per muoversi.
Qualche volta la casa era bella, ma aveva tutti i mobili accatastati: mobili di valore,
massicci, scolpiti, qualcuno lo riconosceva come appartenente ad amici, o come
arredo di casa sua; bisognava solo disporli, eliminarne alcuni, adattarne altri, ma era
unimpresa difficile, venti sedie impilate in una stanza erano troppe, ne muoveva una
e ne cadevano sette, e se doveva posare una tazza, non esisteva in tutta la casa una
superficie piana disponibile.
A volte la casa era pi presentabile alla gente: con un ingresso regolare, la cucina
al posto giusto, le stanze che si affacciavano su corridoi armoniosi; ma non si poteva
camminarvi agevolmente, perch in luogo del pavimento, cera uno spesso strato di
sabbia: asciutta, dorata, granulosa, dopo pochi passi le scarpe ne erano piene, il
risvolto dei pantaloni ne traboccava, la gente si stupiva, chiedeva, ridacchiava,
simpazientiva, infine se ne andava con la faccia perplessa.
Una volta sogn una casa molto bella; nel sogno la sentiva e amava come sua, era
tutta fatta di scogli, rotondi e levigati come mammelloni, ma anchessa non era
agibile come tutte le case, e non per via dei mammelloni, ma perch era ricavata da
una soffitta, in alto, su su, dopo tanti, innumerevoli piani, e per entrarci, bisognava
passare attraverso un appartamento estraneo, infilarsi in un cunicolo e procedere a
carponi, le pareti aderenti al corpo come un abito troppo stretto.
Ogni volta il risveglio era accompagnato dalla stessa sensazione di malessere:
riconosceva il sogno dal disagio, sempre uguale, da cui era infastidita, nel momento
in cui apriva gli occhi; si chiedeva perch e a poco a poco lo ricostruiva nella
memoria cosciente, riudiva le discussioni che avevano accompagnato la visita della
casa che a lei piaceva, ma che era inaccessibile agli altri; si era affaticata a spiegarne
il funzionamento a qualcuno che laveva ascoltata e crollava la testa: non lo aveva
visto, non aveva visto n un uomo, n una donna, n una testa, ma li aveva sentiti,
avevano esitazioni imbarazzate nella voce, espressioni ironiche o disapprovanti negli
sguardi; si chiedeva, al risveglio, se si trattasse di sua madre, ma non le pareva: era
una voce, uno sguardo, che veniva da mille facce invisibili: forse appartenevano a
quelli che il nonno chiamava la gente.
Tutto era difficile per Angela, ora. Aveva dovuto dare spiegazioni alla padrona di
casa per il suo ritardo e per prepararla ad altre assenze prolungate, la donna era buona
con lei, aveva cure e attenzioni che la intenerivano ma le impedivano di chiudersi in
solitudine come avrebbe desiderato: nella casa preparata da Vladi le ore sarebbero
state solo sue, sottratte a un tempo faticoso, di persone e di cose straniere, ma dopo la
scuola, se non ritornava nella camera di San Carpoforo, la vedova metteva il broncio,
e si lamentava con lei della sua ingratitudine. Con i compagni, i rapporti erano come
erano stati un tempo, al liceo, senza progressione di intimit col procedere dei giorni,
notizie scambiate, qualche aiuto tecnico, chiacchiere, Angela ascoltava senza
partecipare, ma era impaurita: quando fosse stato chiaramente visibile il suo stato,
che cosa avrebbe detto? Aveva provato mille volte a formulare una risposta decente,
unipotesi di situazione accettabile ma non riusciva a completarla mai, e si trovava le
mani sudate e una stanchezza innaturale nelle giunture.
Ne parl a Vladi. Il problema non esisteva: per lui, non esisteva nessuno dei
drammi che intrigavano Angela in una rete maligna di pensieri che non le
appartenevano e con cui le era insopportabile coabitare.
Ma Angela non li avrebbe formulati, quei pensieri, se Vladi, sua madre, la padrona,
gli altri, non glieli avessero imposti e non continuassero a suggerirglieli.
Aveva portato via il suo bambino, lasciando la casa dovera nata, perch non
voleva che ascoltasse le parole con cui quei pensieri venivano manifestati. Mentre sua
madre parlava di medici e di sistemi rapidi e indolori di interruzione di maternit,
Angela laveva difeso impedendo a quelle parole di arrivare sino a lui: gli parlava,
senza voce, lo blandiva con suoni carezzevoli come faceva con Mim, perch non
sentisse. Non si era posta nessuna alternativa, non ce nera: qualcosa era accaduto,
qualcosa doveva arrivare a compimento. Come, perch chiederselo? Aveva visto
nascere e morire nidi e piante, aveva respirato con loro, nei giri del sole e della luna,
il bambino obbediva alla stessa legge.
Ora scopriva, ogni giorno soffrendone di pi, che ce nerano altre, ed esigevano
mediazioni di gesti preparati, di parole inutili o false, i suoi amici erano lontani,
aveva due case e non ne aveva nessuna, se poteva respirare qualche ora nella libert
in cui era cresciuta, lo doveva solo ai muri della scuola, tra cui ritrovava lantico
colloquio col padre.
Chiese a Vladi di venirla a trovare l, lavrebbe aspettato nel cortile.
Meglio in piazzetta: parleremo in macchina, fu la risposta.
Perch? Si sta cos bene, e voglio farti vedere dove lavoro.
C gente che preferisco non incontrare.
Ancora la gente, i nemici senza faccia, gli occhi freddi e le voci incerte che le
gravavano il cuore nel sonno.
Sempre pi spesso cadevano silenzi brulicanti di cose non dette tra loro. Vladi si
ostinava a spiegare i propri problemi e a chiederle una partecipazione alla sua vita
che Angela non sapeva dargli. Non gliene importava: nel cerchio perfetto che aveva
visto fiorire la vita tra loro due, non cera bisogno n posto per altri; ma questo di ora
era diverso dalluomo che aveva riconosciuto scoprendosi in lui, e non ne aveva
colpa, lo sentiva, ma non sapeva o non poteva, come lei, rifiutare il mondo che stava
al di fuori del loro cerchio.
Provaci, almeno quando siamo insieme, gli disse, un giorno, improvvisa, dopo
un lungo silenzio.
Provarmi? A cosa?
A tagliarli fuori, a rifiutarli: qui, col bambino, restiamo soli, tu ed io.
Le mani di Vladi erano forti e tenere mentre le rispondevano, ma era un abbraccio
percorso dinquietudine: la tensione non laveva abbandonato.
Non ti servo: nemmeno qui li lasci fuori.
I giorni erano lenti a passare, per Angela; le perdute armonie oscillavano come
isole in una nebbia di attimi incerti, di sensazioni monche, di sogni faticosi; si
aggrappava a quelle immagini lontane, il sole, il mare, i gabbiani intorno a lei e a
Vladi, e riusciva qualche volta a riafferrarle, intatte, e senza ombre, ma era difficile; e
Angela camminava sempre pi stanca per le vie di Brera, percorrendo la spola del suo
triangolo obbligato, le due case e la scuola, senza festa n pace.
Aveva tante cose da fare, avrebbe dovuto: il corredo, la culla, ma rimandava per
non affrontare unaltra faccia del presente che le dava disagio: si era cercato e aveva
trovato un piccolo lavoro a Brera, in una libreria, che le avrebbe consentito, con
lassegno stabilito in casa per i suoi studi, di mantenersi, ma Vladi non aveva voluto.
Ora spesso si trovava del denaro nella borsa, oppure, quando entrava nella loro casa,
una busta in soggiorno le diceva che Vladi cera passato prima. Pensava a lei, si
preoccupava, e saperlo era come sentirsi avvolti da una sciarpa calda, nel freddo della
citt, ma ogni volta che toccava il denaro, avvertiva il fastidio che nel sogno le dava
la gente in visita alla sua casa inaccessibile: come se lo avesse rubato a Lavinia. Il
giorno che formul netto il pensiero, ne ebbe orrore, una fitta di nausea che la
rovesci, visceri e cuore stravolti. Vladi la trov poco dopo, pallida, un sudore freddo
che le bagnava la faccia.
Era debole e senza difese: a occhi chiusi gli parl, spiegando, fece il nome di
Lavinia.
La collera di Vladi scoppi violenta: furia e delusione gli si accavallavano dentro
con tanta passione da accecarlo. Su Angela smarrita, la storia della sua quotidianit si
rovesci in ondate selvagge: cos lei seppe di una vita fatta di sospetti, di ricatti, di
finzioni; lacrime e denaro erano le due sole parole che Angela ricord, pi tardi, della
furia di Vladi. E gliene rimase come un rimorso, una sofferenza diffusa che filtrava
attraverso il respiro e le ossa; ora, se Vladi le si avvicinava, lo scrutava con occhi
incerti, non osava pi chiedergli niente, non sapeva pi parlargli. Fu una lunga
esercitazione alla pena: non era questo il mondo che aveva visto e conosceva; non un
oggetto o un pensiero esistevano che non potessero scomporsi e farsi due, tre, diversi
e ostili fra loro: la divisione era dentro e fuori di lei. Si ritrovava alla fine del giorno
senza che un aspetto o un momento del suo vivere fosse stato libero dallambiguit;
anche lamore era una lunga spirale di possibilit alterne: attesa, silenzio, rancore e
poi calore di sangue e poi ancora freddo di pensieri indivisi.
Anche il bambino doveva soffrirne: da qualche giorno il peso nel ventre era
doloroso, e larghe chiazze scure le macchiavano la pelle del collo e delle guance.
Ho fissato lappuntamento dal dottore: vedi se la signora pu accompagnarti.
Non mi accompagni tu? laveva gridato, ma senza voce.
Allora, Angela, ci conto, stavolta ci vai, posso star tranquillo?
Fece cenno di s, per far presto, odiava la montagna di parole che si levava ogni
giorno pi alta tra loro due, e il loro cerchio in mezzo diventava sempre pi piccolo,
soffocava, Angela pens che sarebbe stato presto annullato. Da qualche tempo una
nuova forma di sofferenza la tormentava: erano pensieri o piuttosto reazioni del
sangue, incontrollabili; non li avrebbe mai rivelati a Vladi, n a nessuno, ma proprio
per questo, sapere che si avviliva in umiliazioni inconfessabili, rendeva il disagio pi
pesante da sopportare.
Limmagine di Vladi che si comportava con la moglie come con lei ciascuna il
suo sospetto, ciascuna la sua pena, eguale il rimedio le oscurava la mente e il
sangue di una tormentosa gelosia. Cominci a immaginare sempre pi spesso la vita
di lui tra le pareti domestiche; se Vladi labbracciava, listinto sollecitato da maligne
fantasie, la irrigidiva ostile, Vladi cadeva in silenzi che nascondevano male il
risentimento, Angela era tutta tesa a frenare il suo irriducibile bisogno di chiedere. Lo
vedeva con laltra come con lei, si ribellava alla finzione, se i gesti dellamore erano
ripetizione meccanica, non li voleva. Quando riusciva a dominarsi e a consentire, si
lasciava amare con straziata volont di sentirsi come un tempo, ma ricadeva sconfitta,
era tra le braccia di Vladi, ma solo come carne brancicata e violata, la solitudine
restava, in una intimit che si risolveva in commistione di sudori e di umori, senza
esiti di gioia e neppure di pace.
Era la settimana di Natale, e Vladi doveva, per opportunit, per loro due, aveva
detto, e per il bambino era diventato un ritornello di una malinconia ossessiva per
Angela che lo ascoltava e per lui che si ostinava a ripeterlo andare in montagna,
nella villa dei suoceri, con la moglie.
Io torno a casa, disse Angela, la mamma verr a prendermi con la macchina
alla stazione.
Non me lavevi detto, la voce era cattiva.
Neanche tu mi avevi detto di Saint-Moritz.
La riassal la nausea: quella miseria di accuse, quellintrico di parole bugiarde,
quella sordit luno per laltra non era possibile. Desider morire e chiuse gli occhi.
Un attimo, vide la faccia che amava china sulla sua e fu ancora la salvezza nel
pianto liberatore e nellabbraccio di Vladi.
Angela trattenne la pace ritrovata, durante tutto il viaggio, senza distrarsi; si
ripeteva parole e gesti, rivedeva gli occhi di Vladi, chiudeva i suoi a escludere i
compagni di treno: era una piccola luce, un momento buono, dopo tanti giorni grigi.
Doveva conservarlo e portarlo intatto a casa.
Lavrebbe posato in riva al mare, come un voto. Forse il cerchio si sarebbe salvato.

3
Gi in treno allapparire della costa, Angela aveva capito come le fosse impossibile
il ritorno. Rientrava nel suo mondo, e riconosceva il fiato delle cose, ma nello stesso
momento in cui le sue radici sobbalzavano sentendone il richiamo, la feriva la sua
inattualit. I pini, gli ulivi piegati nel vento, il riso del mare sotto la luce le si
avventavano incontro mentre si avvicinava a casa ed erano quelli che conosceva, ma
come consegnati a un film girato in unaltra vita, i fotogrammi scattavano ubbidienti,
niente mancava; ma il film era inutile, proiettarlo non serviva, bastava la memoria.
Anche la terra in cui era nata le era dunque diventata inaccessibile? Scese turbata
dalla scoperta della sua estraneit, cerc con foga impetuosa, a salvezza, la madre e le
si butt tra le braccia. Dopo, in macchina, quel primo momento di intensa comunione
rese ancor pi penoso il parlare.
Avrebbe voluto dire subito quello che le doleva, la perdita della sintonia con il
tempo, la sua incapacit di un respiro totale a Milano, ma anche ora le bloccava voce
e pensieri la sensazione che non lei fosse accanto alla donna che aveva sentito madre
nel sangue, ma unestranea che la osservava senza riconoscersi in lei.
La madre laiut: cominci a parlare, ininterrotta, Angela seppe le novit che erano
accadute durante la sua assenza, le amiche partite per gli studi, quelle in attesa delle
nozze, le beghe comunali rabbiose, la salute del nonno.
Gli sei mancata. Non ha pi voglia di niente, si impigrito, e la pigrizia gli fa
male.
Una stretta al cuore, rapida, il rimorso di sempre con una punta pi acuta di
sofferenza, e poi, straniera, lindifferenza di fondo.
Si attacc al pensiero del bambino: doveva ritrovare per lui la gioia del ritorno nel
luogo in cui laveva generato.
Ho portato una pipa di radica per il nonno, e un giubbotto islandese: vedrai che
mi porter in barca per inaugurarlo.
Linflessione di festa che aveva dato, con intenzione, alle parole, suon forzata.
Era tutto sbagliato, lo sentiva con cruda consapevolezza: il presente anche qui viveva
al di fuori di lei, e vi galleggiava sopra, sradicata.
Poi la madre le chiese di Vladimiro; non lo aveva mai nominato, e quel nome detto
per intero nel luogo in cui risuonava le accentu la distanza del padre di suo figlio.
Rispose, generica, che si occupava di lei, che stesse tranquilla.
Sua madre ebbe uno scatto:
Non lo sono per niente: lo sei gi troppo tu.
Ecco, era ancora a questo, alla incapacit di farsi capire anche da quelli che le
erano pi vicini nel sangue.
Tese una mano:
Ti prego, mamma, almeno tu
Cadde il silenzio, la macchina correva veloce su unAurelia deserta; anche il mare
era solo, non una barca tagliava la superficie percorsa da schioccate fredde di
tramontana.
Il profilo della madre, che pareva guidare attenta solo alle curve strette che
annunciavano ad Angela lapprossimarsi di casa, si era come sciolto, allentato in una
stanchezza che la figlia notava, vergognandosi del suo silenzio e della sua avarizia di
slanci: la donna che laveva nutrita e difesa, decisa e carica di energie, che le aveva
insegnato a camminare nel mondo senza chiedere aiuto a nessuno, pareva ora pi
minuta e fragile: la bocca era segnata da due rughe nette, intorno agli occhi la pelle
non era pi tesa.
La sua mamma impavida e allegra che si alzava cantando il mattino e ascoltava
musica con lei per ore, e il discorso tra loro non era mai finito, si era come
rimpicciolita.
Sono contenta di essere qui, le disse e una voglia improvvisa la colse di
abbandonarsi, di rientrare nel cerchio sicuro delle sue braccia, come quando era
piccola e un male o un dispiacere le facevano desiderare tra tutti soltanto lei.
Anchio, che tu sia qui.
Sulla soglia, il nonno aspettava, seduto nel suo dondolo di vimini appoggiato al
muro di casa, in faccia al sole.
Doveva essersi a lungo preparato a non cedere alla commozione di quel ritorno:
tent un saluto brusco, gli si spezz sul nascere, Angela lo tenne contro di s finch il
pianto cess.
Non avevano mai visto il vecchio piangere, anche al dolore fisico egli aveva
opposto sempre una scorza dura; ora doveva sentirsi umiliato e Angela si affaccend
con la madre intorno alla macchina e alle valigie, per dargli tempo di riprendersi.
Lo vide rientrare in casa, borbottando: si era incurvato e nei pantaloni di fustagno,
diventati larghi, le gambe ballavano. Prese nota dentro di s di questo nuovo guasto:
come laveva resa cieca la sua rivelazione amorosa del mondo, quando le cose erano
uscite con colori inattesi dalla misura di sempre e ne aveva addentato la polpa come
una mandorla spogliata dalla buccia: pens, in un lampo rivelatore, che aveva
guardato in una lente che metteva a fuoco il cielo il mare la terra, ma escludeva le
creature.
E Mim? Come mai non corre a salutarmi?
Lo cercava in soggiorno, pass in cucina; la sua ciotola mancava.
Interrog con gli occhi il nonno:
Se n andato. Pochi giorni dopo che tu sei partita.
Era giusto, alla esclusiva dedizione di Mim il disamore di lei doveva essere parso
insopportabile: anche per Mim la casa era diventata inaccessibile, e le aveva voltato
le spalle. Trasse un profondo respiro e si guard intorno. Riconosceva ogni oggetto
carezzandolo con gli occhi: le cose, qui, le ubbidivano con una docilit immediata,
era bello pensare che avrebbe tolto il mzero dal letto, e avrebbe dormito tra i suoi
libri, con Army five e gli animali dei suoi giochi infantili.
Era questa la sua casa, che riconosceva e da cui era conosciuta.
Fu di colpo sollevata, come se una ventata improvvisa le avesse soffiato via dal
petto estraniamento e malinconie. Mangiamo, nonno? Cosa mi avete preparato di
buono? Scoperchiava le pentole, apriva il forno, si versava del vino: allarg le
braccia, canterell: Sono a casa!
Fu il pasto pi felice di quegli ultimi mesi non solo per Angela, sulla spiaggia del
lupo.
Dopo cena, videro insieme il telegiornale, poi il nonno si schiar la voce:
Te la senti, ora, di parlare, con un po di calma? Fece cenno di s. Fu sua madre
a raccontarle che aveva incaricato lavvocato Guidi di interessarsi a lei, di seguirla da
lontano. La situazione familiare di Vladimiro era nota nei particolari allavvocato:
aveva studiato in passato la posizione di Angela nei confronti delleredit di cui era
stata privata insieme a suo padre e ora si era procurato nuovi dati.
Allatto del matrimonio, Lavinia aveva avuto in dote la casa in cui era entrata
sposa e Vladimiro aveva assunto la direzione di una delle aziende del suocero, nella
cintura milanese, con un centinaio di operai: la fabbrica attraversava un momento
difficile, dopo la recessione degli anni precedenti e Vladimiro vi aveva immesso a
darle ossigeno lintera sostanza della madre cui si era impegnato a versare un reddito
corrispondente.
Concludendo, per ragioni che non ti so spiegare bene, giuridiche e finanziarie, e
anche per ingenuit di Vladimiro a quel che ho capito, dal punto di vista del lavoro
legato mani e piedi a sua moglie. E ha la responsabilit di sua madre.
La furiosa reazione di Vladi quando lei aveva protestato per il denaro che le pareva
rubato a Lavinia, si chiariva anche troppo: pens, con dolore, che Vladi doveva
sentirsi prigioniero.
Il buffo , stava dicendo sua madre, che quello che appartiene a Lavinia stato
in parte sottratto a te. Non protestare, cos, e ci sono le premesse legali per imbastire
una causa. Ma bisogna decidersi o cadr tutto quanto in prescrizione.
Non era buffo, era desolante. Una volta, aveva visto in un film una caduta di
dollari dal cielo: una sarabanda che aveva invaso lo schermo, in un crescendo di
colori e di allegria ritmato dalla colonna sonora; ora per falsare la quieta luce della
stanza e per alterarne larmonia discreta, era bastato quel discorso di denaro simile a
una nebbia subdola che muta il profilo delle persone e degli oggetti.
Pronunci, dura:
Non voglio far causa. Te lho detto e tu lo sai, mamma. Ma ne parler io stessa a
Guidi. Odio quel denaro e adesso pi di prima. Non questo che conta, ma quel che
ha significato il matrimonio per Vladi, e quello che significa ora per me.
Pensava, di colpo, che non le importava pi: se sposarsi voleva dire questo, lo
rifiutava. Non le apparteneva una societ dove i legami tra gli uomini erano tenuti
saldi soltanto da contratti registrati. Ne avrebbe parlato con Vladi: se veramente per
lui Lavinia significava unamicizia perduta avrebbe scelto. E scegliere lei, e il
bambino, voleva dire anche rinunciare a un modo di vivere che non era il suo. Il
prezzo da pagare sarebbe stato alto, certo, ma lei lavrebbe aiutato, erano in due,
erano forti, avrebbero cominciato tutto da capo.
Raddrizz le spalle, si volse al nonno:
Raccontami come vanno le cose qui. Ti sei riconciliato col sol dellavvenire?
Riconciliato? Eh no, non sono cos ingenuo, ma non vedo niente di meglio. Il
guaio che lo vogliono far diventare troppo rosso. Unanguria matura con troppi
semi neri. Non ne ho mai visti tanti. Come possano esser fascisti dei ragazzi oggi,
non riuscir mai a capirlo non mi interrompere, lo so lo so anchio, i nomi non
contano, ma la violenza s, e so anche i discorsi che mi vuoi fare, consumismo,
permissivit, scuola in crisi, borghesia marcita e compagnia, compro il <Corriere> da
quando tu sei a Milano, ma anche <lUnit> non mi persuade pi di tanto. Il fatto
che allultimo comizio sono arrivati di fuori, con due camion, in testa i caschi da
motociclista, e tutto il paese li, schierato, con le bocche aperte come tanti cottolenghi,
ad aspettare le botte dei signorini marxisti-leninisti, mi hanno detto in piazza, lotta
comunista dicevano degli altri, sanbabilini diceva il tuo amico Guidi: per me, tanti
nomi e un sugo solo: semi neri, perch languria si spacchi. E si spacca, gi
spaccata, ma a me non mi beccano guarda qui.
Il nonno si era alzato e tornava di camera sua con un ombrello nero dal manico
profilato di metallo.
La madre di Angela annunci, solenne: Ti presento lombrello antifascista.
Antifascisti ormai lo sono tutti. A parole, anche quelli che darebbero lanima
perch risuscitasse il testone. Ma questo qui, in mano mia, sta tranquillo che non si
sbaglia. Sta attenta: loro si avvicinano e io lo punto: uno scatto e te lo trovi in mezzo
agli occhi o tra i denti
Angela rideva: lombrello era di quelli che andavano di moda da qualche anno, ma
il nonno non avrebbe acquistato mai per s un oggetto tanto meccanizzato e
complesso; da quando si ricordava, gli ombrelli di casa erano di tela grezza, colorati e
grandissimi, ma in questo, nello scatto di una molla di considerevole potenza, il
vecchio aveva intravisto un modo di difesa e di beffa.
Leninisti e sanbabilini, la madre dei cretini sempre gravida, come la madre dei
fascisti, e di figli bastardi perch non hanno manco un certificato anagrafico chiaro. E
allora, ombrellate!
Nella foga il vecchio ritrovava la passata spavalderia: Angela ricordava le beffe e
le risse che le aveva raccontato, in giovent il destro del nonno era stato famoso,
aveva subito aggressioni nere molte volte e non aveva mai chiesto aiuto lultima
risaliva a ventanni prima lo avevano aspettato in quattro, lui aveva capito alla
prima occhiata e li aveva preceduti sul tempo: si era scaraventato come una catapulta
sul gruppo e giocando di sorpresa ne era venuto fuori malconcio, ma ne aveva lasciati
due a terra e gli altri volatilizzati. Al maresciallo dei carabinieri, che era andato da lui
per la denuncia, aveva dichiarato che non sapeva chi fossero, ma se ci avessero
riprovato, li avrebbe ammazzati. La cosa era finita l, ma la storia aveva girato per
quel tratto di riviera, e insieme alle altre dei tempi del fascio, quando la barca del
nonno era il mezzo meno comodo ma pi sicuro per espatriare, gli aveva creato una
specie di leggenda, per cui si era mosso tra le beghe di partito usando giudizio e
lingua in libert, con sarcasmi da togliere la pelle.
Non era un personaggio comodo, e la vecchiaia che lo aveva indotto a isolarsi era
stato un sollievo per molti. La partenza di Angela era stata dura per il vecchio che era
tornato in paese a chiacchierare e a discutere solo perch non reggeva alla solitudine.
Per la prima volta Angela pensava, ascoltandolo, che cosa fosse davvero far politica,
viverla, esserci dentro: confrontava le cose che aveva appena udito, con altre dette da
Vladi o dai compagni a Brera, e capiva, vergognandosene, che le aveva ascoltate
come qualcosa di staccato da s, vissuto da gente straniera, come le storie di Ulisse o
di Renzo, belle o brutte, patetiche o crudeli, ma diverse, che non sfioravano il suo
esistere. Solo ora se ne accorgeva e si rammaricava della sua indifferenza. Era una
consapevolezza che le dava unesaltazione generica, registrata dal sangue come
unaggiunta di energia che da molto le mancava. Avrebbe guardato in modo nuovo la
gente, con una lente che non aveva ancora usato, ma pensarci era una promessa per
lindomani. Da quando ricordava aveva chiuso gli occhi ogni sera, nella sua casa
marina, con un ultimo pensiero cosciente rivolto a quello che laspettava il giorno
dopo, sforzandosi se niente di piacevole era prevedibile, di inventarsi una ragione di
interesse: al limite, fidando nel caso: la vita era ricca di fantasia, pi ricca di lei e di
chiunque altro. E dunque, ben venga il domani. Ora, dopo mesi di estraniamento, nel
suo domani cera questa novit: voleva filtrare strati che aveva lasciato bui, non
essere fuori gioco tra la gente, cos come non lo era stata tra gli animali, le onde, i
venti, le piante.

