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LE TECNICHE DELLA COMUNICAZIONE DIDATTICA

Alberto Cei

Alberto Madella

INDICE

Presentazione ................................................................................... Pag. 1. Formazione e formatore 1. La formazione .................................................................. " 2. II formatore ...................................................................... " 2. Come si programma la lezione 2.1 I bisogni di formazione .................................................... " 2. Le schede informative ...................................................... " 3. Gli obiettivi ....................................................................... " 3. I metodi di insegnamento 3.1 II metodo ......................................................................... " 3.2 Metodi passivi .................................................................. " 3.3 Metodi attivi ..................................................................... " 4. La conduzione della lezione 1. La preparazione della lezione .......................................... " 2. La conduzione della lezione ............................................ " 3. Il materiale didattico......................................................... " 4. L'uso di sussidi audiovisivi............................................... " 5. Il gruppo 1. Il gruppo............................................................................ " 2. La tecnica dell'interrogazione ............................................ " 3. L'esercitazione didattica .................................................... " 4. La verifica della propria attivit e di quella del gruppo ... " Conclusioni ........................................................................................ " Bibliografia ......................................................................................... " Scheda informativa ............................................................................. " Questionario ........................................................................................"

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Presentazione

In un epoca, la nostra, che corre verso il terzo millennio a grandi passi e in una temperie culturale, quella in cui siamo immersi, per cui anche lo spostarsi rapidamente con l'aereo rappresenta un sistema per meglio interagire con gli altri, non senza significato un documento scritto che considera le tecniche della comunicazione didattica. Ed ha un senso preciso che sia la Scuola dello Sport, con i suoi collaboratori ed i suoi esperti, a produrlo e a darlo alle stampe. Comunicare soprattutto, "tentare di mettere in comune" e, per questo, richiede una strategia di pensiero e diverse tattiche di comportamento concreto, che non possono non essere possedute dai potenziali "comunicatori" per arrivare ad essere, quest'ultimi, veramente efficaci. Nel fare lezione, nel tenere una conferenza, nel comunicare "saperi", non tanto importante il cosa si deve dire (in fondo, un docente si sceglie soprattutto proprio perch certo che egli "sappia"), ma il come dirlo (e questo non facile , poich sintesi di ulteriori, molto particolari conoscenze e dell'arte appunto del comunicare. Perch comunicare anche un arte). Il materiale di questo testo, che appare di facile lettura, in realt, per la bravura e la capacit degli Autori, apporta non poche utili informazioni a chi vuole motivare e interessare di pi il proprio pubblico, il proprio uditorio, i propri studenti, chi deve, cio, fare scuola, una volta o assai spesso, per esigenza di un giorno o per la professione di sempre. E con la convinzione che il testo raggiunger i suoi obiettivi, lo licenziamo per la stampa e lo affidiamo ai molti docenti dei numerosissimi corsi di formazione, specializzazione ed aggiornamento, della Scuola dello Sport, al Centro e sul Territorio.

Pasquale Bellotti Dirigente SdS Scuola dello Sport, aprile 1992

Renato Manno Dirigente D.A.D. SdS

Premessa degli Autori Quelle che seguono sono considerazioni, talvolta piuttosto ovvie, altre forse meno banali, sulla formazione degli adulti. Queste informazioni possono risultare utili per aumentare l'efficacia dell'attivit dei docenti impegnati nella formazione delle varie figure di operatori sportivi. Oggi chi insegna ad adulti o si accinge a farlo ha poche possibilit di approfondire o di informarsi su questi argomenti: di solito ci si ritrova ad insegnare senza alcuna preparazione metodologica specifica. Il lettore trover anche alcuni esempi per facilitare l'applicazione pratica di questi concetti durante l'insegnamento.

1. FORMAZIONE E FORMATORE
1.1 La formazione. Oggi la domanda di formazione e di aggiornamento culturale certamente una delle emergenze pi significative nel mondo sportivo. Nel nostro paese si organizzano settimanalmente decine di corsi di ogni livello e migliaia di tecnici e dirigenti sportivi vengono formati o aggiornati sulle problematiche della metodologia dell'allenamento, delle altre discipline scientifiche applicate allo sport o, nel caso dei dirigenti, sulle tematiche della gestione e dello sviluppo delle attivit sociali e federali. Questa domanda di formazione appare alquanto diffusa e crescente ed diretta soprattutto ad acquisire modelli di riferimento e chiavi di lettura utili per interpretare la realt in cui si opera. Pi che principi generali o nozioni specifiche, a volte di difficile applicabilit, i partecipanti a questi corsi richiedono soprattutto orientamenti chiari per potere "impiantare" decisioni e azioni razionali e produttive. E' chiaro quindi che la formazione degli operatori sportivi una funzione di tipo professionale, indispensabile per consentire l'acquisizione e l'aggiornamento delle competenze necessarie per svolgere al meglio la propria attivit. Le politiche adottate fino ad oggi per promuovere lo sviluppo dello sport hanno privilegiato generalmente l'obiettivo di accrescere il numero di coloro che praticano sport. Questo obiettivo risponde ad una evidente finalit sociale, ovvero lo sport per tutti, ma utile anche a migliorare la qualit dei risultati sportivi, come effetto indiretto che deriva dall'aumento degli atleti praticanti. D'altra parte non possibile protrarre per un tempo indefinito questo tipo di crescita quantitativa e quindi il ritorno degli investimenti effettuati in questa direzione tende progressivamente a decrescere. Ci si verifica anche perch nel frattempo si sono evidenziati alcuni vincoli strutturali che limitano questo tipo di crescita come la possibilit di destinare spazi urbani agli impianti sportivi e gli andamenti demografici stagnanti. La formazione degli operatori ai vari livelli si configura quindi sempre pi come lo strumento per ottimizzare i vantaggi della crescita quantitativa dei praticanti e per compensarne l'eventuale arresto. La parola d'ordine diventa quindi fare formazione. Infatti, un incremento qualitativo delle competenze professionali degli operatori sportivi possibile solamente attraverso lo sviluppo di programmi di formazione fondati sulla soddisfazione delle loro reali esigenze. E necessario, perci, che chiunque svolga un'attivit di formazione, sia esso docente o responsabile di un corso, sia innanzitutto consapevole dei fini del processo formativo, in modo da adeguare a questi gli obiettivi che vuole raggiungere, le attivit che intende svolgere e le tecniche di insegnamento di cui desidera servirsi. Infatti, possibile definire i criteri generali che permettono ogni processo di formazione e a cui bisogna fare riferimento indipendentemente dal contenuto e dal livello di approfondimento degli argomenti affrontati nel corso o nella singola lezione. I cinque criteri che definiscono che cos' la formazione sono i seguenti: A. LA FORMAZIONE E TRASMISSIONE DI CULTURA SPORTIVA. Le scienze dello sport costituiscono un elemento fondamentale della cultura sportiva sia quando vengono intese come contributo fornito dalle singole discipline scientifiche sia che vengano considerate nella loro globalit come contributo fornito dalla loro integrazione. Il
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secondo elemento costitutivo della cultura sportiva dato da quell'insieme di fattori extrascientifici che fanno riferimento ad abitudini, tradizioni, modi di fare tipici dell'ambiente sportivo derivati dall'attivit quotidiana che non sono stati oggetto di studio o attenzione da parte delle scienze dello sport. Questi elementi svolgono sicuramente un ruolo importante nello sport; lo sviluppo ulteriore delle scienze dello sport dovr ridurre gli aspetti negativi di questi fattori e potenziarne quelli positivi. II terzo elemento della cultura si riferisce ai valori etici che il processo di formazione deve trasmettere. La pratica sportiva formazione non solo di atleti e atlete ma di uomini e donne come qualsiasi altra attivit umana. Il fenomeno del doping solo l'esempio pi recente di come a questi valori, spesso disattesi, sia necessario prestare maggiore attenzione. B. LA FORMAZIONE DEVE SODDISFARE LE ESIGENZE DEGLI OPERATORI. A livello di base la formazione si compone di programmi didattici che forniscono i fondamenti necessari per svolgere una certa attivit. A livelli successivi, aumentando la competenza dei partecipanti, devono invece rispondere alle loro specifiche esigenze. In tal modo, la formazione diventa una variabile strategica per ogni organizzazione, che per mezzo di essa manifesta il proprio interesse a fornire interventi operativamente mirati alla soddisfazione delle esigenze dei corsisti, con la consapevolezza che il successo dei programmi dipende anche da questo tipo di attenzione. C. LA FORMAZIONE MIRA A SVILUPPARE E POTENZIARE SPECIFICHE COMPETENZE PROFESSIONALI. Questo fattore della formazione fra quelli pi tradizionalmente riconosciuti come importanti nel curriculum degli operatori sportivi. Per competenze professionali non si deve intendere per solo quelle specifiche tecnico-sportive o attinenti all'area medico-biologica. Infatti sempre pi forte l'esigenza d'imparare a migliorare il proprio potenziale di azione sociale. In altre parole si tratta di insegnare ad essere un vero leader, proprio perch chi ricopre ruoli di responsabilit non pu assolvere i propri compiti se non attraverso la direzione dei comportamenti che ha la responsabilit di stimolare e coordinare. D. LOFFERTA DI FORMAZIONE MIGLIORA LA DOMANDA DI FORMAZIONE E' una reazione a catena positiva quella che s'instaura attraverso il processo di formazione. La richiesta di formazione una domanda di cambiamento che se viene soddisfatta dall'offerta successiva di formazione pone le basi per cui la seguente domanda sar pi qualificata e specifica. E. LA FORMAZIONE DEVE PRODURRE STABILI MODIFICAZIONI NEL COMPORTAMENTO. Informazione significa fornire determinate notizie a chi ascolta; il processo informativo termina quando chi parla ha concluso la sua trattazione. La formazione, al contrario, si spinge molto pi in l, perch termina solo quando il docente ha raggiunto la ragionevole certezza che i partecipanti abbiano imparato. Questo punto di fondamentale importanza per i formatori che continuamente devono rispondere a domande di questo genere: "quale cambiamento voglio ottenere mentre dico queste cose?", oppure "in che modo posso capire che hanno appreso?", oppure "quali tecniche di insegnamento sono pi efficaci in questo caso?". Questi cinque criteri costituiscono i punti fondamentali della formazione a cui ogni semi5

nario, avanzato o di base che sia, deve fare riferimento. Dovrebbe essere il direttore del corso a verificare che il programma realizzato abbia risposto nel suo complesso a queste esigenze, anche se ogni docente si dovrebbe servire di parametri specifici per la propria materia per valutare la validit del proprio insegnamento. 1.2 Il formatore La qualit di un corso dipende in primo luogo dall'insegnante. Si potrebbe pensare che il requisito principale che un formatore di adulti debba possedere sia la competenza specifica sull'argomento che dovr insegnare. In effetti, i docenti che vengono impegnati nella formazione hanno in genere competenze professionali elevatissime: sono infatti di volta in volta medici, psicologi, allenatori, dirigenti sportivi di larga esperienza. Non sempre per questa competenza cos elevata garantisce una pari efficacia didattica, anche se accompagnata da una motivazione estremamente alta. La capacit di insegnare non pu essere infatti considerata come una conseguenza automatica delle nozioni che si possiedono. Accade spesso che gli allievi di un corso ricordino un docente pi per alcune sue caratteristiche come il senso dell'umorismo, la disponibilit umana o le eccezionali conoscenze scientifiche che per i cambiamenti di atteggiamento o di comportamento che riuscito a provocare in loro. In questi casi l'obiettivo primario della formazione probabilmente non stato raggiunto pienamente. L'insegnante deve essere soprattutto un "facilitatore dell'apprendimento". Facilitatore certamente un termine piuttosto brutto, per esprime con chiarezza l'idea di un docente che sa esporre in modo efficace e significativo la sua materia. Ci si verifica solo quando la trattazione risponde davvero ai bisogni dei corsisti ed quindi adeguata ad essi, convincente e ben comunicata. Pi il docente utilizza la lezione per sfoggiare abilit, i suoi successi e la sua preparazione, meno probabilit avr di instaurare un buon rapporto comunicativo con gli allievi e insegnare loro davvero qualche cosa. Non si pu quindi confondere l'insegnamento con un'attivit in cui gli allievi realizzano automaticamente i loro apprendimenti per il solo fatto che il docente ha "spiegato" qualcosa o ne ha parlato anche pi di una volta. Il pi grande professionista o ricercatore anche un bravo insegnante se le sue competenze tecniche e teoriche sono "controllate" dall'abilit a comunicare e dalla capacit di organizzare le attivit in aula e i contenuti didattici in funzione dell'apprendimento dei partecipanti. Una prima conseguenza di quanto detto in precedenza che l'insegnante non dovr porsi quindi solamente il problema di ci che deve dire o di quanto deve dire di ci che sa, ma soprattutto dovr riflettere su come: 1) organizzare la propria attivit; 2) comunicare tenendo conto delle grandi differenze che esistono inevitabilmente tra gli allievi. Insegnare ad un gruppo di allievi adulti significa pi che mai colloquiare individualmente con tutti contemporaneamente, tenendo conto delle diverse capacit di comprendere il messaggio e di integrarlo con le proprie conoscenze ed esperienze precedenti. Spesso la constatazione delle differenze culturali o esperienziali tra gli allievi, inducono l'insegnante ad abbassare il livello degli obiettivi didattici da raggiungere. In alcuni casi tuttavia queste differenze di livello o di ritmi di apprendimento degli allievi non dovrebbero provocare tanto un abbassamento o una diversificazione degli obiettivi didattici che devono essere raggiunti durante il corso, quanto piuttosto una differenziazione nei ritmi indivi6