4
Angela era in paese, ferma accanto alla bacheca del partito socialista, aveva un
fascio di giornali tra le mani, e scorreva i titoli per alimentare pi tardi col nonno il
colloquio cominciato in quella vacanza: confrontando testate e notizie Angela
verificava sulla cronaca quotidiana la precisione dei giudizi del vecchio.
Lironia di lui, ora che aveva la nipote ad ascoltarla, diventava fantasiosa e
creatrice: Angela avrebbe portato con s le sue metafore politiche come un viatico
contro ogni catechismo.
Sent dietro di s una frenata brusca: si volse: al volante cera Vladi.
La mezzanotte del 31 dicembre fu aspettata intorno al tavolo, nella casa dove la
voce del mare non era pi che un sussurro, un racconto raccontato a bassa voce; dopo
il vento degli ultimi giorni una quiete profonda aveva coperto di seta la notte, lanno
nuovo pareva arrivare in punta di piedi. Vladi aveva voluto dare una data da ricordare
alla sua fuga da Saint-Moritz: da tempo immemorabile inaugurava lanno con
Lavinia, avevano cominciato da ragazzi e sempre avevano procurato di essere
insieme a salutarne la nascita.
Vladi ci ripensava mentre la conversazione si svolgeva intorno al tavolo che
Angela aveva preparato come da bambina, con gli agrifogli e le pigne dipinte: era
stata una cena cui ciascuno degli abitanti della casa aveva partecipato con la sua
specialit, il nonno con un brodetto di pesce, la madre con il tacchino ripieno di
castagne e Angela con una serie di dolci che lavevano tenuta in cucina lintero
pomeriggio.
Vladi se ne era andato a passeggiare sulla spiaggia, per calmare la tensione che non
lo aveva mollato un istante nel lungo viaggio dalla montagna: ora, nel tepore della
stanza modesta e tanto diversa dai saloni di Capodanno che ricordava, grandi
alberghi, la villa di sua moglie, Parigi e Positano, sentiva di non aver sbagliato.
Nato da un uomo anziano e da una donna giovane, egli era cresciuto nellamore
ansioso di una madre vedova troppo presto, sentendosi al centro di un mondo chiuso
da pareti di libri; i suoi giochi erano stati solitari, la madre aveva avuto il terrore di
vederlo ammalare e lo aveva cresciuto con la programmazione testarda e soffocante
che aveva imparato nei collegi svizzeri in cui era stata educata: ginnastica e studi
erano stati impartiti al ragazzo come le medicine in una clinica.
Il ragazzo aveva trovato la sola libert in se stesso, la sua difesa era stata la
negazione: quando chiudeva gli occhi, la sera, il suo ultimo pensiero cosciente
andava alla fine di un giorno che gli aveva confermato una noia scontata.
Con Lavinia aveva svolto un interminabile soliloquio: per ore il ragazzo si cercava,
rispecchiandosi nel bianco viso immobile che tentava di farsi trasparente perch lui
potesse vedervisi senza fatica, Lavinia contemplava il bel ragazzo solitario e infelice
che aveva scelto lei tra le tante che lo guardavano senza che lui se ne accorgesse, era
riconoscente e innamorata; Vladi non lo sapeva, ma aveva usato la poltrona che la
ragazza teneva sempre libera per lui come il lettino dello psicanalista.
Quando si erano sposati, abbracciare la moglie aveva significato poco pi dei
piaceri solitari o degli scarsi abbracci mercenari che aveva avuto prima: le era stato
fedele per pigrizia e per dovere e aveva continuato a vivere solo, vivendo con lei.
Ora Angela cantava a mezza voce accompagnandosi con la chitarra.
Ne vedeva il profilo, accennato appena sotto la lista lunga dei capelli: la testa si
muoveva seguendo il motivo, avvicinandosi allo strumento come per un tenero
abbraccio; la voce si alz chiara e trepida, cera una specie dansia, di struggimento
carico di apprensione nel modo in cui seguiva il vibrare delle corde: lunione fra la
donna e lo strumento era limmagine stessa dellamorosa intelligenza, la musica si
esprimeva come astrazione e come visceri, come tensione cosciente e come
abbandono emotivo. Ecco, quella era la sua donna, a lui aveva detto i pensieri che
lavevano fatta crescere sola fra la gente, appagata di quel che aveva e di quel che
intuiva avrebbe avuto. Aveva succhiato da lei un latte nuovo e vitale: cos si poteva
accettare la morte e la vita e berne lamaro e il dolce. Pens che lestate con Angela
gli aveva spalancato il mondo. Non uno degli acidi ereditati dal passato aveva
resistito alla pura presenza di lei che gli si muoveva intorno facendogli scoprire le
cose attraverso una gioia fisica immediata, che egli aveva sempre negato anche
quando ne aveva sofferto il desiderio; con Angela non era possibile: ogni cosa, cibo e
gesto, sole e sonno, amore e parole, aveva la propria ragione in s, non era negabile:
esisteva, era godibile, era vita.
Anche la stretta tenace con cui lo aveva trattenuto dentro di s era una negazione
del male di vivere: nellavida voglia di lei la scoperta del mondo aveva toccato per
Vladi la vibrazione pi profonda: non cera volgarit in nessuno dei gesti che lamore
le suggeriva, nutriva la sua fame con la grazia di un animale sano, il sesso iterazione
e fuga era diventato con lei espansione liberatrice, invenzione e ricerca di una gioia
raddoppiata luno dallaltro. Succhiare la vita da Angela era una seconda nascita: lo
sapeva e non voleva rinunciarci.
Lantica rivolta lo morse: per lei era facile tutto, immediato, la sua natura la faceva
cos, ma lui sarebbe stato capace di viverle accanto? Ne aveva bisogno, ma saperlo
non bastava, la vita era altra, non questa, aveva lasciato dietro di s rancori e
sofferenza, la ripresa del lavoro incombeva minacciosa, troppe cose urgevano, idee e
affetti, non per s soltanto, per tutti, per tutti il travaglio era lo stesso, correre, patire,
perch, per cosa? il risultato era sempre il medesimo: sconfitti dallansia di esistere,
perch sconfitti in partenza dalla paura di morire.
La chitarra, la giovane donna che aspetta, il vecchio e la donna matura che sanno:
stereotipi falsi, falso tutto come una litografia celebrativa dellinganno che si tenta col
tempo: la giovane donna sarebbe diventata una mangiatrice di uomini, il vecchio
avrebbe portato presto nella tomba il fallimento di tutto quello in cui aveva creduto,
la donna matura recitava la sua ultima parte senza persuasione.
Si alz di scatto, la sedia si rovesci.
Angela alz gli occhi, assorti di musica, come riemergendo da lontano. Vladi
arross, non reggeva a quel fermo candore, desider, con violenza, di sporcarlo, che
urlassero in quel silenzio stupito le furie, sentisse una volta anche lei lo zolfo
dellinferno.
Usc, la porta gli si richiuse alle spalle.
Il cuore gli batteva a precipizio, la tachicardia che accompagnava le sue crisi di
rigetto, il presente era troppo diverso da tutto quello che era stato e che era, per
durare e dimostrarsi vero. Non ci voleva molto a immaginare che la pace era finita
nella casa dove era entrato come un ospite non invitato; in montagna unaltra stanza
non doveva, al di l dellapparenza, essere pi ricca di festa di questa.
Forse mi porto la distruzione addosso. Maledetta tu che me lhai data nascendo!
Si accese una sigaretta, ma le mani gli tremavano tanto che si bruci con la
fiammella. Bestemmi. Ne ebbe un sollievo immediato, i battiti si calmavano,
bestemmi ancora, a voce alta.
Sent un rumore vicino a s: Angela laveva seguito, silenziosa. E ora si lasciava
scivolare accanto allo scoglio che dava il nome alla casa.
Certo stava piangendo, avrebbe dovuto chiederle perdono; perch? La loro verit
non poteva essere la stessa: inutile tentare, illudersi, chiudere gli occhi. Ne aveva
bisogno, s, lo sapeva, anche ora, ma saperlo non toglieva niente allinganno in cui
vivevano; tutti, e anche lei, con la sua innocenza incorruttibile perch senza fosforo
n zolfo. Si vergogn di s. La rivide, nei momenti della loro vita comune; non aveva
sbagliato n una parola n un gesto, aveva affrontato senza drammi i passaggi dove
mille altre donne si sarebbero perdute, la vide a Brera, a scuola e per le strade,
lintelligenza di Angela non era la sua, non saliva su trapezi di ambigui pensieri, ma
costruiva, con intuizione immediata, la rete dei giorni, come i nessi delle cose. Non
aveva zolfo, ma era questa la sua grazia, che induceva la gente a sorriderle e a starle
accanto volentieri, senza sapere perch.
Beato chi ti ha messo cos, le aveva detto un barbone, un vecchio, che
mendicava accanto alla loro casa un giorno che passavano tenendosi per mano.
Aveva ragione e beato il figlio che avesse avuto la culla di quel ventre dal respiro
profondo e sicuro come quello del mare.
Si avvicin: quel figlio cera, era il suo, e lo aveva scordato.
Sollev Angela, la strinse contro di s, le parl piano, tra i capelli, la fece sedere
ancora, le fu accanto, Angela taceva, la mano di Vladi passava come una promessa
sul suo ventre.
Sai, avevo la paga di un soldato e i vizi di un generale, quando ti ho incontrato,
nel buio la voce di Vladi era di chi sorride.
Gli rispose una risatella.
Avevo tutto, cose, denari, ma non mi serviva. Ricevevo sempre meno di quanto
confusamente desideravo. Troppo viziato. Non era mai quello che avrei voluto, ma
non sapevo nemmeno io cosa. Cos aspettavo e pi che una cinquina miseranda non
mi toccava. Ora mi devo abituare ad avere, a succhiare, a sapere che c per me
sempre una tettarella dolcissima Devo crederci, capisci? E qualche volta mi sembra
tutto falso. Allora
Lo interruppe:
Allora niente. Senti il silenzio. E stammi vicino.
Rientrarono in casa poco dopo, il nonno ascoltava musica, o fingeva, accanto alla
figlia. Alzarono entrambi gli occhi sui due giovani che si inquadravano sulla porta: il
vecchio disse:
Vi abbiamo aspettato per lultimo brindisi.
Mentre alzavano i bicchieri, il vecchio guard, fermo, il giovane uomo che aveva
di fronte:
Ti auguro una cosa: di capire quello che hai. E a Angela:
Io lho capito, per questo forse sono vecchio. Grazie, bambina, e buon anno.

5
Erano in citt. Il viaggio era stato un astioso anticipo di ci che li aspettava a
Milano. Lautostrada era sbarrata in pi punti da automobili rovesciate e accatastate,
a Genova i portuali erano scesi in sciopero rifiutandosi di lavorare per le navi
sudamericane: Cile e Argentina vivevano lennesimo sussulto della loro agonia,
polizia e sindacati non erano stati in grado di riportare lordine sulle banchine e le
strade liguri.
Avevano parlato a lungo, durante il viaggio: Vladi temeva il ritorno in fabbrica:
Scontiamo da troppi anni gli effetti della crisi. Ora siamo arrivati a una
strozzatura senza uscita.
Da quando ragiono, ne sento parlare: il nonno mi ha cantato il de profundis alla
democrazia, che ero ancora una ragazzina. Ma se tutti lo sapevano, che la crisi era
inevitabile, perch non si trovato un rimedio?
una domanda ovvia, ma la risposta non lo per niente. Ci sono troppe forze in
movimento, da una parte un dinamismo di mercato che impone le sue leggi
meccaniche, capisci? inarrestabili e dallaltra c lo squilibrio di un corpo non
preparato a riceverle.
Ma la gente ha goduto un benessere che non aveva mai avuto prima, n da noi, n
in altri paesi pi poveri del nostro: e allora perch? Non mi pare che basti la crisi
dellenergia a spiegare questo sfasciarsi di tutto
Certo, che non basta: ma quando siamo entrati, allegri come clowns, nel circo del
consumismo, dovevamo saperlo che la festa sarebbe durata poco: appena il tempo
sufficiente per farcela assaporare. Abbiamo prodotto, prodotto, con una fretta
artificiale, e cos alla fine le strutture non reggono e sta crollando tutto. I governi
mettono puntelli, tappano una falla, ma non riescono a tenere il passo con il tempo
della decadenza
Il tempo della decadenza Che tristezza una definizione cos, per il tempo che
stiamo vivendo!
triste, gi, ma vera. Dura da tanto ormai, e chiss per quanti altri anni ancora:
la decadenza ha sempre tempi lunghi. Ci si mette, a morire, quasi quanto a crescere; a
volte di pi; ricordati la storia. In pi, noi, i plasmoniani, siamo maledettamente
viziati: rifiutiamo i sacrifici che erano la norma di altre generazioni: viziati e
rammolliti. Il corpaccio flaccido che hanno oggi certi capitani dindustria scattanti
allepoca del boom, un po limmagine del nostro paese: sovrastrutture che non
tengono, su una struttura marcita.
Parli, scusami, come i miei compagni di Brera, ma quando chiacchiero con il
nonno, mi pi facile capire.
Gi, perch il vecchio va avanti secondo schemi che non spiegano pi niente: il
socialismo di tuo nonno morto, da anni, ma la gente come lui non vuol crederci e fa
la veglia al moribondo anzich al cadavere, come noi. Quello che i tuoi compagni
vogliono, che anchio vorrei, se fossi libero, far piazza pulita di tutto questo
pattume, cose morte, resti corrotti E anche il bipartitismo di stato da buttare,
compromesso come il resto: una tappa forse, ma il modo di vivere, di distribuire i
beni del mondo deve essere un altro.
Angela ascoltava, confrontando le parole di Vladi con le esperienze che aveva
avuto negli ultimi mesi quasi senza rendersene conto: aveva partecipato a Brera a
qualche assemblea, guardato cartelloni e cortei, ma quello che avveniva dentro di lei
era sempre pi importante di quanto accadeva fuori. Ora, accostava le parole di Vladi
alle altre che aveva udito dal fondo, la voce del nonno emergeva a sovrapporvi le
sue elegie ma forse aveva ragione Vladi, il nonno era troppo vecchio, la sua ironia
era solo patetica stanchezza di arterie, la fredda analisi scientifica permetteva senza
dubbio di capire meglio le cose.
Portami qualcuno dei tuoi libri, chiese a Vladi quando si rividero dopo alcuni
giorni. Voglio rendermi conto. La tua analisi, suppongo, non usa metodi logici
diversi dalla filosofia che conosco: , come sempre, questione di linguaggio. E i
linguaggi si studiano.
Vladi la guard senza simpatia: eccola, ora avrebbe diligentemente letto le pagine
di Marx e di Lenin, e degli ultimi santoni, avrebbe preso appunti, ridotto a schemi di
terrificante chiarezza interi volumi, e tutto sarebbe stato ancora facile, e chiaro, per
lei.
Non cos semplice, mia cara, aveva la voce tagliente, sotto gli occhi due segni
lividi denunciavano una stanchezza prolungata, s, ti porto i libri, ma mi sto
chiedendo a cosa ti servano.
Angela gli stava slacciando le scarpe, gli aveva accostato la poltrona pi comoda
del loro soggiorno, si trov il bicchiere di whisky in mano, le pantofole ai piedi, si
rilass:
La mia aspirante guerrigliera! Le seduzioni della comodit borghese me le fa
apprezzare proprio tutte! lattir a s, la vita le si era ancora ingrossata, lo avvolse il
suo profumo di confetto e di fiori.
Ne avevo bisogno. Sono stati quattro giorni tremendi. Angela taceva, aspettando
che altre parole arrivassero a liberarlo: quando si incontravano, era sempre lui a
rovesciarle addosso per primo le cose, i giorni, gli avvenimenti che li avevano divisi.
E solo dopo che lo aveva ascoltato, e si era impadronita delle esperienze che lui
aveva vissuto lontano da lei, Angela gli parlava di s: con una misura
controllatissima, attenta a non andar oltre i limiti che si era imposta.
Vladi aveva trovato subito maretta in fabbrica, alla ripresa del lavoro.
Si son mangiati il cappone, i bastardi, hanno brindato, e visto che questanno non
hanno potuto fracassarmi la macchina come lanno scorso, perch la polizia ha fatto
un carosello continuato tutta la notte
Ma non lavevano mica fatto apposta, lo interruppe
Angela, non mi avevi raccontato che te lavevano ammaccata le cose vecchie
scaraventate dalla finestra?
Grazie tante, apposta no, ma sempre degli stessi crani si tratta. inutile, non c
niente da fare, la colpa anche nostra: questi qui non ce la fanno, non si adeguano,
buttano lelettrodomestico usato, ma ne vogliono un altro nuovo; a rate, ma lo
vogliono. E vogliono la tiv a colori, se no lonore compromesso. Dei problemi di
gestione se ne fottono. Bevve, rabbioso, dun fiato. Angela si assest in attesa. Sai
che cosa mi son venuti a dire, dopo due giorni di macinamenti a vuoto, ho parlato pi
di quanto blatera un professore in un anno, ma io, Cristo, mica posso bocciarli, eh no!
non si pu, non si deve, nemmeno se hanno voglia di tutto meno che di lavorare. Dio,
che disastro! Una Babele cos pi di quanto la Bibbia poteva profetare. Cosa, ti
son venuti a dire?
Che della responsabilit che gli ho dato non sanno cosa farsene, del mestiere lo
stesso, recit, citando, allo stress delliterazione preferiamo lo stress
dellalienazione! Di fronte allespressione sgomenta di Angela, continu: Li avevo
convocati otto mesi fa e ti risparmio quello che ho passato per convincere mio
suocero a consentire allesperimento, che lui giudicava pazzia, castrazione, resa a
discrezione e dal suo punto di vista non aveva torto, ma avevo ragione io, in una
prospettiva pi lunga, per non essere tagliati fuori, oltretutto. Lavevo persuaso a
poco a poco, da quando il PCI partecipa al governo: meglio cogestire che lasciar
gestire gli altri da soli, in realt, ti giuro, era la sola maniera per me di inserirmi in
fabbrica, senza farmi schifo.
La mia tesi su Feuerbach, il 68, gli anni di Nanterre io cero, sai, te lho detto,
ma se ti ho parlato solo degli impressionisti stato perch perch il resto,
lesaltazione di quei giorni mi sconvolge ancora. Forse come un rimorso. E preferisco
non parlarne. Milano, mia madre, Lavinia, il cabotaggio quotidiano, riunioni,
girandole di parole, impotenza, il mio matrimonio nato anche da questo; partecipare
al capitale con tutto quello che avevo mi sembrato la sola via di uscita per salvare la
faccia davanti ai parenti di lei. Sono di unaltra razza, io, sono figlio di mio padre, e
lo sento ogni volta che entro in casa loro. Poi, per sentirmi pulito anche tra gli altri
vedi, sono un vigliacco, non mi riesce pi di chiamarli compagni ho tentato la
prova della gestione collettiva. stato bello; duro, ma bello. Ora so che lo era solo
per me: li vedevo impegnati, mi pareva che si respirasse bene da noi; quando andavo
al fabbricone, dal padre di Lavinia, la differenza di atmosfera che avvertivo fin
dallentrata, quando il portiere in divisa si precipitava ad aprirmi la porta, mi diceva
che avevo ragione. Ero contento. E invece niente. Sono un coglione. Non ho capito
niente.
Cercava da bere, Angela gli riemp il bicchiere, si sedette di fronte a lui.
Stamattina, gli operai che son venuti da me non erano quelli con i quali ho
lavorato gomito a gomito in questi mesi: erano altri, extraparlamentari in gran parte,
ma parlavano a nome di tutti. Gente seria, preparata, bravi ragazzi. Erano
imbarazzati, son sicuro che gli facevo pena: glielho letto negli occhi, e ti assicuro
che non stato divertente. In breve, mi hanno spiegato che gli operai rifiutano la mie
<isole>, non vogliono nuclei autonomi, non gliene frega niente di partecipare alla
produzione, della riqualificazione professionale e di tutto il resto.
Vedi, mi hanno detto, quando sono alla catena di montaggio pensano alle
vacanze, alla tenda e al canotto, oppure alla Juve o allInter; la responsabilit li stanca
di pi, tornano a casa e non hanno nemmeno pi voglia di sedersi davanti al video:
sono sfiniti. Avvitare duemila volte lo stesso bullone mette il cervello in libert;
quando sei stufo, vai in malattia. Nei gruppi autonomi, non si pu: gli altri ti
controllano, il risultato dipende dal lavoro comune, se uno fa il lavativo, saltano i
minimi, non c premio di produzione. Ma se ci stiamo, mi ha detto Mario, facciamo
ancora il tuo gioco, il gioco del padrone.
Me lha detto con un sorriso stentato, ma me lha detto. E io? Come la metto,
adesso? Butto la spugna? Chiudo? Non posso, ci sarebbe loccupazione, e gi me
lhanno minacciata. Ho chiamato i sindacalisti, avevano la coda tra le gambe: non c
niente da fare: indietro non si torna, la situazione quella che , inutile fare del
moralismo, predicare il valore del lavoro qualificato; non importa pi niente a
nessuno. Ai vecchi, forse, ma non si pu reggere una fabbrica solo sui cinquantenni!
Gli altri sono figli di questo tempo marcio: dei racconti dei padri, miseria, baracche,
terra grama, del Sud o delle Langhe, tengono lo stesso conto delle favole di Pollicino
o di Pinocchio. E allora? Allora, mi han detto, bisogna prenderne atto e partire di qui.
Per andare dove? Nellisola di utopia, visto che tutte le esperienze hanno fallito, a
Ovest come a Est? La risposta verr dalle cose, mi hanno ribattuto: noi partiamo di
qui, dalla realt che c qui dentro e anche altrove: programmare, marce indietro o
marce avanti non importa, importa che non si deve pi usare lo stesso metro, il
razionalismo di produzione capitalistica non lo accettiamo pi.
Si ferm, aveva la fronte lucida di sudore.
Forse non hanno torto, disse Angela, piano, come parlando tra s, se la nostra
economia quella che , come puoi pensare a una riqualificazione di mestieri di tipo
artigianale? Sar possibile in un contesto contadino, ma non qui. anche una
questione di cultura, di linguaggi
E mettitici anche tu! la interruppe rabbioso Vladi. Come se non lo sapessi! Mi
han fatto vedere i tests che gli assistenti sociali hanno finito di ordinare in questi
giorni. Statistiche alla mano, i coefficienti pi bassi provengono da retroterra culturali
o emarginati o arretrati. Logico concludere come loro hanno concluso: <la risposta
verr da sola, quando questi squilibri di partenza non ci saranno pi>.
Lesperienza cinese
Ma chi ci crede pi! Quelli hanno alle spalle secoli e spazi cos diversi dai nostri
che imitarli sarebbe come travasare loceano in un catino. E poi, tu non dirmi queste
cose, stupidona, non sai niente e gi trinci giudizi: nessun economista serio guarda
pi alla Cina, per risolvere la crisi del capitalismo occidentale, lo sai?
Non la lasci rispondere, lattir a s:
No, non lo sai, non sai niente, tu devi sapere solo che sei la madre di mio figlio, e
che mi aspetterai qui, buona buona, tutti i giorni, e non te ne andrai blaterando in
giro, se no ti lego al letto con una corda come una gallina allingrasso.
Angela rideva, sollevata a vederlo meno cupo, ma tent ancora di protestare.
Parlo sul serio, Angela, ci saranno guai, nei prossimi giorni: la cassa integrazione
un Eldorado che brilla a intermittenze sempre pi deboli, i sindacati tengono, ma
fino a che punto non so. Certo, tra quelli che son venuti da me, i comunisti erano in
numero inferiore a quelli di Lotta continua, e i pi accesi, sulla storia dei tests e
dellemarginazione sociale, erano cattolici praticanti.
Angela non rispose, pensava che le sarebbe piaciuto incontrarli, parlare con loro,
lavrebbero aiutata a capire. Per s e anche per Vladi. Ma soprattutto per chi non
aveva chiesto di venire in un mondo dove la vita costava ogni giorno un prezzo pi
caro.
Dopo una pausa lunga Vladi aveva gli occhi chiusi, la testa abbandonata sullo
schienale della poltrona a bassa voce disse:
Eppure vorrei tanto capire, per nostro figlio. Non mi piacerebbe dovermi sentire
colpevole con lui, di avergli dato una vita inaccettabile.
La faccia di Vladi sindur, la sua risposta arriv, rapida, prima forse che lavesse
pensata:
Se per questo, meglio un assassinio che un concepimento: lassassino anticipa
soltanto la morte, ma chi concepisce compie un delitto peggiore, perch aggiunge al
mucchio un altro destinato a morire.
Si accorse tardi dellerrore che aveva commesso: Angela era impallidita.
Quelle parole non lasciarono in pace Angela per molti giorni. Vladi si prodig per
cancellarle in lei con altrettanti contrari sofismi, ma dentro, quel giudizio le si era
inciso come un marchio di colpa.
Entrava nel sesto mese, la sua pelle era splendente, ma gli occhi avevano perduto
la luce limpida di un tempo: il peso che portava nel ventre le gravava sempre pi
spesso sul cuore. Le notti di Angela, in citt, erano dominate dalla paura. Per resistere
allangoscia, Angela si attaccava ai piccoli compiti che laspettavano il giorno dopo:
unesercitazione a scuola, lacquisto di un oggetto per la casa, un piatto da cucinare
per Vladi. Oltre il limite del giorno, una caligine informe e invarcabile le impediva di
tendere gli occhi lontano.

6
Furono forse questi pensieri ad avvicinare Angela a quei compagni di Brera che
aveva visto pi attivi allinterno della scuola. Leggeva con attenzione ogni mattino i
comunicati che costellavano i muri del cortile e sistematicamente, secondo il suo
modo che Vladi considerava barbaro o di una ingenuit testarda perch non ti
accontenti di quel che ti dico io? prese labitudine di assistere silenziosa alle
riunioni che si susseguivano di continuo.
Pass cos un periodo che pi tardi ricord come quello della polivalenza:
lesperienza che Vladi aveva tentato inutilmente nella sua fabbrica era un argomento
dibattuto da tutti i gruppuscoli, per sostenerlo in modo nuovo o per negarlo di fronte
alle prese di posizione ufficiali. Si parlava della necessit di un rapporto reale con la
classe operaia, si analizzavano esperienze tentate in modo estemporaneo, iniziative
singole fuori di ogni serio piano di intervento, ci si incastrava nelle discussioni
teoriche, ore di analisi tenute da capi agguerriti, studenti di filosofia e di sociologia
che partecipavano in funzione di guida; quando la riunione, si scioglieva con
lindicazione e limpegno per la successiva, pareva ad Angela che tutte le parole che
aveva udite ed erano turbinate intorno a lei salendo con le volute del fumo delle
sigarette, si coagulassero insieme, in un grigio pallone simile a quelli che si regalano
ai bambini perch facciano la pubblicit a un prodotto. Vedeva il pallone gonfio di
parole che si staccava dal tetto di Brera e si alzava pigro e inutile sulla citt che
continuava a dissanguarsi sulle impalcature, accanto ai forni, ai torni e alle presse: e
non bastava limpegno di chi lo aveva alzato nel cielo della citt per regalargli un po
della grazia che i bambini davano allinganno cui partecipavano felici e ignari. Perch
quei ragazzi, quei giovani uomini barbuti e dinoccolati che agitavano lunghe mani
pallide per mimare la forza delle loro ipotesi concettuali, le sembravano bambini per
la pura passione con cui ragionavano della vita operaia sentendo come colpevole
privilegio la loro condizione studentesca. Ma dei bambini non avevano pi la
fantasia: simili ai piccoli degli asili che costruiscono cubi e parallelepipedi con i pezzi
colorati che la maestra gli consegna, ma il gioco in loro che vestono i consunti
dadetti delle trasparenze celesti dei loro sogni, i giovani marxisti ed ex marxisti di
Brera avevano perduto quella trasparenza: con i pezzi calibrati della dottrina
eseguivano incastri perfetti, ma ignoravano lo scatto necessario a uscire dai binari
obbligati della teoria. Angela riportava ogni volta da quelle riunioni un senso di
debolezza quasi fisica: aveva costretto la sua voglia di parlare, di intervenire, e alla
fine, quando tentava di ricapitolare dentro di s quello che aveva udito, qualcosa le
sfuggiva sempre. E pure sentiva che la verit andava cercata, che avrebbe potuto
anche lei unirsi a loro, e forse sarebbe bastato sollevarsi appena sopra le teorie e fuori
delle pareti scolastiche, per respirare meglio e intuire il futuro, nella direzione che
guida le cose e le creature al compimento della propria funzione, e a una possibile
felicit.
Ma non cera niente di questo, in quelle riunioni: cera la rabbia della vita, la
volont di negarne ogni mistero e di piegarla ai fini degli uomini, con il solo
strumento della ragione, ma la chiave era insufficiente, e langustia del respiro e la
fatica mortificavano lintelligenza ed esasperavano la rabbia.
Era una giornata di febbraio, la prima di sole dopo una settimana di nebbia e tutto
un inverno umido e vischioso. Angela camminava godendo il tepore sotto i portici
della scuola e parlava con Marta, la compagna con cui da qualche tempo concludeva
allaperto gli incontri collettivi. Quando le disse che forse bisognava staccarsi un
poco, volare al di sopra delle vecchie cose, teorie e scuola, pens, con una fitta acuta
di desiderio, ai gabbiani del suo mare. Non lo disse a Marta, certe cose non si
possono dire, ma ebbe la fugace intuizione di quello che mancava allimpegno dei
compagni: il mondo di cui discutevano non era tutto il mondo, la loro passione
ideologica pativa la stessa mancanza: tutto era per loro razionale e razionabile; non
cera la magia della vita.
Ma Angela non seppe dirlo: la riservatezza di quando era bambina, i suoi silenzi
dadolescente, il vivere pi in s che fuori di s accanto alle cose e le persone che
amava, si erano rafforzati e trasformati in citt: non erano pi la sua forma naturale di
essere, ma una patita e talvolta umiliata difesa.
Quando, nella casa del lupo, qualche dolore le impediva di partecipare ai gesti e ai
discorsi quotidiani, si allontanava sulla spiaggia e nascosta in qualche angolo tra gli
scogli, ritrovava a poco a poco la quiete, cercando in s le ragioni sufficienti a
esorcizzare la causa del suo male. La madre e il nonno sapevano che bisognava
lasciarla fare; pi tardi, quando la fase pi acuta era stata superata, era Angela stessa
a raccontare, pianamente, che cosa laveva fatta soffrire. Anche le compagne,
soprattutto del liceo, avevano imparato a interpretarne i silenzi e i sorrisi; e a
perdonarglieli perch erano sempre liberi di malizia o di superbia. A zia Rachele
soltanto, Angela aveva rivelato la ragione di uno dei suoi silenzi pi ostinati durante
lultimo trimestre prima della maturit. Angela si era rifiutata di firmare, senza
motivarne le ragioni, la petizione che gli scolari avevano rivolto al preside per la
riammissione di un loro compagno coinvolto secondo loro ingiustamente, in un
traffico di droga allinterno della scuola: pareva, ma i compagni sostenevano che era
tutta una montatura di nemici del padre, che il giovane avesse smerciato hashish ai
ragazzini delle scuole medie. Avevano firmato tutti, Angela no. Il giovane era stato
ammesso agli esami, cera stata una festa allaperto, con cena e ballo. Angela non era
intervenuta. Lanno successivo, quando il ragazzo fu trovato svenuto sul lungomare
di Cannes, e ricoverato per intossicamento, Rachele ripens allo strano atteggiamento
di Angela: gliene chiese e Angela le raccont che poche sere prima che scoppiasse lo
scandalo a scuola, non poteva dormire ed era andata a bere, in cucina. Attraverso le
imposte, aveva visto un muoversi dombre sulla spiaggia: cera un canotto di gomma
sulla riva e tre uomini.
Avevano confabulato fra loro, le teste accostate, uno si era infine allontanato col
canotto; nellattimo in cui aveva virato, la luna lo aveva illuminato in pieno, e lei
aveva riconosciuto il suo compagno.
Angela conosceva la misericordia, ma non sapeva vestirla di parole bugiarde: il
silenzio le era sembrato il solo mezzo che aveva per non giudicare.
Avrebbe voluto per s uneguale discrezione dagli altri: non capiva perch tra
ragazzi fosse cos frequente il gioco crudele di rinfacciarsi difetti e peccati: la
volgarit di quegli scambi di parole fiorite di riso ma trasudanti veleni le era
insopportabile. Ma perch non rispondi? cos facile difendersi attaccando! le
dicevano spesso le ragazze, ma Angela non sentiva sua questarte; cos si era offesa
quando Vladi laveva rimproverata di usare con lui la femminile arma del ricatto
sentimentale.
Non uso il tuo linguaggio, lo so, ma nemmeno uso ricatti. Trovo abominevole
anche la parola. Se attacco, attacco, e se ho bisogno di difendermi di fronte a quelli
che dicono di amarmi, preferisco tacere.
A Milano, la sua identit si era ancora pi avvolta nel bozzolo protettivo del
silenzio: per pudore, e anche per difesa: spesso non le riusciva di capire che cosa ci
fosse sotto le parole ironiche, i giochi dei sottintesi, le allusioni complici che si
intrecciavano intorno a lei; sentiva la pelle percorsa da un brivido di repulsione o di
insofferenza se solo immaginava di essere oggetto di chiacchiere o di
commiserazione; non sopportava il disprezzo, lingiustizia la feriva. Lisolamento le
offriva il solo possibile rifugio allincomprensione. Il linguaggio che gli altri usavano
non era il suo; non lo riceveva come certo bisognava, pensava spesso, quei suoni non
avevano lo stesso significato per lei e per gli altri, e cos per loro era oscuro e oggetto
di derisione il suo modo di comunicare. I primi mesi le erano sembrati un esilio tra
stranieri. Ora, dopo aver diviso azioni e tempo con gli altri, avvertiva sguardi mutati
intorno a s, e nei segnali che i suoi occhi e la sua pelle ricevevano prima ancora che
la sua intelligenza, non coglieva se non raramente motivi di sofferenza. Le distanze
erano diminuite, o forse erano gli altri a desiderare di avvicinarsi alla sua isola che
meravigliava ancora, ma non suscitava pi ironie: la rispettavano, increduli i pi
cinici, i pi schietti con simpatia.
Il vecchio maestro che laveva per primo guidata e la considerava tra le sue allieve
pi pronte dintuizione e pi fedeli nelle opere, le disse, nei giorni del turn-over:
Ti ho visto alla riunione di Lotta continua o di come diavolo si chiama. Sta
attenta, Angela, non cambiare. Fece una pausa. Anche se dubito che ti si possa
cambiare. Sei come lacqua corrente, tu: oh, avrai i tuoi peccati e le tue colpe, anche
tu, certo, ma la tua acqua li lava, e non te ne resta dentro nessuna traccia.
Queste parole erano state udite anche da altri, intorno alla cattedra landirivieni era
continuo, qualcuno dovette ripeterle, il vecchio era stimato, quando Angela raggiunse
i compagni alla riunione, colse qualche occhiata curiosa, ma le voci che si levarono a
salutarla erano numerose e amiche.
Ti ho tenuto il posto, le disse Marta e Angela si sedette tra lei e un giovane alto
che aveva parlato la volta precedente di una sua esperienza di operaio alla catena di
montaggio nellultima fabbrica Fiat installata in Portogallo e di un tentativo, cui
aveva partecipato, di gestione collettiva in unazienda agricola messicana.
Ciao, matriona, la salut e non cera nessuna ironia nella sua voce, n nei suoi
occhi castani e allungati verso lalto, come quelli di un mongolo.
Matriona, perch?
Perch porti odore di isba, con te; e quando farai tuo figlio, sar come estrarlo da
una matryoska, sai le bambole russe a ripetizione: con il tuo fazzoletto e i tuoi vestiti
larghi mi ricordi lisba e i racconti di mia nonna. Era russa e raccontava favole
fantastiche.
Angela si sentiva a suo agio, si sistem comodamente e decise che avrebbe parlato,
se ne avesse avuto voglia. Godeva di un momento di benessere, lo assaporava
fiduciosa, ma un pensiero improvviso la turb: come avrebbe detto a Vladi che anche
quel giorno aveva disertato la loro casa per i portici di Brera?