duali di apprendimento quindi dei tempi con cui questi obiettivi saranno raggiunti da ognuno. Ricapitolando quanto si detto: il formatore di adulti si dovr quindi porre costantemente i due problemi che seguono: 1) come potr trasmettere a questi allievi l'informazione in una forma davvero efficace? 2) come possibile controllare l'efficacia della mia comunicazione con gli allievi? Certamente le riflessioni che le scienze dell'educazione e la psicologia dei gruppi e della comunicazione hanno sviluppato in questi anni possono esserci d'aiuto, anche se certamente non potremo considerare l'insegnamento come una scienza esatta. Tutte le conoscenze e le nozioni metodologiche serviranno solo in parte a guidare e classificare la pratica: l'analisi dei principali metodi che possono essere utilizzati nell'insegnamento, ad esempio, non dovr mai annullare la consapevolezza che nella realt i metodi vengono spesso combinati tra loro e che non sempre lo stesso metodo il migliore per affrontare tutti gli argomenti o per tutti i gruppi di allievi.

2. COME SI PROGRAMMA LA LEZIONE


Dall'analisi dei bisogni alla definizione degli obiettivi

2.1 I bisogni di formazione. In un processo formativo, l'analisi dei bisogni e la definizione degli obiettivi sono due fasi collegate ed egualmente cruciali per l'impostazione didattica. In effetti un luogo comune affermare che la conoscenza degli interessi e dei bisogni dei partecipanti deve essere la prima tappa dell'attivit di un formatore. Non sempre questo avviene davvero, in genere per la curiosa ragione che il tempo disponibile troppo poco. E' come se un viaggiatore diretto ad una terra inesplorata dimenticasse di portare con s le carte geografiche e la documentazione informativa disponibile sulle terre da visitare perch non ha tempo sufficiente per raccoglierle! In questa fase la professionalit del docente (e/o del direttore del corso) si evidenzia nella capacit di impostare preliminarmente un'indagine conoscitiva utile ad orientare l'organizzazione della lezione e di tutto il corso, per potere poi davvero soddisfare i bisogni reali degli allenatori. Queste informazioni non sono importanti solo per chi dirige il corso ma anche per tutti i docenti che dovranno conoscere le aspettative dei loro allievi. Si potrebbe pensare che il modo migliore per conoscere i bisogni degli operatori sportivi sia quello di chiederli direttamente agli allenatori stessi. Non sempre questa soluzione realmente praticabile e d'altra parte essa presuppone che tutti gli allenatori abbiano una piena consapevolezza dei loro bisogni formativi. Non sempre questo vero per tutti gli allievi, che molto spesso arrivano ad un corso senza avere un'idea ben definita di come questo corso possa potenziare la loro azione pratica. Il procedimento pi abituale per allargare le conoscenze dello staff docente sugli allievi consiste nella somministrazione di schede informative che permettono di ricostruire le carat7

teristiche pi importanti dei partecipanti al corso. Le schede informative lasciano agli allievi una relativa libert di espressione all'interno di una struttura di riferimento (che costituita appunto dalle domande della scheda), stabilita appositamente dal docente per evidenziare, anche, eventuali bisogni latenti di formazione.

2.2 Le schede informative. Come si costruiscono e si utilizzano. I test d'ingresso: utilit e limiti. E' sempre opportuno, quando si dispone di tempo a sufficienza, inviare tempestivamente agli allievi un breve questionario conoscitivo prima dell'inizio del corso. Lo scopo del questionario non semplicemente quello di conoscere qualcosa ma anche di fare riflettere i corsisti sulle loro esigenze e di farli esprimere in maniera sintetica a proposito di quanto vorrebbero imparare durante il corso. Nel questionario verranno richieste informazioni sulla natura e la durata dell'esperienza sportiva (come atleta, tecnico, dirigente, ufficiale di gara) degli allievi, sulle caratteristiche dei curricula di studio seguiti fino a quel momento, sui problemi pratici e sulle fasce di et di cui gli allievi si occupano, sulle possibilit o le aspettative di "carriera" realizzabili nella struttura che li ospita. Queste ultime evidentemente sono molto collegate alla motivazione effettiva dell'allievo a partecipare al corso e ad impegnarsi, che sar certamente maggiore per gli allievi che percepiscono un collegamento tra corso e crescita professionale. Dalle risposte date al questionario dovrebbe essere possibile trarre indicazioni interessanti circa l'eventuale omogeneit delle caratteristiche dei corsisti. A questo proposito, il sogno di ogni docente normalmente quello di trovarsi davanti a un gruppo di allievi il pi possibile simili tra loro. E' infatti intuitivo che i vantaggi che il gruppo omogeneo offre al docente sono numerosi. Il pi apprezzato dato dal fatto che le mete professionali e i bisogni sono molto simili e quindi l'apprendimento risulta pi agevole da programmare e controllare. Altri vantaggi, che invece spesso sfuggono al docente, consistono nella maggiore facilit che il gruppo incontra a stabilire regole di comunicazione e di comportamento interno, nel clima affettivo che i corsisti riescono a determinare e nella facilit nell'impostare attivit di gruppo a cui tutti riescano a dare contributi personali, che invece diventano molto difficili se nel gruppo ci sono persone molto "atipiche" o "dissonanti" (es. allenatori di altissimo livello, funzionali, prestigiosi ricercatori, ex-atleti di grande prestigio). Naturalmente ci si potrebbe sempre chiedere se mai possano esistere gruppi davvero omogenei e, soprattutto, come possibile analizzare inizialmente la situazione del gruppo con la finalit di far stringere legami pi stretti tra i componenti, sollecitando in maniera efficace il sentimento di appartenenza al gruppo. Molti docenti sembrano trascurare un altro aspetto molto importante, ovvero che un flusso consistente di interazioni tra i membri del gruppo rafforza molto la motivazione e facilita di gran lunga il raggiungimento degli obiettivi. E' bene peraltro rammentare che relazioni eccessivamente strette possono talvolta suscitare qualche tensione dentro il gruppo, come facile rilevare da un questionario "Bilancio" somministrato ai partecipanti al termine del corso. Anche a questi fini il questionario iniziale potr risultare utile: certamente non dovr mai essere troppo lungo, dovr contenere anche domande (poche!) sul contenuto del corso e sulle sue modalit didattiche. In particolare bisogner fare esprimere i timori che gli allenatori proverebbero partecipando ad un corso poco interessante per loro. E' soprattutto opportuno che il questionario ritorni a chi dovr analizzarlo (ovvero al direttore del corso e/o ai docenti) entro una determinata data e che venga ricordato che la compilazione del questionario - pur non essendo obbligatoria - potrebbe risultare di grande vantaggio per tutti i corsisti. Non
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forse superfluo rammentare che al fine di un suo ritorno in tempo utile dovr anche essere stato inviato con largo anticipo ai partecipanti (vedi esempi a pag. 36, 37). Vale la pena inoltre di ricordare un uso potenziale del questionario iniziale a cui sarebbe bene che non venisse mai destinato, cio per stabilire quali sono gli allievi bravi e promettenti e quali invece quelli "limitati" o "menefreghisti" (avete certamente sentito parlare dell'effetto PIGMALIONE).

2.3 Gli obiettivi: competenze teoriche, operative, psicologiche e relazionali. Dopo avere effettuato l'analisi della situazione di partenza sar certo pi agevole procedere alla determinazione operativa degli obiettivi didattici del corso e delle varie lezioni. Per obiettivo si intende in questo caso la prestazione che gli allenatori o i dirigenti devono essere in grado di realizzare per potere essere definiti competenti. In questo senso ci riferiamo ad obiettivi formativi nel senso pi stretto, ovvero a quegli obiettivi specifici dell'azione didattica che l'insegnante si propone di conseguire consapevolmente e che deve avere cura di definire nei termini pi chiari, concreti ed espliciti possibile. Normalmente questi obiettivi implicano la modificazione d atteggiamenti, di abilit e di conoscenze da parte dell'allievo. Naturalmente questi obiettivi sono consequenziali rispetto ad altri obiettivi formativi intesi in senso molto pi ampio, quali i grandi obiettivi organizzativi e istituzionali selezionati dai promotori della formazione (es. il CONI o le Federazioni Sportive Nazionali). In genere per qualunque attivit formativa questi grandi obiettivi di tipo educativo-istituzionale sono chiaramente delineati. Chi si occupa della formazione di formatori o dei dirigenti sportivi in genere ha un'idea ben definita di questi obiettivi. Molto meno chiara o specifica invece a volte la relazione che l'insegnante riesce a stabilire tra gli obiettivi educativi generali e quelli didattici specifici. In altre parole non sempre il formatore sa definire con precisione che cosa l'allievo dovr sapere, saper fare o sapere far-fare al termine dell'attivit formativa che sta per intraprendere. La scarsa consapevolezza degli obiettivi didattici limita evidentemente la possibilit di progettare con precisione e sistematicit un itinerario formativo. Per soccorrere l'insegnante in questa fase della sua programmazione didattica, sono state elaborate numerose tassonomie degli obiettivi didattici (cfr. Bloom et al., 1982; de Landsheere, 1979; Gagn, 1973), che dovrebbero servire a eliminare la tipica indeterminatezza e ambiguit con cui molti insegnanti definiscono gli obiettivi della loro azione didattica. Nel rimandare ai testi citati per gli approfondimenti del caso, giover probabilmente segnalare ai docenti che essi dovranno rispondere a queste domande: 1. quali conoscenze teoriche devono acquisire gli allievi (a livello di memorizzazione e di comprensione), quale tipo di linguaggio devono comprendere e utilizzare? 2. quali capacit applicativo-operative devono acquisire? 3. quali capacit di analisi, interpretazione e comprensione di fenomeni devono sviluppare? 4. quali competenze relazionali devono acquisire? Le risposte a questi interrogativi dovrebbero essere esplicitate con un linguaggio chiaro, in modo da potere davvero aiutare l'insegnante a prendere le decisioni del caso. Soprattutto andrebbero definiti in maniera esplicita i criteri che l'insegnante utilizzer per valutare se gli obiettivi definiti sono stati raggiunti o meno.
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3. I METODI D'INSEGNAMENTO
3.1. Il metodo. Una volta definiti gli obiettivi il docente dovrebbe procedere a individuare le strategie pi efficaci per raggiungerli: in altre parole dovrebbe definire i metodi di insegnamento e le forme organizzative specifiche della didattica. I termini metodo e metodologia (con i loro aggettivi imparentati "metodico", "metodologico") sono certamente molto usati nel linguaggio della formazione, non diversamente da quanto del resto avviene anche nel campo della scienza, della filosofia, della produzione e dello stesso allenamento. Data la grande frequenza con cui questi termini vengono usati (ed abusati), non difficile che ad essi vengano attribuiti significati molteplici e non sempre omogenei. Nell'insegnamento, il metodo dovrebbe assistere il docente nel raggiungimento degli obiettivi previsti per ciascun gruppo di corsisti. Questa considerazione, apparentemente banale, implica in primo luogo che non possibile affermare a priori (cio indipendentemente dalla determinazione degli obiettivi e dalla conoscenza degli allievi) che un metodo didattico sia di per s meglio di un altro. Esistono varie classificazioni dei metodi didattici, ma in linea di massima ci sembra opportuno cominciare col differenziare soprattutto tra metodi di tipo attivo, o interattivi, e metodi passivi o prevalentemente unidirezionali. 3.2. Metodi passivi I metodi passivi sono quelli tipici delle cosiddette lezioni "classiche" o "tradizionali" a cui in genere siamo stati abituati fin dai tempi della scuola. Il prototipo della lezione tradizionale la lezione-conferenza nella quale grandi quantit di informazioni vengono trasmesse dal docente agli allievi attraverso una relazione comunicativa quasi unidirezionale. Alla fine della lezione-conferenza viene lasciato in genere un periodo di tempo, normalmente non superiore ai 5-10 minuti, per eventuali domande da parte dei corsisti. Raramente, per, i partecipanti giunti a questo punto hanno ancora la voglia o la capacit di ricordare ed esprimere tutti gli eventuali interrogativi sorti durante l'esposizione del docente. Con questo genere di lezione piuttosto facile determinare il tempo necessario a condurla (in genere non si dovrebbero superare i 60-90 minuti senza interruzione) e la logica che presiede all'organizzazione dei contenuti. Vediamo ora pi in dettaglio quali sono i pro e i contro pi tipici della lezione tradizionale, anche se va comunque osservato che il bravo insegnante sapr probabilmente ridurne, ma non certo annullarne, gli svantaggi. Vantaggi: - rapidit; - controllo sul tempo; - facilit nella programmazione; - possibilit di dare indicazioni prescrittive; - identificazione chiara del titolare del sapere; - facilit con cui si possono proporre concetti nuovi; - massima densit nel rapporto tra tempo disponibile e la quantit delle informazioni date.
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Svantaggi: -allievo come oggetto del tutto passivo, le cui capacit di attenzione e di memorizzazione vengono messe a dura prova e per nulla agevolate (Quanto ci si stanca ad ascoltare!!) -Ignoranza complessiva di ci che avviene individualmente negli allievi e sottovalutazione della loro comunicazione - Impossibilit di determinare se le risposte degli allievi sono adeguate - Scarso feed-back su ci che l'insegnante comunica: non si deve credere troppo a quelli che sostengono di riuscire a capire dallo sguardo degli ascoltatori se l'informazione comunicata stata pienamente recepita o meno - Insegnante protagonista o mattatore - Mare di parole!!!!! : - Inibizione della creativit a causa della direttivit con cui i contenuti vengono imposti; - Difficolt nella realizzazione di un flusso di comunicazione continua tra allievo e insegnante e, quindi, assenza delle condizioni ottimali per l'attivit di formazione di adulti. - Difficolt per la promozione di un dibattito efficace - Scarsa attenzione per le aspettative dell'ascoltatore e per il suo livello di conoscenze specifiche Quando pi utile la lezione tradizionale: - quando i contenuti sono fortemente strutturati e gli obiettivi prettamente informativi (es. biologia). - quando il tempo poco e gli allievi sono molti (es. superano le 20 persone). - ogni volta che devono essere comunicate le prime nozioni di base di una determinata area disciplinare. Quando va soprattutto evitata la lezione tradizionale: - quando le capacit di ascolto o di memorizzazione dei corsisti siano evidentemente basse (es. persone poco avvezze a frequentare corsi) o siano sul punto di esaurirsi (...siamo alla settima ora di lezione). Osservazioni: se proprio siamo costretti ad utilizzare questo metodo, sar opportuno interrompere spesso l'esposizione per rivolgere domande agli allievi singolarmente o per suscitare discussioni di gruppo. In corsi residenziali o comunque di lunga durata, risulta di grande utilit fornire in anticipo agli studenti una scaletta o una sintesi delle tesi o degli argomenti che verranno esposti successivamente. 3.3 Metodi attivi. Parliamo adesso di alcuni dei metodi attivi che vengono usati con maggiore frequenza nella formazione degli adulti. Va data subito l'avvertenza che, nella prassi reale dell'insegnamento, si potrebbero gestire innumerevoli combinazioni di questi metodi tra loro e con gli stessi metodi tradizionali. A. LA LEZIONE-CONFERENZA VIVACIZZATA, OVVERO SPEZZATA DA FREQUENTI BREAK, DISCUSSIONI, INTERVALLI, BREVI QUESTIONARl (METODO SEMI-ATTIVO). Il docente pu controllare l'orientamento dell'attivit didattica e pu anche raccogliere in11