7
La gravidanza procedeva bene, fece la seconda visita medica, ma non cera nessun
motivo di timore: tutto era normale, le disse il ginecologo, non aveva altro bisogno
che di nutrirsi, di camminare, di continuare a fare quello che aveva fatto sino allora. Il
bambino le teneva ora una piccola, discreta compagnia: qualche colpetto leggero,
bussato con lievissime nocche contro il ventre, e qualche saltino allegro nei momenti
pi inaspettati. Allora Angela sorrideva, e se era tra la gente, con qualche imbarazzo;
aveva osservato, quando le capriole del piccolo avvenivano di sera, a letto, che la
superficie tesa del suo ventre si alzava e si abbassava, come il mare se unonda di
riflusso lo percorre al passaggio di una nave. Se avveniva quando era a scuola, si
dava una rapida occhiata, temendo che chi le era vicino potesse accorgersene;
pensava che suo figlio fosse attento a quanto accadeva a sua madre, perch si agitava
quando qualcosa lagitava: una lezione di storia dellarte che lassorbiva tutta era di
solito iniziata e conclusa nella sua totale indifferenza, ma se tra i ragazzi cera
allegria, e risate, o collera e risse, anche lui a suo modo partecipava. E se qualcosa
arrivava a farle male, un gesto o una parola, quel toc toc leggero era una presenza
consolatrice.
Vladi aveva ripreso le redini dellazienda, con rabbia e umiliazione: la sua
frustrazione nasceva dalla necessit di controllare lostilit che lo avrebbe
contrapposto come un nemico ai compagni di prima.
Aveva avuto un incontro burrascoso con la presidenza delle fabbriche associate che
facevano capo al padre di Lavinia: la sua sconfitta era stata verificata sul piano
finanziario e su quello organizzativo: non gli era stato imputato tanto il primo aspetto
quanto il secondo, ma proprio in questa indulgenza, che giudicava dovuta al suo
legame di parentela, Vladi aveva preso atto della sua dipendenza senza uscita da un
modo di vita che gli ripugnava, tra le pareti di casa come nellambiente di lavoro.
Ora, quando arrivava alla sua poltrona nella casetta di Brera, la stanchezza e
linfelicit erano cos ingombranti da impedirgli la liberazione dello sfogo. Angela si
metteva accanto a lui, un lavoro di cucito o di maglia tra le mani, e aspettava
silenziosa che i grovigli si sciogliessero nel calore quieto dellamore da cui non
poteva, pensava, non sentirsi avvolto. Ma sciogliersi era ogni giorno pi doloroso per
lui: ai nodi antichi si intrecciavano quelli delle difficolt quotidiane, rapporti con le
banche, contestazioni aziendali, braccio di ferro coi sindacati.
Scusami, le disse, alla fine di una serata in cui tra loro non cera stata che
qualche carezza distratta da parte di lui, supplichevole da parte di Angela, sono
ingovernabile anchio, come la mia fabbrica.
Allo scatto di lei, che gli schiudeva le braccia, Vladi la scost, le mascelle
contratte, gli occhi inquieti e sfuggenti:
Ti prego, cerca di capirmi ancora una volta: non ce la faccio, non ci riesco, e non
so come uscirne. Perch non te ne vai, qualche tempo, a casa tua? Intanto tra scioperi
e carnevali, a scuola fate poco, torni a casa, ti riposi, ti prepari in pace le cose per il
bambino, e io almeno se non ti vedo, non aggiungo unaltra ragione di rimorso alla
mia cercava la parola, Angela lo aiut: infelicit.
Vladi la sollev, la faccia accanto alla sua: Non colpa tua, lo so, solo mia, tu
sei un angelo, e io vorrei scomparire, non esserci pi, piuttosto di mostrarmi a te
come sono. Sconfitto, incapace Dio, che fallimento totale! E ti ci ho coinvolto
Dovevo saperlo che il paradiso non mi spetta: ci sono entrato come un ladro, e anche
questo si paga.
Mi spiace che lo debba pagare anche tu. Di questo non mi pentir mai abbastanza.
Angela protestava, ma sentiva la sua voce compitare parole che non le
appartenevano, staccate da s, usate per analogia: rispondeva per affetto quello che
lintuizione le suggeriva utile ad alleggerirgli il peso dellinfelicit, ma il suo stomaco
si contraeva, il cuore accelerava i suoi battiti in desiderio di fuga. Possibile non
capisse che la soluzione era l, davanti a entrambi, dispiegata?
Lo abbracci stretto, respir a fondo nessuna immersione le aveva mai richiesto
pi fiato e pi coraggio poi si allontan senza sciogliere il nodo delle sue braccia
intorno al collo di Vladi, lo guard diritta e a voce bassa disse:
Io non potrei resistere a un logorio cos: meglio la guerra dassalto che la trincea.
Rischierei. E poi, che cosa? Se fossi in te, non avrei dubbi.
Vladi le stacc le mani dal collo, la faccia tesa nello sforzo di controllarsi:
sempre tutto facile per te. Se fossi in me il guaio che non ci sei e che non
hai fantasia sufficiente a immaginarlo Angela sent che il pianto veniva a
gonfiarle occhi e cuore: la sua debolezza femminile le sembr unalleata
dellingiustizia che stava subendo, schiar la voce, e solo le prime sillabe vibrarono
tremule, poi il tono si alz e fu con fermezza che gli rispose:
vero, non mi riesce di immaginare tutto quello che perderesti vivendo con me, o
se anche lo immagino, la mia povert di fantasia lo giudica irrilevante.
Vorrei che tu vivessi soltanto pochi giorni come li vivo io; allora capiresti. La
voce di Vladi era acuta, era il momento tra la rabbia e il lamento, che Angela aveva
imparato a riconoscere, e a temere.
Per favore, Vladimiro, non pi, non pi. Non non dignitoso: tu fai la tua
parte e io la mia, sarebbe davvero facile dirti di mettere te nei miei panni e continuare
cos a ributtarci la palla come bambini malcresciuti. No, io ti dico unaltra cosa:
prova a scegliere, netto, tutto in una volta, famiglia e lavoro, e a rinunciare, se credi
in quello che scegli. Io farei cos.
Si ferm, voleva aggiungere che avrebbe scelto non solo per amore di s, ma di lei,
ma la blocc il pensiero di Lavinia.
Vladi taceva, chiuso in un mutismo che non lasciava spazio allamicizia, ma
Angela riprov: si era arresa troppe volte, doveva almeno tentare.
C una sola ragione per cui io posso capire le tue esitazioni: il dolore di
Lavinia e, scusami, anche il pensiero che forse tu stesso non sai con chiarezza se
davvero il tuo matrimonio sia finito. Questo, devi decidere. Il resto dettaglio.
Vladi le venne vicino, la faccia sconvolta, era brutto, nessuna grazia era pensabile
potesse mai rifiorire tra quei lineamenti scomposti:
Ci sei arrivata, finalmente! E potevi dirlo subito che la gelosia, la pi cretina, la
pi femminile delle gelosie che ti fa parlare
Lo interruppe Angela quasi gridando: Taci, per carit, non capisci niente, non
vuoi capire, hai rovinato tutto!
Fu penoso salutarsi, quella sera, le parole appena pronunciate riempivano il
silenzio, ciascuno le ripensava chiuso nel proprio rancore.
Fu Angela che si mosse per prima, sentiva di essere pi forte, anche nel dolore:
guardarlo cos, contorto e infelice, le dava pena: dei due, era lui ad avere pi bisogno
di aiuto. Ma Vladi parve capire i pensieri di Angela e si alz brusco:
Non aggiungere la pena al disprezzo; per stasera sono gi servito abbastanza.
Angela abbass la testa: non aveva pi forza per replicare: basta, basta anche per
s: si arrendeva, era stanca.
Infilati il cappotto, ti accompagno a San Carpoforo. Non chiese nemmeno
perch, quella sera avrebbe dovuto essere tutta per loro, Vladi le aveva raccontato la
laboriosa bugia che aveva escogitato per non rientrare e lei aveva avvisato a sua volta
la padrona di casa.
No, io non vengo: la signora si spaventerebbe, sono le due. Dormo qui.
Vladi ebbe unesitazione negli occhi, ostinazione e orgoglio lottarono in lui con la
sensazione sgradevole della colpa, ma ormai, sul piano inclinato della sua dignit
maschile, non fu capace di fermarsi, baci sulla fronte Angela e se ne and.
Angela rimase immobile, per qualche secondo, dovera, appoggiata alla porta: non
poteva crederci, sarebbe tornato, non era delluomo che aveva amato un capriccio
cos egoista e cattivo, non poteva pretendere che per vivere in pace lei tacesse sempre
la sua verit. Sent il portoncino del vestibolo aprirsi e richiudersi: Vladi non ci aveva
ripensato. Entr nel bagno, ebbe un senso di nausea a darle la conferma fisica che
quello che stava vivendo era brutto, e invivibile, per carit, non giochiamo a
compatirci, bevve a lunghi sorsi un bicchiere dacqua, domani non era un giorno cui
guardare con fiducia, no, affatto, niente poteva illuderla che lo fosse, oh certo,
Vladimiro avrebbe telefonato, forse prestissimo, strappandola al sonno, le avrebbe
chiesto perdono, e lavrebbe tormentata finch lei non gli avesse giurato che andava
tutto bene e che aveva dimenticato tutto.
Si pass il cotone imbevuto di latte detergente sul viso, sorprendendosi della
docilit delle sue mani a ripetere i gesti soliti: la pelle era grigia, gli occhi spenti,
sono brutta, pens senza disappunto, non mi importa pi di niente, si stup, e
pass in rassegna quello che laspettava lindomani.
Cerano ore di lezione, la spesa da fare, il bagno aveva bisogno di una pulita a
fondo, accumulava incombenze e azioni per distrarsi dal pensiero che non era
nemmeno un pensiero, ma una diffusa sensazione di ossa indebolite, di muscoli
ammaccati, di respiro corto.
Sono a met, pens, mentre si tirava la coperta sulla bocca, come quando era
bambina e il caldo era la prima difesa dalla malinconia.
Angela dimezzata, riusc ancora a pensare confusamente mentre sprofondava nel
sonno, dovrei raccontarlo a zia Rachele, ma non posso, le scriver
Il mattino sorse grigio di nebbia su Milano, il telefono non squill, Angela apr gli
occhi al suono della sveglia.
Stette un attimo immobile, guard incredula il telefono, allung una mano a
verificare che funzionasse, la tentazione di non alzarsi, di lasciarsi andare alla piet di
s fu cos violenta da farla torcere, si agit nel letto, il bambino si mosse nel suo
ventre, la mano di Angela lo carezz, gli parl nel silenzio della stanza: Hai ragione,
tu ci sei. Ora mi alzo e andiamo a far colazione.
In strada laspettava Marta: da qualche tempo passava a prenderla e si avviavano
insieme a scuola, dopo essersi fermate nel caff dove i panini farciti erano stati fra le
scoperte golose di Angela in quel tempo che aveva trasformato il suo appetito in
unavidit di cui a volte si vergognava.
Ma quel mattino neppure il profumo del caff e delle brioches scosse Angela
dallapatia: si sforz di nutrirsi, per dovere, e per dovere entr in aula.
Dopo due ore, le lezioni sinterruppero: cera assemblea. Angela disse a Marta che
non ci sarebbe andata, che anzi non ci sarebbe andata pi.
Torni a casa? le chiese lamica, con occhi inquieti: Angela aveva un aspetto
diverso, anche il suo passo era pesante e a stento Marta era riuscita a farsi rispondere
a monosillabi.
Marta era brianzola: Ho portato da casa del formaggio fresco e una forma del mio
famoso pane cotto nel forno a legna. Passo da te a mezzogiorno, se ti senti vieni a
mangiarlo con me.
Angela trascorse le ore che la separavano dallincontro con Marta accanto al
telefono, senza leggere, senza muoversi, senza pensare.
Quando lamica arriv, le and incontro come a una liberazione. Senza parlare la
segu, mi porto a spasso la met che resta, pensava, e non desiderava altro che
sprofondare nella poltrona di Marta, tra pareti amiche e parlare, parlare, un fiume di
parole compresse, violentate, mortificate, ricacciate, un peso enorme di cose non
dette che non riusciva pi a trattenere. Quando ebbero mangiato, aiut Marta a
rigovernare, poi si allung sul divano che serviva allamica da letto:
Puoi ascoltarmi, Marta? Volevo scrivere a una mia vecchia amica, ma se ti senti,
dir a te quello che volevo. Ho bisogno di aiuto. Da sola non ce la faccio pi. A
capire, intendo, oh a vivere ci riesco sempre, ma cos non mi va, non mi riconosco,
mi vedo vivere come vedrei un altro che non sono io
Angela le raccont tutto, di s e di Vladi, sforzandosi di chiarire i particolari
concreti, il ricatto dei sentimenti e del denaro, la madre e la moglie coalizzate a
trattenerlo, la fabbrica, le delusioni che aveva patito dai compagni di lavoro, gli
obblighi finanziari, le opportunit politiche: alla fine la sua faccia si era come
rimpicciolita, nella fatica di dare ordine a tante cose che istintivamente avrebbe
cancellato senza esitazioni.
Vuoi del caff? Marta la interruppe mentre stava ripigliando il discorso. Hai
una faccia! Ora rilassati, e lascia che sia io a domandare Perch, Angela, mi hai
raccontato solo questo?
Come, solo questo?
Non mi hai detto niente di prima, di come sei arrivata a essere la donna di Vladi,
perch se ci sei arrivata, deve essere stato importante per te.
La cosa pi importante da quando esisto, ma proprio per questo non so parlarne,
la felicit si vive, non si racconta, si pu dire del male, dellingiustizia, delle
debolezze, dellipocrisia, di tutto quello che cattivo o incompiuto, la felicit no,
chiusa in s, perfetta. E irraccontabile.
Ho capito, Marta sorrise, lavevo capito anzi, ma volevo fartelo dire, perch
vedi, Angela, forse non lo sai ancora, ma quel tempo tu lo consideri gi staccato da
te, perduto, ed questo che ti tormenta.
No, non vero, proprio perch non cos, non accetto la situazione di adesso
Lo so, lo so, tu non vuoi, ma non questione di volont, Angela, il tuo distacco
cos definitivo invece, secondo me, che rifiuti persino di pensarci. No, non protestare,
col discorso che mhai fatto, come se tu gli avessi detto addio.
Non vero, ti ho spiegato di Vladi, perch non mi piace che gli altri lo
giudichino.
Sei tu, a giudicarlo. Anche se gli vuoi bene, e accumuli ragioni su ragioni per
assolverlo, ma soffri di doverlo fare, vorresti amarlo senza che fosse necessario
chiederti se lo stimi quanto lo ami. Perdonami, Angela, ti sembrer cattiva, ma mi hai
chiesto aiuto e allora meglio che tu arrivi a guardarti fino in fondo, e se sei divisa,
ebbene, vedi di accettarti divisa. Non si pu aver tutto. Se ti rassegni, rassegnati senza
dibatterti, docilmente, come hai accettato docilmente di essere la sua donna, nel bene
e nel male.
Angela tacque a lungo. Sulla sua faccia era visibile lurto di sentimenti e pensieri
che le si accanivano dentro. Quando si alz, risoluta, disse a Marta:
Hai ragione, certamente. Tenter. Non posso immaginarmi la vita senza di lui.
Ma sar difficile. Vedi, Marta, nelle cose io mi butto tutta, e tu mi dici di accettarmi
cos divisa. Prover, e che Dio ci aiuti. Ma ho paura.
Marta labbracci, Angela aggiunse, e il suo sorriso era triste:
Vedi, ora sarebbe bello poterlo chiamare, parlargli, dirgli tutte le cose che ho
dentro, oh non ricomincerei, non gli chieder pi niente, ma sentire e fargli sentire
che quel che conta di pi siamo noi due Ma non si pu. Deve essere lui a
telefonare. Da un po di tempo anche in ufficio diventato impossibile chiamarlo.
Andr a casa e aspetter.
Scese le scale, le spalle curve, e Marta la richiam ancora una volta: le spiaceva
vederla andar via cos, una donna tanto diversa da quella che aveva conosciuta.

8
Fu Davide, il compagno delle riunioni di Brera, che avvert Angela: cerano
disordini nella fabbrica di Vladimiro. La direzione la firma sotto il comunicato era
quella di Vladimiro, affiancata dai segni ben noti agli operai, delle iniziali del padre
di Lavinia aveva imposto il ripristino dei nuclei autonomi: si appellava alla buona
volont dei lavoratori perch il ritmo produttivo riprendesse come prima in ogni
settore; per uno, il pi delicato, quello delle apparecchiature elettroniche, lo
imponeva come una esigenza irrinunciabile. Un ritorno al sistema a catena, con le
subentrate novit tecnologiche, avrebbe richiesto una ristrutturazione che la societ
non era in grado di sostenere.
La risposta degli operai era stata lo sciopero. Il settore elettronico dove lavoravano
in maggioranza maestranze anziane, aveva tentato di entrare in attivit: cerano state
discussioni, qualche spinta, poi la situazione si era risolta con la decisione
dellassemblea generale, da tenersi il pomeriggio entro il cortile.
Gli operai avevano sfollato, alcuni erano tornati a casa, i picchetti subito stabiliti
avevano impedito qualsiasi attivit produttiva.
Il reparto elettronico aveva un ingresso isolato dal corpo del fabbricato: sulla porta,
Vladi aveva aspettato e accolto chi mostrava di capire le sue ragioni.
Non si illuda, dottore, gli disse il capo tecnico, questi sono entrati, con me, per
una sola ragione.
E gli mostr i capelli bianchi; un ciuffo lo tenne tra le dita, mentre aggiungeva:
Lei avr ragione, a me pare che labbia, e anche questi qui vorrebbero lavorare
come prima, usando la testa: se la lasci in libert, a cinquantanni, sono solo
malinconie. Ma quelli l non ne vogliono sapere. Non fosse che per far dispetto. Il
padrone dice bianco, e noi diciamo nero. Vladi ribatt:
Non vero. Lo avevamo deciso insieme, di fare le isole. Sono miei compagni,
non i lavativi che mi vuol far credere lei.
Ed era partito verso il grosso, che nereggiava in cortile. Al suo arrivo, si fece
silenzio.
Compagni, cominci, parliamone insieme, ancora una volta.
Allesordio, dalla frangia esterna della folla un irripetibile bercio gli fece eco:
Vladi impallid, ma continu a parlare. Quando fece una pausa, ancora quel verso si
lev, irridente e definitivo. Quattro operai, gli stessi che erano andati da lui a
comunicargli la comune decisione di riprendere lantico sistema di lavoro, si
staccarono dalla folla, si frapposero tra lui e gli altri, Mario gli disse, sulla faccia, a
bassa voce:
Non fare il cretino. Ti vogliono provocare per incastrarti, non lo capisci?
Pallido, a pugni stretti, Vladi si divincol, usc dal cerchio che i quattro gli avevano
fatto intorno a protezione, url:
Lanimale che mi risponde grugnendo esca fuori, se ha coraggio: sono qui.
Un altro bercio si alz, seguito da una risata. Vladi si slanci, i quattro gli
piombarono alle spalle, lo immobilizzarono, tra la folla intanto si levavano mormorii
ostili, le facce erano volte allindietro, chi aveva dimostrato la sua opinione restando
nascosto e usando il linguaggio dei trogoli, doveva essere stato castigato da chi gli
stava vicino, perch non si sent pi.
Mario prese la parola:
La direzione vuole parlare con noi. giusto. Ne parleremo in assemblea, oggi
pomeriggio.
Alte urla si alzarono: Non c niente da discutere, quel che deciso deciso,
basta con le chiacchiere, parlaci delle buste paga e dei minimi che sono fermi da un
anno.
Mario afferr limbuto che era posato ai suoi piedi, ci url dentro, a pieni polmoni:
Parleremo di tutto oggi. Ora facciamola finita. Sgomberate! Sgomberate i
reparti!
Rapidamente si formarono le catene dellordine interno: a gruppi di cinque, i
compagni di Mario guidavano i gruppi verso luscita. Quando Mario si rese conto che
il peggio era passato, si rivolse a Vladi che non si era pi mosso, appoggiato al muro
degli uffici, tra due dei Cub che lo avevano fermato.
Dai, vieni dentro, lasciali andare. Oggi ne riparliamo. Vladi si mosse, i due lo
presero sotto braccio, con uno scatto egli se li scroll di dosso:
Per chi mi pigliate? Per un paralitico? No, solo per uno che ha la vocazione del
martirio, gli fece freddo uno dei due.
Eh no, ti sbagli! Me ne fotto, io, di difendere i principi. Li ho difesi per troppo
tempo, e cosa ne ho ottenuto? Ma di rompere il grugno a qualcuno, ah questo s, ne
ho voglia. Mario lo fronteggi, calmo:
Ti capisco, se vuoi che te lo dica per tua soddisfazione: gli avrei rotto la faccia
anchio, al bischero che non ti ha lasciato parlare. Ma rifletti un momento: il suo
scopo, impedirti un discorso con noi, lha ottenuto; se non ti fermavamo, otteneva
anche laltro: di far vedere a tutti che sei un prepotente, e che con te non si pu
nemmeno scherzare. Non capisci che ci sono dei provocatori messi in mezzo a noi
apposta? Ma cosa credi, che quando cambiano le bandiere gli uomini cambino?
Bastasse un bagno di tinta, a cambiarli ma non basta, chi carogna, lo resta. E ce
n ancora e troppi. Anche nel Partito, anche tra quelli che dicono sempre s a chi
comanda e poi dove sono, mandano tutto a puttane. Dammi retta: oggi, se vuoi, la
relazione per gli operai la faccio io, subito, cos parlo prima di te e individuiamo chi
sono i bastardi che vogliono far succedere un guaio qui dentro, perch me lo sento,
questo che vogliono, e non ho capito bene ancora perch e per chi
Questa parte della cronaca di quel giorno di marzo, fu Davide a riferirla a Angela:
aveva visto Mario che glielaveva raccontata; i giornali scrissero soltanto che la
mattina gli operai avevano occupato la fabbrica impedendo a unesigua minoranza di
crumiri di lavorare; del gerente, di Vladi, non facevano cenno.
Angela chiese a Davide di portarla in motoretta fino alla fabbrica: il ragazzo esit,
guardandola, era molto ingrossata, ma Angela impaziente si stava gi sistemando sul
sellino, Davide part con tutta la cautela di cui era capace.
Arrivarono verso le sedici sul piazzale doverano parcheggiate le macchine e le
biciclette degli operai. Quando scesero dalla motoretta, videro le camionette della
polizia davanti al cancello spalancato. Dentro, nereggiava la folla.
Davide tir via Angela, con s, al riparo di una macchina civile parcheggiata sotto i
tigli che chiudevano la piazza su un lato.
Aspettiamo fuori, meglio.
Accanto al loro rifugio passavano di tanto in tanto uomini in uniforme con elmetti
e scudi di plastica e sfollagente impugnati. Un boato fragoroso scoppi, dal cortile, e
subito dopo un ordine venne urlato, vicino a loro: A terra!
Angela sent il sapore del terriccio in bocca, Davide laveva buttata gi accanto a
s e le premeva la faccia a terra, per ripararla e per sentire un calore fraterno alla sua
paura. Gli era accaduto altre volte di trovarsi in pasticci del genere, ma non gli era
riuscito di farci labitudine, disse a Angela, stringendole un braccio fino a farla urlare.
Sta zitta, stupida, farfugli.
E tu molla il mio braccio, fece Angela, secca.
Non hai paura? le chiese.
Certo che ce lho, ma dirlo non serve, ribatt, e intanto si tirava su a sedere,
lentamente.
E sta gi! Cosa fai? Vuoi che ci becchino? Sussurrava, ma la voce era
affannata.
No, voglio solo che mio figlio tiri il fiato. E io con lui, rispose Angela,
apparentemente tranquilla. In realt, una fitta le attraversava con una lama bruciante
la schiena e il ventre, il cuore le batteva con tanta forza che ebbe la certezza che fosse
quello del bambino a dargli quel ritmo impazzito.
Gli parl, dentro, e la dolcezza che us con lui la calm.
Avviciniamoci, andiamo a vedere, disse a Davide.
Tirava vento di tramontana e nellaria spazzata dalle folate gelide, si annunciavano
con violento squallore i segni di una tragedia gi consumata. Una sirena lacer il
silenzio profondo che era sceso, assoluto, sulla folla. Subito dopo, con uno stridore
acuto di gomme sullasfalto, sinchiod unautoambulanza, ne schizzarono fuori
uomini in camice bianco, voci si levarono dal cortile e dalla piazza, dolore e collera
avevano lo stesso suono stridulo e assurdo, cera del sangue in mezzo al cerchio degli
uomini in tuta che si apr agli uomini in camice, due corpi furono sollevati con
unincredibile dolcezza in quellorrore, Angela corse, fu accanto alla prima barella,
una maschera rossa le oppose un ghigno irriconoscibile, non poteva essere, tent con
la mano di scostare quella cortina accecante; qualcuno la allontan, ma gi il suo
sangue laveva riconosciuto, la notte lavvolse, fu la caduta pi lunga a precipizio per
secoli nel pozzo della sua vita.

9
Allospedale di Niguarda le barelle partite da quella che le cronache definirono la
zona calda della citt in quel giorno furono registrate in numero di tre. Ma una,
quando il medico di guardia la controll, portava un morto.
Angela fu ricoverata al reparto maternit, e dopo ventiquattrore fu dimessa. Lo
choc era stato la causa dello svenimento, ma le condizioni generali erano buone, le si
raccomandava genericamente riposo, perch la gravidanza arrivasse al suo esito
naturale. Angela usc dallufficio tenendo tra le mani il pacchetto che una vecchia
suora le aveva dato:
Tieni, poverina, le aveva detto, se ti sentissi di nuovo male, prendi una
compressa di questa scatola: sono calmanti, e ti faranno dormire. E qui
Ma Angela non ascoltava pi, quellappellativo laveva stupita pi di tutto il resto
che aveva visto nellospedale: le corsie erano assiepate, i corridoi ingombri di
masserizie; lospedale nuovo stava per essere inaugurato, si diceva, ma intanto i
malati venivano ancora convogliati a Niguarda, per un raggio di molti chilometri
intorno; le cose che gli inservienti avevano preparato per il trasloco si ammassavano
ovunque, nei solai, negli scantinati e nei corridoi, mostrando nelle cataste di necessit
eterogenee e irregolari la miseria delluso, i guasti che il tempo aveva operato,
ruggine sui tubi di ferro dei letti, macchie giallastre nei recipienti di plastica, gli orli
consunti delle lenzuola, i ponfi rigidi dei materassi e dei guanciali: bisognerebbe
bruciare tutto, aveva pensato Angela, e si disse che questo pensiero doveva
accompagnare tutti quelli che passavano di l, forse un giorno qualcuno, un medico o
un infermiere o forse un paziente in rivolta, qualcuno pi stanco degli altri, non
avrebbe resistito e sui mucchi in attesa sarebbe piovuta la misericordia vendicatrice
dellalcole e del fuoco.
Poverina, perch?
Si guard labito: era un camicione di lana, confortevole e caldo, in un tessuto di
morbido e leggerissimo cachemire che le aveva regalato Vladi ed era costato quel che
a lei era parsa una follia: sopra, il suo loden era simile ai milioni di altri loden che i
giovani della sua et portavano a Milano come a Roma. La suora le aveva chiesto le
generalit: aveva risposto, e quando aveva detto nubile, la vecchia donna laveva
guardata, un attimo, uno sguardo attento sotto lala bianca del cappellone,
unimmagine fuori del tempo, lultima rimasta a Niguarda, e forse nel paese, perch
lassistenza ospedaliera era tutta laica; Angela aveva sorriso, e un guizzo di sorpresa
aveva fatto palpitare quelle ali stanche di rasentare il dolore del mondo: la suora non
le aveva chiesto niente, ma congedandola laveva accompagnata fino alla porta.
Camminava come in un sogno tormentoso e la sua volont era tutta tesa a calmare
lansia del bambino. Pareti scrostate, odore di farmaci, gente in pigiama, visioni
spezzate dagli scorci delle porte, bombole e fleboclisi, una mascella nera per una
barba di giorni, capelli bianchi, teste avvolte in bende deformanti, non guardare,
riposa nella tua culla dacqua, il mare chiaro sulle spiagge del mattino, ascolta il
grido dei gabbiani, passiamo di qui ma soltanto un brutto sogno, ora andiamo via, e
il tepore del sole ti aiuter a prendere sonno. I movimenti nel suo grembo cessarono,
chiese indicazioni al portiere, fu in un altro cortile, raggiunse il reparto dove Vladi
dormiva nel sonno bianco dellanestesia. Glielo disse un medico che usc dalla porta
su cui un cartello vietava laccesso agli estranei.
Una piccola folla di parenti aspettava, nessuno era solo nellattesa, parlavano fra
loro a due, a tre; Angela scorse tra la gente dimessa un gruppetto isolato, gli abiti
erano segnali di un mondo diverso, la ricchezza riveste di colori tenui anche il dolore.
Il giovane medico le disse che lintervento era riuscito, Vladi non si sarebbe
risvegliato che tra qualche ora, le schegge dellesplosione gli avevano perforato la
milza, ma certo si sarebbe salvato.
Sei la moglie? le chiese e con un braccio la guidava allinterno, dove in una
stanzetta tre sedie e un tavolino costituivano insieme lanticamera della sala di
chirurgia e lufficio della caposala. Angela si sedette sulla sedia verso cui il medico la
guidava, accenn di no, con la testa. Aveva scorto, come in una visione di lampo nel
buio, tre teste volgersi verso di lei quando aveva chiesto notizie di Vladi: i tre che i
vestiti isolavano in quel luogo.
Sei sua sorella? il medico era premuroso e gentile. Il professore mi ha
incaricato di dar notizie alla moglie, alla famiglia.
Si volse verso la porta, con unocchiata circolare valutando la gente, e fece per
incamminarsi:
Se vogliono, possono aspettare qui: il professore uscir tra mezzora.
Angela abbozz un gesto, appena accennato, per trattenerlo:
La prego, ora me ne vado, mi dica soltanto quando potr aver notizie.
Ma ora lo portiamo in camera, suo padre, credo che sia suo padre, ha gi espletato
tutte le formalit
Non posso fermarmi, fece Angela. Non ora. Vorrei
Esitava, il medico parve intuire la ragione dellimbarazzo che le tirava la faccia in
una tensione innaturale, le sorrise e Angela fin, rapida, il discorso che non avrebbe
mai voluto fare, ma quellestraneo che laveva interpellata col tu, doveva anche se
giovane aver visto molto in quellambiente e imparato a non stupirsi. Pens, invece,
che si stupiva di s, ascoltandosi:
La moglie deve essere quella giovane signora, l fuori. Non posso restare. Ma
vorrei essere informata e sapere se mi chiama. Posso contare su di lei? Le lascio il
mio numero di telefono.
Cercava una matita nella borsa, il dottore gliela porse prima, con un foglietto che
aveva strappato da un ricettario: Scriva qui, e tenga questo: c il mio recapito, le
segno lindirizzo di casa. Mi telefoni quando vuole.
Angela aveva appena cominciato a ringraziarlo, tronc netto:
Di sera meglio: rientro tardi. Le porse la mano, le disse un nome, e aggiunse:
E stia tranquilla: andr tutto bene. Quando varc la porta, il gruppetto dei parenti di
Vladi si era avvicinato, Angela non guard nessuno, ebbe unimmagine confusa negli
occhi, un volto vagamente familiare, la madre certamente, dei capelli biondi su una
faccia tesa, fu nel corridoio, che percorse a ritmo sempre pi rapido, scese correndo le
scale, fu fuori.
Un taxi stava arrivando, lo prenot con un gesto, si lasci andare sul sedile.
Una sola parola le martellava dentro: basta, basta, lo udiva nel ronzio del motore,
basta basta le rimand il bambino con una capriola dallegria. Si stup, ma rifiut di
chiedersi perch: il bambino stava bene, giocava, lei non poteva farci niente: basta e
basta.
La faccia inondata di sangue di Vladi le si par dinanzi: fu a sedere, eretta, con un
piccolo grido; lautista la guard nello specchietto retrovisore, le chiese se stava
male, fece cenno di no, ma ora il pianto le saliva dentro come unonda, hai pensato
solo a te, ti lecchi le ferite dellorgoglio, poverina, povera, ma damore, basta vuol
dire questo, dici basta perch ti vuoi bene, ti sei impuntata su poche parole, e lo hai
dimenticato: ferito, ma tu, ti fai pena: dicevi che lo hai riconosciuto come in uno
specchio, voce, carne, amore, vita, presente e futuro nel figlio, lhai detto, e non
vero. Non lo pi.
Le lacrime le scorrevano sulla faccia, vi si aggrappava per non sentirsi indegna,
voleva soffrire per Vladi, patire, desider di star male per punirsi, per stargli vicina
almeno cos, e quasi in risposta al suo voto unondata di nausea la percorse, un
cerchio le stringeva la testa, tocc sulla spalla lautista:
Scendo qui.
Era in piazza del Duomo: voleva camminare, guardarsi, capire.
Alcune camionette militari erano posteggiate davanti a Palazzo reale e lungo i
margini estremi della piazza: poca gente si muoveva rapida, dovevano esserci state
ore difficili in citt, desider di avere qualcuno con cui parlare, subito, dare forma
allaccusa che le pesava, punirsi. Freddamente aggiunse: Per assolvermi: questo
voglio. Voglio basta e che qualcuno mi assolva. Padre Florio non mi ha educato
inutilmente.
E se era cos, che cosa poteva opporre alla richiesta che le veniva dal sangue? Il
calcolo della ragione, lopportunit di tutelare il bambino? Lappoggio che Vladi
aveva diritto di aspettarsi da lei in un momento come questo? Ma che cosera, come
poteva definirlo, un atteggiamento cos? Solidariet umana, amicizia, le pareva di
sentire Vladi: Merce di scarto, eufemismi, era vero, se amore comunione, non
cera amore in lei, aveva staccato Vladi da s, lo guardava, ma non nello specchio in
cui aveva visto fondersi ogni linea incerta del proprio volto nel suo, mentre si
scioglieva nel canto del sangue ogni nodo precedente e tutte le ombre e le attese della
sua vita. Lo vedeva, altro da s, ed era triste, per s e per lui; per quel che poteva
lavrebbe difeso: pens che gi laveva protetto, allontanandosi; come doveva
pesargli tutto, passato e presente, e come doveva desiderare di essere solo
Cercava un gettone nella borsa, avrebbe chiamato Marta; attravers la piazza,
arriv alla cabina telefonica, ancora quella maschera insanguinata le attravers la
mente: era vero che laveva aiutato allontanandosi? Sent che la chiamava: la sua
voce era debole, chiedeva aiuto, aveva bisogno di lei. Si ferm, fu tentata di tornare,
ma Lavinia era l, con la sua faccia di moglie esclusa e paziente, entr nella cabina,
fece il numero. Le rispose, calda, in un grido, Marta:
Ti abbiamo tanto cercata! C Davide con me, vieni, ci racconti, ti aspettiamo.
Ecco, lo lasciava con i suoi, lei sarebbe andata con quelli cui si affiancava
naturalmente, perch non aveva con loro alcun bisogno di mentire, o soltanto di
sottrarre: era comera, senza divisioni: laccettavano intera, non doveva sfuggire i
loro occhi o rasentare il muro, come prima in ospedale.
Questo rancore, pens, sono una carogna. Non riesco che a pensare a me. Se
lui non capace di uscire da questa situazione, e tu non la sopporti, perch non ti sei
fermata e non lhai affrontata anche per lui con chiarezza?
Forse era questo laiuto di cui Vladi aveva bisogno da lei: che fosse forte per tutti e
due. Dovrei anche per mio figlio, pens, ma sent, con unumiliazione bruciante,
che non era sicura che sarebbe stata nel giusto, se avesse agito cos.
Avrebbe gi risolto tutto lui, da tempo, se avesse voluto Era il tarlo cattivo, il
dubbio che aveva scavato dentro di lei, nelle notti insonni in cui la pioggia e lurlo
delle autoambulanze avevano sostituito la voce del mare; non poteva chiedere a
Vladi, non si poteva chiedere a nessuno, quel che non era capace di dare. La propria
misura era sbagliata per gli altri, era la legge, lo sapeva, ma lo scordava
continuamente: forse Vladi non mi perdonerebbe, se parlassi io per lui, la sentirebbe
una violenza. Una decisione come questa non tocca a me, sua, io sono libera.
Sincammin, sentendo la sua libert come una forza e una compagnia. Se Vladi le
avesse chiesto in quel momento di dividere la sua vita, solo la piet lavrebbe indotta
a rispondergli di s.

10
Quando Angela arriv da Marta abitava in un mono arredato con gran gusto e
mezzi scarsi sul pavimento cerano, aperti, alcuni giornali della sera: le cronache
erano confuse, i cronisti si erano affidati soprattutto alle immagini: su uno, la faccia
di Vladi spiccava in primo piano, la didascalia parlava di dirigente ferito da una
bomba lanciata da un agente provocatore.
La gente ha assistito incredula alla scena. Riportiamo le parole di un testimone:
<una esecuzione a freddo>. Angela apprese che la bomba era del tipo corrente in
dotazione allesercito e che era stata scagliata da uno sconosciuto; nessuno degli
operai lo aveva identificato: era stato visto nel momento del lancio, poi, nel caos
seguito, si era eclissato.
Lesplosione era avvenuta come per una preordinata regia: lintervento della
polizia era stato tempestivo qualcuno doveva averli avvertiti fin dal mattino ed
era bastato per tenere divisi i contendenti. Aveva parlato Mario per primo, senza
essere interrotto; quando Vladimiro era salito sul palco accanto a Mario, per spiegare
il comunicato della direzione, si era ripetuto ancora lattacco del mattino. La reazione
di Vladimiro era stata violenta e sproporzionata: qualcuna delle parole che aveva
urlato contro chi gli impediva di parlare era riportata dal cronista di un foglio
ciclostilato. Il commento era pesante: Vladimiro veniva liquidato come razzista e
fascista.
Fascista pazienza, plurisignificante, tutto fascista ormai, per gli imbecilli,
Angela interruppe la lettura, ma razzista, perch?
Le rispose Davide:
Pare che nellira abbia detto qualcosa come divello animalo, o avete lasciato da
poco le grotte>, cos almeno mi hanno riferito i compagni. Qualcuno si sentito
chiamato in causa, gli si son fatti sotto, urlando, lui sceso, dagli insulti sono passati
ai pugni, e per la verit, qui sono daccordo tutti, stato lui a cominciare. Gli hanno
fatto scudo Mario e gli altri del servizio di vigilanza e hanno finito per menar le mani
anche loro. La polizia arrivata quasi subito e tutto sarebbe finito con qualche
contusione e due cerotti, ma, proprio nel momento in cui i gruppi si erano divisi e
Vladimiro era praticamente solo in mezzo al cortile urlava ancora, secondo me era
del tutto partito, scusami, ma ne ho tratto unopinione tutta personale, e per niente
positiva si staccato il misterioso <uomo in tuta> e ha lanciato la bomba
Sai che mistero, fece Marta, in tuta cerano tutti, immagino.
No, la tuta dellagente provocatore era senza nessuna scritta, chiusa fino al collo,
tutta nera, ribatt Davide.
Agente provocatore. Di chi? per chi? era Angela a chiedere.
Per me, qualcuno mandato dai padroni. Vladimiro non piace, n a loro, n al
Partito: ha voluto un esperimento quando nessuno era maturo per farlo e si intestato
a difenderlo contro la volont degli operai. Ora che anche da parte governativa si
vorrebbe arrivarci, lui personalmente si compromesso troppo. Non pi credibile e
nessuno gli crede: n il padrone che ha scoperto in ritardo che lisola gli costa meno,
n gli operai, perch li ha sfidati.
Non giusto, Angela aveva gli occhi pieni di lacrime, la solitudine di Vladi la
colpiva pi della sua faccia insanguinata, vorrei vedere te, in mezzo a due forze
uguali e contrarie come lui, da un anno, da due, non so bene, diventeresti isterico
anche tu; se ti va bene, ti accusano da una parte, se ti va male, ti linciano dallaltra,
sei tra lincudine e il martello sempre, in un mondo come il nostro
Eh no, ci sei se tieni il piede in due scarpe. Io non ci sarei, tu non ci sei, vedo
Angela arross violentemente e non rispose. Lo fece Marta, per lei:
Scusa, troppo facile: tu sei dalla parte dei pi, perch ci sei da quando sei nato.
Lui un miracolo che sia cos, cosa vorresti, che fosse come quelli che hanno portato
per anni i capitali allestero e riscuotono pure lo stipendio per la dirigenza?
Sai benissimo che cosa voglio: i fritti misti van bene se li fai tu, in cucina, non in
economia. Questo per me una caricatura di socialismo, una presa per il culo della
democrazia. Chi si presta al gioco, o in malafede o un imbecille.
Marta alz la voce:
S, come Mario, che morto per essere rimasto accanto a Vladimiro: come la
metti? un imbecille anche lui? Lo sono tutti quelli che parlano credendo di essere
ascoltati da orecchi e cervelli umani? Ma gi, con te si arriva sempre alla stessa
conclusione. O tutto nero o tutto bianco. O rivoluzione universale o merda. Mi hai
stufato! Mi avete stufato! Pas la couleur, nous voulons la nuance! Vero, Angela, che
noi preferiamo Verlaine a Lenin?
Marta si era alzata, mentre recitava con unenfasi teatrale le ultime battute, i suoi
occhi inquieti non lasciavano Angela che non si era pi mossa dallangolo in cui si
era rifugiata. Aveva lo sguardo assente, la bocca con gli angoli piegati, macchie
brunastre le chiazzavano la pelle agli zigomi.
Stai bene? chiese, e Angela le sorrise. Davide parve rendersi conto solo allora
del carico di emozioni e di stanchezza che Angela portava con s:
Mi sento colpevole, sono io limbecille, scusatemi. Guardo sempre lontano e non
vedo a un palmo dal naso. Posso fare qualcosa per te? Vuoi che vada a chiedere
notizie? Intanto, voglio vedere Mario unultima volta: ceravamo conosciuti da poco,
ma era un uomo, lha dimostrato anche oggi. Il giornale parla di fegato spappolato,
non capisco, Vladi era solo, Mario deve aver visto il movimento di quel figlio di
puttana e essersi buttato avanti, distinto Era sempre cos. Per questo non aveva
mai una lira. Cera sempre qualcuno che ne aveva pi bisogno di lui.
Vorrei venire anchio, disse Angela, ma ormai Ringrazialo tu per me. E che
Dio ci perdoni tutti.
Vi lascio, donne, annunci Davide, sono di troppo con voi due.
E a Angela: Se ho notizie prima di sera, ti telefono. Domani, comunque,
aspettami alluscita: se hai qualcosa da darmi, portalo, prima di domani avr trovato
il modo di entrare quando mi pare a Niguarda.
Non darti tante arie, dai! gli fece eco Marta e Angela pens che volevano
rassicurarla, ma nessuno dei due aveva gli occhi di sempre quando la guardava. E
avrebbe voluto dir loro che non dovevano aver pena di lei, ma soltanto di Vladi: lei
aveva la sua libert e il bambino, non le mancava niente e capiva le ragioni di
Davide: se lei difendeva Vladi, era solo perch era ferito e laveva amato.
Uso il passato, not, ma non si oppose a questa nuova maniera di abbandonarlo:
le ragioni di Davide erano autentiche, sbagliate o giuste che fossero; quelle di
Vladimiro, no: lei era con Davide. Un giorno glielo avrebbe detto, e gli avrebbe
anche confessato che le trovava noiosissime, e fragili come la carta su cui erano
teorizzate. Ma erano belle, come credere quando il sole tramonta in una nuvola rossa
che domani sar un giorno bellissimo; avevano una magia, le speranze di Davide,
come le nuvole, o il sole rosso; e desiderare di crederci era il primo regalo della loro
magia.
Non disse niente, ma si lev in punta di piedi, Davide era alto e lei portava
mocassini senza tacco per via del bambino, gli cinse il collo con un braccio, Davide
ebbe per un attimo la seta dei suoi capelli e della sua pelle accanto alla guancia, ud
un grazie a fior di labbro, non fu capace di rispondere niente, fece un gesto, a
braccia aperte, sgangherato, si tir la porta dietro.
Marta rise, a gola piena:
rimasto secco! Cara Angela, se quello non va a Niguarda a piedi, come un
razzo, mi faccio tagliar la testa!
Ma perch? Che cosa ho fatto di cos strano? si difese Angela.
Di strano niente, ma sei strana tu, e anche Davide lo . Per questo rido, e mi
diverto: aspetto il secondo tempo. Di caroselli, per oggi, ne abbiamo avuti
abbastanza. Ma non fare quella faccia, dai, ora ci prepariamo un t lussurioso, con
burro, miele e marmellata e mi vuoti il sacco. Tieni, qui ci sono le pantofole, va in
bagno, fatti una doccia, rilassati; se suonano, non apro, non voglio uomini fra i piedi;
va bene? Angela labbracci: era a casa, con Marta poteva riposare. Posso dormire
con te? le chiese.
E s che ti lascio uscir di notte, con quel trippone per aria! Telefona alla tua
Prassede, piuttosto, oggi ha chiamato tre volte, voleva tue notizie, poveretta, buona,
ma noiosa come una camomilla tiepida.
Marta canterellava, dietro il paravento, Angela form il numero della sua padrona
di casa, per quella sera non voleva usare linguaggi diversi dal suo, le poche parole
scambiate con la brava donna le dettero un fastidio quasi fisico, pos il ricevitore con
un sollievo indicibile; ecco, godeva le pantofole, la tazza fumante del t, la poltrona,
eppure Vladi era in un letto dospedale: era crudele, ma non serviva fingersi di non
godere il benessere profondo cui si lasciava andare. Forse era la vita a essere crudele,
o forse, pi semplicemente, chiamava crudelt il proprio egoismo.

11
Passarono sette giorni prima che Angela potesse rivedere Vladimiro. Li trascorse
come una parentesi, registrando solo in superficie quello che le accadeva. Non era
infelice. La diversit della sua vita attuale rispetto a quella di prima, era profonda; se
le accadeva di chiedersi perch, allontanava linquietudine che lassaliva, eseguendo
docilmente le azioni e i gesti che quel modo inaspettato di esistere richiedeva da lei:
in realt non cera niente di nuovo nelle cose che le occupavano la giornata, o molto
poco: quando pens che era in viaggio, ammise che il suo orizzonte era lo stesso di
molti mesi a quella parte: Milano, la stessa gente, la stessa scuola, eppure tutto era
mutato, perch viveva in solitudine e soprattutto in indipendenza assoluta. Quando
aveva telefonato al medico, prima di scendere in Brera per la scuola, lunico legame
con la vita di prima si era gi verificato: Come sta? Mi ha chiamato? due domande,
due risposte, sempre le stesse, meglio, no, posava il ricevitore con una stretta al
cuore, aveva un altro giorno di cui disporre, con una libert totale.
Prima, era Vladi lago su cui regolava la rotta delle sue ore; adesso, niente e
nessuno le imponeva di fare una cosa piuttosto che unaltra, non doveva correre a
casa perch scattava lora dellappuntamento telefonico, n far la spesa per una cena
a due, n essere inquieta se Vladi tardava.
Fin dalla seconda mattina rifiut la colazione che la padrona di casa le aveva
preparato. Sapeva che Marta e Davide si ritrovavano nel piccolo bar dietro la scuola,
li raggiunse e fu tra ragazzi vocianti e uomini che si concedevano il primo piacere
della giornata. Si era fatta ai ferri una lunga sciarpa di un colore marino, dal verde
allazzurro in onde sfumate: le avvolgeva la testa e il collo e le scendeva fino alle
ginocchia, faceva ancora freddo, e Angela si difendeva cos dal morso del mattino.
Ora pi di sempre la sua faccia sul corpo ingrossato e infagottato era quella di una
matriona: le piaceva essere salutata cos, non si chiese se la sua insistenza a ripetere
lo stesso abbigliamento fosse un invito per Davide a pensarla secondo la prima
immagine con cui laveva salutata.
Anche questa era una novit: quando si vestiva, prima dellincidente toccato a
Vladi, era sempre incerta su quello che doveva indossare; Vladi le regalava spesso
degli abiti e a ogni incontro, lei sentiva gli occhi di lui percorrerla come lei non
voleva essere guardata: la osservava criticamente, qualche volta le diceva: Sei bella
cos, qualche altra correggeva un accostamento di colori; Angela non amava gli
insiemi, anche se studiatissimi, usciti dalle boutiques, li scompaginava secondo il
momento e lumore, ma si era poi a poco a poco abituata a non farlo o a farlo con
timore. Gli occhi di Vladi erano freddi, o ironici: Non siamo in fattoria, le disse un
giorno, non puoi proprio lasciarti dietro quellaria di paese?, e Angela si era
guardata odiando labito che aveva amato sino a un attimo prima, perch gli aveva
accostato una giacca di maglia, sciolta, di un verde che a lei era parso bellissimo sulla
grigia malinconia del tessuto inglese.
Ora, la sua prima affermazione dindipendenza avveniva al mattino subito dopo
aver posato il telefono, quando entrava in bagno, allentando la cintura della vestaglia;
ogni giorno metteva una delle piccole cose che si era comprata nei mesi passati,
piaceri di un gioco che sapeva disapprovato; sui mercatini di Brera i fermagli per i
capelli, i foulards di lana, le calze rozze e colorate, le collane rustiche erano una
tentazione cui la natura infantile di Angela non resisteva: comprava e nascondeva,
timorosa del giudizio di Vladimiro. Quando usciva ora, inaugurando uno straccetto o
un monile, senza il problema di come sarebbero stati guardati, si sentiva a suo agio,
laria di paese, se lavvolgeva, era la sua, non la preoccupava il giudizio degli altri.
Era padrona di s, del suo corpo e del figlio che portava.
Ingrossando il suo sangue impigriva, per consentire al bambino di crescere;
dormiva meglio, da sola, non cera, vero, la voce di Vladi a darle il buon giorno, ma
negli ultimi tempi quella voce era stata aspra o sofferente: Sei un pacchetto di carne,
dio, come sei grossa, non voltarti, mi piace sentirti addosso, non ti vedo, non so chi
sei, sei la carne che mi scalda in questo momento, te ne andrai tra poco, rester solo,
e avr freddo. Aveva patito di quel suo modo possessivo e feroce di stringerla: una
difesa, nella quale la sua identit si perdeva, era carne fedele, carne calda, ma carne
sempre e soltanto: lei, Angela, non cera.
Se a scuola qualcuno la invitava a dividere il suo pasto, era bello non dover esitare
nemmeno mentalmente e seguire loccasione che si offriva. La prima volta, quando
Davide annunci che gli era arrivato un assegno dal Messico un debito infine
pagato, dei giorni che era stato contadino laggi Angela aveva pensato, per una
frazione di secondo io non posso, aspetto Vladi, per sorprendersi al sollievo che
aveva provato allidea della sua totale disponibilit:
Vengo anchio con voi: in casa non ho lasciato niente di pronto. E aveva
aggiunto, per prolungare un gioco che la divertiva: Dopo, comprer qualcosa:
stasera venite da me e cucino io.
Aveva telefonato alla sua padrona di casa, le aveva detto senza rimorsi una bugia:
Sto qui per essere pronta a qualsiasi chiamata, le far sapere, ma ora meglio che
non venga e si era installata nellappartamentino che Vladi aveva preparato per lei.
Dopo sette giorni, si era accorta che in realt non aveva vissuto in solitudine: Marta
e Davide erano venuti spesso a farle compagnia, era andata al cinema, aveva sentito
un concerto con altri ragazzi, le ore erano scivolate via. Nellattimo in cui si
abbandonava al sonno, aveva qualche volta una fitta di rimorso: non ti penso, sono
sola e sto bene, e tu chiss come stai. Ma subito si diceva: Tu non mi chiami, non
hai bisogno di me. Io nemmeno.
La mattina dellottavo giorno, il dottore le comunic che sarebbe potuta andare a
Niguarda quella mattina, verso le nove: O Dio, gi tardi, fece Angela,
improvvisamente sgomenta, come faccio? Ho dato ordine che la lascino passare a
qualsiasi ora, ma la pregherei di fare pi presto che pu.
Non riusciva a trovare niente di giusto, butt via il vestito che aveva afferrato, non
gli piaceva, non poteva mettere le calze viola che aveva ieri, dove sono le altre, in un
attimo la camera era un caos, guardava lorologio, doveva avvisare Marta che non
sarebbe andata a scuola, n a colazione da lei, faceva tardi, si affann, il volto che lo
specchio riflesse quando infine fu pronta era gonfio, gli occhi smarriti: sembro un
cane che ha perso il padrone, si pass un po di matita sullorlo arrossato
dellocchio, un tocco di rosa sulle labbra, io invece lho ritrovato, fu il pensiero che
le nacque spontaneo, e la sua infelicit si accrebbe.
In taxi, si concentr nel pensiero di lui, testardamente: non doveva sentirla come
lei si sentiva, gli avrebbe fatto troppo male, cercava immagini della loro storia capaci
di intenerirla, di ridarle slancio e voglia di stringerlo a s, aveva paura e se avesse
potuto aver la certezza di non dargli un dolore insopportabile, sarebbe scappata. A
casa. Marta, Davide, Milano, via da tutto. Sacrificava anche la parentesi dei suoi
giorni ritrovati, per non aggiungere colpa a colpa. Via da lui. Via da tutto.
Chi gli avrebbe trovato accanto? Sperava nessuno: la chiamata doveva voler dire
questo: era riuscito a essere solo. Quando vide ledificio emergere triste dalla nebbia,
il desiderio di fuga la riassal acutissimo: il bambino dormiva, indifferente, lo carezz
con la mano, aiutami tu, piccolo, a non essere cattiva.
In portineria disse il suo nome, uninfermiera adibita al reparto laccompagn: Sta
molto meglio, ma i primi tre giorni sono stati duri: cera unatonia generale che
poteva causare un blocco pericoloso. Ora ha ripreso le funzioni normali, certo ci
vorr del tempo, il corpo si deve abituare a fare a meno di una frattaglia.
Linfermiera era funzionale e anonima come una provetta di laboratorio: sorrise solo
a quella definizione che doveva aver ripetuto chiss quante volte, pens Angela con
un brivido, le frattaglie accumulate in migliaia di interventi le si ammassarono
davanti agli occhi in un cumulo mostruoso, fegati, polmoni, visceri, sangue, brandelli,
lodore dei corridoi era nauseabondo, sent che stava per vomitare. Una toilette, per
favore, linfermiera la sorresse, si liber, sudava, fu di nuovo nel corridoio, disperata
cap che anche il suo corpo non voleva proseguire.
Linfermiera apr la porta: il viso di Vladi, bianco, le sue braccia protese. Rispose
in un volo. La faccia nascosta sul suo petto, tremava tutta. Anche il bambino si era
svegliato, in quel cerchio in cui rientrava senza pensieri n ricordi e lei era tutta l,
intera, non esisteva niente altro, con stupore scopriva che niente di quello che aveva
pensato, la sua indifferenza, il suo sentirsi libera, era vero. Alz la faccia a guardarlo,
lo baci sugli,occhi, sulla bocca, sempre pi fitto, sempre pi affannata, gli chiedeva
perdono, lo ritrovava e si ritrovava.
Non si erano ancora detti una parola; balbettavano, tutti e due, intorno non cerano
pareti, il tempo era fermo, gli altri non esistevano. Un colpo discreto fu battuto alla
porta. Angela volse gli occhi: cera una signora, la riconobbe, laveva vista nella sala
dattesa, sorrideva, le mise una mano sui capelli, Angela abbass gli occhi, si alz,
Vladimiro la trattenne per una mano.
Si sieda, disse la signora, qui, accanto a Vladimiro.
Angela non rispose, il cerchio si era spezzato, aveva paura di alzare gli occhi,
vergogna del suo aspetto: la signora aveva la composta e sottile eleganza di chi non si
concede capricci ma non commette mai errori Si guard, era goffa e brutta, con la
sua pancia prominente, il loden strapazzato, la sciarpa che spazzava il pavimento.
Vladimiro le stringeva la mano, limbarazzo di Angela lo colpiva pi di una
protesta: Non mi dici niente? supplic.
Tu, devi dirmi; io, le solite cose, la scuola, i compagni faticava a tirar fuori
parole che non suonassero false.
La signora le fu accanto, premurosa:
Gradisce una tazza di caff? Ce lhanno buono, qui, le far bene.
Usc, rapida, e Vladi le rovesci un fiume di parole addosso, supplicava, spiegava,
Angela cap che doveva pazientare, sua madre aveva acconsentito, ma lo pregava di
aspettare ancora, con Lavinia
Allora pu arrivare da un momento allaltro? Angela si era alzata, lallarme nella
voce e negli occhi.
Ma no, ma no, sta buona, stamattina andava a farmi certe carte per
lassicurazione, e poi in questura, a depositare un documento rilasciato
dallospedale.
Per questo il dottore mi ha detto di far presto sussurr Angela.
Certo, io morivo dimpazienza, e tu ci hai messo tanto
Angela gli sorrise e non rispose; lincanto era finito, sorrise anche alla signora che
le porgeva il caff con un flautato Tenga, cara, la guard freddamente, rifiutandola,
slacci il cappotto, arrotol la sua sciarpa con una cura minuziosa, chiese:
Quando mi scade il permesso?
Che permesso? Cosa dici?
S, scusami, fin quando posso restare?
Le rispose la signora:
Qui danno la seconda colazione molto presto: alle undici cominciano a preparare
la stanza, il carrello, sa, gli ospedali
Angela le fece eco, cattiva:
Gi, gli ospedali E aggiunse: Di citt. Da noi diverso: ci si pu fermare, ma
si tra amici, ci si conosce tutti.
Vladimiro si era incupito, Angela gli carezz leggera la fronte, come avrebbe fatto
con un bambino malato e solo.
Non carezzava la fronte del suo uomo ferito, blandiva appena, con dolcezza
pietosa, la solitudine di un malato.
Ma Vladi si afferr alla sua mano, la baci, parve voler
allontanare i pensieri che gli avevano scavato una ruga tra i sopraccigli:
E lui, come sta? le carezzava il ventre, stupito. Dio, com cresciuto! Grid:
Si mosso! Mamma, senti anche tu come si muove!
Angela ebbe uno scarto che non riusc a dominare; la signora sorrise, e non si
mosse dalla poltrona dangolo, la pi lontana dal letto, in cui si era seduta sfogliando
una rivista.
Di nuovo il silenzio cadde fra loro, e Angela lo ruppe raccontando a Vladi le cose
che aveva preparato per la nascita: parlava fitto, fece ridere Vladi con il racconto
della partecipazione del bambino alle lezioni, le sue insofferenze, la sua totale
indifferenza allarte, il suo gusto per le cose immediate. Vladi la interruppe:
Chiss a chi somiglia, allora! Non te lo sarai fatto tutto da sola, eh, questo figlio?
rideva, ma aveva linquietudine in fondo alla voce e allo sguardo. Sentiva che Angela
gli stava sfuggendo; anche la festa con cui aveva raccontato e sua madre ne era
stata stupita, forse scandalizzata quellalternare verit e gioco, il bambino e i
compagni di Brera, Lukcs e i panini al salmone, tutto quel disordine di accostamenti
e di pensieri lo escludeva, Angela esisteva fuori di lui.
Ebbe paura, le afferr le mani: Tornerai, vero? preg. Non te ne andare!
Certo che torner, rispose, aspetto soltanto che tu mi dica quando.