formazioni molto utili sul livello di interesse, apprendimento ed elaborazione da parte degli allievi. Con questa metodologia possibile inoltre introdurre variazioni continue nell'attivit che evitano depressione e caduta di attenzione. B. LA TAVOLA ROTONDA (METODO ATTIVO) Essa pu essere condotta sotto la forma di una vera e propria tribuna di esperti (moderati a loro volta da un altro esperto). Naturalmente l'ordine degli interventi e la distribuzione dei vari argomenti devono essere stati accuratamente concordati in anticipo e i tempi scrupolosamente preventivati e controllati. Vantaggi: - confronto di opinioni divergenti e comparabili; - elevato interesse e dinamismo; - variet di approcci al tema; - stimolazione dell'interpretazione attiva da parte degli allievi e della creativit; Svantaggi: - scarso livello di organicit ed eccessivo ruolo di elementi emotivi; - se gli esperti sono davvero tali e il coordinatore non pi che abile rischia di degenerare in una somma di conferenze, tante quante sono gli esperti intervenuti; - difficolt organizzative, di costi (molti docenti costano certamente pi che uno) e di coordinamento; - inibizione degli allievi all'intervento data la presenza di tanti docenti in contemporanea; - difficolt di creare un clima affettivo; Quando pi utile la lezione-tavola rotonda: essa appare ideale per discutere le conseguenze pratiche di alcune nozioni di carattere teorico: ad esempio nel caso della formazione degli allenatori per discutere sulla programmazione, dopo avere introdotto i concetti chiave dell'allenamento sportivo e dell'insegnamento di abilit motorie. Quando va soprattutto evitata la lezione-tavola rotonda: quando non ben coordinata e quando l'uditorio non ha la minima preparazione sull'argomento. In questo caso avr la meglio il pi forte o il pi prestigioso tra i relatori intervenuti con gravi problemi per i docenti del corso o la direzione, che dovranno in seguito produrre interventi di "recupero" durante il successivo sviluppo dell'attivit formativa. In ogni caso va evitato questo genere di intervento all'avvio di un corso di formazione. C. IL DIBATTITO TRA I PARTECIPANTI, GUIDATO DAL DOCENTE (METODO ATTIVO) Si tratta di una forma di lezione in cui il docente, inizialmente introduce un problema e accenna a varie possibili interpretazioni senza, per, spingersi troppo a fondo e sbilanciarsi a favore di questa o di quell'altra soluzione. Dopo avere suscitato il problema, l'insegnante assume il ruolo di moderatore cercando di fare in modo che i partecipanti riflettano sulle problematiche affrontate trovando una soluzione razionale o scientificamente fondata e non basata su autorit, abitudine o impressioni generali. Questo metodo didattico attuabile solo se i corsisti hanno gi qualche idea dell'argomento che viene discusso e hanno gi assistito ad alcune lezioni o hanno ricevuto dal docente materiale didattico su cui lavorare. Osservazioni: - la durata di una lezione in cui viene impiegato questo metodo, deve essere abbastanza lun12

ga (almeno 70-90 minuti) per non dare l'impressione che gli argomenti vengano soltanto sfiorati provocando una insoddisfazione generale. - necessario prevedere chiaramente i turni di discussione; - non facile da attuarsi quando i corsisti sono pi di 20-25; - il docente assume quasi un ruolo socratico dal momento che deve orientare la discussione senza cedere troppo in fretta alla tentazione di affermare sbrigativamente la verit che possiede gi in tasca; - ottimo per introdurre trattazioni scientifiche su argomenti di comune sensibilit (es. psicologia, pedagogia, educazione) o su decisioni pratiche; - richiede alla fine una sintesi riassuntiva delle varie posizioni da cui inizialmente si era partitiper trarre le conclusioni (ad esempio con la proiezione finale di uno o pi lucidi riassuntivi); - tende in genere a produrre affermazioni "forti" e in conflitto tra loro. D. LAVORI DI SOTTOGRUPPI CON DIBATTITO FINALE DI GRUPPO. Si tratta di una forma didattica simile alla precedente, in cui, per, il gruppo di allievi viene suddiviso in sottogruppi di dimensioni ridotte, che dapprima elaborano documenti o proposte e poi rispondono alle domande del docente e dei componenti degli altri gruppi. Questo metodo stimola fortemente la partecipazione e il contributo individuale anche di allievi che in genere non amano esporsi ad un contraddittorio pubblico in presenza di tutti. Proprio per garantire la massima espressione di tutti i membri si identifica in cinque componenti la dimensione ottimale del sottogruppo. Quattro il numero minimo e otto il numero massimo. La composizione dei gruppi deve essere effettuata dal formatore che deve garantire la creazione di un gruppo il pi possibile equilibrato. Negli interventi formativi residenziali opportuno variare la composizione dei gruppi di lavoro al termine di ogni fase seminariale. Perch il gruppo lavori con efficacia necessario che il compito assegnato sia stato definito con estrema precisione e accettato da tutti i partecipanti. E' possibile scrivere il mandato consegnandone una copia ad ogni gruppo, al fine di poter verificare se l'attivit del gruppo rivolta a soddisfare le esigenze poste dal compito. L'obiettivo deve essere tale da potersi realizzare tramite un'attivit creativa e non deve richiedere soluzioni scontate o troppo facili da individuare. Inoltre necessario che il mandato sia uguale per tutti i gruppi, ci consentir al termine del lavoro un interessante confronto tra i risultati ottenuti da ciascuno. Il tempo richiesto per un lavoro di gruppo non deve essere superiore alle due ore e inferiore all'ora. Nel corso di seminali residenziali bene organizzare almeno una o meglio due sessioni di lavoro di gruppo durante ogni giornata, con lo scopo di stimolare i partecipanti a sentirsi attori della loro formazione. E' utile dare dei tempi all'attivit di gruppo, in modo che sia suddivisa in maniera precisa nei vari momenti del suo svolgimento. Al lavoro di gruppo deve seguire un'esposizione dei risultati di ciascuno in una sessione plenaria. Evitare questo momento significherebbe annullare gran parte degli effetti positivi dell'attivit precedente. E' pi efficace terminare tutte le relazioni e solo in seguito discuterle: si evitano cos quei problemi legati alla percezione di sentirsi criticati non per le proprie affermazioni, ma per motivi connessi al gruppo o a persone specifiche. Vantaggi: - la ridotta dimensione del gruppo consente l'espressione di tutti i partecipanti, facilita l'interazione fra i membri e stimola lo scambio di idee; - il lavoro di gruppo stimola la creativit e l'autonomia di pensiero dei partecipanti; - migliora la tolleranza dei membri alle dinamiche di gruppo stimolando la collaborazione; - le opinioni e i risultati raggiunti dal gruppo sono sottoposti all'attenzione ed al feedback de13

gli altri partecipanti, che possono esprimere liberamente le loro idee a proposito. Svantaggi: -il tempo disponibile per ciascun gruppo quasi sempre insufficiente e resta spesso una sorta di malessere per non avere potuto sviluppare il tema fino in fondo; -inoltre il docente dovr organizzarsi per tempo per preparare del materiale didattico sufficiente per ciascun sottogruppo; -se i compiti che vengono dati ai sottogruppi sono totalmente diversi, accade talvolta che i sottogruppi nella fase di discussione collettiva mostrino poco interesse per i lavori degli altri. Osservazioni: questa metodologia pu essere benissimo integrata con altre procedure didattiche in situazioni miste. Ad esempio l'insegnamento pu prevedere: a) una fase introduttiva con cui l'insegnante illustra i punti oggetto d'insegnamento; b) una fase esecutiva che consiste in una ricerca (anche di gruppo) o in un dibattito; e) una presentazione collettiva dei risultati della ricerca da parte dei corsisti con un intervento integrativo del docente; d) una fase di valutazione finale. Quando viene proposto questo metodo necessario inoltre che il docente sappia controllare le dinamiche dei piccoli sottograppi e si adoperi per evitare possibili conseguenze spiacevoli dovute alla leadership interna ai gruppi. E. ANALISI DEL CASO SPECIFICO. Si tratta di una metodologia che invece di partire da nozioni generali per suggerire strategie o linee di condotta da adottare in situazioni specifiche, parte da un'analisi dettagliata di un caso (es. una programmazione dell'allenamento, una situazione gestionale, etc.) per segnalare i criteri di analisi e risoluzione. Si tratta di una metodologia di grande efficacia didattica dal momento che spinge gli allievi a misurarsi su un terreno pi abituale. Questo metodo per richiede una notevole capacit da parte del docente di collegare i fenomeni analizzati con le problematiche teoriche e metodologiche, ovvero di risalire dalle scelte e decisioni pratiche alle logiche che le debbono ispirare. Esso deve normalmente essere sostenuto da un'ampia documentazione specifica (grafici, fotocopie, tabelle riassuntive e spesso anche da audiovisivi). Il metodo dell'analisi del caso risponde a due obiettivi didattici: 1) analisi della situazione. La descrizione del caso un pretesto per stimolare la capacit di analisi e di decisione in relazione ad una situazione, che potr essere stata articolata in maniera pi o meno complessa in base al livello di abilit dei partecipanti. 2) modalit di intervento. L'accento in questo caso posto su come intervenire in futuro in situazioni analoghe a quelle presentate. Particolare attenzione va indirizzata all'analisi delle caratteristiche del problema presentato, in modo da imparare a individuarlo quando si presenter nella realt sportiva. Si possono distinguere vari tipi di casi, cos come ha illustrato Goguelin (1972): I CASI DELLA DECISIONE. Il caso stabilisce una situazione di partenza precisa in tutti i suoi particolari di cui i membri del gruppo vengono informati in maniera completa e priva di ambiguit. Viene inoltre de14