12
Angela non si fece trovare in casa da nessuno, dopo la visita a Vladi.
Si rifugi nella stanzetta che aveva affittato al suo arrivo, spieg alla padrona che
doveva riposare e star tranquilla, usciva di camera solo per i pasti, che trovava
preparati con cura, poi ritornava tra le quattro pareti, dove teneva le cose che aveva
portato con s da casa e non aveva trasferito nellappartamento di Vladi: due disegni
del padre, qualche fotografia, i dischi pi consumati, i libri sottolineati fittamente in
altri tempi.
Rilesse i poeti della sua adolescenza, risent le musiche che si mescolavano nella
memoria con la voce del mare, si ascolt, scrisse al nonno, a zia Rachele e a sua
madre:
di una cosa sono certa, almeno di una: non voglio, per nessuna ragione, che
facciate qualcosa. Ripetilo allavvocato Guidi, non ci saranno cause, e sappi che non
firmer niente, se per caso voleste fare di testa vostra. E non credere che sia orgoglio,
mamma, che abbia deciso cos per non avvilire il mio matrimonio con questioni di
denaro. Sono da sempre persuasa che sarebbe una rivincita meschina: in pi,
inalzando la bandiera del buon diritto, ora ruberei anche un marito e si ripeterebbe,
con me ricca, unaltra cogestione economico-familiare. No, no, per carit! Non senti
come suona stonata una ripetizione cos? Perdonami, mamma, ma deve suonare
stonata anche a te, la tua storia simile alla mia, solo che per te e per pap non ci
sono state separazioni imposte dagli altri, avete vissuto insieme come avete voluto e
potuto. Io, invece, non vivo come vorrei, ma per il resto, il bambino, lordine
costituito, i rapporti sociali, non mi importa niente. So che ti do un dispiacere ma
sono forte e mi basto: di questo soffro: che mi sono accorta di bastarmi. Non intendo
togliere il bambino a suo padre, non sarebbe giusto, ma non voglio nemmeno farlo
crescere nella falsit. Vivr con me, per ora: capisco che stai chiedendoti perch non
parli di famiglia e di matrimonio. Perch non mi riesce di crederci, di desiderarlo.
Forse presto, forse sono soltanto sconvolta da quello che successo, Vladi guarir,
e io ritrover la mia misura di prima Ma non so pi quale sia: quella di quando
vivevo con voi, nella nostra isola raccolta, o quella dellestate, quando vi ho scordati
senza rimorsi, e con una felicit che non avevo mai conosciuto. Vedi, mamma, non
rimpiango niente, nemmeno ora che quei giorni mi sembrano un sogno sognato da
unaltra; quello che so che non posso pensare la mia vita in funzione di quel sogno,
se la sua magia non mi tocca pi, o non pi come allora. Ti direi una bugia se ti
raccontassi che aspetto qualcosaltro dal futuro oltre la nascita di mio figlio. Tu lo sai,
che non mi riuscito mai di fingere; quello che sento adesso per Vladi pena,
tenerezza, qualche volta rimorso, ma non quello che avrebbe diritto di aspettarsi: c
in me una rivolta sorda al programma di vita che sembrava cosi facile e giusto la sera
di Capodanno, ti ricordi? Qualcosa si spento dentro di me, e mi lacera la nostalgia
di quel che di perfetto stato sciupato. Da chi, da cosa, non voglio dirlo, n accusare
nessuno: io so che stato sciupato. Ignorarlo non serve e non mi piace accettare
unidea di futuro che si fondi su questa stanchezza rassegnata. Non essere in ansia per
me: decider quando sar giusto decidere, che Vladi sia forte e in grado di aiutarsi e
di aiutarmi; ma se sar ancora come adesso, non avr dubbi, n debolezze. Essere
sola non mi fa paura: mi fa paura sentirmi divisa, vivere a met. Anche di questo ti
ringrazio, mamma: sei tu che mi hai cresciuto in semplicit. Sta buona, lo dico io a
te, questa volta; Angela diventata grande, troppo in fretta, o tutto insieme, ma ha la
bussola del nonno e non si perde. Ti abbraccio con una tenerezza pi grande di
sempre.
Angela partor ai primi di giugno. Si era sentita male nella notte,
unautoambulanza la trasport al Fatebenefratelli, la padrona di casa era salita
accanto a lei, tutto era stato precipitoso; il medico di guardia laveva fatta ricoverare,
dopo aver sentenziato che il travaglio sarebbe durato almeno fino a mezzogiorno.
La donna chiese a Angela se doveva chiamare Vladimiro: Lo lasci stare. Se deve
durare cos a lungo, ci sar tempo domattina, e lo chiamer in ufficio.
Vuole che telefoni a sua madre? Alla sua amica? Angela fece segno di no, con la
testa: le fitte erano acute e sempre pi ravvicinate. Si teneva con le mani alla sbarra
del letto e quando londa dolorosa saliva dai reni a inabissarle il ventre, la stringeva
fino a sentir penetrare il freddo del metallo nelle dita brucianti. Londa si ritirava e
Angela si rilassava, sfinita; pochi attimi di un benessere indicibile, poi ancora londa
risaliva percorrendola di male. Non poteva durare una sofferenza cos, per dieci,
dodici ore, non era possibile, non avrebbe resistito. Teneva le labbra strette tra i denti,
concentrata a non urlare, per non disperdere il fiato: le serviva tutto, per sopravvivere.
Un calore materno le fece chiudere gli occhi, era immersa in un bagno caldo, si
guard stupita, il suo corpo non le rispondeva, sent la donna che usciva gridando:
Si son rotte le acque!, poi tutto prese un ritmo confuso, due infermiere la
sollevarono su un lettino, percorse un lungo corridoio, fu tra visi sconosciuti in sala
parto.
Ecco, pens, la mia vita potrebbe finire qui. Ebbe in un attimo, a sbarrarle la
strada del coraggio, tutti i pensieri che erano stati insieme con lei negli ultimi mesi.
Per la prima volta nella sua vita aveva sentito il peso di una solitudine non scelta ma
determinata dagli avvenimenti: aveva rifiutato laiuto che le poteva venire da Marta o
da Davide o dai compagni di scuola, per soffrirne consapevolmente. Era la
malinconia, ma non quella impalpabile che le prolungava la veglia quando la luna era
alta e disegnava per lei strade sul mare, ma un senso di pena, intenso e struggente,
che le mordeva il cuore. Pensava al nonno che aveva perso chiacchiera e energia,
unantica pianta dalle barbe disseccate che respirava ma non beveva pi linfa dalla
terra, gi lontano da lei e da tutto. Sua madre era pi stanca e avvilita per chi resta
senza compagno, il mondo deserto anche se capace di popolarlo di fantasmi, di
libri, di musica Angela lo capiva meglio ora, che sentiva Vladi lontano e il figlio che
doveva nascere non bastava a riempire quel vuoto: per resistere al male, se viene,
aveva pensato nelle sue ore malinconiche, chi ho che mi tenga una mano? Allora le
pareva di guardare tutto, persone e cose, da molto lontano: non poteva lavorare, n
star ferma, n parlare, doveva muoversi tra la gente, correre, sapere che era viva e
godeva di un altro giorno, un bene di cui nessuno sancisce il diritto, un dono da
segnare finch lora verr e il tempo non avr pi senso. Il pensiero della morte le
stringeva la gola; un giorno era entrata in San Marco, la basilica laccolse nella sua
ombra fresca, qualcuno suonava sul grande organo trecentesco, risent la presenza
misteriosa che laveva inchiodata da bambina ad ascoltare la musica e a perdersi nelle
figure affrescate sulla cupola, preg, intensamente, non sapeva chi, che almeno il
bambino fosse sano e buono, lorgano tacque ed ebbe paura, si sent sospesa e incerta,
non aveva chiarezze da dare a suo figlio, consolazioni da offrirgli in cambio del male
di vivere. Unangoscia profonda le impediva di respirare, e in quellangoscia una sola
luce: la nostalgia per tutti quelli che le avevano dato amore e le avevano fatto pi
facile la strada, con il loro caldo sostegno, e le avevano insegnato la sola cosa che
conta, laccettazione dei doveri come dei sogni. Avrebbe voluto dir grazie a tutti,
senza ritegni n pudori. Quando usc di chiesa, sent che aveva ripensato alla sua vita
attraverso le lacrime di un addio.
Tutto questo che era stato il mondo segreto di Angela in quegli ultimi mesi di
attesa, le si par dinanzi, calato nelle forme bianche che intravvedeva confusamente,
linee e volumi di una stessa unica realt, il parto e forse la morte.
Si contrasse sul lettino, ebbe un gemito.
Un uomo in camice le sfior il viso con una carezza: Coraggio, figliuola! Era
anziano, un viso affilato, due occhi scuri e grandi, un basset hound, pi tardi Angela
lo pens cos, ora quello sguardo umido e dolce, che esprimeva compassione e offriva
aiuto, la richiam allaccettazione del momento.
Si costrinse a guardare intorno. Dunque, ci siamo: questa uninfermiera, questa
anche, questo il medico, questa deve essere lostetrica.
Respiri fondo, ecco, cos, quando glielo dico io, era il medico con gli occhi tristi
che le parlava.
Gli sorrise, ubbid. Uno scatto della volont, e langoscia, i pensieri di morte, il
sentimento oscuro delladdio, la sospensione tra il noto e lignoto, tutto era
cancellato: era qui, sola, ma non aveva pi paura.
Guardava il medico, docile e attenta a non disperdere nemmeno un fiato di energia.
Decisa, coscientissima.
Guarda questa ragazza se poco in gamba, qualcuno diceva, Angela capt con
una parte sola di s la lode e laccolse come un tempo a scuola, non contavano gli
altri e il loro giudizio, ma quello che era capace di fare per s, se le dava gioia o se ne
aveva bisogno.
Una voce terribile, bestiale, le si alz vicino, ebbe orrore di s perch si accorse
che veniva da lei: aveva gridato, una sorta di muggito straziante che i visceri avevano
alzato a sua insaputa.
Ci siamo, attenti! era ancora il medico alle infermiere e a lei:
Spinga, spinga forte, il collo era teso nello sforzo fino a scoppiarle, sentiva le
vene gonfie premere contro lo scollo della camicia grezza che le avevano infilato,
qualcuno gliela slacci, unonda calda la percorse dalla nuca alle radici, Basta, non
spinga pi! un grido e qualcosa fu catapultato fuori di lei; ce laveva fatta.
Accidenti, questa lha sparato, non partorito! Che bella creatura! Come sta?
Le asciugavano la fronte, le dicevano brava, Angela galleggiava nelle acque
beate del sollievo dopo il travaglio, erano dolci come doveva essere dolce la culla
delle acque materne, pens a sua madre, gli occhi le si gonfiarono di lacrime, le
lasciava scorrere sul viso, anche le lacrime erano gioia, era finito, Pianga, pianga,
stata bravissima, si abbandoni, le far bene, alz gli occhi, era il medico che le si
affaccendava intorno, dovr farle un po di male adesso, due punti, stata cos
energica nella fase espulsiva, e poi tanto giovane, il primo figlio d sempre qualche
lacerazione. Cos? Maschio?
Erano le prime parole rivolte al bambino, lo cerc con gli occhi, vide tra le mani
dellostetrica un coso rosso, con una fascia giallastra sul dorso ricurvo: distolse gli
occhi, era brutto.
S, un bel maschietto, di tre chili e sette etti. Perch esitava, cos giallo?
Sta bene? Il medico rise: il grasso che ha sulla pelle; stava bene, con lei, suo
figlio, al caldo. Vuol vederlo? Angela fece segno di no: Ha tutto? S, ha tutto.
Chiuse gli occhi, lo avrebbe guardato non appena il male, quello nuovo che il
medico le procurava, fosse finito. Aveva tutto, era sano; non aveva confessato mai a
nessuno la sua paura: mentre lo faccio, certo mi scorder di fargli qualcosa. Ora si
rilassava anche da questo timore: era nato, era vivo, era intero. Sorrise al medico:
Grazie, gli disse piano, e sent avvolgerla la gratitudine per la vita che aveva e che
aveva dato. Partorire era stato doloroso, un male non paragonabile a nessun altro, ma
laveva sentito necessario: la squarciava perch si aprisse, era la ferocia della vita ma
anche la sua necessit. Pens che forse quando un frutto si stacca maturo dal ramo,
anche lalbero soffre come lei aveva sofferto: una lacerazione fonda, che lascia la
pianta esausta ma liberata, con i rami tesi verso lalto, in una sensazione intensa e
pacificatrice di aumento vitale.
Voglio vedere mio figlio, disse.

13
Il bambino fu registrato col cognome di sua madre. Angela aveva esitato
nellattimo in cui doveva dirne il nome, poi si decise: Carlo. Era quello del padre di
Vladimiro, sapeva che Vladi desiderava ricordarlo in suo figlio, e le pareva di
averglielo sottratto gi troppo, negli ultimi mesi e ora inserendolo nella vita civile col
proprio cognome.
Pens che se Lavinia avesse avuto come lei un figlio al di fuori del matrimonio, si
sarebbe chiamato come Carlo; il padre di Lavinia e il suo erano stati fratelli anche se
la vita li aveva resi stranieri. Ma Lavinia non aveva avuto bambini, Angela sapeva
che si era sottoposta a cure lunghe e dolorose e che non aveva perso la speranza di
legare a s Vladi con un figlio.
Lo pens con cattiveria, e subito ebbe vergogna di s: Carlo dormiva accanto a lei,
sazio di latte, e ancora ne aveva alcune gocce sulla bocca semiaperta, lo asciug
dolcemente, gli chiese perdono della meschinit dei suoi pensieri ti ho considerato
non per quello che sei, pensando a cose che non ti devono toccare, n ora n mai,
bambino mio, che la tua vita sia libera almeno dalle schiavit inventate, non ereditare
niente, che tu possa essere il primo bambino della terra, in un mondo nuovo: io ti
aiuter lo porse allinfermiera che veniva a riprenderselo dopo lultima poppata
del giorno e si lasci andare sui cuscini.
Era debole, ma stava bene; soffriva soltanto dellafa che gravava su tutto, uno
scirocco spossante che da alcuni giorni aveva portato unestate precoce in citt, le
lenzuola erano appiccicose, i capelli un elmo pesante.
Aveva mangiato controvoglia, per far latte e ora il suo corpo era occupato dalla
fatica di trasformare in energia per s e per il bambino quello che aveva ingurgitato.
Mi sento mucca. Non uno stato danimo sublime, anzi non nemmeno uno stato
danimo, sono semplicemente ridotta allo stato animale.
Il sonno la colse su questa constatazione: brandelli di idee, di programmi, di cose
da fare, erano affiorati alla sua coscienza impigrita e li aveva respinti con fastidio;
avrebbe dovuto affrontarli, ma non ci riusciva; una cosa alla volta, quando domani
verr, allora penseremo al domani, chi lo aveva detto? chiunque fosse, lo aveva detto
anche per lei.
La svegli un rumore di carta smossa: apr gli occhi: cera Vladi accanto a lei. Gli
sorrise, nel sonno ancora, e richiuse gli occhi: stentava a riemergere e Vladi non
aveva parlato. Se ne rese conto e lo chiam; ebbe la sua bocca sulla faccia:
Avevo paura di svegliarti, dormivi cos profondamente, una bambina anche tu.
Come stai, amore mio?
Si scambiarono le notizie, la convalescenza era stata un esilio da Angela,
Vladimiro aveva ripreso a vederla da poco pi di un mese e da una settimana era
tornato in fabbrica, i fatti di marzo avevano lasciato strascichi numerosi e tutti cattivi:
la polizia aveva continuato a indagare, il colpevole non si era trovato, il sospetto
falsava i rapporti, cerano state discussioni violente tra gli operai, il partito era
intervenuto per imporre la sua linea, ma le correnti del dissenso non si erano placate.
Penso sempre pi spesso di abbandonare tutto e di andarmene. Via con te e con il
bambino, concluse Vladi.
E dove andresti?
Dove andremmo, la corresse. Ma, non so, terzo mondo, o quarto, dove ci sia
gente diversa, con problemi veri. Sono stanco di mezze verit e di problemi
inesistenti, la stretta osservanza di tutti alla propria chiesa di una noia mortale;
daccordo, io sar un servo della borghesia, ma almeno tento di capire e invece
intorno a me non vedo che paraocchi. A volte pare anche a me di essere un cavallo, al
maneggio tra altri cavalli, giriamo, giriamo e non ci incontriamo mai.
Io mi sento mucca, invece, rise Angela. Come animale sei pi nobile tu.
Allora, che ne diresti di una bella fuga? chiese Vladi. Ma cos, su due piedi,
non so Lui cos piccolo E io ho appena frequentato un anno, rispose Angela.
Che centra la scuola? Intanto, cosa ne fai? Dovrai occuparti di tuo figlio, no? E
siccome sano, pu crescere qui come in Africa.
La voce di Angela era sottile, ma ferma: Veramente non ho mai pensato di
abbandonare gli studi per il bambino. E credo che lavorer.
Lascia stare, Angela, non discutiamo adesso, non il momento. Lo capirai da sola
che non possibile
Perch invece non ne parliamo? Se ci saranno dei sacrifici da affrontare li
affronter, ma non voglio che Carlo abbia una madre mortificata.
Hai davvero un modo curioso di vedere le cose. Mortificata lo sarai se dovrai
faticare, dividerti tra lavoro e casa. Io voglio che tu sia serena, distesa, per te e per lui.
E per me, naturalmente. Rise, un breve scatto nervoso, che denunciava
linquietudine. Dopo lincidente, Vladi viveva nellansia pi di prima: continuava a
rimandare un colloquio chiarificatore con la moglie, ma egli pensava sempre pi
spesso che se avesse aspettato a parlare quando lorizzonte economico si fosse
schiarito, avrebbe perso ogni credibilit agli occhi di Angela. Laveva vista cos
chiusa in difesa che misurava la propria esitazione, il suo procedere a scatti, tra
lansia e la furia, con la forza di lei e ne aveva paura. Angela aveva perduto la sua
dipendenza da lui: era questa la consapevolezza che gli doleva di pi e se tentava di
imporgliela a ogni occasione, era solo per rassicurarsi: voleva legarla a s, sapere che
gli apparteneva. Da mesi ormai lillusione del possesso nellabbraccio gli era stata
negata dagli avvenimenti; Angela era un nome, un viso amato ma illeggibile, la
madre di suo figlio, certo, ma anche per questo aveva timore. Si era sentito dentro
unostilit, una sorta di gelosia che gli aveva impedito di essere semplice e naturale,
quando aveva tenuto per qualche attimo il bambino tra le braccia; guardava quel
faccino grinzoso che si distendeva in beatitudine se Angela lo avvicinava al petto,
come quello di un nemico; Angela invece si scordava immediatamente di lui quando
lo prendeva tra le braccia; se Vladi incontrava i suoi occhi, era un incontro casuale, in
cui niente gli veniva partecipato di quella comunione tenera e feroce da cui era
escluso: li guardava come da una terra desilio, o come si guarda la luna dalla finestra
di una prigione. Gli si alterava il cuore e la faccia, doveva alzarsi, fare qualcosa, si
accendeva una sigaretta, la voce di Angela lo raggiungeva, sai che non devi fumare,
qui, non poteva urlare che voleva anche lui affondare le mani sui grappoli tiepidi di
quella vendemmia che gli era negata e di cui si sentiva derubato.
Domani andiamo via. Angela aveva la voce neutra, di chi comunica qualcosa e
teme il seguito.
Domani? Di gi? ancora lallarme, la paura, un rischio nuovo da affrontare,
attento, non commettere errori!
un ospedale, non una clinica; daltra parte io sto bene, e anche Carlo si
comportato con onore.
Angela sorrideva, ma Vladimiro la conosceva troppo ormai per lasciarsi ingannare.
E aspett, senza rispondere.
Domattina, dopo la visita, verso mezzogiorno, se puoi venirmi a prendere, sar
pronta. Bisognerebbe tu mi portassi la cesta di vimini che ho in casa. Se non puoi,
chiama la signora, o Marta, telefonare di qui sempre un problema.
Verr io, cosa ti salta in mente? Certo, che verr io, anzi, prendo vacanza: per tre
giorni non mi muover, staremo insieme a casa nostra, io e voi. Posso dire, vediamo,
che devo andare a Zurigo
Ma non vado a casa, non posso, Angela lo interruppe. Come, non puoi?
Dovr pur avere qualcuno che mi guardi Carlo, mentre faccio gli esami.
Gli esami? la voce si era alzata di un tono, strideva.
Non vedo perch dovrei perdere una sezione, visto che li ho preparati, ribatt,
fredda e ferma.
E io? non era riuscito a trattenersi, implorava, e saperlo gli conficcava pi acuta
la spina del dolore nella carne.
Starai con me, se vuoi, in camera. Usciremo, devo pur riprendere a camminare
per le strade!
Gli fece pena, le si impiccioliva la faccia quando doveva come ora districarsi tra le
secche del cabotaggio quotidiano, la malattia milanese da cui non aveva avuto la
forza di guarirla: per salvarsi Angela si era alzata sopra quelle miserie, sopra le bugie
e i compromessi, e laveva vista prendere il volo, le ali rattrappite dal disagio, ma
cos avida di un cielo libero e solo suo che non era stato capace di fermarla.
Ti prego, Angela, vacci dopo, ora restiamo insieme, almeno tre giorni, supplic.
E poi, quando ci saremo abituati, sar peggio; anche per lui. I bambini hanno
bisogno di un ritmo ordinato, di sentirsi sicuri
Allora, dillo chiaro: di me non ti importa pi niente, scatt.
Lasciami riposare, Vladi, sono stanca, non ora, ti prego
Aveva voltato la faccia verso il muro, si intravvedeva la linea della mascella forte,
la curva breve del mento, pareva una bambina castigata, si avvicin, la costrinse a
guardarlo, le chiese, piano:
Perch?
Angela taceva, fissava un punto lontano, poi disse:
Perch non voglio pi bugie, nemmeno io, le mezze verit, come dici tu. Ma non
voglio scappare, il terzo mondo qui, ci voglio vivere dentro, con le mie forze, se tu
non ce la fai: tre giorni, a nasconderci, perch devi far credere di essere a Zurigo, e
poi ancora sola, e poi unaltra vacanza Non mi nascondo, non mi nascondo pi, hai
capito? aveva alzato la voce, gli occhi erano duri, giudicavano, senza amore n
piet.
Ho capito, s, fece Vladi e si scost dal letto.
Angela parve pentirsi, allung una mano, gli afferr un
braccio, lo tenne stretto, con dita unghiute, Vladi si volse, il viso subito illuminato
di speranza:
Non un ricatto, ricordalo, non precipitare le cose perch hai paura. Ti aspetter,
ma a modo mio. Alla fine di luglio io e Carlo andremo a casa, al mare. Far bene a
tutti e due; e tu ci verrai a trovare.
Hai deciso tutto, vedo, fece Vladi, amaro. Dimmi la verit, Angela, cos che
provi per me? Pena o disprezzo? Angela esitava, abbass gli occhi: Non vero:
sento sento che sono sola. Ma come puoi dire una cattiveria simile? Se non
penso che a te, giorno e notte, lo sai, non puoi non saperlo: se non ci fossi stata tu, mi
sarei lasciato morire. Non ne posso pi, di tutto quanto, dici che sei stanca, ma tu sai
quello che vuoi; io no, sono sfinito, se tu te ne vai niente mi trattiene pi. Era meglio
fossi morto: ora sarei un martire, e tutto sarebbe pi pi decente.
Lascia stare la decenza, la morte non si sceglie. Ci sceglie. Aveva parlato
duramente. Vladi la guard con odio. Angela incroci gli occhi con i suoi, quasi
grid:
Non nasconderti sempre dietro le parole, martiri siamo tutti, se vogliamo esserlo,
ma perch martiri? Possibile tu non veda la verit pi semplice? Affronta le cose
come sono, e fa la tua parte: questo, decenza. Se non sei dentro le cose, allora si,
sei morto, non esisti, n per te n per gli altri. LAfrica, la morte: non ti accorgi che
sono tutte fughe? Ma anche per scappare, bisogna scegliere, agire, nelle cose, in
concreto. Se no, si soltanto fumo, che si agita ma poi svanisce, non c.
Sei brutta, quando predichi. giusto che faccia gli esami: la vocazione
allinsegnamento ce lhai. una scelta ragionata.
Sono tutta ragionata, io: non lo sapevi? il lume della ragione che mi ha guidato
con te, rispose e le tremavano le labbra.
Scusami, ho torto, mi fa impazzire sentirti cos, sei diversa, non mi parli pi, mi
giudichi e basta.
E tu? Anche tu mi giudichi. E non ti piaccio. Non posso farci niente.
Se fosse solo questo. Sono io che non piaccio a te, Angela: tu che predichi la
verit, non sei capace di dire la cosa pi semplice: ti sei stancata, non ti servo pi.
Angela non rispose. Una sola cosa era vera: non reggeva pi, la lasciasse in pace.
Me ne vado. Perdonami. Domani sar qui a prenderti. Andremo dove hai deciso
tu. Riposati.
Si chin su di lei, Angela volse la faccia, le labbra di lui sfiorarono la sua guancia
umida di sudore.
Non siamo che povera gente, impotente a capire, impotente ad amare. Che mondo
opaco, bambino mio, non conoscerlo, resta nel bianco del mio latte, non guardare
nientaltro, ti porter via presto, vedrai volare i gabbiani.