finito l'obiettivo che deve essere raggiunto e si fanno ricercare dal gruppo le modalit e i mezzi per arrivare allo scopo finale. Il testo fornisce tutte le informazioni necessarie per risolvere il problema. E una situazione essenzialmente analoga a quella dinanzi a cui ci si trovava a scuola nel risolvere un problema matematico: si tratta di dedurre una soluzione partendo dai dati. Questi casi costituiscono un utile addestramento alla decisione e alla decisione rapida. I CASI DI STUDIO DEI PROBLEMI. Il caso stabilisce una situazione di partenza meno definita di quella precedente. Infatti vengono fornite informazioni rilevanti e irrilevanti nello stesso tempo e sar il gruppo a decidere quelle di cui dovr servirsi. Dei personaggi del caso si evidenzier anche il carattere, rilevandolo dai comportamenti descritti. Il gruppo si trova quindi nella situazione di dovere discutere quali informazioni utilizzare in relazione agli obiettivi prefissati. In generale, i componenti del gruppo saranno tra loro in disaccordo, dovranno confrontare i loro punti di vista. Cos agendo, diverranno consapevoli della soggettivit delle loro opinioni e della necessit di trovare un compromesso. Questo tipo di esercitazione molto utile per lo sviluppo della tolleranza, per eliminare i giudizi pi superficiali, frettolosi e routinari e per potenziare l'abilit di comprendere i punti di vista altrui. I CASI DI STUDIO DEI CASI. Il caso descrive una situazione realmente avvenuta: vengono presentati i personaggi, i comportamenti e gli atteggiamenti principali. La presentazione di un caso reale consente ai partecipanti di verificare quanto la realt sia pi complessa della finzione e di sperimentare le proprie capacit decisionali e di azione. Il caso non deve mai presentare nella sua descrizione una soluzione che si sia rivelata efficace, per evitare di trasferire al gruppo l'impressione che esista una soluzione ideale a cui ispirarsi. Il gruppo deve proporsi degli obiettivi pratici, che dovr vagliare nel corso dell'esercitazione prima di giungere alla soluzione scelta. E' possibile prevedere soluzioni differenti egualmente efficaci a seconda delle valutazioni fornite dai partecipanti. I CASI DI IDENTIFICAZIONE DEI PROBLEMI. Nei tre casi illustrati prima, l'identificazione della difficolt o del problema evidente. Questo tipo di caso, invece, chiede di scoprire quale sia il problema da risolvere in una data situazione. E' possibile descrivere casi molto lunghi e complessi che permettono al gruppo di allenarsi nella presa di coscienza del problema. A questo proposito sono stati ideati casi illustrati in decine di pagine nei quali non viene descritto un solo problema principale, bens una serie di errori che concorrono a creare una situazione di difficolt. Particolare attenzione va posta alla discussione del caso: il tempo previsto deve essere fra due e tre ore. La guida fornita dal docente potr essere orientata sul problema o sul rapporto del gruppo con il problema. Nel primo caso potr riferirsi a: - ci che avvenuto e perch, e sull'esame del modo di agire dei personaggi; - l'intervento da effettuare in ogni caso, indipendentemente dal carattere dei personaggi, per risolvere le difficolt incontrate; - i suggerimenti da fornire ai personaggi del caso per evitare tali difficolt; - come agiranno i personaggi del caso in base al loro modo di agire.
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E' possibile tradurre in role-play (vedi paragrafo seguente) la soluzione proposta dal gruppo per verifcarne l'efficacia. Analizzando, invece, il rapporto del gruppo con il problema si tratter di studiare gli atteggiamenti dei singoli membri di fronte a questa situazione. Ci molto utile quando il docente vuole stimolare i partecipanti al corso a sviluppare una maggiore consapevolezza nei riguardi dei propri pensieri, sentimenti e comportamenti in relazione a specifiche situazioni. Vantaggi: - migliore gestione di s nelle situazioni interpersonali e di gruppo; - migliore capacit di lettura della situazione, potenziamento delle capacit decisionali, e delle abilit a trattare con il proprio staff, gli atleti, la stampa e la societ sportiva. Svantaggi: - il docente deve sapere padroneggiare con grande abilit le dinamiche di gruppo che si manifestano in maniera evidente in questo tipo di attivit. F. ROLE-PIAY. Si tratta di situazioni in cui l'allievo impersona il ruolo di altre figure (il docente, l'allenatore, il dirigente) a fini didattici. Si tratta di un metodo molto comune nella formazione per gli adulti, specie in campo aziendale, che risulta per ancora poco frequente nella formazione degli operatori sportivi e che richiede una attenta progettazione da parte del formatore. I role-play svolgono diverse funzioni didattiche e soprattutto consentono ai corsisti di: - esercitarsi nell'uso di tecniche di comunicazione interpersonale in situazioni meno rischiose di quelle reali; - sperimentare in concreto quanto spiegato dal docente durante il corso; - vivere l'esperienza di comunicazione dal punto di vista dell'atleta; - ricevere un feedback specifico e immediato sulle proprie modalit di comunicazione. Il role-play deve essere ideato in maniera estremamente precisa, in modo da fornire a ciascun partecipante esatte istruzioni di comportamento. Il numero minimo per effettuare un role-play di tre persone. Questo gruppo pu essere composto da due partecipanti che assumono, ad esempio, il ruolo dell'allenatore e dell'atleta, mentre il terzo svolge la funzione di osservatore. I tre partecipanti devono ricevere delle istruzioni scritte per ciascuno dei ruoli da loro svolti. In tal modo possibile proporre situazioni tipiche della dinamica interpersonale allenatore-atleta che consentono di esercitarsi nell'affrontarle. E' necessario determinare il tempo di svolgimento del role-play. Il role-play costituito da tre fasi, ognuna delle quali della durata di circa dieci minuti, che sono cos suddivise: - preparazione del role-play. Ogni persona deve leggere le istruzioni fornite e familiarizzare con la situazione proposta; - svolgimento del role-play. Ogni persona svolge il suo ruolo cos come descritto nelle istruzioni; - discussione del role-play. Al termine del role-play, l'osservatore ne discuter lo svolgimento con i due partecipanti. Il ruolo dell'osservatore molto importante perch dovr fornire una valutazione dello scambio di comunicazioni svoltesi fra i due attori del role-play. Anche a lui, cos come agli altri due partecipanti, vengono date istruzioni scritte sugli elementi da osservare durante la
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simulata, in modo da potere confrontare lo svolgimento corretto del dialogo con quello realmente avvenuto. G. LA LEZIONE PRATICA, IL TIROCINIO. Nella formazione degli operatori tecnici di uno sport, vengono utilizzate frequentemente diverse forme di lezione pratica, soprattutto per la dimostrazione delle esercitazioni di allenamento. Esse riprendono le sembianze delle forme didattiche descritte precedentemente come, ad esempio, la lezione tradizionale in cui l'insegnante assegna i compiti, eventualmente dimostrandoli, e gli allievi li eseguono, oppure il lavoro in sottogruppi e l'esemplificazione di casi specifici. Qualche conclusione sui metodi didattici. Un formatore di adulti dovrebbe essere in grado di utilizzare nel modo pi adeguato le peculiarit di ciascuno dei metodi sopra descritti. In altre parole bisognerebbe partire dalla conoscenza degli obiettivi, delle condizioni in cui il corso si svolge e dall'analisi dell'effettivo livello di raggiungimento degli obiettivi prefissati, prima di decidere quale metodo mettere in atto di volta in volta. Ad esempio esiste, naturalmente, una relazione tra dimensione del gruppo e scelta del metodo o tra il tipo di locali e sussidi didattici disponibili. In linea di massima va sottolineato che gli adulti in genere apprezzano maggiormente i corsi in cui riescono a vedere immediati vantaggi per la loro pratica sul campo e in cui provano soddisfazione sia dall'apprendimento e dalle informazioni ricevute che dalle occasioni di partecipazione attiva. Sarebbe quindi opportuno valorizzare questi ultimi aspetti e utilizzare il corso, ad esempio, per fare in modo che gli allievi stessi siano in grado di giustificare meglio e in modo pi articolato le ragioni delle loro scelte pratiche (organizzazione dell'allenamento, sequenze didattiche, modo di trattare i conflitti nella societ sportiva, etc.). A fini di riepilogo aggiungiamo un breve elenco dei vantaggi dei metodi attivi e semiattivi per l'insegnante (non per gli allievi): - feed back immediato; - possibilit di controllo dei progressi. E degli svantaggi: - necessit di maggior tempo; - difficolt maggiori per la programmazione del corso.

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4. LA CONDUZIONE DELLA LEZIONE


4.1 La preparazione della lezione. Ognuno di noi nella sua vita ha partecipato a cos tante lezioni da poter spesso pensare che condurre una lezione sia un'attivit relativamente semplice e facilmente controllabile. Ci sembrerebbe confermato, indirettamente, dal fatto che nel nostro paese non facile trovare letteratura specializzata su questo argomento, a differenza di quanto avviene ad esempio nei paesi anglosassoni. La limitata bibliografia che si trova, riguarda unicamente l'insegnamento scolastico. Sulla lezione destinata ad un pubblico adulto, spesso variamente motivato, la letteratura abbastanza scarsa, ad eccezione di ci che riguarda la formazione in azienda. Eppure durante una lezione si verificano eventi di grande complessit che richiederebbero una solida attivit di preparazione. Chi si sia trovato a tenere (o ad assistere) a lezioni improvvisate, avr anche percepito come facilmente gli allievi si rendano conto dell'improvvisazione e come di conseguenza sviluppino atteggiamenti non certo positivi verso il docente, l'istituzione che lo ha scelto e, quel che peggio, verso l'utilit dei corsi di formazione. L'insegnante dovr quindi preparare con grande attenzione e accuratezza la propria lezione prevedendo sempre una scaletta (Vedi fig.l) che individui le fasi della lezione, le tematiche da affrontare, il materiale da utilizzare (fotocopie di materiale didattico, lucidi, diapositive o altro materiale audiovisivo) e soprattutto la scansione dei tempi della lezione. La mancanza di scalette si traduce spesso in una "impostazione selvaggia" della lezione in cui si finisce per non dedicare il tempo corretto a ciascuno degli argomenti da trattare, sacrificando inevitabilmente quelli che dovrebbero essere affrontati per ultimi e gi minacciati, nel senso dell'efficacia didattica, dalla caduta dell'attenzione degli allievi. Per questa ragione il docente dovrebbe avere fisicamente davanti agli occhi sia la scaletta che l'orologio per controllare il rispetto effettivo dei tempi. LAMBIENTE DIDATTICO II formatore deve dimoMEZZI strare inoltre agli allievi di TEMPO ARGOMENTO tenere sempre sotto controllo 10 1. INTRODUZIONE GENEl'andamento della lezione e di RALE saperne gestire con disinvol5 2. PRESENTAZIONE DEL LAVAGNA LUMINOSA tura gli aspetti logistici ed orPROBLEMA SPECIFICO ganizzativi. Non sempre que35 3. ANALISI DI TESI/ TEO- VIDEO SULLARGOMENTO sto facile, dal momento che RIE/PUNTI DI VISTA (ES. CAPACITA MOTORIE) anche se oggi sono sempre 10 4. CONCLUSIONI pi diffuse le aule ben attrez5 5. SOMMARIO FINALE zate per uso formativo anche fuori dalle scuole, il formatoFigura 1 - Esempio di scaletta per il docente re spesso viene "catapultato" in un ambiente sconosciuto o per lo meno non abituale. Non raro ritrovarsi a fare lezione nei cinema, nel salone di un albergo (a volte in una stanza) o di una parrocchia e perfino in una palestra male attrezzata. Sarebbe opportuno, in questi casi, assicurarsi con un certo anticipo che l'ambiente sia adeguato e ben predisposto per l'attivit didattica (ad esempio: da dove arriva la luce, se possibile proiettare senza spegnere le luci, etc.). Inoltre, sar opportuno che il docente ricordi che al di l della scaletta dei contenuti didat18

tici che avr previsto per quella lezione, vi sempre una scaletta implicita di operazioni o controlli da effettuare: chi ha le chiavi dell'aula? chi apre il locale? ci sono i fogli? che tipo di lavagna disponibile? ci sono i pennarelli? il proiettore funziona? come si accendono le luci? etc. Questi controlli potrebbero essere facilmente combinati in una checklist da verificare di volta in volta con accuratezza prima dell'ora prevista per l'inizio della lezione. 4.2 La conduzione della lezione IL RISCALDAMENTO Si tratta della fase introduttiva utilizzata per spiegare ai partecipanti quali sono gli obiettivi formativi del corso, perch sono stati scelti, perch l'istituzione che organizza il corso ha deciso di compiere degli sforzi in questa direzione. Inoltre in questa fase che il docente dovr presentarsi (se qualcun altro non lo ha presentato) e dire in forma semplice e succinta di che cosa si occupa. Verranno definiti in questa fase aspetti didattici, come la scaletta che il docente intende seguire durante l'intervento (o gli interventi) e anche aspetti logistici, come orari di massima, intervalli, spostamenti, abbigliamento da indossare o da portare. Come prima di un allenamento o di una gara, questa fase di riscaldamento estremamente importante per sviluppare una adeguata motivazione negli allievi e per attenuare timori, conflitti potenziali e diffidenze. Gi fin da questo primo momento il docente deve mostrarsi disponibile, vicino agli allievi ed evitare di fare sfoggio di abilit, potere o successi che comprometterebbero fin dall'inizio le possibilit di buona comunicazione. In altre parole, ci piaccia o no, ne siano consapevoli o meno gli altri, gli allievi in questo caso, si formano un'impressione di noi proprio nei primi minuti della lezione. Quindi dare importanza ai primi quattro minuti del nostro intervento, significa migliorare notevolmente la possibilit di svolgere una lezione brillante. Sono minuti essenziali per creare un'atmosfera positiva nei nostri riguardi e per permetterci di "fare un buon riscaldamento mentale". Se a questo riguardo qualcuno scettico, sufficiente pensare a quante volte guardando una persona appena conosciuta abbiamo deciso rapidamente se questa persona ci simpatica o antipatica. "Chi ben comincia a met dell'opera" quindi poniamoci la seguente domanda: "quali elementi servono ai corsisti per capire il mio intervento?" I partecipanti possono conoscere pi o meno bene l'argomento che verr affrontato e in relazione a questo livello di conoscenza potremo variare l'inizio della nostra presentazione. Ecco alcuni modi tipici di esordire (Blumenthal, 1989): Buona conoscenza dell'argomento. - Senza preamboli: "questa lezione riguarda ..."; oppure "in questa lezione vi spiegher ...". - Importanza del problema: "il tema ... di notevole rilevanza per gli scopi dell'allenamento sportivo ed per questo motivo che verr affrontato in questa lezione". - Aggiornamento: "nel corso precedente abbiamo parlato di ... e questo seminario illustrer alcuni casi concreti relativi a questo argomento". - Squilli di tromba: "siamo convinti che l'allenamento di... sia di grande importanza per lo sviluppo dell'atleta. Durante il mio intervento vi spiegher i motivi che ci hanno condotto a formulare questa idea e come riteniamo debba essere allenata questa capacit". Scarsa conoscenza dell'argomento.
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- Senza preamboli: "Questa lezione descrive .... E' un tema importante nello sport, perch..." (illustrare perch importante per i partecipanti). - Importanza del problema. "Il tema ... di notevole rilevanza per l'atleta ed per questo motivo che verr affrontato in questa lezione. Voglio illustrarvi alcuni punti di partenza che mi permetteranno di introdurvi a questa tematica". - Squilli di tromba: "Siamo convinti che l'allenamento di ... sia di grande importanza per lo sviluppo dell'atleta. Durante il mio intervento vi spiegher i motivi che ci hanno condotto a formulare questa idea e come riteniamo debba essere allenata questa capacit". (Questa modalit di inizio uguale a quella utilizzata con un uditorio che conosce bene l'argomento, in quanto bisogna illustrare in entrambi i casi gli elementi di partenza). Ultimo elemento importante su cui essere preparati prima della lezione relativo a: come creare un buon livello di attivazione sin dai primi momenti della lezione Non sufficiente sapere cosa dire, necessario suscitare un interesse immediato. Le lezioni, talvolta, cominciano con i partecipanti che sbadigliano, leggono il giornale, chiacchierano fra loro o sono sdraiati sulla sedia. Il formatore deve cos fare molta fatica per mantenere elevato il livello di attivazione. Pi semplice, meno faticoso e pi motivante per il docente iniziare con persone attivate al livello giusto. Ora ponetevi la seguente domanda: "cosa faccio nei primi minuti della lezione per motivare i partecipanti e creare un buon livello di attivazione?" Porsi questo quesito non ci obbliga certo a cominciare una lezione raccontando una barzelletta, n ci dobbiamo sentire spinti a frequentare una scuola di recitazione. Non dobbiamo per dare per scontato che le persone siano motivate a seguire il nostro intervento solo perch sono presenti in aula o hanno pagato l'iscrizione al corso. Ci ascolteranno solo se li sapremo motivare ad ascoltarci. Certamente presente in loro un interesse generale nei confronti degli argomenti previsti nel corso, ma dobbiamo suscitare in loro un interesse specifico verso il nostro intervento per essere sicuri di essere seguiti nell'esposizione. Quindi impegniamoci a ricercare un esordio positivo e brillante, che serva a rompere il ghiaccio con i corsisti e che catalizzi le loro energie mentali verso l'ascolto e la collaborazione. LA COMUNICAZIONE VERBALE. Il primo elemento che ogni formatore deve ricordare quando inizia una lezione, e in ogni momento del suo svolgimento, che il suo intervento deve possedere un forte significato personale per chi ascolta. Ogni partecipante deve avere la sensazione che si sta parlando o facendo proprio ci che gli utile per migliorare la sua attivit quotidiana. Infatti, il disinteresse dei corsisti nasce sovente dall'impressione che il docente stia trattando temi lontani dalla loro esperienza e che non soddisfano, per questa ragione, le loro esigenze. L'allenatore sicuramente sbaglia quando si distrae, ma compito di ogni docente di impegnarsi nel ridurre al minimo queste situazioni. A tale scopo diamo ora alcune indicazioni a proposito del codice comunicativo che il docente dovrebbe utilizzare per mantenere l'interesse e l'attenzione degli ascoltatori. Ogni formatore deve essere chiaro e semplice nell'esposizione. Abbiamo detto in precedenza che non sufficiente essere esperti in un ambito specifico per essere dei buoni insegnanti: bisogna invece essere comprensibili e didattici. Uno schema efficace deve guidare la lezione e pi il tempo limitato maggiore dovr essere l'articolazione della nostra scaletta.
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Pu essere utile avere sempre sottomano lo schema. A questo fine ci si pu servire di un cartoncino di 15-20 cm., (Fig. 2) per scriverci sopra l'argomento da trattare e 3-4 parole chiave, che richiamano i sotto-argomenti. Questo si pu fare per ciascun tema affrontato, numerando progressivamente tutti i cartoncini di cui si fa uso. Non scrivete mai frasi, sono difficili da leggere con una semplice occhiata e disturbano la concentrazione perch focalizzano sulla frase iniziale mentre necessario essere concentrati sull'argomento. Pensate di essere un ginnasta, concentratevi sull'intero movimento e non su una breve sequenza motoria. Durante la lezione, seguite l'ordine che vi siete dati per l'esposizione degli argomenti. Fate una pausa tra un cartoncino e l'altro (tra un argomento e l'altro). Potrete cos controllare se ne avete illustrato tutti i punti. Acquistando esperienza nell'insegnamento, vi accorgerete che i cartoncini vi serviranno solo come guida e stimolo per la memoria, consentendovi di progredire nell'esposizione in modo logico e graduale. Essere chiari e semplici significa utilizzare frasi brevi, evitare i giri di parole e servirsi di esempi tratti dall'esperienza quotidiana dei partecipanti. Un buon modo per confondersi mentre si parla di usare frasi lunghe e involute, che si sa quando cominciano ma non quando termineranno. Inoltre, questa un'ottima maniera per fare esercitare l'uditorio nell'arte dello sbadiglio. Quindi, spiegate servendovi di frasi brevi e affermative. Quanto detto soprattutto importante nei corsi di base che devono introdurre, ad esempio, i fondamenti di una disciplinasportiva o di una materia scientifica. Per ridurre gli errori bene tenere sempre presente, mentre si struttura lo schema dell'intervento cos come durante la lezione, quali siano: a) le tre cose principali che i partecipanti devono assolutamente ricordarsi alla fine della lezione, e... b) le tre cose principali che i partecipanti devono assolutamente saper fare al termine della lezione. I corsisti non possono ricordarsi tutta la vostra lezione, soprattutto se sono poco competenti e l'argomento vasto. Guidateli voi, quindi, nel memorizzare gli elementi che avete illustrato o su cui avete svolto delle esercitazioni. Quanto ai codici linguistici, sarebbe opportuno evitare l'uso del dialetto, anche se in sporadiche occasioni, una colorita espressione dialettale pu essere utile sia ai fini della comprensione che dell'avvicinamento della distanza sociale tra docente e corsisti. Il docente dovrebbe inoltre ricordarsi che l'esposiFigura 2 - esempio di cartoncino guida zione verbale non fatta soltanto di termini o frasi. Anche il ritmo, la velocit di espressione, il tono di voce, le pause, lo spazio, gli sguardi e il movimento devono essere utilizzati per variare l'esposizione e rendere pi efficace l'attivit didattica. Ci appare tanto pi importante quando, per ragioni organizzative, il docente non ha a propria disposizione altri sussidi didattici (es. video, lucidi) che permettano di variare la lezione. Il volume della voce, la velocit di esposizione e il ritmo si riferiscono alle componenti vocali del linguaggio e sono componenti importanti della comunicazione del formatore. Un volume alto della voce trasmette generalmente sicurezza ed entusiasmo, mentre un vo21

lume basso trasmette attenzione e comprensione verso chi ascolta. Una buona lezione necessita di un volume alto. Quante volte avete sentito gli oratori schiarirsi la voce all'inizio del loro intervento? Infatti, la preoccupazione si manifesta anche attraverso la difficolt a parlare "forte e chiaro" e il colpo di tosse la tecnica pi comune per superare questo ostacolo. Un buon metodo per essere sicuri di parlare ad alta voce sin dall'inizio della lezione di parlare alle persone sedute nell'ultima fila. Cos facendo, alzeremo quasi automaticamente il nostro tono di voce e i segnali di comprensione del nostro messaggio che questi partecipanti ci invieranno (es. annuendo con la testa o guardandoci), ci confermeranno che stiamo utilizzando il tono giusto per questa situazione. Non preoccupatevi di avere un volume troppo alto!!! Non mai successo che qualcuno si sia alzato per chiedere al formatore di parlare pi piano, mentre molto sovente accade il fenomeno inverso: "scusi, pu parlare pi forte che non si sente?". Infine, un tono alto di voce obbliga il docente ad essere pi attivo e dinamico; non certo possibile stare fermi, immobili e con le mani in tasca se parliamo forte. Anche in questo caso vero il contrario, pi il tono della voce basso, maggiore diventa la staticit e la passivit del docente. Un tono di voce basso dovrebbe essere usato raramente. E' utile nelle situazioni in cui vogliamo dimostrare un atteggiamento empatico e di comprensione, ad esempio in risposta ad una domanda che evidenziava una difficolt del corsista durante la sua attivit. Oppure durante il lavoro di gruppo, un tono pi amichevole del tipo "Avete bisogno di un aiuto?... Tutto bene?. Provate quest'altra strada....", permette ai partecipanti di accettare in maniera positiva il vostro intervento. La velocit di esposizione deve essere modulata a seconda dei vari momenti della lezione e in relazione ai contenuti esposti. Parlare velocemente trasmette eccitamento ed pi convincente. Bisogna per prestare attenzione a non esprimersi troppo velocemente in quanto comunicheremmo insicurezza. Il ritmo del linguaggio deve essere ricco di variazioni e poco uniforme. Per ritmo intendiamo l'enfasi posta sulle parole e la cadenza nel parlare. Naturalmente un buon tono di voce ed un'equilibrata velocit di esposizione favoriscono la variazione del ritmo e riducono la possibilit di essere monotoni. Troppa enfasi sulle parole rischia di trasformare una lezione in un comizio, ma mantenendo una buona velocit di esposizione questo rischio viene evitato. Infatti, la frequente sottolineatura di frasi o singole parole rallenta in maniera eccessiva il discorso e lo stesso ritmo del linguaggio risulta troppo uniforme e poco variato. Avremo, in questo caso, degli ascoltatori annoiati e distratti LA COMUNICAZIONE NON-VERBALE Un altro importante canale di comunicazione il linguaggio del corpo. Tutte le persone che incontriamo parlano questo linguaggio che incide per il 58% sulla comprensione del messaggio verbale. La caratteristica essenziale di questa forma di comunicazione che rivela esattamente cosa intendiamo dire. La fiducia in s, la convinzione e l'interesse del docente nei riguardi della propria materia si evidenziano proprio attraverso il linguaggio del corpo. Per rendersi conto della sua efficacia basta pensare agli attori del film muto oppure provare ad abbassare al massimo il volume del televisore e osservare le immagini. Comprende i nostri movimenti, come ci sediamo, la gestualit, le espressioni degli occhi, il modo di camminare, le posizioni che assumiamo con il corpo ed altro ancora. Le espressioni del volto, in particolare, esprimono in maniera precisa il nostro stato d'animo. Fate l'esercizio proposto nella pagina seguente. Il docente deve avvalersi in modo abile delle possibilit che gli sono offerte dai diversi canali comunicativi, evitando quindi una comunicazione monocorde basata esclusivamente
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MOLTO ARRABBIATO MOLTO TRISTE ARRABBIATO SCETTICO