Parte terza

1
Angela non rientr a Milano, quando giunse lautunno. Il nonno si ammal alla
fine dellestate, bisognava prestargli cure continue, la madre di Angela doveva
riprendere il lavoro se non voleva perderlo, anche il bambino non poteva, cos
piccolo, essere abbandonato. Angela si rassegn a restare. E vide, nello svolgersi
degli avvenimenti, una risposta provvidenziale alle incertezze e ai dubbi in cui si era
dibattuta negli ultimi mesi: aveva dei doveri da assolvere, qui, anche se continuava a
chiedersi se il suo primo dovere non fosse quello di rimanere accanto al padre di suo
figlio: trattenersi in Liguria significava staccare ancora Vladi da s, e la decisione non
era facile.
Allarrivo della nipote e del bambino, il nonno era entrato in una sorta di tardiva,
dolcissima estate di San Martino. Aveva ripreso a chiacchierare e a mangiare con
gusto, badava al piccolo, standogli accanto, allombra, mentre Angela nuotava o si
rosolava al sole, ma si commuoveva, lui che aveva educato Angela a rifiutare le
lacrime come una debolezza colpevole, se il discorso cadeva sullavvenire e su
Milano.
Legoismo vitale che si era risvegliato in lui al rientro di Angela, dandogli una
nuova carica di comunicazione nel risentirsi utile e amato, doveva essere stato in
allarme, durante quei mesi, e avvicinandosi lora della partenza di Angela, il male lo
colp. Il vecchio ha trovato il modo di trattenere chi gli premeva di avere accanto nel
momento di andarsene da questo mondo. E c riuscito. Cos disse zia Rachele, che
aveva della malattia e della morte una sua personalissima idea: si muore quando si
vuole, le malattie sono pi intelligenti di noi, trovano la risposta dei nostri problemi
prima della ragione. E cosi il nonno si spense, alla fine di quellanno, guardando con
lultimo sguardo stanco ma non ansioso, serenamente, Angela che gli stringeva le
mani fredde.
Angela part per Milano in gennaio, stette in casa di Marta una decina di giorni
aveva lasciato la sua camera a giugno and a scuola, vide professori e compagni,
ottenne quello che non era generalmente concesso: le fu consentito di lavorare da
lontano e di sostenere la prima sessione di esami.
Vladimiro tent di farle cambiare idea ancora una volta, ma Angela fu
irremovibile. I colloqui furono tempestosi e Angela, che li temeva, cominci a evitare
con qualsiasi pretesto di restar sola con lui. Preg Marta di aiutarla, temeva le
disse di cedere alla piet e al ricatto di una disperazione ormai incontrollata. I loro
incontri nella casa che Vladi non aveva voluto disdire quando era venuto il momento
di rinnovare laffitto, furono, in quei giorni, stentati e senza confidenza. Angela aveva
insistito perch lasciassero la casa, aveva blandito Vladi: Verrai a trovarmi tu, per
ora: poi, appena potremo, avremo unaltra casa e sar la nostra, per sempre.
Nel rifiuto di lui, Angela aveva visto la sua ostinazione a lasciar immutate le cose e
la sua incapacit a uscire dalla strettoia che li soffocava entrambi.
Angela era cambiata: ora, se faceva lamore con Vladi, solo qualche volta era il
sangue giovane a rispondergli, nella ricerca di un piacere che sentiva come un diritto,
ma non cera comunione fra loro, e la tenerezza era avara nei loro abbracci: Vladi si
aggrappava al suo corpo morbido e forte come un naufrago a una zattera che gli
promette salvezza, chiuso nella sua sofferenza, attento a comprimere le parole di
rancore che gli tumultuavano dentro: la forza di lei gli faceva sembrare un inganno
labbandono amoroso con cui gli si era data nellestate del miracolo.
I miracoli non si ripetono, vero, Angela? le disse, in casa di Marta, il giorno in
cui lei gli comunic che sarebbe partita lindomani.
Che cosa vuoi dire? gli rispose Angela, subito sulla difensiva.
Che lestate tornata, ma non servita a niente. E forse, quella del miracolo,
stata un sogno, unallucinazione del caldo.
Hai una maniera abbastanza offensiva di considerare nostro figlio, gli ribatt,
acida, Angela.
Nostro? la voce era ironica. Da come lo amministri, direi che te lo sei fatto da
sola.
Se non vuoi che sia solo mio, sai come fare. Ma questo non ti fa comodo.
Marta si alz dalla poltrona in cui si era rincantucciata per essere meno visibile, ma
Angela la trattenne, e disse le parole che Vladi si port dietro a lungo, pesanti come
una croce: Resta, ti prego, non ho vergogna di te. La vergogna unaltra: dentro di
me e mi brucer finch vivo: di aver sbagliato tutto, di aver preso per oro un luccichio
senza niente sotto. S, un miracolo dellestate, hai ragione, e dentro quella luce ho
visto anche te, ma tu eri un miraggio solo mio, non ci sei mai stato, non esisti, hai
capito?
Vladi, pallidissimo, non apr bocca, la porta di casa sbatt, era sparito.
Angela part senza che nessuno dei due avesse tentato un riavvicinamento. Il
telefono non aveva squillato e fu Marta ad accompagnarla alla stazione.
Angela era carica di valigie e di cartelle, le grandi cartelle di lavoro: il professore
che laveva adottata fra tutte, fin dal primo momento, le aveva assegnato programmi
e linee di esercitazioni; Angela aveva con s una lettera di lui per un amico di
Oneglia che avrebbe potuto seguirla e aiutarla. Era serena, o almeno cos pareva. Non
volle che Davide laiutasse, basta Marta, grazie, sperava che Vladi fosse alla
Centrale e non voleva lo ferisse la presenza di un uomo, o semplicemente volle
escludersi ogni possibilit di distrazione. Non aveva ancora deciso, perch la
tratteneva da un estremo distacco il timore di nuocere al bambino. Per s, quel
distacco era gi avvenuto, ma non ne parl con Marta, e non la incaric di alcun
messaggio, era silenziosa e tesa, lamica ne avvertiva la vulnerabilit e non ruppe
lisolamento in cui la sentiva totalmente immersa. Parlavano, aspettando, poche cose
qualunque, per riempire il vuoto, ciascuna chiusa in s e gi lontana.
Quando il treno si mosse, Angela le fece un cenno, al di l del vetro: aveva la
faccia risucchiata di dentro di quando soffriva, e Marta torn a casa con un cuore di
piombo.
Vladi arriv alla spiaggia del lupo due volte, e non accadde niente. Il bambino gli
sorrideva, cresceva sano e bello, Angela lo guardava parlando con Vladi, e Vladi
sentiva una gelosia assurda, la stessa dei primi giorni, crescergli dentro.
Sembriamo una coppia di quelle che la gente chiama <civile>. Siamo separati
legalmente, in attesa di divorzio, e ci scambiamo notizie con corretta educazione.
Losservazione era di Vladimiro, Angela prefer alla risposta un sorriso: era
prudenza, desiderio di non ricadere nel litigio, ma Vladi non lintese che come
indifferenza.
Sei solo una cagna. Una cagna che allatta. E ringhi se qualcuno si avvicina.
Che cosa ho fatto, perch tu sia cos cattivo con me? Niente, hai fatto. Tu non
fai mai niente. Non ascolti che te, ti specchi nella tua perfezione e fai sentire vermi
tutti gli altri. Sei di un narcisismo che fa paura, non possibile parlarti, il tuo
linguaggio solo tuo, il mio non ti tocca, non mi ascolti, a che serve parlare?
Angela ora piangeva, la sua mano, macchinalmente, muoveva l culla, Vladi gliela
strapp, di forza, la costrinse a guardarlo, rabbiosamente la rovesci dovera, la
spogli con furia Angela lasciava fare la ebbe senza che una parola nascesse da
loro, si staccarono, umiliato ciascuno nella sua solitudine.
Non accadr pi. Te lo prometto. Perdonami. Pensaci, Angela. Tu sei stanca, ma
sono stanco anchio. Io non posso darti quello che vuoi, tu non vuoi fare quello che ti
chiedo. Torner una volta ancora: ho unofferta di lavoro in Brasile che ci
consentirebbe di ricominciare tutto da capo, in unaria nuova. Quando sar pronto,
verr a prenderti, se vorrai.
Ma Vladimiro non venne pi dopo quella volta. Angela gli scrisse pregandolo di
lasciarla dovera nata e dove soltanto poteva vivere senza tradirsi. Vladimiro part
quasi subito, da solo. Tre mesi dopo lo raggiunse Lavinia; con lei Vladi rientr in
Italia: aveva accettato di lavorare in una succursale dellazienda milanese aperta in
Puglia. Angela ebbe queste notizie dal medico che li aveva aiutati nei giorni di marzo
e che era diventato amico di entrambi.
Ma quando le ebbe, e tutto era ormai definito, non ne soffr: in quei mesi, aveva
imparato a vivere sola, liberandosi giorno dopo giorno del veleno che le aveva fatto
pi male nello snodarsi della sua storia a Milano: non aspettava pi da nessun
compromesso la risposta alle sue incertezze, non si sentiva divisa, il tempo che aveva
davanti a s poteva essere duro da sopportare, ma era suo, dipendeva solo da lei,
lavrebbe vissuto, con suo figlio, senza esitazioni n bugie.

2
Oneglia ancora oggi, per molti aspetti, simile alla piccola citt che Angela aveva
amato bambina. La parte vecchia rimasta qual era, o quasi, la speculazione edilizia
non ne ha alterato la fisionomia come per tanti altri centri in Liguria. Angela
raggiungeva Oneglia con un autobus tre volte la settimana per recarsi nello studio di
Pezzarocchi. Unanziana donna del paese badava al bambino durante la sua assenza e
Angela ritrovava, nel viaggio e nelle ore che passava col pittore, una libert che era
una medicina prodigiosa per ridarle forza ed equilibrio. In casa latmosfera non era
pi quella di prima: il nonno ne era stato il centro, da lui erano partite e intorno a lui
si erano volte le onde sommesse e vibranti che ne facevano il luogo in cui Angela
respirava con maggiore pienezza. Angela ne prendeva coscienza ogni giorno con pi
acuto rimpianto; la madre, che vi aveva vissuto senza del tutto condividerne
latmosfera e parteciparne la suggestione, si era ancora di pi richiusa nella sua
astratta maniera di esistere. Non aveva capito la decisione di Angela, si era opposta
per quanto aveva potuto, nel destino della figlia patendo una ripetizione del suo; di
colpo, come se avesse consentito agli anni di aggredirla, si era sbianchita nei capelli e
asciugata nel corpo che era stato fiorente: la sua parte era ormai quella di una nonna
senza festa.
Carlino le sorrideva, quando arrivava vicino a lui, ma con misura, come se
istintivamente avvertisse che non bisognava con quella donna dalla bocca sorridente e
dagli occhi distratti, prendersi troppa confidenza. Stava zitto, guardandola, e nessuno
dei gorgoglii o delle sillabe balbettate con stupore felice che rovesciava su sua madre,
gli usciva dalla gola. Angela aveva notato le riserve di Carlino e vi aveva visto una
conferma di quanto lei stessa sentiva, con una stretta al cuore: la mamma non era con
loro del tutto, mai; si chiese se ci fosse mai stata; al di l delle attenzioni e delle cure
con cui aveva avvolto lei e il nonno prima e ora avvolgeva lei e il bambino, era
evidente il distacco: come se, adempiuti quelli che riteneva doveri di solidariet
familiare, la madre riprendesse il possesso di s, in una sua sfera privata e
inattingibile, dove senza gioia ma anche senza lacerazioni, si rifugiava, vegetando.
Angela laveva sorpresa pi volte, un libro in grembo, gli occhi fissi nel nulla, mentre
uno dei dischi ormai simili a unossessiva piattaforma di suoni che nessuno
distingueva pi dalle pareti o dai gesti, girava sul piattello, inutile e inascoltato come
il libro, come le voci di Angela e di Carlino, come la presenza del mare, come tutto.
Non ha coscienza di s e dei suoi limiti, perch vive nellastratto, pens Angela
e ne ebbe una pena acuta: vivere cos, in una nebbia di distanza, separata dalle cose e
dalle persone, le sembr una condanna che non avrebbe mai sopportato per s.
Cos, quando lautobus percorreva le curve di capo Berta, tra splendore di colori
marini e profumi di pino in quel tratto lamministrazione aveva posto vincoli
tardivi ma severi si abbandonava con intenso piacere, consapevolmente, a libere,
pigre e capricciose fantasie.
La bellezza di cui godeva la riportava a sogni di bellezza antica, quando in
quellangolo di mondo arrivava Boine a cercare salute per i suoi polmoni consunti o
Roccatagliata Ceccardi si affrettava nellultimo tratto di marcia verso lapprodo
salvatore dellamico Novaro, senza un soldo in tasca, il canarino nella gabbia in
bilico sulla spalla, lo scudiscio che tagliava laria a segnargli come un rabbioso
metronomo gli endecasillabi.
Angela conosceva la storia della poesia e dellarte in quellascella dItalia, e a ogni
occasione le balzavano incontro immagini suggerite dalle letture o dai racconti del
nonno: non si sentiva sola; un benessere pieno e composto le distendeva il viso che la
maternit aveva reso pi intenso, la pelle splendeva sulle guance sode, gli occhi
avevano la chiarit della giovent e il languore della maternit. Spesso, sullautobus,
qualcuno cercava di parlarle; Angela non rispondeva, scostante senza superbia.
Autisti e controllori la conoscevano: una volta che era in ritardo laspettarono, sordi
alle proteste dei passeggeri, e Angela anche per questo saliva sullautobus sentendosi
in unaria amica, disponibile a ore senza ombre, una vacanza nella giornata.
Pezzarocchi aveva lo studio in una delle case salvate dalla Sovraintendenza ai
Monumenti e restaurate dal Comune. La casa si affacciava sul porto e Angela vi
arrivava godendo degli odori di catrame, di pesce e di vernici, un miscuglio familiare
e inconfondibile che si associava in lei a quello dei colori e delle tele nello studio in
cui ritrovava latmosfera della scuola milanese.
Lavorava volentieri e lavorava bene: le sue mani erano rapide, il gusto con cui
accostava i colori e sfumava le linee, sicuro. Pezzarocchi avrebbe voluto notare uno
scatto ogni tanto, unimpennata fantastica, un capriccio dellumore, e si stupiva della
tranquilla coerenza con cui Angela assecondava le sue indicazioni ed eseguiva i
compiti che le aveva assegnato. Non poteva rimproverarla, avesse avuto altrettanto
docili i suoi allievi del Liceo artistico! ma gli pareva strano tanto controllo, tanta
pacifica compostezza in una giovinezza che sapeva trascorsa non senza drammi.
Dipingi come se vivessi nelliperuranio, le disse un giorno. Come fai a essere
sempre cos?
Cos, come? gli chiese Angela guardandolo in faccia.
Pezzarocchi sent, con scandalo, che arrossiva. E non rispose che con una risatina,
sconcertato.
Ma ci ripens, seccato con se stesso. E un po anche con Angela.
Trover unincrinatura, una rientranza, in quella bella superficie liscia, pensava
e ci pensava spesso.
Pezzarocchi era un uomo gagliardo, nel pieno della maturit. Alla sua prima
mostra milanese, ventanni prima, era stato giudicato una promessa. Poi per pigrizia o
per incapacit di districarsi nel labirinto maligno del mercato dellarte, aveva
preferito ritirarsi nel paese natale, vivendo dinsegnamento e di mostre locali: era
stimato, non gli mancavano clienti, quasi tutti i comuni dellimperiese esponevano un
suo quadro in una sala pubblica o in una chiesa Pezzarocchi non era fedele a
niente che non fosse il suo lavoro, santi o operai costituivano per lui soltanto oggetti
da dipingere era libero e sufficientemente scettico per non provare rimpianti n
tanto meno rimorsi.
Nel suo giro di amicizie predominavano le donne, con cui riusciva cos
saggiamente a giostrare che aveva sempre disponibili serate piacevoli, senza drammi
e senza noia. Non si era sposato, giudicava i bambini una deplorevole calamit, una
volta aveva confessato che ne avrebbe forse sopportato uno dalla donna di cui era
innamorato. Ma erano cose lontane, lamore era finito non diceva come e non
si era pi ripetuto.
Di amore bisogna parlare, ma al plurale. Basterebbe questo accorgimento per star
meglio: il guaio sono le donne, che non lo vogliono capire. Non tutte, per fortuna.
Daltra parte, che son diventate maggiorenni non nemmeno mezzo secolo, e con il
latte le madri fanno ancora succhiare alle femmine gelosia, fedelt, astuzie, e tutti i
veleni dellimbroglio organizzato tra i sessi
Pezzarocchi era un parlatore: in studio, mentre dipingeva, e non gli importava che
nessuno gli rispondesse, al bar con gli amici, nei salotti tra le sue donne. Parlava e
regalava indulgenza e malizia, battute acide, assoluzioni ciniche o tolleranti;
amministratori pubblici e intrallazzatori privati tenevano pi in conto la sua lingua
che il suo pennello; Pezzarocchi lo sapeva e si divertiva. Con gli amici la sua carica
aggressiva aveva mostrato di essere soprattutto spettacolare: al timore, nella gente,
era subentrata la simpatia.
Ormai sono come i fuochi artificiali, a Oneglia: se non ci fossi, mi prenderebbero
a nolo per le feste, diceva, ed era difficile cogliere nella sua voce la malinconia. Ma
cera, era arrivata con gli anni, superato il capo della cinquantina, e le amiche di un
tempo tese nella battaglia della sopravvivenza decente.
Angela giunse in questo momento inquieto della sua vita.
Qualche volta insieme ad Angela cera un altro scolaro privato di Pezzarocchi, un
tedesco della colonia che da dieci anni si era impadronita dellentroterra; sempre fra i
nordici cera il ragazzo o la ragazza che finita lestate si rifiutava di tornare nella
galera paterna, qualcuno si fermava a suonare nelle orchestre rivierasche, qualche
altro si aggregava a una bruna coltivatrice di fiori dello stanziamento calabrese,
qualche altro diventava pittore o semplicemente vagabondo dietro il sole.
Quando gli allievi erano due, Pezzarocchi faceva lezione dal vero e chiamava la
modella.
Antonia era unoperaia della vicina raffineria; arrivava in studio con addosso un
sentore aspro e vagamente medicinale e Pezzarocchi ogni volta intonava il miserere
sullolio di Oneglia e i suoi consumatori, lei si spogliava. Non far lamore di fretta,
mai; nuda devi essere; con questa roba che ti puzza addosso, sarebbe come
abbracciare uno sciroppo per la tosse, e la lezione cominciava.
Era lora che Angela godeva di pi: nella luce azzurra che sembrava riflettere il
mare attraverso le finestre strette come fessure, ma altissime, il corpo sodo della
donna era un ideogramma da decifrare come un gioco: il senso dellattaccatura delle
braccia, il continuo musicale che fluiva dai piedi allincavatura dei fianchi, lombra
delle natiche e del ventre, pause dombra in una carne compatta e senza misteri, tutto
era chiaro e aveva un suono giusto: disegnare era leggere, dipingere sognare.
Quel giorno i sogni di Angela indugiavano pigri sui bottoni rosati dei seni gonfi,
sul pelo folto e scuro del pube, pensava a s, i suoi capezzoli avevano perso la
dolcezza di questi, prorompevano sotto qualunque abito, la bocca avida di Carlino li
aveva modellati, duri e pronti, e anche la pelle dei seni era percorsa da venuzze sottili
che la coloravano di fredde sfumature dazzurro; presto avrebbe cessato di allattare,
chiss se sarebbero tornati come prima, ma il suo pube non sarebbe mai stato come
questo, lo guardava attenta, studiandolo e paragonandolo al suo: nessun segno del
parto le pareva di riscontrare su di s, e anche la peluria che si sfumava dolcemente
nel triangolo di Venere era rinata, le pareva, uguale a prima. Ma quella di Antonia
non era peluria: riccioli neri e pieni immagin di scioglierli, erano veri capelli
le formavano una sorta di rettangolo dai bordi stretti solo nella parte centrale del
bacino.
Cera in quel pube, una prepotenza che respingeva Angela e la turbava. Dipinse,
nel suo lavoro, soprattutto il ventre di Antonia. Gioc sulle ombre intorno al piccolo
perfetto ombelico, sfum di ambrate luminosit il ventre, esalt con volute barocche
il richiamo del pube.
Il tedesco si avvicin alle esclamazioni di Pezzarocchi; la sua tela, accanto a quella
di Angela, era un corretto esercizio fotografico. Anche lui si stup della violenza del
segno di Angela, Antonia si era rivestita e guardava anche lei.
Ma sei matta? le disse. Io sono pelosa, ma questa una scimmia!
Angela non rispose. Le spiaceva aver urtato Antonia, ma non sapeva cosa dirle, e
anche il tedesco, cos divertito, la infastidiva: come se approfittasse di un discorso
non diretto a lui, senza discrezione.
Pezzarocchi alz gli occhi dalla tela, guard Angela e lesse sulla sua faccia quel
che le passava per la mente.
Via via, pettegoli, tu Antonia non capisci niente di pittura e tu Hans impara: qui
c vita, nel tuo c lasepsi.
Comandi? Hans non aveva capito.
Che comandi e comandi: dicevo che sei disciplinato e corretto come una ricetta
medica. Senza microbi. Hai capito, adesso? E senza microbi non si vivi, capito?
Intanto spingeva entrambi verso la porta: Arrivederci, daccordo, ciao, ci
vediamo, chiuse masticando unimprecazione tra i denti.
Angela era rimasta dovera, in piedi davanti al cavalletto su cui Pezzarocchi aveva
appoggiato il suo lavoro.
Allora, Angela, stavolta ce lhai fatta, disse lui, avvicinandosele alle spalle.
A far che?
A mollare la martinicca.
La cosa? chiese senza voltarsi.
Il freno a mano dei carretti, ma gi, tu non ne hai mai visti; sei giovane e anchio
ne ricordo pochi; in discesa bisognava mettere la martinicca, se no il carro si
rovesciava sulla groppa del cavallo.
La voce di Pezzarocchi spiegava, il tono didascalico di chi segue una vecchia
abitudine dinsegnamento, ma dentro altre cose vibravano, che Angela avvert come
un calore che laggredisse allimprovviso.
Si volse, non tent nemmeno di ribattere, protese la faccia verso di lui, quel calore
fu intenso e umido sulla sua bocca.
Non una parola fu detta, parlavano le mani, i capelli, la pelle, il sudore dei corpi
che si cercavano, in un movimento che aveva la necessit e il ritmo di due respiri in
sintonia.
Erano luno accanto allaltra, una coperta buttata addosso, Pezzarocchi allung una
mano verso le sigarette:
Vuoi? le chiese.
Angela fece segno di no.
Ah, gi, tu non fumi, allatti.
No, non ho quasi mai fumato, non ci provo gusto.
Sbagli, ma meglio per te.
Dammene una; provo.
Gli aveva dato del tu senza accorgersene; mentre accendeva alla fiammella
dellaccendino che lui le porgeva, pens che era accaduta una cosa inimmaginabile
fino a pochi minuti prima. Si chiese se provava vergogna o rimorso: con stupore
riusc solo a pensare che stava bene.
Volse la testa: Sai maestro, che non mi ricordo come ti chiami? e rise forte.
Anche Pezzarocchi rise, la baci sulla bocca, mi chiamo Franco, disse, e poi:
Allora, come ti va questa sigaretta? Niente male. Imparer.
Non si finisce mai di imparare. Dio, come sono stupido! che mi disorienti. Tu a
me, il colmo! Una pausa, poi:
Sei in gamba, Angela, scusami la banalit. Non so perch, non mi riesce di dirti
niente di quello che vorrei sei un imprevisto coup de ds
Angela lo guard sorridendo: necessario parlare? Fumava, sdraiata, sentendo
nella pigrizia del corpo dopo lamore, un benessere simile a quello che laveva resa
disponibile alla gioia guardando dallautobus il mare tra le rocce; ma era un benessere
diverso, pi fondo e quieto, come quando si lascia la superficie e si scende nel pozzo
azzurro del mare, tra gli scogli sommersi.
Dovr sbrigarmi; deve essere tardi, non posso perdere lautobus.
Non ti preoccupare, ti porto io, le rispose. No, grazie, non voglio.
Ma perch? Mi dispiace lasciarti andar via cos, stasera. Perch non telefoni e non
ti fermi? Andiamo a cena insieme, in qualche posto tranquillo e poi torniamo qui. Ho
voglia di riaverti. Sei un regalo grosso, devo sapere se vero
Angela gli fece una carezza rapida sul viso, era in piedi, si rivestiva con gesti rapidi
e attenti:
Non posso, c Carlo che mi aspetta, torner. Quando?
Gioved, la lezione gioved.
Ma lascia stare la lezione! Pezzarocchi aveva alzato la voce. E domani?
Domani no, non posso.
Davanti a lei, vestita, si sentiva ridicolo, la sua nudit era quella di un uomo
vigoroso, ma la pelle denunciava gli anni: non cera parit fra loro e non insistette.
La lunga abitudine al controllo laiut a superare il difficile distacco difficile
per me, si disse non amava lintenerimento delle donne che volevano dopo
lamore essere amate ancora con le parole, e le ragazze che aveva avuto non erano
diverse da questa, tent di dirsi: loro giovani e io esperto, il conto torna, no? Ma cap
che barava: le ragazze, le donne, discorsi generici, non significavano niente. Qui
cera Angela, davanti a lui, candida e tranquilla, e a lui il cuore, o qualcosa che gli
somigliava, doleva dentro fastidiosamente.
Ci mancherebbe ancora che mi innamorassi di te, le disse, gli occhi angosciati,
mentre la bocca sorrideva. E mentre lo diceva, sapeva che era vero.
Angela lo baci sugli occhi, ma no! Non ti vedo a sospirare! raccolse la sua
cartella e si allontan.
Pezzarocchi accese unaltra sigaretta, era accaduto, pens, accade, anzi, vero, e di
che cosa ti lamenti, perdio?
Ebbe limmagine di Angela che si spogliava: che cosa sapeva di lei veramente? La
gelosia lo trafisse, lama sottile, non diventiamo ridicoli, spense la sigaretta, si
mosse verso la doccia, roba da bassa letteratura, quella lama feriva con un bruciore
acuto, lacqua sgorg, daccordo, cos, anche questo, non discuto, accetto tutto, e
grazie. Lacqua gli ricadeva a scroscio come una benedizione gagliarda, grazie
acqua, grazie Angela, grazie vita, dieci anni di meno, oh pena di fermare i giorni!,
come questacqua, non la fermo, non posso. Per la godo. Ma lo so troppo, Cristo, lo
so troppo che la sto godendo e che non dura.
Si rivest, scese in strada. Anche Oneglia era diversa, le luci pallide del crepuscolo
la facevano sfumata come un ricordo, si spinse sul molo, fino in fondo, per non
vedere che mare, laria fresca gli portava odore di lontananza, di viaggi compiuti e da
compiere, forse i moribondi vedono il mondo cos come lo guardo io adesso,
pens, e torn sui suoi passi, verso il bar gli amici le chiacchiere; le spalle basse, le
braccia abbandonate, il peso degli anni di colpo a gravare, molesto, sul corpo stanco.