___ ___ ___ ___

FELICE IN MODO INNATURALE ___ ADDOLORATO FELICE INDIFFERENTE INDISPOSTO OSTILE TRISTE TIMIDAMENTE FELICE ___ ___ ___ ___ ___ ___ ___

Figura 3.Tipi di espressioni

Osservate le facce nella figura 3 e fate i due seguenti esercizi: 1) scegliete tra quelle proposte la faccia secondo voi corrispondente a ciascuna delle definizioni date nella colonna a lato e scrivetene a fianco il numero corrispondente (la soluzione a fine capitolo). 2) identificate le espressioni che pi sovente manifestate durante la vostra attivit di docente.

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sull'esposizione verbale. Per quanto abile sia il docente, l'esposizione esclusivamente verbale conduce inevitabilmente a distrazioni e determina pi rapidamente la caduta dell'attenzione. Dovrebbe quindi essere prevista, naturalmente laddove questo sia possibile, una "sapiente" alternanza di esposizione visiva, verbale e audiovisiva. La lettura di libri o brani in linea di massima deve essere evitata. Col tono di voce si possono accentuare alcuni passaggi, alcuni concetti importanti, con le pause si pu dare modo all'allievo di riflettere meglio e anche di recuperare brevemente. Il volume dovr essere abbastanza alto, altrimenti sar meglio procurarsi per tempo un microfono, la velocit nell'esposizione non eccessiva e il ritmo meno uniforme possibile ma ricco di variazioni. Anche il contatto visivo un importante canale di comunicazione non-verbale. Guardare le persone a cui si parla sempre molto importante. Ognuno di noi ha provato il fastidio di avere un interlocutore che guarda a terra o con lo sguardo fisso e immobile. Ogni formatore durante la sua lezione deve mantenere un buon contatto visivo con tutti i partecipanti. Infatti, se le persone si sentono osservate capiscono che si sta parlando proprio a loro e sono, cos, molto motivate ad ascoltare e a partecipare in maniera attiva. Il contatto visivo prolungato diventa perci necessario per mantenere costante la loro attenzione: guardate ogni partecipante direttamente negli occhi per almeno tre secondi. Ricordatevi che non bisogna mai guardare tutti partecipanti contemporaneamente. Questo modo di osservare a volo di uccello inutile perch nessuno dei presenti si sentir guardato e voi, probabilmente, sarete stati distratti dalla moltitudine degli stimoli percepiti. Inoltre, il contatto visivo non deve essere inferiore a tre secondi, la persona che osservate deve sapere che state parlando a lei in quel momento, che state spiegando qualcosa che le sar sicuramente di grande utilit. Quindi, parlate ad alta voce, con un buon ritmo, guardando negli occhi ogni parFigura 4 - Atteggiamenti scorretti tecipante: sarete molto convincenti. Se parlate a pi di trenta persone non potrete guardarle una per una. Fate uso del contatto visivo prolungato su alcune persone, ad esempio guardate due o tre persone per ogni fila, cominciando sempre da chi sta seduto negli ultimi posti perch sono le persone che pi difficilmente si convinceranno che parlate anche a loro. Infine, non scordatevi di chi sta seduto ai lati, muovete sempre lo sguardo alle due estremit mantenendo un buon contatto visivo. ALLENATEVI NEL GUARDARE!! Potrete farlo in una conversazione a due oppure nell'aula dove tenete le lezioni. Controllate il vostro sguardo mentre parlate, diventate consapevoli del tipo di contatto visivo che avete in aula e soprattutto ESERCITATEVI a mantenere un contatto visivo prolungato con ognuno dei partecipanti ai vostri corsi. Passiamo ora dal contatto visivo al movimento del corpo, alle posizioni che assumiamo
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mentre parliamo e ai gesti di cui ci serviamo. Prima di procedere, fermatevi un momento e prendete un po' di tempo per immaginarvi mentre tenete un corso. Ripensate ai vostri movimenti e ai gesti pi tipici... alle posizioni che assume il vostro corpo... tenete qualcosa in mano?... Mettete le mani in tasca?... Vi toccate parti del corpo?... State seduti?... State dietro o davanti ad un tavolo?... Vi muovete?... E' stato detto: "il messaggio non quello che dite, il messaggio siete voi". Forse questa espressione potr apparire a taluni troppo esagerata, ma non lo , perch il modo in cui ci muoviamo un altro aspetto fondamentale della comunicazione. Cominciate ogni vostra presentazione da una posizione che dimostri apertura verso l'uditorio. Non nascondetevi dietro un leggio o un tavolo, ponetevi di fronte al vostro pubblico, le braccia lungo il corpo, le mani fuori dalla tasche, le gambe leggermente aperte, rilassate e non rigide, evitate di dondolare . Non state troppo a lungo in questa posizione, subito dopo muovetevi e usate i gesti per rendere pi dinamica la presentazione. Evitate di camminare avanti-indietro, non siete un leone o una leonessa in gabbia, e inoltre ci disturba chi vi ascolta. Come abbiamo gi detto, i gesti sono elementi significativi del vostro parlare, scaricano la tensione nervosa, attirano l'attenzione e rinforzano le vostre parole. Evitate i gesti da party, quei piccoli movimenti che fate tenendo il braccio lungo il corpo e muovendo solo l'avambraccio e la mano. Si tratta di gesti comuni nella conversazione fra due o tre persone, ma che durante la lezione evidenziano la difficolt ad essere attivi. I gesti devono essere ampi, ben definiti e coerenti con il contenuto che state esprimendo. Prestando attenzione alle frasi che utilizzate con facilit saprete quali gesti e movimenti utilizzare. Esercitatevi immaginando dei gesti in relazione a queste frasi e ad altre che potete inventarvi: - l'atleta deve essere concentrato... - uscirete da questo problema, se... - in primo luogo... mentre in secondo luogo... - le esercitazioni sono le seguenti: 1.2.3... - possiamo agire in questo modo... o in quest'altro... Quando vi accorgerete di esagerare nella gestualit, terminate la frase e ritornate nella posizione di partenza per qualche istante. Infine, evitate di toccarvi, spesso la preoccupazione, la tensione nervosa e l'ansia, si manifestano facendoci avvertire dei pruriti e allora ci strofiniamo il naso, ci grattiamo la testa o mettiamo le mani in tasca. Questi movimenti sono percepiti da chi ascolta e ne disturbano la concentrazione. Quindi impariamo a controllarci e a scaricare in maniera positiva ogni forma di tensione che avvertiamo: meglio alzare il tono o il volume della voce piuttosto che

Figura 5 - Gestualit scorretta 25

grattarci un orecchio. Impariamo, cos, ad utilizzare l'energia che sperimentiamo per migliorare la nostra prestazione come formatori, senza crearci volontariamente degli ostacoli e senza diminuire l'efficacia del nostro intervento. Alleniamoci ad essere esperti nella nostra materia e nella comunicazione. 4.3 II materiale didattico Ogni insegnante sa quanto gli allievi apprezzino il materiale didattico fornito durante un corso. Non sempre, per, l'insegnante riesce ad organizzarsi per provvedere a questo bisogno degli allievi. Soprattutto ci che bisognerebbe sempre dare agli allievi sono la copia dei lucidi e delle diapositive proiettate e le segnalazioni bibliografiche che il docente ritenga utili per chiarimenti o ulteriori approfondimenti. A questo proposito il docente dovrebbe avere cura di compilare e tenere aggiornata una bibliografia anche di pochi titoli ritenuti interessanti, magari tenendo conto dei diversi livelli delle sue possibili audience. Il formatore dovrebbe portare sempre con s una o pi copie di queste segnalazioni bibliografiche e di volta in volta consegnarne una copia con le eventuali integrazioni che sono giudicate pi opportune per quel genere di corso. Pi impellente la necessit di fornire le fotocopie dei luciFigura 6 - Manifestazioni di ansia di: se questo non avviene gli allievi saranno costretti a copiarli durante l'esposizione distogliendo cos la propria attenzione dai contenuti espressi verbalmente dal docente che invece spesso sono indispensabili per comprendere lo stesso lucido che viene proiettato. Gli allievi si ritroveranno cos con copie (spesso imprecise) di lucidi di cui non hanno ben percepito il significato e i collegamenti. Spesso appare pi utile consegnare agli allievi le copie dei lucidi prima della lezione in modo che essi possano aggiungere le loro annotazioni e appunti proprio sui lucidi. C' un'altra ragione importante per consegnare i lucidi all'inizio della lezione: infatti se si rimanda la consegna delle copie dei lucidi a dopo la lezione o addirittura ad una lezione successiva, raramente si viene creduti dalla maggior parte degli allievi. Essi quindi provvederanno egualmente a ricopiarli, in fretta e con molti errori, nonostante le nostre rassicurazioni. Quanto all'opportunit di fornire prima della lezione, dispense e testi in modo da evitare di farne poi oggetto di spiegazione successiva e per potere subito entrare nei dettagli pi specifici di un argomento, va detto che non sempre questa pratica appare davvero utile e praticabile. Infatti non accade quasi mai che tutti gli allievi trovino il tempo o la voglia di leggere il
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materiale che stato loro fornito. Avviene cos che poi ci troveremo davanti ad un gruppo di persone che ha letto qualcosa ed un altro gruppo che invece non ha letto nulla. Questo genere di materiale didattico pu quindi essere fornito anche in anticipo, ma il docente dovr in ogni caso farne oggetto di trattazione approfondita, evitando di presupporre che tutti ormai lo conoscano bene. 4.4 L'uso di sussidi visivi e audiovisivi L'uso del sussidio visivo e audiovisivo familiare ad ogni allievo fin dai tempi della scuola. Proprio per l'abitudine che hanno nell'uso di questi mezzi didattici, a volte i docenti non sono sempre consapevoli dei vantaggi e degli svantaggi che questi sussidi possono avere per l'apprendimento degli allievi. Ad esempio, oggi si richiede generalmente di potere accoppiare l'uso di una lavagna luminosa e/o di un proiettore di diapositive a quello della lavagna tradizionale o preferibilmente di una lavagna a sfondo bianco per pennarelli o a fogli mobili (a proposito attenti a gessi e pennarelli; non v' nulla di pi spiacevole che fare lezione con gli abiti imbrattati di polvere di gesso o le mani o il naso cosparsi da macchie di inchiostro). Ma anche questi sussidi tecnologici, che risultano molto utili per il docente che si trova cos ad avere la maggior parte del compito gi preparato per l'uso e non viene costretto a grandi sforzi mnemonici e organizzativi durante la lezione, possono avere degli inconvenienti. In primo luogo l'uso prolungato dei lucidi ha un effetto dispersivo e deprimente sull'attenzione e la concentrazione degli allievi. Non probabilmente il caso di superare i 10-15 lucidi per ciascuna lezione. Inoltre usando troppi lucidi si rischia di non gerarchizzare a sufficienza tra i messaggi che essi comunicano: in altre parole all'allievo tutti i lucidi possono apparire egualmente importanti facendo cos sfuggire all'attenzione consapevole degli allievi quelli che, invece, veicolano i veri messaggi-chiave. A questo possibile inconveniente si pu comunque ovviare con opportune accentuazioni del significato di qualche lucido o anche affiggendo poster fissi ai muri dell'aula che rechino scritti in bella vista i concetti pi importanti. Va aggiunto che finch il lucido viene proiettato l'allievo tende a concentrarsi su di esso, piuttosto che su quanto il docente dice e quindi si corre il rischio di non riuscire a stabilire collegamenti logici e metodologici tra i vari contenuti espliciti che vengono proposti dai lucidi. Va detto inoltre che la preparazione dei lucidi e la determinazione della loro successione pu essere d grande importanza e di aiuto anche per il docente che svolgendo questa attivit approfondisce ulteriormente certi aspetti della materia e soprattutto riesce meglio a ricostruire intrecci, collegamenti e problemi. Come devono essere fatti i lucidi? Devono prevalere le parole, le immagini o i numeri? Porsi queste domande centrale quando si prepara una lezione, perch l'obiettivo del docente quello di utilizzare qualsiasi mezzo che possa favorire la memorizzazione degli allievi. La ricerca nel campo dell'apprendimento ci aiuta in questa scelta, dicendoci che la mente preferisce le informazioni visive e dimentica molto pi rapidamente le informazioni fornite tramite parole o numeri. Le persone ricordano, quindi, con pi facilit un lucido che presenti un'idea chiave sotto forma di immagini piuttosto che sotto forma di parole, frasi o statistiche. A questo proposito, non ovviamente casuale che negli aeroporti o sugli aerei, le istruzioni delle procedure di emergenza da prevalentemente verbali siano state trasformate per il 90% in visive. Ci a causa della maggiore rapidit e probabilit di ricordo da parte dei passeggeri di questa modalit comunicativa. E' quindi importante sapere trasformare le idee in immagini, perch i partecipanti al corso impareranno con maggiore facilit e pi velocemente. Come docenti, non nascondetevi dietro i numeri e le tabelle di allenamento. Anzi se avete
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dei dubbi su come sia possibile tradurli in immagini, leggetevi un giornale che tratti di economia e finanza e osservate con molta attenzione come sono presentate le informazioni tecniche. Vi accorgerete che gli articoli presentano spesso delle immagini sintetiche, che riassumono l'idea principale presentata dal giornalista e che anche le statistiche sono illustrate in modo da attirare l'attenzione del lettore. Nello sport queste modalit di presentazione non sono ancora diffuse in maniera sistematica ma, come si diceva una volta, "non mai troppo tardi per cominciare". Anche la componente estetica del lucido ha un suo valore e l'insegnante dovrebbe curarla. In linea di massima un lucido colorato o un po' provocatorio ha pi efficacia di un lucido piatto e monocorde. Per questa ragione il docente dovrebbe alternare l'uso di lucidi vivaci composti personalmente a mano con quello di lucidi fotocopiati. In un lucido dovrebbero abbondare colori vivi come rosso, blu, verde, nero e viola. Le parole inserite in ciascun lucido dovrebbero essere limitate, tranne quando il lucido contenga una definizione di un concetto o il riepilogo di alcuni argomenti trattaFigura 7 ti. E' evidente che pi il testo contenuto nel lucido lungo, per pi tempo il docente sar paralizzato dalle richieste degli allievi a tenerlo esposto per il tempo necessario a copiarlo e che pu diventare eccessivamente lungo. Arricchire i lucidi? Si assiste talvolta a proiezioni con un uso massiccio di lucidi provvisti di fregi estetici, linee arzigogolate o di vignette e disegni. In linea di massima ci dovrebbe essere limitato il pi possibile: un lucido pi che esteticamente bello deve essere didatticamente efficace. Fumetti o vignette debbono essere usati con estrema parsimonia durante una lezione e per lo pi con finalit di relax e pausa. Deve comunque essere cura del docente di evitare di concentrarsi troppo sul lucido, sulla lavagna o sullo schermo su cui esso viene proiettato (fig.7a). Anche quando usa i lucidi, il docente deve continuare a guardare gli allievi (fig. 7b). Un accorgimento interessante potrebbe essere quello di proiettare il lucido non sull'abituale schermo bianco ma direttamente sulla lavagna a sfondo bianco. In questo modo avremo anche la possibilit di scrivere non sul lucido (che poi ci servir in altre occasioni) ma sulla sua immagine proiettata sulla lavagna. Si pu cos "risuscitare" il lucido e soprattutto integrarlo con elementi utili alle situazioni specifiche in cui viene proiettato. Sar inoltre
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bene ridurre al massimo le esposizioni progressive (a "spizzichi") del lucido, ovvero la comune abitudine di coprire il lucido con un foglietto che viene poi fatto scorrere piano piano, per rivelare con suspense il contenuto stesso del lucido agli allievi. Una lezione non un film giallo, n una partita a baccarat e gli allievi spesso si innervosiscono davanti a questa pratica. Sarebbe bene limitare questo procedimento il pi possibile e, se proprio appare necessario, limitiamoci tutt'al pi alla copertura solo di una met (o buona parte del lucido) e non di ogni riga o, peggio ancora, di ogni parola! COME ESERCITARSI NELLA REALIZZAZIONE DEI LUCIDI DI UNA LEZIONE O DI UNA PRESENTAZIONE. - Prendete un cartoncino guida su cui avete scritto le parole chiave di quell'argomento. - Leggetele attentamente e pensate come tradurre le parole in immagini visive. La figura 8 illustra alcune immagini schematiche che suggeriscono discipline sportive. Immagini di questo tipo possono essere utilizzate come lucidi iniziali per specificare il tema generale a cui far riferimento l'intervento formativo. E' possibile inserire nello stesso lucido l'elenco dei principali temi trattati nel corso della lezione o del seminario. Quanto alle diapositive, esse sono spesso uno strumento di notevole efficacia, tuttavia se vengono proiettate nel buio completo (e a volte non possibile diversamente), si render pressoch impossibile all'allievo la trascrizione di osservazioni e note. Per questa ragione in casi simili il loro uso dovr avvenire con oculatezza. In ogni caso per la realizzazione delle diapositive valgono le stesse regole descritte per i lucidi. Con frequenza sempre maggiore nella formazione degli operatori sportivi vengono utilizzati anche sussidi audio-visivi, soprattutto videocassette. Tralasciamo in questa sede del tutto l'ipotesi che il docente (o la direzione del corso) sia in grado di produrre da s l'audiovisivo, poich questa un'eventualit piuttosto rara dati i costi e i tempi richiesti. Ci soffermeremo brevemente piuttosto sull'impiego dell'audiovisivo gi pronto all'uso, preconfezionato, corredato magari da un testo scritto. In molti casi la videocassetta viene utilizzata a sostituzione del docente (purtroppo a volte il docente presente ma si limita ad essere un tecnico della proiezione) e quindi rappresenta la fonte principale del messaggio didattico. In casi di questo genere i risultati saranno inevitabilmente scarsi, poich un audiovisivo non ha nessuna flessibilit, non si sa adattare all'allievo, Figura 8 - rappresentazioni visive di alcune discipline sportive spesso lo distrae . Evidentemente, l'uso dell'audiovisivo deve essere visto come un ulteriore strumento a disposizione del docente per ribadire concetti e nozioni: importante soprattutto quando devono essere mostrati movimenti e progressioni didattiche che in un'aula non potrebbero essere presentati. Un uso frequente dell'audiovisivo quello introduttivo: dopo una breve presentazione dell'argomento, viene proiettato un audiovisivo illustrativo e poi viene aperta la discussione o
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sviluppata la tematica formativa con opportune metodologie. Questo pu essere un uso molto efficace dell'audiovisivo soprattutto perch dovrebbe trovare ancora buone situazioni di attenzione da parte dei corsisti. Meno certa invece l'utilit dell'audiovisivo alla fine della lezione, specie se esso troppo lungo e se contiene dei concetti importanti. In questi casi si rischia di non avere un'agevole passaggio di informazione e, quel che peggio, di non avere del tempo in conclusione per ricevere un feedback e dare gli indispensabili chiarimenti. Un ultimo importante sussidio didattico dato dal computer, anche se il suo uso nella formazione degli allenatori e dei dirigenti sportivi per ora piuttosto limitato. Vi sono evidentemente ragioni di costi e di tempo che ne osteggiano l'uso, soprattutto in corsi di breve durata dove non ci sarebbe neppure il tempo per l'alfabetizzazione informatica preliminare all'utilizzo della macchina. D'altra parte l'uso didattico del computer appare prezioso quando si tratta di procedere ad analisi di casi specifici, di rinforzare certe nozioni con obiettivazioni matematiche e soprattutto quando si tratta di procedere a simulazioni connesse a ipotesi operative diverse (del tipo che cosa succederebbe se....?).

Soluzione dell'esercizio proposto a pag. 31. 1 - indifferente; 2 - indisposto; 3 - ostile; 4 - triste; 5 - timidamente felice; 6 - molto arrabbiato; 7 - arrabbiato; 8 - scettico; 9 - felice in modo innaturale; 10 - addolorato; 11 - felice; 12 - molto triste.

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5. IL GRUPPO
5.1 Il gruppo II nostro interlocutore in un processo didattico sempre il gruppo. Il docente deve costantemente valutare e analizzare l'interazione tra i membri del gruppo e, se necessario, dirigerla e orientarla sapientemente. Se il docente conosce bene la propria materia e ha una notevole esperienza didattica si accorger via via di potere distogliere sempre pi la propria attenzione dai contenuti espressi, orientandola verso gli eventi interni all'aula. Anche da questo punto di vista, pur se apparentemente omogeneo dal punto di vista culturale e tecnico, un gruppo pu avere in realt notevoli differenze al suo interno. Dopo avere condotto un certo numero di lezioni, il docente potrebbe accorgersi spesso dell'esistenza di tipologie ricorrenti di allievi: - il parlatore su se stesso; - l'esibizionista; - l'aggressivo; - quello che presume di saperne una pi del docente e fa domande complesse su problemi stupidi o polemizza aspramente con lui; - lo spiritoso; - l'assente; - il meditativo; - lo scienziato; - l'esperto di parole crociate o di giochi di carte. Per realizzare l'obiettivo del massimo coinvolgimento del gruppo, il docente dovrebbe cercare di non essere mai monocorde, dovrebbe inoltre essere vario per quanto possibile, umorista ma non giocherellone. Sar inoltre opportuno che a volte (non costantemente) assuma un atteggiamento blandamente provocatore per mobilitare l'attenzione e la partecipazione degli allievi. 5-2 La tecnica dell'interrogazione. Un nodo cruciale nel coinvolgimento del gruppo di allievi si rivela sempre quello della gestione delle domande. Spesso l'insegnante si preoccupa soltanto delle domande che gli allievi pongono a lui e si dimentica che per rendere efficace un processo didattico, lui stesso dovrebbe porre domande agli allievi. La tecnica dell'interrogazione pu essere estremamente efficace per coinvolgere un gruppo. Attraverso la domanda agli allievi, si pu focalizzarne l'attenzione su alcuni elementi e nello stesso tempo si facilita il passaggio d'informazione, imprimendo meglio certi concetti e collegandoli in modo attivo all'esperienza degli allievi. La tecnica dell'interrogazione deve per essere utilizzata con abilit da parte del docente. In primo luogo gli allievi devono essere convinti che sia importante e utile rispondere a questo genere di domanda, il docente deve lasciare loro un tempo sufficiente per riflettere e rispondere senza cedere alla frequente tentazione di anticipare lui la soluzione corretta. Il docente non deve assumere inoltre il ruolo del Mike Bongiorno della situazione mettendosi a sanzionare gli errori e premiando le risposte corrette. Deve sapere che ci che la domanda deve provocare non tanto una risposta giusta o sbagliata, ma piuttosto un momento di riflessione personale e, soprattutto, di gruppo. Questo momento di riflessione pu essere utilis31