3
In quei mesi, Angela fece una scoperta che la sconcert: scopr un uomo del tutto
imprevisto, uno sconosciuto, in quello che gli onegliesi ritenevano di aver classificato
come un qualunque altro elemento noto del loro paesaggio e si scopr diversa da
come era stata sino allora.
Pezzarocchi aspettava Angela ogni volta lottando con limpazienza e la paura.
Quando lei appariva, inutilmente tentava di dominare la voce e le capriole del sangue
agitato, la guardava, non nemmeno bella gli accadeva di pensare, e la voglia di
stringerla subito tra le braccia gliele faceva dolere: si costringeva a restare nella
posizione in cui lei laveva visto entrando nello studio, a dipingere se dipingeva, e a
non voltarsi mentre si preparava. Hans non era pi venuto, Pezzarocchi laveva
liquidato, e solo Antonia riusciva a ridare un ritmo simile a quello di prima alla
lezione. Angela si accingeva al lavoro, ed era, ogni volta lui a interromperla; non gli
riusciva di insegnarle niente, le disse, se prima non laveva abbracciata.
Cos, finir col non imparare niente, si lament lei, ma aveva la bocca protesa.
Scopriva in s una fame di amore che la stupiva e che assecondava, senza saziarsi,
come se il suo corpo, dopo i mesi in cui aveva rifiutato di dividersi con nessun altro
che il bambino, avesse ritrovato unautonomia che esigeva di manifestarsi, rifiutando
tutto il resto per la sola sua verit.
Pezzarocchi impar a godere di quel corpo come se le sue esperienze non fossero
servite che a questo: ogni carezza che la pelle di Angela riceveva restituendo in
vibrazioni moltiplicate la carica amorosa che laveva suggerita, diventava una
scoperta, la fantasia gli accendeva limmaginazione e il sangue, parlava, stringendola,
e le parole la chiudevano in una prigione calda dove ogni gesto risplendeva se le
parole erano tenere e lucenti o diventava un buio affannarsi di sessi se le parole erano
un torbido rimestare nellosceno.
Ora Angela sapeva come godere del suo corpo: non amava, ma amava fare
lamore. Luomo inventava gesti e parole che la portavano a smarrirsi in sensazioni
mai vissute, o mai cos acutamente godute, prima con la testa che col sangue.
Chiudeva gli occhi ed era quel che lui le suggeriva di essere: una bambina, una serva
ubbidiente, una selvaggia. Dopo la curva alta che la portava fuori di s, ricadeva a
occhi aperti nella misura quotidiana, con unaggiunta di benessere di cui gli era
riconoscente; ogni volta sentiva la sua voce dirgli grazie, senza aver pensato di
dirglielo.
Non ringraziarmi. Basta. Non pi. Perch? Mi fai stare bene, perch non dovrei
ringraziarti?
Non so, come come se tu mi pagassi. Mi fai sentire, non ridere, una puttana.
Angela invece rideva, a gola piena; accanto al divano cera sempre frutta fresca e
sigarette, era golosa di tutto, mangiava e fumava, guardando lamante, sciolta in una
libert totale.
Sei di una serenit disarmante. Altro che amore e morte, con te. La morte tutta
mia, nel binomio. Pezzarocchi si era alzato, parlava sotto la doccia. Angela non
cap. Lo raggiunse, nuda, lo avvolse con le braccia:
Cosa centra la morte? Non mi son sentita mai cos viva!
Questa, vedi, Angela, una bugia: lo sei stata altre volte cos viva, e certo di pi.
E anche questo per me la morte: della carne tu prendi solo lallegria; la tristezza
resta fuori. Angela tacque: aveva escluso il passato con una crudelt che le
dispiaceva di ammettere e che tentava qualche volta di esorcizzare con le buone
ragioni che glielavevano imposta, ma sapeva che Pezzarocchi diceva la verit: era
stata viva con Vladi, come mai prima di allora; e adesso era ancora viva, ma in modo
diverso, pi consapevole. Tent di dirglielo. Pezzarocchi le rispose, calmo:
solo che allora eri innamorata e adesso no. Angela non rispose.
Vedi, cos: io, ti amo, e per questo mi stringe la paura del niente, e mi
ossessiona la morte; so che inutile opporsi: tu sei gi passata, torna il dolore.
Angela taceva: quelluomo che conosceva il suo corpo come Vladi non laveva
mai conosciuto, n lei stessa, nel suo segreto pi fondo, forse nella vergogna non
sapeva staccarsi del tutto da quello che le era stato insegnato era per lei un
estraneo: si fondevano insieme, ma dopo, lei rientrava immutata nellaria di sempre;
lui no; questo era il dolore.
Vedi, oggi, quando sei arrivata, mi hai svegliato da un incubo. Dormo poco e
male, la tua assenza grida dentro di me: ti ho vista e mi hai regalato un quarto dora
beatificante, ti ho vista come un angelo salvatore. Di tutto, passato e presente. Poi ho
voluto stringerti tra le braccia e ora sono pieno di cenere. Potessi castrarmi, lo farei
subito.
Era uno scoppio di rabbia che impaur Angela; le faceva pena la sua sofferenza.
Cerc di dirglielo, lui la stacc da s, brusco:
Non so che farmene della tua gratitudine, o della tua piet. Ma sta tranquilla, la
rogna me la son sempre grattata da solo.
Lavoriamo, adesso? chiese Angela, timidamente. Dopo la pausa che prolungava
il benessere del sangue aveva voglia di muoversi, di fare. Pezzarocchi la guardava, tra
le ciglia fitte, un braccio piegato dietro la nuca, un sorriso sulle labbra appena
disegnato, un vecchio gatto che giudicava tutto quellagitarsi una incredibile
mancanza di buon senso.
Ma perch sei diventato cos pigro? si risent Angela. Non facciamo pi niente,
ormai, da chiss quanto.
Prima, non facevamo niente. Non mi dirai che preferisci schiccherar tele.
Stupido, non mi far dire quel che non dico, rispose. Ma si potrebbe far luno e
laltro
Gi, conciliare, si dice cos, tu concili. E invece io non concilio. Non me ne frega
niente di lavorare. Ma almeno per te, per la tua mostra Pezzarocchi scatt su
dal divano, furioso: Ma non capisci proprio niente allora! Non ci credo in quel che
faccio, non lhai capito ancora? Lo faccio perch per campare ci vuole anche un po
di zucchero, oltre ai veleni. E dipingere sempre meglio che metter timbri. Ma tutto
qui. Ora, con te, vivo. Lhai capito che non questione di scelta, per me? Non sono
un genio, o larte o la morte, ma va! Alterava la voce, strascicando le vocali, come
quando divertiva gli onegliesi nei suoi comizi anonimamente perfidi.
Musicista dovevo essere, e non lo sono stato: non ce lho fatta o non ci sono
riuscito, mettila come vuoi. Un padre duro, la mia volont debole, le cose, non si sa
mai bene. Poi lei se ne va
Lei, chi? lo interruppe Angela.
Lei, mia moglie. Le volevo molto bene. Era mia madre, che non ho avuto, e anche
il violino, che avevo dovuto abbandonare. Volevo diventar celebre coi pennelli, per
lei. Allora ci credevo. E le sono stato fedele, come un servo di Cristo fedele a Cristo.
Leggevo persino la Bibbia e ritrovavo in tutte le donne la mia. E cos lei se n andata
con uno che aveva dieci anni pi di me, ma pi quattrini e allegria. E io son tornato
qui. Capisci perch tra vivere e lavorare, non farmi ridere con larte, io non ho pi
dubbi? Mille volte meglio la vita, se vita. E tu lo sei.
Le prese la faccia tra le mani, teneramente: Buona, cagnona, sei un regalo, e i
regali non si discutono. Su, vieni, che ti insegno i trucchi del mestiere. Se ti bocciano,
a Brera, mi arriva qui con un bastone, una come te!
Angela rideva, Pezzarocchi era di colpo diventato un altro: fischiettava, la faccia
che la rabbia e i cattivi ricordi ingrigivano e scavavano pochi minuti prima, era
distesa. Angela tir un sospiro lungo e cominci a lavorare.
Ma quella furia non rimase un episodio isolato: altre ce ne furono, che allarmarono
Angela e fecero sempre meno facile il suo dialogo col pittore.
Bastava un pretesto qualsiasi, a volte neppure quello, o unombra, e Pezzarocchi
liberava con lei tutto lamaro accumulato negli anni e che ora ribolliva, quasi
lubriacatura di quellamore tardivo avesse smosso le acque torbide che la calma
della superficie non lasciava immaginare.
Soffiare un po di zolfo su di te, su tutti, mi piacerebbe: no, su te, no, mi fai
comodo cos, col tuo buon odore di salute. Ma sugli altri, portargli un po di
malocchio, che divertimento! Un po come Dio, insomma.
Se Angela ribatteva, o tentava, Pezzarocchi insisteva: Dio un assassino, no? ci
fa morire e chi ammazza cos? Del resto, con tutto il ridicolo culto latino della
madre, subito dopo Dio, lassassina peggiore lei. Allah e Maometto, Dio e la madre,
la peggiore delle truffe organizzate comincia da loro.
Angela aveva imparato a tacere, quando Pezzarocchi scivolava su questa china: era
il solo modo, lasciarlo liberare nel monologo, di riportarlo allaccettazione del
presente. Del resto, una delle sue definizioni di s era: Io sono come il tempo di
Oneglia: ho sempre una schiarita di sole.
Gli perdonava, sempre pi spesso, anche le villanie: ed erano un gioco crudele e
grottesco, che la intrigava in una partecipazione perversa sino a farle perdere ogni
coscienza di s. Non cera pi, ogni identit perduta dentro quella passione che
sentiva distruttrice per lui e cui si adeguava con una risposta che era solo il suo corpo
a dare.
Dio mio, come sei tozza! Vieni qui, panzerotto, che ti misuri che buon odore ha
la tua pelle, sei un gnocco, quando ero piccolo la maestra mi insegnava che bisogna
dire uno gnocco; tu sei uno gnocco, da rivoltare nella farina prima di essere mangiato.
Vieni nella farina del mio letto.
Angela si divincolava, quegli abbracci avevano un sapore di morte, tentava di
liberarsi, ma ogni volta restava prigioniera di qualcosa che le nasceva dentro, in
risposta alle provocazioni di lui; la loro fusione fisica tocc momenti cui Angela non
doveva ripensare per non sentirsi sporca prendendo in braccio il bambino.
un erotismo di ritorno; sta buona: succede, alla mia et. Torno alla fase anale,
alla coprofilia, tutto il bagaglio che ha tirato fuori quel bravuomo, centanni fa. E tu
sei piccola, mi stai assorbendo come un bambino che allattato dalla mamma. Io ti
allatto di parole, e tu stai a bocca aperta, a prenderle, come una cagnona con locchio
innocente. Prendi, elabori, digerisci, sputi. Io invece mi abituo a te, capisci, e mi
drogo. Senza droga, creper. Invece tu, sei tranquilla. Tu non puoi tradirmi. Si pu
tradire un amore che c. Puoi rispettarmi, questo s; si pu tener fede a un amore che
non c. Senti, perch non mi sposi? Per un po sono ancora buono di rotolarti su
questo letto. Poi, quello che ho tuo, e ti do una mano a campare.
Angela scapp quella sera che Pezzarocchi le chiese di dividere la sua vita.
Sullautobus si ripeteva gesti e parole, il suo vivere di quei mesi le sembrava cos
remoto da s da non essere riconoscibile. Forse, pens, ha ragione lui, sono una
gallina da cortile, un essere incapace di luce. Desider lavarsi nel chiaro dei pensieri
di una volta, ma il viso tormentato dellamante emergeva come un rimorso sopra i
pensieri di chiarezza.
La venne a riprendere lui, dopo tre giorni.
Angela lo segu, docile. Non cera bisogno di parole, la faccia devastata di
Pezzarocchi chiedeva soltanto piet e Angela ne aveva il cuore pieno. Fu un
abbraccio dolcissimo, come non era stato mai. Intorno a s Angela sentiva muoversi
luomo in una specie di adorazione silenziosa e insieme affannata: carezze come ali
che sfiorano e fuggono via, unimmersione in lei senza aggressione, simile a un lento
buio discendere nel ventre della terra.
Perdonami e scordati tutto. Sono cattivo, perch soffro. Ti tratto male, ti dico che
sei brutta perch solo tu mi sembri una donna, e questo la servit, mi chiudi in una
prigione senza scampo. E invece io vorrei chiudere te in un box.
Angela ripet, incerta: In un box?
S, certo, non sei mica una donna, tu, almeno per me. Quando stiamo insieme
come oggi, senza i tuoi problemi di fare, di essere, larte, la letteratura, e tutte le
storie, che per la verit lasci ai piedi del letto insieme alle pantofole, quando sei cos,
sei come una cavalla. Libera, forte, prenderti come alzare una bandiera sulle mie
rovine.
Angela promise che sarebbe ritornata, Pezzarocchi giur che non le avrebbe pi
chiesto di sposarlo e che avrebbero lavorato: sarebbe stato buono.
Non hai capito niente del mio essere cattivo, come dici tu. Cerco di abituarmi
alla solitudine anche quando ci sei. Per questo ti tratto male; per non perdere
lallenamento. E poi doveva capitare proprio a me, una come te. Capitarmi, e non
poterla legare alla catena. Anzi, no, una cavalla non lo sei, non giusto, amore mio:
un angelo ingravid una cavalla: ne nata Angela. Ti va?
Angela ci ripensava tornando a casa: si chiese se fosse stato il battito delle ali
dellangelo ad aver attirato i gabbiani sulle sue mani, nelladolescenza lontana ormai
come una favola, o il sangue caldo della cavalla.

4
A poco a poco le ore nello studio di Pezzarocchi diventarono per Angela momenti
cui pensare con inquietudine prima e con impazienza di fuga mentre le viveva,
scandite dai monologhi di lui sogni masochistici raccontati tra scatti di gelosia e
ombre funeree e i silenzi di lei, sempre pi lunghi, in cui si avvolgeva per
difendersi.
Nel mio mestiere ho imparato a diffidare: per un s o per un no, per un incarico
del comune o per la vendita di un quadro, si finge ammirazione o deferenza da una
parte, entusiasmo e ingenuit dallaltra: io gioco la mia parte di artista buffone, gli
altri quella dei buffoni padroni. Con te, mi sono scordato anche la prudenza: ti credo
e credo che il mondo sia come tu me lo fai sembrare, senza trappole, senza
escrescenze: lucido e liscio come la pelle del tuo sedere. il tuo punto di equilibrio,
lo sai? Tu non ti muovi, gli ruoti intorno
Stavo bene, prima di incontrarti: per sentirmi nella mia pelle senza disagio, mi
bastava di non mettermi mai in quella degli altri. Ora, nella tua pelle ci sono giorno e
notte
Se te ne vai, lascer i miei quadri in maleficenza. Il corrispettivo sar devoluto
per sovvenzionare rapine, rivolte, rivoluzioni. Mi fai da esecutore testamentario? No,
ti metterei nei guai. Promettimi almeno che nasconderai nella cassa una bomba a
orologeria, che faccia un bel botto nella notte, quando tutti questi fresconi che mi
dicono maestro se ne saranno tornati a casa e mi avranno lasciato solo al cimitero.
Venne lora dellultima lezione prima degli esami.
Addio, Angela, non ti vedr pi. Perch? Vado a Milano, non parto per la
luna. S, lo dici, ma sei gi lontana. E io non sono pi qui. Anzi, dimenticavo: per
sapere che ci sono, sono stato dal notaio. Sai, ce n tanta di gente, che per sapere di
essere ancora viva, va dal notaio. Gli ho lasciato scritto qualcosa per te: ti far
comodo per Carlo. Se crepo, i miei quadri e quelle quattro lire sono tuoi.
Angela scatt per protestare, non era giusto, ma Pezzarocchi le pose una mano
sulla bocca:
O Dio, Angela, sei noiosa con la tua giustizia. Che centra il giusto? Se giusto
per me, gli altri, i tuoi famosi altri, che diritto hanno di giudicare? E smettila di voler
sempre analizzare e discutere. Accontentati di quel che appare. Non mi va, non
sono stata mai capace Impara. Si cresce, no?
Se crescere emettere suoni invece di parlare e camminare come i cavalli, o
paraocchi o salto nel buio, preferisco restare come sono.
Parlare, parlare, parlare! la fissazione della tua et, di tutti voi adesso, tu anzi
mi piacevi perch stavi spesso zitta, ma mi sono accorto, tardi, che tacevi ma pensavi
troppo e male.
Perch non vedo le cose come le vedi tu: il male tutto l.
Eh no, Angela, lo scopo primo del tuo cosiddetto parlare che vuoi farti ascoltare
per essere assolta. Ma io non sono un prete. Di te, di quello che hai fatto o che fai,
non voglio saper niente, ragioni, fini, programmi e compagnia: per me sei assolta dal
momento che esisti. Del resto, non mimporta niente. Ma possibile che tu debba
sempre dimostrare a te e agli altri che i conti tornano? Non tornano, mia cara, non
tornano mai.
Angela rispose, brusca:
Me lhai gi detto: che cerco degli alibi. E va bene: anche tu ne cerchi. Non vuoi
ascoltarmi per la stessa ragione per cui io voglio parlare. Che senso avrebbe se io
accettassi quello che
vuoi tu, che io non faccio storia per te, che sono un regalo? E che non devo
rovinarlo ragionando? Che staremmo meglio tutti e due.
S, come ciechi che camminano finch il piede non trova il vuoto. Non mi
piacciono i tonfi, e il vuoto mi fa paura. E poi, quando si sta vicini, come me e te, non
si pu non conoscersi; certo, le mie radici sono le mie, le tue, tue, ma senza
lillusione di poter cambiare anche soltanto un po questa verit, non vivremmo.
Anzi, saremmo gi morti nel momento che ci stacchiamo dal cordone ombelicale.
Siamo al capitolo della comunione. Fermati, Angela, diventi noiosa, ti avverto!
Non mimporta, una volta almeno dovrai starmi a sentire. Se fosse come dici tu,
Adamo non avrebbe creduto a Eva, lEden sarebbe rimasto una prigione senza uscita,
non ci sarebbe stata storia, ma solo ripetizioni, unipotesi che non piaciuta
nemmeno al Padreterno, se si concesse il capriccio dellalbero. E non piaceva al
diavolo che collabor. Ora per opera del diavolo o della provvidenza, come
preferisci, la mia storia intrecciata da mesi con la tua. E io non sono quella che
vorresti: non sono una gallina da cortile o una schiava da harem, non sono solo sesso,
dietro le mie spalle ci sono ricordi, davanti a me non c solo lattesa della morte
tanto meno aspettarla, la morte, rivoltandomi nel brago.
Vedi? Parlare ti guasta. Unora fa eri volo, e miele, ora sei noia. Meglio tacere,
Angela, dammi retta.
E Angela aveva taciuto. Raccolse le sue cose sparse per lo studio, il grembiule
azzurro macchiato di colori e odoroso di resina, le scarpe basse di gomma, i fogli e le
cartelle; un altro tempo della sua vita si stava chiudendo, sentiva la tristezza
addensarsele addosso e non alzava gli occhi su di lui che le dava le spalle, in piedi
davanti alla finestra affacciata sul mare.
Pensava che con Pezzarocchi, se aveva scoperto una faccia ignota di s, aveva
perduto nello scambio la sua integrit: credeva di capire le ragioni di lui, di voler
evitare un rapporto che approfondendosi gli avrebbe lasciato una lacerazione pi
dolorosa, ma sbagliava, Angela lo sentiva, a sovrapporle la maschera artificiosa che si
era inventato per lei: la sua immagine ne usciva alterata, non vera.
Lasciar passare i giorni tra le dita, senza fermarli con una speranza, un proposito,
unidea, questo era accaduto, ma la festa, che pure cera stata, stava spegnendo le sue
luci a una a una: restava lombra dellimpotenza e la paura del buio.
In quei mesi, aveva allontanato da s il pensiero di Vladi; se un ricordo le nasceva
dentro, quando era nel letto di Pezzarocchi, sentiva il sangue salirle alla faccia, per
niente al mondo avrebbe sopportato di essere giudicata da Vladi per come in quegli
attimi si vedeva: una bambola di carne, una femmina senza altro problema che il
proprio piacere.
Il bisogno di star sola, di non udire la voce di Pezzarocchi sovrapporsi alla sua
distorcendole il mondo che aveva amato e in cui si era riconosciuta, era diventato
ogni giorno pi acuto. Pens che laveva soprattutto ascoltato e che se egli aveva
saputo risvegliarle qualcosa che pure era in lei e cui si era abbandonata godendone, il
suo segreto era rimasto indiviso: non gli aveva parlato mai come si parla a qualcuno
che si conosce e ci conosce.
Gli si avvicin, gli pos una mano sulla nuca: Non vuoi sapere niente di me, e va
bene, ma io non sono quella che credi o almeno non lo sono tutta.
Pezzarocchi si volt sorridendo, carezz, leggero, la faccia di Angela protesa, le
labbra chiuse, gli occhi appenati:
Lo so, lo so, non difficile conoscerti. E non credere che io sia tanto pi egoista
di te. Tu, lo sei di pi, perch sei giovane. Per questo ti illudi di essere sincera. E hai
ragione, vero che hai bisogno di parlare, di confonderti con le chiacchiere di chi ti
somiglia, di mescolare le tue insicurezze e le tue illusioni con altre simili alle tue.
Va, va, cara: la mia saggezza soltanto rassegnazione; e vecchiaia. La tua
impazienza ha un solo nome: giovent. Addio.
E cos Angela part. Sua madre prese le ferie e rimase con Carlo. Nel treno che la
riportava a Milano, non fu capace di leggere una pagina, n di pensare una linea di
condotta per i giorni a venire; se lantica abitudine si affacciava alla coscienza, la
ricacciava con fastidio, guardava correre dal finestrino le nebbioline azzurre e i
riflessi della luce sul mare, poi le curve sfumate dei campi e dei boschi, seguiva
forme e colori, riunendoli in volute di pensieri improvvisi e privi di qualunque
aggancio con la sua presenza in quel punto e in quellora: se un cielo le richiamava
Monet, per qualche attimo si metteva sulla scia di quel richiamo, finch un altro
suggerimento la distraeva. Era entrato il controllore e aveva baffi e pizzo folti
non ha mento e si arrangia col pelo e sorrise al ricordo di una guida che gli
somigliava, foruncolosa, brutta e diligente, al tempo dellinfanzia allombra di padre
Florio. Chiuse gli occhi: il passato era vivo ancora negli occhi e nella mente, ma
come proiettato da qualcuno estraneo a lei, lAngela di ora lo guardava scorrere sotto
le palpebre abbassate, erano sequenze tenere e chiare, cerchi perfetti come i riti di una
magia, il riso risuonava fresco sotto le volte di quei cieli, e lei era, Dio mio! quella
goffa adolescente che si muoveva assorta senza ascoltare nessuno ma solo le voci che
si portava dentro
Riapr gli occhi. Ecco, forse era qui la ragione di tutto: si ascoltava, allora, come si
ascoltava adesso. Ebbe una contrazione di tutti i muscoli, si scosse, cerc le sigarette,
ne accese una, and nel corridoio: Non ricominciamo, per carit; narcisismo,
egoismo, basta. Vado a Milano a dare gli esami. Ci vado per me, e anche per mio
figlio. Che vive e vivr con me. C di peggio, in quanto a egoismo. Ma non si
calmava, accusarsi alla ricerca di una sgradevole immagine di s non le dava sollievo,
n il piacere cattivo che ne aveva tratto Vladi, quando le recitava la scena, ripetuta
fino allo strazio, del proprio fallimento. Recitare, scena: gi nella scelta delle parole, i
suoi pensieri erano falsati, non ricordi, ma giudizi impietosi; tir una boccata
profonda, ne prese atto.
Daccordo, non ho tolleranza sufficiente, non parliamo di amore! per assolvere
Vladi dalle sue vilt. Non ci riesco forse perch mi voglio troppo bene: sar cos.
Quando Pezzarocchi mi ha detto che sono unegoista non meno di lui, e ne ha fatto
una questione di giovent, forse aveva ragione. Ma anche lui, se mi voleva per s,
presenza legittima solo per quanto gli portavo di variet in una vita gi vissuta e che
non mi voleva comunicare se non nella confusione dei corpi, anche lui non
colpevole di egoismo? Mi ha vista forse come sono?
C qualcuno che vuole dividere veramente con me le ore del giorno, pensieri,
gesti, silenzi, idee, paure? Di questo, io ho bisogno. Ma forse questo soltanto il
dono dellamicizia.
Questi pensieri Angela li disse a Marta, subito, quando la vide alla stazione e
labbracci con tanto impeto, che travolsero un viaggiatore che passava loro accanto.
Cos, nel riso, superarono la commozione che le aveva prese.
Pi tardi, a casa, dopo la cena che Marta aveva preparato con i cibi che piacevano
di pi ad Angela e cui Davide aveva contribuito mandando del vino, Angela riprese il
filo dei pensieri che le avevano tenuto compagnia nel viaggio.
Ho bisogno di capire, di capirmi. Adesso sai tutto, anche di Pezzarocchi. Mi
chiedo che cosa sono diventata, e mentre me lo chiedo sento le voci di chi mi ha
pensato sempre in tuttaltro modo, che fidava sulla mia integrit o mi credeva buona.
Chiss come sta Pezzarocchi in questo momento; e chiss com, dentro, Vladi. Ne
ho pena, s, ma non tanta da correre da loro, n dalluno n dallaltro, per dirgli: ecco,
son qua, la mia vita ti appartiene. Non ci riesco, non posso, la mia vita la mia.
Le due ragazze parlarono a lungo, Marta aveva in quel tempo un suo aspro e
doloroso amore con un compagno uscito da una esperienza di clinica psichiatrica,
dopo una lunga resa alla droga, e il bisogno di parlare era altrettanto grande per lei
che per Angela.
Voglio salvarlo, ma devo anche salvarmi. Ho paura che mi tiri sotto con s, disse
allamica. Certi giorni la sua atonia tremenda e io non so pi chi sono e perch gli
voglio bene.
Ora ci sono anchio, le rispose Angela, ti aiuter, ce la faremo.
Cesare, il ragazzo di Marta, le raggiunse poco dopo. Angela strinse la mano che le
porgeva, avvertendo con una stretta al cuore che le tremava tra le dita; Marta laveva
preavvisata di non stupirsi con lui e di non domandare niente: aveva molto patito e le
sue giornate erano piume leggere attaccate a un filo di speranza e di paura, bastava un
niente perch quelle piume si infradiciassero dangoscia, Cesare si torceva nel ricordo
dei mesi della sua disintossicazione, Zurigo era un incubo da cui bisognava si
liberasse, ma per le strade di Brera unaltra salvezza era pi accessibile e immediata:
non passava giorno che qualche sciacallo non lo abbordasse a tentarlo.
Marta si diede da fare a servire da bere e chiese ad Angela notizie di Carlino,
dicendo a Cesare:
Ti piacer, quando lo vedrai spuntare dai posti pi impensati come uno gnomo:
il bambino pi divertente che abbia mai conosciuto.
Angela cominci a parlare del figlio.
Si stava bene, nel soggiorno di Marta: a poco a poco, le ombre che avevano
immalinconito il suo viaggio si disperdevano nel calore di chiacchiere semplici,
accanto agli amici. La spiaggia del lupo riviveva, per le sue parole, nella notte
milanese, con le allegrie di Carlo e i suoi capricci, tutto quello che faceva di quel
luogo e di quel tempo una maniera naturale di respirare.
Ti ho portato del basilico, e dei limoni del mio orto. Ne vuoi, Cesare? Hanno un
odore che sa di mare e di terra insieme. Ho sempre la tentazione di morderli, quando
li raccolgo, solo che poi mi legano i denti: il solito trucco, anche nei limoni!
Angela rise, Cesare ebbe un trasalimento, poi guard Angela: Ci sono dei trucchi
che non legano solo i denti: sei legato tutto, dopo, come il prigioniero di una guerra
sporca. La faccia di Marta era tesa, Angela esit un attimo, doveva fingere di non
sapere, rispondere a caso? prefer guardare Cesare con tutta la dolcezza damore che
quella sera le aveva fatto rinascere dentro: Lo so, Cesare, ma questi limoni, li vedi
come sono belli? sono come quelli dellanno scorso e saranno di nuovo cos questa
primavera, quando andremo a coglierli insieme.
Cesare non disse niente, sorrise a Angela che continuava a parlare per colmare il
vuoto delle cose non dette:
Domani far il pesto, ci stai? Se compri una torta, ti preparo pure la crema al
limone. E ti prometto che sar dolcissima!
Quando Cesare se ne and, Marta abbracci Angela: Grazie, sono sicura che
Cesare ti vorr bene. Magari si aggrappasse a te! Vien naturale seguirti, aveva
ragione Vladi quando ti chiamava la sua occupante. Anche per me, in altra maniera,
lo sei, unoccupante che non rapina, anzi. E Cesare ha bisogno di qualcuno che lo
aiuti. Io cerco di dargli tutto quello che posso, ma a volte ho la sensazione di essere
risucchiata nel vischio della sua debolezza, non di essere io a portarlo con me sulla
terra solida. Tu, saresti capace.
Sei solo stanca, Marta, le rispose Angela, la salvezza di Cesare nel bene che
gli vuoi: questa la tua forza. Ed la sola che conta.
Mentre aspettava il sonno sul divano che lamica le aveva preparato, sentiva che il
ritorno a Milano la riconduceva a s, a comera e come desiderava restare. Non aveva
dovuto tacere o barare, con Marta e con Cesare, pensieri e gesti nascevano con
naturale necessit, e quello che Pezzarocchi chiamava la storia, ciascuno ha la sua,
non impediva n a lei n a loro di vivere insieme il presente.
Il suo passato! Era persino solenne, dire cos per tanti pochi anni, ma non sapeva
trovare un altro nome per le stagioni che le ragnatele lievi del sonno le facevano
scivolare vaghe tra le palpebre: la casa sulla spiaggia, lamore solare, lombra dello
studio a Oneglia. Vladi e Pezzarocchi erano il passato, il presente era questo saperlo
adesso con un ultimo stupito guizzo della coscienza prima di svanire nella nebbia
indistinta del sonno.