simo sia come feed-back degli apprendimenti realizzati sia per prendere atto dell'eventuale necessit di ridirigere il processo didattico o ridefinire i livelli di trattazione degli argomenti. Quanto alle domande che vengono poste dagli allievi, il docente dispone di un potere che non dovrebbe mai usare: quello di non prendere sul serio i dubbi o le richieste di chiarimenti che provengono dagli allievi. L'insegnante dovr rispondere sempre alle domande, o comunque, dovr manifestare interesse per ogni domanda che gli venga posta. Ci significa, che dovr evitare di fare capire agli allievi che lui giudica alcune delle loro domande stupide, oziose e perditempo o dimostrative del fatto che chi ha posto quella domanda non ha proprio capito nulla dell'esposizione. Reazioni di questo genere sono facilmente percepite dagli allievi, suscitano ostilit e inibiscono il proseguimento di una comunicazione efficace. A volte l'allievo polemico, che presume sempre di saperne di pi del docente, per evidenziare le proprie conoscenze e per mantenere o acquisire una leadership sul gruppo, cede alla facile tentazione di lanciarsi in uno scontro a fuoco di domande e repliche al docente. Il buon insegnante deve sapere evitare di cadere nella trappola, dovr rispondere esclusivamente all'aspetto di contenuto della domanda e tralasciarne il richiamo emotivo. Accade in altri casi che la domanda posta dall'allievo riguardi un argomento che ancora deve essere trattato. Anche in questo caso il docente deve evitare di rimandare la risposta a pi tardi, dovr invece dare una prima risposta breve e di massima, riservandosi poi di dare una soluzione pi approfondita in seguito quando saranno stati introdotti tutti gli argomenti necessari. Per limitare peraltro le possibilit che questo si verifichi troppo spesso, sar bene che all'inizio della lezione, il docente comunichi (o meglio proietti con un lucido) agli allievi la scaletta prevista del suo intervento, in modo che essi possano distribuire meglio le loro domande durante la lezione. Si verifica altre volte che una domanda posta da un allievo possa provocare un acceso con-traddittorio interno al gruppo dei partecipanti. In questi casi il docente dovr saper gestire queste situazioni conflittuali o queste gare nel gruppo, senza mai lasciarsi sfuggire il ruolo di moderatore della discussione. Soprattutto dovr essere consapevole che ogni discussione deve avere fini formativi e non di potere o di sopraffazione di alcuni su altri. In questi casi, il suo intervento dovr essere mirato soprattutto a definire, in modo corretto e preciso, il problema di cui si sta trattando e a suggerire che vengano individuati dei criteri pubblici di valutazione delle affermazioni fatte dagli allievi. Se necessario risolver egli stesso la questione oggetto di controversia o, se ci non fosse possibile, inviter gli allievi a discuterne pi tardi in sede separata, magari dando un break in caso di dibattiti eccessivamente animati. Una situazione ulteriore in cui ogni docente si trovato almeno qualche volta ladomanda-a-cui-non-si--in-grado-di-rispondere. Ci sono molte ragioni per cui non si in grado di dare una risposta ad una domanda, e bisognerebbe quindi vedere caso per caso. In linea di massima sar opportuno, piuttosto che inventare di sana pianta una risposta fasulla, che l'insegnante dichiari pubblicamente di non saper rispondere, di non conoscere abbastanza quel particolare problema e di rinviarne l'approfondimento ad un successivo incontro. Comunque i problemi pi grossi per il docente sono causati non dalle domande poste dagli allievi, ma piuttosto da allievi che non pongono domande. 5.3 L'esercitazione didattica. Un'altra tecnica di larga diffusione per coinvolgere i gruppi nella formazione degli adulti, poco utilizzata per nel campo sportivo quella dell'esercitazione didattica. Con l'esercitazione diventa possibile sia rinforzare gli apprendimenti sia disporre degli strumenti per valutarli e, soprattutto, avere una produzione di materiale utile ai corsisti stessi e alla documentazione didattica. Ad esempio nei corsi di formazione per tecnici e allenatori pu risultare e32

stremamente proficuo proporre delle esercitazioni relative alla stesura di piani di allenamento, all'interpreta-zione di dati e test di valutazione. Naturalmente non detto che le esercitazioni debbano essere condotte necessariamente in gruppi (o piccoli sottogruppi). Ci potrebbero essere anche delle esercitazioni individuali di carattere valutativo-nozionistico, da utilizzare magari in fasi in cui il gruppo non appare ancora sufficientemente integrato. In entrambi i casi, esercitazioni individuali e di gruppo, importante che il docente sappia motivare bene gli allievi, allontani il sospetto che l'esercitazione sia un modo di passare il tempo o peggio un esame. L'impiego dell'esercitazione di gruppo richiede un'attenta composizione dei sottogruppi. Innanzitutto essi non dovrebbero essere troppo numerosi, non superiori in genere alle 5 persone per evitare che qualcuno in effetti si estranei dal compito o che si realizzino dinamiche incontrollabili. Sarebbe inoltre consigliabile variare di esercitazione in esercitazione la composizione dei gruppi ed evitare che i componenti del gruppo abbiano l'impressione di non essere sufficientemente seguiti dal docente. Quando un gruppo deve essere scomposto in due o pi sottogruppi, qualunque sia il fine della scomposizione, bene che sia il docente o il direttore a procedere alla divisione utilizzando criteri necessariamente espliciti e conosciuti dagli allievi (eventualmente anche stabiliti in precedenza da loro stessi). E' comunque meglio utilizzare un criterio casuale (alfabetico, spaziale) o organizzativo chiaro, piuttosto che procedere per impressioni o aspetti emotivi. Viceversa le contestazioni saranno abbondanti e molti dei componenti (specie quelli insoddisfatti) si concentreranno di pi sulla composizione del gruppo che sull'obiettivo che stato assegnato. Durante il lavoro di gruppo il docente far bene a non allontanarsi dall'aula, ma neppure ad influenzare troppo le scelte e i lavori dei gruppi. In particolare, dovr distribuire equamente la propria attenzione tra tutti i sottogruppi. 5.4 La verifica della propria attivit e di quella del gruppo. La valutazione un momento importante dell'attivit di un docente, e certo sarebbe un errore considerarla semplicemente come una fase conclusiva. Il processo didattico non va infatti verificato solo alla sua conclusione, ma via via durante la sua realizzazione, anche se utilizzando strumenti o procedure differenti. Quali sono gli oggetti della valutazione nei processi di formazione di cui abbiamo parlato: - l'apprendimento da parte degli allievi e la modificazione dei loro atteggiamenti; - il programma; - i tempi. Accanto a questi oggetti, viene per valutata costantemente anche la nostra abilit come docenti. Bisogna distinguere fra valutazione formativa o di controllo, e valutazione sommativa o finale o di certificazione. A. LA VALUTAZIONE FORMATIVA O DI CONTROLLO. La valutazione formativa si attua durante tutto il periodo di apprendimento e ha come scopo di informare l'allievo sul cammino che gli resta da compiere per conseguire gli obiettivi didattici. Di ogni allievo si valuta il percorso d'apprendimento e il progresso di formazione rispetto al livello di partenza.
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Se facciamo un buon uso della valutazione formativa, possiamo essere molto facilitati nel tentativo di adattare le attivit di insegnamento al progresso ottenuto o alla sua mancanza. La valutazione formativa non dovrebbe essere utilizzata dal docente per effettuare una sanzione e la sua utilizzazione deve potere essere conosciuta e controllata dall'allievo, come un ulteriore elemento della sua formazione. Essa dovrebbe essere molto utile per guidare l'allievo e per incoraggiarlo a chiedere ulteriori chiarimenti e dovrebbe essere effettuata ogni volta che l'allievo o l'insegnante la ritengano utile. La valutazione formativa quindi indispensabile al docente, in quanto fornisce dati qualitativi e quantitativi utilizzabili per modificare gli obiettivi didattici, i contenuti e, soprattutto, per verificare i propri metodi di insegnamento. VALUTAZIONE SOMMATIVA O FINALE O DI CERTIFICAZIONE. Consente di classificare i partecipanti al termine del corso o del seminario e, talvolta, di legittimare o giustificare le decisioni circa il loro passaggio ad un livello superiore o al conseguimento definitivo di un titolo. La valutazione sommativa quindi un momento molto delicato, che va analizzato sempre nel contesto specifico in cui viene attuata. L'insegnante per deve adoperarsi affinch la valutazione sia coerente con ci che stato dato agli allievi nel corso del processo di apprendimento, si svolga secondo regole e tempi accettabili, tenendo in considerazione i ritmi di svolgimento del corso. Organizzare una valutazione selettiva al termine di sei ore consecutive o quasi di lezione non costituisce certamente una prassi consigliabile. Generalmente la valutazione finale richiede molto tempo. Per ovviare a questo problema, in molti casi vengono utilizzati dei questionari abbastanza agili che permettono una correzione piuttosto rapida. Questa procedura, vantaggiosa per il tempo, come noto limita molto la libert degli allievi, soprattutto di quelli poco avvezzi ai questionari, induce spesso a cercare l'aiuto dei compagni e soprattutto non consente al docente di valutare a fondo il livello dell'allievo nel caso che il questionario non sia stato ben "tarato" sullo svolgimento del corso. In questi casi sempre consigliabile discutere l'esito del questionario con gli allievi e quindi utilizzare la stessa fase della valutazione come un ulteriore strumento didattico, per fare comprendere allo stesso allievo gli eventuali errori commessi. Il colloquio aperto con l'allievo costituisce un'ulteriore opportunit di valutare la profondit dell'apprendimento, ma anch'esso soggetto a distorsioni dovute ad impressioni, a fenomeni di stanchezza e stress da parte sia dell'allievo che del docente. In molti casi l'utilizzo di forme miste di valutazione (per esempio un questionario iniziale e la sua breve discussione successiva) pu costituire il modo migliore per condurre una valutazione sommativa. Conclusioni E ora... in bocca al lupo ! Avete molte informazioni utili per diventare il miglior formatore che intendete essere. Preparando con cura il vostro intervento raggiungerete, infatti, diversi e importanti obiettivi didattici: - susciterete nei partecipanti un grande interesse verso la materia che trattate; - favorirete in maniera significativa l'apprendimento dei corsisti. Inoltre durante questa attivit sperimenterete una situazione di successo personale che rinforzer la fiducia in voi stessi e nelle vostre abilit di formatore. In tal modo instaurerete un circolo vizioso positivo ed autorinforzantesi, che vi consentir di trasmettere, in modo sem34

B.

pre pi convincente, le vostre idee agli altri. Il vostro dinamismo stimoler l'attivazione e l'interesse dei partecipanti e queste sono le basi per un insegnamento e per un apprendimento efficace. Non preoccupatevi di non riuscire ad essere come volete sin dalla prima volta. Ricordatevi, invece, che anche l'esperto pi esperto deve imparare a comunicare le sue conoscenze in maniera efficace. Quindi, esercitatevi e servitevi dei vostri errori come stimolo per migliorarvi e non per bloccarvi. Nessuno studente critica i propri docenti perch sono troppo dinamici ed entusiasti, ma valuta sempre negativamente quelli noiosi, monotoni o indifferenti. Adesso tocca a voi, la fine della nostra presentazione segna l'inizio (o il proseguimento) del vostro lavoro e siamo convinti che la passione per lo sport vi guider anche in questa attivit di docente.

Bibliografia Bloom, B. S. e Krathwohl, D.R. (1983). Tassonomia degli obiettivi educativi, vol. I Teramo: Lisciani e Giunti, (trad. it. da Bloom, B. S. e Krathwohl, D. R.) Blumenthal, L. A. (1989). Parlare e scrivere con successo. Milano: Sperling & Kupfer. Cagne, R. (1973). Le condizioni dell'apprendimento. Roma: Armando. Goguelin, P. (1972). Il metodo dei casi. In AA. W., La formazione psicosociale nelle organizzazioni. Milano: Isedi. Landsheere de, G. (1979). Definire gli obiettivi dell'educazione. Firenze: La Nuova Italia.

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TAV. I

SCHEDA INFORMATIVA

NOME E COGNOME _______________________________________________________ INDIRIZZO _______________________________________________________________ ET _______________ TITOLO DI STUDIO __________________________________ SPECIALIZZAZIONI _______________________________________________________ ESPERIENZE COME ATLETA _______________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ ATTIVIT SVOLTA COME ALLENATORE NEGLI ULTIMI TRE ANNI ____________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ FASCE D'ET ALLENATE __________________________________________________ POSSIBILI SVILUPPI DELLA PROPRIA ATTIVIT DI ALLENATORE NEI PROSSIMI TRE ANNI ________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________
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TAV. II

QUESTIONARIO

NOME E COGNOME 1. COSA L'HA MOTIVATA AD ISCRIVERSI A QUESTO CORSO ? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ 2. HA GI PARTECIPATO AD ALTRI CORSI DI QUESTO GENERE ? SI NO

SE SI, CHE COSA L'HA INTERESSATA MAGGIORMENTE E COSA MENO ? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ 3. COSA LE FAREBBE CONSIDERARE QUESTO CORSO COME UN'ESPERIENZA NEGATIVA ? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ 4. COSA LE FAREBBE CONSIDERARE QUESTO CORSO COME UN'ESPERIENZA POSITIVA? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE

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