5
Gli esami filarono via lisci, sia per Marta che per Angela. Ma la direzione era
cambiata e Angela dovette sostenere una prova supplementare e sottostare a una
pratica burocratica che la costrinse a un breve rientro in Liguria. Non le avrebbero pi
comunque consentito lanno seguente di sostenere esami senza frequenza. Pensare il
futuro al riparo della spiaggia nativa non era pi possibile, doveva abitare a Milano e
portar Carlo con s, se voleva finire gli studi.
Vide Pezzarocchi, gli aveva telefonato e lui le aveva dato appuntamento in un
caff, non laveva voluta in casa.
Era bastato un mese per cambiarlo. Angela si accorse che le veniva spontaneo
chiamarlo di nuovo maestro e volle superare limbarazzo dicendoglielo, con un
sorriso di complicit.
Certo, fai bene a chiamarmi cos. Lo sono, il tuo maestro. Qualcosa ti ho
insegnato anchio. Oh non quello che credi tu, stupida, sai come mi commuovono i
tuoi voti guardala, con quegli occhi da san bernardona candida! beviamo, ma petite
putaine, no, non ti offendere, non sai che complimento ti faccio: se protesti, allora
non ti ho proprio insegnato niente. Alla tua salute, Angela, sono contento che sia
toccato a me!
Pezzarocchi era smagrito e pallido; ad Angela che gli chiedeva se non era pi
andato in mare, rispose che preferiva annegarsi in una quantit minore di liquido.
Cosa vuoi che mi possa far male, ormai. La mia parte lho avuta, e la bottiglia non
parla, non dice bugie. Non dirne tu. Ascoltami, Angela: va dritta per la tua strada,
lascia qui prima di ripartire il bagaglio che ti porti ancora appresso, leggero devo dire
e rise rimorsi, peccato, non c niente che ti debba rimproverare: resta come
sei, non cambiare. Te lo dice il tuo maestro: per una come te pi difficile accettarsi
che accettare gli altri. Cos come sei vai benissimo. Sei andata benissimo anche per
questo avanzo di uomo.
Le aveva preso la faccia tra le mani, un bacio caldo e aspro di alcol le chiuse
dentro protesta e piet, Pezzarocchi si allontan.
Angela rimase ancora un poco nel piccolo bar sotto i vecchi portici lungo la
darsena. Si sorprese a respirare sollevata, Pezzarocchi era stato grande con lei, nel
momento in cui la loro storia rischiava di corrompersi non laveva costretta a mentire.
Era vero che le aveva insegnato a conoscersi in un modo che prima le era
impossibile persino immaginare: momenti e voci delle ore passate nello studio le si
affollarono alla memoria, risentiva lodore dei colori e delle tele, misto a quello dei
loro corpi sudati; le sal una vampa di calore alla faccia, non devo vergognarmi
pens, questo che mi ha detto, e consider, tent di considerare, il proprio corpo
come staccato dal resto di s, pensieri, affetti, memorie: si chiese se avrebbe potuto
far lamore in quello stesso momento; con Pezzarocchi no: gli ultimi tempi la carica
istintiva con cui assecondava la propria fame damore si era logorata, pelle e sangue
reagivano, ma senza la cieca pienezza cui lavevano portata nei primi abbracci le
parole e i gesti di lui, la sua fantasia e i suoi capricci. La stanchezza era nata forse
dalla volont di distruzione che Pezzarocchi si portava dentro e rovesciava su di lei.
No, non avrebbe pi fatto lamore con lui, ma era pronta allamore: si guard il
ventre che labito leggero rivelava, i seni tornati come prima, ora che non allattava
pi Carlo, le gambe scurite dal sole; non sono bella, pens, forse lo sarei per un
allievo di Rubens, ma no, ho le spalle troppo strette, per questo ci vorrebbe Cranach,
sorrise fra s. Due calafati a un tavolo accanto al suo le ricambiarono il sorriso.
Angela si alz, aveva voglia di camminare, di sentire lo scatto delle sue giunture
giovani sotto la carezza dellaria marina, pensava al suo corpo con amicizia: si era
lacerato per Carlo, ma come si apre la terra sotto la pioggia, o si spacca la buccia di
un frutto maturo ed era tornato a rivivere, come rifioriscono le piante.
Camminava lungo il porto e godeva dellaria e del mare, del sole e del movimento
delle sue gambe forti sul selciato duro, senza vedere niente, solo ascoltando il pulsare
della vita nel suo involucro di carne: sto facendo lamore con il mio corpo, pens:
come se me lo carezzassi da sola. Un brivido le serpeggi dentro, lungo e piacevole.
Nella memoria, netta come un fotogramma, unimmagine si form: i suoi capelli su
Vladi riverso, la scoperta di un corpo che rispondeva al suo: lamore era stato questo?
Scoprire che cera una maniera di dire a qualcuno tutto in una volta la propria voglia
di respirare in un mondo caldo e misterioso? Nellabbraccio con Vladi non aveva
diviso pensieri e sensazioni, aveva pensato con la pelle e goduto con ogni pensiero:
linfanzia era finita cos, come finiscono le favole, con una felicit che le riassume
tutte. Forse lamore era soltanto quello che aveva perduto.
Unacuta malinconia rallentava ora i passi di Angela: si guard intorno. Ecco,
questo era il suo paese, laria dove aveva respirato in pienezza di libert per tanti
anni: la sua prima favola vi si era compiuta, in una festa perfetta; la seconda aveva
avuto fiammate sulfuree, ed era anchessa compiuta. Bisognava andare, ora, tornare
dal bambino; gli avrebbe portato il proprio corpo, a protezione e certezza: pens alle
piccole mani di Carlo, ai suoi occhi ridenti, ai suoi pianti assurdi e disperati, a tutto
quel vibrare di animaletto avido e goloso, e raddrizz le spalle: stasera lavrebbe
preso tra le braccia e fatto addormentare in riva al mare. Che anche a lui quella voce
restasse dentro, riconoscibile e amica, per la vita. E gli conciliasse il sonno il caldo
del corpo materno, cuscino di sogni beati, sotto il ventilare della brezza marina:
dormir stasera, pens, come quando me lo portavo dentro. E ricord, come da tanto
tempo non ricordava, con intensit, fisicamente risvegliandosi nel ricordo le
sensazioni e i pensieri, le sere destate che il nonno le diceva lultima filastrocca del
giorno, tenendola in braccio, sul dondolo di vimini, davanti casa, e le parole si
confondevano con lo sciabordare dellacqua e quando lui la portava in casa, lei non
distingueva pi il letto dal corpo di lui, solido e caldo, e il suo sonno continuava
confondendo in ununica sicurezza il respiro del mare e il battito del cuore del nonno.
Pens che il suo legame profondo con lui, quel loro capirsi a cenni, in una
confidenza senza limiti, la forza reciproca che dava ad entrambi il loro comunicare,
era nato dalla vicinanza casta e strettissima dei loro corpi: nessun altro corpo,
nemmeno quello materno, aveva sentito cos fare una cosa sola col suo, guscio
protettivo e riparo alla sua infantile fragilit.
Anche Carlo avrebbe avuto con lei la stessa calda comunione: e come lei, sper e
preg, non avrebbe sentito la mancanza del padre.
Quando arriv a casa Carlo giocava seduto sulla spiaggia, mentre la nonna lo
sorvegliava godendo con lui lultimo sole del giorno. Angela non li chiam, colpita
dalla pace di quel momento e come vivendolo in unaria remota, il mio bambino,
pens in un frammento di quella luce stupita in cui guardava, mia madre, il mare
era pallido, un cilestrino esangue come un riflesso del cielo, tutto esala una
misteriosa incertezza, se ne sarebbe andata e quel cielo e quel momento si sarebbero
incisi nella sua coscienza come quelli delladdio al tempo e ai luoghi della giovent,
ma subito corresse dentro di s, stranamente lucida e stranamente assorta, che non si
sarebbero incisi, niente si incide, guardiamo e questo gi molto, grazia di vivere
sapendolo, altri cieli sarebbero apparsi ai suoi occhi la vita scorre davanti a me ora,
la vita scorrer davanti a me ancora, Angela si lasci scivolare silenziosamente
accanto al muro come il nonno da vecchio, la sua solitudine le sembr pi grande
del mare e del cielo, la sua libert unalga abbandonata sulla spiaggia deserta, un
gabbiano vol dalle rocce vicine, un altro, un altro ancora, Angela li seguiva con gli
occhi, un formicolio ben noto le morse le gambe, si trattenne, che cosa significava il
ripetersi di quei voli, che cosa rappresentava la sua vita e quella di tutti, la solitudine
era un volo senza orizzonti e senza confini.
Scatt, corse dal bambino, chiamava sua madre e lui insieme, lo afferr, danzava
con Carlo tra le braccia, la sua danza a cerchi sempre pi larghi occup la spiaggia,
sulla sabbia dorata i piedi tracciavano solchi e ghirigori, cifre e segni, figure e cerchi
incrociati, come i gabbiani nel cielo.

6
Alla fine di settembre, Angela and a trovare zia Rachele: in quellanno, aveva
preso labitudine di passare con lei i giorni festivi. Partiva al mattino con Carlo
che mostrava di considerare il parco una favola viva che non si saziava di raccontarsi
ogni volta pi in largo e pi a fondo, sotto la guida di Geppo e del figlio di lui, il
mongoloide rimasto innocente e con una logica che si adattava naturalmente a quella
di Carlino e si fermava con la vecchia donna fino a sera.
Il bambino passava le ore del giorno allaperto, tornava a casa con le braccia colme
di fiori e di rami, di radici e di sassi, qualche volta con animaletti catturati da cui non
si voleva separare, Angela teneva compagnia a Rachele nel salotto dominato dalla
carta napoleonica che gli anni avevano ancora ingiallita e se il tempo era dolce,
scendeva in giardino con lei sorreggendola in una lenta passeggiata alla ricerca del
sole.
Le mie ossa sono cos prosciugate che potrei stamparmi in terra, ormai, come una
lucertola cos vecchia che non ha pi la forza di muovere la coda. E forse un giorno o
laltro lo far; ci sto per scivolare sotto, alla terra, e cos, sarebbe meno faticoso: mi
abituerei pian piano a tornare laggi, nel posto che i tuoi poeti hanno chiamato in
tanti modi, per consolarsi. Ma io non ho paura di morire. Si deve dormire bene ai
piedi degli ulivi.
Suon al campanello della cancellata che introduceva al dominio di zia Rachele.
Carlino pass dalle sue braccia a quelle della moglie di Geppo, mentre lamico gli
correva incontro mostrandogli una gabbietta in cui qualcosa di rossiccio si muoveva
rapidissimo, Angela si avvi verso casa. La donna le disse che Rachele non usciva da
molti giorni ed era pi taciturna e capricciosa del solito. I capricci della vecchia
signora erano ormai poca cosa, come il rifiuto del cibo o il desiderio improvviso di un
frutto o di una verdura fuori stagione, ma i tre si erano abituati a considerarla come
un monarca che non si discute e se con gli anni la sua tirannia era andata sempre pi
impallidendo, era rimasto il vezzo nel parco di coltivarne la leggenda.
Angela la trov che pisolava sulla poltrona verde contro cui il suo volto affilato
aveva le sfumature gialline di una maschera di cera.
Rachele strinse appena la mano che Angela le porgeva, trattenne un attimo accanto
al suo il volto di lei. La pelle giovane fa bene ai vecchi: sarebbe la cura migliore se
si potesse, le aveva detto un giorno che gli occhi le brillavano di maligna allegria,
spellare tante di queste oche inutili e preparare delle maschere di bellezza naturali,
da applicare sulle facce inaridite come la mia.
Poi richiuse gli occhi. Angela si sedette, era abituata ai silenzi dellamica, prese il
libro che era aperto accanto a lei sul tavolino e tent di leggerne qualche pagina. Era
una storia inglese, di Hardy, ma non era facile per Angela in quel momento seguire
altro filo che non fosse quello che si portava dentro. Rachele, a occhi chiusi, muoveva
la mano destra, del colore e della trasparenza di una medusa, battendo il tempo di una
musica che arrivava solo alle sue orecchie.
Angela tent di concentrarsi sulla storia di Tess, ma la mente non le obbediva; fu
tentata di chiamare zia Rachele, di sottrarla al riposo gridandole il suo bisogno di
essere ascoltata.
Alz gli occhi dalla pagina e scopr quelli di Rachele, aperti e fissi su di lei, con
unintensit di sguardo che la sgoment. Cap che aveva captato il suo richiamo e di
slancio si inginocchi accanto a lei ponendole la testa in grembo.
L l, bambina, non cos, la voce della donna era ironica, mi credi proprio
partita con la testa? Non ci vuole un genio per capire quello che ti aspetti da me: la
tua faccia mi ha gi detto molte cose.
E impedendole di parlare, con un gesto breve: Aiutami ad alzarmi: faremo due
passi in giardino. Io sono un po cattiva, lo sai, e non posso smentire la mia fama
proprio ora che devo andarmene. Parleremo dopo di te. Ora andiamo a vedere cosa
combina quel selvaggio di tuo figlio in compagnia di quellaltro scriteriato. Laiola di
azalee non si ancora ripresa dopo la loro ultima esplorazione.
Il giardino era tiepido e luminoso, sul prato verde qualche macchia lilla rivelava la
nascita dei primi colchici.
Se non avessi le mie ossa a farmi da clessidra, ci sarebbero gli alberi e i fiori a
intonarmi il memento. Rachele sorrideva e si chin per cogliere un colchico.
Angela la precedette, la donna guard i petali delicati un breve momento, poi li
butt.
Non mi piacciono i fiori. Sono effimeri. Come la bellezza. Gli alberi ci
somigliano di pi. Un albero come un uomo. Una vita lunga, in cui si ha tempo di
vivere senza bruciare tutto in una sola fiammata. E poi un albero anche utile, ci
vivono tante creature in un albero, e quando morto, gli uomini ci costruiscono culle,
madie, bare.
Carlino era seduto in mezzo al prato, stringeva sul petto la gabbia che teneva
prigioniero un minuscolo scoiattolo, intorno gli saltellava il mongoloide, preoccupato
che lentusiasmo prevalesse sulla prudenza e Carlino si beccasse un morso sulle dita.
Si fermarono ad ascoltare il rotolio arruffato di sillabe che il bambino non riusciva
a ordinare, preso comera dallemozione per la presenza della bestiola. Angela riusc
a capire che le chiedeva di cercargli delle pigne perch allo scoiattolo piacevano i
pinoli e si volse per accontentarlo, ma Rachele la trattenne per un braccio.
Ti sei ricordato di Ludovico? la voce di Rachele che si chinava sul bambino era
severa, ma la bocca stentava a trattenere il riso.
Carlino tacque di colpo, gli occhi seri, le labbra chiuse, lespressione di chi colto
in fallo.
E cos per lultimo arrivato tu dimentichi i vecchi amici. Mi meraviglio di te,
Carlino.
Carlino apr la bocca per protestare, ma la richiuse subito, ad angoli in gi, la
giustizia dellaccusa lo aveva colpito, le labbra gli si incresparono in un annuncio di
pianto. Angela gli venne in aiuto.
Ascoltami, ora ti prender le pigne e tu preparerai i pinoli anche per Ludovico.
Ma mi prometti che dopo non farai i capricci per portarti a casa la gabbietta.
Carlino la guardava con gli occhi supplichevoli, incerto. Poi trasse un gran sospiro
e tese le braccia allamico scandendo a suo modo il nome della vecchia tartaruga che
Rachele sosteneva essere nata qualche mese almeno prima di lei. Era stato per
catturare le lumache di cui Ludovico era goloso che i due avevano calpestato il cespo
di azalee. Rachele riprese a camminare con Angela: Ti ho mai detto che Ludovico
ha ucciso ben due mogli che gli avevamo presentato? Non abbiamo mai capito
perch: fossero di allevamento e lui un animale che non ha mai conosciuto cattivit,
o perch troppo piccole e deboli per la sua forza maschile, chiss un solitario,
come me. Un tempo, quando era il mio compleanno andavo a verificare il cerchio
nuovo, lultima incisione fresca sulla sua chiglia, una per anno. Ora la cerimonia
troppo malinconica, il conto cos lungo! e anche Ludovico non ha pi voglia di
rosicchiare la lattuga fresca sulle mie mani
Camminarono sino in vista del mare. Rachele chiese ad Angela notizie della
spiaggia.
Oggi ho inciampato in rottami tanto sudici che ho consumato mezza lattina di
petrolio per ripulirmi. La nafta arrivata anche alla spiaggia del lupo, ci fosse il
nonno, chiss che litanie!
Troppi discorsi e poche provvidenze. Rachele si ferm per porsi di fronte ad
Angela:
Sai che cosa ho pensato? Che la vostra ecologia una maniera, comoda perch
trova tutti daccordo, per mettere a posto le coscienze.
Riprese a camminare, le parole le uscivano fitte, senza pause, come se Rachele
snocciolasse qualcosa di lungamente meditato:
Frati adulteri, amministratori-scrittori, scrittori amministrati, giornalisti noiosi:
questo il vero inquinamento. Ma siccome nessuno vuol dirlo chiaro sino in fondo,
perch ognuno ha paura dellaltro, con lecologia si tranquillizza la coscienza e si
crede di salvare la democrazia. Ma le coscienze sono spente e la democrazia
agonizza: aspettano la morte, com giusto. Anche la natura laspetta. Ma in natura
tutto avviene a tempo debito Che cosa volete, che si torni indietro? Che non si usi
la plastica e il metano? E chi trova pi il legno e il ferro e chi abbia voglia di
lavorarlo? La vera degradazione dellambiente dentro gli uomini.
Riprese a camminare e dopo una pausa: Accettate la morte della natura quando
vorr, ma non vuole ancora, state quieti, e smettetela di farvi la morale sui muri. E di
predicare che domani sar pi bello di oggi perch io e te e lui, e indic il
mongoloide, siamo uguali.
Angela taceva; questi sproloqui erano rituali, zia Rachele li usava come
catalizzatori delle sue scariche biliari, e dovevano giovarle se dopo, ogni volta,
dichiarava che aveva voglia di bere qualcosa di energico.
Anche ora propose di rientrare per laperitivo. Lora di colazione era arrivata e
Angela raggiunse il bambino per prepararlo al pasto.
Carlo non mangiava con loro; Rachele non apprezzava le interruzioni delle sua
vocetta petulante, n le attenzioni che la madre gli prodigava:
Almeno quando sei da me, mangia in pace. I bambini sono come bestie, se sono
sani: non temere, si nutrono anche se nessuno sovrintende alla funzione.
A tavola, nella grande sala, a uno dei capi della nera fratina coperta da una tovaglia
di tela candidissima, Angela aspett con inquietudine che Rachele aprisse il discorso.
Quando il caff arriv, servito nel salotto in cui Rachele passava la sua giornata, la
vecchia signora armeggi con la pipa per la sola fumata del giorno che ancora si
concedeva, poi le alz gli occhi acuti di malizia in faccia e le disse:
Allora, se ho ben capito, la situazione questa: il tempo dellattesa finito e
bisogna decidersi. Un taglio netto o restare ancora qui?
Angela arrossi, non sapeva come cominciare il racconto che le era parso
lunghissimo quando ci si era preparata: con stupore, constat che il cuore del
problema era stato centrato da Rachele.
Raccontami da capo tutto, come si fa nelle favole serie: cera una cenerentola che
cuciva e aspettava, poi arriv un baldo cavaliere, ma cenerentola si era tanto abituata
a stare sola accanto al focolare, che non fece in tempo a salire sulla carrozza che il
cavaliere aveva preparato per lei Basta, Angela, tocca a te adesso, non sono le cose
che contano, si ripetono da tanto tempo che quasi inutile raccontarle, ma il modo
come si vivono, come le vivi tu e come ti hanno cambiata
Mi trovi cambiata? Angela la interruppe con unansiet nella voce e negli occhi
che mosse le rughe di Rachele a incresparsi in una risatella incredibilmente fresca.
Sei di uningenuit mostruosa, ragazza mia! Di cosa ti stupisci? Certo che sei
cambiata! O non saresti qui, che vibri tutta, e con un groppo di cose in corpo che ti ha
persino impedito di apprezzare la mia cucina!
vero, ho paura di aver sbagliato tutto e ho paura di sbagliare ancora.
Non saresti tu se non lo pensassi. naturale che tu possa prendere un abbaglio,
ma se anche lavessi preso, dimmi, sei stata bene in questi mesi?
Molto, da principio. Ora Angela non esitava pi, si avvicinava alla verit che le
premeva di chiarire con la vecchia amica e una calma le sali da dentro, simile a un
calore che d forza.
Ringrazia per quel che hai avuto, allora. Ma che cosa ti angoscia adesso? Sapere
che tutto continua o sapere che tutto finito?
Rachele aveva detto le ultime parole con unespressione ironica, come si pongono
le domande retoriche.
No, non questo, non avrebbe senso prendere unubriacatura come una regola di
vita. Sono io, che non so
Angela raccont a Rachele della proposta che Pezzarocchi le aveva fatto, di come
si fossero detti addio senza astio, della sua decisione di tornare a Milano col bambino.
stato leale con me e generoso Rachele la interruppe con una risata: Grazie! E
chi non lo sarebbe alla sua et? Va l, Angela, non ti fare scrupoli, adesso, perch
mia cara, se non sbaglio, la festa non stata solo sua.
vero, non lo dimentico affatto, anzi volevo dire che con lui non sarei pi stata
sola. Eppure non ho avuto dubbi, a dire di no. A Milano ho degli amici, ragazzi come
me, Davide, Marta, sono certa che trover la mia strada anche nel lavoro
E allora, di cosa hai paura?
Vedi, zia, qui tutto mi familiare e se mi guardo intorno, sento fin dora la
nostalgia che ne soffrir. Ma penso anche con una voglia acuta a Milano, persino alle
sue nebbie, alle sue piazze impazzite, ma cos dolce passeggiarla nelle giornate
buone, quando si copre di gemme nei viali e la gente per strada meno sola e
riconosce tutto, come me qui, segni antichi e nuovi, i messaggi delle pietre, i
trasalimenti privati e quelli collettivi, e se parlare in dialetto qui una festa per me, lo
anche ascoltarlo nei cortili di corso Garibaldi E poi Marta mi riconosce dal modo
di suonare, non molto, lo so, il suo non un abbraccio che chiude fuori dalla porta
lansiet per il futuro, ma il luogo dove arrivo non straniero, lo riconosco e mi
riconosce
Insomma, solo una questione di addio alla spiaggia del lupo, la interruppe
Rachele, e cera della malinconia nella sua voce.
Non questo soltanto: quando Vladi mi parlava del nostro domani, e qualche volta
anche Pezzarocchi ci si provava, superando gli spigoli della sua ironia, mi sentivo
protetta Lamore come una sciarpa calda: me lo hai scritto Ma con Vladi era
diverso, io lo seguivo senza pensare, mi bastava guardarlo e specchiarmi in lui.
Almeno cos stato per molto tempo. Dopo, invece, non mi pi accaduto. Con
Pezzarocchi ho fatto lamore, ma non tutta, non mi sono specchiata in lui, il mio
sentirmi protetta durato poco, e solo per la parte pi superficiale di me: sono
rimasta sola, zia Rachele, dentro. di questo che ho paura. Mi fa male pensare che
sono cos. Ho sognato tanto di essere come la sposa della Bibbia, ricordi? amata
come Rachele, saggia come Rebecca, fedele come Sara
Angela abbass la testa, non voleva piangere su di s, si domin, guard gli occhi
della vecchia donna, lucidi di una luce ambigua, commozione o ironia, e disse:
Mi vergogno, hai ragione a guardarmi cos, non sono coerente con quello che dico
e che vorrei, eppure, capiscimi almeno tu, io ci credo ancora: se mi sposer, sar solo
cos. Per la vita e per la morte.
Non hai niente da vergognarti. Io ti credo, perch non dovrei? Ma non questo il
punto, fare lamore, sposarsi in un modo o nellaltro. la tua tentazione alla libert
che devi vincere, la tua dannata tentazione. Dovrai vincerla ancora e ancora. E la
vincerai, non avere paura.
Angela stette zitta per qualche minuto, poi rispose: Hai ragione, come sempre. Tu
mi conosci meglio di chiunque altro. vero, preferisco il rischio della solitudine
piuttosto che quello della prigione. Forse, semplicemente, non ho amato Vladi quando
avrei dovuto, o quanto sarebbe bastato. Sono unegoista. Lo so. Ma so anche che se
mi decider, sar per il mio compagno quello che voglio essere. E lo voglio
appassionatamente, ma mi fa paura sapere che sar per la vita: chiudere con tutto
limprevedibile, scegliere e rinunciare a mille possibili altre strade, solo mie. Questo
mi pesa.
La vita imprevedibile, Angela, anche se sempre fatta di scelte e di rinunce. Un
giorno forse potrai goderla e patirla riflettendola nelluomo che sceglierai.
Si ferm per qualche minuto e aggiunse con un sorriso lievissimo:
Con una ragione amorosa cosciente, dopo le favole delladolescenza.
Angela non rispose: Rachele aveva ragione, ma resisteva anche adesso, in lei, una
volont sorda ma possessiva, che le impediva di liberarsi in una quieta speranza di
futuro, come si era liberata negli abbracci in dolcezza damore.
Ti ricordi, zia Rachele, quando volevo volare con i gabbiani? E correvo lungo la
spiaggia e poi li seguivo in acqua, ma allora non soffrivo, a modo mio volavo con
loro. Ora sento qualcosa che mi trattiene, e ho il cuore che scoppia dallo strazio di
non sapermi staccare.
Volerai, volerai, bambina, zia Rachele si era improvvisamente ingrigita e chiuse
per un attimo gli occhi, ma non ci pensare adesso. Lascia che le ali ti crescano
dentro, quando saranno forti e sicure non avrai pi problemi.
Ti ho stancata, perdonami, le disse Angela mentre le assestava la coperta sulle
gambe. Raggiungo Carlo in giardino, e pi tardi passeremo a salutarti.
Qualche giorno dopo, un mattino presto squill il telefono in casa di Angela; era
Geppo: le comunicava che la regina del parco aveva cessato di vivere.
Non aveva voluto mangiare, la sera, le raccont, n essere aiutata a ritirarsi in
camera. Dormo qui, dichiar.
Volse la faccia verso la finestra che comand di lasciare spalancata e la trovarono
al mattino come lavevano vista la sera, gli occhi aperti a guardare le lucciole e le
stelle, dentro il coro grande dei grilli e delle rane.

7
Una stanza si era liberata accanto allappartamentino di Marta: le due ragazze
avrebbero fatto mnage comune, cos Carlino non sarebbe stato mai solo. Per
sistemare la nuova casa di Angela fu decisa una spedizione milanese di tutti e tre gli
abitanti della spiaggia del lupo. La mamma si sarebbe fermata qualche giorno per
aiutare la figlia ad ambientarsi. Non aveva pi messo piede in Lombardia da anni e il
piccolo non era mai stato in treno: fu un viaggio memorabile, che ciascuno affront
con trepidazione diversa e diverso turbamento. Angela aveva ricevuto una lettera e un
assegno da Vladi poche settimane prima: le assicurava che si sarebbe ricordato del
figlio anche in futuro, le augurava buona fortuna, non le dava il suo recapito.
Nello scompartimento del Riviera Express dove avevano trovato posto insieme
allingombrante bagaglio del bambino, Angela pensava alla stranezza del suo sentirsi
senza ansia n rovelli, a perfetto agio tra borse e poppatoi, valigie, cesta e passeggino.
Nella cesta Carlo si agitava ridendo, gli occhi mobilissimi dal soffitto alle stampe
sulle pareti, dal finestrino alle facce della nonna e della madre; ogni tanto, con uno
sforzo delle piccole braccia robuste, tentava di issarsi facendo forza sui bordi del suo
letto di vimini; traffic tanto finch riusc a sedersi, Angela lo osservava e lasciava
fare, il viaggio era lungo e sperava si sarebbe stancato; ormai Carlo era pesante da
tenere e il suo perpetuo agitarsi la faceva arrivare stremata alla fine del giorno,
braccia rotte e schiena a pezzi.
Carlo era stato precoce a parlare; ormai il suo lessico era ricco e non cera bisogno
o capriccio che egli non sapesse esprimere con parole imparate e adattate alla sua
capacit, ma pi spesso bizzarramente inventate. La cosa essenziale era che Carlo
non costituiva pi un problema: se aveva male, lo spiegava, se era offeso non lo
nascondeva neppure a parole. Non si decideva invece a camminare: se Angela, dopo
averlo sorretto sotto le ascelle per ore, tentava di sottrargli una mano, il piccolo
immediatamente cessava di essere docile: si aggrappava a lei atterrito e se insisteva,
scoppiava in un pianto convulso. Angela aveva commesso lerrore di lasciarlo solo,
un attimo, appoggiato alla parete di casa: sotto i piedi il bambino aveva la soffice
sabbia, per male che vada, aveva pensato, non gli accadr niente di grave. E invece
Carlo si era guardato intorno, sgomento, aveva visto la madre davanti a s, ma
dovette sembrargli perduta, irraggiungibile, gli occhi gli si erano riempiti di terrore,
era piombato, rigido, davanti a s, con un grido disperato. Angela era corsa, il
bambino aveva la bocca e gli occhi pieni di sabbia, loperazione di ripulirlo era stata
lunga e faticosa, perch Carlo si ribellava, divincolandosi, senza smettere un attimo di
urlare la sua protesta, Angela si era spazientita e aveva gridato. Non avrebbe
dimenticato pi i suoi occhi che laccusavano mentre la nonna lo portava via. Da quel
momento, Carlo aveva rifiutato qualsiasi approccio di movimento eretto e Angela si
crucciava quando lo vedeva muoversi carponi sulla stuoia di casa; fuori, sulla
spiaggia, Carlino consentiva solo a star seduto, tra secchielli e palette: al minimo
accenno di alzarlo, senza prenderlo immediatamente in braccio, il suo urlo di protesta
era energico e definitivo. Anche per questo Angela aveva deciso di portarlo subito
con s, voleva farlo vedere a un pediatra, esporgli il suo problema.
Ma non se ne era fatta un dramma, aveva fiducia che la cosa si sarebbe risolta in
qualche modo, con molta pazienza come le diceva sua madre o mediante il contatto
con altri bambini, come le aveva suggerito zia Rachele. Ora lo guardava seduto
vittoriosamente nella cesta, le piccole mani saldamente avvinghiate agli orli, la bocca
gi fornita di dentini, tutta una cascata di note e di sillabe per celebrare il
coronamento della sua fatica. La nonna lo sollev, vieni, ti porto in corridoio,
andiamo a vedere la campagna, dopo tanto mare. Ecco, Angela pens, sono una
ragazza madre, si dice cos? ho solo il denaro indispensabile per campare qualche
mese, non ho un compagno. Il mio mondo affettivo tutto qui: un bambino e una
donna stanca, un po poco, direbbe chiunque, e invece io so che non mi manca niente,
da tanto non mi sono sentita cos tranquilla.
Con freddezza si disse che la partenza di Vladi laveva liberata dellultima
incertezza: finch cera la possibilit di incontrarlo, poteva accaderle sempre di
cedere al ricatto dellamore passato, bisognava discutere, ascoltarlo, esserne
coinvolti. Ora, lincubo era finito: era finito anche lamore, era vero, e a Carlino non
restava che lei, ma aveva mai avuto altri per s? Maternit e paternit sono astrazioni,
se non si vivono ogni giorno: era stata per Vladi la sua donna, mai la madre di
Carlino. Anche lostilit appena dissimulata per il bambino, quella sua cieca gelosia
avevano contribuito a diminuirle Vladi, a farglielo sentire incapace di assumere il suo
posto accanto a loro.
Accese una sigaretta, cerc di immaginare il futuro. Aveva da studiare, da badare
al bambino, per ora non avrebbe lavorato. Ma non appena avessero accettato Carlino
in un asilo, avrebbe trovato il modo di non dipendere da sua madre. Ai primi tempi
sarebbe bastato lassegno di Vladi: senza spiegarsene la ragione, non ci contava per il
futuro, o forse gi poteva prevedere che meccanismo si sarebbe mosso in lui: quanto
pi il rimpianto di quel che aveva perduto fosse venuto a tormentarlo, tanto pi Vladi
sarebbe stato vile; per immiserirsi agli occhi di lei, per una sorta di vendetta celebrata
sulla propria pelle.
Ti aiuter a disprezzarmi, le aveva detto, in uno degli ultimi penosi incontri,
cos sarai libera, fino in fondo.
Angela non aveva voluto confessare allora che era proprio questo che desiderava di
pi: essere sciolta dalle catene di un amore che non poteva vivere in libert. In
questo, ora pens,
Vladi stato pi generoso di me: le aveva regalato di s una faccia odiosa e glie
l'avrebbe riconfermata, ne era sicura, da lontano: non le avrebbe pi dato notizie, per
rancore, per pigrizia anche, e per lantico cinismo.
Bene, era libera: alla Centrale cerano Marta e Cesare ad aspettarla, aveva degli
amici, avrebbe rivisto i compagni di Brera e il suo vecchio maestro, tutti quelli che
avevano aiutato la pianta sradicata che lei era a crescere senza tradire le proprie
radici.
Si guard le mani: erano forti e capaci, sapevano dipingere, disegnare, fare cose.
Tutto era ancora da giocare.
Alz gli occhi al finestrino: si accorse che il mare non accompagnava pi la corsa
del treno. La sua spiaggia era gi lontana. Con una stretta al cuore improvvisa pens
che Carlo per chiss quanto tempo non avrebbe giocato sulla sabbia, accanto allo
scoglio che aveva protetto lei bambina. E forse lo portava tra i lupi
Si alz. Aveva la sua forza e la sua giovent, per lui e per s: insieme, a Milano,
avrebbero costruito la loro casa. Milano era una citt ferita, ma viva. Anche lei lo era.

Potrebbero piacerti anche